ISSN 1977-0944

doi:10.3000/19770944.C_2012.043.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 43

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

55o anno
15 febbraio 2012


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

476a sessione plenaria del 7 e 8 dicembre 2011

2012/C 043/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le trasformazioni industriali atte a sviluppare industrie ad alta intensità energetica sostenibili che realizzino l'obiettivo di efficienza sotto il profilo delle risorse definito nella strategia Europa 2020 (parere di iniziativa)

1

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

476a sessione plenaria del 7 e 8 dicembre 2011

2012/C 043/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Concludere il primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: orientamenti per le politiche nazionali nel 2011-2012 — COM(2011) 400 definitivo

8

2012/C 043/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento del Consiglio (CE) n. 1083/2006 per quanto riguarda alcune disposizioni relative agli strumenti di condivisione dei rischi per gli Stati membri che subiscono o rischiano di subire gravi difficoltà in merito alla loro stabilità finanziaria — COM(2011) 655 definitivo — 2011/0283 (COD)

13

2012/C 043/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Migliorare la governance del mercato interno attraverso una più stretta cooperazione amministrativa — Una strategia per estendere e sviluppare il sistema di informazione del mercato interno (IMI)COM(2011) 75 definitivo — e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (regolamento IMI) COM(2011) 522 definitivo — 2011/0226 (COD)

14

2012/C 043/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Verso una strategia spaziale dell'Unione europea al servizio dei cittadini — COM(2011) 152 definitivo

20

2012/C 043/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla relazione della Commissione Relazione sulla politica di concorrenza 2010 — COM(2011) 328 definitivo

25

2012/C 043/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle imbarcazioni da diporto e le moto d'acqua — COM(2011) 456 definitivo — 2011/0197 (COD)

30

2012/C 043/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Programma UE per i diritti dei minori — COM(2011) 60 definitivo

34

2012/C 043/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Rafforzare i diritti delle vittime nell'Unione europea — COM(2011) 274 definitivo — e alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato — COM(2011) 275 definitivo — 2011/0129 (COD)

39

2012/C 043/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (XX direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) — COM(2011) 348 definitivo — 2011/0152 (COD)

47

2012/C 043/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto di accesso a un difensore nel procedimento penale e al diritto di comunicare al momento dell'arresto — COM(2011) 326 definitivo — 2011/0154 (COD)

51

2012/C 043/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo — COM(2011) 479 definitivo — 2011/0218 (COD)

56

2012/C 043/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell'Europa — COM(2011) 436 definitivo — e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 3/2008 del Consiglio relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi — COM(2011) 663 definitivo — 2011/0290 (COD)

59

2012/C 043/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica alla direttiva 64/432/CEE del Consiglio per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri — COM(2011) 524 definitivo — 2011/0228 (COD) e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1760/2000 per quanto riguarda l'identificazione elettronica dei bovini e che sopprime le disposizioni relative all'etichettatura facoltativa delle carni bovine — COM(2011) 525 definitivo — 2011/0229 (COD)

64

2012/C 043/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati — COM(2011) 530 definitivo — 2011/0231 (COD)

67

2012/C 043/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare — COM(2011) 555 definitivo — 2011/0239 (COD)

69

2012/C 043/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UECOM(2010) 612 definitivo

73

2012/C 043/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio — COM(2011) 451 definitivo — 2011/0196 (COD)

79

2012/C 043/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate — COM(2011) 241 definitivo

82

2012/C 043/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Una risposta nuova a un vicinato in mutamento — COM(2011) 303 definitivo

89

2012/C 043/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione — COM(2011) 634 definitivo — 2008/0183 (COD)

94

2012/C 043/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo — COM(2011) 566 definitivo — 2011/0243 (COD)

98

IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

476a sessione plenaria del 7 e 8 dicembre 2011

15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Le trasformazioni industriali atte a sviluppare industrie ad alta intensità energetica sostenibili che realizzino l'obiettivo di efficienza sotto il profilo delle risorse definito nella strategia Europa 2020» (parere di iniziativa)

2012/C 43/01

Relatore: IOZIA

Correlatore: JARRÉ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Le trasformazioni industriali atte a sviluppare industrie ad alta intensità energetica sostenibili che realizzino l'obiettivo di efficienza sotto il profilo delle risorse definito nella strategia Europa 2020.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre (seduta dell'8 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni del CESE

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che solo applicando sistemi altamente innovativi e standard tecnologici, ambientali e produttivi, e innalzandoli in linea con lo sviluppo tecnologico, l'Europa potrà far fronte all'inasprimento della concorrenza con i paesi emergenti. Occorre proteggere i lavoratori dagli effetti dei cambiamenti, tramite una formazione adeguata e tempestiva. Le politiche dell'UE dovrebbero favorire tale evoluzione.

1.2   I prodotti delle industrie ad alta intensità energetica (IIE) costituiscono la base della catena di valore per tutti i settori manifatturieri, i quali assicurano una percentuale importante dei posti di lavoro dell'UE. La stabilità, la puntualità, la qualità e la sicurezza con cui tali settori vengono riforniti garantiscono la loro competitività sul mercato globale e assicurano un'occupazione altamente qualificata nell'UE.

1.3   Occorre predisporre un adeguato quadro europeo per affrontare le esigenze comuni delle IIE, con l'obiettivo prioritario di rafforzarne la competitività e mantenerle in Europa, in un quadro di sostenibilità economica, sociale ed ambientale. I settori interessati sono ugualmente importanti e interdipendenti tra loro.

1.4   Pur nelle difficoltà dell'attuale congiuntura, il CESE raccomanda di investire ancora di più in ricerca, sviluppo, applicazione e formazione e nelle attività scientifiche applicate all'industria. Tali investimenti dovrebbero trovare adeguata copertura nel prossimo programma quadro e consentire lo scambio di esperienze e risultati a livello almeno europeo. I programmi europei e nazionali dovrebbero essere maggiormente incentrati sulla ricerca e l'innovazione in materia di efficienza energetica (1).

1.5   È indispensabile, a giudizio del CESE, una politica industriale integrata, che tenga sempre sotto controllo le variabili esterne e consenta alle imprese europee di competere con i concorrenti a livello globale a «parità di condizioni» e in un contesto di reciprocità. Per garantire un livello adeguato di competitività servono politiche industriali e fiscali comuni con scelte strategiche, che riguardano l'insieme dell'industria europea.

1.6   L'Europa non può continuare a gestire la sua economia ponendo vincoli sempre più stringenti, senza assumere le adeguate misure atte a prendere decisioni comuni stabili e strategiche in materia di governance, necessarie per la difesa del suo modello economico e sociale nonché per ottenere i migliori risultati anche nella tutela ambientale.

1.7   Il CESE è convinto che l'Unione debba fare il massimo possibile per predisporre dei sistemi flessibili per il raggiungimento degli obiettivi che si affermano come necessari. Questi sistemi devono tenere conto della specificità dell'industria di base.

1.8   Il CESE si domanda se non sia il caso di sottomettere a misure equivalenti al sistema ETS anche gli importatori. L'obiettivo primario sarebbe quello di raggiungere un sistema efficiente a livello globale, attraverso un accordo rigoroso e vincolante. In mancanza di tale accordo, e nell'ottica di raggiungere gli obiettivi che l'Unione si è data autonomamente, le merci e i servizi che sono offerti sul suo territorio, così come quelli esportati, dovrebbero avere lo stesso trattamento e le stesse condizioni (level playing field).

1.9   Il CESE raccomanda vivamente di riflettere sulla possibilità di mantenere il sistema delle allocazioni gratuite di certificati ETS per quelle imprese che hanno già raggiunto livelli di eccellenza, vicine ormai ai limiti fisici e termodinamici relativi alle loro specifiche tecniche. Il sistema delle aste dei permessi di emissione, che sarà attivato dal 2013, è certamente un buon sistema, ma soltanto se sarà adottato da altre regioni nel mondo. L'UE è intenzionata ad aprire gli scambi ad altri operatori non UE, cercando di costruire un mercato globale degli ETS.

1.10   Nel caso delle industrie ad alta intensità energetica, il sistema degli ETS, se non gestito con grande accortezza, potrebbe causare danni incalcolabili all'industria interessata. La rilocalizzazione delle emissioni di carbonio è un tema che non può essere considerato esclusivamente in una prospettiva futura; essa si verifica da almeno dieci anni, da quando gli investimenti sono stati ridiretti dall'Europa verso altri paesi come Stati Uniti, Cina, India, Brasile, ecc. Un'analisi approfondita di questo fenomeno sarebbe estremamente utile.

1.11   Va riutilizzata l'energia conservata nei materiali, sostenendo le operazioni di riciclaggio ove possibile. Vetro, ferro e acciaio e alluminio possono dare un grande contributo. L'Europa esporta i suoi materiali nobili. Occorrerebbe invece incentivare il riutilizzo interno, risparmiando l'energia contenuta nei singoli materiali (2).

1.12   Si dovrebbero incoraggiare le IIE a realizzare, anche consorziandosi, investimenti di lungo periodo nel settore energetico, in particolare in quello delle energie rinnovabili, dando loro la possibilità di acquistare l'energia con contratti pluriennali e a costi stabili.

1.13   A giudizio del CESE un quadro regolamentare stabile, efficace e duraturo è estremamente importante. I cicli economici di investimento nelle IIE durano dai sette ai venti anni (ad esempio per gli altiforni) e non è un caso che in Europa da più di trent'anni si investa meno di quanto ci si potrebbe aspettare nel ciclo integrato dell'acciaio.

1.14   Le politiche finora adottate sono state orientate piuttosto a punire che a premiare prassi innovative, comportamenti e investimenti responsabili. È necessario modificare quest'approccio e sostenere con incentivi di natura fiscale le azioni di quelle imprese che dimostrano di avere realizzato notevoli risultati nel campo dell'efficienza energetica.

1.15   È opportuno sottolineare gli straordinari risultati già ottenuti dalle IIE nel periodo immediatamente precedente all'entrata in vigore del sistema ETS. Esse hanno anticipato l'emergere di nuove esigenze e i cambiamenti della nostra epoca, e sarebbe del tutto ingiustificato se adesso venissero penalizzate duramente, rischiando di perdere un milione di posti lavoro (sia diretti che indiretti) altamente stabili e qualificati.

1.16   La disseminazione transnazionale e transettoriale delle buone pratiche è sicuramente uno strumento da sostenere, come il sostegno a nuovi progetti pilota o dimostrativi.

1.17   Misure di sostegno pubblico alla ricerca e all'innovazione, con programmi specifici dedicati, si sono rivelate di straordinaria importanza. Il CESE chiede alla Commissione europea, al Consiglio e al Parlamento di rafforzare quei programmi, incentrati sull'efficienza energetica e la diversificazione, e di strutturarli permanentemente nelle azioni di sviluppo.

1.18   Il mondo delle piccole e medie imprese (PMI) può dare un contributo significativo al raggiungimento degli obiettivi, attraverso programmi specifici e mirati a loro favore. Le imprese ad alta intensità energetica appartengono a tutti i segmenti di mercato. Gli oneri per raggiungere livelli eccellenti di efficienza energetica, però, sono inversamente proporzionali alla dimensione dell'impresa. Ed è proprio nelle PMI che si possono ottenere complessivamente i migliori risultati, ed è lì che occorrerà indirizzare grandi sforzi e coerentemente grandi risorse.

2.   Introduzione

2.1   Le industrie ad alta intensità energetica costituiscono la base di tutte le catene di valore manifatturiere europee, poiché forniscono i materiali di base per la realizzazione dei prodotti industriali. Esse hanno un ruolo essenziale nello sviluppo di un'economia a bassa intensità di carbonio.

2.2   L'introduzione di normative intese a ridurre del 20 % i consumi rappresenta una sfida in vista dello sviluppo di una nuova generazione di prodotti delle industrie ad alta intensità energetica. Serve un gran numero di misure e di incentivi per aprire il mercato ai nuovi prodotti a risparmio energetico.

2.3   Il settore industriale manifatturiero, che contribuisce per il 17,6 % al PIL europeo, assorbe il 27 % della domanda finale di energia dell'UE. Le grandi industrie produttrici di materie prime, ad esempio prodotti chimici e petrolchimici (18 %), ferro e acciaio (26 %) e cemento (25 %), sono ad alta intensità energetica e rappresentano il 70 % del consumo energetico industriale.

2.4   L'idea di ridurre i costi per mantenere ed eventualmente aumentare la competitività ha spinto molte industrie, in particolare quelle ad alta intensità energetica, a realizzare miglioramenti dell'efficienza energetica, facendo sì che il potenziale economico di tali industrie per il 2020 sia inferiore rispetto agli altri settori.

Tabella 1

Sviluppi previsti e potenziale di risparmio energetico nel 2020  (3)

 

2020

(PRIMES 2007)

[Mtep]

2020

(PRIMES 2009 EE)

[Mtep]

Progresso previsto per il 2020 senza azioni aggiuntive

[%]

Potenziale economico nel 2020

[%]

Potenziale tecnico nel 2020

[%]

 

1

2

3

[=(2-1)/1 (4)100]

4

5

Consumo interno lordo meno l'uso finale non energetico

1 842

1 678

–9 %

– 20 %

(obiettivo UE)

n.d.

Consumo energetico finale, di cui:

1 348

1 214

–10 %

–19 %

–25 %

Industria

368

327

–11 %

–13 %

–16 %

Trasporti

439

395

–10 %

–21 %

–28 %

Residenziale

336

310

–8 %

–24 %

–32 %

Terziario

205

181

–12 %

–17 %

–25 %

Trasformazione, trasmissione e distribuzione dell'energia

494

464

–6 %

–35 %

n.d.

Fonti: PRIMES per le colonne 1, 2 e 3 e Istituti Fraunhofer per le colonne 4 e 5.

2.5   Tuttavia, non sono ancora state sfruttate appieno tutte le opportunità, e ciò vale in particolare per le industrie di piccole e addirittura per alcune di medie dimensioni (5).

3.   Lo stato dell'arte tecnologico per le diverse industrie ad alta intensità energetica

Le industrie ad alta intensità energetica studiano e producono una serie di prodotti e tecnologie necessari per affrontare i cambiamenti climatici e le altre sfide globali. Una politica industriale attiva e l'innovazione rappresentano un prerequisito essenziale per migliorare l'efficienza energetica e delle risorse. Le attività di R&S devono essere incentrate maggiormente su soluzioni organizzative e tecnologiche che siano efficienti sul piano energetico e delle risorse. Inoltre, le imprese, unitamente ai lavoratori e ai loro rappresentanti, devono realizzare dei miglioramenti a livello di efficienza energetica e delle risorse al fine di promuovere l'innovazione nei prodotti e nei processi.

Si riporta di seguito una panoramica delle principali IIE.

3.1   Industria chimica e petrolchimica

3.1.1   L'industria dei prodotti chimici impiega 1 205 000 addetti per 29 000 imprese ed ha un valore della produzione pari a 449 miliardi di euro (2009 Eurostat), con un giro d'affari quasi doppio che corrisponde all'1,15 del PIL UE. Solo l'8 % del petrolio è usato nell'industria chimica come combustibile, la gran parte è destinata alla trasformazione. Per quanto riguarda i consumi energetici delle industrie di trasformazione, il 18 % è da attribuirsi a tale settore fra i comparti industriali.

3.1.2   L'industria chimica converte le materie prime in prodotti per le altre industrie e per i consumatori. Le materie prime di base si suddividono in organiche e inorganiche: le materie prime inorganiche includono l'aria, l'acqua e i minerali, mentre i combustibili fossili e la biomassa appartengono alla categoria delle materie prime organiche.

3.1.3   Circa l'85 % dei prodotti chimici viene realizzato a partire da una ventina di sostanze chimiche semplici, dette di base, che a loro volta derivano da circa 10 materie prime e sono poi trasformate in approssimativamente 300 prodotti intermedi. I prodotti chimici di base e intermedi sono classificati come bulk chemicals. Dai prodotti intermedi derivano circa 30 000 prodotti di consumo. Tali prodotti chimici costituiscono: il 12 % del costo di un'auto (cuscini dei sedili, manichette e cinghie; airbag), il 10 % del costo di una casa (tubi di isolamento e impianto elettrico), il 10 % dei prodotti acquistati e utilizzati quotidianamente da una famiglia media (prodotti alimentari, abbigliamento, calzature, prodotti per la salute e l'igiene personale, ecc.).

3.1.4   Il carbone, il petrolio e il gas naturale sono le materie prime principali per la produzione della maggior parte dei bulk chemicals. A ogni stadio si registra un'aggiunta di valore: valore relativo del petrolio greggio 1, combustibile 2, prodotto petrolchimico tipico 10, prodotto di consumo tipico 50.

3.1.5   I combustibili fossili rappresentano inoltre la più importante fonte di energia, con il petrolio al primo posto (~ 40 %), seguito dal carbone (~ 26 %) e dal gas naturale (~ 21 %).

3.1.6   L'industria chimica utilizza moltissima energia. Circa l'8 % della domanda complessiva di petrolio greggio è utilizzato come materia prima nell'industria chimica, il resto per la produzione di combustibile, principalmente per i trasporti.

3.2   Industrie dei metalli non ferrosi

3.2.1   Il panorama delle industrie di metalli non ferrosi è molto ampio e comprende la produzione di vari materiali come l'alluminio, il piombo, lo zinco, il rame, il magnesio, il nichel, il silicio e molti altri. Il settore nel suo complesso ha circa 400 000 addetti direttamente impiegati (Eurometaux luglio 2011). Il sub-settore più grande e significativo è quello dell'alluminio. Nel 2010 il personale ammontava a 240 000 addetti con un fatturato di 25 miliardi di euro. La produzione di bauxite era di circa 2,3 milioni di tonnellate, quella di ossido di alluminio 5,9 milioni di tonnellate mentre la produzione totale di alluminio (primario e riciclato) era pari a 6 milioni di tonnellate (270 impianti). Il benchmark di riferimento definito dalla Commissione europea è di 1 514 kg di CO2 equivalente/tonnellata per la produzione di alluminio primario.

3.2.2   Varie analisi hanno dimostrato che le materie prime e l'energia rappresentano i fattori di competitività più importanti per l'industria dei metalli non ferrosi dell'UE. A seconda del sottosettore, i costi per l'energia e le materie prime rappresentano approssimativamente una percentuale compresa tra il 50 % e il 90 % dei costi complessivi della produzione di metalli raffinati; i prezzi delle materie prime variano dal 30 % all'85 % dei costi totali mentre quelli dell'energia dal 2 % al 37 %. Per quanto riguarda le materie prime, per la produzione di metallo nell'UE il riciclaggio dei rottami ha un'importanza pari a quella dell'impiego di minerali e concentrati.

3.2.3   Nel 2005, in riferimento alla dipendenza dalle importazioni, l'industria dei metalli dell'UE classificava la bauxite, il magnesio, il silicio e i concentrati di rame come le materie prime più sensibili (ad esempio, il 50 % delle esportazioni mondiali di coke proviene dalla Cina e il 40 % delle esportazioni mondiali di concentrati di rame dal Cile).

3.2.4   Secondo l'industria sussistono rischi per l'approvvigionamento di rottami di alluminio, rottami di rame e rame da affinazione, concentrati di zinco e piombo, e lo stesso vale, nel lungo periodo, per i rottami di alluminio e rame e per i concentrati di rame e il rame da affinazione.

3.2.5   Quella dei metalli non ferrosi è un'industria ad alta intensità di energia elettrica; ciò vale in particolare per i produttori di alluminio, piombo e zinco, grandi consumatori di elettricità.

3.2.6   Già una parte considerevole del consumo di metalli non ferrosi dell'UE è fornita dalle importazioni e, se non si trovano dei rimedi, tale percentuale è destinata ad aumentare nettamente, mentre i produttori europei del settore cesseranno l'attività. Ciò comporterà una rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.

3.3   Industria siderurgica

3.3.1   L'industria siderurgica europea impiega direttamente 360 000 dipendenti ed ha avuto un fatturato nel 2010 di 190 miliardi di euro. La quota totale di consumo energetico ammonta a 3 700 GJ, corrispondente a circa il 25 % del consumo energetico dell'industria manifatturiera: le emissioni complessive di CO2 sono di ca. 350 milioni di tonnellate, corrispondenti al 4 % delle emissioni totali dell'UE.

3.3.2   Esistono due percorsi principali per la produzione dell'acciaio: il primo è denominato «percorso integrato», e si basa sulla produzione del ferro a partire dal minerale ferroso (in media, tuttavia, anche in questo percorso il 14 % è prodotto da rottami); il secondo è detto «percorso del riciclaggio» e utilizza i rottami di ferro come principale materia prima ferrosa in forni elettrici ad arco.

3.3.3   In entrambi i casi, il consumo energetico è correlato al combustibile (fondamentalmente carbone e coke) e all'energia elettrica. Il percorso del riciclaggio comporta un consumo energetico molto minore (80 % circa). Il «percorso integrato» comporta l'utilizzo di forni da coke, impianti di sinterizzazione, altiforni e forni convertitori per il processo basico a ossigeno.

3.3.4   Si stima che l'attuale consumo energetico nel percorso integrato si attesti tra 17 e 23 GJ per tonnellata di prodotto laminato a caldo [1][SET_Plan_Workshop_2010]. A livello europeo, il valore inferiore è considerato come un buon valore di riferimento per un impianto integrato, mentre un valore pari a 21 GJ per tonnellata è visto come un valore medio in tutta l'UE a 27.

3.3.5   La netta diminuzione (pari a circa il 50 %) del consumo energetico registrata nell'industria europea negli scorsi quaranta anni è da ricondurre in parte al maggior impiego del percorso del riciclaggio in luogo del percorso integrato (la percentuale è passata dal 20 % degli anni Settanta al 40 % odierno).

3.3.6   Tuttavia, la prospettiva di un passaggio verso il riciclaggio è limitata dalla disponibilità e dalla qualità dei rottami. In Europa, circa l'80 % delle emissioni di CO2 correlate al percorso integrato deriva dagli scarichi gassosi, i quali vengono utilizzati in larga misura dalla stessa industria per produrre circa l'80 % del suo fabbisogno di elettricità [EUROFER_2009a].

3.3.7   Nel 2008, la produzione di acciaio grezzo nell'UE ammontava a 198 milioni di tonnellate, vale a dire il 14,9 % della produzione mondiale complessiva (pari a 1 327 milioni di tonnellate) [WorldSteel_2009]. Dieci anni prima, con una produzione leggermente inferiore (191 milioni di tonnellate), la quota degli stessi paesi europei rispetto alla produzione mondiale era pari al 24,6 %.

3.4   Industria ceramica

3.4.1   L'industria ceramica impiega direttamente 300 000 addetti e comprende una vasta gamma di prodotti che vanno dai mattoni alle tegole, alle tubazioni in argilla, alle piastrelle per pavimenti e rivestimenti, passando per i sanitari, il vasellame e gli oggetti decorativi, fino ai prodotti abrasivi, refrattari e alla ceramica tecnica (6).

3.4.2   Questi settori comprendono applicazioni per l'edilizia, i processi ad elevate temperature, il comparto automobilistico, l'energia, l'ambiente, i beni di consumo, l'industria mineraria, la costruzione navale, la difesa, l'industria aerospaziale, i dispositivi medici e molto altro ancora. I settori delle ceramiche sono caratterizzati dalla loro dipendenza dalle materie prime sia nazionali che di importazione.

3.4.3   Il panorama dell'industria ceramica europea è composto in gran parte da PMI, che rappresentano circa il 10 % degli impianti interessati dal sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS), ma che sono responsabili di meno dell'1 % delle emissioni.

3.5   Cemento

3.5.1   L'industria europea del cemento nel 2010 occupava direttamente 48 000 addetti, per una produzione di 250 milioni di tonnellate ed un fatturato di 95 miliardi di euro. Il valore di riferimento per il consumo energetico è di 110 kWh/tonnellata: le emissioni complessive di CO2 sono state pari al 3 % delle emissioni totali dell'UE.

3.5.2   Il cemento è un materiale essenziale per l'edilizia come pure per l'ingegneria civile ed idraulica. La produzione dell'industria cementiera è in relazione diretta con l'andamento del settore delle costruzioni e rispecchia da vicino la situazione economica nel complesso.

3.5.3   Nell'Unione europea, il cemento è prodotto principalmente utilizzando la tecnologia moderna del processo a via secca, che richiede circa il 50 % in meno di energia rispetto al metodo di combustione di clinker nei forni a via umida.

3.5.4   Nel 2009, la produzione di cemento nei 27 Stati membri dell'UE è stata di circa 250 milioni di tonnellate, corrispondenti all'8,6 % della produzione mondiale di cemento, che è pari a circa 3 miliardi di tonnellate (7). La produzione mondiale è concentrata per lo più in Asia (75 %), e la sola Cina produce circa la metà del cemento mondiale (54,2 %). Questo dato indica che una percentuale molto elevata del cemento è prodotta in paesi che non applicano il protocollo di Kyoto.

3.5.5   L'industria europea del cemento è caratterizzata da un'elevata intensità di capitale (150 milioni di euro per milione di tonnellate di capacità di produzione) e da un elevato consumo energetico (60-130 kg di petrolio equivalente e 90-130 kWh di energia elettrica per tonnellata).

3.5.6   Un'ulteriore caratteristica importante dell'industria del cemento europea è la presenza di mercati regionali del cemento in un raggio inferiore a 200 miglia.

3.5.7   L'industria del cemento è uno dei principali responsabili delle emissioni di CO2. Le sue emissioni di anidride carbonica rappresentano circa il 5 % circa delle emissioni globali dovute all'attività umana (8). Le principali fonti di emissioni di CO2 nei cementifici sono il processo di decarbonatazione delle materie prime e la combustione dei carburanti.

3.5.8   Si stima che la decarbonatazione generi il 50 % circa delle emissioni totali di un cementificio e la combustione di carburanti il 40 %. Le emissioni di CO2 generate da questi due processi vengono denominate «emissioni dirette». Le fonti principali di emissioni indirette (circa il 10 % delle emissioni dei cementifici) sono il trasporto e la produzione di energia elettrica utilizzata nel cementificio (9).

3.5.9   Lo sviluppo del settore della produzione del cemento nell'UE dipende in larga misura dalle politiche e dalle decisioni dell'UE riguardanti le emissioni di CO2 e di altre sostanze inquinanti.

3.5.10   Nel settore del cemento, il sistema ETS riguarda la produzione di cemento (clinker) nei forni rotanti con una capacità superiore alle 500 tonnellate al giorno. I dati degli ultimi anni (10) indicano che le emissioni prodotte dall'industria del cemento sono state inferiori al previsto. I prezzi elevati delle quote di emissione di CO2 possono risultare più attraenti rispetto alla produzione di quantità maggiori di cemento. Il sistema di scambio delle quote di emissione potrebbe comportare una limitazione della produzione, per cui l'assegnazione di quote dovrebbe essere preceduta da un'analisi che consenta di fissare obiettivi sostenibili, di evitare perturbazioni sul mercato e di motivare gli imprenditori a migliorare l'efficienza energetica e al tempo stesso a ridurre le emissioni di CO2.

3.6   Industria del vetro

3.6.1   L'industria europea del vetro impiega direttamente 200 000 addetti: 1 300 sono i produttori ed i trasformatori, con una produzione che nel 2010 è stata di 34 milioni di tonnellate (30 % della quota mondiale). Il riciclo di una tonnellata di vetro evita la produzione di 670 kg di CO2. Le emissioni di CO2 annualmente ammontano a circa 25 milioni di tonnellate.

3.6.2   Il vetro è costituito principalmente da materiale vetrificabile come la silice (sabbia di elevata qualità), alcali per modificare lo stato della silice da solido a liquido (principalmente soda e potassa), stabilizzanti per ridurre la corrosione superficiale dei vetri (ossido di calcio, magnesio e ossido di alluminio), alcuni agenti affinanti e piccole quantità di altri additivi per conferire diverse caratteristiche ai singoli vetri.

3.6.3   La classificazione del tipo di vetro più diffusa è quella in funzione della composizione chimica, che dà origine a quattro raggruppamenti principali: vetro sodico calcico, cristallo al piombo e cristallo, vetro borosilicato e vetri speciali.

3.6.4   Per quanto riguarda i sottosettori, il «vetro per imballaggio» rappresenta il maggiore comparto dell'industria del vetro dell'UE con più del 60 % della produzione complessiva. I suoi prodotti sono recipienti in vetro (bottiglie e barattoli). Il vetro per contenitori viene prodotto in tutti gli Stati membri dell'UE, ad eccezione di Irlanda e Lussemburgo; a livello globale, l'UE è la maggiore regione produttrice di vetro per imballaggio, con circa 140 impianti.

3.6.5   Il vetro piano, con circa il 22 % della produzione complessiva di vetro, rappresenta il secondo settore per dimensioni dell'industria vetraria dell'UE e comprende la produzione di vetro flottato e vetro laminato. Nell'UE operano cinque produttori di vetro flottato e cinque produttori di vetro laminato. Nel 2008, le emissioni complessive di CO2 derivanti dal settore del vetro piano ammontavano a 7 milioni di tonnellate, di cui circa 6,5 riconducibili alla produzione del vetro flottato e circa 0,5 a quella del vetro laminato (fonte: CITL).

3.6.6   La fibra di vetro a filamento continuo è prodotta e fornita in forme diverse: roving, mat, filo tagliato, filati tessili, tessuto, fibre macinate. Il suo principale utilizzo finale (circa il 75 %) consiste nel rinforzo di materiali composti, soprattutto resine termoindurenti ma anche termoplastica. I principali mercati per i materiali composti sono l'edilizia, il settore automobilistico e dei trasporti (50 %) e l'industria elettrica ed elettronica.

3.6.7   Alcuni dati relativi all'impronta di CO2:

produzione media: 870 000 tonnellate l'anno di prodotto in fibra di vetro a filamento continuo

media delle emissioni dirette di CO2: 640 000 tonnellate

media CO2/tonnellata: 735 kg di CO2 / tonnellata di prodotto in fibra di vetro a filamento continuo.

3.6.8   Il settore dei vetri speciali rappresenta circa il 6 % della produzione dell'industria del vetro e si attesta al quarto posto in termini di massa prodotta. Tra i prodotti principali si annoverano: vetro per televisioni e monitor, vetro da illuminazione (tubi e lampade), vetro da ottica, vetreria da laboratorio e tecnica, vetro borosilicato e vetroceramica (articoli per cottura e applicazioni domestiche ad elevate temperature) e vetro per l'industria elettronica (pannelli LCD).

3.6.9   Il settore degli articoli in vetro per la casa è uno dei comparti più piccoli dell'industria del vetro e rappresenta circa il 4 % della produzione complessiva. Tale settore comprende la produzione di stoviglie da tavola, stoviglie da cucina e oggetti decorativi, tra cui bicchieri, tazze, ciotole, piatti, pentole, vasi e ornamenti.

4.   Panoramica generale delle emissioni di CO2 nel 2010 in Europa

4.1   Il sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS) pone un limite a circa 12 600 impianti tra cui centrali elettriche, fabbriche e raffinerie di petrolio. Il sistema copre circa il 40 % delle emissioni totali di gas serra dell'UE. Sulla base dei dati relativi alla produzione industriale, gli analisti stimano che nel 2010 le emissioni siano aumentate del 3,2 % rispetto al calo dell'11,3 % circa registrato nel 2009 (Barclays Capital, Nomisma Energia, IdeaCarbon).

4.2   Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, nel 2009 le emissioni totali di gas serra dell'UE ammontavano a circa 4,6 miliardi di tonnellate. Se queste fossero aumentate in linea con l'evoluzione delle emissioni industriali di carbonio registrate lo scorso anno, l'UE avrebbe superato di circa 300 milioni di tonnellate l'obiettivo di 4,5 miliardi di tonnellate di gas serra stabilito per il 2020. Secondo i funzionari UE responsabili delle questioni climatiche, l'UE resterà al di sotto di tale obiettivo se soddisferà gli obiettivi in materia di energie rinnovabili ed efficienza.

4.3   CO2

Le emissioni coperte dal sistema ETS dell'UE sono aumentate nel 2010, con l'incremento della domanda di energia e della produzione di tutto il settore industriale che ha determinato un maggior utilizzo di combustibili fossili da parte delle imprese per generare elettricità e calore (Sikorski).

Il rincaro del gas ha costretto le centrali termoelettriche ad avvalersi maggiormente del carbone, che rilascia maggiori quantità di biossido di carbonio.

5.   Osservazioni del CESE

5.1   La catena del valore dipende dalla disponibilità e dalla qualità dei materiali e le industrie di base europee forniscono materiali di primissima qualità. L'industria di trasformazione europea beneficia dell'alto livello qualitativo e dell'innovazione continua che la ricerca propone. Per esempio nell'industria dell'acciaio, il 70 % della qualità dipende dal tipo di colata. Questa qualità va mantenuta e dove possibile rafforzata.

5.2   Senza un'industria forte, competitiva e innovativa, l'Europa non potrà raggiungere nessun obiettivo sostenibile, quali ad esempio quelli fissati dalla Commissione in materia di emissioni di CO2.

5.3   Il sistema UE di scambio delle quote di emissione (UE ETS) è un sistema cap and trade adottato come strumento importante per raggiungere l'obiettivo che l'UE si è posta di ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno del 20 % entro il 2020 rispetto al 1990 e del 30 % nel caso di un accordo internazionale. L'ETS copre circa 12 500 impianti nel settore energetico e industriale, che insieme rappresentano quasi la metà delle emissioni di CO2 dell'UE e il 40 % delle emissioni totali di gas serra.

5.4   L'ETS opera oggi in trenta paesi (i ventisette Stati membri dell'UE più Islanda, Liechtenstein e Norvegia). Rispetto ad altri settori esclusi dal sistema, come quello dei trasporti, le industrie che fanno parte dell'ETS hanno registrato una significativa riduzione dei gas a effetto serra. Tuttavia, le IIE sono costantemente impegnate a migliorare l'efficienza energetica, a causa dell'aumento dei costi energetici. Sarebbe altamente auspicabile condurre un'analisi approfondita della riduzione delle emissioni riconducibile all'ETS dell'UE.

6.   L'aspetto sociale e ambientale

6.1   La difesa del sistema industriale europeo, dei lavoratori e degli interessi europei, della tutela dell'ambiente, della salute e dei consumatori, si realizza esclusivamente se nessuno di questi interessi prevale sugli altri, e se si ricerca il miglior punto di equilibrio tra le politiche ambientali, sociali ed economiche.

6.2   Il CESE, condividendo gli obiettivi ambientali e di sostenibilità sociale, individua in alcune aree prioritarie di intervento le direttrici su cui impostare un'azione integrata con una visione olistica del tema.

6.3   Occorrono innanzitutto seri programmi di sostegno alla crescita professionale, attraverso la formazione mirata a creare competenze idonee per affrontare le sfide tecnologiche, e realizzare ulteriori e migliori risultati nel campo dell'efficienza energetica. Le IIE sono caratterizzate da processi di produzione continui e da un elevato livello di responsabilità; questo non le rende allettanti agli occhi dei giovani e, pertanto, al fine di preservare le competenze europee in questo settore, occorre introdurre incentivi specifici a sostegno dei programmi di formazione professionale (comprese le borse di studio).

6.4   Vanno previsti incentivi per favorire la mobilità di tecnici e di lavoratori specializzati per diffondere conoscenze e buone pratiche a livello nazionale e transfrontaliero.

6.5   Particolare attenzione dovrà essere dedicata ai periodi di transizione, garantendo una assistenza adeguata ai lavoratori interessati dai processi di ristrutturazione dovuta ai cambiamenti necessari per adeguare le produzioni ai nuovi fabbisogni. Gli investimenti pubblici dovrebbero sostenere tale processo.

6.6   Un reale impegno nei confronti dei processi di mutazione industriale nelle IIE dovrà essere accompagnato da congrue valutazioni di impatto sulla società e sui lavoratori, per evitare conseguenze sociali negative e prepararsi in anticipo per l'introduzione di nuovi modelli produttivi.

6.7   Fondamentale lo sviluppo della conoscenza, della comprensione e della consapevolezza da parte dei cittadini, dei benefici che si possono ottenere attraverso un'industria ad alta efficienza energetica. A questo fine, oltre a promuovere l'etichettatura dei prodotti, occorrerebbe segnalare quella dei processi energeticamente efficienti che li hanno realizzati, cioè avere una doppia etichettatura, quella del prodotto, ma anche quella dello stabilimento che ha contribuito a mantenere alta l'efficienza complessiva.

6.8   Le IIE necessitano di maggiore sostegno per la ricerca e l'innovazione. L'attuale sistema di finanziamento dell'UE dovrebbe prevedere strumenti specifici (ad esempio sul modello del partenariato tra settore pubblico e settore privato SPIRE per l'industria sostenibile) per garantire maggior spazio ai progetti industriali. Le piattaforme tecnologiche hanno lavorato alacremente per preparare un ambiente più favorevole in cui le industrie possano confrontarsi nel modo migliore con i programmi quadro dell'UE. Anche il ruolo delle organizzazioni di ricerca e tecnologia dovrebbe essere posto in evidenza, poiché queste svolgono un ruolo essenziale nella catena dell'innovazione, favorendo la conversione di un'idea in applicazione industriale.

7.   La dimensione internazionale

7.1   USA, Giappone, Russia, Brasile, India e soprattutto la Cina (1° paese per valori di emissione, il 22 % del totale), devono assumersi le loro responsabilità. Questi paesi, con l'Europa, producono oltre il 70 % delle emissioni di CO2 (2007). Un accordo per il clima e per la salute del pianeta è indispensabile per poter affrontare le sfide poste dall'innalzamento della temperatura dovuta a cause antropiche.

7.2   Il CESE si è più volte espresso a sostegno di tali politiche europee, raccomandando ogni sforzo per arrivare a un giusto accordo internazionale, che ripartisca le responsabilità e gli oneri, tenendo conto di molteplici considerazioni e non solo dei fatti e dei numeri.

7.3   Le politiche in materia di cambiamento climatico avranno successo soltanto se la prossima Conferenza di Durban sarà in grado di sancire i nuovi obiettivi post Kyoto per i paesi maggiormente responsabili delle emissioni. L'Europa si è impegnata a realizzare obiettivi anche più ambiziosi, in presenza di un accordo globale. Il CESE è favorevole a questo, purché le considerazioni espresse in merito alle condizioni di sostenibilità per le imprese europee e per i lavoratori siano strutturalmente riconosciute e rispettate.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 38.

(2)  GU C 107 del 6.4.2011, pag. 1, GU C 218 del 23.7.2011, pag. 25.

(3)  SEC(2011) 779 definitivo.

(4)  I dati relativi al potenziale economico nel settore della trasformazione dell'energia si basano sui calcoli della DG ENER.

(5)  Piano di efficienza energetica 2011, COM(2011) 109 definitivo, studio di valutazione di impatto, Ib. n. 3, GU C 218 del 23.7.2011, pag. 38; Gazzetta ufficiale C 318, del 29.10.2011, pag. 76.

(6)  GU C 317 del 23.12.2009, pag. 7.

(7)  Relazione informativa Lo sviluppo dell'industria del cemento europea, CCMI/040, CESE 1041/2007, Cembureau, Evolution and Energy Trends - web site Cembureau, maggio 2011.

(8)  Carbon dioxide emissions from the global cement industry. Autori: Ernst Worrell, Lynn Price, Nathan Martin, Chris Hendriks, Leticia Ozawa Meida. Annual Review of Energy and the Environment, novembre 2001, vol. 26, pagg. 303-329.

(9)  Vanderborght B, Brodmann U. 2001. The Cement CO2 Protocol: CO2 Emissions Monitoring and Reporting Protocol for the Cement Industry. Guide to the Protocol, version 1.6 - www.wbcsdcement.org.

(10)  Relazione pubblicata su Euronews nel maggio 2006.


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

476a sessione plenaria del 7 e 8 dicembre 2011

15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Concludere il primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: orientamenti per le politiche nazionali nel 2011-2012»

COM(2011) 400 definitivo

2012/C 43/02

Relatore generale: SMYTH

La Commissione, in data 7 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Concludere il primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: orientamenti per le politiche nazionali nel 2011-2012

COM(2011) 400 definitivo.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 14 giugno 2011, ha incaricato il comitato direttivo Europa 2020 di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 476a sessione plenaria dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta dell'8 dicembre), ha nominato relatore generale SMYTH e ha adottato il seguente parere con 136 voti favorevoli e 6 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1   L'Unione e la sua popolazione stanno attraversando la peggiore crisi economica, sociale e politica della loro storia: essa sta colpendo pesantemente gli Stati membri e la popolazione e sta mettendo in pericolo risultati fondamentali come la moneta unica, il Patto di stabilità e il mercato interno. Nella crisi finanziaria precedente l'azione congiunta, rapida e decisa, tra i leader europei ha evitato una lunga recessione. L'Europa si trova adesso di fronte a un'altra sfida altrettanto seria, ed è nuovamente necessario un atteggiamento politico di cooperazione molto forte. Nessuno Stato membro può affrontare la crisi da solo. Si è di fronte a una cruda scelta politica: o l'integrazione europea viene rafforzata per superare la crisi, oppure la crisi indebolirà gravemente l'integrazione europea e la metterà a rischio.

1.2   Sono necessarie misure immediate per ridurre il debito, risanare le finanze pubbliche e far aumentare il livello di fiducia della gente e delle imprese. Tuttavia, i responsabili politici dovrebbero guardare oltre le crisi del presente. L'attenzione non dovrebbe essere rivolta soltanto alle azioni di breve e medio termine. C'è una chiara necessità di riforme di lungo termine. L'azione o l'inazione a questo riguardo avranno un impatto nel breve termine, persino nell'immediato, sui costi di finanziamento degli Stati membri.

1.3   In tale contesto, il CESE ritiene che la strategia Europa 2020 sia più importante che mai, in quanto essa offre un'agenda completa di riforme tese ad assicurare una crescita sostenibile e a rendere l'Unione più resiliente in futuro.

1.4   È necessario un buon equilibrio tra tutti gli aspetti della strategia, in particolare, l'aspetto economico, quello sociale e quello ambientale: i tre settori prioritari - una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva - sono interconnessi e si rafforzano reciprocamente. Bisogna prestare uguale attenzione alla crescita economica, all'imprenditoria, alle PMI, alla competitività, all'innovazione, alla sostenibilità e all'ambiente, ai diritti sociali, alla creazione di posti di lavoro, nonché al sostegno per l'istruzione.

1.5   Nel quadro di una situazione economica difficile e di finanze pubbliche sotto pressione negli Stati membri, la sfida consiste - adesso più che mai - nell'adeguata attuazione della strategia.

1.6   Il CESE è molto preoccupato che gli impegni assunti dagli Stati membri nei rispettivi programmi nazionali di riforma siano insufficienti - come mostrato dall'Analisi annuale della crescita (1) - per raggiungere la maggior parte degli obiettivi fissati dalla strategia (obiettivi in materia di istruzione, occupazione, ricerca e sviluppo, riduzione della povertà, riduzione delle emissioni / efficienza energetica / energie rinnovabili).

1.7   Gli Stati membri devono aumentare i loro sforzi e operare aggiustamenti nazionali più ambiziosi, per avere un'opportunità di realizzare gli obiettivi entro il 2020, dando la priorità ai settori che rafforzano la crescita (istruzione, innovazione, energia, interconnessioni di trasporto, ecc.). È fondamentale un'adeguata attuazione degli impegni assunti.

1.8   Il CESE ritiene che la partecipazione della società civile organizzata e delle parti sociali all'attuazione delle riforme e di una strategia di crescita sia determinante per il loro successo, e incoraggerà le amministrazioni nazionali e l'UE a produrre risultati concreti. Pertanto, il Comitato proseguirà il lavoro congiunto con la rete dei consigli economici e sociali (CES) nazionali e le organizzazioni analoghe nel quadro della strategia Europa 2020. Da un lato, realizzerà un'opera di sensibilizzazione negli Stati membri e, dall'altro, si assicurerà che le circostanze economiche e sociali sul territorio siano conosciute bene dai responsabili politici a livello dell'UE.

2.   Contesto

2.1   Il primo semestre europeo, ossia il nuovo metodo di governance teso a migliorare il coordinamento della politica economica tra l'UE e gli Stati membri, è stato lanciato nel gennaio 2011, quando la Commissione ha presentato l'Analisi annuale della crescita (AGS) (2), che è stata approvata e completata dal Consiglio europeo di primavera (3).

2.2   In tale contesto, gli Stati membri hanno presentato, alla fine di aprile del 2011, i programmi di stabilità o convergenza relativi alle loro finanze pubbliche e i programmi nazionali di riforma (PNR) in cui erano indicate le principali misure politiche tese al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Inoltre, la maggior parte dei membri del patto Euro Plus ha presentato impegni specifici assunti nel quadro di tale patto (4).

2.3   Dopo aver valutato questi programmi e impegni, la Commissione ha formulato raccomandazioni specifiche per paese, nonché raccomandazioni per l'area dell'euro (5). Esse erano incentrate su settori in cui era necessaria un'azione ulteriore da parte degli Stati membri per accelerare le riforme strutturali. Il Consiglio europeo di giugno (6) ha approvato queste raccomandazioni, concludendo così il primo «semestre europeo» e segnando l'inizio del «semestre nazionale».

2.4   Il presente parere ha come punto di partenza la comunicazione della Commissione intitolata Concludere il primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: orientamenti per le politiche nazionali nel 2011-2012  (7), pubblicata nel giugno 2011. Essa punta a concentrare l'attenzione su vari temi importanti, ad esempio:

il rafforzamento della governance in rapporto alla strategia,

il miglioramento della comunicazione sulla strategia, e

il miglioramento della sua concreta attuazione da parte degli Stati membri.

2.5   Esso farà parte di una nuova «relazione integrata» (8) che sarà presentata dalla rete interattiva sviluppata dal CESE assieme ai CES nazionali e ad altre organizzazioni partner analoghe.

2.6   Le politiche specifiche abbracciate dalla strategia Europa 2020 sono state esaminate in modo più approfondito nel precedente parere in merito all'Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi  (9). Infatti, dopo la consultazione sull'Analisi annuale della crescita 2011, il CESE aveva elaborato un parere che dava pieno sostegno alla strategia Europa 2020 e al semestre europeo e incoraggiava la Commissione a difendere con vigore l'integrazione europea. Il CESE si rammaricava tuttavia che la prima Analisi annuale della crescita avesse perso l'opportunità di avanzare proposte politiche in vista del raggiungimento di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Visto il serio deterioramento delle condizioni economiche e sociali, adesso bisogna dare attuazione a queste proposte.

2.7   Inoltre, il parere avanzava proposte concrete sui dieci punti presentati dalla Commissione, ossia: attuare un rigoroso risanamento di bilancio, correggere gli squilibri macroeconomici, garantire la stabilità del settore finanziario, rafforzare l'attrattiva del lavoro, riformare i sistemi pensionistici, reinserire i disoccupati nel mondo del lavoro, conciliare sicurezza e flessibilità, sfruttare il potenziale del mercato unico, attrarre capitali privati per finanziare la crescita e creare un accesso all'energia a basso costo.

2.8   Dopo la pubblicazione dell'Analisi annuale della crescita 2012 da parte della Commissione (10), il CESE presenterà un parere, avente per tema la relazione sui progressi della strategia Europa 2020, in vista del Consiglio europeo di marzo 2012.

3.   Governance

3.1   La strategia Europa 2020 dovrebbe essere un processo per tutti e con l'apporto di tutti e non l'ambito riservato di responsabili politici, legislatori e gruppi di esperti:

è auspicabile il contributo di tutti gli ambienti della società per beneficiare di competenze sul campo, per definire i migliori approcci possibili alle sfide attuali e per esplorare soluzioni innovative. Un esempio di ciò potrebbe essere l'idea di un'imprenditoria sociale, che ha effetti positivi dal punto di vista sia economico che sociale,

l'adeguata attuazione della strategia negli Stati membri dipende in larga misura dall'impegno e dalla responsabilità di tutte le parti interessate. Pertanto, la cotitolarità della strategia è cruciale e richiede un pieno partenariato teso a creare dinamismo attorno alle riforme.

3.2   Il CESE ritiene che andrebbero realizzati dei miglioramenti nella consultazione, partecipazione e mobilitazione della società civile organizzata a livello sia nazionale che europeo.

3.3   La società civile organizzata degli Stati membri dovrebbe essere coinvolta come parte attiva nel monitoraggio e nell'attuazione della strategia Europa 2020.

3.4   Le parti sociali europee e la società civile organizzata devono essere consultate in merito alle raccomandazioni specifiche per paese per ogni Stato membro. In tale contesto, la tempistica è cruciale per permettere che la società civile organizzata venga coinvolta in una fase precoce nella formulazione delle prospettive future per il ciclo successivo al 2011. A maggior ragione, bisogna rispettare le convenzioni fondamentali dell'OIL ratificate dagli Stati membri, specialmente la convenzione 98 che garantisce la libera contrattazione collettiva.

3.5   Il CESE chiede un rafforzamento del ruolo e del profilo speciali dei CES nazionali e delle organizzazioni analoghe. Ciò non andrà a interferire in alcun modo con i meccanismi esistenti di consultazione delle parti sociali negli Stati membri.

3.6   Andrebbero adottate delle misure per rinvigorire il dibattito sull'attuazione della strategia Europa 2020 negli Stati membri, e i governi dovrebbero sviluppare processi di feedback più efficienti sui risultati di un dialogo civile e sociale più ampio sulla strategia.

3.7   Il CESE raccomanda convegni periodici sul monitoraggio della strategia Europa 2020 negli Stati membri che coinvolgano tutte le parti interessate e le organizzazioni della società civile.

3.8   Il CESE raccomanda di avviare dialoghi permanenti negli Stati membri tra i CES nazionali od organismi equivalenti e altre parti sociali o comunque direttamente interessate, come PMI, attori dell'economia sociale, gruppi di riflessione, università e soggetti che si adoperano per promuovere la coesione sociale e le pari opportunità. Bisognerebbe tenere nel debito conto gli accordi e le pratiche sul dialogo civile che esistono in alcuni Stati membri.

3.9   Le barriere strutturali che si frappongono a un dialogo autentico con le parti sociali e le organizzazioni della società civile devono essere eliminate. Ciò implica, ad esempio, la necessità di evitare le scadenze ravvicinate, che attualmente sono diventate la regola, per l'elaborazione dei programmi nazionali di riforma.

3.10   La governance a livello europeo – il valore aggiunto di una dimensione europea più forte

3.10.1   È ormai chiaro che le politiche nazionali, da sole, non sono sufficienti, e che la cooperazione politica a livello europeo andrebbe rafforzata. Politiche macroeconomiche, industriali o sociali, asimmetriche o isolate negli Stati membri possono minare l'UEM e il mercato unico, nonché avere ricadute sfavorevoli su altri Stati membri.

3.10.2   Il CESE spinge per il dialogo tra i CES nazionali, le organizzazioni della società civile e i rappresentanti della Commissione in merito a circostanze nazionali specifiche. Analogamente, i CES nazionali dovrebbero essere maggiormente coinvolti nelle consultazioni annuali della Commissione. Il CESE raccomanda questo approccio, che è in linea sia con quello adottato dal Parlamento europeo, teso a una maggiore cooperazione con i parlamenti nazionali, che con quello adottato dal Comitato delle regioni in rapporto agli enti regionali e locali europei.

3.10.3   Il funzionamento del semestre europeo è stato criticato a livello di Parlamento europeo a causa della mancanza di legittimazione, del ruolo minore assegnato al Parlamento europeo, del coinvolgimento marginale dei parlamenti nazionali e dell'assenza di trasparenza del processo. Al riguardo si è proposto di rafforzare l'efficacia del semestre europeo attraverso un dialogo economico regolare sui suoi sviluppi concreti. Il CESE appoggia l'idea della creazione, da parte del Parlamento europeo, di un sottocomitato dedicato alle questioni legate al semestre europeo e auspica di essere strettamente associato ai lavori di tale sottocomitato.

3.10.4   Il CESE intende inoltre proseguire gli sforzi di collaborazione con il Comitato delle regioni per promuovere l'appropriazione della strategia Europa 2020 da parte dei cittadini e l'effettiva attuazione di tale strategia.

3.10.5   Il CESE ritiene che la società civile organizzata dovrebbe essere invitata a partecipare ai Patti territoriali (11) per la strategia Europa 2020.

3.11   Strumenti disponibili per migliorare la governance

3.11.1   Il CESE ritiene che l'intera gamma di strumenti a disposizione dell'Unione (12) andrebbe impiegata per garantire il successo della strategia Europa 2020.

3.11.2   Il CESE mette in guardia contro il rischio che il semestre europeo sostituisca gli orientamenti generali delle politiche economiche e occupazionali degli Stati membri.

3.11.3   Il quadro finanziario pluriennale per gli anni 2014-2020 dovrebbe sostenere la realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020.

3.11.4   I fondi strutturali nel periodo 2014-2020 dovrebbero essere completamente allineati alle priorità della strategia Europa 2020 (13).

3.11.5   Un migliore coordinamento tra la spesa dell'UE e quella a livello nazionale accrescerebbe l'efficienza.

3.11.6   Gli investimenti pubblici - a livello dell'UE e degli Stati membri - in una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva potrebbero anche incoraggiare un investimento privato addizionale e, in questo modo, avrebbero un effetto moltiplicatore.

4.   Comunicazione sulla strategia Europa 2020

4.1   Bisognerebbe aumentare la visibilità politica della strategia Europa 2020 e sensibilizzare maggiormente i cittadini al riguardo, soprattutto in rapporto alle gravi sfide che le nostre società devono ora affrontare.

4.2   La comunicazione a tutti i livelli (europeo, nazionale e specialmente locale) dovrebbe essere intensificata, perché in molti Stati membri la strategia Europa 2020 rappresenta l'unico nuovo apporto di valore aggiunto offerto sul piano della riflessione e della politica che dia alle persone una qualche speranza di un futuro migliore. I messaggi fondamentali della strategia Europa 2020 riguardanti la crescita, l'occupazione e l'inclusione sociale devono essere spiegati più e più volte.

4.3   I programmi nazionali di riforma dovrebbero essere presentati e discussi nei parlamenti nazionali.

5.   Attuazione della strategia Europa 2020

5.1   Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi per individuare le strozzature che frenano la crescita a livello nazionale e internazionale. Queste strozzature si manifestano in molte forme, ad esempio:

la frammentazione del mercato unico,

l'accesso insufficiente per le PMI al mercato unico,

la necessità di sviluppare l'imprenditoria,

le carenze del contesto in cui le imprese si trovano a operare (compreso il quadro normativo),

gli ostacoli alla ridistribuzione dei posti di lavoro e della manodopera (segmentazione del mercato del lavoro),

la mancanza di competitività dell'industria europea, dovuta all'assenza di reciprocità nel commercio mondiale e negli appalti pubblici internazionali,

la necessità di accrescere la partecipazione al mercato del lavoro,

la mancanza di qualità ed efficienza dei sistemi d'istruzione e formazione,

la necessità di un settore finanziario ben funzionante, regolato e stabile che risponda alle necessità dell'economia reale.

5.2   Queste potenziali strozzature potrebbero essere individuate grazie ai summenzionati dialoghi permanenti, e si potrebbero proporre nuovi incentivi per i settori che presentano ritardi.

5.3   Il CESE sostiene l'uso di strumenti moderni di pubblica amministrazione per garantire la buona attuazione della strategia Europa 2020 e il pieno coinvolgimento della società civile organizzata e delle parti sociali. Questi strumenti potrebbero essere:

5.3.1    la definizione di valori di riferimento, di obiettivi e di scadenze : il CESE è consapevole che attualmente, in molti casi, mancano obiettivi concreti e misurabili, e che le scadenze sono troppo ravvicinate. Il Comitato è favorevole alla definizione di obiettivi chiari e concreti, accompagnati da scadenze realistiche per il loro raggiungimento. Dei valori di riferimento precisi sono essenziali per facilitare la misurazione dell'impatto della strategia Europa 2020, e a questo scopo il CESE raccomanda un maggiore utilizzo di ORATE (Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo).

