ISSN 1725-2466

doi:10.3000/17252466.C_2011.084.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 84

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

54o anno
17 marzo 2011


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

III   Atti preparatori

 

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

 

468a sessione plenaria del 19 e 20 gennaio 2011

2011/C 084/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde della Commissione sulle opzioni possibili in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese — COM(2010) 348 definitivo

1

2011/C 084/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2009 — COM(2010) 282 definitivo

7

2011/C 084/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Il governo societario negli istituti finanziari e le politiche di remunerazione — COM(2010) 284 definitivo

13

2011/C 084/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione Verso un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo all'orizzonte 2020 — COM(2010) 355 definitivo

19

2011/C 084/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di esplosivi — COM(2010) 473 definitivo — 2010/0246 (COD)

25

2011/C 084/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio — Regolamento (UE) n. … /2010 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli e alla vigilanza del mercato — COM(2010) 542 definitivo — 2010/0271 (COD)

30

2011/C 084/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle vendite allo scoperto e ai credit default swap — COM(2010) 482 definitivo — 2010/0251 (COD)

34

2011/C 084/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa — COM(2010) 365 definitivo

38

2011/C 084/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana — COM(2010) 490 definitivo

45

2011/C 084/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1288/2009 del Consiglio che istituisce misure tecniche transitorie dal 1o gennaio 2010 al 30 giugno 2011 — COM(2010) 488 definitivo — 2010/0255 (COD)

47

2011/C 084/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti del Consiglio (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione — COM(2010) 486 definitivo — 2008/0183 (COD)

49

2011/C 084/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta modificata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato — COM(2010) 641 definitivo — 2007/0206 (CNS)

53

2011/C 084/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente — COM(2010) 610 definitivo — 2010/0302 (COD)

54

2011/C 084/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina — COM(2010) 635 definitivo — 2010/0309 (COD)

55

IT

 


III Atti preparatori

COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

468a sessione plenaria del 19 e 20 gennaio 2011

17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde della Commissione sulle opzioni possibili in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese»

COM(2010) 348 definitivo

2011/C 84/01

Relatore: PEZZINI

La Commissione europea, in data 1o luglio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde della Commissione sulle opzioni possibili in vista di un diritto europeo dei contratti per i consumatori e le imprese

COM(2010) 348 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 148 voti favorevoli, 5 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide il punto di vista della Commissione secondo il quale occorre procedere al completamento del mercato interno europeo anche dal punto di vista del diritto contrattuale europeo e riconosce l'importanza dei lavori effettuati dagli accademici sul quadro comune di riferimento, del quale occorrerebbe poter approfittare sul piano pratico.

1.2   Tra le diverse opzioni proposte dalla Commissione, il CESE privilegia una soluzione mista che tiene conto dell'importanza di assicurare riduzioni di costi e certezza giuridica e che prevede:

una «cassetta degli attrezzi» (in prosieguo: «strumentario») quale quadro comune di riferimento, offerto alle parti nella formulazione di contratti transnazionali, accompagnata da

un regime regolamentare opzionale, che stabilisca le basi di maggior favore per le parti, attraverso «un nuovo regime facoltativo avanzato» cui fare ricorso, nell'ambito delle relazioni contrattuali transnazionali, in alternativa alle discipline nazionali, purché, sia la «cassetta», sia il regime, siano disponibili in tutte le lingue comunitarie e assicurino la certezza del diritto sulla base delle formule di tutela più avanzate per i cittadini e le imprese. Tale regime non deve impedire a nessuno Stato membro di mantenere o adottare misure protettive più severe a favore dei consumatori.

1.3   Il Comitato ritiene che tali obiettivi debbano essere raggiunti per gradi, incominciando dai contratti di vendita transnazionali commerciali di merci (B2B), quali realizzazioni pilota, utili per verificare la coesistenza tra i regimi e la loro applicazione concreta.

1.4   Il CESE ritiene che lo strumentario offerto dal quadro comune di riferimento potrebbe contribuire ad assicurare la coerenza complessiva del diritto europeo dei contratti, a ridurre gli ostacoli commerciali ed a promuovere la concorrenza nel mercato interno.

1.5   D'altra parte, secondo il CESE, l'inserimento nel corpus di diritto europeo e nei diritti nazionali di «un nuovo regime opzionale avanzato», attraverso un regolamento comunitario, dovrebbe garantire onnicomprensività, chiarezza applicativa e certezza del diritto ai contraenti che ne facciano ricorso, per transazioni transnazionali commerciali.

1.6   Gli ambiti di applicazione dei due nuovi strumenti - lo «strumentario comune» e il «nuovo regime regolamentare opzionale avanzato» - dovrebbero ricomprendere i contratti transnazionali commerciali di vendita di merci (B2B). Il diritto dei contratti di lavoro e il diritto dei contratti in materia di sicurezza sociale sono esclusi dall'ambito di applicazione dei nuovi strumenti.

1.7   Il Comitato sostiene la libertà di concludere contratti e di negoziare liberamente le condizioni contrattuali. Per i contratti Business to Consumer (B2C) e per le PMI occorre assicurare il più alto livello di protezione effettiva, oltre a certezze giuridiche e di tutela dei consumatori.

1.8   Il Comitato ritiene che, prima di procedere ad eventuali estensioni dei due nuovi strumenti ad altre tipologie differenti dei contratti transnazionali di vendita di merci la Commissione debba procedere, dopo una vigenza pluriennale effettiva dei due strumenti, ad una valutazione d'impatto degli strumenti sul mercato interno e considerare il valore aggiunto europeo acquisito, in termini di costi e vantaggi per gli operatori economici ed i consumatori.

1.9   Il CESE ritiene fondamentale che la Commissione identifichi quanto prima gli ostacoli di costi di transazione e d'incertezza giuridica, che si frappongono alla piena fruizione dei vantaggi e delle opportunità del mercato unico, specie da parte delle piccole e medie imprese, ossia del 99 % delle imprese dell'UE e dei consumatori.

1.10   Il CESE chiede alla Commissione di procedere ad una valutazione d'impatto dei mezzi disponibili nel mercato unico e a un esame del valore aggiunto europeo, in termini di costi e sui vantaggi per gli operatori economici e i consumatori, con questo nuovo sistema legislativo.

1.11   Il Comitato chiede ugualmente che la Commissione avvii, sin d'ora, iniziative di formazione ed informazione sui nuovi strumenti giuridici posti in essere, sia in termini di dottrina e di prassi giuridica, per tutti gli operatori del diritto, per il mondo accademico, e per gli utenti finali dei nuovi strumenti.

1.12   Il Comitato chiede di essere maggiormente associato, come osservatore, ai lavori dei gruppi di esperti posti in essere dalla Commissione, così come avviene con il Parlamento europeo, al fine di poter approfondire lo sviluppo delle iniziative, in particolare per quanto attiene al quadro comune di riferimento per il diritto contrattuale europeo e al seguito dato ai risultati della consultazione pubblica attualmente in essere.

2.   Introduzione

2.1   Il mercato interno si regge su una moltitudine di contratti, che rispondono a discipline nazionali diverse. Nondimeno la diversità dei singoli diritti nazionali dei contratti può:

comportare costi di transazione aggiuntivi,

essere fonte di incertezza giuridica per le imprese,

minare la fiducia dei consumatori nel mercato interno,

erigere barriere commerciali.

2.1.1   Il Trattato di Lisbona agevola l'azione, a livello europeo, nel campo della cooperazione giudiziaria e della tutela dei consumatori in materia civile, grazie:

agli articoli 12, 38, 164, 168 del Trattato ed all'art. 169, paragrafo 4, che garantisce la prevalenza di norme nazionali, qualora più vantaggiose per i consumatori,

alla generalizzazione dell'applicazione del metodo comunitario (1),

all'approvazione a maggioranza qualificata delle proposte avanzate dalla Commissione,

al rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo,

al maggior coinvolgimento democratico da parte dei parlamenti nazionali,

a un miglior controllo della legalità da parte della Corte di giustizia.

2.1.2   Per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e per rafforzare la cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale, l'Unione può adottare norme minime comuni, secondo il Programma di Stoccolma: Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini.

2.1.3   Le imprese e i cittadini si scontrano quotidianamente con le strozzature che ostacolano tuttora le attività transnazionali, nonostante l'esistenza giuridica del mercato unico, e si rendono conto che l'interconnessione delle reti è insufficiente e che l'applicazione delle regole del mercato unico rimane disomogenea.

2.1.4   Per eliminare le strozzature esistenti nel mercato unico, occorrerebbe, secondo la Commissione (2):

«accelerare l'attuazione del programma “Regolamentazione intelligente”, anche valutando la possibilità di un più ampio uso dei regolamenti, anziché delle direttive,

agevolare e rendere meno onerosa, per le imprese e per i consumatori, la conclusione di contratti con partner di altri paesi dell'UE, offrendo soluzioni armonizzate per i contratti stipulati con i consumatori, introducendo clausole contrattuali tipo,

agevolare e rendere più efficiente e meno onerosa l'applicazione dei contratti per le imprese e per i consumatori e riconoscere le sentenze e i documenti emessi da giudici di altri paesi dell'UE».

2.1.5   La creazione di uno strumento opzionale di diritto dei contratti è inoltre una delle azioni chiave dell'Agenda digitale europea, presentata dalla CE il 19 maggio 2010.

2.1.6   Già nel 2001 la Commissione aveva avviato un dibattito sul diritto europeo dei contratti, coinvolgendo il Parlamento europeo, il Consiglio e le diverse parti interessate: imprese, operatori del diritto, accademici e associazioni dei consumatori.

2.1.7   Il Parlamento europeo ha adottato una serie di risoluzioni, sulla possibile armonizzazione del diritto privato sostanziale. Nel 1989 e nel 1994, il Parlamento europeo ha espresso l'auspicio che si cominciasse a lavorare sulla possibilità di redigere un Codice comune europeo di diritto privato.

2.1.8   Il Parlamento ha avuto modo di sottolineare che l'armonizzazione di taluni settori del diritto privato è essenziale per il completamento del mercato interno, e che l'unificazione di importanti branche del diritto privato, sotto forma di un Codice civile europeo, sarebbe stato il modo più efficace per effettuare l'armonizzazione.

2.1.9   Il CESE aveva già indicato, nel suo parere del 2002, che: «L'elaborazione di un diritto contrattuale europeo uniforme e generale, per esempio sotto forma di un regolamento, soluzione che il Comitato considera preferibile al fine di evitare le divergenze, potrebbe richiedere studi complementari e tempi più lunghi, ma dovrebbe basarsi sui lavori già effettuati dalle diverse commissioni e istituzioni sopra citate e sulle regole e le pratiche internazionali in vigore» (3).

2.1.10   In un altro successivo parere del 2010 il CESE ha sottolineato che: «La rete sui “principi comuni di diritto contrattuale europeo” (rete CoPECL) ha recentemente portato a termine il suo progetto di quadro comune di riferimento e lo ha presentato alla Commissione europea. Chiaramente, tali norme forniscono al legislatore europeo un modello che esso potrebbe utilizzare nell'adottare uno strumento facoltativo, come raccomandato dalla commissaria europea REDING (4)».

2.1.11   Allo stesso modo, il CESE ha sottolineato che il progetto di quadro comune di riferimento (PQCR), che copre il diritto contrattuale generale, non è in effetti concepito come uno strumento facoltativo. Tuttavia, nell'introduzione gli autori segnalano che esso potrebbe essere utilizzato come «base per uno o più strumenti facoltativi». Secondo il CESE, «tale proposta potrebbe anche essere attuata in modo restrittivo, introducendo le disposizioni generali del PQCR in uno strumento facoltativo che si applichi soltanto ad alcuni ambiti specifici del diritto contrattuale. In tal modo si contribuirebbe a evitare le lacune normative che verrebbero inevitabilmente a crearsi se fossero adottate soltanto le disposizioni relative a particolari tipi di contratto».

3.   Il nuovo Libro verde della CE

3.1   Nel Libro verde, la Commissione propone diversi approcci, per aumentare le coerenza del diritto dei contratti. Tra le opzioni strategiche si annoverano:

la pubblicazione su Internet di norme contrattuali tipo (non vincolanti) che potrebbero essere impiegate all'interno del mercato unico europeo,

uno «strumentario» (vincolante o non vincolante) di cui possono disporre i legislatori dell'UE nell'adottare nuovi atti legislativi, che garantisce norme migliori e più coerenti,

una raccomandazione sul diritto dei contratti, che solleciti gli Stati membri a introdurre il diritto europeo dei contratti nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali, in parte sulla scorta del modello degli Stati Uniti, dove tutti e 50 gli Stati federati, salvo uno, hanno adottato volontariamente il codice commerciale uniforme,

un diritto europeo dei contratti facoltativo o «28o regime» che i consumatori e le imprese potrebbero liberamente scegliere, nell'ambito delle relazioni contrattuali. Questa legge facoltativa rappresenterebbe un'alternativa alle discipline nazionali esistenti e sarebbe disponibile in tutte le lingue; potrebbe applicarsi ai soli contratti transnazionali o estendersi anche ai contratti nazionali; dovrebbe garantire un livello elevato di protezione dei consumatori e assicurare la certezza del diritto per tutto il ciclo di vita del contratto,

l'armonizzazione dei diritti nazionali dei contratti mediante una direttiva UE,

la piena armonizzazione dei diritti nazionali dei contratti, mediante un regolamento UE,

la creazione di un vero e proprio codice civile europeo, in sostituzione di tutte le norme nazionali sui contratti.

3.2   Il PE ha appoggiato l'idea di un diritto dei contratti europeo in una risoluzione del 25 novembre 2009. Anche Mario MONTI, ex commissario per il Mercato interno e la concorrenza, ha individuato, nel suo Rapporto sul mercato unico, del 9 maggio 2010, i vantaggi che un «28o regime» opzionale avrebbe potuto apportare ai consumatori e alle imprese (5).

3.3   La Commissione ha tenuto, il 7 settembre 2010, la prima riunione sul diritto europeo dei contratti a cui hanno partecipato gruppi di imprese, di consumatori e di professionisti nel campo legale.

3.4   La Commissione ha anche costituito un gruppo di esperti, al quale partecipa anche il PE con osservatori, per convertire il cosiddetto «Progetto di quadro comune di riferimento» (6) - un primo progetto di diritto europeo dei contratti, sviluppato negli ultimi anni, nell'ambito del 6PQ di RSTD dell'UE.

3.5   La Commissione ha lanciato una consultazione pubblica sul documento strategico, con chiusura a fine gennaio 2011.

4.   Osservazioni generali

4.1   Il mercato unico dell'Unione europea si fonda sui diritti dei contratti. Il CESE è profondamente preoccupato per il fatto che, malgrado gli sforzi di completamento del mercato unico, le imprese, specialmente le piccole e medie, hanno difficoltà a vendere all'estero, poiché, in ciascuno dei 27 Stati membri, devono conformarsi a un diritto dei contratti diverso. Soltanto l'8 % dei consumatori acquista on line da un altro Stato membro.

4.2   Attualmente, la coesistenza di normative diverse comporta costi di transazione più elevati per le imprese. In particolare le piccole imprese non riescono a sfruttare le economie di scala nel mercato unico dell'UE. I consumatori ne risentono, perché, diminuendo le vendite transnazionali, la scelta si riduce e i prezzi aumentano.

4.3   Inoltre, il 61 % delle vendite transnazionali non va a buon fine, perché i commercianti rifiutano di servire il paese del consumatore. Ciò è principalmente dovuto agli ostacoli normativi e all'incertezza delle norme applicabili.

4.4   Per risolvere alcuni di questi problemi e aumentare il potenziale del mercato unico europeo, occorre garantire alle imprese, specie di minore dimensione, maggiore certezza giuridica e ai consumatori norme più semplici e di più elevata tutela.

4.5   Il CESE ritiene che la Commissione debba fare di più in materia ed andare oltre le misure di cooperazione giudiziaria, in materia civile, che sono necessarie, ma non sufficienti, per il buon funzionamento del mercato interno.

4.6   Il dibattito proposto dalla Commissione è pertinente, alla luce dell'esperienza acquisita nel mercato unico europeo, con una moltitudine di contratti, che rispondono a discipline nazionali diverse, con costi di transazione aggiuntivi che, secondo studi recenti, ammontano mediamente intorno ai 15 mila euro (7).

4.7   I consumatori e le imprese si scontrano con ostacoli non indifferenti quando cercano di trarre vantaggio dal mercato unico. I costi di transazione (per adattare le clausole contrattuali e le politiche commerciali o per far tradurre le norme) e l'incertezza giuridica rendono assai difficile l'espansione sul mercato unico delle piccole e medie imprese così come una protezione elevata dei consumatori.

4.8   La coerenza del diritto dei contratti, che potrebbe configurarsi come diritto opzionale (anche denominato «28o regime») potrebbe essere estremamente utile. In vari documenti, la Commissione e il PE hanno iniziato a fare riferimento alla possibilità di ricorrere al meccanismo denominato «28o regime», soprattutto in ambiti importanti, per i quali l'auspicata piena armonizzazione non sarebbe stata facile o anche solo realizzabile.

4.8.1   A parte l'iniziativa lanciata dal CESE, con il parere di iniziativa sul tema Il contratto di assicurazione europeo  (8), e portata avanti dal gruppo di progetto per la ridefinizione (restatement) del diritto contrattuale assicurativo europeo, con la recente pubblicazione dei «Principi di diritto contrattuale assicurativo europeo» (Principles of European Insurance Contract Law - PEICL), solo in alcune occasioni il legislatore europeo ha adottato un approccio di questo tipo, nel settore del diritto societario, del diritto della proprietà intellettuale e del diritto internazionale.

4.9   L'introduzione di condizioni contrattuali standard potrebbe giovare a tutti i contraenti a condizione che:

vengano poste in essere le massime garanzie per salvaguardare le parti contraenti più deboli e che l'elaborazione delle condizioni standard prenda le mosse dal livello più elevato possibile di tutela,

si assicuri la partecipazione attiva delle parti sociali e di tutti i rappresentanti della società civile - specie delle organizzazioni dei consumatori e delle PMI - ai negoziati per la creazione di condizioni contrattuali standard,

le condizioni contrattuali siano conformi alla direttiva sulle clausole abusive e alla direttiva sul rispetto dei termini di pagamento nelle transazioni commerciali, dando piena attuazione allo Small Business Act (SBA),

sia comunque garantita la libertà contrattuale, ad es. con contratti standard raccomandati,

l'accesso alla giustizia non venga limitato,

le condizioni contrattuali standard vengano monitorate e riesaminate a determinati intervalli di tempo.

4.10   Secondo il CESE occorre procedere per gradi, incominciando dai contratti di vendita transnazionali di beni di natura commerciale, quali realizzazioni pilota, utili per verificare la coesistenza tra i regimi e la loro applicazione effettiva da parte delle parti interessate e permettere effettive valutazioni di impatto.

4.11   Importanza rivestono in particolare le varie definizioni di diritto sostanziale:

persone giuridiche.

Definizioni di consumatore e professionista.

Clausole vessatorie.

Obbligo di pre-informazione contrattuale in materia di beni e servizi.

Obbligo di informazioni in caso di conclusione di un contratto con un contraente che sia in situazione svantaggiata.

Ricorsi in caso di inadempimento dell'obbligo di informazioni.

Fornitura - Tempo della fornitura - Collegamento con il trasferimento del rischio.

Tempi e modalità della valutazione di conformità e gerarchia dei mezzi di ricorso in caso di mancata conformità.

Situazioni di possibile rottura del contratto.

Notifica al venditore di difetti scoperti o che avrebbero dovuto essere scoperti dall'acquirente.

Diritto di recesso: campo di applicazione; esercizio del diritto di recesso; tempi di riflessione e limiti del tempo di recesso.

La nozione di responsabilità oggettiva.

L'inserimento della nozione di lucro cessante e danno emergente.

Responsabilità dei produttori e onere della prova.

Commercio elettronico (e-commerce).

4.12   Il CESE potrebbe suggerire una combinazione di misure normative e non normative:

accrescere la coerenza dell'acquis comunitario, nel campo del diritto contrattuale,

promuovere l'elaborazione di clausole contrattuali standard applicabili nell'insieme dell'Unione,

esaminare ulteriormente se i problemi legati al diritto contrattuale europeo non richiedano soluzioni specifiche non settoriali.

4.13   Secondo il CESE, il diritto contrattuale volontario europeo dovrebbe poter coesistere in maniera parallela ai diritti contrattuali nazionali, garantendo termini e condizioni standard, e con «opzione» di ricorso anche al 28o regime.

4.14   In ogni caso, l'applicazione della Convenzione di Roma (9) si trova di fronte a numerose sfide, con la nascita di nuove problematiche (come l'e-contraente e la sua influenza sulla normativa in materia del contratto) e con lo sviluppo di nuove questioni giuridiche.

4.15   Quanto all'ambito di applicazione dello «strumentario comune» di diritto contrattuale volontario europeo e del «nuovo regime regolamentare opzionale avanzato», il CESE ritiene che si dovrebbe incominciare con un progetto pilota di applicazione in campo commerciale, limitato ai contratti transnazionali di vendita di merci.

4.16   Il CESE ritiene che debba essere assicurata una maggiore coerenza tra normative orizzontali e verticali con particolare riguardo alla necessità di trasparenza, chiarezza e semplicità, non solo per gli operatori del diritto e sulle loro capacità di recepimento dei nuovi orientamenti, ma anche e soprattutto per l'impresa minore ed il consumatore medio, sui quali la complessità e l'opacità giuridica si riverbera in termini di maggiori costi e tempi.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Il metodo comunitario si basa sul presupposto che l'interesse generale dei cittadini si difenda meglio quando le istituzioni comunitarie svolgono appieno il loro ruolo nel processo decisionale, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

(2)  Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010) 2020 definitivo).

(3)  GU C 241 del 7.10.2002, pag. 1.

(4)  GU C 21 del 21.01.2011, pag. 26.

(5)  GU C 21 del 21.01.2011, pag. 26.

(6)  Il quadro comune di riferimento (QCR) è un progetto a lungo termine che mira a fornire alle istituzioni legislative dell'UE (Commissione, Consiglio e Parlamento europeo) uno strumento o una guida da utilizzare per la revisione della normativa esistente e l'elaborazione di quella futura in materia di diritto dei contratti. Tale strumento potrebbe contenere principi fondamentali di diritto dei contratti, definizioni di concetti chiave e disposizioni tipo. Nell'ambito del Sesto programma quadro la DG Ricerca ha costituito, nell'area Scienze sociali e umanistiche, la rete di eccellenza sui principi uniformi di diritto contrattuale europeo (Common Principles of European Contract Law - CoPECL), composta da oltre 150 ricercatori nonché da molteplici istituzioni e organizzazioni operanti in tutti gli Stati membri dell'UE nel campo del diritto privato europeo. Il prodotto finale dei lavori della rete, svoltisi dal 2005 al 2009, è appunto il testo intitolato «Progetto di quadro comune di riferimento».

(7)  http://www.europe.org.

(8)  GU C 157 del 28.6.2005, pag. 1.

(9)  Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Roma, 19 giugno 1980.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/7


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Relazione della Commissione — Relazione sulla politica di concorrenza 2009»

COM(2010) 282 definitivo

2011/C 84/02

Relatore: CHIRIACO

La Commissione europea, in data 3 giugno 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione - Relazione sulla politica di concorrenza 2009

COM(2010) 282 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 154 voti favorevoli, 2 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Nel 2009 la politica per la concorrenza è stata pesantemente influenzata dalla crisi economica internazionale e dalla gestione delle sue ricadute.

1.2   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) auspica la massima sinergia, oltre che tra strategia 2020 e strategia per lo sviluppo sostenibile (1), come già suggerito in precedenza (2), anche fra queste e la politica di concorrenza allo scopo di evitare sovrapposizioni o, peggio, contrapposizioni tra gli interventi.

1.3   Il Comitato torna a sottolineare il rischio che in questo frangente economico si determinino squilibri sistematici, con particolare riferimento ai servizi finanziari, con effetti negativi sulla concorrenza a vantaggio dei comportamenti nocivi. Anche se, come è stato evidenziato (3), la Commissione non può farsi carico della gestione di tutti gli aspetti legati alla crisi economica, le si chiede di affiancare l'operato delle autorità preposte, in particolare la Banca centrale europea e le altre autorità garanti, attraverso una politica comunitaria di indirizzo e vigilanza.

1.4   Quanto affermato è tanto più necessario durante l'attuale fase di revisione dell'Accordo di Basilea  (4). Se da un lato tale revisione aumenta i requisiti di garanzia che le banche devono soddisfare allo scopo di contenere il pericolo di nuove crisi finanziarie dovute alla mancanza di liquidità, dall'altro, le nuove regole renderebbero l'accesso al credito per le imprese più difficoltoso, rischiando, in questo modo, di trasferire il rischio dai mercati finanziari all'economia reale. La stessa revisione, inoltre, potrebbe sfavorire le banche europee rispetto a quelle statunitensi, causando un calo dei profitti e un incremento della concorrenza negli investimenti a rischio.

1.5   Si sostiene altresì la Commissione nel proseguire la sua opera di monitoraggio dei piani nazionali di ripresa economica in modo da fornire una panoramica sullo stato di implementazione dei singoli programmi, elencare gli strumenti disponibili per accelerare il progresso di tali misure e verificare che il coordinamento stia funzionando correttamente (5).

1.6   In relazione al rischio di shock obbligazionari che deriva dall'entità del debito, in particolare in paesi come Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, si evidenzia la possibilità di speculazioni a danno dei mercati delle materie prime. A questo proposito si invita la Commissione a prestare attenzione ai problemi che ciò comporterebbe in termini di prezzi e salari, in particolare per le PMI, e ad agire di conseguenza.

1.7   Si propone la pubblicazione periodica di un rapporto di monitoraggio degli aiuti di Stato, che offra un quadro dettagliato dello stato di realizzazione degli interventi, quantificandone le ricadute sui mercati con l'obiettivo di predisporre un piano di valorizzazione del settore industriale necessario per la ripresa economica dell'UE, attraverso il rafforzamento delle imprese, in particolare le PMI, e dei relativi livelli occupazionali.

1.8   Il CESE (6) ha già espresso preoccupazione circa le possibili conseguenze dell'interazione tra il sistema di diritti di proprietà industriale e le politiche di concorrenza. Si raccomanda quindi che per il 2010 la politica europea per la concorrenza tenga conto, anche in questo campo, dell'applicazione di condizioni eque e non discriminatorie e che si incoraggi l'acquisizione di diritti di proprietà industriale, in particolare da parte delle piccole e medie imprese, la cui difficoltà è riconosciuta in maniera condivisa dal CESE e dalla Commissione. In particolare, e in relazione alla proposta della Commissione europea relativa al regolamento in materia di regime linguistico per il brevetto UE, nonché alla richiesta di alcuni Stati membri di dare il via a una cooperazione rafforzata, il CESE raccomanda di cercare una formula in grado di promuovere una maggiore competitività, l'innovazione e il rafforzamento del mercato interno a parità di condizioni. A tal fine, nel brevetto UE non dovrebbe esserci discriminazione nei confronti di determinati operatori economici e Stati, dal momento che questo creerebbe degli svantaggi competitivi.

1.9   Il CESE ritiene che il mercato del settore agricolo debba essere fortemente integrato con il complesso di tutte le altre politiche dell'UE a partire dalla politica di concorrenza.

1.10   Per quanto riguarda il settore energetico, si registra forte insoddisfazione dei consumatori di diversi Stati membri relativamente al mercato di elettricità e gas. I prezzi elevati e la scarsa qualità dei servizi comportano direttamente maggiori costi per consumatori e imprese con evidente distorsione della concorrenza.

1.11   Nel rispetto del principio di neutralità tecnologica è necessario accrescere il livello di conoscenze e competenze dei gestori e degli utenti finali dei servizi di comunicazione elettronica perché la tecnologia abbia un impatto positivo sullo sviluppo economico, anche nell'ottica di recepire al meglio i principi dell'Agenda digitale (7).

1.12   Il CESE sottoscrive la definizione di diritto all'informazione come l'unione di libertà di informazione, diritto di informare e diritto ad essere informati (8). Ne consegue che un'informazione pluralista non possa in alcun modo essere omissiva, guidata o sorvegliata. La Commissione potrebbe assumere un atteggiamento non solo repressivo, nei confronti delle aziende che limitano il pluralismo a scapito della libera concorrenza, ma anche massimamente propositivo nel promuovere la libertà di informazione.

1.13   Il CESE è dell'opinione che, dopo la decisione di aprire totalmente alla concorrenza il mercato postale a partire dal 1o gennaio 2011, la crisi economica abbia messo in pericolo in modo definitivo l'equilibrio finanziario degli operatori postali storici incaricati di assicurare i servizi di interesse generale. Per far sì che questi operatori possano svolgere fino in fondo i compiti loro affidati e mantenere il livello e la qualità dell'occupazione nel settore, il CESE chiede alle istituzioni europee di istituire un sistema di sostegno che tenga conto della nuova situazione, la cui gravità e i cui effetti potenziali erano sconosciuti al momento di adottare la terza direttiva postale (2008/6/CE) del 20 febbraio 2008. Più in generale, il CESE chiede, in considerazione della crisi attuale, di sostenere e sviluppare i servizi di interesse generale, per rafforzare la coesione economica, sociale, territoriale e culturale dell'Unione europea.

1.14   Nell'ambito della tutela dei consumatori, il CESE approva i risultati raggiunti nel creare una relazione maggiormente strutturata tra la DG Concorrenza, le altre DG che si occupano dei problemi dei consumatori e le organizzazioni dei consumatori. Si rammarica tuttavia che passato un anno l'effettiva attuazione «privata» delle norme antitrust dell'UE non abbia registrato alcun passo in avanti.

1.14.1   Nonostante il sostegno da parte del Parlamento europeo e del CESE, la Commissione non è riuscita a portare avanti la sua iniziativa, avviata nel 2005, nel Libro Verde, e 2008, nel Libro Bianco, volta a garantire efficaci azioni di risarcimento dell'UE in materia antitrust, lasciando in tal modo indifesi, nei loro diritti, i consumatori vittime di inosservanza delle norme antitrust.

1.14.2   La Corte di giustizia dell'UE ha da tempo ribadito che la piena efficacia delle norme antitrust potrebbe essere messa a repentaglio qualora ogni singolo cittadino non avesse la possibilità di reclamare un risarcimento dei danni causati dalla mancata osservanza di dette norme.

1.15   Il CESE esorta altresì ad osservare i processi di concentrazione nell'economia, ad analizzare le ricadute sociali e culturali prodotte nei settori dell'industria, del commercio, dell'artigianato e dell'agricoltura, e a formulare raccomandazioni appropriate a favore di una politica economica attiva e sostenibile e di strutture economiche equilibrate.

1.16   Come nei precedenti pareri sulla politica di concorrenza, il CESE torna a sollecitare l'attenzione della Commissione nei confronti del dumping sociale. Se, da un lato, si apprezza l'impegno della Commissione in materia ambientale, confermato anche dalle numerose disposizioni adottate per contrastare la crisi, dall'altro si ribadisce la necessità di prendere maggiormente e concretamente in considerazione le differenze ancora rilevanti fra le normative nazionali in materia di pari opportunità e tutela del lavoro. Si ritiene che tali aspetti debbano rientrare a pieno titolo, non solo nell'ambito delle politiche per l'occupazione, ma anche in quello della politica della concorrenza in quanto fattori in grado di orientare significativamente le dinamiche del mercato.

1.17   Il CESE nota con piacere che anche nel 2009 la Commissione si è impegnata a chiarire ulteriormente il rapporto tra i sistemi sanitari e di protezione sociale, da un lato, e l'economia, dall'altro. Esso appoggia l'impegno della Commissione a favore di un'infrastruttura sociale finanziata in modo solidale, della società civile e di un approccio orientato al bene comune in Europa. Il CESE è convinto che i sistemi sociali pubblici - regolati dalla legislazione sociale nazionale - dovrebbero essere configurati in modo da risultare accessibili senza discriminazioni ai prestatori e ai beneficiari delle prestazioni, e che dovrebbero essere favorite le prestazioni transfrontaliere, nella misura in cui lo Stato o gli enti locali non assicurano determinate prestazioni. I rapporti tra prestatori giuridicamente ed economicamente indipendenti che operano per incarico pubblico dovrebbero essere regolati anzitutto dalla legislazione sociale nazionale.

2.   Contenuto della relazione 2009

2.1   La relazione annuale sulla politica di concorrenza del 2009 descrive lo sviluppo e l'applicazione degli strumenti della politica di concorrenza, gli interventi a favore dei consumatori, la cooperazione a livello europeo, internazionale e interistituzionale.

2.2   Il capitolo introduttivo è dedicato quest'anno all'approfondimento del tema La politica di concorrenza e la crisi economica e finanziaria.

2.3   La politica di concorrenza e la crisi economica e finanziaria

2.3.1   Ruolo della politica di concorrenza nel contesto della crisi

2.3.1.1   A fronte della grave crisi economica la Commissione ha cercato di elaborare politiche per ridurre al minimo gli effetti della crisi sull'economia reale, stabilizzare il sistema finanziario ed evitare il ripetersi di una simile crisi in futuro, con l'obiettivo di preservare il mercato interno.

2.3.2   Risposta politica della Commissione

2.3.2.1   La Commissione si è trovata a gestire numerose notifiche di misure di aiuti di emergenza adottate dagli Stati membri, rispondendo in tempi estremamente ridotti.

2.3.3   Ricapitalizzazione delle banche

2.3.3.1   Già a fine 2008 la Commissione ha adottato la comunicazione sulla ricapitalizzazione  (9) che opera una distinzione tra banche sane e banche in difficoltà e fornisce orientamenti per valutare gli apporti di capitale a titolo di aiuto.

2.3.3.2   Sono stati approvati regimi di garanzia per 12 Stati membri (10). Sette Stati hanno attuato regimi puri di ricapitalizzazione (11), mentre altri sette hanno previsto regimi misti/olistici (12). Spagna, Slovenia, Regno Unito, Ungheria e Germania hanno proceduto anche ad altre forme di sostegno. In termini di aiuti individuali, sono stati autorizzati interventi di ricapitalizzazione e altre misure di sostegno a favore di 29 entità (13).

2.3.4   Attività deteriorate

2.3.4.1   A febbraio la Commissione ha adottato una «comunicazione sulle attività deteriorate» (14), nella quale si esplicitano i criteri di valutazione delle misure di sostegno delle attività a beneficio di istituzioni finanziarie ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato.

2.3.5   Ristrutturazione

2.3.5.1   In una comunicazione sulle ristrutturazioni  (15) la Commissione affronta la questione del rischio morale stabilendo chiaramente i requisiti che i beneficiari degli aiuti devono soddisfare ed evitando di premiare i comportamenti rischiosi verificatisi in passato.

2.3.6   Oltre gli aiuti di Stato

2.3.6.1   Sono state riconsiderate le condizioni per «l'impossibilità di pagare» relativamente alle ammende inflitte dalla Commissione in applicazione delle norme antitrust. La Commissione ha valutato le singole richieste caso per caso.

2.3.7   Effetti della crisi sull'economia reale

2.3.7.1   Il Quadro di riferimento temporaneo  (16), valido fino a fine 2010, è incentrato su due obiettivi: garantire alle imprese continuità di accesso ai finanziamenti e incoraggiarle a continuare ad investire in un «futuro sostenibile».

2.3.8   Risultati e costi

2.3.8.1   Il volume degli aiuti nel 2008 è aumentato in totale, a causa della crisi finanziaria ed economica, da circa lo 0,5 % al 2,2 % del PIL, ossia a 279,6 miliardi di euro. Gli aiuti correlati alla crisi hanno costituito all'incirca l'1,7 % del totale.

2.4   Strumenti

2.4.1   Controllo degli aiuti di Stato

2.4.1.1   Nel 2009 è proseguita l'attuazione del piano di azione nel settore degli aiuti di Stato  (17), con l'adozione di documenti di orientamento sugli aiuti alla formazione (18) e sugli aiuti a favore dei lavoratori svantaggiati e disabili (19). Inoltre, sono stati adottati orientamenti sulla valutazione dettagliata degli aiuti regionali destinati a grandi progetti di investimento (20).

2.4.1.2   La validità degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (21) è stata prorogata fino ad ottobre 2012.

2.4.1.3   Il 1o settembre 2009 è entrato in vigore il «Pacchetto di semplificazione» volto a migliorare l'efficacia, la trasparenza e la prevedibilità delle procedure della Commissione in materia di aiuti di Stato (22).

2.4.2   Antitrust

2.4.2.1   La Commissione ha adottato sei decisioni sulla costituzione di cartelli (23), imponendo ammende a 43 imprese per 1,62 miliardi di euro.

2.4.2.2   La Commissione ha adottato decisioni definitive nei settori dell'energia (RWE e GdF) e delle tecnologie informatiche (Intel, Microsoft e Rambus) e ha deciso di avviare procedure nei settori delle comunicazioni elettroniche (imprese ex monopoliste polacche e slovacche nel mercato della banda larga) e dei servizi finanziari (Standard & Poor's e Thomson Reuters).

2.4.3   Controllo delle concentrazioni

2.4.3.1   Il numero di concentrazioni notificate si è mantenuto inferiore ai livelli record degli anni precedenti: in totale sono state notificate alla Commissione 259 operazioni e sono state adottate 243 decisioni definitive. Non sono state adottate decisioni di divieto, né sono state avviate nuove procedure ai sensi dell'art. 21 del regolamento CE sulle concentrazioni.

2.5   Sviluppi nei vari settori

2.5.1   Servizi finanziari

2.5.1.1   La Commissione continua a monitorare le commissioni interbancarie transfrontaliere (MIF), con particolare attenzione nei confronti di VISA Europe e MasterCard.

2.5.1.2   Si è provveduto al riesame del funzionamento del regolamento di esenzione per categoria relativo alle assicurazioni, in scadenza il 31 marzo 2010. Il progetto per il nuovo regolamento, pubblicato per la consultazione ad ottobre, rinnova l'esenzione per due categorie di accordo: compilazione comune di tavole e studi e accordi per la costituzione di consorzi di coassicurazione e riassicurazione.

2.5.2   Energia e ambiente

2.5.2.1   Il pacchetto legislativo clima-energia adottato ad aprile contiene una direttiva sulle fonti rinnovabili di energia che stabilisce per biocarburanti e bioliquidi (24) criteri di sostenibilità pertinenti anche per la valutazione degli aiuti di Stato in questo settore. Inoltre, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato una direttiva che modifica il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (25).

2.5.2.2   Relativamente al mercato dell'energia, a luglio il Parlamento e il Consiglio hanno adottato il pacchetto sul mercato interno dell'energia  (26) e la Commissione ha adottato una proposta di regolamento concernente misure per salvaguardare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas.

2.5.2.3   Per la prima volta la Commissione ha imposto ammende per una violazione delle norme antritrust nel settore dell'energia, sanzionando E.ON e GDF Suez per ripartizione del mercato (27) per un totale di 1 106 milioni di euro.

2.5.3   Comunicazioni elettroniche

2.5.3.1   Fino al 2009 la Commissione ha valutato e approvato aiuti di Stato e altri tipi di finanziamenti pubblici per circa 2 miliardi di euro (28), allo scopo di promuovere l'accesso di tutti i cittadini europei alla banda larga.

2.5.4   Tecnologia dell'informazione

2.5.4.1   Nel corso del 2009 la Commissione ha adottato due decisioni che rendono giuridicamente vincolanti gli impegni offerti da Microsoft e Rambus nell'ambito delle violazioni loro contestate, e una terza che, invece, infligge ad Intel un'ammenda di 1,06 miliardi di euro, la più elevata mai imposta dalla Commissione a una singola società (29).

2.5.5   Mezzi di comunicazione

2.5.5.1   La Commissione ha continuato a monitorare la transizione dalla trasmissione radiotelevisiva in tecnica analogica a quella in digitale negli Stati membri, in particolare in Italia e Germania.

2.5.6   Industria farmaceutica e servizi sanitari

2.5.6.1   Al termine di un'indagine sul settore farmaceutico, ha confermato l'urgente esigenza di istituire un brevetto comunitario e un sistema unico specializzato di risoluzione delle controversie in materia di brevetti in Europa.

2.5.6.2   Le azioni della Commissione nel campo dei servizi sanitari si sono orientate verso gli aiuti di Stato, in seguito a vari reclami presentati da cliniche private, per presunti trattamenti iniqui o compensazioni eccessive, nei confronti di ospedali pubblici in vari Stati membri (30).

2.5.7   Trasporti

2.5.7.1   Nel settore dei trasporti ferroviari, la Commissione ha approvato l'acquisizione della società ferroviaria polacca PCC Logistics da parte di Deutsche Bahn AG (31), mentre ha rinviato alla Francia un'operazione di concentrazione mediante la quale SNCF acquisirebbe il controllo congiunto di Keolis, impresa operante nel trasporto pubblico di passeggeri (32).

2.5.7.2   Nel settore dei trasporti marittimi la Commissione ha adottato una comunicazione sugli aiuti di Stato alle società di gestione navale (33). Inoltre, sono state adottate decisioni positive concernenti aiuti di Stato ai marittimi in Italia (34) e Finlandia (35) e si è conclusa la procedura formale riguardo al regime DIS in Danimarca nonché le questioni riguardanti la tassa sul tonnellaggio in Irlanda (36), Danimarca (37), Paesi Bassi (38), Slovenia (39) e Polonia (40).

2.5.7.3   La Commissione sta monitorando il settore dei trasporti aerei che attraversa un processo di consolidamento tramite accordi di joint venture per la copertura di rotte transatlantiche (41), concentrazioni di reti e vettori a basso costo (42) e acquisizioni, da parte dei grandi vettori di rete, di operatori regionali più piccoli (43).

2.5.8   Servizi postali

2.5.8.1   Nell'ambito dell'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato al settore postale, la Commissione ha adottato numerose decisioni intese a garantire che gli operatori ai quali sono affidati servizi d'interesse economico generale e le loro controllate non godano di vantaggi indebitamente concessi.

2.5.9   Industria automobilistica

2.5.9.1   La Commissione valuta positivamente l'influenza sulle vendite dei regimi di rottamazione adottati in vari mercati nazionali. Il corretto funzionamento del dispositivo d'informazione istituito dalla direttiva 98/34/CE ha garantito la trasparenza, lo scambio di informazioni e la prevenzione di ostacoli al mercato unico.

2.5.9.2   Sono stati, inoltre, autorizzati diversi regimi di aiuti in favore dello sviluppo di veicoli che vadano incontro alla crescente richiesta di automobili più ecologiche e all'irrigidimento del quadro normativo in materia ambientale.

2.5.9.3   In materia di antitrust, a dicembre è stato proposto alla pubblica consultazione un progetto di regolamento di esenzione per categoria applicabile al settore automobilistico.

2.5.10   Industria alimentare

2.5.10.1   Ad ottobre la Commissione ha pubblicato l'esito di un'inchiesta sul settore dell'industria alimentare all'interno della comunicazione Un migliore funzionamento della catena di approvvigionamento alimentare  (44).

2.5.10.2   È stata inoltre adottata una relazione sul mercato lattiero-caseario  (45) che, più di altri, ha attraversato difficoltà nel 2009 e si sono intensificati i rapporti con le autorità nazionali di settore.

2.6   Attività a tutela dei consumatori

2.6.1   Nel corso dell'anno è proseguita l'attività della Commissione in questo campo sia attraverso i lavori dell'unità per le relazioni con i consumatori, costituita dalla DG Concorrenza nel 2008, sia da parte del sottogruppo sulla concorrenza istituito nell'ambito del Gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) nel 2003.

2.7   La rete europea della concorrenza e le giurisdizioni nazionali

2.7.1   Nell'ambito di un incontro tra DG Concorrenza e i responsabili di tutte le autorità nazionali garanti della concorrenza, è stata approvata all'unanimità la relazione sulla convergenza dei programmi di trattamento favorevole ai sensi del programma modello di trattamento favorevole della Rete europea della concorrenza (46).

2.7.2   La Commissione è stata informata di 129 nuove indagini avviate dalle autorità nazionali garanti della concorrenza e di 69 decisioni (47) per le quali si è registrato un aumento del 15 % rispetto al 2008.

2.8   Attività internazionali

2.8.1   La DG Concorrenza ha continuato a collaborare con gli altri organismi internazionali interessati alle materie di sua competenza (Rete internazionale della Concorrenza, Comitato per la concorrenza OCSE, IGE sul diritto e la politica di concorrenza dell'Unctad).

2.8.2   La Commissione ha mantenuto una stretta cooperazione con Stati Uniti, Canada, Giappone, Cina e India e ha siglato nuovi accordi di intesa con Corea del Sud (48) e Brasile. Particolare attenzione è stata rivolta alla collaborazione con Croazia e Turchia che devono soddisfare i «parametri di apertura» necessari per avviare i negoziati di adesione sul capitolo della concorrenza, nonché con i paesi dei Balcani occidentali e con l'Islanda, in vista di una futura adesione all'Unione europea.

2.9   Cooperazione interistituzionale

2.9.1   Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie e sulle relazioni annuali sulla concorrenza 2006 e 2007.

2.9.2   Il Consiglio ha ricevuto dalla Commissione diversi contributi sulla politica di concorrenza per le conclusioni adottate in formazioni quali Ecofin, Consiglio Competitività, Consiglio Trasporti, telecomunicazioni ed energia e Consiglio europeo.

2.9.3   La DG Concorrenza ha collaborato attivamente con il CESE su vari temi, tra cui l'adeguamento delle PMI all'evoluzione del mercato globale, i cantieri navali e gli aiuti di Stato.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2001) 264 definitivo.

(2)  GU C 128 del 18.5.2010, pag. 18.

(3)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 47.

(4)  Comunicato stampa del Comitato di Basilea sull'innalzamento dei requisiti minimi di capitale disponibile all'indirizzo:

http://www.bis.org/press/p100912.pdf.

(5)  GU C 228 del 22.9.2009, pag. 149.

(6)  GU C 306 del 16.12.2009, pag. 7.

(7)  COM(2010) 245 definitivo.

(8)  GU C 44 del 11.2.2011, pag. 62.

(9)  GU C 10 del 15.1.2009, pag. 2.

(10)  Cipro, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia.

(11)  Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Svezia.

(12)  Germania, Regno Unito, Grecia, Austria, Polonia, Ungheria, Slovacchia.

(13)  ING, KBC, Parex Banka, Anglo Irish Bank, Bank of Ireland, Allied Irish BankFortis, Dexia, Nord LB, IKB, Kaupthing Bank Finland, Ethias, SdB, Banco Privado Portugues, Hypo Real Estate, WestLB, Fionia, HSH Nordbank, Hypo Tirol, LBBW, Kaupthing Luxemburg, Caisse d'Epargne/Banque Populaire, Mortgage Bank of Latvia, Northern Rock, Commerzbank, Lloyds Banking Group, BAWAG, Hypo Group Alpe Adria e RBS.

(14)  GU C 72 del 26.3.2009, pag. 1.

(15)  GU C 195 del 19.8.2009, pag. 9.

(16)  GU C 83 del 7.4.2009, pag. 1.

(17)  COM(2005) 107 definitivo.

(18)  GU C 188 dell'11.8.2009, pag. 1.

(19)  GU C 188 dell'11.8.2009, pag. 6.

(20)  GU C 223 del 16.9.2009, pag. 3.

(21)  GU C 156 del 9.7.2009, pag. 3.

(22)  GU C 136 del 16.6.2009, pag. 3 (3-12 e 13-20).

(23)  Casi COMP/39406 Tubi marini; COMP/39401 E.on/GDF; COMP/39396 Carburo di calcio; COMP/37956 Tondi per cemento armato (nuova adozione); COMP/39129 Trasformatori di potenza e COMP/38589 Stabilizzatori di calore.

(24)  GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16.

(25)  GU L 140 del 5.6.2009, pag. 63.

(26)  GU L 211 del 14.8.2009, pag. 1.

(27)  Caso COMP/39401. Vedasi il comunicato IP/09/1099 dell'8 luglio 2009.

(28)  Di cui 1,5 miliardi di euro in forma di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107 TFUE.

(29)  GU C 220 del 12.9.2009, pag. 41.

(30)  Caso NN54/2009.

(31)  Caso COMP/M.5480.

(32)  Caso COMP/M.5557, SNCF/CDPQ/Keolis/Effia.

(33)  GU C 132 dell'11.6.2009, pag. 6.

(34)  Caso N219/2009 - GU C 196 del 20.8.2009.

(35)  Casi N120/2009 - GU C 232 del 26.9.2009, N67/2009 - GU C 232 del 26.9.2009 e N300/2009 - GU C 299 del 9.12.2009.

(36)  Caso C2/2008 - GU L 228 dell'1.9.2009.

(37)  Caso C5/2007 - GU L 315 del 2.12.2009.

(38)  Caso N457/2008 - GU C 106 dell'8.5.2009.

(39)  Caso N325/2007 - GU C 53 del 6.3.2009.

(40)  Caso C34/2007.

(41)  MEMO/09/168 del 20 aprile 2009.

(42)  COMP/M.5364, Iberia/Vueling/Clickair.

(43)  COMP/M.5335, Lufthansa/Brussels Airlines; COMP/M.5403, Lufthansa/Bmi; COMP/M.5440, Lufthansa/Austrian Airlines.

(44)  http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/publication16061_en.pdf.

(45)  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0385:FIN:EN:PDF.

(46)  http://ec.europa.eu/competition/ecn/documents.html.

(47)  Decisioni previste a norma dell'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003.

(48)  GU L 202 del 4.8.2009, pag. 36.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Il governo societario negli istituti finanziari e le politiche di remunerazione»

COM(2010) 284 definitivo

2011/C 84/03

Relatore: SMYTH

La Commissione europea, in data 2 giugno 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde — Il governo societario negli istituti finanziari e le politiche di remunerazione

COM(2010) 284 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 gennaio 2011.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 173 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Nel presente parere il Comitato economico e sociale europeo (CESE) presenta le sue risposte, frutto di attente riflessioni, al lungo elenco di domande poste nel Libro verde della Commissione. Le domande trattano otto aspetti centrali del governo societario degli istituti finanziari, andando dal ruolo svolto dal consiglio di amministrazione, da quello delle autorità di vigilanza, passando per la gestione dei rischi, i conflitti d'interesse, il ruolo degli azionisti, fino alla vexata quaestio della remunerazione dei dirigenti e degli amministratori.

1.2   Il CESE apprezza l'intenzione alla base del Libro verde della Commissione, ma rileva alcune lacune riguardanti le definizioni, in particolare per quanto riguarda la definizione precisa del governo societario, che secondo il Comitato dovrebbe essere sostanziata, e in riferimento alle differenze nelle strutture dei consigli di amministrazione tra il sistema britannico e il sistema continentale. Ritiene inoltre che sarebbe opportuno precisare il concetto di «istituto finanziario» in modo da concentrare le raccomandazioni in particolare sugli istituti di credito.

1.3   Nel corso dell'esame del Libro verde, il CESE ha rilevato che le differenze tra il modello britannico e quello continentale in termini di governo societario non sono conciliabili a livello strutturale in quanto i rispettivi concetti organizzativi sono estremamente diversi. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione di esaminare i principi che dovrebbero ispirare le pratiche di governo societario nell'UE. A titolo di esempio, il modello britannico si fonda sul principio dell'indipendenza associata alla competenza (competent independence), che facilita il ruolo indipendente dei comitati del consiglio d'amministrazione (key board committees). L'indipendenza dovrebbe quindi figurare tra i principi fondamentali del governo societario in tutta l'UE? In caso affermativo, come conseguire tale indipendenza nel modello continentale?

1.4   Il Libro verde è anche relativamente parco nel suo trattamento delle esigenze dei consumatori. Anche i consumatori dei servizi finanziari hanno subito pesantemente le conseguenze di un governo societario non all'altezza in tutto il sistema finanziario.

1.5   In ordine alla politica di remunerazione, il CESE ha già reso nota la sua posizione generale in una serie di pareri recenti. In sintesi, il Comitato ritiene che la politica di remunerazione dovrebbe riguardare non solo le retribuzioni dei vertici degli istituti finanziari, ma anche le retribuzioni a tutti i livelli.

1.6   La sostanza dell'argomento sostenuto nel parere è che, pur essendovi margine per rendere più rigidi certi aspetti del governo societario degli istituti finanziari, finché le regole codificate del governo societario rimangono volontarie, l'onere di assicurare per quanto possibile il rispetto di tali regole in tutta l'Unione europea incombe alle autorità di vigilanza.

2.   Introduzione e contesto del parere

2.1   La finalità del Libro verde è quella di rimediare alle carenze constatate nel sistema di governo societario, siano esse sostanziali o relative all'attuazione. Nel contesto delle crisi economiche e finanziarie, il potenziamento del governo societario costituisce il fulcro del programma di riforma della Commissione. Le proposte enunciate nel Libro verde dovrebbero essere valutate nel quadro delle più generali riforme riguardanti il sistema di vigilanza europea, la direttiva sui requisiti patrimoniali e la direttiva Solvibilità II, nonché della riforma degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e del regolamento sui gestori di fondi di investimento alternativi. Le proposte andrebbero altresì esaminate alla luce dell'ampio lavoro di riflessione della Commissione sul governo societario nelle società quotate per quanto riguarda il ruolo degli azionisti, l'adeguato controllo esercitato dai gruppi dirigenti, la composizione dei consigli di amministrazione nonché la responsabilità sociale delle imprese.

2.2   La Commissione definisce il governo societario come i rapporti tra la direzione di un'impresa, il suo consiglio d'amministrazione, i suoi azionisti e le altre parti in causa, come i dipendenti e i loro rappresentanti. Il governo societario riguarda inoltre la definizione degli obiettivi di un'impresa, come pure i mezzi per raggiungerli e il controllo dei risultati dell'azione aziendale. Nel settore finanziario, il governo societario risulta ancor più rilevante visto che il fallimento di un (grande) istituto finanziario comporta un rischio sistemico per l'intero settore come è risultato evidente nella recente crisi finanziaria, quando i governi hanno dovuto sostenere il sistema bancario con denaro pubblico.

2.3   Il CESE nota con sorpresa che il Libro verde non opera alcuna distinzione tra la struttura dei consigli d'amministrazione nell'economia britannica, da un lato, e in quelle dell'Europa continentale, dall'altro. Nelle prime vi è un unico consiglio composto da amministratori con incarichi esecutivi e da amministratori senza incarichi esecutivi, sebbene viga la consuetudine di un consiglio esecutivo che risponde al direttore generale. Nel modello continentale ci sono invece due consigli, ossia un consiglio con compiti di gestione e un consiglio di vigilanza. Nella parte restante del presente parere per evitare di fare confusione, quando si parla di consiglio di amministrazione si fa riferimento al modello britannico, a meno che non sia altrimenti specificato.

2.4   Il Libro verde non precisa formalmente che ciascuno Stato membro ha il proprio sistema di governo societario e che non si distingue il caso del governo societario degli istituti finanziari. La definizione di governo societario fornita dalla Commissione, inoltre, è in qualche modo parziale e dovrebbe essere sostanziata. Il CESE, quindi, suggerisce una definizione di governo societario più precisa e completa. L'obiettivo principale del governo societario è quello di garantire la sopravvivenza e la prosperità della società. Per far ciò, il consiglio è tenuto a soddisfare le ragionevoli aspettative degli azionisti, garantendo al contempo la ragionevole soddisfazione della comunità delle parti in causa, consumatori, partner, appaltatori, fornitori e dipendenti. Laddove il consiglio non sia in grado di garantire la sopravvivenza della società, esso dovrebbe cedere le attività al valore ottimale.

2.5   Il Libro verde evidenzia una gamma di carenze e punti deboli in materia di governo societario negli istituti finanziari e cerca risposte a un insieme di otto domande generali riguardanti:

1.

gli aspetti relativi ai consigli di amministrazione;

2.

le carenze nella gestione del rischio e i problemi derivanti dal conflitto d'interessi;

3.

il ruolo dei revisori;

4.

le carenze delle autorità di vigilanza;

5.

i problemi inerenti al ruolo degli azionisti;

6.

la mancanza di un'effettiva attuazione dei principi in materia di governo societario;

7.

la remunerazione dei dirigenti degli istituti finanziari;

8.

i conflitti d'interesse.

3.   Le risposte alle domande del Libro verde

3.1   Il CESE ritiene che alle domande specifiche contenute nel Libro verde si possa rispondere nel modo seguente:

3.2   Aspetti relativi ai consigli di amministrazione

3.2.1   Domanda specifica 1: Occorre limitare il numero dei mandati degli amministratori (per esempio, fissando un cumulo massimo di tre mandati)?

Fissare un numero preciso risulta arbitrario. Sarebbe meglio garantire che al momento della nomina, e da quel momento in poi, l'amministratore possa impegnarsi e quindi lavorare nella società per il tempo che il suo ruolo richiede. Il tempo necessario dovrebbe altresì essere specificato e suddiviso tra le riunioni ufficiali del consiglio di amministrazione e del comitato e le visite e i controlli meno formali ai dipartimenti, alle divisioni e nelle sedi regionali. In taluni casi, una nomina potrebbe essere virtualmente a tempo pieno. Ai fini dei confronti incrociati tra società, un numero minimo di due nomine ha sempre i suoi vantaggi.

3.2.2   Domanda specifica 2: È necessario proibire il cumulo delle funzioni di presidente del consiglio di amministrazione e di direttore generale negli istituti finanziari?

Questa è già una buona pratica in alcuni sistemi. Negli istituti finanziari, la divisione dei ruoli dovrebbe essere obbligatoria data la tensione tra il ruolo operativo degli amministratori con incarichi esecutivi e il ruolo di supervisione del consiglio di amministrazione.

3.2.3   Domanda specifica 3: Le politiche di selezione del personale devono definire con precisione i compiti e il profilo degli amministratori - e del presidente -, garantire l'eterogeneità della composizione del consiglio di amministrazione e che gli amministratori abbiano le necessarie competenze? Nel caso di risposta affermativa, in che modo?

In alcuni sistemi, la pratica di analizzare le competenze e l'esperienza necessarie all'interno del consiglio di amministrazione e selezionarne i membri di conseguenza è abbastanza diffusa. Per esempio, per un grande istituto finanziario ci si aspetterebbe un brillante dirigente del settore bancario in pensione, forse come presidente, soci di alto livello di società di revisione contabile o di studi legali con esperienza nel settore della finanza, un direttore generale proveniente da una grande società commerciale che faccia da contrappeso al direttore generale e che porti all'istituto la prospettiva di un cliente aziendale e qualcuno con esperienza nel settore dei consumatori quale fulcro intorno a cui costruire un gruppo più ampio. Tale gruppo potrebbe includere persone con esperienza in ambito creditizio, attuariale, economico, industriale, commerciale ai più alti livelli. Idealmente, il rapporto dovrebbe essere non più del 60 % di amministratori senza incarichi esecutivi contro il 40 % di amministratori con incarichi esecutivi. La composizione del gruppo di amministratori esecutivi e non esecutivi dovrebbe riflettere le principali aree geografiche in cui opera l'impresa. In alcuni sistemi, al momento, l'autorità di vigilanza effettua una revisione approfondita delle capacità e dell'esperienza lavorativa del candidato prima di autorizzare una nomina. Tale prassi va senz'altro salutata con favore.

3.2.4   Domanda specifica 4: Condivide il parere secondo cui un maggior numero di donne e di amministratori di diversa estrazione sociale e culturale nella composizione dei consigli di amministrazione potrebbe contribuire a migliorare il funzionamento e l'efficienza dei consigli di amministrazione?

Relativamente alla domanda 3, l'equilibrio etnico e di genere risulta auspicabile purché non diluisca elementi quali l'esperienza e le capacità. Tale equilibrio, infatti, può apportare prospettive diverse e valide. È necessario che ci sia un limite pratico alle dimensioni dei consigli di amministrazione.

3.2.5   Domanda specifica 5: Si deve istituire una valutazione obbligatoria del funzionamento del consiglio di amministrazione da parte di un valutatore esterno? Occorre notificare il risultato di tale valutazione alle autorità di vigilanza e agli azionisti?

Le autorità di vigilanza dovrebbero incaricare tutti i presidenti di procedere a un esame delle loro disposizioni in materia di governo societario nel contesto dei quattro fattori succitati. Al contempo, le autorità dovrebbero intraprendere una revisione al fine di certificare tutti i direttori che non siano stati certificati al momento della nomina. La responsabilità corrente per l'operato del consiglio di amministrazione dovrebbe essere affidata al presidente. È altresì auspicabile che i presidenti commissionino una valutazione periodica esterna dell'efficacia del consiglio per uso proprio. Nel modello continentale è compito del consiglio di vigilanza agire se gli affari non vanno bene o se la relazione dei revisori richiama l'attenzione del consiglio su determinate questioni di rilievo.

3.2.6   Domanda specifica 6: Occorre rendere obbligatoria, all'interno del consiglio di amministrazione, l'istituzione di un comitato dei rischi e prevedere delle regole in merito alla composizione e al funzionamento di tale comitato?

Vi sono tre aspetti: revisione, conformità e rischio. La composizione del comitato dovrebbe riflettere la specifica combinazione dell'attività aziendale. Da un punto di vista «macro», il rischio è una componente naturale dei piani strategici del consiglio. È qui che andrebbero stabiliti e misurati la propensione al rischio e il profilo di rischio. In una banca, è qui che verrebbero stabilite le politiche del rischio accettabile in ogni settore di attività: prestiti ipotecari nazionali, carte di credito, proprietà commerciale, prestiti industriali, gestione dei fondi, cambi e merci, composizione delle riserve, limiti di controparte ecc. Non è possibile avere un comitato dei rischi all'interno del consiglio con compiti di gestione del modello continentale composto da un gruppo non ampio di persone (normalmente non superiore a 5-7) che tendono ad essere specialisti in varie attività.

3.2.7   Domanda specifica 7: Occorre rendere obbligatoria la partecipazione di uno o più membri del comitato di revisione al comitato dei rischi e viceversa?

I rischi a livelli «micro», in contrapposizione al livello «macro» di cui al punto 3.2.6 sopra, potrebbero rientrare nei compiti del comitato di revisione.

3.2.8   Domanda specifica 8: Il presidente del comitato dei rischi deve rispondere all'assemblea generale?

Il rischio è una componente chiave di qualunque strategia aziendale. La propensione al rischio e il profilo di rischio, infatti, definiscono le prospettive di rendimento di un'azienda e il grado di volatilità dei risultati. Saranno il presidente e il direttore generale a spiegare tali questioni; le loro dichiarazioni, inoltre, consentiranno agli azionisti di incrementare o ridurre il loro investimento nella società a seconda della loro propensione al rischio.

3.2.9   Domanda specifica 9: Quale dovrebbe essere il ruolo del consiglio di amministrazione nella strategia e nel profilo dei rischi di un istituto finanziario?

La definizione della strategia è il compito centrale di un consiglio di amministrazione. Dal momento che la finanza è, per definizione, un'attività a rischio, la strategia dovrebbe essere sviluppata in un quadro di rischio che definisca la gamma dei potenziali risultati. La strategia prescelta sarà quella che va incontro alle ragionevoli aspettative degli azionisti e che soddisfa le altre parti in causa. Se la responsabilità dei dirigenti con incarichi esecutivi permanenti nella gestione dei rischi non va minimizzata, il ruolo del consiglio di amministrazione, in tal senso, è a dir poco cruciale. Nel modello continentale il consiglio di vigilanza approva la strategia del consiglio con compiti di gestione.

3.2.10   Domanda specifica 10: È necessario redigere e rendere pubblica una dichiarazione di controllo dei rischi?

La risposta è affermativa, ma solo nel contesto della comunicazione strategica agli azionisti e alle altre parti in causa. La diffusione di informazioni commerciali e riservate dovrebbe infatti essere evitata.

3.2.11   Domanda specifica 11: Occorre istituire una procedura di approvazione da parte del consiglio di amministrazione per i nuovi prodotti finanziari?

Sì, se si tratta di prodotti materiali. L'introduzione di un prodotto è, normalmente, parte dell'attuazione della strategia e quindi una questione di notevole interesse per il consiglio.

3.2.12   Domanda specifica 12: Si deve imporre al consiglio di amministrazione l'obbligo di notificare alle autorità di vigilanza i rischi materiali di cui potrebbe essere a conoscenza?

Tale aspetto dovrebbe essere un elemento regolare del dialogo continuo tra l'istituto e le autorità di vigilanza.

3.2.13   Domanda specifica 13: Si deve stabilire esplicitamente per il consiglio di amministrazione il dovere di diligenza (duty of care) affinché il consiglio stesso tenga conto, nel processo decisionale, degli interessi dei depositanti e delle altre parti in causa?

In alcuni sistemi esiste già l'obbligo di tener conto degli interessi delle parti in causa. Tale prassi dovrebbe diventare una consuetudine. Se le parti in causa non sono soddisfatte, infatti, la società non può prosperare. Inoltre, nessun gruppo di interessi delle parti causa dovrebbe avere il predominio. Negli atti del consiglio di amministrazione dovrebbe essere messo a verbale che, al momento della definizione della strategia, tutti gli interessi sono stati presi in considerazione.

3.3   Carenze nella gestione del rischio e problemi derivanti dai conflitti d'interesse

3.3.1   Domanda specifica 14: Come si può consolidare lo status del direttore rischi? Il direttore rischi deve godere di uno status almeno equivalente a quello del direttore finanziario?

Questa domanda implica che si sappia cosa si suppone il direttore rischi debba fare. Se il rischio è parte integrante della strategia aziendale, allora il direttore finanziario è il direttore rischi. Il rischio a livello «micro» pone il direttore rischi allo stesso livello del responsabile della revisione interna. Entrambi rispondono a un comitato del consiglio e hanno accesso, senza restrizioni, al presidente di tale comitato. Entrambi, infine, dovrebbero riferire periodicamente al consiglio al completo.

3.3.2   Domanda specifica 15: In che modo è possibile migliorare il sistema di comunicazione tra la funzione della gestione dei rischi e il consiglio di amministrazione? Occorre istituire una procedura di rinvio ai superiori gerarchici per la risoluzione delle controversie/dei problemi?

Questo aspetto è stato affrontato nella risposta al punto 3.3.1 sopra. Tale procedura dovrebbe già essere parte del funzionamento del comitato e del consiglio.

3.3.3   Domanda specifica 16: Il direttore rischi deve poter informare direttamente il consiglio di amministrazione, compreso il comitato dei rischi?

Anche questo aspetto è stato affrontato nella risposta al punto 3.3.1 sopra.

3.3.4   Domanda specifica 17: Occorre perfezionare gli strumenti informatici per migliorare la qualità e la rapidità di trasmissione delle informazioni al consiglio di amministrazione riguardo ai rischi importanti?

Dipende dalla situazione del momento in ogni istituto. Non tutti i rischi possono essere regolarmente monitorati con l'ausilio di strumenti informatici. In molti casi potrebbe essere sufficiente un sistema di notifica per posta elettronica. Quanto più grande e complessa è l'organizzazione (in termini di divisioni, aree geografiche e prodotti) tanto più utile risulterà installare un sistema informatico attivo di gestione dei rischi.

3.3.5   Domanda specifica 18: Si deve attribuire agli amministratori con incarichi esecutivi l'obbligo di approvare un rapporto sull'adeguatezza dei sistemi di controllo interno?

Sì. In alcuni sistemi tale funzione è già obbligatoria. Sarà generalmente gestita attraverso il comitato di revisione.

3.4   Il ruolo dei revisori esterni

3.4.1   Domanda specifica 19: Occorre approfondire la cooperazione tra i revisori esterni e le autorità di vigilanza? Nel caso di risposta affermativa, in che modo?

Le società di revisione contabile dovrebbero lavorare per i membri della società. Tuttavia, se dovessero rilevare problemi significativi in termini di rischio e di inottemperanza, e ove tali problemi avessero implicazioni sistemiche, dovrebbero informarne le autorità di vigilanza. I problemi che possono essere rettificati dalla società e che non hanno ramificazioni esterne dovrebbero invece restare di competenza interna. Nel sistema di governo societario continentale, il consiglio di vigilanza nomina i revisori e li incontra ogni anno senza che siano presenti il consiglio di gestione e il direttore generale.

3.4.2   Domanda specifica 20: Si deve rafforzare il loro dovere di informazione nei confronti del consiglio di amministrazione e/o delle autorità di vigilanza su eventuali fatti gravi individuati nell'esercizio delle loro funzioni?

Dipende dallo status quo. In alcuni sistemi le disposizioni in materia sono già adeguate. Nel sistema dell'Europa continentale, ciò andrebbe deciso su base contrattuale tra il consiglio di vigilanza e il revisore.

3.4.3   Domanda specifica 21: Si deve estendere il controllo del revisore esterno all'informazione finanziaria legata al rischio?

I revisori sono tenuti a confermare che i conti della società forniscono un quadro autentico ed equo sulla base della continuità aziendale. In tale contesto, qualunque rischio materiale dovrebbe già essere indicato come accantonamento o come nota che accompagna i conti. Non sembrerebbe necessaria alcuna estensione.

3.5   Carenze riguardanti le autorità di vigilanza

3.5.1   Domanda specifica 22: Si deve ridefinire e rafforzare il ruolo delle autorità di vigilanza nella governance interna degli istituti finanziari?

Sì, nei sistemi in cui non si sia ancora proceduto in tal senso.

3.5.2   Domanda specifica 23: Si deve attribuire alle autorità di vigilanza il potere e il dovere di verificare il buon funzionamento del consiglio di amministrazione e della funzione della gestione dei rischi? Come si può realizzare praticamente quest'ipotesi?

Cfr. risposta già fornita al punto 3.5.1 sopra.

3.5.3   Domanda specifica 24: Occorre estendere i criteri di ammissibilità (fit and proper test) alle competenze tecniche e professionali nonché alle caratteristiche comportamentali dei futuri amministratori? In che modo sarebbe possibile realizzare praticamente quest'ipotesi?

Nel sistema continentale ciò è già consuetudine e prassi. L'Autorità britannica di regolamentazione dei servizi finanziari (FSA, Financial Services Authority) ha introdotto una serie di nuove procedure per darvi applicazione.

3.6   Problemi inerenti al ruolo degli azionisti

3.6.1   Domanda specifica 25: Occorre rendere obbligatoria la divulgazione delle politiche e della prassi di voto degli investitori istituzionali? Con quale frequenza?

Sì, per quanto riguarda l'ordine del giorno delle assemblee generali.

3.6.2   Domanda specifica 26: È opportuno obbligare gli investitori istituzionali a sottoscrivere un codice (nazionale o internazionale) di buone prassi, come per esempio il codice redatto dall'International Corporate Governance Network (ICGN)? Questo codice obbliga i firmatari a sviluppare e pubblicare le proprie politiche di investimento e di voto, ad adottare misure per evitare i conflitti di interessi e ad esercitare il proprio diritto di voto in maniera responsabile.

Sì, inizialmente su base volontaria.

3.6.3   Domanda specifica 27: Occorre facilitare l'identificazione degli azionisti per assecondare il dialogo tra le società e i loro azionisti, e ridurre i rischi di abusi legati al voto in assenza di un interesse economico (empty voting)? Per voto in assenza di un interesse economico s'intende il voto di un azionista che non ha un interesse finanziario corrispondente nella società per la quale vota, con effetti potenzialmente negativi sull'integrità della governance delle imprese quotate e dei mercati sui quali si scambiano le loro azioni.

La questione degli azionisti dovrebbe essere esaminata dalla Commissione, perché la situazione è cambiata rispetto al passato. Oggi gli azionisti possono essere società a dimensione globale, azionisti globali, hedge fund e in quanto tali sono soggetti che negoziano titoli, non rivestendo più il ruolo tradizionalmente associato al termine azionisti.

3.6.4   Domanda specifica 28: Quali altre misure potrebbero stimolare l'impegno degli azionisti nel governo societario degli istituti finanziari?

Una possibile misura potrebbe essere la creazione di un'organizzazione delegata a rappresentare gli azionisti privati in ogni società. In alternativa le autorità di vigilanza, i politici, i mezzi di comunicazione potrebbero esercitare pressioni sugli investitori istituzionali affinché diventino più attivi.

3.7   Una più effettiva attuazione dei principi in materia di governo societario

3.7.1   Domanda specifica 29: Sarebbe necessario rafforzare le responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione?

No, se vogliamo che si presentino buoni candidati. Sarebbe utile che molte istituzioni definissero meglio cosa si aspettano dai membri del consiglio.

3.7.2   Domanda specifica 30: In considerazione del fatto che a livello europeo non esiste un'armonizzazione delle norme in materia penale, andrebbe rafforzata la responsabilità civile e penale degli amministratori?

In alcuni sistemi le disposizioni in materia sono già adeguate. Il rischio maggiore per il direttore è di solito quello relativo alla reputazione, vale a dire vedere il suo nome associato a un'attività economica che va male. Recentemente si sono levate voci che chiedevano un'esclusione automatica da posizioni analoghe per direttori che non mettono in guardia da rischi eccessivi. Si può sostenere che questo sia uno strumento più preciso e promettente.

3.8   Remunerazione dei dirigenti degli istituti finanziari

3.8.1   Domanda specifica 31: Quale potrebbe essere il contenuto e la forma, vincolante o non vincolante, di possibili misure supplementari, a livello dell'Unione europea, in materia di remunerazione dei dirigenti e degli amministratori di società quotate?

Le disposizioni della terza revisione della direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD3) sembrano essere adeguate. Ciò coinvolgerà le autorità di vigilanza. Anche la pubblicazione delle politiche di voto istituzionali sulla remunerazione sarà un passo positivo (cfr. il successivo punto 3.8.4).

3.7.2   Domanda specifica 32: Ritenete che sarebbe opportuno affrontare le problematiche legate alle opzioni di azioni dei dirigenti e degli amministratori? In caso affermativo, in che modo? È necessaria una regolamentazione a livello comunitario, o addirittura si deve proibirne la concessione?

La terza revisione della direttiva sui requisiti patrimoniali sembra aver affrontato tale questione, in quanto disciplina gli aspetti relativi al tempo, agli ostacoli e alla quantità.

3.8.3   Domanda specifica 33: Pur nel rispetto delle competenze degli Stati membri, ritenete che il trattamento fiscale favorevole delle opzioni di azioni e altre simili remunerazioni esistenti in alcuni Stati membri contribuiscano a un'eccessiva assunzione di rischi? In caso affermativo, tale questione dovrebbe essere discussa a livello comunitario?

Si deve incoraggiare la Commissione a esaminare la questione, ma, allo stato attuale, la fiscalità è di competenza dei singoli Stati membri.

3.8.4   Domanda specifica 34: Ritenete che sia necessario rafforzare il ruolo degli azionisti e quello dei dipendenti e dei loro rappresentanti nella definizione delle politiche di remunerazione?

In alcuni sistemi la relazione sulla remunerazione è soggetta all'approvazione degli azionisti. La pubblicazione dei voti degli azionisti istituzionali conferirà al sistema una maggiore trasparenza. È altresì necessario che la Commissione affronti il problema dell'effetto leva/blocco dei consulenti in materia di remunerazione. Il sistema delle organizzazioni rappresentative degli azionisti esistenti nei Paesi Bassi può costituire un modello valido che la Commissione potrebbe considerare.

3.8.5   Domanda specifica 35: Che cosa pensate dell'indennità di buonuscita (nota come «paracadute d'oro»)? È necessaria una regolamentazione a livello comunitario, o addirittura si deve proibirne la concessione? In caso affermativo, in che modo? Pensate vadano concesse solo in caso di effettiva prestazione dei dirigenti e degli amministratori?

Le indennità di buonuscita non sono premi per le prestazioni svolte. Questi ultimi, infatti, si ottengono in servizio. Le indennità di buonuscita sono un obbligo contrattuale quando una società licenzia un amministratore con incarichi esecutivi. Esse vengono normalmente concesse come una sorta di «ancora di salvezza», dando al nuovo assunto una certa sicurezza nel caso in cui non dovesse rispondere alle aspettative di chi gli ha affidato l'incarico. Il licenziamento non equivale necessariamente a un fallimento. Un cambiamento di strategia potrebbe rendere superfluo un professionista assolutamente ineccepibile. Tali indennità sono quindi necessarie. In talune circostanze, tuttavia, possono rivelarsi troppo generose, soprattutto in relazione alle pensioni. Pertanto, potrebbero essere definite contrattualmente in modo da ridursi con il passare del tempo e subire uno «sconto» in caso di «evidente» fallimento. Va altresì scoraggiato un incremento delle indennità dei direttori generali in servizio. I premi si dovrebbero guadagnare con i risultati. Nel sistema continentale, i dipendenti sono rappresentanti nel consiglio di vigilanza e possono influenzare tali pratiche remunerative.

3.8.6   Domanda specifica 36: Ritenete che la parte variabile delle remunerazioni negli istituti finanziari che abbiano ricevuto finanziamenti pubblici debba essere ridotta o sospesa?

È una questione che si riferisce principalmente alla remunerazione delle posizioni di alto livello degli istituti finanziari ed è meno rilevante per i dipendenti ordinari. Vi sono stati alcuni pacchetti remunerativi straordinari per singole persone e tali situazioni anomale dovrebbero essere evitate. Spetta ai i governi proprietari di istituti che hanno ricevuto fondi pubblici agire come ritengono più opportuno.

3.9   Conflitto di interessi

3.9.1   Domanda specifica 37: Quale potrebbe essere il contenuto delle possibili misure supplementari a livello dell'Unione europea per intensificare la lotta e rafforzare la prevenzione in materia di conflitti di interessi nel settore dei servizi finanziari?

Il concetto di «muraglie cinesi» fa riferimento alle procedure applicate all'interno di una società di intermediazione o di investimento per impedire lo scambio di informazioni riservate tra i dipartimenti della società ed evitare così l'utilizzo illecito di informazioni interne. Si è ricorso a tali procedure all'interno del settore finanziario e di altri settori per prevenire dannosi conflitti di interesse. Nella pratica, tuttavia, le muraglie cinesi sono tutt'altro che infallibili visto che si basano sul sistema dell'onore. Le informazioni vengono infatti rese riservate dalla discrezione e dalla meticolosità delle parti coinvolte. Una serie di regole che specifichino i requisiti giuridici per la sicurezza delle informazioni potrebbe quindi migliorare il rispetto della riservatezza.

3.9.2   Domanda specifica 38: In considerazione dei diversi modelli giuridici ed economici esistenti, siete d'accordo sulla necessità di armonizzare il contenuto e il dettaglio delle norme comunitarie relative ai conflitti di interessi affinché i diversi istituti finanziari siano soggetti a regole simili, a seconda che debbano applicare le disposizioni della MiFID, della direttiva sui requisiti patrimoniali, della direttiva OICVM o di «Solvibilità II»?

Sì.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/19


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione “Verso un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo all'orizzonte 2020”»

COM(2010) 355 definitivo

2011/C 84/04

Relatore: ALMEIDA FREIRE

La Commissione europea, in data 5 luglio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione «Verso un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo all'orizzonte 2020»

COM(2010) 355 definitivo.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 gennaio 2011.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 192 voti favorevoli, 4 voti contrari e 4 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce l'importanza del settore del commercio e della distribuzione nel mercato unico e il suo contributo all'insieme dell'economia europea. Il Comitato, in considerazione della natura specifica di questo settore, accoglie con favore l'approccio olistico sviluppato dalla Commissione nella relazione all'esame e condivide l'idea che sia necessario evitare di concentrarsi su singoli sottosettori.

1.2   Il CESE si rammarica per l'insufficiente attenzione rivolta alle PMI che svolgono un ruolo fondamentale in termini di occupazione, creazione di valore e nella vita delle zone rurali e dei centri cittadini. In conformità con lo Small Business Act si dovrebbe dare priorità alle PMI e incoraggiarle a svilupparsi e a creare posti di lavoro.

1.3   Esiste in tutta Europa una concentrazione di grandi distributori che attirano un maggior numero di clienti grazie alla forza della loro offerta (nel 2005, i cinque principali distributori di prodotti alimentari occupavano più del 70 % del mercato). Analogamente, si registra un'elevata concentrazione in una serie di mercati di prodotti, specialmente per prodotti irrinunciabili che i distributori non possono permettersi di non offrire nei loro negozi.

1.4   L'esercizio del potere di contrattazione da parte di tutte le imprese, siano esse imprese agricole, imprese che raccolgono e trasformano i prodotti delle prime, imprese fornitrici o imprese di distribuzione, è una pratica generale in un'economia di mercato. Il CESE esprime preoccupazione per le misure adottate in alcuni paesi dirette a controllare i livelli di prezzo o i margini e che sono contrarie ai principi della libera concorrenza e di un mercato unico funzionante.

1.4.1   Per ragioni sociopolitiche importanti, ad esempio in campo sociale o ambientale, tali regolamentazioni possono essere necessarie a garantire la coesione sociale o la protezione dell'ambiente.

1.5   Si registrano notevoli differenze di prezzo tra gli Stati membri per prodotti analoghi in seno al mercato interno. Il CESE raccomanda che qualsiasi studio sui prezzi si concentri sulla trasmissione dei prezzi e dei margini attraverso tutta la catena d'approvvigionamento.

1.6   Il CESE ricorda che i mercati del commercio e della distribuzione e le relazioni contrattuali nel settore sono, per natura, nazionali, con caratteristiche giuridiche, economiche, politiche e culturali differenti. Prendendo atto dell'importanza della catena di approvvigionamento alimentare, il CESE chiede che si analizzino e si risolvano in modo appropriato i problemi delle pratiche manifestamente non eque che si verificano nell'intera catena di approvvigionamento alimentare.

1.7   In modo più specifico, il CESE esorta la Commissione a studiare come «relazioni contrattuali non eque» vengano trattate a livello nazionale, comprese le misure volte ad assicurare il rispetto delle norme. Inoltre, il CESE richiama l'importanza, in tempi di crisi, di assicurare l'osservanza della legislazione esistente e ricorda che si tratta di una responsabilità degli Stati membri, evidenziando dove è necessario intervenire e a quale livello, in conformità dei principi di sussidiarietà e proporzionalità

1.8   L'occupazione nel settore del commercio e della distribuzione è importante ed è spesso il punto d'ingresso nel mercato del lavoro per molti lavoratori giovani, con scarsa o nessuna specializzazione. Il settore in questione offre anche notevoli opportunità per gli imprenditori.

1.9   Il CESE chiede alla Commissione di sostenere la promozione del lavoro autonomo, l'imprenditorialità e lo sviluppo delle competenze come strumenti per affrontare la crisi e facilitare l'ingresso o la reintegrazione delle persone nel mercato del lavoro.

1.10   La Commissione individua giustamente settori di azione prioritaria. Il CESE chiede inoltre l'adozione tempestiva di proposte in questo campo e invita la Commissione europea ad accelerare il suo processo decisionale in un ambito che richiede interventi urgenti, pratici e tangibili. In particolare, il rinnovato Forum ad alto livello per un miglior funzionamento della filiera alimentare dovrebbe diventare il cardine delle nuove politiche emergenti nel settore agroalimentare, di cui fanno parte anche relazioni più equilibrate lungo tutta la catena di approvvigionamento.

1.11   Il CESE invita la Commissione a verificare l'attuazione della direttiva Servizi e ad adottare opportuni provvedimenti nei confronti degli Stati membri interessati. Il CESE esorta inoltre la Commissione a intervenire sulle commissioni interbancarie che rappresentano un'imposta nascosta per i consumatori.

2.   Introduzione

2.1   La Commissione europea riconosce l'importante ruolo svolto dal settore del commercio e della distribuzione nel mercato unico. Infatti, l'importanza che tale comparto riveste per l'Unione europea sotto diversi aspetti (4,2 % del PIL dell'UE, 17,4 milioni di addetti e 20 % delle PMI europee, cui si aggiungono gli stretti legami esistenti con numerose attività economiche) spiega il motivo per il quale tale settore sia stato selezionato per l'esercizio di sorveglianza.

2.2   La relazione sull'esercizio di sorveglianza del mercato nel settore del commercio e della distribuzione e il documento di lavoro dei servizi della Commissione che la accompagna forniscono un'analisi dei problemi che incidono, dal punto di vista del mercato unico, sui risultati economici, sociali o ambientali delle imprese attive nel settore del commercio e della distribuzione. La relazione e il documento di lavoro prendono in esame le prestazioni del settore, le recenti tendenze e l'impatto della modernizzazione sui concorrenti, individuando i problemi che incidono sulle prestazioni dei commercianti anche dal punto di vista dei loro interlocutori nei mercati a monte e a valle.

2.3   L'analisi del settore contenuta nella relazione si basa sull'esame delle interazioni tra i commercianti e i loro fornitori (mercati a monte) e tra i commercianti e i consumatori (mercati a valle). La Commissione riconosce in tal modo la complessità delle interazioni che i commercianti sviluppano per garantire ai consumatori la disponibilità del prodotto giusto nel posto giusto, al momento giusto e al prezzo migliore.

2.4   La relazione annuncia che la Commissione definirà una serie di misure per migliorare il funzionamento del mercato interno nel settore del commercio e della distribuzione sulla base di una consultazione, affinché i commercianti possano trarre pieno profitto dal mercato unico e migliorare le loro prestazioni sociali, economiche e ambientali.

3.   Osservazioni generali

3.1   Con la presente relazione, la Commissione europea riconosce l'importanza del settore del commercio e della distribuzione nel mercato unico, nonché il suo contributo alla crescita, all'occupazione e alla sostenibilità. Poiché spesso la percezione del settore si basa su una visione semplicistica del commerciante come colui che acquista dagli agricoltori e rivende ai consumatori, l'approccio adottato nella relazione sottolinea la complessità della filiera dell'approvvigionamento e delle interazioni dei commercianti con i loro interlocutori. La relazione, inoltre, chiarisce come i commercianti assolvano la loro funzione di fornitura ai consumatori del prodotto giusto, nel posto giusto, al momento giusto e al miglior prezzo e quali siano le sfide che sono chiamati ad affrontare.

3.2   La relazione riconosce il contributo reso dalla modernizzazione del settore del commercio e della distribuzione alla lotta contro l'inflazione negli ultimi cinquant'anni e all'ampliamento della scelta dei consumatori. L'accresciuta concorrenza e il consolidamento del settore hanno determinato una diminuzione dei prezzi, una scelta più ampia per i consumatori e margini comparativamente ridotti (rispetto ad altri settori, tra cui quello manifatturiero), con un impatto sui concorrenti, sugli agricoltori, sui fornitori, sui dipendenti ecc.

3.3   Il CESE si rammarica del fatto che la relazione appaia incentrata soprattutto sul settore del commercio e della distribuzione alimentare e di conseguenza non consenta di cogliere l'importanza delle PMI (che rappresentano oltre il 95 % delle aziende nel settore del commercio e della distribuzione e impiegano 11 milioni di lavoratori), le loro esigenze e difficoltà specifiche, compresi i servizi di post-vendita, il loro ruolo nella vita dei centri cittadini, delle zone rurali o suburbane, la loro dipendenza dai grandi produttori e la concorrenza con i fornitori che creano le proprie reti di distribuzione.

3.4   La relazione non riconosce neanche l'importanza del modello imprenditoriale cooperativo, in particolare nel settore del commercio e della distribuzione alimentare nella forma delle cooperative di consumo.

3.5   La relazione analizza le prestazioni del settore del commercio e della distribuzione rispetto agli obiettivi di politica pubblica: accessibilità e prezzi contenuti. Nella realtà, tuttavia, i commercianti operano in un ambiente altamente competitivo, nel quale le aziende tentano di attirare i clienti e offrire loro un buon rapporto qualità-prezzo. Le decisioni assunte dai commercianti in merito ai loro insediamenti commerciali e ai servizi offerti, pertanto, rispondono a dinamiche di mercato, anziché a obiettivi di politica pubblica. Effettuare una valutazione comparativa delle prestazioni dei commercianti rispetto a tali obiettivi non tiene conto del fatto che essi svolgono un'attività commerciale che, per sopravvivere in un'economia di mercato, deve mantenersi redditizia. È possibile trarre conclusioni analoghe per qualsiasi altra attività di mercato.

3.6   La domanda dei consumatori è divenuta più sofisticata nel corso del tempo e non può essere considerata omogenea. Ciò, insieme all'importanza della concorrenza nel commercio, spiega la complessità delle forze del mercato e la ragione per cui, nella realtà, coesistano diversi modelli di commercio e distribuzione, con differenti servizi di post-vendita. Ciò vuol dire che modelli di minori dimensioni possono risultare efficaci se forniscono un servizio specifico a un tipo specifico di consumatori. Gli europei che hanno un posto di lavoro in una PMI che opera nel settore del commercio al minuto sono oltre 11 milioni. È essenziale, pertanto, promuovere ulteriormente lo sviluppo delle PMI, soprattutto tramite un contesto normativo migliore e oneri amministrativi ridotti.

4.   Osservazioni specifiche

4.1   Un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo per i consumatori

4.1.1   L'attività essenziale dei commercianti consiste nel fornire ai consumatori un'ampia gamma di prodotti che soddisfino i requisiti di qualità e di sicurezza, al prezzo migliore. La modernizzazione del settore del commercio al minuto nell'arco degli ultimi 20 anni si è tradotta in un rapido processo di concentrazione in grandi catene di distribuzione multinazionali - operanti in diversi paesi dell'UE e in paesi terzi e all'origine della saturazione dei mercati dell'UE -, nell'integrazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e nella globalizzazione, inclusa l'espansione in altri mercati e l'accesso a una scelta più ampia di prodotti a un prezzo inferiore per i consumatori (prezzi contenuti).

4.1.2   Il CESE e la Commissione concordano sul fatto che gli squilibri in termini di accessibilità dei punti vendita e la necessità di preservare zone rurali piene di vita sono questioni chiave da affrontare. I commercianti tendono a stabilirsi nei centri urbani o nei centri commerciali suburbani, pertanto è necessario garantire l'accessibilità dei fornitori ai centri cittadini. Le persone che vivono nelle zone rurali si affidano sempre più all'uso dell'automobile per i loro acquisti quotidiani, con un conseguente impatto ambientale, mentre coloro che non possono permettersi un'automobile o non guidano hanno un limitato accesso ai servizi del commercio e della distribuzione.

4.1.3   Le decisioni dei commercianti in merito ai loro insediamenti commerciali dipendono da numerosi fattori, uno dei più importanti dei quali è la necessità di massimizzare il foot flow (traffico pedonale). Tale fattore è già di per sé sufficiente a spiegare perché le zone scarsamente popolate siano luoghi di insediamento meno ambiti per i commercianti rispetto ai centri cittadini o alle zone commerciali create ex novo nella periferia. I problemi di accessibilità dovrebbero essere quindi affrontati sulla base di un'accurata comprensione dell'ambiente in cui operano i commercianti.

4.1.4   La difficoltà per i consumatori di accedere a una scelta più ampia di negozi dipende da fattori economici e non economici, anche di natura normativa, come la pianificazione urbanistica e l'accesso dei commercianti al mercato immobiliare. Vi sono poi fattori quali l'esistenza di regolamentazioni locali che impongono barriere all'ingresso per determinate attività o taluni tipi di negozi, e di procedure di autorizzazione che, malgrado la direttiva Servizi, talvolta sono ancora eccessivamente complesse e discrezionali. Inoltre, le regolamentazioni che riservano la vendita esclusiva di prodotti farmaceutici da banco a taluni monopoli limitano la concorrenza e quindi l'accesso dei consumatori a prodotti farmaceutici dal prezzo contenuto.

4.1.5   Negli ultimi vent'anni le persone a basso reddito hanno beneficiato ampiamente dell'accesso a una scelta più ampia di prodotti e di prezzi migliori per effetto della modernizzazione, dell'accresciuta concorrenza e della globalizzazione. Lo sviluppo di marchi privati, che in media hanno un prezzo inferiore del 30 % rispetto ai prodotti di marca, ha contribuito in modo determinante a tale processo.

4.1.6   Dato il modello imprenditoriale del settore del commercio e della distribuzione, i prezzi al dettaglio riflettono costi operativi e un margine piuttosto ridotto rispetto ad altri settori che operano con margini più elevati. Il CESE considera preoccupanti le misure adottate in alcuni paesi volte a controllare i livelli dei prezzi o i margini. A causa dell'importanza sociopolitica di questo settore, tali regolamentazioni possono essere necessarie a garantire la coesione sociale e prevenire la povertà

4.1.7   Nel mercato interno sono state osservate notevoli differenze di prezzo per prodotti simili tra gli Stati membri. Il CESE raccomanda che qualsiasi studio sui prezzi si incentri sulla trasmissione dei prezzi e dei margini, in tutta la catena di approvvigionamento. Il CESE concorda inoltre con la Commissione sul fatto che vari fattori influiscono sulla formazione del prezzo. Oltre ai costi operativi, vi sono il reddito medio disponibile delle famiglie, l'IVA, i costi di trasporto, i costi degli affitti, i costi salariali, il quadro regolamentare, il livello di concorrenza o le pratiche commerciali quali i limiti territoriali dell'offerta e le pratiche abusive applicate lungo tutta la catena d'approvvigionamento. Il CESE invita la Commissione ad analizzare l'impatto di queste pratiche e ad adottare misure affinché i commercianti possano rifornirsi in altri Stati membri e i consumatori possano beneficiare di prezzi inferiori, di una migliore scelta, di una qualità più elevata, di prodotti alternativi, ecc.

4.1.8   Il CESE osserva che dai sondaggi tra i consumatori è emersa l'esigenza di creare fonti d'informazione comparative indipendenti sull'offerta commerciale.

4.1.9   Il CESE concorda sul fatto che il commercio elettronico potrebbe contribuire a rafforzare la concorrenza in alcuni settori, con una conseguente riduzione dei prezzi, ed esprime preoccupazione per la lenta diffusione del commercio elettronico, soprattutto nelle operazioni transfrontaliere. Il CESE rileva che la mancanza di norme comuni in materia di tutela dei consumatori in Europa rappresenta uno degli ostacoli allo sviluppo del commercio elettronico transfrontaliero, soprattutto per le PMI, ed esorta le istituzioni europee ad adottare rapidamente una direttiva sui diritti digitali dei consumatori basata sul concetto di «armonizzazione completa mirata» nella forma più avanzata. Tale direttiva non dovrà impedire ad alcuno Stato membro di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose per i consumatori ai sensi dell'articolo 169, paragrafo 4, del TFUE.

4.2   Un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo per i commercianti

4.2.1   Il CESE condivide la seguente affermazione: «Un mercato interno del commercio e della distribuzione […] deve permettere ai commercianti competitivi, indipendentemente dalle loro dimensioni, di coesistere sul mercato».

4.2.2   L'ubicazione è un fattore determinante ai fini dell'apertura di un nuovo esercizio commerciale e talvolta i commercianti devono attendere diversi anni prima di poter aprire un nuovo negozio in una determinata zona e creare quindi occupazione. Le difficoltà d'ingresso nel mercato e alla questione dell'accesso al mercato immobiliare sono annoverate tra i possibili ostacoli allo sviluppo del piccolo commercio e necessitano di un'ulteriore analisi. L'analisi potrebbe essere condotta sulla base di informazioni facilmente disponibili che tengano conto del punto di vista dei consumatori (scelta del posto in cui si fanno gli acquisti), degli aspetti della politica dei consumatori, della sussidiarietà e della proporzionalità.

4.2.3   La direttiva Servizi, che tutti gli Stati membri dell'UE avrebbero dovuto recepire entro il 31 dicembre 2009, è volta a eliminare le pratiche discriminatorie connesse al rilascio di un'autorizzazione per un insediamento commerciale. In pratica, tuttavia, si assiste alla creazione di nuove barriere e vi sono casi di regolamenti sulla pianificazione urbanistica utilizzati in modo improprio al fine di controllare la concorrenza e favorire l'insediamento di determinate forme di commercio o di impresa. Il CESE invita la Commissione a verificare l'attuazione della direttiva Servizi e ad adottare opportuni provvedimenti nei confronti degli Stati membri interessati.

4.2.4   Un altro problema per i commercianti è l'assenza di un mercato interno sufficientemente concorrenziale per i sistemi di pagamento. Le attuali pratiche relative ai sistemi di pagamento tramite carta sono anticoncorrenziali e violano uno dei principi fondamentali del mercato interno. Le commissioni interbancarie costituiscono un'imposta nascosta per i commercianti, soprattutto per quelli più piccoli. Dato che le commissioni interbancarie sono al centro del sistema, l'Area unica dei pagamenti in euro (SEPA) porterà all'abolizione di sistemi nazionali di carte di debito efficienti e a basso costo. Pertanto, il mercato delle carte si ridurrà a un duopolio, con un conseguente innalzamento delle commissioni interbancarie, a danno dei consumatori. Il CESE invita la Commissione ad adottare provvedimenti in merito alle commissioni interbancarie che rappresentano un'imposta nascosta per i consumatori.

4.3   Un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo per i fornitori

4.3.1   In qualità di prestatori di servizi, i commercianti consentono ai fornitori di entrare nella loro rete di distribuzione, sia che si tratti di un unico negozio oppure di punti vendita in tutta l'UE. I servizi offerti includono, per esempio, il posizionamento dei prodotti sugli scaffali, l'attività di commercializzazione e logistica ecc. Ciascuno di tali servizi ha un costo, che spesso assume la forma di commissioni.

4.3.2   Il commercio è solo uno dei vari canali di distribuzione a disposizione dei fornitori. Senza i commercianti, soltanto pochi fornitori sarebbero in grado di creare reti per la grande distribuzione, mentre per i consumatori la scelta dei prodotti si ridurrebbe e i prezzi aumenterebbero. Tuttavia, ciascun anello della catena d'approvvigionamento è importante dato che senza materie prime non vi sarebbe trasformazione di prodotti e senza processi di trasformazione non vi sarebbe commercializzazione. Il CESE ritiene pertanto che l'UE debba definire i meccanismi necessari per garantire un equilibrio effettivo nella catena di commercializzazione e di distribuzione dei prodotti.

4.3.3   Esiste in tutta Europa una concentrazione di grandi distributori che attirano un maggior numero di clienti grazie alla forza della loro offerta (nel 2005, i cinque principali distributori di prodotti alimentari occupavano più del 70 % del mercato). Analogamente, si registra un'elevata concentrazione in una serie di mercati di prodotti, specialmente per prodotti irrinunciabili che i distributori non possono permettersi di non offrire nei loro negozi. L'elevata concorrenza tra i commercianti esercita una spinta verso il basso sui prezzi e sui margini nella filiera di approvvigionamento. Esercitare il proprio potere contrattuale è pratica comune per qualsiasi azienda in un'economia di mercato aperta, compresi i commercianti e i loro fornitori, ma essa va eliminata quando diventa abusiva. Per quanto concerne i beni di primaria necessità, i commercianti, anche i grandi commercianti, non hanno potere negoziale nei confronti dei produttori, piccoli o grandi che siano. Del pari, i fornitori di piccole e medie dimensioni non hanno potere negoziale nei confronti dei grandi distributori per certe categorie di prodotti. Secondo quanto segnalato, gli operatori della catena di approvvigionamento non possono esprimere lagnanze per timore di rappresaglie. Il CESE esorta i piccoli commercianti a costituire gruppi d'acquisto, al fine di rafforzare il loro potere di contrattazione nei confronti dei fornitori, ottenere condizioni migliori e offrire un servizio più efficiente ai consumatori. I casi di abuso di potere d'acquisto devono essere sanzionati e il CESE invita ad applicare in modo corretto le norme in materia di concorrenza a tutti gli operatori della filiera di approvvigionamento.

4.3.4   Il Comitato economico e sociale europeo ha emesso due pareri sul funzionamento della filiera d'approvvigionamento alimentare (1), raccomandando l'adozione di un codice di buone prassi al livello degli Stati membri e la nomina di un mediatore che intervenga in caso di necessità. Il Parlamento europeo, la presidenza spagnola dell'Unione europea e la Commissione europea (2) hanno adottato una serie di raccomandazioni per un miglior funzionamento della filiera alimentare. Il CESE apprezza anche l'istituzione del Forum di alto livello (3) per un migliore funzionamento della filiera alimentare, che istituisce una piattaforma di parti direttamente interessate per le pratiche contrattuali tra imprese in tutta la catena di approvvigionamento alimentare.

4.3.5   Il CESE rammenta che i mercati del commercio e della distribuzione - e le relazioni contrattuali in tale settore - sono, per natura, nazionali e hanno caratteristiche giuridiche, economiche, politiche e culturali diverse. Le relazioni commerciali vengono di solito trattate a livello nazionale, attraverso la normativa, la giurisprudenza e/o i codici di buone pratiche. Molti Stati membri hanno cercato di disciplinare talune pratiche. In molti casi, tuttavia, tali tentativi hanno comportato l'insorgere di nuove barriere, limitando la capacità delle aziende straniere di stabilirsi in un determinato paese, violando quindi i principi del mercato interno. Il CESE chiede che i problemi di pratiche manifestamente non eque che si verificano nell'intera catena di approvvigionamento siano analizzati e risolti in modo adeguato. Più in particolare il CESE invita la Commissione a realizzare uno studio sul modo in cui le «relazioni contrattuali non eque» sono affrontate a livello nazionale, anche in termini di misure dirette ad assicurare l'osservanza delle norme. Tale studio dovrebbe illustrare l'efficacia delle pratiche nazionali, nonché indicare se sia necessaria un'azione e quale sia il livello più adatto, conformemente ai principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il CESE rammenta altresì che in momenti di crisi è importante garantire un'appropriata applicazione della legislazione vigente e che tale compito spetta agli Stati membri.

4.3.6   Al fine di garantire la scelta per i consumatori e allo scopo di mantenere intatta la propria individualità e rafforzare la propria immagine locale, i commercianti hanno ideato dei prodotti con marchio privato, per i quali assumono la responsabilità del produttore. Il successo di tali prodotti è dovuto all'ampio consenso dei consumatori, poiché quasi l'80 % dei consumatori europei (4) ritiene che i marchi privati dei supermercati siano una valida alternativa ad altre marche.

4.3.7   Le linee di prodotti con marchio privato sono realizzate in collaborazione con i fornitori, che nella maggior parte dei casi sono PMI. La Commissione europea riconosce che tali partenariati, basati su un rapporto di subappalto, si sono spesso dimostrate le relazioni più stabili e durature. I fornitori ottengono diversi benefici: l'accesso ai dati dei consumatori, incentivi per all'innovazione e l'accesso a un mercato più ampio. Tuttavia, sono stati espressi timori in merito all'impatto di tali partenariati sull'innovazione, sulla concorrenza, sullo sviluppo delle PMI e sulla scelta dei consumatori. Il CESE invita la Commissione a studiare l'impatto dei prodotti con marchio privato sui fornitori, la concorrenza, l'innovazione e le scelte dei consumatori.

4.4   Un mercato interno del commercio e della distribuzione più efficace e più equo per i lavoratori dipendenti

4.4.1   Il settore del commercio e della distribuzione costituisce una delle principali fonti di occupazione ed è spesso la porta d'ingresso al mercato del lavoro per molti giovani o per persone poco o non qualificate. Tale settore ricorre ampiamente alla flessibilità del lavoro per poter soddisfare la domanda dei consumatori nel corso della giornata, della settimana e delle stagioni. La forte concorrenza sui prezzi è fonte di pressioni per una flessibilità dell'orario di lavoro degli addetti che è diventata incompatibile con l'organizzazione della loro vita personale. Pertanto la legislazione e la contrattazione collettiva dovrebbero individuare le flessibilità che siano compatibili sia con le necessità organizzative dell'impresa che con le esigenze delle persone per raggiungere un effettivo equilibrio tra la loro vita professionale e quella privata. A tale proposito, la partecipazione femminile nel settore del commercio e della distribuzione è più elevata che quella in qualsiasi altro settore e anche il lavoro a tempo parziale vi assume considerevole importanza. Tale settore offre notevoli opportunità anche agli imprenditori.

4.4.2   Il CESE invita la Commissione a sostenere la promozione del lavoro autonomo, l'imprenditorialità e lo sviluppo delle competenze quali strumenti per affrontare la crisi e per facilitare l'ingresso o la reintegrazione delle persone nel mondo del lavoro. Il CESE esorta le aziende del settore ad applicare le norme nazionali e comunitarie in materia di pari opportunità e uguaglianza di genere per sostenere lo sviluppo qualitativo e quantitativo dell'occupazione femminile nel settore.

4.4.3   L'attuale crisi finanziaria e il contenimento dei consumi hanno comportato in tutti i paesi europei processi di chiusure, riorganizzazioni, fusioni e acquisizioni delle attività commerciali. Permane pertanto elevato il rischio per le persone di rimanere disoccupate per lunghi periodi. Il CESE invita la Commissione a sostenere la promozione del lavoro autonomo e lo sviluppo delle competenze professionali degli addetti quali strumento per affrontare la crisi e permettere la reintegrazione delle persone nel mercato del lavoro.

4.4.4   Esiste una lunga tradizione di contrattazione collettiva nel commercio, sia a livello europeo che nazionale. Le differenze esistenti tra i paesi derivano dalle diverse culture e tradizioni delle relazioni sindacali, pertanto qualsiasi misura proposta in tale ambito dovrebbe rimanere soggetta al principio di sussidiarietà. Il CESE invita gli Stati membri e i paesi candidati a sviluppare il dialogo sociale tra le parti e un sistema di relazioni industriali nel settore.

4.4.5   Il lavoro nero e l'economia sommersa costituiscono un grave problema che deve essere affrontato urgentemente poiché genera sia concorrenza sleale tra imprese a causa dell'evasione fiscale e contributiva, che conseguenze negative sulle condizioni di lavoro degli addetti, specie per quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure volte a semplificare e ridurre gli oneri amministrativi soprattutto per le piccole imprese e le microimprese, e a sensibilizzare ulteriormente l'opinione pubblica in merito ai vantaggi del lavoro regolare.

4.4.6   Il CESE chiede un dibattito aperto con le parti sociali sul franchising e insiste con gli Stati membri perché rafforzino le misure volte a lottare contro l'economia sommersa, poiché essa è fonte di ulteriore discriminazione e di concorrenza sleale a danno delle PMI.

4.4.7   La modernizzazione, lo sviluppo tecnologico e la diffusione delle TIC nel commercio hanno prodotto un crescente scollamento tra le competenze richieste dalle aziende e quelle offerte dal personale nel settore del commercio. Il CESE richiama l'attenzione della Commissione sulla necessità di dotare i lavoratori di migliori competenze durante i loro percorsi professionali o la loro vita lavorativa. In questo senso, il CESE chiede anche alle parti sociali del settore del commercio di approfondire la loro attuale cooperazione nell'affrontare lo sfasamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dai lavoratori trovando soluzioni per settore e mezzi per anticipare e gestire l'impatto delle nuove tecnologie sulle competenze e l'occupazione.

4.4.8   Nel settore del commercio e della distribuzione vi è una lunga tradizione di responsabilità sociale delle imprese. Da molti anni, infatti, le aziende che operano nel commercio promuovono e attuano numerose pratiche responsabili, che riguardano non soltanto le questioni sociali e ambientali, ma anche la salute, la sicurezza dei prodotti, gli aspetti connessi alle filiere d'approvvigionamento o l'impegno a livello locale.

4.4.9   Il CESE concorda con la Commissione che è indispensabile affrontare il tema della concorrenza sui prezzi che genera una forte pressione sui costi salariali e sugli orari di lavoro dei dipendenti. A questo fine il CESE propone alla Commissione di realizzare uno specifico studio sull'impatto degli orari di apertura degli esercizi commerciali, anche quelli domenicali, sullo sviluppo economico e sociale locale, sul livello del servizio offerto ai consumatori, sulla qualità della vita degli addetti.

4.4.10   Nel settore permangono fenomeni importanti di concorrenza sleale e dumping sociale tra aziende commerciali, indipendentemente dalla loro dimensione, in quanto il diritto del lavoro e la contrattazione collettiva che differiscono da paese a paese generano diverse politiche di investimento e diversi modelli economici e di sviluppo. Il CESE invita le parti sociali ad avviare nell'ambito del dialogo sociale europeo un confronto per individuare quali politiche mettere in campo per contribuire alla coesione economica, sociale e territoriale e rimuovere quegli ostacoli che impediscono uno sviluppo armonioso e una concorrenza leale nel settore in Europa. La Commissione a questo fine dovrebbe offrire un sostegno a questa iniziativa e assumere le opportune iniziative per eliminare i comportamenti che impediscono la realizzazione e il buon funzionamento di un mercato interno equo, efficace e promotore di sviluppo.

4.4.11   La partecipazione finanziaria dei lavoratori svolge un ruolo sempre più importante nel settore del commercio e della distribuzione, in particolar modo nelle imprese europee del settore di maggiori dimensioni, consentendo ai lavoratori stessi di avere maggior voce in capitolo per quanto concerne la qualità dell'occupazione, la motivazione e le condizioni di lavoro. La Commissione dovrebbe esaminare tale strumento nel quadro del suo esercizio di sorveglianza del settore.

4.5   Un mercato interno del commercio e della distribuzione più equo per le generazioni future

4.5.1   Il CESE riconosce l'importanza del settore del commercio nel promuovere modelli di produzione e di consumo più sostenibili nell'UE. Inoltre, rammenta che l'impatto diretto delle operazioni commerciali è stato di per sé sopravvalutato, ma che il settore del commercio può fornire ad ogni modo un importante contributo indiretto poiché rappresenta l'anello di collegamento immediato tra produttori e consumatori. Il CESE apprezza l'istituzione del Forum della distribuzione, il cui ruolo consiste nel promuovere la condivisione delle buone pratiche tra i commercianti e tra il settore del commercio e i soggetti interessati su questioni specifiche. Il CESE prende inoltre atto del lavoro della tavola rotonda sul consumo e la produzione sostenibili.

4.5.2   Il CESE richiama l'attenzione della Commissione sulla necessità di garantire la coerenza nell'elaborazione delle politiche tra gli obiettivi della politica ambientale e quelli di altre politiche, per esempio il mercato interno. Negli ultimi anni sono sorti conflitti e accade ormai sempre più spesso che i principi di base del mercato interno non siano rispettati per ragioni di protezione ambientale. Il CESE mette altresì in guardia contro un possibile trasferimento di responsabilità dai produttori ai commercianti.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  NAT/460 - Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, relatori: NARRO e KAPUVARI; CCMI/050 - Evoluzione della grande distribuzione e impatto sui fornitori e sui consumatori, relatrice: SHARMA.

(2)  COM(2009) 591 definitivo - Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa.

(3)  Decisione della Commissione del 30 luglio 2010 che istituisce il Forum di alto livello per un migliore funzionamento della filiera alimentare (2010/C 210/03) (GU C 210 del 3.8.2010, pag. 4).

(4)  Studio AC Nielsen Consumer attitudes towards private labels (Atteggiamenti dei consumatori nei confronti dei marchi privati), 2005.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di esplosivi»

COM(2010) 473 definitivo — 2010/0246 (COD)

2011/C 84/05

Relatore generale: SEARS

Il Parlamento europeo, in data 7 ottobre 2010, e il Consiglio, in data 15 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente a quanto disposto dall'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di esplosivi

COM(2010) 473 definitivo — 2010/0246 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 20 ottobre 2010, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), ha nominato relatore generale SEARS e ha adottato il seguente parere con 149 voti favorevoli e 7 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

La proposta in esame mira a ridurre la frequenza e l'impatto degli attentati terroristici limitando l'accesso del pubblico a sostanze chimiche (e relative miscele) che vengono utilizzate ampiamente e legittimamente, ma che in elevate concentrazioni possono essere usate anche per fabbricare esplosivi, e introducendo l'obbligo di segnalazione delle «transazioni sospette» di tali sostanze.

1.2

Tale proposta è rivolta ai grossisti, ai dettaglianti e agli Stati membri. Essa non dovrebbe incidere materialmente sui produttori di sostanze chimiche, i quali sono già soggetti a controlli e utilizzano codici di segnalazione volontari relativi, per esempio, ai precursori di armi e di droghe. I tonnellaggi interessati dalla proposta sono ridotti rispetto alle quantità complessivamente vendute. Non vi sono timori per la salute dei lavoratori o l'esposizione ambientale. L'esito positivo dipenderà dalle azioni intraprese dalle autorità competenti in materia di raccolta e condivisione delle informazioni pertinenti.

1.3

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia le azioni volte a combattere il terrorismo e condivide la logica di fondo della proposta, e specificamente l'adozione di un regolamento basato sull'articolo 114 TFUE volto ad evitare la frammentazione del mercato interno.

1.4

Il CESE condivide altresì l'elenco di 8 sostanze (e relative miscele) contenuto nell'allegato I del regolamento proposto, per le quali sono necessari i controlli ivi indicati. È ragionevole, pertanto, che la vendita di elevate concentrazioni di tali sostanze al pubblico possa continuare ad avvenire soltanto previa licenza attestante la legittimità degli usi finali previsti.

1.5

Il CESE considera ragionevole anche la creazione di sistemi centralizzati negli Stati membri deputati a ricevere, condividere e rispondere alle segnalazioni di transazioni sospette di una qualsiasi di quelle 8 sostanze e delle altre 7 elencate all'allegato II, nonché di qualsiasi altra transazione sospetta relativa a sostanze non classificate.

1.6

Il CESE deplora, tuttavia, che la proposta presenti numerose carenze, per quanto concerne le prove presentate a sostegno di determinate sostanze specifiche, le altre possibilità di controllo - per esempio legate alle dimensioni massime dell'imballaggio -, gli aspetti pratici dei controlli presso i punti vendita - compresa la definizione di «imprese» escluse dalla presente proposta -, e che nel corpo del testo si riscontrino alcune incoerenze, ad esempio per quanto concerne il campo di applicazione finale dell'obbligo di segnalazione.

1.7

Il CESE osserva con stupore che, mentre i costi per il settore del commercio al dettaglio e i governi sono stati ampiamente quantificati, i benefici presunti non sono stati stimati. Benché le vite umane salvate rappresentino certo un valore non quantificabile in modo obiettivo, in passato si è adottato un approccio di questo tipo per bilanciare i costi delle proposte dell'UE. Le ragioni per cui ciò non è avvenuto nel caso della proposta in esame non sono state enunciate.

1.8

Malgrado tali preoccupazioni, il CESE appoggia fermamente la proposta della Commissione. Informare sulla proposta i gruppi interessati e la società civile nel suo insieme sarà molto impegnativo; il CESE sarebbe lieto di contribuirvi in ogni modo possibile.

2.   Introduzione

2.1

Gli ordigni esplosivi improvvisati, che spesso includono esplosivi artigianali, vengono sempre più utilizzati dai terroristi e da altri gruppi o singoli criminali per compiere attentati contro obiettivi militari o economici in tutto il mondo e per seminare il terrore tra la popolazione civile in nome di ideali politici o religiosi.

2.2

Benché la maggior parte di tali attentati sia finora avvenuta al di fuori dell'UE, e malgrado i migliori sforzi dei servizi di sicurezza nazionali, gli Stati membri e i cittadini dell'Unione non sono stati risparmiati. I paesi più ricchi sono diventati gli obiettivi principali, ma nessun paese può considerarsi completamente al sicuro. Tramite Internet circolano in tutto il mondo istigazioni a delinquere di matrice ideologica, nonché istruzioni pratiche sui modi di realizzare una bomba. I precursori necessari possono essere acquistati facilmente presso negozi al dettaglio oppure on line, spesso a costi ridotti e nelle concentrazioni necessarie per realizzare esplosivi artigianali, oltre che per usi industriali e domestici legittimi.

2.3

Poiché tali usi legittimi esistono e tutte le misure di controllo dovrebbero essere sia efficaci che proporzionate, si avverte la chiara necessità di stabilire quali sostanze debbano essere regolamentate e in che modo, quali altre misure di supporto siano necessarie e quale sia la base giuridica (di diritto primario) appropriata per tale regolamentazione.

2.4

Tali interrogativi sono stati affrontati dal CESE in un precedente parere (1), relativo a un emendamento alla direttiva 76/769/CEE del Consiglio in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi, tra cui il nitrato di ammonio, che viene utilizzato in tutto il mondo in massicce quantità come fertilizzante azotato, ma costituisce anche un componente efficace e poco costoso per la fabbricazione di esplosivi sia commerciali che artigianali.

2.5

Come già osservato in quell'occasione, per la legislazione antiterrorismo o in materia di precursori degli esplosivi si sarebbero potute scegliere altre basi giuridiche; senonché il Trattato allora in vigore avrebbe richiesto l'unanimità degli Stati membri, e si è ritenuto che questa fosse difficilmente raggiungibile entro il breve tempo disponibile prima dell'abrogazione di quella vecchia direttiva e la sua sostituzione con il regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH), nel cui allegato XVII è stato infine aggiunto il nitrato di ammonio.

2.6

Da allora diversi Stati membri hanno adottato misure nazionali per limitare la disponibilità dei precursori di esplosivi oggetto di particolari apprensioni. Per evitare la frammentazione del mercato interno e garantire l'assenza di lacune nella raccolta delle informazioni di intelligence e in altre misure anti terrorismo, si è adesso resa necessaria una proposta della Commissione.

3.   Sintesi della proposta della Commissione

3.1

La Commissione propone un regolamento che limiti l'accesso del pubblico a sostanze specifiche comunemente utilizzate, ma che possono essere anche usate impropriamente come precursori di esplosivi. Per tutelare la libera circolazione delle merci, 8 sostanze elencate nell'allegato I possono continuare a essere vendute in forma concentrata previa licenza, concessa da un'autorità nazionale competente per uno scopo legittimo documentato oppure, senza licenza, a livelli di concentrazione tali da renderle inefficaci per la produzione di esplosivi artigianali. Nell'allegato II sono invece elencate 7 sostanze per le quali non sono richiesti né una licenza né il rispetto di determinati livelli di concentrazione. Tuttavia, per tutte e 15 queste sostanze, nonché per la vendita di qualsiasi altra sostanza, miscela (o articolo?) non espressamente elencati in tali allegati ma che la Commissione ha individuato di volta in volta come componente di esplosivi artigianali, qualsiasi transazione considerata «sospetta» sulla base di «ragionevoli» motivi deve essere segnalata al punto di contatto unico nazionale.

3.2

La proposta non dovrebbe incidere né sugli utilizzatori professionali né sulle vendite da impresa a impresa. I diritti degli individui in materia di riservatezza devono essere rispettati pienamente. Il processo di regolamentazione deve essere sufficientemente flessibile da consentire di rispondere rapidamente al mutare delle esigenze. Inoltre, le misure regolamentari dovranno essere supportate da accordi volontari, codici di condotta e migliori sistemi d'informazione.

3.3

L'onere economico sarebbe ripartito in misura pressoché uguale tra i produttori, i dettaglianti (costi di conformità, etichettatura, riformulazione e mancate vendite) e le autorità nazionali competenti (cui spetterebbe istituire e dotare di personale i necessari sistemi di licenza, raccolta di informazioni e segnalazione).

3.4

Nel caso del nitrato di ammonio, che figura all'allegato I della proposta in esame, i riferimenti alla sostanza di cui all'allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH), che non prevede il requisito della licenza o della segnalazione per le transazioni sospette, verrebbero adesso eliminati. Sarebbero invece mantenute le deroghe specifiche per l'impiego di tale sostanza da parte degli agricoltori.

3.5

Il regolamento entrerebbe in vigore 18 mesi dopo la sua adozione e sarebbe obbligatorio in tutti i suoi elementi per tutti gli Stati membri. Vi sarebbe un periodo di transizione di non oltre 36 mesi per consentire l'utilizzo o l'eliminazione di tutte le scorte di sostanze ad alta concentrazione di cui all'allegato I attualmente in possesso del pubblico. Il regolamento si estenderebbe anche agli Stati membri del SEE e sarebbe riesaminato 5 anni dopo l'adozione.

3.6

La proposta è accompagnata da una relazione introduttiva, da un documento di lavoro dei servizi della Commissione e da una sintesi della valutazione d'impatto, nonché dalla valutazione d'impatto stessa basata su uno studio preparatorio redatto da un contraente esterno (GHK in cooperazione con Rand Europe e Comstratos) in stretta collaborazione con il comitato permanente in materia di precursori di esplosivi istituito nel quadro del piano d'azione per il miglioramento della sicurezza degli esplosivi approvato dal Consiglio il 18 aprile 2008. La valutazione d'impatto è stata esaminata nel marzo 2010 dal comitato per la valutazione d'impatto della Commissione e in merito sono state formulate diverse raccomandazioni.

3.7

Informazioni generali in materia sono contenute anche nella comunicazione della Commissione, del 6 novembre 2007, sui modi di migliorare la sicurezza degli esplosivi e nelle relazioni annuali 2008 e 2009 del comitato permanente in materia di precursori di esplosivi.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE appoggia decisamente la dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio nel 2004 e le azioni e i documenti più dettagliati che vi hanno fatto seguito, e fa notare che la società civile è chiamata a svolgere un ruolo chiave nel garantire la sicurezza dei cittadini. Il Comitato giudica quindi favorevolmente la proposta all'esame in materia di precursori di esplosivi.

4.2

Il CESE concorda sulla necessità di un regolamento applicabile a tutti gli Stati membri, a prescindere dai loro attuali livelli di esposizione o sensibilizzazione nei confronti delle attività terroristiche. I gruppi terroristici sono oggi in grado di varcare i confini nazionali per acquistare o stoccare precursori o fabbricare esplosivi artigianali. I terroristi globali non conoscono confini. È in atto una tendenza a fabbricare esplosivi con un impatto maggiore, il che dimostra una sempre minore considerazione per la vita umana. Sebbene nella maggior parte dei casi gli attentati organizzati vengano sventati, gli effetti degli attentati riusciti sono devastanti.

4.3

Il CESE reputa che l'articolo 114 sia la base giuridica appropriata per evitare la frammentazione del mercato interno di sostanze che sono e continueranno a essere ampiamente disponibili in commercio, per molti usi legittimi ed essenziali. È vero che in taluni casi sarebbero disponibili prodotti alternativi; tuttavia, una totale sostituzione di tali sostanze è generalmente impossibile e un loro completo ritiro dal mercato produrrebbe un effetto sproporzionato sui produttori, rivenditori e consumatori interessati. Occorre inoltre evitare conflitti con altre normative, per esempio sui precursori di droghe o l'uso di prodotti agro-chimici. Deroghe nazionali, in particolare per le sostanze elencate nell'allegato I, non dovrebbero essere permesse.

4.4

Il CESE osserva che gli elenchi di precursori controllati tendono a rispecchiare l'esperienza acquisita in seguito agli ultimi attentati, piuttosto che un elenco minimo concordato a livello mondiale, che invece dovrebbe costituire l'obiettivo ultimo. Tuttavia, ciascuna delle sostanze elencate negli allegati vi è stata inclusa per validi motivi, e il regolamento proposto contiene una disposizione che consente il tempestivo aggiornamento di tali allegati qualora si ravvisino nuove modalità di realizzazione di esplosivi artigianali. Le 8 sostanze di cui all'allegato I saranno disponibili al pubblico in concentrazioni elevate soltanto previa licenza. Ciò dovrebbe essere sufficiente a limitarne gli acquisti occasionali, individuali, casuali od opportunistici. La verifica di attività più «professionali» e deliberate continuerà a dipendere principalmente dalla validità delle informazioni di intelligence trasmesse agli organi di polizia o ad altri organi centrali di sicurezza e dall'uso che essi sapranno farne.

4.5

Il CESE apprezza pertanto le proposte di iniziative supplementari nel campo dell'istruzione e della formazione nonché di codici di condotta volontari. Tali iniziative devono rivolgersi principalmente ai grossisti e ai dettaglianti, i quali devono assumersi una parte maggiore di responsabilità per le merci commercializzate e per la segnalazione, in modo ragionevole ed efficace, di qualsiasi transazione ritenuta «sospetta». Si riconosce inoltre la necessità di un valido feedback per promuovere le buone pratiche - e ciò costituirà una sfida interessante per le autorità di regolamentazione e di pubblica sicurezza coinvolte. Date la brevità dei tempi di introduzione della normativa e le esigenze concorrenti in termini di spesa pubblica, la Commissione svolgerà un ruolo cruciale nel facilitare lo scambio di buone pratiche tra gli Stati membri che hanno già introdotto tali misure e quelli che non l'hanno ancora fatto.

4.6

Tuttavia, il CESE deplora che la Commissione non sia riuscita, malgrado i migliori sforzi dei suoi consulenti, a descrivere esaustivamente o a quantificare le ripercussioni della proposta sul settore della vendita al dettaglio e, quindi, sui consumatori. Nel corso della preparazione della valutazione d'impatto è emerso chiaramente che le organizzazioni rappresentative in grado di occuparsi dell'ampia gamma di prodotti potenzialmente coinvolti sono pochissime, se non addirittura inesistenti. I tassi di risposta ai questionari inviati a singoli fornitori sono stati generalmente bassi. Gli aspetti pratici che consentiranno agli addetti alla cassa di gestire le merci vendibili solamente dietro licenza o di individuare e segnalare transazioni sospette di molte altre sostanze non sono stati affrontati. Le difficoltà legate alla distinzione tra un'«impresa», seppur temporanea e istituita per qualsivoglia scopo, la quale sarebbe esentata da ogni controllo, e il «pubblico», che potrebbe essere disposto o meno a fornire le proprie generalità o a dichiarare l'uso finale che intende fare del prodotto, sono state sì affrontate nella valutazione d'impatto, ma non sono state completamente risolte nella proposta.

4.7

A complicare ulteriormente la situazione, vi è il fatto che la valutazione d'impatto dipende da un modello economico elaborato appieno soltanto per 14 delle 15 sostanze adesso elencate (l'acido cloridrico è stato omesso all'ultimo momento e il «nitrato di ammonio e calcio», normalmente commercializzato con la denominazione di «CAN», è stato aggiunto senza alcun commento o spiegazione). Le sostanze e i relativi mercati non sono certo omogenei, andando dalla esammina, un particolare combustibile solido utilizzato per i giocattoli e i fornelli da cucina con vendite al dettaglio inferiori a 10 milioni di euro, fino al nitrato di ammonio (e calcio) e all'acetone, venduti in milioni di tonnellate rispettivamente per i fertilizzanti agricoli e per i cosmetici e i prodotti per la casa, per un volume d'affari in tutta l'UE dell'ordine di miliardi di euro.

4.8

Tenendo conto di questi limiti, nella migliore delle ipotesi si può stimare che ad essere direttamente colpito sarà il 10 % - pari a circa 300 milioni di euro - delle vendite delle sostanze altamente concentrate di cui all'allegato I; di quella quota di vendite, metà continuerà forse dietro licenza, mentre il resto verrà sostituito o andrà perduto. Le vendite di perossido di idrogeno concentrato, un ben noto precursore ampiamente utilizzato per la fabbricazione di esplosivi artigianali, rappresentano da sole circa il 60 % di quel totale. I mercati relativi ai prodotti elencati nell'allegato II, piuttosto grandi e dominati dalle vendite di acido solforico e acetone, anch'essi comunemente utilizzati come precursori per la fabbricazione di esplosivi artigianali, non dovrebbero invece essere colpiti in misura significativa dagli obblighi di segnalazione; se lo saranno, allora forse si potrà affermare che il regolamento ha davvero funzionato.

4.9

Per contro, i benefici economici e sociali della limitazione dell'accesso del pubblico ai precursori per la fabbricazione di esplosivi artigianali, e della conseguente riduzione della frequenza e dell'intensità degli attentati terroristici, sono stati analizzati nello studio preparatorio, ma non sono stati quantificati nella proposta in esame. Valutare la proporzionalità tra costi e benefici, pertanto, non è facile. Nel complesso, tuttavia, il CESE è convinto che le misure proposte soddisfino tutti gli orientamenti pertinenti e debbano quindi essere pienamente sostenute. Per garantire l'efficacia a lungo termine del provvedimento, in ogni caso, sarà fondamentale che gli Stati membri continuino a mettere in atto azioni al loro interno e tra di essi.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il CESE e la Commissione riconoscono entrambi che qualsiasi proposta su questo argomento deve essere il frutto di un attento bilanciamento tra le restrizioni all'uso illecito di specifiche sostanze per il bene della collettività e il diritto dei cittadini di perseguire i propri interessi con un ragionevole grado di riservatezza. È risaputo, inoltre, che i problemi di sicurezza e le misure adottate per porvi rimedio non possono essere, per loro stessa natura, sempre pienamente documentati. Ciononostante, essi dovrebbero esserlo nella misura del possibile.

5.2

Il CESE nota quindi con rammarico che la proposta finale non è suffragata pienamente dallo studio preparatorio e dalla valutazione d'impatto, soprattutto per quanto concerne lo stralcio dell'acido cloridrico perfino dall'allegato II e l'aggiunta del CAN, senza alcuna prova che ne dimostri l'impatto sull'uso o sul mercato. Poiché nella proposta si prospetta molto giustamente l'eventuale futura aggiunta di altre sostanze, è evidentemente necessario garantire che l'integrazione degli elenchi sia effettuata secondo procedure appropriate e che tutti i soggetti interessati possano constatarlo. Malgrado la fase avanzata cui è ormai giunta la procedura legislativa, sarebbe utile inserire un addendum in tal senso.

5.3

Neppure la logica alla base della suddivisione delle 15 sostanze in due gruppi - soltanto le 8 del primo gruppo sono soggette a restrizioni se vendute in elevate concentrazioni - viene discussa in maniera completa nella proposta o nei documenti di lavoro, benché discussioni di questo tipo siano certamente avvenute in sede di comitato permanente in materia di precursori di esplosivi e siano anzi state rese disponibili su richiesta. L'ideale sarebbe che anche tali considerazioni fossero incluse nella proposta e in tutte le conseguenti note esplicative.

5.4

Il CESE, inoltre, nota con stupore che, viste la relativa brevità dell'elenco e l'eterogeneità delle sostanze elencate, non è stata ravvisata o discussa l'opportunità di intraprendere azioni conformemente alle norme dell'UE in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze o miscele pericolose - ad esempio per limitare le dimensioni delle singole confezioni e mettere quindi in evidenza le transazioni insolitamente voluminose e, come tali, «sospette» in qualsiasi punto della filiera. L'opportunità di simili misure dipende dall'entità degli acquisti necessari per fabbricare un esplosivo delle dimensioni volute; si sarebbero potute includere informazioni a tal proposito nella valutazione d'impatto originale, contribuendo così a orientare i proposti sistemi di raccolta delle informazioni di intelligence.

5.5

In merito sarebbero utili anche proposte specifiche per definire gli aspetti pratici del controllo presso i punti vendita, dove etichette, codici a barre o altri sistemi di controllo interno saranno essenziali per limitare le transazioni illecite o indesiderate. Data la libera circolazione di tutte le merci in tutta l'UE, sarà fondamentale consentire a produttori e grossisti di adempiere a tali obblighi a fronte di costi accettabili.

5.6

Un piccolo dettaglio: è stato notato che le miscele di tutte le sostanze in entrambi gli allegati recano lo stesso codice NC (3824 90 27); tale indicazione, di cui pure è stata confermata la correttezza, mette in chiara luce la difficoltà di individuare gli spostamenti transfrontalieri dei prodotti o delle miscele in questione.

5.7

Va poi notato che, se le transazioni da impresa a impresa (b2b) sono escluse dal campo di applicazione, la definizione di ciò che costituisce un'impresa non è affatto chiara. Non tutti i giardinieri, costruttori, odontoiatri, parrucchieri o altri lavoratori autonomi saranno in grado di fornire una prova (ad esempio un numero di partita IVA) del fatto che esercitano un'attività d'impresa; e, anche nei casi in cui una tale prova venga fornita e si dimostri che l'attività d'impresa è attuale e legittima, esiste comunque l'eventualità che una transazione sia considerata «sospetta» per validi motivi. È quindi necessario introdurre una disposizione in materia di segnalazione anche in questo punto della filiera.

5.8

Infine, non vi sono restrizioni alla vendita delle sostanze elencate nell'allegato II, ma vi è soltanto l'obbligo di segnalare le transazioni «sospette». Poiché è possibile, e financo probabile, che venga segnalata qualsiasi transazione «sospetta», indipendentemente dal fatto che la sostanza o miscela in questione sia inclusa o meno nell'elenco, sorprende che tale elenco non sia più lungo, al fine di annoverare un numero maggiore di precursori e di materiali di supporto. Ciò consentirebbe, a livello nazionale, una certa libertà di individuare preferenze locali (per esempio l'uso della polvere nera o delle bombole di propano) e di reagire prontamente alle formule e alle tendenze più recenti.

5.9

Inoltre, sarebbe utile rendere più chiari sia il testo che i presupposti di fondo riguardo al campo di applicazione dell'obbligo di segnalazione. Secondo la relazione introduttiva, alla sezione «Impatto sui diritti fondamentali», tale obbligo si applica «solo alle sostanze chimiche elencate negli allegati e si baserà su una valutazione del rischio effettuata dagli operatori economici». In realtà, tale obbligo viene esteso, a norma dell'articolo 6, paragrafo 4, a tutte le «sostanze non classificate». Poiché la valutazione di una transazione come «sospetta» costituisce di per sé un giudizio di valore che riflette le norme e le percezioni locali, la segnalazione non può essere obbligatoria o completa al 100 %; né si possono escludere totalmente le segnalazioni di transazioni di sostanze non elencate o non pertinenti. Viste la miriade di rivenditori al dettaglio coinvolti e la difficoltà di indurli a condividere le migliori pratiche o anche solo di sensibilizzarli al riguardo, per non parlare della difficoltà di imporre controlli, bisognerà affrontare anche i problemi della qualità e quantità dei dati forniti dai punti di contatto nazionali prima di poterli considerare una fonte d'informazione utile.

5.10

Malgrado le suesposte preoccupazioni, il CESE appoggia fermamente la proposta in esame ed è convinto che essa contribuirà alla sicurezza dei cittadini sia all'interno che all'esterno dell'UE. Sarà necessario un continuo scambio di migliori pratiche, soprattutto nella comunicazione con i rivenditori al dettaglio e altri gruppi interessati della società civile. Il CESE sarebbe lieto di contribuirvi in ogni modo possibile.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 204 del 9.8.2008, pag. 13.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/30


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio — Regolamento (UE) n. … /2010 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli e alla vigilanza del mercato» —

COM(2010) 542 definitivo — 2010/0271 (COD)

2011/C 84/06

Relatore: RANOCCHIARI

Il Consiglio, in data 5 novembre 2010, e il Parlamento europeo, in data 19 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio — Regolamento (UE) n. … /2010 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli e alla vigilanza del mercato

COM(2010) 542 definitivo — 2010/0271 (COD).

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La crisi economica e finanziaria che ha colpito l'Europa nel 2008 non ha risparmiato il settore dei motocicli. Nel periodo compreso fra l'ultimo trimestre del 2008 e l'ultimo del 2010, il mercato europeo di questi prodotti è calato del 33 %, con ripercussioni negative sull'occupazione.

1.2

Nonostante questa situazione, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento avanzata dalla Commissione europea, che affronta tra l'altro due problemi delicati come la sicurezza stradale e l'ambiente, per i quali un'iniziativa legislativa si era fatta lungamente attendere.

1.3

I veicoli della categoria L (1) svolgono anche un ruolo sociale, poiché consentono la mobilità, aiutano a ridurre la congestione delle città e offrono un'alternativa nelle aree rurali che soffrono di una scarsità di trasporti pubblici.

1.4

Pertanto il CESE, nell'ottica di evitare ulteriori effetti negativi sul mercato, raccomanda di agire per limitare l'aumento complessivo dei costi che ricadrebbe sui consumatori a seguito delle modifiche proposte, in particolare per quanto riguarda i prodotti di minori dimensioni orientati alla mobilità. Il CESE raccomanda di contemplare nel regolamento un periodo di transizione adeguato in cui attuare le misure proposte, e di prevedere una maggiore flessibilità nelle soluzioni tecniche da applicare ai veicoli di minori dimensioni, in modo che questi rimangano economicamente accessibili per i consumatori.

2.   Introduzione

2.1

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea intesa ad affrontare varie questioni connesse all'omologazione e alla vigilanza del mercato nel settore motociclistico. Questa proposta, attesa a lungo, offre al settore motociclistico la necessaria chiarezza in merito alle future prescrizioni per la fabbricazione dei veicoli a motore a due o a tre ruote e dei quadricicli (veicoli di categoria L).

2.2

La Commissione europea, che al momento sta applicando ai veicoli della categoria L standard ambientali risalenti al 2006 (2), propone di andare avanti con l'introduzione progressiva di nuove fasi Euro nel corso di questo decennio. La proposta contiene anche disposizioni in materia di sicurezza dei veicoli, dal momento che il miglioramento della sicurezza stradale per i motociclisti figura tra gli obiettivi strategici dell'Unione europea per il periodo 2011-2020 (3).

2.3

Come è già stato indicato nel precedente parere del CESE (4), il settore motociclistico riveste nell'UE un'importanza considerevole in termini economici ed occupazionali. Il 90 % della produzione europea è opera di un centinaio di costruttori di dimensioni medio-grandi e medio-piccole, che producono in diversi paesi dell'UE (in particolare Italia, Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e Austria, nonché Repubblica ceca, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Svezia), oltre a Norvegia e Svizzera. Il rimanente 10 % è suddiviso tra un certo numero di costruttori di dimensioni piccole o molto piccole. Il fatturato medio di 8 milioni di euro attesta il numero importante di PMI. Nel 2007, il settore della fabbricazione di motocicli dava lavoro a 25 000 persone, mentre il numero di occupati nell'intero settore motociclistico (comprese componentistica, distribuzione e manutenzione) era stimato attorno alle 150 000 unità.

2.4

I costruttori rappresentano realtà molto diverse: vi sono operatori di livello globale, attivi nell'insieme dei segmenti (motociclette di diverse cilindrate, destinate a vari utilizzi, motorette di diverse cilindrate, ciclomotori, veicoli a tre ruote e quadricicli) o in segmenti molto specialistici, e operatori di livello nazionale o persino locale, a volte al limite dell'artigianato per dimensioni e processo produttivo.

2.5

Il settore è stato colpito dalla crisi nell'ultimo trimestre del 2008 e ha risentito nel suo insieme degli effetti negativi del calo della domanda, con pesanti conseguenze in termini strutturali e occupazionali (un calo del 31 % della domanda che ha portato a una diminuzione del 35 % del fatturato e degli ordinativi, con effetti negativi sull'occupazione). Nel periodo compreso tra l'ultimo trimestre del 2008 e l'ultimo trimestre del 2010, il mercato dell'UE ha avuto una contrazione del 33 %. Questo calo della domanda ha anche portato a una diminuzione del fatturato e degli ordinativi e ha prodotto effetti negativi sull'occupazione sia nel settore della fabbricazione di motocicli (principalmente per un calo del lavoro stagionale, meno ore di lavoro e meno indennità di licenziamento) sia per i fornitori a monte della filiera e i segmenti a valle della vendita, manutenzione e riparazione (si calcola che nel 2010 la forza lavoro sia calata del 25 % rispetto al 2007) (5).

Questo è il contesto che fa da sfondo alla proposta di regolamento contenuta nel documento COM(2010) 542 definitivo, contesto di cui il CESE vuole tener conto nella formulazione del proprio parere.

3.   La proposta avanzata dalla Commissione europea

3.1

Il 4 ottobre 2010 la Commissione europea ha adottato la proposta di regolamento relativo all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli e alla vigilanza del mercato. La proposta si articola su più livelli: il regolamento quadro in oggetto, che sarà approvato tramite la procedura di codecisione, e altri quattro regolamenti, che verranno adottati con la procedura di comitato (atti delegati) entro il 2012. Questi ultimi riguarderanno:

1.

le prescrizioni relative alla compatibilità ambientale e alle prestazioni di propulsione;

2.

le prescrizioni di sicurezza funzionale dei veicoli e gli aspetti connessi;

3.

le prescrizioni per la fabbricazione dei veicoli;

4.

un atto di esecuzione sulle disposizioni amministrative.

La Commissione intende applicare l'intero pacchetto normativo dal 1o gennaio 2013.

3.2

Il CESE accoglie con favore questo approccio legislativo, teso a migliorare progressivamente la compatibilità ambientale e ad aumentare la sicurezza dei veicoli, nonché a semplificare la normativa sull'omologazione relativa ai veicoli della categoria L, per la quale vengono introdotte nuove sottocategorie. Tale semplificazione porterà all'abrogazione di 13 direttive e all'applicazione dei regolamenti UNECE (6), laddove ciò sia possibile. Inoltre, il CESE si compiace della rinnovata attenzione alla vigilanza del mercato, necessaria per garantire parità di condizioni e per proteggere il consumatore dai prodotti non a norma, provenienti in particolare dal Sud-est asiatico.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il CESE valuta positivamente la proposta della Commissione nel suo insieme, in particolare la sua impostazione gradualistica per quanto riguarda le date di applicazione, tuttavia alcuni aspetti devono essere ancora affrontati assieme al Parlamento europeo e al Consiglio per arrivare a elaborare una normativa equilibrata, contenente misure con effetti benefici sui costi, specialmente alla luce delle specificità del settore e dell'attuale crisi economica e finanziaria.

4.2

Secondo il CESE, il primo punto a cui occorre prestare attenzione è il calendario per l'introduzione delle nuove caratteristiche dei veicoli, il quale deve dare ai costruttori il tempo sufficiente per conformarsi alle varie disposizioni, una volta che siano stati approvati l'intero contenuto del regolamento e gli atti delegati. Dato che gli atti delegati dovrebbero essere ultimati non prima della fine del 2012, il CESE ritiene che la data di entrata in vigore per l'intero pacchetto dovrebbe decorrere dal 1o gennaio 2014, per dare ai costruttori e ai fornitori di componenti il tempo necessario per la transizione. Un periodo di transizione è necessario per dare ai costruttori il tempo di familiarizzarsi con le nuove norme e sviluppare, insieme ai fornitori di componenti, le soluzioni adeguate per rispettare le disposizioni introdotte dalla proposta.

4.3

Le nuove norme devono essere applicate a livello della produzione, a un costo ragionevole per i consumatori, elemento questo particolarmente importante nel contesto economico attuale. Si stima (7) che l'aumento percentuale dei costi per i consumatori dovuti all'applicazione delle diverse disposizioni ambientali e di sicurezza proposte vada dal 5 al 10 % per il segmento alto del mercato (motocicli oltre i 750 cc) e fino al 30 % per il segmento basso (motocicli sotto i 300 cc). Questo aumento del 30 % appare sproporzionato e rischia di frenare la propensione dei consumatori all'acquisto, facendo invecchiare il parco veicoli con effetti negativi sull'ambiente, la sicurezza, l'industria, l'occupazione e la società. In termini quantitativi, i motocicli di piccola e media cilindrata rappresentano oltre l'80 % delle immatricolazioni effettuate nell'UE. Va osservato che i veicoli sotto i 300 cc corrispondono a due terzi delle immatricolazioni, e la maggior parte è costituita da veicoli urbani che consentono la mobilità sociale e professionale.

4.4

Per quanto concerne l'ambiente, il CESE accoglie con favore il calendario proposto dalla Commissione europea per l'introduzione delle nuovi fasi Euro, ma rileva che la tecnologia ibrida appare in certa misura penalizzata dall'allineamento ai valori limite del diesel, quando il combustibile utilizzato attualmente su questi veicoli è la benzina.

4.5

Per quel che riguarda la sicurezza, il CESE accoglie con favore l'approccio legislativo adottato per i sistemi di frenaggio avanzato sui motocicli, ma ribadisce (8) la necessità di valutare in modo adeguato il rapporto costi/efficacia dei differenti sistemi, a seconda dei vari prodotti e delle modalità d'uso. In materia di sistemi di frenaggio avanzato il CESE è in favore di un approccio neutrale alle varie tecnologie, per dare ai costruttori la necessaria flessibilità e per stimolare l'innovazione, nell'interesse dei consumatori.

4.6

Il CESE accoglie con favore le date di applicazione proposte per le diverse disposizioni relative alle nuove omologazioni, ma ritiene che occorra più tempo per i veicoli immatricolati secondo un'omologazione esistente, viste le complicazioni e le spese supplementari collegate al loro adattamento.

4.7

Il CESE si compiace inoltre della maggiore attenzione rivolta alle misure contro la manomissione dei veicoli le cui prestazioni dinamiche sono limitate per legge e alle disposizioni sulla vigilanza del mercato, volte a impedire l'ingresso nel mercato dell'UE di veicoli non conformi alle disposizioni di omologazione. In questi settori anche gli Stati membri avranno un ruolo importante da svolgere, effettuando controlli periodici sul parco veicoli e sui punti di distribuzione.

5.   Osservazioni particolari

5.1

Ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, lettera g), «i veicoli destinati principalmente all'uso fuoristrada e a viaggiare su superfici non pavimentate» sono esclusi dal campo di applicazione della proposta di regolamento in esame. Ciò solleva un problema per la produzione dei veicoli di tipo trial ed enduro esistenti, che sinora erano inclusi nella normativa sull'omologazione, e genera anche incertezza a causa dell'interpretazione soggettiva dell'esclusione per altri veicoli con caratteristiche limite. Il CESE è favorevole al mantenimento dei veicoli di tipo trial ed enduro  (9) nel campo di applicazione della normativa sull'omologazione, anche per evitare impatti negativi sull'ambiente, e chiede prescrizioni chiare per l'introduzione delle esenzioni dal montaggio obbligatorio di sistemi di frenaggio avanzati, le quali sono necessarie a causa delle specifiche condizioni d'uso di tali veicoli.

5.2

Il CESE accoglie inoltre con favore la soppressione del limite facoltativo di potenza di 74 kW attualmente utilizzato in un solo Stato membro dell'UE, in quanto va incontro agli obiettivi di completamento del mercato interno.

5.3

Il CESE dubita della proporzionalità della disposizione che obbliga a dotare di un sistema di diagnosi di bordo i ciclomotori delle categorie L1 e L2, dato che le implicazioni tecniche associate a questa misura hanno un costo sproporzionato in rapporto al basso costo di acquisto di questi veicoli (attorno ai 1 000 euro). Il CESE desidera sottolineare il ruolo sociale che i ciclomotori svolgono nel fornire accesso alle opportunità di mobilità, d'istruzione e di occupazione ai giovani e a quelle frange della popolazione per le quali questi veicoli rappresentano l'unica forma di mobilità privata economicamente accessibile, nelle città e in particolare nelle zone rurali dove le alternative di trasporto pubblico sono scarse.

5.4

Il CESE rileva che i limiti per le «piccole serie» sono stati abbassati, passando dagli attuali 200 veicoli a 100 (nel caso di L4e, L5Be, L6Be e L7Be), 50 (L5Ae) e persino 20 (nel caso di L1Ae, L1Be, L2e, L6Ae e L7Ae). Il CESE è dell'avviso che questi limiti siano troppo bassi e inattuabili per le molte PMI attive nel settore, e chiede pertanto di mantenere l'attuale limite di 200 veicoli, per riconoscere a dette PMI alcune limitate esenzioni dalle disposizioni di omologazione economicamente troppo onerose.

5.5

Il CESE reputa che la massa massima per i quadricicli L6e e L7e proposta nell'Allegato I sia prematura. Anche se la massa massima sembra invariata, adesso è intesa come massa in ordine di marcia. Questa disposizione non è soltanto più rigida di per sé, ma non tiene neanche conto dell'impatto addizionale in termini di peso derivante dalle nuove prescrizioni proposte nell'Allegato II, per quel che concerne in particolare - ma non soltanto - le «strutture protettive anteriori e posteriori». Poiché le caratteristiche tecniche di queste nuove prescrizioni devono essere stabilite dagli atti delegati, il CESE ritiene che il limite di massa massima andrebbe fissato alla luce delle prescrizioni tecniche.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Sono veicoli della categoria L i ciclomotori L1e, i ciclomotori L2e a tre ruote, i motocicli L3e, i motocicli L4e con sidecar, i tricicli a motore L5e, i quadricicli leggeri L6e e i quadricicli pesanti L7e.

(2)  La direttiva 2002/51/CE ha introdotto Euro 2 nel 2003 ed Euro 3 nel 2006.

(3)  Orientamenti per la sicurezza stradale, Commissione europea, 2010.

(4)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 30.

(5)  Dati riferiti all'Italia, ANCMA (Associazione nazionale ciclo motociclo e accessori).

(6)  Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite.

(7)  Fonte: ACEM (Associazione dei costruttori europei di motocicli), cfr. la pagina web: http://circa.europa.eu/Public/irc/enterprise/automotive/library?l=/mcwg_motorcycle/meeting_june_2009&vm=detailed&sb=Title

(8)  CESE 1187/2010, Orientamenti strategici per la sicurezza stradale fino al 2020, settembre 2010.

(9)  Come definiti all'articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2002/51/CE.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle vendite allo scoperto e ai credit default swap»

COM(2010) 482 definitivo — 2010/0251 (COD)

2011/C 84/07

Relatore generale: Peter MORGAN

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 7 ottobre e 13 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle vendite allo scoperto e ai credit default swap

COM(2010) 482 definitivo — 2010/0251 (COD).

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 20 ottobre 2010, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), ha nominato relatore generale MORGAN e ha adottato il seguente parere con 200 voti favorevoli, 4 voti contrari e 7 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La vendita allo scoperto di titoli azionari di istituti finanziare è stata vietata nel Regno Unito e in altri paesi come reazione al crollo del mercato dopo il fallimento della banca Lehman. In risposta alla crisi del debito sovrano della Grecia, le autorità tedesche hanno vietato la vendita allo scoperto dei titoli azionari di certi istituti finanziari tedeschi, di debito sovrano dell'area dell'euro e di posizioni in CDS «naked» (vendita allo scoperto senza provvista di titoli garantita) in quel debito. Nel regolamento in esame, nel quadro della revisione della regolamentazione e della vigilanza finanziarie, la Commissione propone un unico quadro normativo, sotto il coordinamento dell'ESMA (l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), per la gestione delle vendite allo scoperto e dei CDS in tutta l'UE. Il CESE accoglie con favore questa iniziativa, che eliminerà regimi confliggenti e porterà chiarezza in questo settore dei mercati finanziari.

1.2

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che, in generale, i risultati saranno ottimali se ai mercati verrà consentito di operare liberamente entro un quadro normativo consolidato. Il CESE sottolinea l'importanza del ruolo di coordinamento dell'ESMA. In considerazione di circostanze che l'ESMA può giudicare negative, essa può:

proibire a delle persone di intraprendere qualsiasi negoziazione, oppure limitare il valore di tale negoziazione;

proibire a delle persone di effettuare vendite allo scoperto, oppure imporre delle condizioni a tali vendite;

proibire operazioni su credit default swap relativi a debito sovrano;

limitare il valore di CDS relativi a debito sovrano; e

imporre la comunicazione al pubblico di vendite allo scoperto.

1.3

In generale, il CESE si aspetta che le autorità competenti degli Stati membri esercitino questi poteri in prima istanza. Il coordinamento da parte dell'ESMA delle risposte degli Stati membri soddisfa una necessità esistente e apporterà notevoli benefici. Il CESE è dell'avviso che l'intervento diretto dell'ESMA dovrebbe essere eccezionale, come previsto dall'articolo 24 del regolamento.

1.4

Il CESE accoglie con favore la proposta di un quadro normativo che attribuirà alle autorità competenti i poteri per esigere maggiore trasparenza per gli strumenti coperti dal regolamento. In riferimento all'attività quotidiana, da ciò trarranno beneficio autorità di regolamentazione, investitori e mercati. Qualora si dovesse prendere in considerazione un futuro intervento, ci si può attendere che le autorità di regolamentazione saranno meglio informate che in passato.

1.5

Il CESE accoglie favorevolmente la proposta di formalizzare entro un quadro armonizzato i poteri per imporre restrizioni temporanee alle vendite allo scoperto quando la stabilità del mercato è minacciata, mettendo in rilievo che sono tuttora da definire misure obiettive dell'instabilità del mercato. L'attuale soglia del 10 % per diminuzioni di prezzo significative potrebbe essere troppo bassa per alcuni strumenti.

1.6

Sulla base delle disposizioni menzionate al precedente punto 1.5, il CESE non ritiene che un divieto assoluto di CDS «naked» in tutte le circostanze sia giustificato.

1.7

Il CESE ritiene che il proposto regime di regolamento per le vendite allo scoperto «naked» potrebbe essere più efficace se vi fosse almeno flessibilità intragiornaliera per coprire le posizioni corte. Il modello statunitense, alquanto più flessibile, dovrebbe fornire la sicurezza necessaria senza penalizzare gli operatori di mercato.

1.8

Il CESE sostiene la proposta di un regime di comunicazione a due livelli per i titoli azionari, con comunicazioni prima in forma privata e poi pubblica. Ciò costituirà una comunicazione adeguata sia alle autorità di regolamentazione che al mercato.

1.9

Il CESE è perplesso in merito alla disposizione che prevede l'obbligo di contrassegnare gli ordini di vendita allo scoperto. La complessità è considerevole, l'utilità è dubbia e tale disposizione rappresenterà un onere per tutte le sedi di negoziazione dell'UE. Le altre misure in materia di trasparenza sembrano più che adeguate per permettere il controllo dei mercati da parte dell'ESMA e delle autorità competenti.

1.10

I CDS relativi a debito sovrano sono stati al centro delle angosce dell'area dell'euro quando è esplosa la crisi del debito sovrano. Le dimensioni economiche e sociali di questa crisi sono fonte di enorme preoccupazione per il CESE. Il Comitato ritiene che la negoziazione di CDS «naked» abbia amplificato la crisi e pertanto accoglie con favore la proposta di regolamento. Il CESE condivide il punto di vista della Commissione, espresso nei considerando 16 e 17 della proposta di regolamento, secondo cui «Le vendite allo scoperto di titoli azionari o di debito sovrano senza provvista di titoli garantita sono viste talvolta come fattore di aumento del possibile rischio di mancato regolamento e di volatilità del mercato. (…) Le misure relative al debito sovrano e a credit default swap su obbligazioni sovrane tra cui quelle finalizzate ad una maggiore trasparenza e restrizioni sulle vendite allo scoperto senza provvista di titoli garantita devono imporre norme che siano proporzionate e al tempo stesso evitare un impatto negativo sulla liquidità dei mercati delle obbligazioni sovrane inclusi i loro mercati repo (pronti contro termine)».

1.11

In sintesi, il CESE accoglie favorevolmente il ruolo regolatore dell'ESMA nei termini definiti nel regolamento. Un intervento eccessivo potrebbe destabilizzare i mercati. Il CESE accoglie con favore le disposizioni per la trasparenza di mercato, dalle quali il Comitato si attende molti benefici, e la maggior parte delle disposizioni tecniche, con riserva delle preoccupazioni suesposte.

1.12

Tenuto conto del danno che il debito sovrano fuori controllo può causare a tutti i cittadini, il CESE si aspetta che l'UE dia l'esempio a livello globale nella futura gestione del debito sovrano.

2.   Introduzione

Vendite allo scoperto

2.1

L'espressione «vendita allo scoperto» indica la vendita di azioni che non sono di proprietà, bensì prese in prestito. Gli istituti che prestano azioni chiedono in pagamento una commissione, che fornisce un'entrata aggiuntiva per i loro fondi. Colui che prende a prestito le azioni le vende prevedendo che il loro prezzo calerà in modo che, al momento dovuto, egli possa ricomprarle a un prezzo inferiore, così da poterle restituire a chi le ha date in prestito, ma ricavandone un profitto. La vendita allo scoperto è evidentemente rischiosa. Il prestito delle azioni può essere concordato prima della vendita (vendita allo scoperto con provvista di titoli garantita), oppure dopo la vendita (vendita allo scoperto senza provvista di titoli garantita o «naked»).

2.2

La vendita allo scoperto può essere utilizzata per varie ragioni. Poiché sia le singole azioni che il mercato azionario nel suo insieme possono tanto scendere quanto salire, un portafoglio di azioni creato per salire con il mercato (posizione lunga) è esposto alla perdita di valore quando il mercato scende. Questo tipo di portafoglio «lungo» può essere protetto da una componente «corta». Se da un lato molti istituti detengono solo posizioni lunghe, dall'altro alcuni possono scegliere di detenere solo posizioni corte. Quale tra le due scelte, ovvero quella di un portafoglio unicamente «lungo», che scommette su un movimento al rialzo del mercato, e quella di un portafoglio «corto», che scommette sulle diminuzioni di prezzo, sia quella più speculativa è un punto controverso.

2.3

La vendita allo scoperto è usata da una serie di partecipanti al mercato, che vanno dai gestori di fondi tradizionali (come i fondi pensione e le società di assicurazione), alle banche d'investimento e ai fondi comuni speculativi (hedge fund), fino a intermediari finanziari specializzati come i market maker. Singoli investitori possono anche usare la vendita allo scoperto nel quadro della loro strategia d'investimento. La vendita allo scoperto è considerata una tecnica di investimento legittima in circostanze di mercato normali.

2.4

Come giustamente affermato dalla Commissione, la vendita allo scoperto è una prassi consolidata e comune nella maggior parte dei mercati finanziari e non dovrebbe essere confusa con gli abusi di mercato, per i quali esiste una normativa separata nell'UE. Al contrario, la vendita allo scoperto ha effetti positivi sui mercati finanziari, tra cui in particolare una migliore determinazione del prezzo e un minore rischio di bolle speculative, oltre che una maggiore liquidità del mercato.

2.5

Nel settembre 2008, giorni dopo il fallimento della Lehman Brothers, il Regno Unito vietò la vendita allo scoperto di titoli azionari in società finanziarie quotate in borsa. Molti altri paesi, compresi gli Stati Uniti, imposero restrizioni simili, ma per periodi di tempo diversi. Il nuovo regolamento dell'UE eviterà il ripetersi di queste misure disordinate.

2.6

La tossicità dei derivati «sub-prime», la natura virale di questo cancro e l'enormità del crollo dovevano necessariamente indurre le autorità di regolamentazione ad agire, sebbene l'impatto di tali derivati sull'evolversi della crisi sia incerto. È difficile immaginare un evento simile in futuro, ma in ogni caso adesso esiste il quadro legislativo per una risposta ordinata da parte delle autorità di vigilanza e delle autorità di regolamentazione.

Credit default swap

2.7

I credit default swap (CDS) sono dei contratti derivati legati a un titolo di debito sottostante, come i titoli obbligazionari societari e i titoli di Stato (obbligazioni sovrane). Essi sono utilizzati per assicurarsi contro l'inadempimento (default) su quel debito. L'acquirente della protezione paga dei premi trimestrali - il cosiddetto spread - al venditore della protezione. Lo spread di un CDS rappresenta quanto bisogna pagare per mantenere i CDS e lo spread si allarga in linea con il rischio percepito d'inadempimento sul debito sottostante.

2.8

Se chi prende a prestito è inadempiente, il venditore della protezione paga all'acquirente il valore nominale dell'obbligazione in cambio della consegna fisica dell'obbligazione. Un inadempimento può comprendere eventi quali il mancato pagamento, una ristrutturazione e un fallimento. La maggior parte dei CDS sono compresi nella fascia dei 10-20 milioni di dollari USA, con scadenze da uno a dieci anni. Un CDS è simile a un'assicurazione del credito, sebbene i CDS non siano soggetti alle norme in materia di assicurazione.

2.9

Gli investitori possono anche comprare e vendere protezione senza possedere nessuno dei titoli di debito assicurati. Questi credit default swap senza provvista di titoli garantita consentono agli operatori che negoziano titoli di speculare sulle emissioni di debito e sul merito di credito dell'emittente. Ad esempio, se un fornitore della General Motors avesse temuto che la GM fosse potenzialmente insolvente, un CDS «naked» sulle obbligazioni della GM avrebbe potuto fornirgli una protezione. Analogamente, gli investitori in debito sovrano possono utilizzare i CDS per creare posizioni sintetiche lunghe e corte nelle obbligazioni selezionate e ciò in alcuni casi può rappresentare un modo migliore di creare un portafoglio.

2.10

È importante evitare confusioni tra un CDS «naked» e la vendita allo scoperto «naked» di titoli azionari. Nel secondo caso, i titoli azionari presi in prestito sono venduti. Ciò può costituire un concetto problematico. Nel caso di un CDS «naked», non viene realizzata alcuna vendita. Un soggetto disposto a comprare ha acquistato un'opzione da un soggetto disposto a vendere. Come in qualsiasi mercato, viene fissato un prezzo. La performance dell'obbligazione sottostante deciderà quale parte ricaverà un profitto. I CDS «naked» formano la parte più consistente dell'universo dei CDS.

2.11

Nel maggio 2010 la Germania annunciò un divieto sia dei CDS «naked» che avevano come soggetto di riferimento Stati dell'area dell'euro, sia delle vendite allo scoperto senza provvista di titoli garantita relative a debito sovrano dell'area dell'euro e a titoli azionari di certi istituti finanziari tedeschi. L'autorità di regolamentazione addusse a giustificazione della misura la «straordinaria volatilità dei titoli di debito». Questa azione colse di sorpresa gli altri Stati membri destabilizzando i mercati. Come nel caso della vendita allo scoperto di titoli azionari, i nuovi poteri di regolamentazione e le nuove disposizioni dell'UE impediranno il ripetersi in futuro di un' azione unilaterale imprevista di questo genere.

2.12

Sebbene l'attenzione rivolta ai CDS sia giustificata, esiste tuttavia il pericolo che essa affronti il sintomo del problema, non la causa. La causa risiede nell'irrisolto dilemma politico ed economico in cui si trova un'unione monetaria di fronte a una crisi del debito. Il dilemma ha causato incertezza economica. Chi concede prestiti ha bisogno di coprire i propri rischi. Gli opportunisti cercano di trarre profitto dall'incertezza. È difficile separare gli uni dagli altri. È possibile che i banchieri stiano approfittando della situazione, ma i governi dell'area dell'euro stanno offrendo loro tutte le occasioni per farlo.

2.13

Alla luce di quanto suesposto e tenuto conto del danno che il debito sovrano fuori controllo può causare a tutti i cittadini, il CESE si aspetta che l'UE dia l'esempio a livello globale nella futura gestione del debito sovrano.

3.   Sintesi del regolamento

3.1

La proposta copre i titoli azionari e i derivati relativi a titoli azionari, le obbligazioni sovrane e i derivati relativi a obbligazioni sovrane, oltre che i credit default swap relativi a emittenti sovrani.

3.2

La proposta prevede obblighi di trasparenza per le persone fisiche o giuridiche (d'ora in avanti, le «persone») che assumono importanti posizioni corte nette relative a titoli azionari UE o titoli del debito sovrano UE, oppure con importanti posizioni in CDS relative a debito sovrano UE.

3.3

Per i titoli azionari, è proposto un modello di trasparenza a due livelli: ad una soglia più bassa la notifica di una posizione deve essere fatta privatamente all'autorità di regolamentazione e ad una soglia più alta le posizioni devono essere comunicate al mercato.

3.4

La soglia più bassa proposta è pari allo 0,2 % del capitale azionario emesso. La soglia più alta è pari allo 0,5 %.

3.5

Per il debito sovrano dell'UE, è obbligatoria la notifica privata di significative

posizioni corte nette in debito sovrano;

posizioni scoperte in CDS relativi a debito sovrano.

3.6

La notifica è obbligatoria anche quando vengono assunte posizioni corte attraverso operazioni fuori borsa (OTC) o mediante prodotti derivati quali opzioni, contratti finanziari a termine standardizzati (futures), ecc.

3.7

Esiste anche un obbligo in base al quale le vendite allo scoperto in qualsiasi sede di negoziazione dovrebbero essere contrassegnate, in modo che la sede di negoziazione possa pubblicare informazioni giornaliere sul volume di vendite allo scoperto in quella sede.

3.8

Le persone che effettuano vendite allo scoperto di titoli azionari o di debito sovrano devono, al momento della vendita, aver preso a prestito gli strumenti in questione, aver concluso un accordo per prenderli a prestito, oppure aver preso altre disposizioni che garantiscano che il titolo possa essere preso a prestito in modo che il regolamento possa essere effettuato al momento dovuto.

3.9

Quando una persona che ha effettuato una vendita allo scoperto non è in grado di consegnare i titoli azionari per il regolamento al momento stabilito, la sede di negoziazione acquisterà i titoli azionari per completare la vendita e recupererà i costi dal venditore allo scoperto. Quest'ultimo pagherà un importo giornaliero finché la vendita non viene regolata.

3.10

I periodi di regolamento variano a seconda delle giurisdizioni. In generale, il regolamento rappresenta una questione che deve essere ancora affrontata.

3.11

In circostanze eccezionali, può essere necessario proibire o limitare le attività di vendita allo scoperto che altrimenti sarebbero legittime o presenterebbero un rischio limitato. In questi casi le autorità competenti dovrebbero disporre di poteri temporanei per esigere maggiore trasparenza o per imporre limitazioni al mercato.

3.12

A causa delle implicazioni su scala UE di tali misure, all'ESMA (l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) verranno attribuiti due ruoli chiave: il coordinamento dell'intervento tra Stati membri e la convalida delle restrizioni imposte da ogni Stato membro, specialmente per quanto riguarda la durata di qualsiasi restrizione.

3.13

Quando una situazione ha implicazioni transfrontaliere e l'ESMA ritiene che le misure prese dall'autorità competente siano inadeguate, l'ESMA può intervenire direttamente e subentrare all'autorità competente dello Stato membro.

3.14

La Commissione ha il mandato di definire i criteri e i fattori di cui sia l'ESMA che le autorità competenti devono tener conto nello stabilire quando degli eventi o sviluppi negativi creano una grave minaccia per la stabilità finanziaria o la fiducia del mercato.

3.15

Alle autorità competenti viene attribuito il potere d'imporre - per un brevissimo periodo - un divieto di vendite allo scoperto di strumenti finanziari, o di limitare le operazioni per impedire un calo disordinato del prezzo. Questo potere di bloccare le negoziazioni (circuit breaker) scatterebbe sulla base di criteri obiettivi.

3.16

La proposta attribuisce alle autorità competenti tutti i poteri necessari per far rispettare le norme. Essa impone agli Stati membri di prevedere norme concernenti le misure amministrative, le sanzioni e le misure pecuniarie necessarie per l'attuazione e l'effettiva applicazione della proposta.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/38


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al «Libro verde — Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa»

COM(2010) 365 definitivo

2011/C 84/08

Relatore: DANDEA

Correlatore: PATER

La Commissione europea, in data 9 luglio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al:

Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa

COM(2010) 365 definitivo.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 16 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 185 voti favorevoli, 9 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Raccomandazioni principali

1.1

Come indicato nel Libro verde - Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa, gli Stati membri sono liberi di definire i principi di base dei propri sistemi previdenziali e sono pienamente responsabili di questa definizione e, quindi, della concezione e delle prestazioni dei propri sistemi pensionistici. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene tuttavia che un approccio coordinato a livello dell'UE possa contribuire alla coerenza, oltre ad assicurare che i sistemi pensionistici nazionali siano compatibili con i pilastri sociale e occupazionale della strategia Europa 2020, dato che l'occupazione è di vitale importanza per la sostenibilità di tali regimi. Le osservazioni del CESE vanno considerate nel loro insieme, e non prese singolarmente.

1.2

Le riforme dei regimi pensionistici sono decise a livello nazionale tenendo conto della situazione specifica e della storia dei rispettivi paesi e hanno come obiettivo quello di garantire sistemi pensionistici adeguati e sostenibili. Le norme adottate a livello europeo non dovrebbero né penalizzare né incentivare - direttamente o indirettamente - alcun modello specifico di riforma delle pensioni. Nei pareri adottati nel 2000 e nel 2004 (1), il CESE sostiene che quest'ambito deve essere lasciato alle parti sociali. Esso ritiene tuttavia che, malgrado le notevoli disparità, i regimi pensionistici nazionali presentino sufficienti elementi comuni affrontabili a livello europeo - dal coordinamento delle politiche alla regolamentazione - senza esulare dalle competenze dell'UE in materia di regimi pensionistici a capitalizzazione.

1.3

Le proposte del Libro verde vanno ricollocate nel contesto globale dell'economia sociale di mercato. La crisi incide negativamente sulla crescita, sull'occupazione e sulle pensioni. Per assolvere ai suoi compiti di sostegno l'UE dovrebbe quindi affiancare alle sue proposte una politica di rilancio strutturata mirante a rafforzare la crescita e orientarla alla qualità attraverso una politica attiva del mercato del lavoro, la formazione professionale, gli investimenti e l'innovazione. In questo modo essa contribuirebbe a promuovere la creazione di posti di lavoro dignitosi e a stabilizzare i regimi a ripartizione esistenti negli Stati membri. Questi regimi rappresentano dei potenti ammortizzatori in tempo di crisi. Prima di un'eventuale transizione da regimi pensionistici totalmente basati sulla solidarietà a sistemi misti (regimi a ripartizione e fondi pensione), gli Stati membri, che motivano tra l'altro questa scelta con il fatto che i regimi a ripartizione fondati sulla solidarietà aggravano i deficit dei conti pubblici, dovrebbero tener presente che le pensioni a capitalizzazione non possono aiutare le popolazioni a superare gli effetti delle crisi economiche, ma che anzi i sistemi pensionistici di questo tipo potrebbero venir danneggiati da ciascuna crisi finanziaria e borsistica.

1.4

I bassi tassi di natalità e l'aumento della speranza di vita si traducono in un invecchiamento della popolazione europea. Il CESE concorda sull'opportunità di analizzare e monitorare periodicamente le proiezioni demografiche per consentire l'opportuno e tempestivo adeguamento dei regimi pensionistici alle nuove condizioni. Queste proiezioni, tuttavia, comprese quelle relative alla futura spesa pensionistica pubblica, vanno considerate e utilizzate con prudenza, in quanto possono includere molte ipotesi difficili da prevedere a lungo termine (2). L'ipotesi formulata da Eurostat di un aumento della speranza di vita nell'UE di ben sette anni nel prossimo quarantennio, pur basata sulle migliori conoscenze specialistiche, potrebbe non essere confermata dai fatti. Un ulteriore miglioramento del parametro della longevità potrebbe essere influenzato dai cambiamenti nelle condizioni di lavoro e di vita. Secondo il CESE, le proposte della Commissione nel Libro verde in esame, che sono essenzialmente fondate sull'andamento demografico e su proiezioni a 50 anni, omettono di considerare che gli effetti della crisi sui sistemi pensionistici sono dovuti più alla mancanza di posti di lavoro e di investimenti che alle tendenze demografiche.

1.5

Il CESE è scettico riguardo alla possibilità che un aumento puro e semplice dell'età legale di pensionamento risolva i problemi legati alle sfide demografiche. Ritiene semmai che tale aumento potrebbe portare milioni di anziani - soprattutto donne - al di sotto della soglia di povertà. Ciò che occorre realmente è un aumento dell'età effettiva di pensionamento, grazie a misure atte a promuovere il prolungamento della vita attiva, integrate da efficaci politiche per la crescita e l'occupazione. Soltanto una reale politica per l'«invecchiamento attivo», che punti a una maggiore partecipazione alla formazione e all'apprendimento permanente, può far crescere in modo sostenibile il tasso di occupazione delle persone più anziane, che abbandonano anticipatamente l'attività lavorativa per problemi di salute, per l'intensità del lavoro o perché vengono licenziate prematuramente e non hanno opportunità di formazione o di rientro nel mercato del lavoro. Un aumento dell'età legale di pensionamento rischia inoltre di aggravare la pressione su altri pilastri della sicurezza sociale (3), quali le pensioni di invalidità o il reddito minimo garantito, come è avvenuto in alcuni Stati membri, vanificando i progressi verso il risanamento delle finanze pubbliche, e pertanto va preso in considerazione su base volontaria.

1.6

I meccanismi automatici di innalzamento dell'età di pensionamento in funzione della speranza di vita o dell'evoluzione demografica sono considerati pericolosi per la società nel suo insieme e pertanto non raccolgono il consenso del CESE. La maggior parte di questi meccanismi comporta un innalzamento automatico dell'età di pensionamento in funzione dell'aumento della speranza di vita e di altri parametri dell'economia o del mercato del lavoro. Decisioni fondamentali come questa, riguardanti le condizioni di vita dei cittadini, dovrebbero essere adottate non da computer, bensì dai parlamenti, dopo ampi dibattiti pubblici che coinvolgano le parti sociali e altri importanti soggetti interessati. Uno Stato membro che volesse introdurre un meccanismo di questo tipo dovrebbe inoltre tenere conto del fatto che, sebbene siffatte soluzioni consentano di ridurre l'opposizione dell'opinione pubblica ai provvedimenti di riforma, in mancanza di effettive possibilità di occupazione per i lavoratori più anziani si rischia di spostare l'onere del sostegno finanziario a favore di questi lavoratori verso altri pilastri della sicurezza sociale. Un'applicazione non ben ponderata di meccanismi di questo tipo ai regimi pensionistici non garantirebbe quindi i vantaggi promessi in termini di adeguatezza e sostenibilità.

1.7

Le conseguenze dell'attuale crisi economica colpiscono tanto i sistemi pensionistici a ripartizione quanto quelli a capitalizzazione, ma in modi diversi. Va sottolineato che il lancio, negli anni '90, dei sistemi a capitalizzazione obbligatori in alcuni Stati membri è stato visto come un modo per premunirsi contro i rischi che l'invecchiamento della popolazione avrebbe potuto comportare per la sostenibilità o l'adeguatezza dei regimi pensionistici. La crisi finanziaria e le sue conseguenze dimostrano che i sistemi a capitalizzazione obbligatori sono esposti a specifici rischi finanziari. Anche i sistemi a ripartizione, tuttavia, risentono della crisi economica e dell'invecchiamento, a causa della riduzione della massa salariale totale. Oggi appare evidente che tutti i sistemi, quali che siano le modalità di finanziamento, possono subire, anche se in modi diversi, le conseguenze sia delle crisi economiche che dell'invecchiamento della popolazione. Pertanto, sono necessarie una buona gestione e controllo di tali sistemi e una corretta politica economica, onde ridurre significativamente i rischi che ne minacciano la stabilità. Nonostante le diversità tra i sistemi pensionistici in vigore nell'UE, per garantire l'adeguatezza e la sostenibilità di tali sistemi occorre adottare un approccio globale. Il CESE ritiene che i sistemi a ripartizione obbligatori debbano continuare a svolgere un ruolo fondamentale nel garantire le future pensioni e che pertanto essi meritino un'attenzione particolare al fine di invertire la tendenza alla riduzione del tasso di sostituzione osservata in molti paesi dell'UE.

1.8

Nell'attuale fase di invecchiamento demografico, la capacità di garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche dipenderà dall'azione dell'UE nei seguenti settori chiave: sostegno all'occupazione dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo, incremento della produttività e dell'efficienza economica, miglioramento della flessicurezza nel mercato del lavoro, apprendimento permanente, immigrazione e integrazione dei migranti. Per il CESE, la Commissione dovrebbe proporre la definizione di un concetto di occupazione universale, con posti di qualità per tutte le età, un modello che preveda in particolare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, la promozione dell'«invecchiamento attivo» e la partecipazione al perfezionamento e alla formazione permanente. Ciò che vogliono i cittadini è un lavoro migliore e per tutti, fin da ora. Ciò significa che è essenziale creare le condizioni propizie alla nascita di nuovi posti di lavoro.

1.9

Il CESE sottolinea che un sistema pensionistico deve essere credibile e adeguato, il che comporta la ricerca e l'utilizzazione di nuove risorse finanziarie per garantire un equilibrio intergenerazionale. Il rispetto di questi criteri è essenziale affinché le generazioni future contribuiscano al sistema pensionistico, condizione imprescindibile per assicurarne la sostenibilità. I regimi pensionistici devono essere trasparenti, e le informazioni e le statistiche relative al loro funzionamento, nonché a tutti i diritti dei partecipanti, devono essere accessibili e comprensibili. Inoltre, l'educazione finanziaria dovrebbe essere inserita i programmi scolastici.

1.10

Il CESE esorta gli Stati membri e la Commissione a tradurre in realtà la parità di genere, riesaminando la differenza tra uomini e donne per quanto riguarda l'età di pensionamento. L'interrelazione tra i vantaggi e i fattori demografici, sommata alla più bassa età di pensionamento, fa sì che le donne abbiano maggiori probabilità di ritrovarsi in una situazione di povertà in vecchiaia. Ciò non fa che aggravare il rischio delle donne di percepire pensioni inferiori, già elevato per via dei salari più bassi (disparità retributiva), delle più lunghe interruzioni di carriera per maternità e di una più alta esposizione alla disoccupazione di lungo periodo. Va detto anche che la carriera delle donne è caratterizzata da una maggiore instabilità. In questo senso è importante evitare lunghi periodi di assenza dal mercato del lavoro. Per esempio, un miglioramento dei servizi di assistenza ai minori e agli anziani può essere di grande aiuto a molte donne per accedere al mercato del lavoro e rimanervi. Il CESE esorta quindi gli Stati membri ad attuare politiche concrete per risolvere questi problemi.

1.11

Il CESE ribadisce che le pensioni non sono, come si sostiene nel Libro verde, una «ricompensa», ma piuttosto una forma di salario differito o di risparmio, indipendentemente dal regime adottato. I pensionati rappresentano una categoria socioeconomica molto importante: non devono quindi essere considerati un fardello, ma piuttosto una componente essenziale del sistema economico, che rappresenta in media il 25 % della popolazione e alimenta la domanda economica globale.

1.12

Occorre tenere presente che, anche negli Stati membri in cui esiste un sistema a ripartizione, i sistemi a capitalizzazione su base volontaria non potranno essere finanziati soltanto dai lavoratori in grado di risparmiare. Nel caso dei sistemi a capitalizzazione obbligatori, una loro estensione generale e un passaggio parziale dai sistemi a ripartizione verso quelli a capitalizzazione deve evitare di generare disuguaglianze e mettere in pericolo il reddito dei futuri pensionati.

1.13

L'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici dovrebbero essere considerate prioritarie sia dal punto di vista macroeconomico che da quello sociale. Data l'importanza della questione per l'economia, le autorità responsabili dovrebbero quindi ricercare fin d'ora finanziamenti alternativi ai prelievi sul reddito da lavoro o metodi complementari per finanziare i regimi pensionistici.

1.14

La Commissione dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a riformare i regimi pensionistici nazionali per renderli adeguati, sostenibili e sicuri, con una forte partecipazione e il coinvolgimento delle parti sociali.

2.   Risposte alle domande formulate dalla Commissione nel Libro verde

2.1

Come può l'Unione europea appoggiare gli sforzi intrapresi dagli Stati membri per rendere più adeguati i sistemi pensionistici? L'Unione europea dovrebbe definire meglio cosa comporta un reddito di pensione adeguato?

2.1.1

La Commissione dovrebbe innanzitutto definire dei principi guida a livello UE in materia di adeguatezza. La pensione deve garantire sicurezza materiale e dignità. Gli Stati membri dispongono oggi di numerosi strumenti di sostegno di portata europea, ad esempio il metodo aperto di coordinamento, il patto di stabilità e di crescita e la strategia di Stoccolma (4). Analogamente, in base alle disposizioni del TFUE, è possibile adottare norme sui sistemi previdenziali e pensionistici a livello dell'UE. Il CESE è consapevole delle difficoltà di una regolamentazione della materia a livello europeo ma, a suo avviso, la Commissione potrebbe esaminare e se del caso rivedere il quadro normativo esistente - in particolare per quanto riguarda i regimi a capitalizzazione - perlomeno nei seguenti settori:

gli aspetti prudenziali degli investimenti nei sistemi pensionistici a capitalizzazione,

gli aspetti relativi alla parità di genere di questi sistemi,

la solvibilità di tutti i regimi di questo tipo,

le spese amministrative dei sistemi a capitalizzazione e

i sistemi di garanzia previsti per i regimi pensionistici a gestione privata.

2.1.2

Nella valutazione del quadro normativo si dovrebbe esaminare, in particolare, lo sviluppo dei sistemi pensionistici a capitalizzazione obbligatori a gestione privata scelti su base individuale, che alcuni Stati membri hanno cominciato a introdurre alla fine degli anni '90. La regolamentazione UE vigente si basa sulle esperienze dei paesi che non hanno previsto soluzioni di questo tipo nei loro regimi pensionistici. La Commissione dovrebbe pertanto concentrarsi in particolare sui sistemi pensionistici obbligatori a capitalizzazione, e segnatamente sui seguenti aspetti:

il trattamento degli attivi di questi regimi sotto il profilo delle finanze pubbliche,

la questione del rischio valutario,

l'esigenza di una corretta vigilanza per garantire la sicurezza di tali sistemi, che dispongono di talune garanzie pubbliche.

Il CESE raccomanda prudenza nell'introdurre le riforme poiché trasferendo verso i regimi a capitalizzazione una parte dei contributi cui oggi attingono i sistemi a ripartizione occorre evitare di indebolire questi ultimi, così da garantire benefici reali ai futuri pensionati. La mancanza di un'efficace regolamentazione comporta un maggiore rischio finanziario, in particolare in un contesto di crisi economica. Gli investimenti realizzati dai fondi pensione dovrebbero tenere conto dell'esigenza di una struttura di portafoglio degli attivi in funzione della durata di vita (lifecycle asset allocation).

2.1.3

Il CESE ritiene che nel quadro del metodo aperto di coordinamento il Comitato per la protezione sociale e il suo sottogruppo Indicatori potrebbero - con l'appoggio del Comitato di politica economica e del suo gruppo di lavoro sull'invecchiamento della popolazione - sviluppare e migliorare gli strumenti per valutare l'incidenza potenziale dell'invecchiamento sulla sostenibilità delle finanze pubbliche e sulla capacità di garantire pensioni dignitose. Calcolare il rischio di povertà per le famiglie di pensionati sulla base del metodo generale utilizzato da Eurostat non consente di far luce sull'esposizione dei pensionati a questo tipo di rischio, considerata la diversa struttura dei redditi e della spesa di queste famiglie rispetto al resto della popolazione. Sarebbe opportuno mettere a punto un metodo più affinato, in grado di stimare l'esposizione dei pensionati alla povertà, da utilizzare eventualmente anche per monitorare il livello di adeguatezza del reddito di pensione. Dovrebbero effettuarsi più calcoli statistici per valutare l'adeguatezza dei sistemi pensionistici in base alla loro capacità di evitare la povertà in vecchiaia e di assicurare un tenore di vita dignitoso ai pensionati, che consenta loro di prendere parte alla vita pubblica, sociale e culturale (5). L'adeguatezza delle pensioni va tuttavia definita a livello nazionale.

2.2

Il quadro per le pensioni esistente attualmente a livello europeo è sufficiente a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche?

2.2.1

Il quadro europeo per le pensioni riguarda soprattutto il controllo della spesa futura sulla base di regole condivise - un metodo che induce i responsabili delle politiche a preoccuparsi soprattutto dell'orizzonte temporale delle loro previsioni. Per parte sua, il CESE sottolinea come sia essenziale monitorare il livello generale delle passività dei sistemi pensionistici. Conseguentemente, si potrebbe completare l'attuale quadro europeo con alcune disposizioni sul monitoraggio delle passività implicite nel settore delle pensioni e sull'elaborazione di relazioni periodiche in materia, sulla base di un metodo scelto di comune accordo.

2.2.2

Si potrebbe inoltre pensare a una revisione delle regole del patto di stabilità e di crescita per garantire che si tenga adeguatamente conto dei risultati di quelle riforme (compreso il passaggio dai sistemi pensionistici interamente a ripartizione a quelli a capitalizzazione parziale) che modificano le modalità di finanziamento dei regimi pensionistici aumentando le passività esplicite e riducendo quelle implicite. Così facendo, tali riforme, attuate per risolvere i problemi di sostenibilità a lungo termine, non verrebbero penalizzate nel breve periodo a causa di un debito pubblico esplicito più elevato.

2.2.3

Tuttavia, promuovendo oggi riforme efficaci sulla base di proiezioni al 2060 si rischia di mancare l'obiettivo di adeguatezza e sostenibilità dei regimi pensionistici. Il CESE raccomanda di integrare i sistemi obbligatori a ripartizione con fondi «tampone» da utilizzare caso per caso per evitare i rischi di adeguamenti repentini che colpirebbero le persone più vulnerabili.

2.2.4

A parere del CESE, il quesito della Commissione è fuorviante per i cittadini. L'essenziale è infatti garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, una responsabilità che incombe a ciascuno Stato membro e che richiede molto di più che non limitarsi a esaminare i sistemi pensionistici.

2.3

In che modo si può riuscire ad innalzare l'età effettiva del pensionamento e quale contributo potrebbe dare al raggiungimento di questo obiettivo l'aumento dell'età pensionabile? Occorre introdurre nei sistemi pensionistici meccanismi di adeguamento automatico all'evoluzione demografica per equilibrare la durata della vita attiva e quella della pensione? Quale ruolo potrebbe svolgere l'Unione europea a questo riguardo?

2.3.1

Entro il 2020 l'età legale di pensionamento sarà di 65 anni nella maggior parte degli Stati membri. Secondo i dati di Eurostat, nel 2008 l'età effettiva di pensionamento media nell'UE era di 61,4 anni (6). Il tasso di occupazione della popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni, però, seguita a essere basso, attorno al 40 %. Occorrono misure che, da un lato, creino posti di lavoro per i lavoratori anziani e incoraggino i datori di lavoro a cambiare atteggiamento verso questa fascia d'età e, dall'altro, che siano in grado di modificare l'atteggiamento degli stessi lavoratori anziani, in quanto l'introduzione di meccanismi di adeguamento automatico dell'età del pensionamento, con un conseguente aumento dell'età legale di pensionamento, sposterebbe milioni di lavoratori verso altri pilastri del sistema di protezione sociale (indennità di disoccupazione, pensione d'invalidità o reddito minimo garantito), il che significherebbe un netto aumento del rischio di povertà per questa categoria. Il CESE ritiene che le politiche di sostegno all'occupazione debbano essere considerate prioritarie nell'Unione. La risposta fondamentale alla sfida demografica deve essere mirata alla politica per la crescita e all'aumento dell'occupazione.

2.3.2

È essenziale promuovere iniziative di portata europea nel quadro dell'attuale strategia Europa 2020 per dare ai lavoratori l'opportunità di continuare a lavorare. Gli Stati membri dovrebbero rafforzare l'occupabilità e realizzare un quadro che favorisca la creazione di posti di lavoro nelle imprese e incentivi i lavoratori dipendenti a continuare a lavorare, se lo desiderano. Promuovere il prolungamento della vita attiva richiede uno sforzo congiunto da parte dello Stato, dei datori di lavoro e dei singoli lavoratori. I datori di lavoro hanno bisogno di un forte sostegno per offrire maggiori opportunità lavorative ai lavoratori più anziani, che abbandonano anticipatamente l'attività lavorativa per problemi di salute, per le condizioni di lavoro, per l'intensità del lavoro o perché vengono licenziati prematuramente e non hanno opportunità di formazione o di rientro nel mercato del lavoro. Le persone anziane dovrebbero inoltre essere incoraggiate e stimolate a migliorare la loro occupabilità e a rimanere attive nel mercato del lavoro. Dal momento che il diritto alla pensione è uno diritto fondamentale, un innalzamento automatico dell'età di pensionamento è da escludersi. Il CESE fa presente che la questione dell'età legale di pensionamento è distinta da quella della durata del periodo contributivo o di versamento in un sistema pensionistico.

2.3.3

Non è certo se per innalzare l'età effettiva di pensionamento sia sufficiente innalzare l'età legale di pensionamento. Sicuramente non lo sarebbe se non venissero attuate politiche attive del mercato del lavoro, adeguate relazioni industriali, strategie per l'invecchiamento attivo e misure volte a rafforzare la solidarietà nei sistemi pensionistici. Solo una politica deliberata a favore dell'invecchiamento attivo, che promuova il perfezionamento professionale e l'apprendimento permanente, può incrementare il tasso di occupazione delle persone anziane.

2.3.4

Il CESE è convinto che le decisioni politiche di tipo classico non possano essere sostituite da meccanismi di adeguamento automatico. Le decisioni fondamentali riguardanti le condizioni di vita dei cittadini dovrebbero essere adottate dai parlamenti dopo ampi dibattiti pubblici. L'applicazione di meccanismi di adeguamento automatico rischierebbe di combinare allungamento della vita attiva e pensione in modo inadeguato. In passato le variazioni della speranza di vita si sono tradotte in una maggiore durata degli studi e della pensione e nella riduzione del periodo di occupazione attiva. L'innalzamento dell'età di pensionamento non dovrebbe essere una misura isolata, ma andrebbe accompagnata da provvedimenti volti a migliorare le opportunità di impiego dei lavoratori prossimi all'età pensionabile.

2.4

Come può essere utilizzata la strategia Europa 2020 per promuovere l'allungamento della vita attiva e i suoi vantaggi per le imprese e lottare contro la discriminazione in base all'età sul mercato del lavoro?

2.4.1

Il prolungamento della vita attiva è rilevante per il conseguimento di tutti gli obiettivi della strategia Europa 2020. Le parti sociali devono essere coinvolte nelle iniziative volte ad accrescere il tasso di occupazione globale fino al 75 % della popolazione attiva. A giudizio del CESE, per conseguire l'obiettivo di aumentare il tasso di occupazione per la fascia d'età 55-64 anni è necessario un approccio specifico. Il CESE raccomanda che per questa fascia d'età gli Stati membri stabiliscano un obiettivo negoziato con le parti sociali nei rispettivi programmi nazionali di riforma.

2.4.2

Già in passato il CESE ha formulato una serie di dettagliate raccomandazioni (7) rivolte all'UE e agli Stati membri in merito alle politiche intese a incentivare il prolungamento della vita attiva. Per offrire nuove possibilità ai lavoratori anziani, oltre alla formazione professionale permanente, a politiche attive del mercato del lavoro, a incentivi finanziari per chi continua a lavorare, compresi i lavoratori autonomi, e a un nuovo atteggiamento delle imprese verso i lavoratori anziani, occorre promuovere le misure seguenti:

modificare la legislazione che, in alcuni Stati membri, non permette ai pensionati o ai beneficiari di una pensione d'invalidità che intendono svolgere un'attività lavorativa di cumulare retribuzione e pensione,

introdurre un sistema di bonus per incentivare i lavoratori a continuare a lavorare oltre l'età legale del pensionamento: i benefici maturati dopo il raggiungimento dell'età della pensione dovrebbero essere più allettanti di quelli acquisiti in precedenza,

invitare gli Stati membri a definire insieme alle parti sociali il concetto di «lavoro usurante»,

offrire una consulenza e un'assistenza completa a chi cerca lavoro e adottare misure di riconversione ai fini di un reinserimento duraturo nel mercato del lavoro,

introdurre incentivi socialmente accettabili per ritardare il pensionamento e, dove sia auspicabile, modelli incentivanti per un passaggio flessibile dalla vita lavorativa alla pensione,

adottare misure finalizzate ad alleviare gli oneri fisici e mentali del lavoro, consentendo così ai lavoratori di rimanere occupati più a lungo,

incoraggiare i lavoratori anziani a migliorare le loro competenze,

sensibilizzare i lavoratori anziani e le imprese, in particolare le PMI, alle pratiche innovative di gestione del personale e di organizzazione del lavoro volte a favorire i lavoratori anziani (8).

2.4.3

Le politiche volte a promuovere l'allungamento della vita attiva dovrebbero affrontare anche la questione dei giovani che entrano nel mercato del lavoro molto più tardi rispetto alle generazioni precedenti. Allungare la vita attiva significa inoltre affrontare tanto la disoccupazione, in particolare quella di lungo periodo, che i periodi di inattività dovuti all'allevamento dei figli, all'assistenza a familiari non autonomi o a disabilità temporanee.

2.5

Come andrebbe modificata la direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali per migliorare le condizioni dell'attività transfrontaliera?

2.5.1

Nella sua relazione sull'attuazione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) (9), la Commissione sostiene che al momento non vi sono ragioni per modificare le regole vigenti. Se dopo la valutazione del funzionamento della direttiva risultasse necessario procedere a una sua revisione, a giudizio del CESE dovrebbe essere affrontata l'ambiguità che circonda l'espressione «mercati dei capitali di rischio», perché potrebbe creare rischi per i fondi pensione e i loro affiliati. Vanno chiariti gli aspetti prudenziali e occorre limitare il diritto dei fondi di investire attività in strumenti finanziari rischiosi.

2.5.2

Il CESE prende atto della possibilità che emergano ulteriori regimi pensionistici privati a partecipazione volontaria e individuale. In questo contesto, si potrebbe studiare la possibilità di introdurre garanzie europee a beneficio dei lavoratori transfrontalieri. Si potrebbero prendere in considerazione la domanda e la possibilità di sviluppare dei conti di risparmio pensione individuali validi in tutta l'UE (sul modello degli Individual Retirement Accounts degli USA o dell'analogo sistema, denominato IKE, esistente in Polonia) per i lavoratori mobili, provvedendo a stabilire i principi di funzionamento, supervisione e monitoraggio di un tale sistema. La Commissione potrebbe inoltre riflettere sulla possibilità di utilizzare il 28o regime proposto nella relazione Monti e raccomandato dal CESE (10).

2.6

A quali regimi dovrebbero applicarsi le misure adottate dall'Unione europea per eliminare gli ostacoli alla mobilità?

L'Unione europea dovrebbe esaminare nuovamente la questione dei trasferimenti, o norme minime in materia di acquisizione e di mantenimento e un servizio di ricostruzione per tutti i tipi di diritti pensionistici sarebbero una migliore soluzione?

2.6.1

Le norme UE in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale si sono dimostrate estremamente utili per la protezione dei lavoratori mobili, in particolare sostenendo il principio della maturazione dei diritti durante i periodi assicurativi trascorsi in altri Stati membri. Sarebbe possibile esaminare l'opportunità di applicare questo stesso principio, adattato a tutti i regimi integrativi a capitalizzazione, sia professionali che individuali. Il CESE ritiene che si dovrebbe esaminare la possibilità di una maturazione transfrontaliera dei diritti pensionistici provenienti nei regimi a capitalizzazione.

2.6.2

Il CESE chiede alla Commissione di valutare la possibilità di definire un quadro di base a livello dell'UE per la maturazione e la conservazione transfrontaliera di tutti i diritti a pensione. Ritiene tuttavia che sarebbe difficile conciliare questa opzione con la libertà di scelta degli Stati membri. Potrebbe però essere opportuno introdurre un servizio di ricostruzione dei diritti acquisiti coordinato a livello europeo. Analogamente, all'interno degli Stati la mobilità sul mercato del lavoro europeo impone la trasferibilità dei diritti a pensione da un datore di lavoro all'altro. Ogni normativa UE dovrebbe rispecchiare l'accresciuta diversità delle disposizioni in materia di pensioni. Si dovrebbe incoraggiare la mobilità transfrontaliera dei lavoratori eliminando le barriere alla mobilità, in particolare quelle fiscali e amministrative, per tutti i diritti acquisiti nell'ambito di un sistema a capitalizzazione facoltativo.

2.7

È necessaria una revisione dell'attuale legislazione europea che garantisca una regolamentazione e un controllo coerenti dei regimi pensionistici a capitalizzazione (cioè finanziati da un fondo di attivi) e dei loro prodotti? Se sì, quali sono gli elementi da rivedere?

Come potrebbero la regolamentazione europea o un codice di buona pratica aiutare gli Stati membri a raggiungere un migliore equilibrio tra rischi, sicurezza e accessibilità finanziaria per i sottoscrittori di risparmi pensione e gli enti pensionistici?

2.7.1

La Commissione riconosce che la normativa UE in materia di sistemi pensionistici a capitalizzazione è disomogenea e inadeguata. Il CESE esorta la Commissione a esaminare e se necessario prendere in considerazione la possibilità di regolamentare a livello UE le fasi di accumulazione e di liquidazione di questi regimi, analizzando in particolare:

gli aspetti prudenziali degli investimenti,

gli aspetti relativi alla parità di genere,

la solvibilità,

i costi,

la non discriminazione nell'accesso al regime (copertura),

le garanzie per i diritti pensionistici acquisiti,

i requisiti minimi in materia di informazione previsti per le persone affiliate al sistema,

le garanzie o sistemi a rendimento minimo garantito,

il controllo.

2.7.2

Nel caso di molti sistemi a capitalizzazione con contribuzione definita, i rischi sono sostenuti in gran parte dagli affiliati, e i costi amministrativi sono elevati. Il CESE è dell'avviso che alcuni aspetti di questi sistemi debbano essere esaminati e, se necessario, regolamentati a livello UE. Secondo la relazione 2010 sull'invecchiamento demografico dell'EPC, in alcuni Stati membri questi regimi pensionistici avranno un ruolo importante nell'assicurare un reddito dignitoso ai futuri pensionati. Principi comuni a livello europeo potrebbero quindi aiutare gli Stati membri a far sì che i suddetti regimi, gestiti da istituti finanziari, siano efficienti e funzionino nel miglior interesse dei pensionati. La retribuzione dei gestori dei fondi pensione dovrebbe essere correlata ai risultati ottenuti e ai profitti delle persone affiliate ai fondi stessi. Un codice di buona pratica è utile ma non è sufficiente. Anche i sistemi di liquidazione dei regimi obbligatori a capitalizzazione rappresentano un problema che va approfondito e analizzato nel quadro del metodo aperto di coordinamento.

2.8

Quali dovrebbero essere le caratteristiche di un regime di solvibilità equivalente per i fondi pensione?

2.8.1

La direttiva Solvibilità II riguarda essenzialmente l'assicurazione generale e l'assicurazione vita e perciò non può essere applicata ai prodotti pensionistici. Il CESE ritiene tuttavia che la direttiva potrebbe rappresentare un ottimo esempio per la definizione di un regime analogo per le pensioni a capitalizzazione, data la natura specifica dei prodotti pensionistici e le caratteristiche che li distinguono dai prodotti assicurativi.

2.8.2

Un regime generale di solvibilità per i sistemi pensionistici a livello nazionale, coordinato a livello UE, sarebbe la soluzione migliore per garantire la solvibilità di tutti i regimi a capitalizzazione, indipendentemente dalla struttura. Un sistema di questo tipo dovrebbe prevedere almeno quanto segue:

il monitoraggio delle passività implicite,

il monitoraggio della solvibilità e il livello delle riserve per i sistemi obbligatori a ripartizione,

il monitoraggio del livello di finanziamento e dei rischi potenziali per i regimi pensionistici professionali,

la creazione di un organo a livello nazionale per garantire la solvibilità dei regimi pensionistici professionali (11).

2.9

È necessario rafforzare la tutela prevista dalla legislazione europea in caso di insolvenza dei datori di lavoro promotori di regimi pensionistici? Se sì, in che modo?

2.9.1

I regimi pensionistici professionali e i regimi obbligatori a capitalizzazione, ove esistono, hanno o avranno un ruolo importante nel garantire un reddito dignitoso ai pensionati. Il CESE è dell'avviso che l'UE dovrebbe imporre agli Stati membri di disciplinare l'introduzione di meccanismi di garanzia (sotto forma di fondi speciali) per proteggere il futuro reddito dei pensionati.

2.10

È opportuno modernizzare le attuali prescrizioni minime relative alle informazioni da fornire sui prodotti pensionistici (per es. in termini di comparabilità, standardizzazione e chiarezza)?

È necessario che l'Unione europea definisca un orientamento comune per quanto riguarda le opzioni per difetto circa la partecipazione e la scelta di investimento?

2.10.1

I prodotti pensionistici a capitalizzazione sono complessi e l'onere e la responsabilità della scelta ricadono sempre più spesso sui singoli cittadini. In questo contesto, il CESE ritiene che l'UE debba assicurare che il quadro normativo a livello nazionale venga migliorato ed esteso a tutti i sistemi pensionistici. È essenziale pervenire, tramite delle linee guida, a un orientamento comune a livello UE riguardo alle scelte di investimento e agli obblighi minimi di informazione (in particolare sui rischi per i sottoscrittori) da imporre agli enti pensionistici.

2.10.2

La Commissione ammette che per un sistema pensionistico adeguato è importante che i singoli siano in grado di compiere scelte pienamente informate. Il CESE la invita quindi a lanciare un'iniziativa europea volta a diffondere tra i cittadini una migliore conoscenza degli aspetti finanziari dei prodotti pensionistici. Data la complessità del tema, non possono essere i singoli, da soli, a sopportare il peso della responsabilità di decisioni strategiche e, sebbene questa responsabilità ricada in primis sui governi, occorre che nella misura del possibile siano coinvolte anche le parti sociali.

2.11

È necessario rafforzare il quadro di coordinamento a livello dell'Unione europea? Se sì, quali elementi devono essere rafforzati per migliorare la concezione e la realizzazione della politica delle pensioni mediante un approccio integrato? La creazione di una piattaforma per un monitoraggio integrato di tutti gli aspetti della politica delle pensioni sarebbe un utile passo avanti?

2.11.1

Attualmente il quadro di coordinamento a livello UE è relativamente disomogeneo. Il CESE condivide l'idea, proposta dalla Commissione, di una piattaforma comune per il monitoraggio integrato di tutti gli aspetti della politica delle pensioni, che riunisca le autorità pubbliche, le parti sociali, la società civile e gli operatori del settore. La piattaforma dovrebbe consentire di raffrontare le situazioni negli Stati membri e il tenore di vita dei pensionati attraverso una batteria di indicatori.

2.11.2

Una piattaforma comune per il monitoraggio di tutti gli aspetti della politica delle pensioni - ivi compresi l'adeguatezza, la copertura, il rischio di povertà, la stabilità finanziaria, gli investimenti, il rischio e la solvibilità - necessiterebbe di dati aggiornati e affidabili. Si dovrebbe quindi mettere a punto una metodologia UE per le statistiche in campo pensionistico, con il coinvolgimento delle parti sociali e dei più importanti soggetti interessati. Dovrebbero inoltre essere introdotti strumenti simili per il monitoraggio delle passività implicite dei sistemi pensionistici esistenti a livello nazionale.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Pareri del CESE: GU C 14 del 16.1.2001, pag. 50 e GU C 157 del 28.6.2005, pag. 120.

(2)  Le proiezioni per il 2010 realizzate nel 2000 dall'OCSE, da Eurostat e persino dalle Nazioni Unite non si sono rivelate corrispondenti alla realtà dei fatti.

(3)  Questo fenomeno si è verificato negli ultimi dieci anni in alcuni Stati membri. Cfr. Eurostat: Population and Social Conditions («Popolazione e condizioni sociali»), Statistics in Focus 40/2009.

(4)  Conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2001.

(5)  Sistemi previdenziali privati - Il loro ruolo nella definizione di sistemi previdenziali adeguati e sostenibili, pubblicazione della Commissione europea, 2009, pag. 5.

(6)  Eurostat, MISSOC, Ageing Report, 2010 Interim Joint Report on Pensions of the Economic Policy Committee and the Social Protection Committee («Relazione sull'invecchiamento demografico, Relazione intermedia 2010 sulle pensioni a cura del Comitato di politica economica e del Comitato per la protezione sociale»).

(7)  Parere del CESE GU C 157 del 28.6.2005, pag. 120.

(8)  Pareri del CESE GU C 256 del 27.10.2007, pag. 93 e GU C 228 del 22.9.2009, pag. 24.

(9)  COM(2009) 203 definitivo.

(10)  GU C 21 del 21.01.2011, pag. 26.

(11)  Analogo alla Pension Benefit Guaranty Corporation (PBGC) esistente negli USA.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana»

COM(2010) 490 definitivo

2011/C 84/09

Relatore unico: Pedro NARRO

Il Parlamento europeo, in data 23 settembre 2010, e il Consiglio, in data 7 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana

COM(2010) 490 definitivo.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 159 voti favorevoli, 3 voti contrari e 6 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l'iniziativa della Commissione europea tesa a modificare per la seconda volta la direttiva 2001/112/CE, allo scopo di adeguarla alla norma generale del Codex Alimentarius relativa ai succhi e ai nettari di frutta. Tuttavia questo processo di adeguamento non dovrebbe essere limitato in modo discrezionale ad alcuni elementi molto specifici della direttiva, ma dovrebbe essere applicato in modo generale a tutti i punti della suddetta normativa dell'UE.

1.2

Il divieto di aggiungere zuccheri ai succhi di frutta rappresenta una misura adeguata per promuovere la prevenzione dell'obesità. Tuttavia il CESE non è d'accordo con l'obbligo supplementare di etichettare i nettari con la dicitura «zuccherato», in quanto tale misura potrebbe indurre in errore il consumatore, implicherebbe una flagrante discriminazione rispetto ad altri prodotti e non è prevista dal Codex Alimentarius.

1.3

Il CESE si rammarica che la proposta di direttiva non contempli, nella sezione sugli ingredienti autorizzati, l'aggiunta di succo di mandarino al succo d'arancia fino a un massimo del 10 %. La norma del Codex Alimentarius alla quale la direttiva intende adeguarsi autorizza questa tecnica, utilizzata abitualmente a livello internazionale, e pertanto essa andrebbe inclusa nel testo della direttiva.

1.4

L'allegato II dovrebbe indicare espressamente, al punto 2, la possibilità che la frutta destinata alla fabbricazione di succhi e di puree di frutta possa essere stata sottoposta a trattamenti dopo la raccolta.

1.5

Il CESE si compiace per l'inclusione del pomodoro nell'elenco dei frutti destinati alla produzione di succhi di frutta.

1.6

Il CESE si compiace altresì per il mantenimento della doppia classificazione/denominazione che opera una distinzione tra i succhi di frutta (ottenuti direttamente dalla spremitura o pigiatura della frutta) e i succhi a base di succo concentrato (ottenuti dalla ricostituzione mediante acqua di succhi concentrati). Questa differenziazione garantisce una corretta informazione al consumatore. È importante che venga mantenuta questa doppia denominazione e che, in ogni caso, non vengano introdotte sfumature che possano permettere un'interpretazione elastica delle due definizioni.

1.7

Il CESE apprezza che la proposta della Commissione europea contempli la possibilità della ricostituzione degli aromi nei succhi a base di succo concentrato.

2.   Contesto e sintesi della proposta della Commissione

2.1

La Commissione europea propone una seconda modifica della direttiva 2001/112/CE del Consiglio concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana. Tale direttiva, che si intende modificare, stabilisce le disposizioni tecniche in materia di composizione, denominazione, specifiche di fabbricazione ed etichettatura di questi prodotti.

2.2

La prima modifica della direttiva 2001/112/CE è stata apportata con la direttiva 2009/106/CE. Questa modifica tecnica è stata realizzata allo scopo di adeguare la normativa dell'UE alla norma generale del Codex Alimentarius relativa ai succhi e ai nettari di frutta (norma Codex 247-2005, che stabilisce fattori di qualità e requisiti in materia di etichettatura per i succhi di frutta e prodotti analoghi) e al Codice di buone pratiche dell'Associazione europea dei produttori di succhi di frutta (AIJN). Essenzialmente, i cambiamenti introdotti hanno interessato la fissazione di valori Brix minimi per 18 succhi di frutta ricostituiti e puree di frutta ricostituite, nonché la denominazione di vendita per i succhi di frutta a base di succo concentrato. La data limite per il suo recepimento era il 1o gennaio 2011.

2.3

La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2010) 490 definitivo), che costituisce l'oggetto del presente parere, rappresenta una seconda modifica di carattere marcatamente tecnico che, come nel caso del primo adeguamento, si basa sull'inclusione di una serie di disposizioni del Codex Alimentarius in linea con quanto stabilito nel Codice di buone pratiche dell'AIJN. Le principali novità introdotte dalla proposta di direttiva in esame sono:

eliminazione degli zuccheri dall'elenco degli ingredienti autorizzati per i succhi di frutta. I nettari e i prodotti specifici di cui all'allegato III possono essere dolcificati con l'aggiunta di zuccheri o di miele. La denominazione di vendita deve contenere la dicitura «zuccherato» o «con aggiunta di zuccheri», seguita dall'indicazione del tenore massimo degli zuccheri aggiunti,

semplificazione delle disposizioni relative alla ricostituzione di gusto e aroma,

inclusione del pomodoro nell'elenco dei frutti destinati alla produzione di succhi di frutta.

2.4

La proposta di direttiva seguirà la procedura legislativa ordinaria prevista dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Una volta adottata la direttiva, gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per recepirla nei rispettivi ordinamenti nazionali.

3.   Osservazioni

3.1

La proposta di direttiva oggetto del presente parere trova la sua ragione d'essere principale nella necessità di adeguare la normativa dell'UE alla legislazione internazionale, concretamente, alla norma del Codex Alimentarius relativa ai succhi e alle puree di frutta. Perciò, la Commissione non dovrebbe discostarsi, nelle modifiche proposte, da alcune disposizioni del Codex Alimentarius accettate a livello internazionale. D'altro canto, sarebbe opportuno introdurre nuove disposizioni in linea con quelle del Codex Alimentarius.

3.2

Una delle modifiche più importanti che la proposta di direttiva apporta consiste nel divieto di aggiungere zuccheri ai succhi di frutta e nell'obbligo, nel caso dei nettari, di segnalare questa aggiunta nella denominazione di vendita. Nel quadro della strategia europea per la prevenzione dell'obesità, il divieto sostenuto dalla Commissione è chiaramente fondato. Tuttavia, in rapporto ai nettari, la proposta si discosta dalle disposizioni del Codex Alimentarius, non ha precedenti in altri prodotti (bevande rinfrescanti), non è coerente con la normativa orizzontale in materia di etichettatura e non appare necessaria, visto che la definizione stessa di nettare già indica l'aggiunta di zuccheri.

3.3

La proposta della Commissione non contempla la possibilità di aggiungere succo di mandarino al succo d'arancia senza che sia obbligatorio etichettare il prodotto come miscuglio di succhi. Tuttavia il Codex Alimentarius (norma Codex 45-1981) permette questa pratica fino a un massimo del 10 % e, di fatto, essa viene frequentemente seguita a livello internazionale dai principali paesi produttori (come il Brasile o gli Stati Uniti). Nel contesto della globalizzazione dei mercati, i requisiti della direttiva 2001/112/CE pongono i prodotti europei di agrumi e le loro cooperative in una situazione di svantaggio competitivo rispetto a paesi terzi. Il CESE ritiene necessario adeguare la denominazione europea «succo d'arancia» alla norma internazionale del Codex Alimentarius e, di conseguenza, raccomanda di includere, come ingrediente autorizzato del succo d'arancia, il succo di mandarino fino a un massimo del 10 %. L'aggiunta di succo di mandarino al succo d'arancia è giustificata dalla vicinanza botanica tra le due specie di agrumi in questione, oltre che dalle loro caratteristiche organolettiche simili. Difatti, l'aggiunta non è qualitativamente rilevabile con un'analisi.

3.4

La definizione di frutta di cui al punto 1 dell'allegato II («Definizioni delle materie prime») deve includere chiaramente il trattamento post-raccolta per la frutta destinata alla trasformazione.

3.5

Il CESE apprezza l'inclusione del pomodoro nell'elenco dei frutti destinati alla produzione di succhi di frutta e valuta positivamente sia il mantenimento della doppia denominazione di vendita per i succhi di frutta e i succhi a base di succo concentrato - in quanto ciò garantisce la corretta informazione al consumatore -, sia l'introduzione della possibilità di ricostituzione degli aromi nei succhi a base di succo concentrato.

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/47


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1288/2009 del Consiglio che istituisce misure tecniche transitorie dal 1o gennaio 2010 al 30 giugno 2011»

COM(2010) 488 definitivo — 2010/0255 (COD)

2011/C 84/10

Relatore unico: SARRÓ IPARRAGUIRRE

Il Consiglio, in data 7 ottobre 2010, e il Parlamento europeo, in data 8 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1288/2009 del Consiglio che istituisce misure tecniche transitorie dal 1o gennaio 2010 al 30 giugno 2011

COM(2010) 488 definitivo — 2010/0255 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 82 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Tenendo conto che le misure tecniche transitorie previste dal regolamento (CE) n. 1288/2009 del Consiglio sono in vigore fino al 30 giugno 2011, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che detto regolamento debba essere modificato, prorogandone la validità sino al 1o gennaio 2013 alle condizioni previste dalla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio in esame (COM(2010) 488 definitivo del 23 settembre 2010).

1.2

In assenza di una norma che stabilisca misure tecniche permanenti, l'adozione della proposta di regolamento in esame garantirà la certezza del diritto e la conservazione delle risorse marine fino al 1o gennaio 2013, data prevista per l'entrata in vigore della nuova politica comune della pesca, che conterrà i principi fondamentali relativi alle misure tecniche.

1.3

Il CESE invita il Parlamento europeo e il Consiglio a inserire, nel testo della proposta di regolamento, articolo unico, paragrafo 1, lettera b), punto i), concernente il paragrafo 2), lettera a), punto i) dell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1288/2009 per quanto riguarda i punti 9.3, 9.6 e 9.8, l'indicazione «2011» al posto di «2010».

2.   Contesto

2.1

Il 4 giugno 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche (1).

2.2

Il 25 febbraio 2009, nel corso della 451a sessione plenaria, il CESE ha adottato un parere in merito a detta proposta di regolamento (2).

2.3

Nel 2009 la procedura di adozione da parte della Commissione del regolamento corrispondente a tale proposta è stata ostacolata dai negoziati per l'adozione del Trattato di Lisbona.

2.4

Nel frattempo, data l'urgenza della questione, è stato adottato il regolamento (CE) n. 43/2009, che stabiliva, per il 2009, le possibilità di pesca e le condizioni ad esse associate per alcuni stock o gruppi di stock ittici (3).

2.5

Nel 2009, mentre proseguiva l'iter di adozione del regolamento del Consiglio sulle misure tecniche, si è concluso il periodo di applicazione del summenzionato regolamento (CE) n. 43/2009 ed è stata quindi interrotta l'attuazione delle misure previste all'allegato III.

2.6

Per motivi di certezza del diritto e per garantire la conservazione e la gestione adeguate delle risorse marine è stato adottato il regolamento (CE) n. 1288/2009, del Consiglio, che istituisce misure tecniche transitorie dal 1o gennaio 2010 al 30 giugno 2011 (4), il quale mantiene in vigore per un periodo transitorio di 18 mesi alcune misure tecniche temporanee di cui all'allegato III del regolamento (CE) n. 43/2009.

2.7

In conseguenza delle nuove prescrizioni del Trattato di Lisbona, nel 2010 la Commissione ha ritirato la proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conservazione delle risorse della pesca attraverso misure tecniche.

2.8

I principi fondamentali relativi alle misure tecniche dovrebbero essere contemplati dal nuovo regolamento di base per la riforma della politica comune della pesca; la presentazione della relativa proposta è prevista per il terzo trimestre del 2011, e l'entrata in vigore per il 1o gennaio 2013.

2.9

Tenendo conto del fatto che il regolamento (CE) n. 1288/2009 scadrà il 30 giugno 2011 e che attualmente non esiste una norma giuridica che stabilisca misure tecniche permanenti, occorre prorogare la validità di detto regolamento per 18 mesi, fino al 1o gennaio 2013.

2.10

In considerazione di quanto sopra è stata presentata la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1288/2009 prorogandone la validità fino al 1o gennaio 2013, oggetto del presente parere.

3.   Osservazioni del CESE

3.1

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento, poiché questa mira ad adeguare il regolamento (CE) n. 1288/2009, prorogandone la validità sino al 1o gennaio 2013. Ciò garantisce la certezza del diritto e la conservazione delle risorse marine fino all'adozione di misure tecniche permanenti.

3.2

Tuttavia, con riferimento al paragrafo 1, lettera b), punto i) dell'articolo unico, il CESE ritiene che il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero considerare una proroga sino al 1o ottobre 2011 della scadenza del 1o ottobre 2010 concessa agli Stati membri dal regolamento (CE) n. 1288/2009, affinché gli istituti scientifici interessati possano presentare le relazioni concernenti la pesca a profondità superiori a 600 metri nelle zone CIEM VIII, IX e X.

3.3

Questa richiesta si basa sul fatto che i contrattempi intervenuti nel corso dell'adozione del provvedimento, menzionati al punto 2 del presente parere, hanno reso impossibile agli Stati membri realizzare per tempo le campagne scientifiche necessarie per potere presentare al Comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca una relazione ampiamente documentata su tale tipo di pesca.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  COM(2008) 324 definitivo.

(2)  GU C 218 dell'11.9.2009.

(3)  GU L 22 del 26.1.2009, pag. 1.

(4)  GU L 347 del 24.12.2009, pag. 6.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti del Consiglio (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione»

COM(2010) 486 definitivo — 2008/0183 (COD)

2011/C 84/11

Relatore: Eugen LUCAN

Il Parlamento europeo e il Consiglio, rispettivamente in data 23 settembre e 8 ottobre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 43, paragrafo 2, e dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dei regolamenti (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio per quanto riguarda la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti nell'Unione

COM(2010) 486 definitivo — 2008/0183 (COD).

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 dicembre 2010.

Alla sua 468a sessione plenaria, dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 20 gennaio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 150 voti favorevoli, 4 voti contrari e 14 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) considera il programma europeo di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti dell'Unione un esempio concreto di sostegno allo sviluppo economico del mercato dei prodotti alimentari e di promozione dei valori europei (in particolare del principio di solidarietà) fra le categorie sociali più svantaggiate dell'Unione europea. La garanzia dell'approvvigionamento alimentare per tutti i cittadini dell'UE, in particolar modo per le categorie svantaggiate, deve rimanere uno degli obiettivi fondamentali della politica agricola dell'UE. Il CESE ritiene che solo uno sviluppo economico forte e sostenibile della politica agricola possa andare a beneficio anche delle categorie sociali più svantaggiate dell'Unione europea.

1.2   Il CESE ritiene che sia opportuno e necessario rivedere il quadro giuridico europeo per tener conto delle modifiche apportate dal Trattato, come pure di quelle relative al mercato unico per quanto riguarda i prezzi, le scorte, le politiche di mercato e le necessità specifiche di ciascuno Stato membro.

1.3   In considerazione del fatto che, nell'Unione europea, oltre 80 milioni di cittadini (1) (cioè più del 16 % della popolazione dell'UE) devono lottare con la povertà, viste le priorità dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale 2010 e tenendo conto infine che, a causa della crisi economica, è in aumento il numero di cittadini che rischiano di diventare ancor più poveri, il CESE sostiene il proseguimento del programma per gli indigenti e il suo finanziamento permanente a carico del bilancio della politica agricola comune (PAC).

1.4   Il CESE è del parere che il programma di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti debba continuare ad essere una componente della PAC, dato che questo strumento migliora la situazione delle persone vulnerabili rispetto alle fluttuazioni del mercato dei prodotti alimentari. Allo stesso tempo il programma sostiene il riequilibrio e la stabilizzazione del mercato interno, in quanto i prodotti distribuiti vengono sia dalle scorte d'intervento sia dagli acquisti sul mercato, e si tratta di alimenti prodotti dagli agricoltori europei. Il CESE sottolinea la necessità di mantenere questa misura di mercato indiretta, che fa parte di quella politica agricola comune così necessaria, anzitutto per le persone indigenti, e in secondo luogo anche per gli agricoltori nell'attuale situazione di crisi.

1.5   Data l'ampiezza del fenomeno della povertà alimentare, che colpisce oltre 43 milioni di cittadini europei, nonché l'effetto positivo nel tempo ottenuto dal programma sulle categorie sociali più svantaggiate, il CESE ritiene che occorra garantire con continuità a questo programma un bilancio consistente.

1.6   La valutazione dei programmi nazionali ed europei di aiuto alimentare dovrebbe partire da una stima delle necessità di tutte le persone svantaggiate, comprese le categorie più povere (bambini di strada, senzatetto, richiedenti asilo, lavoratori non dichiarati e immigrati illegali, ecc.), le quali non beneficiano di assistenza in base al criterio del reddito minimo garantito e il più delle volte non compaiono nelle statistiche ufficiali. La prevenzione e la lotta all'esclusione sociale si possono fare anzitutto includendo tutte le categorie di persone svantaggiate, e rappresentano una priorità dell'Anno europeo 2010. Il CESE si appella alle autorità responsabili degli Stati membri affinché tengano conto, nello stabilire quali siano le categorie di persone svantaggiate, delle cifre relative alle persone assenti dalle statistiche ufficiali, ma che risultano in molti casi dalle banche dati delle organizzazioni non governative (ONG) o degli enti caritativi.

1.7   Il CESE raccomanda alla Commissione di incoraggiare gli Stati membri a promuovere partenariati pubblici con la società civile, per consentire la partecipazione del maggior numero possibile di ONG e volontari al processo di distribuzione degli alimenti. Il CESE ritiene che gli aiuti alimentari del programma per gli indigenti possano essere complementari ai servizi sociali forniti nel quadro del processo di integrazione sociale delle persone svantaggiate.

1.8   Il CESE ritiene che le attività delle ONG e degli enti caritativi che forniscono allo stesso tempo aiuto alimentare e servizi di cure e assistenza sociale (in particolare quelli che gestiscono ricoveri, mense dei poveri o centri diurni) debbano ricevere un sostegno per coprire i costi amministrativi.

1.9   Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di inserire, nella proposta modificata, l'emendamento del Parlamento europeo che richiede il rimborso delle spese amministrative e di magazzinaggio sostenute dagli enti caritativi.

1.10   Nel contesto attuale segnato dalla crisi economica, soprattutto nel caso degli Stati membri in cui si registra un reddito pro capite più basso e un elevato numero di persone svantaggiate, il cofinanziamento nazionale potrebbe burocratizzare il programma europeo, rendendolo ingestibile. Il CESE ritiene che questo andrebbe a discapito delle categorie più svantaggiate dell'UE e violerebbe i principi di inclusione sociale promossi dall'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale.

1.11   Il CESE è del parere che il programma alimentare di sostegno alle persone svantaggiate dovrebbe essere un programma dell'UE, finanziato al 100 % dal bilancio della PAC. Gli Stati membri, insieme agli enti caritativi nazionali, sostengono al momento un certo numero di costi legati all'attuazione del programma (trasferimento dei prodotti verso i depositi, costi amministrativi, di trasporto e di magazzinaggio, IVA e costi dei servizi sociali complementari all'aiuto alimentare).

2.   La priorità dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale 2010 è sostenere le persone svantaggiate, comprese quelle minacciate dalla povertà alimentare.

2.1   Nell'UE oltre 80 milioni di cittadini devono lottare contro la povertà (2). Il 16 % della popolazione europea è vulnerabile, con oltre 43 milioni di cittadini esposti al rischio di povertà alimentare. Nel 2006, il rischio di povertà alimentare nell'UE era compreso fra il 2 % della Danimarca e il 37 % della Slovacchia e, in più di 7 Stati membri, il tasso di povertà superava il 20 %. Nelle sole Polonia e Germania si calcolano rispettivamente 11 e 9 milioni di persone minacciate dalla povertà. Questi dati provano senz'ombra di dubbio che l'assistenza alimentare è una necessità concreta.

2.2   Le fasce di popolazione più esposte a sottonutrizione e malnutrizione dovuta alla mancanza di alimenti adeguati sono rappresentate dai bambini di famiglie povere, dalle persone anziane, dai senzatetto, dai richiedenti asilo, dai lavoratori immigrati illegali e dalle persone o dai bambini con disabilità. In alcuni Stati membri, una parte dei beneficiari degli aiuti alimentari ricevono anche l'assistenza sociale basata sul criterio del reddito minimo garantito.

2.2.1   Il CESE sottolinea che gran parte delle persone svantaggiate, in particolare i senzatetto, i richiedenti asilo, i lavoratori non dichiarati e gli immigrati illegali, non beneficiano di alcuna forma di protezione sociale e non sono inclusi nelle statistiche nazionali. Una parte di queste persone non possiede documenti di identità, per cui è difficile stimarne le esigenze in termini sociali e alimentari: una valutazione corretta potrebbe essere effettuata insieme alle ONG e agli enti caritativi.

2.2.2   Il CESE raccomanda di rivolgere un'attenzione particolare ai bambini provenienti da famiglie povere, dal momento che le loro abitudini alimentari possono essere all'origine di futuri problemi di salute, nonché di uno sviluppo ridotto del cervello e di una minore capacità di apprendimento. In quest'ottica, il CESE sostiene la diversificazione dei prodotti e l'inserimento di frutta e verdura negli aiuti alimentari.

2.3   Nel 2010, Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, la lotta contro la povertà è una responsabilità collettiva. Tra le priorità della strategia per la promozione dell'inclusione sociale e la lotta alla povertà si possono citare:

inclusione attiva, ottenuta assicurando un reddito minimo, il ritorno sul mercato del lavoro e la messa a disposizione di servizi sociali per il reinserimento,

lotta contro la povertà dei bambini,

prevenzione dell'esclusione dall'accesso all'alloggio e dell'esclusione dei senzatetto (3).

In quest'ottica, occorre che gli aiuti alimentari siano integrati da servizi di cura, istruzione e assistenza sociale, per interagire col processo di inserimento professionale e sociale delle diverse categorie di persone svantaggiate.

3.   La proposta della Commissione

3.1   Attualmente le derrate distribuite in virtù del programma di aiuto alimentare agli indigenti vengono attinte dalle scorte d'intervento dell'Unione e, in via complementare e temporanea, acquistate sul mercato. Tuttavia, le successive riforme della PAC e l'andamento favorevole dei prezzi hanno ridotto progressivamente le scorte d'intervento, come pure la gamma di prodotti disponibili. Occorre pertanto che gli acquisti sul mercato diventino anch'essi una fonte permanente di approvvigionamento per il programma, ad integrazione delle scorte d'intervento qualora queste non siano sufficienti.

3.1.1   La proposta di modifica del regolamento di base comprende disposizioni per allineare quest'ultimo alle norme contenute nel TFUE e modifiche sostanziali relative alle misure agricole, proposte per uniformare l'applicazione del programma di distribuzione delle derrate alimentari in tutti gli Stati membri.

3.1.2   La Commissione propone di modificare il quadro legislativo in base ai seguenti elementi: due fonti di approvvigionamento (i prodotti proverrebbero o dalle scorte d'intervento o dal mercato), una maggiore varietà di derrate alimentari distribuite e priorità più chiare, prospettiva di lungo termine (3 anni), rafforzamento di monitoraggio e rendicontazione, introduzione del cofinanziamento (i tassi di cofinanziamento da parte dell'UE sarebbero del 75 %, e dell'85 % negli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione per il piano 2010-2012. In seguito, in conformità del piano per il periodo 2013-2015, i tassi di cofinanziamento da parte dell'UE sarebbero rispettivamente del 50 e del 75 %).

4.   Osservazioni generali e specifiche

4.1   Il programma per gli indigenti si svolge in 20 Stati membri. Nella maggior parte di questi paesi, la distribuzione di derrate alimentari ai beneficiari avviene in collaborazione e con l'aiuto delle ONG.

4.2   Nel 2006, oltre 13 milioni di cittadini di 15 Stati membri hanno beneficiato del programma. Nel 2008, 19 Stati membri hanno partecipato a un progetto di volontariato con un bilancio di 305 milioni di euro. Nel 2009, il bilancio stanziato per il programma a favore degli indigenti è arrivato a 500 milioni di euro per i 20 Stati membri partecipanti.

4.3   La crisi economica, la diminuzione dei posti di lavoro e l'impennata dei prezzi di alcuni prodotti alimentari di base hanno determinato un aumento delle persone vulnerabili: si calcola che il loro numero sia in continua crescita.

4.4   Finanziamento al 100 % o cofinanziamento?

4.4.1   La Commissione ritiene che l'introduzione del cofinanziamento sarebbe di sostegno al carattere di coesione del programma, consentirebbe una pianificazione adeguata e rafforzerebbe le sinergie. Essa auspica che si arrivi a un equilibrio di bilancio e che aumenti il livello di responsabilità degli Stati membri, e ritiene che il bilancio del programma diventerà più cospicuo introducendo il principio del cofinanziamento.

4.4.2   La Commissione include nel calcolo le donazioni private degli enti caritativi, che potrebbero essere considerate parte del cofinanziamento degli Stati membri. Il CESE è del parere che il lavoro volontario degli enti caritativi possa essere quantificato e lo ritiene idoneo al principio del cofinanziamento.

4.4.3   Il Parlamento europeo propone un finanziamento del 100 % a carico del bilancio dell'UE dei programmi di distribuzione di derrate alimentari, dal momento che alcuni Stati membri non potranno partecipare al programma qualora siano previsti dei tassi di cofinanziamento. Il CESE pensa che gli Stati membri che, per mancanza di fondi, non possono garantire il livello di cofinanziamento richiesto non potranno realizzare gli obiettivi del programma, né per quanto riguarda la stabilizzazione del mercato né in merito alla componente sociale.

4.4.4   Il CESE è del parere che, a causa del cofinanziamento, i beneficiari più poveri, che provengono dagli Stati membri con il reddito pro capite più basso, potrebbero essere esclusi dal programma.

4.4.5   Il CESE sottolinea che uno degli obiettivi dell'Anno europeo 2010 è per l'appunto la «lotta all'esclusione». Il cofinanziamento può determinare l'esclusione sociale di alcune categorie svantaggiate proprio in un Anno europeo che si pone l'obiettivo dell'inclusione.

4.4.6   Il CESE ricorda che, in caso di cofinanziamento, si acuirebbero i problemi sociali e la povertà alimentare e, in un contesto caratterizzato dalla mobilità all'interno dell'Unione, una parte di persone svantaggiate migrerebbe verso Stati membri più prosperi. In pratica, l'onere di far fronte ai problemi alimentari di alcuni cittadini europei verrebbe così trasferito dal livello di alcune regioni più povere a quello di determinate regioni con un maggior reddito pro capite.

4.4.7   Nella situazione attuale segnata dalla crisi economica, il CESE ritiene che il programma alimentare di sostegno alle persone svantaggiate dovrebbe essere un programma dell'UE, finanziato al 100 % a carico del bilancio della PAC.

4.5   Il CESE sostiene la proposta avanzata dalla Commissione di acquistare derrate alimentari sul solo mercato europeo, poiché questo rappresenta un sostegno indiretto agli agricoltori europei.

4.6   Diversificazione della scelta di derrate offerte mediante il programma

4.6.1   Anche se è difficile ottenere un'alimentazione equilibrata in una situazione in cui molti aiuti alimentari provengono dalle scorte d'intervento, il CESE chiede che siano messi a disposizione alimenti il più possibile vari e sani, tenendo conto delle raccomandazioni in materia nutrizionale e delle linee direttrici riguardanti la dieta della popolazione europea.

4.6.2   Il CESE sostiene la complementarità delle misure di aiuto alimentare con le misure di assistenza sociale, e raccomanda di distribuire in modo ripetuto, e non episodico, aiuti alimentari soprattutto laddove le ONG o gli enti pubblici offrono servizi complementari (ospitalità, cure, istruzione, formazione professionale, inclusione sociale, ecc.).

5.   Coinvolgimento e ruolo della società civile, degli enti caritativi e dei volontari

5.1   Il 30 giugno 2010, la Commissione europea ha organizzato una riunione delle parti interessate all'attuazione del programma per gli indigenti, cui hanno partecipato rappresentanti di 18 ONG di 15 Stati membri, di un'organizzazione europea (l'Alleanza europea per la salute pubblica - EPHA) e delle agenzie di pagamento e d'intervento.

5.2   Vi sono in Europa ONG (4) in cui la distribuzione di aiuto alimentare è parte integrante dei servizi sociali generali offerti alle persone svantaggiate, per ottenere il maggior grado possibile di inclusione sociale.

5.3   Gli enti caritativi possono valutare al meglio l'impatto del programma, poiché hanno un rapporto diretto con le categorie svantaggiate. Tali enti precisano che taluni beneficiari del programma raccomandano di estendere la gamma dei prodotti in modo da garantire una dieta equilibrata, di creare le premesse legislative per la distribuzione di prodotti locali tradizionali e di prolungare il periodo di attuazione del programma.

5.4   Il coinvolgimento delle ONG e il gran numero di volontari dimostrano l'interesse e l'atteggiamento di sostegno della società civile europea verso le categorie sociali più svantaggiate. Il CESE ritiene che il principio di sussidiarietà sarà rispettato fintantoché gli Stati membri potranno stabilire liberamente le procedure e i criteri per designare le organizzazioni chiamate a partecipare all'applicazione del programma. Allo stesso modo, la selezione dei beneficiari dell'aiuto alimentare è di competenza degli Stati membri. Il programma inoltre favorisce lo sviluppo di rapporti di cooperazione tra gli enti caritativi e quelli pubblici.

5.5   Vi sono paesi dell'UE in cui le ONG e gli enti caritativi farebbero anche di più se disponessero di risorse finanziarie sufficienti a coprire i costi amministrativi. Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di inserire, nella proposta modificata, l'emendamento del Parlamento europeo che richiede il rimborso dei costi amministrativi, di deposito e di trasporto (fra gli spazi di deposito e i punti di distribuzione) sostenuti dagli enti caritativi (si veda l'articolo 27, paragrafo 7, del regolamento modificato).

Bruxelles, 20 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  http://www.2010againstpoverty.eu/about/?langid=it.

(2)  Cfr. nota 1.

(3)  Cfr. nota 1.

(4)  Ad esempio, in Polonia vi sono 44 rappresentanze regionali, 100 centri della Caritas, 4 500 dipendenti e 70 000 volontari impegnati a realizzare il programma per gli indigenti. La Caritas polacca ha dato il via all'attuazione del programma nel 2004 e dispone di 44 depositi e 20 depositi frigoriferi. L'organizzazione precisa che le prossime sfide saranno l'amministrazione del programma, il trasporto dei prodotti e l'acquisto di immobilizzazioni.


17.3.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 84/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta modificata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato»

COM(2010) 641 definitivo — 2007/0206 (CNS)

2011/C 84/12

Il Parlamento europeo, in data 23 novembre 2010, e il Consiglio, in data 8 dicembre 2010 hanno deciso, conformemente agli articoli 113 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta modificata di direttiva del Consiglio relativa alla struttura e alle aliquote dell'accisa applicata al tabacco lavorato

COM(2010) 641 definitivo — 2007/0206 (CNS).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 468a sessione plenaria dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 90 voti favorevoli, 3 voti contrari e 8 astensioni.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


17.3.2011   

IT

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C 84/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente»

(codificazione)

COM(2010) 610 definitivo — 2010/0302 (COD)

2011/C 84/13

Il Parlamento europeo, in data 10 novembre 2010, e il Consiglio, in data 8 dicembre 2010, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi di protezione, in caso di capovolgimento dei trattori agricoli o forestali a ruote, a carreggiata stretta, montati anteriormente (versione codificata)

COM(2010) 610 definitivo — 2010/0302 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 468a sessione plenaria dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 96 voti favorevoli e 2 astensioni.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


17.3.2011   

IT

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C 84/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina»

(codificatione)

COM(2010) 635 definitivo — 2010/0309 (COD)

2011/C 84/14

Il Parlamento europeo, in data 23 novembre 2010, e il Consiglio, in data 13 dicembre 2010 hanno deciso, conformemente all'articolo 43, paragrafo 2 e all'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina (versione codificata)

COM(2010) 635 definitivo – 2010/0309 (COD).

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e dato che esso aveva già formato oggetto del suo parere CESE 582/2003, adottato il 14 maggio 2003 (1), il Comitato, nel corso della 468a sessione plenaria dei giorni 19 e 20 gennaio 2011 (seduta del 19 gennaio), ha deciso, con 104 voti favorevoli e 7 astensioni, di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 19 gennaio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Parere del CESE in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina e che modifica il regolamento (CEE) n. 3508/92, GU C 208 del 3.9.2003, pag. 32.