ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2012.181.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 181

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

55° anno
21 giugno 2012


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

2012/C 181/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo contro la discriminazione basata sulla razza o l'origine etnica adottata nel corso della 479a sessione plenaria

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

2012/C 181/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Giovani con disabilità: occupazione, inclusione e partecipazione alla società (parere esplorativo)

2

2012/C 181/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Problemi specifici delle isole (parere di iniziativa)

7

2012/C 181/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Non solo PIL — Il coinvolgimento della società civile nella selezione di indicatori complementari (parere d’iniziativa)

14

2012/C 181/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Kosovo

21

2012/C 181/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Partecipazione della società civile alle politiche di sviluppo dell’UE e alla cooperazione allo sviluppo (parere esplorativo)

28


 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

2012/C 181/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa creativa — COM(2011) 785 definitivo — 2011/0370 (COD)

35

2012/C 181/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Doppia imposizione nel mercato unico — COM(2011) 712 definitivo

40

2012/C 181/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea — COM(2011) 739 definitivo — 2011/0183 (CNS) e alla proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea — COM(2011) 740 definitivo — 2011/0184 (APP)

45

2012/C 181/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Il futuro del Fondo di solidarietà dell’Unione europea — COM(2011) 613 definitivo

52

2012/C 181/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE — COM(2011) 594 definitivo

55

2012/C 181/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) — COM(2011) 651 definitivo — 2011/0295 (COD) e in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato — COM(2011) 654 definitivo — 2011/0297 (COD)

64

2012/C 181/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito — COM(2011) 747 definitivo — 2011/0361 (COD)

68

2012/C 181/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita — COM(2011) 635 definitivo — 2011/0284 (COD) e alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un diritto comune europeo della vendita per agevolare le transazioni commerciali transfrontaliere nel mercato unico — COM(2011) 636 definitivo

75

2012/C 181/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai bilanci annuali, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di taluni tipi di imprese — COM(2011) 684 definitivo — 2011/0308 (COD)

84

2012/C 181/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un programma per la tutela dei consumatori (2014-2020) — COM(2011) 707 definitivo — 2011/0340 (COD)

89

2012/C 181/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, recante modifica del regolamento (CE) n. 2006/2004 e della direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) COM(2011) 793 definitivo — 2011/0373 (COD)

93

2012/C 181/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori) COM(2011) 794 definitivo — 2011/0374 (COD)

99

2012/C 181/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Adeguamento al nuovo quadro legislativo (applicazione del pacchetto merci) — COM(2011) 764 definitivo — 2011/0358 (COD); COM(2011) 765 definitivo — 2011/0351 (COD); COM(2011) 766 definitivo — 2011/0352 (COD); COM(2011) 768 definitivo — 2011/0350 (COD); COM(2011) 769 definitivo — 2011/0353 (COD); COM(2011) 770 definitivo — 2011/0354 (COD); COM(2011) 771 definitivo — 2011/0349 (COD); COM(2011) 772 definitivo — 2011/0356 (COD); COM(2011) 773 definitivo — 2011/0357 (COD)

105

2012/C 181/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 — COM(2011) 809 definitivo — 2011/0401 (COD), alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole di partecipazione e di diffusione nell’ambito del programma quadro di ricerca e di innovazione Orizzonte 2020 (2014-2020) — COM(2011) 810 definitivo — 2011/0399 (COD), alla proposta di decisione del Consiglio che stabilisce il programma specifico recante attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 — COM(2011) 811 definitivo — 2011/0402 (CNS) e alla proposta di regolamento del Consiglio sul programma di ricerca e formazione della Comunità europea dell’energia atomica (2014-2018) che integra il programma quadro di ricerca e innovazione Orizzonte 2020 — COM(2011) 812 definitivo — 2011/0400 (NLE)

111

2012/C 181/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 294/2008 che istituisce l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia — COM(2011) 817 definitivo — 2011/0384 (COD) e alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’agenda strategica per l’innovazione dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT): Il contributo dell’EIT a un’Europa più innovativa — COM(2011) 822 definitivo — 2011/0387 (COD)

122

2012/C 181/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per la competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese (2014-2020) — COM(2011) 834 definitivo — 2011/0394 (COD)

125

2012/C 181/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi — COM(2011) 455 definitivo

131

2012/C 181/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo dei cittadini (2013) — COM(2011) 489 definitivo — 2011/0217 (COD)

137

2012/C 181/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sostenere la crescita e l’occupazione — un progetto per la modernizzazione dei sistemi d’istruzione superiore in Europa — COM(2011) 567 definitivo

143

2012/C 181/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Comunicazione sulle politiche dell’UE e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell’UE — COM(2011) 568 definitivo

150

2012/C 181/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce ERASMUS PER TUTTI — il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport — COM(2011) 788 definitivo — 2011/0371 (COD)

154

2012/C 181/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero — COM(2011) 866 definitivo — 2011/0421 (COD)

160

2012/C 181/29

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse — COM(2011) 571 definitivo

163

2012/C 181/30

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea — COM(2011) 789 definitivo — 2011/0372 (COD)

169

2012/C 181/31

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Pacchetto aeroporti contenente i seguenti quattro documenti: comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni La politica aeroportuale nell’Unione europea: assicurare capacità e qualità atte a promuovere la crescita, la connettività e la mobilità sostenibile — COM(2011) 823 definitivo,proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti dell’Unione e che abroga la direttiva 96/67/CE del Consiglio — COM(2011) 824 definitivo — 2011/0397 (COD),proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea (Rifusione) — COM(2011) 827 definitivo — 2011/0391 (COD),proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell’Unione, nell’ambito di un approccio equilibrato e che abroga la direttiva 2002/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio — COM(2011) 828 definitivo — 2011/0398 (COD)

173

2012/C 181/32

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite — COM(2011) 814 definitivo — 2011/0392 (COD)

179

2012/C 181/33

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura — COM(2011) 416 definitivo, alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Riforma della politica comune della pesca — COM(2011) 417 definitivo, alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla dimensione esterna della politica comune della pesca — COM(2011) 424 definitivo, e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla politica comune della pesca — COM(2011) 425 definitivo

183

2012/C 181/34

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci — COM(2011) 798 definitivo — 2011/0364 (COD)

195

2012/C 181/35

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica — COM(2012) 48 definitivo — 2008/0256 (COD)

199

2012/C 181/36

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica — COM(2012) 49 definitivo — 2008/0255 (COD)

200

2012/C 181/37

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza — COM(2012) 52 definitivo — 2012/0025 (COD)

201

2012/C 181/38

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la farmacovigilanza — COM(2012) 51 definitivo — 2012/0023 (COD)

202

2012/C 181/39

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi COM(2012) 8 definitivo — 2012/0007 (COD)

203

2012/C 181/40

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1342/2008 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che istituisce un piano a lungo termine per gli stock di merluzzo bianco e le attività di pesca che sfruttano tali stock — COM(2012) 21 definitivo — 2012/0013 (COD)

204


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo contro la discriminazione basata sulla razza o l'origine etnica adottata nel corso della 479a sessione plenaria

(2012/C 181/01)

Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato, nel corso della sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), la presente risoluzione con 148 voti favorevoli e 3 astensioni.

L'8 febbraio 2012, il Partij voor de Vrijheid PVV (Partito della libertà) ha lanciato un sito web che invita la popolazione a esprimere le proprie rimostranze nei confronti delle persone dell'Europa centrale e orientale che lavorano nei Paesi Bassi.

In una Risoluzione del 15 marzo 2012, il Parlamento europeo ha fermamente condannato questo sito di denuncia. In quanto rappresentante della società civile organizzata, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) denuncia questa iniziativa e il suo carattere xenofobo e razzista. Il CESE chiede al popolo olandese e al suo governo di agire con determinazione contro questa iniziativa che non può essere tollerata oltre.

Il CESE e i suoi membri ricordano con fermezza che:

i Trattati dell'Unione europea e la Carta europea dei diritti fondamentali sono basati sul principio della non discriminazione e il messaggio trasmesso da questo sito web è contrario a tale principio, in quanto discrimina i cittadini europei sulla base della nazionalità;

il CESE condanna tutte le attività che sono contrarie ai valori europei fondamentali, in particolare i valori della libertà, dell'uguaglianza e del rispetto dei diritti umani;

il CESE appoggia la richiesta rivolta dal PE alla Commissione e al Consiglio di fare tutto quanto in loro potere per arrestare la diffusione degli atteggiamenti xenofobi nell'UE.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/2


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Giovani con disabilità: occupazione, inclusione e partecipazione alla società» (parere esplorativo)

(2012/C 181/02)

Relatore: VARDAKASTANIS

Con lettera del 9 dicembre 2011 e conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il ministro danese degli Affari sociali e dell'integrazione Karen Hækkerup, a nome della presidenza danese del Consiglio dell'UE, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Giovani con disabilità: occupazione, inclusione e partecipazione alla società.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 148 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):

1.1.1

raccomanda che la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (in appresso «Convenzione ONU») sia attuata in modo da consentire a tali persone, compresi i giovani - donne e uomini - di esercitare appieno i loro diritti fondamentali;

1.1.2

chiede che gli Stati membri si impegnino a incoraggiare le persone con disabilità a partecipare pienamente alla vita sociale ed economica nel quadro dei programmi nazionali di riforma previsti dalla strategia Europa 2020 attraverso l'istituzione di misure efficaci di lotta alla discriminazione;

1.1.3

chiede che, conformemente all'articolo 24 della Convenzione ONU, alle persone con disabilità sia garantita un'istruzione accessibile e inclusiva. Reputa che i giovani con disabilità debbano poter accedere all'istruzione primaria, secondaria e superiore su base di uguaglianza con gli altri e sottolinea l'importanza dell'istruzione non formale e la necessità che sia riconosciuta;

1.1.4

insiste affinché le informazioni relative alle università o alle opportunità di istruzione siano adeguatamente diffuse in formati alternativi quali il Braille, versioni audio, video o di facile lettura, oppure dispositivi di conversione del parlato in testo (palantype). Le biblioteche dovrebbero mettere a disposizione dei lettori sia libri in Braille che audiolibri;

1.1.5

ritiene che le arti, nonché le attività sportive e del tempo libero svolgano un ruolo chiave nello sviluppo delle competenze e nell'inclusione dei giovani con disabilità e che per questo motivo occorra renderle pienamente accessibili a tali persone;

1.1.6

chiede che gli Stati membri e le istituzioni europee promuovano le buone pratiche e azioni positive a favore dell'inclusione delle persone con disabilità nel sistema di istruzione e nel mondo del lavoro. Tali iniziative dovrebbero prevedere investimenti nell'imprenditoria sociale e nelle PMI, nonché incentivi finanziari per i datori di lavoro affinché assumano giovani con disabilità;

1.1.7

raccomanda agli Stati membri, alla Commissione europea e al Parlamento europeo di combattere la discriminazione contro i giovani con disabilità;

1.1.8

chiede che per favorire l'inserimento dei giovani con disabilità nel mondo del lavoro siano loro garantite accessibilità e infrastrutture ragionevoli;

1.1.9

ritiene che le parti sociali possano svolgere un ruolo essenziale nel promuovere l'occupazione dei giovani con disabilità integrando la questione dell'accessibilità e delle infrastrutture ragionevoli nei loro negoziati;

1.1.10

raccomanda di ricorrere ai fondi strutturali per promuovere l'inclusione dei giovani con disabilità. Chiede inoltre che la normativa in vigore sia attuata correttamente e che quella che la sostituirà sia conforme alla Convenzione ONU e riporti la questione dell'accessibilità all'articolo 7 come principio orizzontale, parallelamente all'antidiscriminazione e all'inclusione;

1.1.11

chiede agli Stati membri di applicare la direttiva che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (1), e auspica che la direttiva venga interpretata alla luce della Convenzione ONU;

1.1.12

raccomanda che la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio offrano sostegno alle organizzazioni che rappresentano i giovani con disabilità e che le consultino nel quadro dei pertinenti processi politici;

1.1.13

ricorda che la crisi economica e le misure di austerità non dovrebbero pregiudicare i diritti dei giovani con disabilità e chiede agli Stati membri di adottare misure positive per tutelare questi cittadini;

1.1.14

raccomanda di promuovere il diritto dei giovani con disabilità a una vita autonoma e chiede che gli Stati membri e la Commissione europea facciano uso dei fondi strutturali per incoraggiare la deistituzionalizzazione e l'assistenza nella comunità;

1.1.15

accoglie con favore l'impegno della Commissione europea a elaborare un «atto europeo sull'accessibilità» e raccomanda che la legislazione sia solida e assicuri la piena accessibilità ai beni, ai servizi e all'ambiente edificato nell'UE;

1.1.16

chiede che venga istituito un sistema di normalizzazione europeo inclusivo e accoglie con favore l'adozione del Mandato 473 come misura positiva intesa a promuovere l'accessibilità;

1.1.17

accoglie con soddisfazione la direttiva sui servizi di media audiovisivi (2) e chiede che sia attuata correttamente (3);

1.1.18

chiede l'applicazione effettiva del regolamento relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus nell'Unione europea (4). Invita gli Stati membri ad applicare il regolamento e ad adottare misure aggiuntive atte a garantire la libertà di movimento per i giovani con disabilità (5);

1.1.19

accoglie con favore l'impegno assunto dalla Commissione europea nel quadro dell'agenda digitale per assicurare - entro il 2015 - la piena accessibilità dei siti web del settore pubblico e di quelli che forniscono servizi di base ai cittadini;

1.1.20

ritiene che sia fondamentale integrare i bisogni dei giovani con disabilità in tutte le politiche e i programmi dell'UE in materia di gioventù e chiede che siano adottate misure positive per sensibilizzare l'opinione pubblica ai loro bisogni.

2.   Introduzione

2.1   Il CESE:

2.1.1

fa osservare che i giovani con disabilità sono vittime di diverse forme di discriminazione in ragione del sesso, della razza, del colore della pelle, dell'origine etnica o dell'estrazione sociale, delle caratteristiche genetiche, della lingua, della religione o delle convinzioni personali, delle tendenze politiche o altre idee, dell'appartenenza a una minoranza nazionale, delle condizioni economiche, della nascita, dell'età, dell'orientamento sessuale e di altri aspetti;

2.1.2

invita gli Stati membri a portare avanti i negoziati sulla direttiva antidiscriminazione (6), per garantire la necessaria protezione giuridica da ogni forma di discriminazione nell'UE;

2.1.3

riconosce che i giovani con disabilità corrono un rischio di subire violenze che è dalle 2 alle 5 volte superiore rispetto ai giovani non affetti da disabilità;

2.1.4

si rammarica del fatto che i giovani con disabilità debbano far fronte a pregiudizi e atteggiamenti negativi in seno alla società che ne limitano la partecipazione, l'autodeterminazione e l'inclusione;

2.1.5

sostiene che le giovani donne con disabilità, le persone che necessitano di un'assistenza di livello elevato e le persone con disabilità psicosociali sono vittime di numerose forme di discriminazione;

2.1.6

chiede il riconoscimento dei diritti politici dei giovani con disabilità e del loro diritto di esercitarli su base di uguaglianza con gli altri e ritiene che le procedure di voto, le strutture e il materiale utilizzati nel quadro delle elezioni siano accessibili;

2.1.7

propone di integrare sistematicamente le politiche in materia di giovani con disabilità in tutte le linee di bilancio pertinenti del quadro finanziario pluriennale, in modo da garantire risorse adeguate per promuovere l'accessibilità e l'inclusione;

2.1.8

propone che venga documentato l'impatto degli strumenti politici pertinenti per i giovani con disabilità, e propone di finanziare progetti, studi e ricerche condotti dall'UE in questo campo;

2.1.9

rammenta le raccomandazioni formulate in alcuni dei suoi precedenti pareri, dedicati tra l'altro ai temi dell'occupazione e dell'accessibilità, alla strategia europea sulla disabilità e alle conseguenze del cambiamento demografico.

3.   Occupazione, istruzione e formazione

Istruzione

3.1   Il CESE:

3.1.1

riconosce l'importanza che il sistema d'istruzione classico sia inclusivo e chiede l'insegnamento della lingua dei segni alla scuola primaria, l'introduzione delle tecnologie di conversione del parlato in testo (palantype) e di amplificazione ad induzione magnetica, nonché l'assunzione di insegnanti competenti nell'uso del Braille e di ogni altro sistema appropriato per sostenere gli allievi con disabilità, come ad esempio la comunicazione aumentativa e alternativa (CAA);

3.1.2

accoglie con favore i programmi «Gioventù in movimento» e «Gioventù in azione» adottati dalla Commissione nel quadro della strategia Europa 2020, e invita gli Stati membri a garantire che i giovani con disabilità ne beneficino pienamente;

3.1.3

accoglie con soddisfazione l'utilizzo dei programmi dell'UE «Erasmus per tutti» nel settore dell'istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport e raccomanda di ricorrere a tali programmi per rafforzare lo sviluppo personale e le prospettive di occupazione dei giovani con disabilità;

3.1.4

chiede misure efficaci per combattere l'abbandono scolastico precoce, considerando che, rispetto alle persone non affette da disabilità, i disabili hanno la metà delle probabilità di arrivare all'istruzione superiore. Auspica che le università divengano più inclusive e che adottino misure positive come, ad esempio, borse di studio per studenti con disabilità e sistemi di quote;

3.1.5

auspica misure efficaci per agevolare la transizione dei giovani con disabilità dal mondo della scuola a quello del lavoro;

3.1.6

accoglie con favore la risoluzione del Parlamento europeo sulla mobilità delle persone con disabilità (7) nonché il fatto che essa incentri l'attenzione sull'istruzione inclusiva;

3.1.7

riconosce l'importanza dell'istruzione non formale (8) per i giovani con disabilità e invita a elaborare un quadro europeo di qualità in materia di tirocinio che includa criteri di accessibilità;

3.1.8

riconosce che i giovani con disabilità hanno il diritto di beneficiare dei programmi di scambio UE, delle opportunità di studio e apprendimento all'estero e degli strumenti UE per la validazione delle competenze e il riconoscimento delle qualifiche;

3.1.9

chiede che l'accessibilità dei contenuti didattici, delle TIC e degli edifici costituisca un presupposto fondamentale per godere del diritto all'istruzione. La Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli istituti scolastici e universitari, nonché i servizi di consulenza per i giovani a integrare il concetto di accessibilità nelle loro azioni;

3.1.10

insiste affinché le informazioni relative alle università o alle opportunità di istruzione siano adeguatamente diffuse in formati alternativi quale il Braille, versioni audio, video o di facile lettura, oppure dispositivi di conversione del parlato in testo (palantype). Le biblioteche dovrebbero mettere a disposizione dei lettori sia libri in Braille che audiolibri;

3.1.11

suggerisce il ricorso ai finanziamenti europei, tra cui il Fondo sociale europeo (FSE) e il programma per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, per sostenere l'intervento di consulenti che possano assistere sia gli studenti con disabilità che gli insegnanti.

Occupazione

3.2   Il CESE:

3.2.1

riconosce che le persone con disabilità corrono un rischio di restare disoccupate due o tre volte superiore rispetto alle persone che non sono affette da disabilità;

3.2.2

sostiene l'uso dei fondi strutturali per fornire alla strategia europea in materia di disabilità un adeguato sostegno finanziario. In particolare, propone di usare più efficacemente l'FSE per aumentare il tasso di occupazione dei giovani con disabilità e il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per realizzare un elevato livello di accessibilità in Europa;

3.2.3

chiede che gli Stati membri promuovano l'occupazione dei giovani con disabilità offrendo sostegno finanziario ai datori di lavoro e investendo nelle PMI, nell'imprenditoria sociale e nel lavoro autonomo;

3.2.4

per sostenere l'occupazione dei giovani con disabilità, propone di prevedere delle infrastrutture ragionevoli, un orario di lavoro flessibile, possibilità di telelavoro e l'accesso alle TIC, e fa notare che il rifiuto di soluzioni ragionevoli è da considerarsi un atto di discriminazione (9);

3.2.5

raccomanda alla Commissione europea di garantire l'accessibilità ai giovani lavoratori e tirocinanti con disabilità, promuovendo e sostenendo le opportunità professionali e di formazione professionale al di là delle frontiere nazionali, nonché riducendo gli ostacoli alla libera circolazione della manodopera nell'UE;

3.2.6

ritiene che le parti sociali debbano svolgere un ruolo essenziale nel promuovere e tutelare l'occupazione dei giovani con disabilità, inserendo la questione nelle loro contrattazioni collettive;

3.2.7

chiede che gli Stati membri investano nei giovani con disabilità per aiutarli a far fronte agli effetti della crisi economica, visto che incontrano difficoltà maggiori per trovare un'occupazione e rimanere sul mercato del lavoro.

4.   Partecipazione e inclusione

4.1   Il CESE:

4.1.1

ribadisce che i giovani con disabilità, in particolare quelli affetti da disabilità intellettuali, hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica;

4.1.2

chiede di sensibilizzare l'opinione pubblica alla situazione delle persone con disabilità mediante la raccolta di dati coerenti in linea con l'articolo 31 della Convenzione ONU, e sottolinea che i mezzi di comunicazione hanno il dovere di combattere gli stereotipi;

4.1.3

raccomanda agli Stati membri di riconoscere capacità giuridica ai giovani con disabilità in tutti gli aspetti dell'esistenza, al pari degli altri esseri umani;

4.1.4

sottolinea la necessità di garantire che i giovani disabili possano godere della piena libertà di circolazione, e si attende proposte concrete per eliminare le barriere alla trasferibilità dei sussidi per la disabilità da uno Stato membro all'altro;

4.1.5

chiede che gli Stati membri si impegnino a incoraggiare le persone con disabilità a partecipare pienamente alla vita sociale ed economica nel quadro dei programmi nazionali di riforma previsti dalla strategia Europa 2020 attraverso l'adozione di misure efficaci di lotta alla discriminazione;

4.1.6

invita a istituire un comitato europeo sulla disabilità (10) chiamato a contribuire alle politiche e alla legislazione dell'UE affrontando i problemi di inclusione e accessibilità dei giovani con disabilità;

4.1.7

sottolinea il ruolo chiave dello sport nel promuovere la partecipazione dei giovani con disabilità e chiede un adeguato sostegno finanziario e politico per realizzare iniziative positive come le Paraolimpiadi;

4.1.8

propone che il Comitato per la protezione sociale, il Comitato per l'occupazione e il Comitato di politica economica effettuino verifiche inter pares, ai fini della condivisione delle buone pratiche nella politica di parità per i giovani con disabilità nel quadro del metodo di coordinamento aperto, della strategia in materia di occupazione e delle politiche economiche dei programmi nazionali di riforma degli Stati membri;

4.1.9

auspica che sia fornito un sostegno finanziario e politico alle organizzazioni che rappresentano i giovani con disabilità allo scopo di promuovere la partecipazione e combattere i pregiudizi mediante iniziative di sensibilizzazione;

4.1.10

chiede che siano istituiti corsi di formazione per funzionari, insegnanti, datori di lavoro e fornitori di servizi che consentano loro di rispettare la legislazione in materia di accessibilità e parità sia a livello dell'UE che degli Stati membri;

4.1.11

raccomanda di promuovere il diritto dei giovani con disabilità a una vita autonoma e di ricorrere ai fondi strutturali per sostenere la deistituzionalizzazione e promuovere la vita in comunità.

5.   Accessibilità

5.1   Il CESE:

5.1.1

chiede che il Parlamento europeo e il Consiglio includano l'accessibilità come principio orizzontale nell'articolo 7 della proposta di regolamento generale sui fondi strutturali 2014-2020;

5.1.2

accoglie con soddisfazione i passi compiuti dalla Commissione per elaborare un atto europeo sull'accessibilità e ribadisce l'urgente necessità di una normativa incisiva e vincolante che garantisca alle persone disabili l'accesso ai beni, ai servizi e all'ambiente edificato. Chiede inoltre che siano individuati efficaci meccanismi di applicazione e monitoraggio a livello sia europeo che nazionale;

5.1.3

insiste sull'effettiva applicazione del regolamento relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus nell'Unione europea (11) e invita gli Stati membri ad applicare il regolamento e ad adottare misure rigorose atte a garantire la libertà di movimento per i giovani con disabilità;

5.1.4

ritiene opportuno prevedere un piano specifico per rendere accessibili tutte le istituzioni dell'UE in termini di infrastrutture, procedure di assunzione, riunioni, siti web e informazioni;

5.1.5

accoglie con favore l'impegno assunto dalla Commissione europea nel quadro dell'agenda digitale per assicurare - entro il 2015 - la piena accessibilità dei siti web del settore pubblico e di quelli che forniscono servizi di base ai cittadini;

5.1.6

prende atto con soddisfazione del quadro normativo dell'UE per le reti e i servizi della comunicazione elettronica e ritiene che i prodotti e i servizi di comunicazione elettronica siano cruciali per le nuove generazioni «mobili» (ovvero inclini agli spostamenti ma anche ad utilizzare le comunicazioni mobili) poiché consentono loro di rimanere informate e di comunicare;

5.1.7

prende atto dell'importanza di accedere alla società dell'informazione e alle TIC, in particolare ai contenuti, in quanto diritto fondamentale delle persone con disabilità;

5.1.8

riconosce il valore aggiunto della direttiva sui servizi di media audiovisivi (12) e chiede che venga attuata e rispettata, in particolare per quanto riguarda le misure relative alle persone con disabilità;

5.1.9

accoglie con favore la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea sulla normalizzazione europea (13), nonché la comunicazione Una visione strategica per le norme europee (14);

5.1.10

chiede che sia istituito un sistema di normalizzazione europeo inclusivo ed esprime apprezzamento per l'adozione del Mandato 473, che reputa una misura positiva intesa a promuovere l'accessibilità.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 303 del 2.12.2000, pagg. 16-22.

(2)  GU L 95 del 15.4.2010, pagg. 1-24; GU L 303 del 2.12.2000, pagg. 16-22.

(3)  Alla luce di questa direttiva, occorre garantire l'accessibilità dei contenuti visivi dei media online.

(4)  GU L 55 del 28.2.2011, pagg. 1-12.

(5)  Dovrebbe, ad esempio, essere obbligatorio garantire l'accessibilità ai bus nelle aree rurali.

(6)  COM(2008) 426 final.

(7)  2010/2272(INI).

(8)  L'apprendimento non formale è un apprendimento che non è impartito da un istituto di insegnamento o formazione e che non sfocia di norma in una certificazione.

(9)  GU C 376, del 22.12.2011, pagg. 81-86.

(10)  GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 81-86.

(11)  GU L 55 del 28.2.2011, pagg. 1-12.

(12)  GU L 95 del 15.4.2010, pagg. 1-24.

(13)  COM(2011) 315 final.

(14)  COM(2011) 311 final.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/7


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Problemi specifici delle isole» (parere di iniziativa)

(2012/C 181/03)

Relatore: ESPUNY MOYANO

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Problemi specifici delle isole.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 129 voti favorevoli, 4 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Le regioni insulari presentano caratteristiche e particolarità comuni e permanenti, che le distinguono nettamente dalle zone continentali. Grazie all'articolo 174 del TFUE, le aree insulari hanno ottenuto un riconoscimento degli svantaggi concreti che le caratterizzano, e che richiedono specifica attenzione. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene tuttavia necessario continuare a lavorare per adottare una strategia adeguata, che affronti le specifiche necessità di tali regioni.

1.2   Il CESE considera che la definizione del concetto di isola adottata dall'UE sia inadeguata e vada rivista e aggiornata, tenendo conto delle nuove realtà di un'UE allargata, che comprende Stati membri insulari. In precedenti pareri (1), il CESE ha raccomandato di modificare tale definizione, e nel presente documento ribadisce ancora una volta tale raccomandazione.

1.3   Le isole risentono in modo particolare dei fenomeni migratori e dei problemi connessi all'invecchiamento demografico e allo spopolamento. Queste situazioni possono causare la perdita del patrimonio culturale, l'indebolimento degli ecosistemi e serie ripercussioni economiche (occupazione, giovani ecc.).

1.4   Alcune isole devono far fronte all'emigrazione dei propri abitanti verso regioni più prospere, altre accolgono immigranti che contribuiscono allo sviluppo economico locale, altre ancora, a causa della loro posizione geografica, ricevono immigranti in misura superiore alla loro capacità di accoglienza.

1.5   Il CESE considera assolutamente necessario migliorare l'accessibilità delle isole e i collegamenti tra esse. Poiché l'accessibilità è essenziale per l'attrattiva delle aree insulari, bisognerebbe ridurre i costi di trasporto di merci e persone, facendo valere il principio della continuità territoriale e migliorando il regolamento 3577/92 (CEE).

1.6   Agricoltura, allevamento e pesca, che costituiscono una parte importante dell'economia locale e sono la fonte di approvvigionamento della maggior parte dell'industria agroalimentare, sono fragili, a causa delle distanze, delle piccole dimensioni delle aziende e del basso grado di diversificazione delle produzioni, nonché delle condizioni climatiche.

1.7   Ciò fa sì che l'industria agroalimentare insulare sia debole e poco competitiva nei confronti dei prodotti provenienti dal continente o da paesi terzi, cosa che si riflette in una maggiore debolezza del settore primario.

1.8   Il CESE raccomanda di considerare le isole, nel quadro della PAC, come zone svantaggiate, al pari delle aree montane, tenendo conto in particolare dell'insularità ai fini del finanziamento.

1.9   Numerose isole europee hanno trovato nell'attività turistica un fattore essenziale per la sopravvivenza della popolazione locale, dell'identità, delle tradizioni e dei valori culturali e del paesaggio. Il turismo ha comportato una crescita dell'economia, un aumento della popolazione e un'importante diversificazione della base economica, grazie ai servizi collegati. Tuttavia l'economia insulare è divenuta troppo dipendente dall'attività turistica, per cui sarebbe necessaria una diversificazione in favore di attività complementari, che favoriscano lo sviluppo economico insulare in situazioni di crisi come quella attuale, che si ripercuotono fortemente sul turismo.

1.10   Il CESE fa propria la richiesta espressa dal Parlamento europeo, il quale, nella risoluzione del 27 settembre 2011 (2), auspica lo sviluppo di strategie specifiche simili per le isole, le regioni montane e altre zone vulnerabili nel quadro dell'iniziativa della Commissione volta a elaborare una strategia per un turismo costiero e marino sostenibile.

1.11   Il CESE ritiene che la partecipazione delle isole ai programmi di ricerca, sviluppo e innovazione dell'UE risenta delle difficoltà causate dalle dimensioni ridotte del loro mercato interno e dalla capacità limitata delle strutture di ricerca e sviluppo disponibili. Il CESE considera particolarmente importante che l'UE continui ad aiutare le isole nello sviluppo delle TIC e che essa sostenga la creazione di strutture di ricerca e sviluppo e favorisca la partecipazione delle PMI insulari ai programmi di ricerca, sviluppo e innovazione, se necessario attraverso il contributo dei fondi strutturali.

1.12   In relazione con le regioni insulari la politica energetica europea dovrebbe dare la priorità alla sicurezza di approvvigionamento delle isole, al finanziamento dello sviluppo, alla realizzazione di progetti per la produzione di energia attraverso nuove tecnologie e fonti energetiche rinnovabili, alla promozione di un uso efficiente dell'energia e alla protezione dell'ambiente e della natura.

1.13   L'UE dovrebbe includere nella politica regionale, tenendo conto della specificità delle regioni insulari, la scarsità di acqua, la desalinizzazione dell'acqua di mare, e altre possibilità tecniche per la raccolta e l'approvvigionamento di acqua.

1.14   Il CESE considera particolarmente importante che vengano sviluppati programmi di formazione permanente specifici per il personale insulare che lavora nei vari settori, con particolare rilievo per quello turistico, che rappresenta una delle attività di maggior peso economico nelle regioni insulari. Tali programmi dovrebbero essere finanziati dal Fondo sociale europeo e dal Fondo di coesione, con l'impegno degli Stati membri, delle istituzioni e degli agenti socioeconomici.

1.15   L'istruzione, la formazione professionale e l'apprendimento permanente svolgono un ruolo essenziale nella strategia economica e sociale dell'UE nel quadro del processo di Lisbona e della strategia Europa 2020. Il CESE chiede che vengano considerate le particolarità delle regioni insulari, per garantire che in tutte le regioni e per tutti gli abitanti vengano tenute presenti, nel quadro delle strategie nazionali, l'istruzione e le opportunità di apprendimento permanente.

1.16   Il CESE invita ad attuare le misure previste nel comunicato di Bruges sul coordinamento della formazione professionale in Europa, adottato dai ministri dell'istruzione di tutti gli Stati membri e dagli interlocutori sociali europei.

1.17   Il CESE invita la Commissione europea a creare uno specifico gruppo interservizi per le isole, o eventualmente a inserire le isole tra le competenze di altri gruppi interservizi esistenti.

1.18   Il CESE invita la Commissione a vigilare affinché le regioni insulari beneficino di disposizioni specifiche nel nuovo quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e vengano incluse in specifici programmi di sviluppo regionale più adattati alle loro peculiarità. Bisognerebbe considerare la possibilità di innalzare i livelli di cofinanziamento da parte dell'UE negli ambiti di interesse prioritario per lo sviluppo delle isole.

1.19   Tenendo conto del fatto che la strategia Europa 2020 determinerà le azioni future dell'UE, il CESE considera necessario esaminare l'impatto di tale strategia sulle regioni insulari e le modalità attraverso cui essa contribuisce a mitigare gli svantaggi inerenti all'insularità.

Tenendo conto del carattere stagionale dell'attività turistica, il CESE ribadisce quanto ha già affermato nel parere sul tema Innovazione nel turismo: definire una strategia per uno sviluppo sostenibile nelle isole (3), e invita la Commissione e il Parlamento europeo a promuovere il progetto Calypso nel settore del turismo sociale, coinvolgendo gli interlocutori sociali, in considerazione dell'incidenza che tale programma può avere sul settore del turismo e del suo effetto moltiplicatore in altri settori di attività.

2.   Introduzione

2.1   Le regioni insulari

2.1.1   Secondo la definizione di Eurostat, un'isola è qualsiasi territorio che soddisfi i seguenti cinque criteri:

avere una superficie minima di 1 km2,

essere ubicato ad almeno 1 km di distanza dal continente,

avere almeno 50 residenti permanenti,

non disporre di un collegamento fisico permanente con il continente,

non avere sul proprio territorio la capitale di uno Stato membro dell'UE.

2.1.2   Nel definire il concetto di isola si deve fare riferimento alla dichiarazione n. 33 del TFUE, che stabilisce che «La conferenza ritiene che il riferimento alle “regioni insulari” contenuto nell'articolo 174 possa includere gli Stati insulari nella loro interezza, a condizione che siano rispettati i criteri necessari».

2.1.3   Come il CESE ha affermato in un precedente parere (4), la definizione di cui sopra non tiene conto delle nuove realtà dell'UE allargata, che comprende vari Stati membri insulari.

2.1.4   Conformemente alla definizione di cui sopra, 14 dei 27 Stati membri dell'UE (5) hanno delle isole nel proprio territorio. La loro importanza dipende dal numero elevato di residenti nelle varie isole dell'UE, che ammonta a 21 milioni, vale a dire circa il 4 % della popolazione complessiva dell'UE-27.

2.1.5   Le regioni insulari presentano caratteristiche e particolarità comuni e permanenti, che le distinguono nettamente dalle zone continentali.

2.1.6   Tutte le isole dell'UE presentano elementi distintivi, tuttavia i fattori comuni prevalgono sulle differenze, e in particolare rivestono grande importanza in aspetti come i trasporti, l'ambiente, il turismo o l'accesso ai servizi pubblici essenziali.

2.1.7   L'articolo 174, terzo comma, del TFUE stabilisce che l'UE dedica «un'attenzione particolare … alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.»

2.1.8   Tale articolo ha garantito a tutte le aree insulari il riconoscimento degli svantaggi naturali concreti che le caratterizzano, e che richiedono una specifica considerazione.

3.   Situazione demografica nelle regioni insulari

3.1   Le isole risentono in modo particolare dei fenomeni migratori e dei problemi connessi all'invecchiamento demografico e allo spopolamento.

3.2   Alcune isole o zone insulari risentono attualmente di gravi minacce di spopolamento, a causa dell'emigrazione della popolazione attiva, in sostanza la più giovane, dell'invecchiamento della popolazione residente o delle condizioni climatiche sfavorevoli. Tale situazione può causare una perdita di patrimonio culturale o condizioni di particolare fragilità degli ecosistemi.

3.3   Altre isole, localizzate alle frontiere esterne dell'Unione, sono interessate da flussi di popolazione inversi, e si trovano esposte a una immigrazione irregolare proveniente da paesi terzi, che risulta molto spesso sproporzionata rispetto alle loro capacità di accoglienza.

3.3.1   In alcune isole si stanno verificando situazioni estreme sotto il profilo umanitario, che richiedono la solidarietà dell'UE, compresa l'esigenza di continuare a condividere i costi operativi generali unendo risorse nazionali ed europee.

3.3.2   In altri pareri il CESE ha suggerito che nel quadro di una politica comune di asilo venga modificato il regolamento di Dublino per facilitare la mobilità nell'UE dei richiedenti asilo.

3.4   In alcune isole, d'altronde, si registra un forte insediamento di residenti stranieri, con un forte potere di acquisto, la cui presenza contribuisce allo sviluppo economico e sociale locale, ma in caso di saturazione del mercato immobiliare può essere all'origine di un aumento dei prezzi degli alloggi, rendendo questi ultimi difficilmente accessibili per la popolazione locale con minori risorse economiche.

4.   Accessibilità e insularità

4.1   Alcune delle limitazioni di cui risentono i territori insulari dipendono dalla discontinuità nello spazio e dalla collocazione periferica. Tali svantaggi si ripercuotono sui costi di trasporto, di distribuzione e di produzione, che risultano più elevati. Vi è inoltre una maggiore incertezza in relazione all'approvvigionamento di prodotti e risulta necessario provvedere a riserve e a capacità di stoccaggio maggiori.

4.2   Una prova di quanto sopra è data dalla totale dipendenza dal trasporto marittimo e aereo. Le regioni insulari sono pertanto in una situazione meno favorevole rispetto al resto dei territori, sia per quanto concerne i benefici derivanti dal mercato unico europeo come spazio omogeneo di relazioni economiche concorrenziali, che per quanto si riferisce al ridimensionamento dell'impresa al fine di rendere possibile l'innovazione e la realizzazione di economie di scala e di economie esterne.

4.3   A tale proposito è importante ricordare che nel quadro dell'iniziativa comunitaria Cielo unico europeo si potrebbero analizzare meccanismi di gestione del transito aereo rivolti specificamente a garantire l'accessibilità continua delle regioni insulari.

4.4   Non si può dimenticare la situazione causata dalla nube di cenere del vulcano islandese Eyjafjallajökull, che ad aprile e maggio 2010 si è diffusa su ampie zone dello spazio aereo europeo, causando la chiusura di vari aeroporti dell'Europa centro-settentrionale e anche dell'Europa meridionale.

4.5   Il problema più preoccupante è consistito non tanto nell'interruzione dell'arrivo di turisti, quanto nel fatto che quelli che si trovavano già sulle isole non potevano tornare ai rispettivi paesi di origine, e nell'incertezza sulla durata del problema.

4.6   Quel caso specifico evidenzia la particolare vulnerabilità delle regioni insulari in tali circostanze, perché, pur avendo avuto ripercussioni su quasi tutta l'Europa, il blocco dello spazio unico europeo ha avuto effetti (negativi) maggiori nelle regioni insulari interessate.

4.6.1   Un altro tema da considerare è l'imposizione di una tassa sulle emissioni di anidride carbonica nel trasporto aereo, prevista dalla Commissione per il 2012 Se tale tassa entrerà in vigore, la Commissione dovrebbe trovare una formula specifica per le regioni insulari, che dipendono fortemente dal trasporto aereo e subirebbero un ulteriore aumento dei loro svantaggi.

4.7   L'accessibilità è essenziale ai fini del richiamo delle aree insulari. Le reti transeuropee dei trasporti (TEN-T) devono includere un'autentica politica multimodale, da applicare anche alle isole. A tal fine potrebbe essere utile istituire dei corridori dei trasporti marittimi e aerei tra il continente europeo e le isole, mediante il finanziamento di infrastrutture fisse e mobili.

5.   Agricoltura e pesca

5.1   L'agricoltura, l'allevamento e la pesca costituiscono una componente importante dell'economia locale, in particolare in termini di occupazione, come pure un importante sostegno alle industrie agroalimentari locali, che rappresentano la parte principale della produzione industriale delle isole.

5.2   Tuttavia la produzione agricola e della pesca nelle isole si caratterizza per la sua particolare fragilità, dovuta principalmente alle difficoltà derivanti dalla perifericità, dalle piccole dimensioni delle aziende, dalla poca diversificazione delle produzioni, dalla dipendenza dei mercati locali, dalla frammentazione e dalle condizioni climatiche. Tutto ciò si ripercuote sull'industria agroalimentare insulare, che dipende dai propri prodotti. La debolezza delle produzioni agricole e zootecniche provoca una debolezza anche dell'industria agroalimentare insulare.

5.2.1   Tutti questi fattori contribuiscono a ridurre considerevolmente la competitività delle produzioni insulari rispetto a quelle continentali e dei paesi terzi.

5.3   Per di più, in un contesto geografico di grande distanza dalle fonti di approvvigionamento e dai mercati, l'agricoltura locale dipende fortemente dall'esterno, sia per la fornitura di materie prime e fattori di produzione che per la commercializzazione dei prodotti.

5.4   Pertanto, i produttori agricoli delle isole competono in condizioni di disuguaglianza con i produttori di altre zone. I produttori locali devono ricevere il sostegno necessario affinché l'agricoltura delle regioni insulari operi in condizioni di parità, attraverso per esempio strumenti specifici della PAC destinati alle isole, o un sostegno e un riconoscimento maggiori per le produzioni locali.

5.5   Per quanto riguarda l'adozione di misure destinate specificamente a compensare gli svantaggi dell'insularità in tale ambito, non vi è nulla che possa essere comparato a uno specifico programma legislativo. Ciò vale per il settore primario, particolarmente importante per le isole. Il Fondo europeo per la pesca non prevede interventi speciali, a parte quelli destinati alle regioni ultraperiferiche e alle isole minori dell'Egeo.

5.6   Altrettanto avviene per i regimi di sostegno diretto nel quadro della politica agricola comune (PAC). Le riforme più recenti dei regimi di aiuti diretti della politica agricola comune, della politica di sviluppo rurale e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) non hanno tenuto conto del fattore insularità.

6.   Mercato interno e turismo

6.1   Le dimensioni delle aree insulari, minori rispetto a quelle continentali, si riflettono in misura significativa sulla produzione e sulla struttura dei mercati. La maggior parte del tessuto produttivo localizzato in tali territori è composto da piccole imprese e microimprese, con un grado di vulnerabilità più elevato di quello che caratterizza le imprese maggiori.

6.2   Il turismo è stato e continua ad essere una risorsa essenziale per l'economia di numerose zone insulari. A prescindere dalle numerose differenze che intercorrono tra le isole europee, molte di esse hanno trovato nel turismo un fattore essenziale per la sopravvivenza della popolazione locale, dell'identità, delle tradizioni, dei valori culturali e del paesaggio.

6.3   L'avvio dell'attività turistica nelle regioni insulari europee ha favorito la crescita economica e l'occupazione in tali territori e ha comportato un'importante diversificazione della base economica, grazie ai servizi legati al turismo. Il turismo ha consentito anche di recuperare e tutelare le tradizioni e le culture locali, le aree naturali e il patrimonio monumentale.

6.4   Sebbene il turismo sia stato in genere un fattore chiaramente positivo, occorre anche riconoscere gli impatti negativi che ha avuto su alcune regioni insulari, in termini di precarietà occupazionale, di stagionalità, di scarsa qualificazione degli addetti, di forte speculazione urbanistica e di aumento del costo della vita per la popolazione locale. Il turismo ha provocato anche gravi problemi di approvvigionamento idrico e difficoltà nella fornitura di servizi di base alla popolazione, come la gestione dei rifiuti, la sanità e altro ancora, comportando un forte impatto ambientale. Tuttavia l'economia insulare è divenuta troppo dipendente dall'attività turistica, per cui sarebbe necessaria una diversificazione in favore di altre attività, non necessariamente complementari al turismo, che favoriscano lo sviluppo economico insulare in situazioni di crisi come quella attuale, che si ripercuotono fortemente sul turismo.

6.5   Con l'adozione del TFUE l'importanza del turismo nell'UE viene riconosciuta espressamente. Nel giugno 2010 la Commissione ha presentato una comunicazione concernente un nuovo quadro per un'azione coordinata volta a accrescere la competitività e la capacità di sviluppo sostenibile del turismo nell'UE (6). Tale riconoscimento rappresenta un'opportunità di rafforzare la competitività del settore turistico europeo, e contribuire così alla nuova strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

6.6   Nel punto 55 della risoluzione del 27 settembre 2011 (7), il Parlamento europeo accoglie con favore l'iniziativa della Commissione volta a elaborare una strategia per un turismo costiero e marino sostenibile e chiede lo sviluppo di strategie specifiche simili per le isole, le regioni montane e altre zone vulnerabili.

7.   Ricerca, sviluppo e innovazione

7.1   L'innovazione rappresenta un obiettivo essenziale della politica economica, sia a livello dell'UE - con la strategia di Lisbona e la strategia Europa 2020 - che a livello regionale - attraverso un aumento della percentuale di spesa pubblica destinato alla ricerca, all'istruzione, alla formazione e al sostegno dei settori più innovativi (tra i quali i trasporti, l'energia, l'industria verde e altri). Ciò vale anche per i servizi, in particolare per quelli che richiedono un livello di conoscenza e di qualificazione che si considera abituale nella maggior parte delle attività turistiche (tra l'altro i servizi alberghieri, la ristorazione, i servizi immobiliari ecc.).

7.2   Occorre promuovere e rafforzare la società dell'informazione e le nuove tecnologie, che costituiscono percorsi per la diversificazione delle attività e l'avanzamento delle conoscenze per le isole. L'utilizzazione delle TIC riduce l'isolamento, migliorando i processi e i sistemi di gestione imprenditoriale e le relazioni con l'esterno, e di conseguenza favorendo l'aumento della loro competitività e della loro produttività.

7.3   Le principali difficoltà che le regioni insulari devono affrontare nel quadro dello sviluppo della loro capacità di innovazione consistono nella debolezza del tessuto imprenditoriale, nei livelli di formazione, nell'accesso al mercato europeo, nel livello insufficiente degli investimenti destinati alle infrastrutture della ricerca ecc. L'innovazione nelle regioni insulari dev'essere esaminata in un'ottica di ampio respiro, che comprenda per esempio la trasformazione, i metodi di commercializzazione, le tecniche innovative nella gestione o l'organizzazione imprenditoriale. L'obiettivo che devono perseguire le imprese insulari è quello di migliorare la loro capacità produttiva, la qualità dei prodotti, e di ottenere un accesso più facile al mercato europeo in condizioni di concorrenza simili a quelle in cui operano le regioni continentali dell'UE.

7.4   D'altra parte occorre segnalare le difficoltà che le isole devono affrontare per partecipare ai programmi di ricerca, sviluppo e innovazione dell'UE. Le piccole dimensioni del mercato interno, la capacità limitata delle strutture disponibili per la ricerca e lo sviluppo, fanno sì che tali regioni insulari abbiano difficoltà molto maggiori per partecipare ai suddetti programmi.

8.   Energia e acqua

8.1   Data l'elevata dipendenza delle industrie delle isole dalle importazioni di combustibili, le variazioni dei costi energetici incidono in misura maggiore nelle regioni insulari.

8.2   In relazione con le regioni insulari la politica energetica europea dovrebbe dare la priorità alla sicurezza di approvvigionamento delle isole, al finanziamento dello sviluppo, alla realizzazione di progetti per la produzione di energia attraverso nuove tecnologie e fonti energetiche rinnovabili, alla promozione di un uso efficiente dell'energia e alla protezione dell'ambiente e della natura.

8.3   La produzione, lo stoccaggio e la distribuzione di elettricità sono importanti non solo per le esigenze primarie di energia, ma anche per la desalinizzazione dell'acqua di mare, che in molte isole potrebbe risolvere la questione dell'approvvigionamento di acqua potabile.

8.4   A causa della superficie ridotta e, in particolare, del carattere prevalentemente roccioso del suolo, la maggior parte delle isole soffre di scarsezza d'acqua. Oltre ad avere ripercussioni sulla salute, l'agricoltura e l'allevamento, ciò ostacola lo sviluppo economico (in special modo il turismo).

9.   Formazione e occupazione

9.1   Secondo il recente studio Euroislands (8), il capitale umano costituisce un problema importante nelle isole europee, e in particolare in quelle mediterranee. Il livello di istruzione è particolarmente basso anche nelle isole caratterizzate da un PIL pro capite maggiore e dalla presenza di università. Nelle isole settentrionali il capitale umano e più preparato a far fronte alle nuove sfide, ma anche lì sussistono difficoltà derivanti dalla conversione di posti di lavoro tradizionali.

9.2   L'istruzione, la formazione professionale, l'apprendimento permanente e la conoscenza delle lingue straniere svolgono un ruolo essenziale nella strategia economica e sociale dell'UE nel quadro del processo di Lisbona e della strategia Europa 2020. La chiave di volta delle strategie nazionali deve consistere nel garantire l'istruzione e le opportunità di formazione permanente a tutti gli abitanti in tutte le regioni. La mancanza di personale e l'esigenza di disporre di un'ampia gamma di servizi richiede da parte degli abitanti delle isole una particolare polivalenza professionale, che può essere conseguita mediante adeguati programmi di formazione professionale finanziati dall'UE.

10.   Politica regionale

10.1   La politica regionale rappresenta il principale mezzo dell'UE a disposizione delle aree insulari per superare le loro limitazioni strutturali e approfittare del loro potenziale di sviluppo e di crescita. Nondimeno, occorre migliorare tali politiche per fare in modo che le isole, che sono parte integrante del mercato unico europeo, traggano il massimo vantaggio, tanto in termini economici quanto in termini sociali.

10.2   In generale, i territori insulari sono in una situazione di svantaggio rispetto a quelli continentali. L'insularità non figura tra i temi prioritari dell'agenda europea di politica regionale e di coesione. Inoltre, l'ampliamento dell'UE ha cambiato radicalmente le priorità dell'agenda europea relativa a queste politiche, cosa che non ha favorito la politica europea in materia di insularità.

10.3   Occorre creare un quadro integrato che risponda efficacemente alle limitazioni cui devono far fronte le isole europee. Bisogna pertanto che le misure e le politiche che possono influire sulle isole siano sempre precedute dalle opportune valutazioni di impatto, al pari di quanto avviene nel caso delle regioni ultraperiferiche. In tal modo si eviterebbero ripercussioni negative e contraddizioni e si rafforzerebbe la coesione territoriale. La valutazione di impatto è necessaria in particolare nel caso delle politiche di trasporto, delle politiche ambientali e di quelle energetiche.

10.4   Nella programmazione per il periodo 2007 2013, il prodotto interno lordo pro capite è stato utilizzato come unico indicatore per definire l'ammissibilità delle regioni nel quadro degli obiettivi fissati nella politica regionale. Tale indicatore ignora il fatto che la coesione implica una dimensione molto più ampia, comprendente componenti sociali, ambientali, territoriali ed altre ancora relative all'innovazione e all'istruzione. Per ottenere un'immagine ben definita del livello di sviluppo delle isole, e una comprensione soddisfacente delle regioni caratterizzate da svantaggi geografici permanenti, sono richiesti nuovi indicatori, che utilizzino dati statistici più pertinenti.

10.4.1   In tal senso, conformemente al quadro politico generale dell'UE, si dovrebbero includere come riferimento gli indicatori della strategia Europa 2020.

10.5   Sebbene nella programmazione 2007 - 2013 le isole europee siano state riconosciute come ammissibili alla cooperazione transfrontaliera, la definizione del criterio di distanza massima di 150 km tra frontiere regionali ha fatto sì che attualmente tre arcipelaghi, le Cicladi, le Ebridi e le Baleari, siano rimaste escluse.

10.6   Il CESE chiede che si abbandoni tale criterio dei 150 km di distanza nella classificazione delle isole come regioni di frontiera ammissibili ai finanziamenti a titolo dei programmi di cooperazione transfrontaliera, nel quadro dell'obiettivo cooperazione territoriale della politica di coesione o nel quadro della politica europea di vicinato.

10.7   Occorre dedicare particolare attenzione alle isole che risentono non già di uno solo, bensì di vari degli svantaggi menzionati nell'articolo 174 del Trattato, come le isole montagnose o quelle a bassissima densità di popolazione. Altrettanto si può dire per gli arcipelaghi caratterizzati da una doppia o multipla insularità. Tali territori risentono di svantaggi aggiuntivi derivanti dalla loro frammentazione e dalle dimensioni geografiche limitate. Segnaliamo inoltre la situazione di un gran numero di isole costiere che risentono di gravi svantaggi connessi alla microinsularità. Tutto ciò fa sì che le limitazioni derivanti dall'insularità si accentuino e che vi sia molto spesso una mancanza di servizi destinati alla popolazione.

10.8   Pertanto le isole richiedono un approccio integrato alle differenti politiche, a livello sia orizzontale (attraverso una impostazione intersettoriale delle principali politiche con impatto territoriale, quali la PAC, la politica comune della pesca, gli aiuti di Stato ecc.), che verticale (associando le dimensioni regionale, nazionale e comunitaria). Tale approccio dovrebbe riflettere anche i nuovi orientamenti politici del Trattato sull'UE, e l'importanza riconosciuta a settori particolari, come l'energia e il clima, l'immagine e il ruolo internazionale dell'UE e le questioni della giustizia e degli affari interni (9).

11.   Punti di forza e di attrazione delle regioni insulari

11.1   Dalle conclusioni dello studio Euroislands, svolto nel quadro dell'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE) (10), risulta che tra i punti forti delle isole figurano, come vantaggi comparativi, la qualità della vita e i beni naturali e culturali. Le isole sono caratterizzate da un'elevata densità di capitale naturale e culturale e da una forte identità culturale. Nondimeno sussistono limitazioni importanti, dato che il patrimonio naturale e culturale costituisce una risorsa insostituibile e non rinnovabile.

11.2   In base alle raccomandazioni dello studio succitato, risulta chiaramente che le nuove tecnologie della comunicazione e dell'informazione riducono l'impatto negativo dell'insularità (le piccole dimensioni e l'isolamento). Le nuove tecnologie potrebbero inoltre essere utili per le piccole e medie imprese e per le imprese di servizi in settori come l'istruzione e la ricerca, i servizi sanitari, l'informazione, la cultura e altre attività creative. Ulteriori cambiamenti tecnologici (sviluppo di nuove forme di energie rinnovabili, tecnologie di sostituzione parziale delle risorse naturali, progressi nel settore dei trasporti ecc.) possono avere ottenere un effetto moderatore sulle limitazioni derivanti dall'insularità.

11.3   Nelle regioni insulari sono presenti innumerevoli esempi di buone pratiche:

Iniziative nel settore imprenditoriale: vari prodotti agricoli e manufatti delle isole (prodotti alimentari e bevande) hanno «resistito» alla concorrenza nell'UE e nel mercato mondiale malgrado i loro prezzi relativamente alti, grazie alla qualità (dei fattori di produzione locali e dei metodi tradizionali di produzione) e/o alla loro singolarità e alla creazione di un marchio.

Iniziative intese ad affrontare i problemi generali dell'ambiente, come il cambiamento climatico o i problemi specifici connessi all'insularità: nel caso delle applicazioni per la produzione di energie rinnovabili segnaliamo l'isola di Citno nelle Cicladi, Samsø, Eigg (Scozia), Gotland, Bornholm, le Canarie ecc.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Pareri del CESE Una migliore integrazione nel mercato interno come fattore chiave di coesione e di crescita per le isole GU C 27 del 30.2.2009, pag. 123, e Innovazione nel turismo: definire una strategia per uno sviluppo sostenibile nelle isole GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 75.

(2)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle regioni - L'Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo, GU C 376 del 22.12.2011, pag. 44. e la risoluzione del Parlamento europeo L'Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo (2010/2206 (INI)).

(3)  GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 75.

(4)  Parere del CESE Una migliore integrazione nel mercato interno come fattore chiave di coesione e di crescita per le isole GU C 27 del 3.2.2009, pag. 123, punto 2.2.

(5)  Spagna, Irlanda, Francia, Danimarca, Italia, Finlandia, Svezia, Regno Unito, Grecia, Paesi Bassi, Malta, Cipro, Estonia e Portogallo.

(6)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni L'Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo COM(2010) 352 final.

(7)  Risoluzione del Parlamento europeo L'Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo (2010/2206 (INI)).

(8)  Studio Euroislands – Lo sviluppo delle isole - Isole europee e politica di coesione (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo, ORATE, 2013).

(9)  Questi settori sono individuati nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e ai parlamenti nazionali - Revisione del bilancio dell'Unione europea, COM(2010) 700 final.

(10)  Studio Euroislands – Lo sviluppo delle isole - Isole europee e politica di coesione (Programma europeo ORATE 2013).


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Non solo PIL — Il coinvolgimento della società civile nella selezione di indicatori complementari» (parere d’iniziativa)

(2012/C 181/04)

Relatore: PALMIERI

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

Non solo PIL - Il coinvolgimento della società civile nella selezione di indicatori complementari.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 172 voti favorevoli, 5 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ribadisce quanto espresso nel punto 8 del messaggio conclusivo della Conferenza del CESE «Go sustainable. Be responsible! – European Civil society on the road to Rio +20»7-8 febbraio 2012: «apprezziamo il fatto che il progetto preliminare riconosca i limiti del PIL come strumento di misura del benessere, e invitiamo a coinvolgere la società civile nello sviluppo urgente di indicatori complementari».

1.2   Il CESE riconosce i progressi compiuti negli ultimi anni nell'elaborazione degli indicatori complementari al prodotto interno lordo (PIL), a livello globale ed europeo, soprattutto nello studio di indici rappresentativi della qualità della vita e delle condizioni sociali degli individui, in rapporto alla sostenibilità dei sistemi economici.

1.2.1   Il CESE continua a ritenere fondamentale lo sviluppo di tale elaborazione, soprattutto attraverso un approccio globale che ponga all'avanguardia l'Unione europea (UE), anche in vista dei prossimi appuntamenti internazionali (Rio+20) e, soprattutto, in ragione dei possibili avanzamenti nelle nuove strategie europee per la stabilità e la crescita economica, per lo sviluppo e la coesione sociale, per la sostenibilità ambientale. La prima agenda su cui misurare le elaborazioni degli indicatori complementari al PIL è la strategia Europa 2020.

1.3   Il CESE sostiene che la complessa traiettoria che sta portando a una ridefinizione del benessere e del progresso delle società - più ampia della sola crescita economica - non possa essere schiacciata dalle contingenti politiche europee di contrasto ai rinnovati effetti della crisi economico-finanziaria.

1.3.1   Per la ripresa economica e la stessa risoluzione della crisi occorre cambiare il paradigma di riferimento, fondando lo sviluppo sul benessere e sul progresso della società. Solo in questo modo si può porre maggiore attenzione alle cause all'origine della crisi e della sua recente ricaduta recessiva in Europa, per misurarle ed elaborare le politiche più adeguate, nel breve come nel medio-lungo periodo. In tal senso le politiche dell'UE rappresentano una sfida particolarmente interessante.

1.4   Il CESE ribadisce pertanto che debbano essere superate le resistenze e le tentazioni riduzioniste all'inserimento e al monitoraggio istituzionale - accanto agli indicatori tradizionali di natura più propriamente economica e finanziaria - di indicatori di sostenibilità economica, sociale e ambientale, proprio perché la crisi in corso possa essere contenuta e meglio governata.

1.5   La distanza fra le politiche economiche, a livello nazionale come europeo, e le politiche per il benessere e per il progresso sociale è divenuta considerevole. Eppure, data l'adozione ormai diffusa degli indicatori complementari al PIL da parte degli uffici statistici nazionali, la possibilità di ridurre tale distanza è legata alla capacità di trasformare le molte informazioni a disposizione in conoscenza e consapevolezza dei cittadini europei.

1.5.1   In tal senso occorre promuovere un dibattito sul significato stesso di progresso che, oltre a ridefinire il concetto di sviluppo, introduca anche elementi di responsabilità politica. Questo nuovo approccio richiede l'individuazione delle differenti dimensioni che compongono il progresso attraverso:

i)

l'estensione dei conti nazionali ai fenomeni sociali ed ambientali;

ii)

l'utilizzo di indicatori compositi;

iii)

la creazione di indicatori chiave.

1.6   Il CESE ritiene, dunque, che la statistica abbia assunto un ruolo decisivo per colmare il gap conoscitivo che insiste:

fra i processi economici e sociali innescati dalle decisioni politiche e gli avanzamenti in termini di benessere e di progresso sociale

tra le stesse istituzioni politiche e le istanze di cittadinanza; tanto più oggi, a fronte degli sviluppi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

1.7   Il CESE è convinto che la trasparenza dei processi decisionali democratici richieda una governance statistica indipendente che ritrovi il suo ruolo fondamentale di indirizzo delle misurazioni e della loro metodologia, verso i fenomeni dettati dalle nuove esigenze di carattere economico, sociale ed ambientale. In questo quadro, l'Eurostat è destinata ad assumere un ruolo centrale nell'integrare e armonizzare le statistiche nazionali e regionali.

1.8   Il CESE ritiene altresì che la società civile, insieme agli altri attori sociali e istituzionali, debba individuare gli ambiti di intervento nei quali si determina il progresso di una società, delineando le specifiche aree e fenomeni di rilievo (in campo economico, sociale ed ambientale). Questo può avvenire attraverso specifici strumenti di informazione, consultazione e partecipazione.

1.8.1   Il CESE ritiene che la legittimità delle decisioni pubbliche non possa essere esclusivamente prodotta e assicurata dalle garanzie e dagli ordinamenti formali - istituzionali, giuridici, costituzionali - dello Stato, ma deve necessariamente fondarsi sul contributo della società civile.

1.8.2   Il contributo specifico della società civile alla definizione delle prospettive dello sviluppo e del benessere è un apporto politico necessario, non solo a intrecciare la dimensione partecipativa con quella cognitiva, ma anche allo stesso perseguimento degli obiettivi in prospettiva.

1.9   Ciò che manca, tuttavia, è lo sviluppo di strumenti di enforcement e di accountability necessari per vincolare le scelte politiche, in particolare quelle di politica economica e di bilancio, alla perfomance degli indicatori stessi.

1.10   Il CESE, alla luce delle esperienze di consultazione e partecipazione nei diversi paesi, ritiene che il «paradigma deliberativo» (processo di scambio di informazioni e opinioni in rapporto a una decisione comune in una dimensione discorsiva attraverso la quale si formano e si esprimono le preferenze collettive), sulla base del quale andrebbe costruita l'elaborazione degli indicatori del benessere e del progresso, si debba fondare su:

un confronto paritetico tra attori istituzionali e rappresentanze della società civile,

l'inclusione nel processo deliberativo di tutti gli interessi coinvolti dall'assunzione della prospettiva di misurazione e perseguimento del benessere e del progresso sociale,

un orientamento al bene comune, in particolare nella sintesi che segue la dialettica discorsiva.

1.11   Il CESE si impegna a continuare il monitoraggio delle attività che a livello nazionale ed europeo comportano il coinvolgimento della società civile nell'elaborazione degli indicatori complementari al PIL.

1.12   Il CESE ribadisce la sua disponibilità a rappresentare il luogo di incontro tra la società civile organizzata e gli organismi istituzionali europei nell'ambito di un processo partecipato e deliberativo di individuazione ed elaborazione degli indicatori di progresso per l'Unione europea.

2.   Introduzione

2.1   Con il presente parere il CESE intende fornire il proprio contributo alla riflessione in merito alle modalità di coinvolgimento della società civile, nei processi di elaborazione degli indicatori di benessere o di progresso di una società, in vista sia della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile: Earth Summit 2012 - Rio+20, che si terrà dal 20 al 22 giugno del 2012 a Rio de Janeiro (1), sia del quarto Forum mondiale dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) che si svolgerà dal 16 al 19 ottobre 2012 a New Delhi in India Statistics, Knowledge and Policies Measuring Well-Being and Fostering the Progress of Societies.

2.2   Il CESE intende proseguire lungo il percorso di elaborazione tracciato dai due precedenti pareri, dando continuità al processo di monitoraggio dei progressi compiuti - a livello europeo - nell'elaborazione degli indicatori complementari al prodotto interno lordo (PIL). Indicatori che siano in grado di esprimere lo sviluppo economico e sociale nell'ambito del pieno rispetto della sostenibilità ambientale (2).

2.3   Il CESE, già con il parere Oltre il PIL - strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile (3), aveva avanzato una riflessione sui limiti del PIL, sulle possibili correzioni e integrazioni e quindi sulla necessità di elaborare nuovi criteri per l'individuazione di indici complementari di benessere e di sostenibilità (economica, sociale e ambientale) «per una politica più equilibrata».

2.4   Due anni più tardi, nel dare seguito alla discussione e alle elaborazioni compiute in sede europea, il CESE, con il parere Oltre il PIL: Misurare il progresso in un mondo in cambiamento (4), accoglieva con favore la comunicazione della Commissione europea (5), sottolineando l'importanza di una prospettiva di lungo periodo nello scegliere i parametri di riferimento e gli strumenti statistici più idonei ad estendere i conti nazionali verso istanze di natura più propriamente sociale ed ambientale, anche qui, in funzione delle scelte strategiche degli attori politici istituzionali.

2.4.1   Nel suddetto parere il CESE evidenziava la necessità di approfondire lo studio di indici rappresentativi della qualità della vita e delle condizioni sociali degli individui, adottando un approccio globale che ponesse all'avanguardia di tale iniziativa l'Unione europea (UE).

3.   Dalla crescita economica al progresso della società: una traiettoria complessa

3.1   Da oltre cinquant'anni è in corso l'elaborazione di nuovi indici sintetici, alternativi o più propriamente complementari, rispetto al tradizionale indicatore della crescita economica, il PIL. Uno strumento di misurazione «specializzato» su un segmento particolare di attività - essenzialmente di mercato - di una società. Un indicatore che solo attraverso un'interpretazione «pigra» poteva essere scambiato da «indicatore di produzione» ad «indicatore del benessere di una società» (6).

3.1.1   Tra gli anni '60 e gli anni '90 sono state realizzate elaborazioni di indicatori di carattere sociale, complementari o alternativi al PIL, in grado di evidenziare ambiti di indagine supplementari al tradizionale dominio di carattere economico. Una fase questa che può essere definita la «fase sociale» degli indicatori di progresso di una società.

3.1.2   Sul finire degli anni Ottanta il Rapporto Brundtland (1987) sollevò la questione dello sviluppo sostenibile all'attenzione mondiale (7). Successivamente, con la Conferenza sull'ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite del 1992 (Rio Earth Summit), la questione ambientale entrerà nell'agenda politica internazionale, segnando il passaggio ad una «fase globale» - di ricerca ed elaborazione di indicatori - in grado di misurare il progresso della società (8).

3.2   È comunque nel corso dell'ultimo decennio che si afferma, con maggior vigore, l'esigenza di misurare il livello di benessere raggiunto da una società garantendo, nel contempo, la sua sostenibilità economica, sociale e ambientale.

3.3   In questi anni un ruolo fondamentale viene assunto dall'OCSE con il Global Project on measuring the progress of societies avviato nel 2003 (9). Il Global Project ha rappresentato e rappresenta tuttora un vero e proprio momento di riflessione «partecipata» di livello mondiale, in cui si è acquisita una consapevolezza del necessario mutamento del paradigma di progresso della società e del conseguente modello di sviluppo globale.

3.3.1   Attraverso il Global Project si è costituita una rete di operatori privati e pubblici interessati a sviluppare un'intensa riflessione i) su studi ed analisi riguardanti le statistiche sul benessere sociale, sulla sostenibilità ambientale e sulla crescita economica; ii) sugli strumenti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in grado di permettere la trasformazione della statistica da informazione a conoscenza (10).

3.4   Il 20 agosto del 2009 giunse l'importante sollecitazione della comunicazione della Commissione europea dal titolo Oltre il PIL: Misurare il progresso in un mondo in cambiamento (11), in base alla quale si riconosceva l'esigenza di integrare il PIL con indicatori ambientali e sociali, fissando un programma di lavoro fino al 2012.

3.5   Poco meno di un mese più tardi (12) veniva pubblicata la Relazione della Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale (comunemente conosciuta come la Relazione della commissione Stiglitz, Sen e Fitoussi) (13), con gli espliciti obiettivi di:

a)

identificare i limiti dell'utilizzo del PIL quale indicatore della performance economica e del progresso sociale;

b)

valutare la possibilità di utilizzare strumenti di misurazione alternativi di progresso sociale;

c)

promuovere una riflessione su come presentare le informazioni statistiche in modo appropriato.

3.5.1   A tal fine, nella Relazione venivano individuate 12 raccomandazioni in grado di elaborare strumenti di misurazione attraverso i quali evidenziare il benessere sociale, materiale e non materiale, nelle sue molteplici dimensioni (14).

3.6   Il 25 settembre 2009, la riflessione sul PIL e sulla necessità di indicatori complementari di benessere sociale ed ambientale, acquisisce un'ulteriore autorevolezza nel corso del vertice G20 di Pittsburgh. Nella dichiarazione conclusiva veniva ribadito il seguente impegno: «Nel momento in cui ci impegniamo a introdurre un modello nuovo e sostenibile di crescita, dobbiamo incoraggiare l'elaborazione di nuovi metodi di misurazione, che consentano di tenere più pienamente in considerazione le dimensioni sociali e ambientali dello sviluppo economico.»

3.7   Nel dicembre del 2010 la Commissione europea ha presentato la Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale (15) contenente una sezione «Migliorare il benessere e ridurre l'esclusione», nel Capitolo 1 «Situazione e tendenze economiche, sociali e territoriali», pagg. 73-117, nella quale sono ripresi una serie di indicatori di benessere.

3.8   Nonostante la rinnovata attenzione verso il progresso di una società, sembrano permanere resistenze piuttosto forti - a livello istituzionale europeo - quando si tratta di implementare gli stessi indicatori di carattere sociale ed ambientale.

3.8.1   Nel corso della primavera-autunno 2010 la Commissione europea ha presentato un progetto di rafforzamento della governance economica europea volto a riequilibrare gli squilibri fiscali e macroeconomici degli Stati membri dell'UE (16). Un sistema questo che dovrebbe poggiare su un sistema di indicatori (lo scoreboard) in grado di fornire i segnali di allarme di tali squilibri e permettere di realizzare gli opportuni interventi correttivi negli SM interessati (17). Purtroppo la riflessione sul sistema di indicatori da adottare è risultata priva di qualunque trasparenza. Nella scelta della Commissione sono rimasti del tutto esclusi gli indicatori economici rilevanti anche ai fini della comprensione degli squilibri finanziari, quelli di carattere sociale e ambientale.

3.8.2   La stessa scelta sembra essere stata presa con il patto Euro Plus o il recente Fiscal Compact, per rispondere alla speculazione finanziaria e salvaguardare la competitività dell'area euro.

3.8.3   Il CESE, come precedentemente espresso - sia nel parere sul rafforzamento del coordinamento delle politiche europee (18) che sul parere sugli squilibri macroeconomici (19) -ritiene che, se per squilibri macroeconomici si intendono persistenti divergenze tra la domanda e l'offerta aggregata (tali da condurre a surplus o deficit nei consumi e risparmi complessivi di un'economia), risulta quantomeno opportuno inserire anche indicatori di natura sociale, come ad esempio: l'indice della diseguaglianza dei redditi e della ricchezza; l'incidenza delle retribuzioni più basse; la componente dei cosiddetti working poor; la quota delle retribuzioni e dei profitti sul PIL; ecc. (20). Indicatori, questi, che evidenziano l'esistenza di squilibri macroeconomici, derivanti da eccessi di risparmio dei redditi più elevati ed eccessi di indebitamento dei redditi medi e bassi. Fonti, queste, inequivocabili della crisi economica-finanziaria globale prodottasi a partire dal 2008 (21).

3.8.4   In altri termini, a poco meno di due anni dalla comunicazione della Commissione europea (22) sopra citata, la stessa Commissione, pur seguendo nuovi percorsi di elaborazione dello sviluppo e del progresso sociale, richiamata al ruolo di gestione, coordinamento e, soprattutto, di controllo degli Stati membri, continua ad utilizzare strumenti ed approcci tradizionali, privilegiando solo alcune dimensioni dell'aspetto economico, ed escludendo gran parte di quelle sociali o ambientali.

3.8.5   È a seguito di tali situazioni che il CESE insieme al Parlamento europeo e al Comitato delle regioni ritiene che la riflessione sull'idea di progresso sociale non possa essere circoscritta ad ambiti ristretti, ma debba necessariamente coinvolgere tutta la collettività.

3.9   In tutte le elaborazioni nazionali e internazionali in materia di indicatori complementari al PIL emerge l'idea che, se si fosse prestata maggiore attenzione anche ad indicatori di sostenibilità economica, sociale, ambientale, intergenerazionale e finanziaria, pubblica e privata - la crisi in corso avrebbe potuto essere avvertita tempestivamente, quindi sicuramente meglio governata.

3.9.1   La misurazione del benessere e del progresso non sono un problema esclusivamente tecnico. La concezione stessa del benessere chiama in causa le preferenze e i valori di fondo di una società e degli individui che la compongono.

3.9.2   Tra gli aspetti più significativi degli studi e delle riflessioni sulle cause della crisi e sulla possibilità di «misurarla» con indicatori più esaurienti, emerge la maggiore attenzione al lato della domanda aggregata (e non solo dell'offerta). Rispetto al benessere materiale, il dibattito internazionale pone la necessità di una maggiore attenzione al reddito e al consumo, piuttosto che alla produzione; di considerare anche gli indici di concentrazione della ricchezza; si ricorda l'influenza sul benessere della qualità dei beni e si pone particolare enfasi sulle disuguaglianze, sulla misurazione delle stesse e sull'obbligo a non limitarsi a considerare le sole grandezze «medie».

3.9.3   Non c'è dubbio che il trascinamento della crisi economica-finanziaria del 2008-2009 fino all'attuale double-dip renda quanto mai appropriata questa discussione, soprattutto in relazione all'origine della stessa crisi e in funzione della ridefinizione della crescita, dello sviluppo e del progresso che i diversi sistemi-paese e, più in generale, la società vorrebbero (ri)generare.

4.   Il nuovo paradigma di riferimento: il progresso di una società

4.1   Il dibattito intorno alla necessità di avvalersi di nuovi indicatori in grado di ampliare la sfera economica e di tener conto delle problematiche di carattere sociale ed ambientale, assume oggi un nuovo vigore, essendo mutato il paradigma di riferimento della società. Oggi la crescita economica - comunque fattore estremamente importante per una nazione - non è più sufficiente ad assicurare un progresso reale per la collettività se non è inclusiva e se non è sostenibile.

4.1.1   Al concetto di crescita economica si affianca quello di progresso. Un concetto molto più ampio e molto più complesso il cui carattere multidimensionale implica una molteplicità: i) di obiettivi da perseguire; ii) di politiche ed interventi da predisporre; iii) e quindi di indicatori per monitorare lo stato di avanzamento verso tali obiettivi. Lo stesso concetto di progresso può implicare, a latitudini diverse, interpretazioni e significati differenti per popolazioni, culture e religioni diverse.

4.2   Il mutamento del paradigma di riferimento dalla crescita economica al progresso, lungi dal semplificare le cose tende semmai a complicarle. Per tale ragione è quanto mai necessario promuovere un dibattito sul significato stesso di progresso che, oltre a ridefinire il concetto di sviluppo, attraverso l'individuazione degli obiettivi che si vogliono perseguire e degli strumenti per raggiungerli, introduca anche elementi di responsabilità politica. In altri termini, un dibattito in grado di far sì che la società - in tutte le sue componenti - possa concentrarsi sugli elementi che ritiene essenziali per la propria esistenza.

4.3   Questo approccio, completamente nuovo, richiede l'individuazione delle differenti dimensioni che compongono il progresso, per poter poi costruire i relativi indicatori. I tre approcci prevalenti per la misurazione del progresso riguardano:

1)

l'estensione dei conti nazionali ai fenomeni sociali ed ambientali;

2)

l'utilizzo di indicatori compositi;

3)

la creazione di indicatori chiave.

4.4   Nell'ambito della più recente e completa elaborazione riguardante il progresso di una società questo risulta essere composto essenzialmente da due sistemi: il sistema umano e l'ecosistema (23). Sono due sistemi strettamente interconnessi attraverso due differenti canali: il primo rappresentato dalla «gestione delle risorse ambientali» e il secondo dai «servizi dell'ecosistema» (24).

4.4.1   All'interno di questo contesto «il benessere umano» (nella sua concezione individuale e sociale) assume la funzione dominante e rappresenta l'obiettivo fondamentale per il progresso della società. Il benessere umano risulta così sostenuto da tre ambiti di attività: economica, culturale e di governance (possono essere a loro volta considerati come degli «obiettivi intermedi»). Anche l'ecosistema risulta composto da un ambito di attività rappresentato dalla «condizione dell'ecosistema» (cfr. figura 1).

4.4.2   In questo contesto si può definire «il benessere di una società» come la somma del benessere umano e delle condizioni dell'ecosistema e il relativo «progresso della società» come il miglioramento nel benessere umano e delle condizioni dell'ecosistema. Una valutazione questa che dovrà comunque essere corretta, integrandola con il ruolo esercitato dalle diseguaglianze nel benessere umano e nelle condizioni dell'ecosistema. Diseguaglianze da considerare: tra le società e le aree geografiche; all'interno di esse; e tra le diverse generazioni. È in questo modo che si arriva così a definire il progresso equo e sostenibile di una società.

4.5   È all'interno di questa riflessione che si inserisce il dibattito sugli indicatori complementari al PIL. Se oggi questo dibattito viene riscoperto e si pone l'esigenza di misurare altri fenomeni (che non siano la mera crescita economica) è perché una rinnovata consapevolezza dell'importanza di tali fenomeni fa sì che siano finalmente inseriti nell'agenda politica. La loro misurazione ne permette la conoscenza e quindi ne consente la gestione.

4.5.1   Tali fenomeni rappresentano delle scelte politiche ed è quindi opportuno un loro monitoraggio che consenta ai cittadini di essere opportunamente informati. Ed è per tale ragione che la statistica ufficiale indipendente e di qualità assume un ruolo fondamentale.

5.   Informazione, consultazione e partecipazione nei processi di elaborazione degli indicatori di progresso

5.1   La riproposizione del dibattito sull'elaborazione degli indicatori complementari al PIL si fonda essenzialmente sul fatto che, nel corso dell'ultimo decennio, si è manifestato un vero e proprio gap tra:

le misure adottate dalla statistica ufficiale (composta dagli istituti nazionali e sovranazionali di statistica), per individuare alcuni fenomeni;

e le tendenze di natura economica, sociale ed ambientale che interessano la collettività e sui quali i cittadini europei sono chiamati quotidianamente a confrontarsi.

Un divario questo acuitosi anche a seguito degli effetti dirompenti di natura economica e sociale derivanti dalla crisi globale.

5.1.1   In altri termini, la presenza di una distanza tra la realtà individuata e rappresentata dalla statistica ufficiale (attraverso i suoi indicatori tradizionali, ed il PIL è tra questi l'indicatore più rappresentativo) e la realtà percepita dai cittadini pone, inevitabilmente, una serie di riflessioni sul ruolo che la statistica ufficiale dovrà assumere nel corso del XXI secolo.

5.2   Tutto ciò avviene proprio quando, a seguito degli sviluppi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), si realizza una vera e propria rivoluzione della comunicazione, in grado di consentire una crescente disponibilità di flussi informativi. Quanto tutto questo si traduca realmente in un'effettiva conoscenza per la collettività rappresenta la vera questione centrale ed è qui che la statistica ufficiale è chiamata a recitare un ruolo chiave. L'obiettivo deve essere di consentire il passaggio dall'informazione alla conoscenza.

5.2.1   La maggiore disponibilità di informazione favorisce la trasparenza dei processi decisionali democratici (ad esempio gli indicatori statistici favoriscono la comprensione delle dinamiche che stanno assumendo determinati fenomeni: occupazione, disoccupazione, inflazione, ecc.). Ma l'ingente flusso informativo può condurre a confondere la stessa concentrazione degli utenti, siano essi cittadini o policy maker (perché non necessariamente un maggior flusso di informazioni si traduce in una migliore conoscenza).

5.3   È a seguito di tale dilemma che si evidenzia l'esigenza di una governance statistica indipendente e di qualità. Una statistica che ritrovi il suo ruolo fondamentale di indirizzo delle misurazioni e della loro metodologia, verso i fenomeni dettati dalle nuove esigenze di carattere economico, sociale ed ambientale (25).

5.3.1   È in questo contesto che il CESE ritiene che si inserisca opportunamente la comunicazione della Commissione europea sul «Rafforzamento della gestione della qualità delle statistiche europee (26)» dove si ribadisce che la statistica oggi, oltre a permettere la conoscenza dei fenomeni, deve consentirne la gestione, attuale e futura. In questo ambito, i cittadini devono poter formulare le loro scelte in modo informato, razionale e democratico.

5.3.2   Eurostat è così destinato ad assumere un ruolo centrale nell'integrare e armonizzare le statistiche nazionali e regionali - dei 27 Stati membri dell'UE - soprattutto sugli aspetti relativi alla qualità della vita, alla sostenibilità e alla distribuzione del reddito e del capitale, per misurare cambiamenti di benessere prossimi agli interventi dell'azione pubblica.

5.3.3   Eurostat dovrebbe garantire il supporto metodologico atto a fornire agli attori istituzionali e sociali, come ai cittadini europei, gli strumenti per poter essere adeguatamente informati, consultati e poter così partecipare con efficacia al dibattito pubblico (27).

5.4   In questo nuovo ambito, mentre la società civile, insieme agli attori sociali e istituzionali, dovrebbe individuare - attraverso confronti attuati in specifiche tavole rotonde e forum - gli ambiti di intervento nei quali si determina il progresso di una società, delineando le specifiche aree e fenomeni di rilievo (i vari «dominii» in campo economico, sociale ed ambientale), alla statistica è attribuito il ruolo di supporto «tecnico» attraverso la fornitura della metodologia idonea e l'individuazione degli indicatori efficaci per il monitoraggio di tali fenomeni.

5.5   Il coinvolgimento dei cittadini permette la costituzione di «forme di intelligenza collettiva» che, nel consentire l'affermarsi di pratiche di cittadinanza attiva, contribuiscono a ridefinire la democrazia:

prima «democrazia partecipativa» con una maggiore interazione e spazi per la formulazione delle priorità attraverso una progressiva comprensione e ponderazione dei differenti punti di vista rispetto all'interesse generale (28);

poi, «democrazia elaborativa», per precisare i criteri che delimitino il concetto stesso di benessere come obiettivo condiviso di progresso sociale, identificando le variabili adatte a elaborare indicatori che servano alla misurazione del benessere e definire percorsi di progresso della società comprensibili agli stakeholder, e quindi in grado di favorire il loro coinvolgimento nella ricerca del benessere diffuso (29).

5.5.1   È attraverso tale pratica che si sviluppa quel concetto di «capitale sociale» (30), alla base degli obiettivi europei di economia della conoscenza e di coesione sociale: cioè la capacità di affinare il concetto di benessere di tutti attraverso una maggiore fiducia, intesa e cooperazione della società civile con la pubblica amministrazione. Questa può avvenire esclusivamente tramite una forte partecipazione civile, politica e sociale, che le stesse amministrazioni pubbliche devono favorire attraverso pratiche di consultazione (31).

5.5.2   Un nutrito gruppo di paesi ha avviato recentemente processi deliberativi articolati che prevedono la partecipazione della società civile (Australia, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svizzera).

5.5.3   Tutte le esperienze mostrano delle differenze sostanziali nell'articolazione e nell'estensione dei processi di coinvolgimento degli attori della società civile. Queste si manifestano più nel momento dell'interazione discorsiva o dialettica (confronto pubblico e individuazione dei valori e delle priorità) piuttosto che nella prima fase di consultazione.

5.5.4   La fase di consultazione invece viene spesso realizzata attraverso un forte impiego di siti web appositamente dedicati, l'istituzione di alcuni working group incaricati di occuparsi di aree tematiche specifiche e programmi di consultazione che prevedono un uso intensivo di social network, blog e sondaggi (soprattutto online). Tuttavia, finora, in nessun paese si è raggiunto un legame sia formale che sostanziale fra la costruzione deliberativa degli indicatori e i processi di programmazione economico-finanziaria.

5.5.5   Il CESE ritiene che il coinvolgimento della società civile, nell'individuazione degli indicatori di benessere o di progresso, si possa realizzare attraverso la sua partecipazione attiva sia nella selezione delle priorità politiche, sia nella scelta delle informazioni da monitorare.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  http://www.earthsummit2012.org/.

(2)  Si veda: il parere d'iniziativa del CESE sul tema Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile, GU C 100/09 del 30.4.2009, pag. 53; ed il parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Non solo PIL: misurare il progresso in un mondo in cambiamento, GU C 18 del 19.1.2011, pag. 64.

(3)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.

(4)  GU C 18 del 19.1.2011, pag. 64.

(5)  COM(2009) 433 final.

(6)  Lo stesso Simon Kuznets - al quale si deve la diffusione del PIL negli Stati Uniti - aveva messo in guardia sui possibili abusi o fraintendimenti a cui poteva incorrere l'utilizzo distorto di tale strumento, preoccupandosi di determinarne i limiti di intervento. Costanza, R., Hart, M., Posner, S., Talberth, J., 2009, Beyond GDP: The Need for New Measures of Progress. Boston University.

(7)  Nazioni Unite, 1987, Report of the World Commission on Environment and Development.

(8)  Un'attività di ricerca che si concentrerà essenzialmente verso quattro differenti approcci metodologici: i) indicatori di correzione del PIL; ii) indicatori alternativi; iii) indicatori sintetici (o compositi); iv) sistema di indicatori.

(9)  Il progetto venne lanciato a Palermo nel 2004 nel corso del primo World forum dell'OCSE su Statistics, knowledge and policy, tre anni più tardi si tenne il secondo forum (2007) a Istanbul sul tema Measuring and fostering the progress of society dove venne firmata la «dichiarazione di Istanbul» dai rispettivi rappresentanti della CE, dell'OCSE, dell'ONU, dell'UNDP, dalla Banca Mondiale, dall'Organizzazione per la conferenza islamica. Nel 2009 si è tenuto a Busan (Corea del Sud) il terzo forum dell'OCSE su Charting progress, building vision, improving life.

(10)  Nel corso del forum annuale del 24 e 25 maggio 2011, l'OCSE ha presentato l'indice di miglioramento della vita (Better life index), un indicatore che misura le ricchezze, il benessere e la qualità della vita attraverso l'ausilio di 11 parametri (abitazione, reddito, lavoro, vita comunitaria, educazione, ambiente, governance, sanità, soddisfazione personale, sicurezza, equilibrio vita/lavoro): OECD, 2011, How's Life? Measuring Weel-Being, OECD Better Life Initiative. http://www.oecdbetterlifeindex.org/.

(11)  COM(2009) 433 final.

(12)  14 settembre 2009.

(13)  http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr/en/index.htm.

(14)  Il 12 ottobre 2011 a Parigi si è tenuta una conferenza organizzata dall'OCSE, dall'Institute Nationale de la Statistique et des Etudes Economicques (INSEE), dal ministero francese dell'Economia, delle Finanze e dell'Industria: «Two Years after the release of the Stiglitz-Sen-Fitoussi Report».

INSEE, 2011, Two years after the Stiglitz-Sen-Fitoussi report: What well-being and sustainability measures? INSEE'e contributions. Paris.

(15)  http://ec.europa.eu/regional_policy/sources/docoffic/official/reports/cohesion5/index_fr.cfm.

(16)  Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione - Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'UE, COM(2010) 367 final.

Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche, COM(2010) 250 final.

(17)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro, COM(2010) 525 final - 2010/0279 (COD).

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, COM(2010) 527 final - 2010/0281 (COD).

(18)  Parere in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione - Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'UE, GU C 107 del 6.4.2011, pag. 7.

(19)  Parere in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro, COM(2010) 525 final - 2010/0279 (COD), ed alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, COM(2010 527 final - 2010/0281 (COD) GU C 218 del 23.7.2011 pag. 53.

(20)  Come tra l'altro proposto nella relazione del Parlamento europeo sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, relatrice Elisa FERREIRA (2010/0281(COD)) del 16 dicembre 2010.

(21)  OIL-FMI, The Challenges of Growth, Employment and Social Cohesion («Le sfide della crescita, dell'occupazione e della coesione sociale»), documento di discussione per la conferenza congiunta OIL-FMI, Oslo, 13 settembre 2010 (pagg. 67-73).

(22)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Non solo PIL - Misurare il progresso in un mondo in cambiamento, COM(2009) 433 final.

(23)  Hall J., Giovannini E., Morrone A., Ranuzzi G., 2010, A Framework to Measure the Progress of Societies. Statistics Directorate. Working Paper No 34. OECD, STD/DOC (2010)5, Paris.

(24)  Mentre la gestione delle risorse è la risultante degli effetti delle azioni che il sistema umano ha nei confronti dell'ecosistema (sfruttamento delle risorse naturali, inquinamento), i servizi dell'ecosistema collegano i due sistemi (il sistema umano e l'ecosistema) in entrambe le direzioni (fornitura di cibo, acqua, aria, effetti di calamità naturali, ecc.), Hall J., Giovannini E., Morrone A., Ranuzzi G., 2010.

(25)  Giovannini, E., 2007, Statistics and Politics in a Knowledge Society, OECD, STD/DOC(2007)2, 29 maggio 2007, rilevato il 28 gennaio 2010 in: http://www.2007oecd.org/dataoecd/39/53/41330877.pdf.

Giovannini, E. 2009, Measuring Society's Progress: A key issue for policy making and democratic governance, rilevato il 28 gennaio 2010 in: http://www.oecd.org/dataoecd/6/34/41684236.pdf.

(26)  COM(2011) 211 final.

(27)  È in questa prospettiva che, all'interno del Sistema statistico europeo, è istituito lo Sponsorship group Misurare il progresso, il benessere e lo sviluppo sostenibile con il mandato di coordinare le attività sul tema e di attuare le raccomandazioni della commissione Stiglitz, Sen e Fitoussi, tenendo in opportuna considerazione gli obiettivi della strategia Europa 2020.

(28)  Per un approfondimento sul tema si rinvia al Convegno CESE alla Conferenza EESC sulla democrazia partecipativa «La democrazia partecipativa, per lottare contro la crisi di fiducia europea». Si ricordano inoltre: The Citizen's Handbook ((http://www.vcn.bc.ca/citizens-handbook) e European Citizens' Initiative (http://www.citizens-initiative.eu) - Campagna di promozione dei diritti partecipativi per i cittadini dell'Unione europea.

(29)  Nell'analisi delle dinamiche della democrazia partecipativa è corrente la distinzione fra processi di tipo «top-down» e di tipo «bottom-up». Il ricorrere, in ambedue i casi, del riferimento a interazioni fra due livelli differenti di organizzazione e di decisione (che sono invece sconosciute alle forme di democrazia diretta) configura la democrazia partecipativa come un oggetto di natura dialogica e processuale, che infatti trova le sue applicazioni migliori nella risoluzione di conflitti. In questa sede si cerca l'incontro fra i due processi.

(30)  OECD, 2001, The well-being of nations: the role of human and social capital, OECD, Paris.

(31)  OECD, 2001, Citizens as partners, Information, consultation and public participation in policy-making, PUMA (Public Management Service), OECD, Paris.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/21


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Kosovo»

(2012/C 181/05)

Relatore: SIBIAN

Con lettera del 22 settembre 2011, il commissario Maroš Šefčovič e il commissario Štefan Füle hanno chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Il ruolo della società civile nelle relazioni UE-Kosovo.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 145 voti favorevoli, 5 voti contrari e 13 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

Il parere esplorativo del CESE sul ruolo della società civile nelle relazioni UE-Kosovo tiene conto della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1244 del 1999, e comprende una serie di raccomandazioni rivolte alla Commissione europea e alle autorità kosovare. Il CESE è pronto a sostenere le azioni della Commissione europea (CE) volte a rafforzare il ruolo della società civile in Kosovo e le relazioni fra l'UE e la società civile kosovara.

1.1   Il CESE invita il governo del Kosovo ad adottare misure adeguate per una circolazione libera e sicura delle minoranze etniche su tutto il territorio del paese, come premessa indispensabile per la riconciliazione e la fiducia reciproca.

1.2   La Commissione europea dovrebbe lavorare col governo e con le organizzazioni dei mezzi di comunicazione del Kosovo per sostenere la libertà di questi ultimi e la professionalizzazione del settore giornalistico.

1.3   Il CESE invita il governo kosovaro a consultare la società civile e le parti sociali per quanto riguarda la formulazione di una strategia nazionale finalizzata allo sviluppo economico. Il governo kosovaro e la Commissione europea dovrebbero dare la massima priorità all'integrazione dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro. Un'attenzione particolare dovrebbe anche essere rivolta al sostegno per lo sviluppo rurale, l'agricoltura sostenibile e le associazioni degli agricoltori.

1.4   Il CESE dovrebbe contribuire a rafforzare il consiglio economico e sociale (CES) del Kosovo, entrando in rapporto coi principali soggetti sociali e condividendo con loro conoscenze ed esperienze. Anche la Commissione europea dovrebbe prestare un forte appoggio al CES kosovaro. Il governo del Kosovo dovrebbe mettere a disposizione una linea di bilancio specifica per il funzionamento di tale CES.

1.5   Il CESE raccomanda al ministero del Lavoro del Kosovo di istituire un meccanismo equo e trasparente per finanziare le iniziative delle parti sociali.

1.6   Anche se a causa del suo status il Kosovo non può aderire alle convenzioni dell'OIL, il governo kosovaro dovrebbe allineare su tali convenzioni la legislazione e le pratiche in vigore nel paese.

1.7   Secondo il CESE, è indispensabile che i rappresentanti delle parti sociali partecipino all'istituzione di un Consiglio nazionale per l'integrazione europea che abbia carattere inclusivo.

1.8   Il governo del Kosovo dovrebbe rafforzare l'attuazione delle norme che garantiscono un libero accesso alla pubblica informazione.

1.9   Nel quadro del lancio del Consiglio nazionale contro la corruzione del Kosovo nel febbraio 2012, il CESE esprime l'auspicio che alla società civile siano dati strumenti reali per contribuire efficacemente alla lotta contro la corruzione.

1.10   Il governo kosovaro dovrebbe tener conto del quadro strategico approntato dalla società civile, e creare il quadro giuridico e istituzionale necessario per un dialogo strutturato con essa e per il suo coinvolgimento nei processi decisionali. L'Assemblea del Kosovo dovrebbe sviluppare una piattaforma istituzionale in grado di consentire un dialogo regolare con le organizzazioni della società civile.

1.11   La Commissione europea dovrebbe continuare a sostenere la creazione di reti della società civile in Kosovo, allo scopo di facilitare il dialogo con le autorità e di consentire un collegamento con le piattaforme della società civile che esistono in Europa.

1.12   La Commissione europea dovrebbe sostenere il governo del Kosovo nello sviluppo di un quadro giuridico e finanziario che garantisca la sostenibilità a lungo termine della società civile nel paese. Il governo dovrebbe istituire meccanismi trasparenti di finanziamento pubblico per le organizzazioni della società civile. Inoltre, il CESE raccomanda al governo del Kosovo di istituire un Fondo statale per la società civile.

1.13   Il CESE raccomanda che i finanziamenti messi a disposizione dalla CE per la società civile nel quadro dello strumento di assistenza preadesione (IPA) siano bilanciati fra quelli che promuovono la democrazia e lo Stato di diritto e quelli che promuovono lo sviluppo socioeconomico. Gli inviti a presentare proposte nel quadro dell'IPA dovrebbero essere concepiti in modo da evitare divari nei finanziamenti.

1.14   La Commissione europea dovrebbe riflettere su come facilitare l'accesso ai suoi programmi da parte delle organizzazioni minori della società civile, e sostenerne le iniziative di lungo termine.

1.15   La Commissione europea dovrebbe trovare soluzioni per agevolare l'accesso delle parti sociali ai fondi stanziati per la società civile nel quadro dell'IPA. Si potrebbero creare programmi specifici per le parti sociali nel quadro dello strumento per la società civile (CSF). I sindacati devono beneficiare di programmi mirati nel quadro dell'IPA, che consentano loro di rafforzare le proprie capacità.

1.16   Il CESE sostiene con forza il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nella definizione delle priorità nazionali per l'assistenza dell'IPA.

1.17   Il Comitato ribadisce l'interesse e la volontà di copresiedere, insieme alla Commissione europea, le riunioni plenarie della società civile che si svolgono ogni anno nel quadro del dialogo sul processo di stabilizzazione e associazione (PSA).

2.   Contesto del parere

2.1   Parti esterne in Kosovo

2.1.1   Il 17 febbraio 2008, l'Assemblea del Kosovo ha dichiarato l'indipendenza. Le autorità kosovare si sono impegnate ad attuare integralmente le disposizioni della proposta di status globale (CSP) di Ahtisaari e hanno adottato una nuova Costituzione che riflette questo impegno. L'Assemblea ha invitato l'Unione europea a mettere a disposizione la sua missione sullo Stato di diritto (EULEX). Ha inoltre invitato un gruppo di Stati (1) a creare l'Ufficio civile internazionale (UCI) per controllare l'attuazione del piano di Ahtisaari. Il Rappresentante civile internazionale (RCI) ha il potere di annullare le norme e le decisioni considerate in contrasto con il CSP di Ahtisaari.

2.1.2   Con una presenza progressivamente ridotta, la KFOR, ossia la missione militare guidata dalla NATO, continua a garantire la sicurezza in tutto il Kosovo, mentre la polizia kosovara si è assunta la responsabilità di proteggere la maggior parte dei luoghi di interesse culturale e religioso, nonché dei confini.

2.1.3   Nel luglio 2010, la Corte internazionale di giustizia ha adottato un parere consultivo sull'indipendenza del Kosovo e ha sancito che la sua dichiarazione d'indipendenza non viola il diritto internazionale.

2.2   L'approccio dell'Unione europea in Kosovo

2.2.1   Solo 22 dei 27 Stati membri dell'Unione europea hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, ma l'assenza di un consenso a livello europeo sul suo status non impedisce un impegno dell'UE in questo paese. Il livello di impegno con le autorità del Kosovo da parte dei 5 paesi che non lo hanno riconosciuto - Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna - è diversificato.

2.2.2   Il Kosovo partecipa al processo di stabilizzazione e di associazione (PSA), sebbene rimanga l'unico paese in questa regione a non avere relazioni contrattuali con l'Unione, uno stato di cose che gli impedisce di firmare un accordo di stabilizzazione e associazione (ASA). Nell'ambito del dialogo sul PSA, nel 2010-2011 si sono tenute otto riunioni (sette settoriali, seguite da una plenaria), comprese consultazioni con le organizzazioni della società civile, sui principali capitoli dell'acquis dell'UE.

2.2.3   In linea con la risoluzione delle Nazioni Unite approvata nel settembre 2010, a marzo 2011 è iniziato un dialogo promosso dall'Unione europea tra Belgrado e Pristina. Questo dialogo è volto a trovare soluzioni pratiche per quanto riguarda la cooperazione regionale, il commercio, la libertà di circolazione e lo Stato di diritto (cfr. punto 3.3).

2.2.4   Nel luglio 2010, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione relativa al Kosovo che esortava gli Stati membri dell'UE a intensificare il loro approccio comune a favore del Kosovo. Il Parlamento europeo ha sottolineato che la prospettiva di adesione all'UE rappresenta un incentivo potente per le riforme necessarie in Kosovo e ha chiesto misure concrete per rendere questa prospettiva più tangibile sia per il governo che per i cittadini.

Nel gennaio 2012, la Commissione europea ha intavolato un dialogo col Kosovo sulla liberalizzazione dei visti.

2.2.5   Il Kosovo gode dei benefici dello strumento di assistenza preadesione (IPA), dello strumento per la stabilità, dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani e di altre forme di finanziamento. Il Kosovo partecipa ai programmi destinati a più beneficiari dell'IPA. Il documento indicativo di pianificazione pluriennale per il periodo 2011-2013 è stato adottato il 27 giugno 2011. Nel 2011, è stato assegnato un totale di 68,7 milioni di euro del programma annuale IPA per il 2011 in stretto coordinamento con il ministero per l'Integrazione europea e le istituzioni governative. L'assistenza preadesione dell'UE si concentra sul sostegno allo Stato di diritto, all'economia, al commercio e all'industria, e sulla riforma della pubblica amministrazione.

2.3   Attività del Comitato economico e sociale europeo in relazione alla società civile del Kosovo

2.3.1   L'allargamento dell'Unione europea e i progressi compiuti dai paesi dei Balcani occidentali nel processo di avvicinamento all'adesione all'Unione costituiscono una delle priorità delle relazioni esterne del CESE. La sezione specializzata Relazioni esterne ha elaborato strumenti efficienti per raggiungere i suoi obiettivi principali consistenti nel sostegno alla società civile nei Balcani occidentali e nel potenziamento della sua capacità di essere un interlocutore per i governi lungo il percorso verso l'adesione all'Unione europea.

2.3.2   Il gruppo di contatto Balcani occidentali – un organismo interno permanente creato dal CESE nel 2004 – è il principale strumento di coordinamento delle attività del CESE in materia. Il ruolo del gruppo di contatto è anche quello di monitorare i cambiamenti della situazione politica, economica e sociale nei paesi dei Balcani occidentali e delle relazioni tra i Balcani occidentali e l'Unione europea. Inoltre, il gruppo di contatto promuove la cooperazione tra il CESE e le organizzazioni della società civile dei Balcani occidentali.

3.   Sviluppi politici in Kosovo

3.1   Fatti e cifre principali sul Kosovo

3.1.1   Alla fine del 2011, il Kosovo era stato riconosciuto da 86 paesi dell'ONU, tra i quali 22 Stati membri dell'Unione europea.

3.1.2   Il Kosovo, con una popolazione di circa 2 milioni di persone, è uno dei paesi più poveri in Europa. La Banca mondiale stima che il prodotto interno lordo (PIL) pro capite del paese sia di 1 760 EUR. Secondo gli ultimi dati disponibili del 2006, si stima che il 45 % della popolazione viva sotto la soglia di povertà nazionale, e che il 17 % sia estremamente povero. La popolazione emigrata è consistente ed il Kosovo registra una delle popolazioni più giovani d'Europa.

3.1.3   Gli albanesi costituiscono il 90 % della popolazione, i serbi il 6 %, mentre bosniaci, turchi, Rom, ashkali ed «egiziani» rappresentano insieme il restante 4 % della popolazione. La maggioranza albanese e la minoranza non serba accettano la legittimità dello Stato del Kosovo. La maggior parte della comunità serba si oppone alla sovranità statale del paese. La distanza sociale tra i kosovari albanesi e i kosovari serbi rimane significativa. I serbi del Kosovo mantengono una forte autonomia di fatto nella parte settentrionale del paese. In altre parti del Kosovo, si sono concentrati in enclave rurali. A parte le motivazioni politiche, la lingua rimane un'importante causa di isolamento della comunità serba. I serbi del Kosovo che abitano nelle enclave subiscono discriminazioni, con ripercussioni sulla loro vita quotidiana, e mancano di opportunità di lavoro. Il loro accesso, a parità di condizioni coi kosovari albanesi, all'amministrazione e a servizi sociali come gli ospedali è precario, e la loro libertà di circolazione nel Kosovo è sostanzialmente limitata. Vi è una costante emorragia di popolazione serba dal Kosovo.

3.1.4   Fin dal 1999, nel Kosovo settentrionale e nella maggior parte delle zone a maggioranza serba sono in funzione istituzioni parallele nei settori della sanità, dell'istruzione, della giustizia e dei servizi sociali. Esse ricevono aiuti dalla Serbia e sono in larga parte sotto il suo controllo. Una percentuale consistente dei serbi del Kosovo continua a boicottare le elezioni nazionali e la cooperazione con le autorità kosovare, in particolare nel Nord. Nel resto del paese, i serbi del Kosovo hanno cominciato a partecipare in misura maggiore alle elezioni e sono rappresentati nelle istituzioni locali e nazionali (compresi il governo e l'Assemblea). Nei comuni a maggioranza serba è stato boicottato un processo di decentramento volto a creare nuovi comuni, in cui le minoranze etniche costituirebbero la maggioranza, con maggiori poteri locali.

3.2   Relazioni con i paesi confinanti

3.2.1   Tra tutti i paesi limitrofi quello con cui il Kosovo intrattiene le relazioni migliori è l'Albania, che è stata e continua ad essere molto attiva nella ricerca di riconoscimenti per il Kosovo e nell'esercitare pressioni per l'inclusione del Kosovo nelle iniziative regionali.

3.2.2   Il Kosovo mantiene relazioni corrette con l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia. La demarcazione del confine è stata completata e sono state stabilite delle buone relazioni diplomatiche.

3.2.3   Il Kosovo e il Montenegro hanno concordato di completare il processo di demarcazione dei confini. Il Montenegro in precedenza aveva chiesto il riconoscimento costituzionale della minoranza montenegrina in Kosovo prima che i paesi si scambiassero gli ambasciatori e fosse completata la demarcazione. La comunità montenegrina è stata riconosciuta dalla legge sulle comunità, e si prevede che i due paesi stabiliranno relazioni diplomatiche nel prossimo futuro.

3.2.4   La Bosnia-Erzegovina e la Serbia sono i soli paesi confinanti con cui il Kosovo non ha relazioni politiche ufficiali. Le relazioni economiche continuano ad essere asimmetriche, poiché la Serbia è il più grande esportatore in Kosovo mentre, fino a pochi mesi fa, il Kosovo non poteva esportare in questo paese. L'Unione europea svolge il ruolo di mediatore nei negoziati tecnici tra Pristina e Belgrado. L'agenda dei negoziati con la Serbia prevede lo sblocco delle relazioni commerciali con il Kosovo, l'uso dello spazio aereo sulla Serbia, il transito di passeggeri con passaporti kosovari o di veicoli con immatricolazione kosovara e la partecipazione del Kosovo ai forum regionali. A fine febbraio 2012, il Kosovo e la Serbia hanno raggiunto un accordo sulla cooperazione regionale e la gestione dei valichi di frontiera.

3.3   Problemi attuali

3.3.1   Continuano le tensioni nelle relazioni interetniche causate dall'instabilità del Kosovo settentrionale e dal rifiuto della minoranza serba e della Serbia di accettare l'indipendenza del Kosovo e le sue nuove istituzioni. Esistono anche gruppi di kosovari albanesi che non accettano il controllo internazionale dell'indipendenza del Kosovo.

3.3.2   Alla fine di luglio 2011, la situazione nel Kosovo settentrionale si è aggravata quando il Kosovo ha deciso di imporre un embargo sulle merci serbe come rappresaglia per il blocco serbo delle merci in vigore dal 2008 e motivato col mancato riconoscimento del timbro della «Dogana del Kosovo». Il dispiego unilaterale della polizia kosovara presso due posti di blocco del confine settentrionale con la Serbia ha suscitato violenze, con la morte di un agente di polizia del Kosovo. Con l'aiuto della KFOR, la presenza militare guidata dalla NATO, è ritornata la calma.

3.3.3   Nel settembre 2011, il problema dei timbri doganali è stato risolto nel contesto del dialogo Belgrado/Pristina mediato dall'Unione europea. L'attuazione dell'accordo ha causato blocchi diffusi nel Nord, e si sono verificati anche incidenti di natura violenta. Alla luce della situazione nel Kosovo settentrionale, alla fine di settembre la Serbia ha interrotto la partecipazione al suddetto dialogo mediato dall'UE, ed è tornata al tavolo dei negoziati nel novembre 2011.

4.   La situazione economica in Kosovo

4.1   Situazione attuale dopo il conflitto

4.1.1   Con un tasso ufficiale superiore al 40 %, il Kosovo ha il più alto tasso di disoccupazione della regione, molto superiore alla media dell'Unione europea. Questi dati vanno considerati con cautela e sono probabilmente peggiori della situazione reale, dato il vasto settore informale dell'economia kosovara. La disoccupazione è superiore tra le donne e colpisce in particolare i giovani. Ogni anno entrano nel mercato del lavoro circa 30 000 giovani, un numero impossibile da sostenere nel quadro della crescita economica attuale. Anche la povertà è un problema grave, poiché circa il 20 % della popolazione vive con meno di un euro al giorno.

4.1.2   L'economia continua a dipendere in larga parte dalle rimesse degli immigrati e dagli aiuti dei donatori. L'economia kosovara soffre delle incertezze del dopo guerra, della rottura dei legami commerciali e della carenza di investimenti nelle infrastrutture. Stimolata dal grande sforzo per l'emergenza e per la ricostruzione guidato dagli aiuti dei donatori internazionali, agli inizi del decennio scorso la crescita economica era a due cifre. Essa non si è dimostrata sostenibile a causa di un deficit commerciale estremamente elevato e della mancanza di investimenti esteri diretti (IED). A partire dal 2007 il volume di investimenti esteri netti in Kosovo è costantemente diminuito, dal 19 % al 7,1 % del PIL. Il settore informale è ampio e il sistema di riscossione delle imposte è scadente.

4.1.3   Sebbene la crisi economica e finanziaria globale abbia avuto un impatto relativamente contenuto sull'economia, a causa della limitata integrazione internazionale del Kosovo, i suoi effetti negativi si sono trasmessi in particolare attraverso un calo delle rimesse, delle esportazioni e degli IED.

4.1.4   L'economia kosovara è basata in modo preponderante sul settore dei servizi (68 %), mentre gli altri settori hanno quote relativamente basse: l'industria è al 20 %, l'agricoltura al 12 %. La maggior parte della popolazione vive in aree rurali. L'agricoltura è caratterizzata dalla frammentazione dei terreni in piccoli appezzamenti, la cui conseguenza è un'attività agricola in genere piuttosto inefficiente e di sussistenza. La situazione inoltre impedisce lo sviluppo di una società civile forte e rappresentativa che si interessi ai problemi dell'agricoltura e dello sviluppo rurale.

4.1.5   La corruzione continua ad essere molto diffusa e ha un'influenza assai pesante sulle prospettive di crescita economica del paese. Nell'indice di percezione della corruzione di Transparency International, il Kosovo si colloca al 110o posto ed è considerato uno dei paesi più corrotti in Europa.

4.1.6   Il governo non ha una strategia nazionale per lo sviluppo economico, che dovrebbe essere elaborata insieme alle parti sociali e ad altri soggetti della società civile.

5.   Lo stato attuale e il ruolo delle organizzazioni della società civile

5.1   Dialogo sociale

5.1.1   Si stima che il numero totale degli iscritti ai sindacati si collochi intorno alle 60 000 persone. L'attività sindacale nel settore pubblico è molto forte e si stima che il 90 % dei dipendenti pubblici appartenga a un sindacato (2). Ora che la legge consente la creazione di sindacati nel settore privato, la sfida più importante per i sindacati nel prossimo futuro sarà di costituirsi a livello delle imprese. I sondaggi indicano che il 5,09 % della popolazione dichiara di essere affiliato a un sindacato (3).

5.1.2   La legge sul lavoro, entrata in vigore a dicembre 2010, è stata considerata in Kosovo come una delle leggi più importanti mai approvate (4). Si sono tenute numerose consultazioni sul progetto di questa legge, in particolare tra le associazioni di datori di lavoro e i sindacati, ma anche con il coinvolgimento della commissione parlamentare specializzata e delle organizzazioni della società civile. La legge è stata approvata all'unanimità durante l'ultima sessione plenaria della terza legislatura, nello stesso giorno dello scioglimento dell'Assemblea e nonostante la reiterata opposizione del governo preoccupato del grave onere per il bilancio da essa rappresentato. I sindacati avevano minacciato di boicottare il processo elettorale se la legge non fosse stata approvata.

5.1.3   Il consiglio economico e sociale del Kosovo (CES) è stato creato nel 2009. Fin dalla sua creazione la sua attività è stata ostacolata dall'opposizione della Camera di commercio del Kosovo e dall'Unione dei sindacati indipendenti del Kosovo (BSPK) alla partecipazione di altre organizzazioni di datori di lavoro (Kosovo Business Alliance) e di altri sindacati (Confederazione dei liberi sindacati del Kosovo, KSLK). Nonostante i disaccordi interni, il CES ha tenuto le sue riunioni periodiche.

5.1.4   Il consiglio economico e sociale del Kosovo non dispone delle capacità e delle risorse necessarie per funzionare efficacemente.

5.1.5   Le parti sociali non svolgono un ruolo importante nel processo di integrazione europea e nel processo di sviluppo economico. Il governo kosovaro dovrebbe creare una base giuridica adeguata per accrescere il ruolo e la rappresentanza delle parti sociali nei suddetti processi.

5.1.6   Il ministero del Lavoro al momento sta finanziando progetti delle parti sociali, ma non esistono né criteri né norme di procedura trasparenti.

5.2   Dialogo civile

5.2.1   Le origini della società civile in Kosovo risalgono alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90, in seguito alla caduta del comunismo nell'Europa centrale e orientale. A causa della situazione molto particolare del Kosovo in quel periodo, la società civile si è sviluppata come parte importante di un intero sistema parallelo e di resistenza civile al regime serbo. Gli aiuti umanitari e la tutela dei diritti umani, nonché i movimenti civili con un appoggio diffuso della società, erano i campi principali di attività della società civile. In seguito al boicottaggio delle istituzioni serbe da parte dell'intera popolazione albanese del Kosovo e a causa della mancanza di servizi sociali e sanitari, la società civile ha assunto il ruolo di principale fornitore di servizi (5).