5.3.1.1   La Commissione dovrebbe monitorare i progressi ed esercitare il suo diritto di avvertimento quando gli Stati membri non mantengono gli impegni concordati.

5.3.2   Quanto all'uso dell' analisi comparativa e di indicatori , il CESE ricorda l'importanza di utilizzare indicatori dei progressi e dei successi ottenuti; sono necessari indicatori orientati a misurare i risultati, quantitativi ma anche qualitativi.

5.3.2.1   Un'analisi comparativa di questo tipo, basata sugli obiettivi dei programmi nazionali di riforma e preparata dalle parti interessate in collaborazione con i rappresentati di governo, fornirebbe informazioni concrete per misurare i progressi compiuti in ogni Stato membro nell'attuazione della strategia Europa 2020. Ogni CES nazionale od organizzazione analoga avrebbe bisogno di valutare e stabilire i propri criteri di priorità. Alcuni CES nazionali hanno già avviato un'analisi comparativa a intervalli regolari attraverso l'impiego di statistiche che sono liberamente accessibili sul sito Internet di Eurostat. Altri CES nazionali potrebbero intraprendere lo stesso processo.

5.3.2.2   Il CESE esprime la propria disponibilità ad ospitare sul proprio sito Internet (CESLink) (14) una piattaforma digitale per lo scambio d'informazioni e di dati.

5.3.2.3   Il CESE esprime la propria disponibilità anche per l'organizzazione di un convegno annuale in cui potrebbero essere esaminati i risultati dell'analisi comparativa.

5.3.3   Quanto alla valutazione regolare dell'attuazione e dell'impatto delle politiche , grazie all'analisi comparativa, le parti interessate potrebbero costantemente monitorare l'attuazione delle riforme. Ciò fornirebbe anche informazioni adeguate per la revisione dei programmi nazionali di riforma e faciliterebbe l'individuazione di buone pratiche in tutti gli Stati membri.

6.   Diffusione delle buone pratiche

6.1   Il CESE reputa che lo scambio di buone pratiche a livello dell'UE vada promosso attivamente, e a tal fine sta conducendo missioni conoscitive negli Stati membri per discutere e incoraggiare lo scambio di buone pratiche e l'attuazione di riforme che coinvolgano le parti interessate della società civile.

6.2   Il CESE è dell'avviso che le parti interessate debbano sviluppare nuovi metodi per la condivisione delle buone pratiche: la creazione di reti multilivello implicherebbe lo scambio di informazioni con i vari livelli di governo, e una cooperazione più stretta tra le zone di confine di due o più Stati membri permetterebbe di fissare obiettivi transfrontalieri. È inoltre necessario esaminare le buone pratiche, affinché possano essere utilizzate nel contesto nazionale di altri Stati membri.

6.3   Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a rinnovare gli sforzi per promuovere lo scambio transfrontaliero di buone pratiche attraverso l'uso di metodi di comunicazione elettronica (ad esempio, banche dati contenenti esempi di buone pratiche, tabelle di valutazione, ecc.). L'impiego di questi metodi è tuttavia subordinato all'adozione, da parte degli Stati membri, di un quadro europeo appropriato che ne renda possibile l'utilizzo. Se necessario, andrebbe presa in considerazione la creazione di strumenti innovativi.

6.4   Il CESE rinnova la propria disponibilità ad agire come piattaforma (14) sia per lo scambio di informazioni e la cooperazione tra i CES nazionali, le parti sociali, gli attori della società civile e le istituzioni europee, che per lo scambio di punti di vista ed esperienze tra le parti nazionali interessate. Il CESE coglie questa opportunità per ribadire il proprio grande apprezzamento per i contributi che i CES nazionali e le organizzazioni analoghe apportano alle discussioni.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Analisi annuale della crescita 2012, COM(2011) 815 definitivo del 23 novembre 2011.

(2)  Analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'UE alla crisi (COM(2011) 11 definitivo), pubblicata il 12 gennaio 2011, comprendente il progetto di relazione congiunta sull’occupazione.

(3)  Conclusioni del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, EUCO 10/1/11 RIV 1.

(4)  Allegato I alle conclusioni del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011, EUCO 10/1/11 RIV 1.

(5)  Per alcuni Stati membri che ricevono assistenza finanziaria fornita dagli Stati membri che hanno adottato l'euro e dall'FMI, la Commissione ha soltanto raccomandato di attuare il rispettivo memorandum d'intesa e le successive integrazioni che stabiliscono le condizioni di politica economica sulla cui base viene erogata l'assistenza finanziaria. Questo aiuto finanziario dovrebbe essere in linea con la realizzazione della strategia Europa 2020.

(6)  Conclusioni del Consiglio europeo del 24 giugno 2011, EUCO 23/11.

(7)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Concludere il primo semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: orientamenti per le politiche nazionali nel 2011-2012, COM(2011) 400 definitivo.

(8)  Una prima Relazione integrata sulla strategia di Lisbona post 2010 era stata presentata dal CESE in vista dell'elaborazione della nuova strategia europea per il periodo successivo al 2010. Quel documento era stato preparato dall'Osservatorio della strategia di Lisbona del CESE e conteneva i contributi dei consigli economici e sociali (CES) nazionali e delle organizzazioni partner, oltre al parere del CESE sulla strategia di Lisbona post 2010 (relatore: GREIF).

(9)  Parere del CESE in merito all'Analisi annuale della crescita, pubblicato sulla GU C 132 del 3.5.2011, pagg. 26-38.

(10)  Analisi annuale della crescita 2012, COM(2011) 815 definitivo.

(11)  Un Patto territoriale per la strategia Europa 2020 è un accordo tra i livelli di governo di un paese (nazionale, regionale, locale). I firmatari di un Patto territoriale si impegnano a coordinare e sincronizzare le rispettive agende politiche in modo da concentrare le loro azioni e risorse finanziarie sugli obiettivi e le finalità della strategia Europa 2020 (cfr. http://portal.cor.europa.eu/europe2020/news/Pages/TPDatabase.aspx).

(12)  Strumenti che possono andare da regolamenti, direttive, raccomandazioni, pareri e standard fino a orientamenti, obiettivi comuni, programmi comuni, fondi strutturali e coordinamento delle politiche, oltre agli strumenti dell'azione esterna dell'UE.

(13)  Cfr. in particolare il parere del CESE sul tema Futuro del Fondo sociale europeo dopo il 2013, GU C 132 del 3.5.2011, pag. 8.

(14)  Cfr. http://www.eesc.europa.eu/ceslink/.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento del Consiglio (CE) n. 1083/2006 per quanto riguarda alcune disposizioni relative agli strumenti di condivisione dei rischi per gli Stati membri che subiscono o rischiano di subire gravi difficoltà in merito alla loro stabilità finanziaria —

COM(2011) 655 definitivo — 2011/0283 (COD)

2012/C 43/03

Relatore generale: SMYTH

Il Consiglio, in data 8 novembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 177 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento del Consiglio (CE) n. 1083/2006 per quanto riguarda alcune disposizioni relative agli strumenti di condivisione dei rischi per gli Stati membri che subiscono o rischiano di subire gravi difficoltà in merito alla loro stabilità finanziaria

COM(2011) 655 definitivo — 2011/0283 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2011, ha incaricato la sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 476a sessione plenaria dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta dell'8 dicembre), ha nominato relatore generale SMYTH e ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, nessun voto contrario e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) dà atto che la proposta della Commissione di modificare gli articoli 14 e 36 del regolamento (CE) n. 1083/2006 mira a consentire agli Stati membri che subiscono o rischiano di subire gravi difficoltà in merito alla loro stabilità finanziaria di attribuire una parte della loro dotazione a titolo degli obiettivi «Convergenza» e «Competitività regionale e occupazione» della politica di coesione agli accantonamenti e alla dotazione di capitale per i prestiti e le garanzie concessi a promotori di progetti o altri partner pubblici o privati direttamente o indirettamente da parte della BEI o di altre istituzioni finanziarie internazionali. Le modifiche proposte non cambierebbero l'importo massimo dei finanziamenti previsti nei programmi operativi per il periodo di programmazione 2007-2013.

1.2

Il CESE condivide la proposta della Commissione.

2.   Motivazione

2.1

La proposta in esame agevolerebbe l'approvazione dei prestiti concessi dalla BEI o da altre istituzioni finanziarie, ai sensi dell'articolo 36 del suddetto regolamento, per una o più priorità di un programma operativo, in un momento in cui, a causa del declassamento del debito pubblico e privato dello Stato e degli istituti finanziari degli Stati membri, tali prestiti non sarebbero disponibili.

2.2

Il Comitato conviene sulla vitale importanza di sostenere tali progetti e dunque la ripresa dell'economia, e condivide quindi la proposta della Commissione.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/14


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Migliorare la governance del mercato interno attraverso una più stretta cooperazione amministrativa — Una strategia per estendere e sviluppare il sistema di informazione del mercato interno (IMI)»

COM(2011) 75 definitivo —

e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)

COM(2011) 522 definitivo — 2011/0226 (COD)

2012/C 43/04

Relatore: HERNÁNDEZ BATALLER

La Commissione europea, in data 21 febbraio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migliorare la governance del mercato interno attraverso una più stretta cooperazione amministrativa - Una strategia per estendere e sviluppare il sistema di informazione del mercato interno (IMI)

COM(2011) 75 definitivo.

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 14 settembre 2011 e 13 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)

COM(2011) 522 definitivo — 2011/0226 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 172 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente l'obiettivo della Commissione di migliorare la governance del mercato unico grazie ad una maggiore cooperazione amministrativa, ampliando e sviluppando a tal fine il Sistema d'informazione del mercato interno (IMI) e creando una vera e propria rete elettronica per il contatto diretto tra le varie amministrazioni.

1.2   Il CESE è inoltre d'accordo con l'obiettivo della proposta di regolamento di fissare le norme per l'utilizzo dell'IMI ai fini della cooperazione amministrativa, comprendendo, tra gli altri aspetti, le funzioni dei diversi utenti dell'IMI, lo scambio di informazioni, le procedure di notifica, i meccanismi di allerta e le disposizioni in materia di mutua assistenza.

1.3   Ritiene inoltre giusto definire meccanismi di tutela della privacy tenendo conto della natura dei dati scambiati, comprendendo, tra gli altri aspetti, le scadenze per la conservazione dei dati scambiati e il diritto di notifica e di rettifica.

1.4.   La creazione di questo quadro giuridico essenziale impone di inserire, tra le definizioni di cui all'articolo 5, quella relativa al concetto di «dati IMI», vale a dire i dati relativi all'esercizio di attività economiche e professionali nel quadro del mercato interno che sono oggetto di scambio attraverso il sistema IMI. Si tratta di dati previsti nelle corrispondenti direttive che prevedono l'IMI come strumento della cooperazione amministrativa tra le autorità nazionali.

1.5.   Il CESE ritiene che l'IMI possa contribuire in modo decisivo alla trasformazione della cooperazione amministrativa nel mercato interno e ad un suo adeguamento alle necessità e alle aspettative dei cittadini, delle imprese e delle organizzazioni della società civile nonché al ruolo che esse possono essere chiamate a svolgere in futuro per lo sviluppo e il funzionamento del sistema.

1.6.   Raccomanda pertanto che lo sviluppo del sistema preveda una distinzione oggettiva tra i dati, che faccia riferimento alle condizioni di esercizio delle attività economiche e professionali nei diversi Stati membri, affinché questi dati possano risultare accessibili a cittadini ed imprese.

1.7.   Il CESE ritiene che la cooperazione amministrativa prevista dalle direttive che l'IMI contribuisce ad applicare richieda essenzialmente, tra le altre cose, lo scambio d'informazioni tra le autorità. In questo caso insiste sulla necessità di rispettare il quadro giuridico europeo relativo alla protezione dei dati personali. Respinge invece con fermezza la possibilità che i dati scambiati siano oggetto di trattamento, così come stabilisce la proposta di regolamento, e questo per due ragioni: innanzi tutto perché le direttive che l'IMI contribuisce ad applicare non hanno mai previsto la necessità di trattare i dati nell'ambito della cooperazione amministrativa in esse stabilita e in secondo luogo perché le esigenze pratiche di controllo e monitoraggio del funzionamento del sistema, addotte dalla Commissione, non gli sembrano assolutamente un motivo sufficiente per ampliare in maniera tanto considerevole la portata delle operazioni cui sono soggetti i dati personali scambiati, spingendosi addirittura alla creazione di schedari separati.

1.8.   Tenendo infine conto del salto quantitativo che il sistema rappresenta, del numero di partecipanti e del flusso d'informazioni, il CESE raccomanda di prevedere disposizioni relative ad un sistema di base per la composizione delle controversie nei casi di non conformità a livello «transnazionale». Detto sistema, pur prevedendo solo mezzi di risoluzione semplici, contribuirebbe a chiarire le eventuali responsabilità in caso di funzionamento anomalo dell'IMI o di una sua cattiva gestione, il che porterebbe ad un rafforzamento della sicurezza giuridica dei cittadini.

2.   Contesto

2.1   Il sistema d'informazione del mercato interno (IMI) è un'applicazione informatica accessibile tramite Internet, messa a punto dalla Commissione europea in stretta collaborazione con gli Stati membri e applicabile allo Spazio economico europeo. Il suo obiettivo è di essere di aiuto agli Stati membri affinché possano soddisfare nella pratica le esigenze in termini di scambi d'informazioni stabilite negli atti giuridici dell'UE attraverso un meccanismo di comunicazione centralizzato che consenta lo scambio transfrontaliero d'informazioni e la mutua assistenza.

2.2   L'IMI, ideato inizialmente come «progetto d'interesse comune», è stato concepito come un sistema flessibile e decentrato, che si adatta facilmente ai vari settori della legislazione del mercato unico e che contiene disposizioni in materia di collaborazione amministrativa.

2.3   I principi di base del sistema IMI sono i seguenti:

a)

riusabilità;

b)

flessibilità organizzativa;

c)

procedure semplici e condivise;

d)

multilinguismo;

e)

facilità d'uso;

f)

protezione dei dati;

g)

gratuità per l'utente.

2.4   Il sistema viene attualmente utilizzato ai fini della cooperazione amministrativa nel quadro della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali (1) e della direttiva sui servizi (2). Esso inoltre sarà utilizzato in via sperimentale nell'applicazione della direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori (3).

2.5   Così come concepito attualmente, il sistema IMI non può essere utilizzato né dai consumatori né dalle imprese. Si tratta di uno strumento destinato esclusivamente alle autorità competenti negli ambiti specifici da esso coperti.

2.6   Il CESE si è già espresso (4) a proposito della comunicazione della Commissione intitolata Beneficiare pienamente del mercato interno attraverso una più stretta cooperazione amministrativa  (5) e ha garantito il proprio sostegno all'approccio più decentrato e fondato sul concetto di rete, attuato nella prospettiva del mercato unico, che verrà dato alla cooperazione amministrativa transfrontaliera per effetto del sistema d'informazione del mercato interno.

3.   La comunicazione della Commissione

3.1   Secondo la Commissione, per garantire il corretto funzionamento del mercato interno, le amministrazioni degli Stati membri devono collaborare strettamente fornendosi assistenza reciproca e scambiandosi informazioni.

3.2   Nella sua comunicazione Verso un atto per il mercato unico  (6), la Commissione annunciava, tra le 50 proposte presentate, la creazione di una rete elettronica «faccia a faccia» delle amministrazioni europee attraverso la definizione di una strategia sull'estensione del sistema di informazione del mercato interno (IMI) sulla base di un sistema d'informazione multilingue.

3.3   L'IMI è flessibile per quanto riguarda l'assetto organizzativo interno in ogni Stato membro. La struttura decentrata della rete presuppone che ciascun paese partecipante nomini un coordinatore nazionale IMI (NIMIC) incaricato di gestire il coordinamento generale del progetto.

3.4   Il potenziale dell'IMI si basa sulla possibilità di:

aggiungere nuovi settori;

sviluppare nuove funzioni;

creare sinergie con altri sistemi informatici; e

utilizzare le funzioni esistenti per finalità nuove.

3.5   La possibilità di riutilizzare il sistema IMI, anziché creare un sistema nuovo, in un settore legislativo particolare in cui non esiste un sistema informativo a supporto della cooperazione amministrativa, presenta una serie di vantaggi, ad esempio:

a)

maggiore efficacia rispetto ai costi;

b)

maggiore facilità d'uso;

c)

soluzioni più rapide e più prevedibili;

d)

maggiore sicurezza;

e)

tempi contenuti per l'avvio di progetti pilota.

3.5.1   Non ci sono limiti al numero di settori, funzioni e collegamenti che possono essere aggiunti al sistema IMI, ma ci sono vincoli organizzativi alla sua espansione. Occorre pianificarne l'ulteriore sviluppo preservandone la coerenza concettuale attraverso i seguenti criteri:

è preferibile che ogni nuovo gruppo di utenti sia collegato o si sovrapponga in parte a gruppi di utenti esistenti;

è preferibile aggiungere settori che possano utilizzare funzioni esistenti;

se l'aggiunta di un nuovo settore giuridico richiede lo sviluppo di nuove funzioni, occorrerà farlo in un'ottica generica in modo da poter adattare facilmente il nuovo modulo per altri gruppi di utenti;

i costi di ogni ulteriore sviluppo dovranno essere giustificati in termini di valore aggiunto previsto dell'uso del sistema IMI per i gruppi di utenti nuovi o esistenti e di vantaggi per i cittadini e le imprese;

i nuovi settori, le nuove funzioni o i collegamenti ad altri strumenti non dovrebbero aumentare la complessità del sistema per i suoi utenti.

3.6   L'IMI si basa sul principio privacy by design, vale a dire che il rispetto della vita privata è insito nella concezione stessa del sistema. Esso prevede inoltre l'applicazione rigorosa del principio della limitazione a finalità specifiche e del controllo adeguato degli accessi.

3.7   Le spese per l'IMI coprono lo sviluppo e il miglioramento del sistema, la sua collocazione presso il Centro di calcolo della Commissione, la manutenzione, l'amministrazione, il sostegno di secondo livello, la formazione, la comunicazione e le campagne di sensibilizzazione.

3.8   Secondo la Commissione, l'estensione dell'IMI a nuovi settori e l'aggiunta di nuove funzioni o di collegamenti ad altri strumenti non dovrebbero aumentare la complessità del sistema per gli utenti. Occorre elaborare requisiti di cooperazione amministrativa sufficientemente chiari e operativi e valutare la necessità di disporre di uno strumento informatico per sostenere questo processo.

3.9   Per la Commissione, è indispensabile che il sistema sia dotato di una struttura gestionale trasparente ed efficace e che tutti i soggetti partecipanti capiscano come funzionano le procedure e le istanze coinvolte nel processo decisionale sui vari aspetti del progetto. La Commissione prevede a tal fine una gestione quotidiana del sistema, un iter decisionale, la consulenza e gli orientamenti forniti dagli esperti e una struttura di governance.

3.10   La Commissione intende infine garantire un livello elevato di efficienza e sicurezza del sistema. Per quanto concerne l'efficienza, con l'aumento del numero degli utenti e del volume dei dati nel sistema IMI è importante garantire che le prestazioni del sistema rimangano soddisfacenti. Per quanto concerne invece la sicurezza, il sistema immagazzina e tratta dati personali e di altro tipo, non destinati ad essere pubblicati.

4.   Osservazioni generali sulla comunicazione della Commissione

4.1   Il CESE approva l'approccio della Commissione a favore di una strategia destinata ad ampliare e a sviluppare il sistema d'informazione del mercato interno (IMI) al fine di rafforzare la cooperazione amministrativa.

4.1.1   Una cooperazione amministrativa nel mercato interno caratterizzata da una maggiore coerenza deve basarsi perlomeno sulla Carta dei diritti fondamentali, in particolare sui principi di corretta amministrazione, accesso ai documenti e protezione dei dati, nonché sui principi generali del diritto, riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

4.1.2   In qualsiasi caso, il CESE ricorda che le cautele e la protezione dei dati personali assumono una diversa intensità a seconda che i dati facciano riferimento a commercianti o imprenditori in quanto operatori economici.

4.1.3   È chiaro che il sistema IMI elimina una serie di incertezze, ma solo a favore delle autorità e non nei confronti delle PMI e di altri soggetti sociali, i quali dovrebbero anch'essi godere di questo vantaggio, come ha affermato il Parlamento europeo nella sua risoluzione del 6 aprile 2001.

4.2   La protezione dei dati, oltre a dover essere disciplinata in modo sostanziale e specifico, è una materia di cui occorre tener conto, per motivi di buona tecnica legislativa, anche in altre regolamentazioni. È quanto accade con le norme concernenti le procedure di attuazione di una politica dell'Unione in generale e con il sistema IMI in particolare, che è già per sua stessa natura una procedura complessa.

4.2.1   Per quanto concerne la presentazione di un ricorso, bisognerebbe prevedere un sistema di composizione delle controversie per i casi di non conformità a livello transnazionale. È importante in tale contesto garantire un accesso rapido ed efficiente a mezzi di risoluzione delle controversie semplici ed economici per gli interessati, siano essi cittadini o imprese.

4.3   Il sistema destinato a «fornire informazioni o reperire dati» dovrebbe essere regolamentato scrupolosamente affinché le autorità nazionali siano obbligate ad avviare una consultazione, sulla base di una richiesta preliminare debitamente motivata, introdotta mediante un apposito formulario standard, a condizione che il richiedente abbia un interesse legittimo a chiedere la consultazione.

4.4   Per quanto concerne le sinergie con altri strumenti informatici già esistenti e con banche dati di professioni regolamentate, tra le quali figurano gli «elenchi» delle professioni regolamentate in ciascuno Stato membro, il CESE ritiene che insieme agli elenchi dovrebbero essere inseriti tutti i requisiti necessari per l'esercizio delle varie professioni (oltre ai titoli, l'appartenenza o meno ad un albo professionale, le assicurazioni, le licenze, ecc.). In questo modo, alcune consultazioni avverrebbero quasi automaticamente e gli operatori della società civile potrebbero accedervi. Il CESE spera che il testo della direttiva all'esame tenga conto di questi aspetti.

4.4.1   Tale necessità si evince dalla stessa relazione annuale del 2010 sul sistema IMI, in cui si fa riferimento alla sfida rappresentata dalla gestione di autorità tanto diverse, tutte competenti nell'ambito dei servizi. Queste autorità, ciascuna nel suo ambito specifico di competenze (si dovrebbe fare per lo meno una distinzione fondamentale tra regolamentazione, intervento e controllo) dovrebbero essere incluse negli elenchi delle professioni regolamentate.

4.5   In caso di funzionamento anomalo o cattiva gestione del sistema, bisognerebbe chiarire le eventuali responsabilità dovute ad esempio ad errori, a ritardi eccessivi, a rettifiche alle informazioni scambiate, ecc. al fine di garantire la necessaria certezza giuridica e tutelare, sempre a livello giuridico, i diritti dei cittadini e degli operatori rispetto ai dati personali. La responsabilità patrimoniale dell'amministrazione in caso di funzionamento anomalo dei pubblici poteri è un principio generale del diritto comunitario riconosciuto in tutti gli Stati membri.

5.   La proposta di regolamento

5.1   Gli obiettivi della proposta di regolamento sono i seguenti:

a)

stabilire un solido quadro giuridico per l'IMI e una serie di norme comuni per garantirne l'efficace funzionamento;

b)

fornire un quadro completo per la protezione dei dati fissando le norme per il trattamento dei dati personali nell'ambito dell'IMI;

c)

favorire la possibile estensione futura dell'IMI a nuovi settori della normativa dell'Unione europea;

d)

chiarire i ruoli delle varie parti coinvolte nell'IMI.

5.2   Il regolamento proposto stabilisce inoltre i principi fondamentali della protezione dei dati nell'ambito dell'IMI, fra cui i diritti degli interessati, in un unico strumento giuridico, contribuendo quindi a rafforzare la trasparenza e la certezza giuridica. La proposta definisce con precisione la forma e i metodi della cooperazione amministrativa attraverso l'IMI.

5.2.1   All'allegato I della proposta figura l'elenco degli atti dell'Unione europea attualmente contemplati dall'IMI, mentre nell'allegato II sono indicati i settori ai quali in futuro l'IMI potrà essere esteso.

5.3   Scopo della proposta è migliorare il funzionamento del mercato interno fornendo un efficace strumento di facile utilizzo che agevoli, da un lato, l'applicazione pratica delle disposizioni contenute negli atti dell'UE che richiedano la cooperazione tra gli Stati membri e tra questi e la Commissione e, dall'altro, lo scambio d'informazioni, garantendo un elevato livello di protezione dei dati personali.

5.3.1   La proposta stabilisce alcune norme comuni relative alla sua governance e al suo utilizzo, fra cui l'obbligo di nominare un coordinatore nazionale IMI per ogni Stato membro, l'obbligo per le autorità competenti di fornire una risposta adeguata in maniera tempestiva e la disposizione secondo cui le informazioni scambiate attraverso l'IMI possono essere utilizzate quali mezzi di prova, come avviene nel caso di informazioni simili ottenute nello stesso Stato membro.

5.3.2   La proposta prevede inoltre un meccanismo per estendere l'IMI a nuovi atti dell'Unione europea, inteso a fornire la flessibilità necessaria per il futuro assicurando al contempo un elevato livello di certezza giuridica e di trasparenza. In seguito a una valutazione della fattibilità tecnica, dell'efficacia rispetto ai costi, della facilità d'uso e dell'incidenza complessiva sul sistema, nonché dei risultati di una possibile fase di prova, se opportuna, la Commissione sarà incaricata di aggiornare di conseguenza l'elenco dei settori di cui all'allegato I, adottando un atto delegato.

5.3.3   Il ruolo della Commissione è quello di garantire la sicurezza, la disponibilità, la gestione e lo sviluppo del software e dell'infrastruttura informatica per l'IMI. La Commissione potrebbe tuttavia anche partecipare attivamente alle procedure dell'IMI, sulla base delle disposizioni giuridiche o di altre misure relative all'utilizzo dell'IMI in un determinato settore del mercato interno.

5.3.4   Per quanto concerne il trattamento dei dati e la sicurezza, la proposta è intesa a stabilire garanzie di trasparenza. I dati personali non devono restare accessibili per un periodo di tempo superiore a quello necessario. È dunque importante stabilire periodi massimi di conservazione al termine dei quali si bloccano i dati che possono essere automaticamente cancellati cinque anni dopo la chiusura di un procedimento di cooperazione amministrativa.

5.3.5   Per quanto concerne l'ambito geografico, l'IMI, in quanto strumento flessibile, potrà consentire il possibile coinvolgimento di paesi terzi negli scambi di informazioni in alcuni settori o addirittura l'utilizzo del sistema in un contesto puramente nazionale.

6.   Osservazioni generali sulla proposta di regolamento

6.1   Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di regolamento che stabilisce le disposizioni di uso dell'IMI ai fini della cooperazione amministrativa. Tuttavia, trattandosi di una norma direttamente applicabile la cui funzione è quella di quadro regolamentare generale, il CESE mette in risalto con preoccupazione due problemi:

la mancanza di precisione di alcuni tra i concetti giuridici fondamentali;

il notevole ampliamento dei poteri conferiti agli utenti dell'IMI rispetto ai dati scambiati.

6.2   L'IMI è in pratica un'applicazione informatica multilingue che collega più di 6 000 autorità competenti le quali, in un tempo ragionevolmente breve, si scambiano informazioni relative alle condizioni di esercizio di determinate attività economiche e professionali nei corrispondenti Stati membri.

6.2.1   Lo scambio materiale d'informazioni attraverso detta applicazione informatica è soggetto ad alcune norme minime di natura procedurale, stabilite nella proposta all'esame. Tuttavia, il documento va ben al di là di questa finalità, specifica e delimitata, dello scambio d'informazioni e legittima anche il trattamento dei dati personali scambiati, come prevede l'articolo 6, senza che le corrispondenti direttive che contribuisce ad applicare e per le quali serve abbiano mai previsto tale trattamento. Proprio per il fatto che tali direttive non lo prevedono, il Comitato respinge l'idea che i dati scambiati possano essere anche oggetto di trattamento.

6.2.2   Bisogna pertanto chiedersi fin dove arrivino i nuovi poteri previsti dalla proposta di regolamento in materia di trattamento dei dati personali, nei termini stabiliti all'articolo 2, lettera b) della direttiva 95/46/CE.

6.2.3   Al di là dei poteri generali conferiti agli agenti dell'IMI per quanto concerne il trattamento dei dati personali scambiati, come previsto dall'articolo, in nessuna altra disposizione la proposta di regolamento torna a riferire né gli obiettivi che rendono giustificabile il trattamento né le eventuali garanzie o limitazioni alle quali è soggetto.

6.2.4   Solo le motivazioni illustrate al considerando 15 permettono di capire perché la Commissione includa adesso il trattamento dei dati tra gli obiettivi generali dell'IMI. Senza voler pregiudicare ulteriori precisazioni e chiarimenti, il CESE giudica tali motivazioni insufficienti per conferire poteri di portata tanto ampia, in particolare:

a)

il controllo dell'uso del sistema da parte dei coordinatori IMI e della Commissione

6.2.5   Secondo il CESE, sia i coordinatori dell'IMI sia la Commissione hanno già accesso ai dati scambiati; grazie a tale accesso hanno già effettuato valutazioni specifiche del sistema che hanno consentito loro di valutare sia il tempo per la risposta sia le autorità che intervengono nell'ambito del sistema, le quali vengono tra l'altro distinte a seconda del settore.

6.2.6   Di conseguenza, e senza voler pregiudicare futuri chiarimenti, non sembra necessario che il controllo dell'uso del sistema richieda la creazione di schedari specifici dei dati scambiati:

b)

raccolta di informazioni sulla cooperazione amministrativa o la mutua assistenza nel mercato interno

6.2.7   Si tratta di informazioni già pubbliche e accessibili attraverso le relazioni della Commissione sul funzionamento del sistema IMI, informazioni utilizzabili per valutare la cooperazione amministrativa e che presentano una funzione puramente strumentale ai fini di tale valutazione.

c)

iniziative di formazione e sensibilizzazione

6.2.8   Il CESE ritiene che per tali iniziative non sia necessario il trattamento dei dati (nel senso stabilito dalla direttiva 95/46/CE) ma la semplice utilizzazione dei dati contenuti nel sistema.

7.   Per quanto concerne le esigenze di precisione, queste ultime si riportano ad un concetto fondamentale al quale fa ripetutamente riferimento la proposta di regolamento, il concetto di dato personale. Si rimanda a tale proposito all'accezione che ne dà la direttiva 95/46/CE, in base alla quale tale concetto supera di gran lunga le esigenze di funzionamento dell'IMI che, in definitiva, fa sempre riferimento ad una categoria specifica di dati che hanno in comune il fatto di essere rilevanti per lo svolgimento di attività economiche e/o professionali nel mercato interno.

7.1   Di conseguenza, il CESE ritiene che la proposta dovrebbe stabilire la portata del concetto, limitando la categoria dei dati personali a quelli previsti nelle corrispondenti direttive che prevedono l'IMI come strumento della cooperazione amministrativa tra le autorità nazionali e che fanno riferimento all'esercizio di attività economiche e professionali nel mercato interno. Per tale motivo, il concetto andrebbe inserito nelle definizioni di cui all'articolo 5.

8.   Al dodicesimo considerando della proposta si legge che l'IMI non è uno strumento aperto al pubblico in generale, ma che permette ad altri soggetti esterni di fornire informazioni o reperire dati. Il CESE è contrario a questo approccio in quanto ritiene che talune informazioni dell'IMI, a condizione che non contengano dati personali, dovrebbero essere accessibili ai soggetti esterni, ossia cittadini, imprese od organizzazioni. Dovrebbe tra l'altro essere garantito l'accesso ai requisiti amministrativi richiesti in un paese con il quale si intende stabilire una relazione commerciale o professionale.

8.1   Il fatto che tale informazione sia accessibile non prevede assolutamente l'accesso ad altri dati e ancor meno il loro trattamento, come sembra che si evinca dalla definizione di soggetti esterni di cui all'articolo 5, lettera i) della proposta.

8.2   A questi soggetti esterni va riconosciuto il diritto di formulare una richiesta d'informazione all'utente IMI più vicino, in modo che quest'ultimo sia obbligato ad introdurla nel sistema, a condizione che tali soggetti esterni dimostrino di avere un interesse legittimo ad instaurare una relazione commerciale o professionale con il paese per il quale hanno richiesto l'informazione.

9.   L'articolo 4 della proposta autorizza la Commissione ad includere nell'IMI la cooperazione amministrativa prevista dalle disposizioni di cui all'Allegato II. Tra queste figura la futura interconnessione dei registri commerciali, una proposta non ancora approvata. Considerando l'ampia portata di questa eventuale misura, il CESE ritiene necessario precisare quale tipo di atto dovrà essere utilizzato per questo ampliamento dell'ambito di applicazione dell'IMI.

10.   Per quanto concerne i soggetti esterni e in linea con quanto già affermato, il CESE propone di riformularne la definizione in base a quanto segue:

i soggetti esterni devono essere identificati come cittadini, imprese od organizzazioni che chiedono di consultare un utente IMI in merito all'oggetto di alcune delle direttive che fanno parte del sistema; l'utente è tenuto a trasmettere la richiesta in questione;

ad essi va riconosciuto il diritto di accesso alle informazioni del sistema che non contengano dati personali;

va espressamente escluso il trattamento delle informazioni alle quali essi hanno avuto accesso.

11.   Per garantire un corretto funzionamento del mercato interno, il CESE giudica positivamente che le informazioni ricevute da un'autorità competente attraverso l'IMI di un altro Stato membro abbiano lo stesso valore come mezzo di prova nelle procedure amministrative.

12.   Per quanto concerne l'esercizio dei diritti degli interessati, il CESE si rammarica che la proposta non stabilisca un'unica soluzione, rimandando invece agli obblighi delle autorità competenti previsti nelle legislazioni nazionali relative alle diverse forme di protezione dei dati. In merito alla possibilità di conservare i dati, ritiene che la fissazione di scadenze diverse non garantisca né un funzionamento adeguato del mercato interno né l'esercizio dei diritti da parte dei cittadini.

13.   Per quanto concerne invece lo scambio d'informazioni con i paesi terzi, il CESE giudica necessario precisare se le condizioni previste all'articolo 22, paragrafo 1 della proposta debbano essere soddisfatte tutte insieme o alternativamente. Nel secondo caso, per il CESE una decisione della Commissione sull'adeguatezza e l'equivalenza della protezione dei dati in un paese terzo non può costituire una base sufficiente per procedere all'allargamento dell'IMI a questo paese, considerando invece sufficienti le altre condizioni, ad esempio quando lo scambio di dati con un paese terzo è previsto dalle stesse direttive incluse nell'IMI o da un accordo internazionale.

14.   Per una maggiore sicurezza giuridica, le disposizioni relative al funzionamento del sistema IMI alle quali si deroga e quelle che restano in vigore dovrebbero figurare negli articoli della proposta di regolamento e non nei considerando.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Direttiva 2005/36/CE (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22).

(2)  Direttiva 2006/123/CE (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).

(3)  Direttiva 96/71/CE.

(4)  Parere CESE (GU C 128 del 18.5.2010, pag. 103).

(5)  COM(2008) 703 definitivo.

(6)  COM(2010) 608 definitivo.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/20


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso una strategia spaziale dell'Unione europea al servizio dei cittadini» —

COM(2011) 152 definitivo

2012/C 43/05

Relatore: IOZIA

La Commissione europea, in data 4 aprile 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso una strategia spaziale dell'Unione europea al servizio dei cittadini

COM(2011) 152 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 174 voti favorevoli e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce nello spazio una risorsa insostituibile e strategica per soddisfare i bisogni dell'UE in campo sociale, economico e della sicurezza, come motore di crescita e d'innovazione, capace di generare ricchezza grazie ai posti di lavoro altamente qualificati, ai servizi innovativi e alle opportunità di mercato che offre anche in altri settori industriali, al sostegno che genera per la ricerca la quale a sua volta produce innovazione per l'industria.

1.2   Il CESE riconosce l'importanza di un'industria spaziale competitiva, dotata di una catena di valore completa - comprendente cioè la costruzione, il lancio, la parte operativa e i servizi a valle.

1.3   Il CESE riconosce che la politica nel settore spaziale è una competenza condivisa tra l'UE e gli Stati membri, che attuano anche iniziative proprie in materia. Il Comitato esorta ad un partenariato rafforzato con gli Stati membri, compresi quelli che non fanno parte dell'ESA, inteso a coordinarne le rispettive politiche e competenze nel settore spaziale. Si dovrebbe esaminare anche la possibilità per gli Stati non-membri dell'ESA di partecipare a programmi cooperativi quali la ISS (Stazione spaziale internazionale).

1.4   Il CESE accoglie quindi con favore gli sforzi volti a rafforzare le basi su cui poggia la politica spaziale europea (PSE), stabilendo un collegamento tra quest'ultima e i testi fondativi dell'UE, grazie alle disposizioni del Trattato di Lisbona in materia, così come con la politica industriale europea, grazie alla strategia Europa 2020, e con il settore della ricerca e innovazione, tramite l'iniziativa Orizzonte 2020.

1.5   Dal momento che il programma di monitoraggio globale GMES è l'architrave del mantenimento della capacità europea autonoma di raccolta di dati ed informazioni sul sistema Terra, sia in tempo reale che in serie storiche decennali per assicurare il monitoraggio e la sicurezza dell'ambiente e del territorio e per comprendere alcuni meccanismi alla base del cambiamento climatico, il CESE esprime forte preoccupazione per il non inserimento del bilancio GMES all'interno del quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e richiede che la Commissione identifichi i mezzi finanziari necessari a scongiurare il collasso di questo programma.

1.6   Il CESE prende atto del ruolo centrale che svolge l'Agenzia spaziale europea (European Space Agency - ESA) in qualità di serbatoio di competenze dell'UE in campo tecnico, scientifico e gestionale, competenze che sono indispensabili per assicurare una gestione efficiente dei programmi spaziali.

1.7   Altri organismi di importanza sono Eumetsat, organismo operativo che fornisce dati meteorologici, l'European Environment Agency  (1) (AEA) e l'European Centre for Medium-Range Weather Forecasts  (2) (ECMWF).

1.8   Il CESE evidenzia il contributo essenziale dello spazio per la sicurezza e la difesa. Il CESE sottolinea la necessità di tenere in debito conto i requisiti della politica di difesa comune anche tramite lo sviluppo di nuovi programmi di cooperazione e infrastrutture (3).

1.9   Il CESE riconosce la necessità di proteggere il valore delle proprie infrastrutture spaziali sviluppando il dispositivo di sorveglianza dell'ambiente spaziale SSA (Space Situational Awareness).

1.10   Nel campo dell'esplorazione e dello sfruttamento dello spazio, occorre intensificare la cooperazione con i partner consolidati dell'UE, come USA, Russia e Giappone, e possibilmente ricercare accordi bilaterali con potenze emergenti nel settore spaziale quali la Cina, l'India e il Brasile.

1.11   La cooperazione internazionale nel settore spaziale è un fattore chiave non solo per la promozione della tecnologia e dei servizi europei, ma anche per la diffusione dei valori sociali e umanitari.

1.12   La ricerca, oltre ad essere un valore fondante per l'Europa, è essenziale per lo sviluppo di una capacità autonoma dell'Europa nel campo delle tecnologie abilitanti fondamentali, necessarie per rendere competitiva l'industria europea, nel mercato mondiale.

1.13   La realizzazione di investimenti da parte dell'UE nel settore della ricerca dovrà essere resa maggiormente efficace tramite l'istituzione di un quadro strategico comune per il finanziamento della ricerca e dell'innovazione.

2.   Introduzione

2.1   La comunicazione in esame definisce il quadro giuridico e il contesto economico, sociale e strategico della politica spaziale europea, stabilendo un collegamento tra quest'ultima e le fondamenta su cui poggia l'Unione europea: le disposizioni del Trattato di Lisbona, le politiche industriale e di ricerca europee, la politica di difesa comune.

2.2   La comunicazione stabilisce le azioni prioritarie che definiscono la politica spaziale dell'UE, ne descrive la dimensione internazionale e ne esamina le esigenze in termini di governance, aprendo così la strada che dovrebbe portare all'elaborazione e all'attuazione di un programma spaziale europeo.

2.3   Nella comunicazione si afferma che la Commissione presenterà una proposta relativa ad un programma spaziale europeo nel 2011 e predisporrà le misure necessarie per attuare la strategia proposta (politica industriale, organizzazione di attività spaziali).

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1   Il settore spaziale rappresenta una quota di circa l'1 % del bilancio dell'Unione e circa il 5 % del volume del settore industriale europeo dell'aerospazio.

3.2   Nonostante la sua piccola dimensione in termini relativi, la rilevanza economica, strategica e sociale dello spazio è oggi pienamente riconosciuta sia dalla Commissione che dal Parlamento europeo: non è possibile immaginare l'Europa come area di benessere senza il supporto e lo stimolo rappresentato da una sua presenza da leader nel settore spaziale, che oltre a generare ricadute economiche positive (in media il doppio delle quote investite, con punte di 4,5 volte, come nel caso della Norvegia [fonte: OCSE 2011]), genera un indotto di applicazioni insostituibili e di fondamentale utilità sociale: meteorologia, navigazione, posizionamento, controllo del traffico aereo e delle flotte, gestione dell'agricoltura e del territorio, operazioni umanitarie e gestione delle calamità naturali, sicurezza nazionale, controllo delle frontiere (solo per citarne alcune).

3.3   In un momento di difficoltà economica come quello attuale, disinvestire in questo settore avrebbe, a fronte di vantaggi assolutamente marginali in termini assoluti di risparmio, l'effetto gravissimo di disperdere il patrimonio di conoscenze scientifiche e capacità industriali che l'Europa ha costruito nei decenni passati in questo settore strategico.

3.4   Lo sviluppo di una capacità autonoma dell'Europa nel campo delle tecnologie abilitanti chiave e il suo accesso autonomo allo spazio sono ritenuti obiettivi di fondamentale importanza, che richiedono un sostegno attivo.

3.5   Con l'entrata nel settore spaziale dei nuovi paesi come Cina, India, Brasile ed altri, l'Europa ha la necessità di dotarsi di un piano strategico per mantenere la sua posizione di rilievo nel settore spaziale e la credibilità di fronte ai suoi partner principali, USA e Russia in particolare.

3.6   I grandi programmi faro, GMES e Galileo, rappresentano per l'Europa lo strumento per continuare ad essere una potenza trainante nei settori strategici collegati all'utilizzo dei sistemi di navigazione satellitare e dei servizi generati dall'osservazione della Terra.

3.7   Risolvere il problema del finanziamento del programma GMES rappresenta una questione prioritaria e non rinviabile a causa del rischio concreto che l'investimento di un decennio dell'Europa nel campo, oggi sempre più strategico, dell'osservazione della Terra, non vada perduto, sottraendo all'Europa, alle sue industrie e alla sua ricerca, la leadership conquistata.

3.8   Anche i programmi di esplorazione spaziale, luogo di sperimentazione delle tecnologie del futuro, potrebbero essere messi a rischio dall'attuale crisi finanziaria degli Stati dell'Unione. Si rende perciò necessaria un'attenzione a non far mancare la continuità per questo settore.

3.9   La tabella 1 illustra, a titolo esemplificativo e non esaustivo, l'entità degli investimenti nel settore spaziale realizzati da alcuni Stati membri dell'UE che sono anche membri dell'ESA nel 2009. Tali investimenti corrispondono mediamente ad una frazione tra lo 0,01 % e lo 0,05 % del PIL (dati 2009, fonte: OCSE). In confronto, le maggiori potenze come Cina, Russia e USA investono una quota significativamente più alta, rispettivamente 0,12 %, 0,20 % e 0,31 %. Per Russia e Cina, questo dato è inoltre raddoppiato nel periodo 2005-2009. In Europa, la Francia si differenzia per un più alto investimento percentuale, pari allo 0,1 % del proprio PIL (fonte: OCSE).

Tabella 1

Bilancio assegnato al settore spaziale nel 2009 dai principali contribuenti dell'ESA

(in milioni di EUR)

Paese

Bilancio per il settore spaziale (4)

Contributo all'ESA (5)

FR

1 960

(716)

DE

1 190

(648)

IT

685

(369)

UK

350

(269)

ES

190

(184)

BE

170

(161)

Bilancio totale dell'ESA per il 2009

3 600

 

3.10   L'ESA possiede la conoscenza tecnica e le capacità di progettare e realizzare programmi spaziali, di stimolare lo sviluppo di nuove tecnologie ed applicazioni. L'ESA opera in proprio molti dei sistemi che progetta, in particolar modo quelli di carattere scientifico e di ricerca. Per le infrastrutture di grandi programmi operativi come Galileo e GMES, spetta alla Commissione europea assumere il ruolo di operatore.

3.11   Eumetsat rappresenta un elemento importante della capacità operativa dell'Europa.

3.12   Altri organismi intergovernativi sono l'European Environment Agency (AEA) e l'European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), parti contraenti dell'accordo per lo sfruttamento dei dati e dei servizi di GMES.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   La politica spaziale europea (PSE) poggia su una serie di pilastri: il suo quadro normativo e il contesto in cui si inscrive la sua politica industriale, la sua dimensione internazionale, la sua governance, la relazione con la politica di sicurezza e di difesa comune, nonché un regime di finanziamento adeguato e sostenibile.

4.2   La base giuridica della politica spaziale europea sono le disposizioni del Trattato di Lisbona.

4.2.1   L'articolo 189 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) conferisce all'UE un ampio mandato per la definizione di una politica spaziale, e raccomanda inoltre di rendere operative le politiche in questo ambito istituendo un programma spaziale europeo.

4.2.2   La politica spaziale dell'UE e il programma Galileo sono gestiti direttamente dalla direzione generale Imprese e industria (DG ENTR) della Commissione europea.

4.2.3   Il regolamento istitutivo del programma GMES (6) definisce le regole per la sua esecuzione ed il bilancio per il suo sviluppo e la sua fase iniziale di operatività, nel periodo 2011-2013. Il coordinamento tecnico e l'attuazione della componente spaziale di GMES sono delegate all'ESA, che ove necessario si avvale del contributo di Eumetsat.

4.3   Il contesto della politica industriale

4.3.1   Il settore spaziale rappresenta circa il 5 % del settore industriale aerospaziale in Europa (dominato dal settore aeronautico che ne rappresenta il 92 %). La produzione dell'intero settore aerospaziale è stata in Europa (dati 2008, fonte: Ecorys Report to the EC) di circa 130 miliardi di euro, 6 dei quali legati al settore spazio. La forza lavoro impiegata nel settore aerospaziale è di circa 375 mila unità, 31 000 nel settore spazio in Europa (fonte: OCSE 2011), la cui caratteristica è l'alta qualificazione, essendo rappresentata per il 35 % da laureati, ingegneri e manager.

4.3.2   Il ruolo dell'industria spaziale nell'innovazione, in particolare nello sviluppo di nuove tecnologie e materiali, è insostituibile.

4.3.3   Il contesto industriale in cui si inscrive la politica spaziale europea è la strategia Europa 2020.

4.3.4   L'iniziativa faro di tale strategia, delineata nella comunicazione COM(2010) 614 definitivo/4, definisce lo spazio come «un volano dell'innovazione e della concorrenzialità al servizio dei cittadini», citando esplicitamente i programmi Galileo/EGNOS e GMES come programmi stabiliti, il cui completamento e la cui continuazione al di là del 2013 dovranno essere oggetto di proposte legislative nel 2011 in linea con le proposte complessive avanzate per il quadro finanziario pluriennale (QFP). Le infrastrutture spaziali vengono considerate strumenti essenziali per la sicurezza dei cittadini per cui si rende necessario che siano protette. Il dispositivo di sorveglianza dell'ambiente spaziale è costituito dal programma SSA (Space Situational Awareness).

4.3.5   Le comunicazioni satellitari sono un settore spaziale chiave, oltre ad apportare un contributo agli obiettivi dell'agenda europea del digitale per la loro ricaduta sulla diffusione della banda larga.

4.4   Cooperazione internazionale

4.4.1   Secondo quanto previsto dal suo regolamento istitutivo, il programma GMES rappresenta il contributo europeo alla costruzione del Global Earth Observation System of Systems  (7) (GEOSS), sviluppato nell'ambito del Group on Earth Observations  (8) (GEO).

4.4.2   Il partenariato concluso con l'Africa, utilizzando EGNOS, GMES e le infrastrutture di telecomunicazione, avrà ricadute in settori di primaria importanza quali la gestione delle risorse, la sicurezza, la cartografia, la geodesia, le telecomunicazioni e l'informazione.

4.4.3   La maggior parte degli investimenti istituzionali nel settore spaziale provengono dai paesi del G7, i quali nel 2009 hanno investito una somma pari a 53 miliardi di USD (fonte: OCSE). Gli Stati Uniti hanno contribuito, da soli, con ben 44 miliardi di USD, 17 dei quali corrispondono alla quota della NASA, mentre tutti gli altri paesi del G7 (USA esclusi) hanno versato, in totale, i restanti 9 miliardi di USD.

4.4.4   Appare evidente l'importanza che hanno nel settore spaziale, accanto ai tradizionali protagonisti come USA, Russia e Giappone, le nuove potenze emergenti come Brasile, India, Cina, i cui bilanci destinati a questo settore ammontano, complessivamente, a 7,2 miliardi di USD (9). Per confronto, il bilancio della Federazione russa è di 2,5 miliardi di USD.

4.4.5   Per confronto, il bilancio dell'ESA per il 2009 era di 3,6 miliardi di euro (cfr. anche la tabella 1).

4.4.6   L'Europa ha una politica di distribuzione dei dati «libera ed aperta» applicata dall'ESA ed in forza nel programma GMES.

4.5   Governance

4.5.1   In base alle disposizioni dell'articolo 189 del TFUE, l'Unione «instaura tutti i collegamenti utili con l'Agenzia spaziale europea», oltre a rafforzare il proprio partenariato con gli Stati membri e a coordinare gli sforzi necessari per l'esplorazione e lo sfruttamento dello spazio.

4.5.2   L'ESA è un organismo intergovernativo che presto conterà 19 paesi membri. L'adesione non è riservata ai soli Stati membri dell'UE (ad es. la Svizzera è membro dell'Agenzia) o strettamente europei (il Canada ha concluso un accordo partenariato con l'ESA). La gestione delle risorse dell'ESA si basa sul principio del «ritorno geografico» («Geographical Return») che restituisce agli Stati membri le commesse industriali in maniera proporzionale alla propria quota di partecipazione in ESA. Questo principio ha finora consentito l'impegno di importanti risorse da parte degli Stati membri. La sua gestione del personale segue un simile principio di fair return (giusto ritorno), benché i suoi presupposti appaiano meno direttamente fondati di quelli applicati alle commesse industriali, non dovendo il personale in principio rappresentare o rispondere a interessi nazionali. In effetti la attuale tendenza della UE è quella di superare il principio della somma di interessi nazionali in favore di un valore aggiunto europeo (10). Nel caso dell'ESA, ed in vista di un Piano spaziale europeo, questo principio apparirebbe particolarmente appropriato.

4.5.3   La cooperazione tra l'ESA e l'UE è stata definita da un Accordo quadro entrato in vigore nel maggio 2004 (GU L 261 del 6.8.2004). La Commissione europea e l'ESA coordinano le loro azioni attraverso un segretariato congiunto costituito da amministratori della Commissione europea e dell'esecutivo dell'ESA. Gli Stati membri di ESA e UE si incontrano a livello ministeriale nel Consiglio «Spazio», l'assemblea congiunta del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio dell'Agenzia Spaziale. Il Consiglio è preparato dai rappresentanti dei paesi membri riuniti nello High-level Space Policy Group (HSPG). L'ESA dispone di un ufficio di collegamento a Bruxelles incaricato di agevolare i contatti con le istituzioni europee.

4.5.4   Il Consiglio «Spazio» ha consentito finora lo sviluppo di solide relazioni tra l'ESA e la Commissione.

4.5.5   Eumetsat è un organismo intergovernativo che attualmente conta 26 paesi membri. Il suo organo decisionale è il Consiglio, composto di rappresentanti dei servizi meteorologici dei paesi aderenti; tali servizi finanziano le attività di Eumetsat, ciascuno versando un contributo proporzionale al reddito nazionale lordo del paese membro di appartenenza. Nel 2010 il bilancio dell'organismo era di circa 300 milioni di euro.

4.5.6   Altri organismi intergovernativi sono rappresentati dall'European Environment Agency (AEA) e dall'European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), parti contraenti dell'accordo per lo sfruttamento dei dati e dei servizi di GMES.

4.6   Ricerca e innovazione

4.6.1   La ricerca è un valore fondante nella cultura europea. Ricerca ed innovazione contribuiscono a creare posti di lavoro, ad aumentare la prosperità e a migliorare la qualità di vita. L'attività di ricerca è anche alla base della non dipendenza dell'Europa nel campo delle tecnologie abilitanti. Quello spaziale è il settore in cui si stabiliscono in via preferenziale relazioni e legami tra la ricerca universitaria, l'innovazione industriale e lo sviluppo di tecnologie innovative.

4.6.2   Il finanziamento della ricerca spaziale è una componente dei sistemi di finanziamento europei della ricerca. Nel settore delle applicazioni, tuttavia, c'è una insufficiente presenza europea per cui è necessario operare perché la capacità di ricerca europea si traduca in nuove e innovative applicazioni.

4.6.3   Le attività di ricerca dell'UE sono finanziate prevalentemente tramite il Settimo programma quadro (2007-2013), che dispone di un bilancio di 50,5 miliardi di euro, di cui circa il 3 % assegnato allo spazio (=1,4 miliardi di euro).

4.6.4   Nell'ambito del quadro finanziario pluriennale proposto per il 2014-2020, i finanziamenti destinati alla ricerca e all'innovazione saranno collegati tramite un quadro strategico comune (QSC) per la ricerca, l'innovazione e lo sviluppo tecnologico (denominato Orizzonte 2020), e nel periodo di validità del QSC (2014-2020) i fondi per la ricerca aumenteranno a 80 miliardi di euro.

4.6.5   L'UE stabilisce nella strategia Europa 2020 l'ambizioso traguardo del 3 % del PIL destinato alla ricerca.

4.7   Sicurezza e difesa comune

4.7.1   Le infrastrutture spaziali forniscono servizi essenziali per la sicurezza e la difesa, come riconosciuto nella politica di sicurezza e di difesa comune, in particolare nei campi della prevenzione e della gestione delle crisi.

4.7.2   La sicurezza delle infrastrutture spaziali è messa a rischio dal numero crescente di detriti spaziali. ESA, per la parte civile e AED, per quella militare, hanno cominciato programmi per la Space Situational Awareness (SSA). L'UE sta lavorando sul codice internazionale di condotta per le attività nello spazio extra-atmosferico (Code of Conduct for Outer space activities).

4.8   Programma spaziale europeo - Bilancio

4.8.1   Nella comunicazione in esame la Commissione valuta la possibilità di includere una proposta relativa ad un programma spaziale europeo nell'ambito del quadro finanziario pluriennale del giugno 2011. La proposta di bilancio dell'UE per il periodo 2014-2020, presentata nel giugno 2011, è orientata alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020 (11).

4.8.2   Nel QFP la proposta relativa ad un programma spaziale europeo non è chiaramente indicata con questo nome, ma per i programmi GMES e Galileo sono previste le seguenti disposizioni:

QFP RUBRICA 1: Crescita intelligente ed inclusiva stanzia 7 miliardi di euro per Galileo;

NON COMPRESO NEL QFP: GMES è finanziato con un bilancio di 5,8 miliardi di euro.

