ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 324

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

49o anno
30 dicembre 2006


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

430a Sessione plenaria del 26 ottobre 2006

2006/C 324/1

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie COM(2005) 672 def.

1

2006/C 324/2

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata) COM(2006) 226 def. — 2006/0073 (COD)

7

2006/C 324/3

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) COM(2006) 219 def. — 2006/0071 (COD)

8

2006/C 324/4

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la pubblicità ingannevole e comparativa COM(2006) 222 def. — 2006/0070 (COD)

10

2006/C 324/5

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'alloggiamento per il montaggio della targa posteriore d'immatricolazione dei veicoli a motore a due o tre ruote COM(2006) 478 def. — 2006/0161 (COD)

11

2006/C 324/6

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose COM(2005) 125 def. — 2005/0028 (COD)

12

2006/C 324/7

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti COM(2006) 154 def. — 2006/0056 (CNS)

15

2006/C 324/8

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su un programma d'azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali 2006-2010 COM(2006) 13 def.

18

2006/C 324/9

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 90/424/CEE del Consiglio relativa a talune spese nel settore veterinario COM(2006) 273 def. — 2006/0098 (CNS)

22

2006/C 324/0

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (versione codificata) COM(2006) 205 def. — 2006/0067 (COD)

25

2006/C 324/1

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (versione codificata) COM(2006) 258 def. — 2006/0097 (CNS)

26

2006/C 324/2

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (versione codificata) COM(2006) 286 def. — 2006/0100(COD)

27

2006/C 324/3

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio che fissa i criteri comunitari applicabili alle azioni di eradicazione e di sorveglianza di talune malattie animali (versione codificata) COM(2006) 315 def. — 2006/0104 (CNS)

28

2006/C 324/4

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Un piano d'azione dell'UE per le foreste COM(2006) 302 def.

29

2006/C 324/5

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che rettifica la direttiva 2002/2/CE, che modifica la direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla circolazione degli alimenti composti per animali COM(2006) 340 def. — 2006/0117 (COD)

34

2006/C 324/6

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a una procedura di esame e di consultazione preventivi per alcune disposizioni legislative, regolamentari o amministrative previste dagli Stati membri nel settore dei trasporti COM(2006) 284 def. — 2006/0099 (COD)

36

2006/C 324/7

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica lo statuto dell'impresa comune Galileo contenuto nell'allegato del regolamento (CE) n. 876/2002 del Consiglio COM(2006) 351 def. — 2006/0115 (CNS)

37

2006/C 324/8

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1321/2004 sulle strutture di gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite COM(2006) 261 def. — 2006/0090 (CNS)

41

2006/C 324/9

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all'interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica COM(2006) 382 def. — 2006/0133 (COD)

42

2006/C 324/0

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (versione codificata) COM(2006) 432 def. — 2006/0146 (COD)

47

2006/C 324/1

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la governance economica — Le condizioni per una maggiore coerenza delle politiche economiche in Europa

49

2006/C 324/2

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca centrale europea Terza relazione sui preparativi pratici per il futuro allargamento dell'area dell'euro COM(2006) 322 def

57

2006/C 324/3

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale COM(2006) 16 def. — 2006/0006 (COD)

59

2006/C 324/4

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo COM(2005) 596 def.

68

2006/C 324/5

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Libro verde — Iniziativa europea per la trasparenza COM(2006) 194 def.

74

2006/C 324/6

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione doganale nella Comunità (Dogana 2013) COM(2006) 201 def. — 2006/0075 (COD)

78

IT

 


II Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

430a Sessione plenaria del 26 ottobre 2006

30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde — Azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie

COM(2005) 672 def.

(2006/C 324/01)

La Commissione, in data 19 dicembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al: Libro verde — Azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice SÁNCHEZ MIGUEL.

In considerazione del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nella sessione plenaria di ottobre e ha nominato relatrice generale SANCHEZ MIGUEL a norma dell'articolo 20 del regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 99 voti favorevoli, 28 voti contrari e 22 astensioni.

1.   Sintesi

1.1

La presentazione del Libro verde della Commissione relativo alle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie ha aperto un ampio dibattito sulla necessità di orientamenti comunitari che facilitino l'avvio di azioni legali da parte delle imprese, dei consumatori e dei lavoratori, nei confronti di chi viola gli articoli 81 e 82 del TCE nell'esercizio della propria attività imprenditoriale.

1.2

Il CESE desidera sottolineare, per prima cosa, che l'obiettivo da perseguire è la garanzia di un'efficace protezione di tutti coloro che partecipano al mercato interno europeo. Tenendo conto della libera circolazione delle merci, è necessario che il contenuto dei diritti e degli obblighi derivanti dai contratti e dai servizi venga in un certo modo uniformato in tutti i paesi. Quando si tratta di operazioni transfrontaliere, è opportuno incrementare il grado di armonizzazione tra tutte le legislazioni nazionali.

1.3

In secondo luogo, è importante tener presente che esistono autorità garanti della concorrenza (AGC) a livello tanto europeo quanto nazionale, alle quali spetta dichiarare se una pratica è anticoncorrenziale e stabilire le sanzioni economiche che possono essere imposte alle imprese che hanno violato le regole. Il Libro verde ha per obiettivo quello di assicurare un risarcimento del danno nella sfera privata, vale a dire attraverso l'intervento dell'autorità giudiziaria; da ciò consegue che tale intervento deve essere collegato con l'azione già avviata dalle AGC.

1.4

Va sottolineato che il CESE non ha una posizione univoca su tutte le questioni fondamentali sollevate nel Libro verde, bensì fornisce per ciascuna di esse una serie di argomenti per permettere alla Commissione di prendere decisioni volte a stabilire gli orientamenti di una futura azione legislativa. Le risposte e le motivazioni alle varie questioni figurano al capitolo 5 del presente parere.

2.   Introduzione

2.1

Il mercato interno europeo è stato oggetto di una profonda riorganizzazione per quanto concerne le regole di concorrenza. Questa, da un lato, ha consentito di dotare il mercato delle norme necessarie perché l'azione delle imprese si svolga in un quadro di libera concorrenza. Dall'altro è stata utile per adeguare le regole di concorrenza dei diversi Stati membri in modo da facilitare alle imprese l'esercizio del diritto di libero stabilimento, alle stesse condizioni.

2.2

Una delle questioni che si presentano nel mercato interno concerne l'efficace protezione dell'altra parte del mercato, vale a dire dei consumatori nel senso più ampio del termine, i cui diritti risultano limitati ogni volta che i contratti e i servizi acquisiscono un carattere transfrontaliero: infatti, quando le imprese che operano hanno la loro sede in un altro Stato membro, i diritti dei consumatori sono limitati all'esercizio dei diritti loro riconosciuti in ambito nazionale, mentre le regole di concorrenza coprono l'intero mercato interno.

2.3

La normativa comunitaria in materia di concorrenza non dispone di un sistema efficace per l'introduzione delle domande di risarcimento del danno per violazione, nell'ambito del mercato interno, delle norme previste agli articoli 81 e 82 del Trattato. Il nuovo approccio della Commissione in materia di politica della concorrenza e di protezione dei consumatori ha costituito la base per l'elaborazione del Libro verde, nel quale si espongono le questioni più importanti per definire, successivamente, un'iniziativa legislativa che garantisca la tutela degli interessi di coloro che hanno subito un danno per la mancanza di libera concorrenza nel mercato interno.

2.4

Va tenuto conto dell'importanza dell'articolo 153, paragrafo 3 del Trattato (1), il quale consente di attuare misure di carattere orizzontale per la protezione dei consumatori nell'ambito di tutte le politiche.

2.5

Il Libro verde esamina le questioni che appaiono più importanti per l'introduzione delle misure di protezione e delle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie, in particolare per quanto riguarda gli articoli 81 e 82 del Trattato e le relative norme di applicazione. È tuttavia opportuno tener presente che il documento copre un ambito legislativo complesso, che può portare ad una riforma delle norme procedurali nazionali, una questione che solleva una serie di dubbi principalmente relativi ai temi della sussidiarietà e che addirittura, in certi casi, riguarderanno altri temi del diritto civile.

2.6

Il Libro verde prende le mosse dalla doppia applicazione del diritto della concorrenza. Da un lato riconosce l'applicazione da parte dei pubblici poteri, e cioè non solo la Commissione, ma anche le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri (AGC), le quali applicano individualmente le norme nel quadro delle loro facoltà. Anzitutto, le autorità garanti della concorrenza hanno la facoltà di constatare la violazione della normativa e di dichiarare nulli gli accordi che limitano la concorrenza. In secondo luogo esse possono infliggere sanzioni pecuniarie basandosi sui regolamenti comunitari di applicazione delle regole di concorrenza.

2.7

Viene d'altro canto riconosciuta l'applicazione privata delle norme della concorrenza nel sistema giudiziario, essendo esse direttamente applicabili da parte dei tribunali nazionali. In tale ambito privato assume particolare rilevanza la richiesta di misure cautelari di inibizione per impedire la continuazione delle pratiche illecite delle imprese, in modo da diminuire la portata del danno causato ai concorrenti ed ai consumatori.

2.8

Tuttavia, è il risarcimento del danno a costituire il fine della tutela efficace dei diritti conferiti dal Trattato, e questo deve restare l'obiettivo fondamentale delle azioni di risarcimento dei danni provocati dal mancato rispetto delle regole di concorrenza. I comportamenti anticoncorrenziali danneggiano sia le imprese che i consumatori, che sono i soggetti finali dell'attività del mercato.

2.9

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha creato un importante precedente giurisprudenziale nel quale si riconosce ai privati che hanno subito un danno a causa di una violazione degli articoli 81 e 82 del Trattato il diritto di chiedere il risarcimento. Inoltre, nel caso di una normativa nazionale che invece non preveda tale diritto (2), l'applicazione diretta degli articoli del Trattato prevale sul diritto nazionale.

2.10

Il Libro verde contiene diverse linee di riflessione che consentono di determinare le possibili azioni di risarcimento del danno, originate da azioni pubbliche delle autorità garanti della concorrenza o dalle azioni private intentate da chi ha subito il danno. Il testo elenca una serie di questioni, ritenute molto importanti, sulle quali si basano diverse possibilità di orientare il dibattito allo scopo di ottenere i risultati migliori sia per la successiva applicazione, sia per l'adeguamento ai sistemi giuridici nazionali che non sempre coincidono tra loro.

3.   Sintesi del Libro verde

3.1

Il Libro verde si articola attorno ad un elenco di domande volte a discutere la natura giuridica delle azioni di risarcimento del danno, con una serie di varianti che delimitino e configurino la futura azione normativa della Commissione. Si tratta di chiarire in quali condizioni possa essere intentata un'azione di risarcimento del danno che, tenendo conto delle norme già esistenti in alcuni Stati membri, faciliti l'esercizio del diritto al risarcimento.

3.2

La Commissione presenta tre domande, ciascuna delle quali è corredata di diverse opzioni:

Domanda A: Nei procedimenti civili per risarcimento del danno ai sensi degli articoli 81 e 82 del Trattato CE dovrebbero essere previste norme speciali sulla divulgazione delle prove documentali? In caso affermativo, come si dovrebbe procedere?

Domanda B: Sarebbe utile per le domande di risarcimento del danno per violazione della normativa antitrust prevedere norme speciali sull'accesso ai documenti in possesso di un'autorità garante della concorrenza? Come potrebbe essere organizzato tale accesso?

Domanda C: L'onere a carico dell'attore di provare la violazione delle norme antitrust nelle azioni di risarcimento del danno dovrebbe essere attenuato? E, in caso affermativo, come?

La seconda questione riguarda il requisito della colpa, dato che in molti Stati membri le domande di risarcimento del danno richiedono di provare la colpa. La relativa domanda è:

Domanda D: Sarebbe opportuno introdurre il requisito della colpa per le azioni di risarcimento del danno per violazione della normativa antitrust?

Per la terza questione, il concetto di risarcimento del danno, vengono presentate due domande:

Domanda E: Come dovrebbe essere definito il risarcimento?

Domanda F: Quale metodo si dovrebbe usare per calcolare l'importo del risarcimento?

Un'ulteriore questione affrontata nel testo è quella della «Eccezione di trasferimento» e della legittimazione ad agire dell'acquirente indiretto:

Domanda G: Sarebbe opportuno prevedere norme sull'ammissibilità e il funzionamento dell'eccezione di trasferimento? In caso affermativo, come si dovrebbe procedere? L'acquirente indiretto dovrebbe essere legittimato ad agire?

Una questione importante è se azioni di questo genere possano servire a tutelare gli interessi del consumatore, dato che sembrano di difficile applicazione per azioni individuali. Si dovrebbe pertanto esaminare in questo contesto la possibilità di ricorrere ad azioni collettive, come già viene previsto in alcuni paesi dell'Unione.

Domanda H: Dovrebbero esistere procedure speciali per intentare azioni collettive e tutelare gli interessi dei consumatori? In tal caso, che forma potrebbero assumere tali procedure?

Le spese processuali svolgono un ruolo importante per l'efficacia delle azioni proposte, costituendo a volte, per il costo elevato che comportano per le parti, un deterrente all'avvio di un'azione. La relativa domanda è:

Domanda I: Sarebbe opportuno introdurre norme speciali per ridurre il rischio finanziario per l'attore? Se sì, quale tipo di norme?

Il coordinamento dell'applicazione del diritto da parte delle autorità pubbliche e dei privati può essere uno degli assi sui quali si articola l'efficacia delle azioni proposte. La relativa domanda è:

Domanda J: Come si può raggiungere un coordinamento ottimale fra applicazione del diritto da parte delle autorità pubbliche e dei privati?

Un'altra questione di rilievo è quella del foro competente e del diritto applicabile, tenuto conto del carattere transfrontaliero di molte delle pratiche di violazione delle norme antitrust. La relativa domanda è:

Domanda K: Quale diritto sostanziale si dovrebbe applicare alle domande di risarcimento del danno per violazione della normativa antitrust?

La proposta contiene anche alcune altre domande, tra le quali è opportuno ricordare le seguenti:

Domanda L: Il tribunale dovrebbe, se necessario, nominare un esperto?

Domanda M: I termini di prescrizione dovrebbero essere sospesi? Se sì, a partire da quando?

Domanda N: È necessario chiarire il requisito giuridico del nesso di causalità per agevolare azioni di risarcimento del danno?

4.   Osservazioni generali

4.1

Nel contesto dell'applicazione della normativa comunitaria in materia di concorrenza da parte delle autorità comunitarie e da parte degli Stati membri, il regolamento (CE) n. 1/2003 (3) stabilisce che responsabili di darle attuazione sono sia la Commissione che le autorità nazionali garanti della concorrenza, che, nei limiti delle loro competenze, potranno dichiarare illecita una pratica di un'impresa o constatare un abuso di posizione dominante sul mercato, comminando sanzioni conseguenti, le cui modalità e la cui entità corrispondano al danno causato.

4.2

Il problema si pone relativamente all'applicazione privata della normativa nella giurisdizione civile, quando coloro che hanno subito un danno dalle pratiche anticoncorrenziali vietate, inclusi i consumatori, desiderino avviare un procedimento legale per chiedere il risarcimento dei danni causati da una violazione delle norme antitrust. Questo è il dibattito che deve trovare una risposta in ambito comunitario, giacché la libera circolazione delle merci e dei servizi nel mercato interno richiede un'azione comunitaria, soprattutto tenendo conto del fatto che la situazione differisce notevolmente nei vari Stati membri e che, in mancanza di una normativa europea, sono competenti le giurisdizioni nazionali.

4.2.1

La soluzione che facilita il risarcimento dei danni subiti dai consumatori non è necessariamente quella appropriata per i litigi tra imprese, che sono i soggetti più coinvolti nelle controversie originate dalle limitazioni della concorrenza. Nella sua proposta, la Commissione deve prevedere una linea di azione per questo tipo di controversie, e nella stessa linea si dovrebbe contemplare la protezione dei lavoratori delle imprese che sono incorse in pratiche anticoncorrenziali.

4.3

Tuttavia, data la mancanza di una legislazione comunitaria riguardante il risarcimento dei danni causati dalla violazione degli articoli 81 e 82 del Trattato, la Corte di giustizia delle Comunità europee (4), cui un tribunale nazionale aveva rivolto domande di pronuncia pregiudiziale riguardanti l'applicazione di tali norme, ha dichiarato che gli articoli del Trattato sono direttamente applicabili. La richiesta di risarcimento dei danni causati dalle limitazioni della concorrenza è di competenza dei tribunali nazionali. Inoltre la Corte ha ribadito la dottrina applicata in numerose sentenze (5) secondo cui si considera che il Trattato ha creato un ordinamento giuridico a sé stante, integrato nei sistemi giuridici degli Stati membri, che comporta obblighi specifici sia per questi ultimi che per i privati cittadini.

4.4

Inoltre la Corte ha confermato (6) che gli articoli 81.1 e 82 «producono effetti diretti nei rapporti tra i singoli ed attribuiscono direttamente a questi diritti che i giudici nazionali devono tutelare». Inoltre si aggiunge (7) che «in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'effetto diretto del diritto comunitario».

4.5

A parere del CESE, si potrebbero definire orientamenti comunitari che stabiliscano le condizioni di applicazione delle azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme del Trattato. È necessario che tali azioni risarciscano — in misura ragionevole — coloro che hanno subito un danno economico o sofferto per un lucro cessante a causa di pratiche anticoncorrenziali illecite. Tuttavia, si deve soprattutto permettere ai consumatori, nel senso più ampio del termine, di esercitare il diritto economico loro riconosciuto dalle norme che li tutelano. Per tale motivo il Comitato accoglie con favore l'elaborazione del Libro verde in esame, anche se desidera sottolineare la necessità di abbreviare i tempi procedurali per poter ottenere risultati migliori più celermente.

5.   Osservazioni specifiche

5.1

Il CESE considera prioritaria la determinazione, dall'inizio dell'applicazione da parte di privati, nell'ambito dei tribunali civili, delle future azioni per il risarcimento del danno causato da una violazione delle norme antitrust.

5.2

Le autorità garanti della concorrenza a livello comunitario e a livello degli Stati membri, possiedono uno strumento di esecuzione delle norme comunitarie: il regolamento (CE) n. 1/2003 (8), che assegna loro ampi poteri di intervento per quanto riguarda le misure da adottare nei confronti delle imprese sospettate di violare le norme antitrust. Malgrado tali significative possibilità di intervento, le autorità pubbliche, tuttavia, possono solo dichiarare che una determinata impresa ha infranto la legislazione in materia e infliggere sanzioni pecuniarie.

5.3

Il problema si complica poiché, a livello comunitario, le autorità della concorrenza non hanno la facoltà di imporre misure di risarcimento dei danni e la Corte di giustizia delle Comunità europee può intervenire solamente sulle questioni pregiudiziali, dato che competenti in materia sono unicamente i tribunali nazionali. A questo proposito la Corte ha sottolineato la necessità che gli Stati membri stabiliscano le modalità di applicazione per l'imposizione di misure di risarcimento dei danni (9).

5.4

L'applicazione nella sfera privata degli articoli 81 ed 82 del Trattato significa che i tribunali nazionali civili possono utilizzarli per il risarcimento dei danni causati a singoli. Il problema consiste nel determinare quale tipo di azione sia più appropriato, e soprattutto se sia necessario prevedere azioni ad hoc. Tali problemi sono considerevoli, come traspare dall'ampia gamma di domande che la Commissione presenta nel Libro verde. Il CESE desidera dare il proprio contributo all'orientamento del dibattito grazie ad una riflessione sulle domande formulate nel Libro verde.

5.4.1

Accesso alle prove. La normativa sull'accesso alle prove, nei procedimenti civili, deve rispondere alle due questioni chiave dell'onere della prova e della valutazione della prova. Tali questioni dovrebbero essere prese in considerazione nell'ambito dei procedimenti giudiziari che possono essere avviati in diversi momenti: i) dopo la decisione dell'autorità garante della concorrenza, ii) prima della decisione dell'autorità garante della concorrenza, o addirittura iii) simultaneamente all'analisi di una determinata pratica da parte dell'autorità competente.

5.4.1.1

Il regolamento (CE) n. 1/2003 ha stabilito una serie di azioni mediante le quali le autorità garanti della concorrenza comunitarie e nazionali possono esigere delle prove, allo scopo di determinare le eventuali pratiche illecite (10). Pertanto, la possibilità di utilizzare come prova il contenuto dei documenti in possesso delle autorità della concorrenza sarebbe un modo per risolvere le difficoltà di ottenimento delle prove incontrate dai singoli cittadini. La questione è quindi se l'accesso a tale documentazione debba essere riservato ai tribunali competenti, o se invece tale diritto spetti ai singoli richiedenti. La CGCE (11) ha elaborato un'ampia giurisprudenza riguardo all'impegno della Commissione di non esibire a terzi documenti riguardanti un contenzioso, sino alla conclusione del procedimento principale.

5.4.1.2

Si potrebbe dunque partire, nel caso delle cosiddette «azioni di seguito», dalla premessa che, una volta che le autorità garanti della concorrenza abbiano dichiarato il comportamento illecito ed i soggetti danneggiati abbiano avviato l'azione per il risarcimento, le autorità della concorrenza trasmetteranno ai tribunali le prove in modo che si stabilisca un collegamento tra l'azione pubblica e quella privata (12).

5.4.1.3

Nei casi in cui le azioni di risarcimento per pratiche anticoncorrenziali non facciano seguito ad una decisione delle autorità competenti, il Comitato ritiene che la presentazione, da parte dei richiedenti, di un numero di prove indiziarie adeguato per valutare in via preliminare le probabilità di successo (determinazione dei fatti) debba essere considerata sufficiente al fine di avviare un'azione del genere. Questo giustifica non solo l'esistenza di regole specifiche concernenti la divulgazione delle prove documentali ma anche il riconoscimento di un ruolo attivo e di ampi poteri ai tribunali, compreso il potere di imporre sanzioni, per quanto concerne aspetti fondamentali dell'azione, in particolare l'indagine, la raccolta e la divulgazione delle prove.

5.4.1.4

Dato che i tribunali nazionali incaricati di giudicare le azioni di risarcimento per violazione delle norme antitrust hanno parallelamente competenza in materia di violazione delle regole di concorrenza (regolamento (CE) n. 1/2003), il loro accesso ai documenti, senza pregiudizio della salvaguardia del già citato dovere di riservatezza, non deve costituire un ostacolo insormontabile. Le regole di accesso devono obbedire innanzi tutto alla legge del foro ma le autorità garanti della concorrenza hanno al tempo stesso l'obbligo di mettere a disposizione del giudice gli elementi da quest'ultimo richiesti.

5.4.1.5

Il Comitato sottolinea che l'accesso a documenti già raccolti nell'ambito di un procedimento per infrazione è di particolare importanza per le azioni di risarcimento per pratiche anticoncorrenziali, indipendentemente dall'organo che ha istruito il processo (organo amministrativo o giudiziario) e del risultato del processo (13).

5.4.1.6

La possibilità che siano gli organi amministrativi coinvolti in un processo per infrazione a scegliere gli elementi probatori che saranno accessibili per un'eventuale azione di risarcimento può dar adito a dubbi e responsabilità per quanto concerne i criteri di questa selezione.

5.4.1.7

Partendo infine dal presupposto che ai tribunali siano concessi ampi e speciali poteri in questo tipo di azione, si ritiene che il rifiuto di presentare delle prove espresso da una delle parti potrebbe influire negativamente sulla loro valutazione, consentendo al tribunale di tener conto di tale rifiuto per stabilire se il fatto sia stato o meno provato.

5.4.1.8

Un'altra possibilità, nei casi che coinvolgono i consumatori, è quella di prevedere l'inversione dell'onere della prova imponendolo al convenuto, nel senso che una volta dichiarata la violazione della normativa antitrust da parte delle autorità garanti della concorrenza, questo potrà essere esonerato dalle azioni di risarcimento solo se riuscirà a provare che gli attori non hanno subito alcun danno. Il Comitato sottolinea tale principio come uno tra i più importanti in materia di difesa dei consumatori. La maggior parte degli Stati membri ha adottato la norma secondo cui l'onere della prova incombe agli attori, ma riconoscono anche delle eccezioni che ne prevedono l'inversione (14). È il caso, certamente, delle decisioni del giudice (15)  (16). Se già esiste una decisione che attesta la presenza di un'infrazione, la non inversione dell'onere della prova nelle azioni di risarcimento per questa medesima infrazione rappresenterebbe un'inaccettabile duplicazione della prova stessa che, stavolta, dovrebbe essere presentata non da un'autorità dotata di speciali poteri investigativi bensì dalla(e) parte(i) lesa(e), il che accentuerebbe lo squilibrio tra le parti in questo tipo di azione.

5.4.1.9

Alla presentazione delle prove è collegata anche la questione degli esperti, ai quali non di rado si ricorre per la complessità delle azioni di risarcimento. Tuttavia, è da evitare la moltiplicazione degli esperti, eventualmente in disaccordo, allo scopo di non compromettere l'efficacia del procedimento. In mancanza di un accordo tra le parti e in linea con gli ampi poteri conferiti al giudice, già sostenuti in questo ambito, l'eventuale nomina di esperti potrà spettare al giudice stesso, possibilmente in collaborazione con gli organi amministrativi della concorrenza.

5.4.2

Risarcimento del danno. Il tema chiave è l'analisi del valore del danno subito dai singoli e la quantificazione dell'importo. La DG SANCO ha effettuato uno studio (17) allo scopo di precisare il concetto di danno causato ai consumatori ed elaborare una definizione che possa venir applicata in ambiti diversi, compreso quella della concorrenza. La tematica ha ripercussioni ampie, dato che la valutazione del danno dipende dalla quota di mercato interessata dalle pratiche illecite. La determinazione del danno individuale comunque solleva notevoli difficoltà di valutazione, in quanto è riconosciuto che molte volte è più facile stimare il guadagno ottenuto da un'impresa grazie ad un accordo antitrust che il danno causato da questo stesso accordo.

5.4.2.1

Pur essendo importante conferire al tribunale ampi poteri nel giudicare questo tipo di azioni, appare ragionevole che venga adottato un approccio equo. Tuttavia, per ragioni di coerenza del sistema e tenendo presente l'eventuale creazione di giurisprudenza, è importante stabilire orientamenti relativi ai criteri (per dare un contenuto concreto al principio di equità) da seguire nel determinare l'ammontare del risarcimento.

5.4.2.2

Un altro punto collegato a questa materia è quello relativo alla prescrizione (18) del diritto ad esigere un risarcimento per pratiche anticoncorrenziali; il calcolo della prescrizione, specie nel caso di azioni intentate successivamente ad una decisione dell'autorità garante della concorrenza, non potrà iniziare prima che venga trasmessa la decisione definitiva sull'infrazione. In caso contrario potrebbero sorgere ulteriori difficoltà di accesso alle prove.

5.4.2.3

Bisogna infine affrontare la questione della natura giuridica della richiesta di risarcimento dei danni. Nella maggior parte dei casi, infatti, la mancanza di un vincolo contrattuale tra l'imprenditore che ha commesso un'infrazione e il consumatore rende più difficile trovare una base giuridica per l'azione. In tal senso l'applicazione delle norme riguardanti le obbligazioni extracontrattuali (19) permetterebbe di utilizzare la struttura delle azioni di risarcimento dei danni, che ha una tradizione con profonde radici nelle legislazioni nazionali.

5.4.3

Azioni collettive per il risarcimento del danno comparate alle azioni individuali  (20). Quando si parla di risarcimento per violazione delle norme antitrust, le azioni collettive soddisfano in maniera esemplare alcuni obiettivi fondamentali: 1) il reale risarcimento del danno, in quanto agevolano la richiesta da parte delle organizzazioni che agiscono a nome dei consumatori colpiti, contribuendo in tal modo a rendere effettivo l'accesso alla giustizia; 2) la dissuasione e la prevenzione di comportamenti anticoncorrenziali, considerando il maggior impatto sociale di questo tipo di azioni. Anche dal punto di vista di chi commette l'infrazione, la possibilità di concentrare la difesa presenta notevoli vantaggi in termini di costi e di efficienza.

5.4.3.1

Il punto essenziale, per le azioni collettive, è quello di riconoscere la legittimazione ad agire da parte delle organizzazioni, analogamente a quanto prevede la direttiva 98/27/CE (21) relativa a provvedimenti inibitori delle violazioni che ledono gli interessi specifici dei consumatori. Questa direttiva a favore dei consumatori, basata sul riconoscimento reciproco della legittimazione processuale delle organizzazioni e sulla loro notificazione alla Commissione (22), pur non prevedendo il risarcimento del danno o l'indennizzo in caso di pregiudizi subiti, ha aperto la strada a livello europeo alla legittimazione attiva degli enti e delle organizzazioni e alla possibilità di intentare un'azione in nome di interessi collettivi (23).

5.4.4

Finanziamento delle azioni per il risarcimento. La pratica quotidiana delle richieste di risarcimento dei danni indica che le spese processuali hanno sempre un effetto dissuasivo. Anzitutto l'elevato ammontare necessario per dare inizio all'azione ne impedisce l'avvio; in secondo luogo la lentezza dei procedimenti civili ne fa aumentare i costi. Da parte delle autorità pubbliche per la tutela dei consumatori si potrebbe prevedere la creazione di un fondo per il finanziamento delle azioni collettive.

5.4.4.1

In caso contrario, vi sarà un rischio di una dispersione di parti lese che reclamano risarcimenti individuali a volte irrisori; ciò causerebbe enormi difficoltà nel finanziamento di questo tipo di azioni al contrario di quanto avviene per i convenuti che dispongono di abbondanti risorse per la loro difesa.

5.4.4.2

L'esperienza pratica ha dimostrato che la differenza tra i costi sostenuti dalle parti lese e dall'impresa o gruppo d'imprese in infrazione esercita una pressione su queste. Il Comitato ritiene che prevedere un'esenzione o una riduzione delle spese giudiziarie per coloro che intentano un'azione di risarcimento per violazione delle norme antitrust — senza pregiudicare la penalizzazione di chi agisce in mala fede o il pagamento delle spese in caso di sentenza sfavorevole — è un mezzo per controbilanciare lo squilibrio tra le parti in azioni di questo genere.

5.4.5

Eccezione di trasferimento e legittimazione ad agire dell'acquirente indiretto. Tale questione comporta una procedura complessa poiché «i danni causati dal comportamento anticoncorrenziale potrebbero quindi ripercuotersi sulla catena di distribuzione o addirittura essere sopportati interamente dall'ultimo acquirente, il consumatore finale». Ciò rende ancor più difficile l'azione per il risarcimento soprattutto a seguito della difficoltà di provare il collegamento tra danno subito e comportamento illecito. La difficoltà di provare questo collegamento ha come conseguenza l'esclusione delle maggiorazioni di prezzo dalle richieste di risarcimento dei danni.

5.4.6

Foro competente e diritto applicabile. La convenzione di Bruxelles regola le questioni relative alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. In seguito, il regolamento (CE) n. 44/2001 ha stabilito le norme che si applicano, nell'Unione europea, alle controversie a carattere transfrontaliero. In tal modo potrebbe risolversi la gran parte delle difficoltà di applicazione che possono sorgere nelle azioni per il risarcimento dei danni causati da pratiche anticoncorrenziali. L'azione collettiva nel campo del risarcimento dei danni per pratiche anticoncorrenziali è un istituto giuridico presente solo in una minoranza di Stati membri. Pertanto, l'eventuale scelta di questo tipo di azione obbliga a riflettere su alcune delle sue caratteristiche specifiche, in particolare per quanto concerne il foro competente e il diritto applicabile. L'azione collettiva comporta, tanto per gli attori quanto per i convenuti, reali vantaggi solo quando è possibile garantire un'applicazione coerente delle norme, il che presuppone la preminenza della legge del foro. Inoltre, la disponibilità di informazioni concernenti non solo gli organi competenti per l'avvio di questo tipo di azioni ma anche le azioni effettivamente in corso e le relative decisioni, sembra essere un passo importante nello stabilire un'effettiva applicazione della politica di concorrenza nella sfera privata.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Cfr. GU C 185 dell'8.8.2006.

(2)  Cfr. sentenza della Corte del 20.9.2001. Courage Ltd contro Bernard Crehan e Bernard Crehan contro Courage Ltd e altri. C-453/99 de 20 settembre 2001. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division) — Regno Unito.

(3)  Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato. GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. Parere del CESE GU C 155 del 29.5.2001, pag. 73.

(4)  Cfr. la sentenza di cui alla nota 3, e più specificamente i considerando da 17 a 19.

(5)  Cfr il considerando 19 della sentenza in questione, nel quale si elencano numerose sentenze che rafforzano tale impostazione riguardante l'applicazione diretta delle norme del Trattato.

(6)  Cfr il considerando 23 della sentenza in questione, con una ricca giurisprudenza collaterale.

(7)  Cfr il considerando 29 della sentenza in questione.

(8)  È importante sottolineare la funzione che hanno assunto le reti delle autorità garanti della concorrenza, REC (GU C 101 del 27.4.2004) per promuovere la collaborazione nell'applicazione della normativa in materia di concorrenza tra Commissione e autorità garanti.

(9)  Cfr. la già citata sentenza Courage.

(10)  In effetti, è stata ampliata la loro competenza in tale ambito, anche se in alcuni casi è necessaria l'autorizzazione preliminare da parte delle autorità giudiziarie nazionali, ad esempio per accedere al registro del commercio.

(11)  Sentenza del 18.5.1982, causa 155/79, AM&S contro Commissione (REC 1982, pag. 417).

(12)  Comunicazione della Commissione relativa alla cooperazione tra la Commissione e le giurisdizioni degli Stati membri dell'UE ai fini dell'applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE (GU C 101 del 27.4.2004).

(13)  Cfr. l'accettazione di impegni da parte delle autorità garanti della concorrenza ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1/2003.

(14)  Cfr. gli esempi contenuti nel documento Study on the conditions of claims for damages in cases of infringement of EC competition rulescomparative report elaborato da Denis Waelbroeck, Donald Slater e Gil Even-Shoshan, del 31.8.2004 (cfr. pag. 50 e segg.).

(15)  Conformemente, tra l'altro al regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1). Parere del CESE: GU C 117 del 26.4.2000, pag. 6.

(16)  Le regole relative all'onere della prova e alla sua inversione sono contenute anche all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1/2003: «In tutti i procedimenti nazionali o comunitari relativi all'applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato, l'onere della prova di un'infrazione dell'articolo 81, paragrafo 1, o dell'articolo 82 del Trattato incombe alla parte o all'autorità che asserisce tale infrazione. Incombe invece all'impresa o associazione di imprese che invoca l'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato l'onere di provare che le condizioni in esso enunciate sono soddisfatte».

(17)  Analisi della problematica relativa ai danni subiti dal consumatore e delle metodologie di valutazione più adatte in merito (2005/S 60-057291).

(18)  Punto 4 delle conclusioni della Sentenza della CGCE del 13 luglio 2006 nei procedimenti riuniti da C-295/04 a C-298/04 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice di Pace di Bitonto — Italia) — Vincenzo Manfredi / Lloyd Adriatico Assicurazioni (C-295/04), Antonio Cannito / Fondiaria Sai SpA (C-296/04), Nicolò Tricarico (C-297/04), Pasqualina Mugolo (C-298/04) / Assitalia SpA, in riferimento alla sospensione della prescrizione.

Si insiste sull'importanza di questa sentenza della CGCE per il rafforzamento della giurisprudenza cui si fa riferimento.

(19)  Proposta di regolamento relativo alle obbligazioni extracontrattuali — Roma II (COM(2003) 427 def.).

(20)  In tale contesto la pratica statunitense delle cosiddette class actions (azioni collettive) non è prevista né dai regimi giuridici nazionali né dal modello giurisprudenziale europeo, almeno nella maggioranza degli Stati membri che dispongono di sistemi tradizionali per la presentazione delle richieste di risarcimento.

(21)  Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 1998 relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51). Parere del CESE: GU C 30 del 30.1.1997, pag. 112.

(22)  Cfr. la Comunicazione della Commissione relativa agli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a difesa degli interessi dei consumatori, conformemente al disposto dell'articolo 2 della direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Gli enti legittimati sono in tutto 276 (GU C 39 del 16.2.2006, pag. 2).

(23)  «(…) per interessi collettivi si intendono gli interessi che non ricomprendono la somma degli interessi di individui lesi da una violazione; che ciò non pregiudica i ricorsi e le azioni individuali proposti da privati lesi da una violazione» (cfr. il secondo considerando della direttiva).


30.12.2006   

IT

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C 324/7


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata)

COM(2006) 226 def. — 2006/0073 (COD)

(2006/C 324/02)

Il Consiglio, in data 6 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico RETUREAU.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea ha deciso di pronunciarsi sul presente parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato RETUREAU relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 95 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Proposta della Commissione

1.1

La proposta in esame è intesa a realizzare una codificazione. Limitandosi ad apportare alcune modifiche formali, i testi codificati lasciano sostanzialmente inalterato il diritto vigente al momento della codificazione, che viene dunque effettuata «a diritto costante».

1.2

Nel contesto dell'Europa dei cittadini la semplificazione e la chiarezza del diritto comunitario rivestono una notevole importanza. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno quindi sottolineato la necessità di codificare gli atti comunitari che sono oggetto di frequenti modifiche; a tal fine hanno concluso un accordo interistituzionale che prevede la possibilità di ricorrere a un metodo di lavoro accelerato, consentendo così la rapida adozione dei testi codificati. In sede di codificazione, infatti, non si può apportare alcuna modifica di carattere sostanziale agli atti che ne fanno oggetto.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il CESE constata che la proposta della Commissione risponde esattamente alle finalità del predetto metodo di lavoro accelerato in tema di codificazione.

2.2

Occorre tuttavia interrogarsi sull'opportunità di rendere stabile la normativa in materia di diritto d'autore e di diritti a questo connessi: è infatti evidente che la codificazione è davvero utile solo quando si prevede che la normativa interessata non debba più mutare in modo sostanziale.

2.3

Di fronte a un diritto comunitario in continua evoluzione (in particolare si attendono alcune proposte legislative in materia di «disposizioni penali») e attuato in modo diverso nei vari ordinamenti nazionali, si deve constatare il mancato rispetto dell'equilibrio tra i diritti spettanti, da un lato, ai titolari del diritto d'autore e soprattutto di diritti connessi a quest'ultimo e, dall'altro, ai destinatari delle opere (la comunità scientifica e accademica e, più in generale, il pubblico, ossia l'insieme dei «fruitori di servizi culturali»). Infatti, in numerosi Stati membri i diritti dei destinatari delle opere protette sono sempre più limitati. Per esempio, in molti casi le protezioni hardware o software dette «DRM» (digital rights management) ostacolano l'esercizio del diritto alla copia privata e le operazioni di ingegneria inversa intese a garantire l'interoperabilità dei software.

2.4

Tali sviluppi sfavorevoli ai «consumatori» sono resi più gravi dall'inasprimento delle sanzioni penali in caso di elusione delle protezioni DRM allo scopo di realizzare una copia privata o di sicurezza (backup).

2.5

Il CESE ritiene quindi che le misure di codificazione in tema di diritto d'autore e di diritti connessi a quest'ultimo siano premature, dato che la normativa comunitaria in materia dovrà essere resa più equilibrata, in particolare alla luce della strategia di Lisbona. Inoltre, in nome del principio di sussidiarietà la soluzione di numerose questioni di rilievo è lasciata agli Stati membri e le divergenze nell'attuazione della normativa comunitaria a livello nazionale rischiano di ostacolare la libera circolazione delle opere e dei «servizi culturali».

2.6

Pertanto, così stando le cose, una mera consolidazione di carattere «tecnico» da parte dell'Ufficio delle pubblicazioni sarebbe bastata per chiarire lo stato del diritto in vigore al momento della consolidazione stessa. Tale operazione potrebbe essere ripetuta in occasione di ogni modifica di rilievo al diritto di volta in volta vigente senza dar l'impressione di voler ipotecare la futura evoluzione della normativa in materia (cosa che invece avviene con la codificazione proposta).

3.   Osservazioni specifiche

3.1

Il Comitato auspica inoltre l'introduzione nel diritto comunitario di un riconoscimento e di una tutela adeguati di licenze come la GPL (General Public Licence, licenza pubblica generale) o la licenza Creative Commons in materia di libri e creazioni artistiche, che consentono agli utenti una notevole libertà d'uso. La GPL, ad esempio, disciplina numerosissimi software utilizzati dai server informatici (router di Internet, amministrazioni pubbliche, imprese).

3.2

Queste licenze d'uso più permissive favoriscono la diffusione e la fruizione delle opere da parte di utenti e destinatari e rispondono quindi pienamente agli obiettivi di diffusione rapida delle conoscenze e delle tecnologie perseguiti dalla strategia di Lisbona.

3.3

Il CESE invita dunque la Commissione a riprendere la riflessione che essa sembra voler cristallizzare con la codificazione proposta, nonché a prevedere iniziative volte a rendere le opere disponibili per il maggior numero possibile di persone attraverso il riconoscimento delle licenze che consentono una maggiore libertà d'uso (cosiddette «licenze libere») e il giusto contemperamento fra i diritti dei titolari dei diritti d'autore e quelli dei fruitori delle opere nella società dell'informazione. Ciò al fine di aumentare la competitività e l'innovazione dell'Unione europea.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/8


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata)

COM(2006) 219 def. — 2006/0071 (COD)

(2006/C 324/03)

Il Consiglio, in data 6 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico RETUREAU.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea ha deciso di pronunciarsi sul presente parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato RETUREAU relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 104 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Proposta della Commissione

1.1

La proposta in esame è intesa a realizzare una codificazione. Limitandosi ad apportare alcune modifiche formali, i testi codificati lasciano sostanzialmente inalterato il diritto vigente al momento della codificazione, che viene dunque effettuata «a diritto costante».

1.2

Nel contesto dell'Europa dei cittadini la semplificazione e la chiarezza del diritto comunitario rivestono una notevole importanza. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno quindi sottolineato la necessità di codificare gli atti comunitari che sono oggetto di frequenti modifiche; a tal fine hanno concluso un accordo interistituzionale che prevede la possibilità di ricorrere a un metodo di lavoro accelerato, consentendo così la rapida adozione dei testi codificati. In sede di codificazione, infatti, non si può apportare alcuna modifica di carattere sostanziale agli atti che ne fanno oggetto.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il CESE constata che la proposta della Commissione risponde esattamente alle finalità del predetto metodo di lavoro accelerato in tema di codificazione.

2.2

Occorre tuttavia interrogarsi sull'opportunità di rendere stabile la normativa in materia di diritto d'autore e di diritti a questo connessi: è infatti evidente che la codificazione è davvero utile solo quando si prevede che la normativa interessata non debba più mutare in modo sostanziale.

2.3

La durata della protezione del diritto d'autore, di dieci anni alla sua introduzione nel XIX secolo, è ora di settant'anni dalla morte dell'autore. Non si può peraltro escludere che in futuro ulteriori pressioni da parte dei titolari del diritto d'autore e dei diritti a questo connessi riescano a far prolungare ulteriormente la durata di tale tutela.

2.4

Oggi si registra dunque un forte squilibrio a favore degli eredi degli autori (circa tre generazioni) e dei titolari dei diritti connessi al diritto d'autore. Occorrerebbe quindi rivedere alcuni termini di durata della protezione di tali diritti, ormai sproporzionati rispetto alle esigenze del pubblico e degli stessi autori: se, come è prevedibile, un membro dell'OMC come gli Stati Uniti aumenta la durata della protezione a 90 anni o addirittura a un secolo («emendamento Disney»), cosa avverrà in Europa? Dovremo rivedere gli accordi commerciali in materia di «proprietà intellettuale»?

2.5

Moltissime opere (letterarie, filosofiche, ecc.) sono edite solo una volta e solo nella lingua originale, e non saranno riedite né durante la vita dell'autore né durante quella dei suoi eredi. Benché all'epoca della loro prima pubblicazione non siano state dei «best seller», in molti casi si tratta di opere di un certo valore, che però diventano presto inaccessibili ad ogni potenziale lettore. Il protrarsi della tutela dei diritti in questione per un periodo così lungo giova quindi solo a un numero relativamente ristretto di autori, mentre questa stessa durata rende indisponibile un numero ben più elevato di opere, cui studenti, studiosi e altri potenziali lettori non potranno più accedere una volta esaurita la prima edizione.

2.6

Occorre quindi verificare se sia effettivamente opportuno rendere stabile la normativa in materia di diritto d'autore e di diritti a questo connessi: è infatti evidente che la codificazione è davvero utile solo quando si prevede che la normativa interessata non debba più mutare in modo sostanziale.

2.7

In un'epoca caratterizzata dall'ampio utilizzo dei supporti digitali, bisognerebbe avviare una riflessione approfondita sulla diffusione delle opere e sul diritto del pubblico ad accedere alle creazioni e alla cultura universali. Il CESE ritiene quindi prematura la codificazione proposta e avrebbe preferito che si effettuasse un mero consolidamento, nonché un riesame delle condizioni e della durata della tutela del diritto d'autore e dei diritti a questo connessi onde adeguarle agli obiettivi della strategia di Lisbona.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

Il Comitato auspica inoltre l'introduzione nel diritto comunitario di un riconoscimento e di una tutela adeguati di licenze come la GPL (General Public Licence, licenza pubblica generale) o la licenza Creative Commons in materia di libri e creazioni artistiche, che consentono agli utenti una notevole libertà d'uso. La GPL, ad esempio, disciplina numerosissimi software utilizzati dai server informatici (router di Internet, amministrazioni pubbliche, imprese).

3.2

Queste licenze d'uso più permissive favoriscono la diffusione e la fruizione delle opere da parte di utenti e destinatari e rispondono quindi pienamente agli obiettivi di diffusione rapida delle conoscenze e delle tecnologie perseguiti dalla strategia di Lisbona.

3.3

Il CESE invita dunque la Commissione a riprendere la riflessione che essa sembra voler cristallizzare con la codificazione proposta, nonché a prevedere iniziative volte a rendere le opere disponibili per il maggior numero possibile di persone attraverso il riconoscimento delle licenze che consentono una maggiore libertà d'uso e il giusto contemperamento fra i diritti dei titolari dei diritti d'autore e quelli dei fruitori delle opere nella società dell'informazione.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/10


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la pubblicità ingannevole e comparativa

COM(2006) 222 def. — 2006/0070 (COD)

(2006/C 324/04)

Il Consiglio, in data 6 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore WESTENDORP.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato WESTENDORP relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno. In assenza di WESTENDORP, il presente documento è stato presentato da PEGADO LIZ.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 86 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Nel contesto dell'Europa dei cittadini è molto importante assicurare che la normativa comunitaria risulti più comprensibile e accessibile. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno quindi sottolineato la necessità di codificare i testi giuridici sottoposti a ripetute modifiche, e, nel quadro di un accordo interistituzionale, hanno concordato una procedura di codificazione accelerata. Il contenuto dei testi che formano oggetto di codificazione non può subire alcuna modifica.

1.2

Il Comitato approva la proposta della Commissione in esame in quanto essa risponde pienamente alle finalità e alle disposizioni in materia di codificazione.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/11


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'alloggiamento per il montaggio della targa posteriore d'immatricolazione dei veicoli a motore a due o tre ruote

COM(2006) 478 def. — 2006/0161 (COD)

(2006/C 324/05)

Il Consiglio, in data 27 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha deciso di incaricare la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha nominato JANSON relatore generale e ha adottato il seguente parere con 104 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

La chiarezza e la trasparenza del diritto comunitario dipendono anche dalla codificazione della regolamentazione che ha subito frequenti modifiche.

1.2

La codificazione deve essere effettuata nel rigoroso rispetto del normale iter legislativo comunitario.

1.3

Lo scopo della proposta in esame è quello di procedere alla codificazione della direttiva 93/94/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993 relativa all'alloggiamento per il montaggio della targa posteriore d'immatricolazione dei veicoli a motore a due o tre ruote. La nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora, preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.

1.4

La proposta della Commissione in esame risponde perfettamente allo scopo assegnato alla codificazione e soddisfa le disposizioni che la disciplinano. Il CESE dà pertanto il proprio assenso alla proposta.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitrios DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/12


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose

COM(2005) 125 def. — 2005/0028 (COD)

(2006/C 324/06)

Il Consiglio, in data 25 gennaio 2006, ha deciso, conformemente al disposto degli articoli 95 e 251 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del rapporto introduttivo predisposto dal relatore WILKINSON.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione di ottobre e ha designato DORDA come relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 76 voti favorevoli, 3 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

Il Comitato accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di aggiornare le regole vigenti relative alla definizione, alla descrizione e alla presentazione delle bevande spiritose e, in particolare, le modifiche proposte al sistema delle «indicazioni geografiche» (IG), secondo cui le richieste dovranno essere presentate dalle autorità nazionali competenti, nonché la procedura proposta per emendare il nuovo regolamento.

1.2

Il Comitato non condivide la proposta di introdurre delle categorie per le bevande spiritose, poiché tale classificazione potrebbe risultare fuorviante.

1.3

L'obbligo di elencare gli ingredienti delle bevande spiritose è sostenuto solo a patto di estenderlo a tutte le bevande alcoliche.

1.4

Gli indicatori di tipicità rivestono grande importanza nella lotta contro frodi e contraffazioni: occorre quindi che la proposta contenga disposizioni relative al loro impiego.

1.5

La definizione della vodka è particolarmente controversa, soprattutto per quanto concerne le materie prime a partire dalle quali può essere prodotta. Il Comitato propone che le materie prime utilizzabili siano limitate ai cereali, alle patate e alla melassa di barbabietola, e che, di conseguenza, non sia più necessario indicare tali materie sulle etichette.

2.   Introduzione

2.1

Le norme attualmente in vigore in materia di definizione, descrizione e presentazione delle bevande spiritose sono quelle stabilite dal regolamento (CEE) n. 1576/89 (1) del Consiglio e dal regolamento (CEE) n. 1014/90 (2) della Commissione. Queste disposizioni si sono dimostrate efficaci nel disciplinare il settore degli alcolici, ma è ormai giunto il momento di chiarirne alcuni punti e tenere conto degli sviluppi intervenuti dopo la loro entrata in vigore. Proprio a questo fine è stata elaborata la proposta di regolamento in esame.

2.2

La proposta è intesa a rendere più chiari i regolamenti vigenti (cfr. note a piè di pagina 1 e 2), ad adeguarli ai nuovi requisiti tecnici e a tenere conto di ulteriori elementi, come le norme dell'OMC. Essa si prefigge inoltre di tutelare la rinomanza delle bevande spiritose dell'UE e di fornire ai consumatori le informazioni necessarie.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di modificare e aggiornare i regolamenti vigenti e osserva che l'organizzazione rappresentativa dei produttori delle bevande spiritose a livello europeo (3) è stata ampiamente consultata e sostiene l'iniziativa.

3.2

In particolare, il Comitato approva le modifiche intese ad adeguare il sistema delle indicazioni geografiche alle disposizioni dell'OMC e la proposta di adottare una procedura semplice e trasparente per emendare il regolamento.

3.3

Il fatto che il nuovo regolamento sia inteso a sostituire due regolamenti in vigore dovrebbe essere chiaramente indicato nel primo considerando. A ciò bisognerebbe aggiungere che, oltre al menzionato regolamento (CEE) n. 1576/89, l'attuale proposta abrogherà e sostituirà anche il regolamento (CEE) n. 1014/90.

3.4

Il settore delle bevande spiritose riveste una grande importanza per l'economia dell'UE: esso infatti contribuisce per circa 5 miliardi di euro alle esportazioni annue (4), impiega direttamente circa 50.000 persone (indirettamente cinque volte tante) e genera investimenti nel mercato dei capitali per un importo superiore a un miliardo di euro l'anno. Si tratta anche di un cliente importante per i produttori agricoli dell'UE: prima dell'ultimo allargamento, infatti, esso assorbiva ogni anno circa 2 milioni di tonnellate di cereali, 2,5 milioni di tonnellate di barbabietole da zucchero, 300.000 tonnellate di frutta e 16 milioni di ettolitri di vino. Questi dati vanno aggiornati per l'UE a 25. Dal momento dell'adesione di dieci nuovi Stati membri occorre aggiungere all'elenco anche le patate: il quantitativo utilizzato annualmente come materia prima per le bevande spiritose si aggira intorno alle 100.000 tonnellate.

3.5

Il settore delle bevande spiritose dell'UE è attualmente il più competitivo al mondo e le modifiche previste non dovranno comprometterne il primato. A questo proposito è molto importante tutelare l'ottima reputazione del settore e preservarne la capacità di continuare ad innovare.

3.6

È vitale che i cambiamenti volti a consolidare e ad aggiornare i regolamenti esistenti non inficino nessuno dei principi fondamentali ivi sanciti. Particolarmente importanti a questo proposito sono le attuali disposizioni in materia di etichettatura. Alcune osservazioni al riguardo figurano in forma dettagliata nell'allegato I.

3.7

Le singole definizioni delle bevande spiritose sono complesse, e il Comitato intende esaminarle solo là dove ciò appaia essenziale.

Osservazioni specifiche

4.   Categorie

4.1

La proposta introduce una suddivisione delle bevande spiritose nelle tre categorie «A» (acquaviti), «B» (bevande spiritose specifiche) e «C» (altre bevande spiritose). La necessità di una tale classificazione non è chiara: ad ogni modo, però, si ritiene che essa possa creare confusione, dato che alcune bevande potrebbero rientrare in più di una categoria, a seconda del metodo di produzione impiegato. Inoltre, il Comitato osserva che la relazione descrive la categoria «A» come un «gruppo circoscritto» comprendente solo «prodotti nella loro forma più pura». Ciò sembrerebbe implicare che le altre categorie non sono pure, mentre l'obiettivo del regolamento è garantire che tutte le bevande spiritose prodotte nell'UE godano di un'eccellente reputazione.

4.2

Pur riconoscendo che la classificazione proposta non avrà alcun effetto giuridico, il CESE non crede che essa possa aiutare i consumatori o gli altri soggetti interessati, né tanto meno gli pare necessaria ai fini della coesione strutturale del documento. Il Comitato raccomanda che l'introduzione di categorie avvenga solo per motivi validi e che, in tal caso, si ponderino bene le effettive descrizioni utilizzate per ciascuna di esse.

4.3

Il CESE teme anche che la suddivisione in categorie possa comportare una discriminazione tra le diverse bevande, ad esempio in termini di etichettatura e tassazione, e si oppone a una tale eventualità.

4.4

Il dibattito (5) svoltosi finora ha mostrato che la classificazione proposta è controversa ed è quindi probabile che essa venga modificata. In tal caso occorrerà riflettere sulla possibilità di riformulare il testo per includervi un riferimento generale a diverse pratiche tradizionali. Inoltre, l'allegato II della proposta dovrebbe essere rielaborato per definire più chiaramente le pratiche autorizzate per i diversi tipi di prodotti.

5.   Gli interessi dei consumatori

5.1

Il CESE non è a conoscenza di richieste giunte da organizzazioni di consumatori del settore delle bevande spiritose. È lecito comunque ritenere che esse continueranno a preoccuparsi dell'elevata qualità delle bevande e dell'assenza di rischi per il loro consumo (se moderato).

5.2

La proposta della Commissione non si occupa dell'elencazione degli ingredienti e il CESE approva tale scelta, poiché giudica superfluo e poco realistico sollevare la questione in questa fase. Il CESE sarebbe però favorevole all'elencazione degli ingredienti se una tale norma fosse applicata a tutte le bevande alcoliche allo stesso modo e se lo si potesse fare in modo perspicuo per i consumatori.

6.   Le indicazioni geografiche

6.1

Il CESE accoglie con favore il chiarimento delle norme relative alle indicazioni geografiche (IG) in materia di bevande spiritose. Sarebbe utile affermare chiaramente che le richieste possono essere presentate alla Commissione solo dagli Stati membri, o, se necessario, dalle autorità di paesi terzi.

6.2

Bisognerà evitare che le norme IG vengano applicate a troppi prodotti, se si vuole che il loro valore continui ad essere riconosciuto.

6.3

Il CESE immagina che le disposizioni dell'articolo 5, in base al quale gli Stati membri possono stabilire e applicare norme più severe di quelle previste dal nuovo regolamento, si applicheranno anzitutto a prodotti con un'indicazione geografica registrata, ma sarebbe utile chiarire se questo articolo possa valere per tutti i prodotti (che abbiano o meno ottenuto un IG).

7.   Aromi, sostanze aromatizzanti e edulcoranti

7.1

Occorre grande precisione nel definire i concetti di «aromi» e «sostanze aromatizzanti» (6) e nell'indicare quali processi possano essere impiegati per quali prodotti. Al riguardo, infatti, la proposta appare piuttosto confusa.

7.2

Potrebbe anche essere necessario definire altre bevande spiritose aromatizzate: si tratta di un'eventualità da prendere in considerazione.

7.3

Per quanto concerne gli edulcoranti la Commissione dovrebbe considerare l'esigenza di chiarire la propria posizione circa il cosiddetto '«arrotondamento», cioè l'aggiunta di agenti edulcoranti in quantità limitata per correggere il gusto del prodotto finito.

8.   Modifiche future del regolamento

8.1

Il Comitato approva la proposta della Commissione di riportare in allegato le singole definizioni delle bevande spiritose e di consentirne quindi la modifica previo accordo di un comitato di gestione per le bevande spiritose, senza dover rimettere in discussione l'intero testo del regolamento. Così facendo, quest'ultimo risulterà più facilmente adattabile alle innovazioni.

8.2

Converrebbe infine considerare l'eventualità che le singole definizioni delle bevande spiritose di cui all'allegato II della proposta della Commissione non possano essere modificate per un certo periodo, ad esempio 5 anni dall'entrata in vigore del regolamento, al fine di garantire una fase di stabilità.

9.   Indicatori di tipicità

9.1

La proposta non affronta la questione degli indicatori di tipicità, ma il Comitato ritiene che dovrebbe farlo. La confederazione europea delle bevande spiritose (CEPS) raccomanda che tali indicatori siano sostanze di tipo alimentare, che la loro concentrazione in un determinato prodotto sia inferiore allo 0,1 % in peso per volume, e che non conferiscano a tale prodotto alcun carattere distintivo. Il CESE approva tale proposta.

9.2

Gli indicatori di tipicità assumono un'importanza sempre maggiore nella lotta contro la frode e le contraffazioni. Pur essendo impiegati anche in prodotti diversi dalle bevande spiritose, è importante che il loro utilizzo sia autorizzato dai produttori di tali bevande nel quadro della proposta in esame.

10.   Vodka

10.1

Non è intenzione del CESE affrontare in modo troppo dettagliato le questioni relative alle definizioni dei prodotti, ma il caso della vodka presenta particolari difficoltà, come è emerso al Consiglio Agricoltura e pesca del 20 febbraio 2006 (7). Il Comitato ha quindi preso in esame questo caso specifico per esprimere una posizione in grado di raggiungere un consenso.

10.2

Il Comitato esamina il caso della vodka nell'allegato II del parere e conclude che è necessario prevedere delle restrizioni riguardo alle materie prime che possono essere impiegate per la produzione di tale bevanda (cereali, patate e melassa di barbabietola), in quanto ciò consentirà a questa importante categoria una migliore protezione e agli operatori commerciali il consolidamento della loro reputazione e posizione. D'altro canto, però, bisognerà tenere conto dei prodotti non più etichettabili come «vodka»: essi dovrebbero beneficiare di una deroga di circa 3 anni dal momento dell'adozione del nuovo regolamento per essere inseriti in una nuova categoria e apportare i necessari adeguamenti di mercato.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU L 160, del 12.6.1989. Ultima modifica nell'Atto di adesione 2003.

(2)  GU L 105, del 25.4.1990. Ultima modifica nel regolamento (CE) n. 2140/98.

(3)  Confederazione europea delle bevande spiritose (CEPS), che rappresenta le organizzazioni del settore di 27 paesi.

(4)  Il settore apporta un contributo positivo alla bilancia commerciale dell'UE pari circa a 4,2 miliardi di euro l'anno.

(5)  Cfr. ad esempio la relazione del gruppo di lavoro sui vini e le bevande alcoliche (bevande spiritose) del Consiglio dell'Unione europea sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose (doc. 9871/06 dell'8.6.2006).

(6)  Per «aromi naturali» si intendono gli aromi estratti dalle materie prime impiegate nel processo di produzione e presenti nel distillato, mentre le «sostanze aromatizzanti naturali» sono gli aromi naturali aggiunti al distillato.

(7)  Comunicato stampa 6083/06 (Presse 39), 2708a riunione del Consiglio Agricoltura e pesca, Bruxelles, 20.2.2006.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'impiego in acquacoltura di specie esotiche e di specie localmente assenti

COM(2006) 154 def. — 2006/0056 (CNS)

(2006/C 324/07)

Il Consiglio, in data 2 maggio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 37 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore TORNBERG.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato ESPUNY MOYANO relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 94 voti favorevoli, nessun voto contrario e 2 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Il Consiglio ha chiesto al CESE di elaborare un parere sulla proposta di regolamento del Consiglio relativa all'impiego in acquacoltura di specie esotiche (1) e di specie localmente assenti (2).

1.2

L'obiettivo della proposta della Commissione è di proteggere l'ambiente acquatico e la sua biodiversità dai rischi connessi alla presenza di specie esotiche. La Commissione giudica insufficiente l'attuale quadro normativo, che include la direttiva Habitat (3).

1.3

La Commissione propone di adottare un regolamento basato sulle pratiche e sui codici di condotta già esistenti, senza che questo pregiudichi l'attuazione di future strategie.

1.4

Il regolamento proposto non si occupa di questioni relative, ad esempio, alla pesca sportiva, alle specie ornamentali e ad altri animali esotici. Il suo obiettivo è di prevedere, prevenire e gestire i futuri problemi causati da specie esotiche al di fuori del loro habitat naturale.

1.5

Il Comitato ritiene che nell'Unione europea predomini la tendenza ad una eccessiva regolamentazione e che il regolamento proposto dovrebbe appunto evitare di seguire questa tendenza.

1.6

Il CESE raccomanda di stilare un elenco delle specie utilizzate (ad esempio le specie esotiche «naturalizzate») al fine di snellire le procedure ed evitare le lungaggini burocratiche al riguardo.

1.7

Il Comitato raccomanda di dare una definizione più precisa dell'espressione «specie localmente assenti». Giudica altresì opportuno definire i concetti di «zona» e di «ecoregione» nell'ambito del regolamento proposto.

1.8

Essendo l'UE un mercato unico, il CESE considera necessario operare una distinzione tra le specie esotiche e localmente assenti all'interno dell'UE e al di fuori dell'UE.

1.9

Il Comitato sottolinea che l'adozione del regolamento all'esame potrebbe comportare una serie di problemi per i piccoli produttori. In particolare fa presenti i lunghi questionari previsti nell'allegato I della proposta.

2.   Osservazioni generali

2.1

In linea di principio, il CESE accoglie molto favorevolmente la proposta in esame, destinata a regolamentare al livello dell'UE l'introduzione di specie esotiche nel territorio della Comunità per l'utilizzo nell'acquacoltura, al fine di proteggere la varietà della fauna e della flora acquatiche locali (4) e di promuovere al tempo stesso lo sviluppo dell'acquacoltura.

2.2

Il Comitato riconosce l'estrema importanza e necessità di un regolamento sull'impiego di specie esotiche nell'acquacoltura, onde conservare l'ambiente acquatico e la sua biodiversità.

2.3

Qualora il regolamento all'esame venga adottato, il Comitato chiede alla Commissione di lanciare quanto prima un'adeguata campagna d'informazione sul regolamento stesso, per evitare che possa essere strumentalizzato dai mass media, desiderosi di seminare il panico tra i consumatori e di incrementare le vendite dei loro giornali.

2.4

Il CESE ritiene essenziale che il regolamento favorisca lo sviluppo dell'acquacoltura in Europa (5). Si tratta infatti di un settore in espansione, capace di creare numerose opportunità per il futuro, a condizione che la proposta all'esame, nella sua attuale formulazione, non sia di ostacolo.

2.5

Il CESE sottolinea che al di fuori dell'UE il settore progredisce e si sviluppa in maniera alquanto rapida, ma rileva anche che è ormai giunto a saturazione e ha bisogno di sviluppare nuove specie. Il Comitato fa inoltre osservare che l'acquacoltura possiede le potenzialità per diventare, nell'ambito della PCP (politica comune della pesca), un comparto di primaria importanza per l'intero settore peschiero.

2.6

Il CESE considera opportuno agevolare il commercio intracomunitario, riducendo gli adempimenti burocratici e la documentazione ed evitando un eccesso normativo.

2.7

Per il Comitato è necessario evitare che il regolamento risulti talmente complesso da ostacolare il futuro sviluppo del settore. Il CESE nutre inoltre timori circa la coerenza tra gli aspetti ecologici, economici e sociali della proposta. Ritiene infine che all'interno dell'UE la traslocazione delle specie sia soggetta ad un numero di controlli sufficiente.

2.8

Per l'ambiente acquatico delle nostre regioni i veri problemi nascono dall'introduzione di specie esotiche o alloctone, di conseguenza, per semplificare e snellire il più possibile la proposta, il Comitato suggerisce di concentrare gli sforzi su questo problema e di occuparsi delle specie localmente assenti in un dossier distinto. In effetti, l'impiego di specie localmente assenti non sembra avere estrema importanza in acquacoltura. Un altro problema a questo proposito è che la Commissione ha omesso di definire le zone in cui le singole specie sono assenti.

2.9

Ai fini di un'ulteriore semplificazione, si potrebbe distinguere fra le specie presenti all'interno dell'UE e le specie esotiche e localmente assenti provenienti da zone al di fuori dell'UE. Per il CESE questo aspetto deve essere preso in esame visto che l'UE tende a diventare un mercato comune sempre più integrato.

2.10

Il Comitato rileva che, a causa della volatilità del settore, a volte i produttori potrebbero non essere in grado di programmare le loro decisioni con l'anticipo ritenuto necessario dalla Commissione per ricevere le autorizzazioni relative a un'introduzione o a un movimento.

2.11

Un produttore che, ad esempio, allevi un certo stock di una specie proveniente da Israele e lo veda morire avrà bisogno di agire in fretta: per evitare di perdere tempo prezioso dovrà ad esempio importare un altro stock dagli Stati Uniti. Ebbene, l'attuale proposta impedisce al produttore di proseguire la sua attività fino all'ottenimento di una nuova autorizzazione. Le traslocazioni e i movimenti, specie a scopo commerciale, non dovrebbero invece rientrare nel campo di applicazione del regolamento proposto perché stando agli ambienti scientifici i «rischi» legati all'allevamento in acquacoltura di specie esotiche o localmente assenti risultano nel complesso limitati.

2.12

Il CESE fa presente che l'approccio adottato dalla Commissione suscita spesso insoddisfazione negli operatori del settore. Per tale motivo è anche importante adoperarsi affinché il testo del regolamento risulti il più semplice possibile e presenti un taglio pratico, riducendo al tempo stesso al minimo i costi per le parti interessate.

2.13

Il Comitato nota che, pur non rientrando nell'ambito di applicazione della proposta, le specie ornamentali e il salmone possono costituire una delle principali cause del problema globale.

2.14

Il CESE sottolinea l'importanza di garantire che il regolamento persegua obiettivi chiari e abbia un ambito di applicazione e limiti ben definiti. Constatando l'assenza di norme esaustive e particolareggiate per questo settore, il Comitato suggerisce alla Commissione di proporre una regolamentazione di portata globale, o per lo meno di predisporre un piano d'azione che additi il futuro orientamento del settore.

2.15

Pur sapendo che il regolamento in esame risale ad un periodo precedente l'iniziativa di semplificazione (2005), il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe ora tener conto di questa iniziativa semplificandolo.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

La proposta all'esame va ben oltre l'adozione di misure considerate necessarie e giustificate; non tiene conto infatti della situazione relativa alle specie impiegate in acquacoltura, alcune delle quali vengono allevate in Europa da secoli (ad esempio la carpa, la trota arcobaleno, il salmerino e altre) senza comportare alcun danno agli ecosistemi. La valutazione dei rischi legati al movimento di tali specie in tutte le fasi dello sviluppo e la lunghezza delle procedure di autorizzazione non tengono minimamente conto della realtà e sono difficilmente attuabili nella pratica. Nel territorio della Comunità le imprese del settore dell'acquacoltura sono solite cooperare a livello transfrontaliero, nel rispetto delle norme veterinarie, effettuando movimenti di breve durata di carpe, trote e di altre specie ittiche correntemente utilizzate.

3.2

Il Comitato chiede che alcune specie ittiche impiegate in acquacoltura (6) vengano escluse dall'ambito di applicazione della proposta di regolamento adottando un elenco positivo o una serie di deroghe stabilite dai singoli Stati membri. L'esclusione dal campo di applicazione dovrebbe riguardare anche le specie localmente assenti. Non si comprende infatti per quale motivo l'acquacoltura controllata debba essere collegata alla diffusione o alla traslocazione di pesci o altre specie autoctone ma localmente assenti.

3.3

La questione delle specie localmente assenti è già oggetto di specifiche disposizioni nazionali. Il regolamento proposto dovrebbe concentrarsi sulla protezione della biodiversità acquatica dell'UE dai rischi derivanti dall'introduzione di specie esotiche. Peraltro, l'assenza, in questo contesto, di una definizione di «zone» comunemente accettata renderebbe molto difficile applicare il regolamento proposto alle specie localmente assenti. Escludendo le disposizioni relative a tali specie dalla proposta di regolamento del Consiglio quest'ultima risulterebbe maggiormente comprensibile e la sua applicazione diventerebbe più facile e meno costosa.

3.4

Il Comitato raccomanda di abbreviare il termine per la notifica della decisione relativa alla richiesta di movimento (articolo 10, paragrafo 1), che può arrivare sino ad un anno. Esso ritarderebbe infatti in modo inaccettabile le decisioni dei produttori e causerebbe problemi economici insostenibili.

3.5

Per il CESE è inoltre importante valutare la possibilità d'inserire nell'articolo 10 della proposta di regolamento una disposizione che tenga conto dei casi in cui la richiesta di autorizzazione rimanga senza risposta. Per la legge spagnola, ad esempio, la mancata risposta entro il termine proposto di un anno equivale ad un consenso. Il CESE ritiene che, se giuridicamente possibile, l'articolo 10 dovrebbe seguire il modello spagnolo.

3.6

Le richieste di autorizzazione per più movimenti, da effettuare entro un massimo di 5 anni (articolo 6) non risultano praticabili, in quanto molto spesso è necessario prendere rapidamente decisioni impreviste su acquisti, vendite e scambi di pesci in diverse fasi di sviluppo. Il regolamento proposto verrebbe a trovarsi in diretta contraddizione con gli obiettivi prefissati, vale a dire la promozione dell'acquacoltura e la diversificazione delle specie in essa impiegate.

3.7

Le decisioni relative alle richieste di introduzione e movimento degli organismi acquatici destinati all'acquacoltura sono importanti: devono quindi poggiare su motivazioni scientifiche ed essere comunicate con la massima sollecitudine.

3.8

Per le autorità coinvolte, per il previsto comitato consultivo e per le imprese che operano nell'acquacoltura, norme di così ampia portata implicano uno sforzo immenso sul piano delle risorse umane e finanziarie, impossibile da realizzare con il personale attualmente a disposizione. Questo va contro la tendenza generale a ridurre la burocrazia a livello sia nazionale che comunitario.

3.9

Il CESE giudica necessario ridurre l'eccessiva quantità di norme al minimo indispensabile, e soprattutto limitare il numero degli elementi elencati all'allegato I della proposta di regolamento.

3.10

L'introduzione e il movimento di specie ittiche esotiche possono comportare grossi rischi, la cui valutazione richiede conoscenze scientifiche approfondite. A differenza di quanto indica l'allegato I, i richiedenti non potranno acquisirle semplicemente grazie alle loro esperienze di lavoro, bensì dovranno fare appello alla consulenza di esperti.

3.11

Il Comitato ritiene pertanto opportuno venire in aiuto ai produttori, mettendo a loro disposizione un elenco degli scienziati europei dotati delle necessarie conoscenze. Al tempo stesso i produttori dovrebbero ricevere le informazioni oppure la formazione necessarie sulle procedure da seguire per richiedere l'autorizzazione.

3.12

Al posto delle previste valutazioni individuali, si propone d'introdurre un'unica valutazione del rischio «su campione» per ciascuna ecoregione o Stato membro, valutazione che sarà effettuata da un istituto scientifico qualificato. Se il campione esaminato presenterà un livello di rischio considerato «basso», nelle future richieste di movimento routinario all'interno dell'ecoregione considerata gli operatori potranno limitarsi a indicare informazioni riguardanti la località, il personale e le date. Applicando questa proposta si contribuirà ad una migliore valutazione dei rischi e al tempo stesso si ridurranno gli adempimenti burocratici per le imprese dell'acquacoltura e gli organi amministrativi. I costi della valutazione su campione condotta da un istituto scientifico dovrebbero essere a carico del Fondo europeo per la pesca (FEP).

3.13

Il Comitato ribadisce la necessità che il regolamento del Consiglio definisca il concetto di ecoregione, ai fini di un'armonizzazione tra gli Stati membri.

3.14

Il CESE ritiene che sarebbe utile prevedere un intervallo di almeno un anno tra la data di pubblicazione del regolamento e la sua entrata in vigore, onde adeguare le normative nazionali e informare il settore e i cittadini interessati dei cambiamenti che saranno introdotti.

3.15

Il Comitato richiama l'attenzione sui suoi precedenti pareri in merito alla PCP (7), all'acquacoltura (8) e alla biodiversità (9), e ribadisce ora integralmente le posizioni ivi espresse.

3.16

Il Comitato richiama l'attenzione della Commissione sugli OGM e sugli organismi poliploidi segnalando che non se ne deve sottovalutare la potenziale pericolosità per l'ambiente acquatico. Sottolinea pertanto la necessità di una regolamentazione più rigorosa per quanto concerne gli organismi geneticamente modificati, il salmone in acquacoltura, come pure l'introduzione e la traslocazione di specie ornamentali.

3.17

Il Comitato invita la Commissione a prendere atto sia del presente parere sia dei pareri citati ai punti che precedono, onde creare un miglior ambiente di lavoro nel settore dell'acquacoltura per quanto concerne l'impiego di specie esotiche e localmente assenti.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Definite all'articolo 3 della proposta di regolamento del Consiglio — COM(2006) 154 def.

(2)  Definite all'articolo 3 della proposta di regolamento del Consiglio — COM(2006) 154 def.

(3)  Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21.5.1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

(4)  Il gruppo di studio ha esaminato il caso della rana toro americana, che si è introdotta nella regione dell'Aquitania (Francia meridionale) e in altre zone europee producendo effetti negativi. La rana toro non è una specie usata in acquacoltura, ma si suppone che provenisse dal settore delle specie ornamentali, non contemplato dal regolamento all'esame.

(5)  Cfr. il parere del CESE Una strategia per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura europea (CESE 595/2003) — GU C 208 del 3.9.2003.

(6)  Ad esempio la carpa (Cyprinus carpio) e la trota arcobaleno (Oncorhynchus mykiss) in Polonia, per citarne solo alcune.

(7)  Semplificazione della PCP, CESE 961/2006, relatore: SARRÓ IPARRAGUIRRE (adottato il 5.7.2006).

(8)  Cfr. nota 5.

(9)  Campagna dell'UE per la conservazione della biodiversitàla posizione e il contributo della società civile, CESE 752/2006 del 18.5.2006 (relatore: RIBBE).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/18


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su un programma d'azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali 2006-2010

COM(2006) 13 def.

(2006/C 324/08)

La Commissione, in data 5 aprile 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore NIELSEN.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato NIELSEN relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 92 voti favorevoli e 1 astensione.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

In molti Stati membri dell'Unione europea e in taluni paesi terzi si constata un crescente interesse per la protezione e il benessere degli animali. È quindi opportuno sostenere le forze di mercato e apportare i necessari aggiornamenti agli standard minimi dell'UE. Ciò non comporta necessariamente requisiti più rigorosi, ma piuttosto una regolamentazione migliore e più appropriata, che tenga conto degli studi compiuti in campo scientifico e socioeconomico. È inoltre importante introdurre un marchio di qualità comune per i prodotti che rispondono ai requisiti specifici relativi al benessere animale. Infine, sensibili miglioramenti sono necessari anche nell'uso degli animali ai fini della ricerca e della sperimentazione, come anche nei test previsti dalla legge per accertare la sicurezza dei prodotti.

1.2

Dato che, nell'insieme, il piano d'azione della Commissione tiene conto di queste esigenze, e può offrire la base per definire un ordine di priorità in materia, il Comitato approva a priori la strategia proposta, riservandosi però di valutare poi con maggiore precisione le proposte specifiche della Commissione sotto il profilo dell'equilibrio fra il benessere degli animali, da un lato, e gli aspetti socioeconomici dall'altro. È tuttavia essenziale evitare che le importazioni dai paesi terzi che applicano requisiti meno rigorosi soppiantino la produzione dell'UE, comportando il trasferimento di questo settore verso quei paesi terzi che applicano norme meno restrittive e la cessazione delle attività da parte dei produttori dell'UE. A questo proposito, il CESE non è convinto che il piano d'azione della Commissione possa essere sufficiente a garantire soluzioni durevoli.

1.3

Il CESE deplora profondamente che non sia possibile esaminare la questione in sede di negoziati OMC. A più lungo termine, tuttavia, il benessere degli animali dovrà essere necessariamente riconosciuto come un fattore non commerciale negli scambi di prodotti agricoli. In caso contrario l'UE potrà essere costretta a prendere iniziative unilaterali per far comprendere la necessità di adeguare le legislazioni in materia. A più breve termine è indispensabile che la Commissione e la società civile facciano pressione sui settori della distribuzione al dettaglio e dell'industria alimentare per assicurare il rispetto di requisiti equivalenti in materia di importazioni da paesi terzi, attraverso sistemi di certificazione e garanzie analoghe.

1.4

È necessario coordinare e potenziare gli interventi nel settore della ricerca, allo scopo di assicurare che le risorse siano utilizzate nel modo più efficace per la collettività. È inoltre opportuno che le disposizioni vengano rivedute a intervalli regolari, in funzione dell'evolvere delle tecnologie e delle conoscenze.

1.5

Il CESE approva fra l'altro la proposta di creare un Centro europeo o un Laboratorio europeo per la protezione ed il benessere degli animali. Ritiene tuttavia necessario introdurre una visione più ampia e prevedere un centro «globale», che aiuti a far sì che i problemi relativi al benessere degli animali vengano discussi a livello internazionale — appoggiando quindi l'operato dell'Organizzazione internazionale delle epizoozie (OIE) (1) e del Consiglio d'Europa, e gli accordi bilaterali a livello UE.

1.6

La Commissione inoltre, in collaborazione con l'OIE e con il Consiglio d'Europa, deve promuovere una conferenza internazionale per creare una rete più sostenibile con ricercatori dei paesi terzi e una più stretta cooperazione internazionale nel settore.

1.7

Per quanto riguarda l'impiego di animali per la sperimentazione e i test tossicologici, il CESE giudica indispensabile ampliare la strategia, introducendo il criterio della necessità, cioè l'obbligo di dimostrare la necessità di un determinato prodotto per la collettività.

2.   Sintesi del programma d'azione

2.1

Essenzialmente, il programma d'azione è destinato a migliorare il benessere degli animali nell'Unione europea e a livello internazionale, oltre che a far fronte alle future esigenze e ad assicurare un migliore coordinamento delle risorse esistenti. Il programma esamina e valuta cinque principali aree d'intervento per il periodo 2006-2010, anche nella prospettiva post 2010:

adeguamento degli standard minimi attuali nell'ambito della protezione e del benessere degli animali, tenendo presenti le nuove prove scientifiche e le ultime valutazioni socioeconomiche,

promozione della ricerca futura,

introduzione di indicatori standardizzati,

azioni per sensibilizzare e informare sulle norme attualmente in vigore,

sostegno e avvio d'iniziative internazionali volte a sensibilizzare e creare maggiore consenso sulle tematiche relative al benessere degli animali.

2.2

Il programma comporta inoltre 28 iniziative che la Commissione intende attuare entro il 2010. Di queste, 21 sono in pratica un elenco di attività già avviate, o annunciate, o previste da specifiche disposizioni UE.

2.3

Al tempo stesso la Commissione ha presentato diversi documenti di lavoro, ciascuno dei quali espone criteri strategici per definire gli interventi e illustra i criteri seguiti per le azioni proposte nel programma d'azione. La Commissione giudica inoltre essenziale che nel quadro del programma d'azione si dia seguito alla dichiarazione sulla sperimentazione con animali adottata nel 2005 (2).

2.4

La Commissione ritiene che l'espletamento delle sue funzioni in materia di protezione animale potrà essere agevolato da un coordinamento più efficace fra i diversi servizi interessati in materia. Esso contribuirà ad assicurare che in tutte le politiche della Commissione vengano attuati interventi più coerenti e coordinati, e che le iniziative importanti per il benessere degli animali siano valutate alla luce del protocollo sulla protezione ed il benessere degli animali allegato al Trattato CE.

3.   Osservazioni di carattere generale

3.1

Il CESE, in quanto rappresentante della società civile organizzata e grazie alla varietà delle categorie sociali che lo compongono, condivide naturalmente la responsabilità della definizione delle norme sulla difesa del benessere degli animali come componente del cosiddetto «modello sociale europeo» (3). È importante proseguire sulla via sinora seguita e assicurare il benessere degli animali nell'Unione europea ad un livello congruo e accettabile, evitando che ciò comporti inutili distorsioni di concorrenza e che l'obiettivo del benessere degli animali sia compromesso da importazioni da paesi terzi in cui vigono legislazioni meno rigorose. Il programma strategico globale comporta una maggiore trasparenza, offrendo nel contempo la possibilità di un'azione costruttiva a tutte le parti interessate, non da ultimo ai produttori agricoli, che vanno coinvolti nella definizione della futura strategia, nell'interesse dei loro progetti a lungo termine, della loro motivazione e degli aspetti gestionali.

3.2

Nell'insieme il settore agricolo dell'UE è quindi ben disposto verso una normativa ragionevole ed equilibrata sul benessere degli animali, ma al tempo stesso fa presente il rischio di distorsioni di concorrenza, sia per la facoltà degli Stati membri d'introdurre requisiti supplementari a livello nazionale, sia per le importazioni da paesi terzi che applicano regole meno severe o non offrono alcuna garanzia al riguardo. Il rischio di distorsioni di concorrenza per effetto di regole aggiuntive a livello nazionale è inoltre rafforzato dal principio della condizionalità (cross-compliance) nel quadro della politica agricola comune. Ciò comporta incertezze sul piano giuridico al livello degli Stati membri e la necessità di chiarimenti sulla situazione giuridica.

3.3

Circa le importazioni dai paesi terzi, l'esistenza di regole comuni a livello UE e di un mercato unico con 30 paesi e 500 milioni di abitanti (4) avrà ripercussioni su tutti i paesi terzi e sulle loro esportazioni verso l'UE. Ad esempio, poco tempo fa la International Finance Corporation della Banca mondiale ha fatto presente il crescente interesse che il benessere degli animali suscita a livello mondiale e la necessità di tener conto di questa tendenza sia nella produzione primaria che nelle attività industriali di trasformazione (5).

3.4

Per il breve periodo occorre anche far comprendere alle catene di distribuzione al dettaglio e all'industria di trasformazione dell'UE che, nel loro stesso interesse e per il bene della loro stessa immagine, quando importano prodotti agricoli e prodotti animali trasformati da paesi terzi, esse devono garantire che nel paese di produzione sia stato rispettato un codice di condotta adeguato, comportante fra l'altro requisiti in materia di benessere animale analoghi a quelli imposti ai produttori dell'UE. Ciò può ad esempio assumere la forma di una collaborazione obbligatoria con i fornitori (6). La Commissione deve in ogni caso prendere l'iniziativa in materia, e per parte sua la società civile deve richiamare l'attenzione del pubblico con l'aiuto dei media. Occorre inoltre chiarire ai settori della distribuzione al dettaglio e dell'industria alimentare dell'UE che in avvenire si presterà maggiore attenzione alle condizioni di produzione dei prodotti agricoli e dei prodotti trasformati di origine animale importati da paesi terzi. Al tempo stesso però è essenziale anche il fatto che, a più lungo termine, il benessere degli animali venga riconosciuto come un elemento non commerciale negli scambi di prodotti agricoli (cfr. qui di seguito).

3.5

Quanto al rischio di distorsioni della concorrenza interna nell'UE, un'armonizzazione accompagnata dal divieto di disposizioni più rigorose a livello nazionale sarebbe illogica e inaccettabile per l'opinione pubblica di vari Stati membri. Se però i futuri requisiti minimi si baseranno maggiormente su criteri più concreti, frutto della ricerca e di studi scientifici a livello europeo, essi saranno probabilmente compresi e accettati meglio, e quindi sarà meno sentita la necessità di ricorrere a normative più rigorose a livello nazionale. Per disporre di una regolamentazione adeguata è dunque indispensabile che i nuovi interventi poggino su dati scientifici corredati di adeguate valutazioni di ordine socioeconomico. Al tempo stesso occorre assicurare che i risultati della ricerca vengano valutati e applicati a ragion veduta, nel quadro della definizione degli indicatori proposti. Gli Stati membri devono inoltre poter disporre di una certa flessibilità per poter tener conto, ad esempio, delle condizioni ambientali e climatiche.

3.6

A giudizio della Commissione, l'adeguamento, la gestione e la diffusione delle norme riguardanti il benessere degli animali, nonché l'esecuzione degli studi socioeconomici in materia e delle valutazioni d'impatto potrebbero essere agevolati creando un Centro europeo o un Laboratorio europeo per la protezione ed il benessere degli animali. Per parte sua il CESE invita a contemplare una soluzione di più ampio respiro, nel senso di un «centro globale» che aiuti a far sì che i problemi legati al benessere degli animali vengano discussi a livello internazionale, e dunque a sostenere sia i lavori dell'OIE e del Consiglio d'Europa sia le iniziative intese a concludere eventuali accordi bilaterali.

3.7

Riguardo agli animali utilizzati per sperimentazioni, il CESE conviene sulla necessità di promuovere una cooperazione fra la Commissione e l'industria intesa ad incoraggiare alternative a questo tipo di sperimentazione nel settore industriale, e ciò anche nel quadro del nuovo centro proposto e della presentazione di una strategia relativa all'applicazione del cosiddetto «principio dei 3 R» citato in precedenza (cfr. nota a piè pagina n. 2), che può guidare l'uso degli animali da sperimentazione (7). L'iniziativa della Commissione può incentivare la ricerca di metodi alternativi (8). Il CESE giudica tuttavia necessario estendere la strategia, includendovi anche un criterio di necessità, in modo che la sperimentazione su animali sia consentita unicamente se è comprovata, per la collettività, l'effettiva necessità del prodotto per il quale viene utilizzata la sostanza chimica o di altro tipo da testare.

Distorsioni della concorrenza nelle importazioni da paesi terzi

3.8

La concorrenza agguerrita e l'apertura del mercato UE comportano il rischio che prodotti di paesi terzi che offrono garanzie minori o nulle sotto il profilo del benessere degli animali soppiantino progressivamente la produzione e le vendite comunitarie, compresi gli sbocchi nei mercati dei paesi terzi. I margini di guadagno estremamente ridotti nel settore agricolo e i costi aggiuntivi originati dalle misure per la difesa degli animali possono essere quindi decisivi per la capacità degli agricoltori di mantenere la produzione. Nella maggior parte dei casi orientare la propria produzione verso la categoria di consumatori, relativamente meno numerosa, disposta a pagare prezzi più elevati, presenterebbe per gli agricoltori eccessive incertezze (9).

3.9

Le importazioni dai paesi terzi con legislazioni meno severe in materia di benessere animale comportano quindi problemi assai complessi, e il CESE non è convinto che il programma d'azione ora proposto dalla Commissione basti ad assicurare soluzioni durature. Il CESE prende atto che non è possibile discutere questo problema nell'attuale tornata di negoziati OMC: ciononostante l'UE deve continuare ad insistere affinché il benessere animale venga riconosciuto come un elemento non commerciale negli scambi di prodotti agricoli.

3.10

Se in questo modo non sarà possibile né trovare soluzioni soddisfacenti né ottenere sufficiente comprensione nel contesto dell'OMC, l'UE dovrà, anche in assenza di un accordo previo a livello internazionale, esigere che alle importazioni dai paesi terzi vengano applicate regole analoghe a quelle vigenti sul proprio territorio. Per ottenere l'attenzione e la comprensione necessarie circa la necessità di modificare la situazione giuridica può quindi risultare necessario agire con particolare determinazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il rispetto delle disposizioni comunitarie nel settore in esame richiede che le istituzioni e gli Stati membri dell'UE si conformino alle scadenze da essi stessi stabilite per la presentazione, l'adozione e l'attuazione delle disposizioni concrete, cosa che invece è avvenuta solo raramente, con la conseguenza che non sono stati rispettati i termini di varie iniziative menzionate dal piano d'azione riguardo a precedenti decisioni.

4.2

Il programma d'azione non contempla i problemi legati al trasporto di animali per lunghi periodi, che è una delle conseguenze del mercato interno dell'UE e della soppressione delle «frontiere veterinarie». Nel 2004 il Consiglio ha approvato una modifica delle disposizioni sulla protezione degli animali durante il loro trasporto che entrerà in vigore a partire dal 2007 (10) e la Commissione ha fatto sapere che intende presentare una proposta dopo il 2010. In questo come anche in altri ambiti è importante che le disposizioni si basino su studi scientifici e che l'applicazione delle disposizioni fondamentali riguardanti la durata dei tragitti e i requisiti relativi allo spazio di cui gli animali devono disporre durante il trasporto sia soggetta a controlli più efficaci.

4.3

L'esperienza maturata indica che la qualità del management è determinante per il benessere degli animali. Le future disposizioni in materia di protezione e benessere degli animali dovranno essere soprattutto incentrate, fra l'altro, sui requisiti relativi alla formazione e alla consulenza, affiancati dalla costante registrazione delle misure relative al benessere degli animali nel quadro dei sistemi di produzione, fermo restando che questi ultimi dovranno essere assoggettati a regolamentazioni meno particolareggiate e che le normative dovranno risultare più agevoli.

4.4

L'evoluzione strutturale nel comparto della produzione animale, con la creazione di unità di produzione sempre più grandi e specializzate, combinata all'applicazione di nuove tecnologie, consente di monitorare più da vicino, e meglio che in passato, il benessere degli animali, grazie alla registrazione di tutta una serie d'indicatori. Inoltre, è possibile creare nuovi stabilimenti di produzione grazie a conoscenze sempre più precise ottenute da indicatori obiettivi e misurabili capaci d'influire sul benessere animale. Su questo fronte, progressi potranno scaturire dalle misure di riferimento (benchmark) scientifiche che saranno definite dal centro proposto. I nuovi requisiti al riguardo dovranno essere però introdotti tenendo conto dei lunghi periodi di ammortamento degli investimenti nel settore agricolo.

4.5

Il CESE appoggia la creazione di una piattaforma d'informazione specifica per il benessere degli animali, destinata a promuovere il dialogo e lo scambio di esperienze nel settore fra consumatori, fabbricanti, dettaglianti, industria, ecc. (11) In questo campo s'incontrano tuttavia notevoli limitazioni, e nella pratica i consumatori non hanno la possibilità di valutare le differenze fra i diversi sistemi di produzione e i rispettivi vantaggi e svantaggi. Le organizzazioni dei consumatori auspicano quindi che l'UE e gli Stati membri assumano la loro parte di responsabilità stabilendo degli standard minimi.

4.6

Il CESE approva anche la creazione di un sistema comune di marketing atto a favorire l'applicazione di standard di benessere più rigorosi degli standard minimi. È essenziale che tale sistema si basi su criteri oggettivi comuni e su conoscenze documentate. L'UE può mettere un tale sistema di marketing a disposizione dei settori della produzione e del commercio, però in fin dei conti l'essenziale è che, per quanto possibile, i prodotti ottenuti con standard più rigorosi siano richiesti dal mercato. Per aver successo il sistema di etichettatura deve in ogni caso essere supportato da controlli e da una campagna d'informazione scrupolosa che ne garantisca la credibilità.

4.7

L'introduzione di un sistema di etichettatura su cui indicare il paese di origine delle merci importate da paesi terzi è oggetto di un esame di carattere più generale in documenti specifici. Tale sistema riveste particolare importanza per i prodotti animali e per le merci prodotte grazie alla trasformazione industriale di questi ultimi. L'etichettatura deve evidenziare che in taluni casi il prodotto non è stato ottenuto conformemente alle norme europee sul benessere degli animali.

4.8

Stando al programma d'azione la produzione biologica è caratterizzata dall'obiettivo di standard elevati, e per la Commissione il carattere ecologico deve servire da riferimento per garantire il massimo livello di benessere per gli animali (12). L'esperienza insegna che la produzione biologica permette di migliorare tale benessere sotto diversi punti di vista, ma che al tempo stesso la situazione non è ottimale e occorre approfondire le conoscenze.

4.9

Ad ogni modo, è importante sfruttare al meglio i mezzi a disposizione dell'UE. L'obiettivo di ottimizzazione non vale esclusivamente nell'ambito della ricerca e degli studi scientifici, dove le risorse nazionali vanno coordinate il più possibile, in modo da produrre la massima utilità reciproca. Le risorse potrebbero essere infatti sfruttate meglio anche grazie al coordinamento che sarebbe reso possibile dall'istituzione di un comitato consultivo comune composto di esperti. Inoltre, la Commissione, in collaborazione con l'OIE e il Consiglio d'Europa, dovrebbe organizzare una conferenza internazionale per creare una rete più durevole fra i ricercatori all'interno e al di fuori dell'UE e per rafforzare la collaborazione informale a livello internazionale in questo ambito.

4.10

Le misure prese dall'UE a livello veterinario e di lotta contro le malattie comportano diversi aspetti inerenti il benessere degli animali, anche se non sempre il nesso è evidente. L'opinione pubblica ha inoltre ben ragione di essere preoccupata quando molti animali sani vengono abbattuti e eliminati al comparire di malattie contagiose maligne. È quindi importante concentrare gli sforzi su misure preventive e studiare possibili metodi alternativi per lottare contro queste malattie animali, in stretta collaborazione con gli esperti scientifici e con i veterinari.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  L'Organizzazione internazionale delle epizoozie (UIE) (in origine «Ufficio internazionale delle epizoozie»).

(2)  La dichiarazione sulla sperimentazione, adottata a Bruxelles il 7.11.2005, riguardante l'attuazione di un programma d'azione per realizzare il cosiddetto principio dei 3 R (in inglese): reduction (riduzione dell'impiego degli animali nella sperimentazione), refinement (affinamento, ossia ulteriore perfezionamento dei modelli di sperimentazione sugli animali affinché questi soffrano meno) e replacement (sostituzione: sviluppo di metodi alternativi alla sperimentazione animale).

(3)  Per questo il CESE si rammarica di essere stato consultato solo tre mesi dopo la presentazione del programma d'azione.

(4)  Compresi la Norvegia, l'Islanda e il Liechtenstein (Spazio economico europeo), che, in quanto membri dello Spazio economico europeo, rientrano nel mercato unico, più la Romania e la Bulgaria.

(5)  Creating Business Opportunity through Improved Animal Welfare (Creare opportunità economiche grazie al miglioramento del benessere degli animali) della International Finance Corporation (IFC), World Bank Group, aprile 2006. Alla IFC appartengono 178 paesi e l'invito rivolto in questo documento vale soprattutto per gli investimenti nei paesi in via di sviluppo destinati alle esportazioni verso i paesi industrializzati.

Tradizionalmente vari paesi dispongono inoltre di codici di comportamento relativi al benessere degli animali anziché di una vera legislazione in materia: è ad esempio il caso di Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Argentina e Brasile.

(6)  Questa collaborazione obbligatoria può ad esempio consistere nell'impegno comune fra, da un lato, i produttori (di un paese terzo) e, dall'altro, gli importatori dell'UE in materia sia di ricerca e sviluppo sia di certificazione attestante l'osservanza di standard di produzione e trasformazione, analogamente a quanto sempre più avviene nell'UE.

(7)  Circa il 90 % degli animali usati per sperimentazioni lo sono nel quadro di attività di ricerca e sviluppo, mentre il restante 10 % è impiegato per i test tossicologici e di sicurezza previsti dalla legge per i nuovi farmaci e le nuove sostanze chimiche. La crescente attenzione che si concentra sulla sperimentazione con animali è rispecchiata dalla direttiva dell'UE sui prodotti cosmetici, la quale impone all'industria di trovare soluzioni alternative a tali sperimentazioni.

(8)  Al riguardo si possono citare soprattutto il Centro europeo per la convalida dei metodi alternativi (ECVAM) e la European Consensus Platform for Alternatives to Animal Experimentation (ECOPA).

(9)  Anche se il più delle volte l'opinione pubblica si mostra favorevole a prezzi al consumo più elevati per coprire i costi delle disposizioni per il benessere animale, nella pratica i consumatori reagiscono diversamente.

(10)  Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22.12.2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97.

(11)  Tale piattaforma d'informazione potrebbe ad esempio disporre di una pagina web in cui siano illustrati gli standard ed indicatori e il relativo significato, concepiti appositamente in relazione a un marchio.

(12)  La Commissione ha proposto una definizione dei prodotti biologici nel doc. COM(2005) 671 def. contenente la Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e la Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all'indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/22


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio che modifica la decisione 90/424/CEE del Consiglio relativa a talune spese nel settore veterinario

COM(2006) 273 def. — 2006/0098 (CNS)

(2006/C 324/09)

Il Consiglio, in data 22 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 37 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore Leif E. NIELSEN.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul presente parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato NIELSEN relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il meccanismo comunitario di cofinanziamento delle misure di prevenzione e controllo nel settore veterinario si è sviluppato gradualmente ed è stato via via adeguato in base alle esperienze finora acquisite in questo campo. Tuttavia, adesso si dovrebbe ripensare tale meccanismo in maniera più radicale per tener conto dei probabili sviluppi futuri, come l'aumento degli scambi commerciali. Al riguardo, oltre a monitorare i progressi compiuti, il CESE intende svolgere un ruolo proattivo, conferendo forma e sostanza pratica a questo processo.

1.2

Il CESE sostiene la proposta della Commissione che, per il momento, prevede solo poche modifiche e adattamenti. Ciò è in linea con le proposte avanzate in sede di valutazione preliminare dell'intera politica zoosanitaria dell'UE e, in ogni caso, la semplificazione amministrativa e la programmazione pluriennale sono obiettivi auspicabili. Analogamente, il CESE appoggia la proposta di prevedere un contributo finanziario all'informatizzazione delle procedure inerenti agli scambi commerciali intracomunitari e alle importazioni, nonché alla realizzazione, gestione e manutenzione di sistemi informatici integrati nel settore veterinario. Inoltre, il Comitato ritiene utili sia l'elenco delle malattie animali e delle zoonosi che la procedura semplificata prevista per la modifica dell'elenco.

2.   Contesto

2.1

La Commissione ha avviato un processo di valutazione dell'intera politica zoosanitaria comunitaria, quindi anche delle questioni riguardanti sia il rapporto costo/efficacia degli strumenti finanziari attualmente disponibili nel quadro della sorveglianza delle malattie animali, sia le misure di lotta e di eradicazione delle malattie animali e delle zoonosi. Tale processo implica inoltre una valutazione degli incentivi più efficaci per indurre i produttori ad adottare le necessarie misure di prevenzione. A seconda dei risultati di tale valutazione, si potrà proporre di rivedere le modalità in base alle quali la Comunità accorda attualmente il suo sostegno finanziario agli Stati membri (1). Per il momento la Commissione ha scelto di proporre solo pochi, limitati aggiustamenti, che non comportano modifiche nella politica in tema di eradicazione, lotta e sorveglianza riguardo alle malattie animali e alle zoonosi. La proposta in esame, infatti, mira soltanto ad apportare modifiche di diretta applicazione ed evidente necessità rivelatesi utili nel quadro della valutazione in corso.

2.2

La proposta è volta a semplificare le procedure seguite dalla Comunità per l'approvazione e il finanziamento di programmi nazionali di eradicazione, lotta e sorveglianza relativi alle malattie animali e alle zoonosi. Secondo la proposta, ogni volta tali programmi possono essere approvati e finanziati per un massimo di 6 anni (articolo 1, paragrafo 4 [nuovo testo dell'articolo 24, paragrafo 5]). Finora, benché gli Stati membri avessero la facoltà di presentare programmi pluriennali, la Commissione non ha potuto approvarne il finanziamento per più di 1 anno alla volta. Viene anche proposto di ampliare l'ambito di applicazione delle disposizioni finanziarie per migliorare sia la politica d'informazione in materia zoosanitaria e di sicurezza alimentare riguardo ai prodotti di origine animale, sia l'uso di sistemi informatici integrati nel settore veterinario (2).

2.3

In base alle norme vigenti il contributo finanziario comunitario può essere destinato a coprire le spese sostenute dagli Stati membri per il finanziamento di programmi nazionali di eradicazione, lotta e sorveglianza di 23 malattie animali endemiche e di 8 zoonosi o epizoozie (3). L'elenco può essere integrato o modificato a maggioranza qualificata dal Consiglio su proposta della Commissione. Per stabilire le priorità in modo più mirato, la Commissione propone ora di ridurre l'elenco delle patologie ammissibili al cofinanziamento, e spiega che il nuovo elenco è stato stilato in larga misura tenendo conto dell'impatto delle patologie sia sulla salute pubblica che sul commercio internazionale e intracomunitario. Essa propone anche di fondere in un unico elenco gli elenchi delle malattie animali e delle zoonosi e di sottoporre la concessione di qualsiasi aiuto finanziario alla lotta contro uno di questi due tipi di patologie a una medesima procedura (4). Secondo la Commissione, ciò mira a consentire un utilizzo migliore delle risorse e a garantire che le priorità fissate dagli Stati membri siano conformi a quelle comunitarie e coerenti con gli altri programmi nazionali. Viene inoltre proposto che qualsiasi futura modifica all'elenco venga decisa in base alla procedura di comitato diregolamentazione. La Commissione ritiene che ciò sia particolarmente importante per quanto attiene alle malattie emergenti che mettono a repentaglio sia la salute degli animali che quella dei cittadini.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il cofinanziamento comunitario delle misure di eradicazione, lotta e sorveglianza delle malattie animali infettive e delle zoonosi ha sempre suscitato un notevole interesse, dati la complessità e l'impatto delle patologie in questione e i costi elevati di tali attività di contrasto. Tuttavia, per lottare contro le malattie infettive gravi degli animali occorre prevedere procedure finanziare chiare e garantire sempre fin dall'inizio il risarcimento integrale per l'eventualità che si debba procedere all'abbattimento dei capi o alla distruzione di prodotti. Altrimenti vi è il rischio che, all'inizio dello scoppio effettivo o presunto di una grave malattia infettiva animale, le azioni intraprese non siano abbastanza efficaci, aggravandone inutilmente l'impatto. Ciò vale in particolare per il processo di definizione della relativa politica a livello nazionale. Inoltre, lo scoppio di una grave malattia infettiva animale suscita spesso una notevole attenzione da parte dell'opinione pubblica, provocando una forte reazione nei consumatori anche in assenza di un collegamento diretto e incontrovertibile con problemi di sicurezza alimentare.

3.2

L'aumento del commercio e dell'accesso ai mercati, l'allungarsi dei tempi di trasporto e la concentrazione del bestiame accrescono in molti modi diversi il rischio di diffusione delle patologie animali e l'impatto economico delle misure di prevenzione e controllo in materia. Anche per tali motivi è necessario procedere a una valutazione globale della politica zoosanitaria dell'UE, e dunque anche ad una valutazione più dettagliata del rapporto costo/efficacia degli strumenti finanziari attualmente disponibili nel quadro della sorveglianza, della lotta e dell'eradicazione delle malattie animali e delle zoonosi, nonché delle misure di prevenzione necessarie negli allevamenti zootecnici. Il CESE intende svolgere un ruolo attivo nella definizione dei modelli di cofinanziamento necessari per i programmi nazionali, anche al fine di delineare un quadro più coerente ed efficace per la politica di sicurezza alimentare e garantire così una maggiore trasparenza.

3.3

In proposito il CESE deplora l'opacità e complessità delle norme vigenti e, nel quadro della loro imminente revisione, chiederà quindi l'introduzione di un sistema più facilmente comprensibile e più coerente, nonché una classificazione migliore delle norme sul cofinanziamento. È dunque necessario individuare la normativa applicabile nell'ampio settore zoosanitario e della sicurezza alimentare ed agevolarne l'uso in tutta l'UE. Ciò sosterrà anche l'attività della Commissione e degli Stati membri in ambito internazionale, rendendo la legislazione comunitaria più comprensibile e trasparente per i partner commerciali e i paesi limitrofi dell'Unione europea. Inoltre, la raccolta e la diffusione di informazioni contribuirà a garantire un'attuazione più efficace di tali normative.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il CESE ritiene che la proposta in esame, introducendo la possibilità di approvare e finanziare dei programmi nazionali su base pluriennale, determinerà senz'altro una semplificazione amministrativa e contribuirà ad assicurare una maggiore efficacia nel conseguimento degli obiettivi programmatici. Essa concorrerà anche a migliorarne l'amministrazione e a renderla più trasparente, garantendo così un uso più oculato dei fondi comunitari.

4.2

La raccolta e la diffusione d'informazioni aggiornate in materia zoosanitaria e di sicurezza alimentare sono necessarie per sviluppare e attuare meglio la legislazione in questo campo. In futuro sarà particolarmente importante adottare una normativa comunitaria più trasparente ed informare al riguardo le autorità competenti, nonché i produttori e i consumatori interessati.

4.3

Il CESE appoggia quindi la proposta che l'UE conceda un contributo finanziario all'attuazione di una politica d'informazione in materia zoosanitaria, di benessere animale e di sicurezza alimentare dei prodotti di origine animale. Tale politica dovrà prevedere anche la messa a punto e lo sviluppo di strumenti informativi come, ad esempio, una base dati appropriata per la raccolta e la conservazione di dati riguardanti la legislazione comunitaria in materia.

4.4

Analogamente, è opportuno tener conto degli sviluppi tecnici raggiunti nell'informatizzazione delle procedure veterinarie e garantire le risorse necessarie per l'hosting (struttura ospitante), la manutenzione e il supporto dei sistemi veterinari computerizzati integrati.

4.5

L'elenco delle malattie animali e delle zoonosi ammissibili a cofinanziamento dovrebbe ovviamente rispecchiare le priorità stabilite tenendo conto dell'impatto potenziale di tali patologie sia sulla salute dei cittadini che sul commercio internazionale e intracomunitario di animali e prodotti di origine animale. Il CESE è d'accordo che, come proposto dalla Commissione, ci si concentri sulle zoonosi e sulla salute pubblica piuttosto che su malattie animali più connesse con la produzione, e appoggia la proposta di fondere in un'unica lista gli elenchi delle malattie animali e delle zoonosi, nonché di prevedere una medesima procedura per la concessione del contributo finanziario comunitario alle misure volte a contrastare una di tali patologie.

4.6

Naturalmente si dovrebbero aggiornare e adeguare regolarmente e tempestivamente i requisiti tecnici e informativi per i programmi di eradicazione, lotta e sorveglianza per i quali si chiede il cofinanziamento comunitario. Ciò al fine di tenere tali requisiti al passo con il progresso tecnico e scientifico e di far tesoro delle reazioni osservate e dell'esperienza maturata nell'attuazione dei programmi. In linea con la proposta, è quindi opportuno consentire alla Commissione di fissare detti criteri tecnici — e di aggiornarli quando è necessario — mediante la procedura di comitato di regolamentazione.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Esperti indipendenti hanno redatto un'ampia relazione intitolata Evaluation of the Community Animal Health Policy (CAHP) 1995-2004 and alternatives for the future («Valutazione della politica zoosanitaria della Comunità 1995-2004 e alternative per il futuro»), del 25.7.2006, che dovrebbe fungere da base per siffatta valutazione

http://ec.europa.eu/food/animal/diseases/strategy/final_report_en.htm.

(2)  Ai sensi dell'articolo 37 bis della decisione 90/424/CEE, l'informatizzazione delle procedure veterinarie per l'importazione può beneficiare di un aiuto finanziario della Comunità. Si tratta del cosiddetto progetto SHIFT, che, insieme alla relativa rete informatizzata di collegamento tra autorità veterinarie (ANIMO), è stato sostituito dal sistema integrato Traces, obbligatorio in tutti gli Stati membri dal 1o gennaio 2005.

(3)  Il contributo finanziario alle misure e ai programmi nazionali di lotta a queste patologie copre di solito il 50 % delle spese (il 60 %, nel caso dell'afta epizootica).

(4)  L'elenco vigente contiene le seguenti patologie connesse con la produzione: rinotracheite infettiva del bovino/vaginite pustolosa infettiva, leucosi enzootica bovina, malattia di Aujesky, Salmonella pullorum, Salmonella gallinarum, Maedi Visna, virus dell'artrite-encefalite dei caprini, malattia di Johne (paratubercolosi), Mycoplasma gallisepticum ed alcune patologie trasmesse da insetti vettori nei Dipartimenti francesi d'oltremare.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/25


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (versione codificata)

COM(2006) 205 def. — 2006/0067 (COD)

(2006/C 324/10)

Il Consiglio, in data 6 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 175 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore KALLIO.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione di ottobre, e ha designato KALLIO come relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 111 voti favorevoli e una astensione.

1.   Introduzione

1.1

Lo scopo della presente proposta è quello di avviare la codificazione della direttiva 79/923/CEE del Consiglio, del 30 ottobre 1979, relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura. La nuova direttiva sostituisce gli atti normativi in essa incorporati preservandone in pieno la sostanza: essa pertanto non fa altro che riunirli, limitandosi ad apportare le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il Comitato giudica estremamente utile che tutti gli atti normativi sull'argomento vengano incorporati in un'unica direttiva. Nel contesto dell'Europa dei cittadini, infatti, il Comitato, al pari della Commissione, ritiene molto importante semplificare e chiarire la normativa comunitaria per renderla più comprensibile e accessibile al cittadino comune, che potrà così beneficiare di nuove opportunità e della facoltà di far valere i diritti specifici che gli sono conferiti.

2.2

Il Comitato ritiene che la codificazione debba essere intrapresa assicurando la massima conformità alla normale procedura legislativa della Comunità europea.

2.3

Dal momento che il legislatore si è adoperato affinché questa versione codificata non contenesse alcuna modifica di carattere sostanziale ed avesse l'unico scopo di presentare la normativa comunitaria in maniera chiara e trasparente, il Comitato appoggia pienamente le finalità dell'iniziativa e, alla luce delle garanzie fornite, accoglie favorevolmente la proposta in esame.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitrios DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/26


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (versione codificata)

COM(2006) 258 def. — 2006/0097 (CNS)

(2006/C 324/11)

Il Consiglio, in data 22 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 37 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore NIELSEN.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato NIELSEN relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato all'unanimità il seguente parere.

1.   Contesto generale

1.1

Con la proposta in esame la Commissione mira ad avviare la codificazione della direttiva 91/629/CEE del Consiglio del 19 novembre 1991 che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli applicando il metodo di lavoro accelerato previsto dall'accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994. Tale codificazione viene utilizzata per disposizioni giuridiche che siano state modificate a più riprese e che risultino pertanto di difficile comprensione.

1.2

In effetti, avendo formato oggetto di numerose modifiche sostanziali, il testo della direttiva summenzionata presenta per i suoi destinatari difficoltà di comprensione circa il contenuto e la portata che richiedono uno sforzo di analisi giuridica e una messa a punto più precisa del testo.

2.   Osservazioni del CESE

2.1

Il Comitato accoglie pertanto con favore la proposta di codificazione, che agevola l'accesso dei cittadini alla legislazione dell'Unione europea e contribuisce a migliorare la legislazione nel senso auspicato dallo stesso Comitato in precedenti pareri (1).

2.2

A norma dell'art. 6 della proposta di direttiva, «entro il 1o gennaio al più tardi la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, sul o sui sistemi di allevamento intensivo che rispettano i requisiti relativi al benessere dei vitelli dal punto di vista patologico, zootecnico, fisiologico e comportamentale, nonché sulle implicazioni socioeconomiche dei diversi sistemi (…)». Sulla base delle conclusioni di questo documento vengono stilate proposte in materia, in merito alle quali il Consiglio delibera a maggioranza qualificata al più tardi tre mesi dopo la loro presentazione.

2.3

Ciò non è avvenuto, e a quanto pare la Commissione propone di procedere alla codificazione con effetto a partire da tale termine nonostante esso sia scaduto da parecchio. Ne consegue che, inevitabilmente, non è possibile applicare la procedura semplificata perché le modifiche richiedono una nuova decisione.

2.4

Come il Comitato ha fatto spesso presente, è inaccettabile che le istituzioni e gli Stati membri stabiliscano termini che essi stessi non sono poi in grado di rispettare. Ciò incrina il rispetto e la fiducia nei confronti della legislazione dell'UE e fa sì che altri soggetti interessati non ritengano indispensabile attenersi ai termini previsti.

2.5

Nella sua proposta su un programma d'azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali la Commissione ha annunciato che nel 2008 intende «presentare al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sulla protezione dei vitelli negli allevamenti», la quale rientra negli obiettivi agricoli (2). Le proposte ivi contenute si baseranno sul parere presentato dalla European Food Safety Authority (EFSA) nel giugno 2006 (3). La Commissione intende analizzare questo parere, raccogliere altri dati, valutare gli aspetti socioeconomici e sentire il parere di esperti, Stati membri e altri soggetti interessati in vista della presentazione di proposte concrete. Pur manifestando compiacimento per i lavori preparatori sinora compiuti, il CESE non può che deplorare il mancato rispetto dei termini.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Cfr. fra gli altri il parere esplorativo del CESE sul tema Legiferare meglio (GU C 24 del 31.1.2006, pag. 39).

(2)  COM(2006) 13 def. del 23.1.2006.

(3)  http://www.efsa.europa.eu/it/science/ahaw/ahaw_opinions/1516.html.


30.12.2006   

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C 324/27


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (versione codificata)

COM(2006) 286 def. — 2006/0100(COD)

(2006/C 324/12)

Il Consiglio, in data 4 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 37 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore Franco CHIRIACO.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul presente parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato CHIRIACO relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 97 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Lo scopo della presente proposta è quello di avviare la codificazione della direttiva 90/219/CEE del Consiglio del 23 aprile 1990 sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati. La nuova direttiva sostituisce le varie direttive che essa incorpora, preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione e pertanto non fa altro che riunirli apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.

2.   Osservazioni di carattere generale

2.1

Il Comitato giudica estremamente utile che tutti gli atti normativi sull'argomento siano raggruppati in una direttiva unica. In linea con le finalità di un'Europa dei cittadini, il Comitato conviene con la Commissione sull'importanza di semplificare e chiarire la legislazione comunitaria in modo che questa risulti più trasparente e accessibile per i comuni cittadini, schiuda loro nuove opportunità e consenta loro di avvalersi dei diritti specifici che essa conferisce.

2.2

Allo scopo di salvaguardare e tutelare la salute umana e l'ambiente, si devono prendere tutte le misure per garantire l'uso ottimale della biotecnologia, in modo particolare per l'alimentazione umana e tutti gli impieghi di microrganismi geneticamente modificati (MGM) debbono essere confinati in modo da evitare qualsiasi conseguenza negativa.

2.3

Il CESE sottolinea come il controllo degli MGM potrebbe venire meno in assenza di una sua applicazione omogenea in tutti gli Stati Membri della Comunità, in quanto nel corso del loro impiego gli MGM possono riprodursi oltre le frontiere nazionali.

2.4

Il CESE ricordando che il «microrganismo geneticamente modificato» (MGM) è un «microrganismo il cui materiale genetico è stato modificato in modo non naturale» concorda con la posizione espressa dalla Commissione relativamente alla sicurezza e igiene del lavoro, alla prevenzione degli incidenti e al controllo delle emissioni.

2.5

Il Comitato si è assicurato che la codificazione in oggetto non comporta alcuna modifica sostanziale ai provvedimenti che raggruppa e ha unicamente la funzione di presentare la legislazione comunitaria in maniera chiara e trasparente. Appoggiando pienamente questa finalità e alla luce delle suddette assicurazioni, il Comitato si esprime a favore della proposta in esame.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Consiglio che fissa i criteri comunitari applicabili alle azioni di eradicazione e di sorveglianza di talune malattie animali (versione codificata)

COM(2006) 315 def. — 2006/0104 (CNS)

(2006/C 324/13)

Il Consiglio, in data 11 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 24 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore unico COUPEAU.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione di ottobre, e ha designato COUPEAU come relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Introduzione

1.1

Lo scopo della proposta in esame è avviare la codificazione della decisione 638/90/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1990, che fissa i criteri comunitari applicabili alle azioni di eradicazione e di sorveglianza di talune malattie animali. La nuova decisione sostituisce i vari regolamenti che incorpora, ma preserva in pieno la sostanza degli atti oggetto di codificazione, limitandosi a riunirli e ad apportarvi le modifiche formali necessarie ai fini dell'opera di codificazione.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il Comitato accoglie pertanto con favore la proposta di codificazione, che agevola l'accesso dei cittadini alla normativa comunitaria e contribuisce a migliorarla.

3.   Osservazioni specifiche

3.1

Occorre interrogarsi sull'opportunità di utilizzare anche altri strumenti di semplificazione normativa, pur preservando l'efficacia del sistema di eradicazione e sorveglianza delle malattie animali.

3.2

Gli agenti patogeni che colpiscono gli animali provengono con sempre maggiore frequenza da paesi terzi. Nel prossimo futuro l'Unione europea e i suoi Stati membri dovranno quindi esercitare una vigilanza sempre maggiore e riunire le rispettive competenze in materia di lotta alle malattie animali. Ciò per salvaguardare la salute dei cittadini, affinché questi possano consumare i prodotti a base di carne in completa sicurezza.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

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C 324/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Un piano d'azione dell'UE per le foreste

COM(2006) 302 def.

(2006/C 324/14)

La Commissione, in data 19 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 4 luglio 2006, ha incaricato la sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha nominato relatore generale WILMS e ha adottato il seguente parere all'unanimità.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che un piano d'azione dell'UE per le foreste necessita di un'elaborazione equilibrata e coerente sotto il profilo economico, ecologico e (della sostenibilità) sociale. Altrettanto dicasi per l'attuazione pratica delle azioni chiave.

1.2

Il Comitato considera che ai quattro obiettivi attuali dovrebbe aggiungersi un quinto, denominato «promuovere la foresta come luogo di lavoro». In esso dovrebbero rientrare aspetti come «il mantenimento e l'ampliamento delle qualificazioni professionali dei lavoratori del settore forestale» e «il consolidamento e la conservazione delle aree rurali».

1.3

Il Comitato propone che, nel considerare le foreste come luoghi di lavoro, si prenda in considerazione l'aspetto del mantenimento e dell'ampliamento delle qualificazioni professionali dei lavoratori del settore. Questa proposta è giustificata dal fatto che in ultima analisi saranno probabilmente gli addetti delle imprese forestali, i ministeri e le amministrazioni degli Stati membri ad attuare il piano d'azione a fianco dei proprietari di boschi.

1.4

Il CESE ritiene che il consolidamento e la conservazione delle aree rurali siano importanti per assicurare che il piano d'azione dell'UE per le foreste possa essere attuato con successo in loco nei vari Stati membri. Nella sezione riguardante le aree rurali, il piano d'azione si adopera attivamente per far sì che tali aree in Europa abbiano un futuro, che non si atrofizzino e che non restino in uno stato di abbandono sul piano ambientale e sociale.

1.5

Il Comitato attribuisce particolare importanza al fatto che il piano d'azione dell'UE per le foreste è un progetto del tutto affidabile e non una mera dichiarazione di intenti. L'affidabilità è l'elemento chiave per l'accettazione e la credibilità del piano d'azione.

2.   Introduzione

2.1

Nel redigere il piano d'azione dell'UE per le foreste, la Commissione e gli Stati membri hanno formulato una visione comune del settore forestale e del contributo dei boschi e della loro gestione alla società moderna.

2.2

Le foreste per la società: multifunzionalità delle foreste nel lungo termine per il soddisfacimento di bisogni attuali e futuri della società e quale fonte di reddito per la filiera.

2.3

La multifunzionalità delle foreste genera esternalità positive sul piano economico, ambientale, sociale e culturale. Oltre a fornire materie prime rinnovabili e compatibili con l'ambiente, i boschi svolgono un ruolo importante per lo sviluppo economico, l'occupazione e la prosperità dell'Europa, specie nelle aree rurali. I boschi migliorano la qualità di vita, in quanto rendono gradevole l'ambiente in cui viviamo, offrono possibilità ricreative e al tempo stesso incarnano i valori della conservazione e della tutela ambientale. È necessario che i boschi conservino il loro carattere di patrimonio spirituale e culturale.

2.4

In linea con tale visione, il piano d'azione persegue quattro obiettivi:

migliorare la competitività a lungo termine,

migliorare e tutelare l'ambiente,

migliorare la qualità di vita,

favorire il coordinamento e la comunicazione.

2.5

Il piano d'azione quinquennale (2007-2011) consta di una serie di azioni chiave che la Commissione vorrebbe attuare di concerto con gli Stati membri. Il piano enumera inoltre ulteriori azioni realizzabili dagli Stati membri, in funzione delle specifiche realtà e priorità nazionali, ricorrendo a strumenti comunitari già esistenti, ma la cui attuazione potrebbe anche richiedere l'adozione di strumenti nazionali.

2.6

Ai fini dell'attuazione pratica del piano d'azione dell'UE per le foreste, è necessaria una struttura trasparente per le misure e le decisioni relative alle foreste al livello comunitario e degli Stati membri.

2.7

Il piano d'azione dovrebbe servire a informare e a sviluppare azioni più mirate di politica forestale che si situino tra le misure comunitarie e le politiche forestali degli Stati membri.

2.8

L'obiettivo del piano d'azione dell'UE è mantenere, sostenere e potenziare la gestione (sostenibile) delle foreste sotto il profilo economico, ecologico e sociale e la loro multifunzionalità.

2.9

Il principio consisterebbe nel mettere a punto programmi nazionali comparabili in campo forestale che costituiscano un quadro vincolante per l'attuazione degli obblighi e delle norme internazionali in materia. La crescente rilevanza di problematiche di portata mondiale e intersettoriale per la politica forestale, come l'utilizzo del legno come fonte energetica, impone maggiore coerenza, informazione e coordinamento.

2.10

Data la grande varietà di caratteristiche ecologiche, sociali, economiche e culturali e le diverse forme di proprietà forestale esistenti nell'UE, il CESE ritiene che il piano d'azione dovrebbe tenere conto della necessità di prevedere specifici incentivi e misure al livello regionale per i diversi tipi di gestione forestale e regimi patrimoniali. Mette inoltre in risalto il ruolo importante svolto dai proprietari di boschi, dagli addetti alla gestione forestale e dalle aree rurali nella gestione sostenibile del patrimonio boschivo dell'UE.

2.11

Il Comitato raccomanda alla Commissione di contemplare i cinque obiettivi seguenti nel piano d'azione dell'UE per le foreste:

migliorare la competitività a lungo termine,

migliorare e tutelare l'ambiente,

migliorare la qualità di vita,

favorire il coordinamento e la comunicazione,

promuovere la foresta come luogo di lavoro.

3.   Azioni

3.1   «Migliorare la competitività a lungo termine»

3.1.1

Il Comitato ritiene che nell'ambito di questo obiettivo si debbano prendere in considerazione prodotti forestali diversi dal legno, come la fornitura di acqua potabile di alta qualità o il rapporto tra il CO2 e lo scambio di emissioni.

3.1.2   Azione chiave 2: Stimolare la ricerca e lo sviluppo tecnologico per migliorare la competitività del settore forestale

3.1.2.1

Oltre a stimolare la ricerca, il generale scambio/trasferimento dei risultati della ricerca e dello sviluppo tecnologico tra i centri di ricerca europei dovrebbe anche contribuire a rafforzare la competitività del settore forestale.

3.1.2.2

Per migliorare la competitività generale del settore forestale, il piano d'azione dovrebbe precisare su base scientifica, e in collaborazione con i singoli Stati membri, quanti addetti con le adeguate qualifiche siano necessari negli Stati membri per portare avanti una gestione forestale sostenibile sulla base delle leggi e dei regolamenti nazionali e in maniera economicamente redditizia.

3.1.3   Azione chiave 3: Scambio ed esame delle esperienze relative alla valutazione e alla commercializzazione di beni e servizi della filiera forestale diversi dal legno

3.1.3.1

Il CESE ritiene che i proprietari di boschi non dovrebbero beneficiare di sovvenzioni volte a compensare il fatto che determinati beni e servizi oggi non siano commercializzati e che i singoli utenti e beneficiari dovrebbero pagare direttamente i proprietari per i servizi ricevuti.

3.1.3.2

Il Comitato suggerisce alla Commissione di proporre al comitato permanente forestale di istituire un gruppo di lavoro ad hoc per accertare e documentare le attività e le esperienze esistenti nei singoli Stati membri in relazione alle ulteriori possibilità di commercializzazione dei prodotti e servizi forestali. Tutti i proprietari di boschi e gli Stati membri trarranno beneficio da un tale scambio di informazioni.

3.1.4   Azione chiave 4: Promuovere l'utilizzo della biomassa forestale per la produzione di energia

3.1.4.1

Nella lavorazione degli scarti legnosi per generare energia, bisogna assicurarsi che quest'uso non porti all'impoverimento della qualità dei terreni e a una conseguente riduzione della biodiversità.

3.1.4.2

Quando si utilizzano scarti legnosi chimicamente trattati per produrre energia, bisognerebbe accertarsi che durante il processo di combustione i residui pericolosi non vengano immessi nell'atmosfera e nel terreno.

3.1.4.3

Il CESE ritiene che le decisioni europee debbano essere prese sulla base dei risultati di ricerche scientifiche tendenti ad appurare chi (Stati membri) utilizzi il legno come fonte energetica, e come e dove lo si utilizzi in modo sostenibile. Solo nei paesi in via di sviluppo, il 50 % del legno consumato è utilizzato come combustibile insostituibile (fonte energetica) senza valore aggiunto. Tale pratica non dovrebbe essere consentita negli Stati membri dell'UE, e andrebbe quindi esclusa. L'opzione strategica più conveniente in termini ambientali, economici e sociali per la produzione di energia europea a partire dal legno andrebbe valutata in una prospettiva a lungo termine e messa in pratica.

3.1.4.4

Prima che un seme o un altro materiale vegetale geneticamente manipolato sia utilizzato nella silvicoltura bisogna accertarsi che sia ecologicamente accettabile.

3.1.5   Azione chiave 5: Promuovere la cooperazione tra proprietari di boschi e potenziare l'istruzione e la formazione nel campo forestale

3.1.5.1

La cooperazione andrebbe incoraggiata non solo tra i proprietari di boschi ma anche tra gli addetti del settore. A questo riguardo i lavoratori forestali e i quadri intermedi in ambito rurale hanno un particolare ruolo da svolgere come anello di collegamento tra i proprietari di boschi e l'industria, un ruolo che va mantenuto e promosso attraverso strutture adeguate. La mobilitazione delle risorse legnose e la gestione delle foreste dipendono dalla presenza di gestori qualificati in loco.

3.1.5.2

In tale contesto, il CESE sostiene che gli Stati membri dovrebbero promuovere la formazione e il perfezionamento professionale di proprietari, gestori, lavoratori forestali e imprese del settore. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare non solo le associazioni dei proprietari di boschi, ma anche le organizzazioni professionali dei lavoratori del settore attraverso la creazione di consultori. Questo tipo di incoraggiamento è parte integrante dello sviluppo (sociale) sostenibile, particolarmente necessario in ambito rurale.

3.1.5.3

Per accrescere la competitività e la redditività della silvicoltura, gli Stati membri possono anche, nel quadro delle loro priorità,

sostenere lo sviluppo di organizzazioni professionali,

coinvolgere sistematicamente le associazioni professionali del settore forestale nelle decisioni politiche,

promuovere i singoli profili professionali del settore forestale sulla base del piano d'azione dell'UE per le foreste,

sostenere la certificazione volontaria del settore forestale nei sistemi riconosciuti.

3.2   «Migliorare e tutelare l'ambiente»

3.2.1

Il Comitato ritiene che mantenere, proteggere e rafforzare la sostenibilità ecologica nel settore forestale e nella conservazione sia essenziale per raggiungere questo obiettivo proposto dalla Commissione.

3.2.2

Il CESE ritiene che la certificazione volontaria delle imprese forestali nei sistemi di certificazione riconosciuti sia molto utile per garantire, promuovere e rafforzare la sostenibilità.

3.2.3   Azione chiave 8: Impegnarsi per la realizzazione di un sistema europeo di sorveglianza delle foreste

3.2.3.1

Il CESE accoglie favorevolmente il concetto di un sistema europeo di sorveglianza delle foreste. Bisognerebbe predisporre un elenco delle organizzazioni internazionali competenti da coinvolgere, per evitare di dimenticare soggetti ed esperti importanti.

3.2.3.2

Un centro europeo di raccolta dei dati forestali dovrebbe presentare i dati raccolti e valutati scientificamente ed eventualmente metterli a loro disposizione del pubblico a norma delle direttive sulla tutela dei dati.

3.2.4   Azione chiave 9: Migliorare la tutela delle foreste dell'UE

3.2.4.1

Le attuali informazioni sullo stato dei boschi si basano in gran parte su relazioni forestali stilate e pubblicate annualmente nei singoli Stati membri. Pertanto, il Comitato ritiene che l'elaborazione di tali relazioni andrebbe promossa attraverso il FEASR e lo strumento LIFE+.

3.2.4.2

Come precauzione contro gli incendi boschivi, bisognerebbe utilizzare e promuovere più attivamente il passaggio dalle monoculture (sensibili al fuoco) a formazioni miste.

3.3

Riguardo al terzo obiettivo del piano d'azione proposto dalla Commissione («migliorare la qualità di vita»), il Comitato propone la seguente nuova formulazione: «Migliorare la qualità di vita attraverso una gestione forestale sostenibile».

3.3.1

Nella comunicazione, la Commissione osserva che gli Stati membri possono stimolare gli investimenti che valorizzano le foreste in termini di pubblica utilità. Il Comitato ritiene che anche il FEASR dovrebbe sostenere il mantenimento e il rafforzamento delle aree rurali, visto il ruolo quanto mai rilevante svolto dalle foreste a questo riguardo.

3.3.2   Azione chiave 10: Stimolare l'educazione e l'informazione ambientale

3.3.2.1

Lungi dal limitarsi al campo ambientale, la promozione di misure di formazione e informazione dovrebbe riguardare anche il settore sociale. Si tratta infatti di due ambiti parzialmente coincidenti: per esempio, la responsabilità sociale degli insegnanti o la dimensione culturale necessitano di un massimo di formazione e di informazione in campo sociale.

3.3.3   Azione chiave 12: Studiare il potenziale dei boschi urbani e periurbani

3.3.3.1

I boschi e le riserve di legno stanno chiaramente diminuendo nelle aree urbane e periurbane di tutti gli Stati membri. Le aree boschive sono a rischio a causa sia dei gravi danni prodotti dalle emissioni inquinanti sia delle attività di disboscamento. È raro che nella stessa area naturale siano disponibili terreni per compensare tali perdite, data la domanda superiore alla media di terreni per uso residenziale e industriale e la costante estensione delle infrastrutture. Le strade, le ferrovie e gli ampliamenti aeroportuali contribuiscono in misura rilevante a questa tendenza.

3.4   «Favorire il coordinamento e la comunicazione»

3.4.1   Azione chiave 13: Rafforzare il ruolo del comitato permanente forestale

3.4.1.1

Il CESE reputa che, durante l'attuazione del piano d'azione, si dovrebbero organizzare riunioni congiunte in modo che le associazioni e i protagonisti di tutta la gestione forestale sostenibile d'Europa possano incontrarsi e rappresentare i rispettivi ambiti, e che altrettanto dovrebbe avvenire con l'istituzione di gruppi di lavoro ad hoc. Queste misure garantirebbero l'accettazione e il sostegno del piano d'azione da parte di numerosi attori della gestione forestale.

3.4.2   Azione chiave 16: Innalzare il profilo dell'Unione nelle azioni internazionali riguardanti le foreste

3.4.2.1

Una misura per ridurre il disboscamento su scala mondiale potrebbe essere l'elaborazione di una normativa europea volta a tutelare il patrimonio boschivo primigenio, che stabilisca tra l'altro le condizioni giuridiche per l'importazione, la lavorazione e l'utilizzo nell'UE del legno delle foreste tropicali e primigenie. La Commissione dovrebbe riflettere a un'apposita iniziativa giuridica e riuscire ad adottare una normativa europea a tutela delle foreste primigenie entro il 2012. Il CESE desidera sottolineare che l'attuale processo FLEGT dell'UE può servire a combattere il disboscamento e il deterioramento delle foreste primigenie su scala mondiale. La legislazione FLEGT dovrebbe permettere di impedire che il legname tagliato illegalmente penetri nei mercati e nell'industria di trasformazione UE.

3.4.3   Azione chiave 18: Migliorare lo scambio di informazioni e la comunicazione

3.4.3.1

Per ottenere un effetto moltiplicatore, tutti i soggetti della gestione forestale andrebbero coinvolti e sostenuti finanziariamente nell'ambito di manifestazioni capaci di avere un'ampia risonanza negli Stati membri.

3.5

Per assicurare una gestione forestale sostenibile nell'UE, il CESE ritiene che bisognerebbe garantire le qualificazioni professionali di quanti lavorano nel settore. Un ruolo decisivo a questo riguardo è svolto anche dal rafforzamento e dal mantenimento delle aree rurali. Pertanto, il CESE esorta la Commissione a tenere conto del seguente nuovo obiettivo: «Promuovere la foresta come luogo di lavoro».

3.5.1

Il Comitato sottolinea che le foreste possono espletare tutte le loro funzioni e mansioni sociali solo se la loro gestione e manutenzione è affidata a un numero sufficiente di persone (lavoratori forestali, operatori di macchine, addetti alla gestione dei boschi e gestori forestali). Questi lavoratori dovrebbero possedere qualificazioni specializzate di base e beneficiare di continui aggiornamenti, il che ovviamente dicasi anche per i proprietari che lavorano con i loro dipendenti. La qualificazione andrebbe adattata alle esigenze economiche, ecologiche e sociali del lavoro, soprattutto al fine di garantire la conservazione dei boschi.

3.5.2

Per raggiungere questo obiettivo, il CESE propone di aggiungere le seguenti azioni chiave:

Azione chiave 19: Promuovere la formazione e il perfezionamento professionale

Azione chiave 20: Indagine sul collegamento esistente tra la gestione forestale sostenibile e la formazione/qualificazione professionale nel settore forestale

Azione chiave 21: Aree rurali

3.5.3   Azione chiave 19: Promuovere la formazione e il perfezionamento professionale

3.5.3.1

La Commissione e gli Stati membri dovrebbero intensificare la promozione della formazione e dell'aggiornamento professionale, della ricerca, dello sviluppo e del trasferimento di tecnologia nel campo della silvicoltura, del legno e della conservazione.

3.5.3.2

Secondo il Comitato, la Commissione deve sostenere i sistemi riconosciuti di certificazione della gestione forestale, i quali aiutano a garantire e ad accrescere l'occupazione fornendo indicatori di programmazione dell'organico e di sviluppo sostenibile nelle imprese forestali.

3.5.4   Azione chiave 20: Indagine sul collegamento esistente tra la gestione forestale sostenibile e la formazione/qualificazione professionale nel settore forestale

3.5.4.1

La Commissione dovrebbe sostenere la ricerca scientifica sul collegamento esistente tra la gestione forestale sostenibile e la formazione/qualificazione professionale nella gestione forestale per i proprietari di boschi e gli addetti del settore (precisazione dei requisiti).

3.5.4.2

Il CESE suggerisce alla Commissione di procedere a uno studio sugli specifici profili professionali necessari per garantire la competitività del settore nel lungo periodo.

3.5.5   Azione chiave 21: Aree rurali

3.5.5.1

Il patrimonio boschivo degli Stati membri si trova per lo più in aree rurali strutturalmente deboli. In queste aree il settore forestale assicura il mantenimento dell'infrastruttura e dell'occupazione, come pure il reddito dei proprietari forestali e della popolazione rurale. In assenza di un settore forestale economicamente vitale, queste zone turistiche preziose sotto il profilo ambientale rimarrebbero al di fuori dello sviluppo generale del paese, con conseguenze probabili come l'emigrazione e l'invecchiamento della popolazione, l'abbandono dei boschi o il declino delle infrastrutture. La distruzione delle strutture rurali determina inevitabilmente difficoltà nell'utilizzo del legname, in un momento in cui la domanda di questa materia prima cresce su scala mondiale.

3.5.5.2

La Commissione dovrebbe promuovere e sostenere le ricerche e gli studi sull'importanza della silvicoltura per le aree rurali.

3.5.5.3

Il CESE ritiene che gli Stati membri andrebbero sollecitati a garantire e migliorare la situazione del mercato del lavoro nelle aree rurali. Bisogna inoltre prevenire i problemi sociali legati alle continue trasformazioni strutturali, se necessario compensando tali sviluppi con appositi programmi coordinati. Le aree rurali andrebbero infine rese più attraenti per la popolazione, specie per i giovani.

3.5.5.4

Il Comitato esorta la Commissione a sostenere finanziariamente le aree rurali attraverso il FEASR. Una volta pervenuta una richiesta in tal senso, i contributi finanziari andrebbero forniti direttamente ai proprietari/alle imprese forestali o ai raggruppamenti di imprese forestali.

4.   Valutazione

4.1

La Commissione dovrebbe assicurarsi che tutti i soggetti del settore forestale europeo siano rappresentati nel gruppo consultivo «foreste e sughero».

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che rettifica la direttiva 2002/2/CE, che modifica la direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla circolazione degli alimenti composti per animali

COM(2006) 340 def. — 2006/0117 (COD)

(2006/C 324/15)

Il Consiglio, in data 10 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 152 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 8 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore Leif E. NIELSEN.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul presente parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha nominato NIELSEN relatore generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 85 voti favorevoli, e 1 astensione.

1.   Antecedenti

1.1

Le disposizioni del 1979 relative alla produzione e alla circolazione degli alimenti composti per animali hanno subito una serie di modifiche riguardanti, fra l'altro, l'etichettatura e le informazioni sulla composizione (1). Tali modifiche hanno, di conseguenza, alterato più volte l'equilibrio fra la riservatezza (auspicata dal settore dei mangimi) e l'informazione completa sul contenuto e sulla composizione (auspicata dal settore agricolo).

1.2

Nel 1990 le disposizioni relative all'etichettatura sono state armonizzate: si è così stabilito che le componenti utilizzate nei mangimi dovessero essere elencate in ordine decrescente di peso, senza l'obbligo di precisarne le quantità. A seguito della crisi provocata dall'encefalopatia spongiforme bovina (ESB/BSE) e della crisi della diossina, nel 2002 è stato deciso di applicare il cosiddetto sistema di «etichettatura aperta», che prevede l'indicazione sia quantitativa che qualitativa del contenuto. Ciò comporta l'obbligo di menzionare le quantità utilizzate in ordine di peso decrescente, espresso in valore percentuale, con una tolleranza di ±15 % rispetto al valore indicato. Inoltre, il cliente può chiedere «l'elenco dettagliato di tutte le materie utilizzate [negli alimenti composti per animali] con la loro percentuale esatta rispetto al peso» (2).

1.3

Queste condizioni sono state oggetto di domande di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia, nel quadro dell'esame di una serie di richieste avanzate da produttori di mangimi composti per ottenere l'annullamento o la sospensione delle vigenti norme nazionali. Nella sentenza del 6 dicembre 2005 (3) la Corte di giustizia ha accolto in linea di massima le posizioni delle istituzioni dell'UE, tra cui quella riguardante la validità della direttiva. Essa ha tuttavia ritenuto che l'obbligo di comunicare ai clienti che ne facciano richiesta l'esatta composizione quantitativa dei mangimi composti contravvenisse al principio di proporzionalità, e non fosse quindi valido. Fra l'altro la Corte di giustizia ha ritenuto che quest'obbligo «non potesse essere giustificato con l'obiettivo della protezione della salute pubblica ed eccedesse manifestamente la misura necessaria per conseguire tale obiettivo».

1.4

In questo contesto, in base al principio secondo cui gli atti che modificano disposizioni precedenti possono essere «rettificati» ma non a loro volta modificati, la Commissione propone una decisione «di rettifica». A suo giudizio ciò «garantirà la trasparenza e la chiarezza del diritto comunitario senza tuttavia imporre agli Stati membri l'obbligo diretto di modificare la loro legislazione nazionale, dal momento che sono in ogni caso tenuti a prendere tutti i provvedimenti opportuni, previsti dai loro ordinamenti giuridici nazionali, per assicurare l'esecuzione della sentenza della Corte».

2.   Osservazioni del CESE

2.1

La sentenza della Corte di giustizia è ben nota all'industria europea dei mangimi, e con le osservazioni di cui sopra la Commissione riconosce che la rettifica non ha rilevanza pratica. Il CESE ritiene tuttavia che le disposizioni debbano rispecchiare l'attuale situazione giuridica e appoggia pertanto la proposta di rettifica della Commissione.

2.2

Il Comitato appoggia inoltre il principio della «dichiarazione aperta» degli ingredienti degli alimenti composti, in quanto favorevole sia alla scelta dei consumatori che alla concorrenza nel settore. Per i produttori agricoli è importante conoscere con la massima esattezza possibile il contenuto dei mangimi composti, e questo non solo per essere informati sulla composizione in sé, ma anche per poter effettuare un raffronto sotto il profilo dei prezzi e della qualità. Alla luce delle esperienze maturate sul mercato, le argomentazioni avanzate dall'industria dei mangimi circa la riservatezza (presupposto necessario per la concorrenza e la possibilità di ottenere un brevetto) sembrano avere minor peso.

2.3

Il Comitato riconosce tuttavia che in alcuni casi e per determinati tipi di alimenti composti, quali ad esempio quelli destinati agli allevamenti ittici, sussistono condizioni particolari (4). Il CESE invita pertanto la Commissione a considerare le possibilità di introdurre — per un numero ridotto di alimenti composti speciali — una deroga all'obbligo di indicare le quantità utilizzate in ordine di peso decrescente espresso in percentuale, in modo da assicurare la riservatezza delle informazioni alla luce dello sviluppo tecnologico. A questa possibilità si dovrà comunque ricorrere solo in casi eccezionali e laddove sia assolutamente necessario.

2.4

La disposizione relativa all'indicazione percentuale del peso delle componenti utilizzate con una tolleranza del ±15 % rispetto al valore dichiarato è motivata soprattutto da ragioni pratiche. Qualora nella pratica non sia possibile controllare quantità inferiori (ad esempio il 10 %) con la necessaria accuratezza, l'autorità nazionale di controllo deve poter procedere ad una verifica avvalendosi della documentazione del produttore.

2.5

Talvolta si sostiene che nella pratica non sia possibile analizzare il contenuto di un composto. Ferma restando la deroga di cui al punto precedente, questa asserzione non è corretta, visto che tutti gli Stati membri dispongono di laboratori perfettamente in grado di assolvere a tale compito.

2.6

Infine, il CESE giudica comunque determinante, sia per gli scambi commerciali intracomunitari sia per il rispetto della legislazione UE in materia, che le autorità degli Stati membri garantiscano pienamente i controlli e la loro concreta applicazione, cosa che non sempre sono stati in grado di fare. Sotto questo profilo anche la Commissione deve quindi affrontare con maggiore impegno rispetto al passato le funzioni che le competono, avvalendosi dell'assistenza dell'Ufficio alimentare e veterinario (UAV).

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per gli animali e successive modifiche.

(2)  Direttiva 2002/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che modifica la direttiva 79/373/CEE del Consiglio relativa alla circolazione dei mangimi composti per animali e che abroga la direttiva 91/357/CEE della Commissione. Gli Stati membri dovranno applicarne le disposizioni a decorrere dal 6 novembre 2003.

(3)  Cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04.

(4)  Nel caso degli allevamenti ittici le esigenze variano a seconda delle specie di pesci. Analogamente, i sottoprodotti ittici e industriali utilizzati come materia prima negli alimenti composti presentano composizioni assai diversificate.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/36


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a una procedura di esame e di consultazione preventivi per alcune disposizioni legislative, regolamentari o amministrative previste dagli Stati membri nel settore dei trasporti

COM(2006) 284 def. — 2006/0099 (COD)

(2006/C 324/16)

Il Consiglio, in data 23 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 157, paragrafo 3, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 4 luglio 2006, la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione, di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha nominato relatore generale TÓTH e ha adottato il seguente parere con 110 voti favorevoli e 5 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

La decisione proposta (1) è intesa ad abrogare la decisione del Consiglio del 21 marzo 1962 (2) relativa all'istituzione di una procedura di esame e di consultazione preventivi per alcune disposizioni legislative, regolamentari o amministrative previste dagli Stati membri nel settore dei trasporti.

1.2

Scopo della proposta è la codificazione della decisione del Consiglio del 21 marzo 1962: per questo, essa preserva in pieno la sostanza degli atti codificati e si limita a riunirli, apportando solo le modifiche formali richieste dalla procedura stessa di codificazione.

1.3

La proposta in oggetto fa capo alla decisione della Commissione del 1o aprile 1987 (3), con cui essa dà istruzione ai propri servizi di procedere alla codificazione di tutti gli atti legislativi dopo non oltre dieci modifiche, ai fini della chiarezza e della comprensione immediata delle disposizioni comunitarie.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il Comitato è particolarmente preoccupato per le recenti tendenze che allontanano i cittadini comunitari dall'ideale europeo e, cosa ancora più grave, dal processo legislativo e decisionale dell'Unione. Il compito del Comitato consiste nel contribuire a colmare il crescente divario tra l'Europa e la società civile organizzata, vale a dire i cittadini dell'Unione.

2.2

È chiaro che, fino a quando le disposizioni modificate più volte resteranno in forma frammentaria e dovranno quindi essere ricercate in parte nello strumento originale e in parte nell'ultima modifica, questo considerevole lavoro di ricerca impedirà a semplici cittadini e a numerose organizzazioni della società civile di reperire facilmente le informazioni legali di cui hanno bisogno.

2.3

Pertanto il Comitato approva pienamente la proposta in oggetto, nella particolare speranza che essa aiuti tutti i cittadini e le categorie della società civile a ottenere informazioni migliori e più precise su un dato strumento legislativo europeo.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2006) 284 def.

(2)  GU 23 del 3.4.1962, pag. 720.

(3)  COM(87) 868 PV.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica lo statuto dell'impresa comune Galileo contenuto nell'allegato del regolamento (CE) n. 876/2002 del Consiglio

COM(2006) 351 def. — 2006/0115 (CNS)

(2006/C 324/17)

Il Consiglio, in data 19 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 171, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 4 luglio 2006 la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 430a sessione plenaria del 26 ottobre 2006, ha nominato relatore generale PEZZINI e ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo ribadisce, ancora una volta, la massima importanza che attribuisce al buon esito del programma di radionavigazione satellitare Galileo. Il CESE ha avuto modo di sottolineare, in numerosi pareri in proposito (1), che Galileo rappresenta un progetto scientifico e tecnico di valore emblematico per l'Unione europea, soprattutto per la sfida strategica che il sistema di radionavigazione satellitare europeo, a gestione civile, costituisce, non solo per il sistema mondiale di navigazione e posizionamento satellitare, ma anche per i servizi all'impresa, per i cittadini, per la società e per un'industria europea più competitiva a livello mondiale.

1.2

Secondo il Comitato, è essenziale che sia universalmente riconosciuto il valore strategico del programma Galileo: esso infatti rappresenta il più grande progetto di partenariato pubblico-privato mai realizzato fino ad oggi su scala europea, e la prima infrastruttura pubblica dotata di una costellazione di trenta satelliti, disposti su tre orbite diverse, di proprietà delle istituzione europee, in grado di offrire un nuovo servizio pubblico mondiale con un mercato a crescita esponenziale (2) e con una precisione di posizionamento nello spazio e nel tempo, sull'intero pianeta.

1.3

Il Comitato non può nascondere le proprie preoccupazioni per i ritardi accumulati nel completamento della fase di sviluppo e di convalida in orbita dei satelliti e delle componenti terrestri del sistema, fase che avrebbe dovuto concludersi sotto la responsabilità dell'Impresa comune Galileo nel corso del 2006 e che, invece, durerà fino all'inizio del 2009. Le successive fasi di posizionamento della costellazione satellitare e dell'installazione completa delle componenti terrestri e di funzionalità operativa, specie in ambito commerciale, non potranno quindi essere completate prima della fine del 2010.

1.4

Il Comitato concorda pienamente sulla necessità di evitare gli sprechi di risorse e di competenze, che deriverebbero dal prolungamento delle attività dell'impresa comune Galileo, la quale doveva coprire l'intera fase di sviluppo e di convalida in orbita, dopo l'istituzione dell'Autorità europea di vigilanza GNSS, che è già entrata in funzione a metà del 2006, in forza del regolamento del Consiglio del 12 luglio 2004 (3).

1.5

Il Comitato ritiene però: «… essenziale che il periodo di transizione tra l'impresa comune Galileo (Galileo Joint Undertaking — GJU) e l'Autorità di vigilanza Galileo (Galileo Supervisory Authority — GSA) avvenga senza intoppi», come ha sottolineato in un suo recente parere, garantendo:

sicurezza giuridica nel trasferimento delle attività dalla GJU alla GSA,

competenze d'intervento della GSA nella fase di sviluppo,

soluzioni concordate dei problemi derivanti dalla Convenzione Agenzia spaziale europea/GJU e di quelli derivanti dal trasferimento dell'attività dei paesi terzi (4) della GJU alla GSA,

risorse di personale adeguate e sperimentate,

chiarezza di responsabilità internazionale degli Stati in cui verranno lanciati i satelliti.

1.6

Il Comitato, nel sottoscrivere i principi a cui si ispira la proposta di modifica dello statuto della GJU (5), sulla quale è obbligatoriamente consultato ai sensi dell'art 171 del Trattato, avanza i seguenti rilievi e formula le raccomandazioni illustrate di seguito.

1.6.1

Per quanto concerne le modifiche al regolamento sopra menzionato, pur condividendo quelle proposte, ritiene insufficiente limitarsi a modificare unicamente lo statuto ad esso allegato. Invita dunque a prevedere:

la modifica dell'articolo 1 del regolamento nel senso della formulazione seguente «ai fini dell'esecuzione delle attività di sviluppo del programma Galileo e del trasferimento delle stesse alla GSA, è costituita un'impresa comune, ai sensi dell'articolo 171 del Trattato, fino al 31 dicembre 2006»,

l'aggiunta al suddetto articolo 1 di un ultimo comma così formulato: A far data dal 1o gennaio 2007 la GSA subentra in tutti i diritti e gli obblighi della disciolta impresa comune, ivi compresi quelli derivanti dalla Convenzione stipulata con l'Agenzia spaziale europea,

l'inserimento nell'allegato relativo allo statuto dell'impresa comune, all'articolo 21, del nuovo testo seguente: Precedentemente all'avvio della procedura di liquidazione, si procederà alla conclusione di accordi con la Comunità, per quanto concerne le modalità di partecipazione alle attività della GSA, da parte dei paesi terzi membri del consiglio d'amministrazione dell'impresa comune e dei paesi terzi membri dell'ASE e non membri dell'UE.

1.6.2

Per quanto concerne l'Autorità di vigilanza Galileo, risulta indispensabile, ad avviso del CESE, «procedere ad una modifica del regolamento istitutivo, per introdurvi le funzioni ad essa trasferite dalla GJU, come la conduzione della fase di sviluppo e di convalida in volo, la gestione delle attività derivanti dai programmi quadro europei di ricerca e sviluppo, o ancora il seguito e la gestione degli sviluppi tecnici del sistema operativo».

1.6.2.1

La GSA infatti, che è stata operativa dalla metà del 2006, è stata istituita con il regolamento (CE) n. 1321/2004 del Consiglio, del 12 luglio 2004, per assicurare la gestione degli interessi pubblici relativi ai programmi europei di radionavigazione via satellite, EGNOS e Galileo, e per svolgere funzioni di autorità concedente, nei confronti del futuro concessionario dei servizi di radionavigazione satellitare. Non figurano però tra i suoi compiti né la gestione della fase di sviluppo né attività o lavori di ricerca inerenti a tale fase o a quelle successive, e neanche le sono state attribuite le risorse umane e finanziarie necessarie per far fronte a tali compiti.

1.6.2.2

Il Comitato non è stato consultato in merito alla proposta di regolamento del Consiglio, COM(2006) 261 def. del 2 giugno 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 1321/2004, sulle strutture di gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite. Per questo motivo l'esame di detto articolato esula, formalmente, dal presente parere.

1.7

Il Comitato ritiene comunque indispensabile che siano apportate modifiche al regolamento (CE) n. 1321/2004, per assicurare la continuità del programma Galileo e un trasferimento adeguato delle attività dall'impresa comune Galileo all'autorità di vigilanza e per garantire, in maniera ottimale, il completamento della fase di sviluppo del programma dopo la chiusura dell'impresa comune. Allo stesso modo vanno definite, con chiarezza, le modalità e le questioni giuridiche, tecniche e finanziarie, dopo il 31 dicembre 2006, per poter facilitare il completamento delle diverse fasi e per assicurare la massima operatività del sistema.

1.8

Il Comitato sottolinea l'importanza che «la Commissione, l'impresa comune Galileo, l'Autorità europea di vigilanza GNSS e l'Agenzia spaziale europea facciano ogni sforzo per assicurare che il sistema Galileo sia pienamente operativo alla fine del 2010», come stabilito nelle conclusioni del Consiglio Trasporti e telecomunicazioni del 12 ottobre 2006. Il Consiglio ha altresì accolto le proposte legislative della Commissione, volte a trasferire, durante il 2006, le rimanenti attività della impresa comune Galileo all'Autorità.

1.9

Il Comitato chiede di essere tenuto al corrente sull'evoluzione del programma Galileo e sul ruolo cruciale svolto dall'ESA nella concezione e nello sviluppo dei programmi europei GNSS. Il CESE gradirebbe, inoltre, che la Commissione lo consultasse sul Libro verde che riguarda le applicazioni del programma Galileo che la Commissione ha intenzione di pubblicare prima della fine del 2006 (6).

2.   Motivazioni

2.1

Il CESE ha seguito sin dall'inizio la nascita e lo sviluppo del programma europeo di radionavigazione e posizionamento via satellite Galileo, riconoscendone il ruolo strategico, fondamentale per la competitività del sistema europeo, sia per le ripercussioni innovative, occupazionali e sociali che ne discendono, sia per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini.

2.2

Il programma Galileo prevede quattro fasi successive:

la fase di definizione, iniziata nel 1999 e conclusasi nel 2001, nel corso della quale si è disegnata l'architettura dell'intero sistema e sono state definite le cinque tipologie di servizi offerti (elencate più avanti); tale fase è stata finanziata, principalmente, attraverso il quinto Programma quadro di RST, 1998/2002,

la fase di sviluppo e convalida, iniziata nel 2002 e che avrebbe dovuto terminare nel 2005, con lo sviluppo dei satelliti e delle componenti terrestri nonché con la convalida «in orbita» del sistema. Tale fase durerà invece fino all'inizio del 2009, per i ritardi accumulati. La dotazione finanziaria pubblica UE/ASE — inizialmente prevista in 1,2 miliardi di euro, oltre a 100 Mio EUR provenienti dal sesto Programma quadro di RST 2002/2006 — sarà di 1,5 miliardi di euro, gestiti fino al 31 dicembre dall'impresa comune Galileo e dal 1o gennaio 2007 dall'Autorità di vigilanza. Il primo satellite sperimentale, GIOVE-A, ha già compiuto la sua principale missione, ora devono essere completati alcuni aspetti tecnici, fondamentali per portare avanti il progetto,

la fase di spiegamento, che comprende la costruzione e il lancio dei satelliti che compongono la costellazione e l'installazione completa dei componenti terrestri del sistema. Questa fase, che doveva durare dal 2006 al 2007, si svolgerà invece nel 2009 e 2010. La dotazione finanziaria globale inizialmente prevista era di 2,1 miliardi di euro di cui 1/3, pari a 700 Mio EUR, a carico del bilancio comunitario e 2/3, vale a dire circa 1,4 miliardi euro, a carico dei consorzi privati. La fase di spiegamento e quella successiva di sfruttamento commerciale saranno oggetto di una concessione della durata di circa venti anni. L'autorità concedente sarà l'Autorità di vigilanza,

la fase di sfruttamento commerciale non potrà iniziare prima della fine del 2010. Essa prevede un costo annuo di operatività e di mantenimento di circa 220 milioni di euro, ad intero carico dei privati, con l'eccezione di un intervento straordinario pubblico UE, per i primi anni, secondo le decisioni assunte sulle prospettive finanziarie del bilancio comunitario 2007-2013.

2.3

Il Comitato è estremamente preoccupato per i ritardi accumulati nella fase di sviluppo e di convalida in orbita e, di conseguenza, nelle fasi successive di sfruttamento commerciale. Tale situazione viene a determinare uno slittamento, che compromette il calendario generale stabilito per il progetto, e ritarda la realizzazione di uno strumento eccezionale, che sintetizza le competenze e il risultato della ricerca europea, in grado di assicurare una partecipazione vincente al mercato mondiale dei prodotti e dei servizi connessi alla radionavigazione via satellite. Tale mercato ha raggiunto, nel 2005, un valore pari a 60 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuo del 25 % e la creazione, solo nell'UE, di 150 000 posti di lavoro, principalmente nei settori dell'alta tecnologia, della ricerca, e dei servizi.

2.4

Il CESE è ancor più preoccupato dell'attuale situazione di incertezza su modalità, questioni giuridiche, tecniche e finanziarie e lo ha sottolineato in un suo parere recente (7). Queste incertezze, che coinvolgono sia l'impresa comune Galileo/GJU sia l'Autorità di vigilanza/GSA rischiano, se non verranno sanate entro il 2006, di compromettere il corretto completamento delle diverse fasi, previste per assicurare la massima operatività del sistema, che potrà giocare un ruolo fondamentale per realizzare un'economia europea basata sulla conoscenza più competitiva a livello mondiale.

2.5

Il CESE aveva già avuto modo di evidenziare l'opportunità di associare, sin dal varo dell'impresa comune Galileo, le componenti private allo sviluppo ed allo sfruttamento del sistema, assicurando un sostegno continuo durante le fasi di realizzazione, dal momento che Galileo rappresenta a tutt'oggi il più grande progetto europeo di partenariato pubblico-privato.

2.6

Dopo la fase di definizione, nel maggio del 2002 è stata costituita, ai sensi dell'articolo 171 del Trattato CE, l'impresa comune Galileo, con regolamento (CE) n. 876/2002 e sono stati designati come soci fondatori, per un periodo di quattro anni, l'UE e l'ASE (8), con il compito di «garantire l'unicità di gestione e di controllo finanziario del progetto di ricerca, sviluppo e dimostrazione del programma Galileo, utilizzando allo scopo i fondi assegnati a questo programma».

2.7

L'impresa comune Galileo è stata istituita per condurre a buon fine la fase di sviluppo e per preparare le fasi successive del programma Galileo, con due compiti principali:

dirigere e coordinare le azioni di ricerca e di sviluppo necessarie, attraverso un accordo con l'Agenzia spaziale europea, incaricata dell'attuazione di tali azioni,

gestire il procedimento di scelta del futuro concessionario del sistema.

2.8

Nella sua risoluzione sul piano d'azione per la messa in opera di una politica spaziale europea (9) del 29 gennaio 2004, il Parlamento europeo ha altresì rimarcato l'enorme importanza che riveste il programma Galileo per lo sviluppo dell'industria, dei trasporti, per la salvaguardia dell'ambiente e per la realizzazione degli obiettivi fissati nella strategia di Lisbona; esso ha chiesto alla Commissione e al Consiglio di dotare Galileo di strutture efficaci, nonché di istituire una Autorità di vigilanza, per garantire, oltre ad operazioni trasparenti, la sicurezza del sistema (10).

2.9

L'Autorità di vigilanza (GSA) è stata istituita con il regolamento (CE) n. 1321/2004 del Consiglio, del 12 luglio 2004 ed è diventata operativa dalla metà del 2006, con il compito di assicurare la gestione degli interessi pubblici relativi ai programmi europei di radionavigazione via satellite, EGNOS e Galileo, e di svolgere funzioni di autorità concedente nei confronti del futuro concessionario dei servizi di radionavigazione satellitare.

2.10

Il regolamento attuale della GSA non consentirebbe, quindi, di intervenire nella gestione della fase di sviluppo, né per attività o lavori di ricerca inerenti a tale fase ed anche a quelle successive, né alla GSA sono state attribuite le risorse umane e finanziarie necessarie per far fronte a tali compiti.

2.11

Il regolamento della GJU (11), d'altra parte, prevede una durata di quattro anni, che sono scaduti a metà 2006: detto regolamento dovrebbe quindi essere prorogato per consentire di portare a termine, oltre ai negoziati per la scelta del futuro concessionario del sistema, l'intera fase di sviluppo dei satelliti e delle componenti terrestri, nonché la convalida «in orbita» del sistema.

2.12

Per evitare ulteriori ritardi nel completamento del progetto e per non ingenerare incertezze nei rapporti tra le varie componenti, occorre, secondo il Comitato, procedere con rapidità e trasparenza alla revisione di entrambi i regolamenti della GJU e della GSA, assicurando chiarezza nella trasmissione di competenze e di rapporti tra i due organismi

2.13

Il Comitato concorda con le finalità della proposta oggetto del presente parere, che mira ad evitare gli sprechi di risorse e di competenze che si verificherebbero se venissero prorogate le attività dell'impresa comune Galileo dopo l'istituzione della Autorità europea di vigilanza GSA, che è di fatto entrata in funzione a metà 2006.

2.14

Il CESE ritiene però insufficiente il contenuto della proposta, sia perché essa è limitata allo statuto della GJU, allegato al regolamento (CE) n. 876/2002, sia perché tale proposta dovrebbe essere collegata alla revisione del regolamento della GSA, e su questa proposta di revisione il Comitato non è stato finora consultato.

2.15

Allo stato attuale del programma, la fase di sviluppo di Galileo non sarà completata prima della fine del 2008. Solamente a tale data saranno operativi i quattro satelliti che saranno costruiti e lanciati dalla Agenzia spaziale europea nel quadro della fase denominata «validazione in orbita». Pertanto, conformemente allo statuto in vigore, l'impresa comune Galileo non dovrebbe cessare le sue funzioni prima della fine del 2008, con una durata complessiva di circa tre anni superiore a quella inizialmente prevista.

2.16

D'altra parte la GSA è nata per assicurare la gestione degli interessi pubblici, relativi ai programmi europei di radionavigazione via satellite EGNOS e Galileo, e per svolgere funzioni di autorità concedente nei confronti del futuro concessionario dei servizi di radionavigazione satellitare. Tra i suoi compiti non figurano né la gestione della fase di sviluppo né attività o lavori di ricerca inerenti a tale fase, e neanche le sono state attribuite le risorse umane e finanziarie necessarie per far fronte a tali compiti.

2.17

Il Comitato condivide le indicazioni espresse dal Consiglio «sull'importanza della promozione del sistema di navigazione satellitare per acquisire un successo commerciale, in particolare attraverso le attività di ricerca». La maggior parte dei benefici economici di Galileo, secondo il Consiglio, proviene dalle «applicazione a valle» (12).

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del Comitato economico e sociale in merito al Programma europeo di navigazione via satellite (Galileo)GU C 311 del 7.11.2001 pag. 19.

Parere del Comitato economico e sociale in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio relativo alla costituzione dell'impresa comune GalileoGU C 48 del 21.2.2002 pag. 42.

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Progressi del programma di ricerca Galileo all'inizio del 2004GU C 302 del 7.12.2004 pag. 35.

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'attuazione della fase di spiegamento e della fase operativa del Programma europeo di radionavigazione via satellite del 2004GU C 221 del 8.9.2005 pag. 28.

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Programma Galileo: portare a buon fine l'insediamento dell'Autorità di vigilanza europea.

(2)  Si calcola che, entro il 2020, il volume di affari dei mercati serviti da Galileo sarà di 300 miliardi di euro, su base annua, e i ricevitori in funzione saranno 3 miliardi. Soltanto nell'UE si prevede la creazione di 150 000 posti di lavoro. Cfr. COM(2006) 272 def. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al ConsiglioStato di avanzamento del programma Galileo.

(3)  GU L 246 del 20.7.2004. L'Autorità di vigilanza gestisce gli interessi pubblici relativi ai programmi europei GNSS e svolge le funzioni di Autorità di regolamentazione per questi programmi. Gli organismi dell'Autorità di vigilanza sono il consiglio di amministrazione e il direttore esecutivo. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante, nominato da ciascuno Stato membro e da un rappresentante nominato della Commissione.

(4)  Un organismo cinese, il National Remote Sensing Centre of China, e una società commerciale israeliana, il MATIMOP sono membri del GJU, siedono nel consiglio di amministrazione e dispongono di un numero di voti proporzionale al capitale versato. Ciascuno di essi ha versato un capitale iniziale di 5 milioni di euro.

(5)  Allegato al regolamento 876/2002.

(6)  Cfr. conclusioni del Consiglio sui progressi del programma Galileo, Lussemburgo, 12 ottobre 2006.

(7)  Parere del CESE sul tema Programma Galileo, portare a buon fine l'insediamento dell'Autorità di vigilanza europea CESE 1179/2006 del 13.9.2006.

(8)  ASE, Agenzia spaziale europea.

(9)  PE T5-0054/2004 del 29 gennaio 2004.

(10)  Autorità di vigilanza e dispositivo di sicurezza, oggetto delle decisioni del Consiglio il 12 luglio 2004.

(11)  GJU, impresa comune Galileo.

(12)  Cfr. conclusioni del Consiglio sui progressi del programma Galileo, Lussemburgo, 12 ottobre 2006.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1321/2004 sulle strutture di gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite

COM(2006) 261 def. — 2006/0090 (CNS)

(2006/C 324/18)

Il Consiglio, in data 29 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 171 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 25 ottobre 2006, ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori del Comitato in materia.

Considerata l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, di nominare BUFFETAUT relatore generale e ha adottato il seguente parere con 111 voti favorevoli, 1 voto contrario e 2 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo, come dichiarato in numerose occasioni, attribuisce la massima importanza al buon esito del programma Galileo.

1.2

Come sottolineato nel parere d'iniziativa dal titolo Programma Galileo: portare a buon fine l'insediamento dell'Autorità di vigilanza europea, è essenziale che la transizione dall'impresa comune Galileo all'Autorità di vigilanza Galileo avvenga senza intoppi e in un quadro di certezza giuridica.

1.3

Approva quindi l'approccio giuridico del Consiglio volto a modificare il regolamento (CE) n. 1321/2004 sulle strutture di gestione dei programmi europei di radionavigazione via satellite per garantire la continuità del programma Galileo e consentire un trasferimento adeguato delle attività dell'impresa comune Galileo all'Autorità di vigilanza.

1.4

Ritiene che la modifica proposta all'articolo 2, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1321/2004, che definisce i compiti dell'Autorità di vigilanza, risponda in modo appropriato alla necessità di permettere all'Autorità di vigilanza, da un lato, di garantire il completamento della fase di sviluppo e, dall'altro, di avviare le attività di ricerca utili e necessarie per i programmi GNSS europei.

1.5

Analogamente, il Comitato è dell'avviso che la nuova formulazione proposta per il paragrafo 1 dell'articolo 3 del regolamento rispecchi in modo adeguato la necessità di garantire la sicurezza giuridica necessaria in materia di proprietà sia del sistema, prima della conclusione della fase di sviluppo, sia dei beni materiali e immateriali creati o sviluppati prima della chiusura dell'impresa comune e durante la fase di sviluppo successiva a tale chiusura.

1.6

Insiste sulla necessità, già sottolineata dal Consiglio, di evitare il più possibile inutili quanto costose duplicazioni delle strutture e di garantire una cooperazione armoniosa tra le due entità durante la fase di transizione.

1.7

Infine il CESE si compiace del fatto che il testo proposto tenga conto delle raccomandazioni formulate nel parere di iniziativa TEN/246.

2.   La proposta del Consiglio

2.1

La proposta di regolamento del Consiglio è destinata a risolvere le difficoltà giuridiche e patrimoniali che sarebbero potute insorgere, nel quadro della legislazione esistente, con la chiusura dell'impresa comune prima della conclusione della fase di sviluppo e della ripresa delle attività da parte dell'Autorità di vigilanza europea.

2.2

Per ovviare a tali difficoltà, la proposta di regolamento prevede un'aggiunta all'articolo 2, paragrafo 1 e una nuova formulazione per l'articolo 3, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1321/2004.

3.   Osservazioni generali

3.1

Mentre all'avvio del programma Galileo le funzioni attribuite all'impresa comune e all'Autorità europea di vigilanza erano diverse per natura e per calendario di attuazione, ora, a causa del ritardo di circa due anni accumulato nella fase di sviluppo e nell'effettivo insediamento dell'Autorità di vigilanza europea, risulta invece necessario per ragioni economiche, giuridiche e tecniche autorizzare l'Autorità di vigilanza a intervenire nella fase di sviluppo e a chiudere l'impresa comune. Naturalmente ciò ha richiesto una serie di modifiche della legislazione esistente e in particolare del regolamento (CE) n. 1321/2004.

3.2

Nella inevitabile fase di transizione, è necessario che le due entità diano vita a una stretta collaborazione per garantire che il trasferimento delle attività avvenga senza intoppi.

3.3

Il trasferimento delle attività e delle competenze potrà effettuarsi correttamente solo se il quadro giuridico sarà stato chiaramente definito e la sicurezza giuridica garantita.

3.4

Scopo della proposta di regolamento è istituire per l'appunto un tale quadro normativo e garantire la sicurezza giuridica sulle questioni essenziali, ovvero:

la ripresa delle attività dell'impresa comune durante la fase di sviluppo per la quale l'Autorità di vigilanza europea non è attualmente competente,

la possibilità per l'Autorità di vigilanza europea di intraprendere attività di ricerca,

la soluzione giuridica al problema della proprietà del sistema e dei beni immateriali e materiali, proprietà che deve essere trasferita all'Autorità di vigilanza europea.

3.5

La proposta di regolamento risponde a tali esigenze, ed è da apprezzare la ferma volontà del Consiglio di evitare qualsiasi inutile quanto costosa duplicazione delle strutture.

3.6

Su un piano giuridico complementare e non direttamente legato al regolamento in questione, sarebbe opportuno che il Consiglio esaminasse la questione della responsabilità internazionale degli Stati in cui è previsto il lancio dei satelliti della costellazione Galileo.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/42


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all'interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica

COM(2006) 382 def. — 2006/0133 (COD)

(2006/C 324/19)

Il Consiglio, in data 4 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo, in data 12 settembre 2006, ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della 430a sessione plenaria del 26 ottobre 2006, ha nominato relatore generale HERNÁNDEZ BATALLER e ha adottato il seguente parere con 131 voti favorevoli, 7 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato approva i criteri utilizzati dalla Commissione, la quale, visti i prezzi elevati addebitati agli utenti della telefonia mobile per il servizio di «roaming internazionale», ha presentato una proposta di regolamento che mira a creare una base giuridica armonizzata per un intervento normativo che agevoli il completamento del mercato interno delle comunicazioni elettroniche e collochi i cittadini al centro della politica comunitaria in materia.

1.2

La proposta, che risulta essere necessaria e proporzionata, accresce il livello di tutela dei consumatori, in particolare ampliando il diritto di questi ultimi di accedere alle informazioni attraverso l'adozione di misure di trasparenza, e tutelandone gli interessi economici grazie all'introduzione di limiti tariffari massimi per la fornitura di servizi di roaming per le chiamate vocali tra gli Stati membri, sia al dettaglio che all'ingrosso.

1.3

Il Comitato preferisce che, nel riesaminare il funzionamento del regolamento, la Commissione basi le proprie future proposte sul principio «chi chiama paga» (calling party pays), e sul «principio della tariffa del paese d'origine» (home pricing principle), il quale prevede l'agganciamento delle tariffe di roaming a quelle del paese d'origine dell'utente.

2.   Introduzione

2.1

Lo sviluppo progressivo della mobilità dei cittadini europei oltre i confini nazionali, e in particolare all'interno dell'UE, ha dato vita alla necessità crescente di garantire le comunicazioni telefoniche attraverso i telefoni cellulari, che sono sempre più diffusi. In questo contesto, il termine roaming si riferisce alla possibilità di effettuare o ricevere telefonate quando ci si trova all'estero, in virtù di un accordo tra gli operatori degli Stati membri interessati.

2.1.1

Si tratta pertanto di servizi prestati da un operatore nazionale di telefonia mobile (rete ospitante) a un gestore di rete mobile di un altro paese (rete del paese di origine). In linea generale, il mercato in esame si compone dei seguenti servizi:

servizio di accesso da un telefono cellulare: fornito a operatori di telefonia mobile di un altro Stato membro o di un paese terzo,

servizio di raccolta del traffico telefonico da un telefono cellulare: prestato a operatori di telefonia mobile di un altro Stato membro o di un paese terzo,

servizio di raccolta del traffico di dati da un telefono cellulare: fornito a operatori di telefonia mobile all'interno di uno stesso Stato membro o di un paese terzo,

servizio di trasferimento di chiamate e di dati a utenti di reti sia mobili che fisse, nazionali o internazionali: prestato a operatori di telefonia mobile all'interno di uno stesso Stato membro o di un paese terzo.

2.1.2

Si calcola che quasi 150 milioni di cittadini europei utilizzano già il servizio di roaming, vuoi durante spostamenti turistici, vuoi, in misura assai maggiore (circa il 75 % del totale), nel quadro della loro attività professionale.

2.2

Sebbene il roaming apporti innegabili benefici ai cittadini sul piano economico e sociale, esso è stato però anche oggetto di ripetute critiche da parte degli utenti, delle associazioni di consumatori, delle autorità di regolamentazione e dei responsabili politici a causa delle tariffe applicate, che risultano essere notevolmente superiori a quelle praticate per le chiamate nazionali. Sono state inoltre espresse critiche sul fatto che le tariffe di roaming sono poco trasparenti nei confronti dell'utente finale, che non sono giustificate se si considerano i costi connessi con la prestazione del servizio e che esistono notevoli differenze tra i vari paesi e i diversi operatori: grosso modo, la tariffa applicata oscilla tra i 0,20 euro pagati da un utente finlandese che chiama il proprio paese dalla Svezia e i 13,05 euro addebitati a un cliente maltese che si trova in Lettonia. Diversi studi settoriali indicano che questo servizio frutta alle compagnie telefoniche circa 8.500 milioni di euro all'anno in tutta l'UE, cifra che può rappresentare una percentuale compresa tra il 3 e il 7 % del loro fatturato ed è in aumento.

2.3

La Commissione ha manifestato la propria preoccupazione per le elevate tariffe applicate ai clienti in roaming in Europa attraverso diverse iniziative, adottate a partire dalla fine degli anni Novanta:

a metà del 1999 la Commissione ha deciso di condurre un'indagine settoriale sui servizi di roaming nazionale e internazionale che ha indotto l'esecutivo comunitario ad avviare procedimenti per infrazione nei confronti di alcuni operatori mobili nel Regno Unito e in Germania,

all'istituzione, nel 2002, di un quadro normativo europeo per le comunicazioni elettroniche (1), ha fatto seguito la raccomandazione della Commissione, datata 11 febbraio 2003 (2), relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche, che ha incluso il mercato nazionale all'ingrosso del roaming internazionale sulle reti mobili pubbliche di telefonia mobile tra i servizi suscettibili di regolamentazione ex ante,

nel maggio del 2005 il gruppo dei regolatori europei (3) ha segnalato che i prezzi al dettaglio erano estremamente elevati senza una chiara giustificazione. Questa situazione sembrava imputabile ai prezzi elevati praticati all'ingrosso dall'operatore straniero della rete ospitante e, in numerosi casi, alle forti maggiorazioni applicate al dettaglio dall'operatore di rete dell'utente. Il medesimo gruppo ha osservato inoltre che spesso le riduzioni dei prezzi all'ingrosso non venivano trasferite al cliente al dettaglio e che in molti casi i consumatori non disponevano di informazioni chiare circa le tariffe di roaming,

nell'ottobre del 2005 la Commissione ha richiamato l'attenzione sul problema delle elevate tariffe di roaming internazionale e della mancanza di trasparenza dei prezzi con la pubblicazione di un sito web di informazione per i consumatori, sito che non solo confermava che le tariffe erano in molti casi palesemente eccessive, ma evidenziava anche, all'interno della Comunità, una variazione dei prezzi ingiustificabile per chiamate con caratteristiche identiche,

nella risoluzione del 1o dicembre 2005 relativa alla regolamentazione e ai mercati europei delle comunicazioni elettroniche, 2004 (4), il Parlamento europeo ha accolto con favore l'iniziativa della Commissione in materia di trasparenza nel settore del roaming internazionale e ha invitato la Commissione a studiare nuove iniziative per ridurre i costi elevati del traffico telefonico mobile transfrontaliero,

nel dicembre del 2005 il gruppo dei regolatori europei ha espresso alla Commissione europea il timore che i provvedimenti adottati dalle autorità nazionali di regolamentazione (ANR) non potessero risolvere il problema dei prezzi e ha osservato che il roaming costituiva un caso particolare in cui un problema evidente di danno arrecato al consumatore non era risolvibile preventivamente con la sola applicazione del quadro normativo europeo esistente,

nel marzo del 2006 il Consiglio europeo ha confermato l'importanza, ai fini della competitività, di ridurre le tariffe di roaming, nell'ambito di politiche mirate, efficaci e integrate, a livello di Stati membri e di Unione europea, nel campo delle TIC (tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni) allo scopo di conseguire gli obiettivi della nuova strategia di Lisbona di crescita economica e produttività (5).

2.4

Malgrado la chiara diagnosi risultante dalle critiche mosse da varie parti, e nonostante le iniziative delle istituzioni europee, le misure adottate da alcuni Stati membri e persino le riduzioni tariffarie applicate da alcuni operatori, non è stato finora possibile adottare misure efficaci e rapide per conseguire una diminuzione sostanziale e armonizzata delle tariffe di roaming nell'UE.

2.5

Infine, dopo aver preso in esame diverse possibilità di interventi normativi e il loro impatto, il 12 luglio scorso la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all'interno della Comunità, proposta che punta a limitare sia il prezzo che gli operatori si possono addebitare reciprocamente per gestire le chiamate effettuate con il telefono cellulare, sia le tariffe praticate all'utente per effettuare e ricevere chiamate in un altro Stato membro. Detto regolamento andrebbe a modificare l'attuale quadro normativo per le comunicazioni elettroniche istituito con la direttiva 2002/21/CE.

3.   La proposta della Commissione

3.1

Con il regolamento proposto, la Commissione mira a creare una base giuridica armonizzata, obiettiva, coerente e proporzionata che agevoli il completamento del mercato interno delle comunicazioni elettroniche, e che sia in linea tanto con la strategia di Lisbona rinnovata volta a promuovere la crescita e l'occupazione attraverso una maggiore competitività, quanto con l'iniziativa i2010 della Commissione ad essa collegata.

3.2

Tale base giuridica consentirebbe di stabilire le tariffe massime al minuto che gli operatori comunitari di telefonia mobile terrestre possono addebitare per la prestazione di servizi di roaming per chiamate vocali effettuate all'interno dell'Unione, sia nel caso di prezzi praticati all'ingrosso tra operatori di rete che in quello di tariffe praticate al dettaglio dall'operatore del paese d'origine. I limiti tariffari massimi dovranno tener conto dei vari elementi che entrano in gioco nell'effettuazione di una chiamata in roaming internazionale (come costi generali, segnalazione, raccolta, transito e terminazione delle chiamate) e dei diversi costi connessi alla fornitura di tale servizio.

3.3

In linea con il cosiddetto «meccanismo del mercato domestico europeo», la proposta di regolamento intende garantire un elevato livello di tutela degli utenti delle reti telefoniche mobili pubbliche e salvaguardare nello stesso tempo la concorrenza tra gli operatori di telefonia mobile, i quali possono così differenziare le loro offerte e adattare le loro strutture tariffarie alle condizioni di mercato e alle preferenze dei consumatori.

3.4

Dal punto di vista tariffario vengono stabiliti i seguenti limiti:

i prezzi all'ingrosso per le chiamate effettuate verso una destinazione all'interno del paese ospitante non potranno superare un importo pari al doppio della tariffa comunitaria media di terminazione delle chiamate mobili, calcolata per gli operatori di reti mobili designati come detentori di un significativo potere di mercato. La tariffa media di terminazione delle chiamate mobili costituisce un parametro attendibile, in quanto tali tariffe sono già oggetto di vigilanza da parte delle autorità di regolamentazione a norma del quadro normativo per le comunicazioni elettroniche del 2002 e devono essere determinate in base al principio dell'orientamento ai costi,

il prezzo applicabile alle chiamate effettuate dal paese ospitante al paese di origine o a un terzo paese comunitario non potrà superare un importo pari al triplo della tariffa media di cui sopra,

in relazione ai servizi al dettaglio, per le stesse categorie di chiamate in roaming menzionate nei punti precedenti la tariffa massima applicabile non potrà superare il 130 % della tariffa all'ingrosso, escludendo l'IVA ma tenendo conto di tutti i costi fissi connessi alla fornitura di chiamate in roaming regolamentate, quali lo scatto alla risposta o i costi di attivazione. I limiti massimi previsti per le tariffe di roaming praticate al dettaglio per effettuare chiamate in roaming regolamentate acquisteranno efficacia giuridica sei mesi dopo l'entrata in vigore del regolamento proposto, per permettere agli operatori di realizzare gli adattamenti necessari,

la proposta prevede inoltre un limite fissato al 130 % della tariffa media di terminazione delle chiamate mobili per i prezzi addebitati ai clienti in roaming per ricevere chiamate quando sono in viaggio nell'UE. Tale tariffa non include l'IVA, ma tiene conto di tutti i costi fissi connessi alla fornitura di chiamate in roaming regolamentate, quali lo scatto alla risposta o i costi di attivazione.

3.5

La proposta di regolamento verte anche sulla necessità di migliorare la trasparenza delle tariffe, imponendo l'obbligo agli operatori di telefonia mobile di fornire ai loro clienti in roaming, a loro richiesta, informazioni personalizzate sui prezzi al dettaglio loro addebitati. Tali informazioni dovranno essere fornite gratuitamente e i clienti potranno scegliere se riceverle per mezzo di un SMS (short message service) o di una comunicazione vocale sul cellulare. Inoltre, gli operatori di telefonia mobile avranno l'obbligo di fornire ai loro utenti informazioni sulle tariffe di roaming al momento della sottoscrizione del servizio e di aggiornarli regolarmente, oltre che in caso di variazioni notevoli delle tariffe praticate.

3.6

Le disposizioni in materia di prezzi previste dalla proposta di regolamento devono essere applicate indipendentemente dal fatto che i clienti in roaming usino una scheda ricaricabile o siano abbonati, al fine di garantire gli stessi vantaggi a tutti gli utenti della telefonia vocale mobile.

3.7

La proposta conferisce inoltre alle autorità nazionali di regolamentazione le competenze necessarie per assicurare il rispetto del regolamento in linea con il compito che è già stato loro affidato ai sensi del quadro normativo comunitario per le comunicazioni elettroniche. Già incaricate di fornire le informazioni relative alla tariffa media di terminazione delle chiamate mobili, che sarà pubblicata regolarmente dalla Commissione, alle ANR viene affidato anche il compito di monitorare l'andamento dei prezzi all'ingrosso e al dettaglio dei servizi di comunicazioni vocali e di trasmissione dei dati, come gli SMS e gli MMS (multimedia message service), resi ai clienti in roaming nei paesi della Comunità, in particolare nelle regioni ultraperiferiche. Questo consentirà di valutare la redditività e il recupero dei costi da parte degli operatori e di applicare le sanzioni previste in caso di un'eventuale violazione del regolamento.

3.8

Le misure necessarie per l'attuazione della proposta di regolamento in esame devono essere adottate in conformità con la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. La Commissione sarà assistita dal comitato per le comunicazioni istituito dall'articolo 22 della direttiva 2002/21/CE.

3.9

La proposta prevede un riesame del regolamento dopo due anni. Ciò significa che se in quel momento gli sviluppi del mercato mostreranno che tale dispositivo non è più necessario, la Commissione valuterà la possibilità di proporne l'abrogazione, in linea con il principio «legiferare meglio».

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato plaude allo sforzo compiuto dalla Commissione per creare una base giuridica che consenta di adottare delle misure efficaci mirate a ridurre le tariffe applicabili ai servizi di roaming per le chiamate di telefonia vocale mobile in Europa. Va inoltre considerato che, secondo le stime della Commissione, le riduzioni delle tariffe di roaming potranno arrivare al 70 %, con un risparmio per i consumatori pari a circa 5.000 milioni di euro.

4.1.1

Il Comitato ritiene che la misura proposta comporti un elevato livello di tutela dei consumatori, in quanto da un lato ne difende gli interessi economici grazie alla riduzione dei costi di roaming, e dall'altro promuove la trasparenza dei prezzi grazie all'ampliamento, per gli utenti, del diritto di accesso alle informazioni. Il CESE appoggia pertanto la proposta e approva le motivazioni che hanno indotto la Commissione a presentarla.

4.2

Il Comitato è peraltro cosciente di quanto sia difficile raggiungere un consenso sulle misure di riduzione delle tariffe di roaming, data la reticenza di certe autorità di regolamentazione e degli stessi operatori telefonici. In linea generale, la proposta della Commissione è stata criticata per una serie di motivi, quali: le iniziative normative in essa contemplate hanno portata troppo ampia; gli attori coinvolti non sono stati consultati a sufficienza; il regolamento entrerà in vigore immediatamente e senza dilazioni, non consentendo pertanto alle imprese di adattarsi; tali imprese dovrebbero avere la possibilità di autoregolamentarsi; la proposta doveva vertere sulle tariffe al dettaglio, ma non su quelle all'ingrosso; l'iniziativa può danneggiare in modo particolare gli operatori dei paesi che accolgono molti visitatori, oppure può avere l'effetto perverso di generare un aumento del prezzo di altri servizi di telecomunicazioni, mettendo in discussione investimenti futuri necessari per lo sviluppo delle comunicazioni elettroniche (3G, banda larga, ecc.).

4.3

D'altra parte, va segnalato che i profitti degli operatori telefonici sono assai elevati: anche con la riduzione proposta delle tariffe di roaming la loro redditività è pertanto assicurata, come riconoscono anche alcuni studi settoriali effettuati dagli operatori stessi.

4.3.1

Quanto alle modalità di regolamentazione più adeguate, e pur riconoscendo gli sforzi di riduzione delle tariffe di roaming effettuati da certi operatori, l'esperienza insegna che questo genere di iniziative non garantisce né la rapidità né il grado di armonizzazione necessari per risolvere il problema.

4.3.2

Il Comitato considera necessario elaborare un regolamento, dato che un tale strumento può essere applicato direttamente dagli Stati membri ed è in questo caso preferibile alla semplice autoregolamentazione del mercato e alle misure adottabili dagli Stati membri. In effetti, dato il carattere transnazionale del roaming, il problema è di portata transfrontaliera e le ANR non hanno competenza per agire.

4.4

Inoltre, la possibilità di creare, in futuro, operatori virtuali mette in guardia contro i rischi insiti nell'adozione di decisioni diverse nelle varie parti del territorio comunitario, decisioni che potrebbero realmente compromettere lo sviluppo globale delle comunicazioni elettroniche nell'UE.

4.5

Oltre a quanto affermato nei punti precedenti, il CESE deplora il fatto che le misure proposte dalla Commissione per porre termine all'addebitamento, da parte delle compagnie telefoniche, di prezzi eccessivi per il servizio di roaming siano assai inferiori alle aspettative degli utenti, nonché alle misure inizialmente previste dalla Commissione stessa.

4.6

Il Comitato ritiene che l'obiettivo verso cui devono tendere gli sforzi è l'eliminazione delle differenze tra le tariffe di roaming praticate nei vari Stati membri, senza pregiudicare la concorrenza che si può sviluppare tra i prodotti offerti dai vari operatori. In altre parole, ai clienti dovrebbe essere addebitata la stessa tariffa applicata nel paese di origine, indipendentemente da dove si trovino (è il cosiddetto «principio della tariffa del paese d'origine», in inglese home pricing principle). La proposta di regolamento della Commissione non consente però di conseguire quest'obiettivo di equiparazione dei prezzi domestici a quelli di roaming, malgrado le riduzioni tariffarie già registrate.

4.7

Per quanto riguarda il pagamento delle chiamate ricevute dal cliente in roaming, la proposta di regolamento fissa dei limiti tariffari senza però porre fine a questa pratica, come chiedono invece da tempo imprese e consumatori, e come la Commissione aveva previsto in un primo momento. Secondo il Comitato in futuro si dovrebbero concentrare gli sforzi sull'introduzione del principio «chi chiama paga» (calling party pays), ritenuto più equo.

4.8

Il CESE deplora che la Commissione non abbia valutato le conseguenze sociali che l'adozione di questa iniziativa potrebbe avere sull'occupazione, e auspica che la sua attuazione non comporti nessuna perdita di posti di lavoro né un peggioramento delle condizioni di lavoro del settore, consentendo invece di rispettare le aspettative create dall'Agenda sociale europea (7).

4.8.1

Il Comitato considera eccessivo il periodo di sei mesi previsto per l'entrata in vigore dei limiti tariffari al dettaglio (vale a dire i prezzi addebitati al consumatore finale), dato che gli operatori si possono adattare facilmente alla nuova situazione. Tale periodo dovrebbe pertanto essere soppresso.

4.8.2

Sarebbe tuttavia più ragionevole inserire nella proposta di regolamento la possibilità di prevedere, durante tale periodo di sei mesi, delle disposizioni transitorie che consentano l'adozione di misure correttive in caso di scompensi registrati da determinati operatori, specie nei nuovi Stati membri, in seguito all'entrata in vigore del regolamento — purché il regime transitorio non comporti discriminazioni nei confronti dei consumatori di tali Stati.

4.9

Il Comitato auspica che l'attuazione del regolamento non comporti un adeguamento delle tariffe di telefonia mobile, vale a dire che alcuni operatori, in determinate circostanze, non tentino di recuperare i costi sostenuti aumentando le entrate generate da altri servizi. Occorre pertanto garantire che i meccanismi di determinazione delle tariffe all'ingrosso e al dettaglio consentano di coprire tutti i costi del servizio.

4.9.1

Data la notevole dinamicità del mercato delle comunicazioni elettroniche, il Comitato appoggia la proposta della Commissione di riesaminare il funzionamento del regolamento entro due anni dalla sua entrata in vigore. Nella relazione prevista al riguardo, la Commissione dovrà spiegare i motivi per cui, alla luce dell'andamento del mercato e della concorrenza, ritiene che il regolamento debba rimanere in vigore oppure possa essere abrogato.

4.9.2

Nel procedere al riesame del funzionamento del regolamento, occorrerà valutarne l'impatto sull'occupazione, sulle condizioni di lavoro e sugli investimenti effettuati dagli operatori, al fine di trarne le conseguenze del caso.

4.10

Il Comitato ritiene altresì che occorra approfittare dell'occasione offerta dall'adozione del nuovo quadro normativo per risolvere altri problemi connessi al roaming, oltre all'addebito di tariffe eccessive per tale servizio, quali l'attivazione abusiva del servizio di roaming nelle zone limitrofe tra Stati membri dell'UE.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Direttiva 2002/21/CE, del 7.3.2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, nota come «direttiva quadro» (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33.). Sempre il 7.3.2002 sono adottate la direttiva 2002/19/CE relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime, conosciuta come «direttiva accesso» (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 7), la direttiva 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, nota come «direttiva autorizzazioni» (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 21), e la direttiva 2002/22/CE, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica, conosciuta come «direttiva servizio universale» (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 51). A queste va aggiunta la direttiva 2002/58/CE, del 12.7.2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).

(2)  Raccomandazione della Commissione dell'11.2.2003 relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, notificata con il numero C(2003) 497 (GU L 114 dell'8.5.2003, pag. 45). Nel documento vengono identificati 18 mercati conformi alle normative comunitarie.

(3)  Cfr. la decisione 2002/627/CE della Commissione, del 29.7.2002, che istituisce il gruppo dei «Regolatori europei per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica» (GU L 200 del 30.7.2002, pag. 38), modificata dalla decisione 2004/641/CE della Commissione, del 14.9.2004 (GU L 293 del 16.9.2004, pag. 30).

(4)  Risoluzione del Parlamento europeo 2005/2052 (INI).

(5)  Comunicazione al Consiglio europeo di primaveraLavorare insieme per la crescita e l'occupazioneIl rilancio della strategia di Lisbona (COM(2005) 24 def., del 2.2.2005) e Conclusioni della presidenza del Consiglio europeo, 22-23.3.2005.

(6)  GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.

(7)  Comunicazione della Commissione sull'Agenda sociale (COM(2005) 33 def.).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/47


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (versione codificata)

COM(2006) 432 def. — 2006/0146 (COD)

(2006/C 324/20)

Il Consiglio, in data 27 settembre 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 71 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

Il 12 settembre 2006 l'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha nominato Jan SIMONS relatore generale e ha adottato il seguente parere con 133 voti favorevoli e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato conviene sul valore che la presidenza del Consiglio europeo attribuisce alla codificazione: questa procedura garantisce infatti la certezza giuridica su quale norma sia applicabile in un determinato momento ad una determinata materia, accrescendo la trasparenza e l'accessibilità del diritto comunitario per i cittadini europei.

1.2

La proposta in esame riguarda la codificazione del regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili, e delle modifiche ad esso apportate dal regolamento n. 3356/91. Il Comitato raccomanda di esaminare in quale misura questa proposta di codificazione debba includere anche la legislazione che disciplina altri modi di trasporto, quali ad esempio le ferrovie, il trasporto intermodale, il trasporto marittimo a corto raggio e il trasporto aereo.

1.3

Il Comitato accoglie con favore la versione codificata proposta, a condizione che il contenuto degli atti oggetto di codifica resti invariato, e che l'opera di codificazione si limiti ad accorparli, apportando unicamente le modifiche formali necessarie.

1.4

Data l'importanza per i cittadini europei di avere accesso a una legislazione europea trasparente, il Comitato insiste presso la Commissione affinché essa consideri se e in che misura sia opportuno procedere alla codifica di altri atti.

1.5

I controlli, le verifiche e le ispezioni dovrebbero essere coordinati dagli Stati membri. In caso contrario, nell'interesse di un trasporto più fluido, gli Stati membri dovrebbero almeno procedere ad uno scambio dei risultati, per evitare che ciascun paese effettui nuove ispezioni e nuovi controlli. Grazie al RIS (River Information Services: sistema di servizi di informazione fluviale), ciò non dovrebbe porre difficoltà nel caso della navigazione interna.

2.   Introduzione

2.1

Il volume della legislazione comunitaria e le frequenti modifiche ad essa apportate sono causa di una grande dispersione: per questo motivo i cittadini incontrano difficoltà a mantenere una visione d'insieme della legislazione.

2.2

La Commissione europea si dichiara fortemente interessata a rendere la legislazione comunitaria più semplice e chiara, e quindi più accessibile al pubblico.

2.3

Per questo motivo essa ha dato istruzione ai propri servizi di procedere alla codificazione di tutte le decisioni legislative dopo al massimo dieci modifiche.

2.4

Le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Edimburgo del dicembre 1992 hanno sottolineato l'importanza della codificazione, in quanto essa chiarisce quale legge sia applicabile in un determinato momento a una determinata materia, contribuendo quindi ad accrescere la trasparenza.

2.5

Dato che la codificazione non comporta alcuna modifica sostanziale agli atti in oggetto, nell'accordo interistituzionale firmato il 20 dicembre 1994 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno deciso di procedere alla codificazione applicando una procedura accelerata.

2.6

La proposta in esame riguarda la codificazione del regolamento CEE n. 4060/89 del 21 dicembre 1989 relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili. Il nuovo regolamento proposto riunisce dunque il regolamento CEE n. 4060/89 e le relative modifiche.

2.7

La proposta della Commissione mantiene intatto il contenuto delle modifiche, e si limita ad accorpare, apportando solo i cambiamenti formali necessari al processo di codificazione.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato osserva che la proposta della Commissione in esame intende codificare solo il regolamento CEE n. 4060/89 del Consiglio relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili, ma non riguarda altri modi di trasporto quali le ferrovie, il trasporto intermodale, il trasporto marittimo a corto raggio e il trasporto aereo, per i quali vigono ancora i controlli alle frontiere. Secondo il Comitato è opportuno considerare anche questi modi di trasporto.

3.2

Il Comitato sottolinea con vigore che il regolamento CEE n. 4060/89 e la proposta di codificazione intendono eliminare i controlli sistematici applicati alle frontiere degli Stati membri. Di conseguenza, come risulta anche dall'articolo 3 della proposta di regolamento, resta la possibilità di effettuare i controlli nel quadro delle normali procedure di controllo applicate, in modo non discriminatorio, su tutto il territorio di uno Stato membro.

3.3

Il Comitato accoglie con favore la proposta di codificazione avanzata dalla Commissione. La trasparenza della legislazione comunitaria va infatti a tutto vantaggio dei cittadini europei. Il Comitato esorta quindi la Commissione a esaminare se e in quale misura sia opportuno procedere alla codifica di altri atti.

3.4

Benché il quarto considerando della proposta affermi che, in base alle normative comunitarie, gli Stati membri sono liberi di scegliere i luoghi dove saranno effettuati i controlli, le verifiche e le ispezioni, tali attività di verifica dovrebbero essere comunque coordinate. In caso contrario, nell'interesse di una maggiore fluidità dei trasporti, gli Stati membri dovrebbero almeno procedere ad uno scambio dei risultati, per evitare che ciascun paese effettui nuove ispezioni e nuovi controlli. Grazie al RIS (River Information Services: sistema di servizi di informazione fluviale), ciò non dovrebbe porre difficoltà nel caso della navigazione interna.

4.   Osservazioni specifiche

Nessuna.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


30.12.2006   

IT

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C 324/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la governance economica — Le condizioni per una maggiore coerenza delle politiche economiche in Europa

(2006/C 324/21)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema: Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la governance economicaLe condizioni per una maggiore coerenza delle politiche economiche in Europa.

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore NYBERG.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 86 voti favorevoli, 9 voti contrari e 10 astensioni.

Sintesi e raccomandazioni

Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso di non pronunciarsi, nel parere di quest'anno sulla politica economica, in merito agli indirizzi di massima per le politiche economiche, bensì di esaminare la base formale su cui poggiano gli indirizzi medesimi. La base dell'azione comunitaria in materia di politica monetaria e finanziaria va ricercata, per la moneta unica, nelle disposizioni del Trattato di Maastricht e, per gli indirizzi di massima per le politiche economiche, nel Patto di stabilità e di crescita e nelle disposizioni del Trattato. L'obiettivo è quello di individuare disposizioni che contribuiscano nel modo più efficace possibile alla realizzazione degli obiettivi globali in materia di stabilità dei prezzi, crescita e occupazione.

Per evitare che uno dei due ambiti politici imponga vincoli eccessivamente stretti all'altro, la Banca centrale europea e l'Ecofin devono stabilire gli stessi obiettivi politici. È particolarmente importante che i membri dell'Eurogruppo in sede di Consiglio Ecofin e la Banca centrale europea adottino il medesimo approccio.

Il presente parere è suddiviso in diverse sezioni: politica monetaria, Patto di stabilità e di crescita, indirizzi di massima per le politiche economiche, formazione dei salari e legame tra inflazione e crescita. Nelle raccomandazioni verrà invece indicato quali attività dovranno svolgere i diversi attori, come il Consiglio Economia e Finanze (Ecofin), la BCE, la Commissione e le parti sociali.

BCE

L'obiettivo della stabilità dei prezzi andrebbe ridefinito e fissato sotto forma di obiettivo simmetrico con un margine di oscillazione del 2 % ±1 punto percentuale. Un tale obiettivo che prevede un valore intermedio consente di valutare con più facilità la distanza esatta dall'obiettivo perseguito e può essere importante se si vuole che la BCE sia in grado di controbilanciare eventuali modifiche del tasso dell'inflazione dovute a un calo o a un aumento della domanda.

Per una politica che si prefigge di tenere maggiormente conto del nesso tra le misure di politica monetaria e quelle di politica finanziaria, è opportuno utilizzare come riferimento l'inflazione di fondo. Non tenendo conto delle variazioni dei prezzi che la BCE non può influenzare e che possono essere casuali, questo concetto di inflazione è più adatto per misurare le variazioni tendenziali dei prezzi. Tuttavia la BCE, nel valutare l'andamento dei prezzi, dovrebbe valutare fino a che punto tali variazioni possono dipendere da eventuali cambiamenti intervenuti a livello fiscale.

L'obbligo relativo alla stabilità dei prezzi per i candidati alla moneta unica va riveduto e, a tal fine, è formalmente necessario modificare il Trattato. Tenuto conto però del fatto che una tale modifica non è prevista nemmeno dal Trattato costituzionale, sarebbe opportuna un'interpretazione più flessibile del Trattato, in base alla quale il criterio decisivo per un'eventuale adozione della moneta unica siano gli obiettivi perseguiti applicando un determinato criterio e non la situazione del momento. Sarebbe logico che, in materia di stabilità dei prezzi, per i paesi candidati alla moneta unica valesse il medesimo obiettivo previsto per i paesi della zona euro.

La stabilità e una politica monetaria credibile non dipendono da un tasso d'inflazione inferiore al 2 %. Un livello leggermente più elevato come livello di riferimento per la stabilità dei prezzi non pregiudicherebbe la stabilità. È più importante sapere di poter contare sulla volontà e la capacità di controllare l'inflazione, in modo da poter conseguire l'obiettivo stabilito.

La BCE dovrebbe pubblicare i verbali delle sue riunioni.

Ecofin

Fino a quando l'utilizzo delle capacità disponibili non avrà raggiunto un livello tale da provocare pressioni inflazionistiche, l'applicazione di una politica prociclica sarà poco probabile. La disoccupazione è ancora a livelli eccessivi e c'è un notevole margine per aumentare il tasso di attività. Negli anni caratterizzati da uno sviluppo economico favorevole, la politica economica dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla pianificazione per far fronte ai problemi economici che si verificheranno a causa dello sviluppo demografico. In un contesto economico favorevole, gli obiettivi generali dell'UE in materia di bilancio e di debito pubblico non sono sufficienti. Gli Stati membri che hanno già conseguito tali obiettivi non possono adagiarsi sugli allori.

A giudizio del CESE, i criteri dell'equilibrio di bilancio e del debito pubblico vanno mantenuti, ma la discussione va portata avanti tenendo conto dei veri obiettivi della politica economica.

Gli orientamenti economici triennali dovrebbero prevedere come obiettivi centrali, accanto al tasso di occupazione stabilito nel quadro della strategia di Lisbona, un livello minimo di crescita economica e una percentuale per la riduzione della disoccupazione. Andrebbero inoltre fissati degli obiettivi nazionali, che però non dovranno essere meno ambiziosi di quelli stabiliti per l'UE nel suo insieme.

I ministri delle Finanze devono essere coerenti e non possono fare delle dichiarazioni a Bruxelles e poi agire diversamente nel proprio paese.

Politica relativa al mercato del lavoro/processo di Colonia

Nell'intervallo fra le riunioni organizzate nel quadro del processo di Colonia andrebbero elaborati studi congiunti sulle interazioni economiche, sull'effetto di diverse misure politiche e su questioni analoghe.

Il processo di Colonia può essere la sede giusta per far comprendere nel modo adeguato a tutte le parti interessate l'importanza di rispettare gli obblighi in materia di statistiche economiche.

Prima di ogni riunione, il Parlamento dovrebbe presentare una risoluzione sulla situazione economica e sulla politica auspicata.

Dovrebbero essere presenti sia l'Ecofin che l'Eurogruppo, in modo che non siano rappresentati solo i ministri delle finanze ma anche i ministri direttamente responsabili della politica finanziaria che va combinata con la politica monetaria della BCE.

Commissione

L'analisi sull'inflazione di fondo andrebbe approfondita. Uno studio più dettagliato delle politiche attuate da paesi in cui si registra un rapporto positivo tra inflazione e crescita (un'inflazione bassa rispetto al ritmo di crescita) dovrebbe offrire una buona base per una futura operazione di benchmarking.

Effettuando degli studi si potrebbe stabilire, ad esempio, fino a che punto le variazioni della produttività abbiano inciso sul tasso di crescita, in che misura il diverso tasso di aumento della produttività dipenda da differenze a livello dell'innovazione e degli investimenti, o quali altre procedure esistano per aumentare la produttività. Il CESE invita pertanto la Commissione ad esaminare il nesso tra gli obiettivi globali in materia di crescita e di occupazione e, ad esempio, l'aumento della produttività e i tassi di inflazione.

Riepilogo

È necessario migliorare il coordinamento tra la politica monetaria e quella finanziaria, in modo tale che la stabilità dei prezzi, la crescita e l'occupazione rappresentino degli obiettivi importanti per tutti i responsabili della politica economica: BCE, Commissione, Consiglio Ecofin, parti sociali e Stati membri. Se tutte le parti coinvolte considereranno questi tre obiettivi come punto di partenza per proporre delle misure, esse saranno poi obbligate anche a tener conto di tutte le conseguenze derivanti dalle proposte avanzate. Ne risulterà una politica più uniforme, che avrà risultati più coerenti.

1.   Introduzione

1.1

Gli orientamenti economici dell'UE — i cosiddetti indirizzi di massima per le politiche economiche — coprono ora un periodo di tre anni. Gli orientamenti definiti quest'anno presentano solo modifiche minori rispetto a quelli stabiliti nel 2005.

1.2

Il CESE ha pertanto deciso di non esprimersi in merito a tali modifiche nel parere previsto quest'anno sul tema della politica economica, bensì di esaminare la base formale su cui poggiano gli orientamenti medesimi. Uno studio di questa natura non può limitarsi al contenuto formale degli orientamenti economici: deve contemplare anche la politica monetaria e i relativi nessi con la politica finanziaria.

1.3

La base dell'azione comunitaria in materia di politica monetaria e finanziaria va ricercata, per la moneta unica, nelle disposizioni del Trattato adottate a Maastricht sulla moneta unica, nel Patto di stabilità e di crescita e nelle disposizioni del Trattato sugli orientamenti di massima per le politiche economiche. A seguito delle modifiche introdotte nel 2005, gli indirizzi di massima vengono esaminati con cadenza annuale nel quadro del processo di Lisbona.

1.4

Ci si propone quindi di esaminare l'interazione tra dette disposizioni ed il loro impatto sulla politica in termini concreti, sia nell'Unione europea nel suo insieme che a livello nazionale. Affinché l'analisi sia esaustiva, si terrà conto anche dell'aspetto riguardante la formazione delle retribuzioni. L'analisi dovrà necessariamente presentare un carattere piuttosto teorico per portare avanti il dibattito e migliorare le politiche in atto. Si intende infatti appurare se le disposizioni attuali contribuiscano nel modo più efficace possibile alla realizzazione degli obiettivi globali in materia di stabilità dei prezzi, crescita e occupazione.

1.5

Le raccomandazioni del CESE non si limitano tuttavia alla politica attuale bensì comprendono anche modifiche alle disposizioni vigenti che possono essere apportate immediatamente, soprattutto se i decisori politici cambiano atteggiamento. Solo una delle proposte formulate nel presente parere richiede una modifica del Trattato.

2.   Maastricht e la politica monetaria comune

2.1

Il principale obiettivo che si prefigge la BCE è la stabilità dei prezzi. Un secondo obiettivo attribuito alla BCE dalle disposizioni del Trattato adottate a Maastricht è quello di sostenere la crescita, una volta raggiunta la stabilità dei prezzi. A tale proposito, si è soliti effettuare un confronto con la Riserva federale statunitense, il cui obiettivo si fonda piuttosto su una visione globale che comprende la stabilità dei prezzi, l'occupazione e la crescita. Dalla formulazione adottata si potrebbe pensare solo a una differenza di grado, ma se ci si sofferma sulla politica monetaria effettivamente condotta, emergono differenze più nette. A giustificazione delle modifiche dei tassi di interesse, la Riserva federale adduce più sovente l'evoluzione dell'occupazione, mentre per la BCE l'unico motivo alla base delle variazioni dei tassi sembra essere la stabilità dei prezzi.

2.2

Oltre alle attuali misure in materia di politica monetaria, anche la formulazione stessa dell'obiettivo incide quindi sul modo in cui essa influisce sulla politica globale.

2.3

In una concezione globale della politica economica (che include quindi sia la politica monetaria che quella finanziaria) la politica dei tassi d'interesse non costituisce l'unico elemento determinante per la politica finanziaria: la scelta degli obiettivi in materia di politica monetaria è altrettanto importante. Un ministro delle finanze si porrà spesso la seguente domanda: «Se opto per questa manovra, è possibile che la misura sia neutralizzata da modifiche dei tassi volte a controbilanciare l'effetto ottenuto?» Per evitare che un ambito politico imponga vincoli eccessivamente stretti ad un altro, la Banca centrale europea e l'Ecofin devono stabilire gli stessi obiettivi politici. È particolarmente importante che l'Eurogruppo creato all'interno dell'Ecofin e la Banca centrale europea adottino il medesimo approccio. L'obiettivo della politica monetaria va definito nel lungo periodo. La Banca centrale europea ha più volte ribadito che l'obiettivo del 2 % si fondava sulle precedenti posizioni dell'Ecofin. È probabile che i diversi punti di vista sul livello di inflazione da perseguire non si differenzino in maniera significativa, ma l'obiettivo e le misure devono essere alla portata di tutti.

2.4

Al momento di stabilire l'obiettivo della stabilità dei prezzi, la BCE ha optato per un tasso d'inflazione inferiore al 2 %. Già nel 2003 l'obiettivo è stato modificato in modo da fissarlo al di sotto del 2 %, precisando tuttavia che non ci si doveva scostare molto da tale livello. In questo modo l'obiettivo è un po' più realistico visto che stabilirne uno inferiore al 2 %, come era stato fatto inizialmente, poteva significare che anche la deflazione poteva essere considerata una situazione accettabile.

2.5

Questa definizione pone, tuttavia, altri due problemi: è quasi impossibile decidere a quale distanza ci si trovi dall'obiettivo e quale sia la distanza accettabile. Fissando un obiettivo simmetrico si consente un certo margine di oscillazione intorno al livello d'inflazione auspicabile. Considerata l'aspirazione della BCE di raggiungere un livello del 2 % circa, la soluzione migliore sarebbe quella di fissare l'obiettivo al 2 percento ±1 punto percentuale. Questo permetterebbe di rimuovere buona parte delle preoccupazioni dovute a modificazioni occasionali di qualche punto per mille. Secondo il CESE, vi sono innumerevoli buoni motivi a favore della fissazione di un obiettivo simmetrico per la BCE. Potrebbe inoltre essere importante fare riferimento a un obiettivo che preveda un valore intermedio se si vuole che la BCE sia in grado di controbilanciare eventuali modifiche del tasso dell'inflazione dovute a un calo o a un aumento della domanda. In passato, quando l'economia era fiorente negli anni precedenti l'inizio del nuovo millennio, i tassi d'interesse sono saliti rapidamente, mentre durante il periodo del ristagno economico, due o tre anni più tardi, i tassi sono scesi in maniera notevolmente più lenta.

2.6

L'altro problema che si pone è il seguente: qual è l'inflazione che si misura? Nel quadro degli obiettivi formali della BCE si tratta dell'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC), vale a dire la misura del tasso d'inflazione generale. Da tale indice si possono escludere, ad esempio, i prezzi dell'energia o dei prodotti alimentari per far apparire livelli d'inflazione che si possono considerare maggiormente esposti agli effetti della politica monetaria e che non dipendono da fattori che sfuggono al nostro controllo. E ciò soprattutto per compensare l'impatto dell'aumento dei prezzi del petrolio, che hanno fluttuazioni passeggere suscettibili di ripartire rapidamente nella direzione opposta. Un indice dei prezzi modificato è particolarmente importante per evitare che le variazioni passeggere dei prezzi abbiano un impatto diretto sulle politiche praticate dalla Banca centrale europea. Anche nel probabile caso di un aumento a lungo termine dei prezzi del petrolio, le variazioni passeggere non potranno mai essere controbilanciate da modifiche dei tassi di interesse, il cui effetto si fa sentire generalmente solo dopo uno o due anni.

2.7

La cosiddetta inflazione «di fondo» è un concetto creato per permettere di misurare la tendenza inflazionistica interna all'economia (la zona euro per la BCE). Le variazioni dei prezzi presentano maggiormente il carattere di tendenze ed è su queste ultime che la Banca centrale europea deve concentrarsi. L'impatto più diretto delle variazioni dei tassi di interesse sul ritmo dell'aumento dei prezzi dovrebbe logicamente situarsi tra tale misura dell'inflazione e la politica praticata dalla BCE in materia di tassi di interesse. Se la Banca centrale europea accetta un tasso d'inflazione al di sopra dell'obiettivo stabilito, ciò è probabilmente dovuto al fatto che ha anche tenuto conto di uno di questi scenari di inflazione ridotta. Facendo riferimento anche all'inflazione di fondo, per la BCE sarebbe più facile spiegare la propria politica. Per una politica che si prefigge di tenere maggiormente conto del nesso tra le misure di politica monetaria e quelle di politica finanziaria, è opportuno utilizzare come indicatore l'inflazione di fondo. Ciò permetterebbe alla politica macroeconomica di incidere in maniera più positiva sulla crescita e sull'occupazione.

2.8

Un confronto tra l'inflazione ufficiale misurata dallo IAPC e i livelli di inflazione misurati a partire dall'inflazione di fondo mostra, nel corso della maggior parte degli anni esaminati (cfr. allegato), solo variazioni minori. L'unica variazione di rilievo si è registrata nel 2005 quando i prezzi dell'energia hanno influito sui prezzi generali. Un raffronto tra l'inflazione e l'obiettivo della Banca centrale europea mostra che solo nel 2000 e nel 2005 l'inflazione di fondo è scesa a livelli eccessivamente bassi rispetto all'obiettivo stabilito. Se ci si fosse basati sul concetto di «inflazione di fondo», nel 2005, ad esempio, si sarebbe dovuta attuare una politica meno restrittiva.

2.9

Un altro fattore che incide sul tasso d'inflazione, senza tuttavia essere una conseguenza diretta del livello della domanda interna, è quello determinato dai cambiamenti delle imposte e delle tasse. Se, ad esempio, gli Stati membri aumentano l'IVA per ridurre il deficit di bilancio, l'inflazione cresce. Nell'ipotesi in cui si ricorra allo IAPC per misurare l'inflazione, la BCE potrebbe essere indotta ad alzare i tassi d'interesse. L'aumento dell'IVA, però, frena la domanda dei consumatori e, in una visione globale della politica economica, dovrebbe essere accompagnata da un taglio dei tassi d'interesse. In situazioni di questo tipo, come ad esempio quella che verrà a crearsi in Germania con l'aumento dell'IVA dal 16 al 19 % il 1o gennaio 2007, la BCE dovrebbe pertanto esaminare attentamente le cause dell'inflazione e valutare se si tratti di un fatto isolato che non comporta alcun aumento della tendenza inflazionistica. Occorre però tenere conto anche di un altro aspetto: se la BCE permette che un simile aumento delle imposte in un determinato paese abbia delle ripercussioni sulla politica monetaria, questo avrà un impatto negativo anche sugli altri paesi della zona euro.

2.10

Per poter adottare la moneta unica, gli Stati membri che non rientrano ancora nella zona euro devono, conformemente al Trattato, presentare «un tasso di inflazione prossimo a quello dei tre Stati membri' al massimo' che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi». Nella disposizione citata, «prossimo» significa che la differenza non deve superare l'1,5 %, mentre «migliori» si riferisce al tasso di inflazione più basso. Attualmente questo obiettivo non è logico quanto lo era all'inizio degli anni '90. Alla luce della situazione creatasi negli ultimi anni in diversi paesi della zona euro, ciò potrebbe significare un tasso di inflazione inferiore a quello che si registra nei paesi che hanno adottato l'euro. L'obbligo risulta ancora più assurdo in quanto si basa sull'inflazione registrata in tutti gli Stati membri dell'UE e non solo in quelli della zona euro. Recentemente fra i tre paesi presi in considerazione per la definizione del criterio della stabilità dei prezzi applicabile ai paesi che desiderano adottare l'euro c'erano degli Stati membri dell'UE-15 che non fanno parte della zona dell'euro. L'obbligo relativo alla stabilità dei prezzi per i candidati alla moneta unica va pertanto riveduto e, a tal fine, è necessaria una modifica formale del Trattato. Tenuto conto però del fatto che una tale modifica non è prevista neanche nel Trattato costituzionale, essa potrebbe richiedere talmente tanto tempo che la maggior parte dei paesi che desiderano introdurre l'euro si vedrebbero costretti a cercare di soddisfare i requisiti vigenti attualmente. Si dovrebbe piuttosto ricorrere a un'interpretazione più flessibile del Trattato, in base alla quale il criterio decisivo per un'eventuale adozione della moneta unica siano gli obiettivi perseguiti applicando un determinato criterio e non la situazione del momento. Sarebbe logico che, in materia di stabilità dei prezzi, per i paesi candidati alla moneta unica valesse il medesimo obiettivo previsto per i paesi della zona euro. Se tale obiettivo dovesse essere fissato al 2 % ±1 punto percentuale, questo valore dovrebbe valere anche per i paesi candidati all'euro.

2.10.1

Nei paesi che registrano una crescita economica particolarmente sostenuta potrebbe inoltre essere necessario adottare un approccio più flessibile in materia di stabilità dei prezzi. Un'inflazione piuttosto elevata può costituire un aspetto inevitabile dell'adeguamento che un'economia in rapida crescita comporta e l'Irlanda è un valido esempio di questo fenomeno.

2.11

L'inflazione è una misura di natura statistica necessaria per definire la politica economica. I cittadini, tuttavia, vivono l'aumento dei prezzi in maniera diversa, risentendo pesantemente degli aumenti degli affitti, dei prodotti alimentari, dei prezzi del petrolio, ecc. Ben pochi, invece, notano che il prezzo di alcuni prodotti scende. L'aspetto più grave, comunque, è costituito dal fatto che persone diverse reagiscano in maniera molto diversa. Quando l'aumento dei prezzi riguarda essenzialmente i beni di prima necessità, sono le fasce meno abbienti ad essere maggiormente colpite, dal momento che un aumento generale dei prezzi del 2-3 % può determinare un considerevole aumento del costo della vita. I politici devono tenere conto di questi effetti e contrastarli con varie misure politiche. Non si tratta tanto di una questione di ambito di applicazione della politica del bilancio quanto del suo contenuto specifico.

3.   Il Patto di stabilità e di crescita del 2005

3.1

È cambiata la politica degli Stati membri dalla revisione del Patto di stabilità e di crescita, ed è cambiata la valutazione dei diversi paesi effettuata dalla Commissione e successivamente dal Consiglio? In linea di massima la risposta è negativa. Sembrerebbe che solo la Lituania si sia riferita esplicitamente alle definizioni di deficit stabilite dal nuovo Patto. In seguito alla nuova versione del Patto tutti gli Stati membri, nel frattempo, hanno fissato degli obiettivi nazionali a medio termine in materia di finanze pubbliche. Tali obiettivi si basano sull'attuale situazione di ciascun paese.

3.2

A seguito degli sviluppi economici successivi alla revisione del Patto, è logico che quest'ultimo non abbia avuto effetti visibili. Le modifiche introdotte si riferivano per lo più a periodi di congiuntura sfavorevole, mentre recentemente si sono registrati una ripresa dell'economia e miglioramenti rivelati anche dagli indicatori stabiliti dal Patto.

3.3

In base alle prospettive economiche per il 2005 e 2006, soprattutto alla luce degli sviluppi più positivi intervenuti in Germania, ci si può attendere, in generale, un maggiore rispetto degli indicatori del Patto di stabilità e di crescita. Il fatto che ciò avvenga in presenza di prezzi del petrolio estremamente elevati dimostra che i miglioramenti sul piano economico sono alquanto seri. Le conseguenze dell'aumento del prezzo del petrolio possono avere ripercussioni diverse nei vari paesi, a seconda del grado di dipendenza dalle importazioni di greggio. Anche nei periodi di congiuntura favorevole, però, alcuni paesi sono ancora lungi dal realizzare l'equilibrio di bilancio; essi dovrebbero però beneficiare della tendenza positiva registrata in altri paesi dell'UE.

3.4

Nella maggior parte dei paesi, il tasso di crescita realizzato o previsto non è però tale da richiedere l'adozione della linea dura in termini di bilancio prevista dal Patto per migliorare l'equilibrio di bilancio nei periodi di congiuntura favorevole. Fino a quando l'utilizzo delle capacità disponibili non avrà raggiunto un livello tale da provocare pressioni inflazionistiche, l'applicazione di una politica prociclica sarà poco probabile. La disoccupazione è ancora a livelli eccessivi e vi è un notevole margine per una maggiore partecipazione al mercato del lavoro. L'interazione tra politica finanziaria e politica monetaria è soggetta a nuove pressioni rispetto alla congiuntura estremamente sfavorevole degli anni precedenti. Nei periodi caratterizzati da uno sviluppo economico favorevole, la politica economica dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla pianificazione per far fronte ai problemi economici che si verificheranno a causa dello sviluppo demografico.

3.5

In un contesto economico favorevole, gli obiettivi generali dell'UE in materia di bilancio e di debito pubblico non sono sufficienti. Gli Stati membri che hanno già conseguito tali obiettivi non possono adagiarsi sugli allori: è di fondamentale importanza che gli obiettivi nazionali fissati a norma del nuovo Patto di stabilità e di crescita vengano utilizzati anche per migliorare la situazione economica.

3.6

Oltre al fatto che alla base dei problemi incontrati nel rispettare gli indicatori del Patto vi era soprattutto la congiuntura sfavorevole nel periodo precedente al 2005, ci sono delle spiegazioni statistiche di cui solo raramente si tiene conto. In un'economia contraddistinta da un'inflazione bassa, se non addirittura estremamente bassa, il valore reale del debito pubblico rimane invariato. Si tratta di una situazione senza facili soluzioni, ragion per cui è necessario piuttosto introdurre misure concrete per ridurre il debito. Il contrario vale invece in assenza di crescita economica. In presenza di una crescita sostenuta il debito pubblico in quanto percentuale del PIL si riduce senza necessità di intervenire. Per l'equilibrio di bilancio le conseguenze sono simili. In presenza di un'inflazione elevata il valore degli aiuti pubblici si riduce, per cui da un punto di vista statistico l'equilibrio di bilancio migliora. In caso di crescita, le entrate pubbliche aumentano senza bisogno di ricorrere alla pressione fiscale. Negli ultimi tempi l'impatto statistico negativo sul debito pubblico e sull'equilibrio di bilancio è stato soppiantato in una certa misura da effetti statistici positivi.

3.7

Tra le conseguenze degli anni bui vi è la tendenza a un risparmio insolitamente alto. La mancanza di possibilità di investimento in Europa ha determinato una fuga di capitali verso gli Stati Uniti. Con un aumento della fiducia nell'economia derivante da una congiuntura più favorevole, ci si può aspettare che la gente risparmi di meno perché nutrirà minori preoccupazioni per il futuro. Dovrebbe quindi attivarsi un circolo virtuoso grazie ad una domanda sempre più sostenuta.

3.8

Va segnalato infine che la politica finanziaria dell'UE presenta un problema particolare, dovuto al fatto che le persone responsabili della sua definizione ed applicazione cambiano continuamente. Può succedere che in un anno venga sostituito un quarto dei ministri delle finanze, e che i nuovi ministri non si identifichino pienamente con le politiche introdotte dai loro predecessori. L'Ecofin deve quindi prendere un maggior numero di decisioni a lungo termine in modo da evitare che una nuova serie di ministri possa rendere vana una politica già introdotta. Il costante susseguirsi di ministri impedisce anche il costituirsi di un Ecofin dotato della volontà politica di attuare una politica comune.

4.   Gli orientamenti economici e il processo di Lisbona

4.1

«Gli indirizzi di massima per le politiche economiche» esistono dal 1993. Mentre inizialmente vertevano esclusivamente sulla politica finanziaria, si sono successivamente estesi alle questioni occupazionali per inglobare poi, a partire dal 2005, anche gli orientamenti per l'occupazione e l'agenda di Lisbona in modo da costituire un processo unico. Si tratta in pratica di politiche nazionali in merito alle quali la Commissione e il Consiglio formulano degli orientamenti, mentre non sono previste sanzioni pecuniarie come invece avviene nel caso del Patto di stabilità e di crescita.

4.2

La discussione che ha preso piede dalla creazione dell'UEM è stata dominata dallo squilibrio tra una politica monetaria centralizzata e una politica finanziaria di natura prettamente nazionale. Il Patto di stabilità e di crescita è un «ibrido» all'interno del quale esistono anche elementi sanzionatori e di politica comune, mentre gli orientamenti economici si fondano su raccomandazioni che gli Stati membri possono scegliere se seguire o meno.

4.3

Quali sono gli strumenti che permetterebbero di sviluppare gli orientamenti economici? Per individuarli è necessario effettuare una chiara distinzione tra la fissazione degli obiettivi di politica economica e la scelta degli strumenti da adottare per cercare di conseguire tali obiettivi.

4.4

Per quanto riguarda il Patto di stabilità e di crescita, nel dibattito pubblico l'equilibrio di bilancio e il debito pubblico in percentuale del PIL sono ormai considerati dei veri e propri obiettivi. Tuttavia questi due criteri di per sé non rappresentano degli obiettivi ma piuttosto degli indicatori che mostrano in che direzione si orienta la politica. Grazie all'equilibrio o al disavanzo dei bilanci pubblici si creano delle disponibilità di cui ci si può avvalere in caso di recessione economica. Il saldo di bilancio è quindi uno strumento che consente di utilizzare, in un secondo momento, delle risorse finanziarie per stimolare l'economia. A giudizio del CESE, gli indicatori dell'equilibrio di bilancio e del debito pubblico vanno mantenuti, mentre la discussione va portata avanti tenendo conto dei veri obiettivi della politica economica.

4.5

Gli obiettivi globali della politica economica nel suo insieme, vale a dire sia di quella monetaria che di quella finanziaria, sono la stabilità dei prezzi, la crescita e la piena occupazione. Sono questi gli obiettivi che vanno formulati. Il tema della stabilità dei prezzi è già stato affrontato. È pertanto opportuno che gli orientamenti economici poggino anche su definizioni della crescita auspicata e della piena occupazione messe a punto a livello europeo. Ciò solleva seri problemi sul piano pratico. Affinché gli obiettivi siano realistici, vanno messi in relazione con la situazione economica attuale. Ciò significa che può essere necessario modificarli con una certa frequenza e che non possono essere fissati nel lungo periodo, contrariamente all'obiettivo della stabilità dei prezzi.

4.6

Si può discutere dell'opportunità di ricorrere alla crescita come indicatore dello sviluppo economico, dato che il metodo generalmente utilizzato non tiene conto dell'impatto sociale e ambientale. Se invece si prende in considerazione unicamente la crescita economica, esistono due indicatori ormai riconosciuti: la crescita del PIL reale pro capite e la medesima crescita misurata in termini di parità di potere d'acquisto (PPA). Quest'ultima si propone di portare a un denominatore comune la situazione economica effettiva di paesi diversi. L'indicatore prescelto non riveste alcuna importanza dal momento che ciò che si vuole stabilire è il tasso di crescita. Le differenze da un anno all'altro a seconda del tipo di PIL misurato sono minime. Qualche anno fa si è tentato di stabilire il tasso di crescita necessario per determinare un calo della disoccupazione. L'obiettivo era quello di realizzare almeno tale crescita (3 % circa), obiettivo che però può variare col tempo e non dev'essere necessariamente identico per tutte le economie. Tuttavia, alla luce dei problemi incontrati nel ridurre la disoccupazione, è difficile immaginare che essa possa diminuire a partire da un obiettivo di crescita inferiore. Eppure, nel corso degli ultimi anni, solo pochi paesi hanno raggiunto questo livello minimo di crescita.

4.7

Nel confronto tra paesi e scelte politiche intese a promuovere la crescita, è importante effettuare una distinzione tra i due metodi principali adottati per realizzare la crescita. Quest'ultima si realizza infatti grazie ad un aumento della produzione avvalendosi delle stesse tecnologie, solitamente aumentando la manodopera, oppure accrescendo la produttività. In tal caso si produce di più avvalendosi della stessa manodopera. Nei prossimi anni sarà ancora possibile utilizzare il primo metodo, mentre in futuro si potrà ricorrere solo al secondo, a causa delle tendenze demografiche.

4.8

Per quanto riguarda l'occupazione, è decisamente più difficile stabilire un obiettivo. Esso deve infatti presentare due aspetti: da un lato, deve indicare, in proporzione, quanta parte della popolazione in età lavorativa è attiva sul mercato del lavoro (tasso di occupazione) e, dall'altro, deve indicare quante di queste persone sono disoccupate. L'agenda di Lisbona ha fissato degli obiettivi relativi alla proporzione della forza lavoro complessiva (70 %), relativa alle donne (60 %) e alle persone di età compresa tra i 55 anni e l'età pensionabile (50 %).

4.9

Per quanto riguarda la disoccupazione, non sono stati fissati obiettivi espressi in percentuale. Anzitutto, esistono vari metodi per calcolare chi va inserito tra i disoccupati. Tuttavia occorre stabilire almeno due obiettivi, considerato che, da un lato, esiste una disoccupazione aperta e, dall'altro, vi sono persone che rientrano in una qualche forma di iniziativa politica in materia di mercato del lavoro. Dal momento che il numero dei paesi che si avvicinano alla cosiddetta piena occupazione (vale a dire una percentuale minima di disoccupati, che è inevitabile in un'economia dinamica in cui devono esserci dei mutamenti costanti) è estremamente basso, potrebbe invece essere opportuno fissare come obiettivo più a lungo termine una certa riduzione, in percentuale, della disoccupazione.

4.10

In base a tale ragionamento si può concludere che gli orientamenti economici triennali dovrebbero proporre anzitutto un livello minimo di crescita economica e un tasso di riduzione della disoccupazione. Come obiettivo di partecipazione al mercato del lavoro, fino a nuovo ordine si potrebbero mantenere invariate le percentuali definite nel quadro dell'agenda di Lisbona. Per quanto riguarda la politica finanziaria, è necessario un quadro simile a quello della politica monetaria, con obiettivi chiari che consentano di valutare le politiche attuate.

4.11

Il ruolo degli orientamenti economici dovrebbe essere quindi essenzialmente quello di indurre gli Stati membri a riferire in merito alle misure adottate per realizzare gli obiettivi stabiliti, e far sì che in un secondo momento la Commissione e il Consiglio possano valutare fino a che punto i risultati sono stati soddisfacenti. Nel caso della mancata realizzazione degli obiettivi stabiliti, l'UE dovrebbe poter criticare le misure adottate e presentare proposte prendendo come riferimento le politiche che hanno dato risultati positivi in altri paesi. Ogni paese va tuttavia valutato in funzione delle circostanze specifiche in cui si trova e della situazione economica in cui versa al momento della valutazione.

4.12

Dal momento che la politica finanziaria continua a rientrare tra le competenze nazionali, non è del tutto giustificato porre l'accento, come si fa attualmente, sulla situazione economica generale dell'UE al momento di valutare la politica attuata dai singoli paesi. Gli orientamenti di massima per le politiche economiche vanno quindi modificati. Gli orientamenti futuri dovranno fissare degli obiettivi nazionali di natura generale che non dovranno, tuttavia, essere meno ambiziosi di quelli stabiliti per l'UE nel suo insieme, e i singoli paesi andranno valutati in funzione della misura in cui avranno realizzato tali obiettivi.

4.13

Ponendo maggiormente l'accento sulle azioni intraprese dai singoli Stati membri, alla luce della loro situazione economica, e stabilendo legami più stretti con i chiari obiettivi in materia di occupazione fissati dall'agenda di Lisbona, gli orientamenti economici potrebbero trovare un più stretto aggancio con le altre iniziative previste dall'agenda di Lisbona. La politica economica globale potrebbe integrarsi in maniera più naturale nei programmi nazionali di riforma previsti dall'agenda di Lisbona, accelerando così l'attuazione dell'intera agenda.

5.   La formazione dei salari e gli orientamenti economici

5.1

Nel 1999 fu avviato quello che ora viene chiamato il processo di Colonia. Questo forum di discussione sulla politica in corso, che riunisce annualmente l'Ecofin, la BCE, la Commissione e le parti sociali (la CES e l'UNICE/CEEP), pur essendo poco conosciuto, probabilmente ha contribuito in maniera significativa a far sì che i partecipanti acquisissero una maggiore conoscenza reciproca delle loro politiche e delle loro posizioni in materia di politica economica.

5.2

Tale discussione si svolge a due livelli: quello degli esperti e quello di un gruppo di alto livello. Generalmente le riunioni si tengono ogni sei mesi e vertono sull'analisi della situazione economica attuale, nonché sulla politica da attuare.

5.3

Dalle discussioni e conclusioni raggiunte nel 2005 emerge il grado di divergenza tra le parti, sia per quanto riguarda le analisi effettuate che per le misure proposte. Mentre la Commissione sottolinea che la situazione economica ha registrato un miglioramento, la BCE ribadisce l'importanza di attuare una politica di moderazione salariale, concetto che si ritrova naturalmente anche nei contributi dell'UNICE. Il CEEP, inoltre, rammenta la necessità di effettuare investimenti pubblici, mentre l'Ueapme non parla solo dell'importanza di tenere conto delle piccole imprese, ma segnala anche che forse occorrerà accettare un tasso di inflazione più elevato. La CES evidenzia la necessità di stimolare l'economia in generale per dare un impulso alla domanda interna, ribadendo che i salari non rappresentano solamente un costo bensì anche la condizione principale per la domanda e che per molti anni i salariati hanno fatto del loro meglio per contenere l'inflazione accettando degli aumenti salariali inferiori agli aumenti della produttività.

5.4

Vista la situazione appena descritta, ci si può legittimamente chiedere se non sia opportuno rilanciare il processo di Colonia. Ma come si può procedere? Finora il dialogo portato avanti dal processo di Colonia verteva sull'organizzazione di riunioni finalizzate allo scambio di punti di vista. Una possibilità consisterebbe nell'elaborare, nell'intervallo fra le riunioni, studi congiunti sulle interazioni economiche, sull'effetto di diverse misure politiche e su questioni analoghe. Ciò potrebbe contribuire ad avvicinare le parti per quanto riguarda la loro percezione della realtà economica che deve servire da punto di partenza. Questa proposta può essere collegata anche con la precedente proposta del CESE relativa alla creazione di un organismo di studi economici indipendenti. (1)

5.5

Una questione che non ha la stessa valenza ideologica ma che riveste comunque un'importanza determinante per il tipo di politica attuata, è quella dell'attendibilità delle statistiche. La capacità di tutti gli Stati membri di mettere simultaneamente a disposizione le statistiche necessarie dovrebbe essere scontata. Valutare il tipo di politica da attuare in base a dati statistici errati dà risultati catastrofici. Le discussioni che si svolgono nel quadro del processo di Colonia rappresentano forse la sede più opportuna per far comprendere nel modo più adeguato a tutte le parti interessate l'importanza di rispettare gli obblighi in materia di statistiche economiche. Anche il Parlamento europeo ha ripetutamente sottolineato la necessità di statistiche migliori.

5.6

Forse anche il fatto di modificare la struttura formale permetterebbe di animare la discussione. Si dovrebbe rafforzare il ruolo del Parlamento europeo, passando da una presenza formale ad una situazione in cui, in vista di ogni riunione, il Parlamento presenta una risoluzione sulla situazione economica e sulla politica auspicata. Tale valutazione potrebbe essere confrontata con il resoconto più formale che molto probabilmente sarà presentato dalla Commissione. Dovrebbero essere presenti sia l'Ecofin che l'Eurogruppo in modo che non siano rappresentati solo i ministri delle finanze, ma anche i ministri direttamente responsabili della politica finanziaria che va combinata con la politica monetaria della BCE.

5.7

Anche se ogni parte interessata (la BCE, i ministri delle finanze e le parti sociali) risponde della propria politica in maniera indipendente, è assolutamente necessario realizzare una maggiore cooperazione, come del resto auspica il CESE stesso. Essere indipendenti non significa non partecipare al dibattito generale e non vuol dire nemmeno che non bisogna seguire i consigli validi. L'indipendenza non viene meno neanche se una parte si esprime pubblicamente invece di continuare ad affermare che effettua tutte le valutazioni indipendentemente e in piena autonomia. I ministri delle finanze devono essere coerenti e non possono fare delle dichiarazioni a Bruxelles e poi agire diversamente nel loro paese. La Banca centrale europea dovrebbe poter pubblicare i verbali delle sue riunioni, come già fanno le banche centrali di Gran Bretagna e Svezia.

6.   Qual è il legame tra inflazione e crescita?

6.1

A proposito degli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione, il 26 maggio 2005 il Parlamento europeo scriveva che: «(…) la crescita nella zona euro e quella dell'Unione europea a 25 non riescono a conseguire stabilmente il loro livello potenziale e restano troppo deboli, segnatamente nelle quattro principali economie della zona euro; che i consumi dei nuclei familiari restano poco sostenuti e le prospettive economiche per il 2005 e 2006 sono insoddisfacenti, che tali fattori contribuiscono a mantenere alto il tasso di disoccupazione, destinato a calare soltanto lentamente; che malgrado tassi di interesse a livelli minimi dopo la seconda guerra mondiale resta fiacca la propensione agli investimenti (…)».

6.2

La classica dicotomia che ricorre nella letteratura economica è quella tra l'inflazione e la disoccupazione. Sembra che, in termini statistici, buoni risultati su un versante implichino risultati insoddisfacenti sull'altro. Il Comitato, basandosi fra l'altro su considerazioni come quelle del Parlamento, ha preferito invece cercare di mettere in evidenza le relazioni tra inflazione e crescita.

6.3

In una determinata situazione economica si può paragonare la crescita dei paesi con un basso tasso di inflazione con quella dei paesi che presentano un tasso di inflazione elevato. È inoltre possibile osservare come nello stesso paese, con il variare dell'inflazione, vari anche la crescita. Le nostre tabelle non saranno forse scientificamente rigorose, tuttavia mostrano chiaramente che è importante essere consapevoli del legame tra i due fattori per trovare il policy mix più adeguato.

6.4

Osservando che vi sono paesi che presentano un tasso d'inflazione relativamente elevato e un tasso di crescita sostenuto, e altri in cui il tasso d'inflazione è ridotto e il tasso di crescita limitato, sembrerebbe logico chiedersi se vi sia qualcosa di più di un nesso statistico tra inflazione e crescita. Per stabilire se si tratta veramente di nessi casuali, occorre introdurre qualche correzione di carattere statistico, visto che le situazioni economiche e soprattutto i livelli di sviluppo (PIL) possono variare. Occorre altresì accertare se siano state attuate misure economiche particolari che avrebbero potuto determinare una crescita più o meno bassa/alta in presenza di un tasso di inflazione diverso. Ciò significa che ci si concentra spesso su determinati paesi, motivo per cui forse non è possibile giungere ad una conclusione sui nessi generali tra inflazione e crescita.

6.5

Il tasso di crescita pone un vero e proprio problema, almeno per i «vecchi» paesi dell'UE a 15. Secondo le statistiche della Commissione, sembra che la crescita in questi paesi abbia toccato un livello talmente basso da far loro perdere annualmente circa mezzo punto percentuale del PIL rispetto ad altri paesi industrializzati (1995-2005) (2). Nello stesso periodo la domanda interna in tali paesi ha subito un crollo di un punto percentuale circa rispetto agli altri paesi industrializzati. La congiuntura favorevole che ha segnato i primi anni del nuovo millennio era interamente dovuta a un aumento della domanda di prodotti europei in altri paesi. Al fine di mettere a punto una politica più vantaggiosa per il futuro, occorre analizzare le cause di questa evoluzione quasi catastrofica del tasso di crescita.

6.6

Possiamo confrontare questa descrizione dei «costi» di un basso livello di inflazione con un'altra descrizione dei costi di un'inflazione elevata che figura in una lettera trasmessa al Parlamento dall'ex presidente della BCE Wim DUISENBERG: «La definizione quantitativa data dalla BCE della stabilità dei prezzi si riferisce a criteri economici sani e consolidati. Autorizzando solo un tasso di aumento limitato del livello dei prezzi, questa definizione permette di ridurre al minimo i costi dell'inflazione che sono ben noti all'opinione pubblica e ampiamente documentati nella letteratura economica.»

6.7

Nel mettere a punto l'obiettivo ottimale per l'inflazione, è essenziale tenere presente la necessità di evitare i costi dovuti ad un'elevata inflazione, nonché quelli risultanti dalla difficoltà di garantire una crescita soddisfacente. È inoltre importante riconoscere che l'inflazione di per sé non rappresenta né una soluzione né un problema; si tratta piuttosto della flessibilità apportata all'economia da un determinato tasso di inflazione e dell'impatto catastrofico di un'inflazione eccessivamente elevata sulla fiducia, sulla visione a lungo termine e sulla distribuzione del reddito.

6.8

L'allegato riporta i dati sull'inflazione (IAPC e inflazione di fondo) e sulla crescita (crescita reale del PIL) negli Stati membri dell'UE. I dati risalgono all'anno in cui iniziò ad operare la Banca centrale europea.

6.8.1

In linea di massima emerge un periodo contraddistinto da un basso livello di inflazione e da una crescita limitata. Solo nel corso del 2001 e 2002 il tasso di crescita ha raggiunto un livello quasi accettabile, fenomeno questo che in alcuni paesi si è verificato nel 2004. Per quasi tutti questi paesi l'inflazione e la crescita vanno di pari passo. Dopo i tassi di crescita registrati nei primi anni (1999-2000) a seguito della domanda sostenuta sui mercati mondiali, la domanda interna dell'UE non è stata capace di generare un tasso di crescita adeguato. Comunque l'inflazione non ha superato di molto il 2 % né in quel periodo né in questi ultimi anni segnati da una ripresa economica.

6.8.2

Potremmo commentare la situazione nei diversi paesi, ma ci limiteremo a quanto segue:

 

alcuni paesi non rientrano nel quadro contraddistinto da un basso livello di inflazione e da un tasso di crescita limitato, situazione che interessa gran parte dei paesi. L'Irlanda, dove si registra un elevato tasso di inflazione e di crescita, è stata in grado di mantenere un tasso di crescita più sostenuto mentre l'inflazione ha rallentato. La Grecia combina un'elevata inflazione con un elevato tasso di crescita, mentre in Italia e in Portogallo si registra un tasso di inflazione leggermente troppo alto con una crescita virtualmente inesistente. La Spagna registra una crescita soddisfacente con un'inflazione al di sopra del 2 %. Dal dibattito pubblico che vi è in tale paese risulta evidente che la crescita suscita l'interesse dell'opinione pubblica, mentre l'elevato tasso di inflazione preoccupa solo gli economisti. La Finlandia costituisce un caso estremamente insolito in quanto nel 2004 combinava una crescita sostenuta con un'inflazione a tasso 0 (in parte dovuto alla riduzione dell'imposta sugli alcolici). La Slovenia è riuscita a ridurre costantemente l'inflazione mantenendo al medesimo tempo un tasso di crescita abbastanza elevato. La Lituania presenta invece una crescita elevata accompagnata da un'inflazione modesta, ma in aumento. La Repubblica ceca è riuscita ad aumentare la crescita senza far lievitare l'inflazione, mentre in Lettonia si è registrato il maggiore tasso di crescita di tutta l'UE, accompagnato però da un aumento estremamente elevato del tasso di inflazione.

6.8.3

Se l'inflazione costituisce il metro per misurare la domanda globale di una determinata economia, allora si deve dedurre che, fatte salve poche eccezioni, sia l'una che l'altra sono state troppo basse. Dal momento che è difficile realizzare degli adeguamenti sufficienti in economia se la variazione globale dei prezzi è minima, si può dire che l'inflazione abbia costituito un ostacolo alla crescita. Si tratta di un'affermazione politicamente scorretta, nonostante sia generalmente accettato che un certo livello di inflazione è indispensabile per lubrificare gli ingranaggi di un'economia dinamica. Nell'attuale economia globalizzata i cambiamenti dinamici sono diventati un presupposto indispensabile per far fronte alla concorrenza internazionale.

6.8.4

La stabilità e una politica monetaria credibile non dipendono da un tasso d'inflazione al di sotto del 2 %. Un livello leggermente più elevato come misura della stabilità dei prezzi non pregiudicherebbe la stabilità stessa. È più importante sapere di poter contare sulla capacità e sulla volontà di controllare l'inflazione, in modo da poter conseguire l'obiettivo stabilito.

6.9

È possibile approfondire questa analisi ricorrendo a serie temporali riferite all'inflazione di fondo. Ad eccezione del 2005, il differenziale tra l'indice dei prezzi al consumo e l'evoluzione dei prezzi (esclusi i prezzi dell'energia) è stato abbastanza limitato. Uno studio più dettagliato delle politiche specifiche attuate da paesi in cui si registra un rapporto positivo inflazione/crescita (ad esempio inflazione bassa rispetto al tasso di crescita) dovrebbe offrire una buona base per una futura operazione di benchmarking.

6.10

L'allegato riporta inoltre dati relativi alla produttività per ora lavorata. Si tratta di dati che si riferiscono non tanto alle tendenze registrate in singoli paesi quanto alla loro evoluzione rispetto alla media dell'UE-15. La tabella mostra anche se ogni singolo paese si è avvicinato a tale media.

6.10.1

La situazione non dovrebbe registrare rapidi cambiamenti nell'arco di sei anni, e ciò vale per la maggior parte dei paesi. Vi sono tuttavia diverse eccezioni, tra cui la Grecia, ad esempio, che, nonostante il basso livello di produttività, si sta rapidamente portando al livello degli altri paesi. L'Irlanda, poi, ha attualmente superato la media e continua a far registrare un incremento della produttività. Nello stesso periodo l'Italia ha perso terreno, come pure il Portogallo, che oltretutto era partito da un livello assai basso.

6.10.2

Anche in questo caso potrebbe essere utile procedere ad un'analisi più approfondita. Sarebbe ad esempio interessante stabilire fino a che punto le variazioni della produttività abbiano inciso sul tasso di crescita, in che misura i diversi tassi di aumento della produttività dipendano da differenze a livello dell'innovazione e degli investimenti, in che misura le differenze dei sistemi di istruzione determinino differenze sul piano dell'innovazione o che altre procedure esistano per aumentare la produttività. Il CESE invita pertanto la Commissione ad esaminare il nesso tra gli obiettivi relativi alla crescita globale e all'occupazione e, ad esempio, l'aumento della produttività e i livelli di inflazione.

6.11

Una conclusione preliminare che fin d'ora si può trarre dalle statistiche relative all'inflazione e alla crescita è che occorre migliorare il coordinamento tra la politica monetaria e quella finanziaria, in modo che la stabilità dei prezzi, la crescita e l'occupazione siano obiettivi importanti per tutti i responsabili della politica economica: Banca centrale europea, Commissione, Ecofin, parti sociali e Stati membri. Se tutte le parti coinvolte si propongono lo stesso obiettivo, cioè se fondano le misure proposte sui tre obiettivi di cui sopra, esse saranno poi obbligate anche a tenere conto di tutte le conseguenze derivanti dalle proposte avanzate. Le misure più indicate per conseguire la stabilità dei prezzi in una data situazione economica possono essere totalmente inadeguate in un'altra. In determinati contesti possono promuovere la crescita e l'occupazione, mentre in altri possono avere esattamente l'effetto opposto.

6.12

Nel Bollettino mensile della BCE del 24 febbraio 2004 si ritrova il segno di una nuova consapevolezza in seno alla BCE, consapevolezza che potrebbe rappresentare la base di una nuova politica globale. Nel documento vengono indicati i principali fattori intesi ad incentivare gli investimenti, ovvero una redditività soddisfacente, sufficienti possibilità di accedere ai finanziamenti e condizioni tali da garantire la domanda.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU C/2006/88/68 «Il rafforzamento della governance economica — La riforma del Patto di stabilità e di crescita».

(2)  Base dati Ameco della Commissione europea

(http://ec.europa.eu/economy_finance/indicators/annual_macro_economic_database/ameco_en.htm). Confronto tra la crescita del PIL nell'UE 15 e quella registrata in un gruppo di paesi industrializzati di riferimento (costituito da USA, Canada, Giappone, Corea, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia e Svizzera).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/57


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca centrale europea Terza relazione sui preparativi pratici per il futuro allargamento dell'area dell'euro

COM(2006) 322 def

(2006/C 324/22)

La Commissione, in data 13 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato, in data 4 luglio 2006, la sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, il 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria ha nominato relatrice generale ROKSANDIĆ e ha adottato il seguente parere con 102 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Sintesi

1.1

Il Comitato esprime alla Commissione il suo apprezzamento per questa relazione che presenta in modo accurato e dettagliato il processo di preparazione all'introduzione dell'euro in Slovenia e i progressi realizzati nei dieci Stati membri che dovrebbero adottare l'euro una volta soddisfatte le condizioni stabilite a tal fine.

1.2

Il Comitato invita la Commissione a prendere in considerazione e rispettare, per quanto possibile, le sue osservazioni in materia al momento di elaborare le future relazioni e raccomandazioni.

2.   Sintesi della relazione della Commissione

2.1

Il documento della Commissione è una normale relazione annuale, la terza dal 2004, sui progressi realizzati dagli undici Stati membri (1) che dovrebbero adottare l'euro ed entrare nell'area dell'euro una volta soddisfatti i criteri necessari a tal fine. A motivo dell'allargamento anticipato dell'area dell'euro alla Slovenia il 1o gennaio 2007 (2), la relazione in esame viene pubblicata in anticipo rispetto alla normale scadenza del mese di novembre, e mette l'accento in particolare sui preparativi in corso in questo Stato membro, pur occupandosi dello stato di avanzamento dei preparativi pratici a livello nazionale negli altri dieci paesi.

2.2

Nel quadro del processo di allargamento dell'area dell'euro, materia che rientra nella responsabilità politica degli Stati membri, la Commissione sottolinea l'importanza di una pianificazione rigorosa e di preparativi pratici approfonditi e completi, cui devono partecipare i settori pubblico e privato e anche la popolazione. La Commissione nelle conclusioni cita le ulteriori misure che la Slovenia deve adottare, la necessità di accelerare i preparativi negli altri Stati membri e di rafforzare la maggior parte dei piani nazionali di passaggio all'euro.

3.   Osservazioni generali

3.1

È la prima volta che il Comitato esamina la relazione della Commissione sui preparativi pratici per il futuro allargamento dell'area dell'euro, la terza pubblicata dalla creazione della zona euro nel 2002. Appare tuttavia importante sottolineare che il passaggio all'euro non va esaminato e considerato soltanto come un progetto tecnico, ma come un grande cambiamento con rilevanti conseguenze economiche, monetarie e sociali.

3.2

Se non vi possono essere dubbi sul fatto che spetta agli stati membri stessi assicurare il successo del passaggio all'euro, occorre nondimeno mettere l'accento sull'indispensabile partecipazione di tutte le organizzazioni della società civile in quanto esse rappresentano diversi gruppi d'interesse e ne assicurano la partecipazione attiva in tutti gli Stati membri di cui è previsto l'ingresso nell'area dell'euro. L'attuale allargamento dell'area dell'euro si effettua paese per paese, contrariamente all'introduzione dell'euro nel 2002, avvenuta simultaneamente in 12 paesi. Nel 2001, il Comitato osservava che questo processo aveva beneficiato non solo di abbondanti risorse, ma anche dell'impegno degli attori interessati e di un grande sforzo di preparazione e coinvolgimento della popolazione (3). Assicurare che avvenga lo stesso in Slovenia, che si trova a meno di tre mesi dal momento del passaggio all'euro, rimane un compito particolarmente importante e addirittura indispensabile.

3.3

In base ai sondaggi (4) l'opinione pubblica slovena era quella meglio informata sul tema dell'euro tra tutte quelle destinate ad entrare nella zona euro; a questa situazione ha dato un grande contributo la campagna d'informazione condotta con fondi nazionali e comunitari. Tuttavia, preoccupa il fatto che, se si ci si basa sull'ultima indagine di Eurobarometro dell'aprile 2006, l'opinione pubblica slovena è anche la più scettica quanto all'impatto del passaggio all'euro sull'inflazione, persino più scettica dell'opinione pubblica dei paesi considerati più scettici (5) nei confronti dell'euro.

3.4

Il controllo sui prezzi, tanto dei beni come dei servizi, e in particolare dei servizi del settore pubblico, prima del passaggio all'euro e durante un certo periodo dopo la sua introduzione, può contribuire a ridurre lo scetticismo della popolazione riguardo agli effetti negativi dell'introduzione della nuova moneta e limitare le possibilità di aumenti e arrotondamenti ingiustificati dei prezzi nel passaggio da una moneta all'altra. La risoluzione del Parlamento europeo (6) sull'allargamento dell'area dell'euro si sofferma su questioni analoghe.

3.5

La cooperazione volontaria tra le organizzazioni dei consumatori e i commercianti è benvenuta, ma non è sufficiente. La pubblicazione trimestrale dei risultati del controllo sui prezzi dei beni alla vigilia dell'introduzione dell'euro non sembra bastare a ridurre al minimo le conseguenze negative del passaggio all'euro agli occhi della popolazione.

4.   Raccomandazioni specifiche

4.1

Il Comitato invita la Commissione a raccomandare agli stati membri di fare in modo che, durante i loro preparativi per l'introduzione dell'euro, oltre alla necessaria campagna d'informazione in materia, tutti i gruppi d'interesse siano coinvolti nel processo con l'aiuto delle organizzazioni della società civile. Gli Stati membri e l'Unione europea devono a tal fine destinare risorse finanziarie per formare i diversi gruppi d'interesse e prepararli a lavorare e vivere con la nuova moneta, l'euro.

4.2

Sarebbe necessario pensare seriamente all'istituzione di un controllo sui prezzi dei servizi del settore pubblico e di un monitoraggio mensile delle variazioni dei prezzi dei beni e servizi, particolarmente nel corso dei sei mesi precedenti l'introduzione dell'euro e almeno nei 12 mesi successivi. Gli Stati membri potrebbero così correggere i punti deboli dell'introduzione dell'euro constatati nel 2002 e negli allargamenti ulteriori.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  I dieci paesi che hanno aderito all'UE il 1o maggio 2004 sono «Stati membri con deroga» ai sensi dell'articolo 4 del Trattato di adesione. La Svezia è uno stato membro con deroga dal maggio 1998.

(2)  Decisione del Consiglio 2006/495/CE e regolamento (CE) del Consiglio n. 1086/2006, ambedue datati 11 luglio 2006.

(3)  GU C 155 del 29.5.2001.

(4)  Allegato alla terza relazione della Commissione, documento di lavoro SEC(2006) 785, pag. 25.

(5)  Ibidem pag. 31.

(6)  Risoluzione del PE sull'allargamento dell'area dell'euro del 1o giugno 2006, punto 12.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale

COM(2006) 16 def. — 2006/0006 (COD)

(2006/C 324/23)

Il Consiglio, in data 24 febbraio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 149 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore GREIF.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione plenaria di ottobre e ha designato GREIF come relatore generale, conformemente all'art. 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 118 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni.

1.   Messaggi politici importanti del CESE

1.1

Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento d'applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei regimi nazionali di sicurezza sociale e la considera un importante passo avanti a favore della libera circolazione nell'Unione.

1.2

Il CESE giudica opportuno, soprattutto nel corso dell'Anno europeo della mobilità dei lavoratori, invitare gli Stati membri a far sì che il regolamento in esame entri in vigore quanto prima. Solo in questo modo, infatti, potrà essere applicato il nuovo regolamento (CE) n. 883/2004, con i relativi miglioramenti e semplificazioni.

1.3

Una rapida adozione del regolamento non avrebbe soltanto un valore simbolico: si tratterebbe infatti di un atto concreto volto a dare maggiori opportunità di mobilità ai cittadini dell'UE. L'attuazione del regolamento (CE) n. 883/2004 e del regolamento in esame comporterebbe, per tutti gli utenti, numerose semplificazioni, chiarimenti e miglioramenti in materia di coordinamento dei regimi di sicurezza sociale.

1.4

Il CESE accoglie con particolare favore l'estensione del campo di applicazione del regolamento, sia in termini di soggetti che di fattispecie (rispettivamente, campi di applicazione personale e materiale), e tutte le disposizioni volte a migliorare la cooperazione tra le istituzioni di sicurezza sociale.

1.5

Il CESE invita la Commissione ad intraprendere quanto prima tutti i passi necessari per adeguare tutti quei regolamenti e Trattati che estendono il campo di applicazione del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale al SEE, alla Svizzera, alla Groenlandia e ai cittadini dei paesi terzi. Tali regolamenti e Trattati fanno tutti riferimento al regolamento (CEE) n. 1408/71 e al suo regolamento di applicazione (CEE) n. 574/72. Le modifiche derivanti dal nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 devono essere apportate, al più tardi, prima dell'inizio della sua applicazione.

1.6

Per quanto concerne l'attuazione di procedure migliori e più rapide per lo scambio di dati, il CESE riconosce le potenzialità di riduzione degli oneri amministrativi nonché i vantaggi relativi all'accelerazione delle procedure per gli assicurati nelle questioni transfrontaliere. Tuttavia, il CESE aggiunge che la semplice riduzione dei termini di trasmissione non costituirà di per sé una svolta decisiva. L'auspicata efficienza nei tempi di trattamento si potrà ottenere soltanto se le istituzioni negli Stati membri garantiranno, al tempo stesso, l'apporto di personale sufficiente e qualificato come pure risorse tecniche adeguate.

1.7

Inoltre, in relazione con la prospettiva futura di un sempre maggiore ricorso alla trasmissione di dati per via elettronica, il CESE sottolinea che si tratta di una serie di dati personali sensibili (riguardanti, tra l'altro, la salute, l'invalidità, la disoccupazione). Pertanto bisogna assolutamente garantire che questi dati siano adeguatamente protetti e non finiscano nelle mani sbagliate.

1.8

Il CESE invita inoltre a sfruttare le esperienze acquisite nel quadro dell'introduzione della carta europea di assicurazione malattia, anche per quanto riguarda le carenze registrate in taluni Stati membri relativamente alla concreta applicazione del dispositivo. Gli Stati membri, infatti, sono tenuti ad adottare misure appropriate affinché i cittadini europei possano godere appieno dei vantaggi apportati dalle nuove regolamentazioni, in particolare nel campo dell'assicurazione malattia.

1.9

Il Comitato approva espressamente tutte quelle misure, contenute nel regolamento di applicazione, volte a garantire maggiore sicurezza giuridica e trasparenza a tutti gli utilizzatori del regolamento. Nel passato, infatti, è talvolta accaduto che i debiti risultanti dalle compensazioni tra le istituzioni dei vari Stati membri non siano stati saldati neanche dopo anni. Il CESE auspica che il livello della disciplina di pagamento tra i diversi Stati venga considerevolmente elevato. Tuttavia, le regole per il recupero dei crediti non pagati continuano ad essere scarsamente applicate.

1.10

Il CESE si chiede se, tramite le disposizioni del regolamento e delle modalità di applicazione, in particolare attraverso l'estensione del campo di applicazione alle persone economicamente non attive, non si rischi di innescare un processo suscettibile di danneggiare i sistemi di sicurezza sociale particolarmente sviluppati dell'UE e di avviare una tendenza all'abbassamento del livello delle prestazioni. A questo proposito il CESE giudica necessario adottare delle misure che consentano di disporre di dati comparabili e affidabili, in grado di indicare il livello attuale e quello prevedibile della prestazione transfrontaliera di servizi sanitari e sociali nell'UE. Particolare interesse rivestono le modifiche che accompagnano l'applicabilità del regolamento (CE) n. 883/2004.

1.11

Infine, il Comitato invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare le misure intese a portare alla conoscenza di tutti i potenziali utilizzatori del regolamento le disposizioni relative al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e i vantaggi che ne derivano. Secondo il Comitato è indispensabile avviare immediatamente i preparativi necessari a questo fine.

2.   Introduzione

2.1

Attualmente, il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale è assicurato dal regolamento (CEE) n. 1408/71 e dal suo regolamento di applicazione (CEE) n. 574/72. Nel corso degli anni i due regolamenti sono stati modificati e aggiornati a più riprese. Il regolamento (CEE) n. 1408/71 deve essere sostituito dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, già adottato il 29 aprile 2004.

2.2

I suddetti regolamenti relativi al coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale sono intesi a definire le misure necessarie alle persone assicurate per viaggiare, soggiornare o risiedere in un altro Stato membro senza perdere i loro diritti alla sicurezza sociale. Per garantire il mantenimento di tali diritti, i regolamenti prevedono diverse modalità che rispondono alle esigenze specifiche dei vari settori della sicurezza sociale, nonché principi relativi al funzionamento concreto di detto coordinamento. Le disposizioni in esame sono quindi intese al coordinamento e non all'armonizzazione dei sistemi nazionali.

2.3

Ai sensi dell'articolo 89 del nuovo regolamento (CE) n. 883/2004, le modalità di applicazione di quest'ultimo saranno definite da un ulteriore regolamento. Solo con l'adozione del regolamento, la cui proposta (presentata il 31 gennaio 2006 [COM(2006) 16 def.]) è oggetto del presente parere, potrà essere applicato il regolamento (CE) n. 883/2004, che è già entrato in vigore. Fino a tale adozione, continuano ad applicarsi, senza restrizioni, il regolamento (CEE) n. 1408/71 e il suo regolamento di applicazione (CEE) n. 574/72.

2.4

Nella prassi legislativa comunitaria in materia di coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale negli Stati membri è invalsa la distinzione tra regolamento di base e regolamento di applicazione: nel primo vengono stabiliti i principi, mentre nel secondo vengono definiti piuttosto gli aspetti «tecnici».

2.4.1

La proposta di regolamento di applicazione può quindi essere considerata una sorta di «manuale di istruzioni» per il regolamento (CE) n. 883/2004. Essa deve quindi chiarire tutte le questioni di tipo amministrativo e procedurale ancora in sospeso, nonché affrontare determinati aspetti del coordinamento comunitario che richiedono procedure specifiche.

2.4.2

Ad esempio, nel settore delle pensioni di vecchiaia, occorre precisare quale procedura deve seguire un assicurato per chiedere la liquidazione della sua pensione, presso quale istituzione deve presentare la sua domanda quando ha lavorato in più Stati membri e in che modo le istituzioni devono scambiarsi informazioni per tenere conto della carriera completa dell'interessato e calcolare, ciascuna per ciò che la riguarda, la pensione da versare.

2.5

Tuttavia, nella pratica, non ci si attiene in modo così rigoroso alla distinzione tra «principi» e «aspetti tecnici»: alcuni punti trattati nel regolamento di applicazione, infatti, dovrebbero invece figurare nel regolamento di base (CE) n. 883/2004.

2.5.1

Fortunatamente, i negoziati relativi al regolamento (CE) n. 883/2004, durati più di sei anni, si sono conclusi positivamente nell'aprile 2004, ancor prima dell'ultimo allargamento dell'UE, evitando così un'ulteriore proroga. Di conseguenza il regolamento (CE) n. 883/2004 è rimasto in parte incompleto (cfr. ad esempio gli allegati ancora in bianco, soprattutto l'allegato XI). Nel regolamento di applicazione in esame devono quindi essere disciplinate alcune questioni sostanziali che in linea di principio avrebbero dovuto figurare nel regolamento di base (CE) n. 883/2004. Si tratta in particolare di aspetti relativi alla compensazione finanziaria tra le istituzioni di sicurezza sociale. Per quanto concerne, invece, i diritti dei cittadini, non vi sono questioni sostanziali in sospeso.

2.5.2

Nell'ambito del presente parere il CESE presterà particolare attenzione alle predette questioni sostanziali.

3.   Sintesi del regolamento di applicazione

3.1

Le modalità di applicazione in esame sono finalizzate a conseguire i seguenti obiettivi:

semplificazione e snellimento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative,

chiarimento dei diritti e dei doveri di tutte le parti interessate al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (istituzioni di sicurezza sociale, autorità competenti, datori di lavoro e assicurati, lavoratori dipendenti e autonomi),

rafforzamento della cooperazione tra le istituzioni di sicurezza sociale per evitare che l'onere delle procedure gravi principalmente sugli assicurati,

alleggerimento, per gli assicurati, delle procedure per il rimborso o il pagamento delle prestazioni nelle situazioni transfrontaliere, come pure riduzione dei tempi di risposta e di trattamento,

attuazione di procedure migliori e più rapide per lo scambio di dati (in particolare, impiegando metodi elettronici di scambio di informazioni e lavorando su documenti elettronici),

riduzione dei costi amministrativi (tra l'altro, grazie a una maggiore efficienza nel rimborso dei crediti tra le istituzioni di sicurezza sociale),

progressi nella lotta contro le frodi e gli abusi (tra l'altro, attraverso meccanismi efficaci per il recupero transfrontaliero dei crediti).

3.2

Il nuovo regolamento di applicazione differisce notevolmente, nella sua struttura, dal regolamento (CEE) n. 574/72, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71. Ciò dipende soprattutto dal fatto che il nuovo regolamento di applicazione è basato sul nuovo regolamento (CE) n. 883/2004, che in alcuni punti è sostanzialmente diverso dal regolamento (CEE) n. 1408/71. In primo luogo vanno menzionate a questo proposito le differenze relative al campo di applicazione personale e materiale, che nel nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 risulta più esteso rispetto al regolamento (CEE) n. 1408/71 in vigore. Inoltre, nel nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 l'accento viene posto sulle disposizioni e sulle definizioni generali, invece che sulle disposizioni specifiche come avveniva invece nel regolamento (CEE) n. 1408/71 nei capitoli riguardanti le varie categorie di prestazioni sociali.

3.2.1

Il regolamento (CEE) n. 1408/71 era originariamente rivolto soltanto ai lavoratori subordinati e ai loro familiari. All'inizio degli anni '80 il campo di applicazione è stato esteso ai lavoratori autonomi e, alla fine degli anni '90, anche ai dipendenti pubblici e agli studenti.

3.2.2

Per rientrare nel campo di applicazione di tale regolamento è necessario possedere la cittadinanza di uno Stato membro oppure avere la residenza in uno Stato membro in qualità di apolide o profugo. Sono compresi anche i familiari e i superstiti.

3.2.3

I superstiti vi rientrano a condizione che abbiano la cittadinanza di uno Stato membro, mentre in questo caso la cittadinanza della persona da cui derivano i diritti è irrilevante.

3.2.4

Invece, il regolamento (CE) n. 883/2004 si applica ormai a tutti i cittadini dell'UE che siano assicurati nel quadro delle pertinenti legislazioni nazionali, quindi anche alle persone non attive.

3.2.5

Anche il campo di applicazione materiale è stato ampliato rispetto al regolamento (CEE) n. 1408/71: nel nuovo regolamento (CE) n. 883/2004, infatti, sono state aggiunte alle disposizioni esistenti anche le prestazioni di pensionamento anticipato e le prestazioni di maternità e di paternità assimilate. Invece, a differenza di quanto stabilito nel regolamento (CEE) n. 1408/71, nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 non rientrano più gli anticipi sugli alimenti.

3.2.6

Il regolamento (CE) n. 883/2004 si applica ora a tutte le disposizioni riguardanti i seguenti settori della sicurezza sociale: a) prestazioni di malattia; b) prestazioni di maternità e di paternità assimilate; c) prestazioni di invalidità; d) prestazioni di vecchiaia; e) prestazioni per i superstiti; f) prestazioni per infortunio sul lavoro e malattie professionali; g) prestazioni in caso di morte; h) prestazioni di disoccupazione; i) prestazioni di pensionamento anticipato; j) prestazioni familiari.

3.3

L'estensione del campo d'applicazione richiede talune nuove regole e procedure specificamente destinate a questi nuovi gruppi di beneficiari. Tra queste figurano anche le disposizioni riguardanti la legislazione applicabile al computo dei periodi dedicati all'educazione dei figli delle persone che non hanno mai esercitato un'attività lavorativa subordinata o autonoma nei vari Stati membri nei quali hanno risieduto.

3.4

La proposta di regolamento di applicazione è allineata sulla struttura del regolamento di base (CE) n. 883/2004: il titolo I contiene le disposizioni generali, il titolo II la determinazione della legislazione applicabile, il titolo III le disposizioni specifiche riguardanti le varie categorie di prestazioni, seguite dalle disposizioni finanziarie (titolo V) e dalle disposizioni transitorie e finali. Nelle osservazioni specifiche riguardanti singoli articoli del regolamento, il Comitato si concentrerà sulle disposizioni generali e sulla determinazione della legislazione applicabile, e in misura minore sui dettagli relativi alle varie categorie di prestazioni.

3.4.1

Gli allegati del regolamento di applicazione sono attualmente ancora in bianco e devono essere completati. Essi portano i seguenti titoli: «Disposizioni di applicazione di convenzioni bilaterali mantenute in vigore e nuove disposizioni di applicazione di convenzioni bilaterali» (allegato 1); «Regimi speciali applicabili a pubblici dipendenti» (allegato 2); «Stati membri che rimborsano i costi delle prestazioni su base forfettaria» (allegato 3); e «Autorità e istituzioni competenti, istituzioni del luogo di residenza e di dimora, punti d'accesso, istituzioni e organismi designati dalle autorità competenti» (allegato 4).

3.5

Inoltre, diverse misure e procedure previste dal presente regolamento sono intese ad accrescere la trasparenza dei criteri che le istituzioni degli Stati membri devono applicare nel quadro del regolamento (CE) n. 883/2004.

3.5.1

Sono state così riunite, nelle disposizioni generali di cui al titolo I del regolamento (CE) n. 883/2004, numerose definizioni che nel regolamento (CEE) n. 1408/71 erano suddivise tra i diversi settori della sicurezza sociale, e quindi, in alcuni casi, erano trattate in modo non omogeneo. Viene posta maggiore enfasi sulle definizioni generali e vi sono meno definizioni nei singoli capitoli. Così, nel nuovo regolamento non tutte le categorie di prestazioni vengono trattate come compartimenti stagni, cui si devono applicare disposizioni specifiche.

3.5.2

Anche l'articolo 5 (Assimilazione di prestazioni, redditi, fatti o avvenimenti) costituisce un importante passo avanti, poiché stabilisce che fatti o avvenimenti verificatisi in un altro Stato membro vanno trattati come se fossero avvenuti nel proprio territorio nazionale.

3.6

I contenuti del regolamento di base e del regolamento di applicazione riguardano soltanto le situazioni di carattere transfrontaliero concernenti almeno due Stati membri. Solo in questi casi vi sono obblighi supplementari per gli assicurati o per i datori di lavoro, ad esempio la notifica all'istituzione di sicurezza sociale del distacco di un lavoratore. Gli eventuali obblighi specifici degli assicurati o dei datori di lavoro negli Stati membri competenti restano comunque prerogativa degli Stati membri e non sono modificati dal regolamento di base o di applicazione.

4.   Osservazioni di carattere generale

4.1

Il CESE accoglie con favore la presentazione di un regolamento di applicazione per il nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. La proposta costituisce un passo avanti nella creazione di migliori condizioni per la libera circolazione nell'Unione. Essa non presenta problemi di rilievo per i diversi utilizzatori delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri e neanche disposizioni ravvisabili come problematiche per gli assicurati.

4.2

In compenso, la proposta di regolamento contiene numerose semplificazioni, chiarimenti e miglioramenti. Il CESE approva in particolare l'estensione del campo di applicazione materiale e personale del regolamento nonché tutte le disposizioni volte a migliorare la cooperazione tra le istituzioni di sicurezza sociale.

4.2.1

L'estensione del campo di applicazione personale ha effetti considerevoli sul numero dei beneficiari, soprattutto in quei paesi in cui la copertura assicurativa è collegata alla residenza. Nei paesi in cui tale copertura è collegata piuttosto all'attività lavorativa, l'effetto è meno evidente: in questo caso, i nuovi gruppi di beneficiari saranno molto pochi.

4.3

Il CESE ribadisce quindi l'invito, già formulato in precedenti pareri e rivolto in particolare agli Stati membri, ad accelerare il più possibile l'esame della proposta di regolamento di applicazione e ad impegnarsi al massimo per far sì che entri in vigore quanto prima. Il nuovo regolamento relativo al coordinamento e i miglioramenti e le semplificazioni da esso apportati devono entrare in vigore al più presto (1).

4.4

La proposta di regolamento recante le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 arriva con un ritardo di circa un anno e mezzo dall'adozione del regolamento (CE) n. 883/2004, ed è sul tavolo sin dall'inizio del 2006. In ragione della complessità e dell'ampiezza dei temi da affrontare, ma anche delle numerose questioni in sospeso, ci vorrà indubbiamente ancora del tempo prima che tutti i punti specifici relativi all'applicazione e alle procedure nei singoli Stati membri e nelle loro rispettive istituzioni vengano chiariti in sede di Consiglio e nelle commissioni amministrative.

4.4.1

Si prevede che il regolamento di applicazione entri in vigore all'inizio del 2008. Come disposto all'articolo 91, il regolamento entra in vigore soltanto sei mesi dopo il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Questo lasso di tempo sembra necessario ma anche sufficiente per l'adeguamento dei sistemi alle nuove normative. Si deve assolutamente evitare una proroga dell'intervallo di sei mesi tra la pubblicazione e l'entrata in vigore.

4.4.2

Per rendere il regolamento di base applicabile in tempi brevi, il CESE invita gli Stati membri a fornire sin d'ora alle loro istituzioni di sicurezza sociale il personale e le risorse tecniche necessarie ad un rapido adeguamento. Occorre impiegare gli strumenti esistenti degli attori e utenti a livello nazionale, in particolare le reti TRESS (2), che, a livello degli Stati membri, riuniscono gli ambienti e i soggetti interessati, al fine di valutare adeguatamente l'applicazione pratica del regolamento dopo la sua entrata in vigore nei singoli Stati membri. Il CESE invita la Commissione a sostenere queste misure. Bisogna assolutamente evitare che l'intervallo di sei mesi tra la pubblicazione e l'entrata in vigore sia prolungato.

4.5

Anche il regolamento (CE) n. 883/2004 verrà ulteriormente rielaborato, e, a questo proposito, va menzionato in particolare l'allegato XI. Al momento dell'adozione del regolamento nel 2004 tale allegato era stato lasciato in bianco, e il suo contenuto viene ora discusso ed esaminato dal gruppo di lavoro del Consiglio in combinazione e parallelamente al regolamento di applicazione.

4.5.1

L'allegato XI non riguarda soltanto il regolamento (CE) n. 883/2004, ma anche lo stesso regolamento di applicazione. I due testi non possono essere considerati separatamente. L'allegato XI è intitolato «Modalità particolari di applicazione delle legislazioni degli Stati membri», ed il suo contenuto verrà definito dal Parlamento europeo insieme con il Consiglio, in ogni caso prima della data dell'entrata in vigore del regolamento di applicazione.

4.5.2

In tale allegato possono essere definite procedure specifiche relative all'applicazione di talune disposizioni legislative: in questo modo gli Stati membri tentano di mantenere talune disposizioni nazionali. L'allegato XI costituisce un punto particolarmente delicato del regolamento, data la grande quantità di interventi possibili. Il CESE prenderà quindi una posizione specifica al riguardo in collegamento diretto con il presente parere.

4.6

Soprattutto in considerazione della decisione della Commissione di dedicare l'anno 2006 alla mobilità dei lavoratori, il perseguimento di interessi particolari non deve più ritardare l'entrata in vigore del nuovo regolamento (CE) n. 883/2004 e quindi l'attuazione di tutti i miglioramenti già stabiliti. Una rapida adozione del regolamento non rivestirebbe soltanto un valore simbolico: essa costituirebbe infatti un atto concreto volto ad aumentare le possibilità di mobilità dei cittadini dell'UE (3).

4.7

Il CESE fa rilevare che il regolamento (CEE) n. 1408/71 e il suo regolamento di applicazione n. 574/72 continueranno ad applicarsi a specifici gruppi di persone anche dopo che il regolamento di applicazione in esame sarà entrato in vigore (rendendo così applicabile il regolamento (CE) n. 883/2004), fintanto che altri regolamenti o accordi non saranno stati modificati (cfr. articolo 90 del regolamento di base e articolo 90 del regolamento di applicazione).

4.7.1

Il campo di applicazione delle norme per il coordinamento delle sicurezza sociale del regolamento (CEE) n. 1408/71 è stato esteso, nel corso degli anni, a nuovi gruppi di persone. Tale estensione non è però avvenuta nel quadro dello stesso regolamento (CEE) n. 1408/71, bensì attraverso regolamenti o accordi specifici supplementari.

4.7.2

Da un lato, ciò interessa l'applicabilità delle norme di coordinamento ai cittadini dei paesi terzi, ai loro familiari e superstiti, disciplinata dal regolamento (CE) n. 859/2003. Dal 1o giugno 2003 le norme di coordinamento si applicano tanto ai cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro quanto ai cittadini dell'UE. Va sottolineato che l'estensione del campo di applicazione ai cittadini di paesi terzi riguarda soltanto le situazioni di carattere transfrontaliero di tali assicurati tra almeno due Stati membri dell'UE, e non le situazioni transfrontaliere tra il loro paese di origine e uno Stato dell'UE.

4.7.3

Dall'altro lato, già dal 1994 le disposizioni dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e n. 574/72 sono applicabili agli Stati membri del SEE e ai loro cittadini. L'accordo di libera circolazione con la Svizzera, in vigore dal 1o giugno 2002, estende le norme di coordinamento anche alle relazioni con questo paese. Il regolamento (CEE) n. 1661/85 ha esteso l'applicazione di tali norme anche alla Groenlandia e ai suoi cittadini.

4.7.4

Tutto questo ha determinato un'estensione del campo di applicazione territoriale anche per i cittadini dell'UE. Gli Stati del SEE e la Groenlandia sono stati infatti assimilati agli Stati dell'UE. Per realizzare la parità di trattamento in campo sociale tra cittadini della Comunità e dei paesi terzi, bisogna che questo stato di cose venga mantenuto. Se si vuole che questa estensione del campo di applicazione valga anche per il regolamento (CE) n. 883/2004, occorre modificare in tal senso i regolamenti in questione.

4.8

A questo proposito, il CESE chiede che i regolamenti e gli accordi collegati con il regolamento (CEE) n. 1408/71 siano modificati quanto prima, e comunque prima dell'applicazione del nuovo coordinamento. In seguito anche il regolamento (CE) n. 883/2004 potrà essere applicato con la stessa estensione, territoriale e personale, del campo di applicazione. Altrimenti, i cittadini dei paesi terzi interessati, come pure i cittadini del SEE, della Svizzera e della Groenlandia, non potrebbero beneficiare della protezione offerta da tali disposizioni e, allo stesso modo, anche i cittadini dell'UE rischierebbero di incontrare delle difficoltà in determinate situazioni di carattere transfrontaliero con tali paesi. In questi casi bisognerebbe allora continuare ad applicare il regolamento (CEE) n. 1408/71.

4.8.1

Il CESE invita la Commissione a compiere al più presto i passi necessari a questo fine. Infatti, da un lato tale situazione comporta una disparità di trattamento tra diversi cittadini residenti nell'Unione europea, dall'altro la necessità di applicare allo stesso tempo due regolamenti così complessi costituisce un onere ingestibile anche per le istituzioni di sicurezza sociale degli Stati membri.

4.8.2

Bisogna poi considerare che, in caso di proroga del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del suo regolamento di attuazione (CEE) n. 574/72, i due regolamenti andrebbero costantemente modificati e adeguati alle modifiche anche se continuerebbero ad essere validi soltanto per un piccolo gruppo di beneficiari. Si tratterebbe di un onere inaccettabile per l'amministrazione dell'Unione europea e per tutti gli utilizzatori dei regolamenti.

4.9

Il regolamento (CE) n. 883/2004 prevede anche l'attuazione di procedure migliori per uno scambio di dati rapido e affidabile tra le istituzioni di sicurezza sociale degli Stati membri, in particolare intensificando l'impiego dei metodi elettronici di scambio di informazioni e il lavoro su documenti elettronici.

4.9.1

Mentre finora la gestione delle pratiche avveniva soltanto mediante documenti cartacei e l'elaborazione elettronica era possibile solo su base facoltativa attraverso accordi bilaterali tra determinati Stati membri, ora tutto lo scambio di dati tra le istituzioni si svolgerà di regola per via elettronica.

4.9.2

In questo modo, oltre alla riduzione dei costi amministrativi, si spera in particolare di ottenere vantaggi anche per quanto riguarda l'accelerazione delle procedure per gli assicurati e l'abbreviazione dei tempi di risposta e trattamento, nonché una maggiore rapidità nel rimborso o nel pagamento delle prestazioni nelle situazioni di carattere transfrontaliero.

4.9.3

A riguardo, la proposta di regolamento non stabilisce affatto che nell'UE tutte le istituzioni debbano comunicare tra loro per via elettronica. È invece sufficiente che in ogni Stato membro un'istituzione disponga di almeno un punto d'accesso in grado di ricevere ed inviare dati elettronici relativi alla sicurezza sociale e si occupi di inoltrarli alla competente istituzione nazionale. Per identificare gli interlocutori, ai sensi dell'articolo 83 della proposta, occorre tuttavia creare una base di dati accessibile al pubblico. Quest'ultima contiene le coordinate delle «autorità competenti», delle «istituzioni competenti», delle «istituzioni del luogo di residenza» e delle «istituzioni del luogo di dimora», dei «punti d'accesso» e degli «organismi di collegamento», secondo la definizione fornita nei regolamenti. Tale base di dati consente di sostituire i precedenti allegati del regolamento con elenchi delle istituzioni e delle altre entità debitamente aggiornati.

4.9.4

A questo proposito il CESE invita anche a sfruttare le esperienze acquisite nel quadro dell'introduzione della carta europea di assicurazione malattia, anche per quanto riguarda le carenze registrate in taluni Stati membri relativamente alla concreta applicazione del dispositivo. In particolare bisognerebbe verificare in quale misura possano essere utilizzate le basi di dati già esistenti per le istituzioni di assicurazione malattia. La commissione amministrativa sarà invitata ad individuare i dati essenziali per la comunicazione. Inoltre, gli Stati membri sono tenuti ad adottare misure appropriate affinché i cittadini europei possano godere appieno dei vantaggi apportati dalle nuove regolamentazioni, in particolare nel campo dell'assicurazione malattia.

4.10

Il CESE riconosce che attraverso la trasmissione elettronica dei dati è possibile sveltire le procedure: ciò costituisce senz'altro un vantaggio per gli assicurati, e quindi tale cambiamento è accolto con favore. Tuttavia, il CESE fa rilevare che si tratta di una serie di dati personali sensibili (riguardanti ad esempio la salute, l'invalidità, la disoccupazione). Pertanto bisogna assolutamente garantire che questi dati siano adeguatamente protetti e non finiscano nelle mani sbagliate.

4.10.1

Certamente valgono anche in questo caso tutte le garanzie previste dalle disposizioni comunitarie in materia di protezione delle persone fisiche riguardo alla libera circolazione dei dati di carattere personale. Tali garanzie erano state disciplinate nel regolamento (CEE) n. 1408/71 all'articolo 84, e nel regolamento (CE) n. 883/2004 figurano all'articolo 77. Tuttavia, il CESE chiede, in particolare considerato il fatto che in futuro la trasmissione elettronica dei dati tra le istituzioni degli Stati membri diventerà la regola, che nel regolamento di applicazione si faccia espresso riferimento al carattere sensibile dei dati trattati e vengano previsti meccanismi adeguati per garantirne la sicurezza.

4.10.2

In ogni caso, secondo il CESE, manca una formulazione come quella dell'articolo 84, paragrafo 5, lettera b) del regolamento (CEE) n. 1408/71, che vieta espressamente di utilizzare questi dati a fini diversi da quelli della sicurezza sociale. Una disposizione esplicita di questo tipo andrebbe inserita all'articolo 4 del regolamento di applicazione.

4.11

Il vantaggio offerto dall'impiego di mezzi elettronici per lo scambio di dati tra le istituzioni di sicurezza sociale non va tuttavia sopravvalutato. Indubbiamente ciò comporterà una trasmissione più rapida dei dati, e a questo fine sarà spesso necessaria una ristrutturazione delle istituzioni nazionali.

4.11.1

È però discutibile se un'accelerazione della trasmissione comporti effettivamente vantaggi significativi per gli assicurati, dato che i tempi di trasmissione sono di regola relativamente brevi in relazione ai tempi complessivi di trattamento di un atto. Taluni casi, in ragione della complessità della questione (soprattutto nel settore delle pensioni: prestazioni erogate da più Stati, proratizzazione, ecc.), richiedono anche un trattamento specifico e non possono essere gestiti da programmi informatici o possono esserlo solo con un dispendio eccessivo. Pertanto sarà necessario che tali atti continuino ad essere trattati da addetti specializzati.

4.11.2

Per il CESE, quindi, la mera accelerazione della trasmissione di dati e fatti non costituirà di per sé una svolta decisiva. L'auspicata efficienza nei tempi di trattamento si potrà ottenere soltanto se le istituzioni negli Stati membri metteranno a disposizione, al tempo stesso, personale sufficiente e qualificato nonché risorse tecniche adeguate.

4.11.3

Il CESE invita perciò gli Stati membri a preparare sin d'ora il personale delle istituzioni di sicurezza sociale alle nuove disposizioni del regolamento di base e del regolamento di applicazione. È indispensabile preparare e formare il personale in questo campo. Il CESE invita la Commissione a prendere iniziative appropriate, nel quadro delle sue competenze, per sostenere gli Stati membri in queste azioni. In particolare occorre destinare delle risorse comunitarie ai programmi di formazione e, ove necessario, anche collaborare alla formazione.

4.12

Poiché i regimi di sicurezza sociale cui si applica il regolamento (CE) n. 883/2004 si basano sulla solidarietà di tutti gli assicurati, occorre prevedere meccanismi per un recupero più efficace dei crediti derivanti da prestazioni non dovute o da contributi non versati dagli assicurati o dagli altri soggetti che sono tenuti a versarli.

4.12.1

Il CESE condivide l'opinione della Commissione secondo cui procedure più rigorose per abbreviare i termini di pagamento dei crediti tra le istituzioni degli Stati membri appaiono essenziali per mantenere la fiducia negli scambi.

4.12.2

In particolare, il regolamento di applicazione prevede la fissazione di termini comuni per l'adempimento a determinati obblighi o l'espletamento di determinate formalità amministrative, che devono contribuire a chiarire e a strutturare le relazioni tra le persone assicurate e le istituzioni.

4.12.3

Inoltre, sono previste delle procedure di assistenza reciproca tra le istituzioni, ispirate alle disposizioni della direttiva 76/308/CEE del Consiglio relativa all'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte. Vengono poi introdotti interessi per i contributi dovuti: in questo modo ci si prefigge di aumentare la disciplina di pagamento.

4.12.4

Il Comitato approva espressamente tutte queste misure, contenute nel regolamento di applicazione, volte a garantire maggiore sicurezza giuridica e trasparenza a tutti gli utilizzatori del nuovo regolamento relativo al coordinamento. Infatti nel passato è talvolta accaduto che i debiti derivanti dalle compensazioni tra le istituzioni dei vari Stati membri non siano stati saldati neanche dopo anni. Il CESE auspica che la disciplina di pagamento tra i diversi Stati aumenti considerevolmente. Tuttavia, le regole per il recupero dei crediti non pagati continuano ad essere scarsamente applicate.

4.13

Il CESE accoglie con favore anche la maggiore flessibilità del nuovo regolamento di applicazione (rispetto al regolamento (CEE) n. 574/72 per l'applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71), che consente agli Stati membri di cooperare a livello bilaterale in modo più approfondito di quanto previsto dal regolamento di applicazione, purché non vengano compromessi né gli interessi dei beneficiari né il funzionamento del coordinamento. Tuttavia, per quanto concerne il principio secondo cui questa flessibilità non deve andare a scapito dei beneficiari, il CESE raccomanda di adottare nell'articolo 9 una formulazione diversa e più incisiva rispetto a quella attuale, che recita «purché tali procedure non ledano i diritti dei beneficiari». In particolare, dovrebbe essere stabilito espressamente che queste diverse modalità di attuazione non possono comunque consentire, ad esempio, di allungare i tempi oppure di imporre passaggi amministrativi supplementari.

4.14

Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare le misure intese a portare a conoscenza di tutti i potenziali utenti del regolamento le disposizioni relative al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e i vantaggi che ne derivano, comprese le modifiche derivanti dall'applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004. Le informazioni devono essere trasmesse alle imprese come pure a tutti gli assicurati, in particolare ai lavoratori attivi, quale che sia la loro forma di occupazione, dai lavoratori subordinati al settore informale. Secondo il Comitato, è indispensabile avviare immediatamente i preparativi necessari a questo fine.

4.15

Il regolamento (CE) n. 883/2004 prevede che le procedure debbano rispecchiare l'esigenza di una ripartizione equilibrata degli oneri tra gli Stati membri. A questo proposito, il CESE si chiede tuttavia se, tramite le disposizioni del regolamento e delle modalità di applicazione, non si rischi di innescare un processo suscettibile di danneggiare i sistemi di sicurezza sociale particolarmente sviluppati dell'UE e avviare una tendenza all'abbassamento del livello delle prestazioni. Specialmente in relazione all'inserimento di persone economicamente non attive nel campo di applicazione del regolamento e alla libera circolazione delle persone nell'UE, il CESE osserva che gli sforzi di coordinamento non devono comportare alcun livellamento verso il basso e/o smantellamento delle norme sociali.

4.15.1

A questo proposito il CESE giudica necessario adottare delle misure che consentano di disporre di dati comparabili e affidabili, in grado di indicare il livello attuale e quello prevedibile della prestazione transfrontaliera di servizi sanitari e sociali nell'UE. Particolarmente significative al riguardo sono le modifiche introdotte dal regolamento (CE) n. 883/2004.

5.   Altre osservazioni specifiche relative a singoli articoli

5.1   Articolo 2: Modalità degli scambi tra le istituzioni

Il CESE chiede che siano previste scadenze chiare per la risposta e il disbrigo delle pratiche. In caso di mancato rispetto di questi termini, gli assicurati devono poter esigere un risarcimento, a condizione che essi abbiano effettivamente subito un danno. Occorre prevedere degli strumenti giuridici adeguati per consentire agli assicurati di far valere i propri diritti ed evitare che subiscano gli svantaggi derivanti da situazioni di questo tipo. Il danno deve essere risarcito dall'istituzione nel cui ambito di responsabilità è stato cagionato: un passaggio in tal senso va inserito nell'articolo 2 del regolamento di applicazione.

5.2   Articolo 3: Portata e modalità degli scambi tra i beneficiari e le istituzioni

Articolo 3, paragrafo 4: per accelerare le procedure, devono essere accordati degli incentivi volti a far sì che i documenti, ma soprattutto l'avviso di ricevimento, vengano inviati per via elettronica. La forma cartacea dovrebbe essere utilizzata solo in casi eccezionali.

5.3   Articolo 4: Formato e modalità degli scambi di dati

Per quanto concerne la comunicazione elettronica, oltre alla sicurezza dei dati prevista al punto 3.10.2, bisogna anche garantire che questo tipo di comunicazione con gli assicurati avvenga solo con il loro consenso. In particolare, molti titolari di una pensione non hanno mai utilizzato, nel corso della loro vita, strumenti di comunicazione elettronica, e non possono essere ora costretti a utilizzarli, tanto più che molti di loro non dispongono neanche di un accesso a tali mezzi di comunicazione. Bisogna tenere conto anche di altre categorie di persone (ad esempio, i disabili) che possono accedere alle tecnologie informatiche solo in misura più limitata o con maggiori difficoltà rispetto alla media degli utenti. Occorre promuovere l'accesso pubblico e più ampio possibile alle tecnologie in questione.

A questo fine il CESE raccomanda di inserire il seguente testo all'articolo 4, paragrafo 2: «Tutte le misure e le modalità dello scambio di dati per via elettronica devono rispondere ai requisiti dell'accessibilità generale». Il CESE giudica inoltre problematica la formulazione dell'articolo 4, paragrafo 3, secondo cui «nelle loro comunicazioni con i beneficiari e istituzioni competenti privilegiano l'impiego delle tecniche elettroniche». Il CESE chiede di aggiungere il seguente testo: «a condizione che i beneficiari vi consentano espressamente».

5.4   Articolo 5: Valore giuridico dei documenti e dei giustificativi emessi in un altro Stato membro

Nell'articolo 5, paragrafo 2, si stabilisce che l'istituzione dello Stato membro che riceve il documento può rivolgersi all'istituzione emittente per chiedere i chiarimenti necessari. Qualora si tratti, come nell'articolo 5, paragrafo 1, di un giustificativo emesso dalle autorità fiscali, l'istituzione della sicurezza sociale di uno Stato, per ottenere un chiarimento, deve allora mettersi in contatto con le autorità fiscali di un altro Stato? Tale procedura sembra impraticabile e complicata.

A che cosa servono altrimenti gli «organismi di collegamento»? Il CESE propone di rafforzare le competenze di tali organismi in materia di informazione e assistenza per consentire loro di svolgere adeguatamente tale funzione. Quindi, per chiedere i chiarimenti necessari, le istituzioni devono rivolgersi soltanto agli organismi di collegamento.

Nell'articolo 5, paragrafo 3, il fatto che la commissione amministrativa possa impiegare fino a sei mesi per conciliare i punti di vista di due o più istituzioni di due o più Stati membri non appare come una semplificazione e un miglioramento del coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale. Questo termine è eccessivamente lungo. Il CESE chiede che il trattamento di una richiesta, compresi tutti i passaggi amministrativi tra istituzioni, non possa durare complessivamente più di tre mesi.

5.5   Articolo 8: Accordi amministrativi tra due o più Stati membri

L'articolo consente agli Stati membri di concludere accordi tra loro, purché tali accordi non ledano i diritti dei beneficiari. Al fine di garantire la trasparenza e la sicurezza giuridica per gli interessati, il CESE chiede che tali accordi siano notificati alla Commissione e depositati presso di essa. Allegando un elenco di questi accordi al regolamento di applicazione si aumenterebbe la sicurezza giuridica.

5.6   Articolo 11: Elementi per la determinazione della residenza

Nell'articolo 11, paragrafo 1, alle lettere da a) ad e), vengono elencati alcuni elementi accertabili obiettivamente ed equiparati alla volontà della persona interessata come criteri per la determinazione della sua residenza. Il CESE ritiene che la determinazione della residenza debba essere effettuata innanzitutto sulla base di elementi obiettivamente accertabili. Solo qualora ciò non sia possibile, sarà necessario basarsi anche sulla volontà espressa, menzionata come criterio secondario nel paragrafo 2.

Il CESE nutre inoltre qualche dubbio sul fatto che la ricerca delle motivazioni personali per il cambio di residenza non sia da considerare come un'ingerenza illecita nella vita privata dei cittadini.

5.7   Articolo 12: Totalizzazione dei periodi

L'articolo 12, paragrafo 3, prevede che qualora un periodo maturato a titolo di un'assicurazione obbligatoria sotto la legislazione di uno Stato membro coincida con un periodo di assicurazione maturato a titolo di un'assicurazione volontaria o facoltativa sotto la legislazione di un altro Stato membro, è preso in considerazione solo il periodo maturato a titolo di un'assicurazione obbligatoria. Secondo il CESE, tale disposizione non deve, in nessun caso, rendere privi di valore gli eventuali contributi versati a titolo di un'assicurazione facoltativa. Per un caso di questo tipo bisogna prevedere nel regolamento di applicazione che i contributi versati agli assicurati vengano loro restituiti indicizzati.

5.8   Articolo 16: Procedura per l'applicazione dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 883/2004

L'articolo in questione prevede che il datore di lavoro che distacca un lavoratore ne informa preventivamente, «quando questo è possibile», l'istituzione competente. Il CESE chiede che sia soppressa l'espressione «quando questo è possibile», poiché essa consente un margine di interpretazione eccessivamente ampio.

Bisogna far sì che l'istituzione, di regola, venga informata in anticipo, per garantire la sicurezza giuridica agli assicurati in caso di distacco ed evitare i problemi che questi possono incontrare se l'assicurazione deve intervenire nel corso del distacco e l'istituzione dello Stato membro in cui il lavoratore è stato inviato non ne è informata.

5.9   Articolo 21: Obblighi del datore di lavoro

L'articolo 21 consente che il lavoratore adempia per conto del datore di lavoro gli obblighi che incombono a quest'ultimo per quanto riguarda il versamento dei contributi di sicurezza sociale, qualora il datore di lavoro non sia stabilito nello Stato membro la cui legislazione è applicabile. Il datore di lavoro deve concludere un accordo in tal senso con il lavoratore.

Per il CESE è importante che in questi casi sia mantenuta ad ogni costo la responsabilità del datore di lavoro. La possibilità di trasferire l'obbligo di pagamento dei contributi non deve far sì che eventuali contributi dovuti dal datore di lavoro siano a carico del lavoratore e ne riducano il salario netto. Tutti gli eventuali contributi a carico del datore di lavoro devono essere integralmente rimborsati al lavoratore.

Il CESE chiede che l'accordo di cui all'articolo 21, paragrafo 2, venga in ogni caso stipulato per iscritto, in modo da escludere ogni possibilità di incertezza giuridica. Secondo il CESE occorre sottolineare in modo più marcato l'obbligo del datore di lavoro di comunicare l'accordo in questione all'istituzione competente. Tale comunicazione deve avvenire immediatamente (entro un tempo, breve, da definire) e per iscritto.

5.10   Articolo 25: Dimora in uno Stato membro diverso dallo Stato membro competente

Nell'articolo 25, lettera A, paragrafo 1, si richiede, in caso di dimora in uno Stato membro diverso dallo Stato membro competente, la trasmissione del documento che attesti il diritto alle prestazioni in natura. Secondo il CESE, dovrebbe essere chiaramente stabilito che la carta europea di assicurazione malattia soddisfa queste condizioni e non occorre alcun attestato supplementare. Qualora in futuro venga introdotta una nuova forma di certificazione, l'articolo in questione potrà sempre essere modificato.

Dalla formulazione dell'articolo 25, lettera B, non si evince chiaramente se l'assicurato abbia il diritto di scegliere se richiedere il rimborso all'istituzione del luogo di dimora oppure all'istituzione competente.

5.11   Articolo 26: Cure programmate

Il CESE ritiene che la formulazione dell'articolo 26, lettera B, «Presa in carico finanziaria delle prestazioni in natura nel quadro di cure programmate» possa risultare fuorviante e debba quindi essere completata. Tenuto conto dell'intento della Commissione, il CESE propone che il paragrafo inizi come segue: «Quando un'autorizzazione è concessa e l'assicurato ha sostenuto le spese del trattamento, l'istituzione competente rimborsa le spese secondo la tariffa più elevata e versa tale importo all'assicurato …»

Altrimenti si potrebbe ritenere che l'istituzione competente debba rimborsare le spese all'istituzione del luogo di dimora e che in seguito l'assicurato possa richiedere l'eventuale differenza. Non è questo il fine della presa in carico finanziaria nel quadro di cure programmate.

5.12   Articolo 88: Modifica degli allegati

Come già spiegato al punto 4.5, parallelamente all'esame del regolamento di applicazione a livello di Consiglio, nel quadro dell'allegato XI ancora in bianco gli Stati membri definiranno determinate procedure relative alle modalità di applicazione delle disposizioni nazionali. In questo modo gli Stati membri tentano di mantenere talune disposizioni nazionali. L'allegato XI costituisce un punto particolarmente delicato del regolamento (CE) n. 883/2004, data la grande quantità di possibili interventi.

Il CESE propone di limitarsi allo stretto necessario per quanto riguarda i contributi a questo allegato. Il Comitato formulerà un parere separato in materia.

5.13   Articolo 91: Disposizioni finali

Considerata l'importanza che una rapida attuazione del regolamento di applicazione riveste per i cittadini, il CESE, come già al punto 4.4, invita gli Stati membri a fissare un termine chiaro per la conclusione dei negoziati in seno al Consiglio. Una scadenza politicamente concordata si è rivelata utile e realistica anche nel caso della carta europea di assicurazione malattia. È importante che il regolamento di base (CE) n. 883/2004 entri in vigore quanto prima.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Parere del CESE in merito alla sicurezza sociale dei lavoratori subordinati e autonomi (relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO), GU C 24 del 31.1.2006.

(2)  Training and Reporting on European Social Security (cfr. anche: www.tress-network.org).

(3)  Cfr. anche il progetto di parere relativo alla modifica del regolamento (CEE) n. 1408/71 (SOC/213, CESE 920/2006, relatore: RODRÍGUEZ GARCÍA-CARO, punto 5).


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/68


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Un nuovo quadro strategico per il multilinguismo

COM(2005) 596 def.

(2006/C 324/24)

La Commissione, in data 22 novembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 settembre 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice LE NOUAIL MARLIÈRE.

Tenuto conto del rinnovo del mandato del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione di ottobre, e ha designato LE NOUAIL MARLIÈRE come relatrice generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 105 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Il Comitato raccomanda che:

la Commissione illumini in proposito gli Stati membri, indicando loro con esattezza le azioni complementari da attuare nel quadro dei piani nazionali e dichiarando esplicitamente che il multilinguismo o il plurilinguismo costituiscono un contributo all'integrazione politica e culturale dell'UE, oltre a rappresentare uno strumento di comprensione e integrazione sociale,

l'ampiezza dell'offerta in materia di insegnamento sia concertata a livello europeo per poter arrivare, sul lungo periodo, ad una situazione in cui la riserva di competenze dei cittadini non si riduce a un numero limitato di lingue,

si promuovano e si incoraggino tutte le pratiche multilingui nell'ambito professionale, culturale, politico, scientifico sociale,

gli esperti coinvolti non siano esclusivamente degli specialisti delle discipline sociali e scientifiche ma che tra essi figurino anche professionisti del settore quali linguisti, interpreti, traduttori, insegnanti e operatori linguistici,

nell'elaborazione di questi orientamenti si tenga debitamente e maggiormente conto delle attuali generazioni di adulti giovani e meno giovani, incoraggiando l'apprendimento permanente e garantendo il rispetto dei loro diritti culturali, al momento in cui la Commissione entrerà nella fase programmatica,

la Commissione si avvalga non solo dei lavori effettuati in ambito universitario ma anche delle attività svolte dalle associazioni attive in questo campo e che essa sostenga le iniziative popolari avviate dalle reti di associazioni della società civile.

2.   Introduzione: sintesi della comunicazione della Commissione

Nella comunicazione all'esame la Commissione definisce un nuovo quadro strategico per il multilinguismo e ribadisce il proprio impegno a favore di quest'ultimo. Il documento, che «rappresenta la prima comunicazione» sull'argomento, nella storia della Commissione, analizza vari aspetti delle politiche europee concernenti questo settore e propone un certo numero di azioni specifiche.

La Commissione esorta gli Stati membri a svolgere il proprio ruolo e a promuovere l'insegnamento, l'apprendimento e l'uso delle lingue. Imprime inoltre una svolta positiva all'azione creando un portale in 20 lingue per la consultazione istituzionale.

In questo suo primo documento politico sul multilinguismo, la Commissione presenta una nuova strategia quadro corredata da proposte di azioni specifiche che riguardano rispettivamente la società, il campo economico e le sue proprie relazioni con i cittadini. La Commissione persegue tre obiettivi: incoraggiare l'apprendimento delle lingue e promuovere la diversità linguistica nella società, promuovere una valida economia multilingue e garantire ai cittadini l'accesso alla legislazione, alle procedure e alle informazioni dell'Unione europea nelle rispettive lingue materne. Ricordando che già nel 2002 il Consiglio europeo di Barcellona aveva sottolineato la necessità di promuovere l'insegnamento di almeno due lingue straniere, la Commissione invita gli Stati membri ad adottare dei piani d'azione a favore del multilinguismo, a migliorare la formazione degli insegnanti di lingue, a mobilitare le risorse necessarie per l'apprendimento precoce delle lingue straniere e a potenziare l'apprendimento integrato di lingua straniera e contenuto. La Commissione ricorda inoltre che le imprese europee hanno bisogno di competenze specifiche sia nelle lingue dell'Unione europea sia in quelle dei nostri partner commerciali del resto del mondo e che le industrie del settore linguistico si stanno evolvendo rapidamente nella maggior parte dei paesi europei; essa propone pertanto un certo numero di azioni per rafforzare l'aspetto multilingue dell'economia europea. Per quanto riguarda la sua propria politica di comunicazione multilingue, la Commissione prevede di potenziare il carattere plurilingue dei suoi numerosi siti Internet e delle sue pubblicazioni, creando una rete interna intesa a garantire che vi sia coerenza tra le prassi linguistiche seguite dai suoi servizi. Propone altresì di istituire un gruppo ad alto livello sul multilinguismo formato da esperti indipendenti che l'aiutino ad analizzare i progressi compiuti dagli Stati membri. Suggerisce, infine, di organizzare prossimamente una conferenza ministeriale sul multilinguismo che consenta agli Stati membri di fare il punto sui progressi compiuti in questo settore e di elaborare una nuova comunicazione che sviluppi un approccio globale al multilinguismo nell'Unione europea.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il Comitato, nell'esprimere la propria approvazione per l'iniziativa della Commissione, rileva che il quadro strategico viene definito «nuovo» e la comunicazione «il primo documento politico sul multilinguismo», sottolineando a tale proposito che i numerosi riferimenti al precedente quadro strategico (1) non sono sufficienti per avere un'idea chiara del bilancio che se ne può trarre. A parere del Comitato, sarebbe utile che la Commissione indicasse brevemente quale contributo ci si attende da questo nuovo quadro strategico in termini di valore aggiunto e quale sarà, in confronto al precedente, il suo impatto. Esso si chiede altresì se verrà effettuata una valutazione d'impatto conformemente a quanto previsto nell'accordo interistituzionale tra la Commissione e il Comitato (2) e nel quadro della semplificazione legislativa e della governance. Il Comitato sostiene che la comunicazione da sola potrebbe non essere in grado di garantire la chiarezza di cui hanno bisogno gli Stati membri per approvare dei programmi peraltro non vincolanti. Nonostante la strategia quadro sia stata richiesta dal Consiglio, essa presuppone necessariamente un'armonizzazione per ottimizzare le risorse eventualmente stanziate dagli Stati membri o dalla stessa UE. Tuttavia, si può procedere a una tale armonizzazione solo se si conoscono esattamente le azioni già attuate dagli Stati membri o dall'UE.

3.2

Nella comunicazione all'esame la Commissione ribadisce il proprio impegno, dal che il Comitato deduce che vi è già stato un impegno precedente. Il Comitato osserva che, allo stato attuale, le prassi interne applicate dalla Commissione in materia di multilinguismo non hanno dato piena soddisfazione né all'interno dei servizi della Commissione stessa né nel quadro delle sue relazioni con l'esterno.

3.3

Il Comitato rileva gli inconvenienti della disparità di trattamento in campo linguistico esistente tra le istituzioni da un lato e la società civile europea in tutte le sue componenti (dialogo sociale autonomo e dialogo civile) dall'altro. Una percentuale del tutto sproporzionata di tutte le note, gli studi e i documenti utili e necessari per l'elaborazione e la discussione della stessa legislazione comunitaria e per il processo di consultazione viene prodotta ed è disponibile solo in inglese. Lo stesso fenomeno si osserva sempre più spesso nelle riunioni interne o organizzate dalla Commissione. All'atto pratico, quindi, per poter lavorare come esperto per la Commissione bisogna conoscere l'inglese; altrettanto dicasi per poter rappresentare la società civile a Bruxelles. Paradossalmente, inoltre, quasi tutti gli studi statistici o qualitativi ai quali si fa riferimento nella comunicazione sono disponibili solo in inglese (3).

3.4

Alcuni documenti inoltre non sempre sono disponibili nella lingua dei relatori istituzionali o dei soggetti solitamente consultati. Tutto questo dimostra che perfino l'accordo sulle tre lingue di lavoro pivot delle istituzioni comunitarie è lungi dall'essere sempre rispettato sul piano della comunicazione sia istituzionale che informale. Appare opportuno aggiungere che in questo modo è facile escludere determinati interlocutori da un numero crescente di dibattiti. Non sorprende, quindi, leggere in diverse indagini statistiche che il campione di persone intervistate preferisce compiere i propri studi in inglese, poiché di fatto l'inglese è la lingua che promette dei vantaggi in un numero crescente di situazioni chiave. È proprio questo il motivo che ha indotto numerose generazioni di genitori e di governi a preferire, tra le lingue d'apprendimento, l'inglese, creando così la situazione in cui ci troviamo attualmente.

3.5

Nell'allegato alla comunicazione viene d'altronde specificato che la lingua «straniera» più diffusa nell'UE non coincide con la lingua materna del più alto numero di cittadini comunitari. Essa, infatti, sarebbe parlata (è opportuno usare il condizionale in quanto Eurostat non fornisce alcuna definizione più precisa che indichi a partire da che livello e da quale numero di parole conosciute si può considerare che una persona parli una lingua) dal 47 % degli intervistati, ma solo per il 13 % del campione totale rappresenta la lingua materna.

3.6

Il Comitato considera che questo rappresenti nella pratica un ostacolo all'esercizio di diritti democratici quali la partecipazione diretta e indiretta sia da parte dei cittadini che da parte dei loro rappresentanti, ossia Parlamento europeo e Comitati (CESE, CdR), all'elaborazione delle regolamentazioni che li riguardano. All'atto pratico, quando dei relatori per le istituzioni, o dei rappresentanti della società civile vengono consultati nel quadro delle istanze o delle istituzioni democratiche e legali, spesso non sono in grado di farsi un'idea di ciò che la Commissione propone se non compiendo uno sforzo sproporzionato o limitandosi ad una valutazione approssimativa. Come si può ignorare il fatto inaccettabile che nella fase precedente alla decisione i cittadini non hanno un vero accesso alle informazioni? E questo è tanto più inaccettabile nel caso di una comunicazione sul tema del multilinguismo. Per porre termine a questa incoerenza collettiva, intellettuale e culturale, e a questa dipendenza economica che compromette l'indispensabile partecipazione dei cittadini, occorre disporre di mezzi adeguati e della volontà politica necessaria.

Il Comitato si compiace quindi che la Commissione intenda ovviare a questi inconvenienti creando un portale più efficiente: esso rileva tuttavia che quest'ultimo riguarda il multilinguismo e non la comunicazione nel suo insieme. Gli obiettivi perseguiti dalla Commissione in materia di comunicazione istituzionale, quali figurano nel capitolo Il multilinguismo nei rapporti della Commissione con i cittadini, non sono molto chiari e il documento potrebbe apparire come una semplice continuazione del «Piano D». Comunicare in 20 lingue ufficiali non cambia la natura della comunicazione istituzionale, che interviene comunque a valle del processo di adozione di decisioni nelle quali i cittadini non sono stati coinvolti, e quindi di per sé non rafforza la partecipazione dei cittadini.

3.7

Numerosi osservatori hanno fatto notare che a volte le prime pagine dei portali o dei siti delle istituzioni contengono documenti apparentemente in versione multilingue che però poi, approfondendo la consultazione, risultano disponibili solo in inglese.

3.8

Il Comitato sottolinea il diritto di cittadinanza di tutte le lingue dal momento che appartengono al patrimonio culturale umano; osserva inoltre che l'inglese potrebbe risentire di un uso intensivo da parte di persone che non lo parlano bene ma lo utilizzano perché è obbligatorio sul piano tecnico, senza tuttavia valorizzarlo sul piano culturale. Tale considerazione si ricollega alle osservazioni specifiche che seguono concernenti lo status e gli usi delle lingue.

3.9

Il Comitato nota un certo squilibrio nell'approccio della Commissione, essenzialmente basato sull'aspetto economico del multilinguismo (consumi, società dell'informazione, professioni e industrie, economia della conoscenza), e considera che esso dovrebbe essere corretto con una maggiore insistenza su considerazioni di carattere umano, sociale, sociologico, culturale e politico. Se, come si è affermato nella conferenza stampa organizzata in occasione della presentazione della comunicazione all'esame, la differenza fondamentale tra l'essere umano e l'animale sta nel linguaggio e negli scambi che quest'ultimo rende possibile tra gli individui, allora la comunicazione dovrebbe tenere in maggior conto il fatto che gli scambi interpersonali non sono solo relazioni di tipo economico o commerciale né riguardano esclusivamente la difesa del territorio e delle relative risorse. Per potere essere realmente efficace e in grado di formulare delle raccomandazioni utili, la comunicazione dovrebbe quindi fare riferimento ai lavori effettuati al riguardo dall'Unesco (4).

3.10

Il Comitato, pur approvando il nesso stabilito dalla Commissione tra la strategia di Lisbona in materia di occupazione e il nuovo quadro strategico per il multilinguismo, propone di definire meglio, nella comunicazione, le disposizioni concrete da adottare (garantendo una maggiore coerenza tra i lavori dei servizi e direzioni generali della Commissione responsabili dell'occupazione e quelli responsabili della cultura ecc.). Il Comitato raccomanda che la Commissione illumini in proposito gli Stati membri, indicando loro con esattezza le azioni complementari da attuare e dichiarando esplicitamente che il multilinguismo o il plurilinguismo costituiscono un contributo all'integrazione politica e culturale dell'UE, oltre a rappresentare uno strumento di comprensione e integrazione sociale. Un'analisi d'impatto settoriale dovrebbe inoltre riportare il numero e la qualità dei posti di lavoro mantenuti o creati grazie al multilinguismo e l'impatto reale previsto sulle retribuzioni.

Pur appoggiando l'invito rivolto agli Stati membri ad «apprestare piani nazionali atti a fornire struttura, coerenza e orientamento alle iniziative volte a promuovere il multilinguismo», il Comitato osserva che la gamma delle attività proposte va coordinata a livello europeo se si vuole arrivare, sul lungo periodo, ad una situazione in cui la riserva di competenze dei cittadini non si riduce a un numero limitato di lingue.

Se l'UE non vuole ritrovarsi prigioniera delle proprie barriere linguistiche, è opportuno che essa rifletta in modo organico, nel quadro della strategia volta a realizzare «l'economia della conoscenza più dinamica e competitiva del mondo», sul numero di lingue da considerare una risorsa nell'Unione europea, per far sì che questo superi il numero di lingue disponibili e parlate nell'ambito del mercato interno.

Il diritto degli immigranti ad apprendere la lingua del paese di accoglienza dovrebbe affiancarsi al diritto a mantenere la lingua e la cultura del paese di origine (5). L'Unione europea, nel suo cammino verso la «competitività mondiale», dovrebbe considerare queste lingue come una risorsa supplementare. Anche se alcune imprese hanno già adottato questo approccio, va tuttavia ricordato che le riflessioni che precedono si applicano anche ai lavoratori e ai rispettivi rappresentanti sindacali, nonché a determinate organizzazioni di consumatori. Bisognerebbe altresì ispirarsi all'iniziativa degli enti locali che hanno avviato azioni concrete, ad esempio iniziando alle lingue più diffuse gli immigrati recenti, in vista della loro «integrazione».

3.11

Un altro aspetto della «economia multilingue» che meriterebbe di essere approfondito nella comunicazione è quello delle esigenze e della motivazione dei lavoratori in relazione all'esercizio della propria professione o alla loro presenza in seno ad organi di consultazione quali ad esempio i comitati aziendali europei. A parere del Comitato, è deplorevole che la comunicazione raccomandi dei programmi armonizzati che non tengono conto di queste esigenze particolari. In un documento di questa portata dovrebbero necessariamente figurare degli argomenti in grado di dare alle imprese e ai lavoratori delle prospettive e degli strumenti per poter diventare i primi vettori della «economia della conoscenza più competitiva del mondo», nel pieno rispetto delle competenze del dialogo sociale e dei diritti fondamentali (6).

3.12

Il Comitato riconosce il carattere particolare del multilinguismo dell'Europa (7) ma ricorda che essa non costituisce, tuttavia, l'unico continente, paese o insieme politico in cui si parla un numero considerevole di lingue diverse.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

I dibattiti e la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie del Consiglio d'Europa (8) non devono distogliere l'attenzione da altre poste in gioco quali:

a)

lo status delle lingue. Una lingua può essere: lingua ufficiale, di lavoro, comunitaria, minoritaria, dominante, preferita per gli scambi culturali, scientifici o commerciali, istituzionali, diplomatici, di uso corrente o di uso professionale (utilizzata nel settore sanitario, dell'insegnamento, dell'edilizia e dell'industria, o in quello dell'arte e dell'industria della moda ecc.). Per promuovere il rispetto della diversità linguistica caldeggiata e difesa dall'Unione europea occorre anche proporre soluzioni diverse e proporzionate a questa varietà di situazioni ed esigenze. Infatti una proposta unica intesa a ridurre la questione linguistica a una logica del tipo «insegnamento-sbocchi-occupazione» o del tipo «tecniche linguistiche-mercato di nuovi prodotti-mercato interno» non permetterebbe di conseguire l'obiettivo che ogni cittadino dell'UE parli, oltre alla propria lingua materna, anche due lingue straniere e determinerebbe invece una situazione del tutto controproducente, ovvero la riduzione del numero delle lingue effettivamente conosciute o parlate nello spazio culturale europeo. Il Comitato raccomanda che ogni uso professionale, culturale, politico, scientifico ecc. di una lingua sia permesso e incoraggiato nel suo settore specifico e sostiene le numerose iniziative popolari avviate nell'ambito della società civile. Ogni comunicazione verbale o scritta, per la quale sia stato autorizzato o incoraggiato l'uso della lingua dell'autore amplia lo spazio pubblico delle libertà, senza tuttavia implicare obbligatoriamente la necessità di essere tradotta o interpretata. La questione del numero delle lingue in uso non è quindi subordinata al costo della relativa traduzione/interpretazione o del suo insegnamento.

b)

Alla capacità di utilizzare una determinata lingua o più lingue è indubbiamente legato un certo potere: infatti, l'accesso e la distribuzione degli strumenti di apprendimento multilingue determinano, in una certa misura, l'esclusione o l'inclusione sociale come anche la povertà materiale o culturale, dal momento che la conoscenza di una lingua dà accesso a delle reti sociali, professionali ma soprattutto culturali e di solidarietà. Nella società contemporanea il fatto di appartenere ad una rete contribuisce ad accrescere l'autonomia individuale, pur costituendo un fattore di integrazione. Se non si decide fin d'ora di cercare di mettere in pratica questa ambizione al multilinguismo a tutti i livelli interessati della società, ivi compresi i gruppi vulnerabili o svantaggiati, talune categorie della popolazione ne saranno di fatto escluse.

c)

La democrazia: il Comitato sostiene il progetto inteso a far sì che ogni cittadino parli o conosca due lingue straniere oltre alla propria lingua materna. Tuttavia, attualmente quanti cittadini hanno realmente la possibilità di realizzare questa aspirazione nel corso della loro vita? Se già per quanto riguarda l'élite professionale, politica ed economica della generazione adulta attuale le istituzioni europee e nazionali avranno indubbiamente delle difficoltà per realizzare tale obiettivo nel quadro del Piano d'azione 2004-2006 per la promozione dell'apprendimento delle lingue e della diversità linguistica, e del Programma Cultura 2007-2013  (9), il proposito ambizioso di estenderlo «ad ogni singolo cittadino» rappresenta, a giudizio del Comitato, un'impresa colossale. Si sa benissimo, ad esempio, quale lingua straniera si è affermata al livello di base, quando si inizia lo studio delle lingue straniere. Le cosiddette lingue rare o meno diffuse (10) sono parlate da un minor numero di persone in quanto si inizia a studiarle più tardi sia a scuola che a livello universitario. Il Comitato appoggia dunque la raccomandazione con cui si esorta ad offrire la possibilità di imparare una lingua straniera fin dalla più tenera età, a condizione che la scelta delle lingue proposte si iscriva in un quadro globale, che peraltro dovrebbe situarsi al centro della comunicazione all'esame. Quello che è in gioco è infatti il futuro e il tipo di società che lasceremo in eredità alle prossime generazioni.

d)

La sopravvivenza delle lingue in quanto patrimonio linguistico europeo. Voler fare imparare una seconda o una terza lingua a un gran numero di persone non significa di per sé voler far vivere un grande numero di lingue europee in Europa o nel mondo. Questi due obiettivi non sono opposti, ma richiedono due approcci e due tipi di attuazione diversi. A questo proposito, l'iniziativa della Commissione concernente l'attività normativa intesa a rendere compatibile l'uso delle lingue con le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione dovrebbe tener conto del rischio di impoverimento che ci sarebbe se gli sforzi venissero concentrati in misura sproporzionata in questo particolare settore (11). Il Comitato raccomanda che fra gli esperti coinvolti non vi siano solo specialisti delle discipline sociali e scientifiche ma anche operatori del settore linguistico, interpreti, traduttori, insegnanti e professionisti delle lingue. Le dichiarazioni e convenzioni dell'Unesco menzionate in precedenza indicano chiaramente, ad esempio, che già adesso su Internet viene utilizzato un numero insufficiente di lingue rispetto al patrimonio linguistico mondiale e che questo uso limitato ha un impatto sulla qualità e sul numero di lingue ancora esistenti.

e)

La possibilità di mantenere in uso le lingue minoritarie e/o regionali o addirittura locali in Europa non va valutata unicamente in base ai costi derivanti dal loro insegnamento. Un'abbondante letteratura in materia sostiene ormai la tesi secondo cui l'insegnamento precoce di una lingua favorisce l'elasticità mentale e sviluppa capacità cognitive che risultano utili per l'apprendimento futuro, creando inoltre una «passerella» verso altre lingue più o meno strettamente imparentate con quella insegnata originariamente. Sul lungo termine, non è quindi sufficiente, per garantire la conservazione del patrimonio linguistico, trasmetterlo fin dalla più tenera età, oppure riabilitarlo nella sfera pubblica oltre che privata, ma si deve anche tenere presente che, per vivere, una lingua deve essere parlata e inserita in un contesto che ne favorisca l'esistenza pubblica e, di conseguenza, sociale: è dunque inutile apprendere una lingua nella scuola primaria per poi abbandonarla nella scuola secondaria a causa della mancanza di continuità del suo insegnamento (12). I sistemi didattici possono, ciò detto, tenere conto della dinamica economica, ma a condizione di creare le «passerelle» necessarie verso altre lingue e di valorizzare l'apprendimento di una lingua minoritaria o regionale in un momento successivo del percorso scolastico come «trampolino» verso una seconda lingua. Lo studio delle famiglie linguistiche è, a tale proposito, essenziale quanto il numero di lingue parlate (13).

f)

La prossimità. Non si tratta solo di rendere accessibili in rete i testi ufficiali o istituzionali, ma anche di permettere ai cittadini europei di paesi limitrofi di conoscersi meglio tra loro, di conoscere le rispettive lingue e di avere degli scambi. La lingua, infatti, oltre a essere un canale di comunicazione è anche uno strumento di trasmissione di una specifica rappresentazione del mondo, come d'altronde altre forme di espressione quali la pittura, la musica, la grafica, la mimica, la danza, le arti plastiche ecc. I cittadini devono avere la possibilità di conoscere idiomi appartenenti ad altre famiglie linguistiche e di comunicare in tali lingue, nel rispetto delle culture e delle varie identità che formano l'identità europea (o i valori europei). Il CESE ribadisce l'importanza degli scambi e dei gemellaggi ai quali fa riferimento il Comitato delle regioni nel suo già citato parere (14) e sottolinea che, qualunque sia la strategia, in materia di apprendimento delle lingue, la domanda è necessaria quanto l'offerta. Dunque la motivazione ad imparare le lingue andrebbe considerata da altri punti di vista oltre a quelli strettamente utilitari (economia e occupazione).

g)

Le necessità sul piano della coesione e dell'identità europea non si limitano agli aspetti commerciali o identitari. Esistono delle esigenze reali di comprensione dell'altro sentite da persone che appartengono ad aree geografiche, sociali o culturali contraddistinte da un'evoluzione comune oppure distinta. Manca purtroppo una valutazione d'impatto sulla presa in considerazione di aspetti forse minori ma che a lungo termine potrebbero rivelarsi importanti. Orbene, per quanto riguarda il settore della formazione linguistica, il tempo necessario per valutare tale impatto sull'offerta e la domanda si misura in anni, se non addirittura in generazioni.

Più in generale, si rileva che la comunicazione in esame non definisce mai il suo impegno sotto il profilo temporale, omettendo di specificare: se si tratti di un impegno che si riferisce al passato, ad un futuro a breve o a medio termine, oppure di un impegno nei confronti delle generazioni future.

Lo stesso dicasi per gli aspetti umanitari e culturali, per le questioni relative all'asilo e all'immigrazione, per le necessità e per il ruolo degli enti locali in questo settore, nonché per gli aspetti socioprofessionali. Le parti socioeconomiche (UNICE, CEEP, CES), le ONG attive nel settore dei diritti umani, sociali e culturali, il mondo universitario e le amministrazioni dovrebbero essere consultati su un piano di parità, vale a dire non per attuare una strategia già decisa senza il loro consenso bensì per metterne a punto una stabilita insieme e grazie a loro. Oltre a costituire il modo migliore per far sì che si tenga conto del maggior numero possibile di parti interessate, questo approccio rappresenta una condizione necessaria per garantire il successo di orientamenti così ambiziosi. L'attuazione e il successo della strategia del Consiglio in materia di lingue «1+2» (15) presuppongono dei mezzi che vanno ben al di là del quadro istituzionale e richiedono la partecipazione, il coinvolgimento e l'incoraggiamento del maggior numero possibile di cittadini e residenti dell'Unione europea.

Il Comitato approva il quadro d'azione a favore dell'insegnamento e dell'apprendimento delle lingue ma ricorda che il suo successo dipende dal coinvolgimento delle persone direttamente interessate, vale a dire gli insegnanti da un lato, e i discenti dall'altro.

Prima di avviare iniziative nuove, la Commissione e il Consiglio dovrebbero quindi consolidare la loro strategia chiarendo al pubblico in generale, e ai giovani in particolare, le ragioni esplicite che li hanno indotti a scegliere una così particolare diversificazione delle lingue, invece di incoraggiare la pratica di un'unica lingua comune, sia essa vivente o morta, moderna o artificiale.

I motivi più profondi alla base di questa scelta possono essere sintetizzati come segue:

il fatto di promuovere l'uso e la diffusione di un'unica lingua vivente egemonica, da un lato assicurerebbe dei vantaggi economici del tutto indebiti al principale paese di origine di tale lingua e dall'altro rischierebbe di ridurre drasticamente i diritti dei cittadini in campo culturale e il patrimonio linguistico universale.

Il costo dell'apprendimento e della generalizzazione di una lingua europea artificiale pianificata a tavolino come, ad esempio, l'esperanto sarebbe probabilmente inferiore (durata dell'apprendimento e conversione del patrimonio documentario esistente) (16) a quello dell'apprendimento di una lingua vivente esistente, ma a tutt'oggi non sono ancora riunite nell'Unione europea le necessarie condizioni politiche e culturali per scegliere una tale opzione (17).

Lo scenario intermedio, che consisterebbe nell'estendere il numero di lingue conosciute e praticate nell'area geografica e politica europea, andrebbe consolidato aumentando il numero di persone che le parlano.

Il Comitato raccomanda pertanto che nell'elaborazione di questi orientamenti si tenga debitamente e maggiormente conto delle attuali generazioni di adulti, giovani e meno giovani, incoraggiando l'apprendimento permanente e garantendo il rispetto dei loro diritti culturali al momento in cui la Commissione entrerà nella fase programmatica.

Occorrerà sensibilizzare i giovani, motivandoli a scegliere le professioni, tipiche del 21o secolo, che rientrano nella sfera della comunicazione e che presuppongono una base multi — o plurilingue (18). I mestieri che comportano una conoscenza professionale e approfondita delle lingue (linguisti, interpreti, traduttori e insegnanti) vanno maggiormente valorizzati e uno dei modi più immediati per farlo è quello di riconoscerne il ruolo sociale e di coinvolgere attivamente gli attuali operatori del settore.

L'apprendimento precoce delle lingue raccomandato dalla Commissione richiede, come quest'ultima del resto riconosce, dei mezzi e del personale adeguatamente formato, ma anche l'adesione dei genitori all'orientamento loro proposto, che consiste nella diversificazione delle scelte.

Il Comitato riconosce il ruolo positivo svolto dalla famiglia nel processo inteso ad agevolare l'apprendimento precoce, e sottolinea altresì l'importanza del contributo culturale apportato dalle famiglie di cultura «mista», come quelle in cui i genitori sono di nazionalità diversa. Queste famiglie sono generalmente portatrici di una cultura di apertura e di tolleranza che si trasmette a varie generazioni, come è stato del resto confermato da diversi studi europei e canadesi.

h)

Per quanto riguarda il capitolo relativo agli interpreti e ai traduttori, il Comitato sottolinea che le necessità non sono solo di tipo istituzionale, professionale o economico e che è indispensabile consultare anche altri interlocutori interessati. Anche i bisogni sociali e culturali andrebbero presi in considerazione, e questo sotto il duplice profilo dei diritti umani fondamentali e del completamento del mercato interno.

Ad esempio, si sente sempre dire che le necessità di traduzione e interpretazione non possono essere soddisfatte in parte per mancanza di interpreti e traduttori e in parte invece per motivi finanziari. A questo proposito il Comitato invita a riflettere sulla responsabilità degli Stati e dell'UE in relazione ai seguenti aspetti: formazione di un numero insufficiente di persone, diversificazione delle lingue, costi della formazione, salari e statuti. Il Comitato rinvia a tutti i punti trattati in precedenza, e aggiunge che questo settore non è l'unico in cui mancano dei professionisti disponibili e che il deficit demografico non può essere alla base di tutte le carenze. Quello che è certo è il fatto che non sono state prese con sufficiente anticipo misure sufficienti per garantire l'equilibrio tra l'offerta e la domanda in questo segmento del mercato del lavoro, sebbene la costruzione europea, i successivi allargamenti e la globalizzazione degli scambi avrebbero dovuto indurre a trarre degli insegnamenti dalle esperienze del passato.

In sintesi, il Comitato raccomanda agli Stati membri di contribuire attivamente a plasmare il futuro in questo campo, e su questo punto appoggia la Commissione.

4.2

Il Comitato auspica infine che la Commissione strutturi meglio le informazioni di cui dispone o potrebbe disporre in merito al seguito delle politiche linguistiche attuate in precedenza dagli Stati membri, per poter essere in grado di valutare le misure che essa li ha esortati ad attuare.

4.3

Il Comitato prende atto degli sforzi compiuti dalla Commissione e ne approva l'approccio che si vuole innovativo. Sostiene inoltre la diversità linguistica come vettore di diversità e di pluralismo culturale, sociale e politico ed è altresì consapevole del rischio controproducente di istituzionalizzare ulteriormente l'uso di un numero limitato di lingue. Il Comitato si aspetta che, nel quadro della prossima comunicazione — già annunciata — su questo argomento, si proceda a una più ampia consultazione della società civile.

4.4

Il Comitato approva senz'altro l'iniziativa della Commissione volta ad intensificare il sostegno alle attività di ricerca sull'insegnamento superiore portate avanti a livello universitario nel quadro del Settimo programma quadro di ricerca, ma raccomanda di basarsi non solo sulle attività universitarie ma anche su quelle condotte dalle reti di associazioni attive in questo campo (19).

Nell'allegato al presente parere il Comitato fa riferimento ai lavori delle «Assise europee del plurilinguismo», organizzate nel novembre 2005 da diverse associazioni della società civile organizzata (20) con il contributo del Forum degli istituti di cultura (21). Le Assise si sono concluse con l'elaborazione di una «Carta del plurilinguismo» che è stata sostenuta e pubblicata per dibattito sul sito dell'associazione Asedifres, la quale intende trasmetterla quanto prima ai parlamentari europei e ai rappresentanti delle istituzioni. Il Comitato, nella sua qualità di «ponte tra la società civile e le istituzioni», sostiene e incoraggia iniziative di questo tipo in quanto costituiscono una buona prassi identificata.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  COM(2002) 72 def., COM(2003) 449 def., COM(2005) 24 def. del 2.2.2005, 2005/29/CE, COM(2005) 356 def., COM(2005) 229 def. e COM(2005) 465 def.

(2)  Protocollo di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato economico e sociale europeo (novembre 2005).

(3)  Cfr. le note 2, 12, 17, 19, 24, 25, 26, 30, 31, 32, 37, ecc. della comunicazione COM(2005) 596 def.

(4)  Cfr. la Dichiarazione universale sulla diversità culturale, adottata dall'Unesco il 2.11.2001, e la Convenzione sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali, del 10.12.2005, che ricorda la necessità di una diversità linguistica e dei mezzi di espressione per garantire la diversità e il pluralismo culturale come diritti inalienabili universali, indissociabili e interdipendenti. Va inoltre citata la Dichiarazione universale sui diritti linguistici, proclamata a Barcellona in occasione della Conferenza mondiale sui diritti linguistici tenutasi dal 6 all'8.6.1996, che è stata sottoscritta da 66 organizzazioni non governative nazionali e internazionali e da svariate reti di giuristi.

(5)  Parere del CdR (CdR 33/2006 fin) adottato nel corso della 65a sessione plenaria il 14.6.2006, relatore: Seamus MURRAY, punto 1.10.

(6)  L'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea vieta ogni forma di discriminazione fondata sulla lingua, e l'articolo 22 prevede che l'Unione europea rispetti la diversità culturale, religiosa e linguistica. Si possono già citare delle controversie sorte in contesti lavorativi in cui tali diritti, garantiti dalla legislazione nazionale, non vengono rispettati (General Electric Medical Systems GEMS, sentenza della Corte d'appello di Versailles, 2.3.2006, Francia).

(7)  Punto IV.2 della comunicazione.

(8)  Carta europea delle lingue regionali o minoritarie del 5.11.1992, ratificata da 21 membri del Consiglio d'Europa, 13 dei quali membri dell'UE.

(9)  COM(2004) 469 def.

(10)  Cioè le lingue meno comuni.

(11)  Les processus de modernisation dans l'enseignement des langues pour adultes (I processi di modernizzazione nell'insegnamento delle lingue per adulti) tesi di Judith BARNA, Università Charles de Gaulle, Lilla, Francia, 2005.

(12)  Parere del CESR Aquitania (Francia), adottato dalla rispettiva assemblea plenaria il 14 dicembre 2005, Langues et cultures d'Aquitaine (Lingue e culture dell'Aquitania), relatore Sèrgi JAVALOYES.

(13)  Conclusioni del Consiglio sull'indicatore europeo di competenza linguistica (GU C 172 del 25.7.2006, pag. 1).

(14)  Parere CdR 33/2006 fin.

(15)  Una lingua materna e due lingue straniere viventi, Consiglio europeo di Barcellona, 15-16.3.2002, Conclusioni della presidenza, parte I, punto 44, secondo trattino.

(16)  L'enseignement des langues étrangères comme politique publique (L'insegnamento delle lingue straniere come politica pubblica), François GRIN, 2005.

(17)  Ibid., note 59 e 84 «Tutti hanno dimenticato che, all'epoca della Società delle Nazioni, molti Stati membri sostenevano l'adozione dell'esperanto come lingua internazionale o che nel 1954 e nel 1985 l'UNESCO, riunita in assemblea plenaria, adottò delle risoluzioni favorevoli all'esperanto». All'epoca della SdN (settembre 1922) l'iniziativa era stata bloccata dalla Francia, «che aveva vietato l'insegnamento e la diffusione dell'esperanto in quanto lo considerava un pericoloso strumento di internazionalismo e un concorrente al ruolo che considerava spettare alla lingua francese nel mondo». Si rinvia inoltre alle affermazioni fatte da Umberto Eco, allora titolare della cattedra europea al Collège de France (Parigi) nella sua lezione inaugurale del 1992 sul tema La ricerca di una lingua perfetta nella storia della cultura europea.

A tale proposito, il Comitato ribatte che l'insegnamento delle lingue antiche (le cosiddette lingue morte) è quasi scomparso. Eppure, al di là della questione di quale sia la lingua franca più adatta al mondo europeo contemporaneo, le lingue antiche portavano in sé il potenziale per agevolare la comprensione reciproca tra europei, in quanto sono alla base di numerose lingue europee (assieme al gruppo indoeuropeo e a quello ugro-finnico) e la loro conoscenza permette a coloro che le padroneggiano di apprenderne rapidamente delle altre.

(18)  Esistono diverse definizioni di plurilinguismo e multilinguismo. Secondo alcuni, per plurilinguismo si intende la capacità individuale di parlare diverse lingue, mentre il multilinguismo si riferisce al contesto sociale di un'area geografica in cui si praticano più lingue (Assise europee del plurilinguismo, 2005). Secondo altri, invece, le definizioni vanno invertite (GRIN, 2005). A giudizio della Commissione, il multilinguismo comprende entrambi gli aspetti, ovvero sia le capacità individuali che il contesto collettivo.

(19)  A tale proposito citiamo tra gli altri: l'associazione catalana Lingua Mon, Casa de les llengues (http://www.linguamon.cat/ca/index.html) e in particolare il suo progetto Maison des langues en danger; la rete associativa BABEL, che riunisce interpreti e traduttori volontari che prestano i loro servizi in occasione dei forum sociali mondiali e regionali; l'associazione Asedifres www.europe-avenir.com, che ha contribuito ad organizzare le Assise europee del plurilinguismo nel novembre 2005.

(20)  Per i partecipanti, i risultati e i resoconti integrali dei lavori cfr. il sito di cui sopra.

(21)  Tra i membri del Forum citiamo i seguenti: Alliance française, Centro culturale svedese, Centro di lingua e cultura italiana, Istituto dell'Università di Londra a Parigi, Istituto Camoes, Istituto Cervantes, Istituto finlandese, Istituto Goethe, Istituto ungherese, Istituto neerlandese.

http://www.forumdeslangues.net.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/74


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Libro verde — Iniziativa europea per la trasparenza

COM(2006) 194 def.

(2006/C 324/25)

La Commissione, in data 12 maggio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al: Libro verde — Iniziativa europea per la trasparenza

Il Comitato economico e sociale europeo ha deciso, a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, del suo Regolamento interno, di istituire un sottocomitato incaricato di preparare i lavori in materia.

Tenendo conto del rinnovo del Comitato, l'Assemblea plenaria ha deciso di pronunciarsi sul parere nel corso della sessione di ottobre e ha designato SÁNCHEZ MIGUEL relatrice generale, conformemente all'articolo 20 del Regolamento interno.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli, 7 voti contrari e 12 astensioni.

1.   Antecedenti

1.1

La Commissione europea è consapevole dell'esigenza di definire un quadro per promuovere la trasparenza nei rapporti tra le istituzioni comunitarie e i gruppi di pressione, migliorando al tempo stesso l'informazione al pubblico circa i beneficiari dei fondi assegnati dall'UE nell'ambito delle sue varie politiche.

1.2

In tale contesto la Commissione ha avviato l'iniziativa europea per la trasparenza, anche se questa preoccupazione di trasparenza era già stata espressa nel Libro bianco sulla governance europea ed è stata in seguito concretizzata con:

il regolamento (CE) n. 1049/2001, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione,

il registro speciale dei documenti riguardanti le attività dei comitati,

le banche dati che forniscono informazioni sugli organi consultivi e sui gruppi di consulenti che lavorano per la Commissione,

il codice di buona condotta amministrativa della Commissione, che rappresenta il parametro di riferimento di quest'ultima nelle sue relazioni con il pubblico.

1.3

Il Libro verde indica quindi i seguenti tre elementi, da tenere in considerazione in una consultazione pubblica sulla trasparenza nell'azione delle istituzioni comunitarie:

l'esigenza di un quadro più strutturato per le attività dei gruppi di interesse,

feedback sui requisiti minimi in materia di consultazione adottati dalla Commissione,

divulgazione obbligatoria delle informazioni sui beneficiari dei fondi UE erogati nell'ambito della gestione concorrente.

2.   Sintesi degli obiettivi del Libro verde

2.1   Trasparenza e rappresentanza di interessi

2.1.1

La Commissione ritiene che, per valutare meglio i risultati delle norme stabilite e conseguire una maggiore trasparenza nei suoi rapporti con i gruppi di pressione o con i cittadini che si rivolgono alle istituzioni europee, occorra definire chiaramente cosa si intenda per membro e attività dei gruppi di pressione.

2.1.2

A giudizio della Commissione il quadro di base delle relazioni tra le istituzioni e i gruppi di pressione deve contenere determinati elementi essenziali, a cominciare dal principio della legittimità dell'azione di tali gruppi, atti a favorire la trasparenza delle relazioni stesse. Non si dovrebbe pertanto ammettere alcuna influenza indebita, né alcuna pressione economica sul processo decisionale, né offrire, in alcuna circostanza, aiuto finanziario, materiale o personale. Bisogna inoltre impedire la diffusione di informazioni imprecise, deliberatamente ambigue o false. In ogni caso bisogna garantire l'interesse generale della Comunità rispetto agli interessi particolari dei gruppi di pressione.

2.1.3

Innanzi tutto occorre considerare come illegali tutte le pressioni che possano originare frode o corruzione o che possano avere un contenuto fuorviante, sia a livello delle informazioni fornite dai gruppi di pressione che a livello della legittimità dei loro membri. Un tema importante è quello della rappresentatività di tali gruppi.

2.1.4

Le misure attualmente in vigore, specie quelle relative al controllo esterno, possono facilitare la trasparenza nelle relazioni tra le istituzioni e i gruppi di pressione. Per tale ragione sono stati istituiti i Principi generali e requisiti minimi per la consultazione, che favoriscono la comunicazione; in tale contesto la banca dati Coneccs (consultazione Commissione europea e società civile) relativa alle organizzazioni della società civile europea, comprende i dati necessari per determinarne la rappresentatività.

2.1.5

In ogni caso appare necessario un rafforzamento del controllo esterno, sebbene alcune misure proposte dalla Commissione per attuare tale controllo siano già in vigore in numerosi Stati membri. La prima azione suggerita riguarda le informazioni fornite dai gruppi di pressione, che saranno rese più complete grazie a un apposito questionario presente nel sito Internet della Commissione.

2.1.6

Lo strumento più importante è costituito dalla registrazione volontaria su Internet, che fornirebbe le informazioni necessarie per valutare gli obiettivi perseguiti dai gruppi di pressione, come pure le relative fonti di finanziamento. In questo contesto va sottolineato che numerose direzioni generali della Commissione europea dispongono di un sistema di identificazione delle organizzazioni riconosciute, cosa che facilita le relazioni con esse.

2.1.7

Un altro argomento da sottolineare è quello dei codici di condotta, che riguarderanno tutti i gruppi di pressione e i loro rappresentanti, indipendentemente dalla loro categoria di appartenenza. Questi codici, adottati su base volontaria, dovrebbero avere dei requisiti minimi comuni, anche se elaborati dai gruppi stessi.

2.2   Feedback sull'applicazione dei requisiti minimi per la consultazione

2.2.1

Va segnalato che la Commissione, nel quadro dei suoi programmi annuali di lavoro, ha definito dei requisiti minimi per la consultazione, allo scopo di migliorare la qualità delle proposte legislative; da ciò deriva l'interesse dei risultati finali ai fini della valutazione di impatto. Vi sono tuttavia decisioni che rimangono al di fuori di tale consultazione, come nel caso delle procedure di comitatologia e del dialogo sociale, conformemente al disposto degli articoli 137-139 del Trattato CE, di cui si parlerà più oltre.

2.2.2

Da quando è stata istituita tale procedura i risultati sono stati soddisfacenti per la Commissione, non solo per il numero di proposte oggetto di consultazione, ma anche per i risultati delle consultazioni, specialmente attraverso il portale Internet.

2.3   Informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari

2.3.1

Attualmente la maggior parte degli Stati membri dispone di canali di informazione per rendere pubbliche le liste dei beneficiari di fondi comunitari che essi cofinanziano. L'esempio più noto è quello della pubblicazione dei beneficiari della PAC. Nondimeno i dati che vengono forniti variano da un paese all'altro, così come le informazioni relative all'utilizzazione dei fondi nell'ambito delle politiche finanziate direttamente dall'UE.

2.3.2

Si propone quindi che sia la Commissione ad accentrare e fornire tali informazioni. Il problema è la complessità legata alla classificazione dei beneficiari per categoria e conseguentemente il costo amministrativo che ciò potrebbe comportare. Una possibile soluzione consisterebbe nel definire dei requisiti minimi di informazione, nel rispetto delle norme sulla protezione dei dati.

3.   Principali domande contenute nel Libro verde

3.1

Le seguenti domande sono correlate al primo degli argomenti trattati, vale a dire la trasparenza e la rappresentanza di interessi:

3.1.1

Si dovrebbero adottare misure per rendere più trasparenti le attività di lobbismo?

3.1.2

I gruppi di pressione devono essere consultati automaticamente se figurano in un registro?

3.1.3

Il registro dovrebbe essere pubblico, senza riserve? Chi dovrebbe gestire il registro?

3.1.4

I codici di condotta attualmente in vigore devono essere modificati?

3.1.5

Si dovrebbe controllare l'osservanza dei codici di condotta, ed eventualmente comminare delle sanzioni?

3.2

Vi è una sola domanda circa il feedback della consultazione:

3.2.1

la Commissione ha applicato in maniera soddisfacente i principi generali e i requisiti minimi per la consultazione?

3.3

In merito alla divulgazione dei nomi dei beneficiari dei fondi comunitari vengono formulate le seguenti domande:

3.3.1

bisognerebbe obbligare tutti gli Stati membri a fornire informazioni sui beneficiari dei fondi?

3.3.2

In caso affermativo, tale informazione dovrebbe essere fornita su scala nazionale e con un determinato contenuto?

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato accoglie con favore il Libro verde sulla trasparenza, presentato dalla Commissione. Dato il gran numero di interessi che cercano di influire sulle politiche comunitarie, la Commissione ha il dovere di stabilire una serie di norme che definiscano non solo le condizioni in cui tale influenza si esercita, ma anche i requisiti imposti alle persone e alle istituzioni che rappresentano tali interessi.

4.2

È nondimeno opportuno definire in anticipo e con la massima chiarezza cosa si intende per «lobbisti» e in che cosa consiste la loro relazione con la Commissione.

4.2.1

La definizione di «lobbisti» contenuta nel Libro verde (1) è per lo meno confusa, in quanto fa riferimento alle organizzazioni professionali, alle ONG, alle associazioni di categoria, le quali portano avanti attività «svolte al fine di influenzare l'elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee». Il CESE ha già elaborato un suo concetto di «organizzazioni della società civile» (2) al fine di operare una distinzione tra queste ultime e i gruppi di pressione (lobby). Inoltre, il TCE (dall'articolo 137 all'articolo 139) stabilisce le condizioni in base alle quali si sviluppa il dialogo tra le parti sociali (3). Le organizzazioni lobbistiche nell'UE si differenziano in misura notevole quanto ai loro obiettivi, alle loro strutture e ai gruppi che rappresentano. Così, per esempio, organizzazioni quali quelle degli industriali e dei datori di lavoro o quelle sindacali, che rappresentano gli interessi di migliaia o addirittura di milioni di imprese o di lavoratori europei, non dovrebbero essere annoverate tra le organizzazioni lobbistiche o tra i gruppi d'interesse con ristretti interessi commerciali o d'altro tipo, perché esse rappresentano interessi vasti, generali e pubblici della società, promuovendo lo sviluppo dell'industria e dell'attività economica, il progresso economico e sociale. Esse non hanno fini di lucro. La loro attività, che ha come obiettivo il bene della collettività, è vista favorevolmente, la stampa ne parla ampiamente e esse stesse sono interessate a che la loro attività sia fatta conoscere quanto più possibile. Queste organizzazioni sono parti sociali, che partecipano insieme con le istituzioni dello stato al dialogo sociale a livello europeo.

4.2.2

Sarebbe dunque opportuno stabilire con precisione chi rientra nel concetto di gruppi di pressione («lobbisti») e soprattutto riconoscere che la loro esistenza è un aspetto della democrazia partecipativa dell'UE.

4.2.3

L'articolo I-46 del progetto di Trattato costituzionale, concernente il principio della democrazia rappresentativa, prevede nel 3o paragrafo che «Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina al cittadino». L'articolo I-47, paragrafo 3, stabilisce che «Al fine di assicurare la coscienza e la trasparenza delle azioni dell'Unione, la Commissione procede ad ampie consultazioni delle parti interessate».

4.2.4

Per quanto concerne l'azione dei lobbisti, occorre fare una distinzione tra l'accesso all'informazione e la consultazione. Il diritto all'informazione è garantito a tutti i cittadini dell'UE e rientra nell'ambito di quella trasparenza alla quale sono obbligate tutte le istituzioni comunitarie. La consultazione è limitata a coloro che hanno un legittimo interesse nelle politiche comunitarie.

4.2.5

La Commissione ha adottato i «requisiti minimi per la consultazione delle parti interessate» (4) al fine di creare un quadro generale, trasparente, coerente e al tempo stesso flessibile, in modo da consentire la consultazione nell'ambito di talune politiche specifiche, soprattutto quelle che richiedono una valutazione dell'impatto. Il Libro verde riprende in esame e adegua alcune delle condizioni della partecipazione e della consultazione delle parti interessate, in modo che ne derivino dei risultati più trasparenti.

5.   Osservazioni specifiche sulle domande del Libro verde

5.1

Registro. L'iscrizione al registro dev'essere considerata come una condizione obbligatoria per l'acquisizione di un diritto come quello alla consultazione obbligatoria delle parti interessate in merito alle questioni che le riguardano. In tale contesto il CESE giudica il registro obbligatorio come un requisito minimo a favore di quella trasparenza che è alla base della consultazione nell'ambito delle politiche comunitarie e soprattutto necessario per evitare che la consultazione venga utilizzata per trarre vantaggi contrari all'interesse generale.

5.1.1

Il carattere pubblico di qualsiasi registro è indiscutibile. Il registro proposto dovrebbe essere peraltro gestito dalla Commissione, poiché questo suo carattere pubblico esclude qualsiasi altra soluzione. Infine, a prescindere dal sistema di registrazione obbligatoria adottato, la portata delle informazioni che le parti interessate saranno tenute a fornire dovrà essere proporzionale all'obiettivo perseguito, ossia consentire ai cittadini europei di essere informati sui gruppi d'interesse che cercano d'influire sulle politiche e sulle decisioni dell'Unione.

5.1.2

In tale prospettiva è necessario chiarire quale sia il contributo dei gruppi di pressione agli organi e alle istituzioni dell'UE, chi essi rappresentino, quali obiettivi perseguano e come si finanzino. Come minimo, le informazioni fornite dovrebbero includere, non solo la denominazione e la sede dell'organizzazione e il fine sociale, vale a dire gli obiettivi da essa perseguiti, ma anche i nominativi delle persone abilitate a rappresentarla e a fungerne da portavoce, nonché tutte le informazioni idonee per prender conoscenza del suo Statuto e della sua contabilità assoggettata a revisione.

5.2

Codice di condotta. Il codice di condotta è inteso a garantire il rispetto di alcune condizioni minime per l'acquisizione di un determinato status professionale o politico. Tali condizioni vanno considerate come uno strumento connesso al registro obbligatorio, pertanto il loro rispetto da parte dei lobbisti che richiedono l'iscrizione garantisce che saranno consultati dalla Commissione e dagli altri organismi comunitari.

5.2.1

Per il CESE sarebbe bene che la Commissione adottasse un codice di condotta vincolante, tale da assicurare la parità di trattamento, di diritto e di fatto, fra tutte le parti interessate , associato a un registro obbligatorio simile a quello del Parlamento europeo (5), adattandone il contenuto alla funzione consultiva perseguita, in particolare per quanto riguarda le conseguenze derivanti dalla sua mancata osservanza.

5.3

Feedback relativo alle norme minime per la consultazione. Ciascuna DG ha l'obbligo di valutare l'impatto della consultazione, fornendo un elenco delle persone consultate, ma solo per quanto concerne le principali proposte della Commissione. Il CESE ritiene che tale valutazione o feedback debba riguardare tutte le proposte oggetto di una pubblica consultazione. Per un miglior svolgimento delle consultazioni, la Commissione dovrebbe affrontare alcune questioni molto importanti, come:

le lingue in cui si svolge la consultazione,

la neutralità delle domande,

l'importanza variabile dei pareri e dei commenti, in funzione della rappresentatività dell'organizzazione partecipante alla consultazione che li ha espressi.

5.3.1

Si ritiene insufficiente un'informazione generale sulla consultazione; ciascuna organizzazione consultata dovrebbe invece ricevere informazioni specifiche in merito e disporre di termini abbastanza ampi da permettere il dibattito all'interno dell'organizzazione stessa. La consultazione via Internet, ampiamente utilizzata, può indurre ad attribuire lo stesso peso alle opinioni di singoli individui o di organizzazioni non rappresentative e ai pareri che riflettono una posizione comune di organismi di più paesi aderenti alla stessa organizzazione.

5.4

Informazioni sui beneficiari dei fondi comunitari. Il CESE propone che, così come avviene per i fondi gestiti dalla Commissione, vengano diffuse le informazioni sui beneficiari dei fondi di tutte le istituzioni europee Questo vale anche per gli Stati membri, nell'ambito dei fondi a gestione condivisa, in quanto sono proprio essi stessi ad essere responsabili della loro distribuzione.

5.4.1

Alcuni Stati membri ottemperano in maniera esemplare all'obbligo di pubblicazione vigente, tra l'altro, nell'ambito degli aiuti agricoli dell'UE, mentre ciò non si verifica nel caso di altri Stati membri. Il CESE ritiene che dovrebbe essere obbligatorio per tutti gli Stati membri pubblicare, anche tramite Internet, tutte le informazioni concernenti i beneficiari nel quadro dei fondi a gestione condivisa con l'UE.

5.5

Il CESE chiede alla Commissione di valutare l'opportunità di estendere il controllo effettuato sui risultati del processo di consultazione anche ai membri della Commissione che esercitano tali funzioni, come previsto all'articolo 213, paragrafo 2, del TCE. Chiede inoltre di garantire l'assoluta osservanza degli articoli 11 e 16 dello Statuto dei funzionari. Prendere in considerazione tutte le parti in un processo di consultazione e decisione è necessario ai fini della trasparenza e del corretto funzionamento delle istituzioni.

Bruxelles, 26 ottobre 2006

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Libro verde, II, 1, pag. 4.

(2)  Cfr. in particolare i pareri del Comitato sul tema Il ruolo e il contributo della società civile organizzata nella costruzione europea, del 23.9.1999 (GU C 329 del 17.11.1999); La società civile organizzata e il sistema di governo europeo (governance)Contributo del Comitato all'elaborazione del Libro bianco, del 26.4.2001 (GU C 193 del 10.7.2001); La governance europeaLibro bianco, del 21.3.2002 (GU C 125 del 27.5.2002); La rappresentatività delle organizzazioni europee della società civile nel contesto del dialogo civile, del 14.2.2006 (GU C 88 dell'11.4.2006).

(3)  Occorre tenere conto della Costituzione europea, la quale, all'articolo I-48, definisce il ruolo delle parti sociali e il dialogo sociale autonomo, separandolo dalla consultazione delle cosiddette parti interessate, di cui agli articoli precedenti.

(4)  COM(2002) 704 def. dell'11.12.2002.

(5)  Regolamento del PE, Allegato IX, Articolo 3, Codice di condotta.

1.

Nel quadro delle loro relazioni con il Parlamento, le persone figuranti nel registro previsto all'articolo 9, paragrafo 4:

a)

devono rispettare le disposizioni dell'articolo 9 e del presente allegato;

b)

devono dichiarare l'interesse o gli interessi che rappresentano nei loro rapporti con i deputati, il loro personale o i dipendenti dell'istituzione;

c)

devono astenersi da qualsiasi azione volta a ottenere informazioni in modo disonesto;

d)

non possono vantare alcun rapporto ufficiale con il Parlamento nelle loro relazioni con terzi;

e)

non possono diffondere presso terzi, a scopo di lucro, copie di documenti ottenuti presso il Parlamento;

f)

devono ottemperare rigorosamente alle disposizioni dell'allegato I, articolo 2, secondo comma;

g)

devono assicurarsi che qualsiasi assistenza fornita nel quadro delle disposizioni di cui all'allegato I, articolo 2 sia dichiarata nell'apposito registro;

h)

devono ottemperare, in caso di assunzione di ex dipendenti delle istituzioni, alle disposizioni dello statuto del personale;

i)

devono conformarsi alle disposizioni adottate dal Parlamento in materia di diritti e responsabilità degli ex deputati;

j)

per evitare possibili conflitti di interesse devono ottenere il consenso preliminare del deputato o dei deputati interessati in merito a qualsiasi rapporto contrattuale o all'assunzione di un assistente parlamentare e successivamente far sì che ciò sia dichiarato nel registro previsto all'articolo 9, paragrafo 4.

2.

Ogni violazione del presente codice di condotta può condurre al ritiro del lasciapassare rilasciato alle persone interessate e, se del caso, all'impresa di cui sono dipendenti.


30.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 324/78


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma d'azione doganale nella Comunità (Dogana 2013)

COM(2006) 201 def. — 2006/0075 (COD)

(2006/C 324/26)

Il Consiglio, in data 22 giugno 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 95 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

L'Ufficio di presidenza del Comitato economico e sociale europeo ha incaricato la sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo di preparare i lavori in materia.

Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2006, nel corso della 430a sessione plenaria, ha nominato relatrice generale BATUT e ha adottato il seguente parere con 108 voti favorevoli e 4 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

In tutti i paesi, la dogana protegge gli interessi economici nazionali e tradizionalmente intercetta le merci in transito in base a procedure fondate sul principio dell'immediatezza dell'intervento. Dopo l'entrata in vigore della tariffa esterna comune negli anni '60, la creazione del mercato interno nel 1993 ha portato all'abolizione dei controlli alle frontiere tra gli Stati membri dell'UE, rendendo possibile la libera circolazione dei beni e dei servizi. Gli scambi intracomunitari di merci, il cui volume è quasi raddoppiato dopo l'abolizione delle frontiere interne, rappresentano la parte più consistente del commercio degli Stati membri.

1.2

Per molti anni le amministrazioni doganali degli Stati della Comunità europea sono rimaste pressoché immutate. L'organizzazione delle strutture e del personale dei servizi doganali era di appannaggio assoluto degli Stati membri.

1.3

Tuttavia, l'Unione europea, la rivoluzione digitale e la creazione di reti — fenomeni, questi, che non conoscono frontiere — hanno fatto sì che l'attività delle dogane perdesse parte della sua ragion d'essere. La proposta della Commissione Dogana 2013 spinge verso una maggiore integrazione delle prassi doganali nel rispetto degli obiettivi di Lisbona, senza però puntare all'integrazione delle amministrazioni, il cui ruolo nazionale resta fondamentale. Ciò non toglie che gli interessi da proteggere siano quelli dell'Unione, nonché dei suoi cittadini e consumatori.

2.   Il contesto della proposta

2.1   Dogana 2000

2.1.1

La Commissione europea ha proposto sin dal 1995 un programma quinquennale intitolato Dogana 2000 , a cui ha fatto seguito Dogana 2002. L'obiettivo era che nel corso del tempo le dogane nazionali agissero «come un'amministrazione unica» sul piano delle procedure: «uno spazio commerciale privo di frontiere doganali interne comprendente i 15 Stati membri della Comunità richiede l'applicazione, in qualsiasi punto del territorio doganale, di una procedura doganale uniforme per transazioni dello stesso tipo». Gli strumenti indicati a tal fine erano la cooperazione, l'applicazione uniforme del diritto doganale all'interno e sul perimetro delle frontiere della Comunità, una rete di comunicazione accessibile a tutti i soggetti economici, il miglioramento delle strutture e del personale delle amministrazioni doganali, e lo sviluppo dell'informatizzazione e dello sdoganamento elettronico (1).

2.2   Dogana 2002

2.2.1

Dogana 2002 ha creato un Gruppo di politica doganale e un Comitato «Dogana 2002», al fine di coordinare gli approcci dei rappresentanti della Commissione e degli Stati membri riguardo a metodi, misure, valutazioni, investimenti, piattaforme informatiche, aggiornamento delle procedure, norme di controllo, cooperazione contro la contraffazione, sostegno ai paesi candidati e scambi di funzionari.

2.2.2

In tale occasione il CESE aveva accolto con favore la creazione di un sistema elettronico di comunicazione fra dogane al livello dell'Unione con «il coinvolgimento attivo degli ambienti economicile imprese interessate, le associazioni di categoria, il Comitato consultivo doganale, il CESnei processi decisionali ufficiali», il che «favorisce inoltre la comprensione reciproca ed evita inutili difficoltà d'attuazione», e aveva messo in risalto i potenziali vantaggi di un tale sistema ai fini della semplificazione. Il Comitato riteneva inoltre che la Commissione dovesse studiare le possibilità di centralizzare l'informazione, introducendo nel medio periodo un «servizio comunitario di investigazione doganale (Eurodogana, simile a Europol)», e aggiungeva che «per i funzionari doganali degli Stati membri è indispensabile una formazione uniforme nel campo del diritto doganale e delle procedure doganali». A tal fine riteneva necessario «tenere in considerazione, oltre al principio di sussidiarietà, le diverse carriere dei funzionari doganali» (2). Queste raccomandazioni del Comitato non sono state ascoltate dagli organi decisionali.

2.3   Dogana 2007

2.3.1

In seguito è stato adottato un nuovo programma quinquennale dal titolo Dogana 2007  (3), che prorogava e ampliava il precedente. Tale programma non aveva come unici obiettivi il commercio e l'attività doganale, ma si concentrava anche sulla necessità di tutelare gli interessi finanziari dell'Unione europea e sulla creazione di un ambiente sicuro e senza rischi per i cittadini. La globalizzazione dell'economia mondiale va avanti, con tutti i radicali cambiamenti che essa comporta. Le dogane hanno un ruolo importante da svolgere nella regolazione dell'ambiente commerciale. La crescente diffusione della digitalizzazione ha reso possibile l'obiettivo di un'integrazione delle procedure doganali. L'obiettivo di Dogana 2007 è far sì che la legislazione comunitaria in materia di politica doganale venga applicata da tutti gli Stati membri in modo coerente e professionale. Pertanto, le migliori pratiche, gli scambi di personale, i seminari e le azioni di monitoraggio assumono tutti una chiara importanza con l'intensificarsi dell'informatizzazione.

2.3.2

Dal canto suo, il Comitato raccomandava in tale occasione alla Commissione di «svolgere un ruolo maggiormente proattivo nel monitorare gli standard di controllo negli Stati membri», e aggiungeva che «tale risultato potrebbe essere conseguito, almeno in parte, introducendo una rete di ispettori doganali a livello comunitario» (4).

2.3.3

Nel parere, il CESE ammetteva che il perfezionamento dei servizi doganali può avere lo scopo di migliorare l'ambiente competitivo per le imprese, promuovere l'occupazione e appoggiare le attività legittime nel settore del commercio e degli scambi. Riteneva inoltre necessario disporre di uno strumento in grado di valutare i progressi realizzati nelle fasi iniziali e apportare le necessarie misure correttive. Tali raccomandazioni sono state accolte (5).

2.3.4

La relazione intermedia ha mostrato che nel complesso gli operatori e i soggetti interessati erano soddisfatti del programma Dogana 2007, ma che sarebbe stato necessario conciliare gli obblighi di sicurezza con l'intento della Comunità europea di promuovere il commercio. Vi era inoltre una certa apprensione per quanto riguarda il ruolo dell'informatizzazione delle dogane. Il programma ha contribuito in modo significativo all'obiettivo delle organizzazioni doganali nazionali di operare come una amministrazione unica.

2.4   Il 2006

2.4.1

Nel 2006 sono apparsi tre importanti documenti europei in materia di dogane:

la proposta di regolamento sul Codice doganale aggiornato,

la proposta di decisione concernente un ambiente privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio,

e la proposta all'esame nel presente parere.

2.4.2

Il Codice doganale comunitario, che sarà aggiornato con un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, e su cui il CESE si è pronunciato con il parere del 5 luglio 2006, è anch'esso un fondamentale documento di contesto per comprendere il programma Dogana 2013, che punta ad adeguare la legislazione vigente all'evoluzione dei mercati e delle tecnologie, oltre che ai successivi ampliamenti dell'Unione. L'informatizzazione avanza, e l'amministrazione doganale deve essere in linea; il nuovo codice rende obbligatorie le procedure informatizzate fino a oggi facoltative e facilita così il compito dei maggiori operatori, anche se forse a spese dei piccoli. A ciò si aggiunga che le misure non tariffarie, ad esempio in materia di lotta contro le contraffazioni, sicurezza, controllo dell'immigrazione clandestina, riciclaggio di capitali e traffico di stupefacenti, igiene, salute, ambiente e tutela dei consumatori, come pure quelle riguardanti la riscossione dell'IVA e delle accise sono divenute molto importanti. Gli Stati membri restano i cardini del dispositivo e ne sostengono i costi, specie quelli dell'interoperabilità informatica; inoltre, le loro autorità doganali possono effettuare ogni sorta di controlli. D'altro canto, la Commissione vede crescere i propri poteri regolamentari (cfr. art. 196 della proposta di regolamento) con riguardo ai sistemi doganali, agli Stati membri e agli accordi internazionali. Il codice aggiornato ridefinisce i ruoli e lo status di tutti i soggetti coinvolti nella procedura doganale.

2.4.3

L'obbligo di informatizzazione conduce per forza di cose alla soppressione dei supporti cartacei.

2.4.3.1

La proposta di decisione relativa alle dogane elettroniche prevede una serie di misure e scadenze volte a rendere i sistemi doganali elettronici dei vari Stati membri compatibili tra loro, creando così un portale informatico unico e condiviso. La comunicazione tra gli operatori e le autorità doganali ne guadagnerà in efficacia, e gli scambi tra le autorità saranno più celeri. Le versioni in formato cartaceo dovranno diventare l'eccezione. La Commissione prevede anche la creazione di un'interfaccia unica per consentire agli operatori giudicati «affidabili» (i partecipanti e gli «operatori autorizzati», cfr. artt. 2, 4, 13 e 16 della proposta di regolamento sul Codice doganale aggiornato) di avere a che fare con un unico organismo, e non, come avviene oggi, con diverse autorità di controllo delle frontiere. Le informazioni, specie quelle doganali, verrebbero così trasmesse una sola volta. Ciò significa che le merci sarebbero controllate dalle autorità doganali e dalle altre autorità competenti (polizia, guardie di frontiera, servizi veterinari e ambientali) allo stesso momento e nello stesso posto, in base al principio dello «sportello unico».

2.4.4

Nel parere del 13 settembre 2006, il CESE afferma che la gestione comunitaria delle dogane dovrebbe figurare fra gli obiettivi a lungo termine dell'Unione: «una gestione di tale tipo presenta vantaggi dal punto di vista della semplicità, dell'affidabilità e dei costi, nonché delle possibilità di interconnessione con altri sistemi dell'UE e dei paesi terzi».

3.   Il programma Dogana 2013

3.1

Interoperabilità, riduzione dei costi, migliori pratiche: il programma Dogana 2013 in esame si inscrive nel solco dei programmi precedenti su ricordati ed è il successore di Dogana 2007. In un contesto in cui i vari elementi presentano forte coerenza, esso si prefigge di contribuire alla creazione di un contesto doganale moderno, finalizzato a sua volta a rendere più rapida la circolazione delle merci, ad agevolare gli scambi e ad accrescere la libertà del commercio, pur garantendo i necessari controlli. La Commissione europea (6) ritiene che la dogana sia l'unico strumento a possedere una visione globale e trasversale dell'economia. La situazione è molto più complessa di prima, giacché vede interagire flussi di persone e di merci. Gestire tale complessità significa, secondo i suoi rappresentanti, dotarsi di risposte e di strumenti flessibili in modo da garantire la competitività delle imprese dell'UE sia sul mercato interno che su quello mondiale.

3.1.1

Il periodo d'applicazione del nuovo programma va dall'1.1.2008 al 31.12.2013: un periodo di sei anni che ne allinea la durata a quella del quadro finanziario pluriennale.

3.1.2

Gli obiettivi del programma, da realizzare attraverso un sostegno ai destinatari, sono quelli enunciati all'art. 4, par. 1 della proposta:

a)

garantire che le attività doganali rispondano alle esigenze del mercato interno, inclusa la sicurezza della catena di approvvigionamento;

b)

assicurare che le amministrazioni doganali interagiscano e assolvano i loro obblighi in modo altrettanto efficiente che se costituissero un'unica amministrazione;

c)

garantire la necessaria tutela degli interessi finanziari della Comunità;

d)

rafforzare la protezione e la sicurezza dei cittadini;

e)

preparare l'allargamento, tra l'altro assicurando lo scambio di esperienze e di conoscenze con le amministrazioni doganali dei paesi interessati.

3.1.3

Gli strumenti: azioni comuni e il completamento dell'informatizzazione.

Gli strumenti posti al servizio del programma (art. 1, par. 2) riprendono e approfondiscono quelli di Dogana 2007, coinvolgendo due settori: quello delle risorse materiali (hardware e software) e quello delle risorse umane (azioni comuni e formazioni):

a)

sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni;

b)

benchmarking;

c)

seminari e workshop;

d)

gruppi di progetto e gruppi di indirizzo;

e)

visite di lavoro;

f)

attività di formazione;

g)

azioni di monitoraggio;

h)

ogni altra attività necessaria per la realizzazione degli obiettivi del programma.

Essi tendono in altre parole alla creazione di un contesto doganale informatizzato paneuropeo.

3.1.4

I destinatari delle azioni (art. 3) sono in primo luogo gli Stati membri, ma anche, dato il ruolo dell'azione doganale nell'economia internazionale, e secondo modalità differenziate, i paesi candidati all'adesione, i potenziali paesi candidati, i paesi legati all'UE dalla politica europea di vicinato (PEV) e i paesi terzi.

3.1.5

I diversi soggetti vengono definiti in vari articoli della proposta.

3.1.5.1

Il sesto considerando (7) afferma la necessità di un «rafforzamento delle relazioni tra le amministrazioni doganali della Comunità e tra queste e le imprese, gli ambienti giuridici e scientifici e gli operatori attivi nel commercio con l'estero». Il programma Dogana 2013 dovrebbe permettere ai rappresentanti di tali ambienti o organismi di partecipare, se necessario, ad attività rientranti in esso.

3.1.5.2

Soggetti del programma sono anzitutto le amministrazioni nazionali, definite all'art. 2, par. 2 come «le pubbliche autorità ed altri organismi dei paesi partecipanti competenti per l'amministrazione doganale e per le altre attività connesse»; poi, al livello comunitario, la Commissione e il Gruppo di politica doganale composto di responsabili nazionali. Inoltre, a norma dell'art. 14, i «rappresentanti di organismi internazionali, amministrazioni di paesi terzi, operatori economici e loro organizzazioni, possono partecipare alle attività organizzate nell'ambito del programma ogniqualvolta ciò sia indispensabile per la realizzazione» dei suoi obiettivi concreti (cfr. artt. 4 e 5). Infine, «la Commissione può rendere i sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni accessibili a partire da altri servizi pubblici, a fini doganali e non, purché venga versato un contributo finanziario al bilancio del programma» (art. 7, par. 6). In complesso, e dato il ruolo regolatore della dogana nell'ambito del commercio internazionale, il numero di soggetti interessati è decisamente cospicuo.

3.1.5.3

Infine, la Commissione si riserva per il futuro la possibilità di accertare se determinati compiti nella realizzazione del programma possano essere «affidati ad un'agenzia esecutiva» (8) o a «fornitori di servizi attraverso contratti di assistenza tecnica e amministrativa», soluzione che però non sarebbe priva di problemi per quanto riguarda l'organizzazione amministrativa in alcuni Stati membri.

3.1.6   Il bilancio

3.1.6.1

L'interoperabilità permetterà lo scambio di informazioni tra le amministrazioni dei vari paesi; mediante interfacce con gli operatori commerciali, Dogana 2013 contribuisce all'attuazione delle due decisioni «Codice doganale aggiornato» e «Ambiente privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio». Una volta a regime, il nuovo sistema informatizzato completerà il mercato interno unificato, le cui uniche frontiere saranno ormai quelle esterne. Il programma Dogana 2013 tiene conto della dimensione globale dei mercati e dei rapporti con i paesi terzi che possono diventare «paesi partecipanti» ed essere ammissibili agli aiuti.

3.1.6.2

La realizzazione del programma compete in primo luogo proprio ai paesi partecipanti (undicesimo considerando). L'importo totale a carico del bilancio comunitario ammonta a 323,8 milioni di EUR (relazione, pt. 4. e art. 16, par. 1), ma ciò non rappresenta il totale dei costi, che saranno sostenuti soprattutto dagli Stati membri. L'aiuto fornito da Dogana 2013 ammonterebbe in teoria a 2 milioni di EUR all'anno per sei anni per ciascuno Stato membro dell'Unione, ma i «paesi partecipanti» saranno più numerosi dei 27 Stati membri.

3.1.6.3

Le spese saranno ripartite come segue tra l'Unione e i paesi partecipanti (art. 17):

«2.

La Comunità si fa carico delle spese seguenti:

a)

i costi di acquisto, sviluppo, installazione, manutenzione e normale funzionamento degli elementi comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio di informazioni di cui all'articolo 7, paragrafo 3,»

come pure i costi relativi all'organizzazione delle riunioni rese necessarie dalle azioni comuni;

«6.

I paesi partecipanti si fanno carico delle seguenti spese:

a)

i costi di sviluppo, acquisto, installazione, manutenzione e normale funzionamento degli elementi non comunitari dei sistemi di comunicazione e di scambio d'informazioni di cui all'articolo 7, paragrafo 4;

b)

i costi relativi alla formazione iniziale e permanente dei propri funzionari, compresa la loro formazione linguistica

3.1.7   Il personale

3.1.7.1

Il progetto pone l'accento sull'esigenza di formazioni serie e di competenze specifiche per far funzionare il sistema. Questo aspetto dell'attività del personale doganale nazionale viene affrontato all'art. 12 del testo proposto. L'idea è che una cooperazione «strutturata» tra gli organismi nazionali per la formazione doganale farà innescare una reazione a catena: a livello comunitario verranno elaborati programmi e «standard di formazione», in modo da «creare un nucleo comune di formazione relativo all'insieme delle regole e delle procedure doganali e consentire così ai funzionari di acquisire le necessarie competenze e conoscenze professionali» (art. 12, par. 1, lett. a)). Ai corsi impartiti potranno avere accesso anche i funzionari di altri paesi (art. 12, par. 1, lett. b)) e il nucleo centrale del dispositivo dovrà essere pienamente integrato nei programmi di formazione nazionali dalle autorità doganali di ciascuno Stato membro (art. 12, par. 2), le quali ovviamente devono anche assicurare che «i propri funzionari ricevano la formazione iniziale e permanente necessaria per acquisire le competenze e le conoscenze professionali comuni», nonché la debita formazione linguistica, assumendosene l'onere finanziario (art. 12, par. 2).

3.1.7.2

Non vi sarà dunque una scuola comunitaria, ma saranno comunitari i contenuti. La Commissione opta per una struttura ad albero senza però escludere «ove sia opportuno, lo sviluppo dell'infrastruttura e degli strumenti necessari per assicurare una formazione doganale comune e una gestione comune delle attività di formazione» (art. 12, par. 1, lett. c)).

3.1.7.3

Inoltre, per giungere a quella complementarità già a suo tempo auspicata dal CESE, il testo proposto fa riferimento all'«esame delle possibilità di sviluppare attività di formazione con altri servizi pubblici.» (art. 12, par. 1, lett. d)). Le spese d'acquisto, progettazione, installazione e manutenzione dei sistemi e dei moduli di formazione potranno così essere finanziate dal programma nella misura in cui sono comuni all'insieme dei paesi partecipanti (art. 17, par. 1, lett. d)).

3.1.8   Il ruolo della Commissione

3.1.8.1

La Commissione si colloca al centro della struttura ad albero. Pur in assenza di una struttura comunitaria, essa occupa infatti una posizione centrale rispetto ai vari soggetti: sarà suo compito stabilire, in base a criteri ancora da precisare, quali siano gli operatori autorizzati (art. 196 del Codice doganale aggiornato), quali altri servizi pubblici oltre alle dogane potranno accedere, a fini non doganali (cfr. la sintesi dell'art. 7 nella relazione), ai dati protetti e alle attività di formazione e quali nuovi operatori del settore privato (aree giuridiche e scientifiche) potrebbero essere associati.

4.   Osservazioni generali

4.1

Il Comitato deplora il fatto che, malgrado il loro evidente collegamento e la loro importanza sia per le amministrazioni sia per gli uomini e le donne che li gestiscono, i dossier sopraccitati siano stati presentati dalla Commissione in ordine sparso nel corso del 2006: si tratta infatti di questioni che non sono né urgenti, né totalmente nuove, ma tutte interconnesse.

4.2

Per questo, deplora ancor più di aver dovuto elaborare il presente parere in situazione di urgenza, per motivi legati al calendario della preparazione del bilancio attualmente in corso. Come infatti è già stato ricordato, la proposta in esame fa parte di un più vasto contesto le cui conseguenze rispetto a tale procedura erano totalmente prevedibili.

4.3

Il CESE è dell'avviso che l'unione doganale, un tempo la punta di diamante dell'integrazione economica europea, non possa accumulare ritardi rispetto al mondo del commercio internazionale che essa dovrebbe regolare, e nel quale è in corso un processo di trasformazione continua, senza risentirne negativamente. Gli strumenti informatici fanno naturalmente parte dell'armamentario a sua disposizione, e le infinite possibilità da essi offerte devono essere messe al servizio degli operatori e delle autorità di controllo. Il Comitato approva pertanto il programma Dogana 2013 e il previsto aumento di bilancio, che consentirà di continuare a fornire assistenza ai paesi partecipanti, in particolare perché possano modernizzare i loro strumenti, responsabilizzare gli attori e formare il personale.

4.4

La condivisione delle conoscenze, le azioni comuni e le attività di monitoraggio sono tutti elementi positivi sia per il buon funzionamento dell'interoperabilità, sia per la conoscenza reciproca dei soggetti: questo tipo di iniziative sarà tuttavia riservato a un numero limitato di funzionari doganali.

4.5

Il CESE osserva che — come esso aveva auspicato in relazione ai programmi precedenti — è stato istituito un processo di valutazione, e se ne compiace; si rammarica però che per il momento non venga fornita alcuna precisazione in merito agli indicatori che saranno utilizzati.

4.6

Il Comitato formula tuttavia alcune riserve:

4.6.1

«È necessario dare la priorità a interventi doganali diretti a migliorare i controlli e le attività antifrode», ma al tempo stesso «ridurre al minimo i costi sostenuti dagli operatori economici per conformarsi alla legislazione doganale», «assicurare una gestione efficiente dei controlli delle merci alle frontiere esterne e tutelare i cittadini europei garantendo la sicurezza della catena di approvvigionamento internazionale» (terzo considerando).

4.7

Il CESE reputa nondimeno:

4.7.1

che l'obiettivo di assicurare «ai cittadini e agli operatori economici comunitari un livello equivalente di protezione in qualsiasi punto del territorio doganale della Comunità» (cfr. secondo considerando), sia di per sé un'intenzione lodevole, ma insufficiente per i contribuenti, gli operatori e soprattutto i cittadini, se l'«equivalenza» non è sinonimo di «eccellenza», cioè del livello più elevato. Sicurezza significa ad esempio che, prima di autorizzare l'ingresso di un orso di peluche nel territorio comunitario, i funzionari doganali ne hanno potuto verificare la conformità alle norme comunitarie, accertando che i suoi occhi non possano essere strappati da un bambino e provocarne il soffocamento. Il testo della proposta pone l'obiettivo del controllo e della sicurezza senza però precisarlo ulteriormente; esso dovrebbe invece essere equivalente in qualsiasi punto del territorio comunitario ed essere il migliore possibile;

4.7.2

che, allorché all'obiettivo di ridurre gli oneri amministrativi grazie all'automatizzazione di alcune funzioni tramite costosi sistemi informatici si aggiunge l'obbligo per le autorità di bilancio degli Stati membri di rispettare i tassi di disavanzo e debito pubblico autorizzati dai Trattati, le amministrazioni nazionali possano essere indotte a ridimensionare i loro effettivi in modo indipendente l'una dall'altra, rendendo così difficile la cooperazione, e/o a esternalizzare i costi attraverso un certo grado di privatizzazione: ciò potrebbe mettere gli operatori e i cittadini in una condizione di incertezza giuridica rispetto all'azione dei servizi dotati di poteri forti;

4.7.3

che l'auspicata facilitazione degli scambi potrebbe provocare un aumento del tasso di frode (beni commerciali leciti) e dei traffici (merci illecite) a fronte di controlli fisici ridotti. Nel documento sarebbe stato utile dimostrare se la lotta alla frode con strumenti elettronici di controllo possa funzionare efficacemente e assicurare un trattamento equivalente in tutti i paesi partecipanti con un numero limitato di funzionari. Il Comitato ritiene che il numero dei controlli dipenda sempre da decisioni di ordine politico e dal rapporto che si desidera instaurare tra libertà di commercio e sicurezza dei cittadini, ma è consapevole che l'esecuzione dei controlli dipende dai funzionari e dai mezzi d'azione di cui dispongono. D'altronde, non c'è equilibrio tra libertà e sicurezza se la volontà di facilitare gli scambi riducendo di fatto il numero dei controlli e quello degli addetti prevale sull'esigenza di sicurezza, e il CESE constata che quest'ultima è poco sviluppata nel progetto. Se spetta all'Unione definire la politica doganale, sono le amministrazioni nazionali a decidere l'ubicazione delle rispettive strutture, strutture che esse potrebbero utilmente riorganizzare senza sopprimerle.

4.7.3.1

Il Comitato sottolinea di aver già raccomandato due volte, in occasione dei precedenti testi in materia doganale, un certo grado di accentramento delle azioni e delle strutture; a partire dal 2005 (9), tuttavia, la Commissione europea ha adottato un'impostazione in rete imperniata a sua volta su una cooperazione rafforzata tra i sistemi informatici doganali nazionali, ritenendo che ciò avrebbe portato contemporaneamente a un rafforzamento dei controlli e alla facilitazione delle procedure. L'interoperabilità e l'assenza di supporti cartacei comportano in realtà una profonda ristrutturazione dei servizi doganali a livello nazionale: sopprimere uffici aperti ai dichiaranti equivale a ridurre in pari misura la forza d'intervento delle dogane in casi di emergenza sanitaria (mucca pazza) o di sicurezza (terrorismo) e imporre al personale cambiamenti radicali.

4.7.3.2

Il Comitato ribadisce inoltre una delle critiche da esso formulate nei confronti dei testi precedenti (10) quanto all'«assenza di una reale presa di coscienza dell'interdipendenza delle varie amministrazioni pubbliche nella lotta ai fenomeni criminosi», seppure attenuata in questo caso dalla prevista possibilità di apertura ad altri servizi pubblici (art. 7, par. 6).

4.7.3.3

In generale, il riconoscimento del ruolo centrale dell'unione doganale e delle amministrazioni nazionali, che ne sono il braccio operativo, nella regolazione del commercio mondiale avrebbe potuto indurre la Commissione a precisare che tale ruolo può essere devoluto unicamente ai poteri pubblici.

4.7.3.4

La relazione intermedia di valutazione del programma Dogana 2007 ha evidenziato la gravità del problema linguistico, che frena l'azione transnazionale degli funzionari doganali. Il CESE ritiene che il programma Dogana 2013 non tenga sufficientemente conto di questo problema, lasciandolo all'iniziativa dei paesi partecipanti, mentre bisognerebbe farne una causa europea.

4.7.3.5

Nel contesto della globalizzazione economica la Commissione avrebbe potuto includere un cenno a un'azione in materia di istruzione nei paesi terzi e mettere l'accento sulla prevenzione e la formazione delle autorità di taluni paesi noti per alimentare le correnti della frode (in particolare la contraffazione), affinché possano comprendere fino a che punto queste attività danneggiano la loro stessa economia e insegnare loro le tecniche per il controllo interno di questo fenomeno.

5.   Osservazioni specifiche

5.1   Articolo 3 della proposta: partecipazione al programma

5.1.1

La proposta della Commissione prevede le azioni da intraprendere sia sulle vecchie e sulle nuove frontiere dell'Unione, sia con i paesi partner della PEV. Inoltre, punta a migliorare la cooperazione con i paesi terzi in genere, i quali, a certe condizioni, potranno essere associati a determinate attività. Il Comitato ritiene che tutto ciò sia molto importante per assicurare nel più breve tempo possibile il rispetto del principio della parità di trattamento in vista di un'eventuale adesione di tali paesi all'UE. Tuttavia, il testo della proposta non precisa le condizioni alle quali essi potranno beneficiare dell'aiuto previsto dal programma.

5.2   Articolo 5, paragrafo 1, lettera i): migliorare la cooperazione

5.2.1

La Commissione raccomanda giustamente di «migliorare la cooperazione fra le amministrazioni doganali della Comunità e dei paesi terzi». Forse essa avrebbe potuto citare l'Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) tra gli organismi internazionali che potrebbero partecipare al programma (art. 14).

5.3   Articoli 3, 10, 14 e 19, sesto considerando

5.3.1

Tali disposizioni definiscono i soggetti destinati a far funzionare il programma nel solco delle azioni già intraprese e insieme alla Commissione, al «Comitato Dogana 2013» (art. 19) e alle amministrazioni nazionali. Il tipo di contributo che forniranno tali soggetti e il tipo di relazione che intratterranno tra loro non è definito con precisione nel testo della proposta. Pur fornendo un apporto di competenza tecnica, alcuni tra loro rimangono utilizzatori «debitori». I paesi partecipanti non sono tutti sullo stesso piano. I rappresentanti di organismi internazionali, amministrazioni di paesi terzi, operatori economici e loro organizzazioni (art. 14) possono partecipare al programma, ma solo gli Stati membri faranno parte dei «gruppi di progetto» e dei «gruppi di indirizzo responsabili delle attività di coordinamento» (art. 10).

5.3.2

In mancanza di una precisa disposizione testuale, è la Commissione a decidere. In applicazione del Codice doganale aggiornato, essa stabilirà le condizioni alle quali si possa diventare un «operatore economico autorizzato» e, ai sensi dell'art. 194 di tale codice, potrà decidere da sola di modificare le norme per l'interoperabilità dei sistemi doganali e definire essa stessa i casi in cui chiedere agli Stati membri di modificare le loro decisioni. Inoltre, sarà la Commissione a stabilire quali servizi pubblici e privati parteciperanno a Dogana 2013 e potranno avvalersi, a titolo oneroso o gratuito, delle relative banche dati, nonché le condizioni che i paesi dovranno soddisfare per essere ammessi agli aiuti previsti dal programma (paesi partecipanti).

5.3.3

Pur consapevole che una tale impresa deve avere un pilota efficace, il Comitato si chiede quali siano le possibilità di controllo civico sul sistema integrato, e auspica che si compia ogni sforzo per evitare che la struttura ad albero finisca per diventare una rete gestita da supertecnici: ciò la trasformerebbe in una sorta di nebulosa su cui i cittadini e i loro rappresentanti non avrebbero più alcun «controllo». Al riguardo, il Comitato ritiene che lo smembramento delle funzioni doganali a beneficio di organismi indipendenti o privati come agenzie o subappaltatori costituirebbe un rischio ulteriore.

5.4   Articolo 17: spese

5.4.1

L'attuazione del programma spetta in primo luogo ai paesi partecipanti (undicesimo considerando). La dotazione finanziaria complessiva a carico del bilancio comunitario ammonta a 323,8 milioni di EUR (punto 4 della relazione e art. 16, par. 1) e, come si è già osservato, in teoria ciò equivarrà a soli 2 milioni di EUR all'anno per un periodo di sei anni per ciascuno Stato membro dell'UE. Il maggiore contributo alla realizzazione finale di una dogana europea integrata proverrà dagli Stati membri che gestiscono il personale e le infrastrutture, nel settore pubblico come nel privato.

5.4.2

Il Comitato osserva che la proposta non precisa la ripartizione tecnica degli importi allocati, che, secondo lo studio Impact Assessment  (11), sarebbero dell'ordine di 259,6 milioni di EUR per l'informatica e di soli 57,4 milioni di EUR per le azioni destinate alle risorse umane.

5.5   Articolo 8 e articolo 12, lettera d): formazione del personale

5.5.1

Il CESE ritiene che, negli Stati membri, il personale impiegato nelle imprese, presso gli operatori e nelle amministrazioni doganali dovrà far fronte a un'accelerazione delle riforme già intraprese. Pertanto, malgrado le attività di formazione offerte loro, alcune di tali persone (anche tra i funzionari) dovrebbero, in caso di incapacità di adattarsi a questa ristrutturazione, poter beneficiare di una sorta di piani sociali; ciò per un periodo transitorio che tenga conto del momento storico in cui il programma viene attuato (l'uscita dei cosiddetti baby-boomers dal mercato del lavoro).

5.5.2

D'altra parte, per garantire la complementarità già invocata dal CESE, il programma evoca «l'esame delle possibilità di sviluppare attività di formazione con altri servizi pubblici» (art. 12, lett. d)). Sarebbe stato utile che la Commissione precisasse di quali servizi si tratti e quali destinatari del programma debbano fornirli.

5.6   Articolo 13: azioni di monitoraggio

5.6.1

Poiché in materia di relazioni transfrontaliere la conoscenza del proprio interlocutore consente una maggiore fiducia ed efficacia, il Comitato ritiene che il monitoraggio mediante visite comuni dovrebbe essere in gran parte effettuato dai funzionari, e non solo dalle autorità doganali, come nel vecchio programma Mattheus.

6.   Raccomandazioni del Comitato

6.1

Nella comunicazione del 2005 che annunciava il programma Dogana 2013, la Commissione riteneva che il futuro programma dovesse «prevedere il cofinanziamento attraverso programmi del primo e del terzo pilastro», data l'impossibilità di limitare le azioni doganali a un pilastro specifico. Questo tuttavia non è avvenuto nel programma Dogana 2013. Ciò sembra in contraddizione con le funzioni, in parte spettanti alle dogane, di contrasto dei grandi traffici illeciti e di garanzia della sicurezza delle persone e dei territori, funzioni rientranti nell'ambito del GAI. Il Comitato auspica quindi che si esamini la possibilità di finanziamenti fondati anche sul terzo pilastro allo scopo di agevolare la complementarità tra i servizi antifrode ed evitare duplicazioni dei costi.

6.2

Il CESE ritiene necessario esaminare come far evolvere i concetti del diritto doganale (qualora quelli di diritto comune non fossero sufficienti) per adeguarli alle nuove configurazioni doganali, in particolare riguardo alle nozioni di frode informatica e di pirateria, e alle sanzioni. L'Unione europea, infatti, avrà un mercato unico, una rete doganale interoperabile, amministrazioni che funzionano all'unisono e qualificazioni comuni per le infrazioni, ma le sanzioni doganali rimarranno diverse da un paese all'altro, e ciò non potrà non comportare sviamenti nei flussi commerciali e quindi una disparità di trattamento a seconda del punto d'ingresso nel territorio doganale europeo, il che è in contrasto con lo scopo perseguito dall'intero dispositivo.

6.3

La sostituzione del programma Mattheus con le visite di lavoro segna l'abbandono della nozione di «intercambiabilità» dei funzionari sul territorio europeo che era alla base di quel vecchio programma. Ormai la mobilità avviene sulla rete, ma non per questo, secondo il Comitato, le visite di lavoro dovrebbero essere più brevi degli scambi intercorsi in passato. Inoltre, esse andrebbero effettuate quanto più possibile da tutto il personale doganale, per consentire una migliore conoscenza degli uomini e dei metodi.

6.4

Il CESE ritiene che si dovrebbe studiare in che modo il programma potrebbe contribuire a fornire assistenza, nel periodo di transizione 2008-2013, al personale interessato dalla «ristrutturazione» indotta dalla realizzazione della dogana definitivamente informatizzata negli Stati membri. Tale assistenza dovrebbe, se del caso, assumere una forma analoga ai piani sociali.

6.5

Nell'interesse dei cittadini, il Comitato vorrebbe che nel programma in esame fossero chiariti i seguenti punti:

a)

il posizionamento dell'azione di Dogana 2013, con l'indicazione di quali servizi pubblici possono avere accesso, a titolo gratuito od oneroso, ai loro dati commerciali e di altro tipo;

b)

la collocazione del sistema doganale in esame rispetto agli altri sistemi analoghi presenti nel mondo (in relazione alle questioni della sicurezza);

c)

il grado (qualitativo e quantitativo) della cooperazione prevista con i paesi potenziali candidati, i paesi partner della PEV e gli altri paesi terzi, nonché la parte della dotazione finanziaria da destinare a questo scopo;

d)

la natura degli organismi internazionali ammessi a partecipare alle attività organizzate nel quadro del programma e il ruolo che si prevede essi svolgano in tale ambito.

Bruxelles, 26 ottobre 2006.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  GU L 33 del 4.2.1997 e GU L 13 del 19.1.2000.

(2)  GU C 174 del 17.6.1996, pag. 14.

(3)  COM(2002) 26 def. — 2002/0029 (COD).

(4)  GU C 241 del 7.10.2002, pag. 8.

(5)  Ibid.

(6)  Audizione del 18.9.2006 di TAXUD — A/2 — DG Fiscalità e unione doganale.

(7)  COM(2006) 201 def., pag. 11.

(8)  Relazione, 4) Incidenza sul bilancio.

(9)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Programmi comunitari Dogana 2013 e Fiscalis 2013 COM(2005) 111 def.

(10)  COM(2005) 608 def.

(11)  Documento di lavoro della Commissione Customs 2013Impact Assessment («Dogana 2013 — Valutazione di impatto»), pag. 30 (SEC(2006) 570).