ISSN 1977-0707

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 18

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

66° anno
19 gennaio 2023


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento di esecuzione (UE) 2023/111 della Commissione, del 18 gennaio 2023, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia

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Regolamento di esecuzione (UE) 2023/112 della Commissione, del 18 gennaio 2023, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza in conformità all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio

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IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

REGOLAMENTI

19.1.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 18/1


REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2023/111 DELLA COMMISSIONE

del 18 gennaio 2023

che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (1) («il regolamento di base»), in particolare l’articolo 9, paragrafo 4,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDURA

1.1.   Apertura

(1)

Il 30 novembre 2021 la Commissione europea («la Commissione») ha aperto un’inchiesta antidumping relativa alle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia («il paese interessato») sulla base dell’articolo 5 del regolamento di base. La Commissione ha pubblicato un avviso di apertura nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (2) («l’avviso di apertura»).

(2)

La Commissione ha aperto l’inchiesta a seguito di una denuncia presentata il 18 ottobre 2021 dalla Coalition against Unfair Trade in Fatty Acid (Coalizione contro gli scambi commerciali sleali di acidi grassi) («il denunciante» o «CUTFA»), per conto dell’industria dell’Unione di acidi grassi ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. La denuncia conteneva elementi di prova dell’esistenza del dumping e del conseguente pregiudizio notevole sufficienti a giustificare l’apertura dell’inchiesta.

(3)

Il 13 maggio 2022 la Commissione ha aperto un’inchiesta antisovvenzioni relativa alle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia. La Commissione ha pubblicato un avviso di apertura nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (3).

1.2.   Parti interessate

(4)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha invitato le parti interessate a manifestarsi al fine di partecipare all’inchiesta. La Commissione ha inoltre espressamente informato il denunciante, altri produttori noti dell’Unione, i produttori esportatori noti e le autorità dell’Indonesia, gli importatori e gli utilizzatori noti dell’apertura dell’inchiesta, invitandoli a partecipare.

(5)

Le parti interessate hanno avuto la possibilità di presentare osservazioni in merito all’apertura dell’inchiesta e di chiedere un’audizione con la Commissione e/o con il consigliere-auditore nei procedimenti in materia commerciale.

(6)

Si sono tenute audizioni con un produttore di biodiesel, Campa Iberia SAU («Campa») e la sua società collegata, IM Biofuel Italy s.r.l. («IMBI») (collettivamente denominate «Campa/IMBI»), e un produttore dell’Unione incluso nel campione, AAK AB («AAK»).

1.3.   Osservazioni in merito all’apertura

(7)

La Commissione ha ricevuto osservazioni sull’apertura dai produttori esportatori P.T. Musim Mas («Musim Mas») e dal suo esportatore collegato P.T. Intibenua Perkasatama («IBP») (collettivamente denominati «gruppo Musim Mas»), P.T. Wilmar Nabati Indonesia («Wilmar»), P.T. Nubika Jaya e P.T. Permata Hijau Palm Oleo (collettivamente denominati «gruppo Permata») e dal governo dell’Indonesia.

(8)

Il gruppo Musim Mas, Wilmar e il governo dell’Indonesia hanno sostenuto che la definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta contenuta nella denuncia era troppo ampia, in quanto includeva acidi grassi che non erano oggetto della denuncia (come gli acidi grassi utilizzati per la produzione di biodiesel, gli acidi palmitici utilizzati per i mangimi, l’acido oleico vegetale utilizzato per gli alimenti e gli acidi grassi derivati dall’olio di cocco). Il governo dell’Indonesia ha affermato che le carenze del denunciante nel definire correttamente il prodotto oggetto della denuncia avrebbero inciso sulla validità della denuncia e sulla giustificazione dell’apertura dell’inchiesta.

(9)

È stato inoltre affermato che, a causa dell’ampia definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta, i dati contenuti nella denuncia (quali produzione, capacità produttiva, occupazione, vendite, quota di mercato, profitti, nesso di causalità e industria dell’Unione) erano incompleti in quanto compilati solo per i tipi di acidi grassi indicati dal denunciante.

(10)

Inoltre il gruppo Musim Mas e Wilmar hanno sostenuto che le importazioni dall’Indonesia erano sovrastimate nella denuncia in quanto comprendevano acidi grassi importati nell’Unione per la produzione di biodiesel e altri acidi grassi non utilizzati negli alimenti, nei cosmetici, nei prodotti per l’igiene personale e in applicazioni farmaceutiche, come gli acidi palmitici. Di conseguenza, il consumo e le quote di mercato indicati nella denuncia non erano corretti.

(11)

È stato inoltre affermato che il prezzo delle importazioni dall’Indonesia indicato nella denuncia era sottostimato, in quanto includeva acidi grassi di prezzo inferiore prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti utilizzati per la produzione di biodiesel. Di conseguenza, anche i margini di undercutting non erano corretti.

(12)

Infine, il gruppo Musim Mas e il governo dell’Indonesia hanno sostenuto che, a causa dei problemi riguardanti il prodotto in esame e il prodotto simile, l’apertura dell’inchiesta si era basata su informazioni inattendibili, incomplete e inesatte. Di conseguenza, anche l’inchiesta presenta gli stessi problemi della denuncia e pertanto dovrebbe essere chiusa.

(13)

La definizione del prodotto contenuta nella denuncia e nell’avviso di apertura era basata sulle informazioni a disposizione del denunciante al momento della preparazione e della presentazione della denuncia. In quel momento non vi erano informazioni sul fatto che il prodotto così come definito potesse comprendere tipi di acidi grassi non prodotti dall’industria denunciante. La questione è emersa dopo l’apertura dell’inchiesta ed è stata affrontata in modo adeguato, come spiegato nei considerando da 91 a 102 e da 108 a 124. Per quanto riguarda i dati relativi al pregiudizio contenuti nella denuncia, le asserzioni riassunte al considerando 9 sono di fatto errate o si basano su un fraintendimento. I dati relativi al pregiudizio contenuti nella denuncia si riferiscono al prodotto in esame. La definizione del prodotto era basata sul prodotto fabbricato dal denunciante e rispecchiava il prodotto oggetto della denuncia. L’analisi del pregiudizio era basata sulla definizione del prodotto oggetto della denuncia, ossia il prodotto effettivo che il denunciante intendeva considerare. Pertanto i dati contenuti nella denuncia per quanto riguarda l’analisi del pregiudizio erano completi, come confermato dall’inchiesta.

(14)

I dati relativi alle importazioni indonesiane riportati nella denuncia erano basati sulle informazioni a disposizione del denunciante in quel momento. La Commissione ha esaminato attentamente l’esattezza e l’adeguatezza delle informazioni fornite dal denunciante ed è giunta alla conclusione che i diversi tipi di acidi grassi condividevano le stesse caratteristiche di base, il che significa che appartengono alla stessa categoria di prodotti. Allo stesso tempo, le caratteristiche di base del prodotto in esame consentivano di distinguerlo da altri tipi di prodotto nella misura in cui questi potevano essere considerati diversi e appartenenti a un’altra categoria di acidi grassi. Nella fase di apertura è quindi emerso che la definizione del prodotto proposta dal denunciante soddisfaceva tutte le prescrizioni normative pertinenti.

(15)

Ciò non è messo in discussione dal fatto che le informazioni e gli elementi di prova raccolti dopo l’apertura abbiano dato luogo a un chiarimento in merito alla definizione del prodotto dopo l’apertura, nonché a un’adeguata esclusione di prodotti, come indicato ai considerando da 94 a 124. I dati contenuti nella denuncia erano in linea con i chiarimenti forniti dalla Commissione al considerando 91. Le argomentazioni sono state pertanto respinte.

(16)

Wilmar ha sostenuto che la denuncia non conteneva sufficienti elementi di prova a sostegno dell’esistenza di un pregiudizio notevole o di una minaccia di pregiudizio notevole per i produttori dell’Unione. In particolare, è stato affermato che la produzione e l’utilizzo degli impianti non evidenziavano un pregiudizio e che l’occupazione e gli investimenti erano aumentati e non rispecchiavano un pregiudizio. È stato altresì sostenuto che le asserzioni di undercutting contenute nella denuncia non erano conclusive, in quanto i produttori dell’Unione hanno aumentato notevolmente i loro prezzi di vendita. È stato anche affermato che la denuncia non forniva i dati relativi alla redditività del denunciante. È stato infine affermato che non vi era una minaccia di pregiudizio, in quanto le capacità indonesiane erano sovrastimate e la domanda interna era in crescita.

(17)

La Commissione ricorda che, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento di base, una denuncia deve contenere le informazioni relative alle variazioni del volume delle importazioni asseritamente oggetto di dumping, al loro effetto sui prezzi del prodotto simile sul mercato dell’Unione e alla conseguente incidenza di tali importazioni sull’industria dell’Unione quale risulta dai fattori e dagli indicatori attinenti (non necessariamente tutti) alla situazione dell’industria dell’Unione, elencati all’articolo 3, paragrafi 3 e 5, del regolamento di base, ragionevolmente a disposizione del denunciante. Non tutti i fattori devono indicare un deterioramento perché si accerti un notevole pregiudizio.

(18)

A tale riguardo, la denuncia ha dimostrato che sia i macroindicatori che i microindicatori seguivano un andamento complessivo pregiudizievole. L’analisi ha evidenziato un calo della produzione e dell’utilizzo degli impianti. Per quanto riguarda gli aumenti dei prezzi di vendita dei produttori dell’Unione, la Commissione ha ritenuto da un lato che tali aumenti non fossero sufficienti a mettere in discussione le affermazioni del denunciante riguardanti l’undercutting e, dall’altro, che essi rispecchiassero solo in parte l’aumento del costo delle materie prime. Per quanto riguarda le informazioni sulla redditività del denunciante, l’affermazione di Wilmar era di fatto errata. La denuncia conteneva informazioni sufficienti, sotto forma di indici, sull’evoluzione negativa dei margini di profitto dell’industria dell’Unione. Le informazioni sono state considerate riservate a causa del numero limitato di produttori dell’Unione denuncianti e sostenitori e dell’elevata sensibilità commerciale di tali dati. La denuncia precisava inoltre che il motivo dell’aumento degli investimenti non era legato allo sviluppo di capacità, bensì alle disposizioni nazionali in materia di ambiente. Sebbene l’occupazione sia marginalmente aumentata, la Commissione ha ritenuto che, nel complesso, la denuncia fornisse elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza di una situazione pregiudizievole dell’industria dell’Unione. Infine, per quanto riguarda le capacità e la domanda interna dell’Indonesia, il denunciante ha fornito elementi di prova del fatto che la produzione indonesiana era superiore alla domanda e al consumo locali. Inoltre un livello inferiore di capacità e un aumento della domanda interna non sarebbero stati sufficienti a confutare l’esistenza di un pregiudizio notevole. Le argomentazioni sono state pertanto respinte.

(19)

Il gruppo Musim Mas e Wilmar hanno inoltre affermato che la denuncia non era rappresentativa della produzione di acidi grassi dell’Unione in quanto non includeva i dati dei produttori di biodiesel dell’Unione i quali pure producono acidi grassi in quantità considerevoli.

(20)

A tale riguardo, la Commissione osserva che gli acidi grassi prodotti come sottoprodotto della produzione di biodiesel non rientravano nell’ambito dell’inchiesta. Una nota che chiarisce questo punto è stata inserita nel fascicolo dalla Commissione il 21 gennaio 2022. Pertanto la denuncia non presenta alcun problema riguardo alla rappresentatività dell’industria dell’Unione. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(21)

Il gruppo Musim Mas e Wilmar hanno inoltre sostenuto che i produttori dell’Unione collegati ai produttori indonesiani di acidi grassi o gli esportatori malesi di acidi grassi nell’Unione avrebbero dovuto essere esclusi dalla definizione di industria dell’Unione, in quanto tali società si trovavano in una situazione di conflitto di interessi e che, in tal caso, la Commissione avrebbe dovuto valutare nuovamente se i denuncianti rimanenti raggiungessero la soglia necessaria per la denuncia.

(22)

La Commissione osserva che dall’analisi preliminare non era emerso alcun motivo per escludere alcun produttore dell’Unione. Per quanto riguarda i produttori dell’Unione collegati agli esportatori malesi di acidi grassi, il gruppo Musim Mas e Wilmar non hanno spiegato quale fosse la natura del presunto «conflitto di interessi», perché avrebbe dovuto comportare l’esclusione di tali produttori dalla definizione di industria dell’Unione e quale avrebbe dovuto essere la base giuridica di tale esclusione. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(23)

Il gruppo Musim Mas ha inoltre sostenuto che i governi malese e indonesiano hanno adottato una politica analoga per quanto riguarda il dazio all’esportazione sull’olio di palma greggio e sull’olio di palmisti greggio e che, se tale politica causava pregiudizio all’industria dell’Unione, l’inchiesta avrebbe dovuto riguardare anche la Malaysia. Il gruppo Musim Mas ha inoltre affermato che l’obiettivo del denunciante era quello di bloccare le importazioni dall’Indonesia a vantaggio delle società malesi collegate ai produttori dell’Unione.

(24)

La denuncia ha preso in esame le importazioni dalla Malaysia. Tuttavia, secondo le informazioni a disposizione del denunciante, il volume delle importazioni dalla Malaysia era molto inferiore rispetto a quello delle importazioni dall’Indonesia e aveva registrato un lieve calo tra il 2018 e marzo 2021. Inoltre le importazioni dalla Malaysia erano effettuate a un prezzo superiore al prezzo indicativo dell’industria dell’Unione e non potevano causare alcun pregiudizio. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(25)

Il gruppo Musim Mas e Wilmar hanno inoltre affermato che il denunciante aveva erroneamente attribuito il presunto pregiudizio subito dall’industria dell’Unione interamente alle importazioni dall’Indonesia. Il gruppo Musim Mas ha inoltre sostenuto che, un eventuale nesso di causalità tra il presunto pregiudizio subito dall’industria dell’Unione e le importazioni dall’Indonesia, risentiva anche degli aspetti illustrati al considerando 8. Wilmar ha affermato che il nesso di causalità che la denuncia tentava di dimostrare era annullato da altre cause di pregiudizio, quali: 1) l’aumento della principale materia prima dei produttori dell’Unione, il sego, nella produzione di biocarburanti; 2) l’impatto della pandemia di COVID-19 sui settori automobilistici; 3) le inefficienze nell’industria dell’Unione causate dalla mancanza di investimenti in attrezzature nuove e migliori; 4) le prestazioni dell’industria dell’Unione in termini di puntualità e qualità; 5) i costi di produzione eccessivi a causa di costi del lavoro gonfiati; 6) l’ubicazione geograficamente svantaggiosa degli impianti di produzione con il conseguente aumento dei costi di accesso alle materie prime e con effetti negativi sulle opportunità di esportazione; e 7) gli sviluppi normativi, compresa l’entrata in vigore delle prescrizioni normative riguardanti il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD).

(26)

La denuncia comprendeva un’analisi di altri fattori che potevano incidere sul nesso di causalità tra le presunte importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia e la situazione pregiudizievole dell’industria dell’Unione, vale a dire altre importazioni, il costo delle materie prime e le esportazioni dell’industria dell’Unione. Nessuno degli altri fattori nella denuncia attenuava tuttavia il nesso di causalità. Si trattava di elementi di prova sufficienti di cui il denunciante poteva ragionevolmente disporre che tendevano a dimostrare che l’apparente pregiudizio notevole non era causato da altri fattori. Nel corso dell’inchiesta alle parti interessate è offerta la possibilità di presentare argomentazioni più dettagliate in merito ad altri fattori che potrebbero incidere sul nesso di causalità e che sono valutati dalla Commissione.

(27)

Il gruppo Musim Mas ha inoltre affermato che, a causa dell’errata definizione del prodotto in esame e del prodotto simile corrispondente, la denuncia non considerava l’interesse dell’Unione per quanto riguarda i produttori, gli utilizzatori e gli importatori di acidi grassi che non sono in concorrenza con gli acidi grassi fabbricati dal denunciante (come l’industria del biodiesel dell’Unione e i consumatori di acidi grassi importati non utilizzati negli alimenti, nei cosmetici, nei prodotti per la cura personale e nelle applicazioni farmaceutiche, compresi gli acidi palmitici e gli acidi grassi prodotti dall’olio di cocco).

(28)

L’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento di base non impone al denunciante di includere nella denuncia informazioni sull’interesse dell’Unione, e la verifica dell’interesse dell’Unione non è pertinente ai fini dell’apertura dell’inchiesta. In ogni caso, come indicato al considerando 20, gli acidi grassi prodotti come sottoprodotto della produzione di biodiesel non erano oggetto della denuncia/dell’inchiesta.

(29)

Wilmar ha sostenuto che la denuncia non conteneva elementi di prova sufficienti a giustificare l’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base. In particolare, la società ha affermato che il prelievo all’esportazione, introdotto allo scopo di finanziare il fondo per le piantagioni di palma da olio (Oil Palm Plantation Fund), era una tassa legittima su prodotti concorrenziali intesa a generare entrate e che l’affermazione del denunciante secondo cui tale prelievo avrebbe avuto un effetto distorsivo sui prezzi dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio era infondata. Wilmar ha inoltre sostenuto che la denuncia non ha dimostrato che la tassa e il prelievo all’esportazione funzionassero come un duplice sistema che fungeva da restrizione all’esportazione e che il presunto prezzo massimo dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio e il sistema di aste organizzate dalle società di proprietà dello Stato sotto il nome di P.T. Perkebunan Nusantara (collettivamente denominate «PTPN») non avevano ridotto i prezzi dell’olio di palma greggio sul mercato interno. I prezzi accettati da PTPN erano il risultato di aste competitive e il sistema di aste costituiva un meccanismo dei prezzi trasparente simile ad altri mercati negoziati in borsa. A loro avviso, non vi erano prove del fatto che PTPN avesse fissato intenzionalmente prezzi artificialmente bassi. PTPN vende al miglior offerente e i prezzi che può ottenere nelle aste pubbliche dipendono non solo dal prezzo al quale PTPN desidera vendere, ma anche dal prezzo che gli acquirenti sono disposti a pagare. Wilmar ha pertanto sostenuto che il prezzo finale accettato da PTPN era un prezzo di mercato che rifletteva l’offerta e la domanda in Indonesia. Inoltre il fatto che i prezzi dell’olio di palma greggio in Indonesia fossero inferiori rispetto ad altri mercati internazionali non dimostrava che i prezzi fossero artificialmente bassi, in quanto l’Indonesia era il maggiore produttore di olio di palma greggio al mondo. Infine, è stato affermato che le presunte differenze di prezzo tra i prezzi interni dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio e i prezzi internazionali erano errate, in quanto il denunciante ha utilizzato due parametri di riferimento diversi e incoerenti, vale a dire per l’olio di palma greggio, il prezzo sul mercato interno malese e per l’olio di palmisti greggio, i prezzi cif porto di Rotterdam. Wilmar e il gruppo Musim Mas hanno affermato che il denunciante avrebbe dovuto utilizzare un unico parametro di riferimento sia per l’olio di palma greggio che per l’olio di palmisti greggio. Wilmar ha affermato che le presunte differenze di prezzo del 14 % per l’olio di palma greggio e dell’11 % per l’olio di palmisti greggio erano lontane dalla soglia «considerevolmente minore» di cui all’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base.

(30)

La Commissione ha espresso disaccordo con tale argomentazione. Il denunciante non era tenuto a dimostrare che la tassa all’esportazione e il prelievo all’esportazione funzionassero come un duplice sistema che fungeva da restrizione delle esportazioni. La tassa all’esportazione è una delle distorsioni relative alle materie prime di cui all’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base. Per quanto riguarda i parametri di riferimento, il denunciante ha utilizzato il valore di riferimento più rappresentativo a sua disposizione, che è stato ritenuto adeguato dalla Commissione nella fase di denuncia. La Commissione ha inoltre constatato che, nel presente caso, la differenza di prezzo presentata nella denuncia era «considerevolmente minore» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(31)

Il gruppo Permata ha sostenuto che il denunciante aveva commesso un errore affermando che l’obiettivo della tassa all’esportazione era di contribuire alla politica indonesiana volta alla transizione dell’economia indonesiana verso la produzione di beni di valore elevato, come i prodotti oleochimici. Secondo il gruppo Permata, la tassa all’esportazione è stata istituita con l’obiettivo specifico di garantire la domanda locale e la stabilità del prezzo dell’olio da cucina. Il gruppo Permata ha pertanto affermato che non esistevano distorsioni relative alle materie prime ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base, in quanto la tassa all’esportazione non era stata concepita o introdotta allo scopo di mantenere i prezzi dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio a un livello artificialmente basso a vantaggio dei prodotti oleochimici.

(32)

La Commissione ha osservato che l’analisi dell’esistenza di distorsioni relative alle materie prime tiene conto degli effetti delle distorsioni sul prezzo delle materie prime, indipendentemente dalla finalità delle misure che le causano. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(33)

In conclusione, la Commissione ha ricordato che lo standard giuridico degli elementi di prova richiesti per una denuncia chiarisce che la quantità e la qualità delle informazioni contenute nella denuncia sono diverse da quelle necessarie a una determinazione definitiva al termine di un’inchiesta. Come spiegato al considerando 13, nella fase di apertura la definizione del prodotto proposta dal denunciante era ritenuta conforme a tutte le prescrizioni di legge pertinenti. L’esistenza degli elementi necessari per l’adozione di una misura o per la chiusura di un procedimento è poi progressivamente confermata nel corso dell’inchiesta. Non è escluso pertanto che si verifichino cambiamenti tra la fase della denuncia e la conclusione dell’inchiesta. Alla luce di quanto precede, la Commissione ha espresso disaccordo sul fatto che vi fossero stati problemi riguardanti le informazioni fornite nella denuncia tali da giustificare la chiusura dell’inchiesta.

(34)

Nel complesso, l’analisi della Commissione ha confermato che nessuno degli elementi summenzionati, a prescindere dal fatto che fossero corretti o meno sul piano fattuale, era sufficiente a rimettere in discussione la conclusione secondo cui la denuncia conteneva elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza di pratiche di dumping riguardanti gli acidi grassi importati dall’Indonesia che causavano pregiudizio all’industria dell’Unione. Tali aspetti sono stati stabiliti sulla base dei migliori elementi di prova a disposizione del denunciante al momento della presentazione della denuncia e sono stati ritenuti sufficientemente rappresentativi e affidabili ai fini dell’apertura di un’inchiesta.

1.4.   Campionamento

(35)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha dichiarato che avrebbe potuto ricorrere al campionamento delle parti interessate in conformità dell’articolo 17 del regolamento di base.

1.4.1.   Campionamento dei produttori dell’Unione

(36)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha comunicato di aver selezionato a titolo provvisorio un campione di produttori dell’Unione. La Commissione ha selezionato il campione sulla base dell’articolo 17 del regolamento di base, stabilendo come criteri principali la rappresentatività in termini di volume di produzione e di vendita del prodotto simile nell’Unione nel periodo compreso tra il 1o ottobre 2020 e il 30 settembre 2021. Il campione era composto da quattro produttori dell’Unione, che rappresentavano il 61 % del volume totale stimato della produzione e il 63 % delle vendite. La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare osservazioni in merito al campione provvisorio, senza ricevere alcuna osservazione. Il campione è stato confermato e considerato rappresentativo dell’industria dell’Unione.

1.4.2.   Campionamento degli importatori

(37)

Per decidere se fosse necessario ricorrere al campionamento e, in tal caso, selezionare un campione, la Commissione ha invitato gli importatori indipendenti a fornire le informazioni specificate nell’avviso di apertura.

(38)

Nessuno degli importatori indipendenti ha fornito le informazioni richieste e ha accettato di essere incluso nel campione. In considerazione della mancanza di risposte, la Commissione non ha ritenuto necessario procedere al campionamento.

1.4.3.   Campionamento dei produttori esportatori dell’Indonesia

(39)

Al fine di decidere se fosse necessario ricorrere al campionamento e, in tal caso, selezionare un campione, la Commissione ha invitato tutti i produttori esportatori dell’Indonesia a fornire le informazioni indicate nell’avviso di apertura. La Commissione ha inoltre chiesto alla Missione dell’Indonesia di individuare e/o contattare eventuali altri produttori esportatori potenzialmente interessati a partecipare all’inchiesta.

(40)

Sedici produttori esportatori del paese interessato, appartenenti a otto gruppi, hanno fornito le informazioni richieste e accettato di essere inclusi nel campione. A norma dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento di base, la Commissione ha selezionato un campione di tre produttori esportatori, appartenenti a due gruppi, sulla base del massimo volume rappresentativo delle esportazioni nell’Unione che potesse essere esaminato entro il periodo di tempo disponibile. A norma dell’articolo 17, paragrafo 2, del regolamento di base, tutti i produttori esportatori noti interessati e le autorità del paese interessato sono stati consultati in merito alla selezione del campione. Non è pervenuta alcuna osservazione.

1.5.   Esame individuale

(41)

Nove produttori esportatori dell’Indonesia, appartenenti a sette gruppi, hanno richiesto un esame individuale a norma dell’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento di base. La Commissione ha informato i produttori esportatori che non sono stati inclusi nel campione del fatto che erano tenuti a rispondere al questionario se desideravano essere esaminati individualmente. Due gruppi di produttori esportatori non inclusi nel campione hanno risposto al questionario.

(42)

A causa della complessità dell’inchiesta e della struttura complessa dei produttori esportatori inclusi nel campione (4) (uno dei due gruppi di produttori esportatori comprendeva due produttori in Indonesia e un operatore commerciale a Singapore, mentre l’altro faceva parte di una multinazionale con un canale di distribuzione complesso), la Commissione è giunta alla conclusione che non era possibile concedere un esame individuale e portare a termine l’inchiesta entro il termine prescritto.

(43)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni (di cui al considerando 57), il gruppo Permata ha sostenuto che la Commissione aveva violato le disposizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento di base e dell’articolo 6.10.2 dell’accordo antidumping dell’OMC (l’«accordo antidumping»). In particolare il gruppo Permata ha sostenuto che la Commissione aveva respinto la sua richiesta di esame individuale sulla base della complessità dell’inchiesta e della struttura complessa dei produttori esportatori inclusi nel campione, e non sulla base del numero di esportatori o produttori che avevano richiesto l’esame individuale, una circostanza che avrebbe reso gli esami individuali indebitamente gravosi e impedito la conclusione dell’inchiesta entro i termini. Inoltre il gruppo Permata ha sostenuto che il suo esame individuale non sarebbe stato indebitamente gravoso e non avrebbe impedito la conclusione tempestiva dell’inchiesta, dato che la Commissione disponeva ancora di cinque mesi prima della scadenza del termine per l’istituzione delle misure definitive. Inoltre il gruppo Permata ha aggiunto che il ritardo iniziale nell’inchiesta dovuto alla determinazione della definizione del prodotto non era ad esso imputabile e non poteva comportare la privazione dei diritti procedurali spettanti a detto gruppo.

(44)

La Commissione ha osservato di aver effettivamente respinto le due richieste di esame individuale sulla base del fatto che tali esami individuali sarebbero stati indebitamente gravosi. Di fatto, nonostante il riferimento errato ai «produttori esportatori inclusi nel campione» di cui al considerando 42, dal contesto e dalle frasi immediatamente precedenti e successive risultava evidente che il riferimento corretto era ai due «produttori esportatori non inclusi nel campione» che avevano richiesto un esame individuale, e il considerando 42 deve essere letto in tale modo. La frase tra parentesi di cui al medesimo considerando chiariva che i produttori esportatori menzionati erano in effetti il gruppo Permata («uno dei due gruppi di produttori esportatori comprendeva due produttori in Indonesia e un operatore commerciale a Singapore») e P.T. Unilever Oleochemical Indonesia («Unilever Indonesia» — «l’altro faceva parte di una multinazionale con un canale di distribuzione complesso»), che avevano entrambi richiesto un esame individuale. La Commissione ha quindi applicato il criterio giuridico corretto nella propria valutazione e ha confermato che non era possibile concedere un esame individuale in ragione della complessità dell’inchiesta e della struttura complessa dei produttori esportatori non inclusi nel campione che avevano richiesto un esame individuale, circostanze queste che avrebbero reso l’esame individuale indebitamente gravoso, compromettendo di conseguenza la conclusione tempestiva dell’inchiesta.

(45)

La Commissione ha osservato altresì che, nonostante il numero di gruppi di produttori esportatori che hanno risposto al questionario per l’esame individuale fosse limitato a due, la loro struttura complessa avrebbe comportato la verifica di diversi soggetti. Per poter effettuare un esame individuale, la Commissione avrebbe dovuto verificare tutti i produttori, gli operatori commerciali e gli importatori collegati coinvolti nella vendita del prodotto in esame nell’Unione e analizzare tutti i loro canali di distribuzione, come aveva proceduto a fare per i produttori esportatori inclusi nel campione. Indipendentemente dal ritardo iniziale nell’inchiesta dovuto alla determinazione della definizione del prodotto, tale verifica e analisi, in particolare coinvolgendo più di un gruppo avente una struttura complessa, sarebbe stata indebitamente onerosa. In effetti, i cinque mesi menzionati dal gruppo Permata al considerando 43 non sono interamente dedicati alla fase dell’inchiesta e delle risultanze della procedura, in quanto tali procedure comprendono diversi mesi di procedimenti amministrativi (elaborazione delle osservazioni, svolgimento di audizioni, approvazioni interne, consultazioni con altri servizi della Commissione, traduzione ecc.). Tutti questi fattori, nonché la complessità delle società coinvolte (che imporrà il tempo necessario per condurre un’analisi adeguata di ciascun produttore esportatore), devono essere presi in considerazione congiuntamente. Inoltre, a tale riguardo, occorre considerare che le due società incluse nel campione disponevano altresì di strutture estremamente complesse che richiedevano l’assegnazione di notevoli risorse investigative e amministrative al fine di includerle nel campione e ottenere risultati accurati. Di conseguenza non si può contestare alla Commissione il fatto di aver deciso di non includere due gruppi supplementari e di correre il rischio di non essere in grado di finalizzare e pubblicare i risultati delle inchieste entro i termini. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

(46)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito all’ulteriore divulgazione finale (come definita al considerando 58), il gruppo Permata ha ribadito le osservazioni precedenti e ha sostenuto che Unilever Indonesia sembrava non perseguire più la sua richiesta di esame individuale. Di conseguenza il carico di lavoro della Commissione sarebbe stato ancora più limitato.

(47)

La Commissione ha osservato che tale argomentazione era di fatto errata ed è stata pertanto respinta, in quanto Unilever Indonesia aveva ribadito la sua richiesta fino all’audizione successiva alla divulgazione finale delle informazioni, come ricordato al considerando successivo.

(48)

Durante l’audizione tenutasi in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, Unilever Indonesia e Unilever Europe BV («Unilever») hanno sostenuto che le tempistiche dell’inchiesta non potevano giustificare il respingimento della richiesta di esame individuale presentata da Unilever Indonesia, in considerazione delle ripercussioni negative che le misure antidumping avrebbero potuto avere sulle attività di Unilever in Europa.

(49)

La Commissione ha osservato che rientra nei suoi diritti respingere le richieste di esame individuale quando gli esami in questione sarebbero indebitamente gravosi e impedirebbero il completamento dell’inchiesta entro i termini. Come spiegato in precedenza, concedere l’esame individuale al gruppo Permata e a Unilever Indonesia sarebbe stato effettivamente indebitamente gravoso, motivo per cui sarebbe stato messo a rischio il completamento dell’inchiesta entro i termini.

1.6.   Risposte al questionario e visite di verifica

(50)

Nella denuncia il denunciante ha fornito sufficienti elementi di prova dell’esistenza di distorsioni relative alle materie prime in Indonesia per quanto riguarda il prodotto in esame. Pertanto, come annunciato nell’avviso di apertura, l’inchiesta ha esaminato tali distorsioni relative alle materie prime per stabilire se fosse necessario applicare all’Indonesia le disposizioni di cui all’articolo 7, paragrafi 2 bis e 2 ter, del regolamento di base. Per questo motivo la Commissione ha inviato un questionario aggiuntivo al governo dell’Indonesia.

(51)

La Commissione ha messo a disposizione online questionari (5) per i produttori dell’Unione, gli importatori, gli utilizzatori e i produttori esportatori il giorno dell’apertura dell’inchiesta. La Commissione ha inoltre inviato un questionario alla CUTFA.

(52)

La Commissione ha ricevuto risposte al questionario dalla CUTFA, dal governo indonesiano, da quattro produttori dell’Unione: Oleon N.V. («Oleon»), KLK Emmerich GmbH («KLK»), AAK, Cailà & Parés SA («Cailà & Parés»), da quattro utilizzatori: Peter Greven Nederlands C.V., Peter Greven GmbH & Co. KG (collettivamente denominati «gruppo Greven»), Schill + Seilacher «Struktol» GmbH e Schill + Seilacher GmbH (collettivamente denominati «gruppo Schill + Seilacher»), da tre produttori esportatori inclusi nel campione: Musim Mas, IBP e Wilmar, dai loro operatori commerciali collegati: Inter-Continental Oils & Fats Pte. Ltd. («ICOF Singapore»), Wilmar Trading Pte. Ltd., Volac Wilmar Feed Ingredients Ltd., e dai loro importatori collegati: ICOF Europe GmbH, IMBI e Wilmar Europe Trading B.V. («WETBV»).

(53)

La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie per determinare il dumping, il conseguente pregiudizio e l’interesse dell’Unione. Sono state effettuate visite di verifica a norma dell’articolo 16 del regolamento di base presso le sedi delle seguenti società/organizzazioni:

 

associazione di produttori dell’Unione

Coalition against Unfair Trade in Fatty Acid;

 

produttori dell’Unione

Oleon N.V., Ertvelde, Belgio;

KLK Emmerich GmbH, Emmerich am Rhein, Germania;

AAK AB, Malmö, Svezia;

Cailà & Parés SA, Barcellona, Spagna;

 

produttori esportatori dell’Indonesia

P.T. Musim Mas e P.T. Intibenua Perkasatama, Medan e Dumai;

P.T. Wilmar Nabati Indonesia, Medan;

 

operatori commerciali collegati a Singapore

Inter-Continental Oils & Fats Pte. Ltd., Singapore

Wilmar Trading Pte. Ltd., Singapore

 

operatore commerciale collegato nel Regno Unito

Volac Wilmar Feed Ingredients Ltd., Royston;

 

importatori collegati nell’Unione

ICOF Europe GmbH, Amburgo, Germania;

Wilmar Europe Trading B.V., Rotterdam, Paesi Bassi.

1.7.   Periodo dell’inchiesta e periodo in esame

(54)

L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o ottobre 2020 e il 30 settembre 2021 («il periodo dell’inchiesta»). L’analisi delle tendenze utili per valutare il pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2018 e la fine del periodo dell’inchiesta («il periodo in esame»).

1.8.   Mancata istituzione di misure provvisorie

(55)

In considerazione della complessità tecnica del caso, la Commissione ha deciso di non istituire misure provvisorie e di proseguire l’inchiesta.

(56)

Il 1o luglio 2022, a norma dell’articolo 19 bis, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione ha informato gli Stati membri e tutte le parti interessate che non sarebbero stati imposti dazi provvisori sulle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia e che l’inchiesta sarebbe proseguita.

1.9.   Divulgazione delle informazioni

(57)

Il 1o agosto 2022 la Commissione ha informato tutte le parti interessate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali intendeva istituire un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia («la divulgazione finale delle informazioni»). A tutte le parti è stato concesso un periodo di tempo entro il quale presentare osservazioni sulla divulgazione finale delle informazioni. Alla Commissione sono pervenute osservazioni dal governo dell’Indonesia, dai produttori esportatori (gruppo Musim Mas, Wilmar, P.T. Ecogreen Oleochemicals («Ecogreen») e Unilever Indonesia), dagli utilizzatori IMBI, Procter & Gamble International Operations SA («P&G»), dal gruppo Greven, dal gruppo Schill + Seilacher, da Henkel Global Supply Chain B.V. («Henkel»), Kapachim SA («Kapachim»), Evonik Industries AG («Evonik»), Quaker Chemical Corporation («Quaker Houghton»), Omya GmbH («Omya»), Stéarinerie Dubois Fils («Stéarinerie Dubois»), NYCO Group («NYCO»), DHW Deutsche Hydrierwerke GmbH Rodleben («DHW»), E&S Chemie SAS («E&S») e Unilever.

(58)

Alla luce di tali osservazioni la Commissione ha modificato alcune delle considerazioni sulla cui base intendeva istituire un dazio antidumping definitivo, e ne ha informato tutte le parti interessate («ulteriore divulgazione finale» e «seconda ulteriore divulgazione finale») rispettivamente il 4 ottobre 2022 e il 28 novembre 2022.

(59)

Sono pervenute osservazioni sull’ulteriore divulgazione finale da Wilmar, da Musim Mas, dal gruppo Permata, da Stéarinerie Dubois e da Henkel; sono pervenute osservazioni sulla seconda ulteriore divulgazione finale da Wilmar, da Musim Mas e dal gruppo Permata. Sebbene la Commissione abbia chiesto alle parti interessate di presentare osservazioni limitate esclusivamente alle ulteriori divulgazioni finali, Musim Mas, il gruppo Permata, Wilmar, Henkel e Stéarinerie Dubois hanno ribadito le loro argomentazioni presentate dopo la divulgazione finale delle informazioni.

(60)

In seguito alla divulgazione finale delle informazioni, alle parti interessate è stata concessa la possibilità di essere sentite conformemente alle disposizioni di cui al punto 5.7 dell’avviso di apertura. Audizioni concernenti la divulgazione finale delle informazioni hanno avuto luogo con il gruppo Musim Mas, Wilmar, Ecogreen, Unilever, il gruppo Greven, il gruppo Schill + Seilacher e AAK. Inoltre, a seguito di una richiesta formulata dal gruppo Greven, si è tenuta un’audizione con il consigliere-auditore nei procedimenti in materia commerciale. Il consigliere-auditore ha rilevato che i diritti di difesa delle parti interessate erano stati rispettati nel presente procedimento.

1.10.   Ritiro della denuncia

(61)

Il 24 agosto 2022 la CUTFA ha ritirato la denuncia.

(62)

Osservazioni sul ritiro della denuncia sono pervenute dal governo dell’Indonesia, da Musim Mas, Wilmar, P.T. Soci Mas e P.T. Energi Sejahtera Mas (collettivamente denominate «SOCI/ESM»), Ecogreen, P&G, Omya e Stéarinerie Dubois.

(63)

Il governo indonesiano ha affermato che, a seguito del ritiro della denuncia, la Commissione avrebbe dovuto chiudere immediatamente l’inchiesta per assenza di legittimazione ad agire. A tale riguardo, il governo indonesiano ha fatto riferimento all’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC, che richiederebbe il rispetto della legittimazione ad agire per giustificare l’inchiesta. Inoltre, secondo il governo dell’Indonesia, l’inchiesta non sarebbe sostenuta da oltre il 50 % della produzione del prodotto simile attribuibile all’industria dell’Unione e nemmeno dal 25 % del totale dei produttori dell’Unione del prodotto simile, in considerazione del ritiro della denuncia e considerando che KLK, uno dei maggiori produttori dell’Unione, in una prima lettera del 15 agosto 2022 aveva ritenuto che i dazi antidumping proposti potessero creare turbolenze nella fornitura di acidi grassi dall’Asia, opponendosi successivamente del tutto all’istituzione di misure antidumping in una seconda lettera del 19 agosto 2022.

(64)

In via preliminare la Commissione osserva che l’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC fa riferimento all’apertura dell’inchiesta. La Commissione deve pertanto disporre della legittimazione ad agire soltanto al momento dell’apertura dell’inchiesta. Inoltre la soglia del 50 % e quella del 25 % di cui all’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC fanno riferimento a gruppi diversi di produttori dell’Unione. Contrariamente a quanto affermato dal governo dell’Indonesia nelle sue osservazioni, la soglia del 50 % si riferisce unicamente alla ponderazione relativa dei produttori dell’Unione che sostengono la denuncia all’interno del gruppo di produttori dell’Unione che la sostengono o vi si oppongono. La soglia del 25 % fa riferimento invece alla «produzione totale del prodotto simile realizzata dall’industria interna» e si riferisce alla percentuale di produttori dell’Unione che sostengono la denuncia rispetto a tale produzione totale dell’Unione. Inoltre la Commissione ha ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata (6), l’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC non stabilisce alcun obbligo per le autorità che avviano un procedimento appartenenti a un membro, in questo caso la Commissione, di porre termine ad un’inchiesta antidumping in corso qualora il livello di sostegno della denuncia scenda al di sotto di una soglia minima del 25 % della produzione interna. Infatti tale articolo riguarda soltanto il grado di sostegno alla denuncia necessario affinché la Commissione sia in grado di intraprendere un procedimento. Ciò si applica a maggior ragione anche per la soglia del 50 %. Tale interpretazione è confermata dalla formulazione di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, riguardante il ritiro della denuncia, che utilizza il verbo «può». Così anche se la denuncia è stata ritirata dall’industria dell’Unione, la Commissione non è soggetta ad un obbligo di chiusura del procedimento, ma dispone della semplice opzione di porvi termine. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(65)

Il governo dell’Indonesia ha sostenuto altresì che, a causa del ritiro della denuncia e dell’opposizione alle misure da parte di KLK, l’analisi del pregiudizio effettuata dalla Commissione non riguardava l’industria dell’Unione, intesa come «industria interna» che, a norma dell’articolo 4.1 dell’accordo antidumping dell’OMC, dovrebbe riferirsi all’insieme dei produttori interni del prodotto simile o alla quota preponderante della produzione interna totale del prodotto simile.

(66)

La Commissione ha osservato che la nozione di «industria interna» utilizzata ai fini della determinazione del pregiudizio non deve necessariamente comprendere i medesimi produttori interni che compongono l’industria interna presi in considerazione per verificare se la denuncia benefici di un sostegno sufficiente ai sensi dell’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC. In effetti l’articolo 5.4 dell’accordo antidumping dell’OMC riguarda la questione della legittimazione ad agire e non affronta la questione distinta di cosa costituisca una quota preponderante ai sensi dell’articolo 4.1 di tale accordo (7). Inoltre l’articolo 4.1 dell’accordo antidumping dell’OMC non osta a che i produttori che non hanno sostenuto la denuncia o che non hanno collaborato all’inchiesta siano inclusi nella definizione di industria interna (8). Inoltre l’analisi del pregiudizio condotta dalla Commissione ha riguardato l’intera industria dell’Unione, indipendentemente dal sostegno o dalla collaborazione di ciascun singolo produttore dell’Unione. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

(67)

Il governo dell’Indonesia, Wilmar, Musim Mas, SOCI/ESM, Stéarinerie Dubois, P&G e Omya hanno sostenuto che le lettere di KLK e il ritiro della denuncia dimostravano che l’istituzione di dazi antidumping sarebbe contraria all’interesse dell’Unione. In particolare Wilmar, P&G e Stéarinerie Dubois hanno sostenuto che, a seguito del ritiro della denuncia, la Commissione avrebbe dovuto chiudere l’inchiesta a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, dato che l’istituzione delle misure sarebbe contraria all’interesse dell’Unione. Wilmar ha fatto inoltre riferimento a due inchieste (9) chiuse dalla Commissione dopo il ritiro della denuncia, nonché al caso delle fibre sintetiche di poliesteri in fiocco (FPF) (10), nel contesto del quale la Commissione ha analizzato cinque fattori prima di concludere che non era nell’interesse dell’Unione proseguire l’inchiesta. Ecogreen ha asserito che il ritiro della denuncia aveva dimostrato che la chiusura dell’inchiesta sarebbe stata nell’interesse dell’Unione. Musim Mas ha affermato che il ritiro della denuncia e le due lettere di KLK di cui al considerando 63, che confermano che KLK non era stata danneggiata dalle importazioni dall’Indonesia, confermano che l’industria dell’Unione non era stata danneggiata dalle importazioni dall’Indonesia.

(68)

La Commissione ha ricordato che il ritiro di una denuncia antidumping è disciplinato dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, in forza del quale «in caso di ritiro della denuncia, il procedimento può essere chiuso, a meno che la chiusura sia contraria all’interesse dell’Unione» (corsivo aggiunto). Il Tribunale ha interpretato le disposizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base, tra l’altro, nella sentenza Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio, che non è stata oggetto di ricorso (11). Il Tribunale ha riconosciuto che le istituzioni dell’Unione disponevano di un ampio potere discrezionale per proseguire o chiudere un’inchiesta a seguito di un ritiro e ha chiarito che l’interesse dell’Unione in senso stretto deve essere preso in considerazione soltanto se la Commissione sta valutando la possibilità di chiudere un’inchiesta; in tal caso, la Commissione deve verificare che la chiusura non sia contraria all’interesse dell’Unione. In tale contesto, le inchieste recenti che la Commissione ha deciso di chiudere dopo il ritiro della denuncia non hanno un valore generale di precedente vincolante e corrispondono piuttosto a un’analisi caso per caso. Inoltre l’analisi dell’interesse dell’Unione condotta dalla Commissione nell’inchiesta sulle FPF non riguardava la continuazione del caso, bensì la sua chiusura. Nel contesto della presente inchiesta la Commissione ha effettuato inoltre un’analisi del pregiudizio dell’intera industria dell’Unione e l’inchiesta ha dimostrato che quest’ultima stava subendo un pregiudizio notevole causato dalle importazioni dall’Indonesia a prezzi di dumping, come indicato ai considerando da 180 a 372. Una semplice dichiarazione contenuta in una lettera di un produttore dell’Unione, priva di elementi di prova a sostegno, non contraddice le risultanze dell’inchiesta della Commissione. Tali argomentazioni sono state pertanto respinte.

(69)

Sulla base delle considerazioni di cui sopra, la Commissione ha deciso di proseguire l’inchiesta nonostante il ritiro della denuncia e di esaminare se le osservazioni formulate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni avrebbero invalidato le sue risultanze secondo cui le condizioni che giustificavano l’istituzione di misure erano soddisfatte. Come spiegato più avanti nel presente regolamento, la Commissione è giunta alla conclusione che le condizioni per l’istituzione di misure definitive continuano ad essere soddisfatte.

2.   PRODOTTO OGGETTO DELL’INCHIESTA, PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

2.1.   Prodotto oggetto dell’inchiesta

(70)

Il prodotto in esame è costituito da acidi grassi con una catena di atomi carbonio di lunghezza C6, C8, C10, C12, C14, C16 o C18, con un indice di iodio inferiore a 105 g/100 g e un rapporto tra acidi grassi liberi e trigliceridi (grado di scissione) pari almeno al 97 %, comprendenti:

singolo acido grasso (detto anche «frazione pura»); e

miscele contenenti una combinazione di catene di atomi di carbonio di due o più lunghezze,

esclusi gli acidi grassi per la produzione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa sostenibili certificati da un sistema volontario (12) riconosciuto dalla Commissione europea a norma dell’articolo 30, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (13), oppure da un sistema di certificazione nazionale istituito a norma dell’articolo 30, paragrafo 6, della medesima direttiva attualmente classificati con i codici NC ex 2915 70 40, ex 2915 70 50, ex 2915 90 30, ex 2915 90 70, ex 2916 15 00, ex 3823 11 00, ex 3823 12 00, ex 3823 19 10 ed ex 3823 19 90 (codici TARIC: 2915704095, 2915705010, 2915903095, 2915907095, 2916150010, 3823110020, 3823110070, 3823120020, 3823120070, 3823191030, 3823191070, 3823199070 e 3823199095).

(71)

Nell’avviso di apertura il termine «grado di scissione» non è stato incluso nella definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta. Tuttavia, dopo le osservazioni ricevute dalle parti, come spiegato nei considerando da 80 a 90, il 21 gennaio 2022, mediante una nota al fascicolo, la Commissione ha confermato la definizione del prodotto quale definita nell’avviso di apertura, chiarendo che rientravano nell’ambito dell’inchiesta solo gli acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 %.

(72)

Gli acidi grassi sono prodotti della trasformazione chimica di qualsiasi tipo di olio vegetale, compreso l’olio di palmisti e l’olio di palma, o di grassi animali. In quanto tali, raramente si presentano come molecole libere in natura e sono piuttosto ottenuti attraverso la distillazione e il frazionamento di oli e grassi.

(73)

Gli acidi grassi sono utilizzati in un’ampia gamma di applicazioni e si trovano quindi in numerosi prodotti comuni, ad esempio diversi prodotti alimentari, mangimi, saponi, detergenti, prodotti farmaceutici, cosmetici e altri prodotti per la cura della persona e della casa.

2.2.   Prodotto in esame

(74)

Il prodotto in esame è il prodotto oggetto dell’inchiesta originario dell’Indonesia («il prodotto in esame»).

2.3.   Prodotto simile

(75)

Dall’inchiesta è emerso che i seguenti prodotti hanno le stesse caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base e sono destinati agli stessi impieghi di base:

il prodotto in esame;

il prodotto oggetto dell’inchiesta fabbricato e venduto sul mercato interno del paese interessato; e

il prodotto oggetto dell’inchiesta fabbricato e venduto nell’Unione dall’industria dell’Unione.

(76)

La Commissione ha deciso in questa fase che tali prodotti sono pertanto prodotti simili ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

(77)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, Stéarinerie Dubois ha sostenuto che il prodotto in esame e il prodotto fabbricato e venduto dall’industria dell’Unione sul mercato dell’Unione non sono prodotti simili, in particolare perché non esiste un mercato dell’Unione per il prodotto oggetto dell’inchiesta fabbricato dall’industria dell’Unione conforme ai requisiti REACH (14), kosher e halal.

(78)

L’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base stabilisce che per «prodotto simile» si intende un prodotto identico o avente caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato. La Commissione ha constatato che il prodotto fabbricato e venduto nel paese interessato e il prodotto fabbricato e venduto nell’Unione dall’industria dell’Unione presentano le medesime caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base principali. Inoltre l’industria dell’Unione sta producendo quantitativi elevati di acidi grassi conformi alla legislazione REACH e/o ai requisiti kosher e/o halal, come indicato al considerando 337. La Commissione conferma pertanto che il prodotto in esame e i prodotti fabbricati e venduti sul mercato dell’Unione dall’industria dell’Unione sono prodotti simili.

2.4.   Argomentazioni riguardanti la definizione del prodotto

(79)

La Commissione ha ricevuto osservazioni sulla definizione del prodotto dal gruppo Musim Mas, da Wilmar, da AAK, da Campa/IMBI, dall’EBB (European Biodiesel Board), dall’ASSITOL (associazione italiana di produttori di biodiesel), dall’APPA Biocarburantes (associazione spagnola di produttori di biocarburanti), da Neste (produttore di diesel rinnovabile) e da due società collegate di Ecogreen, produttore indonesiano di alcoli grassi: DHW, produttore di polioli, esteri grassi, ammine grasse e alcoli grassi insaturi ed E&S, produttore di esteri grassi, etossilati e solfonati. Anche il denunciante ha presentato osservazioni a tale riguardo.

2.4.1.   Distillato di acidi grassi di palma, effluenti da oleifici che trattano olio di palma, olio acido e acido grasso di palma ottenuti come sottoprodotto

(80)

Neste ha chiesto alla Commissione di confermare che il distillato di acidi grassi di palma non rientrava nell’ambito dell’inchiesta. Il distillato di acidi grassi di palma è una materia prima a base biologica costituita da rifiuti o residui derivanti dalla raffinazione dell’olio di palma alimentare utilizzata per produrre diesel rinnovabile e altri prodotti rinnovabili.

(81)

Wilmar ha chiesto di chiarire se gli effluenti degli oleifici che trattano olio di palma rientrassero nella definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta. Gli effluenti degli oleifici che trattano olio di palma sono costituiti da un flusso di acque reflue derivanti dal processo fisico di molitura della produzione di olio di palma e sono una materia prima utilizzata nella produzione di biocarburanti. Gli effluenti da oleifici che trattano l’olio di palma sono composti principalmente da acqua e da una piccola percentuale di olio e di materia solida.

(82)

AAK ha chiesto l’esclusione dell’olio acido di palma dall’ambito dell’inchiesta per quanto riguarda il riferimento al codice NC 3823 19 90. In particolare, la società ha sostenuto che l’olio acido di palma, che rientra in tale codice NC, non è uguale a un acido grasso e contiene una quota significativa di olio che ne impedisce l’utilizzo come acido grasso. È stato spiegato che l’olio di palma acido è un sottoprodotto delle operazioni di raffinazione a monte ed è utilizzato come fattore produttivo per la produzione di acidi stearici che rientravano nell’ambito dell’inchiesta.

(83)

Campa/IMBI ed EBB hanno dichiarato che i produttori di biodiesel erano anche produttori di acidi grassi in quanto producevano acidi grassi come sottoprodotto durante il processo di produzione del biodiesel. In particolare, hanno affermato che il processo di raffinazione dell’olio greggio produce un rifiuto denominato «distillato di acidi grassi». Inoltre l’acido grasso è ottenuto come residuo quando il biodiesel è fabbricato attraverso la transesterificazione dell’olio raffinato e del metanolo.

(84)

In risposta a tali argomentazioni, il denunciante ha confermato che i tipi di acidi grassi utilizzati nella produzione di biodiesel non erano destinati a rientrare nell’ambito dell’inchiesta. A tale riguardo, il denunciante ha affermato che gli acidi grassi in questione si potevano distinguere grazie alle differenze nei processi di produzione (scopi oleochimici e non legati alla produzione di biodiesel). Secondo il denunciante, i due tipi di acidi grassi sono prodotti diversi che non sono in concorrenza tra loro e non possono far parte del singolo prodotto in esame.

(85)

Il denunciante ha inoltre spiegato che la produzione di acidi grassi oleochimici comportava un processo fondamentale necessario per scindere i trigliceridi al fine di liberare e separare gli acidi grassi e il glicerolo per ottenere un prodotto altamente purificato con almeno il 97 % di acidi grassi e un massimo del 3 % di grassi non scissi. Tale processo è detto «scissione». Al fine di ottenere un prodotto puro quasi al 100 %, l’acido grasso è anche sottoposto a un processo di distillazione o frazionamento al fine di eliminare i restanti grassi non scissi e le eventuali altre impurità. Sia gli acidi grassi distillati che gli acidi grassi frazionati rientrano nella definizione del prodotto, a condizione che tali prodotti non abbiano un indice di iodio superiore a 105 g/100 g.

(86)

Il denunciante ha inoltre spiegato che il processo di produzione del biodiesel consisteva nella raffinazione dell’olio al fine di eliminare le impurità, ma non veniva effettuata alcuna scissione. Diversi prodotti distillati di acidi grassi, quali il distillato di acidi grassi (FAD) il distillato di acidi grassi di palma (PFAD) e il distillato di acidi grassi di palmisti (PKFAD) sono generati come sottoprodotti nel processo di produzione del biodiesel.

(87)

Il denunciante ha pertanto sostenuto che il grado di scissione o indice di scissione, che indica la percentuale di acidi grassi scissi presenti nell’olio, costituiva una linea di demarcazione chiara e obiettiva per distinguere il prodotto oggetto dell’inchiesta da altri tipi di acidi grassi non interessati dall’inchiesta. Il grado di scissione è calcolato dividendo l’indice di acidità per l’indice di saponificazione. L’indice di acidità (o di neutralizzazione) e l’indice di saponificazione sono stati definiti nella denuncia. Il denunciante ha spiegato che, sebbene il criterio del grado di scissione fosse stato preso in considerazione nella fase della denuncia, il motivo per cui non era stato mantenuto come criterio (ossia espresso come rapporto tra l’indice di acidità e l’indice di saponificazione) era dovuto al fatto che tutti gli acidi grassi oleochimici rientranti nella definizione del prodotto condividevano la caratteristica di avere un tenore di acidi grassi di almeno il 97 %.

(88)

Secondo il denunciante, gli acidi grassi utilizzati nella produzione di biodiesel hanno un grado di scissione con valori molto più bassi (tra l’81 e il 97 %). Sulla base di quanto precede, il denunciante ha sostenuto che un valore del grado di scissione del 97 % dovrebbe essere considerato un criterio di esclusione per distinguere gli acidi grassi.

(89)

AAK ha espresso il proprio sostegno all’approccio del denunciante.

(90)

Wilmar ha sostenuto che l’indice di acidità utilizzato nel calcolo del grado di scissione sarebbe il modo più appropriato per differenziare gli acidi grassi. Essa ha sostenuto che il grado di scissione non era così preciso come un limite fisso basato sull’indice di acidità. Wilmar ha chiesto alla Commissione di includere l’indice di acidità nel numero di controllo del prodotto («NCP»).

(91)

Come indicato al considerando 71, la Commissione ha preso atto delle osservazioni presentate dalle parti interessate in merito alla definizione del prodotto e ha chiarito, mediante una nota al fascicolo, che solo gli acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 % erano oggetto dell’inchiesta. Pertanto il distillato di acidi grassi di palma, gli effluenti da oleifici che trattano olio di palma, l’olio acido di palma classificati con il codice NC 3823 19 90 e gli acidi grassi ottenuti come sottoprodotto nel processo di produzione del biodiesel non rientravano nell’ambito dell’inchiesta, in quanto il loro grado di scissione è inferiore al 97 %. La Commissione ha inoltre invitato le parti interessate a individuare eventuali quantitativi di acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 % importati ai fini della produzione di biodiesel e a specificare le caratteristiche fisiche, chimiche e/o tecniche distintive di questo tipo di acidi grassi rispetto agli acidi grassi per altre applicazioni.

(92)

Wilmar ha sostenuto che, poiché l’introduzione della soglia del grado di scissione del 97 % ha modificato in modo significativo la definizione del prodotto, la denuncia avrebbe dovuto essere respinta in quanto contenente elementi di prova insufficienti del dumping o del pregiudizio. Ha inoltre affermato che i dati contenuti nella denuncia si basavano su una definizione del prodotto diversa da quella utilizzata ai fini della presente inchiesta.

(93)

La Commissione ha espresso disaccordo con tale argomentazione. Il chiarimento fornito con l’introduzione del grado di scissione del 97 % nella definizione del prodotto, come spiegato al considerando 71, non ha modificato né la definizione del prodotto né la denuncia, in quanto si è limitato a chiarire e descrivere meglio il prodotto oggetto della denuncia. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

2.4.2.   Acidi grassi prodotti da cascami di palma e utilizzati per la produzione di biodiesel

(94)

EBB, il gruppo Musim Mas e Campa/IMBI hanno dichiarato che i produttori di biodiesel utilizzano acidi grassi prodotti dai rifiuti per produrre biodiesel. Campa/IMBI e il gruppo Musim Mas hanno affermato che gli acidi grassi utilizzati per produrre biodiesel in un impianto di produzione tramite esterificazione (15) richiedono come principali materie prime acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 % e che pertanto l’acido grasso utilizzato da Campa/IMBI per la produzione di biodiesel, dopo i chiarimenti forniti dalla Commissione al considerando 91, continuerebbe a rientrare nell’ambito dell’inchiesta. Campa/IMBI, il gruppo Musim Mas ed EBB hanno affermato che l’uso finale era l’unico criterio pertinente per distinguere tra gli acidi grassi oggetto dell’inchiesta e gli acidi grassi utilizzati per la produzione di biodiesel. È stato inoltre affermato che il documento di certificazione era fondamentale per comprendere l’uso finale del prodotto. In particolare, gli acidi grassi richiesti dall’industria cosmetica, farmaceutica, chimica o alimentare sono concepiti per soddisfare vari requisiti di certificazione (come kosher, halal, GMP+, FSSC 22000, la certificazione RSPO, ISO 9001, ISO 14001, ISO 45001), mentre, ai fini della conformità alla direttiva (UE) 2018/2001 (RED II) ai produttori di biodiesel è necessaria solo una certificazione (un sistema volontario riconosciuto dalla Commissione europea a norma della RED II, come ISCC EU o 2BSVS, oppure un sistema di certificazione nazionale a norma della medesima direttiva). È stato inoltre affermato che l’industria dell’Unione non era in grado di produrre e non produceva acidi grassi con un elevato grado di scissione destinati alla produzione di biodiesel che rientravano nell’ambito di applicazione della RED II, il che ha incoraggiato l’uso di materie prime avanzate a tale riguardo. Campa/IMBI ha inoltre dichiarato di aver importato questo tipo di acido grasso con il codice TARIC 3823193089, che non è stato incluso né nella denuncia né nell’avviso di apertura.

(95)

Campa/IMBI ed EBB hanno chiesto alla Commissione di confermare che gli acidi grassi utilizzati per la produzione di biodiesel non rientravano nell’ambito dell’inchiesta. Le parti hanno affermato in particolare che la definizione del prodotto includeva gli acidi grassi utilizzati da Campa/IMBI per la produzione di biodiesel. Hanno inoltre affermato che la denuncia non elencava i produttori di biodiesel dell’Unione come importatori o utilizzatori di acidi grassi e che il biodiesel non figurava tra gli usi del prodotto in esame elencati nella denuncia.

(96)

Analogamente, ASSITOL e APPA Biocarburantes si sono opposte all’uso del valore del grado di scissione per definire gli acidi grassi oggetto dell’inchiesta, in quanto tale criterio non escludeva tutti gli acidi grassi utilizzati per la produzione di biodiesel. Essi hanno sostenuto che avrebbe dovuto essere adottato un altro meccanismo, ossia basato sull’uso finale del prodotto a norma dell’articolo 254 del codice doganale dell’Unione.

(97)

A tale riguardo, ASSITOL e Campa/IMBI hanno chiesto alla Commissione di pubblicare un avviso che modifichi l’avviso di apertura.

(98)

La Commissione non ha potuto confermare se gli acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 % prodotti a partire da rifiuti fossero un prodotto in esame senza valutare se essi condividessero le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base, avessero lo stesso uso e fossero in concorrenza con il prodotto simile. Inoltre le materie prime non sono un fattore decisivo per escludere un tipo di prodotto dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta se i prodotti finali sono gli stessi e presentano le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base.

(99)

La visita di verifica effettuata presso i locali del produttore esportatore indonesiano ha effettivamente rivelato che gli acidi grassi distillati importati dall’IMBI erano prodotti a partire da sottoprodotti quali i distillati di acidi grassi di palma o da diverse materie prime di scarto della palma.

(100)

Durante la visita di verifica in Indonesia, la Commissione ha valutato le caratteristiche fisiche del prodotto (quali l’aspetto, l’odore, il titolo, il colore), le caratteristiche tecniche (tipo e categoria, qualità, forme fisiche, stabilità del colore) e le caratteristiche chimiche (quali l’indice di acidità, l’indice di saponificazione, l’indice di iodio e la composizione degli acidi grassi) dell’acido grasso distillato prodotto a partire da rifiuti rispetto all’altro tipo di acido grasso. L’inchiesta ha tuttavia rivelato che gli acidi grassi distillati prodotti a partire da rifiuti hanno caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche molto simili a quelle degli acidi grassi prodotti dall’olio di palma greggio e dall’olio di palmisti greggio. Dall’inchiesta non è pertanto emersa alcuna caratteristica fisica, tecnica o chimica di base che distingua gli acidi grassi distillati prodotti a partire dai rifiuti dall’altro tipo di acidi grassi.

(101)

L’inchiesta ha inoltre evidenziato che gli acidi grassi distillati prodotti a partire da rifiuti sono disciplinati dalla legislazione dell’Unione sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili [RED II (16)] la quale stabilisce che, ai fini degli obiettivi stabiliti dalla RED II (17), gli Stati membri dell’UE possono prendere in considerazione il biodiesel prodotto a partire da acidi grassi mediante l’utilizzo di materiali o sottoprodotti di scarto. A norma della RED II (18), affinché il biodiesel possa essere preso in considerazione dagli Stati membri dell’UE ai fini dei loro obiettivi di sostenibilità, le materie prime utilizzate, in questo caso gli acidi grassi distillati, devono essere certificate, per garantire il rispetto delle norme in materia di sostenibilità e di parametri chimici.

(102)

Su tale base, la Commissione ha constatato che gli acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 %, prodotti a partire da rifiuti e certificati mediante un sistema volontario riconosciuto dalla Commissione a norma dell’articolo 30, paragrafo 4, RED II (19) o un sistema di certificazione nazionale istituito ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 6, RED II (20), pur condividendo le stesse caratteristiche con altri acidi grassi, hanno usi diversi e non sono in concorrenza con il prodotto simile. La Commissione ha inoltre confermato che tali acidi grassi prodotti a partire da rifiuti non sono stati inclusi nella denuncia. La Commissione ha pertanto concluso che tali acidi grassi non rientravano nel prodotto in esame e, pertanto, erano esclusi dall’inchiesta. Di conseguenza è risultato che le importazioni di tali acidi grassi provenienti, tra l’altro, dal produttore esportatore incluso nel campione IBP, appartenente al gruppo Musim Mas, importate da IMBI, non sono oggetto della presente inchiesta.

(103)

Questi ulteriori chiarimenti sulla definizione del prodotto, oltre a quelli pubblicati mediante una nota al fascicolo di cui al considerando 71, si riflettono nella definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta di cui al considerando 70.

2.4.3.   Altri tipi di acidi grassi

(104)

Le consociate di Ecogreen, DHW ed E&S, hanno chiesto l’esclusione degli acidi grassi C6 (denominazione commerciale: Ecoric 6), C8-C10 (denominazione commerciale: Ecoric 80), C16-C18, C18 insaturi (denominazione commerciale: Ecoric 68 TA) e C18:1 (denominazione commerciale: Ecoric 18 W) dalla definizione del prodotto. Essi hanno sostenuto che questi tipi di acidi grassi erano prodotti dal loro produttore esportatore collegato Ecogreen durante il processo di fabbricazione dell’alcol grasso e che avevano determinate caratteristiche uniche e non potevano essere prodotti con la stessa qualità dai produttori dell’Unione. DHW ed E&S hanno dichiarato che i primi tre acidi grassi, in particolare, erano esportati da Ecogreen alle sue consociate in Europa per essere sottoposti a ulteriore trasformazione interna per motivi di stabilità della qualità, di continuità di approvvigionamento e di una catena di certificazione consolidata. In particolare, DHW ed E&S hanno dichiarato che l’Ecoric 6 poteva essere prodotto solo a partire da olio di palmisti greggio e da olio di cocco puro in quantità molto ridotta. Inoltre, DHW ed E&S hanno dichiarato che nell’Unione erano disponibili altri acidi C6, ma che erano prodotti mediante fermentazione e non erano utilizzabili per Ecogreen. Essi hanno inoltre affermato che l’Ecoric 80 era prodotto principalmente a partire da olio di palmisti greggio e da olio di cocco ed era utilizzato per produrre esteri grassi che, dopo un particolare trattamento brevettato da parte di DHW, darebbe luogo a un estere di elevata qualità in termini di sapore, odore e stabilità del colore. L’Ecoric 68 TA era ricavato dall’olio di palmisti greggio, la catena di distribuzione del carbonio era simile all’acido grasso del sego ed era utilizzato per produrre ammine grasse prive di sego. L’Ecoric 18 W era utilizzato per produrre esteri che avevano un buon comportamento a freddo, un colore migliore del prodotto finale e un minor numero di sottoprodotti. Infine, essi hanno affermato che l’acido oleico di origine animale era vietato nei loro impianti per la produzione di esteri a causa delle rigide norme kosher.

(105)

In risposta, il denunciante si è opposto all’esclusione di questi tipi di acidi grassi, sostenendo che avrebbe inciso sulla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta nel suo complesso, in quanto l’esclusione del prodotto richiesta dalle consociate Ecogreen riguardava l’intera catena degli acidi grassi in questione, da C6 a C18. Il denunciante ha inoltre sostenuto che, contrariamente a quanto sostenuto da DHW ed E&S, i produttori dell’Unione erano in grado di produrre e di fatto fornivano questo tipo di acidi grassi alle consociate Ecogreen, in quanto tali prodotti non erano «unici» per il gruppo Ecogreen e in realtà erano intercambiabili con gli acidi grassi prodotti dall’industria dell’Unione.

(106)

La Commissione è giunta alla conclusione che l’industria dell’Unione produceva acidi grassi simili e che pertanto i prodotti di cui DHW ed E&S avevano chiesto l’esclusione dalla definizione del prodotto erano in concorrenza con l’industria dell’Unione e causavano un pregiudizio. La Commissione ha pertanto respinto tale richiesta.

(107)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni Ecogreen ha ribadito la propria richiesta di esclusione di cui al considerando 104. Ecogreen ha sostenuto che, contrariamente a quanto sostenuto dal denunciante, la propria richiesta di esclusione non riguardava l’intera catena degli acidi grassi oggetto dell’inchiesta, in quanto C12 (acido laurico), C14 (acido miristico), C16 (acido palmitico), C18 saturo (acido stearico) e i loro prodotti miscelati non rientravano nella richiesta di esclusione. Inoltre, per quanto concerne i prodotti inclusi nella richiesta di esclusione, Ecogreen ha sostenuto che non esistono prodotti simili fabbricati dall’industria dell’Unione. Segnatamente Ecogreen ha sostenuto che i suoi prodotti Ecoric 6 comprendono un particolare composto organico che non si trova negli acidi C6 prodotti dall’industria dell’Unione. Ecogreen ha inoltre sostenuto che l’industria dell’Unione utilizzava un processo di produzione completamente diverso per i prodotti C6, C8-C10, C16-C18 e C18 (insaturi). In particolare per quanto concerne il prodotto C6, Ecogreen ha sostenuto che l’industria dell’Unione utilizzava la fermentazione e che né il gruppo Ecogreen né i suoi acquirenti avevano mai approvato il processo di fermentazione come processo di fabbricazione degli acidi grassi, in quanto tale processo potrebbe incidere sulle caratteristiche di base degli acidi grassi prodotti. In relazione al suo prodotto C18:1, Ecogreen ha sostenuto che si tratta di un prodotto di qualità particolarmente elevata e che gli utilizzatori dell’Unione di tale prodotto avevano concluso accordi sul livello di qualità che li obbligano a fornire ai propri acquirenti esteri prodotti con acidi grassi C18:1 conformi a specifiche rigorose.

(108)

La Commissione ha convenuto che la richiesta di esclusione del prodotto di Ecogreen non riguardava tutte le possibili lunghezze della catena di atomi di carbonio degli acidi grassi in questione, ma si riferiva comunque a un sottoinsieme sostanziale delle stesse. In ogni caso, per i prodotti inclusi nella richiesta di esclusione, Ecogreen non ha corroborato la propria argomentazione secondo cui non esistono «prodotti simili» fabbricati dall’industria dell’Unione. Per quanto concerne il composto organico che presumibilmente distingue il suo prodotto C6 dai rispettivi prodotti fabbricati dall’industria dell’Unione, Ecogreen non ha fornito elementi di prova a dimostrazione della sua rilevanza, anche per quanto riguarda la concentrazione di tale sostanza nel prodotto e il modo in cui incide sulle sue caratteristiche di base e sui suoi usi. Inoltre, dato che nella versione consultabile delle osservazioni non sono state divulgate informazioni in merito a tale sostanza, compreso il suo nome, altre parti interessate non sono state in grado di presentare osservazioni in merito a tali aspetti. Per quanto concerne le presunte differenze nel processo di produzione, la Commissione ricorda che, in linea di principio, i processi di produzione non sono pertinenti ai fini della valutazione dell’eventualità che prodotti in esame siano «simili». In questo particolare caso Ecogreen non ha fornito elementi di prova concreti circa il modo in cui tali processi inciderebbero sulle caratteristiche di base del prodotto finale. In particolare, per quanto concerne la fermentazione, Ecogreen stessa presenta le asserite differenze nelle caratteristiche di base del prodotto risultante da tale processo come una semplice possibilità, piuttosto che come un fatto accertato corroborato da elementi di prova. In considerazione di quanto sopra, la Commissione ha respinto la richiesta di esclusione.

(109)

AAK ha chiesto alla Commissione di escludere l’acido oleico alimentare dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta. AAK ha sostenuto che, sebbene l’acido oleico rientrasse nell’ambito dell’inchiesta, si potevano distinguere due qualità di acido oleico: acido oleico industriale e acido oleico alimentare. AAK ha dichiarato che, sebbene le due tipologie abbiano le stesse proprietà chimiche di base, poiché la qualità alimentare è utilizzata nella produzione di prodotti alimentari, il suo processo di produzione deve rispettare norme più rigorose, vale a dire che il livello di contaminanti nell’acido non deve superare un determinato limite, come stabilito dal regolamento dell’UE sui prodotti alimentari (21). AAK ha inoltre sostenuto che l’acido oleico alimentare era notevolmente più costoso di quello industriale, non poteva essere sostituito dall’acido oleico industriale e l’industria dell’Unione non era in grado di fornire maggiori quantitativi. AAK ha dichiarato che vi erano solo importazioni marginali di acido oleico alimentare dall’Indonesia e che pertanto non potevano causare pregiudizio all’industria dell’Unione. AAK ha affermato di essere probabilmente l’unico importatore dell’Unione di volumi significativi di acido oleico alimentare proveniente da altri paesi. AAK ha inoltre dichiarato che, secondo le sue informazioni, in Indonesia non vi erano impianti di produzione di acido oleico che soddisfacessero le rigorose disposizioni in materia di tenore massimo di contaminanti nei prodotti alimentari. AAK ha affermato che l’aumento dei prezzi delle potenziali importazioni di acido oleico alimentare dall’Indonesia determinerebbe un aumento dei prezzi degli utilizzatori dell’Unione per tutte le categorie di acido oleico anche dalla Malaysia, il che inciderebbe negativamente sull’attività della società. AAK ha suggerito che l’acido oleico alimentare potrebbe essere escluso facendo riferimento ai tenori massimi di benzo(a)pirene e al contenuto di acidi grassi trans, valori limite ufficialmente sanzionati stabiliti nel regolamento dell’UE sui prodotti alimentari.

(110)

In risposta a tale affermazione, il denunciante ha espresso la sua opposizione all’esclusione dell’acido oleico alimentare dall’ambito dell’inchiesta. A tale riguardo, il denunciante ha sostenuto che l’acido oleico alimentare presentava le stesse caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base degli altri prodotti oggetto dell’inchiesta e che pertanto l’esclusione di questo gruppo di prodotti avrebbe comportato un elevato rischio di elusione delle misure. Il denunciante ha inoltre sostenuto che i produttori che utilizzano acido oleico alimentare erano anche utilizzatori di acido oleico per uso tecnico e che pertanto una distinzione basata sull’uso finale non avrebbe evitato il rischio di elusione. Il denunciante ha inoltre affermato che l’acido oleico alimentare era disponibile presso altre fonti di importazioni che non erano oggetto dell’inchiesta e che pertanto non vi era alcun rischio di carenza di approvvigionamento.

(111)

A tale riguardo, la Commissione ha concluso che gli acidi oleici alimentari presentano caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base simili a quelle dell’acido oleico industriale. Sebbene l’acido oleico alimentare sia soggetto a requisiti di qualità e purezza più rigorosi, ha una catena di atomi di carbonio della stessa lunghezza dell’acido oleico utilizzato per applicazioni industriali. La differenza di prezzo tra i due tipi non è di per sé un elemento determinante per l’esclusione del prodotto. Inoltre l’industria dell’Unione produce effettivamente acido oleico alimentare ed esistono altre fonti di approvvigionamento come la Malaysia. In considerazione di ciò, la Commissione ha respinto la richiesta di esclusione.

(112)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni AAK ha ribadito alla Commissione la propria richiesta di escludere l’acido oleico alimentare dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta. AAK ha criticato la Commissione per non aver affrontato adeguatamente le sue argomentazioni e ha sostenuto che quest’ultima aveva utilizzato criteri incoerenti nella propria decisione di escludere gli acidi grassi destinati alla produzione di biodiesel rispetto all’acido oleico alimentare. Segnatamente AAK ha sostenuto che al considerando 102 la conclusione della Commissione di escludere gli acidi grassi prodotti a partire da rifiuti si basava sul fatto che tale particolare acido grasso aveva usi diversi e non era in concorrenza con il prodotto simile, pur condividendo le stesse caratteristiche con altri acidi grassi. Al contrario, per non escludere l’acido oleico alimentare dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta, la Commissione aveva concluso al considerando 111 che gli acidi oleici alimentari presentano caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base simili a quelle dell’acido oleico industriale avente la stessa lunghezza della catena di atomi di carbonio. Inoltre AAK ha asserito che l’acido oleico alimentare e l’acido oleico industriale hanno usi diversi e non sono in concorrenza tra loro e che l’affermazione della Commissione secondo cui entrambi i tipi presentano caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche simili non era corroborata da fatti e non era suffragata dal regolamento. Infine AAK ha sostenuto che, se la Commissione avesse effettuato un’analisi simile per l’acido oleico alimentare e quello industriale, avrebbe riscontrato differenze in termini di tipo, categoria e qualità tra i due tipi di acido.

(113)

La Commissione ha espresso disaccordo con tali argomentazioni. Innanzitutto, per quanto concerne gli acidi grassi prodotti a partire da rifiuti, come indicato al considerando 102, tali acidi grassi non dovrebbero essere oggetto dell’inchiesta. Tuttavia, poiché detti acidi presentano le stesse caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di altri acidi grassi, essi sono stati involontariamente inclusi nella definizione del prodotto. Al fine di garantire la correttezza dello svolgimento dell’inchiesta e dell’applicazione di eventuali misure, la Commissione ha esaminato approfonditamente questo particolare prodotto prima di confermare che effettivamente non avrebbe dovuto essere oggetto dell’inchiesta/delle misure, come spiegato ai considerando da 98 a 102. Diverso è il caso degli acidi grassi per applicazioni alimentari (quali l’acido oleico alimentare), oggetto della denuncia e per i quali i denuncianti hanno fornito elementi di prova dell’esistenza del dumping, del pregiudizio e del nesso di causalità, che sono stati confermati nel corso dell’inchiesta. In secondo luogo, la critica mossa da AAK si basa su un fraintendimento della situazione fattuale e giuridica per quanto concerne la richiesta di esclusione dell’acido oleico alimentare. Anche se l’acido oleico industriale e quello alimentare fossero considerati due tipi diversi di acidi grassi, come sostenuto da AAK, ciò non inciderebbe in alcun modo sulle risultanze della Commissione. L’industria dell’Unione produce e vende acido oleico alimentare; vi sono potenzialmente importazioni di acido oleico alimentare dall’Indonesia (22), che potrebbero essere in concorrenza diretta con il prodotto venduto dall’industria dell’Unione e, di conseguenza, potrebbero causare un pregiudizio. Di conseguenza non vi è alcun motivo per cui la Commissione dovrebbe concludere che un’esclusione dell’acido oleico alimentare sarebbe giustificata. In realtà la conclusione logica deve sostenere esattamente il contrario: non è possibile escludere l’acido oleico alimentare senza compromettere gli effetti riparatori delle misure da istituire.

(114)

AAK ha asserito altresì che la produzione marginale dell’Unione di acido oleico alimentare e l’esistenza di un altro paese terzo che fornisce il prodotto non giustificavano il mantenimento dell’inclusione dell’acido oleico alimentare nella definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta. In particolare AAK ha affermato che, nelle determinazioni della definizione del prodotto, in passato la Commissione aveva dato peso al fatto che la produzione dell’Unione di un tipo di prodotto fosse limitata. A tale riguardo AAK ha fatto riferimento all’inchiesta antidumping sulle importazioni di fibre sintetiche di poliesteri in fiocco (FPF) originarie della Malaysia e di Taiwan (23). AAK ha fatto altresì riferimento a un riesame della definizione del prodotto relativo alle misure antidumping sulle importazioni di prodotti laminati piatti di acciai al silicio detti «magnetici» a grani orientati originari degli Stati Uniti d’America e della Russia, sostenendo che una leggera variante di tale prodotto era stata esclusa in quanto nessun produttore aveva un interesse diretto a produrlo.

(115)

Oltre alle due società menzionate da AAK nelle sue osservazioni, un terzo produttore dell’Unione offre acido oleico alimentare sul mercato dell’Unione (24). La Commissione ha osservato altresì che, per quanto concerne questo prodotto, la fornitura può essere ottenuta anche da fornitori della Malaysia. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(116)

AAK e il gruppo Musim Mas hanno chiesto l’esclusione dell’acido palmitico utilizzato per mangimi dalla definizione del prodotto. AAK è un produttore di acido palmitico dell’Unione. Il suo fabbisogno totale è tuttavia superiore alla sua capacità produttiva. È stato dichiarato che l’acido palmitico puro, con una catena di atomi di carbonio di lunghezza C16, era prodotto a partire dall’olio di palma greggio e dall’olio di palmisti greggio. A loro avviso, il sego non poteva essere utilizzato come materia prima per produrre acido palmitico destinato alla produzione di mangimi, in quanto la legislazione dell’UE in materia di mangimi vieta l’uso di grassi animali nei mangimi per ruminanti (25). Hanno inoltre affermato che la produzione europea di acido palmitico, che contava solo altri due produttori di acido palmitico dell’Unione, vale a dire KLK e IOI Oleo GmbH, era trascurabile. In base alle stime di AKK, la domanda di acido palmitico nell’Unione era pari a 45 000 tonnellate all’anno. AAK ha dichiarato che l’acido palmitico puro non era sostituibile con altri acidi grassi, né altri acidi grassi potevano sostituire l’acido palmitico. Ha inoltre affermato che gli acidi grassi prodotti a partire dalla colza/canola, che sarebbe la principale materia prima disponibile nell’Unione, non erano adatti per i mangimi, in quanto non favorivano la produzione di latte vaccino, come fa l’acido palmitico. Secondo AAK, i produttori dell’Unione non sono incentivati a produrre acido palmitico in quantità significative a causa della scarsa domanda di acido stearico, poiché tali prodotti sono fabbricati in parallelo. AAK ha suggerito che tale esclusione potrebbe essere attuata eliminando il termine C16 dalla definizione del prodotto.

(117)

In risposta alle argomentazioni, Cailà & Parés ha affermato di poter produrre 17 000 tonnellate di acido palmitico all’anno una volta ripristinata la parità di condizioni sul mercato dell’Unione, produzione che, a suo avviso, rappresenta una quota significativa della domanda dell’Unione.

(118)

Alla luce di quanto precede, la Commissione ha accettato l’argomentazione secondo cui la redditività della produzione di acido palmitico è associata alla domanda di acido stearico. Ha tuttavia ritenuto che ripristinando condizioni di parità nell’Unione per tutti gli acidi grassi, compresi gli acidi palmitici e stearici, si incentiverebbero nuovamente i produttori dell’Unione a produrre acido palmitico in quantità significative, compreso l’acido palmitico adatto all’alimentazione animale. Esistono inoltre altre fonti di approvvigionamento di acido palmitico, come la Malaysia. Su tale base, e tenendo conto delle informazioni fornite da Cailà & Parés sulla sua capacità produttiva, che è superiore al volume delle importazioni dall’Indonesia e anche alla domanda di AAK, la Commissione ha respinto la richiesta di esclusione dell’acido palmitico.

(119)

Nelle loro osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Musim Mas e AAK hanno ribadito la loro richiesta di escludere l’acido palmitico dalla definizione del prodotto. Entrambe le società hanno contestato la capacità di Cailà & Parés di aumentare la sua produzione di acido palmitico dopo l’istituzione delle misure antidumping. In particolare il gruppo Musim Mas ha asserito che si trattava di un’argomentazione speculativa, non corroborata da alcun elemento di prova. AAK ha ribadito che la produzione di acido palmitico era associata a quella di acido stearico puro e che non esisteva alcun mercato per quest’ultimo prodotto nell’Unione, in quanto l’uso principale dell’acido stearico puro era la produzione di cera AKD (alchil chetene dimero), che non era più prodotta nell’Unione.

(120)

La Commissione non ha accolto tali argomentazioni, né in merito alla capacità tecnica né agli incentivi alla produzione di acido palmitico. Per quanto concerne la capacità tecnica, durante la visita di verifica presso la sede di Cailà &Parés la Commissione ha confermato che la capacità complessiva della società in relazione alla produzione di acidi grassi era notevolmente superiore a quella dichiarata per la produzione di acido palmitico (compresi i rispettivi coprodotti o sottoprodotti) e che non erano emerse strozzature evidenti che potessero essere specifiche di un aumento della produzione di acido palmitico. Per quanto concerne gli incentivi, come indicato al considerando 118, l’inchiesta ha confermato che la produzione di acido palmitico è associata alla produzione di acido stearico. Tuttavia, contrariamente a quanto suggerito da AAK, quest’ultima produzione non è limitata all’acido stearico puro. Per Cailà & Parés, in particolare, i coprodotti della produzione di acido palmitico sono altri tipi di acido stearico venduti in quantità significative nell’Unione. La Commissione sostiene pertanto che l’istituzione di misure concernenti gli acidi grassi, compresi gli acidi palmitici e gli acidi stearici, ripristinerebbe probabilmente anche gli incentivi alla produzione di acido palmitico nell’Unione.

(121)

Il gruppo Musim Mas ha sostenuto inoltre che l’acido palmitico non era inteso essere oggetto della denuncia, in quanto la denuncia mirava a trattare gli acidi grassi destinati al consumo umano e non al consumo animale. Inoltre, secondo il gruppo Musim Mas, la produzione dell’Unione di acido palmitico non era adatta alle applicazioni concernenti i mangimi per animali in quanto utilizzava sego come materia prima e non poteva quindi soddisfare determinati requisiti, quali quelli kosher e halal. Il gruppo Musim Mas ha concluso che la Commissione aveva respinto la richiesta di esclusione semplicemente in ragione della possibilità di trasferire la fornitura di acido palmitico alla Malaysia.

(122)

La Commissione non ha accolto tali argomentazioni. Oltre al termine «alimenti», la denuncia fa esplicito riferimento ai «mangimi» (26), come applicazione dei prodotti che rientrano nel suo ambito. L’inchiesta ha inoltre dimostrato che i produttori dell’Unione utilizzano oli vegetali, compreso l’olio di palma, per la loro produzione di acido palmitico. Infine, la Commissione osserva che, come indicato in precedenza, anziché fare affidamento semplicemente ad altri produttori non dell’Unione, ha valutato altresì la capacità e gli incentivi dell’industria dell’Unione ad aumentare la sua produzione di acido palmitico.

(123)

Il gruppo Musim Mas ha dichiarato che, poiché non vi erano dazi all’esportazione o prelievi all’esportazione sull’olio di cocco, l’acido grasso prodotto a partire dall’olio di cocco non dovrebbe essere oggetto della denuncia.

(124)

La Commissione osserva che, sebbene la denuncia sostenga l’esistenza distorsioni riguardanti l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio dovute ai dazi all’esportazione e al prelievo all’esportazione ai fini dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base, la denuncia e l’inchiesta riguardano tutti i tipi di acidi grassi che rientrano nella definizione del prodotto e non solo i tipi fabbricati a partire da olio di palma greggio e da olio di palmisti greggio. In ogni caso, l’inchiesta non ha evidenziato alcun tipo di acido grasso esportato dall’Indonesia nell’UE prodotto unicamente a partire da olio di cocco. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(125)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, NYCO ha chiesto alla Commissione di escludere dalla definizione del prodotto gli acidi grassi C8-C10. A tale proposito NYCO ha dichiarato che gli acidi grassi C8-C10 sono una forma molto specifica di acidi grassi prodotti in quantità limitate nell’Unione. Anche questo acido grasso era importato dall’Indonesia e dalla Malaysia. NYCO ha asserito che dal settembre 2021 a livello mondiale è stata registrata una carenza di acidi grassi C8-C10 sul mercato, con un conseguente aumento significativo del prezzo di tale acido grasso. NYCO ha sostenuto che l’istituzione di dazi antidumping su questo prodotto avrebbe conseguenze molto negative sulla sua competitività e redditività a livello mondiale e ha chiesto alla Commissione di escludere tale acido grasso dalla definizione del prodotto.

(126)

La Commissione ha rilevato che le osservazioni sulla definizione del prodotto avrebbero dovuto essere presentate nelle prime fasi dell’inchiesta, al fine di concedere un tempo sufficiente per valutarne il merito e dare alle altre parti interessate la possibilità di rispondere a tali osservazioni. NYCO non ha inoltre presentato alcuna caratteristica fisica, chimica e tecnica di base capace di differenziare tale tipo di acidi grassi dagli altri tipi di acidi grassi oggetto dell’inchiesta. Per quanto concerne i punti sostanziali della richiesta, in particolare per quanto riguarda l’interesse dell’Unione, detti punti sono trattati nel considerando 470. Tenendo conto di tali considerazioni, l’argomentazione è stata respinta.

(127)

Nelle sue osservazioni formulate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, Wilmar ha affermato che il prodotto oggetto delle misure dovrebbe esplicitamente escludere dal calcolo delle importazioni tutti i prodotti aventi codici TARIC.

(128)

La Commissione ha confermato che la descrizione del prodotto in esame di cui sopra era compatibile con il calcolo delle importazioni. I codici TARIC utilizzati per descrivere il prodotto sono forniti a titolo puramente informativo.

3.   DUMPING

3.1.   Valore normale

(129)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, «il valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore».

(130)

La Commissione ha dapprima verificato se il volume totale delle vendite sul mercato interno di ciascun produttore esportatore che ha collaborato incluso nel campione fosse rappresentativo, conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base. Su tale base, le vendite totali del prodotto simile effettuate sul mercato interno da ciascun produttore esportatore incluso nel campione sono risultate rappresentative.

(131)

La Commissione ha successivamente individuato i tipi di prodotto venduti sul mercato interno che sono identici o comparabili ai tipi venduti per l’esportazione verso l’Unione per entrambi i produttori esportatori.

(132)

La Commissione ha poi verificato se le vendite sul mercato interno di ciascun produttore esportatore incluso nel campione per ogni tipo di prodotto identico o comparabile a un tipo di prodotto venduto per l’esportazione nell’Unione fossero rappresentative, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento di base. La Commissione ha stabilito che le vendite sul mercato interno di alcuni tipi di prodotto non erano rappresentative per entrambi i produttori esportatori inclusi nel campione.

(133)

La Commissione ha definito poi, per ciascun tipo di prodotto, la percentuale di vendite remunerative ad acquirenti indipendenti effettuate sul mercato interno durante il periodo dell’inchiesta, al fine di decidere se utilizzare le vendite effettivamente realizzate sul mercato interno per il calcolo del valore normale, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento di base.

(134)

Il valore normale si basa sul prezzo effettivo praticato sul mercato interno per tipo di prodotto, a prescindere dal fatto che le vendite siano o no remunerative, se:

a)

il volume delle vendite del tipo di prodotto, venduto a un prezzo di vendita netto pari o superiore al costo di produzione calcolato, rappresentava oltre l’80 % del volume totale delle vendite di questo tipo di prodotto; e

b)

la media ponderata del prezzo di vendita di tale tipo di prodotto è pari o superiore al costo unitario di produzione.

(135)

Nel presente caso, il valore normale è pari alla media ponderata dei prezzi di tutte le vendite sul mercato interno di quel tipo di prodotto durante il periodo dell’inchiesta.

(136)

Il valore normale è il prezzo reale praticato sul mercato interno per tipo di prodotto per le sole vendite remunerative dei tipi di prodotto effettuate sul mercato interno durante il periodo dell’inchiesta se:

a)

il volume delle vendite remunerative del tipo di prodotto rappresenta una percentuale pari o inferiore all’80 % del volume totale delle vendite di tale tipo di prodotto; oppure

b)

la media ponderata dei prezzi di tale tipo di prodotto è inferiore al costo unitario di produzione.

(137)

Dall’analisi delle vendite sul mercato interno è emerso che almeno l’80 % delle vendite sul mercato interno di ciascun tipo di prodotto era remunerativo e che la media ponderata del prezzo di vendita era superiore al costo di produzione. Il valore normale è stato pertanto calcolato come media ponderata dei prezzi di tutte le vendite sul mercato interno di quei tipi di prodotto durante il periodo dell’inchiesta.

(138)

Per alcuni tipi di prodotto per i quali, nel corso di normali operazioni commerciali, non vi erano vendite del prodotto simile oppure se tali vendite riguardavano quantitativi insufficienti oppure se un tipo di prodotto non era stato venduto in quantità rappresentative sul mercato interno, la Commissione ha costruito il valore normale in conformità dell’articolo 2, paragrafi 3 e 6, del regolamento di base, a meno che non si ritenesse più appropriato utilizzare il prezzo di un tipo di prodotto sufficientemente comparabile venduto sul mercato interno che potesse essere adeguato per tener conto delle differenze inerenti alle caratteristiche fisiche al fine di garantire un confronto equo con il prezzo all’esportazione pertinente, come indicato al considerando 145.

(139)

Per alcuni tipi di prodotto, il valore normale è stato costruito sommando al costo medio di produzione del prodotto simile dei produttori esportatori che hanno collaborato inclusi nel campione durante il periodo dell’inchiesta i seguenti elementi:

a)

la media ponderata delle spese generali, amministrative e di vendita («SGAV») sostenute dai produttori esportatori inclusi nel campione che hanno collaborato in relazione alle vendite del prodotto simile effettuate sul mercato interno nel corso di normali operazioni commerciali, durante il periodo dell’inchiesta; e

b)

la media ponderata del profitto dei produttori esportatori inclusi nel campione che hanno collaborato realizzato con le vendite del prodotto simile sul mercato interno nel corso di normali operazioni commerciali durante il periodo dell’inchiesta.

(140)

Per i tipi di prodotto non venduti in quantitativi rappresentativi sul mercato interno, è stata aggiunta la media delle SGAV e dei profitti relativi alle operazioni effettuate, nel corso di normali operazioni commerciali, sul mercato interno per questi tipi di prodotto. Per i tipi di prodotto non venduti affatto sul mercato interno è stata aggiunta la media ponderata delle SGAV e dei profitti relativi a tutte le transazioni eseguite nel corso di normali operazioni commerciali sul mercato interno.

3.2.   Prezzo all’esportazione

(141)

I produttori esportatori inclusi nel campione hanno esportato nell’Unione tramite società collegate che operavano in qualità di importatori nell’Unione.

(142)

Il prezzo all’esportazione è stato pertanto stabilito in base al prezzo al quale il prodotto importato è stato rivenduto per la prima volta ad acquirenti indipendenti nell’Unione, conformemente all’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base. Nel presente caso, al prezzo sono stati applicati adeguamenti per tenere conto di tutte le spese sostenute tra l’importazione e la rivendita, comprese le SGAV nonché idei profitti realizzati.

(143)

Per quanto riguarda il margine di profitto, a causa dell’omessa collaborazione da parte di importatori indipendenti di cui al considerando 38, la Commissione ha deciso di ricorrere al margine di profitto utilizzato in un precedente procedimento riguardante un altro prodotto chimico fabbricato da un’industria simile e importato in circostanze analoghe, vale a dire un margine di profitto del 6,89 % (27) stabilito nella recente inchiesta sugli alcoli polivinilici (PVA).

3.3.   Confronto

(144)

La Commissione ha confrontato il valore normale e il prezzo all’esportazione a livello franco fabbrica dei produttori esportatori inclusi nel campione.

(145)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base, ove giustificato dalla necessità di garantire un confronto equo, la Commissione ha adeguato il valore normale e/o il prezzo all’esportazione per tenere conto delle differenze che influiscono sui prezzi e sulla loro comparabilità. Sono stati applicati adeguamenti per tener conto delle differenze riguardanti le caratteristiche fisiche, la movimentazione, il carico e le spese accessorie, il trasporto nel paese interessato, l’assicurazione nazionale, il nolo marittimo nazionale, il trasporto nell’Unione, i costi del credito, le spese bancarie, il nolo marittimo, l’assicurazione marittima, le spese di imballaggio, le spese di garanzia e le commissioni.

(146)

È stato effettuato un adeguamento, a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), per tener conto delle vendite realizzate tramite società commerciali collegate. Si è constatato che le funzioni degli operatori commerciali a Singapore e nel Regno Unito erano simili a quelle di un agente. Tali operatori cercavano e stabilivano contatti con i clienti, si assumevano la responsabilità del processo di vendita, percepivano un rialzo a titolo dei loro servizi e vendevano un’ampia gamma di prodotti diversi dal prodotto in esame. L’adeguamento è consistito nelle SGAV delle società commerciali e nel profitto di cui al considerando 143.

(147)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, Wilmar ha asserito di costituire un’entità economica unica con il suo operatore commerciale collegato a Singapore (WTPL) e che pertanto non dovrebbero essere applicati adeguamenti a norma dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base per le vendite effettuate da WTPL. Nella versione riservata delle sue osservazioni, Wilmar ha illustrato in maniera più dettagliata tale argomentazione. Wilmar ha inoltre sostenuto che, anche se Wilmar e WTPL non costituissero un’entità economica unica, le condizioni per l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 10, lettera i), del regolamento di base non erano soddisfatte nel caso delle vendite di Wilmar tramite WETBV e Volac Wilmar Feed Ingredients Ltd («VWFI»). Wilmar ha asserito che erano WETBV e VWFI, e non WTPL, che cercavano clienti, avevano instaurato contatti con loro, si assumevano la responsabilità del processo di vendita e avevano percepito un rialzo a titolo dei loro servizi. Wilmar ha fatto riferimento ai contratti di vendita, agli ordini di acquisto, alle fatture, alle polizze di carico, ai documenti di sdoganamento, alle conferme di sdoganamento e agli estratti bancari che sono tutti intestati a WETBV e VWFI, e non a WTPL. WTPL non sarebbe quindi stata coinvolta nelle vendite effettuate da WETBV e VWFI a parti indipendenti nell’UE e non svolgeva quindi funzioni analoghe a quelle di un agente. Di conseguenza non dovrebbe esservi alcun adeguamento al fine di tenere conto delle SGAV e dei profitti di WTPL in relazione alle vendite dell’UE realizzate da Wilmar attraverso WETBV e VWFI. Wilmar ha fatto altresì riferimento all’inchiesta antidumping relativa alle importazioni di miscugli di urea e nitrato di ammonio originari della Russia (28). Nel contesto di tale inchiesta un esportatore russo aveva venduto il prodotto oggetto dell’inchiesta prima a un operatore commerciale collegato in Svizzera che successivamente lo rivendeva all’importatore collegato nell’UE, e la Commissione aveva adeguato i prezzi di vendita a un acquirente indipendente nell’UE al fine di tenere conto soltanto delle SGAV e dei profitti dell’importatore collegato nell’UE a norma dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base, ma non del profitto dell’operatore commerciale collegato avente sede in Svizzera. Nelle sue osservazioni in seguito all’ulteriore divulgazione delle informazioni, Wilmar ha sostenuto che, poiché per il calcolo del prezzo all’esportazione la Commissione ha utilizzato il metodo seguito nell’inchiesta sul biodiesel (di cui al considerando 163) per P.T. Musim Mas, in base al principio di non discriminazione la Commissione dovrebbe utilizzare anche per WINA il metodo seguito nell’inchiesta sul biodiesel e, in particolare, costruire un prezzo all’esportazione senza detrazioni delle SGAV e dei profitti di WTPL.

(148)

La Commissione ha esaminato attentamente le osservazioni di Wilmar ricevute in seguito alla divulgazione finale e alle ulteriori divulgazioni finali delle informazioni e, sulla base di tutti i fattori pertinenti, ha ritenuto che gli elementi di prova presentati da Wilmar giustificassero il trattamento di Wilmar e WTPL come un’entità economica unica.

(149)

Wilmar ha inoltre contestato l’utilizzo del margine di profitto del 6,89 % di cui al considerando 143, sostenendo che era obsoleto, non teneva conto del recente andamento del mercato, quali fluttuazioni significative dei prezzi delle materie prime e dei costi di trasporto, e non era applicabile al prodotto in esame.

(150)

Come spiegato al considerando 38, nessun importatore indipendente ha collaborato alla presente inchiesta. Di conseguenza, in assenza di dati alternativi utilizzabili presenti nel fascicolo, la Commissione ha deciso di utilizzare il margine di profitto stabilito nella recente inchiesta sugli alcoli polivinilici. Tale margine di profitto costituisce la base più obiettiva disponibile per ottenere una stima soddisfacente di un prezzo all’esportazione in linea con le condizioni di mercato e quindi di un prezzo all’esportazione ragionevole, sulla base di dati dettagliati sulle vendite di un prodotto simile. La Commissione ha osservato che Wilmar non aveva suggerito altre alternative. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(151)

Wilmar ha inoltre asserito che il margine di profitto stabilito nell’inchiesta sugli alcoli polivinilici riguardava un importatore indipendente nell’Unione e ha pertanto sostenuto che non era applicabile nel presente caso ai fini dell’adeguamento dei profitti di un operatore commerciale di un paese terzo la cui attività è diversa da quella di un importatore nell’Unione.

(152)

È prassi della Commissione utilizzare il profitto di un importatore indipendente nell’Unione come indicatore del profitto di un operatore commerciale in un paese terzo in assenza di dati alternativi utilizzabili presenti nel fascicolo. La Commissione ha osservato che Wilmar non aveva suggerito altre alternative. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(153)

Per quanto concerne la costruzione del valore normale per l’NCP (numero di controllo del prodotto) le cui vendite non sono state considerate effettuate nel corso di normali operazioni commerciali in ragione del prezzo, Wilmar ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto calcolare il margine di profitto sulla base di tutte le vendite sul mercato interno, comprese quelle relative all’NCP per il quale il valore normale doveva essere costruito. Secondo Wilmar, dato che nel complesso per tutti gli NCP considerati complessivamente, le vendite remunerative sul mercato interno rappresentano oltre l’80 % del totale delle vendite sul mercato interno, tutte queste ultime vendite devono essere considerate effettuate nel corso di normali operazioni commerciali.

(154)

La Commissione ha rilevato che l’argomentazione di Wilmar è intrinsecamente contraddittoria e, in ogni caso, combina due disposizioni del regolamento di base. Innanzitutto, per quanto concerne la contraddizione intrinseca, l’argomentazione di Wilmar perde di vista il fatto che la verifica delle normali operazioni commerciali è condotta a livello di ciascun NCP. L’obiettivo è determinare, per ciascun NCP, se le vendite in questione sono effettuate nel corso di normali operazioni commerciali in relazione ai costi pertinenti. Nel caso in esame, proprio perché le vendite di detto NCP non sono state considerate effettuate nel corso di normali operazioni commerciali è stato necessario costruire il valore normale di tale NCP. Pur non contestando tale conclusione cui la Commissione è giunta sulla base dell’articolo 2, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento di base, Wilmar sostiene che le stesse vendite dovrebbero comunque essere utilizzate per il calcolo di un margine di profitto nel corso di normali operazioni commerciali ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6, del medesimo regolamento. La Commissione ha espresso disaccordo. Le vendite che sono state legittimamente considerate non essere state effettuate nel corso di normali operazioni commerciali e che potrebbero pertanto essere escluse dalla determinazione del valore normale (che Wilmar non contesta) non possono essere successivamente utilizzate per calcolare un margine di profitto nel corso di normali operazioni commerciali. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(155)

Wilmar ha inoltre sostenuto che per i tipi di prodotto venduti tanto sul mercato interno quanto su quello di esportazione, nel costruire il valore normale la Commissione avrebbe dovuto utilizzare i dati relativi al costo di produzione per l’esportazione (tabella del costo di produzione per le esportazioni nell’UE e non il costo di produzione per il mercato interno). A questo proposito Wilmar ha fatto riferimento alla sentenza nelle cause riunite 273/85 e 107/86 (29), che al punto 16 affermava che «la costruzione del valore normale mira a determinare il prezzo a cui un prodotto sarebbe venduto se fosse posto in vendita nel suo paese d’origine o di esportazione».

(156)

La Commissione ha rilevato che la stessa sentenza al medesimo punto precisa che «[d]i conseguenza, sono le spese relative alle vendite sul mercato interno che vanno prese in considerazione», e quindi il costo di produzione sul mercato interno. Si ricorda inoltre che il valore normale è il prezzo pagato o pagabile, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore e che pertanto per costruire il valore normale la Commissione deve utilizzare il costo di produzione del prodotto venduto sul mercato interno e non quello per i prodotti esportati. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(157)

Wilmar ha asserito altresì che le vendite collegate del suo importatore nell’Unione dovrebbero essere escluse dal calcolo del margine di dumping, sostenendo che era prassi abituale della Commissione escludere da tale calcolo le vendite effettuate a parti collegate ai fini di un uso vincolato, dato che in tali casi è impossibile stabilire un prezzo all’esportazione sulla base del prezzo al quale il prodotto importato è stato rivenduto per la prima volta ad acquirenti indipendenti nell’Unione, conformemente all’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base.

(158)

La Commissione ha espresso disaccordo con tale argomentazione. La Commissione non è solita seguire tale prassi. Di fatto, secondo la relazione sulla conformità dell’organo d’appello nella causa EC – Fasteners (DS397) (30), i calcoli del dumping devono riguardare il 100 % delle operazioni di esportazione. Inoltre, come specificato all’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base, se i prodotti non sono rivenduti ad un acquirente indipendente, il prezzo può essere stabilito conformemente a qualsiasi base equa. Di conseguenza, in considerazione del fatto che il volume di tali vendite rappresenta circa l’1 % delle esportazioni totali nell’Unione e che il prezzo praticato ad acquirenti collegati è leggermente inferiore a quello praticato ad acquirenti indipendenti, la Commissione ha riveduto il calcolo del prezzo all’esportazione utilizzando il prezzo praticato ad acquirenti indipendenti come approssimazione del prezzo praticato ad acquirenti collegati per gli stessi tipi di prodotto.

(159)

Wilmar ha asserito altresì che le SGAV del suo importatore collegato nell’Unione dovrebbero essere stabilite escludendo i costi finanziari. Nella versione riservata delle sue osservazioni, Wilmar ha illustrato in maniera più dettagliata tale argomentazione.

(160)

La Commissione ha espresso disaccordo con tale argomentazione. Ulteriori dettagli della valutazione della Commissione sono stati forniti a Wilmar nel documento specifico di divulgazione delle informazioni ad esso destinato, giacché tale valutazione includeva informazioni commerciali riservate.

(161)

Wilmar ha affermato altresì che la Commissione aveva dedotto due volte talune spese di WETBV, una volta come detrazione nel calcolo del prezzo all’esportazione e successivamente considerandole incluse nelle SGAV. Nella versione riservata delle sue osservazioni, Wilmar ha illustrato in maniera più dettagliata tale argomentazione.

(162)

Questa argomentazione è stata ritenuta giustificata e la Commissione ha pertanto acconsentito a rivedere di conseguenza il calcolo del prezzo all’esportazione.

(163)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Musim Mas ha sostenuto che, in considerazione del fatto che la Commissione aveva concluso ai considerando da 388 a 400 che il costo di produzione delle vendite sul mercato interno era distorto dai dazi e dai prelievi all’esportazione istituiti dal governo indonesiano sull’olio di palma greggio e sull’olio di palmisti greggio, unitamente a un prezzo massimo, ciò significava che anche il margine di profitto risultante dal confronto tra il costo di produzione per le vendite sul mercato interno e le vendite sul mercato interno era distorto e non poteva essere utilizzato come margine di profitto per il valore normale costruito. A tale proposito il gruppo Musim Mas ha fatto riferimento all’inchiesta sul biodiesel (31) nel contesto della quale la Commissione non ha utilizzato il profitto effettivo delle vendite sul mercato interno. Il gruppo Musim Mas ha asserito altresì che la Commissione aveva utilizzato un profitto del 6 % come parametro di riferimento per la sua analisi dell’industria dell’Unione, mentre aveva utilizzato un margine di profitto nove volte superiore per costruire il valore normale. Di conseguenza il gruppo Musim Mas ha affermato che la Commissione aveva utilizzato un margine di profitto irragionevole per costruire il valore normale. Il gruppo Musim Mas ha asserito altresì che, poiché la Commissione aveva utilizzato costi distorti per calcolare un profitto distorto, ciò aveva determinato un margine di dumping distorto superiore al margine di pregiudizio, il quale a sua volta ha creato una situazione per cui la Commissione poteva invocare l’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base per esaminare gli stessi costi e concludere che tali costi erano soggetti a distorsioni. Il gruppo Musim Mas ha pertanto affermato che la Commissione dovrebbe utilizzare un tasso di profitto esente da distorsioni per costruire il valore normale nel suo calcolo del dumping prima di applicare l’articolo 7, paragrafo 2 bis, oppure non applicare affatto l’articolo 7, paragrafo 2 bis.

(164)

La Commissione non concorda con tale argomentazione. Musim Mas sta combinando disposizioni diverse del regolamento di base, ossia l’articolo 2, paragrafi da 1 a 7, per la determinazione del valore normale e l’articolo 7, paragrafo 2 bis, per la determinazione del livello delle misure. Di norma la Commissione non può ignorare il profitto reale degli esportatori delle vendite sul mercato interno ai fini della costruzione del valore normale in un paese, fatto salvo il caso in cui tale approccio possa essere respinto a norma dell’articolo 2, paragrafo 6, o dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base. Inoltre l’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base non riguarda il calcolo del valore normale. L’articolo 7, paragrafo 2 bis, consente alla Commissione di determinare le misure al livello del margine di dumping in situazioni nelle quali il denunciante ha sostenuto l’esistenza di distorsioni concernenti le materie prime e l’inchiesta conferma tali asserzioni. Il valore normale è calcolato in modo isolato rispetto a questa disposizione. Di conseguenza la Commissione non può trascurare il margine di profitto delle vendite sul mercato interno effettuate nel corso di normali operazioni commerciali. Per quanto concerne la metodologia utilizzata dalla Commissione nell’inchiesta sul biodiesel menzionata dal gruppo Musim Mas, si sottolinea che tale metodologia è stata respinta tanto dal Tribunale nelle cause Musim Mas/ Consiglio (32), Pelita Agung Agrindustri/Consiglio (33) e Wilmar Bioenergi Indonesia e Wilmar Nabati Indonesia/ Consiglio (34), quanto dal panel dell’OMC nella causa EU — Biodiesel (Indonesia) (35) [UE — Biodiesel (Indonesia)]. Per quanto concerne il margine di profitto del 6 % indicato dal gruppo Musim Mas, si tratta del profitto di riferimento dell’industria dell’Unione, che è un concetto diverso dal margine di profitto delle vendite sul mercato interno effettuate nel corso di normali operazioni commerciali per gli esportatori. Il profitto di riferimento è il profitto minimo previsto dal regolamento di base per il calcolo del prezzo indicativo e del margine di pregiudizio. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(165)

Il gruppo Musim Mas ha asserito altresì che ICOF Singapore funge da unità di commercializzazione di Musim Mas Holdings («MMH») e delle sue controllate. MMH è la capogruppo di vari soggetti. Di conseguenza, secondo il gruppo Musim Mas, MMH è una persona giuridica aziendale consolidata che costituisce un’entità economica unica. È stato affermato altresì che Musim Mas era detenuta al 95 % da Musim Mas Resources, la quale a sua volta è detenuta al 99,95 % da MMH. ICOF Europe è una controllata al 100 % di ICOF Singapore. Inoltre il gruppo Musim Mas ha dichiarato che tutti i conti, comprese le informazioni sui profitti e sulle perdite, venivano consolidati nel contesto di MMH. Di conseguenza, è stato affermato che, poiché MMH è un’entità economica unica, il profitto utilizzato dalla Commissione per calcolare il tasso di dumping per il gruppo Musim Mas dovrebbe comprendere tutti i profitti di MMH e della sua controllata in quanto Musim Mas, ICOF Singapore e ICOF Europe sono tutte controllate di MMH. Di conseguenza la Commissione non dovrebbe detrarre il profitto del 6,9 % per le vendite effettuate tramite ICOF Europe, in quanto ciò comporterebbe una duplicazione dell’adeguamento del profitto derivante dal profitto del valore normale costruito oppure dal profitto generato dalle vendite effettuate sul mercato interno. Inoltre, per quanto concerne ICOF Singapore, la Commissione non avrebbe dovuto dedurre il profitto ipotetico del 6,9 % e le SGAV effettive di ICOF Singapore. A tale proposito il gruppo Musim Mas ha fatto riferimento all’inchiesta sul biodiesel nel contesto della quale la Commissione ha detratto il margine effettivo di ICOF Singapore per il biodiesel.

(166)

La Commissione ha contestato l’argomentazione del gruppo Musim Mas secondo la quale Musim Mas e ICOF Singapore costituiscono un’entità economica unica. La Commissione non ha ritenuto che Musim Mas avesse dimostrato, sulla base di tutti i fattori pertinenti, che Musim Mas e ICOF Singapore costituivano una tale entità economica unica. Dall’inchiesta è emerso di fatto che le vendite tra Musim Mas e ICOF Singapore erano disciplinate da un accordo quadro. Inoltre, come ricordato al considerando 146, ICOF Singapore vendeva un’ampia gamma di prodotti diversi dal prodotto in esame e non ha partecipato ad alcuna delle vendite sul mercato interno di Musim Mas. Ulteriori dettagli della valutazione della Commissione sono stati forniti a Musim Mas nel documento specifico di divulgazione delle informazioni ad esso destinato, giacché tale valutazione includeva informazioni commerciali riservate.

(167)

Tuttavia, in considerazione di tale accordo quadro, la Commissione ha riveduto il calcolo del prezzo all’esportazione per le vendite tramite ICOF Singapore deducendo il margine effettivo dal prezzo all’esportazione anziché il profitto dell’importatore indipendente e le SGAV di ICOF Singapore.

(168)

Per quanto concerne le vendite all’esportazione tramite l’importatore collegato ICOF Europe, la Commissione non concorda con l’argomentazione secondo la quale non dovrebbe essere detratto alcun profitto dell’importatore indipendente e delle SGAV. Dato che ICOF Europe è un importatore nell’Unione, il prezzo all’esportazione delle sue vendite nell’Unione dovrebbe essere stabilito a norma dell’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base.

3.4.   Margini di dumping

(169)

Per i produttori esportatori che hanno collaborato inclusi nel campione, la Commissione ha confrontato la media ponderata del valore normale di ciascun tipo di prodotto simile e la media ponderata del prezzo all’esportazione del corrispondente tipo di prodotto in esame, conformemente all’articolo 2, paragrafi 11 e 12, del regolamento di base.

(170)

Su tale base, la media ponderata dei margini di dumping definitivi, espressa in percentuale del prezzo cif franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, è la seguente:

Società

Margine di dumping definitivo

P.T. Musim Mas

46,4 %

P.T. Wilmar Nabati Indonesia

15,2 %

(171)

Per i produttori esportatori che hanno collaborato non inclusi nel campione la Commissione ha calcolato la media ponderata del margine di dumping conformemente all’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base. Tale margine è stato quindi fissato sulla base dei margini calcolati per i produttori esportatori inclusi nel campione.

(172)

Su tale base, il margine di dumping definitivo dei produttori esportatori che hanno collaborato non inclusi nel campione è pari al 26,6 %.

(173)

Per tutti gli altri produttori esportatori dell’Indonesia la Commissione ha stabilito il margine di dumping in base ai dati disponibili, in conformità dell’articolo 18 del regolamento di base. A tal fine la Commissione ha determinato il livello di collaborazione dei produttori esportatori. Il livello di collaborazione corrisponde al volume delle esportazioni nell’Unione dei produttori esportatori che hanno collaborato, espresso come percentuale delle importazioni totali nell’Unione dal paese interessato durante il periodo dell’inchiesta, stabilite sulla base del metodo di cui al considerando 195.

(174)

Il livello di collaborazione nel presente caso è stato elevato perché le esportazioni dei produttori esportatori che hanno collaborato coprivano la totalità delle importazioni durante il periodo dell’inchiesta. Su tale base la Commissione ha deciso di stabilire il margine di dumping per i produttori esportatori che non hanno collaborato al livello della società inclusa nel campione con il margine di dumping più elevato.

(175)

I margini di dumping definitivi, espressi in percentuale del prezzo cif franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, sono i seguenti:

Società

Margine di dumping definitivo

P.T. Musim Mas

46,4 %

P.T. Wilmar Nabati Indonesia

15,2 %

Altre società che hanno collaborato

26,6 %

Tutte le altre società

46,4 %

(176)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Greven ha sostenuto che la Commissione non era stata sufficientemente trasparente nel calcolo dei margini di dumping e che avrebbe dovuto divulgare maggiori informazioni al riguardo.

(177)

La Commissione ha espresso disaccordo con tale argomentazione. La metodologia di calcolo è spiegata in maniera dettagliata ai considerando da 129 a 175. Tuttavia la Commissione non può divulgare i calcoli dei margini di dumping individuali dei produttori esportatori inclusi nel campione ad altre parti interessate, in quanto tali calcoli contengono informazioni riservate. La Commissione ha comunicato i dettagli dei calcoli ai produttori esportatori inclusi nel campione e questi ultimi hanno avuto la possibilità di formulare osservazioni al riguardo. La Commissione ha esaminato tali osservazioni nei considerando da 147 a 168 e ha riveduto i calcoli laddove opportuno. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

(178)

Il gruppo Greven ha sostenuto altresì che l’elevata differenza tra i margini di dumping dei due produttori esportatori inclusi nel campione non sembrava ragionevole.

(179)

I margini di dumping dei due produttori esportatori inclusi nel campione sono stati calcolati sulla base dei dati relativi alle loro vendite e ai loro costi, verificati in occasione della visita di verifica in loco presso le loro sedi. Il fatto che per un produttore esportatore il margine di dumping fosse superiore a quello dell’altro produttore esportatore è irrilevante. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

4.   PREGIUDIZIO

4.1.   Definizione di industria dell’Unione e produzione dell’Unione

(180)

Dall’inchiesta è emerso che 15 produttori dell’Unione fabbricavano il prodotto simile durante il periodo dell’inchiesta. Essi costituiscono «l’industria dell’Unione» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base.

(181)

La produzione totale dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta ammontava a circa 872 000 tonnellate. La Commissione ha stabilito tale cifra sulla base dei dati macroeconomici contenuti nel questionario fornito dalla CUTFA. I produttori dell’Unione inclusi nel campione rappresentavano il 61 % della produzione totale dell’Unione del prodotto simile.

(182)

Wilmar e il gruppo Musim Mas hanno sostenuto che alcuni produttori dell’Unione dovrebbero essere esclusi dalla definizione di industria dell’Unione perché sono in rapporto con i produttori indonesiani e malesi del prodotto in esame. In particolare Wilmar e il gruppo Musim Mas hanno affermato che KLK, un produttore dell’Unione incluso nel campione, faceva parte di un gruppo malese collegato a un produttore di acidi grassi in Indonesia. Wilmar e il gruppo Musim Mas hanno inoltre affermato che Oleon era collegato a un produttore malese di acidi grassi, Oleon Asia-Pacific Sdn Bhd e Oleon Port Klang Sdn Bhd, che esportava nell’Unione ed era in concorrenza con le importazioni dall’Indonesia. Anche il governo dell’Indonesia ha chiesto alla Commissione di esaminare tale argomentazione.

(183)

Dall’esame dell’argomentazione di cui sopra è emerso che KLK importava quantità limitate di acidi grassi dall’Indonesia e che meno del 5 % delle sue vendite nell’Unione erano rivendite di prodotti importati. Inoltre il fatto che Oleon fosse collegata a una società in Malaysia non è pertinente ai fini della presente inchiesta, in quanto quest’ultima riguarda importazioni dall’Indonesia. La Commissione non ha pertanto riscontrato motivi per escludere tale società dalla definizione di industria dell’Unione, né per il fatto di essere un importatore di acidi grassi, né a causa del suo rapporto con società in Indonesia o in Malaysia.

(184)

Wilmar ha altresì affermato che Temix International - Temix Oleo faceva parte dello stesso gruppo di società di P.T. Sinar Mas Agro Resources and Technology TbK, un produttore esportatore indonesiano. Golden Agri Resources Ltd deteneva una partecipazione del 92 % in P.T. Sinar Mas e del 25 % in Temix Oleo s.r.l. Pertanto Wilmar ha sostenuto che, sulla base di tale rapporto, Temix Oleo S.r.l. avrebbe dovuto essere esclusa dalla definizione di industria dell’Unione.

(185)

Va tuttavia osservato che Temix International — Temix Oleo non era un produttore incluso nel campione e che i dati relativi a tale società sono stati utilizzati solo per stabilire tendenze macroeconomiche, quali i volumi di vendita e di produzione. Poiché tali dati non potevano essere distorti a causa di un rapporto con un produttore esportatore, non si è ritenuto opportuno esaminare ulteriormente la questione.

4.2.   Consumo dell’Unione

(186)

La Commissione ha stabilito il consumo dell’Unione sulla base dei dati verificati dell’industria dell’Unione forniti dalla CUTFA riguardanti le vendite sul mercato libero dell’UE e i trasferimenti per uso vincolato da parte di tutti i 15 produttori inclusi nella definizione di industria dell’Unione. I volumi delle importazioni da tutti i paesi sono stati ottenuti da Eurostat.

(187)

Gli acidi grassi sono generalmente venduti sul mercato libero, ma possono anche essere utilizzati come materiale intermedio per la fabbricazione di prodotti a valle. La Commissione ha constatato che circa l’11 % della produzione del prodotto simile da parte dei produttori dell’Unione era destinata all’uso vincolato. Tali quantitativi erano semplicemente trasferiti (senza fatturazione) e/o consegnati a prezzi di trasferimento, nell’ambito della stessa società o dello stesso gruppo di società per essere ulteriormente trasformati a valle.

(188)

Per fornire un quadro quanto più completo possibile dell’industria dell’Unione, la Commissione ha raccolto dati sull’intera attività legata al prodotto e ha determinato la produzione destinata a un uso vincolato e quella destinata al mercato libero.

(189)

La tabella 1 mostra che solo una piccola parte della produzione totale dell’industria dell’Unione era destinata a un uso vincolato durante il periodo in esame. Essa evidenzia inoltre che in tale periodo il mercato vincolato è rimasto stabile, con una percentuale pari a circa l’8 % del consumo. A fini di completezza, e ove opportuno, i dati relativi al modesto mercato vincolato sono presentati e analizzati separatamente nell’ambito della valutazione globale dell’indicatore di pregiudizio pertinente. Per altri indicatori, quali produzione, capacità, produttività, occupazione e salari, i dati riportati di seguito si riferiscono all’intera attività e la separazione dei dati non risulta necessaria.

(190)

Il consumo dell’Unione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 1

Consumo dell’Unione (in tonnellate)

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Consumo totale dell’Unione

1 278 072

1 295 034

1 240 681

1 219 265

Indice

100

101

97

95

Mercato vincolato

92 607

92 409

87 133

94 575

Indice

100

100

94

102

Consumo sul mercato libero

1 185 465

1 202 625

1 153 549

1 124 691

Indice

100

101

97

95

Fonte:

CUTFA ed Eurostat.

(191)

Nel periodo in esame il consumo sul mercato libero nell’Unione è diminuito del 5 %. Da un’analisi dettagliata si evince che dal 2018 al 2019 il mercato dell’Unione è aumentato dell’1 %, passando da circa 1,19 a 1,20 milioni di tonnellate e nel 2020 ha registrato un calo del 4 % attestandosi a circa 1,15 milioni di tonnellate. Nel periodo dell’inchiesta il consumo del mercato libero è diminuito di un ulteriore 2,5 %, raggiungendo 1,12 milioni di tonnellate.

(192)

La fluttuazione e la diminuzione complessiva nel periodo in esame erano imputabili all’andamento di alcuni settori di utilizzatori, come quello delle pulizie domestiche, spesso a causa di fattori legati alla pandemia di COVID-19, in particolare nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta. A parte questo fenomeno temporaneo, i produttori dell’Unione ritenevano che la domanda di acidi grassi sul mercato dell’Unione fosse in generale stabile.

(193)

Le tendenze e l’evoluzione del mercato complessivo (compreso l’uso vincolato) sono state molto simili a quelle osservate nel mercato libero.

(194)

L’andamento del mercato vincolato è illustrato e analizzato nella tabella 5.

4.3.   Importazioni dal paese interessato

4.3.1.   Volume e quota di mercato delle importazioni dal paese interessato

(195)

La Commissione ha stabilito il volume delle importazioni in base ai dati Eurostat raccolti per i codici NC e TARIC menzionati nell’avviso di apertura. Al fine di ottenere dati attendibili sulle importazioni del prodotto in esame, i dati disponibili sulle importazioni sono stati adeguati perché non tutti i codici erano pienamente correlati al prodotto in esame. Per i codici delle importazioni parzialmente correlati al prodotto in esame, è stata ottenuta una percentuale dai codici TARIC stabilita alla data dell’avviso di apertura. I dati riguardavano il periodo compreso tra dicembre 2021 e aprile 2022. Per tali codici è stata calcolata una percentuale sia per le importazioni dall’Indonesia sia per quelle provenienti da paesi terzi. Per tutti i paesi è stata applicata un’ulteriore detrazione del 2 % sul volume delle importazioni per comprendere le importazioni registrate con i codici pertinenti, ma inferiori al 97 % in termini di grado di scissione. La misura del 2 % è stata calcolata sulla base delle risposte al modulo di campionamento dei produttori esportatori che hanno collaborato, i quali hanno rivisto le risposte date a seguito del chiarimento fornito dalla Commissione in merito alla definizione del prodotto di cui al considerando 71.

(196)

Il metodo di calcolo delle importazioni di cui sopra è stato descritto in una nota al fascicolo datata 2 giugno 2022 e le parti interessate hanno avuto la possibilità di presentare osservazioni al riguardo. Il volume delle importazioni non comprende gli acidi grassi che sono stati esclusi dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta.

(197)

Diverse parti interessate hanno presentato osservazioni sulla nota, ma non si sono opposte al metodo in quanto tale, né hanno suggerito un metodo alternativo per stabilire in modo affidabile i volumi delle importazioni di acidi grassi oggetto dell’inchiesta.

(198)

La CUTFA ha sostenuto che l’adeguamento del 2 % non fosse appropriato, sostenendo che il metodo della Commissione basato su percentuali teneva già conto degli acidi grassi con un grado di scissione pari almeno al 97 %.

(199)

La Commissione ha osservato che, almeno fino alla fine di aprile 2022, la descrizione dei codici elencati nella denuncia non contemplava il criterio riguardante il grado di scissione. Pertanto la proposta di abbandonare l’adeguamento del 2 % non era giustificata e non ha potuto essere accolta.

(200)

La quota di mercato delle importazioni da tutti i paesi terzi è stata calcolata sulla base delle importazioni totali stabilite per paese e confrontate con il consumo del mercato libero indicato nella tabella 1.

(201)

Le importazioni nell’Unione dal paese interessato hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 2

Volume delle importazioni (in tonnellate) e quota di mercato

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Volume delle importazioni dal paese interessato (tonnellate)

202 755

228 139

231 243

228 156

Indice

100

113

114

113

Quota di mercato del mercato libero (%)

17,1

19,0

20,0

20,3

Indice

100

111

117

119

Fonte:

Eurostat e CUTFA.

(202)

Nel periodo in esame il volume delle importazioni oggetto di dumping dal paese interessato è aumentato da circa 203 000 tonnellate a circa 228 000 tonnellate, con un aumento complessivo del 13 %. Le importazioni sono aumentate dell’11 % nel 2019, ma in seguito sono rimaste stabili a circa 230 000 tonnellate. Dalle informazioni raccolte durante l’inchiesta è emerso che alcuni produttori esportatori hanno incontrato difficoltà legate alla pandemia di COVID-19, tra cui anche problemi relativi alla catena di approvvigionamento (cfr. in particolare il considerando 266).

(203)

Tuttavia la quota di mercato di tali importazioni è cresciuta in tutti gli anni, passando dal 17,1 % al 20,3 % nel periodo in esame, con un aumento complessivo di 3,2 punti percentuali, pari al 19 %.

4.3.2.   Prezzi delle importazioni dal paese interessato e undercutting dei prezzi/depressione dei prezzi

(204)

La Commissione ha stabilito i prezzi delle importazioni in base ai dati Eurostat. Le importazioni pertinenti sono state individuate utilizzando il metodo illustrato al considerando 195. Tali cifre sono state confrontate con quelle dei produttori esportatori inclusi nel campione e tale raffronto ha confermato i medesimi andamenti.

(205)

La media ponderata del prezzo delle importazioni nell’Unione dal paese interessato ha registrato il seguente andamento:

Tabella 3

Prezzi all’importazione (in EUR/tonnellata)

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Indonesia

912

765

805

1 023

Indice

100

84

88

112

Fonte:

Eurostat.

(206)

I prezzi delle importazioni dall’Indonesia sono aumentati, passando da 912 a 1 023 EUR/tonnellata nel periodo in esame, con un aumento del 12 %. I prezzi sono diminuiti del 12 % tra il 2018 e il 2020, per poi aumentare del 27 % tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta. Questi sviluppi dovrebbero essere considerati alla luce dell’aumento dei prezzi delle materie prime a livello mondiale in tale periodo, che è la principale causa dell’aumento dei costi. Come evidenziato nella tabella 7, l’aumento dei prezzi delle materie prime è stato il motivo principale degli aumenti dei prezzi dell’Unione. Analogamente anche i costi unitari di produzione degli esportatori indonesiani sono aumentati nel periodo dell’inchiesta rispetto al 2020 in ragione di un aumento dei prezzi delle loro materie prime.

(207)

La Commissione ha determinato l’undercutting dei prezzi durante il periodo dell’inchiesta confrontando:

i)

la media ponderata dei prezzi di vendita per tipo di prodotto praticati dai produttori dell’Unione inclusi nel campione ad acquirenti indipendenti sul mercato dell’Unione, adeguati al livello franco fabbrica; e

ii)

la media ponderata dei prezzi corrispondenti, per tipo di prodotto, praticati dai produttori esportatori indonesiani inclusi nel campione al primo acquirente indipendente sul mercato dell’Unione, stabiliti a livello di costo, assicurazione e nolo (cif), opportunamente adeguati a tener conto dei dazi e dei costi successivi all’importazione.

(208)

Quando la vendita dei produttori esportatori indonesiani inclusi nel campione al primo acquirente indipendente sul mercato dell’Unione è stata effettuata tramite una società di vendita collegata con sede nell’Unione, il prezzo all’importazione è stato determinato su base cif, adeguando il prezzo di vendita al primo acquirente indipendente. Si è tenuto conto di tutti i costi sostenuti tra l’importazione e la rivendita, comprese le SGAV dell’importatore collegato e del margine di profitto determinato come indicato al considerando 143, applicando per analogia l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base.

(209)

Il confronto dei prezzi è stato effettuato in base ai singoli tipi di prodotto per transazioni allo stesso stadio commerciale, apportando gli adeguamenti del caso e dopo aver detratto sconti e riduzioni. Il risultato del confronto è stato espresso sotto forma di percentuale del fatturato dei produttori dell’Unione inclusi nel campione durante il periodo dell’inchiesta. Esso ha evidenziato una media ponderata del margine di undercutting superiore al 20 %. I dati effettivi calcolati non sono riportati nel presente regolamento per motivi di riservatezza (poiché si basano solo su due società), ma sono stati comunicati ai produttori esportatori interessati che hanno collaborato e sono compresi tra l’11 % e il 29 %. Tutte le vendite dei produttori dell’Unione inclusi nel campione sono state effettuate direttamente ad acquirenti indipendenti, senza il tramite di organismi di vendita collegati. Un produttore esportatore incluso nel campione ha venduto anche direttamente ad acquirenti indipendenti nell’Unione, senza la partecipazione di propri organismi di vendita collegati nell’Unione. Per quanto riguarda l’altro produttore esportatore, la maggior parte delle sue vendite è stata effettuata tramite un organismo di vendita collegato nell’Unione. Nessuna parte interessata ha contestato l’esistenza di un undercutting notevole.

(210)

La Commissione ha inoltre considerato altri effetti sui prezzi, in particolare la presenza di una significativa depressione dei prezzi. All’inizio del periodo in esame i prezzi di vendita e la redditività dell’industria dell’Unione erano già bassi (cfr. i dati relativi alla redditività di cui alla tabella 10). Nel 2019 l’industria dell’Unione è stata costretta a diminuire ulteriormente i prezzi, subendo perdite. Tuttavia, per quanto riguarda le importazioni oggetto di dumping, che hanno evidenziato il massimo aumento nel 2019 e sono rimaste a livelli elevati nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta, l’industria dell’Unione sarebbe stata probabilmente in grado di mantenere i propri prezzi almeno al livello necessario per non vendere in perdita nel 2019 e nel 2020. Nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta i prezzi di vendita dell’Unione sono aumentati (parallelamente all’aumento dei costi di produzione), ma ancora una volta a livelli che hanno comportato perdite nel 2020 e una redditività solo marginale nel periodo dell’inchiesta. Tra il 2019 e il periodo dell’inchiesta i produttori dell’Unione hanno costantemente perso quote di mercato. Le importazioni oggetto di dumping erano quindi in grado di esercitare una notevole pressione sui prezzi delle vendite dell’Unione, impedendo ai produttori dell’Unione di aumentare i prezzi per far fronte agli aumenti dei costi in modo da potere ottenere profitti equi.

4.4.   Situazione economica dell’industria dell’Unione

4.4.1.   Osservazioni generali

(211)

A norma dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, l’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione comprende una valutazione di tutti gli indicatori economici in rapporto con la situazione dell’industria dell’Unione nel periodo in esame.

(212)

Ai fini della determinazione del pregiudizio, la Commissione ha operato una distinzione tra indicatori di pregiudizio macroeconomici e microeconomici. La Commissione ha valutato gli indicatori macroeconomici sulla base dei dati contenuti nelle risposte della CUTFA al questionario. I dati riguardavano tutti i produttori dell’Unione. La Commissione ha valutato gli indicatori microeconomici sulla base dei dati contenuti nelle risposte al questionario fornite dai quattro produttori dell’Unione inclusi nel campione. Entrambe le serie di dati sono state considerate rappresentative della situazione economica dell’industria dell’Unione.

(213)

Gli indicatori macroeconomici sono stati elaborati dalla CUTFA sulla base di una relazione di LMC International Ltd. (36), una società indipendente che conduce ricerche di mercato nei settori dell’agricoltura e dell’agroindustria, compresi i prodotti oleochimici quali gli acidi grassi («dati della relazione»). I dati della relazione hanno una portata più ampia rispetto agli acidi grassi oggetto della presente inchiesta e sono ampiamente utilizzati dall’industria oleochimica. Per distinguere il prodotto simile da altri prodotti, la CUTFA ha utilizzato informazioni aggiuntive sulle quantità di materie prime utilizzate, basandosi sul fatto che il prodotto simile era fabbricato solo con materie prime specifiche, come l’olio di palma, l’olio di palmisti o il sego. I prodotti che non rientrano nell’ambito dell’inchiesta utilizzano altre materie prime, come l’olio di colza o l’olio di soia. Utilizzando questo metodo è stato possibile stabilire la quantità della produzione e delle vendite sia del prodotto oggetto dell’inchiesta che di altri prodotti. I dati della relazione erano disponibili per il periodo 2018-2020. I dati per il periodo dell’inchiesta sono stati stimati pro rata, sulla base dell’andamento della produzione e delle vendite delle società che hanno messo i loro dati direttamente a disposizione della CUTFA. Anche i dati relativi ad altri indicatori, riportati di seguito, sono stati stabiliti utilizzando gli stessi dati societari. I calcoli effettuati dalla CUTFA sono stati verificati e i dati macroeconomici sono stati sottoposti a un controllo incrociato con i dati raccolti dalla Commissione presso i produttori dell’Unione inclusi nel campione, che rappresentano il 61 % della produzione totale dell’Unione.

(214)

Wilmar ha chiesto perché i dati macroeconomici presentati dalla CUTFA fossero di volume inferiore rispetto ai dati della relazione, che erano ampiamente disponibili per l’industria oleochimica.

(215)

Tale differenza è dovuta agli adeguamenti necessari, illustrati al considerando 213, effettuati dalla CUTFA per escludere prodotti dalla definizione del prodotto.

(216)

Gli indicatori macroeconomici sono: produzione, capacità produttiva, utilizzo degli impianti, volume delle vendite, quota di mercato, crescita, occupazione, produttività, entità del margine di dumping e ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping.

(217)

I quattro produttori inclusi nel campione sono stati la fonte dei dati degli indicatori microeconomici.

(218)

Gli indicatori microeconomici sono: prezzi medi unitari, costo unitario di produzione, costo del lavoro, scorte, redditività, flusso di cassa, investimenti, utile sul capitale investito e capacità di ottenere capitale.

4.4.2.   Indicatori macroeconomici

4.4.2.1.   Produzione, capacità produttiva e utilizzo degli impianti

(219)

Nel periodo in esame la produzione totale dell’Unione, la capacità produttiva e l’utilizzo degli impianti hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 4

Produzione, capacità produttiva e utilizzo degli impianti

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Volume di produzione (in tonnellate)

936 063

924 837

862 055

872 185

Indice

100

99

92

93

Capacità produttiva (in tonnellate)

1 161 964

1 134 616

1 097 798

1 118 314

Indice

100

98

94

96

Utilizzo degli impianti (%)

80,6

81,5

78,5

78,0

Indice

100

101

97

97

Fonte:

CUTFA.

(220)

Per motivi di efficienza, la produzione dell’Unione del prodotto oggetto dell’inchiesta è prevista per 24 ore al giorno, fatta eccezione per i periodi di normale manutenzione. Tuttavia l’inchiesta ha evidenziato che, in alcuni casi e in una certa misura, negli stessi impianti di produzione possono essere fabbricati anche altri prodotti. La produzione è basata sugli ordini. La tabella 4 evidenzia una capacità inutilizzata di circa il 20 % all’anno.

(221)

Durante il periodo in esame il volume di produzione dell’industria dell’Unione è diminuito del 7 %. Un’analisi dettagliata mostra che tale diminuzione della produzione si è verificata principalmente nel 2020.

(222)

La capacità produttiva dell’Unione è stata calcolata sulla base di una produzione massima raggiungibile nel lungo termine, tenendo conto della manutenzione. Nel periodo in esame la capacità produttiva dell’Unione è diminuita del 4 %. Tale diminuzione riflette una riassegnazione della capacità verso altri prodotti a causa della riduzione degli ordini di acidi grassi. Tuttavia l’industria dell’Unione non è stata in grado di sostituire completamente la produzione di acidi grassi con altri prodotti.

(223)

Durante il periodo in esame, nonostante una riduzione del 4 % della capacità produttiva, l’utilizzo degli impianti dell’Unione è diminuito del 3 %.

4.4.2.2.   Volume delle vendite e quota di mercato

(224)

Nel periodo in esame il volume delle vendite e la quota di mercato dell’industria dell’Unione hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 5

Volume delle vendite e quota di mercato

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Volume totale delle vendite sul mercato dell’Unione, compreso l’uso vincolato (in tonnellate)

947 561

943 413

875 893

862 863

Indice

100

100

92

91

Quota di mercato (compreso l’uso vincolato) (%)

74,1

72,8

70,6

70,8

Indice

100

98

95

95

Uso vincolato

92 607

92 409

87 133

94 575

Indice

100

100

94

102

Uso vincolato (% sul totale delle vendite sul mercato)

9,8

9,8

9,9

11,0

Indice

100

100

102

112

Vendite sul mercato libero

854 953

851 004

788 760

768 288

Indice

100

100

92

90

Quota di mercato delle vendite sul mercato libero (%)

72,1

70,8

68,4

68,3

Indice

100

98

95

95

Fonte:

CUTFA.

(225)

Nel periodo in esame l’andamento delle vendite dell’industria dell’Unione (compreso l’uso vincolato) è stato simile a quello registrato per la produzione. Ciò è dovuto al fatto che la produzione in questo settore è determinata dagli ordini di vendita. Lo spazio di stoccaggio è generalmente limitato e le scorte di prodotti finiti con il passare del tempo possono deteriorarsi in termini di qualità o non rispondere più alle specifiche. Pertanto le scorte sono generalmente mantenute a livelli molto bassi.

(226)

Durante tutto il periodo in esame il volume totale delle vendite dell’industria dell’Unione è diminuito del 9 %.

(227)

Il volume delle vendite dell’Unione sul mercato libero è diminuito del 10 % nel periodo in esame. Dal 2018 al 2019 i volumi delle vendite dell’Unione sono rimasti stabili. Tuttavia tra il 2019 e il periodo dell’inchiesta tali volumi sono diminuiti del 10 %.

(228)

Il mercato vincolato dell’industria dell’Unione (espresso sotto forma di percentuale del totale delle vendite nell’Unione, compreso l’uso vincolato) si è attestato intorno al 10-11 % durante tutto il periodo in esame.

(229)

La quota di mercato delle vendite dell’Unione sul mercato libero ha registrato una diminuzione, passando dal 72,1 % al 68,3 % nel periodo in esame, con una diminuzione complessiva di 3,9 punti percentuali, pari al 5 %.

Crescita

(230)

Tenendo presente che l’industria dell’Unione ha perso il 5 % della quota di mercato nel periodo in esame e che le sue vendite sul mercato libero sono diminuite del 10 %, è evidente che non si è verificata alcuna crescita, ma che si è trattato piuttosto di un periodo di contrazione sia in termini assoluti sia in relazione al consumo sul mercato libero.

4.4.2.3.   Occupazione e produttività

(231)

Nel periodo in esame l’occupazione e la produttività hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 6

Occupazione e produttività

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Numero di addetti (in ETP)

945

914

952

898

Indice

100

97

101

95

Produttività (in tonnellate/addetto)

990

1 012

906

971

Indice

100

102

91

98

Fonte:

CUTFA.

(232)

Nel periodo in esame il livello dell’occupazione dell’industria dell’Unione in termini di equivalenti a tempo pieno (ETP) è sceso del 5 %.

(233)

La produttività in termini di tonnellate per dipendente è calata nel 2020, ma nel complesso è rimasta sostanzialmente stabile nel periodo in esame.

4.4.2.4.   Entità del margine di dumping e capacità di ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping

(234)

Tutti i margini di dumping erano notevolmente superiori al livello minimo. Considerati il volume e i prezzi delle importazioni dal paese interessato, si è ritenuto che l’entità dei margini di dumping effettivi abbia inciso in modo significativo sull’industria dell’Unione.

(235)

Questa è la prima inchiesta antidumping riguardante gli acidi grassi. Non erano pertanto disponibili dati per valutare gli effetti di eventuali precedenti pratiche di dumping.

4.4.3.   Indicatori microeconomici

4.4.3.1.   Prezzi e fattori che incidono sui prezzi

(236)

Nel periodo in esame la media ponderata dei prezzi di vendita unitari praticati dai produttori dell’Unione inclusi nel campione ad acquirenti indipendenti nell’Unione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 7

Prezzi di vendita e costo di produzione nell’Unione

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Prezzo medio unitario di vendita sul mercato libero (in EUR/tonnellata)

879

770

861

1 101

Indice

100

88

98

125

Costo unitario di produzione (in EUR/tonnellata)

856

764

861

1 056

Indice

100

89

101

123

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(237)

Le vendite sul mercato dell’Unione ad acquirenti indipendenti sono state effettuate sia a operatori commerciali indipendenti sia a utilizzatori finali in un gran numero di settori di utilizzatori. I prezzi per entrambi i tipi di clienti e per i vari settori sono stati fissati allo stesso modo e a un livello analogo.

(238)

Nel periodo in esame i prezzi di vendita sul mercato dell’Unione a parti indipendenti (nel mercato libero) sono saliti da 879 EUR/tonnellata a 1 101 EUR/tonnellata, con un aumento del 25 %. I prezzi di vendita nel 2019 sono scesi del 12 %, ma sono aumentati del 12 % nel 2020 e del 28 % nel periodo dell’inchiesta.

(239)

Questa tendenza apparentemente positiva va vista nel contesto dei consistenti aumenti dei costi delle materie prime. Durante il periodo dell’inchiesta tali costi rappresentavano più del 70 % del costo totale di produzione unitario. Nel periodo in esame il costo unitario di produzione è aumentato del 23 %, ossia un tasso simile a quello dell’aumento medio dei prezzi di vendita sul mercato libero dell’Unione.

4.4.3.2.   Costo del lavoro

(240)

Nel periodo in esame il costo medio del lavoro dei produttori dell’Unione inclusi nel campione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 8

Costo medio del lavoro per addetto

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Costo medio del lavoro per addetto (in EUR)

81 344

85 487

89 010

87 188

Indice

100

105

109

108

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(241)

Il costo medio del lavoro per addetto è diminuito dell’8 % nel periodo in esame. L’andamento delle retribuzioni è frutto di trattative sindacali e gli altri costi connessi al lavoro dipendente sono stati stabiliti dalle amministrazioni nazionali.

4.4.3.3.   Scorte

(242)

Nel periodo in esame il livello delle scorte dei produttori dell’Unione inclusi nel campione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 9

Scorte

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Scorte finali (in tonnellate)

21 784

23 066

23 708

19 013

Indice

100

106

109

87

Scorte finali in percentuale della produzione

3,8

4,1

4,5

3,6

Indice

100

108

116

93

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(243)

Nel periodo in esame le scorte dei produttori dell’Unione inclusi nel campione sono diminuite del 23 %. Tuttavia le scorte finali espresse sotto forma di percentuale della produzione sono state basse per tutto il periodo. Come indicato al considerando 225, ciò è dovuto al fatto che l’industria degli acidi grassi opera generalmente con un sistema di produzione basato sugli ordini e le scorte sono mantenute a un livello basso in quanto possono deteriorare in termini di qualità oppure non rispondere più alle specifiche. Questo indicatore riveste quindi una minore importanza nell’analisi generale del pregiudizio.

4.4.3.4.   Redditività, flusso di cassa, investimenti, utile sul capitale investito e capacità di ottenere capitale

(244)

Nel periodo in esame la redditività, il flusso di cassa, gli investimenti e l’utile sul capitale investito dei produttori dell’Unione inclusi nel campione hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 10

Redditività, flusso di cassa, investimenti e utile sul capitale investito

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Redditività delle vendite nell’Unione ad acquirenti indipendenti (in % del fatturato delle vendite)

1,9

– 0,5

– 2,1

2,5

Indice

100

– 27

– 108

128

Flusso di cassa (in EUR)

27 037 404

12 370 885

–1 239 176

22 774 816

Indice

100

46

– 5

84

Investimenti (in EUR)

7 394 509

11 769 077

10 473 680

8 531 863

Indice

100

159

142

115

Utile sul capitale investito (%)

9,0

0,6

– 4,4

12,1

Indice

100

7

– 48

134

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(245)

La Commissione ha stabilito la redditività dei produttori dell’Unione inclusi nel campione esprimendo l’utile netto, al lordo delle imposte, derivante dalle vendite del prodotto simile ad acquirenti indipendenti nell’Unione, sotto forma di percentuale sul fatturato di tali vendite. La redditività dei produttori inclusi nel campione è rimasta bassa, ossia inferiore al 3 %, per tutto il periodo in esame ed è anche diminuita passando dall’1,9 % del 2018 a – 2,1 % del 2020. Nel periodo dell’inchiesta la redditività è risalita al 2,5 %, pur rimanendo a livelli bassi. La lieve ripresa durante il periodo dell’inchiesta si è verificata perché gli acquirenti sul mercato dell’Unione erano più propensi ad accettare gli aumenti dei prezzi praticati dai produttori dell’Unione, in quanto i produttori esportatori subivano gli effetti dalla crisi della catena di approvvigionamento nel contesto della pandemia di COVID-19.

(246)

L’andamento della redditività, considerato insieme ai prezzi di vendita e ai costi di produzione di cui alla tabella 7 e ai bassi prezzi delle importazioni dall’Indonesia, evidenzia una significativa contrazione dei prezzi. L’industria dell’Unione non è stata in grado di aumentare i suoi prezzi in modo da rispecchiare in misura sufficiente l’aumento dei costi al fine di vendere a prezzi ragionevolmente redditizi. Ciò significa che la redditività dell’industria dell’Unione è rimasta bassa per tutto il periodo in esame, durante il quale era già iniziata una forte penetrazione delle importazioni oggetto di dumping indonesiane (quota di mercato del 17,1 %) che erano riuscite a registrare una crescita in termini di volumi pari al 22 % e a conquistare una quota di mercato del 20,3 %, come indicato nella tabella 2. Inoltre, nonostante i notevoli aumenti dei prezzi delle materie prime, il prezzo medio di queste importazioni è aumentato solo del 12 %, come indicato nella tabella 3. Nello stesso periodo l’industria dell’Unione ha dovuto aumentare i prezzi del 25 % solo per sostenere i costi. Come concluso anche al considerando 210, le importazioni dall’Indonesia hanno esercitato una continua pressione al ribasso (in termini tanto di volumi costantemente elevati quanto di prezzi bassi) fin dall’inizio del periodo in esame. In effetti i prezzi indonesiani sono stati costantemente inferiori a quelli dell’industria dell’Unione a partire dal 2019 e forse anche prima (cfr. considerando 302). Ciò si è tradotto in livelli di profitto ridotti e inadeguati durante tutto il periodo in esame e, in particolare, durante il periodo dell’inchiesta.

(247)

Wilmar ha formulato osservazioni riguardo all’assenza di una contrazione dei prezzi, ma le sue conclusioni erano basate su tendenze indicizzate anziché sul livello effettivo di redditività dei produttori dell’Unione.

(248)

La Commissione ha constatato che le conclusioni raggiunte da Wilmar erano errate, poiché non tenevano conto della penetrazione delle importazioni oggetto di dumping durante l’intero periodo in esame e dei conseguenti bassi livelli di redditività per l’industria dell’Unione. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

(249)

Il gruppo Musim Mas ha presentato le relazioni annuali di due produttori dell’Unione e ha sostenuto che le informazioni in esse contenute, in particolare gli indicatori di redditività durante il periodo dell’inchiesta, indicano un’assenza di pregiudizio per tali società.

(250)

A tale riguardo, la Commissione osserva che l’ambito di tali relazioni è notevolmente più ampio dell’attività dei due produttori dell’Unione riguardo al prodotto oggetto dell’inchiesta. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(251)

Il flusso di cassa netto rappresenta la capacità dei produttori dell’Unione di autofinanziare le proprie attività. Il flusso di cassa netto ha seguito un andamento simile a quello dell’utile sul fatturato, registrando una diminuzione nel 2019 e nel 2020 e un modesto incremento nel periodo dell’inchiesta. Nel complesso, nel periodo in esame tuttavia il flusso di cassa ha avuto un andamento negativo, con una diminuzione pari al 16 %.

(252)

L’utile sul capitale investito è il profitto espresso in percentuale sul valore contabile netto degli investimenti. Anche l’andamento dell’utile sul capitale investito ha avuto un’evoluzione analoga a quella dell’utile sul fatturato, registrando una diminuzione nel 2019 e nel 2020 e un modesto incremento nel periodo dell’inchiesta.

(253)

Nel periodo in esame i produttori dell’Unione inclusi nel campione hanno continuato a investire, come dimostrano i dati sugli investimenti di cui sopra. Gli investimenti sono stati compresi tra 7 e 12 milioni di EUR all’anno e sono stati effettuati principalmente al fine di migliorare l’efficienza e mantenere gli impianti esistenti. L’industria dell’Unione serve una base di clienti diversificata, le cui esigenze sono in costante evoluzione. Deve restare flessibile in termini di capacità di produrre la gamma e la quantità di prodotti da offrire sul mercato. Tali investimenti sono a rischio a causa di una diminuzione della capacità di ottenere capitale.

(254)

Dall’inchiesta è inoltre emerso che altri investimenti per aumentare la capacità non erano stati realizzati come previsto durante il periodo in esame. Sebbene tali investimenti siano essenziali per garantire la sopravvivenza dell’industria, tutte le società incluse nel campione, comprese quelle appartenenti a gruppi più grandi, hanno dovuto ritardare gli investimenti in tale periodo. Il livello inadeguato dell’utile sul capitale investito compromette anche la futura capacità dell’industria dell’Unione di ottenere capitale e quindi la sua sopravvivenza a medio e lungo termine.

4.4.4.   Conclusioni relative al pregiudizio

(255)

L’andamento delle scorte e dell’uso vincolato ha mostrato un modesto miglioramento nel periodo in esame. L’aumento del consumo vincolato si è limitato al 2 % e i livelli delle scorte sono diminuiti. L’inchiesta ha evidenziato che l’uso vincolato non è direttamente influenzato dalle importazioni oggetto di dumping e che le scorte sono meno rilevanti per l’industria degli acidi grassi che lavora principalmente sulla base degli ordini. Questi fattori sono pertanto elementi determinati ai fini dell’analisi del pregiudizio.

(256)

Altri indicatori, quali i prezzi di vendita, la redditività, l’utile sul capitale investito e gli investimenti, hanno mostrato un andamento apparentemente positivo durante il periodo in esame. L’inchiesta ha tuttavia dimostrato che l’andamento positivo dei prezzi di vendita era collegato all’andamento dei prezzi delle materie prime, che sono notevolmente aumentati in tale periodo. Inoltre, nonostante il lieve miglioramento della redditività e dell’utile sul capitale investito, durante il periodo in esame i rendimenti sono comunque rimasti a un livello insufficiente per garantire la redditività dell’industria dell’Unione a medio e lungo termine (cfr. anche i considerando da 266 a 269).

(257)

Infatti, la bassa redditività, se considerata congiuntamente all’andamento dei prezzi di vendita e dei costi di produzione, è una chiara dimostrazione della contrazione dei prezzi. In particolare, durante tutto il periodo in esame, nel corso del quale le importazioni oggetto di dumping sono rimaste presenti a livelli superiori e prezzi bassi, l’industria dell’Unione non è stata in grado di aumentare i prezzi a un livello che le avrebbe consentito di coprire i costi e di conseguire il margine di profitto di riferimento (6 %).

(258)

Pur mantenendo gli investimenti quanto più elevati possibile per garantire l’efficienza, è evidente che l’industria dell’Unione non ha realizzato profitti sufficienti per incoraggiare gli investimenti destinati allo sviluppo delle proprie attività commerciali durante il periodo in esame e, in particolare, durante il periodo dell’inchiesta. Il deterioramento della situazione economica dell’industria dell’Unione si è verificato in un mercato con un consumo relativamente stabile (il calo del consumo nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta è stato in gran parte temporaneo e dovuto agli effetti della pandemia di COVID-19). La quota di mercato dell’industria dell’Unione è diminuita del 5 % nel periodo in esame, passando dal 72,1 % nel 2018 al 68,3 % nel periodo dell’inchiesta.

(259)

Sebbene nella presente inchiesta il pregiudizio sia rappresentato principalmente da indicatori di prezzo e di rendimento quali la redditività e la capacità di ottenere capitale, anche gli indicatori di volume dell’industria dell’Unione esaminati hanno evidenziato una riduzione. La produzione, la capacità, l’utilizzo degli impianti, il volume delle vendite e la quota di mercato sul mercato dell’Unione sono tutti diminuiti nel periodo in esame. Inoltre si è registrato anche un calo dell’occupazione e della produttività, connesso alla riduzione del volume della produzione e delle vendite.

Osservazioni successive alla divulgazione delle informazioni

(260)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il governo dell’Indonesia ha commentato alcuni degli indicatori di pregiudizio e ha concluso che l’industria dell’Unione non aveva subito alcun pregiudizio nel periodo in esame. Tale parere è stato formulato sulla base degli elementi seguenti: 1) la tabella 4 evidenzia un aumento della produzione e della capacità tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta; 2) dalla tabella 5 si evince un aumento della quota di mercato, nonché dell’uso vincolato, tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta; 3) la tabella 7 evidenzia un aumento dei prezzi di vendita nel periodo in esame, seguito da un aumento dei profitti dal – 2,1 % nel 2020 al 2,5 % nel periodo dell’inchiesta; 4) dalla tabella 9 si evince una diminuzione delle scorte nel periodo in esame; e 5) la tabella 10 evidenzia un aumento della redditività, del flusso di cassa e dell’utile sul capitale investito tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta. Il governo dell’Indonesia ha sostenuto altresì che la Commissione aveva utilizzato arbitrariamente un profitto di riferimento del 6 % senza alcuna base e che l’aumento dei profitti dell’industria dell’Unione dal – 2,1 % nel 2020 al 2,5 % nel periodo dell’inchiesta era significativo, senza precedenti ed era stato conseguito durante la pandemia di COVID-19. Wilmar ha sostenuto che la Commissione non aveva analizzato correttamente la tabella 10, sostenendo che la redditività era aumentata nel periodo in esame ed era elevata nel periodo dell’inchiesta.

(261)

La Commissione ha espresso disaccordo in merito all’argomentazione secondo la quale i dati pertinenti non dimostravano un pregiudizio notevole. Come indicato al considerando 202, sebbene durante il periodo in esame il consumo fosse diminuito del 5 %, il volume delle importazioni dall’Indonesia era aumentato del 13 %. Le importazioni indonesiane sono riuscite persino ad aumentare la propria quota di mercato in tale contesto. Inoltre, come spiegato al considerando 192, il consumo dell’Unione è generalmente stabile (37) e dovrebbe riprendersi dopo il calo temporaneo del 2020 e del periodo dell’inchiesta dovuto a fattori connessi alla pandemia di COVID-19 (38).

(262)

Analogamente, per quanto riguarda la quota di mercato dell’industria dell’Unione, la quota di mercato, compreso l’uso vincolato, è effettivamente aumentata dal 70,6 % al 70,8 %. Tuttavia la quota di mercato delle vendite dell’industria dell’Unione sul mercato libero, che costituisce l’indicatore pertinente, è diminuita dal 68,4 % nel 2020 al 68,3 % nel periodo dell’inchiesta. Durante l’intero periodo in esame la quota di mercato delle vendite dell’industria dell’Unione sul mercato libero è diminuita costantemente, passando dal 72,1 % nel 2018 al 70,8 % nel 2019, al 68,4 % nel 2020 e al 68,3 % nel periodo dell’inchiesta. Al contrario, allo stesso tempo, la quota di mercato delle importazioni indonesiane è aumentata costantemente, passando dal 17,1 % nel 2018 al 19,0 % nel 2019, al 20 % nel 2020 e al 20,3 % nel periodo dell’inchiesta.

(263)

Analogamente l’argomentazione relativa all’aumento del prezzo medio di vendita deve essere considerata nel contesto di un aumento significativo del costo della materia prima, come spiegato al considerando 256. Inoltre, come illustrato al considerando 243, le scorte finali espresse come percentuale della produzione sono rimaste piuttosto stabili nel periodo in esame e l’industria ha operato sulla base degli ordini, per cui le scorte sono state mantenute a un livello basso.

(264)

L’asserzione concernente gli indicatori di rendimento di cui alla tabella 10 ha ignorato il contesto nel suo complesso. Ad esempio il livello del flusso di cassa nel periodo in esame è diminuito costantemente dal 2018 al 2020, diventando negativo nel 2020. Nel periodo dell’inchiesta il flusso di cassa è aumentato ed è diventato positivo in quanto l’industria dell’Unione è riuscita ad aumentare i propri profitti, come spiegato ai considerando 251 e 266. Tuttavia il flusso di cassa durante il periodo dell’inchiesta era ancora notevolmente inferiore ai livelli del flusso di cassa del 2018. Nel complesso, il flusso di cassa è diminuito del 16 %.

(265)

Per quanto riguarda il livello del profitto di riferimento, la Commissione ha ritenuto opportuno utilizzare un valore pari al 6 % come profitto minimo. L’articolo 7, paragrafo 2 quater, del regolamento di base considera il 6 % come il livello minimo di redditività atteso in condizioni di concorrenza normali per il calcolo del margine di pregiudizio. Tale livello è stato fissato sulla base dei dati concernenti la redditività a lungo termine stabiliti per le industrie dell’Unione. Non sono stati addotti elementi di prova a sostegno del fatto che tale livello fosse manifestamente inadeguato per l’industria in questione (cfr. considerando 268). Questa argomentazione ha potuto quindi essere respinta su tale base.

(266)

La Commissione ha tuttavia rilevato che il profitto dell’industria dell’Unione era stato leggermente superiore al pareggio soltanto nel 2018 (1,9 %) e nel periodo dell’inchiesta (2,5 %), mentre era stato negativo nel 2019 e nel 2020 (rispettivamente – 0,5 % e – 2,1 %). Inoltre il livello positivo conseguito nel 2021, che copre nove mesi del periodo dell’inchiesta, deve essere considerato nel contesto di gravi perturbazioni della catena di approvvigionamento sul mercato derivanti dalla pandemia di COVID-19 e che hanno colpito gravemente le esportazioni indonesiane verso l’Unione. La fornitura di acidi grassi all’Unione è stata ostacolata dai ritardi delle navi provenienti dall’Asia, causati dalla mancanza di navi mercantili, petroliere e lavoratori in ragione della pandemia di COVID-19, con conseguenti aumenti estremi dei costi di trasporto (39). Tali perturbazioni temporanee hanno inciso sui prezzi dell’industria a livello mondiale, nonché sulle importazioni dall’Indonesia, che sono diminuite in termini assoluti tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta. Di conseguenza l’industria dell’Unione ha spiegato di essere stata in grado di beneficiare di tali specifiche perturbazioni temporanee sul mercato aumentando i prezzi a livelli remunerativi sul mercato dell’Unione senza sacrificare in modo rilevante la propria quota di mercato. Nel complesso la redditività dell’industria dell’Unione ha oscillato intorno al punto di pareggio durante l’intero periodo in esame, il volume delle importazioni dall’Indonesia è stato significativo e la loro quota di mercato è aumentata in modo significativo, passando dal 17,1 % al 20,3 % nonostante una leggera diminuzione del consumo. Tutti i fattori dimostrano in maniera evidente che la redditività dell’industria dell’Unione è stata influenzata negativamente durante tutto il periodo in esame dalle importazioni indonesiane oggetto di dumping e che il picco di redditività del 2,5 % registrato durante il periodo dell’inchiesta è stato conseguito in un contesto di problemi di approvvigionamento per gli esportatori indonesiani, principalmente in ragione della pandemia di COVID-19.

(267)

La redditività di cui alla tabella 10 è calcolata sulla base del costo delle merci vendute ad acquirenti indipendenti dall’industria dell’Unione in relazione agli acidi grassi prodotti e venduti sul mercato dell’Unione. Sebbene in linea di massima l’industria dell’Unione produca sulla base di ordinativi, vi sono comunque scorte esigue, come indicato nella tabella 9. Di conseguenza in un’industria con scorte esigue si rileva una leggera differenza tra il costo unitario di produzione e il costo unitario dei beni venduti. Ne consegue che, sebbene nel 2019 e nel 2020 il prezzo medio unitario di vendita dell’industria dell’Unione fosse superiore o pari al costo unitario medio di produzione, l’industria dell’Unione ha subito perdite come indicato nella tabella 10.

(268)

Per quanto concerne il livello usuale di profitto degli acidi grassi in condizioni di concorrenza normali, il governo dell’Indonesia non ha spiegato perché il livello di profitto del 2,5 % conseguito dall’industria durante il periodo dell’inchiesta sarebbe stato presumibilmente sufficiente. Inoltre, nel criticare la soglia del 6 % legalmente prevista utilizzata dalla Commissione, il governo dell’Indonesia non ha dimostrato quale livello di profitto debba essere invece utilizzato in sostituzione e non ha neppure spiegato il presunto impatto della pandemia di COVID-19 sul livello di redditività. La Commissione ha rilevato che nel fascicolo non esistono altri elementi di prova relativi al livello storico di redditività dell’industria degli acidi grassi in assenza di importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia tali da corroborare l’affermazione del governo dell’Indonesia secondo cui una redditività del 2,5 % sarebbe sufficiente oppure tali da minare la scelta del livello di profitto del 6 % utilizzato. Al contrario, le risultanze della Commissione sono state corroborate da informazioni pubblicamente disponibili e da informazioni incluse nel fascicolo pubblico. La Commissione ha osservato che, secondo una relazione preparata dal Consiglio europeo dell’industria chimica («CEFIC») riguardante, tra l’altro, la redditività dell’industria chimica europea in senso lato per il 2020, il risultato lordo di gestione (40) espresso in percentuale rispetto al fatturato dell’industria chimica è pari a circa l’11 %. Inoltre, sulla base delle statistiche raccolte da CSIMarket (41), nel 2021 i margini al lordo delle imposte di un’industria chimica manifatturiera erano pari a circa il 13 %. Inoltre, nelle sue osservazioni sulla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Greven ha affermato che il margine EBIT (utile al lordo di interessi, imposte e tasse) dell’industria chimica in Europa nel 2020 era pari a circa il 7 % (cfr. più in dettaglio il considerando 294). Di conseguenza, sulla base degli elementi di prova a disposizione, la Commissione ha ritenuto che l’industria dell’Unione non abbia raggiunto un livello di redditività in linea con le normali condizioni di concorrenza del mercato durante l’intero periodo in esame.

(269)

Un aspetto ancora più significativo è dato dal fatto che la Commissione ha osservato che, come illustrato ai considerando 253 e 254, gli investimenti effettuati dall’industria dell’Unione sono stati limitati nel periodo in esame, e si sono concentrati su incrementi di efficienza e sul mantenimento di un buon funzionamento degli impianti esistenti. In ragione del livello di redditività negativo o basso registrato durante tutto il periodo in esame, l’industria dell’Unione non è stata in grado di effettuare gli investimenti necessari per innovare e conseguire gli incrementi di efficienza e di produttività necessari per poter competere sul mercato. L’industria dell’Unione serve una base di clienti diversificata, le cui esigenze sono in costante evoluzione. Durante il periodo in esame i costi di ammortamento hanno rappresentato soltanto circa il 2 % del costo di produzione. Un aumento dei costi di ammortamento a seguito degli investimenti al 4 % del costo di produzione determinerebbe una situazione di pareggio per l’industria dell’Unione nello scenario in cui riuscirà a mantenere i prezzi più elevati del periodo dell’inchiesta, il che è altamente improbabile dati i motivi per cui tali prezzi sono aumentati durante il periodo dell’inchiesta. Di conseguenza il livello di profitto conseguito dall’industria durante tutto il periodo in esame non è sufficiente per intraprendere il livello di investimenti necessario in questo settore. Tutti questi elementi contraddicono palesemente le affermazioni infondate formulate dal governo dell’Indonesia in merito al livello di redditività necessario per l’industria dell’Unione.

(270)

Infine la Commissione ha osservato che la sua analisi era completa ed esaustiva, in quanto riguardava tutti i quattro anni e tutti gli indicatori di pregiudizio di cui all’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base. Nella sua analisi la Commissione ha altresì utilizzato tutti i dati per stabilire se gli andamenti fossero positivi o negativi. La Commissione ha pertanto dimostrato che la sua conclusione relativa al pregiudizio notevole era giuridicamente ed economicamente fondata. Tali argomentazioni sono state pertanto respinte.

(271)

Il governo dell’Indonesia ha inoltre asserito che la risultanza concernente il pregiudizio non era coerente con la lettera di KLK del 19 agosto 2022, contenente osservazioni in merito alla concorrenza tra KLK e i produttori esportatori indonesiani e la redditività di KLK.

(272)

La Commissione ha respinto tale argomentazione in quanto la lettera proviene da un unico produttore dell’Unione e non costituisce una valutazione completa del pregiudizio. Una siffatta affermazione non può quindi prevalere sulle conclusioni della Commissione in merito al pregiudizio notevole.

(273)

Il governo dell’Indonesia ha inoltre sostenuto che, sebbene gli acidi grassi utilizzati per la produzione di biodiesel siano stati esclusi dalla definizione del prodotto, la Commissione non ha adeguato di conseguenza le statistiche sulle importazioni.

(274)

La Commissione ha respinto tale argomentazione, confermando che le statistiche sulle importazioni non comprendono le quantità importate di acidi grassi prodotti a partire da rifiuti e utilizzati per la produzione di biodiesel.

(275)

Wilmar ha sostenuto che gli andamenti della produzione e dell’utilizzo degli impianti di cui alla tabella 4 non evidenziavano un pregiudizio.

(276)

La Commissione ha osservato che la produzione è diminuita del 7 % nel periodo in esame e l’utilizzo degli impianti si è ridotto del 3 %, come indicato nella tabella 4. Wilmar non ha valutato tali andamenti nel loro contesto adeguato. In un mercato che registra una diminuzione del consumo del 5 % nel periodo in esame, le importazioni dall’Indonesia sono aumentate del 13 % e la loro quota di mercato è aumentata dal 17,1 % nel 2018 al 20,3 % nel periodo dell’inchiesta. La Commissione ha pertanto respinto le argomentazioni in merito alla produzione e all’utilizzo degli impianti.

(277)

Wilmar ha sostenuto che la Commissione aveva erroneamente affermato che i livelli delle scorte di cui alla tabella 9 erano di minore importanza nell’analisi del pregiudizio e ha sostenuto che scorte inferiori erano un’indicazione di un aumento delle vendite.

(278)

La Commissione ha osservato che i volumi delle vendite erano diminuiti durante tutto il periodo in esame, come indicato nella tabella 5. Inoltre, tenuto conto dei bassi livelli delle scorte finali, che durante tutto il periodo erano state inferiori al 4,5 % dei volumi di produzione, la Commissione ha ribadito il proprio punto di vista sulle scorte nell’analisi complessiva del pregiudizio.

(279)

Wilmar ha sostenuto che gli andamenti degli investimenti e dell’utile sul capitale investito di cui alla tabella 10 non evidenziavano pregiudizi.

(280)

Per quanto riguarda gli investimenti, l’argomentazione è stata trattata al considerando 269. L’utile sul capitale investito è il valore del profitto totale del prodotto oggetto dell’inchiesta diviso per il valore delle immobilizzazioni totali utilizzate per la produzione di tale prodotto. Durante il periodo in esame il valore delle immobilizzazioni totali è rimasto piuttosto stabile. Di conseguenza l’andamento dell’utile sul capitale investito segue quello della redditività. Ne consegue che tra il 2018 e il 2020 l’utile sul capitale investito è diminuito. Nel periodo dell’inchiesta l’utile sul capitale investito è aumentato in quanto la redditività dell’industria dell’Unione è aumentata rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, come spiegato al considerando 266, l’aumento della redditività nel periodo dell’inchiesta è stato soltanto temporaneo. La Commissione ha pertanto ribadito la propria conclusione secondo la quale i livelli di investimento erano inadeguati per la futura sopravvivenza dell’industria dell’Unione (cfr. considerando 253, 254 e 269) e l’argomentazione in questione è stata pertanto respinta.

(281)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Musim Mas ha asserito che l’industria dell’Unione non aveva subito alcun pregiudizio durante il periodo dell’inchiesta. In effetti tale gruppo aveva chiesto alla Commissione di concentrare l’analisi del pregiudizio sul periodo dell’inchiesta, sostenendo che in quell’anno vi erano stati andamenti positivi per quanto concerne la produzione, la capacità produttiva, la quota di mercato, i prezzi medi, l’utile sul capitale investito, il flusso di cassa, la redditività e le scorte. In particolare il gruppo Musim Mas ha sottolineato che la redditività aveva raggiunto il suo livello più elevato nel periodo dell’inchiesta (2,5 %).

(282)

La Commissione deve effettuare la valutazione del pregiudizio per l’intero periodo in esame e non soltanto durante il periodo dell’inchiesta. La metodologia suggerita dal gruppo Musim Mas, come la valutazione del governo dell’Indonesia e di Wilmar di cui sopra, non rappresenterebbe un’analisi completa e accurata della situazione di pregiudizio dell’industria dell’Unione, come richiesto dall’articolo 3 del regolamento di base. Il lieve aumento del volume di produzione (1,2 %) e della capacità produttiva (1,9 %) e la diminuzione delle scorte sono stati dovuti al temporaneo aumento della redditività, come spiegato al considerando 266. Il flusso di cassa e l’utile sul capitale investito hanno seguito l’andamento della redditività. La quota di mercato dell’industria dell’Unione sul mercato libero è diminuita nel periodo dell’inchiesta rispetto al 2020, passando dal 68,4 % al 68,3 %. Il prezzo di vendita dell’industria dell’Unione è aumentato in linea con l’aumento del costo unitario di produzione dovuto all’aumento dei prezzi delle materie prime, reso possibile dalle temporanee interruzioni dell’approvvigionamento e dagli effetti della pandemia di COVID-19, in particolare durante il periodo dell’inchiesta. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(283)

Il gruppo Musim Mas ha inoltre messo in discussione l’undercutting (erroneamente denominato «underselling» dal gruppo Musim Mas) delle importazioni indonesiane, sostenendo che il documento di divulgazione delle informazioni concernente i valori unitari medi, nelle tabelle 3 e 7, indica un effetto molto più modesto sui prezzi dell’industria dell’Unione, in particolare da un overcutting del 4 % nel 2018 si passerebbe a un modesto undercutting del 7 % nel periodo dell’inchiesta.

(284)

Tale produttore esportatore è giunto a una conclusione sull’undercutting basata su un confronto diretto tra il prezzo medio all’importazione dei produttori indonesiani nell’Unione e il prezzo medio dell’industria dell’Unione, ignorando che tutti gli esportatori e tutti i produttori dell’Unione presentano combinazioni di prodotti che possono differire in modo significativo. Al fine di giungere a definire margini di undercutting più affidabili, è opportuno confrontare i prezzi di tipi di prodotto comparabili a livello dei produttori esportatori, laddove sia disponibile l’insieme di dati corrispondente. L’esportatore ha sostenuto che durante il periodo dell’inchiesta l’undercutting dei prezzi era in media pari al 7 %, mentre il confronto a livello di tipo di prodotto aveva rivelato un margine di undercutting superiore al 20 %. Le osservazioni dell’esportatore in merito ai margini di undercutting sono state respinte.

(285)

Nelle sue osservazioni formulate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni la CUTFA ha concordato con le conclusioni della Commissione in merito al pregiudizio e ha sottolineato che l’analisi dei prezzi di vendita, dell’undercutting, dell’underselling, della contrazione dei prezzi, dei costi unitari e degli indicatori di rendimento, quali l’utile sul fatturato, aveva dimostrato che l’industria dell’Unione aveva subito un pregiudizio nel periodo in esame. La CUTFA ha fatto inoltre riferimento all’analisi condotta della Commissione in merito ad indicatori di volume quali la produzione, la capacità, l’utilizzo degli impianti, il volume delle vendite e la quota di mercato, la quale dimostrava che l’industria dell’Unione aveva subito un pregiudizio anche per quanto riguarda gli indicatori di volume. La CUTFA ha inoltre confermato che il lieve miglioramento della redditività durante il periodo dell’inchiesta non ha creato una situazione sostenibile e competitiva per l’industria sul mercato dell’Unione.

(286)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che durante il periodo dell’inchiesta l’industria dell’Unione ha subito un pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base.

5.   NESSO DI CAUSALITÀ

(287)

A norma dell’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento di base, la Commissione ha verificato se le importazioni oggetto di dumping provenienti dal paese interessato abbiano causato un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione. A norma dell’articolo 3, paragrafo 7, del regolamento di base, la Commissione ha inoltre esaminato se altri fattori noti possano contemporaneamente aver causato un pregiudizio all’industria dell’Unione. La Commissione si è accertata che non fosse attribuito alle importazioni oggetto di dumping un eventuale pregiudizio causato da fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping dal paese interessato. Tali fattori sono: le importazioni da fonti diverse dall’Indonesia, l’andamento delle esportazioni dell’industria dell’Unione, l’andamento dell’uso vincolato, l’andamento del consumo, i problemi relativi alle materie prime e le presunte inefficienze dell’industria dell’Unione.

5.1.   Effetti delle importazioni oggetto di dumping

(288)

Come indicato nella tabella 2, il volume delle importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia è aumentato, passando da circa 203 000 tonnellate nel 2018 a circa 228 000 tonnellate nel periodo dell’inchiesta, con un incremento del 13 %. La quota di mercato è salita nello stesso periodo dal 17,1 % al 20,3 %, registrando un aumento del 19 %. Tali dati hanno coinciso con un calo del 10 % delle vendite dell’industria dell’Unione sul mercato libero e con una diminuzione della quota di mercato dal 72,1 % al 68,3 %, pari a una riduzione del 5 %. In tale periodo le vendite sul più esiguo mercato vincolato sono rimaste stabili. Dall’inchiesta è emerso che le importazioni oggetto di dumping sono inoltre aumentate costantemente su base annua in termini di volume e di quota di mercato. In termini assoluti, l’aumento dei volumi delle importazioni nel 2019 non è proseguito allo stesso ritmo nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta, a causa di problemi legati alla pandemia di COVID-19. Tuttavia, nonostante un calo del consumo del 5 % nel periodo in esame, è evidente che a migliorare è stata soprattutto la situazione delle importazioni dall’Indonesia, nonostante le difficoltà di approvvigionamento sofferte dagli esportatori di cui al considerando 202.

(289)

Come spiegato al considerando 210, le importazioni dall’Indonesia avevano provocato una depressione dei prezzi dell’industria dell’Unione già all’inizio del periodo in esame. Inoltre, in un contesto di notevoli fluttuazioni dei costi delle materie prime a livello mondiale, i produttori dell’Unione non sono stati in grado di adeguare i propri prezzi in modo tale da poter raggiungere livelli ragionevoli di profitto, o anche di rimanere redditizi.

(290)

La penetrazione delle importazioni indonesiane nel periodo in esame è stata possibile perché il prodotto oggetto dell’inchiesta è un prodotto di base e il prezzo riveste un ruolo importante nel processo decisionale degli acquirenti. La concomitanza tra il deterioramento della situazione economica dell’industria dell’Unione e la presenza significativa di importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia, a prezzi che, essendo inferiori a quelli dell’industria dell’Unione, hanno determinato una flessione dei livelli dei prezzi sul mercato dell’UE, conferma un nesso di causalità tra i due fattori.

(291)

Infine, come spiegato in precedenza, i problemi di approvvigionamento dei produttori esportatori hanno temporaneamente ridotto la pressione sull’industria dell’Unione nel periodo dell’inchiesta. Ciò ha consentito all’industria dell’Unione di aumentare i prezzi in modo tale da conseguire qualche profitto, ma non sufficiente a consentirle di raggiungere un livello di profitto ragionevole in condizioni di concorrenza normali.

(292)

La Commissione ha inoltre constatato che tra il 2018 e il 2020, quando il consumo sul mercato libero è diminuito del 3 %, le importazioni indonesiane sono aumentate del 14 % e i prezzi sono diminuiti del 12 %. Nello stesso periodo l’industria dell’Unione ha visto diminuire il volume delle vendite dell’8 % e i prezzi del 2 %. Ciò ha comportato perdite finanziarie che hanno inciso anche sulla situazione finanziaria dell’industria dell’Unione nel periodo dell’inchiesta, durante il quale ha continuato a persistere la pressione esercitata dalle importazioni oggetto di dumping.

(293)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni la CUTFA ha concordato con l’analisi del nesso di causalità effettuata dalla Commissione alla luce degli indicatori di pregiudizio e dei confronti dei prezzi di cui sopra, nonché dei volumi, della quota di mercato e dei prezzi delle importazioni dall’Indonesia. La CUTFA ha sottolineato che la pressione sui prezzi esercitata dalle importazioni dall’Indonesia aveva impedito adeguati aumenti di prezzo necessari a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime. La CUTFA ha asserito altresì che l’aumento delle importazioni dall’Indonesia aveva contribuito al pregiudizio subito.

(294)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Greven ha formulato osservazioni in merito alla redditività dell’industria dell’Unione, sostenendo che essa aveva seguito l’andamento generale dell’industria chimica europea nel periodo in esame. A sostegno di tale argomentazione, il gruppo Greven ha fornito un grafico con i margini EBIT (utile al lordo di interessi, imposte e tasse) dell’industria chimica europea, dal quale emergeva una riduzione del 33,9 % o di 3,4 punti percentuali, dal 10,4 % nel 2018 al 7,0 % nel 2020. Alla luce di tali informazioni, il gruppo Greven ha concluso che la riduzione della redditività dell’industria dell’Unione deve essere considerata come media per l’industria chimica europea e che pertanto era irrilevante e poteva essere attribuita a fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping provenienti dall’Indonesia.

(295)

La Commissione ha osservato che il gruppo Greven aveva utilizzato per il confronto il periodo compreso tra il 2018 e il 2020. Considerando come punto di partenza l’effettiva redditività dell’industria dell’Unione dell’1,9 % nel 2018, una riduzione del 33,9 % comporterebbe una diminuzione all’1,26 % nel 2020. La redditività dell’industria dell’Unione è invece scesa a livelli negativi (– 2,1 %) nel 2020. Tale riduzione non può essere considerata irrilevante o addirittura vicina all’andamento dell’industria chimica europea (nel senso più ampio). Cosa ancora più importante, le argomentazioni del gruppo Greven si basano sugli andamenti della redditività per quanto riguarda le variazioni relative della redditività, senza tenere in alcun conto i livelli effettivi, assoluti di redditività dell’industria chimica. Inoltre una diminuzione in punti percentuali dal 10,4 % al 7,0 % non ha lo stesso impatto sull’attività di una società i cui utili scendono dall’1,9 % al – 1,5 %. Nel primo scenario, la società ha semplicemente registrato meno profitti, mentre nel secondo scenario la società è risultata essere in perdita, una circostanza questa che mette a repentaglio il suo futuro. È indiscutibile che tali livelli assoluti di redditività negativi o bassi dell’industria degli acidi grassi siano inferiori alle normali medie di profitto dell’industria chimica europea. Come spiegato ai considerando 266 e 269, i livelli di redditività negativi o molto bassi registrati durante tutto il periodo in esame non sono stati sufficienti per consentire all’industria dell’Unione di proseguire la propria attività aziendale in condizioni normali, in quanto non ha potuto aumentare i prezzi al livello necessario per assorbire l’aumento del costo delle materie prime e conseguire un profitto normale. Tale industria non ha potuto nemmeno effettuare gli investimenti necessari per innovare e stare al passo con la domanda dei propri acquirenti di prodotti specifici (cfr. considerando 253, 254 e 269). Il gruppo Greven non ha dimostrato in che modo tali livelli di redditività negativi o bassi dell’industria degli acidi grassi in termini assoluti possano essere giustificati in condizioni di concorrenza normali, né ha dimostrato quali fattori specifici diversi dalle importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia abbiano inciso sulla redditività dell’industria dell’Unione, se non facendo genericamente riferimento agli andamenti della redditività dell’industria chimica. Sulla base di tutti questi elementi, la Commissione ha concluso che l’asserzione secondo la quale la bassa redditività era attribuibile ad altri fattori non collegati alle importazioni oggetto di dumping di acidi grassi dall’Indonesia non è soltanto non corroborata da elementi di prova, ma anche priva di fondamento sostanziale, come dimostrano le argomentazioni di cui sopra, e deve pertanto essere respinta.

(296)

Wilmar ha sostenuto che la crescita delle importazioni dall’Indonesia non aveva avuto alcun impatto sul volume delle vendite dell’industria dell’Unione. In particolare Wilmar ha sostenuto che la tabella 2 non evidenziava alcun aumento significativo delle importazioni ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di base. Wilmar ha asserito che le importazioni dall’Indonesia erano state stabili fatta eccezione per il 2019, quando sono aumentate di 25 384 tonnellate, un dato che era trascurabile rispetto al consumo totale di 1 295 034 tonnellate. I volumi delle importazioni sono rimasti relativamente stabili da allora, crescendo dell’1 % nel 2020 e diminuendo dell’1 % nel periodo dell’inchiesta, una circostanza questa che, secondo Wilmar, ha rappresentato normali fluttuazioni del mercato. Wilmar ha sostenuto altresì che la crescita complessiva delle importazioni nel periodo in esame era stata pari al 13 % e si era verificata soltanto nel 2019, ossia che negli anni successivi non si era registrata alcuna crescita delle importazioni, nonostante le presunte pratiche di dumping. A titolo di confronto, le importazioni dalla Malaysia hanno registrato una crescita costante tra il 2018 e il 2020. Wilmar ha sostenuto che un aumento delle importazioni, verificatosi nel 2019, non aveva inciso sulle vendite dell’industria dell’Unione in termini assoluti nello stesso anno. La stessa società ha asserito altresì che la grave riduzione delle vendite dell’industria dell’Unione si era verificata nel 2020 e nel periodo dell’inchiesta, ossia in un periodo in cui le importazioni dall’Indonesia non sono aumentate. Wilmar ha aggiunto che la quota di mercato delle importazioni dall’Indonesia era aumentata dell’1,9 % nel 2019 e ulteriormente dell’1 % nel 2020. L’aumento complessivo registrato tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta è stato pari al 3,2 %. Tale aumento si è verificato nel contesto di una riduzione del consumo dell’Unione nel 2020 e ulteriormente nel periodo dell’inchiesta in ragione degli effetti della pandemia di COVID-19, della congiuntura economica negativa e della recessione in settori specifici (ad esempio quello automobilistico).

(297)

La Commissione ha rilevato che durante il periodo in esame le importazioni dall’Indonesia sono aumentate del 13 % e la loro quota di mercato è aumentata del 19 %. Inoltre, tra il 2018 e il 2019, su un mercato piuttosto stabile quando il consumo è aumentato dell’1 %, le importazioni dall’Indonesia sono aumentate del 13 %, mentre le vendite dell’industria dell’Unione sono rimaste pressoché costanti. Tale circostanza si è tradotta in un aumento della quota di mercato delle importazioni indonesiane dal 17,1 % al 19,0 %, mentre la quota di mercato dell’industria dell’Unione è diminuita dal 72,1 % al 70,8 %. Sebbene in termini assoluti le sue vendite non siano diminuite tra il 2018 e il 2019, l’industria dell’Unione ha perso quote di mercato e non è stata in grado di mantenere i prezzi a livelli redditizi nel 2019 e nel 2020. Ne consegue che durante tale periodo l’aumento delle importazioni dall’Indonesia, contrariamente a quanto sostenuto da Wilmar, aveva avuto ripercussioni sull’industria dell’Unione in quanto quest’ultima aveva perso quote di mercato e aveva registrato perdite.

(298)

Tra il 2019 e il 2020, su un mercato con una diminuzione del consumo (del 4 %), il volume delle importazioni dall’Indonesia ha continuato ad aumentare, ma in misura inferiore, dell’1,4 %, guadagnando un’ulteriore quota di mercato di 1 punto percentuale. Al contrario, l’industria dell’Unione ha perso una quota di mercato persino maggiore, ossia pari a 2,4 punti percentuali, ma ha dovuto diminuire ancora i propri prezzi per non perdere un’ulteriore quota di mercato e ha quindi subito perdite più elevate rispetto al 2019, ossia pari al – 2,1 %. Di conseguenza, tra il 2019 e il 2020, le esportazioni indonesiane hanno continuato ad aumentare la propria quota di mercato, mentre l’industria dell’Unione ha perso una quota maggiore di mercato e ha subito perdite più elevate rispetto al 2019.

(299)

La Commissione ha rilevato altresì che, dall’inizio del periodo in esame, le importazioni indonesiane disponevano di una quota di mercato significativa, pari al 17,1 %. Non sorprende pertanto che, in un periodo caratterizzato da una lieve diminuzione del consumo, le importazioni dall’Indonesia non siano aumentate dal 2019, così bruscamente come tra il 2018 e il 2019. L’industria dell’Unione ha scelto di mantenere la propria quota di mercato e ha subito perdite a causa della pressione sui prezzi esercitata dalle importazioni indonesiane. Se l’industria dell’Unione avesse scelto di mantenere prezzi più elevati e di sacrificare una quota di mercato maggiore, gli esportatori indonesiani di acidi grassi avrebbero aumentato ancora di più le loro esportazioni e avrebbero consolidato la loro posizione di fornitori dei principali acquirenti nell’Unione. Di conseguenza l’aumento più lento delle importazioni dall’Indonesia registrato tra il 2019 e il 2020 rispetto al 2018 e al 2019 deve essere considerato in relazione alla risposta dell’industria dell’Unione volta a proteggere la propria quota di mercato.

(300)

Tra il 2020 e il periodo dell’inchiesta il mercato dell’Unione è cambiato in ragione della pandemia di COVID-19. Il consumo è diminuito del 2,5 %, il volume delle importazioni dall’Indonesia ha subito una riduzione del 2,3 % e anche le vendite dell’industria dell’Unione sono diminuite del 2,6 %. Durante tale periodo di tempo, a causa della pandemia di COVID-19 che ha perturbato le catene di approvvigionamento e aumentato i prezzi a livello mondiale, come spiegato al considerando 266, le importazioni indonesiane sono anche riuscite ad aumentare leggermente la loro quota di mercato di 0,3 punti percentuali, mentre la quota di mercato dell’industria dell’Unione è diminuita di 0,1 punti percentuali. In assenza di problemi relativi alla catena di approvvigionamento, è probabile che le importazioni indonesiane sarebbero aumentate ulteriormente. Si ricorda che, come indicato al considerando 259, il pregiudizio nel presente caso riguarda principalmente effetti sui prezzi, sebbene sia stato riscontrato anche un pregiudizio in termini di volumi. Ciò è confermato dal notevole livello di undercutting e depressione dei prezzi riscontrato durante l’inchiesta, come illustrato nel dettaglio ai considerando 209 e 210, nonché dalla variazione del livello delle importazioni indonesiane e delle relative quote di mercato durante tutto il periodo in esame. Di conseguenza l’argomentazione secondo cui la crescita delle importazioni dall’Indonesia non avrebbe avuto alcun impatto sul volume delle vendite dell’industria dell’Unione è stata respinta.

(301)

Wilmar ha sostenuto inoltre che l’industria dell’Unione non è stata influenzata dagli effetti sui prezzi causati dalle importazioni dall’Indonesia. Wilmar ha menzionato come elemento di prova le informazioni sui prezzi medi di cui alle tabelle 3 e 7 e gli aumenti di prezzo conseguiti dall’industria dell’Unione. Ha asserito altresì che le importazioni dall’Indonesia non erano in concorrenza con quelle dell’industria dell’Unione e non potevano quindi esercitare alcuna pressione sui prezzi. Wilmar ha sostenuto inoltre che la Commissione si era basata unicamente su un raffronto «da estremo a estremo» (ossia su confronti dei prezzi tra il 2018 e la fine del periodo dell’inchiesta) per giungere alle sue conclusioni sui prezzi.

(302)

Per quanto riguarda i prezzi all’importazione dall’Indonesia, la Commissione ha stabilito il volume e i prezzi delle importazioni dall’Indonesia secondo la metodologia di cui ai considerando 195 e 199. Sebbene tale metodologia sia altamente accurata per il volume delle importazioni, per quanto riguarda i prezzi, dopo le osservazioni ricevute dalle parti, la Commissione ritiene necessario confrontare i prezzi di cui alla tabella 3 con i prezzi all’esportazione comunicati da Wilmar, in particolare per il 2018. Nel 2018 Wilmar ha esportato la grande maggioranza delle importazioni totali dall’Indonesia sul mercato dell’Unione e di conseguenza il suo prezzo all’esportazione costituisce un parametro di riferimento ragionevole per il prezzo all’importazione nel 2018. Il prezzo medio unitario all’esportazione di Wilmar nel 2018 era inferiore al prezzo all’importazione di cui alla tabella 3 e inferiore al prezzo unitario di vendita dell’industria dell’Unione di cui alla tabella 7.

(303)

Inoltre andrebbe ricordato che l’analisi della Commissione degli andamenti e della contrazione dei prezzi nel presente caso aveva sottolineato che occorre prendere in considerazione anche gli aumenti dei prezzi delle materie prime. L’analisi della Commissione ha pertanto tenuto conto dei costi unitari e della redditività dell’industria dell’Unione nonché tanto dei prezzi dell’industria dell’Unione quanto dei prezzi delle importazioni dall’Indonesia. L’aumento dei prezzi che l’industria dell’Unione è riuscita a conseguire durante il periodo dell’inchiesta è stato appena sufficiente per compensare l’aumento del costo di produzione dovuto all’aumento del prezzo delle materie prime sostenuto dall’industria. Inoltre, l’industria dell’Unione è riuscita ad aumentare i prezzi durante il periodo dell’inchiesta soltanto in ragione dei problemi relativi alla catena di approvvigionamento subiti dagli esportatori indonesiani in relazione alle questioni legate alla COVID-19, come illustrato al considerando 266. Come affermato dai produttori dell’Unione inclusi nel campione, in assenza della situazione temporanea del mercato derivante dagli effetti della pandemia di COVID-19, l’industria dell’Unione non sarebbe stata in grado di aumentare i prezzi durante il periodo dell’inchiesta, in linea con il costo di produzione più elevato, e il pregiudizio subito sarebbe stato ancora più notevole. Inoltre il fatto che i produttori esportatori indonesiani siano riusciti a mantenere le loro esportazioni e ad aumentare la loro quota di mercato durante il periodo dell’inchiesta, nonostante tali problemi relativi alla catena di approvvigionamento, dimostra altresì che gli effetti pregiudizievoli delle loro importazioni oggetto di dumping possono e continueranno probabilmente a causare un pregiudizio all’industria dell’Unione.

(304)

Per il periodo dell’inchiesta è stata effettuata inoltre un’analisi dell’undercutting dei prezzi per tipo di prodotto. Ciò ha dimostrato che la concorrenza tra l’industria dell’Unione e le importazioni dall’Indonesia era marcata e che la maggior parte dei tipi di prodotto importati era in concorrenza con tipi identici di prodotti venduti dall’industria dell’Unione. Tenendo conto anche del fatto che gli acidi grassi sono beni venduti principalmente sulla base del prezzo, la Commissione ha ritenuto che la pressione sui prezzi sul mercato dell’Unione fosse decisamente forte. Il fatto che gli aumenti di prezzo si siano verificati nel periodo in esame, in concomitanza con un aumento dei costi delle materie prime, non è un segno di salute se, come nel caso di specie, tali aumenti dei prezzi si attestano a livelli tali da coprire semplicemente i costi, senza consentire il conseguimento dei livelli di profitto necessari. Ciò è dimostrato dal fatto che nel periodo in esame la crescita e le vendite dell’industria dell’Unione hanno registrato una stagnazione in ragione di prezzi inadeguati che hanno portato a livelli di redditività insufficienti. Tali argomentazioni sono state pertanto respinte.

(305)

Wilmar ha asserito altresì che l’andamento del flusso di cassa non rivelava alcun pregiudizio e ha suggerito che i problemi di flusso di cassa derivavano dal fatto che gli acquirenti dell’industria dell’Unione ritardavano il pagamento delle fatture oppure da progetti di investimento di ampia portata.

(306)

Tali asserzioni non sono corroborate da elementi di prova e sono speculative. Non sono infatti stati addotti elementi di prova a sostegno di alcuna di tali asserzioni. Al contrario, la situazione di flussi di cassa bassi e in calo dell’industria dell’Unione è coerente con l’utile sul fatturato e con altri indicatori, che sono stati creati sostanzialmente dai bassi prezzi di vendita e dai bassi livelli di redditività. La Commissione ha pertanto respinto tali argomentazioni.

(307)

Wilmar ha sostenuto altresì che l’andamento dell’occupazione e della produttività non era correlato a quello dei volumi delle importazioni dall’Indonesia.

(308)

Innanzitutto si dovrebbe osservare che non tutti gli indicatori di pregiudizio devono dimostrare una correlazione diretta con le importazioni dall’Indonesia ai fini di una determinazione globale del pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 3 del regolamento di base. Inoltre tanto i livelli di occupazione quanto la produttività sono diminuiti durante il periodo in esame e la Commissione ha tenuto adeguatamente conto di tali fattori nella sezione «Conclusioni relative al pregiudizio». Tuttavia, come indicato al considerando 259, le importazioni oggetto di dumping hanno causato effetti negativi sui prezzi ai danni dell’industria dell’Unione che subisce un pregiudizio notevole, in quanto non ha potuto aumentare i prezzi a un livello tale da consentire un livello ragionevole di profitti. Di conseguenza la Commissione ha respinto le argomentazioni riguardanti l’occupazione e la produttività.

(309)

Wilmar ha confrontato inoltre i prezzi sul mercato dell’Unione con quelli all’esportazione dell’industria dell’Unione durante il periodo in esame e ha suggerito che fossero molto simili. Ipotizzando che i prezzi all’esportazione dell’industria dell’Unione fossero stati fissati al livello dei prezzi del mercato globale, Wilmar è giunta alla conclusione che i prezzi dell’industria dell’Unione non sono stati ridotti dalle importazioni dall’Indonesia, bensì sono stati fissati al loro livello mondiale.

(310)

La Commissione ha osservato che l’ipotesi secondo la quale i prezzi all’esportazione dell’industria dell’Unione fossero fissati a un livello globale dei prezzi non era né spiegata né corroborata da elementi di prova. La Commissione ha confrontato direttamente i prezzi di vendita dell’industria dell’Unione e i prezzi di vendita all’esportazione di Wilmar sulla base di ogni singolo NCP e ha dimostrato che i prezzi di Wilmar erano notevolmente inferiori a quelli praticati dall’industria dell’Unione. La Commissione ha pertanto respinto tale argomentazione.

(311)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni il gruppo Musim Mas ha formulato osservazioni e un’analisi del volume delle importazioni dall’Indonesia e dei prezzi medi e ha effettuato confronti con i prezzi medi e con la redditività dell’industria dell’Unione al fine di dimostrare che le importazioni dall’Indonesia non erano una causa del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

(312)

Tuttavia, essendo basati sui prezzi medi, i confronti e le conclusioni raggiunte sono meno accurati rispetto alle risultanze ottenute sulla base di calcoli specifici dell’undercutting che dimostrano un’evidente pressione sui prezzi. Inoltre l’osservazione secondo la quale la redditività ha raggiunto il suo valore massimo durante il periodo dell’inchiesta trascura di considerare il fatto che, anche in tale particolare anno, la redditività era comunque troppo bassa per garantire la sostenibilità economica dell’industria, come spiegato ai considerando 266 e 269. Contrariamente a quanto sostenuto da tale parte, dette circostanze dimostrano specificamente il nesso di causalità tra le esportazioni oggetto di dumping indonesiane e il pregiudizio subito dall’industria dell’UE. Di fatto, la lieve ripresa dell’industria dell’Unione dovuta a tale carenza temporanea di offerta dall’Indonesia e alle incertezze circa l’arrivo di esportazioni indonesiane sul mercato dell’Unione, ha fatto sì che gli utilizzatori fossero portati ad acquistare acidi grassi dai produttori dell’Unione piuttosto che dagli esportatori indonesiani, come illustrato al considerando 266. Tali osservazioni sono state pertanto respinte.

(313)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che le importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia hanno causato un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione.

5.2.   Effetti di altri fattori

5.2.1.   Importazioni da paesi terzi

(314)

Nel periodo in esame, sulla base del metodo di calcolo di cui al considerando 195, il volume delle importazioni da altri paesi terzi ha registrato il seguente andamento:

Tabella 11

Importazioni da paesi terzi

Paese

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Malaysia

Volume (in tonnellate)

88 322

90 583

95 453

88 183

Indice

100

103

108

100

Quota di mercato (%)

7,5

7,5

8,3

7,8

Indice

100

101

111

105

Prezzo medio

1 110

849

925

1 161

Indice

100

76

83

105

Altri paesi terzi

Volume (in tonnellate)

39 435

32 899

38 092

40 064

Indice

100

83

97

102

Quota di mercato (%)

3,3

2,7

3,3

3,6

Indice

100

82

99

107

Prezzo medio

1 331

1 522

1 329

1 443

Indice

100

114

100

108

Totale di tutti i paesi terzi esclusa l’Indonesia

Volume (in tonnellate)

127 757

123 482

133 545

128 247

Indice

100

97

105

100

Quota di mercato (%)

10,8

10,3

11,6

11,4

Indice

100

95

107

106

Prezzo medio

1 178

1 028

1 040

1 249

Indice

100

87

88

106

Fonte:

Eurostat.

(315)

I volumi delle importazioni dalla Malaysia sono rimasti relativamente stabili nel periodo in esame. In termini di volume, durante il periodo dell’inchiesta erano a un livello simile a quello del 2018, pari a circa 88 000 tonnellate. La quota di mercato di queste importazioni durante il periodo in esame si è attestata tra il 7,5 e l’8,3 %, anche se, a causa del calo del consumo, nel complesso è aumentata del 5 %.

(316)

Le importazioni dalla Malaysia sono entrate nel mercato dell’Unione principalmente con i codici NC 3823 11 00, 3823 12 00 e 3823 19 10. Si tratta dei principali codici utilizzati anche dalle importazioni indonesiane. Le informazioni disponibili indicano che la gamma dei prodotti importati dai due paesi è rimasta stabile nel periodo in esame. I prezzi medi delle importazioni dalla Malaysia sono stati costantemente superiori a quelli dell’Indonesia (di oltre il 10 % ogni anno) e dell’industria dell’Unione.

(317)

I volumi delle importazioni da altri paesi terzi sono aumentati del 2 % nel corso del periodo in esame. Durante tutto il periodo queste importazioni sono rimaste stabili, attorno a 40 000 tonnellate e hanno rappresentato complessivamente meno del 4 % in termini di quota di mercato.

(318)

Anche le importazioni da altri paesi sono state effettuate principalmente con i codici NC 3823 11 00, 3823 12 00 e 3823 19 10, da cui si evince che si trattava di una gamma di prodotti simile. I prezzi medi all’importazione dagli altri paesi terzi sono stati costantemente superiori a quelli dell’Indonesia e dell’industria dell’Unione.

(319)

Wilmar ha sostenuto che i prezzi all’importazione dall’Argentina causavano pregiudizio ai produttori dell’Unione.

(320)

Tuttavia, tenendo presente che tali importazioni erano trascurabili, pari soltanto a 4 000 tonnellate circa, con una quota di mercato dello 0,4 % durante il periodo dell’inchiesta, l’argomentazione è stata respinta.

(321)

La Commissione ha pertanto concluso che le importazioni da paesi terzi non sono state la causa del pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione né sono state in grado di attenuare il nesso di causalità per quanto riguarda le importazioni dall’Indonesia.

5.2.2.   Andamento delle esportazioni dell’industria dell’Unione

(322)

Nel periodo in esame il volume delle esportazioni dei produttori dell’Unione ha registrato l’andamento illustrato nella tabella 12. I dati contenuti nella tabella sono stati ottenuti utilizzando le esportazioni dei produttori dell’Unione inclusi nel campione ed estrapolando il dato in modo da rappresentare l’intera industria dell’Unione (42).

Tabella 12

Andamento delle esportazioni dei produttori dell’Unione inclusi nel campione

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta

Volume delle esportazioni (in tonnellate)

91 577

82 260

79 319

86 173

Indice

100

90

87

94

Prezzo medio praticato ad acquirenti indipendenti (EUR/tonnellata)

929

804

857

1 105

Indice

100

87

92

119

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(323)

Nel periodo in esame il volume della produzione dell’industria dell’Unione è calato del 6 %. Nello stesso periodo i prezzi di vendita di queste esportazioni sono aumentati del 19 %, considerando il fatto che su tali prezzi ha inciso anche l’andamento dei costi di cui alla tabella 7.

(324)

Tenendo presente che i volumi delle esportazioni rappresentavano solo il 10 % circa dei volumi delle vendite dell’Unione e che l’andamento dei volumi e dei prezzi delle vendite era simile a quello osservato per le vendite dell’industria dell’Unione sul mercato libero dell’Unione, è evidente che l’andamento delle esportazioni dell’industria dell’Unione non è un elemento chiave nella valutazione globale della situazione economica dell’industria dell’Unione.

(325)

La Commissione ha pertanto concluso che l’andamento delle esportazioni dell’industria dell’Unione non è stata la causa del pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione né è stato in grado di attenuare il nesso di causalità per quanto riguarda le importazioni dall’Indonesia.

5.2.3.   Consumo

(326)

Come evidenziato nella tabella 1, nel periodo in esame il consumo sul mercato libero dell’Unione è diminuito del 5 %. Se si tiene conto anche dell’uso vincolato, anche il mercato totale dell’Unione ha subito una flessione del 5 %. Dall’inchiesta è emerso che il calo del consumo era imputabile principalmente a fattori connessi alla pandemia di COVID-19 e ai suoi effetti sui settori utilizzatori dell’Unione, ad esempio quello delle pulizie domestiche, come indicato al considerando 191.

(327)

Wilmar e P&G hanno affermato che l’andamento del settore automobilistico durante la pandemia di COVID-19 è stato in parte responsabile del calo dei consumi. Hanno inoltre affermato che l’introduzione della legislazione relativa ai tenori massimi per il 3-monocloropropandiolo (3-MCPD) si ripercuoteva anche sulle vendite al settore alimentare.

(328)

La Commissione ha constatato che il calo temporaneo del consumo durante la pandemia di COVID-19 non poteva spiegare il pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione. Gli sviluppi nei settori automobilistico e alimentare non hanno inciso in modo significativo sull’andamento complessivo dei consumi, che sono scesi solo del 5 %. L’analisi del pregiudizio ha dimostrato che il pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione era connesso ad aspetti riguardanti i prezzi, quali l’undercutting e la contrazione che hanno impedito all’Unione di aumentare i prezzi in linea con i costi per raggiungere a un livello di profitti adeguati.

(329)

Dall’inchiesta è emerso che nel periodo in esame le perdite dell’industria dell’Unione in termini di produzione e di volume delle vendite sono state superiori al calo del consumo. In effetti, nonostante il calo del consumo, a beneficiare dell’andamento del mercato sono state principalmente le importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia, la cui quota di mercato durante il periodo in esame è aumentata del 19 % (cfr. tabella 2).

(330)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che l’andamento del consumo non è stato la causa del pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione.

5.2.4.   Questioni inerenti alle materie prime

(331)

Le principali materie prime del prodotto oggetto dell’inchiesta sono il sego, un materiale derivato da grassi animali, e/o gli oli vegetali come l’olio di palma greggio, che rappresentano circa il 70 % dei costi totali di produzione degli acidi grassi.

(332)

I produttori dell’Unione utilizzano il sego come materia prima, ma anche grandi quantità di olio vegetale, compreso l’olio di palma greggio, provenienti dall’Unione o dal Sud-Est asiatico, compresa l’Indonesia. Il sego è disponibile a livello locale e adatto alla produzione della maggior parte dei segmenti utilizzatori di acidi grassi. I produttori esportatori indonesiani per la produzione usano principalmente olio di palma greggio, olio di palmisti greggio e piccoli volumi di altri oli vegetali disponibili localmente, come l’olio di cocco. L’inchiesta ha dimostrato che, in termini generali, la qualità e le caratteristiche degli acidi grassi dipendono dalla materia prima, anche se vi è una grande intercambiabilità tra sego e prodotti a base di olio di palma greggio. Inoltre i prodotti fabbricati possono essere ulteriormente raffinati o trasformati in prodotti con caratteristiche diverse mediante idrogenazione e frazionamento al fine di soddisfare determinate esigenze dei clienti.

(333)

Wilmar e P&G hanno sostenuto che la dipendenza dell’industria dell’Unione dal sego come materia prima invece che dall’olio di palma greggio incideva negativamente sui costi e sulla redditività dell’industria dell’Unione. Hanno affermato che gli sviluppi nel mercato del sego nell’Unione determinavano un aumento della concorrenza e alzavano i prezzi del sego. Il gruppo Greven ha sostenuto che il crescente utilizzo di grassi fusi di origine animale per la produzione di biocarburanti incideva negativamente sulla disponibilità di sego per l’industria oleochimica e che la scarsità ha causato drastici aumenti di prezzo.

(334)

La Commissione ha rilevato che la causa del pregiudizio era costituita dai bassi prezzi delle importazioni indonesiane. Il fatto che tali bassi prezzi siano resi possibili dalla possibilità di rifornirsi di materie prime a basso costo (43) è irrilevante ai fini dell’analisi del pregiudizio, dato che l’inchiesta ha stabilito che gli esportatori indonesiani sono stati coinvolti in pratiche di dumping.

(335)

Inoltre la Commissione ha rilevato che dai costi delle materie prime dell’industria dell’Unione emergeva che i costi sia del sego sia dell’olio di palma greggio erano aumentati fino al 40 % nel periodo in esame. Inoltre i prezzi medi di acquisto del sego e dell’olio di palma greggio erano molto simili, in quanto l’olio di palma greggio doveva essere importato dal Sud-Est asiatico. I costi di trasporto per i prodotti importati erano aumentati, in particolare durante la pandemia, quando i costi logistici avevano risentito dei problemi di approvvigionamento. L’uso del sego da parte dell’industria dell’Unione (oltre a una combinazione di altri tipi di materie prime) è stato quindi una scelta razionale ed efficiente basata su una solida logica commerciale e non può essere considerato una fonte di pregiudizio autoinflitto. L’argomentazione è pertanto respinta.

(336)

Wilmar ha inoltre affermato che l’utilizzo del sego come materia prima per il prodotto oggetto dell’inchiesta, ne limitava gli usi, in quanto tali tipi di prodotti non potevano essere utilizzati nei mercati halal e kosher. Inoltre gli acidi grassi prodotti a partire dal sego come materia prima non potevano essere utilizzati come mangimi per animali.

(337)

L’inchiesta ha tuttavia rivelato che il principale acquirente di tali tipi di acidi grassi era di gran lunga il settore delle pulizie domestiche, che rappresentava oltre il 50 % del consumo dell’Unione. Inoltre i produttori dell’Unione potevano garantire il rispetto di requisiti come quelli kosher e halal, dedicando parte dei loro impianti di produzione esclusivamente alla produzione di acidi grassi con oli vegetali come materia prima. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(338)

Wilmar ha altresì affermato che l’indisponibilità di sego ha limitato la produzione e le vendite dell’industria dell’Unione.

(339)

Wilmar non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno della propria affermazione nella versione non riservata delle sue osservazioni. In effetti gli elementi di prova riservati presentati indicano un aumento della quota del consumo di sego nella produzione di acidi grassi nel periodo in esame. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(340)

Tenendo presente che i prezzi delle materie prime quali il sego e gli oli vegetali erano comparabili, in particolare durante il periodo dell’inchiesta, e considerata la grande intercambiabilità dei prodotti a base di sego e di olio di palma greggio e la natura limitata delle restrizioni riguardanti l’uso degli acidi grassi a base di sego, la Commissione ha constatato che l’uso del sego come materia prima non era una causa del pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione.

(341)

Nelle loro osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Greven, Wilmar, il gruppo Musim Mas e il gruppo Schill + Seilacher hanno formulato osservazioni in merito a questioni concernenti gli andamenti del costo del sego come materia prima, a causa del suo maggiore utilizzo da parte di altri settori, nonché in merito alla ridotta disponibilità di materie prime per l’industria dell’Unione. Secondo l’osservazione principale formulata da tali parti la Commissione non aveva dato sufficiente peso, nella divulgazione finale delle informazioni, all’impatto del deterioramento della disponibilità di sego, che ha comportato un aumento dei costi del sego rispetto all’olio di palma come materia prima per la produzione di acidi grassi. A sostegno del proprio punto di vista, il gruppo Greven ha presentato statistiche e analisi che mostrano l’evoluzione del rapporto tra i prezzi del sego e dell’olio di palma nel periodo 2008-2022. Il gruppo Greven ha inoltre sostenuto che i prezzi del sego continueranno ad aumentare in futuro e che l’industria dell’Unione non ha effettuato gli investimenti significativi necessari per consentire il passaggio della sua produzione all’olio di palma greggio come materia prima principale.

(342)

La Commissione non contesta il fatto che la disponibilità di sego nell’Unione sia diminuita nel corso degli anni, che i prezzi del sego siano aumentati di conseguenza, o che vi sia stato un cambiamento storico nella competitività dei prezzi del sego rispetto ai prezzi delle materie prime costituite da olio vegetale. Come in tutti i settori, gli aumenti dei prezzi delle materie prime, in particolare per quelli che realizzano bassi profitti, devono essere trasferiti agli acquirenti prima o poi, affinché tali settori rimangano redditizi. Nel periodo in esame l’industria dell’Unione ha registrato aumenti dei costi delle materie prime pari a circa il 40 % sia per l’olio di palma sia per il sego. L’industria dell’Unione non è stata in grado di aumentare i prezzi degli acidi grassi in misura sufficiente per rispecchiare tali aumenti dei costi e conseguire livelli di redditività adeguati, in un contesto nel quale i costi delle materie prime rappresentano invece circa il 70 % dei costi totali. Inoltre i costi del sego sono stati simili a quelli dell’olio di palma greggio (compresi i costi logistici) nel periodo in esame, sulla base dei dati verificati concernenti i costi dei produttori dell’Unione inclusi nel campione. Il motivo per cui i prezzi delle materie prime non sono stati adeguatamente trasferiti agli acquirenti è dovuto alla pressione sui prezzi sul prodotto simile causata dai prezzi delle importazioni oggetto di dumping provenienti dall’Indonesia. In ogni caso, come illustrato in precedenza, i prezzi dell’olio di palma greggio e dei fattori produttivi di sego (compresi i costi di trasporto) erano molto simili per i produttori di acidi grassi dell’Unione.

(343)

Per quanto concerne la capacità dei produttori dell’Unione di trasferire la loro produzione da un tipo di materia prima a un altro, la Commissione ha osservato che tutti e quattro i produttori dell’Unione inclusi nel campione utilizzano già tipi diversi di materie prime, tra cui il sego e l’olio di palma, tenendo conto delle condizioni di mercato. In ogni caso le aspettative in merito agli sviluppi futuri del mercato, quali quelle relative all’andamento dei prezzi del sego, non sono pertinenti ai fini della valutazione del pregiudizio e del nesso di causalità nel periodo in esame.

(344)

Di conseguenza i prezzi di vendita dell’Unione sono aumentati in ragione dell’aumento dei prezzi delle materie prime; tuttavia, l’industria dell’Unione non ha potuto fissare i propri prezzi a un livello ragionevole a causa delle importazioni oggetto di dumping a prezzi bassi. Tale argomentazione non può dunque essere accolta.

5.2.5.   Presunte inefficienze dell’industria dell’Unione

(345)

Wilmar e P&G hanno sostenuto che gli esportatori indonesiani erano integrati verticalmente, in quanto possedevano piantagioni di palma da olio e godevano pertanto di vantaggi concorrenziali rispetto all’industria dell’Unione che era inefficiente.

(346)

La Commissione ritiene che un presunto vantaggio concorrenziale non possa giustificare il dumping pregiudizievole praticato dagli esportatori indonesiani sul mercato dell’Unione. Come spiegato nella sezione «Dumping», la Commissione ha confrontato il prezzo praticato dagli esportatori interessati ai clienti con sede nell’UE con il loro valore normale in Indonesia e ha constatato l’esistenza di pratiche di dumping significative. Ciò significa che il dumping accertato è condizionato esclusivamente dal comportamento commerciale dei produttori esportatori indonesiani che hanno deciso di esportare a prezzi inferiori ai prezzi o ai costi di vendita applicati sul mercato interno. L’inchiesta ha dimostrato che tale comportamento ha causato un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione.

(347)

Wilmar ha inoltre affermato che l’industria dell’Unione soffriva di una mancanza di investimenti, il che spiegherebbe il pregiudizio riscontrato.

(348)

Come indicato in precedenza, l’industria dell’Unione ha effettuato principalmente investimenti per mantenere la capacità esistente e migliorare l’efficienza. L’inchiesta ha concluso che l’inadeguatezza dei livelli di redditività e la ridotta capacità di ottenere capitale a causa delle importazioni oggetto di dumping hanno determinato una riduzione dei livelli di investimento. Pertanto la presunta mancanza di investimenti non è stata la causa, bensì la conseguenza del pregiudizio notevole causato dalle importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia. La massiccia presenza di importazioni oggetto di dumping sul mercato dell’Unione ha inciso negativamente sulla redditività dell’industria dell’Unione e sulla sua capacità di ottenere capitale e alcuni investimenti strutturali non hanno potuto procedere come previsto, in particolare durante il periodo dell’inchiesta.

(349)

Wilmar ha sostenuto che alcuni produttori dell’Unione, tra cui KLK, avevano importato acidi grassi dall’Indonesia durante il periodo in esame, affermando che un eventuale pregiudizio doveva essere considerato almeno in parte autoinflitto.

(350)

Dall’inchiesta è emerso che gli acquisti dall’Indonesia da parte dei produttori dell’Unione inclusi nel campione, tra cui KLK, sono stati trascurabili, vale a dire meno del 3 % dei loro volumi di produzione all’anno, durante tutto il periodo in esame. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(351)

Wilmar ha inoltre affermato che l’industria dell’Unione ha risentito di una collocazione geografica sfavorevole, in particolare a causa di siti che non danno accesso a impianti portuali con fondali profondi per l’approvvigionamento di materie prime e la vendita di prodotti finiti.

(352)

La Commissione ha respinto tale argomentazione in quanto dall’inchiesta è emerso che quantomeno tutti e quattro i produttori dell’Unione inclusi nel campione che, come indicato al considerando 36, rappresentavano il 61 % della produzione dell’Unione, avevano accesso a impianti portuali marittimi o fluviali con fondali profondi durante il periodo in esame. Pertanto, anche se alcuni piccoli produttori dell’Unione potrebbero non avere accesso ad impianti portuali con fondali profondi, ciò non vale per l’industria dell’Unione nel suo complesso e, pertanto, questo non spiegherebbe il pregiudizio notevole.

(353)

Wilmar ha inoltre affermato che l’acquisizione del sito di Düsseldorf da parte del gruppo KLK ha contribuito ad aggravare l’inefficienza all’interno dell’industria dell’Unione. Tale affermazione si basa sul fatto che il sito utilizza il sego come materia prima.

(354)

Tuttavia, come indicato nei considerando da 331 a 340, il prezzo del sego è simile al prezzo di altre materie prime e il sego è tecnicamente adatto alla produzione per la maggior parte dei segmenti utilizzatori. Tale argomentazione è stata pertanto considerata priva di fondamento.

(355)

P&G e Wilmar hanno sostenuto che l’industria dell’Unione era inefficiente e impiegava un gran numero di dipendenti e ha quindi risentito di costi del lavoro elevati.

(356)

Tenendo presente che i costi del lavoro dell’industria dell’Unione (salari più tutti gli altri costi connessi all’occupazione) rappresentavano solo il 7,2 % dei costi totali nel periodo in esame, tale costo non è stato considerato potenzialmente in grado di arrecare un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(357)

Wilmar ha sostenuto che l’industria dell’Unione era inefficiente in termini di rispetto dei tempi di consegna e di garanzia della fornitura dei quantitativi richiesti dal mercato dell’Unione. Tale argomentazione non è stata accompagnata da alcun elemento di prova.

(358)

Tuttavia dalla tabella 4 risulta chiaramente che l’industria dell’Unione dispone di oltre 200 000 tonnellate di capacità inutilizzata che potrebbe immediatamente utilizzare, se ricevesse ordini sufficienti. In assenza di elementi di prova del fatto che l’industria dell’Unione non abbia potuto o voluto effettuare le forniture, l’argomentazione è stata respinta.

(359)

Sulla base dei fatti e delle considerazioni di cui sopra, la Commissione ha concluso che eventuali questioni relative all’efficienza e alle materie prime non erano tali da arrecare un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione o da aver attenuato il nesso di causalità per quanto riguarda le importazioni indonesiane.

(360)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni Wilmar ha sostenuto che il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione era imputabile agli aumenti dei costi logistici derivanti dalla pandemia di COVID-19 e del costo del lavoro. Tale parte ha sostenuto che dette questioni rendevano l’industria dell’Unione non competitiva rispetto ai produttori esportatori indonesiani.

(361)

I costi logistici rappresentano una parte relativamente esigua del costo totale (inferiore al 5 %). Inoltre il costo del lavoro per dipendente è aumentato soltanto dell’8 % nei quattro anni del periodo in esame, conformemente ai negoziati con i sindacati e le amministrazioni nazionali. Il costo del lavoro ha rappresentato soltanto circa il 7,2 % dei costi totali. La Commissione respinge pertanto l’argomentazione secondo la quale il pregiudizio sarebbe imputabile all’aumento dei costi logistici e del lavoro.

(362)

Wilmar ha asserito altresì che il motivo delle vendite non remunerative nel 2019 e nel 2020 era l’aumento delle SGAV e degli oneri finanziari.

(363)

Tuttavia tale argomentazione è stata presentata a causa di un fraintendimento da parte di Wilmar della tabella 7 relativa ai costi di produzione. In tale tabella per «costi di produzione» si intendono i costi totali dei produttori dell’Unione, comprese le SGAV e gli oneri finanziari. Di fatto le SGAV e gli oneri finanziari sono rimasti relativamente stabili nel periodo in esame. La Commissione ha pertanto respinto l’argomentazione secondo la quale il pregiudizio sarebbe causato dall’aumento delle SGAV e degli oneri finanziari.

(364)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Greven ha messo in dubbio il fatto che i produttori dell’Unione disponessero di una capacità sufficiente per sostituire le importazioni dall’Indonesia, anche se in teoria una quota di mercato del 20 % poteva essere coperta da una capacità inutilizzata del 20 % dell’industria dell’Unione. A sostegno di tale argomentazione, il gruppo Greven ha fornito dati che dimostrano che l’attuale utilizzo degli impianti dell’industria dell’Unione degli acidi grassi (80 %) si situa già a livello della media a lungo termine dell’industria chimica europea nel senso più ampio. Alla luce di ciò, il gruppo Greven ha sostenuto che un utilizzo degli impianti del 100 % non era né sostenibile né conseguibile per un periodo di tempo prolungato. Il gruppo Greven ha inoltre fatto riferimento alla propria domanda, che a partire dal 2020 non poteva essere soddisfatta dai produttori dell’Unione in ragione di una capacità insufficiente o di un approvvigionamento insufficiente di materie prime. In particolare per i settori dei prodotti farmaceutici, dei mangimi e degli alimenti, il gruppo Greven ha sostenuto che la capacità produttiva dei produttori dell’Unione era insufficiente, in quanto gli acidi grassi per tali settori potevano essere prodotti soltanto a partire da materiali a base vegetale o di palma e devono disporre della certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil, Tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile) Mass Balance, kosher e halal.

(365)

La Commissione ha ricordato che la capacità produttiva dell’Unione per gli acidi grassi era stata calcolata sulla base di una produzione massima raggiungibile nel lungo termine, tenendo conto della manutenzione. Di conseguenza il fatto che l’utilizzo medio a lungo termine degli impianti dell’industria chimica in senso lato sia pari all’80 % non mette in discussione la capacità dell’industria dell’Unione degli acidi grassi di utilizzare appieno la sua capacità inutilizzata calcolata dalla Commissione nel presente caso. Inoltre il gruppo Greven non ha fornito elementi di prova del fatto che la presunta incapacità dell’industria dell’Unione di soddisfare la sua domanda sia dovuta a fattori sistematici piuttosto che circostanziali e persisterebbe nel lungo termine. Per quanto concerne gli acidi grassi per i settori dei prodotti farmaceutici, dei mangimi e degli alimenti, la Commissione ha ritenuto che, ripristinando la redditività, la parità di condizioni nel mercato degli acidi grassi dell’Unione consentirebbe all’industria dell’Unione di intraprendere, incentivandoli, gli investimenti necessari per colmare le carenze in termini di capacità relative a prodotti specifici. In considerazione di quanto sopra, tali argomentazioni sono state respinte.

5.2.6.   Uso vincolato

(366)

Nel periodo in esame l’uso vincolato è aumentato di circa il 2 % in termini assoluti e, come indicato nella tabella 5, in ogni anno del periodo in esame ha rappresentato circa il 10 % del consumo totale del mercato. La Commissione ha pertanto ritenuto che l’andamento dell’uso vincolato fosse stabile o leggermente positivo per l’industria dell’Unione.

(367)

L’andamento dell’uso vincolato non poteva quindi avere arrecato un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione o attenuato il nesso di causalità per quanto riguarda le importazioni indonesiane.

5.3.   Conclusioni relative al nesso di causalità

(368)

Nel periodo dell’inchiesta nell’Unione vi erano 15 produttori di acidi grassi, che vendevano a una vasta gamma di clienti in molti settori utilizzatori. L’inchiesta ha dimostrato che la presenza di importazioni a basso prezzo oggetto di dumping dall’Indonesia aveva causato una contrazione dei prezzi sul mercato dell’Unione durante il periodo in esame. Ciò significa che il livello dei prezzi dell’industria dell’Unione non si è potuto allineare con gli aumenti dei prezzi delle materie prime durante l’intero periodo in esame. Di conseguenza, la redditività delle vendite dell’industria dell’Unione è stata bassa, se non negativa, durante tutto il periodo in esame. Tale redditività si attesta a livelli inferiori ai profitti che detta industria dovrebbe conseguire in condizioni di concorrenza normali ed è chiaramente inadeguata a garantire la sopravvivenza a lungo termine di tale industria. L’industria dell’Unione ha dovuto investire per mantenere gli impianti esistenti, ma la ridotta capacità di ottenere capitale ha messo a rischio i livelli di investimento.

(369)

Sul mercato libero dell’Unione erano presenti notevoli quantitativi di importazioni indonesiane oggetto di dumping a basso prezzo. Mentre tale mercato si è ridotto del 5 % nel periodo in esame, il volume delle importazioni indonesiane è aumentato del 13 % e la quota di mercato del 18 %. Di conseguenza, rappresentavano circa due terzi di tutte le importazioni verso il mercato dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta. Dall’inchiesta è emerso che tale penetrazione del mercato ha avuto ripercussioni negative anche sull’industria dell’Unione, in particolare sui volumi di produzione e di vendita, che sono diminuiti rispettivamente del 7 % e del 10 % nel periodo in esame. Questo aspetto è evidente nelle tabelle 4 e 5.

(370)

Altri fattori esaminati sono stati le importazioni da fonti diverse, l’andamento delle esportazioni dell’industria dell’Unione, l’andamento dell’uso vincolato, l’andamento del consumo, i problemi riguardanti le materie prime e le presunte inefficienze dell’industria dell’Unione.

(371)

La Commissione ha pertanto distinto e separato gli effetti di tutti i fattori noti che incidono sulla situazione dell’industria dell’Unione dagli effetti pregiudizievoli delle importazioni oggetto di dumping. Nessuno dei fattori, congiuntamente o singolarmente, ha influito sulla situazione dell’industria dell’Unione in misura sufficiente a rimettere in discussione la conclusione secondo cui le importazioni indonesiane causavano un pregiudizio notevole.

(372)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che le importazioni oggetto di dumping dal paese interessato hanno causato un pregiudizio notevole all’industria dell’Unione. Il pregiudizio consiste principalmente nella contrazione dei prezzi, nell’inadeguatezza della redditività, nell’utile sul capitale investito, nel flusso di cassa, nella capacità di ottenere capitale, in una perdita di quota di mercato e in un calo della produzione, della produttività, del volume delle vendite e dell’occupazione.

6.   LIVELLO DELLE MISURE

(373)

Per determinare il livello delle misure, la Commissione ha esaminato se un dazio inferiore al margine di dumping sarebbe sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria dell’Unione dalle importazioni oggetto di dumping.

(374)

Il denunciante ha sostenuto l’esistenza di distorsioni relative alle materie prime ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base. Al fine di valutare il livello appropriato di misure, la Commissione ha quindi stabilito innanzitutto l’importo del dazio necessario per eliminare il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione in assenza di distorsioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base. Ha poi esaminato se il margine di dumping dei produttori esportatori inclusi nel campione fosse superiore al loro margine di pregiudizio (cfr. sezione 6.2).

6.1.   Margine di underselling

(375)

Il pregiudizio sarebbe eliminato se l’industria dell’Unione fosse in grado di ottenere un profitto di riferimento vendendo a un prezzo indicativo ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 2 quater e 2 quinquies, del regolamento di base.

(376)

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 quater, del regolamento di base, per stabilire il profitto di riferimento la Commissione ha tenuto conto dei seguenti fattori: il livello di redditività precedente all’aumento delle importazioni dal paese oggetto dell’inchiesta, il livello di redditività necessario a coprire tutti i costi e gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo (R&S) e l’innovazione e il livello di redditività atteso in condizioni di concorrenza normali. Tale margine di profitto non dovrebbe essere inferiore al 6 %.

(377)

Le informazioni relative alla determinazione del profitto normale sono state incluse nei questionari inviati ai produttori dell’Unione inclusi nel campione. I dati comprendevano la redditività del prodotto simile per i dieci anni precedenti il periodo dell’inchiesta. I produttori dell’Unione non sono stati tuttavia in grado di fornire dati completi a causa di cambiamenti nei sistemi contabili e di cambiamenti organizzativi. Inoltre la redditività del prodotto simile nel periodo in esame è stata inferiore al 6 %, come indicato nella tabella 10.

(378)

Alcuni produttori dell’Unione inclusi nel campione hanno sostenuto che il loro livello di investimenti e di innovazione durante il periodo in esame sarebbe stato più elevato in condizioni di concorrenza normali.

(379)

Tuttavia i produttori non sono stati in grado di quantificare tali affermazioni. Si è pertanto concluso che il profitto di riferimento dovrebbe essere fissato al 6 % in conformità dell’articolo 7, paragrafo 2 quater, del regolamento di base.

(380)

A norma dell’articolo 7, paragrafo 2 quinquies, del regolamento di base, la Commissione ha valutato i costi futuri che risultano da accordi ambientali multilaterali, e relativi protocolli, di cui l’Unione è parte, e dalle convenzioni dell’ILO elencate nell’allegato I bis del regolamento di base, che l’industria dell’Unione dovrà sostenere durante il periodo di applicazione della misura di cui all’articolo 11, paragrafo 2. La Commissione ha stabilito un costo supplementare dello 0,1 %, che è stato aggiunto al prezzo non pregiudizievole. Una nota sulle modalità con cui la Commissione ha stabilito tale costo supplementare è disponibile nel fascicolo consultabile dalle parti interessate.

(381)

Tali costi comprendevano i costi aggiuntivi futuri per garantire la conformità al sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (EU ETS). Il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE è uno dei pilastri della politica dell’UE volta ad adempiere gli accordi ambientali multilaterali. Tali costi aggiuntivi sono stati calcolati sulla base della media delle quote di emissione supplementari dell’UE stimate, che dovranno essere acquistate nel periodo di applicazione delle misure (2022-2026). Le quote di emissione dell’UE utilizzate nel calcolo erano al netto di quote a titolo gratuito esigibili e sono state adeguate per garantire che si riferissero esclusivamente al prodotto oggetto dell’inchiesta. I costi delle quote di emissione dell’UE sono stati estrapolati per tenere conto della variazione dei prezzi prevista nel periodo di applicazione delle misure. La previsione dei prezzi è stata ricavata dai dati Bloomberg in data 23 giugno 2022. Il prezzo medio previsto per le quote UE (comprese Bloomberg New Energy Finance) per questo periodo è pari a 91,8 EUR per tonnellata di CO2 emessa.

(382)

Su tale base, la Commissione ha calcolato un prezzo non pregiudizievole del prodotto simile per l’industria dell’Unione, applicando il margine di profitto di riferimento di cui al considerando 378 al costo di produzione dei produttori dell’Unione inclusi nel campione durante il periodo dell’inchiesta e ha quindi aggiunto gli adeguamenti a norma dell’articolo 7, paragrafo 2 quinquies, in relazione ad ogni tipo.

(383)

La Commissione ha quindi determinato il livello del margine di underselling confrontando la media ponderata dei prezzi all’importazione dei produttori esportatori dell’Indonesia che hanno collaborato inclusi nel campione, determinata per calcolare l’undercutting dei prezzi, con la media ponderata dei prezzi non pregiudizievoli del prodotto simile venduto sul mercato dell’Unione dai produttori dell’Unione inclusi nel campione durante il periodo dell’inchiesta. L’eventuale differenza risultante da tale confronto è stata espressa in percentuale della media ponderata del valore cif all’importazione.

(384)

Alla luce delle revisioni delle SGAV di WETBV di cui ai considerando 161 e 162, la Commissione ha riveduto di conseguenza anche il calcolo del valore cif costruito.

(385)

Per le altre società che hanno collaborato non incluse nel campione, la Commissione ha calcolato la media ponderata dei margini dei due produttori esportatori inclusi nel campione.

Società

Margine di dumping definitivo

Margine di underselling

P.T. Musim Mas

46,4 %

30,5 %

P.T. Wilmar Nabati Indonesia

15,2 %

38,7 %

Altre società che hanno collaborato

26,6 %

35,9 %

(386)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni Wilmar ha sostenuto che il suo margine di pregiudizio non avrebbe dovuto essere adeguato per tener conto delle SGAV e dei profitti relativi alle vendite tramite WET B.V., dato che tale confronto era stato effettuato a uno stadio commerciale diverso con i prezzi dell’Unione.

(387)

La Commissione ha tuttavia rilevato che il prezzo non pregiudizievole del prodotto simile dell’industria dell’Unione comprendeva soltanto il costo di produzione dei produttori dell’Unione inclusi nel campione e non includeva le SGAV delle vendite effettuate da organismi di vendita collegati, poiché tutte le vendite del produttore dell’Unione incluso nel campione erano state effettuate direttamente a consumatori (cfr. considerando 209). La Commissione ha pertanto ritenuto che non esista alcuno squilibrio dello stadio commerciale. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

6.2.   Esame del margine adeguato per eliminare il pregiudizio arrecato all’industria dell’Unione

(388)

Nella denuncia il denunciante ha fornito elementi di prova sufficienti a dimostrare che in Indonesia esistono distorsioni relative alle materie prime ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base per quanto riguarda il prodotto in esame. In base agli elementi di prova contenuti nella denuncia, l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio, che rappresentano oltre il 70 % del costo di produzione del prodotto in esame, erano soggetti a una tassa all’esportazione, a un prelievo all’esportazione e alla fissazione di un prezzo massimo sul mercato interno indonesiano.

(389)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che era necessario valutare se esistessero distorsioni per quanto riguarda il prodotto oggetto dell’inchiesta ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base, secondo cui un dazio inferiore al margine di dumping sarebbe insufficiente per eliminare il pregiudizio causato da importazioni oggetto di dumping del prodotto oggetto dell’inchiesta, solo per quanto riguarda l’esportatore Musim Mas, in quanto il margine di dumping riferito a Wilmar era inferiore al margine di pregiudizio.

(390)

La Commissione ha innanzitutto individuato le principali materie prime utilizzate nella produzione del prodotto in esame da parte di Musim Mas. Come principali materie prime sono state considerate quelle che possono rappresentare almeno il 17 % del costo di produzione del prodotto in esame. La Commissione ha stabilito che Musim Mas ha utilizzato olio di palma greggio e olio di palmisti greggio per la produzione del prodotto in esame. L’olio di palma greggio rappresentava più del 30 % del costo totale di produzione, mentre l’olio di palmisti greggio rappresentava più del 40 %.

(391)

La Commissione ha quindi esaminato se fossero presenti distorsioni relative a qualcuna delle materie prime utilizzate nella produzione del prodotto in esame dovute a una delle misure di cui all’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base: regimi di doppia tariffazione, tasse all’esportazione, sovrattasse all’esportazione, contingenti all’esportazione, divieti di esportazione, royalties sulle esportazioni, obblighi di licenza, prezzo minimo all’esportazione, riduzione o revoca del rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), restrizioni al punto di sdoganamento per gli esportatori, elenco degli esportatori qualificati, obblighi relativi al mercato interno, estrazione vincolata. A tal fine la Commissione si è basata sulla legislazione indonesiana pertinente.

(392)

Dall’inchiesta è emerso che sia l’olio di palma greggio che l’olio di palmisti greggio erano soggetti a una tassa e a un prelievo all’esportazione. La tassa all’esportazione consiste in un’aliquota doganale progressiva per l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio [decreto n. 166/PMK.010/2020 (44)]. È stato inoltre istituito un prelievo progressivo sulle esportazioni di olio di palma greggio e di olio di palmisti greggio [decreto n. 57/PMK.05/2020 (45), modificato dal decreto n. 76/PMN.05/2021 (46)].

(393)

La Commissione ha stabilito che Musim Mas ha beneficiato della tassa e del prelievo all’esportazione.

(394)

La Commissione ha confrontato il prezzo sul mercato interno dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio con un valore di riferimento internazionale.

(395)

Per quanto riguarda il prezzo praticato sul mercato interno per l’olio di palma greggio e per l’olio di palmisti greggio, dall’inchiesta è emerso che la società di proprietà dello Stato Kharisma Pemasaran Bersama Nusantara (KPBN) organizza aste giornaliere (47) in cui le società di proprietà dello Stato PTPN vendono olio di palma greggio e olio di palmisti greggio. L’asta per l’olio di palma greggio è giornaliera mentre quella per l’olio di palmisti greggio è settimanale. Vi è solo una qualità standard di olio di palma greggio e di olio di palmisti greggio e, quindi, soltanto un prezzo giornaliero per l’olio di palma greggio e soltanto un prezzo settimanale per l’olio di palmisti greggio. Il prezzo è fissato fob Dumai o Belawan (due importanti porti marittimi indonesiani). PTPN fissa il prezzo e le società lo accettano o attendono fino al giorno successivo. Anche i contratti tra imprese private utilizzano il prezzo fissato da PTPN. Il prezzo d’asta è un prezzo pubblico e tutti gli operatori del mercato lo conoscono. L’inchiesta ha inoltre rivelato che anche i contratti tra parti collegate si basano sul prezzo fissato da PTPN. Pertanto tutti gli acquirenti in Indonesia acquistano olio di palma greggio e olio di palmisti greggio al prezzo giornaliero fissato da PTPN. L’inchiesta ha altresì evidenziato che le piccole differenze tra il prezzo d’asta e l’effettivo prezzo di acquisto degli esportatori inclusi nel campione erano dovute principalmente alle spese di trasporto. Pertanto, per il prezzo praticato sul mercato interno dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio, la Commissione ha utilizzato i prezzi giornalieri d’asta fissati da PTPN durante il periodo dell’inchiesta, comunicati da uno dei produttori esportatori inclusi nel campione.

(396)

Per quanto riguarda il valore di riferimento internazionale per l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio, la Commissione ha utilizzato diversi parametri di riferimento: 1) i prezzi all’esportazione fob indonesiani pubblicati dal Global Trade Atlas (48) («GTA»), 2) i prezzi sul mercato interno malese (49), 3) i prezzi fob all’esportazione della Malaysia pubblicati dal GTA, 4) i prezzi a pronti cif Rotterdam (50) (51).

(397)

Dal confronto è emerso che il prezzo dell’olio di palma greggio sul mercato interno indonesiano era inferiore del 20 % rispetto ai prezzi all’esportazione fob indonesiani, del 23 % rispetto ai prezzi interni della Malaysia, del 29 % rispetto ai prezzi all’esportazione fob malesi e del 24 % rispetto ai prezzi a pronti cif Rotterdam (adeguati a livello fob).

(398)

Dal confronto è emerso che il prezzo interno indonesiano dell’olio di palmisti greggio era inferiore del 18 % rispetto al prezzo all’esportazione indonesiano, del 19 % rispetto al prezzo interno malese, del 6 % rispetto al prezzo all’esportazione malese, del 22 % rispetto al prezzo a pronti cif Rotterdam (adeguato a livello fob).

(399)

Infine la Commissione ha esaminato se l’olio di palma greggio o l’olio di palmisti greggio rappresentino individualmente almeno il 17 % del costo di produzione del prodotto in esame. Ai fini di tale calcolo è stato utilizzato un prezzo non distorto della materia prima stabilito sulla base delle esportazioni dall’Indonesia e ricavato dai dati GTA. La Commissione ha stabilito che per Musim Mas l’olio di palma greggio rappresentava più del 40 % e l’olio di palmisti greggio più del 50 % del costo totale di produzione.

(400)

La Commissione ha pertanto concluso che i prezzi dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio erano soggetti a distorsioni e considerevolmente minori rispetto ai prezzi sui mercati internazionali rappresentativi, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base.

7.   INTERESSE DELL’UNIONE

7.1.   Interesse dell’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 ter, del regolamento di base

(401)

Conformemente all’articolo 7, paragrafo 2 ter, del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se fosse possibile concludere con chiarezza che era nell’interesse dell’Unione determinare l’importo dei dazi definitivi conformemente all’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base unicamente per quanto riguarda Musim Mas. Il dazio antidumping di Wilmar sarebbe in ogni caso fissato al margine di dumping, in quanto l’underselling è stato determinato a un livello più elevato. La determinazione dell’interesse dell’Unione si è basata sulla valutazione di tutte le informazioni pertinenti alla presente inchiesta, comprese le capacità inutilizzate nel paese esportatore, la concorrenza per le materie prime e l’effetto sulle catene di approvvigionamento per le imprese dell’UE.

7.2.   Capacità inutilizzate nel paese esportatore

(402)

Il governo indonesiano ha affermato che durante il periodo dell’inchiesta la capacità produttiva totale in Indonesia del prodotto oggetto dell’inchiesta era di circa 3 600 000 tonnellate, mentre la produzione effettiva era di circa 2 600 000 tonnellate. Ha dichiarato che entrambe le stime si basavano su una relazione dell’Indonesian Oleochemical Manufacturers Association (APOLIN).

(403)

La Commissione osserva che le stime iniziali sono state modificate dal governo indonesiano di un margine che può arrivare a ± 30 % per tutelare la riservatezza e che la stima risultante di 1 000 000 di tonnellate di capacità inutilizzata è notevolmente inferiore al dato reale. Analogamente, la stima di un utilizzo degli impianti pari al 72 % che ne risulta è notevolmente superiore al dato reale. La Commissione osserva inoltre che, anche sulla base di una stima di 1 000 000 di tonnellate, la capacità inutilizzata dell’Indonesia è superiore all’intera produzione dell’Unione, che durante il periodo dell’inchiesta è stata di circa 872 000 tonnellate, e potrebbe pertanto sostituirla. È inoltre quattro volte superiore al volume delle importazioni dall’Indonesia, che erano pari a circa 228 000 tonnellate.

(404)

Alla luce di quanto sopra, la Commissione ha concluso che in Indonesia esiste una notevole capacità inutilizzata e che, se utilizzata, tale capacità aveva il potenziale di aumentare l’offerta globale del prodotto oggetto dell’inchiesta, di deprimere i prezzi e, di conseguenza, di compromettere l’efficacia della misura, se non fosse stata stabilita al livello di dumping.

7.3.   Concorrenza per le materie prime

(405)

La principale materia prima utilizzata per la produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta è il sego o un olio vegetale, come l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio.

(406)

Come stabilito ai considerando 397 e 398, i prezzi dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio in Indonesia erano considerevolmente inferiori ai prezzi dell’olio di palma greggio e dell’olio di palmisti greggio sui mercati internazionali rappresentativi. Ciò determina un vantaggio sleale per i produttori esportatori indonesiani rispetto all’industria dell’Unione. La Commissione ha pertanto concluso che l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio, pur essendo disponibili per l’industria dell’Unione, a causa delle distorsioni avevano un prezzo superiore a quello per i produttori in Indonesia. L’industria dell’Unione si trovava quindi in una posizione di svantaggio rispetto ai produttori esportatori indonesiani.

7.4.   Effetto sulle catene di approvvigionamento per le società dell’Unione

(407)

Come evidenziato nella tabella 4, durante il periodo dell’inchiesta l’industria dell’Unione disponeva di una capacità inutilizzata di quasi 250 000 tonnellate. Tale capacità inutilizzata era superiore al volume delle importazioni dall’Indonesia nello stesso periodo. Ne consegue che l’industria dell’Unione è in grado di sostituire le importazioni dall’Indonesia con la propria produzione e persino di coprire quasi l’intera domanda dell’Unione del prodotto oggetto dell’inchiesta.

(408)

L’inchiesta ha inoltre dimostrato che gli utilizzatori dell’Unione potrebbero rifornirsi del prodotto oggetto dell’inchiesta da paesi terzi come la Malaysia. Nel periodo in esame il volume totale delle importazioni da paesi terzi è rimasto stabile, a fronte di un aumento della quota di mercato pari al 6 %. In assenza di importazioni oggetto di dumping dall’Indonesia, le importazioni da paesi terzi aumenterebbero, poiché i prezzi di vendita sul mercato dell’Unione sarebbero più interessanti.

(409)

Wilmar ha sostenuto che il fatto che produttori dell’Unione come AAK abbiano chiesto l’esclusione di alcuni acidi grassi dalla definizione del prodotto oggetto dell’inchiesta indica che alcuni produttori dell’Unione (di prodotti a valle) avevano una forte esigenza di accedere a tutte le fonti di importazione.

(410)

La Commissione osserva che la capacità dell’industria dell’Unione di soddisfare la domanda dell’Unione riguarda un’ampia gamma di acidi grassi. In particolare per quanto riguarda le richieste di esclusione di AAK, come spiegato nei considerando da 108 a 118, i tipi e le quantità di acidi grassi richiesti possono essere prodotti dai produttori dell’Unione, una volta ripristinate condizioni di parità sul mercato dell’Unione oppure acquistati da paesi diversi dall’Indonesia.

(411)

Gli utilizzatori avrebbero pertanto un accesso sufficiente al prodotto oggetto dell’inchiesta anche in caso di diminuzione delle importazioni dall’Indonesia. Di conseguenza non si prevedono interruzioni delle catene del valore degli utilizzatori dell’Unione.

(412)

Nelle loro osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, diverse parti interessate hanno commentato l’effetto delle misure sulle catene di approvvigionamento nell’Unione.

(413)

Tali osservazioni sono trattate nella sezione 7.9.2 del presente regolamento. Sulla base di tali osservazioni e dell’analisi che ne consegue, la Commissione ritiene che eventuali problemi di approvvigionamento saranno temporanei e gestibili alla luce delle altre fonti di approvvigionamento disponibili, quali la Malaysia.

7.5.   Conclusioni in merito all’interesse dell’Unione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 ter, del regolamento di base

(414)

Dopo aver valutato tutte le informazioni pertinenti alla presente inchiesta, la Commissione ha concluso che è nell’interesse dell’Unione determinare l’importo dei dazi definitivi in relazione a Musim Mas a norma dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base.

(415)

Alla luce dell’analisi di cui sopra, la Commissione ha concluso che, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base, è nell’interesse dell’Unione fissare il livello dei dazi definitivi sulla base del livello di dumping, fatte salve le ulteriori considerazioni nel contesto dell’articolo 21 di cui alla sezione 7.6.

(416)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Musim Mas ha asserito che le politiche del governo dell’Indonesia in materia di olio di palma greggio e olio di palmisti greggio erano oggetto di inchiesta nel contesto dell’inchiesta parallela antisovvenzioni di cui al considerando 3 e pertanto, applicando l’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base nell’ambito dell’attuale inchiesta antidumping e applicando dazi antisovvenzioni alle medesime politiche, si applicherebbero due misure correttive per il medesimo insieme di politiche del governo indonesiano.

(417)

La Commissione affronterà la questione delle eventuali doppie misure correttive nel quadro dell’inchiesta antisovvenzioni.

7.6.   Interesse dell’Unione ai sensi dell’articolo 21 del regolamento di base

(418)

Dopo aver valutato l’interesse dell’Unione a norma dell’articolo 7, paragrafo 2 ter, del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se fosse possibile concludere con chiarezza che non era nell’interesse dell’Unione adottare misure nel presente caso, nonostante l’accertamento di pratiche di dumping pregiudizievole, in conformità dell’articolo 21 del regolamento di base. La determinazione dell’interesse dell’Unione si è basata sulla valutazione di tutti i diversi interessi coinvolti, compresi quelli dell’industria dell’Unione, degli importatori, degli utilizzatori e di altri operatori economici pertinenti. Nessun importatore indipendente ha collaborato all’inchiesta.

(419)

La Commissione ha inviato questionari alle parti interessate note. Sono pervenute risposte al questionario da quattro utilizzatori appartenenti a due gruppi di società, ossia il gruppo Greven e il gruppo Schill + Seilacher.

7.7.   Interesse dell’industria dell’Unione

(420)

Nell’Unione vi sono 15 aziende che producono acidi grassi e impiegano circa 900 dipendenti. I produttori sono ampiamente distribuiti in tutta l’Unione. L’industria dell’Unione inclusa nel campione, che rappresenta oltre il 60 % della produzione totale, ha collaborato all’inchiesta.

(421)

In seguito al ritiro della denuncia di cui alla sezione 1.10, la Commissione ha deciso di proseguire l’inchiesta e ha effettuato la propria analisi del pregiudizio e del nesso di causalità in relazione all’industria dell’Unione nel suo complesso, indipendentemente dal sostegno e/o dalla collaborazione di singoli produttori dell’Unione, come spiegato più dettagliatamente ai considerando 64, 66, 68 e 69. L’analisi di cui alle sezioni 4 e 5 del presente regolamento ha confermato che l’industria dell’Unione ha subito un pregiudizio notevole che è stato causato dalle importazioni oggetto di dumping del prodotto in esame da parte dei produttori esportatori indonesiani. La Commissione ha osservato altresì di godere di un ampio margine di discrezionalità in merito alla decisione di proseguire o chiudere un procedimento a seguito di un ritiro.

(422)

Nella lettera di ritiro della denuncia, il denunciante ha dichiarato che il motivo del suo ritiro era «dovuto all’influenza esercitata da parti interessate» (52). Ciò conferma che il denunciante non ha messo in discussione l’analisi e la conclusione sull’esistenza di un pregiudizio notevole causato dalle importazioni indonesiane oggetto di dumping, ma che l’unico motivo del ritiro era l’influenza esercitata da parti interessate. Un motivo legato all’influenza esercitata dalle parti interessate sul denunciante non sosterrebbe una risultanza secondo la quale sarebbe nell’interesse dell’Unione chiudere il procedimento unicamente per questo motivo, laddove la Commissione abbia già constatato l’esistenza di un dumping pregiudizievole notevole. A tale proposito la Commissione ha osservato altresì che il ritiro della denuncia ha avuto luogo in una fase molto avanzata del procedimento, nella quale le risultanze che dimostravano l’esistenza di un pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione a causa delle importazioni oggetto di dumping indonesiane erano state pienamente divulgate alle parti. Le osservazioni ricevute dalle parti in seguito alla divulgazione delle informazioni non hanno modificato tale conclusione, una circostanza questa che sostiene quindi la considerazione secondo cui in ogni caso non sarebbe nell’interesse dell’Unione chiudere il procedimento senza l’istituzione di misure, anche se il denunciante ha ritirato la propria denuncia.

(423)

Alla luce della risultanza sull’esistenza di pregiudizio notevole per l’industria dell’Unione di cui ai considerando da 255 a 259, l’istituzione di misure consentirebbe all’industria dell’Unione di migliorare la propria redditività raggiungendo livelli sostenibili, di aumentare gli investimenti e di mantenere così una posizione competitiva sul suo mercato principale. L’industria dell’Unione sarebbe inoltre in grado di recuperare la quota di mercato perduta aumentando i volumi delle vendite sul mercato dell’Unione.

(424)

L’assenza di misure potrebbe avere ulteriori e significativi effetti negativi sull’industria dell’Unione in termini di minori volumi di vendita e produzione, di un’ulteriore depressione dei prezzi, con un ulteriore deterioramento finanziario della situazione economica dell’industria dell’Unione in termini di redditività e investimenti, che ne comprometterebbe il futuro e metterebbe a rischio l’occupazione.

(425)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni, il gruppo Musim Mas ha sostenuto che l’industria dell’Unione, utilizzando il sego come materia prima, non beneficerebbe delle misure e che sarebbero i produttori esportatori malesi a beneficiarne in definitiva.

(426)

Tuttavia, tenendo presenti le osservazioni della Commissione in merito al sego come fattore non pertinente per il nesso di causalità, i prezzi più elevati delle importazioni malesi durante tutto il periodo in esame, nonché la capacità dell’industria dell’Unione di aumentare la redditività e gli investimenti e quindi di aumentare la produzione e il volume delle vendite in caso di adozione di misure, tale osservazione è stata respinta.

(427)

L’istituzione di misure sugli acidi grassi indonesiani è pertanto chiaramente nell’interesse dell’industria dell’Unione.

7.8.   Interesse degli importatori/operatori commerciali non collegati

(428)

Come indicato al considerando 38, gli importatori/operatori commerciali indipendenti non hanno collaborato all’inchiesta.

(429)

La Commissione non ha pertanto disposto di informazioni per stabilire con precisione l’impatto che l’istituzione di misure avrebbe sulle attività degli importatori/operatori commerciali indipendenti. L’assenza di collaborazione lascia supporre che gli importatori non ritengono che l’istituzione di misure antidumping inciderebbe in modo significativo sulla loro attività. Anche se in una prima fase si potrebbe osservare una riduzione delle importazioni e della rivendita di beni interessati dalle misure, qualsiasi effetto negativo sul fatturato potrebbe essere in ultima analisi compensato da un aumento della rivendita di prodotti acquistati da altre fonti come la Malaysia.

(430)

Per questi motivi, la Commissione è giunta alla conclusione che l’impatto delle misure non sarebbe sproporzionato per gli importatori/operatori commerciali.

7.9.   Interesse degli utilizzatori

(431)

Il prodotto oggetto dell’inchiesta è acquistato da diverse industrie del mercato dell’Unione per fabbricare prodotti quali alimenti, mangimi, prodotti farmaceutici, cosmetici (prodotti per l’igiene quotidiana e articoli di bellezza di lusso), prodotti per la pulizia domestica e l’igiene personale e detergenti industriali.

(432)

Hanno collaborato all’inchiesta quattro utilizzatori appartenenti a due gruppi di società, che rappresentano dal 4 al 7 % del consumo totale dell’Unione, che hanno fornito risposta al questionario per gli utilizzatori.

(433)

Un gruppo utilizzava acidi grassi per produrre saponi metallici e alcalini, nonché esteri utilizzati come additivi nell’industria della plastica, dei lubrificanti e nell’industria tessile. L’altro gruppo produce prodotti chimici per tessuti tecnici, prodotti chimici per pellame, cosmetici e chimica fine.

(434)

Dall’inchiesta è emerso che durante il periodo dell’inchiesta questi utilizzatori messi insieme hanno acquistato il [6-9] % delle importazioni totali dall’Indonesia, il [4-7] % delle vendite totali dell’industria dell’Unione e il [2-4] % delle importazioni totali da altri paesi. La Commissione disponeva pertanto di informazioni limitate per valutare l’impatto complessivo dell’istituzione delle misure antidumping sulle attività degli utilizzatori.

(435)

In base ai dati forniti dagli utilizzatori che hanno collaborato, durante il periodo dell’inchiesta essi hanno acquistato circa il [23-26] % del loro fabbisogno di acidi grassi dall’Indonesia, il [68-72] % dai produttori dell’Unione e il [2-5] % da altre fonti. Mentre un gruppo di utilizzatori importava quantitativi trascurabili, durante il periodo in questione l’altro ha importato più di un quarto del proprio fabbisogno di acidi grassi dall’Indonesia.

(436)

A seconda dell’utilizzatore, le vendite di prodotti contenenti acidi grassi variavano tra il 29 % e più del 95 % del fatturato totale. Nel complesso, la percentuale di acidi grassi di tutte le origini rispetto ai costi di produzione totali degli utilizzatori che hanno collaborato era compresa tra il 6 % e il 52 %.

(437)

I margini di redditività totali dei quattro utilizzatori erano costituiti da margini di profitto nell’ordine di una o due cifre.

(438)

Per quanto riguarda l’effetto delle misure sugli utilizzatori che hanno collaborato e in considerazione della limitata sostituibilità del prodotto, la Commissione ha ritenuto che i loro profitti potrebbero essere in qualche misura influenzati dall’istituzione delle misure. Tenuto conto dei loro margini di profitto, l’effetto non sarebbe sproporzionato, in quanto, almeno in parte, l’aumento dei prezzi potrebbe essere trasferito alla catena di approvvigionamento a valle.

(439)

Data l’insufficiente redditività dell’industria dell’Unione e la depressione dei prezzi sul mercato, si può ragionevolmente presumere che i prezzi aumenteranno dopo l’istituzione delle misure. Tuttavia l’impatto che le misure potrebbero avere su alcuni utilizzatori dovrebbe essere valutato tenendo conto del rischio di cessazione dell’attività dell’industria dell’Unione, in quanto la situazione attuale non è sostenibile. La mancata istituzione di misure porterà a una minore affidabilità e stabilità delle fonti di approvvigionamento e ad inevitabili aumenti dei prezzi sul mercato dell’Unione.

(440)

P&G non ha collaborato pienamente all’inchiesta ma ha dichiarato di essere contraria all’istituzione di misure. Ha ritenuto che l’istituzione di misure comprometterebbe il suo accesso a una fonte affidabile di approvvigionamento di acidi grassi. P&G ha sostenuto che l’istituzione di misure antidumping avrebbe due conseguenze principali. In primo luogo, le misure comporterebbero probabilmente un aumento dei costi di produzione nell’industria dei beni di consumo e tali costi sarebbero infine trasferiti sui consumatori. In secondo luogo, l’istituzione di misure interromperebbe probabilmente le catene di approvvigionamento dall’Indonesia in un momento in cui la domanda di acidi grassi è forte e i produttori dell’Unione stanno lavorando al massimo della loro capacità. Il gruppo Greven ha inoltre sostenuto che la domanda di acidi grassi sul mercato dell’Unione non potrebbe essere soddisfatta senza le importazioni di acidi grassi dall’Indonesia.

(441)

La Commissione ha osservato che P&G non ha risposto al questionario per gli utilizzatori e non ha fornito informazioni dettagliate sui suoi acquisti di acidi grassi e sul loro peso in termini di costo dei prodotti finiti. La Commissione non è stata pertanto in grado di valutare l’impatto dell’istituzione di misure sull’attività di P&G.

(442)

La Commissione ha inoltre constatato che la capacità produttiva dell’industria dell’Unione è sufficiente a soddisfare quasi l’intero consumo sul mercato dell’UE. Attualmente l’industria dell’Unione dispone di circa il 20 % di capacità inutilizzata e, se si ripristinano condizioni di concorrenza leale, i produttori dell’Unione potrebbero aumentare la produzione per soddisfare la domanda nell’Unione. Anche la Malaysia dispone di capacità inutilizzata per la produzione di acidi grassi. La Commissione ha pertanto concluso che l’istituzione di misure antidumping non può comportare una carenza di approvvigionamento di acidi grassi sul mercato dell’Unione.

7.9.1.   Osservazioni generali sull’interesse degli utilizzatori in seguito alla divulgazione finale delle informazioni

(443)

In seguito alla divulgazione finale delle informazioni, sono pervenute osservazioni sugli interessi dell’Unione dal gruppo Greven, dal gruppo Schill + Seilacher, da P&G, Unilever, Henkel, Quaker Houghton, Evonik, NYCO, Kapachim, Omya, Stéarinerie Dubois, Wilmar, dal gruppo Musim Mas, da Ecogreen e dalla CUTFA. Molte di tali parti erano utilizzatori che non avevano collaborato pienamente all’inchiesta e non avevano presentato osservazioni in precedenza. L’inchiesta ha pertanto beneficiato di una serie più ampia di osservazioni dopo la divulgazione finale delle informazioni, sebbene le informazioni non siano state presentate nel formato di risposta al questionario richiesto al momento dell’apertura dell’inchiesta e non sia stato possibile verificare la veridicità di tutte le osservazioni formulate.

(444)

La CUTFA ha sottolineato che le misure avrebbero solo un impatto limitato sugli utilizzatori, poiché gli aumenti dei costi potrebbero essere trasferiti ai loro acquirenti. Anche se così non fosse, la portata dei profitti sarebbe tale da consentirne l’assorbimento e pertanto l’impatto delle misure non sarebbe sproporzionato.

(445)

La serie più ampia di osservazioni formulate dagli utilizzatori sembrava indicare che gli utilizzatori potevano essere suddivisi in due categorie principali.

a)    grandi gruppi multinazionali

(446)

La prima categoria era costituita da grandi gruppi multinazionali quali P&G, Unilever, Henkel, Quaker Houghton ed Evonik, che fabbricavano numerosi prodotti finiti utilizzando il prodotto oggetto dell’inchiesta come materia prima fondamentale, principalmente nei loro prodotti per le pulizie domestiche, la lavanderia, di bellezza e per l’igiene personale. Tuttavia, come illustrato in precedenza, in ragione della mancanza di una piena collaborazione da parte di tali soggetti, non è stato possibile accertare la quantità di acidi grassi utilizzati nella loro produzione, né l’importanza degli acidi grassi in relazione al costo di produzione quantomeno dei prodotti più importanti che utilizzano acidi grassi. Inoltre i dati di P&G, Unilever e Henkel disponibili presso fonti pubbliche (53) hanno dimostrato che negli ultimi anni il fatturato e i profitti a livello di gruppo sono aumentati in maniera sostanziale soprattutto per quanto riguarda i prodotti per le pulizie domestiche, che costituiscono il mercato più rilevante degli acidi grassi.

(447)

P&G ha spiegato di non aver risposto al questionario avendo una struttura frammentata in numerosi siti di produzione, così come avviene per altri utilizzatori di acidi grassi.

(448)

Tuttavia P&G non ha neppure compilato la sezione del questionario relativa agli acquisti di acidi grassi attraverso la sua unità centrale di acquisto. La frammentazione dell’industria utilizzatrice non impedisce, almeno ad alcuni di tali soggetti, di rispondere al questionario. Inoltre dai conti annuali consolidati pubblicamente disponibili di P&G emerge anche che le sue operazioni europee hanno registrato un fatturato decisamente elevato nel 2021 [16,7 miliardi di USD (54)]. La sua redditività a livello mondiale è stata del 23 % (55). Il fatturato di Henkel in Europa occidentale e orientale nel 2021 è ammontato a 9,1 miliardi di EUR e la redditività in tali regioni è stata pari al 18,9 % (56). Queste informazioni avvaloravano il parere della Commissione secondo cui i grandi acquirenti di acidi grassi nelle principali industrie utilizzatrici (pulizie domestiche, lavanderia, bellezza e igiene personale) non subirebbero ripercussioni sproporzionate come conseguenza delle misure proposte.

(449)

Henkel ha affermato che la mancanza di collaborazione da parte degli utilizzatori non significa che le misure, ai livelli proposti nella divulgazione finale delle informazioni, non avrebbero un grave impatto sulle loro attività.

(450)

Come ulteriormente illustrato in appresso, la Commissione ha riesaminato i propri accertamenti e le proprie conclusioni iniziali in merito all’impatto sugli utilizzatori, alla luce delle ulteriori osservazioni ricevute in risposta alla divulgazione finale delle informazioni, comprese le osservazioni di nuove parti interessate.

(451)

Henkel, Kapachim, Omya e Wilmar hanno sottolineato altresì che l’interesse degli utilizzatori dovrebbe essere considerato nel contesto degli sviluppi recenti antecedenti la divulgazione delle informazioni, quali l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, l’inflazione e i problemi relativi alla catena di approvvigionamento.

(452)

La Commissione ha osservato che tali questioni sono sviluppi successivi al periodo dell’inchiesta. Non è stato dimostrato l’impatto che tali sviluppi potrebbero avere sull’industria utilizzatrice. Ad esempio non è stato dimostrato se i costi aggiuntivi siano stati trasferiti o meno agli acquirenti e quale impatto ci sia stato sulla redditività dei prodotti contenenti acidi grassi. In ogni caso non è chiaro se tali sviluppi abbiano o meno carattere duraturo. Di conseguenza, non è stato possibile accogliere tali argomentazioni.

(453)

Nelle sue osservazioni riservate Unilever si è concentrata su un determinato prodotto che sarebbe interessato dalle misure, sostenendo che i prezzi aumenterebbero notevolmente e che potrebbe dover importare tale prodotto, con un conseguente impatto sulla sua produzione e sui suoi livelli di occupazione nell’Unione. Ha sostenuto altresì che i prezzi al consumo di tale prodotto aumenterebbero di conseguenza. Unilever ha sottolineato inoltre che la grande maggioranza delle vendite del prodotto in questione era esportata al di fuori dell’Unione.

(454)

La Commissione non è stata in grado di verificare tali argomentazioni in quanto Unilever, come la maggior parte degli utilizzatori, non ha compilato una risposta al questionario per gli utilizzatori. La Commissione non è stata pertanto in grado di accertare la rilevanza di tale prodotto nel contesto delle operazioni di Unilever nell’Unione in termini di redditività e fatturato. La Commissione non è stata inoltre in grado di accertare la rilevanza degli acidi grassi nei costi di Unilever per il prodotto in questione o per altri prodotti. Non è stata inoltre in grado di valutare chiaramente quale sarebbe l’impatto complessivo dei dazi sulla redditività del mercato dell’Unione di Unilever. Inoltre dai conti annuali consolidati di Unilever pubblicamente disponibili emerge che le sue operazioni europee hanno registrato un fatturato di 11,3 miliardi di EUR (57) e una redditività di 1,8 miliardi di EUR (58), pari a oltre il 16 %. Alla Commissione non sono state pertanto fornite informazioni atte a dimostrare che l’impatto delle misure concernenti gli acidi grassi provenienti dall’Indonesia sarebbe sproporzionato sulle vendite di tale prodotto da parte di Unilever o, più in generale, sulle sue operazioni nell’Unione. L’argomentazione relativa agli aumenti dei prezzi al consumo e all’importazione di tale prodotto non è stata corroborata in maniera chiara da elementi di prova, tenendo conto della redditività complessiva delle operazioni della società nell’Unione. La Commissione ha inoltre rilevato che Unilever disporrebbe di regimi di perfezionamento sotto controllo doganale per attenuare l’impatto delle misure.

b)    società e gruppi di dimensioni inferiori

(455)

La seconda categoria di utilizzatori era in genere costituita da società e gruppi di dimensioni inferiori, come quelli che hanno collaborato pienamente all’inchiesta (gruppo Greven e gruppo Schill + Seilacher) e che utilizzavano acidi grassi per fabbricare prodotti a valle quali esteri, ammine, lubrificanti, saponi ecc.

(456)

Inoltre, in seguito alla divulgazione finale delle informazioni NYCO, Kapachim, Omya, le consociate di Ecogreen e Stéarinerie Dubois hanno presentato osservazioni. In generale, le società di questa categoria hanno acquistato quantitativi inferiori del prodotto oggetto dell’inchiesta. Tuttavia tali utilizzatori non hanno presentato risposte al questionario che consentano di corroborare gli aspetti da essi sollevati. Al contrario le informazioni fornite dalle società che hanno collaborato pienamente all’inchiesta hanno dimostrato che tali società risentirebbero probabilmente in misura maggiore delle misure, in quanto gli acidi grassi rappresentavano una quota maggiore dei loro costi totali e le vendite dei rispettivi prodotti a valle presentavano una redditività limitata. Inoltre l’impatto delle misure su tutti gli utilizzatori sarebbe attenuato dal fatto che gli utilizzatori non vendono esclusivamente prodotti contenenti acidi grassi. La maggior parte degli acidi grassi acquistati proveniva inoltre dall’industria dell’Unione o da fornitori di paesi terzi. Ciò significa che gli aumenti di prezzo per tali acquisti dovrebbero essere inferiori a quelli per gli acquisti dai produttori esportatori indonesiani. Inoltre i prodotti finiti fabbricati utilizzando acidi grassi erano spesso esportati al di fuori dell’Unione, il che significa che potrebbero essere disponibili regimi di perfezionamento sotto controllo doganale per ridurre l’impatto delle misure.

(457)

Ecogreen ha sostenuto che i dazi medi ponderati ad essa applicabili danneggerebbero le due società collegate nell’Unione. Ecogreen ha inoltre sostenuto che tutte le sue vendite nell’Unione erano destinate ad un uso vincolato e che pertanto tali esportazioni non potevano arrecare pregiudizio all’industria dell’Unione.

(458)

La Commissione ha rilevato che DHW ed E&S, essendo consociate di Ecogreen, non hanno compilato un questionario per gli utilizzatori e pertanto non è stato possibile verificare le argomentazioni di Ecogreen in merito al pregiudizio. Secondo le osservazioni presentate da Ecogreen, una delle sue controllate nell’Unione acquista determinati tipi di acidi grassi dall’industria dell’Unione. Non si può pertanto escludere che vi sia concorrenza tra i prodotti di Ecogreen e quelli dell’industria dell’Unione quantomeno in determinati segmenti del mercato, come indicato al considerando 108. Di conseguenza l’argomentazione relativa alle consociate di Ecogreen e all’uso vincolato non può essere accettata.

(459)

Sulla base delle informazioni contenute nel fascicolo, la Commissione ha pertanto concluso che le misure proposte non inciderebbero in maniera sproporzionata sugli utilizzatori.

7.9.2.   Osservazioni sulle perturbazioni del mercato e sui problemi di approvvigionamento

(460)

Il gruppo Greven, Henkel, Unilever, Kapachim, Evonik, Ecogreen, Quaker Houghton, Omya, NYCO, Stéarinerie Dubois, il gruppo Musim Mas e Wilmar hanno presentato argomentazioni in merito alle perturbazioni del mercato dell’Unione e a problemi di approvvigionamento derivanti dall’istituzione di misure. In particolare tali parti interessate hanno ritenuto che il livello di misure proposto fosse troppo elevato e incidesse in modo sproporzionato sull’interesse delle industrie a valle dell’Unione. Tali società hanno asserito altresì che le importazioni dall’Indonesia cesserebbero o sarebbero limitate in una misura tale da provocare una carenza generale sul mercato dell’Unione, cosa che causerebbe anche aumenti dei prezzi. Altri utilizzatori hanno avanzato argomentazioni più specifiche relative a determinati tipi di acidi grassi che, a loro avviso, non potrebbero essere adeguatamente forniti dall’industria dell’Unione. AAK, Unilever e il gruppo Greven hanno fornito scambi di corrispondenza tramite posta elettronica con produttori dell’Unione a sostegno della loro argomentazione concernente problemi di approvvigionamento sul mercato che verrebbero aggravati dalle misure.

(461)

Unilever, Henkel ed Ecogreen hanno sostenuto che le misure inciderebbero sulle importazioni nell’Unione di acidi grassi a catena corta quali C8-C10. NYCO ha sostenuto che gli acidi grassi C8-C10 erano sempre più difficili da trovare sul mercato dell’Unione perché i produttori ne avevano aumentato l’uso vincolato. In ragione di tale carenza, i prezzi sono aumentati bruscamente da settembre 2021. Inoltre NYCO ha asserito che la carenza di acidi grassi a catena corta quali C8-C10 inciderebbe sulle industrie cui NYCO fornisce lubrificanti speciali, quali l’industria aeronautica e quella della difesa.

(462)

Kapachim, Evonik, NYCO hanno inoltre sostenuto che sarebbero svantaggiati rispetto ai fabbricanti degli stessi prodotti situati al di fuori dell’Unione. Altre società hanno affermato che potrebbero essere costrette a trasferirsi al di fuori dell’Unione.

(463)

Stéarinerie Dubois ha sostenuto che la limitata sostituibilità di numerosi tipi di prodotto importati dall’Indonesia inciderebbe pesantemente sulla sua redditività in quanto i suoi costi di produzione aumenterebbero. Stéarinerie Dubois ha asserito altresì che i produttori dell’Unione elencati nella denuncia non producevano necessariamente in quantità sufficienti lo stesso acido grasso del tipo richiesto. Tale parte ha sottolineato inoltre che per due tipi di acidi grassi che stava utilizzando nella propria produzione, nessun produttore dell’Unione era in grado di soddisfare le specifiche della società in termini di colore, il che rappresentava un fattore importante per i suoi acquirenti nell’industria farmaceutica. Stéarinerie Dubois ha affermato che, poiché non esisteva un mercato dell’Unione per gli acidi grassi conformi alla legislazione REACH e certificati kosher e halal, le importazioni di tali prodotti non avevano causato alcun pregiudizio all’industria dell’Unione.

(464)

La CUTFA ha sottolineato che l’industria dell’Unione, unitamente alle importazioni dall’Indonesia e da paesi terzi, garantirebbe un approvvigionamento adeguato del mercato dell’Unione in caso di istituzione di misure. Tale punto di vista è stato integrato da un grafico a barre che illustra le principali fonti di approvvigionamento. La CUTFA ha sottolineato altresì che le importazioni dall’Indonesia non cesserebbero, ma proseguirebbero a parità di condizioni.

(465)

La Commissione ha riconosciuto che la fornitura di acidi grassi ai vari settori dell’industria utilizzatrice dell’Unione è essenziale perché gli acidi grassi non possono essere sostituiti adeguatamente con altri prodotti. La Commissione ha pertanto riesaminato la questione delle perturbazioni del mercato e dei problemi di approvvigionamento alla luce delle osservazioni pervenute.

(466)

Innanzitutto, come indicato al considerando 220, i dati relativi alla capacità inutilizzata di cui al considerando 407 sono stati calcolati sulla base di una capacità sostenibile, piuttosto che teorica, dell’industria dell’Unione, tenendo conto dei normali periodi di inattività quali quelli previsti per la manutenzione, nonché della produzione di altri prodotti. Ciò significa che nell’Unione durante il periodo dell’inchiesta esisteva una capacità inutilizzata pari a 250 000. La verifica delle risposte al questionario dell’industria dell’Unione ha garantito un approccio coerente e accurato ai dati sulla capacità. Le capacità sono state ridotte, ove opportuno, e i dati verificati sono stati comunicati alle società interessate.

(467)

In secondo luogo, era chiaro che gli investimenti nell’industria dell’Unione erano stati limitati nel periodo in esame. Gli investimenti delle società incluse nel campione sono proseguiti, ma si sono limitati al mantenimento degli impianti e delle attrezzature esistenti, piuttosto che all’aumento della capacità e all’eliminazione delle strozzature nella produzione. L’istituzione di misure attenuerebbe la pressione sui prezzi dell’industria e consentirebbe a quest’ultima di fissare i prezzi a un livello tale da fare sì che la redditività si attesti a livelli ragionevoli. Grazie al miglioramento delle condizioni di mercato, la produzione e le vendite potrebbero essere aumentate per rifornire il mercato. L’industria sarebbe inoltre in grado di raccogliere capitali per aumentare la capacità.

(468)

Si devono prevedere problemi di approvvigionamento durante il periodo in esame, come dimostrato dalla corrispondenza scambiata tramite posta elettronica, se un’industria ha subito un pregiudizio notevole, che incide sui suoi prezzi di vendita, che ha determinato una bassa redditività e l’incapacità di ottenere capitale per gli investimenti. Tuttavia l’istituzione di misure creerà migliori condizioni di mercato per l’industria dell’Unione e sarà in grado di aumentare la produzione e migliorare la quantità e la gamma degli acidi grassi che fornisce al mercato.

(469)

In terzo luogo, non si prevede che le misure istituite dal presente regolamento vieteranno le importazioni dall’Indonesia. Si ricorda che lo scopo dell’istituzione delle misure antidumping non è quello di arrestare le importazioni, quanto piuttosto quello di ripristinare la parità di condizioni sul mercato. La Commissione ha pertanto respinto l’argomentazione secondo cui vi sarebbe una carenza generale sul mercato dell’Unione, che causerebbe aumenti sproporzionati dei prezzi.

(470)

La Commissione ha rilevato che l’argomentazione relativa a un marcato aumento dei prezzi degli acidi grassi C8-C10 riguardava il mercato globale e non soltanto il mercato dell’Unione. Di conseguenza gli effetti delle misure antidumping sulla competitività globale degli utilizzatori dell’Unione di C8-C10 non sarebbero diversi dagli effetti sugli utilizzatori di altri tipi di acidi grassi. La Commissione ha inoltre ricordato che gli andamenti del mercato dopo la fine del periodo dell’inchiesta non sono di norma presi in considerazione nella sua valutazione. Per quanto concerne l’osservazione di NYCO in merito all’industria aeronautica e della difesa, tali argomentazioni concernenti una perturbazione non sono state suffragate da elementi di prova e sono state pertanto respinte.

(471)

La Commissione ha rilevato altresì che i prodotti indonesiani e dell’industria dell’Unione erano altamente sostituibili. Solo perché alcuni produttori dell’Unione non erano in grado di fornire determinati tipi di prodotto, in determinati periodi alle condizioni di mercato applicabili nel periodo in esame, tale circostanza non significava che problemi di approvvigionamento persisteranno in seguito all’istituzione delle misure. La Commissione ha inoltre ritenuto che l’impatto delle misure sui costi e sulla redditività di tale utilizzatore non fosse corroborato da elementi di prova dato che, in assenza di una risposta al questionario, la Commissione non aveva potuto valutare quanto fossero importanti i costi degli acidi grassi per tale società in percentuale rispetto ai costi totali o al fatturato. Tali argomentazioni sono state pertanto respinte.

(472)

I probabili impatti nei confronti dei concorrenti al di fuori dell’Unione e il rischio di rilocalizzazione non sono stati corroborati da elementi di prova. Inoltre i fattori che potrebbero attenuare l’impatto dei dazi sugli utilizzatori sono discussi al considerando 455.

(473)

Wilmar ha suggerito che il costo degli acidi grassi come materia prima sul mercato dell’Unione aumenterebbe di circa il 32,9 % (59).

(474)

Tuttavia tali stime esagerano i probabili aumenti dei costi per gli utilizzatori. Ciò è dovuto al fatto che le importazioni indonesiane rappresentavano circa il 20 % del consumo ed è probabile che si verifichino aumenti dei costi molto inferiori per gli utilizzatori che sono riforniti dall’industria dell’Unione o tramite importazioni da altre fonti. Inoltre le importazioni da paesi terzi quali la Malaysia aumenteranno inevitabilmente nel corso della durata delle misure in ragione delle migliori condizioni di mercato e della minore pressione sui prezzi determinata dalle importazioni indonesiane.

(475)

Wilmar ha inoltre sottolineato che una riduzione delle importazioni di olio vegetale, in particolare dall’Ucraina, limiterebbe la capacità dell’industria dell’Unione di rifornirsi di materie prime.

(476)

La Commissione ha osservato che tali asserzioni riguardavano sviluppi successivi al periodo dell’inchiesta. Non è stato dimostrato né l’impatto che tali sviluppi potrebbero avere sul mercato dell’Unione, né il carattere duraturo di tali sviluppi, in quanto l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento di base stabilisce che le informazioni relative a un periodo successivo a quello dell’inchiesta non devono di norma prese in considerazione. Tali argomentazioni sono state pertanto respinte.

(477)

La Commissione non ha pertanto potuto accogliere le argomentazioni secondo cui si registrerà una generale mancanza di fornitura di acidi grassi agli utilizzatori nell’Unione. Per quanto concerne i problemi di approvvigionamento relativi a prodotti specifici, è probabile che qualsiasi perturbazione del mercato abbia natura temporanea che perdurerà fino a quando i produttori e i loro acquirenti si adegueranno alla nuova situazione del mercato.

7.9.3.   Conclusioni relative all’interesse degli utilizzatori

(478)

Tenuto conto delle osservazioni formulate dalle parti interessate e sulla base delle informazioni contenute nel fascicolo, è evidente che per i principali settori di consumo di acidi grassi (pulizie domestiche, bellezza, lavanderia e igiene personale) non vi sarebbe un impatto considerevole a seguito dell’istituzione delle misure, in quanto tali settori sarebbero in grado di assorbire eventuali aumenti dei costi che non potrebbero essere trasferiti agli acquirenti.

(479)

Per i restanti settori vi sono elementi di prova attestanti il fatto che potrebbero verificarsi aumenti dei costi che incideranno sulla redditività. Tuttavia soltanto due gruppi hanno deciso di collaborare pienamente all’inchiesta al fine di corroborare le loro argomentazioni.

(480)

Per tutti gli utilizzatori, diverse questioni attenueranno l’impatto di eventuali aumenti dei costi, quali il perfezionamento sotto controllo doganale per le importazioni di acidi grassi che saranno utilizzati per fabbricare prodotti esportati. Non tutti i prodotti fabbricati dagli utilizzatori impiegano acidi grassi. Inoltre circa l’80 % degli acidi grassi consumati sul mercato dell’Unione non proviene dall’Indonesia e pertanto non sarà soggetto all’impatto diretto delle misure.

(481)

Le misure antidumping sono intese ad aumentare i prezzi all’importazione dell’Unione (dazio pagato) per il paese interessato. È probabile che anche i prezzi delle importazioni da paesi terzi e i prezzi dell’industria dell’Unione aumentino. Tuttavia, per poter sopravvivere, l’industria dell’Unione deve operare su una base più equa rispetto ai produttori esportatori indonesiani presenti sul mercato dell’Unione. Il mercato dell’Unione necessita di tempo per adeguarsi alle nuove condizioni e in tale periodo potrebbe esserci qualche impatto negativo su determinati operatori del mercato e settori utilizzatori. Come indicato sopra, i produttori dell’Unione prevedevano un aumento degli investimenti al fine di aumentare la capacità. Alcuni di tali investimenti consentirebbero alle imprese dell’industria dell’Unione di fornire una gamma più ampia di acidi grassi o di aumentare la produzione di prodotti specifici. Soltanto perché un produttore dell’Unione non è stato in grado di rifornire il mercato con prodotti specifici nelle condizioni attuali di concorrenza sleale non significa che i produttori dell’Unione non abbiano la capacità di adattarsi alle nuove condizioni di mercato create dalle misure.

(482)

La Commissione ribadisce che tali aumenti dei costi sono necessari per consentire all’industria dell’Unione di competere in modo equo e a livelli di prezzo che non ne compromettano la redditività. È evidente che la redditività di cui alla tabella 10 non è sostenibile ed è nell’interesse di tutti gli utilizzatori fare in modo che la produzione di un’ampia gamma di acidi grassi continui a esistere nell’Unione. Gli aumenti dei costi previsti per gli utilizzatori non sono considerati sproporzionati.

(483)

Tenendo conto dei punti di vista di tutte le parti interessate che si sono manifestate, la Commissione ha pertanto concluso che l’istituzione delle misure non inciderebbe in misura sproporzionata sugli utilizzatori.

7.10.   Interesse dei fornitori

(484)

I fornitori di materie prime nell’Unione sono principalmente produttori di sego e di olio vegetale. Sebbene questi fornitori di materie prime non abbiano collaborato alla presente inchiesta, è chiaro che, nel lungo termine, l’istituzione di misure andrebbe a vantaggio anche dei fornitori, in quanto l’industria dell’Unione consuma notevoli quantità di sego e di oli vegetali prodotti nell’Unione.

7.11.   Conclusioni relative all’interesse dell’Unione

(485)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha concluso che non vi sono fondati motivi di ritenere che l’istituzione di misure sulle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia non siano nell’interesse dell’Unione.

8.   MISURE ANTIDUMPING DEFINITIVE

(486)

Viste le conclusioni raggiunte dalla Commissione in merito al dumping, al pregiudizio, al nesso di causalità, al livello di misure e all’interesse dell’Unione, è opportuno istituire misure definitive per evitare che le importazioni oggetto di dumping arrechino un ulteriore pregiudizio all’industria dell’Unione.

(487)

In base alla valutazione di cui sopra, per Wilmar i dazi antidumping definitivi sono fissati al livello del margine di dumping.

(488)

Per quanto riguarda Musim Mas, la Commissione ha valutato se un dazio inferiore al margine di dumping sarebbe sufficiente per eliminare il pregiudizio. Dopo aver rilevato distorsioni relative alle materie prime per quanto riguarda il prodotto in esame ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 bis, del regolamento di base, segnatamente sotto forma di tasse e prelievi all’esportazione per l’olio di palma greggio e l’olio di palmisti greggio, la Commissione è giunta alla conclusione che sarebbe nell’interesse dell’Unione, come previsto all’articolo 7, paragrafo 2 ter, del regolamento di base, fissare l’importo del dazio al livello del margine di dumping, poiché un dazio inferiore al margine di dumping non sarebbe sufficiente a far fronte al pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

(489)

Il dazio definitivo per le altre società indonesiane che hanno collaborato non incluse nel campione si basa sulla media ponderata del margine di dumping fissato per le due società incluse nel campione.

(490)

Dato l’elevato livello di collaborazione (le esportazioni dei produttori esportatori che hanno collaborato costituivano la totalità delle importazioni complessive durante il periodo dell’inchiesta), il livello del dazio a livello nazionale è stato basato sul margine di dumping più elevato dei due esportatori che hanno collaborato inclusi nel campione.

(491)

Sulla base di quanto precede, le aliquote del dazio antidumping definitivo, espresse sul prezzo cif franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, dovrebbero essere le seguenti:

Società

Margine di dumping definitivo

Margine di pregiudizio definitivo

Dazio antidumping definitivo

P.T. Musim Mas

46,4 %

46,4 %

46,4 %

P.T. Wilmar Nabati Indonesia

15,2 %

38,7 %

15,2 %

Altre società che hanno collaborato

26,6 %

41,5 %

26,6 %

Tutte le altre società

46,4 %

46,4 %

46,4 %

(492)

Le aliquote individuali del dazio antidumping specificate nel presente regolamento per ciascuna società sono state stabilite sulla base delle risultanze della presente inchiesta. Esse rispecchiano quindi la situazione delle società interessate constatata durante l’inchiesta. Tali aliquote del dazio si applicano esclusivamente alle importazioni del prodotto in esame originario del paese interessato e fabbricato dai soggetti giuridici citati. Le importazioni del prodotto in esame fabbricato da qualsiasi altra società non specificamente menzionata nel dispositivo del presente regolamento, compresi i soggetti collegati a quelli espressamente menzionati, dovrebbero essere soggette all’aliquota del dazio applicabile a «tutte le altre società». Esse non dovrebbero essere assoggettate ad alcuna delle aliquote individuali del dazio antidumping.

(493)

Per garantire la corretta applicazione dei dazi antidumping, il dazio antidumping per tutte le altre società dovrebbe applicarsi non solo ai produttori esportatori che non hanno collaborato alla presente inchiesta, ma anche ai produttori che non hanno esportato nell’Unione durante il periodo dell’inchiesta.

(494)

Per ridurre al minimo i rischi di elusione dovuti alla differenza nelle aliquote del dazio, sono necessarie misure speciali atte a garantire l’applicazione dei dazi antidumping individuali. Le società soggette a dazi antidumping individuali devono presentare una fattura commerciale valida alle autorità doganali degli Stati membri. La fattura deve essere conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, del presente regolamento. Le importazioni non accompagnate da tale fattura dovrebbero essere soggette al dazio antidumping applicabile a «tutte le altre società».

(495)

Sebbene sia necessaria per consentire alle autorità doganali degli Stati membri di applicare alle importazioni le aliquote individuali del dazio antidumping, la presentazione di tale fattura non costituisce l’unico elemento che le autorità doganali devono prendere in considerazione. Di fatto, anche qualora ricevano una fattura che soddisfa tutte le prescrizioni di cui all’articolo 1, paragrafo 3, del presente regolamento, le autorità doganali degli Stati membri devono svolgere i consueti controlli di loro competenza e possono, come in tutti gli altri casi, esigere documenti supplementari (documenti di spedizione ecc.) al fine di verificare l’esattezza delle informazioni dettagliate contenute nella dichiarazione e di garantire che la successiva applicazione dell’aliquota inferiore del dazio sia giustificata, conformemente al diritto doganale.

(496)

Nel caso di un aumento significativo del volume delle esportazioni di una delle società che beneficiano di aliquote individuali del dazio inferiori dopo l’istituzione delle misure in esame, tale aumento potrebbe essere considerato di per sé una modificazione della configurazione degli scambi dovuta all’istituzione di misure ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento di base. In tali circostanze, e purché siano soddisfatte le necessarie condizioni, può essere avviata un’inchiesta antielusione, che può, tra l’altro, esaminare la necessità di una soppressione delle aliquote individuali del dazio e della conseguente istituzione di un dazio su scala nazionale.

(497)

Varie parti interessate hanno sostenuto che le misure erano troppo elevate o non erano fissate a un livello adeguato e che la Commissione avrebbe dovuto ridurle.

(498)

Tali misure sono state tuttavia fissate secondo la metodologia descritta nel presente regolamento e conformemente al regolamento di base. I calcoli relativi alla fissazione dei margini di dumping e di pregiudizio sono stati comunicati alle parti interessate pertinenti. Tali argomentazioni devono pertanto essere respinte in quanto la fissazione arbitraria dei dazi non è prevista dal regolamento di base.

(499)

Nelle sue osservazioni presentate in seguito alla divulgazione finale delle informazioni Ecogreen ha chiesto alla Commissione di esaminare la possibilità di un contingente esente da dazi quale misura correttiva costruttiva, indicando varie basi giuridiche a sostegno di tale argomentazione.

(500)

Innanzitutto, prendendo spunto dall’articolo 8 del regolamento di base, Ecogreen si è offerta di avviare discussioni per un impegno sui prezzi legato a un contingente. A tale riguardo, ha ricordato che i contingenti facevano parte degli impegni accettati nel caso relativo ai pannelli solari (60) e ha affermato che, secondo il panel dell’OMC nella controversia EC — Bed Linen (61), la Commissione aveva l’obbligo di prendere in considerazione misure correttive costruttive nei procedimenti che coinvolgono paesi membri in via di sviluppo.

(501)

La Commissione ha osservato che, come indicato all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento di base, spetta a Ecogreen presentare un’offerta di impegno sui prezzi che può essere accettata dalla Commissione. Tale offerta deve essere presentata entro il termine prescritto di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento di base. L’offerta di Ecogreen avrebbe dovuto pervenire alla Commissione al più tardi cinque giorni prima del termine per la presentazione delle osservazioni in merito alla divulgazione finale delle informazioni. La richiesta relativa a un impegno sui prezzi è stata presentata soltanto il 12 settembre 2022, molto più tardi del termine legale di cui sopra, e non è stata formulata alcuna proposta concreta. Di conseguenza non è stata presentata alcuna offerta di impegno sui prezzi che potesse essere presa in considerazione a norma del regolamento di base e pertanto non può essere legittimamente invocata alcuna analogia con il caso relativo ai pannelli solari e con la controversia EC — Bed Linen. L’argomentazione è stata quindi respinta.

(502)

In secondo luogo, Ecogreen ha chiesto un contingente esente da dazi per analogia con l’istituzione di contingenti per preservare i flussi commerciali ritenuti non dannosi nel contesto delle misure di salvaguardia, un altro strumento di difesa commerciale.

(503)

A tale riguardo la Commissione si è limitata a rilevare che la presente inchiesta era disciplinata dal regolamento di base, che non prevedeva contingenti esenti da dazi. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

(504)

In terzo luogo, Ecogreen ha chiesto un contingente tariffario quale misura correttiva costruttiva ai sensi del regolamento (UE) 2021/2283 del Consiglio (62), modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2022/972 del Consiglio (63), che avrebbe consentito alla Commissione di aprire e concedere contingenti tariffari per i prodotti agricoli e industriali.

(505)

La Commissione ha osservato che il regolamento (UE) 2021/2283, modificato da ultimo dal regolamento (UE) 2022/972, si applicava ai prodotti agricoli e industriali elencati nell’allegato del regolamento (UE) 2021/2283, qualora il prodotto oggetto dell’inchiesta non fosse menzionato in nessuno dei suoi codici TARIC. Tale argomentazione è stata pertanto respinta.

(506)

Infine Ecogreen ha sottolineato che il codice doganale dell’Unione prevedeva la possibilità di perfezionare un determinato quantitativo di importazioni sotto controllo doganale (perfezionamento attivo). Ecogreen ha chiesto alla Commissione di esaminare le modalità di attuazione di tale accordo.

(507)

La Commissione ha sottolineato che tali disposizioni non rientrano nelle sue competenze e nell’ambito di applicazione della presente inchiesta, che è disciplinata dal regolamento di base. L’argomentazione è stata pertanto respinta.

9.   DISPOSIZIONI FINALI

(508)

Alla luce dell’articolo 109 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 (64), quando un importo deve essere rimborsato a seguito di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, il tasso di interesse da corrispondere dovrebbe essere quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento, come pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, il primo giorno di calendario di ciascun mese.

(509)

Tutte le parti interessate sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si raccomandava l’istituzione di misure antidumping definitive. Esse hanno inoltre usufruito di un termine per presentare le loro osservazioni in risposta a tale informazione.

(510)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito dall’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/1036,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acidi grassi con una catena di atomi carbonio di lunghezza C6, C8, C10, C12, C14, C16 o C18, con un indice di iodio inferiore a 105 g/100 g e un rapporto tra acidi grassi liberi e trigliceridi (grado di scissione) pari almeno al 97 %, comprendenti:

singolo acido grasso (detto anche «frazione pura»); e

miscele contenenti una combinazione di catene di atomi di carbonio di due o più lunghezze,

esclusi gli acidi grassi per la produzione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa sostenibili certificati da un sistema volontario (65) riconosciuto dalla Commissione europea a norma dell’articolo 30, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001, oppure da un sistema di certificazione nazionale istituito a norma dell’articolo 30, paragrafo 6, della medesima direttiva attualmente classificati con i codici NC ex 2915 70 40, ex 2915 70 50, ex 2915 90 30, ex 2915 90 70, ex 2916 15 00, ex 3823 11 00, ex 3823 12 00, ex 3823 19 10 ed ex 3823 19 90 (codici TARIC: 2915704095, 2915705010, 2915903095, 2915907095, 2916150010, 3823110020, 3823110070, 3823120020, 3823120070, 3823191030, 3823191070, 3823199070 e 3823199095) e originari dell’Indonesia.

2.   Le aliquote del dazio antidumping definitivo applicabili al prezzo netto, franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, del prodotto descritto al paragrafo 1 e fabbricato dalle società elencate di seguito, sono le seguenti:

Società

Dazio antidumping definitivo

Codice addizionale TARIC

P.T. Musim Mas

46,4 %

C880

P.T. Wilmar Nabati Indonesia

15,2 %

C881

Altre imprese che hanno collaborato elencate nell’allegato

26,6 %

Cfr. allegato

Tutte le altre società

46,4 %

C999

3.   L’applicazione delle aliquote individuali del dazio stabilite per le società citate al paragrafo 2 è subordinata alla presentazione alle autorità doganali degli Stati membri di una fattura commerciale valida, su cui figuri una dichiarazione datata e firmata da un responsabile dell’entità che rilascia tale fattura, identificato con nome e funzione, formulata come segue: «Il sottoscritto certifica che il (volume) di (prodotto in esame) venduto per l’esportazione nell’Unione europea e oggetto della presente fattura è stato fabbricato da (nome e indirizzo della società) (codice addizionale TARIC) in [paese interessato]. Il sottoscritto dichiara che le informazioni fornite nella presente fattura sono complete ed esatte». In caso di mancata presentazione di tale fattura, si applica il dazio applicabile a tutte le altre società.

4.   Qualora le merci siano state danneggiate prima dell’immissione in libera pratica e, pertanto, il prezzo effettivamente pagato o pagabile sia calcolato proporzionalmente per la determinazione del valore in dogana a norma dell’articolo 131, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione (66), l’importo del dazio antidumping, calcolato in base agli importi di cui sopra, è ridotto di una percentuale che corrisponde al calcolo proporzionale del prezzo realmente pagato o pagabile.

5.   Salvo diversa indicazione, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Qualora un nuovo produttore esportatore dell’Indonesia fornisca elementi di prova sufficienti alla Commissione, l’allegato può essere modificato aggiungendo tale nuovo produttore esportatore all’elenco delle società non incluse nel campione che hanno collaborato e che sono pertanto assoggettate alla media ponderata appropriata dell’aliquota del dazio antidumping, pari al 26,6 %. Un nuovo produttore esportatore deve dimostrare che:

a)

non ha esportato le merci di cui all’articolo 1, paragrafo 1, originarie dell’Indonesia durante il periodo dell’inchiesta (1o ottobre 2020 - 30 settembre 2021);

b)

non è collegato a un esportatore o a un produttore soggetto alle misure istituite dal presente regolamento; e

c)

ha effettivamente esportato il prodotto di cui all’articolo 1, paragrafo 1 originario dell’Indonesia, o ha assunto un obbligo contrattuale irrevocabile di esportarne un quantitativo significativo nell’Unione dopo la fine del periodo dell’inchiesta.

Articolo 3

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 18 gennaio 2023

Per la Commissione

La presidente

Ursula VON DER LEYEN


(1)   GU L 176 del 30.6.2016, pag. 21.

(2)  Avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia (GU C 482 del 30.11.2021, pag. 5).

(3)  Avviso di apertura di un procedimento antisovvenzioni relativo alle importazioni di acidi grassi originari dell’Indonesia (GU C 195 del 13.5.2022, pag. 11).

(4)  Come spiegato al considerando 44, l’espressione «produttori esportatori inclusi nel campione» va intesa come «produttori esportatori non inclusi nel campione che avevano richiesto un esame individuale»,

(5)  https://trade.ec.europa.eu/tdi/case_details.cfm?id=2564

(6)  Relazione del panel, Mexico — Steel Pipes and Tubes (Messico — Tubi in acciaio), WT/DS331/R, adottata il 24 luglio 2007, DSR 2007:IV, pag. 1207, punto 7.347. In linea con la giurisprudenza dell’OMC, anche gli organi giurisdizionali dell’Unione europea hanno adottato la medesima posizione per quanto concerne la disposizione parallela sancita dall’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base, in particolare nella sentenza del Tribunale del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T-249/06, ECLI:EU:T:2009:62, punto 139.

(7)  Relazione dell’organo d’appello, EC — Fasteners (Cina) [CE — Elementi di fissaggio (Cina)], WT/DS397/AB/R, adottata il 28 luglio 2011, DSR 2011:VII, pag. 3995, punto 425.

(8)  Idem, punti 430 e 454.

(9)  Decisione di esecuzione (UE) 2019/1146 della Commissione, del 4 luglio 2019, che chiude il procedimento antidumping relativo alle importazioni di palancole di acciaio laminate a caldo originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 181 del 5.7.2019, pag. 89) e decisione di esecuzione (UE) 2019/266 della Commissione, del 14 febbraio 2019, che chiude il procedimento antidumping relativo alle importazioni di vetro solare originario della Malaysia (GU L 44 del 15.2.2019, pag. 31).

(10)  Decisione 2007/430/CE della Commissione, del 19 giugno 2007, che chiude il procedimento antidumping relativo alle importazioni di fibre sintetiche di poliesteri in fiocco (FPF) originarie della Malaysia e di Taiwan e che libera gli importi depositati a titolo di dazio provvisorio (GU L 160 del 21.6.2007, pag. 30) («decisione FPF »).

(11)  Sentenza del Tribunale dell’11 luglio 2013, Philips Lighting Poland e Philips Lighting/Consiglio, T-469/07, ECLI:EU:T:2013:370, punto 87. Nel presente caso la domanda non era stata ritirata. Piuttosto, taluni produttori dell’Unione che avevano sostenuto la domanda quando erano stati contattati prima dell’apertura («esame della rappresentatività») hanno successivamente deciso di cambiare posizione ed esprimere opposizione nei confronti delle misure nel corso dell’inchiesta stessa. Di conseguenza il livello di opposizione al caso è diventato superiore a quello di sostegno in termini di produzione dell’Unione. La Commissione ha in ultima analisi deciso che aveva facoltà di proseguire l’inchiesta e di istituire misure in tali circostanze per analogia con il ritiro della denuncia a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento di base.

(12)  L’elenco dei sistemi volontari e dei sistemi di certificazione nazionali riconosciuti dalla Commissione è disponibile all’indirizzo: https://energy.ec.europa.eu/topics/renewable-energy/bioenergy/voluntary-schemes_en

(13)  Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (rifusione) (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82), disponibile all’indirizzo: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A02018L2001-20220607&qid=1657211934884

(14)  Legislazione REACH. La versione consolidata del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) integra tutte le modifiche e le rettifiche del REACH fino alla data indicata nella prima pagina del regolamento.

(15)  Processo che consente, attraverso un catalizzatore, di utilizzare direttamente acidi grassi (anziché oli) e metanolo per produrre biodiesel.

(16)  Cfr. direttiva (UE) 2018/2001.

(17)  Cfr. direttiva (UE) 2018/2001.

(18)  Cfr. direttiva (UE) 2018/2001.

(19)  Cfr. direttiva (UE) 2018/2001.

(20)  Cfr. direttiva (UE) 2018/2001.

(21)  Regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5).

(22)  Il codice TARIC per l’acido oleico non opera distinzioni in termini di categoria, mentre vi sono importazioni di acido oleico nell’Unione dall’Indonesia.

(23)  Decisione 2007/430/CE, considerando 40.

(24)  https://www.ioioleo.de/wp-content/uploads/2021/01/IOI_BASIC_OLEO.pdf

(25)  Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale) (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 1).

(26)  Denuncia, punto 41.

(27)  Regolamento di esecuzione (UE) 2020/1336 della Commissione, del 25 settembre 2020, che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di determinati alcoli polivinilici originari della Repubblica popolare cinese (GU L 315 del 29.9.2020, pag. 1), considerando 352.

(28)  Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1688 della Commissione, dell’8 ottobre 2019, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio sulle importazioni di miscugli di urea e nitrato di ammonio originari della Russia, di Trinidad e Tobago e degli Stati Uniti d’America (GU L 258 del 9.10.2019, pag. 21).

(29)  Sentenza della Corte del 5 ottobre 1988, Silver Seiko Ltd e a./Consiglio, cause riunite 273/85 e 107/86, ECLI:EU:C:1988:466, punto 16.

(30)  Relazione dell’organo d’appello, EC — Fasteners (articolo 21.5 — Cina), WT/DS397/AB/R e Add.1, adottata il 12 febbraio 2016, DSR 2016:I, pag. 7, punti da 5.260 a 5.282.

(31)  Regolamento di esecuzione (UE) n. 1194/2013 del Consiglio, del 19 novembre 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di biodiesel originario di Argentina e Indonesia (GU L 315 del 26.11.2013, pag. 2).

(32)  Sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Musim Mas/Consiglio dell’Unione, T-80/14, ECLI:EU:T:2016:504, punto 94.

(33)  Sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Pelita Agung Agrindustri/Consiglio, T-121/14, ECLI:EU:T:2016:500, punto 74.

(34)  Sentenza del Tribunale del 15 settembre 2016, Wilmar Bioenergi Indonesia e Wilmar Nabati Indonesia/Consiglio, T-139/14, ECLI:EU:T:2016:499, punto 101.

(35)  Relazione del panel, EU – Biodiesel (Indonesia), WT/DS480/R e Add.1, adottata il 28 febbraio 2018, DSR 2018:II, pag. 605, punto 8.1, lettere da a) a d).

(36)  https://www.lmc.co.uk/oleochemicals/

(37)  Secondo l’IHS Markit chemical economics handbook, pubblicato nel giugno 2021, la Cina continentale, l’Europa occidentale e l’America settentrionale sono i principali mercati di consumo, e la crescita storica del consumo di acidi grassi si è approssimata alla crescita del PIL nelle regioni di consumo (https://ihsmarkit.com/products/natural-fatty-acids-chemical-economics-handbook.html)

(38)  Secondo l’Industry ARC Fatty Acid Market Forecast (2021-2026), a causa dell’epidemia di COVID-19, anche la produzione, il consumo, le importazioni e le esportazioni di acidi grassi sono stati ostacolati. Tali molteplici conseguenze della pandemia di COVID-19 hanno aggravato i problemi per il mercato degli acidi grassi nel 2020. Tuttavia, la domanda di acidi grassi è destinata a migliorare entro la fine del 2021, grazie all’incremento nei settori della cura della persona e della casa. (http://www.industryarc.com/Report/15848/fatty-acid-market.html)

(39)  OFI Magazine, Strong demand forecast for oleochemicals, 9 luglio 2021 (https://www.ofimagazine.com/news/strong-demand-forecast-for-oleochemicals)

(40)  Il risultato lordo di gestione, o il profitto, è definito come il valore aggiunto meno i costi del personale. Corrisponde al margine che deriva dalle attività di gestione dopo aver remunerato il fattore lavoro. Il risultato lordo di gestione nel settore delle sostanze chimiche rappresenta l’11 % del fatturato, https://www.francechimie.fr/media/52b/the-european-chemical-industry-facts-and-figures-2020.pdf

(41)  CSIMarket, Chemical Manufacturing Industry Profitability, https://csimarket.com/Industry/industry_Profitability_Ratios.php?ind=101&hist=4

(42)  I produttori dell’Unione inclusi nel campione rappresentano il 60 % della produzione e delle vendite dell’Unione.

(43)  La Commissione osserva inoltre che il basso prezzo delle materie prime è dovuto a distorsioni economiche sul mercato indonesiano. Cfr. considerando da 392 a 400.

(44)  https://www.ssas.co.id/wp-content/uploads/2020/10/166-PMK.010-2020.pdf (disponibile soltanto in indonesiano; ultima consultazione: 10 luglio 2022).

(45)  https://jdih.kemenkeu.go.id/FullText/2020/57~PMK.05~2020Per.pdf (disponibile soltanto in indonesiano; ultima consultazione: 10 luglio 2022).

(46)  https://jdih.kemenkeu.go.id/download/30a94928-f217-48ee-934e-c2be549f350f/76~PMK.05~2021Per.pdf (disponibile soltanto in indonesiano; ultima consultazione: 10 luglio 2022).

(47)  https://kpbn.co.id/home.html?lang=1

(48)  https://www.gtis.com/gta/

(49)  Malaysian Palm Oil Board https://bepi.mpob.gov.my/admin2/price_local_daily_view_cpo_msia.php?more=Y&jenis=1Y&tahun=2020 e https://bepi.mpob.gov.my/index.php/en/?option=com_content&view=article&id=1033&Itemid=136

(50)  CRUDE PALM OIL – CIF ROTTERDAM Spot Historische Prijzen - Investing.com https://nl.investing.com/commodities/crude-palm-oil-cif-rotterdam-futures-historical-data

(51)  https://gapki.id/en/news/19196/october-1-2020-commodity-price-position-at-the-closing-of-physical-exchange-market

(52)  La lettera è disponibile nel fascicolo pubblico al n. t22.004777.

(53)  Cfr. relazione annuale 2021 di P&G, relazione annuale 2021 di Henkel e relazione annuale 2021 di Unilever: https://assets.ctfassets.net/oggad6svuzkv/4Jv0tM2D5D4uo9fpGkFINt/51f922cfc331f8cd887e86f5dca2a59f/2021_annual_report.pdf

https://www.henkel.com/resource/blob/1616958/8a9ca447fca79ec3ad39d8e5192a1fb6/data/2021-annual-report.pdf

https://www.unilever.com/files/92ui5egz/production/e582e46a7f7170fd10be32cf65113b738f19f0c2.pdf

(54)  Cfr. relazione annuale 2021 di P&G, pag. 39:

https://assets.ctfassets.net/oggad6svuzkv/4Jv0tM2D5D4uo9fpGkFINt/51f922cfc331f8cd887e86f5dca2a59f/2021_annual_report.pdf

(55)  Cfr. relazione annuale 2021 di P&G, pag. 19.

(56)  Cfr. relazione annuale 2021 di Henkel, pag. 92:

https://www.henkel.com/resource/blob/1616958/8a9ca447fca79ec3ad39d8e5192a1fb6/data/2021-annual-report.pdf

(57)  Cfr. relazione annuale 2021 di Unilever, pag. 122:

https://www.unilever.com/files/92ui5egz/production/e582e46a7f7170fd10be32cf65113b738f19f0c2.pdf

(58)  Cfr. relazione annuale 2021 di Unilever, pag. 122.

(59)  Il 32,9 % era l’aliquota del dazio antidumping applicabile a tutte le altre società che hanno collaborato di cui al documento finale di divulgazione delle informazioni.

(60)  Decisione 2013/423/UE della Commissione, del 2 agosto 2013, che accetta un impegno offerto in relazione al procedimento antidumping relativo alle importazioni di moduli fotovoltaici in silicio cristallino e delle relative componenti essenziali (celle e wafer) originari o provenienti dalla Repubblica popolare cinese (GU L 209 del 3.8.2013, pag. 26).

(61)  Relazione del panel, EC — Bed Linen, WT/DS141/R, adottata il 12 marzo 2001, modificata dalla relazione dell’organo d’appello WT/DS141/AB/R, DSR 2001:VI, pag. 2077, punto 6.233.

(62)  Regolamento (UE) 2021/2283 del Consiglio, del 20 dicembre 2021, recante apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari autonomi dell’Unione per taluni prodotti agricoli e industriali, e che abroga il regolamento (UE) n. 1388/2013 (GU L 458 del 22.12.2021, pag. 33).

(63)  Regolamento (UE) 2022/972 del Consiglio, del 17 giugno 2022, che modifica il regolamento (UE) 2021/2283 recante apertura e modalità di gestione di contingenti tariffari autonomi dell’Unione per taluni prodotti agricoli e industriali (GU L 167 del 24.6.2022, pag. 10).

(64)  Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).

(65)  L’elenco dei sistemi volontari riconosciuti dalla Commissione è disponibile all’indirizzo: https://energy.ec.europa.eu/topics/renewable-energy/bioenergy/voluntary-schemes_en

(66)  Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione, del 24 novembre 2015, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU L 343 del 29.12.2015, pag. 558).


ALLEGATO

Produttori esportatori indonesiani che hanno collaborato non inclusi nel campione:

Nome

Codice addizionale TARIC

P.T. Nubika Jaya

P.T. Permata Hijau Palm Oleo

C882

P.T. Unilever Oleochemical Indonesia

C883

P.T. Soci Mas

P.T. Energi Sejahtera Mas

C884

P.T. Ecogreen Oleochemicals

C885

P.T. Apical Kao Chemicals

P.T. Sari Dumai Sejati

P.T. Kutai Refinery Nusantara

P.T. Sari Dumai Oleo

P.T. Padang Raya Cakrawala

P.T. Asianagro Agung Jaya

C886

P.T. Domas Agrointi Prima

C887


19.1.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 18/66


REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2023/112 DELLA COMMISSIONE

del 18 gennaio 2023

che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza in conformità all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

visto il regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea («regolamento di base») (1), in particolare l’articolo 11, paragrafo 2,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDURA

1.1.   Inchieste precedenti e misure in vigore

(1)

Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 964/2010 (2), il Consiglio ha istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Repubblica popolare cinese («RPC» o «Cina» o «paese interessato») («misure iniziali»). L’inchiesta che ha condotto all’istituzione delle misure iniziali è denominata in appresso «inchiesta iniziale».

(2)

In seguito a un riesame in previsione della scadenza in conformità all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione europea («Commissione») ha prorogato le misure iniziali di altri cinque anni con effetto dal 25 gennaio 2017 con il regolamento di esecuzione (UE) 2017/109 (3) («precedente inchiesta di riesame in previsione della scadenza»).

(3)

Le misure in vigore sono applicate sotto forma di un dazio ad valorem fissato al 22,3 % sulle importazioni dalla RPC.

1.2.   Domanda di riesame in previsione della scadenza

(4)

In seguito alla pubblicazione di un avviso di imminente scadenza (4), la Commissione ha ricevuto una domanda di riesame a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

(5)

La domanda di riesame è stata presentata il 21 ottobre 2021 dall’Associazione dei costruttori europei di ruote (EUWA) («richiedente») per conto dell’industria dell’Unione di determinate ruote di alluminio ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base. La domanda di riesame era motivata dal fatto che la scadenza delle misure potrebbe comportare il rischio di persistenza del dumping e di persistenza o reiterazione del pregiudizio nei confronti dell’industria dell’Unione.

(6)

I denuncianti hanno chiesto che il loro nome fosse mantenuto riservato, per timore di ritorsioni da parte di acquirenti. La Commissione ha ritenuto che vi fosse effettivamente un notevole rischio di ritorsioni e ha accettato di non divulgare i nomi dei denuncianti. Per tutelare l’anonimato sono stati mantenuti riservati anche i nomi degli altri produttori dell’Unione, al fine di evitare che i nomi dei denuncianti potessero essere identificati per deduzione.

1.3.   Apertura di un riesame in previsione della scadenza

(7)

Avendo stabilito, previa consultazione del comitato istituito dall’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base, che esistevano elementi di prova sufficienti per l’apertura di un riesame in previsione della scadenza, il 20 gennaio 2022, con la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (5) («avviso di apertura»), la Commissione ha avviato un riesame in previsione della scadenza per quanto riguarda le importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Cina sulla base dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base.

1.4.   Periodo dell’inchiesta di riesame e periodo in esame

(8)

L’inchiesta relativa alla persistenza del dumping ha riguardato il periodo compreso tra il 1o ottobre 2020 e il 30 settembre 2021 («periodo dell’inchiesta di riesame»). L’analisi delle tendenze utili per valutare il rischio di persistenza o reiterazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2018 e la fine del periodo dell’inchiesta di riesame («periodo in esame»).

1.5.   Parti interessate e richiesta di anonimato

(9)

Nell’avviso di apertura le parti interessate sono state invitate a contattare la Commissione al fine di partecipare all’inchiesta. La Commissione ha inoltre espressamente informato dell’apertura dell’inchiesta i richiedenti, altri produttori noti dell’Unione, i produttori noti della RPC e le autorità della Repubblica popolare cinese, gli importatori, gli utilizzatori e gli operatori commerciali noti, nonché le associazioni notoriamente interessate all’apertura dell’inchiesta di riesame in previsione della scadenza, invitandoli a partecipare.

(10)

Le parti interessate hanno avuto la possibilità di presentare le loro osservazioni sull’apertura del riesame in previsione della scadenza e di chiedere un’audizione con la Commissione e/o con il consigliere-auditore nei procedimenti in materia commerciale. Non sono pervenute osservazioni, né richieste di un’audizione.

Campionamento

(11)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha dichiarato che avrebbe potuto ricorrere al campionamento delle parti interessate, in conformità dell’articolo 17 del regolamento di base.

Campionamento dei produttori dell’Unione

(12)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha comunicato di aver selezionato a titolo provvisorio un campione di produttori dell’Unione. A norma dell’articolo 17 del regolamento di base, il criterio utilizzato per la selezione del campione è stato quello del massimo volume rappresentativo della produzione del prodotto simile nell’Unione durante il periodo dell’inchiesta, ossia dal 1o ottobre 2020 al 30 settembre 2021. Tale campione provvisorio era composto da tre produttori dell’Unione ubicati in tre Stati membri diversi. Il campione rappresentava quasi il 20 % della quantità totale della produzione del prodotto simile dei produttori noti dell’Unione e garantisce una buona distribuzione geografica. La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare osservazioni sul campione provvisorio, ma non ne ha ricevute. La Commissione ha pertanto confermato come campione definitivo il campione selezionato in via provvisoria.

Campionamento degli importatori indipendenti

(13)

Per decidere se il campionamento fosse necessario e, in tal caso, selezionare un campione, la Commissione ha chiesto a tutti gli importatori indipendenti di fornire le informazioni specificate nell’avviso di apertura. Nessun importatore indipendente tuttavia si è manifestato.

Campionamento dei produttori esportatori della RPC

(14)

Per decidere se il campionamento fosse necessario e, in tal caso, selezionare un campione, la Commissione ha invitato tutti i produttori esportatori noti della Cina a fornire le informazioni specificate nell’avviso di apertura. La Commissione ha inoltre chiesto alla missione della Repubblica popolare cinese presso l’Unione europea di individuare e/o contattare eventuali altri produttori esportatori potenzialmente interessati a partecipare all’inchiesta.

(15)

Un produttore esportatore del paese interessato ha fornito le informazioni richieste e ha accettato di essere incluso nel campione. In considerazione del numero ridotto, la Commissione non ha ritenuto necessario procedere al campionamento.

1.6.   Risposte al questionario e visite di verifica

(16)

La Commissione ha inviato al governo della Repubblica popolare cinese («governo della RPC») un questionario relativo all’esistenza di distorsioni significative nella RPC ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base.

(17)

La Commissione ha inviato questionari a tre produttori dell’Unione, al denunciante e a un produttore esportatore. Gli stessi questionari sono stati messi a disposizione online il giorno dell’apertura dell’inchiesta sul sito web della DG Commercio (6).

(18)

I tre produttori dell’Unione inclusi nel campione hanno risposto al questionario. Il produttore esportatore manifestatosi nel quadro del campionamento non ha risposto al questionario. Non è pervenuta alcuna risposta da importatori indipendenti. Nessuno degli utilizzatori ha risposto al questionario o si è manifestato nel corso dell’inchiesta. Neanche il governo della RPC ha risposto al questionario.

(19)

In assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi e del governo della RPC, le conclusioni relative al dumping e al pregiudizio sono state elaborate sulla base dei dati disponibili ai sensi dell’articolo 18 del regolamento di base. La missione della Repubblica popolare cinese presso l’Unione europea è stata informata a tale riguardo. Non sono pervenute osservazioni.

(20)

La Commissione ha raccolto tutte le informazioni ritenute necessarie per l’inchiesta. Conformemente all’avviso sulle conseguenze dell’epidemia di COVID-19 sulle inchieste antidumping e antisovvenzioni, sono stati effettuati controlli incrociati a distanza per un produttore dell’Unione incluso nel campione (7).

(21)

La Commissione ha svolto visite di verifica a norma dell’articolo 16 del regolamento di base presso la sede di due produttori dell’Unione inclusi nel campione.

1.7.   Fase successiva della procedura

(22)

Il 18 novembre 2022 la Commissione ha divulgato i principali fatti e considerazioni in base ai quali intendeva mantenere in vigore i dazi antidumping. A tutte le parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni sulla divulgazione delle informazioni.

(23)

La Commissione ha esaminato le osservazioni presentate dalle parti interessate e ne ha tenuto conto, ove opportuno. Alle parti che ne hanno fatto richiesta è stata concessa un’audizione.

2.   PRODOTTO OGGETTO DEL RIESAME E PRODOTTO SIMILE

2.1.   Prodotto oggetto del riesame

(24)

Il prodotto oggetto del riesame è costituito da ruote di alluminio per veicoli a motore di cui alle voci NC da 8701 a 8705, con o senza i loro accessori, munite o non munite di pneumatici e originarie della RPC («prodotto in esame» o «ruote di alluminio»), attualmente classificate con i codici NC ex 8708 70 10 ed ex 8708 70 50 (codici TARIC 8708701015, 8708701050, 8708705015 e 8708705050).

(25)

Il prodotto in esame è venduto nell’Unione attraverso due canali di distribuzione: il segmento dei costruttori di apparecchiature originali (Original Equipment Manufacturers, «OEM») e il segmento dei mercati post-vendita (aftermarket, «AM»). Nel segmento degli OEM i produttori di automobili organizzano procedure di aggiudicazione di appalti per ruote di alluminio e sono spesso impegnati nel processo di sviluppo di nuove ruote associate alla loro marca. I produttori dell’Unione e gli esportatori cinesi possono partecipare alle stesse gare d’appalto. Nel settore AM le ruote di alluminio sono generalmente progettate, realizzate e marchiate dai produttori di ruote di alluminio, per essere poi vendute a grossisti, dettaglianti, società di tuning, meccanici ecc.

(26)

Anche se le ruote di alluminio OEM e AM hanno canali di distribuzione diversi, è stato stabilito, come nell’inchiesta iniziale, che condividono le stesse caratteristiche fisiche e tecniche e sono intercambiabili. Esse sono quindi considerate un unico prodotto.

2.2.   Prodotto simile

(27)

Come stabilito nel precedente riesame in previsione della scadenza, la presente inchiesta di riesame in previsione della scadenza ha confermato che i seguenti prodotti presentano le stesse caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base e i medesimi impieghi di base:

il prodotto in esame;

il prodotto fabbricato e venduto sul mercato interno della RPC; nonché

il prodotto fabbricato e venduto nell’Unione dall’industria dell’Unione.

(28)

Tali prodotti sono pertanto considerati prodotti simili ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

2.3.   Contestazioni riguardanti la definizione del prodotto

(29)

La Commissione non ha ricevuto contestazioni riguardanti la definizione del prodotto.

3.   DUMPING

(30)

In conformità all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione ha esaminato se la scadenza della misura in vigore potesse comportare un rischio di persistenza o reiterazione del dumping praticato dalla RPC.

3.1.   Osservazioni preliminari

(31)

Come indicato al considerando 19, nessun esportatore/produttore della Cina ha collaborato all’inchiesta. La Commissione ha pertanto informato le autorità della RPC che, data la mancanza di collaborazione, avrebbe potuto applicare l’articolo 18 del regolamento di base per quanto concerne le conclusioni relative alla RPC. Non essendo pervenute risposte, la Commissione ha deciso di applicare l’articolo 18.

(32)

Conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, le conclusioni relative al rischio della persistenza o della reiterazione del dumping si sono pertanto basate sui dati disponibili, in particolare le informazioni contenute nella domanda di riesame e le informazioni ottenute dalle parti che hanno collaborato nel corso dell’inchiesta di riesame (segnatamente il richiedente e i produttori dell’Unione inclusi nel campione).

(33)

Durante il periodo dell’inchiesta di riesame, le importazioni di determinate ruote di alluminio dalla Cina sono continuate, benché a livelli inferiori rispetto al periodo dell’inchiesta iniziale. Secondo Eurostat, nel periodo dell’inchiesta di riesame le importazioni di determinate ruote di alluminio dalla Cina detenevano una quota del mercato dell’Unione pari al 3,4 % circa, rispetto al 12,4 % registrato durante l’inchiesta iniziale e al 3,2 % rilevato durante il precedente riesame in previsione della scadenza.

3.2.   Procedura per la determinazione del valore normale a norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base per le importazioni del prodotto oggetto del riesame originario della RPC

(34)

Dati gli elementi di prova sufficienti disponibili all’apertura dell’inchiesta, che tendono a evidenziare, per quanto riguarda la RPC, l’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base, la Commissione ha avviato l’inchiesta sulla base dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base.

(35)

Per ottenere le informazioni ritenute necessarie ai fini dell’inchiesta in merito alle presunte distorsioni significative, la Commissione ha inviato un questionario al governo della RPC. Nell’avviso di apertura la Commissione ha inoltre invitato tutte le parti interessate a comunicare le loro osservazioni, nonché a fornire informazioni ed elementi di prova riguardanti l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, entro 37 giorni dalla data di pubblicazione di tale avviso di apertura nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Entro la scadenza fissata non è pervenuta alcuna risposta al questionario da parte del governo della RPC, né alcuna osservazione in merito all’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base.

(36)

Nell’avviso di apertura la Commissione ha altresì specificato che, alla luce degli elementi di prova disponibili, avrebbe potuto dover selezionare un paese rappresentativo appropriato a norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, al fine di determinare il valore normale basato su prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni. La Commissione ha inoltre dichiarato che avrebbe esaminato altri paesi rappresentativi eventualmente appropriati conformemente ai criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 6 bis, primo trattino, del regolamento di base.

(37)

Il 12 maggio 2022 la Commissione ha informato le parti interessate con una nota in merito alle fonti pertinenti che intendeva utilizzare per la determinazione del valore normale, utilizzando il Brasile come paese rappresentativo. Ha inoltre informato le parti interessate che avrebbe stabilito le spese generali, amministrative e di vendita («SGAV») e i profitti sulla base delle informazioni disponibili per le società Iochpe Maxion SA e Neo Rodas S.A, produttori del paese rappresentativo. Non sono pervenute osservazioni.

3.3.   Valore normale

(38)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base, «il valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore».

(39)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, tuttavia «qualora sia accertato, […] che non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno del paese esportatore a causa dell’esistenza nel suddetto paese di distorsioni significative ai sensi della lettera b), il valore normale è calcolato esclusivamente in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni» e «comprende un congruo importo esente da distorsioni per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti» (le «spese generali, amministrative e di vendita» in appresso sono denominate «SGAV»).

(40)

Come ulteriormente spiegato in appresso, la Commissione ha concluso nella presente inchiesta che, sulla base degli elementi di prova disponibili e in considerazione della mancanza di collaborazione da parte del governo della RPC e dei produttori esportatori, l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base era appropriata.

3.3.1.   Esistenza di distorsioni significative

(41)

Nell’ambito di recenti inchieste relative al settore dell’alluminio nella RPC (8) la Commissione ha rilevato l’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base.

(42)

Nell’ambito di tali inchieste la Commissione ha rilevato l’esistenza di un intervento pubblico sostanziale nella RPC, che ha per effetto di falsare l’efficace allocazione delle risorse conformemente ai principi di mercato (9). In particolare, la Commissione ha concluso che nel settore dell’alluminio non soltanto persiste un livello elevato di proprietà del governo della RPC ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), primo trattino, del regolamento di base (10) ma il governo della RPC è anche in grado di interferire nella determinazione dei prezzi e dei costi attraverso la presenza statale nelle imprese ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), secondo trattino, del regolamento di base (11). La Commissione ha inoltre rilevato che la presenza e l’intervento dello Stato nei mercati finanziari e nella fornitura di materie prime e fattori produttivi esercitano un ulteriore effetto distorsivo sul mercato. In effetti, nel complesso il sistema di pianificazione della RPC fa sì che le risorse siano concentrate in settori definiti dal governo della RPC come strategici o comunque importanti dal punto di vista politico, anziché essere assegnate in linea con le forze del mercato (12). La Commissione ha inoltre concluso che il diritto fallimentare e il diritto patrimoniale cinesi non funzionano correttamente ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), quarto trattino, del regolamento di base, con conseguenti distorsioni connesse in particolare al mantenimento in attività di imprese insolventi e alle modalità di assegnazione dei diritti d’uso dei terreni nella RPC (13). Analogamente la Commissione ha rilevato distorsioni dei costi salariali nel settore dell’alluminio ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), quinto trattino, del regolamento di base (14), nonché distorsioni nei mercati finanziari ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), sesto trattino, del regolamento di base, in particolare per quanto riguarda l’accesso al capitale per gli attori societari nella RPC (15).

(43)

Come avvenuto nell’ambito di inchieste precedenti relative al settore dell’alluminio nella RPC, la Commissione ha valutato nella presente inchiesta se fosse opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno della RPC, data l’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base. La Commissione ha operato in tal senso sulla base degli elementi di prova disponibili nel fascicolo, compresi quelli contenuti nella domanda nonché nel documento di lavoro dei servizi della Commissione sulle distorsioni significative nell’economia della Repubblica popolare cinese ai fini delle inchieste di difesa commerciale (16) («relazione»), che si basa su fonti accessibili al pubblico. Tale analisi ha riguardato l’esame degli interventi pubblici sostanziali nell’economia della RPC in generale, nonché della situazione specifica del mercato nel settore pertinente, compreso il prodotto oggetto del riesame. La Commissione ha ulteriormente integrato questi elementi di prova con le proprie ricerche sui vari criteri pertinenti per confermare l’esistenza di distorsioni significative nella RPC, come constatato anche nell’ambito di precedenti inchieste da essa condotte a tale riguardo.

(44)

La domanda nel presente caso faceva riferimento alla relazione, in particolare alle sezioni riguardanti il settore dell’alluminio e le imprese statali, una politica in materia di IVA e una tassa all’esportazione che incide sulle esportazioni, nonché a precedenti inchieste della Commissione relative all’alluminio e a prodotti a valle (17). La domanda rinviava inoltre a studi indipendenti che concludono che il mercato cinese dell’alluminio è soggetto a distorsioni, ad esempio la relazione sulle sovraccapacità in Cina pubblicata dalla Camera di commercio dell’Unione europea a Pechino e lo studio dell’OCSE del 2019 «Measuring distortions in international markets: the aluminium value chain» (18). Tali studi sono stati inseriti nel fascicolo dell’inchiesta nella fase di apertura. Nessuna delle parti interessate ha presentato osservazioni in merito agli studi.

(45)

Nel settore dell’alluminio persiste un elevato livello di proprietà e controllo da parte del governo della RPC ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), primo trattino, del regolamento di base. Molti dei maggiori produttori sono di proprietà dello Stato. In assenza di collaborazione da parte degli esportatori cinesi del prodotto oggetto del riesame, non è stato possibile determinare il rapporto esatto tra i produttori privati e quelli di proprietà statale. L’inchiesta ha tuttavia confermato che nel settore delle ruote di alluminio diversi grandi produttori sono imprese di proprietà dello Stato, tra cui CITIC Dicastal Wheel Manufacturing (il maggior produttore mondiale di ruote di alluminio secondo il sito web della società) (19) e Dongfeng Motors Group (con due controllate che producono ruote di alluminio: Dongfeng Automotive Wheel Suizhou e Dongfeng Maxion Wheels Suizhou).

(46)

Per quanto riguarda la capacità del governo della RPC di interferire nella determinazione dei prezzi e dei costi attraverso la presenza statale nelle imprese ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), secondo trattino, del regolamento di base, sia le imprese pubbliche sia quelle private che operano nel settore dell’alluminio sono soggette a supervisione strategica e orientamento. Nel corso dell’inchiesta, la Commissione ha accertato l’esistenza di collegamenti personali tra i produttori del prodotto oggetto del riesame e il partito comunista cinese («PCC»), ad esempio membri del PCC tra i membri dell’alta direzione o del consiglio di amministrazione di una serie di società che fabbricano il prodotto oggetto del riesame. A titolo di esempio, nella società CITIC Dicastal Wheel Manufacturing, il presidente del consiglio di amministrazione è nel contempo segretario del comitato del partito, il vicepresidente del consiglio di amministrazione svolge anche la funzione di vicesegretario del comitato del partito e il presidente del consiglio di vigilanza è vicesegretario del comitato del partito. Anche le imprese private nel settore delle ruote di alluminio sono soggette a interferenze del partito, come ad esempio Zhejian Wanfeng Aowei Auto Wheel, dove il presidente del consiglio di vigilanza è anche vicesegretario del comitato del partito e almeno un membro del consiglio di amministrazione è anche membro dell’organizzazione del partito.

(47)

Le imprese pubbliche e private che operano nel settore dell’alluminio sono soggette a supervisione strategica e orientamento. Molti produttori del prodotto oggetto del riesame pongono esplicitamente l’accento, nei loro siti web, sulle attività di edificazione del partito, hanno membri del partito nella gestione societaria e sottolineano la loro affiliazione al PCC. Dall’inchiesta sono emerse attività di edificazione del partito in una serie di imprese produttrici di ruote di alluminio, sia di proprietà dello Stato sia private. A titolo di esempio, nel gruppo CITIC è attivo un comitato del partito che organizza eventi regolari. Sul sito web della società si legge, tra l’altro: «Tutti i dipendenti dovrebbero seguire l’esempio di [vecchi membri del partito], mantenendo per sempre la loro sincerità e fedeltà al partito»; «le organizzazioni del partito a tutti i livelli dovrebbero sostenere e rafforzare la leadership generale del partito, consentire alle sezioni di partito di svolgere appieno il proprio ruolo di fortezze combattenti, […]», «negli ultimi quarant’anni […] il gruppo CITIC ha partecipato attivamente a riforme sperimentali e si è impegnato per essere coinvolto positivamente nel processo di adozione e attuazione delle decisioni del governo centrale», «il partito indica la direzione dello sviluppo e dobbiamo sempre rimanere fedeli alla sua bandiera; il partito indica l’orientamento strategico e la strategia nazionale deve essere attuata senza scostamenti».

(48)

Un altro esempio della presenza di comitati del partito all’interno di società e quindi di supervisione strategica e orientamento è Zhongnan Wheel, una società privata, che sul suo sito web informa di avere istituito un comitato del partito nel 2020 (20). L’articolo spiega il ruolo del comitato del partito come segue: «la sezione del partito dovrebbe garantire che lo sviluppo di [nome della società] sia guidato da attività di edificazione del partito; […] in quanto impresa privata, Zhongnan (Foshan) aderisce comunque al principio “il partito guida tutto” per quanto riguarda lo sviluppo dell’attività della società».

(49)

Un comitato del partito è presente anche in Zhejiang Wanfeng Aowei Auto Wheel, un’altra società privata che produce ruote di alluminio. Secondo il suo sito web, la sezione del partito è stata istituita nel 1994, nello stesso anno di costituzione della società, e conta più di 470 membri (21).

(50)

Oltre che a livello societario, il PCC è presente anche al livello delle associazioni di categoria. L’associazione cinese dei fabbricanti di automobili ha istituito un comitato per le ruote con le seguenti regole operative ufficiali: «Articolo 3 Il presente comitato ha lo scopo di: attenersi alle leggi e ai regolamenti dello Stato, pubblicizzare attivamente e attuare gli orientamenti del partito e nazionali, le politiche e i decreti per quanto concerne lo sviluppo dell’industria automobilistica, tutelare gli interessi generali dell’industria e i diritti e interessi legittimi dei suoi membri e assistere i dipartimenti governativi e l’associazione cinese dei fabbricanti di automobili nel garantire una buona gestione dell’industria» e successivamente all’articolo 4, paragrafo 2: «partecipare attivamente o assistere i dipartimenti governativi nella ricerca, dimostrazione, valutazione, formulazione e pubblicità di norme e regolamenti pertinenti concernenti l’industria delle ruote e operare con efficacia nella gestione e supervisione qualitativa dell’industria (22)». Quanto precede è in linea con lo statuto dell’associazione cinese dei fabbricanti di automobili, che nell’articolo 2 prevede quanto segue: «L’associazione ha lo scopo di: attuare gli orientamenti e le politiche nazionali; […], servire i dipartimenti governativi» e nell’articolo 3: «L’associazione aderisce alla leadership generale del partito comunista cinese, istituisce un’organizzazione del partito comunista cinese, sviluppa le attività del partito e garantisce le condizioni necessarie per lo svolgimento delle attività dell’organizzazione del partito conformemente alle disposizioni della costituzione del partito comunista cinese (23)».

(51)

Nel settore dell’alluminio inoltre sono in atto politiche che favoriscono in modo discriminatorio i produttori nazionali o influenzano in altro modo il mercato ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), terzo trattino, del regolamento di base.

(52)

Il settore dell’alluminio è soggetto a un gran numero di piani, orientamenti, direttive e altri documenti strategici pubblicati a livello nazionale, regionale e comunale. Poiché il periodo dell’inchiesta di riesame cade in un momento transitorio tra i periodi di validità del tredicesimo e del quattordicesimo piano quinquennale, entrambe le serie di documenti sono di interesse ai fini dell’attuale riesame. Il tredicesimo piano quinquennale era ufficialmente in vigore tra il 2016 e il 2020, ma poiché il quattordicesimo piano quinquennale in gran parte è stato pubblicato soltanto nel secondo semestre del 2021 e durante il 2022, il tredicesimo piano quinquennale resta pertinente per l’attuale riesame.

(53)

Esempi di documenti strategici che guidano lo sviluppo dell’industria cinese dell’alluminio comprendono il tredicesimo piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale (24) o il piano di sviluppo dell’industria dei metalli non ferrosi (2016-2020) e altre politiche a livello nazionale. Anche diversi piani regionali quali, ad esempio, l’avviso del governo della provincia di Shandong sul piano di attuazione per accelerare lo sviluppo di alta qualità delle sette industrie ad alta intensità energetica, sono stati ampiamente documentati dalla precedente inchiesta della Commissione concernente il settore (25). Analogamente, la Commissione ha documentato in maniera dettagliata che l’industria dell’alluminio beneficia degli orientamenti e degli interventi governativi riguardanti le materie prime e i fattori produttivi principali, in particolare l’energia (26). Lo stesso vale per altre misure governative nel settore che interferiscono con le forze del mercato quali, a titolo esemplificativo, le politiche correlate alle esportazioni, le politiche relative alla costituzione di scorte, le politiche di ampliamento della capacità produttiva o la fornitura di fattori produttivi a un prezzo inferiore a quello di mercato.

(54)

Attualmente in Cina sono in vigore diversi documenti strategici concernenti l’industria dell’alluminio, tra cui il quattordicesimo piano quinquennale per lo sviluppo dell’industria delle materie prime (27) e il quattordicesimo piano quinquennale per lo sviluppo verde dell’industria (28) a livello nazionale, e piani provinciali quali il quattordicesimo piano quinquennale della provincia di Shandong per lo sviluppo dell’industria dell’alluminio (29) e le misure di attuazione di Henan per la sostituzione della capacità nelle industrie dell’acciaio, dell’alluminio elettrolitico, del cemento e del vetro nel 2021, a livello locale.

(55)

Il quattordicesimo piano quinquennale per lo sviluppo dell’industria delle materie prime comprende disposizioni per garantire la disponibilità di alluminio come materia prima: «attuare azioni intese a superare le carenze di materiali fondamentali; […] Attuare azioni intese a consolidare e migliorare i materiali di base e guidare le imprese nell’utilizzo della nuova generazione di tecnologie informatiche sulla base di processi di produzione ottimizzati, al fine di migliorare la competitività generale di […], leghe di alluminio ad alta resistenza, […]». Il piano auspica inoltre il controllo della capacità nel settore dell’alluminio: «controllare rigorosamente la capacità di produzione recentemente aumentata. Migliorare e attuare rigorosamente le politiche di sostituzione della capacità produttiva per […] il settore dell’alluminio elettrolitico, impedendo lo sviluppo disordinato di […] e ossido di alluminio». Il piano comprende anche la distribuzione geografica di diverse industrie in Cina, al capitolo «Assicurare l’orientamento verso una configurazione ragionevole». Il capitolo recita come segue: «La configurazione della nuova capacità produttiva sarà migliorata. […] Attuare strategie chiave a livello nazionale e regionale, strategie per lo sviluppo del coordinamento regionale e strategie per aree funzionali chiave, e incoraggiare l’industria delle materie prime ad ottimizzare e adeguare la propria configurazione spaziale. […] Garantire la disposizione ordinata delle zone costiere con progetti che sfruttano risorse straniere come l’ossido di alluminio». Il piano propone inoltre la creazione di cluster industriali: «Promuovere cluster industriali standardizzati. […], favorire la transizione nella configurazione del settore dell’alluminio elettrolitico da “carbone — energia elettrica — alluminio” a “energia pulita, come energia idroelettrica ed eolica — alluminio”». Il piano prevede infine la promozione di tecnologie avanzate nel settore dell’alluminio e la promozione della trasformazione del settore. Come risulta evidente dall’elenco che precede, il settore dell’alluminio è strettamente monitorato e guidato dal governo centrale e in larga misura modellato dall’intervento pubblico piuttosto che dalle forze del libero mercato.

(56)

Diversi orientamenti per il settore dell’alluminio sono inseriti anche nel quattordicesimo piano quinquennale per lo sviluppo verde dell’industria. Il piano sottolinea l’importanza del controllo della capacità: «Attuazione rigorosa della strategia di sostituzione della capacità per industrie quali l’acciaio, il cemento, il vetro piano e l’alluminio elettrolitico». Il piano prevede inoltre attrezzature e innovazioni tecnologiche per ridurre le emissioni di fango rosso e la promozione di un’efficiente elettrolisi dell’alluminio a bassa emissione di carbonio. Come per altri obiettivi di sviluppo industriale indicati nel piano, è prevedibile che per realizzare i necessari interventi di trasformazione saranno resi disponibili finanziamenti alle imprese finalizzati all’attuazione degli obiettivi del piano (30).

(57)

Il quattordicesimo piano quinquennale a livello centrale fornisce orientamenti piuttosto generici in merito allo sviluppo dell’industria dell’alluminio, mentre i piani locali sono molto più dettagliati e specifici, e prevedono obiettivi molto dettagliati che comprendono ogni aspetto dello sviluppo del settore. La portata dell’ingerenza della Cina nell’industria dell’alluminio a livello locale è evidente nei documenti di orientamento locali. Un esempio in questo senso è il quattordicesimo piano quinquennale della provincia di Shandong per lo sviluppo dell’industria dell’alluminio. Il piano comincia elencando i risultati ottenuti nello sviluppo dell’industria dell’alluminio con il tredicesimo piano quinquennale, compresa la costruzione di imprese leader nel settore: «È stata creata una costellazione di imprese che costituiscono l’ossatura del settore della lavorazione dell’alluminio e comprendono Shandong Weiqiao Pioneering Group Co. Ltd (“Weiqiao”), Shandong Xin Fa Group Co. Ltd. (“Xinfa”), Shandong Nanshan Aluminium Co. Ltd. (“Nanshan”), Shandong Innovation Metal Co. Ltd. (“Chuangxin”), Longkou Conglin Aluminium Material Co. Ltd. (“Conglin”), Huajian Aluminium Industry (“Huajian”) e Shandong Sanxing Group (“Sanxing”).» Il piano descrive inoltre gli obiettivi generali per lo sviluppo dell’industria dell’alluminio a livello locale, tra cui: «[…] realizzare appieno l’economia di scala dell’industria dell’alluminio nella provincia e puntare alla coerenza del settore della lavorazione profonda dell’alluminio, potenziare efficacemente la capacità innovativa dell’industria, promuovere fortemente l’ampliamento delle filiere industriali, impegnarsi per disporre di una struttura adeguata per l’affermazione dell’industria dell’alluminio, ottimizzare la configurazione, migliorare la qualità e l’efficienza e accelerare lo sviluppo della provincia di Shandong come base industriale di livello mondiale per l’alluminio di alta gamma».

(58)

Il piano della provincia di Shandong elenca inoltre alcuni obiettivi molto specifici, come segue: «Entro il 2025, l’industria dell’alluminio raggiungerà 800 miliardi di CNY, le dimensioni del mercato dei prodotti finali continueranno ad espandersi, con oltre il 60 % di prodotti ad alto valore aggiunto e il rapporto tra volume di produzione di materiali di alluminio/volume di produzione di alluminio elettrolitico sarà di 2,5:1, superando la media nazionale. La provincia diventerà un importante cluster industriale dell’alluminio con una notevole influenza a livello nazionale e internazionale». E ancora: «Entro il 2025, la capacità produttiva di alluminio elettrolitico e ossido di alluminio sarà controllata, le celle elettrolitiche raggiungeranno la capacità produttiva di alto livello di 400 kA e oltre, e il consumo di energia (corrente diretta) per tonnellata di alluminio per l’alluminio elettrolitico sarà ridotto a circa 12 500 kWh».

(59)

Il piano di Shandong comprende anche alcune prescrizioni geografiche molto precise in merito all’ubicazione degli impianti di alluminio. Il piano prevede il rafforzamento di aree specifiche: «le tre aree centrali: Binzhou, Liaocheng e Yantai, e le due aree funzionali: Weifang e Linyi». Per ciascuna di queste aree, il piano è molto specifico in merito a impianti di produzione e materiali da fabbricare in ciascuna sede. A titolo illustrativo del livello di dettaglio del piano, per la sede di Binzhou è previsto quanto segue: «Costruire l’area centrale di Binzhou, caratterizzata dalla presenza dell’intera filiera industriale, e definire la configurazione industriale metropolitana con le zone di sviluppo economico e tecnologico di Zouping e Binzhou attorno alla zona di sviluppo economico di Beihai; coinvolgere imprese leader e portanti, in modo da ampliare ulteriormente i vantaggi della scala di produzione e di un’ampia filiera industriale, concentrarsi sullo sviluppo di cinque aree principali, quali leghe di alluminio leggere e ad alta resistenza, fogli e lamiere di alluminio, elettronica 3C, alleggerimento degli autoveicoli e arredamento in alluminio per la casa; garantire progressi nello sviluppo di prodotti di media-alta gamma, quali pistoni, ruote di automobili e mozzi, lamiere per automobili e leghe di alluminio ad alte prestazioni per telai di automobili; e sostituire acciaio, legno, plastica e altri prodotti finali con l’alluminio. Con il sostegno delle piattaforme di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico quali Weiqiao Guoke (Binzhou) Science and Technology Park, si faranno progressi in materia di alluminio ad alta purezza, materiali compositi a base di alluminio, tecnologie per la preparazione di componenti di dimensioni speciali e tecnologie per la saldatura di leghe di alluminio; accelerare la costruzione della piattaforma di servizi pubblici della Shandong Aluminium Valley e liberare le forze propulsive e di sostegno di servizi pubblici, commodity trading, finanza, logistica e innovazione tecnologica, nell’intento di creare una “China Aluminium Valley”» (sottolineatura aggiunta).

(60)

Il piano di Shandong inoltre identifica quattro aree nell’industria dell’alluminio che necessitano di essere sviluppate/rafforzate: fusione dell’alluminio, leghe di alluminio, composti a base di alluminio, lavorazione, anche profonda, dell’alluminio. Per ognuna di queste tipologie di lavorazione dell’alluminio, il piano indica traguardi e obiettivi concreti da raggiungere nei prossimi cinque anni. Il piano di Shandong prevede inoltre che le amministrazioni locali elaborino i propri piani quinquennali per garantire il coordinamento nello sviluppo dell’industria a tutti i livelli: «i comuni dovrebbero basarsi su questo piano per elaborare piani regionali nel settore dell’alluminio e conseguire uno sviluppo sinergico dell’industria».

(61)

Il piano di Shandong infine definisce misure di sostegno (finanziario) per le imprese locali nel settore dell’alluminio: «intensificare il sostegno politico e normativo. Procedere attivamente con l’attuazione di varie politiche di sostegno a livello nazionale e provinciale e rafforzare cluster industriali qualificati, prodotti chiave e tecnologie fondamentali e sostenere le imprese nella realizzazione di progetti rilevanti a livello nazionale e provinciale. Utilizzare in modo flessibile forme di energia vecchie e nuove per realizzare importanti pacchetti di engineering e sostenere lo sviluppo di imprese “pionieristiche”», anche con incentivi fiscali, fornitura di terreni, assegnazione di quote di energia verde, tagli fiscali e innovazioni tecnologiche, e introdurre incentivi fiscali per il riciclo dell’alluminio. Incoraggiare fondi di investimento azionari a livello provinciale a promuovere l’attività di ricerca e sviluppo e l’industrializzazione di nuovi prodotti prioritari, attirando e facendo leva su maggiori investimenti nel capitale sociale».

(62)

Dagli esempi di cui sopra risulta evidente che la portata del coinvolgimento governativo va ben oltre il sostegno generale all’industria di un paese. Si tratta del controllo rigoroso e della gestione pubblica di ogni singolo aspetto concernente l’industria a tutti i livelli, nazionale, provinciale e comunale. In aggiunta a quanto precede, i produttori di ruote di alluminio beneficiano anche di sovvenzioni statali, il che indica chiaramente l’interesse dello Stato per questo settore. Nel corso dell’inchiesta, la Commissione ha stabilito che alcuni produttori di ruote di alluminio tra cui Zhejiang Wanfeng Aowei Auto Wheel (31) e Dongfeng Motors (32) beneficiavano di sovvenzioni statali dirette.

(63)

In sintesi, il governo della RPC ha messo a punto misure volte a indurre gli operatori a conformarsi agli obiettivi di politica pubblica finalizzati a sostenere i settori industriali incentivati, tra cui figura la produzione dei principali fattori produttivi utilizzati nella fabbricazione del prodotto oggetto del riesame. Tali misure impediscono alle forze di mercato di funzionare liberamente.

(64)

Dalla presente inchiesta non sono emersi elementi comprovanti che l’applicazione discriminatoria o inadeguata del diritto fallimentare e patrimoniale a norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), quarto trattino, del regolamento di base nel settore dell’alluminio, di cui al considerando 42, non inciderebbe sui produttori del prodotto oggetto del riesame.

(65)

Il settore dell’alluminio è inoltre influenzato dalla distorsione dei costi salariali ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), quinto trattino, del regolamento di base, di cui al medesimo considerando 42. Tale distorsione si ripercuote sul settore sia direttamente (durante la fabbricazione del prodotto oggetto del riesame o dei principali fattori produttivi) sia indirettamente (nell’accesso al capitale o ai fattori produttivi provenienti da società soggette al medesimo sistema del lavoro nella RPC).

(66)

Inoltre, nella presente inchiesta non sono stati forniti elementi di prova attestanti che il settore dell’alluminio non è influenzato dall’intervento pubblico nel sistema finanziario ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), sesto trattino, del regolamento di base, di cui al medesimo considerando 42. Pertanto, l’intervento pubblico sostanziale nel sistema finanziario comporta gravi ripercussioni sulle condizioni di mercato a tutti i livelli.

(67)

La Commissione rammenta infine che, per fabbricare il prodotto oggetto del riesame, sono necessari vari fattori produttivi. Quando i produttori del prodotto oggetto del riesame acquistano o appaltano tali fattori produttivi, i prezzi che hanno pagato (e che sono registrati come costi) sono esposti alle stesse distorsioni sistemiche sopra menzionate. Ad esempio, i fornitori dei fattori produttivi impiegano lavoro (manodopera) soggetto a distorsioni, possono contrarre prestiti soggetti alle distorsioni presenti nel settore finanziario/nell’assegnazione del capitale e sono inoltre soggetti al sistema di pianificazione che si applica a tutti i livelli dell’amministrazione e a tutti i settori.

(68)

Di conseguenza non solo non è opportuno utilizzare i prezzi di vendita sul mercato interno del prodotto oggetto del riesame ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, ma anche tutti i costi dei fattori produttivi (inclusi materie prime, energia, terreni, finanziamenti, lavoro ecc.) risultano essere viziati dal fatto che la formazione dei loro prezzi è influenzata da un intervento pubblico sostanziale, come descritto nelle parti I e II della relazione. In effetti gli interventi pubblici descritti in relazione all’assegnazione del capitale, ai terreni, al lavoro, all’energia e alle materie prime sono presenti in tutta la RPC. Ciò significa ad esempio che un fattore produttivo a sua volta prodotto nella RPC combinando una serie di fattori produttivi è soggetto a distorsioni significative. Lo stesso vale per il fattore produttivo di un fattore produttivo e così via.

(69)

Nessuna delle parti interessate ha presentato elementi di prova o argomentazioni per dimostrare il contrario.

(70)

In sintesi, gli elementi di prova disponibili hanno indicato che i prezzi o i costi del prodotto oggetto del riesame, compresi i costi delle materie prime, dell’energia e del lavoro, non sono il risultato di forze del libero mercato ma sono invece influenzati da un intervento pubblico sostanziale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base, come dimostrato dall’incidenza effettiva o possibile di uno o più dei fattori pertinenti ivi elencati. Su tale base, e in assenza di collaborazione da parte del governo della RPC, la Commissione ha concluso che, nel caso di specie, per stabilire il valore normale non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno. La Commissione ha pertanto provveduto a costruire il valore normale esclusivamente in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni, ossia, nel caso di specie, in base ai corrispondenti costi di produzione e vendita in un paese rappresentativo appropriato, in conformità all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, come esposto nella sezione successiva.

3.3.2.   Paese rappresentativo

3.3.2.1.   Considerazioni generali

(71)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, la scelta del paese rappresentativo si dovrebbe basare sui criteri seguenti:

un livello di sviluppo economico analogo a quello della RPC. A tal fine la Commissione ha utilizzato paesi con un reddito nazionale lordo pro capite simile a quello della RPC secondo la banca dati della Banca mondiale (33);

la produzione del prodotto oggetto del riesame in tale paese (34);

la disponibilità di dati pubblici pertinenti nel paese rappresentativo.

Qualora vi sia più di un possibile paese rappresentativo, la preferenza dovrebbe essere accordata, se del caso, ai paesi con un livello adeguato di protezione sociale e ambientale.

(72)

Come spiegato al considerando 37, il 12 maggio 2022 la Commissione ha pubblicato una nota relativa alle fonti per la determinazione del valore normale. La nota descrive i fatti e gli elementi di prova sottesi ai criteri pertinenti e informa le parti interessate dell’intenzione della Commissione di considerare il Brasile un paese rappresentativo appropriato nel caso di specie, se fosse confermata l’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base.

(73)

In linea con i criteri indicati all’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, la Commissione ha individuato il Brasile quale paese con un livello di sviluppo economico analogo a quello della RPC. La Banca mondiale ha classificato il Brasile come paese a «reddito medio-alto» in termini di reddito nazionale lordo. Il Brasile è stato anche individuato come un paese nel quale è effettuata la produzione del prodotto oggetto del riesame e sono prontamente disponibili i dati pertinenti.

(74)

Infine, data l’assenza di collaborazione e avendo stabilito che il Brasile era un paese rappresentativo appropriato, sulla base di tutti gli elementi suindicati, non è stato necessario svolgere una valutazione del livello di protezione sociale e ambientale conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), primo trattino, ultima frase, del regolamento di base.

3.3.2.2.   Conclusione

(75)

In assenza di collaborazione, come proposto nella domanda di riesame in previsione della scadenza e dato che il Brasile soddisfaceva i criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), primo trattino, del regolamento di base, la Commissione ha selezionato il Brasile quale paese rappresentativo appropriato.

3.3.3.   Fonti utilizzate per stabilire i costi esenti da distorsioni

(76)

Nella nota sulle fonti pertinenti da utilizzare per la determinazione del valore normale, la Commissione ha elencato i fattori produttivi quali materiali, energia e lavoro utilizzati dai produttori esportatori per la fabbricazione del prodotto oggetto del riesame. La Commissione ha inoltre dichiarato che per calcolare il valore normale conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base avrebbe utilizzato i dati del Global Trade Atlas («GTA») per stabilire il costo esente da distorsioni dei principali fattori produttivi, in particolare delle materie prime. La Commissione ha dichiarato altresì che si sarebbe avvalsa delle informazioni provenienti dall’Istituto brasiliano di statistica per stabilire i costi del lavoro esenti da distorsioni, delle tariffe pubbliche dei fornitori di energia elettrica del Brasile e della banca dati disponibile per il gas naturale.

(77)

La Commissione ha dichiarato infine che per stabilire le SGAV e i profitti avrebbe utilizzato i dati finanziari dei due produttori brasiliani del prodotto oggetto del riesame, come indicato al considerando 37.

(78)

La Commissione ha incluso un valore per le spese generali di produzione al fine di coprire i costi non compresi nei fattori produttivi di cui sopra. La Commissione ha stabilito il rapporto tra le spese generali di produzione e i costi diretti di fabbricazione sulla base dei dati sui produttori dell’Unione trasmessi dal richiedente, che ha fornito informazioni specifiche a tale riguardo.

3.4.   Costi e valori di riferimento esenti da distorsioni

3.4.1.   Fattori produttivi

(79)

Considerate tutte le informazioni basate sulla domanda e le successive informazioni raccolte durante il procedimento, sono stati individuati i seguenti fattori produttivi e le rispettive fonti, al fine di determinare il valore normale in conformità all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base:

Tabella 1

Fattori produttivi di determinate ruote di alluminio

Fattore produttivo

Codice delle merci

Valore (CNY)

Unità di misura

Materie prime

Lingotti di alluminio

760120

14,56

kg

Pittura

320810

320820

320890

48,69

kg

Tutte le altre materie prime; additivi; imballaggio

N/D

4,48 % delle materie prime

N/D

Lavoro (manodopera)

Costo del lavoro nelle industrie manifatturiere (NACE C.25)

N/D

28,44

Ora

Energia

Energia elettrica

N/D

0,432

kWh

Gas naturale

N/D

0,357

kWh

Acqua

Acqua

N/D

12,87

M3

3.4.1.1.   Materie prime

(80)

Al fine di stabilire il prezzo esente da distorsioni delle materie prime, consegnate all’ingresso dello stabilimento di un produttore del paese rappresentativo, la Commissione ha utilizzato come base la media ponderata dei prezzi all’importazione nel paese rappresentativo come indicato nel GTA aggiungendovi i dazi all’importazione. Il prezzo all’importazione nel paese rappresentativo è stato determinato come media ponderata dei prezzi unitari delle importazioni da tutti i paesi terzi, ad esclusione della RPC e dei paesi che non sono membri dell’OMC elencati nell’allegato 1 del regolamento (UE) 2015/755 del Parlamento europeo e del Consiglio (35).

(81)

La Commissione ha deciso di escludere le importazioni dalla RPC nel paese rappresentativo avendo concluso nella sezione [3.3.1] che non è opportuno utilizzare prezzi e costi del mercato interno della RPC in ragione dell’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base. In assenza di elementi di prova attestanti che le stesse distorsioni non incidono allo stesso modo sui prodotti destinati all’esportazione, la Commissione ha ritenuto che tali distorsioni incidessero sui prezzi all’esportazione. Dopo l’esclusione delle importazioni dalla RPC nel paese rappresentativo, il volume delle importazioni da altri paesi terzi è rimasto rappresentativo.

(82)

Per alcuni fattori produttivi, i costi effettivi sostenuti dai produttori esportatori che hanno collaborato rappresentavano una quota trascurabile del totale dei costi delle materie prime nel periodo dell’inchiesta di riesame. Poiché il valore utilizzato per tali fattori non aveva un’incidenza apprezzabile sui calcoli del margine di dumping, indipendentemente dalla fonte utilizzata, la Commissione ha deciso di includere tali costi alla voce «tutte le altre materie prime». Al fine di stabilire il valore esente da distorsioni di tutte le altre materie prime e data l’assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori, la Commissione ha utilizzato i dati disponibili conformemente all’articolo 18 del regolamento di base. Sulla base dei dati forniti dal richiedente, la Commissione ha pertanto stabilito il rapporto tra tutte le altre materie prime e il costo totale delle materie prime al 4,48 %. Tale percentuale è stata quindi applicata al valore esente da distorsioni delle materie prime per ottenere il valore esente da distorsioni delle altre materie prime.

(83)

Questi prezzi all’importazione di norma dovrebbero essere maggiorati anche dei prezzi del trasporto sul mercato interno. In considerazione dell’assenza di collaborazione, nonché della natura della presente inchiesta di riesame in previsione della scadenza, che mira a stabilire se le pratiche di dumping siano proseguite durante il periodo dell’inchiesta di riesame o possano ripetersi, piuttosto che a determinarne l’esatta entità, la Commissione ha deciso tuttavia che non erano necessari adeguamenti per tenere conto del trasporto sul mercato interno. Tali adeguamenti avrebbero unicamente l’effetto di accrescere il valore normale e dunque il margine di dumping.

3.4.1.2.   Lavoro (manodopera)

(84)

Al fine di stabilire il parametro di riferimento per il costo del lavoro nel paese rappresentativo, la Commissione ha utilizzato i dati disponibili pubblicati dall’ente governativo brasiliano «Instituto Brasileiro de Geografia e Estatística» (IBGE). L’IBGE (36) pubblica informazioni dettagliate sui salari in diversi settori economici del Brasile. La Commissione si è avvalsa delle statistiche disponibili per il 2020 relative al costo medio del lavoro nei settori metallurgico, siderurgico a manifatturiero (categoria 25 secondo la NACE 2.0).

3.4.1.3.   Energia elettrica

(85)

Al fine di stabilire il parametro di riferimento per l’energia elettrica nel paese rappresentativo, la Commissione ha utilizzato i dati disponibili più recenti sui prezzi dell’energia elettrica per uso industriale applicati da uno dei maggiori fornitori di energia elettrica del Brasile, la società EDP Brazil. La Commissione ha utilizzato i dati sui prezzi dell’energia elettrica per uso industriale (37) nella fascia di consumo corrispondente in real brasiliani/kWh durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

3.4.1.4.   Gas naturale

(86)

Il prezzo del gas naturale applicato alle società (utilizzatori industriali) in Brasile è raccolto e pubblicato dalla banca dati Global Petrol Prices nel suo sito web (38). La Commissione ha utilizzato il prezzo corrispondente dalla pubblicazione riguardante il periodo dell’inchiesta di riesame.

3.4.1.5.   Acqua

(87)

Al fine di stabilire il parametro di riferimento per il costo dell’acqua nel paese rappresentativo, la Commissione ha utilizzato i prezzi vigenti in Brasile applicati dalla società Sabesp (39), responsabile dell’approvvigionamento idrico e dei servizi di raccolta e trattamento delle acque di scarico nello Stato di Sao Paulo.

3.4.1.6.   Spese generali di produzione, SGAV, profitti e ammortamenti

(88)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base «il valore normale costruito comprende un congruo importo esente da distorsioni per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti». È inoltre necessario stabilire un valore per le spese generali di produzione per coprire i costi non inclusi nei fattori produttivi di cui sopra.

(89)

Al fine di stabilire il valore esente da distorsioni delle spese generali di produzione e data l’assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, la Commissione ha utilizzato i dati disponibili conformemente all’articolo 18 del regolamento di base. Sulla base dei dati forniti dal richiedente, la Commissione ha pertanto stabilito il rapporto tra le spese generali di produzione e il costo totale della produzione e del lavoro. Tale percentuale è stata quindi applicata al valore esente da distorsioni del costo di produzione per ottenere il valore esente da distorsioni delle spese generali di produzione, a seconda del modello prodotto.

(90)

Per stabilire un congruo importo esente da distorsioni per le SGAV e i profitti, la Commissione si è basata sui dati finanziari disponibili più recenti delle società brasiliane che nella nota sui fattori produttivi erano state individuate come produttori attivi e redditizi di determinate ruote di alluminio. Sono stati utilizzati i dati finanziari delle seguenti società, estrapolati dalla banca dati Orbis Bureau van Dijk:

IOCHPE MAXION S.A (esercizio finanziario 2019),

NEO RODAS S.A (esercizio finanziario 2019).

3.4.2.   Calcolo del valore normale

(91)

Sulla base di quanto precede, la Commissione ha calcolato il valore normale per tipo di prodotto a livello franco fabbrica conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base.

(92)

La Commissione ha stabilito innanzitutto i costi di fabbricazione esenti da distorsioni. In assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori, la Commissione si è basata sulle informazioni fornite dal richiedente nella domanda di riesame in merito all’utilizzo di ciascun fattore (materiali e lavoro) per la produzione del prodotto oggetto del riesame.

(93)

Una volta stabilito il costo di produzione esente da distorsioni, la Commissione ha aggiunto le spese generali di produzione, le SGAV e i profitti, come indicato ai considerando da 88 a 90. Le spese generali di produzione sono state determinate sulla base dei dati forniti dal richiedente. Le SGAV e i profitti sono stati determinati in base alla media dei valori indicati nei bilanci delle due società nel paese rappresentativo. Ai costi di produzione esenti da distorsioni la Commissione ha aggiunto:

le spese generali di produzione, che rappresentavano complessivamente il 26,80 % dei costi diretti di produzione,

le SGAV e altri costi, che rappresentavano il 13,75 % dei costi delle merci vendute e

i profitti, che ammontavano al 6,24 % dei costi delle merci vendute, applicati al totale dei costi di produzione esenti da distorsioni.

(94)

Su tale base la Commissione ha calcolato il valore normale per tipo di prodotto a livello franco fabbrica conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base.

3.5.   Prezzo all’esportazione

(95)

In assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, il prezzo all’esportazione è stato determinato in base ai prezzi cif estrapolati dai dati Eurostat, corretti a livello franco fabbrica. Dal prezzo cif sono stati quindi detratti i costi di nolo marittimo e di assicurazione e i costi del trasporto sul mercato interno. I costi del trasporto internazionale e sul mercato interno cinese sono stati calcolati sulla base delle informazioni fornite dai richiedenti nella domanda di riesame.

3.6.   Confronto

(96)

La Commissione ha confrontato il valore normale stabilito conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base con il prezzo all’esportazione stabilito a livello franco fabbrica come indicato sopra.

3.7.   Margine di dumping

(97)

Su tale base, i margini di dumping sono risultati significativi (sopra il 10 %). Si è pertanto concluso che le pratiche di dumping sono proseguite durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

4.   RISCHIO DI PERSISTENZA DEL DUMPING

(98)

Dopo aver constatato l’esistenza di pratiche di dumping durante il periodo dell’inchiesta di riesame, la Commissione ha esaminato, a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, il rischio di persistenza del dumping in caso di abrogazione delle misure. Sono stati analizzati gli elementi aggiuntivi seguenti: la capacità produttiva e la capacità inutilizzata in Cina, la relazione tra i prezzi all’esportazione verso paesi terzi e il livello dei prezzi nell’Unione, l’attrattiva del mercato dell’Unione. Si ricorda che, data l’assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi e del governo della RPC, l’analisi si è basata sui dati disponibili conformemente all’articolo 18 del regolamento di base, in particolare sulla domanda di riesame, sulle statistiche del GTA e su informazioni disponibili.

4.1.   Capacità produttiva e capacità inutilizzata nella RPC

(99)

Al fine di esaminare la capacità produttiva e la capacità inutilizzata nella RPC e data l’assenza di collaborazione da parte del governo della RPC e dei produttori esportatori cinesi, la Commissione si è basata sulle informazioni fornite dal richiedente nella sua domanda di riesame, come specificato ai considerando che seguono.

(100)

Dall’inchiesta è emerso che la produzione di determinate ruote di alluminio in Cina è caratterizzata da una generale sovraccapacità. La capacità produttiva (40) cinese nel 2020 era stimata in 189,8 milioni di ruote. Secondo le informazioni di mercato del richiedente, le vendite cinesi ammontavano a 153 milioni di ruote, di cui 108 milioni vendute sul mercato interno e circa 45 milioni esportate. La capacità inutilizzata è pertanto stimata in oltre 36 milioni di ruote (ossia più della metà del consumo dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame) che potrebbero essere riorientate verso l’Unione in caso di cessata applicazione delle attuali misure.

(101)

Sulla base di quanto precede la Commissione ha concluso che i produttori esportatori cinesi dispongono di notevoli capacità inutilizzate, che potrebbero essere impiegate per le esportazioni nell’Unione in caso di scadenza delle misure.

4.2.   Attrattiva del mercato dell’Unione

(102)

Il mercato dell’Unione per determinate ruote di alluminio è tra i maggiori al mondo, trainato dall’ampia produzione dell’industria automobilistica dell’Unione, che attira già una quantità significativa di importazioni dalla Cina. Altri importanti mercati come gli USA e l’India inoltre hanno imposto misure di difesa commerciale sulle importazioni di ruote di alluminio dalla Cina. Si ritiene pertanto che l’istituzione di misure di difesa commerciale in altri mercati principali probabilmente comporterebbe un ulteriore aumento dei volumi delle importazioni nell’UE dalla Cina, in caso di revoca delle misure attuali.

(103)

Le esportazioni cinesi verso l’Unione sono continuate anche con le misure in vigore, a dimostrazione del fatto che il mercato dell’Unione rimane attraente per i produttori esportatori cinesi anche in presenza di misure. La Commissione ha esaminato il livello dei prezzi delle esportazioni cinesi in altri mercati terzi sulla base dei dati del GTA. La media ponderata dei prezzi all’esportazione cinesi verso paesi terzi, pari a 43,94 EUR, era notevolmente inferiore ai prezzi dell’industria dell’Unione (all’incirca del 13 %). È quindi probabile che, in caso di scadenza delle misure, il mercato dell’Unione diventi ancora più interessante per gli esportatori cinesi, che in assenza dei dazi potrebbero aumentare le loro esportazioni nell’Unione.

(104)

Un ulteriore elemento di attrattiva del mercato dell’Unione è il fatto che l’esatto modello di determinate ruote utilizzate nell’Unione è prodotto anche in Cina.

(105)

Considerando la notevole sovraccapacità nella RPC e l’attrattiva del mercato dell’Unione, la Commissione ha pertanto concluso che, in caso di scadenza delle misure attuali, è probabile che i produttori esportatori cinesi riorientino le esportazioni verso l’Unione a prezzi di dumping.

4.3.   Conclusioni sul rischio di persistenza del dumping

(106)

Alla luce delle sue risultanze sulla persistenza del dumping durante il periodo dell’inchiesta di riesame e sul probabile andamento delle esportazioni in caso di scadenza delle misure, la Commissione ha concluso che sussiste un forte rischio che la scadenza delle misure antidumping sulle importazioni dalla RPC comporti la persistenza del dumping.

5.   PREGIUDIZIO

5.1.   Definizione di industria dell’Unione e di produzione dell’Unione

(107)

Il prodotto simile è stato fabbricato da circa trenta produttori dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame. Essi costituiscono «l’industria dell’Unione» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base.

(108)

La produzione totale dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame è stata stimata a circa 64,3 milioni di pezzi. La Commissione ha stabilito tale cifra sulla base di tutte le informazioni disponibili sull’industria dell’Unione, quali le risposte ai questionari macroeconomici fornite dal denunciante. Come indicato al considerando 12, i produttori dell’Unione inclusi nel campione rappresentavano quasi il 20 % della quantità totale della produzione del prodotto simile dei produttori noti dell’Unione.

5.2.   Consumo dell’Unione

(109)

La Commissione ha stabilito il consumo dell’Unione sulla base delle vendite totali dell’industria dell’Unione nell’Unione stessa, con l’aggiunta delle importazioni totali nell’Unione da paesi terzi. Le vendite dell’industria dell’Unione sul mercato dell’Unione sono state ricavate dalla denuncia e adeguate sulla base dei dati forniti per il periodo dell’inchiesta di riesame nelle risposte dei produttori dell’Unione inclusi nel campione. Per le importazioni la Commissione si è basata sulla banca dati Comext di Eurostat. Tuttavia, poiché la banca dati Comext di Eurostat fornisce solo il peso delle importazioni e non il numero unitario di ruote di alluminio importate, è stato necessario convertire il peso in pezzi. Il denunciante ha applicato, nella sua denuncia, il rapporto di conversione utilizzato nell’ultima inchiesta sullo stesso prodotto (41) (ossia 10,9 kg per pezzo). La validità di tale rapporto di conversione è stata verificata sulla base delle risposte ai questionari dei produttori marocchini e dei produttori dell’Unione inclusi nel campione come indicato al considerando 78 del regolamento di esecuzione (UE) 2022/1221 (42) che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie del Marocco («inchiesta sulle ruote di alluminio originarie del Marocco»). L’inchiesta ha rivelato che la media ponderata del peso per pezzo attualmente applicabile è di 11,3 kg per pezzo, poiché la tendenza del mercato è di aumentare il diametro delle ruote, con un conseguente aumento del peso per ruota. È stato quindi utilizzato questo rapporto per stabilire il consumo dell’Unione per pezzo.

(110)

Su tale base, il consumo dell’Unione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 2

Consumo dell’Unione (in pezzi)

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Consumo totale (in migliaia di pezzi)

77 873

73 797

59 530

64 311

Indice (2018 = 100)

100

95

76

83

Fonte:

banca dati Comext di Eurostat, EUWA e risposte al questionario verificate.

(111)

Il consumo dell’Unione è diminuito del 5 % tra il 2018 e il 2019 e del 19 % tra il 2019 e il 2020. Nel 2020 la produzione dell’industria automobilistica è calata di circa 4,2 milioni di veicoli a causa della pandemia di COVID-19, con un impatto diretto sui fornitori a monte, in quanto le vendite di ruote di alluminio sono diminuite di 14 milioni nel 2020 rispetto al 2019. Il calo della produzione è stato particolarmente significativo nel secondo trimestre del 2020, ma il mercato si è ripreso nei mesi successivi. Il recupero del mercato è stato pari a 5 milioni di ruote: da 59 milioni nel 2020 a 64 milioni durante il periodo dell’inchiesta di riesame. Il consumo tuttavia non ha raggiunto il livello del 2019, a causa della carenza di semiconduttori utilizzati dai fabbricanti di automobili.

5.3.   Importazioni dalla RPC

5.3.1.   Quantità e quota di mercato delle importazioni dalla RPC

(112)

La Commissione ha stabilito la quantità delle importazioni avvalendosi della banca dati Comext di Eurostat. La quota di mercato delle importazioni è stata determinata in base alla quota rappresentata da tali importazioni sul consumo totale dell’Unione, come indicato al considerando 109.

(113)

Le importazioni nell’Unione dalla RPC hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 3

Quantità delle importazioni (in pezzi) e quota di mercato

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Quantità delle importazioni dalla RPC (in migliaia di pezzi)

3 734

3 493

2 230

2 205

Indice (2019 = 100)

100

94

60

59

Quota di mercato (%)

4,8

4,7

3,7

3,4

Indice (2019 = 100)

100

98

77

71

Fonte:

banca dati Comext di Eurostat.

(114)

Le importazioni del prodotto oggetto del riesame dalla RPC sono diminuite nel periodo in esame. La quota di mercato delle importazioni dalla RPC si è mantenuta stabile nel 2018-2019 ed è calata del 29 % nel periodo dell’inchiesta di riesame. Tale andamento dovrebbe tuttavia essere considerato una conseguenza dell’insediamento in Marocco di uno dei principali produttori cinesi.

5.3.2.   Prezzi delle importazioni dalla RPC

(115)

La media ponderata dei prezzi delle importazioni nell’Unione dalla RPC ha registrato il seguente andamento:

Tabella 4

Prezzi medi delle importazioni dalla RPC

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

In EUR/pezzo

50,1

50,3

49,3

53,9

Indice (2019 = 100)

100

100

98

108

Fonte:

banca dati Comext di Eurostat.

(116)

Il prezzo medio delle importazioni dalla RPC è aumentato di circa 4 EUR per pezzo tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame. Una parte del prezzo di vendita, tuttavia, è indicizzata al prezzo dell’alluminio alla Borsa londinese dei metalli (London Metal Exchange, «LME»). In assenza di collaborazione da parte dei produttori esportatori cinesi, la Commissione ha confrontato la media ponderata dei prezzi di vendita dei produttori dell’Unione applicati ad acquirenti indipendenti sul mercato dell’Unione, adeguati al livello franco fabbrica, con la media ponderata dei prezzi delle importazioni dalla RPC del prodotto oggetto del riesame forniti da Eurostat, stabilita su base cif.

(117)

Dal risultato del confronto è emerso che i prezzi medi di vendita dell’industria dell’Unione erano inferiori ai prezzi delle importazioni dalla Cina così stabiliti.

5.3.3.   Importazioni da paesi terzi diversi dalla RPC

(118)

Nel periodo in esame la quantità delle importazioni da altri paesi terzi ha registrato il seguente andamento:

Tabella 5

Importazioni da paesi terzi diversi dalla RPC

Paese

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Turchia

Quantità (in migliaia di pezzi)

7 983

7 632

7 010

8 364

Indice (2018 = 100)

100

96

88

105

Quota di mercato (%)

10,3

10,3

11,8

13,0

Indice (2018 = 100)

100

101

115

126

Prezzo medio (in EUR/unità)

53,6

51,9

49,7

51,1

Indice (2018 = 100)

100

97

93

95

Marocco

Quantità (in migliaia di pezzi)

0

15,7

1 038

2 516

Indice (2018 = 100)

100

6 611

16 025

Quota di mercato (%)

0,0

1,7

3,9

Indice (2018 = 100)

100

8 196

18 389

Prezzo medio (in EUR/pezzo)

39,2

42,6

44,7

Indice (2018 = 100)

 

100

109

114

Thailandia

Quantità (in migliaia di pezzi)

2 228

1 911

1 527

1 487

Indice (2018 = 100)

100

86

69

67

Quota di mercato (%)

2,9

2,6

2,6

2,3

Indice (2018 = 100)

100

90

90

79

Prezzo medio (in EUR/pezzo)

52,3

50,8

49,0

50,3

Indice (2018 = 100)

100

97

94

96

Corea del Sud

Quantità (in migliaia di pezzi)

1 813

1 577

1 460

1 065

Indice (2018 = 100)

100

87

81

59

Quota di mercato (%)

2,3

2,1

2,5

1,7

Indice (2018 = 100)

100

91

109

74

Prezzo medio (in EUR/pezzo)

52,2

52,9

50,9

53,5

Indice (2018 = 100)

100

101

97

102

Altri paesi terzi

Quantità (in migliaia di pezzi)

4 612

3 663

3 151

3 279

Indice (2018 = 100)

100

79

68

71

Quota di mercato (%)

5,9

5,0

5,3

5,1

Indice (2018 = 100)

100

85

90

86

Prezzo medio (in EUR/pezzo)

69,1

74,9

71,1

75,9

Indice (2018 = 100)

100

108

103

110

Totale di tutti i paesi terzi esclusa la RPC

Quantità (in migliaia di pezzi)

16 638

14 801

14 189

16 713

Indice (2018 = 100)

100

89

85

100

Quota di mercato (%)

21,4

20,1

23,8

26,0

Indice (2018 = 100)

100

94

112

121

Prezzo medio (in EUR/pezzo)

57,5

57,5

54,0

55,1

Indice (2018 = 100)

100

100

94

96

Fonte:

banca dati Comext di Eurostat.

(119)

Le quantità importate da altri paesi terzi rappresentavano una quota di mercato del 21,4 % nel 2018 e del 26,0 % durante il periodo dell’inchiesta di riesame. La quantità di tali importazioni è diminuita nel 2019 e nel 2020, ma è ritornata ai livelli del 2018 durante il periodo dell’inchiesta di riesame, con un conseguente aumento della relativa quota di mercato pari al 21 % tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame. Il prezzo medio di queste importazioni è diminuito del 4 % ed è risultato più elevato rispetto al prezzo medio dell’industria dell’Unione (+ 8,9 %) e rispetto al prezzo medio delle importazioni dal paese interessato (+ 2,2 %). Nel periodo in esame due paesi hanno aumentato la rispettiva quota di mercato: la Turchia e il Marocco. I prezzi medi turchi erano leggermente più alti rispetto a quelli dell’industria dell’Unione (dell’1,0 %) e molto più alti rispetto ai prezzi medi delle importazioni dal Marocco (del 14 %).

5.4.   Situazione economica dell’industria dell’Unione

5.4.1.   Considerazioni generali

(120)

L’analisi della situazione economica dell’industria dell’Unione ha compreso una valutazione di tutti gli indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione dell’industria dell’Unione nel periodo in esame.

(121)

Come indicato al considerando 12, per valutare la situazione economica dell’industria dell’Unione si è fatto ricorso al campionamento.

(122)

Ai fini della determinazione del pregiudizio, la Commissione ha operato una distinzione tra indicatori di pregiudizio macroeconomici e microeconomici. La Commissione ha valutato gli indicatori macroeconomici sulla base dei dati contenuti nelle risposte al questionario antidumping fornite dai produttori inclusi nel campione, nonché sulla base di dati macroeconomici forniti dai produttori non inclusi nel campione e dall’associazione dei produttori dell’Unione, che sono stati sottoposti a controllo incrociato con i dati contenuti nella domanda di riesame. I dati riguardavano tutti i produttori dell’Unione. La Commissione ha valutato gli indicatori microeconomici sulla base dei dati contenuti nelle risposte al questionario fornite dai produttori dell’Unione inclusi nel campione. I dati si riferivano ai produttori dell’Unione inclusi nel campione. Entrambe le serie di dati sono state considerate rappresentative della situazione economica dell’industria dell’Unione.

(123)

Gli indicatori macroeconomici sono: produzione, capacità produttiva, utilizzo degli impianti, volume delle vendite, quota di mercato, crescita, occupazione, produttività, entità del margine di dumping e ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping.

(124)

Gli indicatori microeconomici sono: prezzi medi per pezzo, costo per pezzo, costo del lavoro, scorte, redditività, flusso di cassa, investimenti, utile sul capitale investito e capacità di ottenere capitale.

5.4.2.   Indicatori macroeconomici

5.4.2.1.   Produzione, capacità produttiva e utilizzo degli impianti

(125)

Nel periodo in esame la produzione e la capacità produttiva totali e l’utilizzo totale degli impianti dell’Unione hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 6

Produzione, capacità produttiva e utilizzo degli impianti

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Quantità della produzione (in migliaia di pezzi)

59 182

57 097

44 718

48 752

Indice (2018 = 100)

100

96

76

82

Capacità produttiva (in migliaia di pezzi)

62 614

62 475

61 619

61 294

Indice (2018 = 100)

100

100

98

98

Utilizzo degli impianti (%)

95

91

73

80

Indice (2018 = 100)

100

97

77

84

Fonte:

EUWA e produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(126)

Nel corso del periodo in esame la quantità della produzione dell’industria dell’Unione è diminuita complessivamente del 18 %. Tra il 2018 e il 2019 ha subito una lieve diminuzione pari al 4 %. A causa della pandemia di COVID-19 la produzione è diminuita di 12,3 milioni di pezzi nel 2020 per poi riprendersi durante il periodo dell’inchiesta di riesame, registrando un aumento di 4 milioni di pezzi.

(127)

Se nel periodo in esame la capacità produttiva dell’industria dell’Unione è diminuita del 2 %, l’utilizzo degli impianti ha manifestato la stessa tendenza negativa della produzione ed è diminuito del 15 % nello stesso periodo.

5.4.2.2.   Quantità delle vendite e quota di mercato

(128)

Nel periodo in esame la quantità delle vendite e la quota di mercato dell’industria dell’Unione hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 7

Quantità delle vendite e quota di mercato

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Quantità delle vendite sul mercato dell’Unione (in migliaia di pezzi)

57 501

55 502

43 110

45 391

Indice (2018 = 100)

100

97

75

79

Quota di mercato (%)

73,8

75,2

72,4

70,6

Indice (2018 = 100)

100

102

98

96

Fonte:

EUWA e produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(129)

Nel corso del periodo in esame la quantità delle vendite dell’industria dell’Unione sul mercato dell’UE è diminuita del 21 %. Tra il 2018 e il 2019 è diminuita del 3 % per poi calare di 12,4 milioni di pezzi nel 2020. Durante il periodo dell’inchiesta di riesame le vendite hanno registrato una ripresa pari a 2,2 milioni di pezzi.

(130)

La quota di mercato dell’industria dell’Unione è aumentata leggermente tra il 2018 e il 2019, mentre è diminuita nel 2020 e ancora durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

5.4.2.3.   Occupazione e produttività

(131)

Nel periodo in esame l’occupazione e la produttività hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 8

Occupazione e produttività

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Numero di occupati

17 816

17 866

16 963

16 790

Indice (2018 = 100)

100

100

95

94

Produttività (in pezzi/occupato)

3 322

3 196

2 636

2 904

Indice (2018 = 100)

100

96

79

87

Fonte:

EUWA e produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(132)

Il numero di occupati è diminuito del 6 % nel periodo in esame, mentre la produttività è diminuita del 13 %. Il calo di produttività nel periodo in esame è principalmente dovuto alla diminuzione della quantità della produzione, con un conseguente aumento del costo del lavoro per pezzo prodotto.

5.4.2.4.   Crescita

(133)

Come illustrato nelle sezioni da 5.4.2.1 a 5.4.2.3, nel periodo in esame la quantità della produzione e l’utilizzo degli impianti dell’industria dell’Unione sono diminuiti rispettivamente del 18 % e del 16 %, il che ha comportato un aumento dei costi fissi per pezzo prodotto e una minore produttività. I costi totali dell’industria sono aumentati di 1,7 EUR/pezzo (+ 3,4 %) nel periodo in esame. Il prezzo medio di vendita dell’industria dell’Unione, tuttavia, è diminuito di 3,3 EUR/pezzo (– 6,1 %).

(134)

La quantità delle vendite sul mercato dell’Unione inoltre è calata del 21 % e la quota di mercato del 5 % tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame. L’industria dell’Unione ha quindi subito un deterioramento dei suoi risultati finanziari. Come illustrato nella sezione 4.4.3.1, essa ha dovuto affrontare costi di produzione più elevati senza poter adeguare di conseguenza i prezzi di vendita.

(135)

Pertanto, le prospettive di crescita dell’industria dell’Unione sono state compromesse.

5.4.2.5.   Entità del margine di dumping e ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping

(136)

Durante il periodo dell’inchiesta di riesame, il dumping è continuato a un livello notevolmente superiore al livello minimo. L’entità dei margini di dumping effettivi ha inciso in modo consistente sull’industria dell’Unione, dati la quantità e i prezzi delle importazioni dal paese interessato.

(137)

Nel precedente riesame in previsione della scadenza la Commissione ha concluso che l’industria dell’Unione non subiva più alcun pregiudizio notevole e si era quindi ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping. La Commissione inoltre ha riscontrato in via provvisoria nell’inchiesta in corso concernente le importazioni dal Marocco (43) che durante il periodo dell’inchiesta di riesame l’industria dell’Unione ha subito un pregiudizio notevole causato dalle importazioni dal Marocco, al quale non hanno contribuito le importazioni dalla Cina.

(138)

La Commissione ha quindi confermato che l’industria dell’Unione si era ripresa dagli effetti delle precedenti pratiche di dumping delle importazioni dalla Cina prima che le importazioni oggetto di dumping dal Marocco cominciassero a entrare nel mercato dell’Unione in volumi crescenti a partire dal 2019.

5.4.3.   Indicatori microeconomici

5.4.3.1.   Prezzi e fattori che incidono sui prezzi

(139)

Nel periodo in esame la media ponderata dei prezzi di vendita per pezzo praticati dai produttori dell’Unione inclusi nel campione ad acquirenti indipendenti nell’Unione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 9

Prezzi di vendita nell’Unione

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Prezzi medi di vendita per pezzo sul mercato dell’Unione (in EUR/pezzo)

53,9

52,3

49,3

50,6

Indice (2018 = 100)

100

97

92

94

Costo di produzione per pezzo (in EUR/pezzo)

49,9

48,2

49,3

51,6

Indice (2018 = 100)

100

97

99

104

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(140)

Nel periodo in esame i prezzi medi di vendita dell’industria dell’Unione sono diminuiti del 6 %, mentre tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame il costo medio di produzione è aumentato del 4 %. L’industria dell’Unione non è riuscita ad aumentare i prezzi di vendita in modo da coprire l’aumento del costo di produzione.

5.4.3.2.   Costo del lavoro

(141)

Nel periodo in esame il costo medio del lavoro dei produttori dell’Unione inclusi nel campione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 10

Costo medio del lavoro per addetto

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Costo medio del lavoro per addetto (in EUR)

35 216

35 700

33 084

35 951

Indice (2018 = 100)

100

101

94

102

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(142)

Nel periodo in esame il costo medio del lavoro per addetto dell’industria dell’Unione è leggermente aumentato del 2 %, registrando un lieve incremento nel 2019 e una diminuzione del 6 % nel 2020, principalmente a causa dei fermi di produzione dovuti alla pandemia di COVID-19.

5.4.3.3.   Scorte

(143)

Nel periodo in esame il livello delle scorte dei produttori dell’Unione inclusi nel campione ha registrato il seguente andamento:

Tabella 11

Scorte

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Scorte finali (in migliaia di pezzi)

556

439

492

776

Indice (2018 = 100)

100

79

88

140

Scorte finali in percentuale della produzione

0,9

0,8

1,1

1,6

Indice (2018 = 100)

100

89

122

177

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(144)

Nel periodo in esame le scorte sono aumentate del 40 %. Sono diminuite del 21 % nel 2019 e del 12 % nel 2020, registrando una ripresa nel periodo dell’inchiesta di riesame pari a +57 %. L’industria delle ruote di alluminio nell’Unione è caratterizzata da contratti quadro pluriennali tra produttori e acquirenti che fissano le quantità e i prezzi. Tali contratti quadro sono attuati mediante ordini di acquisto in base alle esigenze dell’acquirente. Di conseguenza l’industria dell’Unione può pianificare la produzione e le scorte. Le scorte quindi non costituiscono un indicatore principale per la valutazione dei risultati dell’industria dell’Unione.

5.4.3.4.   Redditività, flusso di cassa, investimenti, utile sul capitale investito e capacità di ottenere capitale

(145)

Nel periodo in esame la redditività, il flusso di cassa, gli investimenti e l’utile sul capitale investito dei produttori dell’Unione inclusi nel campione hanno registrato il seguente andamento:

Tabella 12

Redditività, flusso di cassa, investimenti e utile sul capitale investito

 

2018

2019

2020

Periodo dell’inchiesta di riesame

Redditività delle vendite nell’Unione ad acquirenti indipendenti (in % del fatturato delle vendite)

7,5

8,2

0,4

– 1,6

Indice (2018 = 100)

100

109

5

– 21

Flusso di cassa (in migliaia di EUR)

81 153

82 495

31 805

22 956

Indice (2018 = 100)

100

102

39

28

Investimenti (in migliaia di EUR)

37 788

30 757

19 848

21 845

Indice (2018 = 100)

100

81

53

58

Utile sul capitale investito

12,0

9,1

0,3

– 0,5

Indice (2018 = 100)

100

76

3

– 4

Fonte:

produttori dell’Unione inclusi nel campione.

(146)

La Commissione ha stabilito la redditività dei produttori dell’Unione inclusi nel campione esprimendo l’utile netto, al lordo delle imposte, derivante dalle vendite del prodotto simile ad acquirenti indipendenti nell’Unione, in percentuale sul fatturato di tali vendite.

(147)

La redditività dell’industria dell’Unione è aumentata tra il 2018 e il 2019, passando dal 7,5 % all’8,2 %, per poi calare drasticamente tra il 2019 e il periodo dell’inchiesta di riesame, dove sono state registrate perdite (– 1,6 %). Non essendo riuscita ad aumentare i prezzi di vendita in modo da coprire l’aumento del costo di produzione, l’industria dell’Unione ha iniziato a registrare perdite.

(148)

Il flusso di cassa netto rappresenta la capacità dei produttori dell’Unione di autofinanziare le proprie attività. Il flusso di cassa netto ha registrato una tendenza al ribasso, con un calo significativo del 72 % nel periodo in esame. L’industria dell’Unione ha pertanto incontrato difficoltà di autofinanziamento delle proprie attività, il che costituisce un’ulteriore indicazione del deterioramento della sua situazione finanziaria.

(149)

L’utile sul capitale investito è il profitto espresso in percentuale del valore contabile netto degli investimenti. Il suo andamento ha evidenziato una tendenza negativa analoga a quella della redditività e del flusso di cassa netto. Tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame l’utile sul capitale investito ha registrato un notevole calo, assumendo un segno negativo durante il periodo dell’inchiesta di riesame. L’industria dell’Unione non è pertanto riuscita a generare abbastanza profitti per coprire i suoi investimenti. In effetti l’industria dell’Unione ha mantenuto i propri investimenti nel periodo in esame, principalmente a causa della necessità di rispettare i requisiti di legge e le esigenze del mercato, e non è stata in grado di conseguire un utile sul capitale investito. Nel periodo in esame l’andamento negativo dell’utile sul capitale investito ha inoltre indicato che la situazione finanziaria generale dell’industria dell’Unione è peggiorata in misura significativa.

(150)

La capacità dei produttori dell’Unione inclusi nel campione di ottenere capitale è stata influenzata dal deterioramento della loro situazione finanziaria. Il notevole calo della redditività e del flusso di cassa netto ha evidenziato gravi preoccupazioni in merito alla situazione di liquidità dell’industria dell’Unione e alla sua capacità di ottenere capitale per finanziare la sua attività operativa e gli investimenti necessari.

5.4.4.   Conclusioni relative al pregiudizio

(151)

L’evoluzione dei microindicatori e dei macroindicatori durante il periodo in esame ha mostrato un deterioramento della situazione finanziaria dell’industria dell’Unione. Nel complesso l’andamento dei principali indicatori economici è peggiorato durante il periodo in esame.

(152)

Mentre la capacità produttiva dell’industria dell’Unione è rimasta stabile, l’utilizzo degli impianti è diminuito del 16 % tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta di riesame, il che ha comportato un costo fisso più elevato per tonnellata di ruote in alluminio. Seguendo la stessa tendenza, la quantità delle vendite e la quota di mercato dell’industria dell’Unione nel periodo in esame sono diminuite.

(153)

La situazione finanziaria dell’industria dell’Unione si è deteriorata soprattutto a causa dell’aumento dei costi di produzione, che non ha potuto essere coperto da un corrispondente aumento dei prezzi di vendita.

(154)

Nel periodo in esame i prezzi medi di vendita dell’industria dell’Unione sono diminuiti del 6 %, sebbene nello stesso periodo il costo medio di produzione sia aumentato del 9 %. A partire dal 2020 l’industria dell’Unione ha subito perdite, che sono aumentate ulteriormente nel periodo dell’inchiesta di riesame. Mentre gli investimenti netti sono diminuiti del 42 %, l’utile sul capitale investito ha assunto segno negativo durante il periodo in esame. Anche il flusso di cassa ha seguito un andamento negativo, che ha inciso sulla capacità dell’industria dell’Unione di autofinanziare le proprie attività. Nello stesso periodo il numero di occupati è diminuito del 6 %; la produttività, tuttavia, è diminuita del 13 %, con un conseguente aumento del costo del lavoro per pezzo.

(155)

Come illustrato sopra, nel periodo in esame indicatori economici quali redditività, flusso di cassa e utile sul capitale investito si sono deteriorati notevolmente. La redditività è risultata negativa nel 2020 e durante il periodo dell’inchiesta di riesame. Questa situazione ha avuto effetti negativi sulla capacità dell’industria dell’Unione di autofinanziare le proprie attività, di operare gli investimenti necessari e di ottenere capitale, ostacolandone la crescita e arrivando anche a minacciarne la sopravvivenza. D’altro canto, nonostante l’andamento al ribasso degli indicatori, l’industria dell’Unione è comunque riuscita a mantenere volumi di vendita elevati e una quota di mercato rilevante.

(156)

La Commissione ha pertanto concluso che l’industria dell’Unione ha subito un pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

(157)

La Commissione ha valutato l’esistenza di un nesso di causalità tra le importazioni dalla RPC e il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

(158)

Come spiegato al considerando 114, durante il periodo in esame i volumi importati dalla RPC sono diminuiti del 29 % e hanno raggiunto una quota di mercato del 3,4 % durante il periodo dell’inchiesta di riesame. La Commissione ha anche riscontrato al considerando 117 che il prezzo medio delle importazioni dalla Cina era superiore al prezzo medio applicato dall’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame. La Commissione ha pertanto concluso che il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione non è stato causato dalle importazioni dalla RPC durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

(159)

Nel contempo la Commissione ha stabilito in via provvisoria nell’inchiesta separata concernente le importazioni di ruote di alluminio dal Marocco, che il pregiudizio notevole subito dall’industria dell’Unione era causato dalle importazioni a basso prezzo dal Marocco, che affluivano in quantità significative e oltre all’undercutting hanno determinato anche una contrazione dei prezzi dell’industria dell’Unione.

(160)

La Commissione pertanto ha successivamente esaminato il rischio di reiterazione del pregiudizio in caso di scadenza delle misure.

6.   RISCHIO DI REITERAZIONE DEL PREGIUDIZIO

(161)

La Commissione ha concluso al considerando 156 che l’industria dell’Unione non ha subito un pregiudizio notevole a causa delle importazioni originarie della RPC durante il periodo dell’inchiesta di riesame. A norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, la Commissione ha quindi valutato l’eventuale rischio della reiterazione del pregiudizio inizialmente causato dalle importazioni oggetto di dumping dalla RPC in caso di scadenza delle misure.

(162)

Per stabilire se esista il rischio della reiterazione del pregiudizio inizialmente causato dalle importazioni oggetto di dumping dal paese interessato, la Commissione ha preso in considerazione i seguenti elementi: i) volume di produzione e capacità inutilizzata nella RPC e attrattiva del mercato dell’Unione; ii) probabili livelli dei prezzi delle importazioni dalla RPC e loro incidenza sulla situazione dell’industria dell’Unione in caso di scadenza delle misure; e iii) esistenza di pratiche di elusione.

6.1.   Volume di produzione e capacità inutilizzata nella RPC — attrattiva del mercato dell’Unione

(163)

Come indicato al considerando 101, la capacità produttiva nella RPC superava notevolmente i volumi di produzione e la domanda sul mercato cinese. Inoltre, date le conclusioni sull’attrattiva del mercato dell’Unione di cui ai considerando 104 e 105, in caso di scadenza delle misure è assai probabile che tale capacità inutilizzata sia impiegata in gran parte per aumentare le esportazioni nel mercato dell’Unione.

6.2.   Probabili livelli dei prezzi delle importazioni dalla RPC e loro incidenza sulla situazione dell’industria dell’Unione in caso di scadenza delle misure

(164)

Al fine di valutare l’incidenza delle importazioni future sulla situazione dell’industria dell’Unione, la Commissione ha ritenuto che i livelli dei prezzi delle esportazioni cinesi verso altri mercati terzi costituissero un indicatore ragionevole dei livelli futuri dei prezzi delle esportazioni nel mercato dell’Unione.

(165)

Come indicato ai considerando da 102 a 105, la Commissione ha esaminato il livello dei prezzi delle esportazioni cinesi in altri mercati terzi e ha riscontrato che tali prezzi all’esportazione erano notevolmente inferiori rispetto ai prezzi dell’industria dell’Unione (del 13 %). Il mercato dell’Unione rimane pertanto molto attraente in termini di prezzi per i produttori cinesi.

(166)

Alla luce di quanto precede, e nell’eventualità di un aumento delle importazioni a basso prezzo dalla RPC, i produttori dell’Unione sarebbero costretti a ridurre i prezzi nel tentativo di mantenere i volumi di vendita e le quote di mercato. La redditività complessiva dell’industria ne risentirebbe, con un ulteriore peggioramento di una situazione già negativa (-1,6 %) nel periodo dell’inchiesta di riesame.

(167)

D’altro canto, se l’industria dell’Unione mantenesse i suoi livelli di prezzo attuali, ne risulterebbe un’incidenza negativa pressoché immediata sui suoi volumi di vendita e di produzione, nonché sulla sua quota di mercato. Un calo del volume di produzione inoltre determinerebbe un incremento dei costi di produzione per pezzo a causa della riduzione dei vantaggi dell’economia di scala. Ciò provocherebbe un ulteriore deterioramento della redditività dell’industria dell’Unione con il risultato di ulteriori perdite già a breve termine.

(168)

Con una perdita di redditività l’industria dell’Unione non sarebbe in grado di effettuare gli investimenti necessari. In ultima analisi ciò comporterebbe anche una perdita di posti di lavoro e un rischio di chiusura di linee di produzione.

6.3.   Conclusione

(169)

Alla luce di quanto precede la Commissione ha concluso che la scadenza delle misure comporterebbe con ogni probabilità un aumento significativo delle importazioni oggetto di dumping dalla RPC a prezzi inferiori a quelli dell’industria dell’Unione, aggravando quindi ulteriormente la situazione già negativa dell’industria dell’Unione. Molto probabilmente ciò determinerebbe una reiterazione del pregiudizio notevole e di conseguenza la sostenibilità dell’industria dell’Unione sarebbe seriamente a rischio.

7.   INTERESSE DELL’UNIONE

7.1.   Interesse dell’industria dell’Unione

(170)

Se le importazioni di ruote di alluminio originarie del Marocco fossero oggetto di misure antidumping, l’unica causa di pregiudizio notevole che rimarrebbe sarebbero le importazioni dalla Cina. Nel caso in cui le misure nei confronti della Cina fossero lasciate scadere si ripresenterà quindi il pregiudizio notevole causato dalle importazioni da tale paese.

(171)

L’effetto delle misure antidumping sarà positivo per i produttori dell’Unione, poiché le misure permetteranno all’industria dell’Unione di adeguare i prezzi di vendita per coprire l’aumento del costo di produzione. Le misure quindi aiuterebbero l’industria dell’Unione a tornare a una situazione sostenibile, che le consentirebbe di operare investimenti futuri, in particolare per attenersi alle norme ambientali e sociali.

(172)

In assenza di misure l’industria dell’Unione non sarebbe più protetta nei confronti del probabile aumento delle importazioni a basso prezzo dalla Cina, con la conseguenza di un pregiudizio notevole. È quindi probabile che la sua situazione finanziaria subisca un ulteriore peggioramento, in particolare in termini di redditività, utile sul capitale investito e flusso di cassa.

7.2.   Interesse degli importatori indipendenti, degli operatori commerciali e degli utilizzatori

(173)

La Commissione ha contattato tutti gli importatori indipendenti, gli operatori commerciali e gli utilizzatori noti. Nessuno ha risposto al questionario della Commissione.

(174)

Alla Commissione non sono pervenute osservazioni che indichino che il mantenimento delle misure avrebbe un’incidenza negativa di rilievo sugli importatori e sugli utilizzatori, superiore all’impatto positivo delle misure sull’industria dell’Unione.

7.3.   Conclusioni relative all’interesse dell’Unione

(175)

Alla luce di quanto precede, la Commissione ha concluso che non esistevano validi motivi per ritenere che il mantenimento delle misure esistenti sulle importazioni del prodotto in esame originarie della RPC non fosse nell’interesse dell’Unione.

8.   MISURE ANTIDUMPING

(176)

In base alle conclusioni raggiunte dalla Commissione in merito alla persistenza del dumping praticato dalla RPC, alla reiterazione del pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping dalla RPC e all’interesse dell’Unione, la Commissione ha ritenuto che le misure antidumping sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della RPC debbano essere mantenute.

(177)

Tutte le parti sono state informate dei fatti essenziali e delle considerazioni in base ai quali si intendeva raccomandare il mantenimento delle misure in vigore. È stato inoltre fissato un termine entro il quale trasmettere osservazioni in seguito alla divulgazione delle informazioni. Non sono pervenute osservazioni.

(178)

A norma dell’articolo 109 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (44) quando un importo deve essere rimborsato a seguito di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, il tasso d’interesse da corrispondere dovrebbe essere quello applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, il primo giorno di calendario di ciascun mese.

(179)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito dall’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/1036,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di ruote di alluminio per veicoli a motore di cui alle voci NC da 8701 a 8705, con o senza i loro accessori, munite o non munite di pneumatici, attualmente classificate con i codici NC ex 8708 70 10 ed ex 8708 70 50 (codici TARIC 8708701015, 8708701050, 8708705015 e 8708705050) e originarie della Repubblica popolare cinese.

2.   L’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto, franco frontiera dell’Unione, dazio non corrisposto, del prodotto descritto al paragrafo 1 è pari al 22,3 %.

3.   Salvo diversa indicazione, si applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Quando una dichiarazione di immissione in libera pratica è presentata per le importazioni di ruote di alluminio per veicoli di cui alla voce NC 8716, con o senza i loro accessori, munite o non munite di pneumatici, attualmente classificate con il codice NC ex 8716 90 90, nel campo corrispondente della dichiarazione è inserito il codice TARIC 8716909015 o 8716909050. Gli Stati membri informano mensilmente la Commissione del numero e dell’origine dei pezzi importati con questo codice.

Articolo 3

Quando una dichiarazione di immissione in libera pratica è presentata per i prodotti di cui agli articoli 1 e 2, nel campo corrispondente della dichiarazione è inserito il numero di pezzi dei prodotti importati.

Articolo 4

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 18 gennaio 2023

Per la Commissione

La presidente

Ursula VON DER LEYEN


(1)   GU L 176 del 30.6.2016, pag. 21.

(2)  Regolamento di esecuzione (UE) n. 964/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Repubblica popolare cinese (GU L 282 del 28.10.2010, pag. 1).

(3)  Regolamento di esecuzione (UE) 2017/109 della Commissione, del 23 gennaio 2017, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie della Repubblica popolare cinese, in seguito a un riesame in previsione della scadenza in conformità all’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 24.1.2017, pag. 1).

(4)  Avviso di imminente scadenza di alcune misure antidumping (GU C 47 del 10.2.2015, pag. 4).

(5)  Avviso di imminente scadenza di alcune misure antidumping (GU C 29 del 20.1.2022, pag. 34).

(6)  https://tron.trade.ec.europa.eu/investigations/case-view?caseId=2575

(7)   GU C 86 del 16.3.2020, pag. 6.

(8)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402 della Commissione, del 9 marzo 2022, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati fogli di alluminio originari della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 83 del 10.3.2022, pag. 7); regolamento di esecuzione (UE) 2021/546 della Commissione, del 29 marzo 2021, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio istituito sulle importazioni di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU L 109 del 30.3.2021, pag. 1); regolamento di esecuzione (UE) 2021/582 della Commissione, del 9 aprile 2021, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di prodotti laminati piatti di alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU L 124 del 12.4.2021, pag. 40); regolamento di esecuzione (UE) 2021/983 della Commissione, del 17 giugno 2021, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di fogli e nastri sottili di alluminio destinati alla trasformazione originari della Repubblica popolare cinese (GU L 216 del 18.6.2021, pag. 142).

(9)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando da 50 a 52; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 125 a 131 e da 185 a 188; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 80 a 86 e da 140 a 143.

(10)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando 39; regolamento di esecuzione (UE) 2020/1428 della Commissione, del 12 ottobre 2020, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU L 336 del 13.10.2020, pag. 8), considerando da 98 a 104; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 132 a 137; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 87 a 92.

(11)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando da 40 a 42; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 138 a 143; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983 della Commissione, considerando da 93 a 98. Se da un lato si può ritenere che il diritto delle autorità statali pertinenti di nominare e revocare i dirigenti con responsabilità strategiche nelle imprese di proprietà dello Stato, previsto dalla normativa cinese, rifletta i corrispondenti diritti di proprietà, dall’altro lato le cellule del PCC nelle imprese, sia statali sia private, rappresentano un altro canale importante attraverso il quale lo Stato può interferire nelle decisioni commerciali. Secondo il diritto societario della RPC, in ogni società deve essere istituita un’organizzazione del PCC (con almeno tre membri del PCC, come specificato nella costituzione del PCC) e la società deve garantire le condizioni necessarie per lo svolgimento delle attività organizzative del partito. Sembra che in passato questo requisito non sia sempre stato rispettato o applicato in modo rigoroso. Almeno a partire dal 2016 tuttavia il PCC ha rafforzato, ponendolo come principio politico, il suo diritto di controllare le decisioni aziendali nelle imprese di proprietà dello Stato. Secondo quanto riportato, il PCC esercita pressioni anche sulle società private, affinché facciano del «patriottismo» una priorità e seguano la disciplina di partito. Nel 2017 è stata riferita la presenza di cellule del partito nel 70 % di circa 1,86 milioni di società private, con una crescente pressione affinché le organizzazioni del PCC abbiano l’ultima parola sulle decisioni aziendali all’interno delle rispettive società. Queste norme si applicano in generale in tutti i settori dell’economia cinese, compreso quello dei produttori di ruote di alluminio e dei fornitori dei loro fattori produttivi.

(12)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando da 43 a 45; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 144 a 166; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 99 a 120.

(13)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando 46; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 167 a 171; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 121 a 125.

(14)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando 47; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando 172 e 173; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 126 a 127.

(15)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/402, considerando 48; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 174 a 184; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 128 a 139.

(16)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione sulle distorsioni significative nell’economia della Repubblica popolare cinese (SWD(2017) 483 final/2 del 20.12.2017), disponibile al seguente indirizzo: https://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2017/december/tradoc_156474.pdf

(17)  Regolamento di esecuzione (UE) 2019/915 della Commissione, del 4 giugno 2019, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di fogli di alluminio in rotoli originari della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 146 del 5.6.2019, pag. 63); regolamento di esecuzione (UE) 2021/546; regolamento di esecuzione (UE) 2021/582.

(18)  Documenti di lavoro dell’OCSE sulla politica commerciale, n. 218, pubblicazioni OCSE, Parigi, consultabile all’indirizzo: http://dx.doi.org/10.1787/c82911ab-en

(19)  https://www.citic.com/ar2020/en/manufacturing/auto-components/

(20)  http://www.znlwheel.com/news/detail.aspx?AID=100000131158951&NodeCode=101030001

(21)  http://www.zjzzgz.gov.cn/art/2018/11/8/art_1513449_29551627.html

(22)  http://www.caam.org.cn/chn/42/cate_478/con_5084242.htm

(23)  Statuto dell’associazione cinese dei fabbricanti di automobili: http://www.caam.org.cn/chn/2/cate_8/con_5223238.html

(24)  Tredicesimo piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale della Repubblica popolare cinese (2016-2020), disponibile all’indirizzo https://en.ndrc.gov.cn/newsrelease_8232/201612/P020191101481868235378.pdf (ultima consultazione: 6 maggio 2021).

(25)  Regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 147 a 155; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando da 102 a 109.

(26)  Regolamento di esecuzione (UE) 2021/582, considerando da 156 a 158; regolamento di esecuzione (UE) 2021/983, considerando 111.

(27)  Testo completo del piano disponibile all’indirizzo: https://www.miit.gov.cn/zwgk/zcwj/wjfb/tz/art/2021/art_2960538d19e34c66a5eb8d01b74cbb20.html

(28)  https://www.miit.gov.cn/zwgk/zcwj/wjfb/tz/art/2021/art_4ac49eddca6f43d68ed17465109b6001.html

(29)  http://gxt.shandong.gov.cn/art/2021/11/18/art_15681_10296248.html https://h5.drcnet.com.cn/docview.aspx?version=integrated.

(30)  Cfr. relazione, capitolo 6.

(31)  Cfr. la relazione annuale 2021 di Zhejiang Wanfeng Aowei Auto Wheel, pag. 192 http://www.wfaw.com.cn/gongsigonggao/download-265.html

(32)  Cfr. la relazione annuale 2021 di Dongfeng Motors, pag. 153: http://file.finance.sina.com.cn/211.154.219.97:9494/MRGG/CNSESH_STOCK/2022/2022-3/2022-03-31/7941734.PDF

(33)  Dati pubblici della Banca mondiale – Reddito medio-alto, https://data.worldbank.org/income-level/upper-middle-income

(34)  In assenza di produzione del prodotto oggetto dell’inchiesta in uno qualsiasi dei paesi con un livello di sviluppo analogo, è possibile prendere in considerazione la produzione di un prodotto appartenente alla stessa categoria generale e/o del medesimo settore del prodotto oggetto del riesame.

(35)  Regolamento (UE) 2015/755 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 33). Conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, i prezzi sul mercato interno in detti paesi non possono essere utilizzati ai fini della determinazione del valore normale e, in ogni caso, tali dati relativi alle importazioni erano trascurabili.

(36)  https://www.ibge.gov.br/en/statistics/economic/industry-and-construction/16906-pia-enterprise-pia1.html?=&t=o-que-e

(37)  http://www.edp.com.br/distribuicao-es/saiba-mais/informativos/tarifas-aplicadas-a-clientes-atendidos-em-alta-e-media-tensao-(grupo-a)

(38)  https://www.globalpetrolprices.com/Brazil/

(39)  http://site.sabesp.com.br/site/interna/Default.aspx?secaoId=183

(40)  Allegato D.1 della domanda di riesame.

(41)  Regolamento di esecuzione (UE) 2017/109.

(42)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/1221 della Commissione, del 14 luglio 2022, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di determinate ruote di alluminio originarie del Marocco (GU L 188 del 15.7.2022, pag. 114).

(43)  Regolamento di esecuzione (UE) 2022/1221, considerando 154.

(44)  Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).