Questa proposta di finanziamento di GMES fuori dal QFP pare in decisa contraddizione sia con le raccomandazioni contenute nel documento di lavoro dei servizi della Commissione SEC(2011) 868 definitivo del 29 giugno 2011 di accompagnamento alla comunicazione Un bilancio per la strategia Europa 2020, che con le conclusioni del Consiglio Competitività dell'UE, adottate il 31 maggio 2011.

4.8.3   Occorre capire come il bilancio previsto per GMES può essere garantito, per scongiurare il rischio della perdita di un programma vitale per la competitività futura dell'Europa nel settore strategico dell'osservazione della Terra e finora costato un decennio di lavoro e un investimento realizzato di 3 miliardi di euro. Secondo le stesse conclusioni del 3094o Consiglio Competitività (Mercato interno, industria, ricerca e spazio), del 31 maggio 2011, «la Commissione elaborerà una proposta per il finanziamento di tali programmi faro [NdR: GMES e Galileo] nell'ambito del prossimo quadro finanziario pluriennale» e «essendo entrambi programmi europei di titolarità dell'UE, i due programmi debbono continuare a essere finanziati dal bilancio UE».

4.8.4   L'approccio delineato nella proposta di QFP andrà definito in dettaglio entro la fine del 2011 nelle proposte legislative per i programmi di spesa e gli strumenti dei singoli settori strategici.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Agenzia europea dell'ambiente.

(2)  Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine.

(3)  «La politica di sicurezza e di difesa comune comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell'Unione. Questa condurrà a una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso conformemente alle rispettive norme costituzionali. La politica dell'Unione a norma della presente sezione non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico (NATO), nell'ambito del trattato dell'Atlantico del Nord, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.» (Trattato sull'Unione europea, titolo V, capo 2, sezione 2, articolo 42, paragrafo 2).

(4)  Fonte: OCSE;

(5)  Fonte: ESA

(6)  Regolamento (UE) n. 911/2010, GU L 276 del 20.10.2010, pag. 1.

(7)  Sistema di sistemi per l'osservazione globale della Terra.

(8)  Gruppo sull'osservazione della Terra.

(9)  Cina: 6,1 miliardi di USD; India: 861 milioni di USD; Brasile: 205 milioni di USD.

(10)  V. punto 166 della risoluzione del Parlamento europeo dell'8 giugno 2011 su Investire nel futuro: un nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) per un'Europa competitiva, sostenibile e inclusiva: «…il modo in cui è andato evolvendosi il sistema delle risorse proprie, sostituendo gradualmente le risorse proprie vere e proprie con i cosiddetti «contributi nazionali», pone un'enfasi eccessiva sui saldi netti tra gli Stati membri, contraddicendo così il principio della solidarietà dell'Unione, riducendo l'interesse comune europeo e ignorando per lo più il valore aggiunto europeo…».

(11)  COM(2011) 500 definitivo/2, Un bilancio per la strategia 2020, I parte.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla relazione della Commissione «Relazione sulla politica di concorrenza 2010»

COM(2011) 328 definitivo

2012/C 43/06

Relatore: BARROS VALE

La Commissione europea, in data 10 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2010

COM(2011) 328 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in materia, ha adottato il proprio parere in data 10 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli e 7 astensioni.

1.   Sintesi e conclusioni

1.1   Ogni anno il Comitato economico e sociale europeo (CESE) valuta la relazione della Commissione sulla politica di concorrenza e coglie l'occasione per esprimere una serie di considerazioni e proposte. Nel corso del tempo queste ultime hanno richiamato l'attenzione delle autorità e hanno contribuito a introdurre vari adeguamenti, che hanno portato alla maggiore efficacia che si è osservata. La presente analisi è realizzata in un frangente di grandi sfide per il progetto europeo, visti i rischi di frammentazione o, a detta di molti, addirittura la minaccia alla sopravvivenza della straordinaria integrazione conseguita in poco più di mezzo secolo. Nell'arco di due generazioni, gli europei hanno saputo costruire uno straordinario periodo di pace e di prosperità, fondato sulla solidarietà tra paesi e regioni e su un lungo cammino di attuazione di politiche comuni. È in questo contesto di scelta tra regresso non immaginabile e progresso storico che dobbiamo esaminare le diverse politiche europee, in particolare la politica di concorrenza. La possibile rinazionalizzazione delle politiche, frutto della crisi e della potenziale conflittualità tra Stati membri, e l'intervento dei governi in economia con misure protezionistiche rappresentano scenari che avrebbero ripercussioni importanti sul mercato interno e sulla politica di concorrenza, i quali, almeno a livello interno, hanno mostrato il loro grande valore.

1.2   L'edizione attuale della relazione sulla politica di concorrenza, comparsa nel 40° anniversario della sua prima versione, elenca i principali sviluppi avvenuti in questo campo e l'importanza della politica stessa per gli obiettivi dell'UE: costruzione del mercato unico, diffusione tra i consumatori (in quanto gruppo che può trarne il maggior vantaggio) dei benefici da esso derivanti e creazione di un'economia sociale di mercato competitiva. Il CESE si congratula con la Commissione per questa edizione e per i risultati conseguiti nell'arco degli ultimi 40 anni, ma ha l'impressione che il documento serva essenzialmente a tessere le lodi del lavoro svolto dalla Commissione stessa, lasciando in secondo piano, come indicato nella relazione, le questioni di attualità. Si tratta di un documento certamente positivo, ma sarebbe stato più utile se avesse incluso un'analisi e una valutazione dei punti di forza e di debolezza del lavoro svolto, o possibilmente anche delle analisi comparative tra gli Stati membri dell'UE e altri paesi rilevanti, invece di limitarsi a essere meramente apologetico. Questo 40° anniversario avrebbe potuto essere per la Commissione un'ottima occasione per proporre, dopo una corretta analisi degli eventi passati, una modernizzazione e un allargamento di ciò che può essere considerato la politica di concorrenza, valutando l'evoluzione dovuta alla globalizzazione accelerata e interpretando gli effetti nocivi subiti dall'Europa a causa delle trasformazioni e delocalizzazioni, basate sullo sfruttamento senza limiti delle risorse umane, materiali e ambientali in parti del mondo che non seguono gli stessi valori delle società europee, ma che sfruttano il potere d'acquisto che l'Europa è fin qui riuscita a garantire ai suoi cittadini.

1.3   Anche il 2010 è stato fortemente influenzato dalla crisi economica e finanziaria, cui è venuta ad aggiungersi la crisi del debito sovrano. Il CESE richiama l'attenzione sulle eventuali distorsioni che possono causare, in termini di concorrenza, tanto il prolungarsi della crisi quanto le misure temporanee adottate per contrastarla, e mette in risalto l'importanza di un loro rigoroso monitoraggio e la necessità di procedere quanto prima alle dovute correzioni. È essenziale monitorare l'attuazione dei piani nazionali di rilancio economico e i loro effetti sulla concorrenza attraverso la valutazione delle misure adottate, l'unica strada che permetta una decisione con cognizione di causa sull'indirizzo da dare alle misure temporanee di lotta alla crisi che rimangono in vigore.

1.4   Il CESE si rallegra per gli sviluppi in materia di cooperazione internazionale, ma torna a richiamare l'attenzione sull'importante necessità di garantire un commercio estero equo, in cui i paesi terzi non possano beneficiare artificialmente della liberalizzazione degli scambi commerciali attraverso la pratica del dumping sociale o ambientale. Occorre assicurare il rispetto delle regole internazionali sul commercio equo e delle norme fondamentali per la protezione dell'ambiente, oltre che la libertà di stabilimento e di associazione tra imprese. In questo l'Europa ha un ruolo capitale. L'UE dovrà inoltre esigere il rigoroso rispetto delle regole dell'OMC contro qualsiasi azione che ostacoli l'accesso delle imprese europee ai diversi mercati, e stabilire regole che promuovano la parità di condizioni indipendentemente dalle dimensioni delle imprese, dalla loro localizzazione e dal loro inquadramento fiscale. La politica di concorrenza dell'UE deve entrare in una nuova fase, in cui si stabiliscano nuove priorità, si definiscano nuovi strumenti e si adottino misure più efficaci nell'ambito del commercio con i paesi terzi. Il CESE esprime la propria frustrazione per il fatto che le proprie precedenti raccomandazioni in questo settore non hanno portato alla modernizzazione e all'allargamento della visione di cui l'UE ha dato prova in quest'ambito.

1.5   Occorre assicurare in tutti gli aspetti il rigoroso rispetto delle convenzioni fondamentali dell'OIL in materia di diritti e libertà sindacali, lavoro minorile, condizioni di lavoro disumane e diritto allo sciopero. A livello interno, occorre ancora assicurare l'armonizzazione delle legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di normativa del lavoro e parità di condizioni, per evitare distorsioni della concorrenza. Il mercato del lavoro, fortemente colpito dalla crisi, richiede tutta l'attenzione necessaria al conseguimento dell'obiettivo della crescita inclusiva, una priorità della strategia Europa 2020, promuovendo sia il mantenimento e la creazione di occupazione che la mobilità.

1.6   Si segnalano già alcuni sviluppi nel quadro della strategia Europa 2020, i cui strumenti e sviluppi settoriali sono spiegati nella relazione. Si richiama l'attenzione sui rischi della liberalizzazione del settore dell'energia, per quel che concerne sia la qualità e la continuità degli approvvigionamenti che il prezzo. Per quanto riguarda l'agenda digitale, si ribadisce l'importanza di accrescere il livello di conoscenza dei gestori e degli utenti dei servizi di comunicazione elettronica, al fine di ottenere il massimo risultato dagli sforzi in quest'ambito.

1.7   La relazione non fa riferimento alcuno agli effetti della speculazione sui prezzi delle materie prime, che pure si sono fatti sentire. È essenziale seguire l'andamento del mercato creando o applicando strumenti in grado di controllare la volatilità dei prezzi e di ridurne al minimo gli effetti sulla concorrenza.

1.8   Il CESE esprime preoccupazione riguardo al rischio che le autorità nazionali garanti della concorrenza siano impossibilitate a svolgere un ruolo regolatore rispetto a determinati settori in cui i prezzi sono in gran parte influenzati dalle variazioni dei costi delle materie prime. L'aumento di questi ultimi, infatti, si è ripercosso immediatamente e direttamente sul prezzo finale, mentre la loro riduzione non ha determinato l'andamento corrispondente. Queste autorità, data la loro prossimità al mercato, devono rappresentare un veicolo essenziale di intervento nel quadro della politica di concorrenza, concentrando la loro azione sui mercati regionali.

1.9   Il CESE richiama l'attenzione sull'importanza della vigilanza delle autorità nazionali garanti della concorrenza sul settore della grande distribuzione, nel quale il potere negoziale dei gruppi economici più grandi può portare a gravi distorsioni della concorrenza attraverso abusi di posizione dominante. Se è vero che le imprese sono libere di decidere in merito alla distribuzione dei loro prodotti, non è affatto detto che nella pratica gli accordi non siano conclusi meditante fissazione dei prezzi da parte dei grandi acquirenti, in evidente violazione della legge e delle regole sull'equilibrio negoziale, con la conseguenza di schiacciare gradualmente il settore produttivo e i piccoli operatori all'ingrosso e al dettaglio.

1.10   I progressi dell'iniziativa del Libro bianco del 2008 in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust dell'UE sono stati del tutto irrilevanti, e la protezione dei diritti dei consumatori in questo ambito ne risulta ulteriormente indebolita di fronte a violazioni sempre più frequenti, che rimangono impunite. È urgente presentare le necessarie proposte legislative europee in questo campo, al fine di garantire l'effettivo risarcimento di danni collettivi o diffusi. Il commercio equo e la concorrenza leale sono elementi di fondamentale importanza per i consumatori. Le informazioni rese disponibili riguardo alla qualità dei prodotti e dei servizi devono essere rilevanti, e va agevolato l'accesso alle procedure di reclamo, in modo da garantire i diritti dei consumatori.

1.11   Il CESE si compiace del lavoro svolto al fine di pervenire alla creazione del brevetto europeo, che agevolerà l'accesso alla protezione della proprietà, importante per incentivare gli investimenti in R&S, e auspica che si possa giungere a un ampio consenso sull'adozione di questo nuovo sistema di protezione della proprietà.

1.12   L'autoregolamentazione può rappresentare un metodo efficace per stimolare lo sviluppo di determinati mercati attraverso la promozione del commercio equo. Quest'ultimo si è già dimostrato uno strumento più efficace e flessibile, per far fronte alle conseguenze degli sviluppi dei mercati e dei loro prodotti e servizi, rispetto all'imposizione di regole e leggi. La relazione della Commissione non fa riferimento a questa possibilità che invece dovrebbe essere studiata e presa in considerazione.

1.13   Nel caso delle regioni periferiche o insulari dell'Unione, i costi del trasporto per accedere ai mercati centrali rappresentano molto spesso un ostacolo a una sana concorrenza tra gli operatori di dette regioni e altri situati in aree più avvantaggiate. Andranno quindi trovati i mezzi di compensazione e gli strumenti che promuovono la parità di condizioni.

1.14   Il CESE si congratula con la Commissione per la volontà da essa manifestata di promuovere modifiche alla relazione sulla politica di concorrenza abbandonando il modello attuale, che consiste in un semplice elenco di fatti di dominio pubblico, per passare a uno che possa dare risposta alle diverse raccomandazioni formulate dal Comitato. Sottolinea come sia importante che il documento abbia una visione più strategica, che renda possibile e promuova il dibattito sulla politica di concorrenza invece che sul diritto della concorrenza.

1.15   Il CESE, tuttavia, esprime perplessità per l'assenza, nella relazione della Commissione, di un riferimento alla necessità, stabilita dai Trattati europei, di far rispettare le regole di concorrenza agli enti pubblici che si presentino su operazioni aperte alle imprese del settore privato.

2.   Contenuto della relazione 2010

2.1   La relazione è strutturata in 6 sezioni, dedicate rispettivamente agli strumenti della politica di concorrenza, alla loro applicazione settoriale, alla cooperazione tra la Rete europea della concorrenza e le giurisdizioni nazionali, alle attività internazionali, alle iniziative comuni delle organizzazioni dei consumatori e infine alla cooperazione interistituzionale.

2.2   Strumenti

2.2.1   Seguito dell'attuazione del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato

2.2.1.1   In risposta alle difficoltà avvertite nel settore finanziario, derivanti dalla crisi del debito sovrano, sono state prorogate le misure di sostegno al fine di agevolare l'accesso delle banche al finanziamento. A questo fine la messa a disposizione delle garanzie statali per agevolare questo accesso si è dimostrata uno strumento efficace.

2.2.1.2   Sono state prorogate anche le misure di aiuto destinate a sostenere l'accesso al finanziamento da parte delle imprese, sebbene si tratti di un numero minore di misure limitate alle PMI.

2.2.1.3   Occorre conoscere in tempi brevi l'impatto di queste misure e i loro reali benefici. Questa analisi consentirebbe di verificare i vantaggi e gli svantaggi della concessione di questo tipo di aiuti e i loro effetti sulla concorrenza, oltre a valutare l'importanza di prorogare dette misure anche nel 2012.

2.2.2   I programmi di adeguamento economico

2.2.2.1   I programmi di adeguamento economico per la Grecia e l'Irlanda hanno imposto misure in materia di concorrenza. Esse hanno riguardato, nel caso della Grecia, la riforma dell'autorità per la concorrenza, la liberalizzazione delle professioni a numero chiuso e l'elaborazione di una nuova legge in materia di investimenti; per l'Irlanda, l'obbligo di modifiche legislative volte a eliminare le restrizioni al commercio e alla concorrenza in settori attualmente protetti dalla legislazione nazionale.

2.2.2.2   L'indebitamento eccessivo dei due paesi è, naturalmente, causa di distorsioni della concorrenza, perché promuove l'attività di alcuni agenti economici. Come effetto secondario, chiedendo ai cittadini sforzi maggiori, essenziali per l'equilibrio dei conti pubblici, li pone in posizione di svantaggio rispetto ad altri. Gli aiuti alla Grecia e all'Irlanda, cui si sono aggiunti quelli al Portogallo, devono continuare a essere oggetto di particolare attenzione per quanto riguarda le eventuali distorsioni della concorrenza riconducibili alle misure adottate.

2.2.3   Attuazione delle norme antitrust

2.2.3.1   In quest'ambito l'attività della Commissione è stata intensa e ha visto l'introduzione di modifiche ai regolamenti di esenzione per categoria sia verticali che orizzontali.

2.2.3.2   Nell'ambito del Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust (2008), contrariamente alla richiesta avanzata dal CESE in vari pareri tesa alla creazione di un procedimento collettivo di recupero e risarcimento (azione collettiva a livello dell'UE), si è deciso di avviare una nuova consultazione pubblica da cui non ci si attende che vengano individuati i principi comuni che dovrebbero essere presi in considerazione nell'elaborazione delle proposte legislative riguardanti i meccanismi di ricorso collettivo. In quest'ambito è necessario trovare in tempi brevi soluzioni legislative a difesa dei consumatori e delle imprese.

2.2.3.3   Va segnalato che, facendo seguito a sette decisioni sulla costituzione di cartelli e alla prima decisione in materia di antitrust riguardante il mercato dei servizi sanitari, la Commissione ha inflitto ammende nei confronti di 70 imprese (27 in più rispetto al 2009).

2.2.3.4   La lotta contro l'abuso di posizione dominante ha portato all'adozione di quattro decisioni nel settore dell'energia e all'avvio di vari procedimenti nel settore delle Tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC).

2.2.4   Controllo delle concentrazioni

Per effetto della crisi economica, il numero di concentrazioni realizzate nel 2010 è stato relativamente basso. Sono state notificate 274 operazioni, 16 decisioni sono state subordinate ad alcune condizioni e non è stato stabilito alcun divieto.

2.2.5   Controllo degli aiuti di Stato

2.2.5.1   Gli aiuti connessi agli obiettivi orizzontali d'interesse europeo (come la cultura e la conservazione del patrimonio, la coesione regionale, la protezione dell'ambiente, la ricerca, lo sviluppo, l'innovazione e i risarcimenti per danni causati da calamità naturali) hanno rappresentato la maggioranza degli aiuti approvati nell'anno 2010.

2.2.5.2   Merita attenzione la pubblicazione di un manuale sull'applicazione della normativa UE in materia di aiuti di Stato da parte dei tribunali nazionali, con l'obiettivo di agevolare l'azione dei giudici nazionali, in risposta al crescente numero di casi sottoposti ai tribunali nazionali in materia di aiuti di Stato.

2.3   Sviluppi nei vari settori

2.3.1   Nel settore dei servizi finanziari, l'attuazione del relativo quadro regolamentare temporaneo ha rappresentato l'attività principale in materia di concorrenza. I processi di concentrazione analizzati nel 2010 sono stati inferiori di numero e connessi alle condizioni di ristrutturazione imposte per la concessione di aiuti di Stato. Gli sforzi di stabilizzazione finanziaria sono essenziali e devono continuare ad essere sviluppati, senza però sottovalutare i pericoli legati ai rischi di speculazione sul mercato, al fine di evitare una situazione come quella verificatasi negli Stati Uniti.

A conclusione del lavoro precedentemente svolto, la Commissione ha reso vincolanti gli impegni proposti da Visa Europe in rapporto alle commissioni multilaterali d'interscambio (CMI).

2.3.2   Nel novembre 2010 è stata presentata la strategia sull'energia per i prossimi dieci anni, nel quadro della strategia Europa 2020, con l'obiettivo di creare un mercato unico nel settore dell'energia. La creazione di un mercato aperto e concorrenziale in questo settore porterà sicuramente benefici ai consumatori. Va tuttavia messa in rilievo la preoccupazione espressa da questi ultimi quanto alla qualità e alla continuità degli approvvigionamenti di energia, in particolare nei casi in cui il servizio è fornito da imprese situate in un altro paese.

Hanno continuato ad essere incentivate le misure connesse alla produzione di energia rinnovabile, al risparmio energetico e al recupero di siti contaminati, in conformità agli obiettivi in materia di clima/energia stabiliti nella strategia Europa 2020.

2.3.3   La Commissione ha lanciato l'agenda digitale europea, inserita nella strategia Europa 2020, che ha come obiettivo principale la creazione di un mercato unico per i servizi delle telecomunicazioni, in particolare per quanto riguarda l'allineamento delle tariffe dei servizi di roaming con quelle delle comunicazioni nazionali e l'accesso generalizzato dei cittadini alla banda larga. Si pone la grande sfida di trovare un equilibrio sul piano della concorrenza tra gli operatori del commercio elettronico e i piccoli commercianti e di proteggere i consumatori dalle pratiche abusive. È necessario rafforzare la fiducia dei consumatori in rapporto alla legittimità degli operatori, alla sicurezza dei pagamenti e alla protezione dei dati personali.

2.3.4   Nel mercato delle TIC, la Commissione ha incentrato la sua attenzione sull'elaborazione di orientamenti relativi agli accordi di cooperazione, in modo da stimolare la concorrenza sul mercato e così contribuire al raggiungimento di uno degli obiettivi della strategia Europa 2020, ossia la disponibilità di prodotti e servizi efficienti. In quest'ambito occorre continuare a dedicare attenzione alla formazione tanto degli operatori quanto degli utenti finali, aumentando le loro competenze.

2.3.5   Per quanto riguarda i mezzi di comunicazione sociale, la Commissione ha continuato a monitorare la transizione dalla radiodiffusione analogica al sistema digitale.

2.3.6   Vista l'urgente necessità di creare un brevetto europeo, continuano i lavori per l'introduzione un sistema unico per il rilascio di brevetti europei nell'industria farmaceutica. È stata inoltre annunciata la revisione della cosiddetta «direttiva sulla trasparenza» che riguarda i criteri per la determinazione dei prezzi e il regime di rimborso delle specialità farmaceutiche.

2.3.7   Nel settore della salute, sono state esaminate varie denunce di trattamento discriminatorio presentate da fornitori privati di servizi sanitari nei confronti di fornitori pubblici. La relazione non fornisce tuttavia informazioni quanto ai risultati di queste attività.

2.3.8   Pur pesantemente colpito dalla crisi nel 2009, nel 2010 il settore dei trasporti ha conosciuto una ripresa, con un ritorno dei prezzi ai livelli precedenti la crisi.

2.3.8.1   Nel settore dei trasporti aerei, la Commissione ha reso giuridicamente vincolanti gli impegni proposti da British Airways, American Airlines e Iberia riguardo alle rotte transatlantiche e ha autorizzato la concentrazione di British Airways con Iberia e quella di United Airlines con Continental Airlines.

2.3.8.2   Per i trasporti ferroviari e terrestri, al fine di rafforzare la concorrenza, è stata adottata una proposta di rifusione del primo pacchetto ferroviario, che stabilisce uno spazio ferroviario europeo unico.

2.3.8.3   Per quanto riguarda i trasporti marittimi, sulla base degli orientamenti per il settore e degli orientamenti sugli aiuti di Stato integrativi, sono stati approvati aiuti per un progetto delle «Autostrade del mare» volto a catturare il traffico stradale tra la Francia e la Spagna. La Commissione ha inoltre avviato uno studio sul funzionamento e il finanziamento pubblico delle infrastrutture portuali.

2.3.9   Il termine per l'apertura completa del mercato dei servizi postali è stata prorogato per undici Stati membri, e la Commissione ha continuato a monitorare la liberalizzazione, verificando che non fossero concessi benefici indebiti ai responsabili della prestazione del servizio pubblico.

2.3.10   La necessaria ristrutturazione del settore e l'incentivazione allo sviluppo di automobili più rispettose dell'ambiente costituiscono la principale preoccupazione in materia di concorrenza nel settore dell'industria automobilistica.

È stato adottato un regolamento di esenzione per categoria per gli accordi verticali, per quel che concerne il mercato dei servizi postvendita e quello della vendita di nuovi veicoli, tra i costruttori e i concessionari, le autofficine e i distributori di pezzi di ricambio, e sono state autorizzate 15 concentrazioni nel settore automobilistico.

2.3.11   In risposta ai problemi di concorrenza derivanti dalle differenze di potere negoziale tra fornitori e acquirenti nel settore della distribuzione alimentare, è stato istituito il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare.

Il settore è sempre più dominato da grandi gruppi, a chiaro danno tanto dei piccoli commercianti, che non possono competere sul piano dei prezzi, quanto dei piccoli dettaglianti, produttori e distributori, che vedono i loro margini di profitto compressi dal potere dei grandi gruppi. Manca, nel settore, un intervento preventivo da parte delle autorità nazionali della concorrenza riguardo a eventuali abusi di posizione dominante, che danneggiano gravemente il mercato. Non è sufficiente individuare buone pratiche, e l'azione dev'essere innanzitutto concentrata sul controllo e sulla punizione delle pratiche che promuovono l'abuso di posizione dominante.

2.4   La Rete europea della concorrenza e le giurisdizioni nazionali

La Rete europea della concorrenza ha continuato la sua attività, dimostrando la sua importanza sul piano del dibattito e dello scambio di buone pratiche in materia di applicazione delle norme antitrust. Oltre ad aver istituito un gruppo di lavoro sulle concentrazioni, ha proceduto alla revisione dei regolamenti di esenzione per categoria e dei relativi orientamenti riguardanti gli accordi orizzontali e le restrizioni verticali.

2.5   Attività internazionali

2.5.1   Sono proseguite le attività di cooperazione internazionale in materia di concorrenza, visto che la Commissione ha continuato a partecipare alla Rete internazionale della concorrenza (ICN) e al Comitato per la concorrenza dell'OCSE. Particolarmente intensa è stata la cooperazione con gli USA, e sono stati avviati negoziati in materia di concorrenza con la Confederazione svizzera. Si sottolinea la priorità attribuita alla cooperazione e alle discussioni con la Cina a proposito della legge antimonopolio e all'attività della DG Concorrenza con le autorità indiane nei settori degli accordi restrittivi, degli abusi di posizione dominante e del controllo delle concentrazioni.

2.5.2   Meritano infine menzione l'avvio dei negoziati di adesione sul capitolo della concorrenza con la Croazia e l'approvazione di una legge sugli aiuti di Stato da parte del parlamento turco.

2.6   Dialogo con le organizzazioni dei consumatori e le parti interessate

2.6.1   Una pagina destinata ai consumatori, che illustra il ruolo, le principali iniziative e gli obiettivi della politica di concorrenza è stata messa a disposizione, in tutte le lingue ufficiali, sul sito web della DG Concorrenza.

2.6.2   Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG), dopo essere stato consultato in merito alle restrizioni verticali, ha elaborato un parere sulle azioni di risarcimento danni.

2.7   Cooperazione interistituzionale

2.7.1   In ottobre è entrato in vigore un nuovo accordo quadro tra il Parlamento europeo e la Commissione.

2.7.2   Il Parlamento ha adottato delle risoluzioni sulla relazione sulla politica di concorrenza 2008, sul regolamento di esenzione per categoria applicabile ai veicoli a motore, sugli accordi orizzontali e sulla decisione del Consiglio relativa agli aiuti di Stato volti ad agevolare la chiusura di miniere di carbone non competitive.

2.7.3   La Commissione ha informato il Consiglio delle iniziative realizzate nel settore della concorrenza, specialmente in rapporto alle regole in materia di aiuti di Stato connessi alla crisi.

2.7.4   Il CESE ha contribuito alla politica di concorrenza adottando pareri in merito alla relazione sulla politica di concorrenza 2008, alle miniere non competitive, alla cantieristica navale e al regolamento di esenzione per categoria applicabile agli autoveicoli.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/30


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle imbarcazioni da diporto e le moto d'acqua

COM(2011) 456 definitivo — 2011/0197 (COD)

2012/C 43/07

Relatore: PÁSZTOR

Il Consiglio, in data 1o settembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 13 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle imbarcazioni da diporto e le moto d'acqua

COM(2011) 456 definitivo — 2011/0197 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 10 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta dell'8 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 7 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1   Il CESE si compiace della proposta di direttiva sulle imbarcazioni da diporto e le moto d'acqua, e la considera come un importante passo in avanti nella realizzazione degli obiettivi dell'UE. Sebbene il settore in questione sia di importanza limitata, l'entrata in vigore della direttiva contribuirà alla realizzazione di vari obiettivi orizzontali, come pure degli obiettivi di competitività e di occupazione della strategia Europa 2020. Inoltre, l'introduzione di misure più restrittive in materia di tutela ambientale contribuirà alla realizzazione, in un settore importante, degli obiettivi delle strategie per la biodiversità e la buona qualità dell'aria.

1.2   Il CESE considera particolarmente importante il fatto che la nuova regolamentazione, malgrado l'inasprimento delle misure ambientali, contribuisca alla competitività del settore conformandosi alle aspettative del mercato mondiale e ponendo in tal modo rimedio agli svantaggi esistenti in termini di concorrenza. Il CESE si augura che in un numero crescente di settori si sviluppi quanto prima un analogo effetto di sinergia tra le disposizioni in materia di qualità e la competitività. È auspicabile che d'ora in avanti si intensifichi la collaborazione con i partner di oltre Atlantico ai fini di un trattamento omogeneo dei parametri di qualità.

1.3   Il CESE apprezza la volontà della Commissione di pervenire a un funzionamento agevole ed adeguato degli organismi competenti. Osserva tuttavia che le disposizioni sono in effetti formulate in maniera così generale da imporre il ricorso a procedure e organismi analoghi per qualsiasi altro articolo.

1.4   Il CESE concorda in linea generale anche con i dettagli della proposta di direttiva, ma raccomanda di fornire delle precisazioni in merito ai seguenti punti:

occorrerebbe chiarire che le disposizioni in materia di sicurezza e di emissioni valgono in qualsiasi specchio d'acqua e non solo in mare,

le disposizioni in materia di sicurezza si riferiscono a qualsiasi tipo di imbarcazione interessato,

per i motori più piccoli è possibile applicare un periodo di transizione più breve,

bisogna prevedere un più severo controllo dell'UE sulle disposizioni locali in materia di inquinamento acustico.

1.5   Il CESE esprime l'auspicio che l'UE si sforzi di avere un ruolo guida in materia di disposizioni e di regole per la tutela ambientale in tutti i settori, e di mostrare la strada alle altre regioni del mondo.

1.6   Sulla base delle esperienze maturate nella fase di preparazione della direttiva, il CESE si augura che la Commissione coinvolga nella consultazione gruppi quanto più possibile ampi e faccia in modo che i questionari siano disponibili e possano essere compilati in tutte le lingue interessate.

2.   Contenuto della proposta di direttiva

2.1   La proposta della Commissione è intesa a rivedere due aspetti della direttiva del 1994 concernente le imbarcazioni da diporto: il rafforzamento dei requisiti ambientali e il cambiamento del quadro legislativo.

2.1.1   L'adeguamento delle disposizioni ambientali è auspicabile per due ragioni: da un lato l'aumento del numero di imbarcazioni in circolazione e dei relativi effetti, in particolare nelle regioni interessate si osserva una crescita radicale delle emissione di ossidi di azoto e di altre sostanze inquinanti. D'altro canto delle norme di emissione troppo permissive comportano ormai uno svantaggio in termini di concorrenzialità sui mercati internazionali, in particolare nei confronti degli Stati Uniti. Ne consegue che gli esportatori dell'UE si trovano in una situazione difficile.

2.1.2   In seguito all'adozione del regolamento 765/2008/CE e della decisione 768/2008/CE occorre adottare nuovi criteri anche per le imbarcazioni da diporto. Tali atti normativi concernenti gli obblighi degli operatori economici, gli organismi preposti alla valutazione della conformità e le loro competenze, e il rilascio della marchiatura CE, implicano per la Commissione l'obbligo di armonizzare le disposizioni settoriali, in particolare per evitare incertezze in relazione alle valutazioni d'impatto, nell'interesse della certezza del diritto per tutte le parti in causa.

2.2   La proposta intende anche delimitare l'oggetto dell'intervento normativo meglio di quanto sia avvenuto in precedenza, definendo i concetti di imbarcazione da diporto e di moto d'acqua, insieme alle pertinenti eccezioni. Vengono inoltre fornite definizioni dei differenti operatori del mercato.

2.3   Inoltre la proposta contiene disposizioni dettagliate in merito agli organismi responsabili della tutela dei consumatori, a quelli incaricati della protezione dell'ambiente, e alle loro competenze e modalità di azione. In generale le autorità locali o nazionali possono utilizzare le disposizioni della direttiva come base, tenendo conto, nell'applicazione, dei requisiti e delle possibilità locali, conformemente al principio di sussidiarietà.

2.4   Gli allegati della direttiva contengono i requisiti di salute e sicurezza, come pure le normative ambientali e altri documenti procedurali, adattati alle condizioni di sicurezza dei natanti. Vengono rese più rigide le disposizioni in materia di emissioni nocive, per armonizzarle con le corrispondenti norme statunitensi.

2.4.1   Per l'inquinamento acustico non viene invece proposta alcuna modifica dei limiti preesistenti, in considerazione del fatto che esso si manifesta come un insieme di effetti che è difficile regolamentare a livello dell'Unione. In questo campo è particolarmente importante il ruolo della regolamentazione locale.

2.5   Data la natura delle questioni che vengono disciplinate, la direttiva conferirebbe alla Commissione la facoltà di modificare le procedure di conformità e i documenti tecnici relativi alle normative ambientali comprese nell'allegato (ad esclusione dei valori limite). In tal modo si dovrebbe consentire un adeguamento flessibile allo sviluppo tecnico-scientifico.

2.6   Un elemento importante della direttiva consiste nel proposito di concedere alle industrie e alle imprese di distribuzione un adeguato periodo transitorio per procedere all'adeguamento. Nel caso delle norme in materia di emissioni tale periodo transitorio dura tre anni a decorrere dall'entrata in vigore. Tale periodo viene prolungato di ulteriori tre anni nel caso delle piccole e medie imprese che immettono sul mercato motori fuoribordo di potenza inferiore a 15 kW.

3.   Considerazioni generali

3.1   La proposta in esame comporta una nuova regolamentazione per il settore dei prodotti finiti, dei motori e dei componenti (1), che conta 270 000 occupati e 37 000 imprese, compresa la produzione «per uso personale», come specifica forma di attività esercitata nel tempo libero. In base all'interpretazione fornita, si tratta di natanti di lunghezza compresa tra 2,5 e 24 metri, non destinati al trasporto di passeggeri a pagamento. Rimediando a precedenti lacune, è stata prevista una nuova regolamentazione per la categoria delle imbarcazioni di lunghezza fino a 4 metri.

3.2   Il CESE si compiace degli sforzi compiuti per inasprire anche in questo settore, conformemente agli obiettivi generali, le disposizioni in materia di tutela dell'ambiente e dei consumatori. Riveste particolare importanza il fatto che la nuova regolamentazione, malgrado l'inasprimento delle misure ambientali, contribuisca alla competitività del settore facendo leva sulle aspettative del mercato mondiale e rimediando agli svantaggi esistenti in termini di concorrenza. Il CESE si augura che in questo settore si sviluppi ben presto un analogo effetto di sinergia tra le disposizioni in materia di qualità e la competitività. È auspicabile che d'ora in avanti si intensifichi la collaborazione con i partner di oltre Atlantico ai fini di un trattamento omogeneo dei parametri di qualità.

3.3   Sebbene la Commissione si sia sforzata di tenere conto di vari punti di vista, e in molti casi vi sia anche riuscita, sorge la questione di quale sia l'area geografica cui si riferisce realmente la regolamentazione. Vari segnali indicano che il settore preso in considerazione è quello della navigazione marittima, ma sarebbe più opportuno che la direttiva indicasse in maniera più chiara che la sua applicazione si estende ai natanti destinati alla navigazione interna.

3.4   La direttiva tratta dettagliatamente i principi e i soggetti della struttura istituzionale relativa alla conformità, come pure le loro responsabilità, le loro competenze e i loro compiti. Il CESE accoglie ed apprezza la volontà della Commissione di pervenire a un funzionamento agevole ed adeguato degli organismi competenti, e ritiene che in questo settore la proposta di direttiva sia all'altezza delle aspettative.

3.4.1   Fa tuttavia osservare che in realtà il testo è formulato in maniera così generica da andare al di là dell'obiettivo di regolamentare i mezzi di navigazione da diporto. In effetti occorrerebbe predisporre procedure e organismi simili per qualsiasi altra merce. Le parti essenziali riferite alla navigazione sono contenute negli allegati. Il CESE ritiene che i tempi siano maturi per una regolamentazione unica della tutela dei consumatori, che tratti congiuntamente le questioni procedurali e istituzionali, in modo che le disposizioni settoriali prendano effettivamente in considerazione le questioni del settore. Un tale modo di procedere contribuirebbe fortemente ad accrescere la trasparenza, la comprensibilità e l'accettazione delle disposizioni giuridiche comuni.

3.5   Il CESE auspica che nel quadro delle modifiche degli allegati la Commissione venga investita di poteri delegati purché sia salvaguardata la facoltà del CESE stesso di esprimersi in caso di modifiche e di partecipare ai lavori a livello di comitato in cui vengono formulate le modifiche.

3.6   Il CESE ritiene che la Commissione non abbia utilizzato tutte le possibilità a tal fine, e che la consultazione avrebbe dovuto rivolgersi a una cerchia quanto più possibile ampia di interessati, mentre invece la parte scritta è stata predisposta soltanto in inglese. Il CESE si attende che per il futuro i questionari siano disponibili e possano essere riempiti in tutte le lingue interessate.

4.   Considerazioni specifiche

4.1   Il CESE accoglie con favore l'indicazione delle categorie di natanti, e in generale anche le eccezioni.

4.1.1   Si chiede tuttavia se non sarebbe stato il caso di disciplinare anche, in qualche misura, le imbarcazioni da competizione, il che contribuirebbe in maniera significativa allo sviluppo tecnologico. Sarebbe giustificato definire dei livelli di emissione per categoria di prestazioni.

4.1.2   Si pongono degli interrogativi anche per il caso delle imbarcazioni destinate a finalità commerciali. Il CESE ritiene che le norme in materia di sicurezza e di emissioni siano indipendenti dalle modalità di utilizzazione dell'imbarcazione.

4.1.3   Il CESE raccomanda inoltre che le imbarcazioni non a motore vengano menzionate espressamente nella regolamentazione, perché sono soggette a requisiti di sicurezza uguali a quelli relativi ai natanti a motore, tranne per il fatto che le soluzioni tecniche sono differenti, cosa che peraltro non influisce sulle norme.

4.2   Il CESE accoglie con favore le disposizioni in materia di emissioni inquinanti e ne approva l'inasprimento. Ritiene tuttavia importante sottolineare che l'Unione, conformemente ai suoi impegni, dovrebbe assumere un ruolo guida in materia di innalzamento dei requisiti, piuttosto che seguire gli altri. Ciò dovrebbe essere sottolineato in particolare nei rapporti sull'attuazione. Inoltre uno dei compiti della procedura di comitato potrebbe essere collegare la direttiva in esame alle misure in materia di innovazione.

4.3   Il CESE riconosce inoltre che occorre rendere più severe le disposizioni locali in materia di inquinamento acustico, garantendo tuttavia all'UE la possibilità di esercitare, con il coinvolgimento della società civile, una supervisione in questo campo.

4.4   Il CESE accoglie con favore i periodi transitori concessi agli operatori del mercato.

4.5   Il CESE si compiace delle misure riguardanti gli organismi incaricati di verificare la conformità e si augura che essi non si limitino ad accrescere la burocrazia, bensì servano efficacemente gli interessi dei consumatori e dell'ambiente. Condivide il giudizio secondo cui in questioni del genere l'autoregolamentazione e l'attività dei comitati rappresentativi dei soggetti economici interessati non costituiscono lo strumento adeguato, anche se bisognerebbe rafforzarne il ruolo consultivo in questi processi.

4.5.1   In tale contesto bisogna utilizzare le più recenti tecnologie dell'informazione ed è la Commissione che deve motivare gli Stati membri a farlo.

4.6   Il CESE si compiace del fatto che tutti i natanti che rientrano in questa categoria, compresi quelli ad uso personale, siano soggetti alle procedure di conformità.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Prodotti indipendenti che fanno parte di altri prodotti ma possono essere impiegati anche da soli.


ALLEGATO

al Parere del Comitato economico e sociale europeo

a)   Il seguente emendamento, che ha ottenuto più di un quarto dei voti espressi, è stato respinto nel corso delle deliberazioni: (articolo 54, paragrafo 3, del Regolamento interno).

Punto 1.4

Modificare come segue:

Il CESE concorda in linea generale anche con i dettagli della proposta di direttiva, ma raccomanda di fornire delle precisazioni in merito ai seguenti punti:

occorrerebbe chiarire che le disposizioni in materia di sicurezza e di emissioni valgono in qualsiasi specchio d'acqua,

le disposizioni in materia di sicurezza si riferiscono a qualsiasi tipo di imbarcazione interessato,

bisogna prevedere un più severo controllo dell'UE sulle disposizioni locali in materia di inquinamento acustico.

Motivazione

Le definizioni contenute nella parte iniziale della proposta della Commissione, così come altre sezioni della proposta (come quella sui fanali di navigazione e l'appendice 1), stabiliscono - le definizioni implicitamente, le altre parti esplicitamente - che le norme valgono per qualsiasi specchio d'acqua. Il testo della Commissione non fa prevalentemente riferimento alle acque marine, ma sembra che così il relatore abbia inteso la proposta.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

69

Voti contrari

:

78

Astensioni

:

13

b)   I seguenti passaggi del parere della sezione specializzata sono stati soppressi o modificati come conseguenza di emendamenti adottati dall'Assemblea, ma hanno ottenuto il sostegno di almeno un quarto dei voti espressi:

Punto 1.3

Modificare come segue:

Il CESE apprezza la volontà della Commissione di pervenire a un funzionamento agevole ed adeguato degli organismi competenti. Osserva tuttavia che le disposizioni sono in effetti formulate in maniera così generale da imporre il ricorso a procedure e organismi analoghi per qualsiasi altro articolo.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

73

Voti contrari

:

70

Astensioni

:

13

Punto 4.4

Modificare come segue:

Il CESE accoglie con favore i periodi transitori concessi agli operatori del mercato.

Esito della votazione

Voti favorevoli

:

78

Voti contrari

:

49

Astensioni

:

10


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Programma UE per i diritti dei minori»

COM(2011) 60 definitivo

2012/C 43/08

Relatrice: JOÓ

La Commissione, in data 15 febbraio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Programma UE per i diritti dei minori

COM(2011) 60 definitivo.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 170 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con soddisfazione la comunicazione della Commissione Programma UE per i diritti dei minori (di seguito «la comunicazione»), pubblicata il 15 febbraio 2011, e auspica che costituisca un punto di partenza per la piena attuazione della Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia, nonché per l'integrazione più ampia possibile dei diritti dei minori in tutte le politiche. La comunicazione ha visto la luce al termine di una preparazione durata quattro anni ed è stata preceduta da un'altra comunicazione della Commissione, Verso una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori, in merito alla quale il CESE ha formulato un parere (1).

1.2

I minori costituiscono nell'UE un gruppo della popolazione il cui benessere sociale e personale riveste un'importanza fondamentale, sia per quanto riguarda le loro condizioni generali e la loro qualità di vita che in termini di investimento nel futuro. Un'infanzia di buona qualità e dotata di diritti costituisce una garanzia di sviluppo socioeconomico e permette una realizzazione efficace degli obiettivi dell'UE in tutti i campi. Va sottolineato che l'idea di considerare i minori un «investimento nel futuro» deve andare di pari passo con il concetto di infanzia felice, perché, per i minori e per la società, non conta soltanto il futuro, ma anche il presente.

1.3

Il CESE rileva che l'articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull'Unione europea ha introdotto la tutela dei diritti dei minori tra gli obiettivi dell'UE e che questa tutela viene sancita dalla Carta dei diritti fondamentali, documento giuridicamente vincolante. La Carta si applica alle azioni di tutte le istituzioni, organi e organismi dell'Unione e agli Stati membri quando questi attuano il diritto dell'UE. Ogni nuova proposta legislativa dell'UE viene pertanto valutata alla luce della sua incidenza sui diritti fondamentali, compresi i diritti dei minori.

1.4

Il CESE osserva che la comunicazione formula degli obiettivi piuttosto modesti e limitati. L'Unione europea non ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, come invece ha fatto per la Convenzione dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità (2). L'UE dovrebbe trovare un modo di aderire unilateralmente alla Convenzione sui diritti dell'infanzia (3). Gli Stati membri dovrebbero fornire una relazione biennale approfondita, basata sulla raccolta sistematica dei dati, sulla ricerca e sull'analisi, per monitorare la situazione dei minori, tenendo conto non solo degli aspetti economici bensì anche di tutti gli altri fattori che contribuiscono al loro benessere. Questo faciliterebbe la creazione di una banca dati UE e di uno strumento di valutazione, che permetterebbero di integrare le informazioni attualmente disponibili.

1.5

Il CESE ritiene che occorra fare un uso più ampio dei dati e delle informazioni, in particolare delle relazioni degli enti pubblici e delle organizzazioni della società civile destinate al Comitato dell'ONU sui diritti dell'infanzia, in quanto possono consentire una comparazione delle misure adottate negli Stati membri in materia di tutela e di applicazione effettiva dei diritti dei minori. Bisogna inoltre incoraggiare vari organismi internazionali - Eurostat, OCSE, Banca mondiale ecc. - a raccogliere dati relativi ai diritti dei minori e a utilizzare gli indicatori pertinenti procedendo alla raccolta e all'analisi sistematica di dati. Il CESE raccomanda che l'UE cooperi strettamente con il Consiglio d'Europa per creare sinergie tra i rispettivi programmi (4).

1.6

Il CESE esprime preoccupazione per l'assenza, nella comunicazione, di un'efficace strategia di applicazione e di attuazione, malgrado il fatto che gli indicatori elaborati dall'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali e l'elenco degli strumenti di misura trasversali predisposto per l'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia costituiscano sotto questo profilo una base soddisfacente, e malgrado il fatto che una tale strategia garantirebbe l'applicazione e il carattere vincolante della strategia sui diritti dei minori.

1.7

È necessaria un'adeguata partecipazione dei minori alla preparazione delle decisioni che li riguardano e alla valutazione dei programmi. Sarebbe inoltre utile misurare il loro grado di soddisfazione e valutare le loro opinioni. Il CESE accoglie con soddisfazione gli sforzi della Commissione per coinvolgere i minori e per promuovere la loro partecipazione a tutte le iniziative che li riguardano. È inoltre indispensabile integrare i pareri delle organizzazioni professionali e degli operatori che lavorano a contatto con i minori.

1.8

Il CESE raccomanda che i programmi elaborati per l'applicazione effettiva e la tutela dei diritti dei minori siano sinergici e interagiscano con altri programmi dell'UE (relativi all'istruzione, alla gioventù, all'integrazione dei Rom, alla lotta contro la povertà, a una giustizia adattata ai minori, alla solidarietà tra le generazioni, alle relazioni esterne); e questi programmi dovrebbero anche mettere chiaramente in evidenza le questioni relative ai diritti e al benessere sociale e personale dei minori. A suo giudizio, è inoltre importante garantire i diritti dei minori attraverso un approccio integrato, in stretta concertazione e in maniera coordinata con le diverse direzioni generali della Commissione.

1.9

Il CESE raccomanda di valutare anche la realizzazione della strategia Europa 2020 alla luce dell'effettiva applicazione dei diritti e del benessere personale dei minori. Questo approccio sarebbe conforme agli obiettivi e offrirebbe la possibilità di considerare tali obiettivi anche dal punto di vista delle previsioni a lungo termine, giacché i minori costituiscono un investimento nel futuro.

1.10

Per quanto riguarda tutti i gruppi di minori particolarmente vulnerabili (minori che vivono in povertà, al di fuori della loro famiglia, in istituti, minacciati o vittime di violenza e di sfruttamento, affetti da disabilità, appartenenti a minoranze etniche o migranti, minori non accompagnati, rifugiati, fuggiti da casa, minori lasciati nei paesi d'origine da genitori migranti) il CESE auspica che l'UE dedichi particolare attenzione alla tutela e all'applicazione dei diritti dei minori, a livello sia degli Stati membri che dell'UE. Nel rispetto dei diritti dei minori, tra cui il diritto all'integrità e alla dignità umana, il CESE condanna ogni forma di violenza sui minori, inclusa quella utilizzata «a fini educativi» nell'ambito domestico; invita pertanto tutti gli Stati membri a imporre, tramite la legislazione, il divieto di ricorrere alle punizioni corporali per i minori, e ribadisce la richiesta che a questo scopo venga designato un rappresentante speciale.

1.11

Il CESE considera particolarmente importante divulgare e far conoscere i diritti dei minori e le modalità della loro tutela e della loro effettiva applicazione. Oltre a fornire all'opinione pubblica un'informazione di qualità, occorre aver cura di informare i soggetti decisionali, gli operatori del diritto e altri professionisti, gli specialisti e i soggetti politici europei e nazionali; un altro aspetto importante dovrebbe essere la formazione delle persone che lavorano con i minori e le famiglie insieme con i genitori e i minori stessi, non solo per garantire la consapevolezza dei diritti dei minori, ma anche perché tutti comprendano che i minori devono essere titolari di diritti umani (non solo mini-adulti con mini-diritti), che devono tuttavia godere di una protezione ancora maggiore per via della loro vulnerabilità, della loro età e della loro situazione. Gli Stati membri devono sostenere le famiglie in tutti i modi possibili in quanto ciò permette di promuovere il miglior interesse dei minori.

1.12

Pur riconoscendo che i diritti dei minori necessitano di un approccio organico e complesso, e non disarticolato, il CESE raccomanda di prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti, come ad esempio l'offerta alle madri di un servizio sanitario pre e post natale di qualità, accessibile e gratuito, considerandolo un aspetto della salute pubblica e della salute infantile, nonché alle tematiche trattate nella comunicazione, tra cui una giustizia «a misura di minore» per i minori autori di reati (5).

1.13

Per realizzare una giustizia che non provochi effetti negativi sui minori, il CESE chiede che vengano adottate misure di ascolto protetto sia per i minori vittime di reati sessuali, sia per i minori coinvolti in processi civili di divorzio dei genitori. La raccolta delle testimonianze deve evitare di esporre il bambino ad ulteriori traumi e quindi va condotta con l’assistenza di professionisti esperti, specificamente formati, e possibilmente in luoghi «neutri», diversi dalle sedi giudiziarie.

1.14

La povertà minorile, la privazione, la discriminazione e l'esclusione costituiscono ostacoli tra i più importanti all'effettiva applicazione dei diritti dei minori. Il CESE raccomanda pertanto, come già in precedenti pareri, di dedicare particolare attenzione, in tali settori, alla realizzazione, alla sorveglianza e alla valutazione dei programmi, in connessione con gli obiettivi della strategia Europa 2020 relativi alla riduzione della povertà e a tutte le forme di istruzione. A tal fine occorrono risorse adeguate. La priorità va in ogni caso riservata alle politiche e alle azioni riguardanti i minori.

1.15

Il CESE raccomanda di vigilare in particolare affinché la crisi economica, le restrizioni finanziarie e la scarsità di risorse non aggravino i problemi e non si ripercuotano negativamente sulle attività relative alla tutela e al rafforzamento dei diritti dei minori.

2.   Contesto

2.1

Tutti gli Stati membri dell'UE hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia (6). Nella maggior parte dei paesi essa forma parte integrante del diritto nazionale e di conseguenza la sua applicazione è obbligatoria. La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia è la convenzione in materia di diritti umani più ampiamente ratificata al mondo. Negli ultimi decenni essa ha radicalmente trasformato i principi e le pratiche riguardanti lo status, i diritti e il ruolo dei minori.

2.2

La Commissione ha incluso i diritti dei minori tra le principali priorità dei suoi obiettivi strategici per il periodo 2005-2009, e ha presentato nel luglio 2007 un'apposita comunicazione, Verso una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori  (7). Tale documento mirava all'elaborazione di una strategia trasversale sui diritti dei minori, che tenesse conto della tutela e dell'effettiva applicazione dei diritti dei minori in tutti i settori, nella politica interna dell'UE come in quella esterna, e incoraggiasse gli sforzi degli Stati membri in tali campi.

2.3

Il CESE aveva fornito il proprio sostegno all'elaborazione di una strategia europea esaustiva, articolata, caratterizzata da un approccio globale, che garantisse completamente ed efficacemente l'applicazione effettiva dei diritti dei minori, conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, sia nella politica interna dell'UE che in quella esterna, come pure nel quadro degli sforzi degli Stati membri rivolti ad attuare la strategia sui diritti dei minori (8).

2.4

Nel parere pubblicato nel 2006 il CESE affermava che la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, i suoi due protocolli facoltativi, i pertinenti obiettivi del Millennio (9) e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo avrebbero dovuto, congiuntamente, costituire l'approccio in materia di diritti dei minori nella politica dell'UE. Negli ultimi anni il CESE ha elaborato diversi pareri in merito a diversi aspetti relativi ai diritti dei minori (10).

2.5

La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il cui articolo 24 prevede tra l'altro il rafforzamento e la tutela dei diritti del bambino, è divenuta un testo giuridico vincolante con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009. Per la prima volta nella storia dell'UE, l'articolo 3 del Trattato sull'Unione europea (11) menziona espressamente la tutela dei diritti dei minori. La tutela e la promozione dei diritti dei minori sono obiettivi dell'UE. Tutte le politiche e le misure che comportano degli effetti per i minori devono essere elaborate, applicate e controllate nell'interesse superiore del minore (12).

2.6

I programmi dell'UE, del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite in materia di diritti dei minori sono caratterizzati da quattro campi comuni: la povertà e l'esclusione sociale, la violenza sui minori, i gruppi di minori particolarmente vulnerabili, e la partecipazione attiva dei minori alle questioni che li riguardano, la loro consultazione e il loro ascolto. L'UE e il Consiglio d'Europa hanno inoltre in comune i campi della giustizia adattata ai minori e della politica per le famiglie.

2.7

Nel parere (13) del giugno 2010 il Comitato delle regioni ha sottolineato che l'applicazione effettiva dei diritti dei minori deve avere un profilo trasversale e multisettoriale; a tal fine è necessario un approccio multidimensionale che deve caratterizzare, grazie all'integrazione delle questioni relative all'infanzia, tutte le politiche europee e nazionali.

2.8

La Commissione ha creato un forum europeo per i diritti dei minori, cui partecipano organizzazioni della società civile e che si è riunito cinque volte per formulare il proprio parere sulla strategia in corso di elaborazione. Sono state inoltre eseguite due indagini relative alla consapevolezza che i minori hanno dei propri diritti e al loro parere in materia. Tali indagini hanno contribuito all'elaborazione del programma (14). La comunicazione si appoggia anche sui lavori svolti dal Consiglio d'Europa in merito ai diritti dei minori, in particolare alla violenza sui minori e a una giustizia adattata ai minori, come pure alle raccomandazioni e alle convenzioni relative a tali aspetti.

2.9

Nel quadro del Gruppo di azione per i diritti dei minori (CRAG, Child Rights Action Group) (15) si è formato un importante raggruppamento di organizzazioni della società civile. Il CRAG è un gruppo informale composto da organizzazioni non governative, il cui obiettivo è cooperare al monitoraggio e all'attuazione della comunicazione della Commissione europea Verso una strategia europea sui diritti dei minori.

2.10

Nella primavera del 2011 si è formata un'alleanza parlamentare europea informale e interpartito relativa ai diritti dei minori, le cui priorità sono il coordinamento e il trattamento coerente delle questioni riguardanti i minori, e in particolare i loro diritti (16).

3.   I diritti dei minori nell'UE

3.1

Il CESE accoglie con favore la prima relazione sull'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (17), pubblicata il 31 marzo 2011 dalla Commissione europea. Tale rapporto menziona i sei capi della Carta (dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, diritti dei cittadini e giustizia) e dedica una parte del capo «uguaglianza» ai diritti dei minori. In virtù della Carta dei diritti fondamentali, l'UE si impegna con fermezza a fare applicare effettivamente i diritti dei minori, garantendo il loro diritto alla vita, alla protezione, allo sviluppo e alla partecipazione attiva.

3.2

Il CESE constata con soddisfazione che l'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali, in seguito ad ampie consultazioni di specialisti e di organizzazioni della società civile, ha elaborato degli indicatori relativi all'attuazione dei diritti dei minori (18). Prende nota, inoltre, di uno studio contenente informazioni sul benessere personale dei minori che vivono nell'UE. Quest'ultimo documento, tuttavia, tratta solo i dati relativi alle condizioni materiali e alla sicurezza sociale, escludendo altri dati, e non contiene indicatori compositi in grado di valutare la qualità della vita dei minori, né la maniera e la misura in cui essi sono protetti (19).

3.3

Il CESE sottolinea che i diritti dei minori possono essere tutelati ed applicati in maniera efficace solo nel quadro di un partenariato trasversale, in cui gli Stati membri, i vari livelli di governo, le organizzazioni non governative nazionali e internazionali, le organizzazioni della società civile, i vari forum rappresentativi di interessi e specialmente i minori e le organizzazioni che li rappresentano, le parti sociali, come i datori di lavoro e i sindacati, e i soggetti del mondo imprenditoriale, lavorino insieme per realizzare determinati obiettivi.

3.4

La comunicazione affronta il tema della povertà minorile e dei vari gruppi di minori che versano in particolari condizioni di precarietà e di vulnerabilità, ma non tratta tale questione in via prioritaria, malgrado l'importanza incalcolabile che essa riveste sia per l'attuale benessere personale dei minori sia per permettere loro di effettuare con successo il passaggio all'età adulta e la loro integrazione, in particolare tenendo conto dei problemi ben noti della demografia europea. In questo contesto occorre prestare particolare attenzione anche alla prevenzione di ogni forma di discriminazione di genere tra minori.

3.5

La crisi economica costituisce un fattore di rischio per il benessere sociale personale dei minori e li colpisce in molti modi, interessando in particolare i minori che vivono nelle condizioni più disagevoli. Nella maggior parte dei casi i servizi e i professionisti che si occupano di loro sono essi stessi in difficoltà, e i servizi di base sono sempre più assenti o disponibili in maniera molto limitata.

3.6

Nelle sue relazioni esterne l'UE riconosce grande importanza alle questioni specifiche che influiscono sulla tutela e sull'applicazione effettiva dei diritti dei minori: la tutela transfrontaliera, le sparizioni di minori, i minori migranti e non accompagnati, i minori migranti irregolari fermati, sfruttati, vittime di abusi sessuali o del turismo sessuale (20). Tuttavia l'UE non si occupa della questione dei gruppi di minori lasciati nel paese di origine, che costituisce un problema di dimensioni crescenti. Per tali minori, i cui genitori lavorano in uno Stato membro dell'UE, la mancata supervisione parentale comporta un grave problema, come nel caso in cui i genitori, in assenza di condizioni adeguate, non possono condurre con sé i loro figli; in tale situazione, sebbene il lavoro dei genitori sia richiesto nei paesi in questione, dove essi pagano imposte e contributi, i loro figli non godono di diritti. Tali minori sono esposti a gravi rischi.

3.7

Il CESE ritiene particolarmente importante che sia stata formulata una prima raccomandazione relativa al legame tra i diritti dei minori e il mondo delle imprese (21), con il lancio da parte dell'Unicef, del Patto mondiale delle Nazioni Unite e dell'organizzazione Save the Children di un processo inteso a sviluppare principi ed orientamenti per aiutare il mondo delle imprese a tutelare e sostenere i diritti dei minori. Oltre ad offrire possibilità di intraprendere azioni utili, tale processo richiama l'attenzione sulle potenziali incidenze negative, in particolare sulla pubblicità (che spinge i minori al consumo di prodotti dannosi per la salute fisica e mentale, a comportamenti violenti o pericolosi ed erotico-pornografici), sui modelli di consumo, sull'alimentazione e la salute, sul lavoro minorile e sulle discriminazioni. Tutti i settori hanno un ruolo decisivo da svolgere in questo campo, e devono pertanto cooperare strettamente con le organizzazioni governative, non governative, della società civile, imprenditoriali e sindacali per realizzare questi obiettivi tanto nell'UE che nei suoi Stati membri.

3.8

Il CESE ritiene che, mentre i programmi relativi ai minori sono principalmente di competenza degli Stati membri, numerosi settori siano sempre più oggetto di raccomandazioni e di lavori dell'UE (prima infanzia, formazione professionale, abbandono scolastico precoce, sparizioni di minori ecc.). Essi influiscono sulle politiche nazionali, tuttavia spesso è difficile stabilire la portata di tale influenza.

3.9

Nei vari programmi dell'UE, ad esempio quelli riguardanti la gioventù, l'istruzione l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, l'integrazione dei Rom, la lotta contro la povertà, la solidarietà tra le generazioni, la conciliazione tra vita familiare e vita professionale, le relazioni esterne e altri ancora, occorre considerare in maniera prioritaria la possibilità di provvedere alla tutela e all'applicazione effettiva dei diritti dei minori, dedicando al tempo stesso un'attenzione particolare ai differenti gruppi di minori particolarmente vulnerabili, specie i minori lasciati nel paese di origine dai genitori trasferitisi all'estero per lavoro.

3.10

Già in un precedente parere (22) il CESE ha invitato la Commissione a nominare un rappresentante speciale per la tutela di tali diritti, e ha esortato gli Stati membri a proibire ogni forma di violenza contro i minori. Il CESE si rammarica che la Commissione non prenda posizione contro le punizioni corporali che violano il diritto dei minori a non essere soggetti a violenza. I minori vittime di questo genere di maltrattamento imparano a ricorrere alla violenza. Nel rispetto dei diritti dei minori, tra cui il diritto all'integrità e alla dignità umana, il CESE condanna ogni forma di violenza sui minori, inclusa quella utilizzata «a fini educativi» nell'ambito domestico, e invita pertanto tutti gli Stati membri a imporre, tramite la legislazione, il divieto di ricorrere alle punizioni corporali per i minori. Ribadisce la richiesta che a questo scopo venga designato un rappresentante speciale e che la Commissione europea e gli Stati membri si adoperino per abolire le punizioni corporali per i minori su tutto il territorio dell'UE.

3.11

Il CESE ritiene che l'ascolto dei minori, la loro consultazione, il loro coinvolgimento in tutte le questioni che li riguardano, garantiscano la possibilità di applicare in maniera efficace i loro diritti, e al tempo stesso assicurino la loro preparazione a una cittadinanza attiva. A tal fine è necessario tra l'altro che i vari documenti siano accessibili in un linguaggio comprensibile e adeguato ai minori, e che siano creati e gestiti degli strumenti di documentazione e dei siti Internet, o delle apposite sezioni al loro interno, come previsto dalla DG Giustizia (23).

3.12

Per realizzare una giustizia che rispetti i minori ed eviti di danneggiarli psicologicamente, occorre adottare in tutti sistemi giudiziari dell'Unione le seguenti misure:

per i minori vittime di reati sessuali, la raccolta della testimonianza deve evitare di esporre il bambino ad ulteriori traumi e quindi va condotta con l’assistenza di professionisti esperti, specificamente formati, e possibilmente in luoghi «neutri», diversi dalle sedi giudiziarie;

per i minori coinvolti in processi civili di divorzio dei genitori, l'audizione deve essere condotta con le stesse cautele di cui sopra e tutelandoli da strumentalizzazioni da parte dei genitori stessi e dei difensori.

3.13

Per rendere più efficace la comunicazione in materia di diritti dei minori è essenziale promuovere il ruolo dei media, compresi i media sociali, in maniera da raggiungere i genitori, i professionisti del settore e i minori stessi.

3.14

Il CESE auspica che, oltre a una serie di eventuali altri meccanismi, venga utilizzato il metodo aperto di coordinamento, che ha dato buoni risultati, affinché la cooperazione tra Stati membri, nonché l'individuazione e l'applicazione di buone prassi, contribuiscano alla tutela e all'applicazione efficace dei diritti dei minori e all'integrazione delle questioni relative all'infanzia nelle altre politiche.

3.15

Il CESE, in quanto rappresentante di primo piano della società civile, intende svolgere il suo ruolo nell'esame sistematico dei risultati ottenuti, e grazie ai suoi membri, nella diffusione e nel rafforzamento dei diritti dei minori.

3.16

Il CESE ritiene che per riuscire a far applicare più efficacemente il diritto sarebbe opportuno e necessario mettere in opera una cooperazione e una concertazione più strette che in passato con i diversi organismi delle Nazioni Unite, il Comitato sui diritti dell'infanzia, il Consiglio d'Europa e le organizzazioni internazionali rappresentanti i minori, ovvero le organizzazioni di minori, i cui obiettivi e la cui attività riguardano l'applicazione estensiva e completa dei diritti dei minori.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2006) 367 definitivo, e GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 65-70.

(2)  http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/11/4.

(3)  A differenza della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, aperta all'adesione da parte di organizzazioni regionali, la Convenzione sui diritti dell'infanzia può essere sottoscritta solo da singoli Stati. Una soluzione possibile sarebbe una dichiarazione unilaterale di adesione da parte dell'UE, con cui questa entrerebbe in pratica a far parte dei firmatari di tale convenzione, senza tuttavia le difficoltà connesse alla ratifica.

(4)  Consiglio d'Europa – futura Strategia sui diritti dei minori 2012-2015 e altre strategie in settori connessi.

(5)  GU C 110 del 9.5.2006, pag. 75.

(6)  http://www2.ohchr.org/english/law/crc.htm.

(7)  COM(2006) 367 definitivo.

(8)  GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 65-70.

(9)  Assemblea generale dell'ONU – Dichiarazione del Millennio, 18 settembre 2000.

(10)  GU C 48 del 15.2.2011, pagg. 138–144; GU C 44 dell'11.2.2011, pagg. 34–39; GU C 339 del 14.12.2010, pagg. 1–6; GU C 317 del 23.12.2009, pagg. 43–48.

(11)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2008:115:0001:01:IT:HTML.

(12)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2010:083:0389:0403:IT:PDF.

(13)  GU C 267 dell'1.10.2010, pagg. 46-51.

(14)  Eurobarometro: http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_235_en.pdf.

(15)  Ne fanno parte: Terre des Hommes, Vision du monde, European Foundation for Street Children Worldwide, Save the Children, Euronet – Réseau européen des enfants, Eurochild, Plan International, SOS-Kinderdorf International, http://www.epha.org/a/2610.

(16)  http://www.eurochild.org/ (http://www.eurochild.org/index.php?id=208&tx_ttnews%5Btt_news%5D=1819&tx_ttnews%5BbackPid%5D=185&cHash=cc6d4444ebae436b2a844a082a0ea2a8).

(17)  http://fra.europa.eu/fraWebsite/attachments/charter-applic-report-2010_EN.pdf.

(18)  http://fra.europa.eu/fraWebsite/attachments/FRA-report-rights-child-conference2010_EN.pdf.

(19)  http://www.tarki.hu/en/research/childpoverty/tarki_chwb_mainreport_on line.pdf.

(20)  Parere del CESE sul tema Protezione dei minori dai delinquenti sessuali itinerant i (GU C 317 del 23.12.2009, pagg. 43–48).

(21)  Iniziativa sui diritti dei minori e i principi delle imprese.

(22)  GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 65-70.

(23)  Cfr. Kids' Corner - www.europa.eu.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Rafforzare i diritti delle vittime nell'Unione europea»

COM(2011) 274 definitivo

e alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato —

COM(2011) 275 definitivo — 2011/0129 (COD)

2012/C 43/09

Relatrice: WALKER SHAW

La Commissione europea, in data 18 maggio 2011, e il Consiglio, in data 29 giugno 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Rafforzare i diritti delle vittime nell'Unione europea

COM(2011) 274 definitivo

e alla

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme minime riguardanti i diritti, l'assistenza e la protezione delle vittime di reato

COM(2011) 275 definitivo.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esorta la Commissione a esaminare con maggiore attenzione gli effetti della crisi sulle vittime di reato, e a presentare misure di accompagnamento elaborate sulla base dei risultati di tale studio.

1.2   Il CESE considera con preoccupazione la scarsa fiducia che le vittime nutrono nel sistema della giustizia penale e riconosce la necessità di rafforzarne i diritti, in particolare quelli di chi è ripetutamente vittima di reati, e di incrementare la fiducia dei cittadini per interrompere il circolo vizioso della «vittimizzazione». Chiede pertanto alla Commissione di prendere in considerazione l'adozione di misure di accompagnamento e di finanziamenti a sostegno di questi obiettivi.

1.3   Il CESE propone alla Commissione di modificare la definizione di «vittima» al fine di rafforzare i diritti e il riconoscimento dei familiari o del rappresentante della vittima.

1.4   Il CESE chiede alla Commissione di svolgere un'approfondita analisi della protezione necessaria per le vittime che hanno subito un pregiudizio a causa di condotte criminose sul luogo di lavoro, e di presentare misure di accompagnamento per garantire loro diritti minimi e un riconoscimento in tutta l'UE, sia nel settore pubblico che in quello privato.

1.5   Il CESE raccomanda alla Commissione di esaminare con attenzione la questione delle vittime di reati connessi ad infrazioni al codice stradale e di presentare misure per garantire a questa categoria di vittime giustizia, assistenza e un risarcimento.

1.6   Il CESE raccomanda alla Commissione di introdurre nelle proposte misure di salvaguardia più efficaci per affrontare il problema della discriminazione diretta e indiretta delle vittime.

1.7   Il Comitato caldeggia l'emergere di un nuovo modello culturale nel quale il ruolo della vittima venga riconosciuto, un processo che occorre sostenere offrendo un'adeguata formazione ai professionisti e agli operatori a tutti i livelli del sistema giudiziario e presso le altre autorità competenti, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà. Il nuovo modello culturale deve ripensare anche il trattamento riservato in genere dai media alle vittime, tra l'altro impedendo lo sfruttamento a fini politici dei casi di cui tali vittime sono protagoniste.

1.8   Il CESE riconosce che alcune vittime sono particolarmente vulnerabili e che richiedono un trattamento specifico, però ritiene che la Commissione, invece di individuare una specifica categoria di «vittime vulnerabili» e incoraggiare così la creazione di una gerarchia delle vittime, dovrebbe proporre che chiunque sia stato vittima di un reato debba potersi avvalere di misure speciali, vale a dire sia oggetto di una valutazione individuale, conformemente alle procedure nazionali, per determinarne la vulnerabilità in funzione delle caratteristiche personali, della natura del reato subito e delle relazioni con la persona imputata del reato.

1.9   Il Comitato chiede l'adozione di misure di accompagnamento per rafforzare e dare un quadro formale alla rete di servizi di assistenza alle vittime nell'UE, e raccomanda di fornire un finanziamento stabile a questa rete attingendo al bilancio dell'Unione. Raccomanda inoltre di estendere i compiti assegnati ai servizi di assistenza perché possano prendersi carico delle vittime di un reato verificatosi all'estero e dei loro familiari anche dopo il loro rientro nello Stato membro di residenza. Il CESE ritiene che i servizi di assistenza alle vittime dovrebbero dimostrarsi flessibili e capaci di convogliare le loro risorse verso i «punti sensibili» potenziali presenti sui territori.

1.10   Il CESE riconosce che la società civile deve avere un peso maggiore nella definizione di misure concrete di assistenza alle vittime di reato, e invita la Commissione a presentare misure di accompagnamento e finanziamenti per agevolare il raggiungimento di questo obiettivo.

1.11   Il CESE esorta la Commissione ad apportare, nel quadro della prossima revisione della direttiva, i necessari miglioramenti di vasta portata alle disposizioni in materia di risarcimento alle vittime di reato, in particolare esplorando la possibilità di istituire un regime europeo di risarcimento dei danni subiti dalle vittime di reato. Il Comitato desidera che la Commissione faccia presente agli Stati membri che la direttiva stabilisce un insieme di norme minime e un «nucleo» di diritti essenziali; pertanto, gli Stati membri sono liberi di prevedere maggiori tutele per le vittime nelle rispettive normative nazionali di attuazione.

1.12   Il CESE plaude alle proposte presentate in materia di giustizia riparativa, e invita la Commissione a sostenere il finanziamento di progetti pilota per l'elaborazione di norme e di iniziative di formazione in questo settore in tutta l'UE.

1.13   Il CESE sollecita la Commissione europea a mettere a punto procedure comuni, prevalenti rispetto alle normative nazionali o locali in materia, per il trasporto e il rimpatrio, entro un lasso di tempo limitato e ben definito (1), della salma o dei resti di vittime di reati verificatisi in contesti transfrontalieri.

2.   Introduzione

2.1   Il pacchetto di proposte presentato dalla Commissione il 18 maggio 2011 amplia le misure oggi in vigore a livello dell'UE in materia di diritti delle vittime. Scopo delle proposte è offrire diritti ben precisi e concreti alle vittime di reato, garantendo loro riconoscimento, rispetto, protezione, assistenza e accesso alla giustizia indipendentemente dal loro Stato membro di provenienza o di residenza nell'Unione europea.

2.2   Il CESE riconosce che oggi il Trattato di Lisbona offre all'UE una chiara base giuridica per la definizione di diritti e di una tutela minimi per le vittime di reato. Il pacchetto di proposte si basa sul programma di Stoccolma (2) e sul relativo piano d'azione (3), oltre ad essere conforme alla tabella di marcia di Budapest (4).

2.3   Il CESE si compiace che la presidenza polacca consideri un obiettivo prioritario il rafforzamento della sicurezza nell'UE ed esprime apprezzamento per il notevole impegno dimostrato in sede di Consiglio affinché i lavori sul pacchetto «vittime di reato» venissero portati avanti.

2.4   Il CESE ha avviato un vasto cantiere di iniziative su questa problematica, comprendente l'elaborazione di una serie di pareri sul risarcimento alle vittime di reato (5), la tratta degli esseri umani (6), lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori nonché la pedopornografia (7), i diritti dei minori (8), la politica antiterrorismo dell'UE (9), l'inclusione digitale (10) e la criminalità informatica (11).

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1   Il CESE pone l'accento sul fatto che gli Stati membri non possono trascurare le ripercussioni dell'attuale crisi economico-finanziaria sulla tematica in esame e devono, in tale contesto, comprendere quali sviluppi stiano interessando la sfera della criminalità. In seguito all'adozione di rigorose misure di austerità, in molti Stati membri si stanno effettuando dei tagli ai servizi offerti dalle forze di polizia, ai servizi sanitari e di assistenza, alle organizzazioni e ai finanziamenti delle comunità locali a favore dei servizi di assistenza alle vittime e ad altre ONG operanti nello stesso settore. Inoltre, l'aggravarsi delle disuguaglianze osservabili nelle nostre società e i livelli di povertà e disoccupazione in costante aumento daranno con ogni probabilità nuovo alimento ai problemi sociali, e potrebbero fare da innesco ad una recrudescenza dei reati.

3.2   Le statistiche relative alle vittime di reato a livello dell'UE sono allarmanti: ogni anno si contano vittime dirette di oltre 75 milioni di reati. Non è ammissibile che la stessa, piccola percentuale di popolazione non soltanto rimanga vittima della maggioranza dei reati ma finisca anche per diventarne vittima ripetutamente nel corso del tempo. Di solito le vittime risiedono in aree ad alto tasso di criminalità, caratterizzate da un livello elevato di paura della delinquenza e una bassa percentuale di reati denunciati, tanto che il 90 % dei reati commessi in queste comunità non formano oggetto di una denuncia.

3.3   Migliorare l'assistenza offerta alle vittime di reato in tutta l'UE è una delle chiavi di volta per la realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia al servizio dei cittadini europei. È fondamentale agire in questo campo, dato che il numero di persone che viaggiano in tutto il territorio dell'Unione o si spostano per andare a vivere o lavorare in un altro Stato membro è in continua crescita, e la tendenza è destinata a confermarsi.

3.4   Il CESE si compiace della possibilità, introdotta dalle proposte in esame, che un cittadino europeo vittima di un reato mentre si trova all'estero, in uno Stato membro diverso da quello di residenza, denunci tale reato nel proprio Stato membro di residenza. Una simile opportunità è particolarmente importante qualora la vittima sia rimasta coinvolta in un grave incidente o abbia riportato gravi lesioni, e lo è anche per la famiglia della vittima, qualora questa sia deceduta.

3.5   Il CESE approva l'impostazione orizzontale della direttiva, il cui campo di applicazione copre i diritti di tutte le vittime.

3.6   Un punto importante delle proposte è che esse riconoscono le sofferenze e le difficoltà che devono affrontare tanto i familiari delle vittime quanto le vittime stesse; tuttavia, occorre che questo aspetto emerga in modo più coerente nell'insieme dei testi proposti.

3.7   Chi è vittima di un reato subisce infatti devastanti conseguenze fisiche, emotive ed economiche, e necessita di un sostegno che va assicurato anche ai suoi familiari, i quali spesso sono direttamente coinvolti nel prestare assistenza alla vittima, nei contatti con le autorità, nei tentativi di ottenere cure e assistenza medica, nel districarsi tra le difficoltà amministrative, nella ricerca del presunto autore o dei presunti autori del reato e, infine, nei tentativi di ottenere giustizia e un risarcimento.

3.8   Il CESE ritiene che vadano riconosciute le ulteriori difficoltà e lo stress aggiuntivo cui devono far fronte le vittime e i loro familiari in contesti transfrontalieri, nei quali devono superare tutta una serie di ostacoli in più - e che possono apparire insormontabili - dal momento che sono costretti a destreggiarsi in una lingua straniera, tra procedure diverse da quelle cui sono abituati e in una cultura con cui non hanno dimestichezza.

3.9   Più in generale, va osservato che il 50 % delle vittime di reato non sporge denuncia alla «autorità competente»: questo può essere dovuto a vari motivi, ad esempio perché la vittima non ha un'adeguata comprensione della procedura per la presentazione della denuncia, o ha scarsa fiducia nel fatto che le autorità le offriranno aiuto, protezione e assistenza per ottenere giustizia o un risarcimento. Il Comitato auspica che le proposte vengono tradotte in misure concrete per rimediare alla mancanza di fiducia nel sistema giudiziario che è un sentimento condiviso da gran parte delle vittime.

3.10   Diversi studi confermano (12) che le misure attualmente in vigore non sono riuscite a dare una risposta ai tanti problemi, sul piano sia pratico che tecnico, cui vanno incontro le vittime di reato e i loro familiari proprio quando sono più vulnerabili e bisognosi di aiuto.

3.11   Il pacchetto di misure proposte costituisce un importante passo in avanti per garantire alla vittima di reato e ai suoi familiari un ruolo di primo piano e il giusto riconoscimento, e affinché ricevano un trattamento dignitoso e rispettoso, nonché la protezione, l'assistenza e l'accesso alla giustizia che spettano loro di diritto. In una situazione come quella che sono costretti a subire, in cui sono molto vulnerabili, essi non dovrebbero mai sentirsi soli.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Attualmente si osserva un notevole grado di disparità e incoerenza quanto alla forza ed efficacia delle disposizioni in vigore nei diversi paesi dell'UE in questa materia: occorre quindi un cambiamento in profondità per assicurare l'adozione di norme accettabili riguardanti l'assistenza, la protezione e i diritti su cui i cittadini europei possono fare affidamento sia nel loro paese di residenza che in un altro Stato membro. Non è pensabile che si debba assistere ad una sorta di «lotteria» nella quale un cittadino vittima di un reato, a seconda dello Stato membro in cui lo ha subito, riceva un'assistenza di livello diverso.

4.2   Il CESE riconosce che i suoi membri sono in una posizione privilegiata che consente loro di contribuire ad un'applicazione efficace delle proposte del pacchetto, e, per quanto riguarda le «misure accessorie» menzionate nella comunicazione, esorta la Commissione a continuare ad adoperarsi, insieme al Comitato stesso, per incoraggiare le rispettive parti interessate di cui sono i rappresentanti a mettere a punto, laddove ciò sia pertinente, strutture, politiche e prassi concrete intese ad offrire un'assistenza più sistematica ed efficace alle vittime di reato e ai loro familiari.

4.3   Riconoscimento e protezione

4.3.1   Nella direttiva, unicamente i «familiari di una persona deceduta a seguito della commissione di un reato» rientrano nell'ambito della definizione di «vittima». Il CESE ritiene che si tratti di una definizione troppo ristretta, poiché trascura il fatto che molte vittime sopravvissute al reato perpetrato nei loro confronti hanno riportato danni fisici talmente gravi da aver bisogno di un livello di assistenza molto elevato per esercitare la propria capacità giuridica al momento di sporgere denuncia o di adire le vie legali per chiedere giustizia e un risarcimento, compiti che ricadono quindi sui loro familiari o su terze persone incaricate di assisterle. Inoltre, le vittime hanno anche bisogno di essere riconosciute come tali. Il Comitato propone perciò di modificare l'articolo 2, («Definizioni») del COM(2011) 275, aggiungendo alla lettera a) il seguente punto iii): «terzi ufficialmente incaricati di fornire assistenza, che si tratti di familiari o di dipendenti di una vittima che necessiti di un livello di assistenza elevato per esercitare la propria capacità giuridica prima o dopo la commissione del reato».

4.3.2   Malgrado gli sforzi profusi per assicurare la conformità delle proposte contenute nel pacchetto con le norme in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, il CESE esprime il timore che tali proposte non prevedano nessuna disposizione specifica in merito alla protezione delle vittime di una condotta criminosa che subiscono un danno sul lavoro, con particolare riguardo ai lavoratori del settore del trasporto stradale o di altri modi di trasporto. Gli Stati membri dell'Unione non adottano tutti la stessa impostazione nel definire quali violazioni dei diritti e delle tutele dei lavoratori sul luogo di lavoro si configurano come «reato», il che potrebbe pregiudicare la garanzia dell'applicazione di norme minime in tutta l'UE. Queste disparità tra i paesi dell'Unione hanno inoltre delle conseguenze per i lavoratori distaccati. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di svolgere un'approfondita disamina della questione e invoca misure di accompagnamento per sostenere l'applicazione - tanto nel settore pubblico quanto in quello privato - di diritti minimi per le vittime di condotte criminose sul luogo di lavoro.

4.3.3   Il Comitato manifesta inoltre preoccupazione circa il fatto che definire la vittima «persona fisica» possa escludere le organizzazioni o le imprese che subiscono un reato dall'esercitare i propri diritti ai sensi della direttiva. Raccomanda quindi alla Commissione di realizzare uno studio per valutare l'esigenza di iniziative specifiche, soprattutto per quanto concerne le PMI, in direzione di una migliore tutela dal rischio di subire ripetutamente un reato (o «vittimizzazione ripetuta»).

4.3.4   A giudizio del CESE, le proposte della Commissione non affrontano adeguatamente il grave problema della discriminazione diretta e indiretta di cui sono oggetto le vittime, inclusa la discriminazione culturale. Il Comitato raccomanda quindi di introdurre nel pacchetto misure di protezione più efficaci al riguardo. Una persona può essere doppiamente vittima - di un reato e di discriminazione - quando è fatta oggetto di violazioni o abusi dovuti alla sua razza, religione, convinzioni, orientamento sessuale, disabilità, genere o per via dell'ambiente sociale da cui proviene: è questa la principale spiegazione per l'altissimo tasso di reati non denunciati Le vittime di reato possono quindi venire discriminate quando subiscono un trattamento inaccettabile da parte delle autorità e del sistema giudiziario, ossia quando non vengono credute, non ricevono un trattamento dignitoso e rispettoso o non vengono riconosciute in quanto vittime.

4.3.5   Il Comitato caldeggia l'emergere di un nuovo modello culturale nel quale il ruolo della vittima sia riconosciuto dal sistema giudiziario. Un importante primo passo avanti in questa direzione consiste nel garantire, nel rispetto del principio di sussidiarietà, un'adeguata formazione per i professionisti e gli operatori della giustizia. Il CESE raccomanda alla Commissione di finanziare programmi mirati intesi a conseguire questo cambio di paradigma culturale in tutti i principali organismi interessati.

4.3.6   La tutela delle vittime di reato è uno dei nodi centrali del pacchetto di proposte della Commissione. Tale protezione assume particolare importanza nei casi in cui la vittima e i suoi familiari si trovino in prossimità dell'indagato o degli indagati per il reato, o addirittura nello stesso edificio (ospedale, tribunale o stazione di polizia). Occorre adottare procedure standard per garantire (piuttosto che per «instaurare progressivamente», secondo i termini utilizzati nella proposta di direttiva) l'assenza di contatti tra la vittima (e i suoi familiari) e gli imputati del reato: le due parti in causa devono occupare locali distinti e utilizzare strutture separate.

4.3.7   È inoltre importante svolgere un'opera di prevenzione mirata alle vittime potenziali. Il CESE chiede alla Commissione di sostenere un'azione di monitoraggio di nuove forme emergenti di «vittimizzazione», ad esempio la criminalità informatica, e di valutare quali misure siano necessarie per garantire protezione e assistenza alle vittime di questi reati. Occorre mettere a punto, sulla scia del successo ottenuto da programmi dell'UE come Daphne, nuovi programmi destinati a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle minacce potenziali: l'azione preventiva è fondamentale per ridurre il numero di vittime a fronte di una possibile minaccia.

4.3.8   Le statistiche mostrano che chi è già stato vittima di un reato è molto più esposto al rischio di subire nuovi reati («vittimizzazione»). Molte persone che sono state vittime di abusi nella loro infanzia, in famiglia o in istituti pubblici o di altro tipo, seguitano a essere vittime di nuovi abusi o reati per tutta la vita. Per di più spesso hanno grandi difficoltà a parlare della loro situazione e non hanno il coraggio di sporgere denuncia. Il CESE auspica l'adozione di misure di accompagnamento e di finanziamenti europei mirati onde rafforzare i diritti delle vittime e dei testimoni di un reato, in modo tale da interrompere il circolo vizioso della «vittimizzazione ripetuta» e da incrementare la fiducia dei cittadini, in particolare di quelli che vivono in comunità ad alto tasso di criminalità.

4.3.9   Il Comitato, pur riconoscendo la particolare vulnerabilità di alcune vittime - ad esempio bambini e disabili, che richiedono un trattamento specifico -, teme che con l'individuazione di una specifica categoria di «vittime vulnerabili» la Commissione possa incoraggiare la creazione di una gerarchia delle vittime, il che potrebbe portare a discriminazioni nei confronti di altri tipi di vittime. Tutte le vittime sono vulnerabili: secondo il CESE, quindi, un'impostazione più adeguata consisterebbe nel proporre che chiunque sia stato vittima di un reato debba potersi avvalere di misure speciali, vale a dire sia oggetto di una valutazione individuale, conformemente alle procedure nazionali, per determinarne la vulnerabilità in funzione delle caratteristiche personali, della natura del reato subito e delle relazioni con la persona imputata del reato. È fondamentale applicare metodi volti a riconoscere, comprendere e reagire all'ambiente sociale e alle condizioni di vita della vittima offrendole il sostegno necessario. Il CESE raccomanda alla Commissione di modificare l'articolo 18 della proposta di direttiva sulle vittime di reato [COM(2011) 275] sopprimendone i paragrafi 1, 2 e 5, e di modificare opportunamente i riferimenti e la formulazione del rimanente testo del medesimo articolo, in particolare sopprimendo le parole «tutte le altre» alla prima riga del paragrafo 3.

4.3.10   Il Comitato accoglie con favore la proposta di regolamento sul reciproco riconoscimento delle misure di protezione in materia civile, che considera il necessario complemento legislativo alla proposta di direttiva (CSL 00002/2010) sull'ordine di protezione europeo (in materia penale). Il CESE prende atto che il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo sono pervenuti ad un accordo su quest'ultima proposta. Ritiene altresì che l'utilizzo e il formato di entrambe le proposte legislative dovrebbero essere per quanto possibile standardizzati, in modo da agevolarne l'applicazione. Occorre introdurre delle disposizioni per garantire l'effettiva esecuzione degli ordini di protezione.

4.3.11   Il CESE riconosce che i media possono avere un ruolo positivo nella difesa dei diritti delle vittime e nel riconoscimento delle loro sofferenze; auspica quindi che le proposte contengano disposizioni intese a garantire un equilibrio tra l'accettazione di tale ruolo positivo e la protezione della riservatezza delle vittime e dei loro familiari nel quadro del procedimento giudiziario, in particolare al fine di proteggerli da un'attenzione mediatica indesiderata ed eccessiva, compreso lo sfruttamento a fini politici del caso di cui la vittima è protagonista. Troppo spesso immagini, foto e informazioni riservate vengono pubblicate dai mezzi di comunicazione senza il consenso delle vittime o delle loro famiglie, il che rappresenta una violazione inaccettabile della loro vita privata e familiare. È essenziale garantire il rispetto, l'integrità e i diritti umani delle vittime e dei loro familiari nel momento in cui essi sono più vulnerabili. I media responsabili di simili violazioni della riservatezza dovrebbero essere obbligati a porvi rimedio riconoscendole pubblicamente con una visibilità mediatica pari a quella del reato subito dalla vittima.

4.3.12   Il Comitato desidera inoltre che le proposte menzionino l'obbligo imposto anche alle autorità pubbliche, in particolare le forze di polizia, di tutelare la riservatezza delle vittime e dei loro familiari. Questo punto esige particolare attenzione, considerando che le forze di polizia sono le principali fonti di informazione dei media. Negli ultimi mesi una serie di sconvolgenti rivelazioni sulle intercettazioni telefoniche illegali di alcune vittime di reato e dei loro familiari hanno suscitato un enorme scandalo nel Regno Unito. L'UE deve assicurare una maggiore protezione delle vittime e delle loro famiglie sotto questo aspetto, sia nel loro paese che all'estero.

4.4   Diritto all'informazione, diritto di essere compresi, diritto all'interpretazione e alla traduzione

4.4.1   Il CESE accoglie con favore le proposte di definire per le vittime un insieme di diritti chiari e di vasta portata, in particolare quello di ottenere tempestivamente informazioni pertinenti sul loro caso e di essere aggiornate sullo stato di avanzamento del loro dossier. Troppo spesso nelle indagini su un caso si perdono tempo prezioso, informazioni e prove, soprattutto quando non è chiaro fin dall'inizio se sia stato effettivamente compiuto un reato oppure no (ad esempio nel caso di una persona scomparsa, di morte per annegamento, dovuta a una caduta o senza cause apparenti). Nel trattamento dei casi transfrontalieri i ritardi possono essere ancora maggiori, in particolare se nessun testimone ha assistito al reato. Tali circostanze tuttavia non dovrebbero giustificare ritardi nell'assistenza offerta alla vittima e nell'applicazione delle misure di protezione nei suoi confronti. Il numero di indagini in cui si fa ricorso a Eurojust o al trattato di mutua assistenza giudiziaria è limitato, dal momento che quest'ultimo si applica solamente in materia penale. Il CESE auspica che la Commissione preveda misure di accompagnamento destinate a rimuovere gli impedimenti alle richieste di apertura di un'indagine o di un'inchiesta.

4.4.2   È importante sapere dove trovare le informazioni e come denunciare una minaccia o un'infrazione: nei contesti transfrontalieri, queste informazioni dovrebbero essere più facilmente accessibili presso le autorità competenti quali forze di polizia, uffici consolari/ ambasciate, ospedali e servizi amministrativi locali, come pure sui siti Internet di questi organismi. Inoltre, sarebbe opportuno che queste informazioni venissero riportate nei documenti di viaggio rilasciati dalle agenzie di viaggio o dalle compagnie aeree, con un duplicato rimuovibile che il viaggiatore possa affidare a familiari stretti o ad amici.

4.4.3   Nei casi transfrontalieri il livello di coordinamento e di cooperazione tra le autorità competenti appare oggi insufficiente: la diversità delle legislazioni e le differenze culturali spesso sono di ostacolo o fanno sì che le autorità siano poco disposte a condividere le informazioni o a collaborare. Il CESE auspica un rafforzamento della cooperazione tra i ministeri degli Affari esteri e della Giustizia degli Stati membri dell'UE, che sfoci nell'elaborazione di memorandum d'intesa per lo scambio di informazioni tra le rispettive forze di polizia, tramite il personale consolare, allo scopo di dare delle risposte ai legittimi interrogativi sollevati dalla vittima o dai suoi familiari sullo svolgimento di un'inchiesta. Nel quadro di un simile dispositivo, le autorità competenti dovrebbero impegnarsi a fornire i recapiti del servizio o del funzionario incaricati dell'inchiesta ad un loro omologo designato in un'altra giurisdizione: quest'ultimo potrebbe prendere contatto con la vittima e con i suoi familiari per fornire loro i ragguagli richiesti, se necessario prevedendo le opportune tutele quanto alla divulgazione delle informazioni.

4.4.4   In molti paesi le forze di polizia o l'ufficio del giudice istruttore non dispongono di servizi di collegamento con le famiglie: queste sono quindi obbligate a incaricare un avvocato di rappresentarle al fine di ottenere dalla polizia o dai magistrati le informazioni richieste, il che può essere oneroso e al di fuori della portata economica di molte famiglie. Il CESE raccomanda alla Commissione di prendere in considerazione l'attuazione di misure di accompagnamento al fine di mettere a punto modelli di migliori pratiche in questo settore da adottare più uniformemente in tutta l'UE.

4.4.5   Gli Stati membri dovrebbero organizzare periodicamente vaste campagne divulgative in merito ai diritti delle vittime e ai servizi presso i quali queste possono ricevere sostegno e assistenza. Dovrebbero inoltre essere tenuti a cooperare a livello dell'UE per predisporre una versione multilingue di tali informazioni, al fine di ridurre i costi al minimo.

4.4.6   Il diritto di comprendere e di essere compresi è fondamentale nel perseguimento della giustizia. Il CESE raccomanda agli Stati membri di avviare una valutazione delle esigenze di comunicazione delle vittime e dei loro familiari coinvolti in procedimenti penali, per assicurarsi che essi ricevano l'assistenza necessaria per comprendere e per essere compresi.

4.4.7   Diritti di ampia portata a disporre di servizi di interpretazione e di traduzione gratuiti nel quadro di procedimenti penali fanno parte dei diritti umani fondamentali, e sono particolarmente rilevanti e vitali per le vittime e le loro famiglie in contesti transfrontalieri. Il CESE si rallegra che le proposte della Commissione prevedano di estendere tali diritti alle vittime di reato. Non bisogna nutrire timori eccessivi circa i costi di questi servizi, dato che in molti Stati membri essi vengono già messi a disposizione delle vittime che ne fanno richiesta.

4.4.8   Il Comitato accoglie con favore la garanzia che le vittime e i loro familiari abbiano il diritto di impugnare una decisione che dichiara superfluo il ricorso alla traduzione o all'interpretazione, come pure quello di contestare la qualità dell'interpretazione se essa non è sufficiente a consentire loro di esercitare i propri diritti nel quadro del procedimento. Come stabilito dalla direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali, il CESE appoggia l'istituzione in ciascuno Stato membro di un registro di traduttori e interpreti qualificati, i quali devono costituire le risorse ufficialmente messe a disposizione degli avvocati e delle autorità competenti. Il CESE teme tuttavia che alcuni Stati membri, pur avendo istituito un simile registro nazionale, stipulino dei contratti con agenzie per lo svolgimento di tali servizi, ignorando così i professionisti iscritti al registro e, quindi, contravvenendo allo spirito della direttiva. Auspica perciò che venga messo un termine a questo genere di pratiche.

4.5   Accesso ai servizi di assistenza alle vittime

4.5.1   Le proposte della Commissione prevedono un livello minimo di servizi che deve essere fornito in tutto il territorio dell'Unione, per garantire che le vittime di reato e i loro familiari siano a conoscenza delle possibilità offerte loro in termini di assistenza tempestiva ed efficace, ovunque si trovino nell'UE e quando ne hanno più bisogno. È essenziale che tali servizi di assistenza, poco importa se pubblici o privati, siano gratuiti, rispettino la riservatezza e vengano prestati da personale altamente qualificato.

4.5.2   Il CESE esprime la propria preoccupazione in quanto i servizi di assistenza alle vittime sono di livello e qualità notevolmente diversi da uno Stato membro all'altro, e dispongono in genere di finanziamenti inferiori rispetto ai servizi di cui si avvalgono gli indagati o imputati di reato. Chiede l'introduzione di misure di accompagnamento per rafforzare e inscrivere in un quadro formale le regole, la qualità e la copertura geografica dei servizi di assistenza alle vittime nell'UE, nonché un finanziamento stabile e coerente di questi enti tramite opportune disposizioni iscritte nel bilancio dell'Unione. Ciò permetterà di realizzare economie di scala grazie allo sviluppo di programmi comuni di formazione on line e di strutture di informazione e di comunicazione, come pure mediante la condivisione delle buone pratiche. Non solo, ma consentirà anche un monitoraggio più sistematico delle vittime, nonché l'attuazione e una concreta e più efficace applicazione delle misure previste dal pacchetto legislativo.

4.5.3   Il diritto per le vittime di fruire di servizi di assistenza è determinante per assicurarne il recupero e l'effettivo accesso alla giustizia. Nonostante le gravi difficoltà cui molti Stati membri devono far fronte a causa della crisi economico-finanziaria, essi non devono sottrarsi ai loro obblighi in materia. Il loro ragionamento dovrà fondarsi su un confronto tra i costi sostenuti per mettere in campo questi servizi e i costi che deriverebbero da una loro mancata attuazione, vale a dire i costi economici e sociali derivanti da un lungo periodo di recupero delle vittime di reato e dei loro familiari, o persino dal fatto che tale recupero non avvenga. In diversi paesi i servizi nazionali di assistenza alle vittime sono finanziati dalla riscossione delle ammende comminate per i reati. Il CESE raccomanda alla Commissione europea di commissionare uno studio sull'efficacia di tali sistemi di finanziamento in vista di una loro eventuale applicazione estesa.

4.5.4   Il Comitato riconosce che il numero di vittime di reato varia a seconda degli Stati membri e delle regioni. In alcune regioni l'incremento della popolazione dovuto all'afflusso di turisti in alta stagione, associato alle aggressioni scatenate dal consumo di alcolici, possono innalzare ulteriormente la percentuale di vittime. Il CESE ritiene che l'assistenza offerta dovrebbe essere sufficientemente flessibile perché le vittime possano accedervi anche a livello regionale; esorta perciò la Commissione e gli Stati membri a prendere in considerazione l'idea di convogliare risorse e misure di sostegno verso i «punti sensibili» del territorio UE onde migliorarne la comunicazione e i servizi. Il problema è di particolare rilievo nei luoghi in cui il rischio e/o la minaccia che vengano compiuti reati violenti sono assai elevati nel caso di sospetti e/o di vittime che non provengono dallo Stato membro o dalla regione in questione.

4.5.5   È fondamentale che la legislazione preveda l'obbligo di indirizzare le vittime verso gli specifici servizi di assistenza e quello di fornire tali servizi. Sebbene nell'UE spetti in genere alle forze di polizia indirizzare le vittime di reato verso servizi di assistenza, attualmente la stragrande maggioranza (13) delle vittime non viene orientata verso servizi adeguati. È questo l'ostacolo principale all'offerta di assistenza alle vittime in tutta Europa.

4.5.6   La responsabilità di indirizzare verso i servizi di assistenza dovrebbe ricadere anche su altre autorità pertinenti che entrino in contatto con le vittime di reato, tra cui, a seconda delle circostanze: ospedali, ambasciate e uffici consolari, scuole e centri specializzati di accoglienza. Va osservato che ciò non comporterebbe alcuna difficoltà per quanto concerne i diritti di protezione dei dati.

4.5.7   Le vittime di un'infrazione commessa all'estero o i loro familiari di solito non vengono presi in carico dai servizi di assistenza alle vittime oggi in funzione, una volta rientrati nel paese di residenza. Si deve rimediare a questa carenza, dal momento che può accadere che le vittime, dopo aver fatto ritorno nel paese di residenza, debbano affrontare un lungo periodo di recupero - magari persino persistenti problemi di salute - o difficoltà sul piano giuridico e amministrativo. Il CESE chiede un'estensione dei compiti affidati ai servizi di assistenza alle vittime, in modo che possano fornire anche questo tipo di sostegno.

4.5.8   Il CESE auspica che l'UE adotti misure per finanziare e sostenere lo sviluppo di capacità e il rafforzamento della cooperazione tra i servizi di assistenza alle vittime e le forze di polizia, le autorità giudiziarie, gli ospedali, i sindacati, le ONG e le imprese, affinché la società civile sia più strettamente associata alla fornitura di un'assistenza di migliore qualità alle vittime di reato e allo scopo di promuovere buone pratiche e provvedimenti concreti in materia. I volontari che nel prestare assistenza alle vittime subiscano un danno in conseguenza di una condotta criminosa dovrebbero anch'essi venire riconosciuti come vittime di reato e ricevere un'assistenza adeguata.

4.5.9   Il CESE ribadisce che i sistemi giudiziari e altre autorità pubbliche competenti devono svolgere un ruolo di primo piano nell'offrire protezione e assistenza alle vittime, ma ritiene nel contempo che anche le imprese e le organizzazioni dei settori interessati (agenzie di viaggio, società di assicurazioni, compagnie aeree, alberghi, banche, operatori di telefonia fissa e mobile, imprese di noleggio auto e di taxi, sindacati e ONG del settore sociale) possano trovare il modo di realizzare, in uno spirito costruttivo di collaborazione, strategie e strutture positive e concrete per l'assistenza alle vittime e ai loro familiari che si trovino in difficoltà. Iniziative di questo tipo non dovrebbero essere considerate un onere, ma anzi un'opportunità per mettere a punto politiche positive in materia di responsabilità sociale delle imprese.

4.5.10   Il CESE raccomanda alla Commissione di realizzare uno studio sul settore assicurativo nell'UE che esamini le misure di copertura, protezione e indennizzo previste per le vittime di reato o di incidenti, allo scopo di promuovere le buone pratiche in materia di fornitura di un'assistenza legale e amministrativa equa e adeguata, di risarcimento e di costi, in modo da consentire alle vittime o ai loro familiari di prendere parte ai procedimenti penali. Occorre valutare se le condizioni e i rischi non coperti indicati nelle polizze assicurative siano formulati con sufficiente chiarezza, tenendo conto dei diversi livelli di alfabetizzazione e d'istruzione dei clienti, come pure delle loro eventuali disabilità. Le società devono indicare chiaramente al cliente le clausole contenute nelle polizze sottoscritte per un periodo di vacanza che escludono in tutto o in parte la copertura qualora l'assicurato abbia consumato alcolici e, sotto gli effetti dell'alcol, abbia causato o contribuito a causare un'infrazione. Al tempo stesso, occorre incoraggiare le società di assicurazioni a dare prova di equilibrio per quanto concerne questo aspetto, dal momento che anche in vacanza la maggior parte delle persone beve con moderazione, e prendere inoltre in considerazione l'applicazione di provvedimenti già largamente in uso per misurare il tasso alcolemico, ad esempio quelli previsti per la guida in stato di ebbrezza. Gli Stati membri hanno in ogni caso l'obbligo di versare un risarcimento a norma della direttiva UE sul risarcimento alle vittime di reato, il che però non esime le società di assicurazione dal farsi carico della loro responsabilità principale.

4.5.11   A giudizio del Comitato, occorre istituire un gruppo di monitoraggio a livello dell'UE, comprendente una rappresentanza di vittime e loro familiari, organismi di assistenza alle vittime e ONG attive nel settore, esponenti dei sindacati e delle imprese, con l'incarico di monitorare costantemente queste tematiche, mettere a punto delle iniziative di formazione e promuovere il cambiamento di paradigma culturale nei confronti delle vittime.

4.5.12   Laddove la misura sia pertinente, i diritti delle vittime ad accedere ai servizi di assistenza dovrebbero essere integrati in modo sistematico nelle altre politiche e proposte legislative dell'UE, garantendo così che vengano compiuti passi in avanti in questo settore.

4.6   Giustizia e risarcimento

4.6.1   Occorre pervenire ad un più corretto equilibrio tra diritti dell'imputato e diritti della vittima, dato che oggi quest'ultima ha meno diritti e riceve un'assistenza inferiore rispetto a chi è accusato di un reato. Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure che consentano alle vittime di esercitare un ricorso efficace qualora non ricevano informazioni o assistenza, o in caso di mancato rispetto degli altri diritti minimi, o delle altre norme, previsti dalla direttiva.

4.6.2   Il diritto della vittima di essere sentita nel corso del procedimento penale e di fornire elementi di prova rientra tra i diritti umani ed è una questione di efficienza della giustizia. Alcuni Stati membri garantiscono già questo diritto, che deve essere esteso a tutto il territorio dell'UE. In questo contesto, la legislazione europea dovrebbe prendere in considerazione, e incoraggiare risolutamente, lo sviluppo di programmi efficaci di protezione dei testimoni.

4.6.3   I diritti dell'imputato di un reato vanno certamente garantiti, ma occorre anche riconoscere e sostenere i legittimi interessi della vittima e dei suoi familiari. Le vittime dovrebbero quindi avere diritto a ricevere un'assistenza legale e amministrativa equivalente a quella offerta all'imputato. Il CESE plaude al riconoscimento del diritto delle vittime al patrocinio a spese dello Stato, qualora siano parti del procedimento penale, cosa che consente loro di esercitare i loro diritti conformemente alla direttiva. Il Comitato ritiene che tale assistenza dovrebbe essere messa a disposizione anche dei familiari della vittima e di terzi ufficialmente incaricati di fornire assistenza se la vittima è deceduta o necessita di un livello di assistenza elevato per esercitare la propria capacità giuridica al momento di prendere parte al procedimento giudiziario. Chiede pertanto alla Commissione di procedere ad una valutazione delle disposizioni in vigore nell'UE in materia di patrocinio a spese dello Stato e assistenza alle vittime e ai loro familiari, quale contributo all'eventuale elaborazione di future misure per estendere il sostegno in questo campo.

4.6.4   Il CESE esprime la propria preoccupazione per i notevoli ostacoli che, in alcuni Stati membri, si oppongono al rimpatrio della salma di vittime decedute. Spesso i familiari della vittima si vedono rifiutare il diritto di trasportare la salma del loro caro per poterla inumare o sono costretti ad avviare complicati procedimenti legali e ad aspettare anni prima di ottenerne la restituzione, con conseguenti sofferenze e frustrazione sottaciute che aggravano il loro dolore. Il CESE raccomanda alla Commissione europea di mettere a punto procedure comuni, prevalenti rispetto alle normative nazionali o locali in materia, per il trasporto e il rimpatrio, entro un lasso di tempo limitato e ben definito (14), della salma o dei resti di vittime di reati verificatisi in contesti transfrontalieri.

4.6.5   Il CESE accoglie favorevolmente il diritto al rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno sostenute dalle vittime che presenziano al processo, in qualità di parti lese o di semplici testimoni. Il Comitato interpreta questa disposizione come valida anche per i familiari della vittima di un omicidio, ma auspica una sua più ampia applicazione, a spese dello Stato, anche ai familiari e ai terzi incaricati di fornire assistenza alle vittime che necessitano di un livello di assistenza elevato per esercitare la propria capacità giuridica.

4.6.6   Una delle norme minime di base dovrebbe prevedere che la vittima ottenga un avviso di ricevimento scritto per la denuncia di reato presentata. Conformemente ad una decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, la denuncia presentata dalla vittima dovrebbe inoltre formare oggetto di un'indagine adeguata da parte delle competenti autorità pubbliche.

4.6.7   A giudizio del CESE, in caso di reato commesso da un indagato in un altro Stato membro, bisognerebbe prevedere delle disposizioni intese a garantire che la procedura di estradizione non sia ostacolata da azioni in giudizio intentate contro il medesimo indagato nel suo Stato membro di residenza, se i capi d'imputazione in tali procedimenti sono meno gravi di quelli a carico dell'indagato nel procedimento avviato in un altro Stato membro. I procedimenti giudiziari aperti nello Stato membro di residenza dell'imputato dovrebbero, in tal caso, venire accelerati o rimandati fino a quando il procedimento «transnazionale» non sia concluso.

4.6.8   Secondo il CESE, in caso di decisione di non luogo a procedere la vittima dovrebbe avere il diritto ad una revisione indipendente della decisione. Una misura ancora più efficace consisterebbe nel prevedere il diritto per la vittima di venire consultata sulla decisione di procedere o meno all'azione in giudizio.

4.6.9   Il CESE riconosce che il risarcimento economico non ripara i danni causati da un reato, e che sovente per la vittima è essenziale ottenere riconoscimento e rispetto. Le vittime hanno un diritto ormai acquisito al risarcimento, ma spesso non ne sono consapevoli o sono scoraggiate dalla complessità delle procedure di presentazione della denuncia. Ottenere un risarcimento dei danni subiti in seguito ad un reato in contesti transfrontalieri è spesso impossibile, a meno che la vittima o i suoi familiari non intentino una causa civile dinanzi al tribunale di un altro Stato membro, il che è al tempo stesso complicato e oneroso. Occorre fare di più per garantire che le vittime possano sporgere denuncia gratuitamente e con procedure più semplici. Il CESE esorta la Commissione a procedere con la revisione della direttiva sul risarcimento alle vittime di reato introducendo nel testo i miglioramenti di vasta portata che si rendono necessari, e in particolare esplorando la possibilità di istituire un regime europeo di risarcimento dei danni subiti dalle vittime di reato.

4.6.10   Il CESE invita la Commissione a esaminare in particolare, nel quadro della summenzionata revisione, la questione del risarcimento alle vittime di reati connessi ad infrazioni al codice stradale. Osserva che in taluni Stati membri sono già operativi adeguati meccanismi di risarcimento e di assistenza per queste vittime, che vengono finanziati, ad esempio, con una parte significativa delle entrate derivanti dalla riscossione delle ammende comminate per infrazione al codice stradale. Dato che gli incidenti stradali sono la principale causa di disabilità, le organizzazioni di rappresentanza dei disabili dovrebbero essere associate alla concezione, all'attuazione e alla gestione di questi sistemi di risarcimento.

4.6.11   Si dovrebbe altresì prendere in considerazione l'idea di anticipare degli importi in denaro per la prima assistenza alle vittime e ai loro familiari nel periodo immediatamente successivo all'infrazione, quando è possibile che essi debbano sostenere spese particolarmente elevate.

4.6.12   Il CESE plaude alle proposte in materia di giustizia riparativa contenute nella direttiva, ma ritiene eccessivamente restrittiva la definizione proposta e intende mettere l'accento sul fatto che la giustizia riparativa può essere esercitata in diversi modi che non comportano la partecipazione diretta o il confronto tra le persone. Ribadisce che in ogni caso la prima preoccupazione deve essere rispettare la volontà delle vittime e dei loro familiari e garantirne la protezione. È quindi essenziale prevedere misure di tutela rigorose, e sono ben accette disposizioni per garantire che le autorità pubbliche competenti incoraggino le vittime a rivolgersi a servizi di assistenza qualificati. Il CESE osserva che attualmente ben pochi Stati membri finanziano servizi di giustizia riparativa; raccomanda quindi alla Commissione di sostenere progetti pilota per l'elaborazione di norme e di iniziative di formazione in questo settore, al fine di creare economie di scala e di incentivare lo scambio di buone pratiche.

4.6.13   Il Comitato fa presente che ogni anno le autorità di contrasto competenti di tutti gli Stati membri dell'UE vendono un notevole quantitativo di «beni rubati» che la polizia non ha restituito ai proprietari. Un altro problema è rappresentato dal fatto che la restituzione dei beni avviene con ritardi inaccettabili (15). Il CESE auspica che le disposizioni sulla restituzione dei beni vengano rafforzate, introducendo l'obbligo per le autorità di fornire informazioni dettagliate in merito e i recapiti dei responsabili dei beni, nonché di garantire la restituzione dei beni entro un lasso di tempo breve e ben definito.

4.7   Attuazione ed effettiva applicazione

4.7.1   La mancata osservanza delle disposizioni della direttiva ha notevoli ripercussioni sul piano sia economico che sociale, non soltanto sulle vittime e sui loro familiari ma anche sulle economie degli Stati membri, in termini di giornate lavorative perse e di pressione cui sono sottoposti i servizi sanitari e altri servizi sociali e giuridici. Pertanto, è essenziale attuare correttamente le nuove misure di tutela e assistenza alle vittime e ai loro familiari, al fine di garantirne un recupero migliore e più rapido.

4.7.2   Il CESE ritiene che le proposte dovrebbero comprendere misure rigorose intese a garantire il rispetto di norme minime in tutta l'UE. Ciò richiederà misure che assicurino un controllo permanente e un'effettiva applicazione delle disposizioni, accompagnate da sanzioni dissuasive in caso di mancata osservanza.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Si raccomanda entro 28 giorni, un lasso di tempo utile per la perizia del medico legale e per realizzare il test del DNA a cura di due anatomo-patologi, nonché per consentire alle autorità consolari del paese di cui la vittima deceduta aveva la cittadinanza di chiedere l'elaborazione di una relazione indipendente.

(2)  http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/en/ec/111877.pdf.

(3)  COM(2010) 171 definitivo.

(4)  Adottata dal Consiglio dei ministri in data 10 giugno 2011.

(5)  GU C 95 del 23.4.2003, pagg. 40-44.

(6)  GU C 51 del 17.2.2011, pagg. 50-54.

(7)  GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 60–64, GU C 317, del 23.12.2009, pagg. 43–48, e GU C 48, 15.2.2011, pagg. 138–144.

(8)  GU C 325 del 30.12.2006, pagg. 65-70.

(9)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 91.

(10)  GU C 318 del 29.10.2011, pagg. 9-18.

(11)  GU C 97 del 28.4.2007, pagg. 21-26.

(12)  COM(2011) 274 definitivo e SEC(2011) 580.

(13)  Secondo dati forniti da Victim Support Europe.

(14)  Cfr. la nota 1.

(15)  I servizi di assistenza alle vittime di tutta Europa ricevono regolarmente esposti di vittime che denunciano i ritardi delle autorità di contrasto competenti nella restituzione dei beni.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/47


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (XX direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

COM(2011) 348 definitivo — 2011/0152 (COD)

2012/C 43/10

Relatrice unica: LE NOUAIL MARLIÈRE

Il Consiglio, in data 22 luglio 2011, e il Parlamento europeo, in data 13 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (XX direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE)

COM(2011) 348 definitivo — 2011/0152 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 144 voti favorevoli, 45 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda che la direttiva in oggetto venga quanto prima adottata e recepita nel diritto degli Stati membri.

1.2   È inoltre favorevole alla rapida adozione di disposizioni basate sul principio di precauzione, che tengano conto dei rischi di effetti biologici non termici delle emissioni dei campi elettromagnetici. Occorre infatti garantire a lungo termine e a un livello elevato la salute dei lavoratori, applicando le migliori tecnologie disponibili a costi economici accettabili. Il Comitato si aspetta che nella direttiva riveduta venga introdotta una disposizione in tal senso.

1.3   Al fine di rendere concreto e credibile tale principio di precauzione, il Comitato appoggia la proposta della Commissione di fissare dei valori soglia, ma raccomanda, perché ciò sia realmente efficace, di stabilire valori soglia fissi, prendendo come riferimento quelli stabiliti in sede di attuazione della direttiva 2004/40/CE (da Austria, Repubblica ceca, Slovacchia, Lituania, Lettonia, Estonia e Italia). Il CESE ribadisce l'esigenza di rafforzare l'indipendenza degli organismi scientifici che stabiliscono i limiti di esposizione dei lavoratori alle radiazioni elettromagnetiche, verificano gli effetti di tali radiazioni e le loro ripercussioni sulla salute pubblica e indicano le misure da adottare per proteggere la salute dei lavoratori esposti.

1.4   È necessario porre fine ai conflitti di interesse tra i membri dei suddetti organismi per quanto riguarda la loro nomina e il finanziamento delle loro ricerche (procedure e gare d'appalto, ricorso a istituti di ricerca pubblici indipendenti).

1.5   Il CESE riconosce che, per le figure professionali che impiegano la risonanza magnetica per immagini (RMI) per uso medico, è necessario introdurre una deroga, ma ritiene che questa debba essere limitata nel tempo e accompagnarsi a un rafforzamento delle risorse destinate alla ricerca di nuove tecnologie rivolte a tutelare i lavoratori dagli effetti dei campi elettromagnetici, nonché a tecniche sostitutive. I lavoratori interessati dalla deroga dovranno beneficiare di mezzi di protezione rafforzati e di controlli medici specifici, nonché di un'assicurazione contro la responsabilità civile per il caso di errori indotti, nell'esercizio delle loro attività, da una forte esposizione a campi elettromagnetici. Il Comitato reputa inoltre che le suddette misure debbano applicarsi non solo al personale medico, ma anche a tutti gli altri lavoratori che possono essere esentati dalle disposizioni generali della direttiva proposta in virtù della deroga di cui all'articolo 3 della direttiva stessa.

2.   Introduzione

2.1   La proposta di direttiva in esame è intesa a modificare la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici), che doveva originariamente essere trasposta nel diritto degli Stati membri entro il 30 aprile 2008. Si tratta quindi di una normativa che non è intesa a tutelare la popolazione in generale. Considerate le questioni specifiche poste dall'uso medico della RMI, nonché l'esigenza di proseguire le analisi dell'impatto della direttiva, la Commissione europea ha proposto e ottenuto che la scadenza per la trasposizione della stessa fosse prorogata fino al 30 aprile 2012.

2.2   La proposta in esame costituisce una rifusione del progetto di direttiva del 2004, con un nuovo sistema di valori limite e di valori di azione per le basse frequenze. Essa mira a proteggere i lavoratori dagli effetti diretti e indiretti dei campi elettromagnetici, ma esclusivamente per quanto riguarda gli effetti a breve termine noti. In particolare, la direttiva proposta non copre i rischi derivanti dagli effetti non termici dell'esposizione a taluni campi a bassa frequenza, che sono ancora oggetto di discussione.

2.3   Tenuto conto della specifica utilizzazione medica, è stata concessa una deroga ai settori sanitari che utilizzano la RMI. La direttiva proposta consente inoltre di non applicare determinate sue norme di tutela alle forze armate, e autorizza gli Stati membri a superare, in via temporanea, i valori limite in «situazioni specifiche».

3.   Osservazioni generali

3.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) non è stato direttamente consultato in merito alla direttiva del 2004, bensì, nel 2008, in merito alla proposta di proroga di quattro anni della scadenza per la sua trasposizione. Nel parere elaborato in tale occasione (1), il Comitato:

ribadiva l'appello formulato nel 1993 (2) a effettuare studi per individuare i rischi causati alla salute dei lavoratori (…) dall'esposizione ai campi (…) elettromagnetici (…) compresa l'esposizione protratta per molti anni,

affermava che attualmente il livello di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da un'esposizione ai campi elettromagnetici varia da uno Stato membro all'altro, e che pertanto l'elaborazione in tempi rapidi di un testo migliorato della direttiva, che garantisca a tutti i lavoratori un livello adeguato di sicurezza in caso di esposizione a campi elettromagnetici, andrebbe considerata una priorità al momento attuale.

3.2   Gli studi scientifici hanno evidenziato che i campi elettromagnetici hanno una serie di effetti nocivi per la salute:

3.2.1   per i campi magnetostatici: reazioni cutanee, alterazioni dell'elettrocardiogramma (reversibili sino a un'intensità di 2 tesla (3)), nonché disturbi come nausea, percezione di punti luminosi («fosfeni») e vertigini (già osservabili in caso di esposizione a campi di intensità pari a 1,5 tesla) (4).

3.2.1.1   per i campi magnetici a bassa frequenza (inferiore a 10 MHz): interferenze nei processi elettrofisiologici dell'organismo, che possono condurre a disturbi visivi (fosfeni), stimolazione dei tessuti nervosi e muscolari, scompensi cardiaci, ecc. (5).

3.2.2   Per i campi elettromagnetici di frequenza elevata (superiori a 100 kHz): ipertermia derivante dall'assorbimento di energia attraverso i tessuti biologici.

3.2.3   Sussiste il rischio di effetti indiretti, altrettanto nocivi, per la sicurezza e la salute dei lavoratori, come esplosioni o incendi causati da un arco elettrico, proiezione di oggetti ferromagnetici, malfunzionamento di sistemi elettronici, effetti negativi per i lavoratori appartenenti a categorie «a rischio specifico», ossia particolarmente vulnerabili ai campi elettromagnetici, come le persone con impianti, protesi o altri dispositivi medici elettronici, le gestanti o i pazienti sottoposti a determinate terapie oncologiche.

3.3   È in corso un dibattito fondamentale in merito agli effetti fisiologici, non termici e a medio termine, dei campi a bassa frequenza.

3.3.1   Tra i rischi presunti, figurano effetti sul sistema neuroendocrino (ormoni, melatonina), patologie neurodegenerative (Parkinson, Alzheimer, sclerosi), effetti sulla riproduzione e lo sviluppo umano e/o animale (rischio di aborto, malformazioni) e aumento del rischio di cancro (tumori cerebrali, leucemie nei bambini).

3.3.2   L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (AIRC), che fa capo all'Organizzazione mondiale della sanità, ha classificato i campi elettromagnetici a bassa frequenza e i campi elettromagnetici delle onde radio nella categoria 2b (possibilmente cancerogeni per l'uomo): nel 2001 a causa dei possibili rischi di leucemia infantile, e nuovamente nel 2011 in seguito allo studio Interphone (sospetto di aumento del rischio di glioma, un tipo di tumore cerebrale maligno).

3.4   Gli effetti biologici non termici dell'esposizione a campi elettromagnetici di livello anche inferiore alle soglie indicate dall'ICNIRP (6), potenzialmente nocivi per le piante, gli insetti, gli animali e l'organismo umano, sono segnalati nel recente rapporto Huss (7) e ripresi, per la parte essenziale, nella proposta di direttiva in esame.

3.5   Detto rapporto, basato su una valutazione sintetica dei numerosi risultati scientifici e sulle audizioni di tutte le parti interessate (scienziati, Agenzia europea dell'ambiente, organizzazioni non governative, associazioni di cittadini, imprenditori, ecc.), conclude che è necessario che l'UE adotti un principio di precauzione del tipo «minimo rischio possibile» (As Low As Reasonably Achievable - ALARA), misure preventive efficaci e la revisione degli attuali valori limite, senza attendere che vi sia una concordanza di tutte le prove scientifiche e cliniche, perché l'attesa potrebbe comportare costi sanitari ed economici molto alti, al pari di quanto è avvenuto, ad esempio, nel caso dell'amianto, dei PCB e del tabacco.

3.6   Sulla base di tale rapporto, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha adottato una risoluzione (8) in cui auspica che le norme e le soglie relative alle emissioni dei campi elettromagnetici di ogni tipo e di ogni frequenza vengano definite conformemente al principio di precauzione ALARA, basato sul minimo rischio possibile. Tale risoluzione indica inoltre che, trattandosi di una questione che riguarda la salute umana, il principio di precauzione dovrebbe essere applicato quando la valutazione scientifica non permette di determinare il rischio con sufficiente certezza. Le raccomandazioni tengono conto non soltanto degli effetti cosiddetti termici, ma anche di quelli non termici, o biologici, delle emissioni e delle radiazioni dei campi elettromagnetici. Occorre intervenire perché, tenendo conto dell'esposizione crescente della popolazione, qualora venissero trascurati i primi segnali di allarme il costo economico e umano dell'assenza di interventi potrebbe essere estremamente elevato. La risoluzione ribadisce inoltre che è necessario che gli esperti scientifici siano indipendenti e assolutamente credibili, al fine di pervenire a una valutazione trasparente ed obiettiva degli effetti nocivi potenziali sull'ambiente e sulla salute umana. La risoluzione invita infine a rivedere i fondamenti scientifici delle attuali norme in materia di esposizione ai campi elettromagnetici stabilite dall'ICNIRP, che presentano gravi lacune.

3.7   Nelle loro recenti, giustificate reazioni al progetto di direttiva in esame, le parti sociali hanno sostanzialmente sottolineato:

l'importanza di non escludere alcuna categoria di lavoratori, e la necessità di colmare il vuoto legislativo europeo in materia di esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici;

la non opposizione a una deroga a per i lavoratori che utilizzano la RMI, a condizione che tale deroga sia limitata nel tempo (cosa non prevista dalla direttiva in esame) e accompagnata da specifiche verifiche mediche;

il fermo intendimento di pervenire a una protezione dei lavoratori dagli effetti a lungo termine (non considerati nella proposta di direttiva), e quindi la proposta di prevedere delle sedi di confronto tra gli esperti dell'ICNIRP e gli esperti nazionali degli Stati membri.

3.8   Malgrado i possibili effetti sulla salute umana, non esiste a tutt'oggi alcuna legislazione europea rivolta ad armonizzare la protezione dei lavoratori da tali campi elettromagnetici sul territorio dell'UE.

3.9   Il CESE ribadisce l'esigenza di una normativa che tuteli i lavoratori dagli effetti dell'esposizione ai campi elettromagnetici. Infatti, se è vero che in questo settore non tutte le metodologie e conoscenze scientifiche hanno condotto a risultati completamente soddisfacenti, d'altro canto le conclusioni di determinati studi scientifici confermano che l'esposizione a campi elettromagnetici incide negativamente sulla salute dei lavoratori, anche se l'ampiezza e la scala degli effetti nocivi riscontrati variano da uno studio all'altro.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   La Commissione ha scelto di basare la sua proposta di direttiva su livelli crescenti di precauzione in funzione dei valori limite, piuttosto che su un principio di precauzione più generale del tipo ALARA, basato sul minimo rischio possibile. Trattandosi della salute umana, occorre prendere tutte le precauzioni per evitare di assoggettare i lavoratori al rischio di effetti a lungo termine, rischio presunto sulla base di numerosi studi scientifici e negato semplicemente da due commissioni scientifiche, l’ICNIRP e lo CSRSERI (9). Al riguardo occorre sottolineare che le conclusioni negative cui queste ultime sono pervenute sono dovute essenzialmente alla scarsità di studi scientifici recenti condotti sui lavoratori: negli ultimi anni, infatti, l'attenzione dei ricercatori si è concentrata soprattutto sul problema degli effetti dell'esposizione dei cittadini in genere ai sistemi di telefonia mobile.

4.2   Un altro argomento utilizzato di frequente da tali organismi per negare qualsiasi effetto a lungo termine si basa sulla mancanza di conoscenze in merito ai meccanismi biologici attraverso i quali l'esposizione ai campi elettromagnetici potrebbe avere conseguenze sugli organismi viventi. Tale argomento dovrebbe piuttosto far pendere la bilancia a favore dell'applicazione del principio di precauzione, visto che di norma gli effetti vengono osservati prima che la comunità scientifica sia in condizione di darne una spiegazione biologica precisa.

4.3   In tale contesto di incertezza, il Comitato auspica che l'esposizione ambientale venga ridotta ogni qualvolta possibile, in particolare attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi economici accettabili.

4.3.1   È necessario assicurarsi quantomeno che il livello massimo di esposizione consentito dalla direttiva non ecceda i limiti indicati da esperti riconosciuti degli Stati membri in studi basati su dati verificabili e resi noti secondo i criteri della pubblicazione scientifica.

4.4   È utile fare riferimento al parere dell'Agenzia francese sulla sicurezza sanitaria dell'ambiente e del lavoro, la quale,

 

tenendo conto in particolare:

delle lacune metodologiche osservate in numerosi studi per quanto riguarda la caratterizzazione dell'esposizione in condizioni sperimentali,

della possibilità di effetti a lungo termine su patologie particolari e dell'esigenza di documentare meglio l'effetto delle esposizioni protratte (croniche), e

dell'utilità di proseguire le ricerche relative a eventuali effetti biologici di esposizioni a livelli non termici,

 

proponeva nel 2009:

1)

di vigilare sulla qualità metodologica degli studi in vitro e in vivo riguardanti principalmente la parte fisica (caratterizzazione dell'esposizione e forma dei segnali), ma anche la parte biologica (esperimenti «in cieco», controlli appropriati, individuazione dei falsi positivi, replica degli esperimenti, adeguata validità statistica ecc.);

2)

di condurre degli studi in particolare sulla riproduzione e lo sviluppo attraverso varie generazioni di animali (per esempio, su animali con predisposizione a malattie di cui siano noti i geni umani di vulnerabilità: malattie neurodegenerative, alcuni tipi di cancro, malattie autoimmuni), da comparare sempre con animali normali e sulla base di condizioni di esposizione realistiche perfettamente caratterizzate;

3)

di replicare alcuni studi, esaminati nella stessa relazione, che mostrano effetti biologici probabilmente fisiologici (in particolare sull'afflusso di sangue al cervello);

4)

di sviluppare degli studi sulle bande di frequenza inferiori a 400 MHz (in particolare per gli effetti cronici delle radiazioni di debole potenza) e superiori ai 2,5 GHz (10).

4.5   In merito al principio di precauzione è utile richiamare qui un articolo di Olivier Godard, direttore di ricerca presso il Centro nazionale della ricerca scientifica francese (CNRS) e professore presso il Laboratorio di econometria dell'École Polytechnique di Parigi (polo di ricerca UMR 7176), pubblicato il 31 maggio 2011 e intitolato Principe de précaution: un bon principe en manque d'organisation de sa mise en œuvre («Principio di precauzione: un buon principio di cui non si è ancora organizzata l'attuazione») (11).

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE, GU C 204 del 9.8.2008, pag. 110.

(2)  Parere in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio sulle norme minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (GU C 249 del 13.9.1993).

(3)  Il campo elettromagnetico si misura in tesla (simbolo T), che è l'unità di misura dell'induzione magnetica secondo il Sistema internazionale, corrispondente a un weber per metro quadro.

(4)  WILÉN, J. E DE VOCHT, F., Health complaints among nurses working near MRI scanners - A descriptive pilot study («Disturbi lamentati dal personale paramedico che lavora presso scanner RMI - Uno studio pilota descrittivo»). European Journal of Radiology, 13 ottobre 2010.

(5)  ICNIRP Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic, and electromagnetic fields (up to 300 GHz) («Orientamenti dell'ICNIRP per limitare l'esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo (fino a 300 GHz)»), Health Physics, vol. 74, 4 aprile 1998, pagg. 494–522, http://www.icnirp.de/documents/emfgdl.pdf (in inglese).

(6)  Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (International Commission on Non-Ionising Radiation Protection – ICNIRP).

(7)  The potential dangers of electromagnetic fields and their effect on the environment («I possibili rischi dovuti ai campi elettromagnetici e i loro effetti sull'ambiente»), 6 maggio 2011 – Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, commissione Ambiente, agricoltura e questioni territoriali, documento 12608, pag. 3 http://assembly.coe.int/Main.asp?link=/Documents/WorkingDocs/Doc11/EDOC12608.htm.

(8)  Risoluzione 1815 (2011) - http://assembly.coe.int/Mainf.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta11/FRES1815.htm (in francese o in inglese).

(9)  Comitato scientifico dei rischi sanitari emergenti e recentemente identificati.

(10)  Parere dell'Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell’ambiente e del lavoro in merito all'aggiornamento delle conoscenze sulle radiofrequenze http://www.afsset.fr/upload/bibliotheque/403036549994877357223432245780/09_10_ED_Radiofrequences_Avis.pdf (in francese)

(11)  http://www.gabrielperi.fr/IMG/article_PDF/article_a1246.pdf e http://www.gabrielperi.fr/IMG/pdf/PubOlivier_Godard-precaution-0411.pdf (in francese).


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto di accesso a un difensore nel procedimento penale e al diritto di comunicare al momento dell'arresto»

COM(2011) 326 definitivo — 2011/0154 (COD)

2012/C 43/11

Relatore unico: DE LAMAZE

Il Consiglio, in data 1o settembre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto di accesso a un difensore nel procedimento penale e al diritto di comunicare al momento dell'arresto

COM(2011) 326 definitivo — 2011/0154 (COD).

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 181 voti favorevoli, 3 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie molto favorevolmente il principio alla base della direttiva in esame. L'adozione di un testo normativo che integri la giurisprudenza più recente della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di diritti della difesa costituirebbe un incontestabile passo avanti per quanto riguarda sia la certezza del diritto sia la garanzia di tali diritti in seno ai diversi Stati membri.

1.2   L'assistenza attiva di un difensore scelto liberamente fin dall'inizio del procedimento penale rappresenta la garanzia di un processo equo. Il CESE condivide l'obiettivo della Commissione: garantire l'effettività di questo diritto.

1.3   Tuttavia, proprio per questo motivo, e poiché i principi sanciti nella direttiva proposta appaiono ambiziosi, il CESE esprime preoccupazione per le difficoltà che deriveranno dalla loro attuazione.

1.4   Il CESE deplora vivamente il rinvio della misura sull'assistenza legale gratuita, che nella tabella di marcia del Consiglio era considerata unitamente alla consulenza legale, poiché l'effettività dei diritti enunciati potrebbe risultarne compromessa.

1.5   L'ambizione della proposta di direttiva si misura, in primo luogo, con il fatto che essa estende il diritto di accesso a un difensore agli indagati.

1.5.1   Se il principio deve essere quello per cui i diritti in questione conseguono alla privazione della libertà personale, allora il CESE riconosce che, in nome del principio di lealtà che informa la ricerca della verità, qualsiasi persona sentita nell'ambito di un procedimento deve poter beneficiare della presenza di un difensore dal momento in cui venga perseguita penalmente.

1.5.2   Appare quindi coerente che, in virtù del diritto a non autoincriminarsi (nemo tenetur se detegere), i soggetti perseguiti penalmente abbiano accesso a un difensore, in assenza del quale le loro sole dichiarazioni non possono essere usate a fondamento della loro condanna.

1.5.3   A questo proposito, il CESE sarebbe favorevole a introdurre una modifica nella terminologia, sostituendo il termine «indagato» con «persona perseguita penalmente»: così facendo, infatti, si ridurrebbe il margine di incertezza e di soggettività.

1.6   L'ambizione della proposta di direttiva si misura, in secondo luogo, con il fatto che essa approfondisce il diritto di accesso a un difensore che svolgerà un ruolo attivo nei confronti del suo assistito, soprattutto in sede di interrogatori.

1.7   Secondo il CESE, il diritto di accesso a un difensore, così come configurato nella proposta di direttiva, è conciliabile con le esigenze dell'indagine e, contribuendo a garantire l'ammissibilità delle prove raccolte, può perfino facilitare il corretto svolgimento del procedimento penale, purché vengano rispettate le condizioni in appresso indicate.

1.7.1   Da un lato, la direttiva deve:

attribuire al difensore il diritto di assistere agli atti investigativi e di raccolta delle prove per i quali si richieda la presenza dell'interessato unicamente nei casi in cui tale assistenza sia necessaria per garantire il rispetto dei diritti della difesa;

fissare un termine ragionevole dopo il quale le autorità investigative possano operare senza la presenza del difensore che dimostrino di avere debitamente informato;

imporre a ciascuno Stato membro di fissare una durata e una frequenza ragionevoli per i colloqui tra difensore e cliente, colloqui che dovrebbero aver luogo, come minimo, prima di ciascuna udienza;

consentire a ciascuno Stato membro di attuare procedure in deroga a taluni principi stabiliti, sia nella fase delle indagini che in quella processuale, in particolare quando non siano né contestati né contestabili fatti di scarsa gravità, associati a forme diffuse di delinquenza;

ribadire che i difensori sono tenuti al segreto di indagine;

accordare il «diritto di far informare», e non di comunicare con, un terzo o con il proprio consolato.

1.7.1.1   Le autorità investigative devono necessariamente mantenere il controllo dei tempi e dello svolgimento delle indagini.

1.7.1.2   Il CESE ritiene comunque opportuno prevedere una deroga nel caso in cui si prevedano difficoltà per il corretto svolgimento delle indagini.

1.7.2   Dall'altro lato, gli Stati devono provvedere alla creazione di strutture di «patrocinio urgente» che consentano l'accesso immediato a un difensore nel caso in cui il difensore liberamente scelto non sia immediatamente disponibile.

1.8   Infine, allo scopo di garantire un maggiore equilibrio, il CESE invita il Consiglio a definire degli orientamenti intesi a migliorare la tutela dei diritti delle vittime a fronte dei nuovi diritti accordati alla difesa. Le vittime dovrebbero infatti poter essere assistite da un difensore quando vengono sentite dalle autorità investigative e a fortiori quando vengono messe a confronto con gli imputati, i quali avranno a loro volta tale possibilità.

2.   Contesto e contenuto della proposta di direttiva

2.1   Il Consiglio ha riconosciuto che finora a livello europeo non si è fatto abbastanza per tutelare i diritti fondamentali della persona nell'ambito dei procedimenti penali. Il 30 novembre 2009, il Consiglio Giustizia ha adottato una risoluzione relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento di tali diritti. Questa tabella di marcia, che è stata allegata al programma di Stoccolma, invitava la Commissione a presentare proposte normative riguardo ai seguenti aspetti («misure»):

(A)

diritto alla traduzione e all'interpretazione,

(B)

informazioni relative ai diritti e all'accusa,

(C)

consulenza legale e assistenza legale gratuita,

(D)

comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari,

(E)

garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili.

2.2   Una prima tappa è stata l'adozione dalla direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione (misura A).

2.3   La seconda tappa sarà l'adozione di una direttiva, attualmente in fase di discussione, sul diritto all'informazione (1), che stabilisca norme minime sul diritto a ricevere informazioni riguardo ai propri diritti e all'accusa formulata nei propri confronti nonché sul diritto di accesso al fascicolo (misura B).

2.4   La proposta di direttiva in esame corrisponde alla terza misura di questo pacchetto legislativo. Essa riflette la scelta della Commissione di disciplinare con un unico atto normativo il diritto di accesso a un difensore e il diritto a comunicare (D). La disciplina dell'assistenza legale gratuita, che nella tabella di marcia del Consiglio era considerata unitamente alla consulenza legale, è stata rinviata a una data successiva (2013). Come per le precedenti misure, la Commissione ha deciso di far beneficiare di questi diritti le persone arrestate sulla base di un mandato d'arresto europeo.

2.5   La proposta di direttiva in esame mira ad assicurare l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (e in particolare degli articoli 4, 6, 7 e 47), basandosi sugli articoli 3 e 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), che riguardano in particolare la proibizione della tortura e il diritto di accesso a un difensore, così come interpretati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo «la Corte»).

2.6   Essa prevede che ogni indagato o imputato abbia accesso a un difensore in tempo utile. Sia privato o meno della libertà personale, l'indagato o imputato deve poter accedere a un difensore prima dell'inizio di qualunque interrogatorio (articolo 3 della direttiva proposta).

2.6.1   Il difensore partecipa in maniera attiva (domande, dichiarazioni) agli interrogatori e alle udienze; ha il diritto di presenziare a qualunque atto investigativo o di raccolta di prove che richieda o consenta la presenza dell'indagato o imputato, salvo qualora le prove da raccogliere rischino di essere alterate, rimosse o distrutte in conseguenza del passare del tempo necessario all'arrivo del difensore; ha inoltre diritto di accedere al luogo di detenzione per verificare le condizioni in cui l'indagato o imputato è detenuto (articolo 4).

2.7   La proposta prevede altresì il diritto, per coloro che sono privati della libertà personale, di comunicare, al momento dell'arresto, con un terzo o con le proprie autorità consolari (articoli 5 e 6) in modo da informarli della loro detenzione.

2.8   Solo in circostanze eccezionali è possibile derogare ai diritti sanciti nella direttiva proposta (articolo 8). Le deroghe possono essere autorizzate solo mediante decisione adottata da una autorità giudiziaria, devono essere giustificate da ragioni concrete e non devono basarsi esclusivamente sul tipo o sulla gravità del reato.

3.   Osservazioni generali

3.1   Il CESE esprime soddisfazione per il riorientamento politico che caratterizza la tabella di marcia adottata il 30 novembre 2009 dal Consiglio allo scopo di rafforzare i diritti fondamentali nell'ambito dei procedimenti penali.

3.2   La proposta in esame si iscrive in una linea di continuità con i progressi della giurisprudenza della Corte e, benché definisca delle norme minime (gli Stati membri sono liberi di spingersi oltre), mira in realtà a una armonizzazione «dall'alto» delle procedure penali nazionali.

3.3   Le legislazioni nazionali presentano ancora livelli molto variabili di tutela dei diritti della difesa. La definizione di norme comuni applicabili in tutta l'Unione è indispensabile per creare uno spazio comune di diritti e rafforzare la reciproca fiducia tra autorità giudiziarie nazionali. Il CESE annette particolare importanza alla realizzazione di questi obiettivi, che sono a un tempo condizione e conseguenza necessarie della libera circolazione delle persone.

3.4   Il CESE sottolinea altresì l'urgenza di ridurre i contenziosi che congestionano la Corte e sfociano in sanzioni finanziarie per gli Stati.

3.5   Il CESE tiene tuttavia a ricordare che le suddette norme potranno essere applicate e attuate pienamente soltanto se terranno conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri (sistemi accusatori o inquisitori), conformemente all'articolo 82, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Questo aspetto, a suo avviso, merita quindi di essere approfondito.

3.6   Metodo e calendario legislativo

3.6.1   Il CESE non è sicuro che il fatto di associare il diritto di accesso a un difensore al diritto di comunicare con un terzo apporti un valore aggiunto. Il terzo in questione, infatti, non contribuisce in senso stretto alla tutela dei diritti della difesa.

3.6.2   Il CESE deplora invece che il diritto di accesso a un difensore:

non sia associato al diritto all'informazione nell'ambito dei procedimenti penali (misura B);

sia trattato separatamente dall'assistenza legale gratuita, che, nella tabella di marcia del Consiglio, era invece associata al diritto di accesso a un difensore.

3.6.3   Pur comprendendo le ragioni del rinvio della disciplina dell'assistenza legale gratuita, il CESE contesta la scelta della Commissione di stabilire dei principi prima ancora di prevedere i mezzi finanziari per attuarli. Se l'impatto finanziario non può giustificare, di per sé, la violazione dell'articolo 6 della CEDU - così come interpretato dalla Corte -, l'effettività dei diritti enunciati rischia nondimeno di esserne compromessa.

3.6.4   Il CESE esprime particolare preoccupazione per il fatto che la valutazione dell'impatto che accompagna la proposta di direttiva sembri sottovalutare i costi derivanti dall'applicazione di una tale normativa.

3.6.5   Il CESE si interroga in particolare sui mezzi necessari per finanziare, nel quadro dell'esecuzione di un mandato di arresto europeo, l'accesso a due difensori (uno nello Stato membro emittente e l'altro in quello di esecuzione), senza peraltro contestare la fondatezza del relativo diritto.

3.7   Nel merito

3.7.1   Estensione del diritto di accesso a un difensore agli indagati (articoli 2 e 3 della direttiva proposta)

3.7.1.1   Il contributo principale della direttiva proposta consiste nell'estensione del diritto di accesso a un difensore agli indagati.

3.7.1.2   Le recenti evoluzioni della giurisprudenza della Corte formano attualmente oggetto di interpretazioni talvolta contraddittorie; il CESE ritiene che l'accesso a un difensore debba essere garantito a partire dal momento della privazione della libertà personale dell'interessato.

3.7.1.3   Potrebbero essere ammesse deroghe solo quando venga perseguita penalmente una persona sentita nell'ambito di un procedimento, la quale perciò, in applicazione del principio di lealtà nella ricerca della verità, non possa più essere sentita come semplice testimone e abbia il diritto di essere assistita da un difensore.

3.7.1.4   Questo orientamento appare conforme alle evoluzioni più recenti della giurisprudenza.

3.7.2   Contenuto del diritto di accesso a un difensore (articolo 4)

3.7.2.1   Partecipazione attiva del difensore durante gli interrogatori (articolo 4, paragrafo 2)

3.7.2.1.1   Il CESE è sensibile al fatto che la proposta di direttiva ponga l'accento sull'effettività dell'assistenza del difensore, il quale, nel corso degli interrogatori e delle udienze, potrà porre domande, chiedere chiarimenti e rendere dichiarazioni. Tenuto conto delle specificità dei diversi sistemi giudiziari, il CESE ritiene che le modalità di esercizio di questi diritti potrebbero essere disciplinate da ciascuno Stato membro.

3.7.2.1.2   Ritiene che sarebbe utile prevedere anche la possibilità, per il difensore, di chiedere che le sue osservazioni siano allegate al verbale di interrogatorio, al fine di evitare qualsiasi tipo di difficoltà con le autorità investigative.

3.7.2.1.3   Il CESE fa tuttavia osservare che, per gli indagati - sempre che il termine indagati debba essere mantenuto -, l'assistenza del difensore si scontrerà con difficoltà di tipo pratico come, in particolare, la trasmissione in tempo reale del fascicolo (2). Per l'insieme del contenzioso di massa, infatti, le autorità investigative non dispongono di alcun fascicolo prima del fermo dell'imputato.

3.7.2.2   Diritto del difensore di essere presente a qualunque atto investigativo o di raccolta delle prove effettuato in presenza dell'imputato (articolo 4, paragrafo 3)

3.7.2.2.1   Se da un lato questo diritto rappresenta un progresso incontestabile in materia di tutela dei diritti della difesa, dall'altro lato è comunque opportuno, ad avviso del CESE, operare una distinzione tra i diversi tipi di misure. Così, nell'ambito di una perquisizione, l'imputato deve poter beneficiare dell'assistenza di un difensore.

3.7.2.2.2   Invece, per quanto riguarda gli accertamenti tecnico-scientifici (rilevamento di impronte digitali, prelievo di sostanze biologiche, ecc.), per i quali il difensore non ha alcuna competenza specifica, il CESE ritiene che l'esercizio di questo diritto non recherebbe alcun valore aggiunto. Potrebbe essere sufficiente un modulo, firmato dall'imputato, che lo abbia informato delle conseguenze del suo rifiuto.

3.7.2.2.3   Il CESE è peraltro consapevole dei vincoli che un tale diritto può comportare per lo svolgimento dell'indagine. Ed evitare di nuocere al suo corretto svolgimento è, ad avviso del CESE, un'esigenza fondamentale. La raccolta delle prove deve poter avvenire nel più breve tempo possibile, nell'interesse stesso dell'indagato. Secondo il CESE la direttiva dovrebbe fissare un termine dopo il quale le autorità investigative possano operare senza la presenza del difensore che dimostrino di avere debitamente informato.

3.7.2.2.4   Solo in determinati casi, in cui ciò non pregiudichi l'equità del procedimento, il CESE ritiene che potrebbero essere le giurisdizioni nazionali a decidere circa l'eventuale ammissibilità degli elementi di prova ottenuti senza la presenza di un difensore.

3.7.2.3   Incontri tra il difensore e il suo cliente (paragrafo 5)

3.7.2.3.1   Se la durata e la frequenza degli incontri con il difensore devono essere sufficienti, l'assenza di limiti diversi da quelli che «possano pregiudicare l'esercizio dei diritti della difesa», nozione vaga e soggettiva, sarà, secondo il CESE, fonte di controversie tra difensori e forze di polizia.

3.7.2.3.2   Il CESE si interroga in effetti sulla questione della durata inerente all'esercizio di questi diritti (parere del difensore, presenza effettiva, esame del fascicolo, incontri con il cliente, assistenza agli interrogatori e a talune attività investigative, ecc.) nel quadro di un'indagine circoscritta a un periodo di tempo divenuto troppo breve per garantirne l'efficacia.

3.7.2.3.3   Il CESE ritiene necessario imporre a ciascuno Stato membro di fissare una durata e una frequenza ragionevoli per gli incontri tra difensore e cliente, onde evitare di nuocere al corretto svolgimento delle indagini garantendo al tempo stesso l'esercizio effettivo di tali diritti. Ritiene che tali incontri dovrebbero aver luogo, come minimo, prima di ogni nuovo interrogatorio.

3.7.2.4   Condizioni di detenzione (paragrafo 4)

3.7.2.4.1   L'impatto delle condizioni di detenzione su una persona privata della libertà non ha certo bisogno di essere dimostrato. Per evidenti ragioni di dignità della persona umana, il CESE sottolinea l'urgente necessità di destinare gli importi necessari al miglioramento di tali condizioni. Il CESE ritiene che, se è vero che non spetta al difensore «verificare» le condizioni di detenzione dell'interessato, si potrebbe comunque prevedere la possibilità per il difensore di «constatare» (3) tali condizioni e di chiedere che le sue osservazioni siano messe a verbale. Il CESE propone di precisare che il difensore deve poter accedere al luogo di detenzione nel più breve tempo possibile.

3.7.2.5   Principio della libera scelta del difensore

3.7.2.5.1   Il diritto di accesso a un difensore non può essere esteso senza estendere anche il suo corollario: il principio della libera scelta del difensore stesso, in conformità dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera c), della CEDU. Avendo constatato che la proposta di direttiva non vi fa riferimento, il CESE propone di richiamare questo principio. Potrebbe essere prevista una deroga, su richiesta dell'autorità giudiziaria, in materia di terrorismo e di criminalità organizzata, nel qual caso il difensore potrebbe essere nominato dagli organi competenti degli ordini professionali.

3.7.2.5.2   Al fine di applicare il principio della libera scelta del difensore, la futura normativa sull'assistenza legale gratuita dovrà prevedere la possibilità che le spese dell'intervento di qualunque difensore europeo siano assunte a carico a titolo di gratuito patrocinio.

3.7.2.5.3   Per garantire l'effettività dei diritti stabiliti dalla direttiva, il CESE invita gli Stati membri a riflettere da subito sulla creazione di strutture di «patrocinio urgente» che consentano l'accesso immediato a un difensore nel caso in cui il difensore liberamente scelto non sia immediatamente disponibile.

3.7.2.6   Segretezza delle indagini

3.7.2.6.1   Il CESE tiene a ricordare che i difensori sono tenuti a rispettare la segretezza delle indagini. Tale obbligo contribuirà, secondo il CESE, a garantire che l'approfondimento dei diritti di cui alla proposta di direttiva non pregiudichi il corretto svolgimento delle indagini stesse.

3.7.3   Diritto di comunicare con un terzo (articoli 5 e 6)

3.7.3.1   Riconoscendo l'importanza di assicurare l'informazione del terzo, ma anche quella di evitare i rischi che il diritto di comunicare direttamente con il terzo potrebbe comportare per l'indagine, il CESE raccomanda l'utilizzo delle seguenti espressioni: «diritto di far avvisare» o di «far avvertire» un terzo o il proprio consolato.

3.7.4   Ambito di applicazione (articolo 2) e deroghe (articolo 8)

3.7.4.1   Temendo un formalismo eccessivo delle procedure penali che potrebbe pregiudicare l'efficacia delle indagini, il CESE reputa necessario lasciare a ciascuno Stato membro la possibilità di attuare procedure in deroga a taluni principi stabiliti, sia nella fase delle indagini che in quella processuale, in particolare quando non siano né contestati né contestabili fatti di scarsa gravità, associati a forme diffuse di delinquenza,

3.7.4.2   Considerando che è fondamentale non compromettere il corretto svolgimento delle indagini, il CESE suggerirebbe comunque di introdurre una deroga nel caso in cui si prevedano difficoltà per il corretto svolgimento delle stesse. Propone quindi di modificare in tal senso l'articolo 8, lettera a) (cfr. le osservazioni specifiche).

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Sostituire, in tutto il testo della direttiva proposta, «indagato o imputato» con «persona perseguita penalmente».

4.2   Articolo 3, paragrafo 1, lettera a): dopo «interrogatorio», aggiungere «o udienza».

4.3   Articolo 4, paragrafo 1: sostituire «rappresenta» con «assiste».

4.4   Articolo 4, paragrafo 2: aggiungere le seguenti precisazioni: «ogni interrogatorio o udienza della persona perseguita penalmente» e «e di far allegare al verbale le sue osservazioni».

4.5   Articolo 4, paragrafo 4: sostituire «verificare» con «constatare»; dopo «a tal fine, ha diritto di accedere», aggiungere «prima possibile» e «di far verbalizzare le sue osservazioni».

4.6   Articolo 5, paragrafo 1: sostituire «comunicare con» con «far avvisare».

4.7   Articolo 5, paragrafo 2: [non riguarda la versione italiana, dove viene già utilizzato il termine minore anziché bambino].

4.8   Articolo 6: sostituire «comunicare» con «far avvisare».

4.9   Articolo 8, lettera a): aggiungere alla fine: «e di evitare di nuocere al corretto svolgimento delle indagini».

4.10   Articolo 8, secondo comma: sostituire «autorità giudiziaria» con «autorità competente».

4.11   Articolo 11, paragrafo 2, terzo trattino: aggiungere «e di far allegare al verbale le sue osservazioni».

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 54 del 19.2.2011, pag. 48-50.

(2)  L'articolo 7 della proposta di direttiva concernente il diritto all'informazione nel procedimento penale stabilisce per qualsiasi indagato o imputato o loro difensore il diritto di accesso al fascicolo.

(3)  Verbo che tradurrebbe più fedelmente l'inglese to check up.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo

COM(2011) 479 definitivo — 2011/0218 (COD)

2012/C 43/12

Relatrice: LE NOUAIL MARLIERE

Il Consiglio e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 6 e 13 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo

COM(2011) 479 definitivo — 2011/0218 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 166 voti favorevoli, 1 voto contrario e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva le modifiche proposte dalla Commissione al regolamento del 2006, il cui obiettivo continua ad essere quello di garantire attività di pesca sostenibili nella regione migliorando lo sfruttamento delle risorse acquatiche viventi, proteggendo gli habitat sensibili e tenendo conto al tempo stesso delle particolarità della piccola pesca costiera nel Mediterraneo.

1.2   Sebbene l'impatto delle modifiche introdotte non sia stato oggetto di una valutazione, il Comitato è pronto a credere che le nuove misure avranno solo conseguenze poco rilevanti sulle risorse globali della pesca nel Mediterraneo.

2.   La proposta della Commissione

2.1   Sintesi

Le misure proposte individuano i poteri delegati nell'ambito del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio e stabiliscono la procedura per l'adozione, da parte della Commissione, dei relativi atti delegati. La Commissione può pertanto adottare:

atti delegati per concedere deroghe a talune disposizioni del regolamento se tale possibilità è esplicitamente prevista dal regolamento stesso e fatto salvo il rispetto delle condizioni rigorose da esso fissate;

i criteri da applicare ai fini della fissazione e dell'assegnazione delle rotte per i dispositivi di concentrazione dei pesci (DCP) per la pesca della lampuga nella zona di gestione di 25 miglia attorno all'isola di Malta;

una normativa particolareggiata in materia di ulteriori specifiche tecniche relative ai requisiti degli armamenti e degli attrezzi da pesca;

atti delegati in materia di modifiche degli allegati al regolamento.

Base giuridica

Articolo 43, paragrafo 2 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e articoli 290 e 291 dello stesso Trattato.

—   Principio di sussidiarietà

La proposta riguarda un settore di competenza esclusiva dell'Unione europea.

—   Principio di proporzionalità

Il principio di proporzionalità non è messo in discussione in quanto la proposta modifica misure già previste dal regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio.

—   Scelta degli strumenti

Strumento proposto: regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio.

Altri strumenti non sarebbero idonei per i motivi seguenti: in applicazione del principio del «parallelismo delle forme», solo un regolamento può modificare un regolamento precedente.

INCIDENZA DI BILANCIO

La proposta non comporta spese aggiuntive per il bilancio dell'Unione.

2.1.1   La proposta modifica il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 – Atto legislativo definitivo – relativo alle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo. La base giuridica principale di questa revisione del regolamento è l'articolo 43 del TFUE (ex articolo 37 del TCE) che attribuisce alla Commissione le competenze per quanto concerne la presentazione di proposte in merito all'elaborazione e all'attuazione della politica agricola comune e più precisamente, in questo caso, della politica comune della pesca.

2.2   La proposta tuttavia si basa anche sull'articolo 290 del TFUE (ex articolo 202 del TCE) che crea una nuova categoria di atti, gli atti delegati, «che sviluppano nei particolari o modificano taluni elementi di un atto legislativo nell'ambito di un'abilitazione stabilita dal legislatore».

2.3   Ciascun atto legislativo soggetto a questo regime giuridico deve esplicitamente delimitare gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere (articolo 290, paragrafo 1 del TFUE). L'atto delegato alla Commissione è un atto non legislativo che non concerne gli elementi essenziali dell'atto legislativo, il quale fissa esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega. La delega alla Commissione rientra pertanto in un quadro rigorosamente delimitato e il Parlamento europeo e/o il Consiglio possono decidere di revocarla a determinate condizioni (id. § 2, lettera a)).

2.4   L'atto delegato inoltre può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall'atto legislativo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni (id. § 2, lettera b)). L'aggettivo «delegato» o «delegata» è inserito nel titolo degli atti delegati.

2.5   Inoltre, grazie alle competenze ad essa conferite, la Commissione può adottare condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione, come previsto all'articolo 291, paragrafo 2 del TFUE (atti di esecuzione).

2.6   Nell'ambito dell'allineamento del regolamento (CE) n. 1967/2006 alle nuove disposizioni del TFUE, i poteri attualmente conferiti alla Commissione da tale regolamento sono stati riclassificati, nella proposta di regolamento modificato (1), in misure aventi natura delegata e misure aventi natura di esecuzione.

3.   Osservazioni generali del Comitato

3.1   Il Comitato osserva che solo il legislatore può stabilire se il ricorso agli atti delegati è autorizzato o no. Questo gli consente di concentrarsi sulle disposizioni principali della legislazione e gli evita di entrare nei dettagli tecnici, che possono andare sino all'ulteriore modifica di taluni elementi non essenziali dell'atto legislativo considerato. È sempre il legislatore a stabilire quali sono gli elementi essenziali e quali invece non lo sono.

3.2   Il diritto di avocazione (call back) del Parlamento europeo o del Consiglio dà al legislatore la possibilità di ritrovare in qualsiasi momento i suoi pieni poteri legislativi; in questo caso, il Parlamento delibera alla maggioranza dei membri che lo compongono, mentre il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. La delega di poteri prende fine alla data fissata nell'atto legislativo purché quest'ultimo preveda una clausola del genere (sunset clause). La delega di poteri deve allora essere eventualmente rinnovata nel momento in cui scade la delega di poteri alla Commissione.

3.3   La base giuridica della proposta di modifica del regolamento è il nuovo articolo 43, paragrafo 2 del TFUE, che attribuisce all'UE la competenza in materia di politica comune della pesca (PCP). Il Comitato è d'accordo con la Commissione quando afferma che la proposta rispetta il principio di proporzionalità, dato che modifica solo elementi già esistenti nel regolamento del 2006, che conferiva alla Commissione poteri delegati per la revisione di talune disposizioni non essenziali.

3.4   Il Comitato sottolinea anche il rispetto del principio del parallelismo delle forme per quanto concerne la natura dell'atto: un regolamento, poiché solo un regolamento può modificare un regolamento precedente. Infine, non sono previste spese aggiuntive di bilancio per attuare il regolamento modificato. Gli elementi principali del regolamento che occorre modificare sono i seguenti:

l'introduzione di maglie quadrate di 40 mm. per le reti da traino e, in alcuni casi, di reti a maglie romboidali di 50 mm. entro e non oltre il 1o luglio 2008;

come regola generale, è vietato l'uso di reti da traino a meno di 1,5 miglia nautiche. La pesca con rete da traino nelle acque costiere (tre 0,7 e 1,5 miglia nautiche) potrebbe tuttavia continuare ad essere autorizzata a talune condizioni nell'ambito delle modifiche proposte.

3.4.1   Inoltre, il regolamento che occorre modificare:

introduce misure tecniche destinate a migliorare la selettività delle attuali maglie di 40 mm. per le reti trainate;

rafforza l'attuale divieto di usare attrezzi da traino nelle zone costiere;

limita le dimensioni complessive di taluni attrezzi da pesca che incidono sullo sforzo di pesca;

introduce una procedura per stabilire, a titolo temporaneo o permanente, la chiusura di zone a taluni metodi di pesca, sia nelle acque dell'UE sia in quelle internazionali;

stabilisce l'adozione di piani di gestione che prevedono sia un intervento sullo sforzo di pesca sia misure tecniche;

permette agli Stati membri dell'UE di regolamentare, nelle loro acque territoriali e a determinate condizioni, le attività di pesca che non hanno una forte dimensione comunitaria o che non presentano effetti ambientali di rilievo, anche per quanto concerne taluni tipi di pesca locali attualmente autorizzati dalla legislazione dell'UE.

4.   Osservazioni particolari del Comitato

4.1   Il regolamento modificato prevede due categorie di disposizioni: da un lato le disposizioni procedurali relative all'esercizio dei poteri delegati della Commissione e, dall'altro, le misure tecniche concernenti la concessione di deroghe a taluni pescherecci per quanto riguarda le loro dimensioni, la loro potenza, gli strumenti di pesca utilizzati e le zone di pesca autorizzate.

4.2   Il Comitato rileva la conformità delle disposizioni procedurali al nuovo Trattato sul funzionamento dell'UE.

4.3   Si chiede tuttavia se le disposizioni tecniche che consentono di derogare a quelle previste dal regolamento del 2006 presentino effettivamente le caratteristiche delle disposizioni non essenziali di cui all'articolo 290 del TFUE. In questo caso, infatti, si tratta di deroghe a disposizioni volte a proteggere le risorse della pesca nel Mediterraneo minacciate da uno sfruttamento eccessivo.

4.4   Il Comitato constata che tali disposizioni sono state lungamente discusse all'interno del Consiglio e sottolinea l'astensione di uno Stato membro. La «scarsa rilevanza» delle modifiche proposte non è stata dimostrata da un'analisi d'impatto che avrebbe giustificato il ricorso alle nuove disposizioni di cui agli articoli 290 e 291 del TFUE.

4.5   Il CESE ritiene comunque che le proposte di deroga permetteranno ai piccoli operatori del settore della pesca nella regione di far fronte in maniera migliore alla crisi economica globale e all'aumento dei costi operativi, in particolare il costo del carburante.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2011) 479 definitivo.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell'Europa» — COM(2011) 436 definitivo — e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 3/2008 del Consiglio relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi

COM(2011) 663 definitivo — 2011/0290 (COD)

2012/C 43/13

Relatrice: SLAVOVA

La Commissione, in data 14 luglio 2011, il Parlamento europeo, in data 27 ottobre 2011 e il Consiglio, in data 29 novembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2 e dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde - Politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell'Europa

COM(2011) 436 definitivo

e alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 3/2008 del Consiglio relativo ad azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e nei paesi terzi

COM(2011) 663 definitivo.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 188 voti favorevoli, 2 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

I prodotti agroalimentari dell'Unione europea sono unici per la loro qualità e diversità. Tuttavia, in un mercato mondiale aperto, l'eccellenza dei prodotti alimentari e delle bevande non basta a garantire una buona posizione di mercato. Spiegando ai consumatori gli elevati standard qualitativi dei prodotti agricoli dell'UE e incentivando le esportazioni, i programmi di informazione e promozione possono aiutare i produttori europei a far fronte alle sfide di un contesto mondiale sempre più competitivo.

1.2

L'attuale politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli ha dato buoni risultati, ma il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è convinto che debba essere ulteriormente semplificata e migliorata per renderla più conforme alle richieste dei mercati europei e del resto del mondo e alle esigenze dei produttori europei.

1.3

Il Comitato accoglie con favore il Libro verde - Politica di informazione e promozione dei prodotti agroalimentari: una strategia a forte valore aggiunto europeo per promuovere i sapori dell'Europa, e raccomanda alla Commissione di far sì che nei prossimi anni la politica di promozione dei prodotti agroalimentari diventi una delle sue priorità strategiche, sia sui mercati interni che su quelli esterni.

1.4

Il Comitato sostiene due obiettivi fondamentali della nuova politica di promozione, orientati verso il mercato destinatario: da un lato l'informazione e la sensibilizzazione dei consumatori circa il mercato dell'UE dando il giusto valore alle più elevate garanzie in materia di etichettatura, tracciabilità e sicurezza sanitaria e ai requisiti estremamente rigorosi per quanto concerne l'ambiente, il benessere animale e il rispetto dei diritti dei lavoratori e, dall'altro, la promozione delle esportazioni sul mercato esterno.

1.5

Pur riconoscendo le restrizioni imposte dall'attuale crisi finanziaria, il Comitato ritiene che sia assolutamente necessario aumentare il bilancio destinato alla politica di informazione e promozione dei prodotti agricoli sul mercato interno e su quello dei paesi terzi. Il governo degli Stati Uniti, ad esempio, finanzia il suo programma di accesso al mercato con 200 milioni di dollari l'anno fino al termine dell'esercizio 2012.

1.6

Il Comitato raccomanda di semplificare le procedure amministrative per l'elaborazione e il monitoraggio dei programmi promozionali, in particolare riducendo il numero di relazioni da presentare alla Commissione. È soprattutto importante alleggerire gli oneri amministrativi.

1.7

Il Comitato ritiene che sia essenziale garantire una maggiore trasparenza nella selezione dei programmi a livello nazionale e che la Commissione debba elaborare degli orientamenti chiari per gli Stati membri. La valutazione dei programmi stessi dovrebbe essere migliorata applicando un rigoroso sistema di valutazione basato su indicatori concreti, come la crescita del mercato, e la durata della procedura di selezione dovrebbe essere ridotta. Inoltre, è fondamentale che i programmi siano concepiti in una prospettiva europea basata sul valore aggiunto, inclusa la creazione di posti di lavoro, e che sia data la priorità, attraverso un sistema di finanziamento maggiormente vantaggioso (60 % invece del 50 %), a programmi multi paese estesi a una serie di prodotti.

1.8

Occorre introdurre maggiore flessibilità affinché sia possibile adeguare i programmi alle mutevoli condizioni del mercato durante la fase di attuazione. A tal fine, è opportuno ridurre anche la quantità di dettagli da fornire al momento di presentare i programmi.

1.9

Il Comitato raccomanda alla Commissione di tenere conto delle differenze in termini di capacità tra le organizzazioni professionali dei «vecchi» Stati membri e di quelli «nuovi». La mancanza di adeguata esperienza e l'insufficienza delle capacità limitano la possibilità per le associazioni di categoria dei nuovi Stati membri di partecipare pienamente al programma di promozione. Il Comitato invita la Commissione a valutare l'ipotesi di aumentare gli anticipi a tali organizzazioni (ad esempio il 30 % dei costi annuali).

1.10

Il Comitato ritiene che la legislazione in materia di promozione debba chiarire il ruolo dei marchi e l'equilibrio tra la promozione generica e quella riguardante un singolo marchio, in particolare nei paesi terzi. Ai fini di un'informazione completa e trasparente dovrebbe essere consentito un riferimento all'origine del prodotto, anche per quei prodotti che non rientrano in una denominazione di origine o in una indicazione geografica protetta.

1.11

Occorre migliorare la comunicazione e il coordinamento tra i diversi Stati membri e tra questi e la Commissione, favorendo lo scambio di buone pratiche e di conoscenze nell'ambito di convegni e seminari.

1.12

Il Comitato accoglie con favore l'idea di creare una piattaforma europea di scambio di buone pratiche tra professionisti, che può rappresentare uno strumento prezioso per lo sviluppo di campagne promozionali. L'istituzione di una tale piattaforma a livello europeo (seminari/laboratori, sito web ecc.) al servizio di tutti i soggetti coinvolti nell'attività di informazione e di promozione nel settore agroalimentare favorirebbe in modo particolare l'elaborazione di programmi multi paese ben strutturati e coordinati.

1.13

Occorre creare sinergie tra i diversi programmi di promozione in corso. È essenziale che vi sia continuità affinché i programmi possano produrre l'impatto desiderato. Dovrebbe essere possibile e facile ripetere un programma di promozione che abbia avuto successo, e occorre attuare una rete di promozione che sia veramente attiva.

