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dell'Unione europea

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Serie L


2024/1760

5.7.2024

DIRETTIVA (UE) 2024/1760 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 13 giugno 2024

relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859

(Testo rilevante ai fini del SEE)

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 50, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera g), e l’articolo 114,

vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,

visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),

deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),

considerando quanto segue:

(1)

Come stabilito dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea (TUE), l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. I valori fondamentali, che hanno ispirato la creazione stessa dell’Unione, l’universalità e l’indivisibilità dei diritti umani e il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale dovrebbero guidare l’azione dell’Unione sulla scena internazionale. Tale azione comprende la promozione dello sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile dei paesi in via di sviluppo.

(2)

In linea con l’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), un elevato livello di protezione e il miglioramento qualitativo dell’ambiente e la promozione dei valori fondamentali europei si annoverano tra le priorità dell’Unione indicate nella comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2019 dal titolo «Il Green Deal europeo». Tali obiettivi richiedono il coinvolgimento non solo delle autorità pubbliche, ma anche degli attori privati, in particolare delle società.

(3)

Nella comunicazione del 14 gennaio 2020 su un’Europa sociale forte per una transizione giusta la Commissione si è impegnata a migliorare l’economia sociale di mercato europea per realizzare una transizione giusta alla sostenibilità, garantendo che nessuno sia lasciato indietro. La presente direttiva contribuirà inoltre al pilastro europeo dei diritti sociali, che promuove diritti che garantiscono condizioni di lavoro eque. Si inserisce nelle politiche e nelle strategie dell’UE relative alla promozione del lavoro dignitoso in tutto il mondo, anche nelle catene globali del valore, come indicato nella comunicazione della Commissione del 23 febbraio 2022 sul lavoro dignitoso in tutto il mondo.

(4)

La condotta delle società in tutti i settori dell’economia è fondamentale per il successo degli obiettivi di sostenibilità dell’Unione, in quanto le imprese dell’Unione, in particolare quelle di grandi dimensioni, dipendono dalle catene globali del valore. Tutelare i diritti umani e l’ambiente va anche nell’interesse delle società, in particolare alla luce delle crescenti preoccupazioni espresse dai consumatori e dagli investitori in merito a tali questioni. Esistono già a livello dell’Unione e a livello nazionale diverse iniziative volte a promuovere le società che sostengono una trasformazione orientata a un sistema di valori.

(5)

Le norme internazionali vigenti in materia di condotta d’impresa responsabile specificano che le società dovrebbero tutelare i diritti umani e stabiliscono le modalità con cui dovrebbero inserire la protezione dell’ambiente in tutte le attività che svolgono e le catene del valore cui partecipano. I principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (principi guida delle Nazioni Unite) riconoscono la responsabilità delle società di esercitare il dovere di diligenza in materia di diritti umani individuando, prevenendo e attenuando gli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani e rendendo conto delle modalità con cui affrontano tali impatti. I principi guida delle Nazioni Unite stabiliscono che le imprese debbano evitare di violare i diritti umani e debbano affrontare gli impatti negativi sui diritti umani che hanno causato, cui hanno contribuito o cui sono collegate nel contesto delle proprie attività, di quelle delle proprie filiazioni e tramite i rapporti d’affari diretti e indiretti che intrattengono.

(6)

Il concetto di dovere di diligenza in materia di diritti umani è stato esposto e sviluppato ulteriormente nelle linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) destinate alle imprese multinazionali (linee guida per le imprese multinazionali), che hanno esteso l’applicazione del dovere di diligenza ai temi dell’ambiente e della governance. Le linee guida dell’OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d’impresa responsabile (linee guida per la condotta d’impresa responsabile) e le linee guida settoriali sono quadri riconosciuti a livello internazionale che stabiliscono misure pratiche relative al dovere di diligenza per assistere le società a individuare, prevenire e attenuare gli impatti, siano essi effettivi o potenziali, e rendere conto delle modalità con cui li affrontano nel contesto delle loro attività e catene di approvvigionamento e di altri rapporti d’affari. Il concetto di dovere di diligenza è altresì integrato nelle raccomandazioni della dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).

(7)

Tutte le imprese hanno la responsabilità di rispettare i diritti umani, che sono universali, indivisibili, interdipendenti e interconnessi.

(8)

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, adottati da tutti gli Stati membri dell’ONU nel 2015, comprendono la promozione di una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile. L’Unione si è prefissa lo scopo di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Il settore privato contribuisce a tali obiettivi.

(9)

Le catene globali del valore, e in particolare le catene del valore delle materie prime critiche, sono colpite dagli effetti negativi dei rischi di origine naturale o umana. È probabile che in futuro aumentino la frequenza e l’impatto degli shock che comportano rischi per le catene del valore critiche. Il settore privato potrebbe svolgere un ruolo importante nella promozione di una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, evitando nel contempo la creazione di squilibri nel mercato interno. Ciò sottolinea l’importanza di rafforzare la resilienza delle società a scenari avversi connessi alle loro catene del valore, tenendo conto delle esternalità nonché dei rischi sociali, ambientali e di governance.

(10)

Gli accordi internazionali siglati nell’ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di cui l’Unione e gli Stati membri sono parti, come l’accordo di Parigi nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici adottato il 12 dicembre 2015 («accordo di Parigi») (3) e il recente patto di Glasgow per il clima, definiscono precise vie per affrontare la questione dei cambiamenti climatici e mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5 oC. Oltre agli interventi specifici attesi da tutti i firmatari, si ritiene che anche il settore privato rivesta un ruolo fondamentale per il conseguimento di questi obiettivi, in particolare tramite le strategie di investimento che attua.

(11)

Con il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) l’Unione si è inoltre giuridicamente impegnata a diventare climaticamente neutra entro il 2050 e a ridurre le emissioni di almeno il 55 % entro il 2030. Entrambi gli impegni richiedono una modifica delle modalità di produzione e di acquisto delle società. Il documento di lavoro dei servizi della Commissione che accompagna la comunicazione della Commissione del 17 settembre 2020 dal titolo «Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l’Europa — Investire in un futuro a impatto climatico zero nell’interesse dei cittadini» (Piano per l’obiettivo climatico 2030) presenta una modellizzazione dei diversi livelli di riduzione delle emissioni richiesti ai diversi settori economici, sebbene debbano tutti, in qualsiasi scenario, ridurle sensibilmente per permettere all’Unione di conseguire gli obiettivi climatici che si è data. Il piano sottolinea inoltre che «la modifica delle regole e delle prassi relative al governo societario, compresa la finanza sostenibile, porterà manager e imprenditori a dare priorità agli obiettivi di sostenibilità nelle loro azioni e strategie». La comunicazione della Commissione sul Green Deal europeo stabilisce che tutte le azioni e le politiche dell’UE debbano convergere per consentire all’Unione di realizzare la transizione giusta verso un futuro sostenibile. Stabilisce inoltre che la sostenibilità debba essere integrata in modo più sistematico nella governance societaria. Il quadro per l’azione dell’Unione nei settori dell’ambiente e del clima stabilito nella decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) punta ad accelerare la transizione verde verso un’economia circolare climaticamente neutra, sostenibile, priva di sostanze tossiche, efficiente sotto il profilo delle risorse, basata sull’energia rinnovabile, resiliente e competitiva, in maniera giusta, equa e inclusiva, nonché a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell’ambiente, anche, tra l’altro, bloccando e invertendo la perdita della biodiversità.

(12)

Secondo la comunicazione della Commissione, del 24 febbraio 2021, dal titolo «Plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici», che presenta la strategia dell’Unione di adattamento ai cambiamenti climatici, le nuove decisioni strategiche e di investimento dovrebbero tenere conto degli aspetti connessi al clima ed essere adeguate alle esigenze future, anche per le imprese più grandi che gestiscono catene del valore. La presente direttiva dovrebbe essere coerente con tale strategia. Analogamente dovrebbe esservi coerenza con la direttiva (UE) 2024/1619 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) che stabilisce requisiti chiari per le norme di governance delle banche, compresa la conoscenza dei rischi ambientali, sociali e di governance a livello di consiglio di amministrazione.

(13)

La comunicazione della Commissione dell’11 marzo 2020 dal titolo «Un nuovo piano d’azione per l’economia circolare — Per un’Europa più pulita e più competitiva» (piano d’azione per l’economia circolare), la comunicazione della Commissione del 20 marzo 2020 dal titolo «Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 — Riportare la natura nella nostra vita» (strategia sulla biodiversità), la comunicazione della Commissione del 20 marzo 2020 dal titolo «Una strategia “Dal produttore al consumatore» per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente» (strategia «Dal produttore al consumatore»), la comunicazione della Commissione del 14 ottobre 2020 dal titolo «Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili — Verso un ambiente privo di sostanze tossiche» (strategia in materia di sostanze chimiche), la comunicazione della Commissione del 12 maggio 2021 sul piano d’azione dell’UE: «Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo», la comunicazione della Commissione del 5 maggio 2021 dal titolo «Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa», l’approccio della Commissione denominato Industria 5.0, la comunicazione della Commissione del 4 marzo 2021 sul piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali e la comunicazione della Commissione del 18 febbraio 2021 dal titolo «Riesame della politica commerciale — Una politica commerciale aperta, sostenibile e assertiva» elencano tra i loro elementi un’iniziativa sulla governance societaria sostenibile. Gli obblighi relativi al dovere di diligenza previsti dalla presente direttiva dovrebbero contribuire al conseguimento degli obiettivi del piano d’azione dell’UE «Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo» volti a creare un ambiente privo di sostanze tossiche e a proteggere la salute e il benessere delle persone, degli animali e degli ecosistemi dai rischi ambientali e dagli impatti negativi connessi all’ambiente.

(14)

La presente direttiva è coerente con la comunicazione congiunta della Commissione sul piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia 2020-2024. Tale piano d’azione definisce prioritario rafforzare l’impegno dell’Unione a promuovere attivamente l’attuazione a livello globale dei principi guida delle Nazioni Unite e altre linee guida internazionali pertinenti, quali le linee guida per le imprese multinazionali, anche promuovendo norme pertinenti in materia di dovere di diligenza.

(15)

Nella risoluzione del 10 marzo 2021 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti il dovere di diligenza e la responsabilità delle imprese, il Parlamento europeo invita la Commissione a proporre norme a livello dell’Unione che prevedano obblighi globali relativi al dovere di diligenza delle imprese, con conseguenze anche in termini di responsabilità civile per le società che causano o causano congiuntamente danni per il mancato adempimento al dovere di diligenza. Le conclusioni del Consiglio, del 1o dicembre 2020, su diritti umani e lavoro dignitoso nelle catene di approvvigionamento globali hanno invitato la Commissione a presentare una proposta di quadro giuridico dell’Unione in materia di governance societaria sostenibile che comprenda obblighi intersettoriali in materia di dovere di diligenza delle imprese lungo le catene di approvvigionamento globali. Nella relazione di iniziativa del 2 dicembre 2020 sul governo societario sostenibile, il Parlamento europeo chiede inoltre di precisare gli obblighi degli amministratori. Nella dichiarazione comune sulle priorità legislative dell’UE per il 2022, del 21 dicembre 2021, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione si sono impegnati a realizzare un’economia al servizio delle persone e a migliorare il quadro normativo in materia di governance societaria sostenibile.

(16)

La presente direttiva mira ad assicurare che le società attive nel mercato interno contribuiscano allo sviluppo sostenibile e alla transizione economica e sociale verso la sostenibilità attraverso l’individuazione, e, ove necessario, l’attribuzione di priorità, la prevenzione, l’attenuazione, l’arresto, la minimizzazione e la riparazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente connessi alle attività delle società stesse nonché alle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali nelle catene di attività cui le società partecipano, e garantendo che le persone colpite dal mancato rispetto di tale obbligo abbiano accesso alla giustizia e ai mezzi di ricorso. La presente direttiva lascia impregiudicata la responsabilità degli Stati membri di rispettare e tutelare i diritti umani e l’ambiente ai sensi del diritto internazionale.

(17)

La presente direttiva lascia impregiudicati gli obblighi in materia di diritti umani, occupazionali e sociali, protezione dell’ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell’Unione. Qualora le disposizioni della presente direttiva contrastino con le disposizioni di un altro atto legislativo dell’Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, le disposizioni dell’altro atto legislativo dell’Unione dovrebbero prevalere per gli aspetti contrastanti e applicarsi a tali obblighi specifici. Tra gli esempi di tali obblighi contenuti in atti legislativi dell’Unione figurano gli obblighi di cui al regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), al regolamento (UE) 2023/1542 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e al regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento europeo e del Consiglio (9).

(18)

La presente direttiva non si applica agli enti pensionistici che gestiscono regimi di sicurezza sociale a norma del diritto dell’Unione. Qualora uno Stato membro abbia scelto di non applicare, in tutto o in parte, la direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) a enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali e professionali a norma dell’articolo 5 della stessa, la presente direttiva non si applica a tali enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali e professionali.

(19)

Le società dovrebbero adottare le iniziative opportune per istituire e attuare, conformemente alla presente direttiva, misure relative al dovere di diligenza, per quanto riguarda le proprie attività, quelle delle loro filiazioni nonché quelle dei loro partner commerciali, diretti e indiretti, lungo l’intera catena di attività. La presente direttiva non dovrebbe imporre alle società di garantire che gli impatti negativi non si verificheranno mai o che saranno arrestati quali che siano le circostanze. Ad esempio, con riguardo ai partner commerciali presso cui l’impatto negativo deriva dall’intervento dello Stato, la società potrebbe non essere in grado di conseguire tale risultato. Pertanto, gli obblighi principali della presente direttiva dovrebbero essere «obblighi di mezzi». La società dovrebbe adottare le misure adeguate che permettono di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza affrontando efficacemente gli impatti negativi, in modo commisurato al grado di gravità e alla probabilità dell’impatto negativo. È opportuno tenere conto delle circostanze del caso specifico, della natura e della portata dell’impatto negativo e dei fattori di rischio pertinenti, ivi compreso nel prevenire gli impatti negativi e minimizzarne l’entità, le specificità delle attività commerciali della società e della sua catena di attività, del settore o dell’area geografica in cui operano i suoi partner commerciali, del potere della società di influenzare i suoi partner commerciali diretti e indiretti e della possibilità che il suo potere di influenza aumenti.

(20)

Il processo di attuazione del dovere di diligenza previsto dalla presente direttiva dovrebbe comprendere le sei fasi definite dalle linee guida per la condotta d’impresa responsabile, che comprendono le misure relative al dovere di diligenza che le società devono applicare al fine di individuare e affrontare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi. Si tratta delle fasi seguenti: 1) integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione; 2) individuazione e valutazione degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi; 3) prevenzione, arresto o minimizzazione degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente; 4) monitoraggio e valutazione dell’efficacia delle misure; 5) comunicazione; e 6) riparazione.

(21)

Al fine di rendere più efficace il dovere di diligenza e ridurre l’onere per le società, queste ultime dovrebbero avere il diritto di condividere risorse e informazioni all’interno del gruppo di società di cui sono parte e con altri soggetti giuridici. Le società madre ricadenti nell’ambito d’applicazione della presente direttiva dovrebbero essere autorizzate ad adempiere alcuni degli obblighi relativi al dovere di diligenza anche per conto delle loro filiazioni che ricadono nell’ambito di applicazione della presente direttiva, se ciò garantisce l’effettiva conformità. Ciò non dovrebbe pregiudicare il fatto che le filiazioni siano assoggettate all’esercizio dei poteri dell’autorità di controllo e alla responsabilità civile a norma della presente direttiva. Qualora la società madre adempia gli obblighi relativi alla lotta ai cambiamenti climatici per conto di una filiazione, quest’ultima dovrebbe adempiere tali obblighi conformemente al piano di mitigazione dei cambiamenti climatici della società madre, opportunamente adattato al suo modello e alla sua strategia aziendali. Se la filiazione non ricade nell’ambito d’applicazione della presente direttiva, in quanto la filiazione non è tenuta ad adempiere il dovere di diligenza, la società madre dovrebbe contemplare le attività della filiazione nell’ambito dei propri obblighi relativi al dovere di diligenza. Se le filiazioni ricadono nell’ambito d’applicazione della presente direttiva, ma non la società madre, queste dovrebbero comunque essere autorizzate a condividere risorse e informazioni all’interno del gruppo di società. Tuttavia, le filiazioni dovrebbero essere responsabili dell’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza di cui alla presente direttiva.

(22)

L’adempimento di alcuni degli obblighi relativi al dovere di diligenza a livello di gruppo non dovrebbe pregiudicare la responsabilità civile delle filiazioni a norma della presente direttiva nei confronti delle vittime che subiscono il danno. Qualora le condizioni per la responsabilità civile siano soddisfatte, la filiazione potrebbe essere ritenuta responsabile del danno, indipendentemente dal fatto che gli obblighi relativi al dovere di diligenza siano stati assolti dalla filiazione o dalla società madre per conto della filiazione.

(23)

I partner commerciali non dovrebbero essere obbligati a rivelare a società che adempiono gli obblighi derivanti dalla presente direttiva informazioni che costituiscono un segreto commerciale ai sensi della direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), fatta salva la divulgazione dell’identità dei partner commerciali, diretti e indiretti, o di informazioni essenziali necessarie per individuare gli impatti negativi effettivi o potenziali, ove necessario e debitamente giustificato per il rispetto degli obblighi relativi al dovere di diligenza da parte della società. Ciò non dovrebbe pregiudicare la possibilità, per i partner commerciali, di proteggere i loro segreti commerciali attraverso i meccanismi istituiti dalla direttiva (UE) 2016/943. I partner commerciali non dovrebbero mai essere obbligati a rivelare informazioni classificate o di altro tipo la cui divulgazione comporterebbe un rischio per gli interessi essenziali della sicurezza di uno Stato.

(24)

Impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente possono prodursi nelle attività delle società stesse, nelle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali, nelle catene di attività delle società, in particolare a livello di approvvigionamento delle materie prime e di fabbricazione. Per produrre un effetto significativo, il dovere di diligenza dovrebbe riguardare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi generati durante la maggior parte del ciclo di vita della produzione, della distribuzione, del trasporto e dell’immagazzinamento di un prodotto o della prestazione del servizio, a livello delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni e dei suoi partner commerciali nelle catene di attività cui partecipano.

(25)

La catena di attività dovrebbe comprendere le attività dei partner commerciali a monte di una società inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte della società, inclusi la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la fabbricazione, il trasporto, l’immagazzinamento e la fornitura di materie prime, prodotti o parti dei prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio, nonché le attività dei partner commerciali a valle di una società inerenti alla distribuzione, al trasporto e all’immagazzinamento del prodotto, laddove i partner commerciali svolgano tali attività per la società o a nome della società. La presente direttiva non dovrebbe riguardare lo smaltimento del prodotto. Inoltre, ai sensi della presente direttiva la catena di attività non dovrebbe comprendere la distribuzione, il trasporto, l’immagazzinamento e lo smaltimento di un prodotto soggetto al controllo delle esportazioni da parte di uno Stato membro, vale a dire il controllo delle esportazioni a norma del regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio (12) o il controllo delle esportazioni di armi, munizioni o materiale bellico nel quadro dei controlli nazionali delle esportazioni, dopo che l’esportazione del prodotto è stata autorizzata. La presente direttiva è integrata da altri atti legislativi che affrontano altresì gli impatti negativi nel settore della tutela dei diritti umani o della protezione dell’ambiente. In particolare, il regolamento (UE) 2021/821 istituisce un regime di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso, che comprende tra l’altro software e tecnologie che possono essere utilizzati a fini di sorveglianza informatica. Nell’ambito di questo regime gli Stati membri dovrebbero considerare in particolare il rischio che di tali beni si faccia un uso connesso alla repressione interna o all’attuazione di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. Inoltre, il regolamento (UE) 2019/125 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) vieta o disciplina, a seconda dei casi, l’esportazione di merci, ad esempio le sostanze chimiche, che sono o che potrebbero essere utilizzate ai fini della pena di morte oppure ai fini della tortura o altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti. Inoltre, diverse altre iniziative legislative mirano a mitigare l’impatto ambientale dei prodotti durante il loro intero ciclo di vita, anche elaborando specifiche per la progettazione ecocompatibile basate sugli aspetti dei prodotti legati alla sostenibilità e alla circolarità. La conformità alla presente direttiva dovrebbe facilitare il rispetto delle disposizioni e degli obiettivi di questi altri atti legislativi, come pure dei termini e delle condizioni delle autorizzazioni applicabili attuate ai sensi di tali atti. Nel rispettare tali altri atti legislativi, gli esportatori dovrebbero tenere conto di quanto emerge dai rispettivi risultati relativi al dovere di diligenza a norma della presente direttiva. L’espressione «catena di attività» definita nella presente direttiva non pregiudica i termini «catena del valore» o «catena di approvvigionamento» definiti in altri atti legislativi dell’Unione o ai sensi degli stessi.

(26)

La definizione di «catena di attività» non dovrebbe comprendere le attività dei partner commerciali a valle di una società inerenti ai servizi della società. Per le imprese finanziarie regolamentate, la definizione di «catena di attività» non dovrebbe comprendere i partner commerciali a valle che ricevono i loro servizi e prodotti. Pertanto, per quanto riguarda le imprese finanziarie regolamentate, la presente direttiva si applica solo alla parte a monte, ma non a valle, delle loro catene di attività.

(27)

A norma della presente direttiva, le società costituite in conformità del diritto di uno Stato membro dovrebbero essere soggette ai requisiti relativi al dovere di diligenza allorché soddisfano determinate condizioni, tra cui il fatturato e, in certi casi, limiti minimi riguardanti il numero di dipendenti. Sebbene tali condizioni siano espresse in relazione a singoli esercizi, la presente direttiva dovrebbe applicarsi solo se la società le ha soddisfatte per ciascuno degli ultimi due esercizi consecutivi e non dovrebbe più applicarsi se cessano di essere soddisfatte per ciascuno degli ultimi due esercizi pertinenti. Questo vale anche per le società costituite in conformità della normativa di un paese terzo che dovrebbero soddisfare il pertinente criterio del fatturato dell’Unione per ciascuno degli ultimi due esercizi. A fini di chiarezza e tenuto conto dell’applicazione scaglionata della presente direttiva, è opportuno che i criteri relativi all’ambito d’applicazione siano soddisfatti per due esercizi consecutivi, sia da società dell’Unione che da società di paesi terzi, che precedono le pertinenti date di applicazione stabilite conformemente alle norme di recepimento della presente direttiva. Per quanto concerne i limiti minimi riguardanti il numero di dipendenti, il personale interinale e i lavoratori distaccati a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) dovrebbero essere inclusi nel calcolo del numero di dipendenti della società utilizzatrice. I lavoratori distaccati a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 96/71/CE dovrebbero essere inclusi solo nel calcolo del numero di dipendenti della società distaccante. Altri lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche dovrebbero altresì essere inclusi nel calcolo del numero di dipendenti nella misura in cui soddisfano i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) per determinare lo status di lavoratore. I lavoratori stagionali dovrebbero essere inclusi nel calcolo del numero di dipendenti proporzionalmente al numero di mesi nei quali sono impiegati. Il calcolo dei limiti minimi di cui alla presente direttiva dovrebbe includere il numero di dipendenti e il fatturato delle succursali di una società, che sono sedi di attività diverse dalla sede centrale da essa giuridicamente dipendenti e pertanto considerate parte della società, conformemente alla legislazione dell’Unione e al diritto nazionale. Questo dovrebbe valere anche per i gruppi di società qualora i limiti minimi siano calcolati su base consolidata. Laddove non altrimenti specificato, i limiti minimi da soddisfare affinché una società rientri nell’ambito d’applicazione della presente direttiva dovrebbero essere intesi come limiti minimi calcolati su base individuale.

(28)

Dovrebbero essere tenute ad assolvere gli obblighi in materia di dovere di diligenza di cui alla presente direttiva le società stabilite nell’Unione con, in media, più di 1 000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale di oltre 450 000 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o si sarebbe dovuto adottare il bilancio annuale. Dovrebbero essere tenute a rispettare gli obblighi relativi al dovere di diligenza di cui alla presente direttiva anche le società che hanno concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontino a oltre 22 500 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o si sarebbe dovuto adottare il bilancio annuale, e a condizione che la società abbia registrato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 80 000 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o si sarebbe dovuto adottare il bilancio annuale. Lo stesso vale per le società capogruppo di gruppi di società che, nel loro insieme, soddisfano tali condizioni. Per quanto riguarda tali società capogruppo, gli obblighi della presente direttiva dovrebbero essere soddisfatti dalla società capogruppo o, qualora quest’ultima abbia come attività principale la detenzione di azioni in filiazioni operative e non sia coinvolta nell’adozione di decisioni gestionali, operative o finanziarie che interessano il gruppo o una o più delle sue filiazioni, da una filiazione operativa stabilita nell’Unione, anziché dalla società capogruppo, conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva.

(29)

Ai fini del pieno conseguimento degli obiettivi della presente direttiva circa gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle attività delle società, delle attività delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali nelle catene di attività cui esse partecipano, è opportuno includere anche le società di paesi terzi che svolgono attività consistenti nell’UE. Più specificamente la direttiva dovrebbe applicarsi alle società di paesi terzi che hanno generato un fatturato netto di almeno 450 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio. Dovrebbero essere tenute a rispettare gli obblighi relativi al dovere di diligenza di cui alla presente direttiva anche le società che hanno concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontino a oltre 22 500 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio, e a condizione che la società abbia registrato un fatturato netto superiore a 80 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio. Lo stesso vale per le società capogruppo di gruppi di società che, nel loro insieme, soddisfano tali condizioni. Per quanto riguarda tali società capogruppo, gli obblighi della presente direttiva dovrebbero essere soddisfatti dalla società capogruppo o, qualora quest’ultima abbia come attività principale la detenzione di azioni in filiazioni operative e non sia coinvolta nell’adozione di decisioni gestionali, operative o finanziarie che interessano il gruppo o una o più delle sue filiazioni, da una filiazione operativa stabilita nell’Unione, anziché dalla società capogruppo, conformemente alle condizioni previste dalla presente direttiva.

(30)

Al fine di definire l’ambito d’applicazione della presente direttiva in relazione alle società di paesi terzi, è opportuno optare per il criterio del fatturato descritto, in quanto crea un collegamento territoriale tra la società di paese terzo e il territorio dell’Unione. Il fatturato è un indicatore degli effetti che le attività di tali società potrebbero avere sul mercato interno. In conformità del diritto internazionale tali effetti giustificano l’applicazione del diritto dell’Unione alle società di paesi terzi. Il fatturato di ciascuna di queste società dovrebbe essere determinato applicando i metodi di calcolo del fatturato netto validi per le società di paesi terzi di cui alla direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (15). Ai fini di una corretta applicazione della presente direttiva, è opportuno astenersi dallo stabilire un numero minimo di lavoratori dipendenti per determinare quali società di paesi terzi ricadano nel relativo ambito d’applicazione, in quanto la nozione di «dipendenti» utilizzata ai fini della presente direttiva si basa sul diritto dell’Unione e non potrebbe essere traslata facilmente al di fuori di questa. In assenza di una metodologia chiara e coerente, anche nei sistemi contabili, per determinare i dipendenti di società di paesi terzi, tale numero minimo di lavoratori dipendenti creerebbe pertanto incertezza giuridica e sarebbe difficile da applicare per le autorità di controllo. La definizione di «fatturato» dovrebbe basarsi sulla direttiva 2013/34/UE, che ha già stabilito i metodi di calcolo del fatturato netto per le società di paesi terzi, in quanto le definizioni di fatturato ed entrate sono simili nei sistemi contabili internazionali. Affinché l’autorità di controllo sappia quali società di paesi terzi generano nell’Unione il fatturato richiesto per ricadere nell’ambito d’applicazione della presente direttiva, è opportuno esigere che il mandatario della società di un paese terzo o la società stessa informi l’autorità di controllo dello Stato membro in cui è domiciliato o stabilito il mandatario della società di paese terzo e, se diversa, l’autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio, del fatto che la società è una società ricadente nell’ambito d’applicazione della direttiva. Se necessario per determinare in quale Stato membro la società di un paese terzo abbia generato la maggior parte del suo fatturato netto nell’Unione, lo Stato membro dovrebbe poter chiedere alla Commissione di informare lo Stato membro in merito al fatturato netto generato nell’Unione dalla società di un paese terzo. La Commissione dovrebbe creare un sistema per garantire tale scambio di informazioni.

(31)

È essenziale istituire un quadro dell’Unione per un approccio responsabile e sostenibile alle catene globali del valore, considerata l’importanza delle società in quanto pilastri nella costruzione di una società e di un’economia sostenibili. L’emergere di una normativa vincolante in diversi Stati membri rende necessario creare condizioni di parità per le società al fine di evitare la frammentazione e garantire la certezza del diritto per le imprese che operano nel mercato interno. Tuttavia, la presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di introdurre disposizioni di diritto nazionale più rigorose, divergenti da quelle previste da articoli diversi dall’articolo 8, paragrafi 1 e 2, dall’articolo 10, paragrafo 1, e dall’articolo 11, paragrafo 1, anche nei casi in cui tali disposizioni possano innalzare indirettamente il livello di tutela di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 2, all’articolo 10, paragrafo 1, e all’articolo 11, paragrafo 1, come disposizioni sull’ambito di applicazione, sulle definizioni, sulle misure adeguate per la riparazione degli impatti negativi effettivi, sullo svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi e sulla responsabilità civile; né dovrebbe impedire agli Stati membri di introdurre disposizioni di diritto nazionale più specifiche in termini di obiettivo o di settore interessato, come disposizioni di diritto nazionale che disciplinino specifici impatti negativi o specifici settori di attività, al fine di conseguire un diverso livello di tutela dei diritti umani, occupazionali e sociali o di protezione dell’ambiente o del clima.

(32)

La presente direttiva mira a includere tutti i diritti umani, compresi tutti e cinque i principi e diritti fondamentali nel lavoro quali definiti nella Dichiarazione dell’ILO del 1998 sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro. Per apportare un contributo significativo alla transizione verso la sostenibilità, il dovere di diligenza ai sensi della presente direttiva dovrebbe essere esercitato in relazione agli impatti negativi in termini di diritti umani sulle persone causati dall’abuso di uno dei diritti sanciti dagli strumenti internazionali elencati nella parte I, sezione 1, dell’allegato della presente direttiva. Il termine «abuso» dovrebbe essere interpretato in linea con il diritto internazionale dei diritti umani. Per includere tutti i diritti umani, dovrebbe rientrare negli impatti negativi sui diritti umani contemplati dalla presente direttiva anche l’abuso di un diritto umano non elencato espressamente nella parte I, sezione 1, dell’allegato della presente direttiva, che può essere perpetrato da una società o da un soggetto giuridico e che pregiudichi direttamente un interesse giuridico tutelato dagli strumenti in materia di diritti umani elencati nella parte I, sezione 2, dell’allegato della presente direttiva, purché la società in questione fosse ragionevolmente in grado di prevedere il rischio di tale abuso dei diritti umani, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso specifico, comprese la natura e la portata delle attività commerciali della società e della rispettiva catena di attività, il settore economico e il contesto geografico e operativo. Il dovere di diligenza dovrebbe inoltre comprendere gli impatti ambientali negativi causati dalla violazione di uno dei divieti o degli obblighi elencati nella parte II dell’allegato della presente direttiva, nonché gli impatti negativi causati dalla violazione di uno dei divieti elencati nella parte I, punti 15 e 16, dell’allegato della presente direttiva tenendo conto della legislazione nazionale connessa alle disposizioni degli strumenti elencati in tale allegato. Tali divieti e obblighi dovrebbero essere interpretati e applicati in linea con il diritto internazionale e con i principi generali del diritto ambientale dell’Unione di cui all’articolo 191 TFUE. Tali divieti comprendono il divieto di causare qualsiasi degrado ambientale misurabile, quali cambiamenti nocivi del suolo, inquinamento idrico o atmosferico, emissioni nocive, consumo eccessivo di acqua, degrado del suolo o qualsiasi altro effetto sulle risorse naturali, come la deforestazione, che comprometta sostanzialmente le basi naturali per la conservazione e la produzione di alimenti, o che privi una persona dell’accesso ad acqua potabile sicura e pulita, o che ostacoli l’accesso di una persona ai servizi sanitari o distrugga questi ultimi, o che leda la salute e la sicurezza di una persona, il normale uso di un terreno o dei beni acquisiti legalmente da parte di una persona, o che incida negativamente in modo sostanziale sui servizi ecosistemici attraverso i quali un ecosistema contribuisce direttamente o indirettamente al benessere delle persone. Al fine di valutare se il danno ai servizi ecosistemici sia sostanziale, dovrebbero essere presi in considerazione, se del caso, i seguenti elementi: le condizioni originarie dell’ambiente colpito, indipendentemente dal fatto che il danno sia a lungo, medio o breve termine, la diffusione del danno e la reversibilità del danno. Gli obblighi relativi al dovere di diligenza previsti dalla presente direttiva dovrebbero pertanto contribuire a preservare e ripristinare la biodiversità e a migliorare lo stato dell’ambiente, in particolare dell’aria, dell’acqua e del suolo, anche per tutelare meglio i diritti umani. Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di adottare atti delegati per modificare l’allegato della presente direttiva per le finalità di cui all’articolo 3, paragrafo 2, anche aggiungendo il riferimento, una volta ratificati da tutti gli Stati membri, alla convenzione dell’ILO sulla salute e la sicurezza sul lavoro del 1981 (n. 155) e al quadro promozionale dell’ILO per la sicurezza e la salute sul lavoro del 2006 (n. 187), che fanno parte degli strumenti fondamentali dell’ILO.

(33)

A seconda delle circostanze, le imprese potrebbero dover prendere in considerazione norme supplementari. Ad esempio, tenendo conto di contesti specifici o di fattori che si intersecano tra loro, tra cui il genere, l’età, la razza, l’etnia, la classe, la casta, l’istruzione, lo status di migrante, la disabilità, nonché lo status sociale ed economico, nell’ambito di un approccio al dovere di diligenza sensibile alle questioni di genere e culturali, le società dovrebbero prestare un’attenzione speciale a qualsiasi particolare impatto negativo su persone fisiche che potrebbero essere esposte a un rischio maggiore a causa di emarginazione, vulnerabilità o altre circostanze, individualmente o in quanto membri di determinati gruppi o comunità, compresi i popoli indigeni, protetti dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, anche in relazione al consenso libero, previo e informato. A tal fine, le imprese potrebbero dover prendere in considerazione, se del caso, strumenti internazionali quali la Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

(34)

Le società dovrebbero inoltre esercitare la loro influenza per contribuire a un livello di vita adeguato nelle catene di attività. Ciò è inteso, tra l’altro, come un salario sufficiente a garantire il sostentamento per i lavoratori dipendenti e un reddito di sussistenza per i lavoratori autonomi e i piccoli coltivatori, guadagnato in cambio del loro lavoro e della loro produzione.

(35)

La presente direttiva riconosce l’approccio «One Health» definito dall’Organizzazione mondiale della sanità, un approccio integrato e unificante che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi. Tale approccio riconosce che la salute degli esseri umani e quella degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale, compresi gli ecosistemi, sono strettamente interconnesse e interdipendenti. È pertanto opportuno prevedere che il dovere di diligenza ambientale debba comprendere la prevenzione del degrado ambientale che si traduce in effetti negativi sulla salute, come le epidemie, e debba rispettare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile.

(36)

Fattori quali la corruzione attiva e passiva possono intrecciarsi agli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente o rafforzarli. Può pertanto rendersi necessario che le società tengano conto di tali fattori nell’esercizio del dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente, in modo coerente con la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.

(37)

Nel valutare gli impatti negativi sui diritti umani, le società hanno a disposizione orientamenti che illustrano in che modo le attività che svolgono possano incidere sui diritti umani e quale condotta sia loro vietata in base ai diritti umani riconosciuti a livello internazionale. Siffatti orientamenti sono inclusi, ad esempio, nel quadro di riferimento per la segnalazione dei principi guida delle Nazioni Unite e nella guida interpretativa dal titolo «The corporate responsibility to respect human rights» (La responsabilità delle imprese di rispettare i diritti umani).

(38)

Per assolvere adeguatamente il dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente per quanto riguarda le proprie attività, le attività delle loro filiazioni e quelle dei loro partner commerciali nelle loro catene di attività, le società contemplate dalla presente direttiva dovrebbero integrare il dovere di diligenza nelle loro politiche e nei loro sistemi di gestione dei rischi, individuare e valutare, se necessario attribuire un ordine di priorità, prevenire, attenuare e arrestare gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente, e minimizzarne l’entità, fornire riparazione con riferimento a impatti negativi effettivi, svolgere un dialogo significativo con i portatori di interessi, instaurare e mantenere un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo, monitorare l’efficacia delle misure adottate in ossequio agli obblighi previsti dalla presente direttiva e comunicare al pubblico le attività relative al dovere di diligenza da loro svolte. Per offrire chiarezza alle società, la presente direttiva dovrebbe operare una distinzione netta, in particolare, fra le iniziative volte a prevenire e attenuare i potenziali impatti negativi e quelle volte ad arrestare gli impatti negativi effettivi o, quando ciò non sia possibile, a minimizzarne l’entità.

(39)

Le società dovrebbero integrare il dovere di diligenza nelle loro pertinenti politiche e nei loro sistemi di gestione dei rischi e a tutti i pertinenti livelli operativi e predisporre una politica relativa al dovere di diligenza così che questo sia parte integrante delle politiche e dei sistemi di gestione dei rischi delle società, in linea con il quadro internazionale in materia. Detta politica dovrebbe essere elaborata previa consultazione con i dipendenti della società e i loro rappresentanti e dovrebbe esporre l’approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine, e riportare un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi l’intera società e le sue filiazioni, nonché, se del caso, i partner commerciali diretti o indiretti della società, ed esporre le procedure predisposte per l’integrazione del dovere di diligenza nelle pertinenti politiche e per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta ed estenderne l’applicazione ai partner commerciali. La politica relativa al dovere di diligenza dovrebbe garantire un dovere di diligenza basato sul rischio. Il codice di condotta dovrebbe applicarsi a tutte le pertinenti funzioni e attività aziendali, comprese le decisioni in materia di appalti, di personale e di acquisti. Ai fini della presente direttiva, la nozione di dipendenti dovrebbe includere il personale interinale e altri lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche, purché soddisfino i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia per determinare lo status di lavoratore.

(40)

Per rispettare gli obblighi relativi al dovere di diligenza, è necessario che le società adottino misure adeguate per quanto riguarda l’individuazione, la prevenzione, l’arresto, la minimizzazione e la riparazione degli impatti negativi e lo svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi durante l’intero processo di attuazione del dovere di diligenza. Le «misure adeguate» dovrebbero essere intese come misure che permettono di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza, affrontando efficacemente gli impatti negativi in modo commisurato al grado di gravità e alla probabilità dell’impatto negativo, e ragionevolmente disponibili per la società, considerate le circostanze del caso specifico, comprese la natura e la portata dell’impatto negativo e dei fattori di rischio pertinenti. Ove ottenere le informazioni necessarie, comprese le informazioni ritenute un segreto commerciale, non sia ragionevolmente possibile a causa di ostacoli di fatto o di diritto, ad esempio perché un partner commerciale rifiuta di fornire informazioni e non sussistono basi giuridiche per imporlo, tali circostanze non possono essere contestate alla società, ma questa dovrebbe essere in grado di spiegare il motivo per cui non è stato possibile ottenere tali informazioni e dovrebbero adottare i provvedimenti necessari e ragionevoli per ottenerle quanto prima.

(41)

In ossequio agli obblighi relativi al dovere di diligenza previsti dalla presente direttiva, la società dovrebbe individuare e valutare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali. Per essere complete, l’individuazione e la valutazione di tali impatti negativi dovrebbero basarsi su informazioni quantitative e qualitative, compresi i pertinenti dati disaggregati che possono essere ragionevolmente ottenuti da una società. Le imprese dovrebbero ricorrere a metodi e risorse adeguati, comprese relazioni disponibili al pubblico. Per quanto riguarda gli impatti ambientali negativi, ad esempio, la società dovrebbe ottenere informazioni sulle condizioni originarie nei siti o nelle strutture a più alto rischio che intervengono nella sua catena di attività. Nell’ambito dell’obbligo di individuare gli impatti negativi, le società dovrebbero adottare misure adeguate per mappare le proprie attività, quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle catene di attività cui partecipano, dei loro partner commerciali, al fine di individuare i settori generali in cui è più probabile che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità. Sulla base dei risultati di tale mappatura, le società dovrebbero effettuare una valutazione approfondita delle proprie attività, di quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle catene di attività cui partecipano, di quelle dei loro partner commerciali, nei settori in cui è stata individuata una maggiore probabilità che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità. Al momento dell’individuazione e della valutazione degli impatti negativi, la società dovrebbe tenere conto, sulla base di una valutazione globale, dei possibili fattori di rischio pertinenti, compresi i fattori di rischio a livello di società, ad esempio se il partner commerciale non è una società ricadente nell’ambito di applicazione della presente direttiva, i fattori di rischio relativi alle attività commerciali, i fattori di rischio geografici e legati al contesto, come il livello di applicazione della legge in relazione al tipo di impatti negativi, i fattori di rischio connessi ai prodotti e ai servizi e i fattori di rischio settoriali. Nell’individuare e valutare gli impatti negativi le società dovrebbero rilevare e valutare anche l’impatto del modello e delle strategie aziendali del partner commerciale, comprese le pratiche commerciali, di appalto e di fissazione dei prezzi. Al fine di limitare gli oneri che la richiesta di informazioni comporta per le società più piccole, laddove le informazioni necessarie per l’individuazione degli impatti negativi possano essere ottenute dai partner commerciali a diversi livelli delle loro catene di attività, le società dovrebbero dar prova di moderazione nei confronti dei partner commerciali che non presentano essi stessi rischi di impatti negativi e preferire, ove ragionevole, la richiesta di informazioni più dettagliate direttamente ai partner commerciali a livelli delle loro catene di attività in cui, sulla base della mappatura, è più probabile che si verifichino impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali. L’individuazione degli impatti negativi dovrebbe comprendere una valutazione dinamica dei diritti umani e del contesto ambientale compiuta a intervalli regolari: senza indebito ritardo dopo il verificarsi di un cambiamento significativo, e in ogni caso almeno ogni 12 mesi, durante l’intero ciclo di vita di un’attività o del rapporto e ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano insorgere nuovi rischi. Per cambiamento significativo si dovrebbe intendere un cambiamento dello status quo delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni o dei suoi partner commerciali, del contesto giuridico o commerciale o qualsiasi altro mutamento sostanziale rispetto alla situazione della società o al relativo contesto operativo. Esempi di cambiamenti significativi potrebbero essere i casi in cui la società avvia attività in un nuovo settore economico o in una nuova zona geografica, avvia la produzione di nuovi prodotti o modifica le modalità di produzione dei prodotti esistenti utilizzando una tecnologia con impatti negativi potenzialmente più consistenti, ovvero modifica la propria struttura societaria mediante ristrutturazioni, fusioni o acquisizioni. Fondati motivi per ritenere che vi siano nuovi rischi possono emergere in modi diversi, compresa l’avvenuta conoscenza dell’impatto negativo da informazioni pubblicamente disponibili, attraverso il dialogo con i portatori di interessi o tramite notifiche. Se, pur avendo adottato misure adeguate per individuare gli impatti negativi, le società non dispongono di tutte le informazioni necessarie sulle loro catene di attività, dovrebbero essere in grado di spiegare il motivo per cui non è stato possibile ottenere tali informazioni e dovrebbero adottare i provvedimenti necessari e ragionevoli per ottenerle quanto prima.

(42)

Nelle zone di conflitto o ad alto rischio, quali definite a norma del regolamento (UE) 2017/821, è più probabile che abusi dei diritti umani si verifichino e siano gravi. Le società dovrebbero tenerne conto quando integrano il dovere di diligenza nelle loro politiche e nei loro sistemi di gestione dei rischi al fine di garantire che i codici di condotta e le procedure predisposti per l’esercizio del dovere di diligenza siano adattati alle zone di conflitto o ad alto rischio, in modo coerente con il diritto internazionale umanitario, come stabilito nelle convenzioni di Ginevra del 1949 e nei relativi protocolli aggiuntivi. Le società dovrebbero tenere conto del fatto che tali situazioni costituiscono particolari fattori di rischio geografici e legati al contesto quando effettuano valutazioni approfondite nell’ambito del processo di individuazione e valutazione, quando adottano misure adeguate per prevenire, attenuare, arrestare gli impatti negativi individuati e minimizzarne l’entità, e quando dialogano con i portatori di interessi. A tal fine, le imprese possono valersi degli orientamenti della Commissione sulla valutazione dei fattori di rischio associati alle zone di conflitto o ad alto rischio, che dovrebbero tenere conto degli orientamenti del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo dal titolo «Heightened Human Rights Due Diligence for Business in Conflict-Affected Contexts. A Guide» (Dovere di diligenza rafforzato in materia di diritti umani per le imprese in contesti di conflitto. Una guida).

(43)

La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicate le norme in materia di segreto professionale applicabili agli avvocati o ad altri professionisti certificati autorizzati a rappresentare i loro clienti nei procedimenti giudiziari, conformemente al diritto dell’Unione e nazionale.

(44)

Qualora una società non sia in grado di prevenire, attenuare o arrestare tutti gli impatti negativi reali o potenziali individuati o di minimizzarne l’entità, contemporaneamente e in modo completo, dovrebbe attribuire agli impatti negativi un ordine di priorità in base alla loro gravità e probabilità. La gravità di un impatto negativo dovrebbe essere valutata in base all’entità, portata o carattere irrimediabile dell’impatto negativo, tenendo in considerazione la gravità dell’impatto, compreso il numero di persone fisiche che sono o saranno colpite, la misura in cui l’ambiente è o può essere danneggiato o altrimenti colpito, la sua irreversibilità e i limiti alla capacità di riportare le persone o l’ambiente colpiti a una situazione equivalente a quella esistente prima dell’impatto entro un periodo di tempo ragionevole. Una volta affrontati gli impatti negativi più gravi e più probabili in un ragionevole lasso di tempo, la società dovrebbe affrontare gli impatti negativi meno gravi e meno probabili. D’altra parte, l’influenza effettiva o potenziale della società sui suoi partner commerciali, il livello di coinvolgimento della società nell’impatto negativo, la vicinanza alla filiazione o al partner commerciale ovvero la sua potenziale responsabilità non dovrebbero essere considerati fattori rilevanti ai fini dell’attribuzione di priorità agli impatti negativi.

(45)

In ossequio agli obblighi relativi al dovere di diligenza previsti dalla presente direttiva, la società che individua potenziali impatti negativi sui diritti umani o sull’ambiente dovrebbe adottare misure adeguate per prevenirli o attenuarli in modo appropriato. Per offrire alle società chiarezza e certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe stabilire i provvedimenti che, a seconda delle circostanze, ci si attende dalle società per prevenire e attenuare i potenziali impatti negativi. Nel valutare le misure adeguate per prevenire o attenuare gli impatti negativi in modo appropriato, si dovrebbe tenere debitamente conto del cosiddetto «livello di coinvolgimento della società in un impatto negativo» (level of involvement of the company in an adverse impact), in linea con i quadri internazionali, e della capacità della società di influenzare il partner commerciale che causa o causa congiuntamente l’impatto negativo. Le società dovrebbero adottare misure adeguate per prevenire o attenuare gli impatti negativi che causano da sole (concetto di «causare» (causing) l’impatto negativo di cui al quadro internazionale) o congiuntamente con le loro filiazioni o con i loro partner commerciali (concetto di «contribuire» (contributing) all’impatto negativo di cui al quadro internazionale). Questo vale a prescindere dal fatto che soggetti terzi al di fuori della catena di attività della società stiano altresì causando l’impatto negativo. Il fatto di causare congiuntamente l’impatto negativo non significa solamente la pari implicazione della società e della sua filiazione o del suo partner commerciale nell’impatto negativo, ma dovrebbe riguardare tutti i casi in cui gli atti o le omissioni della società causano l’impatto negativo in combinazione con atti od omissioni delle filiazioni o dei partner commerciali, anche laddove la società agevoli in modo sostanziale un partner commerciale nel causare un impatto negativo, o lo incentivi in tal senso, fatta eccezione per i contributi minimi o trascurabili. Quando le società non causano da sole o congiuntamente ad altri soggetti giuridici gli impatti negativi che si verificano nelle loro catene di attività, ma l’impatto negativo è causato solo dal loro partner commerciale nelle catene di attività delle società (concetto di «nesso diretto con» (being directly linked to) l’impatto negativo di cui al quadro internazionale), esse dovrebbero comunque puntare a sfruttare la propria influenza per prevenire o attenuare l’impatto negativo causato dai loro partner commerciali o ad accrescere la propria influenza a tal fine. Utilizzare solo il concetto di «causare» l’impatto negativo anziché i termini summenzionati utilizzati nei quadri internazionali evita confusione con i termini giuridici esistenti negli ordinamenti giuridici nazionali, pur includendo gli stessi rapporti causali descritti in tali quadri. In tale contesto, in linea con i quadri internazionali, l’influenza della società su un partner commerciale dovrebbe contemplare, da un lato, la sua capacità di indurre il partner commerciale a prevenire impatti negativi (ad esempio attraverso il potere di mercato, i requisiti di preselezione o il collegamento degli incentivi commerciali alle prestazioni in termini di diritti umani e ambiente) e, dall’altro, il grado di influenza o di effetto leva che la società potrebbe ragionevolmente esercitare, ad esempio attraverso la cooperazione con il partner commerciale in questione o l’interazione con un’altra società che è partner commerciale diretto del partner commerciale associato all’impatto negativo.

(46)

Al fine di rispettare l’obbligo di prevenzione e attenuazione previsto dalla presente direttiva, le società dovrebbero essere tenute ad adottare, se del caso, le misure adeguate seguenti. Ove necessario a causa della complessità delle misure di prevenzione, le società dovrebbero predisporre e attuare un piano d’azione in materia di prevenzione. Le società dovrebbero adoperarsi per ottenere da ciascun partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta e, se necessario, del piano d’azione in materia di prevenzione, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività delle società. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere concepite in modo da far sì che le responsabilità siano condivise, come opportuno, dalla società e dai partner commerciali. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Tuttavia, la società dovrebbe essere tenuta soltanto a chiedere le garanzie contrattuali, in quanto il loro ottenimento può dipendere dalle circostanze. Per garantire una prevenzione globale dei potenziali impatti negativi, le società dovrebbero inoltre effettuare investimenti, adeguamenti o aggiornamenti finanziari o non finanziari volti a prevenire gli impatti negativi, e collaborare con altre società, nel rispetto del diritto dell’Unione. Se del caso, le società dovrebbero adeguare i piani aziendali, le strategie generali e le attività, comprese le pratiche di acquisto, e sviluppare e utilizzare politiche di acquisto che contribuiscano a salari e redditi di sussistenza per i loro fornitori e che non incoraggino potenziali impatti negativi sui diritti umani o sull’ambiente. Per esercitare il loro dovere di diligenza in modo efficace ed efficiente, le società dovrebbero inoltre apportare le modifiche o i miglioramenti necessari alle loro pratiche di progettazione e distribuzione per affrontare gli impatti negativi che si verificano sia nella parte a monte che nella parte a valle delle loro catene di attività, prima e dopo la realizzazione del prodotto. L’adozione e l’adeguamento di tali pratiche, se necessario, potrebbero essere particolarmente importanti per la società, anzitutto al fine di evitare un impatto negativo. Tali misure potrebbero altresì essere importanti per affrontare gli impatti negativi causati congiuntamente dalla società e dai suoi partner commerciali, ad esempio per via delle scadenze o delle specifiche imposte dalla società ai partner commerciali. Inoltre, pratiche di acquisto o distribuzione responsabili contribuiscono, grazie a una migliore condivisione del valore lungo la catena di attività, alla lotta contro il lavoro minorile, spesso riscontrato in paesi o territori con elevati tassi di povertà. Le società dovrebbero inoltre offrire sostegno mirato e proporzionato alla piccola e media impresa (PMI) che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti. Il concetto di «compromissione della sostenibilità economica di una PMI» dovrebbe essere interpretato come potenziale causa del fallimento della PMI o di una situazione di fallimento imminente della stessa.

(47)

È di particolare importanza contrastare le pratiche di acquisto dannose e le pressioni a livello di prezzo sui produttori, in particolare quelli di dimensioni più piccole, in relazione alle vendite di prodotti agricoli e alimentari. Al fine di affrontare gli squilibri di potere nel settore agricolo e garantire prezzi equi in tutte le fasi della filiera agroalimentare e rafforzare la posizione degli agricoltori, i grandi trasformatori e rivenditori al dettaglio di prodotti alimentari dovrebbero adattare le loro pratiche di acquisto, nonché elaborare e utilizzare politiche di acquisto che contribuiscano a salari e redditi di sussistenza per i loro fornitori. Poiché si applica solo alla condotta d’impresa degli operatori più grandi, ossia gli operatori con un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450 000 000 EUR, la presente direttiva dovrebbe andare a beneficio dei produttori agricoli con un minore potere contrattuale. Inoltre, dato che le società costituite conformemente al diritto di un paese terzo sono parimenti soggette alla presente direttiva, ciò tutelerebbe i produttori agricoli dell’Unione dalla concorrenza sleale e dalle pratiche dannose da parte degli operatori stabiliti non solo all’interno ma anche all’esterno dell’Unione.

(48)

Al fine di rispecchiare l’intera gamma di opzioni a disposizione della società nei casi in cui le misure di prevenzione o di attenuazione descritte non riescano ad affrontare i potenziali impatti negativi, la presente direttiva dovrebbe altresì richiamare la possibilità della società di chiedere garanzie contrattuali al partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta della società o del piano d’azione in materia di prevenzione, e adottare misure adeguate di verifica delle garanzie contrattuali da parte del partner commerciale indiretto.

(49)

È possibile che la prevenzione dei potenziali impatti negativi richieda la collaborazione con un’altra società, ad esempio a livello di un partner commerciale indiretto di una società che ha un rapporto contrattuale diretto con il partner commerciale indiretto in questione. In alcuni casi, una collaborazione con altri soggetti potrebbe essere l’unico modo realistico per prevenire potenziali impatti negativi causati da partner commerciali diretti, qualora l’influenza della società non sia sufficiente. La società dovrebbe collaborare con il soggetto che è in grado di prevenire o attenuare nel modo più efficace i potenziali impatti negativi, individualmente o congiuntamente alla società, ovvero con altri soggetti giuridici, nel rispetto del diritto applicabile, in particolare del diritto della concorrenza.

(50)

Al fine di garantire l’efficacia delle misure adeguate per la prevenzione e l’attenuazione dei potenziali impatti negativi, le società dovrebbero privilegiare l’interazione con i partner commerciali nelle loro catene di attività piuttosto che la cessazione del rapporto d’affari, riservando questa come opzione ultima dopo aver invano cercato di prevenire e attenuare i potenziali impatti negativi. Nei casi in cui tali misure adeguate non riescano ad affrontare i potenziali impatti negativi, la presente direttiva dovrebbe tuttavia anche richiamare l’obbligo delle società, come opzione ultima, di astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o dal prolungare un rapporto esistente con il partner in questione e, qualora vi sia una prospettiva ragionevole di cambiamento, utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea del rapporto d’affari per le attività in questione, adottare e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato per il determinato impatto negativo, compreso un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi. I fattori che determinano l’adeguatezza del calendario per l’adozione e l’attuazione di tali azioni potrebbero includere la gravità dell’impatto negativo, la necessità di individuare e adottare misure per prevenire o attenuare gli eventuali ulteriori impatti negativi, compresi gli impatti sulle PMI o sui piccoli coltivatori. Le società dovrebbero sospendere i loro rapporti d’affari con il partner commerciale, il che aumenterebbe il loro effetto leva e le probabilità che l’impatto sia affrontato. Se non è ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine, ad esempio in situazioni di lavoro forzato imposto dallo Stato, o se l’attuazione del piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato non è riuscita a prevenire o attenuare l’impatto negativo, la società dovrebbe essere tenuta a cessare il rapporto d’affari per le attività in questione se il potenziale impatto negativo è grave. Al fine di consentire alle società di adempiere a tale obbligo, ciascuno Stato membro dovrebbe provvedere a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d’affari. Nel decidere di cessare o sospendere un rapporto d’affari, la società dovrebbe valutare se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale cessazione o sospensione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile prevenire o attenuare sufficientemente. Qualora sospendano temporaneamente o cessino il rapporto d’affari, le società dovrebbero adottare provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dare un preavviso ragionevole al partner commerciale e riesaminare tale decisione. È possibile che la prevenzione degli impatti negativi a livello dei rapporti d’affari indiretti richieda la collaborazione con un altro soggetto. In alcuni casi, la collaborazione con un’altra società potrebbe essere l’unico modo realistico per prevenire gli impatti negativi a livello dei rapporti d’affari indiretti, in particolare quando il partner commerciale indiretto non è pronto a concludere un contratto con la società.

(51)

Sebbene le imprese finanziarie regolamentate siano soggette agli obblighi relativi al dovere di diligenza solo per la parte a monte delle loro catene di attività, le specificità dei servizi finanziari e le linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali forniscono indicazioni circa i tipi di misure che si rivelano adeguate ed efficaci affinché le imprese finanziarie adottino processi di attuazione del dovere di diligenza. Come evidenziato anche nelle linee guida OCSE destinate alle imprese multinazionali, è necessario riconoscere le specificità dei servizi finanziari. Le imprese finanziarie regolamentate dovrebbero tenere in considerazione gli impatti negativi e utilizzare il cosiddetto «effetto leva» per influenzare le società. L’esercizio dei diritti degli azionisti può essere un modo per esercitare l’effetto leva.

(52)

Per quanto riguarda i partner commerciali diretti e indiretti, le iniziative di settore e multipartecipative possono contribuire a creare un ulteriore effetto leva per individuare, attenuare e prevenire gli impatti negativi. Le società dovrebbero pertanto poter partecipare a tali iniziative per sostenere l’adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 7 a 16 della presente direttiva, sempreché tali regimi o iniziative siano idonei a tal fine. Il significato del termine «iniziative» è ampio e comprende un insieme stabilito su base volontaria di procedure, strumenti e meccanismi per l’esercizio del dovere di diligenza, sviluppato e controllato da governi, associazioni di settore, organizzazioni interessate, comprese organizzazioni della società civile, o raggruppamenti o combinazioni di essi, a cui le imprese potrebbero partecipare al fine di sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza. Le imprese potrebbero, dopo averne valutato l’adeguatezza, avvalersi delle pertinenti analisi dei rischi effettuate da iniziative di settore o multipartecipative o da membri di tali iniziative — ovvero partecipare a tali analisi — e potrebbero adottare o prendere parte a misure adeguate efficaci attraverso tali iniziative. In questo frangente le società dovrebbero monitorare l’efficacia di tali misure e continuare ad adottare misure adeguate laddove necessario per garantire l’adempimento dei loro obblighi. Ai fini di un’informazione completa su tali iniziative, la presente direttiva dovrebbe richiamare la possibilità della Commissione e degli Stati membri di favorire la diffusione di informazioni su tali iniziative e sui relativi esiti. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe emanare orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità delle iniziative di settore e multipartecipative. Le società potrebbero inoltre fare ricorso a una verifica da parte di terzi indipendenti sulle e dalle società nelle loro catene di attività per sostenere l’attuazione degli obblighi relativi al dovere di diligenza, sempreché la verifica sia idonea all’adempimento degli obblighi pertinenti. La verifica da parte di terzi indipendenti potrebbe essere effettuata da altre società o da un’iniziativa di settore o multipartecipativa. I verificatori terzi indipendenti dovrebbero agire con obiettività e piena indipendenza dalla società, essere esenti da qualsiasi conflitto di interessi, non subire pressioni esterne, né dirette, né indirette, e astenersi da qualsiasi azione incompatibile con la loro indipendenza. A seconda della natura dell’impatto negativo, essi dovrebbero avere esperienza e competenze in materia di ambiente o di diritti umani ed essere responsabili della qualità e dell’affidabilità della verifica. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe emanare orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità dei verificatori terzi, nonché orientamenti per il monitoraggio dell’accuratezza, dell’efficacia e dell’integrità della verifica da parte di terzi. Questi orientamenti sono essenziali per colmare le carenze di audit inefficaci. Le società che partecipano a iniziative di settore o multipartecipative o che utilizzano la verifica da parte di terzi o clausole contrattuali per sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza dovrebbero comunque poter essere penalizzate o ritenute responsabili delle violazioni della presente direttiva e dei danni subiti dalle vittime di conseguenza.

(53)

In ossequio agli obblighi relativi al dovere di diligenza stabiliti dalla presente direttiva, la società che individua impatti negativi effettivi sui diritti umani o sull’ambiente dovrebbe adottare misure adeguate per arrestarli. È lecito attendersi che la società sia in grado di arrestare gli impatti negativi effettivi nelle proprie attività e in quelle delle sue filiazioni. È tuttavia opportuno precisare che, qualora risulti impossibile arrestare gli impatti negativi, la società dovrebbe minimizzarne l’entità. La minimizzazione dell’entità degli impatti negativi dovrebbe comportare un esito il più possibile vicino all’arresto dell’impatto negativo. Pertanto, la società dovrebbe riesaminare periodicamente le circostanze che le hanno impedito di arrestare l’impatto negativo e se sia possibile arrestarlo. Al fine di offrire alle società chiarezza e certezza del diritto, la presente direttiva dovrebbe definire, se pertinente nelle circostanze, le azioni attese dalle società per arrestare gli impatti negativi effettivi sui diritti umani e sull’ambiente e minimizzarne l’entità. Nel valutare le misure adeguate per arrestare gli impatti negativi o minimizzarne l’entità, si dovrebbe tenere debitamente conto del cosiddetto «livello di coinvolgimento della società in un impatto negativo» (level of involvement of the company in an adverse impact), in linea con i quadri internazionali, e della capacità della società di influenzare il partner commerciale che causa o causa congiuntamente l’impatto negativo. Le società dovrebbero adottare misure adeguate per arrestare o minimizzare l’entità degli impatti negativi che causano da sole (concetto di «causare» (causing) l’impatto negativo di cui al quadro internazionale) o congiuntamente con le loro filiazioni o con i loro partner commerciali (concetto di «contribuire» (contributing) all’impatto negativo di cui al quadro internazionale). Questo vale a prescindere dal fatto che soggetti terzi al di fuori della catena di attività della società stiano altresì causando l’impatto negativo. Il fatto di causare congiuntamente l’impatto negativo non significa solamente la pari implicazione della società e della sua filiazione o del suo partner commerciale nell’impatto negativo, ma dovrebbe riguardare tutti i casi in cui gli atti o le omissioni della società causano l’impatto negativo in combinazione con atti od omissioni delle filiazioni o dei partner commerciali, anche laddove la società agevoli in modo sostanziale un partner commerciale nel causare un impatto negativo, o lo incentivi in tal senso, fatta eccezione per i contributi minimi o trascurabili. Quando le società non causano da sole o congiuntamente ad altri soggetti giuridici gli impatti negativi che si verificano nelle loro catene di attività, ma l’impatto negativo è causato dal loro partner commerciale nelle catene di attività delle società (concetto di «nesso diretto con» (being directly linked to) l’impatto negativo di cui al quadro internazionale), esse dovrebbero comunque puntare a sfruttare la loro influenza per arrestare o minimizzare l’entità dell’impatto negativo causato dai loro partner commerciali o ad accrescere la propria influenza a tal fine. Utilizzare solo il concetto di «causare» l’impatto negativo anziché i termini summenzionati utilizzati nei quadri internazionali evita confusione con i termini giuridici esistenti negli ordinamenti giuridici nazionali, pur includendo gli stessi rapporti causali descritti in tali quadri. In tale contesto, in linea con i quadri internazionali, l’influenza della società su un partner commerciale dovrebbe contemplare, da un lato, la sua capacità di indurre il partner commerciale ad arrestare o minimizzare l’entità degli impatti negativi (ad esempio attraverso il potere di mercato, i requisiti di preselezione o il collegamento degli incentivi commerciali alle prestazioni in termini di diritti umani e ambiente) e, dall’altro, il grado di influenza o di effetto leva che la società potrebbe ragionevolmente esercitare, ad esempio attraverso la cooperazione con il partner commerciale in questione o l’interazione con un’altra società che è partner commerciale diretto del partner commerciale associato all’impatto negativo.

(54)

Al fine di rispettare l’obbligo di arrestare gli impatti negativi effettivi e minimizzarne l’entità di cui alla presente direttiva, le società dovrebbero essere tenute ad adottare, se del caso, le misure adeguate seguenti. Se l’impossibilità di un arresto immediato dell’impatto negativo lo rende necessario, le società dovrebbero predisporre e attuare un piano d’azione correttivo. Le società dovrebbero adoperarsi per ottenere da ciascun partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta e, se necessario, del piano d’azione correttivo, anche chiedendogli di chiedere a sua volta ai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nelle catene di attività delle società. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere concepite in modo da far sì che le responsabilità siano condivise, come opportuno, dalla società e dai partner commerciali. Le garanzie contrattuali dovrebbero essere accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Tuttavia, la società dovrebbe essere tenuta soltanto a chiedere le garanzie contrattuali, in quanto il loro ottenimento può dipendere dalle circostanze. Le società dovrebbero inoltre effettuare investimenti, adeguamenti o aggiornamenti finanziari o non finanziari volti ad arrestare gli impatti negativi o minimizzarne l’entità, e collaborare con altre società, nel rispetto del diritto dell’Unione. Se del caso, le società dovrebbero adeguare i piani aziendali, le strategie generali e le attività, comprese le pratiche di acquisto, e sviluppare e utilizzare politiche di acquisto che contribuiscano a salari e redditi di sussistenza per i loro fornitori e che non incoraggino impatti negativi effettivi sui diritti umani o sull’ambiente. Per esercitare il loro dovere di diligenza in modo efficace ed efficiente, le società dovrebbero inoltre apportare le modifiche o i miglioramenti necessari alle loro pratiche di progettazione e distribuzione per affrontare gli impatti negativi che si verificano sia nella parte a monte che nella parte a valle delle loro catene di attività, prima e dopo la realizzazione del prodotto. L’adozione e l’adeguamento di tali pratiche, se necessario, potrebbero essere particolarmente importanti per la società, anzitutto al fine di evitare un impatto negativo. Tali misure potrebbero altresì essere importanti per affrontare gli impatti negativi causati congiuntamente dalla società e dai suoi partner commerciali, ad esempio per via delle scadenze o delle specifiche imposte dalla società ai partner commerciali. Inoltre, pratiche di acquisto o distribuzione responsabili contribuiscono, grazie a una migliore condivisione del valore lungo la catena di attività, alla lotta contro il lavoro minorile, spesso riscontrato in paesi o territori con elevati tassi di povertà. Le società dovrebbero inoltre offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti. Il concetto di «compromissione della sostenibilità economica di una PMI» dovrebbe essere interpretato come potenziale causa del fallimento della PMI o di una situazione di fallimento imminente della stessa.

(55)

Al fine di rispecchiare l’intera gamma di opzioni a disposizione della società nei casi in cui le misure descritte non riescano ad affrontare gli impatti negativi effettivi, la presente direttiva dovrebbe richiamare la possibilità della società di chiedere garanzie contrattuali al partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo, e adottare misure adeguate di verifica delle garanzie contrattuali da parte del partner commerciale indiretto.

(56)

Quando una PMI che è un partner commerciale indiretto ottiene garanzie contrattuali, le società dovrebbero valutare se tali garanzie debbano essere accompagnate da misure adeguate per le PMI. La PMI dovrebbe poter condividere i risultati della verifica con altre società quando chiede di pagare una parte dei costi, o in accordo con la società.

(57)

Al fine di garantire l’efficacia delle misure adeguate per l’arresto e la minimizzazione degli impatti negativi effettivi, le società dovrebbero privilegiare l’interazione con i partner commerciali nelle loro catene di attività piuttosto che la cessazione del rapporto d’affari, riservando questa come opzione ultima dopo aver invano cercato di arrestare gli impatti negativi effettivi o minimizzarne l’entità. Nei casi in cui tali misure adeguate non riescano ad arrestare gli impatti negativi effettivi o a minimizzarne sufficientemente l’entità, la presente direttiva dovrebbe tuttavia anche richiamare l’obbligo delle società, come opzione ultima, di astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o dal prolungare un rapporto esistente con il partner in questione e, qualora vi sia una prospettiva ragionevole di cambiamento, utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea del rapporto d’affari per le attività in questione, adottare e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione correttivo rafforzato per il determinato impatto negativo, compreso un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi. I fattori che determinano l’adeguatezza del calendario per l’adozione e l’attuazione di tali azioni potrebbero includere la gravità dell’impatto negativo, la necessità di individuare e adottare provvedimenti per arrestare gli eventuali ulteriori impatti negativi, nonché gli impatti sulle PMI o sui piccoli coltivatori, o minimizzarne l’entità. Le società dovrebbero sospendere i loro rapporti d’affari con il partner commerciale, il che aumenterebbe il loro effetto leva e le probabilità che l’impatto sia affrontato. Se non è ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine, ad esempio in situazioni di lavoro forzato imposto dallo Stato, o se l’attuazione del piano d’azione correttivo rafforzato non è riuscita ad arrestare l’impatto negativo o a minimizzarne l’entità, la società dovrebbe essere tenuta a cessare il rapporto d’affari per le attività in questione se l’impatto negativo effettivo è grave. Al fine di consentire alle società di adempiere a tale obbligo, ciascuno Stato membro dovrebbe provvedere a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di cessare il rapporto d’affari. Nel decidere di cessare o sospendere un rapporto d’affari, la società dovrebbe valutare se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale cessazione o sospensione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile arrestare o di cui non era possibile minimizzare sufficientemente l’entità. Qualora sospendano temporaneamente o cessino il rapporto d’affari, le società dovrebbero adottare provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dare un preavviso ragionevole al partner commerciale e riesaminare tale decisione. È possibile che l’arresto degli impatti negativi a livello dei rapporti d’affari indiretti richieda la collaborazione con un altro soggetto. In alcuni casi, la collaborazione con un’altra società potrebbe essere l’unico modo realistico per arrestare gli impatti negativi effettivi a livello dei rapporti d’affari indiretti, in particolare quando il partner commerciale indiretto non è pronto a concludere un contratto con la società.

(58)

Una società che abbia causato o causato congiuntamente un impatto negativo effettivo dovrebbe fornire una riparazione. Per «riparazione» si intende il ripristino per la persona o le persone colpite, per le comunità o per l’ambiente di una situazione equivalente o il più vicina possibile a quella in cui si troverebbero se non si fosse verificato l’impatto negativo effettivo, in modo proporzionato all’implicazione della società nell’impatto negativo, compreso il risarcimento finanziario o non finanziario fornito dalla società alla persona o alle persone colpite dall’impatto negativo effettivo e, se del caso, il rimborso dei costi sostenuti dalle autorità pubbliche per le misure correttive eventualmente necessarie. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i portatori di interessi colpiti da un impatto negativo non siano tenuti a chiedere una riparazione prima di proporre ricorso in sede giurisdizionale. Qualora la società che abbia causato o abbia causato congiuntamente l’impatto negativo effettivo non fornisca una riparazione, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché l’autorità di controllo competente abbia il potere, d’ufficio o a seguito di una segnalazione circostanziata trasmessale a norma della presente direttiva, di ordinare alla società di fornire una riparazione adeguata. Ciò non pregiudica, in tale situazione, l’imposizione di sanzioni per la violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, nonché azioni di responsabilità civile dinanzi a un giudice nazionale. Se l’impatto negativo effettivo è causato solo dal partner commerciale della società, quest’ultima può fornire una riparazione volontaria. La società può inoltre avvalersi della sua capacità di influenzare il partner commerciale che causa o causa congiuntamente l’impatto negativo al fine di consentire la riparazione.

(59)

Le società dovrebbero dare alle persone e alle organizzazioni la possibilità di presentare loro un reclamo direttamente qualora nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali. È opportuno che, fra le persone e le organizzazioni che possono presentare reclamo, si annoverino le persone colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite e i legittimi rappresentanti di tali persone per loro conto, quali le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani; i sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone che lavorano nella catena di attività interessata; e le organizzazioni della società civile attive ed esperte nei settori collegati all’impatto ambientale negativo che è oggetto del reclamo. Le società dovrebbero predisporre una procedura equa, pubblicamente disponibile, accessibile, prevedibile e trasparente di trattamento di tali reclami e informarne i lavoratori, i sindacati e gli altri rappresentanti dei lavoratori interessati. Le società dovrebbero inoltre istituire un meccanismo accessibile mediante il quale persone e organizzazioni possano presentare notifiche qualora dispongano di informazioni o nutrano timori circa gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali. Al fine di ridurre gli oneri a carico delle società, esse dovrebbero poter partecipare a procedure di reclamo collaborative e meccanismi di notifica, come quelli istituiti congiuntamente dalle società (ad esempio, da un gruppo di società), attraverso associazioni di settore, iniziative multipartecipative o accordi quadro globali. La presentazione di una notifica o di un reclamo non dovrebbe essere una condizione preliminare per l’accesso alla procedura per le segnalazioni circostanziate o a meccanismi giudiziari o di altro tipo non giudiziari, come i punti di contatto nazionali dell’OCSE laddove presenti, né dovrebbe impedire alle persone che la effettuano di accedervi. Le disposizioni relative alla procedura di reclamo e al meccanismo di notifica ai sensi della presente direttiva dovrebbero evitare che tale accesso ai rappresentanti di una società comporti una sollecitazione irragionevole. Conformemente alle norme internazionali, le persone che presentano un reclamo, qualora non lo presentino in forma anonima, dovrebbero avere il diritto di chiedere alla società un seguito tempestivo e adeguato del reclamo e di incontrare i rappresentanti della società, del livello adeguato, per discutere degli impatti negativi gravi, siano essi effettivi o potenziali, oggetto del reclamo e della potenziale riparazione, di ottenere la motivazione in merito alla fondatezza o meno di un reclamo e, se del caso, di ricevere informazioni sui provvedimenti e sulle azioni intrapresi o da intraprendere dalla società. Le società dovrebbero inoltre adottare misure ragionevolmente disponibili per evitare qualsiasi forma di ritorsione garantendo la riservatezza dell’identità della persona o dell’organizzazione che presenta il reclamo o la notifica, conformemente al diritto nazionale. I termini «equa, pubblicamente disponibile, accessibile, prevedibile e trasparente» dovrebbero essere intesi in linea con il principio 31 dei principi guida delle Nazioni Unite, secondo cui le procedure devono essere legittime, accessibili, prevedibili, eque, trasparenti, compatibili con i diritti e fonte di apprendimento continuo, come indicato anche nel commento generale n. 16 del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Inoltre, i lavoratori e i loro rappresentanti dovrebbero essere adeguatamente tutelati e qualsiasi sforzo di riparazione extragiudiziale non dovrebbe pregiudicare l’incoraggiamento della contrattazione collettiva e il riconoscimento dei sindacati e non dovrebbe compromettere in alcun modo il ruolo dei legittimi sindacati o rappresentanti dei lavoratori nell’affrontare le controversie in materia di lavoro. Le società dovrebbero garantire l’accessibilità dei meccanismi di notifica e delle procedure di reclamo per i portatori di interessi, tenendo debitamente conto degli ostacoli pertinenti.

(60)

In ragione di un elenco più vasto di persone o organizzazioni aventi il diritto di presentare reclamo e di un più ampio ambito di applicazione dei reclami, la procedura di reclamo di cui alla presente direttiva è giuridicamente intesa come un meccanismo distinto dalla procedura di segnalazione interna istituita dalle società in conformità della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (16). Se la violazione del diritto dell’Unione o del diritto nazionale che ricade nell’ambito di applicazione materiale di tale direttiva può essere considerata un impatto negativo e la persona segnalante è un dipendente della società direttamente colpito dall’impatto negativo, tale persona potrebbe avvalersi di entrambe le procedure, vale a dire il meccanismo di reclamo in conformità della presente direttiva o una procedura di segnalazione interna stabilita in conformità della direttiva (UE) 2019/1937. Tuttavia, se una delle condizioni di cui sopra non è soddisfatta, la persona dovrebbe poter procedere solo attraverso una delle procedure.

(61)

Le società dovrebbero monitorare l’attuazione e l’efficacia delle misure predisposte relative al dovere di diligenza. Ciascuna società dovrebbe effettuare periodicamente una valutazione delle attività proprie, di quelle delle sue filiazioni e, se collegate alla catena di attività cui partecipa, di quelle dei suoi partner commerciali, per valutare l’attuazione e monitorare l’adeguatezza e l’efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, minimizzazione, arresto e attenuazione degli impatti negativi. La valutazione dovrebbe verificare che gli impatti negativi siano individuati adeguatamente, che le misure di diligenza siano attuate e che gli impatti negativi siano stati effettivamente prevenuti o arrestati. Per essere d’attualità la valutazione dovrebbe essere effettuata senza indebito ritardo dopo il verificarsi di un cambiamento significativo, e in ogni caso almeno ogni 12 mesi ed essere rivista nel frattempo se vi sono validi motivi di ritenere che possano essere sorti nuovi rischi di impatto negativo. Per cambiamento significativo si dovrebbe intendere un cambiamento dello status quo delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni o dei suoi partner commerciali, del contesto giuridico o commerciale o qualsiasi altro mutamento sostanziale rispetto alla situazione della società o al relativo contesto operativo. Esempi di cambiamenti significativi potrebbero essere i casi in cui la società avvia attività in un nuovo settore economico o in una nuova zona geografica, avvia la produzione di nuovi prodotti o modifica le modalità di produzione dei prodotti esistenti utilizzando una tecnologia con impatti negativi potenzialmente più consistenti, ovvero modifica la propria struttura societaria mediante ristrutturazioni, fusioni o acquisizioni. Fondati motivi per ritenere che vi siano nuovi rischi possono emergere in modi diversi, compresa l’avvenuta conoscenza dell’impatto negativo da informazioni pubblicamente disponibili, attraverso il dialogo con i portatori di interessi o tramite notifiche. Le società dovrebbero conservare per almeno cinque anni la documentazione attestante la loro conformità al presente obbligo. Tale documentazione dovrebbe comprendere almeno, se del caso, gli impatti individuati e le valutazioni approfondite a norma dell’articolo 8, il piano d’azione in materia di prevenzione e/o correttivo a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera b), le disposizioni contrattuali ottenute o i contratti conclusi a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), dell’articolo 10, paragrafo 4, dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera c), e dell’articolo 11, paragrafo 5, le verifiche a norma dell’articolo 10, paragrafo 5 e dell’articolo 11, paragrafo 6, le misure di riparazione, le valutazioni periodiche nell’ambito dell’obbligo di monitoraggio della società, nonché le notifiche e i reclami. Le imprese finanziarie dovrebbero effettuare una valutazione periodica solo delle proprie attività, di quelle delle loro filiazioni e dei loro partner commerciali a monte.

(62)

In linea con le norme internazionali vigenti stabilite dai principi guida delle Nazioni Unite e dal quadro dell’OCSE, rientra nell’obbligo relativo al dovere di diligenza comunicare all’esterno le informazioni d’interesse sulle politiche, sui processi e sulle attività in materia di dovere di diligenza svolti per individuare e affrontare gli impatti negativi effettivi o potenziali, compresi i risultati e gli esiti di tali attività. La direttiva 2013/34/UE stabilisce i pertinenti obblighi di rendicontazione che incombono alle società che ricadono nell’ambito d’applicazione della presente direttiva. Il regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio (17) stabilisce inoltre ulteriori obblighi di comunicazione in materia di informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari per le imprese finanziarie. Al fine di evitare la duplicazione degli obblighi di comunicazione, la presente direttiva non dovrebbe pertanto introdurre nuovi obblighi di rendicontazione oltre a quelli previsti dalla direttiva 2013/34/UE per le società che ricadono nell’ambito d’applicazione della direttiva 2013/34/UE e oltre ai principi di rendicontazione che dovrebbero essere elaborati nell’ambito della stessa. Al fine di adempiere all’obbligo di comunicazione nell’ambito del dovere di diligenza di cui alla presente direttiva, è opportuno che le società pubblichino sul proprio sito web una dichiarazione annuale in almeno una delle lingue ufficiali dell’Unione, entro un termine ragionevole non superiore a 12 mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale è redatta, a meno che la società non sia soggetta agli obblighi di rendicontazione in materia di sostenibilità di cui alla direttiva 2013/34/UE. Nei casi in cui una società non sia soggetta agli obblighi di rendicontazione di cui all’articolo 19 bis o all’articolo 29 bis della direttiva 2013/34/UE, la dichiarazione dovrebbe essere pubblicata entro la data di pubblicazione del bilancio dell’esercizio. La dichiarazione annuale dovrebbe essere presentata all’organismo di raccolta designato al fine di renderla accessibile tramite il punto di accesso unico europeo (European single access point — ESAP) istituito dal regolamento (UE) 2023/2859 del Parlamento europeo e del Consiglio (18). Al fine di garantire condizioni uniformi di attuazione delle norme in materia di accessibilità delle informazioni tramite l’ESAP, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione. Per rafforzare la certezza del diritto, l’allegato del regolamento (UE) 2023/2859 dovrebbe essere modificato introducendo il riferimento alla presente direttiva.

(63)

L’obbligo imposto alle società che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva e nel contempo sono soggette agli obblighi di rendicontazione di cui agli articoli 19 bis, 29 bis e 40 bis della direttiva 2013/34/UE, di riferire in merito al loro processo di attuazione del dovere di diligenza di cui agli articoli 19 bis, 29 bis e 40 bis della direttiva 2013/34/UE, dovrebbe essere inteso come l’obbligo per le società di descrivere le proprie modalità di esercizio del dovere di diligenza quale previsto dalla presente direttiva.

(64)

L’obiettivo della presente direttiva non è quello di imporre alle società di divulgare pubblicamente il capitale intellettuale, la proprietà intellettuale, il know-how o i risultati dell’innovazione che si qualificherebbero come segreti commerciali ai sensi della direttiva (UE) 2016/943. Gli obblighi di rendicontazione di cui alla presente direttiva dovrebbero pertanto lasciare impregiudicata la direttiva (UE) 2016/943. La presente direttiva dovrebbe altresì applicarsi fatto salvo il regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (19).

(65)

Al fine di esercitare un dovere di diligenza significativo in materia di diritti umani e ambiente, le società dovrebbero adottare misure adeguate per dialogare in modo efficace con i portatori di interessi durante l’intero processo di esecuzione delle azioni relative al dovere di diligenza. Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, un dialogo efficace dovrebbe comprendere la fornitura di informazioni pertinenti e complete ai portatori di interessi consultati, nonché una consultazione continua che consenta un’interazione e un dialogo autentici al livello appropriato, ad esempio a livello di progetto o sito, e con periodicità adeguata. Un dialogo significativo con i portatori di interessi consultati dovrebbe tenere debitamente conto degli ostacoli al dialogo, garantire che i portatori di interessi non subiscano azioni di ritorsione o rivalsa, anche mantenendo la riservatezza e l’anonimato, e dovrebbe essere prestata particolare attenzione alle esigenze dei portatori di interessi vulnerabili nonché alla sovrapposizione di vulnerabilità e ai fattori intersezionali, anche tenendo conto dei gruppi o delle comunità potenzialmente interessati, ad esempio quelli protetti ai sensi della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni e quelli contemplati nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani. Vi sono situazioni in cui non sarà possibile garantire un dialogo significativo con i portatori di interessi consultati o in cui risulterà utile ricorrere a ulteriori pareri di esperti per consentire alla società di conformarsi pienamente agli obblighi della presente direttiva. In tali casi le società dovrebbero altresì consultare esperti, quali organizzazioni della società civile o persone fisiche o giuridiche che difendono i diritti umani o l’ambiente, al fine di ottenere informazioni credibili sugli impatti negativi potenziali o effettivi. La consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti dovrebbe avvenire in conformità del pertinente diritto dell’Unione, ove applicabile, del diritto nazionale e dei contratti collettivi e fatti salvi i loro diritti all’informazione, alla consultazione e alla partecipazione applicabili, in particolare quelli contemplati dalla pertinente normativa dell’Unione in materia di diritti occupazionali e sociali, tra cui la direttiva 2001/86/CE del Consiglio (20) e le direttive 2002/14/CE (21) e 2009/38/CE (22) del Parlamento europeo e del Consiglio. Ai fini della presente direttiva, la nozione di dipendenti dovrebbe includere il personale interinale e altri lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche, purché soddisfino i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia per determinare lo status di lavoratore. Nello svolgimento delle consultazioni, le imprese dovrebbero poter fare affidamento su iniziative del settore nella misura in cui tali regimi siano idonei a sostenere un dialogo efficace. Il ricorso a iniziative di settore o multipartecipative non è di per sé sufficiente per adempiere all’obbligo di consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti.

(66)

Al fine di fornire alle società gli strumenti per assisterle nel rispetto degli obblighi relativi al dovere di diligenza nelle catene di attività cui partecipano, la Commissione, in consultazione con gli Stati membri e con i portatori di interessi, dovrebbe emanare orientamenti sulle clausole contrattuali tipo, cui le società possono fare ricorso volontariamente come strumento per contribuire all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 10 e 11. Gli orientamenti dovrebbero mirare a facilitare una chiara ripartizione dei compiti tra le parti contraenti e una cooperazione continua, in modo da evitare che gli obblighi di cui alla presente direttiva siano trasferiti a un partner commerciale e che il contratto sia reso automaticamente nullo in caso di violazione. Gli orientamenti dovrebbero inoltre rispecchiare il principio secondo cui il semplice ricorso a garanzie contrattuali non può, di per sé, garantire l’adempimento delle norme relative al dovere di diligenza della presente direttiva.

(67)

La Commissione, richiamandosi alle linee guida e alle norme internazionali pertinenti e in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, l’Agenzia europea dell’ambiente, l’Autorità europea del lavoro e, se del caso, organizzazioni internazionali e altri organismi competenti in materia di dovere di diligenza, dovrebbe emanare orientamenti, anche di carattere generale e specifici a determinati settori o determinati impatti negativi o relativamente all’interazione della presente direttiva con altri atti legislativi dell’Unione che perseguono i medesimi obiettivi e prevedono obblighi più ampi o più specifici, al fine di fornire assistenza e strumenti pratici alle società o alle autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi relativi al dovere di diligenza in termini pratici e fornire sostegno ai portatori di interessi.

(68)

Gli strumenti e le tecnologie digitali, come quelli utilizzati per tracciare, sorvegliare o rintracciare le materie prime, i beni e i prodotti lungo le catene del valore (ad esempio satelliti, droni, radar o soluzioni basate su piattaforme), potrebbero sostenere la raccolta dei dati, riducendone il costo, per la gestione della catena del valore, compresi l’individuazione e la valutazione degli impatti negativi, la prevenzione e l’attenuazione nonché il monitoraggio dell’efficacia delle misure relative al dovere di diligenza. Al fine di aiutare le società ad adempiere agli obblighi relativi al dovere di diligenza lungo la catena del valore, è opportuno incoraggiare e promuovere l’uso di tali strumenti e tecnologie. A tal fine, la Commissione dovrebbe emanare orientamenti contenenti informazioni utili e riferimenti alle risorse adeguate. Nell’utilizzare gli strumenti e le tecnologie digitali, le imprese dovrebbero tenere conto dei possibili rischi ad essi associati e affrontarli adeguatamente, e porre in essere meccanismi per verificare l’adeguatezza delle informazioni ottenute.

(69)

Sebbene non ricadano nell’ambito d’applicazione della presente direttiva, le PMI potrebbero essere interessate dalle sue disposizioni in qualità di appaltatori o subappaltatori delle società che invece vi ricadono. L’obiettivo è tuttavia quello di ridurre gli oneri finanziari o amministrativi che gravano sulle PMI, molte delle quali sono già in difficoltà nel contesto della crisi economica e sanitaria mondiale. Per sostenere le PMI è opportuno che gli Stati membri, con il sostegno della Commissione, allestiscano e gestiscano, individualmente o congiuntamente, siti web, portali o piattaforme dedicati e di facile utilizzo al fine di fornire informazioni e sostegno alle società, ed eventualmente eroghino sostegno finanziario alle PMI e le assistano nello sviluppo di capacità. Tale sostegno potrebbe inoltre essere reso accessibile e, se necessario, adattato ed esteso agli operatori economici a monte dei paesi terzi. Le società il cui partner commerciale è una PMI sono incoraggiate a sostenerla affinché rispetti le misure relative al dovere di diligenza e a stabilire nei suoi confronti obblighi equi, ragionevoli, non discriminatori e proporzionati.

(70)

La Commissione dovrebbe istituire un helpdesk unico sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità. Tale helpdesk unico dovrebbe essere in grado di collaborare con le autorità nazionali competenti di ciascuno Stato membro, compresi gli helpdesk nazionali, ove esistenti, nonché richiedere informazioni, ad esempio per assistere nell’adattare le informazioni e gli orientamenti ai contesti nazionali nonché contribuire alla loro diffusione, fatta salva la ripartizione delle funzioni e dei poteri tra le autorità all’interno dei sistemi nazionali. L’helpdesk unico e le autorità nazionali competenti dovrebbero inoltre coordinarsi tra loro per garantire la cooperazione transfrontaliera.

(71)

Al fine di integrare il sostegno degli Stati membri alle società, comprese le PMI, nell’attuazione dei loro obblighi relativi al dovere di diligenza, la Commissione può basarsi sui vigenti strumenti, progetti e altre azioni dell’Unione che contribuiscono all’attuazione del dovere di diligenza nell’Unione e nei paesi terzi. Può istituire nuove misure di sostegno che aiutino le imprese, comprese le PMI, nell’assolvimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza, tra cui un osservatorio per la trasparenza della catena di attività e l’agevolazione di iniziative di settore o multipartecipative.

(72)

La Commissione potrebbe integrare le misure di sostegno degli Stati membri muovendo dall’attuale azione dell’Unione volta a sostenere gli operatori economici a monte nello sviluppo della capacità di prevenire e attenuare efficacemente gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle attività che svolgono e dei rapporti d’affari che intrattengono, prestando particolare attenzione alle sfide cui devono far fronte i piccoli coltivatori. L’Unione e i suoi Stati membri, nell’ambito delle rispettive competenze, sono incoraggiati a usare gli strumenti di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale di cui dispongono, compresi gli accordi commerciali, per aiutare i governi dei paesi terzi e gli operatori economici a monte dei paesi terzi ad affrontare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi delle loro attività e dei loro rapporti d’affari a monte. Potrebbe rientrare in questo contesto la collaborazione con i governi dei paesi partner, il settore privato locale e i portatori di interessi per affrontare le cause profonde degli impatti negativi sui diritti umani e degli impatti ambientali negativi.

(73)

La presente direttiva è un importante strumento legislativo per garantire la transizione delle imprese verso un’economia sostenibile, anche per ridurre i danni esistenziali e i costi dei cambiamenti climatici, per garantire l’allineamento con l’azzeramento delle emissioni nette a livello mondiale entro il 2050, per evitare dichiarazioni fuorvianti riguardo a tale allineamento e per porre fine al greenwashing, alla disinformazione e all’espansione dei combustibili fossili a livello mondiale al fine di conseguire gli obiettivi climatici internazionali ed europei. Affinché la presente direttiva contribuisca efficacemente alla lotta contro i cambiamenti climatici, ciascuna società dovrebbe adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile, che il suo modello e la sua strategia aziendali siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in conformità dell’accordo di Parigi nonché l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica come stabilito nel regolamento (UE) 2021/1119, compresi i suoi obiettivi intermedi e di neutralità climatica al 2050. Il piano dovrebbe riguardare, se del caso, l’esposizione della società ad attività connesse al carbone, al petrolio e al gas. Tali requisiti dovrebbero essere intesi come un obbligo di mezzi e non di risultati. Trattandosi di un obbligo di mezzi, è opportuno tenere debitamente conto dei progressi compiuti dalle società, nonché della complessità e della natura evolutiva della transizione climatica. Mentre le imprese dovrebbero sforzarsi di conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra contenuti nei loro piani, circostanze specifiche possono far sì che le imprese non siano in grado di raggiungere tali obiettivi, laddove ciò non sia più ragionevole. Il piano dovrebbe includere obiettivi temporalmente definiti connessi ai cambiamenti climatici, per il 2030 e in fasi quinquennali fino al 2050, sulla base di prove scientifiche conclusive nonché, se del caso, obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di ambito 1, 2 e 3. Il piano dovrebbe elaborare azioni di attuazione volte a conseguire gli obiettivi climatici della società e basarsi su prove scientifiche conclusive, ovvero prove che abbiano ricevuto una convalida scientifica indipendente coerente con uno scenario di riscaldamento globale di 1,5 oC quale definito dal gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) e tenendo conto delle raccomandazioni del comitato consultivo scientifico europeo sui cambiamenti climatici. Le autorità di vigilanza dovrebbero essere tenute a sorvegliare almeno l’adozione e l’elaborazione del piano e dei relativi aggiornamenti, conformemente ai requisiti stabiliti dalla presente direttiva. Poiché il contenuto del piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici dovrebbe essere in linea con gli obblighi di rendicontazione di cui alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione in materia di sostenibilità aziendale, si dovrebbe ritenere che le imprese che comunicano tale piano a norma della direttiva 2013/34/UE abbiano rispettato l’obbligo specifico di adottare un piano a norma della presente direttiva. Se da un lato l’obbligo di adozione sarà considerato rispettato, le imprese dovranno comunque rispettare anche l’obbligo di attuare il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici e di aggiornarlo ogni 12 mesi per valutare i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi.

(74)

Ai fini di una sorveglianza efficace e, se necessario, dell’applicazione della presente direttiva alle società di paesi terzi, tali società dovrebbero designare un mandatario nell’Unione dotato di incarico adeguato e fornire informazioni al riguardo. Il mandatario dovrebbe poter fungere anche da punto di contatto, purché siano rispettate le pertinenti prescrizioni della presente direttiva. Se la società di un paese terzo non designa il mandatario, tutti gli Stati membri in cui opera la società dovrebbero essere competenti a far rispettare tale obbligo, in particolare a designare una persona fisica o giuridica in uno degli Stati membri in cui opera, conformemente al quadro di applicazione stabilito dal diritto nazionale. Gli Stati membri che avviano tale applicazione dovrebbero informare le autorità di controllo degli altri Stati membri attraverso la rete europea delle autorità di controllo affinché gli altri Stati membri non procedano all’applicazione.

(75)

Ai fini del controllo della corretta attuazione degli obblighi relativi al dovere di diligenza delle società e della corretta applicazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero designare una o più autorità nazionali di controllo. Tali autorità di controllo dovrebbero essere di natura pubblica, indipendenti dalle società che ricadono nell’ambito d’applicazione della presente direttiva o da altri interessi di mercato, nonché essere esenti da conflitti di interessi e non subire pressioni esterne, né dirette, né indirette. Al fine di esercitare i loro poteri in modo imparziale, le autorità di controllo non dovrebbero sollecitare né accettare istruzioni da nessuno. Conformemente al diritto nazionale, gli Stati membri dovrebbero garantire che ciascuna autorità di controllo sia dotata delle risorse umane e finanziarie necessarie per l’effettivo adempimento dei suoi compiti e l’esercizio dei propri poteri. Dovrebbero essere autorizzati a svolgere indagini d’ufficio o a seguito di segnalazioni circostanziate trasmesse a norma della presente direttiva. Tali indagini potrebbero comprendere, se del caso, ispezioni in loco e l’audizione dei pertinenti portatori di interessi. Qualora esistano autorità competenti ai sensi della normativa settoriale, gli Stati membri potrebbero designare tali autorità quali responsabili dell’applicazione della presente direttiva nel rispettivo settore di competenza. Le autorità di controllo dovrebbero pubblicare e mettere a disposizione su un sito web una relazione annuale sulle loro attività passate, comprese le violazioni più gravi individuate. Gli Stati membri dovrebbero istituire un meccanismo accessibile per ricevere segnalazioni circostanziate, gratuitamente o a una tariffa limitata alla copertura dei soli costi amministrativi, e garantire che siano messe a disposizione del pubblico informazioni pratiche su come esercitare tale diritto.

(76)

Ai fini della corretta applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero prevedere sanzioni dissuasive, proporzionate ed effettive in caso di loro violazione. Affinché tale regime sanzionatorio sia efficace, le sanzioni irrogate dalle autorità nazionali di controllo dovrebbero includere sanzioni pecuniarie e una dichiarazione pubblica indicante la società responsabile e la natura della violazione se la società non si conforma alla decisione che impone una sanzione pecuniaria entro il termine applicabile. Tale regime sanzionatorio non pregiudica il potere di ritirare e vietare l’immissione, la messa a disposizione sul mercato e l’esportazione di prodotti a norma di altri atti legislativi dell’Unione che prevedono obblighi relativi al dovere di diligenza più ampi o più specifici, come il regolamento (UE) 2023/1115. Gli Stati membri dovrebbero garantire che la sanzione pecuniaria sia commisurata al fatturato netto a livello mondiale della società al momento dell’irrogazione. Tuttavia, ciò non dovrebbe obbligare gli Stati membri a basare in ogni caso la sanzione pecuniaria unicamente sul fatturato netto della società. Gli Stati membri dovrebbero decidere, conformemente al diritto nazionale, se le sanzioni debbano essere irrogate direttamente dalle autorità di controllo, in collaborazione con altre autorità o rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti. Al fine di garantire il controllo pubblico dell’applicazione delle norme stabilite nella presente direttiva, le decisioni delle autorità di controllo che irrogano sanzioni alle società a causa del mancato rispetto delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva dovrebbero essere pubblicate, trasmesse alla rete europea delle autorità di controllo e rimanere disponibili al pubblico per almeno tre anni. La decisione pubblicata non dovrebbe contenere dati personali in conformità del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (23). La pubblicazione del nome della società dovrebbe essere consentita anche se contiene il nome di una persona fisica.

(77)

Al fine di evitare una riduzione artificiale di potenziali sanzioni amministrative, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, quando irrogano una sanzione pecuniaria a una società appartenente a un gruppo, tali sanzioni siano calcolate tenendo conto del fatturato consolidato calcolato a livello della società capogruppo.

(78)

Ai fini di un’applicazione e un’attuazione coerenti delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, le autorità nazionali di controllo dovrebbero cooperare e coordinare gli interventi. A tal fine è opportuno che la Commissione istituisca una rete europea delle autorità di controllo e che le autorità di controllo si prestino assistenza reciproca nell’assolvimento dei loro compiti.

(79)

Al fine di garantire alle vittime degli impatti negativi un accesso effettivo alla giustizia e al risarcimento, gli Stati membri dovrebbero essere tenuti a stabilire norme che disciplinino la responsabilità civile delle società per i danni provocati a una persona fisica o giuridica, a condizione che la società abbia omesso, intenzionalmente o per negligenza, di prevenire o attenuare i potenziali impatti negativi o di arrestare gli effettivi impatti o minimizzarne l’entità, e a seguito di tale inosservanza sia stato causato un danno a una persona fisica o giuridica. Il danno causato agli interessi giuridici tutelati di una persona dovrebbe essere inteso in linea con il diritto nazionale, ad esempio morte, lesioni fisiche o psicologiche, privazione della libertà personale, perdita della dignità umana o danni ai beni di una persona. La condizione che il danno debba essere causato a una persona a seguito del mancato rispetto, da parte della società, dell’obbligo di affrontare l’impatto negativo, quando il diritto, il divieto o l’obbligo elencato nell’allegato I della presente direttiva, il cui abuso o violazione comporta l’impatto negativo che avrebbe dovuto essere affrontato, mira a proteggere la persona fisica o giuridica alla quale il danno è causato, dovrebbe essere inteso nel senso che non è contemplato un danno derivato (causato indirettamente ad altre persone che non sono vittime degli impatti negativi e che non sono protette dai diritti, dai divieti o dagli obblighi elencati nell’allegato I della presente direttiva). Ad esempio, se un dipendente di una società ha subito un danno a causa della violazione, da parte dell’impresa, delle norme di sicurezza sul luogo di lavoro, il locatore di tale dipendente non dovrebbe essere autorizzato a intentare un’azione nei confronti della società per la perdita economica causata dal fatto che il dipendente non è in grado di pagare l’affitto. Il nesso di causalità ai sensi della responsabilità civile non è disciplinato dalla presente direttiva, ad eccezione del fatto che le società non dovrebbero essere ritenute responsabili a norma della presente direttiva se il danno è causato solo dai partner commerciali nelle catene di attività cui esse partecipano (il cosiddetto «nesso diretto con» o «being directly linked to» di cui al quadro internazionale). Le vittime dovrebbero avere diritto al pieno risarcimento del danno in conformità del diritto nazionale e in linea con tale principio comune. È opportuno vietare la dissuasione mediante il risarcimento danni (i danni punitivi) o qualsiasi altra forma di sovracompensazione.

(80)

Poiché gli impatti negativi dovrebbero essere classificati in ordine di priorità in base alla loro gravità e probabilità e affrontati gradualmente qualora non sia possibile affrontare contemporaneamente e in modo completo tutti gli impatti negativi individuati, un’impresa non dovrebbe essere responsabile a norma della presente direttiva di eventuali danni derivanti da eventuali impatti negativi meno significativi che non erano ancora stati affrontati. Tuttavia, nel determinare se le condizioni per la responsabilità della società siano state soddisfatte nell’ambito della valutazione atta a stabilire se la società abbia violato l’obbligo di affrontare in modo adeguato gli impatti negativi individuati, si dovrebbe valutare la correttezza della priorità attribuita dalla società agli impatti negativi da essa individuati.

(81)

Il regime di responsabilità non indica chi debba dimostrare il soddisfacimento delle condizioni per la responsabilità nelle circostanze del caso, né a quali condizioni il procedimento civile possa essere avviato, pertanto tali questioni sono lasciate al diritto nazionale.

(82)

Al fine di garantire il diritto a un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 2, paragrafo 3, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, dall’articolo 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dall’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Aarhus), la presente direttiva affronta taluni ostacoli pratici e procedurali alla giustizia per le vittime di impatti negativi, tra cui le difficoltà di accesso alle prove, la durata limitata dei termini di prescrizione, l’assenza di meccanismi adeguati per le azioni rappresentative e i costi proibitivi dei procedimenti di responsabilità civile.

(83)

Qualora il ricorrente presenti una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno e indichi che elementi di prova supplementari rientrano nel controllo della società, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i giudici possano ordinare che tali elementi probatori siano divulgati dalla società conformemente al diritto procedurale nazionale, limitando nel contempo tale divulgazione a quanto necessario e proporzionato. A tal fine, i giudici nazionali dovrebbero esaminare in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione, la portata e i costi della divulgazione nonché i legittimi interessi di tutte le parti in causa, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento. Qualora tali prove contengano informazioni riservate, i giudici nazionali dovrebbero poter ordinarne la divulgazione solo ove le ritengano rilevanti ai fini dell’azione per il risarcimento del danno e dovrebbero porre in essere misure efficaci per tutelare tali informazioni.

(84)

Gli Stati membri dovrebbero prevedere condizioni ragionevoli in base alle quali ogni presunta parte lesa dovrebbe poter autorizzare un sindacato, un’organizzazione non governativa per i diritti umani o l’ambiente o un’altra organizzazione non governativa e, conformemente al diritto nazionale, le istituzioni nazionali per i diritti umani con sede in qualsiasi Stato membro a intentare azioni di responsabilità civile per far valere i diritti delle vittime, qualora tali soggetti rispettino i requisiti stabiliti dal diritto nazionale, ad esempio qualora mantengano una presenza permanente e, conformemente al loro statuto, non esercitino attività commerciali e siano impegnati, non solo temporaneamente, a favore della realizzazione dei diritti tutelati dalla presente direttiva o dei corrispondenti diritti previsti dal diritto nazionale. Ciò potrebbe essere conseguito mediante disposizioni di procedura civile nazionale sull’autorizzazione a rappresentare la vittima nel contesto di un intervento di terzi, sulla base del consenso esplicito della presunta parte lesa, e non dovrebbe essere interpretato nel senso di imporre agli Stati membri di estendere le rispettive disposizioni di diritto nazionale in materia di azioni rappresentative quali definite nella direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio (24).

(85)

I termini di prescrizione per intentare azioni di responsabilità civile per danni dovrebbero essere di almeno cinque anni e, in ogni caso, non inferiori al termine di prescrizione stabilito dai regimi nazionali di responsabilità civile generale. Le norme nazionali riguardanti l’inizio, la durata, la sospensione o l’interruzione dei termini di prescrizione non dovrebbero ostacolare indebitamente l’avvio di procedimenti per il risarcimento del danno e, in ogni caso, non dovrebbero essere più restrittive delle norme sui regimi nazionali di responsabilità civile generale.

(86)

Inoltre, al fine di garantire i mezzi di ricorso, i ricorrenti dovrebbero poter chiedere provvedimenti inibitori sotto forma di misure definitive o provvisorie per porre fine alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva compiendo un’azione o cessando una condotta.

(87)

Per quanto riguarda le norme in materia di responsabilità civile, la responsabilità civile della società per i danni derivanti dal non aver attuato adeguatamente il dovere di diligenza dovrebbe lasciare impregiudicata la responsabilità civile delle sue filiazioni o la rispettiva responsabilità civile dei partner commerciali diretti e indiretti nella sua catena delle attività. Quando la società ha causato il danno congiuntamente alla sua filiazione o al suo partner commerciale, essa dovrebbe essere responsabile in solido con la suddetta filiazione o il suddetto partner commerciale. Ciò dovrebbe avvenire in conformità delle norme nazionali relative alle condizioni della responsabilità in solido e lascia impregiudicate le eventuali norme dell’Unione o nazionali relative alla responsabilità in solido e ai diritti di regresso per l’intero risarcimento versato da una parte responsabile in solido.

(88)

Le norme in materia di responsabilità civile di cui alla presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicate le norme unionali o nazionali in materia di responsabilità civile relative agli impatti negativi sui diritti umani o agli impatti ambientali negativi che prevedono la responsabilità in situazioni non contemplate dalla presente direttiva o che prevedono una responsabilità più rigorosa rispetto alla direttiva. Un regime di responsabilità più rigoroso dovrebbe essere inteso anche come un regime di responsabilità civile che prevede la responsabilità anche nei casi in cui l’applicazione delle norme in materia di responsabilità di cui alla presente direttiva non determini la responsabilità della società.

(89)

Per quanto riguarda la responsabilità civile derivante da impatti ambientali negativi, le persone che subiscono danni possono chiedere un risarcimento a norma della presente direttiva anche se l’istanza si sovrappone a una rivendicazione per violazioni di diritti umani.

(90)

Affinché le vittime di violazioni dei diritti umani e di danni ambientali possano intentare un’azione di risarcimento e chiedere il risarcimento dei danni causati quando la società, intenzionalmente o per negligenza, non ha rispettato gli obblighi relativi al dovere di diligenza previsti dalla presente direttiva, la presente direttiva dovrebbe imporre agli Stati membri di provvedere a che le disposizioni di diritto nazionale che recepiscono il regime di responsabilità civile previsto dalla presente direttiva siano di applicazione necessaria nei casi in cui il diritto applicabile a tali azioni non sia il diritto nazionale di uno Stato membro, come potrebbe avvenire, ad esempio, in conformità delle norme di diritto internazionale privato quando il danno si verifica in un paese terzo. Ciò significa che gli Stati membri dovrebbero altresì provvedere affinché i requisiti relativi a quali persone fisiche o giuridiche possono presentare la richiesta, i termini di prescrizione e la divulgazione delle prove siano di applicazione necessaria. Nel recepire il regime di responsabilità civile previsto dalla presente direttiva e nello scegliere i metodi per conseguire tali risultati, gli Stati membri dovrebbero anche poter tener conto di tutte le norme nazionali correlate nella misura in cui siano necessarie a garantire la protezione delle vittime ed essenziali per salvaguardare gli interessi pubblici degli Stati membri, quali la loro organizzazione politica, sociale o economica.

(91)

Il regime di responsabilità civile di cui alla presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (25). La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di imporre ulteriori obblighi più rigorosi alle società o di adottare comunque ulteriori misure aventi gli stessi obiettivi della direttiva 2004/35/CE.

(92)

Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il rispetto degli obblighi derivanti dalle disposizione del diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva, o la loro attuazione volontaria, sia considerato un aspetto o elemento ambientale e/o sociale che le amministrazioni aggiudicatrici possono, a norma delle direttive 2014/23/UE (26), 2014/24/UE (27) e 2014/25/UE (28) del Parlamento europeo e del Consiglio, prendere in considerazione nell’ambito dei criteri di aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione o stabilire in relazione all’esecuzione di tali contratti. Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere loro di escludere, dalla partecipazione a una procedura di appalto, compresa una procedura di aggiudicazione della concessione, se del caso, qualsiasi operatore economico se sono in grado di dimostrare con qualsiasi mezzo adeguato la violazione degli obblighi applicabili nei settori del diritto ambientale, sociale e del lavoro, compresi quelli derivanti da taluni accordi internazionali ratificati da tutti gli Stati membri ed elencati in dette direttive, oppure che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità. Per garantire la coerenza con la legislazione dell’UE e sostenere l’attuazione, la Commissione dovrebbe valutare se sia pertinente o meno aggiornare tali direttive, in particolare per quanto riguarda i requisiti e le misure che gli Stati membri devono adottare per garantire il rispetto degli obblighi relativi alla sostenibilità e al dovere di diligenza durante tutte le procedure di appalto e di concessione.

(93)

Le persone che lavorano per società soggette agli obblighi relativi al dovere di diligenza ai sensi della presente direttiva o che sono in contatto con tali società nell’ambito delle loro attività professionali possono svolgere un ruolo fondamentale nell’esposizione di violazioni delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva. Possono pertanto contribuire a prevenire e scoraggiare tali violazioni e a rafforzare il rispetto della presente direttiva. La direttiva (UE) 2019/1937 dovrebbe pertanto applicarsi alla segnalazione di qualsiasi violazione delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva e alla protezione delle persone che segnalano la violazione.

(94)

Per rafforzare la certezza del diritto, l’applicabilità — ai sensi della presente direttiva — della direttiva (UE) 2019/1937 alle segnalazioni di violazioni delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva e alla protezione delle persone che segnalano tali violazioni dovrebbe trovare riscontro nella direttiva (UE) 2019/1937. È pertanto opportuno modificare di conseguenza l’allegato della direttiva (UE) 2019/1937. Spetta agli Stati membri fare in modo che tale modifica trovi riscontro nelle misure di recepimento adottate in conformità della direttiva (UE) 2019/1937.

(95)

Al fine di specificare le informazioni che le società non soggette agli obblighi di rendicontazione ai sensi delle disposizioni sulla rendicontazione in materia di sostenibilità aziendale di cui alla direttiva 2013/34/UE dovrebbero comunicare in merito alle questioni disciplinate dalla presente direttiva, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE riguardo alla determinazione di norme aggiuntive relative al contenuto e ai criteri di tale rendicontazione, specificando l’aggiunta di informazioni sulla descrizione del dovere di diligenza, gli impatti potenziali ed effettivi e le azioni intraprese in merito. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (29) del 13 aprile 2016. In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati.

(96)

La presente direttiva dovrebbe essere applicata nel rispetto del diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati e del diritto alla tutela della vita privata e dei dati di carattere personale sancito dagli articoli 7 e 8 della Carta. Qualsiasi trattamento di dati personali a norma della presente direttiva deve essere effettuato in conformità del regolamento (UE) 2016/679, compresi gli obblighi di limitazione delle finalità, minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione.

(97)

Conformemente all’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (30), il Garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha espresso un parere il 17 marzo 2022.

(98)

La Commissione dovrebbe riferire periodicamente al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’attuazione della presente direttiva e alla sua efficacia nel conseguire i suoi obiettivi, in particolare nell’affrontare gli impatti negativi. La prima relazione dovrebbe indicare, tra le altre cose, gli impatti della presente direttiva sulle PMI, l’ambito d’applicazione della direttiva con riguardo alle società contemplate, se la definizione di «catena di attività» debba essere riveduta, se l’allegato della presente direttiva debba essere modificato e se l’elenco delle pertinenti convenzioni internazionali di cui alla presente direttiva debba essere modificato, in particolare alla luce degli sviluppi internazionali, se le norme sulla lotta ai cambiamenti climatici nonché i poteri delle autorità di controllo in relazione a tali norme debbano essere riveduti, l’efficacia dei meccanismi di applicazione istituiti a livello nazionale, delle sanzioni e delle norme in materia di responsabilità civile, e se siano necessarie modifiche al livello di armonizzazione della presente direttiva per garantire parità di condizioni alle società nel mercato interno. Alla prima occasione utile dopo l’entrata in vigore della presente direttiva, ma non oltre due anni da tale data, la Commissione dovrebbe inoltre presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla necessità di stabilire ulteriori obblighi relativi al dovere di diligenza ai fini della sostenibilità adattati alle imprese finanziarie regolamentate per quanto riguarda la prestazione di servizi finanziari e attività di investimento, nonché sulle opzioni per tali requisiti relativi al dovere di diligenza e sul loro impatto, in linea con gli obiettivi della presente direttiva, tenendo conto nel contempo di altri atti legislativi dell’Unione che si applicano alle imprese finanziarie regolamentate. Tale relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, di una proposta legislativa.

(99)

Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire sfruttare meglio il potenziale del mercato unico per contribuire alla transizione a un’economia sostenibile e allo sviluppo sostenibile attraverso la prevenzione e l’attenuazione degli impatti negativi effettivi o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente nelle catene di attività delle società, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della portata e degli effetti delle azioni, in particolare il fatto che i problemi e le cause di tali problemi affrontati dalla presente direttiva hanno dimensione transnazionale, in quanto molte società operano a livello dell’Unione o a livello mondiale e le loro catene del valore si estendono ad altri Stati membri e a paesi terzi, come pure il fatto che le misure adottate dai singoli Stati membri rischiano di essere inefficaci e di portare alla frammentazione del mercato interno, tali obiettivi possono quindi essere meglio conseguiti a livello di Unione, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

Articolo 1

Oggetto

1.   La presente direttiva stabilisce norme in materia di:

a)

obblighi rispetto agli impatti negativi sui diritti umani e agli impatti ambientali negativi, siano essi effettivi o potenziali, che incombono alle società nell’ambito delle proprie attività, delle attività delle loro filiazioni e delle attività svolte dai loro partner commerciali nelle catene di attività di tali società;

b)

responsabilità delle violazioni di detti obblighi di cui alla lettera a); e

c)

obblighi che incombono sulle società di adottare e attuare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile, la compatibilità del modello e della strategia aziendali della società con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in linea con l’accordo di Parigi.

2.   La presente direttiva non può essere addotta per ridurre il livello di tutela dei diritti umani, occupazionali e sociali o di protezione dell’ambiente o del clima previsto dal diritto nazionale degli Stati membri o da contratti collettivi applicabili al momento della sua adozione.

3.   La presente direttiva lascia impregiudicati gli obblighi in materia di diritti umani, occupazionali e sociali, nonché di protezione dell’ambiente e cambiamenti climatici previsti da altri atti legislativi dell’Unione. Se una disposizione della presente direttiva contrasta con una disposizione di altro atto legislativo dell’Unione che persegue gli stessi obiettivi e impone obblighi più ampi o più specifici, la disposizione dell’altro atto legislativo dell’Unione in questione prevale per gli aspetti contrastanti e si applica in riferimento a tali obblighi specifici.

Articolo 2

Ambito di applicazione

1.   La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di uno Stato membro e soddisfano una delle condizioni seguenti:

a)

avere avuto, in media, più di 1 000 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale superiore a 450 000 000 EUR nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio;

b)

pur senza raggiungere i limiti minimi di cui alla lettera a), essere la società capogruppo di un gruppo che ha raggiunto tali limiti minimi nell’ultimo esercizio per il quale è stato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio consolidato;

c)

aver concluso o essere la società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontassero a più di 22 500 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio annuale, e a condizione di aver registrato o di essere la società capogruppo di un gruppo che ha registrato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 80 000 000 EUR nell’ultimo esercizio in cui è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio annuale.

2.   La presente direttiva si applica alle società che sono costituite in conformità della normativa di un paese terzo e soddisfano una delle condizioni seguenti:

a)

avere generato un fatturato netto superiore a 450 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio;

b)

pur senza raggiungere il limite minimo di cui alla lettera a), essere la società capogruppo di un gruppo che, su base consolidata, ha raggiunto tale limite minimo nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio;

c)

aver concluso o essere la società capogruppo di un gruppo che ha concluso accordi di franchising o di licenza nell’Unione in cambio di diritti di licenza con società terze indipendenti, qualora tali accordi garantiscano un’identità comune, un concetto aziendale comune e l’applicazione di metodi aziendali uniformi, e qualora tali diritti di licenza ammontassero a più di 22 500 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio; e a condizione di avere generato o di essere la società capogruppo di un gruppo che ha generato un fatturato netto superiore a 80 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio.

3.   Se la società capogruppo ha come attività principale la detenzione di azioni in filiazioni operative e non è coinvolta nell’adozione di decisioni gestionali, operative o finanziarie che interessano il gruppo o una o più delle sue filiazioni, può essere esentata dall’adempimento degli obblighi di cui alla presente direttiva. Tale esenzione è subordinata alla condizione che una delle filiazioni della società capogruppo stabilite nell’Unione sia designata per adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 6 a 16 e all’articolo 22 per conto della società capogruppo, compresi gli obblighi della società capogruppo in relazione alle attività delle sue filiazioni. In tal caso alla filiazione designata sono forniti tutti i mezzi e l’autorità giuridica necessari per adempiere efficacemente tali obblighi, in particolare per garantire che la filiazione designata ottenga dalle società del gruppo le informazioni e i documenti pertinenti per adempiere gli obblighi della società capogruppo a norma della presente direttiva.

La società capogruppo chiede l’esenzione di cui al primo comma del presente paragrafo all’autorità di controllo competente, conformemente all’articolo 24, al fine di valutare se le condizioni di cui al primo comma del presente paragrafo sono soddisfatte. Se le condizioni sono soddisfatte, l’autorità di controllo competente concede l’esenzione. Se del caso, tale autorità informa debitamente della domanda, e successivamente della sua decisione, l’autorità di controllo competente dello Stato membro in cui è stabilita la filiazione designata.

La società capogruppo rimane responsabile congiuntamente con la filiazione designata per il mancato adempimento, da parte di quest’ultima, degli obblighi di cui al primo comma del presente paragrafo.

4.   Ai fini del paragrafo 1 il numero di dipendenti che lavorano a tempo parziale è calcolato su base equivalente a tempo pieno. Il personale interinale e altri lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche sono inclusi nel calcolo del numero di dipendenti come se si trattasse di lavoratori assunti direttamente dalla società per lo stesso periodo di tempo, purché soddisfino i criteri stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea per determinare lo status di lavoratore.

5.   La direttiva si applica alle società che soddisfano le condizioni di cui ai paragrafi 1 o 2 solo se tali condizioni sono soddisfatte per due esercizi consecutivi. La presente direttiva cessa di applicarsi alle società di cui ai paragrafi 1 o 2 qualora le condizioni stabilite in tali paragrafi non siano più soddisfatte per ciascuno degli ultimi due esercizi finanziari pertinenti.

6.   Per quanto riguarda le società di cui al paragrafo 1, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è lo Stato membro in cui la società ha la sede legale.

7.   Per quanto riguarda una società di cui al paragrafo 2, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è lo Stato membro in cui tale società ha una sede. Qualora una società non abbia una sede in nessuno Stato membro oppure abbia succursali situate in diversi Stati membri, lo Stato membro competente a disciplinare le materie contemplate dalla presente direttiva è quello in cui tale società ha generato il fatturato netto più elevato nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio.

8.   La presente direttiva non si applica ai FIA, quali definiti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (31) né agli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (32).

Articolo 3

Definizioni

1.   Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:

a)

«società»: uno dei soggetti seguenti:

i)

una persona giuridica costituita in una delle forme giuridiche elencate negli allegati I e II della direttiva 2013/34/UE;

ii)

una persona giuridica costituita a norma del diritto di un paese terzo in una forma comparabile a quelle elencate negli allegati I e II della direttiva 2013/34/UE;

iii)

un’impresa finanziaria regolamentata, a prescindere dalla forma giuridica, che è:

un ente creditizio, quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (33);

un’impresa di investimento, quale definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (34);

un gestore di fondi di investimento alternativi (GEFIA), quale definito all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/61/UE, compresi il gestore di fondi europei per il venture capital (EuVECA), a norma del regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (35), il gestore di fondi europei per l’imprenditoria sociale (EuSEF), a norma del regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, (36) e il gestore di fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF), a norma del regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio (37);

una società di gestione, quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2009/65/CE;

un’impresa di assicurazione, quale definita all’articolo 13, punto 1, della direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (38);

un’impresa di riassicurazione, quale definita all’articolo 13, punto 4, della direttiva 2009/138/CE;

un ente pensionistico aziendale o professionale che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2016/2341 conformemente all’articolo 2 della stessa, a meno che lo Stato membro abbia deciso di non applicare, in tutto o in parte, tale direttiva a tali enti che gestiscono schemi pensionistici aziendali e professionali, a norma dell’articolo 5 della medesima direttiva;

una controparte centrale, quale definita all’articolo 2, punto 1, del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (39);

un depositario centrale di titoli, quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (40);

una società veicolo di assicurazione o di riassicurazione autorizzata a norma dell’articolo 211 della direttiva 2009/138/CE;

una società veicolo per la cartolarizzazione quale definita all’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio (41);

una società di partecipazione finanziaria, quale definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 20, del regolamento (UE) n. 575/2013, una società di partecipazione assicurativa, quale definita all’articolo 212, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2009/138/CE, o una società di partecipazione finanziaria mista, quale definita all’articolo 212, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2009/138/CE, che fa parte di un gruppo assicurativo soggetto a vigilanza a livello di gruppo a norma dell’articolo 213 di tale direttiva e che non è esentata dalla vigilanza di gruppo a norma dell’articolo 214, paragrafo 2, della direttiva 2009/138/CE;

un istituto di pagamento, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio (42);

un istituto di moneta elettronica, quale definito all’articolo 2, punto 1), della direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (43);

un fornitore di servizi di crowdfunding, quale definito all’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio (44);

un prestatore di servizi per le cripto-attività, quale definito all’articolo 3, paragrafo 1, punto 15, del regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio (45), che presta uno o più servizi per le cripto-attività, quali definiti all’articolo 3, paragrafo 1, punto 16, del medesimo regolamento;

b)

«impatto ambientale negativo»: impatto negativo sull’ambiente causato dalla violazione dei divieti e degli obblighi elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, punti 15 e 16, e parte II, tenendo conto della legislazione nazionale connessa alle disposizioni degli strumenti ivi elencati;

c)

«impatto negativo sui diritti umani»: impatto su persone causato da:

i)

un abuso di uno dei diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, in quanto tali diritti umani sono sanciti dagli strumenti internazionali elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2;

ii)

un abuso di un diritto umano non elencato nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 1, ma sancito dagli strumenti in materia di diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2, a condizione che:

il diritto umano possa essere oggetto di abuso da parte di una società o di un soggetto giuridico;

l’abuso del diritto umano pregiudichi direttamente un interesse giuridico tutelato dagli strumenti in materia di diritti umani elencati nell’allegato della presente direttiva, parte I, sezione 2; e

la società sia stata ragionevolmente in grado di prevedere il rischio che tale diritto umano potesse essere leso, considerate le circostanze del caso specifico, compresi la natura e la portata delle attività commerciali della società e la sua catena di attività, le caratteristiche del settore economico e il contesto geografico e operativo;

d)

«impatto negativo»: impatto ambientale negativo o impatto negativo sui diritti umani;

e)

«filiazione»: persona giuridica, quale definita all’articolo 2, punto 10, della direttiva 2013/34/UE, e persona giuridica per il cui tramite è esercitata l’attività di «impresa controllata», quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (46);

f)

«partner commerciale»: un soggetto:

i)

con il quale la società ha concluso un accordo commerciale connesso alle attività, ai prodotti o ai servizi della società o al quale la società fornisce servizi a norma della lettera g) («partner commerciale diretto»); o

ii)

che non è un partner commerciale diretto ma svolge attività commerciali connesse alle attività, ai prodotti o ai servizi della società («partner commerciale indiretto»);

g)

«catena di attività»:

i)

attività di un partner commerciale a monte di una società inerenti alla produzione di beni o alla prestazione di servizi da parte di tale società, compresi la progettazione, l’estrazione, l’approvvigionamento, la produzione, il trasporto, l’immagazzinamento e la fornitura di materie prime, prodotti o parti di prodotti e lo sviluppo del prodotto o del servizio; e

ii)

attività di un partner commerciale a valle di una società inerenti alla distribuzione, al trasporto e all’immagazzinamento del prodotto di tale società, laddove i partner commerciali svolgano tali attività per la società o a nome della società, a eccezione della distribuzione, del trasporto e dell’immagazzinamento del prodotto soggetto al controllo delle esportazioni a norma del regolamento (UE) 2021/821 o a controlli delle esportazioni relativi ad armi, munizioni o materiali bellici, una volta che l’esportazione del prodotto sia stata autorizzata;

h)

«verifica di terzo indipendente»: verifica del fatto che la società o parti della sua catena di attività assolvano gli obblighi in materia di diritti umani e di ambiente derivanti dalla presente direttiva, effettuata da un esperto obiettivo, completamente indipendente dalla società, che sia esente da conflitti di interesse e da pressioni esterne, possegga esperienza e competenza in materia di diritti umani o di ambiente, a seconda della natura dell’impatto negativo, e risponda della qualità e dell’attendibilità della verifica;

i)

«PMI»: microimpresa, piccola impresa o media impresa, quale ne sia la forma giuridica, che non fa parte di un grande gruppo, secondo le rispettive definizioni dei termini di cui all’articolo 3, paragrafi 1, 2, 3 e 7, della direttiva 2013/34/UE;

j)

«iniziativa di settore o multipartecipativa»: insieme stabilito su base volontaria di procedure, strumenti e meccanismi per l’esercizio del dovere di diligenza, sviluppato e controllato da governi, associazioni di settore, organizzazioni interessate, comprese organizzazioni della società civile, o raggruppamenti o combinazioni di essi, a cui le imprese possono partecipare al fine di sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza;

k)

«mandatario»: persona fisica o giuridica residente o stabilita nell’Unione alla quale una società ai sensi della lettera a), punto ii), ha conferito l’incarico di agire per suo conto quanto all’assolvimento degli obblighi che le incombono a norma della presente direttiva;

l)

«impatto negativo grave»: impatto negativo che è particolarmente incisivo in ragione della sua natura, come ad esempio un impatto che comporta un danno alla vita, alla salute o alla libertà delle persone, o in ragione della sua entità, portata o carattere irrimediabile, tenendo in considerazione la sua gravità, compreso il numero di persone fisiche che sono o possono essere colpite, la misura in cui l’ambiente è o può essere danneggiato o altrimenti colpito, la sua irreversibilità e i limiti alla capacità di riportare le persone fisiche o l’ambiente colpiti a una situazione equivalente a quella esistente prima dell’impatto entro un periodo di tempo ragionevole;

m)

«fatturato netto»:

i)

i «ricavi netti delle vendite e delle prestazioni», quali definiti all’articolo 2, punto 5, della direttiva 2013/34/UE; o

ii)

se la società applica i principi contabili internazionali adottati in base al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (47) o è una società ai sensi della lettera a), punto ii), i ricavi quali definiti nella disciplina di informativa finanziaria, o ai sensi di questa, sulla cui base è redatto il bilancio della società;

n)

«portatori di interessi»: dipendenti della società, dipendenti delle sue filiazioni, sindacati e rappresentanti dei lavoratori, consumatori e altre persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti i cui diritti o interessi sono o potrebbero essere lesi dai prodotti, dai servizi e dalle attività della società, delle sue filiazioni e dei suoi partner commerciali, compresi i dipendenti dei partner commerciali e i rispettivi sindacati e rappresentanti dei lavoratori, le istituzioni nazionali in materia di diritti umani e ambiente, le organizzazioni della società civile le cui finalità includono la protezione dell’ambiente e i legittimi rappresentanti di tali persone fisiche, gruppi, comunità o soggetti;

o)

«misure adeguate»: misure che permettono di conseguire gli obiettivi del dovere di diligenza, affrontando efficacemente gli impatti negativi in modo commisurato al grado di gravità e alla probabilità dell’impatto negativo, e ragionevolmente disponibili per la società, considerate le circostanze del caso specifico, comprese la natura e la portata dell’impatto negativo e dei fattori di rischio pertinenti;

p)

«rapporto d’affari»: la relazione di una società con un partner commerciale;

q)

«società madre»: una società che controlla una o più filiazioni;

r)

«società capogruppo»: una società madre che controlla, direttamente o indirettamente secondo i criteri di cui all’articolo 22, paragrafi da 1 a 5, della direttiva 2013/34/UE, una o più filiazioni e non è controllata da un’altra società;

s)

«gruppo di società» o «gruppo»: una società madre e tutte le sue filiazioni;

t)

«riparazione»: il ripristino per la persona o le persone colpite, per le comunità o per l’ambiente di una situazione equivalente o più vicina possibile a quella in cui si troverebbero se non si fosse verificato un impatto negativo effettivo, in proporzione all’implicazione della società nell’impatto negativo, anche mediante il risarcimento finanziario o non finanziario fornito dalla società alla persona o alle persone colpite dall’impatto negativo effettivo e, se del caso, il rimborso dei costi sostenuti dalle autorità pubbliche per le misure correttive eventualmente necessarie;

u)

«fattori di rischio»: fatti, situazioni o circostanze connessi alla gravità e alla probabilità di un impatto negativo, compresi i fatti, le situazioni o le circostanze a livello di società, quelli relativi alle attività commerciali, quelli geografici e contestuali, quelli connessi ai prodotti e ai servizi e quelli settoriali;

v)

«gravità di un impatto negativo»: l’entità, la portata o il carattere irrimediabile dell’impatto negativo, tenendo in considerazione la gravità di un impatto negativo, compreso il numero di persone fisiche che sono o possono esserne colpite, la misura in cui l’ambiente è o può esserne danneggiato o altrimenti colpito, la sua irreversibilità e i limiti alla capacità di riportare le persone fisiche o l’ambiente colpiti a una situazione equivalente a quella esistente prima dell’impatto entro un periodo di tempo ragionevole.

2.   Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 34 al fine di modificare l’allegato della presente direttiva:

a)

aggiungendo i riferimenti agli articoli degli strumenti internazionali ratificati da tutti gli Stati membri e rientranti nell’ambito di applicazione di uno specifico diritto, divieto o obbligo connesso alla tutela dei diritti umani, delle libertà fondamentali e dell’ambiente elencato nell’allegato della presente direttiva;

b)

modificando, se del caso, i riferimenti agli strumenti internazionali di cui all’allegato della presente direttiva, in vista della modifica, della sostituzione o dell’abrogazione di tali strumenti;

c)

conformemente agli sviluppi intervenuti nelle pertinenti sedi internazionali in merito agli strumenti elencati nell’allegato della presente direttiva, parte 1, sezione 2:

i)

sostituendo i riferimenti agli strumenti elencati con i riferimenti a nuovi strumenti concernenti la stessa materia e ratificati da tutti gli Stati membri; o

ii)

aggiungendo i riferimenti a nuovi strumenti concernenti la stessa materia degli strumenti elencati e ratificati da tutti gli Stati membri.

Articolo 4

Livello di armonizzazione

1.   Fatto salvo l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, gli Stati membri non introducono nel proprio diritto nazionale disposizioni nel settore disciplinato dalla presente direttiva che stabiliscano obblighi relativi al dovere di diligenza in materia di diritti umani e ambiente che divergono da quelli stabiliti all’articolo 8, paragrafi 1 e 2, all’articolo 10, paragrafo 1, e all’articolo 11, paragrafo 1.

2.   Nonostante il paragrafo 1, la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di introdurre nel proprio diritto nazionale disposizioni più rigorose che divergono da quelle stabilite in disposizioni diverse dall’articolo 8, paragrafi 1 e 2, dall’articolo 10, paragrafo 1, e dall’articolo 11, paragrafo 1, o disposizioni più specifiche in termini di obiettivo o di settore interessato, al fine di conseguire un diverso livello di tutela dei diritti umani, occupazionali e sociali, dell’ambiente o del clima.

Articolo 5

Dovere di diligenza

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società eserciti il dovere di diligenza basato sul rischio in materia di diritti umani e di ambiente di cui agli articoli da 7 a 16 («dovere di diligenza») mediante:

a)

integrazione del dovere di diligenza nelle proprie politiche e nei propri sistemi di gestione dei rischi in conformità dell’articolo 7;

b)

individuazione e valutazione degli impatti negativi effettivi o potenziali in conformità dell’articolo 8 e, se necessario, attribuzione di priorità agli impatti negativi effettivi e potenziali in conformità dell’articolo 9;

c)

prevenzione e attenuazione degli impatti negativi potenziali e arresto degli impatti negativi effettivi e minimizzazione della relativa entità in conformità degli articoli 10 e 11;

d)

riparazione degli impatti negativi effettivi in conformità dell’articolo 12;

e)

svolgimento di un dialogo significativo con i portatori di interessi in conformità dell’articolo 13;

f)

instaurazione e mantenimento di un meccanismo di notifica e una procedura di reclamo in conformità dell’articolo 14;

g)

monitoraggio dell’efficacia della politica e delle misure relative al dovere di diligenza in conformità dell’articolo 15;

h)

comunicazione pubblica sul dovere di diligenza in conformità dell’articolo 16.

2.   Gli Stati membri provvedono a che, ai fini del dovere di diligenza, ciascuna società abbia il diritto di condividere risorse e informazioni all’interno del gruppo di società di cui è parte e con altri soggetti giuridici.

3.   Gli Stati membri provvedono a che i partner commerciali non siano obbligati a rivelare a società che adempiono gli obblighi derivanti dalla presente direttiva informazioni che costituiscono un segreto commerciale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, della direttiva (UE) 2016/943, fatta salva la divulgazione dell’identità dei partner commerciali, diretti e indiretti, o di informazioni essenziali necessarie per individuare gli impatti negativi effettivi o potenziali, ove necessario e debitamente giustificato per il rispetto degli obblighi relativi al dovere di diligenza da parte della società. Ciò non pregiudica la possibilità, per i partner commerciali, di proteggere i loro segreti commerciali attraverso i meccanismi istituiti dalla direttiva (UE) 2016/943. I partner commerciali non sono mai obbligati a rivelare informazioni classificate o di altro tipo la cui divulgazione comporterebbe un rischio per gli interessi essenziali della sicurezza di uno Stato.

4.   Gli Stati membri impongono alle società di conservare la documentazione riguardante le azioni svolte per adempiere gli obblighi relativi al dovere di diligenza al fine di attestare la conformità, compresi gli elementi di prova, per almeno cinque anni dal momento in cui tale documentazione è stata prodotta o ottenuta.

Qualora, alla scadenza del periodo di conservazione di cui al primo comma, siano in corso procedimenti giudiziari o amministrativi a norma della presente direttiva, il periodo di conservazione è prorogato fino alla conclusione della questione.

Articolo 6

Sostegno a livello di gruppo per il dovere di diligenza

1.   Gli Stati membri provvedono a che le società madri che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva siano autorizzate ad adempiere gli obblighi di cui agli articoli da 7 a 11 e all’articolo 22 per conto di società che sono filiazioni di tali società madri e che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, se ciò garantisce l’effettiva conformità. Questo non pregiudica il fatto che tali filiazioni siano assoggettate all’esercizio dei poteri dell’autorità di controllo in conformità dell’articolo 25 e alla loro responsabilità civile in conformità dell’articolo 29.

2.   L’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza di cui agli articoli da 7 a 16 da parte di una società madre in conformità del paragrafo 1 del presente articolo è soggetto a tutte le condizioni seguenti:

a)

la filiazione e la società madre si scambiano tutte le informazioni necessarie e cooperano per adempiere gli obblighi derivanti dalla presente direttiva;

b)

la filiazione si attiene alla politica relativa al dovere di diligenza della società madre, opportunamente adattata per garantire che gli obblighi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, siano assolti in relazione alla filiazione;

c)

la filiazione integra il dovere di diligenza in tutte le proprie politiche e i propri sistemi di gestione dei rischi in conformità dell’articolo 7, descrivendo chiaramente quali obblighi devono essere assolti dalla società madre e, ove necessario, informa i pertinenti portatori di interessi al riguardo;

d)

se necessario, la filiazione continua ad adottare misure adeguate in conformità degli articoli 10 e 11 e continua ad adempiere gli obblighi di cui agli articoli 12 e 13;

e)

se del caso, la filiazione chiede a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), o all’articolo 11, paragrafo 3, lettera c), chiede garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto conformemente all’articolo 10, paragrafo 4, o all’articolo 11, paragrafo 5, e sospende temporaneamente o cessa il rapporto d’affari conformemente all’articolo 10, paragrafo 6, o all’articolo 11, paragrafo 7.

3.   Se la società madre adempie l’obbligo di cui all’articolo 22 per conto della filiazione in conformità del paragrafo 1 del presente articolo, la filiazione adempie gli obblighi di cui all’articolo 22 conformemente al piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici della società madre, opportunamente adattato al suo modello e alla sua strategia aziendali.

Articolo 7

Integrazione del dovere di diligenza nelle politiche e nei sistemi di gestione dei rischi della società

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società integri il dovere di diligenza in tutte le sue pertinenti politiche e i suoi pertinenti sistemi di gestione dei rischi e abbia predisposto una politica relativa al dovere di diligenza che garantisca un dovere di diligenza basato sul rischio.

2.   La politica relativa al dovere di diligenza di cui al paragrafo 1 è elaborata previa consultazione con i dipendenti della società e i loro rappresentanti e prevede tutti gli elementi seguenti:

a)

una descrizione dell’approccio della società al dovere di diligenza, anche a lungo termine;

b)

un codice di condotta che illustri le norme e i principi cui devono attenersi l’intera società e le sue filiazioni, nonché i partner commerciali diretti o indiretti della società, in conformità dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), dell’articolo 10, paragrafo 4, dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera c), o dell’articolo 11, paragrafo 5; e

c)

una descrizione delle procedure predisposte per l’integrazione del dovere di diligenza nelle pertinenti politiche della società e per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta di cui alla lettera b) e per estenderne l’applicazione ai partner commerciali.

3.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società aggiorni le rispettive politiche relative al dovere di diligenza senza indebito ritardo dopo il verificarsi di un cambiamento significativo e riesamini e, se necessario, aggiorni tali politiche almeno ogni 24 mesi.

Per le finalità di cui al primo comma, le società tengono conto degli impatti negativi già individuati a norma dell’articolo 8, nonché delle misure adeguate adottate per affrontarli a norma degli articoli 10 e 11 e conformemente all’esito delle valutazioni effettuate a norma dell’articolo 15.

Articolo 8

Individuazione e valutazione degli impatti negativi effettivi e potenziali

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate per individuare e valutare gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, causati dalle proprie attività o da quelle delle sue filiazioni e, se collegate alla propria catena di attività, da quelle dei suoi partner commerciali, in conformità del presente articolo.

2.   Nell’ambito dell’obbligo previsto dal paragrafo 1, tenendo conto dei fattori di rischio pertinenti, le società adottano misure adeguate per:

a)

mappare le proprie attività, quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle proprie catene di attività, quelle dei loro partner commerciali, al fine di individuare i settori generali in cui è più probabile che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità;

b)

sulla base dei risultati della mappatura di cui alla lettera a), effettuare una valutazione approfondita delle proprie attività, di quelle delle loro filiazioni e, se collegate alle catene di attività cui partecipano, di quelle dei loro partner commerciali, nei settori in cui è stata individuata una maggiore probabilità che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità.

3.   Gli Stati membri provvedono a che le società siano autorizzate a valersi di risorse adeguate, tra cui relazioni indipendenti e informazioni raccolte con il meccanismo di notifica e la procedura di reclamo di cui all’articolo 14, al fine di individuare e valutare gli impatti negativi di cui al paragrafo 1 basandosi, se del caso, su informazioni quantitative e qualitative.

4.   Qualora le informazioni necessarie per la valutazione approfondita prevista dal paragrafo 2, lettera b), possano essere ottenute dai partner commerciali a diversi livelli della catena di attività, la società attribuisce la priorità alla richiesta di tali informazioni, ove ragionevole, direttamente ai partner commerciali presso cui è più probabile che si verifichino gli impatti negativi.

Articolo 9

Attribuzione di priorità agli impatti negativi effettivi e potenziali individuati

1.   Al fine di adempiere gli obblighi di cui agli articoli 10 o 11, qualora non sia possibile prevenire, attenuare, arrestare o minimizzare contemporaneamente e in modo completo tutti gli impatti negativi individuati, gli Stati membri provvedono a che le società attribuiscano priorità agli impatti negativi individuati a norma dell’articolo 8.

2.   L’attribuzione di priorità di cui al paragrafo 1 si basa sulla gravità e sulla probabilità degli impatti negativi.

3.   Una volta che gli impatti negativi più gravi e più probabili sono stati affrontati in conformità degli articoli 10 o 11 entro un ragionevole lasso di tempo, la società affronta gli impatti negativi meno gravi e meno probabili.

Articolo 10

Prevenzione degli impatti negativi potenziali

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società adotti misure adeguate in conformità dell’articolo 9 e del presente articolo per prevenire gli impatti negativi potenziali che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell’articolo 8 o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attenuarli sufficientemente.

Al fine di stabilire le misure adeguate di cui al primo comma, si tiene debitamente conto dei seguenti elementi:

a)

se l’impatto negativo potenziale può essere causato solo dalla società, se può essere causato congiuntamente dalla società e da una filiazione o da un partner commerciale, mediante atti o omissioni, o se può essere causato solo da un partner commerciale della società nella catena di attività;

b)

se l’impatto negativo potenziale può verificarsi nelle attività di una filiazione, di un partner commerciale diretto o di un partner commerciale indiretto; e

c)

la capacità della società di influenzare il partner commerciale che può causare o causare congiuntamente l’impatto negativo potenziale.

2.   La società è tenuta ad adottare le misure adeguate seguenti, ove pertinente:

a)

se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, predisporre e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione in materia di prevenzione che preveda scadenze ragionevoli e precise per l’attuazione di misure adeguate e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi; le società possono elaborare i loro piani d’azione in collaborazione con iniziative di settore o multipartecipative; il piano d’azione in materia di prevenzione è adattato alle attività e alle catene di attività delle società;

b)

chiedere a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano d’azione in materia di prevenzione, anche chiedendogli di ottenere a sua volta dai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività della società; quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 5;

c)

effettuare gli investimenti finanziari o non finanziari, gli adeguamenti o gli aggiornamenti necessari, ad esempio, degli impianti, dei processi e delle infrastrutture di produzione o di altri processi e infrastrutture operativi;

d)

apportare le modifiche o i miglioramenti necessari al piano aziendale, alle strategie generali e alle attività della società stessa, comprese le pratiche di acquisto, la progettazione e le pratiche di distribuzione;

e)

offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti;

f)

in conformità del diritto dell’Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche al fine di aumentare la propria capacità di prevenire o attenuare l’impatto negativo, in particolare se nessun’altra misura risulta idonea o efficace.

3.   Le società possono adottare, se del caso, misure adeguate in aggiunta alle misure elencate nel paragrafo 2, ad esempio dialogare con un partner commerciale sulle aspettative della società per quanto riguarda la prevenzione e l’attenuazione dei potenziali impatti negativi o fornire o consentire l’accesso allo sviluppo delle capacità, a orientamenti, a un sostegno amministrativo e finanziario come prestiti o finanziamenti, tenendo conto nel contempo delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli del partner commerciale.

4.   Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali che risulti impossibile prevenire o attenuare sufficientemente con le misure adeguate elencate al paragrafo 2, la società può chiedere garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione. Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 5.

5.   Le garanzie contrattuali di cui al paragrafo 2, lettera b), e al paragrafo 4, sono accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità, la società può richiamarsi a una verifica di terzo indipendente, anche attraverso iniziative di settore o multipartecipative.

Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. La società valuta inoltre se le garanzie contrattuali di una PMI debbano essere accompagnate da alcune delle misure adeguate per le PMI di cui al paragrafo 2, lettera e). Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società. La PMI può condividere i risultati delle verifiche con altre società se chiede di pagare almeno una parte dei costi della verifica di terzo indipendente, o in accordo con la società.

6.   Per quanto riguarda gli impatti negativi potenziali di cui al paragrafo 1 che risulti impossibile prevenire o attenuare sufficientemente con le misure previste dai paragrafi 2, 4 e 5, come opzione ultima la società è tenuta ad astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con un partner commerciale in collegamento con il quale o nella catena di attività del quale è emerso l’impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta, come opzione ultima, le azioni seguenti:

a)

adozione e attuazione senza indebito ritardo di un piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato per lo specifico impatto negativo, utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea dei rapporti d’affari in relazione alle attività in questione, purché sia ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine; il piano d’azione comprende un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi;

b)

se non è ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine, o se l’attuazione del piano d’azione in materia di prevenzione rafforzato non è riuscita a prevenire o attenuare l’impatto negativo, cessazione del rapporto d’affari per le attività in questione se l’impatto negativo potenziale è grave.

Prima di sospendere temporaneamente o cessare un rapporto d’affari, la società valuta se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale sospensione o cessazione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile prevenire o attenuare sufficientemente. In tal caso, la società non è tenuta a sospendere o cessare il rapporto d’affari e deve essere in grado di riferire all’autorità di controllo competente in merito alle ragioni debitamente giustificate alla base di tale decisione.

Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari in conformità del primo comma, a eccezione dei contratti che le parti sono obbligate per legge a sottoscrivere.

Qualora la società decida di sospendere temporaneamente o di cessare il rapporto d’affari, essa adotta provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dà un preavviso ragionevole al partner commerciale interessato e riesamina tale decisione.

Qualora decida di non sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari a norma del presente articolo, la società monitora l’impatto negativo potenziale e valuta periodicamente la sua decisione e se siano disponibili ulteriori misure adeguate.

Articolo 11

Arresto degli impatti negativi effettivi

1.   Gli Stati membri provvedono a che le società adottino misure adeguate in conformità dell’articolo 9 e del presente articolo per arrestare gli impatti negativi effettivi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati a norma dell’articolo 8.

Al fine di stabilire le misure adeguate di cui al primo comma, si tiene debitamente conto dei seguenti elementi:

a)

se l’impatto negativo effettivo è causato solo dalla società, se è causato congiuntamente dalla società e da una filiazione o da un partner commerciale, mediante atti o omissioni, o se è causato solo da un partner commerciale della società nella catena di attività;

b)

se l’impatto negativo effettivo si è verificato nelle attività di una filiazione, di un partner commerciale diretto o di un partner commerciale indiretto; e

c)

la capacità della società di influenzare il partner commerciale che ha causato o ha causato congiuntamente l’impatto negativo effettivo.

2.   Laddove l’arresto immediato dell’impatto negativo risulti impossibile, gli Stati membri provvedono a che le società ne minimizzino l’entità.

3.   La società è tenuta ad adottare le misure adeguate seguenti, ove pertinente:

a)

neutralizzare l’impatto negativo o minimizzarne l’entità; tali misure sono proporzionate alla gravità dell’impatto negativo e all’implicazione della società in esso;

b)

se l’impossibilità di un arresto immediato dell’impatto negativo lo rende necessario, predisporre e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione correttivo che preveda scadenze ragionevoli e precise per l’attuazione di misure adeguate e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi; le società possono elaborare i loro piani d’azione in collaborazione con iniziative di settore o multipartecipative; il piano d’azione correttivo è adattato alle attività e alle catene di attività delle società;

c)

chiedere a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano d’azione correttivo, anche chiedendogli di ottenere a sua volta dai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività della società; quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 6;

d)

effettuare gli investimenti finanziari o non finanziari, gli adeguamenti o gli aggiornamenti necessari, ad esempio, degli impianti, dei processi e delle infrastrutture di produzione o di altri processi e infrastrutture operativi;

e)

apportare le modifiche o i miglioramenti necessari al piano aziendale, alle strategie generali e alle attività della società stessa, comprese le pratiche di acquisto, la progettazione e le pratiche di distribuzione;

f)

offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato, ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti;

g)

in conformità del diritto dell’Unione, compreso il diritto della concorrenza, collaborare con altri soggetti, se del caso anche al fine di aumentare la propria capacità di arrestare l’impatto negativo o minimizzarne l’entità, in particolare se nessun’altra misura risulta idonea o efficace;

h)

fornire riparazione conformemente all’articolo 12.

4.   Le società possono adottare, se del caso, misure adeguate in aggiunta alle misure elencate al paragrafo 3, ad esempio dialogare con un partner commerciale in merito alle aspettative della società riguardo all’arresto degli impatti negativi effettivi o alla minimizzazione della loro entità, oppure fornire o consentire l’accesso allo sviluppo delle capacità, a orientamenti, a un sostegno amministrativo e finanziario come prestiti o finanziamenti, tenendo conto nel contempo delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli del partner commerciale.

5.   Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi che risulti impossibile arrestare o minimizzare sufficientemente nell’entità con le misure adeguate elencate al paragrafo 3, la società può chiedere garanzie contrattuali a un partner commerciale indiretto al fine di assicurare il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione correttivo. Quando tali garanzie contrattuali sono ottenute, si applica il paragrafo 6.

6.   Le garanzie contrattuali di cui al paragrafo 3, lettera c), e al paragrafo 5, sono accompagnate da misure adeguate di verifica della conformità. Ai fini della verifica della conformità, la società può richiamarsi a una verifica di terzo indipendente, anche attraverso iniziative di settore o multipartecipative.

Quando le garanzie contrattuali sono ottenute da una PMI o il contratto è concluso con una PMI, sono previste condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. La società valuta inoltre se le garanzie contrattuali di una PMI debbano essere accompagnate da alcune delle misure adeguate per le PMI di cui al paragrafo 3, lettera f). Se le misure di verifica della conformità sono attuate per una PMI, i costi della verifica di terzo indipendente sono a carico della società. La PMI può condividere i risultati delle verifiche con altre società se chiede di pagare almeno una parte dei costi della verifica di terzo indipendente, o in accordo con la società.

7.   Per quanto riguarda gli impatti negativi effettivi di cui al paragrafo 1 che risulti impossibile arrestare o minimizzare nell’entità con le misure di cui ai paragrafi 3, 5 e 6, come opzione ultima la società è tenuta ad astenersi dall’allacciare un rapporto nuovo o prolungare un rapporto esistente con un partner commerciale in collegamento con il quale o nella catena di attività del quale è emerso l’impatto e, se permesso dalla legge che disciplina le relazioni con detto partner, adotta, come opzione ultima, le azioni seguenti:

a)

adozione e attuazione senza indebito ritardo di un piano d’azione correttivo rafforzato per lo specifico impatto negativo, anche utilizzando o aumentando l’effetto leva della società attraverso la sospensione temporanea dei rapporti d’affari in relazione alle attività in questione, purché sia ragionevole attendersi che tali iniziative vadano a buon fine; il piano d’azione comprende un calendario specifico e adeguato per l’adozione e l’attuazione di tutte le azioni ivi contenute, durante il quale la società può anche cercare partner commerciali alternativi;

b)

se non è ragionevole attendersi che le iniziative di cui alla lettera a) andranno a buon fine, o se l’attuazione del piano d’azione correttivo rafforzato non riesce ad arrestare l’impatto negativo o a minimizzarne l’entità, cessazione del rapporto d’affari per le attività in questione se l’impatto negativo effettivo è grave.

Prima di sospendere temporaneamente o cessare un rapporto d’affari, la società valuta se si possa ragionevolmente prevedere che gli impatti negativi di tale cessazione o sospensione siano manifestamente più gravi dell’impatto negativo che non era possibile arrestare o di cui non era possibile minimizzare sufficientemente l’entità. In tal caso, la società non è tenuta a sospendere o cessare il rapporto d’affari e deve essere in grado di riferire all’autorità di controllo competente in merito alle ragioni debitamente giustificate alla base di tale decisione.

Ciascuno Stato membro provvede a che i contratti disciplinati dal proprio diritto prevedano la possibilità di sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari in conformità del primo comma, a eccezione dei contratti che le parti sono obbligate per legge a sottoscrivere.

Qualora la società decida di sospendere temporaneamente o di cessare il rapporto d’affari, la società adotta provvedimenti volti a prevenire, attenuare o arrestare gli impatti della sospensione o della cessazione, dà un preavviso ragionevole al partner commerciale e riesamina tale decisione.

Qualora decida di non sospendere temporaneamente o cessare il rapporto d’affari a norma del presente articolo, la società monitora l’impatto negativo effettivo e valuta periodicamente la sua decisione e se siano disponibili ulteriori misure adeguate.

Articolo 12

Riparazione degli impatti negativi effettivi

1.   Gli Stati membri provvedono a che una società che abbia causato o causato congiuntamente un impatto negativo effettivo fornisca una riparazione.

2.   Se l’impatto negativo effettivo è causato solo dal partner commerciale della società, quest’ultima può fornire una riparazione volontaria. La società può inoltre avvalersi della sua capacità di influenzare il partner commerciale che sta causando l’impatto negativo affinché fornisca una riparazione.

Articolo 13

Dialogo significativo con i portatori di interessi

1.   Gli Stati membri provvedono a che le società adottino misure adeguate per dialogare in modo efficace con i portatori di interessi, conformemente al presente articolo.

2.   Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, quando consultano i portatori di interessi, le società forniscono a questi ultimi, se del caso, informazioni pertinenti e complete, al fine di svolgere consultazioni efficaci e trasparenti. Fatta salva la direttiva (UE) 2016/943, i portatori di interessi consultati sono autorizzati a presentare una richiesta motivata di informazioni pertinenti supplementari, che la società fornisce entro un periodo di tempo ragionevole e in un formato adeguato e comprensibile. Se la società respinge una richiesta di informazioni supplementari, i portatori di interessi consultati hanno il diritto di ricevere una motivazione scritta al riguardo.

3.   La consultazione dei portatori di interessi avviene nelle fasi seguenti del processo di attuazione del dovere di diligenza:

a)

in fase di raccolta delle informazioni necessarie sugli impatti negativi effettivi o potenziali, al fine di individuare e valutare gli impatti negativi e attribuire loro priorità a norma degli articoli 8 e 9;

b)

in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 11, paragrafo 3, e in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi rafforzati a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7;

c)

in fase di assunzione della decisione di cessare o sospendere un rapporto d’affari a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7;

d)

in fase di adozione di misure adeguate per fornire riparazione agli impatti negativi a norma dell’articolo 12;

e)

se del caso, in fase di elaborazione di indicatori qualitativi e quantitativi per il monitoraggio richiesto in virtù dell’articolo 15.

4.   Qualora non sia ragionevolmente possibile dialogare in modo efficace con i portatori di interessi nella misura necessaria per conformarsi agli obblighi della presente direttiva, le società si consultano anche con esperti in grado di fornire informazioni credibili sugli impatti negativi effettivi o potenziali.

5.   Nel consultare i portatori di interessi, le società identificano e affrontano gli ostacoli al dialogo e provvedono a che i partecipanti non siano soggetti ad azioni di ritorsione o rivalsa, anche mantenendo la riservatezza e l’anonimato.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché le società siano autorizzate ad adempiere agli obblighi di cui al presente articolo mediante iniziative di settore o multipartecipative, a seconda dei casi, a condizione che le procedure di consultazione soddisfino i requisiti di cui al presente articolo. Il ricorso a iniziative di settore e multipartecipative non è sufficiente per adempiere all’obbligo di consultazione dei dipendenti della società stessa e dei loro rappresentanti.

7.   Il dialogo con i dipendenti e i loro rappresentanti lascia impregiudicato il pertinente diritto dell’Unione e nazionale in materia di diritti occupazionali e sociali nonché i contratti collettivi applicabili.

Articolo 14

Meccanismo di notifica e procedura di reclamo

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società consenta alle persone e ai soggetti elencati al paragrafo 2 di presentarle un reclamo qualora tali persone o soggetti nutrano un legittimo timore circa gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni o delle attività dei suoi partner commerciali nella catena di attività della società.

2.   Gli Stati membri provvedono a che possano presentare reclamo:

a)

le persone fisiche o giuridiche colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite e i legittimi rappresentanti di tali persone per loro conto, quali le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani;

b)

i sindacati e altri rappresentanti dei lavoratori che rappresentano le persone fisiche che lavorano nella catena di attività interessata; e

c)

le organizzazioni della società civile che sono attive ed esperte nei settori collegati all’impatto ambientale negativo che è oggetto del reclamo.

3.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società predisponga una procedura equa, pubblicamente disponibile, accessibile, prevedibile e trasparente di trattamento dei reclami di cui al paragrafo 1, che includa una procedura per i casi in cui una società reputa un reclamo infondato, e ne informi i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati interessati. Le società adottano misure ragionevolmente disponibili per evitare qualsiasi forma di ritorsione garantendo la riservatezza dell’identità della persona o dell’organizzazione che presenta il reclamo, conformemente al diritto nazionale. Laddove sia necessario condividere informazioni, ciò deve avvenire in modo tale da non pregiudicare la sicurezza del reclamante, anche non divulgandone l’identità.

Gli Stati membri provvedono a che, quando il reclamo risulta fondato, l’impatto negativo che ne costituisce l’oggetto sia considerato individuato ai sensi dell’articolo 8 e la società adotti le misure adeguate conformemente agli articoli 10, 11 e 12.

4.   Gli Stati membri provvedono a che il reclamante abbia il diritto di:

a)

chiedere che la società a cui è presentato il reclamo a norma del paragrafo 1 gli dia adeguato seguito;

b)

incontrare i rappresentanti della società, del livello adeguato, per discutere degli impatti negativi gravi, siano essi effettivi o potenziali, oggetto del reclamo, e della potenziale riparazione conformemente all’articolo 12;

c)

ottenere dalla società le motivazioni in base alle quali un reclamo è considerato fondato o meno e, qualora sia stato considerato fondato, ottenere informazioni sui provvedimenti e sulle azioni intrapresi o da intraprendere.

5.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società istituisca un meccanismo accessibile mediante il quale persone e soggetti possano presentare notifiche qualora dispongano di informazioni o nutrano timori circa gli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni e delle attività dei suoi partner commerciali nella catena di attività della società.

Il meccanismo garantisce che le notifiche possano essere effettuate in forma anonima o riservata conformemente al diritto nazionale. Le società adottano misure ragionevolmente disponibili per evitare qualsiasi forma di ritorsione garantendo la riservatezza dell’identità delle persone o dei soggetti che presentano notifiche, conformemente al diritto nazionale. La società può informare le persone o i soggetti che presentano le notifiche in merito ai provvedimenti e alle azioni intrapresi o da intraprendere, se del caso.

6.   Gli Stati membri provvedono affinché le società siano autorizzate ad adempiere gli obblighi di cui al paragrafo 1, al paragrafo 3, primo comma, e al paragrafo 5, partecipando a procedure di reclamo collaborative e meccanismi di notifica, fra cui quelli istituiti congiuntamente dalle società, attraverso associazioni di settore, iniziative multipartecipative o accordi quadro globali, a condizione che tali procedure collaborative e meccanismi soddisfino i requisiti di cui al presente articolo.

7.   La presentazione di una notifica o di un reclamo a norma del presente articolo non costituisce una condizione preliminare per accedere alle procedure di cui agli articoli 26 e 29 o ad altri meccanismi non giudiziari, né impedisce alle persone che la effettuano di accedervi.

Articolo 15

Monitoraggio

Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società effettui periodicamente una valutazione delle attività e misure proprie, di quelle delle sue filiazioni e, se collegate alla catena di attività della società stessa, di quelle dei suoi partner commerciali, per valutare l’attuazione e per monitorare l’adeguatezza e l’efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, attenuazione, arresto e minimizzazione nell’entità degli impatti negativi. La valutazione si basa, ove opportuno, su indicatori qualitativi e quantitativi ed è effettuata senza indebiti ritardi dopo il verificarsi di un cambiamento significativo e in ogni caso almeno ogni 12 mesi, nonché ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano presentarsi nuovi rischi di manifestazione di tali impatti negativi. Ove opportuno, la politica relativa al dovere di diligenza, gli impatti negativi individuati e le misure adeguate che ne sono derivate sono aggiornati in base all’esito di tali valutazioni e tenendo debitamente conto delle informazioni pertinenti fornite dai portatori di interessi.

Articolo 16

Comunicazione

1.   Fatta salva l’esenzione prevista al paragrafo 2 del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che ciascuna società riferisca sulle materie disciplinate dalla presente direttiva pubblicando annualmente sul proprio sito web una dichiarazione annuale. Tale dichiarazione annuale è pubblicata:

a)

in almeno una delle lingue ufficiali dell’Unione che sia utilizzata nello Stato membro dell’autorità di controllo designata a norma dell’articolo 24 e, qualora diversa, in una lingua che sia di uso comune a livello internazionale nel mondo degli affari;

b)

entro un termine ragionevole, ma non oltre 12 mesi dalla data di chiusura del bilancio dell’esercizio per il quale è redatta o, per le società che effettuano la rendicontazione volontaria in conformità della direttiva 2013/34/UE, entro la data di pubblicazione del bilancio d’esercizio.

Nel caso di una società costituita in conformità del diritto di un paese terzo, la dichiarazione comprende anche le informazioni richieste a norma dell’articolo 23, paragrafo 2, relative al mandatario della società.

2.   Il paragrafo 1 del presente articolo non si applica alle società soggette agli obblighi di rendicontazione di sostenibilità in conformità degli articoli 19 bis, 29 bis o 40 bis della direttiva 2013/34/UE, comprese quelle esentate in conformità dell’articolo 19 bis, paragrafo 9, o dell’articolo 29 bis, paragrafo 8, di tale direttiva.

3.   Entro il 31 marzo 2027 la Commissione adotta atti delegati conformemente all’articolo 34 al fine di integrare la presente direttiva stabilendo il contenuto e i criteri della rendicontazione di cui al paragrafo 1, indicando, in particolare, informazioni sufficientemente dettagliate da fornire per illustrare il dovere di diligenza, gli impatti negativi effettivi e potenziali individuati e le misure adeguate adottate riguardo a tali impatti. Nell’elaborare tali atti delegati, la Commissione tiene debitamente conto dei principi di rendicontazione di sostenibilità adottati a norma degli articoli 29 ter e 40 ter della direttiva 2013/34/UE e allinea, se del caso, gli atti delegati a tali principi.

Nell’adottare gli atti delegati di cui al primo comma, la Commissione garantisce che non vi sia alcuna duplicazione degli obblighi di rendicontazione per le società di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto iii), che sono soggette a obblighi di rendicontazione a norma dell’articolo 4 del regolamento (UE) 2019/2088, pur mantenendo pienamente gli obblighi minimi stabiliti nella presente direttiva.

Articolo 17

Accessibilità delle informazioni tramite il punto di accesso unico europeo

1.   A decorrere dal 1o gennaio 2029 gli Stati membri assicurano che, quando rendono pubblica la dichiarazione annuale di cui all’articolo 16, paragrafo 1, della presente direttiva, le società trasmettano contemporaneamente tale dichiarazione all’organismo di raccolta di cui al paragrafo 3 del presente articolo affinché sia resa accessibile tramite il punto di accesso unico europeo (ESAP), istituito dal regolamento (UE) 2023/2859.

Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni contenute nella dichiarazione annuale di cui al primo comma soddisfino i requisiti seguenti:

a)

sono trasmesse in un formato per dati estraibili ai sensi dell’articolo 2, punto 3), del regolamento (UE) 2023/2859 o, laddove previsto dal diritto dell’Unione o nazionale, in un formato leggibile meccanicamente ai sensi dell’articolo 2, punto 4), di tale regolamento;

b)

sono corredate dei metadati seguenti:

i)

tutte le denominazioni della società cui si riferiscono le informazioni;

ii)

l’identificativo della persona giuridica della società, come specificato a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera b), del regolamento (UE) 2023/2859;

iii)

le dimensioni della società per categoria, come specificate a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera d), del regolamento (UE) 2023/2859;

iv)

il settore o i settori industriali delle attività economiche della società, come specificati a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera e), del regolamento (UE) 2023/2859;

v)

il tipo di informazioni, come specificato a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera c), del regolamento (UE) 2023/2859;

vi)

un’indicazione che precisi se le informazioni contengono dati personali.

2.   Ai fini del paragrafo 1, lettera b), punto ii), gli Stati membri assicurano che le società ottengano un identificativo della persona giuridica.

3.   Entro il 31 dicembre 2028, al fine di rendere le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo accessibili tramite l’ESAP, gli Stati membri designano almeno un organismo di raccolta ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2023/2859 e ne danno notifica all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.

4.   Al fine di garantire la raccolta e la gestione efficienti delle informazioni trasmesse conformemente al paragrafo 1, alla Commissione è conferito il potere di adottare misure di esecuzione per specificare:

a)

eventuali altri metadati necessari di cui devono essere corredate le informazioni;

b)

la strutturazione dei dati nelle informazioni; e

c)

per quali informazioni è richiesto un formato leggibile meccanicamente e, in tali casi, quale formato leggibile meccanicamente debba essere utilizzato.

Articolo 18

Clausole contrattuali tipo

La Commissione, in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, adotta orientamenti su clausole contrattuali tipo d’uso volontario entro il 26 gennaio 2027 al fine di agevolare le società nel conformarsi all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), e all’articolo 11, paragrafo 3, lettera c).

Articolo 19

Orientamenti

1.   La Commissione, in consultazione con gli Stati membri e i portatori di interessi, l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, l’Agenzia europea dell’ambiente, l’Autorità europea del lavoro e, se del caso, le organizzazioni internazionali e altri organismi competenti in materia di dovere di diligenza, emana orientamenti, compresi orientamenti generali e orientamenti specifici a determinati settori o determinati impatti negativi, al fine di assistere le società o le autorità degli Stati membri nella definizione delle modalità con cui le società debbano adempiere gli obblighi relativi al dovere di diligenza in modo pratico e al fine di fornire sostegno ai portatori di interessi.

2.   Gli orientamenti emanati a norma del paragrafo 1 comprendono:

a)

orientamenti e migliori pratiche su come assolvere il dovere di diligenza conformemente agli obblighi di cui agli articoli da 5 a 16, in particolare il processo di individuazione a norma dell’articolo 8, l’attribuzione di priorità agli impatti a norma dell’articolo 9, le misure adeguate per adattare le pratiche di acquisto a norma dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 11, paragrafo 3, il disimpegno responsabile a norma dell’articolo 10, paragrafo 6, e dell’articolo 11, paragrafo 7, le misure adeguate per la riparazione a norma dell’articolo 12 e le modalità per individuare i portatori di interessi e instaurare un dialogo con gli stessi a norma dell’articolo 13, anche attraverso il meccanismo di notifica e la procedura di reclamo istituiti all’articolo 14;

b)

orientamenti pratici sul piano di transizione di cui all’articolo 22;

c)

orientamenti specifici per settore;

d)

orientamenti sulla valutazione dei fattori di rischio a livello di società, di quelli relativi alle attività commerciali, di quelli geografici e contestuali, di quelli connessi ai prodotti e ai servizi e di quelli settoriali, compresi quelli associati alle zone di conflitto o ad alto rischio;

e)

riferimenti alle fonti di dati e informazioni disponibili per il rispetto degli obblighi previsti dalla presente direttiva, nonché agli strumenti e alle tecnologie digitali che potrebbero agevolare e sostenere il rispetto di tali obblighi;

f)

informazioni su come condividere risorse e informazioni tra società e altri soggetti giuridici ai fini del rispetto delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, in modo conforme alla protezione dei segreti commerciali a norma dell’articolo 5, paragrafo 3, e alla protezione da potenziali azioni di ritorsione o rivalsa di cui all’articolo 13, paragrafo 5;

g)

informazioni per i portatori di interessi e i loro rappresentanti su come instaurare un dialogo nel corso dell’intero processo di attuazione del dovere di diligenza.

3.   Gli orientamenti di cui al paragrafo 2, lettere a), d) ed e), sono resi disponibili entro il 26 gennaio 2027. Gli orientamenti di cui al paragrafo 2, lettere b), f) e g), sono resi disponibili entro 26 luglio 2027.

4.   Gli orientamenti di cui al presente articolo sono resi disponibili in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. La Commissione riesamina periodicamente gli orientamenti e li adatta, se del caso.

Articolo 20

Misure di accompagnamento

1.   Gli Stati membri allestiscono e gestiscono, individualmente o congiuntamente, siti web, piattaforme o portali dedicati per informare le società e i loro partner commerciali e i portatori di interessi e fornire loro assistenza. Particolare attenzione è prestata in quest’ambito alle PMI che intervengono nelle catene di attività delle società. Tali siti web, piattaforme o portali danno accesso, in particolare:

a)

ai contenuti e ai criteri per la rendicontazione, quali stabiliti dalla Commissione negli atti delegati adottati a norma dell’articolo 16, paragrafo 3;

b)

agli orientamenti della Commissione sulle clausole contrattuali tipo d’uso volontario di cui all’articolo 18 e agli orientamenti da essa emanati a norma dell’articolo 19;

c)

all’helpdesk unico di cui all’articolo 21; e

d)

alle informazioni per i portatori di interessi e i loro rappresentanti su come instaurare un dialogo nel corso dell’intero processo di attuazione del dovere di diligenza.

2.   Fatte salve le norme in materia di aiuti di Stato, gli Stati membri possono erogare sostegno finanziario alle PMI. Gli Stati membri possono inoltre fornire sostegno ai portatori di interessi al fine di agevolare l’esercizio dei diritti stabiliti dalla presente direttiva.

3.   La Commissione può integrare le misure di sostegno dello Stato membro muovendo dall’attuale azione dell’Unione a favore del dovere di diligenza nell’Unione e nei paesi terzi e può elaborare misure nuove, tra cui l’agevolazione di iniziative di settore o multipartecipative volte ad assistere le società nell’adempimento dei loro obblighi.

4.   Fatti salvi gli articoli 25, 26 e 29, le società possono partecipare a iniziative di settore e multipartecipative per sostenere l’adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 7 a 16, sempreché le iniziative siano idonee a tal fine. In particolare, le società possono, dopo averne valutato l’adeguatezza, avvalersi delle pertinenti analisi dei rischi effettuate da iniziative di settore o multipartecipative o da membri di tali iniziative — o partecipare a tali analisi — e possono adottare o prendere parte a misure adeguate efficaci attraverso tali iniziative. In questo frangente le società monitorano l’efficacia di tali misure e continuano ad adottare misure adeguate laddove necessario per garantire l’adempimento dei loro obblighi.

La Commissione e gli Stati membri possono favorire la diffusione di informazioni su tali iniziative e sui relativi esiti. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, emana orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità delle iniziative di settore e multipartecipative.

5.   Fatti salvi gli articoli 25, 26 e 29, le società possono fare ricorso a una verifica da parte di terzi indipendenti sulle e dalle società nelle loro catene di attività per sostenere l’attuazione degli obblighi relativi al dovere di diligenza, sempreché la verifica sia idonea all’adempimento degli obblighi pertinenti. La verifica da parte di terzi indipendenti può essere effettuata da altre società o da un’iniziativa di settore o multipartecipativa. I verificatori terzi indipendenti agiscono con obiettività e piena indipendenza dalla società, sono esenti da qualsiasi conflitto di interessi, non subiscono pressioni esterne, né dirette, né indirette, e si astengono da qualsiasi azione incompatibile con la loro indipendenza. A seconda della natura dell’impatto negativo, devono avere esperienza e competenze in materia di ambiente o di diritti umani e sono responsabili della qualità e dell’affidabilità della verifica che eseguono.

La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, emana orientamenti che definiscono i criteri di idoneità e una metodologia per la valutazione da parte delle società dell’idoneità dei verificatori terzi, nonché orientamenti per il monitoraggio dell’accuratezza, dell’efficacia e dell’integrità della verifica da parte di terzi.

Articolo 21

Helpdesk unico

1.   La Commissione istituisce un helpdesk unico attraverso il quale le società possono ottenere informazioni, orientamenti e assistenza per quanto riguarda l’adempimento dei loro obblighi di cui alla presente direttiva.

2.   Le autorità nazionali competenti di ciascuno Stato membro collaborano con l’helpdesk unico al fine di contribuire ad adattare le informazioni e gli orientamenti ai contesti nazionali nonché a diffondere tali informazioni e orientamenti.

Articolo 22

Lotta ai cambiamenti climatici

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a), b) e c), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a), b) e c), adotti e attui un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici volto a garantire, con il massimo impegno possibile, che il modello e la strategia aziendali siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 oC in linea con l’accordo di Parigi nonché l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica come stabilito nel regolamento (UE) 2021/1119, compresi i suoi obiettivi intermedi e di neutralità climatica al 2050, e, se del caso, l’esposizione della società ad attività connesse al carbone, al petrolio e al gas.

Il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al primo comma prevede:

a)

obiettivi temporalmente definiti connessi ai cambiamenti climatici, per il 2030 e in fasi quinquennali fino al 2050, sulla base di prove scientifiche conclusive e, ove opportuno, obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di ambito 1, 2 e 3 per ciascuna categoria significativa;

b)

una descrizione delle leve di decarbonizzazione individuate e delle azioni chiave previste per conseguire gli obiettivi di cui alla lettera a), comprese, se del caso, le modifiche del portafoglio di prodotti e servizi della società e l’adozione di nuove tecnologie;

c)

una spiegazione e una quantificazione degli investimenti e dei finanziamenti a sostegno dell’attuazione del piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici; e

d)

una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

2.   Si considera che le società che comunicano un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici a norma dell’articolo 19 bis, 29 bis o 40 bis, a seconda dei casi, della direttiva 2013/34/UE abbiano rispettato l’obbligo di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

Si considera che le società incluse nel piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici della loro impresa madre comunicato a norma dell’articolo 29 bis o 40 bis, a seconda dei casi, della direttiva 2013/34/UE, abbiano rispettato l’obbligo di adottare un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 del presente articolo.

3.   Gli Stati membri provvedono a che il piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici di cui al paragrafo 1 sia aggiornato ogni 12 mesi e contenga una descrizione dei progressi realizzati dalla società nel conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera a).

Articolo 23

Mandatario

1.   Gli Stati membri impongono a una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, che opera in uno Stato membro di designare suo mandatario una persona fisica o giuridica stabilita o domiciliata in uno degli Stati membri in cui opera. La designazione è valida quando il mandatario ne conferma l’accettazione.

2.   Gli Stati membri impongono al mandatario o alla società di comunicare il nome, l’indirizzo postale, l’indirizzo di posta elettronica e il numero di telefono del mandatario all’autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito e, se diversa, all’autorità di controllo competente, come specificato all’articolo 24, paragrafo 3. Gli Stati membri provvedono a che il mandatario sia tenuto a fornire all’autorità di controllo che lo richieda copia della designazione in una delle lingue ufficiali dello Stato membro.

3.   Gli Stati membri impongono al mandatario o alla società di informare l’autorità di controllo dello Stato membro in cui il mandatario è domiciliato o stabilito e, se diversa, l’autorità di controllo competente, come specificato all’articolo 24, paragrafo 3, del fatto che la società è una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2.

4.   Gli Stati membri impongono a ciascuna società di conferire al mandatario il potere di ricevere dalle autorità di controllo comunicazioni su tutte le questioni necessarie per assicurare il rispetto e l’applicazione delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva. La società è tenuta a conferire al mandatario i poteri e le risorse necessari per cooperare con le autorità di controllo.

5.   Qualora una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, non adempia gli obblighi di cui al presente articolo, tutti gli Stati membri in cui opera la società sono competenti a far rispettare tali obblighi in conformità del loro diritto nazionale. Uno Stato membro che intenda far rispettare gli obblighi di cui al presente articolo informa le autorità di controllo tramite la rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28 così da evitare che altri Stati membri agiscano in questo senso.

Articolo 24

Autorità di controllo

1.   Ciascuno Stato membro designa una o più autorità di controllo incaricate di vigilare sul rispetto degli obblighi previsti dalle disposizioni di diritto nazionale adottate a norma degli articoli da 7 a 16 e dell’articolo 22.

2.   Per quanto riguarda una società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, l’autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha la sede legale.

3.   Per quanto riguarda una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, l’autorità di controllo competente è quella dello Stato membro in cui la società ha una succursale. Se la società non ha una succursale in uno Stato membro o ha succursali situate in Stati membri diversi, l’autorità di controllo competente è l’autorità di controllo dello Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del fatturato netto nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio precedente la data indicata all’articolo 37 o, se posteriore, la data in cui la società soddisfa per la prima volta i criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 2.

Una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, può chiedere, con richiesta debitamente motivata, di cambiare l’autorità di controllo competente a disciplinare le questioni contemplate dalla presente direttiva nei suoi confronti se un mutamento delle circostanze comporta che generi la maggior parte del suo fatturato nell’Unione in uno Stato membro diverso.

4.   Se una società madre adempie gli obblighi derivanti dalla presente direttiva per conto delle sue filiazioni conformemente all’articolo 6, l’autorità di controllo competente per la società madre coopera con l’autorità di controllo competente per la filiazione, che rimarrà competente a garantire che la filiazione sia soggetta all’esercizio dei poteri di cui all’articolo 25. A tale riguardo, la rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28 facilita la cooperazione, il coordinamento e la prestazione di assistenza reciproca necessari conformemente all’articolo 28.

5.   Lo Stato membro che designa più di un’autorità di controllo provvede a che le rispettive competenze di ciascuna siano stabilite chiaramente e che le autorità cooperino strettamente ed efficacemente tra loro.

6.   Gli Stati membri possono designare le autorità preposte alla vigilanza delle imprese finanziarie regolamentate quali autorità di controllo ai fini della presente direttiva.

7.   Entro il 26 luglio 2026 ciascuno Stato membro comunica alla Commissione nome ed estremi di contatto di ciascuna autorità di controllo designata a norma del presente articolo, indicando le rispettive competenze qualora designi più di una autorità. Lo Stato membro informa la Commissione di qualsiasi modifica dei dati comunicati.

8.   La Commissione mette a disposizione del pubblico l’elenco delle autorità di controllo, anche sul proprio sito web e, se uno Stato membro ha più di un’autorità di controllo, specifica le rispettive competenze di tali autorità in relazione alla presente direttiva. La Commissione aggiorna regolarmente l’elenco sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stati membri.

9.   Gli Stati membri garantiscono l’indipendenza delle autorità di controllo e provvedono a che esse, così come tutte le persone che lavorano o hanno lavorato per esse e i revisori, i periti o tutte le altre persone che agiscono per loro conto, esercitino i poteri di cui dispongono con imparzialità e trasparenza e nel rispetto degli obblighi di segreto professionale. Gli Stati membri provvedono in particolare a che le autorità di controllo siano giuridicamente e funzionalmente indipendenti, non subiscano pressioni esterne, né dirette, né indirette, ivi compreso dalle società che ricadono nell’ambito d’applicazione della presente direttiva o da altri interessi di mercato e che il loro personale e le persone responsabili della loro gestione siano esenti da conflitti di interessi, fatti salvi gli obblighi di riservatezza, e si astengano da qualsiasi atto incompatibile con le funzioni che esercitano.

10.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo pubblichino e rendano accessibile online una relazione annuale sulle loro attività ai sensi della presente direttiva.

Articolo 25

Poteri delle autorità di controllo

1.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo dispongano di poteri e risorse adeguati per poter svolgere i compiti loro assegnati dalla presente direttiva, compresi il potere di imporre alle società di fornire informazioni e il potere di svolgere indagini in collegamento con il rispetto degli obblighi stabiliti dagli articoli da 7 a 16. Gli Stati membri impongono alle autorità di controllo di vigilare sull’adozione e sull’elaborazione del piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici conformemente ai requisiti di cui all’articolo 22, paragrafo 1.

2.   L’autorità di controllo può avviare un’indagine di propria iniziativa o a seguito di una segnalazione circostanziata trasmessale a norma dell’articolo 26, se ritiene di disporre di informazioni sufficienti a indicare una possibile violazione, da parte di una data società, degli obblighi previsti dalle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva.

3.   Le ispezioni sono effettuate nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro in cui si svolge l’ispezione e previo avviso alla società, salvo nei casi in cui la comunicazione preventiva ostacoli l’efficacia dell’ispezione. L’autorità di controllo che, nell’ambito di un’indagine, intende effettuare un’ispezione nel territorio di uno Stato membro diverso dal proprio chiede l’assistenza della sua omologa di tale Stato membro a norma dell’articolo 28, paragrafo 3.

4.   L’autorità di controllo che, in esito alle iniziative adottate a norma dei paragrafi 1 e 2, rileva un’inosservanza delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva concede alla società in questione un congruo periodo di tempo per adottare provvedimenti correttivi, se possibili.

L’adozione di provvedimenti correttivi non preclude l’imposizione di sanzioni o l’attivazione della responsabilità civile, a norma, rispettivamente, degli articoli 27 e 29.

5.   Nello svolgimento dei compiti assegnatile, l’autorità di controllo dispone almeno del potere di:

a)

ordinare che la società:

i)

cessi la violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva compiendo un’azione o cessando una condotta;

ii)

si astenga da qualsiasi reiterazione della condotta in questione; e

iii)

se del caso, fornisca riparazioni proporzionate alla violazione e necessarie per porvi fine;

b)

imporre sanzioni in conformità dell’articolo 27; e

c)

adottare misure provvisorie in caso di rischio imminente di danni gravi e irreparabili.

6.   Le autorità di controllo esercitano i poteri di cui al presente articolo conformemente al diritto nazionale:

a)

direttamente;

b)

in cooperazione con altre autorità; o

c)

rivolgendosi alle autorità giudiziarie competenti che provvedono a che tali mezzi di ricorso siano efficaci e abbiano un effetto equivalente alle sanzioni imposte direttamente dalle autorità di controllo.

7.   Gli Stati membri provvedono a che ogni persona fisica o giuridica abbia il diritto di proporre un ricorso giurisdizionale effettivo avverso una decisione giuridicamente vincolante dell’autorità di controllo che la riguarda, conformemente al diritto nazionale.

8.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo conservino la documentazione relativa alle indagini di cui paragrafo 1, indicando in particolare la natura e i risultati di tali indagini nonché eventuali provvedimenti esecutivi adottati a norma del paragrafo 5.

9.   Le decisioni delle autorità di controllo riguardo alla conformità di una società alle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva lasciano impregiudicata la responsabilità civile della società a norma dell’articolo 29.

Articolo 26

Segnalazioni circostanziate

1.   Gli Stati membri provvedono a che ciascuna persona fisica o giuridica abbia il diritto di trasmettere, mediante canali facilmente accessibili, una segnalazione circostanziata all’autorità di controllo se ha motivo di ritenere, in base a circostanze obiettive, che una società non rispetti le disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva.

2.   Gli Stati membri provvedono affinché, laddove le persone che presentano segnalazioni circostanziate lo richiedano, l’autorità di controllo adotti le misure necessarie a garantire l’adeguata protezione dell’identità della persona in questione e delle sue informazioni personali che, se divulgate, arrecherebbero danno alla medesima.

3.   Se una segnalazione circostanziata ricade nell’ambito di competenza di un’altra autorità di controllo, l’autorità che la riceve la inoltra all’autorità competente.

4.   Gli Stati membri provvedono a che le autorità di controllo valutino le segnalazioni circostanziate entro un periodo di tempo appropriato e, se del caso, esercitino i poteri di cui all’articolo 25.

5.   L’autorità di controllo informa quanto prima le persone di cui al paragrafo 1, in conformità delle applicabili disposizioni di diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, dell’esito della valutazione delle segnalazioni circostanziate e fornisce loro le motivazioni di tale esito. L’autorità di controllo comunica inoltre alle persone che presentano tali segnalazioni circostanziate e che, in conformità del diritto nazionale, hanno al riguardo un interesse legittimo, la sua decisione di accogliere o respingere eventuali richieste di intervento, nonché una descrizione delle misure e dei provvedimenti successivi, e informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.

6.   Gli Stati membri provvedono a che le persone che trasmettono le segnalazioni circostanziate a norma del presente articolo e che, in conformità del diritto nazionale, hanno al riguardo un interesse legittimo, abbiano accesso a un organo giurisdizionale o altro organo pubblico indipendente e imparziale che abbia competenza a riesaminare la legittimità procedurale e sostanziale delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell’autorità di controllo.

Articolo 27

Sanzioni

1.   Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni, anche pecuniarie, applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

2.   Nel decidere se imporre sanzioni e, qualora tali sanzioni siano imposte, nel determinarne natura e livello appropriato, è tenuto debitamente conto, secondo il caso:

a)

della natura, della gravità e della durata della violazione e della gravità degli impatti da essa causati;

b)

degli investimenti effettuati e del sostegno mirato fornito a norma degli articoli 10 e 11;

c)

dell’eventuale collaborazione attuata con altri soggetti per affrontare gli impatti in questione;

d)

se del caso, della misura in cui sono state adottate decisioni di attribuzione di priorità conformemente all’articolo 9;

e)

di eventuali pertinenti violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, commesse in precedenza dalla società, constatate da una decisione definitiva;

f)

della misura in cui la società ha adottato eventuali provvedimenti correttivi in relazione alla materia in questione;

g)

dei benefici finanziari conseguiti o delle perdite evitate dalla società in conseguenza della violazione;

h)

di eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti applicabili alle circostanze del caso in questione.

3.   Gli Stati membri prevedono almeno le seguenti sanzioni:

a)

sanzioni pecuniarie;

b)

se una società non si conforma a una decisione che impone una sanzione pecuniaria entro il termine applicabile, una dichiarazione pubblica indicante la società responsabile della violazione e la natura della violazione.

4.   Le eventuali sanzioni pecuniarie imposte si basano sul fatturato netto mondiale della società. Il limite massimo delle sanzioni pecuniarie non è inferiore al 5 % del fatturato netto mondiale della società nell’esercizio precedente la decisione che impone la sanzione pecuniaria.

Gli Stati membri provvedono affinché, per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), le sanzioni pecuniarie siano calcolate tenendo conto del fatturato consolidato comunicato dalla società capogruppo.

5.   Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi decisione con cui l’autorità di controllo impone sanzioni per violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva sia pubblicata, rimanga pubblicamente disponibile per almeno cinque anni e sia inviata alla rete europea delle autorità di controllo istituita a norma dell’articolo 28. La decisione pubblicata non contiene dati personali ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del regolamento (UE) 2016/679.

Articolo 28

Rete europea delle autorità di controllo

1.   La Commissione istituisce una rete europea delle autorità di controllo composta di rappresentanti delle autorità di controllo. La rete europea delle autorità di controllo agevola la cooperazione fra autorità di controllo così come il coordinamento e l’allineamento delle prassi regolamentari, investigative, sanzionatorie e di vigilanza delle autorità di controllo e, ove appropriato, la condivisione di informazioni tra di esse.

La Commissione può invitare le agenzie dell’Unione dotate di competenze nei settori contemplati dalla presente direttiva ad aderire alla rete europea delle autorità di controllo.

2.   Gli Stati membri cooperano con la rete europea delle autorità di controllo al fine di individuare le società all’interno della loro giurisdizione, in particolare fornendo tutte le informazioni necessarie per valutare se una società di un paese terzo soddisfa i criteri stabiliti all’articolo 2. La Commissione istituisce un sistema sicuro di scambio di informazioni relative al fatturato netto generato nell’Unione da una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, che non ha una succursale in uno Stato membro o ha succursali situate in Stati membri diversi, attraverso il quale gli Stati membri comunicano regolarmente le informazioni di cui dispongono in merito al fatturato netto generato da tali società. La Commissione analizza tali informazioni entro un periodo di tempo ragionevole e comunica allo Stato membro in cui la società ha generato la maggior parte del suo fatturato netto nell’Unione nell’esercizio precedente l’ultimo esercizio finanziario, che la società è una società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e che l’autorità di controllo dello Stato membro è competente ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 3.

3.   Le autorità di controllo si scambiano le informazioni utili e si prestano assistenza reciproca nell’assolvimento dei loro compiti e mettono in atto misure per cooperare efficacemente tra loro. L’assistenza reciproca comprende la collaborazione ai fini dell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 25, anche in relazione alle ispezioni e alle richieste di informazioni.

4.   Ciascuna autorità di controllo adotta tutte le iniziative opportune necessarie per dare seguito alla richiesta di assistenza di un’altra autorità di controllo senza indebito ritardo e comunque entro un mese dal ricevimento della richiesta. Ove necessario in considerazione delle circostanze del caso, il termine può essere prorogato al massimo di due mesi sulla base di un’adeguata giustificazione. Tali iniziative possono consistere, in particolare, nella trasmissione di informazioni utili sullo svolgimento di un’indagine.

5.   La richiesta di assistenza contiene tutte le informazioni necessarie, compresi la finalità e i motivi della richiesta. L’autorità di controllo usa le informazioni ricevute tramite una richiesta di assistenza soltanto per la finalità per cui sono state richieste.

6.   L’autorità di controllo richiesta informa l’autorità di controllo richiedente degli esiti o, a seconda dei casi, dei progressi in merito alle misure da adottare per rispondere alla richiesta di assistenza.

7.   Le autorità di controllo non impongono alcuna spesa per le azioni e le misure adottate a seguito di una richiesta di assistenza.

Le autorità di controllo possono tuttavia concordare disposizioni di indennizzo reciproco per spese specifiche risultanti dalla prestazione di assistenza in casi eccezionali.

8.   L’autorità di controllo competente a norma dell’articolo 24, paragrafo 3, informa la rete europea delle autorità di controllo di tale fatto e di un’eventuale richiesta di cambiamento dell’autorità di controllo competente.

9.   In caso di dubbi sull’attribuzione delle competenze, le informazioni su cui si basa tale attribuzione sono condivise con la rete europea delle autorità di controllo, la quale può coordinare le iniziative volte a trovare una soluzione.

10.   La rete europea delle autorità di controllo pubblica:

a)

le decisioni delle autorità di controllo contenenti sanzioni di cui all’articolo 27, paragrafo 5; e

b)

un elenco indicativo delle società di paesi terzi soggette alla presente direttiva.

Articolo 29

Responsabilità civile delle società e diritto al pieno risarcimento

1.   Gli Stati membri provvedono a che una società possa essere ritenuta responsabile di un danno causato a una persona fisica o giuridica, a condizione che:

a)

la società non abbia ottemperato, intenzionalmente o per negligenza, agli obblighi di cui agli articoli 10 e 11, quando il diritto, il divieto o l’obbligo elencato nell’allegato alla presente direttiva sia inteso a tutelare la persona fisica o giuridica; e

b)

a seguito dell’inosservanza di cui alla lettera a), sia stato causato un danno agli interessi giuridici della persona fisica o giuridica che sono tutelati dal diritto nazionale.

Una società non può essere ritenuta responsabile se il danno è stato causato solo dai suoi partner commerciali nella sua catena di attività.

2.   Ove una società sia ritenuta responsabile ai sensi del paragrafo 1, una persona fisica o giuridica ha diritto al pieno risarcimento del danno in conformità del diritto nazionale. Il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non conduce a una sovracompensazione del danno subito, né sotto forma di danni punitivi né di danni multipli o di altra natura.

3.   Gli Stati membri provvedono affinché:

a)

le norme nazionali riguardanti l’inizio, la durata, la sospensione o l’interruzione dei termini di prescrizione non ostacolino indebitamente l’avvio di procedimenti per il risarcimento del danno e, in ogni caso, non siano più restrittive delle norme sui regimi nazionali di responsabilità civile generale;

i termini di prescrizione per intentare azioni per il risarcimento del danno ai sensi della presente direttiva sono di almeno cinque anni e, in ogni caso, non inferiori al termine di prescrizione stabilito dai regimi nazionali di responsabilità civile generale;

i termini di prescrizione non iniziano a decorrere prima che la violazione sia cessata e prima che i ricorrenti siano a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che siano a conoscenza:

i)

del comportamento e del fatto che esso costituisce una violazione;

ii)

del fatto che la violazione li ha danneggiati; e

iii)

dell’identità dell’autore della violazione;

b)

le spese processuali non siano eccessivamente onerose per i ricorrenti per rivolgersi alla giustizia;

c)

i ricorrenti siano in grado di richiedere provvedimenti inibitori, anche mediante procedimenti sommari; tali provvedimenti inibitori assumono la forma di misure definitive o provvisorie, per porre fine alle violazioni delle disposizioni di diritto nazionale adottate in attuazione della presente direttiva, compiendo un’azione o cessando una condotta;

d)

siano previste condizioni ragionevoli in base alle quali ogni presunto soggetto danneggiato può autorizzare un sindacato, un’organizzazione non governativa per i diritti umani o l’ambiente o un’altra organizzazione non governativa e, in conformità del diritto nazionale, le istituzioni nazionali per i diritti umani con sede in uno Stato membro a intentare azioni per far valere i diritti della presunta parte lesa, fatte salve le norme nazionali di procedura civile;

un sindacato o un’organizzazione non governativa possano essere autorizzati a norma del primo comma della presente lettera se soddisfano i requisiti stabiliti dal diritto nazionale; tali requisiti possono includere il fatto di mantenere una presenza permanente e, conformemente al loro statuto, non esercitare attività commerciali ed essere impegnati, non solo temporaneamente, a favore della realizzazione dei diritti tutelati dalla presente direttiva o dei corrispondenti diritti previsti dal diritto nazionale;

e)

qualora sia avanzata una domanda di risarcimento e il ricorrente presenti una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda di risarcimento del danno e abbia indicato che elementi di prova supplementari rientrano nel controllo della società, i giudici possano ordinare che tali elementi probatori siano divulgati dalla società conformemente al diritto procedurale nazionale;

i giudici nazionali limitino la divulgazione degli elementi di prova richiesti a quanto necessario e proporzionato per sostenere una domanda o potenziale domanda di risarcimento del danno e limitino la conservazione degli elementi di prova a quanto necessario e proporzionato per sostenere tale domanda di risarcimento del danno; nel determinare se un ordine di divulgazione o di conservazione delle prove sia proporzionato, i giudici nazionali esaminino in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione delle prove; la portata e i costi della divulgazione nonché i legittimi interessi di tutte le parti, compresi eventuali terzi interessati, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento; se le prove di cui è richiesta la divulgazione contengano informazioni riservate, in particolare riguardanti parti terze, e le modalità atte a proteggere tali informazioni riservate;

gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini dell’azione per il risarcimento del danno; gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle; gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle;

4.   Le società che hanno partecipato a iniziative di settore o multipartecipative, o che hanno fatto ricorso a una verifica da parte di terzi indipendenti o a clausole contrattuali per sostenere l’adempimento degli obblighi relativi al dovere di diligenza possono tuttavia essere ritenute responsabili a norma del presente articolo.

5.   La responsabilità civile della società che discende dalla presente disposizione lascia impregiudicata la responsabilità civile delle sue filiazioni o dei suoi partner commerciali diretti e indiretti nella catena di attività della società.

Quando il danno è stato causato congiuntamente dalla società, dalla sua filiazione e da un partner commerciale diretto o indiretto, essi sono responsabili in solido, fatte salve le disposizioni di diritto nazionale relative alle condizioni della responsabilità in solido e ai diritti di regresso.

6.   Le norme in materia di responsabilità civile di cui alla presente direttiva non limitano la responsabilità delle società ai sensi dei sistemi giuridici dell’Unione o nazionali e lasciano impregiudicate le norme unionali o nazionali in materia di responsabilità civile relative agli impatti negativi sui diritti umani o agli impatti ambientali negativi che prevedono la responsabilità in situazioni non contemplate dalla presente direttiva o che prevedono una responsabilità più rigorosa rispetto alla presente direttiva.

7.   Gli Stati membri provvedono a che le disposizioni di diritto nazionale che recepiscono il presente articolo siano di applicazione necessaria nei casi in cui il diritto applicabile in tal senso non sia il diritto nazionale di uno Stato membro.

Articolo 30

Segnalazione delle violazioni e protezione delle persone segnalanti

Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché la direttiva (UE) 2019/1937 si applichi alla segnalazione di violazioni delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva e alla protezione della persona che segnala la violazione.

Articolo 31

Sostegno pubblico, appalti pubblici e concessioni pubbliche

Gli Stati membri provvedono affinché il rispetto degli obblighi derivanti dalle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva o dalla loro attuazione volontaria sia considerato un aspetto ambientale o sociale che le amministrazioni aggiudicatrici possono, a norma delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, prendere in considerazione nell’ambito dei criteri di aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione, e come una condizione ambientale o sociale che le amministrazioni aggiudicatrici possono, in conformità di tali direttive, stabilire in relazione all’esecuzione di appalti pubblici e contratti di concessione.

Articolo 32

Modifica della direttiva (UE) 2019/1937

Nell’allegato della direttiva (UE) 2019/1937, parte I, punto E.2, è aggiunto il punto seguente:

«vii)

Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859 (GU L, 2024/1760, 5.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1760/oj).».

Articolo 33

Modifica del regolamento (UE) 2023/2859

Nell’allegato del regolamento (UE) 2023/2859, parte B, è aggiunto il punto seguente:

«17.

Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 maggio 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859 (GU L, 2024/1760, 5.7.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1760/oj).».

Articolo 34

Esercizio della delega

1.   Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.

2.   Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, e all’articolo 16 è conferito alla Commissione per un periodo indeterminato a decorrere dal 25 luglio 2024.

3.   La delega di potere di cui all’articolo 3, paragrafo 2, e all’articolo 16 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.

4.   Prima dell’adozione dell’atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.

5.   Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.

6.   L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, o dell’articolo 16 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

Articolo 35

Procedura di comitato

1.   La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (48).

2.   Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.

Articolo 36

Riesame e relazioni

1.   La Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla necessità di stabilire ulteriori obblighi relativi al dovere di diligenza ai fini della sostenibilità adattati alle imprese finanziarie regolamentate per quanto riguarda la fornitura di servizi finanziari e attività di investimento, nonché sulle opzioni per tali obblighi relativi al dovere di diligenza e sul loro impatto, in linea con gli obiettivi della presente direttiva.

La relazione tiene conto di altri atti legislativi dell’Unione che si applicano alle imprese finanziarie regolamentate. È pubblicata il prima possibile dopo il 25 luglio 2024, e comunque non oltre il 26 luglio 2026, ed è corredata, se del caso, di una proposta legislativa.

2.   Entro il 26 luglio 2030 e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva e sulla sua efficacia nel conseguirne gli obiettivi, in particolare per quanto riguarda la risposta agli impatti negativi. La relazione è corredata, se del caso, di una proposta legislativa. La prima relazione valuta, tra l’altro, gli aspetti seguenti:

a)

gli impatti della presente direttiva sulle PMI, corredandoli di una valutazione dell’efficacia delle diverse misure e degli strumenti di sostegno forniti alle PMI dalla Commissione e dagli Stati membri;

b)

l’ambito di applicazione della presente direttiva in termini di società interessate, per stabilire se garantisce l’efficacia della presente direttiva alla luce dei suoi obiettivi, la parità di condizioni tra i soggetti contemplati e assicura che le società non possano eludere l’applicazione della presente direttiva, ivi compreso se sia necessario:

riesaminare l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), in modo che la presente direttiva contempli altri soggetti costituiti sotto forme giuridiche diverse da quelle elencate nell’allegato I o II della direttiva 2013/34/UE;

includere nell’ambito di applicazione della presente direttiva i modelli aziendali o le forme di cooperazione economica con società terze diversi da quelli di cui all’articolo 2;

rivedere i limiti minimi del numero di dipendenti e del fatturato netto di cui all’articolo 2 e se occorra introdurre un approccio settoriale nei settori ad alto rischio;

rivedere il criterio del fatturato netto generato nell’Unione di cui all’articolo 2, paragrafo 2;

c)

la necessità di rivedere la definizione del termine «catena di attività»;

d)

l’eventuale modifica dell’allegato alla presente direttiva, anche alla luce degli sviluppi internazionali, nonché il suo eventuale ampliamento per coprire ulteriori impatti negativi, in particolare gli effetti negativi sulla buona governance;

e)

la necessità di rivedere le norme sulla lotta ai cambiamenti climatici stabilite nella presente direttiva, in particolare per quanto riguarda l’elaborazione dei piani di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici, la loro adozione e l’attuazione di tali norme da parte delle società, nonché i poteri delle autorità di controllo in relazione a tali norme;

f)

l’efficacia dei meccanismi di applicazione istituiti a livello nazionale, delle sanzioni e delle norme in materia di responsabilità civile;

g)

la necessità di apportare modifiche al livello di armonizzazione stabilito dalla presente direttiva per garantire parità di condizioni alle società nel mercato interno, comprese la convergenza e la divergenza tra le disposizioni di diritto nazionale che recepiscono la presente direttiva.

Articolo 37

Recepimento

1.   Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 26 luglio 2026, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Essi applicano tali disposizioni:

a)

dal 26 luglio 2027 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione dello Stato membro e che hanno avuto più di 5 000 dipendenti in media e generato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 1 500 000 000 EUR nell’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2027 per il quale è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2028 o successivamente a tale data;

b)

dal 26 luglio 2028 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione dello Stato membro e che hanno avuto più di 3 000 dipendenti in media e generato un fatturato netto a livello mondiale superiore a 900 000 000 EUR nell’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2028 per il quale è stato adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio d’esercizio, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 11, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data;

c)

a decorrere dal 26 luglio 2027 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione di un paese terzo e che hanno generato un fatturato netto di oltre 1 500 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2027, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2028 o successivamente a tale data;

d)

a decorrere dal 26 luglio 2028 per quanto riguarda le società di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), costituite conformemente alla legislazione di un paese terzo e che hanno generato un fatturato netto di oltre 900 000 000 EUR nell’Unione nell’esercizio antecedente all’ultimo esercizio precedente al 26 luglio 2028, ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data;

e)

a decorrere dal 26 luglio 2029 per quanto riguarda tutte le altre società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettere a) e b), nonché le società di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), ad eccezione delle misure necessarie per conformarsi all’articolo 16, che gli Stati membri applicano a tali società per gli esercizi finanziari aventi inizio il 1o gennaio 2029 o successivamente a tale data.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

2.   Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.

Articolo 38

Entrata in vigore

La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Articolo 39

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.

Fatto a Bruxelles, il 13 giugno 2024

Per il Parlamento europeo

Il presidente

R. METSOLA

Per il Consiglio

Il presidente

M. MICHEL


(1)   GU C 443 del 22.11.2022, pag. 81.

(2)  Posizione del Parlamento europeo del 24 aprile 2024 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 maggio 2024.

(3)   GU L 282 del 19.10.2016, pag. 4.

(4)  Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il conseguimento della neutralità climatica e che modifica il regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) 2018/1999 («Normativa europea sul clima») (GU L 243 del 9.7.2021, pag. 1).

(5)  Decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 aprile 2022, relativa a un programma generale di azione dell’Unione per l’ambiente fino al 2030 (GU L 114 del 12.4.2022, pag. 22).

(6)  Direttiva (UE) 2024/1619 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2024, che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di paesi terzi e i rischi ambientali, sociali e di governance (direttiva sui requisiti patrimoniali) (GU L, 2024/1619, 19.6.2024, ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1619/oj).

(7)  Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell’Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio (GU L 130 del 19.5.2017, pag. 1).

(8)  Regolamento (UE) 2023/1542 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2023, relativo alle batterie e ai rifiuti di batterie, che modifica la direttiva 2008/98/CE e il regolamento (UE) 2019/1020 e abroga la direttiva 2006/66/CE (GU L 191 del 28.7.2023, pag. 1).

(9)  Regolamento (UE) 2023/1115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo alla messa a disposizione sul mercato dell’Unione e all’esportazione dall’Unione di determinate materie prime e determinati prodotti associati alla deforestazione e al degrado forestale e che abroga il regolamento (UE) n. 995/2010 (GU L 150 del 9.6.2023, pag. 206).

(10)  Direttiva (UE) 2016/2341 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, relativa alle attività e alla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali (EPAP) (GU L 354 del 23.12.2016, pag. 37).

(11)  Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti (GU L 157 del 15.6.2016, pag. 1).

(12)  Regolamento (UE) 2021/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2021, che istituisce un regime dell’Unione di controllo delle esportazioni, dell’intermediazione, dell’assistenza tecnica, del transito e del trasferimento di prodotti a duplice uso (GU L 206 dell’11.6.2021, pag. 1).

(13)  Regolamento (UE) 2019/125 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 gennaio 2019, relativo al commercio di determinate merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti (GU L 30 del 31.1.2019, pag. 1).

(14)  Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1).

(15)  Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013, pag. 19).

(16)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).

(17)  Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 1).

(18)  Regolamento (UE) 2023/2859, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2023, che istituisce un punto di accesso unico europeo che fornisce un accesso centralizzato alle informazioni accessibili al pubblico pertinenti per i servizi finanziari, i mercati dei capitali e la sostenibilità (GU L, 2023/2859, 20.12.2023, ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2023/2859/oj).

(19)  Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 1).

(20)  Direttiva 2001/86/CE del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (GU L 294 del 10.11.2001, pag. 22).

(21)  Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori — Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori (GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29).

(22)  Direttiva 2009/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie (GU L 122 del 16.5.2009, pag. 28).

(23)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(24)  Direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2020, relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE (GU L 409 del 4.12.2020, pag. 1).

(25)  Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56).

(26)  Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).

(27)  Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).

(28)  Direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243).

(29)   GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.

(30)  Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).

(31)  Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell’1.7.2011, pag. 1).

(32)  Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).

(33)  Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 1).

(34)  Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE (GU L 173 del 12.6.2014, pag. 349).

(35)  Regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 1).

(36)  Regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2013, relativo ai fondi europei per il venture capital (GU L 115 del 25.4.2013, pag. 18).

(37)  Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo ai fondi di investimento europei a lungo termine (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 98).

(38)  Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).

(39)  Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 1).

(40)  Regolamento (UE) n. 909/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, relativo al miglioramento del regolamento titoli nell’Unione europea e ai depositari centrali di titoli e recante modifica delle direttive 98/26/CE e 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 236/2012 (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 1).

(41)  Regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 (GU L 347 del 28.12.2017, pag. 35).

(42)  Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU L 337 del 23.12.2015, pag. 35).

(43)  Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7).

(44)  Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937 (GU L 347 del 20.10.2020, pag. 1).

(45)  Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2023, relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937 (MiCA) (GU L 150 del 9.6.2023, pag. 40).

(46)  Direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE (GU L 390 del 31.12.2004, pag. 38).

(47)  Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pag. 1).

(48)  Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).


ALLEGATO

Parte I

1.   DIRITTI E DIVIETI CHE FIGURANO NEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI SUI DIRITTI UMANI

1.

Il diritto alla vita, interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. L’abuso di tale diritto comprende, tra l’altro, le guardie di sicurezza private o pubbliche che proteggono le risorse, le strutture o il personale della società che provocano la morte di una persona a causa della mancanza di istruzioni o di controllo da parte della società.

2.

Il divieto di tortura e di trattamento crudele, inumano o degradante, interpretato in linea con l’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Ciò comprende, tra l’altro, le guardie di sicurezza private o pubbliche che proteggono le risorse, le strutture o il personale dell’impresa che sottopongono una persona a tortura o a trattamento crudele, inumano o degradante a causa della mancanza di istruzioni o di controllo da parte della società.

3.

Il diritto alla libertà e alla sicurezza, interpretato in linea con l’articolo 9, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

4.

Il divieto di interferenze arbitrarie o illegittime nella vita privata, nella famiglia, nella casa o nella corrispondenza di una persona e di offese illegittime alla sua reputazione o al suo onore, interpretato in linea con l’articolo 17 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

5.

Il divieto di interferenze nella libertà di pensiero, di coscienza e di religione, interpretato in linea con l’articolo 18 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

6.

Il diritto di godere di giuste e favorevoli condizioni di lavoro, tra cui un equo salario e un salario atto a garantire condizioni di vita dignitosa per i lavoratori dipendenti e un reddito di sussistenza per i lavoratori autonomi e i piccoli coltivatori, guadagnato in cambio del loro lavoro e della loro produzione, un’esistenza decorosa, la sicurezza e l’igiene del lavoro e una ragionevole limitazione delle ore di lavoro, interpretato in linea con gli articoli 7 e 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

7.

Il divieto di limitare l’accesso dei lavoratori a un alloggio adeguato, se vivono in alloggi forniti dalla società, nonché a un’alimentazione, a un vestiario e a servizi idrici e igienico-sanitari adeguati sul luogo di lavoro, interpretato in linea con l’articolo 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

8.

Il diritto del minore al miglior stato di salute possibile, interpretato in linea con l’articolo 24 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto all’educazione, interpretato in linea con l’articolo 28 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto di beneficiare di un livello di vita adeguato, interpretato in linea con l’articolo 27 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto del minore di essere protetto dallo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale, interpretato in linea con l’articolo 32 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; il diritto del minore di essere protetto contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale nonché dal rapimento, dalla vendita o dalla tratta in un luogo diverso all’interno o all’esterno del suo paese a fini di sfruttamento, interpretato in linea con gli articoli 34 e 35 della convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

9.

Il divieto di impiego di un minore di età inferiore all’età alla quale si compie l’obbligo scolastico e che, in ogni caso, non può essere inferiore a 15 anni, salvo che lo preveda la legge del luogo di lavoro in linea con l’articolo 2, paragrafo 4, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’età minima per l’assunzione all’impiego, del 1973 (n. 138), interpretato in linea con gli articoli da 4 a 8 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’età minima per l’assunzione all’impiego, del 1973 (n. 138).

10.

Il divieto delle forme peggiori di lavoro minorile (persone di età inferiore ai 18 anni), interpretato in linea con l’articolo 3 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, del 1999 (n. 182). Queste comprendono:

a)

tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati;

b)

l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici;

c)

l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione o per il traffico di stupefacenti; e

d)

qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore.

11.

Il divieto del lavoro forzato o obbligatorio, vale a dire ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente, ad esempio in conseguenza della servitù per debiti o della tratta di esseri umani, interpretato in linea con l’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato, del 1930 (n. 29). Per lavoro forzato o obbligatorio non si intende un lavoro o servizio conforme all’articolo 2, paragrafo 2, della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato, del 1930 (n. 29) o all’articolo 8, paragrafo 3, lettere b) e c), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

12.

Il divieto della schiavitù e della tratta di schiavi sotto qualsiasi forma, ivi comprese le pratiche assimilabili alla schiavitù, all’asservimento o ad altre forme di dominazione o oppressione sul luogo di lavoro, o della tratta di esseri umani, interpretato in linea con l’articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.

13.

Il diritto alla libertà di associazione e di riunione e i diritti di organizzazione e di negoziazione collettiva, interpretati in linea con gli articoli 21 e 22 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, l’articolo 8 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, del 1948 (n. 87), e la convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, del 1949 (n. 98). Tra tali diritti figurano i seguenti:

a)

i lavoratori sono liberi di costituire sindacati o di aderirvi;

b)

la costituzione di un sindacato, così come l’adesione e l’appartenenza a esso, non deve essere invocata come motivo di discriminazione ingiustificata o ritorsione;

c)

i sindacati sono liberi di operare in linea con le proprie costituzioni e norme, senza ingerenze da parte delle autorità; e

d)

il diritto di sciopero e il diritto di negoziazione collettiva.

14.

Il divieto di disparità di trattamento in materia di occupazione, a meno che ciò non sia giustificato dai requisiti dell’impiego, interpretato in linea con gli articoli 2 e 3 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sull’uguaglianza di retribuzione, del 1951 (n. 100), gli articoli 1 e 2 della convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, del 1958 (n. 111) e l’articolo 7 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali. Ciò comprende, in particolare:

a)

il pagamento di una retribuzione ineguale per un lavoro di pari valore; e

b)

la discriminazione fondata sull’origine nazionale o sull’estrazione sociale, sulla razza, sul colore, sul sesso, sulla religione o sulle opinioni politiche.

15.

Il divieto di causare qualsiasi degrado ambientale misurabile, quali cambiamenti nocivi del suolo, inquinamento idrico o atmosferico, emissioni nocive, consumo eccessivo di acqua, degrado del suolo o altri effetti sulle risorse naturali, come la deforestazione, che:

a)

comprometta in modo sostanziale le basi naturali per la conservazione e la produzione di alimenti;

b)

privi una persona dell’accesso ad acqua potabile sicura e pulita;

c)

ostacoli l’accesso di una persona ai servizi igienico-sanitari o distrugga questi ultimi;

d)

leda la salute, la sicurezza, il normale uso di un terreno o dei beni acquisiti legalmente di una persona;

e)

incida negativamente in modo sostanziale sui servizi ecosistemici attraverso i quali un ecosistema contribuisce direttamente o indirettamente al benessere delle persone;

interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e gli articoli 11 e 12 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

16.

Il diritto degli individui, dei raggruppamenti e delle comunità di disporre di terre e risorse e il diritto di non essere privati dei mezzi di sussistenza, il che comporta il divieto di espulsione o accaparramento illecito di terreni, foreste e acque al momento dell’acquisto, dello sfruttamento o del diverso utilizzo, anche mediante disboscamento, relativamente ai terreni, foreste e acque che assicurano il sostentamento di una persona, interpretato in linea con gli articoli 1 e 27 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e con gli articoli 1, 2 e 11 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali.

2.   STRUMENTI IN MATERIA DI DIRITTI UMANI E LIBERTÀ FONDAMENTALI

Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici

Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali

Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro:

Convenzione concernente la libertà sindacale e la protezione del diritto sindacale, 1948 (n. 87);

Convenzione sul diritto di organizzazione e di negoziazione collettiva, 1949 (n. 98);

Convenzione sul lavoro forzato, 1930 (n. 29) e relativo protocollo del 2014;

Convenzione concernente l’abolizione del lavoro forzato, 1957 (n. 105);

Convenzione sull’età minima, 1973 (n. 138);

Convenzione relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, 1999 (n. 182);

Convenzione sull’uguaglianza di retribuzione, 1951 (n. 100);

Convenzione concernente la discriminazione in materia di impiego e di professione, 1958 (n. 111).

Parte II

DIVIETI E OBBLIGHI INCLUSI NEGLI STRUMENTI IN MATERIA AMBIENTALE

1.

L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulla diversità biologica, interpretato in linea con l’articolo 10, lettera b), della convenzione sulla diversità biologica del 1992 e il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente, compresi gli obblighi derivanti dal protocollo di Cartagena in materia di sviluppo, manipolazione, trasporto, uso, trasferimento e immissione nell’ambiente di organismi viventi modificati e dal protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e la giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione relativo alla convenzione sulla diversità biologica, del 12 ottobre 2014.

2.

Il divieto di importazione, esportazione, riesportazione o introduzione dal mare senza licenza di qualunque esemplare di una specie iscritta nelle appendici da I a III della convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), del 3 marzo 1973, interpretato in linea con gli articoli III, IV e V della convenzione.

3.

Il divieto di fabbricazione, importazione ed esportazione dei prodotti con aggiunta di mercurio elencati nell’allegato A, parte I, della convenzione di Minamata sul mercurio, del 10 ottobre 2013 (convenzione di Minamata), interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione.

4.

Il divieto di utilizzare mercurio o composti di mercurio nei processi di fabbricazione elencati nell’allegato B, parte I, della convenzione di Minamata dopo la data di eliminazione progressiva specificata nella convenzione per i singoli processi, interpretato in linea con l’articolo 5, paragrafo 2, della convenzione.

5.

Il divieto di trattamento illecito dei rifiuti di mercurio, interpretato in linea con l’articolo 11, paragrafo 3, della convenzione di Minamata e con l’articolo 13 del regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio (1).

6.

Il divieto di produzione e uso delle sostanze chimiche elencate nell’allegato A della convenzione di Stoccolma, del 22 maggio 2001, sugli inquinanti organici persistenti, interpretato in linea con l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), punto i), della convenzione, e con il regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).

7.

Il divieto di manipolazione, raccolta, stoccaggio e smaltimento illeciti dei rifiuti, interpretato in linea con l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), punti i) e ii), della convenzione sugli inquinanti organici persistenti e con l’articolo 7 del regolamento (UE) 2019/1021.

8.

Il divieto di importazione o esportazione di un prodotto chimico elencato nell’allegato III della convenzione di Rotterdam sulla procedura di previo assenso informato per taluni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale (UNEP/FAO), del 10 settembre 1998, interpretato in linea con l’articolo 10, paragrafo 1, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 11, paragrafo 2, della convenzione e con quanto indicato dalla parte importatrice o esportatrice della convenzione conformemente alla procedura di previo assenso informato (procedura PIC).

9.

Il divieto di produzione, consumo, importazione ed esportazione illeciti di sostanze regolamentate di cui agli allegati A, B, C ed E del protocollo di Montreal alla convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono, interpretato in linea con l’articolo 4 B del protocollo di Montreal e con le disposizioni in materia di licenze a norma del diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.

10.

Il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi o di altri rifiuti interpretato in linea con l’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, del 22 marzo 1989 (convenzione di Basilea), e con il regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (3):

a)

verso una parte della convenzione che ha vietato l’importazione di tali rifiuti pericolosi e di altri rifiuti, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della convenzione di Basilea;

b)

verso uno Stato di importazione che non dà per iscritto il suo accordo specifico all’importazione di questi rifiuti, qualora detto Stato non abbia vietato l’importazione di tali rifiuti pericolosi, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), della convenzione di Basilea;

c)

verso uno Stato non parte della convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea;

d)

verso uno Stato di importazione se tali rifiuti pericolosi o altri rifiuti non sono gestiti secondo metodi razionali dal punto di vista ecologico in detto Stato o altrove, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 8, prima frase, della convenzione di Basilea.

11.

Il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi dai paesi elencati nell’allegato VII della convenzione di Basilea verso paesi non compresi nell’elenco dell’allegato VII per le operazioni elencate nell’allegato IV della convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4 A della convenzione di Basilea e con gli articoli 34 e 36 del regolamento (CE) n. 1013/2006.

12.

Il divieto di importazione di rifiuti pericolosi e di altri rifiuti da Stati non parti che non hanno ratificato la convenzione di Basilea, interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 5, della convenzione di Basilea.

13.

L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulle proprietà considerate patrimonio naturale ai sensi dell’articolo 2 della convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale del 16 novembre 1972 (convenzione sul patrimonio mondiale), interpretato in linea con l’articolo 5, lettera d), della convenzione sul patrimonio mondiale e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.

14.

L’obbligo di evitare o attenuare gli impatti negativi sulle zone umide quali definite all’articolo 1 della convenzione relativa alle zone umide d’importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici del 2 febbraio 1971 (convenzione di Ramsar), interpretato in linea con l’articolo 4, paragrafo 1, della convenzione di Ramsar e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.

15.

L’obbligo di prevenire l’inquinamento causato dalle navi, interpretato in linea con la convenzione internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi, del 2 novembre 1973, modificata dal protocollo del 1978 (convenzione MARPOL 73/78). Ciò comprende:

a)

il divieto di scarico in mare di:

i)

idrocarburi o miscele di idrocarburi secondo le definizioni di cui alla norma 1 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 9 a 11 dell’allegato I della convenzione MARPOL 73/78;

ii)

sostanze liquide nocive secondo la definizione di cui alla norma 1, punto 6, dell’allegato II della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme 5 e 6 dell’allegato II della convenzione MARPOL 73/78; e

iii)

acque di scarico secondo le definizioni di cui alla norma 1, punto 3, dell’allegato IV della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 8 a 9 dell’allegato IV della convenzione MARPOL 73/78;

b)

il divieto di illecito inquinamento da sostanze nocive trasportate per mare in colli secondo la definizione di cui alla norma 1 dell’allegato III della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 1 a 7 dell’allegato III della convenzione MARPOL 73/78; e

c)

il divieto di illecito inquinamento da rifiuti delle navi secondo la definizione di cui alla norma 1 dell’allegato V della convenzione MARPOL 73/78, interpretato in linea con le norme da 3 a 6 dell’allegato V della convenzione MARPOL 73/78.

16.

L’obbligo di prevenire, ridurre e controllare l’inquinamento dell’ambiente marino da immissione, interpretato in linea con l’articolo 210 della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), del 10 dicembre 1982, e con il diritto applicabile nella giurisdizione pertinente.

(1)  Regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, sul mercurio, che abroga il regolamento (CE) n. 1102/2008 (GU L 137 del 24.5.2017, pag. 1).

(2)  Regolamento (UE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativo agli inquinanti organici persistenti (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 45).

(3)  Regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti (GU L 190 del 12.7.2006, pag. 1).


ELI: http://data.europa.eu/eli/dir/2024/1760/oj

ISSN 1977-0707 (electronic edition)