5.2.2   Dopo la guerra, la società civile si è rapidamente adattata a rispondere alle nuove necessità quali gli aiuti di emergenza e la ricostruzione o la riconciliazione interetnica. Nel contesto dell'ampio sostegno finanziario e tecnico fornito dai donatori internazionali, il numero delle organizzazioni della società civile è aumentato in modo significativo. Tuttavia, al momento, si stima che meno del 10 % delle oltre 6 000 ONG registrate nel 2010 sia ancora attivo o parzialmente in attività (6).

5.2.3   Oggi le organizzazioni della società civile del Kosovo devono affrontare le stesse sfide che si pongono negli altri paesi della regione (7), dato che la maggior parte del settore continua a dipendere fortemente dai finanziamenti internazionali (si stima che più del 70 % delle risorse delle organizzazioni della società civile provenga da donatori esteri). Di conseguenza, le organizzazioni della società civile hanno cominciato a uniformarsi maggiormente all'orientamento dei donatori e rispondono in misura minore alle esigenze delle rispettive comunità, inoltre la loro sostenibilità sarebbe dubbia qualora in futuro diminuissero i finanziamenti internazionali per la società civile. Esse hanno poi un problema di legittimità, in quanto sono meno in contatto col loro bacino di riferimento.

5.2.4   Molti donatori hanno iniziato a ritirarsi dal Kosovo e la quota totale dei finanziamenti disponibili per la società civile sta diminuendo. La predominanza del sostegno basato su progetti a breve termine rispetto a un sostegno istituzionale di lungo termine rende la sostenibilità delle risorse finanziarie e umane delle organizzazioni della società civile un compito molto difficile da assolvere (8).

5.2.5   Nel dicembre 2011, la Commissione europea si è impegnata a trovare un accordo sulla partecipazione del Kosovo ai programmi dell'UE, ferme restando le posizioni degli Stati membri quanto allo status del paese. A questo proposito, sia la Commissione che il governo del Kosovo dovrebbero assicurare il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nell'elaborazione e nell'attuazione di progetti specifici.

5.2.6   I problemi relativi al riconoscimento internazionale del Kosovo si ripercuotono direttamente sui collegamenti internazionali della società civile di questo paese. Alcune reti internazionali ed europee non accettano membri dal Kosovo. Nonostante questi ostacoli, la società civile kosovara è rappresentata in numerosi forum e piattaforme regionali ed europee e gode di una proiezione internazionale maggiore rispetto a qualsiasi altro settore del paese. La partecipazione delle organizzazioni della società civile kosovara ai programmi regionali dovrebbe essere agevolata.

5.2.7   La Costituzione del 2008 tutela le libertà di espressione e di stampa, ad eccezione delle manifestazioni che suscitano ostilità etnica. La società civile si considera generalmente libera di esprimere critiche al governo, dato che solo alcune organizzazioni della società civile denunciano limitazioni illegittime o attacchi da parte del governo locale o centrale. Tuttavia, alcune segnalazioni indicano che i media vicini al governo sono utilizzati contro le iniziative della società civile e contro persone che criticano il governo. Sebbene in Kosovo sia presente una grande varietà di mezzi di comunicazione della stampa ed elettronici, il giornalismo investigativo è raro a causa del timore di rappresaglie. La dipendenza finanziaria dei media dalla pubblicità governativa mette in discussione la loro indipendenza.

5.2.8   La legge di base sulle ONG consente una procedura di registrazione facile e veloce e garantisce i principi fondamentali per la creazione, la gestione e lo scioglimento delle ONG. Il quadro giuridico complementare per la società civile è considerato insoddisfacente: le organizzazioni di pubblica utilità ricevono benefici molto limitati, i potenziali donatori ricevono poche esenzioni fiscali e i processi di dialogo civile non sono ancora stati formalizzati. Occorrono leggi sull'imposta sul valore aggiunto (IVA), sulle dogane, sulle imposte sul reddito delle società e delle persone fisiche al fine di specificare i benefici fiscali delle ONG di cui si riconosce la pubblica utilità. La filantropia locale si trova ancora in uno stadio embrionale. Perché le donazioni abbiano un impatto reale, servono dei cambiamenti della cultura imprenditoriale. È urgente la necessità di creare un contesto favorevole alla sostenibilità finanziaria delle ONG che consenta loro di accedere ai finanziamenti pubblici attraverso la legislazione sulla sponsorizzazione e le imposte sul reddito delle società e delle persone fisiche.

5.2.9   La collaborazione con la società civile tende a limitarsi alla promozione delle iniziative legislative, mentre i tentativi delle organizzazioni della società civile di affrontare i temi della trasparenza e della corruzione non hanno lo stesso successo. L'accesso alle informazioni continua ad essere un ostacolo alla cooperazione tra le ONG e il governo, principalmente a causa della scarsa applicazione della legge sull'accesso ai documenti pubblici.

5.2.10   Non esiste un dialogo formale tra la società civile e il governo. La Commissione europea dovrebbe sostenere il governo kosovaro nella creazione di strutture formali di cooperazione con la società civile. Le istituzioni pubbliche dovrebbero creare meccanismi e organismi stabili per le consultazioni con la società civile, e i dipendenti pubblici dovrebbero essere nominati e formati in modo da agire come persone di contatto per le organizzazioni della società civile.

5.2.11   In risposta agli sforzi delle organizzazioni della società civile, il governo ha avviato l'elaborazione di una strategia di cooperazione tra il governo e la società civile. Questo processo è ancora in una fase iniziale ed è coordinato dalla piattaforma CiviKos, una rete della società civile.

5.2.12   Non esistono meccanismi specifici per la conclusione di accordi tra il governo e la società civile né un quadro giuridico che regoli la selezione dei pochi sussidi governativi offerti alle ONG, che vengono accordati soprattutto in base a preferenze personali. La Commissione europea dovrebbe fornire assistenza tecnica al governo kosovaro per la creazione di tali meccanismi.

5.2.13   Senza disposizioni normative chiare che incentivino i volontari, per le ONG è estremamente difficile attrarre singoli o gruppi di persone per attività di volontariato. I modelli europei di legislazione nel campo del volontariato possono essere raccomandati al governo kosovaro.

5.2.14   Dal punto di vista della protezione ambientale, è necessario rafforzare la cooperazione tra il governo e la società civile e occorre consultare le organizzazioni della società civile e coinvolgerle in modo strutturato nella definizione delle politiche e nei dibattiti pubblici.

6.   Le organizzazioni della società civile in Kosovo e l'IPA

6.1   Accesso ai fondi dell'IPA

6.1.1   Tra il 1998 e il 2009, l'assistenza della Commissione europea a favore del Kosovo ha raggiunto un totale di 2,3 miliardi di euro, compreso il finanziamento della missione EULEX, il rappresentante speciale dell'UE e l'Ufficio civile internazionale. I principali partner della cooperazione bilaterale della Commissione europea sono stati la Germania, la Svizzera, la Norvegia, la Svezia (Sida), i Paesi Bassi, il Regno Unito (DFID) e USAID.

6.1.2   Il documento indicativo di pianificazione pluriennale per il periodo 2009-2011, adottato dalla Commissione europea nel 2009, individuava quattro questioni principali a carattere trasversale da affrontare in Kosovo: la società civile, l'ambiente, le pari opportunità e il buon governo. I finanziamenti dell'IPA riguardano attualmente 3 assi principali: il sostegno al raggiungimento dei criteri politici, dei criteri economici e degli standard europei.

6.1.3   In qualità di donatore più influente in termini di assistenza fornita e di categorie di finanziamento, l'UE ha il potenziale di stabilire le priorità dei programmi di promozione della democrazia e dell'assistenza. Ciò significa anche che l'efficacia dell'intervento della Commissione costituisce un fattore determinante per la percezione e la legittimazione in Kosovo degli aiuti internazionali.

6.1.4   Secondo i criteri politici, i finanziamenti dell'IPA sostengono il miglioramento della capacità amministrativa e il consolidamento delle istituzioni in Kosovo, lo Stato di diritto e la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, la promozione dei diritti umani e la tutela della minoranza serba e di altre minoranze, contribuendo al consolidamento della società civile e dei mezzi di comunicazione pubblici attraverso l'inclusione sistematica delle questioni della società civile in tutti i programmi. Per il periodo 2009-2011, dal 2 al 5 % degli aiuti totali per il Kosovo è stato destinato al sostegno a favore della società civile.

6.1.5   Sebbene i finanziamenti dell'Unione europea per la società civile siano aumentati costantemente, la complessità delle procedure burocratiche di richiesta e l'importo minimo relativamente elevato delle sovvenzioni impediscono alla maggior parte delle organizzazioni di beneficiare di tali finanziamenti. Gli stessi problemi hanno aggravato il divario tra le organizzazioni della società di grandi dimensioni e quelle di piccole dimensioni. Il linguaggio e gli aspetti tecnici delle procedure di domanda continuano a ostacolare l'accesso ai finanziamenti europei da parte delle organizzazioni locali e di base della società civile.

6.1.6   I finanziamenti della Commissione europea a disposizione della società civile sono rivolti alle azioni che promuovono la democrazia e lo Stato di diritto, un po' meno a quelle che promuovono lo sviluppo socioeconomico.

6.1.7   L'assistenza dell'IPA non sostiene iniziative delle parti sociali, né programmi mirati che consentirebbero loro di rafforzare le proprie capacità.

6.1.8   Permangono ancora perplessità sulla capacità limitata delle autorità kosovare riguardo all'assorbimento dei fondi dell'IPA. Il governo dovrebbe coinvolgere le organizzazioni della società civile nella definizione delle priorità per l'assistenza nell'ambito dell'IPA.

6.1.9   Considerando che in Kosovo manca un dialogo strutturato tra le organizzazioni della società civile e il governo, il CESE accoglie con favore i piani della Commissione europea per il finanziamento, nel 2012, di progetti per la creazione di reti di organizzazioni della società civile, con l'obiettivo di facilitare il dialogo con le autorità.

6.1.10   Il CESE raccomanda di pianificare gli inviti a presentare proposte nell'ambito dell'IPA in modo tale da evitare interruzioni dei finanziamenti.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Slovenia, Svizzera, Svezia, Turchia, Stati Uniti d'America e Ungheria.

(2)  Kushtrim, Shaipi (2011), Annual Review 2010 on Labour Relations and Social Dialogue in South East Europe: Kosovo, Regional Project for Labour Relations and Social Dialogue in South East Europe, Friedrich Ebert Stiftung, gennaio 2011.

(3)  Better Governance for a Better Impact. A Call for Citizens, The CIVICUS Civil Society Index Analytical Country Report for Kosovo, Kosovar Civil Society Foundation (KCSF), marzo 2011.

(4)  Labour Law: its implementation in the first six months, GAP Policy Brief, The Institute for Advanced Studies GAP, settembre 2011.

(5)  Better Governance for a Better Impact. A Call for Citizens, The CIVICUS Civil Society Index Analytical Country Report for Kosovo, Kosovar Civil Society Foundation (KCSF), marzo 2011.

(6)  Better Governance for a Better Impact. A Call for Citizens, The CIVICUS Civil Society Index Analytical Country Report for Kosovo, Kosovar Civil Society Foundation (KCSF), marzo 2011.

(7)  The 2010 NGO Sustainability Index for Central and Eastern Europe and Eurasia, United States Agency for International Development (USAID).

(8)  Better Governance for a Better Impact. A Call for Citizens, The CIVICUS Civil Society Index Analytical Country Report for Kosovo, Kosovar Civil Society Foundation (KCSF), marzo 2011.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Partecipazione della società civile alle politiche di sviluppo dell’UE e alla cooperazione allo sviluppo» (parere esplorativo)

(2012/C 181/06)

Relatore: ZUFIAUR NARVAIZA

Con lettera datata 20 ottobre 2011, la Commissione europea ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Partecipazione della società civile alle politiche di sviluppo dell'UE e alla cooperazione allo sviluppo.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 167 voti favorevoli, 15 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   In una situazione come quella attuale, in cui la crisi economica, quella ecologica e quella sociale condizionano il futuro dell'umanità, il CESE considera prioritario arrivare a concezioni condivise dai diversi soggetti della cooperazione quanto al tipo di sviluppo che si vuole promuovere (1).

1.2   Per l'efficacia della cooperazione risulta essenziale garantire la coerenza dell'insieme delle politiche dell'UE con la politica di sviluppo. Anche le organizzazioni della società civile (OSC) dovrebbero essere incoraggiate a intensificare e migliorare il loro coordinamento e la coerenza con queste politiche.

1.3   Le OSC sono protagonisti dello sviluppo a pieno titolo, e pertanto devono esserlo anche per quanto riguarda le politiche di cooperazione: devono cioè essere coinvolte nella definizione, nell'applicazione e nel seguito riservato alle politiche e ai programmi di cooperazione, e figurare tra gli organismi strategici che ne indirizzano i finanziamenti.

1.4   Il CESE è a favore di una collaborazione di carattere più strategico fra le istituzioni dell'UE e le OSC, mediante un dialogo politico, accordi quadro e meccanismi più efficaci di indirizzo dei fondi.

1.5   La Commissione europea e tutti i governi devono appoggiare i principi di Istanbul per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo delle OSC.

1.6   Le OSC dovrebbero ricevere un maggior riconoscimento nel quadro di nuove modalità di cooperazione, come la cooperazione Sud-Sud o la cooperazione triangolare.

1.7   Le politiche di cooperazione e sviluppo, in particolare quelle europee, devono tener conto dell'individualità e diversità delle OSC, nonché della loro esperienza nel lavoro coi paesi partner.

1.8   In un mondo globalizzato, è necessario riconoscere il carattere mondiale di alcune OSC e sfruttarne il potenziale di soggetti globali.

1.9   Occorre apportare alcune modifiche al sistema di concessione dei fondi europei per lo sviluppo attraverso le OSC. È necessario introdurre urgentemente, fra l'altro, modalità come gli accordi quadro, le sovvenzioni di funzionamento, le sovvenzioni a cascata, le convenzioni pluriennali, i fondi per casi urgenti o l'attuazione della «cassetta degli attrezzi» (tool box) prodotta dal dialogo strutturato. Secondo il CESE, le reti, le federazioni e le confederazioni di OSC dovrebbero essere le principali destinatarie di queste modalità di finanziamento.

1.10   È necessario garantire alle OSC un ambiente favorevole affinché possano svolgere il proprio lavoro in tutti i paesi. Ciò implica il rispetto di regole fondamentali come la libertà di associazione, di espressione, di riunione e di azione. Quest'obiettivo deve entrare a far parte delle politiche pubbliche di cooperazione.

1.11   La partecipazione della società civile deve essere una componente reale di governance e quindi essere adottata dall'UE come un criterio di azione nelle sue relazioni coi paesi partner.

1.12   Il CESE, pur accogliendo con favore il coinvolgimento degli enti locali nella politica di sviluppo dell'UE (2), ritiene che associare tali enti e le OSC alla politica di cooperazione allo sviluppo, fatta salva la necessaria complementarità e cooperazione da parte loro, generi confusione concettuale e difficoltà di funzionamento.

1.13   Associare il settore privato è essenziale per aumentare l'impatto delle politiche di sviluppo. Tuttavia, occorre evitare che la partecipazione dei privati o di qualsiasi altro settore serva da pretesto per ridurre il contributo pubblico, o che porti a stabilire nuove condizioni per i progetti di cooperazione. Si dovrebbe quindi stabilire un quadro basato su norme internazionali già definite per un impegno efficace di tutti i settori, che risulti conforme agli obiettivi della cooperazione allo sviluppo.

1.14   Vanno individuati meccanismi di trasparenza e rendicontazione per la cooperazione, ivi compresi quelli che interessano le OSC, nonché sistemi per la lotta alla corruzione.

1.15   Le OSC inoltre dovrebbero associare alla politica di sviluppo il corpo volontario europeo di aiuto umanitario istituito dal Trattato di Lisbona.

1.16   Le attività internazionali del CESE svoltesi per un lungo periodo di tempo hanno contributo, come nel caso del mandato conferito al CESE nell'accordo di Cotonou, al riconoscimento della dimensione istituzionale delle OSC. Era questa una delle caratteristiche più importanti dell'accordo di Cotonou: per la prima volta in un trattato internazionale siglato dall'UE, era esplicitamente riconosciuto il ruolo essenziale degli «organismi non statali» in quanto partner della cooperazione allo sviluppo (3). Ancor più importante, secondo l'accordo gli organismi non statali devono ricevere un sostegno finanziario per un rafforzamento delle capacità che consenta loro di diventare partner efficaci ai fini dell'accordo stesso. Questo mandato ha agevolato la creazione del comitato di monitoraggio ACP-UE, che per la prima volta costituiva un organo paritario composto di rappresentanti delle OSC, in questo caso dei paesi ACP e di membri del CESE finanziati dal FES. Il ruolo del comitato di monitoraggio è, come indica il nome stesso, quello di monitorare l'attuazione dell'accordo di Cotonou e degli accordi di partenariato economico, ed è stato decisivo per l'introduzione della clausola sullo sviluppo sostenibile. Questo metodo di lavoro ha rappresentato un punto di riferimento per le attività del CESE in altre aree geografiche, che si è rivelato proficuo e ha contribuito, per esempio, al rafforzamento delle capacità organizzative delle OSC, alla costituzione di piattaforme e all'istituzione di punti di contatto con le OSC presso le delegazioni dell'UE, nonché a facilitarne l'accesso ai finanziamenti europei e la partecipazione ai negoziati intorno agli accordi commerciali.

1.17   Il CESE ritiene che tali esperienze debbano essere consolidate ed estese con l'appoggio delle politiche di cooperazione. Soprattutto, facendosi interprete del sentire di molte grandi OSC, il Comitato chiede al Servizio europeo di azione esterna (SEAE) che le delegazioni dell'UE si impegnino realmente ad appoggiarle, a rimanere in contatto con loro e a conoscerne e favorirne le attività sia nei paesi europei che nei paesi partner. Nel quadro del rafforzamento delle delegazioni del SEAE, è più indispensabile che mai che queste assumano tale impegno come una competenza propria e vincolante, e non come un atto volontario o di bontà.

1.18   Nella prospettiva di un decentramento della cooperazione europea allo sviluppo, il CESE pensa di poter cooperare molto efficacemente col SEAE per quanto riguarda il dialogo fra le delegazioni e le OSC locali: in primo luogo perché il CESE rappresenta l'Europa nei diversi organi consultivi che si stanno creando nel quadro degli accordi di partenariato economico (Cariforum) e commerciale (Corea del Sud), di associazione (America centrale, Cile) ecc.; in secondo luogo perché intrattiene relazioni stabili e di lunga data con le organizzazioni della società civile e con le loro istituzioni rappresentative di tutti i continenti, in particolare dei paesi ACP, dell'America Latina e del Mediterraneo (4).

1.19   Il CESE ribadisce l'importanza che le OSC contribuiscano a sensibilizzare ed educare i cittadini europei in materia di cooperazione in un momento in cui la crisi può far dimenticare gli impegni presi verso le politiche di sviluppo. Pertanto, occorrerebbe una linea di finanziamento specifica dotata di mezzi sufficienti, purché vi siano garanzie sufficienti di trasparenza e responsabilità.

2.   Principi e obiettivi generali

2.1   Negli ultimi dieci anni, l'Unione europea ha prestato un'attenzione crescente al dialogo con le OSC. Il consenso europeo per lo sviluppo, lo strumento di cooperazione allo sviluppo, la relazione della Corte dei conti e il «dialogo strutturato» hanno ampliato le dimensioni e la portata del dialogo, cui attualmente partecipano, fra gli altri, la Commissione e il Parlamento europeo, il Comitato delle regioni e il CESE, gli Stati membri e le organizzazioni della società civile, fra cui confederazioni sindacali, cooperative ed organizzazioni dell'economia sociale, organizzazioni degli agricoltori, dei consumatori e degli imprenditori, piattaforme delle ONG e organizzazioni omologhe dei paesi partner.

2.2   Tuttavia, nonostante questi progressi e gli impegni assunti a livello internazionale (5), la percezione generalizzata suggerisce che gli impegni sono ancora principalmente di natura retorica e che i progressi pratici permangono assai minori. In numerosi paesi, sia donatori sia beneficiari, le OSC continuano ad incontrare notevoli difficoltà e hanno visto deteriorarsi le condizioni in cui lavorano. È il caso ad esempio delle organizzazioni sindacali, che incontrano difficoltà nell'accedere agli aiuti ufficiali allo sviluppo nei paesi donatori, mentre le possibilità di accesso sono limitate o pari a zero nei paesi partner, sia per quanto riguarda le risorse sia per quel che concerne la possibilità di farsi sentire a livello politico. Le minacce, come le recenti misure adottate dal governo dello Zimbabwe, incombono in generale sul sostegno alle OSC e al loro ruolo di protagonisti dello sviluppo.

2.3   Il CESE ritiene che un maggiore e miglior riconoscimento del ruolo delle OSC comporti l'accettazione di una serie di criteri, principi e valori nelle politiche di sviluppo e cooperazione.

2.4   Il primo e principale fra questi è rappresentato dal bisogno di pervenire a una convergenza, tra le OSC e fra queste e le istituzioni europee, su cosa s'intenda per sviluppo. Quest'obiettivo appare estremamente necessario e urgente in un contesto come quello attuale, in cui s'incrociano tre crisi: ecologica (cambiamenti climatici, perdita di biodiversità …), sociale (aumento delle disuguaglianze …) ed economica (disoccupazione, precarizzazione del lavoro, dominio dei mercati finanziari sull'economia reale …). Il risultato di queste tre crisi si è materializzato in una quarta crisi, quella alimentare. I dati che mostrano la profondità di queste crisi intrecciate fra loro ci rivelano che il futuro di noi tutti è in pericolo e che l'unico modo per ridurre al minimo i danni è compiere un salto di qualità in materia di uguaglianza, cooperazione e assistenza. Lo sviluppo quindi non può essere inteso come sinonimo di crescita economica, e la prosperità e il progresso non possono essere equiparati agli indicatori del PIL.

2.5   Il CESE resta convinto che, al di là della necessità di riformarne i criteri d'azione, la cooperazione sia uno degli strumenti essenziali per portare avanti lo sviluppo, in particolar modo nei paesi più poveri.

2.5.1   In questo senso, il Comitato ribadisce la necessità di mantenere gli impegni relativi al finanziamento dello sviluppo che sono stati assunti a livello internazionale, i quali devono continuare ad essere irrinunciabili per i paesi donatori, e in particolare per l'Unione europea. La cooperazione allo sviluppo è una politica pubblica dei paesi donatori basata sulle buone pratiche, e deve poter contare sulle risorse necessarie alla sua attuazione.

2.5.2   Il CESE ribadisce che, come sancito dal Trattato di Lisbona, occorre garantire la coerenza fra le altre politiche, ad es. in materia di commercio, investimenti o finanze, e la politica di cooperazione allo sviluppo. Anche le OSC dovrebbero essere incoraggiate a intensificare e migliorare il loro coordinamento e la coerenza con queste politiche.

2.6   Nell'ultimo decennio si sono verificati cambiamenti importanti in materia di cooperazione, alcuni di questi rilevanti, come la cooperazione Sud-Sud o la cooperazione triangolare: il ruolo delle OSC e delle loro reti dovrebbe ricevere un maggiore riconoscimento nel quadro di queste nuove modalità di cooperazione.

2.7   Allo stesso modo, alcuni metodi seguiti per indirizzare i fondi al fine di migliorare la titolarità, come il sostegno di bilancio, hanno avuto l'effetto di marginalizzare la società civile nei paesi partner. Il CESE desidera pertanto insistere sulla necessità di riconoscere un ruolo adeguato alle OSC locali in merito alla titolarità democratica e ai programmi tematici, compresa la componente finanziaria.

2.8   La presenza del CESE in diversi partenariati strategici dell'UE (col Brasile, la Cina, ecc.), il riconoscimento del suo ruolo in accordi internazionali come quello di Cotonou e la sua partecipazione a programmi mondiali come Rio+20 suggerirebbe di associare il Comitato ai programmi tematici della politica di cooperazione e sviluppo dell'UE.

2.9   I consensi raggiunti a livello internazionale ed espressi nella dichiarazione di Parigi, nel piano d'azione di Accra e nel forum ad alto livello di Busan richiedono interventi rilevanti nella concezione dell'efficacia degli aiuti. Tuttavia, il CESE constata che le OSC vedono la necessità di ampliare alcuni criteri e concezioni di questi documenti: ad esempio, cosa deve intendersi con titolarità, armonizzazione, allineamento, gestione dei risultati, responsabilità reciproca ed efficacia degli aiuti. Si dovrebbe arrivare a una definizione più perspicua di questi criteri mediante un dialogo tra le OSC e le istituzioni europee.

2.10   Si tratta di guardare all'efficacia degli aiuti con un approccio basato sulle diverse componenti del concetto di diritti umani e di valutarla alla luce del suo contributo a diminuire la povertà e la disuguaglianza e anche della fine della dipendenza dagli aiuti.

2.11   L'approccio di diversi organismi e delle organizzazioni internazionali certificano che le OSC sono a pieno titolo protagonisti dello sviluppo (6). Il CESE chiede alla Commissione europea e a tutti i governi di appoggiare i principi di Istanbul per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo delle OSC.

2.12   Le politiche di sviluppo e cooperazione devono tener conto dell'individualità e diversità delle OSC. Il valore aggiunto che può essere apportato allo sviluppo da un'ONG che si occupa di tutela dell'ambiente o dei diritti umani, un'organizzazione sindacale che protegge i diritti dei lavoratori o si batte per la distribuzione primaria della ricchezza attraverso la contrattazione salariale e per la protezione sociale dei lavoratori, una cooperativa agricola che incide in maniera diretta sulla sufficienza e la sovranità alimentare, un'associazione di immigrati e il contributo che può dare al co-sviluppo, oppure un'organizzazione di imprenditori o di lavoratori autonomi, con l'apporto decisivo che dà alla creazione di tessuto produttivo e di occupazione: sono alcuni esempi delle molteplici forme che può prendere il contributo delle OSC allo sviluppo, se appoggiato da politiche adeguate di cooperazione. Il CESE considera essenziale che le politiche di cooperazione allo sviluppo delle pubbliche autorità facciano pienamente leva sul potenziale rappresentato da tale diversità.

2.13   Il CESE chiede che in tutti i paesi sia creato un ambiente normativo, istituzionale, di sviluppo delle capacità e di azione che risulti favorevole all'esistenza, allo sviluppo e all'intervento delle OSC. La partecipazione della società civile organizzata dovrebbe convertirsi in una componente essenziale della governance democratica (7).

2.14   La collaborazione col settore privato è essenziale perché la politica di cooperazione allo sviluppo possa avere un maggiore impatto. Va sottolineata la grande diversità del settore privato (comprese le organizzazioni dell'economia sociale e quelle senza fini di lucro), insieme ai grandi vantaggi che possono risultare da iniziative socialmente responsabili: si tratta di vedere come massimizzarne l'apporto in termini di sviluppo economico e sociale e di sicurezza delle persone in un mondo globalizzato. Peraltro, il partenariato pubblico-privato, o il sostegno unicamente privato delle grandi corporazioni, nel settore della cooperazione allo sviluppo suscita un certo dibattito che sul grado in cui questo tipo di legami può influire sugli obiettivi di sviluppo. Il partenariato pubblico-privato potrebbe servire come strumento per raggruppare i programmi di sviluppo e gli strumenti efficaci di scambio delle conoscenze e delle risorse dei diversi partner. In questo senso sarebbe necessario stabilire il quadro per un contributo reale e responsabile del settore privato, basato su norme internazionali condivise come quelle dell'OIL in materia di lavoro, le direttive per le imprese multinazionali dell'OCSE e i principi guida delle Nazioni Unite sulle imprese e i diritti umani. Va anche fatto riferimento a iniziative internazionali di trasparenza come i principi dell'EITI («iniziativa per la trasparenza dell'industria estrattiva») o il processo di Kimberley relativo agli affari e agli investimenti internazionali.

2.14.1   Comunque, la partecipazione del settore privato non deve avere come conseguenza un minore impegno finanziario degli Stati nei confronti della cooperazione allo sviluppo, e si deve evitare di condizionare gli aiuti, ad esempio, alla privatizzazione di settori strategici o di servizi essenziali.

2.14.2   D'altra parte, in sintonia con il punto 1.13, promuovere la partecipazione delle OSC ai partenariati pubblico-privato è fondamentale, come del resto occorre fare lo stesso per il ruolo delle parti sociali e del dialogo sociale.

2.15   Occorre incoraggiare sempre più i meccanismi di trasparenza e rendicontazione per tutte le parti che partecipano alla cooperazione e applicare la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, dal momento che tale fenomeno danneggia il sostegno dei cittadini alle politiche di cooperazione. Le OSC si trovano nella giusta posizione per questo, in quanto rendono conto delle proprie attività e fungono da meccanismi di controllo sociale sulla cooperazione in generale. Sarà possibile raggiungere gli obiettivi stabiliti in materia di sviluppo solo se si manterranno un nesso e un'interazione concreta con la cittadinanza.

2.16   In un mondo globalizzato, è necessario riconoscere il carattere internazionale delle OSC e sfruttarne il potenziale di soggetti globali responsabili. D'altra parte, in un pianeta multipolare ha sempre meno senso distinguere fra OSC del Nord e del Sud del mondo. Il sostegno alle reti di OSC, alle loro piattaforme di coordinamento, ai loro meccanismi federativi e di affiliazione, fra gli altri, dovrebbe quindi far parte delle azioni per lo sviluppo finanziate dai donatori e, in particolar modo, dalla cooperazione dell'UE.

3.   Rafforzamento del ruolo delle organizzazioni della società civile

3.1   I risultati del dialogo strutturato, raccolti nel documento conclusivo della conferenza di Budapest (8), comportano considerazioni e proposte di grande interesse rivolte a tutte le parti interessate. Il CESE è dell'opinione che occorra stabilizzare questo dialogo e istituire un meccanismo di coordinamento o un gruppo di contatto che si riunisca periodicamente e sia rappresentativo delle componenti del FES, per dare applicazione alle sue raccomandazioni (9). Questa sede di dialogo dovrebbe avere un carattere politico permanente (dibattito sulle politiche di cooperazione, con mezzi e strumenti autorizzati dalla Commissione europea) e rappresentativo (OSC, Commissione, PE, Stati membri, ecc.). Il CESE ritiene che, per il suo mandato istituzionale e la sua esperienza, gli spetti un ruolo specifico in tale sede di dialogo.

3.2   Si deve fare in modo che le OSC partecipino e possano contribuire alla concezione, all'applicazione e al seguito delle politiche di sviluppo. A tal fine, per agevolare il rafforzamento delle OSC che operano a livello mondiale e intensificare la cooperazione delle organizzazioni europee, l'UE dovrebbe analizzare l'utilità di definire uno status giuridico per le OSC europee, basato su criteri precisi e condivisi dai partecipanti al dialogo strutturato.

3.3   Dall'entrata in vigore dell'accordo di Cotonou, il CESE ha sempre svolto un ruolo centrale nel potenziare la partecipazione degli organismi non statali, soprattutto in virtù del mandato a esso conferito (10). In concreto, è stato costituito un comitato di monitoraggio ACP-UE permanente, si sono tenuti seminari regionali periodici, convegni con gli ACP, ecc., che nel corso degli anni hanno contribuito direttamente alla messa in atto dei principi di titolarità, trasparenza, buona governance e partenariato sui quali si fonda l'accordo di Cotonou (11).

3.4   È anche importante che, nello stabilire un dialogo politico permanente a livello del paese beneficiario, si tenga conto della specificità di ciascun soggetto od organizzazione della società civile.

3.5   Il dialogo strutturato dovrebbe sfociare in una collaborazione di carattere più strategico fra le istituzioni europee e le OSC. In questo senso, il CESE mette in evidenza la necessità di definire quadri di relazione e partecipazione che vadano oltre il finanziamento dei progetti. Ad esempio, si potrebbe pensare a una «cassetta degli attrezzi» (tool box) prodotta dal dialogo strutturato e da applicarsi non soltanto a livello locale – di delegazione dell'UE – ma anche a livello centrale: ne risulterebbe un legame più flessibile ed efficace tra l'UE e le OSC a livello globale.

3.6   A sua volta, il ruolo delle OSC è determinante affinché, grazie al loro stimolo e alle loro richieste, si possa avanzare nel garantire la coerenza delle politiche per lo sviluppo e si promuova un nuovo patto globale per il periodo successivo al 2015, con l'obiettivo di far rientrare nell'ordine del giorno dello sviluppo anche la riduzione delle disuguaglianze, la protezione sociale universale, la giusta distribuzione della ricchezza e la tutela delle risorse naturali.

3.7   Le OSC sono entità molto diverse ed eterogenee, e per questo può essere necessario definire più precisamente il concetto. Oltre a questo, tale diversità, esperienza e relazione con i paesi partner devono essere riconosciute dalla cooperazione europea, che ne deve trarre vantaggio facendo uso delle potenzialità e specificità di ciascun soggetto.

4.   Partecipazione delle OSC ai diversi strumenti e programmi di aiuto esterno dell'UE

4.1   Il CESE si è già espresso in merito al compito delle OSC per quanto riguarda lo strumento di cooperazione allo sviluppo (12). Del resto, il CESE ritiene che la società civile debba intervenire sull'insieme degli strumenti di cooperazione, in linea con le considerazioni del dialogo strutturato e con quanto previsto dal programma per il cambiamento approvato di recente.

4.2   In sintonia con quanto proposto nel dialogo strutturato, il CESE è dell'avviso che occorra apportare alcune modifiche al sistema di concessione dei fondi europei per lo sviluppo attraverso le OSC. Gli strumenti previsti nelle prospettive finanziarie 2014-2020 devono recare nuove modalità, che vadano oltre i meccanismi classici di sovvenzione ai progetti. Si dovrebbero introdurre urgentemente, fra l'altro, modalità come gli accordi quadro, le sovvenzioni di funzionamento, le sovvenzioni a cascata o le convenzioni pluriennali, modalità di medio e lungo periodo che garantirebbero un maggiore impatto in termini di sviluppo.

4.3   Analogamente, sarebbe opportuno creare fondi speciali per casi urgenti, come ad esempio i processi democratici nel Mediterraneo, che non possono aspettare l'approvazione degli inviti a presentare proposte per l'assegnazione delle sovvenzioni, e che possono essere efficacemente messi in pratica soltanto da reti di diverse OSC, come le organizzazioni sindacali, le ONG, le organizzazioni delle cooperative, delle piccole imprese, delle donne, ecc.

4.3.1   In quest'ottica, le reti, le federazioni e le confederazioni di OSC dovrebbero essere le principali destinatarie di queste modalità di finanziamento. Meccanismi come le sovvenzioni di funzionamento e le sovvenzioni a cascata sarebbero un buono strumento al fine di potenziare il valore aggiunto delle reti di OSC che si occupano dello sviluppo.

4.3.2   Nel quadro del programma per il cambiamento, la cooperazione europea deve affrontare e rivedere i suoi meccanismi di pianificazione e gestione del ciclo dei progetti e concentrarsi su aspetti come l'erogazione più opportuna dei fondi e una flessibilità adeguata alle circostanze. Allo stesso modo si dovrebbe dare maggiore importanza al sostegno alle fasi di diagnosi e studio di fattibilità delle azioni di sviluppo, come modo di garantire meglio il successo delle suddette azioni.

4.3.3   I modelli di finanziamento dovrebbero comprendere incentivi di tre tipi: 1) in grado di promuovere la rendicontazione sui risultati dello sviluppo; 2) in grado di promuovere l'integrazione e la fusione tra organizzazioni e la creazione di OSC mondiali; 3) in grado di promuovere nuovi tipi di reti e alleanze fra più soggetti.

4.3.4   Il Trattato di Lisbona istituisce il corpo volontario europeo di aiuto umanitario, che è attualmente in fase sperimentale presso la DG ECHO e i cui risultati dovranno essere valutati attentamente prima di passare alla fase realizzativa. Il CESE è convinto del potenziale concreto delle OSC di indirizzare gli sforzi del volontariato europeo in tutti i settori, e in particolare in quello dello sviluppo. Il Comitato è dell'avviso che, in base ad alcuni criteri definiti, il volontario si potrebbe intendere come una prestazione in natura nell'ambito dei progetti soggetti a cofinanziamento (13).

5.   Rafforzamento della società civile e delle OSC nei paesi partner

5.1   In molti casi e in diversi paesi, le OSC si ritrovano in situazioni di grande vulnerabilità politica, istituzionale o economica che rendono difficile il loro lavoro, oppure vengono represse, intimidite e criminalizzate. Con frequenza, queste circostanze sono il risultato di pratiche restrittive portate avanti dai governi. Il CESE ribadisce la necessità di inserire una dimensione di vigilanza dei quadri legislativi e delle libertà fondamentali e misure d'appoggio alle OSC nelle politiche di cooperazione allo sviluppo, nonché normative sulle azioni di sviluppo e cooperazione.

5.2   Il Comitato non ignora che i quadri normativi riguardanti le OSC sono assai diversificati, sia all'interno dell'UE che dei paesi partner, ma ciò non deve impedire di andare avanti nel rispetto delle regole internazionali (come la libertà di associazione, di espressione e di riunione, affinché possano operare in piena libertà, comunicare e cooperare, ricercare finanziamenti e ricevere la protezione delle autorità), in tutti i casi e a tutti i livelli. La presenza e la partecipazione della società civile e delle OSC non solo non delegittimano la democrazia rappresentativa ma anzi la rafforzano, se esistono canali per la loro azione (14). La partecipazione della società civile deve essere una componente reale di governance e quindi essere adottata dall'UE come un criterio nelle sue relazioni coi paesi partner.

5.3   La dimensione istituzionale e il rafforzamento delle capacità delle organizzazioni partner dei paesi terzi meritano un maggiore riconoscimento da parte della cooperazione europea. Oltre alla capacità di gestione dei progetti, il contributo al rafforzamento delle OSC in quanto tali aiuta lo sviluppo integrale delle rispettive società. Si deve pertanto promuovere la formazione e il rafforzamento delle capacità delle OSC dei paesi partner, tanto in generale quanto, ad esempio, in materia di procedimenti per accedere ai finanziamenti dell'UE, anche per progetti locali di dimensioni ridotte o partecipare ai negoziati relativi agli accordi commerciali.

5.4   Allo stesso tempo, il CESE è favorevole a far sì che la politica di cooperazione allo sviluppo dell'UE escluda le associazioni che, pur richiamandosi alla società civile, non sono però democratiche o dipendono direttamente dagli Stati.

5.5   Occorre favorire il raggruppamento delle OSC e il loro riconoscimento giuridico come organismi di partecipazione nei paesi partner. Ad esempio, come proposto nel quadro dell'accordo di Cotonou o in America Latina, bisogna continuare ad organizzare piattaforme e reti rappresentative a diversi livelli per stabilire sinergie fra loro e migliorare le loro relazioni con gli enti pubblici.

5.6   L'esistenza di punti di contatto, o di persone incaricate dei rapporti con la società civile, presso le delegazioni dell'UE nei paesi partner si è rivelata utile in diversi contesti. Il loro ruolo va approfondito, rafforzandone la capacità di analizzare la situazione nei rispettivi paesi e di promuovere i rapporti con le OSC. Si dovrebbe stimolare un maggior coordinamento tra i punti di contatto e il CESE, per mettere a profitto le lezioni dell'esperienza e le buone pratiche in materia.

5.7   L'introduzione del concetto di titolarità democratica dovrebbe accompagnarsi, a propria volta, a maggiori possibilità di accesso alle risorse della cooperazione europea da parte delle OSC dei paesi partner, in particolare per quanto riguarda i raggruppamenti, le reti e le organizzazioni più rappresentativi.

5.8   Allo stesso tempo occorre procedere verso nuove forme di cooperazione tra le OSC, ad esempio di tipo triangolare, Sud-Sud o realizzata tramite scambi di conoscenze e assistenza tecnica da parte delle OSC europee e tecnologie di gestione. Queste nuove forme di cooperazione possono essere molto importanti per le OSC dei paesi di reddito medio, che vedranno ridursi la cooperazione dell'UE di tipo classico: in questi paesi le OSC sono fondamentali per consolidare la democrazia e promuovere il riconoscimento dei diritti delle persone, la riduzione delle disuguaglianze, la partecipazione dei cittadini, la parità fra i sessi, la ridistribuzione fiscale, la trasparenza e la tutela dei diritti ambientali.

6.   Sensibilizzazione dell'opinione pubblica e educazione allo sviluppo

6.1   L'UE ha mantenuto il proprio ruolo di donatore per lo sviluppo anche in questo periodo di crisi economica. Portare avanti quest'impegno è una sfida per tutti gli Stati membri e le istituzioni dell'Unione e, in grande misura, ciò dipenderà dall'appoggio della popolazione e dalla sua informazione e sensibilizzazione rispetto allo sviluppo e ai problemi mondiali che riguardano tutti i paesi.

6.2   Le OSC sono un veicolo idoneo per l'educazione allo sviluppo e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Il CESE ribadisce l'importanza di prestare la dovuta attenzione a questa tematica, in particolare in un momento di crisi come questo. L'educazione allo sviluppo necessita di approcci innovativi che sappiano recuperarne il carattere di trasformazione, e deve indirizzare il proprio messaggio a fasce più ampie della popolazione rispetto ai soli bambini e giovani. L'innovazione in questo campo, quindi, richiede che si stringano alleanze con molti soggetti diversi, il che vale in particolare per i paesi entrati nell'UE di recente, che hanno una tradizione meno solida di cooperazione allo sviluppo, e che contano su OSC meno forti.

6.3   Le OSC europee e il CESE, data la loro connessione con la società civile europea, sono in condizione di affrontare questo compito di sensibilizzazione del pubblico e possono recare in dote la credibilità di cui godono grazie al loro lavoro con le più diverse categorie sociali dell'UE, comprese le più vulnerabili. Al riguardo è fondamentale inserire, fra gli obiettivi di sensibilizzazione, la visibilità dei progetti portati avanti dalle OSC nei paesi partner, fra cui quelli che partecipano alla politica di vicinato dell'UE.

6.4   In quest'ottica, è fondamentale mantenere linee di bilancio specifiche per attività di sensibilizzazione ed educazione allo sviluppo e per campagne europee di divulgazione dei temi legati allo sviluppo e alla cooperazione.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 102-109. Cfr. punto 1.5, relatore: WILMS.

(2)  Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento, GU C 113 del 18.4.2012, pagg. 52-55.

(3)  L'articolo 4 del capitolo 2 dell'accordo stabilisce infatti che gli organismi non statali devono essere informati e consultati dalle autorità dell'UE e dei paesi ACP a proposito delle politiche e delle strategie di cooperazione, ed essere coinvolti nell'attuazione delle suddette strategie.

(4)  http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.external-relations-other-continents.

(5)  Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti allo sviluppo del marzo 2005; forum ad alto livello di Accra del 2008; principi di Istanbul per lo sviluppo (http://www.aideffectiveness.org/busanhlf4/images/stories/hlf4/PrincipiosdeOSC-Estambul-Final.pdf); quadro internazionale per l'efficacia degli aiuti allo sviluppo delle OSC (http://www.cso-effectiveness.org/IMG/pdf/spanish_framework_for_cso_dev_eff.pdf); dichiarazione del forum ad alto livello di Busan del 2011.

(6)  Articolo 20 del piano d'azione di Accra; conclusioni di Busan del 1o dicembre 2011; principi di Istanbul.

(7)  Dichiarazione conclusiva del 10o seminario regionale delle organizzazioni economiche e sociali ACP-UE - 28, 29 e 30 giugno 2009 - http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.fr.acp-eu-tenth-regional-seminar-reports.6271.

(8)  https://webgate.ec.europa.eu/fpfis/mwikis/aidco/images/c/ce/FINAL_ES_-_Final_Statement_May.pdf

(9)  Come ve ne sono su altri argomenti in diverse direzioni della Commissione europea.

(10)  «Le riunioni di consultazione e le riunioni degli operatori economici e sociali ACP-UE sono organizzate dal Comitato economico e sociale dell'Unione europea» (protocollo 1 dell'accordo di Cotonou). Il suddetto mandato è stato integrato dalla richiesta rivolta al CESE dall'allora commissario al Commercio Pascal Lamy, affinché monitorasse i negoziati per gli accordi di partenariato economico. In questo contesto, il CESE ha appoggiato l'inclusione di un capitolo sociale e uno ambientale nell'APE UE-Cariforum, nonché la creazione di un comitato consultivo della società civile per monitorare l'attuazione dell'APE stesso, e le due proposte sono state accolte nella versione finale dell'accordo. Si può quindi constatare che le disposizioni istituzionali sia dell'accordo di Cotonou che dell'APE con la regione dei Caraibi, oltre ai mandati conferiti al CESE, hanno realmente rafforzato il ruolo delle organizzazioni della società civile nell'ambito della cooperazione allo sviluppo.

(11)  Per una valutazione completa del ruolo degli organismi non statali nell'attuazione dell'accordo di Cotonou, si veda la dichiarazione finale dell'11o seminario regionale dei gruppi d'interesse socioeconomico ACP-UE, Etiopia, 2010 http://www.eesc.europa.eu/resources/docs/f_ces6152-2010_decl_en.doc.

(12)  Parere del CESE sul tema Strumento dell'Unione per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo, GU C 44 dell'11.2.2011, pagg. 123-128; parere del CESE sul tema Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'Unione europea: un programma di cambiamento, COM(2011) 637 final (non ancora pubblicato in GU).

(13)  Parere del CESE in merito alla Comunicazione sulle politiche dell'UE e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell'UE, (Cfr. pagina 150 della presente Gazzetta ufficiale).

(14)  Quanto espresso nel piano d'azione di Accra e nel forum di Busan impegna tutti i paesi.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

479a sessione plenaria del 28 e 29 marzo 2012

21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma «Europa creativa»

COM(2011) 785 definitivo — 2011/0370 (COD)

(2012/C 181/07)

Relatore generale: FORNEA

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 30 novembre 2011 e 15 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 173, paragrafo 3, e dell'articolo 166, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa creativa

COM(2011) 785 definitivo — 2011/0370 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato, in data 6 dicembre 2011, ha incaricato la commissione consultiva per le trasformazioni industriali di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha nominato relatore generale FORNEA e ha adottato il seguente parere con 168 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Le industrie creative devono essere considerate in correlazione con il nuovo ciclo di sviluppo industriale e non dovrebbero essere esaminate separatamente, ma in un rapporto stretto e interdisciplinare con altri servizi e processi di produzione. In tale contesto, le industrie creative devono essere percepite come un catalizzatore degli sviluppi innovativi nell'industria e nel settore dei servizi.

1.2   I settori culturali e creativi devono occupare una posizione importante nella strategia Europa 2020, in quanto essi contribuiscono a un tipo nuovo di crescita nell'UE, e bisogna chiarire che l'aggiornamento delle industrie creative è auspicabile in tutta l'Europa e non deve essere limitato solamente ad alcuni paesi o regioni.

1.3   Il CESE sottolinea l'importanza della dimensione economica nel programma Europa creativa e conviene che esso dovrebbe incoraggiare ogni operatore dei settori culturali e creativi ad aspirare all'indipendenza economica. Tuttavia, sembra che il programma sia troppo incentrato sull'obiettivo generale relativo alla competitività, mentre l'obiettivo concernente la promozione della diversità linguistica e culturale europea non ha un'adeguata visibilità.

1.4   Il CESE sostiene con forza la proposta di aumentare la dotazione di bilancio e ritiene che la somma totale di 1,8 miliardi di euro stanziata per il programma Europa creativa debba essere mantenuta. Malgrado si tratti di un aumento significativo, l'importo rimane relativamente modesto se messo in rapporto con il bilancio dell'UE o con i fondi stanziati da alcuni Stati membri per sostenere le attività culturali.

1.5   La fusione dei programmi Cultura e MEDIA è accettabile, a condizione che le componenti proposte siano descritte chiaramente e il loro statuto sia garantito. Ciò può essere realizzato mettendo in evidenza, ripartite per base giuridica, le percentuali di bilancio per ogni componente e le quote minime assegnate. Inoltre, per una maggiore trasparenza e una migliore comprensione del bilancio, il CESE auspica che vengano stabilite le linee annuali di azione.

1.6   Il CESE ritiene che il successo del programma quadro Europa creativa dipenda in larga misura dalla cooperazione tra le componenti MEDIA e Cultura e, al tempo stesso, dallo sviluppo di un approccio trasversale che contribuisca alla nascita di linee di azione comune tra i differenti programmi finanziati dall'Unione europea (1).

1.7   Il CESE rileva la mancanza di indicazioni chiare sul modo in cui la Commissione intende coinvolgere i pertinenti rappresentanti delle parti interessate nelle procedure attuative. L'articolo 7 non è sufficientemente chiaro (2). Occorre agevolare l'accesso al credito da parte di tutte le organizzazioni di diritto privato che realizzano attività culturali e creative che rientrano nel campo di applicazione del regolamento. Le organizzazioni dell'economia sociale attive in questi settori e altre organizzazioni pertinenti della società civile dovrebbero anch'esse avere accesso a questo strumento di facilitazione.

1.8   Le procedure amministrative devono essere semplificate attraverso lo sviluppo di applicazioni e procedure online più rapide tese a monitorare e gestire i programmi (3). È inoltre necessario migliorare le procedure e le capacità tecniche di comunicazione, di attuazione e di presentazione delle relazioni intermedie e finali, così come c'è bisogno di un trattamento più efficiente dei dossier relativi ai beneficiari di programmi di sovvenzione.

1.9   Tenuto conto della struttura molto aperta e flessibile del regolamento, la comitatologia proposta non garantisce che gli Stati membri avranno un controllo sufficiente nel processo di attuazione del programma. Le procedure di comitato devono essere modificate per dare agli esperti degli Stati membri l'opportunità di incontrarsi regolarmente per discutere dei progetti selezionati. È altresì necessario prevedere una procedura semplificata volta ad adattare, dopo una valutazione periodica, i parametri specifici alle linee di azione.

1.10   Inoltre, questa struttura aperta e flessibile fa acquisire alla guida del programma un'importanza particolare, in quanto essa indica esattamente quali azioni saranno intraprese, le condizioni di attuazione, i livelli di cofinanziamento, ecc. Il CESE raccomanda alla Commissione di elaborare la guida in modo aperto e trasparente, ed esprime il proprio interesse a partecipare a questo processo.

1.11   Per quel che riguarda la proposta della Commissione di unificare, nel quadro degli sportelli Europa creativa, i punti di contatto del programma Cultura e gli sportelli MEDIA, il CESE ritiene che sia necessario un approccio più flessibile che prenda in considerazione le specifiche realtà regionali degli Stati membri. Il Comitato sottolinea l'importanza di mantenere una prossimità geografica in rapporto agli operatori dei due settori e una conoscenza specialistica separata per la componente Cultura e per la componente MEDIA, viste le differenze significative tra le realtà e le modalità di svolgimento delle attività nel quadro di queste due componenti. I nuovi sportelli Europa creativa devono svilupparsi grazie all'esperienza già maturata dai punti di contatto del programma Cultura e dagli sportelli MEDIA.

1.12   Il meccanismo finanziario proposto rappresenta un passo nella giusta direzione e dovrebbe essere pubblicizzato, per portare a un cambiamento nel modo in cui gli istituti finanziari vedono e considerano gli imprenditori del settore culturale e creativo. Lo strumento deve garantire una copertura geografica equilibrata e non deve funzionare a scapito dei meccanismi di sostegno del tipo sovvenzione.

1.13   La proprietà intellettuale rappresenta un fattore cruciale per stimolare la creazione e gli investimenti nella produzione di contenuti culturali e creativi, oltre che per remunerare i creatori e accrescere le opportunità di occupazione in queste attività. In tale contesto, il CESE sottolinea l'importanza di un'applicazione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale a livello sia europeo che mondiale.

1.14   La selezione e la realizzazione dei progetti finanziati per mezzo del programma Europa creativa devono avvenire nel pieno rispetto dei principi e dei valori dell'UE in materia di democrazia, diritti umani e dei lavoratori, e responsabilità sociale. È altresì necessario un meccanismo che impedisca l'insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione lungo l'iter di realizzazione dei progetti o finanziati da questo strumento.

2.   La proposta di regolamento della Commissione

2.1   Il regolamento istituisce il programma Europa creativa a sostegno dei settori culturali e creativi europei per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020. Il programma sostiene unicamente le azioni e le attività che presentano un potenziale valore aggiunto europeo e che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e delle sue iniziative faro.

2.2   Gli obiettivi generali del programma favoriscono la protezione e la promozione della diversità linguistica e culturale europea e il rafforzamento della competitività dei settori culturali e creativi allo scopo di promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

2.3   Gli obiettivi specifici del programma sono i seguenti:

sostenere la capacità dei settori culturali e creativi europei di operare a livello transnazionale,

promuovere la circolazione transnazionale delle opere e degli operatori culturali e creativi e raggiungere nuovi pubblici in Europa e nel mondo,

rafforzare la capacità finanziaria dei settori culturali e creativi, in particolare delle piccole e medie imprese e organizzazioni,

sostenere la cooperazione politica transnazionale in modo da favorire lo sviluppo di politiche, l'innovazione, la conquista di nuovo pubblico e nuovi modelli di business.

2.4   La struttura del programma è la seguente:

una componente transettoriale che riguarda tutti i settori culturali e creativi, pari al 15 % della dotazione di bilancio totale,

una componente Cultura che riguarda i settori culturali e creativi, pari al 30 % della dotazione di bilancio totale,

una componente MEDIA che riguarda il settore audiovisivo, pari al 50 % della dotazione di bilancio totale.

3.   Osservazioni generali

3.1   Nel 2008 il 3,8 % della forza lavoro in Europa era occupata nei settori culturali e creativi, che hanno contribuito per circa il 4,5 % al PIL dell'UE. Il CESE è convinto che il programma quadro Europa creativa contribuirà all'attuazione della strategia Europa 2020 e, al pari della Commissione, ritiene che l'innovazione, la creatività e la cultura debbano svolgere un ruolo essenziale nella moderna formazione dei cittadini europei, contribuendo in questo modo allo sviluppo dello spirito imprenditoriale, a una crescita intelligente e sostenibile e al raggiungimento degli obiettivi in materia di inclusione sociale nell'Unione europea.

3.2   La complessa relazione tra cultura ed economia e il contributo delle industrie culturali e creative allo sviluppo degli Stati membri, alla crescita della coesione sociale e al consolidamento del sentimento di appartenenza allo spazio europeo dovrebbero spingere i responsabili politici a rivalutare il ruolo della cultura nelle politiche nazionali ed europee. Pertanto è necessario che il nuovo programma di sostegno finanziario tenga conto delle necessità dei settori culturali e creativi nell'era digitale attraverso un approccio più pragmatico e più ampio.

3.3   Il settore culturale non è omogeneo e presenta una serie di modi di funzionamento che gli sono propri. Ad esempio, le attività che riguardano la produzione musicale e discografica hanno un proprio modello economico e sono realizzate in un contesto radicalmente diverso da quello delle arti dello spettacolo («performing arts»). Pertanto è importante che il programma Europa creativa renda possibile, attraverso le sue componenti, un approccio flessibile che permetta ai beneficiari potenziali considerati nella proposta di regolamento di accedere facilmente al programma stesso e di utilizzarlo in modo efficiente.

4.   Osservazioni particolari

4.1   Il CESE ha già espresso il proprio punto di vista in merito alle industrie culturali e creative nel parere dedicato a questo settore, adottato nella sessione plenaria di ottobre 2010 (relatore: Cappellini, correlatore: Lennardt), ed elaborato nel quadro delle consultazioni relative al Libro verde Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare.

4.2   Il presente parere, incentrato sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma Europa creativa, non affronta una seconda volta gli argomenti che sono già stati trattati nel parere in merito al Libro verde, ma cerca di fornire un sostegno alla Commissione formulando direttamente delle osservazioni sul testo da essa proposto in data 23 novembre 2011 (COM(2011) 785 final).

4.3   L'aumento della dotazione di bilancio a 1,8 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 è stato accolto con favore dagli operatori di questi settori, anche se questo aumento deve essere messo in rapporto con il maggior numero di paesi beneficiari e con l'estensione del programma alle industrie creative. Il termine «industrie creative» non è definito in modo chiaro nel regolamento e sarebbe opportuno che il testo offrisse maggiori informazioni per quanto concerne i campi di azione precisi del programma e gli operatori interessati.

4.4   L'unificazione degli attuali programmi Cultura 2007-2013, MEDIA e MEDIA Mundus in un programma quadro unico intitolato Europa creativa è accolta favorevolmente dagli operatori del settore culturale e di quello audiovisivo, in quanto si tratta di un'iniziativa positiva e costruttiva della Commissione europea. Ciononostante, bisogna accordare grande attenzione al modo in cui le politiche o i processi di carattere generale vengono trasposti nelle due componenti nel quadro del programma, poiché è necessario prendere in considerazione le caratteristiche specifiche di questi settori, in cui gli operatori principali e la logica di finanziamento, produzione e distribuzione differiscono piuttosto sensibilmente da una componente all'altra.

4.5   Gli operatori del settore culturale presteranno attenzione, più di ogni altra cosa, ai tipi di finanziamento pubblico, alle condizioni di accesso e ai criteri di ammissibilità del programma. Da questi criteri dipenderanno in larga misura il loro livello di coinvolgimento e sostegno per le politiche proposte nel nuovo programma quadro.

4.6   Da un punto di vista professionale, sembra che il settore audiovisivo manifesti una soddisfazione generale non solo per quel che concerne l'efficienza dell'attuale programma MEDIA, ma anche in rapporto alle nuove politiche previste nel programma quadro Europa creativa. Il programma MEDIA è valutato positivamente dai professionisti del settore per il suo sostegno e la sua importanza in relazione al mercato dell'audiovisivo. La componente MEDIA prevista nel nuovo programma non presenta differenze di rilievo rispetto al programma attuale. Ciononostante, il testo del nuovo regolamento potrebbe essere più preciso, con allegati che illustrino dettagliatamente e separatamente ciascuna linea di azione assieme al bilancio assegnato per realizzarla.

4.7   Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione tesa a semplificare le procedure di gestione dei programmi Cultura e MEDIA applicando in misura maggiore i tassi forfettari, utilizzando le convenzioni quadro di partenariato e le procedure elettroniche, e riformando gli strumenti di lavoro dell'Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA).

4.8   C'è bisogno di concepire misure ben adattate per assicurare «condizioni di maggiore parità nei settori culturali e creativi europei, tenendo conto dei paesi a bassa capacità di produzione e/o dei paesi o delle regioni ad area geografica e linguistica limitata» (4).

4.9   Il CESE ritiene che tra le priorità vadano reintrodotte misure tese a promuovere la mobilità degli artisti, il dialogo interculturale e l'educazione artistica, in modo da allineare le misure del regolamento con quelle previste da altri documenti UE pertinenti per questi settori, e da sviluppare meccanismi basati su incentivi per gli artisti che partecipano ad attività culturali o a tournée all'estero.

4.10   Nella proposta di regolamento viene riservata un'attenzione particolare alle piccole e medie imprese e ai singoli operatori creativi. Tuttavia le organizzazioni sindacali denunciano il fatto che il regolamento si riferisce ai creatori di cultura - persone e imprese creative del settore - come a semplici prestatori di servizi e ritengono che sia necessario subordinare la concessione di aiuti finanziari al rispetto di standard di protezione sociale che eliminino le situazioni di precarietà spesso rilevate nei contratti a breve termine tipici dei progetti in questi settori.

Sfide e punti deboli della nuova proposta di regolamento

A livello generale

4.11

L'aumento della dotazione di bilancio è una novità accolta molto positivamente. Tuttavia bisogna tener conto dei seguenti aspetti:

un grande numero di paesi beneficiari,

l'estensione dei settori di finanziamento,

le nuove necessità per il passaggio alla società digitale,

la svalutazione della moneta,

il bilancio proposto dal regolamento (1,8 miliardi di euro) per il periodo 2014-2020 va messo a confronto con il bilancio annuale della Francia (7,5 miliardi di euro) o con quello della Germania (1,1 miliardi di euro) e deve essere messo in rapporto con il bilancio totale dell'Unione europea.

4.12

Le politiche molto diverse attuate dagli Stati membri comportano, per gli operatori di paesi differenti, delle disparità nelle possibilità di accesso ai programmi con finanziamento pubblico destinati al settore audiovisivo e culturale.

4.13

Per quanto riguarda le industrie creative, la sinergia tra i programmi incentrati sull'innovazione o la competitività delle imprese e delle PMI e il programma Europa creativa è scarsa o inesistente. Le possibilità offerte dall'evoluzione delle tecnologie digitali dovrebbero facilitare l'instaurazione di legami più stretti tra questi programmi.

A livello operativo

4.14

La complessità amministrativa nella gestione e nel monitoraggio dell'attuazione del programma da parte degli operatori genera costi di gestione significativi che, in pratica, riducono il bilancio assegnato per la produzione e la distribuzione dei progetti.

4.15

Uno dei problemi cronici denunciati dagli operatori del settore, che influisce specialmente sulle piccole imprese, riguarda il lungo periodo necessario per l'approvazione delle sovvenzioni.

4.16

Per quanto riguarda il nuovo dispositivo finanziario concepito per agevolare l'accesso delle piccole e medie imprese e di altri operatori al credito, il ricorso a un tale strumento finanziario non è una prassi comune per il settore culturale. Esiste il rischio che gli istituti finanziari non siano interessati a partecipare, considerati i modesti importi in gioco, la mancanza di familiarità con i problemi specifici del settore culturale e la limitata redditività di alcuni tipi di progetti culturali che non potrebbero vedere la luce senza l'aiuto dei fondi pubblici.

4.17

Il monitoraggio operativo e la gestione delle garanzie accordate attraverso il suddetto dispositivo finanziario sono realizzati per mezzo del Fondo europeo per gli investimenti (FEI), che non possiede ancora una conoscenza specialistica specifica nel settore culturale.

4.18

Il Fondo MEDIA di garanzia della produzione, che la Commissione ha lanciato nel 2010 e che vanta una conoscenza specialistica riconosciuta in questo campo, dimostra la necessità di una maggiore sinergia tra il nuovo strumento finanziario e gli organismi già esistenti (5).

4.19

L'unificazione dei punti di contatto del programma Cultura e degli sportelli MEDIA nello sportello unico Europa creativa è, in teoria, una buona idea. Lo scopo di questo raggruppamento è di garantire in tal modo una centralizzazione delle informazioni relative ai programmi disponibili e di realizzare economie su grande scala mettendo in comune le risorse.

4.20

A livello operativo sono possibili sinergie, soprattutto per quel che concerne il management comune e la comunicazione, ma è importante tener presente che alcuni Stati, come la Francia o la Germania, hanno sviluppato una rete di sportelli regionali che tengono conto della diversità culturale e che hanno il compito di essere vicini agli operatori del territorio. Inoltre, le attività di base del settore culturale e di quello audiovisivo sono abbastanza diverse: le reti di produzione e distribuzione sono differenti e i relativi soggetti chiave hanno bisogno di conoscenze specialistiche differenti.

4.21

In quest'ottica, il livellamento delle competenze attraverso l'imposizione di questa centralizzazione potrebbe rivelarsi dannoso. Le economie realizzate in questo modo possono essere trascurabili e non giustificare le modifiche strutturali proposte. Inoltre, viene guardato con sospetto il fatto che agli sportelli sia affidato anche il compito di fornire dati statistici, oppure di sostenere la Commissione nel garantire una comunicazione adeguata e la divulgazione dei risultati e dell'impatto del programma, senza tuttavia prevedere i mezzi finanziari necessari per queste attività.

4.22

I cambiamenti in materia di comitatologia potrebbero suscitare delle critiche, visto che la Commissione propone di modificare le procedure di comitato per tutti i programmi. I rappresentanti degli Stati membri perderanno il potere di codecisione e cogestione, che passerà alla Commissione europea, e il loro ruolo sarà limitato alla convalida dei progetti preselezionati.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Così come indicati in dettaglio anche nell'articolo 13, punto 1, lettera b), della proposta di regolamento in esame.

(2)  L'articolo 7 della proposta di regolamento fa riferimento allo strumento teso a facilitare l'accesso al credito «da parte delle piccole e medie imprese e delle organizzazioni operanti nei settori culturali e creativi europei».

(3)  Attualmente la procedura è considerata molto farraginosa, in quanto tutta la documentazione deve essere trasmessa per posta e le risposte giungono talvolta anche dopo 3-4 mesi.

(4)  Articolo 3, punto 2, lettera d), della proposta di regolamento.

(5)  Ad esempio, in Francia l'IFCIC (Istituto per il finanziamento del cinema e delle industrie culturali) e in Spagna l'Audiovisual SGR (organismo creato all'inizio del 2005 per iniziativa del ministero della Cultura spagnolo, con il coinvolgimento dell'Istituto della cinematografia e delle arti visive e di enti che gestiscono i diritti dei produttori audiovisivi spagnoli).


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Doppia imposizione nel mercato unico

COM(2011) 712 definitivo

(2012/C 181/08)

Relatore: FARRUGIA

La Commissione europea, in data 11 novembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Doppia imposizione nel mercato unico

COM(2011) 712 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 1 voto contrario e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   La doppia imposizione rappresenta un serio ostacolo all'attività transfrontaliera, impedendo l'efficace funzionamento del mercato unico, con implicazioni economiche negative sugli investimenti e sull'occupazione. Essa scoraggia gli investimenti e mette a repentaglio la competitività, incidendo così in maniera negativa sulla crescita economica e sul raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020.

1.2   L'importanza di eliminare la doppia imposizione è già stata messa in rilievo dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) in una serie di pareri. Il CESE ha infatti appoggiato proposte intese ad accelerare le misure contro la doppia imposizione nonché a migliorare la semplificazione amministrativa nelle situazioni transfrontaliere, e proposte che puntavano a promuovere un mercato interno dove regnasse una concorrenza leale.

1.3   Alla luce di tali considerazioni, il CESE è favorevole alle iniziative volte a eliminare la doppia imposizione promuovendo, come prospettato nella comunicazione in esame (1), l'efficiente interazione di regimi fiscali diversi.

1.4   Esso ritiene altresì che la doppia imposizione debba essere eliminata con modalità proporzionate agli obiettivi perseguiti e rispettose della sovranità fiscale dei singoli Stati membri.

1.5   Il CESE è inoltre dell'avviso che i problemi posti dalla doppia imposizione abbiano un impatto sproporzionatamente maggiore sulle persone e sulle piccole e medie imprese, che in genere non hanno le risorse necessarie per affrontare tali problemi. Di conseguenza, se da un lato accoglie con favore la comunicazione in esame, dall'altro sottolinea che le proposte tese ad affrontare la doppia imposizione devono essere coerenti con le misure adottate in materia per le persone fisiche ed indicare soluzioni anche per queste ultime e le PMI.

1.6   Il CESE condivide la proposta di creare un Forum dell'UE sulla doppia imposizione fondato sugli stessi principi dell'efficace Forum congiunto dell'UE sui prezzi di trasferimento (FCPT). Ritiene tuttavia che il nuovo forum debba intendersi solo come un primo passo verso l'istituzione di un osservatorio della Commissione europea, che il CESE ha già raccomandato come mezzo per affrontare la questione dell'eliminazione degli ostacoli transfrontalieri per i cittadini (2). A questo scopo, le funzioni dell'osservatorio potrebbero essere ampliate ulteriormente, sì da includere il compito di verificare la costante efficacia degli sforzi tesi a eliminare la doppia imposizione per i cittadini e le PMI, così come per le grandi imprese.

1.7   Il CESE raccomanda che il Forum dell'UE sulla doppia imposizione comprenda anche rappresentanti della società civile organizzata.

1.8   Il CESE appoggia inoltre l'adozione di un codice di condotta che consenta un'interpretazione e un'applicazione comuni di concetti fiscali tra Stati membri diversi, in modo da evitare situazioni di doppia imposizione e ridurre i casi in cui le convenzioni in materia non sono efficaci. A sua volta, ciò eviterebbe anche di ricorrere all'arbitrato.

1.9   Il CESE è senz'altro favorevole a studiare la fattibilità di un sistema efficiente di risoluzione delle controversie, ma sottolinea anche l'importanza di assicurarsi che gli sforzi siano volti a garantire una limitata necessità di ricorrere all'arbitrato.

1.10   Il CESE è inoltre favorevole a studiare il fenomeno della doppia non imposizione in tutta la sua ampiezza e nelle sue implicazioni economiche e sociali, nonché a esaminare le eventuali ripercussioni delle misure intese a eliminarlo.

1.11   Infine, il CESE sottolinea che tutte le proposte andrebbero soppesate sulla base di valutazioni sociali ed economiche approfondite, le quali dovrebbero illustrarne l'impatto su ciascuno Stato membro.

2.   Contesto e obiettivo della proposta

2.1   La doppia imposizione si risolve in incertezza giuridica che ostacola l'attività economica di cittadini ed imprese. Essa comporta un aumento della pressione fiscale complessiva e pesanti perdite di benessere, nonché oneri amministrativi inutilmente elevati, e ha un impatto negativo sugli investimenti e sull'operatività del mercato unico, il che a sua volta compromette la competitività e l'occupazione. Le consultazioni effettuate dalla Commissione rivelano la portata del problema della doppia imposizione, in quanto oltre il 20 % dei casi segnalati riguarda importi superiori a un milione di euro per le società e oltre il 35 % importi superiori a 100 000 euro per le persone fisiche.

2.2   La comunicazione in esame (3) sottolinea l'importanza di contrastare la doppia imposizione (4) al fine di garantire l'efficacia del mercato unico e di assicurarsi di raggiungere gli obiettivi fissati dalla strategia Europa 2020.

2.3   La comunicazione invoca un maggiore coordinamento in materia di tassazione, in quanto elemento di un quadro di politica economica più forte nell'area dell'euro. Ciò trova riscontro nell'Atto per il mercato unico (Single Market Act(5), che mette in luce l'importanza di abbattere gli ostacoli transfrontalieri per i cittadini dell'UE e gli oneri amministrativi fiscali per le imprese; e a quest'ultima sfida intende rispondere la proposta della Commissione relativa a una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (Common Consolidated Corporate Tax Base- CCCTB) (6). La comunicazione fa inoltre riferimento alla necessità di una rete efficace di convenzioni contro la doppia imposizione tra Stati membri e all'importanza di affrontare i problemi legati alla doppia imposizione sulle successioni.

2.4   Nella comunicazione in esame la Commissione si concentra sul superamento degli ostacoli posti dalla doppia imposizione, osservando che, in un periodo di crisi economica, la questione diventa ancora più importante. La comunicazione rileva che, in una prospettiva dinamica, eliminando la doppia imposizione e concentrandosi sulla doppia non imposizione, i governi potrebbero ottenere una fonte di entrate fiscali.

2.5   La comunicazione riconosce che, mentre diversi Stati membri affrontano già il problema della doppia imposizione attraverso l'attuazione di misure unilaterali e accordi bilaterali o multilaterali, il Trattato UE non obbliga gli Stati membri a eliminare la doppia imposizione.

2.6   Essa elenca poi una serie di misure già esaminate dalla Commissione in quanto strumenti per affrontare la doppia imposizione, tra cui la direttiva sulle società madri e figlie, la direttiva sugli interessi e sui canoni, la convenzione sull'arbitrato, i risultati del Forum congiunto dell'UE sui prezzi di trasferimento (FCPT), le raccomandazioni sulle procedure di concessione dell'esenzione dalla ritenuta alla fonte, e la proposta relativa alla CCCTB.

2.7   In proposito, tuttavia, la Commissione osserva anche che tali strumenti, benché importanti, non sempre funzionano in modo sufficientemente efficace e propone quindi - senza peraltro entrare mai nei dettagli - le seguenti possibili soluzioni:

il rafforzamento degli strumenti vigenti, e in particolare della citata direttiva sugli interessi e sui canoni. Contemporaneamente alla comunicazione in esame, la Commissione ha presentato una proposta di rifusione di tale direttiva (COM(2011) 714 final) volta a ridurre la doppia imposizione dovuta all'applicazione di ritenute alla fonte, e il CESE ha adottato un parere in merito a questa proposta (7);

l'estensione della copertura e dell'ambito di applicazione delle convenzioni contro la doppia imposizione (CDI), valutando i modi di affrontare situazioni triangolari nonché il trattamento da riservare alle entità e alle imposte non coperte dalle CDI all'interno dell'UE, con la proposta di rafforzare il dialogo tra gli Stati membri in caso di controversie;

misure per pervenire a un'interpretazione e un'applicazione più uniformi delle disposizioni delle CDI tra Stati membri. Si fa riferimento alla possibile creazione di un Forum dell'UE sulla doppia imposizione e all'elaborazione di un codice di condotta in materia di tassazione che affronti i conflitti di interpretazione in rapporto a concetti impiegati nelle CDI applicabili tra Stati membri;

il meccanismo contenuto nell'ultima versione dell'articolo 25 del modello OCSE di convenzione fiscale (del 2008), che prevede una procedura di mutuo accordo con una procedura vincolante di risoluzione delle controversie per tutti i casi irrisolti di doppia imposizione. Secondo la Commissione, ciò consentirebbe di ovviare alla mancanza di un meccanismo generale vincolante per la risoluzione delle controversie.

2.8   La comunicazione, infine, elenca alcune ulteriori misure da intraprendere, tra cui:

sviluppare le opzioni indicate nella comunicazione stessa, e in particolare istituire un Forum UE sulla doppia imposizione, elaborare un codice di condotta e valutare la fattibilità di un meccanismo di risoluzione delle controversie efficiente;

presentare possibili soluzioni, come quella recentemente proposta dalla Commissione (8), per affrontare gli ostacoli all'imposta sulle successioni in contesti transfrontalieri all'interno dell'UE;

continuare ad avvalersi dell'FCPT, rinnovato di recente, per affrontare le questioni legate alla doppia imposizione dei prezzi di trasferimento;

presentare, nel corso dell'anno, soluzioni per la doppia imposizione transfrontaliera dei dividendi distribuiti a investitori di portafoglio;

avviare un'indagine conoscitiva per stabilire l'estensione del fenomeno della doppia non imposizione.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE accoglie con favore l'impegno ad affrontare il problema della doppia imposizione, che considera deleterio per gli investimenti e quindi per la creazione di posti di lavoro e l'attività economica. Già in una serie di altri pareri, infatti, ha sottolineato l'importanza di eliminare la doppia imposizione, appoggiando proposte intese ad accelerare le misure contro la doppia imposizione nonché a migliorare la semplificazione amministrativa nelle situazioni transfrontaliere (9) e proposte che puntavano a stabilire principi comuni che promuovessero un mercato interno caratterizzato da una concorrenza leale (10).

3.2   Il CESE ha inoltre sostenuto gli sforzi della Commissione rivolti a eliminare, o quanto meno a ridurre, la doppia o plurima imposizione giuridica ed economica che subiscono, nello Stato di residenza della società madre, gli utili distribuiti da una società figlia (11). Una linea, questa del CESE, testimoniata, ancora di recente, dal suo sostegno alla proposta di creare una CCCTB in quanto strumento per allineare i principi in materia d'imposte sulle società (12).

3.3   In proposito, tuttavia, il CESE ha anche osservato che i dettagli della proposta dovranno essere precisati ulteriormente. Inoltre il CESE sottolinea l'importanza di un'applicazione neutrale della CCCTB sul piano delle entrate in ogni Stato membro ed evidenzia che l'adozione della CCCTB non dovrebbe rendere l'Europa meno flessibile e competitiva nell'attrarre investimenti diretti dall'estero. Queste proposte devono, ove opportuno, essere accompagnate da valutazioni di impatto.

3.4   Il CESE raccomanda che tali obiettivi siano raggiunti in primo luogo grazie a un più intenso coordinamento e a un'interazione più efficace tra diverse giurisdizioni fiscali nazionali, il che significa anche una migliore comunicazione tra amministrazioni tributarie e contribuenti. Esso ritiene che i progressi su questi fronti siano proporzionati agli obiettivi perseguiti e non incidano sulla sovranità delle diverse giurisdizioni fiscali nazionali. Considerazioni, queste, in linea con la comunicazione della Commissione sul coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno (13).

3.5   Di conseguenza, il CESE accoglie con favore le misure intese a rafforzare gli strumenti esistenti e gli ulteriori sforzi volti a eliminare la doppia imposizione, come illustrato nella comunicazione in esame, al fine di garantire un'interazione efficiente tra i diversi regimi fiscali e di assicurarsi che l'onere fiscale colpisca gli operatori economici una volta soltanto e nel modo da loro previsto.

3.6   Il CESE evidenzia inoltre che, se è vero che l'eliminazione della doppia imposizione è un requisito essenziale per garantire l'efficienza del mercato unico, tuttavia qualsiasi proposta dovrebbe puntare a rimuovere in modo efficiente le barriere fiscali e a garantire l'efficacia delle CDI solo entro i limiti posti dalle basi giuridiche contenute nel TFUE. Gli sforzi tesi a eliminare la doppia imposizione dovrebbero, infatti, essere realizzati in modo tale da rispettare la sovranità fiscale dei singoli Stati membri.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Il CESE sottolinea che i problemi posti dalla doppia imposizione hanno un forte impatto sulle persone fisiche e sulle PMI, che, a differenza delle grandi imprese, solitamente non dispongono delle risorse finanziarie e umane necessarie per affrontare tali problemi e i relativi arbitrati. Ciò vale, in molti casi, soprattutto per le informazioni e le conoscenze in merito alle prassi giuridiche e amministrative (14). Inoltre, le imposte sulle successioni pongono ai cittadini problemi particolari legati alla doppia imposizione. La comunicazione in esame si concentra sull'eliminazione della doppia imposizione per le imprese, e specialmente per quelle di grandi dimensioni, ma non ha potuto spingersi oltre per affrontare i problemi specifici incontrati dai cittadini e dalle PMI.

4.2   Il CESE dà atto dell'efficacia dell'FCPT nel cercare soluzioni al problema della doppia imposizione in materia di prezzi di trasferimento, e si augura che il Forum dell'UE sulla doppia imposizione funzioni in maniera analoga. L'FCPT, che opera nel quadro delle orientamenti dell'OCSE in materia di prezzi di trasferimento e su base consensuale per proporre alla Commissione soluzioni non normative a problemi concreti posti dalle pratiche dei prezzi di trasferimento nell'UE, ha ottenuto una serie di buoni risultati, tra cui un codice di condotta sulla documentazione dei prezzi di trasferimento per le imprese associate nell'UE (DPT) nonché di orientamenti in materia di accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (APP) e di servizi intragruppo a basso valore aggiunto; un'efficacia dipesa in parte dal fatto che nel forum sono ampiamente rappresentati sia gli Stati membri che le imprese.

4.3   Il CESE auspica dunque che la creazione di un Forum dell'UE sulla doppia imposizione si fondi su principi analoghi a quelli alla base dell'FCPT, che assicurino un'effettiva rappresentanza di tutte le parti direttamente interessate, compresa la società civile organizzata.

4.4   Il CESE appoggia la creazione di un Forum dell'UE sulla doppia imposizione, ma osserva anche che la comunicazione in esame fornisce pochi dettagli sulle funzioni del nuovo forum. Propone inoltre che la creazione di tale strumento sia considerata un primo passo che precede l'istituzione di un osservatorio. La trasformazione del forum in osservatorio si ricollega alle raccomandazioni già formulate dal CESE in merito alla rimozione di ostacoli transfrontalieri, in cui esso suggeriva di creare un osservatorio dell'UE con l'obiettivo di ottenere, con continuità, una conoscenza pratica e dettagliata degli ostacoli fiscali esistenti - compresa la doppia imposizione - e della loro evoluzione (15).

4.5   Le funzioni del nuovo osservatorio sulla tassazione, posto sotto gli auspici della Commissione, potrebbero essere ampliate ulteriormente, sì da includere il compito di individuare gli ostacoli fiscali per le imprese - per quelle piccole e medie così come per le grandi - e di monitorare costantemente l'efficacia degli sforzi tesi a eliminare la doppia imposizione. A tal fine, l'osservatorio potrebbe avere un ruolo importante da svolgere nell'ampliamento della copertura e dell'ambito di applicazione delle CDI, nonché nell'esame dei modi per affrontare le situazioni triangolari e invitare i governi a sviluppare esenzioni dalla doppia imposizione senza perdita di sovranità fiscale.

4.6   Il CESE appoggia inoltre l'adozione di un codice di condotta che sancisca principi sui quali i governi possano a priori trovarsi d'accordo. Il codice di condotta consentirà un'interpretazione comune di concetti contenuti nelle CDI applicabili tra Stati membri che sono spesso fonte di interpretazioni errate e di controversie.

4.7   Il CESE, tuttavia, è dell'avviso che il codice di condotta possa essere concretamente efficace soltanto se applicato attraverso una pressione tra pari, con gli Stati membri, timorosi delle implicazioni di una pubblica stigmatizzazione.

4.8   Il CESE è inoltre favorevole a studiare la fattibilità di un meccanismo di risoluzione delle controversie efficiente, nell'ottica di individuare i modi più efficaci di eliminare la doppia imposizione. Riconosce che le procedure di assistenza reciproca, attraverso le quali i paesi si incontrano per risolvere questioni pendenti, necessitano di molto tempo per essere concluse e reputa che esista un margine di miglioramento per la convenzione sull'arbitrato, anch'essa caratterizzata da una lunga procedura. A loro volta, questi ritardi generano costi eccessivi e incertezza per le imprese.

4.9   Il CESE, tuttavia, sottolinea che occorrerebbe sforzarsi di ridurre la necessità di ricorrere all'arbitrato, e dare quindi la priorità all'elaborazione di un codice di condotta, come indicato dalla comunicazione, nonché di orientamenti chiari e trasparenti, che fungano così da primo, efficace strumento cui ricorrere per risolvere le controversie.

4.10   Il Forum dell'UE sulla doppia imposizione ha un importante ruolo da svolgere a questo proposito, promuovendo convenzioni fiscali che prevedano una procedura di accordo reciproco con un sistema vincolante di risoluzione delle controversie per tutti i casi non risolti di doppia imposizione.

4.11   Il CESE è favorevole alla proposta della Commissione di studiare il fenomeno della doppia non imposizione in tutta la sua ampiezza, e raccomanda inoltre di studiarne le implicazioni economiche e sociali nonché di esaminare le eventuali ripercussioni delle misure intese a eliminarlo.

4.12   Il CESE ribadisce l'importanza di una valutazione approfondita dell'impatto sociale ed economico per determinare in quale misura l'adozione delle proposte indicate nella comunicazione possa portare a conseguenze economiche e sociali sfavorevoli (16). Una siffatta valutazione dovrebbe essere esaustiva e riguardare tutti gli Stati membri interessati dalle proposte.

4.13   In conclusione, il CESE attende con vivo interesse le proposte aggiuntive in materia di doppia imposizione che la Commissione studierà e presenterà, comprese:

le raccomandazioni, recentemente pubblicate dalla Commissione, sulle imposte di successione in contesti transfrontalieri;

le soluzioni, che la Commissione presenterà a breve, per la doppia imposizione transfrontaliera dei dividendi distribuiti a investitori di portafoglio;

ulteriori dettagli sulla creazione del Forum dell'UE sulla doppia imposizione, sul codice di condotta e sulla fattibilità di un meccanismo vincolante di risoluzione delle controversie;

una valutazione della portata e delle conseguenze della doppia non imposizione.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 712 final.

(2)  Cfr. il parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo Rimuovere gli ostacoli fiscali transfrontalieri per i cittadini dell'UE, GU C 318 del 29.10.2011, pag. 95.

(3)  COM(2011) 712 final.

(4)  Definita come l'applicazione di tasse comparabili da parte di due (o più) giurisdizioni fiscali sullo stesso reddito o capitale imponibile.

(5)  COM(2011) 206 final.

(6)  COM(2011) 121 final.

(7)  Cfr. parere CESE, GU C 143 del 22.5.2012, pag. 46 in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio, concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi (rifusione), COM(2011) 714 final.

(8)  Raccomandazione della Commissione, del 15 dicembre 2011, relativa a misure intese a evitare la doppia imposizione in materia di successioni (2011/856/UE).

(9)  Cfr. la nota 2.

(10)  Cfr. il parere del CESE sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie, GU C 241 del 7.10.2002, pag. 75.

(11)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 90/435/CEE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, GU C 32 del 5.2.2004, pag. 118.

(12)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio relativa ad una base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), GU C 24 del 28.1.2012, pag. 63.

(13)  COM(2006) 823 final.

(14)  Secondo il documento di lavoro (relazione di sintesi) dei servizi della Commissione relativo alla consultazione sulle CDI e il mercato interno, il 69 % delle persone fisiche che hanno incontrato problemi di doppia imposizione ha cercato dei rimedi per eliminarla, contro l'85 % delle imprese.

(15)  Cfr. la nota 2.

(16)  Cfr. la nota 12.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea

COM(2011) 739 definitivo — 2011/0183 (CNS)

e alla proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea

COM(2011) 740 definitivo — 2011/0184 (APP)

(2012/C 181/09)

Relatore: DANTIN

Il Consiglio, in data 19 ottobre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea

COM(2011) 510 final — 2011/0183 (CNS)

e alla

Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea

COM(2011) 511 final — 2011/0184 (APP).

Il 9 novembre 2011 la Commissione ha adottato, in sostituzione delle succitate proposte, delle proposte modificate. Il Consiglio, in data 15 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 311 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea

COM(2011) 739 final — 2011/0183 (CNS)

e alla:

Proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea

COM(2011) 740 final — 2011/0184 (APP).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in merito alle proposte modificate in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 165 voti favorevoli, 21 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Un sistema nel quale il 75 % circa delle risorse dell'Unione proviene direttamente dai bilanci nazionali non è conforme né allo spirito né alla lettera del Trattato di Roma (1).

1.2   Il sistema attuale, basato sostanzialmente su una «quota RNL» (aliquota prelevata sul reddito nazionale lordo), ha inasprito le discussioni sul bilancio UE portando al concetto di «giusto ritorno» e all'introduzione di meccanismi correttivi che non prendono in considerazione i vantaggi recati dall'Unione, segnatamente in termini di pace, libertà, prosperità, crescita e sicurezza.

1.3   Ciò premesso, il Comitato accoglie con favore le proposte legislative che la Commissione ha sottoposto all'attenzione del Consiglio, poiché ritiene che vadano nella direzione giusta: la Commissione propone infatti di dimezzare la «quota RNL» e di introdurre, per compensare tale riduzione, due nuove risorse proprie, la prima basata sull'IVA e la seconda costituita da una tassa sulle operazioni finanziarie. Il corrispondente aumento, in proporzione, delle risorse proprie effettive - oltre a rendere il funzionamento del bilancio dell'UE più conforme tanto allo spirito quanto alla lettera del Trattato di Roma - contribuirà ad una maggiore autonomia finanziaria dell'Unione e servirà a sostenere i significativi sforzi intrapresi dagli Stati membri in materia di bilancio.

1.4   Sebbene reputi insufficiente la strategia adottata dalla Commissione, il Comitato plaude inoltre al fatto che, quale corollario all'introduzione delle nuove risorse proprie, il documento in esame proponga l'applicazione di un nuovo sistema di importi forfettari che dovrebbe sostituire tutti i meccanismi di correzione esistenti.

1.5   Tuttavia, pur approvando nel complesso il contenuto delle proposte in esame, il CESE intende formulare le osservazioni esposte di seguito.

1.5.1   Il Comitato ha già sottolineato in diversi pareri che l'IVA intra-UE è all'origine di frodi di considerevole entità; ritiene quindi necessario che la nuova risorse propria basata sull'IVA sia accompagnata dall'adozione di misure finalizzate a ridurre, o addirittura a eliminare, le frodi. Il CESE esaminerà pertanto con particolare attenzione le proposte legislative che dovranno essere presentate sulla scia della riflessione avviata con la pubblicazione del Libro verde sul futuro dell'IVA.

1.5.2   Nella comunicazione sulla Revisione del bilancio dell'Unione europea la Commissione ha elencato una serie di oculate misure di finanziamento che, a suo avviso, avrebbero potuto a giusto titolo costituire nuove risorse proprie. Fatta eccezione per la nuova risorsa basata sull'IVA e per la tassa sulle operazioni finanziarie, tuttavia, queste opzioni sono state tutte scartate senza che la Commissione rendesse note - al di là dei vantaggi e degli svantaggi di ciascuna delle ipotesi considerate - le ragioni politiche che avevano motivato tale decisione.

Il CESE ritiene che la Commissione avrebbe dovuto consultarlo (con la richiesta di elaborare un parere) prima di operare qualsiasi scelta.

1.5.3   Come già indicato nel parere sul tema Revisione del bilancio dell'Unione europea, il CESE ritiene che l'aumento del bilancio europeo sia di per sé non solo auspicabile ma anche necessario, di fronte alla portata delle nuove sfide che richiedono una risposta comune. Si rammarica pertanto che il testo in esame si concentri unicamente sulla struttura e la qualità dell'articolazione interna del bilancio UE senza approfittare dell'introduzione di nuove risorse proprie per affrontare il problema fondamentale del volume del bilancio stesso. Senza voler sottovalutare gli aspetti analizzati nei documenti in esame, il CESE ritiene che la questione del bilancio dell'UE non si esaurisca in una serie di cifre né si limiti alle sole scelte operate in merito all'articolazione interna degli elementi che lo compongono. Il bilancio è prima di tutto uno strumento funzionale ad un progetto politico e alle ambizioni dell'UE: data questa premessa, le scelte politiche che l'Unione compie devono essere coerenti e adeguate ai mezzi di cui essa si dota per metterle in atto. Il Comitato deplora che la Commissione non abbia sfruttato l'occasione rappresentata dalla pubblicazione delle proposte in esame per agevolare lo stanziamento delle risorse finanziarie necessarie, in particolare, per adempiere ai propri obblighi derivanti dal nuovo Trattato di Lisbona, dalla strategia Europa 2020 o, ancora, dalla necessità di avviare iniziative finalizzate a promuovere la crescita.

2.   Introduzione: la situazione attuale

2.1   La proposta di decisione in esame è una delle sei proposte legislative di cui è corredata la comunicazione della Commissione A Budget for Europe 2020 (Un bilancio per l'Europa 2020) (COM(2011) 500 final) (2); ciascuna di queste proposte dovrebbe formare oggetto di un'analisi specifica (3).

2.2   La questione delle risorse proprie dell'UE è importante sotto il profilo sia strutturale che politico, dal momento che l'origine di tali risorse determina la relazione tra i cittadini, gli Stati membri e le istituzioni europee mentre, al tempo stesso, rimanda al problema dell'autonomia finanziaria dell'Unione. Il dibattito sulle risorse proprie per l'UE è legato a quello ben più ampio sul futuro dell'integrazione europea, nel quale si affrontano due diverse concezioni: quella di un'Europa federalista (4) e quella di un'Europa intergovernativa.

2.2.1   Ecco perché il CESE aveva già osservato nel 2008 che la definizione delle politiche di bilancio non può prescindere da una scelta di fondo: federalismo o sistema intergovernativo. È chiaro inoltre che il grado di approfondimento dell'integrazione europea si misura anche sulla base delle modalità di finanziamento del bilancio UE (5).

2.3   Se è vero che il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 ha previsto una fase transitoria per i contributi nazionali, è altrettanto vero che all'articolo 201 (attuale art. 269) esso stabilisce che « [i]l bilancio, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie ».

2.4   Attualmente il ventaglio delle risorse dell'UE è composto di risorse proprie dette «tradizionali», costituite da dazi doganali e diritti agricoli nonché dai cosiddetti «contributi (o quote) zucchero», e da risorse proprie dette «nuove», vale a dire un'aliquota prelevata sulla base imponibile armonizzata dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e un'aliquota prelevata sul reddito nazionale lordo (RNL). Le risorse IVA e RNL sono di fatto delle «vere false risorse proprie», dal momento che vengono prelevate dagli Stati membri sulle loro stesse entrate, e sono considerate risorse proprie soltanto perché destinate al bilancio dell'Unione; quest'ultimo ammontava nel 2011 a 126,5 miliardi di euro, pari all'1,13 % del PIL dell'UE a 27.

2.4.1   La relazione sul funzionamento del sistema delle risorse proprie (6) elaborata dai servizi della Commissione dimostra come l'attuale sistema di finanziamento dia risultati poco soddisfacenti secondo la maggior parte dei criteri di valutazione. Inoltre, il meccanismo è complesso e poco trasparente, il che lo rende leggibile solo da parte di una ristretta cerchia di esperti, ne limita l'accesso e la conoscenza effettiva da parte dei cittadini e ostacola l'esercizio di un controllo democratico sul sistema stesso.

D'altro canto, le modalità di finanziamento del bilancio europeo inducono taluni Stati membri a considerare i loro contributi unicamente come spese, il che è inevitabilmente fonte di tensioni ogni qual volta il dibattito verta sul bilancio.

2.4.2   Sulla base di queste considerazioni, la Commissione ha deciso di sottoporre al Consiglio una proposta di modifica del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea; la proposta, che tiene conto del nuovo quadro giuridico determinato dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è in conformità con il contenuto della precedente comunicazione della Commissione sulla Revisione del bilancio dell'Unione europea (7).

2.5   Ciò premesso, il presente documento verrà elaborato in pieno accordo con il parere, adottato dal CESE nella sessione plenaria di giugno 2011, relativo a quest'ultima comunicazione (8).

3.   Un nuovo quadro giuridico

3.1   Il Trattato di Lisbona crea un nuovo quadro giuridico e introduce importanti modifiche, non soltanto alla procedura di bilancio dell'UE ma anche al modo in cui il bilancio dell'UE è finanziato.

L'articolo 311 del TFUE stabilisce che «è possibile istituire nuove categorie di risorse proprie o sopprimere una categoria esistente.» A norma del medesimo articolo, «il Consiglio, deliberando mediante regolamenti […] stabilisce le misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione […].» Vi è quindi la possibilità di ridurre il numero di risorse proprie esistenti e di crearne di nuove, le cui condizioni di esecuzione devono essere stabilite mediante regolamento.

4.   Contenuto della proposta di decisione trasmessa al Consiglio

4.1   La proposta di decisione in esame relativa alle risorse proprie dell'UE comprende tre elementi principali: la semplificazione dei contributi degli Stati membri, l'introduzione di nuove risorse proprie e la riforma dei meccanismi di correzione. L'articolazione unitaria delle tre proposte dà vita ad una proposta unica che forma oggetto di una sola decisione.

4.1.1   Semplificare i contributi degli Stati membri

La Commissione propone di sopprimere, a partire dal 31 dicembre 2013, l'attuale risorsa propria basata sull'IVA, poiché è complessa e apporta uno scarso valore aggiunto rispetto alla risorsa propria basata sull'RNL.

4.1.2   Introdurre nuove risorse proprie

Nella citata comunicazione sulla Revisione del bilancio dell'Unione europea, la Commissione ha individuato sei possibili nuove risorse proprie. Nei documenti in esame propone di introdurne due: una tassa sulle operazioni finanziarie a decorrere, al più tardi, dal 1o gennaio 2014 e una nuova risorsa propria basata sull'IVA anch'essa a partire, al più tardi, dal 1o gennaio 2014. Queste nuove risorse proprie finanzierebbero il 51,4 % delle spese dell'UE; le risorse proprie tradizionali rappresenterebbero, dal canto loro, quasi il 20 % del totale e la risorsa propria RNL il rimanente 30 % circa, ossia passerebbe dal 74,2 % al 29,7 % (9).

4.1.3   Riformare i meccanismi di correzione

4.1.3.1   Oggi sono stati predisposti meccanismi di correzione temporanei, la cui applicazione arriva tuttavia a scadenza nel 2013. La correzione accordata al Regno Unito e le riduzioni sul finanziamento del bilancio concesse a quattro Stati membri (Germania, Paesi Bassi, Austria e Svezia), nonché la correzione non apparente che consiste nel trattenere, a titolo di spese di riscossione, il 25 % degli importi riscossi dagli Stati membri a titolo di risorse proprie tradizionali, continueranno ad applicarsi, senza alcuna modifica, fino all'entrata in vigore di una nuova decisione sulle risorse proprie.

4.1.3.2   Avendo constatato rilevantissimi sviluppi della situazione oggettiva di un certo numero di Stati membri come pure che, dal 1984 (accordo di Fontainebleau) ad oggi le condizioni alla base dei meccanismi di correzione fin qui applicati si sono notevolmente modificate (la parte rappresentata dalla politica agricola comune (PAC) nel bilancio dell'UE e il finanziamento su base IVA sono entrambi notevolmente diminuiti; per di più, il Regno Unito è attualmente uno degli Stati membri più prosperi dell'UE (10)), la Commissione ritiene opportuno rivedere la correzione britannica.

4.1.3.3   La proposta di decisione in esame prevede quindi di introdurre delle correzioni temporanee a favore della Germania, dei Paesi Bassi, del Regno Unito e della Svezia; in seguito, a partire dal 1o gennaio 2014, un nuovo sistema di importi forfettari dovrebbe sostituire tutti i meccanismi di correzione preesistenti. Infine, la Commissione propone di ridurre la percentuale del meccanismo di correzione non apparente, portandola dal 25 al 10 %.

5.   Osservazioni generali

5.1   Un sistema nel quale il 75 % circa delle entrate dell'Unione non deriva da risorse proprie effettive ma proviene direttamente dai bilanci nazionali attraverso la risorsa basata sull'RNL, mentre il 15 % proviene da una risorsa come l'aliquota prelevata sulla base imponibile IVA che, viste le sue modalità di determinazione, non può considerarsi in nessun caso una risorsa propria dell'UE, non è conforme né allo spirito né alla lettera del Trattato di Roma.

5.2   Il Comitato rileva come proprio queste «quote» abbiano inasprito il dibattito sui «contribuenti netti», un dibattito miope che non tiene conto dei benefici apportati a tutti i cittadini dall'Unione europea in termini di pace, libertà, prosperità, crescita e sicurezza.

5.2.1   Il CESE considera che il principio del «giusto ritorno», consacrato - per così dire - dal pagamento delle «quote RNL», sia oggi ancora meno accettabile di quanto non lo fosse agli albori del progetto europeo. Tale concetto ha troppo spesso distorto il corretto funzionamento dell'Unione europea, monopolizzando il dibattito, ed è in gran parte responsabile delle lacune, dei ritardi e dei fallimenti del processo di integrazione europea, oltre ad essere contrario allo spirito di un'Unione tra gli Stati e i popoli e a qualsiasi ragionamento economico razionale. In un'Unione economica, monetaria e politica, infatti, i benefici e il valore aggiunto devono, per definizione, andare a vantaggio di tutti. I progressi conseguiti dall'Unione europea si sono interamente basati sull'effetto moltiplicatore di una condivisione delle risorse, vale a dire su un principio esattamente contrario a quello del «giusto ritorno» (11).

5.3   L'attuale sistema di risorse proprie, basato sui contributi degli Stati membri, è complesso e poco trasparente, il che limita l'esercizio del controllo democratico sul sistema stesso e non aiuta a mettere in risalto l'impegno a favore dell'integrazione europea; per di più, poiché contribuisce a far percepire il contributo versato all'Unione europea come un ulteriore aggravio per i bilanci nazionali, tale sistema non fornisce all'Unione risorse sufficienti per tutte le politiche europee.

5.3.1   Inoltre il sistema attuale, con il suo ventaglio di meccanismi di correzione o di riduzione - che si tratti di quelli generali a favore di un determinato Stato membro (come la correzione britannica) o di quelli specifici (come le correzioni destinate al finanziamento di altre correzioni) - è eccessivamente complesso, poco trasparente e totalmente incomprensibile per i cittadini europei. Un sistema di questo tipo non risponde assolutamente all'esigenza di creare un legame diretto tra l'UE e i cittadini.

5.4   Tenuto conto delle osservazioni generali illustrate sopra, il Comitato accoglie con favore le proposte di decisione che la Commissione ha sottoposto all'attenzione del Consiglio. Ritiene infatti che esse vadano nella giusta direzione, poiché semplificano la struttura del bilancio e prevedono in particolare - con una maggiore aderenza sia allo spirito che alla lettera del Trattato di Roma - la riduzione dei contributi nazionali al bilancio dell'UE dall'attuale quota dell'85,3 % (111,8 miliardi di euro) al 29,7 % (48,3 miliardi di euro); nel quadro di tale riduzione, la risorsa propria basata sull'RNL passerebbe dal 74,2 % (97,3 miliardi di euro) al 29,7 % (48,3 miliardi di euro). Il corrispondente aumento, in proporzione, delle risorse proprie effettive contribuirà ad una maggiore autonomia finanziaria dell'UE e, nel contempo, servirà a sostenere i significativi sforzi intrapresi dagli Stati membri in materia di bilancio.

6.   Osservazioni particolari

6.1   Nella comunicazione intitolata Revisione del bilancio dell'Unione europea la Commissione ha elencato una serie di misure di finanziamento che, a suo avviso, avrebbero potuto costituire nuove risorse proprie: la tassazione europea del settore finanziario, le entrate derivanti dalle aste organizzate nel quadro del sistema di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra, una tassa europea relativa al trasporto aereo, un'IVA europea, un'imposta europea sull'energia, un'imposta europea sulle società.

6.1.1   Per ciascuna di queste potenziali fonti di finanziamento la Commissione ha svolto un'analisi (12) che ha permesso di metterne in evidenza i rispettivi vantaggi e svantaggi; non ha però mai comunicato in base a quali considerazioni politiche abbia finito per scartare alcune di queste soluzioni privilegiando invece la scelta di introdurre una nuova risorsa basata sull'IVA e una tassa sulle operazioni finanziarie.

6.1.2   Il Comitato ritiene non solo che la Commissione avrebbe dovuto spiegare le motivazioni politiche che l'hanno indotta a scartare alcune delle ipotesi di finanziamento del bilancio sopra elencate, ma che avrebbe anche dovuto consultarlo (con richiesta di elaborare un parere) prima di operare una qualsiasi scelta.

6.2   Il contenuto delle proposte modificate

6.2.1   Sopprimere l'attuale risorsa propria basata sull'IVA. Semplificare i contributi degli Stati membri

Questa «vera falsa risorsa propria», che viene prelevata dagli Stati membri sulle loro stesse entrate, appare ormai obsoleta. Essa corrisponde ad una mera base matematica per il calcolo dei contributi nazionali, senza dire che è complessa, richiede molto lavoro amministrativo per ottenere una base imponibile armonizzata e offre soltanto uno scarso valore aggiunto. Il CESE è favorevole a questa semplificazione.

6.2.2   La creazione di una nuova risorsa IVA

La nuova risorsa basata sull'IVA sarebbe uno degli aspetti di un regime IVA nell'UE rinnovato in profondità e rappresenterebbe, entro il 2020, il 18,1 % delle nuove risorse proprie (cfr. l'allegato I).

L'introduzione della nuova risorsa darebbe in parte seguito alle raccomandazioni formulate dalla Commissione nel Libro verde sul futuro dell'IVA (13). Il Comitato approva le iniziative di cui la Commissione annuncia l'adozione in tale documento.

Questa quota dell'IVA applicabile alle forniture di beni e servizi, agli acquisti intracomunitari di beni e alle importazioni di beni soggetti ad un'aliquota normale dell'IVA in ogni Stato membro, a norma della direttiva 2006/112/CE (14), non dovrebbe essere superiore a due punti percentuali dell'aliquota normale, mentre il regolamento che stabilisce le misure di esecuzione prevede un punto percentuale effettivo.

Il CESE approva la creazione della nuova risorsa IVA in sostituzione di quella oggi in vigore e ormai inadeguata, come dimostra l'analisi fin qui condotta. Ritiene infatti che il bilancio dell'UE, e quindi le risorse di cui esso si compone, vadano considerati come uno strumento al servizio di obiettivi comuni.

Cionondimeno, sarebbe stato più semplice valutare in modo dettagliato la proposta, sia nel merito che nel metodo, se i testi in esame avessero riportato dati precisi sulle modifiche apportate alla struttura dell'IVA e, tramite uno studio, avessero calcolato le differenze di volumi finanziari che tali modifiche comportano per ciascuno Stato membro.

Inoltre, come ha già sottolineato in diversi pareri, il Comitato richiama ancora una volta l'attenzione sul fatto che l'IVA intra-UE è all'origine di frodi di notevole entità. Ritiene quindi necessario che la nuova risorse propria basata sull'IVA sia accompagnata dall'adozione di misure finalizzate a ridurre, o addirittura ad eliminare, le frodi. Ciò premesso, il CESE esaminerà quindi con particolare attenzione le disposizioni legislative che dovranno essere presentate sulla scia della riflessione avviata con la pubblicazione del Libro verde sul futuro dell'IVA.

6.2.3   Introdurre una tassa sulle operazioni finanziarie

Il Comitato si è già espresso in una serie di pareri (15) a favore dell'introduzione di una tassa sulle operazioni finanziarie (financial transaction tax - FTT), purché siano rispettate talune condizioni. Ha formulato in particolare le seguenti raccomandazioni:

sarebbe opportuno e preferibile introdurre la FTT a livello mondiale, considerate le perplessità espresse circa i rischi relativi agli effetti di delocalizzazione di un'introduzione al solo livello UE; tuttavia, qualora questo non fosse realizzabile, il Comitato si dichiara a favore dell'adozione di una FTT a livello dell'Unione, tenendo conto delle conclusioni della valutazione d'impatto condotta dalla Commissione europea;

oltre ad assicurare ai mercati finanziari una maggiore stabilità ed efficacia poiché ne diminuirebbe la volatilità, la FTT è necessaria sia agli Stati membri che all'intera UE per generare entrate destinate a ridurre gli squilibri di bilancio.

Come indicato dalla Commissione nella proposta di decisione trasmessa al Consiglio, la nuova tassazione potrebbe difatti costituire un nuovo flusso di entrate, prelevato a livello dell'UE, che consentirebbe di ridurre i contributi degli Stati membri, offrire ai governi nazionali maggiori margini di manovra e contribuire così allo sforzo generale di risanamento di bilancio. Questa iniziativa dell'UE dovrebbe inoltre costituire un primo passo verso l'applicazione di una tassa sulle operazioni finanziarie a livello mondiale, proposta che è oggi all'esame del G20.

Alla luce delle considerazioni suesposte e delle raccomandazioni di precedenti pareri, il CESE è favorevole all'introduzione di una tassa sulle operazioni finanziarie in quanto risorsa propria del bilancio dell'UE.

Entro il 2020 la FTT rappresenterebbe il 33,3 % delle risorse proprie dell'Unione, pari ad una somma di 54,2 miliardi di euro sul bilancio totale (cfr. l'allegato I), mentre secondo stime preliminari, in funzione delle reazioni dei mercati, il gettito annuale ottenuto con questa nuova tassa potrebbe ammontare a 57 miliardi di euro (16).

L'aliquota della nuova tassa in percentuale della base imponibile non sarà inferiore allo 0,1 % in caso di operazioni finanziarie non relative a contratti derivati e allo 0,01 % in caso di operazioni finanziarie relative a contratti derivati (17).

6.2.4   La riforma dei meccanismi di correzione

Il Comitato si compiace che la proposta di decisione in esame preveda di rivedere la correzione britannica e di introdurre un nuovo sistema di importi forfettari che dovrebbe sostituire tutti i meccanismi di correzione preesistenti a partire dal 1o gennaio 2014. Approva inoltre la riduzione (dal 25 al 10 %) della percentuale della correzione non apparente. (cfr. il punto 4.1.3.)

Sebbene vadano nella direzione giusta, tuttavia, queste proposte non sono sufficienti, poiché non traggono tutte le conseguenze dal fatto che il bilancio è composto per la maggior parte da risorse proprie.

Secondo il Comitato, infatti, con un bilancio composto per oltre il 66 % da risorse proprie occorre abbandonare il principio del «giusto ritorno» poiché esso è contrario ai valori di solidarietà e di reciproco vantaggio dell'integrazione europea (cfr. il punto 5.2.1). Il CESE sostiene la proposta della Commissione relativa alla prevalenza di un sistema basato sulle risorse proprie in quanto si attende in particolare da tale riforma una possibile soppressione, in futuro, dei meccanismi correttivi nazionali, non più giustificati in un bilancio europeo rinnovato che garantirà un valore aggiunto rafforzato per tutti gli Stati membri (18).

Ciononostante, per quanto riguarda un giudizio nel merito delle proposte avanzate nei testi in esame, il CESE rileva che è difficile darne una valutazione accurata, nella misura in cui esse non motivano il volume delle correzioni proposte né offrono un raffronto con la situazione esistente.

6.3   Come già indicato nella comunicazione sulla Revisione del bilancio dell'Unione europea (19), il documento in esame sottolinea che, secondo la Commissione, «l'introduzione di nuove risorse proprie» non è «un'argomentazione che riguarda l'entità del bilancio […]». Il Comitato non condivide questa impostazione. Difatti, quando si procede ad una «revisione del bilancio dell'UE» e alla riorganizzazione di tale bilancio apportando delle modifiche, introducendo nuove risorse proprie e rivedendo i meccanismi correttivi, è opportuno interrogarsi su quale sarà l'impatto delle modifiche sul volume del bilancio, e orientarle in funzione delle scelte politiche operate o ancora da operare.

6.3.1   In questa prospettiva, il CESE ritiene che la questione del bilancio dell'UE non si esaurisca in una serie di cifre né si limiti alle sole scelte operate o unicamente all'articolazione interna dei diversi elementi che lo compongono. Il bilancio è prima di tutto uno strumento funzionale ad un progetto politico e alle ambizioni dell'UE: data questa premessa, gli obiettivi politici che l'Unione si prefigge devono essere coerenti e adeguati ai mezzi di cui essa si dota per realizzarli. Oggi invece l'Unione europea non dispone di risorse di bilancio sufficienti per attuare la propria strategia politica (la strategia Europa 2020) né per adempiere ai propri obblighi derivanti dal nuovo Trattato di Lisbona.

Il CESE ritiene che l'aumento del bilancio europeo sia di per sé non solo auspicabile ma anche necessario, di fronte alla portata delle nuove sfide che richiedono una risposta comune (20).

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Articolo 201.

(2)  Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 – COM(2011) 398 final; progetto di accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla cooperazione in materia di bilancio e la sana gestione finanziaria, COM(2011) 403 final; proposta modificata di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea, COM(2011) 739 final; proposta modificata di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell'Unione europea COM(2011) 740 final; proposta modificata di regolamento del Consiglio concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie tradizionali e della risorsa basata sull'RNL nonché le misure per far fronte al fabbisogno di tesoreria (rifusione), COM(2011) 742 final; proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE, COM(2011) 594 final.

(3)  Cfr. in proposito il parere CESE sul tema Sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie (Cfr. pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale) e il parere CESE sul tema Bilancio 2014-2020 (non ancora pubblicato in GU).

(4)  «Con “federalismo” si può intendere un sistema fondato sui seguenti principi:

principio dei “livelli multipli” (le competenze dello Stato sono ripartite tra il governo federale e i governi degli Stati federati);

principio di autonomia (ciascun livello di governo è autonomo – o “sovrano” – nel proprio ambito giurisdizionale);

principio di partecipazione (le entità federate sono rappresentate a livello di governo federale e partecipano al processo decisionale a tale livello).

Le modalità di applicazione di questi principi possono variare, tuttavia anche in un sistema in linea di principio federalista non è necessariamente escluso, di fatto, un certo grado, più o meno elevato, di centralismo e di democrazia.»

Fonte: http://fr.wikipedia.org/wiki/Fédéralisme

(Nota del traduttore: traduzione dalla pagina web di Wikipedia in francese; il testo che figura nella pagina web in italiano alla voce «Federalismo», infatti, non corrisponde esattamente a quello della pagina web in francese).

(5)  Cfr. il parere del CESE sul tema La riforma del bilancio dell'UE e le future modalità di finanziamento, GU C 204 del 9.8.2008, pag. 113.

(6)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione: «Relazione della Commissione europea sul funzionamento del sistema delle risorse proprie», SEC(2011) 876 final del 29 giugno 2011.

(7)  COM(2010)700 final.

(8)  Cfr. il parere del CESE sul tema Revisione del bilancio dell'Unione europea, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 75.

(9)  Cfr. l'allegato I.

(10)  Cfr. l'allegato II.

(11)  Cfr. la nota 5.

(12)  SEC(2011) 876 final – Documento di lavoro dei servizi della Commissione Il finanziamento del bilancio dell'UE: Relazione della Commissione europea sul funzionamento del sistema delle risorse proprie, allegato al documento Proposta di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea

(13)  Cfr. il parere del CESE in merito al Libro verde sul futuro dell'IVA - Verso un sistema dell'IVA più semplice, solido ed efficiente, GU C 318 del 29.10.2011, pag. 87.

(14)  GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1.

(15)  Cfr. il parere del CESE sul tema La relazione del gruppo de Larosière, GU C 318 del 23.12.2009, pag. 57; il parere del CESE sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie, GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 81, (Sintesi e conclusioni, punto 1.10); il parere del CESE sul tema Politica di bilancio: crescita e aggiustamento del bilancio, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 8, punti 4.4.2, 1.5.3 e 1.5.4; e il parere del CESE in merito alla comunicazione della Commissione La tassazione del settore finanziario, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 64.

(16)  Cfr. COM(2011) 594 final, direttiva del Consiglio concernente un sistema comune di tassazione delle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE.

(17)  Ibidem, nota a piè di pagina 10.

(18)  Cfr. il parere del CESE sul tema Revisione del bilancio dell'Unione europea, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 75 (punto 44).

(19)  COM(2010)700 final.

(20)  Cfr. il parere del CESE sul tema Revisione del bilancio dell'Unione europea, GU C 248 del 25.8.2011, pag. 75 (punti 1.1 e 4.1).


ALLEGATO I

Evoluzione prevista della struttura del finanziamento dell'UE (2012-2020)

 

Progetto di bilancio 2012

2020

miliardi di EUR

% delle risorse proprie

miliardi di EUR

% delle risorse proprie

Risorse proprie tradizionali

19,3

14,7

30,7

18,9

Contributi nazionali esistenti

di cui:

111,8

85,3

48,3

29,7

Risorsa propria basata sull'IVA

14,5

11,1

Risorsa propria basata sull'RNL

97,3

74,2

48,3

29,7

Nuove risorse proprie

di cui:

83,6

51,4

Nuova risorsa IVA

29,4

18,1

Tassa dell'UE sulle operazioni finanziarie

54,2

33,3

Totale risorse proprie

131,1

100,0

162,7

100,0

Fonte: calcoli effettuati dalla Commissione sulla base degli importi riportati nella tabella di cui al COM(211)510, aggiornati sulla base del COM(2011)738


ALLEGATO II

Evoluzione dei parametri chiave (1984-2011)

 

1984

2005

2011

Quota della PAC nel bilancio (% del totale)

69  %

50  %

44  %

Contributo basato sull'IVA (% del totale)

57  %

16  %

11  %

Prosperità del Regno

Unito (RNL pro capite in SPA)

93 % dell'UE-10

117 % dell'UE-25

111 % dell'UE-27

Fonte: Commissione europea, DG Bilancio


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/52


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Il futuro del Fondo di solidarietà dell’Unione europea»

COM(2011) 613 definitivo

(2012/C 181/10)

Relatore: VAN IERSEL

La Commissione, in data 6 ottobre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il futuro del Fondo di solidarietà dell'Unione europea

COM(2011) 613 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) concorda che l'attuale crisi impone agli Stati membri e all'UE di essere molto attenti alla spesa eccessiva. In tale contesto comprende pienamente la riluttanza del Consiglio a creare maggiori opportunità nel quadro del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE).

1.2   Ciononostante, il CESE desidera evidenziare le nuove disposizioni del TFUE - in particolare gli articoli 4, 174 e 222 - che sottolineano la responsabilità condivisa dell'Unione e degli Stati membri per fare fronte alle calamità naturali e agli attacchi terroristici ovunque si verifichino nell'Unione. Queste disposizioni dimostrano che in circostanze molto speciali l'UE viene considerata non solo una comunità di interessi socioeconomici, ma anche una comunità con un destino comune. Per inciso, ciò ha rappresentato anche la motivazione trainante della creazione del FSUE nel 2002, quando si verificarono massicci straripamenti in vari Stati membri.

1.3   Il CESE è fermamente convinto che l'esame dei settori di coesione nella loro integralità evidenzi l'esistenza di un destino comune che tutti i cittadini dell'Unione condividono e di cui accettano anche la responsabilità. Visto il risultato delle lunghe discussioni in seno al Consiglio, il CESE rileva con rammarico che questo spirito sia attualmente assente. La forte attenzione posta dal Consiglio sulla «sussidiarietà» in queste discussioni testimonia un clima simile.

1.4   Il CESE concorda con tutti gli aggiustamenti pratici che la Commissione propone per il regolamento FSUE tesi a far funzionare il Fondo in modo più efficiente e a renderlo meno burocratico e meno lento per i beneficiari.

1.5   Il CESE insiste in particolare sull'opportunità di rafforzare la visibilità dell'impegno congiunto dell'Unione quando l'UE fornisce sostegno finanziario in caso di catastrofi. Al momento, le procedure sono puramente amministrative. I pagamenti dell'UE sono spesso effettuati svariati mesi dopo che si è verificata la catastrofe e ciò evidenzia il carattere tecnico e persino anonimo della procedura. Attualmente il risultato è proprio l'opposto dell'espressione di un'empatia che il CESE desidererebbe fosse sottolineata in modo più forte.

1.6   Il CESE chiede che venga presa in considerazione la proposta di includere il finanziamento del FSUE direttamente nel bilancio dell'Unione europea, come modo pratico per accelerare i pagamenti e garantire un grado di visibilità molto maggiore per le sue attività.

2.   Introduzione

2.1   Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) è stato istituito nel 2002 ed è stato così creato uno strumento dell'UE teso a rispondere a gravi catastrofi naturali. All'epoca, il CESE è stato assolutamente d'accordo in merito alla creazione del Fondo (1).

2.2   Il regolamento originale del 2002 prevedeva un futuro riesame che doveva essere effettuato entro la fine del 2006. A questo scopo, nel 2005 la Commissione ha realizzato il primo riesame del FSUE. Il CESE ha espresso il proprio parere sulla relativa proposta della Commissione nel 2005 (2) e ha avanzato varie proposte, in particolare per estendere l'ambito di intervento del Fondo alle siccità, per abbassare le soglie di intervento e per dare alla Commissione maggiori poteri discrezionali.

2.3   Alla fine, il Consiglio ha respinto le modifiche proposte dalla Commissione che erano state invece accolte molto favorevolmente dal Parlamento europeo. Tali modifiche erano basate sull'esperienza concreta acquisita con il regolamento, come l'estensione del campo di intervento del Fondo al di là delle catastrofi naturali, una maggiore attenzione e trasparenza in rapporto ai criteri per la presentazione delle domande, nonché un aggiustamento delle procedure burocratiche e lunghe che pregiudicano una capacità di risposta tempestiva e la visibilità.

2.4   Nel 2011 la Commissione ha deciso di presentare una comunicazione sul futuro del FSUE per rilanciare la discussione complessiva sul Fondo e nel presente parere il CESE formula alcune osservazioni su tale comunicazione.

2.5   Per quanto concerne le lungaggini burocratiche nelle procedure del FSUE, bisogna ricordare che la Commissione non agisce di sua iniziativa, ma soltanto dopo la presentazione ufficiale delle domande da parte degli Stati membri, e ciò richiede tempo. A ogni domanda seguono estese procedure tra la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio per l'approvazione di un bilancio, oltre alle informazioni finali fornite dallo Stato membro richiedente per dare fondamento alla richiesta di sostegno finanziario.

2.6   La Commissione è giunta alla conclusione che «il cumularsi di tutti questi elementi determina che, in molti casi, gli aiuti possono essere erogati soltanto 9-12 mesi dopo la catastrofe, se non più tardi» (3).

2.7   Il continuo scetticismo e l'opposizione sono stati dettati dal timore di implicazioni di bilancio. La «sussidiarietà» rimane un principio fondamentale nel caso di una «catastrofe». L'opposizione della grande maggioranza degli Stati membri a qualsiasi modifica di rilievo alla base giuridica e al funzionamento del Fondo di solidarietà è stata nuovamente confermata nel 2010.

2.8   La Commissione merita un elogio per i suoi sforzi tesi ad estendere il funzionamento del FSUE, in quanto una valutazione dimostra che il Fondo ha avuto molto successo nei casi in cui è intervenuto. D'altro canto, le domande respinte hanno provocato frustrazioni e sono pertanto dannose per l'immagine dell'UE.

2.9   L'attuale stato del dibattito politico non offre probabilmente molto margine a coloro che cercano di estendere il sostegno del FSUE a nuove categorie di «catastrofi» o che intendono modificare le soglie o ammorbidire i criteri per le catastrofi regionali.

3.   Osservazioni del CESE sulle proposte della Commissione

3.1   Il CESE condivide il punto di vista secondo cui, nelle attuali circostanze, qualsiasi modifica al FSUE deve essere limitata a dei chiarimenti e a una migliore operatività del regolamento del 2002. I chiarimenti riguardanti il funzionamento del Fondo dovrebbero assolutamente cercare di migliorarne la visibilità.

3.2   Una definizione più precisa che spieghi che l'assistenza del Fondo è possibile soltanto in caso di catastrofe naturale può contribuire, come afferma la Commissione, ad evitare difficoltà giuridiche indesiderate. Ciò sarebbe anche in linea con le critiche di molti Stati membri e ridurrebbe inutili delusioni da parte degli Stati membri interessati.

3.3   Il CESE condivide il punto di vista secondo cui la limitazione alle catastrofi naturali non escluderà «effetti a cascata» di tali catastrofi, ad esempio, su impianti industriali o su strutture sanitarie od ospedaliere. Sebbene generalmente in questi casi siano coinvolti non solo i servizi pubblici ma anche le attività private, esistono solidi argomenti a favore della loro inclusione quando fanno parte del quadro sociale regionale, ad esempio in termini di occupazione.

3.4   L'esperienza prova che esistono considerevoli problemi in rapporto all'interpretazione di certe ripercussioni derivanti da una «catastrofe regionale straordinaria». Il CESE concorda con la proposta della Commissione di fissare i criteri per le catastrofi regionali su una base semplice e oggettiva, che sia paragonabile a quella per la definizione delle «gravi catastrofi». Come indica la simulazione realizzata dalla Commissione, il risultato finale sarebbe più o meno identico all'effetto dell'attuale definizione. Tuttavia, varie domande non sarebbero state presentate perché sarebbe stato chiaro che non erano ammissibili al sostegno del FSUE.

3.5   La Commissione critica giustamente gli intervalli di tempo richiesti per rendere i fondi disponibili. Il CESE concorda pienamente (cfr. anche il punto 2.6 di cui sopra). ed è dell'avviso che occorra compiere ogni sforzo per accelerare le procedure e così migliorare la capacità di risposta e la visibilità del FSUE.

3.6   A questo riguardo il CESE è d'accordo con la proposta della Commissione di introdurre nel regolamento la possibilità di erogare degli anticipi, che dovrebbero essere rimborsati se la domanda non è accolta sulla base delle regole vigenti.

3.7   Il CESE concorda pienamente con la Commissione che le procedure possono e devono essere abbreviate e semplificate ove possibile. C'è molto margine per un'unificazione delle decisioni sia all'interno della Commissione (sono quattro nell'attuale sistema) che all'interno degli Stati membri (attualmente sono due). Come la Commissione afferma giustamente, una serie di adeguamenti procedurali abbastanza semplici può produrre grandi effetti in termini di risparmio di tempo.

3.8   Assai rivelatrice e molto auspicabile appare la proposta della Commissione di rafforzare e specificare nel regolamento la disposizione secondo cui uno Stato membro beneficiario è tenuto a chiarire in dettaglio in che modo eviterà ulteriori catastrofi in futuro attraverso l'attuazione della legislazione dell'UE riguardante la valutazione, gestione e prevenzione delle catastrofi sulla base degli insegnamenti tratti e dell'impegno ad adottare misure in materia di cambiamenti climatici.

3.9   La Commissione menziona esplicitamente l'articolo 222 del TFUE, ossia la disposizione secondo cui l'UE e gli Stati membri devono agire congiuntamente con spirito di solidarietà in caso di attacco terroristico oppure di calamità naturale o provocata dall'uomo. Si può aggiungere che il TFUE introduce anche per la prima volta nell'articolo 4, oltre che nell'articolo 174, il settore della «coesione territoriale» quale ambito di «responsabilità condivisa» tra l'UE e gli Stati membri; la «coesione territoriale» deve essere ulteriormente promossa dall'Unione nelle regioni che risentono di svantaggi naturali permanenti.

3.10   Queste disposizioni non solo tengono conto delle responsabilità condivise tra tutti gli attori nell'Unione, ma evidenziano anche il concetto di un destino comune. Tenuto conto delle reazioni del Consiglio alle successive proposte della Commissione e dei commenti delle altre parti consultate, è chiaro che gli Stati membri sono meno propensi ad agire in base allo spirito di un destino comune. È quindi spiegata la loro crescente attenzione alla «sussidiarietà».

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (GU C 61 del 14.3.2003, pag. 187).

(2)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (GU C 28 del 3.2.2006, pag. 69).

(3)  COM(2011) 613 final, punto 2.3, ultimo paragrafo.


21.6.2012   

IT

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C 181/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE

COM(2011) 594 definitivo

(2012/C 181/11)

Relatore: PALMIERI

Il Consiglio, in data 19 ottobre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 113 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE

COM(2011) 594 final.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data del 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 164 voti favorevoli, 73 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), in linea con la posizione espressa dal Parlamento europeo (1), accoglie favorevolmente la proposta della Commissione europea di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie (TTF), del tutto coerente con le posizioni già precedentemente espresse nei suoi pareri (2).

1.2   Il CESE già nel suo precedente (3) parere aveva evidenziato l'importanza di tornare a garantire un'autonomia finanziaria dell'Unione europea (UE), così come era originariamente indicata dall'art. 201 del Trattato di Roma. Ed è all'interno di tale contesto che la TTF può rappresentare - per il CESE - uno degli elementi portanti del nuovo sistema di risorse proprie dell'Unione, uno strumento in grado di assicurare la necessaria autosufficienza finanziaria del quadro finanziario pluriennale 2014-2020.

1.3   Il CESE ribadisce la necessità di pervenire ad un'applicazione globale della TTF; tuttavia, come già affermato nel parere del 15 luglio 2010 (cfr. nota 2), ritiene che il modo migliore per pervenire a questo risultato possa essere rappresentato dall'introduzione della TTF nell'Unione europea (UE). Il CESE – in linea con la posizione del commissario Algirdas Šemeta e del Parlamento europeo – ritiene che, così come è stato per molte politiche di carattere globale (come ad esempio quella del cambiamento climatico), l'UE possa e debba esercitare il ruolo autorevole di avanguardia in questo ambito (4). Ciononostante, il CESE ritiene che occorra compiere il massimo sforzo affinché l'introduzione della tassa sia realizzata a livello mondiale.

1.3.1   Il CESE ritiene che in questa linea debba collocarsi la lettera indirizzata dai ministri delle finanze di nove Stati membri dell'UE (Germania, Francia, Italia, Austria, Belgio, Finlandia, Grecia, Portogallo, Spagna) alla presidenza danese dell'UE. Una lettera con la quale è accolta favorevolmente la decisione della presidenza di accelerare l'analisi e i negoziati per l'applicazione della TTF.

1.4   Per il CESE l'introduzione della TTF rientra in un processo più ampio, avviato dalla Commissione attraverso la revisione delle principali direttive dei mercati degli strumenti finanziari (COM(2011) 656 final e COM(2011) 652 final), con lo scopo di garantire una migliore trasparenza, efficienza ed efficacia di tali mercati. Inoltre, come ha già sottolineato in un precedente parere, il CESE è convinto che occorrerebbe, grazie a una normativa e a una vigilanza appropriate, garantire la stabilità e l'efficacia del settore finanziario, limitare l'assunzione di rischi eccessivi e creare gli incentivi giusti per gli istituti del settore finanziario.

1.5   Il CESE ritiene che, per neutralizzare o almeno ridurre ai minimi termini il rischio di delocalizzazione delle attività finanziarie, occorrerebbe associare al principio di residenza (o di territorialità) proposto dalla Commissione il principio di emissione (issuance principle) avanzato dal Parlamento europeo. Un principio, quest'ultimo, in base al quale l'imposta si applica (come un'imposta di bollo o stamp duty) alle transazioni che riguardano tutti gli strumenti finanziari emessi da persone giuridiche registrate nell'UE, pena l'inapplicabilità dei contratti di acquisto o di vendita (5).

1.6   Il CESE ritiene che l'applicazione della TTF consentirà di assicurare una più equa contribuzione del settore finanziario al bilancio pubblico dell'Unione europea e ai bilanci nazionali degli Stati membri (SM).

1.7   Il CESE accoglie favorevolmente il fatto che attraverso l'introduzione della TTF sia possibile modificare il sistema delle convenienze degli operatori finanziari riducendo le operazioni ad alta frequenza e bassa latenza (high frequency and low latency trading). Operazioni, queste, fortemente speculative, fonti di instabilità dei mercati finanziari e del tutto separate dal normale funzionamento dell'economia reale. Attraverso la TTF sarà quindi possibile stabilizzare i mercati finanziari, aumentando la convenienza in allocazioni finanziarie di medio e lungo termine in grado di dirigersi verso il sistema delle imprese.

1.7.1   Il CESE ritiene che la minore velocità delle transazioni altamente speculative, derivante dall'introduzione della TTF, sarà un rilevante stabilizzatore delle fluttuazioni dei valori nei mercati finanziari in grado di consentire alle imprese, che operano nell'economia reale, di avere scenari finanziari più stabili per i propri investimenti (6).

1.8   Per il CESE uno degli effetti più importanti dell'introduzione della TTF potrà essere quello connesso al miglioramento della situazione dei debiti sovrani. Le crisi dei titoli di Stato divengono più rilevanti nei periodi di forte instabilità finanziaria. L'aumento di gettito derivante dall'introduzione della TTF contribuirà a migliorare la stabilizzazione fiscale, frenando le necessità del ricorso all'indebitamento ulteriore. Tale effetto sarà diretto, per le risorse che affluiscono agli Stati membri, e indiretto per le risorse che affluiranno al bilancio dell'UE, sostitutive dei contributi degli SM.

1.9   Il CESE riconosce che l'introduzione della TTF, contribuendo all'armonizzazione fiscale, garantirebbe un corretto funzionamento del mercato interno permettendo, così, di evitare distorsioni in un ambito dove, ad oggi, già almeno dieci SM dell'UE hanno introdotto forme differenti di TTF.

1.10   Il CESE sottolinea la necessità di governare attentamente le conseguenze macroeconomiche e microeconomiche negative derivanti dall'applicazione legislativa della TTF, neutralizzandone o almeno riducendone i rischi e i relativi costi. Per tale ragione il CESE ritiene che, per compensare gli effetti negativi più rilevanti che l'applicazione della TTF potrebbe produrre sull'economia reale, occorrerebbe valutare l'introduzione di adeguati meccanismi compensativi.

1.10.1   Il CESE ritiene che il monitoraggio e la conseguente valutazione delle conseguenze legate all'applicazione della TTF - attraverso una relazione da trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio - debbano essere previsti annualmente e non alla scadenza del terzo anno dall'introduzione della TTF (7).

1.11   Il CESE ritiene che l'impatto dell'introduzione della TTF vada valutato integrando gli effetti di riduzione di PIL di lungo periodo (come stimato dalla valutazione d'impatto della Commissione) con gli effetti complessivi in termini di contributo: i) al migliore funzionamento dei mercati finanziari a seguito della loro migliore stabilizzazione; ii) alla riallocazione degli investimenti verso l'economia reale; iii) a politiche di regolamentazione in grado di migliorare l'efficienza, l'efficacia e la trasparenza dei mercati finanziari europei; iv) al consolidamento fiscale per gli SM derivanti da una maggiore disponibilità di risorse; v) al risparmio e agli investimenti delle famiglie. Un complesso di effetti questo che – come è stato recentemente stimato – darebbe luogo addirittura ad un incremento positivo del PIL di lungo periodo pari allo 0,25 % (8).

1.12   Il CESE esprime delle riserve sulla valutazione di impatto dell'applicazione della TTF che accompagna la proposta della Commissione; si ritiene, infatti, che questa non consideri una serie di effetti – alcuni dei quali elencati in questo parere - con il rischio di indebolire la valutazione complessiva della proposta stessa. Per tale ragione il CESE chiede alla Commissione di effettuare, in tempi rapidi, una valutazione supplementare più approfondita.

1.13   Il CESE condivide la scelta della Commissione di proporre una TTF in luogo di una tassa sulle attività finanziarie (TAF), in quanto quest'ultima - seppure riesca a meglio regolare gli aspetti distributivi (a seguito di una migliore correlazione con i risultati di reddito conseguiti sulle attività finanziarie) - presenta comunque maggiori rischi di traslazione sui consumatori e sulle imprese con minori effetti di stabilizzazione dei mercati finanziari.

1.14   Il CESE ritiene opportuno rammentare che, oramai, dall'autunno del 2010 la soglia dei cittadini europei - intervistati da Eurobarometro - che si dichiara favorevole all'introduzione di una TTF non scende al di sotto della soglia del 60 %. Nell'autunno del 2010: 61 %; nella primavera del 2011: 65 %; nell'autunno del 2011: 64 % (9). Per tale ragione l'introduzione della TTF può rappresentare un primo importante passo per consentire al settore finanziario di tornare ad ottenere la necessaria fiducia tra i cittadini europei.

1.15   Il CESE, nell'assolvere le sue funzioni di organismo consultivo della Commissione, del Parlamento europeo e del Consiglio, assume l'impegno di procedere a un costante monitoraggio del processo attraverso il quale sarà tradotta in termini legislativi la proposta della Commissione di introduzione della TTF.

2.   La proposta della Commissione per una direttiva del Consiglio che istituisca un sistema comune di tassazione delle transazioni finanziarie

2.1   La Commissione europea, fin dal 2009 negli incontri del G20 (Pittsburgh, Toronto, Cannes), ha avvertito l'esigenza di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello mondiale. Nell'ambito di tale indirizzo, il 7 ottobre 2010 la Commissione ha pubblicato una comunicazione avente per oggetto la tassazione del settore finanziario (COM(2010) 549 final).

2.2   Oggi la Commissione, all'interno di un quadro più sistematico, ripropone la tassazione delle transazioni finanziarie (TTF). La proposta, infatti, si inserisce all'interno del nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 presentato dalla Commissione, con l'intenzione di assicurare - attraverso un sistema più sostenuto e qualificato di risorse proprie - una maggiore autonomia finanziaria al bilancio pluriennale dell'Unione europea (10).

2.3   L'applicazione dell'imposta riguarda le transazioni finanziarie che coinvolgono enti finanziari, ad eccezione di quelle che interessano: i cittadini e le imprese (stipula di contratti assicurativi, prestiti ipotecari, crediti al consumo o servizi di pagamento), le transazioni sul mercato primario (tranne l'emissione e il rimborso di azioni e quote di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari - OICVM - e di fondi d'investimento alternativi - FIA) e le transazioni in valuta a pronti (non i derivati sulle valute).

2.4   I soggetti coinvolti nel pagamento della TTF sono gli enti finanziari che partecipano a una transazione finanziaria «per conto proprio o per conto di altri soggetti, o che agiscono a nome di uno dei partecipanti alla transazione». Rimangono escluse le operazioni finanziarie con la Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali. I soggetti delle controparti centrali (CC), i depositari centrali di titoli (DCT) e i depositari centrali internazionali di titoli (DCIT), oltre allo strumento europeo di stabilità finanziaria (SESF), non sono considerati enti finanziari nella misura in cui esercitino funzioni che non sono ritenute attività di trading in sé.

2.5   Per circoscrivere il rischio di delocalizzazione che evidentemente si manifesterà, viene applicato il principio di residenza (o di territorialità) secondo il quale non è importante il luogo in cui avviene la transazione, bensì lo Stato membro (SM) in cui sono stabiliti gli attori finanziari coinvolti. La transazione è assoggettata all'applicazione dell'imposta se almeno uno degli istituti finanziari coinvolti nella transazione è stabilito nell'UE.

2.5.1   Secondo l'art. 3 della direttiva, gli enti finanziari sono stabiliti sul territorio di uno SM se sussiste almeno una delle seguenti condizioni:

è stato autorizzato dalle autorità di tale SM ad agire in tale veste in relazione alle transazioni incluse nell'autorizzazione;

ha la sede legale in tale SM;

ha il suo indirizzo permanente o la sua residenza abituale in tale SM;

ha una succursale in tale SM;

agiscono a proprio nome, per conto di altri soggetti o a nome di uno dei partecipanti a una transazione finanziaria con un altro ente finanziario stabilito in tale SM o con un partecipante stabilito nel territorio di tale SM che non è un ente finanziario (11).

2.6   La TTF diventa esigibile nel momento in cui avviene la transazione finanziaria. Data la diversa natura delle transazioni, si prevedono due differenti basi imponibili. La prima riguarda le transazioni non relative a contratti derivati, per i quali la base imponibile corrisponde al corrispettivo che un attore paga o deve pagare a una terza parte. Se il prezzo del corrispettivo è inferiore a quello di mercato o non è previsto, la base imponibile sarà calcolata al prezzo di mercato. La seconda riguarda il caso delle transazioni finanziarie relative a contratti derivati, dove la base imponibile coinciderà con l'ammontare noto del contratto derivato nel momento in cui avverrà la transazione.

2.6.1   Le aliquote minime che gli Stati membri devono applicare sulla base imponibile si distinguono in:

i)

0,1 % per le transazioni finanziarie non relative a contratti derivati;

ii)

0,01 % per le transazioni finanziarie relative a contratti derivati.

Per ogni categoria di transazione gli Stati membri possono applicare una sola aliquota. Gli SM sono comunque liberi di applicare aliquote più elevate rispetto alle aliquote minime stabilite.

2.7   Il responsabile del versamento dell'imposta è ogni organismo finanziario che risulti coinvolto nella transazione a titolo di partecipante, per conto di altri soggetti, a nome del partecipante alla transazione o, nel caso in cui quest'ultima sia stata fatta a suo nome, le altre parti coinvolte nella transazione sono comunque ritenute congiuntamente responsabili in solido sotto determinate condizioni. È tuttavia lasciata libertà agli SM di individuare eventuali ulteriori responsabili e gli obblighi di registrazione, contabilità, rendicontazione e di altro genere che assicurino l'effettivo versamento dell'imposta.

2.8   Nel caso di transazioni per via elettronica l'imposta deve essere versata nel momento in cui diventa esigibile, negli altri casi è previsto un limite massimo di tre giorni lavorativi.

2.9   Spetta agli Stati membri l'adozione di misure preventive dei rischi di elusione, evasione e abuso. In tale ambito la Commissione può proporre atti delegati previa consultazione del Consiglio.

2.10   L'introduzione della TTF implica l'abolizione e la non introduzione di altre eventuali imposte sulle transazioni finanziarie a livello dei singoli Stati membri.

2.11   Nell'ambito della proposta della Commissione, l'adozione di un'imposta minima comune - la cui entrata in vigore è prevista per il 1o gennaio 2014 - permetterebbe di armonizzare le iniziative sulla TTF già intraprese dagli SM assicurando il corretto funzionamento del mercato unico.

2.12   La scelta di adottare un'imposta sulle transazioni finanziarie è avvenuta a seguito di una valutazione di impatto che ha preso in considerazione, come possibile alternativa, anche l'introduzione di una imposta sulle attività finanziarie (IAF), giudicando però preferibile l'applicazione della TTF. Sulla base di tale valutazione di impatto è stato stimato che il gettito annuale proveniente dalla TTF sia di 57 miliardi di euro annui (37 mld dovrebbero andare al bilancio dell'UE, mentre i restanti 20 mld ai bilanci dei singoli SM) (12).

2.13   È previsto che la Commissione invii periodicamente al Consiglio una relazione sull'applicazione della direttiva con eventuali proposte di modifica. La prima relazione è prevista per il 31 dicembre 2016, le successive avranno una cadenza quinquennale.

3.   Osservazioni generali

3.1   Attraverso il presente parere il CESE intende fornire una valutazione della proposta della Commissione volta a promuovere una direttiva del Consiglio per l'istituzione di un sistema comune di tassazione delle transazioni finanziarie (COM(2011) 594 final (13)).

3.2   Il presente parere intende proseguire all'interno del quadro già precedentemente tracciato dal parere di iniziativa del 15 luglio 2010 relativo all'introduzione di una tassa sulle operazioni finanziarie e dal parere del 15 giugno 2011 in merito alla comunicazione sulla tassazione del settore finanziario (COM(2010) 549 final, vedasi nota 2).

3.3   Alla base della proposta per una TTF c'è il riconoscimento che i mercati finanziari, a seguito dello sviluppo delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, hanno manifestato – nel corso dell'ultimo ventennio – una crescita esponenziale dei volumi delle transazioni finanziarie e della volatilità dei relativi prezzi, con conseguenze destabilizzanti per l'economia mondiale (14).

3.3.1   I mercati finanziari, da «strumenti» di reperimento delle risorse finanziarie per l'economia reale, hanno assunto progressivamente un ruolo centrale di «fine», «scalzando» di fatto l'economia reale. Alla luce di tale situazione il CESE ritiene opportuno che tali mercati siano sottoposti a meccanismi in grado di assicurarne l'efficienza, attraverso la loro regolamentazione, e l'efficacia, mediante la trasparenza, garantendo inoltre che contribuiscano in modo equo – così come altri fattori della produzione – alla formazione del bilancio dell'Unione e dei bilanci degli SM (15).

3.3.2   Il CESE, nel ribadire che la crisi attuale è dovuta ad una crisi finanziaria innescata nel 2007 e propagatasi a partire dal 2008 all'economia reale (16), ritiene che il settore maggiormente responsabile di tale crisi – quello finanziario – debba essere chiamato a contribuire equamente al suo superamento. Fino ad oggi, l'impegno a sostenere il settore finanziario (in termini di finanziamenti e garanzie) da parte degli Stati membri dell'UE è risultato pari a 4 600 miliardi di euro, ossia il 39 % del PIL dell'UE-27 del 2009. Un contributo che ha aggravato pericolosamente le finanze pubbliche di alcuni SM dell'UE, innescando una pericolosa crisi dell'area dell'euro (17).

3.4   In questo contesto, la proposta di una tassazione delle transazioni finanziarie si inserisce all'interno di un percorso avviato dalla Commissione, attraverso il processo di revisione delle principali direttive del settore dei mercati mobiliari, volto a garantire una migliore regolamentazione e trasparenza dei mercati finanziari (18) più volte auspicate dal CESE nei suoi lavori.

3.5   Il CESE ha già espresso in due occasioni distinte un parere favorevole in merito all'introduzione di una tassazione delle transazioni finanziarie, sia con il parere d'iniziativa del 15 luglio 2010 (vedasi nota 2) che con il parere del 15 giugno 2011 (vedasi nota 2).

3.5.1   Per il CESE la proposta della Commissione (COM(2011) 594 final) introduce un sistema europeo di imposizione sulle transazioni finanziarie coerente con le linee generali delle proposte esaminate nei due pareri precedenti.

3.6   Il CESE riconosce la validità delle ragioni principali che hanno condotto la Commissione a proporre l'applicazione di una TTF a livello europeo:

aumentare il prelievo fiscale sulle attività finanziarie in funzione di una più equa contribuzione di tali attività al bilancio pubblico dell'Unione e ai bilanci degli SM;

modificare il comportamento degli operatori finanziari diminuendo il volume delle operazioni finanziarie ad alta frequenza e a bassa latenza (high frequency and low latency trading);

armonizzare la TTF dei singoli Stati membri attraverso l'individuazione di due aliquote minime (0,1 % per le obbligazioni e le azioni; 0,01 % per i prodotti derivati).

3.6.1   Per quanto riguarda il contributo al bilancio dell'Unione e degli SM, la crisi economica e la recente crisi dei debiti sovrani richiedono politiche in grado di rilanciare lo sviluppo economico in un contesto di sempre più stringenti vincoli di bilancio pubblico. L'introduzione della TTF, contribuendo al nuovo sistema di risorse proprie del bilancio dell'UE, permetterebbe di ridurre significativamente i contributi degli SM consentendo un risanamento dei bilanci nazionali. La Commissione ha stimato che, nel 2020, le nuove risorse proprie potrebbero corrispondere a circa la metà del bilancio dell'UE e la componente dei contributi degli SM sul reddito nazionale lordo si ridurrebbe a un terzo rispetto all'attuale quota che supera i tre quarti.

3.6.1.1   Come precedentemente rilevato, l'applicazione di una TTF corrisponderebbe anche a ragioni di equità. Il sistema finanziario negli ultimi anni ha beneficiato di una tassazione ridotta, per effetto del vantaggio fiscale di circa 18 miliardi di euro annui derivante dall'esenzione dei servizi finanziari dal pagamento dell'IVA.

3.6.1.2   In tale contesto, il CESE si era già espresso in modo favorevole in merito alla proposta della Commissione di modificare il sistema di tassazione nei termini di un aumento del contributo relativo del settore finanziario. Per tale ragione il CESE ritiene che la proposta della Commissione vada nella direzione auspicata.

3.6.2   Per quanto riguarda l'opportunità che, attraverso una TTF, sia possibile ridurre il volume delle transazioni finanziarie ad alto rischio ed alta volatilità, vale la pena soffermarsi sulla categoria di transazioni finanziarie che dovrebbe essere maggiormente colpita dalla proposta. Le operazioni finanziarie ad alta frequenza e a bassa latenza, attraverso l'utilizzo di tecnologie informatiche altamente avanzate, utilizzano algoritmi matematici complessi in grado di analizzare – in frazioni di secondo – i dati di mercato attuando le relative strategie di intervento sui mercati finanziari (quantità, price, timing, location dei trader, ordini di acquisto/vendita) e riducendo, così, il tempo di latenza (misurata in microsecondi - «milionesimi di secondo»). Attraverso tali operazioni l'operatore è in grado di fornire una risposta «anticipata» sui mercati generando operazioni di acquisto e di vendita che si chiudono nell'arco di qualche decimo di secondo. Per tale categoria di transazioni si è arrivati perfino a parlare di «insider trading informatico» (19).

3.6.2.1   Tali operazioni hanno raggiunto una quota degli scambi, nei diversi mercati finanziari dell'UE, compresa tra il 13 % e il 40 %. Negli Stati Uniti in soli quattro anni (dal 2004 al 2009) si è stimato che il volume di operazioni finanziarie ad alta frequenza sia passato dal 30 % al 70 % (20).

3.6.2.2   Queste operazioni rappresentano delle transazioni del tutto separate dal normale funzionamento dell'economia reale in grado, tra l'altro, di drenare liquidità dall'intero sistema economico indebolendo così la resilienza sistemica, intesa come la capacità di un sistema di resistere a stress derivanti da fasi critiche (21).

3.6.2.3   L'applicazione di una TTF - a seguito dell'aumento dei costi di transazione - avrebbe un impatto negativo sulle attività di negoziazione ad alta frequenza derivante dall'effetto cumulativo dell'applicazione dell'imposta. Il ridotto volume delle transazioni ad alta frequenza favorirebbe l'attività degli istituti finanziari, orientata verso le attività finanziarie tradizionali di intermediazione del credito, con indubbi vantaggi per quegli operatori - come le imprese di piccole e medie dimensioni - che oggi scontano una grave crisi di liquidità.

3.6.2.4   I sistemi di tassazione di transazioni finanziarie già in vigore hanno evidenziato la capacità di ridurre i volumi delle negoziazioni e la volatilità dei prezzi dei titoli, consentendo una diminuzione dei premi al rischio; è quindi ragionevole che l'introduzione di una TTF a livello europeo produca una flessione importante anche per questa categoria di transazioni «improduttive».

3.6.3   Per quanto riguarda l'obiettivo dell'armonizzazione fiscale, ad oggi dieci SM dell'UE hanno già introdotto da tempo forme diversificate di imposte su attività e transazioni finanziarie (Belgio, Cipro, Francia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Italia, Romania, Polonia e Regno Unito). A tali paesi sarà richiesto di adeguare la propria normativa nazionale a quella dell'UE (in altri termini, tra le eventuali richieste: applicare l'aliquota minima e armonizzare la base imponibile sulla base della disposizione dell'UE). Ai fini di un corretto funzionamento del mercato interno, l'introduzione di una TTF permetterebbe di avvantaggiare i mercati finanziari più efficienti evitando distorsioni causate da norme fiscali stabilite unilateralmente dagli Stati membri.

4.   Osservazioni particolari

4.1   La Commissione ha elaborato una valutazione di impatto dell'introduzione della TTF sugli effetti di lungo periodo sul prodotto interno lordo (PIL) compresa tra – 0,17 % (ad un'aliquota dello 0,01 %) e – 1,76 % (con un'aliquota dello 0,1 %) nell'ambito di uno scenario particolarmente severo all'interno del quale non sono stati considerati alcuni effetti «mitiganti», quali - ad esempio - l'esclusione del mercato primario, l'esclusione delle transazioni che coinvolgono almeno un operatore non finanziario e gli effetti sulle altre variabili macroeconomiche. Per la Commissione, se fossero considerati anche gli effetti «mitiganti», l'effetto massimo sul PIL passerebbe da – 1,76 % a – 0,53 %. Per quanto riguarda gli effetti sull'occupazione, è stato stimato che questi sarebbero compresi tra – 0,03 % (con un'aliquota dello 0,01 %) e – 0,20 % (con un'aliquota dello 0,1 %).

4.2   Nella realtà, se agli effetti sul PIL di lungo periodo a seguito dell'introduzione della TTF si aggiungessero gli effetti legati al miglior funzionamento dei mercati finanziari a seguito della loro maggiore stabilizzazione, alla ricollocazione degli investimenti verso l'economia reale, a politiche di regolamentazione in grado di migliorare efficienza, efficacia e trasparenza dei mercati, nonché al consolidamento fiscale per gli SM derivante da una maggiore disponibilità di risorse, si potrebbe determinare un effetto complessivo addirittura positivo in termini di variazione del PIL e stimato pari allo 0,25 % (22).

4.3   Il CESE ritiene insufficiente la valutazione di impatto che accompagna la proposta della Commissione e, per tale ragione, ritiene opportuno che la Commissione presenti un supplemento di indagine di tale valutazione in grado di evidenziare in modo più approfondito l'impatto della proposta stessa.

4.3.1   Il CESE ritiene che debbano essere considerati: alcuni degli effetti che abbiamo riportato in questo parere non considerati dalla valutazione di impatto della Commissione; alcune spiegazioni delle ipotesi adottate nella valutazione di impatto della Commissione (come ad esempio l'elasticità della domanda dei prodotti finanziari oggetto della TTF); gli effetti delle possibili traslazioni sui consumatori e sulle imprese; gli effetti dell'introduzione della TTF sull'occupazione del settore finanziario degli SM dell'UE.

4.4   Il CESE ritiene che l'introduzione di una TTF debba essere effettuata con opportune modalità, tali da neutralizzare o almeno ridurre i rischi e i relativi costi. Tra i rischi che il CESE ritiene debbano essere presi in considerazione si individuano: l'eventuale traslazione dell'imposta sul costo del credito per le imprese e i consumatori; la riduzione dei rendimenti sui fondi pensione; la delocalizzazione degli investimenti finanziari; l'incremento dei costi delle imprese derivanti dalle operazioni di assicurazione dei rischi (assicurazione contro le oscillazioni dei corsi delle materie prime e delle valute); gli effetti dell'imposta sui profitti del settore finanziario e su quegli SM all'interno dei quali tale settore ha un peso importante; gli effetti di impatto sull'economia, dato che l'introduzione dell'imposta potrebbe avvenire in una fase economica nella quale prevalgono elementi recessivi.

4.5   Il CESE ritiene che a tali rischi si contrappongano, però, opportunità e benefici ben maggiori. La TTF, gravando sugli investimenti a breve termine, determinerà un aumento della domanda degli investimenti a medio e lungo termine tipici per il finanziamento delle imprese e degli Stati. Tutto ciò si tradurrà in una maggiore liquidità disponibile nei mercati e, per tale via, contribuirà a migliorare la situazione di imprese, famiglie e debiti sovrani. Di particolare rilievo sarà la stabilizzazione indotta nei mercati dei prodotti derivati. La caratterizzazione di tali prodotti, infatti, è tale da determinare effetti di rilievo nel numero delle transazioni effettuate, con conseguente freno alla proliferazione di prodotti che hanno una rilevante responsabilità nella crisi dei mercati finanziari e dell'economia mondiale di questi anni.

4.6   Il possibile prelievo aggiuntivo sui fondi pensione provocato dall'introduzione della TTF sarebbe di entità modesta in considerazione delle modalità e tipologie di investimento; inoltre la rivalutazione possibile degli asset tipici dei fondi pensione (investimenti meno volatili) potrà compensare e superare le eventuali riduzioni di rendimento dovute all'applicazione dell'imposta. Il CESE comunque ritiene che, per neutralizzare o ridurre gli effetti sui fondi pensione, possa essere valutata l'ipotesi di una riduzione delle aliquote o di alcune forme di esenzione per tale settore.

4.7   Il campo di applicazione e le aliquote della TTF sono determinati tenendo conto dell'obiettivo di contenimento degli effetti negativi di dislocamento - al di fuori dell'UE - degli investimenti e dei fondi finanziari. Tale necessità, in un contesto di adozione non più globale della tassa, veniva già sottolineata anche dal CESE.

4.7.1   Per quanto riguarda il campo di applicazione della TTF, l'adozione del principio di residenza (o territorialità) comporta che anche gli istituti finanziari di paesi terzi stabiliti nell'UE siano soggetti alla tassa e ciò implica un ampio spettro di applicabilità. La stessa definizione di territorialità degli istituti finanziari, ai fini della determinazione dello Stato membro che riscuote la tassa, consente una buona capacità di minimizzare i casi di evasione ed elusione.

4.7.2   Per neutralizzare ulteriormente gli effetti di delocalizzazione delle transazioni finanziarie il CESE appoggia la proposta, avanzata dal Parlamento europeo, di introdurre il principio di emissione (issuance principle) in base al quale l'imposta si applica (come un'imposta di bollo o stamp duty) a tutte quelle transazioni che coinvolgono strumenti finanziari emessi da persone giuridiche registrate nell'UE (23).

4.7.3   Per quanto riguarda l'applicazione delle aliquote, il CESE, pur rammentando che nel parere adottato nel 2010 (vedasi nota 2) aveva indicato l'applicazione di un'aliquota uniforme dello 0,05 %, concorda che l'applicazione delle due aliquote - così come proposto dalla Commissione - tende a ridurre il rischio della delocalizzazione dei mercati e garantisce adeguate risorse ai bilanci dell'Unione e degli SM.

4.7.4   Il CESE rammenta inoltre che, laddove l'introduzione della TTF è stata introdotta con una particolare attenzione alla sua gestione, alla base imponibile e all'applicazione dell'aliquota, si sono ottenuti dei risultati positivi in termini di gettito senza pregiudicare la crescita economica; è quanto avvenuto in Corea del Sud, Hong Kong, India, Brasile, Taiwan, Sud Africa (24).

4.8   L'esclusione del mercato primario dagli ambiti della tassazione minimizza gli effetti della TTF sui costi di finanziamento delle attività reali, riducendoli agli effetti indiretti dovuti all'eventuale minore liquidità che tale tassa induce sui titoli trattati dagli istituti finanziari.

4.9   La tassa, applicandosi anche ai contratti derivati su valute ma non alle operazioni su valuta a pronti, permetterebbe di intervenire su buona parte delle operazioni a fini speculativi che interessano i mercati valutari (25). L'eventuale inclusione delle transazioni su valuta a pronti nel campo di applicabilità della TTF non costituirebbe né un'effettiva limitazione alla libertà di movimento dei capitali (considerando anche le aliquote previste), né una violazione delle relative parti del Trattato di Lisbona (Leading Group on Innovating Financing for Development, Parigi, giugno 2010).

4.10   Come già notato dal CESE (parere adottato nel 2011, vedasi nota 2), la TTF e la TAF non sono sistemi di tassazione alternativi. La TTF incide sostanzialmente sulle transazioni a breve termine, mentre la TAF incide sul complesso delle attività finanziarie (quindi anche su quelle scambiate nel mercato primario). L'introduzione della TTF non preclude l'applicabilità anche di un sistema europeo di TAF, in particolare se l'obiettivo prevalente è «un contributo equo e sostanziale del settore finanziario alle finanze pubbliche» (parere del 2010, vedasi nota 2) e l'armonizzazione del prelievo sulle attività finanziarie per rafforzare il mercato unico. Inoltre, l'applicazione di un sistema di tassazione europeo delle transazioni finanziare rafforza di per sé l'esigenza di una maggiore uniformità dei sistemi di tassazione dei singoli Stati membri in materia di attività finanziarie in generale.

4.10.1   La TTF ha effetti distributivi progressivi, sia per il maggiore utilizzo dei servizi forniti dal settore finanziario da parte dei soggetti con alto reddito, sia per l'assenza di costi diretti su famiglie e imprese non finanziarie dovuta alle caratteristiche di non applicazione alle attività di concessione e assunzione di prestiti che li riguardano. Su queste transazioni graverebbero soltanto gli eventuali costi indiretti derivanti dalla minore liquidità delle attività trattate dagli istituti finanziari.

4.11   Il sistema di riscossione della tassa è semplice e ha costi molto bassi per le operazioni che avvengono sui mercati e, in generale, per le transazioni registrate. Ciò sostiene la necessità di estendere gli obblighi di registrazione delle operazioni finanziare includendo le operazioni over the counter rappresentate da prodotti non standardizzati negoziati sui cosiddetti mercati dei derivati fuori borsa, negoziati bilateralmente tra due parti.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Il Parlamento europeo «è favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che migliorerebbe il funzionamento del mercato riducendo la speculazione e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali e a ridurre i deficit pubblici».

Risoluzione del Parlamento europeo su un finanziamento innovativo a livello mondiale ed europeo, 2010/2105 (INI), testo adottato l'8 marzo 2011.

(2)  Parere d'iniziativa sul tema Tassa sulle operazioni finanziarie; adottato il 15 luglio 2010 (GU C 44 dell'11.2.2011, pag. 81).

Parere in merito alla comunicazione La tassazione del settore finanziario (COM(2010) 549 final); adottato il 15 giugno 2011 (GU C 248 del 25.8.2011, pag. 64).

(3)  Parere in merito alla comunicazione Revisione del bilancio dell'Unione europea (GU C 248 del 25.8.2011 pag. 75).

(4)  Šemeta Algirdas, commissario responsabile per la Fiscalità e l'unione doganale, l'audit e la lotta antifrode, 17/2/2012, EU tax coordination and the financial sector («Il coordinamento fiscale dell'UE e il settore finanziario»), Speech/12/109, Londra.

Parlamento europeo, Risoluzione su un finanziamento innovativo a livello mondiale ed europeo, (P7_TA-PROV(2011)0080).

(5)  Parlamento europeo, Progetto di relazione in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE, relatrice: ANNI PODIMATA (10/2/2012).

(6)  Schulmeister, S., 2011, Implementation of a General Financial Transaction Tax. Austrian Institute of Economic Research, Commissioned by the Federal Chamber of Labour.

Griffith-Jones, S., Persaud, A., 2012, Financial Transaction Taxes, http://www.europarl.europa.eu/document/activities/cont/201202/20120208ATT37596/20120208ATT37596EN.pdf.

(7)  Così come indicato dalla valutazione di impatto della Commissione (SEC(2011) 1103 final).

(8)  Griffith-Jones, S., Persaud, A., 2012, Op.cit.

(9)  Commissione europea, 2011, Eurobarometro 76 – Public opinion in the European Union - First Results («Opinione pubblica nell'Unione europea – Primi risultati»). Rilevazione sul campo: novembre 2011. Pubblicazione: dicembre 2011.

(10)  Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 (COM(2011) 398 final) e che rappresenta la trasposizione normativa della comunicazione della Commissione Un bilancio per la strategia Europa 2020 del 29 giugno 2011 (COM(2011) 500 final).

(11)  Nel caso in cui sussistano più condizioni, l'individuazione dello Stato di appartenenza sarà determinata considerando la prima condizione assolta riportata nell'ordine elencato.

(12)  Commissione europea, Bruxelles, 28 settembre 2011, SEC(2011) 1103 final, Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE.

(13)  Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE (COM(2011) 594 final).

(14)  Le transazioni in valuta sono almeno 70 volte più elevate rispetto agli scambi di beni e servizi a livello mondiale. Nel 2006 gli scambi nei mercati dei derivati, in Europa, erano 84 volte più elevati rispetto al PIL, mentre gli scambi negli spot market (acquisti o vendite di valute o valori finanziari con contratti immediati stabiliti on the spot) erano solo 12 volte più elevati del PIL nominale dell'UE.

Schulmeister, S., Schratzenstaller, M., Picek, O, 2008, A General Financial Transaction Tax – Motives, Revenues, Feasibility and Effects, Austrian Institute of Economic Research, Research Study commissioned by Ecosocial Forum Austria, co-financed by Federal Ministry of Finance and Federal Ministry of Economics and Labour, March 2008.

(15)  Haug, J., Lamassoure, A., Verhofstadt, G.,Gros, D., De Grauwe, P., Ricard-Nihoul, G., Rubio, E., 2011, Europe for Growth – For a Radical Change in Financing the EU.

Relazione del gruppo de Larosière (GU C 318 del 23.12.2009).

Parlamento europeo, 15 giugno 2010, Relazione sulla crisi finanziaria, economica e sociale: raccomandazioni sulle misure e le iniziative da adottare (2010/2242 (INI)); relatrice: PERVENCHE BERÈS.

Parlamento europeo, 8 marzo 2010, Risoluzione sulla tassazione delle transazioni finanziarie. (2009/2750 (RSP)).

Parlamento europeo, 8 marzo 2011, Risoluzione su un finanziamento innovativo a livello mondiale ed europeo. (2010/2105(INI)); relatrice: ANNI PODIMATA.

(16)  Parere in merito alla Comunicazione della Commissione Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione – Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'Unione europea (GU C 107 del 6.4.2011).

(17)  Commissione europea, Bruxelles, 28 settembre 2011, SEC(2011) 1103 final, Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE.

(18)  Bruxelles, 20 ottobre 2011, COM(2011) 656 final, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai mercati degli strumenti finanziari che abroga la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

Bruxelles, 20 ottobre 2011, COM(2011) 652 final, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui mercati degli strumenti finanziari e che modifica il regolamento [EMIR] sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni.

(19)  Schulmeister, S., (2011), Op.cit.

The New York Times, 23/7/2011, Stock Traders Find Speed Pays, in Milliseconds. Duhigg, C.

(20)  Commissione europea, 8 dicembre 2010, consultazione pubblica sul tema – Review of the Markets in Financial Instrument Directive (MiFID) («Revisione della direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari – MiFID»), direzione generale Mercato interno e servizi.

Commissione europea, 20 ottobre 2010, SEC(2011) 1226 final, Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Valutazione d'impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai mercati degli strumenti finanziari (Rifusione) e la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati degli strumenti finanziari.

Austrian Institute of Economic Research, 2011, op. cit.

(21)  Persaud, A., 14 ottobre 2011, La Tobin Tax? Si può fare (www.lavoce.info).

(22)  Griffith-Jones, S., Persaud, A., 2012, Op.cit.

(23)  Nel caso in cui non venisse pagata l'imposta di bollo dai contraenti, il contratto di acquisto o di vendita risulterebbe inapplicabile. Parlamento europeo, Progetto di relazione in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE, relatrice: ANNI PODIMATA (10/2/2012).

(24)  Griffith-Jones, S., Persaud, A., 2012. op.cit.

(25)  Le transazioni in valuta sono esattamente la tipologia di transazioni per cui tale tassa fu pensata da J. Tobin. Tobin, J., 1978, A Proposal for International Monetary Reform. Prof Tobin's Presidential Address at 1978 Conference of Eastern Economic Association. Wash. D.C., Cowles Foundation Paper – Reprinted for Eastern Economic Journal, 4(3-4) July-October 1978.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso della discussione, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi:

Punto 1.1

Inserire un nuovo punto 1.2 dopo il punto 1.1

Tuttavia, il CESE esprime profonda preoccupazione in merito all'impatto negativo che tale tassa potrebbe avere sulla crescita e sull'occupazione, come la Commissione pone in rilievo nella valutazione d’impatto, e preoccupazione per gli effetti negativi anche al di là del settore finanziario, in particolare per quanto riguarda l'accesso alle risorse finanziarie per le piccole e medie imprese e gli agricoltori, nonché l'aumento dei costi per i mutuatari e i pensionati. È inoltre probabile che la tassa proposta indebolisca il potere d'acquisto delle famiglie a basso reddito.

Motivazione

Sarà esposta oralmente.

L'emendamento è stato votato e rifiutato con 93 voti favorevoli, 143 contrari e 11 astensioni.

Punto 1.10

Modificare come segue

Il CESE sottolinea la necessità di governare attentamente le conseguenze macroeconomiche e microeconomiche negative derivanti dall'applicazione legislativa della TTF, neutralizzandone o almeno riducendone i rischi e i relativi costi. A questo riguardo, è importante rilevare che il differente peso del settore finanziario rispetto all'economia nazionale di ogni Stato membro indica che l'onere di questa imposta potrebbe non essere ripartito equamente tra gli Stati membri. Per tale ragione il CESE ritiene che, per compensare gli effetti negativi più rilevanti che l'applicazione della TTF potrebbe produrre sull'economia reale, occorrerebbe valutare l'introduzione di adeguati meccanismi compensativi.

Motivazione

È un dato di fatto che il peso economico del settore finanziario rispetto all'economia nazionale sia differente da uno Stato membro all'altro. Pertanto, è opportuno che il CESE lo riconosca.

L'emendamento è stato votato e rifiutato con 86 voti favorevoli, 137 contrari e 15 astensioni.

Punto 3.3.2

Modificare come segue:

Il CESE, nel ribadire che la crisi attuale è dovuta ad una crisi finanziaria innescata nel 2007 e propagatasi a partire dal 2008 all'economia reale (1) , ritiene che il settore maggiormente responsabile di tale crisi (insieme con la classe politica) – quello finanziario – debba essere chiamato a contribuire equamente al suo superamento. Fino ad oggi, l'impegno a sostenere il settore finanziario (in termini di finanziamenti e garanzie) da parte degli Stati membri dell'UE è risultato pari a 4 600 miliardi di euro, ossia il 39 % del PIL dell'UE-27 del 2009. Un contributo che ha aggravato pericolosamente le finanze pubbliche di alcuni SM dell'UE, innescando una pericolosa crisi dell'area dell'euro (2).

Motivazione

Nel parlare delle responsabilità della crisi, non si può omettere di citare la classe politica: è infatti evidente che, in molti paesi, l'azione irresponsabile dei decisori politici, protrattasi per diversi anni, ha contributo in larga misura alla crisi.

L'emendamento è stato votato e rifiutato con 72 voti favorevoli, 154 contrari e 15 astensioni.

Punto 4.6

Modificare come segue:

Il possibile prelievo aggiuntivo sui fondi pensione provocato dall'introduzione della TTF sarebbe di entità modesta potrebbe essere ritenuto di modesta entità in considerazione delle modalità e tipologie di investimento; inoltre e la rivalutazione possibile degli asset tipici dei fondi pensione (investimenti meno volatili) potrà compensare erà e superare erà le eventuali riduzioni di rendimento dovute all'applicazione dell'imposta. È tuttavia molto probabile che tale imposta avrà l'effetto di ridurre l'importo delle pensioni future, con conseguenze significative per i lavoratori degli Stati membri in cui le risorse finanziarie accumulate nei fondi pensione a capitalizzazione rappresentano una parte considerevole delle pensioni. Il CESE comunque ritiene pertanto che, per neutralizzare o ridurre gli effetti sui fondi pensione, sia opportuno esentare completamente dalla TTF le operazioni volte a trasferire (versare) contributi in un fondo pensione o a effettuarne il versamento definitivo, nonché possa essere valutata re l'ipotesi di una riduzione significativa delle aliquote o di alcune forme di esenzione per tale settore, per il caso di operazioni di altro tipo.

Motivazione

Come indicano i dati presentati in sede di gruppo di studio, la TFF potrebbe ridurre anche del 5 % l'importo delle future pensioni a capitalizzazione. È immorale che milioni di futuri pensionati europei debbano in tal modo vedersi decurtate le prestazioni loro erogate, tanto più che queste sono già, nella maggior parte dei casi, di modesta entità.

L'emendamento è stato votato e rifiutato con 82 voti favorevoli, 142 contrari e 19 astensioni.

Punto 4.7.3

Modificare come segue:

Per quanto riguarda l'applicazione delle aliquote, il CESE, pur rammentando che nel parere del 2010 (vedasi nota 2) aveva indicato l'applicazione di un'aliquota uniforme dello 0,05 %, concorda che l'applicazione delle due aliquote - così come proposto dalla Commissione - tende a ridurre il rischio della delocalizzazione dei mercati e garantisce adeguate risorse ai bilanci dell'Unione e degli SM. Il CESE reputa nondimeno che, se la TTF dovesse essere introdotta soltanto negli Stati membri dell'UE anziché essere applicata a livello mondiale, l'aliquota massima non dovrebbe superare lo 0,05 % e il suo eventuale innalzamento allo 0,1 % (proposto dalla Commissione) dovrebbe intervenire solo dopo qualche anno e previa attenta analisi degli effetti economici e sociali del sistema in vigore.

Motivazione

Non vi è alcun motivo, tenuto conto in particolare dei numerosi effetti difficilmente prevedibili della soluzione proposta, per cui il CESE debba abbandonare la sua posizione precedente, favorevole a un'aliquota massima dello 0,05 %.

L'emendamento è stato votato e rifiutato con 85 favorevoli, 144 contrari e 12 astensioni.


(1)  Parere in merito alla Comunicazione della Commissione Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l'occupazione – Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell'Unione europea (GU C 107 del 6.4.2011).

(2)  Commissione europea, Bruxelles, 28 settembre 2011, SEC(2011) 1103 final, Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento Proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato)

COM(2011) 651 definitivo — 2011/0295 (COD)

e in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato

COM(2011) 654 definitivo — 2011/0297 (COD)

(2012/C 181/12)

Relatore: METZLER

Il Consiglio, in data 25 novembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 15 novembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato)

COM(2011) 651 final — 2011/0295 (COD).

Il Consiglio, in data 2 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente sanzioni penali per l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato

COM(2011) 654 final — 2011/0297 (COD).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli, 2 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Contenuto e conclusioni del Comitato

1.1   Il CESE si compiace del fatto che la proposta in esame aggiorni il quadro giuridico creato dalla vigente direttiva sugli abusi di mercato, salvaguardando così la fiducia nell'integrità dei mercati dei capitali.

1.2   Il CESE è favorevole, in linea di principio, alla proposta presentata dalla Commissione. Tuttavia, in relazione alla configurazione concreta della proposta nella forma di un regolamento e di una direttiva esso nutre una serie di preoccupazioni, alcune delle quali di rilievo fondamentale.

1.3   In particolare la formulazione poco chiara di molte fattispecie nel progetto di regolamento sugli abusi di mercato, nonché la delega della responsabilità della loro ulteriore precisazione all'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM) o alla Commissione a livello 2 (cioè di atti delegati), rischiano di ingenerare una notevole incertezza giuridica. E tutto ciò non può non dare adito a critiche, se si considera che il principio di determinatezza delle norme penali è uno dei capisaldi dello Stato di diritto, sancito non solo dalle Costituzioni degli Stati membri ma anche dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Non dovrebbe essere interesse della Commissione né degli Stati membri né degli utenti delle norme che un atto legislativo europeo dia luogo a preoccupazioni di questo tipo sul piano dei principi di diritto costituzionale e penale. Il CESE invita pertanto la Commissione a precisare meglio le fattispecie già a livello 1 (cioè di normativa base).

1.4   Si presta a critiche anche l'articolo 11 del regolamento proposto, che impone a chiunque predisponga o esegua a titolo professionale operazioni in strumenti finanziari di adottare meccanismi atti a individuare abusi di mercato. Introdurre ulteriori adempimenti burocratici non significa necessariamente migliorare la normativa, e il CESE è a favore di una normativa efficiente ed equilibrata. Il sistema proposto, invece, non solo fa temere che finisca per essere trasmesso un gran numero di segnalazioni non qualificate, che non possono essere di alcuna utilità per le autorità di vigilanza, ma pone anche oneri sproporzionati a carico dei piccoli istituti di credito, rischiando così di danneggiare gli operatori economici locali e dunque in particolare gli interessi dei cittadini e delle piccole e medie imprese delle zone rurali. Il CESE chiede alla Commissione di tener conto di queste preoccupazioni e di optare per un approccio normativo differenziato, come quello da essa adottato in diverse altre proposte legislative oggi sul tappeto, ad esempio in materia di sgravi per i piccoli e medi emittenti.

2.   Sintesi del documento della Commissione

2.1   L'adozione della direttiva 2003/6/CE sull'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato era stato il primo tentativo di armonizzare le norme in materia di abusi di mercato a livello europeo. Il 20 ottobre 2011 la Commissione europea ha pubblicato una proposta di revisione di tale direttiva nella forma di un'altra direttiva (Market Abuse Directive - MAD) e di un regolamento (Market Abuse Regulation - MAR) sugli abusi di mercato.

2.2   L'obiettivo della Commissione è aggiornare il quadro giuridico creato dalla vigente direttiva sugli abusi di mercato e provvedere a una progressiva armonizzazione della normativa europea in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, reagendo così al continuo mutare delle condizioni dei mercati.

2.3   Mentre la vigente direttiva sugli abusi di mercato si applica solo agli strumenti finanziari negoziati su mercati regolamentati, la proposta in esame estende l'ambito di applicazione agli strumenti finanziari che vengono trattati su nuove piattaforme di trading e fuori borsa (over the counter – OTC). Inoltre, la proposta amplia i poteri investigativi e sanzionatori delle autorità di regolamentazione ed è intesa a ridurre l'onere amministrativo per i piccoli e medi emittenti.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE si compiace del fatto che, con la proposta in esame, la Commissione reagisca all'evolversi delle condizioni dei mercati e miri ad aggiornare il quadro giuridico creato dalla vigente direttiva sugli abusi di mercato. L'abuso di informazioni privilegiate (insider trading) e più in generale gli abusi di mercato minano infatti la fiducia nell'integrità dei mercati, che è un presupposto irrinunciabile di un mercato di capitali in grado di funzionare.

3.2   L'estensione del campo di applicazione della vigente normativa sugli abusi di mercato agli strumenti finanziari negoziati sui mercati non regolamentati, nonché ai casi di impiego di tecnologie molto sofisticate per attuare strategie di negoziazione come l’High Frequency Trading (negoziazione ad alta frequenza - HFT), è una disposizione di indubbia utilità. Tuttavia, ciò può contribuire a garantire l'integrità dei mercati soltanto se è chiaro quali conseguenze pratiche avrebbe la predetta estensione dell'ambito di applicazione per i nuovi strumenti finanziari negoziati fuori borsa e l'HFT.

3.3   Una più ampia armonizzazione della normativa in materia di abuso di informazioni privilegiate e abusi di mercato costituisce senz'altro un obiettivo lodevole. Tuttavia, la configurazione concreta della relativa proposta, che si articola in un regolamento e una direttiva, rischia di sollevare molteplici problemi giuridici, specie alla luce dei principi generali di diritto penale e costituzionale da essa di volta in volta chiamati in causa, e non può quindi non dare adito a critiche.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Il CESE accoglie con favore l'estensione dell'ambito di applicazione della normativa agli strumenti finanziari negoziati fuori borsa. Dalla proposta in esame, però, non si evince ancora con chiarezza in quale forma essi rientrino in tale campo di applicazione. Spesso, infatti, per i suddetti strumenti finanziari non vi è proprio alcun «mercato», dato che formano oggetto soltanto di negoziazioni bilaterali. In tal senso, sarebbe utile, per venire incontro alle esigenze degli utenti delle norme, precisare meglio le relative fattispecie, ad esempio attraverso l'indicazione di casi esemplificativi da parte della Commissione o dell'AESFEM.

4.2   Il CESE accoglie con favore, in linea di principio, anche l'inclusione, nel campo di applicazione delle norme in materia di abusi di mercato, dei casi di impiego di tecnologie sofisticate per l'attuazione di strategie di negoziazione. In proposito occorre però tener presente che il trading basato su algoritmi non è di per sé qualcosa di negativo, ma è anzi impiegato dagli istituti di credito anche per il disbrigo degli ordini giornalieri dei loro clienti privati. Anche in questo caso, quindi, gli utenti delle norme avrebbero bisogno di ulteriori precisazioni riguardo a ciò che esse permettono; e anche in questo caso sarebbe utile che la Commissione o l'AESFEM elaborasse una serie di casi esemplari.

4.3   Nel legiferare in campo penale, l'Unione europea è tenuta a rispettare il principio di sussidiarietà. E la legislazione vigente in materia di abusi di mercato riveste la forma di una direttiva: un approccio normativo che appare del tutto condivisibile. Non si comprende, allora, perché la Commissione abbia scelto di non continuare su questa strada: nella proposta in esame, infatti, le sanzioni sono comminate in una direttiva (la MAD), ma i precetti cui esse corrispondono sono contenuti in un regolamento (il MAR) e dunque destinati a trovare applicazione diretta negli Stati membri.

4.4   La descrizione delle fattispecie penali nella forma di norme di regolamento è un'opzione discutibile, dato che tali norme potrebbero far sorgere molteplici difficoltà applicative, che - a differenza di quanto accadrebbe con una direttiva – non potranno più essere risolte in sede di attuazione dagli Stati membri. Senonché, se si vogliono realizzare gli obiettivi che la proposta si prefigge, bisognerebbe porre rimedio a tali difficoltà applicative.

4.5   In particolare, difficoltà nell'applicazione delle norme potrebbero sorgere a causa della mancanza di precisione nella loro formulazione nonché dell'impiego di nozioni giuridiche non ben definite («indeterminate»). L'incertezza giuridica generata da norme penali investe principi generali del diritto costituzionale e di quello penale. Tra questi, il principio di determinatezza delle norme penali (nulla poena sine lege certa), consacrato ad esempio dall'articolo 103, secondo comma, della «Legge fondamentale» (Grundgesetz) tedesca e dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione italiana. In ossequio a tale principio, una norma penale deve far comprendere chiaramente in quali casi una data condotta costituisce reato. Si tratta di un principio generale dello Stato di diritto, sancito anche dall'articolo 7 della CEDU. Il CESE dubita che, nella maggior parte delle norme del regolamento proposto, tale principio sia stato sufficientemente osservato. Del resto, già la normativa vigente in materia di insider trading viene ritenuta, quantomeno dalla letteratura giuridica tedesca, censurabile in quanto produttiva di insufficiente certezza del diritto.

4.6   Incertezza giuridica viene inoltre generata dalle norme che conferiscono alla Commissione o all'AESFEM il potere di precisare, a livello 2, le fattispecie penali previste dalla normativa, come nel caso dell'articolo 8, paragrafo 5, del regolamento proposto. È vero che l'articolo 8 non ha di per sé alcun effetto giuridico penale, dato che tale disposizione si limita a determinare la nozione di «manipolazione del mercato»; nondimeno, appigliarsi alla mancanza di effetto giuridico penale diretto dell'articolo 8 sarebbe un mero artificio formale, poiché, in quanto fattispecie definitoria rilevante ai fini della configurazione del reato di abuso di mercato, in ultima analisi tale disposizione forma necessariamente parte integrante della relativa norma incriminatrice. Inoltre, l'Allegato I al MAR contiene già un elenco di indicatori in relazione a singoli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'articolo 8, cosicché val la pena di chiedersi se questi debbano proprio essere specificati ulteriormente a livello 2. Il CESE comprende bene la preoccupazione alla base di questo modo di procedere della Commissione, che è quella di consentire un continuo adeguamento agli attuali «sviluppi sui mercati» – sviluppi che possono anche modificare le esigenze di vigilanza - lasciando alla Commissione o all'AESFEM il compito di specificare singoli elementi o aspetti. Tuttavia, dato che la materia disciplinata rientra nel diritto penale, un approccio di questo tipo risulta problematico alla luce dei principi dello Stato di diritto. Come se ciò non bastasse, il combinato disposto dell'articolo 8, dell'Allegato I e delle eventuali ulteriori norme di dettaglio difficilmente consentirà di dedurre in modo trasparente quale condotta vada sanzionata penalmente.

4.7   Inoltre, l'AESFEM, dovendo specificare a livello 2 non solo determinate norme del MAR, ma anche, e parallelamente, norme della nuova MiFID (la rifusione della direttiva 2004/39/CE proposta dalla Commissione), potrebbe essere gravata da un carico di lavoro eccessivo, il che fa temere ulteriori ritardi ed un protrarsi dell'incertezza giuridica.

4.8   Riguardo poi ai destinatari della normativa, è quantomeno discutibile l'obbligo, imposto dall'articolo 11, paragrafo 2, del MAR a chiunque predisponga o esegua a titolo professionale operazioni in strumenti finanziari, di disporre di sistemi per prevenire e individuare abusi di mercato.

4.9   Chiunque compia professionalmente operazioni su strumenti finanziari, infatti, è già adesso obbligato a segnalare le transazioni sospette (cfr. l'articolo 6, paragrafo 9, della vigente direttiva sugli abusi di mercato); e, secondo l'autorità tedesca di regolamentazione BaFin (cfr. relazione nel bollettino BaFin del luglio 2011, pag. 6 ss.), tali segnalazioni di operazioni sospette forniscono informazioni utili e il loro numero è in costante aumento.

4.10   L'introduzione di meccanismi di individuazione sistematici rischia invece di portare a una proliferazione di segnalazioni di operazioni ritenute sospette; e una moltitudine di segnalazioni generiche non può certo essere l'effetto desiderato dalle autorità di vigilanza. Sul piano pratico, per quanto concerne le violazioni del divieto di abusi di mercato, il problema non è tanto quello che l'autorità di vigilanza non riceve notizia di tali reati, quanto piuttosto quello che, nella maggior parte dei casi, le procure non danno seguito alle segnalazioni oppure i procedimenti avviati vengono chiusi col pagamento di una sanzione pecuniaria. Può anche darsi che esiti siffatti siano dovuti alla carenza, nelle procure degli Stati membri, di pool specializzati in questo tipo di reati.

4.11   Inoltre, ci si può chiedere se chi predispone o esegue a titolo professionale operazioni in strumenti finanziari sia davvero il soggetto idoneo a dotarsi di sistemi di prevenzione e individuazione di abusi di mercato.

4.12   In ogni caso, le autorità di vigilanza delle borse valori dovrebbero avere una visione completa degli scambi (trading) effettuati sui mercati nazionali di loro competenza; e, poiché gli abusi di mercato possono aver luogo a livello transfrontaliero, il CESE auspica che tali autorità vengano dotate dei poteri necessari per sviluppare tra loro una cooperazione internazionale.

4.13   In particolare, si può anche chiedersi se i piccoli e medi istituti di credito debbano proprio essere obbligati a dotarsi di meccanismi sistematici di prevenzione e individuazione di abusi di mercato, considerato che la creazione di tali meccanismi specifici metterebbe probabilmente a durissima prova le loro capacità. Piccoli e medi istituti di credito sono spesso radicati in zone rurali e svolgono un importante ruolo di prestatori di servizi alla popolazione e alle piccole e medie imprese locali, contribuendo così a stabilizzare l'economia e promuovere l'occupazione sul territorio. In proposito si possono citare gli esempi delle casse rurali e delle altre cooperative di credito spagnole oppure delle banche popolari e delle casse di credito agricolo tedesche. Gli istituti di credito non possono assumere compiti di vigilanza: l'individuazione e soprattutto la valutazione dei casi di abuso di mercato rientrano nei compiti delle autorità di vigilanza.

4.14   Inoltre, far gravare sui piccoli e medi istituti di credito un onere supplementare è in contraddizione con l'obiettivo della Commissione di ridurre, con le normative da essa proposte, anche gli oneri amministrativi dei piccoli e medi emittenti. Un obiettivo che la Commissione si è prefissa, tra gli altri, non solo nella proposta di regolamento presentata in materia di abusi di mercato, ma anche in quella di revisione della direttiva sulla trasparenza 2004/109/CE. Operazioni eclatanti di manipolazione del mercato, assurte a notorietà in relazione a singole banche, sono state messe in moto da singoli trader di banche di investimento, ad esempio nel 2008 dal trader francese Jérôme Kerviel; e casi importanti di insider trading mostrano che gli istituti di credito non svolgono pressoché alcun ruolo in relazione a questo reato. Piccoli e medi istituti di credito non sono quindi i soggetti cui rivolgersi per la creazione di meccanismi sistematici di prevenzione e individuazione di abusi di mercato, e in tal senso l'approccio indifferenziato adottato dall'articolo 11 del regolamento proposto non tiene sufficientemente conto di tali specificità.

4.15   In tale contesto, bisognerebbe considerare la possibilità di creare, per quanto attiene agli abusi di mercato, una struttura di vigilanza autonoma posta a sua volta sotto vigilanza statale - sull'esempio di quella adottata nelle libere professioni - per i soggetti che predispongono o eseguono a titolo professionale operazioni in strumenti finanziari. Una siffatta struttura di sorveglianza disporrebbe di quelle competenze specifiche e di quella conoscenza del settore necessarie per una vigilanza professionale efficace, che garantisca qualità e affidabilità. Affidando agli operatori dei mercati finanziari un tale compito di autogoverno, sia pure sotto controllo statale, si farebbero soprattutto gli interessi dei consumatori e non quello degli operatori stessi, i quali si controllerebbero a vicenda. L'autogoverno infrange i privilegi acquisiti e produce trasparenza.

4.16   La clausola di deroga per Regno Unito, Irlanda e Danimarca prevista dalla proposta di direttiva in esame (nei considerando 20, 21 e 22) non sembra compatibile con l'obiettivo di armonizzazione legislativa. Per garantirne la conformità a tale obiettivo, occorrerebbe pertanto integrare o modificare le parti corrispondenti della proposta. Il Regno Unito ha già reso noto che intende avvalersi della facoltà, riconosciutagli da detta clausola, di astenersi – almeno in un primo tempo – dal «partecipare all'adozione e all'applicazione» della direttiva. L'argomento addotto da questo Stato membro è, in sostanza, che la proposta di MAD in esame dipende dall'esito delle discussioni in corso sulle proposte relative al MAR e alla MiFID, le cui conseguenze ad oggi non sono ancora chiare. A nostro avviso la posizione britannica, se da un lato corrobora le riserve suesposte quanto all'incertezza del diritto derivante dall'uso di nozioni giuridiche indeterminate e dal conferimento al livello 2 della delega ad adottare misure di dettaglio, dall'altro suscita preoccupazione nell'ottica dell'armonizzazione legislativa perseguita, considerato che la maggiore piazza finanziaria dell'UE – la City londinese - si trova proprio nel Regno Unito.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito

COM(2011) 747 definitivo — 2011/0361 (COD)

(2012/C 181/13)

Relatore: PÁLENÍK

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 13 dicembre 2011 e 30 novembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito

COM(2011) 747 final — 2011/0361 (COD).

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 118 voti favorevoli, 32 voti contrari e 15 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il presente parere è stato redatto nel quadro del processo di adozione della proposta della Commissione tesa a eliminare le principali carenze in materia di trasparenza, indipendenza, conflitti di interesse e qualità delle procedure usate nell'elaborazione e nel processo di rating. Il CESE accoglie con favore il fatto che il regolamento proposto punti a eliminare questi problemi, ma ritiene che la reazione della Commissione alla situazione che si è venuta a creare sia tardiva e incoerente.

1.2   Le agenzie di rating svolgono un ruolo importante nei mercati finanziari mondiali perché i loro rating vengono utilizzati da molti partecipanti ai mercati. Esse esercitano pertanto un influsso considerevole su chi intende effettuare investimenti e prendere decisioni in materia finanziaria con cognizione di causa. È quindi essenziale che i rating siano elaborati conformemente ai principi di integrità, trasparenza, responsabilità e buona governance, un obiettivo al quale l'attuale regolamento sulle agenzie di rating del credito apporta già un contributo notevole.

1.3   Il CESE ritiene che i mercati, da soli, non siano in grado di autoregolamentarsi, ed è quindi essenziale varare norme più rigorose possibili, accompagnandole con un'attuazione e un monitoraggio adeguati. Tuttavia, la proposta non fornisce indicazioni chiare sul modo in cui il regolamento dovrà essere applicato. Inoltre il CESE esprime forti dubbi che solo attraverso un inasprimento della regolamentazione si possano raggiungere i risultati sperati. Anzi, ciò contribuirebbe ancora di più a ridurre la responsabilità dei vari organismi di sorveglianza, che, al contrario, dovrebbero essere più coinvolti nella valutazione dei giudizi emessi dalle agenzie.

1.4   Il CESE è dell'avviso che il quadro europeo definito nel regolamento proposto debba essere sostenuto il più possibile dai negoziati a livello di G20, affinché anche sul territorio di questi Stati vengano attuate regole simili per assicurare la coerenza a livello mondiale.

1.5   Per garantire una maggiore varietà dei rating, la proposta stabilisce una rotazione obbligatoria delle agenzie che li assegnano. Tuttavia il CESE dubita che l'introduzione di questa regola possa produrre veramente il risultato desiderato.

1.6   Secondo il CESE, uno dei problemi fondamentali è rappresentato dalla credibilità dei rating assegnati dalle agenzie di rating. La maggior parte di esse ha sede negli Stati Uniti, ed è esposta a molteplici conflitti di interesse. Per questo motivo il CESE chiede alla Commissione di creare un'agenzia di rating europea indipendente, che possa assegnare un rating al debito sovrano nel rispetto dell'interesse comune. Esiste poi un'ampia casistica dell'incapacità delle agenzie di rating di prevedere gli sviluppi futuri, e anche questo ne ha minato la credibilità. Infatti, malgrado chiari segnali provenienti dal mercato e dalle tendenze economiche, esse non hanno avuto la capacità o la volontà di individuare in tempo i rischi d'investimento e, in molti casi, non hanno adempiuto alla loro funzione essenziale.

1.7   Proprio a causa della loro incapacità di prevedere gli sviluppi futuri in modo adeguato e, soprattutto, per la natura almeno parzialmente «auto-avverante» dei rating, è necessario esaminare in modo più approfondito l'insufficiente trasparenza dei metodi che le agenzie di rating utilizzano per elaborare i rating.

1.8   Il CESE nutre seri dubbi riguardo all'indipendenza dei rating assegnati, specialmente a causa del meccanismo «issuer pays» («l'emittente paga»). Anzi, è convinto che essi non siano completamente indipendenti. È ovvio che l'emittente ha tutto l'interesse ad assicurarsi il livello di rating più alto, e ciò solleva dubbi in merito all'indipendenza del rating assegnato. Una valutazione dietro la quale si nasconde, spesso, una manovra speculativa, dettata quanto meno da un effetto annuncio.

1.9   È vitale che tutti i punti trattati nella proposta siano effettivamente approfonditi e che vengano adottate delle misure concrete in proposito, assicurandone l'effettivo rispetto a livello sia europeo che nazionale. Il CESE ritiene che l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM) debba essere dotata dei mezzi necessari per assicurare tale rispetto.

1.10   In tale contesto, il CESE approva le modifiche relative alla responsabilità civile delle agenzie di rating e invita la Commissione a migliorare l'effettiva protezione dei consumatori di prodotti finanziari, creando metodi efficaci di ricorso che consentano loro di esercitare i propri diritti e di accedere ai risarcimenti, ferme restando le sanzioni imposte all'agenzia dall'organo di vigilanza.

1.11   Il conflitto di interessi rimane un problema fondamentale, e la proposta contiene una serie di misure tese ad affrontarlo. Tuttavia, il CESE ribadisce che esse non sono sufficienti per raggiungere l'obiettivo desiderato. Ciò è dovuto al modello «issuer pays», specialmente nei casi di assegnazione di rating richiesti e di rating nazionali. I rating sul debito sovrano e le relative prospettive, se di segno negativo, procurano un beneficio agli acquirenti delle obbligazioni emesse, sotto forma di tassi di interesse e di premi di rischio più alti. In alcuni casi, se questi acquirenti fossero proprio gli emittenti che pagano le agenzie per assegnare un rating ai loro strumenti finanziari, ciò potrebbe creare dei conflitti di interesse.

1.12   Il CESE accoglie con favore non solo l'attenzione dedicata a una serie di problemi (trasparenza, conflitto di interessi, indipendenza e concorrenza) e lo sforzo teso a rendere più severo l'esame del modus operandi delle agenzie di rating in quanto operatori chiave dei mercati finanziari, ma anche la scelta di affrontare altre questioni importanti nel regolamento del 2011, soprattutto la creazione di un quadro europeo per il monitoraggio delle agenzie di rating (1).

1.13   Il CESE ritiene tuttavia che la questione delle agenzie di valutazione non sia soltanto giuridica, bensì innanzitutto politica. Pertanto il modo migliore per proteggere il debito sovrano dalle conseguenze, spesso nefaste, dei giudizi delle agenzie, oltre ad adottare regole migliori e limitate, consiste nel:

vietare loro di emettere giudizi sul debito sovrano;

estendere il mandato della BCE, equiparandolo a quello di tutte le altre banche centrali del mondo, eliminando così il suo svantaggio attuale;

migliorare la gestione attuale del debito sovrano dell'Eurozona (parere ECO/307 - CESE 474/2012).

2.   Motivazione

2.1   L'attuale crisi, sempre più profonda, è legata alla precedente crisi bancaria, che è stata causata da gravi lacune nella regolamentazione e vigilanza degli istituti finanziari e alla quale la Commissione europea ha reagito prontamente e in modo adeguato attraverso l'adozione del regolamento (CE) n. 1060/2009. La nuova crisi evidenzia la necessità di rendere ancora più efficaci tutta una serie di attività nel campo della regolamentazione e vigilanza degli istituti finanziari. Il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito stabilisce rigide regole di condotta per queste agenzie, con l'obiettivo fondamentale di attenuare possibili conflitti di interessi e garantire l'alta qualità e trasparenza dei rating e dei processi di rating.

2.2   Non bisogna dimenticare che le agenzie di rating non sono capaci di prevedere i reali sviluppi futuri, e ciò significa che esse hanno un impatto assolutamente dannoso sulle economie nazionali. L'elenco delle decisioni discutibili delle agenzie di rating è lungo, e quindi se ne riportano soltanto alcuni esempi:

nel 1975 la città di New York ha ricevuto un rating molto favorevole alla vigilia dell'annuncio della bancarotta (cessazione dei pagamenti);

qualche tempo dopo, Standard and Poor's ha assicurato agli investitori che la situazione economica di Orange County (California) era florida e ben gestita, malgrado il fatto che due miliardi di dollari USA fossero andati in fumo per via di speculazioni su strumenti derivati. L'agenzia di rating ha poi dovuto affrontare una serie di azioni legali (2);

casi simili si sono verificati in rapporto al fondo comune speculativo («hedge fund») Long Term Capital Management, alla Bank of Credit and Commerce International (BCCI), al crollo di casse di risparmio statunitensi e alla bancarotta fraudolenta di Enron, Worldcom, Tyco, ecc. e, per ultimo, Lehman Brothers (3);

prima della crisi finanziaria, le agenzie di rating hanno assegnato il rating AAA persino ai derivati sui crediti ipotecari più sospetti (sub-prime) e ciò ha convinto gli investitori - compresi i fondi pensione - ad acquistarne in grandi quantità (4);

prima della crisi finanziaria del 2008, le agenzie di rating hanno unanimemente assegnato il livello di rating più alto a banche e fondi che detenevano i titoli più pericolosi concepiti dagli speculatori, come nel caso della compagnia di assicurazioni statunitense AIG (5);

per citare un altro esempio, nel dicembre 2009 Standard and Poor's ha assegnato al debito greco il rating A, ossia lo stesso rating dell'Estonia, che all'epoca si stava preparando per entrare nell'area dell'euro (6).

2.3   Adesso che l'intera Europa è alle prese con una crisi del debito e alcuni paesi si trovano sull'orlo della bancarotta, è estremamente importante che la Commissione compia tutto ciò che è in suo potere per favorire la ripresa dell'economia. La proposta in esame rappresenta uno strumento adatto a sostenere questo sforzo, ma deve essere più ambiziosa.

2.4   Essa è insufficiente nel suo approccio ai rating sul debito sovrano, ma è lo scopo stesso di questi rating ad essere discutibile, in quanto paesi con lo stesso livello di rating finiscono per pagare tassi d'interesse differenti. Da ciò deriva anche la questione – tuttora senza risposta – del valore politico di queste valutazioni di rating.

2.5   Nel documento di consultazione (7) che illustra i risultati di una consultazione pubblica tenutasi nel 2010, la Commissione europea ha presentato delle possibili piste per risolvere i problemi legati all'eccessiva dipendenza dai rating dei partecipanti al mercato e ha richiamato l'attenzione sulla necessità di introdurre una valutazione indipendente dei rischi di credito assunti dalle imprese di investimento, di sostenere una maggiore concorrenza nel mercato dei rating, di introdurre la responsabilità civile per le agenzie di rating e di prospettare delle opzioni per risolvere i potenziali conflitti di interesse derivanti dall'utilizzo del modello «issuer-pays» («l'emittente paga»).

2.6   Numerosi partecipanti alla consultazione pubblica organizzata dalla Commissione europea tra il 5 novembre 2010 e il 7 gennaio 2011 hanno espresso preoccupazione per la fiducia eccessiva concessa ai rating, talvolta in modo addirittura automatico, e hanno anche raccomandato di ridurre gradualmente i riferimenti ai rating nella legislazione. Al tempo stesso, questi partecipanti hanno sottolineato che trovare strumenti idonei con cui sostituire i rating rappresenterà un aspetto importante della ricerca di una soluzione adeguata.

2.7   Anche il Parlamento europeo, che ha adottato una risoluzione non legislativa sulle agenzie di rating del credito in data 8 giugno 2011 (8), ha sostenuto la necessità di migliorare il quadro normativo per queste agenzie e di adottare misure idonee per ridurre l'eccessivo affidamento sui rating.

2.8   Il Consiglio europeo del 23 ottobre 2011 (9) è giunto alla conclusione che il rafforzamento della regolamentazione finanziaria rimane una priorità fondamentale per l'UE e ha accolto con favore i notevoli risultati ottenuti dal 2008 con la riforma del quadro normativo e di vigilanza, ma ha chiesto di proseguire gli sforzi per individuare e affrontare le debolezze del sistema finanziario allo scopo di prevenire crisi future.

2.9   A livello internazionale, nell'ottobre 2010 il Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) ha pubblicato una serie di principi volti a ridurre l'importanza attribuita dalle autorità e dagli istituti finanziari ai rating emessi dalle agenzie di rating del credito (10). Approvati dal vertice del G20 tenutosi a Seul nel novembre 2010, questi principi chiedono di eliminare o sostituire i riferimenti a tali rating nella legislazione, laddove siano disponibili standard alternativi idonei in materia di merito del credito, e di imporre agli investitori l'obbligo di effettuare valutazioni proprie al riguardo.

2.10   Per questi motivi era necessario modificare e completare il regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito, in particolare al fine di ridurre i rischi potenziali associati all'eccessivo affidamento sui rating da parte dei partecipanti al mercato, all'alto grado di concentrazione nel mercato dei rating, all'introduzione della responsabilità civile per le agenzie di rating nei confronti degli investitori, ai conflitti di interesse connessi al modello «issuer-pays» e alla struttura azionaria delle agenzie di rating.

3.   Sintesi delle modifiche al regolamento (CE) n. 1060/2009

3.1   Estensione del campo di applicazione del regolamento al fine di considerare le prospettive di rating

3.1.1   La proposta della Commissione estende il campo di applicazione delle norme sui rating per includere, ove appropriato, le prospettive di rating. L'importanza delle prospettive di rating per gli investitori e gli emittenti, così come il loro impatto sul mercato, sono paragonabili all'importanza e agli effetti dei rating: pertanto le agenzie di rating sono tenute, in particolare, a comunicare l'orizzonte temporale entro cui è atteso un cambiamento di rating.

3.2   Modifiche relative all’uso dei rating del credito

3.2.1   La proposta di regolamento sulle agenzie di rating comprende anche una disposizione che obbliga taluni istituti finanziari a realizzare una propria valutazione del rischio di credito, allo scopo di ridurre il ricorso eccessivo, o persino automatico, ai rating esterni per la valutazione del merito di credito degli attivi.

3.3   Modifiche relative all’indipendenza delle agenzie di rating

3.3.1   L'indipendenza delle agenzie di rating basata sull'attuale modello «issuer-pays» deve essere rafforzata in modo da accrescere il livello di credibilità dei rating.

3.3.2   Un modo per rafforzare l'indipendenza attraverso l'eliminazione dei conflitti di interesse è dato dalla regola secondo cui ogni azionista o membro di un'agenzia di rating che detenga una partecipazione di almeno il 5 % in quell'agenzia non può detenere una partecipazione del 5 % o più in un'altra agenzia di rating, a meno che le agenzie interessate non appartengano allo stesso gruppo.

3.3.3   Viene introdotta una regola di rotazione per le agenzie di rating incaricate dall'emittente di assegnare un rating all'emittente stesso o ai suoi strumenti di debito. Inoltre l'agenzia di rating uscente deve consegnare all'agenzia di rating entrante tutti i documenti che contengano informazioni pertinenti.

3.3.4   Al tempo stesso, la regola sulla rotazione interna del personale viene adeguata in modo da impedire agli analisti di passare a un'altra agenzia di rating portando con sé il fascicolo di un cliente.

3.3.5   Un'agenzia di rating non dovrebbe assegnare rating qualora esistano conflitti di interesse generati dal coinvolgimento di persone che detengono più del 10 % del capitale o dei diritti di voto nell'agenzia di rating oppure ricoprono un'altra posizione importante.

3.3.6   Le persone che detengono più del 5 % del capitale o dei diritti di voto nell'agenzia di rating oppure ricoprono altre posizioni importanti non dovrebbero essere autorizzate a fornire servizi di consulenza all'entità valutata.

3.4   Modifiche relative alla comunicazione di informazioni sulle metodologie delle agenzie di rating del credito, sui rating del credito e sulle prospettive di rating

3.4.1   Vengono proposte delle procedure per elaborare nuove metodologie di rating o per modificare quelle esistenti; inoltre la consultazione delle parti interessate deve essere integrata nel processo. Nella sua qualità di autorità competente, l'Aesfem valuterà la conformità delle nuove metodologie proposte con i requisiti esistenti, e l'uso di queste metodologie sarà consentito soltanto dopo che esse saranno state approvate dall'Aesfem.

3.4.2   Qualora nelle metodologie venissero individuati degli errori, le agenzie di rating dovrebbero avere l'obbligo di eliminarli e di informarne l'Aesfem, le entità valutate e il pubblico in generale.

3.4.3   Per poter individuare eventuali errori nella valutazione di rating, l'emittente dovrà essere informato dei motivi principali alla base della valutazione con almeno una giornata lavorativa piena di anticipo rispetto alla pubblicazione del rating o della prospettiva di rating.

3.4.4   Le agenzie di rating dovrebbero divulgare informazioni su tutte le entità o gli strumenti di debito che sono loro sottoposti per un’analisi iniziale o per un rating preliminare. Modifiche in

3.5   Modifiche in relazione ai rating sovrani

3.5.1   Per migliorare la qualità dei rating sovrani, le regole relative a questi rating saranno rafforzate ed essi saranno valutati con una frequenza maggiore, ossia almeno una volta ogni sei mesi.

3.5.2   Per accrescere la trasparenza delle valutazioni e la loro comprensione da parte degli utenti, le agenzie di rating dovrebbero essere obbligate a pubblicare integralmente una relazione dettagliata al momento dell'assegnazione e della modifica di un rating sovrano.

3.5.3   Le agenzie di rating dovranno inoltre fornire dati disaggregati sul loro fatturato, compresi i dati sulle provvigioni generate da ciascuna classe di attivo. Queste informazioni dovrebbero consentire di valutare in quale misura le agenzie di rating utilizzano le loro risorse per assegnare rating sovrani.

3.6   Modifiche relative alla comparabilità dei rating del credito e alle provvigioni per rating del credito

3.6.1   Tutte le agenzie di rating saranno obbligate a comunicare i loro rating all'Aesfem, che pubblicherà i rating disponibili per gli strumenti di debito sotto forma di un indice europeo di rating (EURIX).

3.6.2   L'Aesfem potrà sviluppare progetti di norme tecniche per la Commissione su una scala di rating armonizzata. Tutti i rating dovranno essere assegnati applicando gli standard della stessa scala: in questo modo ne sarà agevolata la comparazione da parte degli investitori.

3.6.3   Le provvigioni per l'assegnazione di rating non dovrebbero essere discriminatorie né basate su alcuna forma di condizionalità, ossia dovrebbero tener conto dei costi effettivi e di criteri di trasparenza dei prezzi ed essere indipendenti dal risultato della valutazione. Le agenzie di rating dovrebbero fornire un elenco annuale delle provvigioni applicate ai clienti per i vari servizi.

3.6.4   L'Aesfem dovrebbe inoltre svolgere delle attività di monitoraggio in rapporto alla concentrazione di mercato, ai rischi da essa derivanti e all'impatto sulla stabilità generale del settore finanziario.

3.7   Modifiche relative alla responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori

3.7.1   Nelle nuove disposizioni la Commissione propone di introdurre la possibilità di intentare un'azione per danni causati da una violazione - intenzionale o dovuta a negligenza grave - degli obblighi derivanti dal regolamento sulle agenzie di rating, qualora tale violazione abbia influito su un rating sul quale l'investitore ha fatto affidamento.

3.8   Altre modifiche

3.8.1   Su certi punti connessi alle agenzie di rating, il regolamento viene esteso, ove necessario, per comprendere le agenzie di rating «certificate» stabilite in paesi terzi.

4.   Osservazioni generali

4.1   La proposta della Commissione apporta delle modifiche appropriate all'attuale regolamento (CE) n. 1060/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, in particolare in rapporto all'eccessivo affidamento sui rating da parte dei partecipanti al mercato, all'alto grado di concentrazione nel mercato dei rating, alla responsabilità civile delle agenzie di rating nei confronti degli investitori, ai conflitti di interesse connessi al modello «issuer-pays» e alla struttura azionaria delle agenzie di rating. Tuttavia il CESE rileva che il regolamento non è dettagliato in certi punti e che alcune parti appaiono vaghe. Confida che, ove possibile e auspicabile, la versione finale del regolamento sarà più specifica, più chiara e meno ambigua.

4.2   Il CESE nutre dubbi in merito alla reale affidabilità, in futuro, delle autovalutazioni di credito e al conseguente ricorso a tali autovalutazioni. Ciò è dovuto al fatto che - allo stato attuale delle cose - i rating che ispirano maggiore fiducia sono quelli stabiliti da agenzie con sede al di fuori dell'UE. Se gli istituti finanziari continuano a fare affidamento sui loro rating, il regolamento proposto è destinato al fallimento. Al tempo stesso, resta poco chiaro il modo in cui la Commissione intenda imporre la realizzazione di tali autovalutazioni.

4.3   Lo stesso vale per la regola di rotazione proposta: anche se la regola dovesse far nascere una nuova agenzia per contribuire alla varietà dei giudizi, si può ritenere che quest'agenzia sarà influenzata dai pareri delle agenzie già operanti, e quindi l'auspicata diversità di valutazioni non potrà realizzarsi.

4.4   Il CESE nutre dubbi molto seri in merito all'indipendenza dei rating assegnati, soprattutto a causa del meccanismo «issuer pays», anche nel caso dei rating nazionali, che influenzano i tassi di interesse che i paesi devono pagare agli istituti finanziari e ad altri compratori del loro debito. Il CESE propone pertanto che la Commissione inizi a esaminare i meccanismi dei mercati finanziari nel loro insieme e il rafforzamento della loro regolamentazione.

4.5   Il CESE è favorevole a esaminare in che modo i singoli analisti vengono remunerati e a slegare questa remunerazione dai risultati del rating. Tuttavia non è chiaro quali misure tangibili l'Aesfem intenda adottare per monitorare il rispetto di questa proposta. Il CESE chiede pertanto che questo aspetto venga studiato più dettagliatamente.

5.   Osservazioni particolari

5.1   Il CESE reitera l'osservazione secondo cui occorre garantire il rispetto del quadro giuridico previsto, in particolare attraverso l'imposizione di sanzioni per i dirigenti e per i responsabili delle autorità europee e internazionali di vigilanza del mercato che non adempiono ai loro obblighi, visti i danni che tale inosservanza causa alle banche e al buon funzionamento del sistema finanziario, oltre che all'economia, alle imprese e ai cittadini.

5.2   Il CESE accoglie favorevolmente il potenziamento degli sforzi tesi a proteggere i consumatori di prodotti finanziari attraverso l'introduzione della responsabilità civile delle agenzie di rating, a proposito della quale il Parlamento europeo e il Consiglio hanno tenuto conto di un precedente parere del CESE (11). Il CESE ritiene tuttavia che questa parte della proposta debba essere sviluppata in modo più dettagliato e resa molto più chiara. Inoltre essa dovrebbe essere chiaramente legata alle sanzioni che l'AESFEM può imporre.

5.3   Il CESE nutre qualche dubbio in merito al tentativo del regolamento di generare una maggiore concorrenza nel mercato dei rating attraverso l'introduzione di una scala di rating armonizzata. Ciononostante, sostiene quest'iniziativa nella misura in cui essa contribuisce a una migliore comparabilità dei rating.

5.4   Secondo il CESE, per migliorare la qualità, la trasparenza, l'indipendenza, la pluralità dei giudizi e la concorrenza nell'assegnazione dei rating, la Commissione deve istituire un'agenzia di rating europea indipendente che assegni rating indipendenti al debito sovrano, per difendere in questo modo l'interesse comune.

5.5   Il CESE approva l'idea di limitare la proprietà delle agenzie di rating per far sì che siano considerate indipendenti, ma preferirebbe che venissero fornite delle garanzie della loro assoluta indipendenza. Al tempo stesso, bisogna garantire che nessun investitore possegga - anche indirettamente - più di una certa percentuale del capitale azionario di un'agenzia di rating.

5.6   Il CESE teme che persino l'obbligo per i partecipanti ai mercati finanziari di elaborare i propri rating e di ridurre l'affidamento ai rating esterni non garantisca l'obiettività delle decisioni prese da tali partecipanti né una maggiore diversità dei giudizi. Al tempo stesso, il CESE nutre dei dubbi sul fatto che gli istituti finanziari più piccoli abbiano i mezzi necessari per creare unità di analisi in grado di elaborare questi rating.

5.7   Il CESE nutre qualche timore circa la possibilità di applicare la responsabilità civile alle agenzie di rating, in quanto in molte occasioni esse hanno assegnato rating errati senza doversi assumere - tranne che in pochissimi casi - la responsabilità per i loro errori. Pertanto il CESE non è convinto che il regolamento proposto riuscirà a cambiare questa situazione. Al tempo stesso, il CESE ritiene che sarebbe appropriato rafforzare, nel modo più coerente ed efficace possibile, la responsabilità civile degli istituti che utilizzano i rating per fornire taluni servizi, ad esempio, la responsabilità delle banche quando forniscono consulenza in materia di investimenti.

5.8   Secondo il CESE, bisogna concentrare l'attenzione sulla revisione del monitoraggio delle agenzie di rating: tale processo, infatti, attualmente non è abbastanza approfondito e dovrebbe essere reso il più possibile ampio, sistematico e coerente.

5.9   Il CESE ritiene che le regole proposte in merito al conflitto di interessi siano essenziali, ma giudica la proposta troppo vaga nei relativi punti. Queste regole devono essere stabilite in modo più dettagliato, specialmente per quanto concerne la definizione degli obblighi dei vari istituti che ne monitorano il rispetto.

5.10   Il CESE giunge alla stessa conclusione in merito agli aspetti tecnici e alle modalità concrete per definire l'indice europeo di rating (EURIX). A questo proposito, si domanda se tale indice possa realmente fornire delle informazioni supplementari.

5.11   La proposta fa riferimento ai rating nazionali, ma non offre una definizione precisa di che cosa si intenda per «nazionale». Ciò è importante perché la situazione finanziaria di un paese è anche influenzata dalle sue casse malattia e dai suoi fondi di assicurazione sociale, che sono connessi – in modo diretto o indiretto – al bilancio nazionale. I cittadini hanno il diritto di sapere se la copertura delle loro esigenze sanitarie o sociali rischia di essere compromessa.

5.12   I rating nazionali devono essere definiti con molta attenzione, in quanto essi influenzano molti aspetti del funzionamento degli Stati sui mercati finanziari. La Commissione deve pertanto prestare maggiore attenzione ai rating del debito sovrano e affrontare la questione in modo più dettagliato.

5.13   Una delle principali questioni rimaste irrisolte è la scarsa indipendenza delle agenzie di rating, causata in particolare dall'uso del modello «issuer-pays». Tale modello tende a far sembrare i rating vantaggiosi per l'emittente, e non intesi a soddisfare le necessità dell'investitore. Il CESE ritiene che l'introduzione di una regola di rotazione non rappresenti una misura di regolamentazione sufficiente a limitare l'applicazione del modello per cui «l'emittente paga». Propone pertanto di prendere in considerazione qualche altro mezzo per limitare le opportunità degli emittenti di scegliere un'agenzia di rating in funzione dei loro scopi.

5.14   Il CESE ritiene che la regola di rotazione, così come figura nella proposta, non sia in grado di soddisfare le aspettative suscitate dalla sua introduzione, soprattutto per quanto riguarda la creazione di un numero sufficiente di nuove opportunità di mercato. A giudizio del CESE, pertanto, il regolamento dovrebbe fissare periodi più brevi nei quali l'emittente può ricorrere ai servizi della stessa agenzia di rating oppure periodi più lunghi nei quali non può farlo. Un'altra possibile soluzione è che le agenzie di rating siano scelte tramite sorteggio. Il CESE propone anche di sopprimere, nei relativi articoli della proposta, il termine «consecutivamente» dalla frase «in cui valuti consecutivamente oltre dieci strumenti di debito dell'emittente».

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. il parere CESE sulle agenzie di rating, GU C 54 del 19.2.2011, pag. 37.

(2)  Ibrahim Warde, «Ces puissantes officines qui notent les Etats», Le Monde diplomatique, febbraio 1997.

(3)  Marc Roche, Le capitalisme hors la loi, Éditions Albin Michel 2011, pag. 70.

(4)  Joseph E. Stiglitz, «Le triomphe de la cupidité», Les liens qui libèrent, 2010, pag. 166.

(5)  Hervé Kempf, L'oligarchie ça suffit, vive la démocratie, Éditions du Seuil, Parigi, 2011, pag. 72.

(6)  Ibidem.

(7)  http://ec.europa.eu/internal_market/securities/docs/agencies/summary-responses-cra-consultation-20110704_en.pdf.

(8)  http://www.europarl.europa.eu/oeil/FindByProcnum.do?lang=en&procnum=INI/2010/2302.

(9)  http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/125496.pdf

(10)  http://www.financialstabilityboard.org/publications/r_101027.pdf.

(11)  Cfr. il parere CESE sulle agenzie di rating, GU C 54 del 19.2.2011, pag. 37.


ALLEGATO

al PARERE del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente testo del parere della sezione specializzata è stato respinto a vantaggio di un emendamento accolto dall'Assemblea, ma ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi:

Punto 5.4

Secondo il CESE, per migliorare la qualità, la trasparenza, l'indipendenza, la pluralità dei giudizi e la concorrenza nell'assegnazione dei rating, la Commissione deve istituire un'agenzia di rating europea indipendente che assegni rating indipendenti pagati dall'emittente. Essa non dovrebbe però assegnare rating sovrani: in questo modo si eviterà qualsiasi accusa di conflitto di interessi.

Il testo del parere della sezione specializzata è stato respinto con 78 voti contrari, 55 voti favorevoli e 13 astensioni.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita

COM(2011) 635 definitivo — 2011/0284 (COD)

e alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un diritto comune europeo della vendita per agevolare le transazioni commerciali transfrontaliere nel mercato unico»

COM(2011) 636 definitivo

(2012/C 181/14)

Relatrice: BONTEA

La Commissione europea, in data 11 ottobre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Un diritto comune europeo della vendita per agevolare le transazioni commerciali transfrontaliere nel mercato unico

COM(2011) 636 final.

Il Consiglio, in data 16 novembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 25 ottobre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita

COM(2011) 635 final — 2011/0284 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il presente parere con 87 voti favorevoli, 54 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) apprezza l'intenzione della Commissione europea di contribuire ad agevolare l'espansione del commercio transfrontaliero per le imprese, in particolare le PMI, ad incoraggiare gli acquisti transfrontalieri dei consumatori e a consolidare i vantaggi offerti dal mercato interno.

1.2   Sotto il profilo della forma del Diritto comune europeo della vendita – (regolamento) e dell'opzione operata («secondo regime», facoltativo), il CESE accoglie con favore la valorizzazione delle sue precedenti proposte. Tuttavia, come già raccomandato nel precedente parere su questo tema, è convinto che «tali obiettivi debbano essere raggiunti per gradi, incominciando dai contratti di vendita transnazionali commerciali di merci (B2B), quali realizzazioni pilota, utili per verificare la coesistenza tra i regimi e la loro applicazione concreta» (1).

1.3   Sotto il profilo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il diritto comune europeo della vendita è tenuto all'osservanza rigorosa di tali principi.

1.4   Sotto il profilo del contenuto, il CESE ritiene che la Proposta di regolamento richieda miglioramenti importanti, allo scopo di:

agevolare le transazioni in tutta l'Unione, contribuire in modo sostanziale a sostenere le attività economiche nell'ambito del mercato unico e garantire una maggiore valorizzazione del suo potenziale,

apportare un reale valore aggiunto europeo, in termini di costi e vantaggi per gli operatori economici e i consumatori,

offrire vantaggi consistenti per quanto riguarda Una migliore regolamentazione e un contesto normativo semplificato, comprensibile e semplice da utilizzare,

ridurre i costi delle transazioni transfrontaliere,

garantire la certezza giuridica nonché un'accresciuta coerenza tra i regolamenti orizzontali e verticali,

fare in modo che le PMI e i consumatori beneficino concretamente delle nuove normative.

1.5   La divisione del diritto comune europeo della vendita e la trattazione separata dei regolamenti relativi ai contratti tra imprese (B2B) e quelli relativi ai contratti tra imprese e consumatori (B2C), unitamente alla determinazione di scadenze chiare per l'attuazione di ogni contratto, contribuirà ad agevolare, in termini di tempo e di sforzi, la conoscenza e l'attuazione dei nuovi regolamenti da parte delle imprese e dei consumatori.

1.6   Il CESE ritiene particolarmente importante che la nuova normativa abbia carattere opzionale e garantisca il pieno rispetto della libertà di negoziazione in materia di recepimento del diritto comune europeo della vendita.

1.7   Il CESE sottolinea i seguenti aspetti essenziali:

la presenza di difficoltà rilevanti nell'applicazione del diritto comune europeo della vendita,

la necessità di tenere in maggiore considerazione le peculiarità delle PMI,

la necessità di elaborare, previa consultazione con le organizzazioni datoriali (ivi comprese quelle delle PMI e dei consumatori), dei modelli europei di clausole contrattuali specifiche per settore commerciale o di attività, che riportino clausole e condizioni standard e siano disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, divenendo strumenti applicativi particolarmente utili nelle relazioni tra imprese (B2B) e tra imprese e consumatori (B2C); tali modelli dovrebbero essere disponibili contemporaneamente alla pubblicazione del regolamento,

la necessità di garantire una maggiore certezza giuridica e di migliorare il contenuto del diritto comune europeo della vendita,

conformemente al disposto degli articoli 12 e 169 del Trattato, le esigenze di tutela dei consumatori e delle PMI devono essere tenute in considerazione in fase di elaborazione e attuazione di tutte le politiche dell'Unione nonché delle misure adottate.

1.8   Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che l'adozione del diritto comune europeo della vendita non è sufficiente a garantire l'ampliamento del commercio transfrontaliero per le imprese e degli acquisti transfrontalieri per i consumatori, e invita la Commissione europea e gli Stati membri a proseguire l'impegno a favore di una piena valorizzazione del potenziale del mercato unico per la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.

1.9   Richiama inoltre l'attenzione sull'importanza di elaborare misure complementari volte a garantire che i soggetti che potrebbero applicare il diritto comune europeo della vendita, se alla fine verrà adottato, sappiano come attuare efficacemente e interpretare uniformemente tale normativa.

1.10   Le organizzazioni dei consumatori sottolineano che la proposta, nella sua formulazione attuale, non dovrebbe applicarsi alle transazioni dei consumatori. Le organizzazioni delle PMI e dei datori di lavoro, invece, reputano che la proposta possa applicarsi alle transazioni dei consumatori, a condizione di apportare talune modifiche e adottare alcune misure di accompagnamento. Le proposte presentate dalle organizzazioni delle PMI e dei consumatori divergono tuttora su diversi punti: trovare la soluzione migliore, accettabile da tutti, è un processo complesso e difficile.

1.11   Il Comitato invita la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a prendere in considerazione tali aspetti in fase di finalizzazione del diritto comune europeo della vendita, o di qualsiasi altra iniziativa intesa a regolamentare i diritti dei consumatori nell'UE, e auspica la prosecuzione del dialogo con le organizzazioni rappresentative delle PMI e dei consumatori, affinché il diritto comune europeo della vendita risponda maggiormente alle esigenze dei beneficiari e contribuisca in modo sostanziale ad agevolare le transazioni nell'UE.

2.   Contesto

2.1   Quadro giuridico attuale

2.1.1   L'attuale quadro giuridico dell'UE è caratterizzato dalla diversità dei sistemi giuridici nazionali dei 27 Stati membri e segnatamente in materia di diritto dei contratti.

2.1.2   Il diritto dell'UE contiene una serie di norme comuni, in particolare in materia di contratti tra imprese e consumatori, che armonizzano il contenuto sostanziale del diritto dei contratti applicabile ai consumatori. La direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori (2), adottata di recente, prevede l'armonizzazione completa di elementi essenziali dei contratti a distanza quali le informazioni precontrattuali, i requisiti formali, il diritto di recesso, il passaggio del rischio e la consegna, stabilendo un livello di armonizzazione minima unicamente per le garanzie giuridiche e le clausole contrattuali abusive.

2.1.3   Gli articoli 12, 38, 164, 168 e 169, paragrafo 4, del Trattato garantiscono la prevalenza delle norme nazionali, qualora queste si rivelino più vantaggiose per i consumatori.

2.2   Difficoltà riscontrate da imprenditori e consumatori

2.2.1   Attualmente, solo un imprenditore dell'Unione su dieci esporta beni all'interno del mercato unico, e per lo più in un numero ridotto di Stati membri, mentre solo l'8 % dei consumatori ha acquistato beni e servizi su Internet in un altro Stato membro. Il potenziale offerto dal mercato interno e dal commercio elettronico transfrontaliero è in parte ancora da sfruttare.

2.2.2   Gli ostacoli tuttora esistenti derivano, tra l'altro, dalla diversità dei regolamenti fiscali, dai requisiti amministrativi, dalle difficoltà nella consegna, dalla diversità dei regimi linguistici e dei contesti culturali, dalla scarsa penetrazione della banda larga, dalle regole in materia di protezione dei dati, dal design, dalle limitazioni territoriali della proprietà intellettuale, dalle modalità di pagamento e dalle differenze tra i quadri giuridici. I dati di cui dispone la Commissione, tratti da altre ricerche, rivelano che nelle transazioni tra imprese e consumatori uno dei principali ostacoli che impediscono ai consumatori di acquistare all'estero è l'assenza di efficaci mezzi di ricorso. Il 62 % dei consumatori non ha effettuato acquisti transfrontalieri online perché teme la frode, il 59 % perché non sa come comportarsi in caso di problemi, il 49 % perché preoccupato per la consegna e il 44 % non ha una conoscenza esatta dei propri diritti in quanto consumatore (3).

Gli imprenditori, in particolare le PMI, si trovano ad affrontare problemi riguardanti ad esempio:

la conoscenza delle disposizioni del diritto estero dei contratti applicabile;

la maggiore complessità giuridica nel commercio transfrontaliero rispetto a quello interno;

costi di transazione aggiuntivi elevati.

2.2.3   Gli ostacoli incontrati nel commercio transfrontaliero hanno considerevoli effetti negativi sulle imprese e sui consumatori.

3.   La proposta della Commissione

3.1   La comunicazione della Commissione (4) include la decisione di presentare una proposta di regolamento (5) relativo all'istituzione di un diritto comune europeo della vendita, con l'obiettivo dichiarato di migliorare il funzionamento del mercato interno favorendo la diffusione del commercio transfrontaliero.

3.2   La proposta della Commissione rappresenta:

a)

Dal punto di vista dello strumento scelto:

un corpus di norme alternativo al diritto dei contratti, identico in tutti gli Stati membri e comune a tutta l'Unione, che coesisterà con le norme vigenti di diritto nazionale dei contratti,

un quadro facoltativo, scelto dalle parti contraenti. Il consenso del consumatore all'adozione del diritto comune europeo della vendita deve essere prestato con una dichiarazione esplicita distinta dalla dichiarazione che esprime l'accordo a concludere il contratto.

b)

Dal punto di vista della forma: essendo un regolamento, il diritto comune europeo della vendita sarà generalmente e direttamente applicabile.

c)

Dal punto di vista del contenuto:

Un corpus esaustivo (183 articoli), benché non completo, di diritto dei contratti, che contempla:

i principi generali di diritto dei contratti,

il diritto delle parti di ricevere informazioni precontrattuali essenziali, le norme sulle modalità per concludere i contratti, sul diritto di recesso dei consumatori e sull'annullamento dei contratti,

l'interpretazione delle clausole contrattuali, le norme sul contenuto e gli effetti del contratto, nonché sulle eventuali clausole abusive,

le obbligazioni e i rimedi delle parti,

le norme comuni supplementari sul risarcimento del danno e sugli interessi per ritardo di pagamento,

la restituzione e la prescrizione.

Determinati aspetti sono tuttora disciplinati dalle norme del diritto nazionale, applicabile ai sensi del regolamento (CE) n. 593/2008 (6) («regolamento Roma I»).

3.3   Il diritto comune europeo della vendita si basa sui contratti più significativi del commercio transfrontaliero (contratti di vendita tra imprese e consumatori, o tra imprese, nel caso in cui almeno una delle parti sia una PMI, compresi i contratti di fornitura di contenuto digitale o relativi alla prestazione di servizi connessi).

3.4   Il diritto comune europeo della vendita è limitato ai contratti transfrontalieri, ma gli Stati membri potranno estenderne il campo di applicazione.

4.   Osservazioni generali

4.1   Il CESE apprezza l'intenzione della Commissione europea di contribuire ad agevolare l'espansione del commercio transfrontaliero per le imprese, in particolare le PMI, ad incoraggiare gli acquisti transfrontalieri dei consumatori e a consolidare i vantaggi offerti dal mercato interno.

4.2   Sotto il profilo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, il Comitato richiama l'attenzione sul fatto che il diritto comune europeo della vendita è tenuto all'osservanza rigorosa di tali principi.

4.3   Sotto il profilo della forma del Diritto comune europeo della vendita (regolamento) e dell'opzione operata («secondo regime» con applicazione facoltativa in ciascuno Stato membro, sulla base di un accordo espresso delle parti), come già raccomandato dal CESE nel parere menzionato in precedenza, tali obiettivi dovrebbero «essere raggiunti per gradi, incominciando dai contratti di vendita transnazionali commerciali di merci (B2B), quali realizzazioni pilota».

4.4   Sotto il profilo del contenuto, il Comitato ritiene che la proposta di regolamento richieda miglioramenti importanti, allo scopo di:

agevolare le transazioni in tutta l'Unione grazie al diritto comune europeo della vendita, contribuire in modo sostanziale a sostenere le attività economiche nell'ambito del mercato unico e garantire una maggiore valorizzazione del suo potenziale,

apportare un reale valore aggiunto europeo, in termini di costi e vantaggi per gli operatori economici e i consumatori,

offrire vantaggi consistenti per quando riguarda Una migliore regolamentazione e un contesto normativo semplificato, comprensibile e semplice da utilizzare,

ridurre i costi delle transazioni transfrontaliere,

garantire la certezza giuridica nonché un'accresciuta coerenza tra i regolamenti orizzontali e verticali, riservando un'attenzione particolare ai criteri di trasparenza, chiarezza e semplicità, non solo ad uso dei professionisti del diritto, ma soprattutto delle piccole imprese e del comune consumatore,

fare in modo che le PMI e i consumatori beneficino concretamente delle nuove normative.

4.5   In precedenza, il CESE ha sottolineato «che tali obiettivi debbano essere raggiunti per gradi, incominciando dai contratti di vendita transnazionali commerciali di merci (Business to Business - B2B), quali realizzazioni pilota, utili per verificare la coesistenza tra i regimi e la loro applicazione concreta» (7).

La divisione del diritto comune europeo della vendita e la trattazione separata delle norme relative ai contratti tra imprese (B2B) e quelle relative ai contratti tra imprese e consumatori (B2C), unitamente alla determinazione di scadenze chiare di attuazione per ogni contratto, contribuirà ad agevolare la decisione dei legislatori su quale strumento legislativo applicare per ciascun corpus di norme, tenendo conto del potere contrattuale delle parti interessate.

4.6   L'attuale contenuto del diritto comune europeo della vendita ha suscitato non poca insoddisfazione e critiche da parte delle organizzazioni dei consumatori e delle PMI, che hanno messo in discussione l'effettiva necessità di uno strumento facoltativo per promuovere il commercio elettronico e la tecnica legislativa (regime facoltativo) utilizzata in materia di contratti tra imprese e consumatori.

4.7   Il CESE invita la Commissione, il Consiglio e il Parlamento a prendere in considerazione tali aspetti in fase di finalizzazione della normativa e auspica la prosecuzione del dialogo con le organizzazioni rappresentative delle PMI e dei consumatori, affinché il diritto comune europeo della vendita risponda maggiormente alle esigenze dei beneficiari.

4.8   Il Comitato ritiene particolarmente importante che la nuova normativa abbia carattere opzionale e garantisca il pieno rispetto della libertà di negoziazione in materia di recepimento del diritto comune europeo della vendita.

4.9   Nei rapporti con le imprese di grandi dimensioni o con una posizione dominante sul mercato si raccomanda di individuare le misure complementari più adeguate ad agevolare l'esercizio da parte delle PMI del diritto di scegliere liberamente tra i due regimi giuridici, nel rispetto del carattere opzionale del diritto comune europeo della vendita.

4.10   Conformemente al disposto degli articoli 12 e 169 del Trattato, si deve tenere conto delle esigenze di tutela dei consumatori e delle PMI in fase di elaborazione ed attuazione di tutte le politiche dell'Unione, nonché delle misure adottate.

4.11   Il Comitato pone in evidenza alcune difficoltà di rilievo nell'applicazione del diritto comune europeo della vendita:

la necessità di chiarire la relazione che intercorre tra lo strumento facoltativo e il diritto privato internazionale europeo, ivi comprese le norme nazionali di applicazione necessaria e le norme interne di ordine pubblico del foro (rispettivamente, articolo 9 e articolo 21 del regolamento (CE) n. 593/2008),

l'opportunità di esplicitare il ruolo svolto dal «regolamento Roma I» nei contratti tra imprese e consumatori (B2C), tenendo conto degli orientamenti in merito formulati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in alcune recenti sentenze,

la necessità di garantire una maggiore certezza giuridica e di definire una serie completa di norme di diritto dei contratti, che non faccia riferimento alle diverse normative interne dei 27 Stati membri e non dia adito a dubbi sull'interpretazione e l'applicazione.

4.12   Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che l'adozione del diritto comune europeo della vendita non è sufficiente a garantire la diffusione del commercio transfrontaliero e la piena valorizzazione del potenziale del mercato unico per la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.

4.13   Sullo sfondo dell'attuale crisi economica e finanziaria, occorre impegnarsi al massimo per garantire un contesto favorevole alle esportazioni ed eliminare i costi amministrativi, recuperando al contempo la fiducia dei consumatori nel mercato interno e incoraggiandone gli acquisti transfrontalieri mediante la messa a disposizione di mezzi efficaci di ricorso individuale.

4.14   Il Comitato invita la Commissione europea e gli Stati membri a proseguire nell'impegno di eliminare gli ostacoli ancora esistenti nel commercio transfrontaliero, a promuovere e sostenere le esportazioni delle PMI e a partecipare in modo attivo all'individuazione e attuazione di misure più consone a far sì che imprese e consumatori traggano vantaggio dalle opportunità offerte dal mercato unico, ed evidenzia l'importanza della cooperazione e del dialogo qualitativo tra autorità e parti sociali, ivi incluse le organizzazioni delle PMI e dei consumatori.

4.15   Il CESE richiama l'attenzione sull'importanza di elaborare misure complementari necessarie a garantire che le parti soggette all'applicazione del diritto comune europeo della vendita, se alla fine verrà adottato, sappiano come attuare efficacemente e interpretare uniformemente tale normativa. Mediante il sistema di informazione del mercato interno (IMI) e gli altri canali di informazione, gli Stati membri devono fare in modo che tutte le parti interessate siano al corrente del contenuto, di vasta portata, del diritto comune europeo della vendita, delle differenze tra la normativa nazionale e quella dell'Unione, nonché di taluni aspetti relativi alla giurisprudenza e alle buone pratiche constatate.

5.   Osservazioni specifiche

5.1   Necessità di tenere in maggiore considerazione le peculiarità delle PMI

5.1.1   Il CESE ritiene che la proposta di regolamento dovrebbe essere migliorata, affinché le peculiarità delle PMI siano tenute nella dovuta considerazione:

il 99,8 % delle imprese è costituito da PMI, di cui il 92 % sono microimprese, con una media di 2 dipendenti (8),

le microimprese esportano in un numero ridotto di Stati membri, dopo aver compiuto un'analisi dettagliata del mercato,

il modello imprenditoriale comune di una microimpresa non contempla la stipula di contratti transfrontalieri in 27 Stati membri,

le PMI incontrano ostacoli di rilievo nelle loro transazioni transfrontaliere (elencati al punto 2.2.2. del presente documento).

5.1.2   La proposta non riesce ad essere abbastanza interessante per le PMI. Uno strumento complesso e astratto nell'ambito del diritto dei contratti, che in taluni aspetti fa riferimento ai diversi ordinamenti giuridici interni dei 27 Stati membri, non potrà essere da esse attuato senza il ricorso a servizi di assistenza e consulenza legale. Gli strumenti applicativi sono estremamente necessari e possono far sì che le PMI ricorrano all'applicazione del diritto comune europeo della vendita.

5.1.3   Le organizzazioni delle PMI (9) sostengono la necessità di raggiungere un equilibrio più stabile tra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti nei rapporti B2C, e sottolineano che occorre chiarire e semplificare i seguenti punti:

articolo 23 (le disposizioni del paragrafo 1, relativo all'obbligo di fornire informazioni su beni e servizi connessi, sono eccessivamente vaghe);

articolo 29 (le sanzioni previste sono di portata troppo vasta e di applicazione incerta);

articolo 39 (dovrebbero prevalere le condizioni del proponente);

articolo 42, paragrafo 1, lettera a) (Termine di recesso) (dovrebbero prevalere le disposizioni della direttiva sui diritti dei consumatori);

articolo 51 (avere «urgenti necessità», essere affetti da «prodigalità», «ignoranti» o «inesperti» non dovrebbe costituire una valida giustificazione – l'obbligo di agire in «buona fede e correttezza» si estende infatti anche alle fattispecie previste dall'articolo in questione);

articolo 72 (in caso di lunghe procedure negoziali, le parti dovrebbero avere facoltà di includere tutti gli accordi in un contratto unico, altrimenti gli oneri amministrativi per le PMI – in termini sia di costi che di tempo – risulteranno eccessivamente gravosi);

articolo 78 (al paragrafo 1, è necessario precisare che si dovrebbe chiedere anche il consenso dell'altra parte contraente, se si intende conferire un qualsivoglia diritto a favore di un terzo);

all'articolo 78, paragrafo 4, in merito alla possibilità che il terzo rifiuti il diritto attribuitogli, occorre sopprimere le parole «implicitamente accettato», poiché sono fonte di incertezza);

articolo 97 (occorre trovare un equilibrio tra le varie obbligazioni che incombono alle parti);

articolo 130, paragrafi 3 e 5 (non vi figura il concetto di «custodia responsabile da parte del compratore»);

articolo 142, paragrafo 4 (aggiungere: «al primo vettore»);

articolo 159, paragrafo 1 (sono necessari maggiori chiarimenti).

5.1.4   Il diritto comune europeo della vendita deve garantire, in tutte le fasi, la piena attuazione del principio Pensare anzitutto in piccolo e del principio di proporzionalità, riducendo gli oneri amministrativi e le spese superflue per le PMI. Il CESE sottolinea che è particolarmente importante mantenere i costi legati alla regolamentazione a un livello minimo per le PMI e invita la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a tenere conto di tale aspetto in fase di finalizzazione della normativa.

5.2   Tutela dei consumatori

5.2.1   Conformemente alle sue precedenti dichiarazioni, il CESE evidenzia l'importanza di garantire la certezza giuridica «sulla base delle formule di tutela più avanzate per i cittadini e le imprese», senza «impedire ad alcuno Stato membro di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose per i consumatori» (10) e si esprime a favore di «un mercato unico che sia uno strumento al servizio del cittadino-consumatore» (11).

5.2.2   Il contenuto del diritto comune europeo della vendita ha generato insoddisfazione e critiche da parte di numerose organizzazioni di consumatori rispetto al ridotto livello di protezione (se comparato con l'art. 169, par. 4, del Trattato) e all'attuazione di tale diritto, che non tiene conto della reale volontà dei consumatori e di altri aspetti. Le organizzazioni chiedono dunque che dalla normativa vengano esclusi i contratti B2C.

5.2.3   Da numerosi esempi si evince che la proposta non offre il livello più elevato di tutela dei consumatori:

articolo 5 (determinazione obiettiva della «ragionevolezza»);

articolo 13 paragrafo (1) (significato esatto di «in maniera chiara e comprensibile»);

articolo 13, paragrafo (3) lettera (c) (mancanza di definizione per «supporto durevole»);

articolo 19, paragrafo (5) (mancanza di definizione per «termine ragionevole»);

articolo 20, paragrafo (2) (significato esatto dell'espressione «transazioni commerciali giornaliere»);

articolo 28, paragrafo (1) (significato esatto dell'espressione «assicurarsi adeguatamente»);

articolo 30, paragrafo (1) lettera (c) (mancanza di definizione per «contenuto e certezza sufficienti»);

articolo 42, paragrafo (2) (in caso di mancata informazione, il contratto dovrebbe essere considerato invalido);

articolo 45 (il consumatore non dovrebbe in nessun caso sopportare il costo relativo alla restituzione dei beni);

articolo 52, paragrafo (2) [qui i termini dovrebbero essere di almeno un anno nel caso riferito alla lettera (a) e due anni in quello riferito alla lettera (b)];

articolo 53 (la conferma non dovrebbe mai essere implicita);

articolo 71 (la formulazione dovrebbe essere più chiara);

articolo 74 (significato dell'espressione «manifestamente irragionevole»);

articolo 79, paragrafo (1) (non c'è una definizione del tipo di abuso che dà luogo al carattere «non vincolante» della clausola);

articolo 79, paragrafo (2) (la direttiva non tiene conto della differenza tra gli elementi essenziali e non essenziali di un contratto);

articolo 82 [la direttiva omette di menzionare le norme relative alla comunicazione delle clausole, le obbligazioni riguardo all'informazione nonché le norme che dovrebbero essere automaticamente escluse da ogni contratto, a prescindere dalla correttezza del contenuto, poiché contravvengono alla buona fede (bona fide)];

articolo 84 [l'elenco delle clausole considerate abusive in qualsiasi circostanza («clausole nere») è troppo breve e non conforme alle normative nazionali più avanzate];

articolo 85 [lo stesso dicasi per l'elenco delle clausole che si suppongono non conformi alla normativa (grigie)];

articolo 99, paragrafo (3) (disposizione totalmente inaccettabile);

articolo 105, paragrafo (2) (il termine dovrebbe essere di almeno due anni);

articolo 142 (il senso giuridico e la natura dell'espressione «entrare in possesso dei beni» non è equivalente nelle diverse traduzioni nelle varie lingue, conformemente ai diversi ordinamenti giuridici nazionali);

articolo 142, paragrafo (2) (significato dell'espressione «possesso del contenuto digitale»);

articolo 167, paragrafo (2) (si dovrebbe escludere la possibilità di anticipare la notifica);

articoli 179 e 180 (la formulazione dovrebbe essere più chiara).

5.2.4   Per conquistare la fiducia dei consumatori, si rendono necessarie misure speciali per garantire l'assunzione di responsabilità e indagini transfrontaliere in caso di frode e truffa, citate dal 59 % per cento dei consumatori tra gli aspetti che scoraggiano le transazioni transfrontaliere.

5.3   Necessità di elaborare modelli europei di clausole contrattuali

5.3.1   Il CESE sottolinea che è necessario elaborare dei modelli europei di clausole contrattuali, i quali:

siano disponibili contemporaneamente alla pubblicazione e all'entrata in vigore del diritto comune europeo della vendita,

siano specifici per determinati settori commerciali o di attività,

contengano clausole e condizioni standard esaustive in grado di valorizzare l'acquis, garantire un elevatissimo livello di tutela del consumatore nei contratti tra imprese e consumatori (B2C) e la libertà contrattuale nei contratti tra imprese (B2B), nonché attuare integralmente lo Small Business Act,

siano disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'UE,

vengano monitorati e sottoposti ad analisi periodiche, al fine di migliorarne il contenuto mettendo in risalto le buone pratiche, la dottrina e la pratica giudiziaria.

Gli strumenti applicativi si rivelano particolarmente utili per le PMI che intendono concludere contratti transfrontalieri con i consumatori.

5.3.2   Sono necessarie tanto la partecipazione delle organizzazioni del mondo imprenditoriale, delle PMI e dei consumatori quanto la cooperazione con le stesse nell'elaborazione di modelli europei di clausole contrattuali.

5.4   Necessità di garantire una maggiore certezza giuridica

5.4.1   La proposta di regolamento solleva problemi relativi alla determinazione della fonte di diritto adeguata, nonché alla sua interpretazione e applicazione.

5.4.2   Per diversi aspetti si fa riferimento alla normativa nazionale (ad esempio la personalità giuridica, l'invalidità del contratto derivante da incapacità giuridica, illegalità o immoralità, la determinazione della lingua del contratto, la non discriminazione, la rappresentanza, la pluralità di debitori e creditori, la modifica delle parti compresa la cessione, la compensazione e la confusione, il diritto di proprietà - ivi compreso il trasferimento del titolo -, i diritti di proprietà intellettuale e la responsabilità extracontrattuale), il che imporrà agli imprenditori lo studio attento di tale quadro legislativo, con spese di consulenza legale più elevate, e aumenterà l'incertezza giuridica.

5.4.3   Non esistono meccanismi in grado di garantire un'interpretazione uniforme del regolamento su tutto il territorio dell'UE. Una banca dati delle decisioni delle autorità giurisdizionali non costituirà un precedente giudiziario valido per gli organi nazionali competenti in materia di interpretazione e applicazione del regolamento, dato che sono possibili interpretazioni diverse, il che è fonte di incertezza giuridica.

5.4.4   Si raccomanda il monitoraggio delle decisioni delle autorità giurisdizionali, la promozione delle buone pratiche e l'elaborazione di relazioni annuali, almeno nei primi 5 anni di applicazione del regolamento, ai fini di una costante valutazione dei risultati conseguiti, della promozione delle buone pratiche e dell'adozione di misure da cui non si può prescindere per un'interpretazione uniforme più efficace del regolamento sul territorio dell'UE.

5.5   Altre osservazioni

In un periodo di crisi, è poco probabile che vengano stanziate a livello nazionale delle somme cospicue per azioni di informazione e promozione dei nuovi regolamenti. Si raccomanda il completamento del punto 4 Incidenza sul bilancio della Relazione con misure di sostegno da attuare in futuro, che includano corsi di formazione organizzati dalla Commissione e rivolti ai rappresentanti delle organizzazioni del mondo imprenditoriale, delle PMI e dei consumatori, in modo tale da garantire una maggiore informazione dei loro membri in merito al diritto comune europeo della vendita. Si pensa, inoltre, a misure di sostegno per aiutare tali organizzazioni a fornire consulenza gratuita in fase di applicazione del regolamento.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 1.

(2)  GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64.

(3)  Quadro di valutazione dei mercati dei beni di consumo, 5a edizione, marzo 2011.

(4)  COM(2011) 636 final.

(5)  COM(2011) 635 final.

(6)  GU L 177 del 4.7.2008, pag. 6.

(7)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 1.

(8)  Fonte Eurostat.

(9)  Documenti di sintesi delle posizioni dell'UEAPMI (Unione europea dell'artigianato e delle piccole e medie imprese):

 

http://www.ueapme.com/IMG/pdf/120119_pp_General_Remarks_CESL.pdf

 

http://www.ueapme.com/IMG/pdf/120119_pp_Specific_Remarks_CESL.pdf.

(10)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 1.

(11)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 3.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I.   I punti del parere della sezione specializzata riportati qui di seguito sono stati modificati in seguito all'adozione di emendamenti da parte dell'Assemblea, benché il mantenimento del testo proposto dalla sezione avesse ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (art. 54, par. 4, del Regolamento interno):

a)   Punto 1.2

Sotto il profilo della forma del Diritto comune europeo della vendita – (regolamento) e dell'opzione operata («secondo regime», facoltativo), il CESE accoglie con favore la valorizzazione delle sue precedenti proposte. Tuttavia, come già raccomandato nel precedente parere su questo tema (1), è convinto che l'iniziativa della Commissione dovrebbe prendere il via con l'adozione di uno «strumentario» («toolbox») che serva da quadro comune di riferimento a disposizione delle parti nella stipula di contratti transnazionali, e potrebbe proseguire con l'adozione di uno strumento facoltativo per i contratti di vendita transnazionali di beni di natura commerciale (B2B), sotto forma di progetto pilota, utile per verificare la coesistenza tra i regimi e la loro applicazione effettiva.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

93

Voti contrari

:

41

Astensioni

:

6

b)   Punto 1.7

Il CESE sottolinea i seguenti aspetti essenziali:

la presenza di difficoltà rilevanti nell'applicazione del diritto comune europeo della vendita,

la necessità di tenere in maggiore considerazione le peculiarità delle PMI,

la necessità di elaborare, previa consultazione con le organizzazioni datoriali (ivi comprese quelle delle PMI e dei consumatori), dei modelli europei di clausole contrattuali specifiche per settore commerciale o di attività, che riportino clausole e condizioni standard e siano disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, divenendo strumenti applicativi particolarmente utili nelle relazioni tra imprese (B2B) e tra imprese e consumatori (B2C); tali modelli possono essere promossi indipendentemente dall'attuazione o meno del diritto comune europeo della vendita,

la necessità di garantire una maggiore certezza giuridica e di migliorare il contenuto del diritto comune europeo della vendita,

conformemente al disposto degli articoli 12 e 153 del Trattato, le esigenze di tutela dei consumatori e delle PMI devono essere tenute in considerazione in fase di elaborazione e attuazione di tutte le politiche dell'Unione nonché delle misure adottate.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

75

Voti contrari

:

68

Astensioni

:

7

c)   Punto 1.9

Richiama inoltre l'attenzione sull'importanza di elaborare misure complementari volte a garantire che i soggetti che potrebbero applicare il diritto comune europeo della vendita, se alla fine verrà adottato, sappiano come attuare efficacemente e interpretare uniformemente tale normativa. Tuttavia, il CESE sottolinea che la proposta nella sua formulazione attuale non dovrebbe applicarsi alle transazioni dei consumatori.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

85

Voti contrari

:

53

Astensioni

:

5

d)   Punto 4.3

Sotto il profilo della forma del Diritto comune europeo della vendita (regolamento) e dell'opzione operata («secondo regime» con applicazione facoltativa in ciascuno Stato membro, sulla base di un accordo espresso delle parti), come già raccomandato dal CESE nel parere menzionato in precedenza, lo strumento potrebbe essere limitato ai contratti puramente commerciali, tralasciando per il momento i contratti stipulati con i consumatori.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

93

Voti contrari

:

41

Astensioni

:

6

e)   Punto 4.13

Sullo sfondo dell'attuale crisi economica e finanziaria, occorre impegnarsi al massimo per garantire un contesto favorevole alle esportazioni ed eliminare i costi amministrativi, recuperando al contempo la fiducia dei consumatori nel mercato interno e incoraggiandone gli acquisti transfrontalieri mediante la messa a disposizione di efficaci mezzi di ricorso, sia individuale che collettivo.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

71

Voti contrari

:

66

Astensioni

:

8

f)   Punto 5.3.1

Il CESE sottolinea che è necessario elaborare dei modelli europei di clausole contrattuali, i quali:

siano disponibili indipendentemente dall'entrata in vigore o meno del diritto comune europeo della vendita,

siano specifici per determinati settori commerciali o di attività,

contengano clausole e condizioni standard esaustive in grado di valorizzare l'acquis, garantire un elevatissimo livello di tutela del consumatore nei contratti tra imprese e consumatori (B2C) e la libertà contrattuale nei contratti tra imprese (B2B), nonché attuare integralmente lo Small Business Act,

siano disponibili in tutte le lingue ufficiali dell'UE,

vengano monitorati e sottoposti ad analisi periodiche, al fine di migliorarne il contenuto mettendo in risalto le buone pratiche, la dottrina e la pratica giudiziaria.

Gli strumenti applicativi si rivelano particolarmente utili per le PMI che intendono concludere contratti transfrontalieri con i consumatori.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

75

Voti contrari

:

68

Astensioni

:

7

II.   Il punto del parere della sezione riportato qui di seguito è stato soppresso in seguito all'adozione di un emendamento da parte dell'Assemblea, benché il mantenimento del testo proposto dalla sezione avesse ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (art. 54, par. 4, del Regolamento interno):

a)   Punto 5.4.1

Il Comitato sottolinea che, dal punto di vista dei consumatori, uno dei nodi più problematici nel campo delle transazioni transfrontaliere è l'assenza di mezzi di ricorso efficaci. Un significativo progresso in questa direzione è rappresentato dalle recenti proposte della Commissione riguardanti una direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie e un regolamento sulla risoluzione delle controversie online; tuttavia, non esiste ancora un meccanismo giudiziale europeo di ricorso collettivo.

Esito della votazione dell'emendamento

Voti favorevoli

:

71

Voti contrari

:

71

Astensioni

:

7

L'articolo 56, par. 6, del Regolamento interno stabilisce che, se nel corso di una votazione vi è parità tra voti favorevoli e voti contrari, il voto decisivo spetta al presidente di seduta. Ai sensi di tale articolo, il presidente ha deciso di sostenere l'emendamento.


(1)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 1 (punti 1.2 e 1.3).


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/84


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai bilanci annuali, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di taluni tipi di imprese

COM(2011) 684 definitivo — 2011/0308 (COD)

(2012/C 181/15)

Relatore: BARROS VALE

Il Consiglio, in data 29 novembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 15 novembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 50, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai bilanci annuali, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di taluni tipi di imprese

COM(2011) 684 final — 2011/0308 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 125 voti favorevoli, 2 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Sintesi e conclusioni

1.1   Le microimprese e le piccole e medie imprese rappresentano una quota maggioritaria del tessuto imprenditoriale dell'UE. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore, quindi, tutte le iniziative che possano portare a un miglior funzionamento del mercato unico e che agevolino e promuovano gli investimenti e gli scambi transfrontalieri. Le piccole e medie imprese (PMI) sono le prime a contribuire alla crescita economica, alla creazione di posti di lavoro e all'innovazione, ma sono anche le più vulnerabili ai cambiamenti e alle evoluzioni.

1.2   Le semplificazioni previste dalla proposta di riesame in oggetto si riallacciano all'obiettivo, stabilito dalla strategia Europa 2020, di una crescita sostenibile e inclusiva, al principio di semplificazione raccomandato dalla comunicazione L'Atto per il mercato unico e al riconoscimento del ruolo centrale delle PMI a favore dello sviluppo economico, contenuto nella comunicazione Pensare anzitutto in piccolo - Un nuovo quadro fondamentale per la Piccola Impresa (uno«Small Business Act»per l'Europa).

1.3   La piena armonizzazione in tutta l'UE dei criteri di inquadramento secondo le dimensioni è una iniziativa che va accolta favorevolmente e che, a giudizio del CESE, deve essere estesa alle cosiddette microimprese. Occorre pertanto promuovere l'esistenza di un'unica normativa quadro che disciplini l'intero universo delle imprese. Questa uniformazione generale, che promuove la parità in tutta l'UE, va considerata una misura per la promozione della concorrenza.

1.4   Va inoltre sottolineato il divieto per gli Stati membri di imporre alle piccole imprese la fornitura di informazioni supplementari rispetto a quelle previste dalla nuova direttiva. Solo in questo modo è possibile conseguire pienamente l'obiettivo della semplificazione che si pone l'attuale riesame e la sua applicazione a beneficio di tutti, nel rispetto degli interessi degli utenti delle informazioni finanziarie, siano essi investitori, creditori o il pubblico in generale.

1.5   Il CESE è dell'avviso che, una volta assicurati gli interessi qui sopra ricordati, le semplificazioni e l'armonizzazione proposte siano applicabili anche a fini fiscali, proibendo agli Stati membri di richiedere la presentazione di ulteriori informazioni per la riscossione delle imposte. Anche le banche devono essere sensibilizzate alle modifiche e alle possibilità di adeguare i loro metodi di analisi alle nuove regole in materia di bilanci, evitando la necessità di fornire ulteriori informazioni.

1.6   Dalla mera semplificazione dei bilanci non ci si potrà attendere un incentivo alla costituzione di imprese e un miglioramento dell'ambiente imprenditoriale. Questo obiettivo sarà sicuramente raggiungibile grazie alla contemporanea adozione di altre misure atte a promuovere la crescita dell'economia. Ciò non significa, tuttavia, che non vadano accolte con favore sia questa che qualsiasi altra iniziativa che consenta di ridurre i costi amministrativi e di opportunità, nonché altre misure di semplificazione burocratica (obblighi dichiarativi, rilascio di licenze e autorizzazioni, ecc.).

1.7   Per quanto riguarda la riduzione dei costi, umani o finanziari che siano, le semplificazioni proposte consentiranno certamente di liberare mezzi che sarà possibile utilizzare in altri ambiti dell'attività delle imprese.

1.8   Il CESE sottolinea e approva l'importanza dell'esenzione dall'obbligo del controllo legale dei conti per le piccole imprese, che siano o meno società per azioni, ma ritiene che detto controllo debba continuare a essere obbligatorio per le imprese con più di 25 dipendenti. Per alcune piccole imprese la necessità di questa procedura rappresenta un elemento assai oneroso, pertanto occorre assicurare l'esenzione delle piccole imprese non quotate in borsa, indipendentemente dalla loro forma giuridica di società. Questa procedura deve essere opzionale, a discrezione dei soci o degli azionisti.

1.9   Al contrario, quando le operazioni contabili saranno realizzate per via informatica e l'elaborazione dei bilanci sarà il prodotto di software per la gestione della contabilità reperibili sul mercato, le semplificazioni potranno, in una prima fase, comportare un aumento dei costi data la necessità, che non va sottovalutata, di aggiornare i suddetti software.

1.10   Occorre inoltre tener conto dell'impatto in termini di costi dovuto all'adattamento della raccolta delle informazioni disponibili, sia per le autorità statistiche che per le amministrazioni fiscali.

1.11   Nella maggioranza delle piccole imprese i bilanci continuano a essere considerati un semplice obbligo, imposto per legge e a beneficio dell'amministrazione fiscale. Se è vero che un elemento determinante in questo senso è rappresentato dalle piccole dimensioni, che rendono inattuabile il ricorso a contabili interni, il fattore principale continua a essere costituito dalle carenze formative tra i gestori e gli imprenditori di molte PMI. È quindi opportuno appoggiare il mantenimento e il rafforzamento delle iniziative di formazione e di sensibilizzazione degli imprenditori per l'interpretazione delle informazioni disponibili, che potranno contribuire a evitare, nella gestione delle imprese, alcuni errori da «navigazione a vista». Parallelamente, occorre inoltre considerare l'importanza dell'aggiornamento nella formazione dei tecnici delle società di consulenza contabile, responsabili dell'elaborazione della maggior parte dei bilanci delle piccole imprese. Va altresì incoraggiata e appoggiata la formazione di questi contabili per tenere conto degli aggiornamenti della legislazione.

1.12   Per quanto riguarda l'obbligatorietà della comunicazione dei pagamenti ai governi da parte delle industrie estrattive e delle imprese utilizzatrici di aree forestali, il CESE si compiace dell'introduzione di questa misura, ma ne raccomanda l'estensione ad altri settori pertinenti. Queste comunicazioni, a fini di trasparenza, dovrebbero includere qualsiasi concessione di interessi pubblici a privati, come le transazioni connesse alla rete di trasporti, all'acqua, all'energia e alle telecomunicazioni o ancora al settore del gioco d'azzardo. Queste attività coinvolgono importi che raggiungono valori considerevoli e, con l'eccezione del gioco d'azzardo, rappresentano i più elementari servizi pubblici alla popolazione.

1.13   Alcune disposizioni della direttiva in esame contrastano con quanto stabilito dagli International Financial Reporting Standards (IFRS), in particolare l'obbligo di includere nello stato patrimoniale il capitale non ancora realizzato, e al periodo massimo di ammortamento del goodwill (valore di avviamento). Il CESE si compiace che la proposta di direttiva non preveda l'adozione obbligatoria delle norme IFRS per le PMI, in attesa di poter valutare le conseguenze della loro recente applicazione a livello mondiale.

1.14   È ancora in discussione l'applicazione di una normativa per le microentità che disciplini queste imprese in modo indipendente. È importante che la normativa di inquadramento delle microentità sia resa compatibile con le disposizioni oggetto del presente parere, evitando così la dispersione delle informazioni in vari documenti.

2.   Contesto della proposta

2.1   La proposta di direttiva in esame prevede l'abrogazione della 4a e della 7a direttiva (78/660/CEE relativa ai conti annuali di taluni tipi di società e 83/349/CEE relativa ai conti consolidati) e la loro sostituzione con un'unica direttiva relativa ai bilanci annuali, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di taluni tipi di imprese.

2.2   La riforma proposta fa parte di una più vasta gamma di iniziative della Commissione europea volte a semplificare le procedure richieste alle PMI e così a ridurre gli oneri amministrativi imposti a questo tipo di imprese, e integra la proposta di direttiva del 2009 relativa ai bilanci delle microentità. L'elaborazione dei bilanci è considerato uno degli obblighi normativi più onerosi per le imprese, in particolare per quelle di piccole dimensioni.

2.3   La comunicazione della Commissione L'Atto per il mercato unico, Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia, «Insieme per una nuova crescita» indica nella revisione delle direttive contabili una delle leve per stimolare la crescita, e sottolinea l'importanza della riduzione dei requisiti regolamentari per le PMI, al livello sia nazionale che europeo.

2.4   La revisione ha i seguenti obiettivi: ridurre e semplificare gli oneri amministrativi derivanti dalla redazione dei bilanci, in particolare per le piccole imprese; aumentare la chiarezza e la comparabilità dei bilanci, particolarmente importanti per le imprese con attività transfrontaliere; tutelare gli utilizzatori delle informazioni contabili; migliorare la trasparenza dei pagamenti ai governi da parte di imprese delle industrie estrattive e di imprese utilizzatrici di aree forestali primarie.

2.5   È stata realizzata una consultazione delle parti interessate, che ha coinvolto i redattori e gli utilizzatori dei bilanci, gli organismi che stabiliscono i principi contabili e le autorità pubbliche, nonché una valutazione d'impatto, e si è giunti alle seguenti conclusioni:

2.5.1

Per quanto riguarda la redazione dei bilanci, considerata come un compito assai oneroso nella vita delle imprese, in particolare di quelle più piccole, vengono modificate le disposizioni della direttiva creando un «miniregime» specifico per le piccole imprese, che riduce gli obblighi circa le informazioni da allegare, rende meno rigidi gli obblighi di controllo legale dei conti e esonera i piccoli gruppi dall'obbligo di redigere bilanci consolidati.

2.5.2

Vengono armonizzate le soglie di inquadramento delle imprese in base alle dimensioni, assicurando così che imprese di uguale grandezza abbiano lo stesso trattamento in tutta l'UE.

2.5.3

Il numero di opzioni a disposizione degli Stati membri per la presentazione di informazioni supplementari è limitato al fine di armonizzare le pratiche nell'UE e di incrementare il grado di compatibilità dei bilanci.

2.5.4

Facendo seguito all'appoggio della Commissione all'iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive (EITI, Extractive Industry Transparency Initiative) e all'impegno assunto nella dichiarazione conclusiva del vertice del G8 di Deauville, è resa obbligatoria l'indicazione dei pagamenti effettuati ai governi da un'impresa, singolarmente o in quanto parte di un insieme consolidato.

2.6   Al fine di proteggere le parti interessate da un'eventuale diminuzione della quantità di informazioni disponibile, è resa obbligatoria la divulgazione delle informazioni riguardanti le garanzie e gli impegni connessi alle transazioni con parti correlate, obbligo già vigente in alcuni paesi.

2.7   Con questa semplificazione delle norme contabili per le PMI si spera di contribuire al miglioramento dell'ambiente imprenditoriale e di incoraggiare la creazione di imprese, con un conseguente impatto positivo sulla creazione di posti di lavoro. Parallelamente, considerando che questa semplificazione avrà reso possibile un risparmio grazie alla riduzione dei costi degli onorari pagati ai contabili esterni o alle società di consulenza contabile, ci si può aspettare un impatto leggermente negativo sull'occupazione, che nel complesso significherà, secondo la Commissione, un effetto generalmente neutro di questa misura in termini di occupazione.

2.8   Non si prevede che la semplificazione della redazione dei documenti contabili a beneficio delle imprese più piccole comporti un disincentivo alla crescita di queste ultime. L'aumento dei costi che deriverebbe alle imprese da un cambiamento delle loro dimensioni non è considerato un fattore decisivo rispetto alla decisione di ampliare un'impresa.

3.   Misure principali

3.1   Al fine di ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalla redazione dei bilanci, si introduce un regime specifico per le piccole imprese, che riduce gli obblighi in materia di informazioni da allegare ai bilanci stessi. Le indicazioni da fornire per mezzo degli allegati al bilancio saranno limitate a: i principi contabili; le garanzie, gli impegni, le sopravvenienze e gli accordi che non sono rilevati nello stato patrimoniale; gli eventi successivi alla chiusura del bilancio non rilevati nello stato patrimoniale; i crediti a lungo termine e i crediti garantiti; le operazioni con parti correlate. Sebbene sia obbligatoria in alcuni Stati membri, nella maggioranza di essi le imprese sono dispensate dall'indicazione degli eventi successivi alla chiusura del bilancio e delle operazioni con parti correlate, che quindi può costituire un obbligo supplementare. Questo obbligo è però considerato necessario per supplire alla diminuzione delle informazioni disponibili e per tutelare gli utilizzatori delle informazioni.

3.2   Vengono armonizzate le soglie di inquadramento basate sulle dimensioni delle imprese, che vengono suddivise in piccole, medie e grandi in funzione del totale di bilancio, del volume d'affari e del numero dei dipendenti, assicurando che questa classificazione sia uniforme in tutta l'UE. In questo modo, imprese delle stesse dimensioni in Stati membri diversi sono trattate in modo uguale, e la riduzione degli oneri amministrativi, obiettivo della proposta, comporta vantaggi equamente ripartiti tra le piccole e medie imprese di tutti gli Stati membri.

3.3   È abolito l'obbligo del controllo legale dei conti per le piccole imprese. Tuttavia, tenendo conto delle dimensioni delle imprese in questione, non sembra essere messa in discussione, in termini generali, la trasparenza che si esige nella presentazione dei conti. La certificazione dei conti, anche semplificati, da parte di un organo indipendente e la trasparenza nella loro presentazione e nelle informazioni fornite alle parti interessate, anche per quanto concerne il dialogo sociale, restano aspetti indispensabili per le piccole imprese.

3.4   I piccoli gruppi sono esonerati dall'obbligo di presentare bilanci consolidati, purché l'impresa madre e le imprese figlie, su base consolidata, non superino i limiti numerici di due dei tre criteri previsti.

3.5   Diviene obbligatoria l''applicazione dei principi generali della «rilevanza» e della «prevalenza della sostanza sulla forma», che, insieme alla riduzione delle opzioni a disposizione degli Stati membri riguardo alla presentazione di informazioni addizionali, contribuiscono ad armonizzare le pratiche in tutta l'UE migliorando così la comparabilità dei bilanci.

3.6   È prevista una nuova procedura per la divulgazione dei pagamenti effettuati ai governi, applicabile alle grandi imprese e agli enti di pubblico interesse che sono attivi nelle industrie estrattive o che utilizzano aree forestali.

4.   Osservazioni

4.1   Gli oneri derivanti dalla redazione dei bilanci hanno attualmente un impatto considerevole sulle imprese. Il CESE condivide pertanto l'obiettivo di semplificazione perseguito dalla Commissione attraverso l'applicazione del principio «pensare anzitutto in piccolo». Dato che gli oneri amministrativi e i costi di opportunità associati alla redazione dei bilanci gravano in modo particolare sulle piccole e medie imprese, l'impatto delle semplificazioni proposte si farà sentire nella grande maggioranza delle imprese europee.

4.2   A quasi 20 anni dalla creazione del mercato unico, la Commissione dimostra oggi la volontà di semplificare le procedure che sono venute progressivamente a costituire un onere per le imprese. L'importanza delle iniziative di semplificazione è indubbia, e gli obiettivi che esse si pongono vanno condivisi e appoggiati. Occorre tuttavia esercitare cautela per evitare che questo desiderio di semplificazione rischi di diventare eccessivo, e che siano assicurate la fiducia e l'informazione delle parti interessate e degli utenti delle informazioni finanziarie, come sembra sia il caso della proposta in esame. La semplificazione non può generare la necessità di aggiungere alle informazioni contenute nei bilanci altri elementi supplementari, per soddisfare i requisiti di informazione fiscale o le esigenze delle banche. Se così fosse, saremmo di fronte a un effetto perverso, e precisamente contrario all'obiettivo proposto, perché si andrebbe a imporre ulteriori costi alle imprese, obbligate a conservare tre tipi di informazioni diversi per finalità diverse: legali, fiscali e riguardanti il finanziamento.

4.3   Come qualsiasi modifica, quelle proposte nel documento in esame richiederanno adeguamenti che, se all'inizio potranno non essere accettati di buon grado o persino avere conseguenze importanti sotto il profilo economico, porteranno necessariamente a una riduzione dei costi e a un'armonizzazione dei criteri e dei tipi di informazioni richieste in tutta l'UE. In una prima fase, si potrà avere anche un impatto negativo sotto il profilo dei costi, in particolare perché saranno necessari aggiornamenti dei software, la formazione e l'adeguamento nella raccolta dei dati fiscali e statistici. Gli sforzi saranno sicuramente presto ricompensati dai benefici derivanti dalle riforme. Lo sforzo di semplificazione merita di essere appoggiato, e a tal fine potrà risultare particolarmente utile l'accompagnamento di queste misure con altre, volte a promuovere la formazione e la sensibilizzazione degli imprenditori, dei contabili e degli utilizzatori delle informazioni fornite attraverso i bilanci.

4.4   Tra le proposte di riforma all'esame riveste particolare importanza l'introduzione dell'esenzione dal controllo legale sui conti per le piccole imprese, che siano o meno società per azioni. Il CESE non è favorevole a questa deroga per le imprese con più di 25 dipendenti, in quanto la certificazione da parte di un organismo indipendente abilitato fornisce alle PMI di queste dimensioni un aiuto prezioso e una garanzia. La revisione contabile legale assolve una funzione sociale, che è quella di stabilire la veridicità dei bilanci, la quale rappresenta la condizione indispensabile della nostra società, che dipende in larga misura dalla performance delle imprese in un'economia di mercato. Questa misura ha un impatto finanziario concreto e molto significativo sulla vita delle piccole imprese non quotate in borsa, obbligate a osservare questa procedura sulla base non delle dimensioni ma della forma giuridica. Non ha senso che a una piccola impresa non quotata, e per questo non vincolata dai requisiti di divulgazione e trasparenza che da questo status derivano e il cui rispetto è essenziale, sia imposta una procedura onerosa soltanto perché essa ha deciso di dotarsi di una personalità giuridica che comporta quest'obbligo. Il controllo legale sui conti deve rispondere alle esigenze dei destinatari dei bilanci e non soltanto seguire ciecamente le procedure legali obbligatorie connesse alla forma giuridica delle imprese. La decisione se procedere o no al controllo legale dei conti spetta ai soci, agli azionisti, ai gestori e agli amministratori delle piccole imprese; bisogna inoltre impedire agli Stati membri di imporre questo requisito ed evitare che questo renda necessaria una modifica della legislazione nazionale sull'inquadramento giuridico dei tipi di società. Nelle imprese con più di 25 dipendenti potrà essere richiesta la certificazione legale dei conti.

4.5   Rifacendosi a quanto indicato a proposito delle microentità nel parere in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 78/660/CEE relativa ai conti annuali di taluni tipi di società, il CESE accoglie con favore la proposta di semplificazione in quanto fattore in grado di stimolare l'imprenditorialità e la competitività, contribuendo alla piena realizzazione del mercato unico. Come già nel suddetto parere, il Comitato apprezza inoltre lo sforzo di armonizzazione attraverso l'imposizione della semplificazione in tutti gli Stati membri.

4.6   È inoltre opportuno mettere in risalto un'altra innovazione, che avrà certamente grande rilevanza per la promozione del mercato unico, ossia la fissazione dei criteri per definire la dimensione delle imprese e la loro applicazione in tutti gli Stati membri. Solo in questo modo sarà possibile assicurare la parità di trattamento delle imprese di uguali dimensioni in tutta l'UE. Tra le categorie citate all'articolo 3 della proposta di direttiva, tuttavia, non figurano le microimprese, il che rappresenta una contraddizione rispetto alle definizioni utilizzate in alcune materie, come per esempio gli aiuti di Stato o la partecipazione ai fondi strutturali e ai programmi dell'UE. Riconosciuta come fonte di dinamismo imprenditoriale e di creazione di posti di lavoro, questa categoria di entità è inclusa nella raccomandazione 2003/361/CE. È quindi opportuno includere nella direttiva in esame una definizione della categoria delle microimprese, abbracciando così, in un unico documento, tutte le categorie di impresa comunemente utilizzate nell'UE.

4.7   Per quanto riguarda le microimprese, è tuttora in fase di negoziazione la proposta di direttiva del 2009. Questa coesistenza di due documenti riguardanti la stessa materia non sembra avere senso. La dispersione delle informazioni è fonte di costi e di confusione per gli utilizzatori, che può, e in questo caso deve, essere evitata. È importante inoltre che la normativa di inquadramento delle microentità sia resa compatibile con la proposta di direttiva in esame se non addirittura fuso con la stessa, evitando così la dispersione e la necessità, per le imprese e i tecnici, di consultare documenti diversi.

4.8   Per quanto riguarda la questione dell'indicazione dei pagamenti ai governi, benché possano esistere eventuali resistenze all'applicazione di questa misura ad altri settori di attività di interesse pubblico, o che implichino concessioni pubbliche diverse da quelle previste per le industrie estrattive e delle imprese utilizzatrici di aree forestali, il CESE concorda sull'opportunità di questa decisione, che rende pubbliche le relazioni tra le imprese e il settore pubblico per quanto riguarda le transazioni connesse alla rete di trasporti, all'acqua, all'energia e alle telecomunicazioni nonché al settore del gioco d'azzardo. Si tratta di una misura innovativa, che tuttavia, ed è auspicabile, potrebbe essere ben più ambiziosa.

4.9   Sembrano esistere, nella proposta, disposizioni contrastanti con quanto disposto negli IFRS, in una fase in cui la maggioranza degli Stati membri ha già adottato le norme internazionali, sebbene in Europa non viga l'obbligo generalizzato di adottare le suddette norme per quanto riguarda le PMI. Gli IFRS sono già vincolanti per l'elaborazione dei bilanci delle imprese quotate in borsa, in virtù della tendenza all'uniformazione delle pratiche contabili attraverso dette norme, e pertanto anche la direttiva in esame dovrebbe conformarsi a detta tendenza. A questo proposito, è importante sottolineare che esistono contraddizioni in due materie: l'obbligo di includere nello stato patrimoniale il capitale non ancora realizzato e il periodo massimo di cinque anni per l'ammortamento del goodwill (valore di avviamento). Una volta che si saranno tratti tutti gli insegnamenti dall'applicazione in ambito internazionale delle recenti norme IFRS relative alle PMI e che la correzione di queste due incongruenze non sarà incompatibile con la semplificazione delle procedure, si dovrà procedere a un allineamento delle regole applicate nell'UE con le norme accettate a livello internazionale.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/89


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un programma per la tutela dei consumatori (2014-2020)

COM(2011) 707 definitivo — 2011/0340 (COD)

(2012/C 181/16)

Relatrice: MADER

Il Parlamento europeo, in data 30 novembre 2011, e il Consiglio, in data 13 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un programma per la tutela dei consumatori (2014-2020)

COM(2011) 707 definitivo — 2011/0340 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 109 voti favorevoli, 11 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Sintesi

1.1   La Commissione ha presentato la sua proposta di regolamento relativo a un programma per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020, che si colloca sulla stessa linea della comunicazione Europa 2020, una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e intende porre un «consumatore informato al centro del mercato unico».

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo si compiace del fatto che il programma per la tutela dei consumatori e il programma per la salute siano oggetto di due proposte separate, il che dovrebbe consentire di trattare adeguatamente entrambe le tematiche.

1.3   Il Comitato prende atto della volontà espressa dalla Commissione di porre i consumatori al centro delle politiche dell'UE: si tratta di un'iniziativa essenziale nell'attuale contesto. Constata tuttavia la scarsità delle risorse impegnate per realizzare tale ambizione, e si chiede se sarà possibile attuarla concretamente.

1.4   Il Comitato prende nota dell'impegno di predisporre i mezzi statistici necessari per rilevare la situazione del mercato e seguirne l'evoluzione, in un contesto particolarmente delicato sia per gli aspetti economici che per quelli sociali e ambientali.

1.5   Il Comitato constata che vi è la volontà di predisporre degli indicatori per la sorveglianza, che risultano tanto più indispensabili dato che, in considerazione della situazione attuale, il programma copre un periodo lungo.

1.6   Il Comitato ribadisce che è necessario rafforzare le norme di sicurezza dei prodotti commercializzati e dei servizi prestati sul territorio dell'UE, cosa che richiede un aumento dei controlli e una cooperazione tra le autorità competenti, le quali dovranno disporre di efficaci mezzi di applicazione.

1.7   Il Comitato è favorevole alle misure rivolte a migliorare i programmi di informazione e di educazione dei consumatori e a valorizzare le buone pratiche, allo scopo di fornire informazioni pertinenti provenienti da fonti indipendenti. Richiama l'attenzione sull'esigenza di disporre di informazioni verificabili, di buona qualità e accessibili a ogni pubblico, per rendere possibile un consumo sostenibile.

1.8   In questo contesto le organizzazioni indipendenti dei consumatori svolgono un ruolo essenziale. Il Comitato raccomanda di aumentare in misura significativa i mezzi finanziari a loro disposizione, per permettere loro di dotarsi tra l'altro dei necessari strumenti di valutazione, a maggior ragione perché il loro campo di attività è estremamente vasto. Per mantenere gli equilibri economici, occorre infatti che tali organizzazioni siano in grado di svolgere pienamente il loro ruolo di contropotere.

1.9   Il Comitato invita gli Stati membri a riconoscere, sostenere e finanziare le associazioni nazionali dei consumatori che partecipano pienamente alla realizzazione del mercato interno.

1.10   Il Comitato è favorevole alle varie iniziative proposte per integrare i meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie. Osserva tuttavia che non viene fatto alcun riferimento all'azione collettiva, la quale costituisce un mezzo indispensabile per garantire il rispetto della legislazione, come il Comitato ha sottolineato in vari pareri.

2.   Sintesi della proposta di regolamento della Commissione

2.1   La proposta della Commissione mira a istituire, per il periodo 2014-2020, un programma per la tutela dei consumatori che fa seguito al programma di azione comunitaria nel settore della politica dei consumatori, in vigore nel periodo 2007-2013. Il nuovo programma stabilisce un quadro di finanziamento delle azioni dell'UE.

2.2   Il regolamento si colloca sulla linea della comunicazione Europa 2020 - una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che raccomanda di dotare i cittadini dei mezzi necessari per partecipare pienamente al mercato unico.

2.3   Il documento in esame è stato preceduto da una valutazione intermedia, eseguita presso varie parti in causa, dell'impatto del programma di azione comunitaria nel settore della politica dei consumatori 2007-2013.

2.4   Tale valutazione ha messo in evidenza il valore aggiunto del programma, malgrado l'esiguità del finanziamento concesso e il fatto che le nuove sfide sociali e ambientali siano state considerate solo in parte.

2.5   Il programma per il periodo 2014-2020 tiene conto delle varie osservazioni formulate. Per essere finanziate, le azioni proposte dovranno integrare le questioni legate all'ambiente economico, sociale e tecnico, e in particolare i problemi concernenti la globalizzazione, la digitalizzazione, la necessità di procedere verso modi di consumo più sostenibili, l'invecchiamento demografico, l'esclusione sociale e i problemi dei consumatori vulnerabili.

2.6   Il nuovo programma intende contribuire alla realizzazione dell'obiettivo della futura politica dei consumatori, che è quello di porre un consumatore forte al centro del mercato unico.

2.7   A giudizio della Commissione, tale obiettivo implica una migliore tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori, come pure la promozione del loro diritto all'informazione e all'educazione e un accesso agevole a mezzi di ricorso efficaci.

2.8   La Commissione propone di perseguire tale obiettivo generale mediante quattro obiettivi specifici:

il consolidamento e il rafforzamento della sicurezza dei prodotti grazie ad una efficace sorveglianza dei mercati in tutta l'UE;

il miglioramento dell'educazione e dell'informazione dei consumatori e della loro conoscenza dei propri diritti, lo sviluppo della base di informazioni su cui si fonda la politica dei consumatori e il sostegno alle organizzazioni dei consumatori;

il consolidamento dei diritti dei consumatori, in particolare attraverso la regolamentazione e il miglioramento dei mezzi di ricorso;

il sostegno alle misure volte a garantire il rispetto dei diritti dei consumatori, grazie al rafforzamento della cooperazione tra gli organi nazionali incaricati di fare applicare la legislazione e allo sviluppo delle attività di consulenza per i consumatori.

3.   Valutazione della proposta della Commissione

3.1   Il Comitato condivide l'obiettivo, perseguito dal programma, di porre un consumatore forte al centro del mercato unico. Ritiene che, come giustamente sottolineato dalla Commissione, occorra dare un'elevata priorità alla considerazione, in tutte le politiche dell'UE, degli interessi dei consumatori, le cui spese rappresentano il 56 % del prodotto interno lordo e sono essenziali per rilanciare la crescita economica.

3.2   Le istituzioni dell'UE e i governi nazionali devono adottare una politica dei consumatori per il XXI secolo e riconoscere che i consumatori costituiscono l'elemento propulsore del buon funzionamento del mercato e sono soggetti importanti in tale ambito. Infatti, un mercato realmente concorrenziale ha bisogno di consumatori informati e fiduciosi. Il rafforzamento della posizione e l'emancipazione dei consumatori contribuiscono al miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi e assicurano un funzionamento più efficace dell'economia di mercato.

3.3   Bisognerebbe ampliare i confini della politica dei consumatori, e l'UE dovrebbe cercare di migliorare la competitività e l'innovazione in favore dei propri cittadini. La politica dei consumatori dovrebbe essere considerata come una priorità nell'agenda politica ed essere integrata in tutti i settori di intervento e programmi di lavoro pertinenti.

3.4   In tale contesto il Comitato deplora che la dotazione finanziaria della strategia Europa 2020 non sia affatto all'altezza delle ambizioni manifestate. Con 500 milioni di consumatori nell'UE-27, la somma prevista equivale a cinque centesimi all'anno per ogni consumatore, un importo inferiore addirittura a quello del programma 2007-2013, che il parere del Comitato (1) aveva stimato in sette centesimi.

3.5   Il Comitato accoglie con favore le linee principali definite dal programma attraverso i succitati quattro obiettivi specifici. Il nuovo programma si colloca sulla direttrice del programma precedente e non apporta alcuna innovazione, sebbene le nuove tecnologie influiscano sulle condizioni del mercato. Il Comitato ritiene che i mezzi impiegati per realizzare gli obiettivi dichiarati andrebbero indicati in modo più specifico e completo.

3.6   Invita pertanto la Commissione a redigere un elenco di tutti i programmi dell'UE che riguardano la promozione e la protezione degli interessi dei consumatori e vi contribuiscono: ciò servirà a integrare la politica relativa ai diritti dei consumatori in tutti i programmi dell'UE.

3.7   Il Comitato ritiene tuttavia necessario aggiungere un quinto obiettivo, riguardante la rappresentanza e la partecipazione dei consumatori nel quadro della proposta della Commissione. Si compiace, naturalmente, del fatto che siano stati inclusi nel programma della Commissione il rafforzamento delle capacità di rappresentanza delle organizzazioni dei consumatori e il riconoscimento del sostegno a tali organizzazioni e della loro capacità di valutazione. Garantire una migliore rappresentanza dei consumatori e rafforzare le loro capacità dovrebbe infatti essere un obiettivo a pieno titolo. Allo scopo di mantenere l'impegno, assunto dalla Commissione, di porre il consumatore al centro delle decisioni dell'UE, il programma dovrebbe essere modificato per includere un quinto obiettivo.

3.8   A tale obiettivo dovrebbe essere assegnata una parte del bilancio del programma per i diritti dei consumatori (spese di trasporto, lavori preparatori e partecipazione ai gruppi di esperti) onde permettere una migliore rappresentanza dei consumatori, attraverso organizzazioni indipendenti, nei vari gruppi di esperti in cui è necessario il loro contributo. Anche altri programmi dell'UE dovrebbero, se necessario, riservare un bilancio specifico per favorire la partecipazione delle organizzazioni rappresentative dei consumatori.

3.9   Il Comitato ricorda alla Commissione l'esigenza di presentare un'agenda del consumatore europeo (annunciata nel programma di lavoro della Commissione per il secondo trimestre del 2012) dotata di obiettivi ambiziosi e di perseguire un rafforzamento (empowerment) della posizione dei consumatori nel rispetto dei principi dell'economia sociale di mercato, in maniera analoga a quanto previsto nelle relazioni votate dal Parlamento europeo.

3.10   La proposta relativa ad un'agenda del consumatore europeo dovrà realmente cercare di rafforzare la posizione dei consumatori basandosi sulla sicurezza, l'informazione pertinente e l'educazione, i diritti, i mezzi di ricorso e l'accesso alla giustizia, come pure le misure di esecuzione.

3.11   Tuttavia, la «responsabilizzazione» dei consumatori europei non deve tradursi in un trasferimento di responsabilità ai consumatori. Invece, il programma sui diritti dei consumatori deve anzitutto creare le condizioni di un mercato giusto ed equo nel quale i consumatori si sentano fiduciosi riguardo alla possibilità di consumare liberamente dovunque si trovino. Tale fiducia si estende all'esigenza di essere informati adeguatamente e consigliati in maniera imparziale in merito ai propri diritti, allo scopo di operare scelte avvedute.

3.12   Il Comitato sottolinea l'esigenza di garantire la coerenza temporale tra l'agenda del consumatore europeo e la proposta di regolamento relativo a un programma per la tutela dei consumatori, allo scopo di assicurare la coerenza e la qualità del programma e degli obiettivi strategici.

3.13   Il Comitato intende in tal modo sottolineare l'esigenza di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori (articolo 169 del Trattato) nell'elaborazione di iniziative legislative e regolamentari da parte della Commissione. A tal fine ricorda che il livello di armonizzazione prescelto dev'essere adeguato e non deve in alcun caso provocare o consentire un regresso dei diritti dei consumatori europei, quale che sia il loro paese di origine. In tale contesto il Comitato è contrario a eventuali iniziative, come il regime opzionale, che consentirebbero di rimettere in discussione l'attuale protezione dei consumatori, che sono la parte contrattuale più debole e non sempre sono in grado di farsi assistere.

3.14   Il Comitato considera d'altronde che, allorché vengono elaborati testi o eseguite azioni riguardanti i consumatori, occorra stabilire delle garanzie in merito alla consultazione dei consumatori e dei loro rappresentanti e al rafforzamento dei mezzi di cui essi dispongono.

3.15   Il Comitato attribuisce particolare importanza alle misure rivolte a rafforzare la sicurezza dei prodotti in tutto il mercato. È favorevole all'introduzione di specifiche azioni di cooperazione, a norma della direttiva 2001/95/CE (2) e alle ricerche eseguite al fine di definire nuove norme o nuovi criteri di sicurezza. Per quanto riguarda le problematiche da affrontare, il Comitato si chiede quale sarà il livello di risorse di cui disporranno i vari organismi incaricati dei controlli. Ritiene necessario organizzare delle campagne nazionali di informazione coordinate dalla Commissione.

3.16   Il Comitato accoglie con favore le misure proposte per informare ed educare i consumatori. Il miglioramento di questi due aspetti della tutela dei consumatori contribuirà a rafforzare la conoscenza che i consumatori hanno dei propri diritti e a restituire loro fiducia. In tale contesto, il Comitato sottolinea che i testi legislativi dell'UE devono essere più trasparenti e comprensibili per i cittadini.

3.17   Il Comitato è favorevole alla creazione di strumenti di informazione - attraverso studi, analisi e statistiche - che dovrebbero garantire una migliore conoscenza del mercato ai fini dell'elaborazione di politiche nei settori che riguardano i consumatori.

3.18   Per quanto riguarda il progetto Dolceta (Development of On-line Consumer Education Tool for Adults – Sviluppo di strumenti online di educazione dei consumatori destinati agli adulti), attuato nel quadro del programma per la difesa dei consumatori in corso di attuazione, ma che non sarà mantenuto nella stessa forma e nelle stesse proporzioni, il Comitato invita la Commissione a trovare una soluzione per conservare le informazioni e le conoscenze acquisite grazie a tale progetto, al fine di evitare che questo importante investimento vada perduto.

3.19   Il Comitato ritiene che tutte le iniziative che consentono di migliorare la trasparenza dei mercati siano essenziali, indipendentemente dai settori interessati, tra cui per esempio i prodotti finanziari, la protezione dei dati personali, l'energia, le tecnologie digitali, le telecomunicazioni, i trasporti.

3.20   Nel quadro della politica dei consumatori è fondamentale assicurare una formazione che li renda consapevoli del loro ruolo e dei loro diritti e obblighi nel mercato e nella società e permetta loro di adeguare di conseguenza i propri comportamenti. Va tuttavia sottolineato che la mancanza di formazione dei consumatori viene talvolta utilizzata, da parte di dirigenti politici e di imprese senza scrupoli, come pretesto per sottrarsi a ogni responsabilità e limitare gli sforzi volti a creare un ambiente favorevole ai consumatori.

3.21   Il Comitato ritiene necessario concentrarsi innanzitutto sull'applicazione e sul miglioramento dei diritti dei consumatori.

D'altronde, il Comitato condivide la posizione della Commissione, la quale sottolinea l'importanza di realizzare l'obiettivo di fornire un'educazione e un'informazione adeguata a tutti i consumatori.

3.22   In ogni caso, gli obiettivi di miglioramento della formazione e dell'informazione non possono essere realizzati senza la partecipazione dei diversi soggetti socioeconomici. Il Comitato accoglie la proposta di basarsi sulla situazione esistente per fare in modo che le buone pratiche possano essere recensite, se necessario migliorate, e messe a profitto per garantire che le azioni e gli strumenti messi a disposizione abbiano un reale impatto sui consumatori, cosa che richiede l'impiego di risorse considerevoli.

3.23   Dovremmo inoltre concentrarci sulla formazione delle imprese, che sfortunatamente non sono abbastanza informate in merito ai diritti dei consumatori. Tali formazioni sul diritto in materia di tutela dei consumatori destinate alle imprese dovrebbero essere fornite nell'ambito di altri programmi dell'UE.

3.24   Le organizzazioni dei consumatori hanno l'obiettivo di individuare i problemi cui i consumatori devono far fronte, rispondervi in maniera coerente e rappresentare gli interessi dei consumatori. Attraverso le loro azioni rivolte a favorire l'applicazione dei diritti dei consumatori, tali organizzazioni contribuiscono a fare evolvere le disposizioni giuridiche.

3.25   In considerazione del ruolo essenziale delle organizzazioni regionali, nazionali ed europee dei consumatori, che devono avere una competenza sempre più ampia, il Comitato ritiene che occorra rafforzare in misura significativa le loro capacità aumentando i fondi loro destinati. Il Comitato attribuisce particolare importanza al sostegno fornito alle associazioni a questi vari livelli, e più in particolare nei paesi dove il movimento dei consumatori non è abbastanza sviluppato.

3.26   Il Comitato prende atto del fatto che un quarto del bilancio del programma sarà assegnato i centri europei dei consumatori. Tale investimento è particolarmente necessario: il Comitato lo accoglie con grande favore e chiede alla Commissione di continuare a presentare relazioni annuali ancora più particolareggiate sul funzionamento dei centri. Il Comitato richiama l'attenzione sull'importanza di basare queste relazioni su criteri precisi e pertinenti, al fine di far emergere il fatto che tale rete produce risultati concreti per i consumatori europei, pur non avendo ancora raggiunto il grado ideale di notorietà.

3.27   È essenziale introdurre nel prossimo programma in materia di politica dei consumatori un meccanismo di finanziamento proattivo e preminente rivolto a favorire lo sviluppo ulteriore del movimento dei consumatori.

3.28   Per quanto riguarda i mezzi di ricorso, il Comitato prende atto del fatto che la Commissione intende privilegiare le soluzioni basate sulla coregolamentazione o sull'autoregolamentazione. Si compiace delle iniziative condotte dai professionisti per migliorare le pratiche in uso. Riafferma tuttavia che le pratiche basate su norme non vincolanti (soft law) non possono prendere il posto di un quadro legislativo o regolamentare.

3.29   Il Comitato accoglie con favore le azioni intraprese dalla Commissione per facilitare l'accesso dei consumatori alle modalità di risoluzione extragiudiziale delle controversie e condivide la proposta di eseguire una verifica del loro funzionamento e della loro efficacia. Considera che l'efficacia di tali dispositivi non possa essere garantita se non alla condizione di mantenere l'indipendenza dei sistemi proposti ai consumatori.

3.30   Il Comitato ritiene tuttavia che la proposta debba essere completata, dal momento che il rafforzamento dei diritti dei consumatori presuppone anche la disponibilità di mezzi giuridici adeguati per far valere tali diritti. Il Comitato conferma quanto aveva già affermato nel parere sul programma 2007-2013, nel parere sul ruolo e sul regime delle azioni collettive nel settore del diritto comunitario del consumo (3) e nel parere relativo al Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (4), e chiede che venga fatto riferimento all'esigenza di rafforzare l'accesso alla giustizia e in particolare alle azioni collettive.

3.31   Accoglie con favore le misure proposte per garantire il rispetto della legislazione, in particolare i meccanismi di cooperazione tra le autorità nazionali incaricate di vigilare sull'applicazione della legislazione sulla tutela dei consumatori e il coordinamento della sorveglianza, che rendono più efficaci le azioni.

3.32   Il Comitato ritiene che una particolare attenzione vada riservata alla risoluzione delle controversie, anche online. Nota che sono stati indicati nuovi obiettivi, in particolare per i centri europei dei consumatori, il cui compito è contribuire all'informazione dei consumatori e alla risoluzione delle controversie transfrontaliere. Considera importante che venga eseguita una valutazione del programma durante la sua esecuzione, in modo da adeguare i finanziamenti previsti.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 88 dell'11.4.2006, pag. 1.

(2)  GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4.

(3)  GU C 162 del 25.6.2008, pag. 1.

(4)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 40.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/93


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, recante modifica del regolamento (CE) n. 2006/2004 e della direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori)

COM(2011) 793 definitivo — 2011/0373 (COD)

(2012/C 181/17)

Relatore: PEGADO LIZ

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 13 dicembre 2011 e 14 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, recante modifica del regolamento (CE) n. 2006/2004 e della direttiva 2009/22/CE (direttiva sull'ADR per i consumatori)

COM(2011) 793 definitivo — 2011/0373 (COD)

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 9 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 121 voti favorevoli, 11 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime il proprio compiacimento per il fatto che, dopo gli innumerevoli inviti formulati dalle organizzazioni europee dei consumatori e dal CESE stesso in vari pareri, la Commissione abbia infine trasformato le sue raccomandazioni 98/257 e 2001/310 in uno strumento normativo vincolante.

1.2   Il CESE ritiene tuttavia che la base giuridica più appropriata sarebbe l'articolo 169, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 4 del Trattato e non solo l'articolo 114, senza dimenticare gli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

1.3   Il Comitato raccomanda la creazione di un «marchio europeo di conformità» basato su principi strutturali comuni che non solo qualifichi i meccanismi ADR rispondenti ai requisiti stabiliti nella proposta ma che identifichi anche, in modo armonizzato e gratuito per i professionisti, coloro che aderiscono a tali meccanismi.

1.4   Il CESE prende atto che i meccanismi ADR possono essere applicati alle controversie collettive, il che rappresenta un primo passo verso la creazione di un meccanismo giudiziario di ricorso collettivo nell'UE, ma raccomanda di fare esplicito riferimento a tale possibilità negli articoli della proposta e di definirne opportunamente il regime.

1.5   A tale proposito, ribadisce che questo non dispensa l'UE dalla necessità e dall'urgenza di dotarsi di uno strumento giudiziario armonizzato di azione collettiva a livello europeo, che comunque un'eventuale estensione del sistema ADR proposto alle controversie collettive non potrebbe sostituire.

1.6   Il CESE è d'accordo con i principi stabiliti agli articoli 7, 8 e 9 della proposta, ma per motivi di certezza e di chiarezza raccomanda di mantenere taluni dei principi contenuti nelle raccomandazioni, ad esempio il principio del contraddittorio e il principio della rappresentanza – garantendo espressamente la possibilità che le parti si facciano rappresentare da avvocati o da terzi, in particolare dalle associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori.

1.7   Il CESE inoltre raccomanda di non sostituire il principio di indipendenza con un più vago principio d'imparzialità che ha un contenuto diverso e meno preciso, nonché una natura differente.

1.8   Il CESE è restio ad accettare che tali meccanismi possano occuparsi anche delle denunce presentate dai professionisti nei confronti dei consumatori. Tuttavia, tenendo conto delle disposizioni dello Small Business Act, le micro e le piccole imprese dovrebbero avere la possibilità di ricorrere ai meccanismi ADR per risolvere le loro controversie con i consumatori in casi ben precisi e in base a condizioni da definire.

1.9   Il Comitato sottolinea che la proposta in oggetto non dovrà mai mettere in discussione i sistemi già esistenti negli Stati membri o che questi ultimi possano creare con carattere vincolante in base alle loro tradizioni giuridiche. Il CESE accetta che le decisioni degli organismi ADR possano non essere vincolanti per le parti solo a condizione che non venga ostacolato, anzi che sia espressamente garantito il ricorso alla giurisdizione dei normali tribunali competenti da parte dei soggetti interessati.

1.10   Il CESE raccomanda che la proposta della Commissione all'esame preveda una formula identica a quella contenuta nella proposta di regolamento ODR per quanto concerne la chiara prevalenza del diritto di accesso alla giustizia, nel senso che gli ADR non sostituiscono né costituiscono una vera «alternativa» alla funzione dei normali tribunali, ma sono solo strumenti complementari, seppur preziosi, per la risoluzione delle controversie.

1.11   Il CESE raccomanda inoltre che la questione del finanziamento di questi sistemi sia affrontata in modo esplicito e coraggioso, tenendo conto che le organizzazioni rappresentative dei consumatori e alcuni Stati membri non sono in grado di far fronte all'aumento delle spese determinato dalla loro attuazione e considerando che il tema è decisivo per garantire l'imparzialità e l'indipendenza del sistema.

1.12   Per il Comitato, il contenuto di diverse disposizioni deve essere rivisto e può essere migliorato ai fini di una maggiore chiarezza, di una minore ambiguità e di una migliore efficacia. Raccomanda pertanto alla Commissione di tener conto delle sue osservazioni specifiche.

2.   Sintesi della proposta

2.1   Considerando che al momento di acquistare beni e servizi nel mercato interno, gran parte dei consumatori europei incontra problemi che molto spesso non trovano soluzione;

considerando inoltre che l'applicazione delle raccomandazioni 98/257/CE (1) e 2001/310/CE (2) si è rivelata inefficace e che sussistono tuttora lacune, una mancanza di consapevolezza dei soggetti interessati e disparità procedurali tra gli Stati membri;

considerando il contenuto e le conclusioni di diversi studi commissionati nel corso degli anni su questo tema;

considerando infine i risultati dell'ultima consultazione pubblica, lanciata nel gennaio 2011, nonché la valutazione d'impatto SEC(2011) 1408 final, del 29 novembre 2011;

la Commissione ha presentato la proposta di direttiva all'esame, la quale persegue i seguenti obiettivi:

a)

garantire che tutte le controversie tra un consumatore e un professionista connesse alla vendita di beni o alla fornitura di servizi in qualsiasi settore economico possano essere sottoposte ad un organismo responsabile della risoluzione alternativa della controversie (ADR), indipendentemente da chi dei due abbia presentato denuncia;

b)

assicurare che i consumatori possano ottenere assistenza nel caso siano coinvolti in una controversia transfrontaliera;

c)

garantire che gli organismi ADR rispondano a principi di qualità, in particolare per quanto concerne l'imparzialità, la trasparenza, l'efficacia e l'equità, e che le procedure siano tendenzialmente gratuite;

d)

affidare ad un'unica autorità competente in ciascuno Stato membro l'incarico di monitorare il funzionamento di tutti gli organismi ADR;

e)

assicurare che gli Stati membri applichino sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni degli obblighi d'informazione dei consumatori e delle autorità competenti;

f)

non impedire agli Stati membri di mantenere o di approvare procedure ADR relative a controversie tra professionisti;

g)

non impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre procedure ADR per il trattamento in comune di controversie identiche o simili tra un professionista e più consumatori (interessi collettivi);

h)

incoraggiare gli Stati membri a creare organismi ADR che comprendano anche professionisti di altri Stati membri.

2.2   A tal fine, la Commissione propone di trasformare le raccomandazioni citate in direttiva, conferendo in tal modo alle loro disposizioni un carattere vincolante e ricorrendo come base giuridica esclusivamente all'articolo 114 del TFUE (instaurazione del mercato interno).

2.3   Tuttavia, la direttiva non impone ai commercianti l'obbligo di assoggettarsi alle procedure ADR né stabilisce che le conclusioni di tali procedure siano per loro vincolanti.

2.4   La direttiva proposta prevale sulla legislazione dell'UE contenente disposizioni volte a promuovere l'istituzione di organismi ADR, nella misura in cui tale legislazione non garantisca un livello di protezione del consumatore almeno equivalente.

2.5   La direttiva proposta si applica a tutti gli organismi che offrano, su base duratura, di risolvere le controversie attraverso procedure ADR, comprese le procedure arbitrali istituite che non siano stabilite ad hoc.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE, che in numerosi pareri e da molti anni ormai ha con insistenza chiesto di trasformare le raccomandazioni 98/257/CE e 2001/310/CE in normativa vincolante, non può che congratularsi con la Commissione per quest'iniziativa che tuttavia, a parte le osservazioni che seguono, ha l'unico difetto di essere tardiva. Si chiede inoltre se, ai fini di una maggiore certezza e sicurezza, non si sarebbe potuto/dovuto privilegiare un regolamento rispetto ad una direttiva.

3.2   Anche per quanto concerne la base giuridica, il CESE ritiene che, oltre alla mera instaurazione del mercato interno, la questione si incentri anche sulla protezione dei consumatori e che quindi, se non venisse scelto l'articolo 81, la base giuridica più adeguata dovrebbe essere l'articolo 169, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 4 e non solo l'articolo 114, senza dimenticare gli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

3.3   Il Comitato è favorevole all'esclusione dall'ambito di applicazione della proposta delle procedure che vengono in modo ingannevole presentate come risoluzioni amichevoli di controversie di consumo ma che invece non sono altro che una manovra di marketing, nella misura in cui gli organismi responsabili sono persone alle dirette dipendenze del professionista e da quest'ultimo stipendiate e dunque non presentano alcuna garanzia di imparzialità e di indipendenza. Per evitare qualsiasi dubbio, il CESE propone la creazione di un «marchio europeo di conformità» che non solo qualifichi i meccanismi ADR rispondenti ai requisiti stabiliti nella proposta (un sistema analogo al «marchio di fiducia» esistente in Spagna) ma che identifichi anche, in modo armonizzato e gratuito per i professionisti, coloro che aderiscono a tali meccanismi, garantendo così la fiducia dei consumatori nei confronti dei meccanismi stessi.

3.4   Il Comitato approva l'estensione dell'applicazione del concetto di consumatore, a seguito della nuova direttiva sui «diritti dei consumatori» (3), ai contratti a duplice finalità, contratti in cui l'attività commerciale non è predominante nel contesto generale. Chiede tuttavia che venga fatto esplicito riferimento a questa nozione negli articoli della proposta.

3.5   Condivide inoltre la preoccupazione di estendere il funzionamento del sistema proposto alle controversie transfrontaliere e spera che la Commissione crei le condizioni affinché l'ADR possa effettivamente trattare anche questi casi, segnatamente ricorrendo all'ODR e potenziando la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri (4). Il Comitato raccomanda altresì alla Commissione, analogamente a quanto dispone l'articolo 6, paragrafo 4 della proposta di regolamento ODR, di convocare almeno una volta l'anno una riunione delle autorità nazionali competenti di cui all'articolo 15 della proposta di direttiva, onde consentire uno scambio delle migliori pratiche e un dibattito sugli eventuali problemi inerenti il funzionamento dei sistemi ADR.

3.6   Approva la possibilità di applicare i sistemi ADR a controversie collettive come primo passo verso la creazione di un meccanismo giudiziario di ricorso collettivo a livello UE. Avrebbe tuttavia preferito che tale possibilità trovasse esplicito riferimento negli articoli della proposta e che il suo il regime specifico venisse opportunamente definito e non lasciato alla discrezionalità degli Stati membri. A tale proposito, il CESE ribadisce quanto sostiene da anni in diversi suoi pareri, vale a dire la necessità e l'urgenza di dotare l'UE di uno strumento armonizzato di azione collettiva (class action) a livello comunitario, che comunque l'estensione del sistema ADR proposto alle controversie collettive non potrebbe sostituire.

3.7   Il Comitato riconosce la necessità di garantire che coloro che si occupano della gestione e del funzionamento dell'ADR, siano essi funzionari, mediatori oppure organi di arbitrato, abbiano le conoscenze, le capacità, l'esperienza e le competenze personali e professionali per svolgere in modo idoneo e imparziale le loro funzioni. Vanno inoltre assicurate le condizioni affinché queste persone possano portare avanti i loro compiti con imparzialità e indipendenza. In questo senso, avrebbe apprezzato che tali condizioni venissero specificate in modo particolareggiato nel testo della proposta, al fine di garantire criteri omogenei in tutta l'UE.

3.8   Il CESE è d'accordo con i principi di funzionamento dell'ADR stabiliti agli articoli 7, 8 e 9 della proposta, i quali corrispondono ad alcuni dei principi già contenuti nelle raccomandazioni citate. Si chiede tuttavia per quale motivo siano stati trascurati taluni dei principi fondamentali di dette raccomandazioni, ad esempio il principio di legalità e il principio di libertà.

Per ragioni di certezza e di chiarezza, raccomanda di mantenere una definizione autonoma del principio di contraddittorio e del principio della rappresentanza - definendo debitamente la possibilità che le parti si facciano rappresentare da avvocati o da terzi, in particolare dalle associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori (e non prevedendo in modo implicito questa possibilità negli articoli 8, paragrafo 1, lettera a) e 9, paragrafo 1, lettera a)).

Per il CESE infine è inaccettabile che il principio di indipendenza sia stato sostituito da un vago principio d'imparzialità che ha un contenuto diverso e meno preciso, nonché una natura differente.

3.9   Il CESE è restio ad accettare che tali meccanismi possano occuparsi anche delle denunce presentate dai professionisti nei confronti dei consumatori, non solo perché questo va in senso contrario a quello dei sistemi tradizionali esistenti in tutti gli Stati membri e contraddice gli orientamenti che emergono dalle diverse posizioni espresse dalla Commissione e dal Parlamento europeo in materia nel corso degli anni, ma soprattutto perché significherebbe trasformare i meccanismi ADR in sedi di risoluzione di controversie legate al mancato pagamento. In tal modo verrebbe scavalcato il sistema istituto dall'UE per le cosiddette controversie di modesta entità (small claims) e i sistemi ADR verrebbero travolti da una valanga di casi che li paralizzerebbe, non disponendo essi di un'adeguata capacità di risposta.

Tuttavia, tenendo conto delle disposizioni dello Small Business Act, le micro e le piccole imprese dovrebbero, in base a precise condizioni ancora da definire, avere la possibilità di ricorrere ai meccanismi ADR per risolvere le loro controversie con i consumatori, ad esempio quando un prodotto ordinato o riparato non viene ritirato o quando il cliente non si presenta dopo aver effettuato la prenotazione.

3.10   Il Comitato ritiene che la proposta in oggetto non debba mai mettere in discussione i sistemi già esistenti negli Stati membri o che questi ultimi possano creare con carattere vincolante in base alle loro tradizioni giuridiche.

3.11   Il CESE è disposto ad accettare che le decisioni degli organismi ADR possano non essere vincolanti per le parti solo a condizione che sia espressamente garantito il principio fondamentale del ricorso alla giurisdizione dei normali tribunali competenti da parte dei consumatori e dei professionisti. Altrimenti il sistema ADR perderebbe tutto il suo valore aggiunto in termini di credibilità e di efficacia. Inoltre, non si capisce come sia possibile far rientrare nell'ambito del regime istituito anche le decisioni degli organi istituzionali di arbitrato o di altri meccanismi analoghi, che hanno natura di vere e proprie sentenze giudiziarie.

3.12   Il CESE si rammarica che la proposta della Commissione all'esame non preveda una formula identica a quella contenuta nella proposta di regolamento ODR per quanto concerne la chiara prevalenza del diritto di accesso alla giustizia, nel senso che gli ADR non sostituiscono né costituiscono una vera «alternativa» alla funzione dei normali tribunali, ma sono solo strumenti complementari, seppur preziosi, per la risoluzione delle controversie (5).

3.13   Il CESE si stupisce che né la relazione introduttiva alla proposta in oggetto né il programma 2014-2020 abbiano affrontato in modo esplicito e coraggioso la questione del finanziamento di questi sistemi, nonostante le organizzazioni rappresentative dei consumatori le abbiano attribuito una grande importanza nelle consultazioni effettuate, malgrado alcuni Stati membri non siano in grado di far fronte all'aumento delle spese determinato dalla creazione di nuove strutture, dalla formazione dei mediatori e degli altri funzionari di sostegno, dalle esigenze di informazione e di assistenza ai consumatori, dalla realizzazione di perizie e dalle nuove funzioni burocratiche e malgrado che il tema del finanziamento sia stato universalmente giudicato decisivo per garantire l'imparzialità e l'indipendenza del sistema (6).

3.14   Il CESE raccomanda infine alla Commissione di procedere, se ancora non lo avesse fatto, alla valutazione dei principali approcci regolamentari degli Stati membri concernenti l'applicazione della direttiva 2008/52/CE (7) sulla mediazione in materia civile e commerciale (articolo 12) come suggerito dal Parlamento europeo (8).

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Articolo 2, paragrafo 2, lettera a)

L'espressione «sono alle esclusive dipendenze del professionista» è di dubbia ed ambigua interpretazione. Essa dovrebbe essere sostituita con «hanno o hanno avuto negli ultimi 3 anni un rapporto professionale di dipendenza economica o di altro tipo che potrebbe compromettere la loro indipendenza».

4.2   Articolo 4, lettera e)

La definizione è troppo vaga e imprecisa. Essa dovrebbe essere accompagnata da un chiaro riferimento al rispetto dei principi su cui poggia il funzionamento di tali organismi e alla loro certificazione come organi appartenenti alla rete di enti riconosciuti.

4.3   Articolo 5, paragrafo 3

Il CESE non capisce quale sia esattamente la portata di tale norma ma teme che essa non presenti l'efficacia auspicata e che, invece di promuovere la necessaria armonizzazione grazie al funzionamento integrato a livello europeo e nazionale di tutti i meccanismi ADR in base al principio di sistemi comuni e identici, contribuisca piuttosto al mantenimento, da parte degli Stati membri, delle loro strutture attuali e alla creazione, da un punto di vista meramente formale, di un meccanismo sostitutivo che, nella pratica, non risolverà i problemi geografici e settoriali attualmente esistenti.

4.4   Articolo 6

Per quanto concerne la definizione e la verifica dei requisiti di competenza ed imparzialità, il CESE gradirebbe che si garantisse una partecipazione attiva delle organizzazioni rappresentative di professionisti e consumatori, soprattutto nelle procedure di selezione e designazione delle singole persone responsabili della risoluzione delle controversie, e che tale compito non venisse affidato a burocrati e funzionari degli apparati ufficiali nazionali.

4.5   Articolo 7

Oltre a determinare «l'obbligo di mettere a disposizione i mezzi necessari», la proposta dovrebbe imporre anche un «obbligo di risultato», verificando in altre parole che l'azione di tali meccanismi produca risultati quantificabili per quanto concerne i settori con il maggior numero di denunce e la qualità dei servizi prestati dai professionisti. Gli stessi meccanismi devono promuovere attivamente la fiducia nell'utilizzo di tali procedure.

D'altro canto, è fondamentale che gli Stati membri garantiscano la diffusione, da parte degli organismi ADR, d'informazioni sui servizi prestati (tra i quali figurano in modo specifico l'informazione, la mediazione, la conciliazione e l'arbitrato), sulla gestione finanziaria (garantendo in tal modo la necessaria trasparenza dei meccanismi stessi e incrementando la fiducia del consumatore) e sul grado di soddisfazione degli utilizzatori.

Per quanto riguarda il paragrafo 2, il CESE ritiene che oltre alle rispettive relazioni annuali, gli organismi dovranno procedere anche alla diffusione, nei loro canali di comunicazione, del bilancio annuale e della sintesi delle decisioni arbitrali pronunciate, fatto salvo il rispetto delle norme relative al trattamento dei dati personali sancite dalla legislazione nazionale che recepisce la direttiva 95/46/CE.

4.6   Articolo 9

Pur riconoscendo come pertinente il principio di equità, il CESE deplora che il principio di legalità, così come enunciato nella raccomandazione della Commissione del 30 marzo 1998, non figuri nella proposta all'esame (9). L'assenza di questo principio dalle disposizioni della direttiva potrebbe rivelarsi dannosa per i consumatori nell'ambito delle loro relazioni commerciali transfrontaliere, soprattutto quando la normativa dello Stato in cui il consumatore risiede garantisca un livello di protezione superiore a quello della normativa del paese in cui è stato istituito il meccanismo ADR. Il CESE ribadisce la necessità di includere il principio di legalità nella proposta di direttiva all'esame, assicurando che le decisioni degli organismi ADR non privino i consumatori del livello di protezione garantito dalla normativa applicabile.

4.7   Articolo 10

Il CESE teme che a causa di una certa ambiguità nella formulazione di questo articolo il consumatore possa convincersi della possibilità di risolvere la controversia con l'intervento di un organismo ADR, mentre in realtà, il professionista si limita ad informare il consumatore circa l'esistenza di tali meccanismi, nonostante egli non vi aderisca.

Il CESE invita la Commissione a prevedere nella sua proposta l'obbligo per gli Stati membri di esigere, da parte dei professionisti, la fornitura di tali informazioni immediatamente prima della stipula di un contratto in quanto ciò consentirebbe ai consumatori di prendere una decisione in tutta consapevolezza e disponendo delle necessarie informazioni, sapendo in anticipo se i professionisti aderiscono o no agli organismi ADR.

Il CESE ritiene inoltre che l'inosservanza o la scarsa osservanza dell'obbligo di cui al paragrafo 2 debba essere considerata una pratica commerciale sleale e, in quanto tale, inserita nell'elenco allegato alla direttiva 2005/29/CE, indipendentemente dalle sanzioni previste all'articolo 18 della proposta.

4.8   Dall'articolo 15 all'articolo 17

Il CESE teme che tali disposizioni potrebbero rivelarsi insufficienti per il totale rispetto dei requisiti fissati da parte degli organismi ADR, basandosi esse sempre su criteri derivanti dalla loro autovalutazione. In tale contesto, è essenziale che la Commissione promuova la partecipazione diretta della società civile al monitoraggio di tali meccanismi, attraverso i rispettivi organi rappresentativi dei settori in questione (10).

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 115 del 17.4.1998, pag. 31.

(2)  GU L 109 del 19.4.2001, pag. 56.

(3)  Direttiva 2011/83/UE (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64); parere CESE: GU C 317 del 23.12.2009, pag. 54.

(4)  Nell'ambito soprattutto del regolamento 2006/2004 relativo alla cooperazione tra autorità nazionali, cfr. il parere CESE, GU C 218 del 23.7.2011, pag. 69.

(5)  Nella proposta di regolamento ODR si dice testualmente: Il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale sono diritti fondamentali garantiti dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Le procedure di risoluzione delle controversie online non devono né sostituire le procedure giudiziali né privare i consumatori o i professionisti del loro diritto di rivolgersi ai tribunali. Il presente regolamento non deve contenere alcun elemento che possa impedire alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario.

(6)  Cfr. il parere CESE in fase di elaborazione (INT/608).

(7)  GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3; parere CESE: GU C 286 del 17.11.2005, pag. 1.

(8)  Relazione sul recepimento, da parte degli Stati membri, della direttiva concernente la mediazione A7-0275/2011, relatore: A. MCCARTHY.

(9)  La Commissione fa espressamente riferimento a tale principio a proposito delle controversie transfrontaliere, affermando che la decisione dell'organo non può avere il risultato di privare il consumatore della protezione che gli garantiscono le disposizioni imperative della legge dello Stato membro in cui il consumatore risiede abitualmente, nei casi previsti dall'articolo 5 della Convenzione di Roma.

(10)  È quanto succede in Italia nel settore energetico. Anche se si tratta di un meccanismo ADR di natura pubblica, tale sistema è gestito da rappresentanti dei consumatori e dalle imprese energetiche. I rappresentanti dei consumatori partecipano attivamente alla formazione dei tecnici di tale meccanismo.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti punti del parere della sezione specializzata sono stati modificati in seguito agli emendamenti adottati dalla sessione plenaria, nonostante un quarto dei membri si sia espresso a favore del loro mantenimento nella forma iniziale (articolo 54, paragrafo 4 del Regolamento interno):

a)   Punto 1.8:

Il CESE è contrario a che tali meccanismi possano occuparsi anche delle denunce presentate dai professionisti nei confronti dei consumatori

b)   Punto 3.9:

Il CESE è contrario a che tali meccanismi possano occuparsi anche delle denunce presentate dai professionisti nei confronti dei consumatori, non solo perché questo va in senso contrario a quello dei sistemi tradizionali esistenti in tutti gli Stati membri e contraddice gli orientamenti che emergono dalle diverse posizioni espresse dalla Commissione e dal Parlamento europeo in materia nel corso degli anni, ma soprattutto perché significherebbe trasformare i meccanismi ADR in sedi di risoluzione di controversie legate al mancato pagamento. In tal modo verrebbe scavalcato il sistema istituto dall'UE per le cosiddette controversie di modesta entità (small claims) e i sistemi ADR verrebbero travolti da una valanga di casi che li paralizzerebbe, non disponendo essi di un'adeguata capacità di risposta.

Conformemente al disposto dell'articolo 51, paragrafo 4 del Regolamento interno, i due emendamenti sono stati esaminati insieme.

Esito della votazione:

Voti favorevoli

:

80

Voti contrari

:

52

Astensioni

:

19


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/99


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (regolamento sull’ODR per i consumatori)

COM(2011) 794 definitivo — 2011/0374 (COD)

(2012/C 181/18)

Relatore: PEGADO LIZ

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 13 dicembre 2011 e 14 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (regolamento sull'ODR per i consumatori)

COM(2011) 794 definitivo — 2011/0374 (COD)

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 9 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 117 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), che da molto tempo chiedeva un'iniziativa di questa natura, si rallegra per la proposta della Commissione e appoggia la scelta del regolamento come strumento appropriato.

1.2   Il CESE ritiene tuttavia che la base giuridica più adeguata sarebbe l'articolo 169, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 4 e non soltanto l'articolo 114 del TFUE, oltre agli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

1.3   Accoglie con grande favore l'espressa dichiarazione della Commissione, secondo cui con la creazione di questo sistema non si intende precludere il diritto di ricorso ai tribunali o sostituire il normale funzionamento delle procedure giudiziali, quando le parti vogliano ricorrervi.

1.4   Ritiene tuttavia che la proposta sia timida, persino ingannevole nel titolo e insufficiente rispetto a quella che ci si sarebbe potuta attendere e sarebbe stata auspicabile e possibile, specialmente per quel che concerne l'utilizzazione di una serie di mezzi tecnologici e di sistemi di informazione elettronica, già esistenti e sperimentati con successo, della cosiddetta seconda generazione di ODR.

1.5   Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione di considerare questa proposta soltanto un primo passo verso un'effettiva risoluzione delle controversie online e di sviluppare a breve termine le potenzialità del sistema in modo da integrare tutta l'innovazione tecnologica compatibile con la certezza e la sicurezza del diritto, anche se a questo scopo bisogna creare ex novo un sistema specifico e autonomo di ODR europeo per le operazioni transfrontaliere.

1.6   Il CESE reputa che non sia giustificata l'esclusione dal sistema sia delle controversie che non siano meramente transfrontaliere che delle controversie che non derivino esclusivamente da operazioni concluse attraverso mezzi elettronici (controversie off-line).

1.7   Il CESE non è d'accordo che questi meccanismi possano trattare anche reclami di professionisti contro dei consumatori.

1.8   Il CESE raccomanda che sia espressamente inclusa la possibilità per le parti di farsi rappresentare da avvocati o da terzi, in particolare da associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori, nei loro reclami online.

1.9   Il CESE esorta la Commissione a chiarire in che modo questioni più complesse che possono presentarsi in certe controversie online, come la discussione di clausole contrattuali abusive o la legge applicabile ai contratti, potranno essere risolte attraverso la piattaforma.

1.10   Il CESE dubita seriamente che i termini stabiliti siano realistici e teme che sancirli in modo tassativo, oltre alla prevedibile impossibilità pratica del loro rispetto, contribuisca al discredito di un sistema in cui uno degli obiettivi principali è rappresentato dalla celerità e dall'efficacia.

1.11   Il CESE propone l'interconnessione di questa piattaforma online con un «libro di reclami online» la cui esistenza dovrebbe figurare nei siti web dei professionisti online.

1.12   Il CESE raccomanda che la Commissione adotti un regime di garanzia della qualità del sistema da istituire, propone l'apposizione di trustmarks (sigilli o marchi di fiducia), da parte di organismi accreditati e autorizzati, per gli operatori economici che pubblicizzino (sui loro siti web) e promuovano la risoluzione dei conflitti attraverso la suddetta piattaforma ed esorta a inserire nei codici di condotta un riferimento alla risoluzione dei conflitti attraverso questa piattaforma.

1.13   Il CESE raccomanda che la questione del finanziamento di questo sistema venga affrontata in modo esplicito e coraggioso, visto che le organizzazioni rappresentative dei consumatori e alcuni Stati membri si trovano in una situazione difficile per far fronte alle spese accresciute dovute all'attuazione del sistema, dato che è indubbio che tale questione sia decisiva per garantire l'imparzialità e l'indipendenza del sistema.

1.14   Il CESE ritiene che troppi aspetti importanti ed essenziali dello strumento legislativo e del funzionamento del sistema siano lasciati a futuri atti di esecuzione o ad atti delegati, che oltrepassano ampiamente i limiti stabiliti nell'articolo 290 del Trattato, con conseguenze sulla sicurezza e certezza giuridica del dispositivo.

1.15   Il CESE reputa che il tenore di diverse norme debba essere riveduto e possa essere migliorato per renderle più chiare, meno ambigue e più efficaci nelle loro disposizioni e raccomanda alla Commissione di tener conto delle osservazioni particolari che seguono.

2.   Sintesi della proposta

2.1   Considerando che una parte sostanziale degli organismi preposti alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (ADR) non offre la possibilità ai consumatori europei di effettuare tutto l'iter delle procedure online,

considerando che la mancanza di mezzi di ricorso efficaci per i reclami derivanti da operazioni transfrontaliere in materia di consumo effettuate online ha conseguenze dannose per i consumatori e per le imprese,

considerando che il tenore e le conclusioni di innumerevoli studi realizzati in materia indicano che esiste un sostegno generale allo sviluppo di strumenti per la risoluzione delle controversie online dei consumatori (ODR) attraverso un'azione a livello dell'UE,

considerando che i risultati della valutazione d'impatto (SEC(2011) 1408 final) del 29 novembre 2011 indicano che soltanto la combinazione dei due strumenti - ADR e ODR - può garantire l'accesso a mezzi extragiudiziali imparziali, trasparenti ed efficaci per la risoluzione delle controversie in materia di consumo legate a operazioni transfrontaliere di commercio elettronico,

la Commissione, con la proposta di regolamento in esame, intende istituire un sistema di ODR a livello di tutta l'UE, in modo da facilitare la risoluzione online delle controversie in materia di consumo legate alla vendita di beni o alla prestazione di servizi transfrontalieri per via elettronica tra un professionista e un consumatore.

2.2   A questo scopo la Commissione utilizza come base giuridica esclusivamente l'articolo 114 del TFUE, che è teso alla realizzazione del mercato interno, nell'ottica di:

a)

creare una «piattaforma europea di risoluzione delle controversie online» (piattaforma ODR), sotto forma di un sito web interattivo, gratuito e accessibile online, in tutte le lingue ufficiali dell'UE. Essa avrà un unico punto di entrata per i consumatori e i professionisti che intendono risolvere per via extragiudiziaria una controversia originatasi esclusivamente nel quadro di un'operazione di commercio elettronico transfrontaliero, le cui parti risiedano o siano stabilite tutte in Stati membri differenti dell'UE,

b)

istituire una «rete di assistenza ODR», formata da un punto di contatto ODR in ogni Stato membro - l'autorità competente designata ai sensi della direttiva ADR quale responsabile per l'assistenza alla risoluzione delle controversie presentate attraverso questa piattaforma.

2.3   Il regolamento proposto si applica soltanto alle controversie tra professionisti e consumatori derivanti dalle operazioni di vendita di beni o prestazione di servizi transfrontalieri che siano effettuate online.

2.4   Il sistema da creare dovrà essere basato sugli organismi di ADR già esistenti e sul rispetto delle tradizioni giuridiche degli Stati membri per quanto riguarda le rispettive regole procedurali nazionali, in particolare in materia di costi, fatto salvo un complesso comune di norme di funzionamento teso a salvaguardare l'efficacia e la rapidità del sistema. Questo sistema non ostacola il funzionamento di qualsiasi organismo di ADR online già esistente nell'UE, né impedisce agli organismi di ADR di dirimere controversie transfrontaliere che vengano presentate loro mediante canali diversi dalla piattaforma.

2.5   Le procedure di ODR non sono tese a sostituire le procedure giudiziali, né a privare i consumatori o i professionisti dei loro diritti di ottenere un risarcimento attraverso i tribunali. Il regolamento proposto dovrà essere applicato a tutti gli organismi che permettano, su base permanente, la risoluzione di controversie attraverso una procedura di ADR, comprese le procedure di arbitrato ufficiali che non siano create ad hoc.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE, in alcuni dei suoi pareri più recenti e specialmente dopo l'adozione dell'agenda digitale (1), delle 50 misure (2) e delle 12 leve per il mercato interno (3), aveva da tempo sollecitato la creazione di un sistema di risoluzione delle controversie online e, pertanto, non può che congratularsi per questa iniziativa della Commissione e appoggiare la scelta dello strumento giuridico adottato, ossia il regolamento.

3.2   Per quanto riguarda la base giuridica, il CESE ritiene che sia in gioco, oltre alla mera realizzazione del mercato interno, anche uno strumento di protezione dei consumatori e, pertanto, la base giuridica più appropriata nel TFUE - se non viene adottato l'articolo 81 - dovrebbe essere l'articolo 169, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 4, e non soltanto l'articolo 114, oltre agli articoli 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.

3.3   Accoglie con grande favore l'espressa dichiarazione della Commissione, secondo cui la creazione di questo sistema non intende precludere il diritto di ricorso ai tribunali o sostituire il normale funzionamento delle procedure giudiziali, quando le parti vogliono ricorrervi.

3.4   Accoglie con favore l'estensione della nozione di consumatore - analogamente a quanto fatto nella proposta di direttiva di ADR e in linea con la nuova direttiva sui diritti dei consumatori (4) - ai contratti con duplice scopo, nel cui quadro l'attività commerciale della persona non sia predominante nel contesto globale del contratto, ma gradirebbe che questa nozione comparisse esplicitamente nell'articolato.

3.5   Apprezza la preoccupazione della Commissione di rispettare le tradizioni giuridiche degli Stati membri e di non voler sostituire o diminuire il ruolo delle ADR esistenti nel quadro di questo sistema, ma dubita che in questo modo si compia un passo significativo verso la dematerializzazione delle controversie online.

3.6   Riconosce che in pratica la proposta in esame si limita alla creazione di una specie di «quadro di posta elettronica», o di una «cassetta postale online», a cui sono diretti i reclami che, dopo una selezione meramente formale, sono trasmessi ai differenti organismi di ADR; la proposta si traduce, in tal modo, in un sistema di trasmissione burocratico, amministrativo e pesante.

3.7   Ritiene che la proposta sia timida e insufficiente rispetto a quella che ci si sarebbe potuta attendere e sarebbe stata auspicabile e possibile, specialmente per quel che concerne:

a)

il piano d'azione pluriennale 2009-2013 in materia di giustizia elettronica europea (5),

b)

il documento pieno di novità della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (6) (UNCITRAL) A/CN.9/706 intitolato Possible future work on online dispute resolution in cross-border electronic commerce transactions («Il possibile lavoro futuro sulla risoluzione delle controversie online nelle operazioni transfrontaliere di commercio elettronico»),

c)

l'esclusione delle controversie che non siano meramente transfrontaliere, obbligando gli Stati membri che lo desiderino a configurare sistemi puramente nazionali per le controversie intrafrontaliere, anche se i soggetti coinvolti possono essere di nazionalità diversa, ma trovarsi a risiedere in via permanente o temporanea nello stesso Stato membro,

d)

l'esclusione delle controversie che non derivino esclusivamente da operazioni concluse attraverso mezzi elettronici (off-line), visto che non è stata adottata la definizione più vasta di commercio elettronico della direttiva 2000/31/CE con l'inclusione delle controversie derivanti da comunicazioni commerciali online senza concretizzazione di qualsiasi operazione, o anche della possibilità - già riconosciuta da alcune ADR - di trattare per via elettronica le controversie derivanti da operazioni realizzate a distanza attraverso mezzi non elettronici (vendita su catalogo, a domicilio) e persino delle operazioni in presenza delle parti realizzate recandosi in altri Stati membri, in cui la controversia sorga dopo la conclusione dell'operazione commerciale,

e)

la non adozione di quel che oggi è comunemente designato come un sistema di seconda generazione di ODR (7) (Online Dispute Resolution), in cui la tecnologia (inerente a questa piattaforma) assume un ruolo attivo e opera come una vera «quarta parte» (8) (oltre alle due parti e al mediatore/arbitro) nella procedura di risoluzione delle controversie online dei consumatori; ciò permetterebbe alle parti una comunicazione a distanza, in forma simultanea o no, attraverso le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, invece di comunicare l'una in presenza dell'altra,

f)

l'assenza di qualsiasi riferimento a un regime di garanzia della qualità del sistema istituito, come quello messo a disposizione dalla norma ISO 10003 (Linee guida per la risoluzione delle controversie esterne alle organizzazioni), che potrebbe anche servire a normalizzare un prospetto a fini informativi sul funzionamento del meccanismo, o all'esistenza di una watch list, in cui i reclami contro i professionisti possano essere repertoriati.

3.8   Sebbene il regolamento attribuisca alla piattaforma ODR la possibilità di «condurre online la procedura di risoluzione della controversia» (articolo 5, paragrafo 3, lettera d)), il CESE sperava che venissero gettate le basi di un sistema di ODR quale elemento di legittimazione della giustizia online, o giustizia elettronica; sperava che l'architettura fornita riutilizzasse e riproducesse le infrastrutture e risorse tecnologiche esistenti, sincrone o asincrone (ad esempio, chat, forum elettronici, mailing list, posta elettronica, tele-, audio- e video-conferenza, sale virtuali di mediazione), potenziasse le applicazioni della giustizia e dotasse la procedura (la negoziazione, la mediazione e l'arbitrato online) degli strumenti di prima e seconda generazione di ODR attraverso la promozione della «mediazione elettronica (e-mediazione)» tra le parti, l'incremento del processo produttivo e l'aumento dell'osservabilità e della prevedibilità procedurale.

3.9   Anche senza procedere verso i suddetti modelli di seconda generazione in cui l'utilizzo degli strumenti telematici e l'aiuto dell'intelligenza artificiale, per mezzo di modelli matematici, permettono la risoluzione delle controversie attraverso la valutazione sistematica delle proposte delle parti, esse stesse sostenute da agenti informatici dotati di uguale capacità («interfacce intelligenti») in un processo interattivo assente in schemi negoziali standardizzati come il BATNA (Best Alternative to a Negotiated Agreement) o il WATNA (Worst Alternative to a Negotiated Agreement) per arrivare allo ZOPA (Zone of Possible Agreement), la Commissione, per onorare le aspettative e tener fede agli annunci di questa iniziativa, avrebbe dovuto perlomeno considerare le potenzialità di inclusione nelle funzioni della piattaforma di Sistemi di sostegno decisionale alle parti in un sistema di ODR, come - ad esempio - i sistemi esperti, i sistemi di informazione basati su casi anteriori, i sistemi di accesso a banche dati informatiche (ragionamento per analogia o case based reasoning (CBR) nella letteratura internazionale) e di risoluzione di controversie online sulla base degli stili di controversia delle parti.

3.10   Il CESE si domanda inoltre in quale modo la Commissione abbia pensato la risoluzione online di casi che abbiano a che vedere non soltanto con controversie di mercato logiche, del tipo «difetto», «cattivo funzionamento», «ritardi nella consegna o mancata consegna», ma piuttosto con la discussione di clausole contrattuali abusive o della legge applicabile ai contratti.

3.11   Il CESE apprezzerebbe che venisse fatto esplicito riferimento alla possibilità per le parti di farsi rappresentare da avvocati o da terzi, in particolare da associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori, nei loro reclami online.

3.12   Il CESE si sorprende che la questione del finanziamento per l'attuazione di questo nuovo strumento non sia stata affrontata in modo esplicito e coraggioso, visto che è indubbio che le organizzazioni rappresentative dei consumatori lo avevano considerato essenziale nelle consultazioni realizzate; alcuni Stati membri si trovano in una situazione di grande difficoltà per far fronte alle spese accresciute dovute a nuove strutture, alla formazione di «assistenti» e di altri funzionari di appoggio, informazione e assistenza ai consumatori, a nuove funzioni burocratiche, e questo tema è unanimemente considerato decisivo per garantire l'imparzialità e l'indipendenza del sistema.

4.   Osservazioni particolari

4.1   Articolo 1, Oggetto

L'oggetto del regolamento dovrebbe comprendere anche il principio di accesso al diritto e alla giustizia per le parti. Oltre alla risoluzione delle controversie, la piattaforma potrebbe servire per evitare le controversie, raccogliendo informazioni rilevanti tendenti a sanare il conflitto.

4.2   Articolo 2, Ambito di applicazione

Il CESE accoglierebbe con favore, anche nell'ottica della razionalità economica, l'applicabilità del regolamento anche ai conflitti che si verificano in un ambiente offline, a partire dal fatto che è già prassi comune nel funzionamento di organismi di ADR che operano con tecnologie informatiche nella mediazione tra le parti.

Dal punto di vista formale, si propone che la materia delle esclusioni dal campo di applicazione del regolamento dovrebbe constare dall'articolo 2 e non dall'articolo 4, che riguarda le definizioni.

4.3   Articolo 3, Rapporto con altre normative dell'Unione

Il CESE propone che siano menzionate anche le direttive relative al commercio elettronico, alla vendita di beni di consumo e ai contratti a distanza (9).

4.4   CAPO II Piattaforma europea di risoluzione delle controversie online

Il CESE preferirebbe che, ai fini di una maggiore chiarezza, la parte relativa all'istituzione della piattaforma e quella relativa al procedimento fossero oggetto di capi differenti.

4.5   Articolo 5, paragrafo 3, lettera b)

Il CESE nutre dubbi che le parti possano realmente operare la scelta di un organismo di ADR a causa della mancanza di conoscenze e di criteri per farlo. Sarebbe d'altra parte opportuno che le parti potessero procedere autonomamente alla designazione di un organismo cui si sono già rivolte in precedenza.

4.6   Articolo 5, paragrafo 3, lettera i)

Il CESE teme che tali informazioni non siano sufficienti. Propone che, oltre alle statistiche sull'esito delle controversie, la piattaforma indichi quali sono le metodologie di ADR più utilizzate e fornisca dati statistici per casi trattati. La piattaforma deve includere un sistema di gestione procedurale dotato di indicatori di gestione (comprendente le procedure introdotte, quelle terminate, quelle pendenti, la durata e il costo della procedura). Oltre a ciò, il CESE ritiene che la mera indicazione o proposta alle parti di uno o più organismi di ADR, non garantisca la realizzazione dell'obiettivo auspicato della direttiva: la garanzia di accesso alla giustizia per le parti. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che è sufficiente che una delle due parti non approvi l'organismo di ADR proposto perché la procedura si concluda per abbandono, cfr. articoli 7, par.3, 8, par.2, lettera b) e par.4: ciò che di fatto fa presagire il fallimento del sistema.

4.7   Articolo 6, Rete di assistenza per la risoluzione delle controversie online

Il CESE ritiene che l'espressione «risoluzione delle controversie online» sia ingannevole e che avrebbe dovuto essere evitata, poiché, a rigor di logica, la risoluzione delle controversie non si effettua online, ma con i metodi classici di ADR. Quello che avviene è solo che il reclamo viene presentato elettronicamente.

Il CESE teme seriamente che tale sistema condizioni o pregiudichi in modo irrimediabile la celerità e l'efficacia postulata nell'oggetto della proposta di regolamento, determinando una burocratizzazione della procedura - dato il sistema di reindirizzo in tre fasi raccomandato - e mettendo chiaramente in forse la possibilità di un effettivo rispetto del termine di 30 giorni stabilito nell'articolo 9, lettera b). Si noti che, prima che le parti abbiano accesso all'effettiva risoluzione della controversia da parte dell'organismo di AD, il reclamo deve essere presentato per via elettronica alla piattaforma, poi esaminato e proposto agli organismi di ADR competenti e, infine, reindirizzato dagli assistenti ODR all'organismo ADR prescelto, e ciò può implicare un inevitabile allungamento dei tempi per le parti, causando costi di mora e costi opportunità.

4.8   Articolo 7, Presentazione di un reclamo

Il CESE consiglia di prestare la dovuta attenzione alla necessità che la traduzione del reclamo e dei documenti allegati sia garantita e realizzata. Si tratta di un aspetto essenziale per il funzionamento del sistema e che la proposta ignora, neanche menzionando i sistemi di traduzione automatica già esistenti e che dovrebbero essere integrati nel sistema.

4.9   Articolo 7, par. 2 e 6

Il CESE sottolinea che il documento allegato, chiamato «Informazioni da fornire per la compilazione del modulo di reclamo elettronico» risulta assolutamente insufficiente per il suo tenore e le modalità di compilazione e tale quindi da rendere superfluo ogni commento.

Il CESE ritiene che il sito web, oltre a mettere a disposizione un modulo, dovrà disporre di un manuale di istruzioni online relativo alle modalità di compilazione del modulo stesso; dovrà includere una formazione specifica in tal senso (istruzioni preliminari per la familiarizzazione con questo software o, in aggiunta, la messa a disposizione di un sito web di supporto con istruzioni, aiuti e risposte alle domande più frequenti); dovrà prevedere uno spazio interattivo dove le parti possano esporre le loro difficoltà e ricevere risposte immediate online; dovrà facilitare l'esposizione orale dei fatti nelle diverse lingue e con traduzione immediata, attraverso le nuove tecnologie di comunicazione esistenti; dovrà inoltre prevedere un sistema di rilevazione automatica dei moduli compilati in modo non corretto oppure incompleto, evitando così che sia necessaria la presentazione di un nuovo reclamo.

Il CESE reputa che taluni concetti giuridici indeterminati come, per esempio, i) «sufficienti» (par. 2) e ii) «dati corretti, pertinenti e non eccessivi rispetto alle finalità per le quali vengono raccolti» (par. 6) debbano essere trasformati in elementi concreti d'informazione.

Il CESE parte dal presupposto che si dovrà tener conto non solo di un obbligo di mezzi (quello della messa a disposizione di un modulo online), ma anche del fatto che la compilazione del modulo deve essere intuitiva, consumer friendly (10), facile e comoda.

Il CESE propone inoltre l'interconnessione di tale piattaforma online con un «libro di reclami online» la cui esistenza dovrebbe figurare nei siti web dei professionisti online. La sua compilazione potrebbe rendere possibile il rimando diretto, automatico e elettronico attraverso un'interfaccia alla piattaforma ODR centrale, in modo che la controversia sia trattata.

4.10   Articolo 8, paragrafo 1

Il CESE ricorda che i consumatori medi soffrono in generale di un livello basso di conoscenze informatiche (oltre che di esclusione digitale) e teme che la sanzione prevista al par. 1 avrà un effetto del tutto contrario agli obiettivi dell'iniziativa, traducendosi in uno strumento formale di non risoluzione delle controversie.

4.11   Articolo 12, Riservatezza dei dati e sicurezza

Il CESE avverte che le regole sul segreto d'ufficio e alla riservatezza sono sottoposte alla legislazione nazionale, e che non esiste una disposizione, pur necessaria, in ordine all'onere della prova e a soluzioni nel caso di non rispetto di tali obblighi.

4.12   Articolo 13, Informazioni per i consumatori

Il CESE propone l'apposizione di trustmarks (sigilli o marchi di fiducia) da parte di organismi accreditati e autorizzati per gli operatori economici che pubblicizzino (nei loro siti web) e promuovano la risoluzione delle controversie attraverso questa piattaforma, come - ad esempio - TRUSTe, etichetta europea (Euro-Label) o Global Trustmark Alliance.

Il CESE chiede l'inserimento nei codici di condotta (elaborati da operatori economici, associazioni di consumatori o fornitori, o ancora organismi governativi) del riferimento alla risoluzione delle controversie attraverso questa piattaforma online.

4.13   Articoli 15 e 16, Atti di esecuzione ed esercizio della delega

In diverse disposizioni della proposta (articolo 6, paragrafo 5, e articolo 7, paragrafi 4 e 5), aspetti importanti ed essenziali dello strumento legislativo e del funzionamento del sistema sono lasciati a futuri atti di esecuzione o ad atti delegati, che il CESE ritiene oltrepassino ampiamente i limiti stabiliti nell'articolo 290 del Trattato e definiti nella comunicazione della Commissione sull'attuazione dell'articolo 290 del TFUE (COM(2009) 673 final del 9 dicembre 2009), con conseguenze sulla sicurezza e certezza giuridica dello strumento giuridico.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2010) 245 final.

(2)  COM(2010) 608 final.

(3)  COM(2011) 206 final.

(4)  Direttiva 2011/83/UE - GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64.

(5)  GU C 75 del 31.3.2009, pag. 1.

(6)  Si rinvia a http://www.uncitral.org/uncitral/publications/online_resources_ODR.html.

(7)  Cfr. G. Peruginelli e G. Chiti: Artificial Intelligence Dispute Resolution, in Proceedings of the Workshop on the Law of electronic agents – LEA 2002.

(8)  Cfr. tra le altre le procedure CYBERSETTLE (http://www.cybersettle.com), SMARTSETTLE (http://www.smartsettle.com), SQUARETRADE (http://www.squaretrade.com) - quest'ultima responsabile della risoluzione di oltre 200 000 controversie in 120 paesi a partire dal 1999 - e ECODIR (disponibile su http://www.ecodir.org/).

(9)  Direttiva n. 2000/31/CE, GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1, direttiva n.o 1999/44/CE, GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12 e direttiva n.o 97/7/CE, GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19.

(10)  Effettivamente alcune comunicazioni importanti possono essere compromesse da errori di ortografia, grammaticali o di digitazione. Errori di ortografia possono portare a conclusioni precipitate sull'altra parte o suscitare dubbi in ordine alla possibilità di risoluzione della controversia stessa In tal senso, gli strumenti di controllo ortografico si rivelano utili, come per esempio la loro applicazione nel http://www.juripax.com/.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/105


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Adeguamento al nuovo quadro legislativo» (applicazione del pacchetto merci)

COM(2011) 764 definitivo — 2011/0358 (COD)

COM(2011) 765 definitivo — 2011/0351 (COD)

COM(2011) 766 definitivo — 2011/0352 (COD)

COM(2011) 768 definitivo — 2011/0350 (COD)

COM(2011) 769 definitivo — 2011/0353 (COD)

COM(2011) 770 definitivo — 2011/0354 (COD)

COM(2011) 771 definitivo — 2011/0349 (COD)

COM(2011) 772 definitivo — 2011/0356 (COD)

COM(2011) 773 definitivo — 2011/0357 (COD)

(2012/C 181/19)

Relatore unico: HERNÁNDEZ BATALLER

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 20 dicembre 2011 e 30 novembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema:

Adeguamento al nuovo quadro legislativo (applicazione del pacchetto merci)

COM(2011) 764 final — 2011/0358 (COD)

COM(2011) 765 final — 2011/0351 (COD)

COM(2011) 766 final — 2011/0352 (COD)

COM(2011) 768 final — 2011/0350 (COD)

COM(2011) 769 final — 2011/0353 (COD)

COM(2011) 770 final — 2011/0354 (COD)

COM(2011) 771 final — 2011/0349 (COD)

COM(2011) 772 final — 2011/0356 (COD)

COM(2011) 773 final — 2011/0357 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 9 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli, 4 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato accoglie favorevolmente l'adozione da parte della Commissione europea delle proposte di modifica riguardanti dieci direttive in materia di armonizzazione tecnica, relative all'attuazione del cosiddetto «pacchetto merci», attraverso un semplice adeguamento delle direttive stesse alla decisione n. 768/2008/CE (1) (un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti).

1.2   Sarebbe opportuno, in avvenire, precisare la natura e la soglia minima delle sanzioni che dovranno essere necessariamente previste dalla normativa degli Stati membri, poiché dall'insieme delle disposizioni pertinenti consegue, per le autorità nazionali, soltanto l'obbligo di stabilire le norme sanzionatorie per questi comportamenti e non, per esempio, quello di definirne la tipologia o di determinare ulteriori elementi sanzionatori, stabiliti a livello sovranazionale.

1.3   La Commissione dovrebbe tenere conto delle osservazioni che il CESE ha formulato nel suo parere del 13 dicembre 2007 sul quadro giuridico orizzontale (2) relativamente alla necessità di migliorare il coordinamento e il rafforzamento delle attività di vigilanza del mercato.

1.4   Per quanto riguarda la protezione giuridica nel mercato dell'UE, essa dovrebbe evolversi verso un nuovo sistema, che consenta di determinare l'origine e garantire la rintracciabilità dei prodotti, per migliorare l'informazione dei consumatori.

2.   Introduzione

2.1   La libera circolazione delle merci è una delle quattro libertà fondamentali su cui si fonda il mercato interno, ed è espressamente riconosciuta dai Trattati (articoli 28 e seguenti del TFUE), il che ha dato luogo a una ricca giurisprudenza della Corte di giustizia, entrata a far parte dell'acquis dell'UE.

2.1.1   L'adozione, nel 1985, della tecnica legislativa detta «del nuovo approccio», che limita all'essenziale i requisiti legislativi e tratta nel dettaglio gli aspetti tecnici all'interno di norme europee armonizzate, ha contribuito ad accelerare il processo di armonizzazione, consentendo a interi settori industriali di beneficiare della libera circolazione.

2.1.2   Nel diritto derivato, la decisione 90/683/CEE (3) del Consiglio ha introdotto il cosiddetto «approccio globale» ed è stata successivamente abrogata e sostituita dalla decisione 93/465/CEE (4), che fissa orientamenti generali e procedure dettagliate in materia di valutazione della conformità, da utilizzare nelle direttive di nuovo approccio.

2.2   Nel luglio 2008, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato un nuovo quadro legislativo al fine di migliorare il funzionamento della commercializzazione delle merci nel mercato interno, approvando il regolamento CE 765/2008 (5) in materia di accreditamento e vigilanza e la decisione 768/2008/CE che stabilisce un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti

2.2.1   L'obiettivo del pacchetto del 2008 era quello di promuovere la circolazione di merci sicure, incrementando l'efficacia della legislazione UE in materia di sicurezza dei prodotti, rafforzando la protezione dei consumatori e creando condizioni di concorrenza eque per gli operatori economici. Per quanto riguarda la libera circolazione delle merci, il nuovo quadro giuridico orizzontale del 2008 deve essere completato con la legislazione sulla normalizzazione dei prodotti.

2.2.2   I suddetti strumenti giuridici vanno ben al di là di una semplice revisione del nuovo approccio e, di fatto, istituiscono un nuovo contesto legislativo per lo spazio armonizzato, trattandosi di documenti complementari, indissolubilmente legati l'uno all'altro, ed entrambi connessi alla normativa settoriale, che essi sostengono e completano.

2.3   Il regolamento CE 765/2008/CE dispone il rafforzamento delle norme in materia di accreditamento e di vigilanza del mercato, in modo che i prodotti non conformi possano essere facilmente identificati e ritirati dal mercato. L'obiettivo principale è quello di assicurare la libera circolazione delle merci nel settore armonizzato, attraverso:

un rafforzamento della cooperazione europea, affinché l'accreditamento possa effettivamente svolgere il suo ruolo di livello finale di controllo, nell'ambito del buon funzionamento della normativa UE,

l'istituzione di un quadro per il riconoscimento di un'organizzazione già esistente, la Cooperazione europea per l'accreditamento (EA), in modo da assicurare una rigorosa valutazione da parte degli organismi nazionali di accreditamento,

un quadro comunitario in materia di vigilanza del mercato e di controllo sui prodotti che entrano nel mercato UE, che assicuri una più stretta cooperazione tra autorità interne ed autorità doganali, lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità nazionali relativamente a prodotti presenti sul mercato di più Stati membri,

l'applicazione di norme standardizzate e chiare in tutti i settori, la stabilità giuridica e la coerenza delle misure, un alleggerimento degli obblighi da assolvere prima della commercializzazione e una riduzione degli oneri connessi con la valutazione di conformità.

2.4   La decisione 768/2008/CE è un atto «sui generis», che testimonia l'impegno del legislatore europeo ad applicare il suo contenuto nel modo più sistematico possibile a tutti i testi legislativi riguardanti prodotti (passati, presenti e futuri) e così agevolare la loro attuazione da parte di tutte le parti coinvolte.

2.4.1   La decisione istituisce un quadro orizzontale generale di coerenza della legislazione in materia di libera circolazione delle merci, che comprende:

definizioni armonizzate, obblighi comuni per gli operatori economici, criteri per la scelta degli organismi di valutazione della conformità, criteri per le autorità nazionali notificanti e regole per la notificazione,

regole per selezionare le modalità di valutazione di conformità, e una serie di procedure armonizzate, al fine di evitare sovrapposizioni gravose,

una definizione unica del marchio CE (con relative responsabilità e tutele);

una procedura di informazione e di vigilanza del mercato, come prolungamento del sistema creato dalla direttiva sulla sicurezza dei prodotti,

disposizioni armonizzate, per i futuri meccanismi di salvaguardia, a complemento di quelle riguardanti la vigilanza del mercato.

2.5   Il CESE, nel suo parere riguardante entrambe le proposte, ha messo in rilievo:

l'importanza di assicurare la piena operatività del principio della libera circolazione delle merci, affinché i prodotti legalmente commercializzati in uno Stato membro possano esserlo, senza difficoltà, in tutto il territorio dell'UE,

il fatto che la libera circolazione dei beni rappresenta un motore essenziale della competitività e dello sviluppo economico e sociale del mercato unico europeo: il rafforzamento e la modernizzazione delle condizioni di commercializzazione di prodotti sicuri e di qualità costituiscono elementi fondamentali per i consumatori, per le imprese e per i cittadini europei.

In sintesi, il CESE appoggiava le proposte della Commissione, formulando una serie di osservazioni e di suggerimenti a proposito dei due strumenti.

2.6   Il regolamento 765/2008 è entrato in vigore il 1o gennaio 2010, le sue disposizioni sono direttamente applicabili a partire da quella data e vengono attuate dalle autorità nazionali con il coordinamento della Commissione.

2.7   La decisione 768/2008, rivolta alle istituzioni dell'Unione, è un atto giuridico privo di effetti vincolanti per le imprese, le persone fisiche o gli Stati membri. È stata concepita per servire da quadro orizzontale per inquadrare le disposizioni che costituiscono elementi comuni a tutta la legislazione in materia di armonizzazione tecnica. Dette disposizioni standardizzate dovrebbero essere integrate in qualsiasi atto legislativo nuovo o riveduto.

3.   Gli ostacoli alla libera circolazione delle merci

3.1   L'obiettivo dei due strumenti è quello di affrontare vari problemi che si erano verificati in diversi settori industriali soggetti alla normativa europea in materia di armonizzazione tecnica, ossia la normativa che stabilisce i requisiti comuni per la commercializzazione dei prodotti.

3.2   La preoccupazione principale è quella di garantire la sicurezza dei cittadini e di ridurre il numero dei prodotti presenti sul mercato che non rispettano i requisiti della legislazione UE. Un altro obiettivo consiste nel miglioramento della qualità del lavoro svolto dagli organi di verifica e certificazione dei prodotti. Questo nuovo quadro orizzontale dovrebbe inoltre apportare maggiore coerenza all'insieme del quadro normativo dei prodotti, e semplificarne l'applicazione.

3.3   Problemi di mancato rispetto dei requisiti vigenti

3.3.1   Un numero elevato di prodotti che si trovano sul mercato non rispetta i requisiti stabiliti dalle direttive. Alcune imprese appongono semplicemente il marchio di conformità CE ai loro prodotti benché questi ultimi non rispettino le condizioni previste per poter recare detto marchio.

3.3.2   Non tutti gli importatori e i distributori svolgono i controlli necessari per assicurarsi di commercializzare soltanto prodotti conformi alle norme vigenti. Per le autorità di vigilanza del mercato è spesso difficile individuare gli operatori economici che forniscono detti prodotti, in particolare quando provengono da paesi terzi.

3.4   Anche gli Stati membri stanno intervenendo per imporre diversi obblighi agli importatori e ai distributori affinché si assicurino che i prodotti siano conformi ai requisiti applicabili. Le azioni che le autorità nazionali stanno conducendo nei confronti dei prodotti non conformi alla normativa, inoltre, sono spesso diverse da uno Stato membro a un altro.

3.5   Problemi riguardanti le azioni di alcuni organismi accreditati

3.5.1   Alcune direttive impongono la certificazione dei prodotti da parte di «organismi accreditati» (enti che verificano, ispezionano e certificano i prodotti). Benché la maggioranza di detti enti svolga il suo lavoro in modo coscienzioso e responsabile, si sono verificati casi che hanno fatto insorgere qualche dubbio sulla qualificazione di alcuni organismi e sulla credibilità dei certificati da essi rilasciati.

3.5.2   Esistono differenze nel metodo e nel rigore con cui gli Stati membri valutano e controllano la qualificazione degli organismi accreditati. Destano preoccupazione, in particolare, le qualificazioni delle filiali o degli enti subappaltatori situati al di fuori dell'UE.

3.6   Problemi concreti di incoerenza della normativa vigente

3.6.1   Le direttive in materia di libera circolazione delle merci seguono spesso un approccio basato sul rischio e, a volte, è possibile che a uno stesso prodotto si applichino direttive diverse. Per i fabbricanti ciò significa che al suddetto prodotto devono essere applicati tutti i requisiti pertinenti.

3.6.2   Dall'applicabilità simultanea di diverse direttive rispetto a uno stesso prodotto possono derivare difficoltà nella procedura di valutazione della conformità, in particolare quando le direttive utilizzano lo stesso «modulo» ma il testo del modulo varia da una direttiva all'altra.

4.   La proposta della Commissione

4.1   Al momento di adottare il nuovo quadro nel luglio 2008, i servizi della Commissione hanno cercato, nella normativa sui prodotti, strumenti che sarebbero stati oggetto di revisione negli anni seguenti, per motivi settoriali, riscontrando che in maggioranza figuravano come revisioni individuali nel programma di lavoro della Commissione.

4.2   Con la proposta in esame, la Commissione europea intende aggiornare la legislazione del «nuovo approccio» esistente in determinati settori interessati rispetto ai nuovi standard stabiliti con la decisione n. 168/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. A questo fine di prevede di allineare alla suddetta decisione le 10 direttive seguenti:

direttiva 2006/95/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato ad essere adoperato entro taluni limiti di tensione;

direttiva 2009/105/CE sui recipienti semplici a pressione;

direttiva 2009/23/CE sugli strumenti per pesare a funzionamento non automatico;

direttiva 93/15/CE del Consiglio relativa all'armonizzazione delle disposizioni relative all'immissione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile;

direttiva 94/9/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezione destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva;

direttiva 95/16/CE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori;

direttiva 97/23/CE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione;

direttiva 2004/22/CE relativa agli strumenti di misura;

direttiva 2004/108/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE;

direttiva 2007/23/CE relativa all'immissione sul mercato di articoli pirotecnici.

4.2.1   La principale caratteristica comune delle suddette direttive è la struttura: definizioni, requisiti essenziali di salute e sicurezza, riferimenti a norme europee armonizzate, requisiti per i fabbricanti, prescrizioni in materia di rintracciabilità e di valutazione della conformità e meccanismi di salvaguardia.

4.2.2   I settori interessati sono settori industriali molto importanti, che devono affrontare una forte concorrenza internazionale e che quindi trarranno beneficio dalla semplificazione e dalla garanzia di condizioni di concorrenza eque sul mercato dell'UE.

4.2.3   Nella proposta in esame, tuttavia, la Commissione propone di adeguare alla decisione n. 768/2008/CE un pacchetto di direttive per le quali non era prevista la revisione, ma in relazione alle quali avrebbe effetti positivi l'adozione di disposizioni sulla vigilanza del mercato e su altre tematiche multisettoriali, senza menzionare considerazioni di carattere puramente tecnico.

4.2.4   L'obiettivo del pacchetto consiste nel modificare le suddette direttive con il solo fine di integrare le disposizioni orizzontali della decisione in un processo unico e semplificato, senza rivedere questioni settoriali, al fine di produrre gli immediati benefici del nuovo quadro normativo nel maggior numero possibile di settori. Le proposte si limitano strettamente ad allineare alla decisione definizioni, prescrizioni in materia di rintracciabilità, obblighi degli operatori economici, criteri e procedure per la selezione degli organismi di valutazione della conformità e requisiti di valutazione della conformità.

4.2.5   Per ottenere la massima qualità giuridica, la Commissione ha optato per la tecnica legislativa della rifusione, «che consiste nell'adozione di un nuovo atto normativo che integra in un unico testo le modificazioni sostanziali che introduce in un atto precedente e le disposizioni immutate di quest'ultimo. Il nuovo atto normativo sostituisce e abroga il precedente». Occorre inoltre allineare le direttive alla terminologia e alle disposizioni del Trattato di Lisbona.

4.3   Secondo la Commissione, l'adeguamento delle dieci direttive può essere riassunto come segue:

4.3.1

Misure volte ad affrontare il problema della non conformità:

obblighi degli importatori e dei distributori;

obblighi dei fabbricanti;

prescrizioni in materia di rintracciabilità;

riorganizzazione della procedura relativa alla clausola di salvaguardia (vigilanza del mercato).

4.3.2

Misure volte a garantire la qualità dell'operato degli organismi notificati:

rafforzamento delle prescrizioni di notifica per gli organismi notificati;

processo di notifica riveduto;

prescrizioni applicabili alle autorità di notifica;

obblighi di informazione.

4.3.3

Misure volte a garantire maggiore coerenza tra le direttive:

adeguamento delle definizioni e della terminologia comunemente impiegate;

adeguamento dei testi delle procedure di valutazione della conformità.

4.3.4

La proposta, tuttavia, non include le questioni relative all'attuazione della politica di normalizzazione dell'UE, che potrebbe avere ripercussioni sull'attuazione delle direttive in questione; tali questioni saranno trattate in un'altra iniziativa legislativa.

5.   Osservazioni generali

5.1   Il Comitato accoglie favorevolmente l'adozione da parte della Commissione europea delle proposte di modifica riguardanti dieci direttive in materia di armonizzazione tecnica, relative all'attuazione del cosiddetto «pacchetto merci», attraverso un semplice adeguamento delle direttive stesse alla decisione n. 768/2008/CE (un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti).

5.2   La decisione n. 768/2008/CE, e il regolamento (CE) n. 765/2008 (in materia di accreditamento e vigilanza del mercato), adottato contestualmente, stabiliscono regole volte a migliorare il funzionamento del mercato interno, introducendo un approccio più coerente alla politica di armonizzazione tecnica in relazione alla sicurezza dei prodotti e un regime di vigilanza più efficace per tutte le merci che vengono immesse nel mercato, siano esse originarie dell'UE ovvero di paesi terzi, nonché dirette a rafforzare la protezione dei consumatori nel mercato unico.

5.2.1   Dato che la suddetta decisione non ha, di per sé, effetti giuridici vincolanti per i terzi (il che non esclude il controllo di legittimità da parte della CGUE), ma è un atto sui generis frutto di un compromesso istituzionale, l'applicazione di parte delle sue disposizioni alle direttive in questione renderà più efficiente il meccanismo di vigilanza del mercato senza che sia necessario modificare ciascuna delle direttive.

5.2.2   Di conseguenza, saranno chiariti gli effetti giuridici delle norme in questione in modo agile e semplificato, seguendo la tecnica della rifusione normativa, e nel contempo si adatterà il pacchetto di direttive alla terminologia e a determinate disposizioni del Trattato di Lisbona.

5.3   Il Comitato sottolinea inoltre il contributo delle suddette modifiche legislative al raggiungimento di altri obiettivi politici pertinenti dell'UE, tra i quali il rafforzamento della competitività delle imprese europee, delle strategie degli operatori economici nei settori interessati e delle garanzie volte a conseguire un elevato livello di protezione dei consumatori.

6.   Osservazioni specifiche

6.1   Tenendo conto della particolare tecnica legislativa utilizzata in questo caso dalla Commissione, e del fatto che il campo di applicazione si riferisce a competenze concorrenti (funzionamento del mercato interno, articolo 4, paragrafo 2, lettera a) e articolo 114 del TFUE), è opportuno formulare qualche considerazione riguardo alla terminologia utilizzata in alcune disposizioni della decisione n. 768/2008/CE, all'applicazione del principio di sussidiarietà e al ruolo della società civile organizzata nella futura attuazione del pacchetto di dieci direttive.

6.2   Si riscontra una certa mancanza di precisione nell'uso indistinto dei termini «principi generali» (articolo 1 della decisione e articolo R11 dell'allegato I) e «principi comuni» (considerando 5 e 6), senza definire il significato dei due concetti o spiegare le eventuali differenze tra gli stessi, né nel testo della decisione, né in alcuna della direttive modificate dalle sue disposizioni. Analogamente, si utilizza il termine «interesse pubblico» (considerando 8 e articolo 3 della decisione, articoli R31 e R33 dell'allegato I) senza definirne concretamente il significato relativamente al campo di applicazione delle suddette direttive.

L'apprezzabile agilità resa possibile dal ricorso a questa tecnica di modifica delle direttive non impedisce certo di definire in modo preciso e dettagliato termini di tale rilevanza per la loro attuazione.

6.3   Uno dei vantaggi dell'entrata in vigore delle direttive è costituito dal rafforzamento dei meccanismi di vigilanza e delle procedure di denuncia, da parte degli stessi operatori del mercato, di pratiche irregolari e illegali. Sarebbe opportuno, tuttavia, precisare la natura e la soglia minima delle sanzioni che dovranno essere previste necessariamente dalla normativa degli Stati membri, poiché dall'insieme delle disposizioni pertinenti consegue, per le autorità nazionali, soltanto l'obbligo di “stabilire norme relative alle sanzioni applicabili per questi comportamenti (cfr. considerando 24 della proposta COM(2011) 773 final).

6.3.1   In un contesto giuridico frammentato a livello legislativo e amministrativo com'è quello degli Stati membri dell'UE in quest'ambito, si corre un serio rischio di inefficacia nel conseguimento degli obiettivi pertinenti se i suddetti obblighi non sono stabiliti più concretamente a livello sovranazionale.

6.3.2   Il CESE invita la Commissione a risolvere questo problema, che attualmente incide sul funzionamento del mercato interno, e a presentare proposte in merito, anche nell'ambito di altre politiche comunitarie.

6.4   Le modifiche legislative non rafforzano né valorizzano il ruolo delle organizzazioni dei consumatori nell'opera di supervisione, informazione e denuncia che, paradossalmente, è affidata principalmente agli operatori del mercato.

6.5   L'obiettivo, sancito dal TUE e dal TFUE, di rafforzare la sussidiarietà orizzontale, e quindi il principio della democrazia partecipativa e il ruolo della società civile organizzata nell'UE, sarà molto difficile da realizzare alla luce di quanto previsto dall'unica disposizione della decisione (considerando 35) che attribuisce alle organizzazioni dei consumatori un ruolo passivo in quest'ambito (il diritto a essere informate, da parte della Commissione, in merito alle campagne di sensibilizzazione riguardanti il marchio CE), ruolo che invece dovrebbe essere identico a quello dei produttori.

6.6   L'attuale sistema di marchi non garantisce che il prodotto sia stato oggetto di un processo sufficiente ad assicurarne la qualità e la sicurezza e questo significa che esso non corrisponde alle aspettative dei consumatori. La Commissione, i produttori e i consumatori dovrebbero studiare la possibilità di introdurre, in futuro, un nuovo sistema di marchi che consenta di determinare l'origine e garantire la rintracciabilità dei prodotti, per migliorare l'informazione dei consumatori.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82; parere del CESE: GU C 120 del 16.5.2008, pag. 1.

(2)  GU C 120 del 16.5.2008, pag. 1.

(3)  GU L 380 del 31.12.1990, pag. 13.

(4)  GU L 220 del 30.8.1993, pag. 23.

(5)  GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30; parere CESE: GU C 120 del 16.5.2008, pag. 1.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/111


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — «Orizzonte 2020»

COM(2011) 809 definitivo — 2011/0401 (COD),

alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole di partecipazione e di diffusione nell’ambito del programma quadro di ricerca e di innovazione «Orizzonte 2020» (2014-2020)

COM(2011) 810 definitivo — 2011/0399 (COD),

alla proposta di decisione del Consiglio che stabilisce il programma specifico recante attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — «Orizzonte 2020»

COM(2011) 811 definitivo — 2011/0402 (CNS)

e alla proposta di regolamento del Consiglio sul programma di ricerca e formazione della Comunità europea dell’energia atomica (2014-2018) che integra il programma quadro di ricerca e innovazione «Orizzonte 2020»

COM(2011) 812 definitivo — 2011/0400 (NLE)

(2012/C 181/20)

Relatore: WOLF

Il Consiglio e il Parlamento europeo, in data 15 dicembre e 13 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 173, paragrafo 3, e articolo 182, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — «Orizzonte 2020»

COM(2011) 809 final — 2011/0401 (COD)

Il Consiglio e il Parlamento europeo, in data 19 dicembre e 13 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 173, dell'articolo 183 e dell'articolo 188, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole di partecipazione e di diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e di innovazione «Orizzonte 2020» (2014-2020)

COM(2011) 810 final — 2011/0399 (COD).

Il Consiglio, in data 15 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 182, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Consiglio che stabilisce il programma specifico recante attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — «Orizzonte 2020»

COM(2011) 811 final — 2011/0402 (CNS).

Il Consiglio, in data 21 dicembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Consiglio sul programma di ricerca e formazione della Comunità europea dell'energia atomica (2014-2018) che integra il programma quadro di ricerca e innovazione «Orizzonte 2020»

COM(2011) 812 final — 2011/0400 (NLE).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 122 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo accoglie con favore e sostiene le proposte della Commissione e l'approccio globale in esse adottato, in quanto componenti fondamentali della strategia Europa 2020. Valuta positivamente la volontà della Commissione di attribuire un maggiore rilievo, rispetto al passato, al tema della ricerca e dell'innovazione. Ravvisa nelle proposte progressi significativi, anche in linea con le sue raccomandazioni precedenti. Ritiene, tuttavia, che alcuni punti necessitino di integrazioni, chiarimenti e correzioni.

1.2   In particolare, sono apprezzate le proposte volte alla semplificazione e alla flessibilità. Nell'elaborare le proposte occorre infatti garantire la massima continuità ed evitare di rendere la normativa ancora più complessa.

1.3   Le dichiarazioni di intenti relative alla governance dovrebbero essere tradotte in pratica il prima possibile e in maniera dettagliata; e a tal fine è necessario l'accordo di tutte le parti interessate.

1.4   La Commissione dovrebbe presentare, già dopo un paio d'anni, una relazione intermedia sulle esperienze acquisite con il programma quadro «Orizzonte 2020», la sua attuazione e la sua elaborazione.

1.5   La figura professionale del ricercatore europeo deve essere resa più attraente, in linea con le conclusioni del Consiglio Competitività del 2 marzo 2010 (1), al fine di eliminare o compensare gli svantaggi di natura sociale attualmente riscontrabili.

1.6   Le tre proposte della Commissione (rispettivamente in materia di programma quadro, regole di partecipazione e programma Euratom) presentate adesso nella forma giuridica del «regolamento» dovrebbero piuttosto essere presentate nella forma, finora consueta, della «decisione», a meno che la Commissione non riesca a giustificare in maniera convincente la scelta di una forma diversa.

1.7   Sono accolte con favore e sostenute tutte le parti del programma e le relative norme, e in particolare quelle a favore dell'innovazione sociale, della ricerca di frontiera, delle PMI e delle università.

1.8   I progetti in collaborazione con un numero gestibile di partecipanti dovrebbero continuare a rappresentare lo strumento principale di «Orizzonte 2020».

1.9   Le infrastrutture sono l'esempio tipico di valore aggiunto europeo, nell'ottica del principio di sussidiarietà, e ciò dovrebbe riflettersi chiaramente anche nella dotazione indicativa di bilancio.

1.10   In relazione alle «Sfide per la società», occorre accordare un maggiore rilievo alle attività di ricerca e sviluppo per un sistema energetico sostenibile a basse emissioni di CO2.

1.11   Inoltre, occorrerebbe ampliare l'elenco delle «Sfide per la società» includendovi il tema fondamentale «Capacità d'innovazione della società e delle imprese».

1.12   Le tecnologie abilitanti fondamentali sono utili sia alla competitività industriale che al superamento delle «sfide per la società». Il Comitato sostiene fermamente il loro potenziamento.

1.13   Nella considerazione dei diversi criteri di valutazione ai fini del finanziamento della ricerca, l'eccellenza dovrebbe continuare a ricoprire una posizione di primo piano, trattandosi di un criterio già sperimentato con successo. Nel finanziamento dell'innovazione gioca un ruolo di rilievo anche la valutazione del mercato, per quanto molto difficile da effettuare a priori.

1.14   È necessario individuare le eventuali contraddizioni presenti nelle norme che fissano gli obiettivi di una politica di ricerca a vocazione scientifica e di una politica industriale e della concorrenza favorevole all'innovazione, al fine di trovare di volta in volta le soluzioni appropriate.

1.15   Un'integrazione riuscita della politica in materia di ricerca e innovazione richiede una sinergia cooperativa tra numerosi servizi e direzioni generali della Commissione. Il Comitato sostiene gli sforzi compiuti in tal senso. Inoltre, sono necessari funzionari qualificati che abbiano, e mantengano anche a lungo termine, una conoscenza appropriata del settore di ricerca di loro competenza. La Commissione dovrebbe curare e preservare la sua specifica competenza «tecnica» in campo scientifico e tecnologico e la sua capacità di valutazione.

1.16   Gli obiettivi principali del programma Euratom dovrebbero essere, come proposto, la sicurezza nucleare, lo stoccaggio definitivo delle scorie altamente radioattive e lo sviluppo della fusione nucleare, di cui il progetto internazionale ITER è la punta di diamante. Bisognerebbe assicurarsi che in esso rientrino strutturalmente il sostegno e l'impegno diretto degli Stati membri.

1.17   Dovrebbe essere elaborato un documento di sintesi, comprensibile da tutti, sugli strumenti e la terminologia specialistica relativi al programma «Orizzonte 2020», al fine di garantire una maggiore facilità d'uso di quest'ultimo. Una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta a una consulenza esauriente e competente per le PMI.

2.   Breve descrizione delle proposte presentate dalla Commissione

Il presente parere esamina un pacchetto di proposte, di seguito riportate, presentate dalla Commissione in documenti separati:

1)

la proposta per il programma quadro «Orizzonte 2020» per il periodo 2014-2020;

2)

la proposta per un insieme unico di regole di partecipazione e di diffusione;

3)

la proposta per un programma specifico unico per attuare «Orizzonte 2020», nonché

4)

la proposta per le parti di «Orizzonte 2020» riguardanti il Trattato Euratom.

La lunghezza complessiva di questi documenti è pari a circa 380 pagine. Il loro contenuto essenziale è sintetizzato nei punti che seguono (da 2.1 a 2.4), così da offrire un riferimento semplice e chiaro per le osservazioni e le raccomandazioni del Comitato esposte successivamente (nelle sezioni da 3 a 7).

2.1   Programma quadro Orizzonte 2020

2.1.1   In deroga alla prassi finora adottata, la Commissione non ha proposto l'Ottavo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (RST), come ci si attendeva inizialmente. Al contrario, il programma quadro «Orizzonte 2020» - in conformità alle intenzioni esposte nel Libro verde (2) - dovrebbe raggruppare quelle attività che attualmente sono finanziate nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca e delle parti relative all'innovazione del Programma quadro per la competitività e l'innovazione (PIC), nonché dall'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET). Inoltre, la Commissione ha presentato tale proposta non in una «decisione» del Parlamento europeo e del Consiglio, come era sua consuetudine, bensì in un «regolamento».

2.1.2   I principali obiettivi e capisaldi indicati dalla politica di finanziamento di «Orizzonte 2020» sono:

a)

l'eccellenza scientifica - bilancio proposto: 27 818 milioni di euro;

b)

la leadership industriale - bilancio proposto: 20 280 milioni di euro;

c)

le sfide per la società - bilancio proposto: 35 888 milioni di euro.

2.1.3   Un ulteriore obiettivo riguarda la semplificazione dell'accesso al programma quadro e della partecipazione allo stesso.

2.1.4   Il bilancio totale proposto per il programma quadro «Orizzonte 2020» ha un importo pari a circa 88 miliardi di euro, che dovrebbe essere integrato con l'intervento di fondi strutturali e con il programma di formazione.

2.2   Regole di partecipazione e di diffusione

2.2.1   Le regole di partecipazione e di diffusione riguardano la partecipazione al programma quadro. Esse hanno lo scopo di garantire un quadro normativo omogeneo e flessibile, di contribuire alla semplificazione e di essere applicabili a tutte le parti del programma quadro «Orizzonte 2020». È inoltre lasciata aperta la possibilità di emendamenti o eccezioni.

2.2.2   Viene fissato un tasso unico di finanziamento, senza distinzione tra i partecipanti. Si propone inoltre un utilizzo più ampio di importi forfettari, tassi forfettari e tabelle di costi unitari, con un'ampia accettazione delle pratiche contabili abituali dei beneficiari delle sovvenzioni.

2.2.3   Per quanto concerne le sovvenzioni, sono previsti i seguenti tassi di aiuto per i costi diretti ammissibili:

a)

una sovvenzione nell'ambito di «Orizzonte 2020» può raggiungere al massimo il 100 % dei costi ammissibili diretti totali, fatto salvo il principio di cofinanziamento.

b)

Una sovvenzione nell'ambito di «Orizzonte 2020» è limitata ad un massimo del 70 % dei costi ammissibili diretti totali per le azioni seguenti:

le azioni che consistono essenzialmente in attività come la prototipazione, il collaudo, la dimostrazione, lo sviluppo sperimentale, i progetti pilota, le prime applicazioni commerciali;

le azioni di cofinanziamento del programma.

2.2.4   Icosti indiretti ammissibili sono determinati applicando un tasso forfettario del 20 % del totale dei costi diretti ammissibili; in alternativa, il programma di lavoro può consentire di dichiararli sotto forma di importi forfettari o in base ad una tabella di costi unitari.

2.2.5   A tal fine si applicano le seguenti condizioni di partecipazione:

2.2.5.1

a un'azione devono partecipare almeno tre soggetti giuridici;

ognuno di essi deve essere stabilito in uno Stato membro o in un paese associato;

ciascuno dei tre soggetti giuridici deve essere stabilito in uno Stato membro o paese associato differente;

tutti e tre i soggetti giuridici devono essere indipendenti l'uno dall'altro, ai sensi dell'articolo 7.

2.2.5.2

Tuttavia, nei casi di seguito riportati, la partecipazione è riservata ad un solo soggetto giuridico stabilito in uno Stato membro o in un paese associato:

a)

azioni di ricerca di frontiera del Consiglio europeo della ricerca (CER),

b)

utilizzo dello strumento per le PMI,

c)

azioni di cofinanziamento del programma,

d)

casi particolari previsti nel programma di lavoro o nel piano di lavoro, nonché

e)

azioni di coordinamento e sostegno e azioni di mobilità e di formazione.

2.2.6   Procedure di valutazione

2.2.6.1   Le proposte presentate sono valutate sulla base dei seguenti criteri:

a)

eccellenza;

b)

impatto;

c)

qualità ed efficienza della realizzazione.

2.2.6.2   Le proposte sulla ricerca di frontiera (CER) sono valutate esclusivamente sulla base del criterio di eccellenza.

2.3   Programma specifico

2.3.1   Mentre nell'ambito del Settimo programma quadro RST si faceva ricorso a diversi «programmi specifici» (ad es. «Cooperazione» o «Capacità»), adesso la Commissione propone un unico «programma specifico» che abbraccia i diversi obiettivi e strutture di finanziamento nell'ambito di sottoprogrammi.

2.3.2   I quattro sottoprogrammi sono:

I.

«Eccellenza scientifica», che comprende:

i.

ricerca di frontiera (CER),

ii.

ricerca nel settore delle tecnologie future ed emergenti (TFE),

iii.

«Azioni Marie Curie» e

iv.

infrastrutture di ricerca europee.

II.

«Leadership industriale», che comprende:

i.

tecnologie dell'informazione e della comunicazione,

ii.

nanotecnologie,

iii.

materiali avanzati,

iv.

biotecnologie,

v.

produzione e trattamento avanzati, e

vi.

spazio.

A ciò si aggiunge il miglioramento dell'accesso al capitale di rischio e il rafforzamento dell'innovazione nelle piccole e medie imprese.

III.

«Sfide per la società», che comprende

i.

salute, cambiamenti demografici e benessere,

ii.

sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina e marittima e bioeconomia,

iii.

energia sicura, pulita ed efficiente,

iv.

trasporti intelligenti, ecologici e integrati,

v.

protezione del clima, efficienza delle risorse e materie prime,

vi.

società inclusive, innovative e sicure.

IV.

«Azioni non nucleari del Centro comune di ricerca (Joint Research Centre - JRC)» con l'obiettivo di potenziare la base di conoscenze scientifiche utili al processo di elaborazione delle politiche, di facilitare la comprensione dei processi naturali sottesi dalle sfide sociali e di condurre analisi nei settori emergenti della scienza e della tecnologia.

(Le azioni del JRC nell'ambito del nucleare sono incluse nella parte Euratom).

2.4   Programma Euratom 2014-2018

2.4.1   Questo programma riguarda le attività di ricerca nel settore dell'energia nucleare (fusione e fissione) e della radioprotezione. Contrariamente alla consuetudine finora adottata, il programma non è proposto sotto forma di decisione bensì di regolamento. Esso dovrebbe contribuire a raggiungere gli obiettivi previsti da «Orizzonte 2020» (punto 2.1.2). In base al Trattato Euratom, la durata del programma è limitata a cinque anni, concludendosi pertanto nel 2018.

2.4.2   Le azioni indirette del programma Euratom riguardano:

a)

il funzionamento sicuro dei sistemi nucleari,

b)

le soluzioni per la gestione dei rifiuti nucleari finali,

c)

lo sviluppo e la sostenibilità delle competenze nucleari (fissione),

d)

la promozione della radioprotezione,

e)

le attività di sviluppo nella fusione impiegando i laboratori di ricerca esistenti e futuri,

f)

a tale scopo, lo sviluppo di materiali, tecnologie e progetti,

g)

la promozione dell'innovazione e della competitività industriale,

h)

la disponibilità e l'impiego delle infrastrutture di ricerca.

2.4.3   Per l'attuazione delle azioni indirette, la Commissione è assistita da comitati consultivi.

2.4.4   Le azioni dirette riguardano il programma di ricerca e sviluppo del Centro comune di ricerca.

2.4.5   Il progetto ITER forma oggetto di una decisione a parte, poiché il suo finanziamento esulerà dal quadro finanziario pluriennale.

3.   Osservazioni generali del Comitato

Considerata la mole dei quattro documenti presentati dalla Commissione, il Comitato può occuparsi solo di un numero limitato di aspetti, ossia di quelli che a suo avviso sono fondamentali.

3.1   Approvazione generale

Il Comitato accoglie con favore e sostiene le proposte della Commissione in quanto elementi fondamentali della strategia Europa 2020. Valuta positivamente l'approccio globale da esse adottato. Constata che molte delle sue precedenti raccomandazioni (ad es. sulla semplificazione (3), sul Libro verde (4) e sull'Unione dell'innovazione (5)) sono state prese in considerazione, e rinvia pertanto anche a dette raccomandazioni e ai pareri in cui sono formulate. Ritiene, tuttavia, che alcuni punti necessitino di integrazioni, chiarimenti e correzioni.

3.2   Priorità, bilancio, obiettivo del 3 % ed effetto leva

3.2.1   La ricerca, lo sviluppo e l'innovazione determinano la posizione futura dell'Europa nel quadro mondiale. Considerato questo ruolo decisivo, è necessario che venga loro accordata un'elevata priorità, non solo in seno alla Commissione, ma anche e soprattutto all'interno degli Stati membri. Il Comitato rileva con soddisfazione che il bilancio proposto per Orizzonte 2020 fa realmente trasparire la volontà della Commissione di attribuire un rilievo maggiore, rispetto al passato, al tema della ricerca e dell'innovazione e agli investimenti per esse necessari. Ciò corrisponde alle ripetute raccomandazioni formulate dal Comitato e riceve pertanto il suo pieno sostegno. Tuttavia, considerando l'obiettivo del 3 %, di seguito illustrato, e gli ambiziosi obiettivi tematici relativi alla ricerca e all'innovazione, l'importo del bilancio attualmente proposto è da considerarsi tuttora oggettivamente insufficiente, anche se il Comitato riconosce che si tratta pur sempre di un compromesso realistico tenuto conto degli altri obblighi esistenti.

3.2.2   Nel 2002 il Consiglio di Barcellona ha fissato, nell'ambito della strategia di Lisbona da attuare entro il 2010, un obiettivo del 3 %, rivolto principalmente alla politica di finanziamento degli Stati membri e delle imprese: entro il 2010, cioè, in ciascuno Stato membro il 3 % del PIL avrebbe dovuto essere destinato alla ricerca e sviluppo, con un terzo di tale quota finanziato dal settore pubblico e gli altri due terzi dalle imprese. Finora questo obiettivo non è stato raggiunto né dalla media europea né dalla maggior parte degli Stati membri, ragion per cui è stato ribadito nella strategia Europa 2020.

3.2.3   La politica di finanziamento enunciata nel programma «Orizzonte 2020» dovrebbe produrre un significativo effetto leva e consentire così, almeno adesso, il raggiungimento dell'obiettivo del 3 %. Purtroppo, però, nonostante l'aumento del bilancio summenzionato, si dubita ancora che la forza di tale effetto leva sia sufficiente a realizzare tale scopo. Il finanziamento totale del bilancio UE ammonta a circa l'1 % del PIL degli Stati membri; e di questo soltanto una quota pari al 9 % è destinata al bilancio proposto per Orizzonte 2020. Sul piano quantitativo, dunque, l'effetto leva risulta ancora inferiore ad 1:30! Il bilancio proposto può quindi essere considerato solo un primo passo, ancorché necessario, verso il raggiungimento dell'importo di finanziamento effettivamente richiesto; tale bilancio, pertanto, non deve assolutamente venire ridotto.

3.3   Semplificazione e continuità

Il Comitato sostiene in particolare le azioni volte a favorire la semplificazione delle procedure, a lungo sollecitata (6). Si tratta di un difficile equilibrio tra semplicità, giustizia del caso singolo e (comunque necessaria) continuità, che potrebbe richiedere ulteriori aggiustamenti. Tuttavia, questo non deve assolutamente determinare una ricaduta in procedure eccessivamente complicate e lente.

3.4   Margine di manovra e flessibilità

Il Comitato apprezza il fatto che la proposta in esame, oltre a comprendere poche e semplici regole, preveda, quanto alla struttura del programma e alla ripartizione del bilancio, una flessibilità e un margine di manovra sufficienti (programma specifico, titolo I, articolo 6, «Bilancio»). Particolarmente importante, quindi, sarà chiarire i pertinenti processi decisionali, e in particolare il ruolo dei comitati di programma.

3.5   Governance

Il Comitato condivide le intenzioni della Commissione in materia (espresse nel COM(2011) 0809, considerando 21), e in particolare apprezza il fatto che si sia posto l'accento sui processi ascendenti (bottom-up). Allo stesso modo condivide l'intenzione di creare un'interazione regolare con gli utilizzatori finali, i cittadini, le parti sociali e le organizzazioni della società civile.

3.5.1   Il Comitato è dell'avviso che queste dichiarazioni della Commissione, di carattere ancora molto generico, debbano essere integrate da indicazioni dettagliate e precise circa le assegnazioni (anche di bilancio) e le specifiche tematiche necessarie allo sviluppo del programma e alle decisioni da prendere in merito. La governance necessaria deve chiarire esaurientemente in che misura, tramite quali strutture e a quale livello decisionale (ad es. i comitati di programma) le parti interessate e i rappresentanti della società civile sono coinvolti in modo equilibrato in questi processi e nei programmi di lavoro. Dopo tutto, la Commissione intende trasferire nel programma di lavoro non solo i temi, ma anche le regole dettagliate sul bilancio, gli strumenti di finanziamento, la portata del finanziamento e, se necessario, l'esternalizzazione affidata, ad esempio, a piattaforme tecnologiche europee, le iniziative a norma dell'articolo 185, ecc.

3.5.2   Considerata l'intenzione della Commissione, indicata nella proposta, di rivolgersi anche ad agenzie esecutive o ad altre strutture esterne, ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento finanziario, è necessario chiarire anche i ruoli, i poteri e i controlli di tali strutture.

3.5.3   Il Comitato consiglia di chiarire tale questione nell'ambito di un processo di consultazione con tutte le parti interessate, di riportare le conclusioni in un documento di accompagnamento e di ascoltare a tal proposito anche il parere del Comitato. Allo stesso tempo, riguardo a questo processo di elaborazione, mette in guardia dal rischio di ricadere nuovamente, passando per così dire dalla porta di servizio, nella precedente (sovra)regolamentazione e complessità – in particolare per quanto concerne i programmi di lavoro (cfr. anche il punto 3.3). La continuità con i processi precedenti deve essere interrotta solo se inevitabile ai fini della semplificazione.

3.6   Sovrapposizione

Singoli sottotemi e aspetti dei sottoprogrammi del «programma specifico» possono sovrapporsi, determinando, da un lato, un incremento della flessibilità, ma causando, dall'altro, uno spostamento delle priorità e una complicazione della visione di insieme e della classificazione. In virtù di ciò, per esempio, possono confluire nel sottoprogramma «Sfide per la società» conoscenze e impulsi significativi provenienti dai sottoprogrammi «Eccellenza scientifica» o «Leadership dell'industria».

3.7   Relazione intermedia

Pertanto il Comitato raccomanda che, in aggiunta alla «valutazione intermedia» che dovrebbe avere luogo dopo 4 anni (analogamente a quanto previsto dalla COM(2011) 0052 final), la Commissione presenti già dopo 2 anni dall'inizio del programma una «relazione intermedia» (TRANS E: interim progress report) che fornisca informazioni in merito alle azioni compiute fino a quel momento e alle esperienze acquisite dalla Commissione e dalle parti interessate - in particolare per quanto riguarda la governance sollecitata in questa sede.

3.8   Dotazione indicativa di bilancio

Sia pure con le riserve suesposte, il Comitato apprezza anche la proposta indicativa di dotazione e suddivisione del bilancio tra i singoli sottoprogrammi e i relativi sottotemi, in particolare per quanto concerne il sostegno alle piccole e medie imprese nonché i problemi e le questioni sociali (ma, per tre eccezioni al riguardo, si vedano i successivi punti 4.3, 4.2.1 e 4.2.2). Tuttavia, si dovrebbe chiarire l'importanza da attribuire al coordinamento dei programmi nazionali e regionali (ad es. il nuovo piano ERA-Net) in confronto al finanziamento diretto della ricerca.

3.9   Figura professionale del ricercatore

Nel considerando 22 della proposta del programma quadro, la Commissione sottolinea che «è necessario che Orizzonte 2020 contribuisca a rendere attraente la professione di ricercatore nell'Unione europea». In proposito, tuttavia, il Comitato segnala la mancanza di indicazioni concrete circa le azioni nel frattempo intraprese per dare seguito alle conclusioni del Consiglio Competitività (7) del 2 marzo 2010 e migliorare concretamente la condizione sociale insoddisfacente dei giovani ricercatori (per informazioni più dettagliate si rinvia alla sezione 6).

3.10   Regolamento o decisione

Il Comitato non riesce a comprendere - tanto più in assenza di qualsiasi giustificazione da parte della Commissione sulla base delle esperienze finora acquisite - il motivo per cui il principio di sussidiarietà imponga o permetta di discostarsi dalla prassi abituale e, in altri due documenti del pacchetto in esame, la Commissione proponga un regolamento anziché una decisione. Il Comitato consiglia quindi di attenersi alla prassi finora adottata, a meno che la Commissione non sia in grado di addurre una motivazione giuridica plausibile.

3.11   Azione coordinata della Commissione

Numerosi aspetti della politica europea per la ricerca e l'innovazione richiedono un'azione coordinata, cooperativa ed efficiente, non solo tra la Commissione e gli Stati membri, ma anche tra i commissari europei, le direzioni generali e i servizi in seno alla Commissione. Questo riguarda la politica dell'istruzione, la condizione sociale dei ricercatori, i fondi strutturali, la politica industriale e della concorrenza, la politica energetica, la politica sanitaria, la politica ambientale, ecc. Il Comitato esorta quindi la Commissione ad intensificare tutti gli sforzi in questo senso e a sviluppare le procedure e gli strumenti necessari.

3.12   Funzionari competenti

Il Comitato ribadisce (8) l'urgenza della sua raccomandazione secondo cui negli organismi di sostegno, ma anche e soprattutto in seno alla Commissione (o nelle agenzie esecutive previste), dovrebbero lavorare insieme funzionari competenti e di provata eccellenza scientifica che abbiano e mantengano a lungo termine una conoscenza ottimale del settore in questione e delle sue specificità nonché della relativa comunità scientifica. Nella ricerca e sviluppo la costante rotazione del posto di lavoro risulta essere molto controproducente!

3.12.1   Mantenere alto il livello delle competenze e dell'impegno

Il Comitato è inoltre preoccupato che, con il protrarsi della tendenza a trasferire ad agenzie specializzate compiti e attività di sostegno alla ricerca e all'innovazione finora svolti dalla Commissione, quest'ultima possa non solo rinunciare alla sua specifica competenza tecnica e alla sua capacità di valutazione in materia, ma anche finire per non far più sufficientemente proprie le questioni di fondo di questo settore, mentre un tale coinvolgimento è indispensabile per portare avanti con competenza, efficacia e passione, a livello politico, un tema importante come quello dell'R&S e dell'innovazione. Una tale situazione comporterebbe, all'interno del delicato sistema di «controlli e contrappesi», la perdita di un peso decisivo sul piatto della bilancia.

3.13   Ulteriori azioni – Strategia 2020

Ad avviso del Comitato, il programma Orizzonte 2020 costituisce un elemento fondamentale e decisivo nell'ambito della strategia Europa 2020. Occorre, tuttavia, che esso sia integrato da altre azioni importanti, sia da parte della Commissione sia, in particolare, da parte degli Stati membri. A tale proposito, il Comitato rimanda alle sue iniziative sulla strategia Europa 2020. Si tratta, in particolare, di creare o predisporre in tutti gli Stati membri sistemi economici (9), sociali e di istruzione efficienti e aperti all'innovazione.

4.   Osservazioni specifiche del Comitato

4.1   Scienze sociali e umane, politica dell'istruzione e innovazioni

Il Comitato apprezza l'inclusione della ricerca e dell'innovazione nel campo delle scienze sociali e umane in tutti gli obiettivi generali di «Orizzonte 2020». Considera rilevanti e importanti i temi menzionati al riguardo, e valuta positivamente l'importanza loro attribuita nell'ambito del programma. Inoltre, raccomanda di dare maggiore spazio agli sforzi tesi a rendere il sistema di istruzione più efficace a tutti i livelli di formazione. Questo costituisce un compito di importanza cruciale per sostenere e impiegare, in modo ottimale e con un'attenzione particolare rivolta al talento, il potenziale di talenti presente nell'UE. In particolare per quanto concerne gli obiettivi di Orizzonte 2020, si tratta di formare presso le università un numero sufficiente di persone specializzate qualificate. E, per far ciò, occorre porre le giuste basi già nei precedenti livelli di istruzione!

4.2   Sfide per la società

Il Comitato condivide l'elenco delle «Sfide per la società», ma raccomanda di attribuire maggiore rilievo ai seguenti settori:

4.2.1   Questione energetica e ambientale

Nel processo di definizione delle priorità nell'ambito del sottoprogramma «Sfide per la società», il Comitato suggerisce - in considerazione dell'obiettivo, estremamente ambizioso (10), di rivoluzionare il nostro tradizionale approvvigionamento energetico entro il 2050 e di sostituirlo completamente con tecnologie sostenibili a basso tenore di CO2 - di conferire a questo tema un rilievo decisamente maggiore anche nella dotazione di bilancio (11). In particolare, tecnologie di stoccaggio dell'energia e tecnologie buffer a basse emissioni di CO2, sufficienti ed economicamente accessibili, rappresentano tuttora un problema risolto in maniera inadeguata per via dell'offerta fluttuante dell'energia eolica e solare; e lo stesso può dirsi per la fornitura a lungo termine di carburanti per i trasporti pesanti, come il trasporto marittimo e aereo. Occorre esaminare in modo più approfondito anche le ripercussioni sull'economia e sulla società.

4.2.2   Capacità di innovazione della società e delle imprese

Inoltre, il Comitato raccomanda di allargare l'elenco delle sfide al tema fondamentale «Capacità di innovazione della società e delle imprese». (Perché né Google né Facebook sono nati in Europa? Perché non tutti gli Stati membri dispongono di una struttura amministrativa, economica e sociale altrettanto produttiva?) Questo tema, è vero, risulta già menzionato nella proposta della Commissione (al paragrafo 2.3.2, III, vi) nell'ambito dell'obiettivo «Società inclusive, innovative e sicure»; tuttavia, secondo il Comitato, non è messa sufficientemente in rilievo la sua notevole valenza sociale ed economica. In definitiva si tratta del tema principale dell'«Unione dell'innovazione» (12) (al paragrafo 2.3.2, III, vi, si sarebbe dovuto abbreviare in «Società inclusive e sicure»).

4.3   PMI e microimprese attori dell'innovazione

Il Comitato apprezza i miglioramenti proposti per il sostegno delle PMI. Vi ravvisa infatti un elemento fondamentale dell'approccio generale della strategia Europa 2020, e al riguardo rimanda anche ai suoi pareri in merito all'Unione dell'innovazione (13), in cui sottolineava che «sarebbe necessario ripensare la definizione e il ruolo delle PMI, in quanto le microimprese e persino le imprese unipersonali stanno acquisendo sempre maggiore importanza grazie alle nuove opportunità di connessione in rete offerte dalle TIC. Occorrerebbe forse esaminare anche il confine tra tali imprese e le libere professioni». Il Comitato accoglie con favore l'informazione della Commissione secondo cui tale questione viene già trattata. In riferimento alla sezione 7, il Comitato sottolinea inoltre che per le PMI è di fondamentale importanza essere informate in modo chiaro e accurato circa i diversi strumenti di sostegno previsti da Orizzonte 2020 e l'accesso ad essi. Sarebbe auspicabile la creazione di centri di consulenza a cui rivolgersi per porre quesiti orali.

4.4   Università

Il Comitato accoglie favorevolmente la possibilità, prevista nelle regole di partecipazione e di diffusione, di un finanziamento pari al 100 % dei costi ammissibili diretti totali. In ciò intravede dei vantaggi a favore dei ricercatori/gruppi di ricerca che lavorano presso le università nel settore delle scienze naturali, ingegneristiche e umanistiche. Questo favorisce il raggiungimento dell'obiettivo, più volte sollecitato dal Comitato, di creare e mantenere università europee di livello mondiale. Anche alla luce della relazione Matias (Parlamento europeo, A7-0302/2011), queste azioni hanno bisogno di un sostegno supplementare da parte delle risorse della politica di coesione per consentire il necessario sviluppo di capacità negli Stati membri che finora non sono stati sufficientemente coinvolti nel programma quadro. Fatto salvo quanto sopra, per il raggiungimento di questo obiettivo sono inoltre necessarie altre azioni, la cui trattazione esula dall'ambito del presente parere.

4.5   Infrastrutture per la ricerca

Come sottolineato più volte, il Comitato considera le grandi infrastrutture mezzi e strumenti di decisiva importanza per realizzare ricerche e prestazioni di alto livello in campo tecnologico e scientifico, che diversamente non sarebbero possibili. Ne consegue che esse esercitano una grande forza di attrazione e una notevole influenza sia sulla cooperazione all'interno dell'Unione europea che sui migliori ingegneri e ricercatori di tutto il mondo (14). Inoltre, il potenziale di utilizzo delle infrastrutture di grandi dimensioni supera le possibilità e i bisogni di un singolo paese, cosicché questo tipo di strutture viene spesso realizzato e gestito in partenariato dai singoli Stati membri.

4.5.1   Principio di sussidiarietà

Queste infrastrutture costituiscono quindi un esempio tipico di finanziamento UE in linea con il principio di sussidiarietà. Il Comitato lamenta pertanto che questo loro straordinario rilievo, dal punto di vista formale e sostanziale, non trovi riscontro nella ripartizione indicativa di bilancio proposta, e raccomanda dunque di ridurre i fondi di ciascuno degli altri bilanci indicativi indiretti (tranne che per le PMI!) del 2,0-2,5 % e di aggiungere l'importo così recuperato alla voce «infrastrutture». Ciò è tanto più necessario se si considera che in questa categoria dovrebbero rientrare anche le già importanti, e sempre più rilevanti, infrastrutture elettroniche.

4.5.2   Costi operativi

Il Comitato raccomanda inoltre che la Commissione partecipi anche ai costi operativi delle infrastrutture nel quadro del finanziamento di un progetto, e la invita a indicare con chiarezza che intende effettivamente procedere in tal senso.

4.6   Tecnologie abilitanti fondamentali

Come ribadito più volte dal Comitato (15), lo sviluppo, il controllo, la commercializzazione di tecnologie abilitanti fondamentali rappresentano un compito trasversale di cruciale rilievo, da un lato per rafforzare la competitività industriale dell'UE e dall'altro per rispondere alle sfide per la società, quali l'approvvigionamento energetico e la salute. Il Comitato apprezza pertanto il fatto che si presti una maggiore attenzione a questo tema, soprattutto in quanto costituisce un motore efficace per la cooperazione tra gli organismi di ricerca e le imprese e quindi per i partenariati pubblico-privato. Particolarmente importante, in questo contesto, è la parte del programma TEF aperte.

4.7   Procedura contabile I

Il Comitato valuta positivamente il riconoscimento delle procedure contabili abituali adottate nei diversi Stati membri dagli organismi di ricerca e dalle imprese (ad esempio il calcolo delle tariffe orarie nelle imprese). Ciò deve valere altresì per le spese derivanti dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto.

4.8   Procedura contabile II

Il Comitato accoglie positivamente anche l'evidente semplificazione derivante dall'adozione, nelle regole di partecipazione, del metodo del 100 %/20 % o 70 %/20 % (per maggiori ragguagli, cfr. i punti 2.2.3 e 2.2.4). Fermo restando il notevole vantaggio che ne deriva sul piano della gestione, questo metodo può determinare, per i diversi gruppi partecipanti, non solo vantaggi, ma anche svantaggi, finanziari rispetto alle quote attuali. Il Comitato consiglia pertanto di raccogliere esperienze in questo ambito e, se necessario, aumentare successivamente i tassi di finanziamento per i costi indiretti.

4.9   Appalti - Un aspetto specifico

Nel realizzare infrastrutture per la ricerca e di grosse apparecchiature, le imprese sono spesso chiamate a sviluppare e costruire singoli componenti notevolmente complessi e impegnativi. Per di più occorre addentrarsi in nuovi campi tecnologici, e potrebbero presentarsi casi problematici tipici già descritti nel parere del Comitato sul trasferimento di conoscenze (16). In quella sede il Comitato aveva raccomandato di «riesaminare le esperienze sinora compiute nell'applicazione delle norme comunitarie e degli Stati membri in materia di aiuti di Stato, di bilancio, di appalti e di concorrenza, per stabilire se possano contribuire a realizzare l'obiettivo di preservare nel miglior modo possibile le competenze e le conoscenze specialistiche acquisite dalle imprese nel quadro di tali appalti e di utilizzarle a vantaggio della competitività europea, ma anche per appalti successivi in materia».

4.10   Nuove impostazioni per la politica industriale e della concorrenza

Bisognerebbe pensare a impostare in modi nuovi la politica industriale e di concorrenza in questo campo. E al riguardo ci si può chiedere se le idee già espresse dalla Commissione in materia di «appalto precommerciale» (precommercial procurement) descrivano lo strumento adatto. Il Comitato vi ravvisa un duplice rischio: da un lato, quello di rinunciare completamente - per paura di possibili monopoli della conoscenza - a posizioni e prestazioni industriali di vertice, il che rappresenterebbe un grosso errore, e dall'altro quello di non ottenere il prodotto migliore - a causa di misure eccessivamente protezionistiche, a scapito della ricerca - perché tale prodotto è disponibile solo fuori dall'Europa. Il Comitato raccomanda pertanto di individuare, nonché esaminare e chiarire con le varie parti interessate, gli obiettivi - diversi e a volte non del tutto compatibili - o le esigenze della politica di ricerca, della politica dell'innovazione e della politica industriale; in singoli casi potrebbe essere necessario ricorrere persino a norme in deroga (cfr. il punto 4.9).

4.11   Dimensione efficiente dei progetti

Bisognerebbe tenere a freno la tendenza verso progetti sempre più grandi, come ad esempio le iniziative tecnologiche congiunte, le CCI e adesso anche le iniziative faro nel campo delle TEF, i quali richiedono un impiego di risorse e un dispendio di lavoro sempre maggiori per gli enti regionali e locali, nonché ampi processi di concertazione: in nessun caso, infatti, tali progetti dovrebbero trasformarsi in una «torre di Babele».

4.11.1   Progetti in cooperazione come strumento principale

L'integrazione di risorse può senz'altro rivelarsi positiva, ma a un certo punto essa può anche tagliare fuori dal programma quadro gli attori minori, poiché questi ultimi non dispongono del necessario, dispendioso supporto legale ed amministrativo. Questo riguarda specialmente le PMI e i gruppi di ricerca delle università. I progetti in cooperazione gestibili con un numero ragionevole di partecipanti dovrebbero pertanto restare lo strumento principale del programma «Orizzonte 2020».

4.12   L'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (IET)

Dal momento che l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia è finanziato dal bilancio del programma «Orizzonte 2020», il Comitato considera anche l'attività dell'IET un elemento della strategia perseguita da tale programma. Le sue raccomandazioni riguardano quindi anche questo settore, cui è dedicato un parere ad hoc (17).

4.13   Criteri di valutazione

Al punto 2.2.6 sono riportati i criteri di valutazione e i criteri di selezione proposti dalla Commissione (18): eccellenza, efficacia, qualità ed efficienza. Il Comitato condivide questi criteri, a patto però che non sia messa in dubbio la superiorità del criterio dell'eccellenza, che rappresenta in tutti i casi quello più importante per le prestazioni di alto livello. Per quanto riguarda la ricerca di frontiera, il Comitato mette in guardia da una sopravvalutazione delle pubblicazioni più frequentemente citate, dal momento che ciò determina una preponderanza dei temi di ricerca che sono già ben definiti. Il Comitato ribadisce inoltre il suo avvertimento di carattere generale nei riguardi delle procedure di valutazione formalizzate.

4.13.1   In particolare per il finanziamento dell'innovazione, in fase di valutazione devono rivestire naturalmente un ruolo fondamentale anche alcuni aspetti del mercato (19). Tuttavia, che una valutazione di questo tipo, eseguita a priori proprio nei confronti di approcci completamente nuovi, non sia affatto semplice e non debba necessariamente condurre alle giuste conclusioni, lo dimostrano le valutazioni iniziali erronee effettuate, ad esempio, nel caso dello sviluppo dei personal computer (PC).

4.14   Centro comune di ricerca

Il Comitato apprezza le proposte volte al finanziamento diretto del Centro comune di ricerca, e fa notare che la sua attività deve essere soggetta agli stessi processi di valutazione a cui è sottoposta l'attività degli altri soggetti interessati. Se il Centro comune di ricerca presenta domanda per un finanziamento indiretto in virtù del programma specifico, occorre valutare la piena sussistenza di pari opportunità rispetto a tutti gli altri concorrenti/soggetti interessati che non fanno parte della Commissione.

5.   Euratom

5.1   Il Comitato reputa che il programma Euratom in esame rappresenti, in sostanza e a giusto titolo, una prosecuzione senza discontinuità del programma Euratom 2012-2013 proposto proprio di recente dalla Commissione e già esaminato attentamente dal Comitato in un suo parere (20). Al riguardo il Comitato ribadisce e conferma la considerazione generale - ossia «che le conoscenze sulle tecnologie nucleari, il loro impiego e le loro conseguenze vadano mantenute ed approfondite. Alla luce della sua funzione coordinatrice, della condivisione delle risorse e dell'integrazione degli sforzi comuni, il programma quadro di R&S Euratom apporta in questo senso un significativo valore aggiunto europeo» - nonché le osservazioni e raccomandazioni specifiche espresse in quella sede. In merito a questo programma il Comitato si concentra, in questa sede, solo su alcuni singoli punti di particolare rilievo. Compito fondamentale è sviluppare filiere di reattori che soddisfino i più elevati standard di sicurezza e producano la minore quantità possibile di rifiuti ad elevata e lunga attività (ossia altamente radioattivi e a vita lunga).

5.2   Il Comitato nota con piacere che, nel programma proposto dalla Commissione, trovano essenzialmente riscontro le seguenti raccomandazioni da esso formulate:

maggiore sicurezza dei reattori, stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi, trasmutazione per la riduzione della radiotossicità a vita lunga, controllo delle materie fissili nonché radioprotezione;

conseguenze delle «prove di stress»;

attività di sviluppo per la produzione di energia dalla fusione nucleare più l'ITER come megaprogetto internazionale;

formazione di specialisti e insegnamento delle nozioni fondamentali nelle scuole.

5.2.1   Il Comitato ribadisce (21) la necessità, fatta salva la decisione dei singoli Stati membri di utilizzare o meno l'energia nucleare, di «consolidare e promuovere, in misura sufficiente e in modo sistematico e continuo, la crescita delle nuove leve di esperti scientifici e tecnici, anche per evitare che le conoscenze su tali tecnologie e sulle relative conseguenze vengano dimenticate. Rinunciare ad un approfondimento delle conoscenze in questo campo significherebbe adottare una pericolosa politica dello struzzo». Il Comitato esprime preoccupazione per la possibilità che, negli Stati membri in cui attualmente si rinuncia, o in futuro si dovrà rinunciare, all'impiego dell'energia nucleare, la ricerca e le competenze sviluppate in materia vadano perdute: una conseguenza, questa, che dovrebbe essere assolutamente evitata.

5.3   Forum europeo sull'energia nucleare (ENEF)

Nelle questioni sulle tecnologie relative ai reattori a fissione, il Comitato sostiene in particolare le procedure e le raccomandazioni formulate dal Forum europeo sull'energia nucleare (European Nuclear Energy Forum - ENEF), alle cui attività esso stesso ha preso parte tramite suoi rappresentanti in collaborazione con la Commissione.

5.4   Prove di stress

La decisione di sottoporre tutte le centrali nucleari presenti nell'UE a una prova di stress è stata una conseguenza dell'incidente provocato da uno tsunami al reattore di Fukushima. Non appena saranno disponibili i risultati di queste prove di stress, non solo dovranno essere tratte le debite conclusioni in merito alle centrali nucleari già esistenti, ma dovranno anche essere fissate le conseguenti priorità nell'ambito del programma Euratom orientato alla ricerca, allo sviluppo e alla dimostrazione.

5.4.1   Una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all'esame di possibili incidenti non previsti in fase di progettazione.

5.5   Fusione

In alcuni settori dell'opinione pubblica si è acceso un dibattito sul programma di fusione, da una parte perché, fino al 2050 (l'orizzonte temporale della tabella di marcia), non sono attesi da tale tecnologia contributi rilevanti per l'approvvigionamento energetico a basse emissioni di CO2, e dall'altra perché i costi di realizzazione del progetto internazionale ITER (che, secondo la proposta della Commissione, dovrebbero essere finanziati al di fuori del programma quadro!) sono aumentati considerevolmente rispetto alle previsioni iniziali.

5.5.1   Tabella di marcia per il 2050

Il Comitato elaborerà un parere distinto in merito alla «tabella di marcia per l'energia 2050» (22). Vale la pena di porre l'accento sul fatto che, considerato lo sviluppo demografico e il sempre crescente fabbisogno energetico a livello mondiale, la problematica energetica globale non può assolutamente essere risolta in modo sostenibile con le misure che saranno adottate nell'UE da qui al 2050. In tal senso, la fusione nucleare costituisce, tra le possibili tecnologie energetiche, l'unica non ancora impiegata, ma già disponibile o conosciuta, per dare una risposta a questa grande sfida.

5.5.2   ITER I

Sebbene rientrino nel programma Euratom solo i lavori di preparazione scientifico-tecnici (europei) per il progetto internazionale ITER – i cui costi di realizzazione dovranno essere reperiti in altro modo (23) –, sembra legittimo considerare tale progetto il fiore all'occhiello della ricerca mondiale nel campo della fusione nonché del programma europeo di fusione nucleare. Ferme restando la possibilità e la necessità di adottare progetti migliori e alternativi, ITER rappresenta comunque una tappa decisiva e, nel suo genere, unica al mondo per l'impiego futuro dell'energia di fusione. Per la prima volta al mondo, infatti, nell'ambito di ITER la fusione nucleare genererà - con un bilancio energetico positivo - una potenza termica di 500 megawatt (24).

5.5.3   ITER II

Inoltre, ITER rappresenta anche unbanco di prova per una cooperazione internazionale senza precedenti dei principali paesi industrializzati. I partner sono la Cina, l'Unione europea, l'India, il Giappone, la Corea del Sud, la Russia e gli Stati Uniti d'America. L'interesse di questi paesi a partecipare allo sviluppo di nuove tecnologie di importanza cruciale è indice delle grandi aspettative nutrite nei confronti di un'altra fonte energetica vantaggiosa senza emissioni di CO2. D'altra parte, però, la novità e la complessità di questa cooperazione dovrebbero anche costituire un incentivo a correggerne l'impostazione originaria, dato che i costi totali a carico dei singoli partner diminuiscono con l'aumentare di questi ultimi. Il grande valore aggiunto di questo partenariato risiede in primo luogo non nel risparmio dei costi, bensì nel surplus di competenze specifiche, di idee e di specialisti eccellenti; inoltre, esso – analogamente alla stazione spaziale internazionale – offre un contributo da non sottovalutare all'intesa e alla pacificazione internazionali (inizialmente ITER fu proposto e promosso da Gorbaciov, Mitterrand e Reagan!). Il Comitato è del parere che la proposta della Commissione di reperire la quota europea dei costi di realizzazione di ITER fuori dal bilancio dell'UE non debba in alcun modo ostacolare il proseguimento del progetto.

5.5.4   Impegno degli Stati membri – Contratti di associazione

Nel suo breve parere in merito al programma Euratom (25) il Comitato ha fatto presente l'importanza decisiva delle cosiddette «associazioni», che rappresentano la base e il laboratorio di idee del programma per la fusione nonché l'àncora per l'impegno degli Stati membri. Il Comitato ribadisce adesso tali osservazioni, mettendo nuovamente in guardia dal compromettere o anche solo lasciare inaridire questo sostegno fondamentale. Inoltre, tali associazioni sono un mezzo di provata efficacia per garantire quella «programmazione congiunta della ricerca» (26) desiderata dalla Commissione. Ecco perché, anche nel caso di un'eventuale modifica della struttura organizzativa del programma europeo per la fusione, devono continuare ad essere disponibili strumenti efficaci di pianificazione comune per coordinare e collegare in modo appropriato, a livello dell'UE, i programmi dei laboratori nazionali coinvolti, in modo da preservare il ruolo guida finora svolto dall'UE in questo settore di ricerca nonché il necessario sostegno da parte degli Stati membri.

6.   Lo spazio europeo della ricerca: un mercato interno comune per i ricercatori

6.1   La Commissione presume che lo spazio europeo della ricerca sarà completato entro il 2014. Il Comitato lo ritiene auspicabile, ma dubita che tale risultato sarà raggiunto. Questo perché esso richiede che siano soddisfatti i criteri del mercato interno comune, quali ad esempio un brevetto dell'Unione europea o un mercato interno europeo per i ricercatori (27).

6.2   Sulla scorta della decisione del Consiglio del 2 marzo 2010 (28), il Comitato riscontra un urgente bisogno di intervenire per migliorare la condizione sociale, oggi del tutto insoddisfacente, dei giovani ricercatori che lavorano presso gli organismi di ricerca del settore pubblico e presso le università, una condizione chiaramente incompatibile con l'obiettivo di rendere particolarmente attraente la professione di ricercatore o perlomeno di non sminuirla rispetto alle professioni comparabili.

6.3   Il Comitato riconosce che le organizzazioni scientifiche di alcuni Stati membri hanno già realizzato alcuni miglioramenti e si sono impegnate per ottenerne altri. Allo stesso modo, il Comitato riconosce che la Commissione si impegna per conseguire dei miglioramenti, anche nell'ambito dei programmi Marie Curie ed Erasmus.

6.4   Il punto focale del problema risiede nei sistemi retributivi e sociali vigenti per i settori pubblici degli Stati membri, sistemi in base ai quali i ricercatori che lavorano presso gli organismi di ricerca pubblici e le università sono normalmente rimborsati o retribuiti. Questi sistemi presumono solitamente una carriera ininterrotta presso uno stesso datore di lavoro, e remunerano i lavoratori di conseguenza. Ma proprio per questo motivo essi si rivelano insoddisfacenti per le esigenze particolari dei settori di scienza e ricerca.

6.5   Infatti, questi sistemi non prendono in considerazione e non compensano il processo di selezione, molto impegnativo e lungo, comprendente il dottorato (acquisizione del titolo di dottore di ricerca), che i giovani ricercatori devono aver già completato con successo, o il fatto che, almeno inizialmente, la carriera non è continua ma consiste di contratti a termine, spesso senza una prospettiva di proroga o di un impiego a tempo indeterminato. A ciò si aggiunge che la preoccupazione, costante e più che legittima, circa il proprio futuro lavorativo, con i costi che ne derivano, grava non solo sui lavoratori orientati alla scienza e alla ricerca ma influenza anche i loro partner e i progetti di fondare una famiglia.

6.6   Questo elevato rischio sociale non viene però compensato né da un reddito proporzionalmente più alto né da una maggiore sicurezza sociale. Allo stesso modo, non si considera che, per una carriera di successo nel sistema scientifico, è necessario un minimo di mobilità: al contrario, la mobilità risulta perlopiù addirittura penalizzata da detti sistemi.

6.7   I sistemi retributivi degli Stati membri sono poco compatibili tra loro, e i «crediti sociali» accumulati con un lavoro svolto all'estero sono difficilmente spendibili o trasferibili, rendendo così fortemente svantaggiosa la mobilità da uno Stato membro all'altro.

6.8   Per i suddetti motivi sarebbe necessario e urgente adattare i sistemi retributivi e sociali degli Stati membri alle condizioni specifiche richieste dai ricercatori. Poiché, però, tale obiettivo può essere raggiunto solo dopo un processo molto lungo e complesso, il Comitato pone l'accento sulla predetta decisione del Consiglio e raccomanda a sua volta alla Commissione di perseverare con decisione nel suo intento di creare, insieme agli Stati membri, un fondo speciale (finanziato attraverso il Fondo sociale europeo) che compensi, mediante adeguate prestazioni complementari, i suddetti svantaggi per i giovani ricercatori. Queste prestazioni dovrebbero tener conto dell'elevato rischio sociale inerente a una serie di contratti temporanei come anche dei «crediti sociali» ridotti o perduti a causa della mobilità (soprattutto tra Stati membri).

7.   Facilità d'uso e informazioni – Un breve manuale – Centri di consulenza

7.1   Il Comitato, considerata la moltitudine degli strumenti di finanziamento, dei processi e delle reti (come progetti, piattaforme tecnologiche CCI, partenariati per l'innovazione, iniziative faro, ERA Net, programmazione congiunta, Erasmus, Marie Curie, COST, Eureka, ecc.) nonché la mole della relativa terminologia tecnica, ribadisce il suo appello affinché la Commissione elabori con urgenza un breve documento di sintesi-prospetto informativo, di agevole comprensione e pubblicato su Internet, che illustri con chiarezza i punti essenziali dei singoli strumenti, i loro requisiti e i loro obiettivi, ecc. Ciò rappresenterebbe un contributo fondamentale alla semplificazione e alla trasparenza, che potrebbe integrare nel migliore dei modi la funzione svolta, peraltro già molto bene, dal portale Cordis.

7.2   Al riguardo il Comitato raccomanda di limitarsi all'essenziale, rinunciando agli aspetti promozionali o all'esposizione delle motivazioni. Già riguardo ai documenti esaminati nel presente parere, il Comitato avrebbe preferito che vi fosse stata meno filosofia e fosse invece stata presentata una sintesi dei contenuti essenziali.

7.3   Il Comitato raccomanda infine di pubblicare anche una versione di tale documento destinata in particolare alle PMI, adeguata alle loro esigenze specifiche e al loro livello di conoscenza. Inoltre, dovrebbero essere creati centri di consulenza competenti, organizzando ad esempio appositi seminari di formazione per il personale di strutture presenti nel territorio (quali le camere di commercio e industria), in modo che queste possano fungere da uffici informativi.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Conclusioni sul tema Mobilità e carriere dei ricercatori europei, 2 999 a sessione del Consiglio – Competitività, Bruxelles, 1o e 2 marzo 2010.

(2)  COM(2011) 48 final. In merito cfr. il parere GU C 318 del 29.10.2011, pag. 121.

(3)  Cfr. in particolare GU C 48 del 15.2.2011, pag. 129.

(4)  COM(2011) 48 final. In merito cfr. il parere GU C 318 del 29.10.2011, pag. 121.

(5)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 39.

(6)  Cfr. la nota 3.

(7)  Cfr. la nota 1.

(8)  Parere GU C 44 del 16.2.2008, pag. 1.

(9)  Cfr., a titolo di esempio, il sito http://web.worldbank.org.

(10)  COM(2011) 885 final.

(11)  Parere GU C 21 del 21.1.2011, pag. 49.

(12)  Parere GU C 132 del 3.5.2011, pag. 39.

(13)  Ibidem.

(14)  GU C 182 del 4.8.2009, pag. 40.

(15)  Parere GU C 48 del 15 2.2011, pag. 112.

(16)  Parere GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 8, punto 1.8 e sezione 5.

(17)  Si tratta del parere Cfr. pagina 122 della presente Gazzetta ufficiale, che riguarda appunto la proposta di decisione sull'agenda strategica dell'IET (COM(2011) 822 final).

(18)  In proposito cfr. in particolare il punto 4.2 del parere GU C 132 del 3.5.2011, pag. 39.

(19)  In proposito cfr. in particolare il punto 3.7.2 del parere GU C 132 del 3.5.2011, pag. 39.

(20)  Parere GU C 318 del 29.10.2011, pag. 127, in merito alla proposta della Commissione COM(2011) 71 final, COM(2011) 72 final, COM(2011) 73 final e COM(2011) 74 final.

(21)  Cfr. il parere GU C 318 del 29.10.2011, pag. 127, punto 3.4.

(22)  Cfr. nota 10.

(23)  Cfr. anche COM(2011) 931 final. In merito il Comitato elaborerà un parere specifico.

(24)  Cfr. al riguardo il sito http://www.iter.org.

(25)  Parere GU C 318 del 29.10.2011, pag. 127, punto 4.5.1.

(26)  COM(2008) 468 final e GU C 228 del 22.9.2009, pag. 56.

(27)  Cfr. già il parere GU C 44 del 29.10.2011, pag. 1, punto 1.3.

(28)  Cfr. la nota 1.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/122


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 294/2008 che istituisce l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia

COM(2011) 817 definitivo — 2011/0384 (COD)

e alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’agenda strategica per l’innovazione dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT): «Il contributo dell’EIT a un’Europa più innovativa»

COM(2011) 822 definitivo — 2011/0387 (COD)

(2012/C 181/21)

Relatore: LEMERCIER

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 13 dicembre 2011 e 16 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 173, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 294/2008 che istituisce l'Istituto europeo di innovazione e tecnologa

COM(2011) 817 final — 2011/0384 (COD)

e alla

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'agenda strategica per l'innovazione dell'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT): il contributo dell'EIT a un'Europa più innovativa

COM(2011) 822 final — 2011/0387 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 123 voti favorevoli, 5 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva in linea di massima l'iniziativa della Commissione concernente l'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT).

1.2   Il Comitato condivide essenzialmente le raccomandazioni della Commissione, frutto della consultazione dei diversi operatori, delle analisi d'impatto e dei risultati delle esperienze condotte.

1.3   Il CESE, consapevole del ritardo dell'UE in materia di cooperazione, di condivisione delle conoscenze e di ravvicinamento tra gli istituti di ricerca e formazione ad alto livello, giudica positivamente l'iniziativa avviata dalla Commissione.

1.4   Dinanzi al fenomeno della globalizzazione nel campo della ricerca e al peso determinante dell'innovazione nella produzione, sottolinea inoltre la necessità di promuovere l'eccellenza.

2.   Contesto

2.1   L'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT - European Institute of Innovation and Technology) è stato creato nel 2008.

2.2   L'EIT, nato a seguito di una proposta della Commissione al Consiglio adottata il 22 febbraio 2006, è stato istituito nel quadro della strategia di Lisbona al fine di rendere più dinamica la crescita e creare posti di lavoro nell'Unione.

2.3   2.3. Il suo obiettivo principale è recuperare il ritardo dell'UE in materia di politica industriale basata sull'innovazione tecnologica e, quindi, promuovere le sinergie tra ricerca fondamentale, ricerca e sviluppo e applicazioni industriali innovative in Europa, in modo particolare per le piccole e medie imprese (PMI) e le piccole e medie industrie.

2.4   L'EIT, che rappresenta un polo di eccellenza, intende diventare uno dei fiori all'occhiello dell'innovazione, della ricerca e della crescita nell'Unione. Per raggiungere tale obiettivo, si impegna a portare avanti un ravvicinamento operativo e geografico delle strutture d'istruzione superiore, di ricerca e d'innovazione.

2.5   Questo approccio è molto simile a quello adottato dal Massachusets Institute of Technology (MIT) che lavora ad un'integrazione orizzontale di questi tre settori.

2.6   Nel giugno 2008, Budapest è stata scelta come sede operativa dell'EIT.

2.7   L'istituto non finanzia direttamente singoli progetti. In realtà contribuisce, per un 25 %, al finanziamento delle cosiddette comunità della conoscenza e dell'innovazione (CCI) (1) create su base decentrata.

2.8   Le CCI, composte da università, imprese e istituti di ricerca, collaborano nell'ambito di progetti innovativi e contribuiscono, insieme agli imprenditori e ai partner locali nel campo dell'innovazione (di qualsiasi tipo essi siano), al finanziamento dei progetti locali fino ad una quota del 75 %.

2.9   Nel dicembre 2009, sono state selezionate le prime tre CCI con centri di co-ubicazione nei seguenti paesi: Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Svezia, Finlandia, Ungheria, Belgio e Polonia.

3.   Le proposte della Commissione

3.1   In tale contesto, l'EIT deve diventare un polo di riferimento e di attrazione per le università, gli istituti di ricerca, le imprese impegnate nella ricerca e sviluppo, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI) innovatrici, che sono anche le principali fonti di posti di lavoro qualificati e creatrici di nuove professioni.

3.2   Al fine di potenziare l'impatto e stimolare l'innovazione nei nuovi settori in relazione alle sfide della società, l'EIT estenderà progressivamente il suo ventaglio di CCI (comunità della conoscenza e dell'innovazione) nel corso del programma quadro di finanziamento della ricerca 2014-2020.

3.2.1   I bilanci assegnati alle CCI saranno sottoposti a controllo; inoltre la loro validità verrà giudicata, in definitiva, sulla base dei risultati concreti conseguiti.

3.2.2   Attraverso un approccio progressivo nella creazione di nuove CCI, l'EIT farà in modo che gli insegnamenti tratti dall'esperienza siano presi debitamente in considerazione e che nuove CCI siano istituite esclusivamente in settori caratterizzati da un alto potenziale innovativo e da un'eccellenza di primo livello, sulla quale contare per attrarre le competenze e i finanziamenti necessari.

3.3   Nel corso del periodo 2014-2020, pertanto, assisteremo quindi alla nascita di due nuove generazioni di CCI: tre CCI saranno create nel 2014 e altre tre nel 2018, per un totale, incluse le tre già istituite, di nove CCI (numero che corrisponde all'istituzione di un numero di centri di co-ubicazione nell'UE compreso tra 40 e 50).

3.4   Le CCI poggiano su solide basi scientifiche e di ricerca, e possono riunire operatori provenienti dai settori della formazione, della ricerca e dell'innovazione.

Tutte le CCI sono in grado di mobilitare investimenti, di garantire un impegno a lungo termine da parte delle imprese, di favorire nuovi sviluppi tecnologici e di stimolare l'innovazione sociale:

una CCI per le industrie manifatturiere a valore aggiunto;

una CCI per la catena di approvvigionamento alimentare;

una CCI per l'innovazione a favore di una vita sana e di un invecchiamento attivo;

una CCI a favore di società sicure in un'epoca di rapida digitalizzazione dell'economia;

una CCI che consenta l'introduzione di nuovi metodi sostenibili di prospezione, estrazione, trasformazione, riciclaggio e sostituzione;

una CCI per la mobilità urbana.

3.5   La creazione di CCI decentrate che raggruppano a livello locale (certamente a livello regionale) tutti i potenziali partner, sembra essere una risposta adeguata alle sfide cui deve far fronte l'Unione. Dinanzi alla comprovata impossibilità di armonizzare entro termini ragionevoli (vale a dire brevi) i sistemi di ricerca, formazione e produzione dei diversi Stati membri - settori che rientrano tutti nell'ambito della sussidiarietà - la creazione di CCI rappresenta una soluzione concreta a questo problema e fornisce un nuovo modello di politica di sviluppo dell'industria e dei servizi.

3.6   Grazie all'autonomia loro concessa in materia di assunzione, organizzazione e finanziamento, le CCI potranno reperire facilmente i ricercatori più competenti e motivati; tale autonomia dovrebbe inoltre facilitare il riscontro relativo all’esperienza e la cooperazione internazionale previsti dalla Commissione.

4.   Osservazioni generali e specifiche

4.1   L'architettura generale proposta dalla Commissione è innovativa e promettente. Il Comitato desidera ricordare il suo precedente parere sulla creazione dell'Istituto europeo di tecnologia (2), in quanto ritiene chele osservazioni generali in esso contenute conservino ancor oggi tutta la loro validità.

4.2   Per quanto concerne il bilancio il Comitato ritiene che, tenendo conto del numero di CCI da istituire e della durata del programma, gli stanziamenti assegnati in base alla proposta della Commissione restino praticamente invariati o rappresentino addirittura una riduzione relativa delle risorse finanziarie previste fino al 2020; l'EIT costituisce invece uno strumento di crescita sostenibile a medio e lungo termine per le PMI/ le piccole e medie industrie europee, una crescita che sarà ricca di innovazioni e posti di lavoro e che deve essere incoraggiata a svilupparsi nei settori più promettenti.

4.3   La struttura di finanziamento delle CCI costituisce chiaramente un vantaggio, in quanto solo il 25 % dei fondi è fornito dall'EIT mentre il restante 75 % è a carico delle imprese partner, delle PMI, degli istituti di ricerca, degli operatori pubblici o privati coinvolti in questa esperienza. Questa struttura consente, grazie alla sua flessibilità, di accelerare i processi di acquisizione e i collegamenti tra la ricerca fondamentale e quella applicata, tra l'innovazione e il deposito di brevetti, nonché la creazione o lo sviluppo di imprese che commercializzano prodotti innovativi.

4.4   Le iniziative locali potranno inoltre disporre di importanti margini di manovra negli Stati membri.

4.5   La struttura della gestione delle CCI e il rinnovo periodico dei membri costituiscono indubbiamente altri vantaggi di tali comunità. Il Comitato condivide la visione che guida lo sviluppo dell'EIT, e ritiene che mantenere l'indipendenza e l'autonomia delle CCI sia necessario per migliorarne l'efficacia e che occorra giudicare il loro lavoro sulla base dei risultati ottenuti.

4.6   Uno dei punti interessanti di questa struttura a due livelli sarà la possibilità di commercializzare più facilmente brevetti e prodotti innovativi provenienti dalle CCI.

Dinanzi ad una globalizzazione sempre più rapida che rende più fragili le industrie tradizionali, il CESE appoggia l'idea secondo cui il concetto di «eccellenza» in materia di formazione e di produzione è un valore sicuro per il futuro nonché uno strumento efficace in materia di competitività.

4.7   Il valore aggiunto di prodotti o servizi innovativi è oggi più che mai il fattore che consente, in una prospettiva dichiarata di sviluppo sostenibile, di creare posti di lavoro qualificati nell'Unione e di evitare la delocalizzazione verso paesi in cui il costo della manodopera è più basso.

4.8   Il CESE fa osservare che le CCI si concentrano relativamente in pochi paesi, e auspica che vengano condotti sforzi specifici al fine di stabilire, nel maggior numero possibile di Stati membri, collegamenti con laboratori, imprese e istituti di ricerca. Questo permetterà di estendere il potenziale creativo e le risorse umane e tecnologiche delle CCI e di non accentuare gli squilibri in materia di ricerca e formazione ad alto livello tra gli Stati membri. Il Comitato sottolinea inoltre che più di 200 partner provenienti da tutti gli Stati membri si sono impegnati in tal senso.

4.9   Il CESE approva in particolare la creazione di diplomi col «marchio EIT» onde agevolare la mobilità dei ricercatori e lo sviluppo di imprese e di PMI al di fuori del loro territorio di origine.

4.10   Il CESE desidera che gli istituti, le imprese e i potenziali partner dispongano del maggior numero d'informazioni possibile affinché diano un sostegno e prendano parte alla creazione di CCI nei principali settori citati nella strategia Europa 2020.

Per raggiungere questo obiettivo, l'EIT deve realizzare quanto prima una vasta campagna di comunicazione su questi temi, onde consentire alle imprese e ai partner potenziali di elaborare i loro progetti di partenariato.

4.11   Il CESE, consapevole delle resistenze o addirittura degli ostacoli che potrebbero sorgere all'interno delle istituzioni nazionali esistenti, chiede alla Commissione di promuovere un dialogo approfondito tra queste ultime e l'EIT al fine di ottenere sinergie che a suo avviso risultano indispensabili a lungo termine.

Il Comitato evidenzia in particolare i timori espressi dai responsabili degli istituti di ricerca e di formazione di vedere i loro bilanci diminuire a vantaggio delle CCI.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  In inglese: Knowledge and Innovation Communities (KIC).

(2)  GU C 161 del 13.7.2007, pag. 28.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/125


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per la competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese (2014-2020)

COM(2011) 834 definitivo — 2011/0394 (COD)

(2012/C 181/22)

Relatore: LANNOO

Correlatore: BURNS

Il Parlamento europeo, in data 13 dicembre 2011, e il Consiglio, in data 24 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente a quanto disposto dall'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma per la competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese (2014-2020)

COM(2011) 834 definitivo — 2011/0394 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide gli obiettivi di massima del «programma per la competitività delle imprese e delle piccole e medie imprese» (COSME), ma constata anche che esso non tiene conto delle richieste formulate nel suo parere sullo «Small Business Act per l'Europa» (SBA) (1), segnatamente per quanto attiene al rafforzamento del sostegno e della consulenza per le piccole e medie imprese (PMI), alla trasmissione d'impresa, alla concertazione e al partenariato con le organizzazioni di PMI.

1.2   Il CESE chiede maggiore visibilità per le azioni concrete da intraprendere. Al riguardo si pongono immediatamente due problemi:

l'obiettivo: il regolamento proposto mira a garantire la competitività delle imprese, che devono essere in grado di competere con le loro concorrenti sui mercati mondiali. Pur condividendo tale obiettivo, il CESE reputa altrettanto importante adoperarsi per assicurare la continuità aziendale delle PMI sui mercati europei, di prossimità e locali;

i mezzi: il CESE chiede alla Commissione di completare la proposta legislativa con un programma di lavoro che elenchi le misure concrete che saranno attuate al fine di rispondere ai bisogni di tutte le categorie di PMI nonché alle loro attese di fronte alla crisi attuale.

1.3   Ogni decisione riguardante il programma operativo in esame dovrebbe spettare al Parlamento europeo e al Consiglio, ed essere adottata con procedura legislativa ordinaria (codecisione). Gli atti delegati dovrebbero limitarsi alla definizione e all'attuazione dei programmi annuali, stabiliti di concerto con gli Stati membri e le organizzazioni di PMI.

1.4   Il CESE chiede che il programma:

si rivolga a tutte le imprese (2);

concentri le sue risorse su alcune priorità essenziali: informazione, sostegno e consulenza, accesso ai mercati e ai finanziamenti, adeguamento dei requisiti e delle norme dell'UE, cooperazione, considerazione delle priorità della strategia Europa 2020 (innovazione, economia verde e occupazione giovanile);

si prefigga a tal fine un quinto obiettivo specifico: il sostegno alle PMI e il loro accesso alla consulenza, con particolare riguardo per le piccole e le microimprese.

1.5   Il CESE raccomanda inoltre di aggiungere, alle tre azioni già previste dal programma, una quarta azione intesa a migliorare le normative pertinenti, segnatamente grazie all'istituzione di un garante europeo (office of advocacy(3) incaricato di assicurare che tali normative tengano maggiormente conto della situazione delle piccole imprese, ferma restando la necessità di definirne la funzione e assicurarne la coerenza con quella degli organismi già attivi in questo campo, come ad esempio la rete europea di rappresentanti delle PMI (SME Envoys). Ribadisce inoltre la sua contrarietà alla generalizzazione delle esenzioni, e raccomanda di associare le organizzazioni di PMI al processo legislativo e decisionale.

1.6   Il CESE sottolinea l'insufficienza del partenariato previsto dal regolamento proposto. Non accetta, infatti, che esso si riduca a una semplice consultazione, e avverte il Parlamento europeo e il Consiglio della necessità di creare una vera e propria governance condivisa, rafforzando il ruolo delle organizzazioni rappresentative delle PMI, così come avviene in altri programmi dell'UE (4). Chiede che venga istituito un gruppo di lavoro che permetta di consultare le organizzazioni europee di PMI riguardo a tutte le fasi dell'elaborazione, della concezione, dell'attuazione e del monitoraggio del programma COSME.

1.7   Riguardo all'articolo 9 del regolamento proposto («azioni per migliorare l'accesso ai mercati»), il CESE chiede di:

distinguere tra, da un lato, l'accesso ai mercati e, dall'altro, l'informazione, la consulenza e la formazione per le PMI,

sostenere le azioni già avviate negli Stati membri dalle organizzazioni di PMI e dagli organismi pubblici,

adeguare le finalità e l'organizzazione della rete Europe Enterprise Network (EEN), affinché essa integri le azioni delle organizzazioni di PMI e le associ alle proprie attività. La rete deve acquisire maggiore visibilità e le sue potenzialità devono essere sfruttate pienamente.

1.8   Il CESE rileva delle ambiguità tra gli strumenti finanziari proposti, il programma Orizzonte 2020 e le altre fonti di finanziamento - come quelle indicate nelle proposte di regolamenti sulla coesione territoriale. Dato che tale situazione crea tutta una serie di difficoltà per le PMI, il CESE chiede che venga chiarito il rapporto tra queste diverse fonti di finanziamento. Se si compiace del fatto che il 56 % del bilancio sia destinato agli strumenti finanziari, chiede però alla Commissione e al Parlamento europeo di stabilire una ripartizione tra i due strumenti, di renderli utilizzabili da tutte le imprese e per tutti i tipi di investimenti, e di coordinarli con gli altri finanziamenti analoghi dell'Unione europea, in modo da permettere alle PMI di scegliere lo strumento più adatto. Chiede inoltre di modificare le norme e le condizioni applicabili allo strumento di garanzia dei prestiti (Loan Guarantee Fund - LGF).

1.9   Il CESE chiede che venga riveduto il testo dell'allegato I sugli indicatori, affinché questi siano definiti di concerto con le organizzazioni di PMI. Occorre inoltre rivedere il testo dell'Allegato II e la scheda finanziaria legislativa, poiché in essi si riscontrano contraddizioni con il testo della proposta in esame.

1.10   Il CESE raccomanda al Parlamento europeo e al Consiglio di sostenere e rafforzare il programma, ma anche di assicurare una maggiore visibilità al suo contenuto, alle sue misure operative e al finanziamento delle sue priorità, garantendo al tempo stesso il partenariato con le organizzazioni europee di PMI. La dotazione finanziaria del programma, pari a 2,5 miliardi di euro, appare tuttavia del tutto irrisoria rispetto ai suoi ambiziosi obiettivi. Il CESE è dunque contrario ai tentativi di ridurre tale dotazione, ed esorta anzi il Parlamento europeo ad attribuire al programma un maggiore rilievo. Ad avviso del CESE, saranno proprio le PMI a fare uscire l'Unione dalla crisi e a creare nuova occupazione.

1.11   Il CESE reputa tuttavia che il programma non sia sufficientemente ambizioso. Ritiene che la dotazione finanziaria proposta, che ammonta a 2,5 miliardi di euro, non permetta di attuare le disposizioni necessarie destinate a sostenere l'attività e lo sviluppo duraturo delle PMI. Tuttavia, sono proprio le PMI che faranno uscire l'Unione dalla crisi e creeranno nuovi posti di lavoro. Il CESE si oppone quindi ai tentativi di ridurre questa dotazione finanziaria e invita il Parlamento europeo a rafforzarla, portandola al livello della dotazione finanziaria dell'attuale programma Competitività e innovazione (PCI), per aumentare in via prioritaria le risorse di bilancio destinate agli strumenti finanziari.

1.12   Il CESE chiede alla Commissione europea di precisare la ripartizione del bilancio assegnato al programma (strumenti finanziari a parte) e di inserire una distribuzione precisa delle risorse finanziarie destinate a ciascuna attività del programma.

2.   Considerazioni generali

2.1   Nel parere in merito al «riesame dello Small Business Act per l'Europa» (5), il CESE aveva proposto una serie di priorità per il programma Competitività/PMI 2014-2020. Purtroppo, però, il programma in esame non tiene sufficientemente conto di tali proposte e non indica chiaramente le misure concrete da attuare. Il CESE invita la Commissione a fornirgli, e a fornire al Parlamento europeo e al Consiglio, un programma di azioni da intraprendere nel corso del programma.

2.2   Il CESE esprime sorpresa per il fatto che nel programma manchi qualsiasi riferimento all'SBA, il quale dovrebbe invece esserne alla base. Nel programma, inoltre, non si fa alcun riferimento al principio Only once(«una sola volta»), il principio Think small first («pensare anzitutto in piccolo») è a malapena menzionato, e la specificità delle diverse categorie di PMI non viene considerata a sufficienza.

2.3   La competitività si evolve secondo le regole del mercato e dipende da altri fattori come le differenze nel costo del lavoro, il potere d'acquisto, la fiscalità, l'accesso ai finanziamenti o l'occupabilità dei giovani. Il CESE reputa che la priorità del programma COSME debba essere lo sviluppo duraturo delle imprese e non solo la loro competitività.

2.4   Il programma COSME deve infine prevedere delle misure specificamente destinate alle piccole e microimprese.

2.5   Il CESE chiede che, nell'analizzare l'attuazione della definizione europea di PMI nel 2012, si tenga conto della grande diversità di tali imprese. La Commissione dovrebbe inoltre informare il CESE delle conclusioni di tale analisi e associarlo alle attività di follow up.

3.   Osservazioni specifiche

3.1   Considerando

3.1.1   Il CESE condivide gli obiettivi fissati nel considerando 10. Oltre a perseguire tali obiettivi, il programma COSME deve anche:

rendere più semplice l'attività delle PMI e ridurre i relativi vincoli amministrativi;

favorire la realizzazione degli obiettivi prioritari della strategia Europa 2020, come l'innovazione, l'economia verde e l'occupazione giovanile. Il CESE apprezza il fatto che il considerando 11 del regolamento proposto dedichi un'attenzione particolare alle microimprese, alle imprese artigiane e alle imprese sociali;

applicare i principi dell'SBA alle politiche e ai programmi dell'UE a livello nazionale, regionale e locale;

tener conto delle esigenze delle PMI negli altri programmi dell'UE e garantire il coordinamento e la semplificazione delle loro norme amministrative.

3.1.2   Secondo il CESE, nel considerando 11, che menziona già la creazione e lo sviluppo delle imprese, si deve aggiungere un chiaro riferimento alla «seconda opportunità» per gli imprenditori falliti, alla trasmissione e al rilevamento delle imprese, all'occupabilità dei giovani, alla formazione degli imprenditori e dei loro dipendenti, nonché al ruolo svolto dai lavoratori autonomi e dai liberi professionisti.

3.1.3   Nel considerando 12 occorre indicare che, per la grande maggioranza delle PMI, uno dei maggiori problemi consiste nella difficoltà di accedere a servizi di consulenza adatti. Quanto alla rete Enterprise Europe, il CESE, pur condividendone il principio di fondo, reputa che se ne debbano sfruttare appieno le potenzialità. Sembra infatti che molte PMI europee siano ancora scarsamente consapevoli della sua esistenza. I servizi offerti dalla rete dovrebbero basarsi il più possibile sulle richieste e sulle esigenze effettive delle PMI. Il CESE sostiene la proposta di riconfigurare la gestione della rete e di associarvi tutte le organizzazioni imprenditoriali interessate.

3.1.4   Il potere della Commissione di adottare atti delegati, menzionato nel considerando 28, dev'essere limitato agli atti relativi all'esecuzione del programma, e segnatamente ai programmi annuali e alle norme di esternalizzazione, previa consultazione delle parti interessate. Il programma operativo delle misure concrete e le regole specifiche di partecipazione dovrebbero essere adottati dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

3.1.5   Il CESE insiste affinché il regolamento in esame instauri un sistema di autentica gestione concertata con tutte le organizzazioni europee di PMI, conformemente all'idea di partenariato presentata all'articolo 5 della proposta di regolamento recante disposizioni comuni sui fondi europei (6). Tali organizzazioni devono essere presenti per l'intera durata dei lavori preparatori del programma e della sua attuazione annuale, conformemente all'SBA.

3.1.6   Il turismo apporta un evidente valore aggiunto all'economia dell'UE, e pertanto le misure di sostegno nel quadro del programma COSME dovrebbero essere rivolte anche a questo settore. Il CESE chiede alla Commissione di trasmettergli, nonché di presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, un programma operativo specifico per questo settore, concepito insieme con le organizzazioni di PMI. Ciò senza nulla togliere al fatto che anche molti altri settori forniscono un considerevole valore aggiunto.

3.2   Capo I - Oggetto

3.2.1   Il CESE chiede che, nell'articolo 1, vengano aggiunti i termini «microimprese», «imprese artigiane», «lavoratori autonomi» e «liberi professionisti».

3.2.2   Il CESE condivide gli «obiettivi generali» di cui all'articolo 2, e vorrebbe che ad essi fossero aggiunti lo sviluppo duraturo delle PMI e la promozione della trasmissione delle imprese.

3.2.3   L'articolo 2 deve essere poi completato da un quarto obiettivo generale: l'attuazione dei principi dell'SBA e l'applicazione delle sue priorità nell'ambito delle politiche e dei programmi dell'UE.

3.3   Capo II - Obiettivi specifici e ambiti di azione

3.3.1   I quattro «obiettivi specifici» fissati al paragrafo 1 dell'articolo 3 sono senz'altro di fondamentale importanza. Detto ciò, il CESE chiede di integrarli:

completando come segue l'obiettivo di cui alla lettera d): «migliorare l'accesso ai mercati di prossimità, favorendo in particolare l'adeguamento dei requisiti e delle norme europee ai bisogni e alle situazioni delle piccole e microimprese»;

aggiungendo un quinto obiettivo specifico: promuovere il sostegno alle PMI e favorirne l'accesso alla consulenza.

3.3.2   Il CESE chiede al Parlamento europeo e al Consiglio di aggiungere un nuovo articolo in materia di governance onde istituire un gruppo di lavoro consultivo per la concezione, l'attuazione e il monitoraggio del programma, nonché dei relativi piani annuali, che riunisca le organizzazioni europee rappresentative delle diverse categorie di PMI.

3.3.3   Il CESE sottolinea la necessità di inserire, nell'articolo 6 del regolamento proposto, disposizioni specifiche per:

agevolare le procedure delle valutazioni d'impatto e introdurre un sistema di office of advocacy, dopo averne definito chiaramente la funzione e le competenze,

applicare i principi Think small first e Only once sanciti dall'SBA nel processo legislativo e nell'attuazione della strategia Europa 2020,

assicurarsi che le normative pertinenti siano concepite insieme con le organizzazioni delle PMI.

3.3.4   Il CESE rammenta inoltre la sua contrarietà alla generalizzazione delle esenzioni previste per le microimprese (7), e raccomanda di coinvolgere le organizzazioni di PMI per adeguare la normativa alla situazione di tali imprese.

3.3.5   Il CESE chiede di prevedere, all'articolo 7 del regolamento proposto, delle azioni volte a favorire la trasmissione e il rilevamento delle imprese. In particolare, si tratta di formare chi rileverà le imprese e di informare e formare i giovani studenti affinché conoscano il mondo delle PMI e le opportunità che esso offre.

3.3.6   Riguardo poi all'articolo 9, è opportuno che vi si distinguano, da un lato, le azioni volte a migliorare l'accesso ai mercati e, dall'altro, quelle di informazione, consulenza e sostegno per le imprese. Il CESE chiede pertanto che l'attuale articolo 9 venga scisso in due norme distinte (articoli 9 e 9 bis) così formulate:

3.3.6.1

Articolo 9: azioni per migliorare l'accesso ai mercati

Occorre inserire in questa norma il contenuto dei paragrafi 2, 3 e 4 dell'attuale articolo 9, e completare quello del paragrafo 2 precisando che il programma COSME sosterrà in particolare misure volte ad associare PMI e microimprese al processo di elaborazione e adeguamento delle norme e dei requisiti europei nonché alla loro attuazione a livello di singole imprese.

3.3.6.2

Articolo 9 bis: azioni per l'informazione, la consulenza e il sostegno alle imprese

Il CESE sottolinea che una delle priorità deve essere quella di garantire l'accesso di tutte le PMI all'informazione, alla consulenza e al sostegno. Pertanto il regolamento COSME deve consentire di:

rendere i programmi dell'UE più accessibili alle organizzazioni di PMI e prevedere azioni di assistenza tecnica rivolte all'informazione e alla consulenza per le PMI, assicurandosi che le organizzazioni di queste ultime svolgano un ruolo più incisivo al riguardo,

rafforzare il ruolo di «sportello unico» delle organizzazioni di PMI a livello nazionale, regionale e locale.

Il CESE si rammarica che un maggior numero di PMI, in particolare piccole e microimprese, non figurino tra i destinatari dell'azione della rete Enterprise Europe (EEN) e non possano beneficiarne, e che non tutte le organizzazioni di PMI vi partecipino. Ritiene che, per garantire l'accesso di tutte le PMI all'informazione, la rete EEN debba essere saldamente impiantata in seno a tutte queste organizzazioni. Occorre sostenere la loro azione senza tuttavia creare nuove strutture intermedie. Anche se il modello di consorzio regionale ha dato prova di efficacia in molti Stati membri e regioni, è probabile che esso debba essere adeguato per permettere a tutte le organizzazioni di PMI di aderirvi.

Il CESE ritiene che la rete EEN dovrebbe essere rivolta innanzitutto alle organizzazioni di PMI rappresentative che abbiano dato prova di saper strutturare e fornire servizi di informazione, consulenza e sostegno a tali imprese. Raccomanda che il campo di attività della rete sia stabilito di concerto con le organizzazioni europee che rappresentano le PMI e che esse possano essere consultate al momento di definire l'elenco di compiti specifici della futura rete.

3.4   Capo III - Attuazione del programma

3.4.1   L'articolo 10 prevede che il programma di lavoro annuale sia adottato con l'assistenza di un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri. Il CESE reputa che le organizzazioni europee che rappresentano le PMI debbano essere consultate in via preliminare nel quadro del gruppo di lavoro che il CESE chiede di istituire (punto 3.3.2). Il controllo sull'attuazione e la gestione del programma previsto dall'articolo 12 deve essere effettuato di concerto con tale gruppo di lavoro.

3.4.2   L'articolo 11 prevede «misure di sostegno» che consistono perlopiù in studi ed analisi. Anche al riguardo il CESE chiede alla Commissione di presentare un programma di studi e di analisi chiaro, concepito insieme con le organizzazioni rappresentative delle PMI, al fine di rispondere alle attese delle imprese.

3.5   Capo V - Procedura di comitato e disposizioni finali

3.5.1   All'articolo 16 il regolamento dovrebbe precisare che la Commissione è assistita non solo da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri, ma anche dal gruppo di lavoro proposto dal CESE al punto 3.3.2.

3.5.2   Il CESE condivide il principio del ricorso agli atti delegati per adottare misure di esecuzione, ma ritiene che gli atti di cui all'articolo 17, paragrafo 2, rientrino nel processo decisionale di competenza del Parlamento europeo e del Consiglio, in quanto mirano a modificare un obiettivo specifico del programma. Il CESE chiede pertanto al Parlamento europeo e al Consiglio di non accettare il paragrafo in questione.

3.5.3   Riguardo all'articolo 18, il CESE chiede che gli atti delegati debbano essere definiti di concerto con il gruppo di lavoro specifico delle parti interessate proposto al punto 3.3.2. Un'analoga disposizione va inserita nell'articolo 19 in materia di procedura d'urgenza.

3.6   Allegato I - Indicatori per gli obiettivi generali e specifici

3.6.1   Il CESE raccomanda alla Commissione di definire gli indicatori in questione di concerto con le organizzazioni di PMI, tenendo conto degli indicatori già esistenti a livello dei singoli Stati membri.

3.6.2   Il CESE propone di riconsiderare gli indicatori impiegati per la valutare la competitività. Quello relativo alla creazione di nuove imprese, menzionato all'allegato I del regolamento proposto, è soltanto uno degli indicatori che consentono di misurare la competitività dell'economia. Anche il programma COSME fissa un obiettivo (risultato) a medio termine, ossia l'adozione, entro il 2017, di «circa 7 misure di semplificazione all'anno». Nell'ottica della riduzione degli oneri amministrativi, il CESE propone quindi di indicare degli aspetti prioritari di particolare rilievo per la competitività delle PMI, come ad esempio le procedure per i permessi edilizi, l'ottenimento di credito, la fiscalità, l'esecuzione dei contratti.

3.7   Allegato II - Azioni per migliorare l'accesso delle PMI ai finanziamenti

3.7.1   Il CESE è favorevole ai pertinenti strumenti finanziari e chiede al Parlamento europeo e al Consiglio di rafforzarli. Per la grande maggioranza delle PMI, la garanzia dei prestiti rappresenta uno degli strumenti più efficaci.

3.7.2   Riguardo al punto 3 dell'allegato, il CESE osserva che il rapporto tra il programma Orizzonte 2020, che sostiene soltanto gli investimenti in ricerca e innovazione, e gli strumenti finanziari dello stesso tipo che le regioni possono impiegare nel quadro dei fondi strutturali, è tutt'altro che chiaro, e chiede pertanto alla Commissione di precisare chiaramente tale rapporto tra strumenti apparentemente analoghi e di prevedere procedure di accesso identiche.

3.7.3   Il CESE chiede di aggiungere un nuovo punto (2 bis) che precisi che «lo strumento di garanzia dei prestiti (Loan Guarantee Fund - LGF) si applica a tutte le fasi della vita dell'impresa - creazione, crescita, trasmissione - a prescindere dall'attività da essa svolta e dalle dimensioni del mercato in cui essa opera, e riguardare ogni tipo di investimento, anche immateriale».

3.7.4   Secondo il regolamento proposto, l'LGF «copre i prestiti fino a 150 000 EUR».

3.7.4.1   Il CESE chiede alla Commissione di specificare i criteri in base ai quali è stato fissato tale importo, considerato che l'attuale programma quadro per la competitività e l'innovazione (programma CIP) non stabilisce alcun limite. Il CESE osserva inoltre che l'anzidetta garanzia dovrebbe «coprire i prestiti», ma che l'importo dei fidi concessi per la creazione, la trasmissione di imprese o gli investimenti in esse è il più delle volte assai più elevato del massimale di copertura proposto. Di conseguenza, i prestiti di importo superiore verrebbero ad essere garantiti nel quadro del programma Orizzonte 2020, il quale però non è inteso a finanziare progetti diversi da quelli nel campo dell'innovazione.

3.7.4.2   Il CESE chiede pertanto di tornare al sistema precedente del CIP, che non impone alcun limite, e, se ciò non fosse possibile, di applicare il massimale all'importo della controgaranzia e non a quello del prestito. Riguardo alla trasmissione e al rilevamento di imprese, i cui costi sono spesso più elevati di quelli della mera creazione di un'impresa, il CESE chiede che per l'importo della controgaranzia non sia fissato alcun massimale.

3.7.5   Sempre nello stesso punto dell'allegato si menziona la presentazione di un rendiconto sulle «PMI innovative» sostenute. Occorre invece garantire che tutte le imprese possano beneficiare dell'intervento dell'LGF, a prescindere dal fatto che esse siano o meno innovative. Il CESE ribadisce i suoi dubbi in merito all'utilità di siffatti rendiconti, che dovrebbero limitarsi a fornire informazioni direttamente utilizzabili e non gravare sulle dotazioni finanziarie destinate al finanziamento delle imprese.

3.7.6   Il CESE chiede con forza che tutte le misure connesse con la definizione e l'attuazione degli strumenti finanziari siano adottate in piena concertazione con le organizzazioni europee di PMI e con i loro partner finanziari.

3.8   Scheda finanziaria legislativa

3.8.1   Riguardo al punto 1.4.1 («Obiettivi strategici pluriennali»), il CESE chiede che il programma favorisca la trasmissione e il rilevamento - e non solo la creazione e la crescita - delle imprese.

3.8.2   Il punto 1.5.4, terzo comma, terza frase, sottolinea che «il nuovo programma è destinato alle PMI nelle fasi di crescita e di internazionalizzazione». Tale restrizione è contraria al resto del testo nonché ai principi dell'SBA: il nuovo programma deve infatti rivolgersi a tutte le attività delle PMI, quale che sia il tipo di mercato in cui esse operano.

3.8.3   Il CESE osserva inoltre che l'ultima frase di quello stesso comma è in contraddizione con il testo del regolamento proposto, e ne chiede pertanto la soppressione.

3.8.4   L'ultima frase del quinto comma di questo stesso punto 1.5.4 menziona l'istituzione di uno «sportello unico». Il CESE chiede di tener conto degli sportelli e dei servizi già esistenti, di rispettare le pratiche e le modalità organizzative proprie di ciascuno Stato membro e di agire di concerto con le organizzazioni di PMI.

3.8.5   Riguardo al punto 2.1 («Disposizioni in materia di monitoraggio e di relazioni da presentare»), il CESE sollecita una valutazione intermedia intesa ad adeguare il programma COSME nella seconda fase della sua attuazione. Tali valutazioni dovranno essere effettuate in tempo utile da un organismo esterno indipendente e trasmesse al Parlamento europeo e al Consiglio.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 51-57.

(2)  Cfr. la nota 1.

(3)  Cfr. la nota 1.

(4)  Cfr. l'art. 5 della proposta di regolamento sui fondi europei.

(5)  Cfr. la nota 1.

(6)  Cfr. la nota 1.

(7)  Cfr. la nota 1.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/131


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi»

COM(2011) 455 definitivo

(2012/C 181/23)

Relatore: PÎRVULESCU

La Commissione europea, in data 20 luglio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Agenda europea per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi

COM(2011) 455 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 170 voti favorevoli, 14 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la comunicazione della Commissione europea e ritiene che essa rappresenti un passo avanti significativo per comprendere e affrontare le sfide legate all'integrazione di cittadini di paesi terzi negli Stati membri dell'UE.

1.2   La comunicazione esamina i principali settori d'intervento e chiarisce i ruoli e le responsabilità connessi alla definizione e all'attuazione dell'agenda per l'integrazione. L'accento sul ruolo che spetta agli enti locali e regionali è del tutto giustificato, ma rimane poco chiaro quali siano gli incentivi per coinvolgere maggiormente questi enti. L'approccio «modulare» alla definizione delle politiche nazionali presenta notevoli potenzialità, ma anche dei rischi.

1.3   La comunicazione adotta un approccio globale e strutturato, ma non tiene sufficientemente conto delle complesse sfide politiche e socioeconomiche che le società europee devono affrontare. La crisi economica e i suoi effetti rappresentano attualmente il motore principale dell'agenda per l'integrazione. La crisi influenza l'opinione pubblica europea ed esercita una pressione finanziaria sugli enti nazionali e locali. Il CESE propone di riconsiderare la proposta alla luce dell'attuale contesto socioeconomico e di individuare specifici strumenti istituzionali e finanziari per sostenere gli obiettivi dell'integrazione. Inoltre il CESE richiama l'attenzione sulla dimensione della comunicazione. È già evidente che la crisi economica tende a favorire gli atteggiamenti anti-immigrazione, ed è assolutamente prioritario che la Commissione europea e le altre istituzioni dell'UE facciano convergere i loro sforzi verso azioni di comunicazione continuate, ambiziose e a vasto raggio, tese a porre un freno ai discorsi e agli atteggiamenti anti-immigrazione che in diversi paesi europei sono pericolosamente prossimi a diventare parte integrante della tendenza politica dominante. Ciò influenza direttamente l'identità di base dell'UE quale sistema democratico integrato.

1.4   Il CESE rileva la diversità di status dei cittadini di paesi terzi e propone di includere questa diversità nella riflessione politica e nella preparazione delle politiche. Questa categoria comprende cittadini di paesi con prospettive di adesione all'UE, cittadini di paesi non europei che vivono e lavorano nell'UE, nonché cittadini non-UE che beneficiano di protezione internazionale sul territorio dell'Unione. Il riconoscimento di questa diversità non dovrebbe tuttavia portare a lacune politiche o a misure discriminatorie e, soprattutto, non dovrebbe spingere verso standard e misure d'integrazione di livello minimo. Inoltre il CESE ritiene che un'agenda per l'integrazione più ampia dovrebbe comprendere i cittadini UE che vivono e lavorano in altri Stati membri. La situazione dei Rom si distingue come particolarmente problematica. Le condizioni di ingresso e di soggiorno per i lavoratori migranti stagionali provenienti da paesi terzi sono attualmente in discussione al Parlamento europeo e al Consiglio, mentre il CESE ha espresso il suo parere in merito nel 2011 (1). La politica dell'UE deve affrontare la difficile questione dei migranti irregolari, che sono particolarmente vulnerabili.

1.5   La comunicazione dà un giusto rilievo alla partecipazione dei cittadini di paesi terzi, ma non riesce a trasmettere un messaggio più determinato in merito all'importanza vitale di questo processo, nonché alla necessità di sostenere tale partecipazione e agli strumenti specifici per promuoverla. La partecipazione alla vita civica e politica delle comunità locali e nazionali appare particolarmente problematica. La correlazione tra gli interessi e la capacità di formulare proposte collettive in partenariato con organismi pubblici e privati rappresenta, secondo il CESE, un requisito indispensabile per una politica d'integrazione qualitativa, partecipativa ed efficace.

1.6   Il CESE invita la Commissione europea a concentrare l'attenzione sull'integrazione dedicandovi un Anno europeo, oppure facendo di questo tema un elemento fondamentale di uno dei prossimi anni, e si augura che la Commissione, assieme alle altre istituzioni dell'UE, continui a mettere in rapporto l'agenda per l'integrazione con altre priorità politiche di rilievo, ad esempio la strategia Europa 2020 nonché l'agenda sulla protezione dei diritti fondamentali, attualmente in fase di riesame.

1.7   Il CESE resta profondamente impegnato a cooperare con le altre istituzioni dell'UE per lo sviluppo di politiche e programmi chiave per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi. Inoltre, è determinato a lavorare per associare la società civile europea all'agenda per l'integrazione e per facilitare la partecipazione dei cittadini di paesi terzi a un dialogo strutturato a livello europeo.

2.   Introduzione

2.1   La cooperazione UE in materia d'integrazione dei cittadini di paesi terzi è stata sviluppata a partire dal programma di Tampere (1999). Nel 2004 sono stati concordati, a livello dell'UE, i principi fondamentali comuni per la politica di integrazione degli immigrati, con l'obiettivo di assistere gli Stati membri nell'elaborazione delle politiche d'integrazione e nella definizione di un quadro istituzionale più ampio formato da vari attori a livello europeo, nazionale, regionale e locale. L'agenda comune per l’integrazione 2005 della Commissione, tesa ad attuare i principi fondamentali comuni, ha rappresentato un passo in avanti, ma non è riuscita a dare una risposta alle sfide principali dell'integrazione, che rimangono significative. Gli obiettivi d'integrazione dell'UE sono stati inoltre inclusi nel programma di Stoccolma del 2009 e nella strategia Europa 2020, ma il loro inquadramento in queste importanti agende politiche non ha dato luogo ad alcun progresso decisivo nelle politiche d'integrazione.

2.2   Nel luglio 2011 la Commissione ha proposto un'agenda europea rinnovata per l'integrazione dei migranti non-UE, incentrata su una partecipazione dei migranti più ampia e migliore nonché su un'azione rafforzata a livello locale. Essa permette inoltre ai paesi di origine di svolgere un ruolo più rilevante nella pianificazione delle politiche in materia. Il principio più importante nella definizione della politica è la flessibilità, e la Commissione europea si è assunta la responsabilità di predisporre un pacchetto di strumenti a disposizione degli Stati membri, che potranno utilizzarli in funzione delle loro necessità e priorità. Sono stati inoltre individuati degli indicatori comuni a sostegno dell'agenda per l'integrazione (2).

2.3   Nel portare avanti l'agenda per l'integrazione, l'UE mantiene un'infrastruttura istituzionale e di comunicazione costituita da: una rete dei punti nazionali di contatto per l'integrazione, il forum europeo sull'integrazione (una piattaforma per il dialogo che coinvolge tutte le parti interessate attive nel settore dell'integrazione), il sito web europeo sull'integrazione (il principale punto d'accesso a scambi diretti d'informazioni, alla documentazione pertinente e a una raccolta di dati online), un manuale sull'integrazione per i responsabili politici e gli operatori del settore e il Fondo europeo per l'integrazione, che sostiene gli sforzi degli Stati membri tesi a permettere ai cittadini di paesi terzi di integrarsi nella società europea. Il 18 novembre 2011 è stato inoltre lanciato un portale sull'immigrazione.

2.4   L'introduzione di una nuova disposizione giuridica nel Trattato riguardante il sostegno dell'UE alla promozione dell'integrazione dei cittadini di paesi terzi legalmente residenti in uno Stato membro (articolo 79, paragrafo 4, del TFUE) crea una base più solida per un'azione coordinata tra gli Stati membri dell'UE e implica un impegno costante da parte della Commissione europea e delle altre istituzioni dell'UE.

2.5   Nel documento di lavoro dei servizi della Commissione europea che accompagna la comunicazione è indicata tutta una serie di sfide cruciali per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, ossia: gli attuali bassi livelli di occupazione dei migranti (specialmente delle donne migranti), la crescente disoccupazione associata ad alti livelli di sovraqualificazione, i rischi crescenti di esclusione sociale, i divari nel livello d'istruzione nonché la preoccupazione dell'opinione pubblica per la scarsa integrazione dei migranti (3).

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE accoglie favorevolmente il punto di vista secondo cui l'integrazione è una responsabilità condivisa e raccomanda agli Stati membri di fare dell'integrazione una priorità, poiché si tratta di uno strumento per mantenere un contesto democratico aperto, inclusivo e stabile a livello nazionale (4). Malgrado ciò, a livello europeo vanno ancora compiuti sforzi notevoli. Le istituzioni dell'UE già forniscono un quadro per il monitoraggio, l'analisi comparativa e lo scambio di buone pratiche. Tuttavia esistono vari ambiti cui occorre prestare un'attenzione maggiore. Gli strumenti finanziari europei dovrebbero essere meglio orientati al raggiungimento degli obiettivi dell'integrazione. Bisogna realizzare una seria analisi della legislazione vigente, specialmente sulle procedure di lavoro riguardanti cittadini di paesi terzi.

3.2   Nel quadro dei dati disponibili, il CESE ritiene che l'agenda UE per l'integrazione debba avere obiettivi e traguardi più chiari. Il CESE immagina un sistema in cui gli Stati membri fissino obiettivi specifici in materia d'integrazione e forniscano ai loro cittadini e agli altri paesi informazioni costanti sui risultati raggiunti. L'obiettivo generale di un'Europa competitiva e inclusiva non può essere raggiunto se il 4 % della popolazione (5), rappresentata dai cittadini di paesi terzi, è lasciata indietro.

3.3   L'agenda per l'integrazione è molto complessa e richiede un impegno a tutti i livelli. Il CESE è disposto ad assicurare una cooperazione avanzata con la Commissione europea, il Comitato delle regioni e altre istituzioni dell'UE per dare concretezza a questa agenda rinnovata per l'integrazione. L'attenzione al livello locale è molto apprezzata. È inoltre importante rafforzare le capacità della società civile e delle imprese attive a livello locale. Gli stessi migranti dovrebbero essere incoraggiati a creare le proprie reti e associazioni, che possono facilitare l'accesso all'informazione, al finanziamento e al processo decisionale.

3.4   Lo sviluppo di un pacchetto europeo di strumenti relativo alle pratiche d'integrazione appare necessario e porta il manuale sulle pratiche d'integrazione a un livello più alto di rilevanza e istituzionalizzazione. Il contenuto di questo pacchetto dovrebbe essere oggetto di un'adeguata comunicazione, assieme alle opportunità di finanziamento per progetti con un impatto significativo. Il CESE si augura che il «pacchetto» venga usato per affrontare le sfide dell'integrazione più rilevanti a livello nazionale, regionale e locale.

3.5   Inoltre il pacchetto europeo di strumenti non dovrebbe compromettere la coerenza della politica d'integrazione nel suo insieme. Il CESE raccomanda alle autorità nazionali e agli enti regionali e locali di procedere sulla base di strategie d'integrazione elaborate in modo partecipativo. Invita altresì gli Stati membri e la Commissione europea a conferire ulteriori competenze ai punti nazionali di contatto per l'integrazione, affinché fungano da catalizzatori per l'inquadramento strategico delle azioni d'integrazione.

3.6   Il CESE accoglie con favore la recente elaborazione dello studio Eurostat sugli indicatori dell'integrazione (6). Si tratta di uno strumento molto prezioso che consente di monitorare più da vicino l'impatto di politiche e programmi, di valutare comparativamente le pratiche degli Stati membri e, in generale, di formulare politiche con maggiore cognizione di causa. Come suindicato, gli indicatori non sono importanti soltanto per il monitoraggio e la valutazione: essi permettono anche di fissare obiettivi concreti per la politica e i programmi d'integrazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1   L'integrazione tramite la partecipazione

4.1.1   Il contributo socioeconomico dei migranti

4.1.1.1   Il contributo socioeconomico dei migranti rappresenta una dimensione fondamentale dell'agenda per l'integrazione. Il CESE raccomanda un cambiamento di prospettiva nei confronti dei migranti che, in molti casi, sono considerati un onere potenziale sui sistemi di sicurezza sociale oppure come fornitori di manodopera a basso costo rispetto ai cittadini degli Stati membri dell'UE. Il CESE ritiene che i migranti siano innanzitutto dei portatori di diritti fondamentali che inoltre danno un contributo alla società, all'economia e alla cultura dei paesi ospitanti. Ritiene inoltre che l'integrazione sia un processo bilaterale e invita i migranti a interessarsi agli scambi sociali e culturali con le comunità e società ospitanti. Ciò significa principalmente acquisire competenze linguistiche e partecipare al sistema d'istruzione. Le società e i cittadini europei devono essere consapevoli che nel medio e lungo termine si prospettano serie sfide demografiche, che possono essere parzialmente affrontate attraverso una migrazione regolata.

4.1.1.2   Acquisire la conoscenza della lingua rappresenta un fattore importante per facilitare l'integrazione. Non è tuttavia chiaro quali siano gli strumenti specifici che la Commissione europea intende utilizzare per raggiungere questo obiettivo.

4.1.1.3   La partecipazione al mercato del lavoro è una questione cruciale nel determinare il successo dell'integrazione. La comunicazione giustamente indica che i livelli di occupazione dei migranti dovrebbero avvicinarsi molto di più a quelli dei cittadini dell'UE, specialmente per le donne, che sembrano particolarmente colpite sotto questo aspetto. Tuttavia questa misura puramente quantitativa non coglie l'intero contesto dell'occupazione. Il riconoscimento di precedenti qualifiche, retribuzioni, prestazioni di sicurezza sociale - compreso il loro trasferimento -, l'accesso alla formazione professionale e la sicurezza del posto di lavoro sono altre dimensioni correlate che devono essere pienamente integrate nell'agenda per l'integrazione. Occorre dare maggiore risalto al problema dell'occupazione femminile.

4.1.1.4   Il CESE riconosce con grande preoccupazione gli effetti diretti e indiretti che la legislazione dell'UE ha sullo status dei lavoratori migranti (7). Benché si siano compiuti passi avanti con la «Carta blu UE», la direttiva sul permesso unico e la direttiva sui lavoratori stagionali, esistono fondati timori che le direttive in materia di lavoro discriminino i lavoratori/migranti sulla base della loro origine e delle loro competenze e rafforzino le diseguaglianze (8). I regolamenti dell'UE in materia di lavoro operano una distinzione tra lavoratori altamente qualificati e lavoratori poco qualificati, e concedono loro livelli differenti di diritti.

4.1.1.5   Il CESE avverte che incoraggiare la migrazione circolare con mezzi inadeguati potrebbe portare a una maggiore immigrazione irregolare e a un livello molto basso di protezione per i lavoratori. Questa particolare politica è anche eticamente discutibile, nella misura in cui punta a rimandare i lavoratori nel loro paese di origine senza che essi possano trasferire le prestazioni di sicurezza sociale di cui beneficiano o lavorare per un arco di tempo ragionevole nel paese ospitante.

4.1.1.6   È necessario impegnarsi maggiormente nel quadro dei sistemi d'istruzione per aumentare la partecipazione dei giovani provenienti da contesti migratori. Si dovrebbe puntare anche all'istruzione della prima infanzia quale mezzo per accrescere la partecipazione in una fase successiva. La comunicazione indica possibili esempi di misure, tra cui i programmi di affiancamento, la formazione genitoriale e l'assunzione di insegnanti migranti. Il CESE ritiene che tutte queste azioni siano utili, ma chiede una diffusione più capillare di queste pratiche e un finanziamento migliore per i programmi organizzati all'interno e a margine degli istituti d'istruzione.

4.1.1.7   La garanzia di condizioni di vita migliori deve rimanere una priorità dell'agenda per l'integrazione. La comunicazione individua nei beneficiari di protezione internazionale i destinatari di sforzi locali e nazionali in questo senso. Il CESE, pur riconoscendo pienamente le necessità di questo gruppo specifico, richiama l'attenzione anche su altri gruppi vulnerabili. Raccomanda poi alla Commissione europea di essere vigile in rapporto alle situazioni di vulnerabilità multipla, ad esempio quella delle donne Rom, e di adoperarsi per affrontarle in via prioritaria. Inoltre, adesso l'UE ha a disposizione uno strumento potente e lungimirante - la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - per guidare l'attività legislativa in materia di integrazione.

4.1.1.8   Il CESE deplora che il trattamento riservato dalla Commissione al problema dei Rom sia così sbrigativo. Numerosi Rom provenienti da paesi terzi vivono in condizioni molto difficili nei paesi ospitanti e sono privi di accesso alle infrastrutture e ai servizi di base. Sebbene esistano differenze significative sul piano giuridico (i cittadini di un paese terzo rispetto ai cittadini di uno Stato membro), il CESE ritiene che la problematica dei gruppi vulnerabili sia la stessa. Inoltre, i diritti fondamentali dell'uomo devono essere tutelati indipendentemente dallo status giuridico di cui gode una persona.

4.1.1.9   È necessario fare un uso migliore dei finanziamenti UE per realizzare gli obiettivi dell'agenda per l'integrazione. Il CESE rileva che la crisi finanziaria mette sotto pressione la spesa pubblica per i programmi sociali e ritiene che il finanziamento dell'UE potrebbe rivelarsi cruciale nel sostenere progetti chiave che creino almeno una base solida di buone pratiche. Le informazioni sui finanziamenti dovrebbero essere facilmente disponibili, e i finanziamenti dovrebbero fornire incentivi sufficienti per il coinvolgimento di enti locali e di istituzioni pubbliche e private. Le risorse disponibili dovrebbero essere utilizzate per incoraggiare le organizzazioni della società civile ad allacciare contatti e ad agire al livello dei cittadini, mettendo l'accento sulla partecipazione delle comunità di migranti.

4.1.1.10   L'UE dovrebbe essere aperta verso le organizzazioni e le reti di migranti a livello locale, regionale e nazionale. La creazione di reti e di capitale sociale contribuisce all'integrazione dal basso e crea un contesto in cui i migranti sentono di avere le capacità e la responsabilità per far valere i loro diritti e il loro potenziale. Le reti e le organizzazioni, tuttavia, dovrebbero sostenere l'integrazione e non diventare veicoli di un'ulteriore segregazione. Il CESE raccomanda a queste organizzazioni e reti di stringere relazioni di partenariato con le organizzazioni esistenti nei paesi ospitanti. L'UE dovrebbe essere aperta a nuove forme di partecipazione e cooperazione, facilitate dalla tecnologia dell'informazione e da un'accresciuta mobilità.

Il CESE raccomanda che la Commissione europea si attivi per ripensare la legislazione in materia di lavoratori migranti - che, nella sua attuale formulazione, è un veicolo di discriminazione e disuguaglianza - e continui ad adoperarsi per facilitare gli sforzi degli Stati membri tesi a rafforzare e migliorare l'integrazione.

4.1.2   Diritti e doveri: realizzare la parità di trattamento e infondere un senso di appartenenza

4.1.2.1   Il CESE accoglie con favore l'attenzione speciale riservata alla partecipazione politica dei migranti quali rappresentanti eletti, votanti o membri di organi consultivi. Questo è un banco di prova importante per la democrazia europea. Solo se i migranti avranno una voce politica si potrà garantire la loro integrazione di medio e lungo termine ed evitare che vengano discriminati. Una voce politica e forme istituzionalizzate di azione collettiva possono contribuire ad attirare i migranti nel processo politico, prevenendo così l'insorgere di fenomeni di alienazione e di radicalismo. La partecipazione politica dovrebbe essere sostenuta da un ripensamento delle attuali regole sulla cittadinanza in ogni paese. Il CESE sostiene pertanto la concessione ai cittadini di paesi terzi del diritto di voto alle elezioni locali, regionali, nazionali ed europee e del corrispondente diritto di eleggibilità. In rapporto a ciò, una possibilità sarebbe quella di concedere ai migranti regolari la cittadinanza dell'UE. Ancora una volta, l'Unione può essere all'avanguardia dell'innovazione democratica e sperimentare nuove forme di partecipazione e cooperazione.

4.2   Più azione a livello locale

4.2.1   L'attenzione al livello locale è pienamente giustificata. Oltre ad essere un punto focale della prestazione di servizi, il livello locale crea il contesto immediato per l'integrazione. A seconda delle dimensioni della comunità locale, i progetti d'integrazione di successo possono avere un impatto significativo sulla vita delle comunità e dei migranti. È vitale che gli enti locali e le istituzioni private interessate dispongano di informazioni affidabili e di un accesso al finanziamento, sia esso di fonte UE o nazionale.

4.2.2   Il CESE riconosce che gli insediamenti urbani, specialmente i grandi agglomerati, presentano una serie di problemi, poiché attraggono un numero maggiore di migranti, che in molti casi si stabiliscono in quartieri periferici e piuttosto isolati. L'accesso ai servizi pubblici e ai posti di lavoro è solo una parte del problema. Una sfida più ampia è rappresentata dalla pianificazione urbana, che deve essere sostenibile e inclusiva. Il CESE raccomanda che la Commissione europea sostenga attivamente progetti che consentano all'agenda per l'integrazione di compiere passi in avanti, anche per quanto riguarda le questioni fondamentali legate all'alloggio e alla pianificazione urbana.

4.2.3   L'approccio dal basso è molto promettente, ma soltanto se adeguatamente promosso e finanziato. È molto importante che per il prossimo quadro finanziario pluriennale la Commissione europea mantenga l'impegno di semplificare le procedure di finanziamento e di destinare risorse adeguate a progetti locali (9). Un maggiore coordinamento tra fonti di finanziamento diverse - come il Fondo per l'asilo e la migrazione (che si occupa di asilo, integrazione e rimpatrio) e il Fondo per la sicurezza interna proposti dalla Commissione, il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di sviluppo regionale - può essere cruciale per rafforzare le capacità degli attori a livello locale.

4.3   Coinvolgimento dei paesi di origine

4.3.1   La partecipazione dei paesi d'origine al processo rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo di un'agenda globale per l'integrazione (10). Esistono Stati membri dell'UE che hanno messo a punto buone pratiche di comunicazione con i paesi di origine. Tuttavia il CESE deve rilevare che, per varie ragioni, molti di questi paesi sono poco incentivati a cooperare con l'UE su questioni legate alla migrazione. Nel caso dei potenziali beneficiari di protezione internazionale le limitazioni sono più ovvie (11). L'approccio globale dell'UE in materia di migrazione fornisce un buon quadro istituzionale per facilitare la cooperazione con i paesi terzi e risolvere questioni pressanti connesse alla mobilità. Tuttavia, inquadrare la migrazione principalmente nella prospettiva del suo impatto sul mercato del lavoro dell'UE potrebbe portare a un livello più basso di protezione dei migranti e persino alla discriminazione.

4.3.2   L'UE dovrebbe continuare a collaborare con i paesi di origine per snellire le procedure precedenti la partenza dei migranti. Occorre rilevare che in molti paesi la partenza verso l'UE rappresenta un'opportunità ambita e ciò può incoraggiare la corruzione. L'UE deve mostrarsi determinata a porre un freno a queste possibili derive, in quanto esse fanno lievitare i costi per i futuri migranti e influiscono sulla loro motivazione a tornare nel paese di origine.

4.3.3   Il CESE ritiene che il modo migliore di contribuire nel lungo termine allo sviluppo dei paesi di origine consista non solo nel definire normative del lavoro adeguate, ma anche nel dare ai migranti i mezzi necessari per avviare imprese transnazionali o per tornare al paese di origine e lì trasferire competenze e motivazione. Il CESE raccomanda di mettere a punto, su base bilaterale, regimi di sostegno per le imprese in fase di avviamento e le iniziative imprenditoriali per i migranti che ritornano al loro paese di origine. Sia i paesi di origine che i paesi ospitanti possono lavorare in partenariato per creare opportunità per i loro cittadini e per le rispettive imprese e comunità. Esistono esempi di cooperazione in cui le necessità dei datori di lavoro sono messe in rapporto con le competenze dei migranti.

4.3.4   L'incoraggiamento della migrazione circolare è legittimo, nella misura in cui lo strumento impiegato non sia una legislazione in grado di influire, direttamente o indirettamente, sui diritti dei cittadini di paesi terzi (12).

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 218 del 23.7.2011, pagg. 97–100.

(2)  Eurostat, Indicators of Immigrant Integration – A Pilot Study («Indicatori dell'integrazione degli immigrati – Uno studio pilota»), Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2011.

(3)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Un'agenda europea per l'integrazione.

(4)  Per una presentazione sintetica delle preoccupazioni relative alla migrazione di cittadini sia dell'UE che di paesi terzi, si vedano i risultati della prima indagine di Eurobarometro sull'integrazione dei migranti, MEMO/11/529, Bruxelles, 20 luglio 2011.

(5)  Per i dati completi, cfr. la Relazione annuale sull'immigrazione e l'asilo (2010), COM(2011) 291 final.

(6)  Eurostat, Indicators of Immigrant Integration – A Pilot Study («Indicatori dell'integrazione degli immigrati – Uno studio pilota»), 2011.

(7)  GU C 218 del 23.7.2011, pagg. 97–100, e GU C 354 del 28.12.2010, pagg. 16–22.

(8)  Associazione europea per la difesa dei diritti dell'uomo, I lavoratori stranieri nell'UE: verso un regime a più velocità, basato sulla disparità di trattamento?, 17 ottobre 2011.

(9)  Cfr. la comunicazione della Commissione Costruire un'Europa aperta e sicura: il bilancio Affari interni 2014-2020 (COM(2011) 749 final) e le relative proposte di regolamento 750-751-752-753.

(10)  GU C 44 del 16.2.2008, pagg. 91–102. Il tema della politica comunitaria di immigrazione e di cooperazione con i paesi d'origine per promuovere lo sviluppo è stato affrontato anche dalla Sesta riunione del Forum europeo dell'integrazione (cfr. il link http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.events-and-activities-european-integration-forum-6).

(11)  GU C 18 del 19.1.2011, pagg. 80–84.

(12)  Cfr. nota 5.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

Il seguente emendamento di compromesso, che ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni (articolo 51, paragrafo 6, e articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno).

Emendamento di compromesso

Punto 4.1.2.1

Il CESE accoglie con favore l'attenzione speciale riservata alla partecipazione politica dei migranti quali rappresentanti eletti, votanti o membri di organi consultivi. Questo è un banco di prova importante per la democrazia europea. Solo se i migranti avranno una voce politica si potrà garantire la loro integrazione di medio e lungo termine ed evitare che vengano discriminati. Una voce politica e forme istituzionalizzate di azione collettiva possono contribuire ad attirare i migranti nel processo politico, prevenendo così l'insorgere di fenomeni di alienazione e di radicalismo. La partecipazione politica dovrebbe essere sostenuta da un ripensamento delle attuali regole sulla partecipazione politica cittadinanza in ogni paese. Il CESE propone sostiene pertanto la concessione di concedere ai cittadini di paesi terzi del il diritto di voto alle elezioni locali, e regionali, nazionali ed europee e del il corrispondente diritto di eleggibilità. In rapporto a ciò, una possibilità sarebbe quella di concedere ai migranti regolari la cittadinanza dell'UE. Andrebbe inoltre incoraggiata una partecipazione migliore a livello dell'UE. Ancora una volta, l'Unione può essere all'avanguardia dell'innovazione democratica e sperimentare nuove forme di partecipazione e cooperazione.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

70

Voti contrari

:

77

Astensioni

:

28


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/137


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’Anno europeo dei cittadini (2013)

COM(2011) 489 definitivo — 2011/0217 (COD)

(2012/C 181/24)

Relatore: GOBIŅŠ

Il Consiglio, in data 21 settembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 21, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo dei cittadini (2013)

COM(2011) 489 final — 2011/0217 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni.

La società civile è uno dei mezzi che permettono alla natura umana di esprimere tutte le sue potenzialità.

Václav HAVEL

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   La Commissione europea ha deciso di proclamare il 2013 «Anno europeo dei cittadini» (1). Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che i cittadini svolgono un ruolo assolutamente centrale nel garantire il futuro dell'Europa e la sua integrazione, e condivide numerose idee illustrate nella proposta in esame. Insieme ai suoi partner, il Comitato ha già svolto importanti lavori preparatori per facilitare il successo dell'Anno europeo dei cittadini, e proseguirà questa azione in modo mirato.

1.2   Il CESE esprime rammarico per il fatto che l'attuale proposta della Commissione sull'Anno europeo 2013 presenta delle lacune. Nella sua proposta, la Commissione non ha dato seguito alla richiesta delle organizzazioni della società civile di dedicare tale Anno alla cittadinanza attiva, né all'invito del Parlamento europeo di mettere in particolare l'accento sui nuovi diritti derivanti per i cittadini dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Il CESE raccomanda di apportare una serie di integrazioni e di modifiche specifiche, incoraggiando a modulare l'Anno europeo in funzione delle esigenze dei cittadini al fine di trasformare l'iniziativa in un'esperienza positiva.

1.3   Le grandi sfide future dell'Europa e dei suoi cittadini impongono di stabilire delle priorità per l'anno tematico europeo. La scarsa fiducia dei cittadini verso l'Unione europea, il loro scetticismo nel loro potere di influenzare le decisioni dell'UE, l'apatia e la scarsa partecipazione al processo decisionale mettono sostanzialmente a repentaglio lo spirito dell'UE e pregiudicano la qualità delle decisioni e lo sviluppo a lungo termine dell'UE.

1.4   L'obiettivo principale dell'anno tematico deve essere la cittadinanza attiva e partecipativa. L'Anno europeo 2013 deve promuovere una partecipazione informata, attiva e inclusiva dei cittadini al processo di integrazione europea e alla vita politica e sociale. Il CESE raccomanda di precisare la base giuridica dell'Anno europeo e di ridenominarlo Anno europeo della cittadinanza attiva e partecipativa.

1.5   Il Comitato ricorda che, nel concetto di cittadinanza attiva e partecipativa, rientrano il consolidamento dei valori fondamentali della democrazia e dell'UE ed il dibattito sul rispetto dei diritti politici, economici e sociali dei cittadini e sui doveri di questi ultimi, nonché il rafforzamento del senso di appartenenza all'UE. Questo Anno europeo dovrebbe mettere l'accento sulle diverse esigenze della società e sulla lotta contro la discriminazione e le disuguaglianze, con particolare attenzione alle donne e alle persone con disabilità.

1.6   Gli organi amministrativi delle istituzioni, a livello sia europeo che nazionale, devono impegnarsi, senza più indugiare, nella realizzazione degli obiettivi menzionati. Questo processo deve svolgersi nel quadro di uno stretto dialogo con la società civile in tutte le fasi del processo decisionale e a tutti i livelli (locale, nazionale ed europeo).

1.7   In tale contesto, la mobilità è un obiettivo che merita di essere sostenuto anche se si tratta di un aspetto indiretto.

1.8   Il Comitato ritiene opportuno riesaminare la dotazione finanziaria assegnata all'Anno europeo e destinata alla partecipazione a questo evento. Tale dotazione deve essere appropriata, stabile e commisurata all'importanza dell'obiettivo, nella consapevolezza che un deficit democratico potrebbe rivelarsi molto costoso. Il finanziamento ridotto (passato dai circa 17 milioni di euro per il 2010 a circa un milione di euro per il 2013) non consente di affrontare questioni importanti.

1.9   Al fine di proseguire le buone pratiche e di garantire il massimo grado di apertura e coordinamento delle azioni, le organizzazioni e reti europee che fanno parte del gruppo di collegamento, assieme ad altri partner e con il sostegno del CESE, hanno stabilito un'alleanza per l'attuazione dell'anno tematico, pronta ad assumere un ruolo importante ai fini della realizzazione di questa iniziativa e dell'elaborazione di raccomandazioni supplementari. Il CESE si impegna a sviluppare e attuare un ampio programma di partecipazione, trasparenza e innovazione, in grado di dimostrare alla società e alle istituzioni dell'UE i vantaggi derivanti dall'impegno della collettività, e di servire nel contempo, per determinati aspetti, da progetto pilota per altre iniziative.

2.   Contesto del parere

2.1   Nel 2013 ricorre il ventesimo anniversario dell'istituzione della «cittadinanza dell'Unione europea» da parte del Trattato di Maastricht. Il Trattato di Lisbona (articolo 10, paragrafo 3, e articolo 11 del Trattato sull'Unione europea) ha attribuito alla società civile diversi nuovi diritti, tra i quali merita in particolare di essere sottolineato quello a che tutte le istituzioni dell'UE promuovano la partecipazione democratica al processo decisionale, a livello sia di singoli cittadini che di organizzazioni della società civile (2). Purtroppo, però, a tutt'oggi la percezione di questi diritti da parte della società è ancora debole.

2.2   Rispondendo in parte all'appello lanciato dal Parlamento europeo, la Commissione europea ha proposto di proclamare il 2013 «Anno europeo dei cittadini». Nelle sue proposte, si concentra tuttavia su alcune questioni giuridiche specifiche che riguardano solo una piccola parte del concetto di cittadinanza. La cittadinanza dell'Unione europea rappresenta uno degli strumenti più efficaci per costruire un'identità comune. Ai sensi dell'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea (TUE), la democrazia, la libertà, lo Stato di diritto, l'uguaglianza e i diritti umani sono i valori fondamentali dell'Unione europea (3). Essi rivestono un'importanza particolare nel rafforzare il processo democratico, la coscienza civica e il senso di appartenenza all'UE, soprattutto in questi tempi di crisi e di possibili cambiamenti Purtroppo, questi valori non ricevono sufficiente attenzione nella proposta della Commissione.

2.3   Secondo una recente indagine di Eurobarometro, solo il 43 % degli intervistati ha dichiarato di sapere che cosa voglia dire essere cittadino europeo, e il 32 % ha ritenuto di essere bene o molto bene informato sui propri diritti di cittadino dell'UE (4). Nel 2009, la percentuale di aventi diritto al voto che ha partecipato alle elezioni del Parlamento europeo è stata solamente del 43 % (5), ossia molto più bassa di quella relativa alle elezioni nazionali (nelle quali è stata di circa il 67 %) (6). Soltanto il 30 % dei cittadini ritiene di poter influenzare direttamente i processi dell'Unione europea, e tale percentuale è in calo (7). Dall'indagine condotta da Eurobarometro nel 2009 emerge che gli intervistati ritengono che la priorità principale per garantire meglio i diritti dei cittadini sia quella di migliorare il loro dialogo con le istituzioni dell'UE (37 %) (8). In alcuni suoi pareri, adottati nel 1992 e 1993 e tuttora di sorprendente attualità, il Comitato aveva già richiamato l'attenzione sulla necessità della partecipazione dei cittadini, sui problemi di legittimità, sull'educazione civica, sull'informazione dei cittadini e la loro fiducia nelle proprie forze, sulla correzione del deficit democratico ecc (9).

2.4   Le carenze della normativa europea, il suo mancato rispetto (oggetto di molte critiche) e la mancanza di sollecitudine da parte delle istituzioni dell'UE ad avviare un dialogo autentico, rappresentano altre grandi sfide per l'Unione europea. Ad esempio, uno studio specifico condotto da Eurobarometro nel 2011 rivela che soltanto un terzo o anche meno dei cittadini dell'UE è soddisfatto, in tutto o in parte, dell'efficienza dell'amministrazione dell'UE, della sua disponibilità a fornire servizi e della sua trasparenza, mentre il resto degli interpellati si dichiara scontento, soprattutto per quanto riguarda questo ultimo aspetto, o non ha alcuna opinione in merito (10).

2.5   Questi dati mostrano il divario che separa i cittadini dagli organi amministrativi dell'UE, evidenziano il basso livello di partecipazione civica alla loro attività (11) e, per taluni, fanno perfino sorgere dubbi circa la legittimità delle loro decisioni in generale o circa la forte influenza che la Commissione europea esercita sugli Stati colpiti dalla crisi. Il risultato è in ogni caso quello di un'Unione europea meno efficiente, meno unita e meno forte. È quindi opportuno cogliere l'occasione dell'Anno europeo 2013 per porre questi temi all'ordine del giorno, apportare, con l'aiuto della società, dei miglioramenti sostanziali, e discutere dell'evoluzione futura della cittadinanza.

3.   Osservazioni generali

Idea di fondo e denominazione dell'anno europeo

3.1   Il CESE condivide l'idea di associare l'Anno europeo 2013 al tema della cittadinanza, e ritiene che questo anno tematico debba essere concentrato sulla conformità delle politiche dell'UE ai valori, agli interessi e alle esigenze dei cittadini. L'iniziativa deve pertanto mirare a promuovere: la partecipazione informata di tutti i cittadini dell'UE al processo decisionale (a tutti i livelli e in tutte le sue fasi), la cittadinanza attiva nel suo insieme, la coscienza e l'appartenenza europea, la pace, la libertà, lo Stato di diritto, l'uguaglianza, la solidarietà e il rispetto dei diritti umani.

3.2   Il CESE propone di ridenominare l'anno tematico 2013 Anno europeo della cittadinanza attiva e partecipativa  (12).

3.3   L'attuale proposta di decisione (13) attribuisce un'importanza eccessiva alla libera circolazione delle persone e ai diritti di cui queste devono godere in un contesto transfrontaliero. La percentuale di cittadini che si sposta da un paese all'altro dell'UE rimane bassa, e in alcuni paesi, in particolare Romania e Bulgaria, tale mobilità è resa molto difficile, anche se questi Stati soddisfano i requisiti di Schengen. Inoltre, già il 2006 era stato proclamato Anno europeo della mobilità dei lavoratori.

3.4   L'attuale proposta della Commissione europea riduce la cittadinanza dell'Unione europea a una manciata di elementi giuridici, mentre essa abbraccia una gamma molto più ampia di aspetti: la cittadinanza comprende infatti anche altre dimensioni, e in particolare quelle politica, civile, economica, sociale (14) e culturale.

Aspetti giuridici dell'Anno europeo

3.5   Il Comitato appoggia la proposta, contenuta nel documento in esame, di migliorare il dialogo e lo scambio di informazioni tra le istituzioni e i cittadini dell'UE, ma ritiene che debba essere assegnato un ruolo centrale alla democrazia partecipativa e alla cittadinanza attiva. Occorre dare piena attuazione ai nuovi diritti ed obblighi sanciti in materia dal Trattato di Lisbona (15), sui quali il Parlamento europeo invita a porre l'accento nel 2013 (16). È necessario garantire, senza indugio, un dialogo aperto e trasparente tra i cittadini e gli organi amministrativi a tutti i livelli.

3.6   Il Comitato chiede che, nella proposta di decisione, siano introdotti anche dei riferimenti chiari e precisi a tutte le disposizioni in materia di democrazia e partecipazione contenute nel Trattato sull'Unione europea (TUE) e nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) - in particolare all'articolo 11 del TUE e all'articolo 15 del TFUE, ma anche al preambolo e agli articoli 1, 3, paragrafo 2, 6 e 10 del TUE (17).

L'articolo 1, paragrafo 2, del TUE, recita come segue: «Il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini» (18).

3.7   Occorre ampliare la base giuridica dell'anno tematico, in modo da consentirgli di raggiungere gli obiettivi sopra indicati, abbracciando tutti gli aspetti della cittadinanza, e da garantirne il funzionamento e l'applicazione in tutti i settori dell'azione politica.

3.8   Il Comitato sottolinea che ciascuno Stato membro ha la sua parte di responsabilità anche per quanto riguarda la partecipazione della società al processo decisionale dell'UE, come indicano ad esempio una decisione della Corte costituzionale federale tedesca e il termine «responsabilità in materia di integrazione» da questa impiegato (19).

3.9   Il Comitato tiene a sottolineare il principio dell'uguaglianza dei cittadini, sancito dall'articolo 9 del TUE (20). Invita pertanto a prestare attenzione, nel quadro dell'Anno europeo 2013, alle categorie di cittadini che sono vittime di discriminazione. È opportuno adottare misure specifiche che consentano di garantire a tutti i cittadini pari opportunità di esercitare i loro diritti partecipativi, economici, sociali e di altro tipo, senza distinzioni di origine e cittadinanza, età, esigenze particolari, condizioni di salute, condizioni patrimoniali, credo religioso, situazione familiare o altre caratteristiche della stessa natura. Occorre garantire la piena parità tra donne e uomini (21). E occorre prestare un'attenzione particolare alla lotta contro le ideologie e le attività estremiste o antidemocratiche.

3.10   Il Comitato insiste anche sulla dimensione esterna della cittadinanza attiva. Nel corso dell'attuazione dell'anno tematico è importante collaborare con i paesi vicini dell'UE. Il Comitato invita l'UE a seguire un approccio coerente, che rispetti i principi e i valori fondamentali dell'Unione nelle relazioni esterne (22), migliorando la partecipazione della società civile alla definizione della politica estera europea e iniziando a preparare l'anno tematico 2015, che il Comitato ha proposto di dedicare alla cooperazione allo sviluppo.

La libera circolazione delle persone

3.11   Il Comitato sostiene la libera circolazione delle persone in quanto priorità indiretta (23), al pari della Commissione, che, nella proposta in esame, esprime la sua determinazione a eliminare gli ostacoli residui da essa individuati (24), onde consentire a tutti cittadini dell'UE, senza discriminazioni, di esercitare liberamente i loro diritti. Allo stesso tempo, il CESE chiede di concentrare l'attenzione su azioni concrete e pratiche che producano effetti positivi sul lungo termine e consistano, in particolare, nel creare nuovi programmi e strumenti - o ampliare quelli esistenti - tesi a promuovere, elaborare e attuare nuovi atti normativi o a controllare in modo più rigoroso e a reprimere le violazioni del diritto dell'UE.

3.12   Nel quadro dell'Anno europeo 2013, occorrerà anche prestare particolare attenzione al diritto del cittadino che si trovi in un paese terzo a ricevere assistenza da parte delle rappresentanze diplomatiche e consolari di altri Stati membri.

3.13   Il Comitato osserva che è opportuno esaminare la mobilità delle persone anche nel contesto dell'evoluzione demografica, e riconoscere il suo impatto positivo sull'occupabilità e sulla competitività. Tale mobilità incoraggia lo sviluppo nonché l'applicazione e il rispetto della legislazione europea in molti settori, quali ad esempio i diritti dei consumatori, la circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, l'assistenza sanitaria, l'istruzione, il diritto di voto e di presentarsi liberamente alle elezioni del Parlamento europeo quando ci si trova in un altro Stato membro dell'UE, le conoscenze linguistiche e le competenze interculturali e sociali, nonché altri diritti e garanzie di natura sociale ed economica. La mobilità delle persone implica quindi anche che i cittadini possano godere dei vantaggi del mercato unico e contribuire alla realizzazione degli obiettivi di crescita perseguiti dalla strategia Europa 2020.

Aspetti organizzativi dell'Anno europeo

3.14   La parte organizzativa dell'Anno europeo 2013 deve essere conforme agli obiettivi e ai valori perseguiti da tale iniziativa. Il Comitato concorda sul fatto che il relativo processo di pianificazione e attuazione debba essere il più aperto possibile, con la partecipazione, a tutti i livelli e in tutte le fasi, di tutti i soggetti interessati, e in particolare del Comitato delle regioni, del CESE stesso, dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile (OSC), comprese le parti sociali, nonché degli organi amministrativi nazionali e locali.

3.15   Il CESE insiste sull'importanza di accordare un'attenzione particolare alla collaborazione con le scuole e gli istituti di istruzione superiore e alle loro attività. Ciascuno Stato membro deve essere consapevole del suo ruolo e definire, riguardo alle scuole e a detti istituti, i programmi didattici che possono essere sostenuti dalla Commissione europea.

3.16   Nel quadro delle consultazioni della società civile è necessario elaborare una metodologia concreta e un compendio o un manuale di buone pratiche.

3.17   Sarà necessario sfruttare appieno le possibilità offerte dalla tecnologie moderne, tra cui le reti sociali e altri sistemi di comunicazione il cui contenuto è definito dai contributi degli utenti, in particolare inserendo una rubrica di consultazione nei siti Internet di tutte le istituzioni dell'UE.

3.18   Il Comitato chiede inoltre di garantire un coordinamento trasparente ed efficace dell'Anno europeo 2013 a tutti i livelli e tra tutti i soggetti coinvolti, in particolare sfruttando appieno le possibilità offerte dai comitati direttivi, con la creazione di meccanismi efficaci di scambio di esperienze a livello nazionale.

3.19   Sulla base delle esperienze positive effettuate nel corso di precedenti anni europei, il Comitato ha espresso il proprio sostegno alla creazione - da parte di organizzazioni e reti europee che fanno parte del gruppo di collegamento, nonché di altre organizzazioni partner - di una coalizione ampia e aperta di organizzazioni della società civile a favore dello svolgimento di questo anno tematico. Il Comitato, che si è dichiarato disponibile a cooperare con tale coalizione, intende creare, da parte sua, un gruppo di coordinamento per seguire i progressi dell'Anno europeo e contribuire al suo successo. A tal fine si dovrebbe anche instaurare una stretta cooperazione tra la coalizione della società civile e il gruppo di coordinamento del CESE. Il Comitato, insieme ai suoi partner a livello dell'UE e degli Stati membri, ritiene di poter dare un contributo sostanziale al riguardo grazie al lavoro di ricerca, collaborazione e motivazione condotto presso soggetti interessati della società civile, i quali condivideranno la responsabilità dell'attuazione dell'anno tematico. Vi sarà così l'occasione di condividere il know-how unico del CESE in materia di creazione di un consenso civico e di cooperazione.

3.20   Il CESE invita a elaborare e attuare misure specifiche tese a garantire un collegamento tra i diversi anni tematici e la continuità dei risultati dell'iniziativa. Raccomanda inoltre di collegare, sul piano del contenuto, gli Anni europei dal 2010 al 2013 (25) a quelli seguenti, e in particolare all'anno 2014 che il Comitato ha proposto di dedicare ai temi della famiglia.

3.21   È necessario non soltanto avviare delle campagne informative, ma anche attuare azioni e misure concrete e pratiche, definite dai responsabili delle politiche in collaborazione con la società. Occorre riequilibrare e modificare l'elenco delle azioni raccomandate, di cui all'articolo 3 della proposta in esame, sulla base delle raccomandazioni del presente parere, con l'obiettivo principale della piena applicazione degli articoli 10 e 11 del Trattato sull'Unione europea.

4.   Osservazioni specifiche

La partecipazione della società e la legittimità delle decisioni

4.1   Il Comitato ritiene che la proposta, nella sua forma attuale, non favorirà il senso di appartenenza all'Unione europea: essa, infatti, non getta le basi necessarie a conseguire risultati tangibili, nel quadro dell'Anno europeo 2013, per ridurre il divario tra la società e i responsabili politici in termini di partecipazione dei cittadini, oppure per rafforzare in modo sostanziale la legittimazione delle istituzioni dell'UE. Il Comitato raccomanda di prevedere, nel quadro dell'anno tematico, l'istituzione di un nuovo programma di promozione e la creazione di meccanismi, nonché l'elaborazione e l'adozione di atti giuridici, in materia.

4.2   Il Comitato sottolinea in particolare che la Commissione dovrebbe intervenire con proposte concrete, in particolare adottando dei Libri bianchi sulla piena attuazione degli articoli 10 e 11 del TUE. L'iniziativa dei cittadini europei (articolo 11, paragrafo 4, del Trattato sull'Unione europea) e gli altri meccanismi introdotti finora non sono sufficienti per garantire la piena partecipazione della società: occorre avviare fin d'ora un dibattito sulle diverse possibilità di integrare tali strumenti (26).

4.3   È inoltre opportuno adoperarsi per integrare i meccanismi di dialogo e di partecipazione esistenti, inventariare le buone pratiche (27) e migliorare la cooperazione tra le diverse istituzioni dell'UE, quella tra queste ultime e gli organi nazionali, come governi e parlamenti, impegnati nelle questioni riguardanti l'Unione, e quella con la società civile, per citare solo alcune delle parti interessate, in modo che il processo decisionale sia il più aperto e trasparente possibile.

4.4   Indipendentemente da questa azione, il Comitato invita gli Stati membri dell'UE a migliorare anche i meccanismi di partecipazione della società a livello nazionale, regionale e locale, coinvolgendo i cittadini nel dialogo e mettendo a punto degli indicatori specifici di risultati atti a misurare gli obiettivi raggiunti.

4.5   Lo scambio di idee deve essere promosso anche a livello europeo. Occorre in particolare garantire che ogni cittadino sia in grado di comprendere la reale portata dei temi trattati e capire quando e come poter partecipare al processo decisionale; allo stesso tempo è necessario anche rafforzare e promuovere (28) lo spazio europeo dei media, dal punto di vista dell'attuazione, dell'istruzione (29) e della cultura.

4.6   Il Comitato insiste sul suo ruolo di ponte tra le istituzioni e la società civile (30). Preparandosi al lancio dell'Anno europeo 2013, il Comitato si dichiara deciso a elaborare e attuare un ampio programma di partecipazione, di trasparenza e di innovazione, atto a dimostrare alla società e alle istituzioni dell'UE i vantaggi derivanti dall'impegno della collettività e a servire nel contempo, per determinati aspetti, da progetto pilota per altre iniziative.

Precedenti pareri del Comitato e valutazione dell'anno tematico

4.7   In alcuni pareri già adottati, il CESE ha difeso con forza e costanza i valori e gli obiettivi evidenziati in questo contesto, e in particolare la partecipazione informata dei cittadini, l'educazione civica e la tutela e la promozione dei diritti di tutti i cittadini (31).

4.8   Il Comitato invita a includere nel piano d'azione, nonché a sostenere con altri mezzi, le azioni relative alla mobilità raccomandate in precedenti pareri; ciò vale in particolare per le misure volte a rendere la mobilità più accessibile o incoraggiare quella giovanile o a scopi di istruzione e formazione specialistica, nonché le misure volte a migliorare l'accesso all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, ad avviare azioni tese a rimuovere gli ostacoli creati dai sistemi di istruzione, a eliminare le lacune in materia di conoscenze linguistiche e ad affrontare le questioni dell'assistenza sanitaria, della sicurezza sociale e dell'accesso a un alloggio o altre tematiche (32). Il Comitato raccomanda inoltre di considerare gli aspetti meno desiderabili che possono essere collegati alla mobilità, quali la separazione delle famiglie, il rischio della perdita di una determinata cultura o gli effetti socioeconomici nella regione di origine delle persone interessate.

4.9   È opportuno sostenere l'idea che ciascuno Stato membro elabori un manuale sui diritti riconosciuti ai cittadini di altri paesi dell'Unione che risiedono sul suo territorio e che sia tenuto a fornire a tali cittadini anche altre fonti di informazione facilmente accessibili (33). In tale contesto meritano di essere ribaditi anche tutti i punti già esposti nel parere del Comitato in merito alla cittadinanza attiva (34).

4.10   Il Comitato condivide l'idea di una relazione di monitoraggio sulla cittadinanza dell'UE e la proposta di elaborare un piano d'azione sui modi per rimuovere gli ostacoli che impediscono ancora ai cittadini di esercitare pienamente i loro diritti. Al riguardo il CESE propone che alla partecipazione dei cittadini sia accordata la massima priorità, e ritiene che tale iniziativa contribuirà a promuovere la sensibilizzazione e la partecipazione dei cittadini alle elezioni del Parlamento europeo che si terranno nella primavera del 2014 e a quelle successive.

4.11   Il Comitato richiama l'attenzione sulla mancanza di coerenza nelle politiche elaborate dalla Commissione europea: da un lato, infatti, vi è la volontà di insistere sulla mobilità, mentre dall'altro si prevede di apportare, nel corso del nuovo periodo di programmazione, notevoli cambiamenti al programma Gioventù in azione che potrebbero avere l'effetto diametralmente opposto e indebolire nei giovani il senso di appartenenza all'Unione europea e l'identità civica ed europea.

4.12   Il Comitato concorda sulla proposta di sottoporre i risultati dell'Anno europeo 2013 a una valutazione dettagliata e di raccogliere ed analizzare i punti di vista espressi dai cittadini nel corso del suo svolgimento. Le conclusioni che ne scaturiranno dovranno essere tenute in considerazione nell'ulteriore elaborazione delle politiche dell'UE in materia di cittadinanza. Da parte sua, il CESE sta considerando la possibilità di elaborare un parere volto a definire degli indicatori concreti e delle linee guida per la prosecuzione dei lavori in materia.

Il quadro istituzionale

4.13   Il Comitato raccomanda di esplorare la possibilità di istituire, presso il Parlamento europeo, un intergruppo specifico che promuova la collaborazione interistituzionale, tra cui quella con il CESE, per quanto riguarda la pianificazione e l'attuazione dell'anno tematico.

4.14   Il Comitato raccomanda altresì, nel quadro dei preparativi per l'Anno europeo 2013, di garantire risorse adeguate ai servizi della Commissione responsabili delle questioni attinenti alla partecipazione della società civile e al suo rafforzamento, nonché di estenderne il campo d'azione e migliorarne l'importanza e il coordinamento. Chiede inoltre che si consideri la possibilità di attribuire particolare attenzione anche alla promozione e al coordinamento del volontariato.

4.15   Data la loro scarsa visibilità ed efficacia, appare opinabile porre un accento particolare su fonti di informazione come i siti web Europe Direct, La tua Europa o Solvit. In questo elenco potrebbero essere inseriti tra l'altro anche Europeana ed EURES. Tuttavia, gli organismi dell'UE possono svolgere solo un ruolo indiretto, mentre l'accento dovrebbe essere posto in primo luogo sulla società civile organizzata. In ogni caso, le informazioni devono essere mirate al pubblico al quale si rivolgono, utilizzando canali di diffusione moderni e innovativi e avvalendosi anche dei media sociali e di altri strumenti.

Gli aspetti finanziari

4.16   Il Comitato raccomanda di assegnare all'Anno europeo 2013 una dotazione finanziaria sufficiente e adeguata. La dotazione, attualmente prevista, pari a 1 milione di euro, non è sufficiente per realizzare obiettivi della portata auspicata. L'Anno europeo 2011 disponeva di una dotazione di circa 11 milioni di euro (35), tenendo conto anche dei preparativi già effettuati nel 2010, mentre quella assegnata all'Anno europeo 2010 è stata di 17 milioni di euro (36). Inoltre, si prevede di assegnare all'Anno europeo 2013 risorse provenienti dalle linee di bilancio e dai programmi della direzione generale della Comunicazione; ma non si tratta di un finanziamento aggiuntivo (37). Inoltre, in tale importo non è purtroppo prevista alcuna risorsa destinata al cofinanziamento di iniziative di cittadini o di OSC (38). Il Comitato ritiene che gli 0,2 centesimi di euro previsti in media per ogni cittadino dell'UE non siano sufficienti per attuare le misure richieste nel presente parere, anche se non tutte le azioni e le iniziative richiedono risorse significative. In ogni caso, occorre prestare particolare attenzione alle attività che non beneficiano di risorse finanziarie indispensabili.

4.17   Il Comitato raccomanda di sopprimere la disposizione secondo cui «La partecipazione finanziaria assumerà generalmente la forma di acquisto diretto di beni e servizi nell'ambito di contratti quadro esistenti» (39), perché finirebbe sostanzialmente per generare spese elevate per campagne (concepite da società di pubbliche relazioni) che non sono sostenibili e possono anzi produrre effetti negativi o non avere alcun successo in molti Stati membri, proprio perché sono uguali per tutti. Occorre che il finanziamento sia concesso nella misura più ampia possibile alle organizzazioni della società civile di livello nazionale e locale, le quali devono essere i principali artefici dell'Anno europeo. Uno dei modi per farlo potrebbe essere quello di stanziare risorse tramite le rappresentanze della Commissione europea negli Stati membri.

4.18   Occorrerà tenere conto dei risultati dell'Anno europeo 2013 e degli insegnamenti che se ne trarranno, prevedendo strumenti finanziari come il futuro programma di finanziamento «Europa per i cittadini» od altri ancora. Allo stesso tempo, è necessario fornire maggiori informazioni sulle possibilità di contributo finanziario destinate a promuovere la cittadinanza dell'Unione (40), garantire un adeguato livello di finanziamento per la realizzazione di questi obiettivi e impegnarsi a rinnovare il programma di sovvenzioni per la partecipazione o il dialogo strutturato sulle questioni europee, a livello di Stati membri o di Unione europea. Questa misura costituirà anche un prolungamento dei vecchi programmi tesi a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini dell'Unione e il loro senso di appartenenza ad essa (41). È opportuno fare ricorso al volontariato al fine di compensare la componente di cofinanziamento dei progetti.

4.19   Il Comitato raccomanda inoltre di adottare un approccio innovativo nella pianificazione, nella gestione e nell'utilizzo delle risorse finanziarie, a livello dell'UE come anche agli altri livelli, in particolare per quanto attiene alla partecipazione dei cittadini all'allocazione degli stanziamenti destinati all'Anno europeo.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 489 final - 2011/0217 (COD).

(2)  L'articolo 10, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea (TUE) dispone che: «ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini.». Inoltre, l'articolo 11 del TUE stabilisce quanto segue:

«1.

Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione.

2.

Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile.

3.

Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell'Unione, la Commissione europea procede ad ampie consultazioni delle parti interessate.»

(3)  TUE GU C 83 del 30.3.2010.

(4)  Eurobarometro Flash n. 294, pubblicato nell'ottobre 2010.

(5)  COM(2010) 605 final.

(6)  Statistica Eurostat sulla partecipazione alle elezioni parlamentari nazionali e dell'UE.

(7)  Eurobarometro Standard n. 75, pubblicato nell'agosto 2011.

(8)  Cfr. Eurobarometro Standard n. 72, autunno 2009, volume 2. Nel 2011, le priorità che gli intervistati hanno indicato come più importanti (tra quelle indicate in un elenco prestabilito) sono state: il diritto di circolare e di soggiornare liberamente all'interno dell'Unione europea (48 %), una buona amministrazione da parte delle istituzioni europee (33 %), il diritto di presentare denunce al Mediatore europeo (32 %), l'accesso ai documenti delle istituzioni dell'UE (21 %), la partecipazione alle elezioni europee quando si vive in un altro Stato membro (21 %), il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo (20 %) e la possibilità di proporre misure legislative per mezzo di un'iniziativa dei cittadini (19 %). Cfr. Speciale Eurobarometro / Vague n. 75.1, pubblicato nell'aprile 2011.

(9)  Parere CESE sul tema Maggior democrazia per l'Europa e le sue istituzioni; miglior informazione per i cittadini e gli operatori socioeconomici; ruolo del mediatore presso il Parlamento europeo, GU C 352/63 del 30.12.1993.

(10)  Cfr. Speciale Eurobarometro / Vague n. 75.1, pubblicato nell'aprile 2011.

(11)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 163.

(12)  Gli Stati nei quali la cittadinanza viene già tradizionalmente concepita come «cittadinanza attiva» potrebbero utilizzare la formulazione breve.

(13)  COM(2011) 489 final - 2011/0217 (COD).

(14)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 74.

(15)  Parere CESE sul tema L'attuazione del Trattato di Lisbona: la democrazia partecipativa e l'iniziativa europea dei cittadini (articolo 11 TUE) (parere d'iniziativa), GU C 354 del 28.12.2010, pag. 59.

(16)  Risoluzione del Parlamento europeo del 15.12.2010 (2009/2161(INI)).

(17)  GU C 83 del 30.3.2010.

(18)  GU C 83 del 30.3.2010.

(19)  BVerfG, 2 BvE 2/08, del 30.6.2009 (disponibile soltanto il tedesco).

(20)  GU C 83 del 30.3.2010.

(21)  Cfr. in particolare il dossier REX/307 (relatrice: SHARMA) ed Eurobarometro Flash n. 294, pubblicato nell'ottobre 2010, da cui risulta che. le categorie che colgono meno bene il significato della cittadinanza europea sono in particolare le donne e i lavoratori manuali.

(22)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 74.

(23)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.

(24)  COM(2010) 603 final

(25)  GU C 224 del 30.8.2008, pag. 106, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 149 e GU C 51 del 17.2.2011, pag. 55.

(26)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 74.

(27)  Cfr. anche la Conferenza delle organizzazioni internazionali non governative, CONF/PLE(2009) CODE1, 2009.

(28)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 163.

(29)  GU C 28 del 3.2.2006, pag. 29.

(30)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 59.

(31)  Riguardo a questo punto, si rimanderà ad esempio ai pareri del CESE menzionati nel presente documento.

(32)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 14.

(33)  Indagine qualitativa Eurobarometro Cittadinanza dell'UE – mobilità transfrontaliera, agosto 2010.

(34)  GU C 28 del 3.2.2006, pag. 29.

(35)  Anno europeo del volontariato 2011.

(36)  GU C 51 del 17.2.2011, pag. 55.

(37)  COM(2011) 489 final - 2011/0217 (COD).

(38)  Gruppo di collegamento del CESE, European citizenship is more than rights! Open letter to MEPs: Commission proposal to designate 2013 as «European Year of Citizens» (La cittadinanza europea non è solo diritti! Lettera aperta ai deputati europei: proposta della Commissione di proclamare il 2013 Anno europeo della cittadinanza).

(39)  COM(2011) 489 final - 2011/0217 (COD).

(40)  COM(2010) 603 final.

(41)  Relazione sui progressi verso l'effettiva cittadinanza dell'UE 2007-2010, COM(2010) 602 final, Bruxelles, 27 ottobre 2010.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/143


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Sostenere la crescita e l’occupazione — un progetto per la modernizzazione dei sistemi d’istruzione superiore in Europa»

COM(2011) 567 definitivo

(2012/C 181/25)

Relatore: VAN IERSEL

Correlatore: STERN

La Commissione europea, in data 20 settembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Sostenere la crescita e l'occupazione - un progetto per la modernizzazione dei sistemi d'istruzione superiore in Europa

COM(2011) 567 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 100 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   Un'istruzione superiore ben concepita rappresenta un fattore cruciale per il futuro economico e intellettuale dell'Europa sotto vari punti di vista: rafforzamento della base delle prestazioni sociali ed economiche, arricchimento delle condizioni di vita e di lavoro delle generazioni future e definizione dei futuri valori della società europea.

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide ampiamente l'analisi condotta dalla Commissione insieme alle proposte e alle raccomandazioni della stessa e del Consiglio (1), che dovranno essere attuate negli anni a venire, la maggior parte delle quali è correlata al parere del CESE sul tema Università per l'Europa del 2009 (2). Il CESE sottolinea la necessità di completare l'agenda dell'UE e si aspetta interventi più ambiziosi da parte del Consiglio.

1.3   Nonostante una crescente consapevolezza e convergenza di punti di vista, vi è ancora un lungo cammino da percorrere. Spesso, le proposte di miglioramento su carta vengono attuate con riluttanza nella pratica. Nonostante il Processo di Bologna, gli interessi di parte, il protezionismo (leggero), insieme ad ampie e persistenti diversità e ad una frammentazione del panorama dell'istruzione superiore, impediscono la realizzazione di rapidi aggiustamenti. Non siamo di certo di fronte a un problema tecnico, in quanto gli aggiustamenti implicano spesso una revisione delle strutture esistenti nonché nuove definizioni di responsabilità, metodi, programmi e priorità. Tali elementi richiedono un'attenzione costante, più precisa e dettagliata nei confronti del processo di modernizzazione.

1.4   È senz'altro auspicabile diversificare in maniera efficace l'istruzione superiore con, da un lato, l'università classica, che combina insegnamento e ricerca, e dall'altro lato i sistemi alternativi di istruzione superiore, quali gli istituti superiori professionali, l'istruzione a base principalmente regionale (e transfrontaliera) e gli istituti che presentano un numero limitato di corsi. Più in generale, sono necessari profili specifici e una specializzazione intelligente. Il CESE insiste sull'importanza di efficaci sinergie tra le varie tipologie di istruzione e di percorsi di apprendimento flessibili a tutti i livelli di istruzione.

1.5   La strategia Europa 2020 dovrebbe essere pienamente attuata, sia a livello sostanziale sia a livello organizzativo. La Commissione, il Consiglio, gli Stati membri (SM) e l'istruzione superiore dovrebbero condividere le responsabilità e assicurare un coordinamento efficace. La strategia Europa 2020 implica interconnessioni tra l'istruzione superiore e le iniziative faro, tra cui Unione dell'innovazione, Politica industriale, Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione e Gioventù in movimento. I sistemi e le politiche in materia di istruzione superiore dovrebbero essere parte integrante delle raccomandazioni specifiche per paese nel corso del semestre.

1.6   Per adempiere alla loro missione e per garantire un miglior rapporto qualità-prezzo, le istituzioni devono soddisfare tre criteri chiave - autonomia (3), responsabilità e trasparenza - che sono altresì essenziali per porre l'istruzione superiore al centro della creazione di posti di lavoro, dell'occupabilità e dell'innovazione. I programmi (nazionali) dovrebbero garantire la professionalizzazione della gestione, l'adozione di programmi di studio aggiornati e di percorsi di formazione, la certezza della qualità dell'insegnamento e della ricerca, le opportunità di specializzazione, nonché l'attrattiva internazionale. La promozione di uno spirito imprenditoriale in ambito universitario richiede un'attenzione particolare.

1.7   Data l'assoluta necessità dei finanziamenti, è preoccupante e controproducente per Europa 2020 e per la posizione dell'Europa nel mondo il fatto che l'istruzione superiore sia sottofinanziata e che i vincoli di bilancio sottopongano le finanze pubbliche ad ulteriori pressioni. Per l'istruzione superiore dovrebbero essere garantiti finanziamenti adeguati, indipendentemente dalle fonti di provenienza. Si dovrebbe inoltre assicurare la diffusione delle buone pratiche.

1.8   Il numero di studenti è tuttora in rapido aumento. Occorre garantire la parità di genere in termini di pari opportunità in tutti i settori e a tutti i livelli. In generale, la dinamica dell'economia e della società richiede sia un accesso privo di ostacoli che livelli di qualità soddisfacenti. L'eventuale introduzione (o aumento) delle tasse d'iscrizione nazionali dovrebbe essere sostenuta da politiche di accompagnamento per le borse di studio e per i prestiti, nonché da garanzie di accesso.

1.9   Poiché in ambito tecnico è richiesto un numero crescente di studenti, di lavoratori nel settore della conoscenza e di ricercatori, l'istruzione tecnica dovrà essere resa più attraente. Il contributo delle parti sociali e degli esperti del mercato del lavoro deve essere adeguatamente strutturato. Le singole imprese, indipendentemente dalle dimensioni, dovrebbero poter apportare contributi significativi ai programmi di studio, alla formazione e allo spirito imprenditoriale.

1.10   Le università e le imprese, che preservano entrambe la propria indipendenza e le proprie responsabilità, dovrebbero sviluppare programmi di innovazione strategica in modo congiunto. Un'interazione tra l'istruzione superiore e le imprese apporta generalmente un contributo importante alla ricerca, alla trasmissione della conoscenza e allo sviluppo di competenze trasferibili e di idee. Si dovrebbe assicurare la divulgazione delle buone pratiche.

1.11   È estremamente importante disporre di un sistema di classificazione e di valutazione della qualità ai fini della creazione di un buon rapporto qualità-prezzo e di una mobilità internazionale efficace. Il CESE accoglie con favore il lancio dello strumento U-Multirank accuratamente progettato. Oltre a tale «mappatura», è necessario migliorare altre condizioni relative alla mobilità di studenti e ricercatori, nonché all'internazionalizzazione.

1.12   La convergenza dei sistemi di istruzione superiore si ripercuote favorevolmente sulle condizioni di mobilità transfrontaliera di studenti e ricercatori, e quindi sui risultati individuali nonché sul mercato del lavoro europeo e sull'integrazione europea. Il programma Erasmus dovrebbe prevedere un progetto pilota per un «semestre di mobilità».

1.13   Il CESE sostiene fortemente l'introduzione di un collegamento tra il progetto per la modernizzazione e Orizzonte 2020, Erasmus per tutti e i fondi strutturali.

2.   Introduzione

2.1   L'istruzione a tutti i livelli rappresenta una questione di interesse cruciale. Grazie al concetto di «sussidiarietà», l'istruzione superiore in Europa si è sviluppata a livello nazionale. Il Trattato di Lisbona individua esclusivamente la formazione e la riqualificazione professionali come possibili ambiti di intervento dell'UE (4).

2.2   La Conferenza di Bologna del 1999 ha dato origine a una svolta decisiva che ha condotto a un sistema d'istruzione diffuso in tutta Europa e basato su tre livelli: laurea di primo livello (triennale), laurea specialistica (o magistrale) e dottorato. L'accordo di Bologna ha così contribuito a far convergere i sistemi di istruzione superiore in Europa.

2.3   Nel frattempo, l'UE ha lanciato programmi internazionali di successo per studenti e ricercatori, tra cui Erasmus, Erasmus Mundus, le Azioni Marie Curie, ecc. Inoltre ha incoraggiato, in modo sistematico, progetti di ricerca transnazionali tramite i successivi programmi quadro.

2.4   È in corso un processo di riforme e iniziative «dal basso» sia all'interno delle università europee sia tra le stesse. Tra le iniziative figura la creazione di gruppi di università con orientamenti simili, tra cui la lega delle università di ricerca europee, il gruppo di Coimbra e altri, in grado di favorire la specializzazione in varie direzioni, come ad esempio nella ricerca o nelle scienze sociali.

2.5   Nel 2009, il CESE è giunto alla conclusione che «nel sistema universitario attuale, che è lungi dall'essere ottimale, le grandi potenzialità delle università non vengono sufficientemente sfruttate» (5). Tale parere viene condiviso dalla Commissione nel suo progetto per la modernizzazione (6). Il Consiglio conclude che «la qualità dell'istruzione e della ricerca è un elemento chiave» per la modernizzazione e che «rafforzare il triangolo della conoscenza, ossia istruzione, ricerca e innovazione, è un presupposto fondamentale per consentire all'istruzione superiore di contribuire all'occupazione e alla crescita» (7).

2.6   L'aggiornamento dell'istruzione superiore deve essere eseguito in uno scenario molto diversificato nell'ambito di contesti socioeconomici nazionali e regionali divergenti. Le università classiche e gli altri tipi di istituti perseguono missioni specifiche. Il concetto di università classica implica sia l'istruzione e l'insegnamento che la ricerca.

2.7   In vista di una ripresa sostenibile a livello sociale ed economico, è essenziale adottare misure decisive finalizzate al miglioramento della qualità nell'istruzione superiore.

2.8   Oltre a numerose analisi sulle riforme auspicabili, il documento di lavoro che accompagna la comunicazione (8) riassume gli sviluppi all'interno degli Stati membri che promuovono la modernizzazione. Restano tuttavia da affrontare notevoli disparità in alcuni settori fondamentali:

produttività economica per paese – livello di realizzazione dell'istruzione superiore e risultati economici pro-capite,

qualifiche in vista dell'occupabilità,

disparità relative al livello di realizzazione del 40 % dell'UE concordato per l'istruzione superiore, sebbene la partecipazione in tale ambito stia registrando un aumento significativo in tutta Europa,

diversi livelli di investimento nell'istruzione superiore, differenze nei finanziamenti, disparità nello sviluppo dell'istruzione superiore pubblica e privata,

malgrado «una riforma diffusa e di vasta portata in materia di governance dell'istruzione superiore», permangono disparità in termini di autonomia e di responsabilità a livello finanziario e istituzionale.

2.9   Nella sua analisi complessiva, la Commissione sottolinea anche i cambiamenti, in particolare lo sviluppo del triangolo della conoscenza in tutto il continente, i rapporti più stretti tra le università e gli ambienti economici, un'attenzione particolare ad attività incentrate sulla conoscenza «di alto livello», tra cui ricerca e sviluppo, marketing e vendite, gestione della catena di valore e servizi finanziari, servizi in generale, TIC, gruppi sociali sottorappresentati, il mutevole equilibrio di genere, in base al quale in Europa le donne rappresentano più della metà della coorte di studenti a livello predottorato – sebbene a livello di dottorato si registri una tendenza opposta - e un'impressionante mobilità di apprendimento transfrontaliera europea e in tutto il mondo.

2.10   Il CESE è favorevole a un approfondimento delle relazioni, analisi e raccomandazioni per paese parallelamente all'adozione di un metodo sistematico specifico per paese, come peraltro applicato nelle relazioni sullo stato di avanzamento del Processo di Bologna e negli studi mirati dell'OCSE sull'istruzione superiore e sulla misurazione della qualità. Gli approcci specifici per paese forniranno esempi di «buone pratiche».

2.11   Il CESE osserva che nell'analisi di carattere prevalentemente generale, vengono trascurate alcune questioni importanti, che riguardano, tra l'altro, l'interferenza politica a livello nazionale e regionale nell'istruzione superiore, il modo in cui la necessità di promuovere la partecipazione e la qualità si manifesta negli SM, l'approccio delle autorità ai requisiti specifici per professori, insegnanti, ricercatori e studenti, il rapporto reciproco tra i vari livelli di istruzione superiore negli Stati membri, lo sviluppo di un terreno comune per l'istruzione e la ricerca all'interno delle università e, infine, la disponibilità di dati statistici affidabili.

2.12   La Commissione e il Consiglio mettono in forte rilievo il rapporto tra l'istruzione superiore e l'economia. Essi non si occupano in modo specifico delle facoltà sanitarie, delle scienze sociali o delle discipline umanistiche. Ciò è comprensibile data la necessità di concentrarsi su determinate questioni, specialmente in tempi di crisi. D'altro canto, poiché l'obiettivo di qualsiasi servizio di istruzione è garantire un rapporto ottimale tra istruzione e lavoro, sarebbe altresì altamente auspicabile discutere il modo in cui le facoltà o gli ambienti accademici non strettamente collegati all'economia, ma tuttavia importanti, dovrebbero affrontare la questione della modernizzazione.

2.13   Poiché le nuove tecnologie terapeutiche e diagnostiche efficienti in termini di costi richiedono una formazione costosa, ad elevata intensità di capitale e di tipo pratico, nonché un'istruzione di alta qualità e un apprendimento permanente, occorre garantire una cooperazione tra l'industria e le facoltà sanitarie. Ciò contribuirà a ridurre i tassi di mortalità e di invalidità.

3.   Europa 2020 e l'istruzione superiore

3.1   Nel 2009, il CESE ha definito la strategia di Lisbona e l'istruzione superiore europea come grandi catalizzatori potenziali del processo di modernizzazione. Nella stessa ottica, la Commissione stabilisce giustamente un collegamento tra le università e gli obiettivi e le finalità di Europa 2020.

3.2   Un'innovazione determinante apportata dalla strategia Europa 2020 concerne la governance: un più stretto coordinamento in seno alla Commissione e tra gli SM e l'UE anche relativamente a questioni che non sono coperte dal Trattato o lo sono solo in parte.

3.3   Le iniziative faro sono di estrema importanza per l'istruzione superiore, specialmente Politica industriale, Unione dell'innovazione, Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione e Gioventù in movimento.

3.4   Le necessarie riforme universitarie dovrebbero essere sostenute da un rafforzamento del ruolo di monitoraggio della Commissione, che comprende raccomandazioni specifiche per paese nel corso del semestre.

3.5   Il progetto per la modernizzazione dell'istruzione superiore deve essere integralmente coperto dalla strategia Europa 2020. Il CESE accoglie favorevolmente il ruolo fondamentale dell'istruzione nel quadro di Europa 2020 e in riferimento alla stessa nell'agenda strategica della Commissione.

3.6   Il CESE ritiene che il legame tra Europa 2020 e l'istruzione superiore possa riassumersi nei seguenti termini:

Europa 2020 collega l'istruzione superiore con l'innovazione, le politiche industriali e la mobilità;

crea una base aggiuntiva per i pareri e la cooperazione condivisi tra la Commissione e gli SM, tra i singoli SM e tra gli istituti d'istruzione;

dà origine a nuovi impulsi a livello nazionale per la modernizzazione;

gli sviluppi nell'istruzione superiore devono diventare parte integrante delle raccomandazioni specifiche per paese nel corso del semestre annuale;

Europa 2020 creerà nuovi forum di cooperazione oltre ad aumentare l'efficacia delle reti transazionali;

il collegamento con la politica industriale e l'innovazione richiede un'intensificazione delle consultazioni con il settore privato. Le consultazioni con le PMI e le microimprese restano sottostimate. Il CESE insiste sull'importanza di un impegno concreto da parte dell'istruzione superiore, dei governi e della Commissione ad avvalersi dell'esperienza pratica di tali imprese per la definizione dei programmi e dei piani di studio.

3.7   La Commissione opera una distinzione tra le questioni principali riservate agli SM (e agli istituti d'istruzione) da affrontare, da un lato, e le questioni specifiche dell'UE, dall'altro. Il CESE preferisce invece esprimersi in termini di «responsabilità condivise» degli SM e della Commissione nel quadro di Europa 2020.

4.   Questioni che dovranno essere affrontate dagli Stati membri, dal Consiglio e dall'istruzione superiore

4.1   L'individuazione delle questioni principali negli Stati membri dovrebbe sfociare su azioni mirate. Sono necessari maggiori sforzi. Il Consiglio dovrebbe definire le priorità su proposta della Commissione che monitora successivamente l'attuazione nazionale.

4.2   Un'attenzione particolare dovrebbe essere rivolta a «una governance e sistemi di finanziamento più flessibili, in grado di conciliare una maggiore autonomia con la responsabilità degli istituti d'istruzione verso tutte le parti interessate», favorendo in tal modo la specializzazione, i buoni risultati a livello dell'istruzione e della ricerca nonché la diversificazione (9).

4.3   Come ha sostenuto il CESE nel 2009, due aspetti rivestono un'importanza cruciale: un quadro e un'autonomia appropriati (10). Sebbene l'organizzazione, che comprende l'autonomia e i finanziamenti, rappresenti una responsabilità principale degli SM, il CESE considera indispensabile un dibattito su tali aspetti tra gli SM e in seno al Consiglio, in quanto si tratta di due realtà in grado di influenzare in modo significativo i risultati per gli insegnanti e gli studenti.

4.4   Il CESE concorda con gli obiettivi definiti nel riquadro relativo alle questioni strategiche fondamentali, al punto 2.5 del progetto per la modernizzazione. Tali obiettivi prevedono aggiustamenti che sono lungi dall'assumere un carattere tecnico e che sono correlati principalmente al contesto politico nazionale. In primo luogo dovrebbero quindi essere chiamati in causa i governi piuttosto che i responsabili dell'istruzione superiore. La perseveranza politica, la legislazione e la regolamentazione, che dovranno formare oggetto di discussione con tutte le parti interessate, sono infatti aspetti essenziali.

4.5   I governi e gli istituti dovrebbero essere altresì incoraggiati a effettuare confronti internazionali sui vantaggi di una maggiore autonomia.

4.6   Contrariamente alla pratica comune, che prevedeva un'efficace «massificazione» dell'istruzione superiore (11), l'attenzione deve essere spostata, in linea con l'attuale dibattito sull'istruzione superiore, verso la specializzazione intelligente, la diversità delle scelte strategiche e lo sviluppo di centri di eccellenza. Gli esempi di successo negli SM possono mostrare la via da seguire.

4.7   Il CESE riconosce che tali obiettivi potrebbero condurre a importanti cambiamenti nell'ambito delle filosofie dell'educazione all'interno degli SM. Si tratta di una questione che dovrà essere discussa, insieme a tabelle di marcia e calendari, in seno al Consiglio.

4.8   Nella crisi attuale, esiste un legame ovvio tra la modernizzazione dell'istruzione e l'economia. Tuttavia, il processo dovrebbe avere una maggiore portata. Il CESE evidenzia ugualmente la necessità di standard aggiornati in termini di professionalizzazione, programmi di studio, lauree e mobilità nell'ambito delle scienze sociali e delle discipline umanistiche, determinanti per la vita intellettuale, i valori e l'identità europei. Inoltre, la gestione efficace delle facoltà sanitarie, delle scienze sociali e delle discipline umanistiche ha anche un impatto positivo sull'economia.

4.9   Il CESE condivide l'importanza di assicurare rapporti più ravvicinati tra l'istruzione superiore e le imprese. Inoltre concorda sul fatto legami stretti ed efficienti tra istruzione, ricerca e imprese, combinati con l'evoluzione graduale verso l'«innovazione aperta», saranno cruciali per il triangolo della conoscenza.

4.10   Di conseguenza, per gli istituti direttamente o indirettamente collegati con l'economia, il CESE sostiene le partnership con diverse categorie di imprese in quanto «attività essenziali degli istituti d'istruzione superiore» (12). Sarebbe necessario concentrare l'attenzione sulle abilità imprenditoriali, creative e di innovazione degli studenti, nonché sugli ambienti di apprendimento interattivi e sulle infrastrutture di trasmissione della conoscenza. È altresì necessario un atteggiamento aperto nei confronti dell'«università imprenditoriale».

4.11   È necessario porre in essere condizioni specifiche che consentano agli studenti, in vista dell'aggiornamento delle proprie qualifiche, di passare facilmente da un tipo di istituto a un altro, prevedendo altresì percorsi flessibili dall'istruzione e dalla formazione professionale post secondaria all'istruzione superiore (13). Tali condizioni sono anche estremamente utili per l'apprendimento permanente.

4.12   Lo sviluppo regionale merita un'attenzione particolare. In numerose regioni, specialmente nelle aree metropolitane, il legame tra l'istruzione superiore, il mercato del lavoro, la ricerca, l'innovazione e le imprese rappresenta un aspetto di fondamentale importanza. Tali regioni stanno assistendo attualmente allo sviluppo di un numero sempre crescente di specialità transnazionali e addirittura mondiali. Il coinvolgimento sistematico dell'istruzione superiore funge solitamente da catalizzare dello sviluppo locale e regionale e promuove la capacità di ripresa socioeconomica. Le autorità nazionali devono essere incoraggiate a stimolare tali processi regionali (14).

4.13   Il CESE pone l'accento sulla cooperazione regionale transfrontaliera nell'istruzione superiore. I GECT possono fornire aiuto per le regioni vicine nonché per le regioni che presentano modelli economici comparabili (15).

4.14   Il finanziamento rappresenta una questione fondamentale. La crisi colpisce anche il finanziamento pubblico dell'istruzione superiore, che rischia di rimanere mediamente sottofinanziata a livello strutturale. La spesa complessiva è pari all'1,2 % del PIL (rispetto al 2,9 % degli Stati Uniti e all'1,5 % del Giappone). Anche il livello di spesa privata è estremamente modesto rispetto a Stati Uniti e Giappone. Intanto si registrano significativi progressi nei paesi BRIC. Il CESE osserva che il precedente obiettivo che prevedeva di destinare il 2 % del PIL all'istruzione superiore non è stato inserito nella strategia Europa 2020.

4.15   La strategia Europa 2020 dovrebbe essere sostenuta mediante il finanziamento necessario e gli obiettivi quali l'offerta di laureati di elevata qualità, la professionalizzazione della gestione e il rapporto qualità-prezzo.

4.16   Esiste un'ampia varietà di finanziamenti previsti per gli SM. Alcuni di essi si trovano in una situazione decisamente migliore rispetto ad altri. La correlazione tra il risultato dell'istruzione superiore e l'occupazione rende indispensabile il mantenimento di finanziamenti adeguati mediante l'incoraggiamento di una più ampia varietà di fonti di finanziamento, tra le quali l'utilizzo di finanziamenti pubblici tesi ad aumentare gli investimenti privati e altri investimenti pubblici (cofinanziamento).

4.17   Un rapporto ben strutturato tra gli istituti d'istruzione qualificati e la comunità economica può certamente contribuire ad attenuare uno sviluppo al ribasso. L'istruzione superiore dovrebbe trarre vantaggio dai processi innovativi nelle imprese. Tuttavia, i finanziamenti privati o delle imprese non dovrebbero mai dare adito a influenze ingiustificate sui programmi di studio o sulla ricerca di base.

4.18   Le università e le imprese, dovrebbero sviluppare programmi di innovazione strategica in modo congiunto, mantenendo entrambe la propria indipendenza e le proprie responsabilità. L'interazione tra le università e le imprese può essere rafforzata mediante alleanze della conoscenza. La Piattaforma europea dell'innovazione, che tiene anche conto delle tecnologie abilitanti fondamentali, previste dall'UE, può rivelarsi molto utile in tal senso.

4.19   L'interazione e gli scambi tra l'istruzione superiore e le imprese apporta un contributo importante alla ricerca, alla trasmissione della conoscenza e allo sviluppo di competenze trasferibili e di idee. Si dovrebbe assicurare la divulgazione delle buone pratiche.

4.20   Il progetto per la modernizzazione non esprime alcuna posizione sulle tasse di iscrizione, trattandosi di un aspetto che rientra tra le competenze esclusive nazionali. In Europa sono presenti vari sistemi. Un aumento graduale delle rette annuali costituisce oramai una tendenza generale. Le tasse d'iscrizione rappresentano, pertanto, un punto controverso.

4.21   Il CESE pone l'accento su alcune problematiche che si stanno accentuando: il numero di studenti è in crescita, la qualità va migliorata e l'occupabilità richiede standard più elevati di apprendimento, sebbene i finanziamenti pubblici all'interno degli SM rimangano immutati o tendano addirittura a diminuire. Si tratta di una sfida importante. Il CESE sottolinea che l'eventuale introduzione (o aumento) delle tasse di iscrizione nazionali dovrebbe essere sostenuta da politiche di accompagnamento per le borse di studio e per i prestiti, nonché da esplicite garanzie di accesso.

4.22   Poiché la percentuale di abbandoni nell'istruzione superiore è troppo elevata, è necessario attrarre un campione sociale più ampio. Urgono, in particolare, miglioramenti del contesto sociale e culturale in paesi caratterizzati da un forte ritardo.

4.23   Tuttavia, il solo aumento dei numeri non rappresenta un criterio soddisfacente. La qualità delle qualifiche, valutata in modo obiettivo, dovrà prevalere sulla quantità.

4.24   In materia di qualifiche dovrebbero applicarsi alcuni principi:

consultazioni con le parti sociali interessate e con esperti del mercato del lavoro, in vista dell'occupabilità,

le consultazioni con le imprese sono fondamentali: oltre alle grandi aziende, esse dovrebbero coinvolgere regolarmente anche le PMI, le piccole imprese e le microimprese, e ciò è tanto più importante quanto più i processi industriali tendono a frammentarsi o a essere subappaltati,

le qualifiche collegate alla dinamica della creazione di occupazione devono essere sviluppate, mediante programmi di apprendimento e di formazione che richiedono anche l'impegno delle imprese e partnership con le stesse,

è necessario sviluppare competenze interdisciplinari e traversali,

le qualifiche dovrebbero servire a promuovere la specializzazione intelligente che stimola l'attrattiva (internazionale) o le specialità regionali,

nonostante la diversità dell'istruzione superiore, le modalità di definizione delle qualifiche dovrebbero facilitare le carriere e gli scambi europei (e internazionali).

4.25   Il CESE plaude alle proposte contenute nella Comunicazione concernenti le qualifiche, la garanzia di qualità e il legame tra l'istruzione di alta qualità e i ricercatori. Esso condivide altresì il parere in base al quale la modernizzazione dell'istruzione dipende dalla competenza e dalla creatività degli insegnanti e dei ricercatori (16), un fatto, questo, spesso ignorato. A questo proposito andrebbero eliminati tutti gli ostacoli amministrativi che costituiscono un impedimento alle carriere nel settore accademico, come i livelli accademici aggiuntivi esistenti in alcuni Stati (tra i quali la Polonia).

4.26   Dato il netto aumento del numero di studenti, si assiste a una preoccupante carenza di insegnanti competenti. La qualità nel settore dell'insegnamento e della ricerca si traduce nella necessità di condizioni di lavoro soddisfacenti, di carriere allettanti nell'ambito dell'istruzione e di sviluppo professionale oltre che di strutture per la formazione e di riconoscimenti dell'eccellenza. Sebbene ciò possa apparire un fattore lampante, attualmente, nella maggior parte degli SM, si assiste a una tendenza contraria. Di conseguenza, il Consiglio dovrebbe definire specifiche linee politiche.

4.27   La Commissione sottolinea giustamente la necessità di un'ampia varietà di modalità di studio. L'istruzione professionale deve diventare più allettante. I partner sociali a livello nazionale e regionale possono svolgere un ruolo molto positivo nella promozione dell'immagine degli studi tecnici. Le singole imprese possono apportare un contributo significativo. Il CESE sottolinea l'impegno delle PMI, in particolare delle piccole imprese e delle microimprese, specialmente a livello regionale.

4.28   Il dibattito europeo deve essere incentrato sulla necessità di porre l'istruzione superiore al centro dell'innovazione, della creazione di posti di lavoro e dell'occupabilità (17). Ciò dovrebbe rappresentare un obiettivo fondamentale per tutte le parti interessate e una responsabilità condivisa della Commissione, del Consiglio, degli SM e, in particolare, dell'istruzione superiore stessa.

4.29   Date le enormi sfide, l'agenda dell'istruzione superiore della Commissione e del Consiglio è ancora lungi dall'essere completa e stabile. Il CESE sottolinea che l'attuale crisi richiede misure più focalizzate e convincenti da parte del Consiglio, degli SM e dell'istruzione superiore. I cambiamenti sono forse già in corso, ma devono comunque subire un'accelerazione.

4.30   Tutti gli attori devono assumersi eguali responsabilità quanto a professionalizzazione, programmi di studio, garanzia della qualità, specializzazione, ecc. È necessario che il Consiglio elabori una tabella di marcia e dei calendari sul legame tra istruzione superiore, innovazione e occupabilità. Gli istituti d'istruzione superiore dovrebbero sostenere tale processo, delineando il proprio ruolo nella promozione della qualità e delle innovazioni sociali e dei prodotti.

4.31   Il parere dell'ERAC, relativo agli obiettivi assolutamente rilevanti pertinenti alla governance e alla riforma istituzionale delle università nonché al legame tra innovazione, ricerca e istruzione dovrebbe diventare parte integrante dell'agenda. Ciò dovrebbe aprire la strada a vari cambiamenti in numerose università europee (18).

5.   Questioni che deve affrontare la Commissione

5.1   Il CESE accoglie con favore gli obiettivi che la stessa Commissione si è posta nel processo di modernizzazione dell'istruzione superiore, aderendo agli approcci recentemente proposti, come evidenziato nelle conclusioni del Consiglio dello scorso novembre.

5.2   Il CESE sostiene il ruolo che la Commissione può e dovrebbe svolgere nel porre l'attenzione all'insieme dei dati utili all'elaborazione delle politiche, tra le altre cose in materia di prestazioni e trasparenza. In un mondo in cui le analisi e gli obiettivi sono soprattutto di portata nazionale (e spesso di ispirazione politica), è essenziale che la Commissione abbia un ruolo proattivo, con valutazioni oggettive, che tenga conto del mandato attualmente oggetto di discussione in Consiglio.

5.3   È probabile che tali valutazioni europee stimolino iniziative corrispondenti negli Stati membri, nelle università e nei centri di ricerca, che rafforzino il quadro comune e auspicabilmente conducano a obiettivi condivisi.

5.4   In tale contesto, il CESE accoglie con favore il lancio di U-Multirank, uno strumento di classificazione e d'informazione multidimensionale, basato sulle prestazioni. Tale strumento dovrebbe migliorare la trasparenza delle missioni dei vari tipi di istituti e contribuire a un confronto equo delle prestazioni dell'istruzione superiore in Europa. Inoltre, esso consente di sviluppare una classificazione europea oltre a quella monodimensionale di Shangai e ad altre classificazioni.

5.5   Come ha sostenuto il CESE nel 2009, è estremamente importante disporre di un sistema critico di classificazione e valutazione della qualità che copra un'ampia gamma di questioni relative a una grande varietà di istituzioni (19). La trasparenza, fornita da un organo terzo indipendente, verificabile, non fazioso, aiuterà le autorità nazionali e l'istruzione superiore a porre l'accento sulla qualità, la differenziazione e la specializzazione intelligente. Come rileva la Commissione,«questo strumento gestito in modo indipendente chiarirà le scelte e le adozioni di decisioni di tutti i soggetti attivi nel settore dell'istruzione superiore» (20).

5.6   Inoltre, la «mappatura» può promuovere la mobilità transfrontaliera di studenti, lettori, ricercatori e professori e, più in particolare, consentire di del migliorare la ricerca creando nuove reti, nonché partenariati e concorrenza tra gli istituti di istruzione superiore in tutta Europa.

5.7   Il Consiglio sostiene la mobilità di studenti e di ricercatori (libera circolazione della conoscenza) come «quinta libertà». I programmi UE che incoraggiano la mobilità transfrontaliera di studenti e ricercatori sono già efficaci. Ciononostante, le lacune sistemiche riscontrate non sono ancora state colmate. Per superare gli ostacoli alla mobilità a fini di apprendimento è auspicabile un «quadro di controllo sulla mobilità».

5.8   Il programma Erasmus deve richiedere maggiore impegno da parte degli studenti. Il CESE raccomanda un progetto pilota per un «semestre di mobilità», durante il quinto semestre della laurea di primo livello. Il programma, inoltre, deve essere economicamente accessibile per ogni candidato. Il CESE sostiene l'analisi del potenziale di flusso di mobilità degli studenti e la proposta della Commissione riguardo al Sistema europeo di trasferimento dei crediti d'insegnamento, nonché riguardo a un programma di mobilità nel quadro di Erasmus a livello laurea magistrale (Erasmus Masters Degree Mobility Scheme).

5.9   L'articolo 179, paragrafo 1 del TFUE è molto chiaro riguardo alla ricerca nell'UE (21). La mobilità internazionale dei ricercatori è fondamentale. Troppo spesso, un protezionismo dissimulato crea ostacoli persistenti per i ricercatori, che danneggiano la scienza e la competitività europea e impediscono inoltre alle istituzioni nazionali di trarre il massimo vantaggio dalla diversità intellettuale europea. Il CESE appoggia con decisione la proposta della Commissione relativa al Quadro europeo per le carriere scientifiche per incoraggiare la mobilità dei ricercatori.

5.10   Il CESE, inoltre, accoglie con favore il quadro europeo per quattro profili professionali per ricercatori, sviluppato dalla Commissione e da esperti del settore dell'istruzione e delle imprese. Tale quadro deve crescere come un sistema aperto per creare più opportunità possibili.

5.11   Il CESE sottolinea la necessità di razionalizzare le condizioni finanziarie e sociali nazionali dei ricercatori in un quadro europeo comune al fine di eliminare i rimanenti ostacoli alla libera circolazione. Occorre sviluppare i profili professionali a livello europeo e incoraggiare gli istituti a rendere più professionale la loro gestione delle risorse umane.

5.12   È auspicabile un'estensione delle attività dell'Istituto europeo dell'innovazione e tecnologia (EIT), anche al fine di creare incentivi per favorire alleanze della conoscenza tra imprese e università interessate. Ciò vale anche per il rafforzamento delle Azioni Marie Curie e per un quadro di qualità per i tirocini.

5.13   Su scala mondiale, l'UE deve crescere come concorrente e partner altamente qualificato. L'istruzione svolge un ruolo di primo piano in questo processo. Di conseguenza, il CESE sostiene pienamente la decisione del Consiglio di invitare la Commissione a «elaborare una strategia specifica per l'internazionalizzazione dell'istruzione superiore» (22).

5.14   Il CESE sostiene le condizioni quadro previste per un'estensione delle relazioni con partner esterni all'UE, le partnership per la mobilità e il miglioramento delle strutture per studenti e ricercatori provenienti da paesi non europei attraverso le direttive dell'UE e un quadro di valutazione dei risultati (23). Le restrizioni relative a studenti e ricercatori non europei devono essere attenuate al fine di attrarre il talento e la creatività da ogni luogo.

5.15   Il CESE chiede al Consiglio di discutere della posizione dell'istruzione superiore europea in un contesto mondiale, per definire anche le qualità necessarie per essere un concorrente e partner di successo. Ciò può aiutare gli istituti di istruzione a creare le condizioni adeguate.

5.16   In alcuni pareri, il CESE ha espresso il suo sostegno a favore di un'attenzione particolare all'innovazione e a tutti gli aspetti di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell'elaborazione delle prospettive finanziarie 2014-2020. Il CESE ribadisce la necessità di aumentare il valore aggiunto dei fondi europei.

5.17   In tale contesto, il CESE accoglie con favore la proposta specifica della Commissione relativa a un aumento del 73 % dei finanziamenti erogati al programma Erasmus nel bilancio 2014 2020, nonché i riferimenti diretti all'istruzione (superiore) nei fondi strutturali.

5.18   Senza esaminare i dettagli delle cifre finanziarie effettive, il CESE condivide l'opinione generale secondo cui tutte le spese relative all'istruzione, alla ricerca e all'innovazione e ad una politica di coesione servono a creare un ambiente europeo orientato al futuro. Ogniqualvolta sia opportuno, i finanziamenti a titolo della «ristrutturazione di siti industriali» possono essere utilizzati anche a tale scopo.

5.19   Il CESE plaude all'intenzione della Commissione di istituire nel 2012 un gruppo di alto livello con la missione di analizzare i temi determinanti per la modernizzazione dell'istruzione superiore. Il gruppo di alto livello deve essere composto a grandi linee da rappresentanti di istituti di istruzione, università, imprese e parti sociali.

6.   Ulteriori suggerimenti

6.1   Sarebbe opportuno introdurre incentivi mirati per lo sviluppo professionale nell'istruzione superiore, come dei corsi a livello europeo in materia di gestione e direzione universitaria.

6.2   Si raccomanda la creazione di collegamenti specifici tra singole università (gemellaggi in tutta l'Europa) affinché queste possano imparare dalle reciproche esperienze pratiche, professionali e gestionali. Sarebbero inoltre utili scambi di esperienze all'interno di gruppi transfrontalieri di università e convegni e seminari specializzati.

6.3   Commissioni esterne valutano a intervalli regolari le prestazioni in termini scientifici e educativi delle facoltà o delle strutture universitarie. Il CESE raccomanda che queste commissioni siano permanentemente composte da esperti internazionali altamente qualificati.

6.4   In considerazione del rapporto costi-benefici dell'istruzione superiore, il CESE raccomanda un'analisi europea dei sistemi esistenti in relazione agli oneri amministrativi. Dovrebbero essere elaborate proposte di miglioramento sulla base delle buone pratiche.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Conclusioni del Consiglio del 28 e 29 novembre 2011 sull'agenda di modernizzazione.

(2)  GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 48-55.

(3)  Per un'analisi più aggiornata, si veda «University Autonomy in Europe II - The Scoreboard», European Association of Universities, 2011. C'è ancora un mondo da conquistare.

(4)  Titolo XII, Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport, articoli 165 e 166.

(5)  GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 48-55, punto 1.1.

(6)  COM(2011) 567 final, pag. 2.

(7)  Conclusioni del Consiglio sulla modernizzazione dell'istruzione superiore, 28 e 29 novembre 2011.

(8)  SEC(2011) 1063 final, pag. 48.

(9)  COM(2011) 567 final, pag. 9, GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 48-55, punto 1.4.

(10)  GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 48-55, punti 1.4, 3.5.1 e 3.5.2.

(11)  Tra il 2000 e il 2009, il numero di studenti nell'ambito dell'istruzione superiore nell'UE è aumentato del 22,3 % superando quota 19,4 milioni (documento di lavoro dei servizi della Commissione sul tema Sviluppi dei sistemi d'istruzione superiore in Europa, SEC(2011)1063 final, pag.16). Tuttavia, ciò non è indicativo della qualità delle qualifiche.

(12)  COM(2011) 567 final, pag. 8. Si vedano anche le conclusioni del Consiglio del 28 e 29 novembre 2011, che sottolineano le partnership e la cooperazione con le imprese e con altri attori pubblici e privati.

(13)  GU C 68 del 6.3.2012, pag. 1, che invita altresì la Commissione a fondere i processi di Bologna e di Copenaghen all'interno di un approccio integrato, e GU C 68 del 6.3.2012, pag. 11.

(14)  GU C 376 del 22.12.2011, pag. 7.

(15)  Ibid. punti 5.7 e 5.8.

(16)  COM(2011) 567 final, pag. 5.

(17)  COM(2011) 567 final, pag. 12, punto 3.3.

(18)  Si vedano le conclusioni del Comitato per lo spazio europeo della ricerca, 24 giugno 2011.

(19)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 48-55, punti 1.5 e 5.2.4, 5.2.5 e 5.2.6.

(20)  COM(2011) 567 final, riquadro Questioni strategiche fondamentali, pag. 11.

(21)  Cfr. la convincente proposta della Commissione europea Towards a European framework for research careers, del 21 luglio 2011.

(22)  Conclusioni del Consiglio sull'internazionalizzazione dell'istruzione superiore, 11 maggio 2010.

(23)  COM(2011) 567 final, riquadro Questioni strategiche fondamentali, pag. 14.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/150


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Comunicazione sulle politiche dell’UE e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell’UE»

COM(2011) 568 definitivo

(2012/C 181/26)

Relatore: TRANTINA

La Commissione, in data 20 settembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Comunicazione sulle politiche dell'UE e il volontariato: riconoscere e promuovere le attività di volontariato transfrontaliero nell'UE

COM(2011) 568 final.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 134 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni.

Premessa

Il volontariato costituisce un'espressione importante della cittadinanza attiva: esso crea capitale sociale, contribuisce alla coesione sociale e alla solidarietà, offre preziosi vantaggi economici alla società e consente ai singoli individui di realizzare il loro potenziale. Per volontariato si intendono «tutti i tipi di attività di volontariato (…) intrapresi in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro» (1) . Di fronte all'attuale crisi in Europa, ai mutamenti demografici e ai problemi che ne conseguono è importante riconoscere il ruolo chiave del volontariato per il singolo individuo, in quanto promotore di inclusione, responsabilizzazione, acquisizione di capacità e messa in rete. Il volontariato va però distinto chiaramente dal lavoro retribuito, che non dovrebbe in nessun modo sostituire.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è stato la prima istituzione del'UE a proporre, nel 2006, di indire l'Anno europeo del volontariato, sostenendo l'iniziativa dei membri della European Year of Volunteering (EYV) Alliance 2011(Alleanza per l'Anno europeo del volontariato 2011, di seguito «EYV 2011 Alliance»), per poi essere seguito da altri. Il conseguimento, nel 2011, di questo obiettivo ha consentito di dare risalto al valore aggiunto del settore del volontariato e ha contribuito a rendere più efficace la presenza delle organizzazioni di volontariato a livello locale, nazionale ed europeo. L'Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva 2011 ha contribuito altresì in via diretta a riconoscere il ruolo del volontariato quale risorsa a cui attingere per risolvere problemi legati alla società e creare fiducia.

1.   Raccomandazioni

1.1   Per offrire un ambiente efficace e sostenibile per le attività di volontariato, il CESE raccomanda alle istituzioni e agli Stati membri dell'Unione europea di adottare misure per garantire che la legislazione nazionale e dell'UE consenta e incoraggi queste attività, protegga i volontari ed elimini eventuali ostacoli giuridici alle loro attività.

1.2   Si dovrebbe tuttavia evitare qualunque regolamentazione che limiti o impedisca il volontariato perché troppo descrittiva o scarsamente consapevole delle tradizioni locali di volontariato, e le organizzazioni di volontari dovrebbero essere coinvolte direttamente nella formulazione di questa normativa. Mentre in alcuni paesi la mancanza di un quadro giuridico non costituisce un impedimento, in altri essa ostacola la vita stessa dei volontari e dei fornitori di volontariato; in altri paesi, invece, un quadro giuridico restrittivo limita l'accesso dei volontari alle opportunità esistenti in questo campo.

1.3   La Commissione europea dovrebbe incoraggiare la creazione di un'infrastruttura efficiente e ben organizzata per il volontariato a livello dell'UE e degli Stati membri (quali attrezzature per le organizzazioni di volontariato, il reclutamento, la formazione, il sostegno alle richieste di fondi), nonché potenziare le attrezzature a disposizione delle organizzazioni e dei centri di volontariato per informare e formare, nonché per coordinare le attività tra i volontari e tali organizzazioni.

1.4   L'UE e gli Stati membri dovrebbero garantire condizioni di finanziamento accessibili, affidabili e sostenibili per il settore del volontariato e aiutare le organizzazioni di volontariato ad adattarsi al nuovo contesto di finanziamento. Il CESE invita altresì la Commissione ad incrementare il sostegno a favore del volontariato nei programmi finanziati dall'UE e nei fondi strutturali.

1.5   Le istituzioni e gli Stati membri dell'UE dovrebbero rendere possibile e sostenere il volontariato quale contributo in natura al cofinanziamento. Il CESE invita altresì le istituzioni e gli Stati membri dell'UE a garantire che la legislazione IVA non crei oneri amministrativi supplementari per le organizzazioni di volontariato.

1.6   Per mantenere lo slancio attuale anche in futuro, il CESE suggerisce di adottare alcune misure pratiche per conservare l'eredità dell'Anno europeo del volontariato anche oltre il 2011 e per far sì che il tema del volontariato sia ancora fortemente sentito a livello nazionale ed europeo. Il CESE chiede alla Commissione di avviare il processo consultivo (tramite ad esempio un Libro bianco od altro strumento appropriato). Questo processo potrebbe essere considerato come l'eredità dell'Anno europeo del volontariato in quanto darebbe al tema del volontariato la possibilità di mantenere un'elevata visibilità a livello dell'UE. In questo senso si potrebbero utilizzare anche gli anni tematici europei 2012 e 2013.

1.7   Le istituzioni dell'UE dovrebbero adottare un approccio più coordinato nei confronti della politica di volontariato, che va riconosciuta per la sua dimensione trasversale e coordinata da un'unità speciale in seno alla Commissione, sostenuta dalle strutture politiche richieste in altre istituzioni dell'UE (2). Ciò consentirebbe di proseguire la cooperazione tra gli organi nazionali di coordinamento, un'unità responsabile della Commissione europea, un intergruppo o una commissione del Parlamento europeo, una formazione del Consiglio espressamente competente in materia e organizzazioni di volontariato a tutti i livelli.

1.8   Tutti i diretti interessati dovrebbero inoltre continuare a concentrare i loro sforzi sulla promozione attiva del volontariato tra tutti i cittadini e, a seconda delle singole situazioni nazionali, concentrarsi soprattutto sui giovani e gli anziani. In futuro si dovrebbero maggiormente incoraggiare le attività di volontariato sostenute dai datori di lavoro; a tal fine gli Stati membri dovrebbero introdurre apposite misure (esaminando ad esempio la possibilità di sgravi fiscali) e incoraggiare forme di partenariato con il settore del volontariato.

2.   Osservazioni generali sul volontariato

2.1   Nei confronti del volontariato va adottato un approccio fondato/incentrato sul volontario per garantire qualità, riconoscimento, protezione e parità di accesso a tutti, evitando qualunque forma di discriminazione. I diritti, la dignità e i doveri dei volontari dovrebbero essere riconosciuti e rispettati e, da parte loro, i volontari e le loro organizzazioni dovrebbero esserne consapevoli (3).

2.2   Si dovrebbe attribuire particolare attenzione al volontariato, riconoscendone il ruolo di strumento per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020. Per garantire il suo sostegno, è pertanto essenziale inserire il volontariato nei programmi nazionali di riforma.

2.3   Si dovrebbe proseguire oltre il 2011 il coordinamento del settore del volontariato, necessario per portare avanti il suo programma, lo scambio di buone prassi e la creazione/il consolidamento di piattaforme di volontari con la partecipazione di tutti i diretti interessati (datori di lavoro, sindacati, altri organi settoriali, autorità nazionali ed UE). Il CESE apprezza il lavoro dell'EYV 2011 Alliance (4) culminato con l'adozione della sua agenda politica per il volontariato in Europa (Policy Agenda for Volunteering in Europe, P.A.V.E.) (5) che offre una serie di interessanti proposte su come sviluppare ulteriormente il volontariato a livello dell'UE e degli Stati membri, nonché per le parti sociali e le organizzazioni non governative (ONG).

2.4   Per sensibilizzare al valore e al contributo socioeconomico del settore del volontariato, il CESE reputa importante raccogliere e dare diffusione su ampia scala alle informazioni sull'impatto sociale ed economico di questa attività. Come primo passo è necessario giungere a un accordo e applicare il Manuale sulla misurazione del volontariato dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), al fine di armonizzare i metodi di raccolta dei dati sul volontariato negli Stati membri. Il CESE evidenzia però anche la necessità di mettere insieme dati nazionali che non si fermino al PIL, come gli «indicatori sociali» in grado di misurare la ricchezza sociale.

2.5   È importante considerare le esigenze di tutti i volontari che operano in strutture formali o intraprendono attività di volontariato per proprio conto. Le istituzioni e gli Stati membri dell'UE non possono né devono ignorare le persone che si rendono personalmente disponibili per condurre opera di volontariato a sostegno della società. Si dovrebbe dare maggior visibilità al lavoro diretto e indiretto da loro effettuato con le organizzazioni di volontariato. Si dovrebbero inoltre esaminare in più ampio dettaglio i numerosi settori in cui si effettuano attività di volontariato (non solo il settore giovanile, sportivo e sociale).

3.   Osservazioni generali del CESE in merito alla comunicazione della Commissione

3.1   Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione sulle politiche dell'UE e il volontariato, ed esprime sostegno per le definizioni e le sfide formulate.

3.2   Il CESE nutre tuttavia alcuni timori riguardo alla pubblicazione in qualche modo affrettata di tale documento e alla mancanza di una consultazione pubblica e di una valutazione d'impatto. Nella comunicazione mancano alcune proposte della società civile, specialmente quelle formulate successivamente nel P.A.V.E.

3.3   La Commissione, a giusto titolo, elenca una serie di ostacoli alle attività di volontariato e dichiara che «nel 2006 gli Stati membri hanno compiuto alcuni progressi su questi aspetti impegnandosi a collaborare per superare gli ostacoli (…) Resta ancora, tuttavia, molto da fare.» La comunicazione potrebbe però essere molto più ambiziosa ed avanzare proposte specifiche di sviluppo in questo campo.

3.4   È importante riconoscere che la Commissione europea deve fungere da catalizzatrice per lo sviluppo di una politica del volontario, che dovrà però concentrarsi particolarmente sulle questioni del volontariato transfrontaliero e della mobilità dei volontari all'interno dell'UE. Mentre spetta agli Stati membri creare un quadro regolamentare, stabilire degli orientamenti in fatto di buone prassi e delle strategie, la Commissione dovrebbe svolgere un ruolo attivo nella raccolta di dati e nella diffusione del Metodo aperto di coordinamento in modo da garantire che il volontariato sia integrato nei programmi nazionali di riforma e nei regimi di finanziamento dell'UE.

3.5   Il CESE si compiace del fatto che «la Commissione possa presentare proposte riguardanti in modo specifico il volontariato nella strategia dell'UE per l'occupazione, nel contesto della sua lotta contro la povertà e l'esclusione sociale e nell'ambito dell'iniziativa della Commissione 'Nuove competenze per nuovi lavori'». Si dovrebbero però riconoscere i rischi di trasformare il volontariato in uno strumento a cui ricorrere per fini politici, nonché rispettare e proteggere i valori fondamentali del volontariato.

4.   Osservazioni specifiche in merito alle proposte della Commissione

4.1   Il CESE accoglie con favore l'impegno della Commissione volto a sensibilizzare i cittadini dell'UE e i diversi interessati riguardo ai vari programmi di finanziamento che possono essere utilizzati dai volontari e per le attività di volontariato. Oltre ai finanziamenti destinati a progetti specifici, si dovrebbero ampliare le possibilità di sostegno, introducendo ad esempio finanziamenti di base, sovvenzioni di minore entità e pacchetti di contratti. Il volontariato quale contributo in natura al cofinanziamento dovrebbe essere permesso e preferibilmente obbligatorio.

4.2   Di fronte all'attuale proposta di fondere il programma di apprendimento permanente con Gioventù in azione in modo da costituire un unico programma Erasmus per tutti, il CESE teme che possa risultare compromesso - in termini sia di contenuto che di limitazione delle risorse - l'apprendimento non formale attraverso la partecipazione ad attività di volontariato. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di garantire l'indipendenza dell'attuale programma Gioventù in azione con l'assegnazione di risorse appropriate, e di proseguire tutte le sue azioni benefiche, compreso il servizio volontario europeo (SVE), come pure le iniziative e il sostegno a favore delle strutture europee per la gioventù.

4.3   Al pari della Commissione il CESE ritiene necessario garantire un follow-up appropriato alle «iniziative volte a promuovere il volontariato transfrontaliero nel contesto dell'Anno europeo dei cittadini 2013». Non bisogna però limitarsi al solo volontariato transfrontaliero, ma citarne tutte le forme. La portata dell'anno tematico europeo 2013 dovrebbe essere estesa all'anno della cittadinanza attiva per servire questo obiettivo ed attrarre l'attenzione dei cittadini europei.

4.4   Il CESE segue da vicino il lavoro condotto attualmente dalla Commissione per elaborare una proposta di raccomandazione del Consiglio riguardante la convalida dell'apprendimento non formale e informale, che tenga conto della dimensione del volontariato e del Passaporto europeo delle competenze. Per registrare accuratamente le conoscenze acquisite tramite il volontariato, il passaporto non dovrà essere costituito da una serie di nuovi certificati distinti, ma piuttosto da un documento onnicomprensivo in cui siano elencate tutte le esperienze pratiche, la formazione, le qualifiche trasversali e professionali ottenute attraverso l'apprendimento permanente, comprese quelle acquisite tramite il volontariato, se così desidera il volontario.

4.5   Nel 2012 la Commissione presenterà proposte per un ulteriore sviluppo dell'attuazione della strategia UE per la gioventù e della raccomandazione relativa alla mobilità dei giovani volontari nell'UE. Il CESE ritiene che il Metodo aperto di coordinamento potrebbe essere esteso con profitto all'intera sfera del volontariato in Europa, consentendo così di mantenere il volontariato tra le priorità del programma di lavoro dell'UE secondo un approccio strutturato.

4.6   Nel caso dello sport, il CESE accoglie con favore la proposta di un nuovo strumento UE di finanziamento destinato specificamente a questo settore e sottolinea la necessità di sostenere le attività di volontariato, soprattutto a livello di base.

4.7   Il CESE ritiene che si dovrebbe fare opera di sensibilizzazione riguardo ai diversi modi in cui i datori di lavoro potrebbero sostenere le attività di volontariato condotte dai singoli dipendenti in quanto espressione dei loro regimi di responsabilità sociale a livello di impresa. Le parti sociali dovrebbero intervenire riguardo alle diverse formule di volontariato d'impresa, che dovrebbero sempre basarsi sul principio del coinvolgimento volontario del dipendente.

4.8   Il CESE è al corrente di numerose iniziative che puntano a promuovere il volontariato tra i dipendenti delle istituzioni dell'UE e delle amministrazioni degli Stati membri. Sulla base delle esperienze positive raccolte dal proprio personale, il CESE raccomanda di considerare con particolare attenzione la proposta Solidarité (6).

4.9   Il CESE si attendeva una risposta ben più decisa da parte della Commissione di fronte all'invito della società civile a semplificare le procedure di rilascio del visto per i volontari provenienti da paesi terzi. Si dovrebbero apportare alcune modifiche alla direttiva del Consiglio 2004/114/CE, introducendo una categoria speciale di visti per i volontari, da equiparare a quelli per gli studenti.

4.10   Il CESE accoglie con favore l'idea di creare un corpo volontario europeo di aiuto umanitario (7), ma nutre alcuni dubbi sul fatto che sia realmente orientato verso il volontario. Prima di presentare la proposta definitiva concernente questo corpo, sarebbe opportuno effettuare una valutazione approfondita dei progetti pilota attualmente in corso. Dal momento che la Commissione apprezza il contributo delle ONG alla cooperazione allo sviluppo, il CESE suggerisce allora di rafforzare il sostegno dell'UE a queste iniziative per lo più di volontari allo scopo di potenziarne l'impatto.

4.11   Quanto ai collegamenti tra volontariato e salute/welfare, il CESE vorrebbe sottolineare che i volontari non dovrebbero sostituire il personale retribuito nelle loro mansioni ordinarie, fondamentali e giornaliere. ma potrebbero fornire un valore aggiunto ai servizi offerti da professionisti.

5.   Sintesi delle attività condotte dal CESE nel corso dell'Anno europeo del volontariato 2011

5.1   Per preparare l'Anno europeo del volontariato e gestire le proprie attività, il CESE ha creato un gruppo di coordinamento per l'Anno del volontariato 2011, presieduto da Pavel Trantina (III gruppo). Tramite una serie di audizioni pubbliche, il CESE ha anche cercato di avviare una discussione tra datori di lavoro, sindacati e organizzazioni non governative (ONG) su come agevolare il volontariato a livello dell'UE. Il gruppo di coordinamento ha collaborato strettamente con la taskforce della Commissione per l'Anno europeo del volontariato 2011, l'EYV 2011 Alliance, il gruppo d'interesse del Parlamento europeo sul volontariato ed altri diretti interessati, che hanno partecipato agli eventi organizzati dal CESE.

5.2   Nel 2011 il gruppo di coordinamento ha tenuto cinque riunioni, quattro delle quali accompagnate da audizioni pubbliche; ciascuna era dedicata a un tema specifico correlato al volontariato allo scopo di stimolare il dialogo tra i diversi interessati. In occasione di tali audizioni, principali interlocutrici del CESE sono state l'EYV 2011 Alliance, che ha fornito oratori presi dai suoi gruppi di studio specializzati, e la taskforce della Commissione.

1.

Il valore e il riconoscimento del volontariato (23 marzo)

2.

La qualità del volontariato e le relative infrastrutture (23 maggio)

3.

Un quadro giuridico per il volontariato (27 settembre)

4.

Il volontariato d'impresa (9 novembre).

5.3   Il CESE ha ospitato numerosi eventi, in particolare:

la 2a conferenza tematica a livello UE (23 e 24 maggio) organizzata dalla Commissione europea: più precisamente, il CESE ha ospitato le discussioni incentrate sul volontariato d'impresa in particolare;

la 2a convenzione e conferenza delle parti interessate sul tema del volontariato (7 e 8 settembre) - organizzate dal Forum europeo della gioventù nei locali del CESE e del Parlamento europeo;

riunioni di coordinamento dell'EYV 2011 Alliance nei locali del CESE il 17 marzo, il 19 maggio e il 29 settembre;

una riunione della giuria del Premio europeo per il volontariato d'impresa nel febbraio 2011.

5.4   Il 30 settembre 2011, alla presenza del Presidente della Polonia, del commissario europeo per l'Occupazione e gli affari sociali e del ministro polacco della Politica sociale e dell'occupazione, il III gruppo del CESE ha organizzato a Varsavia, nel palazzo presidenziale, un'importante conferenza sul volontariato per celebrare la prima presidenza polacca del Consiglio dell'UE e l'Anno europeo del volontariato 2011, scegliendo il seguente tema principale: l'Europa dei cittadini attivi: il volontariato.

5.5   Il Presidente del CESE, il presidente e i membri del gruppo di coordinamento sono intervenuti a numerosi incontri su temi specifici, tra cui:

la conferenza inaugurale dell'Anno europeo per il volontariato 2011 a Budapest;

la 2a conferenza tematica a livello UE sul volontariato a Bruxelles;

la conferenza conclusiva dell'Anno europeo per il volontariato 2011 a Varsavia.

5.6   Il CESE ha in preparazione un libro sulla cittadinanza attiva che illustrerà l'ampia gamma di attività intraprese dai membri del CESE nella sfera professionale, politica e del volontariato.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Conclusioni del Consiglio sul «ruolo delle attività di volontariato nella politica sociale», 3 ottobre 2011.

(2)  Il 1o dicembre 2011 gli organi nazionali di coordinamento dell'Anno europeo del volontariato 2011 si sono così espressi nella loro dichiarazione di Varsavia per la sostenibilità dell'azione concernente le attività di volontariato e la cittadinanza attiva: «Si invita la Commissione europea a mettere a punto - nel rispetto delle competenze e delle esigenze nazionali, regionali e locali - strutture adeguate per consentire lo scambio e la cooperazione tra tutti i diretti interessati e la società civile nel campo del volontariato oltre l'Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva 2011. All'interno della Commissione occorre rivolgere un'attenzione mirata al volontariato».

(3)  Dal 2006 il CESE ha contribuito al dibattito sulla creazione di una Carta europea del volontariato che sancisca i principi comuni di base relativi ai diritti e ai doveri dei volontari e delle loro organizzazioni. Essa contribuirebbe altresì ad orientare i miglioramenti da apportare all'ambito normativo in cui condurre attività di volontariato.

(4)  www.eyv2011.eu

(5)  http://www.eyv2011.eu/images/stories/pdf/EYV2011Alliance_PAVE_copyfriendly.pdf

(6)  http://www.solidariteproposal.eu/

(7)  In conformità dell'articolo 214 del TFUE.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/154


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce «ERASMUS PER TUTTI» — il programma dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport

COM(2011) 788 definitivo — 2011/0371 (COD)

(2012/C 181/27)

Relatrice: VAREIKYTĖ

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 12 e 13 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce «ERASMUS PER TUTTI» - il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport

COM(2011) 788 final — 2011/0371 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 29 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 74 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   In un momento in cui la crisi economica impone di rivedere le priorità di bilancio, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) pone l'accento sull'importanza di mantenere e accrescere, ove possibile, l'impiego efficace delle risorse assegnate, a livello nazionale e UE, all'istruzione e alla formazione, al fine di migliorare la situazione occupazionale soprattutto dei giovani e dei lavoratori anziani.

1.2   A giudizio del CESE, il programma Erasmus per tutti (in prosieguo «il Programma») dovrebbe essere uno strumento essenziale per aumentare il sostegno all'istruzione e alla formazione, con l'obiettivo di migliorare le competenze dei cittadini, contribuire a ridurre l'elevato livello di disoccupazione giovanile in molti Stati membri, soddisfare il fabbisogno di manodopera qualificata e risolvere i problemi legati alla scarsa corrispondenza tra qualifiche e posti di lavoro. Il ricorso a uno strumento di questo tipo riveste poi un'importanza ancora maggiore in un momento di crisi economica e di ricadute negative sui mercati del lavoro. La non corrispondenza tra le qualificazioni offerte e quelle richieste, dove si verifica, dovrebbe essere ridotta in modo da far calare la disoccupazione, in particolare tra i giovani.

1.3   Il CESE condivide l'idea di aumentare considerevolmente la dotazione destinata al Programma, portandola a 19 miliardi di euro. Sostiene pertanto la proposta di bilancio generale presentata dalla Commissione, e invita il Parlamento europeo e il Consiglio ad approvare tale aumento.

1.4   Alla luce dell'attuale situazione economica, il CESE sostiene fermamente le misure proposte nel Programma: un forte accento sulle azioni chiave; minore frammentazione delle attuali azioni, obiettivi e programmi; impiego più diffuso di sovvenzioni forfettarie, a tasso forfettario e basate su costi unitari, insieme con lo snellimento dei requisiti formali per i beneficiari e gli Stati membri; riduzione del carico di lavoro amministrativo per le Agenzie nazionali; proposta di designare per ogni paese, laddove opportuno, un'unica Agenzia nazionale per aumentare la massa critica e ridurre i costi di gestione.

1.5   Il Comitato osserva tuttavia che, nell'attuare misure di austerità, occorre tenere conto delle prospettive a lungo termine dei singoli settori e applicare i principi di austerità ragionevole e di «bilancio intelligente».

1.6   Tenendo conto di tutte le misure di austerità previste, il CESE raccomanda vivamente di mantenere sottoprogrammi separati e indipendenti, con una dotazione minima di bilancio per i principali settori del Programma (ossia: istruzione superiore, istruzione e formazione professionale, istruzione e apprendimento degli adulti, istruzione scolastica, iniziative per i giovani e sport), ed eventualmente di continuare a svilupparli. Ciò vale in particolare per la mobilità degli allievi e dei giovani nel quadro di gruppi o classi, la mobilità dei ricercatori e dei docenti degli istituti di istruzione superiore, l'integrazione dei giovani svantaggiati, le visite preparatorie, i progetti e partenariati scolastici bi- e multilaterali, nonché la mobilità e i partenariati di apprendimento nel quadro dell'istruzione degli adulti. Al riguardo occorre inoltre tener conto degli specifici interessi di apprendimento delle persone che non lavorano.

Molte delle riforme amministrative proposte assicureranno che i costi di gestione complessivi restino sostanzialmente immutati, e che la separazione dei sottoprogrammi garantisca l'impatto auspicato e tuteli le iniziative del Programma dai rischi di instabilità e declino.

1.7   Il Comitato sottolinea che l'istruzione è di fondamentale importanza per affrontare la situazione attuale, ed è lieto di constatare che questa considerazione si riflette nel Programma. Tuttavia, per realizzare i principali obiettivi strategici dell'UE, occorre puntare alla coerenza tra l'istruzione formale e l'apprendimento non formale e informale: ciò significa che nel Programma occorre dare alle modalità non formali e informali la medesima importanza che viene accordata all'istruzione formale.

1.8   Il CESE constata con preoccupazione che nella proposta mancano alcune azioni, efficaci e apprezzate, attualmente condotte nel quadro del programma Gioventù in azione (Youth in Action - YiA), e teme che la loro assenza possa provocare un notevole declino della cooperazione europea in materia di gioventù.

1.9   Il CESE ritiene che, per acquisire e migliorare le competenze e le conoscenze, non sia sufficiente perseguire l'attuale obiettivo chiave di eliminare gli ostacoli all'occupazione, ma si debba sviluppare la cittadinanza attiva e rafforzare la coesione sociale. A questi obiettivi, però, la proposta in esame non presta alcuna attenzione. Inoltre, nel nuovo programma Erasmus dovrebbe essere rafforzato il ruolo delle parti sociali e di altre organizzazioni della società civile.

1.10   Il CESE accoglie con favore l'obiettivo di potenziare la mobilità ai fini di apprendimento: si tratta infatti di uno dei fattori che consentono lo sviluppo delle competenze chiave, in particolare di quelle importanti per il mercato del lavoro e la società, e che rafforzano la partecipazione dei giovani alla vita democratica in Europa. Tuttavia, la mobilità di per sé non risolverà i problemi sopracitati. Si dovrebbe prestare maggiore attenzione, da un lato, alle opportunità esistenti per utilizzare le competenze ottenute tramite le azioni di mobilità e, dall'altro, al ruolo della mobilità nel processo dell'apprendimento permanente.

1.11   Il Comitato è convinto che l'apprendimento debba essere accessibile a tutti, in tutte le fasi della vita, e quindi sostiene con forza l'approccio basato sull'apprendimento permanente, proposto dalla Commissione per garantire a tutti le stesse possibilità di accesso a diverse modalità di apprendimento formale, non formale e informale. Al riguardo il CESE ribadisce la sua esortazione a garantire «un apprendimento per una lunga vita». Il regolamento proposto, tuttavia, non sembra adottare quest'approccio per quanto concerne l'apertura del Programma a tutti i tipi di discenti, dai bambini piccoli agli anziani. Il Programma dovrebbe essere più inclusivo e adeguato a ogni gruppo di discenti: il CESE invita pertanto a fornire una definizione chiara e operativa del concetto di apprendimento permanente e ad adottare politiche più mirate intese a migliorare l'accessibilità per ciascuno di questi gruppi.

1.12   I partecipanti alle azioni del Programma vanno considerati ambasciatori dei valori europei: un aspetto, questo, che il Programma dovrebbe mettere in rilievo.

1.13   Il CESE riconosce che l'attuale programma Erasmus ha riscosso un notevole successo (come anche, per esempio, il Servizio volontario europeo). Al tempo stesso, tuttavia, nutre il timore che, per la maggior parte dei cittadini, il marchio «Erasmus» sia prevalentemente un sinonimo di attività nel campo dell'istruzione superiore e dell'istruzione formale in generale. Non è ancora stata affrontata la questione di una migliore diffusione di informazioni su Erasmus come concetto valido per tutti i settori dell'istruzione, e ciò potrebbe creare ostacoli supplementari, come una lievitazione dei costi per le pubbliche relazioni e altre spese impreviste. Poiché manca solo un anno al lancio ufficiale del Programma, il CESE teme che la diffusione della conoscenza di questo marchio possa non essere possibile o efficace. Si raccomanda altresì di mantenere le denominazioni attuali per i sottoprogrammi.

1.14   Il Comitato si rallegra della proposta della Commissione di mantenere tutte le attività Jean Monnet destinate a promuovere l’insegnamento universitario e la ricerca sull'integrazione europea. Tuttavia, reputa necessario che tale sostegno specifico non si limiti ai due soli istituti menzionati dal regolamento proposto, e insiste affinché quest'ultimo riporti integralmente l'elenco delle sei istituzioni accademiche sostenute dal programma Jean Monnet 2007-2013: ciò, infatti, consentirà di beneficiare del valore aggiunto, della complementarità accademica e della maggiore diversità culturale apportati dagli altri quattro centri di interesse europeo.

Il Comitato propone pertanto di modificare come segue l'articolo 10, lettera c), del regolamento proposto:

(c)

sostenere le seguenti istituzioni accademiche europee che perseguono l'interesse europeo;

i)

l'Istituto universitario europeo di Firenze;

ii)

il Collegio d'Europa (sedi di Bruges e Natolin);

iii)

l'Accademia di diritto europeo di Treviri;

iv)

il Centro internazionale di formazione europea di Nizza;

v)

l'Istituto europeo di amministrazione pubblica di Maastricht;

vi)

l'Agenzia europea per lo sviluppo dell'istruzione per alunni con esigenze speciali di Odense.

2.   La proposta della Commissione

2.1   Con Erasmus per tutti, la Commissione intende raggruppare tutti gli attuali programmi dell'UE, compresi quelli di portata internazionale, nel settore dell'istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport, sostituendone sette (Programma di apprendimento permanente, YiA, Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e il programma di cooperazione bilaterale con i paesi industrializzati) con uno solo. L'obiettivo dichiarato è aumentare l'efficienza, semplificare la presentazione delle domande di borse e ridurre la duplicazione e la frammentazione.

2.2   La Commissione propone un incremento del 70 % circa rispetto all'attuale bilancio settennale, che equivarrebbe a uno stanziamento di 19 miliardi di EUR per il nuovo Programma nel periodo 2014-2020. Due terzi dei finanziamenti sarebbero spesi per le borse individuali di mobilità per migliorare le conoscenze e le competenze.

2.3   Il nuovo Programma dovrebbe concentrarsi sul valore aggiunto dell'UE e sull'impatto di sistema, sostenendo tre tipi di azioni: opportunità di apprendimento per i singoli, sia all'interno che al di fuori dell'UE; cooperazione istituzionale tra istituti d'istruzione, organizzazioni giovanili, imprese, autorità locali e regionali e ONG; sostegno alle riforme negli Stati membri per modernizzare i sistemi di istruzione e formazione e promuovere l'innovazione, l'imprenditorialità e l'occupabilità.

2.4   La Commissione sostiene che la struttura più razionale del nuovo Programma, insieme con il notevole aumento dei relativi investimenti, consentiranno all'UE di offrire a studenti, tirocinanti, giovani, docenti, operatori giovanili e altri soggetti maggiori opportunità di miglioramento delle competenze, sviluppo personale e ampliamento delle prospettive di lavoro. Erasmus per tutti è inteso anche a promuovere la ricerca e l'insegnamento in materia di integrazione europea e a sostenere lo sport di base.

2.5   Il Programma proposto dovrebbe contribuire alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020, del quadro strategico per l'istruzione e la formazione 2020 (ET2020) e del quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018), nonché all'attuazione delle iniziative faro di Europa 2020, come Youth on the Move e l'agenda per nuove competenze e per l'occupazione, allo sviluppo sostenibile dei paesi terzi nel campo dell'istruzione superiore e allo sviluppo della dimensione europea dello sport.

3.   Osservazioni generali

3.1   I principali documenti strategici dell'UE nel campo dell'istruzione, della formazione e della gioventù accordano la stessa priorità alle iniziative in tali ambiti. Il CESE sottolinea che, nel definire gli obiettivi del Programma, non si deve dare l'impressione che l'istruzione formale abbia una maggiore priorità rispetto all'apprendimento non formale e informale, come l'istruzione e la formazione professionali e degli adulti, l'istruzione scolastica, le iniziative per i giovani e lo sport. Non si devono assolutamente creare disparità tra i diversi settori, poiché ciò rischia di compromettere l'approccio basato sull'apprendimento permanente previsto dal Programma.

3.2   Il Comitato accoglie con favore la possibilità di sostenere riforme politiche, come l'attuazione dei processi di Bologna e di Copenaghen e il dialogo strutturato con i giovani, nonché l'attuazione degli strumenti dell'UE per la trasparenza.

3.3   Nel Programma si assicura che «le sovvenzioni erogate a favore della Mobilità ai fini di apprendimento dell'individuo sono esenti dalle imposte e dagli oneri sociali. La stessa esenzione si applica agli organismi intermedi che erogano tale sostegno finanziario alle persone interessate». Il Comitato è favorevole a tali esenzioni e chiede che la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, esamini e risolva i casi problematici (in cui, ad esempio le sovvenzioni per la mobilità sono calcolate nel reddito familiare, dando luogo a una diminuzione dell'assistenza sociale) che si sono verificati nell'attuazione delle attuali iniziative di mobilità.

3.4   Il CESE esprime grande soddisfazione per l'inserimento, nel Programma, delle azioni nel campo dello sport come un capitolo a sé stante con una dotazione specifica. Infatti, tramite il lancio di progetti transnazionali, il rafforzamento della capacità delle organizzazioni sportive e la creazione di maggiori opportunità di partenariato si garantiranno un coinvolgimento più ampio ed efficace delle parti interessate nella definizione delle politiche sportive, una migliore governance degli organismi del settore e una più forte motivazione per i cittadini europei, specialmente i giovani, a condurre una vita più attiva.

3.5   Il Comitato riconosce che l'istituzione, laddove opportuno, di un'unica Agenzia nazionale per Stato membro, incaricata di gestire le azioni del Programma, costituirà probabilmente una soluzione più efficace in termini di accessibilità, carico di lavoro ed efficienza rispetto ai costi. Tuttavia, ai richiedenti di sovvenzioni si dovrebbe garantire l'accesso a livello regionale. Va altresì osservato che l'istituzione di un'Agenzia nazionale potrebbe non essere in linea con i diversi contesti nazionali degli Stati membri. Inoltre, non si dovrebbero aumentare i requisiti amministrativi generali per i richiedenti, specialmente per le organizzazioni non governative del settore dell'apprendimento non formale. Al contrario, gli oneri amministrativi andrebbero costantemente valutati e ridotti. Inoltre, il CESE chiede che gli Stati membri siano invitati a garantire un coinvolgimento più attivo della società civile e delle parti sociali nella gestione del Programma a livello nazionale.

3.6   Il CESE approva l'obiettivo di ridurre l'attuale complessità e frammentazione dei diversi obiettivi e azioni, al fine di aumentare l'efficienza e l'efficacia in termini di costi e interrompere le azioni che non dispongono della massa critica necessaria per garantire un impatto durevole. Tuttavia, come indicato al punto 1.6 del presente parere, il CESE raccomanda vivamente di mantenere sottoprogrammi separati e indipendenti, con una singola dotazione minima di bilancio per i principali settori del Programma.

3.7   Pur condividendo appieno la necessità di adottare misure intese ad accrescere l'efficienza e ridurre i costi, il Comitato ritiene che si debba assicurare un equilibrio tra l'esigenza di lanciare progetti più ampi e più efficaci e quella di garantirne l'inclusività. Non va sottovalutato il contributo offerto dalle piccole organizzazioni a tutte le forme di istruzione, e il loro accesso al programma deve quindi essere mantenuto.

3.8   Il Comitato constata che il Programma non fa alcun riferimento alla mobilità degli allievi, e richiama pertanto l'attenzione sulla necessità di coltivare la propensione alla mobilità già in un'età precoce e non solo in quella in cui si lavora o si segue un'istruzione superiore. In tale contesto è molto importante proseguire i partenariati scolastici Comenius, che hanno riscosso un notevole successo, magari offrendo agli allievi la possibilità di fruire di periodi di mobilità più brevi.

3.9   Il Comitato osserva che le misure previste, nell'ambito del Programma, per migliorare l'accesso delle categorie svantaggiate alle iniziative di mobilità sono insufficienti. Ampliare la partecipazione delle categorie sottorappresentate all'istruzione superiore dovrebbe diventare una chiara priorità, poiché si tratta di un fattore essenziale per costruire società più eque e realizzare la crescita economica. Oggi le opportunità di accedere all'istruzione superiore e di riuscire in tale ambito dipendono ancora in misura eccessiva dall'istruzione dei genitori, dall'estrazione sociale e dalle condizioni economiche, e talune categorie sono tuttora sottorappresentate in determinati contesti nazionali.

3.10   Nei progetti di mobilità bisogna trovare un equilibrio tra, da un lato, la qualità e l'equità e, dall'altro, la quantità, in modo da permettere la partecipazione di coloro che provengono da contesti svantaggiati - ad esempio considerando la possibilità di rivedere l'entità delle sovvenzioni per la mobilità, che sono oggi considerate inadeguate e poco flessibili rispetto alle diverse situazioni economiche dei paesi partecipanti (1).

3.11   Si potrebbe considerare la possibilità di ricorrere al Fondo sociale europeo e ai fondi strutturali per finanziare la partecipazione di giovani provenienti da regioni meno sviluppate alle azioni di mobilità ai fini di apprendimento dell'individuo, come pure a periodi di tirocinio e apprendistato nelle imprese di altri Stati membri.

3.12   Il Comitato raccomanda di intensificare gli sforzi per migliorare la raccolta e l'analisi dei dati, in particolare riguardo all'occupabilità, alla dimensione sociale, all'apprendimento permanente, alla portabilità delle sovvenzioni e dei prestiti nonché alla qualità e all'impatto generale della mobilità, e propone di effettuare una valutazione ex post delle esperienze in questo campo. Tali dati saranno utili per monitorare l'attuazione del Programma e reagire tempestivamente a eventuali cambiamenti.

3.13   Il Comitato ribadisce il proprio sostegno alla disposizione volta ad aumentare l'efficienza delle risorse del Programma e a ridurre la duplicazione e la frammentazione delle azioni attuali, e invita pertanto a tenere maggiormente conto di tale aspetto in generale, nonché a rivedere tutti i programmi esistenti, di competenza della Commissione, i cui obiettivi siano totalmente o parzialmente in linea con il Programma. Ad esempio, il programma Erasmus per giovani imprenditori, parzialmente finanziato dalla Commissione, viene amministrato separatamente benché possa contribuire agli obiettivi definiti da Erasmus per tutti.

3.14   Non vi è chiarezza riguardo alle attuali percentuali di assegnazione indicate al paragrafo 3 dell'articolo 13 («Bilancio»). Il CESE propone di aumentare la percentuale destinata alla cooperazione per l'innovazione e le buone pratiche, poiché molte delle analisi condotte nelle fasi precedenti dei programmi per l'apprendimento permanente hanno dimostrato che la cooperazione istituzionale è molto efficiente in termini di costi.

4.   Azioni di istruzione e formazione

4.1   Il CESE prende atto dell'aumento della dotazione di bilancio destinata all'istruzione e formazione professionale (IFP). Tuttavia, raccomanda che il Programma si prefigga un obiettivo chiaro, in modo da contribuire a soddisfare il criterio di riferimento europeo fissato dal Consiglio in materia di IFP iniziale (IFPI): «entro il 2020, una media UE di almeno il 6 % di persone tra i 18 e i 34 anni con una qualifica di istruzione e di formazione professionale iniziale dovrebbe avere trascorso un periodo di studio o di formazione connesso all'IFPI (inclusi i tirocini) all'estero con una durata minima di due settimane, o inferiore se documentato da Europass» (2). Inoltre, una parte del bilancio dovrebbe essere specificamente destinata ad incentivare i programmi di apprendistato.

4.2   In considerazione di tale criterio, è necessario un impegno specifico per rimuovere gli ostacoli pratici, tecnici e giuridici alla mobilità ai fini di apprendimento, sostenere le azioni di invio e accoglienza delle piccole e medie imprese, e accrescere il valore del loro impegno a favore della mobilità degli apprendisti e dei tirocinanti. Considerati il volume e la portata delle attività in questo campo, anche alla luce dei risultati della Valutazione d'impatto sulle azioni di istruzione e formazione (3), il Comitato suggerisce di valutare se la dotazione minima di bilancio del 17 %, attualmente proposta per l'IFP, sia sufficiente.

4.3   Il CESE raccomanda inoltre di fare degli apprendisti e dei tirocinanti una categoria a sé stante nell'ambito del Programma. Ciò contribuirebbe a tradurre in pratica i nuovi impegni politici volti a promuovere l'apprendistato e l'apprendimento basato sul lavoro con l'obiettivo di contrastare l'elevata disoccupazione giovanile.

4.4   Il CESE tiene a sottolineare la scarsa partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente nonché il basso livello di competenze e qualifiche professionali di un gran numero di adulti in Europa (4). Per realizzare l'obiettivo fissato nell'ET2020 («una media di almeno il 15 % di adulti dovrebbe partecipare all'apprendimento permanente» (5)), sono necessari, in tutta Europa, sistemi solidi d'insegnamento, nonché prestatori di formazione, metodologie, personale e altre risorse efficienti ed efficaci per l'istruzione degli adulti. È in questo campo che deve esplicarsi la cittadinanza europea attiva, nel senso che un programma forte di istruzione degli adulti può promuoverla e svilupparla ulteriormente.

4.5   Il fatto che l'istruzione degli adulti sia strettamente collegata all'IFP è senz'altro importante; nondimeno, se si vogliono affrontare con successo le sfide indicate al punto precedente, è necessario che questi due percorsi restino distinti. Il Comitato raccomanda pertanto di considerare la possibilità di fare dell'istruzione e dell'apprendimento degli adulti un settore a sé stante nell'ambito del Programma proposto.

4.6   Se la proposta di aumentare l'assegnazione di fondi per l'istruzione degli adulti va indubbiamente accolta con favore, quella di destinarvi una quota minima del 2 % appare inadeguata ove si considerino l'invecchiamento della popolazione europea e l'esigenza di accrescere la partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente. Considerato che il settore dell'istruzione degli adulti è molto ampio e comprende un gran numero di imprese sociali, si dovrebbe considerare la possibilità di un aumento più consistente.

4.7   Riguardo all'istruzione e all'apprendimento degli adulti, il Programma dovrebbe inoltre contribuire più chiaramente all'attuazione dell'agenda europea rinnovata per l'apprendimento degli adulti (6). Sostenendo tale agenda, il Programma offre un'autentica opportunità di stimolare progressi e cambiamenti positivi nell'apprendimento degli adulti, rafforzando così, presso un gran numero di cittadini europei, la fiducia in se stessi, la partecipazione, l'attività, la creatività, lo sviluppo personale e l'occupabilità.

4.8   Sia i seminari Grundtvig che i progetti di volontariato degli anziani (Senior Volunteering) hanno offerto opportunità di partecipazione europea a molte persone che altrimenti non avrebbero avuto tale possibilità. Considerati i benefici offerti da queste azioni, il CESE fa notare che è necessario garantire ai discenti adulti pari opportunità di partecipare a iniziative di mobilità e di volontariato.

4.9   Il Comitato considera il Programma uno strumento inestimabile per realizzare l'obiettivo fissato in tema di mobilità degli studenti nell'ambito del processo di Bologna (7), di recente ribadito dal Consiglio dell'Unione europea (8): «entro il 2020 almeno il 20 % dei laureati nello Spazio europeo dell'istruzione superiore (European Higher Education Area - EHEA) dovrebbe aver trascorso un periodo di studio o formazione all'estero». Il Comitato osserva tuttavia che l'importo delle sovvenzioni per la mobilità dell'individuo dovrebbe essere riveduto affinché i cittadini provenienti da contesti svantaggiati abbiano le stesse opportunità di partecipare ai progetti di mobilità.

4.10   Va incoraggiato l'ulteriore sviluppo di programmi congiunti e titoli di studio comuni in tutto l'EHEA, vista la loro capacità di richiamare l'attenzione sulle normative nazionali che ostacolano la mobilità, di innalzare il livello generale di qualità dell'istruzione e di promuovere la cooperazione istituzionale a livello internazionale.

4.11   Sincronizzare i sistemi di «convalida dell'esperienza precedente» (Recognition of Prior Learning - RPL) con l'applicazione dei sistemi ECTS ed ECVET sulla base di un approccio orientato ai risultati dell'apprendimento è di cruciale rilievo per realizzare gli obiettivi del processo di Bologna in tema di mobilità degli studenti e assicurare la qualità dei programmi di mobilità e più in generale dell'istruzione e dell'apprendimento. Il CESE rileva che diversi paesi non hanno collegato l'ECTS e l'ECVET ai risultati dell'apprendimento e che l'obiettivo delle pari opportunità per tutti non è stato raggiunto. Occorrerebbe pertanto valutare l'opportunità di agire con urgenza per adottare stabilmente l'ECTS e l'ECVET come strumenti comuni dell'UE, in modo da garantire la trasparenza delle qualifiche sia per gli studenti che per i datori di lavoro.

4.12   Il Comitato tiene inoltre a sottolineare la necessità di un coordinamento costante a livello europeo per aiutare gli Stati membri ad adottare misure affinché tutti i nuovi documenti relativi alle qualifiche contengano un chiaro riferimento - in base ai sistemi nazionali delle qualifiche - all'appropriato livello del Quadro europeo delle qualifiche (QEQ). Poiché è ormai chiaro che tale obiettivo (9) non verrà raggiunto prima della scadenza ufficiale (2012), si rendono necessarie nuove azioni e un nuovo coordinamento per accelerare l'attuazione del QEQ.

4.13   Il CESE propone di accordare maggiore priorità alla mobilità del personale, che contribuisce notevolmente alla qualità dei programmi di istruzione e a un maggiore orientamento internazionale delle istituzioni. Il Comitato invoca una più stretta cooperazione con gli Stati membri al fine di rimuovere gli ostacoli alla mobilità del personale legati ai sistemi di sicurezza sociale, ai regimi pensionistici e al riconoscimento delle qualifiche professionali.

4.14   Sulla scia di quanto già osservato nel parere in merito all'iniziativa Youth on the Move (10), il CESE chiede una descrizione più dettagliata dello strumento di garanzia sui prestiti rivolto agli studenti che intendono conseguire un master in un paese dell'UE diverso dal proprio. Ciò al fine di assicurarsi che la procedura per la concessione dei prestiti sia definita con attenzione e che i giovani ne siano debitamente informati, poiché è importante impedire, nella misura del possibile, che essi rimangano intrappolati nella spirale dell'indebitamento. Considerati gli sforzi necessari per realizzare il sistema di prestiti proposto, bisognerebbe assicurarsi che detti prestiti siano davvero attraenti e vantaggiosi (specialmente per gli studenti svantaggiati), in modo da raggiungere il numero totale stimato di 331 100 studenti.

4.15   Oltre a ciò, il Comitato chiede che siano valutate tutte le possibili conseguenze del sistema di prestiti proposto, compreso l'impatto sui regimi di sostegno finanziario nazionali e regionali e sull'entità delle tasse universitarie. I risultati di tale valutazione dovrebbero avere la più ampia diffusione possibile.

4.16   Al di là del sistema di prestiti proposto, il CESE chiede poi alle istituzioni dell'UE di continuare a sostenere, con le loro politiche, gli sforzi degli Stati membri per assicurare la piena portabilità di sovvenzioni e prestiti nazionali in tutta l'UE, promuovendo la mobilità e garantendo parità di accesso alla mobilità e all'istruzione.

5.   Azioni per i giovani

5.1   Il CESE richiama l'attenzione sull'efficienza dell'attuale programma Gioventù in azione (11). Si stima che tale programma avrà fornito a circa un milione di giovani europei la possibilità di compiere esperienze nel settore dell'istruzione non formale e di partecipare ad azioni di mobilità. È evidente che l'attuale YiA, sostenendo le organizzazioni giovanili, ha esercitato un influsso duraturo sui giovani europei. L'impatto di tale programma sui giovani potrebbe quindi considerarsi superiore a quello di qualsiasi altro programma dell'UE - considerazione che non trova però adeguato riscontro nella proposta in esame.

5.2   Il CESE teme che il Programma proposto tenda a trattare in modo ineguale i potenziali beneficiari e sia di più difficile accesso per i giovani svantaggiati, che oggi possono partecipare al programma Gioventù in azione attraverso piccole organizzazioni giovanili locali.

5.3   Il CESE reputa opportuno che il Programma accordi maggiore priorità, sul piano politico e finanziario, ai giovani e alla politica giovanile, tenendo conto dei numerosi obiettivi associati alla gioventù nella strategia Europa 2020, nell'ET2020 e nell'ambito della Cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018), nonché in iniziative faro quali Youth on the Move e l'agenda per nuove competenze e per l'occupazione.

5.4   Considerati la portata e il volume delle attività dell'attuale programma Gioventù in azione, così come il numero dei partecipanti e la capacità di coinvolgere i giovani appartenenti a categorie svantaggiate, il Comitato chiede di riconsiderare se la quota minima di fondi proposta per il settore «Gioventù» - appena il 7 % - sia sufficiente a garantire il conseguimento degli obiettivi stabiliti, e di concepire, all'interno del Programma, un sottoprogramma specifico di azioni per la gioventù dotato di un'adeguata assegnazione finanziaria. Un approccio siffatto, del resto, era già stato invocato dal CESE nel suo parere sull'iniziativa Youth on the Move (12). Tutte le attuali sottoazioni del programma Gioventù in azione dovrebbero essere mantenute.

5.5   Il Comitato sottolinea che l'attuale programma Gioventù in azione contribuisce a sostenere attività che altrimenti non sarebbero sostenute da alcuna fonte di finanziamento alternativa, e rappresenta una delle principali fonti di finanziamento di progetti per i giovani. Ciò vale in particolar modo per le organizzazioni di piccole dimensioni e di livello locale o regionale. Se un tale sostegno venisse a mancare, potrebbero verificarsi gravi ripercussioni negative per il settore della gioventù in Europa: molte organizzazioni giovanili vedrebbero ridursi la loro prospettiva europea, dato che sono proprio le reti europee ad aiutare le organizzazioni più piccole e di livello locale a partecipare ai programmi dell'UE, e rimarrebbe spazio soltanto per le organizzazioni e istituzioni più grandi, a diretto svantaggio delle realtà locali, regionali e di piccole dimensioni.

5.6   Il Comitato osserva infine che il Programma dovrebbe contribuire più chiaramente all'attuazione dell'articolo 165, paragrafo 2, del TFUE, che impegna l'Unione «a favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socioeducative e a incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita democratica dell'Europa».

6.   Misure di adeguamento ai cambiamenti demografici

Per il quadro finanziario pluriennale dell'UE 2014-2020 il CESE propone di varare uno specifico programma di sostegno «Generazioni in azione». Il dialogo intergenerazionale viene del resto già sostenuto in numerosi programmi e proposte, ad esempio in relazione all'invecchiamento attivo e sano, alla sostenibilità (ai fini, cioè, di uno stile di vita sostenibile), all'efficienza energetica, ecc.

Il CESE è convinto che le iniziative di mobilità congiunta di giovani e anziani contribuiscano fortemente a rafforzare il rispetto reciproco, a promuovere la coesione sociale e a instillare un senso di responsabilità comune rispetto ai valori europei.

Bruxelles, 29 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  SEC(2011) 1402 final, COM(2011) 788 final.

(2)  Conclusioni del Consiglio, del 28 e 29 novembre 2011, su un criterio di riferimento nel settore della mobilità per l'apprendimento, 3 128a riunione del Consiglio Istruzione, gioventù, cultura e sport.

(3)  Le azioni d'IFP nell'ambito del sottoprogramma Leonardo da Vinci sostengono lo sviluppo del processo di Copenaghen e l'attuazione di sistemi di qualità per l'IFP, ed offrono opportunità uniche di internazionalizzazione, mobilità e innovazione nell'IFP.

(4)  COM(2007) 558 final.

(5)  http://ec.europa.eu/education/lifelong-learning-policy/doc34_en.htm.

(6)  Risoluzione del Consiglio, del 17 novembre 2011, su un'agenda europea rinnovata per l'apprendimento degli adulti (16743/11).

(7)  Comunicato della conferenza dei ministri europei responsabili dell'istruzione superiore, Lovanio e Louvain-la-Neuve (Belgio), 28-29 aprile 2009.

(8)  Conclusioni del Consiglio su un criterio di riferimento nel settore della mobilità per l'apprendimento, cit.

(9)  Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l'apprendimento permanente (GU C 111 del 6.5.2008, pag. 1).

(10)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55.

(11)  SEC(2011) 1402 final, COM(2011) 788 final.

(12)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 55.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/160


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero

COM(2011) 866 definitivo — 2011/0421 (COD)

(2012/C 181/28)

Relatrice unica: OUIN

Il Consiglio, in data 19 gennaio 2012, e il Parlamento europeo, in data 17 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero

COM(2011) 866 final — 2011/0421 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 29 febbraio 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 149 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di decisione relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.

1.2   Il CESE apprezza l'impostazione che consiste nel basarsi sui meccanismi in funzione per le malattie trasmissibili (1) e sull'analisi delle recenti crisi per colmare le lacune del dispositivo attuale, come è consentito dal Trattato di Lisbona.

1.3   Per intervenire in maniera efficace contro rischi che non conoscono frontiere, è necessario un coordinamento su scala continentale, in grado di cancellare le frontiere settoriali.

1.4   Il CESE chiede tuttavia che tutte le componenti della società civile contribuiscano a pianificare la preparazione e siano coinvolte nella comunicazione in caso di crisi. Limitare il coordinamento ai professionisti della salute e agli specialisti della protezione civile non corrisponde più al funzionamento attuale della società, caratterizzato dal ruolo importante assunto dai media nell'informazione della cittadinanza.

2.   Il contesto

2.1   Le grandi epidemie di peste, colera o influenza dei secoli passati sono rimaste nella memoria collettiva come flagelli in grado di causare perdite umane catastrofiche nel giro di alcune settimane.

2.2   Grazie alla medicina moderna, gli europei del ventesimo secolo hanno creduto di essersi lasciati alle spalle tali rischi. Gli Stati hanno previsto misure di pubblica sanità, come le vaccinazioni obbligatorie e la sorveglianza sanitaria, per proteggere la cittadinanza, e l'Europa si è munita di una rete efficace per lottare contro le malattie trasmissibili. Questo sistema funziona finché sono in gioco agenti infettivi noti e identificati da tempo, ma è risultato meno efficace nel caso di malattie nuove, come l'AIDS o la SARS (2).

2.3   Sono comparse altre minacce in grado di mettere in pericolo la popolazione di intere regioni, e la grande mobilità di persone, generi alimentari, prodotti e altro, comporta nuove vulnerabilità. Virus che in passato si manifestavano solo a livello locale possono viaggiare molto rapidamente e costituire un pericolo in regioni in cui sono ignoti.

2.4   La scoperta e la produzione su vasta scala di nuovi prodotti chimici hanno senz'altro permesso di combattere le malattie, migliorare la resa agricola, facilitare le costruzioni e gli spostamenti, aumentare la quantità di prodotti disponibili, accelerare e diffondere ogni forma di comunicazione. Ma c'è un rovescio della medaglia: gli esseri umani vivono adesso in un «brodo chimico», con sostanze inquinanti di ogni genere diffuse nell'aria, nell'acqua e negli alimenti.

2.5   I fiumi, le piogge, i venti e i virus non conoscono frontiere; se c'è un settore in cui appare essenziale organizzarsi su scala europea, è proprio quello della protezione della salute della cittadinanza.

2.6   Una delle conseguenze della produzione industriale di massa è il riscaldamento climatico, con il suo seguito di conseguenze. Ma ci sono anche incidenti industriali, nuovi virus ecc. La protezione della salute non può limitarsi strettamente all'aspetto delle malattie trasmissibili, e neanche alla sorveglianza sanitaria della popolazione.

2.7   In una società caratterizzata da interdipendenza, il rischio per la salute può provenire da qualsiasi direzione. Le crisi sanitarie prendono le mosse da un inquinamento industriale, un'epizoozia o una catastrofe naturale. Occorre quindi abbattere le frontiere non solo geografiche, ma anche settoriali.

2.8   Per le malattie trasmissibili esiste un efficace dispositivo mondiale guidato dall'Organizzazione mondiale della sanità (3).

2.9   L'Europa non parte da zero, il sistema è ben rodato ed efficace anche sul piano delle malattie trasmissibili, ma durante la pandemia di influenza H1N1 esso ha mostrato delle lacune per quanto riguarda l'acquisto di vaccini che possono essere preparati solo al momento dell'apparizione del nuovo virus. La produzione industriale del vaccino e la negoziazione dei prezzi hanno indotto gli Stati membri ad adottare atteggiamenti differenti nei riguardi della vaccinazione, che avrebbero potuto avere conseguenze gravi sulla propagazione del virus se quest'ultimo fosse stato più virulento.

2.10   Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 e dopo che negli Stati Uniti sono stati perpetrati degli attentati con lettere e pacchi contenenti spore di antrace, al livello europeo competente è stato istituito un comitato per la sicurezza sanitaria (4), competente per i rischi diversi dalle malattie trasmissibili. Tuttavia tale comitato non ha ottenuto il rango di istituzione e non può pertanto prendere decisioni politiche quando se ne presenta l'esigenza.

3.   Migliorare la situazione attuale

3.1   La proposta in esame permette quindi di colmare le attuali lacune basandosi sul Trattato di Lisbona (5), che conferisce nuove competenze in questo campo, e sull'analisi delle difficoltà che si sono presentate nel corso delle recenti crisi sanitarie.

3.2   Le crisi sanitarie sono state numerose: crisi della mucca pazza, pandemia H1N1, batterio E. coli/STEC O104, attentati al cloro in Iraq, contaminazione con melammina, fanghi tossici rossi, maree nere, nuvola di cenere. Ogni crisi permette di constatare le debolezze del sistema attuale e di proporre dei miglioramenti. La proposta di decisione in esame è intesa a definire un quadro coerente, basandosi su quanto già esiste, e a creare migliori cooperazioni nazionali e settoriali.

3.3   La proposta non copre i rischi radiologici e nucleari, che sono già oggetto di un altro atto legislativo europeo.

3.4   Le disposizioni dell'UE attualmente in vigore riguardano esclusivamente i rischi legati alle malattie trasmissibili (6). La rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili, che dà l'allarme e coordina la reazione a livello europeo, non è adeguata alle norme e alle esigenze attuali, e viene quindi proposto di sostituirle con le disposizioni del documento in esame.

3.5   Rafforzare il sistema attuale, estendendolo agli altri rischi, consentirà di innalzare il livello di sicurezza senza causare grandi spese aggiuntive.

3.6   Il Comitato accoglie con favore gli obiettivi della proposta:

nel campo della pianificazione della preparazione, coordinamento degli sforzi degli Stati membri per migliorare la preparazione e rafforzare le capacità. «A tal fine, la Commissione garantirà il coordinamento tra i piani nazionali e tra i settori chiave come i trasporti, l'energia e la protezione civile e sosterrà gli Stati membri nel mettere a punto un meccanismo di approvvigionamento comune delle contromisure mediche.»;

quando uno Stato membro segnalerà una minaccia grave che non costituisce una malattia trasmissibile, sarà creata una rete apposita, intesa a fornire le informazioni e i dati necessari per la valutazione dei rischi e la sorveglianza delle nuove minacce. Le malattie trasmissibili continueranno ad essere osservate secondo le modalità attuali;

l'attuale sistema di allarme rapido e di reazione sarà esteso per coprire tutte le minacce gravi per la salute, e non solo le malattie trasmissibili;

saranno realizzate in modo coordinato delle valutazioni nazionali o europee dei rischi per la salute derivanti, in situazioni di crisi, da minacce di origine biologica, chimica, ambientale o sconosciuta;

la decisione definisce infine un quadro coerente che regola la reazione dell'UE in caso di crisi nel campo della salute pubblica. Concretamente, dando una veste ufficiale al comitato per la sicurezza sanitaria, l'UE potrà coordinare meglio le reazioni nazionali in caso di emergenze sanitarie.

3.7   Gli obiettivi dichiarati della proposta, cui il CESE sottoscrive pienamente, sono un migliore coordinamento e una maggiore efficacia, la possibilità di aggiudicare appalti europei negoziando con i laboratori farmaceutici dei prezzi che consentano di tutelare tutti gli europei, la disponibilità di un sistema di allarme europeo in aggiunta a quello internazionale dell'OMS, e l'estensione dei dispositivi esistenti ai rischi chimici, batteriologici, ambientali ecc.

3.8   Valutare i rischi con una rete europea di specialisti, concordare la stima del livello di gravità, per prevedere una reazione appropriata e definire insieme dei messaggi, scambiarsi dati sensibili rispettando le regole (specie quelle riguardanti la tutela dei dati personali) e con dati comparabili tra Stati membri e con i paesi vicini, elaborare congiuntamente gli avvisi destinati ai viaggiatori, contribuisce a un aumento di efficacia senza appesantire i dispositivi creandone altri nuovi.

4.   Tenere conto delle evoluzioni in corso

4.1   Il CESE desidera tuttavia richiamare l'attenzione delle autorità europee e degli Stati membri sulle modalità con cui si sono prodotte le crisi recenti.

4.2   Sia nel caso della pandemia di influenza H1N1, che in quello del batterio E. coli/STEC O104, si è potuto constatare che le informazioni diffuse dalle autorità pubbliche non sono le uniche, e che una parte della popolazione confida maggiormente in informazioni non verificate, disponibili su Internet. Questa profusione di informazioni può complicare la gestione di una crisi ed avere effetti gravi sulla salute pubblica e su interi settori economici, quando per esempio taluni medici criticano il vaccino, o quando vengono diffuse informazioni erronee sulla provenienza dei batteri.

4.3   Una cattiva diffusione delle informazioni può causare enormi sprechi e compromettere l'efficacia dei dispositivi. L'aspetto pedagogico dev'essere altrettanto importante quanto le considerazioni economiche.

4.4   Ciò induce la Commissione a raccomandare di coinvolgere nel dispositivo di crisi tutte le componenti della società civile, in qualità di punti di trasmissione delle informazioni, e a realizzare, al di fuori dei periodi di crisi, un'opera di sensibilizzazione, a partire dalle scuole e dai luoghi di lavoro, per spiegare ai cittadini come avviene la loro protezione dai rischi, come funzionano i sistemi di vigilanza e di allerta, a cosa bisogna credere in caso di crisi e chi è abilitato a diffondere informazioni degne di fede.

4.5   La comunicazione è divenuta un aspetto essenziale nei casi di crisi di salute pubblica, altrettanto importante quanto la disponibilità di vaccini, perché questi ultimi hanno un'utilità incerta se la cittadinanza non è persuasa dell'esigenza di farsi vaccinare.

4.6   Fare appello alla responsabilità dei cittadini ha senso solo se essi sono realmente in grado di esercitarla, e ciò presuppone che siano stati informati e istruiti anticipatamente in merito ai dispositivi esistenti e al ruolo che ciascuno dovrà svolgere. I cittadini possono partecipare, essere dei soggetti della protezione comune, proprio come possono contribuire a peggiorare le cose se non sono stati responsabilizzati e informati correttamente. Nell'interesse generale le pubbliche autorità devono coinvolgere nella protezione della collettività tutte le organizzazioni interessate al bene comune, favorendo un'adeguata informazione reciproca.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità (GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1).

(2)  Sindrome acuta respiratoria severa.

(3)  Regolamento sanitario internazionale: http://www.who.int/ihr/en/

(4)  Cfr le conclusioni della presidenza del 15 novembre 2001 sul bioterrorismo (13826/01) e le conclusioni del Consiglio del 22 febbraio 2007 riguardanti la proroga e l'estensione provvisorie del mandato del comitato per la sicurezza sanitaria (6226/07).

(5)  Articolo 6, lettera a), e articolo 168, paragrafo 1, del TFUE.

(6)  Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità (GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1).


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/163


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse»

COM(2011) 571 definitivo

(2012/C 181/29)

Relatrice: EGAN

La Commissione europea, in data 20 settembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse

COM(2011) 571 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 146 voti favorevoli, 5 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   La strategia Europa 2020 della Commissione e l'iniziativa faro Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse mirano a rendere le economie europee più resistenti e sostenibili tramite un utilizzo molto più efficiente di tutte le risorse naturali. Già in precedenza il Comitato ha espresso il proprio sostegno all'iniziativa faro, e si compiace adesso della più dettagliata Tabella di marcia verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse della Commissione, che stabilisce delle tappe intermedie per realizzare la trasformazione e fornisce un quadro per le politiche necessarie all'avvio di questo processo.

1.2   Il CESE invita tutte le istituzioni, i leader europei, le imprese e le parti sociali europee, nonché la società europea nel complesso, a riunirsi in un movimento dalla ampia base politica e sociale a sostegno di una radicale e necessaria trasformazione, nonché a utilizzare il quadro fornito dalla tabella di marcia per orientare e monitorare i progressi in questo senso.

1.3   Il CESE raccomanda la creazione di un solido meccanismo di coordinamento di alto livello all'interno della Commissione e dei singoli Stati membri, con il quale monitorare e stimolare i progressi compiuti nell'attuazione delle azioni proposte dalla tabella di marcia.

1.4   A livello degli Stati membri, il CESE esorta ad adottare strategie globali di efficienza nell'impiego delle risorse che includano riforme fiscali, l'eliminazione dei sussidi perversi, una severa regolamentazione delle norme relative ai prodotti, programmi per l'istruzione e lo sviluppo delle competenze, così come la piena partecipazione degli enti locali e regionali, delle imprese, delle parti sociali, dei consumatori, di associazioni di altro tipo e dei cittadini. Tali strategie dovrebbero prevedere misure politiche attive che garantiscano una transizione socialmente equa, compresa la formazione e l'aggiornamento dei dipendenti, nonché la loro partecipazione al riorientamento verso delle nuove imprese che facciano un uso più razionale delle risorse.

1.5   A livello europeo, il CESE sostiene tutte le misure proposte nella tabella di marcia e invita a prestare particolare attenzione ai seguenti aspetti:

il rapido sviluppo di indicatori adeguati, incluso l'indicatore generale del livello di efficienza delle risorse nelle economie nazionali raccomandato nella tabella di marcia, un indicatore «PIL e oltre» del benessere nell'economia, e altre misure più specifiche in funzione del settore;

un meccanismo efficace che dia particolare rilievo all'efficienza delle risorse nelle relazioni nazionali di riforma annuali e nella loro revisione da parte della Commissione e tra pari nell'ambito del processo del semestre europeo in corso di elaborazione nel quadro della strategia Europa 2020;

revisione e aggiornamento della strategia europea per lo sviluppo sostenibile globale a seguito del vertice mondiale di Rio del giugno 2012, con un accento particolare sull'efficienza delle risorse e la sua relazione con gli altri obiettivi della sostenibilità;

un'analisi dettagliata dell'interazione tra l'efficienza delle risorse e gli obiettivi ambientali, come nel Settimo programma d'azione per l'ambiente;

un meccanismo di coordinamento volto a garantire il mantenimento globale del progresso nelle 20 iniziative distinte stabilite dalla Commissione per contribuire all'efficienza delle risorse e in altre iniziative che potrebbero aggiungersi all'elenco;

l'integrazione degli obiettivi di efficienza delle risorse nei criteri da adottare per tutti i programmi di spesa europei e per gli appalti pubblici;

un pieno impegno con la società civile per il monitoraggio e la revisione periodici dei progressi realizzati.

1.6   Il CESE intende svolgere appieno il proprio ruolo coinvolgendo le parti interessate e monitorando i progressi compiuti in questo ambito fondamentale, e sarà lieto di cooperare con le altre istituzioni a tal fine.

2.   Premessa

2.1   Nel gennaio 2011 la Commissione ha pubblicato Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, una delle sette nuove iniziative faro nell'ambito della strategia Europa 2020 (1), con l'obiettivo di avviare una radicale trasformazione del modo in cui le risorse materiali vengono utilizzate in tutti i settori dell'economia europea, dissociando il benessere economico dal consumo delle risorse.

2.2   In un precedente parere in merito all'iniziativa faro Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse, il CESE accoglieva con favore gli obiettivi generali della strategia per un impiego efficiente delle risorse, che invitava a integrare in una versione riveduta e aggiornata della più ampia strategia europea di sviluppo sostenibile (2). Il CESE sollecitava inoltre la Commissione a fornire informazioni più dettagliate sulle singole iniziative in settori specifici e sulla tabella di marcia.

2.3   Nel 2011 la Commissione ha lanciato una serie di iniziative distinte (3) volte a promuovere l'utilizzo efficiente delle risorse in settori particolari. La tabella di marcia della Commissione verso un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse riunisce ora l'insieme di queste attività; essa illustra le prospettive della trasformazione economica che dovrebbe avvenire entro il 2050, prevedendo delle tappe intermedie da conseguire entro il 2020, e indica i settori in cui sono richiesti ulteriori interventi da parte della Commissione e degli Stati membri per realizzare tali obiettivi.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE condivide l'importanza cruciale che la Commissione europea attribuisce a un impiego più efficiente delle risorse in Europa e nel mondo. Tale maggiore efficienza giocherà un ruolo determinante per conciliare la costante ricerca di crescita economica con la necessità di tener conto della limitatezza di molte delle risorse naturali del pianeta e di riconoscere gli ostacoli che tali limiti pongono all'espansione continua della produzione e del consumo di beni materiali. Essa è inoltre essenziale per limitare l'aumento delle emissioni di gas serra e di altri agenti inquinanti, nonché per proteggere le risorse biotiche e preservare i benefici pubblici degli ecosistemi. Il miglioramento dell'efficienza nell'impiego delle risorse dovrebbe essere alla base della gestione delle economie mondiali e delle imprese leader a livello globale.

3.2   Le imprese di ogni tipo hanno sempre contato sugli incentivi diretti per operare in maniera efficiente sotto il profilo dell'utilizzo delle risorse nei loro processi di produzione, al fine di contenere i costi. Dal punto di vista della produzione, tuttavia, sono sempre state incentivate a una tendenza opposta, vale a dire quella di incoraggiare i consumatori ad acquistare il più possibile, al fine di massimizzare le vendite. Se si intende conseguire l'efficienza delle risorse con i processi tradizionali, probabilmente non si realizzerà mai il mutamento necessario per far fronte alle pressioni esercitate dal rapido aumento della popolazione mondiale, dal repentino aumento della domanda di consumo (specialmente nelle economie emergenti) e dai problemi sempre maggiori legati all'esaurimento delle risorse e all'inquinamento. Occorre introdurre una nuova forma di crescita «sostenibile» o «verde», nella quale l'aumento dell'attività economica e del benessere o della prosperità sia dissociato dall'incremento del consumo di risorse, e il cui conseguimento possa effettivamente avvenire con un dispendio minore di risorse.

3.3   I governi e la società nel complesso dovranno pertanto svolgere un ruolo fondamentale per realizzare la trasformazione rapida e di ampia portata necessaria nel corso della prossima generazione. I governi devono agire per:

garantire l'adeguata tariffazione delle esternalità tramite misure fiscali,

eliminare le sovvenzioni inopportune,

stabilire norme minime di efficienza delle risorse per settori specifici tramite una normativa adeguata,

sostenere attività appropriate di R&S,

incoraggiare gli investimenti in processi efficienti nell'impiego delle risorse e scoraggiare quelli che non lo sono,

promuovere una maggiore comprensione dell'efficienza delle risorse tramite i mezzi di comunicazione, l'istruzione e la formazione.

3.4   La trasformazione dalla portata e dalla rapidità necessarie avrà inevitabilmente un impatto significativo sul mercato del lavoro. Le imprese che si riveleranno inefficienti nell'impiego delle risorse o i cui prodotti sono fonte di spreco saranno sottoposte a pressione, e potrebbero vedersi costrette a ridurre i posti di lavoro. Al contrario, le imprese che faranno un utilizzo efficiente delle risorse e forniscono prodotti e servizi altrettanto efficienti dovrebbero prosperare al momento della ripresa economica, oltre a creare nuova occupazione. I paesi che saranno precursori in questa transizione otterranno i migliori risultati e saranno i più competitivi nel nuovo mondo caratterizzato da scorte limitate di risorse naturali, inoltre creeranno il maggior numero di nuovi posti di lavoro nella nuova economia verde.

3.5   Per garantire una transizione equa, che consenta realmente di creare nuovi posti di lavoro di qualità e contribuisca all'acquisizione di nuove competenze, potrebbero rivelarsi necessari dei programmi attivi di formazione e di assistenza al reimpiego (4). La tabella di marcia non si occupa né di questo, né di altri aspetti della dimensione sociale, che occorre sviluppare ulteriormente.

3.6   L'aumento dell'efficienza delle risorse nelle proporzioni richieste costituisce una sfida enorme e urgente per l'Europa intera e per tutti i settori della società. A tal fine sono necessari un forte impegno politico e sociale a tutti i livelli, così come un programma vasto e ambizioso che comprenda iniziative e azioni a livello dell'UE e dei singoli Stati membri, sia sul piano nazionale che locale.

3.7   La tabella di marcia dovrebbe offrire il quadro per imprimere questo slancio politico transeuropeo e presentare una prospettiva stimolante di ciò che potrebbe essere raggiunto in questo modo. Il CESE accoglie con favore l'approccio generale adottato e la prospettiva delineata per il 2050.

3.8   L'attuazione pratica è fondamentale. Le tappe intermedie specifiche proposte nella tabella di marcia per il 2020 sono uno strumento utile per tradurre la prospettiva a lungo termine in obiettivi più concreti e immediati, da perseguire sin da adesso. Rimane tuttavia ancora molto da fare per mettere in atto la trasformazione della politica economica, delle strategie industriali e del flusso di investimenti indispensabile per il conseguimento degli obiettivi previsti nella tabella di marcia. La Commissione ha riconosciuto l'importanza cruciale di una trasformazione nell'efficienza delle risorse e il Consiglio Ambiente ha espresso un certo sostegno (Conclusioni del Consiglio dei ministri dell'Ambiente del 19 dicembre 2011). Tuttavia, per realizzare effettivamente la trasformazione necessaria, occorrerà la piena partecipazione e l'impegno di tutti i soggetti interessati della Commissione e dei governi degli Stati membri. La promozione dell'efficienza delle risorse dovrebbe assumere maggiore importanza nell'agenda dei capi di governo e del Consiglio europeo in tutte le sue formazioni; sia la prospettiva generale, sia le tappe necessarie al suo conseguimento necessitano di un sostegno attivo e costante in tutti i settori, nonché di determinazione per realizzare gli obiettivi stabiliti.

3.9   Occorre inoltre sensibilizzare in maniera più ampia le imprese e le organizzazioni della società civile di ogni tipo, così come l'opinione pubblica e i consumatori, sulla necessità di un utilizzo più efficiente delle risorse, con ogni possibile iniziativa, sostenuta attivamente che includa la creazione di strutture di dialogo che accompagnino la transizione (5).

3.10   Il successo della tabella di marcia dipenderà dalla sua capacità di suscitare maggiore determinazione e impegno politico a favore di un aumento dell'efficienza nell'impiego delle risorse. Essa deve portare a un'autentica trasformazione nell'essenza della gestione economica. I meccanismi di follow-up coordinati a livello centrale sono necessari per fornire impulsi per le diverse iniziative già individuate nella tabella di marcia, superare eventuali ostacoli alla loro realizzazione e giustificare l'adozione di ulteriori misure laddove vi sia un ritardo nella realizzazione degli obiettivi.

4.   Attuazione a livello degli Stati membri

4.1   In diversi paesi europei sono stati compiuti i primi passi nella direzione giusta per ridurre l'eccessiva dipendenza dalle risorse esauribili di combustibili fossili, promuovendo maggiormente le fonti di energia rinnovabile, riducendo i rifiuti, sviluppando costruzioni e veicoli più efficienti ecc. I progressi sono stati tuttavia sporadici e in alcuni paesi gli investimenti corrono il rischio, proprio in questo momento critico, di subire un rallentamento a causa dell'eliminazione prematura degli incentivi necessari al cambiamento. Il CESE raccomanda di raccogliere e diffondere in maniera sistematica le esperienze e gli esempi positivi relativi agli sforzi profusi fino a questo momento, in modo tale da conseguire il prima possibile dei risultati anche nei paesi e nei settori in cui sinora non sono stati compiuti progressi auspicabili e degni di nota. La coerenza e la costanza negli obiettivi sono fondamentali.

4.2   Gli Stati membri devono porre l'impegno a favore dell'impiego efficiente delle risorse al centro delle loro strategie e dei loro programmi economici nazionali, ed estenderlo a tutti i settori delle loro economie. Ad avviso del CESE occorre istituire in ciascun Stato membro meccanismi di coordinamento e di direzione politica di alto livello per garantire che si progredisca con maggiore urgenza, costanza e coerenza di quanto non accada attualmente.

4.3   Il successo della «crociata» a favore dell'efficienza delle risorse dipenderà in ultima istanza tanto dalla suddetta trasformazione delle aspirazioni del grande pubblico e della domanda dei consumatori, quanto dalla trasformazione dei modi di produzione.

4.4   Gli Stati membri devono avviare un dialogo approfondito con gli opinion maker per esaminare quale sia il modo migliore per promuovere il messaggio essenziale dell'efficienza delle risorse tra i cittadini, di modo che, con il tempo, le scelte e le preferenze di questi ultimi volgano a favore di beni e servizi maggiormente efficienti sotto il profilo delle risorse e a sfavore dei prodotti che consumano inutilmente elevate quantità di energia e sono fonte di sprechi.

4.5   L'efficienza delle risorse dovrebbe inoltre essere un obiettivo fondamentale sia a livello locale e regionale, che a livello nazionale. Gli Stati membri dovrebbero riflettere su quale sia il modo migliore per promuovere questo obiettivo in collaborazione con i propri governi regionali e locali.

4.6   Per realizzare questa transizione andranno utilizzati tutti gli strumenti politici di cui dispongono i governi. Le politiche fiscali devono essere rimodellate prevedendo un sistema che penalizzi l'utilizzo inefficiente dell'energia e delle altre risorse e ricompensi un loro utilizzo più razionale. Riforme fiscali «neutre», volte ad aumentare il livello di tassazione sui combustibili ad emissioni di carbonio (e su altre risorse naturali) e nel contempo a promuovere l'occupazione e il miglioramento della sicurezza sociale hanno un ruolo essenziale da svolgere nel guidare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell'impiego delle risorse (6) e verso la creazione di posti di lavoro (7). I sussidi perversi che incoraggiano o giustificano l'impiego inefficiente dell'energia e la cattiva gestione delle altre risorse devono essere eliminati progressivamente – obiettivo citato con frequenza ma non ancora perseguito con decisione. Per utilizzare le risorse con maggiore efficienza in settori chiave quali l'edilizia, i trasporti e l'agricoltura sono necessarie disposizioni regolamentari severe. Occorrono altresì delle politiche severe in materia di gestione dei rifiuti al fine di promuovere la minimizzazione dei rifiuti stessi e il riuso o riciclo dei materiali di scarto. L'istruzione, i programmi di informazione dei cittadini, lo sviluppo delle competenze e l'innovazione sono elementi essenziali per diffondere il messaggio a tutti i settori della società. A tal fine, è necessaria un'azione concertata e di ampia portata da parte degli Stati membri e dell'UE.

4.7   Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi pubblicamente a riferire in maniera aperta e regolare in merito ai progressi realizzati nell'ambito dell'efficienza delle risorse e al modo in cui la politica e gli investimenti pubblici e privati sostengono la transizione. La Commissione potrebbe contribuire analizzando i diversi metodi adottati nei vari Stati membri per promuovere l'utilizzo efficiente delle risorse e incoraggiando poi il ricorso più ampio e coerente ai metodi migliori.

5.   Attuazione a livello europeo

5.1   L'UE deve svolgere un ruolo cruciale sia per stimolare e sostenere l'azione a livello degli Stati membri, sia per promuovere le iniziative a livello europeo volte ad agevolare la transizione verso un utilizzo efficiente delle risorse. Il CESE sostiene tutte le politiche e le iniziative illustrate nella tabella di marcia e formula una serie di osservazioni in merito ai seguenti aspetti:

Misure e indicatori

Integrazione con la strategia 2020 e con il processo del semestre europeo

Strategia europea di sviluppo sostenibile e Settimo programma d'azione ambientale

Le 20 iniziative specifiche e i tre settori chiave della tabella di marcia

Programmi di spesa e appalti pubblici europei

Partecipazione della società civile e dei cittadini

5.2   Misure, indicatori, obiettivi e tappe

Nell'ambito del processo occorrerà definire degli indicatori specifici per misurare il progresso dei diversi aspetti dell'efficienza delle risorse, e sarà inoltre necessario garantire la disponibilità di informazioni affidabili, coerenti e tempestive relative a tali indicatori. Ad avviso del CESE, nel contesto del monitoraggio andrà rilevato quali progressi sono stati compiuti in riferimento ai seguenti aspetti:

i principali strumenti politici necessari a promuovere l'efficienza nell'impiego delle risorse (misure fiscali, misure regolamentari ecc.),

fino a che punto gli investimenti pubblici e privati vengono riequilibrati per sostenere una produzione e un consumo efficienti sotto il profilo delle risorse e per scoraggiare processi inefficienti, fonte di sprechi,

fino a che punto l'occupazione si stia riorientando verso posti di lavoro efficienti sotto il profilo delle risorse - che creino prodotti e servizi altrettanto efficienti - e l'evoluzione nella formazione e nelle altre misure a sostegno di questo cambiamento.

5.3   Il CESE accoglie con favore la proposta di introdurre come nuovo indicatore principale la «produttività delle risorse» per misurare complessivamente il progresso realizzato nella scissione del benessere economico dal consumo di risorse materiali. Invita inoltre a garantire che sia data la stessa priorità allo sviluppo di indicatori solidi per il capitale naturale e sociale e a quelli per la disponibilità e lo stato delle risorse naturali.

5.4   Il CESE ritiene in particolare che gli obiettivi intermedi proposti relativi alle sovvenzioni dannose per l’ambiente, alla biodiversità e ai tre settori chiave (alimentazione, alloggi e mobilità) non siano definiti con adeguata chiarezza e debbano dunque essere precisati ulteriormente. È necessario conferire maggiore priorità al programma per lo sviluppo degli indicatori e dotarlo di risorse adeguate per garantirne un progresso più rapido.

5.5   In particolare, occorre disporre di uno strumento più adeguato per misurare il rendimento economico nazionale, che consenta di dimostrare come i miglioramenti dell'efficienza delle risorse nell'economia comportino un effettivo aumento del benessere complessivo di una data società e della sostenibilità a livello globale. Ad avviso del Comitato, gli studi sulle migliori alternative al PIL avviati già da tempo devono essere completati e messi in pratica, così da poter orientare in maniera adeguata il progresso complessivo verso un utilizzo più efficiente delle risorse e i relativi incrementi in termini di benessere e sostenibilità (8).

5.6   Integrazione con la strategia 2020 e con il semestre europeo

Dato il carattere trasversale dell'iniziativa sull'efficienza delle risorse, e al fine di garantire che questa tematica continui a essere una priorità politica di primo piano, essa dovrà essere sostenuta a livello europeo da una struttura di gestione dell'attuazione efficace, coordinata a livello centrale e dotata di risorse sufficienti, che operi in maniera aperta e trasparente e consenta la maggiore partecipazione possibile delle parti interessate.

5.7   Il CESE accoglie con favore l'obiettivo di avvalersi del processo di riesame nell'ambito del semestre europeo per garantire che il tema dell'efficienza delle risorse si collochi, come dovuto, al centro del processo di elaborazione della politica economica in seno al Consiglio europeo e dei dialoghi di alto livello con gli Stati membri. Il Comitato ritiene che la rendicontazione debba basarsi su requisiti di monitoraggio precisi e definiti in maniera rigorosa, che forniscano una panoramica esatta e aggiornata del progresso realizzato in materia di efficienza nell'utilizzo delle risorse. Occorre identificare tempestivamente l'eventuale insufficienza del progresso in determinati settori e introdurre immediatamente delle azioni correttive.

5.8   Il CESE si rammarica del fatto che per adesso, a quanto pare, i paesi del programma sono esclusi dalla rendicontazione nell'ambito del semestre europeo. Pur riconoscendo i loro specifici problemi di adeguamento economico attuali, il CESE ritiene che la decisa integrazione del principio di efficienza delle risorse nei programmi di ripresa congiunturale apporterebbe grandi benefici a tali paesi, che dovrebbero essere coinvolti appieno in questo aspetto del semestre europeo sin dall'inizio.

5.9   Per garantire a tale processo una più ampia visibilità pubblica e una maggiore presa a livello politico, il CESE chiede che le relazioni nazionali che formano la base del processo di riesame nell'ambito del semestre europeo siano oggetto di consultazioni pubbliche e di dibattiti con le varie parti interessate in ciascun paese, e che anche il dialogo tra gruppi di pari su ciascuna relazione nazionale sia aperto alla partecipazione e al dibattito. Il CESE stesso potrebbe rappresentare un forum appropriato per tenere dibattiti periodici con le parti interessate a livello europeo sui progressi conseguiti nella trasformazione e sulle azioni necessarie per alimentarla.

5.10   Il CESE ritiene fondamentale che la Commissione non si affidi esclusivamente al processo del semestre europeo per promuovere l'effettiva attuazione della politica in materia di efficienza delle risorse; è fondamentale tener conto anche di altri programmi e di altre strategie pertinenti in questo senso.

5.11   Strategia europea di sviluppo sostenibile e Settimo programma d'azione ambientale

La Commissione ritiene, a ragione, che la strategia a favore dell'efficienza delle risorse e la strategia 2020 stessa contribuiscano in maniera considerevole al conseguimento dell'obiettivo generale di sviluppo sostenibile. L'efficienza delle risorse non racchiude tutti gli aspetti della sostenibilità ed è importante che l'accento posto su di essa non porti a trascurare gli altri ambiti dello sviluppo sostenibile. La conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che si terrà quest'anno a Rio dovrebbe essere sfruttata per collocare il tema della transizione verso un utilizzo efficiente delle risorse al centro degli sforzi profusi su scala mondiale per giungere a un'economia più verde e conseguire uno sviluppo sostenibile, nell'ambito di un quadro più ampio per lo sviluppo sostenibile. Ad avviso del CESE, la strategia UE globale di sviluppo sostenibile dovrebbe essere riveduta e rivitalizzata nel quadro del processo di follow-up del vertice di Rio, con delle relazioni nazionali integrate sullo sviluppo sostenibile e sull'efficienza delle risorse per monitorare il progresso nell'intero settore.

5.12   La Commissione ha annunciato l'intenzione di creare quest'anno un Settimo programma d'azione ambientale per l'Europa. Il Consiglio ha invitato la Commissione ad assicurare che il nuovo programma sia strutturato in modo da garantire la complementarità tra le politiche e i piani ambientali e gli obiettivi di efficienza delle risorse illustrati nella tabella di marcia; un obiettivo ammirevole, per la cui realizzazione rimane tuttavia ancora molto da fare.

5.13   Le 20 iniziative specifiche e i tre settori chiave della tabella di marcia

Il CESE si adopera attivamente per prendere posizione sulla maggior parte delle 20 iniziative distinte illustrate nella strategia, e sostiene fermamente l'intenzione proposta nella tabella di marcia di far progredire tali iniziative in parallelo, così da massimizzare il loro impatto sulla sfida dell'efficienza delle risorse. Esse dovrebbero essere oggetto di una revisione periodica, sia individualmente che collettivamente, per assicurarsi che generino l'impatto cumulativo auspicato.

5.14   Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che i tre settori chiave da lei individuati (alimentazione, alloggi e mobilità) siano particolarmente importanti per la promozione dell'efficienza nell'impiego delle risorse. Il Comitato ritiene che anche l'utilizzo delle risorse idriche e del suolo dovrebbero essere considerati settori cruciali. Le unità responsabili del monitoraggio del progresso complessivo in termini di efficienza delle risorse dovranno controllare tutti questi settori con regolarità per verificare che forniscano un contributo adeguato alla transizione verso l'efficienza nell'impiego delle risorse.

5.15   Programmi di spesa europei e appalti pubblici

In passato, non sempre i fondi strutturali e gli altri programmi di spesa dell'UE hanno tenuto sufficientemente conto dell'obiettivo di un impiego efficiente delle risorse. Ogni revisione di tali programmi deve essere colta come un'opportunità per ancorare sempre più fermamente l'efficienza delle risorse tra le loro priorità e i loro criteri. Il CESE si compiace del fatto che le recenti proposte di bilancio della Commissione abbiano accordato maggiore priorità all'efficienza delle risorse e agli altri obiettivi della strategia Europa 2020. Sarà importante garantire che tale proposta venga affrontata con attenzione nei dettagliati negoziati sul bilancio.

5.16   In particolare, occorre prestare maggiore attenzione e agire in maniera proattiva per affrontare la questione dei sussidi perversi, per garantire finanziamenti e innovazioni nel settore della valutazione del capitale naturale, e per sviluppare misure fiscali volte a internalizzare i costi esterni e determinare i costi reali per la società. Le misure specifiche si snodano su alcune delle 20 iniziative, e sono altresì rilevanti per la politica di coesione e altri ambiti di sviluppo delle principali politiche.

5.17   Allo stesso modo, i programmi di appalti pubblici a livello europeo e nazionale possono rivelarsi strumenti potenti per promuovere l'impiego efficiente delle risorse, insistendo sulla necessità di norme efficienti per tutti i beni e servizi acquistati e introducendo questa priorità lungo tutto il corso della catena di approvvigionamento. La Commissione dovrebbe rivitalizzare le iniziative politiche in questo settore, per garantire che le esigenze in materia di efficienza energetica siano un elemento di fondamentale importanza in tutte le specifiche degli appalti pubblici.

5.18   Partecipazione delle parti interessate, della società civile e dei cittadini

La trasformazione nell'ambito dell'efficienza delle risorse proposta nella tabella di marcia è cruciale per il mondo e per l'Europa. Essa non può essere conseguita esclusivamente con strumenti tecnici. Occorre che tutte le parti della società comprendano e accettino la necessità del cambiamento, e affinché ciò accada è necessario uno sforzo congiunto.

5.19   Il CESE sottolinea l'importanza di sensibilizzare i consumatori al tema dell'impiego efficiente delle risorse. Invita la Commissione a riflettere ulteriormente su come il seguito dato ad iniziative quali il piano d'azione «Produzione e consumo sostenibili» e «Politica industriale sostenibile» del 2008 (9) possa essere integrato al meglio nei nuovi lavori sull'efficienza delle risorse, e in particolare su quali ambiziose azioni possano essere intraprese a livello europeo per sensibilizzare maggiormente i consumatori alle questioni legate alla sostenibilità e all'efficienza delle risorse.

5.20   Il CESE intende svolgere appieno il proprio ruolo coinvolgendo le parti interessate negli sforzi per una maggiore efficienza delle risorse. Monitorerà i progressi compiuti in questo ambito fondamentale e sarà lieto di cooperare con le altre istituzioni a tal fine.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 571 final.

(2)  Parere del CESE sul tema Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse - Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020, GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 97-101.

(3)  COM(2011) 21 final, allegato I.

(4)  Parere del CESE sul tema Promuovere posti di lavoro verdi e sostenibili per il pacchetto«Energia-clima»dell'UE, GU C 44 dell'11.2.2011, pagg. 110-117.

(5)  Parere del CESE sul tema Costruire un'economia sostenibile trasformando il nostro modello di consumo, GU C 44 dell'11.2.2011, pagg. 57-61.

(6)  Parere del CESE sul tema Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050 (cfr. punto 3.15, lettera f), GU C 376 del 22.12.2011, pagg.110-116.

(7)  Parere del CESE sul tema Rio+20: verso un’economia verde e una migliore governance, (cfr. punto 4.15), GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 102-110.

(8)  Parere del CESE sul tema Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile, GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53, e parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Non solo PIL: misurare il progresso in un mondo in cambiamento, GU C 18 del 19.1.2011, pag. 64.

(9)  COM(2008) 397 final.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/169


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea

COM(2011) 789 definitivo — 2011/0372 (COD)

(2012/C 181/30)

Relatore: ADAMS

La Commissione europea, in data 23 novembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea

COM(2011) 789 final — 2011/0372 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 14 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 151 voti favorevoli, 3 voti contrari e 16 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce e sostiene la necessità di dati precisi e completi che aiutino l'Unione europea e gli Stati membri a onorare i loro impegni in materia di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e ad attuare il pacchetto su clima ed energia. Il regolamento proposto rafforzerà questo processo.

1.2   Oltre alle raccomandazioni dettagliate illustrate nella sezione 4, il CESE intende sottolineare la necessità di agire con proporzionalità nel processo di raccolta dei dati e di prestare un'attenzione costante all'impiego dei risultati per raggiungere gli obiettivi della politica climatica e proseguire nel lavoro di sensibilizzazione del pubblico nel campo dell'energia.

2.   Introduzione

2.1   Il regolamento proposto fornisce la base giuridica per attuare i nuovi impegni in materia di monitoraggio nazionale previsti nel pacchetto su clima ed energia del 2009, nonché assicurare il monitoraggio puntuale e preciso dei progressi nell'attuazione di questi impegni e di quelli internazionali. Sebbene all'UE sia direttamente imputabile circa l'11 % delle emissioni mondiali di CO2, il suo impegno strategico e la sua azione per la riduzione dei gas a effetto serra (GES) e per l'efficienza nell'uso delle risorse possono essere considerati un contributo positivo ed essenziale ai meccanismi internazionali di attuazione. L'intenzione è di mantenere l'aumento della temperatura media del pianeta al di sotto di 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali (gli obiettivi per il 2020 sono una riduzione del 20 % nelle emissioni di CO2, un aumento del 20 % delle energie rinnovabili e un miglioramento dell'efficienza energetica del 20 % rispetto ai livelli del 1990).

2.2   Il clima del pianeta sta attraversando un cambiamento sempre più rapido per effetto di alterazioni nell'equilibrio energetico mondiale. La presenza di GES nell'atmosfera della Terra, con la loro capacità di assorbire ed emettere radiazioni infrarosse, influenza enormemente la temperatura. Dopo il vapore acqueo, il principale gas a effetto serra è il biossido di carbonio (CO2), ma anche il metano e l'ozono sono presenti in misura significativa.

2.3   Negli ultimi 250 anni l'uso di combustibili fossili ha contribuito ad aumentare il CO2 nell'atmosfera da 280 ppm a 390 ppm. Pur superando di gran lunga le fonti artificiali, le fonti naturali di CO2 erano in precedenza controbilanciate da fenomeni di assorbimento («pozzi») di carbonio, quali ad esempio la fotosintesi di CO2 operata dalle piante e dal plancton. L'aumento dei GES di origine antropica, associato alla deforestazione, ha distrutto questo equilibrio.

2.4   Esistono prove scientifiche schiaccianti di cambiamenti climatici che hanno già causato considerevoli effetti negativi sul piano economico, sociale e ambientale. Le proiezioni basate su alcuni modelli mostrano i gravi effetti che produrrebbero in futuro gli innalzamenti del livello del mare, la desertificazione, la perdita di biodiversità e lo sconvolgimento del clima. In linea di principio, si conviene che la prevenzione è preferibile (nonché più economica rispetto) alla mitigazione o all'adattamento. Tuttavia, le richieste di crescita economica, le diseguaglianze nello sviluppo globale, il fatto che si continui a fare affidamento sui combustibili fossili quale fonte primaria di energia a livello mondiale e l'inarrestabile aumento della popolazione della Terra sono tutti fattori che hanno contribuito a impedire, almeno finora, il raggiungimento di un consenso politico sul modo di attuare un meccanismo efficace di riduzione delle emissioni di GES di origine antropica.

2.5   Nel 1992 il vertice della Terra di Rio ha portato alla conclusione di un trattato internazionale, la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), tesa a stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell'atmosfera. In risposta a questo trattato (1), nel 1993 l'UE ha istituito un meccanismo per monitorare le emissioni di GES. Nel 1997 il Protocollo di Kyoto alla convezione UNFCCC ha puntato a contenere le emissioni di GES secondo modalità che tenessero conto delle differenze di fondo tra i vari paesi, anche in termini di ricchezza e di capacità di realizzare le riduzioni. In risposta, l'UE ha aggiornato già nel 2004 i meccanismi di monitoraggio dei GES (2) e ha sviluppato una serie di strategie per la riduzione delle emissioni di carbonio (3), la più recente delle quali è la Tabella di marcia per l'energia 2050 (4). I progressi riguardo agli accordi internazionali fondamentali continuano a essere lenti, ma il regolamento proposto fornirà il quadro di monitoraggio necessario affinché l'UE sostenga gli impegni nazionali, europei e internazionali.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1   L'obiettivo del regolamento è aiutare l'Unione e gli Stati membri a onorare i loro impegni in materia di mitigazione e ad attuare il pacchetto su clima ed energia. Il nuovo strumento normativo migliorerà molti aspetti dei dati comunicati e garantirà che gli obblighi internazionali in materia di monitoraggio e comunicazione vengano rispettati, compresa la comunicazione del sostegno finanziario e tecnico fornito ai paesi in via di sviluppo. Inoltre, esso faciliterà lo sviluppo di nuovi strumenti di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici e fornirà una base giuridica per l'attuazione dei requisiti di comunicazione e degli orientamenti futuri.

3.2   Il regolamento è incentrato sulla comunicazione richiesta dalla convenzione UNFCCC e dal Protocollo di Kyoto in merito alle emissioni di sette GES prodotte da tutti i settori (energia, processi industriali, uso del suolo, cambiamento d'uso del suolo e silvicoltura - attività LULUCF -, rifiuti, agricoltura, ecc.). Nelle conferenze UNFCCC del 2009 e del 2010 si è concordato di rafforzare la comunicazione per consentire all'UE e ad altre parti di rispettare gli impegni a fornire sostegno finanziario e tecnologico ai paesi in via di sviluppo e ad aiutarli a sviluppare le capacità.

3.3   Il nuovo regolamento darà attuazione ai requisiti di monitoraggio e comunicazione posti dalla decisione sulla condivisione degli sforzi e dalla direttiva riveduta sul sistema ETS dell'UE, attraverso l'introduzione di un riesame e di un periodo di conformità, previsti dalla suddetta decisione, nonché dei requisiti di comunicazione in merito all'uso del ricavato della vendita all'asta di quote di emissioni stabiliti dalla suddetta direttiva. Inoltre esso rafforzerà l'attuale quadro di monitoraggio e comunicazione, per soddisfare le necessità della futura normativa europea e internazionale, attraverso l'istituzione di una base per monitorare e comunicare le emissioni generate dai trasporti marittimi, gli impatti sul clima di sostanze diverse dal CO2 emesse dal trasporto aereo, le attività LULUCF e l'adattamento.

3.4   In generale, il regolamento proposto rafforza la comunicazione dell'UE sul sostegno finanziario e tecnologico fornito ai paesi in via di sviluppo, rende la comunicazione più coerente, in linea con altri strumenti giuridici dell'UE in materia di inquinanti atmosferici, e rafforza la comunicazione su emissioni attuali, proiezioni, politiche e misure, facendo tesoro degli insegnamenti tratti dalla passata attuazione.

3.5   Il nuovo regolamento fornisce inoltre la base per comunicare i proventi derivanti dalle vendite all'asta nel quadro del sistema ETS dell'UE, per garantire la trasparenza e per monitorare l'attuazione dell'intenzione di utilizzare almeno la metà dei proventi annuali delle aste per misure tese a combattere i cambiamenti climatici nell'UE e in paesi terzi.

3.6   Il regolamento proposto contribuisce all'obiettivo di riduzione delle emissioni del 20 % rendendo il processo di riesame annuale più rapido ed efficiente e consentendo la determinazione annuale del rispetto degli obiettivi da parte degli Stati membri. Esso dispone una comunicazione specifica sulle politiche e misure attuate dagli Stati membri sia per i settori compresi nel sistema ETS che per quelli esclusi da questo sistema, e pone la base per comunicare le emissioni generate dai trasporti marittimi e gli impatti di sostanze diverse dal CO2 emesse dal trasporto aereo, spianando il cammino per l'attuazione di misure efficaci in questi settori.

3.7   Il riesame, che sostituisce la normativa precedente, non richiede la raccolta di dati supplementari dalle PMI o dall'industria e riguarda la comunicazione a livello di autorità nazionale. Pertanto, esso non impone alle imprese alcun obbligo aggiuntivo.

4.   Osservazioni generali e specifiche

4.1   Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui un monitoraggio e una comunicazione precisi e completi delle emissioni e di altri dati sui cambiamenti climatici sono assolutamente essenziali per attuare efficacemente gli obblighi internazionali nel quadro della convenzione UNFCCC e per instaurare un clima di fiducia e sicurezza tra i paesi del mondo, i quali stanno tutti facendo la loro parte nell'affrontare i cambiamenti climatici.

4.2   Nell'Unione europea la Commissione, con il sostegno della Agenzia europea dell'ambiente (AEA), ha da tempo la responsabilità di raccogliere dagli Stati membri le informazioni relative al monitoraggio e di trasmetterle all'UNFCCC nel quadro della rassegna dell'UE sulle emissioni in Europa. Essa ha anche il compito di raccogliere le informazioni necessarie per monitorare il rispetto degli accordi intra-UE sulla condivisione degli oneri relativi ai requisiti in materia di cambiamenti climatici. È pertanto essenziale che la Commissione abbia i poteri per richiedere agli Stati membri le informazioni necessarie e per controllarne la precisione, tempestività e coerenza, nonché per adottare qualsiasi azione necessaria per imporre l'osservanza degli obblighi di comunicazione ove quest'ultima risulti insoddisfacente.

4.3   I vari requisiti in materia di comunicazione sono stati elaborati un po' per volta nel corso del tempo e contengono sovrapposizioni, lacune ed incoerenze. Di recente sono stati aggiunti nuovi requisiti nel pacchetto su clima ed energia, e si può prevedere che altri – come la comunicazione sulle emissioni delle navi – saranno probabilmente aggiunti tra breve. È particolarmente importante che vi siano un monitoraggio e una comunicazione precisi e tempestivi sui progressi nel raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del 20 % stabilito per l'anno 2020.

4.4   Il CESE è d'accordo con il punto di vista della Commissione secondo cui adesso è giunto il momento di riunire tutti i requisiti in unico nuovo regolamento. Ciò permetterà di estendere il campo di applicazione in alcuni settori importanti e, al tempo stesso, di semplificare il regime di conformità generale attraverso l'unificazione di tutti i requisiti in un unico sistema di monitoraggio e comunicazione che comprenda tutti i requisiti di monitoraggio e comunicazione attualmente in vigore o già annunciati.

4.5   Il CESE accoglie favorevolmente la costruzione dei sistemi di comunicazione (purché siano proporzionati e utili) attorno ai sistemi d'inventario nazionali ed europei (articoli 5 e 6), che consentiranno di valutare annualmente i progressi compiuti rispetto agli obiettivi generali per il 2020 e alle strategie nazionali di sviluppo a basse emissioni di carbonio stabilite all'articolo 4. Si tratta infatti del sistema migliore di raccolta proattiva di informazioni, teso a permettere il monitoraggio dei progressi e, ove necessario, a dare un nuovo impulso, in modo da assicurarsi di raggiungere un obiettivo cruciale di medio termine.

4.6   Il regolamento stabilisce un monitoraggio e una comunicazione completi delle emissioni di GES e dei «pozzi» in rapporto a tutti i settori all'interno dell'Unione europea, e ciò rappresenta chiaramente un elemento essenziale per ottenere una valutazione precisa dell'impatto globale dell'Europa sui livelli di emissione a livello mondiale. Il CESE appoggia la proposta di estendere il campo di applicazione alle emissioni dei trasporti marittimi (articolo 10) nonché a ogni eventuale altro tipo di emissione non ancora soggetto ai requisiti di monitoraggio e comunicazione. Come già indicato (5), il CESE è preoccupato per la proposta, avanzata nel considerando 10, di escludere certi voli dalla comunicazione delle emissioni del trasporto aereo, perché una scappatoia di questo tipo può talvolta dare adito ad abusi, e ritiene che tale disposizione debba essere regolarmente ed effettivamente soggetta a verifica.

4.7   Oltre a monitorare le emissioni di GES, è importante monitorare e comunicare anche la portata delle misure e degli investimenti decisi per ridurre o limitare le emissioni e il loro impatto, nonché gli sforzi e gli investimenti realizzati per adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici già in atto. Sono necessarie informazioni sugli sforzi e sugli investimenti sia del settore pubblico che di quello privato, e il CESE sostiene pienamente le proposte avanzate in relazione a questi aspetti negli articoli da 13 a 16 del regolamento. L'articolo 16 è tuttavia alquanto impreciso riguardo alle informazioni da fornire in merito alle misure di adattamento e, secondo il CESE, deve essere sviluppato ulteriormente. Occorre tener conto del dovuto beneficio proporzionale e bisogna evitare la duplicazione degli sforzi.

4.8   Il CESE ritiene che andrebbero compiuti degli sforzi anche per monitorare e comunicare l'impronta di carbonio dell'Unione, oppure il suo impatto su altre parti del mondo attraverso il commercio con paesi terzi e gli investimenti in tali paesi. L'articolo 17 disciplina la comunicazione sull'assistenza allo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, ma non tratta degli impatti del commercio o dei flussi finanziari privati. Il CESE è consapevole che le emissioni di altri paesi (sia sviluppati che in via di sviluppo) devono, in base all'UNFCC, essere conteggiate da quegli stessi paesi, e che, come stabilito negli accordi del 2010 e del 2011, le parti del mondo sviluppate - compresa l'UE - sosterranno gli sforzi tesi a migliorare i sistemi d'inventario e monitoraggio nei paesi in via di sviluppo. Si tratta di uno sviluppo utile, ma che di per sé non toccherà il nocciolo delle questioni relative all'impronta di carbonio dell'UE nel resto del mondo. Il CESE esorta pertanto la Commissione ad approfondire questi aspetti.

4.9   Il CESE invita inoltre la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi quanto più possibile affinché, nel sostegno finanziario e tecnologico da comunicare, sia incluso anche quello fornito in aggiunta all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS). In questo modo, infatti, si otterrà un quadro più completo della portata e dimensione dell'aiuto fornito ai paesi in via di sviluppo dall'UE nel suo insieme, migliorando così la definizione delle politiche e agevolando la prioritarizzazione degli interventi attuativi.

4.10   La precisione e la coerenza delle informazioni da comunicare sono particolarmente importanti in questo settore, in quanto per il mondo è di cruciale importanza affrontare efficacemente i cambiamenti climatici e assicurarsi che ogni paese faccia la sua parte. Anche la tempestività è cruciale, in modo che qualsiasi scostamento da piani e impegni possa essere prontamente individuato e un'azione correttiva adottata in modo immediato. Il CESE sostiene una disciplina più severa e procedure di riesame per gli aspetti considerati nel nuovo regolamento.

4.11   La maggior parte degli articoli del regolamento impone l'obbligo per gli Stati membri di fornire specifici tipi d'informazione alla Commissione. Il CESE desume che esistano stretti rapporti di lavoro tra la Commissione, gli Stati membri e l'Agenzia europea dell'ambiente, e che la maggior parte dei requisiti sia stata definita con spirito di collaborazione e in modo consensuale tra la Commissione, gli Stati membri e l'Agenzia europea dell'ambiente, che ha la responsabilità di gran parte della raccolta dati e del controllo di qualità. Il CESE sostiene con forza questo approccio collaborativo, che ritiene abbia le maggiori probabilità di garantire il miglior flusso di informazioni tempestive e precise e di eliminare le difficoltà.

4.12   Il CESE rileva che si potrebbero ripresentare casi in cui alcuni dati o rapporti non siano messi a disposizione dai singoli Stati membri al momento opportuno. Il CESE è favorevole alle disposizioni che consentono, in questi casi, di effettuare una stima delle informazioni mancanti (articolo 9) e che permettono alla Commissione di avviare procedimenti d'infrazione in caso di persistente o deliberata mancanza di conformità.

4.13   Il CESE accoglie favorevolmente l'esplicito riconoscimento del ruolo dell'AEA all'articolo 25 e l'assicurazione della Commissione che essa intende continuare a sviluppare un regolare sforzo di monitoraggio facendo leva sulle eccellenti reti professionali e collaborative che l'AEA ha creato in tutta l'Europa. L'AEA possiede le capacità professionali e le reti per il compito affidatole, e le sue relazioni indipendenti su dati e tendenze relativi all'ambiente godono di grande reputazione e credibilità nel mondo. Il CESE ritiene che l'AEA dovrebbe avere un ruolo guida nell'attuazione del regolamento proposto, e che più essa sarà impiegata quale veicolo per pubblicare o convalidare le informazioni raccolte, maggiori saranno l'indipendenza, l'autorità e la credibilità attribuite al regolamento.

4.14   L'AEA è inoltre nella posizione migliore per estendere informalmente gli stessi metodi di monitoraggio e comunicazione, oppure metodi simili, ad alcuni paesi terzi situati nelle immediate vicinanze dell'UE che già collaborano regolarmente con l'AEA con evidenti vantaggi. In ultima analisi, l'obiettivo dovrebbe essere quello di stabilire in Europa un regime di monitoraggio che possa essere generalmente riconosciuto come un modello o uno standard di buona pratica in tutto il mondo.

4.15   Rafforzamento delle capacità. Un sistema di monitoraggio e comunicazione di successo in Europa dipende dalla presenza di équipe e di reti qualificate e professionali in ogni Stato membro, per raccogliere dati di prima qualità in modo preciso, obiettivo e tempestivo. Il CESE accoglie favorevolmente l'intenzione della Commissione e dell'AEA di contribuire a sostenere e a mantenere la capacità degli Stati membri in questo campo attraverso la formazione di reti collaborative, attività inter pares e il sostegno a una formazione adeguata. Potrebbe risultare utile assegnare uno specifico finanziamento di bilancio a questi compiti.

4.16   Il CESE si compiace di notare che, secondo la Commissione, il regolamento dovrebbe garantire un notevole miglioramento - in termini di ampiezza e qualità delle informazioni relative al settore disciplinato - a fronte di un modesto costo totale supplementare, grazie ai risparmi compensativi che saranno generati attraverso la razionalizzazione dei requisiti. Vista la cruciale importanza del tema dei cambiamenti climatici per l'Europa e per il mondo, è evidentemente essenziale che il monitoraggio e la comunicazione siano effettuati in modo esaustivo e affidabile come prescritto nel regolamento. Tuttavia, in un momento come quello attuale, è altrettanto importante limitare il più possibile eventuali oneri aggiuntivi. Il CESE rileva quindi con soddisfazione che il regolamento non dovrebbe imporre alcun onere addizionale alle imprese.

4.17   A livello generale, il CESE raccomanda che i dati specifici per paese (cfr. articolo 2) siano condivisi con le DG competenti della Commissione e con le unità competenti del Servizio europeo per l'azione esterna. Ciò incoraggerà un uso più ampio di informazioni preziose da parte di chi fissa le priorità settoriali e di altro tipo nelle pertinenti DG/unità di pianificazione.

4.18   Oltre a fornire dati aggregati per il monitoraggio nazionale e internazionale dei progressi realizzati in rapporto agli impegni in materia di clima, è estremamente importante continuare a sviluppare dati disaggregati in modo che il contributo recato da persone e organizzazioni di ogni tipo alla lotta contro il cambiamento climatico e alla soluzione dei problemi che esso pone possa essere valutato e monitorato sia dalle persone e organizzazioni stesse che da altri soggetti. Sarebbe molto importante assicurarsi che ciascuno dei sistemi di misurazione e monitoraggio instaurati a livello locale o individuale sia in linea con quelli nazionali e internazionali, in modo che i dati possano essere rapidamente aggregati e disaggregati e il contributo delle diverse politiche e azioni di attori differenti essere comparato e valutato. Sebbene ciò non rappresenti lo scopo immediato del regolamento proposto, bisognerebbe tenere pienamente conto di questo requisito nello sviluppo dei sistemi nazionali ed europei di monitoraggio, in modo da poter sviluppare un sistema di monitoraggio pienamente coerente a tutti i livelli.

4.19   Inoltre il CESE propone che questa significativa attività di raccolta e monitoraggio dei dati offra l'opportunità di coinvolgere il cittadino attraverso materiale informativo e didattico e concreti programmi di azione. Bisognerebbe cogliere ogni opportunità per sensibilizzare i cittadini europei riguardo alla politica in materia di cambiamenti climatici nonché spiegarne e monitorarne l'impatto sociale, e il CESE continuerà a svolgere un ruolo attivo in questo campo.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Decisione 93/389/CEE del Consiglio del 24 giugno 1993.

(2)  Decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004.

(3)  COM(2011) 112 final.

(4)  COM(2011) 885/2.

(5)  GU C 175 del 27.7.2007, pag. 47.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/173


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Pacchetto aeroporti» contenente i seguenti quattro documenti:

«comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “La politica aeroportuale nell’Unione europea: assicurare capacità e qualità atte a promuovere la crescita, la connettività e la mobilità sostenibile”»

COM(2011) 823 definitivo,

«proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti dell’Unione e che abroga la direttiva 96/67/CE del Consiglio»

COM(2011) 824 definitivo — 2011/0397 (COD),

«proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea (Rifusione)»

COM(2011) 827 definitivo — 2011/0391 (COD),

«proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l’introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell’Unione, nell’ambito di un approccio equilibrato e che abroga la direttiva 2002/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio»

COM(2011) 828 definitivo — 2011/0398 (COD)

(2012/C 181/31)

Relatore: McDONOGH

La Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 1o, 13, 15 dicembre 2011 e 20 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 100, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Pacchetto aeroporti contenente i seguenti quattro documenti:

 

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - La politica aeroportuale nell'unione europea: assicurare capacità e qualità atte a promuovere la crescita, la connettività e la mobilità sostenibile

COM(2011) 823 final

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti dell'Unione e che abroga la direttiva 96/67/CE del Consiglio

COM(2011) 824 final — 2011/0397 (COD)

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell'Unione europea (Rifusione)

COM(2011) 827 final — 2011/0391 (COD)

 

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell'Unione, nell'ambito di un approccio equilibrato e che abroga la direttiva 2002/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

COM(2011) 828 final — 2011/0398 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 169 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il sistema di sicurezza aeroportuale unico («one stop») proposto dalla Commissione europea dovrebbe essere attuato (in merito si veda il parere del CESE sulla sicurezza dell'aviazione per i passeggeri (1)).

1.2   Riguardo alle bande orarie, bisognerebbe valutare la natura della concorrenza tra compagnie aeree o alleanze di compagnie aeree, onde impedire qualsiasi situazione di concorrenza sleale.

1.3   I diritti di prenotazione online, come quelli legati alla sicurezza, dovrebbero essere trasparenti, come chiesto dal CESE nel parere sui diritti dei passeggeri del trasporto aereo (2). Nel caso in cui un passeggero non effettui il viaggio, la sua perdita pecuniaria dovrebbe essere ridotta al minimo e i componenti del costo del biglietto che la compagnia aerea non è a sua volta tenuta a pagare dovrebbero essergli rimborsati.

1.4   Le autorità nazionali competenti dovrebbero consentire agli aeroporti di gestire la domanda in modo più flessibile, modulando l'importo dei diritti aeroportuali in funzione della stessa, cosicché ad esempio alle fasce orarie di maggior traffico corrispondano importi più elevati e viceversa.

1.5   È necessario definire con maggiore chiarezza i diritti dei passeggeri e far osservare in maniera uniforme le norme relative ai bagagli a mano, rispettando il diritto dei passeggeri a effettuare acquisti prima dell'imbarco.

1.6   È molto importante che il sistema unico europeo di gestione del traffico aereo - che, per motivi di efficienza, dovrebbe includere anche l'Ucraina e la Turchia - venga introdotto quanto prima. Ciò contribuirà a ridurre i costi e ad accrescere l'efficienza superando i confini nazionali. Oltre a consentire un notevole risparmio in termini di costi, il nuovo sistema permetterà anche di ridurre i tempi di volo tra un aeroporto e l'altro, con la conseguenza, sia pure indiretta, di una maggiore pressione sulla capacità degli aeroporti.

1.7   La sicurezza degli aeroporti sta diventando più sofisticata e più dispendiosa, ma non necessariamente più efficiente. Bisognerebbe pertanto valutare l'efficacia delle misure di sicurezza negli aeroporti, dal momento che esse sono pagate dai viaggiatori. Nel 2009 (l'ultimo anno per il quale disponiamo di dati al riguardo) il costo della sicurezza ammontava al 29 % dei costi operativi aeroportuali.

1.8   I ricavi di negozi e ristoranti degli aeroporti sono ampiamente utilizzati per sovvenzionare le operazioni aeroportuali delle compagnie aeree, come i diritti per l'uso delle piste, i diritti di parcheggio ecc. Gli aeroporti dovrebbero continuare ad essere incentivati a massimizzare tali introiti e a modulare l'offerta al dettaglio in funzione delle esigenze specifiche dei rispettivi viaggiatori: questo modello, infatti, assicura che l'importo dei diritti richiesti alle compagnie aeree rimanga competitivo, consentendo di mantenere e ampliare l'offerta di servizi che, in ultima analisi, vanno a beneficio dei passeggeri.

1.9   Le compagnie aeree dovrebbero essere tenute a effettuare l'interlining di tutti i bagagli a prezzi ragionevoli, a prescindere dal vettore. Così facendo, le operazioni dei passeggeri in transito dovrebbero risultare più veloci e agevoli.

1.10   In tutti gli aeroporti principali dovrebbero essere pubblicati i risultati dei monitoraggi dei livelli di rumore e di inquinamento.

1.11   Il regolamento riveduto dell'UE in materia di servizi di assistenza a terra deve prevedere misure atte a garantire la sicurezza e la qualità di tali servizi, nell'interesse di tutti gli utenti dell'aeroporto, compresi i passeggeri e in particolare quelli con esigenze specifiche, come i bambini, gli anziani, le persone a mobilità ridotta e le persone disabili.

1.12   L'ingresso di ulteriori prestatori di servizi dovrebbe essere autorizzato soltanto se si esclude che ciò comporti un abbassamento della qualità e sono entrate in vigore norme vincolanti che impediscano il dumping salariale, garantiscano, in caso di cambiamento del prestatore di servizi, il trasferimento - a pari condizioni - dei dipendenti dell'impresa uscente, e richiedano il possesso, da parte del personale, di qualificazioni appropriate, anche in relazione alle verifiche di sicurezza.

1.13   Nell'interesse delle compagnie aeree, delle imprese di gestione aeroportuale e delle imprese di servizi di assistenza a terra, è necessario garantire che questi ultimi siano forniti a prezzi ragionevoli.

1.14   È necessario rafforzare le misure di sicurezza relative al contenuto dei bagagli consegnati onde evitarne il furto.

1.15   Il CESE accoglie con favore, in linea di principio, l'analisi della Commissione riguardo alla necessità di migliorare la capacità e la qualità negli aeroporti.

2.   Contesto - Pacchetto aeroporti

2.1   Il pacchetto in esame è costituito dai seguenti quattro documenti:

la comunicazione intitolata La politica aeroportuale nell'Unione europea - Assicurare capacità e qualità atte a promuovere la crescita, la connettività e la mobilità sostenibile;

tre proposte legislative riguardanti:

un regolamento relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell'UE,

un regolamento che prescrive norme e procedure per l'introduzione di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti dell'UE,

un regolamento relativo ai servizi di assistenza a terra negli aeroporti dell'UE.

Tutte le misure proposte sono molto importanti al fine di consentire agli aeroporti europei di restare al passo con l'incremento di traffico aereo nell'UE previsto per i prossimi dieci anni.

2.2   Nell'ambito dell'aviazione europea sono stati realizzati numerosi progressi che renderanno più veloci i viaggi aerei e inoltre contribuiranno a ridurre i costi.

2.3   Il programma SESAR (in merito al quale si rinvia al relativo parere del CESE (3)) avrà un effetto rivoluzionario in termini di efficienza e contribuirà a ridurre i tempi di percorrenza e i ritardi dei voli e, di conseguenza, i livelli di rumore e di inquinamento negli aeroporti. Tuttavia, ciò deve essere accompagnato da una maggiore efficienza a terra onde migliorare i tempi di rotazione.

2.4   La realizzazione del Cielo unico europeo comporterà inoltre un aumento dei volumi di traffico negli aeroporti. I decisori nazionali ed europei devono quindi attivarsi per consentire agli aeroporti di prepararsi a questo aumento con un'appropriata pianificazione.

2.5   Il sistema Galileo, una volta pienamente operativo, contribuirà indubbiamente a migliorare e velocizzare la navigazione aerea.

2.6   Al fine di ridurre le emissioni, a partire dal 1o gennaio 2012 le compagnie aeree saranno considerate responsabili di tutte le emissioni prodotte dai loro aeromobili durante i viaggi con decollo o atterraggio in un paese dell'UE, e ciò dovrebbe indurle gradualmente a non utilizzare più gli aerei più vetusti e inquinanti.

3.   Bande orarie

3.1   Il piano di azione 2007 ha rilevato un crescente divario tra capacità e domanda in una serie di aeroporti molto trafficati dell'UE. La congestione in questi aeroporti rimarrà fonte di preoccupazione. Le bande orarie dovrebbero essere assegnate alle compagnie aeree che ne fanno buon uso e ne hanno effettivamente bisogno, specie in un contesto di aumento del traffico aereo.

3.2   L'Europa, tuttavia, non sarà in condizione di soddisfare gran parte di questa domanda, a causa della carenza di capacità aeroportuale. Nonostante la crisi economica mondiale e una previsione di aumento del 40 % nella capacità aeroportuale tra il 2007 e il 2030 (tenendo conto anche dei nuovi aeroporti, delle nuove piste e delle nuove infrastrutture in volo e a terra), circa 2 milioni di voli - pari al 10 % della domanda prevista - non saranno assorbiti a causa di carenze in termini di capacità.

3.3   In termini concreti, entro il 2030 non meno di 19 aeroporti europei saranno operativi a piena capacità per otto ore al giorno, ogni giorno dell'anno (mentre nel 2007 solo 5 aeroporti erano operativi, a piena capacità o quasi, per il 10 % del tempo). Ciò avrà un notevole impatto sull'intera rete del trasporto aereo poiché entro il 2030, a causa della congestione di tali aeroporti, il 50 % di tutti i voli subirà ritardi alla partenza o all'arrivo.

3.4   Uno dei più grandi hub europei, Francoforte, dispone adesso di una nuova pista, ma fino al 2025 la domanda continuerà a superare la capacità giornaliera, e ciò anche negli aeroporti di Londra Heathrow, Londra Gatwick, Parigi Orly, Milano Linate e Düsseldorf. Se non si riuscirà a incrementarne la capacità oltre le 120 movimentazioni/ora attualmente in programma, la domanda supererà la capacità giornaliera anche nell'aeroporto di Parigi Charles de Gaulle. Inoltre, la domanda continuerà a superare la capacità per parte della giornata ad Amsterdam, Madrid, Monaco di Baviera, Roma Fiumicino e Vienna.

3.5   Questa sfida in termini di capacità deve essere affrontata nel contesto di un aumento della domanda e di uno spostamento del mercato mondiale dell'aviazione verso l'Estremo Oriente.

3.6   Negli aeroporti congestionati sarà di vitale importanza utilizzare in modo migliore la capacità esistente, grazie a una maggiore efficienza, in termini di impiego delle risorse, del sistema di assegnazione delle bande orarie. Il modo in cui la Commissione tratta i «diritti quesiti» in materia di bande orarie dovrà essere ripensato: molte di esse, infatti, sono state assegnate anche 50 anni fa, e da allora il settore dell'aviazione ha attraversato molti cambiamenti - alcune compagnie aeree hanno persino cessato l'attività.

3.7   Le autorità nazionali competenti dovrebbero consentire agli aeroporti di gestire la domanda in modo più flessibile, modulando l'importo dei diritti aeroportuali in funzione della stessa, cosicché ad esempio alle fasce orarie di maggior traffico (come quelle mattutine e serali) corrispondano importi più elevati e alle altre (come quelle mediopomeridiane) importi più bassi. Ciò al fine di equilibrare i flussi di traffico e incoraggiare i passeggeri a viaggiare al di fuori delle ore di punta.

3.8   L'analisi del funzionamento dell'attuale regolamento sulle bande orarie ha dimostrato che il sistema di assegnazione in vigore impedisce un uso ottimale della già scarsa capacità negli aeroporti molto trafficati.

3.9   La Commissione propone pertanto di modificare il regolamento in vigore per consentire l'introduzione nell'intera UE di meccanismi basati sul mercato, purché siano adottate misure intese a garantire la trasparenza o evitare distorsioni della concorrenza, anche grazie a una maggiore indipendenza dei coordinatori delle bande orarie. Ciò concorrerà a garantire che le bande orarie siano destinate ai vettori in grado di utilizzarle al meglio.

3.10   In base alle stime effettuate, rivedendo l'attuale sistema di assegnazione potranno essere accolti negli aeroporti europei fino a 24 milioni di passeggeri in più all'anno, dando luogo a vantaggi economici per oltre 5 miliardi di euro e creando fino a 62 000 posti di lavoro entro il 2025 grazie a un sistema di allocazione delle risorse più efficiente.

3.11   Il CESE osserva che questo forte aumento del numero dei passeggeri negli aeroporti - il quale, secondo la Commissione, si verificherà in conseguenza delle modifiche proposte in materia di assegnazione delle bande orarie - riguarda, evidentemente, in primo luogo il volume e la redditività economica. Poiché il numero di bande orarie non per questo aumenterà, la proposta di ampliare il loro mercato favorirà soprattutto gli aeromobili grandi e ad alta capacità e le rotte più trafficate, che consentiranno di sostenere i maggiori costi. Il CESE ritiene che questa tendenza non apporterà alcun beneficio alle compagnie aeree regionali in Europa, che svolgono un ruolo importante per la politica di coesione all'interno dell'UE e per gli effetti di rete generali nell'ambito dell'aviazione. Probabilmente saranno le compagnie aeree economicamente più solide a trarne maggiori vantaggi, e un buon numero di tali compagnie ha sede al di fuori dell'Europa. Il CESE invita pertanto la Commissione ad analizzare in maniera più approfondita questi effetti, nonché a valutare l'eventuale necessità di adottare contromisure prima di apportare qualsivoglia modifica.

3.12   L'acquisizione di compagnie aeree che detengono bande orarie di particolare valore a Heathrow e in altri aeroporti, nonché la natura della concorrenza esistente tra compagnie aeree o loro alleanze, dovrebbero essere valutate attentamente onde impedire situazioni di concorrenza ridotta o sleale;

3.13   Le difficoltà nell'assegnazione delle bande orarie - con i problemi di distorsione del mercato che possono derivarne e i rischi che talune compagnie aeree occupino una posizione dominante e talune regioni siano servite in modo insufficiente - sono, come si è detto, soprattutto conseguenza di una capacità aeroportuale inadeguata. Se è vero che, entro certi limiti, questi problemi possono oggi essere ancora gestiti, a lungo termine l'unica soluzione praticabile consiste nel porre rimedio all'insufficiente capacità degli aeroporti.

4.   Riduzione del rumore/Restrizioni

4.1   La Commissione europea ha proposto di modificare la normativa in materia di restrizioni operative ai fini del contenimento del rumore negli aeroporti, con l'obiettivo di assicurare un uso coerente ed appropriato del c.d. «approccio equilibrato» adottato dall'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO), che consiste nel conciliare la necessità di gestire il rumore all'interno e in prossimità degli aeroporti con le esigenze dei passeggeri. L'obiettivo finale delle modifiche normative proposte è massimizzare l'efficienza e la sostenibilità della capacità delle piste degli aeroporti europei: un obiettivo che tutti i decisori UE dovranno tener presente nell'esaminare tali proposte.

4.2   L'obiettivo di contenere il rumore può essere raggiunto in più modi, e un primo modo consiste nell'eliminare gli aeromobili obsoleti, inefficienti in termini di consumo di carburante (cfr. il parere del CESE sul tema Riduzione delle emissioni di CO2 degli aeroporti tramite una nuova gestione aeroportuale (4)). Bisognerebbe incoraggiare un più ampio ricorso all'energia solare per il condizionamento e il riscaldamento degli aeroporti, come già avviene negli scali di Madrid e Atene.

4.3   Un'altra strategia di cruciale importanza per ridurre il rumore generato dal traffico aereo e allo stesso tempo i costi del carburante e le emissioni consiste nel portare avanti l'attuazione del programma Cielo unico europeo, e in particolare del programma SESAR, al fine di eliminare inutili attese per una banda oraria di decollo o di atterraggio.

4.4   La Commissione sta quindi proponendo una serie di modifiche alle norme vigenti in materia di restrizioni operative relative al rumore, per consentire alle autorità di indurre più facilmente la graduale eliminazione degli aeromobili più rumorosi dagli aeroporti. Si tratta di un passo importante per realizzare l'obiettivo della Commissione di utilizzare l'attuale capacità delle piste nel modo più efficiente possibile.

4.5   Nella lotta all'inquinamento acustico, la sicurezza delle operazioni deve assumere un'importanza fondamentale. Il rumore in prossimità degli aeroporti potrebbe richiedere l'adozione di misure correttive a livello locale e un dialogo attivo con i residenti, mentre l'impatto di svariate restrizioni - ad esempio negli orari di apertura - sulla capacità di singoli aeroporti può ripercuotersi in misura considerevole sull'intero sistema del trasporto aereo.

4.6   Il rumore impone di limitare gli orari di servizio di molti aeroporti, e ovviamente esercita un impatto negativo sulla capacità di questi ultimi, costringendo a deviazioni in condizioni atmosferiche avverse. Le piste di decollo e di atterraggio disponibili dovrebbero essere utilizzate in maniera efficiente. Occorre tenere nella dovuta considerazione le esigenze di chi vive nelle immediate vicinanze dell'aeroporto.

4.7   I risultati dei monitoraggi dei livelli di rumore e di inquinamento dovrebbero essere pubblicati in tutti i principali aeroporti, in particolare al fine di rassicurare chi vive in prossimità degli aeroporti sul fatto di non essere sottoposto a livelli di rumore e inquinamento eccessivi. Coloro che vivono in prossimità di aeroporti dovrebbero avere a loro disposizione tutte le fonti d'informazione necessarie (in merito al rumore, alla qualità dell'aria, ecc.) per poter esprimere un parere circa eventuali progetti di modifica. Il CESE suggerisce anzi di creare, ovunque non siano già presenti, dei comitati locali d'informazione.

4.8   Le nuove norme devono consentire agli attori locali di dare il loro contributo alle soluzioni da adottare per i problemi relativi al rumore. Il CESE invita la Commissione a valutare la coerenza di dette norme con gli obiettivi della direttiva sulla qualità dell'aria (5).

5.   Assistenza a terra

5.1   Allineare la capacità a terra e in volo è di capitale importanza.

5.2   Il processo di creazione di un quadro normativo per il Cielo unico europeo (in seguito «CUE») continua dal 2007 a ritmo sostenuto. Nel 2009 è stato approvato un secondo pacchetto legislativo, con l'obiettivo di garantire che il Cielo unico sia effettivo a partire dal 2012. Oggi il quadro è quasi completo. Gli aeroporti, che insieme alla gestione del traffico aereo costituiscono l'infrastruttura dell'aviazione civile, sono uno dei pilastri di questa architettura. Gli aeroporti sono infatti essenziali per la rete e, se manca la capacità a terra, l'insieme del progetto CUE è destinato a subire ripercussioni negative.

5.3   Dal 2012 al 2014 solo i servizi di navigazione aerea «di rotta» saranno soggetti a obiettivi di prestazione (performance), mentre la performance dei servizi di navigazione aerea «terminali» (ossia nelle e presso le aerostazioni) sarà monitorata a partire dal 2012. Ritardi sono causati anche dalle compagnie aeree o dai rispettivi prestatori di servizi di assistenza a terra (tecnici, di imbarco, ecc.), dagli aeroporti (attrezzature, ecc.) o da altre parti coinvolte nel processo di rotazione.

5.4   Alla luce di queste considerazioni, la Commissione reputa che la logica del sistema basato sulla performance dovrebbe essere estesa agli aeroporti nel loro complesso, in base a un approccio effettivamente «gate-to-gate» e con l'obiettivo di ottimizzare e integrare tutte le fasi del volo, da aeroporto a aeroporto. Il miglioramento della performance non dovrebbe riguardare solo la torre di controllo, ma avere luogo anche a terra: l'assistenza a terra è infatti indispensabile se si vuole aumentare la capacità aeroportuale senza ricorrere a cospicui investimenti di capitale.

5.5   Anche gli aeroporti partecipano alla dimensione tecnologica del CUE, ossia al programma SESAR, il quale ha il potenziale per ampliare la capacità degli aeroporti, contribuendo così a soddisfare la domanda aggiuntiva e a ridurre il numero dei voli in ritardo o cancellati.

6.   Migliorare i servizi di assistenza a terra

6.1   Benché i servizi di assistenza a terra non siano sempre visibili, l'esperienza dei passeggeri, sia in aeroporto che in volo, dipende dalla qualità di tali servizi. Sia che questi assicurino l'adeguata accoglienza dei passeggeri, la movimentazione dei bagagli, delle merci e della posta, la corretta preparazione dell'aeromobile (ad esempio la pulizia della cabina) o le funzioni fondamentali per la sicurezza del volo (ad esempio lo sghiacciamento del velivolo), l'effettuazione di voli comodi, affidabili, sicuri e con un buon rapporto qualità/prezzo non può prescindere dalla prestazione di tali servizi.

La direttiva originaria del 1996 sui servizi di assistenza a terra, che mirava principalmente ad aprire l'accesso al mercato di tali servizi, ha contribuito alla formazione di mercati sempre più dinamici in questo settore. Tuttavia, il livello di concorrenza nell'ambito dei servizi riservati (o «limitati») e i regimi di accesso variano ancora notevolmente da uno Stato membro all'altro.

6.2   La normativa sui servizi di assistenza a terra deve garantire la sicurezza e l'efficienza di tali servizi, nell'interesse di tutti gli utenti dell'aeroporto. Tali servizi dovrebbero tener conto anche degli aspetti ambientali.

6.3   La gestione delle attrezzature per la mobilità, dell'equipaggiamento medico e di altri tipi di dispositivi essenziali per i passeggeri disabili deve avvenire secondo i migliori standard qualitativi possibili. Il danneggiamento di tali attrezzature può essere dannoso per i passeggeri disabili, comportando rischi medici e gravi limitazioni della mobilità. Tra le possibili misure da adottare al riguardo, si devono considerare anche una formazione specifica del personale di terra, deroghe alle regole generali in materia di gestione dei bagagli e indennizzi sufficienti in caso di danneggiamento delle predette attrezzature.

6.4   È inoltre necessario, nell'interesse delle compagnie aeree, delle imprese di gestione aeroportuale e delle stesse imprese che forniscono i servizi a terra, che i prezzi di questi ultimi siano ragionevoli.

6.5   Esso condivide il punto di vista espresso dalla Commissione nella proposta di regolamento sui servizi di assistenza a terra negli aeroporti, secondo cui la situazione del mercato di tali servizi è insoddisfacente e il quadro normativo del 1996 non è più adeguato. I servizi di assistenza a terra non sono abbastanza efficienti. A causa della mancanza di criteri che regolino l'accesso al mercato per effetto della direttiva 96/67/CE, permangono differenze sostanziali in termini di qualità tra i diversi aeroporti dell'UE. Il CESE sostiene l'obiettivo di migliorare la capacità e la qualità in questo mercato, sulla base della concorrenza, di un processo decisionale pubblico indipendente e di procedure armonizzate.

In un settore ad alta intensità di lavoro come quello dei servizi di assistenza a terra, occorre prendere in considerazione importanti questioni sociali. Il sistema delle gare d'appalto incide sulle condizioni di lavoro del personale e favorisce il ricambio dello stesso. I criteri adottati nelle procedure di autorizzazione e aggiudicazione devono garantire che il personale mantenuto e assunto abbia la qualificazione necessaria e che la concorrenza non sia realizzata al prezzo di una costante riduzione dei salari. La prestazione di servizi di qualità a prezzi ragionevoli deve costituire il criterio principale per l'aggiudicazione degli appalti. La proposta della Commissione deve essere migliorata per quanto concerne i criteri di aggiudicazione.

6.6   L'ingresso di ulteriori prestatori di servizi dovrebbe essere autorizzato soltanto se si esclude che ciò comporti un abbassamento della qualità e sono entrate in vigore norme vincolanti che impediscano il dumping salariale, garantiscano, in caso di cambiamento del prestatore di servizi, il trasferimento - a pari condizioni - dei dipendenti dell'impresa uscente, e richiedano il possesso, da parte del personale, di qualificazioni appropriate, anche in relazione alle verifiche di sicurezza.

6.7   Eventi di grande rilievo che hanno comportato sospensioni critiche dei voli, come le ceneri sprigionate nell'atmosfera da eruzioni vulcaniche e le pesanti nevicate che hanno perturbato il funzionamento dei principali hub aeroportuali, hanno reso evidente l'esigenza di un maggiore coordinamento delle operazioni a terra per gli aeroporti europei e la rete nel suo complesso, nonché di un rafforzamento dei diritti dei passeggeri.

6.8   Il CESE accoglie con favore la volontà di uniformare la qualità dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti dell'UE. Questa riforma dovrebbe anche obbligare le compagnie aeree ad effettuare l'interlining di tutti i bagagli a tariffe ragionevoli, a prescindere dal vettore. Così facendo, le operazioni dei passeggeri in transito dovrebbero risultare più veloci e agevoli. È inoltre necessario rafforzare le misure di sicurezza destinate al contenuto dei bagagli consegnati onde evitarne il furto. E, se si vuole che questi nuovi sistemi vengano attuati con successo, occorre anche adottare misure che assicurino l'effettiva applicazione degli standard di qualità.

6.9   La parità di accesso, a un prezzo equo, delle compagnie aeree alle infrastrutture aeroportuali concorre in misura rilevante all'efficienza complessiva del sistema dell'aviazione. L'avvento della concorrenza tra aeroporti ha recato un grande contributo in tal senso, e un altro passo importante è stato compiuto dall'UE nel 2009 con l'adozione della direttiva sui diritti aeroportuali, che ha stabilito norme minime comuni per determinare i diritti dovuti dalle compagnie aeree per l'uso dell'infrastruttura aeroportuale necessaria all'effettuazione dei voli.

6.10   Negli aeroporti con più di 5 milioni di passeggeri all'anno dovrebbe essere consentita l'operabilità di tre fornitori di servizi di assistenza a terra, una volta che le misure in materia di sicurezza, qualità e trattamento sociale dei lavoratori, proposte dal Comitato nel presente parere, saranno state introdotte e avranno esplicato i loro effetti. Le compagnie aeree dovrebbero avere il diritto di organizzare la loro «autoassistenza a terra», ma sempre nel rispetto degli standard di qualità e sicurezza.

7.   Efficienza degli aeroporti e delle operazioni su pista

7.1   L'efficienza degli aeroporti e delle operazioni su pista dipende, in buona parte, dalle operazioni di assistenza a terra.

7.2   Gli aeroporti costituiscono un'interfaccia fondamentale tra passeggeri e compagnie aeree, e la qualità del servizio offerto negli aeroporti costituisce un fattore cruciale per l'esperienza dei passeggeri e delle compagnie aeree. I ricavi di negozi e ristoranti degli aeroporti sono ampiamente utilizzati per sovvenzionare le operazioni aeroportuali delle compagnie aeree, come i diritti per l'uso delle piste, i diritti di parcheggio ecc. Nel 2009 gli introiti derivanti da tali diritti hanno coperto solo il 29 % dei costi operativi aeroportuali (senza contare i costi di capitale). Questo modello assicura che l'importo dei diritti richiesti alle compagnie aeree rimanga competitivo, consentendo di mantenere e ampliare l'offerta di servizi che, in ultima analisi, vanno a beneficio dei passeggeri. Gli aeroporti dovrebbero continuare ad essere incentivati a massimizzare i loro introiti e a modulare l'offerta al dettaglio in funzione delle esigenze specifiche dei rispettivi viaggiatori.

7.3   Promuovere l'accessibilità e l'efficienza degli aeroporti attraverso i collegamenti ferroviari costituisce un requisito chiave per l'efficienza dell'aeroporto. Mentre gli aeroporti di piccole dimensioni possono razionalizzare l'accesso alle loro strutture attraverso una rete ben organizzata di servizi-navetta, per gli aeroporti di maggiori dimensioni, o nelle cui vicinanze esistono già delle linee ferroviarie, la ferrovia rappresenta una soluzione aggiuntiva e sostenibile. Laddove ciò risulti pratico, inoltre, dovrebbe essere offerto anche un servizio di trasporto su acqua, come negli aeroporti di Amsterdam e Nizza e in molti altri.

8.   Sicurezza

8.1   Occorre introdurre con urgenza in tutti gli aeroporti europei il sistema di sicurezza unico già approvato dalla Commissione (in merito si rinvia al parere del CESE sui diritti per le misure di sicurezza dell'aviazione (6)).

8.2   Il secondo obiettivo riguarda i diritti di sicurezza. Dal 2002 il diritto dell'UE ha imposto agli Stati membri e agli aeroporti requisiti di sicurezza più stringenti. Attualmente, il recupero dei costi per la sicurezza del trasporto aereo è disciplinato a livello nazionale.

8.3   I diritti di prenotazione online, come quelli legati alla sicurezza, dovrebbero essere trasparenti, come chiesto dal CESE nel parere sui diritti dei passeggeri del trasporto aereo (7). Nel caso in cui un passeggero non effettui il viaggio, la sua perdita pecuniaria dovrebbe essere ridotta al minimo e i componenti del costo del biglietto che la compagnia aerea non è a sua volta tenuta a pagare, come i diritti aeroportuali e le tasse governative, dovrebbero essergli rimborsati.

8.4   I controlli di sicurezza sono spesso percepiti come eccessivamente onerosi dai passeggeri, dal settore dell'aviazione e dagli aeroporti. È necessario garantire un equilibrio tra l'esigenza di migliorare la sicurezza e quella di agevolare i viaggi (in merito si veda il parere del CESE sull'impiego dei body scanner negli aeroporti dell'Unione europea (8)). Bisognerebbe fissare norme europee comuni per garantire che i controlli di sicurezza sui passeggeri che usano ausili alla mobilità o dispositivi medici siano trasparenti e accurati nonché rispettosi della dignità delle persone.

8.5   L'attuale divieto di trasportare liquidi e gel nel bagaglio a mano dovrà essere rimosso entro l'aprile del 2013: i passeggeri potranno portare a bordo degli aeromobili liquidi che siano stati sottoposti a controllo di sicurezza in aeroporti dell'UE. Nel complesso, i diritti dei passeggeri devono essere definiti in modo più chiaro e le norme sul bagaglio a mano essere applicate in modo uniforme, rispettando il diritto dei passeggeri a effettuare acquisti prima dell'imbarco.

8.6   La tecnologia di scansione è in rapida evoluzione e potrebbe agevolare le operazioni di sicurezza sia per i passeggeri che per gli aeroporti, ad esempio riducendo la necessità delle ispezioni manuali. Ciò non deve incidere sulla tutela dei diritti fondamentali dei passeggeri, in particolare per quanto attiene al rispetto della dignità personale (9).

8.7   Quest'anno il governo degli Stati Uniti estenderà ad altri 28 aeroporti il programma di snellimento mirato dei controlli di sicurezza (sulla base di un «controllo preventivo») già introdotto in 7 scali del paese. Il nuovo sistema consente ai viaggiatori frequenti e a quelli iscritti in un registro di «viaggiatori fidati» di evitare di togliersi le scarpe, la cintura e il soprabito durante i controlli di sicurezza. Bisognerebbe considerare la possibilità di introdurre un sistema analogo negli aeroporti europei.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 100 del 30.4.2009, pagg. 39-43.

(2)  GU C 24 del 28.1.2012, p. 125.

(3)  GU C 309 del 16.12.2006, pag. 133-134.

(4)  GU C 204 del 9.8.2008, pag. 39-42.

(5)  GU L 152 dell' 11.6.2008, pagg. 1-44.

(6)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 39-43.

(7)  GU C 24 del 28.01.2012, p. 125

(8)  GU C 107 del 6.4.2011, pag. 49-52.

(9)  Idem.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/179


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite

COM(2011) 814 definitivo — 2011/0392 (COD)

(2012/C 181/32)

Relatore: McDONOGH

Il Parlamento europeo, in data 15 dicembre 2011, e il Consiglio dell'Unione europea, in data 20 gennaio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 172 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite

COM(2011) 814 final — 2011/0392 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 167 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla realizzazione e al funzionamento dei sistemi europei di radionavigazione via satellite, presentata dalla Commissione. Il successo dei programmi del sistema globale europeo di navigazione via satellite (GNSS) riveste un'importanza vitale per la prosperità e la sicurezza future dell'Unione europea. Il CESE sostiene la proposta della Commissione di sostituire il regolamento (CE) n. 683/2008 con un nuovo regolamento per creare un modello di finanziamento e di gestione dei programmi Galileo ed EGNOS.

1.2   Il CESE sostiene con forza l'obiettivo del programma Galileo consistente nel creare il primo sistema globale di navigazione via satellite (GNSS) sotto controllo civile, completamente indipendente dagli altri sistemi esistenti, che dovrà fornire servizi di GNSS continuativi e comportare un vantaggio strategico per l'Europa. La navigazione satellitare è già un ausilio essenziale per i trasporti, le industrie e i cittadini d'Europa, e appare inaccettabile che siamo ancora così dipendenti dal sistema GPS americano e dal GLONASS russo per calcolare posizionamenti, navigazione e tempi. I servizi europei di GNSS devono essere forniti da un'infrastruttura europea, che non dipenda per un suo funzionamento affidabile dalle priorità militari degli USA, della Russia o della Cina.

1.3   Dato che il 6-7 % del PIL nell'UE a 27, ossia 800 miliardi di euro, dipende già dal sistema GPS americano (Sistema globale europeo di navigazione via satellite – A questo proposito si veda la Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento dell'attuazione dei programmi europei di radionavigazione via satellite (2014-2020) – SEC(2011) 1447 final, 30 novembre 2011), il CESE apprezza che il regolamento si concentri sull'interoperabilità fra Galileo e GPS. Il Comitato però crede che, al di là dell'interoperabilità, l'Europa dovrebbe portare avanti una politica risoluta per sostituire il GPS mediante tecnologie di Galileo e di EGNOS, in qualità di tecnologie di base per il GNSS in Europa.

1.4   Il CESE raccomanda che il programma di ricerca e innovazione dell'UE Orizzonte 2020 (programma UE di investimento nella ricerca e nell'innovazione per il periodo 2014-2020 che dispone di una dotazione di 80 miliardi di euro) promuova fortemente il potenziale d'innovazione del GNSS europeo. I sistemi di radionavigazione via satellite saranno particolarmente utili per l'innovazione tecnologica e possono apportare importanti benefici macroeconomici all'Unione.

1.5   Una corretta realizzazione e gestione dei programmi europei del GNSS (Galileo ed EGNOS) è fondamentale per realizzare l'obiettivo di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva formulato dalla strategia Europa 2020 (Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010) 2020 final)). Il CESE osserva che, in base all'analisi costi/benefici effettuata dalla Commissione (Valutazione d'impatto che accompagna la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento dell'attuazione dei programmi europei di radionavigazione via satellite (2014-2020) – SEC(2011) 1446 final), i programmi del GNSS secondo la proposta che attualmente li riguarda produrranno 68,63 miliardi di euro (116,88 miliardi di euro a prezzi costanti con una riduzione del 4 % annuo, in conformità degli orientamenti UE in materia di valutazioni d'impatto) di profitti netti per l'Unione nel periodo 2014-2034.

1.6   Il CESE sostiene gli obiettivi strategici del GNSS europeo e la proposta di regolamento sulla sua attuazione e il suo sfruttamento, ma esprime una certa preoccupazione sulla gestione dei programmi fin qui realizzata dall'Europa, che ha comportato notevoli ritardi, una lievitazione dei costi e perdite di profitti. C'è da augurarsi che la proposta di regolamento metta a disposizione il sostegno politico necessario, strutture di gestione adeguate e un quadro utile per realizzare il GNSS europeo come previsto, così da ottenere i vantaggi sperati.

1.7   Il CESE osserva che il 19,5 % dei profitti derivanti dal programma GNSS europeo proverrà dalla crescita del mercato a valle di applicazioni compatibili (Valutazione d'impatto che accompagna la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento dell'attuazione dei programmi europei di radionavigazione via satellite (2014-2020) – SEC(2011) 1446 final). In proposito, il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sul proprio parere del 16 febbraio 2011 in merito al piano d'azione relativo alle applicazioni del sistema globale di radionavigazione via satellite (GNSS) (1). In particolare, il CESE chiede un piano commerciale dettagliato per l'agenzia GNSS europea (GSA), in modo da far crescere questo mercato di fondamentale importanza.

1.8   A giudizio del CESE, i sistemi europei di radionavigazione via satellite hanno urgentemente bisogno di un'intensa azione di marketing e di leadership commerciale, sostenute da adeguati investimenti in programmi di commercializzazione. Ai fini del successo di EGNOS e di Galileo nel lungo periodo è essenziale il loro sviluppo commerciale; è inoltre indispensabile comunicare il valore del GNSS europeo al mercato e promuoverne l'utilizzo. Si tratta di una sfida vitale e complessa per la quale sinora si è fatto troppo poco.

1.9   Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione sottolinei la richiesta di una sana gestione finanziaria dei programmi, che si prevede costeranno 7,89 miliardi di euro a prezzi correnti durante il prossimo periodo inserito nel quadro finanziario, ossia il 2014-2020. Il Comitato apprezza che il regolamento specifichi che la Commissione deve gestire i fondi assegnati ai programmi e vigilare sull'attuazione di tutte le loro attività, comprese quelle delegate all'Agenzia GNSS europea (GSA) e all'Agenzia spaziale europea (ESA). Il CESE inoltre si compiace per i piani della Commissione volti a sviluppare un meccanismo di gestione del rischio, nonché strumenti gestionali atti a ridurre al minimo la probabilità che i costi dei programmi oltrepassino le soglie stabilite.

1.10   Tuttavia, il CESE prende anche nota dell'avvertimento della Commissione secondo cui gli investimenti nelle tecnologie di navigazione satellitare sono soggetti a grandi incertezze e a rischi che rendono difficile prevedere con esattezza i costi dei programmi. Pertanto, nonostante gli accordi di delega (in conformità del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 e, in particolare, dell'articolo 54), il Comitato raccomanda che la Commissione tenga riunioni mensili di gestione sia con la GSA che con l'ESA, per tenere sotto controllo i progressi dei programmi e risolvere rapidamente gli eventuali problemi. Inoltre, la Commissione dovrebbe ricevere relazioni e conti dettagliati relativi all'amministrazione fatta sia dalla GSA che dall'ESA, a cadenza almeno trimestrale.

1.11   Il CESE ricorda i propri precedenti pareri in merito al programma Galileo, al servizio EGNOS e alla strategia Europa 2020 (2).

2.   Contesto

2.1   Le tecnologie del sistema globale di radionavigazione via satellite (GNSS), con la loro capacità di fornire misurazioni accurate e altamente affidabili di posizione, velocità e tempi, sono fondamentali per migliorare l'efficienza di numerosi settori dell'economia e della vita quotidiana dei cittadini.

2.2   Fino a che Galileo non sarà pienamente operativo, l'Europa deve utilizzare i servizi di navigazione satellitare offerti dal sistema GPS americano o dal russo GLONASS per posizionamento, navigazione e tempi. La dipendenza europea dal sistema GPS rappresenta all'incirca il 6-7 % del PIL dell'UE a 27, ossia 800 miliardi di euro (SEC(2011) 1447 final, 30 novembre 2011), in una situazione in cui gli operatori militari di tali sistemi non possono dare garanzie sulla continuità del servizio.

2.3   Anche se l'indipendenza nella navigazione globale via satellite è il motivo principale del programma Galileo, l'interoperabilità con gli altri sistemi di navigazione satellitare presenti e futuri, in particolare il GPS statunitense, rappresenta un importante valore aggiunto.

2.4   Il programma Galileo è stato avviato con l'obiettivo di creare un sistema globale europeo di radionavigazione satellitare (GNSS) indipendente.

2.5   Il programma EGNOS è un sistema satellitare regionale che permette di rafforzare in Europa i segnali emessi dagli attuali sistemi di radionavigazione satellitare, quali ad esempio il GPS.

2.6   Galileo, il programma di navigazione satellitare europeo, è stato varato nel 2001. Inizialmente, il progetto si basava su un partenariato pubblico-privato con l'Impresa comune Galileo (GJU), che fungeva da piattaforma comune di gestione e finanziamento. Nel 2006, la GJU è stata sostituita dall'Agenzia GNSS europea (GSA) (in precedenza l'acronimo GSA significava European GNSS Supervisory Authority, ossia «Autorità di vigilanza del GNSS europeo»), incaricata di gestire gli aspetti di interesse pubblico dei programmi europei in materia di GNSS. L'Agenzia spaziale europea (ESA) era responsabile della gestione tecnica e dell'attuazione dei programmi del GNSS.

2.7   Il regolamento GNSS (3), adottato nel 2008, ha fatto dell'UE l'unico organismo politico col compito di guidare e finanziare pienamente la politica europea in materia di GNSS. Tale regolamento stabilisce i finanziamenti dell'UE per i programmi Galileo ed EGNOS nel periodo 2007-2013. Il bilancio previsto, di 3,4 miliardi di euro, è stato ripartito fra la restante fase di sviluppo di Galileo, la fase della sua applicazione e il funzionamento di EGNOS.

2.8   La proposta della Commissione relativa al prossimo quadro finanziario pluriennale per il bilancio dell'UE nel periodo 2014-2020 (Un bilancio per la strategia Europa 2020, COM(2011) 500 final del 29 giugno 2011) prevede di finanziare pienamente i programmi del GNSS mediante il bilancio unionale, con un tetto previsto di 7 miliardi a prezzi costanti del 2011.

2.9   L'attuazione dei programmi europei di navigazione satellitare è ostacolata da due problemi fondamentali:

1)

a causa della lievitazione dei costi e dei ritardi nella realizzazione del sistema, il GNSS da stabilire nel quadro del programma Galileo non sarà pienamente operativo nel 2013, diversamente da quanto si era pianificato;

2)

dal momento che il regolamento GNSS, adottato nel 2008, non definisce il quadro di finanziamento e di governance per i programmi Galileo ed EGNOS dopo il 2013, è necessaria una nuova base giuridica per garantire l'operatività, il mantenimento e la gestione dei sistemi nel lungo termine.

2.10   La proposta della Commissione affronta questi problemi introducendo un nuovo regolamento in sostituzione del regolamento (CE) n. 683/2008, dando vita alla struttura di finanziamento e gestione necessaria per la realizzazione e il funzionamento dei programmi Galileo ed EGNOS.

2.11   Per quanto riguarda le infrastrutture, l'analisi costi/benefici allegata alla proposta mostra che la soluzione ottimale è sviluppare la costellazione di 30 satelliti originariamente prevista, realizzando però un'infrastruttura terrestre più semplice. Questa soluzione consentirebbe al GNSS di fornire tutti i servizi programmati e tutti i vantaggi originariamente prefigurati, tranne che il «servizio per la sicurezza della vita umana» (Safety of Life Service – SoL – servizio di EGNOS che consente ai velivoli di effettuare avvicinamenti di precisione, rendendo più sicura la navigazione aerea. Esso inoltre aiuta a ridurre i ritardi, le deviazioni dalla rotta e le cancellazioni dei voli. Ancora, tale servizio consente di aumentare le capacità degli aeroporti e di tagliare i costi di funzionamento. Infine, contribuisce a ridurre le emissioni di CO2 del settore) sarebbe disponibile solo in interazione col GPS statunitense.

2.12   Il modo migliore di stabilire un quadro gestionale è aggiungere i compiti di gestione del programma nella fase di funzionamento alle attribuzioni attuali dell'Agenzia GNSS europea (GSA) in materia di sicurezza e a quelle connesse con il mercato. La Commissione rimarrà responsabile della gestione dei fondi assegnati ai programmi e della vigilanza sull'attuazione di tutte le loro attività, comprese quelle delegate all'Agenzia GNSS europea e all'Agenzia spaziale europea (ESA).

3.   Osservazioni generali

3.1   I programmi EGNOS e Galileo richiedono una guida chiara e un sostegno pieno e sicuro da parte dell'UE per rimediare al calo di fiducia che il fallimento del partenariato pubblico-privato Impresa comune Galileo ha determinato nel mercato. La dotazione di bilancio per il periodo 2014-2020 e la proposta di regolamento della Commissione rappresentano un buon inizio, ma da qui in poi sarà necessario dimostrare buone capacità gestionali e fornire un sostegno politico coerente ai programmi, al fine di rafforzare la fiducia del mercato.

3.2   L'Europa deve accelerare la diffusione e lo sviluppo di mercato del GNSS, specie in considerazione dei costi derivanti dai ritardi del sistema Galileo e della sempre più aspra concorrenza di Stati Uniti, Russia e Cina. La Cina sta convertendo il suo sistema militare di navigazione Beidou nel sistema globale denominato Compass, con il proposito di offrire su scala mondiale – e quindi anche in Europa – servizi concorrenziali per uso civile entro il 2020. Galileo ed EGNOS devono diventare quanto prima i sistemi di riferimento in Europa.

3.3   I sistemi europei di radionavigazione via satellite dovrebbero costituire una parte importante del programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020. La creazione di nuovi prodotti e servizi basati sul GNSS europeo non solo promuoverà la crescita intelligente, bensì favorirà anche lo sviluppo sostenibile contribuendo ad aumentare l'efficienza energetica e riducendo le conseguenze negative dello sviluppo economico sull'ambiente.

3.4   Nel rispetto delle norme globali sulla concorrenza, occorrerebbe forse individuare disposizioni normative dell'UE che favoriscano la scelta delle tecnologie di Galileo rispetto a tecnologie inferiori, specie per le applicazioni che richiedono fiducia nella continuità del servizio o livelli elevati di precisione e di integrità, o requisiti di sicurezza.

3.5   In considerazione dell'importanza dei chipset dei ricevitori (il termine «chipset» si riferisce a un gruppo di circuiti integrati, o chip, concepiti per funzionare insieme. In generale sono commercializzati come un unico prodotto. Di solito un chipset è progettato per operare con una determinata famiglia di microprocessori. Controllando la comunicazione tra il processore e i dispositivi esterni, svolge un ruolo essenziale ai fini delle prestazioni del sistema) ai fini della penetrazione nel mercato e della strategia di sviluppo delle applicazioni, è essenziale concepire chipset duali (GPS + Galileo) a basso costo per i ricevitori. I fondi per le attività di ricerca e sviluppo dovrebbero essere destinati in maniera prioritaria a questo obiettivo.

3.6   Occorre una strategia che consenta di sfruttare gli effetti della curva di apprendimento derivanti da volumi elevati di produzione, essenziali per la produzione a basso costo di chipset per ricevitori, in modo che i chipset duali GPS+Galileo possano competere in termini di costi con quelli compatibili col solo GPS.

3.7   Al fine di far crescere il mercato a valle di prodotti e applicazioni per il GNSS europeo, la GSA necessita di una strategia risoluta di sviluppo del mercato, guidata da una squadra altamente qualificata.

3.8   Si dovrebbe sviluppare una strategia globale di marchio per EGNOS/Galileo, al fine di allineare gli obiettivi, mettere in evidenza il valore del marchio, semplificare le comunicazioni di mercato e chiarire le priorità di commercializzazione.

3.9   La tecnologia e i servizi di Galileo che si immettono sul mercato devono sempre essere di qualità elevatissima. Bisogna mantenere severi controlli di qualità sullo sviluppo tecnologico e sull'applicazione a livello di utilizzatore finale.

3.10   Purtroppo, alcuni prodotti EGNOS dei primi tempi non si sono rivelati tecnicamente sufficienti a soddisfare le esigenze dei clienti. Nel quadro della strategia relativa al marchio, occorre sviluppare un marchio di qualità per tutte le tecnologie omologate di EGNOS/Galileo, in modo da proteggere tale denominazione da eventuali danni d'immagine.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 44-48.

(2)  GU C 221 dell'8.9.2005, pag. 28, GU C 317 del 23.12.2009, pagg. 103-104 e GU C 107 del 6.4.2011, pagg. 44-48.

(3)  GU L 196 del 24.8.2008, pag. 1.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/183


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura

COM(2011) 416 definitivo,

alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Riforma della politica comune della pesca»

COM(2011) 417 definitivo,

alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla dimensione esterna della politica comune della pesca

COM(2011) 424 definitivo,

e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla politica comune della pesca

COM(2011) 425 definitivo

(2012/C 181/33)

Relatore: SARRO

Correlatore: CHIRIACO

Il Consiglio, in data 1o settembre 2011, il Parlamento europeo, in data 13 settembre 2011 (per le proposte COM(2011) 416 final e COM(2011) 425 final), e la Commissione europea, in data 5 ottobre 2011 (per le proposte COM(2011) 417 final e COM(2011) 424 final), hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 e dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura

COM(2011) 416 final,

alla

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Riforma della politica comune della pesca

COM(2011) 417 final,

alla

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla dimensione esterna della politica comune della pesca

COM(2011) 424 final

e alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla politica comune della pesca

COM(2011) 425 final.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere in data 14 marzo 2012.

Alla sua 479a sessione plenaria, dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 152 voti favorevoli, 5 voti contrari e 14 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) concorda con la Commissione sulla necessità di proporre la revisione della politica comune della pesca (PCP) contemporaneamente a quella dell'organizzazione comune dei mercati (OCM), rafforzando così l'integrazione, la coerenza e il coordinamento necessari tra gli aspetti di estrazione, di trasformazione e di commercializzazione della pesca, dell'acquacoltura e della raccolta di molluschi.

1.2   Complessivamente, il CESE considera corretti gli obiettivi generali e specifici, come pure i principi di buona governance della proposta. La PCP deve garantire che le attività della pesca e dell'acquacoltura creino condizioni ambientali, economiche e sociali sostenibili a lungo termine e che contribuiscano alla disponibilità di alimenti, applicando il criterio di precauzione e un approccio ecosistemico.

1.3   Ciononostante, il CESE ritiene che la proposta di regolamento non metta in atto le misure di gestione della pesca necessarie per conservare e ricostituire pienamente gli stock ittici al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile (RMS), garantire ai cittadini prodotti della pesca e dell'acquacoltura sani e di alta qualità, contribuire alla prosperità delle comunità di pesca e alla redditività delle imprese di produzione e trasformazione e offrire posti di lavoro attraenti e più sicuri.

1.4   Il CESE approva le norme generali di accesso alle acque dell'Unione, già in vigore, le quali avvantaggiano maggiormente le comunità di pesca locali.

1.5   Il Comitato approva i tipi di misure di conservazione e di misure tecniche proposti, misure che dovranno essere adattate alle diverse attività di pesca.

1.6   Il CESE è favorevole alla proposta di stabilire piani pluriennali atti a riportare e mantenere, nei limiti del possibile, tutti gli stock ittici al di sopra di livelli in grado di produrre il RMS entro il 2015. Tale pur lodevole obiettivo è di difficile applicazione per le attività di pesca multispecifica, ragion per cui il CESE chiede alla Commissione soluzioni pratiche onde risolvere i problemi che possono incontrare dette attività di pesca.

1.7   Il CESE considera prioritario che gli Stati membri, con il sostegno della Commissione, dotino gli istituti scientifici dei mezzi necessari per poter rispondere adeguatamente alle esigenze di ricerca applicata e prendere in considerazione tutte le specie ittiche sfruttate a fini commerciali, nonché le specie associate e dipendenti e il relativo habitat.

1.8   Il CESE ritiene la politica di divieto dei rigetti un obiettivo auspicabile, ma invoca un approccio più graduale e proporzionato basato sulla riduzione progressiva dei rigetti, che promuova e incentivi la selettività degli attrezzi da pesca, misure per la loro valorizzazione mediante la trasformazione in prodotti con valore aggiunto e la ricerca di sbocchi commerciali, adeguando le infrastrutture delle flotte e dei porti di pesca.

1.9   Il CESE è del parere che la proposta non approfondisca sufficientemente la questione della regionalizzazione e non delinei alcuna misura che presupponga un decentramento.

1.10   Quanto alla stabilità relativa e alla sua applicazione ai fini dell'assegnazione delle possibilità di pesca agli Stati membri, il Comitato ribadisce la necessità di aggiornare tale criterio, che risulta superato e che non riflette l'attuale realtà delle flotte di pesca e delle zone altamente dipendenti dalla pesca. Inoltre raccomanda che l'assegnazione delle possibilità di pesca, dopo l'aggiornamento della stabilità relativa, dovrebbe basarsi principalmente su una serie di criteri ambientali e sociali trasparenti.

1.11   Il Comitato ritiene che la proposta relativa alle concessioni di pesca trasferibili sia confusa e che la Commissione dovrebbe chiarire l'interpretazione degli articoli che la compongono, segnatamente in relazione alla definizione di «criteri trasparenti e obiettivi» per l'assegnazione delle concessioni. Il CESE esorta inoltre a tenere conto dell'impatto di tale misura sull'occupazione, e di prevedere misure specifiche per i pescatori salariati.

1.12   Per quanto attiene alla gestione della capacità di pesca, il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe realizzare, al più tardi entro il 2014, una valutazione dettagliata di detta capacità, che includa non soltanto la potenza e la stazza, ma anche il tipo di attrezzi da pesca e altre caratteristiche delle imbarcazioni, e che, sulla base di detta valutazione, gli Stati membri dovrebbero essere obbligati ad adeguare la capacità di pesca alle risorse disponibili.

1.13   Il Comitato ritiene che, per la gestione ecosistemica delle zone di pesca, sia fondamentale, nella raccolta di dati, cercare di ottenere il massimo di dati ambientali conformemente al dettato della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e ai criteri in materia di buono stato ecologico.

1.14   Il CESE condivide, in linea generale, le proposte della Commissione relative alla dimensione estera della PCP, esprimendo, tuttavia, la sua preoccupazione in ordine ad alcuni dei temi trattati al punto 3.7.8 del presente parere.

1.15   Il CESE plaude al riconoscimento, da parte della Commissione, della dimensione comune europea della politica dell'acquacoltura, invita a rafforzare il controllo ambientale e chiede la definizione di un quadro amministrativo agile e di uno spazio giuridico unico per lo sviluppo di un'acquacoltura sostenibile, che consenta di trattenere la popolazione e generare ricchezza nelle zone costiere periferiche non urbane, mantenendo pienamente nel contempo il rispetto dell'ambiente, la compatibilità e l'integrazione ambientali.

1.16   Per quanto attiene al nuovo strumento finanziario, il CESE ritiene opportuno valorizzare il ruolo dei pescatori e delle comunità di pesca nello sviluppo sostenibile delle zone costiere prevedendo misure sociali, soprattutto misure di sostegno in caso di perdita del lavoro e aiuti alla formazione e alla riconversione dei lavoratori, prestando particolare attenzione ai giovani e alle donne.

1.17   Il CESE constata con rammarico che la dimensione sociale, considerata in tutte le fasi del settore della pesca e dell'acquacoltura (produzione, trasformazione e commercializzazione) non è presente nella proposta con misure concrete per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e ritiene che si dovrebbe incentivare la partecipazione delle parti sociali al livello appropriato.

1.18   Il CESE invita la Commissione a tenere conto delle differenti esigenze manifestate dai diversi attori del settore. La riforma della PCP dovrà soddisfare le necessità tanto degli armatori quanto degli equipaggi.

1.19   Il CESE ritiene che una definizione della pesca artigianale esclusivamente basata sul criterio della lunghezza delle imbarcazioni sia troppo semplicistica e, di fatto, assimili una parte consistente della flotta artigianale alla pesca industriale.

1.20   Il CESE sostiene gli obiettivi e i principi sui quali si baserà il nuovo regolamento dell'OCM, e invita la Commissione a tenere conto delle osservazioni del Comitato incluse nel presente parere.

1.21   Al fine di evitare la concorrenza sleale nel mercato dell'UE, il CESE invoca, per i prodotti importati, condizioni igienico-sanitarie e di controllo uguali a quelle applicate ai prodotti dell'UE, ivi compresa la tracciabilità integrale «dall'acqua alla tavola», e invita a garantire il pieno rispetto di queste norme che contribuiscono alla sicurezza degli alimenti attraverso controlli esaustivi, sia alla frontiera sia all'origine. In tal senso, il Comitato ritiene che le diverse direzioni generali della Commissione europea dovrebbero adottare un approccio coerente.

1.22   Il CESE sottolinea che tutte queste proposte valgono anche per la pesca in acqua dolce e l'acquacoltura, e invita la Commissione a prestare un'adeguata attenzione alle caratteristiche specifiche di tali attività.

2.   Antefatti

2.1   Contesto del regolamento sulla PCP («regolamento di base»)

2.1.1   La PCP, creata nel 1983, è rimasta in vigore, con modifiche di poco rilievo, per 20 anni, fino alla profonda riforma attuata con il regolamento (CE) n. 2371/2002. Nel 2009, la Commissione analizzò il funzionamento della PCP riformata e concluse che, nonostante i progressi compiuti, non erano stati raggiunti gli obiettivi di una pesca sostenibile in tutte le sue dimensioni (ambientale, economica e sociale) e che molti stock erano sfruttati in misura eccessiva.

2.1.2   Tale conclusione figurava nel Libro verde (1) sulla riforma della politica comune della pesca. Nel corrispondente parere del Comitato, adottato a grande maggioranza, si raccomanda «che le misure che saranno adottate servano a salvaguardare l'occupazione e la coesione territoriale e che nel definire gli obiettivi strategici si mantenga un equilibrio tra i tre pilastri - economico, sociale e ambientale - garantendo e promuovendo il comportamento responsabile e sostenibile di tutti gli anelli della catena produttiva della pesca». La futura riforma dovrebbe intervenire più in profondità nei seguenti ambiti:

«la creazione di un regime differenziato per le flotte artigianali,

l'introduzione di un capitolo sociale, che armonizzi le condizioni di lavoro dei pescatori,

il miglioramento delle condizioni del mercato e delle pratiche commerciali,

la complementarità con la politica ambientale marina, con un conseguente incremento e miglioramento della ricerca applicabile alla politica della pesca,

la piena integrazione della PCP nel quadro delle organizzazioni internazionali (ONU, FAO) (2)

2.1.3   Il parere del Comitato sul tema Lo sviluppo di aree regionali per la gestione degli stock ittici e il controllo della pesca (3) afferma che «[I]l Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'intenzione di riformare radicalmente la politica comune della pesca (PCP), e in particolare l'obiettivo di pervenire a una politica decentrata, meno dipendente dalle decisioni dettagliate prese a Bruxelles e pertanto in grado di offrire maggiori opportunità per un coinvolgimento del livello locale e regionale nella gestione della pesca. Mancano, tuttavia, elementi quali i dettagli essenziali, una certa chiarezza e un regime di sanzioni, che, in quanto necessari per l'efficace funzionamento di questa politica, dovranno essere integrati»; il CESE afferma inoltre che «senza risorse ittiche prospere non ci può essere un'industria della pesca sostenibile», raccomandando di «considerare la sostenibilità ambientale come una priorità e di farne il fondamento della sostenibilità economica e sociale».

2.1.4   Detto parere afferma altresì che «per essere efficace, il rafforzamento dei piani di gestione basati su quote in funzione del “rendimento massimo sostenibile” impone di stabilire, entro il 2015, livelli più alti, che consentano realmente a tutte le specie regolamentate di prosperare».

2.2   Contesto del regolamento concernente l'OCM dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura

2.2.1   L'esistenza dell'OCM nel settore della pesca e dell'acquacoltura risale al 1970. Il suo quadro giuridico è costituito dal regolamento (CE) n. 104/2000. A partire dal 2008, la Commissione ha realizzato ampie valutazioni e consultazioni al fine di porre rimedio alle carenze osservate nell'attuazione delle disposizioni attualmente in vigore, tenendo conto dei recenti sviluppi dei mercati europeo e mondiale e dell'evoluzione delle attività del settore.

2.2.2   La nuova proposta di regolamento stabilisce un'OCM nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura che sarà composta dai seguenti strumenti:

a)

le organizzazioni professionali (organizzazioni di produttori e organizzazioni interprofessionali),

b)

le regole di commercializzazione,

c)

l'informazione dei consumatori,

d)

le norme di concorrenza,

e)

le informazioni sul mercato.

2.2.3   Il CESE ritiene che agli elementi precedenti debba esserne aggiunto un altro che disciplini le relazioni commerciali con i paesi terzi, così che tutti i prodotti importati rispettino gli standard dell'Unione europea e siano sottoposti a controlli efficienti.

3.   Analisi della proposta di riforma della PCP e osservazioni del Comitato

3.1   Ambito di applicazione e obiettivi

3.1.1   La PCP comprenderà la conservazione, la gestione e lo sfruttamento delle risorse biologiche marine e di acqua dolce e l'acquacoltura, nonché la trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura, purché tali attività siano realizzate nel territorio degli Stati membri o nelle acque dell'Unione, anche da pescherecci di paesi terzi o pescherecci dell'UE che si trovano al di fuori delle acque dell'Unione, ovvero da cittadini degli Stati membri.

3.1.2   La PCP dovrà garantire che le attività della pesca e dell'acquacoltura creino condizioni ambientali, economiche e sociali sostenibili a lungo termine, contribuendo alla disponibilità di prodotti alimentari, applicando alla gestione della pesca criteri di precauzione e un approccio ecosistemico, cercando di garantire che, entro il 2015, lo sfruttamento delle risorse biologiche marine vive ricostituisca e mantenga le popolazioni delle specie pescate al di sopra dei livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile, il tutto integrando i requisiti della normativa ambientale dell'Unione.

3.1.3   Per conseguire questi obiettivi, la PCP provvederà in particolare a eliminare le catture accidentali di stock commerciali e a far sì che, progressivamente, tutte le catture provenienti da tali stock vengano sbarcate. La PCP dovrà inoltre creare le condizioni necessarie per svolgere le attività di pesca in modo efficiente, promuovere lo sviluppo delle attività di acquacoltura dell'Unione, contribuire a offrire un equo tenore di vita a coloro che dipendono dalle attività di pesca, tenendo conto degli interessi dei consumatori e garantendo la raccolta e la gestione sistematiche e armonizzate dei dati.

3.1.4   Complessivamente, il CESE è d'accordo con l'ambito di applicazione e gli obiettivi generali e specifici della PCP nonché con i suoi principi di buona governance. Tuttavia, constata con rammarico che non viene riservata una sufficiente attenzione alla conservazione, alla gestione e allo sfruttamento delle risorse biologiche d'acqua dolce. Il CESE invita la Commissione a tenere conto, nelle sue proposte, delle specificità di queste attività e a prevederne il coordinamento con la PAC. Osserva che non sono state ancora create delle controparti adeguate ai gruppi di lavoro sulla politica marittima, che siano in grado di raccogliere le esperienze maturate nell'attuazione di una politica comune per la pesca in acqua dolce e di presentare proposte per aggiornarla.

3.1.5   Tuttavia, il CESE ritiene che la proposta di regolamento non metta in atto le misure di gestione delle risorse ittiche necessarie per ricostituire e conservare gli stock ittici e poter così conseguire tali obiettivi, oltre a gettare le basi per pratiche di pesca sostenibili che rispettino l'ecosistema, assicurino ai cittadini prodotti ittici sani e di alta qualità, contribuiscano alla prosperità delle comunità di pesca e alla redditività delle imprese di produzione e trasformazione e offrano posti di lavoro attraenti e più sicuri, dando la massima importanza alla partecipazione degli attori sociali a tutti i livelli (4).

3.2   Accesso alle acque

3.2.1   Dal 1o gennaio 2013 al 31 dicembre 2022, gli Stati membri saranno autorizzati a limitare la pesca, dalle linee di base sottoposte alla loro sovranità o giurisdizione fino alle 12 miglia marine, ai pescherecci tradizionalmente attivi in quelle acque e provenienti da porti situati sulla costa adiacente, nonché ai pescherecci dell'UE appartenenti a un altro Stato membro in virtù delle relazioni di vicinato riguardanti le attività di pesca in questione.

3.2.2   Analogamente, nello stesso periodo e nelle acque situate entro 100 miglia nautiche dalla linea di base delle Azzorre, di Madera e delle Isole Canarie gli Stati membri in questione saranno autorizzati a limitare l'esercizio della pesca ai pescherecci immatricolati nei porti di tali isole. Tali restrizioni non si applicano ai pescherecci dell'Unione che pescano tradizionalmente in tali acque, a condizione che tali pescherecci non superino lo sforzo di pesca tradizionalmente messo in atto.

3.2.3   Il CESE approva queste misure di accesso alle acque, già in vigore, le quali dovrebbero essere integrate da misure atte a garantire l'accesso preferenziale a coloro che realizzano attività di pesca sostenibili da un punto di vista sociale e ambientale e in grado di apportare maggiori benefici alle comunità di pesca locali.

3.3   Misure per la conservazione delle risorse biologiche marine

3.3.1   Il CESE ritiene che i piani pluriennali introdotti nell'attuale PCP abbiano avuto (in alcuni casi) ripercussioni positive importanti: per questo, occorre continuare ad applicarli come prevede la nuova proposta, analizzando i problemi dei piani che non hanno funzionato adeguatamente basandosi sempre sugli studi scientifici solidi realizzati dagli organismi scientifici comunitari. Inoltre il Comitato ritiene che dovrebbero essere previsti meccanismi correttivi adeguati agili e flessibili.

3.3.2   In relazione all'obiettivo dei piani pluriennali di riportare o mantenere tutti gli stock ittici al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile entro il 2015, il CESE ritiene che si tratti di un obiettivo desiderabile, basato su disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos) che sono giuridicamente vincolanti per l'UE dal 1998, e riconfermato al vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile del 2002, su cui la Commissione basa le sue proposte, e che afferma testualmente: «La realizzazione di una pesca sostenibile richiede a tutti i livelli l'adozione delle seguenti misure: mantenere o riportare gli stock ittici a livelli che consentano di produrre il rendimento massimo sostenibile, con la massima urgenza per gli stock in via di esaurimento e ove possibile entro il 2015».

3.3.3   Il Comitato ritiene che l'obiettivo del rendimento massimo sostenibile offra un certo margine di interpretazione quanto alle modalità di attuazione, e mette in rilievo la difficoltà di conseguirlo nel caso di determinate attività di pesca multispecifica, dato che le diverse specie ittiche interagiscono e i tassi di cattura che determinano il livello dello sforzo di pesca non corrispondono al rendimento massimo sostenibile di ogni singola specie. Il CESE chiede alla Commissione soluzioni pratiche per risolvere i problemi che possono verificarsi nelle attività di pesca multispecifica.

3.3.4   Il CESE invita la Commissione a tenere in considerazione l'esigenza di evitare che le misure per il miglioramento dello stato degli stock delle zone di pesca europee, abbiano un effetto negativo sulla sostenibilità degli stock di altre zone, dovuto all'intensificazione del commercio internazionale di prodotti della pesca e alla delocalizzazione della capacità di pesca dell'UE.

3.3.5   Affinché i piani pluriennali siano basati sulla migliore valutazione scientifica degli stock ittici, il CESE considera prioritario che gli Stati membri, col sostegno della Commissione e attraverso il FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), dotino gli istituti scientifici dei mezzi necessari per poter rispondere adeguatamente alle necessità di ricerca e prendere in considerazione tutte le specie pescate. Laddove non esista una valutazione scientifica adeguata, dovrà essere applicato il principio di precauzione definito nell'accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici del 1995. D'altro canto, il Comitato giudica assolutamente necessario favorire il dialogo tra gli esperti scientifici e i pescatori.

3.3.6   Inoltre, il Comitato ritiene che l'applicazione delle misure atte a mantenere o riportare gli stock ittici al di sopra di livelli che consentano di produrre il rendimento massimo sostenibile entro il 2015 si ripercuoterà sulla capacità di pesca delle flotte degli Stati membri e dovrebbe garantire che i segmenti di flotta più dannosi per l'ambiente e svantaggiosi sul piano sociale siano eliminati in via prioritaria. Pertanto la Commissione dovrà prevedere misure per il suo adeguamento offrendo alternative socio-occupazionali per il settore della pesca che prevengano l'attuale perdita di posti di lavoro dovuta al cattivo stato degli stock. A questo proposito, il CESE invita a valutare in modo dettagliato l'impatto socioeconomico dei piani pluriennali sul breve, medio e lungo periodo.

3.3.7   Il contenuto dei piani pluriennali e il quadro delle misure tecniche devono indicare il loro ambito di applicazione (in termini di stock, attività di pesca ed ecosistemi marini) e i loro obiettivi conformi alle finalità generali e specifiche della PCP descritte al punto 3.1.1. Il quadro delle misure tecniche, per ciascun piano pluriennale, deve contribuire a mantenere o riportare tutti gli stock ittici al di sopra di livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile, a ridurre le catture di taglia inferiore a quella regolamentare e le catture accidentali di organismi marini, nonché a mitigare l'impatto degli attrezzi da pesca sull'ecosistema.

3.3.8   Il CESE ritiene che sia il contenuto sia il quadro delle misure tecniche previste all'articolo 14 siano commisurati agli obiettivi della riforma della PCPC, ragion per cui dà la sua approvazione. Queste misure tecniche dovrebbero essere applicate tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle diverse attività di pesca.

3.3.9   Quanto all'obbligo di sbarcare tutte le catture introdotto dalla Commissione (divieto di rigetto), la proposta di riforma della PCP fissa un calendario tra il 1o gennaio 2014 e il 1o gennaio 2016, durante il quale determinati di stock ittici soggetti a limiti di cattura dovranno essere portati e mantenuti a bordo dei pescherecci a partire dal 1o gennaio di ognuno di questi anni. Si fisseranno taglie di riferimento minime per la conservazione di tutti questi stock ittici. La vendita di tali stock sarà limitata alla produzione di farine di pesce o alimenti per animali. Le norme di commercializzazione per le catture di pesce effettuate oltre il limite delle possibilità di pesca saranno fissate conformemente all'organizzazione comune dei mercati.

3.3.10   Quanto alla proposta di divieto di rigetto per determinate specie in funzione di un calendario prestabilito, il CESE ritiene che si tratti di un obiettivo desiderabile, ma attualmente molto difficile da conseguire in determinate zone di pesca, in particolare nel caso di attività di pesca multispecifica. In effetti, le conseguenze socioeconomiche sarebbero così gravi che molti pescherecci dovrebbero essere smantellati. Pertanto, il CESE ritiene che occorrerebbe introdurre misure volte a mitigare tali conseguenze. Il CESE auspica un approccio più graduale e proporzionato, basato sulla selettività degli attrezzi da pesca e sulla riduzione progressiva dei rigetti, che promuova e incentivi misure per la loro valorizzazione mediante la trasformazione in prodotti con valore aggiunto e adeguando le infrastrutture delle flotte e dei porti di pesca.

3.3.11   A parere del Comitato sarebbe estremamente opportuna e utile la realizzazione di un'analisi, per ogni distinta attività di pesca, sull'origine dei rigetti, in modo che in ciascuna attività di pesca si utilizzino gli attrezzi più idonei per far diminuire il numero dei rigetti.

3.3.12   Il Comitato ritiene che il divieto di rigetto non potrà essere applicato in modo efficace senza un'adeguata formazione dei lavoratori, e le corrispondenti azioni dovranno potersi avvalere del sostegno finanziario del FEAMP.

3.3.13   Quanto alla regionalizzazione, la Commissione potrà autorizzare gli Stati membri a specificare, nel quadro di un piano pluriennale, le misure di conservazione e le misure tecniche applicabili ai pescherecci battenti la loro bandiera in relazione agli stock nelle acque dell'Unione per i quali sono state loro assegnate possibilità di pesca, purché siano compatibili con gli obiettivi della PCP e con l'ambito del piano pluriennale e purché tali misure non siano meno rigide di quelle previste dalla normativa dell'UE. Queste misure saranno notificate alla Commissione, che le valuterà in qualunque momento e, se del caso, ad altri Stati membri interessati e ai consigli consultivi pertinenti.

3.3.14   Quanto alle misure nazionali che uno Stato membro potrà intraprendere ai fini della conservazione degli stock ittici nelle acque dell'Unione, esse potranno essere adottate purché si applichino unicamente ai pescherecci battenti la loro bandiera o alle attività di pesca di soggetti stabiliti nel territorio dello Stato membro, purché siano compatibili con gli obiettivi della PCP e purché non siano meno rigide di quelle previste dalla normativa dell'UE.

3.3.15   Uno Stato membro potrà adottare misure non discriminatorie per la conservazione e la gestione degli stock ittici e per ridurre al minimo gli effetti della pesca all'interno delle 12 miglia marine dalla sua linea di base, a meno che l'Unione non abbia adottato misure di conservazione e gestione specifiche per tale zona. Se tali misure dovessero interessare pescherecci di altri Stati membri, esse potranno essere adottate solo dopo aver consultato la Commissione, gli Stati membri interessati e i consigli consultivi pertinenti in merito al progetto di misure, che sarà corredato di una motivazione.

3.3.16   Il CESE ritiene che, anche se le misure possono risultare adeguate, la proposta di regolamento non prevede meccanismi chiari per il decentramento dei processi decisionali; ritiene inoltre che occorrerebbe tenere conto delle considerazioni contenute nel suo recente parere sul tema Lo sviluppo di aree regionali per la gestione degli stock ittici e il controllo della pesca.

3.4   Accesso alle risorse

3.4.1   Ancora una volta, con la nuova proposta le possibilità di pesca assegnate agli Stati membri saranno garantite in base al sistema di totali ammissibili di catture (TAC) e di contingenti, applicando il principio della stabilità relativa tra gli Stati membri.

3.4.2   Per quanto riguarda la stabilità relativa, il CESE ribadisce quanto ha affermato nel parere relativo al Libro verde, e insiste sulla necessità di aggiornare questo criterio per tenere conto dei cambiamenti verificatisi dalla sua introduzione nel 1976. Prova di questa necessità di aggiornamento è il fatto che la Commissione proponga ancora una volta di autorizzare gli Stati membri a scambiarsi tra loro la totalità o una parte delle possibilità di pesca loro assegnate, segnale inequivocabile del fatto che la stabilità relativa introdotta oltre 35 anni or sono è ormai obsoleta e non rispecchia l'attuale realtà delle flotte da pesca e delle zone altamente dipendenti dall'attività di pesca. Il CESE ritiene inoltre che, una volta aggiornata la stabilità relativa, le catture storiche non dovrebbero costituire l'unica base per l'assegnazione dei contingenti, che dovrebbe fondarsi anche su una serie di criteri ambientali e sociali trasparenti.

3.4.3   La proposta stabilisce che, entro il 31 dicembre 2013, ogni Stato membro dovrà introdurre un sistema di concessioni di pesca trasferibili per tutte le navi di lunghezza pari o superiore a 12 metri e per tutte le navi di lunghezza totale inferiore a 12 metri che pescano con attrezzi da traino. Gli Stati membri potranno ampliare il sistema di concessioni di pesca trasferibili ai pescherecci di lunghezza totale inferiore a 12 metri che utilizzano strumenti diversi da quelli da traino, informandone la Commissione.

3.4.4   Il CESE ritiene che il testo della proposta sia confuso e che la Commissione dovrebbe chiarirne l'interpretazione, soprattutto per quanto riguarda la definizione di «criteri trasparenti e obiettivi» per l'assegnazione delle concessioni. In tal senso, il CESE ritiene che gli operatori che non rispettano i diritti dei lavoratori non dovrebbero essere ammissibili all'assegnazione. L'introduzione delle concessioni di pesca trasferibili può rappresentare un'occasione per generalizzare, nel settore, una conformità alle norme sociali che garantisca la qualità e la sicurezza del lavoro della pesca in Europa, disincentivando una possibile concorrenza sleale basata su minori costi operativi.

3.4.5   Il CESE è contrario alla privatizzazione delle risorse marine. Considera pertanto inaccettabile la proposta della Commissione che prevede un mercato per i trasferimenti di diritti di pesca tra imprese private. Agevolando l'uscita di queste ultime dal settore, infatti, si aumenterebbe la precarietà dei lavoratori. I diritti di pesca devono essere gestiti esclusivamente dagli Stati membri.

3.4.6   Le concessioni di pesca trasferibili possono comportare una riduzione quantitativa della capacità; ma non una riduzione qualitativa né l'eliminazione degli elementi delle flotte più dannosi per l'ambiente, più inefficienti sotto il profilo energetico e più svantaggiosi sul piano sociale. Si è verificata inoltre una concentrazione dei diritti di pesca nelle mani di pochi operatori, alcuni persino estranei al settore, che poi subappaltano l'attività di pesca a terzi, spesso agli stessi operatori che pescavano precedentemente in queste acque.

3.4.7   Il CESE appoggerebbe la proposta di introdurre sistemi basati su concessioni di pesca trasferibili se i sistemi stessi non fossero obbligatori, lasciassero agli Stati membri la facoltà di decidere se applicarli nelle rispettive acque, non fossero applicati al di fuori delle acque dell'UE e avessero come obiettivo primario la conservazione degli stock ittici sulla base di criteri ambientali, economici e sociali sostenibili sul lungo periodo.

3.4.8   Il CESE ha qualche riserva rispetto alla sua applicazione di un sistema di questo tipo alla flotta che opera nel Mediterraneo, poiché la Commissione, nella sua proposta, non ha fornito dettagli concreti della sua attuazione.

3.4.9   Il CESE ritiene necessario garantire che i trasferimenti di concessioni di pesca tra Stati membri siano sottoposti alle stesse condizioni previste per i cittadini di uno stesso Stato membro. Nell'analisi degli effetti di questo sistema sulla competitività e sulla redditività delle flotte dei diversi Stati membri si dovrà dedicare un'attenzione particolare a quelli caratterizzati da un elevato tasso di importazione di prodotti della pesca.

3.5   Gestione della capacità di pesca

3.5.1   Nella relazione che introduce la proposta si indica nella sovraccapacità della flotta uno dei problemi principali della PCP. Nella relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni concernente gli obblighi di comunicazione ai sensi del regolamento (CE) n. 2371/2002 si dice testualmente che «tutti gli Stati membri si sono conformati alle limitazioni della capacità di pesca» e che «nella maggior parte degli Stati membri la capacità della flotta risulta attualmente inferiore ai massimali stabiliti, con uno scarto medio del 10 % in termini di stazza e dell'8 % in termini di potenza».

3.5.2   Nella nuova proposta la Commissione mantiene le suddette limitazioni, e all'articolo 35 stabilisce i massimali di capacità di pesca delle flotte degli Stati membri a partire dal 1o gennaio 2013.

3.5.3   Il CESE ritiene che, anche se gli Stati membri rispetteranno tali limiti massimi di capacità di pesca, la Commissione debba adeguarli sulla base di una misurazione più precisa della capacità di pesca, che includa non soltanto la potenza e la stazza ma anche il tipo di attrezzi da pesca e altre caratteristiche delle imbarcazioni, al fine di renderle equilibrate rispetto alle risorse disponibili.

3.5.4   Il CESE ritiene inoltre che sarebbe molto interessante includere, nelle informazioni previste dall'articolo 36 concernente i registri della flotta da pesca, quale sia la situazione della capacità di pesca in rapporto alle risorse disponibili.

3.6   Basi scientifiche per la gestione della pesca

3.6.1   Le basi scientifiche per la gestione della pesca sono di esclusiva responsabilità degli Stati membri, che devono raccogliere i dati biologici, tecnici, ambientali ed economici per una gestione basata sugli ecosistemi delle loro zone di pesca.

3.6.2   Il Comitato ritiene che, per la gestione ecosistemica delle zone di pesca, sia fondamentale, nella raccolta di dati, ottenere il massimo di dati ambientali e considera essenziale fare della fornitura di dati affidabili uno dei criteri del sistema di assegnazione dei contingenti, nonché un obbligo di cui imporre il rispetto tramite sanzioni.

3.6.3   La raccolta, la gestione e l'uso dei dati vengono effettuati nell'ambito di un programma pluriennale a partire dal 2014. Fino a quel momento, continuerà a essere applicato il regolamento (CE) n. 199/2008 riguardante la raccolta e la gestione dei dati.

3.6.4   Gli Stati membri adottano programmi nazionali di raccolta di dati scientifici sulla pesca e programmi di ricerca e innovazione. Si crea la figura di un corrispondente nazionale per il coordinamento della raccolta e della gestione a livello nazionale dei dati scientifici a fini di gestione della pesca.

3.6.5   Il CESE appoggia queste misure di carattere scientifico, ritiene che nei programmi di ricerca si debbano cercare informazioni su tutte le specie per cui i dati scientifici attualmente scarseggiano e considera opportuno coinvolgere in queste attività i consigli consultivi o altri organi decentrati di rappresentanza dei soggetti interessati.

3.7   Politica estera

3.7.1   L'Unione europea è una delle poche grandi potenze di pesca con una forte presenza in tutti i mari e gli oceani del mondo grazie alle attività delle sue flotte, agli investimenti, agli accordi bilaterali con i paesi terzi e alla sua partecipazione alle principali organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP). Il settore della trasformazione e commercializzazione dell'UE, inoltre, è fortemente internazionalizzato.

3.7.2   L'UE costituisce inoltre uno dei grandi mercati per i prodotti della pesca dal punto di vista del consumo e delle importazioni, il che le assegna una grande responsabilità sul piano dell'impegno e della garanzia di una gestione sostenibile delle attività di pesca e della conservazione delle risorse della pesca a livello mondiale.

3.7.3   Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui l'UE deve promuovere, nell'agenda globale e multilaterale, la pesca sostenibile in tutto il mondo, mantenendo il principio di pesca responsabile soprattutto in termini ambientali, ma includendo anche gli aspetti sociali ed economici. L'UE deve altresì promuovere misure commerciali trasparenti ed eque, visto che la sua politica commerciale deve essere coerente con i principi di pesca responsabile e sostenibile.

3.7.4   Il CESE condivide i principi generali enunciati nella proposta rispetto alle organizzazioni internazionali della pesca e agli accordi di pesca sostenibile. In tal senso, occorrerebbe includere anche le imprese comunitarie del settore che investono all'estero e che dovrebbero essere specificamente coperte dall'ordinamento giuridico dell'Unione europea. Analogamente, gli Stati membri dovrebbero essere obbligati a informare la Commissione di qualsiasi accordo tra i suoi cittadini e un paese terzo che consenta alle navi battenti la loro bandiera di pescare in acque che si trovano sotto la giurisdizione o la sovranità di un paese terzo. La riforma della dimensione esterna della PCP si svolge in un contesto complicato per il settore della pesca sia dell'UE sia di molti paesi in via di sviluppo, a causa di una riduzione delle risorse alieutiche, alla presenza sempre più importante di altre flotte di lunga distanza e all'impatto del cambiamento climatico, l'UE dovrebbe creare un ambiente favorevole agli investimenti privati europei in attività di pesca sostenibile nei paesi ACP, generandovi un elevato valore aggiunto e un'occupazione dignitosa tramite l'applicazione di norme elevate in materia di gestione.

3.7.5   Il CESE ritiene che la presenza dell'UE negli organismi internazionale, segnatamente nelle organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP), debba mirare a potenziare la conservazione degli stock ittici e a garantire un alto livello di conformità alle misure di gestione della pesca da parte di tutti gli attori coinvolti.

3.7.6   Gli accordi di partenariato nel settore della pesca attualmente in vigore hanno il fine di consentire ai pescherecci dell'UE di operare in un contesto regolamentato e sicuro sul piano giuridico utilizzando le risorse eccedentarie esistenti nelle zone economiche esclusive di una serie di paesi terzi. Secondo la Commissione, gli accordi di partenariato vigenti devono trasformarsi in accordi di pesca sostenibile incentrati sulla conservazione delle risorse, sulla sostenibilità ambientale, su una migliore governance e sull'efficacia dell'appoggio settoriale.

3.7.7   Il CESE considera necessario questo nuovo orientamento, e ritiene che, a questo fine, l'UE dovrebbe mettere a punto accordi di pesca sostenibile destinati a creare, nel paese in via di sviluppo interessato, un ambiente propizio alle attività sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, basati su un meccanismo di dialogo partecipativo e trasparente con tutti i soggetti interessati che consenta a tale paese di realizzare le sue priorità per lo sviluppo sostenibile del suo settore alieutico. Gli accordi di questo tipo devono essere basati su pareri scientifici solidi e trasparenti, su valutazioni delle conseguenze sociali, economiche e ambientali di ciascun accordo, su una più consistente partecipazione degli armatori ai costi dei diritti di accesso e sul rispetto dei diritti umani. Il CESE ritiene altresì necessario aggiungere il rispetto dei diritti dei lavoratori ai criteri cui devono attenersi le imprese che operano attraverso detti accordi di pesca sostenibile. Occorre altresì sostenere i paesi in via di sviluppo per migliorare la loro capacità di realizzare ricerche e valutazioni delle risorse marine nelle loro acque. Gli accordi con i paesi terzi, oltre a consentire alla flotta europea l'acceso alle acque dei paesi in questione, dovranno contribuire allo sviluppo del settore della pesca di tali paesi, creando all'interno del settore della pesca di tali paesi nuove industrie che dovranno promuovere la sicurezza alimentare e una maggiore equità, incrementando l'attività dei porti e, nel contempo, migliorando le condizioni sociali grazie alla creazione di posti di lavoro sostenibili per i loro cittadini. Il CESE invita la Commissione a migliorare la governance applicando criteri sociali e ambientali e individuando tutti gli strumenti necessari per garantire un seguito permanente dell'applicazione e del rispetto degli accordi di pesca sostenibile. Sarebbe opportuno condurre valutazioni dell'impatto economico, sociale e ambientale dell'accordo sullo sviluppo della pesca nel paese interessato e fare in modo che siano accessibili a tutti i soggetti interessati per consentire la partecipazione informata e il dialogo tra le parti nell'UE e nei paesi ACP interessati.

3.7.8   Il CESE accoglie con favore la proposta di inserire nei futuri accordi di pesca una clausola di trasparenza, al fine di garantire che si accerti lo sforzo di pesca totale esercitato da tutti i pescherecci locali e stranieri attivi in una determinata zona economica esclusiva. Una clausola di questo tipo, unita a una migliore raccolta dei dati e alla ricerca, contribuirà alla valutazione del livello di stock eccedentari disponibili. Il CESE ritiene necessaria una maggiore trasparenza nel funzionamento degli accordi di pesca sostenibile per quanto riguarda la pubblicazione di valutazioni ex ante-ex post, che contengono dati importanti, come ad esempio il valore delle catture effettuate dai pescherecci UE nelle acque dei paesi ACP.

3.7.9   Tuttavia, il CESE esprime preoccupazione rispetto ad alcune proposte riguardanti la dimensione esterna della PCP contenute nella comunicazione. In particolare, a proposito degli accordi di pesca sostenibile, deplora che la Commissione non menzioni più la necessità che essi siano strumenti di difesa dell'attività e dell'occupazione delle flotte europee che operano nel quadro di questi accordi, per la loro specificità e per l'appartenenza a regioni altamente dipendenti dalla pesca. Inoltre, il Comitato non comprende i motivi dell'irrigidimento della clausola di esclusività, e ritiene invece che quest'ultima dovrebbe essere resa più flessibile, al fine di agevolare in casi eccezionali l'accesso della flotta europea alle acque dei paesi terzi. Per quanto riguarda il canone di accesso alle suddette acque, il CESE ritiene che gli armatori europei dovrebbero pagare un importo ragionevole e proporzionato che non pregiudichi la competitività delle imprese, e che le situazioni vadano analizzate caso per caso, in quanto le condizioni di pesca non sono uguali in tutti i paesi terzi. Infine, la Commissione non fa menzione della necessità di negoziare condizioni tecniche adeguate, che consentano la massima utilizzazione delle possibilità di pesca.

3.7.10   Il CESE concorda sull'indubbia necessità di promuovere la conservazione degli stock ittici e di unire gli sforzi internazionali per sradicare la pesca illegale (INN) in tutte le organizzazioni internazionali pertinenti.

3.7.11   Il Comitato ritiene che le flotte dei paesi terzi che esportano i loro prodotti verso l'UE debbano rispettare le stesse condizioni sociali e ambientali imposte alla flotta dell'UE.

3.7.12   Il CESE accoglie con soddisfazione l'inclusione, nella proposta, di un paragrafo relativo alla coerenza con altre politiche dell'Unione, che dovrebbe comprendere l'ambito commerciale, igienico-sanitario, sociale, lavorativo, ambientale e quello relativo allo sviluppo e alle relazioni esterne.

3.8   Acquacoltura

3.8.1   Il CESE si compiace del fatto che la Commissione abbia riconosciuto la dimensione comune europea della politica dell'acquacoltura e che abbia deciso di stabilire alcuni orientamenti strategici non vincolanti a livello di UE, riguardanti le priorità e gli obiettivi comuni per lo sviluppo delle attività dell'acquacoltura. Plaude in particolare alla proposta di chiedere agli Stati membri di elaborare piani strategici nazionali pluriennali per i loro territori entro il 2014.

3.8.2   Il CESE ritiene importante l'obiettivo di definire chiaramente gli indicatori di sostenibilità nei diversi settori ambientale, economico e sociale, soprattutto quando si contempla il potenziale di crescita dell'acquacoltura nell'Unione europea e il suo ampio contributo alla sicurezza degli approvvigionamenti.

3.8.3   Il CESE reputa essenziale improntare la PCP riformata alle conclusioni della comunicazione Un nuovo impulso alla strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea (5), in modo specifico per quanto riguarda la promozione della competitività delle imprese, la creazione di basi per una crescita sostenibile e il miglioramento dell'immagine e della governance del settore.

3.8.4   In questo senso, il Comitato chiede la definizione di un quadro amministrativo agile e di uno spazio giuridico unico per lo sviluppo di un'acquacoltura sostenibile, che consenta di trattenere la popolazione e generare ricchezza nelle zone periferiche non urbane, insistendo nel contempo sulla necessità del rispetto, della conservazione e dell'integrazione rispetto all'ambiente locale.

3.8.5   Il CESE segnala la possibilità che il futuro regolamento abbia il titolo più completo di «Regolamento sulla politica comune della pesca e dell'acquacoltura».

3.9   Controllo ed esecuzione

3.9.1   L'ottemperanza alle norme della PCP sarà garantita da un efficace regime di controllo della pesca dell'UE, che includa la lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

3.9.2   Il CESE approva le proposte della Commissione riguardo al controllo e all'esecuzione delle regole della PCP, sebbene ritenga che si debba stabilire una base giuridica sufficiente per impedire ai contravventori di eludere le sanzioni.

3.9.3   Rispetto alla proposta di consentire agli Stati membri di chiedere ai titolari dei pescherecci battenti la loro bandiera di contribuire in misura proporzionale ai costi di attuazione del regime di controllo, il Comitato ritiene che questo onere sarebbe altamente dannoso per gli operatori, che già devono sostenere costi notevoli in termini materiali e umani, per rispettare tutti i requisiti del regolamento (CE) n. 1224/2009.

3.10   Strumenti finanziari

3.10.1   L'Unione potrà concedere aiuti finanziari agli Stati membri e agli operatori per il conseguimento degli obiettivi della PCP.

3.10.2   In caso di mancato rispetto di questi obiettivi, il sostegno finanziario agli Stati membri potrà essere interrotto (sospensione dei pagamenti) o ridotto mediante una correzione finanziaria. Queste misure dovranno essere proporzionate alla natura, alla portata, alla durata e alla reiterazione delle infrazioni.

3.10.3   In caso di gravi infrazioni delle norme della PCP, anche il sostegno finanziario agli operatori potrà essere vietato in via temporanea o definitiva e/o ridotto. Queste misure saranno proporzionate alla natura, alla portata, alla durata e alla reiterazione delle infrazioni gravi. Il Comitato accoglie con favore tale disposizione ed è dell'avviso che sarebbe opportuno estenderla agli Stati membri che non applicano le norme delle PCP.

3.10.4   Il CESE è del parere che il nuovo strumento finanziario dovrebbe valorizzare il ruolo dei pescatori nello sviluppo sostenibile delle zone costiere, includendo misure di protezione in caso di perdita di posti di lavoro e aiuti alla formazione e alla riconversione in altre attività come l'acquacoltura, l'industria di trasformazione, le attività di conservazione o il trasporto marittimo.

3.10.5   Constatando che la Commissione non ha incluso nel pacchetto di riforma le sue proposte finanziarie, il CESE l'invita a farlo quanto prima, per consentire una valutazione complessiva della futura PCP. Sebbene nella proposta relativa al quadro finanziario pluriennale si mantenga sostanzialmente invariata una dotazione di 6,7 miliardi di euro (6), non è chiara la distribuzione di questo importo tra i capitoli Pesca e Affari marittimi.

3.11   Consigli consultivi

3.11.1   La proposta istituisce consigli consultivi per ciascuna delle zone di competenza stabilite nel regolamento, oltre a un consiglio consultivo dedicato all'acquacoltura al fine di promuovere la rappresentazione equilibrata di tutte le parti interessate e contribuire al conseguimento degli obiettivi della PCP.

3.11.2   Detti consigli sostituiscono i consigli consultivi regionali introdotti con la riforma del 2003, e hanno la funzione di presentare raccomandazioni e suggerimenti e problemi su questioni inerenti alla gestione della pesca e all'acquacoltura alla Commissione e allo Stato membro interessato contribuire, in stretta collaborazione con gli esperti scientifici (che a giudizio del CESE devono partecipare alla loro formazione e al loro funzionamento), alla raccolta, fornitura e analisi dei dati necessari per lo sviluppo di misure di conservazione, elaborare relazioni e pareri in merito alle proposte di misure di gestione o regolamentazione per le quali la loro consultazione sia obbligatoria.

3.11.3   Il CESE ritiene che la proposta di regolamento dovrebbe essere più concreta in merito alla «rappresentazione equilibrata di tutte le parti interessate», indicando la partecipazione degli attori sociali ai livelli adeguati e secondo le consuetudini di ciascuno Stato membro.

3.11.4   Gli aiuti finanziari dell'Unione e l'attuazione degli Stati membri dovrebbero sostenere più le parti interessate che i consigli consultivi, specialmente la pesca artigianale.

3.11.5   Il CESE esprime stupore per il fatto che la Commissione non faccia riferimento alcuno al ruolo del comitato consultivo per la pesca e l'acquacoltura dell'UE, ed esprime preoccupazione per la possibile soppressione dei gruppi di lavoro trasversali che si occupano delle questioni attinenti al mercato, alla politica commerciale e agli aspetti generali. L'esistenza dei consigli consultivi, ivi compreso quello per l'acquacoltura, non mette a disposizione sedi intersettoriali in seno alle quali affrontare congiuntamente le questioni comuni alla pesca, all'acquacoltura e all'industria della trasformazione.

3.12   Dimensione sociale e pesca artigianale

3.12.1   A giudizio del CESE, la proposta della Commissione presenta alcune lacune cui si dovrebbe rimediare, in particolare l'assenza della dimensione sociale e di una definizione adeguata della pesca costiera artigianale e della raccolta di molluschi.

3.12.2   Secondo Eurostat, tra il 2001 e il 2010 il numero di pescatori si è ridotto del 20 % fino ad arrivare a 203 200 persone: di queste, solo il 40 % svolge un lavoro autonomo. Tutto il settore, d'altro canto, dava lavoro a cinque milioni di persone nel 2005. Il CESE ritiene che la dimensione socioeconomica della sostenibilità meriti la stessa attenzione riservata alla dimensione ambientale.

3.12.3   Come già indicato nel parere sul Libro verde, il CESE ritiene che la Commissione non tenga sufficientemente conto degli aspetti sociali della PCP. Rinvia pertanto a quanto affermato in quella sede, in particolare per quanto riguarda l'assenza di un riconoscimento sistematico delle qualifiche professionali da uno Stato membro all'altro, la necessità di una compilazione di dati statistici armonizzati relativi agli incidenti e alle loro cause - attualmente inesistente a livello di UE - e l'esigenza di ridare valore al settore garantendogli quanto più possibile dei livelli retributivi dignitosi.

3.12.4   Il CESE non pensa che la riforma in corso risolverà i problemi occupazionali dei lavoratori del settore e, pertanto, propone di introdurre misure di accompagnamento di carattere socioeconomico (diversificazione delle attività, riconversione professionale, formazione e sicurezza dei lavoratori del settore) che contribuiscano ad affrontare il processo di riforma, con la massima partecipazione degli attori istituzionali, economici e sociali.

3.12.5   Occorrerà quindi tenere conto degli aspetti sociali in tutti i segmenti del settore della pesca e dell'acquacoltura (produzione, trasformazione e commercializzazione), con proposte concrete per migliorare le condizioni di vita e di lavoro.

3.12.6   Per quanto riguarda la flotta costiera artigianale, la Commissione mantiene l'attuale definizione di imbarcazioni con una lunghezza inferiore ai 12 metri, esclusi i pescherecci da traino. Il Comitato ritiene che in questo modo non si tenga conto della realtà delle flotte artigianali nei diversi Stati membri e che si stabilisca un unico criterio arbitrario suscettibile di dare luogo a situazioni discriminatorie. Chiede pertanto che siano introdotti, accanto alle dimensioni, criteri addizionali per la delimitazione di questo tipo di pesca altamente diversificata, come ad esempio il tempo trascorso in alto mare, la distanza dalla costa o i legami con le comunità locali. A giudizio del CESE, una definizione di questo concetto a livello locale, regionale o nazionale sarebbe più corretta rispetto all'imposizione di una definizione uniforme a livello europeo, che assimila una parte consistente della flotta artigianale alla pesca industriale.

3.12.7   Allo stesso modo, il CESE ritiene che le tonnare andrebbero incluse nella definizione di pesca artigianale, attribuendo loro, se del caso, gli stessi diritti e obblighi del resto delle flotte artigianali.

3.13   Il CESE constata che la proposta di regolamento conferisce alla Commissione ampi poteri per adottare atti delegati. Tuttavia, considerando che tale adozione di poteri da parte della Commissione dovrà essere notificata contemporaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio e che potrà essere revocata da entrambi, il CESE ritiene che siano presenti garanzie quanto alla sua applicazione.

4.   Analisi della proposta di riforma dell'OCM e osservazioni del Comitato

4.1   Introduzione

4.1.1   L'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura sarà applicata ai prodotti della pesca e dell'acquacoltura enumerati nell'allegato del regolamento e commercializzati nell'UE; detta organizzazione contribuirà al raggiungimento degli obiettivi della PCP e si reggerà sui principi di buon governo stabiliti nella stessa.

4.1.2   Come indicato al punto 2.2.2, l'OCM sarà composta dai seguenti strumenti: le organizzazioni professionali, le norme di commercializzazione, l'informazione dei consumatori, le norme di concorrenza e le informazioni sul mercato.

4.1.3   Il CESE appoggia gli obiettivi e i principi sui quali si fonderà il nuovo regolamento dell'OCM.

4.2   Organizzazioni professionali

4.2.1   Le organizzazioni dei produttori del settore della pesca si costituiranno come gruppi creati su iniziativa dei produttori di prodotti ittici in uno o più Stati membri e saranno riconosciute in conformità di quanto stabilito nella proposta di regolamento.

4.2.2   Pur avendo un ruolo chiave nell'attuazione della PCP, le organizzazioni di produttori hanno visto il loro sviluppo limitato sia dalla complessità della stessa OCM sia, soprattutto, dalle difficoltà di commercializzazione in un contesto in cui la normativa di difesa della concorrenza impedisce di far fronte al potere della grande distribuzione e in cui è consentita l'importazione a basso costo di pesci e molluschi che non rispettano requisiti fondamentali di sicurezza sanitaria come la tracciabilità integrale «dall'acqua alla tavola».

4.2.3   Il CESE invoca una semplificazione delle norme burocratiche e amministrative, a maggior ragione se le organizzazioni di produttori dovranno farsi carico delle catture non desiderate che risulteranno dal divieto dei rigetti. Nel contempo, invita a una revisione della politica della concorrenza, tale da consentire alle organizzazioni di produttori di concentrare, in modo operativamente utile e giuridicamente sicuro, un'offerta che attualmente è troppo frammentaria. Si dovrà rafforzare in particolare l'integrazione dei piccoli pescatori artigianali.

4.2.4   Organizzazioni dei produttori del settore dell'acquacoltura potranno costituirsi come gruppi creati su iniziativa dei produttori di prodotti dell'acquacoltura in uno o più Stati membri e saranno riconosciute secondo quanto stabilito nella proposta di regolamento.

4.2.5   Nonostante le difficoltà indicate, il CESE è favore della costituzione di organizzazioni dei produttori nel settore della pesca e dell'acquacoltura dato il grande impulso che hanno finora conferito alla PCP.

4.2.6   Organizzazioni interprofessionali potranno altresì costituirsi come gruppi creati su iniziativa dei produttori di prodotti della pesca e dell'acquacoltura in uno o più Stati membri e saranno riconosciute secondo quanto stabilito nella proposta di regolamento.

4.2.7   Il CESE accoglie con favore la possibilità di creare organizzazioni interprofessionali che rappresentino una parte significativa di almeno due delle attività seguenti: produzione, trasformazione o commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura. Sebbene sia loro vietato esercitare direttamente le attività di produzione, trasformazione e commercializzazione, le organizzazioni interprofessionali potrebbero servire, oltre alle misure contemplate nella proposta, a diversificare i prodotti della pesca in diversi mercati e a incrementare la redditività in tutte le fasi della filiera della pesca e dell'acquacoltura.

4.2.8   Il CESE appoggia gli obiettivi delle organizzazioni interprofessionali e le misure che potranno adottare, benché manchi un articolo sul finanziamento di questo tipo di organizzazioni.

4.3   Estensione delle norme

4.3.1   Gli Stati membri possono decidere che le norme approvate nell'ambito di un'organizzazione di produttori o di una organizzazione interprofessionale siano vincolanti, a determinate condizioni, per i produttori o gli operatori non aderenti all'organizzazione in questione, e che i suddetti produttori e operatori debbano corrispondere all'organizzazione di produttori o all'organizzazione interprofessionale l'equivalente di una parte o della totalità dei costi sostenuti dagli aderenti dell'organizzazione stessa.

4.3.2   Il CESE ritiene che questa proposta possa migliorare le condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura e contribuire alla stabilizzazione dei mercati.

4.4   Stabilizzazione dei mercati

4.4.1   Le organizzazioni di produttori potranno finanziare l'ammasso di determinati prodotti della pesca per preservare la stabilità dei mercati, purché rispettino una serie di condizioni.

4.4.2   Pur considerando adeguato questo meccanismo, il CESE è dell'avviso che le organizzazioni dei produttori dovrebbero anche avere piena autonomia nel decidere quali specie dovrebbero rientrarvi. D'altro canto, ritiene necessario che siano proposti prezzi di riferimento per i prodotti dell'acquacoltura, analogamente a quanto accade per quelli della pesca. Detti prezzi di riferimento vanno integrati con meccanismi di intervento efficaci e adeguati alle caratteristiche dei mercati dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

4.4.3   Il CESE invita la Commissione, gli Stati membri e il settore a cercare meccanismi più agili ed efficaci per equilibrare l'offerta e la domanda di prodotti del mare. Le misure di coordinamento e di accordo in seno alle organizzazioni interprofessionali potrebbero costituire un buon punto di partenza.

4.5   Informazione dei consumatori

4.5.1   I prodotti della pesca e dell'acquacoltura che figurano nell'elenco allegato alla proposta di regolamento e sono commercializzati all'interno dell'UE, ivi compresi quelli di importazione, potranno essere offerti in vendita al dettaglio al consumatore finale solo a condizione che un contrassegno o un'etichettatura riporti determinate informazioni obbligatorie minime: la denominazione commerciale, il metodo di produzione, la zona in cui il prodotto è stato catturato o allevato, la data della cattura o della raccolta e se il prodotto è fresco o se è stato scongelato. Le preparazioni e conserve di pesci, il caviale e i suoi succedanei, nonché i crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici, preparati o conservati, potranno essere venduti soltanto qualora un contrassegno o un'etichettatura rispetti le prime tre condizioni alle quali sono sottoposti gli altri prodotti della pesca e dell'acquacoltura: denominazione commerciale della specie, metodo di produzione e zona di cattura o allevamento.

4.5.2   La proposta relativa alle informazioni ai consumatori, da un lato, introduce nuovi requisiti (sia per i prodotti del capitolo 3 sia per i prodotti del capitolo 16 contemplati nell'allegato II relativo alla designazione delle merci) non previsti dall'attuale normativa dell'OCM e, dall'altro, estende tali misure alle importazioni.

4.5.3   Il CESE ritiene che il requisito di nuove disposizioni in materia di informazione dei consumatori sia positivo, ma richieda un'analisi minuziosa delle caratteristiche specifiche delle diverse modalità di presentazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

4.5.4   Questi nuovi requisiti devono realmente rispondere a elementi positivi che apportino un valore reale al consumatore, non devono creare confusione tra l'etichettatura e la tracciabilità, non devono comportare barriere tecniche per i produttori e devono essere conformi alle recenti riforme del regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (7) e del regolamento (CE) 1224/2009 che istituisce un regime di controllo comunitario per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca (8).

4.5.5   Per tutte queste ragioni il CESE ritiene che la Commissione, prima di includere nuovi requisiti in materia di etichettatura, dovrebbe realizzare uno studio d'impatto in cui ne analizzi la fattibilità, l'applicabilità e l'utilità per i consumatori.

4.5.6   Al fine di dare risposta alle richieste di maggiore trasparenza, la proposta prevede la possibilità, su base volontaria e a condizione di non togliere spazio alle informazioni obbligatorie, di fornire informazioni di tipo ambientale, etico o sociale, sulle tecniche di produzione o sul contenuto nutrizionale del prodotto. Il CESE ritiene che qualunque proposta di informazione volontaria dovrà essere basata su norme minime regolamentate in grado di evitare che tali informazioni possano diventare una fonte di confusione del consumatore o di distorsione del mercato.

4.5.7   Il Comitato sottolinea la necessità di rafforzare il controllo delle norme sulla tracciabilità dei prodotti del mare, al fine di rafforzare l'identificazione dell'origine dei beni estratti od oggetto di acquacoltura e garantire il rispetto dei requisiti di sicurezza degli alimenti in tutta la filiera della pesca e dell'acquacoltura nelle loro diverse fasi: produzione, trasformazione e commercializzazione.

4.5.8   Al fine di evitare la concorrenza sleale nel mercato dell'UE, il CESE invoca, per i prodotti importati, condizioni igienico-sanitarie e di controllo uguali a quelle applicate ai prodotti europei, ivi compresa la tracciabilità integrale «dall'acqua alla tavola», e invita a garantire il pieno rispetto di queste norme che contribuiscono alla sicurezza degli alimenti attraverso controlli esaustivi, sia alla frontiera sia all'origine. In tal senso, il Comitato ritiene che le diverse direzioni generali della Commissione europea dovrebbero adottare un approccio coerente.

4.5.9   Il Comitato invita a esplorare le possibilità di estendere l'armonizzazione dei criteri produttivi all'ambito sociale e lavorativo e al rispetto della sostenibilità ambientale. Propone pertanto di analizzare, prima della conclusione di accordi commerciali tra l'UE e i paesi terzi, la portata e le conseguenze sociali e ambientali degli stessi, e di sorvegliare in modo intensivo e periodico i loro risultati, in modo da evitare che sia compromessa la competitività del settore europeo della pesca, della raccolta di molluschi e dell'acquacoltura, nonché della sua filiera di commercializzazione e trasformazione.

4.6   Informazioni sul mercato

4.6.1   La proposta prevede che la Commissione realizzi una serie di azioni al fine di informare i diversi soggetti interessati del settore della pesca e dell'acquacoltura in merito alla situazione e all'evoluzione del settore stesso, tenendo conto del contesto internazionale, vigilando sulla catena di approvvigionamento, analizzando le tendenze del mercato e fornendo studi ad hoc sulla formazione dei prezzi. Il CESE accoglie con favore questa proposta.

4.7   Esercizio del potere delegato

4.7.1   Il CESE dà il suo assenso alla delega di poteri concessi alla Commissione in quanto tutti si riferiscono al rispetto e al controllo efficaci della proposta di regolamento sull'OCM.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2009) 163 final.

(2)  CESE, GU C 18 del 19.1.2011, pagg. 53-58.

(3)  CESE, GU C 24 del 28.1.2012, pag. 48.

(4)  COM(2011) 417 final.

(5)  COM(2009) 162 final, parere CESE 646/2010 del 28 aprile 2010 (GU C 18 del 19.1.2011, pagg. 59-63.

(6)  COM(2011) 500 final del 29 giugno 2011, Un bilancio per la strategia Europa 2020, Parte II, pag. 88.

(7)  GU L 304 del 22.11.2011, pagg. 18-63.

(8)  GU L 343 del 22.12.2009, pag. 1.


21.6.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 181/195


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci

COM(2011) 798 definitivo — 2011/0364 (COD)

(2012/C 181/34)

Relatore: ESPUNY MOYANO

Il Parlamento europeo, in data 30 novembre 2011, e il Consiglio, in data 13 dicembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci

COM(2011) 798 final — 2011/0364 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere in data 14 marzo 2012.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 28 marzo 2012, nel corso della 479a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 103 voti favorevoli, 30 voti contrari e 22 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   Il Comitato economico e sociale (CESE) rifiuta nettamente la pratica dello spinnamento da parte di qualsiasi flotta del mondo.

1.2   Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che l'eliminazione dei permessi di pesca speciali e l'introduzione della politica delle pinne ripiegate consentirebbero di evitare la pratica dello spinnamento nell'UE, ma esprime preoccupazione per le conseguenze economiche e sociali di queste misure. Ritiene pertanto opportuno cercare metodi alternativi che assicurino il rispetto del divieto di spinnamento senza incidere in modo significativo sulla redditività delle imprese e sulla sicurezza degli equipaggi, anche se queste alternative non elimineranno i problemi di monitoraggio e di applicazione delle norme documentati dalla Commissione.

1.3   Il CESE suggerisce le seguenti misure alternative:

1.3.1

l'obbligo di sbarcare nello stesso porto i corpi e le pinne.

1.3.2

L'eliminazione dei permessi speciali per la flotta per il pesce fresco.

1.3.3

Il rilascio di permessi speciali alle navi congelatrici, purché utilizzino un sistema di tracciabilità che assicuri la correlazione tra i corpi e le pinne sbarcate.

1.3.4

L'introduzione, in tutte le organizzazioni regionali della pesca (ORP), di un programma di documentazione statistica per il commercio delle pinne di squalo.

1.4   Il Comitato raccomanda di adottare, in tutte le ORP, piani di gestione delle catture di squali che stabiliscano, tra l'altro, misure per limitare lo sforzo di pesca, chiusure spazio-temporali e il divieto di realizzare trasbordi in alto mare.

1.5   Il CESE esorta la Commissione europea a fare tutto il possibile per garantire il rispetto del divieto di spinnamento da parte delle flotte di paesi terzi che ancora si dedichino a questa deplorevole pratica, nonché degli obblighi di presentazione di dati attendibili sulla cattura di queste specie da parte delle flotte di paesi terzi presenti nelle ORP.

1.6   Il CESE invita la Commissione europea a fornire garanzie scritte del fatto che l'operazione di trasformazione che sarebbe necessario realizzare nei paesi terzi di sbarco per asportare completamente le pinne si considererebbe come «semplice taglio» e, pertanto, non cambierebbe l'origine europea del prodotto.

2.   Introduzione

2.1   Il regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci (1), stabilisce un divieto generale della pratica denominata «spinnamento degli squali», che consiste nell’asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare.

2.2   Il regolamento consente inoltre agli Stati membri di rilasciare permessi di pesca speciali che consentano l’asportazione delle pinne dai corpi degli squali senza tuttavia poterne gettare in mare le carcasse. Al fine di garantire la corrispondenza tra il peso delle pinne e quello dei corpi viene fissato un rapporto ponderale pinne/peso vivo.

2.3   La Commissione ritiene che il rilascio dei permessi speciali non garantisca il controllo dello spinnamento e pertanto propone da un lato di eliminare i suddetti permessi e dall'altro di consentire che le pinne degli squali possano essere parzialmente tagliate e ripiegate contro la carcassa.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il Comitato rifiuta nettamente la pratica dello spinnamento da parte di qualsiasi flotta del mondo.

3.2   Il CESE ha potuto constatare che molti scienziati, Stati membri e ONG, nonché il settore della pesca ritengono che non esistano prove che nell'UE si pratichi lo spinnamento (2). Vi è la certezza, invece, che esso sia praticato nei paesi terzi.

3.3   A giudizio del CESE, è importante conoscere l'attività della flotta che utilizza palangari di superficie per la pesca degli squali pelagici e che finora si è avvalsa dei permessi di pesca speciali, al fine di comprendere perché è necessario mantenere detti permessi.

3.3.1   I pescherecci dell'UE che utilizzano palangari di superficie e si dedicano alla pesca degli squali sono circa 200 (3), e ciascuno di essi necessita di un equipaggio di 12-15 membri.

3.3.2   Questi pescherecci si dedicano principalmente alla cattura del pesce spada e realizzano anche catture di specie di squali pelagici: la verdesca (Prionace glauca) rappresenta circa l'87 % e lo squalo mako (Isurus oxyrinchus) circa il 10 % delle catture complessive di squali pelagici. Entrambe le specie compaiono con elevata prevalenza nel sistema epipelagico oceanico e hanno ampia distribuzione geografica negli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Secondo le più recenti stime dell'ICCAT, gli stock di Prionace glauca e di Isurus oxyrinchus si troverebbero in una buona situazione dal punto di vista biologico e da quello dei tassi di sfruttamento. Le rispettive biomasse sono state stimate a livelli superiori o analoghi al rendimento massimo sostenibile.

3.3.3   La presentazione in prima vendita delle pinne da parte della flotta dell'UE, con sfruttamento totale si differenzia da quella realizzata da altre flotte di paesi occidentali non europei che sfruttano soltanto una parte delle stesse oppure le scartano.

3.3.4   Occorre fare una distinzione tra i pescherecci per il pesce fresco e le navi congelatrici:

3.3.4.1

pescherecci per il pesce fresco o misti (congelatrici con alcune retate di fresco): operano nell'Atlantico e solitamente sbarcano nel porto di Vigo o in altri porti dell'UE senza asportare le pinne. Le bordate di pesca durano di norma un po' più di un mese.

3.3.4.2

Navi congelatrici: operano nell'Atlantico, nell'Oceano Indiano e nel Pacifico, e di solito compiono bordate della durata di almeno tre mesi. Su queste navi, dopo la cattura, gli squali sono decapitati ed eviscerati, dopodiché si procede all'asportazione di tutte le pinne. Tutte le parti sono lavate con abbondante acqua e introdotte nella cella di congelamento. I fegati sono posti in un apposito sacco e successivamente in una cassa di plastica. Una volta terminato il processo di congelamento, i corpi vengono imballati, prima in rafia sintetica e successivamente in sacchi di cotone (per proteggere il prodotto e garantirne la migliore qualità). Le pinne e i fegati sono riposti in apposite casse. Prima di procedere all'immagazzinamento dei prodotti nella stiva dell'imbarcazione, su tutte le parti è apposta un'etichetta che indica il tipo di prodotto, la presentazione e la zona di cattura. Di solito le catture sono sbarcate nel porto di Vigo, in altri porti dell'UE o in porti di paesi terzi:

Atlantico settentrionale: Capo Verde (Praia), Azzorre (Horta), Canarie (Las Palmas);

Atlantico meridionale: Uruguay (Montevideo), Namibia (Walvis Bay), Sud Africa (Città del Capo);

Indiano: Sud Africa (Durban), Isola Maurizio (Port Louis), Indonesia (Giacarta);

Pacifico: Perù (Callao, Chimbote, Puerto Pisco), Panama (Vacamonte), Nuova Zelanda (Napier), Polinesia Francese (Papeete - Tahití).

3.3.5   Normalmente, i corpi e le pinne sono sbarcati negli stessi porti, mentre la commercializzazione dei diversi prodotti segue canali distinti. I corpi, una volta sbarcati, sono diretti a Vigo o in Sudamerica (principalmente in Brasile, Perù e Colombia). Quelli diretti a Vigo si vendono di solito in Italia, Grecia, Romania, Ucraina, Polonia, Russia, Portogallo, Andalusia e Sudamerica. Le pinne sono di norma inviate a Vigo e successivamente in Giappone, Cina, Hong Kong, California, ecc., oppure trasportate direttamente in questi paesi dal luogo dello sbarco.

3.3.6   Per quanto riguarda i prezzi, nei fatti i corpi degli squali hanno un prezzo medio di prima vendita che va da 0,50 a 2 euro/kg, mentre per le pinne della verdesca e del mako, sempre in prima vendita, il prezzo va dai 10 ai 15 euro/kg.

3.3.7   Al giorno d'oggi, gli introiti ottenuti dagli armatori con la vendita dei corpi rappresentano il 55 % del totale, mentre il restante 45 % è ascrivibile alla vendita delle pinne.

3.3.8   Dal punto di vista nutrizionale, lo squalo, che è privo di spine, apporta circa 130 calorie per 100 grammi. È caratterizzato da una carne semigrassa (4,5 grammi per 100 grammi) e molto ricca di proteine di qualità (21 grammi per 100 grammi), comprendenti tutti gli amminoacidi essenziali. I grassi presenti sono in maggioranza insaturi, pertanto il consumo di questa carne è indicato per le diete di prevenzione e trattamento delle patologie cardiovascolari, purché sia preparata utilizzando grassi adeguati come l'olio d'oliva o di semi. È di facile digestione e contiene vitamine del gruppo B (benché in quantità minore rispetto ad altri pesci) e soprattutto vitamine liposolubili A ed E. Tra i minerali risaltano in particolare il fosforo, il potassio, il magnesio e il ferro.

3.3.9   Oggi, seguendo le raccomandazioni della FAO, lo squalo è sfruttato integralmente. Oltre al corpo e alle pinne, il fegato è utilizzato nell'industria farmaceutica e cosmetica per l'estrazione della vitamina A e dello squalene, e la pelle per la produzione di articoli in cuoio.

3.4   Il Comitato ritiene opportuno che siano conosciuti i motivi per i quali la flotta europea necessita di permessi speciali:

3.4.1

sicurezza: le pinne ripiegate, quando l'animale è congelato, risultano affilate come coltelli, il che rende la loro manipolazione a bordo di navi in continuo movimento particolarmente pericolosa per gli equipaggi durante le operazioni di manipolazione e di sbarco.

3.4.2

Qualità: l'immagazzinamento delle pinne che aderiscono al tronco in modo naturale provoca un deterioramento delle catture, sia nelle pinne che nei corpi, in quanto genera abrasioni e tagli tra gli esemplari. Il prodotto congelato di recente cattura offre una grande qualità dal punto di vista nutrizionale e igienico-sanitario, e asportare le pinne prima di congelare il corpo consente di evitare qualsiasi interruzione della catena del freddo.

3.4.3

Sfruttamento dello spazio: l'immagazzinamento separato dei corpi e delle pinne (o lo stivaggio di queste ultime negli spazi rimasti vuoti tra un corpo e l'altro) consente di sfruttare al meglio lo spazio disponibile nelle stive, incrementando così la redditività delle imbarcazioni.

3.4.4

Canali di commercializzazione diversi: la misura comporterebbe la necessità di asportare le pinne a terra, al punto di sbarco in un paese terzo, con alcune importanti conseguenze:

3.4.4.1

la manipolazione delle pinne in porto di un paese terzo, qualora questa operazione non fosse considerata un «semplice taglio» (4), potrebbe implicare un cambiamento dell'origine del prodotto, che quindi non sarebbe più europeo e rientrerebbe nella categoria dei prodotti importati nell'UE, con tutti i requisiti e le condizioni sanitarie e doganali che ne conseguono.

3.4.4.2

Si introdurrebbero anche nuovi fattori di rischio per quanto riguarda le procedure di scarico delle catture, che si farebbero più complesse e più prolungate.

3.4.4.3

Parallelamente, l'aumento della durata delle procedure di scarico causerebbe una diminuzione nella qualità dei prodotti, in quanto comporta un'interruzione della catena del freddo. Ne deriverebbe un rischio sanitario legato alla possibile comparsa di istamina e all'incremento delle basi azotate volatili totali, che causano il deterioramento del prodotto.

3.4.4.4

I principali porti di sbarco del prodotto congelato, inoltre, sono situati di solito in paesi terzi ove scarseggiano le infrastrutture adeguate, e gran parte di essi si trova in aree dal clima tropicale, il che, rendendo più rapido l'aumento della temperatura, aggrava le conseguenze descritte nel paragrafo precedente.

3.5   Lo spinnamento è praticato da imbarcazioni non europee che, pur essendo prive di sistemi di congelamento, operano in acque lontane e per periodi prolungati, e quindi conservano soltanto le pinne mediante un procedimento di essicazione (disidratazione) scartando i corpi che altrimenti finirebbero per imputridire a bordo. Per le navi congelatrici europee che sarebbero interessate dalla proposta della Commissione, praticare lo spinnamento comporterebbe gettare fuori bordo una preziosa fonte di reddito rappresentata dai corpi successivamente venduti, il che non avrebbe alcun senso dal punto di vista imprenditoriale.

3.6   Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che l'eliminazione dei permessi di pesca temporanei e l'introduzione della politica delle pinne ripiegate garantirebbero che nell'UE non si praticasse lo spinnamento. Tuttavia, tenendo conto degli elementi già menzionati e delle possibili conseguenze negative per i pescatori dell'applicazione di queste misure, ritiene opportuno cercare metodi alternativi che assicurino il rispetto del divieto di spinnamento senza incidere in modo significativo sulla redditività delle imprese e sulla sicurezza degli equipaggi, anche se queste alternative non elimineranno i problemi di monitoraggio e di applicazione delle norme documentati dalla Commissione.

3.7   Il CESE suggerisce le seguenti misure alternative:

3.7.1

l'obbligo di sbarcare nello stesso porto i corpi e le pinne.

3.7.2

L'eliminazione dei permessi speciali per la flotta per il pesce fresco.

3.7.3

Il rilascio di permessi speciali alle navi congelatrici, purché utilizzino un sistema di tracciabilità che assicuri la correlazione tra i corpi e le pinne sbarcate.

3.7.4

L'introduzione, in tutte le organizzazioni regionali della pesca (ORP), di un programma di documentazione statistica per il commercio delle pinne di squalo, analogo a quello esistente per il tonno rosso nell'ambito della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (ICCAT).

3.8   Allo stesso modo, il Comitato raccomanda di adottare, in tutte le ORP, piani di gestione delle catture di squali che stabiliscano, tra l'altro, misure per limitare lo sforzo di pesca, chiusure spazio-temporali e il divieto di realizzare trasbordi in alto mare.

3.9   Il CESE ritiene che la Commissione europea dovrebbe intensificare i suoi sforzi al fine di pervenire al pieno rispetto del divieto di spinnamento da parte delle flotte di paesi terzi che ancora si dedichino a questa deplorevole pratica, nonché degli obblighi di presentazione di dati attendibili sulla cattura di queste specie da parte delle flotte di paesi terzi in seno alle ORP.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Il Comitato valuta positivamente le iniziative avviate da alcuni Stati membri al fine di proteggere le popolazioni più vulnerabili di squali, in particolare il divieto di catturare lo squalo volpe (famiglia Alopiidae) e il pesce martello (famiglia Sphyrnidae) stabilito dalla Spagna (5). In questo senso, esorta ad adottare in tutte le ORP misure adeguate di protezione e di gestione delle specie più vulnerabili di squalo.

4.2   Per quanto riguarda l'attuale modello basato sui rapporti ponderali, il Comitato ritiene che si tratti di un modello adeguato e funzionale. Dai diversi studi sulla materia realizzati dagli istituti di ricerca europei, tuttavia, si evince che il rapporto del 5 % non è adeguato, in quanto troppo basso, alle pratiche di pesca della flotta europea, basate sullo sfruttamento integrale o massimizzato del peso delle pinne, né alle principali specie di squalo (la verdesca e il mako) suscettibile di essere catturate, e quindi neppure all'insieme delle specie. Il CESE ritiene che si dovrebbero ridefinire i rapporti massimi ammissibili a partire da criteri realistici e da una sufficiente base tecnica e scientifica, in considerazione degli studi già realizzati. Per evitare gli attuali problemi di interpretazione, il nuovo rapporto dovrebbe riferirsi esplicitamente al peso vivo degli squali.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 167 del 4.7.2003, pag. 1.

(2)  Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul funzionamento del regolamento (CE) n. 1185/2003 (COM(2005) 700 del 23 dicembre 2005); Relazione d'iniziativa della commissione Pesca del Parlamento europeo (INI/2054/2006); posizione del Consiglio consultivo regionale della flotta oceanica (LDRAC) riguardo alla consultazione della Commissione in merito a un piano d'azione dell'UE per gli squali e verbale del LDRAC relativo alla riunione congiunta sulla consultazione pubblica per la modifica del regolamento sull'asportazione delle pinne degli squali, 18 febbraio 2011.

(3)  Esclusi i pescherecci che operano nel Mediterraneo e che non necessitano di permessi speciali.

(4)  Regolamento (UE) n. 1063/2010 della Commissione, del 18 novembre 2010, recante modifica del regolamento (CEE) n. 2454/93 che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 307 del 23.11.2010, articolo 78, paragrafo 1, lettera i)).

(5)  Decreto ARM/2689/2009 del 28 settembre, che vieta la cattura dello squalo volpe (famiglia Alopiidae) e del pesce martello (famiglia Sphyrnidae). BOE n. 240, lunedì 5 ottobre 2009, pag. 84098.


21.6.2012   

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C 181/199


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica

COM(2012) 48 definitivo — 2008/0256 (COD)

(2012/C 181/35)

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 27 febbraio 2012 e 13 marzo 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 168, paragrafo 4, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica

COM(2012) 48 definitivo — 2008/0256 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CESE 1022/2009 adottato il 10 giugno 2009 (*1), il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso, con 161 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(*1)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 18.


21.6.2012   

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C 181/200


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica

COM(2012) 49 definitivo — 2008/0255 (COD)

(2012/C 181/36)

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 27 febbraio 2012 e 13 marzo 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 168, paragrafo 4, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la comunicazione al pubblico di informazioni sui medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica

COM(2012) 49 final — 2008/0255 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CESE 1025/2009 adottato il 10 giugno 2009 (*1), il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso, con 156 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(*1)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 33.


21.6.2012   

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C 181/201


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza

COM(2012) 52 definitivo — 2012/0025 (COD)

(2012/C 181/37)

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 27 febbraio 2012 e 16 febbraio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 168, paragrafo 4, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2001/83/CE per quanto riguarda la farmacovigilanza

COM(2012) 52 final — 2012/0025 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CESE 1022/2009 adottato il 10 giugno 2009 (*1), il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso, con 158 voti favorevoli, 1 voto contrario e 6 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(*1)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 18.


21.6.2012   

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C 181/202


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la farmacovigilanza

COM(2012) 51 definitivo — 2012/0023 (COD)

(2012/C 181/38)

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 27 febbraio 2012 e 16 febbraio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 168, paragrafo 4, lettera c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 726/2004 per quanto riguarda la farmacovigilanza

COM(2012) 51 final — 2012/0023 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CESE 1025/2009 adottato il 10 giugno 2009 (*1), il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso, con 157 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(*1)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 33.


21.6.2012   

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C 181/203


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla classificazione, all’imballaggio e all’etichettatura dei preparati pericolosi

COM(2012) 8 definitivo — 2012/0007 (COD)

(2012/C 181/39)

Il Parlamento europeo, in data 2 febbraio 2012, e il Consiglio, in data 8 marzo 2012, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi

COM(2012) 8 final — 2012/0007 (COD).

Poiché si era già pronunciato sul contenuto della proposta nel suo parere CESE 330/1997, adottato il 20 marzo 1997 (*1), il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso, con 166 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni, di non procedere all'elaborazione di un nuovo parere in materia ma di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel suddetto documento.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(*1)  parere del CESE in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi; GU C 158/1997 del 26.5.1997, pag. 76.


21.6.2012   

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C 181/204


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1342/2008 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che istituisce un piano a lungo termine per gli stock di merluzzo bianco e le attività di pesca che sfruttano tali stock

COM(2012) 21 definitivo — 2012/0013 (COD)

(2012/C 181/40)

Il Parlamento europeo, in data 13 marzo 2012, e il Consiglio, in data 22 febbraio 2012, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1342/2008 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che istituisce un piano a lungo termine per gli stock di merluzzo bianco e le attività di pesca che sfruttano tali stock

COM(2012) 21 final — 2012/0013 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 479a sessione plenaria dei giorni 28 e 29 marzo 2012 (seduta del 28 marzo), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 158 voti favorevoli, 2 voti contrari e 10 astensioni.

Bruxelles, 28 marzo 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON