ISSN 1725-2466

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

C 115

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

49o anno
16 maggio 2006


Numero d'informazione

Sommario

pagina

 

II   Atti preparatori

 

Comitato delle regioni

 

62a Sessione plenaria del 16 e 17 novembre 2005

2006/C 115/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013

1

2006/C 115/2

Parere del Comitato delle regioni in merito al Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005–2009

6

2006/C 115/3

Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Competitività e decentramento

10

2006/C 115/4

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013)

17

2006/C 115/5

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013)

20

2006/C 115/6

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Ristrutturazioni e occupazione Anticipare e accompagnare le ristrutturazioni per ampliare l'occupazione: il ruolo dell'Unione europea

27

2006/C 115/7

Parere del Comitato delle regioni sul tema Il ruolo dei parlamenti regionali con poteri legislativi nella vita democratica dell'Unione

32

2006/C 115/8

Parere del Comitato delle regioni sul tema Orientamenti per l'applicazione e il controllo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità

35

2006/C 115/9

Parere del Comitato delle regioni sul tema La cooperazione decentrata nella riforma della politica di sviluppo dell'UE

42

2006/C 115/0

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013

47

2006/C 115/1

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio — Un futuro europeo per il Kosovo

53

2006/C 115/2

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'azione comunitaria a favore della manifestazione Capitale europea della cultura per gli anni dal 2007 al 2019

56

2006/C 115/3

Parere del Comitato delle regioni in merito al Libro verde: Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici

61

2006/C 115/4

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunità per tutti e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) — Verso una società giusta

65

2006/C 115/5

Risoluzione del Comitato delle regioni in merito al programma di lavoro della Commissione europea e alle priorità 2006 del Comitato delle regioni

69

2006/C 115/6

Risoluzione sul tema Le Prospettive finanziarie 2007-2013 — la strada da seguire

73

2006/C 115/7

Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema La sicurezza di tutti i modi di trasporto, compresa la questione del finanziamento

75

2006/C 115/8

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma Cittadini per l'Europa mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva

81

2006/C 115/9

Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea

84

2006/C 115/0

Parere del Comitato delle regioni sul tema Il contributo degli enti locali e regionali alla lotta contro i cambiamenti climatici

88

2006/C 115/1

Rapporto di prospettiva del Comitato delle regioni, sul tema L'applicazione a livello regionale e locale della direttiva (1999/31/CE) relativa alle discariche di rifiuti

95

IT

 


II Atti preparatori

Comitato delle regioni

62a Sessione plenaria del 16 e 17 novembre 2005

16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/1


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013

(2006/C 115/01)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione Politica di coesione a sostegno della crescita e dell'occupazione: linee guida della strategia comunitaria per il periodo 2007-2013 (COM(2005) 299 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 5 luglio 2005, di consultarlo in materia conformemente all'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione presa dal proprio Presidente, in data 19 maggio 2005, di incaricare la commissione Politica di coesione territoriale di elaborare un parere su tale argomento,

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione intitolata Terza relazione intermedia sulla coesione: verso un nuovo partenariato per la crescita, l'occupazione e la coesione (COM(2005) 192 def. — SEC(2005) 632),

vista la comunicazione della Commissione intitolata Terza relazione sulla coesione economica e sociale — Un nuovo partenariato per la coesione: convergenza, competitività, cooperazione (COM(2004) 107 def. — CdR 120/2004 fin (1)),

visto il proprio parere sulle prospettive finanziarie — Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Costruire il nostro futuro comune — Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (COM(2004) 101 def. — CdR 162/2004 fin (2)),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (COM(2004) 495 def. — 2004/0167 (COD) — CdR 233/2004 fin (3)),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce il Fondo di coesione (COM(2004) 494 def. — 2004/0166 (AVC) — CdR 234/2004 fin (4)),

visto il proprio parere in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo (COM(2004) 493 def. — 2004/0165 (COD) — CdR 240/2004 fin (5));

visto il proprio parere in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (COM(2004) 492 def. — 2004/0163 (AVC) — CdR 232/2004 fin (6)),

vista la dichiarazione di Birmingham sul tema La politica di coesione e i piani quadro nazionali per l'attuazione della strategia di Lisbona, adottata dall'Ufficio di presidenza del CdR il 2 settembre 2005,

visto il progetto di parere (CdR 140/2005) adottato il 30 settembre 2005 dalla commissione Politica di coesione territoriale (relatore: Alain ROUSSET, presidente del consiglio regionale dell'Aquitania (FR/PSE)),

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

I.   Osservazioni generali

Il Comitato delle regioni

1)

prende atto delle linee guida della strategia comunitaria, adottate dalla Commissione europea il 5 luglio 2005;

2)

accoglie con favore la chiara priorità data alle regioni in ritardo di sviluppo attraverso l'obiettivo della convergenza, priorità correlata in particolare all'ampliamento a dieci nuovi Stati membri; l'Europa ha il dovere di dimostrare solidarietà con queste regioni, contribuendo ad accelerare il loro sviluppo economico e sociale, come è avvenuto con le precedenti generazioni di programmi;

3)

si compiace anche della volontà di perseguire, attraverso il futuro obiettivo della competitività e dell'occupazione, una politica di coesione destinata a tutte le regioni europee; sottolinea tuttavia che, nel quadro di questo obiettivo, la priorità spetta alle regioni periferiche e/o meno competitive, affinché si possano ridurre i divari di sviluppo tra le regioni e all'interno di esse; la politica di coesione serve infatti anzitutto a correggere le disparità regionali e locali, e non già a sostenere le regioni più competitive;

4)

si rammarica del fatto che le linee guida non distinguano fra le priorità relative alle regioni interessate dall'obiettivo della convergenza e quelle relative alle regioni interessate dal futuro obiettivo della competitività e dell'occupazione; quest'ultimo obiettivo dev'essere diretto verso progetti volti ad accrescere la competitività regionale (ricerca, innovazione, istruzione e formazione, accessibilità — trasporti, tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, servizi di interesse generale) evitando la dispersione che viene spesso lamentata negli ultimi tempi;

5)

si compiace del fatto che la politica di coesione assuma il ruolo di strumento di attuazione della strategia di Lisbona a livello regionale, ma ribadisce che tale politica dev'essere necessariamente uno strumento di correzione delle disparità regionali e locali;

6)

sottolinea l'importanza fondamentale del documento all'esame ai fini dell'elaborazione della politica comunitaria di coesione per il periodo 2007-2013 e per il monitoraggio di tale politica a livello europeo con riferimento alle priorità e agli obiettivi indicati;

7)

ribadisce che occorre un documento strategico europeo per la politica regionale e di coesione, alla stregua di quello che esiste già da qualche anno per la strategia europea per l'occupazione;

8)

è perplesso nondimeno per il divario esistente tra le ambizioni manifestate nel documento e l'esiguità dei mezzi che alcuni Stati membri vorrebbero dedicarvi nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013;

9)

si chiede inoltre quale sarebbe l'utilizzazione del documento da parte degli Stati membri qualora le prospettive finanziarie non fossero all'altezza delle sfide in campo;

10)

fa presente che, se è importante rispettare il principio di sussidiarietà lasciando agli Stati membri la possibilità di adattare le linee guida alle loro particolari situazioni ed esigenze, è anche importante che gli Stati membri non finanzino le loro politiche nazionali con i fondi strutturali europei;

11)

esprime preoccupazione per le ricadute che un siffatto comportamento potrebbe avere nel lungo periodo sulla prosecuzione di un'autentica politica comunitaria di coesione, che è poi una delle politiche comunitarie meglio percepite dalla cittadinanza;

12)

in tale contesto, si rammarica del fatto che la Commissione, su pressione degli Stati membri, abbia rinunciato ad allegare al documento le versioni nazionali, che sono basate sul programma di studi territoriali condotto dagli Stati membri attraverso l'Osservatorio in rete dell'assetto del territorio europeo (ORATE) e permettono di verificare la coerenza strategica tra gli obiettivi comunitari e nazionali in materia di coesione territoriale.

1.   Le linee guida della strategia comunitaria e la strategia di Lisbona

Il Comitato delle regioni

1.1

ribadisce il proprio consenso di massima per la strategia di Lisbona e in tale contesto prende atto della volontà della Commissione europea di strutturare le linee guida soprattutto sulla base di tale strategia; deplora tuttavia il fatto che la priorità ambientale e la strategia di Göteborg vengano messe in secondo piano;

1.2

accoglie con favore le tre grandi priorità indicate dalla Commissione europea (rendere l'Europa e le regioni più attraenti per gli investimenti, promuovere la conoscenza e l'innovazione come fattori essenziali della crescita e creare nuovi e migliori posti di lavoro);

1.3

si rammarica tuttavia del fatto che nell'enunciazione di tali priorità principali manchi un riferimento al concetto di competitività equilibrata; ribadisce la propria convinzione che occorra dedicare la stessa attenzione ai tre pilastri dello sviluppo sostenibile (economico, sociale e ambientale);

1.4

sottolinea ancora una volta che la principale debolezza della strategia di Lisbona, nonché della strategia europea per l'occupazione, consiste nella sua attuazione, specialmente da parte degli Stati membri; deplora in particolare l'assenza di un autentico approccio decentrato e il fatto che il metodo di coordinamento non sia riuscito a coinvolgere le amministrazioni regionali e locali; si rammarica del fatto che la collaborazione in questo quadro sia rimasta per lo più di carattere intergovernativo e che si sia trascurato il ruolo crescente che le parti sociali svolgono nel processo di Lisbona;

1.5

esprime soddisfazione, quindi, per l'auspicio della Commissione europea, che le amministrazioni regionali e locali svolgano un ruolo di primo piano nell'attuazione della strategia, e per il legame che la stessa Commissione europea ha individuato tra politica di coesione e raggiungimento degli obiettivi;

1.6

ribadisce pertanto che le linee guida, in base alle quali gli Stati membri e le regioni indicheranno le rispettive priorità strategiche in materia di politica di coesione, devono essere inserite nei programmi di azione nazionali per l'attuazione della strategia di Lisbona; in tale contesto occorrerà inoltre sottolineare l'importanza del livello regionale e locale per lo sviluppo strategico territoriale;

1.7

auspica che, al di fuori delle regioni interessate dall'obiettivo della convergenza, che rivestono un ruolo prioritario nell'intervento comunitario, i fondi strutturali vengano attivati, nel quadro del futuro obiettivo della competitività e dell'occupazione, innanzitutto per accelerare lo sviluppo delle regioni periferiche e meno competitive, insistendo su aree prioritarie quali la ricerca, l'innovazione, l'istruzione, la formazione e l'accessibilità (trasporti, tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, servizi di interesse generale); ciascuna regione europea deve potere attuare la propria Agenda di Lisbona a livello regionale e locale;

1.8

fa presente il rischio che i fondi europei vengano usati per finanziare o cofinanziare delle politiche nazionali o comunitarie (reti transeuropee dei trasporti, programma quadro di ricerca e sviluppo, programma competitività e innovazione) in base a una logica di mera competitività nazionale e al di fuori di qualsiasi ottica di coesione territoriale e dunque della politica di coesione; da un lato è legittimo e anche prioritario che le regioni in ritardo di sviluppo possano utilizzare i fondi strutturali per questo tipo di finanziamenti, dall'altro, però, sarebbe pregiudizievole se le regioni dell'obiettivo Competitività e occupazione non potessero concentrare i fondi su delle autentiche priorità di sviluppo regionale;

1.9

ribadisce la richiesta di consentire anche in futuro il cofinanziamento privato;

1.10

ricorda quindi che, mentre nell'attuale periodo di programmazione le politiche settoriali devono contribuire all'obiettivo della coesione, a partire dal 2007 la situazione si capovolgerà e sarà la politica di coesione a dover finanziare le politiche settoriali;

1.11

spera quindi che la stretta correlazione tra linee guida e strategia di Lisbona non dia agli Stati membri l'opportunità di appropriarsi della politica di coesione per finanziare le loro politiche nazionali al di fuori di ogni principio di coesione economica, sociale e territoriale applicata al loro territorio;

1.12

mette in guardia pertanto sul rischio di una possibile «rinazionalizzazione» della politica comunitaria di coesione;

1.13

chiede dunque che le linee guida stabiliscano degli obiettivi chiari e mirati in materia di coesione territoriale, al fine di ridurre al massimo tale rischio.

2.   La dimensione territoriale della politica di coesione

Il Comitato delle regioni

2.1

si rammarica del fatto che la dimensione territoriale della coesione non sia né oggetto di una specifica priorità, né un principio trasversale applicabile alle tre grandi priorità definite nel documento, e che essa non costituisca il filo conduttore delle linee guida allo stesso titolo della coesione economica e sociale;

2.2

ribadisce che la dimensione territoriale costituisce il vero e proprio fondamento della politica regionale e di coesione;

2.3

è sorpreso, pertanto, del fatto che il capitolo sulla dimensione territoriale riguardi soltanto le città e le zone rurali e sia molto meno ambizioso rispetto agli obiettivi indicati dalla Commissione europea nella terza relazione sulla coesione, proprio mentre in realtà la dinamica territoriale permette alle autorità e alla cittadinanza di misurare sul campo l'impatto delle politiche comunitarie; ricorda che è necessario trattare la dimensione urbana nei programmi regionali;

2.4

chiede che si tenga conto della nozione di competitività equilibrata, come indicata nel Trattato sull'Unione europea, e di quella di sviluppo policentrico dello spazio comunitario, che dovrebbero permettere di adattare la natura e l'intensità delle politiche all'oggettiva competitività di un dato territorio;

2.5

chiede che la dimensione territoriale comprenda un punto specifico per le regioni caratterizzate da svantaggi permanenti — quali le isole, le zone montane e le aree a bassa densità di popolazione — nonché per le regioni ultraperiferiche, le zone rurali sensibili e le aree urbane in difficoltà, come pure per rafforzare il legame tra le zone urbane e quelle rurali; riconosce l'importanza strategica delle città e delle aree urbane per la realizzazione degli obiettivi di Lisbona, nell'ottica di creare delle comunità sicure, coese e sostenibili anche nelle aree urbane più sfavorite;

2.6

attende pertanto la pubblicazione della comunicazione della Commissione europea sulla dimensione urbana delle linee guida strategiche della politica di coesione;

2.7

ricorda l'importanza ancora maggiore che riveste per le regioni e gli enti locali l'obiettivo della coesione territoriale, come complemento indispensabile e indissociabile dell'obiettivo della coesione economica e sociale;

2.8

si rammarica per la posizione di secondo piano che l'intero documento riserva alla cooperazione territoriale; in tale contesto esprime preoccupazione per la riduzione, prevista dagli Stati membri, dei finanziamenti destinati a questo fondamentale obiettivo della politica regionale e di coesione;

2.9

ribadisce il proprio sostegno alla cooperazione transfrontaliera come strumento essenziale dell'integrazione europea; auspica che in tale contesto vengano presi nella debita considerazione settori come la cultura, l'ambiente, gli scambi tra amministrazioni, la protezione civile e la salute;

2.10

raccomanda di predisporre, al di là della mera cooperazione tra Stati per realizzare delle azioni, un'autentica cooperazione transnazionale, che costituirebbe uno strumento concreto per la coesione territoriale;

2.11

ritiene indispensabile che questa cooperazione transnazionale assuma un ruolo strategico di strutturazione e di interconnessione dei territori; ricorda che i lavori dell'ORATE forniscono numerose indicazioni per concentrare la cooperazione transnazionale attorno ad alcuni assi principali; chiede che le amministrazioni regionali e locali vengano coinvolte in misura maggiore non soltanto nella gestione dei programmi, ma anche nella definizione delle priorità di intervento;

2.12

chiede agli Stati membri di non ridurre il bilancio che la Commissione europea propone di destinare alla cooperazione transnazionale;

2.13

raccomanda di dedicare un maggiore spazio all'aspetto interregionale e ricorda l'importanza di disporre di un bilancio sufficiente per raggiungere gli obiettivi indicati.

3.   Adeguamento delle risorse finanziarie agli obiettivi enunciati

Il Comitato delle regioni

3.1

ricorda innanzitutto che l'Unione europea deve disporre di un bilancio all'altezza delle sue ambizioni e in particolare degli obiettivi stabili al vertice di Lisbona;

3.2

esprime pertanto preoccupazione per il rischio che si crei una forte sproporzione tra le ambizioni strategiche annunciate e l'esiguità dei mezzi finanziari che potrebbero essere destinati a tal fine, a giudicare dagli ultimi negoziati intergovernativi;

3.3

si rammarica quindi del fatto che la Commissione europea non proponga di concentrare maggiormente l'intervento comunitario sui campi e sui territori nei quali esso può avere un reale effetto moltiplicatore;

3.4

ritiene dunque che per quanto riguarda il futuro obiettivo della competitività regionale e dell'occupazione potrebbe essere opportuno differenziare i criteri di intervento del FESR e del FSE poiché, se è legittimo che l'FSE riguardi l'intero territorio comunitario per evidenti ragioni di disoccupazione e di esclusione sociale, è d'altro canto necessario che l'intervento del FESR tenga conto di determinati criteri territoriali nel quadro dell'erogazione degli aiuti;

3.5

raccomanda quindi di assegnare i fondi strutturali in via prioritaria alle regioni meno competitive e più sfavorite, basandosi sui criteri comunitari, che devono però essere ponderati secondo parametri territoriali chiari e obiettivi;

3.6

deplora infine il fatto che in occasione del Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 non si sia pervenuti ad un accordo sulle prospettive finanziarie; fa osservare che qualora l'accordo su tale materia dovesse tardare a lungo, potrebbero esservi delle ripercussioni sulla preparazione del periodo di programmazione 2007-2013.

II.   Raccomandazioni

Il Comitato delle regioni

1.

riconosce il lavoro compiuto dalla Commissione europea per presentare il documento strategico, ma nutre dei dubbi circa l'uso che gli Stati membri faranno di tale documento;

2.

si compiace del fatto che venga data la priorità alle regioni interessate all'obiettivo della convergenza, in particolare nel contesto del recente ampliamento a dieci nuovi Stati membri;

3.

ritiene che la politica regionale e di coesione non dovrebbe limitarsi solo al finanziamento da parte degli Stati membri delle politiche settoriali considerate prioritarie nella strategia di Lisbona; la politica di coesione serve infatti anzitutto a correggere le disparità regionali e locali, e non già a sostenere le regioni più competitive;

4.

è convinto che il successo della strategia di Lisbona dipenda innanzitutto dalla sua applicazione a livello regionale e locale;

5.

auspica che le regioni che rientreranno nel futuro obiettivo della competitività e dell'occupazione possano concentrare l'intervento comunitario sul finanziamento di autentiche strategie di sviluppo regionale, attuate a livello regionale;

6.

esprime preoccupazione per il fatto che non si tenga conto realmente della dimensione territoriale; eppure essa costituisce la vera ragion d'essere della politica comunitaria di coesione;

7.

considera pertanto molto importante perseguire l'obiettivo della coesione territoriale, che risulta particolarmente fondamentale nel contesto di un'Europa ampliata;

8.

auspica un maggiore equilibrio tra le esigenze di competitività dell'Unione europea e degli Stati membri da un lato, e le esigenze di coesione territoriale dello spazio comunitario dall'altro;

9.

ritiene che tale migliore equilibrio presupponga, da un lato, che tutte le regioni europee siano ammesse a beneficiare degli interventi ma, d'altro lato, anche che gli Stati membri prevedano nei quadri di riferimento strategici nazionali una reale dimensione territoriale, affinché l'intervento comunitario possa essere concentrato sulle regioni periferiche e/o meno competitive;

10.

raccomanda di dare maggiore importanza alla cooperazione territoriale in generale e alla cooperazione transnazionale in particolare, rafforzando il suo ruolo strategico ai fini della strutturazione territoriale dell'UE e dotandola di risorse finanziarie adeguate;

11.

ribadisce infine il proprio sostegno alle proposte della Commissione europea in merito alle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013; ritiene che gli obiettivi enunciati nelle linee guida della strategia comunitaria non possano essere realizzati in assenza di un bilancio comunitario realistico e ambizioso, che permetta di perseguire un'autentica politica regionale e di coesione per l'intera Unione europea.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 318 del 22.12.2004, pag. 1.

(2)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 4.

(3)  GU C 231 del 20.9.2005, pag. 19.

(4)  GU C 231 del 20.9.2005, pag. 35.

(5)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 48.

(6)  GU C 231 del 20.9.2005, pag. 1.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/6


Parere del Comitato delle regioni in merito al Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005–2009

(2006/C 115/02)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione europea Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato: aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005–2009, (COM(2005) 107 def.),

vista la decisione della Commissione, dell'8 giugno 2005, di consultarlo a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 22 febbraio 2005, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare il parere in materia,

vista la decisione della Commissione del 18 luglio 2005 concernente l'applicazione dell'articolo 86, paragrafo 2, del Trattato agli aiuti di Stato accordati, sotto forma di compensazioni degli obblighi di servizio pubblico, ad imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, la direttiva …/…/CE che modifica la direttiva 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e il quadro comunitario per gli aiuti di Stato sotto forma di compensazioni degli obblighi di servizio pubblico,

visto il proprio parere in merito alla revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (CdR 77/2005 fin),

visto il proprio parere in merito al progetto di decisione della Commissione riguardante l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 86 del Trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazioni degli obblighi di servizio pubblico, al progetto di direttiva che modifica la direttiva 80/723/CEE della Commissione relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e al progetto di disciplina comunitaria degli aiuti di Stato sotto forma di compensazioni degli obblighi di servizio pubblico (CdR 155/2004 fin) (1),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Libro bianco sui servizi di interesse generale (CdR 327/2004) (2),

vista la propria risoluzione sul tema Un nuovo impulso alla strategia di Lisbona, adottata il 24 febbraio 2005 (CdR 518/2004),

visto il proprio progetto di parere CdR 225/2005 riv. 1 adottato il 23 settembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (Relatore: Gabor Bihary, consigliere comunale e presidente della commissione per l'integrazione europea e gli affari esteri in seno al consiglio comunale di Budapest (HU/PSE)),

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

accoglie con favore l'approccio adottato dalla Commissione europea che consiste nell'effettuare un ampio giro di consultazioni in merito alla riforma della politica degli aiuti di Stato e nel coinvolgere gli enti locali e regionali tramite il CdR;

ribadisce la propria posizione riguardo alla revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale.

1.   Una politica degli aiuti di Stato al passo con i tempi nel quadro della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie con favore l'idea di una politica degli aiuti di Stato strettamente legata agli obiettivi di Lisbona, nonché il suo nuovo orientamento verso un approccio orizzontale più selettivo (pur senza ignorare le esigenze di determinate regioni mirate) e la sua attenzione per settori di importanza primaria quali l'innovazione e le attività di R&S, le risorse umane, l'imprenditorialità, i servizi di interesse economico generale, gli aiuti regionali, l'ambiente sostenibile, i trasporti, l'energia e le infrastrutture per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC);

1.2

ritiene che il criterio dei «fallimenti del mercato», introdotto dalla Commissione per giustificare gli aiuti di Stato sia un approccio interessante, ma fa osservare che non è ripreso dal Trattato CE non viene definito in modo chiaro e non è applicabile nei casi in cui non esista un mercato. Pertanto si dichiara contrario al fatto di attribuire a questo principio un ruolo centrale nel valutare l'ammissibilità degli aiuti. La sua applicazione è ammissibile solo nella misura in cui non violi il principio di sussidiarietà e a condizione che gli Stati membri e gli enti locali e regionali mantengano una certa libertà di valutazione per individuare i fallimenti del mercato e scegliere gli strumenti adatti a contrastare tali fallimenti;

1.3

ricorda che nella risoluzione del CdR sul nuovo impulso alla strategia di Lisbona si sottolinea che, «anziché perseguire l'obiettivo di una riduzione quantitativa degli aiuti di Stato, l'Unione dovrebbe puntare al miglioramento degli aiuti di Stato nel settore dei servizi di qualità di lunga durata»; giudica errato concentrarsi sui costi complessivi degli aiuti di Stato, senza operare una distinzione tra tipi di aiuti di Stato e i loro rispettivi benefici per il comune interesse;

1.4

sottolinea che gli aiuti di Stato — se sufficientemente mirati e gestiti con efficienza — possono contribuire in modo significativo a soddisfare i requisiti in fatto di obblighi di servizio pubblico stabiliti dagli enti locali e regionali ed è convinto che la riforma delle norme sugli aiuti di Stato dovrebbe tener conto di questo loro contributo, nonché del loro impatto sul funzionamento del mercato;

1.5

rileva che l'obiettivo degli articoli 81 e 82 del Trattato CE in materia di regole della concorrenza applicabili alle imprese è quello di proteggere la concorrenza sul mercato allo scopo di accrescere il benessere dei consumatori. Dal momento che la definizione di «concorrenza» dev'essere omogenea e coerente in tutto il Trattato, il CdR deplora la mancanza di qualunque riferimento all'obiettivo del benessere del consumatore all'interno del piano di azione nel settore degli aiuti di Stato;

1.6

nota con apprensione che l'idea di non influenzare gli scambi tra Stati membri non viene più adottata come criterio prioritario per la concessione di aiuti di Stato e rileva addirittura che le sovvenzioni accordate dagli enti locali e regionali alle imprese soggette ad obblighi di servizio pubblico non necessariamente condizionano gli scambi tra Stati membri nell'ambito del mercato interno o pongono gravi ostacoli alla concorrenza, facendo sì che una determinata azienda assuma una posizione di mercato dominante o rafforzi la sua posizione;

1.7

sottolinea la necessità per l'Unione di essere competitiva sul mercato internazionale nell'attrarre investitori stranieri e ritiene che la normativa in materia di aiuti di Stato debba rispecchiare più fedelmente la realtà commerciale in un'economia aperta e globalizzata e fornire alle regioni all'interno dell'Unione la flessibilità necessaria a competere per i progetti di investimento non comunitari con le regioni esterne all'Unione che sono ampiamente sovvenzionate.

1.8

ritiene che gli aiuti di Stato rivestano un ruolo più importante nei periodi in cui la crescita economica è minore e suggerisce pertanto di introdurre norme flessibili che possano tener conto di questo fattore;

1.9

ritiene inoltre che, all'interno di un'area economicamente integrata, quanto più gli Stati membri sono economicamente svantaggiati, tanto più giustificabili potrebbero essere gli aiuti di Stato sotto forma di percentuale del PIL allo scopo di sviluppare servizi pubblici o di fornire servizi pubblici di livello analogo a quelli offerti dagli altri Stati membri; è poi convinto che, in uno Stato membro, alcune regioni (specie quelle meno sviluppate o in fase di transizione) dovrebbero beneficiare di incentivi specifici;

1.10

suggerisce alla Commissione di rafforzare l'analisi d'impatto delle proprie decisioni riguardanti gli aiuti di Stato, visto in particolare che il piano di azione nel settore degli aiuti di Stato ricorre a un «approccio economico» per l'analisi di tali aiuti;

1.11

si rammarica che il piano d'azione non tenga conto della specificità dei partenariati pubblico-privato nel caso degli aiuti di Stato;

2.   Concentrarsi sulle priorità fondamentali

Il Comitato delle regioni

2.1

accoglie con favore l'intenzione di semplificare e consolidare i regolamenti di esenzione per categoria relativi agli aiuti alla formazione e all'occupazione e sottolinea che ciò consente altresì di armonizzare la terminologia; si pensi ad esempio alla definizione di «lavoratore svantaggiato» che varia da un'esenzione per categoria all'altra;

2.2

ritiene che la distinzione tra formazione specifica e formazione generale sia, in concreto, più che altro artificiale e suggerisce pertanto di non differenziare — in futuro — su questa base l'intensità degli aiuti di Stato;

2.3

accoglie con favore gli sforzi compiuti dalla Commissione per integrare quanto ancora restava di incerto dopo la sentenza sull'affare Altmark (3) adottando una serie di misure riguardo alle norme in materia di finanziamento degli obblighi di servizio pubblico. A giudizio del CdR, tali misure, costringendo gli enti locali e regionali a definire meglio i loro contratti di servizio pubblico, produrranno una maggiore trasparenza e responsabilizzazione democratica nella gestione dei servizi di interesse economico generale;

2.4

nota con piacere che in questo contesto la Commissione si associa alla richiesta formulata dal CdR di esentare gli aiuti di Stato accordati agli ospedali e alle società di edilizia sociale dall'obbligo di notificazione alla Commissione;

2.5

giudica più che mai necessaria la proposta di un quadro giuridico sui servizi pubblici che faciliti la definizione di principi positivi. Tale quadro dovrà comprendere, tra l'altro:

criteri per distinguere i servizi di interesse economico generale (SIEG) da quelli di diversa natura (SIG),

principi e obblighi generali dei servizi di interesse generale, quali il servizio universale, la continuità, la qualità, l'efficienza, l'accessibilità e la protezione dell'utente e del consumatore,

criteri in grado di limitare le distorsioni degli scambi commerciali,

riconoscimento del diritto anche da parte degli enti locali e regionali di erogare servizi di interesse economico generale, e relativi principi guida in materia di finanziamento,

meccanismi di valutazione;

2.6

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di adottare un regolamento generale di esenzione per categoria al fine di esentare alcune categorie di aiuti dall'obbligo di notificazione alla Commissione ed è convinto che tale regolamento garantirà una migliore governance;

2.7

appoggia l'intenzione della Commissione di estendere le esenzioni generali per categoria agli aiuti a favore delle PMI e delle attività di R&S;

2.8

ritiene che, dati i requisiti procedurali, l'esenzione de minimis sia di assai difficile applicazione. Qualunque aumento delle soglie de minimis dovrebbe pertanto andare di pari passo con una semplificazione e un chiarimento delle attuali norme che disciplinano il regolamento de minimis, precisando in particolare:

i)

se la soglia per l'aiuto de minimis si applica alle aziende autonome o a persone giuridiche distinte,

ii)

come considerare le operazioni condotte in più di uno Stato membro dalla stessa persona giuridica che abbia ottenuto un aiuto de minimis in Stati membri diversi, e

iii)

qual è lo status dell'aiuto comunitario al momento di stabilire se la soglia de minimis è stata raggiunta;

sostiene pertanto l'aumento di dette soglie e chiede che esso sia calcolato in base all'inflazione cumulata dal 2001 — data dell'ultimo aumento — ad oggi;

2.9

reputa che la Commissione, in considerazione del grande incremento degli aiuti di Stato concessi a organismi senza fini di lucro, dovrebbe menzionare chiaramente e espressamente questo tipo di aiuti, accogliendo la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia;

2.10

ritiene che sarà ugualmente importante potenziare le infrastrutture delle TIC, da un lato, e quelle dei trasporti e dell'energia, dall'altro; rileva tuttavia che le condizioni di mercato per lo sviluppo delle TIC sono diverse e sottolinea pertanto la necessità di orientamenti specifici al riguardo che consentano una maggiore flessibilità nella concessione di aiuti destinati in generale allo sviluppo delle TIC;

2.11

 

2.11.1

si rallegra che la Commissione abbia avviato il 24 agosto 2005 una consultazione pubblica sulla revisione della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, ma deplora che il termine per rispondere al questionario sia stato fissato a una data così ravvicinata, il 10 ottobre 2005;

2.11.2

esprime il proprio sostegno all'estensione del campo di applicazione della disciplina vigente alla «salute dei consumatori» che, a giudizio del CdR, comprende la «sicurezza dei civili e del loro ambiente», la «sicurezza dei lavoratori» e la «salute dei lavoratori»;

2.11.3

è favorevole alla fissazione di norme esplicite per quanto concerne gli aiuti alle imprese che effettuano investimenti a favore dell'ambiente per far fronte all'inquinamento prodotto da altre imprese;

2.11.4

è favorevole a mantenere aiuti di intensità maggiore per le PMI;

2.11.5

giudica necessario mantenere aiuti di intensità maggiore per le regioni che, avendo subito una trasformazione industriale, non abbiano ancora ottemperato agli obblighi imposti dall'acquis comunitario in materia di ambiente;

2.12

plaude all'iniziativa della Commissione del 21 settembre 2005, di avviare una consultazione pubblica sulla riforma della normativa sugli aiuti di Stato all'innovazione (COM(2005) 436 def.), pur deplorando la scadenza troppo ravvicinata (21 novembre 2005) fissata per la presentazione di eventuali osservazioni;

2.12.1

è favorevole, in linea con l'obiettivo della semplificazione, a inserire l'innovazione nell'attuale quadro comunitario per gli aiuti di Stato alla ricerca e allo sviluppo (4) invece di creare un nuovo dispositivo specifico;

2.12.2

sostiene l'obiettivo di indirizzare gli aiuti di Stato all'innovazione verso le PMI;

2.12.3

invoca il mantenimento del cumulo attualmente consentito tra aiuti all'innovazione e aiuti regionali;

2.12.4

si chiede perché, nel caso delle start-up innovative, sia prevista solo una esenzione del [50 %] dai contributi sociali e dalle altre imposte locali/regionali (non legate agli utili);

2.12.5

accoglie con favore il fatto che «agli aiuti di Stato per le PMI e/o le attività lontane dal mercato possono applicarsi norme procedurali meno complesse e un esonero dall'obbligo di notifica» (cfr. COM(2005) 436 def., punto 24);

2.12.6

si interroga tuttavia sull'enfasi attribuita dalla Commissione ai fallimenti «del mercato»; la stessa Commissione ammette infatti che le attività innovative hanno una loro specificità nel senso che sono spesso lontane dal mercato e afferma che l'esperienza dimostra quanto sia difficile prevedere quali prodotti e servizi innovativi avranno successo sul mercato (COM(2005) 436 def., punto 18);

3.   Modernizzare le prassi e le procedure nel settore degli aiuti di Stato

Il Comitato delle regioni

3.1

accoglie con favore le proposte della Commissione volte a garantire una migliore governance degli aiuti di Stato; sostiene in particolare l'idea di pubblicare orientamenti sulle migliori prassi previa consultazione degli Stati membri e dei diretti interessati;

3.2

precisa che una ripartizione delle responsabilità tra la Commissione e gli Stati membri costituisce uno dei punti chiave della riforma degli aiuti di Stato e accoglie pertanto con favore gli elementi del piano d'azione che rafforzano l'impegno degli Stati membri;

3.3

ritiene che la proposta di istituire organismi indipendenti di controllo degli aiuti di Stato all'interno di ciascun paese andrebbe valutata in termini di benefici procedurali e di ruolo da assegnare a tali organismi e chiede che per questa valutazione siano consultati gli enti locali e regionali;

3.4

sollecita la creazione di una rete di organismi nazionali che garantiscano il continuo scambio di informazioni e di buone prassi in materia di aiuti di Stato in modo, così, da rafforzare l'impegno degli Stati membri e favorire una migliore governance;

3.5

si dichiara favorevole al sistema, illustrato dalla Commissione, che abbina un certo livello di flessibilità a un calendario rigoroso e distingue i casi semplici da quelli che richiedono un esame più approfondito;

3.6

invoca un rafforzamento dei diritti dei terzi (beneficiari e ricorrenti) nelle procedure successive all'avvio dei procedimenti in vista dell'annunciata revisione del regolamento (CE) n. 659/1999 recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del Trattato CE;

3.7

chiede di essere consultato in merito alla valutazione o modifica degli orientamenti sugli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione, contenuti nell'itinerario di riforma degli aiuti di Stato per il 2007-2008 e in merito alle altre riforme che interessino e riguardino gli enti locali e regionali.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 13.

(2)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 53.

(3)  Causa C-280/00 del 24.7.2003.

(4)  GU C 45 del 17.2.1996, pagg. 5-16


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/10


Parere d'iniziativa del Comitato delle regioni sul tema Competitività e decentramento

(2006/C 115/03)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 21 gennaio 2005, di affidare alla commissione Politica economica e sociale l'elaborazione di un parere in materia, ai sensi dell'articolo 265, quinto comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la relazione del Gruppo ad alto livello presieduto da Wim Kok sul tema Far fronte alle sfide. La strategia di Lisbona per la competitività e la crescita (novembre 2004),

vista la comunicazione della Commissione destinata al Consiglio europeo di primavera 2005 Lavorare insieme per la crescita e l'occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona (COM(2005) 24 def.),

vista la comunicazione della Commissione Una migliore regolamentazione per la crescita e l'occupazione nell'Unione europea (COM(2005) 97 def.),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Valutazione di medio periodo della strategia di Lisbona (CdR 152/2004 fin) (1),

vista la propria risoluzione sul tema Un nuovo impulso alla strategia di Lisbona, adottata il 24 febbraio 2005 (CdR 518/2004 fin) (2),

vista la dichiarazione finale di Breslavia, adottata in occasione del vertice europeo delle regioni e delle città, tenutosi il 19 e 20 maggio 2005 a Breslavia (Polonia) (CdR 158/2005),

visto il proprio progetto di parere in merito agli Orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione (2005-2008) comprendenti una Raccomandazione della Commissione sugli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (ai sensi dell'articolo 99 del Trattato CE) e una Proposta di decisione del Consiglio relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (CdR 147/2005 fin),

vista la comunicazione della Commissione Agire a livello locale in materia di occupazione — Dare una dimensione locale alla strategia europea per l'occupazione (COM(2000) 196 def.),

vista la comunicazione della commissione Rafforzare la dimensione locale della strategia europea per l'occupazione (COM(2001) 629 def.),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Agire a livello locale in materia di occupazione — Dare una dimensione locale alla strategia europea per l'occupazione (CdR 187/2000 fin),

visto il proprio progetto di parere CdR 23/2005 riv. 2, adottato dalla commissione Politica economica e sociale il 23 settembre 2005 (relatore Anders GUSTÂV, sindaco di Solna (SE/PPE)),

considerando quanto segue:

1)

È fondamentale che gli enti locali e regionali siano dotati delle competenze e delle risorse amministrative e finanziarie necessarie per assolvere al loro ruolo naturale di promozione e gestione delle politiche per la competitività, l'innovazione e la coesione, al servizio dello sviluppo regionale e locale.

2)

Forme di decentramento conformi alle particolarità di ciascuno Stato membro consentono di potenziare le autonomie e la democrazia locale e regionale. Esse servono anche a placare i timori dell'opinione pubblica causati dalla globalizzazione e dalle trasformazioni socioeconomiche a livello mondiale.

3)

Contratti trilaterali che associno i livelli europeo, nazionale e regionale e prendano in considerazione, eventualmente, i problemi urbani, sono strumenti adeguati per assicurare un miglior coinvolgimento di tutti i soggetti interessati all'attuazione della politica regionale europea ed una migliore suddivisione delle responsabilità fra di essi.

4)

Le sfide di un'economia globalizzata, che sono oggetto del «partenariato per la crescita e l'occupazione» avviato in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles del 23 marzo 2005 per dare un nuovo impulso alla strategia di Lisbona, potrebbero essere affrontate in modo più efficace mediante un approccio dal basso verso l'alto, capace di coinvolgere gli enti regionali e locali nella definizione e nell'attuazione dei programmi nazionali da adottare nel contesto di tale strategia, posto il ruolo di primo piano che essi esercitano nella creazione di un ambiente propizio alla crescita economica,

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

1.1   Rafforzare la competitività nelle regioni, nelle città e nei comuni

1.1.1

Il Comitato delle regioni constata che l'obiettivo della strategia di Lisbona definito dal Consiglio europeo consisteva nell'accrescere la competitività e la crescita, creare nuovi e migliori posti di lavoro nonché assicurare uno sviluppo sociale ed ambientale sostenibile, facendo dell'economia dell'UE la prima del mondo entro il 2010. A cinque anni dal vertice di Lisbona la Commissione europea, guidata dal Presidente Barroso, ha potuto constatare che i risultati conseguiti sono estremamente modesti: la strategia va pertanto rilanciata, riconoscendo agli Stati membri una maggiore responsabilità per la sua attuazione.

1.1.2

In tale contesto il Comitato delle regioni ha deciso di elaborare il presente parere d'iniziativa sul tema Competitività e decentramento, col quale si propone d'illustrare l'importanza del decentramento ai fini della competitività nonché d'identificare i fattori cruciali che concorrono, sul piano locale e regionale, al rafforzamento della crescita economica e della competitività. Il Comitato delle regioni non considera incompatibili un rafforzamento della competitività e uno sviluppo sostenibile: contribuire a uno sviluppo sostenibile è una responsabilità condivisa da tutti gli Stati, i cittadini, i comuni, le città e le regioni. Il fatto che il parere si concentri sull'aspetto della competitività non significa quindi in alcun modo trascurare gli sforzi volti a realizzare uno sviluppo sostenibile.

1.1.3

Il Comitato delle regioni rileva che i fattori cruciali del rafforzamento della competitività evocati dal parere sono proprio quelli che regioni, città e comuni hanno la capacità di influenzare. Nella discussione sulla competitività va introdotta una microprospettiva, mostrando il contributo concreto che i livelli locale e regionale possono fornire. Per questa ragione il parere avanza anche proposte di misure concrete da adottare a livello locale e regionale per rafforzare la competitività.

1.2   È necessario accrescere il numero degli imprenditori e delle piccole imprese in crescita

1.2.1

Il Comitato delle regioni constata che nei decenni successivi alla fine della seconda guerra mondiale l'Europa ha conosciuto uno sviluppo spettacolare: nell'Europa occidentale il prodotto pro capite è cresciuto, rispetto a quello degli Stati Uniti d'America, da meno del 40 % alla fine del conflitto mondiale al 70 % nel 1970, rapporto che si è poi mantenuto stabile. I sistemi di welfare sono stati costruiti e potenziati di pari passo con questo ritmo di crescita, così come, d'altro canto, i recenti problemi di finanziamento dello stato sociale hanno coinciso con un periodo di rallentamento economico.

1.2.2

Il Comitato delle regioni sottolinea che lo sviluppo del dopoguerra ha portato alla creazione di molte imprese di punta a livello mondiale, caratterizzate da buone prospettive di sviluppo: da sole, però, queste imprese non possono assicurare la competitività dell'Europa nel tempo. Questa richiede non soltanto la capacità delle attuali imprese competitive di reggere alla pressione della concorrenza mondiale, ma anche l'apporto di nuove imprese in crescita, capaci di fornire posti di lavoro in sostituzione di quelli persi in altre imprese messe fuori mercato dalla concorrenza e in imprese che hanno trasferito all'estero i loro processi produttivi o hanno ridotto la loro produzione.

1.2.3

Il Comitato delle regioni rileva che nella maggior parte dei casi le imprese nascono come imprese locali di piccole dimensioni. Il numero dei nuovi imprenditori e l'espansione delle piccole imprese dipendono molto da fattori come la cultura imprenditoriale locale, l'atteggiamento verso l'imprenditorialità nonché la disponibilità di manodopera, di competenze e di finanziamenti.

1.3   Rafforzare la competitività secondo un processo che parte dal basso (bottom-up)

1.3.1

Il Comitato delle regioni ritiene che, in quanto soggetti pubblici e istituzioni democratiche, gli enti locali e regionali abbiano un forte impatto diretto sul contesto nel quale le imprese si stabiliscono e sul clima, più o meno favorevole, nel quale esse si sviluppano. Essi costituiscono punti di riferimento democratici per le imprese e i cittadini: nel loro ambito vengono promossi sia i dibattiti, sia la ricerca di nuove forme di cooperazione, volti a migliorare il contesto locale, che rivestono un'importanza fondamentale per il progresso dell'intera Europa. Porre l'accento sul ruolo dei comuni e delle regioni europee al servizio della crescita significa non già disconoscere le responsabilità, che sono notevoli e persino determinanti, degli Stati membri, bensì introdurre nella discussione sulla competitività e sulla crescita una prospettiva necessaria di prossimità che è quella del livello più vicino ai cittadini europei, siano essi lavoratori, imprenditori o persone in cerca di lavoro. Pertanto, il rafforzamento della competitività deve fondarsi sulla sussidiarietà e sul decentramento. Le decisioni devono essere assunte al livello vicino ai diretti interessati, e occorre riconoscere il potenziale di sviluppo locale e regionale.

1.3.2

Il Comitato rileva che il ruolo delle regioni e degli enti locali nel conseguire gli obiettivi di competitività varia da uno Stato membro all'altro. Negli Stati membri in cui l'amministrazione è ampiamente decentrata e gli enti locali sono relativamente indipendenti sul piano finanziario (gran parte delle spese delle amministrazioni locali sono coperte direttamente attraverso le imposte sul reddito delle persone e delle imprese, nonché attraverso tasse e canoni), il livello locale ha una motivazione evidente e diretta a promuovere l'occupazione, la qualità dei posti di lavoro, l'imprenditorialità, condizioni favorevoli per l'attività delle imprese, i servizi concernenti l'istruzione e l'innovazione e la qualità dell'ambiente. Questa motivazione diretta rafforza l'impegno profuso dal livello locale per realizzare gli obiettivi di competitività. Il «coinvolgimento» richiesto dal Consiglio europeo nasce solo attraverso una reale opportunità di partecipazione e d'intervento. La prossimità delle amministrazioni locali alla cittadinanza conferisce trasparenza ed efficacia all'attuazione degli obiettivi di competitività.

1.3.3

Il Comitato delle regioni sottolinea che la diversità regionale propria dell'Europa va maggiormente considerata come una risorsa: occorre operare facendo leva sulle specifiche condizioni di ciascuna regione. Differenze molto profonde separano, per esempio, le grandi aree urbane e le zone in crescita, le aree montane, rurali, in declino o in via di riconversione: non esiste un modello europeo che si possa applicare a tutte le situazioni. Le zone in crescita rivestono ad esempio grande importanza per le prospettive dell'Unione nel suo assieme: il loro potenziale merita pertanto di essere riconosciuto. Vi sono sempre alcune regioni che presentano livelli di crescita particolarmente elevati ma, in ogni caso, puntando sui vantaggi comparati di ciascuna regione si può far sì che le regioni di maggior successo fungano da traino e che le altre possano essere aiutate a svilupparsi secondo il proprio potenziale. L'Europa non può infatti permettersi che né le regioni più forti, né quelle più deboli siano frenate nel loro sviluppo: la competitività e l'imprenditorialità possono essere favorite soltanto facendo leva sulle particolari condizioni di partenza e sulle risorse proprie di ogni regione, città e comune europeo.

1.3.4

Il Comitato delle regioni sottolinea che, pur nella loro diversità, tutti i comuni e le regioni d'Europa hanno i requisiti necessari per contribuire al rafforzamento della competitività, nonché l'interesse specifico e la responsabilità di operare in tal senso.

1.4   I fattori del rafforzamento della competitività

1.4.1

Il Comitato delle regioni sottolinea che il dinamismo dell'economia è cruciale per la competitività dell'Europa. Numerosi osservatori hanno evidenziato i fattori che contribuiscono a creare un ambiente favorevole all'avvio e allo sviluppo delle attività imprenditoriali. La relazione di Wim Kok elenca interventi che vanno nel senso della semplificazione amministrativa, del miglioramento del quadro normativo, degli aiuti alla creazione di nuove imprese e alla creazione di un clima propizio all'imprenditoria. Il documento di lavoro della Commissione intitolato Analisi comparata della politica delle imprese (SEC(2004) 1427) identifica ulteriori fattori, quali l'accesso al credito e il ruolo dell'innovazione e della diffusione delle conoscenze. La comunicazione della Commissione Una migliore regolamentazione per la crescita e l'occupazione nell'Unione europea (COM(2005) 97 def.) evidenzia inoltre l'estrema importanza del quadro normativo per lo sviluppo dell'economia, e raccomanda pertanto interventi legislativi meno frequenti ma più mirati.

1.4.2

Il Comitato delle regioni ritiene che regioni, città e comuni possano spesso promuovere le condizioni favorevoli alla competitività; desidera di conseguenza evidenziare i seguenti fattori, sui quali gli enti locali e regionali possono influire più direttamente:

a)

capacità della società di affrontare le trasformazioni strutturali. La capacità di rispondere a trasformazioni strutturali sia lente che improvvise, come nel caso della chiusura di imprese, è variabile. Quando il governo locale è incisivo ed efficiente e la società incoraggia l'apprendimento permanente aumentano anche le possibilità di rispondere con successo alle trasformazioni strutturali;

b)

propensione all'iniziativa imprenditoriale e all'imprenditorialità. Determinate regioni sono caratterizzate da una cultura imprenditoriale che contribuisce alla loro competitività; per quanto occorra tempo per forgiare una cultura d'impresa di questo genere, l'obiettivo è pienamente realistico;

c)

razionalità e attuazione delle regolamentazioni. Il quadro normativo che regola l'economia deve essere ben adeguato alle circostanze e rispondere ad espliciti obiettivi. Le regole vanno applicate con obiettività e attenzione ai problemi: è qui che la pubblica amministrazione deve dimostrarsi capace di promuovere la competitività;

d)

accesso alle innovazioni ed ai risultati della ricerca. È necessario trasferire una parte maggiore dei risultati della ricerca in prodotti che abbiano uno sbocco sul mercato; le scoperte devono trovare più rapidamente un'applicazione commerciale. Ciò presuppone una società orientata verso l'apprendimento permanente e una cultura locale e regionale capace di favorire l'iniziativa imprenditoriale;

e)

accesso alla conoscenza e alle risorse umane. Per giungere ad una «società che apprende» è necessario facilitare l'accesso al sapere. L'incontro tra datori di lavoro e persone in cerca di occupazione deve essere facilitato migliorando l'accesso al lavoro e attenuando le rigidità del mercato occupazionale;

f)

ruolo dei mercati locali e regionali. Non è possibile scindere la competitività dal grado di concorrenza presente su scala globale, europea, nazionale o locale. Per consentire una concorrenza elevata sui mercati locali e regionali è necessario che l'amministrazione si impegni a favorire la competitività. Gli enti locali e regionali hanno il compito di promuovere lo sviluppo di mercati locali e regionali efficienti;

g)

accesso ai finanziamenti. Il numero degli organismi di finanziamento al servizio delle piccole imprese è in calo costante, il che ostacola l'accesso di queste ultime al credito ed al capitale di rischio. Per rafforzare la cultura dell'imprenditorialità a livello regionale occorrono intermediari e centri di servizi finanziari che facilitino l'accesso delle imprese al credito;

h)

impatto delle imposte locali e regionali sull'imprenditorialità. Per assolvere i loro compiti gli enti pubblici dipendono dal gettito fiscale; al tempo stesso, i livelli d'imposizione si ripercuotono direttamente su una serie di costi, ad esempio quello del lavoro. I decisori e gli amministratori locali dovrebbero definire le aliquote fiscali a livelli che, pur garantendo il gettito necessario, limitino al massimo le ricadute negative sull'economia.

1.4.3

Il Comitato delle regioni osserva che le amministrazioni locali e regionali rappresentano una quota rilevante dell'economia dell'UE. Il modo in cui il settore pubblico assolve i propri compiti utilizzando imposte e contributi si ripercuote anche sulla competitività europea. I seguenti fattori incidono particolarmente sulla competitività dell'amministrazione pubblica:

a)

efficienza dell'amministrazione. Una maggior produttività del settore pubblico produce effetti positivi sulla competitività: un impiego più razionale delle risorse, infatti, consente di erogare servizi di miglior qualità. Per conseguire maggiore efficienza occorre un'amministrazione competitiva, capace di fornire servizi di qualità elevata a basso costo;

b)

«creatività» nella fornitura di servizi. Conformemente al principio della sussidiarietà, gli enti locali e regionali hanno la facoltà di scegliere le modalità della fornitura dei servizi pubblici. In effetti, esistono vari possibili modi per offrire servizi di elevato livello qualitativo, e un'amministrazione «competitiva» si contraddistingue in genere per la disponibilità a valutare ed esplorare costantemente una certa creatività nella prestazione dei servizi allo scopo di accrescere l'efficienza.

1.4.4

Il Comitato delle regioni ritiene che per influire sui fattori che determinano una maggior competitività gli enti locali e regionali debbano essere in grado di far evolvere i propri metodi di gestione, dar vita a una cultura imprenditoriale, creare un'amministrazione competitiva, promuovere una «società che apprende» e facilitare l'accesso all'occupazione e ai servizi.

1.4.5

Il Comitato delle regioni constata che il grado in cui un comune rurale, una regione o un'area metropolitana possono influire sui fattori che accrescono la competitività dipende dalle competenze formali, dall'ampiezza del campo d'applicazione della legislazione nazionale, dalla struttura economica, nonché da svariate altre circostanze che determinano le possibilità d'azione della politica locale o regionale. Nonostante le grandi differenze nelle condizioni di partenza, va rilevato che tutti gli enti locali e regionali europei possono adottare misure rivolte a favorire la competitività. Infatti, anche nei casi in cui sono competenti organi diversi, è possibile intensificare l'interazione con questi ultimi. Seguono 26 esempi di misure concrete per favorire la competitività.

1.5   Misure concrete per accrescere la competitività

Gestione competitiva

1.5.1

Dar vita ad una «gestione» concertata, che consenta di rispondere alle trasformazioni strutturali. L'esperienza ha mostrato la necessità di condurre un dialogo aperto e avviare forme di estesa collaborazione con tutti i soggetti coinvolti. Col termine «gestione» s'intende sia la direzione politica, sia la conduzione generale degli affari di un comune o di una regione. In questo campo occorre contribuire in modo costante e lungimirante all'instaurazione di forme di collaborazione e di concertazione tra i diversi soggetti sociali, precisando chiaramente i ruoli e le responsabilità. La società civile e il mondo economico hanno chiaramente un ruolo in questo tipo di gestione. La collaborazione è la base per un'azione strategica di sviluppo e arricchisce il bagaglio di conoscenze e la rete di relazioni sociali e di rapporti di fiducia che caratterizzano le regioni all'avanguardia. I responsabili della gestione a livello locale e regionale devono aggiornare costantemente la loro visione politica generale, per prepararsi adeguatamente alle trasformazioni strutturali che si annunciano.

1.5.2

Porre le questioni di sviluppo al primo posto. È naturale che il dibattito a livello locale e regionale sia incentrato in larga misura sui servizi finanziati con fondi pubblici. Al tempo stesso, però, è importante non perdere di vista i problemi dello sviluppo socioeconomico: spetta ai dirigenti politici porre all'ordine del giorno i problemi dello sviluppo e, più particolarmente, il nesso tra competitività locale e regionale e benessere in un mondo globalizzato. Sebbene il commercio sia alla base della prosperità dell'Europa, oggigiorno il timore della concorrenza prende spesso il sopravvento, e troppo spesso si trascurano le opportunità esistenti. I responsabili politici potranno contribuire effettivamente ad un clima di sicurezza se daranno la priorità ai problemi dello sviluppo e incentreranno maggiormente la comunicazione col pubblico sulle opportunità di accrescere la prosperità e il benessere.

1.5.3

Elaborare piani d'azione locali e regionali per il potenziamento della crescita. Il processo di Lisbona prevede la presentazione di piani d'azione nazionali, ma piani per la crescita sono necessari anche alle città, ai comuni e alle regioni: il loro scopo, a prescindere dalla diversità dei contesti locali e regionali, è quello di accrescere la competitività e sfruttare i vantaggi comparati che caratterizzano le diverse regioni d'Europa.

1.5.4

Partecipare in modo attivo e costruttivo alla politica di sviluppo a livello nazionale ed europeo. I piani di sviluppo europei e nazionali richiedono la partecipazione attiva e l'impegno dei responsabili locali e regionali. In ragione dell'interdipendenza tra i diversi livelli decisionali dell'Unione, l'unico modo in cui l'Europa potrà esprimere appieno le proprie potenzialità sarà una cooperazione costruttiva alla quale siano pienamente associati l'Unione, gli Stati membri e il piano regionale e quello locale. Ciò vale soprattutto per i paesi destinatari dei fondi strutturali dell'UE.

1.5.5

Imparare dalle migliori pratiche. Un atteggiamento di apertura nei riguardi delle strategie e dei comportamenti che possono rivelarsi più proficui per la propria città o regione è un fattore chiave per il successo. Per mettere alla prova i presupposti e le strategie su cui si fonda la propria attività è utile compiere raffronti con quelli che si sono rivelati più efficaci in altri contesti. A tal fine sono ad esempio utili i viaggi di studio mirati, con la partecipazione di un'ampia rappresentanza del mondo economico, delle università e della stampa locale. Sarebbe inoltre auspicabile valutare i risultati conseguiti dalla propria città o regione utilizzando analisi comparative.

1.5.6

Riconoscere che il pluralismo e l'identità locale concorrono in modo significativo al rafforzamento della competitività su scala regionale. I responsabili locali e regionali dovrebbero adoperarsi maggiormente per rafforzare l'attrattività dei propri territori, facendo leva sui rispettivi vantaggi comparati. Anche la diversità che caratterizza l'Europa deve tramutarsi in un vantaggio in termini di competitività.

Cultura dell'imprenditorialità

1.5.7

Aprire le scuole all'imprenditorialità. Imparare per la vita non comporta solo una formazione per il lavoro dipendente. L'educazione all'imprenditorialità, sia come disciplina a sé stante sia nell'ambito di altre discipline, è un elemento importante di un moderno sistema educativo. Le conoscenze sulle attività delle imprese e i tirocini pratici nelle aziende permettono agli studenti di comprendere meglio la società in cui vivono, ampliando le loro possibilità di scegliere un'occupazione. Il dialogo con i datori di lavoro locali e regionali crea inoltre migliori condizioni per adeguare l'insegnamento alle esigenze del mercato del lavoro.

1.5.8

Rafforzare l'attività di consulenza rivolta ai giovani imprenditori e agli imprenditori alla ricerca di una «seconda opportunità». È importante consentire agli imprenditori che hanno per primi un'idea e anche la volontà di realizzarla, di beneficiare agevolmente di un'idonea consulenza. Anche i lavoratori dipendenti che decidono di mettersi in proprio devono poter avere accesso a informazioni e consulenza. Il più delle volte, anche un insuccesso procura all'imprenditore preziose conoscenze, per cui in questo caso sarebbe esagerato parlare di «fallimento» su tutta la linea. È una mentalità corrente negli Stati Uniti, ma ancora troppo poco diffusa in Europa.

1.5.9

Creare «sportelli unici locali» (first stop shops) per le imprese, destinati alla consulenza, al sostegno alle imprese e al finanziamento. La necessità di ricevere consulenza e sostegno riguarda tanto i giovani imprenditori quanto le imprese già affermate. Infatti, per mantenersi competitivi gli imprenditori devono impegnarsi a fondo e a tal fine è assai utile aver accesso al sostegno e alla consulenza professionali. Uno «sportello unico» può inoltre fungere da intermediario quando occorra un sostegno nei contatti con le autorità. Anche l'accesso al credito ha un ruolo importante: un centro inteso anche a facilitare l'accesso al capitale può essere di valido ausilio per molti imprenditori. La diminuzione delle banche a carattere locale ha ridotto la conoscenza delle condizioni locali nel settore bancario. Per quanto le difficoltà di accesso al credito rappresentino un problema su scala nazionale ed europea, comuni e regioni hanno la possibilità di attenuarne le conseguenze.

1.5.10

Sensibilizzare i pubblici dipendenti alle implicazioni dell'iniziativa imprenditoriale. Le amministrazioni locali e regionali che meglio comprendono le condizioni in cui gli imprenditori operano tendono ad agevolare l'iniziativa imprenditoriale e l'imprenditorialità, anziché ostacolarle. Ciò non significa mettere in discussione le competenze o lo status particolare degli enti pubblici ma, semplicemente, che un funzionario con una conoscenza più ampia delle diverse componenti della società è più idoneo a prendere decisioni ben ponderate.

1.5.11

Istituire organismi consultivi con la partecipazione di imprenditori e di rappresentanti dei lavoratori. Gli organi democratici locali e regionali prendono decisioni autonome, sulla base del mandato che è stato loro conferito dagli elettori. Affinché le decisioni siano caratterizzate dalla massima obiettività è necessario un dialogo costante con i diversi soggetti sociali e con i cittadini. Per garantire l'occupazione e rafforzare la crescita occorre avviare un dialogo sia con i rappresentanti dell'economia locale e regionale sia con i lavoratori. Un organismo consultivo che funga da punto d'incontro tra politici, rappresentanti del mondo economico e lavoratori può offrire una base più solida alle decisioni politiche.

Una società dell'apprendimento

1.5.12

Contribuire alla cooperazione tra istituzioni educative, imprese, organizzazioni e lavoratori. L'apprendimento non si conclude con la scuola: per fornire le nuove competenze richieste dalla società è necessario potenziare l'apprendimento permanente. Strumenti quali i centri locali di formazione possono agevolare l'incontro tra domanda e offerta in materia. La formazione va adeguata alle imprese e alle esigenze dei loro dipendenti, ad esempio aumentando l'offerta di corsi serali.

1.5.13

Sviluppare la cooperazione con le università e con gli istituti di livello universitario. Occorre promuovere l'insegnamento superiore, migliorando l'accesso alla formazione e alla formazione permanente a livello accademico. Per favorire l'applicazione dei risultati della ricerca e venire incontro alle esigenze del mondo economico e del settore pubblico, è necessario un generale miglioramento della cooperazione con il mondo universitario. La sinergia tra società e mondo accademico che caratterizza le università americane favorisce la crescita: i comuni e le regioni dovrebbero adoperarsi per consolidare una sinergia di questo tipo. Al tempo stesso, occorre potenziare gli incentivi alla cooperazione tra diverse università.

1.5.14

Contribuire alla diffusione dei risultati della ricerca. Aumentare il livello di applicazione pratica dei risultati della ricerca realizzata costituisce una sfida per l'Europa. Gli sportelli per la diffusione dei risultati della ricerca e delle innovazioni dovrebbero essere localizzati vicino alle imprese che possono trarre beneficio da conoscenze o idee originali.

1.5.15

Promuovere lo sviluppo dei cluster . Imprese operanti nello stesso settore e collocate nella stessa area geografica possono dar vita a cluster (distretti) che prevedano la circolazione di servizi, personale e idee tra un'impresa e l'altra. Il cluster stimola lo sviluppo delle buone pratiche e la competitività grazie a una stretta interazione tra individui e imprese che operano nel medesimo settore produttivo o ambito d'attività. Ciò deve essere facilitato migliorando l'accesso alla formazione professionale e a collaboratori qualificati. La promozione dei cluster dovrebbe essere una componente importante della pianificazione regionale e locale.

Un'amministrazione competitiva

1.5.16

Utilizzare la pianificazione territoriale quale strumento attivo per sostenere la competitività. La creazione di un mercato locale è notevolmente influenzata dalla pianificazione territoriale: da questa dipendono, ad esempio, la disponibilità di locali per le attività economiche e la possibilità di avviare attività imprenditoriali. Inoltre, il funzionamento del mercato dipende dalla possibilità della clientela di accedere a negozi e servizi: sotto questo profilo l'esistenza di una rete efficiente di trasporti pubblici è molto importante. Nell'UE vige il diritto di stabilimento, ma l'assenza di una corretta pianificazione del territorio a livello regionale e locale può, in pratica, frenare lo stabilimento delle imprese. La pianificazione regionale e locale deve perciò tendere maggiormente al sostegno della crescita e dello sviluppo sia nelle zone rurali sia nelle aree urbane.

1.5.17

Fissare obiettivi per una maggiore efficienza dei servizi pubblici. I servizi erogati a livello locale e regionale e finanziati con risorse pubbliche rappresentano una percentuale significativa dell'economia europea. Il modo in cui tali risorse vengono utilizzate influisce non solo sul servizio erogato ai cittadini, ma anche sulla competitività. Un miglior sfruttamento del gettito fiscale ha effetti positivi per l'economia globale e incide positivamente sull'occupazione. Una costante razionalizzazione dei servizi pubblici può consentire di accrescere la produttività del settore pubblico, lasciando maggior libertà nella definizione delle aliquote fiscali e della qualità dei servizi erogati. Per accrescere l'efficienza dei servizi pubblici occorrono sistemi di monitoraggio efficaci, nonché la possibilità di compiere raffronti, facendo riferimento alle migliori prassi.

1.5.18

Valutare gli effetti delle decisioni sul contesto imprenditoriale. Gli organismi pubblici devono prendere in considerazione l'impatto delle rispettive politiche sui cittadini e anche, ad esempio, sull'ambiente. Analogamente a quanto avviene per le analisi dell'impatto ambientale, sarebbe opportuno analizzare le conseguenze di un'iniziativa anche dal punto di vista delle attività economiche e dell'occupazione. La normativa vigente va inoltre riveduta per eliminare regole che producono costi inutili e nuocciono alla competitività delle imprese.

1.5.19

Valutare ed esplorare una certa creatività nella prestazione dei servizi. Conformemente al principio di sussidiarietà, gli enti locali e regionali dovrebbero cercare di promuovere l'efficienza dei servizi prestati valutando ed esplorando una certa creatività nella prestazione dei servizi, contemplando ad esempio il ricorso all'esternalizzazione, la quale potrebbe dare a sua volta impulso ai mercati locali e regionali.

1.5.20

Rafforzare la professionalità nell'organizzazione delle gare di appalto. Occorre che gli appalti pubblici diventino uno strumento attivo e trasparente per promuovere la concorrenza; a questo scopo, accrescendo il livello di professionalità negli appalti si può migliorare la qualità e la prevedibilità nella valutazione delle offerte. In vari casi, per assicurare un elevato livello di competenza, può essere opportuno istituire centri per gli appalti con la partecipazione di diversi enti pubblici.

1.5.21

Sostenere le piccole imprese in occasione delle gare d'appalto. Se può essere utile coordinare le responsabilità dei comuni in materia di appalti, occorre però evitare una concentrazione dei contratti tale da escludere la partecipazione delle piccole imprese. Occorre al contrario favorire le piccole imprese suddividendo i contratti da appaltare, per quanto possibile, in diversi appalti di minore entità. L'onere delle pratiche amministrative legate alla partecipazione alle gare risulta spesso eccessivo per le piccole imprese: sarebbe pertanto opportuno standardizzare al massimo la modulistica e le procedure, introducendo norme comuni a livello regionale, nazionale e, in ultima analisi, europeo. È necessario sperimentare l'impiego delle TI sia per gli appalti sia per i contratti di minore entità.

1.5.22

Accrescere il ricorso alla e-administration . Lo sviluppo della e-admnistration è necessario per garantire economie per i cittadini, le imprese e l'amministrazione. Una buona e-administration consente di migliorare i servizi, liberare risorse per le attività principali e semplificare lo scambio elettronico d'informazioni tra le pubbliche amministrazioni.

1.5.23

Accrescere l'occupazione e ridurre la dipendenza dai sussidi sociali. Tutte le politiche economiche e sociali condotte a livello regionale e comunale devono prefiggersi sempre più l'obiettivo di offrire un'opportunità di lavoro ad un maggior numero di persone e di ridurre la dipendenza dai sussidi. Aumentare l'occupazione, infatti, è sempre il modo migliore di alleviare i problemi sociali. Per migliorare i metodi impiegati è necessaria una valutazione costante degli effetti della politica sociale sull'andamento dell'occupazione. In tale contesto occorre inoltre organizzare riunioni tecniche finalizzate allo scambio di buone pratiche.

1.5.24

Creare condizioni favorevoli al lavoro. Per accrescere i livelli occupazionali occorre anche potenziare il sistema di assistenza all'infanzia e l'adozione di misure volte a favorire l'integrazione degli immigrati disoccupati nella vita professionale e imprenditoriale. In questa prospettiva l'uguaglianza tra i sessi ha un ruolo di rilievo, vista l'importanza che un'evoluzione del mercato occupazionale nel senso della parità ha per la crescita economica. Gli anziani che hanno raggiunto l'età pensionabile e desiderano proseguire l'attività lavorativa costituiscono anch'essi una risorsa: la società dovrebbe accoglierli con favore, anziché ostacolarli.

Posti di lavoro e servizi accessibili

1.5.25

Estendere le dimensioni del mercato del lavoro migliorando i trasporti. Il successo economico dei grandi centri urbani è in gran parte legato all'accesso alla manodopera e ai posti di lavoro, oltre che alle distanze ridotte da percorrere e alla presenza di buoni sistemi di trasporto: questi fattori favoriscono l'incontro tra la persona in cerca di occupazione e il lavoro. Al tempo stesso, non va sottovalutata l'importanza per i singoli lavoratori di poter accedere ad un vasto mercato del lavoro; il potenziamento delle infrastrutture e dei trasporti pubblici consente quindi di agevolare l'accesso alle opportunità professionali. Le regioni tra loro limitrofe devono far sì che grazie ai trasporti pubblici il pendolarismo interregionale non risulti più costoso del pendolarismo all'interno della stessa regione.

1.5.26

Garantire un alto livello di accesso ai servizi a banda larga. Gli enti locali e regionali possono favorire lo sviluppo di servizi a banda larga in condizioni di libera concorrenza. La banda larga accresce infatti l'accessibilità dei servizi e facilita il telelavoro.

2.   Raccomandazioni per un rafforzamento della competitività sul piano locale e regionale

2.1

Il Comitato delle regioni si impegna ad animare la discussione in merito alla competitività locale e regionale, ed esorta i comuni, le città e le regioni d'Europa a condurre questo dibattito in seno ai propri organi di rappresentanza democratica. La competitività si costruisce dal basso: è a livello locale che questo dibattito vitale per il futuro dell'Europa deve svolgersi, e che dalle parole bisogna passare ai fatti.

2.2

Il Comitato delle regioni invita i comuni, le città e le regioni d'Europa ad esaminare gli esempi di misure concrete a favore della competitività descritti nel presente parere e predisporre piani di sviluppo locali e regionali orientati al rafforzamento della competitività. I piani dovranno contemplare un elenco di misure rispondenti alle diverse condizioni locali e regionali.

2.3

Il Comitato delle regioni esorta gli Stati membri a riconoscere il ruolo dei comuni e delle regioni per la crescita e lo sviluppo e a favorire il dinamismo locale e regionale, garantendo ampi margini d'azione alla politica di sviluppo condotta a questo livello. Nella preparazione dei programmi di riforma degli Stati membri si dovrebbe inserire una valutazione del ruolo dei livelli regionale e locale nell'attuazione dei vari programmi in materia di politica economica e sociale. In tale contesto è importante che la politica di coesione si orienti verso il conseguimento degli obiettivi di Lisbona e preveda espressamente un ruolo concreto per le città e gli enti locali.

2.4

Il Comitato delle regioni sollecita gli Stati membri e la Commissione a riconoscere l'importanza del ruolo delle regioni in crescita e delle grandi aree metropolitane europee nello sviluppo globale dell'Unione. Le regioni in ritardo di sviluppo hanno bisogno della forza trainante delle locomotive economiche dell'Europa.

2.5

Il Comitato delle regioni esorta la Commissione a promuovere con energia una dottrina europea dello sviluppo regionale e della competitività. Sono necessari interventi strategici per mettere a frutto i buoni esempi sia europei sia provenienti da altri paesi. Vanno avviate analisi comparative tematiche, che mettano a raffronto regioni analoghe.

2.6

Il Comitato delle regioni esorta la Commissione a stilare relazioni annuali sulla competitività regionale che illustrino appunto la situazione nelle diverse regioni per facilitare l'analisi comparativa tematica e l'individuazione delle migliori prassi: il Comitato delle regioni è pronto a sostenere la Commissione in questo compito.

2.7

Il Comitato delle regioni intende partecipare attivamente ai lavori preparatori in vista del Consiglio europeo di primavera e all'attività di valutazione dei piani d'azione nazionali.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 1.

(2)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 91.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/17


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013)

(2006/C 115/04)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013), COM(2005) 121 def. — 2005/0050 (COD),

vista la decisione, presa dalla Commissione europea il 6 aprile 2005, di consultarlo sull'argomento conformemente agli artt. 265 e 156 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione, presa dal proprio Presidente il 19 maggio 2005, d'incaricare la commissione Politica economica e sociale di stilare un parere al riguardo,

visto il proprio progetto di parere CdR 150/2005 riv. 2, adottato il 23 settembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (relatore: Harry DIJKSMA, membro della giunta provinciale del Flevoland, NL/ALDE),

considerato che di recente lo stesso Comitato ha emesso pareri sulla maggior parte dei programmi riuniti nel programma quadro per la competitività e l'innovazione ora proposto e anche sulla maggior parte dei temi connessi, e che pertanto sarebbe superfluo esporre nuovamente tutte le idee già espresse e tuttora valide,

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

Il programma quadro per la competitività e l'innovazione: un'ottima idea

1.

Il Comitato delle regioni accoglie con favore la proposta di decisione che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) (CIP — qui di seguito denominato «programma quadro»), e considera che con essa la Commissione europea abbia risposto all'auspicio, da esso stesso manifestato, di migliorare il coordinamento fra le diverse politiche settoriali dell'Unione europea, nonché di rivolgere maggiore attenzione alle PMI e alla necessità di rafforzarne la competitività.

Il programma quadro e i diversi livelli di governo nei paesi membri dell'UE

2.

La Commissione ritiene di aver avanzato una proposta conforme ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Pur condividendo, in linea di massima e alla luce delle prassi attuali, tale posizione, il Comitato ritiene che la proposta, soprattutto sotto il profilo attuativo, non conferisca agli enti decentrati la posizione che invece spetterebbe loro in quanto autorità corresponsabili della governance europea.

3.

A giudizio del Comitato, pur costituendo di per sé un passo avanti rispetto alla situazione attuale, il programma quadro mantiene comunque un'impostazione dall'alto verso il basso, cosa che non garantisce automaticamente i migliori risultati.

4.

Attraverso la sua politica quadro l'Unione europea deve incoraggiare il governo e l'industria a ricominciare ad imporsi in un contesto internazionale in continua evoluzione: così facendo essa fungerà da catalizzatore e creerà le condizioni più idonee allo sviluppo, integrando l'approccio top-down con un approccio bottom-up, anziché prescrivere (con il tradizionale approccio imposto dall'alto) programmi dettagliati che riducono il ruolo delle altre autorità coinvolte a quello di semplici esecutrici.

5.

Dinanzi al ritmo vertiginoso dell'internazionalizzazione dell'economia, il Comitato giudica essenziale elaborare una politica quadro per la competitività e l'innovazione di portata europea, dotata di adeguati finanziamenti, benché la ripartizione delle responsabilità tra l'UE, gli Stati membri e gli enti locali sia molto cambiata.

6.

Esercitando fra l'altro un effetto di moltiplicatore, il contributo finanziario dell'UE genera un importante valore aggiunto a livello europeo. Affinché le attività previste dal CIP possano essere concretizzate in tutta l'Unione europea, è necessario che al programma vengano assegnati stanziamenti adeguati. Per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona occorre che tutti i livelli di governo europeo diano prova d'impegno sia sul piano del contenuto delle politiche sia sul piano finanziario.

7.

A questo proposito il Comitato si chiede se la strategia di Lisbona non sia tuttora imperniata su un approccio di tipo eccessivamente lineare, e se non sarebbe invece più utile che essa sapesse reagire ai nuovi sviluppi, valorizzando e sfruttando i punti forti caratteristici dell'Europa.

8.

La forza dell'Europa sta nella diversità, non nella standardizzazione. Ciò significa anche che per promuovere la competitività attraverso l'innovazione occorre modulare gli interventi in funzione dei casi: proprio per questo, grazie alla loro esperienza in campo amministrativo, gli enti locali sono i più adatti ad avvalersi dell'innovazione per promuovere la competitività sui rispettivi territori. L'approccio integrato può essere attuato al meglio operando «sul campo», ed è proprio a questo livello che si possono realizzare le sinergie più fruttuose e intessere proficui rapporti di collaborazione.

9.

Nella realizzazione di questa politica di portata europea gli enti locali vanno quindi considerati come partner a pieno titolo, cui compete un ruolo di primo piano.

10.

A questo proposito il Comitato fa anche appello a tutte le autorità europee affinché promuovano l'innovazione all'interno delle rispettive organizzazioni, e affinché cerchino nuovi modi per stimolare una mentalità innovativa, anche da parte dei terzi, fermo restando che la politica a favore dell'innovazione è più credibile, e quindi più efficace, se sono le autorità stesse a dare il buon esempio.

Semplificazione e coerenza del programma quadro

11.

Il programma quadro comporta di per sé una semplificazione rispetto alla situazione attuale: in effetti, sotto il profilo della coerenza e dell'efficienza del programma è sempre preferibile avere un solo comitato di gestione e un solo programma di lavoro anziché tre. In ogni caso, è importante sottolineare che l'esistenza di diversi programmi di lavoro che perseguono uno stesso obiettivo impone la necessità di un buon coordinamento.

12.

Nella sua proposta la Commissione traccia, a grandi linee, le relazioni che intercorrono fra le varie componenti del programma quadro e fra questo e gli altri programmi europei attinenti, delineando un quadro politico coerente. È opportuno che i programmi di lavoro annuali evidenzino in quale modo, nella pratica, queste interconnessioni fra il programma quadro e altri programmi europei, soprattutto il settimo Programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (7PQ-RST), possano essere messe a frutto per porre in essere programmi d'azione integrati, a livello sia regionale che locale, in grado di creare sinergie ottimali.

13.

Il programma quadro ora in esame traccia solo le grandi linee da seguire e propone numerose possibilità d'intervento: saranno poi i piani di lavoro annuali a precisare quali azioni, quando, a chi e come saranno accessibili, oltre ai criteri che la Commissione dovrà applicare, chiarendo quindi quali sono le opportunità concrete. Riguardo alla procedura di definizione dei piani di lavoro il Comitato auspica di essere informato alla stessa stregua del Parlamento europeo, in modo da poter esprimere sollecitamente il proprio punto di vista in caso di consultazione. È inoltre necessario che gli enti regionali abbiano accesso ai progetti iniziali dei programmi: essi potranno così formulare opinioni e suggerimenti, confermando il proprio ruolo di precursori della competitività.

14.

Dato che spesso si rimprovera ai programmi comunitari di essere scarsamente accessibili, il Comitato invita la Commissione a prevedere procedure snelle e più chiare, con possibilità di verifica e controllo che non si prestino ad equivoci, nonché adempimenti amministrativi minimi dal momento della richiesta fino a quello dell'audit, avvalendosi ovviamente in larga misura delle TIC.

15.

Detto ciò, il Comitato chiede alla Commissione di considerare con attenzione la possibilità di delegare almeno le funzioni di gestione e di direzione agli enti locali che siano in grado e disposti ad occuparsene.

Imprenditorialità e occupazione

16.

Il Comitato si compiace che la Commissione prenda in considerazione tutte le tipologie di PMI, fra cui anche quelle più piccole, di impronta più tradizionale e a carattere familiare. È un aspetto che interessa anche il ruolo dei fondi e degli intermediari finanziari attivi a livello locale e regionale. Non si deve infatti dimenticare che spesso le misure adottate sia dalle istituzioni europee interessate, sia dalle autorità di gestione o di vigilanza rendono più complessa o addirittura impediscono l'erogazione di capitali di rischio. Anche sotto questo profilo occorre rinnovare sia le politiche che la legislazione.

17.

Il programma quadro punta molto sulla cooperazione, anche a livello transnazionale, cosa che richiede la presenza di partner in tre paesi diversi. Il Comitato raccomanda poi di rendere possibili anche i gemellaggi, visto che la collaborazione diretta fra due partner si è sempre dimostrata particolarmente efficace.

18.

Per consentire alle PMI di sormontare le barriere che esse incontrano in materia di cooperazione, sarebbe opportuno incentivare anche le piccole iniziative di cooperazione tra le imprese a livello regionale e locale, premessa di una collaborazione su più vasta scala.

19.

Il Comitato si compiace che i giovani imprenditori figurino fra le categorie destinatarie del programma per l'innovazione e l'imprenditorialità. Da un punto di vista sociale sarebbe tuttavia altrettanto opportuno prestare attenzione anche alle attività imprenditoriali dei meno giovani, come anche delle minoranze.

Politica delle TIC

20.

Il Comitato raccomanda che nel programma di sostegno alla politica in materia di TIC si adotti un approccio integrato, come già avviene per la tecnologia ambientale, allo scopo di realizzare più celermente i necessari adeguamenti per le TIC a banda larga, le infrastrutture a banda larga e le altre tecnologie analoghe.

21.

Né le pubbliche amministrazioni né il settore dei servizi utilizzano le TIC nella misura auspicabile. Il Comitato ritiene che anche gli enti locali dovrebbero sforzarsi di dare il buon esempio: quando essi non dispongono di capacità e risorse sufficienti, sono le autorità nazionali o europee che devono aiutarli a trovare soluzioni creative, consentendo loro di assolvere pienamente alle proprie funzioni, sfruttando al massimo le proprie potenzialità.

Energia intelligente — Europa

22.

Nella parte introduttiva della motivazione alla proposta, la Commissione cita LIFE come uno degli strumenti che devono essere integrati nel CIP, mentre poi nel dispositivo della proposta non fa invece menzione di tale programma, o quantomeno non esplicitamente. Il Comitato chiede dunque che si precisi il ruolo del programma quadro in relazione a LIFE.

23.

Nonostante il programma quadro non ne faccia menzione, il Comitato presume che sia stato assicurato un coordinamento fra la campagna europea per l'energia sostenibile (che proseguirà fino al 2008) e il programma Energia intelligente — Europa.

Aiuti di Stato

24.

Il Comitato si rallegra della consultazione pubblica sulle norme in materia di aiuti di Stato all'innovazione avviata dalla Commissione il 21 settembre 2005 (COM(2005) 436 def.), rammaricandosi tuttavia dei limiti di tempo assai ristretti concessi per le risposte.

A questo proposito il Comitato:

manifesta il proprio sostegno, in linea con l'obiettivo della semplificazione, all'integrazione dell'innovazione nelle norme vigenti, in contrapposizione all'introduzione di nuove norme,

sostiene l'intento di indirizzare gli aiuti di Stato all'innovazione verso le piccole e medie imprese,

invoca il mantenimento dell'attuale sistema, che consente di cumulare gli aiuti all'innovazione e quelli a carattere regionale.

si interroga sui motivi per cui, per quanto riguarda le nuove imprese innovative, sia prevista soltanto un'«esenzione del [50 %] dai contributi sociali e dalle altre imposte locali/regionali (non legate agli utili)»,

apprezza il fatto che «agli aiuti di Stato per le PMI e/o le attività lontane dal mercato possono applicarsi norme procedurali meno complesse e un esonero dall'obbligo di notifica» (24o considerando),

Il Comitato mette tuttavia in discussione l'importanza attribuita al «fallimento del mercato». La Commissione ammette infatti la specificità delle attività legate all'innovazione, che sono spesso distanti dal mercato, quando afferma «L'esperienza dimostra quanto sia difficile prevedere quali prodotti e servizi innovativi avranno successo sul mercato» (18o considerando).

Conclusioni

25.

Con il presente parere il Comitato ritiene di poter contribuire a migliorare la politica intesa a promuovere la competitività attraverso l'innovazione e a stimolare il dibattito sulle prospettive finanziarie, nonché, qualora le sue proposte fossero inserite nel programma quadro, a realizzare una ripartizione più equilibrata delle responsabilità e dei compiti fra i diversi livelli di governo in Europa.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/20


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013)

(2006/C 115/05)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il Settimo programma quadro di attività comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (COM(2005) 119 def. — 2005/0043 (COD) — 2005/0044 (CNS)),

vista la comunicazione della Commissione Costruire il SER della conoscenza al servizio della crescita (COM(2005) 118 def.),

vista la decisione del Consiglio del 31 marzo 2005 di consultarlo sull'argomento a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato CE,

vista la decisione del suo Presidente del 19 maggio 2005 di incaricare la commissione Cultura e istruzione di elaborare un parere in materia,

vista la decisione del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 di adottare il concetto di Spazio europeo della ricerca e di porre in tal modo le basi di una politica comune di ricerca e sviluppo tecnologico dell'Unione europea,

vista la decisione del Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002, con cui l'UE si assegnò l'obiettivo di portare entro il 2010 gli investimenti destinati alla ricerca al 3 % del PIL dell'Unione,

vista la comunicazione della Commissione Un'iniziativa europea per la crescita — investire nelle reti e nella conoscenza per la crescita e l'occupazione. Relazione finale al Consiglio europeo (COM(2003) 690 def.),

vista la comunicazione della Commissione La scienza e la tecnologia, chiavi del futuro dell'Europa -Orientamenti per la politica di sostegno alla ricerca dell'Unione (COM(2004) 353 def.), nonché il proprio parere in materia (CdR 194/2004 fin (1)),

vista la comunicazione della Commissione in risposta alle osservazioni e alle raccomandazioni del gruppo ad alto livello di esperti indipendenti riguardanti la valutazione dell'efficacia dei nuovi strumenti del Sesto programma quadro (COM(2004) 574 def.),

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera Lavorare insieme per la crescita e l'occupazione. Il rilancio della strategia di Lisbona (COM(2005) 24 def.),

vista la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007-2013) (COM(2005) 121 def. — 2005/0050 (COD)),

vista la comunicazione della Commissione Mobilitare gli intelletti europei: creare le condizioni affinché le università contribuiscano pienamente alla strategia di Lisbona (COM(2005) 152 def.), nonché il proprio parere in materia (CdR 154/2005 fin),

vista la relazione del gruppo ad alto livello presieduto dal professor Ramon MARIMON sull'efficacia dei nuovi strumenti del Sesto programma quadro (21 giugno 2004),

visto il parere (CdR 155/2005 riv. 2) adottato in data 22 settembre 2005 dalla commissione Cultura e istruzione (relatore: Lars NORDSTRÖM, membro del consiglio regionale, regione Västra Götaland, SE/ALDE),

considerando quanto segue:

1.

Gli obiettivi globali della proposta della Commissione rivestono un'importanza cruciale ai fini dell'attuazione della strategia di Lisbona. Portare gli investimenti in attività di ricerca nell'UE al 3 % del PIL (con un apporto del settore privato pari al 2 % del PIL e uno stretto collegamento con le attività di RST volte a promuovere società ed economie fondate sulla conoscenza in Europa) è un obiettivo ambizioso, che può essere conseguito soltanto attraverso sforzi congiunti e iniziative coordinate da parte dell'Unione e degli Stati membri.

2.

La ricerca, l'innovazione e la formazione continua sono le chiavi della crescita e della competitività dell'Europa.

3.

L'obiettivo di raddoppiare l'entità del sostegno dell'Unione alle attività di ricerca durante il periodo 2007-2013 è conforme alle finalità della strategia di Lisbona ed è una risposta all'ingresso, avvenuto nel 2004, di dieci nuovi Stati membri. La realizzazione dei contenuti della proposta è nell'interesse di tutta l'Europa, a prescindere dalle modifiche che saranno eventualmente apportate ad altri elementi delle prospettive finanziarie per il periodo in questione.

4.

Sebbene il Settimo programma quadro presenti una sostanziale continuità con gli indirizzi del Sesto programma quadro di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2002-2006), attualmente in corso di attuazione, la proposta contiene alcuni elementi di novità, come la proposta di istituire un Consiglio europeo della ricerca e quella relativa alle iniziative tecnologiche congiunte.

5.

Le misure previste nella proposta della Commissione non rappresentano in sé e per sé strumenti di coesione, ma hanno indiscutibilmente un influsso sulla coesione in Europa,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

Osservazioni del Comitato delle regioni

1.   Valutazione d'insieme

Il Comitato delle regioni

1.1

si compiace che il contesto politico e le finalità della proposta siano stati esaminati in una comunicazione ad hoc dedicata alla creazione di uno spazio europeo della ricerca, presentata dalla Commissione contemporaneamente alla proposta in oggetto;

1.2

valuta in modo complessivamente positivo la proposta della Commissione, in quanto essa presenta una sostanziale continuità con gli indirizzi del Sesto programma quadro, attualmente in corso di attuazione. Le condizioni per la partecipazione degli enti locali e regionali nonché delle PMI sono state migliorate, sebbene gli strumenti previsti dal 7o PQ continuino a privilegiare le iniziative di grandi dimensioni;

1.3

rileva, nell'ottica del rilancio dell'agenda di Lisbona, l'importanza di giungere ad un accordo in merito alle prospettive finanziarie che consenta di allocare gli stanziamenti necessari al 7o PQ, come dalla proposta della Commissione;

1.4

si compiace delle semplificazioni di ordine amministrativo, finanziario e giuridico descritte nel documento di lavoro a proposito dell'attuazione della proposta, e desidera sottolineare, in particolare, la necessità di semplificare tutte le fasi della presentazione delle proposte, dei negoziati in vista della stipulazione dei contratti e dell'attuazione;

1.5

constata che la Commissione ha preso conoscenza dei punti di vista di molti soggetti interessati attraverso un'ampia consultazione, e che la proposta poggia su un'attenta valutazione d'impatto fondata sulle informazioni rese dalle parti interessate e da apposite valutazioni;

1.6

condivide il punto di vista secondo cui la conoscenza è il fulcro della strategia di Lisbona e le tre componenti del «triangolo della conoscenza» sono rappresentate da innovazione, formazione e ricerca; sottolinea, in particolare, che la ricerca della qualità e dell'eccellenza è un elemento chiave della politica di ricerca. In tal modo è possibile dare risalto alla ricerca orientata verso una crescita economica sostenibile, l'occupazione e la coesione sociale;

1.7

appoggia le finalità generali del Settimo programma quadro, nonché la sua articolazione in quattro programmi specifici, denominati «Cooperazione», «Idee», «Persone» e «Capacità» — che corrispondono a quattro degli obiettivi fondamentali della politica di ricerca europea;

1.8

appoggia altresì il fatto che il programma «Cooperazione» concentri attorno ad un numero circoscritto di temi tutti i tipi di cooperazione transnazionale — dai progetti e dalle reti di cooperazione fino al coordinamento dei programmi di ricerca nei seguenti settori:

a.

salute,

b.

prodotti alimentari, agricoltura e biotecnologie,

c.

tecnologie dell'informazione e della comunicazione,

d.

nanoscienze, nanotecnologie, materiali e nuove tecnologie di produzione,

e.

energia,

f.

ambiente (ivi compresi i cambiamenti climatici),

g.

trasporti (ivi compresa l'aeronautica),

h.

scienze socioeconomiche e scienze umane,

i.

sicurezza e spazio;

1.9

nutre grandi aspettative per quanto riguarda il programma «Idee», che prevede la creazione di un Consiglio europeo della ricerca (CER) autonomo, con il compito di sostenere la ricerca di frontiera avviata su iniziativa dei ricercatori stessi e svolta in tutti i settori da singole équipe in competizione tra loro. Desidera sottolineare, in particolar modo, l'importanza di un Consiglio della ricerca autonomo e di una diffusione sistematica dei risultati della ricerca prodotta, in piena collaborazione con gli enti locali e regionali. È opportuno sviluppare il progetto di un Consiglio europeo della ricerca nel senso di una stretta sinergia con le amministrazioni locali e regionali e con il CdR;

1.10

si compiace del fatto che il programma «Persone» preveda un rafforzamento del sostegno alla formazione ed allo sviluppo professionale dei ricercatori, con un accento più marcato sulle capacità e lo sviluppo professionale, oltre a collegamenti più stretti con i sistemi nazionali;

1.11

desidera ricordare, per quanto riguarda il programma «Capacità», che per potenziare le capacità in materia di ricerca, formazione e innovazione in Europa è necessaria una specifica sinergia tra il programma quadro ed i fondi strutturali, segnatamente per quanto riguarda i diversi tipi di finanziamento destinati alle infrastrutture di ricerca, la ricerca a vantaggio delle PMI, i cluster regionali orientati alla ricerca, la valorizzazione del potenziale di ricerca nelle regioni comunitarie di «convergenza», la tematica «scienza e società» e la cooperazione internazionale di tipo orizzontale;

1.12

ritiene che l'Europa debba impegnarsi per la migliore integrazione possibile dei nuovi Stati membri. L'inclusione di questo obiettivo in tutte le politiche e gli strumenti dell'UE rappresenta un requisito preliminare per far leva efficacemente sul rilevante potenziale umano ed economico di questi paesi e costruire così un'Europa più competitiva e coesa, fondata su uno sviluppo sostenibile. I programmi quadro dovrebbero favorire l'accelerazione del processo di integrazione.

2.   Programma «Cooperazione»

2.1

considera di importanza centrale la problematica della trasmissione e della diffusione delle conoscenze. L'attuale programma quadro prevede meccanismi rivolti in tal senso, ma ciò avviene realmente in una forma efficiente e sistematica? Quali risultati si ottengono? In assenza di espliciti requisiti in tema di monitoraggio, disponiamo di scarse conoscenze in materia. Un modo di ovviare al problema consiste nel far sì che, per i progetti approvati, vi sia l'obbligo esplicito di elaborare ed attuare strategie per la trasmissione di conoscenze. La Commissione dovrebbe poi monitorare tali strategie, per verificare i risultati conseguiti;

2.2

sottolinea che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) sono delle tecnologie chiave per tutti i settori dell'industria, dell'economia, dei servizi, della scienza e della tecnica, comprese la sicurezza e la difesa. Anche a causa della rilevanza dei computer ad alto rendimento per molte questioni importanti (ad esempio dalla ricerca sul clima, sulla sicurezza e sui materiali alla sintesi di nuovi principi attivi farmaceutici), in Europa c'è una forte necessità di recuperare terreno soprattutto rispetto al Giappone e agli Stati Uniti;

2.3

desidera attirare l'attenzione, tenendo presente la dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile, sull'importanza di considerare l'ambiente come una risorsa, e quindi di favorire ambiti di ricerca quali la bioenergia e i biocombustibili, la genomica delle piante, la tecnologia del legno, la silvicoltura sostenibile, le tecnologie del settore estrattivo, quelle relative allo smaltimento dei rifiuti e le ricerche nel settore del turismo;

2.4

ribadisce la sua grande soddisfazione per l'inserimento dell'importante programma specifico «Energia» nell'ambito del 7o PQ. Tuttavia, pur considerando che anche il 7o PQ-Euratom è fortemente incentrato sulla ricerca energetica, c'è da chiedersi se non andrebbe dato un peso ancor maggiore a questo tema cruciale. L'energia è la risorsa determinante di un'economia competitiva ma, come risaputo, l'Europa in questo campo si trova in un'allarmante condizione di dipendenza dalle importazioni;

2.5

ritiene che la dimensione ambientale debba essere accompagnata dalla considerazione della dimensione sociale; a questo proposito, intende richiamare l'attenzione su un campo di ricerca interdisciplinare cruciale: la problematica dell'integrazione. Tra i principali oggetti di indagine che essa comprende si trovano: lo studio dell'attuazione e del monitoraggio delle politiche d'integrazione nei paesi dell'UE; gli obiettivi e gli indicatori adottati; gli effetti della politica fiscale sul piano dell'integrazione (in molti Stati membri, infatti, la riscossione delle tasse è effettuata a livello nazionale, mentre buona parte degli oneri legati all'esclusione sociale ed a problemi correlati sono a carico degli enti locali e regionali). Altre importanti problematiche riguardano la dimensione democratica dell'attività di integrazione nonché gli effetti del diritto formale di voto o le differenze nella percezione delle politiche di integrazione da parte delle diverse fasce sociali. Ulteriori complessi di problematiche riguardano i rifugiati e le discriminazioni sul mercato occupazionale;

2.6

esprime soddisfazione per l'inizio dei lavori di costruzione nel quadro del progetto Galileo; anche nella tecnologia utilizzata per tale sistema e soprattutto nel suo impiego, il Comitato ravvisa elementi tipici di un progetto trasversale multidisciplinare, che al tempo stesso ha un elevato valore innovativo sul piano tecnico;

2.7

ritiene che la ricerca attorno a importanti questioni di salute pubblica, assistenza sanitaria e servizi sociali debba rientrare tra le priorità tematiche di comune interesse europeo. Tra gli esempi di altre questioni meritevoli di attenzione si annoverano diversi aspetti della salute pubblica, come le misure per affrontare i problemi legati ai danni provocati dall'alcol e dal tabacco. Acquisire conoscenze attorno alle dimensioni e alle conseguenze di questa problematica è importante tanto a breve quanto a lungo termine;

2.8

ritiene inoltre che anche aspetti dello sviluppo urbano che prescindono dalla dimensione ambientale debbano essere presi in considerazione. Ciò può riguardare la ricerca attorno a tematiche quali i trasporti, la progettazione urbana, la gestione dell'approvvigionamento idrico o dei rifiuti, il patrimonio culturale o il turismo, nonché questioni di integrazione e di governance. Tematiche di questa natura erano presenti nel Quinto programma quadro, ma erano assenti nel Sesto. Nel Settimo programma quadro lo sviluppo urbano deve pertanto essere trattato in una prospettiva più ampia;

2.9

considera che un'importante area di ricerca sia costituita dall'interazione tra ricerca e applicazioni pratiche. La capacità di mettere in pratica le conoscenze prodotte attraverso la ricerca, ad esempio volgendole al servizio della modernizzazione e della trasformazione dei sistemi di welfare, costituisce una grande sfida, tanto per il settore pubblico quanto per il settore privato. Se questo obiettivo coinvolge, in linea di principio, tutti i settori della ricerca, esso investe forse in modo particolare le nuove conoscenze che riguardano il settore dei servizi. Il tema dell'applicazione della ricerca merita pertanto un'attenzione particolare: tra le questioni che si possono affrontare vi sono lo sviluppo di metodologie rivolte allo sfruttamento dei risultati delle ricerche, gli ostacoli al cambiamento, le ragioni per cui talune strategie correttive si rivelano efficaci ed altre no, il modo di porre l'apprendimento al servizio del progresso, le forme di coinvolgimento dei collaboratori, gli strumenti per volgere i sistemi propositivi al servizio della creatività, ecc. È pertanto necessario definire la politica di ricerca europea in modo tale che vi sia un settore consacrato allo studio dell'interazione tra ricerca e pratica, finalizzato all'innovazione e allo sviluppo. L'UE dovrebbe legittimare l'esistenza di questo ambito di ricerca e stimolarne lo sviluppo nel settore dei servizi;

2.10

ritiene che, se da una parte sono necessari anzitutto programmi nazionali di ricerca sui diversi aspetti del cambiamento demografico come ad esempio l'invecchiamento, occorra, d'altra parte, rendere più efficace la sinergia su scala europea tra questo tipo di programmi nazionali. Ritiene altresì che gli strumenti di coordinamento dei programmi dovrebbero essere creati mediante forme di cooperazione transregionale, nel quadro dello schema di coordinamento ERA-NET, anche nella prospettiva dell'avvio di futuri programmi di cooperazione, ai sensi dell'articolo 169. Inoltre andrebbe potenziato notevolmente il sostegno alla ricerca sul tema dell'invecchiamento della popolazione a titolo del programma quadro stesso. La comunicazione della Commissione dal titolo Aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro affronta alcuni interrogativi aperti sul tema dell'«invecchiamento attivo». Quest'ultimo concetto travalica però gli argomenti trattati dalla Commissione ed implica, per esempio, la necessità di nuove conoscenze sul processo di invecchiamento delle persone sane e sul modo in cui la popolazione anziana è, o può diventare, una risorsa per tutta la società. L'atteggiamento nei confronti dei cambiamenti demografici varia, nei diversi Stati dell'UE, a seconda delle esperienze in materia e dell'atteggiamento culturale dominante: situazione che costituisce il possibile spunto per una serie di interrogativi scientifici, da affrontare col concorso di svariate discipline. Questo vale sia per le conseguenze del basso tasso di natalità, dell'emigrazione e del drastico calo della popolazione, sia per la problematica dell'invecchiamento in relazione alla domanda di cure sanitarie, di assistenza sociale e di automedicazione. Per quanto il programma «Cooperazione» faccia riferimento ad un coordinamento tra programmi nazionali e programmi comunitari, il Comitato ritiene necessario uno sforzo più intenso in tal senso. Il concetto di invecchiamento include aspetti tanto sociali quanto economico-culturali. L'elaborazione di soluzioni per la società e di strategie di adeguamento per rispondere al cambiamento demografico è una delle maggiori sfide politiche dei prossimi anni, soprattutto a livello regionale. È pertanto importante che i livelli locale e regionale partecipino alla definizione dei vari programmi nazionali;

2.11

ritiene che la scissione tra il programma quadro in oggetto e il programma quadro per la Competitività e l'innovazione (CIP) abbia reso più confuso il nesso che sussiste tra ricerca, innovazione, imprenditorialità e iniziativa imprenditoriale. Progetti collocati alla frontiera tra questi importanti fattori, e che rivestono un'importanza centrale per la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro, rischiano di perdersi nella «terra di nessuno» arenandosi tra le pastoie burocratiche, fino all'ipotesi più pessimista, vale a dire che i potenziali aspiranti vengano dissuasi dal presentare domande: un lusso che l'Europa non può concedersi. È della massima importanza che la Commissione nel suo insieme si adoperi affinché le barriere tra diverse direzioni generali e programmi distinti non finiscano per ostacolare i migliori progetti;

2.12

ritiene che gli enti locali e regionali, in virtù delle responsabilità che esercitano entro settori cruciali della vita sociale, possano trarre vantaggio dalla partecipazione alle piattaforme tecnologiche (PT). Nel quadro della formulazione di strategie di ricerca rivolte alla creazione di nuove piattaforme tecnologiche definite sulla base delle necessità dei cittadini e nell'ambito della collaborazione alle piattaforme già avviate, gli enti locali e regionali hanno infatti un ruolo naturale nella cooperazione tra mondo accademico, imprese e settore pubblico richiesta nelle PT. Le attuali piattaforme rappresentano investimenti di lungo periodo che, tuttavia, non prendono spunto tanto dalle esigenze fondamentali dei cittadini, ma riguardano piuttosto settori tecnologici ben consolidati;

2.13

ritiene che, in virtù delle competenze che esercitano per lo sviluppo economico e sociale dei cittadini e del territorio, le città, i comuni e le regioni debbano essere coinvolti a pieno titolo nei programmi per l'innovazione e l'apprendimento permanente. E questo sia per fungere da catalizzatori in grado di favorire partenariati che facilitino un accesso diffuso ai fondi, sia per svolgere quel ruolo di spinta che spetta in primo luogo alle istituzioni locali per favorire lo sviluppo di innovazione e ricerca nei loro territori;

2.14

accoglie favorevolmente il fatto che diversi Stati membri, in sede di Consiglio, nonché il Parlamento europeo ed altri organismi abbiano proposto di inserire anche le «piattaforme di ricerca socialmente motivate» (Socially Motivated Research Platforms) nel Settimo programma quadro. Le SMRP vanno considerate come iniziative complementari alle PT, che consentono alle esigenze sociali di imprimere un indirizzo alle strategie di ricerca a lungo termine di importanti soggetti quali gli enti pubblici, i centri di ricerca (università, scuole superiori e altri istituti) nonché, se del caso, le imprese. L'Europa ha bisogno di un nuovo apporto di conoscenze per meglio comprendere ed affrontare i problemi che dipendono dalle sfide che si pongono alla società, quali ad esempio le differenze etnico-culturali, la demografia e l'ambiente (compresi i cambiamenti climatici). Lo scopo delle SMRP è di riunire i soggetti interessati europei attorno allo sviluppo di conoscenze riguardo a sfide sociali di lungo periodo per l'Europa. Naturalmente i «destinatari finali» delle conoscenze — tra cui, spesso, gli enti locali e regionali — rientrano tra i principali soggetti interessati;

2.15

afferma che il concetto di SMRP nasce in larga misura dall'iniziativa delle parti direttamente interessate presenti nella società e dal loro bisogno di nuove conoscenze basate su ricerche di punta in diversi ambiti sociali. Il concetto presuppone inoltre che questi soggetti siano attivi nell'identificare e formulare i problemi e le domande che devono essere al centro degli studi; una condizione essenziale è che le parti interessate assumano una responsabilità attiva nella diffusione e nello sfruttamento delle conoscenze prodotte, cosa che, ovviamente, sarà più probabile se esse partecipano attivamente alla definizione delle problematiche da affrontare. Occorrerebbe pertanto considerare le SMRP come un complemento delle PT, che obbediscono alle esigenze del mondo industriale. I soggetti industriali possono essere fortemente impegnati in diverse SMRP, a seconda del tema trattato, per quanto di solito ci si attenda che siano altri soggetti a ispirarle. Nel concetto di SMRP rientra quello di ricerca interdisciplinare in virtù della complessità dei problemi umani e sociali, che si prestano ad essere meglio compresi a partire da diverse prospettive scientifiche. Per estendere lo sviluppo delle conoscenze e le possibilità di innovazioni sociali, tra le componenti delle SMRP rientra un'ampia cooperazione transnazionale;

2.16

ricorda che nelle discussioni attorno alle SMRP sono stati menzionati diverse tematiche e contenuti; il CdR desidera soffermarsi sui seguenti: la modifica del panorama demografico in Europa (l'invecchiamento della popolazione), l'Europa ed i fenomeni di integrazione/migrazioni, e lo sviluppo sostenibile entro una prospettiva ambientale.

Tutti gli Stati membri dell'UE sono esposti ai problemi che derivano dall'innalzamento dell'età media della popolazione, problemi connessi con il funzionamento dei servizi sanitari e dell'assistenza sociale (attraverso, ad esempio, le problematiche della e-health, dell'invecchiamento sano, di abitazioni sicure), con l'organizzazione dei regimi pensionistici, con la questione dell'allungamento della vita professionale, ecc. Sebbene questa sfida demografica venga spesso presentata come un problema, essa è al tempo stesso foriera di grandi opportunità. Una popolazione più anziana rappresenta infatti una preziosa riserva di conoscenze fondate sulle competenze e sull'esperienza; molte persone anziane sono al tempo stesso clienti, utenti o pazienti bene informati ed esigenti, circostanza che richiederà soluzioni innovative a svariate questioni. Come possiamo far emergere e sviluppare le risorse individuali durante tutta la vita di una persona, a beneficio della persona stessa e della società? La tematica integrazione/migrazioni può includere, ad esempio, questioni relative all'integrazione nella vita professionale, la discriminazione, ecc. Il tema sviluppo sostenibileambiente può comprendere, ad esempio, questioni relative alle sfide che riguardano l'Europa sul piano dell'assetto territoriale: la città come forza trainante, con un accento sulla sinergia tra aree urbane e rurali; l'inquinamento e il suo impatto sul paesaggio, con particolare attenzione all'interazione città/campagna nelle regioni, ed infine la responsabilità dell'Europa per uno sviluppo globale sostenibile, con un accento sull'interazione tra il contesto globale ed europeo.

3.   Programma «Idee»

3.1

considera della massima importanza che il Consiglio europeo della ricerca (CER) sia caratterizzato da un alto grado di integrità grazie a una gestione affidata a ricercatori indipendenti e di alto livello. Esso deve operare con procedure semplici per l'elaborazione delle domande e in modo che sia chiaro chi definisce le priorità;

3.2

ritiene che i risultati conseguiti da iniziative di ricerca finanziate dal Consiglio europeo della ricerca dovrebbero essere diffusi sistematicamente e nella forma più appropriata tra i ricercatori operanti in altre regioni europee. Ritiene altresì che i fondi destinati a finanziare questo sforzo dovrebbero provenire dalle azioni destinate alla mobilità dei ricercatori, ovvero attingere a sovvenzioni erogate direttamente dal CER. In questo caso l'aiuto dovrebbe rappresentare solo una piccola quota dell'importo complessivo del finanziamento assegnato al progetto prescelto.

4.   Programma «Persone»

4.1

ritiene che per consentire all'UE di reclutare un numero sufficiente di ricercatori, è importante agevolare l'ingresso delle donne nel settore della ricerca; fattori importanti sono, a questo proposito, l'adozione di misure a livello politico ed un'evoluzione nell'atteggiamento delle imprese e delle università. Occorre potenziare le azioni Marie Curie, nell'intento di destare l'interesse dei giovani fin dal periodo degli studi liceali, ponendo al tempo stesso l'accento sul ruolo ed il posto delle donne nella scienza e nella ricerca, per attenuare la loro sottorappresentazione;

4.2

ritiene inoltre che, per consentire all'Unione europea di attrarre gruppi di ricerca altamente qualificati, saranno probabilmente necessarie molte altre misure. I freni che si oppongono a reali possibilità di sviluppo professionale in Europa riguardano tanto gli aspetti geografici, giuridici e amministrativi che elementi di tipo culturale. Iniziative che potrebbero far evolvere in modo positivo le traiettorie professionali possono essere i confronti tra i meccanismi relativi agli scatti di carriera, le retribuzioni, le prestazioni sociali, ecc. Un altro sistema potrebbe consistere nel favorire i cosiddetti «servizi combinati», grazie ai quali le persone, nel quadro del proprio lavoro, possono svolgere anche un'attività di ricerca;

4.3

afferma che la «formazione continua» va intesa come una risorsa per la crescita in Europa nonché come uno strumento per raggiungere gli obiettivi dell'Europa in materia di ricerca: il fatto che la proposta della Commissione ricalchi una tale prospettiva è positivo, ed è importante che la conduzione delle azioni sia affidata tanto a soggetti locali e regionali che a soggetti comunitari. Desidera inoltre rilevare, in questo contesto, l'iniziativa promossa dalle DG Ricerca e Imprese della Commissione e dal Comitato delle regioni, intitolata «Piattaforme di reciproco apprendimento» (Mutual Learning Platforms), che si rivolge ai decisori a livello regionale con lo scopo di fornire loro strumenti concreti in materia di apprendimento, ad esempio le prospettive regionali, le analisi comparative regionali ed i profili regionali;

4.4

ritiene che la Commissione dovrebbe vegliare a che le occasioni di sviluppo professionale nell'ambito della ricerca abbraccino l'insieme degli Stati dell'UE nonché i settori del servizio pubblico posti sotto le competenze di comuni, province e regioni;

4.5

intende inoltre sottolineare la necessità di sostenere le misure rivolte a favorire la crescita di una nuova generazione di ricercatori, che possa essere attiva tanto nella vita universitaria quanto in seno alle imprese e al settore pubblico. Occorre tra l'altro introdurre innovazioni nella formazione dei dottorandi, affinché essi, durante gli studi, partecipino ad attività sia nel mondo delle imprese che nel settore pubblico. I futuri ricercatori devono essere formati e preparati per l'inserimento in un mercato del lavoro anche al di fuori dell'ambiente universitario.

5.   Programma «Capacità»

Il CdR accoglie favorevolmente questo programma specifico. Tutte e sei le aree di intervento sono rilevanti, ma il Comitato desidera porre un particolare accento sui seguenti elementi:

5.1

reputa che tra gli aspetti positivi dell'iniziativa Regioni della conoscenza vi sia il fatto di evidenziare l'importanza crescente delle regioni ai fini dell'innovazione e della crescita. Non si sottolineerà mai abbastanza il ruolo delle regioni ad elevata densità di conoscenza ai fini della crescita economica generale dell'Europa: esse sono i pilastri delle economie nazionali;

5.2

auspica una maggiore interazione tra il programma quadro e i fondi strutturali. Esiste tuttavia un conflitto intrinseco tra le forme di sostegno destinate all'eccellenza e quelle orientate alla coesione: incitare i soggetti di tutte le regioni d'Europa ad orientarsi verso l'eccellenza può forse consentire di ovviare a tale squilibrio. Il CdR ha inoltre avviato uno studio attorno alla capacità e alla motivazione delle regioni, nonché degli enti locali e regionali, di puntare sulla ricerca e sullo sviluppo: questo studio si concentra, in particolare, sul nesso tra R&S, fondi strutturali e questioni legate all'innovazione;

5.3

prende atto della discussione attualmente in atto in Europa attorno alle prospettive finanziarie. Reputa tuttavia estremamente importante che questa iniziativa sia mantenuta anche se i finanziamenti destinati all'insieme della proposta dovessero essere inferiori al previsto. Il bilancio proposto è decisamente insufficiente, in quanto ammonta, approssimativamente, a soli 160 milioni di euro, pari al 2 % circa della dotazione del programma «Capacità» (7,4 miliardi di euro);

5.4

ritiene inoltre che non vi sia una precisa ambizione di coinvolgere gli istituti di formazione nello sviluppo e nella promozione, in collaborazione con le imprese, del settore della ricerca e dello sviluppo. Tra le ragioni di questo limite sta forse il fatto che le componenti del programma relative all'innovazione sono state separate ed inserite in un programma ad hoc: il cosiddetto Programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP). Sarebbe opportuno che la Commissione chiarisse le incertezze residue che riguardano i punti di contatto e l'interazione tra questi programmi quadro. Ciò non significa che vi siano, necessariamente, dei problemi da risolvere, ma se ve ne fossero la Commissione dovrebbe elaborare un modello per una migliore interazione tra i programmi. Un esempio in proposito è la questione del capitale di rischio destinato alle iniziative tecnologiche comuni: nella fase di commercializzazione può un progetto essere ammesso al sostegno a titolo del Settimo PQ, oppure tali finanziamenti devono essere richiesti, in quella fase, nell'ambito del programma CIP?

5.5

afferma che occorre prestare attenzione anche agli istituti di ricerca, che rappresentano passerelle naturali per il trasferimento di tecnologie e per uno sviluppo in comune di prodotti. Vi può essere una forte necessità di specializzazione, in funzione della struttura economica di ciascuna regione. La Commissione, oltre ad evidenziare le sinergie con la politica di coesione, dovrebbe anche sottolineare l'importanza dei finanziamenti dell'UE come strumento per attuare le strategie nazionali e regionali per l'innovazione;

5.6

condivide il punto di vista della Commissione, secondo la quale le «regioni di convergenza» dell'UE, secondo la definizione adottata ai fini dell'attribuzione dei fondi strutturali, racchiudono un grande potenziale di ricerca, che occorre valorizzare;

5.7

ritiene che non vadano trascurati settori a minore densità di ricerca, ma che contribuiscono ampiamente alla crescita dell'Europa e al processo di Lisbona. Attualmente, il Sesto programma quadro si rivolge principalmente ad organismi ad alta densità di ricerca, mentre accordare un sostegno finanziario ad altre entità, per mettere a frutto la tecnologia già disponibile, può consentire di realizzare le innovazioni che altrimenti resterebbero sulla carta. Occorre pertanto dare maggiore importanza a queste entità all'interno dei programmi di ricerca;

5.8

giudica infine positivamente il programma d'azione «La scienza nella società» e desidera sottolineare che esso rappresenta una componente significativa del nuovo programma quadro.

6.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

6.1

ritiene che la dimensione socio-ambientale dello sviluppo sostenibile dovrebbe maggiormente permeare l'insieme del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico;

6.2

si attende che la Commissione assuma un ruolo proattivo sostenendo, sotto svariate forme, i processi che riguardano le SMRP, in modo analogo a quanto è avvenuto nel caso delle PT. Ciò può significare ad esempio, come primo passo, sviluppare il concetto di SMRP, esortare diversi soggetti interessati a riunirsi attorno ad una visione di lungo periodo e ad un programma di ricerca strategico, operare come osservatori entro diverse piattaforme per fornire consulenza e sostegno e per assicurare trasparenza e apertura, oltre ad un certo sostegno amministrativo. In tal modo la Commissione può anche aumentare le possibilità di successo dell'attuazione delle piattaforme;

6.3

osserva che diversi rappresentanti degli enti locali e regionali si stanno adoperando attivamente per concretizzare l'idea delle SMRP, coinvolgendo le parti in causa; auspica l'avvio di un dialogo con la Commissione, il Parlamento, il Consiglio, gli enti preposti al finanziamento della ricerca a livello nazionale, i comuni, le province e le regioni, i ricercatori ed altri soggetti coinvolti, segnatamente attorno alla tematica «demografia — invecchiamento della popolazione»;

6.4

ritiene che la Commissione dovrebbe impegnarsi in prima persona per assicurare che, in sede di attuazione, non vi siano problemi legati a fattori amministrativi, dal momento che la gestione del programma quadro e del CIP è affidata a diverse direzioni generali; auspica altresì che vengano chiariti i punti di contatto tra i due programmi;

6.5

sottolinea l'importanza dello sviluppo tecnologico all'interno del 7o programma quadro, nonché la necessità di creare forti sinergie con il Programma quadro per la competitività e l'innovazione (CIP), al fine di generare nuove imprese e posti di lavoro nelle imprese fondate sulla conoscenza in tutte le regioni d'Europa;

6.6

ritiene altresì che le priorità tematiche dovrebbero essere completate prendendo in considerazione questioni generali relative alla salute pubblica, all'assistenza sanitaria e ai servizi sociali. Sono inoltre necessarie ricerche attorno ai diversi aspetti — non soltanto di carattere ambientale — dello sviluppo urbano;

6.7

propone che, in considerazione del ruolo di volano dell'economia europea svolto dalle PMI, il 7o PQ tenda verso un maggiore equilibrio tra le iniziative di grandi dimensioni e quelle destinate alle PMI, ad esempio attraverso un aumento dei finanziamenti destinati all'iniziativa Regioni della conoscenza;

6.8

propone che la Commissione analizzi le possibilità di identificare buoni esempi di cooperazione scientifica tra i diversi soggetti interessati a livello locale. Ciò potrebbe anche prendere la forma di un concorso;

6.9

raccomanda al Parlamento europeo e al Consiglio di adottare la proposta della Commissione relativa al bilancio del Settimo programma quadro, che prevede una dotazione finanziaria di 72 726 milioni di euro.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 22.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/27


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione Ristrutturazioni e occupazione Anticipare e accompagnare le ristrutturazioni per ampliare l'occupazione: il ruolo dell'Unione europea

(2006/C 115/06)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione Ristrutturazioni e occupazione — Anticipare e accompagnare le ristrutturazioni per ampliare l'occupazione: il ruolo dell'Unione europea (COM(2005) 120 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 31 marzo 2005, di consultarlo in materia a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 12 aprile 2005, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere in materia,

visto il proprio parere in merito agli Orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione (2005-2008) (CdR 147/2005 fin),

visto il proprio parere in merito alla Revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (CdR 77/2005 fin),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione sull'Agenda sociale (CdR 80/2005 fin),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione La dimensione sociale della globalizzazione — Il contributo della politica dell'UE perché tutti possano beneficiare dei vantaggi (CdR 328/2004 fin),

visto il proprio progetto di parere CdR 148/2005 riv. 2, adottato il 23 settembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (relatrice: Irene OLDFATHER, membro del Parlamento scozzese (UK/PSE)),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie positivamente la comunicazione in esame in quanto utile contributo al cruciale dibattito sulle ristrutturazioni aziendali e i loro effetti sull'occupazione. Le ristrutturazioni sono una risposta alle trasformazioni in atto nel mercato, alla creazione del mercato interno e alla globalizzazione. Esse sono viste da molte imprese come un fattore importante nel mantenimento della competitività, se considerate come un'opportunità per l'avvio di nuove attività a più elevato valore aggiunto e la creazione di posti di lavoro più duraturi nei territori interessati;

1.2

si compiace che il tema delle ristrutturazioni economiche venga discusso nel contesto della strategia di Lisbona per la crescita e del modello sociale europeo. Il CdR desidera infatti sottolineare l'importanza del modello sociale europeo nell'attenuare gli effetti negativi delle ristrutturazioni sia sui singoli che sulle comunità locali e riconosce l'esigenza di adottare ove possibile misure preventive al riguardo;

1.3

conviene sulla necessità di assicurare una buona gestione delle ristrutturazioni che risponda sia ai requisiti economici sia a quelli sociali e si iscriva in una visione a lungo termine dello sviluppo dell'economia europea, onde fare delle trasformazioni un vero e proprio strumento per il rafforzamento della sua competitività;

1.4

osserva che la comunicazione si limita a esaminare il contesto europeo e si rammarica, dato l'importante ruolo svolto dagli enti locali e regionali, che non sia stata adottata una prospettiva più ampia, che tenga conto altresì delle interazioni tra i diversi livelli di governo e della funzione di ciascuno di essi. Nondimeno, poiché l'UE detiene competenze nei settori della realizzazione del mercato unico, della politica commerciale e di sviluppo e dell'Agenda di Lisbona, è importante che la Commissione europea consideri gli effetti di tali politiche sulle ristrutturazioni economiche e viceversa;

1.5

conviene con la Commissione che gli effetti negativi delle ristrutturazioni non colpiscono soltanto i lavoratori interessati, ma l'economia locale e regionale in generale;

1.6

sottolinea l'importante ruolo svolto dall'Osservatorio europeo del cambiamento nell'evidenziare le migliori pratiche, che consentirà di creare basi migliori per il dibattito pubblico sulle ristrutturazioni e sulle delocalizzazioni.

Le sfide attuali

Il Comitato delle regioni

1.7

concorda con la Commissione nel ritenere che le ristrutturazioni aziendali possono essere determinate dai seguenti fattori:

l'avvento del mercato unico europeo e l'apertura delle economie alla concorrenza internazionale,

l'innovazione tecnologica,

l'evoluzione del contesto normativo,

profondi cambiamenti nella domanda.

1.8

sostiene che si sarebbe dovuto esaminare più attentamente il processo di globalizzazione e di crescente delocalizzazione dei posti di lavoro al di fuori dell'Unione europea;

1.9

ritiene che le trasformazioni che si verificano nei modelli settoriali dell'occupazione e nella qualità dei posti di lavoro siano elementi importanti nella definizione delle politiche europee per l'occupazione, la formazione, l'industria e l'agricoltura. La comunicazione afferma che tra il 1977 e il 2002 nell'Unione europea sono stati creati circa 30 milioni di posti di lavoro: l'industria dei servizi ne ha creati 44 milioni, mentre il settore industriale e quello agricolo ne hanno persi rispettivamente 7 e 7,5 milioni. I tassi di occupazione sono aumentati rispettivamente del 25,1 % per i lavoratori altamente qualificati, del 14,2 % per i lavoratori con qualifiche intermedie e soltanto del 2,2 % per i lavoratori non qualificati;

1.10

conviene con la Commissione sugli effetti benefici dell'approfondimento del mercato interno e dell'apertura dell'economia agli scambi commerciali internazionali ai fini della crescita e dell'occupazione. Si compiace inoltre che la comunicazione dia atto dell'impatto di tali processi a livello regionale e dell'esigenza di giustizia sociale in questo campo;

1.11

concorda sul fatto che gli effetti delle ristrutturazioni possono essere modificati da interventi volti a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, rafforzare le politiche attive a favore dell'occupazione e anticipare i cambiamenti, nonché a mettere a punto meccanismi che agevolino le transizioni professionali. Il CdR desidera inoltre sottolineare l'importanza di disporre di efficaci strategie per lo sviluppo economico locale e regionale che contribuiscano alla crescita e alla diversificazione della base economica. Nelle economie che presentano queste caratteristiche le ristrutturazioni aziendali risultano molto più facili da gestire;

1.12

rileva che il Trade Adjustment Assistance Reform Act statunitense del 2002 viene citato come esempio positivo di apertura dell'economia agli scambi e di assistenza alle imprese e ai lavoratori. Il CdR ritiene tuttavia che nell'UE vi siano molti esempi di enti pubblici che hanno realizzato processi di ristrutturazione che possono essere presi a modello.

Le risposte a livello comunitario

i.   L'approccio generale

Il Comitato delle regioni

1.13

concorda sulla necessità di un maggiore coordinamento delle politiche comunitarie che interessano le ristrutturazioni e si compiace, in particolare, della creazione di una task force composta dai servizi della Commissione che incidono sulle ristrutturazioni;

1.14

è favorevole a esaminare le politiche comunitarie orizzontali che interessano le ristrutturazioni al fine di modificare opportunamente gli interventi praticati.

ii.   La riforma della strategia europea per l'occupazione (SEO)

Il Comitato delle regioni

1.15

invita gli Stati membri ad adoperarsi per un'efficace e tempestiva attuazione delle misure convenute nel quadro della strategia europea per l'occupazione;

1.16

si compiace dell'importante collegamento stabilito dalla Commissione tra la strategia di Lisbona, la strategia europea per l'occupazione e i fondi strutturali. Sottolinea in particolare l'importanza delle misure a favore dell'adeguamento e delle ristrutturazioni proposte dalla Commissione nel Fondo sociale europeo (FSE). Sottolinea altresì l'esigenza di una formazione gestionale di alta qualità orientata alle necessità locali e basata su un ampio partenariato che consenta ai datori di lavoro e ai lavoratori di gestire efficacemente i cambiamenti e pertanto si rallegra della proposta di formare dei veri e propri «gestori del cambiamento»;

1.17

concorda vivamente con la conclusione della comunicazione, secondo cui «l'anticipazione del cambiamento è efficace soprattutto a livello territoriale» e «la politica regionale e di coesione dell'Unione europea deve svolgere un ruolo di catalizzatore» (1);

1.18

esorta gli Stati membri a dotare la politica regionale e di coesione dei finanziamenti necessari per poter fungere da catalizzatore del cambiamento;

1.19

ricorda che esistono ancora regioni nei vecchi Stati membri dell'UE a 15 che, per convergere con il resto delle regioni comunitarie, devono poter continuare a beneficiare di politiche di sviluppo regionale a titolo dei fondi strutturali e di coesione, almeno durante un periodo transitorio.

iii.   Riformare gli strumenti finanziari comunitari per anticipare e gestire meglio i cambiamenti

Il Comitato delle regioni

1.20

conviene con la Commissione sul fatto che, oltre alla strategia europea per l'occupazione e ai fondi strutturali, anche il Settimo programma quadro e i programmi comunitari a favore dell'istruzione e della formazione possono contribuire allo sviluppo di un'economia della conoscenza competitiva che favorisca la mobilità;

1.21

propone un aumento degli aiuti destinati a ricerca, sviluppo e innovazione (R+S+I), considerati gli importanti benefici che queste attività hanno nell'affrontare i processi di ristrutturazione aziendale e nell'alleviare gli eventuali effetti negativi di tali processi su alcune economie locali e regionali;

1.22

osserva che non si è tenuto conto del diverso impatto che i processi di ristrutturazione hanno sugli uomini e sulle donne e ciò impedisce di adottare misure specifiche adeguate alle singole problematiche;

1.23

esprime preoccupazione per i bassi livelli di finanziamento assegnati, nei negoziati tra gli Stati membri, all'obiettivo Competitività. Le ristrutturazioni proseguiranno nelle zone interessate, molte delle quali necessitano di sostegno per ammodernare pienamente le loro economie regionali e creare un'economia della conoscenza;

1.24

ribadisce il proprio sostegno alla proposta, avanzata dalla Commissione nei negoziati UE sui fondi strutturali per il periodo 2007-2013, di istituire un fondo di adeguamento alla crescita;

1.25

si rallegra del nuovo slancio costituito dalla proposta di creare un fondo di adeguamento alla globalizzazione per far fronte alle gravi conseguenze socioeconomiche provocate, a livello locale e regionale, dalle ristrutturazioni legate alla globalizzazione, conseguenze non prevedibili da parte degli enti locali e regionali;

1.26

sottolinea l'importanza della riforma della PAC e della politica di sviluppo rurale nel ridurre gli effetti negativi delle ristrutturazioni sui lavoratori agricoli e sulle comunità rurali e insiste in particolare sull'utilità delle politiche di sviluppo endogeno.

iv.   La politica industriale e delle imprese

Il Comitato delle regioni

1.27

appoggia la linea adottata dall'UE nell'aprile 2004 con la revisione della politica industriale e delle imprese: essa ha consentito di migliorare il quadro normativo che regola l'attività delle imprese, di intervenire a sostegno della competitività e dell'innovazione e di introdurre un'azione coordinata a livello settoriale;

1.28

sostiene la proposta di incaricare la Commissione di individuare i settori soggetti a rapidi e profondi cambiamenti e di analizzare, tramite gruppi ad alto livello comprendenti tutte le categorie interessate, lo sviluppo della competitività, le minacce ambientali e le opportunità, le conseguenze sul piano regionale e le misure da adottare a livello comunitario per anticipare e gestire il cambiamento.

v.   La politica della concorrenza

Il Comitato delle regioni

1.29

fa notare che gli attuali orientamenti in materia di salvataggio e ristrutturazione delle aziende in difficoltà sono stati introdotti nell'ottobre 2004 senza aver precedentemente consultato né il Comitato delle regioni né il Parlamento europeo;

1.30

osserva che il Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato, pubblicato dalla Commissione nel giugno 2005, formerà oggetto di un parere distinto; il Comitato osserva altresì che il suddetto Piano annuncia per il 2007-2008 una valutazione/modifica degli orientamenti sugli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle aziende in difficoltà e sottolinea l'esigenza di consultare il Comitato delle regioni prima dell'introduzione dei nuovi orientamenti nel 2009;

1.31

sottolinea l'importanza della proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione (COM(2004) 492 def.) e del previsto obbligo, per le aziende che beneficiano dei finanziamenti, di restituire gli importi ricevuti in caso di cessazione dell'attività produttiva e di un'eventuale perdita di posti di lavoro entro sette anni dalla concessione dei finanziamenti (articolo 56).

vi.   La politica esterna

Il Comitato delle regioni

1.32

si compiace dell'affermazione, contenuta nella comunicazione, secondo cui l'Agenda sociale persegue, tramite attività esterne, la promozione dell'occupazione, della politica sociale e di condizioni di lavoro dignitose per tutti. La comunicazione afferma poi che tali obiettivi si raggiungono con la promozione dei diritti sociali fondamentali, lo sviluppo del dialogo sociale, della responsabilità sociale delle imprese, nonché incentivando la gestione proattiva del cambiamento a livello mondiale. Tali obiettivi guideranno l'azione dell'UE nell'ambito dell'OIL, dell'OCSE, dell'ONU, del FMI, della Banca mondiale e dell'OMC.

vii.   Il rafforzamento del partenariato per il cambiamento

Il Comitato delle regioni

1.33

sostiene la Commissione nel dichiarato intento di portare avanti il partenariato per il cambiamento attraverso il rafforzamento del dialogo sociale, la pubblicazione di una comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese e la creazione di un forum sulle ristrutturazioni;

1.34

ritiene che il primo forum sulle ristrutturazioni, tenutosi nel giugno 2005, sia stato un grande successo e si augura che esso diventi presto un appuntamento fisso. In particolare il CdR plaude all'intento di dedicare una sua futura edizione ai risvolti locali e regionali delle ristrutturazioni;

1.35

conviene sull'opportunità di privilegiare, nella proposta comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese, le migliori pratiche adottate dalle imprese e dalle parti interessate in materia di ristrutturazioni. La comunicazione sostiene che vi sono elementi per affermare che le aziende che sanno gestire le ristrutturazioni in modo socialmente responsabile sono anche quelle che vantano i risultati migliori in termini di competitività e di «resilienza» rispetto al mercato. Il CdR accoglie positivamente tali conclusioni;

1.36

accoglie con favore la proposta della comunicazione di incaricare l'Osservatorio europeo del cambiamento di monitorare le ristrutturazioni e di fornirne un'analisi quantitativa e qualitativa che sia di ausilio al dibattito pubblico.

viii.   L'adeguamento del quadro normativo e contrattuale

Il Comitato delle regioni

1.37

si compiace delle proposte contenute nella sezione in oggetto per quanto riguarda le misure normative, di modernizzazione e di semplificazione previste nel quadro del programma d'azione di Lisbona, nonché la proposta di elaborare un Libro verde sul diritto del lavoro per esaminare i modelli di organizzazione del lavoro e il ruolo del diritto del lavoro nella trattazione delle problematiche relative alle ristrutturazioni. Ciò offrirebbe l'opportunità di considerare l'incentivazione di misure che vanno sotto il nome di «reflexive restructuring» quali congedi di formazione, lavoro ripartito, congedi sabbatici, telelavoro e lavoro a tempo parziale: misure quindi più morbide dei licenziamenti forzati associati alle ristrutturazioni più aggressive.

ix.   La seconda fase della consultazione delle parti sociali europee sulle ristrutturazioni aziendali e i comitati aziendali europei

Il Comitato delle regioni

1.38

concorda con la Commissione sulla necessità di coinvolgere maggiormente le parti sociali nell'anticipazione e nella gestione del cambiamento e delle ristrutturazioni;

1.39

si compiace dell'approccio adottato dalla Commissione nella revisione della direttiva sui comitati aziendali europei intrapresa nell'aprile 2004. Essa indica quattro settori da discutere per quanto riguarda il ruolo dei comitati aziendali nell'anticipazione e nella gestione del cambiamento e delle ristrutturazioni: tra questi, l'adozione di migliori pratiche e di approcci comuni alle ristrutturazioni.

2.   Le raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

ritiene che le ristrutturazioni aziendali siano una componente inevitabile del processo di ammodernamento e di creazione di un'economia della conoscenza proiettata verso il futuro; sottolinea nondimeno la necessità di rafforzare il modello sociale europeo per attenuare i problemi che le ristrutturazioni possono causare ai singoli e alle comunità locali;

2.2

concorda con la Commissione europea nel ritenere che il forum sulle ristrutturazioni possa svolgere un ruolo prezioso e che si debba dedicare una sua futura edizione ai risvolti locali e regionali delle ristrutturazioni;

2.3

invita a studiare meglio le risposte dei governi alle ristrutturazioni aziendali e a esaminare in particolare il ruolo svolto dal livello europeo, da quello nazionale, dagli enti regionali e da quelli locali e le interazioni reciproche; esorta inoltre a studiare meglio le cause delle ristrutturazioni, in particolare la globalizzazione;

2.4

esorta a impostare le politiche comunitarie, nazionali e locali sulla sicurezza dell'occupazione piuttosto che sulla sicurezza del posto di lavoro, passando dal concetto del posto di lavoro per la vita (sicurezza del posto di lavoro) a situazioni in cui i lavoratori acquisiscono qualifiche che consentono loro di passare più facilmente da un lavoro all'altro (sicurezza dell'occupazione);

2.5

sottolinea la funzione svolta dall'Osservatorio europeo del cambiamento e il suo ruolo nel fornire informazioni aggiornate sulle ristrutturazioni economiche che contribuiscano a informare il dibattito sull'anticipazione e la gestione del cambiamento;

2.6

sottolinea la necessità di un maggiore coordinamento delle politiche comunitarie per l'adeguamento e la gestione dei cambiamenti e, in linea con le raccomandazioni della Commissione, fa presente la necessità di inserire la politica dell'istruzione e della formazione professionale nell'elenco delle politiche di cui si deve rafforzare il coordinamento;

2.7

auspica che la strategia europea per l'occupazione funzioni bene e svolga un ruolo efficace nell'adattamento e nella gestione del cambiamento e nella creazione di posti di lavoro nei settori in espansione;

2.8

evidenzia il fatto che le ristrutturazioni aziendali risultano più facili da gestire quando gli enti locali e regionali dispongono di strategie di sviluppo economico suscettibili di promuovere la crescita e la diversificazione dell'economia. In questi casi i lavoratori che perdono il posto di lavoro hanno più facilità a trovare un'occupazione alternativa;

2.9

riconosce il ruolo chiave svolto dai fondi strutturali e dal Fondo sociale europeo nelle ristrutturazioni e nella gestione del cambiamento. Invita gli Stati membri a dotare l'UE di un bilancio che consenta agli enti locali e regionali di modernizzare l'economia delle loro zone riducendo così gli effetti negativi delle ristrutturazioni a livello delle singole imprese, tenendo conto che si tratta di una problematica di carattere orizzontale che interessa tutti i tipi di regioni;

2.10

raccomanda agli Stati membri di riprendere in considerazione l'ipotesi di istituire un fondo di adeguamento alla crescita o alla globalizzazione tramite i fondi strutturali per consentire all'UE di intervenire in caso di crisi dell'economia locale o regionale dovuta a processi di ristrutturazione; il CdR ritiene che un tale fondo possa intervenire soltanto in caso di raggiungimento di una soglia regionale, definita in base alla percentuale di lavoratori colpiti da ristrutturazioni non prevedibili, al tasso di disoccupazione regionale e all'impatto sul RNL regionale. Concorda nel ritenere che tale fondo debba comprendere misure per assorbire le conseguenze a carico del capitale umano tramite la formazione e il reinserimento dei lavoratori, e raccomanda di dare al fondo un carattere permanente e indipendente all'interno del bilancio UE dotandolo di un proprio bilancio fisso annuale. Il CdR è favorevole a fissare tale bilancio a 1 miliardo di euro all'anno;

2.11

raccomanda all'Unione europea di esaminare l'adozione di iniziative volte a diversificare l'economia rurale e migliorarne la competitività, in modo da ridurre i gravi effetti delle ristrutturazioni delle aziende agricole; sottolinea in particolare l'importante ruolo che possono svolgere a tal fine le politiche di sviluppo endogeno;

2.12

pur accogliendo favorevolmente le proposte relative alla politica industriale e delle imprese, il CdR raccomanda alla Commissione europea di operare in stretta collaborazione con gli enti locali e regionali per individuare i settori in rapida trasformazione;

2.13

desidera essere consultato in sede di revisione degli orientamenti relativi al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese nel 2007-2008;

2.14

raccomanda di attribuire un posto essenziale alle considerazioni relative all'Agenda sociale nei negoziati con le organizzazioni internazionali e nel ciclo di Doha per lo sviluppo;

2.15

sottolinea la necessità di una gestione responsabile del cambiamento e delle ristrutturazioni da parte delle imprese e delle diverse sfere di governo, in cui i datori di lavoro siano consapevoli dei loro obblighi. A livello europeo ciò si può realizzare in vari modi: attraverso il rafforzamento del dialogo sociale, la comunicazione sulla responsabilità sociale delle imprese e i negoziati relativi alla direttiva sui comitati aziendali europei;

2.16

raccomanda alle imprese di considerare in primis la promozione di misure di «reflexive restructuring» quali congedi di formazione, lavoro ripartito, congedi sabbatici, telelavoro e lavoro a tempo parziale: misure quindi più morbide dei licenziamenti forzati associati alle ristrutturazioni più aggressive basate sulla chiusura di unità operative.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  COM(2005) 120 def., pag. 12.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/32


Parere del Comitato delle regioni sul tema Il ruolo dei parlamenti regionali con poteri legislativi nella vita democratica dell'Unione

(2006/C 115/07)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 15 giugno 2004, di incaricare la commissione Affari costituzionali e governance europea di elaborare un parere d'iniziativa sul tema «Il ruolo dei parlamenti regionali nella vita democratica dell'Unione»,

visto il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e, in particolare, le disposizioni relative all'applicazione del principio di sussidiarietà,

visto il proprio parere sul tema «Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa» (CdR 354/2003 fin (1)),

visto il proprio parere del 13 ottobre 2005 sul tema «Il periodo di riflessione: la struttura, gli argomenti e il quadro per una valutazione del dibattito sull'Unione europea» (CdR 250/2005 fin),

vista la dichiarazione del proprio Ufficio di presidenza, del 26 ottobre 2001, sul tema «Il ruolo delle regioni con poteri legislativi nel processo decisionale comunitario» (CdR 191/2001 fin),

visto il piano d'azione congiunto 2003-2004 del Comitato delle regioni e della Conferenza delle assemblee legislative regionali europee (CALRE),

viste le dichiarazioni adottate dai presidenti delle assemblee legislative regionali europee il 27 e 28 ottobre 2003 a Reggio Calabria, il 26 ottobre 2004 a Milano e il 24 e 25 ottobre 2005 a Barcellona,

visto il documento di Oviedo che ha creato, nel 1997, la Conferenza delle assemblee legislative regionali europee (CALRE), e in cui sono stati definiti gli obiettivi e i principi di detta conferenza,

visto il proprio progetto di parere (CdR 221/2004 riv. 3), adottato il 22 aprile 2005 dalla commissione Affari costituzionali e governance europea (relatore: Luc VAN DEN BRANDE, senatore, membro del parlamento fiammingo (BE/PPE)),

considerando quanto segue:

1)

In taluni Stati membri le regioni dispongono di poteri legislativi e sono quindi competenti per l'applicazione della legislazione europea.

2)

Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa conferisce alle regioni con poteri legislativi una competenza esplicita sul piano del controllo e dell'applicazione del principio di sussidiarietà, collocandole così in una categoria a sé stante nell'ambito del processo decisionale democratico dell'Unione europea.

3)

I limiti del presente parere — in cui si tratta in maniera specifica dei parlamenti regionali con poteri legislativi — sono determinati dalle competenze attribuite a tali assemblee dal Trattato costituzionale. Ciò non significa che il parere disconosca l'importanza di altri livelli di decisione politica: le sue raccomandazioni, infatti, si applicano mutatis mutandis anche a questi ultimi.

4)

I parlamenti regionali con poteri legislativi assicurano pienamente l'esecuzione delle proprie decisioni e sono, a questo titolo, menzionati specificamente nel Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità del Trattato costituzionale.

5)

Il tenore degli scambi di vedute intervenuti durante l'audizione sul tema «Il ruolo dei parlamenti regionali con poteri legislativi e delle assemblee regionali nella vita democratica dell'Unione», organizzata dalla commissione Affari costituzionali e governance europea il 3 marzo 2005, ha confermato il crescente coinvolgimento di tali parlamenti regionali con poteri legislativi nel processo di unificazione politica europea.

6)

La pausa nel processo di ratifica del Trattato costituzionale non deve in alcun modo ostacolare le iniziative lanciate in vista di un più forte coinvolgimento dei parlamenti regionali nella vita democratica dell'Unione, né la loro partecipazione all'elaborazione, all'applicazione e al controllo della legislazione comunitaria, iniziative e partecipazione che sono basate sul consenso politico sul Trattato costituzionale,

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

raccomanda di inserire negli attuali Trattati il Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e il Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'Unione europea, in grado di migliorare notevolmente la democrazia e la partecipazione dei cittadini al processo decisionale dell'UE;

1.2

ritiene che la democrazia regionale, contribuendo in maniera decisiva al coinvolgimento dei cittadini nella vita politica, meriti la dovuta attenzione. Per questo motivo è opportuno valorizzare il lavoro svolto dalle assemblee elette a livello locale e regionale nell'intento di avvicinare ulteriormente l'Europa ai cittadini: ciò deve avvenire, tra l'altro, coinvolgendo pienamente questi organi decentrati nel processo decisionale;

1.3

reputa che i parlamenti regionali contribuiscano a forgiare la cittadinanza europea nel rispetto della diversità culturale e linguistica dell'Unione;

1.4

è convinto che il rafforzamento dell'autonomia regionale e locale in diversi Stati membri rappresenti un progresso considerevole ai fini della costruzione di un'Europa retta, tra l'altro, da principi quali la democrazia, la vicinanza ai cittadini e il decentramento;

1.5

constata che in tutti gli Stati membri dell'Unione europea si sono registrati importanti sviluppi in materia di decentramento, e che grazie ad essi le regioni sono assurte a protagoniste importanti della vita politica ed economica su scala europea;

1.6

osserva che le assemblee regionali e locali formano parte integrante del modo in cui i paesi europei concepiscono la democrazia, e che è quindi opportuno che il livello politico subnazionale trovi un proprio spazio nel dibattito europeo;

1.7

deplora che l'intenzione di tenere conto delle competenze decentrate dei parlamenti regionali con poteri legislativi, espressa con chiarezza nella dichiarazione di Laeken, non abbia poi portato, nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, al diritto di ricorso diretto per le regioni interessate;

1.8

si compiace di aver acquisito il diritto di adire la Corte di giustizia in merito a quegli atti legislativi su cui, stando alla Costituzione, esso dovrà necessariamente essere consultato. Al tempo stesso, però, si rammarica che lo stesso diritto non sia stato (ancora) attribuito alle regioni con competenze legislative;

1.9

constata pertanto che, qualora intendano promuovere un'azione in giustizia di questo tipo, le assemblee regionali, e in particolare quelle con poteri legislativi, potranno rivolgersi al Comitato delle regioni e, se necessario, passare attraverso la via parlamentare nazionale;

1.10

appoggia gli sforzi della Conferenza delle assemblee legislative regionali europee (CALRE) intesi a coinvolgere gli organi parlamentari regionali nel processo decisionale europeo;

1.11

torna a sottolineare l'opportunità che, conformemente alle raccomandazioni del Libro bianco sulla governance europea, tutti i livelli politici responsabili dell'esecuzione della legislazione europea siano coinvolti pienamente nella preparazione e nella messa a punto delle politiche dell'Unione. Considera che tale imperativo valga soprattutto per le assemblee legislative regionali, le quali devono adottare le leggi regionali in applicazione degli atti giuridici europei. Appoggia pertanto la loro partecipazione attiva al processo di consultazione prelegislativo e il loro coinvolgimento nel dialogo strutturato, per il tramite delle loro associazioni rappresentative;

1.12

prende atto delle diverse proposte e iniziative volte a potenziare la cooperazione interparlamentare a livello europeo, e ritiene che tale cooperazione possa giovare all'integrazione europea;

1.13

ritiene tuttavia necessario approfondire l'opportunità e la praticabilità di tali proposte, appurando anzitutto se esse possano davvero condurre a un rafforzamento del peso politico delle assemblee regionali;

1.14

insiste inoltre affinché il periodo di riflessione avviato all'interno dell'UE sul testo costituzionale non rappresenti assolutamente un passo indietro o una rinuncia a questi obiettivi;

1.15

sottolinea che il Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, rappresenta un primo importante passo verso il riconoscimento effettivo dei parlamenti regionali che dispongono di competenze legislative: esso prevede infatti che, all'occorrenza, questi ultimi siano consultati dai parlamenti nazionali ai fini del controllo dell'applicazione del principio di sussidiarietà;

1.16

constata inoltre che tutte le assemblee regionali, a seconda delle competenze loro assegnate, sono interessate dai meccanismi di applicazione e di controllo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

1.17

rileva che sia le proposte della Commissione europea sulla governance che il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa confermano incontestabilmente che l'UE è entrata in un sistema di multilevel governance. Ciò rende necessario: che le diverse sfere di governo si relazionino l'una all'altra sulla base di un partenariato orizzontale e in modo tale da garantire che il processo decisionale sia efficace e integrato; che sia chiarita la ripartizione delle competenze tra i diversi gradi di potere politico al fine di appurare chi fa che cosa e a quale livello si situa, di volta in volta, la responsabilità politica;

1.18

osserva che la presenza di parlamenti regionali con poteri legislativi costituisce un valore aggiunto, che riflette la grande diversità dei livelli amministrativi subnazionali nell'UE e consente una più stretta cooperazione tra il CdR e le assemblee legislative regionali allo scopo di rafforzare la democrazia regionale in Europa, esercitare più efficacemente i nuovi poteri previsti dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e applicare correttamente i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, sempre in collaborazione con gli esecutivi regionali;

1.19

reputa che la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa da parte dei parlamenti regionali con competenze legislative sia un'eccellente occasione per porre in risalto il ruolo e la posizione di tali parlamenti nella costruzione europea.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

auspica che i parlamenti e le assemblee regionali e gli enti locali, in funzione delle competenze loro assegnate, si impegnino a livello istituzionale in maniera proattiva e che vengano pienamente coinvolti nel dibattito europeo e nel processo decisionale comunitario assumendosi le proprie responsabilità nei confronti dei cittadini, in particolare nel contesto attuale del periodo di riflessione;

2.2

raccomanda, a questo proposito, che i parlamenti regionali vengano coinvolti nei forum parlamentari previsti dal Parlamento europeo nel quadro del periodo di riflessione, con l'intento di favorire il dialogo europeo e superare la crisi del processo di ratifica del Trattato costituzionale;

2.3

raccomanda l'effettivo coinvolgimento nella fase prelegislativa degli enti locali e regionali, in particolare dei parlamenti regionali con poteri legislativi, nonché la loro consultazione nel quadro dell'attuazione del meccanismo di allarme precoce;

2.4

insiste sull'opportunità di coinvolgere pienamente i parlamenti regionali nel Piano D proposto dalla Commissione europea, nel quadro sia delle iniziative comunitarie che dei dibattiti nazionali, per discutere sul futuro dell'Europa e sulle aspettative dei cittadini;

2.5

intende rafforzare la collaborazione e il dialogo con i parlamenti regionali dotati di competenze legislative in vista di ottimizzarne il coinvolgimento;

2.6

fa presente che, nel quadro del lavoro svolto in rete con gli enti locali e regionali e le loro associazioni, considererà con attenzione le richieste di ricorso contro atti giuridici comunitari nel quadro delle procedure interne che saranno stabilite a tale scopo;

2.7

si adopererà affinché i parlamenti regionali con poteri legislativi, in funzione delle competenze esercitate dall'Unione, si profilino come componenti del sistema parlamentare del loro paese o come camere dei parlamenti nazionali, e possano anche rivolgersi al rispettivo parlamento nazionale nel quadro di un ricorso per violazione del principio di sussidiarietà;

2.8

invita i parlamenti regionali con poteri legislativi e le assemblee regionali ad apportare il loro contributo al regolare aggiornamento del documento «La ripartizione dei poteri tra l'Unione europea, gli Stati membri e gli enti regionali e locali — Repertorio delle competenze» (CdR 104/2004);

2.9

insiste affinché, al livello dei parlamenti regionali con poteri legislativi, si preveda la creazione di commissioni parlamentari incaricate di controllare l'applicazione del principio di sussidiarietà, che si profilerebbero quindi come interlocutori privilegiati nell'ambito delle reti summenzionate;

2.10

esorta gli Stati membri nei quali le competenze sono ripartite tra il livello nazionale e quello regionale a concludere un accordo interno vincolante sulla procedura da seguire nel quadro del meccanismo di allarme precoce, relativo alla vigilanza sul rispetto del principio di sussidiarietà, onde garantirne la chiarezza e la trasparenza. Propone di repertoriare tali accordi di procedura conclusi nei vari Stati membri;

2.11

raccomanda che il processo di controllo del principio di sussidiarietà sia affiancato (nel rispetto delle attuali strutture costituzionali) da un processo di riforma interna negli Stati membri che consolidi l'intervento dei parlamenti regionali con poteri legislativi nei meccanismi raccomandati nel Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (e sulla relativa vigilanza);

2.12

consiglia ai parlamenti regionali che dispongono di poteri legislativi di far valere il diritto d'iniziativa nel quadro del processo decisionale europeo, sulla base non solo della loro capacità istituzionale ma anche della loro capacità fiscale;

2.13

invita infine energicamente l'Unione europea a impegnarsi per dare vigore al dibattito regionale in Europa, dibattito che in ogni caso deve situarsi nell'ambito di una collaborazione tra il Parlamento europeo, i parlamenti nazionali, gli enti locali e regionali e soprattutto i parlamenti regionali con poteri legislativi. Tale collaborazione, le cui modalità devono ancora formare oggetto di una concertazione approfondita, deve dimostrare il suo valore aggiunto per la democrazia europea.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 1.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/35


Parere del Comitato delle regioni sul tema Orientamenti per l'applicazione e il controllo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità

(2006/C 115/08)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 20 giugno 2004, di incaricare, conformemente all'articolo 265, quinto comma, del Trattato CE, la commissione Affari costituzionali e governance europea dell'elaborazione di un parere di iniziativa sul tema L'applicazione e il controllo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità,

visto il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa firmato dai capi di Stato e di governo il 29 ottobre 2004 e, in particolare, le disposizioni del «Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità» (di seguito Protocollo sulla sussidiarietà) (CIG 87/04 riv. 1, CIG 87/04 add. 1 riv. 1, CIG 87/04 add. 2 riv. 1),

vista la comunicazione della Commissione intitolata Attuazione dell'azione quadro: Aggiornare e semplificare l'acquis comunitario (COM(2004) 432 def.),

visto il proprio parere in merito alla Revisione del Trattato sull'Unione europea (CdR 136/95) e il proprio parere complementare sul tema Applicazione del principio della sussidiarietà nell'Unione europea (CdR 136/95 allegato),

vista la propria risoluzione sul tema I risultati della conferenza intergovernativa (CdR 305/97 fin),

visto il proprio parere intitolato Verso un'autentica cultura della sussidiarietà — Un appello del Comitato delle regioni (CdR 302/98 fin (1)),

visto il proprio parere in merito alla Relazione della Commissione al Consiglio europeo: Legiferare meglio 1998 — Una responsabilità comune (CdR 50/1999 fin (2)),

visto il proprio parere sul tema Applicazione della normativa UE da parte delle regioni e degli enti locali (CdR 51/1999 fin (3)),

visto il proprio parere in merito a La conferenza intergovernativa 2000 (CdR 53/1999 (4)),

vista la propria risoluzione sulla Prossima conferenza intergovernativa (CdR 54/1999 (5)),

visto il proprio parere sulla Relazione della Commissione al Consiglio europeo: Legiferare meglio 1999 (CdR 18/2000 fin (6)),

visto il proprio parere in merito alla Relazione della Commissione: Legiferare meglio 2002 e alla Comunicazione della Commissione: Aggiornare e semplificare l'acquis comunitario (CdR 62/2003 fin (7)),

visto il proprio parere in merito alla relazione della Commissione Legiferare meglio 2004 e alla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Una migliore regolamentazione per la crescita e l'occupazione nell'Unione europea (CdR 121/2005 fin),

visto il proprio parere sul tema Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (CdR 354/2003 fin),

visto il proprio parere sul tema Il periodo di riflessione: la struttura, gli argomenti e il quadro per una valutazione del dibattito sull'Unione europea (CdR 250/2005 fin),

visto il proprio progetto di parere (CdR 220/2004 riv. 3) adottato il 4 ottobre 2005 dalla commissione Affari costituzionali e governance europea (relatore: Peter STRAUB, DE/PPE, presidente del Parlamento del Land Baden-Württemberg),

considerando quanto segue:

1)

Il consolidamento del principio di sussidiarietà nei Trattati è stato accompagnato negli ultimi anni da una progressiva accettazione delle proposte del Comitato.

2)

I risultati delle prime assise della sussidiarietà organizzate su propria iniziativa il 27 maggio 2004 a Berlino.

3)

Il principio di sussidiarietà viene esteso agli enti locali e regionali (articolo I-11), il che consente di concretizzare il principio del rispetto delle autonomie locali e regionali sancito nella Costituzione (articolo I-5, paragrafo 1).

4)

Nella fase prelegislativa la Commissione europea è tenuta ad effettuare ampie consultazioni con gli enti locali e regionali (articolo 2 del protocollo sulla sussidiarietà).

5)

In quanto portavoce istituzionale degli enti locali e regionali dell'Unione, il Comitato ha diritto di adire la Corte di giustizia delle Comunità europee per salvaguardare le proprie prerogative (articolo III-365, paragrafo 3).

6)

Dispone altresì di un ulteriore diritto di ricorso per violazione del principio di sussidiarietà (articolo III-365 e articolo 8 del protocollo sulla sussidiarietà),

7)

Insieme alle altre istituzioni e ai parlamenti nazionali, esso è chiamato ad esaminare la relazione annuale della Commissione europea sull'applicazione dell'articolo I-11 della Costituzione (sussidiarietà e proporzionalità) (articolo 9 del protocollo sulla sussidiarietà).

8)

Per il controllo politico del rispetto del principio di sussidiarietà viene creato un sistema di allarme rapido che per la prima volta riserva anche ai parlamenti nazionali e regionali un ruolo nel processo legislativo dell'Unione europea (articolo 6 del protocollo sulla sussidiarietà),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

PUNTO DI VISTA E RACCOMANDAZIONI GENERALI DEL COMITATO DELLE REGIONI

1.   Premessa sullo stato di avanzamento del processo di ratifica del Trattato costituzionale

Il Comitato delle regioni

1.1

prende nota del fatto che il Trattato costituzionale è stato ratificato dalla maggioranza degli Stati membri ed è stato respinto per referendum dai cittadini di due Stati membri;

1.2

approva la «pausa di riflessione» nel processo di ratifica, decisa dal Consiglio europeo del 16/17 giugno 2005, e ritiene necessario utilizzare tale pausa per riflettere su come l'Unione possa orientare la propria politica per rispondere maggiormente alle aspettative dei cittadini e migliorare la comunicazione con essi; sottolinea che proprio i rappresentanti degli enti locali e regionali, che sono particolarmente vicini ai cittadini, possono apportare un contributo determinante in tale contesto anche in termini di proposta e iniziativa;

1.3

sottolinea l'importanza della partecipazione attiva degli enti locali e regionali alla «pausa di riflessione» e formula le proprie raccomandazioni sulla struttura del dibattito, i temi di riflessione e la valutazione (CdR 250/2005);

1.4

evidenzia che una politica europea orientata ai principi della sussidiarietà e della proporzionalità e lo sviluppo di una cultura della sussidiarietà possono contribuire in modo decisivo a rafforzare la fiducia dei cittadini nella cooperazione europea e a superare lo scetticismo emerso dai referendum che hanno avuto esito negativo;

1.5

fa appello pertanto agli organi e alle istituzioni dell'UE affinché applichino senza indugio — indipendentemente dalla ratifica del Trattato costituzionale e qualora ciò sia giuridicamente possibile — i principi di sussidiarietà e di proporzionalità previsti nel Trattato costituzionale e i relativi dispositivi di controllo;

1.6

ritiene indispensabile in tale contesto, come prevede il nuovo Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, tenere conto maggiormente della dimensione locale e regionale dell'Unione europea, effettuando ampie consultazioni prima dell'adozione di qualsiasi atto legislativo ed elaborando per ogni legge quadro europea una «scheda sussidiarietà», in cui la Commissione europea valuta le implicazioni normative e finanziarie di tale legge quadro per gli enti locali e regionali (CdR 121/2005 — punto 2.1.2).

2.   Valutazione politica della sussidiarietà e della proporzionalità nel Trattato costituzionale

Il Comitato delle regioni

2.1

esprime particolare soddisfazione per il fatto che le diverse revisioni dei Trattati effettuate dal 1996 e il Trattato costituzionale firmato il 29 ottobre 2004 abbiano soddisfatto la quasi totalità delle richieste da esso avanzate in merito al principio di sussidiarietà negli ultimi dieci anni, in particolare nel quadro dei lavori della Convenzione, a testimonianza della capacità del Comitato di far valere le proprie richieste e di incidere sul processo legislativo europeo;

2.2

si compiace della nuova definizione del principio di sussidiarietà e del proprio coinvolgimento nel controllo ex post del rispetto di tale principio; apprezza altresì il fatto che il Comitato, al pari di altre istituzioni e dei parlamenti nazionali, figuri fra i destinatari della relazione annuale della Commissione europea sull'applicazione dell'articolo I-11 della Costituzione (sussidiarietà e proporzionalità — articolo 9) (CdR 354/2003 — punto 1.12);

2.3

sottolinea che, grazie alle modifiche introdotte dal Trattato costituzionale, esso, che esercitava una funzione puramente consultiva presso gli organi legislativi dell'Unione europea, assume un ruolo importante nel controllare l'applicazione del principio di sussidiarietà; viene pertanto rafforzato il suo ruolo istituzionale nell'Unione;

2.4

si impegnerà al massimo per prepararsi ad adempiere a questa nuova funzione e per cooperare in modo ancora più stretto con le istituzioni interessate e con gli enti locali e regionali che rappresenta;

2.5

evidenzia che la seria applicazione del principio di sussidiarietà nella versione riformata, ovvero il maggiore coinvolgimento degli attori regionali e locali, può diventare un elemento chiave per dare maggiore concretezza alle politiche e all'azione delle istituzioni europee, in quanto gli enti locali e regionali, essendo particolarmente vicini ai cittadini, sono in grado di trasmettere alle istituzioni europee istanze e indicazioni sui bisogni concreti di sviluppo economico e sociale che vengono dai territori e dalle collettività. Inoltre, gli enti locali e regionali possono contribuire a difendere l'ideale europeo tra i cittadini;

2.6

accoglie con favore la proposta avanzata dal Presidente della Commissione Barroso nel corso della sessione plenaria del 24 febbraio 2005 di rafforzare il partenariato politico fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni e di sviluppare l'accordo di cooperazione del 2001; ricorda l'invito rivolto alla Commissione ad avviare un autentico dialogo con il Comitato e ad estenderlo a temi chiave (CdR 354/2003 — punto 1.18);

2.7

si compiace del fatto che per la prima volta, come da esso ripetutamente richiesto (8), vengano introdotte nel Trattato costituzionale europeo chiare categorie di competenze (esclusive, concorrenti e complementari, articolo I-12) e venga prevista una delimitazione più chiara delle competenze fra l'Unione, gli Stati membri e gli enti locali e regionali (articoli da I-13 a I-18);

2.8

ricorda in tale contesto che l'obiettivo principale del principio di sussidiarietà, in quanto principio politico dinamico per l'adeguamento degli interventi nel contesto dell'esercizio delle competenze concorrenti tra le istituzioni e gli organi che partecipano alla vita pubblica dell'Unione, consiste nel garantire che le decisioni in Europa vengano prese al livello in cui si può ottenere la massima efficacia il più possibile vicino ai cittadini;

2.9

constata che il principio di sussidiarietà è un principio dinamico che in un campo può volere dire «più» Europa e in un altro «meno» Europa (CdR 302/98 — punto 1.1.5);

2.10

sottolinea che l'Unione europea ha bisogno sia di armonizzare che di salvaguardare la diversità e difende un'Europa in cui la diversità e l'identità dei suoi popoli possano esprimersi appieno per favorire una concorrenza fruttuosa, senza compromettere la solidarietà e la coesione all'interno dell'Unione (9);

2.11

fa notare pertanto alla Commissione europea che applicare il principio di sussidiarietà significa in particolare verificare in modo proattivo l'effettiva necessità di un'iniziativa legislativa europea;

2.12

sottolinea che, conformemente all'articolo 1 del Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato costituzionale, tutti gli organi europei sono tenuti al rispetto di tali principi e che questi ultimi vanno applicati nel corso dell'intero processo legislativo, quindi anche nei lavori del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri; è pertanto di fondamentale importanza che il Comitato, viste le sue nuove competenze, ottenga e sviluppi i mezzi per monitorare il rispetto del principio di sussidiarietà, in particolare durante l'intero processo legislativo e per adire eventualmente la Corte di giustizia;

2.13

nota con soddisfazione che con il coinvolgimento del livello locale nel principio di sussidiarietà si è evidenziato che questo principio non significa unicamente rispettare i diritti legislativi del livello nazionale e regionale, ma anche che l'Unione europea deve garantire la salvaguardia delle prerogative delle città, dei comuni e delle regioni nel quadro dell'autonomia locale e regionale;

2.14

si rammarica invece del fatto che non tutti i criteri per verificare la conformità di una proposta legislativa dell'Unione europea al principio di sussidiarietà, contenuti nel Protocollo sulla sussidiarietà allegato al Trattato di Amsterdam, siano stati ripresi nel nuovo protocollo sulla sussidiarietà; suggerisce inoltre che la Commissione europea evidenzi in futuro se, nel quadro dell'applicazione del principio di sussidiarietà:

il settore interessato presenti aspetti transnazionali che non possono essere sufficientemente regolamentati mediante azioni degli Stati membri o dei loro enti locali e regionali,

le sole azioni degli Stati membri e dei loro enti locali e regionali o l'assenza di misure comunitarie sarebbero in contrasto con quanto previsto dal Trattato o danneggerebbero notevolmente in altro modo gli interessi degli Stati membri o dei loro enti locali e regionali,

delle misure a livello comunitario apporterebbero, per la loro portata o per il loro effetto, chiari vantaggi rispetto a misure prese a livello degli Stati membri o dei loro enti locali e regionali;

2.15

ritiene che in sede di esame della sussidiarietà si debba considerare in che misura le azioni dell'Unione possano consentire di realizzare economie di scala e di ottenere un valore aggiunto grazie a degli effetti transfrontalieri e transnazionali;

2.16

sottolinea che, se in base al principio di sussidiarietà risulta necessaria una legislazione europea, essa deve essere concepita in modo da lasciare il margine di manovra più ampio possibile alle decisioni nazionali, regionali e locali, e che l'intensità della regolamentazione europea deve, più di quanto avvenga ora, essere strettamente limitata a quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del Trattato (principio di proporzionalità); nell'interesse in particolare della salvaguardia e della creazione di posti di lavoro, occorre non gravare sui cittadini e sulle imprese con una burocrazia inutile; accoglie pertanto con favore anche le misure della Commissione europea — che vanno rafforzate — intese ad aggiornare e semplificare l'acquis comunitario;

2.17

si rammarica in tale contesto che le disposizioni relative al principio di proporzionalità siano meno complete e meno chiare di quelle relative al principio di sussidiarietà, tanto più che il Trattato riconosce l'autonomia locale e regionale (articolo I-5 e preambolo della parte II) e che gli enti locali e regionali sono responsabili dell'attuazione di oltre il 70 % degli atti giuridici dell'Unione europea;

2.18

rimanda in tale contesto alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (10) in base alla quale nella valutazione della conformità di un progetto di atto legislativo al principio di sussidiarietà si deve tener conto anche degli aspetti della proporzionalità e i due principi non possono essere completamente separati l'uno dall'altro;

2.19

precisa che, per quanto riguarda il proprio diritto di presentare ricorso per le questioni relative alla sussidiarietà, si tratta soprattutto di consentire agli enti locali e regionali di contribuire efficacemente a migliorare l'applicazione del principio di sussidiarietà dal concepimento delle proposte legislative da parte della Commissione europea fino alla loro adozione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri;

2.20

invita pertanto la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio dei ministri e i parlamenti nazionali e regionali a creare un'autentica cultura della sussidiarietà nell'Unione e a lavorare insieme per radicare fermamente tale principio nella coscienza dei responsabili politici a livello europeo, nazionale, regionale e locale e a condurre un dialogo duraturo sulle misure concrete da adottare per applicare i principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

2.21

ricorda a tale proposito lo stretto rapporto esistente tra l'attuazione del principio di sussidiarietà e i principi di buona governance in Europa, dato che questi principi comportano un rafforzamento della legittimazione democratica e della trasparenza dell'Unione e che il Trattato costituzionale prevede un'estensione — degna di plauso — delle consultazioni prelegislative fra la Commissione europea e gli enti locali e regionali (articolo 2 del protocollo sulla sussidiarietà) che dovrebbe sfociare in un reale scambio di vedute;

2.22

invita i parlamenti nazionali, che come lui hanno ottenuto il diritto di adire la Corte di giustizia, ad avviare un dialogo costante con il Comitato per sviluppare strategie comuni per l'efficace applicazione del protocollo sulla sussidiarietà e per realizzare in modo efficace e trasparente a livello nazionale la consultazione dei rappresentanti degli enti locali e regionali, in particolare la consultazione dei parlamenti regionali dotati di poteri legislativi prevista dal Trattato costituzionale;

2.23

invita i parlamenti regionali a continuare a coordinarsi con il Comitato e a prendere delle misure interne che consentano un rapido processo decisionale e un efficace scambio di informazioni sulle questioni relative alla sussidiarietà nel quadro del sistema di allarme rapido.

3.   Il ruolo del Comitato delle regioni nel controllo dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità dalla fase prelegislativa fino alla presentazione del ricorso alla Corte di giustizia europea

a)   La fase prelegislativa

Il Comitato delle regioni

3.1

sottolinea che è la fase di pianificazione di un atto legislativo che offre al Comitato e agli enti locali e regionali le maggiori possibilità di far valere efficacemente la dimensione locale e regionale e richiama l'attenzione sul fatto che un suo coinvolgimento precoce e la presa in considerazione delle sue posizioni potrebbero rendere superfluo adire la Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà;

3.2

accoglie con favore il fatto che la Commissione europea, prima di presentare proposte legislative, ne debba verificare le conseguenze finanziarie e amministrative e chiede che nella scheda sulla sussidiarietà vengano descritte anche le ricadute per gli enti locali e regionali, dato che molto spesso è proprio questo livello amministrativo e di governo ad essere in ultima analisi responsabile della regolamentazione, dell'attuazione e dell'esecuzione delle nuove iniziative dell'UE; invita analogamente il Parlamento europeo a tener conto delle conseguenze dei propri emendamenti alle proposte legislative (CdR 354/2003 — punto 1.21);

3.3

sottolinea che la Commissione dovrebbe ricorrere il più possibile alla normativa quadro, dando alle autorità nazionali, regionali e locali la possibilità di scegliere la forma e i metodi più adeguati per il raggiungimento dei risultati prefissati;

3.4

suggerisce che la Commissione europea presenti, già nel quadro della procedura di consultazione prevista nell'articolo 2 del protocollo sulla sussidiarietà, delle «schede sussidiarietà» contenenti fondati elementi sui principi di sussidiarietà e di proporzionalità e sulla valutazione d'impatto;

3.5

auspica che la Commissione europea coinvolga regolarmente il Comitato nel processo di consultazione prelegislativo conformemente all'articolo 2 del protocollo sulla sussidiarietà;

3.6

auspica che gli venga data l'opportunità di dare il proprio contributo nel quadro della relazione annuale sull'applicazione del principio di sussidiarietà che la Commissione europea presenta al Consiglio europeo; in particolare il parere del Comitato delle regioni sulla relazione annuale della Commissione europea circa l'applicazione dell'articolo I-11 della Costituzione (sussidiarietà e proporzionalità) andrebbe allegato alla relazione della Commissione;

3.7

propone, al fine di sviluppare una cultura della sussidiarietà nell'Unione, di organizzare ogni anno una conferenza sulla sussidiarietà con la partecipazione della Commissione europea, del Consiglio dei ministri, del Parlamento europeo, della Corte di giustizia europea, dei parlamenti nazionali e delle assemblee regionali, nel corso della quale dibattere e valutare progressi, ostacoli e sviluppi dell'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità;

3.8

è convinto che occorra ampliare le proprie possibilità di agire nella fase prelegislativa e invita pertanto la Commissione europea, in occasione dell'imminente revisione dell'accordo di cooperazione prevista per il 2005, a dedicare una particolare attenzione alle questioni relative alla cooperazione nel quadro dell'applicazione del principio di sussidiarietà e del nuovo ruolo del Comitato.

b)   Processo legislativo

Il Comitato delle regioni

3.9

sottolinea che, in base alla sua funzione consultiva attuale, ha il diritto di verificare la conformità di una proposta legislativa dell'Unione europea al principio di sussidiarietà e al principio di proporzionalità e di trasmettere il proprio punto di vista alle istituzioni europee e ai parlamenti nazionali;

3.10

ritiene che, nella propria valutazione del principio di sussidiarietà, non dovrebbe limitarsi ai dieci ambiti di consultazione obbligatoria, ma essere invece capace di «forzare la mano al destino»;

3.11

è consapevole del fatto che il diritto di ricorso di cui gode per salvaguardare le proprie prerogative porterà ad un suo rafforzamento politico;

3.12

evidenzia che — contrariamente a quanto previsto per i parlamenti nazionali — esso non deve rispettare un termine prestabilito nel lamentare una violazione del principio di sussidiarietà e del principio di proporzionalità nel quadro del sistema di allarme rapido;

3.13

decide pertanto, considerati i termini da rispettare nel quadro del sistema di allarme rapido e della presentazione di un ricorso da parte del Comitato, di attribuire all'Ufficio di presidenza il potere di verificare la conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità delle proposte legislative presentate dalla Commissione per le quali vige l'obbligo di consultare il Comitato, e anche il compito di trasmettere il proprio punto di vista alle istituzioni europee e ai parlamenti nazionali; le modalità da seguire in seno all'Ufficio di presidenza dovranno essere definite nel quadro di una revisione del Regolamento interno del CdR;

3.14

sottolinea che nel corso di tutto l'ulteriore processo legislativo la salvaguardia del contenuto dei pareri su tutte le proposte legislative continuerà a essere di competenza delle commissioni e dei loro relatori;

3.15

fa presente tuttavia la necessità di garantire un seguito alla sua valutazione delle modalità di applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità nel corso dell'intero processo legislativo; in particolare i relatori dovranno verificare se nei lavori del Parlamento e del Consiglio dei ministri vengono apportate delle modifiche al testo che rendono la proposta incompatibile con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità e informarne il Comitato (Ufficio di presidenza);

3.16

invita pertanto il Consiglio dei ministri e il Parlamento europeo, visto il loro obbligo di consultare il Comitato nei casi previsti dal Trattato costituzionale (articolo III-388) e viste le nuove competenze del Comitato nel controllo del principio di sussidiarietà, ad esplorare la possibilità di avviare trattative per un accordo di cooperazione; per quanto riguarda le proprie competenze in materia di sussidiarietà, andrebbero stabilite le modalità per la consultazione del Comitato e il flusso di informazioni fra di esso e il Parlamento o il Consiglio dei ministri nel quadro della procedura di codecisione;

3.17

ha intenzione di utilizzare in una fase sperimentale e nell'ambito dell'ordinamento giuridico vigente, già prima dell'entrata in vigore del Trattato costituzionale europeo, gli strumenti destinati al controllo della sussidiarietà, in particolare la creazione di una rete elettronica con gli enti locali e regionali e le loro associazioni.

c)   Ricorso dinanzi alla Corte di giustizia europea

Il Comitato delle regioni

3.18

constata che la Corte di giustizia europea finora ha effettuato l'esame del rispetto del principio di sussidiarietà in modo molto restrittivo. La Corte di giustizia verifica essenzialmente se gli organi abbiano adempiuto al proprio dovere di esprimersi sul rispetto del principio di sussidiarietà. L'esame della Corte di giustizia non si estende alle questioni di merito, se non nei casi in cui sussista un'evidente violazione. Dopo che, grazie al Trattato costituzionale, il principio di sussidiarietà e il suo controllo hanno acquisito una notevole importanza, resta da vedere se la Corte di giustizia intensificherà il proprio esame;

3.19

osserva che, in base all'articolo III-365, esso deve presentare ricorso per violazione del principio di sussidiarietà entro due mesi a decorrere dall'entrata in vigore degli atti giuridici;

3.20

si compiace della nuova legittimazione ad agire che otterrà grazie al diritto di ricorso per la salvaguardia delle proprie prerogative e per il controllo del rispetto del principio di sussidiarietà negli atti legislativi per i quali vige l'obbligo di consultarlo;

3.21

ritiene di poter adire la Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà anche quando non ha adottato un parere critico sull'applicazione del principio di sussidiarietà, ma si è limitato a elaborare un parere nel quadro delle sue funzioni di consultazione obbligatoria o facoltativa;

3.22

è determinato ad utilizzare il proprio diritto di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia europea solo come ultima ratio nel caso in cui siano già state esaurite tutte le altre possibilità;

3.23

decide che, in linea di principio, è l'Ufficio di presidenza a deliberare in merito alla presentazione di ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia europea per violazione del principio di sussidiarietà. Nel caso in cui i termini previsti lo consentano, l'Assemblea plenaria decide su proposta dell'Ufficio di presidenza. Vista l'importanza della presentazione di un ricorso, l'Assemblea plenaria si riserva tuttavia in ogni momento il diritto di rivedere la decisione di quest'ultimo; le relative modalità vanno definite nel quadro di una revisione del Regolamento interno del CdR;

3.24

osserva che, nel quadro del lavoro effettuato in rete con gli enti regionali e locali e con le loro associazioni, esaminerà attentamente le richieste di ricorso contro atti giuridici dell'Unione europea nel quadro di procedure interne da stabilirsi.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 198 del 14.7.1999, pag. 73.

(2)  GU C 374 del 23.12.1999, pag. 11.

(3)  GU C 374 del 23.12.1999, pag. 25.

(4)  GU C 156 del 6.6.2000, pag. 6.

(5)  GU C 293 del 13.10.1999, pag. 74.

(6)  GU C 226 dell'8.8.2000, pag. 60.

(7)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 38.

(8)  Parere sul tema Una migliore ripartizione e definizione delle competenze nell'Unione europea (CdR 119/2002 fin).

(9)  CdR 308/1998.

(10)  C 491/01.


ALLEGATO

PROGETTO DI GRIGLIA DI ANALISI DELLA SUSSIDIARIETÀ (1)

1.   Riferimento del documento della Commissione europea

2.   Base giuridica

3.   Giustificazione e obiettivo dell'azione

L'azione riguarda una competenza esclusiva della Comunità o una competenza concorrente con quella degli Stati membri?

Gli obiettivi dell'azione prevista rispondono agli obblighi che spettano all'Unione?

L'azione a livello comunitario apporta un valore aggiunto?

La potenziale insufficienza dell'azione degli Stati membri è dimostrata?

L'obiettivo dell'azione prevista avrebbe potuto essere conseguito in modo sufficiente a livello locale o regionale?

4.   Dimensione locale e regionale

Si è tenuto conto della dimensione regionale e locale delle azioni previste?

Quali implicazioni vengono individuate per la regolamentazione a livello locale e regionale?

5.   Scelta degli strumenti

Lo strumento proposto (direttiva, regolamento, ecc.) è il più appropriato?

6.   Semplificazione legislativa e amministrativa

L'azione proposta risponde ai criteri di semplificazione legislativa e amministrativa sia sul piano comunitario che a livello degli Stati membri?

Quali sono gli apporti o i vincoli dell'azione proposta per gli enti locali e regionali?

7.   Valutazione finanziaria

Valutazione della scheda finanziaria riguardante la proposta della Commissione europea.

Valutazione dell'incidenza sulle finanze locali e regionali.

8.   Consultazione esterna

Il processo di consultazione ha tenuto conto della dimensione locale e regionale delle azioni previste?

L'iniziativa dalla Commissione ha formato oggetto di una consultazione degli enti locali e regionali? La consultazione è stata adeguata?

9.   Analisi d'impatto

L'iniziativa della Commissione europea ha formato oggetto di un'analisi d'impatto?

Si è tenuto conto dell'impatto territoriale?

10.   Proporzionalità

La regolamentazione è appropriata, necessaria e adeguata?

La forma giuridica, l'ampiezza e l'intensità della regolamentazione sono appropriate?

L'onere finanziario e amministrativo è appropriato?


(1)  Il presente progetto di griglia di analisi della sussidiarietà è stato elaborato nel quadro della misura B32 della riforma amministrativa del CdR il cui obiettivo consiste nell'imporre progressivamente nella struttura dei pareri del CdR una valutazione del rispetto del principio di sussidiarietà e delle ripercussioni da prevedere dal punto di vista dell'esecuzione amministrativa e delle finanze locali e regionali, conformemente all'articolo 51 del Regolamento interno del CdR. La funzionalità di questa griglia di analisi è in corso di valutazione sulla base di alcuni pareri test e dovrebbe essere introdotta in modo generalizzato nel corso del 2005. Questa griglia di analisi sarà completata da una valutazione politica contenuta nel corpo stesso del parere e corredata di modalità di applicazione.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/42


Parere del Comitato delle regioni sul tema La cooperazione decentrata nella riforma della politica di sviluppo dell'UE

(2006/C 115/09)

IL COMITATO DELLE REGIONI

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza del 5 luglio 2005 di affidare alla commissione Relazioni esterne l'incarico di elaborare, conformemente al disposto dell'articolo 265, quinto comma, del Trattato CE, un parere d'iniziativa sul tema La cooperazione decentrata nella riforma della politica di sviluppo dell'UE,

viste le Linee direttrici della strategia del CdR in materia di relazioni esterne (DI CdR 8/2005) adottate il 30 giugno 2005 dalla commissione RELEX e destinate all'Ufficio di presidenza,

visto il programma di lavoro della commissione RELEX (CdR 62/2005, punto 8, allegato 6) adottato dall'Ufficio di presidenza nel corso della riunione del 12 aprile 2005, e in particolare il punto 1.3,

visto il proprio parere del 23 febbraio 2005 in merito alla comunicazione della Commissione La dimensione sociale della globalizzazione (CdR 328/2004 fin) (1),

visto il proprio parere del 9 ottobre 2003 in merito alla comunicazione della Commissione Commercio e sviluppoAiutare i paesi in via di sviluppo a beneficiare degli scambi (CdR 100/2003 fin) (2),

visto il proprio parere del 3 luglio 2003 sul tema L'impatto sugli enti locali e regionali dei negoziati dell'OMC relativi all'Accordo generale sul commercio di servizi (GATS) (CdR 103/2003 fin) (3),

visti gli articoli da 177 a 181 del Trattato che istituisce la Comunità europea,

viste le conclusioni del Consiglio del 23 e 24 maggio 2005 che adottano in particolare le comunicazioni della Commissione del 12 aprile 2005,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo: Accelerare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del millennioIl contributo dell'Unione europea (COM(2005) 132 def.) del 12 aprile 2005,

visti i risultati della consultazione sul futuro della politica di sviluppo dell'UE lanciata dalla Commissione il 7 gennaio 2005,

viste le conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno 2005 (10255/05), e in particolare il punto IV,

vista la revisione dell'Accordo di Cotonou, firmata il 25 giugno 2005,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Proposta di dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della CommissioneLa politica di sviluppo dell'Unione europeaIl consenso europeo (COM(2005) 311 def.) del 13 luglio 2005,

vista la relazione presentata il 21 marzo 2005 dal Segretario generale delle Nazioni Unite sullo stato e le prospettive di realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, esaminati nel corso del vertice di New York del settembre 2005,

visto il proprio progetto di parere (CdR 224/2005) adottato il 15 settembre 2005 dalla commissione Relazioni esterne (relatrice: Juliette SOULABAILLE, sindaco di Corps-Nuds, FR/PSE),

considerando quanto segue:

1)

Il Comitato delle regioni ha il dovere di esprimere, a livello istituzionale, la specificità dei progetti di cooperazione decentrata promossi dagli enti territoriali europei a favore dello sviluppo.

2)

Per rendere pertinente ed efficace l'azione dell'UE a favore della realizzazione degli obiettivi mondiali in materia di lotta alla povertà, è opportuno tener conto del contributo specifico di coloro che, per loro stessa natura, vantano in materia di sviluppo e di organizzazione della democrazia un'esperienza a contatto con le esigenze e le aspettative dei cittadini.

3)

La Commissione ha trasmesso al Comitato la Proposta di dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione: La politica di sviluppo dell'Unione europea — «Il consenso europeo» (COM(2005) 311 def.),

ha adottato all'unanimità il seguente parere il 16 novembre 2005 nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Punti di vista del Comitato delle regioni

1.1   Considerazioni concernenti la politica di sviluppo dell'UE

Il Comitato delle regioni

1.1.1

ricorda che la politica di sviluppo della Comunità è iscritta agli articoli da 177 a 181 del Trattato e costituisce uno degli elementi principali dell'attività dell'Unione europea in materia di relazioni esterne;

1.1.2

approva la riforma della politica europea di sviluppo adottata nel novembre 2000, concepita in uno spirito di partenariato con i paesi beneficiari, che ha per obiettivo principale la lotta contro la povertà nel mondo e che ribadisce l'impegno a favore della democrazia e dei diritti umani; sottolinea l'importanza degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite, tra i quali figura in particolare la lotta contro la povertà. Fa presente che questi ambiziosi obiettivi non possono essere raggiunti senza l'attiva partecipazione delle regioni e degli enti locali. Questa constatazione deve essere messa in evidenza assegnando alle regioni e agli enti locali un ruolo importante nella cooperazione per lo sviluppo;

1.1.3

valuta positivamente le misure adottate per rafforzare la visibilità e l'efficacia degli aiuti europei e per migliorarne l'appropriazione da parte dei paesi beneficiari (elaborazione di vere e proprie strategie di sviluppo in una prospettiva pluriennale, creazione di EuropeAid, decentramento, oggi effettivo, dei programmi europei presso le delegazioni della Commissione);

1.1.4

osserva che la politica di sviluppo dell'Unione europea è attualmente destinata a 151 paesi e territori il cui elenco è stilato a livello internazionale, e si articola attraverso una serie di programmi geografici e tematici e, per quanto concerne gli Stati ACP, attraverso l'Accordo di Cotonou;

1.1.5

si rammarica che, per favorire l'appropriazione dei suoi programmi di sviluppo da parte delle popolazioni interessate, nella sua comunicazione del 2002 sulla Partecipazione degli attori non statali alla politica di sviluppo della CE  (4) la Commissione abbia tenuto conto essenzialmente delle organizzazioni della società civile senza tuttavia considerare il contributo degli enti territoriali;

1.1.6

è lieto pertanto che le modifiche recentemente introdotte nell'ambito della revisione intermedia dell'Accordo di Cotonou (5) si siano ispirate a questo approccio, in particolare per quanto concerne l'articolo 4 che estende alle «autorità locali decentrate» le disposizioni adottate fino a quel momento a beneficio esclusivo degli attori non statali.

1.2   Osservazioni concernenti l'importanza attribuita alla cooperazione decentrata

Il Comitato delle regioni

1.2.1

intende per «cooperazione decentrata» la cooperazione internazionale portata avanti dagli enti territoriali europei (definiti dalle rispettive legislazioni nazionali) sotto la guida del loro esecutivo democraticamente eletto, mobilitando le forze vive del loro territorio. Tali enti si distinguono sia dal potere centrale dello Stato sia dalla società civile;

1.2.2

si rammarica che il contributo degli enti territoriali europei alla politica di sviluppo, come ad altre politiche di aiuti esterni, sia ancora oggi ampiamente sconosciuto;

1.2.3

osserva che la mancata conoscenza di tale contributo rende in particolare la posizione assunta dagli enti locali variabile a seconda dei programmi inerenti la politica di sviluppo. Questo fa sì che:

a)

alcuni programmi, come URB-AL o ASIA-URBS (ora integrato in ASIA PRO ECO II) prevedano un ruolo specifico per gli enti locali;

b)

nella comunicazione della Commissione del 2002 sulla Partecipazione degli attori non statali alla politica di sviluppo della CE, così come nell'Accordo di Cotonou firmato nel giugno 2000, le «autorità» locali siano citate tra gli attori statali distinti da quelli non statali;

c)

nel regolamento concernente la linea «cooperazione decentralizzata» le autorità pubbliche locali (comprese quelle comunali) figurino in un lungo elenco di attori nell'ambito della società civile;

1.2.4

auspica che, nel prendere in considerazione i protagonisti delle politiche di sviluppo diversi dai governi, venga stabilito un migliore equilibrio tra le diverse forme di organizzazioni della società civile (gli «attori non statali») e gli enti territoriali. Questo auspicio non si oppone minimamente alle forme di partenariato spesso definite dagli stessi enti con gli attori non statali per portare avanti la loro cooperazione decentrata.

1.3   Osservazioni concernenti gli enti locali in quanto protagonisti della politica di sviluppo

Il Comitato delle regioni

1.3.1

sottolinea che da diversi anni gli enti locali europei hanno rapporti di cooperazione con i loro omologhi dei paesi terzi, in particolare i paesi in via di sviluppo, nel quadro delle rispettive disposizioni nazionali;

1.3.2

osserva che, indipendentemente dal margine di manovra loro concesso, spesso gli enti territoriali ricevono dagli Stati membri diverse forme di sostegno affinché venga potenziata l'efficacia della loro cooperazione decentrata e promossa l'articolazione di detta cooperazione con quella portata avanti a livello centrale nel campo dello sviluppo; è così che il contributo fornito dagli enti territoriali viene ufficialmente riconosciuto;

1.3.3

ricorda che gli enti territoriali forniscono alla cooperazione decentrata una serie di competenze ed esperienze grazie all'esercizio di funzioni quali: servizi ai cittadini nel campo della sanità e dell'istruzione, servizi urbani (risorse idriche, rifiuti), sviluppo economico del territorio, anche attraverso il commercio, sostegno istituzionale alla gestione locale, esperienza in materia di democrazia locale e regionale e di istituzioni democratiche funzionanti, valorizzazione del patrimonio, e infine il ruolo svolto a favore della pace («diplomazia delle città»). La loro attività si rivela dunque molto utile per permettere alle «autorità locali decentrate» dei paesi in via di sviluppo, di far fronte in modo migliore alle responsabilità dettate dal decentramento;

1.3.4

sottolinea al contempo che gli enti territoriali costituiscono un ambito di sensibilizzazione privilegiato per richiamare l'attenzione dei cittadini europei sul tema degli aiuti allo sviluppo e per incoraggiarli a mobilitarsi in tal senso;

1.3.5

riconosce che la diversità dei dispositivi nazionali, la varietà dei settori in cui gli enti locali esercitano la cooperazione, le caratteristiche di ciascun ente e le risorse umane e finanziarie variabili da essi assegnate alla cooperazione decentrata hanno finora costituito un panorama ricco e complesso;

1.3.6

ritiene che la visibilità sia un elemento essenziale per riconoscere il contributo degli enti territoriali nella lotta alla povertà e a favore della democrazia; essa permette infatti di considerare la cooperazione decentrata non più come un semplice insieme di azioni o di programmi bensì come la dimensione locale di una strategia globale per lo sviluppo di un paese o di una regione;

1.3.7

approva le iniziative prese dagli enti locali, sia quelli europei sia quelli dei paesi in via di sviluppo, al fine di articolare la loro cooperazione su basi tematiche o geografiche;

1.3.8

accoglie favorevolmente la creazione, nel 2004, dell'organizzazione mondiale «Città e governi locali uniti», la quale è oramai riconosciuta come interlocutore dalle Nazioni Unite, si fonda su valori quali la pace, l'autonomia locale la solidarietà, e riunisce gli enti di tutte le regioni del mondo sul tema della cooperazione internazionale.

1.4   Osservazioni concernenti la Proposta di dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione — La politica di sviluppo dell'Unione europea — «Il consenso europeo» (COM(2005) 311 def.)

Il Comitato delle regioni

1.4.1

ringrazia la Commissione per avergli trasmesso la proposta di dichiarazione congiunta, di alto valore politico;

1.4.2

ne è lieto, poiché ritiene che sia una prova del riconoscimento degli enti locali in quanto protagonisti della politica europea di sviluppo;

1.4.3

condivide l'approccio generale del testo, in cui si afferma che la sfida principale è di «trasformare la globalizzazione in una componente positiva per tutta l'umanità», una posizione già espressa dallo stesso CdR in un precedente parere (6);

1.4.4

approva la volontà di dare maggiore coerenza all'azione dell'Unione europea a favore dello sviluppo, attraverso la definizione di un «quadro tematico» che orienti la scelta delle priorità tra le politiche interne ed esterne (particolarmente necessaria in materia di commercio internazionale e di agricoltura) e tra l'azione della Commissione e quella degli Stati membri;

1.4.5

è lieto che in diversi ambiti d'intervento sia stato espressamente citato il ruolo degli enti locali in quanto protagonisti della gestione locale e dello sviluppo decentrato, ma osserva che tale ruolo potrebbe essere menzionato anche in altri settori (ad esempio l'accesso alle risorse idriche);

1.4.6

attende con interesse il documento specifico, annunciato dalla Commissione, sulla situazione in Africa e gli aiuti ad essa destinati.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

raccomanda di considerare il ruolo della cooperazione decentrata sulla base dei seguenti principi:

a)

l'approccio globale della lotta alla povertà nel mondo e il lavoro volto a realizzare gli obiettivi del millennio devono basarsi sulla consapevolezza che le esigenze hanno una dimensione locale e possono essere soddisfatte tenendo conto di tale dimensione;

b)

è dunque importante riconoscere che, alla stregua di altri attori dello sviluppo, gli enti territoriali dispongono, grazie all'esercizio delle loro funzioni e all'assunzione delle responsabilità nei confronti dei loro cittadini, di competenze e di esperienze specifiche;

c)

per migliorare il proprio impatto, la politica europea di sviluppo deve integrare nelle sue strategie il contributo di operatori che siano garanti al tempo stesso di democrazia e di sviluppo e che condividano i principi di partenariato e di appropriazione sanciti dall'Unione;

d)

lo sviluppo internazionale è un processo biunivoco, ragion per cui, oltre a poter offrire un contributo enorme allo sviluppo in termini di idee e buone pratiche, gli enti locali e regionali europei trarranno anche vantaggi da una maggiore interazione e da un più intenso coinvolgimento con governi, enti locali e comunità locali di tutto il mondo apprendendo dal loro lavoro e dalle loro esperienze;

e)

è necessario prendere atto della centralità di una governance migliore ai fini di una politica dello sviluppo capace di raggiungere i suoi obiettivi e ribadire che un elemento cruciale di una buona governance consiste nel riconoscere che il livello decisionale più adeguato è quello più vicino ai cittadini interessati;

2.2

basandosi sulle organizzazioni già create dagli enti territoriali al fine di articolare la loro cooperazione decentrata allo sviluppo, soprattutto nell'ambito dell'organizzazione «Città e governi locali uniti» (CGLU), nonché sugli organismi volti a valorizzare la cooperazione decentrata, propone le seguenti azioni:

2.2.1

per quanto concerne gli enti locali europei

a)

identificare gli interventi di cooperazione decentrata, condizione indispensabile per far sì che la sua ricchezza possa essere apprezzata nel giusto valore dagli interlocutori comunitari e per favorire gli scambi di esperienze e le sinergie tra i vari enti. L'Osservatorio delle relazioni tra Europa e America Latina nell'ambito della cooperazione decentrata (che risponde all'invito a presentare progetti nel quadro del programma URB-AL) può essere visto come un esempio positivo da applicare eventualmente ad altre regioni del mondo;

b)

incoraggiare la creazione di una piattaforma analoga a quella di cui dispongono le ONG (Concord) in modo da avviare un dialogo politico tra le istituzioni comunitarie e gli enti locali attivi nel campo dello sviluppo;

c)

facilitare gli scambi d'informazioni e di punti di vista, affinché possano essere condivisi dagli enti territoriali prevedendo il finanziamento di attività di gemellaggio tra gli enti locali dell'UE e dei paesi in via di sviluppo;

d)

elaborare uno studio al fine di esaminare i diversi meccanismi legislativi e regolamentari che negli Stati membri disciplinano l'attività degli enti territoriali in materia di cooperazione internazionale;

2.2.2

per quanto concerne gli enti territoriali dei paesi in via di sviluppo, definire i principi generali degli aiuti europei allo sviluppo in base ad un approccio decentrato:

a)

in relazione al decentramento dell'azione della Commissione: occorre sensibilizzare le delegazioni della Commissione alla dimensione locale, insistendo sulla complementarità tra la cooperazione decentrata e quella dello Stato e sulla sua pertinenza rispetto alle necessità degli enti locali dei paesi interessati, al fine di progredire sulla strada della democrazia e del decentramento. Si potrebbero elaborare orientamenti in tal senso, di cui tener conto in tutte le fasi dell'elaborazione dei programmi, cominciando dalla fase di concezione fino al finanziamento della loro realizzazione;

b)

per il potenziamento dell' integrazione regionale , si potrebbe promuovere la creazione di associazioni e di reti di rappresentanti eletti a livello locale nei paesi in via di sviluppo, con il sostegno dei loro omologhi europei;

c)

per favorire l'armonizzazione degli aiuti , si potrebbero organizzare forum sui paesi , con la partecipazione degli enti territoriali europei che intervengono in uno stesso paese in via di sviluppo; si potrebbero ad esempio prevedere forum relativi ai quattro paesi in cui, per decisione del Consiglio di Barcellona del marzo 2002, l'armonizzazione degli aiuti tra gli Stati membri è attualmente in fase di sperimentazione;

2.3

raccomanda di assegnare agli enti locali un ruolo nel promuovere la politica europea di sviluppo, come auspica la Commissione; gli enti locali, molto spesso in collegamento con le ONG, hanno già dimostrato di essere in grado di sensibilizzare l'opinione pubblica circa le poste in gioco della lotta alla povertà nel mondo mediante la realizzazione di interventi specifici presso i loro cittadini, in particolar modo i giovani.

2.4

Raccomandazioni concernenti la Proposta di dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione — La politica di sviluppo dell'Unione europea — «Il consenso europeo» (COM(2005) 311 def.)

Il Comitato delle regioni

2.4.1

considerando la grande attenzione attribuita ai paesi con un «partenariato difficile» con l'Unione europea, si interroga sulle modifiche che a partire dal 2007 saranno apportate alla linea di bilancio «cooperazione decentralizzata», appositamente riservata a tali paesi (7) e le cui risorse sono notoriamente insufficienti;

2.4.2

auspica che gli aiuti finanziari, che dovrebbero assumere sempre più importanza nelle modalità di attuazione degli aiuti europei, rappresentino per i governi dei paesi beneficiari l'occasione per trasferire dal bilancio nazionale agli enti locali un ammontare corrispondente alle responsabilità assegnate a questi ultimi dalle attuali misure a favore del decentramento;

2.4.3

chiede alla Commissione, al fine di facilitare questa nuova fase della politica di sviluppo dell'Unione europea, di prendere in considerazione le raccomandazioni formulate nel presente parere.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 164 del 5.7.2005, pag. 82.

(2)  GU C 23 del 27.1.2004, pag. 8.

(3)  GU C 256 del 24.10.2003, pag. 83.

(4)  COM(2002) 598 def.

(5)  COM(2005) 185 def.

(6)  CdR 328/2004 fin.

(7)  Regolamento 625/2004 del Consiglio relativo al periodo 2004-2006 - linea di bilancio 21 02 13.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/47


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013

(2006/C 115/10)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013,

vista la decisione della Commissione europea, del 6 aprile 2005, di consultare il Comitato in materia, secondo il disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 22 febbraio 2005, di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere sul tema in oggetto,

visto il proprio parere del 7 luglio 2005 in merito al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica (CdR 82/2005 fin),

visto il progetto di parere (CdR 144/2005 riv. 1) adottato dalla commissione Relazioni esterne in data 15 settembre 2005 (relatore: PALEOLÓGOS, membro del consiglio comunale di Livadia (EL/PSE)),

considerando quanto segue:

Il programma in esame fornirà un nuovo strumento politico per la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia per quanti risiedono nell'Unione.

Il Comitato intende trovare un equilibrio tra un efficace sostegno alle politiche europee a favore dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia da un lato e le esigenze nazionali, regionali e locali dall'altro, basandosi sul principio della condivisione degli oneri.

I fattori di espulsione e di attrazione continueranno a provocare flussi migratori dai paesi meno sviluppati e più insicuri verso l'Unione europea. D'altro canto, la presenza di reti criminali, la diffusione di idee e movimenti razzisti e xenofobici e le carenze dei sistemi amministrativi possono pregiudicare la possibilità stessa di gestire e regolare l'immigrazione in modo che essa sia socialmente ed economicamente inclusiva e contribuisca al benessere tanto dei singoli immigrati quanto delle società da cui provengono e di quelle che li accolgono.

Il coinvolgimento dell'Unione in una serie sempre più ampia di politiche e azioni va sostenuto con risorse e mezzi finanziari adeguati.

È verosimile che l'invecchiamento demografico e la diminuzione della popolazione in età lavorativa provochino ulteriori flussi migratori, i quali si riveleranno sempre più necessari per soddisfare il fabbisogno dell'Unione allargata.

Il programma quadro contiene una base giuridica solida per quanto riguarda gli enti locali e regionali: esso afferma infatti che «Ogni Stato membro organizza, secondo le norme e le prassi nazionali vigenti, un partenariato con le autorità e gli organismi da esso designati, in particolare: a) autorità regionali, locali, urbane e altre autorità pubbliche competenti»,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire un programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013;

1.2

riconosce la rilevanza e la portata delle migrazioni su scala mondiale e la loro importanza ai fini della diversità e dello sviluppo, in particolare delle comunità locali. Il CdR riconosce pienamente l'importanza di coordinare le politiche in materia di immigrazione, asilo e integrazione all'interno dell'Unione e tanto più nell'Unione allargata;

1.3

riconosce l'importanza di una politica comunitaria globale e sostenibile per la gestione dei flussi migratori, che comprenda anche la sicurezza delle frontiere, una valida tutela delle persone bisognose di protezione internazionale, un efficace rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi che risiedono clandestinamente sul territorio europeo e l'integrazione degli immigrati regolari nella vita economica, sociale, culturale e politica;

1.4

sottolinea che, se il compito di predisporre e attuare la legislazione in materia spetta alle autorità nazionali, quello di facilitare l'accoglienza, la sistemazione e l'integrazione degli immigrati ricade invece principalmente sugli enti locali e regionali. Il CdR desidera pertanto sottolineare in particolar modo l'importante ruolo svolto da questi ultimi in quanto responsabili della pianificazione, degli alloggi, dell'istruzione e del mercato del lavoro, aspetti che incidono direttamente sull'integrazione e che possono promuovere la coesione e l'integrazione sociale e lo sviluppo di società sostenibili;

1.5

sottolinea l'aspirazione degli enti locali e regionali a divenire un anello centrale della catena della solidarietà e la loro volontà di contribuire a sradicare le cause delle migrazioni attraverso il rafforzamento delle misure di cooperazione finanziaria e la messa a punto di una strategia comune per la promozione della cooperazione transfrontaliera regionale e interstatale nella gestione dei flussi migratori. I poteri di cui dispongono nella sfera delle migrazioni, dell'immigrazione e dell'integrazione, nonché la loro posizione di gestori o proprietari di infrastrutture li collocano in primo piano nel processo di prevenzione, finanziamento e gestione dei flussi migratori;

1.6

rileva che spesso nell'Unione il prelievo fiscale va a beneficio dello Stato, mentre il peso economico dell'immigrazione, e delle forme di esclusione che vi si ricollegano, ricade sugli enti locali. L'assenza di concertazione tra questi due livelli decisionali può rappresentare un ostacolo all'utilizzo ottimale delle risorse finanziarie. Una condivisione degli oneri potrebbe invece completare gli sforzi comunitari e dare risultati positivi in tale settore;

1.7

a)

ricorda che le donne subiscono discriminazioni sia a causa del loro sesso sia della loro origine etnica. Gli sforzi per una migliore gestione dei flussi migratori saranno dunque più mirati ed efficaci se tengono conto anche delle questioni di genere. Né si deve sottovalutare il ruolo delle donne nella riuscita del processo di integrazione, anche perché spesso esse rappresentano il legame diretto con i bambini che compongono il nucleo familiare;

b)

sottolinea che per avere una politica efficace in materia di migrazioni bisogna considerare altri valori oltre a quelli economici. L'immigrazione apre prospettive che possono essere una fonte di arricchimento per i singoli cittadini dell'UE e allo stesso tempo fornire all'UE qualifiche preziose nel contesto della globalizzazione attuale;

c)

invita il Consiglio e la Commissione a sfruttare ulteriormente le conoscenze acquisite dagli enti locali e regionali grazie a decenni di esperienza diretta nell'attuazione delle politiche in materia di immigrazione;

1.8

a)

insiste sul fatto che le iniziative intese a garantire un sostegno finanziario efficace ad una politica di immigrazione comune devono tenere conto delle specificità regionali, promovendo le soluzioni flessibili e accordando agli enti locali e regionali la possibilità di scegliere il proprio metodo di lavoro;

b)

esorta la Commissione a prendere in considerazione, nel contesto della discussione della futura politica europea di coesione sociale, le iniziative realizzate in alcune regioni che potrebbero veder diminuire il sostegno loro accordato dai fondi strutturali: queste regioni hanno registrato un incremento significativo dell'immigrazione negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi aree urbane;

1.9

sottolinea che l'immigrazione non è sufficiente a coprire sul lungo periodo la carenza di forza lavoro nell'UE e rimanda al proprio parere sull'apporto degli anziani al mercato del lavoro;

1.10

urgono strategie per affrontare il problema dell'elevato numero di immigrati esclusi dal mercato del lavoro per motivi economici, sociali e politici;

1.11

chiede che vengano presi provvedimenti per affrontare efficacemente il problema dell'elevato numero di lavoratori penetrati illegalmente nell'UE, ove vivono in condizioni di clandestinità. Occorre provvedere a introdurre meccanismi che consentano agli immigrati irregolari di ottenere il più celermente possibile la regolarizzazione del loro status, specialmente nei casi in cui l'illegalità del soggiorno è dovuta a carenze amministrative ingiustificate o a condizioni geopolitiche specifiche presenti negli Stati membri. Le misure adottate dovranno avere carattere straordinario, quindi irripetibile. Bisognerà altresì: 1) garantire agli interessati condizioni di accoglienza decorose; 2) affermare l'intollerabilità dell'immigrazione clandestina; 3) reprimere severamente la tratta di esseri umani e l'esclusione sociale; 4) adottare strutture e politiche efficaci a sostegno dell'immigrazione regolare dei lavoratori;

1.12

sottolinea la necessità di riconoscere e sostenere l'esigenza dei singoli immigrati di lavorare per mantenersi. L'imprenditorialità e le piccole imprese contribuiscono allo sviluppo sociale oltre che economico. L'opportunità di possedere e gestire un'impresa rappresenta un fattore di integrazione e merita perciò un maggiore sostegno pubblico;

1.13

si compiace della crescente consapevolezza, all'interno dell'UE, della creatività e dell'imprenditorialità degli immigrati. Lo sviluppo dell'imprenditoria e delle nuove imprese è di capitale importanza per il buon esito dei processi di integrazione e rappresenta un elemento importante per il conseguimento dell'obiettivo di Lisbona;

1.14

evidenzia l'importanza del lavoro svolto dalle organizzazioni non governative in stretta collaborazione con gli enti locali e regionali e ne sostiene i programmi volti ad accelerare la realizzazione delle politiche e delle iniziative attinenti alle migrazioni (come ad esempio quelle finalizzate all'integrazione nella vita politica e sociale di un paese, ecc.);

1.15

accoglie con favore la decisione che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati, specie le disposizioni sull'integrazione delle popolazioni interessate. Il CdR rammenta che la grande maggioranza delle azioni proposte, sia per il miglioramento delle condizioni di accoglienza sia per l'integrazione dei rifugiati, ricadono nella sfera di intervento degli enti locali e regionali;

1.16

si compiace della decisione che istituisce il Fondo per le frontiere esterne e ricorda che alcune regioni d'Europa subiscono perdite aggiuntive, in termini di sviluppo e coesione sociale, a causa della loro dislocazione ai confini dell'Unione: la decisione dovrebbe tenere conto di questo fatto;

1.17

osserva che gli insuccessi dell'Unione sul fronte dell'integrazione sono in parte dovuti al mancato coinvolgimento degli enti locali e regionali nella definizione delle politiche in materia. Se questi ultimi rappresentano infatti il livello di governo più prossimo ai cittadini, molto spesso le conseguenze dell'attuazione a livello locale vengono trascurate e talvolta ignorate;

1.18

ricorda che per conseguire l'obiettivo della coesione sociale bisogna inserire le problematiche relative all'integrazione in tutti i settori di intervento. La politica comunitaria dell'immigrazione e dell'integrazione deve sempre essere in armonia con gli obiettivi ultimi dell'Unione in campo sociale ed economico, in quello della politica estera e dell'aiuto allo sviluppo; devono inoltre essere conformi ai valori europei fondamentali come le pari opportunità, i diritti dell'uomo, la dignità umana, la tolleranza, il rispetto della diversità, la lotta alla discriminazione e la promozione della partecipazione alla vita collettiva;

1.19

desidera evidenziare il fatto che l'integrazione rappresenta un dovere per la società nel suo complesso e che per conseguire la coesione sociale e una crescita sostenibile occorre il contributo attivo sia degli immigrati che delle popolazioni locali;

1.20

ammette che le problematiche relative al mercato del lavoro, pur essendo di fondamentale importanza per l'integrazione degli immigrati, non possono essere avulse dal contesto: il grado di integrazione dipende infatti da una serie di altri fattori come ad esempio l'estrazione sociale, il grado di istruzione, le conoscenze linguistiche e la partecipazione alla vita della collettività. La buona integrazione degli immigrati rappresenta un passo verso la creazione di una società che tutti hanno interesse a difendere, per il bene del singolo individuo, della comunità locale e della società stessa nel suo complesso;

1.21

deplora il fatto che il programma in esame non provveda a sufficienza per i quasi 500 000 richiedenti asilo presenti nell'Unione europea in attesa della concessione di un permesso di soggiorno o di documenti equivalenti: la grande maggioranza di tali richiedenti si colloca al di fuori del mercato del lavoro regolare;

1.22

sottolinea che il contrasto tra, da un lato, l'insistenza delle autorità nazionali sulla necessità di attirare forza lavoro immigrata e, dall'altro, gli sforzi profusi dagli enti locali contro lo sfruttamento, l'esclusione e la xenofobia, conferma la necessità del dialogo e della cooperazione tra tutti i livelli amministrativi interessati;

1.23

ritiene che le azioni e le politiche finalizzate alla progressiva concessione del diritto di voto, il quale contribuirà ad accrescere la partecipazione degli immigrati alla vita democratica, rappresentino una componente decisiva del programma di solidarietà;

1.24

accoglie con favore la decisione che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri, rammentando che la gestione integrata dei rimpatri deve comprendere un parametro regionale, che tenga conto in particolare del contributo degli enti locali e regionali delle zone ai confini dell'UE nel sostegno alle iniziative di rimpatrio volontario.

2.   Le raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

sottolinea l'importanza essenziale di una politica equilibrata che promuova misure in grado di assicurare livelli uniformi di immigrazione regolare unitamente a misure atte a scoraggiare l'immigrazione clandestina e la lotta al contrabbando e al traffico di esseri umani. Il CdR sottolinea inoltre l'importante funzione delle migrazioni nel colmare la carenza di qualifiche e invita il Consiglio europeo a mettere a punto efficaci iniziative politiche in questi settori, ivi compresa l'assunzione di cittadini di paesi terzi come ricercatori scientifici;

2.2

evidenzia la necessità di un maggiore coinvolgimento degli enti locali e regionali nella definizione e nell'attuazione delle politiche di asilo. Il CdR propone di esaminare la possibilità di ampliare il campo di applicazione dei finanziamenti a titolo della cooperazione regionale e della nuova politica di prossimità nell'ambito del terzo obiettivo dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013, in modo da farvi rientrare tutte le misure e gli obiettivi dei programmi multilaterali comuni realizzati nel quadro di tale obiettivo e assicurare un efficace coordinamento dei piani di azione bilaterale che verranno attuati nell'ambito della politica di prossimità;

2.3

sottolinea l'esigenza imperativa di provvedere a coinvolgere concretamente gli enti locali e regionali sia nella pianificazione che nell'esecuzione delle azioni previste nel quadro dei quattro fondi, onde dare attuazione concreta alle disposizioni orizzontali sul partenariato;

2.4

propone il rafforzamento delle azioni e delle misure relative all'istruzione negli sforzi di gestione dei flussi migratori, in particolare nei settori dell'integrazione degli immigrati e dei rifugiati;

2.5

propone l'inserimento di specifiche disposizioni/clausole orizzontali, in particolare:

Raccomandazione 1

Articolo 3

Testo proposto dalla Commissione (COM(2005) 123 def.- 2005/0049 (COD))

Emendamento

Articolo 3

Obiettivi specifici

1.   Il Fondo contribuisce ai seguenti obiettivi specifici:

(a)

introdurre una gestione integrata dei rimpatri e migliorarne l'organizzazione e l'attuazione da parte degli Stati membri;

(b)

rafforzare la cooperazione tra Stati membri nel quadro della gestione integrata dei rimpatri e della sua attuazione;

(c)

promuovere un'applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio in funzione dell'evoluzione della politica condotta in materia.

Articolo 3

Obiettivi specifici

1.   Il Fondo contribuisce ai seguenti obiettivi specifici:

(a)

introdurre una gestione integrata dei rimpatri e migliorarne l'organizzazione e l'attuazione da parte degli Stati membri, in particolare creando, se del caso, meccanismi di cooperazione tra autorità nazionali, regionali e locali;

(b)

rafforzare la cooperazione tra Stati membri nel quadro della gestione integrata dei rimpatri e della sua attuazione;

(c)

promuovere un'applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio in funzione dell'evoluzione della politica condotta in materia.

Motivazione

Poiché la proposta della Commissione si fonda su una base giuridica per cui è prevista la codecisione, il Comitato delle regioni deve cercare di presentare emendamenti concreti secondo il modello utilizzato dal Parlamento europeo.

Raccomandazione 2

Articolo 4, paragrafo 1

Testo proposto dalla Commissione (COM(2005) 123 def.- 2005/0049 (COD))

Emendamento

Articolo 4

Azioni ammissibili negli Stati membri

1.   Possono beneficiare del sostegno del Fondo le azioni relative all'obiettivo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), riguardanti in particolare:

(a)

l'istituzione o il miglioramento di una cooperazione operativa efficace, stabile e duratura tra le autorità degli Stati membri e le autorità consolari e i servizi di immigrazione dei paesi terzi, al fine di ottenere i documenti di viaggio per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi e di garantire la rapidità e l'efficacia delle procedure di allontanamento;

(b)

la promozione e l'agevolazione dei rimpatri volontari di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, in particolare mediante programmi di rimpatrio volontario assistito, al fine di assicurare il carattere duraturo dei rimpatri;

(c)

la semplificazione e l'attuazione dei rimpatri forzati di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, al fine di rafforzare la credibilità e l'integrità delle politiche di immigrazione e di ridurre il periodo durante il quale le persone in attesa di rimpatrio forzato devono essere trattenute.

Articolo 4

Azioni ammissibili negli Stati membri

1.   Possono beneficiare del sostegno del Fondo le azioni relative all'obiettivo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), riguardanti in particolare:

(a)

l'istituzione o il miglioramento di una cooperazione operativa efficace, stabile e duratura tra le autorità degli Stati membri e le autorità consolari e i servizi di immigrazione dei paesi terzi, al fine di ottenere i documenti di viaggio per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi e di garantire la rapidità e l'efficacia delle procedure di allontanamento;

(b)

la promozione e l'agevolazione dei rimpatri volontari di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, in particolare mediante programmi di rimpatrio volontario assistito, al fine di assicurare il carattere duraturo dei rimpatri;

(c)

la semplificazione e l'attuazione dei rimpatri forzati di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente, al fine di rafforzare la credibilità e l'integrità delle politiche di immigrazione e di ridurre il periodo durante il quale le persone in attesa di rimpatrio forzato devono essere trattenute;

(d)

azioni che possano contribuire a migliorare il coordinamento tra le autorità nazionali, regionali, locali, urbane e altre autorità pubbliche competenti.

Motivazione

Poiché la proposta della Commissione si fonda su una base giuridica per cui è prevista la codecisione, il Comitato delle regioni deve cercare di presentare emendamenti concreti secondo il modello utilizzato dal Parlamento europeo.

Raccomandazione 3

Articolo 4, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione (COM(2005) 123 def. — 2005/0049 (COD))

Emendamento

Articolo 4

Azioni ammissibili negli Stati membri

(…)

2.   Possono beneficiare del sostegno del Fondo le azioni relative all'obiettivo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), riguardanti in particolare:

(a)

la cooperazione per la raccolta di informazioni sui paesi d'origine e la relativa comunicazione ai potenziali candidati al rimpatrio;

(b)

la cooperazione per l'instaurazione di relazioni di lavoro operative efficaci, stabili e durature tra le autorità degli Stati membri, da un lato, e le autorità consolari e i servizi di immigrazione dei paesi terzi, dall'altro, al fine di agevolare l'assistenza consolare per l'ottenimento dei documenti di viaggio per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi e di garantire la rapidità e l'efficacia delle procedure di rimpatrio;

(c)

l'elaborazione e l'attuazione di piani di rimpatrio integrati congiunti, compresi i programmi di rimpatrio volontario congiunti incentrati su specifici paesi d'origine, di precedente residenza o transito;

(d)

studi sulla situazione di fatto e sulle possibilità di rafforzare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri nel campo del rimpatrio, nonché sul ruolo che le organizzazioni internazionali e non governative possono svolgere in tale contesto;

(e)

lo scambio di informazioni, il sostegno e la consulenza per quanto riguarda la gestione del rimpatrio di gruppi particolarmente vulnerabili;

(f)

l'organizzazione, per un pubblico di esperti, di seminari sulle migliori pratiche, incentrati su paesi terzi e/o regioni specifici;

(g)

misure congiunte che consentano l'accoglienza delle persone riammesse nei paesi d'origine, di precedente residenza o transito;

(h)

l'elaborazione congiunta di azioni volte a garantire il reinserimento duraturo delle persone nel loro paese d'origine o di precedente residenza;

(i)

misure congiunte per monitorare la condizione delle persone rimpatriate e la sua sostenibilità.

2.5.4

al capitolo I («Oggetto, obiettivi e azioni»), articolo 4 («Azioni ammissibili negli Stati membri»), promozione di un «Manuale di buone pratiche» come iniziativa comune del Consiglio dell'Unione europea, della Commissione europea, del Parlamento europeo e del CdR, con contributi delle autorità nazionali, regionali, locali, urbane e altre autorità pubbliche competenti, comprendente anche strategie per aggregare i cittadini, promuovere la cooperazione con le associazioni e le organizzazioni non governative, la formazione di reti locali, la raccolta di dati, l'elaborazione di studi e la cooperazione con altre forze di polizia e istituzioni competenti; sostegno ad una ampia diffusione di tale manuale;

Articolo 4

Azioni ammissibili negli Stati membri

(…)

2.   Possono beneficiare del sostegno del Fondo le azioni relative all'obiettivo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), riguardanti in particolare:

(a)

la cooperazione per la raccolta di informazioni sui paesi d'origine e la relativa comunicazione ai potenziali candidati al rimpatrio;

(b)

la cooperazione per l'instaurazione di relazioni di lavoro operative efficaci, stabili e durature tra le autorità degli Stati membri, da un lato, e le autorità consolari e i servizi di immigrazione dei paesi terzi, dall'altro, al fine di agevolare l'assistenza consolare per l'ottenimento dei documenti di viaggio per il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi e di garantire la rapidità e l'efficacia delle procedure di rimpatrio;

(c)

l'elaborazione e l'attuazione di piani di rimpatrio integrati congiunti, compresi i programmi di rimpatrio volontario congiunti incentrati su specifici paesi d'origine, di precedente residenza o transito;

(d)

studi sulla situazione di fatto e sulle possibilità di rafforzare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri nel campo del rimpatrio, nonché sul ruolo che le organizzazioni internazionali e non governative possono svolgere in tale contesto;

(e)

lo scambio di informazioni, il sostegno e la consulenza per quanto riguarda la gestione del rimpatrio di gruppi particolarmente vulnerabili;

(f)

l'organizzazione, per un pubblico di esperti, di seminari sulle migliori pratiche, incentrati su paesi terzi e/o regioni specifici;

(g)

misure congiunte che consentano l'accoglienza delle persone riammesse nei paesi d'origine, di precedente residenza o transito;

(h)

l'elaborazione congiunta di azioni volte a garantire il reinserimento duraturo delle persone nel loro paese d'origine o di precedente residenza;

(i)

misure congiunte per monitorare la condizione delle persone rimpatriate e la sua sostenibilità;

(j)

l'organizzazione di seminari e di azioni di formazione congiunte per il personale degli enti nazionali, regionali, locali e urbani e di altri organismi amministrativi, di polizia e giudiziari competenti in materia;

(k)

la promozione di un «Manuale delle migliori pratiche» su iniziativa comune del Consiglio dell'UE, della Commissione europea, del Parlamento europeo e del Comitato delle regioni. Il manuale dovrebbe raccogliere i contributi delle autorità nazionali e degli enti locali e regionali e presentare strategie per creare più coesione tra i cittadini, per la cooperazione con le associazioni e le organizzazioni non governative, per l'istituzione di reti locali, per la raccolta di dati e per iniziative di ricerca, e per la cooperazione con le forze di polizia e le istituzioni.

Nei casi in cui ciò sia opportuno, le azioni dovrebbero tener conto degli enti locali e regionali.

Motivazione

Poiché la proposta della Commissione si fonda su una base giuridica per cui è prevista la codecisione, il Comitato delle regioni deve cercare di presentare emendamenti concreti secondo il modello utilizzato dal Parlamento europeo.

2.6

deplora l'insufficienza della spesa per l'assistenza tecnica in tutte e quattro le decisioni in quanto le campagne di sensibilizzazione sono determinanti per il successo e l'efficacia di tutte le politiche attuate per la realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia;

2.7

incoraggia le amministrazioni locali e regionali a scambiare programmi di formazione e a operare per la creazione di sinergie e cooperazioni con gli organi europei e nazionali competenti;

2.8

esorta gli enti locali e regionali a contribuire a una rapida ed efficace attuazione delle misure proposte nel programma quadro;

2.9

lancia un piano di azione volto a promuovere uno spirito di equa condivisione delle responsabilità tra gli Stati membri e, all'interno di questi, tra autorità nazionali, regionali, locali, urbane e altre autorità pubbliche competenti in materia di immigrazione;

2.10

sottolinea che il CdR va considerato un interlocutore rilevante, dotato di un prospettiva comunitaria, capace di contribuire a una più efficace definizione delle competenze dei rappresentanti locali e regionali per quanto concerne il finanziamento e la gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013 e di concorrere così a integrare questi ultimi nel meccanismo di cooperazione che l'Unione intende attuare.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/53


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio — Un futuro europeo per il Kosovo

(2006/C 115/11)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio Un futuro europeo per il Kosovo (COM(2005) 156 def.),

vista la decisione della Commissione europea dell'11 maggio 2005 di consultarlo sull'argomento, conformemente al disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione dell'Ufficio di presidenza, del 12 aprile 2005, di incaricare la commissione Relazioni esterne di elaborare un parere in materia,

viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno 2005,

viste le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003,

vista la decisione del Consiglio, del 14 giugno 2004, relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato europeo con la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo,

visto il documento sul grado di preparazione della Serbia e Montenegro a negoziare un accordo di stabilizzazione e associazione con l'Unione europea (SEC(2005) 478 def.),

visto il parere adottato il 3 giugno 2005 dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa sulla Situazione attuale in Kosovo (doc. 10572, relatrice: Marianne TRITZ),

vista la relazione del Segretario generale dell'ONU, del 23 maggio 2005, sull'Amministrazione civile temporanea delle Nazioni Unite in Kosovo (doc. 05-33918),

vista la risoluzione 1244 (1999) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999,

visto l'Accordo di cooperazione tra il Comitato delle regioni e il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa del 13 aprile 2005 (CdR 62/2005),

visto il proprio parere sul tema Il ruolo delle collettività regionali e locali dell'Unione europea nel processo di consolidamento democratico nell'area dei Balcani occidentali (CdR 101/2003 fin) (1),

viste le conclusioni adottate dai partecipanti al convegno di Pristina del 22 giugno 2005 (Dichiarazione di Pristina, CdR 145/2005 fin),

visto il progetto di parere (CdR 143/2005 riv. 2) adottato dalla commissione Relazioni esterne il 15 settembre 2005 (relatore: Tomaž ŠTEBE, sindaco di Mengeš, SI/PPE),

perseguendo l'obiettivo di presentare il punto di vista locale e regionale in merito al futuro europeo per il Kosovo,

considerando quanto segue:

1)

le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 hanno delineato un futuro europeo per tutta la regione dei Balcani occidentali. Tale futuro è stato nuovamente messo in risalto nelle conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno 2005.

2)

Tutti i paesi dei Balcani, Kosovo compreso, hanno assunto un nuovo atteggiamento positivo, anche nei confronti del Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. Tale cambiamento, pur essendo un passo importante verso una loro integrazione europea, non esclude la necessità di ulteriori progressi sostanziali.

3)

Per quanto concerne il Kosovo, dopo le dimissioni dell'ex primo ministro HARADINAJ, la popolazione ha dimostrato di saper mantenere la calma mentre il governo ha dato prova di maturità politica agevolando il passaggio al nuovo governo kosovaro guidato dal primo ministro KOSUMI. In questa fase di transizione è stato ribadito l'impegno a proseguire il programma del precedente esecutivo, incentrato sull'applicazione delle norme stabilite dell'ONU.

4)

Il 22 febbraio 2005, il governo kosovaro ha adottato la Riforma degli enti localiProgramma di lavoro 2005. L'obiettivo di tale riforma è migliorare i servizi a livello locale, contribuendo in tal modo a: a) assicurare un governo stabile e condizioni di vita sostenibili a tutti gli abitanti del Kosovo; b) integrare tutte le comunità nelle strutture democratiche del paese; c) creare e consolidare istituzioni democratiche ben funzionanti in Kosovo, conformemente alle norme in vigore.

5)

Proseguono le attività volte all'integrazione economica del Kosovo nella regione. L'obiettivo di questa serie costante di sforzi è porre rimedio alla situazione economica del paese, che continua ad essere difficile e caratterizzata da bassi livelli di reddito, da un'elevata disoccupazione e da enormi deficit in termini di infrastrutture. È quanto mai urgente creare un quadro giuridico che definisca chiaramente i diritti di proprietà.

6)

L'ambiziosa valutazione globale dell'attuazione delle norme per il Kosovo, attualmente in atto, dovrebbe avviare un processo realistico e portare alla definizione del futuro status di questa zona. La creazione di enti autonomi regionali e/o locali forti e multietnici è una condizione essenziale per garantire la pace e la prosperità a lungo termine. È inoltre un fattore fondamentale nell'ambito di qualsiasi accordo negoziale sul futuro status del Kosovo.

7)

Nella dichiarazione siglata a Pristina il 22 giugno 2005, al termine del convegno in merito al ruolo degli enti locali e regionali dell'UE nel processo di rafforzamento della democrazia nei Balcani occidentali, organizzato congiuntamente dal Comitato delle regioni, dalla Commissione europea, dal Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d'Europa e dal Patto di stabilità per l'Europa sudorientale, è stato sottolineato che per garantire alla popolazione del Kosovo un futuro nell'Unione europea, è essenziale avviare un vero e proprio processo di decentramento e di democrazia partecipativa, nel pieno rispetto dei valori democratici e dei diritti delle minoranze,

ha adottato il seguente parere in data 16 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Punti di vista del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

accoglie favorevolmente il testo e le conclusioni della comunicazione della Commissione Un futuro europeo per il Kosovo (COM(2005) 156 def.) la quale definisce un quadro per mettere fine all'attuale situazione di stallo per quanto concerne lo sviluppo di una società democratica e multietnica nel Kosovo, e per consentire a questa zona di prendere parte alla vita della regione in un contesto di pace e prosperità;

1.2

approva il documento sul grado di preparazione di Serbia e Montenegro a negoziare un accordo di stabilizzazione e associazione con l'Unione europea (SEC(2005) 478 def.), nel quale la Commissione conclude raccomandando l'apertura di negoziati di stabilizzazione e associazione, a condizione che la Serbia e Montenegro continui a prepararsi in maniera costante;

1.3

accoglie favorevolmente le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 16 e 17 giugno 2005 e la dichiarazione sul Kosovo ad esse allegata, in cui si afferma che i risultati della valutazione globale non sono dati per scontato: l'attuazione delle norme, segnatamente quelle definite prioritarie, e il processo di decentramento rivestono particolare importanza;

1.4

ritiene che gli enti locali e regionali del Kosovo e dell'UE dovrebbero contribuire a realizzare la sfida di un futuro europeo per il Kosovo;

1.5

approva l'impegno della Commissione a tener conto della situazione particolare e delle esigenze specifiche del Kosovo affinché possa avanzare nel processo di stabilizzazione e associazione;

1.6

approva inoltre che la Commissione concentri attivamente la sua attenzione sulle esigenze del Kosovo in termini di sviluppo e di riforme e che si impegni a mobilitare le risorse necessarie per accelerare tale processo;

1.7

sostiene la proposta della Commissione europea di esplorare nuove piste per consentire al Kosovo di beneficiare pienamente di tutti i pertinenti strumenti dell'Unione europea;

1.8

attribuisce la massima importanza al dialogo politico tra le comunità del Kosovo e tra le autorità di Belgrado e Pristina e lo considera l'unico modo per raggiungere una maggiore stabilità, requisito essenziale per l'integrazione europea di tutta la regione dei Balcani occidentali;

1.9

approva gli sforzi già attuati dalle istituzioni provvisorie di autogoverno del Kosovo (PISG) per riformare gli enti locali;

1.10

ricorda che il decentramento deve essere accompagnato da un vero e proprio trasferimento non solo di poteri, ma soprattutto di risorse finanziarie e materiali adeguate alle nuove responsabilità degli enti locali e regionali;

1.11

sottolinea il ruolo essenziale svolto dalle associazioni degli enti territoriali nel trasmettere il punto di vista locale e regionale ai governi centrali e quali strumenti fondamentali per promuovere il loro potenziale di azione attraverso i politici eletti a livello locale e regionale;

1.12

considera positivamente il coinvolgimento della Commissione nelle consultazioni ad alto livello con i principali protagonisti internazionali, al fine di adottare un approccio politico coordinato per il Kosovo; in tale contesto accoglie favorevolmente la decisione di avviare la valutazione globale dei progressi effettuati in sede di attuazione delle norme per il Kosovo.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

chiede alla Commissione di coinvolgere attivamente gli enti locali kosovari nell'attuazione delle riforme politiche, economiche e sociali al livello più prossimo ai cittadini, nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà, proporzionalità e buon governo;

2.2

invita la Commissione a promuovere e sostenere, in stretta collaborazione con gli enti locali, campagne destinate ad informare, da un lato, i cittadini dell'UE sulle relazioni con il Kosovo e, dall'altro, i cittadini kosovari sui valori comunitari;

2.3

invita la Commissione a sostenere — in stretta collaborazione con gli enti locali — programmi di scambio e gemellaggio che contribuiscano a migliorare la comprensione reciproca tra i cittadini e le amministrazioni dell'UE e del Kosovo e a rafforzare la capacità amministrativa a livello locale e regionale;

2.4

raccomanda che gli aiuti della Commissione allo sviluppo istituzionale tengano particolarmente conto delle capacità degli enti locali, soprattutto per contribuire all'applicazione della legislazione e per migliorare la comunicazione e la cooperazione tra governo centrale ed enti locali;

2.5

chiede uno sforzo di cooperazione e lo scambio delle esperienze e delle buone pratiche acquisite nell'ambito della politica di preadesione attuata in collaborazione con gli enti locali e regionali degli Stati membri dell'UE, dei paesi candidati e dei paesi dei Balcani occidentali;

2.6

sottolinea che per incrementare la fiducia e la stabilità nel Kosovo e nei Balcani occidentali è necessaria anche un'attiva cooperazione transfrontaliera tra gli enti locali e regionali;

2.7

invita tutti i responsabili dell'applicazione delle norme, in particolare le istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) del Kosovo, a portare avanti la riforma degli enti locali su tutto il territorio kosovaro e ad aiutare gli enti locali kosovari a rispettare la Carta europea dell'autonomia locale, in particolare mettendo a loro disposizione le risorse finanziarie, fondiarie e umane necessarie perché essi possano assumere le loro responsabilità sociali ed economiche;

2.8

ricorda a tutti i responsabili dell'applicazione delle norme, in particolare alle istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) del Kosovo, che la salvaguardia e la promozione delle lingue regionali e minoritarie nonché del patrimonio culturale di tutte le comunità, sono elementi essenziali della tolleranza e della comprensione reciproca in un Kosovo pluralista, multietnico e multiculturale;

2.9

invita tutti i responsabili dell'applicazione delle norme, in particolare le istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) del Kosovo, a promuovere la partecipazione dei cittadini di tutti i gruppi etnici e di tutte le comunità al processo decisionale, in particolare al livello locale e comunale, e sottolinea che i comuni multietnici sono elementi chiave per il processo di stabilizzazione e riconciliazione nel Kosovo;

2.10

raccomanda a tutti i responsabili dell'applicazione delle norme, in particolare le istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) del Kosovo, di raddoppiare gli sforzi per conseguire urgentemente risultati concreti, in particolare per quanto concerne il ritorno in patria dei rifugiati e degli sfollati e la libera circolazione dei membri di tutte le comunità;

2.11

chiede a tutti i responsabili dell'applicazione delle norme, in particolare le istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) del Kosovo, di collaborare con l'UE e le istituzioni internazionali per andare al di là dell'applicazione delle norme e di prepararsi ad applicare la legislazione comunitaria, anche a livello locale;

2.12

raccomanda di lavorare a stretto contatto con il Congresso dei poteri locali e regionali d'Europa (CPLRE) del Consiglio d'Europa, e di promuovere una maggiore partecipazione delle autorità kosovare al processo democratico europeo;

2.13

raccomanda di assegnare al Kosovo sufficienti risorse finanziare nell'ambito delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 1.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/56


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'azione comunitaria a favore della manifestazione «Capitale europea della cultura» per gli anni dal 2007 al 2019

(2006/C 115/12)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un'azione comunitaria a favore della manifestazione «Capitale europea della cultura» per gli anni dal 2007 al 2019 (COM(2005) 209 def. — 2005/0102 (COD)),

vista la decisione della Commissione europea, del 30 maggio 2005, di consultarlo in materia, conformemente al disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione, adottata il 25 luglio 2005 dal proprio Presidente, di affidare alla commissione Cultura e istruzione l'elaborazione di un parere sull'argomento,

visto il proprio parere in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante una nuova iniziativa comunitaria a favore della manifestazione «Città europea della cultura» (CdR 448/97 fin) (1),

visto il proprio parere in merito alla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 1419/1999/CE riguardante un'azione comunitaria a favore della manifestazione «La capitale europea della cultura» per gli anni dal 2005 al 2019 (CdR 393/2003 fin) (2),

visto il proprio parere sul tema La cultura, le differenze culturali ed il loro significato per il futuro dell'Europa (CdR 447/97 fin) (3),

visto il parere della commissione Cultura e istruzione, adottato il 22 settembre 2005 (CdR 251/2005 riv. 1) (relatore Seamus MURRAY, membro del consiglio della contea di Meath e della Mid-East Regional Authority (IE/UEN-AE)),

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

in merito alla capitale europea della cultura (CEC)

Il Comitato delle regioni

1.1

considera la CEC un utilissimo strumento che permette di esporre, promuovere, arricchire e vivere la cultura europea e quelle locali; constata che la designazione in quanto capitale europea della cultura ha un effetto positivo per le città, non solo per quanto riguarda il settore culturale, ma anche grazie alle opportunità economiche e occupazionali che si creano nei settori del turismo, del tempo libero e dello sport; la designazione funge inoltre da catalizzatore della rigenerazione delle città;

1.2

constata che l'impatto della CEC può essere maggiore se l'evento in questione si iscrive in una strategia di sviluppo a lungo termine della città in questione e ritiene importante che l'iniziativa CEC promuova un approccio più sostenibile allo sviluppo culturale. Prende atto del fatto che l'iniziativa CEC sta assumendo sempre più una dimensione regionale e che le città interessate coinvolgono le zone circostanti nella definizione e nell'attuazione dei programmi culturali;

1.3

reputa che il valore e il potenziale dell'iniziativa CEC siano sottovalutati, in primo luogo a causa del modesto sostegno finanziario offerto dall'UE, poi per il poco rilievo dato alla dimensione europea dell'iniziativa e alla sua capacità di promuovere l'immagine delle città coinvolte, infine per la mancanza di un sostegno alle città nella definizione e nell'attuazione dei programmi culturali;

1.4

ritiene che in passato l'UE abbia perso l'occasione di sfruttare la notorietà e la popolarità dell'iniziativa CEC per promuovere l'integrazione e l'identità europee; tale iniziativa può favorire un'identificazione positiva dei cittadini con l'Unione europea.

Le modalità di selezione e di monitoraggio proposte

Il Comitato delle regioni

1.5

accoglie con favore la proposta della Commissione europea tendente a rivedere la procedura di selezione della CEC e ad istituire un processo di monitoraggio delle città designate durante la preparazione dei loro programmi culturali;

1.6

ritiene che la proposta della Commissione europea corregga numerosi punti deboli dell'attuale processo di selezione e che l'approccio proposto rappresenti un buon equilibrio tra le esigenze di avere un'autentica competizione tra le città, di accrescere il ruolo della giuria, di dare particolare rilievo alla dimensione europea dell'iniziativa CEC e di riconoscere il contributo degli Stati membri e il ruolo del Consiglio nei processi di selezione e di assegnazione;

1.7

valuta favorevolmente i seguenti aspetti della procedura di selezione e di monitoraggio proposta:

la designazione anticipata della CEC e l'estensione del periodo di transizione a disposizione delle città per preparare i programmi culturali,

la maggiore chiarezza che deriva per le città dal raggruppamento dei criteri relativi al programma culturale nei due campi «dimensione europea» e «città e cittadini», ciascuno con obiettivi specifici,

la maggiore trasparenza della selezione e il risalto dato al valore aggiunto europeo,

l'introduzione dell'elemento «competizione» come incentivo e ispirazione per le città designate affinché innalzino la qualità e il contenuto artistico dei rispettivi programmi culturali,

il contatto regolare tra le città designate e il gruppo di monitoraggio, allo scopo di registrare i progressi compiuti, fornire assistenza e risolvere già in fase preparatoria i potenziali problemi;

1.8

invita la Commissione europea a tenere nel dovuto conto il ruolo essenziale che le città svolgeranno nel quadro della selezione e del monitoraggio; in tale contesto ritiene che la proposta, nella sua attuale formulazione, sia al tempo stesso ambigua e prescrittiva, nonché tale da ingenerare incertezza nelle città che desiderano ospitare la manifestazione CEC;

1.9

esprime riserve sui seguenti aspetti della procedura di selezione e di monitoraggio proposta:

l'onere potenziale imposto alle città designate in riferimento alla presentazione di relazioni intermedie, di monitoraggio e di valutazione; questo onere potrebbe essere sproporzionato rispetto al contributo finanziario, molto limitato, versato dall'UE al bilancio generale delle città designate come CEC; tale onere potrebbe costituire un problema in particolare per le città di minori dimensioni che desiderano ospitare la manifestazione,

tenendo conto dell'esperienza, la capacità del gruppo di monitoraggio di fornire alle città l'aiuto di esperti per preparare il loro programma e un'esperienza pratica sull'attuazione della manifestazione CEC,

i potenziali ritardi che sarebbero provocati anche dal nuovo processo di designazione, specie nel periodo compreso tra la candidatura di una città da parte dello Stato membro e la decisione di designazione da parte del Consiglio;

1.10

ritiene che occorrano ulteriori chiarimenti in merito ai seguenti aspetti della procedura di selezione e di monitoraggio proposta, in particolare per quanto riguarda:

la definizione di esperti indipendenti, che saranno nominati dalle istituzioni europee per fare parte della giuria e dei gruppi monitoraggio, nonché le implicazioni che ciò potrebbe avere per le istituzioni stesse al momento in cui procedono a tali nomine,

la procedura di assegnazione del premio (descritta nell'articolo 11), che verrà conferito alle città designate che soddisfano i criteri e seguono le raccomandazioni formulate nelle fasi di selezione e monitoraggio;

1.11

valuta favorevolmente la composizione della giuria (di cui all'articolo 5) composta di 13 membri, di cui sette nominati dalle istituzioni europee e sei dallo Stato membro interessato. Chiede tuttavia che tra i membri nominati dagli Stati membri ve ne sia uno in rappresentanza dell'associazione degli enti locali e/o delle città dello Stato in questione;

1.12

si compiace del fatto che tra i criteri si preveda il nesso tra i programmi delle due città designate, come aveva chiesto nel parere precedente (CdR 393/2003 fin) e ritiene che al gruppo di monitoraggio competa un ruolo di primo piano nel garantire che tali sinergie siano sviluppate nella fase di preparazione del programma;

1.13

sottolinea che nel quadro dell'iniziativa CEC tutti gli Stati membri, indipendentemente dalla data in cui sono entrati a far parte dell'UE, ricevono lo stesso trattamento. Si rammarica del fatto che ancora una volta la Commissione europea non ha tenuto conto dei futuri ampliamenti dell'Unione e le chiede pertanto di chiarire la situazione relativa ai paesi che stanno negoziando la propria adesione.

Finanziamento e assistenza delle capitali europee della cultura

Il Comitato delle regioni

1.14

accoglie con favore la proposta contenuta nel programma Cultura 2007, di triplicare, rispetto al programma attualmente in corso, il contributo comunitario a ciascuna capitale della cultura; ritiene infatti che ciò, oltre a rendere più visibile il coinvolgimento dell'UE, corrisponda ad un rinnovato impegno nei confronti della dimensione europea dei programmi culturali delle città e contribuirà a soddisfare meglio le aspettative delle città designate;

1.15

invita ad evitare che nel corso dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013 si riducano i fondi destinati alla CEC nel programma Cultura 2007;

1.16

ritiene che la Commissione debba chiarire sin d'ora come intende sostenere finanziariamente le città designate attraverso il conferimento di un premio e quali siano i potenziali vantaggi di questa procedura rispetto a quella attualmente in uso. Invita inoltre la Commissione a definire tale assistenza finanziaria con un termine differente da «premio», che sembrerebbe indicare piuttosto una ricompensa o un titolo onorifico assegnato al vincitore di una competizione e non già il pagamento spettante per avere soddisfatto determinati criteri di un programma;

1.17

esprime preoccupazione per i lunghi ritardi dei pagamenti erogati dalla Commissione europea alle capitali della cultura, per colpa dei quali le città a volte ricevono la maggior parte dei finanziamenti significativi solo dopo che l'anno di designazione è terminato;

1.18

auspica che vengano formulate ulteriori proposte su come la Commissione europea potrebbe offrire sostegno e assistenza alle città designate nella preparazione e nell'esecuzione dei loro programmi culturali;

1.19

auspica inoltre che la Commissione europea fornisca un aiuto alle città dopo la fine del loro periodo di designazione, onde garantire che l'impatto della designazione in quanto CEC permanga per un certo tempo, lasciando alla città un'eredità culturale. Il gruppo di monitoraggio potrebbe svolgere un ruolo nel garantire che i programmi delle città includano la sostenibilità dell'azione nel settore culturale, ma il sostegno finanziario dell'UE contribuirebbe a realizzare dei risultati in questo campo.

Coinvolgimento di paesi terzi

Il Comitato delle regioni

1.20

accoglie con favore la proposta generale della Commissione concernente il coinvolgimento di paesi terzi attraverso la ripresa dell'iniziativa «mese culturale», che è da preferire rispetto alla designazione di un'ulteriore CEC di un paese terzo. Desidera tuttavia un chiarimento in merito a come l'UE voglia sostenere finanziariamente l'iniziativa «mese culturale»;

1.21

ritiene che vi debbano essere delle sinergie tra la CEC designata e le città (almeno due) che ospitano l'iniziativa «mese culturale», compresi dei collegamenti incentrati sulla cooperazione culturale transfrontaliera e interregionale. Queste azioni e i collegamenti con il «mese culturale» dovrebbero costituire un elemento centrale dei programmi culturali delle CEC; il Comitato ritiene che tale approccio accrescerebbe la dimensione europea dell'iniziativa CEC;

1.22

ritiene pertanto che la proposta riguardante il futuro coinvolgimento di paesi terzi avrebbe dovuto essere sviluppata contestualmente all'attuale proposta sull'iniziativa CEC, in modo che la designazione della CEC e quella relativa al «mese culturale» avvenissero contemporaneamente.

Il coinvolgimento del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.23

tiene fortemente a essere coinvolto nell'iniziativa CEC e intende rimanere un membro attivo delle procedure di selezione e di monitoraggio proposte dalla Commissione europea;

1.24

auspica che venga chiarita la formulazione dell'articolo 5 per quanto riguarda la nomina dei membri della giuria, per garantire che il CdR continui ad essere rappresentato nel processo di designazione da uno dei suoi membri eletti. Desidera inoltre mantenere la pratica di nominare un supplente ad personam per mantenere il proprio coinvolgimento attivo nel caso in cui il proprio rappresentante non possa partecipare alle riunioni.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Modalità di selezione e di monitoraggio

Il Comitato delle regioni

2.1

raccomanda che le città utilizzino l'iniziativa CEC come parte di una strategia a lungo termine di sviluppo culturale, per promuovere approcci più sostenibili allo sviluppo culturale e rafforzare l'impatto e le ricadute a lungo termine della designazione come CEC sulle città;

2.2

chiede al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione europea di limitare al minimo i potenziali ritardi tra la presentazione della candidatura delle città da parte degli Stati membri e la designazione da parte del Consiglio, onde garantire che le città abbiano a disposizione più tempo possibile per la preparazione dei programmi;

2.3

chiede che gli Stati membri includano tra i sei membri da loro nominati nella giuria CEC un rappresentante delle rispettive associazioni delle amministrazioni locali o comunali.

Assistenza alle capitali europee della cultura

Il Comitato delle regioni

2.4

chiede alla Commissione europea di ridurre, grazie all'applicazione dei nuovi strumenti di monitoraggio, gli oneri amministrativi che grava sulle città designate durante la fase di preparazione;

2.5

chiede che le città designate vengano informate, ben prima dell'attuazione del loro programma, dell'ammontare dell'assistenza finanziaria che riceveranno, in modo da poterne tener conto ai fini della programmazione; si compiace dell'iniziativa della Commissione europea, di assegnare il premio alle città che soddisfano ai criteri sei mesi prima dell'inizio dell'anno di designazione, ma auspica maggiori informazioni circa le modalità e le condizioni di concessione del premio;

2.6

invita la Commissione europea a rendere più efficienti le procedure di finanziamento e ad accelerare la concessione dei relativi fondi alle capitali della cultura;

2.7

chiede che la Commissione europea, nel quadro del monitoraggio, favorisca l'istituzione di un servizio di assistenza, per consentire alle città designate di accedere rapidamente ad esperienze pratiche e consigli; tale servizio dovrebbe essere reattivo e adattato alle esigenze delle città, oltre ad essere complementare rispetto alle informazioni fornite alle città attraverso il sito Internet della Commissione; esso potrebbe essere fornito:

a)

mettendo a disposizione delle città un elenco di consulenti, come ad esempio direttori o esperti tecnici delle città che hanno ospitato in precedenza programmi CEC, o

b)

rafforzando la rete delle capitali culturali europee e dei mesi culturali, onde facilitare lo scambio di esperienze e fornire sostegno alle città di nuova designazione;

2.8

chiede alla Commissione europea di proporre nuove modalità per il sostegno e l'assistenza che destina alle città designate in vista della preparazione e dell'attuazione dei loro programmi, in particolare:

a)

fornendo alle città assistenza diretta ai fini delle attività di commercializzazione, distribuendo in maniera più estesa il materiale promozionale e dando una maggiore visibilità alle CEC;

b)

preparando degli orientamenti sulle modalità con cui le città possono far fronte ai numerosi obblighi di valutazione e di monitoraggio;

2.9

chiede inoltre alla Commissione europea di fornire sostengo, anche sotto forma finanziaria, alle città, trascorso il loro periodo di designazione, onde garantire che l'impatto della designazione in quanto CEC permanga per un certo tempo, lasciando alla città un'eredità culturale.

Una partecipazione più ampia alle capitali europee della cultura

Il Comitato delle regioni

2.10

chiede alla Commissione europea di chiarire tempestivamente le disposizioni riguardanti le CEC nella prospettiva dei futuri ampliamenti dell'Unione;

2.11

raccomanda di designare due città di paesi terzi per ospitare l'iniziativa «mese culturale» e di procedere a tale nomina contemporaneamente a quella delle CEC, onde permettere che tra loro si sviluppino sinergie in una fase iniziale della preparazione e al fine di accrescere la dimensione europea dei programmi culturali afferenti alle CEC.

Il coinvolgimento del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.12

sottolinea che il proprio rappresentante nel comitato di selezione dovrà essere anche in futuro un membro eletto, come è stato finora; per facilitare il coordinamento interno chiede che il proprio rappresentante venga nominato per due anni anziché per tre;

Raccomandazione 1

Articolo 5, paragrafo 3

Testo proposto dalla Commissione

Proposta di modifica del Comitato

Due membri della giuria sono nominati dal Parlamento europeo, due dal Consiglio, due dalla Commissione e uno dal Comitato delle regioni.

I membri della giuria sono esperti indipendenti, che non si trovano in una situazione di conflitto d'interessi e hanno esperienza e competenze rilevanti attinenti al settore culturale, allo sviluppo culturale delle città e all'organizzazione della manifestazione «Capitale europea della cultura».

Essi sono nominati per un mandato di tre anni.

In deroga al primo comma, nel primo anno seguente l'entrata in vigore della presente decisione due esperti sono nominati dalla Commissione per un anno, due dal Parlamento europeo per due anni, due dal Consiglio per tre anni e uno dal Comitato delle regioni per tre anni.

Due membri della giuria sono nominati dal Parlamento europeo, due dal Consiglio, due dalla Commissione e uno dal Comitato delle regioni.

I membri della giuria sono esperti personalità indipendenti di primo piano, che non si trovano in una situazione di conflitto d'interessi e hanno esperienza e competenze rilevanti attinenti al settore culturale, allo sviluppo culturale delle città e all'organizzazione della manifestazione «Capitale europea della cultura».

Essi sono nominati per un mandato di tre anni.

In deroga al primo comma, nel primo anno seguente l'entrata in vigore della presente decisione due esperti membri sono nominati dalla Commissione per un anno, due dal Parlamento europeo per due anni, due dal Consiglio per tre anni e uno dal Comitato delle regioni per tre due anni.

2.13

chiede che la proposta di decisione confermi il ruolo del Comitato delle regioni nel comitato di monitoraggio e che quest'ultimo sia incaricato di garantire che nella fase preparatoria dei programmi vengano effettivamente sviluppate le sinergie tra i programmi culturali delle città designate.

Raccomandazione 2

Articolo 9, paragrafo 2

Testo proposto dalla Commissione

Proposta di modifica del Comitato

Al più tardi 24 mesi prima dell'inizio della manifestazione, la Commissione convoca i sette esperti nominati dal Parlamento europeo, dal Consiglio, dalla Commissione e dalle autorità responsabili dell'attuazione dei programmi delle città nominate capitali europee della cultura.

A partire da questa fase gli esperti formano il «gruppo di monitoraggio».

Essi si riuniscono per valutare la preparazione della manifestazione, in particolare per quanto riguarda il valore aggiunto dei programmi.

Al più tardi 24 mesi prima dell'inizio della manifestazione, la Commissione convoca i sette esperti membri nominati dal Parlamento europeo, dal Consiglio, dalla Commissione, dal Comitato delle regioni e dalle autorità responsabili dell'attuazione dei programmi delle città nominate capitali europee della cultura.

A partire da questa fase gli esperti membri formano il «gruppo di monitoraggio».

Essi si riuniscono per valutare la preparazione della manifestazione, in particolare per quanto riguarda il valore aggiunto e le sinergie dei tra i programmi delle due città.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 180 dell'11.6.1998, pag. 70.

(2)  GU C 121 del 30.4.2004, pag. 15.

(3)  GU C 180 dell'11.6.1998, pag. 63.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/61


Parere del Comitato delle regioni in merito al Libro verde: Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici

(2006/C 115/13)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione europea Libro verde: Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte ai cambiamenti demografici (COM(2005) 94 def.),

vista la decisione della Commissione europea, del 16 marzo 2005, di consultarlo su tale argomento, conformemente al disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Presidente, del 10 gennaio 2005, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere sull'argomento,

vista la comunicazione della Commissione Verso un'Europa di tutte le età — Promuovere la prosperità e la solidarietà fra le generazioni (COM(1999) 221 def.),

visto il proprio parere in merito alla relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni Relazione redatta su richiesta del Consiglio europeo di Stoccolma: Accrescere il tasso di attività e prolungare la vita attiva (COM(2002) 9 def.) (CdR 94/2002 fin) (1),

vista la comunicazione della Commissione La risposta dell'Europa all'invecchiamento della popolazione mondiale — Promuovere il progresso economico e sociale in un mondo che invecchia — Un contributo della Commissione europea alla seconda assemblea mondiale sull'invecchiamento (COM(2002) 143 def.),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su immigrazione, integrazione e occupazione (COM(2003) 336 def.) (CdR 223/2003 fin) (2),

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro (COM(2004) 146 def.) (CdR 151/2004 fin) (3),

visto il proprio parere in merito al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica (COM(2004) 811 def.) (CdR 82/2005 fin),

visto il proprio progetto di parere CdR 152/2005 riv. 1, adottato in data 23 settembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (relatore: Roman LÍNEK, vicepresidente della regione di Pardubice (CZ/PPE)),

ha adottato il seguente parere in data 17 novembre 2005 nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

in riferimento ad alcune delle principali domande trattate nel Libro verde:

Le sfide della demografia europea

1.1

ritiene che le politiche pubbliche europee e nazionali, ma anche regionali e locali, debbano tenere conto dei cambiamenti demografici in corso in Europa;

1.2

reputa che la discussione in merito allo sviluppo demografico e alla gestione delle sue conseguenze vada condotta a livello a livello europeo, nazionale, regionale e locale, che faccia parte dell'attuazione della strategia di Lisbona e che debba fornire risposte alle seguenti domande:

come rafforzare la solidarietà intergenerazionale mediante una migliore integrazione sociale dei giovani, dei pensionati e degli anziani,

come promuovere la qualità della vita, un alto grado di salute per tutti e la formazione permanente, anche dopo il pensionamento,

come adattare i sistemi di produzione e di protezione sociale alle esigenze di società che invecchiano,

come garantire che si tenga conto dell'invecchiamento in tutti gli ambiti dell'azione politica.

A parere del Comitato è necessario creare, sotto tutti gli aspetti, un clima sociale e condizioni più favorevoli per le famiglie, i bambini e per i titolari della potestà parentale, nonché per le persone dipendenti e i loro famigliari, che consentano alla popolazione di realizzare le proprie strategie di vita attuando progetti come coppia o in quanto genitori, nonché di rispettare al tempo stesso gli interessi e i bisogni specifici dei diversi tipi di famiglie e dei loro diversi membri. A tale scopo è fondamentale assicurare la sopravvivenza economica delle famiglie e offrire a queste ultime delle prospettive. Sotto questo profilo la politica economica e la politica del mercato del lavoro sono presupposti indispensabili per la riuscita della politica a favore delle famiglie;

1.3

considera che una migliore conciliazione tra carriera professionale e vita familiare possa contribuire a migliorare la situazione riguardo all'educazione dei bambini, e all'assistenza delle persone dipendenti, ad esempio tramite l'offerta di servizi alle famiglie, nonché mediante nuovi interventi in materia di congedi che siano rivolti ad entrambi i genitori;

1.4

giudica possibile promuovere una ripartizione più equilibrata delle responsabilità domestiche e familiari tra uomini e donne per mezzo di servizi offerti dallo Stato e dal settore privato, salvaguardando tuttavia la partecipazione di entrambi i partner secondo le loro possibilità e in base a un accordo reciproco, e rispettando così la parità di diritti fra uomini e donne;

1.5

ritiene che occorra promuovere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Vanno sviluppate e promosse iniziative efficaci per conseguire tale obiettivo, prevedendo anche correttivi utili a non discriminare le famiglie monoparentali;

1.6

considera possibile sviluppare l'offerta di servizi socioeducativi per l'infanzia (fascia di età: 0-3 anni) e di assistenza alle persone anziane e dipendenti da parte delle amministrazioni pubbliche e delle imprese, creando — laddove ciò non avvenga già — condizioni giuridiche che consentano ai privati di accedere a questo settore, introducendo ad esempio agevolazioni per i fornitori e gli utenti di questi servizi;

1.7

sottolinea che per i genitori, specie per le giovani coppie, la possibilità di accedere al mercato del lavoro, di realizzarsi professionalmente e di avere il numero di figli desiderato deve dipendere soprattutto dalla loro volontà, a patto che non vi siano più discriminazioni nei confronti delle famiglie con bambini;

1.8

reputa che i cambiamenti demografici in atto in Europa generino una pressione sul mercato del lavoro e sul sistema di previdenza sociale. Sottolinea l'urgente necessità di provvedimenti concreti per migliorare la situazione dei lavoratori in età avanzata sul mercato del lavoro e di reazioni politiche adeguate che non soltanto invertano questa tendenza, ma offrano nuove opportunità per il miglioramento della qualità della vita professionale, il diritto all'apprendimento permanente, una maggiore flessibilità nella scelta dei programmi pensionistici, l'inserimento nel lavoro delle persone che provengono da una situazione di disagio sociale o che sono vittime di disuguaglianza, e ove necessario l'introduzione progressiva di incentivi per aumentare il numero di anni di attività lavorativa. Riguardo al coordinamento dei sistemi pensionistici, ritiene vada avviato un ampio dibattito in merito al diritto di tutti di avere una pensione di livello accettabile, ivi compresi i lavoratori che esercitano professioni atipiche o coloro che appartengono a categorie altamente a rischio;

1.9

ritiene che, per assicurare nuovo personale qualificato di fronte al calo della forza lavoro, occorrano analisi di mercato dirette ad accertare le esigenze in materia e una più intensa collaborazione di tutti i gruppi della società. È anzitutto indispensabile che le imprese si assumano maggiore responsabilità in materia di formazione onde finalizzare l'offerta di formazione professionale alle esigenze concrete. Occorrono inoltre: una pubblicità mirata per determinate attività professionali, misure di accompagnamento come ad esempio sistemi di formazione meno teorici e più pratici, l'aumento degli aventi diritto allo studio, come pure provvedimenti che incoraggino un maggior numero di persone che abbiamo concluso gli studi a rimanere anche nelle zone economicamente più deboli;

1.10

sottolinea che l'informazione è uno strumento fondamentale affinché gli immigrati conoscano non solo le risorse a loro disposizione ma anche le caratteristiche della società in cui hanno deciso di vivere;

1.11

osserva che la sola immigrazione non può risolvere tutti i problemi derivanti dall'invecchiamento della popolazione, né supplire alla riforma economica o alle esigenze di maggiore flessibilità del mercato del lavoro; essa può tuttavia costituire un fattore addizionale per far fronte all'attuale tendenza demografica in Europa;

1.12

ritiene che l'immigrazione debba essere considerata una risorsa per le società europee, ma che non possa rappresentare l'unica soluzione all'invecchiamento della popolazione del continente. Le politiche di integrazione degli immigrati, specie dei giovani e degli anziani, sono fondamentali per garantire la coesione sociale in un contesto sempre più multiculturale come l'Europa del XXI secolo e dovrebbero coprire l'ambito economico, culturale e sociale. Un'insufficiente integrazione degli immigrati rischia tuttavia di comportare, a breve termine, un aumento delle spese sociali per lo Stato. Considera che la lotta alla discriminazione (nella maggior parte dei casi connessa all'appartenenza a una minoranza) vada intensificata e che gli Stati membri e gli enti locali e regionali vadano esortati a scambiare informazioni sui progressi realizzati;

1.13

reputa che gli strumenti comunitari, in particolare il quadro legislativo contro le discriminazioni, i fondi strutturali e la strategia per l'occupazione, possano favorire notevolmente l'integrazione degli immigranti nella scala di valori europea.

1.14

ritiene che un'adeguata politica comunitaria in materia di immigrazione possa non solo dare agli Stati membri un notevole aiuto nell'affrontare le sfide poste da tale fenomeno, ma anche facilitare l'integrazione degli immigrati che risiedono legalmente nell'UE, contribuire a realizzare importanti passi avanti nella lotta all'immigrazione illegale e infine consentire ai mercati del lavoro dei paesi comunitari di coprire le loro esigenze in termini di lavoratori stranieri.

Una nuova solidarietà tra le generazioni

1.15

sottolinea la necessità che i bambini ricevano un'educazione completa per poter sviluppare una personalità basata su riferimenti socioculturali e valori, che consenta loro di condurre una vita soddisfacente e reagire alle diverse situazioni tenendo presenti le proprie rappresentazioni. Un ambiente familiare stabile crea le premesse per un sano sviluppo fisico e psichico del bambino e consente il funzionamento del sistema economico e sociale della società;

1.16

sottolinea la necessità di guardare ai minori come a soggetti attivi, partecipativi e creativi, in grado di modificare il proprio ambiente personale e sociale e di partecipare alla ricerca e alla soddisfazione delle esigenze proprie e altrui. Sottolinea inoltre che la mancanza di risorse sociali fondamentali non deve poter intaccare il contenuto essenziale dei diritti dei minori;

1.17

ritiene necessario valutare il ruolo svolto dagli enti territoriali in materia di formazione in numerosi Stati membri. Sottolinea che i cambiamenti nella formazione iniziale sono l'effetto di una nuova concezione di formazione permanente, i cui obiettivi fondamentali sono di garantire pari opportunità di formazione e consentire una piena integrazione nella società. La formazione degli adulti va collegata alla formazione iniziale rispettando la diversità dei bisogni formativi delle singole categorie;

1.18

reputa che il sistema formativo possa garantire condizioni propizie al passaggio dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro, purché si metta in relazione la formazione iniziale con l'impiego e la preparazione successiva, si combinino la formazione e gli stage nelle imprese, e vi sia un sistema di informazione e consulenza ben organizzato, specie a livello regionale e locale;

1.19

giudica si possa contribuire a soddisfare le esigenze di ciascuna fascia d'età, e modernizzare così l'organizzazione del lavoro, offrendo sia agli uomini che alle donne la possibilità di passare dal tempo pieno al tempo parziale con un breve preavviso, di optare per un orario flessibile o per nuove forme d'impiego come il telelavoro e simili;

1.20

è convinto che l'obiettivo stabilito dal Consiglio europeo di Stoccolma del 23 e 24 marzo 2001, secondo il quale nell'Unione il tasso medio di attività di donne e uomini anziani (tra 55 e 64 anni) dovrà salire al 50 % entro il 2010, potrà essere raggiunto solo se l'aumento dell'età media dei lavoratori sarà accompagnato da una migliore organizzazione del lavoro, soprattutto per quanto riguarda la formazione permanente;

1.21

ritiene che sia opportuno coinvolgere maggiormente gli anziani nei progetti e nelle iniziative a favore della collettività. La loro partecipazione ai servizi all'infanzia e ai minori, l'assistenza ai meno giovani o la collaborazione ad attività culturali, come pure le cure e l'assistenza ai più anziani, anche a domicilio (prestate dagli anziani agli anziani), sono tutte attività che eviteranno l'isolamento, saranno positive per la salute e promuoveranno l'integrazione sociale degli anziani;

1.22

ritiene possibile garantire la partecipazione degli anziani alla vita economica e sociale creando sul lavoro condizioni che consentano loro di lavorare in funzione delle loro possibilità. La produttività degli anziani non è necessariamente inferiore a quella dei giovani. A livello sociale è necessario esortare gli anziani a sostenere i propri figli trasmettendo loro le conoscenze ed esperienze personali;

1.23

considera che la mobilità dei pensionati tra Stati membri richieda l'adozione di uno strumento normativo in grado di risolvere le questioni relative alla protezione sociale e all'assistenza sanitaria nel quadro delle migrazioni interne all'Unione europea;

1.24

è del parere che occorra distinguere tra le pensioni di vecchiaia e le indennità per la perdita di autonomia destinate agli invalidi;

1.25

le disparità tra uomini e donne in materia di pensione sono frutto delle forti differenze retributive, della segregazione professionale, della mancanza di opportunità formative per le donne, della carenza di politiche che permettano di conciliare vita professionale e vita privata e della carenza di servizi sociali che caratterizza la maggior parte dei paesi dell'Unione europea. Una vera politica di pari opportunità tra i sessi, unita alla promozione dei congedi parentali per gli uomini che assistano bambini o persone anziane, può contribuire a migliorare il trattamento pensionistico delle donne. I poteri pubblici devono impegnarsi a lottare contro la povertà che affligge le donne anziane;

1.26

reputa che il sostegno agli anziani vada fornito seguendo il principio di apprendimento tradizionale e quello moderno di apprendimento permanente (ad es. l'e-learning). Nell'introdurre nuove forme di attività lavorativa occorre incoraggiare il telelavoro e l'utilizzo di Internet e di altre tecnologie moderne. Gli anziani dovrebbero partecipare maggiormente alla vita pubblica; andrebbe promosso il loro mantenimento nel mercato del lavoro, dal momento che può costituire un beneficio per la società in termini di risorse professionali ed economiche significative.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

concorda sulla necessità che la politica sociale e la politica occupazionale dell'Unione europea adottino sistematicamente un approccio che tenga conto dell'intero arco della vita, così da poter sostenere la riforma e l'attuazione dell'Agenda di Lisbona;

2.2

raccomanda agli enti locali e regionali di elaborare, negli ambiti di loro competenza, politiche integrate per lo sviluppo dei minori attraverso la messa a disposizione di adeguate risorse, in particolar modo per quanto riguarda i diritti previsti dalla legislazione di ciascuno Stato membro ed elencati nella Carta dei diritti fondamentali, al capitolo concernente i diritti dei minori;

2.3

è convinto che l'Unione debba sensibilizzare maggiormente i soggetti politici e privati in merito agli effetti sull'intero arco della vita, introducendo una procedura di valutazione dell'incidenza che hanno sull'intero arco della vita le iniziative politiche riguardanti la qualità del lavoro, l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, l'orario di lavoro, l'apprendimento permanente, la cura dei figli e di altre persone a carico, la qualità della vita, le pari opportunità, l'inclusione sociale e la modernizzazione del sistema di sicurezza sociale;

2.4

ribadisce che — come seguito al Libro verde sui cambiamenti demografici — l'Unione europea dovrebbe approfondire il dibattito sull'importanza delle politiche che tengono conto dell'intero arco della vita nelle diverse sedi politiche: Consiglio dell'Unione europea, dialogo sociale e civile, agenzie comunitarie competenti, e così via;

2.5

è convinto che l'Unione europea debba sostenere maggiormente la ricerca onde ampliare le conoscenze relative ai mutamenti delle carriere professionali e alla loro incidenza, nell'arco della vita, su reddito, occupazione, sicurezza sociale ed equilibrio tra vita professionale e vita privata;

2.6

esorta l'Unione e gli Stati membri a promuovere un clima sociale più favorevole e a creare condizioni migliori per le famiglie — sia per i bambini che per i loro genitori o per i titolari della potestà parentale;

2.7

sottolinea che la promozione della famiglia costituisce un fattore chiave per invertire la tendenza rilevata nei cambiamenti demografici comunitari, tendenza che compromette la futura sostenibilità economica e la pace sociale. Una politica familiare efficace deve essere attuata nel rispetto del principio di sussidiarietà e in collaborazione con un'ampia gamma di soggetti della società civile, sia a livello regionale che locale.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 287 del 22.11.2002, pag. 1.

(2)  GU C 109 del 30.4.2004, pag. 46.

(3)  GU C 43 del 18.2.2005, pag. 7.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/65


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunità per tutti e alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) — Verso una società giusta

(2006/C 115/14)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

viste la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia quadro per la non discriminazione e le pari opportunità per tutti (COM(2005) 224 def.) e la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'Anno europeo delle pari opportunità per tutti (2007) — Verso una società giusta (COM(2005) 225 def. — 2005/0107 (COD)),

vista la decisione della Commissione europea del 1o giugno 2005, a norma dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultarlo in materia,

vista la risoluzione del Parlamento europeo sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nell'Europa allargata e il suo prossimo parere in merito a tale risoluzione,

vista la decisione del suo Presidente, del 25 luglio 2005, di incaricare la commissione Politica economica e sociale di elaborare un parere sull'argomento,

visto il suo parere sulla parità di trattamento (CdR 513/99 fin) (1),

viste le direttive 2000/43/CE (che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica) e 2000/78/CE (che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro),

visto il suo parere in merito alla Proposta di direttiva del Consiglio che attua il principio della parità di trattamento tra donne e uomini per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (CdR 19/2004 fin) (2),

visto il suo parere in merito al Libro verde Uguaglianza e non discriminazione nell'Unione europea allargata (COM(2004) 379 def.) (CdR 241/2004 fin) (3),

visto il suo progetto di parere CdR 226/2005 riv. 1, adottato in data 23 settembre 2005 dalla commissione Politica economica e sociale (relatore: Peter MOORE, membro del consiglio della circoscrizione di Sheffield (UK/ALDE)),

considerando quanto segue:

1)

Il Trattato sull'Unione europea (articolo 13 della versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità europea) definisce come obiettivo fondamentale la lotta contro la discriminazione basata sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

2)

Le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, adottata a Nizza nel dicembre 2000 e inserita nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa (Articolo II-81), stabiliscono un divieto ampio di discriminazione: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.»

3)

La direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro dovevano essere recepite negli ordinamenti giuridici degli Stati membri entro la fine del 2003.

4)

L'Agenda sociale 2005-2010, che integra e coadiuva la strategia di Lisbona, ha un ruolo essenziale nella promozione della dimensione sociale della crescita economica e una delle priorità di tale Agenda è la promozione delle pari opportunità per tutti,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 16 novembre 2005 nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

I.   RISULTATI DELLA CONSULTAZIONE RELATIVA AL LIBRO VERDE

1.1

Accoglie con favore l'impegno della Commissione nel tener conto delle osservazioni e delle reazioni pervenute da oltre 1 500 organizzazioni in risposta alla consultazione relativa al Libro verde Uguaglianza e non discriminazione nell'Unione europea allargata adottato dalla Commissione nel maggio 2004;

1.2

osserva che, oltre al Comitato delle regioni, hanno preso parte al processo di consultazione numerosi enti locali e regionali e molte delle loro associazioni;

1.3

mette in risalto che l'interesse nel Libro verde mostrato dagli enti locali e regionali rispecchia il fatto che questi ultimi hanno un ruolo importante da svolgere nell'attuazione delle strategie riguardanti la non discriminazione e le pari opportunità per tutti. Ciò è da attribuirsi in grande misura al loro ruolo di importanti datori di lavoro e alla loro responsabilità in quanto fornitori e acquirenti di beni e servizi;

1.4

esprime la sua gratitudine per il fatto che la Commissione abbia tenuto conto di una serie di preoccupazioni esposte nel suo parere sul Libro verde, in particolare rispetto agli sforzi diretti a migliorare le norme antidiscriminazione, il miglioramento delle informazioni e la sensibilizzazione, il coinvolgimento delle parti interessate e la necessità di migliorare i meccanismi di monitoraggio e di analisi.

II.   GARANZIA DI UNA PROTEZIONE GIURIDICA EFFICACE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE

1.5

Apprezza la proposta sull'elaborazione di una relazione annua riassuntiva sui provvedimenti nazionali di attuazione che recepiscono le disposizioni delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE;

1.6

saluta con favore la pubblicazione, prevista per l'inizio del 2006, delle relazioni della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che analizzano l'avanzamento del recepimento delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE;

1.7

richiama tuttavia l'attenzione sul fatto che negli Stati membri l'attuazione delle politiche contro la discriminazione è insoddisfacente.

III.   VALUTAZIONE DELLA NECESSITÀ DI AZIONI FUTURE A COMPLETAMENTO DELL'ATTUALE QUADRO LEGISLATIVO

1.8

Fa presente alla Commissione il suo rammarico per l'emergere di una gerarchia nel grado di protezione tra i diversi gruppi che rientrano nell'articolo 13 del Trattato Ce e ricorda la persistente necessità di completare il quadro delle misure dell'UE in relazione all'età, al sesso, all'origine etnica, alle disabilità, alla religione e alle convinzioni personali, e alle tendenze sessuali;

1.9

segnala che, anche se si registra un progresso in materia di occupazione femminile, le donne continuano a ricevere, nonostante l'elevato livello culturale e a parità di funzioni e ruolo, retribuzioni inferiori rispetto agli uomini. Inoltre, i datori di lavoro tuttora assumono un atteggiamento negativo verso le differenze di genere quando si tratta di gravidanza e maternità;

1.10

sottolinea le particolari problematiche che devono affrontare le donne migranti sia nel campo professionale e lavorativo che in quello delle relazioni interpersonali e familiari e auspica la realizzazione di uno studio specifico in vista del 2008;

1.11

prende atto con interesse della proposta della Commissione relativa all'elaborazione di uno studio di fattibilità su possibili nuove iniziative volte a integrare il quadro legislativo attuale.

IV.   INTEGRAZIONE DEI PRINCIPI DELLA NON DISCRIMINAZIONE E DELLE PARI OPPORTUNITÀ PER TUTTI

1.12

Concorda sul fatto che è difficile affrontare solo attraverso strumenti normativi schemi profondamente radicati di disuguaglianza riguardanti alcuni gruppi; è d'accordo sulla necessità di mettere a punto strumenti per promuovere l'integrazione della non discriminazione nelle politiche; ciò dovrebbe anche aiutare a rivolgere un'attenzione particolare a situazioni di discriminazione multipla;

1.13

ribadisce quanto già sostenuto sulla necessità di prevedere meccanismi per fare in modo che venga assegnata la dovuta considerazione ai problemi e ai principi della parità nella formulazione, gestione e valutazione di tutte le politiche in vista dell'obiettivo dell'integrazione di tali principi;

1.14

fa notare che il Trattato costituzionale rafforza ulteriormente i mezzi a disposizione dell'Unione europea per combattere la discriminazione ampliando il divieto di discriminazione con l'articolo II-81, introducendo una clausola non discriminatoria orizzontale nell'articolo III-118 e potenziando il ruolo del Parlamento europeo nell'adozione della legislazione antidiscriminatoria (articolo III-125). Indipendentemente dalla ratifica del Trattato costituzionale, l'articolo 13 del Trattato CE già offre la base giuridica per lo sviluppo di un approccio basato sull'integrazione per tutti i motivi di discriminazione.

V.   PROMUOVERE L'INNOVAZIONE E LE BUONE PRATICHE E TRARNE INSEGNAMENTI

1.15

Ritiene che l'istruzione sia uno strumento importante per affrontare la discriminazione e che gli enti locali e regionali svolgano un ruolo essenziale in questo campo;

1.16

accoglie con favore l'intenzione della Commissione di promuovere scambi di esperienze e di buone pratiche tra un ampio spettro di parti interessate e ritiene che gli enti locali e regionali debbano avere un ruolo da protagonisti in queste iniziative;

1.17

saluta l'importanza accresciuta data alla parità di genere nelle proposte per i fondi strutturali dopo il 2006, ma riconosce anche l'importanza dell'approccio orizzontale nella lotta alla discriminazione;

1.18

crede fermamente che il finanziamento di programmi che aiutano a promuovere lo scambio di buone pratiche e l'apprendimento dalle esperienze degli altri non dovrebbe presentare un eccesso di burocrazia per quanto riguarda i relativi adempimenti amministrativi, perché ciò può impedire l'assorbimento dei finanziamenti disponibili;

1.19

dà atto del prezioso lavoro effettuato dall'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia e dell'idea di sostituirlo con un'agenzia dei diritti fondamentali, insistendo con fermezza perché l'agenzia abbia a disposizione le risorse adeguate per svolgere appieno la sua parte nella lotta contro la discriminazione.

VI.   MIGLIORARE LA SENSIBILIZZAZIONE DELLE PARTI INTERESSATE E LA COOPERAZIONE CON LE STESSE

1.20

Giudica le iniziative di sensibilizzazione cruciali per l'aumento della conoscenza da parte dei cittadini dei loro diritti a livello UE e riconosce che è importante che tali iniziative si rivolgano specificamente ai bambini e ai giovani;

1.21

sostiene che il coinvolgimento delle minoranze e delle comunità è essenziale, specie nelle aree rurali e in quelle in cui, per esempio, vi è una piccola popolazione appartenente a una minoranza etnica;

1.22

appoggia l'iniziativa di fare del 2007 l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti e la giudica particolarmente appropriata dal momento che saranno trascorsi dieci anni dall'Anno europeo contro il razzismo e dal Trattato di Amsterdam, che ha rivestito un grande significato per aver introdotto una nuova normativa sulle parità;

1.23

mette in rilievo che se si dà troppa importanza alle attività di grande impatto su larga scala, si rischia di concentrare l'attenzione sugli avvenimenti principali a danno possibilmente degli avvenimenti a livello locale e a livello delle singole comunità;

1.24

approva i temi scelti per l'Anno europeo, vale a dire i diritti, il riconoscimento, la rappresentanza e il rispetto;

1.25

ritiene che debba esservi un legame diretto con l'Anno europeo del dialogo interculturale proposto per il 2008 e che tutte le azioni avviate nel 2007 debbano sostenersi a vicenda;

1.26

evidenzia che per il successo dell'Anno europeo sarà decisivo il ruolo dei mezzi di comunicazione e che una particolare attenzione dovrebbe essere prestata al ruolo dei mezzi di comunicazione locali. I contatti tra gli enti locali e regionali e i mezzi di comunicazione locali contribuiranno a migliorare la sensibilizzazione durante l'anno;

1.27

sottolinea la necessità di consultare il settore del governo locale e regionale, nel cui ambito vengono messe in atto molte politiche dell'Unione che spesso richiedono un notevole impegno amministrativo e finanziario. Una corretta messa a punto delle politiche e del processo legislativo richiede che le parti interessate fondamentali forniscano il loro contributo.

VII.   AFFRONTARE LA DISCRIMINAZIONE E L'ESCLUSIONE SOCIALE CUI SONO SOGGETTE TALUNE MINORANZE ETNICHE

1.28

Condivide con la Commissione la particolare preoccupazione per la situazione dei Rom e concorda con l'istituzione di un gruppo consultivo di alto livello sull'integrazione delle minoranze nella società e nel mercato del lavoro.

2.   Le raccomandazioni del Comitato delle regioni

Applicare la legislazione esistente

2.1

Rammenta al suo Segretario generale di avergli chiesto di procedere a una valutazione della politica del personale e del profilo delle persone che lavorano presso il Segretariato in relazione al rispetto della nuova normativa e lo invita a riferire all'ufficio di presidenza e alla commissione ECOS entro i prossimi sei mesi;

2.2

insiste con le delegazioni nazionali presenti nel suo ambito perché le designazioni proposte per l'esercizio 2006 siano equilibrate in termini di genere e origine etnica e sollecita il consiglio a tener conto di ciò nell'effettuare le nomine.

Promuovere le buone pratiche e trarne insegnamenti

2.3

Ribadisce il suo invito perché nel suo ambito si proceda a commissionare e pubblicare un vademecum di buone pratiche antidiscriminatorie per gli enti locali e regionali in quanto datori di lavoro e chiede inoltre che tale vademecum prenda in considerazione anche il loro ruolo di fornitori e acquirenti di beni e servizi e di leader nel promuovere la coesione delle comunità e nella lotta contro la discriminazione, collegando esempi provenienti da tutti gli Stati membri di iniziative relative a tutti e sei i motivi di discriminazione enunciati all'articolo 13 del TCE. Laddove gli enti locali e regionali lavorano insieme con altri partner per la fornitura di tali servizi, gli esempi di buone pratiche di partenariato saranno particolarmente apprezzati. Sarebbe opportuno che la pubblicazione di questo documento avvenisse in concomitanza con il lancio dell'Anno delle pari opportunità per tutti nel 2007. A questo proposito avrà cura di non avviare iniziative che costituiscano una duplicazione di iniziative condotte dalla Commissione;

2.4

in ordine al finanziamento UE, chiede che la Commissione cerchi modalità creative per permettere alle piccole ONG di accedere a finanziamenti di modesta entità, con la debita considerazione di meccanismi amministrativi e di analisi;

2.5

sottolinea l'importanza di un miglioramento nella raccolta e nell'analisi dei dati al fine di dare informazioni per lo sviluppo di politiche efficaci per promuovere la parità e affrontare la discriminazione. Insiste sulla necessità di coinvolgere il livello di governo locale e regionale nelle discussioni con la Commissione sullo sviluppo di dati quantitativi comparabili per individuare e mettere in evidenza l'entità delle disuguaglianze esistenti. Il monitoraggio dei dati deve coprire quanti più aspetti di potenziale discriminazione possibili, non solo quelli relativi al genere o all'etnia. È anche importante misurare l'impatto di diversi tipi di azione e stabilire se siano necessari o no cambiamenti.

Azioni future a completamento dell'attuale quadro legislativo

2.6

Ribadisce la sua richiesta, già avanzata nel suo parere sul Libro verde, che la normativa sui beni e servizi sia estesa a tutti gli aspetti coperti dall'articolo 13 del TCE;

2.7

lo studio di fattibilità della Commissione per eventuali nuovi provvedimenti volti a integrare il quadro legislativo esistente dovrebbe attingere ai dati raccolti dal CdR nel corso dell'elaborazione del suo vademecum sulle buone pratiche antidiscriminatorie.

Coinvolgimento delle parti interessate

2.8

Chiede che la Commissione, sistematicamente e in tutta la comunicazione sulla strategia quadro e in tutto il documento che istituisce l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti, nomini esplicitamente gli enti locali e regionali quando fa riferimento alle parti interessate fondamentali;

2.9

sottolinea che il livello locale e regionale e il Comitato delle regioni dovrebbero essere pienamente coinvolti in ogni azione di follow-up esposta nella strategia quadro;

2.10

in particolare, auspica di essere incluso tra i partecipanti al «vertice annuale sulla parità» delineato nella proposta di strategia quadro;

2.11

nel gruppo consultivo di alto livello sull'integrazione delle minoranze nella società e nel mercato del lavoro della Commissione andrebbe inserita una dimensione locale/regionale.

Attività di sensibilizzazione, tra cui l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti 2007

2.12

Invita la presidenza del Regno Unito a fare in modo che questo dossier avanzi speditamente in sede di Consiglio onde assicurare in tempo una base giuridica per l'Anno europeo;

2.13

sostiene gli obiettivi specifici qui di seguito elencati:

i)

diritti: sensibilizzare sul diritto alla parità e alla non discriminazione; dato che gli enti locali e regionali sono gli organi eletti più vicini ai cittadini, ritiene che essi abbiano un ruolo essenziale da svolgere in questo campo, in particolare nel sensibilizzare più diffusamente le regioni d'Europa lontane dalle maggiori aree urbane. Accoglie con favore il lavoro svolto dal bus usato dalla Commissione per diffondere le informazioni sui diritti dei cittadini dell'UE rispetto alle pari opportunità e lo invita adesso a recarsi in località diverse dalle capitali degli Stati membri. Allo scopo di promuovere la visita del bus nelle varie località andrebbe utilizzato un approccio proattivo che coinvolga gli enti locali e regionali e il CdR stesso;

ii)

rappresentanza — stimolare il dibattito sulle possibilità di incrementare la partecipazione alla vita sociale di tutte le minoranze, ponendo particolarmente l'accento sull'aumento della partecipazione delle comunità Rom e musulmane;

iii)

riconoscimento: valorizzare e accogliere la diversità;

iv)

rispetto e tolleranza: promuovere una società più solidale eliminando stereotipi e pregiudizi. L'uso di eventi culturali, di tipo musicale, teatrale e sportivo potrebbe essere uno strumento importante a tal fine. La Commissione potrebbe sponsorizzare queste attività e collaborare con gli enti nazionali, locali e regionali e la società civile per far sì che gli eventi si svolgano in tutte i paesi partecipanti e culminino in un grande festival europeo che unisca il 2007, Anno europeo delle parti opportunità per tutti, e il 2008, Anno europeo del dialogo interculturale, e che dovrebbe aver luogo in uno dei due paesi che eserciteranno la presidenza di turno dell'UE nel 2008 (Slovenia/Francia);

2.14

apprezza l'idea della Commissione secondo cui i paesi partecipanti dovrebbero designare un organismo nazionale di coordinamento che comprenda rappresentanti del governo nazionale, delle parti sociali, delle comunità interessate e di altri segmenti della società civile, ma chiede che ogni organismo di coordinamento includa rappresentanti degli enti locali e regionali;

2.15

incoraggia gli enti locali e regionali a usare il logo dell'Anno europeo per pubblicizzare le attività riguardanti le pari opportunità che si svolgeranno nel 2007;

2.16

propone di organizzare nel suo ambito un convegno agli inizi del 2007, come accaduto per altri anni europei, per lanciare l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti.

Bruxelles, 16 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 226 dell'8.8.2000, pag. 1.

(2)  GU C 121 del 30.4.2004, pag. 25.

(3)  GU C 71 del 22.3.2005, pag. 62.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/69


Risoluzione del Comitato delle regioni in merito al programma di lavoro della Commissione europea e alle priorità 2006 del Comitato delle regioni

(2006/C 115/15)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visto il programma di lavoro della Commissione per il 2006 intitolato «Liberare tutto il potenziale dell'Europa» (trad. provv.) (COM(2005) 531 def.),

visti gli obiettivi strategici 2005-2009 (COM(2005) 12 def.),

visto il programma strategico pluriennale 2004-2006 delle sei presidenze dell'Unione,

vista la comunicazione della Commissione intitolata «Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: Un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito» (COM (2005) 494 def.),

visto il protocollo sulle modalità di cooperazione tra la Commissione europea e il Comitato delle regioni (CdR 81/2001 riv. 2),

vista la risoluzione del Comitato sul tema «Un nuovo impulso alla strategia di Lisbona» (CdR 518/2004),

vista la risoluzione del Comitato delle regioni sul futuro delle prospettive finanziarie 2007-2013 (CdR 203/2005),

considerando quanto segue:

Gli enti locali e regionali sono responsabili dell'attuazione di gran parte delle politiche dell'Unione europea.

La legittimità democratica delle politiche dell'Unione risulta notevolmente rafforzata se gli enti locali e regionali contribuiscono a definirne le priorità.

Il Comitato delle regioni determinerà la sue priorità quadriennali nel febbraio 2006 in occasione dell'inizio del suo quarto mandato (2006-2010),

ha adottato, il 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria, la seguente risoluzione.

Il Comitato delle regioni,

PROSPETTIVE FINANZIARIE

Ritiene che l'adozione, sotto la presidenza britannica, di prospettive finanziarie ambiziose sia indispensabile per consentire all'Unione europea di adempiere al proprio mandato e di ottenere una più forte adesione da parte dei cittadini, al fine di rilanciare l'UE sulla via delle riforme, garantire il valore aggiunto europeo della politica agricola comune e della politica di coesione e porre le basi di una politica di ricerca e innovazione autenticamente comunitaria.

PERIODO DI RIFLESSIONE

Ribadisce il proprio attaccamento ai progressi apportati dal Trattato costituzionale rispetto ai Trattati esistenti: mediante il notevole miglioramento in termini di funzionamento, di semplicità e di trasparenza dell'Unione europea esso garantisce una migliore governance europea.

Raccomanda alla Commissione europea di prendere in considerazione la tabella di marcia che esso ha proposto a favore di un dibattito decentrato durante il periodo di riflessione, basato sul concetto di prossimità e condotto nelle città e nelle regioni d'Europa sulle finalità dell'Unione, il suo valore aggiunto, i suoi valori fondamentali e le sue politiche.

Invita la Commissione europea a sviluppare nel quadro dell'attuazione del piano D, ma anche della sua futura politica di informazione e di comunicazione un approccio ambizioso, volontaristico e soprattutto decentrato per suscitare l'adesione dei cittadini al progetto europeo.

È disposto in tale contesto ad assumere le proprie responsabilità rispetto ai poteri pubblici regionali e locali e alla stampa regionale e locale che costituiscono dei mediatori irrinunciabili per comunicare con i cittadini; sollecita pertanto un aumento dei mezzi finanziari di cui dispone per poter contribuire efficacemente al periodo di riflessione.

GOVERNANCE EUROPEA

Accoglie con favore l'approccio della Commissione europea secondo la quale l'Unione europea raggiungerà i propri obiettivi solo se le sue istituzioni, i poteri pubblici nazionali, regionali e locali e i cittadini stessi vi contribuiranno insieme; auspica che tale partenariato nel processo di elaborazione e di attuazione delle politiche comunitarie si traduca nelle seguenti azioni:

la riflessione sui contributi che le convenzioni e i contratti tripartiti di obiettivi potrebbero rappresentare per i meccanismi di rilancio della strategia di Lisbona,

una sistematizzazione della consultazione degli enti locali e regionali in uno stadio precoce di elaborazione della legislazione europea e ciò indipendentemente dall'evoluzione del processo di ratifica del Trattato costituzionale,

il proseguimento della sistematizzazione del nuovo metodo di analisi d'impatto per le principali iniziative della Commissione europea e il coinvolgimento del Comitato nel metodo d'analisi d'impatto,

l'inserimento di un capitolo regionale nei piani d'azione nazionali di semplificazione legislativa,

un'attenzione particolare al recepimento della legislazione comunitaria e alle sue incidenze sulla legislazione degli enti locali e regionali.

Si compiace dell'intenzione della Commissione di intensificare il processo di consultazione e di valutazione dell'impatto normativo nel quadro dell'obiettivo di migliorare la legislazione. Considerate le possibili conseguenze della politica commerciale comune per le regioni e i comuni, il Comitato esorta la Commissione a consultarlo anche in merito alle iniziative in tale settore e, in particolare, nel quadro dell'elaborazione delle raccomandazioni volte a conferire il mandato negoziale per accordi commerciali internazionali.

Invita pertanto la Commissione europea a favorire il contributo maggiormente proattivo del Comitato a monte dell'azione comunitaria mediante pareri di prospettiva relativi alle future politiche comunitarie e all'impatto sugli enti locali e regionali, nonché mediante rapporti sull'impatto a livello locale e regionale di determinate direttive.

Sottolinea, per quanto riguarda lo sforzo di codificazione e di rifusione delle proposte legislative compiuti dalla Commissione, che «legiferare meglio» non deve significare unicamente «legiferare meno». Qualsiasi proposta legislativa ritirata dalla Commissione dovrebbe essere motivata da una valutazione del valore aggiunto europeo di una tale proposta.

PROSPERITÀ

Ribadisce la propria convinzione che vada riservata pari attenzione ai tre pilastri della strategia di Lisbona: il pilastro economico, quello sociale e quello ambientale.

Invita la Commissione europea a considerare l'importante ruolo degli enti locali e regionali per il conseguimento di una maggiore crescita e occupazione nell'UE nel contesto del processo di revisione e di attuazione degli Orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione.

Crede che la coesione e la competitività siano due obiettivi che si rafforzano reciprocamente e che devono andare di pari passo: sfruttare il potenziale e il capitale territoriale sottoutilizzato può migliorare la competitività di una zona e contribuire positivamente al conseguimento degli obiettivi di equilibrio e di coesione territoriale. Inoltre sostiene l'idea che la competitività dipenda dal buon funzionamento del mercato unico e insiste sulla necessità di prestare una particolare attenzione alle regioni transfrontaliere.

Ritiene che le strutture della nuova governance della strategia di Lisbona negli Stati membri dovrebbero essere adattate per consentire un'integrazione formale più diretta e più stretta dei fondi strutturali e della strategia di Lisbona.

Concorda pienamente con la valutazione della Commissione secondo la quale la globalizzazione è una realtà che dev'essere accettata per rilanciare una crescita dinamica e un'occupazione di qualità in Europa, in particolare mettendo l'accento sull'anticipazione e l'accompagnamento delle ristrutturazioni derivanti dalla globalizzazione.

Esorta la Commissione europea a continuare ad abbattere le barriere che si frappongono alla mobilità dei cittadini e ad incoraggiare questi ultimi a sfruttare le opportunità che si offrono loro in tutta l'Unione europea, quale processo fondamentale per costruire un'economia dinamica.

Riconosce che l'istruzione e la formazione sono strumenti chiave per il conseguimento degli obiettivi di Lisbona e per garantire l'inclusione di tutti gli europei nella società basata sulla conoscenza. A tale proposito accoglie con soddisfazione il fatto che la Commissione si concentrerà sul riconoscimento delle qualifiche, incoraggerà la mobilità e investirà in una cultura imprenditoriale.

Attribuisce una notevole importanza alla promozione di una società dell'informazione equa sotto il profilo sociale e regionale che garantisca che i cittadini vengano dotati delle competenze di cui hanno bisogno per vivere e lavorare in questa nuova era digitale. Il Comitato delle regioni ha contribuito e continuerà a contribuire in modo valido allo sviluppo di servizi elettronici e di un governo elettronico a livello locale e regionale, ritenendo che le azioni locali e regionali costituiscano il metodo più efficace per ottenere risultati.

Condivide la visione della Commissione europea relativa alla necessità di costruire la rete transeuropea basandosi sull'iniziativa di crescita e garantendo che importanti risorse supplementari abbiano come contropartita l'adozione di nuove misure per migliorare il funzionamento e il coordinamento delle reti.

Ritiene che le reti transeuropee nel settore dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia siano essenziali per sfruttare il pieno potenziale dell'economia europea, connettere l'Europa allargata e migliorare la coesione territoriale.

SOLIDARIETÀ

Condivide la volontà di concentrare gli sforzi sull'attuazione di una programmazione adeguata per la nuova generazione di fondi strutturali, ma ricorda in tale contesto le conseguenze amministrative e finanziarie — per gli enti locali e regionali — dei ritardi e dell'assenza prolungata di un accordo sulle prospettive finanziarie.

Seguirà con una particolare attenzione l'attuazione dell'obiettivo «cooperazione territoriale europea», specie per quanto riguarda la definizione delle zone ammissibili, la semplificazione delle procedure amministrative e la coerenza delle sue azioni con le linee strategiche europee.

Raccomanda vivamente che i futuri programmi finanziati dei fondi strutturali coprano aspetti quali la riqualificazione urbana, la povertà sociale, le azioni particolari in materia di alloggi, le ristrutturazioni economiche e i trasporti pubblici, elementi che tendono a concentrarsi nelle zone metropolitane. Riconosce tuttavia l'importanza di tutte le regioni europee e la necessità di garantire un equilibrio tra aree urbane e zone rurali nei futuri programmi.

Invita gli Stati membri e i loro enti territoriali a utilizzare in maniera mirata i finanziament a titolo del FSE per assistere le aree colpite da fenomeni di violenza urbana. Chiede alla Commissione di garantire il mantenimento dell'iniziativa URBAN e dei suoi obiettivi nell'ambito dei futuri fondi strutturali.

Sostiene fermamente il valore aggiunto del nuovo strumento giuridico denominato «gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera» (GECT) per far emergere le iniziative di cooperazione fra gli enti locali e regionali e ricorda l'importanza di non appesantire le procedure di controllo nella fase di creazione dei GECT. Il Comitato ha costituito una piattaforma di attori di cooperazione locale e regionale per seguire la procedura di adozione del regolamento e di lancio dei primi GECT.

Riafferma la necessità di salvaguardare un'agricoltura multifunzionale in tutte le regioni d'Europa, dato che il mondo rurale occupa il 90 % del territorio comunitario, e si compiace del proseguimento della riforma della PAC nei settori che non sono ancora stati riformati; ricorda a tale proposito che occorre cogliere l'occasione delle riforme per ricercare, oltre a nuovi dispositivi di compensazione degli handicap naturali che colpiscono maggiormente le aziende agricole, i mezzi per incoraggiare la gestione dei grandi spazi e, più in generale, il loro sviluppo economico.

Giudica indispensabile continuare i lavori nel campo dei servizi di interesse generale, che rivestono un'importanza strategica per gli enti regionali e locali. Sottolinea in particolare la necessità di disporre di un quadro di riferimento comunitario orizzontale e multisettoriale per definire il perimetro dei servizi di interesse generale da sottrarre alle regole della concorrenza. In tale contesto esaminerà con particolare interesse la comunicazione sul settore sociale dei servizi di interesse generale prevista per il 2006.

Ricorda la sfida politica, economica e sociale che il cambiamento demografico rappresenta per gli enti territoriali europei. Tale cambiamento deve incoraggiare ad agire in tutti i settori della vita pubblica, in quanto la sostenibilità delle nostre società dipende dall'anticipazione del cambiamento; invita pertanto la Commissione a dare un seguito operativo, nel corso del 2006, al Libro verde sui cambiamenti demografici.

Si compiace delle iniziative della Commissione intese a sviluppare una nuova strategia per la salute e la sicurezza sul lavoro che consentirà all'Unione europea di definire un quadro più coerente in tale settore. Sottolinea la necessità di garantire un efficace coinvolgimento degli enti locali e regionali, in particolare nella creazione di indicatori della salute e nelle future valutazioni comparative.

Insiste sull'importanza delle pari opportunità, ambito nel quale gli enti locali e regionali devono svolgere un compito chiave, specie considerato il loro ruolo di datori di lavoro e la loro responsabilità in quanto fornitori di merci e servizi. A tale proposito attende con interesse la comunicazione della Commissione europea sulla strategia comunitaria sull'uguaglianza di genere.

Accoglie con favore la proposta di dichiarare il 2008 «anno del dialogo interculturale» e ribadisce che per il Comitato delle regioni il rispetto della diversità culturale e linguistica costituisce uno dei principi alla base del processo di integrazione europea che non consiste nell'eliminare le differenze o nel creare identità uniformi, ma nel promuovere una maggiore cooperazione e comprensione fra i popoli d'Europa.

Condivide il punto di vista della Commissione europea che individua nella lotta contro il cambiamento climatico una delle principali sfide per il futuro che dovrebbe essere affrontata con un approccio diversificato, con la cooperazione fra tutti i livelli di governo, in partenariato con le imprese private, il settore sanitario, gruppi di cittadini e organizzazioni del settore educativo, e le organizzazioni che promuovono l'efficienza energetica.

Chiede alla Commissione europea di inserire nel piano d'azione un numero maggiore di misure mirate ai fornitori e all'industria di distribuzione dell'energia e propone di incentivare economicamente le misure di efficienza energetica — in particolare quelle a favore dell'utilizzo delle energie rinnovabili — e l'ammissibilità degli aiuti di Stato concessi a favore di misure che incoraggiano l'eco-innovazione e i guadagni di produttività per una maggiore efficienza energetica, promuovendo quindi l'innovazione, rendendo l'Europa più competitiva e garantendo un approvvigionamento energetico sicuro e sostenibile.

Sottolinea la necessità di dare vita a un settore marittimo dinamico fondato sullo sviluppo sostenibile, esigendo nel contempo che il contributo apportato dagli enti locali e regionali nell'ambito della gestione delle risorse marittime venga pienamente riconosciuto e integrato nella nuova politica dell'UE.

SICUREZZA

Sostiene l'attuazione delle dieci priorità del programma dell'Aia per i prossimi cinque anni che testimoniano della volontà e della determinazione di rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e invita la Commissione europea a elaborare un piano d'azione specifico per gli enti locali e regionali che consenta di integrare meglio la dimensione locale e regionale nell'azione comunitaria.

Condivide l'impegno della Commissione europea per la lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo e ricorda la proposta del Comitato di creare un Osservatorio europeo della sicurezza urbana che riunisca i rappresentanti degli enti locali e regionali degli Stati membri e fornisca tutte le informazioni relative alla concezione delle politiche, alla promozione e al coordinamento delle ricerche, alla raccolta, all'organizzazione e all'elaborazione dei dati in materia di sicurezza, in particolare attraverso la diffusione di esempi e di buone pratiche e la creazione di partenariati regionali e locali.

Rinnova la raccomandazione di ricorrere ai fondi strutturali per sostenere e sviluppare degli strumenti per la realizzazione dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia e invita la Commissione europea a rendere operativi nel quadro delle nuove prospettive finanziarie gli orientamenti in materia delineati nella terza relazione sulla coesione.

Concorda sul fatto che la sicurezza dei sistemi di trasporto rappresenta una preoccupazione fondamentale degli operatori dei trasporti e dei principali stakeholder quali le autorità pubbliche e i passeggeri; i recenti attacchi terroristici di Londra e Madrid richiamano fortemente la necessità di puntare maggiormente sulla sicurezza dei sistemi di trasporto in tutta l'UE.

Invita la Commissione europea a pianificare e adottare operazioni transfrontaliere che prevedano una partecipazione attiva delle regioni frontaliere e a migliorare il coordinamento del nuovo Fondo di solidarietà con i fondi strutturali e propone di potenziare il coordinamento del meccanismo comunitario di protezione civile istituendo, in tutte le zone a rischio, dei centri regionali per la protezione civile responsabili della raccolta e del monitoraggio dei dati e della creazione di un sistema di allarme rapido.

L'EUROPA, PARTNER MONDIALE

Intende perseverare nell'impegno volto a garantire il dialogo politico interculturale fra i rappresentanti degli enti locali e regionali degli Stati membri e dei paesi candidati e precandidati; ritiene a tale scopo auspicabile istituire un comitato consultivo misto con la Turchia e ribadisce la richiesta indirizzata alla Commissione europea di proporre quanto prima una soluzione operativa per ovviare alla mancanza di una base giuridica per la creazione di un comitato consultivo misto nell'accordo di stabilizzazione e di associazione con la Croazia e i paesi dei Balcani occidentali.

Incoraggia la Commissione europea a promuovere a sostenere, in stretta cooperazione con gli enti territoriali e la società civile, campagne di informazione sul processo di allargamento dell'Unione europea a livello locale e regionale sia all'interno degli Stati membri che nei paesi candidati o potenziali candidati all'adesione.

Sostiene il rafforzamento della politica di prossimità mediante nuovi piani d'azione; invita la Commissione europea a prendere in considerazione l'apporto della cooperazione tranfrontaliera e interregionale in tali piani e chiede di essere coinvolto nella loro elaborazione, attuazione e valutazione.

Ribadisce il proprio impegno a favore del rafforzamento del partenariato euromediterraneo e la richiesta relativa a misure che favoriscano una maggiore partecipazione e coinvolgimento degli enti locali e regionali e invita a creare un nuovo forum nel quadro delle istituzioni euromediterranee il cui compito consisterà, da un lato, nel promuovere la cooperazione territoriale e decentrata e, dall'altro, nell'incoraggiare il partenariato e nello sviluppare programmi operativi per tutto il bacino mediterraneo.

Si rammarica che il contributo degli enti territoriali europei alla politica europea di sviluppo sia oggi ancora ampiamente misconosciuto e raccomanda pertanto di riconsiderare il ruolo della cooperazione decentrata riconoscendo che gli enti territoriali dispongono, accanto ad altri attori, del know-how e dell'esperienza per contribuire all'approccio globale della lotta contro la povertà nel mondo e alle attività volte a realizzare gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite.

Incarica il proprio Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione europea, al Parlamento europeo, al Consiglio e alle presidenze austriaca e finlandese.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/73


Risoluzione sul tema Le Prospettive finanziarie 2007-2013 — la strada da seguire

(2006/C 115/16)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

visto il proprio parere in merito alla Comunicazione sulle prospettive finanziarie intitolata: Costruire il nostro avvenire comuneSfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (CdR 162/2004 fin),

vista la risoluzione del Parlamento europeo sulle sfide politiche e i mezzi finanziari dell'Unione allargata 2007-2013 (A6-0153/2005),

considerando quanto segue:

1)

Nel corso del vertice tenutosi il 16 e 17 giugno, il Consiglio europeo non è riuscito a raggiungere un accordo sul bilancio comunitario per il prossimo periodo di programmazione 2007-2013.

2)

La presidenza britannica è stata invitata a far avanzare il dibattito sulla base dei progressi compiuti, al fine di risolvere tutte le questioni necessarie per il raggiungimento di un accordo il prima possibile.

3)

È necessario che le prospettive finanziarie vengano adottate nel 2005 per consentire l'elaborazione di politiche efficaci a favore della solidarietà, della coesione territoriale, di una maggiore crescita e occupazione in Europa a partire dal 2007,

ha adottato la seguente risoluzione in data 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

Il Comitato delle regioni

1.

ribadisce il suo sostegno alle equilibrate proposte iniziali della Commissione europea (CdR 162/2004 fin) che sono state calcolate in base ad esigenze realistiche e adottate dopo quattro anni di ampie consultazioni con gli enti locali e regionali; tale sostegno è stato espresso nel suo parere sull'argomento e riaffermato sia nella dichiarazione adottata congiuntamente con il Parlamento europeo il 6 aprile 2005 sia nella dichiarazione di Breslavia del 20 maggio 2005;

2.

prende atto delle proposte presentate dalla presidenza lussemburghese e concorda in particolare con l'opinione del Parlamento europeo secondo cui le prospettive finanziarie dovrebbero essere elaborate in modo da assicurare l'assegnazione di adeguate risorse per il raggiungimento degli obiettivi di competitività e crescita e garantire l'accesso di tutte le regioni europee ai fondi regionali e strutturali. Questo è indispensabile affinché l'Unione possa onorare i suoi impegni ed evitare che aumenti la delusione dei cittadini nei suoi confronti. Qualsiasi riduzione del bilancio metterà a repentaglio i principi fondamentali della politica di coesione e minaccerà di conseguenza il principio di solidarietà, elemento caratteristico essenziale dell'integrazione europea e del modello europeo di società. I tagli al bilancio in questo settore potrebbero portare ad una rinazionalizzazione della politica regionale nella maggior parte degli Stati membri dell'ex UE a 15, il che è chiaramente contrario alla visione degli enti locali e regionali europei;

3.

sottolinea la convergenza di opinioni tra il CdR e il Parlamento europeo nel sottolineare il ruolo importante del PE nei negoziati per il bilancio, su un piede di parità;

4.

invita gli Stati membri a resistere agli appelli volti a ridurre il bilancio dell'Unione; propone loro invece di fornire all'UE risorse finanziarie che le consentano di agire efficacemente nei settori in cui ha sempre fornito e può continuare a fornire un vero e proprio valore aggiunto alla vita dei cittadini europei e all'ambiente in cui vivono e lavorano. Fa osservare che questo richiede una forte leadership, una collaborazione intersettoriale chiaramente visibile e un costante dibattito pubblico nei prossimi mesi, per definire quei settori in cui l'Unione è in grado di apportare tale valore aggiunto;

5.

ricorda agli Stati membri che la politica di coesione è un settore in cui l'UE fornisce un reale valore aggiunto; gli investimenti in questo settore, infatti, danno più ampi benefici e hanno un maggiore effetto leva se condotti a livello europeo piuttosto che a livello nazionale. La politica di coesione si è dimostrata in particolar modo essenziale nella lotta alle disparità economiche e sociali tra le diverse regioni europee e al loro interno, disparità che costituiscono un importante ostacolo al completamento e al corretto funzionamento del mercato interno europeo. Tale politica è fondamentale per consentire alle regioni che sono in ritardo rispetto alla media europea di raggiungere gli obiettivi di Lisbona; essa dunque deve essere implicitamente considerata, in termini politici, parte integrante di tutte le strategie a favore della crescita e dell'occupazione in Europa;

6.

sostiene gli sforzi realizzati dal Presidente della Commissione europea per rilanciare i negoziati sulle prospettive finanziarie e ritiene che tali sforzi possano anche contribuire alla ripresa del dibattito su come ammodernare il bilancio comunitario; sottolinea tuttavia che tutte le proposte in materia devono essere elaborate all'interno di un adeguato quadro finanziario minimo. A tale proposito, prende atto della proposta di istituire un nuovo Fondo di adeguamento alla globalizzazione e programmi quali Jeremie e Jaspers e ritiene che tutti questi strumenti dovrebbero essere complementari e non alternativi alle linee di bilancio previste per il raggiungimento degli obiettivi di convergenza, competitività e occupazione;

7.

in tale contesto, inoltre, mette in guardia contro la tendenza a canalizzare i finanziamenti comunitari unicamente verso le politiche nazionali in materia di competitività e crescita considerando che i fondi comunitari possono essere meglio utilizzati per potenziare la coesione territoriale nell'ambito di un programma globale per la competitività e la crescita che si iscrive in una politica di coesione a livello dell'UE; chiede inoltre che le disposizioni dei fondi strutturali in materia di cofinanziamento continuino a prevedere la possibilità di cofinanziamenti privati;

8.

si rammarica che al vertice informale tenutosi il 27 ottobre ad Hampton Court non si sia potuto rilanciare il dibattito sulle prospettive finanziarie;

9.

teme in particolare che un ritardo nel raggiungimento di un accordo avrà un impatto negativo sulla visione dell'Europa da parte dei cittadini, metterà a repentaglio il buon inizio del prossimo periodo di programmazione e produrrà un clima di instabilità finanziaria negli enti locali e regionali dell'UE, con conseguenze economiche negative soprattutto nei nuovi Stati membri i quali potrebbero far fronte a gravi problemi per adempiere agli obblighi definiti nei periodi di transizione, obblighi assunti dai paesi conformemente agli accordi di adesione prima dell'ultimo ampliamento dell'Unione europea;

10.

riformula il suo appello alla presidenza britannica affinché faccia tutti i passi necessari per raggiungere un accordo entro la fine dell'anno.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/75


Parere di prospettiva del Comitato delle regioni sul tema La sicurezza di tutti i modi di trasporto, compresa la questione del finanziamento

(2006/C 115/17)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la lettera del 3 giugno 2005 del membro della Commissione europea Sig.ra WALLSTRÖM al Presidente STRAUB con la quale si chiede al CdR di elaborare un parere su «la sicurezza di tutti i modi di trasporto, compresa la questione del finanziamento» ai sensi dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il Libro bianco «La governance europea», pubblicato dalla Commissione nel 2001, in cui si sollecita il CdR a «svolgere un ruolo maggiormente proattivo nell'elaborazione delle politiche, per esempio preparando relazioni preliminari, in anticipo rispetto alle proposte della Commissione»,

visto il Protocollo sulle modalità di cooperazione fra la Commissione e il CdR del settembre 2001, con il quale la Commissione «incoraggia l'elaborazione dei documenti strategici del CdR in cui viene fatto il punto su temi che essa giudica importanti: tali» rapporti di prospettiva «approfondiscono l'analisi dei problemi esistenti nei settori per cui il CdR dispone dei mezzi di informazione adeguati sul campo»,

vista la decisione del proprio Presidente, in data 25 luglio 2005, di incaricare la commissione Politica di coesione territoriale di elaborare un parere in materia,

visto il proprio parere in merito alle comunicazioni della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Prevenzione, preparazione e risposta in caso di attacchi terroristici», «Prevenire e combattere il finanziamento del terrorismo attraverso misure per migliorare lo scambio di informazioni, per rafforzare la trasparenza e per aumentare la tracciabilità delle operazioni finanziarie», «Preparazione e gestione delle conseguenze nella lotta al terrorismo» e «La protezione delle infrastrutture critiche nella lotta contro il terrorismo» COM(2004) 698 def. — COM(2004) 700 def. — COM(2004) 701 def. — COM(2004) 702 def.,

visto il proprio progetto di parere (CdR 209/2005 riv. 1) adottato il 30 settembre 2005 dalla commissione Politica di coesione territoriale (Relatore: Robert NEILL, membro dell'assemblea dell'area metropolitana di Londra (UK, PPE)),

considerando quanto segue:

1)

La sicurezza dei sistemi di trasporto è stata sempre una preoccupazione primaria degli operatori di trasporto e delle principali parti interessate come i poteri pubblici e i passeggeri. Tuttavia gli atroci atti terroristici avvenuti di recente a Londra e Madrid hanno richiamato con forza l'attenzione sulla necessità di concentrarsi maggiormente sulla sicurezza dei sistemi di trasporto in tutta l'UE. Il CdR accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di pubblicare, verso la fine del 2005, una comunicazione su questo tema, nella quale affrontare anche la questione del finanziamento delle misure di sicurezza. Sarà poi compito prioritario degli Stati membri e dei loro enti regionali e locali stabilire come reagire a tale comunicazione, una volta pubblicata.

2)

Il CdR apprezza anche le misure che vengono attualmente prese o contemplate a livello UE e nazionale in materia di sicurezza del trasporto aereo, marittimo e merci.

3)

I governi degli Stati membri dell'UE avvertono che la minaccia di attacchi terroristici contro obiettivi civili sarà una costante negli anni a venire. La minaccia terroristica riguarda in particolare i sistemi di trasporto perché essi sono usati regolarmente da una massa notevole di persone, spesso senza che vi sia la possibilità di controlli di sicurezza sistematici.

4)

I governi regionali e locali e i poteri pubblici collegati, in considerazione della loro responsabilità in una serie di ambiti relativi ai trasporti, hanno un ruolo fondamentale da svolgere nel cercare di attenuare la minaccia e le conseguenze di un attentato terroristico.

5)

Nessun sistema di trasporto potrà mai essere completamente sicuro. Dal momento che il rischio di un attacco terroristico sarà sempre presente, dovranno essere messe a punto e/o aggiornate strategie per ridurre e gestire tale rischio. In tutto il mondo esistono competenze specialistiche in materia di gestione dei rischi, le quali sono state sviluppate in risposta agli attacchi terroristici dei decenni passati, degli attentati dell'11 settembre 2001 e di quelli più recenti. Il problema è come sfruttare tali competenze specialistiche in reti complesse quali i sistemi di trasporto, che possono coinvolgere molti attori diversi, pubblici e privati, e come finanziare le modifiche alle prassi vigenti che ne conseguono.

6)

La facilità di accesso a un'infrastruttura di trasporto efficiente e a prezzi ragionevoli costituisce una parte essenziale della vita negli Stati membri dell'UE. I cittadini europei, oltre ad essere utenti assidui dei sistemi di trasporto locali, fanno anche affidamento su una rete globale di trasporto e logistica che offre non solo opportunità lavorative e commerciali, ma è essenziale per la fornitura di prodotti di base, inclusi quelli alimentari. Vanno prese pertanto ulteriori misure per far fronte alla minaccia terroristica, senza però che esse creino difficoltà sproporzionate alla rete di trasporto. Forti e continue perturbazioni nei trasporti, che è quanto i terroristi cercano di provocare, avrebbero conseguenze gravi per la vita economica e sociale dell'UE.

7)

Il presente parere non intende affatto prendere in esame l'intera gamma di azioni che una strategia antiterrorismo comprenderebbe. Si concentra invece sulle questioni che rientrano nell'ambito di competenza degli enti regionali e locali e in particolare su quelle che riguardano il funzionamento dei servizi pubblici di trasporto. Più specificamente, nel parere si cerca di precisare alcune questioni sulle quali tali enti dovrebbero puntare la loro attenzione (come, in molti casi, già fanno) e di definire quale può essere il valore aggiunto, rispetto a questi sforzi, di una collaborazione con altri Stati membri a livello UE,

ha adottato il seguente parere in data 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria all'unanimità.

Osservazioni del Comitato delle regioni

Questioni fondamentali da affrontare

1.   Cooperazione

1.1

L'effettiva sicurezza nelle reti di trasporto dipende dalla massima collaborazione possibile fra tutte le parti coinvolte, che vanno dal personale dei servizi di trasporto a terra, i loro dirigenti e i responsabili politici (locali, regionali o nazionali) a cui devono rispondere, fino alla polizia e ai servizi di intelligence. Ciò è di importanza fondamentale per garantire un approccio coerente alla deterrenza e ad azioni efficaci nel caso di un attentato, facendo sì, per esempio, che, simultaneamente, i passeggeri siano soccorsi, le prove protette e i servizi ripristinati quanto più rapidamente possibile. Il coinvolgimento dei dirigenti a più alto livello di tutti gli enti risulta essenziale.

1.2

Questa collaborazione deve essere improntata all'equilibrio tra la riservatezza, laddove necessaria, e lo scambio delle informazioni tra gli enti, tra gli Stati membri e con il pubblico, laddove possibile. Dove è presente il settore privato, per esempio in quanto fornitore di servizi di trasporto o di servizi erogati in prossimità dei nodi di trasporto (per esempio servizi di pulizia o negozi al dettaglio/altre attività localizzati nelle stazioni ferroviarie), esso dovrebbe essere pienamente coinvolto nelle strategie di sicurezza.

1.3

La collaborazione deve estendersi anche alla cooperazione tra le regioni di uno Stato membro e a quella transfrontaliera nell'UE, in modo da permettere la diffusione delle buone pratiche e, se si verifica un atto terroristico, l'informazione immediata di tutti gli enti interessati, dai servizi di emergenza alle autorità di trasporto, perché essi possano prendere le misure appropriate.

1.4

Oltre a considerare gli atti terroristici verificatisi in Europa, in particolare gli attentati ai treni di Madrid nel 2004, l'UE dovrebbe cercare di trarre insegnamenti da altri paesi del mondo che hanno subito attacchi terroristici, come quelli di New York, Tokyo e Mosca (1). In aggiunta si dovrebbe fare in modo di mettere a frutto l'esperienza maturata in altri settori (per esempio, confrontare le risposte del trasporto aereo e di quello di superficie).

1.5

Gli elementi fondamentali della cooperazione europea in materia di sicurezza dei trasporti esistono già, ma si tratta di intensificare gli sforzi. Gli operatori di trasporto collaborano in sedi quali il gruppo di lavoro dell'UITP (Union internationale des transports publics — Organizzazione mondiale delle autorità e degli operatori dei trasporti pubblici) sulla sicurezza. Le polizie e le aziende ferroviarie in Europa cooperano attraverso la Colpofer (Collaboration des services de police ferroviaire et de sécurité — Cooperazione dei servizi di polizia ferroviaria e di sicurezza), organismo che fa parte dell'UIC (Union internationale des chemins de fer — Unione internazionale delle ferrovie) quale gruppo speciale indipendente (2). La polizia ferroviaria e le forze di polizia che operano nelle metropolitane dei Paesi Bassi, della Germania, del Belgio, dell'Italia e del Regno Unito si scambiano informazioni e buone pratiche e cercano di trovare sfere di cooperazione attraverso la Railpol (una rete internazionale di organizzazioni delle polizie ferroviarie). La polizia olandese assicura la presidenza e il segretariato di Railpol, le cui attività sono in parte finanziate dall'UE. Altri Stati membri hanno espresso il desiderio di aderire a questo gruppo, e ciò andrebbe incoraggiato.

2.   Formazione e pianificazione

2.1

I servizi di trasporto e di emergenza che hanno dovuto fronteggiare i recenti attacchi a Londra sono stati elogiati per la loro reazione organizzata. A quanto risulta, ciò sarebbe da attribuire a un addestramento appropriato e all'esistenza di piani di emergenza per tutti i servizi. Per un impiego efficace delle risorse umane si potrebbero costituire squadre di specialisti, compresi servizi di polizia ad hoc per le reti di trasporto, oppure personale dei trasporti o delle forze di polizia specialmente addestrato per sorvegliare le immagini dei sistemi televisivi a circuito chiuso (CCTV).

2.2

Una formazione regolare per il personale dei trasporti, che comprenda esercizi di simulazione di attentati terroristici e coinvolga tutti gli organismi interessati, risulta preziosa, specie nell'affrontare la situazione immediatamente successiva a un attacco.

2.3

La pianificazione di emergenza può comprendere interventi che vanno dal ripristino del servizio dopo un incidente specifico fino al ritorno, più in generale, all'attività normale. Questi piani possono essere provati attraverso esercitazioni e aggiornati in conseguenza di incidenti comuni come avarie delle attrezzature o eventi dipendenti da terze parti (falle nelle condutture idriche o gravi incidenti stradali). Analogamente, questa pianificazione dovrebbe avere un aspetto transfrontaliero, così, per esempio, da distribuire in modo chiaro le competenze nel caso di un incidente a un posto di frontiera o nelle vicinanze, oppure da fornire assistenza specializzata a uno Stato membro che può non disporre di tali strumenti.

2.4

La valutazione dei rischi rappresenta una parte essenziale della pianificazione e della formazione. Essa comprende il monitoraggio delle minacce globali, l'analisi sistematica degli attentati verificatisi in passato per trarre insegnamenti e valutazioni dai singoli incidenti (come nel caso dei bagagli incustoditi) quando si verificano e ridurre così al minimo le perturbazioni non necessarie.

2.5

I passeggeri che usano i servizi pubblici di trasporto e, naturalmente, gli utenti commerciali dei trasporti, hanno anch'essi un ruolo chiave da svolgere. Tuttavia, essi hanno bisogno di informazioni chiare e rapidamente disponibili, per esempio su come evitare di causare allarme, su cosa fare in caso di comportamento sospetto e di attacco. Queste informazioni dovrebbero essere disponibili in forma sintetica sui sistemi di trasporto stessi e in forma dettagliata nei siti web pertinenti. Inoltre sono necessarie strategie per riconquistare la fiducia dei passeggeri quanto alla sicurezza della rete, per esempio attraverso una presenza visibile di personale/polizia o mediante campagne d'informazione (3).

2.6

Sarebbe opportuno organizzare dei corsi nelle scuole, in altre istituti d'istruzione e nei luoghi di lavoro su possibili atti terroristici e sul comportamento da tenere al momento di un attacco del genere, distribuendo promemoria e altro materiale informativo, per aumentare il livello di attenzione e per ridurre le conseguenze dell'eventuale panico.

3.   L'uso della tecnologia dell'informazione

3.1

Sistemi di televisione a circuito chiuso efficienti e un monitoraggio efficace si sono dimostrati di importanza cruciale sia per scoraggiare gli atti criminosi sia per identificarne gli autori. Questi sistemi devono rispettare determinati standard e requisiti operativi per rendere possibile, ad esempio, lo scaricamento di dati, consentendo nel frattempo al sistema di continuare a svolgere la sua funzione di sorveglianza. Inoltre, le aziende ubicate nelle stazioni o nelle loro vicinanze o che formano parte dell'infrastruttura di trasporto possono disporre di telecamere proprie a circuito chiuso. Se opportunamente informate e addestrate, queste risorse possono diventare «occhi e orecchie» supplementari capaci di innalzare il livello di sicurezza in prossimità dei sistemi di trasporto con un lieve impatto sul funzionamento normale dell'azienda.

3.2

Assolutamente fondamentali sono reti telefoniche mobili resilienti. Se è vero che potrebbe rendersi necessario in certe circostanze disattivare le reti mobili o riservare il loro utilizzo ai servizi di emergenza, generalmente esse svolgono un ruolo significativo per far fronte a un incidente. Per esempio il personale dei trasporti presente sul luogo dell'attentato può dover ricorrere al cellulare per mettersi in comunicazione con un centro di controllo. Allo stesso modo i passeggeri possono aver bisogno di mettersi in contatto urgentemente con amici o parenti, contribuendo così a ridurre l'ansia e la confusione in caso di attentato.

4.   Progettazione

4.1

Nel fornire o appaltare servizi e infrastrutture di trasporto pubblico, è importante tener pienamente conto degli obblighi di sicurezza nelle specifiche del contratto. Dovrebbe inoltre essere prevista la possibilità di modificare tali obblighi in funzione della mutate condizioni di sicurezza.

4.2

Le autorità dei trasporti e gli occupanti dei siti di trasporto dovrebbero essere sollecitati a riesaminare la concezione delle strutture esistenti, quali i terminali e i mezzi di trasporto, in modo da diminuire le possibilità di nascondere ordigni, da facilitare l'evacuazione e da ridurre il numero di vittime e l'entità dei danni in caso di esplosione o di altro tipo di atto terroristico. Ad esempio, l'ampio uso di vetro e materiali leggeri nelle costruzioni più recenti, specie laddove vi sia una combinazione di spazi operativi e commerciali, potrebbe risultare non più appropriato. Allo stesso tempo è stata dimostrata l'efficacia di accorgimenti come la predisposizione di buone linee di visione e l'eliminazione di potenziali nascondigli.

5.   Finanziamento e risorse

5.1

Per poter migliorare la sicurezza delle reti di trasporto occorreranno risorse aggiuntive. In molti casi, queste risorse saranno considerevoli e/o necessarie nel lungo termine: si pensi per esempio a una tecnologia dell'informazione più sofisticata, a scambi ferroviari aggiuntivi per effettuare inversione di marcia, a un maggior numero di autobus, a un potenziamento del personale dei trasporti e di forze di polizia ad hoc, a un incremento della formazione e a campagne di informazione più capillari. Queste nuove iniziative possono superare di molto i piani di investimento preesistenti, destinati principalmente al rinnovo delle infrastrutture e delle reti di trasporto. In effetti, è possibile che in certi casi gli attuali processi finanziari per l'approvazione degli investimenti nei trasporti non siano adatti all'ottenimento di fondi per interventi volti a rafforzare le loro capacità di resistenza.

5.2

Se da un lato gli operatori delle reti di trasporto del settore pubblico e di quello privato, e gli altri enti interessati, devono decidere con precisione la risposta migliore dal loro punto di vista, è comunque essenziale che, una volta stabilite le priorità, non si ritardi l'attuazione delle misure a causa di un disaccordo sul finanziamento. La Commissione, gli Stati membri e gli enti regionali e locali dovrebbero impegnarsi per far sì che tale questione fondamentale sia affrontata correttamente.

5.3

La questione del finanziamento deve essere pertanto considerata all'inizio, parallelamente ad altri aspetti. Va ulteriormente approfondita la valutazione dei costi potenziali, ma è possibile che l'entità della reazione necessaria impedisca di trasferire l'intero costo delle misure sui passeggeri senza ridurre sensibilmente l'attrattiva del trasporto pubblico. In un momento in cui è essenziale incoraggiare l'uso dei trasporti pubblici per una serie di ragioni (di politica ambientale, sanitaria, economica) vanno evitati aumenti significativi delle tariffe.

5.4

Al momento di avviare la valutazione dei costi, gli Stati membri e gli enti pubblici devono tener conto del costo di non compiere tutti gli sforzi per ridurre la minaccia e le conseguenze di un atto terroristico. Ai costi diretti in termini di vittime e danni conseguenti a un attacco, si possono aggiungere i costi dei mancati incassi dovuti a un flusso turistico ridotto e alla contrazione dei viaggi, degli investimenti e di altre attività economiche in un arco di tempo significativo.

5.5

Le conseguenze possono aumentare enormemente a seguito di attentati coordinati, possibilmente simultanei, su componenti critiche selezionate di una o più infrastrutture con l'intenzione di massimizzare la perturbazione e/o la perdita di vite umane e il panico. La portata e l'entità di questi eventi emergono chiare dai dati contenuti nella tabella che segue.

Perdite derivanti da attentati alla sicurezza

Descrizione

Costo

Costo stimato sull'intera catena di approvvigionamento di un'arma di distruzione di massa spedita via container

EUR 770 miliardi

Caduta dei mercati europei (FTSE) immediatamente dopo gli attentati di Madrid

EUR 42 miliardi

Costo degli attentati informatici contro le aziende a livello mondiale nel 2003

EUR 9,6 miliardi

Costo degli attentati dell'11 settembre alle due torri del World Trade Center (diretto e indiretto)

EUR 64 miliardi

Fonte: Deloitte Research (1 EUR = 1,3 USD).

5.6

Si osserva tuttavia che il miglioramento del livello di sicurezza nei sistemi di trasporto comporta vantaggi potenziali. I provvedimenti volti a scoraggiare i terroristi agiscono da deterrenti anche contro altri potenziali autori di atti criminosi come furti o vandalismo ovvero infrazioni o aggressioni. Terminali di trasporto progettati e sorvegliati meglio generano un aumento della fiducia degli utenti e dei passeggeri, incrementando potenzialmente l'uso dei trasporti pubblici in generale. Una migliore pianificazione di emergenza e esercitazioni per prepararsi a reagire a incidenti di grande entità saranno utili anche in caso di emergenze non dovute al terrorismo.

Le raccomandazioni del Comitato delle regioni

1.

Il CdR invita la Commissione e tutti gli Stati membri ad attribuire alla questione della sicurezza dei trasporti la massima priorità. Il CdR ritiene che i poteri pubblici a tutti i livelli — comunitario, nazionale, regionale e locale — debbano disporre di strategie integrate e compatibili, commisurate alle loro responsabilità, per affrontare le minacce alla sicurezza e per attenuare gli effetti degli incidenti.

2.

Il CdR sottolinea che, oltre a concepire o a migliorare le strategie di sicurezza, è essenziale fare in modo che i sistemi dei trasporti pubblici continuino a funzionare in modo efficiente, dato che, in caso contrario, le conseguenze a livello sociale, economico e ambientale sarebbero disastrose.

3.

Il CdR chiede all'UE e agli Stati membri di incoraggiare gli operatori e tutti gli enti responsabili a intensificare la cooperazione tra gli Stati membri e al loro interno, sulla base delle reti esistenti di operatori e delle forze di polizia dei trasporti.

4.

Il CdR ritiene che tale cooperazione potrebbe concentrarsi sulla definizione di principi di condivisione delle informazioni allo scopo di sensibilizzare alla minaccia terroristica, di permettere una valutazione dei rischi e di trarre insegnamenti dagli attentati precedenti e dalle buone pratiche in tutta una serie di settori.

5.

Il CdR si congratula con i servizi di emergenza, gli operatori dei trasporti e i cittadini europei per la loro reazione alle recenti atrocità terroristiche. Il CdR sottolinea che tale reazione è stata possibile anche grazie al buon livello di formazione, alla pianificazione di emergenza e allo scambio di informazioni, e ritiene che, accanto ad una corretta progettazione e all'uso di una tecnologia dell'informazione adeguata, questi elementi siano parte integrante di qualunque strategia di sicurezza dei trasporti.

6.

Il CdR invita la Commissione e gli Stati membri a lavorare con i gestori delle reti di telefonia mobile e con gli operatori dei trasporti pubblici per incentivare lo sviluppo di servizi di telefonia mobile più resilienti nel caso di incidenti gravi, a vantaggio degli operatori e dei passeggeri. Inoltre, qualsiasi proposta dell'UE sulla conservazione dei dati elettronici e telefonici a fini di sicurezza non dovrebbe avere l'effetto di indebolire la legislazione nazionale attualmente in vigore in materia.

7.

Il CdR ricorda all'UE e agli Stati membri la vulnerabilità del trasporto stradale di fronte alla minaccia terroristica e la necessità di dare applicazione alle raccomandazioni di cui sopra ove risultino appropriate per tale settore; ricorda inoltre che il Comitato economico e sociale europeo ha attualmente in preparazione un parere in cui intende affrontare questo aspetto in maniera approfondita.

8.

Il CdR è dell'avviso che, di fronte al probabile persistere della minaccia terroristica, un miglioramento sufficiente delle strategie di sicurezza dei trasporti non sarà verosimilmente possibile senza stanziare sostanziali risorse aggiuntive. Chiede pertanto alla Commissione e agli Stati membri di trattare tale questione come urgente al fine di impedire che miglioramenti essenziali per la sicurezza siano ritardati per mancanza di una programmazione finanziaria.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  Cfr. l'allegato 1 per un elenco degli atti terroristici più recenti.

(2)  Cfr., per esempio, la dichiarazione congiunta dell'UITP e dell'UIC sui trasporti pubblici e sulla sicurezza antiterrorismo: http://www.uitp.com/mediaroom/june-2004/full-declaration-geneva-en.cfm.

(3)  Un esempio, che ci viene dagli USA, è la campagna indetta dall'ente dei trasporti dell'area metropolitana di Washington (Washington Metropolitan Area Transit Authority) che illustra il ruolo del proprio personale nel garantire la sicurezza. Cfr. Public Transport International, maggio 2004.


Allegato 1

Esempi recenti di attentati terroristici drammatici e di grande impatto a danno di sistemi di trasporto pubblico (con l'esclusione degli ultimi attentati di Londra):

1986

Parigi

Linea A della RER, un ordigno nascosto in una borsa da ginnastica esplode dopo che un passeggero lo ha gettato fuori dal treno.

1994

Baku

Due bombe nella metropolitana uccidono 19 persone e ne feriscono 90.

1995

Tokyo

Un attacco con il gas Sarin nella metropolitana uccide 12 persone e ne intossica 5 600.

 

Parigi

Una bomba alla stazione della metropolitana Saint Michel uccide 8 persone e ne ferisce 120.

1996

Parigi

Un'esplosione nella stazione della metropolitana Port-Royal uccide 4 persone e ne ferisce 91.

 

Mosca

Un'esplosione in un vagone della metropolitana uccide 4 persone e ne ferisce 12.

2000

Mosca

Un'esplosione in un sottopassaggio pedonale vicino a una stazione della metropolitana uccide 11 persone e ne ferisce 60.

2003

Daegu (Corea del sud)

In un vagone viene dato fuoco a un recipiente per il latte riempito di liquido infiammabile. L'incendio causa la morte di 120 passeggeri e il ferimento di altri 100.

2004

Mosca

Un attentato suicida distrugge un treno della metropolitana al mattino, durante l'ora di punta, e provoca 40 vittime e circa 140 feriti tra i passeggeri.

2004

Madrid

10 bombe nascoste negli zaini esplodono al mattino durante l'ora di punta, a pochi minuti di distanza l'una dall'altra, in treni pendolari, uccidendo 190 passeggeri e ferendone circa 1 400. Vengono trovate e fatte brillare altre 3 bombe.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/81


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Cittadini per l'Europa» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva

(2006/C 115/18)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Cittadini per l'Europa» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (COM(2005) 116 def.),

vista la decisione della Commissione europea del 6 aprile 2005 di consultarlo sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Cittadini per l'Europa» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva, in conformità dell'articolo 151, dell'articolo 265, primo comma, e dell'articolo 308 del TCE,

vista la decisione, presa dal proprio Presidente il 20 gennaio 2005, di incaricare la commissione Affari costituzionali e governance europea dell'elaborazione di un parere sulla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma «Cittadini per l'Europa» mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva,

visto il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa firmato il 29 ottobre 2004 e, in particolare, gli artt. I-10 e III-280,

vista la decisione 2004/100/CE del Consiglio del 26 gennaio 2004 che istituisce un programma d'azione comunitaria per la promozione della cittadinanza europea attiva (partecipazione civica) (1),

visto il proprio parere del 20 novembre 2003 in merito alla Proposta di decisione del Consiglio che istituisce un programma d'azione comunitaria per la promozione della cittadinanza europea attiva (partecipazione civica) e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle misure che gli Stati membri devono prendere per garantire la partecipazione di tutti i cittadini dell'Unione alle elezioni del Parlamento europeo del 2004 in un'Unione allargata (CdR 170/2003 fin) (2),

visto il proprio parere del 21 novembre 2002 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una strategia di informazione e di comunicazione per l'Unione europea» (COM(2002) 350 def.) (CdR 124/2002 fin) (3),

vista la Quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza dell'Unione (1o maggio 2001-30 aprile 2004) (COM(2004) 695 def.),

vista la Comunicazione della Commissione «Far sì che la cittadinanza diventi effettiva: promuovere la cultura e la diversità europee mediante programmi nei settori della gioventù, della cultura, dell'audiovisivo e della partecipazione civica» (COM(2004) 154 def.),

visto il proprio progetto di parere (CdR 120/2005 riv. 2), adottato il 4 ottobre 2005 dalla commissione Affari costituzionali e governance europea (relatrice: Claude DU GRANRUT, membro del consiglio regionale della Piccardia e vicesindaco di Senlis — FR/PPE),

considerando quanto segue:

1)

la seconda parte del Trattato che istituisce la Comunità europea ha previsto una cittadinanza europea che, ai sensi dell'art. 17, completa la cittadinanza nazionale ma non la sostituisce; tali disposizioni sono state riprese nell'art. I-10 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa; inoltre, quest'ultimo Trattato contiene un Titolo VI intitolato «La vita democratica dell'Unione».

2)

La cittadinanza si esercita in primo luogo in un quadro di prossimità: conformemente al principio di sussidiarietà, gli enti locali e regionali devono svolgere un ruolo attivo nella sua promozione.

3)

In qualità di organo rappresentativo degli enti locali e regionali e garante della democrazia di prossimità nel processo decisionale comunitario, il Comitato è primariamente interessato dalla promozione e dall'attuazione della cittadinanza europea.

4)

Con la summenzionata decisione del 26 gennaio 2004 il Consiglio ha istituito un programma triennale d'azione comunitario per la promozione della cittadinanza europea attiva; è necessario portare avanti le azioni avviate a titolo di tale programma per un importo di riferimento finanziario di 72 milioni di euro.

5)

Nel contesto dell'allargamento dell'Unione europea bisogna compiere uno sforzo particolare per promuovere la cittadinanza europea nei nuovi Stati membri.

6)

Inoltre, il 2005 è stato proclamato dal Consiglio d'Europa «Anno europeo della cittadinanza attraverso l'istruzione» per ribadire l'importanza che quest'ultima riveste nella promozione e nella tutela dei diritti dell'uomo; a Varsavia, nel 2005, a margine del 3o vertice del Consiglio d'Europa, si è tenuto un vertice dei giovani che ha dimostrato come una gioventù attiva e consapevole della propria nuova identità sia il mezzo più efficace per promuovere una cittadinanza attiva,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

ritiene che l'Unione europea abbia il dovere di sensibilizzare i cittadini alla dimensione europea della loro cittadinanza;

1.2

è convinto che l'accresciuta diversità interna all'Unione, derivante dall'adesione, dal 1o maggio 2004, di dieci nuovi Stati membri e dall'adesione futura di altri Stati, richieda un impegno particolare per promuovere una cittadinanza europea attiva sia in questi nuovi Stati, sia nei quindici «vecchi» Stati membri dove, nella promozione della cittadinanza europea, si deve tenere conto dell'arricchimento culturale, sociale e linguistico conseguente all'allargamento;

1.3

esprime preoccupazione per la sensazione, diffusa tra i cittadini europei, di essere tenuti lontani dalle istanze decisionali dell'Unione europea e di essere scarsamente informati: ciò ha suscitato un atteggiamento di reticenza nei confronti dello sviluppo politico dell'Unione europea;

1.4

ribadisce il ruolo essenziale che gli enti locali e regionali devono svolgere per dare impulso a una cittadinanza europea attiva;

1.5

si rallegra della proposta di decisione che istituisce un programma d'azione mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva, la cui dotazione finanziaria, per il periodo 2007-2013, ammonta a 235 milioni di euro, e che costituisce il seguito del programma 2004-2006, di cui il Comitato, nel suo precedente parere CdR 170/2003, aveva deplorato la scarsezza dei fondi disponibili (72 milioni di euro);

1.6

ritiene che la promozione della cittadinanza costituisca una tematica trasversale, e che di essa occorra tener conto in altre azioni dell'Unione europea: la dimensione della cittadinanza va quindi tenuta presente nei programmi adottati nel settore dell'istruzione, della cultura e della gioventù, come pure nelle azioni avviate dalla DG Giustizia, libertà e sicurezza nel quadro del programma in materia di diritti fondamentali e cittadinanza per il periodo 2007-2013;

1.7

osserva, in compenso, che taluni elementi dei programmi come quelli che promuovono i valori comuni ai cittadini europei e i fatti significativi della loro storia comportano una forte dimensione «cittadinanza» e troverebbero una migliore collocazione nel programma «Cittadini per l'Europa»;

1.8

è dell'avviso che per migliorare i progetti in materia di cittadinanza sia indispensabile adottare a livello locale e regionale misure di sostegno allo scambio delle migliori pratiche;

1.9

si compiace che la Commissione si sia adoperata per effettuare, nel quadro dell'elaborazione della proposta in esame, una consultazione pubblica di vasta portata, culminata nel forum consultivo tenutosi il 3 e 4 febbraio 2005, al quale il Comitato è stato associato;

1.10

condivide la priorità attribuita dal programma d'azione ai gemellaggi tra città, la cui dotazione finanziaria rappresenta quasi un terzo del bilancio complessivo assegnato al programma;

1.11

constata tuttavia che le prospettive finanziarie del nuovo programma lasciano prevedere una riduzione del numero dei progetti finanziati, ed esprime preoccupazione per l'effetto dissuasivo che tale prospettiva potrà esercitare nei confronti dei proponenti dei progetti;

1.12

ritiene che vada incoraggiato anche il gemellaggio di altri enti locali e regionali, però sempre nel rispetto delle legislazioni nazionali;

1.13

è dell'avviso che il maggior potenziale per lo sviluppo di un'identità europea sia offerto dagli spazi transfrontalieri, che si trovano a contatto con più culture nazionali, ed esorta a proseguire le riflessioni avviate, in particolare dalla DG REGIO, sulla realizzazione di strutture di cooperazione transfrontaliere al fine di integrarvi la dimensione della cittadinanza;

1.14

condivide il principio di aprire il programma agli Stati dell'EFTA facenti parte dello Spazio economico europeo, ai paesi candidati che beneficiano di una strategia di preadesione e ai paesi dei Balcani occidentali, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, ma si rammarica che la proposta di decisione non prenda in considerazione i cittadini della Comunità che risiedono al di fuori del territorio dell'Unione;

1.15

approva la proposta di sostenere una società civile attiva in Europa e ribadisce la priorità da attribuire ai relativi progetti;

1.16

sottolinea l'interesse di una politica attiva di informazione e comunicazione a lungo termine, che il Comitato preferisce rispetto all'organizzazione sistematica di eventi di grande visibilità le cui ripercussioni non sono sempre significative;

1.17

accoglie con favore gli sforzi profusi per alleggerire i vincoli amministrativi che gravano sui beneficiari, sempre nel rispetto delle regole finanziarie vigenti che potrebbero però essere ulteriormente migliorate;

1.18

si rallegra del previsto processo di seguito e di valutazione e, in particolare, dell'intenzione di presentare tre relazioni, rispettivamente, nel 2010, 2011 e 2015; deplora tuttavia il fatto che a tutt'oggi non sia disponibile nessuna valutazione intermedia del programma triennale 2004-2006.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

2.1

auspica che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino senza indugi la decisione in esame, così da garantire la continuità delle azioni attualmente in corso nel quadro del programma triennale 2004-2006;

2.2

invita la Commissione europea ad inserire la dimensione della cittadinanza in tutte le sue proposte, e particolarmente in quelle che essa è invitata a formulare nel settore dell'istruzione, della cultura, della gioventù e della tutela dei diritti fondamentali, e a trasporre nel programma in esame taluni elementi di altri programmi, nella misura in cui essi siano prevalentemente incentrati sulla promozione della cittadinanza;

2.3

ritiene che la dotazione finanziaria prevista debba essere aumentata e fatta rientrare in una voce di bilancio specificamente destinata alla promozione di una cittadinanza europea attiva nei nuovi Stati membri;

2.4

ribadisce la necessità di intensificare i gemellaggi tra città, e propone che anche altri enti locali e regionali siano incoraggiati ad avviarne e a partecipare a quelli già in corso sul proprio territorio, traendo ispirazione dalle migliori pratiche già individuate;

2.5

auspica che venga riservata un'attenzione particolare alla promozione della cittadinanza europea negli spazi transfrontalieri;

2.6

chiede che venga avviata una riflessione sui modi e sugli strumenti atti a promuovere la cittadinanza europea dei cittadini della Comunità che risiedono al di fuori del territorio dell'Unione;

2.7

incoraggia l'attuazione di una politica di informazione e comunicazione a lungo termine, che sia destinata in particolare ai giovani e di cui sia chiaramente evidenziata l'origine europea;

2.8

chiede che proseguano gli sforzi intesi a semplificare i vincoli amministrativi;

2.9

auspica che le amministrazioni locali e regionali assolvano una funzione di «vettori» nella politica di informazione e di comunicazione;

2.10

propone che venga messa a punto una raccomandazione intesa a favorire l'educazione alla cittadinanza europea nell'ambito scolastico e universitario, azione della quale la Commissione europea sarebbe il capofila e alla quale il Comitato vorrebbe essere associato in qualità di rappresentante degli enti responsabili in materia di istruzione.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU L 30 del 4.2.2004, pag. 6.

(2)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 46.

(3)  GU C 73 del 26.3.2003, pag. 46.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/84


Parere del Comitato delle regioni in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea

(2006/C 115/19)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'attuazione della strategia forestale dell'Unione europea (COM(2005) 84 def.),

vista la decisione della Commissione, del 17 marzo 2005, di consultarlo sull'argomento, a norma dell'articolo 265, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la decisione del proprio Ufficio di presidenza, del 16 novembre 2004, di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di elaborare un parere sull'argomento,

vista la risoluzione del Consiglio, del 15 dicembre 1998, relativa ad una strategia forestale per l'Unione europea,

visto il proprio parere del 19 novembre 1997 sul tema Utilizzazione, gestione e protezione delle foreste nell'Unione europea (CdR 268/1997) (1),

visto il proprio parere del 18 novembre 1999 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sulla strategia forestale dell'Unione europea (CdR 184/1999) (2),

visto il proprio parere del 12 febbraio 2003 in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il monitoraggio delle foreste e delle interazioni ambientali nella Comunità (Forest Focus) (CdR 345/2002) (3),

visto il progetto di parere (CdR 213/2005 riv. 1), adottato in data 6 ottobre 2005 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore: Enrico BORGHI, consigliere comunale di Vogogna (IT/ALDE),

ha adottato il seguente parere in data 17 novembre 2005 nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Considerazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

1.1

valuta positivamente che la Commissione abbia predisposto un documento di valutazione dell'attuazione della strategia forestale, come il Consiglio l'aveva invitata a fare nella risoluzione del 15 dicembre 1998;

1.2

esprime viva soddisfazione per il fatto che tutte le istituzioni comunitarie stiano esaminando il documento, segno dell'interesse che il tema forestale riscuote a livelli sempre più ampi;

1.3

prende atto che la Commissione:

non esprime espliciti giudizi sui risultati ottenuti dalla strategia,

conferma la persistente validità dei principi e degli elementi fondamentali della medesima: sostenibilità della gestione forestale, ruolo multifunzionale delle foreste, riferimento ai programmi forestali nazionali,

ritiene necessario riposizionare la strategia all'interno del «mutato contesto politico»,

propone la formazione di un piano d'azione europeo per la gestione forestale sostenibile, la revisione degli attuali strumenti per agevolare il coordinamento e la cooperazione tra le varie politiche settoriali che hanno incidenza per le foreste nonché la revisione del comitato permanente forestale;

1.4

rileva che né il vigente Trattato sull'Unione né il nuovo Trattato costituzionale prevedono una politica forestale comune e includono il legno tra i prodotti agricoli: ne deriva che a livello europeo resta solo lo strumento del coordinamento e quelli della politica ambientale e, nell'ambito della normativa agricola, gli interventi a favore dei boschi, non avendo la Commissione voluto utilizzare il proprio potere di iniziativa per dar luogo a una base legislativa;

1.5

prende atto, pertanto, della proposta della Commissione di proseguire, con riferimento anche alle strategie di Lisbona e di Göteborg, lo sviluppo della strategia con la costituzione di un piano d'azione europeo per la gestione forestale sostenibile, nell'intento di pervenire a strumenti più strutturati e definiti e più sicuramente applicati nei singoli Stati rispetto alla situazione presente;

1.6

apprezza, per quanto si riferisce allo sviluppo della strategia europea in ambito mondiale, l'esaustiva elencazione di documenti e accordi esistenti, pur notando che anche in questi casi si applica il principio di sussidiarietà, per cui risulta necessario prevedere o la ratifica degli accordi internazionali da parte degli Stati costituenti l'Unione o forme di coordinamento da parte degli organi comunitari;

1.7

ritiene che foresta e bosco, così come l'acqua — ed è intuitivo il rapporto tra i due elementi -, costituiscano beni di rilevanza strategica in ambito mondiale che dovrebbero essere oggetto di una politica comunitaria e non della somma di tanti tasselli non facilmente riconducibili a un evidente disegno comune, specie se si considera il rapporto causale che intercorre tra il disboscamento e le inondazioni.

Elementi della strategia forestale

Il Comitato delle regioni

1.8

ritiene che sino ad ora il sistema foresta/legno non abbia avuto la necessaria visibilità nelle politiche comunitarie di sviluppo economico, di modo che, pur dando vita complessivamente a un'occupazione e a un volume d'affari molto consistenti nell'intera filiera, è considerato alla stregua di un settore marginale;

1.9

considera necessario che l'utilizzazione delle diverse qualità di legno prodotto in Europa, compreso il legname proveniente da coltivazioni realizzate a scopo di produzione energetica, venga fatta oggetto di una strategia comunitaria di lungo termine. La promozione dell'uso del legno deve prevedere progetti di informazione e comunicazione che ne illustrino le caratteristiche tecniche e le possibilità di impiego al di là di quelle tradizionali, mirando a sostituire altri materiali il cui costo complessivo, considerando lo smaltimento a fine esercizio, diventa sempre più oneroso;

1.10

valuta l'esigenza di promuovere, attraverso le politiche di sviluppo economico, altri prodotti forestali, e tra essi sia quelli menzionati nella comunicazione, come il sughero, le resine, le piante medicinali, i funghi e le bacche, sia quelli non menzionati, come la selvaggina, i prodotti dell'apicoltura, i pinoli, le castagne e le piante aromatiche;

1.11

sostiene lo sviluppo della certificazione delle foreste, che deve diventare uno strumento dei produttori per presentare il proprio legno sul mercato interno creando un elemento di concorrenza evidente per gli utilizzatori e i cittadini. I sistemi di certificazione debbono restare volontari, con elementi che vanno decisi dalle diverse organizzazioni che li propongono. L'autorità non deve intervenire nell'elaborazione dei diversi sistemi dettando norme, salvo quelle necessarie per garantire trasparenza e impedire informazioni fraudolente;

1.12

considera utile che si proseguano, intensificandoli, gli interventi a favore dell'utilizzo delle pezzature legnose di minor valore e dei residui di lavorazione, come pure del legname proveniente da coltivazioni realizzate a fini energetici, per la produzione di calore ed energia nelle aree prossime a quelle di produzione, al fine di sostituire altri combustibili minerali. Si dovranno prevedere misure che rendano possibile il mercato dell'energia prodotta col legno;

1.13

stima necessario che il futuro piano sostenga le diverse organizzazioni del settore forestale — relative alla proprietà dei suoli e all'utilizzo — ponendo particolare attenzione al consolidamento o alla ricostruzione degli elementi della filiera; contestualmente si dovrà dare impulso e sostegno all'associazione forestale;

1.14

prende atto dell'ormai diffusa consapevolezza del ruolo multifunzionale di foreste e boschi, che tuttavia il più delle volte non si riflette proporzionalmente al proprio potenziale sull'economia delle zone interessate e sul reddito degli abitanti, e aggiunge che anzi in molti casi i proprietari debbono fare i conti con vincoli e limitazioni stabiliti dalle autorità. Dato che tale problema non è ancora stato risolto e che le politiche di coesione e di sviluppo rurale non hanno saputo incentivare e promuovere adeguatamente l'economia delle aree forestali, è importante l'approvazione delle misure che collegano politica forestale e sviluppo rurale contenute nella proposta della Commissione (COM(2004) 490 def.);

1.15

ritiene che gli obiettivi di Lisbona e Göteborg per il miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e di una sempre maggiore coesione sociale vadano tenuti ben presenti anche nella predisposizione del piano per quanto si riferisce sia agli addetti alla filiera forestale sia ai territori coinvolti;

1.16

considera necessario che il piano favorisca l'inserimento nel settore di una consistente quota di tecnici forestali specializzati, i quali sono forse maggiormente in grado di sviluppare la gestione forestale. L'apporto dei tecnici sarà anche in grado di contribuire a organizzare e sostenere la filiera e l'associazionismo dei proprietari e degli operatori. Il piano dovrà prevedere anche programmi e iniziative per l'adeguata crescita professionale e formazione complessiva dei lavoratori della filiera;

1.17

afferma la necessità che la gestione forestale sostenibile, la legislazione di settore ed ambientale, la formulazione e l'attuazione dei programmi siano oggetto di informazione corretta e di educazione nelle aree interessate, così da poter ottenere la condivisione e la collaborazione degli abitanti e la crescita sociale e culturale delle comunità locali;

1.18

appoggia le iniziative FLEGT in atto per combattere i disboscamenti illegali e per assicurare il rispetto degli accordi internazionali, ne chiede la prosecuzione e auspica che siano completamente attuate sul piano legislativo;

1.19

invita le istituzioni comunitarie ad avviare iniziative che tutelino i produttori europei dalla indebita concorrenza di prodotti di aree dove non sono rispettate le garanzie di tutela dei lavoratori e delle popolazioni indigene locali, spesso oggetto di grave sfruttamento;

1.20

conferma la propria adesione alle politiche ambientali dell'UE che coinvolgono le aree forestali e si compiace del consistente aumento in Europa di aree protette, delle iniziative di tutela della biodiversità e di lotta alla desertificazione;

1.21

prende atto con soddisfazione che le politiche ambientali sono divenute sempre più patrimonio dell'intera società europea e che le azioni comunitarie hanno contribuito a determinare questi positivi risultati;

1.22

sottolinea che il piano d'azione dovrà favorire la trasformazione delle formazioni forestali per esaltarne la multifunzionalità, promuovere la biodiversità, costituire elemento di tipicità del paesaggio e, ancor più, per la tutela delle risorse idriche e della qualità dell'aria. Andranno comunque posti in essere i principi di gestione forestale sostenibile definiti a Rio de Janeiro, unitamente a linee strategiche di adattamento delle formazioni forestali e dell'intera filiera al cambiamento climatico;

1.23

esprime preoccupazione per i possibili danni ambientali causati da interventi forestali e attività accessorie in aree sensibili sul piano ambientale. Le torbiere alte, ad esempio, necessitano di particolare protezione;

1.24

considera indispensabile che il piano comprenda iniziative di ricerca scientifica e tecnologica riferite in particolare a:

impieghi innovativi del legno, specie nel settore delle costruzioni, e di altri materiali derivati dal legno,

macchine e tecnologie forestali innovative,

una gestione forestale finalizzata alla multifunzionalità;

1.25

ritiene che le questioni di più urgente interesse per la ricerca siano quelle delle modalità di imboschimento, di ripristino attraverso ricostituzione dei soprassuoli forestali e di gestione forestale per esaltare il sequestro del carbonio, nei tempi brevi e lunghi. Queste linee di ricerca devono trovare nel Settimo programma quadro la considerazione adeguata con riferimento ai vari ambienti e climi delle diverse regioni europee;

1.26

confida che il piano d'azione contempli iniziative programmate e durature di livello europeo per accrescere la consapevolezza nel pubblico dei multiformi aspetti e benefici della realtà forestale comunitaria. In particolare vanno previste azioni di informazione rivolte a tutti ed altre più specifiche indirizzate ai giovani, programmi di visita ai luoghi protetti, ai diversi siti della filiera forestale, alle aziende che utilizzano il legno come materia prima.

1.27

ricorda l'esigenza di inserire nel Piano indicazioni precise per la protezione di boschi e foreste dagli incendi, dall'inquinamento e da agenti biotici nonché per esaltare la funzione protettiva contro frane, valanghe, alluvioni che le formazioni forestali sono in grado di assicurare;

1.28

considera che gli Stati dispongono della rilevante leva della fiscalità per promuovere ed incentivare le proposte e gli indirizzi di politica forestale che essi ritengono idonei, ed in particolare quelli relativi all'associazionismo o dotati di rilevanza sociale ed ambientale. Il Piano potrebbe fornire notizie in merito a quanto già in atto nei vari Stati e favorire iniziative di raccordo.

2.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

2.1

il Comitato propone che vengano esplorate tutte le possibilità per dotare la strategia forestale comunitaria di una base giuridica, nella considerazione che l'intera materia ha ormai raggiunto rilievo planetario;

2.2

chiede che tutte le istituzioni comunitarie operino perché la proposta della Commissione, se non sarà modificata, venga rapidamente posta in essere, assicurando che il futuro piano non costituisca solo un indirizzo per gli Stati, ma definisca responsabilità precise e risorse per la sua realizzazione;

2.3

ritiene che il piano europeo vada approvato con la certezza che i piani forestali nazionali saranno in tempi prefissati predisposti e che recepiranno le indicazioni di quello comunitario;

2.4

propone che il piano contenga proposte per la promozione delle varie componenti della filiera forestale, prevedendo forme di incentivazione per assicurare il funzionamento della filiera medesima, la manutenzione dei boschi di scarso o assente valore economico, la costituzione di associazioni di proprietari e conduttori con la presenza di tecnici forestali, la realizzazione e manutenzione di opere, iniziative, servizi sociali, ambientali e di protezione delle foreste se contenute in programmi di autorità regionali o locali;

2.5

invita, al fine di pervenire a intese effettivamente realizzabili a livello mondiale, a porre il massimo impegno per la definizione di un nuovo accordo internazionale sulle foreste che costituisca uno strumento valido su scala mondiale in materia di gestione sostenibile, attuando così le conclusioni del Consiglio del 26 aprile 2005;

2.6

raccomanda nuovamente di assicurare la massima priorità al rapporto tra attività silvicole e industria utilizzatrice del legno, al commercio delle varie tipologie di legno europeo, al sostegno della complessiva filiera forestale, attuando il massimo di coordinamento nell'ambito dei servizi della Commissione;

2.7

esorta a migliorare e a sviluppare ulteriormente le possibilità di introduzione dell'energia rinnovabile proveniente dalla silvicoltura e a integrarle nella strategia della Commissione in materia più di quanto non si sia fatto finora, in modo da concedere vantaggi concreti agli operatori del settore forestale;

2.8

ritiene necessario che il piano affronti il tema dei servizi di valore ambientale, turistico, culturale e sociale di bosco e foresta, in modo che siano apprezzati per se stessi e si indichino modalità di valutazione in termini economici al fine di incoraggiare proprietari e gestori a fornirli volontariamente al mercato. Laddove tale mercato sia inesistente, il piano deve prevedere dei metodi e delle misure per favorire il trasferimento al proprietario o al gestore del beneficio ambientale calcolato;

2.9

chiede che il piano possa prevedere che le azioni finanziate dalle autorità possano essere realizzate, se queste lo desiderano e ne hanno capacità, dalle organizzazioni dei proprietari e dei produttori;

2.10

considera indispensabile che il piano costituisca elementi di base utili agli Stati e alle altre autorità per rivisitare le legislazioni attualmente in vigore, alcuni aspetti delle quali sono certamente di ostacolo all'attuazione degli obiettivi comunitari. Al riguardo vanno previste azioni di semplificazione amministrativa delle procedure a tutti i livelli;

2.11

approva la proposta della Commissione di rivedere il ruolo del comitato permanente forestale in modo da consentirgli di collaborare alla formulazione del piano e alla sua realizzazione nonché di tenere rapporti autorevoli con gli Stati;

2.12

stima indispensabile promuovere gli interessi forestali all'interno della Commissione, sul piano sia delle strutture che del personale, in modo che il piano d'azione dell'UE possa essere attuato efficacemente;

2.13

propone che Commissione e Stati diano vita a un Forum della scienza e della tecnica forestale composto di rappresentanti delle università, dei centri di ricerca, delle associazioni di tecnici, con il compito di ampliare la conoscenza condivisa di realtà, tipologie e problematiche delle diverse formazioni forestali dell'Unione e di indicare iniziative e programmi di ricerca scientifica e tecnologica. L'attività del Forum dovrà essere coordinata e finanziata dalla Commissione;

2.14

chiede, in considerazione della rilevanza strategica della politica forestale per il futuro delle comunità locali, che la proposta di piano venga sottoposta a questo Comitato per raccoglierne il parere: ciò anche nella considerazione che la materia forestale è in molti Stati di competenza di autorità regionali e locali.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 64 del 27.2.1998, pag. 25.

(2)  GU C 57 del 29.2.2000, pag. 96.

(3)  GU C 128 del 29.5.2003, pag. 41.


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/88


Parere del Comitato delle regioni sul tema Il contributo degli enti locali e regionali alla lotta contro i cambiamenti climatici

(2006/C 115/20)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la decisione della presidenza britannica dell'Unione europea, del 30 giugno 2005, di consultarlo, conformemente al disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea, sul tema Il contributo degli enti locali e regionali alla lotta contro i cambiamenti climatici,

vista la decisione del proprio Presidente, del 25 luglio 2005, di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di elaborare un parere sull'argomento,

viste le conclusioni del Consiglio europeo del 22 e 23 marzo 2005 e del Consiglio Ambiente del 7 marzo 2005,

visto il proprio parere del 21 settembre 2000 in merito al Libro verde sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra all'interno dell'Unione europea e alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle politiche e misure dell'Unione europea per ridurre le emissioni di gas a effetto serra: verso un programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP) (COM(2000) 87 def. e COM(2000) 88 def. — CdR 189/2000 fin (1)),

visto il progetto di parere (CdR 65/2005 riv. 1) adottato il 28 giugno 2005 dalla commissione Sviluppo sostenibile in merito alla comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici (COM(2005) 35 def.),

visto il proprio progetto di parere (CdR 215/2005 riv. 1) adottato il 6 ottobre 2005 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore: Ken BODFISH, presidente del consiglio comunale di Brighton e Hove (UK/PSE)),

considerando quanto segue:

1)

Il clima sta cambiando. La comunità scientifica è unanime nel prevedere un aumento della temperatura, a livello planetario, compreso tra 1,4 °C e 5, 8 °C entro il 2010.

2)

Nel 1996 il Consiglio dei ministri dell'UE dichiarava che le temperature medie a livello planetario non dovessero superare di oltre 2 °C le temperature del periodo pre-industriale.

3)

Gli effetti dei cambiamenti climatici saranno avvertiti in tutto il mondo, soprattutto a livello locale, in termini di riduzione dei raccolti, inondazioni, incendi boschivi, danneggiamento ed erosione del suolo, restrizioni all'uso dell'acqua, danni alle infrastrutture stradali e ferroviarie, perdita di biodiversità, interruzioni nella fornitura di energia elettrica, diminuzione delle riserve di combustibili fossili, danni strutturali e subsidenza, formazione di «isole di calore» (2) e problemi di qualità dell'aria.

4)

Alcune condizioni meteorologiche estreme (come le inondazioni) hanno già avuto un impatto considerevole sull'economia europea e, con gli ulteriori cambiamenti climatici che si prevedono, potrebbero avere effetti catastrofici.

5)

L'efficacia della prevenzione dei cambiamenti climatici viene generalmente riconosciuta, ma occorrerà anche mitigare gli effetti dei cambiamenti che si stanno già verificando ed adattarvisi.

6)

Gli enti locali e regionali svolgono un ruolo importante nel monitorare e valutare i cambiamenti del clima ed informare dei loro possibili effetti le rispettive collettività di riferimento, come pure nel definire strategie volte a mitigare tali effetti e adattarvisi e a promuovere l'uso sostenibile dell'energia,

ha adottato all'unanimità il seguente parere in data 17 novembre 2005 nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   La posizione del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

Introduzione

1.1

si compiace per la capacità di guida finora dimostrata dalla Commissione europea e dal Consiglio in materia di cambiamenti climatici e li invita a perseverare nel loro impegno nell'ambito dell'imminente definizione della politica da adottare in materia per il periodo successivo al 2012;

1.2

esprime apprezzamento per l'impegno di cui il Consiglio ha dato prova decidendo, nel marzo 2005, di fissare obiettivi più ambiziosi in tema di riduzione delle emissioni, e invita l'Unione europea a concentrarsi maggiormente sulla risposta globale da dare ai cambiamenti climatici per far sì che a quello profuso dal Consiglio corrisponda un analogo impegno in altre sedi;

1.3

sottolinea che gli enti locali e regionali svolgono un ruolo centrale e indispensabile nella lotta ai cambiamenti climatici. Infatti, è a livello delle amministrazioni locali e regionali che si concentrano il compito di garantire il benessere dei cittadini in una data area, l'erogazione dei servizi essenziali, la possibilità di influire sulla qualità di vita e le condizioni di lavoro delle persone, i poteri di esecuzione, il know-how operativo e la legittimazione democratica. Mediante il ricorso a fonti rinnovabili di energia, gli enti locali e regionali possono contribuire alla lotta contro i cambiamenti climatici meglio di qualsiasi altra istituzione;

1.4

ritiene necessario un riconoscimento generalizzato del ruolo fondamentale che gli enti locali e regionali possono assolvere nella lotta ai cambiamenti climatici e che, pertanto, essi debbano essere dotati delle risorse adeguate per svolgere tale ruolo;

1.5

sottolinea che le persone più duramente colpite dai cambiamenti climatici sono spesso quelle più povere, sia nell'UE che nei paesi terzi, e che la loro capacità di adattarsi agli effetti di tali cambiamenti è sovente limitata. Nell'ambito della lotta ai cambiamenti climatici, occorre impegnarsi maggiormente a risolvere il problema della penuria di combustibili e a migliorare l'efficienza energetica, nonché a consentire alle popolazioni di resistere meglio in futuro agli effetti futuri di tali cambiamenti già previsti;

1.6

è convinto che le seguenti priorità in tema di energia debbano essere poste al centro di tutte le politiche:

a)

ridurre il fabbisogno energetico;

b)

aumentare l'efficienza energetica;

c)

utilizzare fonti rinnovabili di energia;

d)

imporre che l'uso dei combustibili fossili avvenga in modo pulito ed efficiente.

1.7

osserva che dalla lotta ai cambiamenti climatici possono spesso derivare numerosi benefici a livello regionale e locale, fra i quali l'aumento della competitività dell'economia regionale.

2.   I cambiamenti climatici: un'opportunità, non solo una minaccia

2.1

sottolinea che i cambiamenti climatici pongono una minaccia diretta alla sicurezza dell'Europa, a causa della riduzione delle riserve di combustibili fossili, che rende sempre più incerta la sicurezza degli approvvigionamenti, e delle ripercussioni negative del mutare dei modelli meteorologici. In tutta Europa si assisterà a un aumento dei premi assicurativi e in molti casi non sarà possibile assicurarsi contro i danni;

2.2

fa notare che i cambiamenti climatici pongono sì una delle più gravi minacce al nostro modo di vivere, ma offrono anche grandi opportunità di costruire un futuro caratterizzato da maggiore sostenibilità, inclusione sociale e competitività;

2.3

osserva che, in forza delle esperienze da loro maturate, i governi locali e regionali possono recare un notevole contributo alla futura politica comunitaria in materia di cambiamenti climatici. A tal fine, viene illustrata nel prosieguo una serie di casi di studio, evidenziando alcune azioni tematiche fondamentali in materia di cambiamento climatico e formulando alcune raccomandazioni per il futuro.

3.   Esempi di azioni intraprese ai livelli locale e regionale (3)

3.1   Promuovere l'eccellenza e gli scambi di esperienze

I partenariati intesi a promuovere le competenze tecniche possono rafforzare e coordinare l'attuazione di strategie locali e regionali in tema di cambiamenti climatici, nonché diffondere le conoscenze e le buone prassi in materia attraverso lo scambio di esperienze. I partenariati degli enti locali e regionali si sono rivelati nei fatti uno strumento molto efficace, e a tale esperienza dovrebbero ispirarsi le politiche comunitarie e nazionali.

I premi internazionali «Climate Star» sono stati istituiti dall'associazione Alleanza per il clima (Climate Alliance), che conferisce questi riconoscimenti agli enti che hanno condotto attività esemplari nella lotta ai cambiamenti climatici e documenta le esperienze acquisite e i successi raggiunti in tutta Europa. L'associazione, oltre a premiare l'eccellenza, promuove gli scambi tra gli enti locali e regionali. Anche programmi nazionali come il Beacon Council Scheme per l'energia sostenibile (Inghilterra e Galles) sono improntati allo scambio di esperienze e al confronto sui problemi affrontati a livello locale.

3.2   Promuovere l'uso di fonti rinnovabili di energia

Le minacce poste dai cambiamenti climatici comportano che sempre più si dovrà cercare di generare energia a livello locale. Spesso, infatti, l'energia prodotta localmente è più efficiente, poiché viene trasportata su distanze più brevi. Le amministrazioni locali e regionali svolgono un ruolo chiave nello sviluppo di una maggiore capacità energetica da fonti rinnovabili. Date le loro funzioni di pianificazione e acquisizione, infatti, tali enti hanno un grande impatto sulla capacità energetica e sul consumo di energia locali. Lo sviluppo a livello locale di energia rinnovabile riveste un'importanza fondamentale anche per la creazione di una base di competenze specifiche e tecnologica locale. Tuttavia, all'impegno profuso a questo livello non corrisponde, nell'ambito Unione europea, un analogo impegno a più alto livello: una situazione che occorre cambiare, se si vogliono porre le basi tecniche e tecnologiche per un futuro all'insegna della competitività e del contenimento delle emissioni di anidride carbonica.

n Svezia, il comune di Malmö, grazie al programma Cities for Climate Protection dell'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives), ha costruito un nuovo quartiere urbano con 1 000 abitazioni, la cui energia proviene al 100 % da fonti rinnovabili. Si tratta di fonti locali di energia solare, eolica e idroelettrica, nonché di energia ricavata dai rifiuti e dai liquami e dalle acque reflue provenienti dal quartiere stesso. Ogni abitazione è provvista di un contatore elettrico che consente al comune di specificare dei modelli di consumo energetico e pianificare di conseguenza la capacità produttiva delle fonti rinnovabili.

3.3   Misurare e ridurre le emissioni di anidride carbonica a livello locale

Gli enti locali e regionali possono svolgere un ruolo di grande rilievo nel valutare e regolare il consumo di energia e le emissioni di anidride carbonica delle rispettive collettività, anche per quanto concerne l'uso domestico e commerciale. A tal fine, va data una maggiore importanza allo sviluppo di strumenti idonei a valutare le conseguenze di dette emissioni e a un miglior accesso a dati verificabili relativi al consumo energetico.

In tutta Europa, nel quadro della campagna Display si aiutano le amministrazioni locali a calcolare il consumo energetico nei rispettivi edifici con un apposito software. Inoltre, si incoraggiano tali amministrazioni a esporre negli edifici pubblici i relativi dati, con modalità che li rendano facilmente accessibili ai cittadini, per contribuire a una maggiore sensibilizzazione nei confronti dell'efficienza energetica.

3.4   I numerosi vantaggi sociali, ambientali ed economici della lotta ai cambiamenti climatici

Il passaggio a modelli di consumo e di produzione a basso contenuto di energia migliorerà la qualità della vita dei cittadini della collettività interessata, poiché ridurrà la loro esposizione ai rischi, renderà più sicura la circolazione stradale (promuovendo una mobilità più sostenibile) e renderà le abitazioni più confortevoli in presenza di qualsiasi condizione meteorologica. Perché tutto ciò si realizzi, i governi locali e regionali dovranno lavorare per promuovere iniziative a livello locale e creare mercati più localizzati e una migliore gestione delle risorse nelle rispettive collettività.

Il comune di Brighton e Hove (Inghilterra) ha costituito un partenariato per le azioni in campo energetico (Energy Action Partnership), il cui scopo principale è rendere più confortevole l'ambiente domestico dei cittadini esposti a rischi maggiori, come gli anziani e le persone che vivono in piccole abitazioni o le persone da poco dimesse dagli ospedali. Già oggi, ad appena due anni dalla sua creazione, il partenariato ha migliorato l'ambiente domestico di 361 abitazioni private e realizzato un risparmio annuo di 128 tonnellate di CO2. La semplicità delle procedure amministrative per ottenere gli aiuti e l'attenta configurazione degli appalti indetti dal partenariato gli hanno permesso di recare in breve tempo notevoli benefici alla collettività.

In collaborazione con l'autorità locale scozzese di Midlothian, il comune di Heerlen (Paesi Bassi) sta realizzando un sistema di riscaldamento di quartiere che sfrutta l'acqua calda delle miniere di carbone abbandonate per riscaldare gli edifici locali. Al ricorso a questa tecnologia si accompagna, anche negli edifici comunali, un notevole aumento nell'uso dell'energia solare inteso a garantire la diffusione dello spirito di innovazione e della coscienza energetica in tutta la città e nelle collettività vicine al di là del confine, in Germania.

3.5   Promuovere le iniziative locali in una serie di settori d'intervento

È necessario adeguare gli edifici, gli insediamenti, le modalità di vita e di lavoro attuali per garantire che si possa far fronte a condizioni meteorologiche diverse, imprevedibili e potenzialmente estreme. Realizzando percorsi di approvvigionamento semplici, brevi e solidi, si aiuteranno le collettività a conseguire tale obiettivo. Si può migliorare la resistenza ai cambiamenti climatici facendo in modo che i bisogni primari della popolazione (come cibo, calore e luce) siano soddisfatti per quanto possibile, localmente e lo stesso avvenga per altri bisogni come per esempio la disponibilità di servizi commerciali.

In partenariato con il Primary Healthcare Trust e la Soil Association, il comune di Bristol (Inghilterra) sta lavorando a un progetto pilota Food for Life in 20 scuole della zona, acquistando alimenti non trasformati, freschi e di stagione per i pasti della refezione scolastica.

3.6   Promuovere la crescita dell'occupazione

I cambiamenti climatici e le strategie per l'energia sostenibile offrono l'opportunità di affrontare i problemi fondamentali che affliggono le nostre collettività e di sviluppare un considerevole patrimonio di esperienze e competenze tecniche per il futuro. I partenariati tra la collettività locale, i governi locale e regionale, i settori dell'istruzione e della sanità e — il che è importante — le imprese private si tradurranno in un sentimento più forte di unità d'intenti e rafforzeranno l'approccio volto a investire per risparmiare.

Il consiglio distrettuale di Newark e Sherwood (Inghilterra) ha risolto quasi completamente il problema della penuria di combustibile nelle abitazioni di edilizia pubblica. Nel 1984, solo il 6 % di tali abitazioni potevano essere riscaldate a prezzi contenuti, mentre oggi questa percentuale è del 98,4 %, grazie agli investimenti effettuati nell'efficienza energetica. I programmi volti a realizzare tale miglioramento hanno creato, a livello locale, 30 posti di lavoro all'anno per 18 anni. La spesa complessiva per le 7 500 abitazioni sarà stata di circa 24 milioni di euro (16 milioni di lire sterline) per tutto il periodo 1988-2008. Oltre alla creazione di nuovi posti di lavoro, Newark ha visto migliorare i risultati scolastici e diminuire i problemi di salute mentale. Il consiglio distrettuale ha stimato che i costi degli interventi vengono compensati nell'arco di quattro anni dai vantaggi che ne derivano.

3.7   Migliorare la salute e aumentare il benessere delle collettività locali

La penuria di combustibile affligge molte famiglie europee e pone una grave minaccia alla salute delle persone. Analogamente, le temperature troppo elevate registratesi nelle ultime estati hanno già provocato un tasso di mortalità per esaurimento da calore superiore alla media. Gli enti locali e regionali possono operare, facendo leva sul rispettivo patrimonio di edilizia residenziale pubblica e usando i regolamenti edilizi e di pianificazione urbanistica incentivando impianti di riscaldamento e altri apparecchi più efficienti, per rendere le abitazioni più confortevoli e meno soggette alle condizioni esterne, garantendo nel contempo la riduzione delle emissioni di anidride carbonica grazie a una migliore ventilazione e a una maggiore efficienza energetica.

Insieme con le associazioni degli inquilini e gli altri membri del partenariato di rinnovamento per una comunità modello (Beacon Community Regeneration Partnership), il consiglio distrettuale di Carrick (Inghilterra) ha ottenuto alcuni significativi miglioramenti in termini di efficienza energetica nel «quartiere residenziale modello» (Beacon Housing Estate) di Falmouth, che era una delle aree più depresse della Cornovaglia. In particolare, in 900 abitazioni vi sono stati miglioramenti dell'efficienza energetica, 300 abitazioni sono state dotate di impianti centralizzati di riscaldamento e isolate termicamente nel primo anno di esecuzione del progetto, ed è stato realizzato un risparmio complessivo di 274 000 euro (186 000 sterline) nella spesa per i combustibili. Il partenariato ritiene di poter attribuire a queste misure una serie di altri cambiamenti: la salute dei residenti è migliorata (ad esempio, le persone che soffrono di asma sono diminuite del 50 %), si è registrato un miglioramento del 100 % nella media dei risultati ottenuti agli esami dei ragazzi della scuola locale, il tasso di criminalità è calato drasticamente (tra gli altri, sono diminuiti i casi di violenza domestica e il numero degli iscritti nel registro dei «bambini a rischio» (Children at Risk)), gli atti di vandalismo non sono mai stati così rari, l'occupazione è aumentata, cresce il numero di coloro che intendono trasferirsi nel quartiere e si assiste a un notevole aumento del senso di appartenenza alla comunità.

Gli abitanti di Lewenborg (Paesi Bassi) avevano problemi di salute a causa dell'umidità delle abitazioni, problemi di riscaldamento e di isolamento. Con la collaborazione della provincia di Groninga, di un'agenzia nazionale, di alcuni consulenti e di un importante istituto di credito, il comune di Groninga sta coordinando un progetto volto a effettuare delle verifiche del consumo energetico nelle abitazioni e concedere mutui agevolati ai loro proprietari per aiutarli a migliorarne le condizioni di temperatura e umidità senza costi supplementari. Grazie a questo intervento, la salute degli abitanti è migliorata e la spesa per i combustibili è diminuita.

3.8   Cambiare abitudini

Gli enti locali e regionali devono collaborare con il settore privato e con altri organismi del settore pubblico per realizzare partenariati che promuovano un approccio rivolto al risparmio energetico. Ciò è già avvenuto in Inghilterra e nel Galles, dove l'associazione nazionale degli enti locali (Local Government Association) ha delineato uno scenario futuro (Anytown 2005) che mostra come sarebbe possibile rendere più sostenibili i centri abitati utilizzando la tecnologia già esistente. Nel futuro sostenibile così prefigurato si utilizzano veicoli elettrici, vi sono maggiori spazi verdi, si producono calore e energia elettrica con la cogenerazione, e la rete stradale è conformata in modo tale da scoraggiare il ricorso alle automobili, senza che sia necessario sviluppare alcuna nuova tecnologia. Questo scenario di riferimento dovrebbe essere integrato in alcune politiche, come la futura strategia tematica per l'ambiente urbano, al fine di aiutare gli enti locali e regionali a prendere le decisioni necessarie a realizzare un futuro più sostenibile utilizzando la tecnologia e il know-how già disponibili.

Per la prima volta in Europa, nel febbraio 2002 il sindaco di Londra ha introdotto una tassa giornaliera contro la congestione del traffico. Tale misura ha avuto successo, riuscendo a ridurre del 30 % la congestione del traffico; inoltre, all'interno dell'area di applicazione della tassa, le emissioni di anidride carbonica sono diminuite del 20 % rispetto ai livelli del 2002. Adesso, con meno auto sulle strade, i mezzi pubblici viaggiano più velocemente e sempre più londinesi scelgono un mezzo a due ruote per recarsi al lavoro. Inoltre, il gettito supplementare prodotto dalla tassa ha contribuito a finanziare il miglioramento del trasporto pubblico della capitale britannica. Tra le altre misure adottate dal sindaco di Londra per lottare contro i cambiamenti climatici, va ricordata l'istituzione di un nuovo ente dotato di competenze in materia, la London Climate Change Agency. Questa, in collaborazione con imprese private, realizzerà in tutta Londra progetti in campo energetico a bassa o senza emissione di anidride carbonica, che utilizzino le tecnologie più pulite in assoluto ed offrano nuove opportunità di sviluppo economico. Infine, il comune di Londra sta progettando di creare entro il 2008 una zona riservata ai veicoli a basse emissioni (Low Emission Zone), vietando la circolazione sulle strade della Grande Londra ai camion, ai pullman, agli autobus e ai taxi più inquinanti.

In Italia oltre 350 enti locali (tra amministrazioni comunali e provinciali) hanno adottato e applicato delle Agende 21 locali e, nel 1999, costituito un'associazione per estendere e diffondere l'approccio e i risultati dell'attuazione di piani locali integrati. Partendo da una serie di indicatori, ogni città ha elaborato una strategia di riduzione delle emissioni di CO2, riducendo i consumi energetici e sensibilizzando varie categorie e target group di cittadini, tra cui le scuole, promuovendo una cultura ambientale condivisa e realizzando interventi e campagne informative mirate a breve, medio e lungo termine.

3.9   Fornire non energia, ma servizi che la utilizzano

Si deve cercare di creare la consapevolezza del fatto che i cittadini non hanno interesse a consumare energia in sé, ma domandano i servizi o i benefici che l'energia può fornire, come il calore, la luce e il trasporto privato. Alcuni di tali benefici, comunemente associati all'energia, possono essere forniti senza bisogno di energia, ad esempio progettando edifici riscaldati dal sole mettendo i cittadini in condizione di fruire dei servizi necessari senza dover usare l'automobile.

L'applicazione del principio della gestione del contratto di fornitura energetica dovrebbe diffondersi maggiormente in tutta Europa, per garantire a tutte le collettività la possibilità di risparmiare sui costi dell'energia grazie alle società di risparmio energetico (Energy Savings CompaniesESCO). I clienti di queste ultime hanno il vantaggio di utilizzare energia prodotta e distribuita con sistemi più moderni senza dover investirvi o gestirli. Le ESCO non si limitano a fornire energia, ma erogano anche servizi connessi come misure per l'efficienza energetica. Gli enti locali svolgono un ruolo indispensabile al riguardo, in quanto intermediari affidabili nei progetti riguardanti l'energia, provvedendo all'installazione di apparecchiature efficienti dal punto di vista energetico e concedendo sussidi al miglioramento dell'efficienza energetica nelle abitazioni di edilizia pubblica. Tali enti si trovano nella posizione ideale per aumentare le potenzialità di risparmio energetico, costituendo delle ESCO o favorendo la trasformazione in ESCO delle società del settore, adottando pacchetti di misure per i residenti e recuperando i costi sostenuti per rendere possibile il risparmio energetico. Il coinvolgimento degli enti locali e regionali è essenziale per garantire la possibilità di realizzare risparmi energetici nel mercato di tutte le utenze, private e commerciali.

3.10   Usare l'energia in modo più efficiente

L'UE deve concentrare gli sforzi nell'aumento del rendimento energetico, promovendo l'uso di impianti più efficienti e la cogenerazione di energia termica e elettrica, nonché l'isolamento termico degli edifici per evitare le dispersioni di calore.

Nel 1990 il comune di Leicester (Inghilterra) si è posto l'obiettivo di ridurre il consumo di energia e le emissioni di CO2 del 50 % entro il 2025. Una particolare attenzione è stata dedicata al monitoraggio del consumo energetico cittadino mediante un contatore intelligente che ogni 30 minuti trasmette al comune i dati raccolti in tutta la città. Il comune ha anche costituito un apposito centro (Energy Centre) che eroga ad ogni componente della collettività un'ampia gamma di servizi energetici, inclusa la vendita di apparecchi e impianti efficienti e alimentati da energia rinnovabile. L'Energy Centre ha promosso lo sviluppo di tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica e svolto una funzione di raccordo tra gli utenti e i fornitori di energia. Ciò ha richiesto un'opera di formazione delle persone che svolgono un'attività commerciale in questo campo a livello locale, per consentir loro di installare gli impianti che utilizzano tali tecnologie.

3.11   Ovunque possibile, fornire energia prodotta da fonti rinnovabili

Gli enti locali e regionali producono il 16 % dell'intero PIL europeo. Oggi molti di loro scelgono una o più fonti rinnovabili di energia per coprire in tutto o in parte il loro fabbisogno energetico e prevedono il ricorso all'energia così prodotta nelle abitazioni di nuova costruzione.

Dal 1999 la circoscrizione londinese di Lewisham adotta una politica verde per l'acquisto energia. Nel novembre 2000, quella pulita costituiva il 100 % dell'energia elettrica fornita alla circoscrizione, che era divenuta il terzo acquirente di energia pulita nell'Europa occidentale. Tuttavia, l'instabilità nell'erogazione di tale energia ha comportato che, in seguito alla seconda procedura di appalto nel 2004, solo l'80 % dell'energia elettrica derivasse da fonti rinnovabili. L'obiettivo della circoscrizione era contribuire alla creazione di un mercato per l'energia rinnovabile, e oggi molti altri enti locali ed organismi pubblici stanno seguendo il suo esempio.

3.12   Prepararsi ai cambiamenti climatici e alla «verifica climatica»

Le politiche comunitarie, nazionali, regionali e locali dovrebbero formare oggetto di una «verifica climatica» per garantire che tengano conto della minaccia posta dai cambiamenti del clima. Tale verifica si potrebbe effettuare mediante le valutazioni di impatto normativo, ma anche sforzandosi di persuadere i governi nazionali a considerare l'introduzione di incentivi fiscali per i modelli di consumo energetico più sostenibili.

La circoscrizione di Middlesborough (Inghilterra) ha sviluppato una procedura per valutare le ripercussioni dei cambiamenti del clima su una serie di servizi circoscrizionali. In collaborazione con una ONG, è stato sviluppato un modello per la valutazione dell'impatto dei cambiamenti climatici, che ha consentito alle pertinenti autorità della circoscrizione di valutare il possibile impatto del mutare dei modelli meteorologici su tutti i servizi da esse erogati. In conseguenza di ciò, nei 16 servizi interessati dalla valutazione sono stati introdotti dei cambiamenti, ad esempio allocando maggiori risorse ai servizi preposti alla rete stradale per consentir loro di far fronte alle inondazioni, installando negli edifici pubblici delle schermature solari che ne evitino il surriscaldamento e ne riducano la riflessione, e riprofilando il manto stradale bituminoso per tener conto del probabile aumento dell'irraggiamento nei prossimi 20 anni.

3.13   Il coinvolgimento della collettività nella lotta ai cambiamenti del clima

La portata della sfida posta dai cambiamenti climatici fa sì che i loro effetti possano essere mitigati o sopportati con successo solo se a fronteggiarli è l'intera collettività, dai governi locali e regionali fino ai consumatori e alle imprese. Sarà inoltre necessario un intero pacchetto di misure per fare in modo che si possa approfittare appieno delle numerose opportunità di migliorare la qualità della vita offerte dalla lotta ai cambiamenti del clima. Molte delle soluzioni illustrate funzioneranno solo se integrate in tale pacchetto di misure. Ad esempio, una notevole riduzione dell'utilizzo di autoveicoli privati sarebbe accettabile dalla maggioranza delle persone solo se compensata dalla disponibilità in loco di servizi e infrastrutture di elevata qualità e da trasporti pubblici efficienti e sostenibili. In conseguenza di tale riduzione, diminuirebbe il traffico privato, vi sarebbe una maggiore libertà di circolazione dei beni e dei servizi e aumenterebbe la fluidità dei trasporti pubblici, come avvenuto nell'area del centro di Londra cui si applica la tassa anticongestione. Tutto ciò rende a sua volta più attraente ricorrere a forme alternative di mobilità sostenibile, come il trasporto su veicoli a due ruote. Per innescare questo «circolo virtuoso» di miglioramenti, occorre coinvolgere tutte le componenti della società.

Un progetto sviluppato dalla circoscrizione londinese di Islington prevede la nomina di alcuni «ambasciatori dell'energia» (Energy Ambassadors), con una specifica formazione in materia di efficienza energetica e partecipazione dei cittadini. Essi si recano presso i residenti, le sedi delle PMI e le scuole per illustrare i metodi adottati dalla circoscrizione per ridurre il consumo di energia mediante verifiche del rendimento energetico degli edifici.

4.   Raccomandazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

4.1

invita la Commissione a riconoscere che i problemi posti dai cambiamenti climatici devono essere affrontati con un approccio diversificato, con la cooperazione fra tutti i livelli di governo, in partenariato con le imprese private, il settore sanitario, gruppi di cittadini e organizzazioni del settore educativo, e le organizzazioni che promuovono l'efficienza energetica;

4.2

invita la Commissione a prendere atto del ruolo peculiare svolto dagli enti locali e regionali e a prevedere risorse adeguate per realizzare progetti di informazione e sensibilizzazione, nonché a riconoscere apertamente tale ruolo nei documenti relativi alla politica in materia, come il futuro Libro bianco sull'efficienza energetica;

4.3

chiede che l'Unione europea si impegni a conseguire almeno l'obiettivo, deciso nel marzo 2005 dal Consiglio europeo, di un'ulteriore riduzione delle emissioni del 60-80 % entro il 2050, e che questa posizione ambiziosa sia espressa nelle sedi internazionali, come la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici;

4.4

si compiace per l'attenzione dedicata ai cambiamenti climatici dall'attuale Presidenza del Consiglio dell'Unione europea e dal G8, e invita le future Presidenze del Consiglio a mantenere tale attenzione;

4.5

incita la Commissione e i governi degli Stati membri a verificare l'adeguatezza delle loro politiche, di quelle dell'OMC e delle istituzioni finanziarie internazionali, come la Banca mondiale, alle sfide poste dai cambiamenti del clima;

4.6

invita la Commissione a impegnarsi a favore dell'eliminazione dei prodotti che utilizzano energia in modo più inefficiente, innalzando ogni pochi anni del 10 o 20 % la soglia minima consentita di efficienza energetica degli apparecchi appartenenti a tutte le categorie in cui vi sia una differenza notevole tra i più bassi e i più elevati consumi di energia;

4.7

chiede alla Commissione di prendere atto che il notevole aumento nella domanda di nuove abitazioni dovuta alla crescita demografica, soprattutto nelle aree urbane, offre una grande opportunità di prevedere standard obbligatori di efficienza energetica degli edifici molto più elevati di quelli previsti dalla direttiva del 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia: è un'opportunità da cogliere. Inoltre, gli standard per gli edifici dovrebbero essere maggiormente intesi a promuovere l'uso dell'ombra e della ventilazione naturali per ridurre il ricorso alla climatizzazione;

4.8

sostiene l'integrazione dei cambiamenti climatici nella pianificazione e gestione delle risorse idriche;

4.9

sollecita la Commissione a collaborare a stretto contatto con il settore privato per sviluppare nuove forme di assicurazione che tengano conto dei rischi posti dai cambiamenti climatici e ne consentano la copertura;

4.10

chiede alla Commissione di far sì che gli enti locali e regionali abbiano accesso in misura più ampia, in modo più uniforme e ai dati sul consumo in tempo reale di energia che siano validi e significativi a livello locale, coprano anche i centri abitati meno popolosi e siano trattati in maniera tale da tutelare la riservatezza dei singoli utenti. Senza tali informazioni, tali enti non possono guidare appieno la transizione verso un'economia a bassa emissione di anidride carbonica;

4.11

invita la Commissione a considerare il contributo recato dalle strategie e dalle azioni locali in materia di cambiamenti climatici al conseguimento degli obiettivi occupazionali, di crescita economica e di competitività perseguiti con la strategia di Lisbona, e a porre maggiormente in relazione l'agenda politica di Lisbona e le politiche in tema di cambiamenti del clima;

4.12

incita la Commissione e i governi nazionali a lanciare una campagna di informazione unica, in collaborazione con gli enti locali e regionali, per sensibilizzare sull'urgenza della situazione determinata dai cambiamenti climatici e sull'esigenza di agire immediatamente per fronteggiarla;

4.13

sollecita la Commissione a basarsi sul lavoro già intrapreso ai livelli locale e regionale in tema di ripercussioni dei cambiamenti climatici sulle ineguaglianze di genere e sociali per evitare che le donne avvertano tali ripercussioni in maniera sproporzionata (4);

4.14

sostiene la proposta di utilizzare i fondi della politica regionale per lo sviluppo sostenibile (e i cambiamenti del clima);

4.15

invita la Commissione a promuovere strette sinergie tra la prevista strategia tematica per l'ambiente urbano e la strategia tematica per la qualità dell'aria, al fine di garantire in tutte queste politiche un forte impegno ad affrontare la questione dei cambiamenti climatici;

4.16

sollecita il Consiglio dei ministri a definire obiettivi a lungo termine più ambiziosi e numerosi per l'uso di energia rinnovabile per consentire ai responsabili locali delle decisioni di incrementare la capacità di tale energia a livello locale;

4.17

invita la Commissione a impegnarsi a collaborare con gli enti locali e regionali e con le loro reti europee, per delineare uno scenario solido di un futuro a basse emissioni di anidride carbonica per diverse situazioni amministrative e geografiche locali, sfruttando al meglio le tecnologie esistenti e sviluppando le competenze tecniche necessarie per realizzare un futuro con emissioni ridotte al minimo. Per agevolare la realizzazione di tale compito, la Commissione deve promuovere maggiormente lo scambio di informazioni a livello locale e regionale sulle pratiche adottate.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 22 del 24.1.2001, pag. 30.

(2)  Nelle giornate calde la temperatura dell'aria dei centri urbani è fino a circa 4 °C più elevata di quella registrata nei dintorni. Nelle città, infatti, la presenza di vaste aree edificate (urbane e suburbane), la scarsa ventilazione e una leggera nuvolosità danno luogo al fenomeno dell'«isola di calore».

(3)  Gli esempi che seguono sono stati raccolti in tutta l'Unione europea grazie alla conoscenza diretta dei casi e alle reti degli enti locali. Molti esempi provengono dal Regno Unito, poiché si riferiscono a dei progetti nazionali in tema di cambiamento climatico promossi dalle rispettive associazioni britanniche degli enti locali. Il relatore è consapevole del fatto che esistono molti altri esempi in tutta l'Unione e accoglie con favore un maggiore impegno nel promuovere gli scambi internazionali di esperienze con il sostegno dell'UE.

(4)  Come risulta da un recente studio dell'Alleanza per il clima (http://www.klimabuendnis.org/).


16.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 115/95


Rapporto di prospettiva del Comitato delle regioni, sul tema L'applicazione a livello regionale e locale della direttiva (1999/31/CE) relativa alle discariche di rifiuti

(2006/C 115/21)

IL COMITATO DELLE REGIONI,

vista la richiesta rivoltagli dalla Commissione europea il 10 dicembre 2004 di elaborare un rapporto di prospettiva sull'applicazione a livello regionale e locale della direttiva (1999/31/CE) relativa alle discariche di rifiuti, conformemente al disposto dell'articolo 265, primo comma, del Trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il protocollo sulle modalità di cooperazione fra la Commissione europea e il Comitato delle regioni, in cui la Commissione europea «incoraggia l'elaborazione dei documenti strategici del Comitato delle regioni in cui viene fatto il punto su temi che essa giudica importanti: tali rapporti di prospettiva approfondiscono l'analisi dei problemi esistenti nei settori per cui il Comitato delle regioni dispone dei mezzi di informazione adeguati sul campo»,

vista la decisione del proprio Presidente, del 20 gennaio 2005, di incaricare la commissione Sviluppo sostenibile di elaborare un rapporto di prospettiva in materia,

vista la direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti,

vista la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulle strategie nazionali per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (COM(2005)105 def.),

vista la direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (direttiva quadro sui rifiuti), modificata dalle direttive 91/156/CEE e 91/692/CEE e dalle decisioni 76/431/CEE, 94/3/CE e 96/350/CE,

visto il proprio parere in merito alla comunicazione della Commissione Verso una strategia tematica di prevenzione e riciclo dei rifiuti (COM(2003) 301 def. — CdR 239/2003 (1)),

visti i risultati dell'inchiesta commissionata dal Comitato delle regioni sull'applicazione a livello regionale e locale della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti (2),

visto il progetto di rapporto di prospettiva (CdR 254/2005 riv. 1) adottato il 6 ottobre 2005 dalla commissione Sviluppo sostenibile (relatore: Wim van GELDER, commissario della regina nella provincia di Zelanda (NL/PPE)),

considerando quanto segue:

1)

negli ultimi decenni la quantità dei rifiuti prodotti in Europa è aumentata notevolmente. La prevenzione, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti sono tra le principali sfide cui l'UE deve far fronte in campo ambientale. Per questo motivo, il Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente considera la prevenzione e la gestione dei rifiuti una delle massime priorità.

2)

In molte zone dell'UE le discariche sono ancora il principale metodo di smaltimento dei rifiuti. Le discariche con bassi standard ambientali costituiscono spesso una minaccia per la salute umana e per l'ambiente in quanto inquinano l'aria, l'acqua e il suolo e, generando gas a effetto serra, contribuiscono al riscaldamento globale.

3)

Secondo la cosiddetta gerarchia dei rifiuti, lo smaltimento dovrebbe essere solo una soluzione residuale: andrebbero privilegiati la prevenzione, il riutilizzo e il riciclaggio.

4)

Il principio di prossimità e l'obiettivo dell'autosufficienza nello smaltimento a tutti i livelli sono stati definiti pilastri delle politiche comunitarie in materia di rifiuti,

ha adottato all'unanimità il seguente rapporto di prospettiva in data 17 novembre 2005, nel corso della 62a sessione plenaria.

1.   Osservazioni del Comitato delle regioni

Il Comitato delle regioni

Considerazioni generali

1.1

Accoglie con favore la richiesta rivoltagli dalla Commissione europea di elaborare un rapporto di prospettiva in quanto si tratta del primo documento di questo tipo sull'applicazione a livello regionale e locale di una direttiva comunitaria in materia di politica ambientale, e quindi non può che approfondire la cooperazione tra la Commissione e il Comitato delle regioni;

1.2

si compiace della forte partecipazione degli enti territoriali alla sua inchiesta sull'applicazione a livello regionale e locale della direttiva sulle discariche di rifiuti; questo interesse dimostra l'importanza di tale direttiva per i livelli regionale e locale;

1.3

fa notare che, a causa della diversa situazione demografica e geografica, delle diverse strutture organizzative e dei differenti sistemi di gestione dei rifiuti negli Stati membri e nei relativi comuni e regioni, l'applicazione della direttiva sulle discariche a livello regionale e locale nell'Europa dei Venticinque presenta un quadro vario;

1.4

sottolinea che le autorità locali e regionali dell'Europa dei Venticinque sono responsabili dell'applicazione di gran parte della politica ambientale comunitaria, nel quadro della quale la gestione dei rifiuti è uno degli aspetti più importanti. In generale, la concessione dei permessi per le discariche, l'approvazione dei piani di riassetto dei siti, le procedure per la chiusura delle discariche, il controllo e le ispezioni sono perlopiù di competenza delle autorità regionali, mentre gli enti locali generalmente svolgono un ruolo molto importante nell'individuazione dei siti per le discariche e sono responsabili dell'infrastruttura per la raccolta dei rifiuti domestici. Questo evidenzia la necessità di una stretta cooperazione fra tutti i livelli amministrativi ai fini dell'applicazione della direttiva;

1.5

evidenzia che il passaggio dal semplice smaltimento dei rifiuti a politiche più sostenibili improntate alla prevenzione, al riutilizzo e al riciclo richiede ingenti sforzi che rendono necessarie ulteriori risorse umane e finanziarie a livello degli enti regionali e locali;

1.6

conclude che gli effetti delle politiche relative ai rifiuti in generale, e in particolare delle misure relative alle discariche, si fanno sentire maggiormente a livello locale e chiede pertanto un particolare coinvolgimento degli attori locali. La maggior parte degli enti territoriali consulta la popolazione locale in merito all'ubicazione prevista per le discariche e nel quadro della procedura di autorizzazione. Le ONG vengono consultate da circa la metà delle autorità territoriali, mentre le imprese locali vengono coinvolte raramente.

Sforzi compiuti per l'applicazione e attuale grado di applicazione

1.7

Reputa che nella maggior parte degli Stati membri, a livello nazionale e/o regionale, siano stati compiuti notevoli sforzi per recepire la direttiva sulle discariche nella legislazione nazionale e/o regionale. Alcuni Stati membri, però, non hanno rispettato il termine previsto (3) per l'elaborazione di una strategia nazionale per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica, ritardando così il raggiungimento degli obiettivi di riduzione;

1.8

constata che le risposte al questionario e le ulteriori ricerche effettuate hanno dimostrato che vi sono profonde differenze per quanto riguarda il grado di applicazione della direttiva nell'UE. Molti Stati membri e, di conseguenza, un gran numero di enti locali e regionali incontrano difficoltà ad uniformarsi alla direttiva in questione, mentre altri stanno adeguandosi senza grandi problemi ai requisiti da essa previsti;

1.9

sottolinea che, secondo gli enti territoriali, sono stati compiuti notevoli sforzi per garantire che i siti delle discariche soddisfino i requisiti tecnici. Tuttavia in un certo numero di Stati membri saranno necessari ulteriori sforzi. Si ritiene che la grande maggioranza delle discariche esistenti sia già conforme al disposto della direttiva o verrà adeguata entro il 2007, dopo di che le discariche non conformi verranno chiuse;

1.10

rileva che attualmente le discariche situate nei nuovi Stati membri hanno generalmente un minor grado di conformità ai requisiti della direttiva sulle discariche rispetto alle discariche dei vecchi Stati membri; questo è dovuto principalmente al fatto che non c'è una lunga tradizione nell'affrontare i problemi legati ai rifiuti e che le strategie nazionali in materia sono state adottate solo di recente;

1.11

si duole che, per quanto riguarda il processo di recepimento e la successiva applicazione nei singoli Stati membri, gli enti locali e regionali, per la maggior parte, reputino di non esser stati informati o consultati in misura sufficiente. Generalmente nei vecchi Stati membri il grado di consultazione è più elevato, mentre nei nuovi Stati membri c'è un livello di informazione maggiore;

1.12

si compiace che in diversi paesi, e specialmente nei nuovi Stati membri, la direttiva sulle discariche abbia contribuito a un maggiore trasferimento delle competenze in materia di discariche agli enti territoriali; deplora tuttavia che raramente tale devoluzione sia stata accompagnata da un trasferimento di risorse umane e finanziarie per svolgere i nuovi compiti, il che ha creato ulteriori oneri per gli enti regionali e locali;

1.13

afferma che, anche grazie all'applicazione della direttiva sulle discariche, il volume dei rifiuti biodegradabili inviati in discarica è diminuito. Si riscontra una maggiore diminuzione nelle aree in cui gli enti territoriali, già prima dell'entrata in vigore della direttiva sulle discariche, avevano adottato misure per ridurre il volume dei rifiuti biodegradabili conferiti in discarica, come ad esempio campagne di sensibilizzazione, la creazione di infrastrutture per la raccolta differenziata e disposizioni legislative (p. es. regolamenti sulla raccolta differenziata dei rifiuti);

1.14

sottolinea che la direttiva prevede solo obiettivi per evitare il collocamento dei rifiuti in discarica, ma non per l'uso di altri sistemi di trattamento dei rifiuti, p. es. per il riciclaggio, come invece è avvenuto nel caso della direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (direttiva RAEE).

Importanza del conferimento dei rifiuti in discarica

1.15

Ribadisce che all'interno dell'UE vi sono molte differenze per quanto riguarda la produzione e il trattamento dei rifiuti in generale e l'importanza delle discariche in particolare. Parecchi Stati membri sono riusciti a dissociare la produzione di rifiuti dalla crescita economica, hanno ridotto sensibilmente il volume dei rifiuti biodegradabili inviati in discarica e soddisfano già adesso i futuri obiettivi di riduzione previsti dalla direttiva. In altri Stati membri, però, il volume dei rifiuti prodotti è in continua crescita e prevale ancora la messa in discarica;

1.16

sottolinea che in futuro c'è da attendersi una diminuzione dell'importanza delle discariche in tutta l'UE, almeno per i rifiuti urbani. Tuttavia, nonostante le iniziative per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, continuerà ad essere necessario smaltire i rifiuti non combustibili e i residui non riciclabili, ragion per cui si prevede che la messa in discarica continuerà ad avere un ruolo importante nella catena dello smaltimento dei rifiuti.

Principali problemi di applicazione

1.17

Ritiene che i seguenti aspetti costituiscano i principali problemi cui gli enti regionali e locali devono far fronte nell'applicazione della direttiva:

a.

realizzazione degli obiettivi relativi alla riduzione dei rifiuti biodegradabili conferiti in discarica: gli enti regionali e locali, soprattutto quelli degli Stati membri in cui la strategia nazionale per la riduzione dei rifiuti organici non è stata ancora definita o è stata adottata solo di recente, la considerano un punto critico. Ciò coincide spesso con la mancanza, in tali paesi, di un mercato sviluppato per il riutilizzo dei rifiuti biodegradabili. Inoltre, la carenza di strumenti efficaci per la riduzione dei rifiuti biodegradabili nelle strategie nazionali sui rifiuti è considerata un problema;

b.

progettazione e funzionamento delle discariche e gestione dei siti dopo la chiusura: la maggior parte delle autorità reputa che la progettazione, il funzionamento e la gestione dopo la chiusura siano difficoltosi sempre o in alcuni casi; in tale contesto la gestione del sito dopo la chiusura sembra essere l'aspetto più difficile. La rigidità dei requisiti tecnici pone talvolta dei problemi poiché non lascia spazio per un adeguamento specifico alle condizioni geologiche, alle tecniche innovative e al progresso delle conoscenze;

c.

mancanza di fondi e di risorse umane: per cambiare la politica dei rifiuti passando dal prevalere dello smaltimento ad un approccio più sostenibile sono necessarie notevoli risorse finanziarie ed umane. La maggior parte degli enti territoriali, soprattutto quelli dei nuovi Stati membri, considera la mancanza di tali risorse un problema grave, specialmente nel quadro dell'attuazione degli obiettivi in materia di rifiuti biodegradabili;

d.

mancanza di consapevolezza da parte dell'opinione pubblica: molte autorità regionali e locali si sforzano di sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica e di motivare i cittadini e le imprese a partecipare ai sistemi di raccolta differenziata;

e.

complessità delle procedure: come conseguenza della direttiva sulle discariche, soprattutto nei paesi che in precedenza non avevano una politica specifica in materia di discariche, le procedure di autorizzazione sono diventate più complesse e più lunghe;

f.

abbandono abusivo dei rifiuti: il conferimento in discarica è stato spesso un modo economico per smaltire i rifiuti. Con il rincaro delle tariffe delle discariche, spesso aumenta anche il deposito in discariche abusive, che va contrastato con fermezza;

g.

trasporto dei rifiuti: in seguito alla direttiva sulle discariche di rifiuti, molte discariche locali vengono chiuse e quelle nuove servono comprensori più vasti. Questo fenomeno provoca spesso un aumento dei trasporti, che comporta dei costi e ha un impatto negativo sull'ambiente. Il problema è sentito specialmente nelle zone scarsamente popolate;

h.

mancanza di condizioni eque: a causa del diverso calendario previsto per l'applicazione, nonché delle differenze a livello di standard ambientali e di costi di smaltimento e delle definizioni in parte diverse del riciclaggio, non vi sono ancora condizioni eque fra gli Stati membri (e talvolta neppure all'interno di uno Stato membro). Di conseguenza, ci sono spesso forti incentivi economici ad esportare — in modo legale o meno — i rifiuti nei paesi limitrofi, violando così il principio di prossimità e l'obiettivo dell'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti. Inoltre, questo comporta anche un aumento del trasporto dei rifiuti su lunghe distanze;

i.

pericolo di un approccio troppo limitato: vi è il rischio che la direttiva incentivi solo la riduzione dei rifiuti urbani, trascurando invece le altre categorie di rifiuti per le quali una riduzione è altrettanto importante, come nel caso dei rifiuti industriali;

j.

mancanza di orientamenti: può essere difficile promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti biodegradabili e creare un mercato per il riutilizzo di tali rifiuti in quanto non esistono orientamenti o quadri di riferimento in materia.

Costi e benefici

1.18

Conclude che gli enti regionali e locali registrano un aumento dei costi della messa in discarica in seguito all'applicazione della direttiva. Tuttavia, l'onere principale non è sostenuto tanto dalle autorità quanto dagli operatori delle discariche, dai cittadini e dalle imprese, su cui gli operatori trasferiscono l'aumento dei costi;

1.19

giunge alla conclusione che solo una minoranza di enti territoriali ha ricevuto fondi specifici che hanno coperto interamente o in parte i costi dell'applicazione della direttiva sulle discariche e rileva che, in generale, chi riceve fondi aggiuntivi sembra incontrare minori difficoltà nell'applicazione della direttiva;

1.20

evidenzia l'impatto ambientale positivo della direttiva: a giudizio della grande maggioranza delle autorità regionali e locali, l'applicazione della direttiva ha un impatto positivo sull'ambiente. Le ripercussioni positive riguardano la riduzione dell'impatto delle discariche sulle acque di superficie e quelle sotterranee, sul suolo, sull'aria e sulla salute umana. La direttiva può contribuire inoltre alla riduzione dei gas a effetto serra. Gli enti territoriali che non riscontrano alcun effetto positivo sull'ambiente o registrano un impatto minore appartengono spesso a Stati membri in cui già in precedenza erano in vigore norme analoghe alla direttiva;

1.21

fa notare che, in seguito all'applicazione della direttiva sulle discariche, in futuro si prevede una diminuzione del costo complessivo per la bonifica delle acque sotterranee e del suolo delle discariche;

1.22

sottolinea che, secondo la maggior parte degli enti locali e regionali, l'applicazione della direttiva sulle discariche ha contribuito a promuovere tecnologie di messa in discarica più avanzate rispetto al periodo precedente l'applicazione della direttiva stessa, con conseguenti benefici ambientali ed economici, come ad esempio il recupero dei gas di discarica per la produzione di energia. Tuttavia, la direttiva non lascia spazio all'applicazione di tecniche innovative e favorisce quindi una situazione di stallo, dopo i miglioramenti tecnologici iniziali;

1.23

fa notare che l'applicazione della direttiva sulle discariche, se contribuisce a diversificare gli schemi di trattamento dei rifiuti, può aiutare a creare nuovi posti di lavoro in tale settore;

1.24

rileva che, secondo la grande maggioranza degli enti regionali e locali, le tariffe applicate dagli operatori delle discariche coprono interamente i costi della messa in discarica, soddisfacendo così quanto previsto dalla direttiva sulle discariche; richiama l'attenzione sul fatto che le discariche che non soddisfano tali requisiti ed effettuano lo smaltimento a costi inferiori rischiano di incoraggiare le esportazioni di rifiuti. Inoltre, le tariffe basse non forniscono un incentivo sufficiente a smaltire i rifiuti in modo più sostenibile;

1.25

giunge alla conclusione che orientare il mercato (dello smaltimento) dei rifiuti con strumenti finanziari quali le tasse sulla messa in discarica o altri incentivi può incoraggiare il metodo privilegiato di smaltimento mediante trattamenti alternativi dei rifiuti;

1.26

constata che nella maggior parte degli Stati membri viene applicata una tassa sulla messa in discarica, il cui importo varia notevolmente. Tuttavia, in oltre un terzo degli enti regionali e locali non si applicano tasse sulle discariche e non sono previsti altri incentivi finanziari per ridurre il volume dei rifiuti biodegradabili inviati in discarica. Nella maggior parte degli Stati membri in cui esiste una tassa sulle discariche, essa va ad alimentare le entrate fiscali generali; in alcuni casi, però, il suo gettito confluisce in fondi ambientali specifici destinati ad esempio a promuovere la prevenzione dei rifiuti e a finanziare sistemi di riciclaggio.

Fattori di successo

1.27

Giunge alla conclusione che i seguenti fattori possono essere considerati necessari per applicare con successo la direttiva sulle discariche di rifiuti:

a.

un atteggiamento proattivo: è ben noto che in alcuni Stati membri i primi sviluppi in merito all'applicazione di quella che sarebbe poi diventata la direttiva sulle discariche risalgono alla prima metà dello scorso decennio, se non addirittura ad un periodo precedente. Grazie a questo atteggiamento proattivo molti enti territoriali, una volta recepita la direttiva nell'ordinamento nazionale o regionale, hanno potuto soddisfare con relativa facilità i requisisti entro i termini previsti;

b.

collocare l'applicazione della direttiva in un contesto più ampio: l'applicazione della direttiva non andrebbe considerata una misura politica isolata. Lo smaltimento dei rifiuti fa parte della gestione delle risorse materiali e va inserito in questo contesto a livello politico. Perciò è importante elaborare strategie nazionali, regionali e locali integrate che colleghino lo smaltimento non solo ad altri sistemi di trattamento dei rifiuti, ma anche ad altre politiche come quelle in materia di appalti e di efficienza delle risorse;

c.

fornire alle autorità regionali e locali gli strumenti per assolvere i propri compiti: per la creazione di nuovi sistemi di riciclaggio e di altri piani alternativi per il trattamento dei rifiuti, l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione, il miglioramento delle discariche ecc. sono necessarie conoscenze e risorse umane e finanziarie a livello degli enti regionali e locali. Pertanto, il trasferimento di fondi da livelli amministrativi superiori o la possibilità, per le autorità, di introdurre strumenti fiscali sono spesso il presupposto necessario per realizzare gli obiettivi della direttiva sulle discariche di rifiuti;

d.

cooperazione di tutti i livelli amministrativi e scambio di informazioni: dato che in quasi tutti gli Stati membri il compito di attuare la direttiva spetta a diversi livelli amministrativi, una stretta cooperazione fra tali livelli è fondamentale per una buona applicazione. Tale cooperazione comprende lo scambio di conoscenze su come soddisfare i nuovi requisiti più severi relativi alla costruzione, al funzionamento, alla chiusura e alla successiva gestione delle discariche e su come attuare dei piani alternativi per il trattamento dei rifiuti. Inoltre, la politica dei rifiuti deve spesso superare i confini amministrativi delle regioni e dei comuni limitrofi, p. es. al momento di creare impianti comuni per il trattamento dei rifiuti o sistemi di riciclaggio;

e.

fornire incentivi finanziari: dato che le imprese operano principalmente in base a una logica economica, è importante fornire degli incentivi per ridurre il volume dei rifiuti conferiti in discarica rendendo tale metodo più costoso, ad esempio mediante una tassa sulle discariche;

f.

promuovere le alternative: per evitare che i rifiuti vengano collocati in discarica è necessario offrire ai detentori di rifiuti delle alternative per il trattamento convenienti sul piano economico. Pertanto, laddove tali alternative sono inesistenti o insufficienti, occorre incentivarle. Per evitare un aumento del trasporto dei rifiuti vanno incoraggiate soluzioni locali quali il compostaggio domestico o gli impianti di trattamento dei rifiuti presso le aziende;

g.

combattere le discariche abusive: l'incremento dei prezzi del trattamento dei rifiuti può far aumentare l'abbandono abusivo. Una combinazione di misure può prevenire e scoraggiare l'eliminazione illegale dei rifiuti. Per attuare tali misure, almeno per un periodo transitorio, sono necessarie risorse umane aggiuntive che si dedichino a questo compito;

h.

sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica e promuovere la consultazione delle parti interessate: per ridurre il volume dei rifiuti prodotti e conferiti in discarica è indispensabile una partecipazione attiva dei cittadini e delle imprese. Sono necessarie pertanto campagne di comunicazione e la consultazione delle parti interessate, unitamente a provvedimenti infrastrutturali efficaci.

Migliori pratiche

1.28

Sottolinea che in tutta l'UE vi sono numerosi esempi di migliori pratiche relative all'applicazione della direttiva sulle discariche di rifiuti, che riguardano sia le tecniche innovative sia le misure politiche di comprovata efficacia. In questa sede ne vengono menzionati solo alcuni:

a)   campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.

Il partenariato delle autorità del Devon per il riciclaggio ha progettato e attuato in tutta la contea una campagna di sensibilizzazione e di formazione in materia di rifiuti durata 6 mesi. In seguito ad un invito a presentare proposte, questa associazione di enti locali ha ricevuto 1 119 milioni di sterline dal ministero per l'Ambiente, l'alimentazione e gli affari rurali (DEFRA) per una campagna di sensibilizzazione e di analisi.

La campagna aveva i seguenti obiettivi:

aumentare il volume del materiale riciclato, in particolare incrementando la partecipazione ai sistemi di riciclaggio e/o la qualità e la quantità del materiale destinato alla raccolta,

raccogliere informazioni sull'uso degli attuali impianti di riciclaggio; svolgere un sondaggio presso i cittadini per sapere per quale motivo partecipano o meno ai programmi di riciclaggio disponibili e incoraggiarli a partecipare,

utilizzare le informazioni raccolte per fare in modo che la futura pubblicità possa sensibilizzare in modo efficace l'opinione pubblica.

La campagna era formata da quattro parti principali: analisi dei rifiuti, monitoraggio della partecipazione, visite porta a porta e azioni nel campo dei mass media e della formazione.

I principali risultati emersi dalla campagna sono i seguenti:

gli abitanti hanno una percezione positiva del riciclaggio e desiderano parteciparvi,

la mancanza di partecipazione non è dovuta all'apatia, ma in gran parte a motivi pratici quali la mancanza di cassonetti, di mezzi di trasporto e di spazio per depositare i rifiuti,

il riciclaggio mediante la raccolta dei rifiuti a domicilio è il metodo di riciclaggio preferito,

il riciclaggio mediante la raccolta dei rifiuti a domicilio ha avuto un aumento consistente, pari al 31 %, rispetto alle cifre relative allo scorso anno,

nel 2002/2003 l'aumento dei rifiuti residuali conferiti in discarica è sceso allo 0,88 %, contro il 3,3 % del 2001/2002,

i cittadini vogliono riciclare il cartone e la plastica e vorrebbero che i sistemi di raccolta a domicilio comprendessero anche tali materiali, se ciò non avviene ancora,

la pubblicità televisiva si è dimostrata lo strumento di comunicazione più efficace.

b)   Lotta alle discariche abusive

Nella città di Pezinok, in Slovacchia, la chiusura delle discariche comunali e l'aumento delle tariffe delle discariche hanno incoraggiato l'abbandono abusivo dei rifiuti.

Per questo motivo sono state adottate le seguenti misure:

sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica per superare la disinformazione dei cittadini,

migliorare l'educazione ambientale nelle scuole,

istituire un corpo di guardie ambientali e controllare attentamente cosa fanno i cittadini con i rifiuti,

conferire maggiori poteri agli organismi ufficiali per perseguire chi viola le norme sui rifiuti,

inasprire le sanzioni per i singoli cittadini e le imprese e semplificarne le procedure,

creare dei punti per la raccolta dei rottami di ferro vicino alle discariche per ridurre il volume dei rifiuti conferiti in discarica,

installare dei compattatori per polietilene tereftalato (PET) vicino ai negozi che vendono merci in contenitori di PET,

organizzare azioni di formazione per i cittadini in materia di compostaggio domestico,

collaborare con le scuole elementari per organizzare raccolte di imballaggi compositi,

prevedere un pagamento per i rifiuti di vetro,

aumentare le tariffe per i rifiuti urbani,

ridurre le tariffe per i rifiuti raccolti in modo differenziato.

c)   Trasferimenti finanziari per progetti di prevenzione e riduzione dei rifiuti

In Italia la Regione Marche, che rientra nell'obiettivo 2, ha utilizzato i fondi strutturali comunitari per attuare la propria strategia di prevenzione e riduzione dei rifiuti urbani. Tale strategia è stata realizzata principalmente finanziando progetti condotti a livello locale. Considerati l'elevato grado di partecipazione dei comuni e i buoni risultati preliminari, la regione ha deciso di continuare questo programma di finanziamento anche una volta terminato il sostegno comunitario.

d)   Ripristino dei siti delle discariche dopo la chiusura

Con un'altezza compresa tra i 30 e i 45 metri, le discariche spiccano nel paesaggio piuttosto pianeggiante dei Paesi Bassi. Per ragioni estetiche si presta una particolare attenzione al ripristino dei siti delle discariche. Inoltre, dato che nel paese lo spazio è limitato e quindi costoso, i siti delle discariche dismesse vengono spesso destinati a scopi ricreativi. Per questo motivo e al fine di aumentare il livello di accettazione delle discariche, spesso nella fase di gestione dopo la chiusura si procede al ripristino del sito.

Un esempio è dato dalla vecchia discarica situata nella zona di Spaarnwoude. Dopo la chiusura, il sito è stato riconvertito in un'area ricreativa dotata delle seguenti infrastrutture:

pista da sci coperta,

palestra di roccia,

area escursionistica,

percorso per mountain bike,

pista da bob.

Inoltre sono stati piantati alberi e cespugli per integrare meglio il sito nella zona circostante.

2.   Raccomandazioni

Il Comitato delle regioni

2.1

Raccomanda alla Commissione, agli Stati membri e agli enti regionali e locali di comunicare ampiamente i fattori di successo sopra descritti, al fine promuovere una migliore applicazione della direttiva;

2.2

propone di creare un centro specializzato al quale le autorità nazionali, regionali e locali, nonché gli operatori delle discariche, le ONG e altre parti interessate possano rivolgersi per ricevere informazioni e consulenza su problemi specifici (di ordine tecnico e organizzativo) e scambiare le migliori pratiche. A tale centro può essere affidato il compito di contribuire ad attuare le raccomandazioni formulate nel presente rapporto di prospettiva; sarebbe preferibile che esso venisse integrato, come nuovo campo di attività, in un organismo già esistente;

2.3

raccomanda di procedere periodicamente ad una valutazione delle tecniche innovative e dello sviluppo delle conoscenze e di informarne le parti coinvolte;

2.4

raccomanda di integrare maggiormente la direttiva sulle discariche nella politica comunitaria dei rifiuti e di promuovere un'applicazione integrata piuttosto che settoriale;

2.5

esorta la Commissione a facilitare l'ulteriore sviluppo di iniziative per il riciclaggio, in particolare mediante la prossima strategia per la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti e, se del caso, a prevedere anche misure di sostegno, specialmente negli Stati membri piccoli in cui è più difficile raggiungere la necessaria economia di scala;

2.6

invita la Commissione ad adoperarsi per eliminare gli incentivi al «turismo dei rifiuti» dovuti ai diversi standard ambientali in materia di trattamento e di smaltimento nei vari Stati membri, e per accelerare la creazione di condizioni eque;

2.7

chiede un maggiore coordinamento tra le autorità nazionali competenti in materia di tasse sulle discariche. Ovviamente, considerato che le misure fiscali in generale sono un argomento politicamente molto sensibile, ciò non implicherebbe necessariamente l'introduzione di una tassa sulle discariche armonizzata a livello comunitario;

2.8

raccomanda alla Commissione di sorvegliare da vicino l'applicazione della direttiva con studi e altre azioni preventive al fine di aiutare le autorità nazionali, regionali e locali a soddisfare i requisiti ed evitare procedure di infrazione. Questo presuppone anche che vengano assegnate risorse umane in misura sufficiente a svolgere questo compito;

2.9

invita la Commissione a valutare se la diminuzione dei rifiuti biodegradabili conferiti in discarica abbia favorito il passaggio a misure più efficaci per la riduzione dell'impatto ambientale;

2.10

esorta la Commissione a prevedere una maggiore flessibilità in merito ai seguenti punti al momento della revisione della direttiva sulle discariche:

i requisiti relativi alla progettazione e alla costruzione delle discariche, in modo tale che possano venire adattati alle condizioni geologiche locali. Questo potrebbe avvenire piuttosto inserendo la definizione dell'obiettivo (un livello minimo di protezione) che precisando gli strumenti da utilizzare a tal fine,

le tecniche innovative per evitare una situazione di stallo in cui non si possono sfruttare i nuovi sviluppi;

2.11

esorta la Commissione ad inserire la dimensione regionale e locale nella definizione della futura politica europea in materia di gestione dei rifiuti in generale, e della messa in discarica in particolare;

2.12

esorta gli Stati membri a garantire che le loro strategie nazionali per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da conferire in discarica non portino solo a un passaggio dalla messa in discarica all'incenerimento, ma prevedano anche misure più efficaci nel ridurre l'impatto ambientale;

2.13

esorta gli Stati membri a garantire che gli enti regionali e locali siano coinvolti pienamente nelle misure di attuazione della normativa comunitaria laddove, come nel caso della direttiva sulle discariche, su di esse grava il principale onere della sua applicazione;

2.14

esorta gli Stati membri a garantire che il trasferimento di competenze alle autorità regionali e locali sia accompagnato da un trasferimento di risorse;

2.15

fa appello agli Stati membri affinché promuovano una stretta cooperazione a tutti i livelli amministrativi ai fini di una rapida applicazione della direttiva;

2.16

fa appello alle autorità regionali e locali affinché coinvolgano pienamente tutte le parti interessate nelle decisioni relative alle discariche in particolare e alla politica dei rifiuti in generale;

2.17

dichiara la sua disponibilità a svolgere un importante ruolo di partner nelle consultazioni che dovranno accompagnare l'ulteriore valutazione della direttiva sulle discariche in particolare, e della politica dei rifiuti in generale.

Bruxelles, 17 novembre 2005

Il Presidente

del Comitato delle regioni

Peter STRAUB


(1)  GU C 73 del 23.3.2004, pag. 63.

(2)  Lo studio con i risultati dell'inchiesta verrà pubblicato alla fine del 2005. All'inchiesta, che è stata effettuata nei mesi di giugno-luglio del 2005, hanno partecipato quasi 200 enti regionali di 23 Stati membri. Ulteriori dettagli sui risultati di tale indagine figurano nell'appendice al presente parere (solo in inglese).

(3)  Il 16 luglio 2003 per i vecchi Stati membri e il 1o maggio 2004 per i nuovi.