1.14

Il Comitato raccomanda alla Commissione di elaborare una «guida» semplice ed esaustiva atta ad aiutare i beneficiari a soddisfare le regole e ad adempiere alle procedure previste dal programma.

1.15

La politica di promozione deve sostenere le attività di esportazione degli operatori dell'UE, in particolare le PMI, affinché possano trarre beneficio dalla crescita dei consumi sui mercati emergenti. Le attività di esportazione non consentono solo di penetrare nuovi mercati ma rappresentano anche un fattore trainante essenziale per migliorare le prestazioni delle imprese. È per questo che il Comitato raccomanda alla Commissione di sostenere dei progetti pilota orientati all'elaborazione di strategie di esportazione capaci di offrire un quadro o una rete adattati alle strategie e alle esigenze di esportazione individuali delle imprese, facilitando quindi la penetrazione dei prodotti agroalimentari dell'UE su questi mercati.

1.16

L'elenco dei prodotti contemplati dalla legislazione dovrebbe essere esteso per consentire la promozione di tutti quelli che trasmettono il messaggio di qualità europea o che lo possono rafforzare. Si dovrebbe inoltre trovare una soluzione per altri prodotti, come i fermenti lattici.

1.17

Il Comitato auspica che si ponga l'accento sui benefici nutrizionali dei prodotti e su un'alimentazione sana, inserendo la produzione agroalimentare dell'UE in una prospettiva nutrizionale/di salute. Dovrebbero essere introdotte iniziative che promuovono una dieta più equilibrata e, a tal riguardo, l'accento potrebbe essere messo sulla promozione di messaggi chiave dal punto di vista della salute e sulla qualità dei prodotti.

1.18

Il Comitato ritiene che il potere di adottare atti delegati e atti di esecuzione, previsto dalla Commissione nella sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 3/2008 (COM(2011) 663 definitivo), migliorerà la coerenza delle azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli e contribuirà all'applicazione uniforme di tali azioni. Il Comitato raccomanda alla Commissione di intrattenere contatti regolari con le parti interessate e le organizzazioni proponenti, e di reagire in maniera adeguata alle loro proposte.

2.   Introduzione

2.1

Il programma UE di promozione dei prodotti agroalimentari è costituito da una politica orizzontale che comprende tutti i settori agroalimentari e mette in risalto le caratteristiche generali e il valore aggiunto della politica agricola comune (PAC). Tale sistema integra gli sforzi di promozione messi in atto da soggetti privati e pubblici a livello degli Stati membri.

2.2

La Commissione europea stanzia ogni anno circa 50 milioni di euro per sostenere le campagne volte a promuovere i prodotti agroalimentari dell'UE e i relativi metodi di produzione. Di norma, questo sostegno viene erogato a organizzazioni di produttori professionisti o ad associazioni che promuovono degli approcci europei di qualità nel settore agroalimentare.

2.3

Le campagne promozionali mettono in evidenza la qualità, il valore nutrizionale e la sicurezza dei prodotti agricoli dell'UE e richiamano l'attenzione sull'elevato valore aggiunto che essi offrono, tra i vari aspetti, in termini di metodi di produzione, etichettatura, benessere degli animali e rispetto dell'ambiente.

2.4

Le campagne possono essere realizzate all'interno dell'UE o al di fuori con l'obiettivo di aprire nuovi sbocchi di mercato. Tra il 2000 e il 2010, hanno ricevuto i cofinanziamenti dell'UE 458 programmi promozionali, e tutti gli Stati membri hanno beneficiato di tale misura. Le attività di promozione possono comprendere campagne pubblicitarie nei mezzi di comunicazione, promozioni nei punti di vendita, la partecipazione a mostre e fiere e diverse altre iniziative.

2.5

I finanziamenti dell'UE coprono fino al 50 % del costo complessivo di una campagna. Almeno il 20 % dovrebbe provenire da contribuiti dati dall'organizzazione proponente, mentre il resto può essere fornito da enti nazionali e da altre fonti.

2.6

I programmi dovrebbero essere preferibilmente pluriennali e di portata sufficientemente ampia da avere un'incidenza significativa sui mercati destinatari; la priorità deve essere data a programmi proposti da organizzazioni presenti in diversi Stati membri o comprendenti diversi Stati membri o paesi terzi.

2.7

Oltre due terzi delle campagne di informazione e promozione UE nel settore agroalimentare approvate negli ultimi cinque anni sono state orientate al mercato interno; solo l'8 % dei programmi approvati sono multi paese e più della metà delle domande presentate nel periodo 2006-2010 è stata respinta.

2.8

Da quando è stato creato, il programma di promozione è stato oggetto di un monitoraggio periodico attraverso relazioni della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo. Anche la Corte dei conti europea, nella sua relazione speciale del 2009, ha formulato delle raccomandazioni per il miglioramento di tale programma.

3.   Sintesi della comunicazione

3.1

Nonostante gli importanti successi ottenuti, il settore agricolo e agroalimentare europeo si trova a far fronte a sfide complesse. Gli sforzi compiuti dai produttori dell'UE in campi come la sanità, l'ambiente o il benessere degli animali non sempre sono riconosciuti. Sia sui mercati tradizionali che su quelli emergenti dell'UE sono arrivati nuovi concorrenti. L'UE vanta un patrimonio culinario molto vario che occorre valorizzare appieno.

3.2

La riforma in corso della PAC dopo il 2013 mira a garantire che tale politica possa fornire un contribuito diretto a realizzare la strategia Europa 2020 promuovendo un'agricoltura che sia fonte di sicurezza alimentare, di utilizzo sostenibile delle risorse naturali e di dinamismo per le zone rurali. Parallelamente alla riforma della PAC, la Commissione ha avviato un ampio processo di consultazione delle parti interessate al fine di tracciare i contorni di una strategia di promozione più mirata e ambiziosa a favore del settore agroalimentare in Europa.

3.3

Gli obiettivi specifici per i mercati locali, europei e mondiali saranno definiti in un secondo tempo allo scopo di orientare meglio le misure da adottare in ciascuno di essi. Gli obiettivi generali della nuova politica di informazione e di promozione consisteranno nel:

valorizzare di più la produzione agricola europea e consolidarne la posizione sui mercati,

promuovere le norme molto rigorose dell'UE in materia di sicurezza alimentare, rispetto dell'ambiente e tutela del benessere degli animali e offrire ai consumatori un'informazione più mirata sul modello europeo di produzione,

far scoprire ai consumatori nuovi prodotti e valorizzare la diversità dell'offerta europea;

far conoscere meglio i sistemi di qualità e i prodotti a forte valore aggiunto.

3.4

Il Libro verde si articola in quattro parti, nelle quali vengono trattati e presentati quesiti su vari aspetti della politica di informazione e di promozione: il suo valore aggiunto per l'Europa, gli obiettivi e le misure per i mercati interni (compresi quelli locali e regionali) e per quelli esterni, nonché aspetti più generali relativi al contenuto e alle modalità di gestione.

3.5

Il Libro verde mette in evidenza il potenziale poco sfruttato dei mercati regionali e locali. Sarebbe opportuno disporre di misure per il finanziamento di servizi di base, ad esempio per la creazione di centri commerciali, negozi o mercati. Uno strumento Leader meglio integrato nella PAC dopo il 2013 potrebbe svolgere un ruolo importante nella promozione delle filiere brevi.

3.6

Si potrebbe favorire la collaborazione tra Stati membri per creare una complementarità con le campagne di informazione e di promozione nazionali e/o con il settore privato e per incoraggiare le sinergie.

3.7

Attualmente, le proposte di programmi devono essere presentate da organizzazioni professionali o interprofessionali rappresentative dei settori interessati in uno o più Stati membri o su scala europea. Il Libro verde propone la possibilità di estendere l'accesso ai finanziamenti a strutture diverse dalle organizzazioni professionali, come ad esempio le imprese o le camere di commercio, al fine di includere settori che non sono sistematicamente strutturati tramite organizzazioni professionali in tutti gli Stati membri.

3.8

I programmi riguardano oggi prodotti specifici o sistemi di qualità (come l'informazione sul latte e sulle sue proprietà nutrizionali). Il Libro verde propone un nuovo approccio più flessibile, e forse più incisivo, che consiste nel concentrarsi in un primo tempo su messaggi chiave definiti a livello europeo, da rendere poi più specifici esemplificandoli con i prodotti in modo da valorizzare la diversità, la ricchezza e la complementarità dell'offerta europea.

3.9

Il Libro verde sottolinea che l'attuazione dei programmi deve poggiare su procedure semplici. La procedura di selezione è doppia (a livello di Stati membri e di Commissione) e lunga (sette mesi tra il termine per la presentazione e la decisione della Commissione), il che limita le possibilità di organizzare campagne pragmatiche e tempestive.

3.10

La Commissione ha presentato anche una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 3/2008, volta ad allinearlo agli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La proposta delinea i poteri della Commissione di adottare atti delegati e atti di esecuzione ai sensi del regolamento (CE) n. 3/2008 del Consiglio e istituisce la procedura idonea di adozione di tali atti. La proposta integra inoltre nel regolamento (CE) n. 3/2008 alcune competenze fino ad ora esercitate dalla Commissione.

4.   Osservazioni di carattere generale

4.1

Le più importanti sfide che deve affrontare la politica agricola europea riguardano i cambiamenti climatici, la crisi finanziaria ed economica, le disparità tra «vecchi» e «nuovi» Stati membri e le tensioni derivanti dalla concorrenza sleale tra essi, la possibilità che l'applicazione della PAC provochi pratiche di dumping, la precarietà sul lavoro e l'instabilità dei mercati caratterizzati da notevoli fluttuazioni. In considerazione di queste sfide è più importante che mai promuovere i prodotti agroalimentari dell'UE al fine di contribuire al loro posizionamento come prodotti ad alto valore aggiunto e a mantenere la posizione leader dell'UE in quanto fornitore di derrate alimentari.

4.2

La politica di promozione dell'UE mette in rilievo i vantaggi della produzione europea, in particolare in termini di qualità, igiene e sicurezza alimentare (attraverso un sistema avanzato di etichettatura e tracciabilità e nel rispetto dei diritti dei lavoratori, del benessere degli animali e dell'ambiente): per farlo è necessario un congruo sostegno finanziario.

4.3

La catena agroalimentare deve rispettare severe norme in materia di sicurezza alimentare, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali e protezione dell'ambiente; le campagne di comunicazione e di promozione sono un modo efficiente ed efficace di riconoscere gli sforzi fatti dagli agricoltori, dai produttori e dai commercianti. In questo senso, la politica di promozione dovrebbe quindi perseguire i due obiettivi fondamentali seguenti:

promuovere e commercializzare prodotti agroalimentari europei sui mercati esterni (promozione dell'esportazione, in particolare a favore delle PMI, che sono il motore della ripresa economica del settore),

informare i consumatori presenti nel mercato dell'UE, in particolare per quanto riguarda programmi specifici in materia di qualità, sicurezza e tracciabilità, valori nutrizionali, rispetto dell'ambiente e del benessere degli animali, condizioni di lavoro ecc. La politica di promozione dovrebbe, in particolare, mirare a sensibilizzare i consumatori sin dall'età scolare, in una logica di consumo responsabile, e a promuovere il riconoscimento degli sforzi compiuti dai produttori agroalimentari (agricoltori e industrie) nel soddisfare le rigorose norme dell'UE.

4.4

La politica di promozione dovrebbe includere nuovi mezzi di comunicazione (ad esempio le pagine Internet) per informare i consumatori circa le iniziative dei produttori locali e circa l'accesso ai prodotti venduti direttamente. Lo sviluppo delle «filiere brevi» risponde di fatto ad una nuova aspettativa della società.

4.5

La Corte dei conti ha raccomandato di fornire sostegno tecnico mirato ai produttori attraverso misure volte a:

favorire il potenziamento delle sinergie tra produttori e programmi. Le misure dell'UE devono incoraggiare le piccole e medie imprese a raggrupparsi in modo da raggiungere una massa critica per commercializzare sul mercato esterno. Lo sviluppo di reti potrebbe contribuire a realizzare tale obiettivo e a promuovere la creazione di sinergie tra i produttori a livello dell'UE,

aiutare i «nuovi» Stati membri estendendo le azioni ammissibili ad attività esplorative (ad esempio campagne test di un anno o studi di mercato).

4.6

Per quanto riguarda la proposta della Commissione di ampliare la platea dei beneficiari di programmi di promozione, il Comitato ritiene che si debba dare la priorità alle organizzazioni professionali poiché sono queste che riuniscono le imprese e cofinanziano le operazioni.

4.7

Il Comitato ritiene che determinati prodotti tradizionali, marchi o indicazioni di origine potrebbero aprire nuovi sbocchi commerciali per altri prodotti europei, in particolare sui mercati esterni. L'europeità dei prodotti nell'ambito di programmi di promozione presentati dalle organizzazioni professionali e/o interprofessionali potrebbe essere valorizzata senza obbligare queste ultime a escludere l'indicazione di origine o il marchio, garantendo che il messaggio europeo sia chiaramente in primo piano rispetto al marchio stesso. Per un'informazione completa e trasparente, bisognerebbe autorizzare la menzione dell'origine del prodotto, anche nel caso di prodotti che non rientrano in una denominazione di origine o in una indicazione geografica protetta.

4.8

Gli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) conferiscono alla Commissione maggiori competenze. Il Comitato ritiene che il potere di adottare atti delegati e atti di esecuzione, previsto dalla Commissione nella sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 3/2008 (COM(2011) 663 definitivo), migliorerà la coerenza delle azioni di informazione e di promozione dei prodotti agricoli e contribuirà all'applicazione uniforme di tali azioni. Il Comitato raccomanda alla Commissione di intrattenere contatti regolari con le parti interessate e le organizzazioni proponenti, e di reagire in maniera adeguata alle loro proposte al fine di semplificare e di agevolare le azioni di informazione e di promozione dei prodotti agroalimentari sul mercato interno e su quello dei paesi terzi.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il Comitato propone alla Commissione di riconoscere le organizzazioni del settore dell'UE quali organizzazioni proponenti.

5.2

La promozione dei prodotti agricoli dell'UE nei paesi terzi aiuterebbe gli agricoltori e il settore della trasformazione dell'UE a penetrare in grandi mercati come quelli, tra gli altri, del Brasile, della Russia, della Cina, dell'India, del Nord America, dell'Australia e del Medio Oriente. L'attuazione di una politica di promozione dell'UE ben mirata nei paesi terzi può portare a un forte aumento delle vendite di prodotti agroalimentari dell'UE al di fuori dell'Unione.

5.3

La prosperità dei mercati esteri nel 2010 rappresenta un fattore chiave per le opportunità offerte alle imprese dell'UE.

5.4

Al fine di rafforzare la competitività di queste ultime, il Comitato propone alla Commissione di:

sostenere l'apertura e lo sviluppo dei mercati, in particolare in sede di negoziati di accordi internazionali, in modo da dare ai produttori europei maggiori occasioni di esportare i loro prodotti,

agevolare la soluzione di questioni concernenti le esportazioni e assistere gli esportatori attraverso la messa a disposizione di informazioni ed eventualmente attraverso un'attività «ombrello» o un'attività tematica generica a livello UE.

5.5

Al fine di ottimizzare l'intervento dell'Unione europea sui mercati esterni, il Comitato raccomanda di:

fornire a dettaglianti e grossisti dati pertinenti sulle esportazioni, informazioni sui paesi e sui riferimenti di contatto, istruzioni per l'esportazione ecc.,

incoraggiare la promozione dell'esportazione di prodotti da offrire in omaggio e la cooperazione intersettoriale onde garantire una maggiore importanza ed efficacia,

incoraggiare le piccole e medie imprese a raggrupparsi in modo da raggiungere una massa critica per commercializzare sul mercato esterno,

sostenere progetti pilota in paesi terzi volti a penetrare nuovi mercati.

5.6

Il Comitato esorta la Commissione a fornire sostegno durante e dopo i periodi di crisi sanitaria ai settori in difficoltà al fine di ripristinare la fiducia e rilanciare i consumi. Le campagne dinamiche e immediate di informazione e di comunicazione possono essere molto utili per riconquistare la fiducia dei consumatori.

5.7

Il Comitato ritiene che le organizzazioni di categoria che hanno attuato con successo programmi promozionali dovrebbero poter presentare domanda in qualità di organizzazione beneficiaria e di organismo esecutivo secondo una procedura agevolata.

5.8

Il Comitato invita la Commissione ad avviare eventi/campagne per incoraggiare maggiormente le organizzazioni di categoria degli Stati membri dell'UE a candidarsi in maniera più attiva per l'organizzazione di programmi di promozione al di fuori dell'UE, destinati a presentare il meglio dei prodotti agroalimentari dell'UE in termini di sapori, tradizioni e qualità. In questo senso, la priorità dovrebbe essere data a programmi multi paese estesi a una serie di prodotti attraverso un sistema di finanziamento maggiormente vantaggioso (60 % invece del 50 %); si tratta infatti dei prodotti che apportano una vera e propria dimensione europea al programma e, al tempo stesso, hanno bisogno del sostegno dell'Unione. Occorrerà inoltre privilegiare determinati paesi piuttosto che altri in base al loro potenziale di mercato. Il Comitato propone alla Commissione di aumentare il suo contributo nel caso di programmi rivolti alle economie emergenti.

5.9

Il Comitato raccomanda alla Commissione di svolgere un ruolo centrale nel facilitare e sostenere le piccole imprese di produzione e di trasformazione dell'UE ad accedere ai mercati di paesi terzi.

5.10

I programmi a favore del mercato interno devono essere concepiti in una prospettiva europea basata sul valore aggiunto, che vada oltre gli aspetti puramente nazionali: le migliori iniziative saranno quelle che hanno una maggiore portata in termini di prodotti e di mercati. Inoltre, i programmi devono essere complementari ad altri programmi nazionali o regionali, o creare sinergie con questi ultimi, al fine di evitare doppioni o messaggi contraddittori. Il potenziale offerto dai settori dell'istruzione e della sanità può e deve essere sfruttato per migliorare l'efficacia delle azioni di informazione. Infine, nell'elaborazione e nell'attuazione della futura politica di promozione e di informazione a favore dei prodotti agroalimentari occorre considerare il suo impatto in termini di occupazione.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica alla direttiva 64/432/CEE del Consiglio per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri

COM(2011) 524 definitivo — 2011/0228 (COD)

e alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1760/2000 per quanto riguarda l'identificazione elettronica dei bovini e che sopprime le disposizioni relative all'etichettatura facoltativa delle carni bovine

COM(2011) 525 definitivo — 2011/0229 (COD)

2012/C 43/14

Relatore: BRICHART

Il Consiglio, in data 14 e 20 settembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 13 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica alla direttiva 64/432/CEE del Consiglio per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri

COM(2011) 524 definitivo — 2011/0228 (COD)

e alla

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica al regolamento (CE) n. 1760/2000 per quanto riguarda l'identificazione elettronica dei bovini e che sopprime le disposizioni relative all'etichettatura facoltativa delle carni bovine

COM(2011) 525 definitivo — 2011/0229 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 180 voti favorevoli, 3 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) constata che, in seguito alla crisi della BSE (encefalopatia spongiforme bovina), gli operatori del settore bovino hanno lavorato con notevole impegno per ristabilire la fiducia dei consumatori.

1.2

Il sistema creato per l'identificazione e la registrazione dei bovini permette di garantire trasparenza e tracciabilità con un elevato livello di precisione e reattività.

1.3

Tale capacità di localizzare e identificare gli animali fornisce un importante ausilio al controllo delle malattie infettive.

1.4

Tuttavia, l'attuazione concreta delle diverse tecniche impiegate comporta un onere finanziario non indifferente per le filiere.

1.5

I progressi tecnologici registrati dal 1997 a oggi possono fornire agli operatori un aiuto importante in questo settore, in particolare grazie al sistema di identificazione elettronica.

1.6

Ciononostante, i costi e i vantaggi diretti generati da tali tecniche non sono distribuiti in modo uniforme lungo la catena di produzione alimentare: i costi vengono sostenuti in gran parte dagli allevatori, mentre gli operatori a valle della catena assorbono una parte considerevole dei vantaggi finanziari.

1.7

Per tale motivo, il CESE ritiene preferibile non rendere il sistema di identificazione elettronica dei bovini obbligatorio su scala europea, poiché è poco probabile che il mercato riesca a compensarne gli elevati costi. Inoltre, esso non comporterà benefici aggiuntivi reali per i consumatori.

1.8

Occorre tuttavia prevedere la possibilità per uno Stato membro di rendere obbligatorio il nuovo sistema sul suo territorio qualora gli operatori della catena di produzione alimentare in esso presenti ne accolgano l'applicazione.

1.9

Inoltre, il CESE ritiene che si debba lasciare la possibilità agli allevatori di avvalersi del sistema di identificazione elettronica su base volontaria.

1.10

Pertanto, al fine di evitare distorsioni della concorrenza che potrebbero compromettere il mercato unico, sarebbe opportuno che sia il paese che ha reso il sistema di identificazione obbligatorio a sostenere gli oneri connessi alla marcatura elettronica degli animali introdotti nel suo territorio.

1.11

Inoltre, il CESE ritiene opportuno che, al fine di armonizzare le pratiche in uso, vengano adottate le stesse tecnologie per tutti i dispositivi elettronici. È dunque indispensabile procedere all'armonizzazione delle tecnologie conformemente alle norme internazionali.

1.12

Il CESE approva quindi il senso generale della proposta della Commissione, a condizione che sia rivolta un'attenzione particolare al buon funzionamento del mercato interno e all'impatto sui diversi anelli della filiera.

1.13

Per quanto riguarda l'etichettatura facoltativa delle carni bovine, il CESE non si oppone all'abrogazione delle disposizioni comunitarie ad essa relative se gli operatori avranno la possibilità di riportare sulle etichette le informazioni aggiuntive che reputano importanti.

2.   Contesto

2.1

Il regolamento (CE) n. 1760/2000 prevede che ogni Stato membro istituisca un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini mediante: l'identificazione dei singoli animali con due marchi auricolari, un registro tenuto presso ciascuna azienda, un passaporto individuale per ogni singolo animale contenente dati relativi a tutti i movimenti e la segnalazione di tutti i movimenti in una base di dati informatizzata in grado di rintracciare rapidamente gli animali e di identificare le coorti in caso di malattie. Tale regime permetterà di raggiungere l'obiettivo di ristabilire la fiducia dei consumatori nelle carni bovine, garantendo la trasparenza e la tracciabilità completa dei bovini e dei relativi prodotti, nonché di localizzare e seguire gli animali a scopi veterinari, il che è assolutamente necessario per il controllo delle malattie infettive.

2.2

Nella comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa al programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell'Unione europea, il regolamento è stato incluso tra gli «obblighi di informazione di speciale importanza in termini di oneri che comportano per le imprese». Il piano d'azione della nuova strategia per la salute degli animali nell'Unione europea prevede che, una volta introdotto il sistema di identificazione elettronica dei bovini, la Commissione semplifichi gli obblighi di informazione.

2.3

Quando nel 1997 fu adottata l'attuale regolamentazione in materia di identificazione dei bovini, le tecniche di identificazione elettronica non erano sviluppate a tal punto da poter essere applicate al bestiame. Negli ultimi dieci anni l'identificazione elettronica basata sull'identificazione a radiofrequenza (RFID) si è notevolmente evoluta, permettendo oggi una lettura più rapida e precisa dei codici dei singoli animali e la loro introduzione diretta nei sistemi di elaborazione dati. L'uso di identificatori elettronici potrebbe contribuire a ridurre gli oneri amministrativi e le formalità burocratiche, qualora, ad esempio, il registro dell'azienda sia tenuto in modo informatizzato (come avviene in un numero sempre maggiore di aziende agricole). Un sistema più rapido ed affidabile permetterà inoltre una maggiore e più veloce precisione di lettura di quella consentita dai marchi auricolari convenzionali, agevolando la procedura per la segnalazione dei movimenti degli animali alla base di dati centrale, e quindi garantirà una migliore e più rapida tracciabilità degli animali e/o degli alimenti infetti.

2.4

Nell'Unione europea l’identificazione elettronica è già stata attuata per numerose specie animali. Numerosi Stati membri hanno già cominciato ad avvalersi del sistema di identificazione elettronica dei bovini su base volontaria. In assenza di norme tecniche armonizzate a livello dell'Unione, c'è il rischio che in Stati diversi vengano utilizzati tipi diversi di identificatori e di lettori elettronici basati su frequenze RFID. La mancanza di armonizzazione che potrebbe derivarne pregiudicherebbe lo scambio elettronico dei dati e comporterebbe quindi la perdita dei vantaggi offerti dai sistemi di identificazione elettronica.

2.5

La valutazione d'impatto ha concluso che l'introduzione su base volontaria dell'identificazione elettronica dei bovini quale strumento di identificazione ufficiale darebbe agli operatori il tempo necessario per familiarizzarsi con tale sistema, mentre, un'applicazione obbligatoria potrebbe avere ripercussioni economiche negative per alcuni operatori.

2.6

Il regolamento (CE) n. 1760/2000 prevede anche un sistema di etichettatura facoltativo delle carni bovine, sistema di cui la Commissione ha riscontrato le lacune (oneri amministrativi eccessivi, costi e mancanza di un'applicazione uniforme in tutti gli Stati membri).

3.   Le proposte della Commissione

3.1

La proposta della Commissione (COM(2011) 525 definitivo) tiene conto dell'esito delle consultazioni che si sono tenute con le parti interessate nonché dei risultati della valutazione d'impatto. La Commissione propone di introdurre l'identificazione elettronica dei bovini su base volontaria. In tale regime facoltativo:

i bovini potrebbero essere identificati grazie a due marchi auricolari convenzionali (sistema attuale) o con un marchio auricolare visibile convenzionale e un identificatore elettronico conforme alle norme armonizzate dell'Unione;

la proposta prevede inoltre la possibilità che gli Stati membri optino per un regime obbligatorio nel loro territorio nazionale.

3.2

Parimenti, la proposta abroga gli obblighi di notifica per quanto riguarda l'utilizzo delle indicazioni supplementari nel regime di etichettatura facoltativo, in ragione dei costi e degli oneri amministrativi eccessivi.

3.3

La proposta adegua il regolamento (CE) n. 1760/2000 alle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

3.4

Il regime di identificazione elettronica dei bovini proposto impone modifiche alla direttiva 64/432/CEE del Consiglio per quanto concerne le basi di dati informatizzate che fanno parte delle reti di sorveglianza degli Stati membri. Poiché a tutt'oggi gli elementi delle basi di dati informatizzate stabiliti dalla direttiva 64/432/CEE non comprendono alcun riferimento ai mezzi di identificazione elettronica, le due proposte COM(2011) 524 definitivo e COM(2011) 525 definitivo vengono presentate nel medesimo pacchetto legislativo.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/67


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati

COM(2011) 530 definitivo — 2011/0231 (COD)

2012/C 43/15

Relatore: ESPUNY MOYANO

Il Consiglio, in data 14 settembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 15 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati

COM(2011) 530 definitivo — 2011/0231 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 186 voti favorevoli, 4 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente la proposta di regolamento concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati, che semplifica, aggiorna e sostituisce la regolamentazione specifica dell'UE per questi prodotti (ossia, il regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (1), e il regolamento (CE) n. 122/94 della Commissione recante norme sull'aromatizzazione e sull'aggiunta di alcole applicabili ad alcuni prodotti (2)).

1.2

Il CESE rileva che questa proposta di regolamento si limita essenzialmente a semplificare e a modernizzare questo dispositivo - che ha permesso il corretto funzionamento del mercato interno di questi prodotti assicurando al tempo stesso la debita informazione e protezione dei consumatori - per adeguarlo agli sviluppi della regolamentazione in materia di politica della qualità vitivinicola, alle regole dell'OMC e alle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «Trattato») attraverso l'introduzione di alcuni aggiustamenti di carattere tecnico che permettono in particolare i seguenti miglioramenti:

migliorare l'applicabilità, la leggibilità e la chiarezza della legislazione dell'Unione in materia di prodotti vitivinicoli aromatizzati,

rafforzare e aggiornare la politica di qualità per questi prodotti attraverso il consolidamento della rinomanza e della qualità che tali prodotti hanno raggiunto nel mercato interno e in quello mondiale, sulla base delle definizioni attualmente vigenti, l'aggiornamento di alcune denominazioni di vendita e la concessione della possibilità di aumentare l'utilizzo di vino al posto dell'aggiunta diretta di alcole agricolo, garantendo al tempo stesso che il consumatore sia debitamente informato,

adattare le norme di produzione di queste bevande ai nuovi requisiti e alle nuove possibilità tecniche,

adattare le norme dell'Unione alle prescrizioni dell'OMC, compreso l'accordo TRIPS,

aggiornare i criteri che regolano il riconoscimento delle nuove indicazioni geografiche.

2.   Introduzione

2.1

La Commissione europea propone di aggiornare le norme applicabili alla definizione, designazione, presentazione, etichettatura e protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati attraverso il consolidamento della rinomanza e della qualità che questi prodotti hanno raggiunto nel mercato interno e in quello mondiale, per tener conto delle innovazioni tecnologiche, dell'evoluzione dei mercati e delle aspettative dei consumatori, preservando al tempo stesso i metodi tradizionali di produzione.

2.2

La Commissione europea propone di applicare il regolamento in esame a tutti i prodotti vitivinicoli aromatizzati commercializzati nel mercato dell'UE, siano essi prodotti negli Stati membri o in paesi terzi, per garantire la protezione degli interessi dei consumatori, nonché a tutte le bevande di questo tipo prodotte nell'Unione a fini di esportazione, per consolidare la rinomanza dei prodotti vitivinicoli aromatizzati nel mercato mondiale.

2.3

La proposta mantiene essenzialmente le definizioni tradizionali dei prodotti vitivinicoli aromatizzati in linea con le pratiche tradizionali di qualità, sebbene aggiornate e migliorate sulla base del progresso tecnologico, e concede in particolare la possibilità di aumentare l'utilizzo di vino al posto dell'aggiunta diretta di alcole agricolo. Per alcuni prodotti della categoria delle bevande aromatizzate a base di vino viene proposta una diminuzione sostanziale del livello minimo di titolo alcolometrico richiesto, per soddisfare la crescente domanda da parte dei consumatori di prodotti con gradazione alcolica minore, tenuto conto dei progressi tecnici che permettono di offrire la qualità che prima poteva essere garantita soltanto con livelli minimi di alcole più alti. Inoltre vengono stabilite misure specifiche sulla designazione e presentazione di questi prodotti che completano la legislazione orizzontale dell'Unione in materia di etichettatura di alimenti, per evitare che altri prodotti che non sono conformi ai requisiti stabiliti nel regolamento in esame utilizzino erroneamente le denominazioni di vendita dei prodotti vitivinicoli aromatizzati.

2.4

La proposta stabilisce che le bevande vitivinicole aromatizzate devono essere prodotte secondo norme di produzione che garantiscono il soddisfacimento delle aspettative dei consumatori per quanto concerne qualità e metodi di produzione. Per soddisfare le norme internazionali in questo campo, in linea con quanto stabilito per i prodotti vitivinicoli, queste regole dovranno essere basate - come norma generale - sulle raccomandazioni pubblicate dall'Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV).

2.5

La proposta prevede norme specifiche in materia di protezione delle indicazioni geografiche di questi prodotti - che non sono comprese dal campo di applicazione del regolamento n. XXXX/20YY del Parlamento europeo e del Consiglio [COM(2010) 733 definitivo] sui regimi di qualità dei prodotti agricoli, del regolamento n. XXXX/20YY del Parlamento europeo e del Consiglio [COM(2010) 799 definitivo] recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento OCM unica) e del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, designazione, presentazione, etichettatura e protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio - mediante l'introduzione di una procedura UE di registrazione, conformità, modifica e possibile cancellazione delle indicazioni geografiche di paesi terzi e dell'Unione, in linea con il regime previsto per i prodotti del settore vitivinicolo.

2.6

La proposta comprende inoltre gli adattamenti necessari, per quel concerne i poteri conferiti alla Commissione sulla base del regolamento (CEE) n. 1601/91 e del regolamento (CE) n. 122/94, alle disposizioni contenute negli articoli 290 e 291 del Trattato.

2.7

La proposta non ha alcuna incidenza finanziaria sul bilancio dell'UE.

3.   Osservazioni

3.1

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di regolamento concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati.

3.2

I prodotti vitivinicoli aromatizzati sono importanti per i consumatori, i produttori e il settore agricolo dell'Unione. L'UE rappresenta circa il 90 % della produzione mondiale di queste bevande (pressappoco 3 milioni di hl l'anno) e ne consuma circa 2 milioni di hl all'anno. I principali paesi produttori nell'UE sono Italia, Francia, Spagna e Germania, anche se esistono prodotti tradizionali radicati nelle culture di molti altri Stati membri, sia nell'Europa settentrionale che in quella centrale e orientale. Questi prodotti rappresentano inoltre un mercato molto rilevante in termini quantitativi e qualitativi per la catena di valore del settore vitivinicolo europeo, in quanto forniscono uno sbocco stabile alla produzione europea di vino - in particolare i vini bianchi - e contribuiscono all'equilibrio del mercato vinicolo e al rafforzamento della sua competitività, che rappresenta uno degli obiettivi essenziali della politica agricola comune (PAC) per questo settore.

3.3

Le misure proposte contribuiscono a consolidare la rinomanza che questi prodotti hanno raggiunto nel mercato interno e in quello mondiale attraverso la preservazione dei metodi tradizionali di produzione e la possibilità di adattare queste bevande alla domanda dei consumatori e all'innovazione tecnologica, quando essa aiuta a migliorare la qualità, garantendo al tempo stesso un livello elevato di protezione dei consumatori, la trasparenza del mercato e le condizioni per una concorrenza leale tra gli operatori.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU L 149 del 14.6.1991, pag. 1.

(2)  GU L 21 del 26.1.1994, pag. 7.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare

COM(2011) 555 definitivo — 2011/0239 (COD)

2012/C 43/16

Relatrice: BREDIMA

Il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo, rispettivamente in data 30 e 28 settembre 2011, hanno deciso, conformemente agli articoli 100, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2008/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare

COM(2011) 555 definitivo — 2011/0239 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre 2011), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 176 voti favorevoli, 3 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Una migliore formazione è fondamentale per dare attrattiva alle professioni marittime nell'UE e aumentare la sicurezza e la protezione marittima. Il know-how marittimo è di importanza strategica perché l’UE possa mantenere una posizione guida nel settore marittimo mondiale.

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene il progetto di direttiva in esame, che modifica la direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare al fine di recepire gli emendamenti di Manila (2010) alla Convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (STCW), del 1978.

1.3   Per gli Stati membri dell'UE l'adozione di tale proposta di direttiva è di vitale importanza, in quanto dal 2012, con l'entrata in vigore degli emendamenti di Manila alla convenzione STCW, la formazione dei marittimi sarà soggetta a nuove norme in materia di qualifiche, profilo professionale, sicurezza e abilitazione.

1.4   Il CESE non condivide la formulazione proposta nell'articolo 15, paragrafo 11, che recita: «gli Stati membri possono autorizzare o registrare contratti collettivi che consentono deroghe alle ore di riposo previste [dei marittimi]». La direttiva UE non dovrebbe discostarsi dalla formulazione adottata nella legislazione internazionale ed europea esistente, ossia, la Convenzione n. 180 e la Convenzione sul lavoro marittimo (2006) dell'OIL e la direttiva 1999/63/CE riguardante l'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare. Quest'ultima direttiva è frutto di un accordo raggiunto dopo lunghi e difficili negoziati tra le parti sociali, e le istituzioni dell'Unione europea dovrebbero rispettare il risultato del dialogo sociale.

1.5   Il CESE propone di specificare nella proposta di direttiva il formato standardizzato per la registrazione delle ore di riposo e di lavoro. A questo fine si può fare riferimento al documento IMO/OIL Guidelines for the Development of Tables of Seafarers' Shipboard Working Arrangements and Formats of Records of Hours of Work or Hours of Rest (Linee guida per l'elaborazione delle tabelle per l'organizzazione del lavoro a bordo e di formati di registrazione delle ore di lavoro e di riposo).

1.6   Il CESE fa notare che, mentre la convenzione STCW modificata entrerà in vigore il 1o gennaio 2012, la direttiva proposta non potrà entrare in vigore prima del luglio 2012 a causa delle procedure legislative preparatorie previste al Consiglio dell'Unione e al Parlamento europeo. Il CESE attira l'attenzione sui problemi che insorgeranno nel controllo dello Stato di approdo al di fuori dell'UE per quanto riguarda i nuovi orari di lavoro della gente di mare e per il fatto che i marittimi dell'Unione non disporranno fin dall'inizio della certificazione STCW 2010. È quindi necessario un chiarimento giuridico.

1.7   Per ciò che concerne la valutazione dei paesi terzi ai fini del riconoscimento dei loro istituti di formazione e certificati, il CESE giudica realistica la proroga dagli attuali tre a diciotto mesi, tendendo conto del pesante carico di lavoro per i paesi marittimi e della mancanza di risorse per gli altri paesi.

1.8   Il CESE giudica positivamente il nuovo obbligo fatto agli Stati membri di fornire alla Commissione europea informazioni standardizzate sui certificati dei lavoratori marittimi da utilizzare a fini di analisi statistica.

1.9   Il CESE propone di inserire nella proposta di direttiva la definizione di «marinai elettrotecnici» secondo le disposizioni della convenzione STCW.

1.10   Il CESE esorta vivamente la Commissione e gli Stati membri a esaminare quanto prima l'opportunità di formare i marittimi contro la pirateria, visto l'aumento di questo fenomeno su scala mondiale. La formazione deve basarsi sul testo Best Management Practices (Migliori pratiche di gestione) delle Nazioni Unite e sull'International Ship and Port Security Code (ISPS) (Codice internazionale per la sicurezza delle navi e dei porti).

2.   Introduzione

2.1   La chiave per una proficua attività marittima è la qualità della formazione della gente di mare. Anche in tempi di crisi economica mondiale, la formazione dei lavoratori marittimi non deve essere considerata un costo, bensì un investimento, in quanto permetterà una migliore sicurezza e protezione marittime.

2.2   La Convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti e alla guardia (convenzione STCW) adottata dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nel 1978 riguarda principalmente i requisiti di formazione degli ufficiali. Essa è stata modificata una prima volta nel 1995 e successivamente nel giugno 2010 con l'adozione degli emendamenti di Manila.

2.3   In una serie di pareri precedenti il CESE ha evidenziato l'importanza del know-how marittimo europeo (1), della conformità delle direttive UE alla convenzione STCW e del miglioramento dell'istruzione marittima, visto come una delle azioni fondamentali per convincere i più giovani ad intraprendere una carriera in questo settore (convegno sul tema Rafforzare l'attrattiva delle professioni marittime nell'UE, organizzato dal CESE l'11 marzo 2010). È indispensabile che l'UE mantenga a 250 000 il numero dei marittimi perché, se diminuisse, rischierebbero di perdere il posto anche gli altri oltre due milioni di persone che lavorano nel comparto marittimo europeo. Perciò, il miglioramento della formazione marittima è di importanza strategica perché l'UE possa mantenere il suo primato mondiale nel settore.

2.4   Il progetto di direttiva che modifica la direttiva 2008/106/CE ha un duplice scopo: in primo luogo, allineare la legislazione UE alle norme internazionali trasponendo la convenzione STCW riveduta, adottata alla Conferenza di Manila nel 2010 e, in secondo luogo, stabilire l'obbligo per gli Stati membri dell'UE di fornire informazioni relative ai certificati e prorogare il termine per il riconoscimento dei sistemi di istruzione di paesi terzi. Le nuove norme internazionali saranno applicabili a partire dal 1o gennaio 2012. La scadenza proposta per l'applicazione nell'Unione è il 31 dicembre 2012. L'obiettivo ultimo è garantire l'applicazione uniforme della Convenzione STCW aggiornata negli Stati membri dell'UE e assicurare che i lavoratori marittimi in possesso di certificati rilasciati da paesi terzi che vengono assunti a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato dell'UE siano in possesso di una formazione adeguata.

3.   Osservazioni generali

3.1   Dal 2012 la formazione dei marittimi sarà soggetta a nuove norme circa le competenze, il profilo professionale, la sicurezza e la certificazione. La formazione e la certificazione sono di grande importanza per la sicurezza della navigazione poiché la probabilità di incidenti è più alta in caso di formazione inadeguata e di mancanza di brevetti appropriati. La convenzione STCW dell'IMO è una delle quattro principali convenzioni marittime su scala mondiale. Le altre tre sono la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), la Convenzione internazionale sulla prevenzione dell'inquinamento marino (MARPOL) e la Convenzione sul lavoro marittimo (MLC). Poiché la Convenzione è stata sottoscritta anche dagli Stati membri, è importante che la normativa europea sia allineata a quella internazionale. Gli emendamenti di Manila comportano norme più rigorose circa l'idoneità fisica, l'idoneità al servizio e l'abuso di alcol nonché l'introduzione di nuovi profili professionali come i «marittimi esperti» e gli «ufficiali elettrotecnici», di una formazione in materia di sicurezza per tutti i marittimi e di brevetti più semplici e chiari. Il progetto di direttiva comporta inoltre un miglioramento delle procedure (ad esempio per quanto riguarda la procedura di comitato e il riconoscimento delle scuole dei paesi terzi) e l'obbligo per gli Stati membri di fornire statistiche sulla formazione della gente di mare.

3.2   Il Comitato sostiene la proposta intesa ad integrare nella direttiva 2008/106/CE sul livello minimo di formazione dei marittimi gli emendamenti di Manila alla convenzione STCW. Propone che la Commissione europea si faccia garante dell'effettiva applicazione della direttiva negli Stati membri e insiste sul rispetto della convenzione STCW nel valutare i paesi terzi ai fini del riconoscimento dei loro istituti di formazione e dei loro certificati. Sebbene la proposta sia in gran parte una trasposizione letterale del testo degli emendamenti di Manila nel diritto europeo, essa propone anche alcune limitate modifiche alle disposizioni legislative europee vigenti circa il riconoscimento dei certificati dei lavoratori marittimi.

3.3   Il CESE prende atto delle proposte della task force sull'occupazione marittima e la competitività della Commissione europea (DG Mobilità e trasporti) (luglio 2011) per la trasposizione dell'accordo di Manila nella legislazione UE. La standardizzazione della formazione a livello mondiale consente alle navi europee di disporre di personale ben preparato indipendentemente dal luogo in cui viene seguita la formazione. Il commissario ai Trasporti Siim Kallas ha osservato che: «poiché il trasporto marittimo è un'industria globale, è necessario stabilire anche delle norme minime di formazione su scala internazionale».

3.4   Nel recente parere sul Libro bianco sui trasporti (parere sul Libro bianco - Verso uno spazio comune europeo dei trasporti - CESE 1607/2011 del 26 ottobre 2011 - relatore: Coulon, correlatore Back), il CESE ha ribadito che «la normativa comunitaria dovrebbe essere interamente conforme alla normativa internazionale, in particolare alla Convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio di brevetti e ai servizi di guardia (STCW) dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO).»

3.5   Studi recenti hanno evidenziato un preoccupante problema di frodi sui brevetti, specialmente tra i marinai, perciò nel mercato internazionale del lavoro cresce il dubbio sulla validità dei brevetti in circolazione. Inoltre, spesso non è possibile compensare la carenza di marinai di paesi UE su mercato del lavoro con marinai provenienti da paesi non europei a causa delle differenze culturali, dei problemi di comunicazione e delle restrizioni all'assunzione di marittimi extracomunitari (2).

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Articolo 15, paragrafo 9 (formato standardizzato per le registrazioni delle ore di riposo giornaliere)

4.1.1   L'articolo 15, paragrafo 9, non precisa un formato standardizzato per la registrazione delle ore di riposo e di lavoro che le amministrazioni sono tenute a rispettare. La sezione A-VIII/1, paragrafo 7, della convenzione STCW modificata in seguito all'Accordo di Manila rimanda agli orientamenti dell'OMI/OIL per l'elaborazione delle tabelle sull'organizzazione del lavoro a bordo e per il formato delle registrazioni delle ore di lavoro o di riposo dell'equipaggio. Inoltre, anche la Convenzione dell’OIL sul lavoro marittimo del 2006, regola 2.3, standard A2.3, paragrafi 10 e 11, prevede un formato standardizzato per l'indicazione delle ore di lavoro e di riposo.

4.1.2   Il CESE propone di specificare, nella proposta di direttiva, il formato standardizzato per registrare le ore di riposo e le ore di lavoro facendo riferimento, a questo fine, alle Linee guida dell'OMI/OIL per l'elaborazione di tabelle per l'organizzazione del lavoro a bordo e di registri delle ore di lavoro o di riposo dell'equipaggio.

4.2   Articolo 15, paragrafo 11 (ore di riposo)

4.2.1   L'articolo 15, paragrafo 11, nella sua formulazione riveduta, stabilisce che «gli Stati membri possono autorizzare o registrare contratti collettivi che consentono deroghe alle ore di riposo». Si tratta di una formulazione molto più restrittiva di quella della legislazione europea e internazionale esistente, in particolare la Convenzione STCW riveduta e la Convenzione n. 180 dell'OIL (e quindi anche della Convenzione sul lavoro marittimo dell’OIL).

4.2.2   La formulazione dell'articolo 15, paragrafo 11, è diversa da quella nella direttiva 1999/63/CE del 21 giugno 1999 relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei trasporti (ETF). Tale accordo è il risultato di lunghi e difficili negoziati tra le parti sociali e l’esito finale di questi negoziati è espressione di un delicato equilibrio. Qualsiasi suo emendamento o modifica deve avvenire attraverso discussioni e contrattazioni tra le parti sociali. La nuova, più restrittiva formulazione dell'articolo 15, paragrafo 11, non è frutto di una discussione o di una negoziazione tra le parti sociali: essa è stata introdotta dalla Commissione senza alcuna consultazione preventiva delle parti sociali. Il CESE esorta vivamente la Commissione a rispettare la dicitura della direttiva 1999/63/CE relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dalle parti sociali.

4.3   Entrata in vigore della nuova direttiva

4.3.1   Le modifiche di Manila alla convenzione STCW entreranno in vigore il 1o gennaio 2012. Tuttavia, tenendo presente la procedura legislativa ordinaria del Consiglio dell'UE e del Parlamento europeo, la Commissione ha previsto che, dato che allora (vale a dire, il 1o gennaio 2012) la direttiva in esame non sarà ancora stata adottata, essa entri in vigore non appena sarà stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale.

4.3.2   A causa del ritardo nella sua adozione si verificherà un paradosso giuridico, ovvero, un conflitto tra la STCW modificata dall'accordo di Manila e la direttiva in esame, in particolare per quanto riguarda la data di entrata in vigore: infatti, o gli Stati membri non adempieranno i loro obblighi internazionali il 1o gennaio 2012 o, qualora ratifichino la convenzione, non ottempereranno alla direttiva STCW nella sua forma attuale. È probabile che gli Stati membri attendano l'esito finale dell'iter legislativo prima di ratificare l'accordo di Manila. Intanto, le navi battenti bandiere europee continueranno la loro attività commerciale con paesi terzi che potrebbero averlo già modificato. Ciò creerebbe un serio problema per le navi battenti bandiere europee, poiché negli Stati dell'UE le norme dell'accordo di Manila non verrebbero ancora applicate.

4.3.3   Il CESE sottolinea che insorgeranno problemi nel controllo dello Stato di approdo al di fuori dell'UE, in particolare per quanto riguarda le nuove disposizioni sulle ore di riposo. La preoccupazione riguarda l'applicazione dei nuovi requisiti in materia. Sarebbe opportuno riconoscere che qualche nave battente bandiera europea potrebbe incontrare dei problemi nel controllo dello Stato di approdo al di fuori dell'UE. I marittimi europei rischiano di perdere competitività non disponendo di una certificazione STCW 2010 fin dall'inizio. Inoltre, ci saranno problemi a livello di validità della certificazione e ripercussioni sui termini di validità dei documenti rilasciati ai marittimi dell'UE dai paesi non appartenenti all'Unione. Alla luce di quanto precede, è necessario un chiarimento giuridico.

4.4   Riconoscimento dei sistemi di istruzione e di certificazione dei paesi terzi.

4.4.1   Riguardo alla valutazione dei paesi terzi ai fini del riconoscimento dei loro istituti di formazione e dei certificati da loro rilasciati, la proposta proroga il termine dagli attuali tre a diciotto mesi. Alcuni Stati membri hanno bisogno di più tempo: quelli marittimi (per esempio Malta) a causa del pesante carico di lavoro, quelli non marittimi a causa della mancanza di risorse. Il CESE constata che la proroga è realistica per tenere conto del pesante carico di lavoro dei paesi marittimi.

4.5   STCW - Sistema d'informazione

4.5.1   La Commissione deplora l'esistenza di dati inesatti sulle certificazioni. Essa propone una raccolta armonizzata e coerente delle informazioni presenti nei registri nazionali. Il CESE giudica positivamente il nuovo obbligo per gli Stati membri dell'UE di fornire informazioni standardizzate alla Commissione sulla certificazione dei marittimi per fini statistici. L'uso del «sistema di informazioni STCW» dell'AESM (Agenzia europea per la sicurezza marittima) come piattaforma per la raccolta delle informazioni richieste aiuterebbe l'industria a calcolare la domanda e l'offerta di lavoratori marittimi nel presente e a stimare quelle future.

4.6   Marinaio elettrotecnico

4.6.1   Pur facendo riferimento alla regola III/7, il progetto di direttiva non integra la definizione di «marinaio elettrotecnico», di cui alla regola I/1, paragrafo 36.

4.6.2   Il CESE propone di inserire nel progetto di direttiva la definizione di marinaio elettrotecnico di cui alla regola I/1, paragrafo 36, della convenzione STCW, che recita «per marinaio elettrotecnico» si intende un marinaio qualificato in conformità alle disposizioni della regola III/7 della convenzione“.

4.7   Formazione contro la pirateria

4.7.1   Il CESE ritiene che sia urgente fornire ai marittimi una formazione contro la pirateria, visto l'aumento dei fenomeni di pirateria e le loro ripercussioni sui marittimi. Esorta pertanto la Commissione ad esaminare tale questione con gli Stati membri tenendo conto delle disposizioni pertinenti contenute nel testo delle Nazioni Unite Best Management Practices e nel Codice internazionale relativo alla sicurezza delle navi e degli impianti portuali (Codice ISPS).

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 168 del 20.7.2007, pag. 50.

GU C 211 del 19.8.2008, pag. 31.

GU C 255 del 22.9.2010, pag. 103.

GU C 248 del 25.8.2011, pag. 22.

GU C 14 del 16.1.2001, pag. 41.

GU C 80 del 3.4.2002, pag. 9.

GU C 133 del 6.6.2003, pag. 23.

GU C 157 del 28.6.2005, pag. 42.

GU C 157 del 28.6.2005, pag. 53.

GU C 97 del 28.4.2007, pag. 33.

GU C 151 del 17.6.2008, pag. 35.

(2)  GU C 80 del 3.4.2002, pagg. 9-14.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE»

COM(2010) 612 definitivo

2012/C 43/17

Relatrice: PICHENOT

La Commissione europea, in data 9 novembre 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Commercio, crescita e affari mondiali — La politica commerciale quale componente essenziale della strategia 2020 dell'UE

COM(2010) 612 definitivo.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 185 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Verso la fine del 2010, in un momento di profondi cambiamenti nel commercio internazionale che distinguono il processo attuale dalla precedente fase della globalizzazione, la Commissione europea ha presentato una nuova comunicazione. In quanto aspetto esterno della strategia Europa 2020 (1), una politica commerciale dell'UE consisterebbe nel garantire che gli scambi contribuiscano alla crescita sostenuta che permetterebbe di uscire dalla crisi e di cui attualmente si sente la mancanza, e al tempo stesso nel salvaguardare la continuità dell'economia sociale di mercato e nel promuovere la transizione verso un'economia a basso tenore di carbonio.

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) constata con interesse che la politica commerciale riveduta presentata nella comunicazione Commercio, crescita e affari mondiali  (2) rappresenta un punto di passaggio e, in connessione con la strategia Europa 2020, fornisce chiarimenti utili sulle seguenti priorità commerciali:

l'apertura commerciale adattata allo spostamento della geografia degli scambi verso l'Asia,

l'essenziale connessione con la sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime ed energia,

la grande importanza degli ostacoli (non tariffari o normativi) al commercio e agli investimenti anche per quanto riguarda l'accesso agli appalti pubblici,

l'esigenza di reciprocità nei negoziati multilaterali e bilaterali con i partner economici strategici dell'Unione, anche negli aspetti relativi alla proprietà intellettuale,

il ricorso ai meccanismi di difesa commerciale.

1.3   Il CESE ritiene che in relazione ad alcuni aspetti, e in particolare alle sovvenzioni e agli aiuti di Stato, occorra chiarire la legislazione esistente e affermare i suoi valori e le sue norme, ricorrendo eventualmente ai meccanismi dell'organo di conciliazione dell'OMC per alimentare una giurisprudenza più conforme alla sua visione della concorrenza leale, specie nei confronti dei paesi emergenti.

1.4   L'aumento del numero di negoziati bilaterali e la loro difficoltà non devono condurre l'UE a ridurre i suoi requisiti in materia sociale e ambientale. Questi due aspetti devono essere ampiamente considerati, alla stessa stregua dell'aspetto economico dei negoziati. In quest'ottica il CESE dedica una vigilanza particolare al contenuto del capitolo sullo sviluppo sostenibile e al seguito che gli viene riservato. Il CESE sottolinea che la preparazione di tale capitolo è strettamente legata alla qualità degli studi d'impatto e alla pertinenza delle misure di accompagnamento.

1.5   Il CESE auspica che l'ONU elabori una carta mondiale indicante i diritti minimi in relazione alla piattaforma di protezione sociale dell'OIL. Tale carta potrebbe essere allegata alla revisione degli obiettivi di sviluppo del Millennio prevista per il 2015, in modo che costituisca un riferimento coerente con gli impegni in materia di commercio e sviluppo. In via prioritaria, l'OIL dev'essere riconosciuta come osservatore presso l'OMC e progressivamente inclusa nel suo meccanismo di esame delle politiche commerciali.

1.6   Il CESE chiede che venga rivolta maggiore attenzione al tema della cooperazione allo sviluppo, alla solidarietà globale e al dibattito sugli obiettivi di sviluppo del Millennio. Propone pertanto di dedicare l'anno 2015 ai temi dello sviluppo e della cooperazione. Dato che sia l'UE sia gli Stati membri sono determinati a raggiungere tali obiettivi entro il 2015, il CESE invita a profittare dell'anno europeo per sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini, la società civile e i livelli nazionali ed europeo in merito al conseguimento degli obiettivi fissati e dei nuovi obiettivi per il dopo 2015.

1.7   Il commercio internazionale è al tempo stesso problema e soluzione per le questioni connesse con la sicurezza alimentare a livello mondiale. Le regole del commercio internazionale devono favorire la sicurezza alimentare, in particolare nei paesi meno avanzati, e garantire a questi paesi un accesso esente da dazi ai mercati dei paesi sviluppati, ma anche dei paesi emergenti, conformemente al principio di trattamento speciale e differenziato.

1.8   Per sviluppare un'economia verde in un contesto concorrenziale globalizzato, e conservare il proprio primato in questo campo, l'Europa dovrebbe, nell'interesse proprio e del clima, mantenere un elevato livello di ambizione in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il Comitato propone di realizzare delle valutazioni d'impatto (su competitività, occupazione e ambiente) e di organizzare dei dibattiti pubblici per prevedere le transizioni fra il 2020 e il 2050 e dare un quadro stabile alle proiezioni dei soggetti economici e dei cittadini.

1.9   A lungo termine, l'Unione dovrebbe contribuire a una riforma dell'OMC intesa come governance multilaterale della globalizzazione, in linea con il progetto originario dell'Organizzazione internazionale del commercio (OIC), come definita nel 1948 dalla Carta dell'Avana, integrandovi esplicitamente le questioni dell'occupazione e degli investimenti.

1.10   Il CESE sottolinea l'importanza crescente del coinvolgimento della società civile nell'attuazione e nella sorveglianza degli accordi commerciali dell'UE, in particolare per i capitoli relativi allo sviluppo sostenibile, come nel caso del recente accordo di libero scambio con la Corea del Sud. Il CESE è disposto a contribuire attivamente all'applicazione delle disposizioni contenute in tale accordo e nei prossimi accordi commerciali. Esso propone di contribuire al meccanismo di sorveglianza mediante la raccolta delle osservazioni della società civile europea, estesa a tutte le parti in causa, per la relazione annuale. Propone inoltre di contribuirvi in veste di facilitatore dei lavori in comune con la società civile dei paesi partner, per promuovere la considerazione degli aspetti concreti di tali accordi. Per il CESE, un rapido avvio dei meccanismi di sorveglianza dei primi accordi conferirebbe molto credito all'evoluzione della politica commerciale riveduta. Ciò contribuirebbe a instaurare un clima di fiducia tra paesi partner e faciliterebbe così il coinvolgimento della società civile negli accordi commerciali in corso.

2.   Prevedere le grandi trasformazioni della globalizzazione

2.1   Un commercio internazionale equo e aperto costituisce un bene della collettività mondiale che è necessario preservare e rafforzare. Per ciascun paese o unione di paesi, si tratta di contribuire alla regolamentazione sostenibile di tale bene, sulla base della reciprocità dei vantaggi in proporzione alle concessioni di ciascuno. È questo il fondamento dell'impegno dell'UE per la liberalizzazione degli scambi in un quadro multilaterale, promossa attualmente dall'OMC. In questo spirito il CESE sostiene dal 2006 la politica commerciale dell'Unione (3).

2.2   Alla fine del 2010, la Commissione europea ha pubblicato una nuova comunicazione, in un periodo di mutazioni profonde del commercio internazionale che distinguono il processo attuale dalla fase precedente della globalizzazione. Per la politica commerciale dell'UE in quanto aspetto della strategia Europa 2020, si tratta di garantire che il commercio possa contribuire a una crescita sostenuta e al mantenimento dell'economia sociale di mercato, favorendo a tempo stesso la transizione verso un'economia a basso tenore di carbonio.

2.3   Per analizzare le trasformazioni attuali della globalizzazione, il CESE mette l'accento sulle cinque grandi tendenze del decennio, che dovrebbero orientare il dibattito nel forum della società civile dell'OMC e in quello della DG Commercio, e dovrebbero dare un carattere più strategico e più a lungo termine alla politica commerciale dell'UE:

un'estensione dell'ambito della concorrenza. Le nuove tecnologie - da quelle che interessano l'informazione o i trasporti fino alle future tecnologie verdi - modificano le modalità di produzione della ricchezza e la distribuzione del valore aggiunto, e accentuano la concorrenza tra i paesi. Incrementano la mobilità dei beni, dei servizi e dei fattori di produzione, in particolare del capitale (4), e quindi generano un aumento del numero dei settori economici e sociali aperti alla concorrenza internazionale.

La conoscenza e l'innovazione restano i motori della crescita, ma oggi rivoluzionano la concezione degli scambi internazionali ereditata dalle teorie classiche. I paesi non scambiano più vino contro lino, come ai tempi di Ricardo. Da circa dieci anni, i paesi si specializzano, a livello di manodopera, in mansioni in cui questa dispone di vantaggi comparativi rispetto alla concorrenza, a volte a costo di un dumping sociale e fiscale. Il «commercio delle mansioni» si sovrappone progressivamente al commercio delle merci, che rimane predominante. L'incidenza dei servizi sugli scambi (20 %) cresce, avvicinandosi progressivamente alla quota di tale settore nella ricchezza nazionale (70 % del PIL europeo).

La concorrenza tra un numero sempre maggiore di professioni e di operatori economici ha l'effetto di accrescere l'innovazione e le opportunità economiche, e dunque l'efficacia globale. Tuttavia essa concorre anche a far aumentare le diseguaglianze all'interno dei paesi, con disparità di opportunità e di retribuzione tra lavoratori mobili e immobili, qualificati e non qualificati, tra chi possiede capitale e chi soltanto la sua forza lavoro, tra gli addetti del settore dei beni e dei servizi scambiabili e quelli degli altri settori.

Il commercio internazionale, trasferendo attività e risorse in funzione dei costi e dei prezzi, ingrandisce, mettendole in risalto, le qualità di un paese, ma nel contempo ne sottolinea i punti deboli. La politica commerciale non può pertanto essere concepita indipendentemente dalle altre politiche dell'Unione, specie quelle relative alla transizione e all'adeguamento del mercato del lavoro, alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, alla coesione sociale e territoriale, al mercato unico, allo sviluppo e alla cooperazione.

In un mondo che riscopre la penuria, la sfida della sicurezza degli approvvigionamenti  (5) va ad aggiungersi a quella, più tradizionale, della stabilità dell'accesso ai mercati esterni. La pressione costante sulle risorse energetiche e alimentari e l'accresciuta concorrenza per l'accesso alle risorse naturali sono diventate elementi determinanti delle politiche commerciali e di sicurezza.

3.   Le basi su cui rifondare un sistema commerciale aperto e compatibile con una transizione equa

3.1   Influire sulla futura riforma dell'OMC

3.1.1   Le grandi trasformazioni legate alla globalizzazione e le loro conseguenze per l'Unione non sono oggetto esclusivo della politica commerciale, ma sfide per l'UE nel suo insieme. L'Unione dovrebbe pertanto promuovere lavori di prospettiva e aprire un dibattito pubblico sulle condizioni di una transizione equa. A questo proposito, il CESE riconosce il contributo fornito dal gruppo di riflessione del Consiglio europeo sul futuro dell'UE verso il 2030 (6), che definisce e riesamina il «concetto strategico» e le priorità dell'azione esterna dell'Unione a lungo termine.

3.1.2   L'Europa deve concepire la sua politica commerciale come uno strumento per la futura riforma dell'OMC. Il CESE appoggia la proposta della Commissione di creare «un gruppo di persone eminenti provenienti dai paesi sviluppati e dai paesi in via di sviluppo al fine di ottenere raccomandazioni indipendenti volte a delineare il punto di vista europeo sulla futura agenda e sul funzionamento dell'OMC dopo Doha». Il Comitato desidera partecipare alla suddetta consultazione, e chiede che gli venda dato incarico di elaborare un parere esplorativo su questo tema.

3.1.3   A giudizio del CESE l'Unione deve porsi, a lungo termine, l'obiettivo di contribuire a dare all'OMC un volto nuovo e di ripensare il multilateralismo in linea con il suo progetto originario. L'Organizzazione internazionale del commercio (OIC), come definita nel 1948 dalla Carta dell'Avana, doveva essere un'organizzazione multilaterale competente per tutti gli aspetti relativi al commercio internazionale, senza eccezioni, comprese quindi le questioni riguardanti l'occupazione e gli investimenti.

3.1.4   Lo stallo del ciclo di Doha e i ritardi nei negoziati degli accordi di partenariato economico (APE) obbligano l'UE a ripensare i nessi fra sviluppo e commercio. Il CESE attira l'attenzione sul bilancio dell'iniziativa «Tutto tranne le armi» e degli APE per rifondare la strategia europea in materia di commercio e di sviluppo. La politica commerciale si concepisce come un insieme, e il CESE si compiace dei lavori aggiuntivi condotti nel quadro dell'attuale comunicazione sulla riforma del sistema di preferenze generalizzate e di una futura comunicazione sul commercio e lo sviluppo.

3.2   Dare la priorità alla sicurezza alimentare

3.2.1   Il Comitato, in diversi pareri (7), ha fornito indicazioni per costruire una visione più strategica della politica commerciale. Inoltre, al termine di un convegno sulla sicurezza alimentare organizzato nel maggio 2011, il CESE ha presentato le proprie raccomandazioni, intese a contribuire ai lavori del G20, in cui considera il commercio internazionale come uno dei fattori decisivi per garantire la sicurezza alimentare e l'applicazione del diritto all'alimentazione. Le conclusioni di detto convegno (8) precisano l'impatto del commercio sulla sicurezza alimentare e lo sviluppo.

3.2.2   Garantire che le regole del commercio internazionale promuovano la sicurezza alimentare

3.2.3   Assicurare che, nell'ambito delle riforme e dei negoziati commerciali, si tenga opportunamente conto dell'esigenza di contribuire a ridurre il livello di insicurezza alimentare e nutrizionale delle fasce più vulnerabili della popolazione nei paesi in via di sviluppo.

3.2.4   Ridurre in misura sostanziale i sussidi nazionali che sono all'origine di distorsioni degli scambi e smantellare i regimi di sovvenzioni all'esportazione.

Definire meglio quando e con quali modalità sia possibile ricorrere a misure di limitazione delle esportazioni, provvedendo al tempo stesso a rafforzare le procedure di consultazione e di notifica. In particolare, valutare le conseguenze negative di tali misure sulla sicurezza alimentare di altri paesi.

Eliminare gli ostacoli all'esportazione, al trasbordo e all'importazione di aiuti alimentari a scopo umanitario nei paesi beneficiari e in quelli vicini.

3.2.5   Fare in modo che i paesi in via di sviluppo ricavino maggiori vantaggi dalle regole commerciali

Consentire ai paesi in via di sviluppo di fare ricorso in misura sufficiente alle disposizioni in materia di trattamento speciale e differenziato per tutelare i loro mercati dei prodotti alimentari, e incoraggiarli ad applicare tali misure. È necessario soprattutto agevolare, all'interno dei quadri multilaterali, regionali e bilaterali, il ricorso da parte di questi paesi a misure di salvaguardia per fronteggiare bruschi aumenti delle importazioni che potrebbero compromettere la loro produzione alimentare locale.

Garantire una maggiore accessibilità dei mercati dei paesi industrializzati ai prodotti agricoli dei paesi in via di sviluppo. Il regime previsto dall'iniziativa dell'UE «Tutto tranne le armi» dovrebbe essere preso a modello anche da altri paesi avanzati, e i dazi doganali sui prodotti trasformati provenienti dai paesi in via di sviluppo dovrebbero venire ridotti in misura sostanziale per promuovere la creazione di infrastrutture locali di trasformazione dei prodotti.

Garantire risorse supplementari al programma Aid for Trade, per rafforzare le capacità dei paesi in via di sviluppo di entrare nei mercati del commercio internazionale di prodotti alimentari e di trarne vantaggio. Occorre potenziare l'assistenza tecnica destinata a questi paesi per aiutarli a rispettare regolamenti e standard in campo agricolo e alimentare.

Incoraggiare l'integrazione regionale, nonché gli scambi commerciali e la cooperazione Sud-Sud, promuovendo la creazione di raggruppamenti economici regionali - un processo che dovrebbe essere favorito dall'intera comunità internazionale e in particolare dall'UE tramite le preziose competenze di cui dispone.

3.2.6   Il CESE auspica che queste proposte siano prese in considerazione dalla Commissione nel preparare la comunicazione sul commercio e lo sviluppo.

3.2.7   Per mettere in rilievo tali raccomandazioni e garantire una maggiore attenzione al tema della cooperazione allo sviluppo, alla solidarietà globale e al dibattito sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, il CESE propone di dedicare l'anno 2015 ai temi dello sviluppo e della cooperazione. Dato che sia l'UE sia gli Stati membri sono determinati a raggiungere tali obiettivi entro il 2015, il CESE invita a profittare dell'anno europeo per sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini, la società civile e i livelli nazionali ed europeo in merito al conseguimento degli obiettivi fissati e dei nuovi obiettivi per il dopo 2015.

4.   Creare gli strumenti efficaci di una concorrenza più leale

4.1   In materia di concorrenza, la governance mondiale presenta gravi lacune. In sede OMC la concorrenza è trattata in modo parziale e insoddisfacente. In particolare, i problemi rappresentati dai monopoli privati, dagli abusi di posizione dominante e dagli ostacoli non tariffari derivanti da iniziative private (norme e standard) non rientrano tra le sue competenze. Il diritto commerciale in materia di dumping, sovvenzioni e aiuti di Stato rimane soggetto a interpretazione secondo la giurisprudenza dell'Organo di regolazione delle controversie.

4.2   Non potendo rimediare da sola alle insufficienze della governance mondiale, l'Unione deve impegnarsi per chiarire la legislazione vigente e far valere i suoi valori e le sue norme negli strumenti che proteggono e garantiscono una concorrenza leale:

collaborando con il segretariato dell'OMC per consolidare la valutazione delle condizioni di concorrenza all'esportazione nel quadro del meccanismo di esame delle politiche commerciali (MEPC),

incoraggiando l'iniziativa della relazione annuale sugli ostacoli al commercio e agli investimenti,

sostenendo le diverse iniziative volte a includere gli argomenti detti «di Singapore» (investimenti, appalti pubblici, concorrenza) e insistendo per la facilitazione degli scambi in una nuova agenda multilaterale. In particolare, occorre riaffermare la necessità di un accordo multilaterale sugli appalti pubblici, sostenendola se necessario attraverso una politica del «bastone» (restrizioni dell'accesso agli appalti pubblici europei) e della «carota» (per esempio trasferimenti di tecnologia),

limitando le distorsioni della concorrenza tra Stati membri dell'UE nella conquista dei mercati esterni da parte delle rispettive imprese nazionali, grazie all'armonizzazione delle politiche e delle misure di promozione, di assicurazione e di credito all'esportazione, e all'integrazione progressiva delle camere di commercio e delle loro rappresentanze nei paesi terzi. In tale contesto, rafforzare e sviluppare dei centri europei di sostegno alle PMI nei paesi terzi (European Business Centre  (9)) e rendere pienamente operativi i gruppi per l'accesso ai mercati (Market Access Teams  (10)) consentirebbe di dotare l'UE di strumenti efficaci,

vigilando sul rispetto della proprietà intellettuale nel quadro dell'accordo dell'OMC in materia (ADPIC), dell'accordo anticontraffazione (ACAC) e degli accordi bilaterali,

ricorrendo ai meccanismi dell'Organo di regolazione delle controversie dell'OMC ogniqualvolta ciò sia necessario, al fine di contribuire al rafforzamento di una giurisprudenza conforme alla visione e ai valori dell'Unione.

5.   Rendere effettivo il sostegno del commercio a una strategia inclusiva e promuovere la dimensione sociale negli scambi

5.1   La dimensione sociale della globalizzazione rimane una questione centrale, che col tempo dovrà trovare una soluzione negoziata in seno alle organizzazioni multilaterali e in particolare all'OMC. Nell'immediato, l'UE deve assolutamente riuscire a far ottenere all'OIL lo status d'osservatore presso l'OMC, intensificando gli sforzi per persuadere i paesi che continuano ad opporsi. Inoltre l'OIL potrebbe essere progressivamente coinvolta nei lavori del meccanismo di esame delle politiche commerciali dei membri dell'OMC, fornendo dei contributi relativi alle politiche sociali dei paesi interessati.

5.2   Secondo il CESE, l'Europa apporta un'esperienza costruttiva di considerazione della dimensione sociale negli scambi, che può servire da riferimento concreto al livello internazionale senza prestare il fianco alla critica per cui sarebbe un protezionismo camuffato. Il Comitato pertanto ha la costante preoccupazione di valorizzare l'introduzione del tema dello sviluppo sostenibile, comprensivo della dimensione sociale, in ogni accordo commerciale, la considerazione delle convenzioni fondamentali dell'OIL nel capitolo sociale, l'esperienza della condizionalità nel meccanismo del sistema delle preferenze generalizzate e l'esistenza di un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione.

5.3   A questa dinamica recente si aggiunge il ricorso a valutazioni d'impatto che, con una metodologia modificata, permetterebbero di prevedere meglio le conseguenze sull'occupazione e di meglio preparare le misure di accompagnamento (11). Il CESE rivolge un'attenzione particolare all'istituzione dei comitati di sorveglianza previsti dagli accordi commerciali sottoscritti dall'UE, che garantiranno un controllo sulla loro dimensione sociale ed ambientale.

5.4   L'Unione e gli Stati membri dovrebbero continuare il proprio impegno finanziario per la promozione e l'attuazione delle otto convenzioni fondamentali dell'OIL, senza tuttavia dimenticare che questo dispositivo non è concepito per risolvere immediatamente i problemi di competitività e di occupazione dell'Europa. Inoltre, seguire con attenzione l'iniziativa avviata dall'OIL per stabilire una base comune di protezione sociale e sostenere i suoi programmi in materia di lavoro dignitoso offre nuove opportunità di collegare commercio e occupazione. Il CESE si aspetta che il G20, l'FMI e la Banca mondiale si occupino dei modi di finanziamento prevedibili per la piattaforma di protezione sociale universale.

5.5   L'Unione deve valorizzare, nelle sue valutazioni d'impatto, il dialogo sociale settoriale nella prospettiva di definire le misure di adeguamento agli effetti delle sue scelte commerciali. Occorre inoltre che nella sua politica commerciale siano tradotte in modo esplicito le conseguenze della clausola sociale orizzontale (12) del Trattato di Lisbona. Durante i negoziati sulle prossime prospettive finanziarie, il Fondo sociale europeo deve essere preservato e orientato verso le questioni legate alla riconversione industriale dovuta alla transizione e alle ristrutturazioni. Le condizioni d'accesso al Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione devono essere rese più flessibili, per consentire di beneficiare del Fondo al più ampio numero possibile di vittime dei mutamenti nell'industria e anche nel settore agricolo. Il Fondo potrebbe anche promuovere la sperimentazione sociale.

5.6   Il CESE raccomanda di integrare, nel capitolo degli accordi dedicato allo sviluppo sostenibile, la dimensione dei diritti umani, e di articolare le misure di accompagnamento dell'accordo con lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR). Una migliore attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite contribuirà al conseguimento degli obiettivi dell'UE attinenti alle questioni specifiche dei diritti umani. In conformità con le raccomandazioni della recente comunicazione della Commissione europea sulla responsabilità sociale delle imprese (ottobre 2011) (13), il rispetto di tali principi costituisce una sfida fondamentale nel campo del commercio e dello sviluppo.

6.   Concretizzare gli impegni ambientali nel quadro della politica commerciale

6.1   I negoziati sui beni e i servizi ambientali nel contesto di Doha possono contribuire all'obiettivo dell'Unione di migliorare l'accesso ai beni e alle tecnologie compatibili con l'ambiente. Tuttavia, per un largo spettro di prodotti, in particolare per le energie rinnovabili, gli ostacoli tariffari sono deboli o modesti, mentre gli ostacoli non tariffari continuano a gravare seriamente sulla loro diffusione. Il CESE sostiene la nuova proposta della Commissione consistente nel garantire in sede OMC un accordo precoce e isolato sugli scambi di beni e servizi ambientali, che tenga conto degli aspetti tariffari e non tariffari delle protezioni.

6.2   Per sviluppare un'economia verde in un contesto concorrenziale globalizzato e conservare il proprio primato nel settore, l'Europa dovrebbe, nell'interesse proprio e del clima, mantenere l'obiettivo di ridurre dell'80 % le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, ad esempio con un obiettivo intermedio del 40 % fra il 2020 e il 2030. Il CESE propone di realizzare delle valutazioni d'impatto (su competitività, occupazione e ambiente) e di organizzare dei dibattiti pubblici per prevedere le transizioni fra il 2020 e il 2050 e dare un quadro stabile alle proiezioni dei soggetti economici e dei cittadini.

6.3   La definizione di quest'obiettivo intermedio deve essere accompagnata da misure regolamentari e fiscali che favoriscano un aumento degli investimenti nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie pulite. Il ricorso a misure di adeguamento alle frontiere per il carbonio deve essere strettamente limitato ai pochi casi di perdita di competitività e di rilocalizzazioni delle emissioni di carbonio accertate, nel rispetto delle regole dell'OMC e conformemente all'analisi della Commissione (14).

6.4   Vista la maturazione lenta e incerta dei progetti volti a creare un mercato per gli scambi delle quote di emissioni di CO2 nel mondo, per alcuni anni gli Stati membri dell'UE saranno fra i pochi paesi ad aver fissato un prezzo per l'anidride carbonica. Di fronte al rischio futuro di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio da parte di alcuni settori europei sottoposti al sistema di scambio di quote di emissione dell'UE, il CESE raccomanda, in aggiunta alle attuali assegnazioni gratuite di quote di emissione introdotte dalla Commissione, di aumentare significativamente gli investimenti di lungo termine dedicati alla decarbonizzazione dell'economia, e di creare un quadro prevedibile e stabile per promuovere l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo nel settore delle tecnologie pulite non ancora commercializzabili.

6.5   In materia di trasporti, il CESE sostiene l'adozione degli obiettivi mondiali fissati dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, consistenti in una riduzione delle emissioni pari al 10 % per il trasporto aereo e al 20 % per il trasporto marittimo. La decisione di partecipare agli sforzi di riduzione riguarda anche il settore dei trasporti, dal momento che l'aviazione entrerà progressivamente a far parte del sistema europeo di scambio delle quote di emissione a partire dal 2012. Un'iniziativa europea volta a definire obiettivi di efficienza energetica nel settore dei trasporti in mare aperto contribuirebbe a questo sforzo.

6.6   In materia di valutazione dell'impatto sulla sostenibilità, il CESE ribadisce la raccomandazione, formulata in un precedente parere (15), di rivedere il dispositivo attuale. Occorre in particolare migliorare le informazioni sull'impatto ambientale delle politiche commerciali, mobilitando maggiormente le segreterie degli accordi multilaterali sull'ambiente.

6.7   Nel caso in cui le iniziative in materia di etichettatura «ambientale» e «sviluppo sostenibile» debbano rimanere private e decentrate nell'UE, occorrerà un quadro comune di misure e di valutazione, che sarebbe di competenza della Commissione o di una apposita agenzia.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 definitivo, punto 3.3 Utilizzare i nostri strumenti di politica estera.

(2)  Commercio, crescita e affari mondiali, COM(2010) 612 definitivo.

(3)  GU C 211 del 19.8.2008, pag. 82; GU C 318 del 29.10.2011, pag. 150; GU C 255 del 22.9.2010, pag. 1.

(4)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 150.

(5)  GU C 132 del 3.5.2011, pag. 15. GU C 54 del 19.2.2011, pag. 20.

(6)  Progetto Europa 2030 - Sfide e opportunità, relazione presentata a Herman VAN ROMPUY il 9 maggio 2010: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/it_web.pdf.

(7)  GU C 318 del 29.10.2011, pag. 150. GU C 248 del 25.8.2011, pag. 55. GU C 218 del 23.7.2011, pag. 25. GU C 21 del 21.01.2011, pag. 15. GU C 255 del 22.9.2010, pag. 1. GU C 128 del 18.5.2010, pag. 41. GU C 211 del 19.8.2008, pag. 82.

(8)  http://www.eesc.europa.eu/resources/docs/food-for-everyone-conclusions-en.pdf.

(9)  In Cina, Tailandia, India e Vietnam.

(10)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 25.

(11)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 19.

(12)  Parere CESE Rafforzare la coesione e il coordinamento dell'UE in campo sociale (non ancora pubblicato nella GU)

(13)  COM(2011) 681 definitivo, comunicazione della Commissione Strategia rinnovata dell'UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese.

(14)  Trade as a Driver of Prosperity («Il commercio come motore di prosperità», disponibile solo in inglese) SEC(2010) 269. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2010/november/tradoc_146940.pdf.

(15)  GU C 218 del 23.7.2011, pag. 19.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/79


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio

COM(2011) 451 definitivo — 2011/0196 (COD)

2012/C 43/18

Relatore: SIMONS

Il Consiglio, in data 1o settembre 2011, e il Parlamento europeo, in data 29 settembre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto degli articoli 91 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio

COM(2011) 451 definitivo — 2011/0196 (COD).

La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 136 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie complessivamente con favore la proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 relativo ai tempi di guida e di riposo dei conducenti, soprattutto perché promuove la sicurezza stradale, migliora le condizioni di lavoro dei conducenti e consente una concorrenza più equa tra le imprese di trasporto su strada.

1.2   Il Comitato accoglie con favore l'intenzione della Commissione di unificare le funzionalità delle carte del conducente e delle patenti di guida: una misura che dovrebbe aumentare la sicurezza e ridurre gli oneri amministrativi, nella misura in cui ciò può risultare possibile nella pratica. Esprime altresì apprezzamento per la possibilità, prevista all'articolo 6, di integrare il tachigrafo digitale nei sistemi di trasporto intelligenti (ITS), consentendo così ad altre applicazioni ITS un accesso più facile ai dati registrati e generati dal tachigrafo digitale.

1.3   Il Comitato è inoltre favorevole alla possibilità, introdotta dalla proposta della Commissione, di prevedere la comunicazione a distanza dal tachigrafo a fini di controllo, in modo tale che i conduttori che rispettano le regole siano meno soggetti a controlli mirati.

1.4   Il Comitato si compiace delle proposte in relazione agli articoli 7 e 16 in merito all'omologazione, che ritiene rappresentino un eccellente esempio di come esporre con chiarezza ed esaustività il modo in cui gli Stati membri sono chiamati ad attuare i compiti previsti dalla normativa europea.

1.5   Per quanto riguarda le officine che intervengono sui tachigrafi digitali di proprietà delle imprese di trasporti, all'articolo 19, paragrafo 4 la Commissione propone di limitare in tutta Europa l'accesso al mercato ai soli veicoli che non appartengono all'impresa stessa, al fine di evitare conflitti di interessi, ma non dimostra l'esistenza di tali conflitti. Considerando soprattutto l'aumento dei costi che questa misura può comportare, tale limitazione potrebbe essere decisa eventualmente dagli Stati membri, come prevede la prima frase del paragrafo 4, tramite il rilascio di una garanzia di conformità per riparazioni e calibrature, emessa da un organismo autorizzato indipendente.

1.6   La Commissione propone di attribuire la responsabilità per le infrazioni del regolamento all'impresa di trasporto, prevedendo per quest'ultima la possibilità di dimostrare di non poter essere ragionevolmente ritenuta responsabile delle infrazioni commesse. Il Comitato reputa che questa disposizione rappresenti una soluzione equa.

1.7   Per quanto riguarda gli adeguamenti da apportare al regolamento e ai suoi allegati in futuro, il CESE ritiene che sia opportuno coinvolgere il comitato di cui all'articolo 40 della proposta di regolamento, nonché le parti sociali.

1.8   Il Comitato ritiene che la futura possibilità di comunicare attraverso il sistema satellitare europeo consenta forse anche l'applicazione di altri meccanismi che, oltre a facilitare il controllo, nel tempo potrebbero rivelarsi più economici, più affidabili e meno ingombranti in termini di spazio richiesto nella cabina. Il Comitato chiede alla Commissione di valutare se ad esempio con l'ausilio di software specifico installato sul computer di bordo, di cui ormai numerosi camion sono equipaggiati, non sia possibile ottenere un livello di qualità analogo, se non addirittura superiore, in termini di realizzazione degli obiettivi perseguiti con il tachigrafo digitale.

2.   Introduzione

2.1   Il 19 luglio 2011 la Commissione ha pubblicato la sua proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2011) 451 definitivo). Conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere in merito.

2.2   Il Comitato si compiace per questa richiesta poiché, convenendo con la Commissione, ritiene che un miglioramento del sistema tachigrafico e dei controlli di tale sistema sia importante per le ragioni seguenti:

2.3   favorisce la sicurezza stradale consentendo una migliore sorveglianza dei tempi di guida e dei periodi di riposo dei conducenti nel trasporto su strada,

2.4   contribuisce a migliorare le condizioni di lavoro dei conducenti,

2.5   dovrebbe servire a creare condizioni di concorrenza eque tra le imprese di strasporto stradale.

2.6   Il miglioramento della convenienza economica dei tachigrafi rientra nella strategia della Commissione volta a integrare ulteriormente il mercato dei trasporti in Europa e, come indicato nel Libro bianco sulla politica dei trasporti del 28 marzo 2011, a rendere il trasporto su strada più sicuro, efficiente e competitivo.

2.7   Nella pratica, i tachigrafi utilizzati da circa 6 milioni di conducenti sono ancora di due tipi: il tachigrafo analogico, in uso dal 1985 sui veicoli immessi sul mercato prima del 1o maggio 2006, e il tachigrafo digitale nei veicoli commercializzati dopo questa data.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1   Il Comitato accoglie complessivamente con favore la proposta di regolamento recante modifica del regolamento (CEE) n. 3821/85 relativo all'apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada e recante modifica del regolamento (CE) n. 561/2006 relativo ai tempi di guida e di riposo dei conducenti. Il Comitato si compiace in particolare per gli obiettivi perseguiti, soprattutto perché la proposta di modifica del regolamento promuove la sicurezza stradale, migliora le condizioni di lavoro dei conduttori e crea condizioni di concorrenza più eque tra le imprese di trasporto su strada.

3.2   All'articolo 27 della sua proposta di modifica del regolamento, la Commissione propone di unificare le funzionalità delle carte del conducente e delle patenti di guida: una misura che consentirebbe di aumentare la sicurezza del sistema e di ridurre considerevolmente gli oneri amministrativi. In questo modo i conducenti sarebbero meno inclini a utilizzare la loro patente di guida in circostanze fraudolente. L'intento, che il Comitato condivide nella misura in cui ciò può risultare possibile nella pratica, è quello di far adottare le modifiche minori alla direttiva sulle patenti di guida (direttiva 2006/126/CE) contestualmente alla proposta di regolamento all'esame.

3.3   Il Comitato si compiace delle proposte in relazione agli articoli 7 e 16 in merito all'omologazione, che ritiene rappresentino un eccellente esempio di come esporre con chiarezza ed esaustività il modo in cui gli Stati membri sono chiamati ad attuare i compiti previsti dalla normativa europea.

4.   Osservazioni particolari

4.1   Per quanto riguarda il campo di applicazione (articolo 3), la proposta della Commissione non solo rinvia al campo di applicazione del regolamento (CE) n. 561/2006 e alle sue disposizioni di carattere sociale ma, al paragrafo 4, prevede anche la possibilità per gli Stati membri di disporre l'installazione di un apparecchio di controllo in qualsiasi veicolo, quindi anche in quelli di peso inferiore a 3,5 tonnellate, una disposizione questa che il Comitato sottoscrive.

4.2   La proposta di regolamento consentirà di utilizzare la comunicazione a distanza dal tachigrafo a fini di controllo, il che fornirà alle autorità incaricate dei controlli alcune indicazioni di base sul rispetto delle regole prima di fermare il veicolo per un controllo su strada. Tale soluzione consentirà ai conducenti che rispettano le regole di essere meno soggetti a controlli mirati. Il Comitato sottoscrive questo approccio descritto all'articolo 5.

4.2.1   Il CESE attira l'attenzione sulla fondamentale questione riguardante la protezione dei dati sollevata dal Garante europeo (EDPS/11/9) il 6 ottobre 2011, consistente nell'impedire che il settore elabori misure contrarie alla riservatezza in assenza di modalità chiare per l'utilizzo e la conservazione dei dati dei conducenti mentre è in corso l'aggiornamento delle specifiche tecniche.

4.3   La registrazione automatizzata dell'ubicazione precisa dei veicoli tramite il sistema globale di navigazione satellitare (GNSS) avverrà 48 mesi dopo l'entrata in vigore del regolamento in esame. Secondo la Commissione, le autorità di controllo riceveranno ulteriori informazioni per valutare la conformità alla legislazione sociale. Tale possibilità è sancita all'articolo 4. Il CESE immagina che il comitato menzionato all'articolo 40 (comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011) svolgerà a questo riguardo un ruolo in collaborazione con la Commissione.

4.4   Il Comitato giudica positivamente la possibilità, prevista all'articolo 6, di integrare il tachigrafo digitale nei sistemi di trasporto intelligenti (ITS), consentendo così ad altre applicazioni ITS un accesso più facile ai dati registrati e generati dal tachigrafo digitale.

4.5   All'articolo 19, paragrafo 4 la Commissione intende aumentare l'affidabilità delle officine rafforzando il quadro giuridico che ne disciplina l'autorizzazione. In base a una delle proposte, le imprese di trasporto di maggiori dimensioni che dispongono di officine adeguate in futuro non potranno più provvedere alla riparazione e alla calibratura dei tachigrafi digitali per i veicoli di loro proprietà. Questo divieto dovrebbe servire a prevenire eventuali conflitti di interesse. Considerando soprattutto l'aumento dei costi che tale misura può comportare, questo tipo di limitazione potrebbe essere deciso eventualmente dagli Stati membri, come prevede la prima frase del paragrafo 4, tramite il rilascio di una garanzia di conformità per queste riparazioni e calibrature, emessa da un organismo autorizzato indipendente.

4.6   L'articolo 29 attribuisce alle imprese di trasporto la responsabilità per le infrazioni del regolamento commesse dai conducenti dell'impresa, prevedendo per quest'ultima la possibilità di dimostrare di non poter essere ragionevolmente ritenuta responsabile delle infrazioni commesse. Tale disposizione in materia di responsabilità incontra l'approvazione del Comitato.

4.7   Il Comitato conviene con il testo proposto dalla Commissione agli articoli da 30 a 36, che stabiliscono le disposizioni in merito all'utilizzo delle carte del conducente e dei fogli di registrazione, nonché degli altri documenti che un conducente è tenuto ad avere con sé, e in merito alla formazione dei funzionari preposti al controllo. Il Comitato accoglie con favore in particolare quest'ultimo aspetto, poiché consentirà un'applicazione più armonizzata ed efficace della normativa UE.

4.8   All'articolo 37 la Commissione propone un testo in materia di sanzioni. Al terzo paragrafo, la Commissione precisa che le sanzioni previste dagli Stati membri per le infrazioni gravissime definite nella direttiva 2009/5/CE devono appartenere alle categorie di sanzioni più elevate applicabili nello Stato membro per le violazioni della legislazione in materia di trasporto su strada. Il Comitato condivide questa posizione della Commissione.

4.9   Agli articoli da 38 a 40 la Commissione ritiene di avere il potere di adeguare gli allegati I, I B e II al progresso tecnico. Il CESE raccomanda invece che sia il comitato menzionato all'articolo 40 a presentare proposte di adeguamento e che alle riunioni di tale comitato siano invitate le parti sociali.

4.10   Il Comitato accoglie con favore la proposta della Commissione di cui all'articolo 41 di istituire un forum sul tachigrafo, composto di esperti provenienti dagli Stati membri e dai paesi terzi firmatari dell'accordo europeo relativo alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali su strada (AETR). Ciò al fine di armonizzare la regolamentazione e l'applicazione tecnica negli Stati membri dell'UE e nei paesi aderenti all'AETR.

4.11   Con la proposta in esame, la Commissione prosegue sulla strada dei miglioramenti tecnici da apportare al tachigrafo digitale. Il Comitato si chiede se la futura possibilità di comunicare attraverso il sistema satellitare europeo non consenta anche l'applicazione di altri meccanismi che, oltre a facilitare il controllo, nel tempo potrebbero rivelarsi più economici, più affidabili e meno ingombranti in termini di spazio richiesto nella cabina. Il Comitato propone alla Commissione di valutare se ad esempio con l'ausilio di software specifico installato sul computer di bordo, di cui ormai numerosi camion sono equipaggiati, non sia possibile ottenere un livello di qualità analogo, se non addirittura superiore, in termini di realizzazione degli obiettivi perseguiti con il tachigrafo digitale. In questo modo si potrebbe disporre di un apparecchio unico installato nella cabina che consentirebbe lo svolgimento combinato di tutti i diversi compiti imposti dalla legislazione o dalla conduzione delle attività.

4.12   Il regolamento (CE) n. 561/2006, applicabile come tale in modo diretto e uniforme in tutti gli Stati membri, più una mezza dozzina di note esplicative, peraltro non vincolanti, riguardo ai diversi punti di interpretazione, elaborate dalle e per le istanze di controllo, non sembrano ancora aver consentito di eliminare tutte le divergenze interpretative esistenti in merito all'applicazione del regolamento da parte di queste stesse istanze di controllo. Il Comitato raccomanda, possibilmente ancora prima dell'entrata in vigore del nuovo regolamento modificato (prevista tra non meno di due anni), di appianare tali differenze in modo da garantire un'effettiva uniformità nell'esecuzione dei controlli.

4.13   Il Comitato esprime tre osservazioni aggiuntive che, pur non riguardando i temi dei due, e presto tre, regolamenti da modificare, ritiene possano trovare senza problemi collocazione in questo parere.

4.13.1   L'installazione di sensori di peso consentirebbe di segnalare se il veicolo è sovraccarico, il che potrebbe essere utile sia ai trasportatori che alle istanze di controllo.

4.13.2   Alcuni membri del Comitato hanno proposto che l'apparecchio di controllo digitale serva a registrare anche, mediante il sistema GNSS, l'ubicazione del veicolo all'inizio e alla fine del tragitto di trasporto. Ciò consentirebbe di migliorare il controllo del cabotaggio da parte degli Stati membri. Al riguardo occorre tuttavia ricordare che le limitazioni al cabotaggio saranno soppresse nel 2014, se non anche prima, come prevede il Libro bianco del 2011, che il Comitato accoglie favorevolmente anche per quanto concerne questo aspetto.

4.13.3   Il Comitato ha sempre sostenuto l'applicazione e il rispetto uniformi delle regole nel trasporto transfrontaliero. Si tratta di elementi importanti poiché per garantire condizioni di concorrenza eque tra le imprese di trasporto è indispensabile che l'applicazione delle regole e il controllo del loro rispetto avvengano in maniera uniforme in tutto il territorio dell'UE. Ad eccezione delle poche osservazioni critiche formulate nel presente parere, le proposte di modifica del regolamento in esame rappresentano un esempio di come realizzare questa uniformità. Il Comitato invita a continuare a prestare un'attenzione analoga a tale aspetto nel quadro della futura elaborazione di nuove normative o della loro modifica.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/82


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate

COM(2011) 241 definitivo

2012/C 43/19

Relatore: PEEL

La Commissione europea, in data 14 giugno 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate

COM(2011) 241 definitivo.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta dell'8 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 120 voti favorevoli, 7 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore il fermo impegno che la Commissione, nella revisione del vigente sistema delle preferenze tariffarie generalizzate (SPG), dedica al sostegno dei paesi più bisognosi, favorendo un aumento dei loro proventi da esportazione in modo da ottenere una reale riduzione della povertà. Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che lo svantaggio competitivo di numerosi paesi poveri si è ulteriormente aggravato negli ultimi anni, a causa dell'emergere di un numero considerevole di paesi in via di sviluppo avanzati. Accoglie con favore il proposito di concentrare l'uso delle preferenze dell'UE là dove esse sono più utili, in un contesto di generale riduzione dei dazi.

1.1.1   Il CESE apprezza pertanto il proposito, espresso dalla Commissione, di ridurre il numero di paesi ammissibili a beneficiare dell'SPG, senza però estendere in misura significativa il numero di linee tariffarie o di prodotti interessati, in modo che i principali beneficiari siano coloro che ne hanno più bisogno. Ne consegue che anche nell'ambito del regime SPG+ alcuni prodotti sensibili, per lo più agricoli e tessili, non otterranno un'esenzione totale, per cui i paesi meno sviluppati potranno mantenere tale specifico vantaggio nel quadro del regime «tutto fuorché le armi».

1.1.2   Il CESE osserva che l'SPG, e in particolare l'SPG+, in quanto strumenti di sviluppo basati sugli incentivi piuttosto che sulle sanzioni, devono continuare ad essere abbastanza attraenti per tutti i paesi ammissibili a beneficiarne.

1.2   Esprime inoltre grande compiacimento per il fatto che è stata colta l'opportunità di incoraggiare un maggiore rispetto dei diritti umani fondamentali e dei diritti dei lavoratori, insieme con i principi essenziali dello sviluppo sostenibile e del buon governo, accrescendo al tempo stesso la certezza del diritto e la stabilità.

1.3   Il CESE apprezza il proposito enunciato dalla Commissione come base dell'SPG+, di non estendere il numero complessivo di convenzioni prescritte, anche perché quelle già scelte offrono ai paesi terzi un'opportunità realistica di concentrarsi sull'essenziale (1). Esprime tuttavia particolare compiacimento per la novità costituita dall'inclusione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, del 1992. Occorre trovare un equilibrio tra, da un lato, la realizzazione di progressi nel campo dei diritti umani e in quello sociale, ambientale e politico, e dall'altro la capacità tecnica e finanziaria dei paesi più poveri di far fronte ai requisiti aggiuntivi, sia pure beneficiando di un'assistenza tecnica: in fin dei conti, la scelta deve essere fatta dal paese beneficiario, in linea con le sue specifiche circostanze culturali e politiche.

1.4   Il CESE sottolinea pertanto che queste proposte devono essere corredate da misure più mirate di rafforzamento delle capacità, intese ad offrire ai paesi interessati un sostegno più forte per aiutarli a conformarsi alle convenzioni e alle norme etiche previste. Il CESE chiede che venga varato tempestivamente un apposito programma della Commissione, da attuare parallelamente al regolamento in esame, che specifichi gli interventi di sostegno e di aiuto finanziario disponibili per i beneficiari dell'SPG che ne facciano richiesta per tale rafforzamento delle capacità.

1.4.1   Il CESE raccomanda inoltre che il rafforzamento delle capacità si basi anche su un dialogo che metta a profitto l'esperienza della società civile per individuare e affrontare esigenze reali. Sebbene lo stesso CARIS (2), nella valutazione ufficiale dell'SPG eseguita per conto della Commissione con l'ausilio di analisi e analisti sofisticati, abbia difficoltà a formulare conclusioni sugli scambi nel quadro dell'SPG, ai paesi in via di sviluppo, dotati di risorse limitate, viene chiesto di adottare decisioni malgrado la loro insufficiente capacità di fare previsioni accurate.

1.5   Il CESE apprezza particolarmente il proposito espresso dalla Commissione, di coinvolgere la società civile, e specialmente lo stesso CESE, per la sua capacità di fare un'ampia panoramica per conto della società civile organizzata, includendo qualsiasi informazione consideri appropriata in base all'articolo 14, sulla conformità alle convenzioni essenziali di cui all'allegato VIII. Il CESE auspica pertanto che la Commissione presenti a tempo debito un regolamento a parte, per introdurre procedure da adottare in merito all'applicazione del regime SPG+, e in particolare alla revoca e al ristabilimento dei regimi SPG, SPG+ e «tutto fuorché le armi», conformemente agli articoli 10, paragrafo 8, 15, paragrafo 2, e 19, paragrafo 12, e le misure di salvaguardia di cui all'articolo 22, paragrafo 4.

1.5.1   Senza voler pregiudicare i diritti o la capacità di una parte interessata ad esprimersi sulla questione della conformità, il CESE raccomanda alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento di costituire un meccanismo di monitoraggio o consultazione, grazie al quale la società civile possa fornire contributi riguardanti presunte violazioni delle convenzioni prescritte da parte di beneficiari del regime SPG. Sulla base della propria esperienza, il CESE dovrebbe fungere da facilitatore o coordinatore di questo meccanismo, agendo come un punto di contatto prontamente disponibile per la registrazione delle denunce.

1.5.2   Il CESE raccomanda che il meccanismo di cui sopra si basi, se opportuno, sui precedenti che si prevede saranno creati con la sorveglianza da parte della società civile dell'attuazione dell'accordo di libero scambio concluso tra l'UE e la Corea del Sud e di altri accordi analoghi negoziati di recente, e in particolare sui regimi rivolti a garantire uno specifico contributo dell'UE e/o a istituire gruppi consultivi a livello dell'UE che intervengano prima dei deferimenti agli organi congiunti formali previsti dai suddetti accordi di libero scambio.

1.6   A tal fine, si raccomanda alla Commissione di istituire insieme con il CESE un gruppo di lavoro preliminare, incaricato di formulare raccomandazioni solide in materia.

2.   Contesto/La nuova proposta

2.1   La proposta di regolamento in esame sostituirà l'attuale sistema di preferenze tariffarie generalizzate (SPG), che avrebbe dovuto scadere alla fine del 2011 ed è però stato prorogato di due anni al fine di assicurare una transizione agevole. Il regolamento renderà l'SPG conforme al Trattato di Lisbona, introducendo le modifiche necessarie, compreso un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo. La Commissione ha colto l'occasione per proporre cambiamenti radicali, in particolare per mirare meglio l'azione e concentrare l'SPG sui paesi più bisognosi, ma anche per accrescere la semplicità, prevedibilità e stabilità del sistema, che rappresentano elementi essenziali se si vuole che gli importatori siano incoraggiati ad utilizzarlo. A tal fine, l'SPG sarà soltanto riesaminato, e non completamente sostituito, alla fine di un ulteriore periodo di cinque anni.

2.2   Sin dal 1971, quando l'SPG è stato sviluppato sulla base delle raccomandazioni dell'UNCTAD (Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo), l'UE, nel quadro della sua politica commerciale comune, ha usato tale sistema per concedere preferenze commerciali a determinati paesi in via di sviluppo, nel rispetto delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). L'SPG è stato uno dei principali strumenti utilizzati dell'UE per aiutare i paesi in via di sviluppo a creare ricchezza grazie al reddito derivante dall'aumento degli scambi commerciali, incoraggiando al tempo stesso tali paesi a fare sforzi maggiori per garantire i diritti umani fondamentali e i diritti dei lavoratori, ridurre la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile e il buon governo.

2.3   Come risulta dagli allegati V e IX della proposta di regolamento, l'SPG funziona attraverso l'indicazione dei codici doganali per i quali i dazi dell'UE sulle importazioni di beni devono essere ridotti o eliminati. Pertanto non si tratta di uno strumento rivolto primariamente a contribuire alla limitazione dei cambiamenti climatici, alla sicurezza alimentare, o alla sicurezza dell'approvvigionamento di materie prime. I codici doganali hanno fino a otto cifre - cosa che potrebbe sembrare incomprensibile a un non specialista - e distinguono per esempio tra «caffè torrefatto, non decaffeinato» (0901 21 00) e «caffè torrefatto, decaffeinato» (0901 22 00). L'SPG viene adottato dagli importatori che desiderano beneficiare della tariffa ridotta o della tariffa zero così offerta: per questo, il sistema da utilizzare deve essere chiaro, stabile e sufficientemente prevedibile. Si rileva che non tutti gli importatori che potrebbero farlo si riforniscono automaticamente da paesi beneficiari dell'SPG: solo il 69 % circa delle potenziali riduzioni dei dazi concesse ai paesi meno sviluppati nel quadro del regime «tutto fuorché le armi» sono effettivamente utilizzate; tale quota sale all'85 % nel caso del regime SPG+.

2.4   Con la riduzione mondiale dei dazi, il campo di applicazione generale dell'SPG è in declino. Tuttavia, le importazioni nell'UE in conformità dell'SPG ammontano a solo il 4 % del totale, ovvero al 9,3 % delle importazioni da paesi in via di sviluppo, e nel 2009 l'UE ha rinunciato soltanto a 2,97 miliardi di euro in diritti doganali (2,23 miliardi al netto dei costi di riscossione) nel quadro dell'SPG. Tale cifra scenderà adesso a circa 1,77 miliardi di euro. Pertanto alcuni Stati membri si sono chiesti se le riduzioni tecniche proposte non vadano troppo in là, in un periodo di crisi economica, di incertezza commerciale e di costante minaccia di un ritorno al protezionismo come seducente rimedio ai problemi economici. Tuttavia, dopo aver esaminato questi aspetti tecnici, il CESE è convinto che indebolendo i cambiamenti proposti, in termini di graduazione e di rigorosi criteri di ammissibilità per alcuni paesi, si avvantaggerebbero quelli che sono in una posizione più favorevole, mentre l'obiettivo principale dell'SPG è aiutare coloro che ne hanno più bisogno.

2.5   Da quando, nel 2004, il CESE ha formulato l'ultimo parere sull'SPG (3), e lo stesso SPG è stato rivisto per l'ultima volta, sono disponibili tre tipi di accordi preferenziali, vale a dire:

il regime generale SPG, aperto a tutti i paesi ammissibili (attualmente 176), che offre preferenze mediante dazi ridotti o zero per circa 6 200 linee tariffarie delle 7 100 circa che hanno dazi superiori allo zero (4). In maggioranza (3 800), queste linee sono considerate «sensibili», e vengono offerte delle riduzioni fisse, in particolare per i prodotti agricoli, ma anche per quelli tessili e d'abbigliamento. Nel 2009, sono stati importati nell'UE prodotti per 48 miliardi di euro mediante l'SPG (aperto a 111 paesi), ossia l'81 % del totale dell'SPG;

il regime SPG+, un meccanismo di incentivi destinato ai paesi poveri più piccoli e «vulnerabili», che hanno una base di prelievo fiscale ristretta ma non sono classificati come paesi meno sviluppati, e le cui esportazioni verso l'UE si concentrano su pochi prodotti (nel senso che le prime cinque categorie di prodotti importati rappresentano oltre il 75 % del totale): sono offerte preferenze aggiuntive, per lo più esenti da dazio, per alcuni prodotti «sensibili», ma sono comprese solo altre 70 linee tariffarie in aggiunta alle 6 200 già coperte dall'SPG. Il regime SPG+ comprende inoltre speciali incentivi rivolti a promuovere lo sviluppo sostenibile e il buon governo nei paesi partecipanti, i quali devono impegnarsi a riconoscere una serie più ampia di valori fondamentali universali nel campo dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori, dell'ambiente e del buon governo – cfr. il punto 4 più avanti. Nel 2009, quindici paesi hanno esportato verso l'UE merci per 5 miliardi di euro mediante l'SPG+ (ossia il 9 % del totale SPG);

il regime «tutto fuorché le armi», che consente l'accesso al mercato dell'UE in esenzione da dazi e contingenti per tutti i prodotti provenienti dai 49 paesi classificati dall'ONU come meno sviluppati, ad eccezione delle armi e delle munizioni (e in origine anche dello zucchero, del riso e delle banane). Aggiunto all'SPG nel 2004, questo regime deriva da un'iniziativa presa dalla Commissione europea in rapporto ai negoziati di Doha. Malgrado l'accordo ministeriale del 2005 nel quadro dell'OMC, sull'introduzione di una simile esenzione dai dazi e dai contingenti nell'Accordo di Doha, l'UE rimane l'unica regione commerciale ad applicare un trattamento così generoso. Nel 2009 le importazioni nell'UE in conformità a questo regime sono ammontate a 6 miliardi di euro, cioè il 10 % dell'SPG.

2.6   Solo il 9 % delle linee tariffarie, riferito per lo più a prodotti agricoli, è completamente escluso dall'SPG e dall'SPG+, pur rimanendo nel regime «tutto fuorché le armi». L'inclusione di tali linee tariffarie nell'SPG o anche solo nell'SPG+ farebbe decadere alcuni dei vantaggi del regime «tutto fuorché le armi» (o, a seconda dei casi, dell'SPG+), penalizzando i paesi più poveri (5). Si tratta di settori dei prodotti agricoli in cui sono emersi alcuni dei problemi più complicati durante i negoziati di Doha. In tale contesto, il caso forse più delicato è quello dei prodotti del settore dello zucchero. Dopo oltre due secoli di distorsioni (6), lo zucchero rappresenta un'importazione altamente sensibile nell'UE. È un prodotto che il Mozambico, uno dei paesi meno sviluppati, può realizzare a prezzi di mercato, ma che sarebbe fortemente vulnerabile alla concorrenza completamente aperta da parte di un paese a reddito medio-alto come il Brasile. Queste considerazioni valgono anche per il tessile e l'abbigliamento, un'altra area molto sensibile per le importazioni nell'UE e per la concorrenza tra i paesi meno sviluppati e i loro vicini.

2.7   L'effetto principale dei cambiamenti proposti consisterebbe in una ridistribuzione dell'origine di alcuni prodotti importati nell'UE. Il progetto di regolamento propone di depennare oltre la metà dei paesi attualmente ammissibili a beneficiare dell'SPG, per concentrare e mirare meglio il regime nei confronti dei paesi più bisognosi, il che in linea di principio appare opportuno. Come chiarisce la relazione della Commissione, «Grazie all'aumento del commercio, numerosi paesi in via di sviluppo e settori di esportazione si sono integrati con successo nel mercato mondiale. Essi sono in grado di continuare la loro espansione con i propri mezzi». Questi paesi ormai più sviluppati «esercitano una pressione sulle esportazioni provenienti da paesi molto più poveri che hanno veramente bisogno di aiuto».

2.7.1   Il CESE richiama l'attenzione su una rilevante preoccupazione espressa dagli importatori dell'UE: le modifiche in corso di elaborazione delle norme di origine possono condurre a una sensibile diminuzione del ricorso al regime a partire dal 2017, quando i requisiti per l'attestazione dell'origine da parte delle pubbliche autorità saranno sostituiti da una dichiarazione degli esportatori registrati. Alcune PMI vedono in questo cambiamento un rischio troppo elevato. Il CESE ritiene che il sistema di autocertificazione proposto debba essere verificato, controllato e accreditato da istituti professionali indipendenti che agiscono su base internazionale. Nel recente passato si sono verificati troppi casi di frodi o di meccanismi di aggiramento per le importazioni nell'UE, in particolare di zucchero.

2.8   I paesi ad alto reddito, secondo la classificazione della Banca mondiale, continueranno ad essere esclusi, ma senza le precedenti esenzioni. Si propone adesso di escludere tutti i 33 paesi e territori d'oltremare, ossia quelli legati all'UE, agli Stati Uniti, all'Australia e alla Nuova Zelanda, nei quali l'SPG è utilizzato marginalmente. Fra questi figurano la Groenlandia, le Bermuda e le Samoa americane.

2.8.1   Saranno esclusi anche:

tutti i partner di accordi di libero scambio e gli altri paesi che beneficiano di un regime di accesso preferenziale al mercato dell'UE a condizioni tariffarie equivalenti o migliori (tali paesi torneranno ad essere ammessi qualora cessi la validità degli accordi); in questi casi verrà dato un preavviso di due anni. Precedentemente, la distinzione era confusa, ma ora bisogna tenere conto anche del possibile, ingente incremento del numero di accordi di libero scambio ratificati dall'UE nei prossimi anni, che potrebbe condurre a una sensibile riduzione del numero di paesi ammissibili,

i paesi che nei tre anni precedenti sono stati classificati dalla Banca mondiale come paesi a reddito elevato o medio-alto, (sulla base del reddito nazionale lordo pro capite); per tali paesi il preavviso sarà di un anno. Questo argomento è trattato più in dettaglio alla sezione 3 del presente parere.

2.9   L'attuale sistema di graduazione, concepito per garantire che vengano eliminate le preferenze nei settori che non ne hanno più bisogno, sarà corretto. Il limite precedente, in base al quale se le esportazioni di un determinato paese verso l'UE superano per tre anni consecutivi il 15 % delle importazioni complessive coperte dall'SPG, tale paese cessa di essere ammissibile (a meno che tale sezione o gruppo di prodotti ammonti a oltre il 50 % delle esportazioni di tale paese coperte dall'SPG), sarà innalzato al 17,5 %, a causa della maggiore specificità dell'SPG, sebbene si tratti in realtà di un leggero irrigidimento. Per l'abbigliamento e il tessile detto limite sarà elevato dal 12,5 % al 14,5 %.

2.10   Analogamente, il numero di segmenti di prodotti designati sarà esteso da 21 a 32 per garantire una maggiore oggettività e sensibilità, ma non sarà mirato in maniera così precisa da compromettere elementi fondamentali come la semplicità, la stabilità e la prevedibilità. Questa è una considerazione essenziale, malgrado il fatto che tale strumento viene usato di rado: attualmente si applica solo a sette paesi tra cui in particolare la Cina, ma anche il Brasile, l'India e altri paesi asiatici. In passato vi sono state ammesse, e in seguito escluse nuovamente, anche la Russia e l'India.

2.10.1   La graduazione non sarà più applicata ai paesi dell'SPG+, e non è mai stata applicata al regime «tutto fuorché le armi».

2.10.2   Poiché l'applicazione dell'SPG e più mirata e limitata, il requisito in base al quale i paesi partecipanti all'SPG+ devono essere all'origine di meno dell'1 % delle importazioni nell'UE coperte dall'SPG sarà modificato, innalzando detto limite al 2 %. In pratica ciò servirà solo ad aprire l'SPG+ al Pakistan, paese in cui il livello di esportazioni di prodotti tessili verso l'UE costituisce un tema di una certa importanza, tra l'altro perché secondo alcuni il Pakistan realizzerà un guadagno a spese dei paesi meno sviluppati della regione, e alle Filippine, qualora soddisfino i requisiti e desiderino avvalersene.

3.   Futura ammissibilità all'SPG/SPG+

3.1   Con la generale riduzione dei dazi su scala mondiale (ad eccezione, per lo più, dei prodotti agricoli e tessili) e con il probabile aumento del numero di accordi di libero scambio dell'UE che entrano in vigore, il campo di applicazione dell'SPG si riduce. Una volta applicate le modifiche e le eccezioni descritte più in alto, si ritiene che:

complessivamente circa 80 paesi saranno ammissibili all'SPG, in funzione della rispondenza ai criteri di ammissibilità in quel momento,

49 di essi figurano tra i paesi meno sviluppati, ammissibili a beneficiare del regime «tutto fuorché le armi»,

degli altri 30 paesi circa ammissibili a beneficiare dell'SPG o dell'SPG+ ma non del regime «tutto fuorché le armi», solo sette o otto dovrebbero essere ammissibili a beneficiare dell'SPG+. È però tutt'altro che chiaro se l'SPG+ sarà abbastanza attraente per la maggior parte degli altri paesi da indurli ad accettare di farne parte. Attualmente numerosi paesi hanno deciso di non entrarvi. Pertanto l'SPG+ potrebbe essere limitato a solo tre o cinque paesi (7), anche qualora venga scelta la quota più elevata, pari al 2 % (cfr. punto 2.10.2), soprattutto se si perverrà alla piena introduzione di accordi di libero scambio dell'UE con l'America centrale (ancora da ratificare) e con i paesi idonei del partenariato orientale.

D'altro canto, la maggior parte dei paesi ammessi a beneficiare del solo SPG potrebbero ben presto esserne esclusi. Fra tali paesi figurano l'India, la Cina, l'Ucraina e tre paesi dell'ASEAN, tutti in rapido sviluppo e in parte coinvolti nella negoziazione di accordi di libero scambio con l'UE.

Tale potenziale ulteriore riduzione del numero di paesi verosimilmente ammissibili suscita interrogativi circa l'opportunità che l'UE mantenga sia l'SPG che l'SPG+.

3.2   Il CESE constata che la Commissione, dopo aver avuto la peggio nel 2004 in una controversia con l'India in sede di OMC, riguardante l'SPG in relazione alla droga, è molto cauta per quanto riguarda l'estensione dell'ammissibilità all'SPG+. Se l'UE si trovasse di nuovo chiamata in causa in sede di OMC rischierebbe di perdere, dal momento che discriminare legalmente fra paesi in via di sviluppo è possibile solo in circostanze specifiche ben definite.

3.3   Il CESE comprende che, d'altro canto, accrescendo il numero di paesi ammissibili al solo regime SPG si dovrebbero includere tutti i paesi classificati dalla Banca mondiale come a reddito medio-alto (più di 3 976 $ all'anno) sebbene il loro numero sia ridotto. Tra di essi figurano la Russia, il Brasile, l'Argentina e la Malesia, tutti paesi in cui il reddito annuo pro capite supera quello della Romania e della Bulgaria. Rimane valida la considerazione fondamentale che l'SPG serve ad aiutare coloro che ne hanno più bisogno.

3.4   Al CESE sembra pertanto che nella maggior parte dei casi la principale differenza fra l'ammissione all'SPG o all'SGP+ dipende dalla scelta operata dai paesi ammissibili. La questione diviene quindi se, o in quale misura, il regime SPG+ possa essere reso abbastanza attraente da includere un numero quanto più possibile grande di paesi ammissibili, e verosimilmente l'Asia centrale, la Nigeria (che ha già scelto di non avvalersi dell'SPG+), la Siria, l'Iran e un certo numero di Stati insulari. Incoraggiare un numero maggiore di tali paesi ad aderire all'SPG+, e quindi a rispettare e a seguire in misura maggiore i principi delle 27 convenzioni prescritte, dovrebbe creare una situazione ancora più vantaggiosa per tutti.

4.   Convenzioni fondamentali - diritti umani e diritti dei lavoratori, ambiente e buon governo

4.1   A giudizio del CESE la caratteristica più importante dell'SPG+ sono gli impegni assunti come contropartita dai paesi beneficiari sulla base dei diritti universali. Per beneficiare dell'SPG o del regime «tutto fuorché le armi» un paese non deve avere commesso violazioni gravi e sistematiche dei principi contenuti nelle convenzioni elencate nella parte A dell'allegato VIII del regolamento proposto, tra cui le convenzioni fondamentali delle Nazioni Unite in materia di diritti umani e di diritti dei lavoratori e le otto convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro. La sola modifica proposta nel progetto di regolamento è quella di depennare la convenzione sull'apartheid.

4.2   Per essere ammessi a beneficiare dell'SPG+ i paesi devono avere ratificato, mantenuto e rispettato le convenzioni elencate nella parte A dell'allegato VIII, oltre ad altre 12 convenzioni elencate nella parte B dello stesso allegato. Viene proposto di aggiungervi la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 1992, cosa che il CESE accoglie con grande favore.

4.2.1   Per quanto riguarda l'SPG+, si propone di fare in modo che i paesi beneficiari debbano adesso dimostrare maggiore impegno, rispettare maggiormente le convenzioni e rafforzare i meccanismi volti a garantirne l'applicazione. A tal fine:

i paesi beneficiari devono adesso impegnarsi a mantenere la ratifica delle convenzioni, la legislazione complementare e altri metodi di attuazione, inoltre non devono avere commesso altre gravi mancanze identificate dai competenti organi di monitoraggio e devono accettare una sorveglianza e verifiche regolari,

poiché l'SPG+ è basato sugli incentivi piuttosto che sulle sanzioni, si svolgerà un dialogo regolare tra la Commissione e ciascuno dei beneficiari, tra l'altro per garantire che l'attuazione migliori con il tempo e non si deteriori,

sarà rafforzata la sorveglianza, con relazioni al Consiglio e, adesso, al Parlamento europeo, ogni due anni invece che ogni tre,

la mancata cooperazione comporterà una rapida esclusione, senza alcuna indagine,

l'onere della prova sarà invertito e ricadrà adesso sul paese beneficiario,

la Commissione sarà adesso in grado di ricorrere ad altre fonti affidabili di informazioni, e in particolare al contributo della società civile.

4.3   Per numerosi beneficiari dell'SPG+ tutto ciò comporterà oneri considerevoli in termini tecnici e finanziari, pertanto sarà essenziale il sostegno dell'UE. Il progetto di regolamento non si pronuncia a tale proposito. Il CESE chiede che, per i beneficiari dell'SPG che ne facciano richiesta, venga prontamente varato, accanto al regolamento in esame, un programma della Commissione che specifichi il sostegno e l'appoggio finanziario disponibili per il rafforzamento delle capacità. In fin dei conti, la scelta deve essere fatta dal paese beneficiario, in linea con le sue circostanze.

4.4   Il CESE accoglie con favore il mantenimento di 27 convenzioni, con i due cambiamenti proposti. La Commissione sottolinea che le convenzioni scelte offrono ai paesi un'opportunità realistica di concentrarsi sull'essenziale (8). Essendo uno strumento basato sugli incentivi, l'SPG+ deve risultare abbastanza attraente da indurre i paesi interessati a cercare di accedervi. Occorre trovare un equilibrio tra la realizzazione di miglioramenti nel campo dei diritti umani e in quello sociale, ambientale e politico, e le capacità dei paesi più poveri di conformarsi ai requisiti aggiuntivi, sia pure con il sostegno dell'assistenza tecnica in materia commerciale. Come viene osservato nel rapporto del CARIS, i vantaggi sono finora marginali.

4.4.1   Non tutti i paesi ammissibili all'SPG vogliono beneficiarne, per una delle seguenti tre ragioni:

le principali esportazioni non sono «sensibili», pertanto non vi è molto da guadagnare,

i governi non vogliono doversi conformare ai requisiti,

problemi interni, tra cui le guerre, i conflitti e/o la mancanza di capacità amministrativa, rendono impossibile conformarsi ai requisiti.

4.4.2   Sinora l'UE si è concentrata principalmente sulla ratifica delle convenzioni e su una chiara intesa in merito al fatto che i paesi coinvolti ne avrebbero garantito l'effettiva applicazione. Chiedere tale attuazione sin dall'inizio significherebbe che, in base a quest'unico criterio, probabilmente solo la Norvegia e la Svizzera potrebbero risultare ammissibili. Il rapporto del CARIS segnala che l'SPG+ risulta efficace nel promuovere la ratifica delle 27 convenzioni, ma che è più difficile verificare gli effetti reali. L'SPG comporta però incentivi interni a un'attuazione efficace allorché le parti in causa subirebbero perdite significative in caso di revoca.

4.5   Qualsiasi disposizione nel quadro dell'SPG può essere temporaneamente revocata in caso di violazioni gravi e sistematiche dei principi fondamentali, nonché per una serie di altre cause, come pratiche commerciali sleali, frode o lacune gravi nei controlli doganali.

4.5.1   Finora i benefici dell'SPG sono stati sospesi a causa di violazioni dei diritti dei lavoratori a Myanmar (9) nel 1997, e in Bielorussia nel 2006, e non sono stati ripristinati. I benefici dello Sri Lanka nel quadro dell'SPG+ sono stati sospesi nel 2010 a causa dell'attuazione inadeguata delle convenzioni sui diritti umani. Tuttavia, nel caso di altri paesi, come il Salvador, la semplice apertura di un'inchiesta è stata sufficiente a produrre un cambiamento.

4.5.2   Per il CESE la questione essenziale è sapere se, specie con il nuovo sistema riveduto e reso più rigido, l'avvio di una procedura completa di indagine - e molti paesi hanno ancora parecchio arretrato da sbrigare - condurrebbe inevitabilmente alla sospensione del trattamento preferenziale ove non si raggiunga rapidamente una soluzione adeguata. Se così fosse, nessuno ne trarrebbe vantaggio, ci dev'essere un equilibrio tra bastone e carota. In alcuni paesi molto poveri, alle prese col rischio che la popolazione muoia per fame e altre difficoltà, questi obiettivi potrebbero risultare irraggiungibili a breve termine. Sebbene la Commissione debba riferire al Parlamento ogni due anni, il CESE comprende che si svolgerà un dialogo anche tra l'una e l'altra di tali scadenze, e che la Commissione seguirà in modo continuo la situazione nei paesi beneficiari, anche sulla base di materiale presentato dai pertinenti organismi internazionali di sorveglianza. Il CESE si attende che la Commissione sarà quanto più possibile trasparente in questa fase, allorché vengano individuate situazioni realmente preoccupanti.

4.5.3   Un problema particolare è quello dell'Uzbekistan (paese ammissibile all'SPG+, ma che ha scelto di non avvalersene), che suscita gravi preoccupazioni per il ricorso a manodopera infantile nella raccolta del cotone. Il fine dichiarato dell'SPG+ è incoraggiare i paesi beneficiari a migliorare ulteriormente la loro condotta. Occorre pertanto trovare un equilibrio tra l'ambizione di promuovere cambiamenti positivi e il rischio di spingere un paese verso un isolamento ancora maggiore, ritardando così, o addirittura cancellando il progresso forse per molti anni.

5.   Ruolo della società civile

5.1   Per quanto riguarda il rafforzamento delle capacità di cui al punto 4.3, il CESE raccomanda che questo si basi su un dialogo che ricorra all'esperienza della società civile per individuare e affrontare le esigenze reali. Come indicato, persino il rapporto del CARIS, che può ricorrere ad analisi e analisti sofisticati, incontra difficoltà ad arrivare a conclusioni al momento di analizzare gli sviluppi degli scambi nel quadro dell'SPG, eppure si chiede ai paesi in via di sviluppo di adottare decisioni malgrado le risorse limitate e in assenza di una capacità sufficiente di procedere a previsioni accurate.

5.2   L'articolo 14 del regolamento proposto stabilisce che, in riferimento al rispetto delle convenzioni fondamentali elencate nell'allegato VIII, la Commissione possa includere tutte le informazioni che considera appropriate. La Commissione afferma chiaramente che si avvarrà, oltre che delle relazioni di organi di sorveglianza internazionali, di altre fonti di informazione accurate (10) che dovrebbero essere comprovate e affidabili.

5.3   La Commissione include il CESE tra tali fonti, apprezzando l'equilibrio che deriva dalla sua capacità di avere una visione d'insieme per conto della società civile organizzata. Tra le altre fonti potenziali figurano imprese e organizzazioni imprenditoriali, sindacati, e altre organizzazioni che possano dimostrare una partecipazione attiva.

5.4   Il CESE constata inoltre che la Commissione intende presentare a tempo debito un regolamento a parte sulle procedure da adottare in merito all'applicazione del regime SPG+, e alla revoca e al ristabilimento dei regimi SPG, SPG+ e «tutto fuorché le armi», conformemente agli articoli 10, paragrafo 8, 15, paragrafo 2, e 19, paragrafo 12, e le misure di salvaguardia di cui all'articolo 22, paragrafo 4. Il CESE sarà ben lieto di esprimere le sue osservazioni in merito a tale futuro atto normativo, allorché esso sarà oggetto di considerazione e di consultazione.

5.4.1   Senza voler pregiudicare i diritti o la capacità di una parte interessata a fornire contributi sulla questione della conformità, il CESE raccomanda alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento di costituire un meccanismo di monitoraggio o consultazione, grazie al quale la società civile possa fornire contributi riguardanti presunte violazioni delle convenzioni prescritte da parte di beneficiari del regime SPG. Il CESE dovrebbe fungere da facilitatore o coordinatore di questo meccanismo, provvedendo a registrare le denunce, sulla base, se opportuno, dei precedenti che si prevede saranno creati con la sorveglianza, da parte della società civile, dell'attuazione dell'accordo di libero scambio tra l'UE e la Corea del Sud e di altri accordi analoghi, e in particolare dei regimi rivolti a garantire uno specifico contributo dell'UE e/o a istituire gruppi consultivi a livello dell'UE che intervengano prima dei deferimenti agli organi congiunti formali previsti dai suddetti accordi di libero scambio.

5.4.2   A tal fine, si raccomanda alla Commissione di istituire insieme con il CESE, nel prossimo futuro, un gruppo di lavoro preliminare, incaricato di formulare raccomandazioni solide in materia.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  INFO PACK Regarding the European Commission's proposal on a new GSP, DG Commercio, pag. 8.

(2)  Centre for the Analysis of Regional Integration at (the University of) Sussex: Mid Term GSP Evalutation Report (Centro per l'analisi dell'integrazione regionale presso l'università del Sussex, rapporto di valutazione intermedia dell'SPG), 2009.

(3)  GU C 110 del 30.4.2004, pag. 34.

(4)  Altre 2 300 linee tariffarie sono già state portate a una tariffa zero standard.

(5)  Rapporto del CARIS.

(6)  Risalenti alle guerre napoleoniche e alla cessazione delle importazioni di canna da zucchero nell'Europa continentale.

(7)  Bolivia, Ecuador e Mongolia, con un eventuale ampliamento a Pakistan e Filippine.

(8)  INFO PACK Regarding the European Commission's proposal on a new GSP, DG Commercio, pag. 8, punto 5.

(9)  Altrimenti tale paese sarebbe adesso ammissibile al regime «tutto fuorché le armi».

(10)  INFO PACK Regarding the European Commission's proposal on a new GSP, DG Commercio, pag. 8.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/89


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una risposta nuova a un vicinato in mutamento»

COM(2011) 303 definitivo

2012/C 43/20

Relatrice: BUTAUD-STUBBS

La Commissione europea e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, in data 19 luglio 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una risposta nuova ad un vicinato in mutamento

COM(2011) 303 definitivo.

La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 119 voti favorevoli e 3 voti contrari.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con soddisfazione la comunicazione congiunta elaborata dal Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e dalla Commissione europea in quanto costituisce un adeguamento tempestivo e urgente della politica dell'UE alle evoluzioni in atto. Approva pienamente l'obiettivo dichiarato nella comunicazione di mettere a punto un'impostazione nuova per rafforzare il partenariato tra l'UE e i paesi partner.

1.2   Il CESE sottolinea che la comunicazione può essere solo un punto di partenza per un futuro partenariato e invita le istituzioni dell'UE a sviluppare una strategia a più lungo termine - la cui attuazione rientrerebbe nelle prospettive finanziarie 2014-2020 - in cui integrare le priorità individuate, la dotazione finanziaria destinata a potenziare il partenariato nonché diversi aspetti della politica dell'UE.

1.3   Il CESE auspica che l'UE sia in grado di reagire in maniera adeguata, ossia fermamente e con un'unica voce, seguendo l'approccio descritto nella comunicazione sui paesi Euromed (1), agli sviluppi verificatisi di recente in alcuni paesi confinanti in cui non è ancora stato instaurato un regime democratico vero e duraturo (Siria, Bielorussia).

1.4   Il CESE riconosce l'importanza dei principi di differenziazione e condizionalità e la necessità di adottare una maggiore flessibilità nelle relazioni con i paesi partner. Al contempo, però, chiede alla Commissione di far sì che l'applicazione del principio delless for less non pregiudichi le possibilità di un paese partner di procedere sulla via delle riforme al proprio ritmo e in funzione della propria capacità di assorbimento.

1.5   Il Comitato nota con soddisfazione la nuova enfasi conferita dalla Commissione al ruolo fondamentale della società civile nel rafforzamento dei processi democratici, nonché la priorità accordata al sostegno a un ampio ventaglio di organizzazioni della società civile, tra cui anche le parti sociali.

1.6   Il CESE insiste sul fatto che, nel valutare la governance di un paese, il contesto per le attività della società civile, la protezione dei diritti umani, come pure per i diritti economici, sociali e culturali e la libertà di religione costituisce un criterio essenziale.

1.7   Il CESE ritiene che il sostegno dell'UE nel quadro del Fondo europeo per la democrazia debba essere accessibile e in grado di soddisfare le esigenze improvvise di un più ampio ventaglio di organizzazioni della società civile, compresi i movimenti di opposizione non registrati. Il Fondo europeo per la democrazia dovrebbe integrare gli strumenti disponibili, tra cui lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) e lo strumento di stabilità (IfS).

1.8   In questo contesto il CESE sottolinea la necessità di fornire un sostegno maggiore e più mirato ai datori di lavoro, alle organizzazioni sindacali e ad altri gruppi socioprofessionali, dal momento che costituiscono degli elementi importanti della vita sociale, economica e politica, oltre ad essere dei potenziali garanti della stabilità. Va ricordato che in alcuni casi hanno svolto un ruolo chiave nella mobilitazione per la democrazia. Il CESE nota con soddisfazione che il Fondo europeo per la democrazia prevede aiuti a favore di questi attori, tuttavia auspica anche che per sostenerli si faccia ricorso allo strumento per la società civile.

1.9   Il CESE raccomanda di rendere più efficaci i progetti finanziati dall'UE. La complessità delle procedure di finanziamento dell'UE esclude dal circuito molti degli attori non statali. Uno degli obiettivi dell'iniziativa dovrebbe essere quello di aiutare le organizzazioni a ottenere i fondi, ad esempio tramite azioni di creazione di capacità delle delegazioni dell'UE.

1.10   Inoltre, il CESE invita l'UE a stabilire una serie di misure precauzionali e di principi fondamentali di buona governance per i governi dei paesi partner che desiderino beneficiare della terza componente dello strumento per la società civile che offre loro la possibilità di istituire una serie di progetti di rafforzamento delle capacità atti a consolidare le organizzazioni della società civile nonché la loro partecipazione alle politiche interne e ai processi decisionali.

1.11   Per quanto riguarda le relazioni commerciali, uno dei principali obiettivi dell'Accordo sulla zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA) è realizzare un alto livello di integrazione economica tra l'UE e i paesi partner. Il CESE chiede all'UE di riflettere sull'opportunità di adottare pacchetti differenziati di acquis DCFTA che rifletterebbero i diversi livelli di interesse per l'integrazione economica europea nonché i diversi programmi dei paesi partner. Nel corso del processo negoziale e di attuazione della DCFTA e di altri accordi, è importante prevedere, quale condizione vincolante, la partecipazione della società civile e istituire un meccanismo di dialogo permanente con essa. È necessario consultare la società civile anche nel quadro delle valutazioni d'impatto sulla sostenibilità.

1.12   È altresì essenziale promuovere la libertà di espressione, di religione e dei mezzi d'informazione nel quadro delle libertà pubbliche, nonché l'accesso senza restrizioni a Internet e alle reti sociali poiché si tratta di fattori che contribuiscono alla trasparenza e promuovono il processo di democratizzazione. Questi temi richiedono una particolare attenzione nonché azioni mirate.

1.13   Benché i risultati finora conseguiti siano relativi, il CESE apprezza l'impegno dell'UE a favore della prevenzione dei conflitti nei paesi confinanti e sollecita l'Unione a elaborare strategie globali in questo ambito.

1.14   Il CESE chiede che si intervenga per migliorare la mobilità dei cittadini dei paesi vicini - con particolare riferimento a giovani e studenti, artisti, ricercatori, scienziati e imprenditori - allo scopo di accrescere i contatti interpersonali a vantaggio sia dei paesi partner che dell'UE.

1.15   In quanto organo rappresentativo della società civile a livello UE, il CESE è disposto a partecipare attivamente e a condividere le sue competenze specifiche per creare un più efficiente quadro europeo per la cooperazione con le società dei paesi vicini (2), in particolare:

contribuendo alla mappatura delle organizzazioni della società civile e documentando la situazione delle attività portate avanti da quest'ultima nella regione tramite un dialogo aperto e inclusivo con una vasta gamma di attori,

mettendo a disposizione le sue competenze - comprese quelle sviluppate nel quadro della cooperazione con i paesi del vicinato orientale dell'UE - per definire criteri e processi specifici per la creazione di istituzioni autenticamente rappresentative ai fini della consultazione della società civile nel quadro dell'elaborazione delle politiche nei paesi partner,

sostenendo organizzazioni indipendenti e rappresentative della società civile, in particolare quelle che hanno svolto un ruolo attivo nell'opposizione ai regimi non democratici, mediante sforzi per rafforzare le loro capacità e mettendo a disposizione la sua esperienza in un'ampia gamma di settori, tra cui il dialogo sociale (anche a livello settoriale) e i diritti economici e sociali,

promuovendo lo scambio di buone pratiche nel quadro del dialogo sociale, della parità tra uomini e donne, dello spirito imprenditoriale e della responsabilità sociale delle imprese,

partecipando all'elaborazione degli strumenti, dei piani d'azione e dei programmi dell'UE per il rafforzamento delle organizzazioni socioeconomiche, nonché al monitoraggio della loro attuazione,

partecipando attivamente alla definizione delle modalità operative dello strumento per la società civile e del Fondo europeo per la democrazia.

2.   Gli insegnamenti del passato

2.1   Un'analisi critica delle passate attività dell'Unione europea

2.1.1   La totale assenza, con alcune eccezioni, di un contesto democratico ha obbligato l'UE ad adattare pragmaticamente le proprie politiche e ad accettare come interlocutori figure che non si possono assolutamente definire rappresentanti democratici dei loro popoli.

2.1.2   Per l'intera durata del processo di Barcellona, vi è stato un livello insufficiente di comunicazione e cooperazione tra l'UE, organizzazioni della società civile, sindacati e organizzazioni di difesa dei diritti umani che non avessero l'approvazione dei governi, e in questo modo si è persa l'occasione di influenzare gli sviluppi politici e sociali.

2.1.3   L'esperienza ha dimostrato che, particolarmente nella regione euromediterranea, si tende a sfruttare in modo insufficiente i fondi disponibili per la società civile a causa della debolezza di queste organizzazioni nei paesi non democratici.

2.1.4   Vi sono alcune buone pratiche relative al coinvolgimento della società civile - creazione di piattaforme tematiche, di gruppi di lavoro e comitati - che sono state sviluppate nel quadro del partenariato orientale e che potrebbero essere adattate e applicate vantaggiosamente anche nella regione meridionale.

3.   Elementi principali di una nuova impostazione

3.1   Applicazione dei principi della differenziazione e della condizionalità

3.1.1   Il CESE approva pienamente l'accento posto nella comunicazione su questi due principi, tanto più che si sta attivando per rafforzarne l'applicazione nel quadro del proprio lavoro, ad esempio nei criteri per la partecipazione dei consigli economici e sociali e istituzioni analoghe al vertice Euromed, e per l'organizzazione di missioni all'estero.

3.1.2   Nella sua impostazione more for more l'UE deve tenere conto del fatto che le regioni e i paesi presentano storie e livelli di sviluppo diversi, fasi differenziate nelle loro relazioni con l'UE, oltre a bisogni e problemi specifici. Questa impostazione permetterà inoltre di fare un uso più efficiente delle risorse finanziarie dell'UE, adempiendo in tal modo a un obbligo fondamentale dell'Unione nei confronti del contribuente europeo.

3.1.3   Al tempo stesso, il CESE ritiene essenziale che il principio del less for less non venga applicato in maniera tale da pregiudicare il potenziale di sviluppo di un paese partner in cui si registrano progressi meno evidenti.

3.2   Impegnarsi per realizzare una democrazia sostenibile e profondamente radicata

3.2.1   L'UE ha messo giustamente in risalto la necessità di promuovere la democrazia «a tutti gli effetti» mediante il rafforzamento della società civile e del suo ruolo nel processo di democratizzazione, nonché mediante il radicamento delle norme di buona governance nella regione interessata dalla PEV.

3.2.2   Il CESE accoglie con favore l'introduzione di nuovi strumenti specifici intesi a consolidare i risultati acquisiti sul terreno della democrazia. In questo contesto il Comitato è disposto a partecipare alla definizione delle modalità operative del Fondo europeo per la democrazia e dello strumento per la società civile in particolare. Questi strumenti devono essere flessibili e andare incontro ad esigenze in costante mutamento, nonché presentare misure mirate intese a sostenere i processi democratici nei paesi partner, promuovendo in particolare la creazione di partiti politici e l'emergere di mezzi di comunicazione liberi, e rafforzando la partecipazione della società civile nei processi democratici.

3.2.3   Malgrado le differenze tra lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR), lo strumento di stabilità (IfS), il Fondo europeo per la democrazia e lo strumento per la società civile in termini di modalità finanziarie, operative e di gestione, è essenziale garantire e rafforzare la coerenza e le sinergie tra di essi.

3.2.4   Il CESE chiede alla Commissione di elaborare documenti esplicativi semplici e di facile uso per sensibilizzare maggiormente le organizzazioni interessate e permettere loro di far uso di questi strumenti finanziari.

3.2.5   Il CESE ritiene che il rispetto delle libertà sia civili che religiose sia un diritto umano fondamentale, che deve essere pienamente tutelato in una regione caratterizzata dalla diversità religiosa e politica. Invita i paesi che non hanno ancora ratificato le convenzioni universali e regionali esistenti e gli accordi sulle libertà politiche, civili e culturali e sui diritti economici e sociali, che sono basati sulla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, a farlo senza indugio.

3.2.6   I media della regione euromediterranea svolgono una funzione essenziale nel trasmettere e diffondere l'esito delle trasformazioni in atto. Il sostegno UE deve essere focalizzato sulle iniziative intese a migliorare la professionalità e l'indipendenza dei media esistenti e a favorire un contesto propizio al pluralismo e alla libertà dei media.

3.3   Rafforzare il ruolo dell'UE nella risoluzione dei conflitti

3.3.1   La persistenza di conflitti protratti nei paesi del nostro vicinato - tanto a Sud che a Est dell'UE - rappresenta una sfida importante sia per l'Unione che per i paesi partner. L'UE ha ammesso che i suoi interventi finora hanno prodotto effetti limitati. Il Trattato di Lisbona ha conferito all'UE un nuovo mandato per la costruzione della pace dotandola di una nuova struttura specifica: ciò costituisce un'importante opportunità per adottare un approccio nuovo.

3.3.2   Il CESE chiede all'UE di sviluppare strategie globali per la prevenzione dei conflitti e la costruzione della pace, in particolare per i paesi del vicinato più immediato, e di impegnarsi per garantire una maggiore coerenza tra l'ampia gamma di programmi e di politiche dell'UE in questo campo.

3.3.3   Il CESE chiede che tutti i progetti di costruzione della pace promuovano e comprendano i principi democratici e che, per valutare i progressi compiuti nella realizzazione delle riforme, si ricorra a sistemi di monitoraggio che prevedano la partecipazione delle organizzazioni della società civile. In questo contesto bisogna prestare maggior attenzione a quei gruppi che, pur esercitando un'influenza sostanziale sulla costruzione della pace, hanno scarsa visibilità. Si tratta soprattutto di gruppi di donne e giovani, sindacati e imprese locali. Occorre inoltre sostenere la volontà di portare avanti le attività economiche nelle zone di conflitto come prova di resistenza, nonché le iniziative promosse dalle organizzazioni sindacali tra cui, ad esempio, le manifestazioni di pace e solidarietà. È necessario infine dedicare particolare attenzione alle categorie più vulnerabili (donne, minori e vittime dei conflitti) e mettere a punto dei programmi mirati per sostenerle.

4.   Rafforzare i canali commerciali

4.1   Oltre a promuovere le relazioni commerciali, uno dei principali obiettivi della DCFTA è conseguire un alto livello di integrazione economica tra l'UE e i paesi partner. Per realizzare la DCFTA e rispettare gli impegni che ne conseguono, i paesi partner devono procedere a una radicale ristrutturazione del loro quadro giuridico ed economico. A tal fine, l'UE dovrebbe fornire loro sostanziali finanziamenti aggiuntivi per consentire loro di raggiungere il livello di sviluppo richiesto per soddisfare i requisiti previsti.

4.2   Il CESE chiede che un capitolo sullo sviluppo sostenibile sia incluso in tutti gli accordi commerciali che l'UE sta negoziando con i paesi partner. A suo avviso, prima dell'avvio dei negoziati è necessario consultare anche la società civile nel quadro delle valutazioni d'impatto sulla sostenibilità. Queste misure contribuiranno a sensibilizzare l'opinione pubblica ai benefici di breve e lungo termine che la DCFTA potrebbe apportare e ad assicurare che l'opinione pubblica faccia proprio questo processo (3).

4.3   Per conseguire questi obiettivi, i futuri accordi sulla DCFTA, alla stregua degli altri accordi, devono prevedere meccanismi di consultazione della società civile, come ad esempio comitati consultivi misti, allo scopo di effettuare un monitoraggio efficace delle modalità di attuazione delle disposizioni in materia di sviluppo sostenibile.

4.4   Per quanto riguarda le norme sociali e le relazioni industriali, il CESE insiste sulla necessità di procedere alla ratifica e alla corretta attuazione delle pertinenti convenzioni dell'OIL.

5.   Verso partenariati regionali efficaci

5.1   L'UE deve trovare il giusto equilibrio tra la dimensione bilaterale e quella regionale delle sue relazioni con i paesi partner e ricercare sinergie tra di esse.

5.2   Si è riconosciuto che i partenariati regionali con i paesi a Est e a Sud dell'Europa hanno contribuito a migliorare ulteriormente le relazioni tra l'UE e i suoi vicini. Tuttavia, va ricordato anche che il partenariato orientale e l'Unione per il Mediterraneo, che integrano la cooperazione Euromed, presentano diverse lacune.

5.3   L'Unione per il Mediterraneo (UpM), che era destinata a integrare le relazioni bilaterali tra l'UE e i paesi partner, finora non ha prodotto i risultati attesi. È pertanto indispensabile procedere a una ridefinizione radicale del suo ruolo e dei suoi obiettivi e far sì che offra un meccanismo permanente per la partecipazione della società civile alle sue iniziative. Il CESE invita a stabilire immediatamente quali saranno il ruolo, i compiti, l'organizzazione e il sistema di finanziamento di questo organismo. Ritiene inoltre che le operazioni dell'UpM debbano essere maggiormente orientate verso la strategia dell'UE nella regione (4).

5.4   In linea generale, la maggior parte dei paesi partner hanno migliorato e intensificato le loro relazioni con l'UE mediante il dialogo su temi come gli accordi di associazione e la zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA), la liberalizzazione dei visti e i partenariati per la mobilità, la cooperazione nel settore della sicurezza dell'approvvigionamento energetico, nonché su una serie di altre questioni. Purtroppo la Bielorussia ha notevolmente limitato i suoi rapporti con l'UE e anche in altri paesi partner, tra cui l'Ucraina, si registra un peggioramento della situazione in materia di libertà democratiche e del contesto per le attività della società civile.

5.5   L'evoluzione della situazione politica nei paesi vicini dell'UE dovrebbe continuare a essere seguita con attenzione e il livello dell'integrazione economica e le relazioni commerciali dovrebbero corrispondere al grado di impegno di tali paesi nella costruzione di una democrazia sostenibile e nel rispetto dei diritti umani.

5.6   A giudizio del CESE, la promozione di una maggiore mobilità, specialmente nel caso dei giovani e degli studenti dei paesi limitrofi, apporterebbe benefici ai paesi partner, andando tra l'altro ad accrescere i contatti interpersonali. Quest'iniziativa andrebbe applicata anche ad artisti, scienziati, ricercatori e uomini e donne d'affari. Oltre a tali misure, bisognerebbe prevedere sistemi per la facilitazione del visto e l'abolizione dei diritti, la possibilità di ottenere visti per ingressi multipli, nonché un impegno costante per sviluppare una gestione integrata delle frontiere, un'adeguata gestione della migrazione, la lotta contro i flussi illegali, normative in materia di asilo e aiuti umanitari per i rifugiati.

6.   Sostenere la società civile nei paesi situati nelle vicinanze dell'UE mediante lo strumento per la società civile e il Fondo europeo per la democrazia

6.1   Il sostegno alle organizzazioni della società civile deve essere globale, credibile, diversificato e adeguato. Da diversi anni il CESE si esprime a favore della partecipazione della società civile all'elaborazione della PEV e al monitoraggio della sua attuazione, di specifici programmi di rafforzamento delle capacità della società civile e di un dialogo più efficace tra i governi e la società civile nei paesi vicini dell'Unione europea (5). Pertanto il CESE approva le tre componenti dello strumento per la società civile.

6.2   L'attuazione di queste componenti richiede una definizione ampia e inclusiva dell'espressione «organizzazione della società civile», come proposto dalla Commissione nella comunicazione sui requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate (6). Risulta di conseguenza cruciale procedere alla mappatura della società civile. Il CESE, con l'ausilio delle sue numerose reti, è disposto a continuare a contribuire alla mappatura degli attori non statali emergenti, nonché alla formazione di reti con le ONG a livello regionale. Non sarà difficile trovare aree di sinergie con il lavoro della Commissione, del Servizio europeo di azione esterna e delle delegazioni dell'UE in queste regioni.

6.3   Inoltre, ci si potrebbe avvalere dell'esperienza delle organizzazioni della società civile europea per definire una serie di programmi di rafforzamento delle capacità. Oltre all'ampio ventaglio di reti di ONG europee, occorre coinvolgere nel progetto i principali attori socioeconomici dell'UE, che potrebbero condividere le loro competenze con le controparti dei paesi partner allo scopo di trasmettere loro le conoscenze delle politiche europee e di sostenere la società civile dei paesi confinanti nell'opera di analisi, promozione e monitoraggio della convergenza con le politiche dell'UE.

6.4   Il CESE accoglie con favore la proposta di intensificare la partecipazione delle organizzazioni della società civile al dialogo settoriale tra l'UE e i paesi partner, dal momento che si tratta di un ambito spesso trascurato in passato. Per quanto riguarda gli attori economici e sociali, particolare attenzione andrebbe dedicata ai programmi volti a sostenere il dialogo sociale settoriale nei paesi beneficiari. Il CESE è disposto a contribuire al rafforzamento del dialogo sociale, e sollecita in questo contesto anche la partecipazione dell'OIL che, a suo avviso, svolge un ruolo cruciale e della Fondazione europea per la formazione professionale che potrebbe organizzare iniziative di formazione sul dialogo settoriale destinate alle parti sociali nei paesi confinanti.

6.5   La terza componente dello strumento per la società civile prevede iniziative di sostegno per i progetti nazionali bilaterali atti a incoraggiare i governi partner a rafforzare la capacità delle organizzazioni della società civile nonché la loro partecipazione alle politiche interne e ai processi decisionali. Il CESE è convinto dell'assoluta necessità di ricorrere a un meccanismo istituzionalizzato di consultazione della società civile e che i consigli economici e sociali costituiscano uno degli strumenti più validi per realizzare questo obiettivo. È tuttavia necessario stabilire una serie di misure precauzionali e di principi fondamentali di buona governance per quei governi che desiderino beneficiare di tale sostegno. Il CESE è disposto a definire una serie di principi da rispettare nella creazione di consigli economici e sociali rappresentativi e istituzioni analoghe.

6.6   Nei paesi confinanti dell'UE esistono già piattaforme regionali delle organizzazioni della società civile: il forum della società civile del partenariato orientale e l'Assemblea Euromed dei consigli economici e sociali e istituzioni analoghe, istituita a seguito di un'iniziativa guidata dal CESE. Il Comitato ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione dei consigli economici e sociali (CES) in molti paesi che si affacciano sul Mediterraneo meridionale. Durante questo processo il CESE ha sollecitato la più ampia rappresentanza possibile, all'interno di questi consigli, di diversi attori non statali. L'esperienza maturata dal CESE nella creazione dei CES come istituzioni per la consultazione della società civile nel quadro dell'elaborazione delle politiche, e il suo sostegno a tale processo potrebbero andare ad aggiungersi alle possibilità di cooperazione previste dallo strumento per la società civile.

6.7   La complessità delle procedure di finanziamento dell'UE spesso esclude dal circuito molti degli attori non statali dotati di maggiori potenzialità, ma anche privi dell'esperienza necessaria per richiedere i fondi. Si tratta di un problema ricorrente in tutti i paesi e nelle regioni che beneficiano dei fondi di cooperazione UE. Uno degli obiettivi dello strumento per la società civile potrebbe essere quello di fornire assistenza a queste organizzazioni sotto forma, ad esempio, di iniziative di formazione organizzate dalle delegazioni UE su come redigere le domande di finanziamento.

6.8   Il CESE è disposto a partecipare alla definizione delle modalità operative del Fondo europeo per la democrazia. A suo avviso, tale strumento, oltre a essere flessibile e in grado di rispondere ad esigenze improvvise, deve sostenere i processi democratici nei paesi vicini dell'Unione europea attraverso misure mirate quali l'appoggio alla creazione di partiti politici e all'emergere di mezzi di comunicazione liberi e di sindacati indipendenti, e in particolare il rafforzamento della partecipazione della società civile a tali processi.

6.9   A giudizio del CESE, il Fondo europeo per la democrazia dovrebbe essere uno strumento basato sulla domanda e non sui progetti, orientato al potenziamento delle capacità, flessibile e trasparente. L'assistenza va fornita in primo luogo alle organizzazioni che non hanno accesso ad altri finanziamenti dell'UE come lo strumento per la società civile, l'EIDRH o il programma per gli attori non statali e gli enti locali. Tale strumento va gestito a livello nazionale con un minimo di formalità burocratiche e di obblighi di informazione, ma va sostenuto da un meccanismo efficiente per la valutazione dei risultati. È inoltre opportuno prevedere la possibilità di intraprendere azioni comuni con altri donatori.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Comunicazione - Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale, COM(2011) 200 definitivo.

(2)  A questo proposito si vedano le raccomandazioni specifiche formulate dal CESE nei recenti pareri: Il contributo della società civile al partenariato orientale, GU C 248 del 25.8.2011, pagg. 37-42; Promuovere la rappresentatività delle società civili nella regione euromediterranea, GU C 376 del 22.12.2011, pagg. 32-37 e La nuova politica estera e di sicurezza dell'UE e il ruolo della società civile, adottato il 27 ottobre 2011 (non ancora pubblicato in GU).

(3)  Parere del CESE sul tema Valutazioni d'impatto sulla sostenibilità (VIS) e politica commerciale UE, GU C 218 del 23.7.2011, pagg. 14-18.

(4)  COM(2011) 200 definitivo.

(5)  Parere del CESE sul tema Partecipazione della società civile al partenariato orientale GU C 277 del 17.11.2009. pagg. 30-36; Parere del CESE sul tema La partecipazione della società civile all'attuazione dei piani d'azione nell'ambito della politica europea di vicinato nei paesi subcaucasici (Armenia, Azerbaigian, Georgia) , GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 37-41.

(6)  Comunicazione della Commissione Verso una cultura di maggiore consultazione e dialogo Principi generali e requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate ad opera della Commissione, COM(2002) 704 definitivo, 11 dicembre 2002, pag. 6.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/94


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione

COM(2011) 634 definitivo — 2008/0183 (COD)

2012/C 43/21

Relatore: SOMVILLE

Il Consiglio, in data 17 ottobre 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione

COM(2011) 634 definitivo — 2008/0183 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 novembre 2011.

Alla sua 476a sessione plenaria, dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta dell'8 dicembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 139 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato accoglie con favore la proposta della Commissione, e in particolare l'ampliamento proposto della base giuridica per l'applicazione del programma europeo di aiuto alimentare agli indigenti nel 2012 e 2013. In questo modo, il programma punterebbe al conseguimento degli obiettivi della PAC rafforzando al tempo stesso la coesione sociale dell'Unione. Tale modifica è ancora più importante se si considera che essa si iscrive negli obiettivi della strategia Europa 2020.

1.2

Il CESE condivide la necessità di proseguire l'attuazione del programma e di continuare a finanziarlo, ai livelli attuali, nel quadro del bilancio della PAC per gli anni 2012 e 2013. La solidarietà nei confronti delle categorie svantaggiate è sempre stata un valore difeso dall'Unione nelle sue diverse politiche, e deve continuare a esserlo.

1.3

A giudizio del CESE, tale sostegno è veramente indispensabile dato che, a seguito della crisi economica e finanziaria, i cittadini che beneficiano di tale programma sono in costante aumento.

1.4

Il CESE, in quanto emanazione della società civile, accoglie con favore la proposta, tanto più che la sua attuazione negli Stati membri è affidata a numerosi volontari, membri di organizzazioni umanitarie, i quali non comprenderebbero i motivi di una riduzione del 75 % delle risorse disponibili per il programma tra il 2011 e il 2012, o addirittura di una sua scomparsa nel 2013 dovuta alla mancanza di scorte di intervento. A giudizio del Comitato, tale programma - finanziato da fondi europei - consente di trasmettere un'immagine positiva dell'Unione ai cittadini europei.

1.5

Inoltre il Comitato accoglie con favore la scelta della Commissione di tenere conto di alcune raccomandazioni formulate nel suo precedente parere del gennaio 2011 (1), come quelle relative al mantenimento del finanziamento al 100 % tramite il bilancio della PAC per gli anni 2012 e 2013 e alla possibilità di rimborsare alcune spese amministrative, di trasporto e di magazzinaggio sostenute dalle organizzazioni umanitarie.

1.6

Il CESE approva la possibilità concessa agli Stati membri di accordare la preferenza ai prodotti originari dell'Unione. In questo modo il sistema non soltanto svolgerà il ruolo di stabilizzatore del mercato interno, ma offrirà anche tutte le garanzie che i prodotti consegnati rispondano agli standard elevati imposti ai produttori europei.

2.   Contesto

2.1

La distribuzione gratuita di alimenti agli indigenti della Comunità ha avuto inizio nel 1986/87, al termine di un inverno particolarmente rigido. I prodotti alimentari, ridistribuiti da associazioni umanitarie nei diversi Stati membri, provenivano da scorte di intervento.

2.2

La scelta di lavorare tramite scorte di intervento, successivamente ufficializzata, ha permesso di puntare a due obiettivi: aiutare gli indigenti dell'Unione e contribuire, al tempo stesso, a ripristinare una certa stabilità dei mercati agricoli.

2.3

Le riforme della PAC che si sono succedute dal 1992 hanno consentito di ridurre notevolmente le scorte di intervento. Tali scorte, inizialmente strutturali, hanno progressivamente assunto un carattere congiunturale. Da qualche anno, ormai, il livello delle scorte non consente più di soddisfare la domanda di assistenza alimentare.

2.4

Già nel 1995, grazie ad un adeguamento del programma, si è riusciti a colmare le carenze di prodotti provenienti dalle scorte di intervento tramite acquisti sul mercato.

2.5

L'allargamento dell'Unione europea ha indotto la Commissione ad adeguare il programma 2009, incrementando la dotazione ad esso destinata.

2.6

Nel 2008, a fronte dell'evoluzione constatata, la Commissione ha lanciato una riflessione sul programma di aiuto alimentare agli indigenti: tale processo ha dato luogo a una proposta di regolamento del Consiglio intesa a conferire un assetto permanente al sistema.

2.7

La proposta apportava una serie di modifiche alle norme esistenti in materia di fonti di approvvigionamento, aumento della gamma di prodotti disponibili, piano di distribuzione triennale, definizione di priorità di intervento da parte degli Stati membri, introduzione progressiva del cofinanziamento, aumento del bilancio disponibile. In sede di Consiglio tale proposta è stata oggetto di una minoranza di blocco.

2.8

Il 17 settembre 2010 la Commissione ha adottato una proposta modificata che, in parte, teneva conto del parere del PE sulla proposta iniziale (adottato in data 26 marzo 2009): aumento del tasso di cofinanziamento; fissazione di un massimale annuo di 500 milioni di euro per gli aiuti apportati dall'UE; possibilità per gli Stati membri di accordare la preferenza ai prodotti alimentari di origine europea.

2.9

Al Consiglio Agricoltura e pesca del 27 settembre 2010 lo scambio di vedute si è concluso con la conferma della minoranza di blocco.

2.10

Il CESE ha adottato un parere su tale proposta modificata in data 20 gennaio 2011 (2).

2.11

In data 13 aprile 2011 la Corte di giustizia dell'UE ha pronunciato una sentenza (Causa T-576/08) relativa ad un ricorso in annullamento presentato dalla Germania in merito al programma 2009 riguardante la fornitura di derrate alimentari provenienti dalle scorte di intervento a favore degli indigenti dell'Unione. L'annullamento riguarda tutti gli acquisti sul mercato, mentre non vengono rimessi in discussione i quantitativi provenienti dalle scorte d'intervento.

2.12

Di conseguenza, per l'esercizio 2012 la Commissione ha previsto un bilancio fortemente ridotto, poiché vengono presi in considerazione soltanto i prodotti provenienti da scorte di intervento.

2.13

Al Consiglio Agricoltura e pesca del 20 settembre 2011 non è stata raggiunta nessuna maggioranza sufficiente riguardo alla proposta del 17 settembre 2010.

2.14

Anche una nuova proposta modificata, datata 3 ottobre 2011 e presentata al Consiglio Agricoltura e pesca del 20 ottobre 2011, si è scontrata con una minoranza di blocco malgrado le integrazioni apportate alla proposta iniziale. È su questa nuova proposta che il CESE è chiamato a pronunciarsi con urgenza.

3.   La proposta della Commissione

3.1

Per oltre vent'anni l'aiuto alimentare per gli indigenti ha avuto origine nelle scorte di intervento. Se in partenza tali scorte erano adeguate, le riforme successive della PAC hanno permesso di ridurle in misura notevole e, da strutturali, sono ridiventate congiunturali.

3.2

L'obiettivo principale della PAC delle origini, ossia l'aumento della produttività, ha progressivamente perso importanza a favore del concetto di sostenibilità dell'attività agricola, il che comprende anche un migliore adeguamento tra l'offerta e la domanda. Questo nuovo orientamento impone di adattare il quadro giuridico del programma di aiuto alimentare.

3.3

I successivi allargamenti, l'aumento dei prezzi delle derrate alimentari e, più di recente, la crisi economica hanno determinato un incremento considerevole del fabbisogno. Il numero di indigenti, infatti, è in aumento costante nell'Unione. Nel 2008 oltre 13 milioni di persone hanno beneficiato di questo programma di assistenza, mentre nel 2010 si è arrivati a oltre 18 milioni nei 20 Stati membri di attuazione del programma.

3.4

A seguito di questi diversi sviluppi, anche se il programma attuale continua a essere basato sulla distribuzione di prodotti provenienti dalle scorte d'intervento europee, è prevista la possibilità di effettuare - in via temporanea - degli acquisti sui mercati per colmare le carenze individuate nelle scorte.

3.5

Nell'aprile 2011 la sentenza della Corte di giustizia dell'UE ha annullato le disposizioni del piano di distribuzione per il 2009, il quale prevedeva l'acquisto di derrate sui mercati poiché in quel momento le scorte erano ridotte.

3.6

A seguito di tale sentenza la Commissione, nel regolamento di esecuzione, ha stabilito che per il programma 2012 si possa attingere esclusivamente dalle scorte di intervento. In pratica, con una dotazione di 113 milioni di euro, il programma 2012 disporrà di un bilancio pari a un quarto di quello degli anni precedenti.

3.7

Nella proposta in esame la Commissione tiene conto della risoluzione del Parlamento europeo del 7 luglio 2011, in cui viene chiesto alla Commissione e al Consiglio di mettere a punto una soluzione provvisoria per gli anni restanti dell'attuale quadro finanziario pluriennale, al fine di evitare una netta diminuzione degli aiuti alimentari e garantire che le persone dipendenti dagli aiuti non si ritrovino in condizioni di povertà alimentare.

3.8

Tale nuova proposta della Commissione si basa su una duplice base giuridica, poiché fa riferimento non soltanto agli articoli del Trattato relativi alla PAC ma anche a quello riguardante la coesione economica e sociale.

3.9

La proposta riprende diversi elementi già presenti in quella del 2010, come ad esempio la possibilità, per gli Stati membri, di accordare la preferenza ai prodotti originari dell'Unione oppure di rimborsare alcune spese amministrative, di trasporto e di magazzinaggio attualmente sostenute dagli organismi designati. Tutto questo, beninteso, nei limiti delle risorse disponibili.

3.10

L'introduzione del cofinanziamento, figurante nella proposta iniziale del 2008 e confermata in quella del 2010, non figura più nella nuova proposta. Quest'ultima propone infatti di mantenere il tasso di finanziamento al 100 % a carico del bilancio UE attualmente applicabile al programma. Viene mantenuto anche il massimale annuo di 500 milioni di euro per il contributo finanziario dell'Unione.

4.   Osservazioni generali

4.1

Come ha ricordato il CESE nel suo precedente parere, «il programma per gli indigenti si svolge in 20 Stati membri (…) la distribuzione di derrate alimentari ai beneficiari avviene in collaborazione e con l'aiuto delle ONG.»

4.2

Queste organizzazioni impiegano un gran numero di volontari, ai quali è difficile far capire che, in assenza di un rapido accordo a livello europeo, la loro attività umanitaria si ridurrebbe al 25 % rispetto agli anni precedenti, mentre la necessità di interventi sul campo non è mai stata così forte.

4.3

Le riforme della PAC che si sono succedute dal 1992 hanno fatto sì che le scorte d'intervento riprendessero progressivamente la loro funzione di strumento congiunturale. In futuro l'esito di tali riforme, associato alle prospettive di mercato, dovrebbe dare luogo a scorte limitate, se non addirittura inesistenti in certi periodi a seconda dei prodotti.

4.4

A tale proposito, al fine di porre rimedio all'insufficienza delle scorte, il CESE reputa essenziale che venga presentata al più presto una proposta che consenta agli Stati membri di effettuare acquisti sui mercati per integrare le scorte di intervento. Tale facoltà è ancora più importante, ad avviso del Comitato, a fronte del sempre maggior numero di persone che richiedono l'aiuto alimentare in questione.

4.5

A giudizio del CESE, per evitare una riduzione drastica degli alimenti disponibili nel quadro del programma fino al 2014, anno in cui sono attese delle nuove disposizioni per il quadro finanziario pluriennale 2014-2020, è urgente che l'auspicio formulato al punto 4.4 venga rapidamente realizzato.

4.6

Il CESE, che rappresenta la società civile europea nella sua diversità, non riesce a comprendere come l'UE possa ridurre il sostegno a favore degli indigenti specialmente in questo periodo di crisi economica e finanziaria. Si rammenta che il numero di beneficiari del programma era pari a 13 milioni di persone in 18 Stati membri dell'UE nel 2008 e che questo dato ha superato i 18 milioni nel 2010.

4.7

In tale contesto il CESE esprime soddisfazione poiché, nonostante il Consiglio Agricoltura e pesca del 20 ottobre 2011 non abbia raggiunto un consenso su questo punto, la presidenza polacca intende proseguire gli sforzi per trovare una soluzione atta ad scongiurare la riduzione del 75 % dei finanziamenti destinati al programma per il 2012 e il rischio della cancellazione di tale programma nel 2013 dovuta alla mancanza di scorte di intervento sufficienti in quel momento.

4.8

Il CESE esprime grande soddisfazione poiché la proposta, valida - lo ricordiamo - soltanto per il 2012 e 2013, è ormai fondata su una duplice base giuridica: viene infatti stabilito che il programma non è inteso soltanto a realizzare gli obiettivi della PAC, tra cui la garanzia della sicurezza alimentare della popolazione, ma anche a rafforzare la coesione sociale dell'Unione.

4.9

Questi ambiti rientrano appieno nella strategia Europa 2020. Per quanto concerne la coesione sociale, il CESE rammenta il capitolo della strategia dedicato alla lotta contro la povertà. Il diritto a un'alimentazione sufficiente ed equilibrata è alla base di ogni programma di lotta contro l'esclusione.

4.10

Il CESE si compiace che la Commissione abbia reiterato la proposta di consentire il rimborso di talune spese amministrative, di trasporto e magazzinaggio a carico degli organismi designati. Richiama l'attenzione, tuttavia, sul fatto che questo rimborso sarà dedotto dalla dotazione finanziaria disponibile per l'attuazione del programma.

4.11

Come il Parlamento europeo, anche il CESE approva la possibilità concessa agli Stati membri di accordare la preferenza ai prodotti originari dell'Unione nel quadro delle gare d'appalto. Poiché questo sistema di aiuto si prefigge un obiettivo tanto sociale che economico, esso contribuisce alla stabilizzazione del mercato interno; d'altra parte, sarebbe inopportuno che i prodotti destinati al programma non offrissero le garanzie necessarie in materia di rispetto degli standard elevati imposti ai produttori europei.

4.12

Per quanto riguarda il cofinanziamento, il CESE nota con soddisfazione che, contrariamente a quanto stabilito nella precedente proposta di modifica, è stato mantenuto il finanziamento del programma al 100 % dal bilancio UE. Ciò è in linea con una raccomandazione formulata dal CESE nel suo precedente parere. Questo aspetto è ancora più importante se si considera che, con l'attuale crisi economica e finanziaria, alcuni Stati membri, che dispongono di capacità finanziarie più limitate, correrebbero il rischio di non poter cofinanziare il programma se le percentuali proposte nella precedente versione fossero state confermate.

Bruxelles, 8 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 49.

(2)  GU C 84 del 17.3.2011, pag. 49.


15.2.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 43/98


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo

COM(2011) 566 definitivo — 2011/0243 (COD)

2012/C 43/22

Il Parlamento europeo, in data 29 settembre 2011 ed il Consiglio, in data 18 ottobre 2011, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 100, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo (rifusione)

COM(2011) 566 definitivo — 2011/0243 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 476a sessione plenaria dei giorni 7 e 8 dicembre 2011 (seduta del 7 dicembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 177 voti favorevoli e 11 astensioni.

Bruxelles, 7 dicembre 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON