ISSN 1725-2466 |
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Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
51o anno |
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III Atti preparatori |
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COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO |
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439a Sessione plenaria del 24 e del 25 ottobre 2007 |
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2008/C 044/01 |
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2008/C 044/02 |
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2008/C 044/03 |
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2008/C 044/04 |
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2008/C 044/05 |
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2008/C 044/06 |
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2008/C 044/07 |
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2008/C 044/08 |
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2008/C 044/09 |
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2008/C 044/10 |
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2008/C 044/11 |
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2008/C 044/12 |
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2008/C 044/13 |
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2008/C 044/14 |
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2008/C 044/15 |
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2008/C 044/16 |
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2008/C 044/17 |
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2008/C 044/18 |
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2008/C 044/19 |
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2008/C 044/20 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Spirito imprenditoriale e agenda di Lisbona |
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2008/C 044/21 |
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2008/C 044/22 |
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2008/C 044/23 |
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2008/C 044/24 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I maltrattamenti alle persone anziane |
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2008/C 044/25 |
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2008/C 044/26 |
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2008/C 044/27 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La Croazia sulla via dell'adesione |
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IT |
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III Atti preparatori
COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO
439a Sessione plenaria del 24 e del 25 ottobre 2007
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca
COM(2007) 161 def.
(2008/C 44/01)
La Commissione europea, in data 4 aprile 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul «Libro verde — Nuove prospettive per lo Spazio europeo della ricerca».
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore WOLF.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 107 voti favorevoli, nessun voto contrario e 2 astensioni.
1. Sintesi e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato segnala la necessità urgente di potenziare ulteriormente le misure attuate finora nel campo della ricerca e dello sviluppo (R&S) in Europa, di migliorare le condizioni generali necessarie e di creare i relativi presupposti finanziari. Accanto a efficaci programmi di R&S comunitari, nazionali e del settore privato occorre un mercato interno europeo della R&S per poter sfruttare meglio e liberare il potenziale già presente e da sviluppare nella Comunità europea: è questo lo Spazio europeo della ricerca. |
1.2. |
Il Comitato si compiace pertanto dell'intenzione della Commissione di rafforzare e potenziare lo Spazio europeo della ricerca. Reputa che le proposte e gli obiettivi citati siano per lo più appropriati e meritevoli di essere appoggiati; occorre però completarli e, in singoli casi, anche precisarli o correggerli. |
1.3. |
Il Comitato appoggia l'obiettivo di creare un mercato europeo del lavoro attraente per i ricercatori, che inoltre consenta la mobilità e la ricompensi. In primo piano vi sono questioni come la configurazione dei contratti, l'adeguatezza dei livelli retributivi, la trasferibilità dei diritti in materia di sicurezza e di previdenza sociale in tutta Europa e la coesione familiare. In questo settore vi sono enormi lacune soprattutto negli Stati membri. Per questo motivo il Comitato fa appello in modo particolare a questi ultimi e alle relative parti sociali affinché colmino queste lacune e offrano anche e soprattutto ai giovani ricercatori opportunità professionali interessanti in grado di competere con le opportunità di lavoro alternative per i laureati di grande talento. A queste condizioni saranno nuovamente più numerosi i giovani disposti a investire le proprie energie e il proprio tempo in studi superiori molto impegnativi e selettivi di questo tipo, contribuendo così a colmare la preoccupante carenza di specialisti e di laureati registrata in Europa nelle discipline scientifiche e tecniche. |
1.4. |
Il Comitato appoggia l'obiettivo formulato dal Consiglio europeo di Barcellona. Stando alle attuali decisioni, però, la Comunità contribuirà solo con una quota del 2 % circa (ossia per appena 1/50) agli investimenti complessivi nella R&S auspicati nel quadro dell'obiettivo di Barcellona. L'impegno politico di gran lunga maggiore per il raggiungimento dell'obiettivo di Barcellona spetta quindi agli Stati membri, mentre quello economico spetta all'industria. Le raccomandazioni del Comitato sono pertanto rivolte soprattutto al Consiglio, al Parlamento europeo e agli Stati membri affinché facciano a loro volta tutto il possibile per portare nuovamente la R&S in Europa ai massimi livelli mondiali e adottino le misure necessarie a tal fine. |
1.5. |
Il Comitato raccomanda nuovamente di aumentare il contributo della Comunità europea agli investimenti complessivi auspicati in R&S, portandoli ad almeno il 3 % per rafforzare l'effetto leva esercitato dal sostegno comunitario sui necessari investimenti degli Stati membri e dell'industria in tale settore. Inoltre, sarà opportuno utilizzare parte degli stanziamenti erogati a titolo dei fondi strutturali per misure infrastrutturali nel campo della R&S e accrescere le possibilità di finanziamento da parte della BEI. Questa raccomandazione è diventata ancora più urgente a causa del grave, ma a lungo sottovalutato problema energetico e climatico. |
1.6. |
Il Comitato appoggia l'obiettivo di creare infrastrutture di ricerca di livello mondiale in campo tecnico-scientifico, per le quali però bisognerà anche prevedere un sostegno costante e affidabile. Il presupposto per il successo e la validità di tali infrastrutture è che vi partecipino i pertinenti istituti e poli universitari degli Stati membri e, per i progetti tecnici, che vi sia un coinvolgimento impegnato dell'industria. Solo grazie a un collegamento di questo genere si otterrà un sistema integrato in grado di produrre un valore aggiunto europeo. |
1.7. |
Il Comitato appoggia l'obiettivo di rafforzare gli organismi di ricerca, come pure i relativi organi di coordinamento, quali iniziatori e vettori fondamentali della R&S. Tali organismi devono avere la possibilità di pianificare a lungo termine in modo affidabile e disporre di una dotazione adeguata e di una libertà di decisione sufficiente. A tal fine è indispensabile garantire una maggiore autonomia nell'uso delle risorse finanziarie, prevedere una quota di finanziamento di base sufficientemente elevata e un finanziamento complessivo dei progetti, consentire il riporto della dotazione finanziaria annuale all'esercizio successivo, ridurre gli oneri amministrativi paralizzanti per il progresso che vengono imposti ai professionisti della ricerca e dell'insegnamento, fornire incentivi e promuovere l'eccellenza mediante l'assegnazione su base competitiva di ulteriori finanziamenti alla ricerca. |
1.8. |
Il Comitato ravvisa nelle iniziative tecnologiche congiunte e nelle piattaforme tecnologiche due tipi di strumenti essenziali per ottenere innovazioni tecniche in importanti settori strategici della ricerca. Nel quadro dei necessari partenariati tra il settore pubblico e quello privato e dei programmi di ricerca comuni occorrerà anche coinvolgere in modo adeguato le piccole e medie imprese (PMI). Le comunità della conoscenza e dell'innovazione (CCI) che andranno create nel quadro dell'Istituto europeo di tecnologia (IET) dovranno basarsi sull'esperienza acquisita in tale contesto. A tal fine, contributi preziosi potranno anche venire dalle esperienze compiute nel quadro di ERA-NET e del progetto Cornet, nonché dei cluster di Eureka. |
1.9. |
Il Comitato appoggia l'obiettivo di aprire lo Spazio europeo della ricerca al mondo, ma aggiunge che il presupposto fondamentale a tal fine è che tale spazio diventi attraente. Questo obiettivo si potrà considerare raggiunto solo quando la deplorevole fuga dei cervelli oggi in atto verrà arrestata in termini non solo quantitativi, ma anche qualitativi per quanto riguarda i ricercatori migliori e di maggior successo a livello mondiale. A tal fine, però, occorre che siano riuniti tutti i fattori essenziali: livello, dotazioni, condizioni di lavoro, condizioni politiche generali, opportunità di sviluppo professionale e margine di libertà, reddito personale e riconoscimento sociale. |
1.10. |
Il Comitato è favorevole al metodo del coordinamento aperto, in virtù del quale vengono valutati gli obiettivi strategici e le politiche nazionali e si procede a uno scambio delle relative esperienze per ottenere coerenza e ottimizzare la politica europea della ricerca. Va invece respinto un coordinamento dall'alto (top-down) della ricerca europea, finalizzato a un'armonizzazione generale e concepito fin nei dettagli e fino all'interno degli organismi di ricerca o delle imprese. Per questo motivo si deve evitare l'impressione che la Commissione punti a una gestione centralizzata della ricerca europea. Si tratta di garantire un giusto equilibrio tra quadro comunitario, autonomia degli Stati membri e iniziativa e capacità creativa individuale. Solo da un pluralismo a livello di metodi, approcci e scelta dei temi possono scaturire i migliori risultati, procedimenti e innovazioni possibili. |
1.11. |
Il Comitato ribadisce le sue sollecitazioni sulla riduzione della burocrazia e raccomanda pertanto di inserire tale tematica nella futura agenda della Commissione quale ulteriore importante obiettivo politico. Ciò significa sviluppare, assieme agli Stati membri e alle organizzazioni della ricerca, approcci per semplificare e ridurre allo stretto indispensabile l'eccessiva sovraregolamentazione e l'abbondanza di obblighi di rendicontazione, procedimenti di richiesta, procedure di valutazione, analisi, approvazione, ecc., esistenti a livello europeo, nazionale, regionale e istituzionale. Anche la competizione per ottenere gli aiuti intesi a promuovere l'eccellenza accrescerà in un primo momento l'impegno dei ricercatori nell'espletare le procedure burocratiche. È quindi tanto più importante arrivare nel complesso a una soluzione adeguata riducendo la burocrazia e semplificando le procedure. Il timore di comportamenti sbagliati dei singoli non deve portare a una sovraregolamentazione e a una paralisi generalizzate. |
1.12. |
Il Comitato reputa necessario che negli organismi di sostegno alla ricerca, come pure, in particolare, in seno alla Commissione, lavorino anche funzionari competenti e di comprovata eccellenza scientifica che abbiano e mantengano una conoscenza ottimale e consolidata del settore in questione e delle sue particolarità, oltre che della relativa comunità scientifica (una costante rotazione del posto di lavoro è in questo caso controproducente). |
1.13. |
Il Comitato raccomanda di completare lo Spazio europeo della ricerca con uno Spazio europeo della conoscenza per creare una società europea della conoscenza. A tal fine occorrono un'istruzione generale solida e ampia, nonché un'ulteriore formazione specialistica di eccellenza per ricercatori e ingegneri. Di qui anche il riferimento a un'adeguata «gestione delle conoscenze». La R&S si basa infatti sulle conoscenze preesistenti per crearne di nuove. |
1.14. |
Il Comitato raccomanda di definire regole chiare e comprensibili per i molteplici strumenti comunitari di sostegno e coordinamento della R&S, ivi compreso un elenco riassuntivo (nonché un manuale di istruzioni) di tutti gli strumenti e le forme di promozione e coordinamento di cui dispone la Commissione ai fini della R&S. Tale elenco dovrebbe anche mostrare se il crescente numero di strumenti garantisca ancora compiti sufficientemente chiari e linee di demarcazione sufficientemente nette, e se gli strumenti siano tuttora agevoli da comprendere e da utilizzare sia per i potenziali utenti che per i funzionari della Commissione, o se invece siano da ridefinire. |
1.15. |
Molti dei temi affrontati nel Libro verde necessitano di un'analisi differenziata. A questo proposito e per altri aspetti il Comitato rimanda al testo integrale del parere. |
2. La comunicazione della Commissione
2.1. |
La comunicazione della Commissione si inscrive nel contesto della già avvenuta discussione e adozione del Settimo programma quadro di R&S attualmente in vigore, degli argomenti di ricerca scelti a tal fine (i cosiddetti programmi specifici), degli strumenti disponibili e delle regole di partecipazione. La comunicazione all'esame, quindi, non verte più sui contenuti della ricerca, ma unicamente sugli obiettivi strategici dello Spazio europeo della ricerca. |
2.2. |
Pertanto, dopo una breve panoramica storica, la comunicazione illustra sinteticamente i compiti e gli obiettivi dello Spazio europeo della ricerca, i quali vengono discussi nel contesto della situazione attuale, riesaminati e adeguati ai nuovi sviluppi. Il punto di partenza della comunicazione è l'importanza della R&S europea ai fini della strategia di Lisbona, come pure la questione della sua concorrenzialità nel contesto mondiale. |
2.3. |
Come compiti e obiettivi particolari vengono messi in evidenza i seguenti punti:
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2.4. |
I risultati ottenuti finora vengono sintetizzati e, su questa base, vengono proposte misure innovative per il consolidamento e l'ulteriore potenziamento dello Spazio europeo della ricerca. Secondo la Commissione, l'attuale programma quadro di ricerca dell'UE è stato concepito espressamente per fornire sostegno a queste misure. Gli stanziamenti a tal fine sono stati incrementati notevolmente, anche se in misura inferiore a quanto proposto inizialmente dalla Commissione europea (e raccomandato dal Comitato). Le nuove iniziative avviate in concomitanza con il Settimo programma quadro (2007-2013), come il Consiglio europeo della ricerca, avranno un deciso impatto sul panorama europeo della ricerca. Anche il futuro Istituto europeo di tecnologia potrebbe contribuire a creare comunità della conoscenza e dell'innovazione di livello mondiale. |
2.5. |
Al medesimo tempo vengono evidenziati, dal punto di vista della Commissione, alcuni punti deboli che andrebbero eliminati: ad esempio si sottolinea che, in sintesi,
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2.6. |
Altri aspetti del Libro verde vengono trattati nelle osservazioni del Comitato esposte qui di seguito. |
2.7. |
Per stimolare un ampio dibattito sulla base del Libro verde, la Commissione ha formulato 35 domande concrete. Le risposte che perverranno dal Parlamento europeo, dal Consiglio, dal CESE, dal Comitato delle regioni, dagli Stati membri, nonché dai ricercatori e dagli organismi di ricerca dovrebbero confluire in una serie di azioni che verranno proposte nel 2008. A molte di tali domande viene già data una risposta implicita nella sezione 3 del presente parere, mentre nella sezione 4 il Comitato si pronuncia in merito ad alcune domande specifiche. |
3. Osservazioni generali del Comitato
3.1. |
Importanza dell'eccellenza scientifica. Il Comitato ha ripetutamente (1) richiamato l'attenzione sul fatto che ottenere risultati tecnico-scientifici di eccellenza e trasformarli in potenziale economico competitivo sono le premesse indispensabili per garantire il nostro futuro nel contesto globale e per non mettere in pericolo il modello sociale europeo. Di qui la necessità imperiosa di potenziare ulteriormente le misure attuate finora nel campo della R&S in Europa, di definire le priorità politiche indispensabili a tal fine, di migliorare le condizioni generali necessarie e di creare i relativi presupposti finanziari. In tale contesto è importante applicare il principio della concorrenza in base a criteri di eccellenza. Il Comitato si è già pronunciato più volte in merito alle norme relative ai necessari aiuti di Stato (2). |
3.2. |
Mercato interno nel campo della R&S. Accanto a efficaci programmi di R&S comunitari, nazionali e del settore privato occorre un mercato interno della R&S per sfruttare meglio e liberare il potenziale già presente e da sviluppare nella Comunità europea: è questo lo Spazio europeo della ricerca. |
3.3. |
Sostanziale accordo. Il Comitato accoglie pertanto con favore l'intenzione formulata dalla Commissione nel Libro verde di consolidare, rafforzare e potenziare ulteriormente lo Spazio europeo della ricerca, portando così avanti uno sviluppo nel complesso positivo, e ravvisa nel testo anche alcuni importanti elementi tratti dalle sue precedenti raccomandazioni (3). Il Comitato reputa che gli obiettivi citati a questo proposito dalla Commissione siano appropriati e considera le proposte formulate al riguardo in gran parte adeguate e meritevoli di sostegno, anche se occorrerà completarle e in singoli casi anche precisarle o correggerle. |
3.4. La situazione attuale
3.4.1. |
La«comunità scientifica». Oltre 50 anni fa è stata fondata l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN) (4). Con l'impegno autonomo della comunità scientifica internazionale, ossia di scienziati tra i migliori a livello internazionale che agiscono in modo indipendente (5), era stato possibile ottenere il necessario sostegno di eminenti uomini politici europei. In questo modo è stato creato un centro di sperimentazione europeo di eccellenza nel campo della fisica, che i singoli paesi non avrebbero potuto o voluto finanziare e utilizzare da soli. Per motivi analoghi sono state successivamente create altre organizzazioni internazionali europee quali l'ECMWF, l'EMBO, l'ESRF, l'ESO, l'ESA e l'ILL (6). |
3.4.2. |
La Comunità europea. Il Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica (Trattato CEEA o Euratom), firmato a Roma il 25 marzo 1957, è uno dei tre Trattati istitutivi delle Comunità europee. Con esso è anche iniziato l'impegno della Comunità nel campo della R&S (7). Nel 1986, con l'entrata in vigore del Primo programma quadro di R&S, sono state gettate le fondamenta di una politica generale della Comunità nel campo della ricerca, che andasse oltre gli obiettivi dell'Euratom. Con la decisione adottata nel 2000, nel contesto dell'elaborazione della strategia di Lisbona, di istituire uno Spazio europeo della ricerca, la politica europea ha ribadito la propria volontà di creare un quadro formale per la ricerca europea. Lo Spazio europeo della ricerca sarebbe dovuto diventare al medesimo tempo un'operazione altamente simbolica, con una logica e una finalità ispirate alla strategia di Lisbona. |
3.4.3. |
L'obiettivo di Barcellona. Come ripetutamente sottolineato, il Comitato appoggia l'obiettivo di Barcellona formulato cinque anni fa dal Consiglio europeo in seguito alla strategia di Lisbona. In base a tale obiettivo, la spesa complessiva dell'Unione in R&S va aumentata fino a raggiungere, nel 2010, un livello pari a quasi il 3 % del PIL, e in tale contesto due terzi degli investimenti necessari dovrebbero provenire dal settore privato. Stando alle attuali decisioni, però, la Comunità contribuirà solo per circa il 2 % (ossia per appena 1/50) agli investimenti complessivi nella R&S auspicati nel quadro dell'obiettivo di Barcellona. |
3.5. |
L'impegno politico degli Stati membri. L'impegno politico di gran lunga maggiore per il raggiungimento dell'obiettivo di Barcellona spetta quindi agli Stati membri, mentre quello economico spetta all'industria e al settore privato. Le seguenti raccomandazioni e appelli del Comitato sono pertanto rivolti anche e soprattutto al Consiglio, al Parlamento europeo e agli Stati membri affinché compiano a loro volta tutti i passi che si impongono al riguardo e appoggino gli obiettivi formulati nel Libro verde per portare nuovamente la R&S in Europa ai massimi livelli mondiali, realizzando come prima cosa l'obiettivo di Barcellona, e affinché adottino tutte le altre misure necessarie a tal fine. |
3.6. |
Utilizzare meglio l'effetto leva del sostegno comunitario alla ricerca. Anche il sostegno comunitario alla ricerca, però, è molto importante. Esso non solo ha l'effetto di integrare e coordinare, ma esercita anche un effetto leva sugli investimenti nella ricerca da parte degli Stati membri e dell'industria. Tale effetto va quindi potenziato ulteriormente in modo tale che gli Stati membri e l'industria forniscano finalmente tutto il contributo necessario al raggiungimento, finora mancato, dell'obiettivo di Barcellona. L'Europa deve prendere coscienza della sua tradizione di area leader nella ricerca e nell'innovazione, e infonderle nuova vita. |
3.6.1. |
Aumentare il contributo comunitario. A questo proposito il Comitato ha fatto notare (8) che la dotazione comunitaria prevista attualmente per la R&S non è sufficiente per sfruttare questo effetto leva. Pertanto, torna a raccomandare con forza che, da un lato, si aumenti il contributo della Comunità agli investimenti complessivi auspicati per la R&S nello Spazio europeo della ricerca, contributo che attualmente è di molto inferiore al 2 %, portandolo ad almeno il 3 % nel quadro della futura revisione del bilancio UE in programma per il 2008; e, dall'altro, che si utilizzi una parte sostanziale degli stanziamenti erogati a titolo dei fondi strutturali per misure infrastrutturali (9) nel campo della R&S (10) e si accrescano considerevolmente le possibilità di finanziamento da parte della BEI. |
3.6.2. |
Urgenza di una decisione politica. Una raccolta statistica (11) pubblicata di recente dalla Commissione sullo stato della ricerca europea e del suo finanziamento rispetto ai suoi concorrenti internazionali conferma l'estrema urgenza con cui la summenzionata raccomandazione del Comitato dovrebbe essere tradotta in decisione politica. Per di più, a questo si aggiunge anche il problema molto grave e a lungo sottovalutato dell'energia e del clima. |
3.7. |
Massa critica, messa in comune delle risorse e delle conoscenze specialistiche, valore aggiunto europeo. La Comunità dovrebbe avviare e promuovere in via prioritaria le attività di ricerca e i progetti di grande importanza per lo sviluppo economico e tecnologico che vadano oltre la disponibilità o le possibilità dei singoli Stati membri e la loro capacità economica, o che avrebbero un impatto molto maggiore grazie a interventi comunitari e a collegamenti in rete a livello paneuropeo. Tali progetti produrrebbero così un notevole valore aggiunto rispetto agli sforzi dei singoli Stati membri. |
3.8. |
Infrastrutture e organismi di ricerca avanzata. In molti campi particolarmente importanti della ricerca, il presupposto materiale per giungere a scoperte del tutto innovative e per il progresso tecnologico è l'esistenza di costose misure infrastrutturali e di grandi apparecchiature, le quali offrono allo sviluppo tecnologico (nella fase precompetitiva) inedite possibilità di miglioramento e di innovazione. Per questo motivo il Comitato annette la massima importanza all'obiettivo del Libro verde denominato Sviluppare infrastrutture di ricerca di livello mondiale. Tali infrastrutture sono i fondamenti e i catalizzatori della ricerca avanzata, ed esercitano grande attrattiva sui migliori scienziati e ingegneri a livello mondiale, contribuendo così in misura ragguardevole anche alla realizzazione di un altro obiettivo importante e degno di sostegno: creare organismi di ricerca avanzata che diano prestigio ai marchi Ricerca europea e Spazio europeo della ricerca. |
3.8.1. |
Elenco ESFRI (12). Il Comitato accoglie pertanto con favore l'elenco delle istituzioni dell'ESFRI che, compilato con il concorso degli Stati membri e della Commissione, ha ottenuto l'apprezzamento e l'appoggio del Consiglio (13). Fa notare però che, in questo contesto, accanto all'impegno principale degli Stati membri, in futuro sarà necessario anche un impegno maggiore, affidabile e sostenuto da parte della Commissione, poiché è in questo ambito che risulta particolarmente chiara la volontà politica di ottenere eccellenti risultati di punta in campo scientifico e tecnologico. Di conseguenza, il Comitato sostiene con forza il rigoroso rispetto della tabella di marcia e la sostanziale partecipazione finanziaria della Comunità per la costruzione e il funzionamento a lungo termine degli impianti in questione. Sottolinea altresì l'importanza di tipologie contrattuali adeguate per rendere tali impianti accessibili e attraenti per i partner o per gli utenti dell'intero Spazio europeo della ricerca, e infine appoggia gli sforzi volti a favorire partenariati o partecipazioni a livello extraeuropeo (14). |
3.8.2. |
Continuità del sostegno. Proprio per i progetti che richiedono investimenti ingenti e sono quindi improntati sul lungo periodo, è particolarmente importante prevedere ora e in futuro finanziamenti continui e garantiti fino al raggiungimento dei loro obiettivi, fintanto che soddisfano il criterio dell'eccellenza scientifica. Soprattutto in questo campo, grandi fluttuazioni, incertezze o addirittura interruzioni dei finanziamenti non solo costituiscono uno spreco di costosi investimenti e attività di sviluppo tecnico-scientifico, ma distruggono anche i collegamenti creati, la cooperazione internazionale e la fiducia negli impegni futuri, danneggiando così anche il mercato del lavoro europeo degli scienziati e degli ingegneri. |
3.8.3. |
Coinvolgimento di università e istituti di ricerca. La partecipazione responsabile dei pertinenti poli universitari, istituti e organizzazioni di ricerca degli Stati membri allo sviluppo e allo sfruttamento degli impianti di sperimentazione rappresenta il presupposto fondamentale affinché questi ingenti investimenti in progetti infrastrutturali producano buoni risultati e allo stesso tempo costituisce un opportuno ampliamento della base della ricerca avanzata: solo grazie a un collegamento di questo genere si otterrà un sistema integrato in grado di produrre un valore aggiunto europeo. Pertanto, è altresì indispensabile promuovere tale collegamento in misura adeguata e garantire ai programmi specifici «Cooperazione» e «Idee» dotazioni finanziarie appropriate. A tal fine occorrono in particolare anche risorse sufficienti per i viaggi e i soggiorni in loco, nonché per i sistemi di comunicazione e le attrezzature. In questa sede il Comitato torna inoltre a sottolineare la grande importanza del sostegno alla mobilità. |
3.8.4. |
Mobilità senza ostacoli. Il Comitato appoggia l'obiettivo di garantire, all'interno dello Spazio europeo della ricerca, una mobilità senza ostacoli tra i diversi Stati membri, tra le organizzazioni, come pure tra il settore pubblico e quello privato. La mobilità non serve solo alla realizzazione professionale, alla condivisione di conoscenze e all'acquisizione di esperienze specialistiche, ma amplia anche gli orizzonti in generale, rafforza la capacità di giudizio e promuove la comprensione interculturale. Per questo motivo occorre colmare tutte le carenze ed eliminare tutte le misure inadeguate che a tutt'oggi si frappongono a una mobilità senza ostacoli. Fra queste, accanto agli ostacoli di natura interstatale, all'insufficiente riconoscimento e/o trasferibilità dei diritti acquisiti in materia di prestazioni sociali, figurano per esempio anche le discriminazioni e gli oneri fiscali relativi ai trasferimenti dei nuclei familiari che comportano il cambio di appartamento o di immobile. |
3.8.5. |
La situazione nei nuovi Stati membri. Occorre tuttavia fare attenzione e mettere a punto incentivi affinché l'auspicabile mobilità intraeuropea, nel caso dei ricercatori dei nuovi Stati membri, non porti a una «fuga dei cervelli» intraeuropea a lungo termine. Il Comitato aveva già fatto notare in un precedente parere che, anche per questo motivo, la creazione di organismi di ricerca attraenti nei nuovi Stati membri assume un'importanza particolare. |
3.9. |
Prestigio dello Spazio europeo della ricerca. Nel quadro di una cooperazione internazionale di successo ed efficiente, soprattutto nell'ambito dei grandi progetti comuni europei, negli attori coinvolti nasce un senso di comunanza che torna a vantaggio del prestigio dello Spazio europeo della ricerca e della valenza simbolica dell'Europa. |
3.10. |
Autonomia organizzativa e convegni specialistici. L'esempio del CERN, ma anche lo sviluppo degli impianti europei di fusione, mostrano la volontà e la capacità della comunità scientifica di cercare e trovare di propria iniziativa dei partner per cooperazioni di livello internazionale, oltre che di indurre i governi dei paesi terzi a fornire finanziamenti. Un presupposto necessario a tal fine è anche lo stanziamento di risorse sia per l'organizzazione in Europa di congressi tecnico-scientifici di particolare rilievo sia per la partecipazione soprattutto di giovani ricercatori europei ai congressi internazionali. |
3.10.1. |
Società tecnico-scientifiche — organizzazioni della società civile. I congressi costituiscono la piattaforma fondamentale per diffondere e valutare risultati, scambiare conoscenze e idee, avviare cooperazioni e sviluppare approcci nuovi o perfezionati. A organizzarli sono generalmente associazioni scientifiche o tecniche (15), in quanto tipiche organizzazioni della società civile. Il Comitato raccomanda pertanto di dare maggiore considerazione e riconoscimento ai loro risultati, nonché di sfruttarne e incoraggiarne maggiormente le attività per la diffusione delle conoscenze, la valutazione dei risultati e il coordinamento della ricerca. |
3.11. |
Programmi quadro. A giudizio del Comitato il programma quadro comunitario di R&S, assieme al programma quadro della Comunità europea dell'energia atomica, sono gli strumenti fondamentali di cui dispone la Comunità per realizzare lo Spazio europeo della ricerca. Importanti spunti per una cooperazione coordinata (cfr. punto 3.13) provengono soprattutto dai programmi specifici «Cooperazione» e «Persone» e dalle misure di sostegno a essi collegate, che integrano il programma specifico «Idee» e quello relativo alle infrastrutture («Capacità»). Per questo motivo la loro attuazione corretta costituisce un elemento essenziale per formare un'identità transfrontaliera portatrice di sinergie per la ricerca europea e lo Spazio europeo della ricerca. |
3.11.1. |
Ricerca di base e applicazioni. È da sottolineare l'attenzione esplicita attribuita alla ricerca di base e il riconoscimento della sua importanza decisiva per il progresso e l'innovazione. Di qui discende anche la necessità di un equilibrio tra il sostegno previsto per la ricerca di base, da un lato, e quello per la ricerca applicata e la ricerca orientata ai prodotti e ai processi, dall'altro. Come più volte sottolineato (16), tra questi campi non ci sono linee di demarcazione nette, bensì molteplici interazioni: essi si influenzano a vicenda. |
3.11.2. |
Iniziative tecnologiche congiunte, piattaforme tecnologiche e Istituto europeo di tecnologia. Il Comitato sottolinea il ruolo particolare delle Iniziative tecnologiche congiunte e delle piattaforme tecnologiche, che servono a creare partenariati tra il settore pubblico e quello privato e ad attuare programmi di ricerca comuni in settori strategici della ricerca. Il Comitato raccomanda di basarsi sull'esperienza acquisita in tale contesto al momento di creare le comunità della conoscenza e dell'innovazione (CCI) nel quadro dell'Istituto europeo di tecnologia (IET). Contributi preziosi possono venire anche dalle esperienze compiute nel quadro dei progetti di ERA-NET e dei cluster di Eureka. |
3.11.3 |
PMI. Particolarmente importante nei partenariati pubblico-privato, ma anche in quelli industriali, appare l'adeguato coinvolgimento delle piccole e medie imprese (PMI). Il Comitato si compiace che la Commissione stia compiendo e intenda continuare a compiere sforzi particolari a questo riguardo. Un contributo può venire anche dal progetto Cornet (Collective Research Networking) (17) avviato nel quadro di ERA-NET. |
3.11.4. |
Segretezza delle informazioni. La concessione gratuita di informazioni relative alle nuove conoscenze era e resta uno dei fattori di successo della scienza moderna (cfr. anche il punto 4.4.2 relativo all'accesso libero). I problemi legati alla sua limitazione riguardano non solo certi aspetti relativi alla proprietà intellettuale, ma in particolare la necessità di stabilire il livello di sviluppo di una tecnologia nuova o innovativa a partire dal quale le questioni di segretezza [a causa della concorrenza economica (18)] ostacolano il necessario scambio di conoscenze e l'ulteriore collaborazione con e tra i partner industriali. Il Comitato raccomanda di analizzare in modo approfondito questo importante aspetto, poiché da esso dipende il successo delle collaborazioni, soprattutto tra il settore pubblico e quello privato. |
3.12. |
Rafforzare gli organismi di ricerca. Il Comitato appoggia l'obiettivo particolarmente importante di rafforzare gli organismi di ricerca, ma anche i relativi organi di coordinamento, in quanto iniziatori e vettori della R&S. È lì, infatti, che si svolge l'attività di coordinamento, pianificazione e ricerca, oltre al fatto che sono il clima di lavoro, il margine di libertà e lo stile della ricerca che si sviluppano in tali ambiti a determinare la fama e il successo dei singoli organismi o istituti di ricerca. Per questo motivo essi devono poter pianificare a più lungo termine in modo affidabile, disporre di dotazioni sufficienti e avere un sufficiente grado di libertà decisionale. A tal fine è indispensabile garantire una maggiore autonomia nell'uso delle risorse finanziarie, prevedere una quota di finanziamento istituzionale di base che sia affidabile e sufficientemente elevata (generalmente almeno del 75-80 %) e un finanziamento complessivo dei progetti, consentire il riporto della dotazione finanziaria annuale all'esercizio successivo, ridurre gli eccessivi oneri amministrativi che gravano sui professionisti, fornire incentivi e promuovere l'eccellenza mediante l'attribuzione di ulteriori finanziamenti orientati su un lasso di tempo sufficientemente lungo e assegnati su base competitiva e in funzione dei risultati ottenuti. |
3.13. |
Coordinamento aperto. Impulsi fondamentali per il reciproco coordinamento aperto e la valutazione delle politiche relative alla ricerca e degli obiettivi strategici degli Stati membri provengono sia dai processi decisionali di comprovata efficacia a livello europeo concernenti le iniziative della Commissione in materia di politica della ricerca, sia dalle fasi consultive preliminari. Il Comitato reputa che anche le ulteriori misure di concertazione e coordinamento con e tra gli Stati membri e le regioni in merito a priorità specifiche o progetti infrastrutturali siano importanti e opportune per ottenere una maggiore coerenza e ottimizzare la politica europea della ricerca. Per questo un coordinamento è anche opportuno al momento di costituire organismi di ricerca interstatali europei per grandi progetti e infrastrutture (cfr. punto 3.8). Inoltre, la Commissione esercita funzioni di coordinamento in relazione alle misure di sostegno del Settimo programma quadro (cfr. punto 3.11). |
3.14. |
Evitare un coordinamento eccessivo. Va invece respinta l'eventuale intenzione di procedere a un coordinamento dall'alto (top-down) della ricerca europea, sia come fine a se stesso sia finalizzato a un'armonizzazione generale e concepito fin nei dettagli e fino all'interno degli organismi di ricerca o delle imprese. Un tale coordinamento, espressamente inteso ad esempio a evitare la duplicazione e la frammentazione della ricerca (19), limiterebbe la necessaria pluralità degli approcci di ricerca e dei metodi (cfr. in particolare anche il punto 4.7.1) e provocherebbe un atteggiamento di rifiuto da parte dei ricercatori, delle istituzioni e dell'industria che partecipa alle attività di ricerca. In ogni caso si dovrebbe evitare l'impressione che la Commissione punti a una gestione centralizzata della ricerca europea, per non alimentare ulteriormente nei cittadini (20) degli Stati membri i già vivi timori di un eccessivo centralismo da parte di Bruxelles. Si tratta piuttosto di garantire un giusto equilibrio tra quadro comunitario, autonomia e capacità decisionale degli Stati membri, da un lato, e iniziativa e creatività istituzionale e individuale, dall'altro. |
3.14.1. |
Pluralismo nei metodi, negli approcci e nella selezione delle tematiche. Solo da un pluralismo a livello di metodi, approcci e scelta dei temi possono scaturire i migliori risultati, procedimenti e innovazioni possibili. Il pluralismo non è uno spreco, ma uno strumento necessario per garantire l'ottimizzazione e l'evoluzione nella ricerca di nuove conoscenze e nuove capacità. In merito a questa importante questione concernente la delimitazione delle competenze, il Comitato raccomanda in particolare di consultare il Consiglio europeo della ricerca. |
3.15. |
Un ulteriore obiettivo: la riduzione della burocrazia. Ciò nonostante il Comitato, ribadendo le sue precedenti sollecitazioni, raccomanda alla Commissione di inserire la riduzione della burocrazia nella sua futura agenda politica quale ulteriore importante obiettivo. Occorre sviluppare, assieme agli Stati membri e alle organizzazioni della ricerca, approcci per semplificare, eventualmente condensare e ridurre allo stretto indispensabile l'eccessiva sovraregolamentazione e abbondanza di obblighi di rendicontazione, procedimenti di richiesta, procedure di analisi, valutazione, approvazione ecc., esistenti a livello europeo, nazionale, regionale e istituzionale. Anche la competizione caldeggiata dal Comitato per ottenere eccellenza, aiuti, ecc., accrescerà in un primo momento l'impegno dei ricercatori nell'espletare le procedure amministrative e di valutazione. È quindi tanto più importante arrivare a una soluzione adeguata riducendo e semplificando tutti i processi. Il Comitato ha già indicato (21) che il timore di errori o di comportamenti sbagliati dei singoli non deve portare a una sovraregolamentazione e a una paralisi generalizzate. Questo vale ugualmente per il metodo di lavoro delle organizzazioni di sostegno alla ricerca e dei ricercatori. |
3.16. |
Un mercato del lavoro attraente e opportunità professionali migliori. Il Comitato appoggia l'importante obiettivo di creare un mercato del lavoro attraente per i ricercatori. A tal fine la configurazione dei contratti, i livelli retributivi, i regimi di sicurezza e di previdenza sociale e la promozione della coesione familiare vanno concepiti e migliorati in modo tale che i ricercatori non abbiano l'impressione che il loro idealismo venga sfruttato, ad esempio con una retribuzione inadeguata, con il protrarsi delle trattative contrattuali o con un'eccessiva incertezza del futuro professionale. Essi potrebbero infatti giungere alla conclusione che in Europa il loro investimento in una formazione molto impegnativa e selettiva non si possa tradurre in modo proficuo in una carriera di successo. |
3.16.1. |
Lacune negli Stati membri. In questo settore vi sono enormi lacune soprattutto negli Stati membri e continuano a osservarsi sviluppi indesiderati (22). A questo proposito, perciò, il Comitato fa un particolare appello agli Stati membri e alle relative parti sociali affinché colmino queste lacune e offrano anche e in special modo ai giovani scienziati opportunità professionali interessanti in grado di aprire ulteriori prospettive e di competere con le opportunità di lavoro alternative per i laureati di grande talento. Solo a queste condizioni torneranno a essere numerosi i giovani di talento disposti a investire le proprie energie e il proprio tempo in studi superiori impegnativi e selettivi di questo tipo, contribuendo così a colmare la preoccupante carenza di specialisti, oltre che di laureati, registrata in Europa nelle discipline scientifiche e tecniche. |
3.16.2. |
Parità di genere. Il Comitato ribadisce il proprio impegno a favore della parità di genere e della parità di trattamento tra i due sessi. Abbiamo bisogno dei migliori talenti di entrambi i sessi: ciò che conta sono le conoscenze e i risultati. (Nel presente parere i termini «scienziato», «ricercatore» e «ingegnere» vengono utilizzati per uomini e donne). |
3.16.3. |
Mobilità tra istituzioni, discipline, settori e paesi. Il Comitato appoggia anche l'obiettivo formulato nel Libro verde di migliorare sensibilmente la mobilità tra istituzioni, discipline, settori e paesi. Richiama l'attenzione, da un lato, sulle summenzionate raccomandazioni in materia e, dall'altro, sulla sua precedente raccomandazione relativa a un sistema allettante di borse di studio (anno sabbatico) per lo scambio di personale tra mondo accademico e settore privato. |
3.16.4. |
Coesione familiare. Il Comitato ha già ripetutamente richiamato l'attenzione su un aspetto particolarmente importante della promozione della mobilità, ossia la necessità di consentire e promuovere la coesione familiare. Questo riguarda in particolare l'attività professionale del coniuge (per esempio, coppie a doppia carriera), la disponibilità di scuole adeguate per i figli, il sostegno per lo scambio di appartamento o la permuta del proprio immobile (compensazione delle spese sostenute, tasse), ecc. |
3.17. |
Apertura dello Spazio europeo della ricerca al mondo. Nel Libro verde viene citata, come obiettivo particolarmente importante, l'apertura dello Spazio europeo della ricerca al mondo. Il Comitato è pienamente d'accordo con tale obiettivo e, anzi, reputa che realizzarlo veramente sarà un banco di prova determinante per il successo della strategia di Lisbona. |
3.17.1. |
Il fattore decisivo: l'attrattiva. Tuttavia, al di là dell'aspetto più formale e per molti versi già realizzato di un'apertura di principio, il fattore decisivo è l'attrattiva dello Spazio europeo della ricerca: invitare ricercatori internazionali di altissimo livello è un primo passo necessario, ma si tratta poi di fare in modo che vengano davvero in Europa o, nel caso degli scienziati europei che lavorano in paesi extraeuropei, di far sì che poi ritornino in Europa. |
3.17.2. |
Arrestare la fuga dei cervelli. Questo obiettivo si potrà considerare raggiunto solo quando la fuga dei cervelli, oggi purtroppo così evidente, verrà arrestata in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi, cioè per quanto riguarda gli scienziati e gli ingegneri migliori e di maggior successo a livello mondiale. A tal fine, però, occorre che siano riuniti tutti i fattori essenziali: livello, dotazioni, condizioni di lavoro, condizioni generali affidabili, opportunità di sviluppo professionale e margine di libertà, reddito personale (comprese le prestazioni sociali) e riconoscimento sociale. |
3.18. |
Consolidare i primi risultati positivi. Nonostante le lacune ancora presenti e i compiti che ancora restano da affrontare, il Comitato rileva con soddisfazione che gli sforzi compiuti finora nel quadro della politica europea della ricerca per realizzare lo Spazio europeo della ricerca mostrano i primi risultati positivi e vanno in generale nella giusta direzione. È importante quindi che questo sviluppo già instradato venga portato avanti attraverso una crescita continua e rapida del potenziale europeo di R&S, tramite una politica di sovvenzioni orientata alla concorrenza, e sfruttando i collegamenti e l'effetto di integrazione di tale potenziale, nonché, in particolare, creando condizioni generali e opportunità professionali interessanti e affidabili, senza sovraregolamentazioni e centralismi. Lo Spazio europeo della ricerca deve diventare un concetto rinomato a livello mondiale. |
3.19. |
Lo Spazio europeo della conoscenza. Il Comitato ha già sottolineato in diverse occasioni che lo Spazio europeo della ricerca dovrebbe essere integrato da uno «spazio europeo della conoscenza» (23). Il motivo fondamentale è l'obiettivo di creare una società europea della conoscenza, per la quale occorrono sia una solida istruzione generale sia la formazione specialistica di qualità necessaria per gli scienziati e gli ingegneri. In tale contesto assumono grande importanza anche la formazione continua e l'apprendimento autodidatta. Nel presente parere, che riguarda lo Spazio europeo della ricerca, va ricordata inoltre la necessità di un'adeguata «gestione delle conoscenze» tale da garantire la documentazione, l'ordine, la diffusione, l'accessibilità e il mantenimento delle conoscenze acquisite. La R&S si basa infatti sulle conoscenze preesistenti per crearne di nuove. |
3.19.1. |
Gestione delle conoscenze e relative tecniche. La gestione delle conoscenze è importante anche per applicare in modo sicuro (24) i procedimenti tecnici, consentirne un uso ottimale e sicuro, minimizzare i rischi e non esporre a pericoli la popolazione. A questo riguardo la Commissione, in cooperazione con le pertinenti organizzazioni internazionali, dovrebbe anche in futuro adottare iniziative adeguate e promuovere i programmi di ricerca necessari. |
3.19.2. |
Libri di testo e compendi. Un ruolo importante nel mantenere, chiarire e ordinare le conoscenze e, specialmente, nel garantire una valida formazione, spetta a libri di testo, compendi e manuali di qualità elevata. Per scriverli occorrono esperienza, impegno e tempo, e bisogna inoltre essere dispensati da altri compiti. Il Comitato raccomanda di inserire questa attività nell'elenco delle misure ammissibili agli aiuti, tanto più che essa, generalmente, non ha alcun ritorno commerciale per gli autori. |
4. Osservazioni specifiche in merito alle domande formulate nel Libro verde
Questo capitolo affronta in modo specifico alcune delle 35 domande formulate nel Libro verde, qualora il relativo argomento non sia già stato trattato nella sezione 3. Per motivi di spazio, però, il testo della maggior parte delle domande non viene riprodotto; si rimanda quindi il lettore al Libro verde.
4.1. |
Domande da 1 a 3 relative al punto «Elementi delle prospettive dello Spazio europeo della ricerca». È indispensabile che nella società ci sia un clima aperto nei confronti della R&S, in grado di coglierne e apprezzarne l'importanza decisiva per il benessere, la competitività, il progresso e la cultura. È importante anche garantire una sufficiente comunicazione tra le diverse discipline, in particolare quelle scientifiche e quelle umanistiche, cercando altresì di accordarsi sui principi metodologici. Ciò è anche una premessa indispensabile per creare le condizioni generali necessarie e definire le priorità a tutti i livelli della politica. La Commissione e gli Stati membri, inoltre, possono promuovere in misura ancora maggiore di quanto avvenuto finora, mediante simposi e convegni, lo scambio di esperienze tra la comunità scientifica e la società civile in generale, e pubblicizzare lo Spazio europeo della ricerca; in tale contesto, anche i mezzi di comunicazione devono svolgere un ruolo importante, fermo restando che l'accento andrebbe posto sull'informazione e non sull'opinione. Il Comitato appoggia l'intenzione della Commissione di dar vita a un dibattito pubblico e ad altre azioni. |
4.2. |
Domande 8 e 10: dottorandi. Bisogna partire già dai giovani scienziati in possesso di un diploma universitario adeguato, ossia dai dottorandi. Questi ultimi, infatti, non sono studenti o apprendisti (25), ma professionisti che hanno un'importanza fondamentale nel campo della ricerca e dell'insegnamento. La stessa attività di ricerca e di insegnamento, come pure l'elaborazione di lavori scientifici e la partecipazione ai seminari e alle cosiddette «accademie estive» sono la forma migliore di perfezionamento; occorre quindi anche promuovere con decisione e rendere possibile la partecipazione a tali attività. È necessario consentire, incoraggiare e ricompensare il senso d'iniziativa e l'autonomia, due doti che non si sviluppano certo con un «tutoraggio» di tipo scolastico. |
4.3. |
Domanda 12 et al.: bisogna prendere le mosse e trarre i giusti insegnamenti dall'esempio dell'Istituto europeo di tecnologia e delle sue singole «comunità della conoscenza e dell'innovazione». |
4.3.1. |
Domanda 18. È necessario dapprima raccogliere le esperienze relative ai casi singoli; inoltre, vanno chiarite le questioni relative ai rischi e alle responsabilità, ad esempio in caso di defezione di uno dei partner. |
4.3.2. |
Domanda 19. Occorre anzitutto sfruttare l'esperienza degli «istituti virtuali» già esistenti in seno alle organizzazioni di ricerca degli Stati membri; per il resto, occorre adottare un approccio dal basso verso l'alto. |
4.3.3. |
Domanda 20 (i). Si dovrebbe chiedere agli organismi interessati di formulare proposte. |
4.3.4. |
Domanda 20 (ii). No ai criteri misurabili obiettivamente. Su questo punto il Comitato nutre enormi perplessità: c'è infatti da temere che si ponga l'accento sui criteri quantitativi «misurabili obiettivamente», i quali però nel campo della ricerca praticamente non esistono (26). Criteri del genere potranno magari essere utili nello sviluppo orientato al prodotto, ma nella ricerca favorirebbero una logica di breve respiro e superficiale (marketing dell'acquisizione). Perfino gli istituti di ricerca industriale hanno dei margini per attività di ricerca orientate più a lungo termine e alla ricerca di base, attività che, sebbene la loro importanza sia dimostrata proprio dagli organismi di maggiore successo (27), sono difficili da motivare utilizzando procedure di valutazione prestabilite e basate principalmente su criteri «misurabili sul piano quantitativo». Il Comitato rimanda inoltre a quanto affermato al riguardo in pareri precedenti (28). |
4.4. |
Domanda 21 relativa al punto «Condividere le conoscenze», parte concernente i dati grezzi. Si tratta di una domanda difficile e delicata. Per quanto concerne i dati grezzi (in che punto della catena di misurazione hanno origine i «dati grezzi»? La loro correttezza, spesso, deve essere ancora controllata o valutata da colui che ha effettuato in origine l'esperimento), essa riguarda il rapporto di fiducia personale fra i ricercatori (29). La domanda denota una mancanza di comprensione dei processi di sperimentazione e delle relazioni interpersonali tra i ricercatori (attitudine al lavoro di squadra, concorrenza, priorità, ecc.); in questo contesto è utile prevedere incentivi per lo scambio diretto di conoscenze. L'espressione chiave a questo proposito è «riproducibilità dei risultati». Sono assolutamente da sconsigliare gli approcci prescrittivi dettati dall'alto, magari a livello europeo, mentre potrebbero essere utili quelle raccomandazioni che indichino per quanto tempo come minimo andrebbero conservati i «dati grezzi» registrati e chi ne sia responsabile. Indipendentemente da questo (cfr. anche il punto 3.19.1), resta il problema di una generale «gestione delle conoscenze», per garantire che esse non vadano perse. Sarebbe opportuno, eventualmente, che anche il Consiglio europeo della ricerca affrontasse la questione. |
4.4.1. |
Ancora sulla domanda 21: difficoltà nell'accesso alle informazioni e allo scambio di informazioni. Questa domanda riguarda anche un altro problema, ossia quello di un accesso rapido e senza ostacoli alle informazioni già pubblicate nelle riviste specialistiche delle case editrici scientifiche. A causa dell'attuale interpretazione dei diritti d'autore non esistono biblioteche on-line ad accesso gratuito e non si possono più trasmettere copie elettroniche. L'accesso rapido a importanti opere scientifiche e tecniche archiviate è quindi drasticamente limitato, cosa che ostacola notevolmente gli scambi e i progressi scientifici. |
4.4.2. |
Accesso libero. A maggior ragione il Comitato esorta la Commissione ad affrontare la questione e a cercare soluzioni nuove e migliori, una delle quali potrebbero essere i sistemi di informazione «ad accesso libero» (30), ad esempio in riviste specializzate riconosciute ad accesso libero con una valutazione tra pari (cfr. anche infra). |
4.4.3. |
Domanda 23: periodo di grazia. A questo proposito, il Comitato si è già pronunciato in diverse occasioni a favore di un periodo di grazia per alleviare il conflitto tra l'opzione di pubblicare più in fretta possibile (i ricercatori vengono giudicati sulla base delle loro pubblicazioni) e quella di depositare prima il brevetto. |
4.5. |
Per quanto riguarda il gruppo di domande da 25 a 29 relative al punto «Ottimizzare i programmi e le priorità di ricerca», in generale ci si dovrebbe basare sulle esperienze fatte finora con ERA-NET. |
4.5.1. |
Domanda 25: principi per la valutazione. La domanda relativa ai principi comuni (con cui presumibilmente si intendono i principi armonizzati) per la valutazione tra pari, la garanzia della qualità e la valutazione riguarda un tema complesso poiché, da un lato, non esistono metodi di valutazione perfetti, ma solo metodi più o meno validi e, dall'altro, i diversi organismi di ricerca, almeno nei dettagli, procedono secondo modalità diverse, ragion per cui è necessario utilizzare come criterio il (relativo) successo delle diverse metodologie. Per questo motivo il Comitato nutre anche a questo proposito delle perplessità di fondo sull'obiettivo dell'armonizzazione. La valutazione tra pari è indubbiamente il metodo migliore (31), ma la sua qualità ed efficienza dipendono in larga misura da come si procede nei dettagli (32). Si dovrebbe soprattutto evitare di cadere nella superficialità, cosa invece che capita facilmente a causa delle continue e molteplici valutazioni richieste oggigiorno. Vale quindi il principio secondo cui bisognerebbe valutare meno, ma più a fondo. |
4.5.2. |
Facendo nuovamente riferimento alla domanda 25, ma anche ad altre: funzionari competenti. In particolare, è assolutamente necessario che negli organismi di sostegno alla ricerca, e quindi anche in seno alla Commissione, lavorino anche funzionari competenti e di comprovata eccellenza scientifica che abbiano e mantengano una conoscenza ottimale e consolidata del settore in questione e delle sue particolarità, oltre che dei relativi «pari» e della comunità scientifica corrispondente, anche grazie alla propria precedente attività di ricerca (una costante rotazione del posto di lavoro è in questo caso controproducente). Anche in questo caso, il timore di errori o di comportamenti sbagliati dei singoli non deve portare a una sovraregolamentazione e a un indebolimento generalizzati. Bisognerebbe anche qui prendere ad esempio gli organismi di ricerca con risultati particolarmente positivi. |
4.5.3. |
Domanda 26: semplificazione. L'obiettivo di semplificare ulteriormente le regole e le procedure applicabili, anche per evitare ai ricercatori oneri amministrativi eccessivi, viene spesso sottolineato. Il Comitato è tuttavia consapevole del fatto che la sua difesa generale del pluralismo e dell'approccio dal basso verso l'alto potrebbe essere considerata per certi versi in contraddizione con la richiesta di semplificazione e di riduzione dell'eccessiva burocrazia. Per questo motivo caldeggia un percorso coordinato (cfr. anche il punto 3.15) con valutazioni comuni di tutte le azioni alle quali la Comunità dà o darà un contributo determinante con i propri programmi di sostegno. In merito alla scelta delle procedure di valutazione andrebbe consultato il Consiglio europeo della ricerca. |
4.5.4. |
Domanda 29: adesione alle organizzazioni intergovernative di ricerca. Il termine «aderire» andrebbe precisato. L'adesione a organi consultivi appare opportuna in caso di cofinanziamento da parte della Comunità, e lo stesso dicasi naturalmente per l'adesione ai pertinenti organi di controllo. Il Comitato sconsiglia invece decisamente l'adesione agli organi esecutivi diretti. |
4.6. |
Domande 30 e 31: aprirsi al mondo: la cooperazione internazionale nel settore scientifico e tecnologico. Il Comitato appoggia pienamente questo obiettivo della politica di ricerca. Per quanto riguarda gli strumenti bisogna distinguere tra i programmi che richiedono grandi apparecchiature quali, ad esempio, acceleratori, impianti di fusione, satelliti, gallerie del vento, ecc., e i programmi ripartiti tra molti centri o apparecchiature. Inoltre, ci si dovrebbe basare ampiamente sugli esempi già esistenti e sulle relative esperienze, fermo restando che le generalizzazioni comportano il rischio di non tenere in debito conto la diversità dei singoli casi. In generale, il Comitato reputa che in questo campo esistano già dei meccanismi efficaci o dei precedenti, ragion per cui non dovrebbero occorrere ulteriori strumenti. |
4.7. |
Osservazione generale sulle domande formulate dalla Commissione. Dalle domande si ha l'impressione che la Commissione cerchi sempre delle regole generali che siano poi valide per ogni singolo caso. Nei confronti di una tale intenzione il Comitato avrebbe profonde riserve (cfr. anche il punto 3.14.1). |
4.7.1. |
No all'armonizzazione, ma margine di libertà e approccio dal basso verso l'alto. Il Comitato respinge pertanto qualsiasi tentativo di arrivare a un'eccessiva armonizzazione. Essa impedisce infatti di stabilire dapprima in modo empirico le pratiche di volta in volta migliori attraverso una competizione (fondamentalmente possibile nel quadro di un approccio dal basso verso l'alto) fra le diverse procedure, metodologie e approcci culturali, sfruttando anche i vantaggi insiti in un processo evolutivo. Solo così sarà possibile scoprire quale metodo sia particolarmente efficace, meriti ulteriore sostegno e possa servire da esempio per altri. |
4.7.2. |
I meccanismi esistenti sono sufficienti. I meccanismi già esistenti sia a livello politico che a livello dei programmi e dei progetti offrono già un margine di manovra sufficiente e adeguato. Ulteriori misure e regole potranno essere adottate o adattate in seguito, se e nella misura del necessario, qualora si delinei un'esigenza specifica debitamente motivata. |
4.8. |
Strumenti comunitari impiegati finora per la promozione e il coordinamento. Il Comitato raccomanda invece di definire regole generali, chiare e comprensibili per i molteplici strumenti comunitari di sostegno e coordinamento della R&S. A tal fine sarebbe molto utile se la Commissione mettesse a punto un elenco e una descrizione, vale a dire un manuale di istruzioni comprensibile, di tutti gli strumenti e le forme di promozione e di coordinamento di cui dispone. Da tale elenco risulterebbe anche evidente se il crescente numero di strumenti garantisca ancora compiti sufficientemente chiari e linee di demarcazione sufficientemente nette e se gli strumenti siano tuttora agevoli da comprendere e da utilizzare sia per i potenziali utenti che per gli stessi funzionari della Commissione, o non siano invece da rivedere ai fini di una maggiore chiarezza. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
GU C 325 del 30.12.2006, pag. 16.
(2) GU C 325 del 30.12.2006, pag. 16.
(3) GU C 110 del 30.4.2004, pag. 3.
GU C 110 del 30.4.2004, pag. 98.
(4) CERN è l'acronimo francese dell'Organizzazione europea per la ricerca nucleare (Organisation Européenne pour la Recherche Nucléaire). Dato che, alla luce del successivo orientamento del CERN, questo nome è diventato fuorviante, oggi si usa la denominazione «Laboratorio europeo di fisica delle particelle», che descrive meglio le attività svolte attualmente dall'organizzazione.
(5) Nel presente parere il Comitato usa il termine «scienziati» e «ingegneri» riferendosi a persone di entrambi i sessi. Così facendo ribadisce il suo ripetuto impegno a favore di un'assoluta parità di genere anche nella R&S (cfr. anche il punto 3.16.2).
(6) Cfr. anche http://www.eiroforum.org
ECMWF |
: |
European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine) |
EMBO |
: |
European Molecular Biology Organization (Organizzazione europea di biologia molecolare) |
ESRF |
: |
European Synchrotron Radiation Facility (Laboratorio europeo di radiazioni di sincrotrone) |
ESO |
: |
European Southern Observatory (Organizzazione europea per le ricerche astronomiche nell'emisfero australe) |
ESA |
: |
European Space Agency (Agenzia spaziale europea) |
ILL |
: |
Istituto Laue-Langevin. |
(7) Per una presentazione più dettagliata, cfr. anche il bollettino Cordis focus n. 279 del giugno 2007.
(9) Il Comitato si compiace anche della richiesta formulata in tal senso dal Comitato consultivo europeo per la ricerca (EURAB). A questo proposito cfr.
http://ec.europa.eu/research/eurab/index_en.html.
(10) Anche a questo proposito il Comitato fa un particolare appello agli Stati membri affinché adottino le decisioni politiche pertinenti.
(11) Commissione europea, Key Figures 2007 on Science, Technology and Innovation — Towards a European Knowledge Area («Cifre chiave del 2007 su scienza, tecnologia e innovazione — Verso uno spazio europeo della conoscenza»), 11 giugno 2007.
(12) ESFRI è l'acronimo di European Strategy Forum on Research Infrastructures (Forum strategico europeo sulle infrastrutture di ricerca); cfr. il sito:
http://cordis.europa.eu/esfri/
(13) Consiglio Competitività (Mercato interno, industria e ricerca) del 21-22 maggio 2007.
(14) Come, p. es., nel caso del progetto ITER.
(15) Ad es., la Società europea di fisica, la Federazione europea delle associazioni nazionali degli ingegneri, la Federazione europea di ingegneria chimica, le accademie europee (EASAC, ALEA, IAP) ecc. Molte di queste società, come l'Iniziativa per la scienza in Europa (Initiative for Science in Europe, ISE), sono organizzate anche in federazioni.
(16) GU C 325 del 30.12.2006, punto 4.6.
(17) Cfr. http://www.cornet-era.net, come pure il supplemento tematico di Cordis focus n. 24, del giugno 2007.
(18) E fino a quando a livello di brevetti non verrà concesso il periodo di grazia, anche per non perdere il diritto di eventuali successive rivendicazioni.
(19) Già nel parere «Scienza, società e cittadini in Europa» (CES 724/2001) il Comitato aveva fatto notare che «data l'esigenza di provare la riproducibilità, ciò che spesso si definisce come doppia ricerca, ossia il parallelismo o ripetizione di esperimenti da parte di altri gruppi di ricerca, in genere grazie a tecniche o procedure modificate, costituisce una parte essenziale della metodologia e del progresso scientifici. Solo in tal modo ci si garantisce contro errori, sviste o addirittura falsificazioni» (punto 4.7.5).
(20) Cfr. l'articolo di L. Gerken e R. Herzog in Europe's World, estate 2007.
(22) P. es., il nuovo contratto di categoria del settore pubblico tedesco è particolarmente ostile alla mobilità.
(23) A questo proposito, cfr. in particolare il parere sul tema Investire nella conoscenza e nell'innovazione (strategia di Lisbona) INT/325 (GU C 256 del 27.10.2007).
(24) Cfr., p. es., gli atti del convegno organizzato dall'AIEA nel giugno 2007 sulla gestione delle conoscenze negli impianti nucleari.
(25) Scopo della tesi di dottorato è dimostrare che si è in grado di svolgere un'attività scientifica in modo indipendente.
(26) A questo proposito cfr., p. es., la rivista Erwägen, Wissen, Ethik 18 (2007), fasc. 1, cap. 3.4, pag. 12 (ISSN 1610-3696).
(27) Si pensi, p. es., all'attività di ricerca sulla radiazione cosmica di fondo presso i laboratori BELL e sui superconduttori ad alta temperatura all'IBM.
(28) Cfr. p.es. GU C 256 del 27.10.2007, punto 7.5.
(29) Nella ricerca di base ciò dicasi soprattutto per la questione della paternità di una scoperta o di un'idea mentre, per le applicazioni, vale anche per le questioni relative ai brevetti.
(30) Cfr., p. es., il sito
http://www.open-access.net/RMK
(31) Tuttavia, tanto più i procedimenti, le idee, i parametri o i modelli sono innovativi (ossia si discostano dalla norma), tanto meno la stessa valutazione tra pari è in grado di formulare sempre un giudizio appropriato. È quindi ancor più importante garantire il necessario pluralismo (cfr. il punto 3.14.1) di approcci e metodi concorrenti.
(32) Su questo tema, cfr. numerosi articoli pubblicati nella rivista dell'Associazione delle università tedesche (Deutscher Hochschulverband) Forschung und Lehre, n. 6/07, ISSN 0945-5604;
www.forschung-und-lehre.de
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/11 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l'impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi
COM(2007) 241 def. — 2007/0089 (CNS)
(2008/C 44/02)
Il Consiglio, in data 11 giugno 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore DANTIN.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 118 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
L'industria farmaceutica è considerata, a giusto titolo, un settore strategico fondamentale con prodotti che contribuiscono in maniera essenziale alla salute e al benessere dei cittadini europei. Essa è inoltre importante dal punto di vista dell'occupazione. |
1.2. |
In considerazione di ciò e del declino dell'Europa nel campo della ricerca farmaceutica, la scelta di istituire l'IC IMI (impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi) è particolarmente giustificata. Il Comitato apprezza e approva questa decisione, soprattutto in ragione della scelta di un reale partenariato pubblico-privati. |
1.3. |
La missione dell'IC IMI dovrà concentrasi sui seguenti aspetti fondamentali:
|
1.4. |
Il Comitato prende atto con soddisfazione dell'ampia consultazione che ha preceduto la preparazione di questo regolamento e approva l'orientamento annunciato di presentare annualmente una relazione sui risultati ottenuti. Si rammarica invece dell'assenza, nella proposta della Commissione, di un quadro più dettagliato sul funzionamento e sui risultati ottenuti dalle precedenti «piattaforme tecnologiche europee (PTE)». |
1.5. |
Tenuto conto dei finanziamenti, delle partecipazioni multiple e del volume rilevante di risorse comunitarie impegnate, il Comitato ritiene che occorrerebbe definire meglio l'uso e l'attribuzione dei prodotti finali della ricerca, specialmente in materia di proprietà intellettuale e brevetti. |
1.6. |
Il Comitato ritiene che sarebbe opportuno prevedere meccanismi che favoriscano un ritorno per gli investimenti europei. Sarebbe inoltre auspicabile prevedere che gli utili generati dalle ricerche avviate con i fondi dell'IC IMI siano destinati ad investimenti effettuati nel territorio comunitario. |
2. Introduzione
2.1. |
La proposta di regolamento del Consiglio in esame, che mira a lanciare i primi partenariati europei pubblico-privati nel settore dell'R&S, definisce una delle due prime iniziative tecnologiche congiunte, quella riguardante i medicinali innovativi (1). |
2.2. |
Le ITC si prefiggono di consentire all'industria, agli istituti di ricerca, agli Stati membri e alla Commissione di mettere in comune, in tutto o in parte, le rispettive risorse in favore di programmi di ricerca mirati. |
2.3. |
Contrariamente all'approccio tradizionale, consistente nel destinare ai progetti finanziamenti pubblici concessi caso per caso, le ITC riguardano programmi di ricerca su vasta scala con obiettivi strategici di ricerca comuni. Questo nuovo approccio dovrebbe generare una massa critica per la ricerca e l'innovazione europee, consolidare la comunità scientifica nei principali settori strategici e armonizzare il finanziamento dei progetti affinché i risultati della ricerca possano essere sfruttati più rapidamente. Le ITC riguardano settori determinanti in cui gli strumenti attuali non hanno né la scala né la velocità necessarie per mantenere l'Europa in una posizione di testa nell'ambito della concorrenza mondiale. Si tratta di settori in cui un finanziamento nazionale, europeo e privato della ricerca può apportare un valore aggiunto considerevole, incoraggiando in particolare l'aumento delle spese private per la ricerca e lo sviluppo. |
2.4. |
L'ITC relativa all'iniziativa sui medicinali innovativi (IMI) è volta a sostenere lo sviluppo di nuove conoscenze, nuovi strumenti e nuovi metodi che consentano di proporre medicinali più efficaci e più sicuri. |
2.5. |
L'IMI, attraverso modalità di finanziamento innovanti, dovrebbe contribuire alla crescita degli investimenti privati nella R&S, all'intensificazione del trasferimento di conoscenze tra università e imprese e alla promozione della partecipazione delle PMI alla ricerca europea. |
3. Il contesto
3.1. |
Gli ultimi 10-15 anni hanno fatto segnare la progressiva erosione della ricerca farmaceutica in Europa. Mentre negli USA gli investimenti nella R&S hanno registrato un fattore moltiplicatore pari a 4,6 tra il 1990 e il 2005, in Europa questo è stato pari a 2,8 soltanto. Le imprese trasferiscono a ritmo crescente i loro dipartimenti di ricerca di punta in paesi al di fuori dell'UE, soprattutto negli Stati Uniti e, più di recente, in Asia. |
3.1.1. |
Questa situazione può avere conseguenze gravi per la competitività europea, poiché l'innovazione e le tecnologie di punta sono una delle chiavi della crescita economica a lungo termine. È questa una delle ragioni alla base della scelta di creare una ITC relativa ai medicinali innovativi. |
3.2. |
Mentre i governi concepiscono le loro azioni sul piano nazionale, l'industria ha una visione mondiale. I grandi paesi come gli Stati Uniti e la Cina hanno una strategia d'investimento unificata che permette alle imprese di pianificare e attirare meglio le risorse. In Europa le amministrazioni nazionali non coordinano i loro investimenti nella R&S e le società farmaceutiche devono destinare risorse all'adeguamento delle loro attività alle situazioni locali. |
3.3. |
Un provvedimento legislativo comunitario può stabilire un programma di R&S mirato e coerente che può appoggiarsi su tutte le risorse d'investimento nella R&S (pubbliche e private) a livello europeo, modificando così questo contesto in senso favorevole all'Unione europea; è proprio questo l'obiettivo del regolamento in esame. |
4. La proposta della Commissione
4.1. |
La proposta di regolamento che istituisce l'impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi [COM(2007) 241 def.] emana disposizioni del 7o programma quadro (7PQ) oggetto della decisione n. 1982/2006/CE, la quale prevede un contributo comunitario per la creazione di partenariati pubblico-privati a lungo termine su scala europea nel settore della ricerca. |
4.2. |
Tali partenariati, che si configurano come «iniziative tecnologiche congiunte» (ITC), derivano dalle vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE). |
4.3. |
Nella decisione 2006/971/CE concernente il programma specifico «Cooperazione», il Consiglio ha sottolineato la necessità di istituire partenariati pubblico-privati e ha individuato cinque settori in cui la creazione di iniziative tecnologiche congiunte è atta a rilanciare la ricerca europea. Si tratta dei settori seguenti:
|
4.4. |
Nel contesto di questa strategia generale, il regolamento oggetto della proposta in esame [COM(2007) 241 def.] prevede l'attuazione dell'iniziativa tecnologica congiunta in materia di medicinali innovativi (ITC IMI) attraverso la creazione di un'impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi (IC IMI). |
4.5. |
Secondo gli obiettivi della Commissione, la costituzione di un'impresa comune in materia di medicinali innovativi dovrebbe favorire la partecipazione di attori che oggi non sono in grado di condurre programmi di ricerca molto complessi e costosi (università, piccole e medie imprese, centri clinici, enti pubblici, ecc.). |
4.6. |
L'IC IMI sarà istituita sotto forma di impresa comune i cui membri fondatori saranno la Comunità europea rappresentata dalla Commissione e l'EFPIA (Federazione europea delle associazioni dell'industria farmaceutica) e disciplinata in quanto organismo comunitario da un regolamento del Consiglio in applicazione dell'articolo 171 del Trattato. Vi potranno aderire tutti i paesi associati al 7o programma quadro e tutte le persone giuridiche che operano nel settore della R&S, a condizione che contribuiscano al suo finanziamento. |
4.7. |
Il programma disporrà di un bilancio di 2 miliardi di euro, da investire nell'arco di sette anni, ripartiti in parti uguali tra la Commissione (risorse del 7o programma quadro, conformemente alle disposizioni dell'articolo 54 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio) e le imprese aderenti all'EFPIA che forniranno soprattutto il personale, le attrezzature, i beni di consumo, ecc. |
4.8. |
L'IC IMI sosterrà concretamente delle attività di ricerca condotte negli Stati membri e nei paesi associati al 7o programma quadro. Il contributo comunitario di un miliardo di euro sarà interamente destinato alle piccole e medie imprese e alle università per ricerche che possano essere sfruttate nel settore farmaceutico. Le grandi imprese partecipanti investiranno per un importo identico, sostenendo il costo della loro parte di ricerca e associando a tale ricerca le PMI e le università. |
4.9. |
L'impresa comune è considerata un organismo internazionale dotato di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 2 della direttiva 2004/17/CE e dell'articolo 15 della direttiva 2004/18/CE. L'impresa comune avrà sede a Bruxelles e le sue attività si concluderanno nel dicembre 2017, a meno che il Consiglio non decida altrimenti. |
5. Osservazioni generali
5.1. |
Nel rapporto Creare un'Europa innovativa, l'industria farmaceutica è considerata, a giusto titolo, un settore strategico fondamentale con prodotti che contribuiscono in maniera essenziale alla salute e al benessere dei cittadini europei. In sostanza, un impiego razionale e corretto dei prodotti farmaceutici aiuta a migliorare la qualità della vita. |
5.2. |
L'industria farmaceutica fornisce inoltre all'Europa un contributo elevato in termini di posti di lavoro. Nel 2004 questo settore occupava 612 000 lavoratori dipendenti di cui 103 000 altamente qualificati nel settore della ricerca scientifica. |
Ruolo dell'IC IMI
5.3. |
L'istituzione dell'IC IMI è motivata principalmente dalla necessità riconosciuta di far fronte al declino dell'Europa nel campo della ricerca farmaceutica e d'invertire tale tendenza già osservata nella comunicazione della Commissione del 1o luglio 2003 intitolata Rafforzare l'industria farmaceutica stabilita in Europa a vantaggio dei pazienti — Un invito ad agire. |
5.4. |
A tal fine appare indispensabile una modifica delle forme tradizionali di collaborazione bilaterale. È necessario oggi un nuovo approccio su scala europea che permetta la cooperazione diretta delle università, delle PMI interessate, degli organismi pubblici con il settore farmaceutico in collegamento con le disposizioni finanziarie previste nel 7o programma quadro. |
5.5. |
La missione dell'IC IMI dovrà concentrasi sui seguenti aspetti fondamentali:
|
6. Osservazioni specifiche
6.1. |
Il Comitato prende atto con soddisfazione dell'ampia consultazione che ha preceduto la preparazione di questo regolamento e sostiene l'attuazione di programmi di formazione appropriati per poter disporre della professionalità necessaria in un settore essenziale per l'economia europea e la qualità di vita dei cittadini. |
6.2. |
Come si segnala al punto 4.2, le ITC nascono sul ceppo dell'attività delle vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE), le quali hanno di rado raggiunto l'obiettivo di rilancio strategico della ricerca in Europa che era stato loro assegnato. La creazione delle ITC poggia su questa constatazione di fallimento parziale delle PTE, il cui ruolo doveva consistere in sostanza nell'apportare un contributo essenziale alla competitività dell'industria. |
6.2.1. |
Il CESE si rammarica quindi dell'assenza, nella proposta della Commissione, di un quadro più dettagliato sui precedenti lavori effettuati dalle piattaforme tecnologiche europee (PTE), del fatto che non si tracci alcun bilancio, non si faccia cenno ai risultati ottenuti e non si fornisca alcun riferimento bibliografico. |
6.2.2. |
Per questo, in relazione alle ITC il Comitato approva l'orientamento annunciato di presentare annualmente una relazione sui risultati ottenuti e sui progressi realizzati. |
6.3. |
Il Comitato dà, comunque, un giudizio positivo sull'istituzione dell'impresa comune per l'iniziativa in materia di medicinali innovativi, in quanto essa possiede, in generale, le caratteristiche essenziali per il rilancio della ricerca farmaceutica in Europa grazie a un reale partenariato tra il pubblico e il privato. L'iniziativa è coerente con gli obiettivi della strategia di Lisbona che prevede investimenti pari al 3 % del PIL nelle attività di ricerca e sviluppo, investimenti per cui due terzi dei fondi devono provenire dal settore privato. |
6.3.1. |
Tuttavia, tenuto conto del sistema di finanziamento multiplo che è istituito e del volume rilevante di risorse comunitarie impegnate, il Comitato ritiene che occorrerebbe definire meglio l'uso e l'attribuzione dei prodotti finali della ricerca. A tale proposito, meriterebbe di essere precisata e esplicitata meglio la questione dei brevetti e della proprietà intellettuale, per la quale il regolamento e l'allegato si limitano a menzionare dei principi, perché essa rischia di diventare uno dei punti delicati nel quadro dell'attuazione armoniosa dell'IC IMI. |
6.3.2. |
I grandi gruppi industriali farmaceutici insediati in Europa hanno, in maggioranza, una dimensione mondiale. Sempre in considerazione dell'importo rilevante del finanziamento comunitario, bisognerebbe pensare a meccanismi che favoriscano un ritorno europeo dell'investimento. In quest'ottica, pur facendo attenzione a non creare ostacoli all'impiego dei medicinali innovativi nei paesi extracomunitari, il regolamento potrebbe prevedere disposizioni per stabilire che l'insieme delle fasi di ricerca e la produzione delle molecole risultanti da tali ricerche si svolgano nel territorio dell'Unione. Inoltre, sarebbe auspicabile che queste stesse disposizioni prevedessero la destinazione degli utili generati dalle ricerche avviate con i fondi dell'IC IMI ad investimenti effettuati nel territorio comunitario. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) Un'altra ITC riguarda i sistemi informatici incorporati (cfr. al riguardo il parere INT/364).
(2) INT/369.
(3) INT/364.
(4) INT/370.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/15 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla costituzione dell'«Impresa comune Artemis» per l'attuazione di una iniziativa tecnologica congiunta in materia di sistemi informatici incorporati
COM(2007) 243 def. — 2007/0088 (CNS)
(2008/C 44/03)
Il Consiglio, in data 11 giugno 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore DANTIN.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 127 voti favorevoli, 2 voti contrari e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) approva in linea generale la strategia della Commissione. Ritiene infatti che il rilancio degli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) sia un modo adeguato per fornire alle imprese europee un quadro di riferimento sicuro all'interno di un nuovo strumento che consente di superare l'attuale frammentazione dei finanziamenti comunitari e impedisce la ripartizione diseguale dei programmi, fattori — questi — che complicavano di molto la valutazione dei risultati raggiunti. |
1.2. |
Il Comitato approva l'orientamento annunciato di presentare annualmente i risultati di Artemis. Viceversa, deplora che nella proposta della Commissione manchi un bilancio dettagliato del funzionamento e dei risultati ottenuti con le vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE). |
1.3. |
L'impresa comune Artemis, che poggia su un partenariato pubblico-privato, rappresenta per il Comitato un punto di forza nella creazione di uno spazio europeo della ricerca e un importante contributo alla competitività delle imprese europee. |
1.4. |
Nell'esprimere un giudizio favorevole sulla proposta in esame, il CESE sottolinea l'importanza dell'approccio innovativo proposto in materia di investimenti, che comprende risorse della Comunità, delle imprese, dei vari Stati membri e degli organismi di R&S partecipanti. |
1.5. |
Alla luce di questo dispositivo innovativo di associazione e della sua potenziale complessità riguardo all'utilizzo dei risultati della ricerca, il CESE esprime soddisfazione per la serietà e la precisione con cui all'articolo 24 del regolamento dell'impresa comune si affronta il tema della proprietà intellettuale. |
1.6. |
Infine, il Comitato ritiene necessario:
|
2. Introduzione
2.1. |
La proposta di regolamento del Consiglio in esame, che mira a lanciare i primi partenariati europei pubblico-privato nel settore dell'R&S, definisce una delle prime due iniziative tecnologiche congiunte (ITC), riguardante i sistemi informatici incorporati (1). |
2.2. |
Le ITC sono finalizzate in generale a consentire all'industria, agli istituti di ricerca, agli Stati membri e alla Commissione di mettere in comune, in tutto o in parte, le rispettive risorse in favore di programmi di ricerca mirati. |
2.3. |
Contrariamente all'approccio tradizionale, consistente nel destinare ai progetti finanziamenti pubblici ad hoc, le ITC riguardano programmi di ricerca su vasta scala con obiettivi strategici di ricerca comuni. Questo nuovo approccio dovrebbe generare una massa critica per la ricerca e l'innovazione europea, consolidare la comunità scientifica intorno ad alcuni settori strategici di rilievo e armonizzare il finanziamento dei progetti affinché i risultati della ricerca possano essere sfruttati più rapidamente. |
2.4. |
La proposta in oggetto definisce il quadro giuridico per la costituzione di Artemis, vale a dire l'ITC relativa ai sistemi informatici incorporati. |
2.5. |
L'ITC Artemis riguarda i computer invisibili (sistemi integrati) che permettono ad esempio il funzionamento di automobili, aerei, telefoni e reti di energia, oltre che di svariati elettrodomestici come lavatrici, televisori, ecc. |
2.6. |
Stando alle previsioni, entro il 2010 nel mondo si conteranno più di 16 miliardi di processori integrati e più di 40 miliardi entro il 2020. Nel 2010, questi hardware e software incorporati invisibili rappresenteranno dal 30 al 40 % del valore dei nuovi prodotti: il 41 % nell'elettronica di consumo, il 37 % nelle telecomunicazioni, il 36 % nel settore automobilistico e il 33 % nelle attrezzature sanitarie. |
2.7. |
Il bilancio di Artemis destinato alla ricerca, che raggiungerà in totale 2,7 miliardi di euro in un arco di sette anni, dovrebbe provenire dall'industria per il 60 %, mentre 410 milioni di euro giungeranno dalla Commissione e 800 milioni di euro dai programmi degli Stati membri. |
3. Il contesto
3.1. |
Le tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) hanno un'importanza economica e sociale fondamentale e svolgono un ruolo essenziale nell'attuazione della strategia riveduta di Lisbona, in cui si sottolinea che la conoscenza e l'innovazione nella Comunità contribuiscono a stimolare la crescita e l'occupazione. |
3.2. |
Su scala mondiale, se la spesa totale in R&S dovrebbe aumentare di circa il 170 % nel corso dei prossimi dieci anni, si prevede che quella destinata ai sistemi incorporati crescerà addirittura del 225 %, passando così da 58 miliardi di euro nel 2002 a 132 miliardi di euro nel 2015 (2). |
3.3. |
Nell'UE, le spese per la ricerca e sviluppo in materia di TIC rappresentano circa il 18 % della spesa totale in R&S, rispetto al 34 % degli Stati Uniti e al 35 % del Giappone (3). Su base pro capite, la spesa nell'UE ammonta a circa 80 euro per abitante, rispetto a 350 euro negli Stati Uniti e 400 euro in Giappone. La ricerca sui sistemi incorporati incide pesantemente sulla ricerca relativa alle TIC: a essa sono destinati in Europa fondi pubblici per 380 milioni di euro e oltre il 50 % del bilancio delle imprese per la ricerca in materia di TIC. |
3.4. |
Per essere presente domani in questo settore dal forte potenziale di sviluppo, l'UE deve accrescere i propri investimenti in questo settore strategico e utilizzarli più efficacemente, anziché fare affidamento su una struttura di ricerca che disperde gli sforzi e porta a moltiplicarli inutilmente. Tuttavia, le imprese dell'UE non dispongono al momento di un quadro di riferimento adeguato per lo sviluppo delle tecnologie e delle norme abilitanti necessarie. |
3.4.1. |
In linea generale, i progressi sono ostacolati dall'assenza di coordinamento degli obiettivi delle imprese in materia di R&S, dalla duplicazione delle attività e da un utilizzo non ottimale dei fondi limitati a disposizione della ricerca. |
3.4.2. |
La proposta della Commissione punta a modificare questo contesto. |
4. La proposta della Commissione
4.1. |
La decisione relativa alla costituzione dell'impresa comune Artemis, oggetto del documento COM(2007) 243 def., fa capo alla decisione n. 1982/2006/CE sul Settimo programma quadro, che prevede un contributo comunitario per la costituzione di partenariati pubblico-privato a lungo termine su scala europea nel settore della ricerca scientifica. |
4.2. |
Tali partenariati, che si configurano come «iniziative tecnologiche congiunte» (ITC), derivano dalle vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE). |
4.3. |
Nella decisione 2006/971/CE concernente il programma specifico «Cooperazione» (4), la Commissione ha sottolineato la necessità di istituire partenariati pubblico-privato e ha individuato sei settori in cui la creazione di iniziative tecnologiche congiunte è atta a rilanciare la ricerca europea. Si tratta dei settori seguenti:
|
4.4. |
Nel contesto di questa strategia generale, il regolamento oggetto della proposta in esame (COM(2007) 243 def.) prevede l'attuazione del regolamento del Consiglio relativo alla costituzione dell'impresa comune Artemis per la realizzazione di un'iniziativa tecnologica congiunta in materia di sistemi informatici incorporati. |
4.5. |
La scelta di un'impresa riguardante il tema fondamentale dell'«integrazione dell'intelligenza» si colloca in un quadro strategico che comprende il settore automobilistico, gli elettrodomestici, i dispositivi per la comunicazione, i sistemi di controllo e le macchine da ufficio. |
4.6. |
In questi settori si prevede che l'importanza dei sistemi incorporati per il controllo degli apparecchi, già oggi considerevole, crescerà sensibilmente nel corso dei prossimi cinque anni: la quota dei sistemi incorporati nel valore dei prodotti finali dovrebbe così salire al 35-40 % e il loro numero totale giungere a 16 miliardi nel 2010 e a oltre 40 miliardi nel 2020. |
4.7. |
La scelta di costituire una ITC è soprattutto motivata dalla volontà di creare un programma europeo di R&S che aiuti l'economia europea a conquistare la leadership mondiale nei sistemi informatici incorporati, i quali costituiscono delle innovazioni indispensabili in settori determinanti per la competitività e lo sviluppo delle imprese europee. |
4.8. |
La funzione di un'iniziativa come Artemis è, secondo la Commissione, fondamentale per evitare quanto esperito dall'industria europea nel settore dell'informatica individuale e di Internet, dove proprio per la mancanza d'investimenti in ricerca e innovazione le produzioni si sono trasferite fuori dall'Europa (Stati Uniti, Giappone, ecc.). |
4.9. |
La costituzione di una ITC Artemis fa seguito a un'ampia consultazione delle parti interessate e a una serie di iniziative e convegni importanti al livello comunitario. Gli obiettivi e i compiti di questa iniziativa sono stati sottoposti in un primo momento al giudizio degli ambienti accademici e delle imprese che hanno arrecato alla proposta in esame la loro competenza nel settore dei sistemi incorporati. Gli Stati membri hanno riconosciuto che il livello comunitario è l'unico che possa rispondere alle sfide future in questo settore. |
4.10. Base giuridica
La proposta consiste in un regolamento del Consiglio a cui è allegato lo statuto dell'impresa comune, e si basa sull'articolo 171 del Trattato. L'impresa comune sarà un organismo comunitario con un bilancio disciplinato dall'articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. Bisognerà comunque tenere conto del fatto che questa iniziativa rientra per sua natura tra i partenariati pubblico-privato che beneficiano di un contributo del settore privato notevole e almeno pari a quello del settore pubblico.
4.11. Costituzione
I membri fondatori dell'ITC sono la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, gli Stati membri che hanno manifestato l'intenzione di partecipare all'iniziativa, e Artemisia, un'associazione che rappresenta un gran numero di imprese interessate del settore e altre organizzazioni di R&S. Nello statuto sono inoltre elencate le entità che in un secondo momento potranno divenire membri dell'impresa comune Artemis, in particolare i paesi terzi associati al Settimo programma quadro e qualsiasi soggetto giuridico in grado di apportare un contributo alla realizzazione degli obiettivi dell'impresa comune Artemis.
4.12. Finanziamento
I costi di funzionamento di Artemis, esposti in dettaglio all'articolo 4 del regolamento dell'impresa comune, sono coperti dai seguenti contributi:
— |
un contributo finanziario di Artemisia per un importo massimo di 20 milioni di euro o dell'1 % del costo totale dei progetti, ma comunque non superiore a 30 milioni di euro, |
— |
un contributo finanziario della Comunità per un importo massimo di 10 milioni di euro, |
— |
contributi in natura da parte degli Stati membri di Artemis. |
Le attività di R&S per il periodo che va fino al 31 dicembre 2017 saranno coperte dai seguenti contributi:
— |
un contributo finanziario della Comunità per un importo di 410 milioni di euro, |
— |
contributi degli Stati membri di Artemis versati direttamente alle organizzazioni di R&S che partecipano ai progetti in tale settore, |
— |
contributi in natura da parte di organizzazioni di R&S. |
4.12.1. |
Per il periodo che va fino al 31 dicembre 2013 il contributo massimo della Commissione ammonterà a 420 milioni di euro. Tali stanziamenti provengono dal programma specifico «Cooperazione» che attua il Settimo programma quadro per azioni di ricerca e sviluppo tecnologico, conformemente a quanto disposto dall'articolo 54, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. Nel 2008 saranno impegnati 42,5 milioni di euro. |
4.12.2. |
Questo considerevole investimento si giustifica con il fatto che i risultati futuri di Artemis nei settori interessati costituiranno anche degli importanti punti di riferimento per tutte le politiche comunitarie, in particolare quelle in materia di ambiente, trasporti, energia e mercato interno. Esse apporteranno così un contributo concreto alla realizzazione degli obiettivi di competitività di Lisbona e degli obiettivi di Barcellona per quanto riguarda le spese nel settore della ricerca. L'iniziativa in oggetto rientra in una strategia ambiziosa della Commissione che comprende tra l'altro la proposta di creare un Istituto europeo di tecnologia (IET). |
4.13. Proprietà intellettuale
Artemis adotta regole che disciplinano la diffusione dei risultati della ricerca: tali regole garantiscono che, a seconda dei casi, la proprietà intellettuale derivante dalle attività di R&S sia protetta e i risultati della ricerca siano utilizzati e diffusi. L'articolo 24 del regolamento dell'impresa comune si sofferma in dettaglio su questo principio.
4.14. |
Secondo la Commissione, la costituzione dell'impresa comune Artemis offrirà alla Comunità i seguenti vantaggi oggettivi:
|
5. Osservazioni generali
5.1. |
Il CESE approva in linea generale la strategia della Commissione. Ritiene infatti che il rilancio degli investimenti in R&S sia un modo adeguato per fornire alle imprese europee un quadro di riferimento sicuro all'interno di un nuovo strumento che consente di superare l'attuale frammentazione dei finanziamenti comunitari e impedisce la ripartizione diseguale dei programmi, fattori — questi — che complicavano di molto la valutazione dei risultati raggiunti. |
5.2. |
Tuttavia, come si è detto al punto 4.2 del presente parere, le ITC derivano dall'operato delle vecchie piattaforme tecnologiche europee, le quali hanno solo di rado raggiunto l'obiettivo di rilancio strategico della ricerca in Europa che era stato loro assegnato, specie a causa del l'insufficiente grado di responsabilità dei soggetti partecipanti. La creazione delle ITC poggia su questa constatazione di fallimento parziale delle PTE, il cui ruolo consisteva in sostanza nell'apportare un contributo essenziale alla competitività dell'industria. |
5.2.1. |
Il CESE si rammarica quindi dell'assenza, nella proposta della Commissione, di un quadro più dettagliato sui precedenti lavori condotti sulle PTE: non si traccia alcun bilancio, non si fa cenno ai risultati ottenuti e non si fornisce alcun riferimento bibliografico. |
5.2.2. |
Per questo, in relazione alle ITC il Comitato approva l'orientamento annunciato di presentare su base annua una relazione che tracci un consuntivo dei risultati ottenuti e dei progressi realizzati. |
5.3. |
L'impresa comune Artemis, che poggia su un partenariato pubblico-privato, rappresenta secondo il Comitato un punto di forza per la creazione di uno spazio europeo della ricerca e un contributo decisivo alla competitività delle imprese europee. |
5.4. |
La disponibilità futura di sistemi sempre più intelligenti può contribuire in notevole misura allo sviluppo di prodotti sempre più sicuri e stimolare nel contempo l'istituzione di formazioni e qualifiche di alto livello, tali a loro volta da favorire la creazione e l'aumento dell'occupazione. |
5.5. |
Nell'esprimere un giudizio favorevole sulla proposta in esame, il CESE tiene a sottolineare anzitutto l'importanza dell'approccio innovativo proposto in materia di investimenti. |
5.5.1. |
Infatti, per la prima volta nei programmi di R&S si fa ricorso non solo alle risorse della Comunità e delle imprese rappresentate da Artemisia, il che è davvero inconsueto, ma anche a risorse provenienti dai vari Stati membri e dagli organismi di R&S partecipanti. |
5.5.2. |
Alla luce di questo dispositivo innovativo di associazione e della sua potenziale complessità riguardo all'utilizzo dei risultati delle ricerche che saranno avviate, il CESE esprime soddisfazione per la serietà e la precisione con cui all'articolo 24 del regolamento dell'impresa comune si affronta il tema della proprietà intellettuale. |
5.6. |
Tuttavia, per realizzare gli obiettivi e sfruttare al massimo tutte le potenzialità insite in questo nuovo dispositivo, il CESE ritiene necessario:
|
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) L'altra ITC riguarda i medicinali innovativi (cfr. al riguardo il parere INT/363).
(2) Fonte: Software Intensive Systems in the Future, IDATE/TNO, 2005.
(3) Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — i2010: una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione (2005).
(4) GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1.
(5) INT/369.
(6) INT/363.
(7) INT/370.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/19 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l'impresa comune «Clean Sky»
COM(2007) 315 def. — 2007/0118 (CNS)
(2008/C 44/04)
Il Consiglio, in data 11 luglio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 10 luglio 2007, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha nominato DANTIN relatore generale e ha adottato il seguente parere con 97 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato approva la decisione relativa alla creazione dell'impresa comune «Clean Sky». Ritiene infatti che tale iniziativa, rilanciando gli investimenti nell'R&S con un finanziamento pubblico-privato, possa fornire alle imprese un quadro di riferimento sicuro che consenta di superare l'attuale frammentazione del finanziamento comunitario e di coordinare ricerche troppo spesso dispersive favorendone così l'efficacia. |
1.2. |
Il Comitato condivide la scelta di questo settore, che oltre ad essere in linea con la strategia di Lisbona consente di ridare slancio a un comparto industriale tecnicamente innovativo e ricco di posti di lavoro altamente qualificati e al tempo stesso di contribuire ai progressi necessari in materia di qualità ambientale. |
1.3. |
Esprimendosi a favore della proposta in esame, il CESE intende innanzitutto sottolineare l'importanza, per l'UE, della strategia proposta in materia di promozione degli investimenti e di coordinamento della ricerca. Ritiene infatti che tale strategia offra un contributo positivo alla creazione di uno Spazio europeo della ricerca e un apporto incisivo alla competitività delle imprese europee del settore. |
1.4. |
Tuttavia, data la molteplicità dei finanziamenti e delle partecipazioni, e vista l'entità delle risorse comunitarie impegnate, sarebbe chiaramente opportuno definire meglio l'utilizzo e l'attribuzione dei prodotti finali della ricerca, in particolare per quanto riguarda la proprietà intellettuale e la questione dei brevetti. |
1.5. |
Infine, il Comitato giudica necessario:
|
2. Introduzione
2.1. |
La proposta di regolamento in esame, che mira a lanciare uno dei primissimi partenariati pubblico-privato nel settore dell'R&S, definisce una delle prime iniziative tecnologiche congiunte (ITC): l'iniziativa, riguardante il settore dell'aeronautica e del trasporto aereo, denominata «Clean Sky». |
2.2. |
Le ITC sono finalizzate a consentire all'industria, agli istituti di ricerca, agli Stati membri e alla Commissione di mettere in comune, in tutto o in parte, le rispettive risorse a favore di programmi di ricerca mirati. |
2.3. |
Contrariamente all'approccio tradizionale, consistente nel destinare ai progetti finanziamenti pubblici ad hoc, le ITC riguardano programmi di ricerca su vasta scala con obiettivi strategici di ricerca comuni. Questo nuovo approccio dovrebbe generare una massa critica per la ricerca e l'innovazione europea, consolidare la comunità scientifica nei principali settori strategici e armonizzare il finanziamento dei progetti affinché i risultati della ricerca possano essere sfruttati più rapidamente. Le ITC riguardano settori determinanti in cui gli strumenti attuali non hanno né l'entità né la velocità necessarie affinché l'Europa possa mantenere o conquistare una posizione di vantaggio nella concorrenza mondiale. Si tratta di settori in cui un finanziamento nazionale, europeo e privato della ricerca può apportare un valore aggiunto considerevole, segnatamente incoraggiando l'aumento della spesa privata per la ricerca e lo sviluppo. |
2.4. |
L'ITC relativa all'aeronautica e al trasporto aereo, denominata «Clean Sky», è essenzialmente destinata ad accelerare lo sviluppo di tecnologie pulite per i trasporti aerei nell'UE, in modo da poterle applicare quanto prima. Oltre che a mantenere la competitività del settore, tali tecnologie dovrebbero contribuire alla realizzazione delle priorità strategiche ambientali e sociali dell'Europa, garantendo nel contempo una crescita economica sostenibile. |
3. Contesto e considerazioni generali
3.1. |
Il programma in esame è giustificato e reso necessario dal previsto raddoppio del traffico aereo nei prossimi vent'anni e dall'importanza essenziale di definire un sistema di trasporto ecocompatibile (per quanto riguarda sia i passeggeri che le merci) per assicurare la crescita economica e sociale dell'Europa. |
3.2. |
La scelta di intervenire a livello europeo appare pertinente in quanto le parti interessate a livello degli Stati membri non dispongono della massa critica ottimale in termini di risorse economiche e di know-how scientifico. |
3.3. |
La partecipazione diretta degli Stati membri costituisce un elemento chiave, sia per la mobilitazione dei finanziamenti necessari sia perché numerose decisioni continueranno ad essere comunque adottate a livello nazionale, tanto per gli inviti a partecipare ai programmi quanto per il controllo permanente di tutte le fasi dei programmi o della valutazione dei risultati. |
3.4. |
Il settore aeronautico dovrà presto cimentarsi con sfide difficili, come ad esempio l'impatto ambientale, che potrebbe costituire un freno per il suo sviluppo. |
3.5. |
La riduzione dell'impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici e la diminuzione del rumore rappresentano priorità assolute, che nel prossimo futuro esigono vere e proprie trasformazioni tecnologiche per poter effettuare le riduzioni previste dalle norme comunitarie [la piattaforma tecnologica europea per l'aeronautica — ACARE — ha fissato nel proprio programma strategico l'obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 50 %, le emissioni di NOx (ossidi di azoto) dell'80 % e l'inquinamento acustico del 50 % entro il 2020]. |
3.6. |
L'industria aeronautica europea, che oggi dà lavoro a tre milioni di persone in Europa, è inoltre esposta a una feroce concorrenza a causa degli investimenti pubblici effettuati in altre aree geografiche, in particolare negli Stati Uniti, dove le risorse destinate alla ricerca sono tre volte superiori a quelle attualmente disponibili in Europa. |
3.7. |
Il contributo pubblico è peraltro utile in questo settore, caratterizzato da tempi lunghi di ritorno degli investimenti, che possono causare disfunzioni del mercato per l'assenza di investimenti nella R&S del settore aeronautico. |
3.8. |
La scelta dell'aeronautica e del trasporto aereo nel programma specifico «Cooperazione» (cfr. punto 4.3 qui di seguito) è motivata dall'ambizione di migliorare la salute e la qualità della vita delle generazioni presenti e future, riducendo al minimo l'impatto ambientale degli aeromobili, migliorando la qualità dell'aria a livello locale, diminuendo l'inquinamento acustico in prossimità degli aeroporti e offrendo ai passeggeri migliori condizioni di trasporto. |
4. La proposta della Commissione
4.1. |
La proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l'impresa comune «Clean Sky» (COM(2007) 315 def.) fa capo alle disposizioni del 7o programma quadro (7PQ), oggetto della decisione n. 1982/2006/CE, la quale prevede un contributo comunitario per la costituzione di partenariati pubblico-privato a lungo termine su scala europea nel settore della ricerca. |
4.2. |
Tali partenariati, che si configurano come «iniziative tecnologiche congiunte» (ITC), derivano dalle vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE). |
4.3. |
Il Consiglio, nella decisione 2006/971/CE concernente il programma specifico «Cooperazione», ha sottolineato la necessità di istituire partenariati pubblico-privato e ha individuato i seguenti sei settori in cui la creazione di iniziative tecnologiche congiunte è atta a rilanciare la ricerca europea:
|
4.4. |
Nel contesto di questa strategia generale, il regolamento oggetto della proposta in esame (COM(2007) 315 def.) prevede l'attuazione dell'Iniziativa tecnologica congiunta (ITC) relativa all'aeronautica e al trasporto aereo tramite la creazione di un'impresa comune denominata «Clean Sky». |
4.5. |
Gli obiettivi dell'impresa comune «Clean Sky», esposti in modo chiaro e dettagliato all'articolo 3 dello statuto dell'impresa allegato al regolamento in esame, coprono un campo d'attività vasto e ambizioso. Essi sono riassunti all'articolo 3 del regolamento tesso:
|
4.5.1. |
«Clean Sky» garantisce così l'integrazione e il coordinamento tra le diverse attività di ricerca sfruttando le economie di scala. L'iniziativa si articolerà intorno a sei diversi settori tecnici diversi, denominati «dimostratori tecnologici integrati» (DTI), ovvero:
Gli obiettivi tecnologici di ciascun DTI sono già stati stabiliti. |
4.6. |
L'impresa comune «Clean Sky» va considerata un organo internazionale dotato di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 22 della direttiva 2004/17/CE e dell'articolo 15, lettera c), della direttiva 2004/18/CE. Essa avrà sede a Bruxelles e le sue attività si concluderanno il 31 dicembre 2017, salvo proroga stabilita dal Consiglio. |
4.7. Base giuridica
4.7.1. |
La proposta consiste in un regolamento del Consiglio cui è allegato lo statuto dell'impresa comune. Essa si basa sull'articolo 171 del Trattato. L'impresa comune sarà un organismo comunitario con un bilancio disciplinato dall'articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. Bisognerà comunque tenere conto del fatto che questa iniziativa rientra per sua natura tra i partenariati pubblico-privato che beneficiano di un contributo del settore privato notevole e almeno pari a quello del settore pubblico. |
4.8. Membri
Sono membri fondatori dell'impresa comune Clean Sky:
— |
la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, |
— |
12 responsabili di dimostratori tecnologici integrati (DTI) e fino a un massimo di 74 associati, in base alle norme di adesione di cui all'articolo 2 dello statuto allegato al regolamento in esame, |
— |
ogni soggetto pubblico o privato stabilito in uno Stato membro o in un paese associato al Settimo programma quadro può chiedere di aderire all'impresa comune Clean Sky a condizione che, in qualità di responsabile di DTI, si impegni a fornire un contributo proporzionale all'insieme delle attività dell'ITC e coerente con queste ultime, e che, in qualità di associato, si impegni a fornire un contributo proporzionale al bilancio del DTI a cui partecipa e coerente con le necessità di questo. |
4.9. Fonti di finanziamento
4.9.1. |
I costi di funzionamento dell'impresa comune Clean Sky sono equamente ripartiti, in contanti, fra la Comunità europea da un lato e i restanti membri dall'altro: ciascuna parte finanzia il 50 %. |
4.9.2. |
Il contributo massimo della Comunità all'impresa comune Clean Sky a copertura dei costi di funzionamento e delle attività di ricerca è pari a 800 milioni di euro, provenienti dallo stanziamento di bilancio assegnato al tema «Trasporti» del programma specifico «Cooperazione» che attua il Settimo programma quadro, conformemente a quanto disposto dall'articolo 54 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. |
5. Osservazioni generali e specifiche
5.1. |
Il CESE approva la decisione relativa alla creazione dell'impresa comune «Clean Sky». Ritiene infatti che il rilancio degli investimenti in R&S sia un modo adeguato per fornire alle imprese europee un quadro di riferimento sicuro all'interno di un nuovo strumento che consenta di superare l'attuale frammentazione dei finanziamenti comunitari e impedisca la ripartizione scoordinata dei programmi, fattori — questi — che complicavano di molto la valutazione dei risultati raggiunti. |
5.2. |
L'iniziativa presentata è coerente con le politiche e gli obiettivi dell'Unione e conforme agli orientamenti definiti nel quadro della strategia di Lisbona, la quale sottolinea che la conoscenza e l'innovazione contribuiscono a stimolare la crescita e l'occupazione all'interno della Comunità. Essa integra le misure relative al sistema comunitario di scambio delle quote d'emissione e dovrebbe contribuire a far compiere progressi sostanziali nell'attuazione dell'agenda strategica di ricerca dell'ACARE nel settore ambientale. |
5.3. |
Per il Comitato, l'impresa comune «Clean Sky», fondata sul partenariato tra settore pubblico e privato, rappresenta — al pari delle altre ITC derivanti dal 7PQ — una solida base per la costituzione di uno Spazio europeo della ricerca nonché un contributo decisivo alla competitività delle imprese europee. |
5.4. |
Esprimendosi a favore della proposta in esame, il CESE desidera sottolineare innanzitutto l'importanza, per l'UE, della strategia proposta in materia di promozione degli investimenti e coordinamento della ricerca. |
5.5. |
Ciò nonostante, data la molteplicità dei finanziamenti e delle partecipazioni, e vista l'entità delle risorse comunitarie impegnate, sarebbe opportuno definire meglio l'utilizzo e l'attribuzione dei prodotti finali della ricerca. A questo fine andrebbe precisata ed esplicitata meglio la questione dei brevetti e della proprietà intellettuale rispetto alla definizione datane all'articolo 20 del regolamento, che si limita a sancire dei principi, in quanto rischia di diventare uno dei punti più delicati dell'attuazione e del funzionamento dell'ITC «Clean Sky». |
5.6. |
Tuttavia, per realizzare gli obiettivi e sfruttare al massimo tutte le potenzialità di questo nuovo dispositivo, il CESE ritiene necessario:
|
Bruxelles, 25 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) CESE 1184/2007 fin (INT/363).
(2) CESE 1185/2007 fin (INT/364).
(3) CESE 1199/2007 fin (INT/370).
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/22 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla costituzione dell'«impresa comune ENIAC»
COM(2007) 356 def. — 2007/0122 (CNS)
(2008/C 44/05)
Il Consiglio, in data 10 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 10 luglio 2007, ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.
Considerata l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha nominato Gérard DANTIN relatore generale e adottato il seguente parere con 106 voti favorevoli e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo approva la decisione relativa alla costituzione dell'impresa comune ENIAC (1). |
1.1.1. |
Esso ritiene infatti che tale iniziativa, rilanciando gli investimenti nell'R&S con un finanziamento pubblico-privato, fornirà alle imprese un quadro di riferimento sicuro. Ciò consentirà di superare l'attuale frammentazione del finanziamento comunitario e di coordinare delle ricerche troppo spesso intraprese in maniera non organica favorendone così l'efficacia. |
1.2. |
Inoltre, il Comitato si compiace che il settore scelto per l'iniziativa sia quello delle nanotecnologie: infatti, con il suo sviluppo, nonché con il suo carattere tecnicamente innovativo, ricco di potenzialità per il futuro e di posti di lavoro altamente qualificati, tale settore contribuirà direttamente alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona (competitività) e di Barcellona (percentuale del PIL destinata alla ricerca), come anche ad altri ambiti di intervento delle politiche comunitarie, quali l'ambiente, i trasporti, l'energia e la sanità. |
1.3. |
Nell'esprimere parere favorevole al regolamento in esame, il CESE tiene a sottolineare anzitutto l'importanza che la strategia proposta in materia di investimenti e di coordinamento della ricerca presenta per l'UE. Ritiene pertanto che tale strategia dia un impulso positivo alla creazione di uno spazio europeo della ricerca e un contributo significativo alla competitività delle imprese europee del settore. |
1.4. |
Poiché, con questo nuovo strumento associativo, l'utilizzo e l'industrializzazione dei risultati della ricerca avviata dall'impresa comune possono rivelarsi complessi, il CESE si compiace dell'attenzione dedicata dalla proposta alle regole in materia di proprietà intellettuale. |
1.5. |
Il Comitato si compiace inoltre per l'attenzione del tutto particolare prestata al rischio di delocalizzazione in altre parti del mondo della produzione nanoelettronica. Esso appoggia l'idea di un approccio settoriale specializzato. |
1.6. |
Infine, per massimizzare le potenzialità di questo nuovo strumento, il Comitato ritiene necessari:
|
2. Introduzione
2.1. |
La proposta di regolamento in esame, che mira a lanciare uno dei primissimi partenariati europei pubblico-privato nel settore dell'R&S, definisce una delle due prime iniziative tecnologiche congiunte (ITC). Tale partenariato, denominato «impresa comune ENIAC», riguarda il settore delle nanotecnologie. |
2.2. |
L'obiettivo delle ITC è in generale quello di consentire all'industria, agli Stati membri e alla Commissione di mettere in comune, in tutto o in parte, le rispettive risorse in favore di programmi di ricerca mirati. |
2.3. |
Contrariamente all'approccio tradizionale, consistente nel destinare ai progetti finanziamenti pubblici concessi caso per caso, le ITC riguardano programmi di ricerca su vasta scala con obiettivi strategici di ricerca comuni. Questo nuovo approccio dovrebbe generare una massa critica per la ricerca e l'innovazione europee, consolidare la comunità scientifica nei principali settori strategici e armonizzare il finanziamento dei progetti affinché i risultati della ricerca possano essere sfruttati più rapidamente. Le ITC riguardano settori determinanti in cui gli strumenti attuali non hanno né l'entità né la velocità necessarie affinché l'Europa possa mantenere o conquistare una posizione di vantaggio nella concorrenza mondiale. Si tratta di settori in cui un finanziamento nazionale, europeo e privato della ricerca può apportare un valore aggiunto considerevole, segnatamente incoraggiando l'aumento delle spese private per la ricerca e lo sviluppo. |
2.4. |
Per il settore della nanoelettronica, l'ITC denominata «impresa comune ENIAC» ha l'obiettivo generale di contribuire allo sviluppo delle competenze essenziali per il settore e rafforzare così la competitività dell'Europa. La proposta in esame fornisce il quadro giuridico necessario per costituire tale impresa comune. |
3. Contesto e considerazioni di carattere generale
3.1. |
Il costante aumento del tasso di componenti elettroniche nei prodotti innovativi ad alta tecnologia fa delle nanotecnologie uno dei settori strategici per la competitività e la crescita industriale in Europa. |
3.2. |
Le applicazioni delle nanotecnologie sono indispensabili per le principali attività industriali, al servizio dei settori più svariati: le telecomunicazioni, i prodotti di consumo, i servizi multimediali, l'istruzione, i trasporti, la sanità, la sicurezza e l'ambiente, ecc. |
3.3. |
Secondo le previsioni, il mercato costituito dalla filiera industriale della nanotecnologia (che, oltre ai produttori diretti, comprende anche i fornitori di strumenti di produzione e di materiali) dovrebbe far registrare un tasso di crescita medio annuo del 15 % circa. Per sostenere un tasso di crescita così elevato occorre prestare a questo settore tutta l'attenzione necessaria. |
3.4. |
Un'iniziativa di scala comunitaria deve quindi mirare a mantenere e rafforzare la leadership mondiale dell'Europa nei settori interessati, grazie a programmi di R&S che consentano di raggiungere gli obiettivi necessari in materia di sfruttamento industriale. A tal fine occorre perseguire obiettivi tecnologici più ambiziosi, mirare a una sempre maggiore competitività e creare nuovi posti di lavoro che richiedano elevate competenze professionali e qualifiche di alto livello. |
3.5. |
La scelta di un'impresa comune pubblico-privata dovrebbe permettere alla R&S del settore di effettuare un salto di qualità. Ciò appare essenziale per superare l'attuale frammentazione dei programmi di ricerca in vigore nei vari Stati membri, che non possono raggiungere la massa critica e disporre delle risorse necessarie per finanziare dei programmi appropriati. |
3.6. |
Conferire una dimensione europea alla ricerca nel campo delle nanotecnologie sembra allora una scelta obbligata, in quanto è la sola possibile per affrontare le difficili sfide con cui il settore deve cimentarsi. |
3.7. |
Inoltre, riaffermando la dimensione comunitaria si dovrebbe poter realizzare una semplificazione burocratica e amministrativa volta a rimpiazzare le diverse procedure nazionali vigenti con una comunitaria unica e a ridurre i termini per l'aggiudicazione di un contratto di R&S oggi applicati a livello comunitario (cfr. Eureka), evitando altresì procedure di valutazione e di controllo diverse. |
3.8. |
La costituzione di un'impresa pubblico-privata che coinvolge direttamente gli Stati membri e le imprese dei settori interessati rappresenta un'innovazione rispetto alle procedure di partecipazione attualmente previste dai programmi comunitari di R&S. Inoltre, le notevoli risorse finanziarie che verrebbero allocate all'iniziativa a livello comunitario consentiranno di raggiungere la massa critica economica indispensabile per conseguire gli ambiziosi obiettivi che l'impresa si prefigge. |
3.9. |
La presenza degli Stati membri e delle imprese, nonché il loro diretto coinvolgimento mediante un contributo finanziario pari ad almeno il 50 % dei costi legati alla ricerca, produrranno un effetto moltiplicatore, attraendo nuovi finanziamenti e recando un forte contributo allo sviluppo dello spazio europeo della ricerca. |
3.10. |
La partecipazione diretta degli Stati membri è un elemento indispensabile per la mobilitazione degli investimenti, ma anche e soprattutto perché le decisioni continueranno a essere prese a livello nazionale, in particolare per quanto concerne gli inviti a presentare proposte e il controllo diretto permanente di tutte le fasi del processo. |
3.11. |
Un altro elemento indispensabile è la partecipazione diretta delle imprese del settore, in quanto i risultati di questo ambizioso programma di R&S possono contribuire a realizzare obiettivi importanti e pertinenti in termini di competitività per le imprese e, di conseguenza, avere ripercussioni positive sull'occupazione nel settore. |
4. Coerenza
4.1. |
Il punto di riferimento per i programmi di ricerca è il Settimo programma quadro (7PQ). Questo muove dalla profonda consapevolezza che, se si vuole un'economia competitiva e dinamica, è indispensabile rilanciare gli investimenti in R&S. |
4.2. |
La costituzione dell'impresa comune ENIAC contribuirà direttamente alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona (competitività) e di Barcellona (spesa destinata alla ricerca) e, indirettamente, ad altri ambiti di intervento delle politiche comunitarie quali l'ambiente, i trasporti, l'energia e la sanità. |
4.3. |
Il principale quadro di riferimento dell'ITC ENIAC in tema di politiche comunitarie è costituito dall'azione europea Nanoscienze e nanotecnologie: Un piano d'azione per l'Europa 2005-2009 (COM(2005) 243 def.) e dai lavori del Comitato scientifico sui rischi sanitari emergenti e recentemente identificati (Scenhir). |
5. La proposta della Commissione
5.1. |
La decisione relativa alla costituzione dell'impresa comune ENIAC, oggetto del documento COM(2007) 356 def., fa capo alla decisione n. 1982/2006/CE sul Settimo programma quadro, che prevede un contributo comunitario per la costituzione di partenariati pubblico-privato a lungo termine su scala europea nel settore della ricerca scientifica. |
5.2. |
Tali partenariati, che si configurano come ITC, derivano dalle vecchie «piattaforme tecnologiche europee» (PTE). |
5.3. |
Nella decisione 2006/971/CE concernente il programma specifico «Cooperazione» (2), la Commissione ha sottolineato la necessità di istituire partenariati pubblico-privato e individuato i seguenti sei settori in cui la creazione di ITC è atta a rilanciare la ricerca europea:
|
5.4. |
Nel contesto di questa strategia generale, la proposta di regolamento in esame (COM(2007) 356 def.) prevede la costituzione di un'impresa comune ENIAC nel settore della nanoelettronica. |
5.5. |
L'impresa comune è considerata un organismo internazionale dotato di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 22 della direttiva 2004/17/CE e dell'articolo 15 della direttiva 2004/18/CE. Essa avrà sede a Bruxelles e le sue attività si concluderanno il 31 dicembre 2017, salvo proroga decisa dal Consiglio. |
5.6. Base giuridica
La proposta in esame consiste in un regolamento del Consiglio al quale è allegato lo statuto dell'impresa comune, ed è basata sull'articolo 171 del Trattato CE. L'impresa comune sarà un organismo comunitario, con un bilancio disciplinato dall'articolo 185 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio; ciò detto, bisognerà tener conto che questa iniziativa rientra per sua natura tra i partenariati pubblico-privato che beneficiano di un contributo del settore privato notevole e pari a quello del settore pubblico.
5.7. Costituzione
I membri fondatori dell'ITC ENIAC sono la Comunità europea, rappresentata dalla Commissione, ed Aeneas, un'associazione che rappresenta le imprese e altre organizzazioni di R&S. Nello statuto dell'ENIAC sono inoltre elencate le entità che potranno divenire membri dell'impresa comune in un secondo momento, in particolare i paesi terzi associati al 7PQ e qualsiasi altro soggetto giuridico in grado di apportare un contributo alla realizzazione degli obiettivi dell'ITC ENIAC.
5.8. Finanziamento
5.8.1. |
I costi di funzionamento dell'impresa comune, esposti in dettaglio all'articolo 4 del regolamento costitutivo, sono coperti dai seguenti contributi:
Le attività di R&S dell'impresa comune per il periodo che termina il 31 dicembre 2017 saranno coperte dai seguenti contributi:
|
5.8.2. |
Per il periodo che termina il 31 dicembre 2013 il contributo massimo della Commissione sarà pari a 450 milioni di EUR. Questi stanziamenti provengono dal programma specifico «Cooperazione» che attua il Settimo programma quadro per azioni di ricerca e sviluppo tecnologico, conformemente a quanto disposto dall'articolo 54, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. |
5.9. Gli obiettivi
Secondo la Commissione, la costituzione dell'impresa comune ENIAC mira a raggiungere i seguenti obiettivi:
— |
definire e attuare un'agenda di ricerca per lo sviluppo di competenze essenziali per la nanoelettronica in vari settori di applicazione, al fine di rafforzare la competitività e la sostenibilità delle imprese europee e permettere lo sviluppo di nuovi mercati, |
— |
sostenere le attività necessarie per l'attuazione dell'agenda di ricerca («attività R&S»), mediante la concessione di finanziamenti ai partecipanti dei progetti selezionati, |
— |
promuovere la costituzione di una partnership pubblico-privato volta a mobilitare e a riunire le attività comunitarie, nazionali e private e a promuovere la collaborazione tra i settori pubblico e privato, |
— |
garantire l'efficacia e la durevolezza dell'iniziativa tecnologica congiunta nel settore della nanoelettronica, |
— |
realizzare sinergie, nonché un coordinamento efficace delle attività europee di R&S, compresa la progressiva integrazione nell'impresa comune ENIAC delle attività correlate in questo campo, oggi attuate attraverso dispositivi intergovernativi di R&S (Eureka). |
6. Osservazioni generali e particolari
6.1. |
Il CESE esprime parere favorevole alla decisione di costituire l'impresa comune ENIAC e alla relativa proposta di regolamento. Nell'esprimere tale parere favorevole, il CESE tiene a sottolineare anzitutto l'importanza, per l'UE, della strategia proposta in materia di investimenti e di coordinamento della ricerca. |
6.2. |
Infatti, come già affermato nei pareri in merito ad altri regolamenti facenti capo alla decisione 2006/971/CE del Consiglio relativa al programma specifico «Cooperazione», il CESE ritiene che il rilancio degli investimenti in R&S sia uno strumento appropriato per fornire alle imprese un quadro di riferimento sicuro, che consenta di superare l'attuale frammentazione dei finanziamenti comunitari ed evitare una ripartizione scoordinata dei programmi. |
6.3. |
L'iniziativa proposta è coerente con le politiche e gli obiettivi comunitari e conforme agli orientamenti definiti nel quadro della strategia di Lisbona, secondo cui la conoscenza e l'innovazione contribuiscono a stimolare la crescita e l'occupazione nell'UE. La nanotecnologia ha infatti assunto un ruolo determinante, rappresentando oggi un motore dell'innovazione in numerosi settori nevralgici e strategici per lo sviluppo e la crescita dell'UE (comunicazione mobile, trasporti, calcolo, automazione della produzione, sanità, ecc.). L'impresa comune ITC ENIAC che la Commissione propone di costituire può consentire all'Europa di mantenere, o persino di accrescere, la capacità di progettare e realizzare prodotti conformi alle proprie norme di qualità, sostenibilità e tutela ambientale. Essa può dare un impulso alla creazione di uno spazio europeo della ricerca e un contributo decisivo alla competitività delle imprese europee. |
6.4 |
Il Comitato osserva con soddisfazione che nella «valutazione d'impatto» che accompagna la proposta di regolamento si presta un'attenzione del tutto particolare al rischio di delocalizzazione della produzione nanoelettronica verso altre parti del mondo. Ciò è importante in quanto tale produzione apporta un notevole valore aggiunto, sinonimo di crescita e di occupazione, e al tempo stesso genererà una parte del ritorno sull'investimento dei fondi che l'UE si propone di impegnare nello sviluppo di questo settore. In proposito il CESE appoggia l'idea di un approccio settoriale specializzato per sostenere questo comparto fondamentale. |
6.5. |
Poiché, con questo nuovo strumento associativo, l'utilizzo e l'industrializzazione dei risultati della ricerca avviata dall'ITC ENIAC possono rivelarsi complessi, il CESE si compiace dello sforzo profuso per definire delle regole in materia di proprietà intellettuale, fissate nell'articolo 23 dello statuto dell'impresa comune. Inoltre, si compiace che il regolamento proposto prenda in seria attenzione le problematiche della sanità e della sicurezza in conformità al pertinente piano d'azione. |
6.6. |
Per realizzare gli obiettivi di tale impresa e sfruttare al massimo tutte le potenzialità insite in questo nuovo dispositivo, il CESE ritiene necessari:
|
Bruxelles, 25 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) ENIAC sta per «European Nanoelectronic Initiative Advisory Council».
ENIAC (Electronic Numerical Integrator And Computer) era anche il nome del primo computer realizzato con componenti elettroniche (1945-1946).
(2) GU L 400 del 30.12.2006, pag. 1.
(3) INT/369.
(4) INT/363.
(5) INT/364.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/27 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda alcuni aspetti della multiproprietà, dei prodotti per le vacanze di lungo termine, della rivendita e dello scambio
COM(2007) 303 def. — 2007/0113 (COD)
(2008/C 44/06)
Il Consiglio, in data 28 giugno 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEGADO LIZ.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 129 voti favorevoli, 3 voti contrari e 1 astensione.
1. Sintesi del parere
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo, nel solco dei pareri sul Libro verde — Revisione dell'acquis relativo ai consumatori (1) e sulla comunicazione della Commissione relativa all'attuazione della direttiva in materia di contratti a distanza (2), sostiene l'iniziativa della Commissione di procedere a una revisione della direttiva 94/47/CE (3) del 26 ottobre 1994 nelle modalità in cui è proposta (4), con le osservazioni e le raccomandazioni che vengono espresse in questo documento. |
1.2. |
Il Comitato concorda in generale sul piano della sostanza con la proposta della Commissione per quanto riguarda l'estensione del suo ambito di applicazione, la definizione e la tipizzazione dei nuovi prodotti, il rafforzamento degli obblighi di informazione precontrattuale e contrattuale e l'uniformazione del periodo di recesso e il divieto di qualsiasi pagamento, a qualsiasi titolo, durante questo periodo. |
1.3. |
Pur concordando con il ravvicinamento minimo invocato nella proposta, che lascia agli Stati membri un margine d'intervento più ampio per tutelare i consumatori, in ossequio ai principi del Trattato, il Comitato ritiene che, per la natura sui generis del diritto in questione e per le profonde differenze esistenti tra gli Stati membri nella definizione e nella caratterizzazione della sua natura giuridica plurima, con conseguenze nettamente distinte nei vari regimi giuridici nazionali, specie con riferimento alla durata minima e massima, all'annullamento o alla nullità, alla risoluzione o rescissione dei contratti, se esiste un campo in cui un'armonizzazione massima sarebbe giustificata, nell'ottica della Commissione, come risulta dal Libro verde sull'acquis comunitario, sarebbe precisamente questo. |
1.4. |
Il Comitato dissente quindi dalla Commissione quando essa, pur riconoscendo che la maggioranza dei problemi che nascono in questo settore è con frequenza di natura transfrontaliera e, di conseguenza, che la rispettiva soluzione non può essere trovata in modo adeguato dagli Stati membri singolarmente, date le disparità nelle legislazioni nazionali, alla fine definisce soltanto alcuni aspetti relativi a tali diritti, lasciando ancora una volta al libero arbitrio degli Stati membri un insieme di situazioni che modifica solo impercettibilmente lo stato attuale dei problemi elencati. |
1.5. |
Pertanto il Comitato, nonostante sia d'accordo con l'adozione di un sistema di armonizzazione minima, ritiene, come anche altre istituzioni comunitarie (5), che il livello delle misure di tutela dei diritti dei consumatori sia troppo basso, dato che sicuramente l'esperienza dimostra che la grande maggioranza degli Stati membri non ha usufruito di tale clausola, adottando al contrario un approccio letterale (6), con la conseguenza che non si è raggiunto un livello adeguato di protezione dei consumatori. Per tale motivo sollecita la Commissione a disciplinare, nel rispetto del principio di sussidiarietà, altri aspetti altrettanto importanti della proposta di direttiva, partendo dal presupposto di un livello di tutela dei consumatori più elevato. |
1.6. |
Di conseguenza il Comitato propone che vengano migliorate alcune disposizioni relative al regime giuridico dei diritti in questione, al contratto principale e al suo rapporto con i contratti complementari, in particolare quelli di credito non collegati, per rafforzare e garantire l'adeguata protezione dei consumatori. |
1.7. |
Il Comitato sottolinea, come peraltro ha già fatto in pareri precedenti (7), la necessità di ampliare l'informazione effettiva delle parti contraenti, soprattutto per i contraenti meno avvertiti, e quindi ritiene che non debba essere esclusa a priori la possibilità per gli Stati membri di adottare sanzioni penali proporzionate e dissuasive per le pratiche che ledano gravemente i diritti previsti nella direttiva, sanzioni che dovranno essere debitamente caratterizzate nei loro elementi essenziali. |
1.8. |
Il Comitato esorta la Commissione a procedere ad un'analisi dettagliata delle risposte ricevute al documento di consultazione (8) soprattutto in riferimento a quegli Stati membri consultati attraverso questo documento che non siano coperti dalla relazione (9) sull'applicazione della direttiva, la quale comprende solo 15 Stati membri. La Commissione dovrebbe inoltre esaminare l'analisi comparativa, che copre invece i 25 Stati membri (10), in modo da tenere conto delle disparità esistenti fra tutti gli Stati membri. |
1.9. |
Il Comitato propone nello specifico una serie di modifiche (11) e avanza una serie di raccomandazioni volte a migliorare aspetti della proposta attinenti alla tecnica giuridica e a consolidare e rendere compatibili nozioni, concetti o pratiche già acquisite in altre direttive, in particolare nella direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali (12). Tutti questi elementi vanno tenuti in considerazione al fine di promuovere la sicurezza e la fiducia dei consumatori in questo tipo di contratti così spesso improntati a modelli aggressivi di marketing e di commercializzazione (13). |
2. Sintesi della proposta di direttiva
2.1. |
L'obiettivo della proposta della Commissione è procedere alla revisione della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili, in linea con le conclusioni del Consiglio del 13 aprile 2000 relative alla sua relazione sull'applicazione della summenzionata direttiva (14) e delle raccomandazioni del Parlamento europeo contenute nella sua risoluzione del 4 luglio 2002 (15). |
2.2. |
La revisione di questa direttiva, peraltro già prevista nella comunicazione della Commissione sulla strategia della politica dei consumatori 2002-2006 (16), forma parte del cosiddetto acquis comunitario in materia di diritto dei consumatori, esposto nel corrispondente Libro verde (17). |
2.3. |
Tenuto conto di certe situazioni difficili nell'applicazione della direttiva, la Commissione ritiene che, in seguito all'evoluzione di mercato in questo settore, vi sia stato un fenomeno significativo di creazione di nuovi prodotti che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva, malgrado configurino di fatto l'uso di un alloggio per le vacanze. |
2.4. |
La relazione della Commissione del 1999 sull'applicazione della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (18) segnalava già numerose carenze nel recepimento; le conclusioni di tale relazione, adottate dal Consiglio nell'aprile 2000 (19), elencavano una serie di elementi da prendere in considerazione al momento della revisione della direttiva. |
2.5. |
Anche il parere della commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la politica dei consumatori del PE elaborato nel 2001 (20), sottolineava «l'istituzione di un livello minimo accettabile delle misure di tutela dei consumatori» da parte della direttiva. |
2.6. |
Da parte sua il Parlamento europeo nella risoluzione del 4 luglio 2002 raccomandava alla Commissione di adottare misure per garantire un elevato livello di difesa dei consumatori. |
2.7. |
Per tali motivi la Commissione considera urgente la revisione isolata della presente direttiva, ritenendo che essa costituisca addirittura una priorità in ragione dei problemi incontrati dai consumatori, in particolare per quanto riguarda la rivendita e i nuovi prodotti, commercializzati in modo simile e che sono in generale simili, dal punto di vista economico, al godimento a tempo parziale di beni immobili (multiproprietà), come per esempio i club vacanze scontati e i contratti di rivendita. |
2.8. |
La Commissione mette in evidenza, tra le cause principali che giustificano la presente proposta di revisione, la necessità di aggiornare i requisiti relativi all'informazione precontrattuale e contrattuale, di uniformare il regime del divieto dei depositi o dei pagamenti nel periodo di recesso, di armonizzare il periodo di recesso e di considerare la possibilità di introduzione di sanzioni penali. |
2.9. |
Le principali parti interessate sono state consultate nel corso di riunioni svoltesi tra il 2004 e il 2006. |
2.10. |
Dopo aver ricevuto reclami riguardanti le multiproprietà, con particolare riferimento a nuovi prodotti come i club vacanze, i contratti turistici scontati e i contratti di scambio e rivendita la Commissione ha pubblicato un documento di consultazione (21). Tali questioni sono state inoltre discusse dal gruppo di lavoro permanente di esperti degli Stati membri sulla revisione dell'acquis, riunitosi nel marzo 2006. |
2.11. |
La proposta di revisione è inclusa nel programma della Commissione per l'aggiornamento e la semplificazione dell'acquis comunitario (22). |
2.12. |
Secondo la Commissione la base giuridica della proposta va limitata all'articolo 95 del Trattato (completamento del mercato interno). Inoltre, essa considera che, in virtù del principio di sussidiarietà, non le competa pronunciarsi sulla natura giuridica dei diritti di multiproprietà, e che la questione vada affrontata nel rispetto delle diverse prospettive esistenti negli Stati membri. |
2.13. |
D'altro canto, la Commissione, ponendo l'accento sugli aspetti transfrontalieri e considerando persino che la maggioranza dei reclami è di natura transfrontaliera, orienta la sua proposta nel senso di trattare «soltanto alcuni degli aspetti, quelli ritenuti più problematici e pertanto bisognosi di un intervento comunitario», lasciando tutti gli altri alle rispettive legislazioni nazionali. Essa ha anche eliminato tutto ciò che si riferisce ai diritti di rescissione e di risoluzione dei contratti, i quali venivano disciplinati nella direttiva 94/47/CE, anche nel caso in cui siano collegati al diritto di recesso. |
3. Principali osservazioni sulla proposta
3.1. Osservazioni generali
3.1.1. |
Il Comitato giudica positivamente l'iniziativa della Commissione, ma ne rileva il ritardo, considerando che i problemi erano già stati diagnosticati nel 1999 e che quindi le soluzioni corrispondenti avrebbero potuto essere trovate da tempo. |
3.1.2. |
Il Comitato ricorda peraltro che già nel proprio parere del 24 febbraio 1993 (23), elaborato durante la fase di elaborazione della direttiva, aveva messo in luce alcune delle questioni che vengono ora denunciate. |
3.1.3. |
Il Comitato ritiene che la base giuridica non debba essere l'art. 95 del Trattato, bensì l'art. 153, dato che la materia non è pertinente esclusivamente al mercato unico, ma interessa anche la politica di tutela dei consumatori. |
3.1.4. |
Il Comitato approva l'estensione dell'ambito di applicazione della proposta a determinati beni mobili, in modo da reagire adeguatamente all'evoluzione costante del mercato. |
3.1.5. |
Esso concorda con le modifiche introdotte nelle definizioni (24) della proposta in oggetto, perché risultano più adeguate ai nuovi prodotti commercializzati in questo settore. |
3.1.6. |
Il Comitato non solo è d'accordo con il mantenimento del divieto di qualsiasi pagamento o tipo di deposito, in quanto tale divieto è un modo efficace di permettere al consumatore l'esercizio del diritto di recesso senza alcuna pressione dal punto di vista economico, ma considera anche che l'estensione della norma ai terzi comprenda opportunamente i contratti di scambio e rivendita. |
3.1.7. |
Il Comitato approva il prolungamento del periodo di riflessione a 14 giorni, grazie al quale si uniforma tale termine, anche se avrebbe preferito che il termine summenzionato fosse calcolato in giorni lavorativi e non in giorni di calendario, come già affermato in precedenti pareri (25). È importante ricordare che il Consiglio, all'atto di approvare la direttiva 97/7/CE aveva emesso una dichiarazione, invitando la Commissione a studiare la possibilità di armonizzare i metodi di calcolo per il termine di riflessione esistenti nelle direttive di tutela dei consumatori. |
3.1.8. |
Come già affermato in precedenti pareri (26), e fermo restando il disposto dell'art. 1, par. 3, della proposta di direttiva, il Comitato ritiene indispensabile che la Commissione proceda a una tipizzazione più precisa della natura, dei vizi e degli effetti dei diritti di recesso, rescissione e risoluzione. In caso contrario non si conseguirà il ravvicinamento auspicato delle legislazioni, poiché ogni Stato membro adotterà le proprie regole, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta per lo sviluppo delle relazioni transfrontaliere. |
3.1.9. |
Il Comitato ritiene che, poiché tale direttiva ha per obiettivo il ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative a questo tipo di diritti, contrariamente a quanto affermato al considerando 4 della proposta e nonostante le differenze esistenti nei vari paesi, la Commissione dovrebbe fare di più, definendo la natura giuridica (27) di tali diritti, siano essi configurati come diritti reali o diritti di credito. In caso contrario, la proposta in oggetto non contribuirà alla soluzione dei problemi individuati nella definizione dei requisiti essenziali per il godimento del diritto e, in particolare, nel caso si configuri come un diritto reale, delle relative conseguenze sul piano della registrazione. |
3.1.9.1. |
Il Comitato fa appello così alla Commissione perché stabilisca una definizione della natura giuridica del diritto di multiproprietà, sia questo configurato come diritto reale o come diritto personale che ha natura di obbligazione — diritto a una prestazione di servizi -, con le relative conseguenze per le norme applicabili del regolamento di Bruxelles e del regolamento di Roma I. In caso contrario non si arriverebbe ad ottenere l'auspicata armonizzazione e la fiducia dei consumatori e delle imprese. Peraltro, il Comitato, nel parere summenzionato (28), ha già dato un contributo a questa definizione nell'affermare che il contratto di multiproprietà è un diritto reale o personale e in nessun caso un rapporto di locazione, in quanto nella locazione non vi è alienazione. Il diritto trasferito cade su una parte indivisa di una cosa, come un appartamento non diviso, e assume o può assumere la natura di un diritto reale relativo a un immobile. |
3.1.10. |
Senza pregiudicare la necessaria configurazione giuridica di questo diritto, eventualmente con caratteristiche sui generis e magari proprio per questo, il Comitato concorda con l'individuazione effettuata dalla stessa proposta di direttiva di alcuni suoi elementi strutturanti, vale a dire il fatto che essa copre, avendo per oggetto beni immobili o mobili, il diritto di uso e fruizione di un alloggio (il che implica un soggiorno o un pernottamento) con una contropartita per una durata minima di un anno. |
3.1.11. |
Nondimeno, il Comitato chiede alla Commissione che, oltre ai prodotti già elencati nell'articolo 2 della proposta, stabilisca una disposizione (con la necessaria definizione degli elementi strutturanti) che possa adattarsi ad eventuali prodotti (29) commercializzati in futuro dopo l'entrata in vigore della direttiva e relativamente ai quali si verifichi l'impossibilità di rispettare i requisiti derivanti dalle definizioni dei nuovi prodotti. |
3.1.12. |
Il Comitato ritiene che la possibilità che il consumatore effettui un rimborso o paghi una certa somma, nel caso abbia esercitato a tempo il diritto di recesso, configura uno svuotamento evidente di tale diritto, il quale è caratterizzato dal fatto che il consumatore per esercitarlo non deve indicare un motivo o pagare una somma, ragion per cui i paragrafi 5 e 6 dell'articolo 5 della proposta devono essere eliminati. |
3.1.13. |
Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sul riferimento alla direttiva adottata di recente sulle pratiche commerciali sleali (30), con cui concorda. Fa però notare che negli articoli 14 e 15 di tale direttiva non si fa riferimento alla direttiva in vigore, né tale riferimento è previsto nella proposta di direttiva in esame. |
3.1.14. |
Il Comitato, nonostante approvi l'armonizzazione minima, ritiene che la proposta di direttiva sia più restrittiva di quella in vigore nella misura in cui, pur stabilendo la possibilità per gli Stati membri di adottare maggiori misure di tutela dei diritti dei consumatori, lo fa solo per quanto riguarda il diritto di recesso (momento, modalità ed esercizio), mentre la direttiva in vigore, segnatamente il suo articolo 11 (31), fissa tale possibilità in modo più ampio. Il Comitato invita quindi la Commissione a mantenere una norma analoga. |
3.1.15. |
Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe prevedere un regime di sanzioni efficace, avente non solo l'obiettivo di dissuadere dalle pratiche che violano gli obblighi previsti nella direttiva, ma anche basato su ragioni di certezza e sicurezza giuridica (32). Il Comitato sostiene la possibilità che gli Stati membri, e non la Commissione, introducano, nel quadro preliminarmente definito dalla Commissione (33), sanzioni penali proporzionate ma sufficientemente dissuasive delle pratiche di infrazione, quando siano particolarmente gravi. |
3.1.16. |
Il Comitato è d'accordo con l'inclusione di una disposizione relativa alla revisione periodica della direttiva, la quale ne eviterà la rapida obsolescenza. |
3.1.17. |
Sebbene siano state intentate azioni contro alcuni Stati membri (34) per non aver recepito correttamente alcune disposizioni della direttiva, il Comitato si meraviglia dell'inerzia della Commissione, soprattutto per quanto riguarda il mancato rispetto della scadenza per il recepimento (30 aprile 1997), dato che solo due Stati membri (35) hanno rispettato tale termine. Il Comitato esorta quindi la Commissione ad essere meno tollerante, in riferimento alla nuova direttiva, di fronte a violazioni tanto flagranti nell'attuazione del diritto comunitario. |
3.2. Osservazioni particolari
3.2.1. |
Il Comitato ritiene che la definizione di cui all'art. 2, par. 1, lettera g), collegata al disposto dell'articolo 7, sia troppo restrittiva in quanto l'elemento che caratterizza l'accessorietà del contratto è la relazione di complementarità tra i contratti. Ebbene, è proprio la relazione di complementarità e non tanto quella di subordinazione che va considerata, dato che, in particolare nella generalità dei contratti di credito collegati, si tratta di unioni estrinseche di contratti che per la loro natura giuridica si presentano come giuridicamente autonomi tra loro e come tali incompatibili con la definizione proposta. |
3.2.2. |
Il Comitato dissente dalla formulazione dell'articolo 3, paragrafo 2, soprattutto per quanto concerne le informazioni scritte che saranno fornite al consumatore solo se questi si mostrerà «interessato» a riceverle e solo «se applicabili». Ebbene, tenendo conto che tale articolo riguarda l'informazione precontrattuale, sulla cui base il consumatore forma la sua volontà di stipulare il contratto, il Comitato reputa che tali informazioni debbano essere fornite obbligatoriamente ed esorta la Commissione a prevedere una norma in tal senso. |
3.2.3. |
Il Comitato fa appello alla Commissione perché sostituisca l'articolo 3, paragrafo 4, e l'articolo 4, paragrafo 1, e le lettere l) dell'Allegato I, f) dell'Allegato III, e d) dell'Allegato IV, con una disposizione analoga a quella dell'articolo 4 dell'attuale direttiva (36), che offre maggiore tutela non solo per quanto riguarda l'obbligatorietà di fornire le informazioni nella lingua della nazionalità del consumatore, ma anche perché prevede la traduzione conforme nella lingua dello Stato membro in cui si trova il bene, soprattutto per questioni connesse con eventuali formalità di registrazione. |
3.2.3.1. |
In effetti, il Comitato prevede l'adozione generalizzata da parte degli operatori del settore di proposte — contratti di adesione — in cui il consumatore si limita a dichiarare che quella è la lingua scelta, senza nessuna libertà di decidere o negoziare, con potenziali gravi pregiudizi per i suoi interessi economici. |
3.2.4. |
Il Comitato esorta la Commissione a modificare la redazione dell'articolo 4, paragrafo 2, in particolare eliminando l'espressione «se non con l'accordo esplicito delle parti», dato che si tratta di informazioni sostanziali, le quali non possono essere soggette all'autonomia contrattuale delle parti. La pratica ha dimostrato che mantenere tale espressione indurrà gli operatori del settore a proporre unilateralmente contratti di adesione in cui il ruolo del consumatore consiste solo nell'accettare. |
3.2.4.1. |
Il Comitato reputa poi che la Commissione, per ragioni di certezza e sicurezza giuridica, debba chiarire ed esemplificare le circostanze indipendenti dalla volontà dell'operatore che formano parte integrante del contratto, nei termini dell'articolo 4, paragrafo 2. |
3.2.4.2. |
Sempre a proposito dello stesso articolo, il Comitato esorta la Commissione a stabilire il modo di comunicazione di tali informazioni, che dovranno essere fornite in forma appropriata, obiettiva e chiara (37), ed essere scritte con caratteri di dimensioni tali da renderne agevole la lettura (38). |
3.2.5. |
Il Comitato propone che la Commissione chiarifichi l'espressione «l'operatore deve attirare esplicitamente l'attenzione», di cui all'articolo 4, paragrafo 3, poiché il suo significato tecnico-giuridico non è chiaro. |
3.2.6. |
Poiché alla lettura risulta che l'articolo 5, paragrafo 1, prevede due termini per l'esercizio del diritto di recesso, il Comitato esorta la Commissione a stabilire una disposizione che preveda una sola possibilità per il consumatore di beneficiare di un diritto di recesso entro 14 giorni dalla firma del contratto definitivo, se questo è stato preceduto da un contratto preliminare vincolante e purché il bene non sia stato utilizzato nel frattempo. |
3.2.7. |
Il Comitato, come ha già fatto in precedenti pareri, chiede alla Commissione di definire la natura della comunicazione dell'esercizio del diritto di recesso, in modo da garantire alle parti la prova di tale recesso. Peraltro, la redazione dell'attuale direttiva è più appropriata sotto questo profilo (39). |
3.2.8. |
Il Comitato ritiene che il titolo dell'art. 8 dovrebbe essere sostituito con «Carattere ingiuntivo dei diritti», dato che la ratio legis non consiste nello stabilire l'imperatività della direttiva, ma piuttosto nel vietare che quei diritti siano esclusi o limitati, indipendentemente dalla legislazione applicabile. |
3.2.9. |
Il Comitato giudica più adeguate le disposizioni di cui alla direttiva sulle pratiche commerciali sleali (40) relative alle azioni di carattere giudiziario e amministrativo di cui agli articoli 11 e 12, in quanto sono più ampie e complete. Esorta pertanto la Commissione a sostituire l'articolo 9 della presente proposta con norme analoghe a quelle summenzionate. |
3.2.10. |
Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sulla redazione delle versioni linguistiche della sua proposta, in quanto vi sono casi in cui il testo dovrà essere oggetto di una traduzione più accurata (41). |
4. Questioni non affrontate
4.1. |
Secondo il Comitato, oltre alle omissioni succitate, esistono altre questioni che meritano un'eventuale nuova valutazione in una revisione della direttiva e che non sono state definite nella proposta. Si tratta in particolare delle seguenti:
|
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) GU C 256 del 27.10.2007 (relatore: ADAMS).
(2) GU C 175 del 27.7.2007 (relatore: PEGADO LIZ).
(3) Direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili, GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83. Parere CESE: GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
(4) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda alcuni aspetti della multiproprietà, dei prodotti per le vacanze di lungo termine, della rivendita e dello scambio (COM(2007) 303 def. del 7.6.2007).
(5) Relazione del 1999 sull'applicazione della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, SEC(1999) 1795 def. e relazione del Parlamento europeo del 2002 in RR\470922IT.doc, PE 298.410.
(6) Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Svezia, Germania e Austria.
(7) Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo relativa all'attuazione della direttiva 1997/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, GU C 175 del 27.7.2007.
(8) Consultation Paper Review of the Timeshare Directive, disponibile al seguente indirizzo Internet:
ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/timeshare/consultation_paper 010606_en.doc
(9) Relazione del 1999 sull'applicazione della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, SEC(1999) 1795 def. e relazione del Parlamento europeo del 2002 in RR\470922IT.doc, PE 298.410.
(10) H. Schulte-Noke, A. Borge, S. Fischer, «Comparative Analysis D. Timeshare Directive» (94/47), in Consumer Law Compendium.
(11) In particolare all'articolo 2, paragrafo 1, lettera g), articolo 3, paragrafi 2 e 4, articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, articolo 5, paragrafi 1 e 5, articolo 6, paragrafi 8 e 9 e le lettere l) dell'Allegato I, f) dell'Allegato III e d) dell'Allegato IV.
(12) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali sleali), GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22. Parere CESE: GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.
(13) Come del resto si affermava sia nel parere CES in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente la tutela dell'acquirente nei contratti relativi al godimento turnario dei beni immobili, relatore: ATAIDE FERREIRA, GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1, sia nel parere CES sul piano di azioni comunitarie a favore del turismo, relatore: CUNHA, correlatore: FRANDI, GU C 49 del 24.2.1992.
(14) SEC(1999) 1795 def.
(15) Risoluzione del Parlamento europeo sul seguito della politica comunitaria relativa alla tutela dell'acquirente di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (direttiva 94/47/CE), doc. P5_TA(2002)0369, GU C 271 E del 12.11.2003, pag. 578.
(16) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Strategia della politica dei consumatori 2002-2006 (COM(2002) 208 def.), GU C 137 dell'8.6.2002, pag. 2. Parere CESE: GU C 95 del 23.4.2003, pag. 1.
(17) COM(2006) 744 def. Parere CESE: GU C 256 del 27.10.2007.
(18) SEC(1999) 1795 def.
(19) Consiglio Consumatori, Lussemburgo, 13 aprile 2000.
(20) PE 298.410 — RR\470922IT.doc.
(21) Consultation Paper Review of the Timeshare Directive, disponibile al seguente indirizzo Internet:
ec.europa.eu/consumers/cons_int/safe_shop/timeshare/consultation_paper 010606_en.doc
(22) COM(2006) 629 def.
(23) GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
(24) Modifica del termine «acquirente» in «consumatore».
(25) GU C 175 del 27.7.2007, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (relatore: PEGADO LIZ).
(26) Id.
(27) Sentenza della Suprema corte di giustizia portoghese del 4.3.2004
(28) Parere CES in merito alla direttiva 94/47/CE, relatore: ATAIDE FERREIRA, GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
(29) Analogamente a quanto dispone la legge portoghese (articolo 45, paragrafo 3, del DL 180/99 del 22.5.1999) in cui si legge: «i diritti di abitazione turistica cui si riferisce il paragrafo precedente includono segnatamente i diritti con natura di obbligazione costituiti nell'ambito di contratti relativi a tessere e club vacanze, tessere turistiche o altre di natura analoga».
(30) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22. Parere CESE: GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.
(31) Cfr. l'articolo 11 della direttiva 94/47/CE: «La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli o più rigorose in materia di protezione dei consumatori nel settore da essa coperto, senza pregiudizio degli obblighi previsti dal Trattato».
(32) La relazione del 1999 sull'applicazione della direttiva 94/47/CE del Parlamento ha constatato l'esistenza delle più diverse sanzioni per la violazione dello stesso obbligo nei differenti Stati membri, da sanzioni pecuniarie alla nullità del contratto, all'aumento del termine di riflessione, alla sospensione dell'attività e alla relativa pubblicità, ecc.
(33) GU C 256 del 27.10.2007 e parere CESE 1248/2007, ambedue elaborati dal relatore RETUREAU, sulle misure penali in materia di diritti di proprietà intellettuale e ambiente.
(34) Spagna, Svezia, Lussemburgo e Irlanda.
(35) Regno Unito e Repubblica federale di Germania.
(36) In cui si legge:
«Gli Stati membri prevedono nella loro legislazione:
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che il contratto, che deve obbligatoriamente essere stipulato per iscritto, contenga almeno gli elementi citati nell'allegato, |
— |
che il contratto e il documento di cui all'art. 3, par. 1 debbano essere redatti nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro in cui risiede l'acquirente oppure, a scelta di quest'ultimo, nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro di cui egli è cittadino, purché si tratti di una delle lingue ufficiali della Comunità. Tuttavia, lo Stato membro in cui risiede l'acquirente può imporre che il contratto sia in ogni caso redatto almeno nella sua lingua o nelle sue lingue, purché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità e — che il venditore debba fornire all'acquirente una traduzione conforme del contratto nella lingua o in una delle lingue dello Stato membro in cui è situato il bene immobile, purché si tratti di una delle lingue ufficiali della Comunità». |
(37) Come risulta, per es., dall'articolo 8 della legge portoghese di difesa del consumatore.
(38) Come si afferma, per esempio, nella sentenza della Corte d'appello di Lisbona del 3.5.2001.
(39) «che costituisca un mezzo di prova».
(40) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 maggio 2005, GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22. Parere CESE GU C 108 del 30.4.2004, pag. 81.
(41) Nella versione portoghese è il caso dell'articolo 2, lettera b), che non ha senso, dell'Allegato I, lettera j), che dice esattamente il contrario di quello che dovrebbe dire, e dell'articolo 7, paragrafo 1, in cui il termine dissolvido deve essere sostituito con resolvido per ovvie ragioni di tecnica legislativa, oltre che per coerenza con il titolo dell'articolo.
(42) Parere CESE già menzionato sulla direttiva 94/47/CE, GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
(43) Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso», GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59. Parere CES: GU C 102 del 24.4.1989, pag. 27.
(44) Parere CESE già menzionato sulla direttiva 94/47/CE, GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
(45) Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36. Parere CESE: GU C 221 dell'8.9.2005, pag. 113.
(46) Parere CESE già menzionato sulla direttiva 94/47/CE, GU C 108 del 19.4.1993, pag. 1.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/33 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli strumenti per pesare a funzionamento non automatico (versione codificata)
COM(2007) 446 def. — 2007/0164 (COD)
(2008/C 44/07)
Il Consiglio, in data 5 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 153 voti favorevoli e 2 astensioni.
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/33 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai dispositivi d'illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (versione codificata)
COM(2007) 451 def. — 2007/0162 COD
(2008/C 44/08)
Il Consiglio, in data 5 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 144 voti favorevoli, 1 voto contrario e 7 astensioni.
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/34 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla soppressione dei disturbi radioelettrici (compatibilità elettromagnetica) provocati dai trattori agricoli o forestali a motore (versione codificata)
COM(2007) 462 def. — 2007/0166 (COD)
(2008/C 44/09)
Il Consiglio, in data 5 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 153 voti favorevoli, 1 voto contrario e 8 astensioni.
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
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C 44/34 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Relazione sui progressi compiuti nell'uso dei biocarburanti — Relazione sui progressi compiuti nell'uso dei biocarburanti e di altri combustibili provenienti da fonti rinnovabili negli Stati membri dell'Unione europea
COM(2006) 845 def.
(2008/C 44/10)
La Commissione, in data del 10 gennaio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 settembre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore IOZIA.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, 13 voti contrari e 8 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato riserva la più grande attenzione ai temi legati all'efficienza energetica, al cambiamento climatico e alla riduzione dei gas ad effetto serra e condivide in generale le conclusioni del Consiglio europeo di primavera dell'8 e 9 marzo, dove sono stati ribaditi i tre pilastri della politica energetica europea (PEE):
|
1.2. |
Nella relazione sui progressi compiuti in materia di biocarburanti la Commissione rileva che, in assenza di obiettivi obbligatori, non sarà possibile raggiungere una quota soddisfacente di uso di biocarburanti. Poiché è risultato che l'obiettivo di arrivare ad una quota del 5,75 % del mercato nel 2010 non è realizzabile, per rispondere alle esigenze definite dal Consiglio occorre fissare un obiettivo raggiungibile, che secondo la Commissione sarebbe quello di una quota di mercato del 10 % entro il 2020, avvalendosi della facoltà prevista all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/30/CE, detta «clausola del riesame». Curiosamente la Commissione evidenzia i benefici basandosi su uno scenario di utilizzo dei biocarburanti pari al 14 %, mentre l'obiettivo dichiarato è del 10 %, e mostrando risultati non realistici con una sorta di window dressing della comunicazione. |
1.3. |
I biocarburanti di prima generazione presentano molte controindicazioni e non rispondono pienamente agli obiettivi europei. Essi infatti hanno un costo elevato di produzione, un costo elevato ambientale, sottraggono cereali all'alimentazione umana ed animale e, come sostiene la FAO, sono corresponsabili dell'aumento dei prezzi dei cereali sui mercati mondiali. |
1.4. |
L'uso dei biocarburanti di prima generazione pone pertanto dei problemi etici, quali la competizione tra cibo e carburante, che la Commissione sembra minimizzare. Il Comitato sottolinea l'esigenza di una più stretta collaborazione con le istituzioni e le agenzie mondiali che operano nel campo dell'agricoltura e dell'alimentazione, quali appunto la FAO e il PAM (Programma alimentare mondiale). |
1.5. |
Sia nel documento della Commissione che nello studio di impatto collegato, non si riscontrano diversi elementi di criticità che sono invece assai significativi. Per quanto riguarda il biodiesel, si evidenziano in particolare questi problemi:
Per quanto riguarda il bioetanolo, invece, i problemi sono i seguenti:
|
1.6. |
Il Comitato sottolinea l'esigenza che vengano attentamente valutate, accanto agli impatti sociali, ambientali ed economici, anche le problematiche tecniche legate allo sviluppo dei biocarburanti. In particolare, si pone la questione del rendimento produttivo delle materie prime per biocombustibili: da 1 tonnellata di barbabietole si ottengono circa 400 litri di bioetanolo (intorno a 1 500 Mcal). Il rapporto appare poco conveniente, con un basso livello di efficienza, se si considera l'energia necessaria a convertire la biomassa in biocarburanti. Sarebbe molto più funzionale utilizzare la biomassa direttamente per la produzione di energia elettrica, per il riscaldamento, oppure per il trasporto marittimo e per quello pubblico urbano. |
1.7. |
Il Comitato evidenzia che da un punto di vista strettamente ambientale vanno considerati i rischi della deforestazione e quelli relativi allo stoccaggio delle materie prime: occorrerà esaminare con chiarezza e attentamente i problemi biologici e biochimici correlati. |
1.8. |
Il Comitato pone anche un problema di «etica della scienza». Il pianeta Terra è un sistema aperto che inesorabilmente declina verso lo stato di equilibrio, che coinciderà con la sua fine. Il compito della scienza è di rallentare la tendenza alla discesa e quello della politica di agevolare le attività e gli studi correlati. |
1.9. |
Il Comitato raccomanda di procedere ad un'analisi che verifichi nella chimica della combustione con molecole diverse da idrocarburi la possibile formazione e sviluppo di radicali liberi, responsabili dello stress ossidativo, considerato uno stato patologico preliminare a forme di malattia più gravi. Tale raccomandazione è giustificata dalla scarsità di dati disponibili in materia. |
1.10. |
Il Comitato ritiene indispensabile riservare una particolare attenzione alla cura e alla protezione del suolo. Esso va protetto, perché ci protegge. La progressiva diminuzione e il progressivo degrado delle falde acquifere sono causati da politiche dissennate di sfruttamento e impoverimento dei suoli. È essenziale garantire l'alternanza delle colture per favorire la rivitalizzazione dei suoli. |
1.11. |
Il Comitato raccomanda alla Commissione e a tutte le istituzioni europee di tenere in particolare considerazione il problema del consumo di acqua per la produzione dei biocarburanti. Tra i tanti effetti negativi del cambiamento climatico, quello della riduzione delle risorse idriche può diventare drammatico, soprattutto in alcune regioni. Studi recenti svolti dall'IWMI hanno calcolato che per produrre un litro di biocarburanti occorrono da un minimo di 1 000 fino a 4 000 litri di acqua, a seconda del tipo di prodotto e della zona di produzione. |
1.12. |
Fatte salve queste preoccupazioni, che potrebbero diminuire se fossero adottate misure di monitoraggio e di certificazione dei metodi di produzione dei biocarburanti, eventualmente attraverso dei sistemi di tracciabilità dei prodotti, il Comitato ritiene che debbano essere sostenute ulteriormente la ricerca e lo sviluppo dei biocarburanti di seconda e anche di terza generazione come il biobutanolo. Il biobutanolo ha una bassa pressione di vapore e tolleranza alla contaminazione dell'acqua nelle miscele di benzina, che ne facilita l'utilizzo negli attuali canali di rifornimento e di distribuzione della benzina. Il biobutanolo può essere miscelato alla benzina a maggiori concentrazioni rispetto ai biocarburanti esistenti, senza la necessità di modificare i veicoli; inoltre offre un risparmio di carburante più elevato rispetto alle miscele di benzina-etanolo, migliorando così l'efficienza energetica e riducendo il consumo per litro. I carburanti di nuova generazione sono ad alto rendimento energetico e a basso costo ambientale, attraverso l'utilizzo dei rifiuti, della biochimica, per favorire i processi naturali di destrutturazione della cellulosa, che sono complessi e costosi. |
1.13. |
Il Comitato considera anche le opportunità che lo sviluppo dei biocarburanti potrebbe rappresentare per l'economia europea, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi dell'Agenda di Lisbona. Il Settimo programma quadro prevede esplicitamente questo settore di intervento, ma occorre un rapporto più sinergico tra i vari attori interessati: produttori agricoli, industria di trasformazione, ma anche associazioni di tutela dell'ambiente e dei territori, organizzazioni dei lavoratori, sempre più interessate a coniugare i temi dello sviluppo sostenibile con modelli sempre più avanzati di responsabilità sociale delle imprese. |
1.14. |
L'opportunità che il mondo agricolo vede nello sviluppo dei biocarburanti va incoraggiata, a condizione che anche gli agricoltori si impegnino a contribuire alla tutela dei beni primari ambientali e al rispetto delle risorse comuni, quali l'acqua, il cibo per gli esseri umani e per gli animali. Le associazioni agricole hanno la responsabilità di diffondere nel mondo rurale le regole che saranno individuate dalla comunità internazionale per regolare la produzione e il commercio dei biocarburanti. La diffusione delle pratiche di certificazione, di tracciabilità, il controllo della conformità sono i temi su cui ci si attende dalle diverse organizzazioni agricole un contributo determinante, sia a livello europeo che a livello nazionale e locale. Il Comitato è disponibile a sviluppare su questo tema, come anche su altri collegati all'efficienza energetica, alla diminuzione dei gas a effetto serra e al cambiamento climatico, una collaborazione con i CES nazionali: questi ultimi, infatti, già in diverse occasioni hanno mostrato un notevole interesse a tali tematiche e stanno attivamente partecipando all'elaborazione di alcuni pareri del CESE in merito. |
1.15. |
Per quanto riguarda il trattamento fiscale, e in particolare le accise sui biocarburanti, le agevolazioni agli agricoltori, quelle alle industrie dell'automobile per sostenere le necessarie spese di ricerca, quelle ai consumatori per i necessari interventi sulle automobili non predisposte all'utilizzo di biocarburanti, e quelle ai produttori stessi di biocarburanti, è ovvio che la platea dei candidati al sostegno pubblico sia sterminata. In Germania, dove recentemente sono state sensibilmente ridotte le agevolazioni fiscali, si è determinata una immediata contrazione nei consumi e una altrettanto immediata protesta delle industrie. Gli investimenti hanno bisogno di certezze e stabilità, ma i mercati dei biocarburanti sono ancora praticamente inesistenti. Resta comunque acquisito che gli eventuali aiuti non dovranno determinare distorsioni alla concorrenza. |
1.16. |
Per quanto riguarda il settore trasporti, nella proposta esso non risulta sottomesso al sistema delle quote di emissione. Il Comitato raccomanda alla Commissione di studiare la possibilità di estendere il sistema dei certificati di emissione per il trasporto che possono costituire un ulteriore stimolo a migliorare l'efficienza nella ricerca di nuove soluzioni che riducano le emissioni nocive. In uno specifico parere esplorativo, richiesto dal vicepresidente Barrot, il Comitato si accinge a definire un'ipotesi operativa. |
1.17. |
Il Comitato concorda con la risoluzione del Parlamento europeo sulla strategia per la biomassa e per i biocarburanti: in essa il Parlamento invita la Commissione a introdurre una certificazione obbligatoria e completa che consenta la produzione sostenibile di biocarburanti in tutte le fasi, e ad appoggiare lo sviluppo e l'utilizzazione del sistema di monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) per controllare l'utilizzazione del suolo nella produzione di bioetanolo al fine di impedire la distruzione delle foreste pluviali e altre ripercussioni negative sull'ambiente. |
1.18. |
In considerazione dei problemi individuati nel presente parere, il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe riconsiderare costantemente l'obiettivo del 10 % e presentare proposte volte a modificarlo qualora detti problemi non possano essere risolti in maniera soddisfacente e sostenibile. |
2. La comunicazione della Commissione
2.1. |
La Commissione introduce la Relazione sui progressi compiuti nell'uso dei biocarburanti, sottolineando il fatto che per il periodo 2005-2020 per il solo settore dei trasporti è previsto un incremento delle emissioni dei gas ad effetto serra (in questo caso solo CO2) di 77 Mt all'anno, cioè oltre il 60 % del totale dell'incremento delle emissioni, che si prevede dell'ordine di 126 Mt all'anno. |
2.2. |
Un altro fattore critico messo in rilievo è la quasi totale dipendenza del settore dei trasporti dalle importazioni di petrolio, che costituisce la risorsa energetica di maggiore rischio per la sicurezza dell'approvvigionamento. Con un significativo aumento dell'utilizzo dei biocarburanti, tale dipendenza dovrebbe diminuire. |
2.3. |
I benefici dello sviluppo dei biocarburanti in materia di riduzione dei gas ad effetto serra non si verificano però quando, per produrli, si convertono ad esempio colture già esistenti o si utilizzano terreni che presentano una particolare ricchezza di biodiversità, come le foreste pluviali. |
2.4. |
Nel 2001 la quota di biocarburanti sul mercato era dello 0,3 % e solo 5 Stati membri avevano un'esperienza dell'uso di tale combustibile. La direttiva 2003/30/CE non ha posto obblighi vincolanti, ma ha indicato un obiettivo per il 2010 (pari al 5,75 % del mercato della benzina e del gasolio da autotrazione) e un obiettivo intermedio per il 2005 (pari al 2 %). |
2.5. |
La stessa direttiva, tuttavia, con la specifica clausola di riesame prevista all'articolo 4, paragrafo 2, consente alla Commissione, nel caso di significativi e non giustificati scostamenti dall'obiettivo del 2 %, di presentare una proposta di obiettivi nazionali obbligatori. |
2.6. |
La politica agricola comune ha un ruolo fondamentale in materia, in particolare dopo la riforma del 2003 che, scindendo i pagamenti effettuati agli agricoltori dalle colture da essi prodotte, ha consentito un riutilizzo di terreni ritirati dalla produzione verso colture non alimentari, destinate in molti casi alla produzione di biocarburanti. |
2.7. |
Nel 2007 sarà corrisposto un premio per le colture cosiddette «energetiche», che si affiancherà alle politiche di incentivazione della produzione di energia dal legno e ai sostegni nell'ambito della politica di sviluppo rurale alle energie rinnovabili (1). |
2.8. |
Lo sviluppo dell'utilizzo dei biocarburanti è stato significativo, ma solo due paesi hanno raggiunto gli obiettivi: questo ha comportato nel 2005 un risultato complessivo dell'1 %, con una quota dell'1,6 % nel caso del biodiesel e dello 0,4 % nel caso del bioetanolo. Sulla base di queste premesse la Commissione conclude che nel 2010 l'obiettivo del 5,75 % non sarà realizzato. |
2.9. |
L'esperienza ha dimostrato che risultati concreti sono stati raggiunti sia attraverso politiche di incentivazione fiscale, senza fissare limiti quantitativi ammessi, sia attraverso obblighi fatti ai fornitori di commercializzare, sul totale dei carburanti, una data percentuale di biocarburanti. La Commissione ritiene che questi obblighi siano la metodologia più efficace. |
2.10. |
Nella comunicazione, la Commissione ha affermato che: «È urgente ed imperativo che l'Unione europea invii un chiaro segnale della propria determinazione a ridurre la dipendenza dal petrolio nel settore dei trasporti». Essa ritiene che l'unica via praticabile sia il ricorso ai biocarburanti, i quali costituiscono una «polizza assicurativa» contro gli alti prezzi del petrolio. |
2.11. |
Per avere un peso credibile nei confronti dei produttori di petrolio, che nel mercato dell'UE vendono 300 Mt per il solo settore dei trasporti, il segnale deve però assumere la forma di obiettivi giuridicamente vincolanti. |
2.12. |
Promuovere la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie congiuntamente nei 27 Stati membri è una strategia che ha maggiori probabilità di successo. Un obiettivo raggiungibile è quello di fissare per i biocarburanti una quota del 10 % del mercato entro il 2020. |
2.13. |
Un quadro normativo certo, con ridotti oneri amministrativi, e l'individuazione di obiettivi intermedi, come ad esempio il 2015, sono essenziali per consentire alle imprese automobilistiche di adeguare la loro progettazione. |
2.14. |
Nell'analisi di impatto economico e ambientale vengono ipotizzati diversi scenari, collegati da una parte all'andamento del prezzo del petrolio, alle importazioni e alla competitività dei prezzi agricoli, e dall'altra allo sviluppo di nuove tecnologie in grado di far decollare lo sviluppo dei biocarburanti di «seconda generazione», che aiuterebbero a diminuire il costo ambientale. |
2.15. |
Sotto il profilo dei costi, un'ipotesi di crescita dell'utilizzo dei biocarburanti al 14 % dovrebbe determinare nel 2020 un aggravio compreso tra 11,5 e 17,2 miliardi di euro (con il prezzo del barile intorno ai 48 dollari USA) e tra 5,2 e 11,4 miliardi di euro (con il prezzo del barile a 70 dollari USA). Il punto di equilibrio per il biodiesel e il bioetanolo si raggiunge con prezzi del barile compresi rispettivamente tra 69-76 e 63-85 euro (Ndr: 92,76-102,18 e 84,76-114,28 USD/b, al cambio — al 25.5.2007 — di 1,3444 USD per 1 euro). |
2.16. |
Sempre secondo lo scenario di una quota di biocarburanti del 14 % nel 2020, la riduzione del costo per lo stoccaggio di riserve porterebbe a risparmi fino a 1 miliardo di euro (Ndr: 720 milioni secondo lo scenario al 10 %). La soluzione migliore sarebbe un mix di approvvigionamento da paesi terzi e da paesi comunitari, accanto all'auspicata commercializzazione dei biocarburanti di seconda generazione. |
2.17. |
Lo scenario suddetto avrebbe degli effetti positivi sia sull'occupazione, con un aumento di 144 000 unità (o 100 000 unità secondo lo scenario al 10 % — Ndr) nel caso di una produzione di bioetanolo soprattutto interna, sia sul PIL comunitario (crescita dello 0,23 %). Gli effetti positivi dei risultati della ricerca, in particolare in materia di biocarburanti di seconda generazione, potrebbero infine mantenere alta la competitività nel campo delle energie rinnovabili. |
2.18. |
La Commissione calcola che producendo i biocarburanti con le tecniche migliori ed economicamente più vantaggiose attualmente disponibili, la riduzione dei gas ad effetto serra si aggiri, secondo il metodo di calcolo «dal pozzo alla ruota», tra il 35 % e il 50 %. L'etanolo derivato dalla canna da zucchero in Brasile riduce tali emissioni del 90 % mentre il biodiesel prodotto dall'olio di palma e dalla soia determina delle riduzioni, rispettivamente, del 50 % e del 30 %. Dal canto suo, la produzione di biocarburanti di seconda generazione dovrebbe determinare riduzioni del 90 %. Sempre secondo lo scenario del 14 %, le emissioni di gas serra, dovrebbero attestarsi intorno a 101-103 Mt CO2eq (71-75 Mt CO2eq secondo lo scenario al 10 % — Ndr). |
2.19. |
Per quanto riguarda l'impatto ambientale nella comunicazione viene stimato che una quota di biocarburanti del 14 % sia gestibile, sempre che la produzione non avvenga su terreni inadeguati, quale foreste pluviali o habitat di elevato valore ambientale. |
2.20. |
La Commissione conclude la sua relazione sostenendo che con uno sviluppo dei biocarburanti ci saranno notevoli benefici in termini di emissioni di gas serra e la sicurezza dell'approvvigionamento aumenterà. Attraverso una politica mirata di incentivi/sostegni, dovrebbero essere scongiurati i rischi di utilizzo di terreni ad elevata biodiversità o di uso di sistemi nocivi per la produzione di biocarburanti, favorendo invece lo sviluppo di quelli di seconda generazione. |
2.21. |
Per realizzare gli obiettivi proposti sarà necessario:
|
2.22. |
La Commissione propone infine di rivedere la direttiva sui biocarburanti, di fissare al 10 % gli obiettivi minimi per la quota di biocarburanti nel 2020 e infine di garantire l'uso di biocarburanti efficienti e rispettosi dell'ambiente. |
3. I biocarburanti: alcuni elementi tecnici
3.1. |
Il biodiesel si ottiene dalla spremitura di semi oleaginosi di colza, soia o girasole e da una reazione detta di transesterificazione, che determina la sostituzione dei componenti alcolici di origine (glicerolo) con alcool metilico (metanolo). Il bioetanolo è un alcool (etanolo o alcool etilico) ottenuto mediante un processo di fermentazione di diversi prodotti agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri quali cereali (mais, sorgo, frumento, orzo), colture zuccherine (bietola e canna da zucchero), frutta, patata e vinacce. Sono considerati biocarburanti anche i prodotti ottenuti per combinazione chimica di molecole di origine biologica con molecole di origine fossile. L'esempio principale è costituito dall'ETBE, etere etilterbutilico, ottenuto per reazione da bioetanolo e isobutene. |
3.2. |
L'etanolo presenta le caratteristiche di un eccellente carburante: ha un numero di ottani elevato e può essere miscelato (E5, E10) senza apportare importanti modifiche al motore, anche se per un impiego più consistente (E85) sono invece necessari motori dedicati. |
3.3. |
Le principali criticità dell'impiego dell'etanolo sono legate alla sua miscelazione con la benzina. Anche per modeste percentuali di etanolo, infatti, aumenta in misura significativa la tensione di vapore (circa 10 kPa) e quindi le emissioni evaporative. L'affinità dell'etanolo con l'acqua può generare problemi nella qualità del prodotto finale. Occorre evitare la miscelazione di una comune benzina idrocarburica con una benzina contenente etanolo, impiegando per quest'ultima una catena logistico-distributiva separata. |
3.4. |
Il biodiesel può essere impiegato nei motori diesel in miscela con il gasolio. Nei paesi europei viene comunemente miscelato in una percentuale fino al 5 % (B5) in gasolio di qualità standard e la miscela non presenta problemi di compatibilità. Un gasolio con un elevato contenuto di biodiesel (più dell'8-10 %) può causare inconvenienti su veicoli con guarnizioni in materiale polimerico non compatibile. I problemi più significativi si riscontrano nei filtri per i particolati e le polveri sottili, che dovrebbero subire profonde e costose modifiche. Per questo motivo, mentre alcuni costruttori hanno già adeguato le caratteristiche dei veicoli, altri limitano il mantenimento delle garanzie alle miscele B5. Le caratteristiche di igroscopicità, detergenza e scarsa stabilità allo stoccaggio possono richiedere, per le miscele in percentuali elevate, particolari attenzioni a livello di veicoli e nel sistema distributivo del prodotto. |
3.5. |
La Commissione affronta con argomenti convincenti la necessità di sostenere con maggiore determinazione lo sviluppo dei biocarburanti. Realisticamente, essa non considera in futuro la possibilità di sostituire l'attuale produzione di benzina (pari nel 2004, a livello globale, a 1,2 miliardi t) interamente con biocombustibili (46 milioni t nel 2005, di cui 3 nell'UE, come esposto nella seguente tabella), ma punta ad integrare, in poco più di 13 anni, gli attuali carburanti con una quota di biocarburanti pari almeno al 10 %, attraverso l'adozione di una direttiva e la fissazione di obiettivi per ogni singolo Stato membro.
|
3.6. |
L'idrogeno, già utilizzato — almeno a livello sperimentale — come vettore energetico da alcune case automobilistiche europee, viene ancora essenzialmente prodotto o per elettrolisi, oppure estraendolo dal gas naturale o da altri combustibili fossili. Il suo uso non consentirebbe dunque alcuna riduzione dei gas effetto serra. Nonostante il recente sviluppo della ricerca per produrre idrogeno dalla biomassa, anche con l'ausilio della biotecnologia, oppure da fonti rinnovabili, la possibile diffusione e commercializzazione di automobili ad idrogeno è condizionata anche dai costi importanti connessi con l'acquisto delle celle a combustibile. Perché l'idrogeno diventi un'alternativa energetica economicamente praticabile è necessario però che i costi di produzione vengano abbattuti. Una ricerca in atto alla University of New South Wales prospetta la possibilità di raggiungere questo obiettivo utilizzando particolari pannelli solari fatti di ceramiche di ossido di titanio. Il titanio è una scelta molto diffusa nel campo dell'idrogeno solare in quanto ha le giuste proprietà di semiconduttore ed è resistente all'acqua: allo stato naturale, tuttavia, se non viene modificato, non è ancora abbastanza efficace. |
4. Osservazioni generali
Alcune criticità
4.1. |
La Commissione accanto all'illustrazione dei possibili vantaggi, evita di evidenziare i problemi e le criticità connesse allo sviluppo dei biocarburanti, anche se formula ogni tanto alcuni avvertimenti. Il Comitato ritiene, invece, che occorra analizzare bene e con attenzione la proposta della Commissione, per evitare che per risolvere un problema se ne creino altri più seri, o che non vengano messi in luce, accanto ai pro, anche i contro. È singolare il fatto che per valorizzare i benefici della proposta si assuma come ipotesi uno scenario irrealistico, vale a dire quello di raggiungere entro il 2020 una quota del 14 %! I benefici, nell'ipotesi di realizzare l'obiettivo del 10 %, sono oggettivamente più modesti. |
4.2. |
Sia nel documento della Commissione che nello studio di impatto collegato, non si riscontrano alcuni significativi elementi di criticità. In generale, ad esempio, lo smaltimento dei materiali di scarto della produzione di biocarburanti deve essere attualizzato e valutato alla luce dei moderni sistemi di biofuel cell e delle tecnologie elettroniche collegate alla produzione. |
4.3. |
Per quanto riguarda il biodiesel, si evidenziano in particolare i problemi seguenti:
|
4.4. |
Per quanto riguarda il bioetanolo, invece, si riscontrano i seguenti:
Le opportunità dall'altra parte, riguardano la possibilità di aumentare il ciclo delle colture, alternando a quelle tradizionali, alimentari, sia per gli umani che per gli animali, altre colture specifiche, destinate alla produzione di biomassa da destinare alla produzione energetica. È importante che questo si sviluppi con particolare attenzione rivolta alle produzioni regionali. Le produzioni europee si riferiscono, comunque, ai regolamenti in materia di protezione dei suoli e di utilizzo dei fertilizzanti. |
4.5. |
I biocombustibili richiedono colture idonee, sviluppate in grande quantità. Impongono dunque di sacrificare ad esse altre colture necessarie a soddisfare l'esigenza dei paesi più poveri di ottenere derrate a costi quanto più contenuti possibile. L'ipotesi di ricorrere alla cellulosa quale base per ottenere biocarburanti è certamente interessante: occorre però ricordare che la produzione richiede in via preliminare un trattamento chimico-fisico (una sorte di esplosione della massa) per renderla reattiva al processo di biotrasformazione. Va poi evidenziato il problema dei residui e dei catalizzatori usati, che aggravano la questione dello smaltimento dei rifiuti a valle di tali processi. |
4.6. |
Per un impiego su larga scala si potrebbe ipotizzare di usare come combustibile il glicerolo, grezzo, puro o in miscela con altri combustibili. Tra gli inconvenienti di questa alternativa bisogna però annoverare il costo del glicerolo, se utilizzato puro, il costo del processo se si utilizza glicerolo grezzo, il modesto potere calorico e in tutti i casi la necessità di abbattere le sostanze tossiche che si formano durante la combustione (principalmente acroleina nota anche come aldeide acrilica). |
4.7. |
Un altro approccio potrebbe basarsi sulla modificazione genetica di alcuni organismi preposti a rendere alcune colture particolarmente idonee al processo di biotrasformazione, con accresciuti livelli di rendimento e quindi ridotti consumi energetici di produzione. L'ingegneria genetica potrebbe essere anche utilizzata per modificare organismi capaci di agevolare l'impiego della cellulosa. |
4.8. |
Da un punto di vista tecnico si pone altresì la questione del rendimento produttivo delle materie prime per biocombustibili. Si ricorda ad esempio che da 1 tonnellata di barbabietola si ottengono circa 400 litri di bioetanolo (intorno a 1 500 Mcal). È sufficiente tale rapporto per un bilancio complessivamente positivo, tenuto conto dei possibili rischi e svantaggi che derivano all'ambiente dall'adozione di tale forma di energia? |
4.9. |
Un altro punto da non sottovalutare riguarda da un lato i processi estrattivi e la loro selettività e dall'altro quelli fermentativi, che sono relativamente costosi se realizzati con la dovuta attenzione alla qualità del prodotto finito ottenuto. D'altra parte, l'eventuale presenza di impurezze nel combustibile potrebbe produrre, al momento del suo impiego, dei danni economici assai superiori ai suoi vantaggi dal punto di vista delle reazioni secondarie, della qualità del combustibile ottenuto nonché delle caratteristiche degli scarti e residui prodotti. |
La difesa dell'ambiente
4.10. |
Da un punto di vista strettamente ambientale vanno poi considerati i rischi della deforestazione (come sta avvenendo in Malaysia e Indonesia, per la produzione di olio di palma, o in Malawi e in Uganda per lo sviluppo della Jatropha in aree dedicate alla produzione alimentare o in aree particolarmente pregiate di foresta pluviale) e quelli relativi allo stoccaggio delle materie prime. Occorrerà affrontare con la massima attenzione e chiarezza i problemi biologici e biochimici correlati. |
4.11. |
C'è poi un risvolto «etico» che dovrebbe essere ulteriormente valutato: la competizione tra cibo e carburante. Il prezzo delle materie prime nobili quali grano, mais o riso sta inesorabilmente aumentando a causa della crescente domanda delle «distillerie» di biocarburanti (Rapporto FAO e PAM 2007). Il prezzo delle tortilla in Messico è aumentato del 60 %, causando notevoli disordini e manifestazioni di protesta. In Cina la crescita del prezzo della soia sta portando in alto il prezzo della carne, che è aumentata del 43 % dall'inizio dell'anno, e quello delle uova, che sono aumentate del 16 %. Il granturco è aumentato del 40 %, l'avena del 20 %. In India i listini dei cereali sono più cari del 10 % e il grano è cresciuto dell'11 %. Anche gli USA, secondo il loro Dipartimento dell'agricoltura, vedranno aumenti dell'ordine del 10 % per il pollame e del 21 % per le uova, mentre il latte costerà più caro del 14 %. In futuro, se il valore dei cereali come carburante supererà il loro valore come cibo, il mercato si rivolgerà all'economia dell'energia. E il prezzo del cibo crescerà con quello del petrolio, aumentando il rischio di penuria alimentare anche a livello europeo. |
4.12. |
La crescita degli impianti (solo negli USA sono in costruzione altre 79 fabbriche, che si aggiungono alle attuali 116 in produzione) porterà ad un incremento esponenziale dei consumi di cereali, valutato dall'EPI (Earth Policy Institute) in circa 139 milioni di tonnellate, il doppio della stima del Dipartimento dell'agricoltura americano. Se pensiamo che la resa è di 110 galloni di etanolo (416,19 litri: poco più di quattro pieni per un SUV) per ogni tonnellata di mais, allora la questione assume risvolti realmente preoccupanti. |
4.13. |
Il Comitato ha inoltre sottolineato, in un recente parere (2), l'esigenza di salvaguardare la biodiversità e in particolare le foreste pluviali, che non solo ospitano una fauna altrimenti condannata irrimediabilmente alla scomparsa, ma che sono anche l'unico ed estremo polmone del pianeta. Le colture intensive di canna da zucchero in Brasile e di palma in Malesia e Indonesia, che giornalmente sacrificano centinaia di ettari di foresta a favore di coltivazioni monocolturali, devono essere fermate. |
4.14. |
Esiste anche un problema di «etica della scienza». Il pianeta Terra è un sistema aperto che inesorabilmente declina verso lo stato di equilibrio, che coinciderà con la sua fine. Il compito della scienza è di rallentare la tendenza alla discesa e quello della politica di agevolare le attività e gli studi correlati. |
4.15. |
Vanno con chiarezza individuati i costi: non solo quelli economici, ma anche quelli collegati all'ambiente e alla salute. Occorre compiere sforzi significativi per valutare e studiare al meglio gli impatti. |
4.16. |
Per quanto riguarda la chimica della combustione con molecole diverse da idrocarburi, va esaminata con cura la possibile formazione e sviluppo, a causa dello stress ossidativo dei processi, di radicali liberi (vale a dire una delle cause principali delle malattie oncologiche). Non si hanno infatti a tutt'oggi dati certi sul loro possibile aumento in relazione alla fabbricazione dei biocarburanti. |
4.17. |
Fondamentale è la cura e la protezione del suolo. Esso va protetto, perché ci protegge. La progressiva diminuzione e il progressivo degrado delle falde acquifere sono causati da politiche dissennate di sfruttamento e impoverimento dei suoli. L'alternanza delle colture dovrà essere garantita, per favorire la rivitalizzazione dei suoli. |
La sicurezza alimentare
4.18. |
Per quanto riguarda la sicurezza alimentare, il competente comitato della FAO ha dedicato a questo tema, nel corso della 33a sessione tenutasi a Roma dal 7 al 10 maggio 2007, un importante capitolo, al punto 45 del suo rapporto, ove dice che: «La bioenergia offre contemporaneamente opportunità e rischi per ognuna delle quattro dimensioni della sicurezza alimentare: disponibilità, accesso, stabilità ed utilizzo. Le implicazioni sulla sicurezza alimentare della bioenergia saranno influenzate dalla scala e dal tipo di sistema che saranno presi in considerazione, dalla struttura dei mercati dell'energia e delle materie prime, dalle scelte politiche nelle aree dell'agricoltura, dell'energia, dell'ambiente e del commercio. I cambiamenti tecnologici nel settore delle bioenergia stanno intervenendo velocemente e rappresentano un ulteriore elemento importante di incertezza nel campo della sicurezza alimentare». |
4.19. |
Nello stesso rapporto la FAO sottolinea come: «il prezzo dei cereali sia cresciuto enormemente nel 2006, in particolare per quanto riguarda grano e mais, che a novembre hanno raggiunto livelli mai visti negli ultimi dieci anni. Raccolti scarsi nei principali paesi produttori, associati con una veloce e crescente domanda per la produzione di biocarburanti, sono stati i principali fattori dei mercati cerealicoli. Anche il settore del riso è stato caratterizzato da una diminuzione dell'offerta». |
4.20. |
Anche la Cina ha recentemente preso provvedimenti per ridurre la produzione di etanolo dal mais, come riportato da Asia Times Online del 21 dicembre 2006. «Per la Cina, la cosa più importante è provvedere a nutrire i suoi 1,3 miliardi di abitanti; solo dopo avere raggiunto questo obiettivo, sosterremo la produzione di biocarburanti», ha dichiarato Wang Xiaobing, dirigente del ministero dell'Agricoltura cinese. |
4.21. |
In Italia il 20 luglio 2007 è stato pubblicato un articolo su La Repubblica intitolato. «È guerra tra ecobenzina e spaghetti» Boom del granturco per i biocarburanti e la pasta rincarerà del 20 %. Il prezzo del grano duro, principale componente per la pasta italiana è cresciuto di oltre il 30 %, dopo che gli agricoltori hanno dismesso questa coltivazione per passare al mais da destinare al bioetanolo. Il Bushel (27 kg) di grano alla borsa di Chicago è passato da 3,6404 USD del 3 aprile 2007 ai 5,64 USD del 14 giugno scorso. Gli italiani sono molto sensibili a queste variazioni di prezzo, essendo i primi consumatori al mondo, con 28 kg pro capite annui ed anche i primi produttori con 3,2 milioni di tonnellate. |
L'acqua
4.22. |
Un altro problema fino ad oggi trascurato è il consumo di acqua necessario per la produzione dei biocarburanti. Alcune recentissime ricerche dell'International Water Management Institute (IWMI), pubblicate il 10 maggio 2007, hanno rilevato che ad esempio nello Sri Lanka per produrre un litro di etanolo sono necessari dai 1 000 ai 4 000 litri di acqua, in funzione del tipo di pianta e delle tecniche di produzione utilizzate. In Brasile si calcola che occorrono 2 200 litri di acqua per produrre un litro di etanolo, mentre in India, dato che in assenza delle abbondanti piogge brasiliane si deve ricorrere all'irrigazione, per lo stesso litro di etanolo occorrono 3 500 litri di acque irrigue! Questi dati sono confermati dal The Unesco-IHE Institute for Water Education, istituto internazionale di Delft, che collabora con la locale Università, fondato nel 2003, e da recenti studi dell'Università del Colorado, facoltà di agraria, che sta mettendo a punto speciali qualità di mais che richiedono minori quantità di acqua. I dati riportati sono anche visibili sul sito www.waterfootprint.org |
4.23. |
In Europa il problema dell'acqua riguarda in particolare le regioni del Sud, che soffrono già da molti anni di penuria idrica e che, a causa dell'aumento della temperatura e della conseguente evaporazione, avranno ulteriori problemi, mentre, almeno per ora, tale questione non sembra interessare le regioni del Nord. |
I costi
4.24. |
La tabella che segue (presentata dall'ing. Mario Marchionna dell'ENI in un recente convegno organizzato dall'AIDIC-Associazione italiana di ingegneria chimica) mostra il confronto di costi tra carburanti fossili e biocarburanti, a parità di energia. |
Confronti di costo fra componenti di biofuel
(a parità di energia)
Prezzo di riferimento: Brent = 70 (56) USD/bl
Carburante |
€¢/lt equivalente |
Benzina (3) |
39 (31) |
Bio-etanolo |
|
EU |
75 |
Brasile |
39 |
USA |
47 |
Italia (Val Padana) |
70-75 |
Gasolio (4) |
46 (37) |
Bio-Diesel |
|
EU |
78 |
Malesia |
48 |
USA |
60 |
Italia |
78 |
4.25. |
La Commissione valuta che per produrre all'interno dell'UE la quantità di biocarburanti necessaria a raggiungere la quota del 10 % nel 2020 sarebbero necessari 18 milioni di ettari coltivabili, e in particolare:
|
Vantaggi per i paesi poveri?
4.26. |
La Commissione dichiara che lo sviluppo dell'utilizzo dei biocarburanti potrà arrecare notevoli benefici, in particolare ai paesi in via di sviluppo, che potranno incrementare le loro produzioni destinate all'esportazione. Gli agricoltori africani, però, esprimono delle preoccupazioni in relazione al ritorno economico degli investimenti finora effettuati. Il giornale African Agriculture pubblica nel suo numero del maggio 2007 un articolo dedicato alla Jatropha (che è un arbusto da cui si ricavano semi oleaginosi tossici per l'uomo ma che producono un biodiesel di discreta qualità e non hanno bisogno di particolari cure). Nell'articolo, intitolato appunto L'eccitazione per la Jatropha è un miraggio? si esprimono forti interrogativi. |
4.27 |
Anche le associazioni ambientaliste africane fanno sentire la loro voce, come riporta il settimanale The East African Business (giornale on line pubblicato dal principale gruppo editoriale keniota, Nation Media Group) nel suo numero del 7 maggio 2007. In Uganda la deforestazione cresce del 2,2 % all'anno, a fronte di una media mondiale dello 0,2 % annui: a questo ritmo, il paese rischia di essere completamente deforestato entro il 2040. Si è così costituito un gruppo di attivisti della società civile, che hanno formato la coalizione «Save Mabira», dal nome della foresta che il governo ugandese ha deciso di consegnare alla Sugar Corporation of Uganda Ltd per avere più terra per coltivare la canna da zucchero destinata al bioetanolo. Un quarto della foresta vergine più grande del paese, cioè 7 100 ettari, saranno sacrificati per realizzare qualche tonnellata di bioetanolo, magari destinate proprio agli autobus ecologici europei! |
4.28. |
La Commissione non dice praticamente nulla a questo proposito, dichiarando solo di sfuggita che occorre contrastare in qualche modo sia l'utilizzo di colture destinate alla produzione di cibo sia lo sfruttamento di terreni ad alto valore naturalistico, affidando la soluzione a politiche di disincentivo economico. Francamente, in questo contesto il coraggio della Commissione è proprio difficile da scorgere. Il Comitato esprime una forte preoccupazione per questi rischi ambientali, che saranno inevitabilmente accompagnati da una proliferazione di colture OGM che, se utilizzate per questi fini potrebbero sembrare più accettabili. Il rischio di propagazione degli OGM è reale, e solo al termine di tutto l'iter di approfondimento scientifico sulla loro pericolosità, e salvaguardando comunque la biodiversità che resta nell'UE, si potrà valutare l'opportunità di un loro utilizzo. |
4.29. |
Il Comitato ritiene indispensabile rafforzare la cooperazione con gli organismi internazionali che si occupano di lotta alla fame nel mondo, segnatamente la FAO e il PAM (il Programma alimentare mondiale); esso si rammarica che nel procedere alla valutazione d'impatto la Commissione non abbia ritenuto opportuno entrare in contatto con queste Agenzie internazionali, che stanno lavorando seriamente sul tema, senza nascondere tutte le difficoltà e i rischi connessi allo sviluppo dei biocarburanti, con particolare riferimento al consumo delle risorse idriche. |
Il Consiglio europeo
4.30. |
Il Comitato prende atto delle conclusioni del Consiglio di primavera dell'8 e 9 marzo 2007, nel quale ampio spazio è stato dato alla Politica energetica europea (PEE), i cui tre obiettivi principali sono:
|
4.31. |
Il Consiglio europeo sostiene e fa proprie le proposte della Commissione in materia energetica in generale, e sui biocarburanti in particolare, anche se la formula che esso impiega in relazione all'obbligo del 10 % lascia molti spazi di dubbio: «Il carattere vincolante di questo obiettivo risulta adeguato, fatte salve una produzione sostenibile, la reperibilità sul mercato di biocarburanti di seconda generazione e la conseguente modifica della direttiva sulla qualità dei carburanti, per consentire livelli di miscelazione adeguati». |
4.32. |
Sarà estremamente importante capire come questi limiti posti alla obbligatorietà potranno essere effettivamente utilizzati dai paesi membri. In particolare il riferimento alla disponibilità sul mercato di biocarburanti di seconda generazione appare, ad oggi, oggettivamente problematica. La conversione degli attuali stabilimenti industriali, di quelli in fase avanzata di costruzione e di quelli che sono previsti nei prossimi anni, che producono biocarburanti di prima generazione con processi molto diversi da quelli necessari per seconda generazione è molto costosa. Ciò vuol dire che se non ci sarà tale disponibilità verrà meno anche il carattere vincolante della decisione del Consiglio. Per quanto riguarda la sostenibilità, accanto alle esistenti direttive, occorrerà emanare ulteriori atti legislativi europei per garantire che le produzioni di biomassa rispondano strettamente ai requisiti fissati e che le produzioni riservate ai biocarburanti non entrino in competizione con quelle riservate all'alimentazione umana ed animale. Per quanto riguarda i cambiamenti necessari alla direttiva sulla qualità dei carburanti, la procedura è piuttosto complessa e dovranno occuparsene gli organismi di normazione, segnatamente il CEN che analizzi i problemi connessi con le specifiche tecniche. |
I biocarburanti di seconda generazione
4.33. |
Per quanto riguarda i biocarburanti di seconda generazione, sono già possibili alcune soluzioni per la produzione di etanolo, sia attraverso un processo biologico di fermentazione e distillazione, sia attraverso un processo termochimico di gassificazione della biomassa per l'ottenimento di syngas (H2 e CO), il quale per fermentazione produce etanolo e genera energia attraverso un ciclo combinato o cogenerazione. Un primo impianto con una capacità di 180 000 t/a sarà operativo a partire da quest'anno a Porvoo in Finlandia ed un altro è stato programmato, sempre nella stessa località, per la fine del 2008. Tali processi, però, hanno rendimenti energetici molto bassi, se non negativi, come avviene in qualche caso. Da qui la possibilità indagata di realizzarli per via fotochimica, sfruttando la luce solare come fonte energetica ed opportuni catalizzatori capaci di esaltarne le proprietà. Una possibile soluzione per i biocarburanti di nuova generazione è costituita dal biobutanolo. Il biobutanolo ha una bassa pressione di vapore e tolleranza alla contaminazione dell'acqua nelle miscele di benzina, che ne facilita l'utilizzo negli attuali canali di rifornimento e di distribuzione della benzina. Il biobutanolo può essere miscelato alla benzina a maggiori concentrazioni rispetto ai biocarburanti esistenti, senza la necessità di modificare i veicoli; inoltre offre un risparmio di carburante più elevato rispetto alle miscele di benzina-etanolo, migliorando così l'efficienza energetica e riducendo il consumo per litro. Il biobutanolo può essere prodotto utilizzando la filiera e gli impianti produttivi del bioetanolo. |
4.34. |
Il Settimo programma quadro ha destinato risorse importanti per lo sviluppo di queste tecnologie, che hanno caratteristiche molto interessanti e producono biocarburanti «puliti», i quali:
Il Comitato ritiene che l'Europa debba assegnare maggiori risorse finanziarie alla ricerca sui biocarburanti di seconda generazione. |
5. Osservazioni specifiche
5.1. |
Il Comitato condivide gli obiettivi della PEE, ma sottolinea che per conseguirli occorre reperire i finanziamenti necessari agli investimenti, coinvolgendo le istituzioni finanziarie europee. |
5.2. |
Il Comitato ritiene necessario riservare una particolare attenzione alla ricerca nel settore dei biocarburanti, in particolare a quelli di seconda generazione, senza tuttavia sacrificare altre possibilità, come quella connessa con lo sviluppo dell'idrogeno solare o derivato dal trattamento delle biomasse. |
5.3. |
Il Comitato raccomanda in particolare il rispetto della biodiversità e l'utilizzo esclusivo di colture «no food» per i biocarburanti, per annullare il rischio di una competizione tra cibo e carburanti, dato che esistono ancora milioni di esseri umani che non hanno cibo a sufficienza e muoiono di fame. Il citato rapporto FAO afferma infatti nelle sue conclusioni: «Il fatto che nel mondo restano ancora 854 milioni di esseri umani denutriti riflette gli insufficienti progressi compiuti verso gli obiettivi del World Food Summit e del Millennium Development Goals. Mentre molti paesi, specialmente nell'Africa sub-sahariana, mostrano di avere un potenziale per ridurre il numero dei loro cittadini che soffrono la fame, queste possibilità sono minacciate dalla crescita dei prezzi dei generi alimentari, dalla possibile diminuzione dell'offerta sui mercati cerealicoli, dai conflitti, dalle malattie e dal cambiamento climatico». Secondo gli studiosi americani Ford Runge e Benjamin Senauer dell'Università del Minnesota sulla base dell'evoluzione dei prezzi dei cereali per uso alimentare, il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo, invece di scendere a 600 milioni nel 2025, come ci si aspettava, sarà del doppio, 1 miliardo e 200 milioni! |
5.4. |
Al fine di realizzare gli obiettivi di tutela ambientale e riduzione delle emissioni serra, di ottimizzazione dei consumi energetici e impiego di energie alternative, di autonomia energetica e di sicurezza negli approvvigionamenti, il Comitato suggerisce di applicare un trattamento diversificato (incentivazioni fiscali, amministrative, ecc.) per quei prodotti che più di altri contribuiscono sensibilmente a questi obiettivi. |
5.5. |
Il Comitato considera che allo stato attuale le tecnologie esistenti richiedono un consumo di energia, di acqua e di territorio molto elevati (la resa per ettaro è tale che se un terzo dell'intera superficie italiana fosse riservata alla coltivazione di colza si otterrebbe una quantità di biodiesel sufficiente a sostituire solo il 10 % dei consumi totali di prodotti petroliferi nel paese e il 40 % dei consumi di gasolio per autotrazione). |
5.6. |
Il Comitato ritiene che la proposta di nuova direttiva debba essere accompagnata da un importante e ampio processo di valutazione economica ambientale e sociale; esso considera che, almeno in questa fase, tale processo non appare così strutturato come l'argomento meriterebbe. |
5.7. |
È fondamentale, per non vanificare gli effetti della lotta all'inquinamento, ottenere i biocarburanti con prodotti agricoli nazionali a «chilometri zero». Non devono essere trasportati tra i diversi paesi per lunghe distanze, con un conseguente consumo di combustibili fossili. Il problema di recuperare energia dai residui agroalimentari è correlato sia ad una grande dispersione di questi sul territorio, che comporterebbe una costosa movimentazione verso centri di trattamento, sia ad un notevole loro contenuto di acqua che comporta volumi elevati da trattare. Per queste ragioni il trattamento di tali biomasse dovrebbe essere preferenzialmente fatto in situ. |
5.8. |
Il Comitato ritiene che sia opportuno sostenere la ricerca delle tecnologie collegate alle biofuel cell, cioè le celle a combustibile biologico che utilizzano biocatalizzatori per convertire energia chimica in energia elettrica. Tale processo, ai fini della produzione di energia attraverso queste celle, consente di recuperare tutti gli elettroni che la pianta, dalla quale deriva la biomassa, ha accumulato nel processo di fotosintesi (24 elettroni per ogni molecola di glucosio ossidata a CO2 ed acqua). |
5.9. |
Il Comitato condivide le valutazioni del Parlamento europeo che nella risoluzione sulla strategia per la biomassa e i biocarburanti, approvata a Strasburgo il 14 dicembre 2006, evidenziava nei suoi «considerando» che «il settore dei trasporti, pur essendo responsabile di oltre il 20 % delle emissioni di gas a effetto serra, non è incluso nel meccanismo del commercio delle emissioni …». A questo fine il Comitato raccomanda alla Commissione di esaminare la possibilità di estendere l'applicazione del modello dei certificati bianchi al settore automobilistico. |
5.10. |
Nella stessa risoluzione il Parlamento europeo: «invita la Commissione a introdurre una certificazione obbligatoria e completa che consenta la produzione sostenibile di biocarburanti in tutte le fasi, comprendente norme per le fasi di coltivazione e trasformazione nonché per il bilancio dei gas a effetto serra nel corso dell'intero ciclo di vita, che si applichi sia ai carburanti prodotti all'interno dell'Unione europea che a quelli importati; e ad appoggiare lo sviluppo e l'utilizzazione del sistema di monitoraggio globale per l'ambiente e la sicurezza (GMES) per controllare l'utilizzazione del suolo nella produzione di bioetanolo al fine di impedire la distruzione delle foreste pluviali e altre ripercussioni negative sull'ambiente». Il Comitato condivide e sostiene le proposte del Parlamento europeo. |
5.11. |
Il Comitato evidenzia che in alcuni degli Stati membri che hanno aderito all'UE di recente il parco macchine è particolarmente obsoleto e composto da un usato meno qualificato di quello dei mercati ricchi. Il reddito pro capite in questi paesi è piuttosto basso, come lo è d'altronde anche quello di fasce importanti di popolazione dei paesi a reddito pro capite più alto. Ciò significa che non è praticabile l'idea di prevedere obblighi e costi per questi cittadini europei, per i quali l'automobile è forse un indispensabile strumento di lavoro. |
5.12. |
Il Comitato ritiene che in questa fase i biocarburanti possano certamente sostenere il mercato dei carburanti ma non rappresentare una risposta strutturale alle richieste che da esso provengono: in ogni caso, la loro produzione dovrà essere rigorosamente monitorata per evitare i rischi ambientali e sociali evidenziati nel presente parere. In considerazione dei potenziali problemi individuati nel presente parere il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe riconsiderare costantemente l'obiettivo del 10 % ed essere disposta a presentare proposte volte a modificarlo qualora detti problemi non possano essere risolti in maniera soddisfacente e sostenibile. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) Allo stato sembrano confermate le stesse cifre dello scorso anno, senza nessun aumento e, recentemente, la Commissione ha manifestato dubbi sul mantenimento del premio nel 2008.
(2) Parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione — Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 — e oltre — Sostenere i servizi ecosistemici per il benessere umano, GU C 97 del 28.4.2007.
(3) = Per la benzina si utilizza il Platt’s CIF High nel Mediteranneo
(4) = Per il gasolio si utilizza il Platt’s CIF High nel Mediteranneo
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/44 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri
COM(2007) 19 def.
(2008/C 44/11)
La Commissione, in data 7 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore RANOCCHIARI.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 142 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.
1. Sintesi e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE appoggia l'iniziativa della Commissione europea intesa a rivedere la strategia comunitaria per la riduzione delle emissioni di CO2 originate dalla circolazione stradale. |
1.2. |
La Commissione ha proposto — e il Consiglio ha inteso confermare — di ridurre le emissioni di CO2 di autovetture a 130 g/km per il 2012, attraverso miglioramenti tecnologici da apportare ai motori dei veicoli. Un ulteriore abbattimento di 10 g/km dovrà essere realizzato, se tecnicamente possibile, grazie ad interventi tecnologici alternativi e ad un maggior uso dei biocarburanti, per raggiungere l'obiettivo globale di 120 g/km entro il 2012. |
1.3. |
Il CESE ritiene che questa ambiziosa iniziativa possa avere successo solo se attuata con interventi equilibrati e diversificati, nonché con tempistiche che tengano in conto la necessità per i costruttori di adattare le soluzioni tecnologiche prescelte a tutti i modelli prodotti, operazione complessa e con costi non omogenei. In altre parole il miglioramento delle prestazioni delle autovetture in termini di emissioni di CO2 deve essere compatibile con la capacità di essere assorbito sia nel conto economico e nel contesto tecnologico dei costruttori, sia nella capacità di spesa dei potenziali acquirenti. |
1.4. |
In questa ottica il CESE, mentre ribadisce l'opportunità che i costruttori siano spinti ad accelerare ulteriormente nella riduzione di consumi ed emissioni, indica anche la necessità di perseguire ulteriori strade al fine di realizzare l'obiettivo attraverso un impianto legislativo il più efficace ed efficiente possibile dal punto di vista sociale, economico ed ambientale. |
1.5. |
Il CESE raccomanda quindi la realizzazione di una valutazione d'impatto ampia ed approfondita, in grado di stabilire i costi/benefici delle varie soluzioni possibili, dagli interventi sulla tecnologia dell'auto agli altri strumenti utilizzabili: adeguamento delle infrastrutture, combustibili alternativi, incentivi fiscali, informazione attraverso varie forme di educazione ad una guida ecocompatibile [particolarmente necessaria negli agglomerati urbani (1)] e orientamento della domanda con una tassazione mirata alle emissioni di CO2. Il CESE ritiene inoltre che siano da considerare tra le misure auspicabili anche l'utilizzo di pneumatici a basso tasso di rotolamento capaci di ridurre, stando a fonti dell'industria, del 3-4 % i consumi. Nella stessa direzione appare il suggerimento della Commissione relativo all'istituzione di sistemi di controllo della pressione dei pneumatici stessi. |
1.6. |
Un mix intelligente e ponderato di tutte le misure disponibili può consentire il raggiungimento degli obiettivi di riduzione del CO2, senza rallentare il rinnovo del parco circolante, grazie al contenimento e alla ripartizione dell'onere finanziario che eviterebbe di penalizzare i potenziali acquirenti di auto nuove. |
1.7. |
Il CESE auspica inoltre che lo strumento legislativo prescelto si riveli quanto più neutrale possibile per ciò che riguarda la concorrenza tra costruttori, senza porre limitazioni vincolanti all'offerta sul mercato di modelli da parte dei costruttori stessi, ma orientando la domanda degli acquirenti verso modelli a minori emissioni. Le riduzioni di CO2 richieste dovrebbero essere correlate alle differenziazioni esistenti nelle gamme di prodotto, utilizzando i parametri ritenuti maggiormente indicativi e proporzionali al consumo di emissioni di CO2. |
1.8. |
In merito poi ai parametri possibili, è di fondamentale importanza che quello prescelto serva da strumento per indirizzare i consumatori verso una tipologia di veicolo che risponde ai loro reali bisogni, evitando consumi ed emissioni non necessarie al loro utilizzo corrente. |
1.9. |
In questa ottica il CESE esprime la sua perplessità sull'intenzione della Commissione di fare oggetto di un intervento legislativo anche i veicoli commerciali leggeri. Infatti, tali veicoli, destinati ad un uso professionale, subiscono uno scrutinio attento da parte dei potenziali acquirenti in quanto i consumi e quindi le emissioni di CO2 incidono in misura importante sui costi d'esercizio. Di conseguenza i veicoli offerti sul mercato adottano già oggi le soluzioni più efficienti, ovvero quasi esclusivamente la motorizzazione diesel. In ogni caso, e prima di una decisione in merito, il CESE raccomanda alla Commissione di elaborare una valutazione d'impatto basata sulla rilevazione aggiornata delle emissioni dei veicoli commerciali leggeri, rilevazione che non risulta attualmente disponibile. |
1.10. |
Il CESE ritiene infine che l'intervento degli Stati membri si debba esplicare su più fronti oltre quelli esposti in precedenza (strade, semafori intelligenti, …), non da ultimo attraverso iniziative di acquisti «verdi» per la costituzione delle proprie flotte di servizio e l'impegno sia nella realizzazione di reti infrastrutturali in grado di rendere possibile l'accesso alla distribuzione di combustibili a minor impatto ambientale come il gas naturale, sia nel facilitare le possibilità di acquisto di veicoli a gas naturale come pure a GPL, argomento su cui il CESE si è già espresso in pareri precedenti (2). |
2. Introduzione
2.1. |
Nel 1995 fu impostata una strategia comunitaria per la riduzione delle emissioni di CO2, strategia che doveva integrare misure riguardanti l'offerta dei costruttori di autoveicoli e la domanda dei consumatori. |
2.2. |
Più in dettaglio e per quanto riguarda l'offerta, nel 1998 i costruttori europei sottoscrissero un accordo volontario che aveva come obiettivo la riduzione, entro il 2008, della media delle emissioni di CO2 delle auto a 140 g/km. Lo stesso impegno per il 2009 fu assunto dai costruttori giapponesi e coreani l'anno successivo. |
2.3. |
Nello stesso tempo, sul fronte della domanda, la strategia della Commissione europea prevedeva un'informazione per i consumatori sul tema delle emissioni di CO2 tale da orientarli verso scelte virtuose, insieme ad un utilizzo mirato del sistema di tassazione delle autovetture. |
2.4. |
In pratica, sul fronte dell'offerta si sono registrati miglioramenti importanti, ma non sufficienti da soli al raggiungimento dell'obiettivo, essendo mancato l'apporto degli altri due strumenti, informazione/orientamento dei consumatori e tassazione, come riconosce la stessa Commissione europea, quando afferma, nella sua comunicazione, che «la maggior parte delle riduzioni di emissioni di CO2 è dovuta ai miglioramenti della tecnologia automobilistica». |
2.5. |
In effetti, le emissioni medie di CO2 delle autovetture dal 1995 al 2005 sono passate da 186 g/km a 161 g/km con una riduzione del 13 % circa, mentre il 30 % della flotta immessa sul mercato nel 2004 produce emissioni inferiori ai 140 g/km. |
2.6. |
Per contro e nello stesso periodo, le preferenze dei consumatori si sono orientate verso veicoli più grandi, più pesanti, più performanti e multiuso, sia perché percepiti come più sicuri, sia per via dell'avvenuto trasferimento fuori dei centri urbani di molta parte della popolazione. Di conseguenza l'informazione sulle emissioni, il cosiddetto labelling ha avuto scarso effetto sulle scelte dei consumatori. |
2.7. |
L'altro strumento per orientare la domanda e cioè una tassazione mirata sulla riduzione delle emissioni di CO2, non ha trovato ancora una dimensione europea (3), ma solo iniziative nazionali, in meno della metà degli Stati membri, con misure che, in qualche caso, hanno avuto, paradossalmente, un impatto negativo sulla riduzione del CO2. Un esempio su tutti, l'incremento della tassazione del diesel che ha ridotto il processo di «dieselizzazione» degli ultimi anni in molti Stati membri in cui il parco circolante di veicoli diesel è più numeroso. |
2.8. |
In conclusione, vuoi per i fattori esterni che hanno rallentato il processo di riduzione avviato con la revisione delle tecnologie motoristiche a seguito degli accordi volontari, vuoi per un mancato utilizzo degli altri strumenti previsti, gli obiettivi attesi per il 2008-2009 non sembrano raggiungibili. Di qui la decisione della Commissione di rivedere la strategia, proponendo la comunicazione che il CESE è chiamato a valutare e che illustra le linee guida che dovrebbero essere seguite da una specifica proposta legislativa entro la prima metà del 2008. |
3. La comunicazione della Commissione europea
3.1. |
Nella comunicazione la Commissione propone di raggiungere entro il 2012 l'obiettivo UE di 120 g/km da conseguirsi facendo leva su una combinazione d'interventi dell'UE e degli Stati membri. |
3.2. |
A tal fine, la Commissione proporrà, entro la metà del 2008, un quadro legislativo, puntando a riduzioni obbligatorie delle emissioni di CO2 per raggiungere l'obiettivo medio di emissione per il nuovo parco auto di 130 g/km, grazie a miglioramenti tecnologici apportati al motore dei veicoli. |
3.3. |
Un ulteriore abbattimento di 10 g/km o equivalente, se tecnicamente possibile, dovrà essere realizzato grazie a miglioramenti tecnologici di altra natura e ad un maggiore uso dei biocarburanti. In particolare si tratterà delle seguenti misure:
|
3.4. |
La Commissione riconosce che il quadro legislativo per attuare l'obiettivo medio di emissione per il nuovo parco auto dovrà essere concepito in modo da fissare obiettivi di riduzione neutri dal punto di vista della concorrenza, socialmente equi e sostenibili, che rispettino le diverse caratteristiche dei costruttori europei di automobili ed evitino qualunque distorsione ingiustificata della concorrenza fra i costruttori suddetti. |
3.5. |
La Commissione invita gli Stati membri in questo contesto ad adeguare le rispettive politiche in materia di tassazione nel settore automobilistico per favorire l'acquisto di automobili a basso consumo in tutta l'UE e per aiutare i costruttori a rispettare le disposizioni sull'efficienza dei carburanti che entreranno in vigore. |
3.6. |
La Commissione suggerisce altresì come soluzione efficace per ridurre i costi di adempimento che incombono ai costruttori, quella di attuare un'imposizione differenziata sull'intera gamma di automobili presenti sul mercato, in modo da incentivare gradualmente il passaggio verso auto meno inquinanti. |
3.7. |
È menzionato il ruolo degli incentivi fiscali che potrebbero rappresentare uno strumento incisivo per incoraggiare l'acquisto delle classi di autoveicoli leggeri meno inquinanti esistenti sul mercato; stesso accento è posto sull'esigenza di migliorare l'efficacia in termini di informazione dei potenziali acquirenti sui consumi delle automobili (nel 2007 la Commissione adotterà una proposta di modifica della direttiva 1999/94/CE relativa al labelling). |
3.8. |
La Commissione sostiene infine la necessità che gli Stati membri promuovano modalità di guida compatibili con l'ambiente organizzando campagne di formazione e/o sensibilizzazione di comportamenti alla guida volti alla riduzione dei consumi (eco-driving). |
3.9. |
Infine i costruttori sono invitati a sottoscrivere entro il 2007 un accordo volontario di buone prassi per le attività pubblicitarie e di commercializzazione finalizzato a promuovere modelli di consumo sostenibili. |
4. Osservazioni generali
4.1. |
Il CESE concorda pienamente sulla necessità di riesame della strategia comunitaria in favore della riduzione delle emissioni di CO2 legate al trasporto stradale, le quali incidono per circa il 20 % delle emissioni complessive. |
4.2. |
Il CESE avverte altresì la complessità di questo riesame che deve mirare alla riduzione ulteriore delle emissioni di CO2 senza tuttavia minare la competitività del settore autoveicolare che opera in un mercato globale estremamente concorrenziale. |
4.3. |
Va ricordato, infatti, che l'industria dell'auto occupa, solo in Europa, due milioni di persone alle quali si aggiungono altri dieci milioni di lavoratori impegnati nell'indotto. La stessa industria rappresenta il 3,5 % del PIL europeo, le esportazioni nette ammontano a 33,5 miliardi di euro e, non ultimo, le tasse automobilistiche portano 365 miliardi di euro l'anno nelle casse degli Stati membri. |
4.4. |
Non a caso con la comunicazione CARS 21 (4) la Commissione ha inteso delineare le linee guida della politica industriale in un settore come quello automobilistico che «svolge un ruolo sostanziale nell'economia europea». Tale documento costituisce la risposta della Commissione al rapporto finale e alle raccomandazioni formulate nel dicembre del 2005 dal gruppo di alto livello CARS 21 che era formato, oltre che dalla stessa Commissione, dai rappresentanti dell'industria e dalle principali componenti della società civile. Il documento evidenzia che la realizzazione di obiettivi ambiziosi nelle «aree complesse», quali appunto anche la riduzione delle emissioni di CO2, per non compromettere la competitività industriale e l'occupazione, richiede un approccio integrato volto a far convergere verso il medesimo obiettivo di pubblica utilità il contributo di tutti i soggetti interessati. |
4.5. |
Il CESE fa proprie le preoccupazioni espresse da coloro che evidenziano i timori di impatto eccessivamente elevato sui costi industriali che potrebbero comportare decisioni tali da mettere a repentaglio direttamente o indirettamente i livelli occupazionali dell'industria autoveicolistica, stimolando scelte strategiche volte alla possibile delocalizzazione dell'industria, fuori del perimetro dell'UE. |
4.6. |
Tenendo presente queste riflessioni, il CESE concorda sull'opportunità che i costruttori automobilistici siano spinti ad accelerare ulteriormente sulla riduzione di consumi ed emissioni, ma rileva anche la necessità di perseguire ulteriori strade al fine di realizzare un impianto legislativo per la riduzione delle emissioni di CO2 il più efficiente possibile dal punto di vista sociale, economico ed ambientale. |
4.6.1. |
Di seguito si presentano gli elementi che il CESE raccomanda al fine di ottimizzare i risultati della futura legislazione comunitaria in materia di riduzione di emissioni di CO2 dovute alla circolazione stradale:
|
4.6.2. |
Tutte queste misure avrebbero altresì l'effetto di non minare il processo di rinnovo del parco circolante, grazie alla distribuzione dell'onere finanziario per la riduzione del livello di emissioni di CO2. Per inciso, il CESE rileva che, secondo il PECC (6), la riduzione potenziale di emissioni di CO2 attraverso l'eco-driving sarebbe pari a 50 Mt in Europa al 2010 (2006-2010) ed uno studio congiunto TNO/IEEP (7) sostiene che l'eco-driving è non solo una via percorribile ma anche efficace e misurabile. |
4.6.3. |
Per contro, il prezzo di vendita medio delle vetture lieviterebbe di circa 3 600 euro per centrare il target di 120 g/km solo attraverso la tecnologia dell'auto. Per completezza di informazione si aggiunge che le stesse fonti (8) riportano che per il raggiungimento dei 130 g/km il costo aggiuntivo per l'acquirente sarebbe comunque rilevante, nell'ordine di 2 500 euro. |
4.6.4. |
In un'Europa che rinnova il proprio parco circolante mediamente ogni 12 anni, come ricorda la Commissione, è evidente che aumenti di prezzo così importanti rallenterebbero ulteriormente il ciclo di sostituzione dell'automobile. In quanto all'impatto sociale di tali aumenti, è altresì evidente che gli incrementi di prezzo renderebbero ancor più critiche le possibilità di acquisto per le fasce sociali meno abbienti. |
4.7. |
Infine il CESE non ritiene di poter condividere la posizione della Commissione secondo la quale le tecnologie complementari apporterebbero un vantaggio in termini di emissioni di CO2 pari a 10 g/km in quanto l'apporto dei biocarburanti in termini di capacità di penetrazione è ancora incerto e non può ritenersi scontato che il loro contributo si attesti al livello atteso di 5 g/km. Il CESE a questo proposito ritiene che sia indispensabile mettere in funzione un sistema costituito da misure monitorabili con certezza, quale è il caso, per esempio, di eco-driving e infrastrutture. |
5. Osservazioni particolari
5.1. |
Il CESE, in linea con le considerazioni generali già svolte e anche alla luce del dibattito parlamentare in atto, auspica che lo strumento legislativo che sarà predisposto, oltre a non pregiudicare l'accessibilità dei potenziali acquirenti di autovetture nuove, al fine di assicurare il rinnovo del parco circolante, sia anche in grado di orientare decisamente la domanda verso modelli a minori emissioni. |
5.2. |
In assenza di una valutazione d'impatto ampia ed approfondita, in grado di evidenziare i costi/benefici delle varie soluzioni possibili, il CESE si riserva di esprimere in un parere successivo la propria opinione sui limiti opportuni e realizzabili in termini di riduzioni di emissioni di CO2, ma raccomanda fin d'ora che nello strumento legislativo che si intenderà applicare si tenga in opportuna considerazione che il ciclo produttivo automotive è notoriamente complesso e necessita di un lead time (9) che può arrivare fino a 7 anni. |
5.3. |
Considerati i tempi di definizione delle norme nel processo di codecisione, il CESE stima che il testo finale contenente i requisiti da soddisfare non sarà pronto prima del 2009. In relazione a quanto detto sopra sui cicli industriali tipici del settore, la prima data di fattibilità si attesta al 2015, anche in considerazione dell'entrata in vigore a quel momento del regolamento EURO 6 per la riduzione di inquinanti che, come nel caso del CO2, richiedono interventi strutturali sull'autovettura. |
5.4. |
L'obiettivo al 2012 invece rischia di essere tecnicamente non realizzabile e comunque non senza impatti decisamente negativi sulla competitività dell'industria automobilistica europea ed i suoi livelli occupazionali. |
5.5. |
Fin da ora il CESE si pronuncia a favore di uno strumento legislativo che si riveli neutrale per quanto riguarda la concorrenza tra costruttori: ossia non porre limitazioni vincolanti all'offerta sul mercato di modelli da parte dei costruttori, ma orientare la domanda degli acquirenti verso modelli a minori emissioni; le riduzioni di CO2 richieste dovrebbero essere correlate alle differenziazioni esistenti nelle gamme di prodotto, utilizzando i parametri ritenuti maggiormente indicativi e proporzionali al consumo di emissioni di CO2. |
5.6. |
In tale ottica, si ritiene che il parametro prescelto debba garantire che i contributi in termini di riduzione di emissioni dei diversi segmenti e i conseguenti, inevitabili aumenti del costo dei veicoli non siano tali da limitare l'affordability, ovvero la possibilità per il cliente di poter comprare il veicolo nuovo, in linea con la propria capacità di spesa. |
5.6.1. |
Un parametro possibile è rappresentato dal peso del veicolo (così come suggerito dall'ACEA, l'Associazione europea dei costruttori automobilistici), in quanto direttamente collegato al livello di emissioni di CO2. Il CESE ricorda che dal 1996 al 2005 l'incremento di peso dei veicoli è stato di 32 kg con un relativo incremento di emissioni di CO2 pari a 6,6 g/km. In effetti il peso sarà utilizzato come parametro di riferimento nella strategia di riduzione delle emissioni di CO2 in Giappone dove, nel 2006, è stato deciso di raggiungere i 138 g/km entro il 2015. L'ACEA è quindi favorevole a questo parametro in quanto va nella direzione di armonizzare le politiche sul CO2 a livello mondiale. |
5.6.2. |
Va rilevato altresì che sono attualmente in discussione altri parametri che potrebbero essere utilizzati per identificare e differenziare le gamme di prodotto. In particolare va citata la proposta del relatore del Parlamento europeo Chris DAVIES che fa riferimento al footprint (area occupata dall'auto in funzione del passo e della carreggiata (10)). |
5.6.3. |
Il CESE, da parte sua, considera che introdurre, ad esempio, come parametro il box volume (fisicamente si tratta della lunghezza × larghezza × altezza del veicolo) potrebbe essere interessante e congruo, rivelandosi come possibile strumento per indirizzare i consumatori verso una tipologia di veicolo che risponde ai reali bisogni, senza emissioni di CO2 inutili per via della sproporzione «necessità di uso/volume del veicolo». In altre parole, chi ha bisogno di un SUV (Sport Utility Vehicle) che può trasportare più persone e più carico sarà disposto a pagare di più perché realmente necessita di tale veicolo, altrimenti, se non ha queste esigenze, troverà più conveniente orientarsi verso un segmento inferiore. |
5.7. |
Per quanto riguarda la proposta avanzata dallo stesso relatore al Parlamento europeo, Chris DAVIES, sull'opportunità di creare un meccanismo detto Carbon Allowance Reduction System (CARS) per la definizione di crediti e penali nel caso di eccedenza o viceversa di posizione virtuosa a fronte dei limiti stabiliti, il CESE ritiene impraticabile l'introduzione di un sistema di scambio di quote di CO2 in un mercato limitato al settore automobilistico. Vista l'ambizione degli obiettivi appare, infatti, irrealistico che si creino volumi di quote di scambio sufficienti a garantire il funzionamento del sistema. |
5.7.1. |
Il CESE ritiene invece possibile l'applicazione di un sistema di emission trading«aperto» (che consenta cioè il trading con altri settori) con il vantaggio di garantire una complessiva riduzione delle emissioni di CO2 in un contesto di adeguata flessibilità, fissando peraltro dei limiti agli acquisti possibili per le case automobilistiche. Il CESE appoggia dunque un sistema aperto da definirsi e da declinarsi nelle sue implicazioni economiche alla luce dei cambiamenti che interverranno nel mercato delle emissioni da oggi al 2015, ribadendo la necessità che tali implicazioni economiche non compromettano l'affordability per il cliente finale. |
5.8. |
Con riferimento poi al paragrafo della comunicazione relativo all'introduzione di un codice etico per le attività di commercializzazione e pubblicità, il CESE rileva che esistono già, in quasi tutti gli Stati membri, accordi, nella maggior parte dei casi molto stringenti, per la definizione di regole comportamentali in questo senso. In linea di principio comunque il CESE è favorevole ad una armonizzazione degli stessi e quindi non è contrario alla definizione di un codice europeo di buone prassi così come suggerito dalla Commissione ai costruttori automobilistici. |
5.9. |
Il CESE rileva poi che la comunicazione della Commissione intende fare oggetto di uno strumento legislativo per la riduzione delle emissioni di CO2 anche i veicoli commerciali leggeri. |
5.9.1. |
Al CESE sembra che i veicoli commerciali leggeri (categoria N1 e veicoli per trasporto persone derivati) non necessitino di un tale intervento in quanto destinati ad un utilizzo professionale e quindi i loro consumi e le emissioni di CO2 costituiscono già di per sé un elemento determinante nella scelta dell'acquirente, incidendo in modo molto importante sui costi di esercizio della propria attività. Di conseguenza, i veicoli offerti sul mercato adottano già oggi le soluzioni più efficienti ovvero quasi esclusivamente la motorizzazione diesel. |
5.9.2. |
Tuttavia e prima di ogni decisione in merito, il CESE raccomanda alla Commissione di elaborare una valutazione d'impatto basata sulla rilevazione aggiornata delle emissioni dei veicoli commerciali leggeri, rilevazione che non risulta attualmente disponibile. |
5.9.3. |
Porre obiettivi in termini di g/km ai veicoli commerciali, senza una precisa conoscenza dei dati relativi, comporta inoltre il rischio di ridurre le capacità di trasporto dei singoli veicoli con conseguente inefficienza che richiederebbe o un aumento del numero di veicoli necessari a trasportare la stessa quantità di merci, oppure un veicolo di categoria e dimensioni superiori, con aggravio delle emissioni complessive. |
5.10. |
Il CESE inoltre considera opportuno che il tema del CO2 emesso da autovetture e veicoli commerciali leggeri sia valutato nella sua complessità considerando tutto il ciclo di vita dei suddetti beni, dai processi produttivi, all'utilizzo, sino a fine vita. Il CESE sottolinea altresì, alla luce di quanto detto sopra, la necessità di coordinamento e di coerenza tra le iniziative legislative e regolatorie legate all'industria automobilistica con impatto sulle emissioni di CO2 per evitare che iniziative su temi diversi confliggano causando ritardi nell'implementazione delle iniziative stesse. |
5.11. |
Il CESE ritiene che le iniziative dei programmi quadro futuri per la ricerca debbano fortemente essere indirizzati in maniera prioritaria e senza indugio verso progetti volti a trovare soluzioni tecnicamente fattibili ed economicamente sostenibili per la riduzione delle emissioni globali di CO2 (quindi non solo relative al trasporto), considerando gli impatti determinati da tutto il ciclo di vita delle varie fonti di emissione. Il CESE è del parere che i progetti di ricerca debbano lavorare a largo spettro individuando soluzioni nel breve, nel medio e nel lungo periodo, tenendo fermo l'obiettivo sull'affordability sia per il costruttore che per il cliente finale, in modo di incentivare il rinnovo del parco circolante nella direzione di una mobilità sostenibile. |
5.12. |
Il CESE ritiene infine che l'intervento degli Stati membri si debba esplicare su più fronti oltre a quelli esposti in precedenza (strade, semafori intelligenti, ecc.), non da ultimo attraverso iniziative di acquisti «verdi» per la costituzione delle proprie flotte di servizio e l'impegno sia nella realizzazione di reti infrastrutturali in grado di rendere possibile l'accesso alla distribuzione di combustibili a minor impatto ambientale come il gas naturale, sia nel facilitare le possibilità di acquisto di veicoli a gas naturale come pure a GPL. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) Cfr. parere della GU C 168 del 20.7.2007 sul tema Trasporti nelle aree urbane e metropolitane.
(2) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sviluppo e promozione dei carburanti alternativi per il trasporto stradale nell'Unione europea, GU C 195 del 18.8.2006, pag. 75.
(3) Non è stata approvata la proposta di direttiva sulla tassazione delle autovetture nell'UE (COM(2005) 261 def.), che prevedeva di ristrutturare la fiscalità dell'auto basandola interamente o parzialmente sulle emissioni di CO2.
(4) Un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (COM(2007) 22 def.) del 7.2.2007. Il CESE ha elaborato un parere in merito, relatore DAVOUST.
(5) In corso di discussione il parere TEN/286 sul tema Uso dei carburanti/progressi compiuti.
(6) European Climate Change Programme — ECCP (Programma europeo per il cambiamento climatico — PECC). Nell'ambito del PECC, il consulente della commissione (TNO) ha stimato costi e potenziale di riduzione di CO2 delle differenti misure possibili.
(7) IEEP, Institute for European Environmental Policy — TNO Consultancy.
(8) Cfr. nota 6.
(9) Tempo necessario all'industria per implementare qualsiasi nuovo requisito che comporti interventi strutturali sul veicolo.
(10) Passo: distanza tra asse anteriore e posteriore; carreggiata: distanza tra i pneumatici.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/49 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/54/CE per quanto riguarda l'applicazione di talune disposizioni all'Estonia
COM(2007) 411 def. — 2007/0141 (COD)
(2008/C 44/12)
Il Consiglio, in data 17 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 47, paragrafo 2, 55 e 95, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 150 voti favorevoli, 2 voti contrari e 8 astensioni.
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/50 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla selezione e l'autorizzazione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite (MSS)
COM(2007) 480 def. — 2007/0174 (COD)
(2008/C 44/13)
Il Consiglio, in data 7 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 25 settembre 2007, ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.
Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha nominato relatore generale OPRAN e ha adottato il seguente parere con 119 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni.
1. Conclusioni
1.1. |
Il CESE si dichiara d'accordo con la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla selezione e l'autorizzazione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite, e raccomanda che venga adottata ed entri in vigore al più presto. |
1.2. |
Il CESE sostiene con forza l'obiettivo prioritario della proposta in esame, formulato nel titolo 1, articolo 1, paragrafo 1: creare una procedura unica, coordinata a livello comunitario per la selezione e l'autorizzazione, da parte degli Stati membri, degli operatori di sistemi mobili di comunicazioni via satellite. |
1.3. |
Il CESE giudica necessario che tale proposta venga adottata quanto prima tenuto conto dei seguenti aspetti:
|
1.4. |
Il CESE sottolinea che la realizzazione e l'utilizzo dei sistemi di comunicazione via satellite costituiscono, data l'estensione del territorio coperto, un'iniziativa fondamentale che garantisce l'espansione dell'industria spaziale europea e lo sviluppo di applicazioni specifiche nel settore delle comunicazioni. Tale iniziativa rientra pienamente nella strategia di Lisbona per la promozione dello sviluppo sostenibile, in particolare poiché contribuisce direttamente alla creazione di nuovi posti di lavoro nel quadro di una maggiore competitività. |
1.5. |
Il CESE prende atto con soddisfazione dell'esistenza, a livello europeo, di notevoli attrezzature tecniche in questo campo, una realtà — questa — che corrobora ulteriormente la proposta in esame. Infatti, tre dei maggiori operatori mondiali di sistemi satellitari sono europei e le comunicazioni via satellite rappresentano il 40 % delle entrate correnti del settore spaziale europeo. |
1.6. |
Il CESE si compiace del consenso ottenuto dalla Commissione nel quadro della promozione della proposta in esame che, pur essendo ancora allo stadio di progetto, può già contare sul sostegno di tutti i soggetti consultati: il settore satellitare, gli operatori delle reti di telecomunicazione, l'Agenzia spaziale europea e gli enti nazionali di regolamentazione degli Stati membri. |
1.7. |
Allo stesso tempo, ritiene che la decisione, nella versione definitiva attualmente in esame, riesca a conciliare in modo equilibrato alcuni punti di vista divergenti espressi durante le consultazioni. Le divergenze riguardavano in particolare i metodi e i criteri di selezione, la necessità di aumentare la flessibilità a livello nazionale per quanto concerne i tempi necessari a ottenere l'autorizzazione, il periodo di validità di quest'ultima e la possibilità di un coordinamento più approfondito delle procedure nazionali di autorizzazione. |
1.8. |
Il CESE raccomanda di adottare la decisione senza modifiche, tenendo però conto che, per quanto concerne l'applicazione delle disposizioni relative alla selezione e all'autorizzazione, occorrerà adottare una regolamentazione che tuteli gli interessi privati dei cittadini e garantisca il rispetto della vita privata degli utenti delle apparecchiature terminali dei sistemi mobili via satellite. |
2. Introduzione
2.1. |
L'elaborazione e l'attuazione di un sistema paneuropeo di comunicazioni via satellite costituiscono una piattaforma alternativa e innovativa per fornire vari tipi di servizi di telecomunicazione e radiodiffusione/multicasting indipendentemente dal luogo in cui si trovano gli utenti finali, come l'accesso Internet/intranet ad alta velocità, l'accesso mobile a contenuti multimediali, la protezione civile, la gestione di crisi di tipo non militare (catastrofi naturali e provocate dall'uomo), la garanzia della sicurezza e dell'ordine interno, le applicazioni come la gestione delle flotte (fleet management), l'assistenza medica a distanza, ecc. |
2.2. |
Il sistema è concepito in modo tale da contribuire allo sviluppo del mercato interno, al miglioramento della competitività (tramite l'aumento della disponibilità di servizi paneuropei) e alla promozione di investimenti efficaci, soprattutto mediante l'introduzione di servizi innovativi intesi a garantire la copertura, in termini di capacità di comunicazione, delle zone terrestri periferiche e dello spazio marittimo. |
2.3. |
In particolare per i sistemi paneuropei, è necessario creare una procedura comunitaria di selezione degli operatori di sistemi mobili via satellite e adottare disposizioni relative all'autorizzazione coordinata, a livello nazionale, degli operatori selezionati. L'armonizzazione dei criteri di selezione per i sistemi mobili di comunicazioni via satellite consente di adottare una politica comune a livello europeo in questo settore. La selezione, da parte degli Stati membri, di operatori di sistemi mobili di comunicazioni diversi, che quindi utilizzano satelliti diversi, rischia di generare campi perturbatori complessi dovuti alle interferenze, e addirittura di mettere in pericolo il buon funzionamento del sistema nel suo insieme qualora un operatore si veda assegnare radiofrequenze diverse nei diversi Stati membri in cui opera. Questi rischi potenziali sono il motivo per cui, al fine di garantire la coerenza degli approcci adottati dai diversi Stati membri in materia di autorizzazione, è essenziale definire a livello comunitario le disposizioni relative all'assegnazione sincronizzata delle radiofrequenze e le condizioni armonizzate di autorizzazione, nel rispetto delle specifiche condizioni nazionali compatibili con il diritto comunitario. |
2.4. |
Le comunicazioni via satellite, elemento essenziale del mercato interno, superano le frontiere nazionali e per questo motivo sono soggette alla regolamentazione internazionale, visto soprattutto il loro notevole contributo alla realizzazione di taluni obiettivi dell'Unione europea in materia di espansione della zona geografica coperta dallo spettro a banda larga. |
3. La proposta del Parlamento europeo e del Consiglio
3.1. |
La proposta di decisione, basata sull'articolo 95 del Trattato, fornirebbe un quadro giuridico per la selezione e l'autorizzazione degli operatori di servizi di comunicazione mobili via satellite. Questa selezione dovrebbe effettuarsi conformemente agli obiettivi generali e alla procedura comparativa descritta nella proposta, e sarebbe svolta dalla Commissione con l'assistenza del comitato per le comunicazioni. L'autorizzazione (diritti di uso dello spettro radio) degli operatori selezionati sarebbe concessa a livello nazionale nel rispetto di una serie minima di condizioni armonizzate definite nella proposta. |
4. Osservazioni di carattere generale
4.1. |
La Commissione propone che in sede di attuazione della decisione si tenga conto dei seguenti aspetti:
|
4.2. |
Il CESE prevede che la selezione e l'autorizzazione dei primi due o tre operatori di sistemi mobili via satellite fornitori di servizi paneuropei sulla banda di frequenze 2 GHz saranno portate a termine tra la fine del 2008 e l'inizio del 2009. |
4.3. |
Il CESE ritiene che il termine ultimo per l'attivazione dei servizi paneuropei rivolti ai singoli e alle imprese nonché dei servizi mobili via satellite su scala europea, tra cui l'accesso ad Internet ad alta velocità, i servizi mobili multimediali, la protezione civile e i soccorsi in caso di calamità, vada fissato entro il primo trimestre del 2011. |
4.4. |
Il CESE ritiene che la conclusione dei preparativi per l'attuazione e l'utilizzo dei sistemi europei di posizionamento globale via satellite debba rivestire una priorità assoluta per la Commissione. |
4.4.1. |
Il CESE constata tuttavia con rammarico che, in questo settore fondamentale, i programmi europei di navigazione satellitare Galileo ed EGNOS accusano un ritardo di cinque anni rispetto al calendario definito inizialmente e sono alle prese con notevoli difficoltà. Invita quindi la Commissione a trovare soluzioni che consentano di sbloccare l'attuale situazione. |
4.4.2. |
Sempre più numerose sono le moderne attività economiche che si avvalgono di dati di posizionamento legati all'utilizzo di una base di tempo di elevata precisione. |
4.4.3. |
Il CESE rammenta che il completamento del sistema di navigazione satellitare Galileo contribuirà in modo decisivo all'attuazione di un gran numero di politiche comunitarie in settori molto diversi tra loro come la gestione dei trasporti, il trasporto di sostanze pericolose, i servizi di emergenza, la navigazione marittima e interna, i trasporti aerei, la protezione civile e le missioni umanitarie, l'agricoltura, la pesca e il monitoraggio ambientale, i problemi relativi alla difesa e alla sicurezza interna oppure la garanzia di transazioni sicure nel settore dei servizi finanziari e bancari. |
5. Osservazioni specifiche
5.1. |
Nella proposta di decisione in esame, il titolo I «Obiettivo, ambito di applicazione e definizioni», il titolo II «Procedura di selezione» e il titolo III «Autorizzazione» propongono diverse procedure e attività specifiche intese a conseguire l'obiettivo del progetto. |
5.2. |
Il CESE raccomanda di adottare la decisione senza modifiche, fermo restando che occorrerà definire procedure di attribuzione a titolo prioritario delle radiofrequenze utilizzate dai servizi mobili via satellite nelle regioni geografiche in cui coesistono diversi sistemi di comunicazione capaci di generare interferenze dannose. |
5.3. |
Il CESE ritiene che la decisione 2007/98/CE della Commissione, del 14 febbraio 2007, sull'uso armonizzato dello spettro radio nella banda di frequenze 2 GHz per la realizzazione di sistemi che forniscono servizi mobili via satellite contribuisca notevolmente al conseguimento degli obiettivi indicati nella proposta in esame all'articolo 1, paragrafo 1. Occorre quindi completare le disposizioni della decisione relative all'obbligo per cui «gli Stati membri mettono queste bande di frequenze a disposizione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite nella Comunità a decorrere dal 1o luglio 2007», specificando le procedure da adottare al fine di monitorare e valutare la corretta applicazione di tale misura. |
Bruxelles, 25 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/52 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Adeguamento alla procedura di regolamentazione con controllo — Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 95/50/CE per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione
COM(2007) 509 def. — 2007/0184 (COD)
(2008/C 44/14)
Il Consiglio, in data 25 settembre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di cui sopra.
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 153 voti favorevoli e 7 astensioni.
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/53 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute all'uso di combustibili per i trasporti su strada, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE
COM(2007) 18 def. — 2007/0019 (COD)
(2008/C 44/15)
Il Consiglio, in data 14 marzo 2007, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 95 e 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 luglio 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore OSBORN.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 74 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia decisamente i piani dell'Unione europea di far fronte ai cambiamenti climatici riducendo le emissioni di gas a effetto serra (GES). Per quanto riguarda il settore dei trasporti, il Comitato ritiene che occorra innanzi tutto risolvere i problemi alla radice: far fronte alle pressioni che hanno determinato, in un ampio arco temporale, una crescita continua di tutti i tipi di traffico. |
1.2. |
Il Comitato ritiene inoltre che esista ancora un ampio margine per migliorare l'efficienza energetica in tutti i tipi di trasporto. Deplora l'evidente indebolimento degli intenti originari della Commissione in relazione ai consumi degli autoveicoli, che ha l'effetto di ridurre la pressione sull'industria automobilistica a perfezionare le tecniche in materia. |
1.3. |
Il Comitato è in linea di principio favorevole alla diffusione dei biocarburanti nell'Unione. Ritiene tuttavia necessario valutare con grande attenzione l'impatto globale di tali combustibili in termini di CO2 e seguire da vicino il ritmo e le proporzioni della loro diffusione. |
1.4. |
In particolare, la Commissione europea dovrebbe precisare come intende realizzare l'obiettivo di utilizzare, entro il 2020, una quota di biocarburanti pari al 10 %, tenuto conto delle condizioni previste dal Consiglio per la realizzazione di questo obiettivo, e dovrebbe essere disposta a modificare l'approccio adottato qualora esso consenta una riduzione di CO2 inferiore alle attese, oppure provochi altri effetti indesiderati sulle strutture agricole a livello mondiale o sulla biodiversità. |
1.5. |
Il CESE riconosce tuttavia l'opportunità di modificare le specifiche relative ai combustibili, come viene proposto nella direttiva in esame, al fine di consentire la produzione e commercializzazione di un nuovo tipo di benzina ad elevato tenore di biocarburanti, purché si tenga conto delle preoccupazioni riguardanti le potenziali ripercussioni di questa misura in termini di inquinamento. |
1.6. |
Il Comitato esprime il suo pieno appoggio alla proposta di introdurre l'obbligo, per il settore dei combustibili, di controllare e comunicare le emissioni di gas ad effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili commercializzati, nonché di ridurre tali emissioni dell'1 % annuo nel periodo compreso tra il 2010 e il 2020. Il Comitato ritiene che in questo ambito vi siano ottime ragioni per agire a livello europeo, piuttosto che di Stati membri. |
1.7. |
Il Comitato è favorevole ai lievi cambiamenti proposti riguardo al tenore di zolfo nei combustibili. Suggerisce che la riduzione in due fasi delle emissioni di zolfo, proposta nel caso delle vie navigabili interne, sia portata ad una fase unica, mantenendo però l'obiettivo finale stabilito per il tenore di zolfo (10 ppm), al fine di evitare che gli armatori debbano apportare due serie di modifiche distinte alle loro imbarcazioni. |
2. Introduzione
2.1. |
La direttiva 98/70/CE concernente la qualità dei combustibili (e le sue successive modifiche) contiene specifiche ecologiche qualitative per la benzina e i combustibili diesel nella Comunità, ed è innanzitutto incentrata sulla limitazione del tenore di zolfo e, relativamente alla benzina, del tenore di piombo e di idrocarburi aromatici. Essa definisce inoltre il tenore massimo di zolfo nel gasolio destinato alle macchine mobili non stradali. |
2.2. |
La direttiva 1999/32/CE del Consiglio, che modifica la direttiva 93/12/CE, stabilisce i valori limite del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi, con particolare riferimento al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna. |
2.3. |
La proposta in esame modificherebbe le specifiche di legge per consentire la commercializzazione di un nuovo tipo di benzina ad alto tenore di biocarburanti, in particolare con un tenore di etanolo fino al 10 %, e imporrebbe inoltre un'ulteriore lieve riduzione del tenore di zolfo consentito nei combustibili. |
3. Principali sviluppi nell'UE
3.1. |
La Comunità si è recentemente impegnata a raggiungere, entro il 2020, l'obiettivo di ridurre del 20 % le sue emissioni di gas a effetto serra rispetto ai valori registrati nel 1990. |
3.2. |
I trasporti stradali sono attualmente responsabili del 20 % circa di queste emissioni e devono pertanto contribuire alle riduzioni previste. La Commissione ha affrontato un aspetto delle emissioni di GES provocate dai trasporti adottando una nuova strategia globale per ridurre le emissioni di biossido di carbonio imputabili alle autovetture e ai furgoni nuovi venduti nell'UE. Questo consentirà all'UE di raggiungere l'obiettivo, stabilito da lunga data, di limitare a 120 g/km le emissioni di CO2 degli autoveicoli nuovi entro il 2012. |
3.3. |
Per quanto riguarda i combustibili, la direttiva UE sui biocarburanti (2003/30/CE) ha l'obiettivo di contribuire a ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 e di promuovere l'utilizzo nei trasporti di carburanti prodotti a partire dalla biomassa e di altri combustibili provenienti da fonti rinnovabili. La strategia comunitaria relativa ai biocarburanti è stata ulteriormente elaborata nella comunicazione della Commissione Strategia dell'UE per i biocarburanti, sulla quale il 24 ottobre 2007 il Comitato ha adottato un parere. |
3.4. |
Nel marzo del 2007, il Consiglio ha adottato un obiettivo vincolante che prevede, entro il 2020, una quota minima del 10 % per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'UE, che dovrà essere conseguito da tutti gli Stati membri e in maniera efficiente in termini di costi. |
3.5. |
La direttiva in esame intende contribuire a tale strategia. Il principale cambiamento che essa introduce consiste nell'autorizzare un più elevato tenore di etanolo in un nuovo tipo di benzina per autoveicoli, al fine di consentire la rapida diffusione dei biocarburanti richiesta dal Consiglio. |
4. Osservazioni generali
4.1. |
L'Unione europea ha a giusto titolo assunto il ruolo di leadership mondiale nell'ambito della lotta contro i cambiamenti climatici, adottando obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni di GES entro il 2012 e il 2020. |
4.2. |
Il CESE condivide pienamente gli obiettivi e l'approccio generale della Commissione per definire un programma globale di azione. Ritiene tuttavia che nel settore dei trasporti si corra il rischio di stabilire un ordine di priorità errato. |
4.3. |
Il Comitato ritiene che nel settore dei trasporti i problemi vadano affrontati anzitutto alla radice: far fronte alle pressioni che hanno determinato, negli ultimi due secoli, una crescita continua di tutti i tipi di traffico. Con la strategia per lo sviluppo sostenibile adottata dal Consiglio nel 2006 l'Unione si è impegnata a raggiungere l'obiettivo di disaccoppiare la crescita economica dalla crescita dei trasporti, e questo traguardo dovrebbe costituire la priorità assoluta. Pertanto, il Comitato invita ancora una volta la Commissione ad avviare un riesame approfondito e integrato per stabilire in quale modo sia possibile conseguire tale obiettivo. |
4.4. |
Un'altra priorità dovrebbe consistere nel prescrivere una notevole riduzione del consumo di carburante delle automobili e degli altri veicoli. La proposta di definire un limite di 120 g/km per le emissioni di CO2 costituisce una misura utile a tale scopo. Il Comitato ritiene che sia possibile compiere rapidamente ulteriori progressi in questo ambito, e che sarebbe stato preferibile mantenere la proposta iniziale, che affidava ai costruttori la responsabilità del conseguimento di questo obiettivo. Il Comitato invita la Commissione ad impegnarsi maggiormente in questa direzione. |
4.5. |
Per quanto riguarda i biocarburanti, il Comitato concorda sul fatto che questi ultimi possano avere un ruolo importante da svolgere, ma giudica necessario tener conto delle loro conseguenze ambientali, sociali, agricole ed occupazionali, ai livelli sia europeo che mondiale. Il Comitato sta attualmente preparando un parere specifico sull'argomento. |
4.6. |
La diffusione crescente delle colture per la produzione di biocarburanti può comportare un utilizzo razionale del suolo, a condizione che tali colture non si sostituiscano ad altre altrettanto utili, o persino più interessanti, per la riduzione dei gas ad effetto serra. In Europa i processi agricoli rispondono a standard ambientali elevati grazie all'applicazione del principio dell'ecocondizionalità, che in linea di massima può essere trasformato in uno strumento idoneo ad assicurare che per le colture destinate alla produzione di biocarburanti vengano adottati metodi ottimali in termini di riduzione delle emissioni di carbonio. Sarà tuttavia essenziale un'analisi comparativa fra i processi di trasporto e di raffinazione necessari alla produzione sia dei biocarburanti che dei combustibili tradizionali. È necessario valutare molto attentamente l'impatto globale dei biocarburanti in termini di CO2, che potrebbe non essere sempre positivo. |
4.7. |
Su un piano più generale, la diffusione massiccia delle colture per la produzione di biocarburanti in Europa e in altre parti del mondo potrebbe avere forti ripercussioni sulla produzione alimentare, sulla protezione delle foreste e della biodiversità, come pure su altri aspetti, che vanno tutti valutati attentamente. Anche questa problematica verrà approfondita in un parere specifico. |
4.8. |
Il Comitato reputa che occorra un costante monitoraggio delle modalità ottimali per sviluppare il mercato delle biomasse e dei biocarburanti, e a tal fine sarà essenziale che le misure di sostegno allo sviluppo di questo mercato (contemplate dalla direttiva in esame o da altri dispositivi) consentano a quest'ultimo di trovare i sistemi ottimali per giungere alle soluzioni più efficienti ed efficaci sotto il profilo delle emissioni di carbonio. |
4.9. |
Date queste riserve circa la portata e il ritmo di sviluppo dei biocarburanti, il Comitato ritiene che la Commissione e l'Unione europea debbano seguire da vicino l'obiettivo che prevede l'impiego di una quota di biocarburanti pari al 10 % entro il 2020, ed essere pronte a modificarlo qualora risulti necessario. |
4.10. |
È da questa prospettiva generale che il Comitato considera la direttiva in esame: in linea di principio, non è contrario a modificare la direttiva concernente la qualità dei combustibili per consentire la miscelazione dei biocarburanti adeguati. Ritiene, tuttavia, che occorra prestare la massima cura per evitare che la miscelazione di biocarburanti nella benzina comporti altri effetti ambientali negativi, come il rilascio di composti organici volatili (COV) ancor più dannosi. È inoltre essenziale calcolare con grande precisione l'impatto atteso sulle emissioni di CO2, tenendo pienamente conto, caso per caso, dell'analisi del ciclo di vita completa del combustibile, in modo da sfruttare al meglio i potenziali vantaggi in termini di CO2. |
5. Osservazioni specifiche
5.1. La diffusione dei biocarburanti
5.1.1. |
Il Comitato riconosce che tale incremento sarà probabilmente necessario. Appare quindi opportuno che le specifiche relative ai carburanti vengano modificate, come proposto nella direttiva, per consentire la produzione e la commercializzazione di un nuovo tipo di benzina ad elevato tenore di biocombustibili, a condizione però che vengano affrontati i possibili effetti collaterali inquinanti. |
5.1.2. |
Il Comitato invoca misure aggiuntive in relazione alla proposta di allentare i limiti previsti per la tensione di vapore, onde consentire una tensione maggiore nella nuova benzina ad elevato tenore di biocombustibili. Tale tensione più alta comporterà una maggiore volatilità del petrolio e dunque un rilascio più cospicuo di composti organici volatili (COV) indesiderati sia alle pompe di benzina sia con l'evaporazione e la dispersione dai serbatoi e da altre parti dei veicoli. Questo problema può essere significativamente ridimensionato adottando misure tecniche adeguate. |
5.1.3. |
Il Comitato ritiene che la Commissione dovrebbe studiare più a fondo questo aspetto prima di applicare la direttiva. Alcuni osservatori hanno fatto presente che si potrebbe forse far uso di biocombustibili senza bisogno di livelli di tensione più elevati. In alternativa, l'autorizzazione di tensioni più elevate dovrebbe essere accompagnata da ulteriori misure riguardanti le pompe di benzina (come d'altronde ha già previsto la Commissione) e da una limitazione nell'impiego di elementi permeabili nei motori, in modo da garantire che con la maggiore diffusione dei biocombustibili non aumentino le emissioni nette di COV. |
5.2. Controllo delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita
5.2.1. |
Il Comitato appoggia fortemente la proposta di imporre all'industria dei carburanti di verificare e rendere note le emissioni di gas ad effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei carburanti venduti, nonché di ridurre tali emissioni dell'1 % all'anno dal 2010 al 2020. Sebbene le prestazioni di tale industria in termini di efficienza energetica siano migliorate negli ultimi anni, vi è ancora spazio per progressi sostanziali. La quantità di gas che viene bruciato all'imboccatura dei pozzi è ancora troppo elevata. Ciò provoca lo spreco di una preziosa risorsa e milioni di tonnellate di emissioni di carbonio e di altri inquinanti. Nel settore dei carburanti variano considerevolmente anche l'efficienza energetica e il livello di dispersione e di sprechi nella raffinazione e nella distribuzione attraverso gli oleodotti; rimarrebbe molto da fare per allineare il livello di efficienza dell'intero settore a quello dei migliori operatori. |
5.2.2. |
L'obbligo di sorveglianza che si vuole imporre all'industria dei combustibili è concepito in modo tale che la graduale introduzione dei biocombustibili nel mix energetico potrebbe figurare come un contributo di tale industria all'obiettivo generale di ridurre le emissioni. Il Comitato è favorevole a una strategia che sfrutti il potenziale dei biocarburanti in termini di ambiente, mercato e posti di lavoro, in modo da assicurare la massima riduzione globale possibile di CO2. Teme tuttavia che la proposta in esame possa indurre le imprese del settore dei combustibili a un'espansione troppo rapida dei biocombustibili trascurando invece le opportunità di miglioramento dell'efficienza energetica. |
5.2.3. |
Se la proposta proseguirà il suo iter, occorrerà mettere in chiaro alcune cose. Sarà essenziale garantire che l'analisi del ciclo di vita dei biocarburanti e dei prodotti petroliferi venga eseguita accuratamente e che non si riduca ad una vuota formula. L'impatto dei vari tipi di biocarburanti sul bilancio complessivo del CO2 varierà considerevolmente a seconda del tipo e della fonte. In termini di emissioni di CO2 lungo l'intero ciclo di vita, i biocarburanti offrono in generale prestazioni migliori dei combustibili fossili. L'Unione europea dovrebbe promuovere le soluzioni migliori. |
5.2.4. |
Per comprendere i vantaggi di ciascuna fonte in termini di emissioni di CO2 occorre eseguire analisi e valutazioni specifiche perché i diversi impieghi di biocarburanti producono ciascuno un impatto differente in termini di CO2. |
5.2.5. |
La proposta è giustamente favorevole all'impiego della biomassa per produrre biocarburanti o elettricità. Questo dovrebbe portare a uno sviluppo positivo e costante del mercato della biomassa. |
5.2.6. |
La proposta non menziona alcuna norma relativa al monitoraggio, né le modalità di verifica e di applicazione dei requisiti. Dal momento che la maggior parte delle imprese coinvolte opera su scala mondiale e deve avere un approccio coerente, adeguato ai requisiti che vengono loro applicati, il Comitato ritiene ampiamente giustificato gestire a livello europeo le norme e la loro sorveglianza ed applicazione, piuttosto che rifarsi alle interpretazioni ed attuazioni, non sempre coerenti tra loro, dei singoli Stati membri. |
5.3. Lo zolfo nei carburanti
5.3.1. |
Il Comitato approva la proposta di confermare la scadenza del 2009 per la riduzione obbligatoria a 10 ppm del tenore di zolfo nei combustibili diesel. È inoltre favorevole alle proposte concernenti la riduzione del tenore massimo di zolfo nei gasoli utilizzati per le macchine mobili non stradali e per i trattori agricoli o forestali. Tali proposte allineano i requisiti relativi al tenore di zolfo a quelli già adottati per i veicoli stradali e contribuiranno a garantire un'ulteriore riduzione dell'inquinamento da zolfo e da particolato. |
5.3.2. |
Per quanto riguarda le vie navigabili interne, la Commissione ha proposto una riduzione delle emissioni di zolfo da realizzarsi in due stadi. Il Comitato osserva che potrebbe essere preferibile procedere alla riduzione del valore massimo consentito in una sola volta, per evitare che gli armatori debbano eseguire due distinti interventi di modifica. Sarebbe inoltre opportuno prevedere delle esenzioni per le imbarcazioni d'epoca, per le quali potrebbe risultare difficile realizzare gli adeguamenti necessari. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/56 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'evoluzione dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate a partire dal 2010
(2008/C 44/16)
L'Assemblea plenaria del Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sull'«Evoluzione dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate a partire dal 2010».
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore KIENLE.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli e 3 astensioni.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) reputa che le zone con svantaggi naturali necessitino e meritino un'attenzione particolare a livello sia politico che di opinione pubblica. Questo vale, senza riserve, anche per le «altre regioni svantaggiate» (zone intermedie) di cui tratta il presente parere. |
1.2. |
Il CESE reputa che i fondi dell'indennità compensativa, cofinanziata dall'UE e dagli Stati membri, siano uno strumento indispensabile per preservare il paesaggio culturale e l'agricoltura in località particolarmente sensibili sul piano economico, ecologico e anche sociale. |
1.3. |
L'obiettivo dell'indennità compensativa va decisamente oltre il mantenimento delle forme di coltivazione tradizionali. Per le zone svantaggiate il punto di partenza determinante dovrebbe essere anche in futuro la compensazione degli svantaggi economici di cui soffrono gli agricoltori. |
1.4. |
Per quanto riguarda le riflessioni previste della Commissione europea sulla nuova delimitazione delle zone ammissibili, il CESE raccomanda che l'UE si occupi di stabilire le condizioni generali e le alternative metodologiche per la delimitazione di tali zone. La scelta del sistema da applicare e l'individuazione delle zone stesse, invece, dovrebbero continuare ad essere di competenza degli Stati membri e delle regioni. |
1.5. |
Il CESE fa presente che è necessario poter contare maggiormente sulla continuità temporale dell'indennità concessa. In caso di modifiche delle regioni ammissibili bisogna evitare che ci siano interruzioni strutturali. |
1.6. |
Il CESE reputa che i concetti di «zone svantaggiate» o «indennità compensativa» siano molto difficili da comunicare all'opinione pubblica; ritiene pertanto auspicabile sostituirli. |
2. Motivazione e antefatto
2.1. |
In linea con quanto deciso dal Consiglio, nel 2008 la Commissione europea dovrà presentare una proposta di revisione della delimitazione delle cosiddette «altre regioni svantaggiate» (zone intermedie), da applicare nel 2010. |
2.2. |
Il 13 settembre 2006 il CESE aveva adottato già un parere d'iniziativa sul tema Le prospettive dell'agricoltura nelle aree con svantaggi naturali specifici (regioni montane, insulari e ultraperiferiche) (1). In tale parere il Comitato aveva dato grande rilievo alle regioni insulari, montane e ultraperiferiche, ma non alle categorie «altre regioni svantaggiate» (zone intermedie) e «zone con svantaggi specifici» (zone circoscritte). |
2.3. |
Per questo motivo il CESE aveva indicato espressamente che si sarebbe concentrato su tali categorie in un altro parere. Il presente parere d'iniziativa si inserisce quindi nel dibattito su un'eventuale nuova delimitazione delle zone svantaggiate. |
2.4. |
La necessità di riesaminare la delimitazione delle zone in questione scaturisce da una relazione della Corte dei conti (relazione speciale n. 4/2003). Le osservazioni critiche formulate in tale relazione riguardano essenzialmente i seguenti punti: gli Stati membri si avvalgono di una grande varietà di indicatori per classificare una zona come svantaggiata; non vi sono sufficienti informazioni affidabili sull'impatto delle misure; le «buone pratiche agricole» non sono applicate in modo coerente. Le principali conclusioni della Corte dei conti riguardano la delimitazione delle «altre regioni svantaggiate» e alcuni aspetti dell'indennità compensativa. |
2.5. |
Nel novembre 2006 la direzione generale Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea ha presentato une relazione di valutazione elaborata dall'Istituto per la politica ambientale europea (IEEP) sull'indennità compensativa nelle zone svantaggiate. |
3. Osservazioni di carattere generale
3.1. |
Per il CESE le zone caratterizzate da svantaggi naturali fanno addirittura parte integrante del «modello agricolo europeo». Tali zone richiedono una particolare attenzione, da parte sia della politica che dell'opinione pubblica, perché si possano prendere misure specifiche e adattate ai loro reali bisogni. |
3.2. |
La definizione di «zona svantaggiata» deve consentire di individuare le zone in cui lo sfruttamento agricolo dei terreni, a causa di svantaggi derivanti dalla situazione geografica, rischia di essere interrotto. Ciò si fonda sull'idea che lo sfruttamento agricolo sostenibile di una zona rurale sia un presupposto importante affinché sia ritenuta attraente. Così, all'insegna della multifunzionalità, l'attività imprenditoriale dell'agricoltore, preservando e curando il paesaggio, produce allo stesso tempo risultati utili alla collettività. |
3.3. |
Il CESE fa notare che il concetto di «zone svantaggiate» è del tutto ambivalente, in quanto spesso si tratta di regioni con una natura e un paesaggio particolarmente ricchi e vari e i cui abitanti hanno capacità e tradizioni particolari. Spesso, però, queste potenzialità non possono essere sfruttate economicamente a causa di condizioni locali e geografiche particolarmente difficili. Anche gli agricoltori, in molti casi, non hanno alternative economiche sufficienti, né nel proprio settore né in altri. |
3.4. |
Il CESE ritiene che l'indennità compensativa per le zone svantaggiate sia uno strumento tanto originale quanto indispensabile per preservare il paesaggio culturale e l'agricoltura in località particolarmente sensibili sul piano economico, ecologico e anche sociale. L'obiettivo dell'indennità è di valorizzare le grandi potenzialità dei paesaggi culturali europei esteticamente piacevoli promuovendo un'agricoltura attiva e orientata al mercato. Tale obiettivo va quindi decisamente oltre il mantenimento delle forme di coltivazione tradizionali. Anche in futuro, il punto di partenza determinante dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate dovrebbe essere la compensazione degli svantaggi economici di cui soffrono gli agricoltori nei territori in cui le condizioni di coltivazione sono particolarmente difficili. Inoltre, dal 2007 l'indennità compensativa è subordinata al rispetto di norme relative alla sicurezza degli alimenti, alla protezione ambientale e alla tutela degli animali (condizionalità). |
3.5. |
Dal 1975 è stato sviluppato un sistema europeo globale di delimitazione delle zone svantaggiate, prendendo come punto di partenza le zone montane. Oggi esistono tre tipi di zone svantaggiate: le zone montane, le altre regioni svantaggiate (zone intermedie) e le zone con svantaggi specifici (zone circoscritte). Queste due ultime categorie sono caratterizzate da grandi differenze e forte eterogeneità tra gli Stati membri, per quanto riguarda sia la delimitazione delle zone che l'entità delle indennità concesse. I cospicui mezzi finanziari destinati all'indennità compensativa hanno consentito, in grande misura, di mantenere un'attività agricola vivace proprio in zone rurali sensibili. |
3.6. |
Il CESE ritiene che l'indennità compensativa per le zone svantaggiate faccia parte integrante dei programmi di sviluppo rurale (cfr. regolamento (CE) n. 1698/2005 sul FEASR). Il fatto che questa indennità sia cofinanziata dall'UE e dagli Stati membri evidenzia la necessità di coniugare opportunamente norme univoche a livello dell'UE e margini di manovra nel predisporre i dettagli a livello nazionale e regionale. |
3.7. |
Il CESE ricorda che nel 2005 il documento di lavoro della Commissione relativo a una metodologia per la ridefinizione delle «altre regioni svantaggiate» (zone intermedie) aveva suscitato grosse incomprensioni, ed era stato respinto, in diverse parti degli Stati membri. All'epoca la riflessione era incentrata sul tentativo di elaborare a livello centrale una definizione uniforme delle zone svantaggiate, attraverso i criteri della superficie a pascolo e della resa cerealicola, ma senza prevedere la possibilità di tener conto delle specificità regionali. Le forti riserve e le argomentazioni espresse contro quell'approccio devono essere prese in considerazione nei futuri dibattiti. |
3.8. |
La relazione di valutazione dell'IEEP del novembre 2006 richiama l'attenzione sul fatto che uno strumento di sostegno come l'indennità compensativa va visto nel contesto della sua interazione con il pagamento unico per azienda e con le misure agroambientali. La relazione raccomanda nel contempo di accentuare maggiormente il ruolo svolto da tale indennità nel compensare gli svantaggi per lo sfruttamento agricolo derivanti dalla situazione geografica. Inoltre l'importo dell'indennità concessa dovrebbe essere adattato meglio agli svantaggi da compensare. |
3.9. |
Il CESE fa presente che, complessivamente, il rischio di «sovracompensazione» riscontrato dalla Corte dei conti non viene constatato nella relazione dell'IEEP. Certo l'indennità compensativa riduce il forte divario tra il reddito degli agricoltori delle regioni svantaggiate e quello degli agricoltori delle regioni non svantaggiate, ma non al punto di annullarlo. Secondo gli esperti il contributo dell'indennità compensativa ai redditi agricoli oscilla tra meno del 10 % e il 50 % a seconda dello Stato membro. |
3.10. |
Il CESE ritiene che l'indennità compensativa per le zone svantaggiate contribuisca in misura molto rilevante al proseguimento dell'attività agricola nelle località a basso rendimento e nelle zone scarsamente popolate. La vitalità delle aziende è data in primo luogo dai proventi della produzione agricola e dalla vendita dei prodotti sul mercato, dai redditi derivanti dalla diversificazione e dalle misure della politica agricola comune. Per dare una prospettiva a chi rileva aziende agricole in zone svantaggiate, in particolare ai giovani agricoltori, è necessario che lo strumento dell'indennità compensativa goda di affidabilità politica nel lungo periodo. |
3.11. |
Il CESE ritiene necessario che, se si vuol dare un chiaro profilo all'indennità compensativa per le zone svantaggiate, il relativo sistema venga sviluppato accentuando la distinzione rispetto alle misure agroambientali. Nel medio termine si dovrà inoltre definire in che modo sviluppare la compensazione nelle zone soggette a restrizioni ambientali. Secondo il CESE la scarsa applicazione di quest'indennità, segnalata nella relazione dell'IEEP, si spiega anche con il fatto che per le zone di questo tipo parecchi Stati membri o regioni tendono a preferire le misure agroambientali. |
Riflessioni sulla nuova delimitazione delle zone ammissibili
3.12. |
Secondo il CESE, nella nuova delimitazione delle zone svantaggiate ammissibili all'indennità compensativa si dovrebbe tener conto dei seguenti aspetti. |
3.12.1. |
L'indennità compensativa per le zone svantaggiate dovrebbe continuare a concentrarsi sul mantenimento di un'attività agricola vivace e adattata alle condizioni locali anche nelle zone in cui le condizioni di coltivazione sono difficili. |
3.12.2. |
Alla luce del dibattito svolto finora, la revisione prevista non dovrebbe esulare dall'ambito delle «altre regioni svantaggiate» (zone intermedie). Considerato che soprattutto le zone di montagna sono delimitate in modo oggettivo, la Commissione europea dovrebbe chiarire ancora una volta in modo esplicito (anche per evitare di disorientare gli agricoltori) quale sia la portata prevista per la revisione delle zone svantaggiate. |
3.12.3. |
Le zone svantaggiate dovrebbero essere delimitate sulla base di criteri oggettivi e chiari, ma in un quadro generale che consenta di tener pienamente conto delle condizioni locali di ciascuno Stato membro. |
3.12.4. |
L'esperienza del tentativo di revisione dell'indennità del 2005 dimostra chiaramente che un approccio centralizzato non è adatto alla delimitazione delle zone svantaggiate, soprattutto perché non esiste un unico sistema europeo per classificare la capacità di resa dei terreni agricoli. |
3.12.5. |
Si raccomanda quindi un approccio ispirato alla sussidiarietà: l'UE dovrebbe stabilire le condizioni generali e le alternative metodologiche per la delimitazione delle zone, mentre la scelta del sistema da applicare e l'individuazione delle zone stesse dovrebbero continuare a essere di competenza degli Stati membri o delle regioni. Si dovrebbero inoltre mantenere le modalità di cooperazione finora praticate in materia tra la Commissione europea e gli Stati membri. |
3.12.6. |
Nella delimitazione delle zone, gli Stati membri o le regioni dovrebbero innanzitutto basarsi su criteri legati agli svantaggi naturali e/o climatici che ostacolano lo sfruttamento agricolo. A titolo integrativo, in determinate circostanze si possono poi aggiungere criteri socioeconomici se riflettono i problemi sociali o strutturali del settore agricolo nel rispettivo contesto regionale (ad esempio: forte emigrazione, forte invecchiamento della popolazione regionale o degli attivi in agricoltura, accesso particolarmente difficile alle infrastrutture pubbliche, zone scarsamente popolate). Si dovrà inoltre esaminare in che misura sono presi in considerazione terreni vicini agli aeroporti, ai depositi di petrolio, alle discariche, ai siti militari e quelli situati nelle zone di protezione delle linee elettriche dell'alta tensione). Viceversa i criteri socioeconomici, ad esempio nelle regioni che presentano una forte creazione di valore nel settore turistico, non devono far sì che le superfici agricole difficilmente coltivabili non siano più classificate come zone svantaggiate. |
3.12.7. |
Anche e specialmente nelle zone svantaggiate, la promozione e la qualificazione del capitale umano sono una questione fondamentale per il sistema locale. Nella definizione della loro politica di sostegno, gli Stati membri dovrebbero pertanto aver cura che le misure di formazione e di orientamento vadano ad integrare le misure di sostegno riferite alla superficie, in modo proficuo per le zone rurali. |
3.12.8. |
La Commissione europea, gli Stati membri e le regioni sono invitati a dimostrare in modo più efficace il contributo che l'indennità compensativa per le zone svantaggiate fornisce al raggiungimento dell'obiettivo fissato, vale a dire il mantenimento di un'agricoltura attiva in un paesaggio attraente. Finora un monitoraggio in questo senso è mancato e, quindi, andrebbe avviato. |
3.12.9. |
La Commissione europea dovrebbe inoltre esaminare in quale misura il cambiamento climatico possa avere un impatto sulle zone svantaggiate. |
Riflessioni sulla concessione dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate
3.13. |
La Commissione europea non ha ancora indicato con chiarezza se, nel corso del riesame dell'indennità compensativa, prevede di procedere, oltre che alla delimitazione delle zone svantaggiate, anche ad altre modifiche inerenti alla concessione di questa indennità. In caso affermativo, il CESE ritiene necessario tener conto dei seguenti aspetti. |
3.13.1. |
Se la concessione dell'indennità compensativa sotto forma di pagamento per superficie è, in linea di principio, pertinente, in casi motivati dovrebbe comunque essere possibile stabilire regole legate alle attività zootecniche, qualora esse siano tipiche del mantenimento dell'attività agricola nella regione interessata (ad esempio, allevamento di bovini o di ovini in zone di pascolo). |
3.13.2. |
Anche per quanto riguarda la concessione dell'indennità compensativa è opportuno cercare di coniugare opportunamente il quadro di riferimento comunitario con le norme nazionali e regionali, in modo che si possa tener conto debitamente delle specificità locali. |
3.13.3. |
Anche se la generica accusa di «sovracompensazione» può essere smentita sulla base dei risultati contabili delle aziende agricole, nella concessione dell'indennità compensativa sembra comunque necessario stabilire una distinzione interna. Se l'importo dell'indennità per ettaro supera una determinata soglia minima, lo Stato membro o la regione dovrebbe modulare tale importo in funzione del grado di penalizzazione della zona interessata. |
3.13.4. |
Per il proseguimento di un'attività agricola sostenibile è necessario che la concessione dell'indennità sia più affidabile nel tempo. In alcuni Stati membri, infatti, i pagamenti oscillano notevolmente da un anno all'altro in funzione della situazione delle finanze pubbliche. |
3.14. |
Il CESE fa presente che eventuali modifiche delle zone ammissibili comporterebbero gravi rischi per la struttura agricola e il mantenimento del paesaggio culturale. Per le zone che sarebbero eventualmente escluse dal sostegno andrebbero svolte un'analisi dei rischi e una valutazione dell'impatto. In genere gli agricoltori avrebbero molte difficoltà a compensare perdite sul fronte dell'indennità con altre attività aziendali, ad esempio intensificando la produzione. Per questo motivo sarebbe opportuno prevedere non solo periodi transitori sufficienti ma anche clausole per i casi di particolare gravità, in modo da evitare che nelle aziende agricole si verifichino delle interruzioni strutturali. |
3.15. |
Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il concetto di «zone svantaggiate» è molto difficile da comunicare all'opinione pubblica. Le «zone svantaggiate» possono rappresentare paesaggi culturali di particolare valore e bellezza che però, sotto il profilo agricolo, si caratterizzano per il fatto di essere molto difficili da sfruttare. Gli abitanti delle zone svantaggiate spesso sono particolarmente orgogliosi della storia, delle tradizioni e della bellezza paesaggistica della «loro» regione, cosa da cui scaturiscono anche grandi potenzialità per lo sviluppo regionale. Purtroppo il concetto di «indennità compensativa per le zone svantaggiate» non è affatto in grado di contribuire all'identificazione degli abitanti con la propria regione. Si deve perciò riflettere sulla possibilità di sostituire la denominazione «zone svantaggiate» con un'altra che rifletta meglio queste potenzialità e peculiarità. Ciò potrebbe contribuire a una maggiore accettabilità dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 93.
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/60 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verifica dello stato di salute e futuro della PAC dopo il 2013
(2008/C 44/17)
Con lettera inviata il 10 maggio 2007 al Presidente DIMITRIADIS la Commissione europea ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, ai sensi dell'articolo 262 del Trattato CE, ad elaborare un parere sulla «Verifica dello stato di salute e futuro della PAC dopo il 2013».
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore KIENLE.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli, 2 voti contrari e 6 astensioni.
1. Sintesi e conclusioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo apprezza il fatto che la Commissione europea gli abbia chiesto in tempo utile di elaborare un parere esplorativo sulla verifica dello stato di salute e sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013. |
1.2. |
La riforma della politica agricola comune del 2003 ha comportato un profondo cambiamento di impostazione. Gli interventi di regolazione dei mercati agricoli sono stati fortemente limitati, l'accoppiamento dei pagamenti diretti con la produzione è da allora soltanto un'eccezione, e inoltre, nonostante l'allargamento dell'UE, i costi della PAC sono stati ridotti. L'UE ha così fatto ben più di qualunque altro concorrente per la liberalizzazione del commercio agricolo internazionale. |
1.3. |
I produttori agricoli, ma anche le imprese del settore della trasformazione, devono ora affrontare una difficile fase di adeguamento. Secondo il CESE vi sarà ampia disponibilità a rispondere alle nuove condizioni con spirito imprenditoriale e orientato al mercato se verranno mantenuti gli impegni presi nel quadro delle riforme e verrà offerta una sufficiente certezza giuridica e sicurezza di pianificazione. Questo vale tanto più se si considera che a livello mondiale vi è una forte domanda di prodotti alimentari e di energie rinnovabili, e che la sicurezza dell'approvvigionamento sta acquisendo una nuova importanza. |
1.4. |
Il CESE ritiene giusto che la semplificazione delle disposizioni amministrative per l'assegnazione dei premi e l'attuazione delle norme di ecocondizionalità, come pure l'accertamento dell'eventuale necessità di adeguare le disposizioni vigenti alle sfide future (cfr. punto 6.3), siano considerate un compito prioritario della verifica dello stato di salute. |
1.5. |
Nel quadro del dibattito sul futuro della politica agricola comune dopo il 2013, il CESE ritiene necessario adeguare gli obiettivi della PAC (articolo 33 del Trattato CE) alla situazione e alle sfide attuali. |
1.6. |
L'UE è impegnata a realizzare il modello agricolo europeo e la multifunzionalità. Il CESE, tuttavia, richiama l'attenzione sul fatto che ciò non è di per sé compatibile con una sempre maggiore liberalizzazione, tanto più che le aspettative della società europea nei confronti dell'agricoltura sono e resteranno elevate. |
1.7. |
Dalla liberalizzazione del commercio agricolo bisogna aspettarsi una maggiore volatilità e instabilità dei mercati agricoli. Nella stessa direzione porteranno le conseguenze del cambiamento climatico. Pertanto, anche in futuro l'UE dovrà disporre di strumenti di stabilizzazione dei mercati agricoli. Il CESE raccomanda tuttavia anche di discutere e mettere a punto sistemi alternativi. |
1.8. |
In generale la fine del regime delle quote latte è prevista per il 31 marzo 2015. Il CESE fa tuttavia rilevare che molte delle regioni che presentano svantaggi naturali sono dipendenti dalla produzione lattiera, e che per questo motivo occorre elaborare tempestivamente proposte intese ad assicurare la produzione in questi territori. |
1.9. |
Il CESE rimanda inoltre al parere appena adottato sul tema L'evoluzione dell'indennità compensativa per le zone svantaggiate a partire dal 2010 (1), che verte sulla necessità di un sostegno mirato alle zone con svantaggi naturali. |
1.10. |
Il CESE è convinto che i pagamenti diretti alle aziende agricole resteranno indispensabili anche in futuro. Per ottenere e garantire il consenso dell'opinione pubblica, i pagamenti diretti devono poter essere motivati in base alla funzione svolta. |
1.11. |
Per quanto concerne la necessità di garantire la multifunzionalità dell'agricoltura, il secondo pilastro (politica di sviluppo rurale) acquista un'importanza ancora maggiore. Il CESE è quindi favorevole a un rafforzamento della dotazione finanziaria destinata al secondo pilastro. Alcuni esempi dimostrano che tramite un sostegno mirato si possono proteggere o creare posti di lavoro nell'agricoltura e nelle zone rurali. |
2. Introduzione
2.1. |
In questo anno 2007 l'UE può guardare con orgoglio ai trascorsi 50 anni di riuscita integrazione europea. Sin dall'entrata in vigore dei Trattati di Roma, il 1o gennaio 1958, la politica agricola comune (PAC) è una componente importante di questo sviluppo senza eguali e, ancora oggi, essa rappresenta l'unico settore pienamente «comunitarizzato». |
2.2. |
Ci si può pertanto rallegrare del fatto che i cittadini dell'UE abbiano un'opinione prevalentemente positiva dell'agricoltura e della PAC, come emerge chiaramente da un sondaggio rappresentativo (2). Occorre puntare su questo consenso di base per convincere la società che le risorse fornite tramite la PAC costituiscono un buon investimento per la politica sociale. La politica deve essa stessa fornire argomentazioni convincenti, corredate di misure e programmi adeguati. |
2.3. |
La riforma agricola del 2003 (cui hanno fatto seguito riforme in altri settori di mercato) ha operato una trasformazione della PAC molto più profonda di quanto non fosse avvenuto in precedenza. |
2.3.1. |
La riforma è stata motivata con la necessità di rendere l'agricoltura maggiormente orientata al mercato e di migliorarne la competitività. Essa dovrebbe inoltre rendere più facile difendere la PAC nei negoziati dell'OMC, come pure rispondere meglio alle nuove aspettative della società rispetto alla produzione agricola. |
2.4. |
I responsabili politici hanno ripetutamente assicurato che, una volta completata la riforma agricola, gli agricoltori e le imprese dei settori a valle (trasformazione e commercializzazione) potranno nuovamente contare sulla prevedibilità degli strumenti della PAC. Su quest'esigenza il CESE ha insistito più volte. |
2.5. |
Nel dicembre 2005, al momento dell'accordo sul bilancio UE per il periodo 2007-2013, il Consiglio europeo ha invitato la Commissione europea ad effettuare nel 2008-2009 una verifica delle spese e delle entrate riguardante tutti gli aspetti delle politiche comunitarie. |
2.5.1. |
Tuttavia, già prima di tale valutazione è previsto un controllo delle misure adottate nel quadro della riforma della PAC, detto «verifica dello stato di salute» (health-check). La Commissione ha garantito che da questo esercizio non scaturirà alcuna nuova riforma. L'obiettivo è piuttosto quello di esaminare in quale misura gli obiettivi della riforma della PAC siano stati conseguiti e quali adeguamenti siano necessari. |
2.6. |
Già nell'autunno 2007 dovrebbe prendere il via un ampio dibattito in materia. Per il 20 novembre la Commissione prevede di elaborare una «comunicazione» contenente proposte concrete. Le corrispondenti proposte legislative sono previste per il primo semestre del 2008 (3). A prescindere dalla verifica dello stato di salute, occorre riflettere su come indirizzare lo sviluppo della PAC per il periodo successivo al 2013. |
3. La riforma della PAC del 2003: un profondo cambiamento di impostazione
3.1. |
Alle modifiche della PAC già stabilite nel quadro dell'Agenda 2000 ha fatto seguito, con la riforma agricola del giugno 2003, un profondo cambiamento di impostazione. |
3.1.1. |
I pagamenti unici per azienda sono stati disaccoppiati dai vincoli in termini di produzione. Il «disaccoppiamento» è il punto nodale della riforma. Da allora circa l'85 % dei pagamenti è stato disaccoppiato. |
3.1.2. |
I pagamenti diretti (pagamenti unici) sono stati condizionati al rispetto di determinate norme in materia di ambiente, sicurezza alimentare, salute animale e vegetale nonché protezione del benessere degli animali (ecocondizionalità). |
3.1.3. |
Le azioni volte a regolare i mercati agricoli tramite interventi, stoccaggio oppure restituzioni all'esportazione sono state limitate considerevolmente. |
3.1.4. |
Per quanto riguarda gli strumenti di controllo quantitativo ancora esistenti (ad esempio le quote di produzione), se ne prevede la progressiva eliminazione. |
3.1.5. |
Nonostante l'allargamento e i nuovi compiti della PAC, nel periodo 2007-2013 le spese destinate a finanziare tale politica si sono ridotte del 7,8 % rispetto al 2006. |
3.2. |
Il CESE fa rilevare che nel 2008 la quota delle spese per la PAC nel bilancio totale dell'UE, pari al 43,6 % (progetto preliminare di bilancio della Commissione), per la prima volta non sarà la principale voce di spesa. Va anche ricordato che nel 1997 le spese per le misure di sostegno al mercato erano ancora pari a 35 miliardi di euro, cioè all'85 % delle dotazioni per l'agricoltura, mentre nel 2007 è prevista a tale scopo una dotazione di appena 5,7 miliardi di euro (13 %). Inoltre, nel 2007 la spesa per le restituzioni all'esportazione è limitata ad un massimo di 1 miliardo di euro, mentre nel 1997 era ancora pari a 6 miliardi di euro (4). |
3.3. |
La riduzione delle spese per la PAC e, al tempo stesso, l'aumento dei beneficiari degli aiuti (sostanzialmente a seguito dell'allargamento dell'UE) significa che per certe misure potranno esservi dei tagli. |
3.4. |
Secondo la Commissione, un elemento fondamentale a favore della riforma della PAC è stato il rafforzamento della posizione dell'UE nella difesa del modello agricolo europeo in sede di negoziati OMC. Con la riforma della PAC l'Unione ha dato un enorme contributo in questa direzione. La Commissione sottolinea che le offerte presentate finora per il ciclo di Doha nel quadro dell'OMC sono in linea con la riforma della PAC del 2003. Esistono tuttavia posizioni contrastanti al riguardo. |
3.5. |
Il CESE constata con preoccupazione che la PAC tende ad andare in direzioni sempre più divergenti. La riforma del 2003 ha nettamente accentuato le disparità nazionali nell'attuazione di tale politica, e questo fenomeno si ripercuote anche sulla concorrenza nel mercato interno. |
4. L'agricoltura europea si adatta alle nuove condizioni
4.1. |
Ai sensi delle decisioni del Consiglio europeo del 2003 e del 2005 in materia di bilancio dell'UE, la PAC rientra nel quadro finanziario complessivo dell'UE. Esistono chiare disposizioni politiche valide fino al 2013, e i produttori agricoli hanno ora bisogno del tempo necessario per potersi adattare alle nuove condizioni. |
4.2. |
In conseguenza dell'abbassamento dei prezzi istituzionali, della limitazione delle misure di sostegno al mercato e dell'ulteriore apertura dei mercati alle importazioni, tra il 2000 e il 2005 il livello dei prezzi alla produzione nell'UE-15 è ulteriormente diminuito in termini reali (5). |
4.3. |
Grazie al disaccoppiamento la Commissione prevede non soltanto di ottenere una stabilizzazione dei redditi (6), ma anche di contribuire al miglioramento dei redditi nel settore agricolo (7). L'evoluzione dei redditi nel 2005 e 2006 non consente ancora di confermare queste aspettative. Tuttavia nel 2007 ci si può attendere un aumento dei redditi, dovuto non da ultimo all'attuale rincaro delle materie prime agricole sul mercato mondiale. |
4.4. |
Nel parere sulla revisione della PAC 2003 (8) il CESE ha indicato chiaramente che, per dimostrare il rispetto delle norme di ecocondizionalità, le aziende vedranno aumentare sensibilmente i loro oneri diretti come pure quelli legati alla documentazione. Spesso inoltre si imporranno investimenti onerosi, ad esempio per quanto riguarda l'allevamento del bestiame. L'esperienza ha già mostrato che una parte dei produttori agricoli, le cui aziende sono più piccole o economicamente più deboli, non sono in grado di effettuare le spese necessarie, e quindi abbandonano l'attività agricola. |
4.5. |
Il disaccoppiamento degli aiuti diretti dovrebbe consentire ai produttori agricoli di sfruttare al meglio le opportunità del mercato. Gli adeguamenti al mercato richiedono spesso investimenti che a volte possono essere ad alta intensità di capitali e a volte invece, pur essendo molto esigui sul piano finanziario, necessitano di un notevole sostegno in termini di consulenza. Nel secondo pilastro è previsto un sostegno per la riconversione delle imprese e per gli investimenti. La disponibilità del settore agricolo, e in primo luogo degli agricoltori che rilevano un'azienda, ad adattarsi a nuove condizioni e a compiere i necessari investimenti dipende essenzialmente dall'affidabilità della politica. |
5. L'agricoltura europea deve sfruttare le sue potenzialità
5.1. |
Da alcuni mesi nei mercati agricoli mondiali si stanno verificando notevoli cambiamenti dovuti ad una forte domanda su scala globale di prodotti alimentari, come pure di materie prime (provenienti dall'agricoltura e dalla silvicoltura) e di energie rinnovabili. Ai produttori agricoli si presentano quindi, in generale, ulteriori alternative in termini di coltivazione e commercializzazione. L'agricoltura europea, come anche quella dei paesi in via di sviluppo, trarrà un notevole vantaggio da questa situazione. Il CESE ritiene però particolarmente importante che il maggiore sfruttamento delle potenzialità produttive in agricoltura e in silvicoltura avvenga nel rispetto della sostenibilità e delle esigenze ecologiche. Al tempo stesso il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il prevedibile, forte aumento della volatilità dei mercati comporta anche rischi elevati. |
5.2. |
Lo sfruttamento delle potenzialità disponibili significa una minore dipendenza per quanto riguarda importanti beni di uso quotidiano. Inoltre in questo modo si può dare un contributo sostanziale all'aumento del valore aggiunto nelle regioni rurali, come pure all'occupazione a tutti i livelli della produzione, della trasformazione e della commercializzazione. |
5.3. |
L'approvvigionamento di energia fossile a basso costo è stato per anni considerato un vantaggio. L'enorme dipendenza che ne deriva — come pure il sensibile aumento dei costi — ha nel frattempo indotto ad una riflessione critica sugli effetti di tale situazione per i prodotti importanti del fabbisogno quotidiano. La sicurezza dell'approvvigionamento sia energetico che alimentare acquista una valenza e un'importanza diverse, nella misura in cui risulta evidente che essa non può essere garantita soltanto dalle importazioni. |
5.4. |
Il rapporto dell'ONU sul clima mondiale conferma gli avvertimenti già lanciati dagli scienziati riguardo agli effetti del riscaldamento globale. Anche se si riuscisse a contenere in qualche misura tale fenomeno, bisognerebbe comunque aspettarsi gravi ripercussioni: aumento delle condizioni climatiche estreme, siccità, mancanza d'acqua, ecc. In molti paesi l'agricoltura e la silvicoltura saranno particolarmente colpite da questi eventi. |
5.5. |
Il CESE si rallegra della maggiore consapevolezza esistente oggi nell'UE rispetto a tale problema, consapevolezza che trova espressione ad esempio nella dichiarazione del 50o anniversario della firma dei Trattati di Roma (Dichiarazione di Berlino). Il Comitato ritiene che si debba sostenere con ogni mezzo la volontà espressa in tale dichiarazione dai capi di Stato e di governo di svolgere un «ruolo trainante» nella lotta alla povertà e alla fame e di «portare avanti assieme […] la protezione del clima». Nel periodo tra il 1990 e il 2004 l'agricoltura dell'UE-15 ha ridotto del 16 % la propria quota di emissioni dannose per il clima (9), ma deve sforzarsi di operare un'ulteriore riduzione. |
5.6. |
L'obbligo di ridurre considerevolmente le emissioni di CO2 deve indurre anche a riconsiderare le modalità di approvvigionamento di beni come i prodotti agricoli. Il forte sviluppo dei trasporti è una delle cause principali dell'aumento delle emissioni di CO2. Inoltre, anche in caso di forte rincaro dei prezzi dell'energia, i trasporti ritenuti discutibili sul piano ambientale (ad esempio l'importazione di mele e di asparagi per via aerea dall'America Latina) subiranno solo in misura limitata la conseguente pressione economica. È urgente annettere una nuova importanza alla necessità di potenziare un approvvigionamento di prodotti alimentari e di energia che non richieda trasporti su lunghe distanze. Numerose esperienze positive dimostrano che proprio nelle zone rurali, al riguardo, è possibile trovare una soluzione favorevole sia all'ambiente che all'occupazione. |
5.7. |
La decisione dei capi di Stato e di governo adottata a Bruxelles nel marzo 2007, secondo cui entro il 2020 il 20 % del consumo energetico dell'UE dovrà essere coperto da energia proveniente da fonti rinnovabili, rappresenta un contributo importante alla riduzione delle emissioni di CO2. Tale obiettivo potrà essere conseguito solo tramite un maggiore utilizzo della biomassa. Il CESE ha ripetutamente segnalato che gli agricoltori e i silvicoltori hanno la volontà e la capacità di mettere a disposizione una quantità molto maggiore di biomassa da utilizzare come materia prima. Come dimostrano diversi studi (10), aumentando la produttività e coltivando le superfici in abbandono si otterrebbe un potenziale considerevole. |
5.7.1. |
Il ritiro dei terreni agricoli dalla produzione si è dimostrato uno strumento valido per decongestionare i mercati dei cereali. Tuttavia, con la riforma del 2003 e in ragione del fabbisogno di materie prime agricole per la produzione di biocarburanti, la situazione è cambiata. Il CESE appoggia quindi i progetti intesi ad abolire il ritiro dalla produzione. Occorre tuttavia garantire che ciò non produca effetti negativi sull'ambiente o che tali effetti possano essere neutralizzati. La Commissione dovrebbe presentare al più presto studi e proposte in materia. |
6. La verifica dello stato di salute della PAC
6.1. |
Con le decisioni sulla riforma della PAC e l'accordo sul bilancio dell'UE per il periodo 2007-2013 (prospettive finanziarie) sono state anche adottate delle disposizioni per la verifica della PAC. La prevista revisione delle misure adottate nel quadro della riforma della PAC è stata definita «verifica dello stato di salute» della PAC. La comunicazione in materia è attesa per il 20 novembre 2007 e le corrispondenti proposte legislative per la primavera del 2008. Il CESE sarà consultato al riguardo. |
6.2. |
Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che il Consiglio europeo, sia nel dicembre 2002 che nelle decisioni sulle prospettive finanziarie 2005, aveva stabilito che il bilancio agricolo dell'UE e le misure di politica agricola dovessero essere valide fino al 2013. Sicuramente si è trattato anche di una reazione al fatto che il modo di procedere adottato nella precedente revisione intermedia era stato percepito in molti casi come un tradimento della fiducia, giacché era stata annunciata una semplice verifica, mentre di fatto si è finito per decidere la riforma più profonda da quando esiste la PAC. |
6.3. |
La verifica dello stato di salute deve essere tesa ad accertare in che misura sono stati conseguiti gli obiettivi della riforma della PAC. Occorre soprattutto stabilire in quali settori sia necessario adeguare le disposizioni vigenti, al fine di:
Il CESE ritiene che si debba tenere conto dell'intera catena del valore, ossia produzione, trasformazione e commercializzazione. |
6.4. |
Secondo il CESE in questa revisione generale bisognerà dare la priorità ad una verifica accurata delle disposizioni amministrative per la gestione dei pagamenti unici per azienda e l'attuazione dell'ecocondizionalità. I segnali finora trasmessi dalla Commissione sembrano annunciare semplificazioni concrete di questo tipo. Affinché il principio dell'ecocondizionalità non resti una costante fonte di inquietudine, il CESE ritiene anche importante che gli agricoltori condividano tale principio. |
6.5. |
Nel settore agricolo ci si chiede se davvero nel quadro della verifica dello stato di salute non si perseguiranno anche riforme sostanziali, ad esempio riguardo al sistema dei pagamenti diretti disaccoppiati oppure alle organizzazioni di mercato già riformate. Il CESE può solo raccomandare alla Commissione di fugare tali dubbi tramite affermazioni chiare. |
6.6. |
Nel 2003 è stato assicurato agli agricoltori che le nuove condizioni introdotte con la riforma della PAC sarebbero state mantenute fino alla fine del 2013. Ciò deve valere in linea di principio per tutte le misure di riforma. |
6.7. |
Il CESE sostiene invece l'intenzione della Commissione di giungere in tempo utile a definire una posizione esauriente e mirata sulle misure necessarie per la «PAC dopo il 2013». Ciò riguarda ad esempio la scadenza del sistema delle quote latte, il 31 marzo 2015, come pure le inevitabili conseguenze prodotte dalla soppressione delle restituzioni all'esportazione. È altrettanto importante, ancora prima di iniziare il dibattito sulle prossime prospettive finanziarie, spiegare in modo credibile i motivi per cui anche dopo il 2013 sarà necessaria, nell'interesse generale dell'UE, una PAC funzionante con una dotazione finanziaria adeguata. |
6.8. |
Il CESE fa presente anche le aspettative nutrite dai nuovi Stati membri sul fatto che dopo il 2013 gli strumenti della PAC dovranno entrare pienamente in vigore anche sul loro territorio. La revisione della PAC offre l'opportunità di verificare se sia ancora necessario intervenire a tale riguardo. |
7. Riflessioni sul futuro della PAC
7.1. |
La PAC è fondata sulle finalità enunciate all'articolo 33 del Trattato CE: assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, stabilizzare i mercati, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori e incrementare la produttività dell'agricoltura. |
7.1.1. |
Per l'orientamento della PAC sono anche importanti le disposizioni del Trattato adottate successivamente riguardo alla protezione dell'ambiente, alla tutela dei consumatori o alla coesione. |
7.1.2. |
Il CESE raccomanda quindi che gli obiettivi della PAC stabiliti nel Trattato vengano adeguati alle nuove realtà contingenti. È fondamentale che gli obiettivi della PAC siano in linea con il compito multifunzionale dell'agricoltura europea e commisurati alle nuove sfide. |
7.1.3. |
La PAC ha svolto finora una funzione decisiva e irrinunciabile nella riuscita del processo di integrazione europea. Pensare di rinazionalizzare alcuni importanti elementi della PAC non costituisce un approccio valido per affrontare le nuove sfide che incombono sull'agricoltura europea. L'avanzare della globalizzazione e le probabili conseguenze del cambiamento climatico richiedono un'azione sempre più comune. |
7.1.4. |
Il perenne conflitto di obiettivi in cui si dibatte l'agricoltura europea (cfr. parere del CESE sul tema Il futuro della PAC (11)) è destinato ad accentuarsi: le imprese agricole devono infatti rispondere a grandi aspettative in materia sia di produzione che di competitività sul piano internazionale. |
7.1.5. |
L'ulteriore liberalizzazione dei mercati agricoli (OMC, accordi bilaterali) darà vita ad una concorrenza ancora più agguerrita. La maggiore frequenza di condizioni meteorologiche estreme renderà più incerta la produzione agricola. La società, tuttavia, continua ad attendersi la certezza dell'approvvigionamento di prodotti alimentari sicuri e di buona qualità, una gestione attenta delle risorse naturali, sensibilità nel trattamento degli animali e la conservazione dei paesaggi di pregio. Lo svolgimento di tutte queste funzioni costituisce una sfida costante per la PAC, visto che il mercato non ne tiene conto o nel migliore dei casi ne tiene conto solo in parte. |
7.2. Il modello agricolo europeo: impegno e realtà
7.2.1. |
Il modello agricolo europeo è parte dell'approccio indipendente adottato dall'Europa in politica sociale ed economica. Anche in un contesto economico in trasformazione, gli agricoltori devono essere in grado di fornire a lungo termine le prestazioni multifunzionali richieste loro dalla società. |
7.2.2. |
Nel parere sul tema Una politica per il consolidamento del modello agricolo europeo (12), il CESE ha dichiarato che non sussiste alcuna incompatibilità tra il mantenimento del modello agricolo europeo e l'esigenza di adeguare l'agricoltura europea all'evoluzione del quadro economico generale. Ha anche sottolineato la necessità di salvaguardare, al di là dei prossimi negoziati in ambito OMC, il necessario campo di azione dell'UE e degli Stati membri in materia di politica agricola. |
7.2.3. |
L'impegno nei confronti del modello agricolo europeo rimane valido. Particolarmente significativa è la dichiarazione unanime di intenti dei ministri dell'Agricoltura adottata nel 1997 a Lussemburgo, secondo cui l'agricoltura europea deve:
Altrettanto importante è il riferimento al Consiglio europeo di Lussemburgo dello stesso anno, nel corso del quale è stato stabilito che «l'agricoltura europea deve, in quanto settore economico, essere multifunzionale, sostenibile, competitiva e presente su tutto il territorio europeo, comprese le regioni con problemi specifici». |
7.2.4. |
Il CESE constata tuttavia con apprensione una discrepanza sempre più marcata tra, da un lato, le dichiarazioni di intenti sul modello agricolo europeo e la multifunzionalità dell'agricoltura europea e, dall'altro, la realtà quotidiana delle imprese agricole. |
7.2.5. |
Gli allargamenti del 2004 e del 2007 hanno prodotto un'ulteriore differenziazione delle strutture e delle condizioni di produzione dell'agricoltura dell'UE. Si riscontra una sempre minore uniformità nell'agricoltura, e le differenze appaiono invece sempre più marcate. Secondo il CESE questo non mette tuttavia in discussione il modello agricolo europeo in quanto fondamento necessario per garantire la multifunzionalità dell'agricoltura europea. |
7.2.6. |
A giudizio del CESE, il modello agricolo europeo potrà avere un futuro solo se si riuscirà a garantire un equilibrio tra gli interessi economici, sociali ed ambientali. Come già affermato nel parere del CESE sul tema Il futuro della PAC, non è possibile pretendere un'agricoltura in grado di:
|
7.2.7. |
Per il CESE è evidente che le ampie misure di liberalizzazione adottate nel quadro dell'OMC e di accordi commerciali bilaterali rendono più forte la pressione della concorrenza. Nella maggior parte dei casi, il rispetto delle norme e degli standard rigorosi dell'UE in materia di produzione agricola e di trasformazione impone dei costi che i concorrenti dei paesi terzi invece non hanno, oltre a tutti gli altri vantaggi di cui godono sul piano dei costi. Questi dati di fatto sono in flagrante contraddizione con la multifunzionalità invocata per l'agricoltura europea e sono inoltre aspetti fondamentali per l'orientamento e gli strumenti di una futura PAC. |
7.3. Gli importanti strumenti della PAC saranno necessari anche in futuro
7.3.1. |
Le finalità stabilite all'articolo 33 del Trattato CE impongono di agire. Come emerso con chiarezza negli scorsi anni, bisogna aspettarsi un aumento su scala mondiale delle condizioni climatiche estreme. Questo aggravamento si ripercuoterà notevolmente sulla produzione agricola e potrà causare una maggiore instabilità dei mercati. È tanto più importante, quindi, valutare con attenzione quali strumenti sia opportuno mantenere e/o sviluppare ulteriormente. |
7.3.2. |
Il CESE sottolinea che la riforma della PAC del 2003 non è stata in alcun modo concepita con l'idea di abbandonare nel giro di qualche anno alcuni importanti elementi di tale politica. Non è immaginabile che nei prossimi cinque anni la situazione concorrenziale dell'agricoltura europea o le esigenze della società rispetto alla produzione agricola si trasformino a tal punto che i fondamenti della PAC o i suoi strumenti perdano la loro validità. Al contrario, la PAC dovrà rispondere a nuove esigenze. |
7.3.3. |
Ciò vale anche e soprattutto per la politica di sviluppo rurale (secondo pilastro). Il CESE si è più volte pronunciato a favore dell'assegnazione di finanziamenti sufficienti a tale politica. Le misure del secondo pilastro non potranno comunque sostituire quelle del primo per quanto riguarda la stabilizzazione dei mercati e i pagamenti diretti, e queste ultime continueranno a svolgere un'importante funzione per la PAC anche dopo il 2013. Analogamente, il CESE sarebbe contrario all'utilizzo dei fondi per lo sviluppo rurale (secondo pilastro) per interventi relativi alla gestione dei rischi e delle crisi (cfr. COM(2005) 74 def.). |
7.3.4. |
Il CESE ribadisce il proprio punto di vista secondo cui, per eseguire i compiti stabiliti dalla Comunità, è necessario garantire le necessarie risorse finanziarie. In preparazione alla discussione del 2009 sul futuro bilancio dell'UE, è ancora più importante rendere comprensibili al pubblico i requisiti cui dovrà rispondere in futuro una politica agricola comune efficace. |
7.3.5. |
Il CESE si è più volte pronunciato con decisione a favore di una PAC funzionante. Le richieste di abolizione della PAC continueranno ad essere delle posizioni isolate. Occorrerà tuttavia contrastare anche le tendenze che puntano ad una rinazionalizzazione di settori importanti della PAC, che a giusto titolo sono considerati di esclusiva competenza comunitaria. |
7.4. Le organizzazioni comuni di mercato
7.4.1. |
L'esperienza insegna che i mercati agricoli sono particolarmente vulnerabili alle fluttuazioni dei prezzi. Notevoli fluttuazioni dei prezzi trasmettono spesso segnali ingannevoli, capaci di determinare ingenti perdite, e a lungo termine non sono vantaggiose neanche per i consumatori. |
7.4.2. |
Per il futuro il CESE ritiene più che mai attuali le motivazioni invocate nello studio della Commissione europea Towards a common agricultural and rural policy for Europe (Verso una politica agricola e rurale comune per l'Europa) (13), elaborato nel 1997 da rinomati esperti di economia agricola, per giustificare le misure pubbliche di stabilizzazione dei mercati agricoli:
|
7.4.3. |
Queste motivazioni, addotte per l'adozione di misure di stabilizzazione, non sono divenute obsolete con l'evoluzione dei mercati agricoli internazionali avvenuta nel frattempo. Bisogna piuttosto aspettarsi nuove sfide. Il CESE suggerisce quindi che in futuro qualsiasi provvedimento di liberalizzazione o di eliminazione degli strumenti esistenti per la stabilità dei mercati sia sottoposto a verifica e che se ne analizzino adeguatamente i possibili effetti. |
7.4.4. |
Con le riforme agricole del 1999 e del 2003 sono stati compiuti ulteriori passi avanti verso la liberalizzazione delle organizzazioni comuni di mercato: riduzione dei prezzi istituzionali (ad esempio, prezzi di intervento e prezzi indicativi), abrogazione dei regimi di intervento, riduzione dei contributi per lo stoccaggio e disaccoppiamento dei pagamenti diretti legati alla produzione. Questo processo di riforma è proseguito nel 2004 per il tabacco, le olive, il cotone, il luppolo, nel 2005 per lo zucchero e nel 2007 per il settore ortofrutticolo. L'organizzazione di mercato per il vino è attualmente in fase di discussione. |
7.4.5. |
Con la conclusione dei negoziati del ciclo di Doha dell'OMC cambierà anche la situazione dei mercati agricoli dell'UE. Un tale cambiamento avverrà anche se la conclusione sarà basata sulle concessioni già accordate: ad esempio la soppressione delle restituzioni all'esportazione entro il 2013 e la riduzione tra il 35 % e il 60 % dei dazi doganali ancora esistenti. Secondo i calcoli della Commissione, queste misure comporteranno una perdita di circa 20 miliardi di euro per l'agricoltura europea. |
7.4.6. |
Secondo il CESE, l'impegno a favore della multifunzionalità e gli obblighi di cui all'articolo 33 del Trattato CE impongono anche per il futuro l'adozione di misure che:
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7.4.7. |
Il CESE osserva inoltre che già da anni i mercati dell'UE sono tra i più aperti a livello mondiale. Anche per i paesi in via di sviluppo e i paesi emergenti l'UE è di gran lunga lo sbocco commerciale più aperto. Questi paesi forniscono, con dazi ridotti o nulli, più prodotti agricoli all'UE che a Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda messi insieme. Occorre però avviare una discussione sull'importazione di derrate agricole e/o alimentari prodotte e trasformate in condizioni che la società dell'UE troverebbe inaccettabili. |
7.4.8. |
Secondo il CESE, se l'evoluzione del mercato lo renderà necessario, anche in futuro dovranno essere disponibili la preferenza comunitaria e strumenti efficaci per riequilibrare il mercato, ad esempio sotto forma di aiuti allo stoccaggio. Lo stoccaggio svolge una funzione importante anche nella prevenzione delle crisi. Finora non sono state trovate soluzioni alternative convincenti che consentano agli agricoltori di proteggersi dall'instabilità dei mercati agricoli. Il CESE invita ad esaminare, in base alle esperienze compiute da paesi quali gli Stati Uniti e il Canada, i possibili modelli applicabili alla situazione europea. Bisogna far sì che l'UE continui a produrre alimenti sicuri e di qualità, e ciò sarà possibile solo se gli agricoltori disporranno di un reddito che permetta loro di continuare a svolgere la propria attività e li incoraggi a farlo. |
7.4.9. |
L'UE non è riuscita finora ad ottenere che gli aspetti «non commerciali» (norme ambientali e sociali e protezione degli animali) fossero trattati nel ciclo dei negoziati di Doha. Il CESE si aspetta che la Commissione faccia valere questo punto con più decisione nei negoziati dell'OMC in corso. I pagamenti diretti non basteranno da soli a garantire nel lungo periodo una produzione all'insegna di standard elevati. Fintantoché le condizioni di produzione e le normative nel quadro della concorrenza mondiale differiranno considerevolmente, una protezione esterna adeguata resterà irrinunciabile. Tale protezione non può essere compromessa da una politica di corto respiro, come fa temere la recente proposta dell'UE agli Stati ACP (importazioni senza diritti di dogana). In futuro l'UE dovrebbe subordinare ulteriori agevolazioni degli scambi di prodotti agricoli, in particolare nel quadro di accordi bilaterali, al rispetto di norme minime. |
7.4.10. |
L'utilizzo ormai molto restrittivo dello strumento delle «restituzioni all'esportazione» nel quadro delle organizzazioni di mercato indica chiaramente quali conseguenze potrebbe avere, in situazioni di mercato problematiche, la proposta di sopprimerlo. Il CESE auspica che la Commissione presenti infine un'analisi esauriente delle conseguenze che l'abolizione delle restituzioni all'esportazione potrebbe produrre sul sistema agricolo dell'UE. |
7.4.11. |
Una maggiore consapevolezza delle norme rigorose che regolano in ogni fase la produzione di alimenti può contribuire a migliorare i proventi del mercato. In futuro questo aspetto diventerà sempre più importante per il settore agricolo europeo. Il CESE raccomanda quindi che grazie a un efficace utilizzo dei finanziamenti dell'UE si dia il via a campagne di informazione e pubblicità. Altrettanto importante è che la Commissione si impegni con decisione nei negoziati OMC affinché sia garantita una sufficiente protezione delle indicazioni geografiche nell'etichettatura dei prodotti. |
7.4.12. |
Nel parere sul tema Il futuro della PAC il CESE ha esaminato in modo approfondito il tema della «regolazione dell'offerta», dichiarando che gli strumenti di regolazione delle quantità possono svolgere una funzione importante. Tuttavia è innegabile che il sistema delle quote latte negli ultimi anni si sia andato progressivamente erodendo. |
7.4.13. |
In uno studio del 2002 (14) la Commissione europea ha constatato che l'abbandono del sistema delle quote latte provocherebbe una flessione dei redditi dei produttori agricoli nell'UE-15 superiore a 7 miliardi di euro. La produzione lattiera aumenterebbe del 12 % e i prezzi diminuirebbero di oltre il 35 %. Come conseguenza la produzione lattiera subirebbe mutamenti a livello settoriale e regionale. Fino a che non si avrà un quadro chiaro di come compensare questi sviluppi, non andrebbero prese decisioni definitive riguardo agli strumenti di controllo quantitativo del settore lattiero-caseario. |
7.4.14. |
La decisione del Consiglio dei ministri dell'Agricoltura sulla riforma della PAC del 2003 prevede che il sistema delle quote latte abbia fine nel 2015. Secondo la Commissione questa decisione non va in alcun modo modificata e, d'altronde, in seno al Consiglio dei ministri dell'Agricoltura non si ravvisa una maggioranza qualificata favorevole a una proroga. Data la considerevole importanza della produzione lattiera, non da ultimo per il mantenimento dell'attività agricola in molte regioni svantaggiate, si dovrebbero chiarire gli effetti e le inevitabili conseguenze della fine del sistema delle quote. Il CESE giudica quindi urgente elaborare un programma di prospettiva specificamente inteso a garantire il mantenimento della produzione nelle regioni che risulteranno svantaggiate dalla soppressione del sistema delle quote latte. |
7.4.15. |
Senza la produzione agricola e l'allevamento, numerose regioni che presentano svantaggi naturali rischiano di vedere compromesse le proprie potenzialità economiche. Il CESE, pertanto, ritiene che il futuro dell'agricoltura dopo il 2013 dovrebbe essere sottoposto ad un'analisi approfondita, concernente ogni singola regione e ogni singolo comparto, per poter affrontare con le dovute garanzie le sfide e i cambiamenti cui tale settore sarà soggetto. |
7.5. I pagamenti diretti alle aziende agricole
7.5.1. |
Con la riforma del 1992 i pagamenti diretti sono divenuti uno strumento fondamentale e irrinunciabile della PAC, tanto più che in molti casi i redditi di mercato da soli non bastano a garantire un tenore di vita accettabile e il mantenimento dell'attività agricola. In questo modo si è anche tenuto conto:
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7.5.2. |
Il Comitato ritiene indispensabile, per il futuro, il principio di una concezione funzionale dei pagamenti diretti e di un mantenimento a lungo termine di tale strumento della PAC. Ogni tipo di pagamento diretto, per essere accettato da gran parte dell'opinione pubblica, deve essere debitamente motivato. |
7.5.3. |
Pertanto il Comitato vorrebbe che fosse tracciata una chiara distinzione tra i diversi tipi di pagamento diretto. I pagamenti diretti introdotti nel 1992 a seguito delle riduzioni dei prezzi avranno in futuro la funzione di compensare le prestazioni non coperte dai prezzi di mercato. Essi hanno una funzione diversa rispetto a quelli corrisposti nel quadro di specifici programmi ambientali, che serviranno anche in futuro a compensare specifiche prestazioni ambientali tramite incentivi nel quadro del secondo pilastro, oppure rispetto a quelli intesi a compensare svantaggi naturali (indennità compensativa). |
7.5.4. |
Tali pagamenti diretti, ampiamente disaccoppiati sin dalla riforma della PAC del 2003, svolgono attualmente e, secondo il CESE, svolgeranno soprattutto in futuro, una funzione chiave nel garantire la multifunzionalità dell'agricoltura europea. Il rispetto di norme di produzione rigorose, ad esempio per garantire la protezione dell'ambiente e degli animali oppure la sicurezza degli alimenti, impone dei costi che nella maggior parte dei casi i concorrenti dei paesi terzi non devono sostenere. D'altro canto, ciò consente di svolgere quelle funzioni che la società si aspetta ma di cui, nelle attuali condizioni di concorrenza, il mercato non tiene sufficientemente conto. Il CESE ritiene che la compensazione tramite pagamenti diretti mirati, ora corrisposti sotto forma di pagamenti unici per azienda, debba restare indiscutibilmente un compito del primo pilastro. |
7.5.5. |
I precedenti premi alla produzione sono già stati disaccoppiati all'85 % nel quadro di un «regime di pagamento unico». Il pagamento è legato al rispetto delle norme nel quadro dell'ecocondizionalità. Il CESE accoglie con favore la scelta della Commissione di presentare proposte intese a risolvere i problemi incontrati nella pratica. |
7.5.6. |
Per il futuro è decisivo che questi pagamenti non vengano messi in discussione né per quanto riguarda la loro filosofia di fondo né i loro importi, e che continui ad essere garantita una base finanziaria sufficiente. È importante che tali pagamenti possano avere una valida e sufficiente giustificazione di fronte alla società. Soltanto in questo modo i pagamenti agricoli potranno essere mantenuti ai loro importi attuali anche dopo il 2013. |
7.6. La politica di sviluppo delle zone rurali
7.6.1. |
Il 90 % della superficie dell'UE è costituito da zone rurali, i cui terreni sono prevalentemente utilizzati per l'agricoltura e la silvicoltura. Secondo dati Eurostat, nonostante una percentuale di appena il 15 % del valore aggiunto complessivo dell'UE, la catena alimentare è il terzo settore in Europa per numero di occupati. |
7.6.2. |
Nella newsletter dal titolo Lo sviluppo rurale al servizio della crescita e dell'occupazione (marzo 2006), la Commissione afferma che, senza la PAC, molte zone rurali dell'UE sarebbero alle prese con gravi problemi economici, sociali e ambientali. Viene sottolineato inoltre che soprattutto le misure di sviluppo rurale possono svolgere un ruolo di spicco nel promuovere e mantenere la prosperità nelle zone rurali. Il CESE rimanda al proprio parere sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (15), in cui si afferma tra l'altro che «se si vuole assicurare la sostenibilità economica e sociale di tali territori, è necessario tener conto dei contributi della politica agricola comune, con i suoi due pilastri, al mantenimento e alla creazione di posti di lavoro sull'intero territorio europeo, specie attraverso lo sviluppo di attività agricole e/o non agricole competitive basate sull'innovazione». |
7.6.3. |
Il CESE giudica allarmanti i risultati dello studio commissionato dalla Commissione sull'occupazione nelle zone rurali (Study on Employment in Rural Areas — maggio 2006). In tale documento si calcola che, nel periodo dal 2000 al 2014, la percentuale degli occupati nel settore agricolo diminuirà di 4-5 milioni di unità nell'UE-15, e nei nuovi Stati membri (comprese Romania e Bulgaria) di altri 3-6 milioni. |
7.6.4. |
Il CESE sottolinea che una politica di ampio respiro per le zone rurali rende necessaria l'adozione di un approccio che interessi tutto il settore. La promozione dello sviluppo rurale, che costituisce il secondo pilastro della PAC, in base alla programmazione tematica deve svolgere un ruolo specifico e non può quindi sostituirsi ad altri strumenti per lo sviluppo e il rafforzamento delle regioni agricole. La strategia per l'occupazione dell'UE è indivisibile e deve comprendere il mantenimento e l'aumento dei posti di lavoro nel settore agricolo e forestale. |
7.6.5. |
Il CESE fa riferimento a un recente studio della fondazione per l'ambiente Euronatur dal titolo Arbeit und Einkommen in und durch die Landwirtschaft («Occupazione e redditi nell'agricoltura o tramite attività collegate»). Prendendo ad esempio il distretto di Hohenlohe viene dimostrato che, nonostante l'internazionalizzazione dei mercati agricoli, l'aumento della concorrenza e la concentrazione dei processi di trasformazione, non solo è possibile salvaguardare i posti di lavoro nell'agricoltura ma se possono creare di nuovi diversificando la produzione e la commercializzazione. Con l'impiego mirato dei fondi di sostegno si può ottenere un forte impatto economico e strutturale in termini di occupazione nelle zone rurali. |
7.6.6. |
La politica UE per lo sviluppo rurale è direttamente legata alla PAC e va considerata uno strumento di sostegno dell'agricoltura e della silvicoltura. Il CESE ritiene importante puntare alla sostenibilità di questo concetto e ad un'attuazione coerente di entrambi i pilastri della PAC. Gli elementi strategici rappresentati dal rafforzamento della competitività, dal riconoscimento delle prestazioni ambientali assicurate dall'agricoltura e dalla silvicoltura nonché dalla funzione di ponte per il miglioramento delle strutture delle zone rurali svolgono un imprescindibile ruolo complementare rispetto agli strumenti del primo pilastro della PAC. |
7.6.7. |
Formalmente, il finanziamento dello sviluppo rurale si differenzia dal primo pilastro in quanto dispone di un fondo specifico, cosa che mette in rilievo la portata della nuova impostazione politica introdotta con la riforma. I negoziati sulle «prospettive finanziarie 2007-2013» hanno dato come risultato una dotazione finanziaria insufficiente per il secondo pilastro, e su questo punto il CESE si è espresso negativamente in diversi pareri. Secondo il Comitato le diverse funzioni della PAC vanno mantenute. Qualsiasi ulteriore misura di modulazione dei pagamenti diretti a titolo del primo pilastro dev'essere compatibile con questa esigenza. Se in futuro ci saranno trasferimenti di risorse finanziarie dal primo al secondo pilastro, ciò potrà avvenire solo a condizione che tali risorse vengano utilizzate per sostenere azioni intese a garantire la multifunzionalità dell'agricoltura. In questo modo si fornirà un importante contributo all'occupazione nelle zone rurali. |
7.6.8. |
Il CESE chiede che dopo il 2013 vengano sensibilmente aumentate le risorse finanziarie destinate alle misure del secondo pilastro. Raccomanda inoltre che sin d'ora quelle risorse che l'UE attualmente risparmia, a causa della situazione del mercato, nelle restituzioni all'esportazione e in altre misure di decongestionamento del mercato vengano stanziate in modo mirato per progetti intesi alla promozione delle zone rurali. |
7.6.9. |
Il CESE invita la Commissione a fare maggiore chiarezza su quale sia, nella pratica, la distinzione tra il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). A questo proposito, constata con preoccupazione che il secondo pilastro viene sempre più considerato una fonte di finanziamento per tutti gli investimenti immaginabili. |
7.6.10. |
Il CESE esprime pieno compiacimento per il fatto che l'asse 3 del regolamento FEASR consente di finanziare anche misure che esulano dal settore dell'agricoltura e della silvicoltura, ma ritiene che queste debbano avere un collegamento riconoscibile e non solo intuibile con la produzione primaria. Il Comitato respinge le ipotesi di finanziamento, ad esempio, del cablaggio a banda larga o del progetto Galileo: per questi interventi si può ricorrere ai tradizionali fondi per lo sviluppo regionale. |
7.6.11. |
Secondo il CESE, nell'attuazione delle misure per lo sviluppo rurale bisogna tenere conto del fatto che, in ragione delle diverse esigenze degli Stati membri, si deve poter garantire loro un certo margine di manovra, in conformità con il principio di sussidiarietà. Nello stesso quadro rientra il cofinanziamento nazionale dei programmi, elemento importante di corresponsabilità per un'attuazione adeguata delle singole misure. |
Bruxelles, 25 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) NAT/356.
(2) Eurobarometro 276, «Gli europei, l'agricoltura e la politica agricola comune nel 2006».
URL: http://ec.europa.eu/agriculture/survey/index_en.htm
L'88 % degli intervistati ritiene che l'agricoltura e le zone rurali siano importanti per il futuro dell'Europa e il 49 % si dice favorevole al disaccoppiamento. La quota del bilancio comunitario destinata alla PAC è ritenuta adeguata (45 %), troppo elevata (16 %) o troppo bassa (15 %), e il 58 % degli intervistati considera che questa percentuale debba rimanere stabile (32 %) o aumentare (26 %).
(3) Discorso pronunciato dalla commissaria Mariann Fischer Boel il 7 maggio 2007 al Parlamento europeo (SPEECH/07/288).
(4) Fonte: Commissione europea, progetti di bilancio.
(5) Eurostat, Producer price indices («Indici dei prezzi alla produzione»): prodotti vegetali — 9,3 %, prodotti animali — 15,8 %.
(6) DG AGRI, Memo/03/10.
(7) Revisione intermedia della politica agricola comune (COM(2002) 394 def.).
(8) GU C 208 del 3.9.2003, pag. 64 (NAT/178).
(9) Agenzia europea dell'ambiente (AEA), Greenhouse gas emission trends and projections in Europe 2006 («Tendenze e proiezioni per le emissioni di gas ad effetto serra in Europa 2006») rapporto n. 9/2006.
(10) Allegato alla comunicazione della Commissione — Strategia dell'UE per i biocarburanti (SEC(2006) 142);
Istituto per l'energia e l'ambiente (Lipsia), Nachhaltige Biomassenutzungsstrategien im europäischen Kontext («Strategie sostenibili di utilizzo della biomassa nel contesto europeo»);
Agenzia europea dell'ambiente (AEA), How much bioenergy can Europe produce without harming the environment? («Quanta energia può produrre l'Europa senza danneggiare l'ambiente?»), rapporto n. 7/2006.
(11) GU C 125 del 27.5.2002, pag. 87 (NAT/122).
(12) GU C 368 del 20.12.1999, pag. 76 (NAT/028).
(13) European Economy n. 5/97.
(14) Documento di lavoro della Commissione: relazione sulle quote latte (SEC(2002) 789).
(15) GU C 234 del 22.9.2005, pag. 32 (NAT/256).
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/69 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il cambiamento climatico e la strategia di Lisbona
(2008/C 44/18)
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 e 26 aprile 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul «Cambiamento climatico e la strategia di Lisbona».
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente (Osservatorio dello sviluppo sostenibile), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o ottobre 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore EHNMARK.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato all'unanimità il seguente parere.
1. Conclusioni
1.1. |
Il cambiamento climatico è diventato il nostro appuntamento con il destino. Esso non solo minaccia il nostro benessere, ma anche la nostra sopravvivenza. Si tratta di una minaccia veramente globale e il continuo aumento delle emissioni accelera questo fenomeno. |
1.2. |
Gli scienziati ci dicono che l'orizzonte temporale che abbiamo a disposizione per bloccare l'aumento delle emissioni corrisponde a 10-15 anni. L'ovvia conclusione è che non abbiamo tempo da perdere. |
1.3. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede con urgenza alla Commissione di lanciare programmi e misure per attuare gli ambiziosi obiettivi che il Consiglio europeo ha stabilito nel marzo di quest'anno. I cittadini si aspettano segnali chiari sulle priorità e le misure. L'Europa dovrebbe essere all'avanguardia a livello dell'attuazione effettiva e non solo nella pianificazione. |
1.4. |
Attenuare il cambiamento climatico richiede uno sforzo sostenuto che abbraccia una gamma estremamente vasta di aspetti. Poiché gli effetti del cambiamento climatico si faranno sentire, più o meno, su quasi tutte le componenti della società, occorre un'assunzione di responsabilità sia da parte del settore pubblico che di quello privato. |
1.5. |
Il Comitato sottolinea la necessità di misure trasparenti che i cittadini possano applicare e da cui possano essere stimolati. Le misure vanno pianificate e applicate con un approccio dal basso verso l'alto. |
1.6. |
Il Comitato mette in evidenza la necessità di sforzi sostanziali nel campo della comunicazione ai cittadini e alle comunità locali e in quello della loro consultazione. |
1.7. |
Il Comitato insiste perché la strategia di Lisbona per la competitività e l'occupazione includa un maggior impegno nei confronti del cambiamento climatico. La strategia di Lisbona contiene già un impegno per lo sviluppo sostenibile. È tempo adesso di inserirvi la lotta contro il cambiamento climatico. |
1.8. |
Usare la strategia di Lisbona come uno strumento — facendola diventare una strategia «verde» — vuol dire che l'UE può utilizzare una struttura esistente, con una metodologia ben consolidata e un sistema di coordinamento ben funzionante. L'UE deve massimizzare l'efficienza e usare, in tutti i casi possibili, le sinergie esistenti. |
1.9. |
Il Comitato presenta una tabella di marcia per integrare le questioni del cambiamento climatico nella strategia di Lisbona. È di particolare importanza la capacità della strategia di Lisbona di ottenere un consenso ampio intorno a obiettivi e misure comuni. |
1.10. |
Il Comitato sottolinea la necessità di sviluppare una serie di orientamenti integrati per combattere il cambiamento climatico da inserire nella strategia di Lisbona. Come accade per gli altri orientamenti della strategia, anche questi saranno soggetti alle stesse procedure di valutazione e di analisi comparativa, tra cui il metodo aperto di coordinamento. |
1.11. |
Il cambiamento climatico può accentuare le attuali distorsioni e disuguaglianze sociali sia nell'Unione europea che in altre parti del mondo e costituisce un esame importante della nostra capacità di essere solidali. Bisogna puntare a gestire l'adattamento al cambiamento climatico e il suo contenimento senza provocare una perdita di posti di lavoro e distorsioni sociali. Questa lotta non deve comportare l'aumento del numero dei cittadini poveri. Il Comitato sottolinea come sia importante portare avanti una strategia di Lisbona che unisca competitività, coesione sociale e azioni contro il cambiamento climatico. |
1.12. |
Il finanziamento della lotta contro il cambiamento climatico deve fondarsi su una combinazione di risorse pubbliche e private. A questo proposito la Banca europea per gli investimenti ha un ruolo centrale da svolgere. Lo stesso bilancio dell'UE dovrebbe mettere in evidenza i casi in cui le risorse sono destinate a misure contro il cambiamento climatico. Il CESE rivolge un invito pressante alla Commissione perché essa sviluppi strumenti per produrre un PIL «verde». |
1.13. |
La lotta contro il cambiamento climatico può generare effetti competitivi positivi. I mercati globali sono alla ricerca di nuove soluzioni che facciano risparmiare energia, per esempio nel settore dei trasporti. Si dovrebbero intensificare gli investimenti in ricerca e sviluppo e l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita si rivela più che mai essenziale. |
1.14. |
Il lavoro che ci attende può essere considerato un esame per la nostra democrazia partecipativa. I cittadini si aspettano di essere consultati. Le parti sociali hanno un ruolo estremamente significativo da svolgere in questo senso, in quanto fungono da collegamento tra i cittadini e i governi. Il dialogo sociale a tutti i livelli è uno strumento cruciale. Il ruolo della società civile organizzata sarà fondamentale, non da ultimo nel campo dell'economia sociale. |
1.15. |
Il Comitato continuerà a impegnarsi strenuamente nella lotta contro il cambiamento climatico ed è pronto a fornire contributi concreti, come sta già facendo per la strategia di Lisbona. Il Comitato lavorerà in uno spirito di solidarietà tra i popoli e le generazioni, all'interno e all'esterno dell'UE. |
1.16. |
La lotta che ci attende esigerà una leadership politica dedicata e sensibile. |
2. Un energico programma comunitario di lotta contro il cambiamento climatico
2.1. |
Nel marzo 2007 il Consiglio europeo ha adottato un programma energico e ambizioso per contrastare il cambiamento climatico. Il piano d'azione proposto dal Consiglio si pone i seguenti obiettivi: raggiungere il 20 % di fonti rinnovabili nel mix energetico adottato dall'UE, ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GES) del 20 % entro il 2020 (e fino al 30 % se si realizzano determinate condizioni) e, infine, a lungo termine ridurre le emissioni del 60-80 % entro il 2050. L'UE ha deciso inoltre di incrementare l'efficienza energetica all'interno dell'UE del 20 % entro il 2020. Grazie a questo piano d'azione, l'UE ha assunto un ruolo guida, a livello mondiale, negli sforzi condotti per contrastare il cambiamento climatico. |
2.2. |
Meno chiaro è stato il Consiglio europeo riguardo agli strumenti necessari per attuare questi obiettivi. La Commissione europea è stata invitata ad elaborare proposte di decisioni in materia. In aggiunta, essa ha avviato una consultazione pubblica su come adattarsi al cambiamento climatico. |
2.3. |
Numerose dichiarazioni hanno evidenziato la consapevolezza dell'urgenza della questione. Il Presidente della Commissione José Manuel BARROSO ha, per esempio, dichiarato che «l'Europa deve rimanere all'avanguardia nella lotta contro il cambiamento climatico e offrire un incentivo perché altri la seguano: la leadership deriva dall'impegno assunto dall'UE di ridurre le emissioni di almeno il 20 % entro il 2020; l'incentivo si offre chiarendo che ci spingeremo oltre se altri si uniranno a noi. In fondo, si tratta di riscaldamento globale non solo europeo». |
2.4. |
BARROSO ha dichiarato: «Le proposte presentate dalla Commissione (…) sull'energia e sul cambiamento climatico sono un elemento centrale dell'Agenda di Lisbona per la crescita e l'occupazione». La strategia di Lisbona, decisa nel 2000, ha stabilito l'obiettivo di fare dell'UE «l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale». La politica energetica è stata definita nel 2006 dal Consiglio europeo come una delle quattro aree prioritarie della strategia di Lisbona. Tra gli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione, il n. 11 raccomanda agli Stati membri di sfruttare il potenziale delle risorse rinnovabili e di puntare all'efficienza energetica nell'interesse della crescita, dell'occupazione e della competitività. |
2.5. |
L'UE deve raggiungere un equilibrio tra la competitività, la coesione e le minacce derivanti dal cambiamento climatico, che si estendono rapidamente. Scopo del presente parere è quello di individuare dove esistono — o potrebbero esistere — sinergie e conflitti nella lotta contro il cambiamento climatico. |
2.6. |
Secondo stime recenti, i costi per riportare nel 2030 le emissioni di GES ai livelli attuali supererebbero i 200 miliardi di dollari (1). Una recente relazione della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici riporta la seguente distribuzione dei costi: — Industria: 38 miliardi di dollari — Edilizia, soprattutto isolamento: 50 miliardi di dollari — Trasporti: 90 miliardi di dollari — Gestione dei rifiuti: 1 miliardo di dollari — Agricoltura: 30 miliardi di dollari — Silvicoltura: 20 miliardi di dollari — Ricerche tecnologiche: 35-45 miliardi di dollari Dalle cifre fornite emerge la necessità di una gestione e un coordinamento efficaci. A questo (come ha sottolineato lo scorso anno la Stern Review) andrebbero però aggiunti gli ingenti costi dell'inattività. Infatti, più si aspetta, più l'intervento sarà costoso. |
2.7. |
Il finanziamento delle azioni da intraprendere costituisce una sfida importante. Il Comitato invita la Commissione europea ad avviare le consultazioni con le parti interessate del settore pubblico e privato per definire le priorità. Alla Banca europea per gli investimenti e ai fondi strutturali spetta un ruolo centrale nel finanziare le soluzioni. |
2.8. |
La strategia di Lisbona verrà sottoposta a un nuovo esame dal Consiglio europeo nel marzo 2008, e il nuovo periodo di programmazione si estenderà fino al 2011. Tale riesame sarà un'occasione per individuare possibili sinergie. |
3. La sfida di fondo: realizzare le sinergie potenziali
3.1. |
La strategia di Lisbona ha svolto un ruolo fondamentale nel promuovere obiettivi comuni ai 27 Stati membri dell'UE. Ciò costituisce di per sé un buon risultato. Il cambiamento climatico introduce una serie di nuovi aspetti politici nell'agenda europea. Il potenziale per effetti di sinergia è considerevole. |
3.2. |
Sin dagli inizi, il concetto di società ad alta intensità di conoscenza è stato considerato uno dei pilastri della strategia di Lisbona. |
3.3. |
Le politiche all'insegna dell'innovazione, il sostegno ai centri per l'innovazione e le nuove iniziative per promuovere il trasferimento delle conoscenze dalla ricerca ai prodotti sono parte integrante della strategia di Lisbona e del programma comunitario per contrastare il cambiamento climatico. Nel mercato — in rapida crescita — dei prodotti ad alta efficienza energetica, l'Europa detiene una posizione di leadership in numerosi settori. Tuttavia, nel comparto manifatturiero l'Europa può essere vulnerabile alla concorrenza esercitata da produttori stranieri, soprattutto per quanto riguarda la fabbricazione di automobili di piccole dimensioni e a basso consumo di carburante. Assumerà importanza l'ulteriore espansione del settore dei servizi, collegata all'introduzione di misure ambiziose per contrastare il cambiamento climatico. |
3.4. |
La protezione del clima rientra nella politica energetica e l'Europa deve esprimersi con una sola voce quando si tratta della politica esterna in materia energetica. Se tutti gli Stati membri fanno fronte comune, l'UE acquisisce infatti un potere negoziale tale da rendere impossibile la non considerazione dei suoi interessi — protezione del clima, sicurezza energetica, energia a prezzi accessibili. |
3.5. |
Il cambiamento climatico può accentuare le attuali distorsioni e disuguaglianze sociali. L'adozione di politiche ambiziose a favore dell'istruzione può impedire questi fenomeni. |
3.6. |
Le ripercussioni delle politiche in materia di cambiamento climatico sull'occupazione diventeranno nei prossimi anni una questione cruciale. Bisogna infatti puntare a gestire l'adattamento al cambiamento climatico e il suo contenimento senza provocare una disoccupazione diffusa. Il panorama industriale in mutamento è destinato a creare una più intensa domanda di apprendimento permanente, con conseguenti cambiamenti nell'organizzazione del lavoro, nei posti di lavoro e nelle retribuzioni. |
3.7. |
Per poter lottare con successo contro il cambiamento climatico occorre il fermo sostegno delle comunità locali. I progetti per la creazione di insediamenti neutri in termini di emissioni di carbonio suscitano molto interesse. Forte è il bisogno di condividere le esperienze. Si assisterà a un aumento della domanda di costruzioni a basso consumo energetico, o anche della domanda di interventi di ristrutturazione o di isolamento delle case. |
3.8. |
L'agricoltura ha un suo ruolo da svolgere nel contesto del cambiamento climatico e della strategia di Lisbona, non solo in quanto attività influenzata da tale cambiamento, ma anche come settore in grado di contribuire a mitigarne l'impatto. Sarebbe più che mai opportuno incoraggiare la ricerca agronomica a proseguire i suoi studi in direzione di una minore utilizzazione di fattori produttivi o di un adattamento delle tecniche di lavorazione del terreno — mantenendo però al tempo stesso un rendimento ottimale — o anche di una disponibilità in futuro di nuove varietà più adatte ai cambiamenti climatici. Non si dovrebbe peraltro trascurare la produzione a fini non alimentari di materie prime di origine agricola. Si dovrebbe mettere a punto una formazione permanente adeguata al settore. |
3.9. |
L'impiego dei fondi strutturali sarà influenzato da problematiche ambientali come la desertificazione e l'innalzamento del livello del mare. Un altro aspetto della questione è costituito dalle popolazioni che vivono nelle zone periferiche dove i prezzi energetici in aumento creeranno problemi molto concreti in tali zone. Il mantenimento di condizioni di vita accettabili è un aspetto cui le reti create nell'ambito della strategia di Lisbona possono fornire un valido contributo sotto forma di scambio di esperienze. |
3.10. |
Gli esempi forniti indicano tutti la portata e l'urgenza del ricorso alle opportunità di un'azione coordinata tra la strategia di Lisbona e il programma europeo sui cambiamenti climatici. |
4. Verso una nuova definizione della crescita
4.1. |
Sia da un punto di vista economico che nella prospettiva di un cambiamento climatico è importante adottare azioni che perseguono l'obiettivo «crescita sostenibile» della strategia di Lisbona. Il nuovo programma triennale nell'ambito della strategia di Lisbona dovrebbe pertanto considerare attentamente la definizione di «crescita». Andrebbe infatti promossa una crescita neutra o che presenta addirittura un segno positivo in termini di bilancio del carbonio. |
4.2. |
In più occasioni il CESE ha ribadito che la crescita non può più essere misurata in termini meramente quantitativi, e che occorre un nuovo concetto di crescita che dia la priorità ad obiettivi qualitativi basati su criteri di sostenibilità. I criteri di sostenibilità prevedono naturalmente, tra l'altro, il disaccoppiamento fra crescita ed emissioni di GES. Il CESE presenta pertanto nuovamente questa sua richiesta all'attenzione della Commissione e del Consiglio:
|
5. I trasporti — un settore conflittuale?
5.1. |
Il conflitto tra obiettivi è particolarmente acuto nel settore dei trasporti. La strategia di Lisbona evidenzia l'importanza di adeguati corridoi e reti di trasporto e il risultato è che numerose attività condotte nell'ambito della strategia si concentrano sull'espansione del trasporto stradale, un'impostazione che è però in conflitto totale con il tentativo di contenere il cambiamento climatico. |
5.2. |
Nel contesto dell'attuale crescita economica dei paesi dell'UE, il volume del trasporto stradale è in rapida espansione; alcune stime indicano un aumento fino al 40 % entro il 2020. A ciò si aggiunge l'aumento del volume del trasporto aereo. Per il momento la crescita dei trasporti non è stata dissociata da un aumento delle emissioni di GES, né c'è in vista una formula magica. I biocarburanti non saranno in grado di sostituire nel prossimo futuro i combustibili fossili ed è altamente improbabile che i miglioramenti tecnici nell'efficienza dei motori e dei carburanti potranno compensare il previsto incremento del volume dei trasporti. |
5.3. |
Il nuovo piano triennale nell'ambito della strategia di Lisbona dovrebbe affrontare la tematica dei trasporti anche dal punto di vista del cambiamento climatico. L'obiettivo dovrebbe essere quello di disporre di un sistema di trasporto adeguato nell'UE, ma anche di far sì che i sistemi di trasporto in generale siano maggiormente attenti alle loro ripercussioni sul clima. Il fatto che l'aumento del trasporto di merci via rotaia sia solo marginale costituisce un segnale di allarme molto serio. Ciò è stato ulteriormente illustrato lo scorso anno dal Libro bianco sui trasporti che si è concentrato sul trasporto su gomma e sul trasporto aereo, trascurando la ferrovia e la navigazione interna. Quanto ai fondi strutturali, risulta evidente che una grande quantità di risorse viene spesa in modo da non diminuire ma, al contrario, incrementare le emissioni di GES. |
5.4. |
In vista dei prossimi 20-50 anni (un orizzonte temporale adottato dal Consiglio per gli aspetti legati al cambiamento climatico) l'Europa dovrà individuare strutture di trasporto efficaci e al tempo stesso con un'influenza positiva sul clima. C'è da chiedersi come mai, per fare un esempio, non si prendano provvedimenti per trasportare le merci più urgenti con i TAV. |
5.5. |
L'aumento del volume di trasporto su gomma comporta un mantenimento in servizio di autocarri ormai vetusti — dotati di motori inquinanti — anche se questi emettono forti quantità di GES. La Commissione dovrebbe avviare consultazioni sui metodi da adottare per modernizzare le flotte di autocarri vetusti e, in ultima analisi, per smantellare gradualmente i veicoli ormai obsoleti e poco efficienti. Vanno inoltre adottate misure dal lato della domanda. Vanno istituiti incentivi per la riduzione del volume totale dei trasporti e per il passaggio a modi di trasporto più sostenibili. |
6. Una tabella di marcia per inserire gli aspetti legati al cambiamento climatico nella strategia di Lisbona
6.1. |
Gli obiettivi fissati dall'UE per le azioni volte a contrastare il cambiamento climatico avranno bisogno di un notevole contributo da parte di numerose istituzioni e dei diretti interessati. Andrebbero ovviamente utilizzati i metodi e le esperienze di lavoro della strategia di Lisbona. |
6.2. |
sarà soprattutto estremamente importante che la strategia di Lisbona, con la sua struttura fondata su tre pilastri, integri gli obiettivi connessi al cambiamento climatico nel suo programma operativo allo scopo di accelerare i progressi nei settori prioritari. |
6.3. |
La tabella di marcia di uno sforzo comunitario integrato per limitare il cambiamento climatico e per adattarvisi andrebbe così articolata: |
6.4. |
La Commissione europea dovrebbe riesaminare i programmi in corso per evidenziare le questioni legate al cambiamento climatico nell'attuale bilancio. Nel prossimo periodo di programmazione, bisognerà riorientare risorse significative verso la lotta al cambiamento climatico. Verosimilmente, però, una parte delle risorse dovrà essere già trasferita nell'attuale periodo di programmazione. Va sottolineato che la principale responsabilità in termini di contenimento e di adattamento spetta comunque agli Stati membri. |
6.5. |
La Commissione europea presenterà entro i primi di dicembre alcune proposte legislative in materia di energie rinnovabili e di emissioni, consentendo così al Consiglio europeo di adottare le decisioni necessarie nel marzo 2008, quando sarà impegnato ad individuare gli orientamenti per il prossimo periodo triennale della strategia di Lisbona. Si presenterà così una preziosa occasione per promuovere un'applicazione congiunta delle misure relative. |
6.6. |
È particolarmente importante che la Commissione riesca a realizzare il coordinamento necessario tra le sue unità e i suoi servizi. Già in passato il CESE ha sottolineato in diverse occasioni l'importanza estrema di questo coordinamento in seno alla Commissione. |
6.7. |
Sulla base delle proposte della Commissione e delle decisioni del Consiglio, si dovrebbe intraprendere un'importante azione d'informazione e comunicazione allo scopo di sensibilizzare i cittadini e di promuovere iniziative a livello locale e regionale. |
6.8. |
Alla luce delle prossime proposte in materia di fonti rinnovabili e di riduzione delle emissioni, il CESE sottolinea l'importanza di un dialogo stretto e continuo con le parti sociali e la società civile organizzata. Il CESE raccomanda di ricorrere al dialogo sociale come uno fra i molti forum di informazione e consultazione. È fondamentale anche coinvolgere la società civile organizzata nel processo decisionale. |
6.9. |
Ecco alcuni elementi che riassumono alcune delle proposte specifiche per la futura tabella di marcia:
|
6.10. |
Possibili esempi da utilizzare per l'analisi comparativa delle questioni climatiche nell'ambito della strategia di Lisbona:
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7. Il ruolo delle parti sociali e della società civile organizzata
7.1. |
Il cambiamento climatico e la strategia di Lisbona costituiscono entrambi importanti sfide per l'UE. Le azioni e i programmi devono essere elaborati e decisi secondo un approccio dal basso verso l'alto (e non viceversa). In questo processo vanno coinvolte le parti sociali e la società civile organizzata. |
7.2. |
Il CESE sarà pronto a fornire il proprio contributo grazie alla sua rete di parti direttamente interessate. |
8. La necessità di una leadership politica
8.1. |
Il Consiglio europeo ha preso una decisione coraggiosa riguardo agli obiettivi di riduzione dei GES. |
8.2. |
Le conseguenze, in termini pratici, di tale decisione per la nostra società e la vita quotidiana dei nostri cittadini sono una delle grandi questioni da affrontare. Quale tipo di società vogliamo? In che modo il modello sociale europeo può adattarsi alle molteplici sfide presentate dal cambiamento climatico? Coma potrà tale modello gestire le esigenze parallele di competitività, coesione sociale e sviluppo sostenibile in un contesto globalizzato? Dovrebbero essere questi i temi di un dibattito ininterrotto sul tipo di società che i cittadini vogliono. |
8.3. |
In alcuni pareri elaborati negli ultimi anni il CESE ha evidenziato la necessità di una leadership politica nella lotta contro il cambiamento climatico e a favore dello sviluppo sostenibile, un aspetto, questo, che mantiene oggi tutta la sua importanza. |
8.4. |
Il cambiamento climatico è un fenomeno in rapida progressione, e ciò desta una certa preoccupazione tra la popolazione. Vi è bisogno ora di una leadership politica costruttiva non soltanto a livello europeo e nazionale, ma anche a livello locale. |
Bruxelles, 24 ottobre 2007.
Il presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Dimitris DIMITRIADIS
(1) Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: Analysis of existing and planned investment and financial flows relevant to the development of effective and appropriate international response to climate change (Analisi degli investimenti e dei flussi finanziari ai fini della preparazione di una risposta internazionale efficace ed appropriata al cambiamento climatico — documento non disponibile in IT).
16.2.2008 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 44/74 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Credito ed esclusione sociale in una società opulenta
(2008/C 44/19)
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul «Credito ed esclusione sociale in una società opulenta».
La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 ottobre 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore PEGADO LIZ.
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2007, nel corso della 439a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 59 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
In mancanza di orientamenti comunitari in materia, i diversi Stati membri hanno elaborato, a livello nazionale, regimi giuridici propri per prevenire e trattare il fenomeno del sovraindebitamento, venendo in aiuto ai cittadini e alle famiglie che si trovano in questa situazione e cercando di risolvere i loro problemi. |
1.2. |
Di fronte all'evoluzione crescente e allarmante che tale fenomeno ha registrato negli ultimi decenni e tenendo conto in misura particolare dell'ampliamento dell'Unione europea e dell'aggravarsi della situazione in termini complessivi negli ultimi tempi, il CESE, che segue da tempo gli sviluppi della situazione e le conseguenze sociali del sovraindebitamento in termini di esclusione, giustizia sociale e di ostacoli alla realizzazione del mercato interno, ha deciso di riaprire il dibattito pubblico sulla questione con la società civile e le altre istituzioni europee, al fine di stabilire e attuare gli interventi comunitari volti a definire con precisione, monitorare e gestire il fenomeno nei suoi vari aspetti sociali, economici e giuridici. |
1.3. |
La diversità dei regimi istituiti nei paesi che li hanno sviluppati, vuoi in Europa vuoi nel resto del mondo, e l'assenza di meccanismi analoghi in altri paesi rafforzano una situazione di disuguaglianza di opportunità che, da un lato, provoca ingiustizia sociale e, dall'altro, è fonte di distorsioni nel processo di piena realizzazione del mercato interno, rendendo necessario da parte dell'Unione europea un intervento adeguato, per cui l'indispensabile base giuridica esiste già nel diritto primario. |
1.4. |
Nel presente parere, il CESE passa in rassegna le questioni principali relative al fenomeno del sovraindebitamento, compara le soluzioni esistenti a livello nazionale, illustra le difficoltà e i difetti riscontrati, valuta la dimensione globale del problema, riflette sulle lacune in termini di conoscenza e di metodi e cerca di definire eventuali orientamenti e aree d'intervento a livello comunitario. |
1.5. |
Il CESE inoltre suggerisce di creare un Osservatorio europeo dell'indebitamento incaricato di seguire l'evolversi del fenomeno a livello europeo, di fungere da forum per il dialogo di tutti gli interessati, di proporre e coordinare misure di prevenzione e contenimento del fenomeno stesso valutandone il relativo impatto. |
1.6. |
Il Comitato si rende tuttavia conto che un'armonizzazione di questo tipo e in questo ambito potrà essere realizzata solo se la Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio, in un dialogo serrato con la società civile organizzata in cui sono rappresentati i diretti interessati al fenomeno (famiglie, lavoratori, consumatori, enti creditizi, ecc.), decideranno di inserire la questione tra le loro priorità. |
1.7. |
In tale contesto, il CESE accoglie favorevolmente i recenti indizi di un possibile interesse in materia da parte della Commissione; pertanto raccomanda vivamente alla Commissione di garantire il necessario seguito a questo tema attraverso studi di base, consultazioni e proposte legislative e non legislative, che siano pertinenti e adeguate, cominciando con la pubblicazione di un Libro verde che definisca e precisi i termini della questione e in cui sia data voce a tutti gli interessati, attraverso un'ampia consultazione pubblica. |
1.8. |
Il Comitato si rivolge anche al Parlamento europeo e al Consiglio affinché facciano proprie le grandi preoccupazioni della società civile espresse nel presente parere e le inseriscano tra le priorità delle rispettive agende politiche. |
2. Introduzione
2.1. |
È indubbio che il credito, di per sé, abbia permesso ai cittadini europei di migliorare la loro qualità di vita e di avere accesso a beni e servizi essenziali, come la casa o un mezzo di trasporto individuale, che altrimenti non avrebbero mai potuto ottenere mai o solo dopo molto tempo. Tuttavia, se il credito non è negoziato in forma sostenibile (quando ci sono problemi di lavoro gravi, quando l'onere mensile del debito supera una quota ragionevole del reddito mensile disponibile, quando il numero dei crediti è molto alto e quando non esistono risparmi capaci di ammortizzare situazioni specifiche di perdita di reddito) si può arrivare a situazioni di indebitamento eccessivo. |
2.2. |
Del resto, la questione del sovraindebitamento e delle sue conseguenze sociali non è recente; la sua origine può al limite essere ricercata nell'antichità classica, più precisamente nella crisi agraria che si verificò in Grecia nel sesto secolo avanti Cristo e nelle misure adottate da Solone (594/593 a.C.) per cancellare i debiti dei piccoli produttori agricoli, ridotti in schiavitù, venduti e poi affrancati e reinseriti nella vita sociale e produttiva di Atene come liberi cittadini (1). |
2.3. |
Ma è indubbiamente ai giorni nostri che il fenomeno si generalizza, assume contorni allarmanti ed entra nelle coscienze come problema sociale, in una società contraddistinta da profondi contrasti, in cui le disparità si fanno sempre più profonde e si è indebolita la solidarietà. |
2.4. |
È in questo contesto che assume un significato particolare la questione dell'esclusione bancaria, con la quale si designa l'emarginazione sociale di tutti coloro ai quali, per diverse ragioni, è impedito l'accesso ai servizi finanziari di base (2). |
2.5. |
Il presente parere tenta di individuare le cause principali di questa situazione, di stabilire la portata del fenomeno, di identificare i rimedi maggiormente utilizzati e i motivi che giustificano una soluzione a livello comunitario. |
3. La portata del fenomeno
3.1. Esclusione sociale ed esclusione bancaria
3.1.1. |
Secondo quanto afferma una relazione di Eurobarometro del febbraio 2007 (3), circa il 25 % dei cittadini europei ritiene di essere a rischio povertà mentre il 62 % pensa che questo potrebbe capitare a chiunque in qualsiasi momento della sua vita. |
3.1.2. |
In base ai dati riportati nella proposta di relazione congiunta per il 2007 sulla protezione e sull'inclusione sociale elaborata dalla Commissione europea, nel 2004 il 16 % dei cittadini dell'UE a 15 vivevano al di sotto della soglia di povertà, fissata al 60 % del reddito medio di ciascun paese (4). |
3.1.3. |
In termini qualitativi, la povertà corrisponde alla mancanza o all'insufficienza di risorse materiali necessarie per soddisfare le esigenze vitali dell'individuo. È l'aspetto più visibile dell'esclusione sociale, che relega una persona al margine della società ed alimenta sentimenti di rifiuto e di autoesclusione. |
3.1.4. |
La portata e i contorni dell'esclusione sociale dipendono, nei vari paesi, da una serie di variabili, ad esempio il sistema di previdenza sociale, il comportamento del mercato del lavoro, il funzionamento del sistema giudiziario e delle reti informali di solidarietà. Gli immigrati, le minoranze etniche, gli anziani, i minori di età inferiore ai 15 anni, le persone a basso reddito e a bassa scolarità, le persone con disabilità e i disoccupati sono i gruppi maggiormente esposti al rischio di povertà e di esclusione sociale. |
3.1.5. |
In tutti i paesi europei, le tendenze in materia di consumo evidenziano che le spese in generi alimentari, bevande, tabacco, abbigliamento e calzature perdono relativamente importanza mentre le spese relative all'alloggio, ai trasporti e comunicazioni, ai servizi sanitari e culturali, e ad altri beni e servizi quali le cure mediche, i viaggi e il turismo, i servizi alberghieri e i ristoranti registrano un aumento relativo (5). |
3.1.5.1. |
Questa nuova distribuzione delle spese familiari tende a riflettersi nel ricorso al credito. Oggi, il credito al consumo in senso lato, che comprende l'acquisizione sia di beni e servizi sia di un'abitazione, è strettamente collegato ai nuovi modelli di consumo e accompagna da vicino le loro tendenze e oscillazioni. L'aumento dell'importanza relativa delle spese concernenti il comfort domestico (6), i trasporti e i viaggi, tutte spese che vengono spesso sostenute ricorrendo al credito, merita pertanto di essere sottolineato. |
3.1.5.2. |
Altri fattori che hanno contribuito all'aumento del credito al consumo sono il fatto che esso ha perso la connotazione negativa legata alla povertà o alla colpa nella gestione della propria vita o degli affari, principalmente nei paesi prevalentemente cattolici, in opposizione a quelli di cultura protestante, e il fatto che tale fenomeno sia diffuso soprattutto nelle grandi città. La pubblicità intensa e sistematica degli enti creditizi per attirare nuovi clienti favorisce questa diffusione. Inoltre, il credito al consumo conferisce uno status e permette di camuffare lo strato sociale, in quanto consente di adottare uno stile di vita caratteristico di un ceto sociale superiore. Il credito è infine, per molte famiglie, una maniera corrente di gestire il proprio bilancio (attraverso soprattutto le carte di credito), i cui rischi sono stati riconosciuti ma in merito ai quali non esistono né una sufficiente informazione né rimedi efficaci né dati quantitativi soddisfacenti. |
3.1.6. |
Questi condizionamenti di natura sociale e culturale vengono anche favoriti da fattori economici e finanziari, ad esempio la drastica diminuzione dei tassi di interesse negli ultimi dieci anni, il venir meno delle abitudini di risparmio, il fatto che i tassi di disoccupazione continuano ad essere relativamente bassi, la crescita economica (nonostante la crisi della fine degli anni '90, tuttavia non così grave come altre crisi precedenti). A questo si aggiunge la deregolamentazione di cui è stato oggetto tutto il mercato del credito a partire dalla fine degli anni '70 e dall'inizio degli anni '80 (7). Essa ha comportato una forte espansione e una proliferazione del numero di enti che operano nel settore della concessione del credito, anche di alcuni che non sono sottoposti alle regole di controllo e di vigilanza finanziaria, e un incremento della concorrenza tra di essi, con la conseguente spersonalizzazione del rapporto banca/cliente. |
3.1.7. |
Tutti questi fattori, messi insieme, fanno della società europea una società di cittadini sempre più dipendenti dal credito al fine di poter soddisfare le loro esigenze fondamentali. I tassi crescenti di indebitamento in tutti gli Stati membri illustrano bene questa realtà (8). |
3.1.8. |
Un prestito acceso in maniera sostenibile, vale a dire se non ci sono gravi problemi occupazionali, se la quota mensile del debito non supera una parte ragionevole del reddito mensile disponibile, se il numero di prestiti non è eccessivo e se vi sono risparmi che consentono di ammortizzare una perdita occasionale di reddito, permette ai cittadini di migliorare la loro qualità di vita e di accedere a beni e servizi essenziali dei quali non potrebbero disporre se non dopo molto tempo, ad esempio un alloggio o un mezzo di trasporto privato. |
3.1.9. |
Tuttavia, un eventuale problema nella vita personale o familiare che impedisca di continuare ad onorare puntualmente gli impegni assunti è un rischio al quale sono esposti tutti coloro che hanno contratto un prestito. In questo modo, un indebitamento normale e controllato può diventare, per diverse ragioni, un indebitamento eccessivo e incontrollato. |
3.2. Concetto e dimensioni del sovraindebitamento
3.2.1. |
Parlare di sovraindebitamento o di indebitamento eccessivo significa parlare di situazioni in cui il debitore si trova durevolmente nell'impossibilità di pagare tutti i suoi debiti, o di situazioni in cui c'è il reale pericolo di non poter far fronte al pagamento dei debiti quando essi divengono esigibili (9). Tuttavia, i termini precisi di questo concetto variano notevolmente da uno Stato membro all'altro; inoltre una sua definizione a livello europeo ancora non esiste (10). Il Comitato accoglie pertanto favorevolmente la recente iniziativa della Commissione europea di commissionare uno studio sull'argomento (11). |
3.2.2. |
Il concetto del sovraindebitamento in sé non è univoco e la sua definizione non è esente da difficoltà. Inoltre, vi sono maniere divergenti di misurare tale fenomeno. In un altro studio commissionato dalla Commissione europea (12), sono state identificate tre formule o modelli per valutare l'indebitamento eccessivo: il modello amministrativo (13), il modello soggettivo (14) e il modello oggettivo (15). |
3.2.3. |
Nel valutare la dimensione del sovraindebitamento in Europa, una delle principali difficoltà consiste nella mancanza di statistiche affidabili o nell'impossibilità di stabilire confronti con i dati esistenti, dato l'uso di diverse metodologie, diversi concetti e diversi intervalli di misurazione. Questo sarà uno dei settori ai quali la Commissione dovrà prestare la massima attenzione, elaborando gli studi necessari per conseguire e analizzare dati affidabili e comparabili. |
4. Le cause principali del sovraindebitamento
4.1. |
I numerosi studi sociologici effettuati in vari Stati membri identificano le seguenti cause principali del sovraindebitamento:
L'analisi sociologica del fenomeno fa emergere pertanto una preponderanza delle cause cosiddette passive, anche se è necessario sottolineare l'importanza che in alcuni paesi è attribuita alla cattiva gestione finanziaria (16). Questo dato di fatto fa capire come le persone abbiano difficoltà a gestire il proprio bilancio in maniera prudente e sostenibile (17). |
4.2. |
L'esclusione di tipo finanziario comporta normalmente la difficoltà o l'impossibilità di accedere al mercato dei servizi finanziari di base, ostacolando soprattutto l'apertura di conti correnti, il possesso di mezzi di pagamento elettronici, la possibilità di effettuare bonifici bancari e di stipulare contratti di assicurazione del credito. |
4.3. |
Questa esclusione di tipo finanziario comprende, a maggior ragione, l'accesso al credito ad interesse ridotto, che consente di acquistare beni e servizi indispensabili all'economia familiare (casa, elettrodomestici, trasporti, istruzione), alla creazione di un'attività autonoma e alla gestione di una piccola impresa individuale o familiare. |
4.4. |
Oggi l'accesso ad un conto bancario, a determinate forme di credito e ai mezzi elettronici che consentono di effettuare le varie operazioni è una condizione essenziale per accedere a beni e servizi fondamentali. L'occupazione, la piccola impresa, l'abitazione in cui si vive, i mobili e gli elettrodomestici, il trasporto, l'informazione e anche l'alimentazione, l'abbigliamento e il tempo libero dipendono attualmente dall'accesso al credito e al sistema bancario, che assume, in questo modo, una particolare responsabilità sociale, quasi paragonabile a quella di un servizio pubblico. |
4.5. |
È qui che la frontiera tra una classe media sempre più numerosa e impoverita e il gruppo di coloro che sono definitivamente esclusi, i senza dimora, i mendicanti e coloro che dipendono dalla carità pubblica, tende a sfumare e ad attenuarsi. È proprio in questa area, che segna la soglia della povertà, che la prevenzione del sovraindebitamento, il suo trattamento e la ricerca di una soluzione assumono tutto il loro significato, in quanto consentono di evitare che persone socialmente ed economicamente inserite o recuperabili cadano irrimediabilmente nella povertà e nell'esclusione sociale. |
5. Prevenzione e trattamento del sovraindebitamento
5.1. Prevenzione
I sistemi nazionali generalmente insistono sulle misure di prevenzione del sovraindebitamento, tra le quali figurano principalmente le seguenti:
a) |
Un'informazione più completa e con una diffusione maggiore sui servizi finanziari in generale, i loro costi e il loro funzionamento. |
b) |
L'istruzione finanziaria, inserita dall'inizio nei programmi scolastici e in altri settori dell'istruzione e della formazione come un processo di apprendimento permanente che affianca le esigenze e le competenze dei destinatari, le quali variano durante tutto l'arco della vita in funzione della cultura, dei valori, delle caratteristiche sociodemografiche ed economiche, dei modelli di consumo e di indebitamento di questi ultimi. È opportuno sottolineare che in alcuni Stati membri i mezzi di comunicazione, e in particolare la televisione nella sua veste di pubblico servizio, hanno ideato programmi di sensibilizzazione sulle questioni legate al credito e all'indebitamento, con la collaborazione delle associazioni dei consumatori e degli stessi enti creditizi. Molte volte tali programmi sono stati trasmessi in prima serata. A tal fine andrebbero utilizzate anche le iniziative di formazione degli adulti, che in alcuni Stati membri sono organizzate da centri di formazione familiari. |
c) |
La creazione o l'ampliamento di reti di servizi di consulenza finanziaria, che aiutino i cittadini a gestire in modo equilibrato il loro bilancio e a scegliere le opzioni migliori di finanziamento dei rispettivi consumi, in modo da ridurre le disparità di informazione nei confronti degli enti creditizi e da definire piani di rimborso sostenibili mediante simulazioni ex ante. |
d) |
Gli incentivi al risparmio (fiscali, sociali o educativi) come prima misura di difesa delle famiglie quando queste ultime devono far fronte a difficoltà finanziarie e come strumento di contro-pubblicità alle innumerevoli incitazioni al credito. |
e) |
L'utilizzo dei sistemi di credit scoring (punteggio sull'affidabilità creditizia) elaborati dagli stessi enti creditizi o da imprese specializzate, per valutare i rischi di una concessione del credito ai propri clienti. Tali sistemi consentono di stimare il rischio di insolvenza prendendo in considerazione una serie di variabili e stabilendo in maniera oggettiva i limiti dell'indebitamento di un individuo o di una famiglia (18). |
f) |
La garanzia di una pensione dignitosa, di misure di prepensionamento e altre prestazioni sociali per le persone che sono fuori dal mercato del lavoro, integrate in sistemi efficaci di sicurezza sociale da parte dei servizi pubblici, come condizione necessaria per mantenere nella società chi non ha la possibilità di accedere a fondi pensione privati (19). |
g) |
L'accessibilità alle assicurazioni essenziali del credito, al fine di proteggersi contro i rischi finanziari (20). |
h) |
Il credito sociale, il microcredito e il credito a costi ragionevoli Iniziative quali il microcredito, le unioni di credito, le casse di risparmio, i fondi sociali tedeschi e olandesi, le banche postali e il credito sociale sono, alla stregua di altre iniziative emergenti negli Stati membri, esempi di cui tener conto per la concessione di prestiti a costi ragionevoli a persone a rischio di esclusione. Il microcredito ad esempio serve per finanziare piccole attività e il lavoro autonomo, cosa che consente ad alcuni disoccupati di rientrare nel mercato del lavoro e di ricominciare un'attività economica. È auspicabile che gli enti creditizi forniscano ai destinatari del microcredito un sostegno specializzato (sul piano della gestione, sul piano contabile e su quello commerciale) per lo svolgimento della loro attività. Questa necessità è già stata presa in considerazione in diversi casi (21). |
i) |
Il credito responsabile, che implica un maggiore impegno degli enti creditizi a rispettare le necessità e le condizioni dei singoli debitori, a definire lo strumento finanziario più adeguato alle circostanze di ciascuno di essi o addirittura a rifiutare un supplemento di credito in caso di rischio imminente di sovraindebitamento (22). |
j) |
Gli schedari clienti Le basi di dati che illustrano tutto il passato finanziario dei clienti (documentazione positiva) o che elencano semplicemente le difficoltà di pagamento (documentazione negativa) permettono agli enti creditizi di conoscere il livello di indebitamento di un cliente e di motivare con cognizione di causa la decisione di concedere o meno un prestito, e questo malgrado i rischi riconosciuti, specie in relazione al primo caso, in termini di tutela della privacy e nonostante tale sistema si riveli inefficace nelle situazioni di indebitamento passivo in quanto non permette di prevedere le cause di un indebitamento futuro e non include altri debiti di origine non finanziaria (per esempio debiti riguardanti i servizi essenziali e debiti fiscali). |
k) |
L'autoregolamentazione e la co-regolamentazione volte alla elaborazione di codici di condotta da parte degli enti creditizi, in collaborazione con le organizzazioni per la difesa dei consumatori, possono contribuire a prevenire una serie di pratiche illecite e a introdurre una dimensione più sociale nell'attività delle banche. Questo tipo di misura serve anche a potenziare il controllo dell'attività delle agenzie di recupero crediti e permette di disciplinare il modo di gestire il rapporto con i debitori, completando un quadro legislativo rigoroso ed efficacemente applicato. |
l) |
La prevenzione delle pratiche creditizie illecite Alcune autorità nazionali, alcune organizzazioni per la difesa dei consumatori, le ONG di altro tipo e gli stessi enti creditizi hanno definito regole e procedure per evitare che si faccia ricorso a pratiche predatorie e usurarie che minacciano i gruppi svantaggiati della popolazione — ad esempio il credito proposto via telefono fisso o cellulare con tassi di interesse elevatissimi, i contratti di prestito collegati a contratti nascosti di compravendita o di prestazione di servizi, la concessione di prestiti per l'acquisto di titoli azionari a volte della stessa banca, le clausole penali estremamente rigide, le carte di credito e le store cards (carte di credito offerte dai negozi) con facilitazioni di credito, la richiesta di garanzie reali e, contemporaneamente, di garanzie personali (collaterali) per contratti di credito al consumo di modesta entità, l'informazione incompleta o poco precisa, la pubblicità diretta ai giovani. Oltre a presentare effetti positivi in termini di una concessione responsabile di crediti, tali misure contribuiscono anche a ridurre le distorsioni della concorrenza sul mercato e promuovono la responsabilità sociale degli enti creditizi. |
m) |
Il controllo e il monitoraggio delle pubblicità sui crediti Pur se legittima in quanto strategia per promuovere i prodotti finanziari, la forma in cui tali prodotti vengono reclamizzati giustifica un suo attento controllo da parte delle pubbliche autorità. Anche i contenuti delle pubblicità, nonché i canali e le tecniche utilizzate devono essere oggetto di una disciplina rigorosa e armonizzata che eviti di dare ai consumatori l'idea che il credito sia esente da rischi, che sia facilmente accessibile e che non preveda costi. In questo settore vanno inoltre incentivate le iniziative di autoregolamentazione e coregolamentazione nonché le buone pratiche delle imprese. Esse dovrebbero fare in modo che per coloro che chiedono un prestito le condizioni cui esso viene concesso siano assolutamente chiare e dovrebbero imporre agli organismi di credito una responsabilità speciale verso le persone che, a causa di handicap mentali, non sono in grado di valutare le conseguenze che comporta contrarre un prestito. |
5.2. Trattamento e recupero delle situazioni di sovraindebitamento
Per quanto concerne i modelli relativi al trattamento delle situazioni di sovraindebitamento e al reinserimento dei debitori insolventi, due modelli vengono comunemente presi come riferimento:
5.2.1. |
Il modello fresh start , nato negli Stati Uniti e adottato in alcuni paesi europei, si basa sul principio della liquidazione immediata del patrimonio non esente del debitore e sulla cancellazione diretta dei debiti non pagati, tranne quelli che non possono legalmente essere cancellati. Il modello si fonda sulla responsabilità limitata del debitore, sulla condivisione dei rischi con i creditori, sulla necessità di un reinserimento quanto più rapido possibile del debitore nell'attività economica e nel consumo e sulla chiara esigenza di non stigmatizzare le persone sovraindebitate (23). |
5.2.2. |
Il modello della rieducazione, adottato in alcuni paesi europei, si basa sull'idea che il debitore ha sbagliato, merita di essere aiutato, ma non deve assolutamente essere esentato dal compimento dei suoi obblighi (pacta sunt servanda). Il modello, basato sulla «colpa» della persona sovraindebitata, vuoi per fattori imprevisti vuoi per pura negligenza, si articola intorno alla rinegoziazione dei debiti con i creditori in vista dell'approvazione di un piano globale di rimborso. Questo piano può essere negoziato in tribunale o per via extragiudiziaria e qui è importante sottolineare il ruolo svolto dai servizi di consulenza e di mediazione dei debiti (24). |
6. La necessità di un approccio a livello comunitario
6.1. Antecedenti
6.1.1. |
Non è la prima volta che una delle istituzioni europee affronta il tema del sovraindebitamento a livello comunitario e da un punto di vista comunitario. Il 13 luglio 1992 il Consiglio, in una risoluzione sulle priorità future per lo sviluppo di una politica di protezione dei consumatori, ha per la prima volta considerato lo studio del sovraindebitamento una questione prioritaria. Tuttavia, nonostante l'importanza crescente del fenomeno del sovraindebitamento sia stata riconosciuta a livello nazionale nei vari Stati membri, giustificando l'adozione di specifiche misure legislative e amministrative nella generalità dei paesi, da allora la questione di un suo approccio a livello comunitario è stata praticamente dimenticata. È toccato al CESE, nel maggio 1999, riaprire il dibattito su questo problema, elaborando prima una relazione informativa sul tema Il sovraindebitamento delle famiglie e in seguito, nel 2002, un parere d'iniziativa sullo stesso argomento, alle cui osservazioni e raccomandazioni si rimanda in questa sede (25). |
6.1.2. |
Proprio nel corso dell'elaborazione dei documenti sopraccitati, il Consiglio Consumatori tenutosi a Lussemburgo il 13 aprile 2000 ha riesaminato il tema e ha richiamato l'attenzione della Commissione e degli Stati membri sulla necessità di un'armonizzazione comunitaria di questa materia. In seguito, il Consiglio ha adottato la sua risoluzione relativa al credito e all'indebitamento dei consumatori (26) in cui, constatando la rapida progressione del fenomeno, ha invitato la Commissione ad intraprendere sforzi per colmare le lacune nel campo dell'informazione circa le vere dimensioni del fenomeno del sovraindebitamento in Europa e per avviare una riflessione più approfondita sulla possibilità di armonizzare le misure di prevenzione e di trattamento dei casi di sovraindebitamento (27). |
6.1.3. |
È doveroso constatare che la Commissione finora non ha soddisfatto la richiesta del Consiglio. È solo nella proposta iniziale di revisione della direttiva sul credito al consumo (2002) (28) che la Commissione ha affrontato occasionalmente la questione del credito responsabile (29), questione poi abbandonata nella sua versione definitiva (2005) (30) confermata nel corso della presidenza tedesca (31). Questa situazione fa supporre che difficilmente la Commissione, nell'ambito del credito al consumo, adotterà nuove misure di prevenzione e meno che mai di trattamento dei casi di indebitamento eccessivo (32). |
6.1.4. |
Alcuni recenti riferimenti contenuti, anche in ordine sparso, nei documenti della Commissione e addirittura alcune dichiarazioni del suo Presidente sembrano tuttavia indicare un eventuale mutamento ovvero una nuova attenzione prestata al fenomeno (33). |
6.1.5. |
Un riferimento particolare va fatto, per la sua importanza, alla risoluzione del Consiglio d'Europa, adottata dai ministri europei della Giustizia l'8 aprile 2005 e relativa alla ricerca di soluzioni giuridiche ai problemi dell'indebitamento in una società basata sul credito (34). In tale risoluzione, si esprime preoccupazione per il facile accesso al credito che in taluni casi può portare al sovraindebitamento delle famiglie, all'esclusione sociale degli individui e delle famiglie stesse e si evoca chiaramente la possibilità di elaborare uno strumento appropriato, definendo misure legislative e amministrative e proponendo soluzioni pratiche (35). |
6.1.6. |
Questa nuova sensibilizzazione al problema sembra inoltre essere dovuta ai recenti studi, accademici (36) e di altro genere, svolti su incarico della Commissione (37). L'argomento è stato anche oggetto di una serie di interventi pubblici da parte di capi di Stato e di ministri degli Stati membri (38). |
6.2. Possibilità, necessità e opportunità di un'azione a livello comunitario
6.2.1. |
Il CESE sostiene da molto tempo, e lo ribadisce in questa sede, che un'azione a livello comunitario in materia è non solo possibile ed auspicabile ma anche necessaria e imprescindibile. |
6.2.2. |
Il CESE sa perfettamente che, conformemente a quanto prevede il Trattato, e poiché il testo costituzionale è rimasto non adottato (39), gli aspetti specifici puramente sociali, tra i quali figura il fenomeno del sovraindebitamento in quanto causa di esclusione sociale, non rientreranno nelle competenze specifiche dell'UE. |
6.2.2.1. |
Tuttavia, varie disposizioni del Trattato sull'Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea prevedono sia competenze condivise sia azioni e misure di accompagnamento e di incentivo alle politiche degli Stati membri in questo campo (40), azioni e misure che spetta alla Commissione assicurare e sviluppare. |
6.2.2.2. |
Alcuni possibili settori di intervento a livello comunitario, inoltre, rientrano attualmente nel terzo pilastro, che concerne la cooperazione in campo giudiziario (41). |
6.2.2.3. |
Infine, la stessa realizzazione del mercato interno, adesso indubbiamente orientato a favore dei cittadini e dei consumatori (42), esige e giustifica l'armonizzazione di taluni aspetti relativi al sovraindebitamento dei cittadini, alle sue conseguenze sociali, alla sua prevenzione e al suo trattamento a livello comunitario, al fine di evitare distorsioni della concorrenza e ostacoli al corretto funzionamento del mercato. |
6.3. Principali settori d'intervento a livello comunitario
6.3.1. Un concetto unico di sovraindebitamento
6.3.1.1. |
Lo sforzo di armonizzazione deve innanzi tutto influire sulla definizione del concetto e dei parametri qualitativi e quantitativi del fenomeno, in modo da consentire un'adeguata informazione e una buona osservazione delle realtà sociali alla base del fenomeno stesso, in termini identici in tutta Europa e, se possibile, in tutto il mondo, fondate sulla raccolta e sul trattamento di dati statistici comparabili che permettano di definire un criterio economico per la sua quantificazione. |
6.3.1.2. |
Sulla base di questa definizione concettuale e metodologica, la Commissione dovrà promuovere la realizzazione di uno studio, che comprenda tutto il territorio comunitario, al fine di determinare la dimensione economica e sociale del sovraindebitamento (43). |
6.3.2. Prevenzione e contenimento del fenomeno
6.3.2.1. |
A livello legislativo, bisogna inoltre elaborare, in modo autonomo e armonizzato, misure di previsione e prevenzione del fenomeno, nonché di contenimento dei suoi effetti. Tra queste figurano in particolare norme relative ai seguenti aspetti:
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