ISSN 1977-0707

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 275

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

62° anno
28 ottobre 2019


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

RACCOMANDAZIONI

 

*

Raccomandazione (UE) 2019/1658 della Commissione, del 25 settembre 2019, relativa al recepimento degli obblighi di risparmio energetico a norma della direttiva sull’efficienza energetica

1

 

*

Raccomandazione (UE) 2019/1659 della Commissione, del 25 settembre 2019, sul contenuto della valutazione globale del potenziale dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2012/27/UE

94

 

*

Raccomandazione (UE) 2019/1660 della Commissione, del 25 settembre 2019, concernente l’attuazione delle nuove disposizioni in materia di contabilizzazione e fatturazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica

121

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

RACCOMANDAZIONI

28.10.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/1


RACCOMANDAZIONE (UE) 2019/1658 DELLA COMMISSIONE

del 25 settembre 2019

relativa al recepimento degli obblighi di risparmio energetico a norma della direttiva sull’efficienza energetica

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,

considerando quanto segue:

(1)

L’Unione è determinata nell’impegno per lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile, competitivo, sicuro e decarbonizzato. La strategia dell’Unione dell’energia ha fissato obiettivi ambiziosi per l’Unione. Essa mira in particolare a ridurre le emissioni di gas a effetto serra almeno di un ulteriore 40 % entro il 2030 rispetto al 1990, ad aumentare il ricorso alle energie rinnovabili almeno del 32 %, nonché a realizzare ambiziosi risparmi energetici, migliorando la sicurezza energetica, la competitività e la sostenibilità. La direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («direttiva Efficienza energetica»), modificata dalla direttiva (UE) 2018/2002 (2), stabilisce un obiettivo principale che prevede un risparmio energetico almeno pari al 32,5 % a livello UE entro il 2030.

(2)

La moderazione della domanda di energia è una delle cinque dimensioni della strategia dell’Unione dell’energia, definita nella comunicazione della Commissione del 25 febbraio 2015, intitolata «Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici». Il conseguimento degli obiettivi energetici e climatici dell’UE dipende dall’attribuzione di priorità all’efficienza energetica, dall’applicazione del principio che pone «l’efficienza energetica al primo posto» e dalla considerazione della diffusione delle energie rinnovabili.

(3)

La comunicazione «Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra» (3) sottolinea che le misure di efficienza energetica dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella realizzazione di un’economia climaticamente neutra entro il 2050. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) («regolamento sulla governance») impone agli Stati membri di rispettare il principio che pone «l’efficienza energetica al primo posto».

(4)

Nella valutazione d’impatto della direttiva Efficienza energetica (5) modificata, la Commissione ha stimato che l’attuazione dell’articolo 7 di tale direttiva consentirebbe di realizzare più della metà del risparmio energetico che gli Stati membri devono conseguire a norma di tale direttiva.

(5)

La direttiva Efficienza energetica modificata ha ripercussioni tanto sull’attuale periodo d’obbligo (2014-2020) quanto (principalmente) su quelli futuri (2021-2030 e oltre). Gli Stati membri dovrebbero essere sostenuti nell’attuazione delle nuove prescrizioni (pertinenti per entrambi i periodi d’obbligo), nell’attuazione delle prescrizioni esistenti in maniera diversa (pertinenti per entrambi i periodi d’obbligo), nonché nell’individuare le prescrizioni che sono state chiarite ma non modificate.

(6)

La direttiva Efficienza energetica modificata estende l’obbligo di risparmio energetico al periodo dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2030 e oltre (fatto salvo il riesame della Commissione). Ogni anno del periodo d’obbligo 2021-2030 e oltre, gli Stati membri devono realizzare cumulativamente risparmi energetici nell’uso finale equivalenti a nuovi risparmi pari allo 0,8 % del consumo di energia finale nel periodo e oltre. In via eccezionale, Cipro e Malta sono tenuti a conseguire cumulativamente risparmi energetici nell’uso finale equivalenti a nuovi risparmi pari a soltanto lo 0,24 % del consumo di energia finale nel periodo e oltre.

(7)

La direttiva Efficienza energetica modificata fornisce altresì chiarimenti sul calcolo del volume dei risparmi energetici. Le modifiche precisano che i regimi obbligatori di efficienza energetica e le misure politiche alternative si collocano su un piano di parità e possono essere combinati. Gli Stati membri hanno un certo potere discrezionale nel designare le parti obbligate e nell’accreditare i volumi dei risparmi energetici che ciascuna parte deve conseguire. La direttiva Efficienza energetica modificata offre agli Stati membri la flessibilità di scegliere tra vari tipi di regimi quello più adatto alla loro situazione e alle circostanze specifiche.

(8)

Se gli Stati membri devono soddisfare l’obbligo di risparmio energetico, è importante sensibilizzare l’opinione pubblica e fornire informazioni accurate sui vantaggi dell’efficienza energetica. Ciò può essere attuato mediante programmi di formazione o di istruzione.

(9)

Le modifiche consentono esplicitamente agli Stati membri di adottare misure politiche mirate a settori specifici, come ad esempio l’edilizia o il settore delle acque.

(10)

Una gestione efficace delle risorse idriche può contribuire in maniera significativa al risparmio energetico e gli Stati membri dovrebbero valutare il potenziale di ulteriori misure in questo settore. Sono inoltre incoraggiati a sviluppare misure politiche che affrontino contemporaneamente altri obiettivi relativi alla protezione dell’ambiente e delle risorse naturali.

(11)

Al fine di intensificare gli sforzi per alleviare la povertà energetica, gli Stati membri dovrebbero attuare talune misure politiche di efficienza energetica in via prioritaria presso le famiglie vulnerabili e stabilire criteri per le modalità future di contrasto della povertà energetica.

(12)

La direttiva Efficienza energetica modificata contiene prescrizioni più chiare per quanto concerne la durata delle misure; nel calcolare il volume dei risparmi energetici gli Stati membri devono tenere conto del periodo durante il quale una misura continuerà a generare risparmi, ma anche della possibilità che essa produca meno risparmi nel corso del tempo.

(13)

La direttiva Efficienza energetica modificata precisa che, nel calcolare i risparmi energetici, gli Stati membri non devono tener conto delle azioni che avrebbero comunque intrapreso e che possono dichiarare soltanto i risparmi che vanno oltre il minimo richiesto dalla legislazione UE specifica. È prevista un’esenzione per i risparmi energetici derivanti dalla ristrutturazione di edifici.

(14)

La direttiva Efficienza energetica modificata sottolinea l’importanza del monitoraggio e della verifica al fine di garantire che i regimi obbligatori di efficienza energetica e le misure politiche alternative conseguano i loro obiettivi. Gli orientamenti forniti con la presente raccomandazione indicano in che modo gli Stati membri possano istituire sistemi efficaci di misurazione, controllo e verifica.

(15)

Data l’importanza dell’energia generata sugli o negli edifici da tecnologie delle energie rinnovabili, gli orientamenti forniti nella presente raccomandazione spiegano come gli Stati membri possano contabilizzare i risparmi energetici nell’uso finale derivanti dalle misure politiche che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala a fronte dei loro obblighi di risparmio energetico.

(16)

Gli Stati membri devono mettere in vigore entro il 25 giugno 2020 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che recepiscono l’obbligo di risparmio energetico. Con l’entrata in vigore, le modifiche dell’articolo 7 della direttiva Efficienza energetica incidono sull’attuazione dell’obbligo di risparmio energetico per il periodo d’obbligo 2014-2020. Gli orientamenti forniti con la presente raccomandazione sosterranno gli Stati membri anche a questo proposito.

(17)

Il pieno recepimento e l’attuazione efficace della direttiva Efficienza energetica modificata sono necessari se l’UE intende conseguire gli obiettivi di efficienza energetica per il 2030 e rispettare l’impegno di porre i consumatori al centro dell’Unione dell’energia.

(18)

Gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nel recepire e attuare le prescrizioni modificate relative agli obblighi di risparmio energetico nel modo più adatto alla loro situazione nazionale. La presente raccomandazione spiega i requisiti modificati e illustra come è possibile conseguire gli obiettivi della direttiva. In particolare, lo scopo è assicurare una comprensione uniforme della direttiva Efficienza energetica tra gli Stati membri nel periodo in cui questi ultimi preparano le misure di recepimento.

(19)

Gli orientamenti della presente raccomandazione integrano e in parte sostituiscono quelli precedentemente pubblicati dalla Commissione in relazione all’articolo 7 della direttiva Efficienza energetica (6). Occorre sottolineare le ripercussioni delle disposizioni di modifica sul periodo d’obbligo 2014-2020. È opportuno tener conto dei riscontri ricevuti dagli Stati membri in seguito al recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica.

(20)

La presente raccomandazione non incide sugli effetti giuridici della direttiva Efficienza energetica e ne fa salva l’interpretazione vincolante, come da giurisprudenza della Corte di giustizia. La raccomandazione si concentra sulle disposizioni relative all’obbligo di risparmio energetico e riguarda gli articoli 7, 7 bis e 7 ter e l’allegato V della direttiva Efficienza energetica.

(21)

L’allegato alla presente raccomandazione intende fornire assistenza agli Stati membri tra l’altro in merito al calcolo dei risparmi energetici prescritti, la definizione di misure politiche ammissibili e la comunicazione corretta dei risparmi energetici conseguiti; presenta inoltre una serie di chiarimenti e soluzioni pratiche di attuazione,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

È opportuno che gli Stati membri seguano gli orientamenti di cui all’allegato della presente raccomandazione nel recepire i requisiti introdotti dalla direttiva (UE) 2018/2002 e specificati agli articoli 7, 7 bis e 7 ter e nell’allegato V della direttiva 2012/27/UE.

Fatto a Bruxelles, il 25 settembre 2019

Per la Commissione

Miguel ARIAS CAÑETE

Membro della Commissione


(1)  Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

(2)  Direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 210).

(3)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti «Un pianeta pulito per tutti — Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra» [COM(2018) 773 final].

(4)  Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1).

(5)  SWD(2016) 402 final.

(6)  COM(2013) 762 final e SWD(2013) 451 final, Bruxelles, 6.11.2013.


ALLEGATO

1.   INTRODUZIONE

La presente raccomandazione riflette il punto di vista solo della Commissione, non incide sugli effetti giuridici delle direttive e dei regolamenti e fa salva l’interpretazione vincolante, come da giurisprudenza della Corte di giustizia, degli articoli 7, 7 bis e 7 ter e dell’allegato V della direttiva 2012/27/UE modificata sull’efficienza energetica («direttiva Efficienza energetica»). La presente raccomandazione si basa sul riscontro pervenuto alla Commissione dagli Stati membri in seguito al recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica e sugli apprendimenti tratti dalla Commissione in base alle notifiche degli Stati membri e alla valutazione dei piani d’azione nazionali per l’efficienza energetica e delle relazioni annuali (1).

Sintesi: Modifiche principali della direttiva 2012/27/UE

1.

Struttura dell’obbligo di risparmio energetico e disposizioni correlate

Articoli 7 (norme generali sull’obbligo di risparmio), 7 bis (norme sui regimi obbligatori di efficienza energetica («regimi obbligatori») e 7 ter (norme sulle misure politiche alternative);

allegato V (metodi e principi comuni di calcolo); e

obblighi di pianificazione e comunicazione ai sensi del regolamento sulla governance.

2.

Ambito di applicazione dell’obbligo di risparmio energetico (2021–2030)

Nuovo periodo d’obbligo di risparmio energetico 2021–2030 e estensione di tale obbligo oltre il 2030 senza data di scadenza, ma con riserva di riesame entro il 2027 e successivamente ogni 10 anni;

obbligo di realizzare cumulativamente risparmi energetici nell’uso finale nel periodo 2021-2030 equivalenti a nuovi risparmi annui pari ad almeno lo 0,8 % del consumo di energia finale (fatta eccezione per Cipro e Malta, che devono ottenere nuovi risparmi pari allo 0,24 % del consumo di energia finale), ossia un livello superiore rispetto al periodo corrente;

possibilità per gli Stati membri di calcolare diversamente i risparmi, a condizione che conseguano i risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti; e

obbligo per gli Stati membri di tener conto della necessità di alleviare la povertà energetica nell’elaborare misure politiche, in linea con i criteri che essi devono stabilire.

3.

Calcolo dell’impatto delle misure politiche

Gli Stati membri non possono dichiarare come risparmi energetici quelli derivanti dall’applicazione del diritto dell’Unione, salvo se sono relativi alla ristrutturazione di edifici. A titolo di deroga e a determinate condizioni, essi possono contabilizzare i risparmi ottenuti in forza dei requisiti minimi nazionali per nuovi edifici soltanto come risparmi prescritti per il primo periodo d’obbligo (2014–2020).

4.

Chiarimenti

I regimi obbligatori e le misure politiche alternative sono mezzi altrettanto validi per il recepimento della direttiva Efficienza energetica;

i risparmi energetici derivanti da ciascun tipo di misura politica devono essere calcolati conformemente ai metodi e principi comuni di cui all’allegato V della direttiva Efficienza energetica;

chiarimento del requisito di quantificazione e verifica e dell’importanza di adottare un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica;

gli Stati membri possono istituire un fondo nazionale per l’efficienza energetica conformemente all’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva Efficienza energetica, sotto forma di misura politica alternativa o nell’ambito di un regime obbligatorio di efficienza energetica («regime obbligatorio») che impone alle parti obbligate di versare la totalità o parte dei loro risparmi come contributo al fondo;

chiarimento del principio di addizionalità (i risparmi energetici dovrebbero essere aggiuntivi rispetto a quelli che sarebbero stati ottenuti in ogni caso senza l’attività della parte obbligata o partecipante), compresi taluni fattori, quali effetti opportunistici, effetti di mercato e l’impatto delle politiche esistenti;

per calcolare i risparmi energetici occorre tener conto della durata delle misure e del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo; e

i risparmi energetici derivanti dalle tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici possono essere prese in considerazione, fatto salvo il rispetto dell’allegato V.

2.   CALCOLO DEI RISPARMI ENERGETICI PRESCRITTI NEL PERIODO D’OBBLIGO 2021–2030

«Articolo 7

Obbligo di risparmio energetico

1.

Gli Stati membri realizzano cumulativamente risparmi energetici nell’uso finale almeno equivalenti a:

a)

b)

nuovi risparmi annui dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2030 pari allo 0,8 % del consumo energetico annuo finale medio realizzato nel triennio precedente il 1o gennaio 2019. In deroga a tale requisito, Cipro e Malta realizzano nuovi risparmi annui dal 1o gennaio o 2021 al 31 dicembre 2030 pari allo 0,24 % del consumo energetico annuo finale medio realizzato nel triennio precedente il 1o gennaio 2019.»

La lettera b) di cui sopra impone agli Stati membri di realizzare:

risparmi energetici cumulativi nell’uso finale (ossia il volume totale dei risparmi energetici) nel periodo 2021-2030 e

nuovi risparmi ogni anno in tale periodo (il cui volume non è specificato).

Mentre il tasso dei nuovi risparmi energetici annui nel primo periodo d’obbligo (2014-2020) è il medesimo per tutti gli Stati membri (ossia pari all’1,5 %), ciò non è vero nel secondo periodo (2021-2030), dato che Cipro e Malta devono realizzare cumulativamente risparmi nell’uso finale equivalenti a nuovi risparmi pari allo 0,24 % del consumo di energia finale (1).

Ciascuno Stato membro deve conseguire il volume calcolato di risparmi energetici cumulativi nell’uso finale (ossia il risparmio energetico totale per il periodo 2021-2030) entro il 31 dicembre 2030. A differenza del primo periodo d’obbligo, tale volume non può essere ridotto in ragione di alcuna flessibilità esercitata dallo Stato membro (2).

Gli Stati membri non sono tenuti conseguire nuovi risparmi pari allo 0,8 % (0,24 % per Malta e Cipro) del consumo energetico annuo finale (3) in ogni anno del secondo periodo d’obbligo. L’attuale flessibilità, che consente loro di ripartire il volume dei nuovi risparmi nel corso del periodo, resta valida per il secondo periodo e per quelli successivi (4).

2.1.   Calcolo dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti nel secondo periodo d’obbligo

Ai fini del calcolo del volume dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti nel secondo periodo d’obbligo, ciascuno Stato membro deve calcolare innanzitutto la media del consumo di energia finale nei tre anni precedenti al 2019 (ossia nel periodo 2016-2018) (5).

Il passaggio successivo consiste nel moltiplicare tale media per 0,8 % (0,24 % nel caso di Cipro e Malta) al fine di stabilire il volume equivalente dei «nuovi» risparmi annui.

Esempio

Uno Stato membro registra un consumo di energia di 102 megatonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2016, 98 Mtep nel 2017 e 100 Mtep nel 2018, valori dai quali si ottiene una media di 100 Mtep nel triennio.

Ai fini del calcolo del volume cumulativo di risparmi energetici nell’uso finale (2021–2030), il volume minimo di risparmi nuovi ogni anno corrisponde quindi a 0,8 Mtep (100 Mtep × 0,8 %).

Gli Stati membri possono quindi calcolare il volume cumulativo dei risparmi nell’uso finale prescritti per l’intero periodo d’obbligo.

Esempio

Uno Stato membro calcola una media del consumo di energia finale per il periodo 2016-2018 pari a 100 Mtep. Il risparmio totale nell’uso finale in relazione al 2021 sarebbe quindi pari a: (100 × 0,8 % × 1) = 0,8 Mtep.

Dato che è necessario conseguire risparmi energetici cumulativi nell’uso finale almeno equivalenti ai nuovi risparmi per ciascun anno dal 2021 al 2030, lo Stato membro deve calcolare nuovi risparmi per ogni anno successivo fino al 2030.

Il volume totale calcolato per il 2022 sarebbe: (100 × 0,8 % × 2) = risparmi energetici cumulativi nell’uso finale pari a 1,6 Mtep [incluse 0,8 Mtep di nuovi risparmi nel 2022 (contrassegnati in grigio di seguito)].

I volumi per ciascun anno successivo fino al 2030 possono essere calcolati allo stesso modo. Il volume totale di risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti nel periodo decennale è pari a 44,0 Mtep (100 × 0,8 % × 55).

Anno

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

 

Risparmi energetici nell’uso finale (Mtep)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

0,8

Totale dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale (entro il 2030)

 

 

 

 

 

 

 

 

0,8

0,8

 

 

 

 

 

 

 

0,8

0,8

0,8

 

 

 

 

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

 

 

 

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

 

 

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

 

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

Totale (Mtep)

0,8

1,6

2,4

3,2

4,0

4,8

5,6

6,4

7,2

8,0

44,0  (6)

2.2.   Insieme di dati statistici

2.2.1.   Uso dell’insieme di dati Eurostat

Al fine di stabilire gli insiemi di dati statistici da utilizzare per il periodo d’obbligo 2021-2030, gli Stati membri dovrebbero utilizzare l’insieme di dati Eurostat, che è considerato la fonte predefinita per il calcolo dei volumi di risparmio prescritti (cfr. allegato III, punto 1, lettera c), del regolamento sulla governance).

Nel 2019 Eurostat ha riveduto il bilancio energetico sulla base delle raccomandazioni internazionali per le statistiche dell’energia pubblicate dalla Commissione di statistica delle Nazioni Unite (7). Per i contributi in termini di efficienza energetica e gli obblighi di risparmio energetico degli Stati membri, Eurostat ha istituito una categoria specifica denominata «consumo di energia finale (Europa 2020-2030)» (8) (codice FEC2020-2030). Tale categoria contiene elementi prescritti all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b) della direttiva Efficienza energetica e gli Stati membri dovrebbero utilizzarla ai fini dell’obbligo di risparmio energetico (9).

La nuova categoria comprende le seguenti definizioni aritmetiche, basate sulle ultime modifiche del regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (10):

Consumo di energia finale (Europa 2020-2030) [Totale tutti i prodotti] =

Consumo di energia finale [Totale tutti i prodotti]

– Consumo di energia finale [Calore ambiente (pompe di calore)]

+ Trasporto aereo internazionale [Totale tutti i prodotti]

+ Fattore produttivo di trasformazione, altiforni [Totale tutti i prodotti]

– Prodotti di trasformazione, altiforni [Totale tutti i prodotti]

+ Settore dell’energia, altiforni [Combustibili fossili solidi]

+ Settore dell’energia, altiforni [Gas manifatturati]

+ Settore dell’energia, altiforni [Torba e prodotti della torba]

+ Settore dell’energia, altiforni [Scisti bituminosi e sabbie bituminose]

+ Settore dell’energia, altiforni [Petrolio e prodotti petroliferi]

+ Settore dell’energia, altiforni [Gas naturale]

2.2.2.   Uso di fonti statistiche alternative e stime di esperti

Gli Stati membri possono utilizzare fonti statistiche alternative, ma nella notifica alla Commissione devono spiegare e giustificare l’uso di tali fonti e le eventuali differenze nei quantitativi che ne risultano (cfr. allegato III, punto 1, lettera c), del regolamento sulla governance).

Se i dati relativi a determinati anni non sono disponibili nel momento in cui gli Stati membri sono tenuti a riferire, possono utilizzare stime di esperti (ancora una volta fornendo una giustificazione per tale circostanza nella notifica). Se, quando i dati ufficiali diventano disponibili, si rilevano discrepanze significative tra i dati stimati e quelli effettivi, il volume di risparmi prescritto va adeguato agli ultimi dati.

Si raccomanda agli Stati membri di adeguare quanto prima le stime ai dati ufficiali nel quadro del meccanismo di governance, nella presentazione successiva oppure nelle comunicazioni obbligatorie previste dal regolamento sulla governance [ad esempio in occasione dell’aggiornamento dei piani nazionali integrati per l’energia e il clima (PNEC) entro il 30 giugno 2023, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1 del regolamento].

2.2.3.   Energia utilizzata nei trasporti

Fatto salvo l’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica (11), Gli Stati membri non possono più escludere il consumo di energia finale usata nei trasporti dallo scenario di base del calcolo e dai successivi periodi d’obbligo.

2.2.4.   Energia generata per uso proprio finale

Mentre i risparmi energetici cumulativi nell’uso finale nel primo periodo d’obbligo si basano sulle «vendite di energia ai clienti finali», la direttiva Efficienza energetica modifica deliberatamente la base del secondo e dei successivi periodi facendola corrispondere al «consumo di energia finale».

Di conseguenza gli Stati membri devono includere nello scenario di base del calcolo per tali periodi l’energia generata per uso proprio finale (ad esempio l’elettricità generata da sistemi fotovoltaici, il calore generato da collettori solari termici o dalla co-combustione di rifiuti nell’industria).

La categoria Eurostat per il «consumo di energia finale» (codice B 101700 (12)), applicabile al momento della negoziazione e dell’adozione della direttiva Efficienza energetica, includeva talune fonti rinnovabili pertinenti per l’uso su piccola scala sugli o negli edifici (energia solare, inclusa quella solare fotovoltaica e solare termica, energia eolica, biomassa solida, biogas e biocarburanti liquidi (13)). L’energia termica ambientale, come quella utilizzata nelle pompe di calore, non era inclusa nella categoria del «consumo di energia finale». Per assicurare che l’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica deciso dai colegislatori non venga modificato dalla revisione dei bilanci energetici, ai fini dell’efficienza energetica, Eurostat ha stabilito e pubblica la categoria specifica «consumo finale di energia (Europa 2020-2030)» (codice FEC2020-2030) che continua ad escludere l’energia termica ambientale da questa categoria fino al 2030 (14).

Tuttavia, mentre l’allegato III, punto 1, lettera c), del regolamento sulla governance richiede che come fonte predefinita si utilizzi l’insieme di dati Eurostat, gli Stati membri devono tenere conto di tutti i dati disponibili a livello nazionale. Laddove questi ultimi differiscano dai dati Eurostat, gli Stati membri devono citare le loro fonti nazionali, qualora queste siano più accurate. Devono includere tali fonti nel loro scenario di base del calcolo e notificare e spiegare nel PNEC quali fonti di dati sono state utilizzate, includendo eventuali volumi aggiuntivi ufficiali o stimabili del consumo di energia finale non contemplati dall’insieme di dati Eurostat.

2.3.   Ripartizione dei risparmi energetici rispetto al periodo 2021-2030

L’articolo 7, paragrafo 1, ultimo comma, della Direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di «determina[re] in che modo ripartire il quantitativo calcolato di nuovi risparmi nel corso di [ciascun periodo d’obbligo], purché alla fine di ciascun periodo d’obbligo sia realizzato il volume totale di risparmio energetico cumulativo prescritto nell’uso finale».

Esempi

Uno Stato membro potrebbe optare per un aumento lineare dei risparmi nel corso del tempo; un altro potrebbe decidere di cominciare più tardi ma richiedere un maggior risparmio verso la metà/fine del secondo periodo d’obbligo.

Un altro Stato membro può decidere di ripartire il volume prescritto di risparmi energetici cumulativi nell’uso finale (ad esempio 44,0 Mtep) come illustrato di seguito, a condizione che il volume cumulativo dei risparmi richiesti sia realizzato tra il 2021 e il 2030 (supponendo che tutte le misure abbiano effetti duraturi che consentono risparmi ogni anno almeno fino al 2030):

Anno

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

 

Risparmi energetici nell’uso finale (Mtep)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

0,8

Totale dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale (entro il 2030)

 

 

 

 

 

 

 

 

1,1

1,1

 

 

 

 

 

 

 

0,5

0,6

0,6

 

 

 

 

 

 

0,7

0,7

0,7

0,7

 

 

 

 

 

0,6

0,6

0,6

0,6

0,6

 

 

 

 

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

 

 

 

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

1,0

 

 

1,2

1,2

1,2

1,2

1,2

1,2

1,2

1,2

 

0,9

0,9

0,9

0,9

0,9

0,9

0,9

0,9

0,9

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

Totale (Mtep)

0,4

1,3

2,5

3,5

4,3

4,9

5,6

6,1

7,3

8,1

44

Se uno Stato membro stabilisce o mantiene un regime obbligatorio di efficienza energetica, non è tenuto a comunicare le modalità di distribuzione dello sforzo nel periodo d’obbligo. Tuttavia, si raccomanda agli Stati membri di stabilire e comunicare in che modo procederanno a tale proposito. Ai sensi dell’allegato III, punto 3.1, lettera b), del regolamento sulla governance, gli Stati membri devono notificare il volume di risparmi annui e cumulativi attesi e la durata dei loro regimi.

Gli Stati membri che istituiscono o mantengono misure politiche alternative ai sensi dell’articolo 7 ter della direttiva Efficienza energetica e/o un fondo nazionale per l’efficienza energetica ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 6 della direttiva Efficienza energetica godono di piena discrezionalità in relazione alla ripartizione dei risparmi energetici prescritti cumulativi nell’uso finale nel corso del secondo periodo d’obbligo. Tali Stati possono introdurre periodi intermedi che non devono necessariamente avere la medesima durata, ma non sono tenuti a procedere in tal senso. Tuttavia, l’allegato III, punto 3.2, lettera c), del regolamento sulla governance impone loro di notificare il «volume annuo e cumulativo totale di risparmi previsto per ciascuna misura e/o volume di risparmi energetici in relazione a uno qualsiasi dei periodi intermedi».

3.   ALTRE MODALITÀ DI CALCOLO DEGLI OBBLIGHI DI RISPARMIO

3.1.   Logica e portata

Le opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2 della direttiva Efficienza energetica non incidono sull’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della medesima direttiva. L’articolo 7, paragrafi 2 e 4, della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di utilizzare metodi di calcolo diversi (ad esempio per far fronte a determinate circostanze nazionali), tuttavia tale circostanza non deve comportare una riduzione del volume dei risparmi energetici prescritti, ossia gli Stati membri devono assicurare che il calcolo effettuato mediante uno o più metodi di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica produca i medesimi risparmi energetici minimi cumulativi prescritti all’articolo 7, primo comma, lettera b), della medesima direttiva.

Di conseguenza, per quanto concerne il periodo d’obbligo dal 2021 al 2030, gli Stati membri, che utilizzino o meno le opzioni di cui all’articolo 7, paragrafi 2 e 4, della direttiva Efficienza energetica, devono assicurare il conseguimento entro il 31 dicembre 2030 del volume prescritto di risparmi energetici cumulativi nell’uso finale, equivalente a un nuovo risparmio annuale pari ad almeno lo 0,8 % (15). Al fine di assicurare che le opportunità di flessibilità di cui all’articolo 7, paragrafi 2 e 4, della direttiva Efficienza energetica non riducano il volume netto minimo calcolato dei risparmi energetici nuovi da conseguire in termini di consumo di energia finale durante il periodo d’obbligo, i tassi annuali di risparmi propri degli Stati membri devono pertanto essere superiori a quelli prescritti per il conseguimento dei risparmi energetici cumulativi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica (16). Gli Stati membri non sono tenuti a ricorrere alle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica.

3.2.   Opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica

L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di calcolare il volume prescritto di risparmi energetici come segue:

applicando un tasso annuale di risparmi sulla media delle vendite di energia ai clienti finali ovvero sul consumo di energia finale, per il periodo 2016-2018; e/o

escludendo in tutto o in parte l’energia usata nei trasporti dallo scenario di base del calcolo; e/o

ricorrendo a una delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica.

3.3.   Tasso annuale di risparmi e scenario di base del calcolo propri

Qualora gli Stati membri si avvalgano di una o più opzioni, l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva Efficienza energetica impone loro di stabilire:

il proprio tasso annuale di risparmi che viene applicato al calcolo dei propri risparmi energetici cumulativi nell’uso finale al fine di assicurare che i risparmi prescritti non siano inferiori al requisito di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b) della direttiva Efficienza energetica; e

il proprio scenario di base del calcolo che può escludere in tutto o in parte l’energia utilizzata nei trasporti (17).

Tali opzioni si considerano in aggiunta (18) ai calcoli del tasso annuale di risparmi nuovi e dei risparmi cumulativi nell’uso finale di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica.

L’articolo 7, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva Efficienza energetica stabilisce che gli Stati membri, indipendentemente dal fatto che escludano, in tutto o in parte, l’energia utilizzata per il trasporto dal loro scenario di base del calcolo o ricorrano a una delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della medesima direttiva, devono assicurare che l’importo netto calcolato dei nuovi risparmi da conseguire in termini di consumo di energia finale nel periodo d’obbligo 2021-2030 non sia inferiore al volume risultante dall’applicazione del tasso annuale di risparmi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), ossia 0,8 % (0,24 % per Cipro e Malta).

3.4.   Opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica

Per il periodo d’obbligo 2021-2030, gli Stati membri possono avvalersi di una o più delle seguenti opzioni (articolo 7, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica):

b)

esclusione totale o parziale dei settori aderenti al sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS);

c)

contabilizzazione di determinati risparmi energetici realizzati nei settori della trasformazione e trasmissione di energia;

d)

azioni intraprese in fasi precoci, realizzate dopo la fine del 2008, che continuano a generare risparmi oltre il 2020;

e)

azioni individuali eseguire dall’inizio del 2018 fino alla fine del 2020 che continuano a generare risparmi oltre il 2020;

f)

esclusione del 30 % dell’energia generata sugli o negli edifici per uso proprio a seguito di misure politiche che promuovono nuove installazioni di tecnologie delle energie rinnovabili; e

g)

contabilizzazione di taluni risparmi energetici che superano quelli prescritti per il periodo d’obbligo 2014-2020.

A norma dell’articolo 7, paragrafo 5, lettera b), della direttiva Efficienza energetica, è possibile fare ricorso a tali opzioni soltanto in relazione al «volume dei risparmi energetici calcolati conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3» e, nell’insieme, tali opzioni «non devono comportare una riduzione superiore al 35 %» di tale volume.

Fondamentalmente, non è possibile avvalersi di tali opzioni per ridurre il volume dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti dall’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica. In altre parole, indipendentemente dal fatto che escludano, in tutto o in parte, dallo scenario di base del calcolo l’energia utilizzata nei trasporti ovvero si avvalgano di una delle opzioni di cui sopra, gli Stati membri devono assicurare che il volume netto calcolato di nuovi risparmi da realizzare nel consumo di energia finale nel periodo d’obbligo 2021-2030 non sia inferiore al volume risultante dall’applicazione del tasso annuo di risparmi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica (19). A tale scopo, l’articolo 7, paragrafo 5, della direttiva Efficienza energetica impone loro di calcolare l’effetto, nel periodo d’obbligo, della decisione di avvalersi di una o più opzioni (20).

È possibile avvalersi delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettere b) ed f), della direttiva Efficienza energetica soltanto per il calcolo del proprio scenario di base a norma dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica. I volumi possono essere dedotti da tale calcolo (fatte salve le restrizioni previste).

Le opzioni di cui alle lettere c), d), e) e g) fanno riferimento ai risparmi energetici e possono essere contabilizzate soltanto nel calcolo del volume dei risparmi prescritti dall’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica. Di conseguenza non è possibile utilizzarle per abbassare il livello dell’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica, ma possono essere utilizzate in modo da contribuire a conseguire tale obiettivo.

3.4.1.   Le opzioni in dettaglio

3.4.1.1.   Esclusione totale o parziale dei settori interessati dall’ETS — articolo 7, paragrafo 4, lettera b)

Lo Stato membro che si avvale solo della possibilità di escludere in tutto o in parte le vendite di energia utilizzate nei settori interessati dall’ETS (articolo 7, paragrafo 4, lettera b), della direttiva Efficienza energetica), deve stabilire quali volumi di energia consegnati o venduti al dettaglio sono impiegati per tali attività industriali. Il calcolo si basa sull’energia utilizzata per le attività elencate nell’allegato I della direttiva ETS (21).

L’energia utilizzata per le «attività energetiche» elencate in tale allegato (impianti di combustione di potenza termica nominale di oltre 20 MW (tranne gli impianti per l’incenerimento di rifiuti pericolosi o urbani), le raffinerie di petrolio e le cokerie) e l’energia utilizzata nel settore del trasporto aereo vengono quindi detratte da tale volume (22).

3.4.1.2.   Risparmi energetici realizzati nei settori della trasformazione e trasmissione di energia — articolo 7, paragrafo 4, lettera c)

L’articolo 7, paragrafo 4, lettera c), della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di contabilizzare i risparmi energetici realizzati nei settori della trasformazione, distribuzione e trasmissione di energia, comprese le infrastrutture di teleriscaldamento e di teleraffrescamento efficienti, per effetto dell’attuazione dei requisiti di cui all’articolo 14, paragrafo 4, all’articolo 14, paragrafo 5, lettera b) e all’articolo 15, paragrafi da 1 a 6 e paragrafo 9, della direttiva Efficienza energetica, nel volume di risparmi energetici calcolati conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva (23).

3.4.1.3.   Risparmi energetici risultanti da azioni individuali la cui attuazione è iniziata a partire dal 31 dicembre 2008 — articolo 7, paragrafo 4, lettera d)

Se uno Stato membro contabilizza i risparmi energetici risultanti da azioni individuali la cui attuazione è iniziata a partire dal 31 dicembre 2008 nel calcolo del volume dei risparmi energetici conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica, tali azioni devono continuare ad avere un impatto oltre il 2020 in relazione al periodo d’obbligo 2021-2030, ovvero produrre nuovi risparmi energetici dopo il 31 dicembre 2020. L’articolo 2, punto 19, della direttiva Efficienza energetica definisce l’«azione individuale» un’azione che produce miglioramenti dell’efficienza energetica verificabili e misurabili o stimabili ed è intrapresa in applicazione di una misura politica. Inoltre, i risparmi energetici devono essere misurati e verificati.

3.4.1.4.   Azioni individuali, eseguite tra l’inizio del 2018 e la fine del 2020 — articolo 7, paragrafo 4, lettera e)

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera e), della direttiva Efficienza energetica, uno Stato membro può contabilizzare i risparmi energetici derivanti dalle misure politiche nel volume dei risparmi calcolato conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva, a condizione che si possa dimostrare che tali misure danno luogo ad azioni individuali, eseguite dal 1o gennaio 2018 al 31 dicembre 2020, e che continuano a generare risparmi energetici dopo tale arco di tempo.

Mentre l’articolo 7, paragrafo 4, lettera d), della direttiva Efficienza energetica fa riferimento all’attuazione di azioni individuali tra il 31 dicembre 2008 e il 31 dicembre 2013, l’articolo 7, paragrafo 4, lettera e), della direttiva Efficienza energetica è applicabile soltanto alle azioni individuali attuate tra il 1o gennaio 2018 e il 31 dicembre 2020. Tale differenza è rilevante laddove gli Stati membri considerano la durata massima di un’azione fino a 21 anni in caso di attuazione nel 2008 e, rispettivamente, la durata massima di un’azione fino a 12 anni in caso di attuazione nel 2018. Nella pratica ciò significa che il primo caso è pertinente ad esempio per azioni aventi una lunga durata quali l’isolamento dell’involucro di un edificio.

3.4.1.5.   Energia generata sugli o negli edifici per uso proprio a seguito di nuove installazioni di tecnologie delle energie rinnovabili — articolo 7, paragrafo 4, lettera f)

Questa opzione consente agli Stati membri di escludere dal calcolo dei risparmi energetici prescritti conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica, un volume verificabile di energia generata per uso proprio da nuove installazioni di tecnologie delle energie rinnovabili sugli o negli edifici.

Il suo uso è limitato sotto tre aspetti:

non più del 30 % dell’energia generata sugli o negli edifici per uso proprio può essere escluso dallo scenario di base del calcolo;

ciò non deve comportare una riduzione superiore al 35 % del volume dei risparmi energetici calcolati conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica; e

il volume di tale energia non deve essere escluso dal calcolo dell’obbligo di risparmio di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica.

L’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica stabilisce in che modo i risparmi energetici derivanti da misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici possono essere contabilizzate nei risparmi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica (24). Tale aspetto non è soggetto a restrizioni di volume.

Dato che l’articolo 7, paragrafo 4, lettera f), della direttiva Efficienza energetica fa riferimento alla «quantità verificabile di energia generata sugli o negli edifici per uso proprio» (25) (non alla quantità effettivamente utilizzata), gli Stati membri devono determinare e verificare i volumi di energia rinnovabile (in ktep, MW o misura equivalente) che saranno generati sugli edifici per uso proprio a seguito di politiche che promuovono nuove installazioni nel periodo d’obbligo 2021-2030. Considerando che la disposizione fa riferimento a una «quantità verificabile», tale calcolo può tenere conto del volume medio stimato di energia rinnovabile da produrre per uso proprio nel periodo 2021-2030 soltanto da unità installate sugli o negli edifici dopo il 31 dicembre 2020.

L’articolo 21, lettera b), punto 3, del regolamento sulla governance impone agli Stati membri di includere, nelle rispettive relazioni intermedie nazionali integrate sull’energia e il clima, informazioni sull’attuazione dei regimi obbligatori e sulle misure politiche alternative nazionali. Di conseguenza, a partire dal 15 marzo 2021 (e successivamente ogni due anni), essi dovranno fornire informazioni sul volume effettivo di energia prodotta sugli o negli edifici per uso proprio grazie a tecnologie delle energie rinnovabili di nuova installazione.

Esempio indicativo e non esaustivo

La tabella che segue illustra, per un elenco non esaustivo di tecnologie, il volume di energia che può essere escluso dal calcolo dell’obbligo di risparmio energetico. Ad esempio, l’installazione di un impianto solare-termico con gruppo caldaia a gas potrebbe determinare la generazione di 1 000 kWh di energia rinnovabile, dei quali il 30 % (300 kWh) potrebbe essere escluso dal calcolo (a condizione che tale valore non superi il 35 % del risparmio prescritto):

Tipo di tecnologia

Domanda di energia finale

(kWh)

Quota di energia da fonti rinnovabili generata sugli edifici

%

Generazione responsabile della riduzione dell’obiettivo di risparmio

(kWh)

30 % che può essere escluso dall’obbligo di risparmio

(kWh)

1)

Caldaia a condensazione alimentata a gas

10 526

0

0

 

2)

Caldaia a condensazione alimentata a legna

10 870

100

10 870

3 261

3)

Pompa di calore (con elettricità di rete)

2 857

0

0

 

4)

Impianto solare-termico con gruppo caldaia a gas

10 474

~10

1 000

300

 

impianto solare-termico

1 000

100

1 000

300

 

caldaia a condensazione alimentata a gas

9 474

0 %

0

 

5)

Impianto fotovoltaico

3 500

100 %

3 500

1 050

3.4.1.6.   Risparmi energetici che superano i risparmi energetici prescritti per il primo periodo d’obbligo — articolo 7, paragrafo 4, lettera g)

Gli Stati membri possono contabilizzare risparmi energetici superiori a quelli prescritti per il primo periodo d’obbligo (2014-2020) nel calcolo ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica, purché:

tali risparmi siano derivati da azioni individuali nel contesto di un regime obbligatorio o di misure politiche alternative; e

lo Stato membro abbia notificato le misure politiche pertinenti nel proprio piano d’azione nazionale per l’efficienza energetica (PAEE) e le abbia segnalate nella relazione intermedia a norma dell’articolo 24, paragrafo 2 (26).

4.   SCELTA DI MISURE POLITICHE PER IL CONSEGUIMENTO DEL VOLUME PRESCRITTO DI RISPARMIO ENERGETICO CUMULATIVO NELL’USO FINALE

A norma dell’articolo 7, paragrafo 10, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri devono conseguire i risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti tramite le seguenti misure:

istituendo un regime obbligatorio;

adottando misure politiche alternative; oppure

attuando una combinazione delle due possibilità precedenti.

L’articolo 7 direttiva Efficienza energetica precisa che i regimi obbligatori e le misure politiche alternative sono parimenti valide a tale riguardo. Gli Stati membri dispongono di una sufficiente flessibilità e di un ampio potere discrezionale nello scegliere, tra i diversi tipi di regimi, il regime più adatto alla propria particolare situazione e al proprio specifico contesto (27).

L’articolo 7 bis, paragrafo 1, e l’articolo 7 ter, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica prevedono che tutte le misure politiche siano concepite al fine di adempiere l’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva e siano idonee a contribuire a «risparmi energetici nell’uso finale» realizzati «presso i clienti finali». Tuttavia, una misura politica tratta anche altri obiettivi e traguardi (ad esempio nel contesto di politiche in materia di energia si può affrontare la necessità di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente oppure promuovere l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali).

L’articolo 2, punto 18, della direttiva Efficienza energetica definisce la «misura politica» uno strumento normativo, finanziario, fiscale, volontario o inteso a fornire informazioni, formalmente stabilito e attuato in uno Stato membro per creare un quadro di sostegno, un obbligo o un incentivo per gli operatori del mercato a fornire e acquistare servizi energetici e ad adottare altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica. Le misure politiche destinate a sostenere soltanto obiettivi strategici diversi dall’efficienza energetica, concepite per fornire o acquistare soltanto servizi energetici o che generano risparmi nell’uso finale non conseguiti presso i consumatori finali, potrebbero non essere considerate ammissibili ai sensi dell’articolo 7 della direttiva Efficienza. In ogni caso, gli Stati membri dovranno valutare attentamente le misure e dimostrare che i risparmi energetici possono essere attribuiti direttamente a tali misure.

Se decide di utilizzare un regime obbligatorio o di adottare misure politiche alternative, lo Stato membro deve assicurare che le misure politiche siano idonee al conseguimento dei risparmi energetici cumulativi nell’uso finale prescritti entro il 31 dicembre 2030 (o in un successivo periodo di risparmio, a seconda del momento in cui vengono formulate le misure).

Il seguente elenco non esaustivo di definizioni è pertinente nel momento in cui si stabiliscono misure politiche (restano invariate nella direttiva Efficienza energetica modificata).

Articolo 2 della direttiva Efficienza energetica:

«4)

“efficienza energetica”, il rapporto tra un risultato in termini di rendimento, servizi, merci o energia e l’immissione di energia;

5)

“risparmio energetico”, quantità di energia risparmiata, determinata mediante una misurazione e/o una stima del consumo prima e dopo l’attuazione di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, assicurando nel contempo la normalizzazione delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico;

6)

“miglioramento dell’efficienza energetica”, l’incremento dell’efficienza energetica risultante da cambiamenti tecnologici, comportamentali e/o economici;»

«14)

“parte obbligata”, un distributore di energia o una società di vendita di energia al dettaglio vincolati ai regimi nazionali obbligatori di efficienza energetica di cui all’articolo 7;

15)

“parte incaricata”, un’entità giuridica alla quale un governo o altro organismo pubblico hanno delegato il potere di elaborare, amministrare o gestire un regime di finanziamento a nome di detto governo o altro organismo pubblico;

16)

“parte partecipante”, un’impresa o un organismo pubblico che ha assunto l’impegno di raggiungere determinati obiettivi nell’ambito di un accordo volontario o è disciplinato da uno strumento politico normativo nazionale;

17)

“autorità pubblica responsabile dell’attuazione”, un organismo di diritto pubblico responsabile dell’attuazione o del controllo dell’imposizione sull’energia o sul carbonio, dei regimi e strumenti finanziari, degli incentivi fiscali, delle norme, dei regimi di etichettatura, nonché della formazione o istruzione;

18)

“misura politica”, uno strumento normativo, finanziario, fiscale, volontario o inteso a fornire informazioni, formalmente stabilito e attuato in uno Stato membro per creare un quadro di sostegno, un obbligo o un incentivo per gli operatori del mercato a fornire e acquistare servizi energetici e ad adottare altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica;

19)

“azione individuale”, un’azione che produce miglioramenti dell’efficienza energetica verificabili e misurabili o stimabili ed è intrapresa in applicazione di una misura politica;

20)

“distributore di energia”, una persona fisica o giuridica, compreso un gestore del sistema di distribuzione, responsabile del trasporto di energia al fine della sua fornitura a clienti finali e a stazioni di distribuzione che vendono energia a clienti finali;

21)

“gestore del sistema di distribuzione”, un “gestore del sistema di distribuzione” quale definito, rispettivamente, nella direttiva 2009/72/CE e nella direttiva 2009/73/CE;

22)

“società di vendita di energia al dettaglio”, una persona fisica o giuridica che vende energia a clienti finali;

23)

“cliente finale”, una persona fisica o giuridica che acquista energia per proprio uso finale;

24)

“fornitore di servizi energetici”, una persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici o altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali del cliente finale.»

Ai fini dell’articolo 7, paragrafo 10, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi energetici derivanti dalle misure politiche adottate nel periodo d’obbligo 2021-2030. Possono altresì contabilizzare i risparmi energetici derivanti da misure politiche adottate nel periodo d’obbligo 2014-2020 (o prima), a condizione che siano conformi ai requisiti di cui agli articoli 7, 7 bis o 7 ter della direttiva Efficienza energetica.

Gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi derivanti da misure adottate entro il 31 dicembre 2020 o successivamente soltanto se tali misure comportano nuove azioni individuali che saranno eseguite dopo il 31 dicembre 2020 e prima del 31 dicembre 2030.

Esempi di misure, azioni e risparmi

Nel 2010 è stato messo in atto un programma di sostegno finanziario a favore della ristrutturazione energetica di edifici. Finché rimane in vigore e consente la realizzazione di nuove ristrutturazioni nel periodo pertinente, i risparmi energetici derivanti da tali nuovi interventi di ristrutturazione possono essere contabilizzati nei risparmi prescritti nel secondo periodo d’obbligo.

Prima del 2021 è stata istituita una tassa sui carburanti con l’obiettivo di innescare risparmi di natura comportamentale e migliorare l’efficienza dei trasporti. Finché rimane in vigore e gli effetti sul comportamento sono misurabili e verificabili considerando le elasticità al prezzo più recenti, il risparmio energetico derivante dalla misura può essere contabilizzato nei risparmi prescritti nel secondo periodo d’obbligo.

4.1.   Regimi obbligatori di efficienza energetica

La logica di fondo della scelta di attuare un regime obbligatorio per conseguire i risparmi energetici cumulativi nell’uso finale di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica potrebbe essere costituita dal fatto che i fornitori, i rivenditori e i distributori di energia si trovano nella posizione migliore per individuare i risparmi energetici con i loro clienti e saranno in grado di conseguire risparmi energetici nei modelli aziendali per i servizi energetici. In questo caso, gli Stati membri devono designare una o più parti obbligate a livello nazionale (28) tenute a conseguire risparmi energetici presso i clienti finali (29). La designazione di una parte obbligata deve essere basata su criteri oggettivi e non discriminatori in linea con l’articolo 7 bis, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica.

Nel designare le parti obbligate nel contesto di un regime obbligatorio, occorre che gli Stati membri tengano conto della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-561/16. La Corte ha stabilito che gli Stati membri possono «impo[rre] obblighi di efficienza energetica solo a determinate imprese del settore dell’energia, a condizione che la designazione di dette imprese come parti obbligate si basi effettivamente su criteri oggettivi e non discriminatori indicati esplicitamente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare» (30).

Inoltre, gli Stati membri devono stabilire il volume dei risparmi energetici che devono essere conseguiti da ciascuna (sottocategoria di) parte obbligata. Tali volumi devono quindi essere assegnati a ciascuna parte obbligata, per verificare che abbia adempiuto i propri obblighi.

L’articolo 7 bis, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di definire il volume di risparmi energetici imposto a ciascuna parte obbligata in termini di consumo di energia finale o primaria (31), utilizzando i fattori di conversione di cui all’allegato IV.

Gli Stati membri possono altresì decidere di consentire o imporre alle parti obbligate di adempiere in tutto o in parte i propri obblighi ai sensi del diritto nazionale come contributo al fondo nazionale per l’efficienza energetica (32). Possono consentire alle parti obbligate di contabilizzare ai fini del loro obbligo i risparmi conseguiti dai fornitori di servizi energetici (33) o altri terzi. L’articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera a), della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di assicurare che la certificazione dei risparmi di energia segua una procedura di riconoscimento chiara, trasparente e aperta a tutti i partecipanti al mercato e che miri a ridurre al minimo i costi della certificazione (34).

L’articolo 7 bis, paragrafo 3, della direttiva Efficienza energetica precisa che gli Stati membri devono assicurare che le società di vendita di energia non scoraggino i consumatori nel passaggio a un altro fornitore.

L’articolo 7 bis, paragrafo 5, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di istituire sistemi di misurazione, controllo e verifica in base ai quali si svolge una verifica documentata su almeno una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica disposte dalle parti obbligate (35).

Ai sensi dell’articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera b), della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono prevedere la possibilità di «banking and borrowing», ossia consentire alle parti obbligate di contabilizzare i risparmi ottenuti in un dato anno come se fossero stati ottenuti in uno dei 4 anni precedenti o dei 3 successivi. Occorre osservare che tale flessibilità:

si applica soltanto ai risparmi energetici derivanti dai regimi obbligatori attuati dal 1o gennaio 2014 e non a misure politiche alternative; e

è limitata nel tempo, ossia gli Stati membri possono consentire alle parti obbligate di effettuare operazioni relative a «finanziamenti e prestiti» soltanto entro un periodo d’obbligo.

In altri termini, i risparmi ottenuti tra il 2014 e il 2020 non devono essere oggetto di «finanziamenti e prestiti» dopo il 31 dicembre 2020. Quelli conseguiti tra il 2021 e il 2030 non devono essere oggetto di «finanziamenti e prestiti» prima del 31 dicembre 2020 o dopo il 31 dicembre 2030. I risparmi conseguiti dopo il 2010 e prima del 1o gennaio 2014 non possono essere oggetto di «finanziamenti e prestiti» ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica.

Poiché l’articolo 7, paragrafo 8, della direttiva Efficienza energetica prevede espressamente una deroga, la sua applicazione è restrittiva e limitata ai fini di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva Efficienza energetica.

Esempi

I risparmi energetici conseguiti nel 2014 (a seguito dell’attuazione di un regime obbligatorio) possono essere contabilizzati come se fossero stati ottenuti nel 2017.

I risparmi energetici conseguiti nel 2014 (a seguito dell’attuazione di un regime obbligatorio) non possono essere contabilizzati per il 2021.

I risparmi energetici conseguiti nel 2018 (a seguito dell’attuazione di un regime obbligatorio) possono essere contabilizzati per il 2014.

L’articolo 7 bis, paragrafo 6, secondo comma, della direttiva Efficienza energetica stabilisce che gli Stati membri devono «valuta[re] l’impatto dei costi diretti e indiretti di tali regimi obbligatori di efficienza energetica sulla competitività delle industrie ad alta intensità energetica esposte alla concorrenza internazionale e, se del caso, adotta[re] misure volte a ridurre al minimo tale impatto».

In generale, si tratta di due tipi di costi:

i costi di investimento; e

i costi amministrativi (che comprendono il monitoraggio e la comunicazione).

Nella valutazione d’impatto (36) la Commissione ha dimostrato, sulla base degli elementi disponibili, che i regimi obbligatori sono altamente efficaci in termini di costi. Nell’attuare tali regimi le parti obbligate sono tenute ad assicurare di conseguire risparmi nell’uso finale ai costi (di investimento e amministrativi) più bassi possibili, in particolare se tali costi vengono trasferiti ai clienti finali. Tale obbligo vale anche se le parti obbligate scelgono di contabilizzare i risparmi energetici certificati conseguiti dai fornitori di servizi energetici e da altri terzi.

L’articolo 7 bis, paragrafo 7, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di «pubblica[re] annualmente i risparmi energetici realizzati da ciascuna parte obbligata, o da ciascuna sottocategoria di parte obbligata, e complessivamente nel quadro del regime». Possono pubblicare tali informazioni in combinazione con altri dati che devono rendere accessibili al pubblico. La pubblicazione di tali dati da parte di altri soggetti, ad esempio la Commissione, non li esonera da tale obbligo.

4.2.   Misure politiche alternative

La direttiva Efficienza energetica precisa che gli Stati membri devono disporre di un livello elevato di flessibilità nella progettazione e nell’attuazione delle misure politiche alternative. La direttiva, sebbene non elenchi più i tipi di misure, all’articolo 2, punto 18 fornisce nella definizione di «misura politica» un elenco non esaustivo di possibili tipi, ad esempio «uno strumento normativo, finanziario, fiscale, volontario o inteso a fornire informazioni, formalmente stabilito e attuato in uno Stato membro per creare un quadro di sostegno, un obbligo o un incentivo per gli operatori del mercato a fornire e acquistare servizi energetici e ad adottare altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica».

Gli Stati membri possono valutare l’opportunità di promuovere il ruolo delle comunità locali produttrici/consumatrici di energia rinnovabile nel contribuire all’attuazione delle misure politiche alternative (37).

L’allegato V, punto 3, della direttiva Efficienza energetica, stabilisce i requisiti per la progettazione e l’amministrazione di misure politiche alternative:

a)

le misure politiche e le azioni individuali producono risparmi energetici verificabili nell’uso finale;

b)

la responsabilità di ciascuna parte partecipante, parte incaricata o autorità pubblica responsabile dell’attuazione, secondo i casi, è definita in modo chiaro;

c)

i risparmi energetici conseguiti o da conseguire sono determinati in modo trasparente;

d)

il volume dei risparmi energetici richiesti o da conseguire grazie alla misura politica è espresso in termini di consumo energetico finale o primario, usando i fattori di conversione stabiliti all’allegato IV;

e)

le parti incaricate, le parti partecipanti e le autorità pubbliche responsabili dell’attuazione presentano una relazione annuale sui risparmi energetici conseguiti, che è pubblicata insieme ai dati sull’andamento annuale dei risparmi energetici;

f)

i risultati sono monitorati e se i progressi realizzati non sono soddisfacenti si prendono le misure del caso;

g)

i risparmi energetici risultanti da un’azione individuale non sono dichiarati da più di una parte;

h)

le attività della parte incaricata, della parte partecipante o dell’autorità pubblica responsabile dell’attuazione sono comprovate rilevanti per il conseguimento dei risparmi energetici dichiarati.

L’articolo 7 ter, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di istituire sistemi di misurazione, controllo e verifica in base ai quali si svolgono verifiche documentate su almeno una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica alternative (ad eccezione della tassazione) disposte dalle parti partecipanti o incaricate.

Occorre osservare che:

la misurazione, il controllo e la verifica devono essere eseguiti indipendentemente da tali parti (38); e

il testo «una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo» va inteso come un sottogruppo che rappresenti accuratamente la popolazione statistica delle misure di risparmio energetico e consenta pertanto di trarre conclusioni ragionevolmente affidabili sulla fiducia nella totalità delle misure.

4.2.1.   Regimi e strumenti di finanziamento, incentivi fiscali

Si tratta di misure politiche stabilite da uno Stato membro nel contesto delle quali incentivi monetari e fiscali portano all’applicazione di tecnologie o tecniche efficienti dal punto di vista energetico e che hanno l’effetto di ridurre il consumo di energia finale (39).

Occorre osservare che:

gli effetti devono essere misurati, controllati e verificati indipendentemente dalle parti partecipanti o incaricate (40); e

nel caso di regimi o strumenti di finanziamento, il finanziamento deve provenire da:

fonti pubbliche (europee o nazionali); oppure

una combinazione di fonti pubbliche (europee o nazionali) e private (ad esempio banche, fondi di investimento, fondi pensione) che mirano esplicitamente alla realizzazione di azioni individuali che determinano risparmi energetici nell’uso finale.

4.2.2.   Fondo nazionale per l’efficienza energetica

Gli Stati membri possono istituire un fondo nazionale per l’efficienza energetica a norma dell’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva Efficienza energetica come misura politica alternativa oppure nell’ambito di un regime obbligatorio affinché le parti obbligate possano adempiere in tutto o in parte ai loro obblighi di risparmio come contributo al fondo.

Se uno Stato membro istituisce un meccanismo di contributi annuali a un fondo nazionale per l’efficienza energetica come metodo principale per adempiere gli obblighi in materia di efficienza energetica, la sua legislazione nazionale deve assicurare che:

i risparmi energetici conseguiti siano equivalenti a quelli nel quadro dei regimi obbligatori; e

le misure finanziate soddisfino i requisiti di cui all’articolo 7 ter e all’articolo 20, paragrafo 6 nonché all’allegato V, punto 3, della direttiva Efficienza energetica (41).

Il fondo nazionale per l’efficienza energetica può essere un qualsivoglia fondo istituito da uno Stato membro allo scopo di sostenere le iniziative nazionali in materia di efficienza energetica; può essere creato per finanziare regimi di sostegno economico e finanziario, assistenza tecnica, formazione e informazione oppure altre misure destinate ad aumentare l’efficienza energetica in maniera tale da contribuire al conseguimento degli obiettivi del diritto dell’UE (42). In generale, al fine di offrire soluzioni più efficaci è possibile altresì stabilire una combinazione di fondi pubblici (ad esempio per affrontare carenze del mercato: categorie di costo o misure generalmente non trattate nel contesto di meccanismi basati sul mercato) e capitale privato.

Per poter contare ai fini dell’articolo 7 della direttiva Efficienza energetica, il finanziamento deve provenire da:

fonti pubbliche (europee o nazionali); oppure

una combinazione di fonti pubbliche (europee o nazionali) e private (ad esempio banche, fondi di investimento, fondi pensione, parti obbligate) che mirano esplicitamente al conseguimento di azioni individuali che determinano risparmi energetici nell’uso finale.

4.2.3.   Regolamentazioni e accordi volontari

Si tratta di misure politiche stabilite da uno Stato membro che comportano l’applicazione di tecnologie o tecniche efficienti dal punto di vista energetico e hanno l’effetto di ridurre il consumo finale di energia. Si può trattare di:

misure giuridicamente vincolanti che impongono tecnologie o tecniche specifiche; oppure

accordi volontari in base ai quali le imprese o le autorità locali si impegnano nei confronti di talune azioni (43).

Il concetto di «parte partecipante» comprende «un’impresa o un organismo pubblico che ha assunto l’impegno di raggiungere determinati obiettivi nell’ambito di un accordo volontario o è disciplinato da uno strumento politico normativo nazionale».

4.2.4.   Norme

Si tratta di misure politiche stabilite da uno Stato membro volte a migliorare l’efficienza energetica di (ad esempio) prodotti, servizi, edifici e veicoli (44). Le parti coinvolte in tali regimi sono definite «autorità pubbliche responsabili dell’attuazione».

4.2.5.   Regimi di etichettatura energetica

Si tratta di regimi di etichettatura stabiliti dallo Stato membro, ad eccezione di quelli obbligatori a norma del diritto dell’UE (ad esempio, non è possibile contabilizzare i risparmi derivanti dall’applicazione di regolamenti sull’etichettatura energetica (45) o dal regolamento dell’Unione europea sull’etichettatura energetica) (46).

Anche altre misure politiche attuate nello stesso tempo possono avere un impatto sui risparmi energetici, di conseguenza, non tutti i cambiamenti osservati dall’introduzione della misura in esame possono essere attribuiti esclusivamente a quella misura. È necessario un attento esame dell’impatto di un regime di etichettatura per stabilire un legame con un’azione individuale che determina risparmi ad essa attribuibili.

4.2.6.   Programmi di formazione e istruzione, compresi programmi di consulenza in materia di energia

Si tratta di misure politiche stabilite da uno Stato membro che comportano l’applicazione di tecnologie o tecniche efficienti dal punto di vista energetico e hanno l’effetto di ridurre il consumo finale di energia, ad esempio tramite programmi di formazione per gli esperti di audit energetici, programmi di formazione per i responsabili delle questioni energetiche o programmi di consulenza in materia di energia per le famiglie.

Occorre osservare che:

tali misure devono essere monitorate da una «autorità pubblica responsabile dell’attuazione»; e

è necessario un attento esame del loro impatto per stabilire:

un legame tra l’attività di formazione o istruzione e l’azione individuale ad essa attribuibile; e

il periodo per il quale i programmi possono continuare a produrre effetti (47).

4.2.7.   Altre misure alternative

L’elenco delle misure politiche alternative non è esaustivo e possono essere applicate altre misure politiche. Tuttavia, nella notifica alla Commissione gli Stati membri devono spiegare in che modo viene conseguito un livello equivalente di risparmio, monitoraggio e verifica (48).

La diminuzione del consumo energetico e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nell’edilizia sono misure importanti per ridurre la dipendenza energetica e le emissioni di gas a effetto serra, in particolare alla luce degli ambiziosi obiettivi in materia di clima ed energia dell’Unione per il 2030, nonché dell’impegno mondiale assunto nell’ambito dell’accordo di Parigi. Di conseguenza, è possibile altresì considerare le misure politiche che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici ai fini dell’adempimento dell’obbligo di risparmio energetico (49).

Le misure devono essere concepite per generare risparmi energetici nell’uso finale rispetto alla tecnologia che sostituiscono. Ad esempio, tali risparmi possono essere dichiarati in caso di passaggio a sistemi di riscaldamento o raffreddamento più efficienti oppure a tecnologie per l’acqua calda negli edifici, indipendentemente dal fatto che siano coinvolte energie rinnovabili. Tali risparmi sono ammissibili anche se la misura politica alternativa non è concepita principalmente per migliorare l’efficienza energetica, a condizione che lo Stato membro possa dimostrare che si tratta di risparmi aggiuntivi, misurabili e verificabili conformemente ai metodi e ai principi di cui all’allegato V della direttiva Efficienza energetica.

4.2.8.   Imposte sull’energia o sul CO2

Le misure fiscali degli Stati membri volte a ridurre il consumo di energia finale possono essere ammissibili. Gli Stati membri possono altresì combinare misure fiscali con altre misure, quali le sovvenzioni (50).

La tassazione ai fini dell’efficienza energetica mira principalmente a colmare le carenze del mercato causate dal consumo di energia imponendo una tassa o un’imposta su determinati tipi di fonti energetiche od usi dell’energia. Le imposte sul CO2 o sul carbonio possono fungere altresì da fattore trainante per azioni individuali concepite per passare a fonti energetiche con un livello inferiore di emissioni di CO2. Tuttavia, occorre rilevare che un tale controllo delle fonti non porta necessariamente a miglioramenti dell’efficienza energetica.

Le misure fiscali mirano a indurre i consumatori e i produttori a pagare il costo sociale del bene (anche sotto forma di emissioni di carbonio ed effetti dei gas serra).

Nella pratica di norma tali misure (51) consistono in:

misure dirette — includono oneri direttamente connessi all’«esternalità», ossia l’attività che impone un effetto su una terza parte non correlata. Questo tipo di misura presuppone implicitamente che la carenza del mercato sia osservabile e quantificabile. Un esempio sono le tasse sulle emissioni di carbonio; e

misure indirette — tasse relative al materiale di consumo che genera l’esternalità (ad esempio i combustibili che generano emissioni di carbonio) o a materiali di consumo ad essa collegati (ad esempio, le automobili che utilizzano tali combustibili).

Gli Stati membri possono stabilire nuove misure fiscali ai fini dell’obbligo di risparmio energetico per il nuovo periodo (2021-2030) e/o continuare ad applicare le misure esistenti dal primo periodo (2014-2020).

Per determinare i risparmi che possono essere dichiarati aggiuntivi (52), l’allegato V, punto 2, lettera a), della direttiva Efficienza energetica stabilisce che «gli Stati membri tengono conto dell’evoluzione dell’uso e della domanda di energia in assenza della misura politica in questione considerando almeno i fattori seguenti: tendenze del consumo energetico, cambiamenti nel comportamento dei consumatori, evoluzione tecnologica e cambiamenti indotti da altre misure attuate a livello unionale e nazionale».

Inoltre, gli Stati membri devono tenere conto dei requisiti di cui all’allegato V, punto 4, della medesima direttiva, nel calcolo dell’effetto delle misure fiscali:

a)

sono presi in considerazione soltanto i risparmi energetici ottenuti con misure fiscali che superano i livelli minimi di tassazione applicabili ai carburanti e ai combustibili di cui alle direttive 2003/96/CE o 2006/112/CE del Consiglio;

b)

l’elasticità al prezzo per il calcolo dell’impatto delle misure fiscali (tassazione dell’energia) rappresenta la reattività della domanda di energia alle variazioni di prezzo ed è stimata sulla base di fonti di dati ufficiali recenti e rappresentative;

c)

i risparmi energetici derivanti da strumenti di politica fiscale di accompagnamento, compresi gli incentivi fiscali o i versamenti a un fondo, sono contabilizzati separatamente.

Gli Stati membri dovrebbero attuare misure volte a superare i livelli minimi previsti dal diritto dell’UE, tra i quali:

livelli minimi per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (53); e

disposizioni sul sistema comune dell’IVA (54) in relazione a prodotti e beni che consumano energia.

Nel calcolare l’impatto delle misure fiscali (in materia di energia), gli Stati membri dovrebbero tenere conto delle elasticità al prezzo (che rappresentano la reattività della domanda di energia alle variazioni dei prezzi), stimandole sulla base di fonti di dati ufficiali recenti e rappresentative (55). Ai sensi dell’allegato III, punto 3.3, lettera f), del regolamento sulla governance, gli Stati membri devono fornire informazioni sul metodo di calcolo, compresi i tipi di elasticità del prezzo utilizzati e le modalità con cui sono stati stabiliti, in linea con l’allegato V, punto 4, della direttiva 2012/27/UE.

Ai fini dell’allegato V, punto 4, lettera c), della direttiva Efficienza energetica, è importante valutare in che modo le misure fiscali interagiscono con altre misure politiche. Nel calcolare l’impatto delle misure fiscali utilizzate in combinazione con altre misure, si raccomanda agli Stati membri di utilizzare:

esclusivamente elasticità a breve termine; oppure

elasticità a breve e lungo termine, ma senza dichiarare risparmi energetici per le altre misure (ad esempio, considerare la misura fiscale come la misura politica principale nel contesto di un pacchetto).

Per le misure fiscali attuate prima del periodo d’obbligo 2021-2030, gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione all’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva Efficienza energetica: «Gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi energetici derivanti dalle misure politiche, introdotte entro il 31 dicembre 2020 o dopo tale data, purché esse diano luogo a nuove azioni individuali eseguite dopo il 31 dicembre 2020».

Se lo Stato membro stabilisce una combinazione di misure fiscali e di sovvenzione, deve tenere conti separati per i risparmi energetici derivanti dalle misure fiscali e quelli derivanti dalle misure politiche di accompagnamento (compresi gli incentivi fiscali).

L’utilizzo di stime dell’elasticità a breve termine nel corso dell’intero periodo considerato renderà meno probabile un doppio conteggio dei risparmi.

4.3.   Misure politiche per alleviare la povertà energetica

Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica, in sede di elaborazione delle misure politiche per adempiere ai propri obblighi di risparmio energetico, gli Stati membri devono tener conto dell’esigenza di alleviare la povertà energetica imponendo, nella misura adeguata, che una parte delle misure di efficienza energetica a norma dei regimi nazionali obbligatori di efficienza energetica, delle misure politiche alternative o dei programmi o misure finanziati a titolo di un fondo nazionale per l’efficienza energetica sia attuata in via prioritaria presso le famiglie vulnerabili, comprese quelle che si trovano in condizioni di povertà energetica e, se del caso, negli alloggi sociali (56).

Ai fini dei PNEC, gli Stati membri devono valutare il numero di famiglie che si trovano in condizioni di povertà energetica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera d), del regolamento sulla governance (57).

Tenendo conto delle rispettive pratiche esistenti, gli Stati membri dovrebbero stabilire criteri su come affrontare la povertà energetica nelle misure politiche. Anche le misure a lungo termine destinate a rinnovare e migliorare la prestazione energetica del parco immobiliare, come richiesto dalla direttiva Prestazione energetica nell’edilizia (58), apporteranno vantaggi alle persone colpite dalla povertà energetica. Ai sensi dell’articolo 2 bis della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia, gli Stati membri devono elaborare strategie a lungo termine per sostenere la ristrutturazione del parco immobiliare nazionale di edifici pubblici e privati residenziali e non residenziali, al fine di ottenere un parco immobiliare decarbonizzato e ad elevata efficienza energetica entro il 2050.

Si tratta di:

facilitare la trasformazione efficace in termini di costi degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero; e

prevedere una panoramica delle pertinenti azioni nazionali che contribuiscono ad alleviare la povertà energetica (59).

A partire dall’entrata in vigore e dal recepimento/dall’attuazione di tale direttiva nel diritto interno, il requisito di tenere conto della necessità di alleviare la povertà energetica si applica alle misure adottate nel contesto dei regimi obbligatori e delle misure politiche alternative. Gli Stati membri sono liberi di decidere quale tipo di misure politiche utilizzare, essendo entrambi su un piano di parità. Tuttavia, le misure scelte devono mirare ad alleviare la povertà energetica.

L’Osservatorio della povertà energetica dell’Unione europea è un’iniziativa della Commissione volta a sostenere gli Stati membri nel migliorare la misurazione, il monitoraggio e la condivisione di conoscenze e migliori pratiche in materia di povertà energetica. Mira ad aiutare gli Stati membri nella definizione di misure politiche. La sezione «Policies & Measures» (Politiche e misure) del sito web dell’Osservatorio (60) (disponibile in inglese) contiene esempi di tipi specifici di politiche e misure.

4.4.   Scelta dei settori

Gli Stati membri hanno la possibilità di concentrarsi su uno o più settori specifici al fine di soddisfare l’obbligo di risparmio energetico, introducendo misure politiche in linea con l’articolo 7 bis o 7 ter della direttiva Efficienza energetica (61).. A norma dell’allegato III, punti 3.1, 3.2 e 3.3, del regolamento sulla governance, essi devono fornire informazioni sul settore o sui settori (e, in caso di tassazione, sul segmento di contribuenti) oggetto di ciascuna misura. L’allegato V, punto 2, lettera d), della direttiva Efficienza energetica consente misure per migliorare l’efficienza energetica di prodotti, apparecchiature, sistemi di trasporto, veicoli e combustibili, edifici ed elementi di edifici (62), processi o mercati.

Laddove opportuno, tali misure dovrebbero essere coerenti con i quadri di politica nazionale istituiti in applicazione della direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (63). Gli Stati membri possono concentrarsi, ad esempio, sugli edifici o sul settore industriale.

In base alle valutazioni dei risparmi energetici conseguiti e previsti, notificati dagli Stati membri nelle relazioni annuali e nei piani d’azione nazionali per l’efficienza energetica ai sensi dell’articolo 24 della direttiva Efficienza energetica, si prevede che:

la maggior parte dei risparmi sarà di norma generata da misure mirate per gli edifici (sostenute, ad esempio, da regimi di finanziamento delle ristrutturazioni);

la seconda e la terza parte più importante saranno prodotte dall’industria e dai trasporti; e

i regimi obbligatori (una politica intersettoriale) genereranno la percentuale più elevata di risparmi per misura politica; anche i regimi obbligatori si concentrano sugli edifici, attraverso misure che promuovono la sostituzione degli impianti di riscaldamento ecc. (64). Altri settori con potenziale di risparmio energetico non sfruttato (ad esempio trasporti e acqua) potrebbero contribuire al conseguimento dell’obbligo di risparmio energetico nel periodo 2021-2030.

4.4.1.   Settore dei trasporti

Sulla base delle relazioni presentate dagli Stati membri, nella valutazione d’impatto del 2016 la Commissione ha concluso che il 6 % del risparmio energetico di cui all’articolo 7 potrebbe essere associato a misure destinate al settore dei trasporti (65).

Dai primi piani d’azione nazionali per l’efficienza energetica del 2014 e, più recentemente, in quelli del 2017, gli Stati membri hanno aggiornato i loro elenchi di regimi obbligatori e misure politiche alternative e hanno notificato ulteriori misure nel settore dei trasporti. Tali sviluppi indicano che la percentuale (potenziale) di risparmi energetici conseguita nel settore dei trasporti nel periodo 2014-2020 potrebbe essere addirittura superiore a quella accertata nella valutazione d’impatto.

Dato che il consumo di energia finale nel settore dei trasporti è incluso nello scenario di base del calcolo, questo potrebbe essere un settore evidente sul quale concentrarsi per adempiere l’obbligo di risparmio per il periodo 2021-2030.

Esempi

Le misure politiche potrebbero promuovere veicoli più efficienti [superando i livelli minimi stabiliti dai regolamenti (CE) n. 443/2009 (66), (UE) n. 510/2011 (67) o (UE) 2019/631 del Parlamento europeo e del Consiglio (68) o dalla direttiva riveduta sui veicoli puliti (69)], un trasferimento modale verso trasporti in bicicletta, a piedi e verso il trasporto collettivo ovvero una pianificazione urbanistica e della mobilità che riduca la richiesta di trasporti.

Anche le misure che accelerano la diffusione di veicoli nuovi e più efficienti o politiche atte a promuovere il passaggio a carburanti che offrono migliori prestazioni e riducono l’uso di energia per chilometro possono essere ammissibili, fatte salve la rilevanza e l’addizionalità (cfr. allegato V, punto 2).

4.4.2.   Settore delle acque

L’energia e l’acqua sono strettamente correlate nella vita economica e a numerosi livelli («nesso acqua-energia»). L’acqua è necessaria per scopi energetici, ad esempio per il raffreddamento, l’immagazzinamento, i biocarburanti o l’energia idroelettrica. L’energia è necessaria per scopi idrici, ad esempio per pompare, trattare e desalinizzare (70).

Il settore della produzione di energia è il più grande consumatore di acqua, essendo responsabile del 44 % dei consumi (71). I settori delle acque e delle acque reflue rappresentano il 3,5 % dell’utilizzo di energia elettrica nell’UE e si prevede che tale percentuale aumenti ancora (72). Allo stesso tempo, le perdite rappresentano il 24 % dell’acqua totale consumata nell’UE e costituiscono quindi uno spreco significativo e una perdita in termini di risorse idriche sprecate e di energia utilizzata per trattare tali risorse.

Con l ‘entrata in vigore del regolamento sulla governance e della direttiva Efficienza energetica modificata, si applica il principio che pone «l’efficienza energetica al primo posto». Il settore delle acque può essere tra i beneficiari di questo principio.

Una gestione efficace ed energeticamente efficiente delle acque può contribuire a significativi risparmi energetici. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (AIE), il 10 % dei prelievi di acqua a livello mondiale sono riferiti alla produzione di energia e si prevede che tale valore aumenti in maniera significativa con la promozione di numerosi processi a basse emissioni di carbonio ma ad alto consumo d’acqua, tra i quali la produzione di energia elettrica, la produzione di biocarburanti e la cattura e lo stoccaggio del carbonio (73). Di conseguenza, gli Stati membri potrebbero esplorare il potenziale di risparmio energetico ricorrendo all’uso di tecnologie e processi intelligenti.

Esaminando in maniera approfondita il potenziale di risparmio energetico reso possibile dall’uso di tecnologie e processi intelligenti, che la direttiva Efficienza energetica (74) incoraggia gli Stati membri a utilizzare, questi ultimi potrebbero trovare soluzioni per sciogliere il legame tra consumo di energia e consumo di acqua.

Gli Stati membri potrebbero, ad esempio, valutare la possibilità di costruire un sistema a due livelli necessario per il trattamento separato delle acque meteoriche e delle acque reflue dei sanitari. Ciò potrebbe evitare la necessità di ulteriori capacità di trattamento delle acque che potrebbero comportare un maggiore consumo di energia.

Gli Stati membri hanno notificato un numero limitato di misure correlate alle acque per adempiere l’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7. La misura più comune consiste nella produzione di acqua calda impiegando collettori solari (sostituzione della produzione di acqua calda basata su energie non rinnovabili) o scaldacqua a gas più efficienti, tuttavia, tali misure riguardano la produzione di calore piuttosto che quella di acqua.

Si potrebbero prendere in considerazione misure politiche relative alla produzione efficiente di acqua potabile lungo l’intera catena di approvvigionamento (distribuzione, uso e trattamento delle acque reflue). Ad oggi, i principali obiettivi nazionali sono stati la riduzione della carenza idrica e il miglioramento della qualità dell’acqua. Oltre all’installazione di pompe più efficienti, l’azione notificata consente di ottenere indirettamente risparmi energetici tramite una minore domanda d’acqua o il suo riutilizzo.

Il potenziale di risparmio energetico nel settore delle acque è legato a:

riduzione della quantità di energia utilizzata per produrre e trattare tipi diversi di acqua; e

riduzione della domanda di acqua e delle perdite dalle reti, che si traduce in un minore fabbisogno energetico per il pompaggio e il trattamento.

I risparmi energetici nel settore delle acque possono alleggerire i bilanci comunali. Soprattutto quando i comuni sono proprietari dei servizi idrici, il consumo di elettricità degli impianti idrici (e di gestione delle acque reflue) potrebbe rappresentare una quota significativa della bolletta dell’elettricità. Poiché, ad esempio, consapevolezza, esperienza e capacità possono variare in maniera notevole da un comune all’altro, programmi regionali o nazionali possono essere utili per facilitare la condivisione di esperienze e il sostegno tecnologico e gli aiuti finanziari potrebbero quindi aumentare il potenziale di risparmio energetico.

Esempi indicativi non esaustivi

Gli Stati membri potrebbero adottare misure per risparmiare energia nella produzione, nell’uso e nello smaltimento delle acque in tutte le sue forme lungo l’intera catena di approvvigionamento:

produzione di acqua potabile (pompaggio, decontaminazione delle acque sotterranee o di superficie, desalinizzazione dell’acqua di mare);

riduzione delle perdite di acqua lungo la rete di distribuzione;

riduzione dell’uso di acqua da parte dei clienti finali (compreso l’uso per i processi industriali, l’irrigazione, le famiglie);

riduzione dell’uso di acqua attraverso la ricircolazione di acqua per usi domestici;

decontaminazione delle acque reflue per il riutilizzo o lo scarico (pompaggio, processi di trattamento delle acque reflue, recupero del calore); e

riduzione del consumo di energia per il trattamento delle acque meteoriche (riducendo l’onere del trattamento nei sistemi dedicati a tali acque).

5.   IMPATTO DELLA REVISIONE SUL PRIMO PERIODO D’OBBLIGO

Gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’obbligo di risparmio energetico modificato al più tardi entro 18 mesi dall’entrata in vigore della direttiva Efficienza energetica, ossia entro il 25 giugno 2020.

Gli Stati membri devono rispettare:

i metodi e i principi comuni di calcolo dell’impatto dei regimi obbligatori o di altre misure politiche (allegato V della direttiva Efficienza energetica);

l’obbligo di tener conto della necessità di alleviare la povertà energetica nella progettazione di misure politiche (regimi obbligatori e misure politiche alternative), sebbene sia possibile adottare misure diverse destinate alle famiglie in condizioni di povertà energetica (articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica);

la disposizione secondo la quale i risparmi derivanti dall’attuazione del diritto dell’UE non possono essere oggetto di dichiarazione, fatta eccezione per le misure di ristrutturazione e la sostituzione anticipata con apparecchi e veicoli più efficienti (allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica);

l’obbligo secondo il quale il calcolo dei risparmi energetici deve tener conto della durata delle misure e del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo (allegato V, punto 2, lettera g) della direttiva Efficienza energetica — dall’entrata in vigore); e

l’obbligo secondo il quale, nell’adempiere il proprio obbligo di risparmio, le società di vendita di energia al dettaglio (ai sensi del regime obbligatorio) non impediscono ai consumatori di passare da un fornitore all’altro (articolo 7 bis, paragrafo 3, della direttiva Efficienza energetica).

Gli Stati membri possono recepire e attuare la direttiva Efficienza energetica modificata prima della scadenza. In tali casi, per il tempo rimanente prima del termine del primo periodo d’obbligo, essi possono:

avvalersi della deroga di cui all’articolo 7, paragrafo 8, della direttiva Efficienza energetica;

avvalersi della deroga di cui all’allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica; e

decidere che le parti obbligate adempiano l’obbligo di risparmio, in tutto o in parte, contribuendo al fondo nazionale per l’efficienza energetica (articolo 20, paragrafo 6, della direttiva Efficienza energetica).

Gli Stati membri che si avvalgono dell’articolo 7, paragrafo 4, lettere da a) a d), della direttiva Efficienza energetica per il calcolo del volume dei risparmi energetici prescritto per il primo periodo d’obbligo devono applicare e calcolare separatamente l’effetto delle opzioni scelte per il primo periodo conformemente all’articolo 7, paragrafo 5, lettera a), della direttiva Efficienza energetica.

6.   CONTABILIZZAZIONE NELL’OBBLIGO DI RISPARMIO ENERGETICO

L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica prevede che i due periodi d’obbligo (2014-2020, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a), e 2021-2030, di cui al punto b) siano due periodi distinti.

In linea di principio, come già previsto per il primo periodo, soltanto i risparmi energetici ottenuti entro un periodo vengono contabilizzati nel conseguimento dell’obbligo per tale periodo, salvo diversamente disposto nella direttiva Efficienza energetica.

Gli Stati membri non possono contabilizzare i risparmi energetici retroattivamente: ad esempio, a norma dell’articolo 7, paragrafo 7, della direttiva Efficienza energetica, i risparmi realizzati dopo il 31 dicembre 2020 non possono essere contabilizzati nel volume prescritto per il periodo 2014-2020.

A norma dell’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono contabilizzare nel volume prescritto per il periodo 2021-2030 i risparmi derivanti dalle misure politiche introdotte prima o dopo il 31 dicembre 2020, purché esse diano luogo a nuove azioni individuali eseguite dopo il 31 dicembre 2020 (75).

In linea di principio, gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi energetici realizzati in un determinato anno solo per quell’anno. Tuttavia, l’articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera b), della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri nell’ambito, di un regime obbligatorio di efficienza energetica, di consentire alle parti obbligate di contabilizzare i risparmi ottenuti in un determinato anno come se fossero stati ottenuti in uno dei quattro anni precedenti o dei tre successivi, purché rientrino nel periodo d’obbligo pertinente, come stabilito all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica.

Esempio indicativo

I risparmi realizzati nel 2014 possono essere contabilizzati per il 2017 (tre anni dopo), tuttavia i risparmi realizzati nel 2024 non possono essere contabilizzati per il 2020, sebbene quest’ultimo sia uno dei 4 anni precedenti, poiché si tratta di un periodo d’obbligo distinto.

L’articolo 7, paragrafo 8, della direttiva Efficienza energetica costituisce una deroga specifica a tale principio. Se un regime obbligatorio in vigore in qualsiasi momento tra il 31 dicembre 2009 e il 31 dicembre 2014 ha consentito a una parte obbligata di avvalersi di «finanziamenti e prestiti» (articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera b), della direttiva Efficienza energetica), lo Stato membro in questione può contabilizzare i risparmi energetici ottenuti in un determinato anno dopo il 2010 e prima del 1o gennaio 2014 come se fossero stati ottenuti dopo il 31 dicembre 2013 e prima del 1o gennaio 2021, a condizione che tutte le prescrizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 8, della medesima direttiva siano soddisfatte:

«a)

il regime obbligatorio di efficienza energetica era in vigore in un dato momento tra il 31 dicembre 2009 e il 31 dicembre 2014 ed è stato inserito nel primo piano d’azione nazionale per l’efficienza energetica dello Stato membro presentato a norma dell’articolo 24, paragrafo 2;

b)

i risparmi sono stati generati a norma del regime obbligatorio;

c)

i risparmi sono calcolati conformemente all’allegato V; e

d)

gli anni, per i quali i risparmi sono contabilizzati, sono stati indicati nei piani nazionali d’azione per l’efficienza energetica.»

7.   METODI E PRINCIPI COMUNI DI CALCOLO DELL’IMPATTO DEI REGIMI DI EFFICIENZA ENERGETICA O DI ALTRE MISURE POLITICHE A NORMA DEGLI ARTICOLI 7, 7 bis E 7 ter E DELL’ARTICOLO 20, PARAGRAFO 6

L’articolo 7, paragrafo 9, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di provvedere affinché i risparmi energetici derivanti dalle misure politiche di cui agli articoli 7 bis e 7 ter e dell’articolo 20, paragrafo 6, della medesima direttiva siano calcolati conformemente all’allegato V della stessa.

7.1.   Metodi di misurazione

7.1.1.   Metodi di misurazione per misure politiche diverse dalle misure fiscali

L’allegato V, parte 1, della direttiva Efficienza energetica definisce i metodi di calcolo dei risparmi energetici diversi da quelli derivanti da misure fiscali ai fini degli articoli 7, 7 bis e 7 ter e dell’articolo 20, paragrafo 6, del medesimo atto.

Le parti obbligate, partecipanti o incaricate e le autorità pubbliche responsabili dell’attuazione possono utilizzare i seguenti metodi di calcolo dei risparmi energetici:

«a)

risparmi previsti, con riferimento ai risultati di precedenti miglioramenti energetici monitorati in modo indipendente in impianti analoghi. L’approccio generico è definito “ex ante”;

b)

risparmi misurati, in cui i risparmi derivanti dall’applicazione di una misura o di un pacchetto di misure si determinano registrando la riduzione reale del consumo di energia, tenendo debitamente conto di fattori come l’addizionalità, il tasso di occupazione degli edifici, i livelli di produzione e le condizioni meteorologiche che possono influire sui consumi. L’approccio generico è definito “ex post”;

c)

risparmi di scala, in cui si utilizzano stime tecniche dei risparmi. Questo approccio può essere utilizzato soltanto nel caso in cui la fissazione di solidi dati di misura per un impianto specifico risulti difficile o sproporzionatamente costosa, come in caso di sostituzione di un compressore o di un motore elettrico con una potenza in kWh diversa da quella per la quale è stata misurata l’informazione indipendente sui risparmi, o quando le stime sono effettuate in base a metodologie e parametri stabiliti a livello nazionale da esperti qualificati o accreditati, indipendenti dalle parti obbligate, partecipanti o incaricate interessate;

d)

risparmi stimati per sondaggio, in cui si determina la risposta dei consumatori ai consigli, alle campagne di informazione, a regimi di etichettatura o certificazione o ai contatori intelligenti. Questo approccio può essere utilizzato solo per risparmi risultanti da cambiamenti nel comportamento dei consumatori. Non è usato per risparmi risultanti dall’applicazione di misure fisiche.»

7.1.2.   Metodi di misurazione per misure fiscali

Per determinare i risparmi energetici derivanti dalle misure politiche di natura fiscale introdotte a norma dell’articolo 7 ter della direttiva Efficienza energetica (76), si applicano i principi di cui all’allegato V, punto 4, della direttiva stessa:

«a)

sono presi in considerazione soltanto i risparmi energetici ottenuti con misure fiscali che superano i livelli minimi di tassazione applicabili ai carburanti e ai combustibili di cui alle direttive 2003/96/CE o 2006/112/CE del Consiglio;

b)

l’elasticità al prezzo per il calcolo dell’impatto delle misure fiscali (tassazione dell’energia) rappresenta la reattività della domanda di energia alle variazioni di prezzo ed è stimata sulla base di fonti di dati ufficiali recenti e rappresentative;

c)

i risparmi energetici derivanti da strumenti di politica fiscale di accompagnamento, compresi gli incentivi fiscali o i versamenti a un fondo, sono contabilizzati separatamente.»

7.2.   Durata delle misure e ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo

L’allegato V, punto 2, lettera i), della direttiva Efficienza energetica stabilisce che «per calcolare i risparmi energetici si tiene conto della durata delle misure e del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo. Per tale calcolo si conteggiano i risparmi ottenuti da ciascuna azione individuale nel periodo compreso tra la data di attuazione e il 31 dicembre 2020 o il 31 dicembre 2030, secondo i casi. In alternativa, gli Stati membri possono adottare un altro metodo secondo cui si prevede di ottenere un risparmio totale almeno equivalente. Quando si avvalgono di un altro metodo, gli Stati membri provvedono affinché il risparmio energetico totale con esso calcolato non sia superiore al risparmio energetico che sarebbe risultato dal calcolo dei risparmi di ciascuna azione individuale nel periodo compreso tra le rispettive date di attuazione e il 31 dicembre 2020 o il 31 dicembre 2030, come opportuno».

Il concetto di «durata» di un’azione individuale di risparmio energetico si riferisce al fatto che i risparmi possono essere ottenuti non soltanto nell’anno di attuazione, ma anche negli anni futuri. La «durata» indica pertanto il periodo entro il quale l’azione continuerà a generare risparmi misurabili.

Nel calcolare i risparmi energetici lungo la durata di un’azione, gli Stati membri possono:

attribuire a ciascuna azione i risparmi «effettivi» che realizzerà tra l’anno della sua attuazione e la fine del secondo periodo d’obbligo (ossia il 31 dicembre 2030) — questo metodo è detto «diretto» (77).

L’attribuzione di risparmi oltre il 2030 non è consentita. Gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi derivanti da misure politiche introdotte prima del 2030 per l’obbligo di risparmio energetico successivo al 2030 soltanto se tali misure comportano l’attuazione di una nuova azione individuale nel periodo d’obbligo successivo;

applicare un «valore dell’indice» che riflette la durata prevista (78);

stabilire un tetto massimo alle durate attribuite alle azioni individuali (79), ad esempio lo Stato membro potrebbe limitare la durata a 5 anni. Gli Stati membri che si avvalgono di questo metodo devono assicurare che il risultato non sia superiore a quello prodotto dal metodo «diretto». oppure

utilizzare durate intere, ma «attualizzare» i risparmi per gli anni futuri (80) con questo metodo lo Stato membro potrebbe attualizzare i risparmi negli anni successivi ad un tasso pari al 10 % annuo, se ragionevole. Anche in questo caso, uno Stato membro deve assicurare che il risultato non sia superiore a quello prodotto dal metodo «diretto».

Nel contabilizzare i risparmi nel volume prescritto di risparmi energetici cumulativi nell’uso finale derivanti da una misura politica, gli Stati membri devono tenere conto:

i)

del momento di attuazione della misura;

ii)

del volume di risparmi energetici annui; e

iii)

della possibilità o meno che la misura possa continuare ad apportare risparmi energetici nel 2030 (81).

Per quanto concerne le misure politiche relative agli edifici, la norma europea EN 15459-1:2017 (82) fornisce già linee guida per la valutazione delle durate.

Si dovrebbe prestare particolare attenzione nel dichiarare durate per misure comportamentali che non sono associate all’installazione di misure fisiche (83). Le misure comportamentali sono altamente reversibili, dato che la durata di un comportamento efficiente può dipendere da diversi fattori. Se, ad esempio, il comportamento efficiente promosso è uno stile di guida ecologico, a seconda dei conducenti e del tipo di formazione alla guida ecologica, gli effetti di una formazione di questo tipo possono durare solo pochi giorni o invece diversi anni.

Esempi di modalità di contabilizzazione della durata delle misure

1.   Metodo «diretto»

Un’azione individuale (ad esempio la sostituzione di una finestra) consente di risparmiare 1 tep di consumo di energia l’anno e continua a generare tale risparmio anno dopo anno. Se l’azione è attuata nel 2021, consentirà di risparmiare 1 tep nel 2021 e 1 tep in ogni anno successivo fino al 2030, ossia un totale di 10 tep fino al 2030. Se l’azione è attuata nel 2022, consentirà di risparmiare 1 tep ogni anno dal 2022 al 2030, ossia un totale di 9 tep. Se viene attuata nel 2030, contribuirà all’obbligo soltanto quell’anno, ossia un totale di 1 tep.

Lo Stato membro deve risparmiare 65 Mtep nel corso del periodo di riferimento e prevede di raggiungere tale obiettivo grazie a una campagna d’informazione all’anno che produce, ad esempio, 1 milione di azioni (un sondaggio ha dimostrato che l’efficacia di ciascuna azione è pari a 1 tep) e grazie alla sostituzione di 1 milione di finestre ogni anno (il valore stimato di ciascuna sostituzione è pari a 1 tep). Ciascuna campagna d’informazione consegnerebbe il risparmio di 1 Mtep nell’anno in cui viene condotta e le 10 campagne rappresenterebbero complessivamente un risparmio di 10 Mtep nel corso dei 10 anni fino al 31 dicembre 2030. Si otterranno risparmi pari a 10 Mtep per il milione di finestre sostituite nel primo anno, 9 Mtep per il milione sostituito nel secondo anno, 8 Mtep per il terzo, 7 Mtep per il quarto, 6 Mtep per il quinto, 5 Mtep per il sesto, 4 Mtep per il settimo, 3 Mtep per l’ottavo, 2 Mtep per il nono e 1 Mtep per il decimo, ossia 55 Mtep in totale entro il 31 dicembre 2030. I risparmi derivanti dalle campagne di informazione e dalle sostituzioni di finestre sono quindi pari a 10 Mtep + 55 Mtep = 65 Mtep.

Un’azione di durata più breve, quale ad esempio una campagna d’informazione, potrebbe invece produrre un risparmio di 1 tep nell’anno di attuazione e nessun risparmio negli anni successivi. Qualunque sia l’anno di attuazione tra il 2021 e il 2030, il suo contributo sarà pari a 1 tep.

Se introduce prevalentemente azioni individuali di breve durata all’inizio del periodo d’obbligo decennale, lo Stato membro dovrà adottare ulteriori misure per realizzare i risparmi prescritti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), della direttiva Efficienza energetica.

Il metodo «diretto» soddisfa chiaramente la condizione secondo cui il metodo di calcolo deve portare alla realizzazione dei risparmi prescritti. Tuttavia, gli Stati membri possono prendere in considerazione metodi alternativi più appropriati.

2.   Metodo del «valore dell’indice»

Un’alternativa consiste nell’assegnare a ciascuna azione un «valore dell’indice» che riflette la sua durata prevista. Ad una campagna d’informazione potrebbe essere attribuito un indice 0,25, mentre la sostituzione di finestre potrebbe ricevere un indice 6. Se ciascuna di queste azioni produce risparmi pari a 1 tep l’anno, il risparmio attribuito ad una campagna d’informazione sarà (1 × 0,25 tep) = 0,25 tep. Il risparmio attribuito ad una sostituzione di finestre, indipendentemente dall’anno in cui sarà realizzata, sarà (1 × 6 tep) = 6 tep.

Si potrebbe così calcolare che le campagne di informazione producono 0,25 Mtep di risparmi nell’anno in cui esse sono condotte, o un totale di 2,5 Mtep per le 10 campagne condotte nei 10 anni fino alla fine del 2030. Effettuando 7 milioni di sostituzioni di finestre nel corso del periodo, ciò comporterà un risparmio pari a 7 Mtep moltiplicato per il fattore 6, ossia 42 Mtep. I risparmi derivanti dalle campagne di informazione e dalle sostituzioni di finestre sarebbero quindi pari a 2,5 Mtep + 42 Mtep = 44,5 Mtep.

Uno Stato membro che si avvale di questo metodo deve assicurare che il risultato non sia superiore a quello prodotto dal metodo «diretto».

3.   Metodo del «tetto massimo»

Una seconda alternativa è quella di stabilire un «tetto massimo» per le durate attribuite alle azioni individuali. Si potrebbe scegliere, ad esempio, un «tetto massimo» di cinque anni. Il risparmio attribuito a una campagna informativa sarebbe 1,25 Mtep, ad esempio 0,25 Mtep nel 2022, 0,25 Mtep nel 2023, 0,25 Mtep nel 2024, 0,25 Mtep nel 2025 e 0,25 Mtep nel 2026. Il risparmio attribuito alla sostituzione di una finestra, qualunque sia l’anno di attuazione, sarebbe (1 × 5) = 5 Mtep, ad esempio, 1 Mtep nel 2022, 1 Mtep nel 2023, 1 Mtep nel 2024, 1 Mtep nel 2025 e 1 Mtep nel 2026.

Anche in questo caso, uno Stato membro che si avvale di questo metodo deve assicurare che il risultato non sia superiore a quello prodotto dal metodo «diretto».

Al fine di rispecchiare appieno il valore di una misura politica di efficienza energetica, l’allegato V, punto 2, i), della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di tenere conto della riduzione dei risparmi energetici lungo la durata di ciascuna misura (84). L’intenzione è di assicurare che i risparmi siano contabilizzati realisticamente, dato che, ad esempio, un nuovo prodotto efficiente in termini di energia potrebbe non generare i medesimi risparmi energetici dopo alcuni anni di utilizzo (85). Di conseguenza gli Stati membri devono tenerne conto nelle loro metodologie. Il ritmo di riduzione dei risparmi può variare a seconda del tipo di misura politica e deve essere notificato e spiegato da ciascuno Stato membro in linea con l’allegato V, punto 2, lettera i), della direttiva Efficienza energetica (86).

7.3.   Addizionalità

Per determinare i risparmi energetici per tutti i tipi di misure politiche occorre tener conto del principio di addizionalità. I principi di base sono fissati nell’allegato V, punto 2, lettere a) e b), della direttiva Efficienza energetica:

«a)

[Occorre] dimostra[re] che i risparmi sono aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero prodotti comunque, senza l’attività della parte obbligata, partecipante o incaricata o delle autorità responsabili dell’attuazione. Per determinare i risparmi che possono essere dichiarati aggiuntivi, gli Stati membri tengono conto dell’evoluzione dell’uso e della domanda di energia in assenza della misura politica in questione considerando almeno i fattori seguenti: tendenze del consumo energetico, cambiamenti nel comportamento dei consumatori, evoluzione tecnologica e cambiamenti indotti da altre misure attuate a livello unionale e nazionale;

b)

i risparmi derivanti dall’attuazione della normativa unionale vincolante sono considerati risparmi che si sarebbero prodotti comunque e non possono pertanto essere dichiarati come risparmi energetici ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1.»

Ciò significa che, se il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di conseguire un determinato volume o livello di risparmi, questi ultimi possono dichiarare soltanto i risparmi che eccedono tale livello, a condizione che siano soddisfatte altre condizioni, ad esempio qualora sia possibile dimostrare e verificare che i risparmi sono dovuti all’azione/alla misura in questione.

L’allegato V, punto 2, lettera a), della direttiva Efficienza energetica impone inoltre agli Stati membri di esaminare gli sviluppi correnti del mercato e di stabilire uno scenario di base. Ciò è particolarmente importante al fine di evitare di contabilizzare comportamenti opportunisti, comuni nel contesto degli obblighi dei fornitori e dei regimi di sostegno finanziario. Ad esempio, se un piano di sostegno nazionale per la ristrutturazione di edifici sostiene 100 azioni individuali in un dato anno, alcune di tali azioni si sarebbero verificate comunque (in assenza del regime) e devono pertanto essere detratte.

Analogamente, quando una politica è in vigore da molti anni, è molto probabile che abbia effetti di trasformazione del mercato. Ad esempio, le parti interessate private terranno conto di tale politica nelle proprie strategie di sviluppo di prodotti, servizi ecc. Ciò significa, ad esempio, che gli attuali andamenti della media del mercato possono essere in parte dovuti agli effetti della politica negli anni precedenti. Pertanto, qualora venga condotto un sondaggio per valutare i comportamenti opportunistici, è probabile che anche alcuni di tali effetti registrati oggi siano ricadute derivanti da anni precedenti. L’allegato V, punto 2, lettere b) e c), della direttiva Efficienza energetica prevede deroghe a questi principi di base:

«… In deroga a tale requisito, i risparmi relativi alla ristrutturazione di edifici esistenti possono essere dichiarati come risparmi energetici ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, nel rispetto del criterio di rilevanza di cui al punto 3, lettera h), dell’allegato V. I risparmi risultanti dall’attuazione del recepimento della direttiva 2010/31/UE possono essere dichiarati come risparmi energetici ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), nel rispetto del criterio di rilevanza e a condizione che tali risparmi siano stati notificati dagli Stati membri nei rispettivi piani nazionali d’azione per l’efficienza energetica conformemente all’articolo 24, paragrafo 2;

c)

è possibile includere nel calcolo soltanto i risparmi che superano i livelli seguenti:

i)

i livelli unionali di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi in seguito all’attuazione dei regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio;

ii)

i requisiti unionali relativi al ritiro dal mercato di taluni prodotti connessi all’energia in seguito all’applicazione delle misure di esecuzione a norma della direttiva 2009/125/CE.»

Inoltre, gli Stati membri devono prendere in considerazione e superare, tramite la legislazione nazionale, i livelli fissati dal regolamento (UE) 2019/631 e gli obiettivi minimi per gli appalti pubblici di veicoli puliti e a emissioni zero per taluni veicoli per il trasporto su strada a seguito dell’attuazione della direttiva riveduta sui veicoli puliti.

7.3.1.   Addizionalità in relazione a misure destinate alla ristrutturazione di edifici (87)

Come principio generale, secondo l’allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica i risparmi energetici dall’attuazione della normativa unionale vincolante sono considerati risparmi che si sarebbero prodotti comunque e non sono pertanto dichiarati

In generale i codici dell’edilizia associati alla prestazione energetica degli edifici stabiliscono prescrizioni obbligatorie ai sensi del diritto dell’UE (direttiva Prestazione energetica nell’edilizia) e rientrano nello scenario di status quo.

A titolo di deroga, gli Stati membri possono contabilizzare integralmente i risparmi derivanti dalla ristrutturazione di edifici, a condizione che il criterio di rilevanza di cui all’allegato V, punto 3, lettera h), della direttiva Efficienza energetica sia soddisfatto e tutti i risparmi energetici derivino da misure politiche che promuovono tale ristrutturazione. Gli Stati membri devono altresì dimostrare che i risparmi dichiarati derivanti dalle misure superano quelli che si sarebbero verificati in assenza delle misure stesse e che la parte obbligata, partecipante o incaricata ha contribuito al conseguimento dei risparmi dichiarati (88).

Il punto di partenza nel calcolo dei risparmi consiste nel misurare il consumo dell’edificio prima e dopo la ristrutturazione. Gli Stati membri possono avvalersi di questa deroga per entrambi i periodi d’obbligo, dall’entrata in vigore della direttiva di modifica (UE) 2018/2002, ossia dal 24 dicembre 2018.

Esempio

Un codice nazionale dell’edilizia prevede che gli edifici sottoposti a ristrutturazioni importanti siano rinnovati in maniera tale da raggiungere almeno la classe di efficienza energetica B. Lo Stato membro interessato non può dichiarare i risparmi risultanti ai fini dell’articolo 7.

Tuttavia, può dichiarare risparmi se ha adottato una misura che promuove la ristrutturazione (ad esempio fornisce sovvenzioni alle famiglie per una ristrutturazione che queste ultime non avrebbero altrimenti intrapreso). In tal caso, tutti i risparmi derivanti da tale misura possono essere dichiarati indipendentemente dall’aggiornamento della classe energetica (ossia possono essere dichiarati tutti i risparmi per aggiornamenti energetici dalla classe D alla C o dalla D alla B, o dalla D alla A ecc.).

I progetti di ristrutturazione devono soddisfare i requisiti nazionali minimi di prestazione energetica di cui alla direttiva Prestazione energetica nell’edilizia. È possibile incoraggiare misure in grado di sostenere un grado di ambizione più alto, ossia prestazioni energetiche che vanno oltre quanto prescritto.

7.3.2.   Addizionalità in relazione a misure destinate alla costruzione di edifici nuovi

Dall’entrata in vigore della direttiva Efficienza energetica modificata e, se necessario, dal recepimento o dall’attuazione nazionale, gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi energetici derivanti dall’applicazione dei requisiti minimi nazionali stabiliti per edifici nuovi soltanto in relazione ai risparmi prescritti per il primo periodo d’obbligo (2014-2020), a condizione che:

i)

soddisfino i requisiti minimi nazionali stabiliti prima del recepimento della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia, ossia entro il 9 luglio 2012 (cfr. articolo 28, paragrafo 1, di tale direttiva);

ii)

siano «rilevanti»; e

iii)

siano stati notificati nel piano nazionale d’azione per l’efficienza energetica entro il 30 aprile 2017 (cfr. articolo 24, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica).

I risparmi energetici possono essere dichiarati soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della direttiva Efficienza energetica modificata e solo in relazione ai risparmi cumulativi nell’uso finale prescritti entro il 31 dicembre 2020. Gli Stati membri devono dimostrare che l’applicazione dei requisiti minimi nazionali ha determinato risparmi misurabili che non si sarebbero altrimenti prodotti. Se per poter dichiarare tali risparmi sono necessarie misure nazionali di recepimento o di attuazione, queste devono essere adottate e messe in atto prima di effettuare qualsiasi dichiarazione di risparmi.

Lo Stato membro che si avvale della deroga dovrebbe valutare attentamente la possibile interazione con l’esenzione di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettera d), della direttiva Efficienza energetica («azioni intraprese in fasi precoci») e assicurare che si eviti il doppio conteggio.

I progetti di costruzione di edifici devono rispettare i requisiti minimi nazionali di prestazione energetica. È possibile incoraggiare misure in grado di sostenere un grado di ambizione più alto, ossia prestazioni energetiche che vanno oltre quanto prescritto.

7.3.3.   Addizionalità in relazione a edifici di enti pubblici

In linea di principio, la deroga al principio di addizionalità di cui all’allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica si applica anche ai risparmi energetici relativi alla ristrutturazione di edifici di enti pubblici, poiché tali risparmi sono «relativi alla ristrutturazione di edifici esistenti» (cfr. allegato V, punto 2, lettera b), seconda frase, della direttiva Efficienza energetica).

L’obiettivo della deroga è consentire agli Stati membri, dall’entrata in vigore della direttiva di modifica, di dichiarare tutti i risparmi energetici ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica derivanti, ad esempio, dalle misure adottate per conseguire il tasso di ristrutturazione del 3 % della superficie coperta utile totale degli edifici riscaldati e/o raffreddati di proprietà del proprio governo centrale e da esso occupati (cfr. articolo 5).

Tuttavia, gli Stati membri devono dimostrare che tutti i risparmi dichiarati derivano da misure politiche attuate per la ristrutturazione di edifici di enti pubblici (89) e non possono contabilizzare risparmi energetici che si sarebbero verificati comunque in assenza della misura politica. Di conseguenza gli Stati membri devono dimostrare la rilevanza. Se per poter dichiarare tali risparmi sono necessarie misure nazionali di recepimento o di attuazione, queste devono essere messe in atto prima di effettuare qualsiasi dichiarazione di risparmi

Gli Stati membri devono calcolare i risparmi energetici dichiarati derivati dalle misure politiche attuate per la ristrutturazione di edifici di enti pubblici conformemente all’allegato V. Il volume dei risparmi energetici contabilizzato ai fini dei risparmi energetici nell’uso finale prescritti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica deve essere espresso nel consumo di energia finale. Se il volume dei risparmi energetici è espresso in energia primaria, gli Stati membri devono utilizzare i fattori di conversione di cui all’allegato IV di tale direttiva.

7.3.4.   Addizionalità in relazione a misure di esecuzione ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile (90)

La sostituzione di caldaie non è considerata una misura di ristrutturazione in ragione della disposizione specifica di cui all’allegato V, punto 2, lettera c), della direttiva Efficienza energetica. Pertanto, il punto di partenza saranno sempre i requisiti minimi previsti dalle disposizioni specifiche per la progettazione ecocompatibile (91). I risparmi energetici derivanti dalla sostituzione di apparecchi disciplinati dalla legislazione sulla progettazione ecocompatibile, ad esempio gli apparecchi per il riscaldamento d’ambiente, possono essere contabilizzati soltanto se superano i requisiti minimi per la progettazione ecocompatibile, salvo in caso di sostituzione anticipata (cfr. allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica).

Se gli Stati membri concedono incentivi o sovvenzioni a favore di prodotti oggetto di regolamenti UE in materia di etichettatura energetica, si raccomanda di fare in modo che siano rivolti alle classi più elevate di efficienza energetica. Ad esempio, un incentivo o una sovvenzione che mira a incoraggiare l’installazione di caldaie nuove e più efficienti in termini energetici riguarderebbe soltanto le caldaie appartenenti alle due classi più elevate e maggiormente popolate in termini di etichette energetiche per le caldaie, sulla base dei dati di mercato relativi al periodo in questione.

7.3.5.   Addizionalità in relazione ad audit energetici a norma dell’articolo 8

L’articolo 8, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di garantire che le imprese di grandi dimensioni (ad esempio le imprese che non sono PMI) siano soggette a un audit energetico ogni quattro anni; tale attività non determina di per sé risparmi energetici.

Le misure destinate a incoraggiare o sostenere l’attuazione delle raccomandazioni derivanti da un audit vanno oltre il minimo imposto dall’articolo 8: secondo l’articolo 8, paragrafo 7, secondo comma, gli Stati membri «possono attuare regimi d’incentivazione e sostegno». Di conseguenza è possibile contabilizzare i risparmi energetici derivanti da tali misure, poiché non si sarebbero comunque verificati, a condizione che il criterio di rilevanza sia soddisfatto. Lo stesso si applica per i risparmi derivanti da misure rivolte alle PMI.

7.4.   Rilevanza ed ammissibilità

Oltre al principio di addizionalità, gli Stati membri devono soddisfare il criterio della «rilevanza». Non è possibile tener conto dell’introduzione automatica della normativa UE o di miglioramenti autonomi dovuti (ad esempio) a forze di mercato o a evoluzioni tecnologiche, in quanto gli Stati membri non possono contabilizzare azioni che si sarebbero verificate comunque.

Le attività delle autorità pubbliche nazionali nell’attuazione della misura politica devono essere «rilevanti» ai fini del conseguimento dei risparmi energetici dichiarati; in altre parole:

devono aver contribuito all’azione individuale in questione; e

la sovvenzione o il coinvolgimento della parte obbligata, partecipante o incaricata deve avere avuto in maniera evidente un effetto minimo sulla decisione del cliente finale di intraprendere l’investimento a favore dell’efficienza energetica.

Di conseguenza gli Stati membri devono dimostrare che i risparmi sono dovuti a una misura politica concepita per stimolare risparmi energetici nell’uso finale (92). Le misure adottate a norma del regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio (93) possono essere considerate rilevanti, ma gli Stati membri devono dimostrare che esse producono miglioramenti verificabili, misurabili o stimabili in termini di efficienza energetica.

Per i regimi di finanziamento, ad esempio, l’indicazione dell’importo della sovvenzione non è sufficiente a dimostrare la rilevanza, poiché tale dato da solo non dimostra che le sovvenzioni hanno influenzato le decisioni di investimento dei clienti finali. Il ruolo dei soggetti coinvolti nelle azioni può essere in linea di principio dimostrato senza disporre di una sovvenzione come parametro di riferimento; eventuali azioni standardizzate (ad esempio la creazione di norme per l’installazione di prodotti, la consulenza in ambito energetico e audit energetici seguiti dall’effettiva attuazione di azioni) potrebbero costituire un indicatore importante della rilevanza.

Per assicurare la conformità, gli Stati membri possono fissare prescrizioni generali di rilevanza nel contesto di un regime obbligatorio o di misure alternative e verificarli per ogni singolo progetto (94). Tali prescrizioni potrebbero stabilire che le parti (ad esempio nel momento in cui richiedono un «certificato bianco» (95)) devono documentare e dimostrare un contributo diretto all’attuazione dell’azione.

Le parti obbligate possono essere tenute a dimostrare:

se il contributo è stato erogato direttamente o indirettamente (ossia tramite intermediari); e

se è stato deciso prima dell’installazione dell’azione.

Gli Stati membri possono altresì esigere, ad esempio:

la stipula di un contratto tra i gestori dei sistemi di distribuzione (ossia le parti obbligate) e terzi;

che i risparmi energetici non siano stati generati prima della stipula del contratto;

che le parti possano contabilizzare i risparmi soltanto nel caso in cui siano stati direttamente coinvolte nell’attuazione della misura (ad esempio fornendo audit energetici, sovvenzioni ecc.); e

che vengano preparati accordi concernenti l’intera catena dai soggetti obbligati fino ai clienti finali dell’energia.

7.5.   Misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici per uso personale

È importante operare una distinzione tra:

la possibilità di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettera f), della direttiva Efficienza energetica, che fa riferimento a un volume di energia generata sugli o negli edifici per uso proprio che può essere escluso dal volume dei risparmi energetici calcolato conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva; e

il chiarimento di cui all’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica, secondo il quale risparmi derivanti da misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici, in linea di principio possono essere contabilizzati nei risparmi di cui all’articolo 7, paragrafo 1.

Tale aspetto è spiegato anche nel considerando 43 della direttiva.

Ai sensi dell’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono contabilizzare i risparmi energetici derivanti da misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici per uso proprio nel volume dei risparmi energetici prescritto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, a condizione che tali misure producano risparmi energetici finali verificabili, misurabili o stimabili e siano calcolati conformemente all’allegato V, di tale direttiva (96).

Di conseguenza si applicano anche i requisiti di addizionalità e rilevanza e le norme dello Stato membro stabilite per il monitoraggio e la verifica.

Gli Stati membri devono dimostrare che tali misure determinano risparmi energetici nell’uso finale in ragione della transizione tecnologica. Ad esempio, risparmi derivanti dal passaggio a tecnologie più efficienti di riscaldamento e di produzione dell’acqua calda negli edifici, comprese le tecnologie delle energie rinnovabili, rimangono pienamente ammissibili a condizione che gli Stati membri siano in grado di assicurare che essi siano aggiuntivi, misurabili e verificabili secondo i metodi e i principi di cui all’allegato V (97).

Tale aspetto è chiarito nell’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica ed è orientato all’obiettivo generale di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva, ossia risparmiare energia nell’uso finale, indipendentemente dalla tecnologia (indipendentemente dal fatto che si tratti di una misura, che promuove tecnologie alimentate ad energia rinnovabile o fossile, che si traduce in una riduzione del consumo effettivo di energia negli edifici, nei trasporti o nell’industria).

L’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica fa esplicito riferimento all’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva che impone agli Stati membri di realizzare cumulativamente risparmi energetici nell’uso finale e mira all’effettiva riduzione dell’uso di energia da parte di una persona fisica o giuridica (in linea con l’allegato V, punto 1, lettera b). L’articolo 2, punto 5 definisce «risparmio energetico» la quantità di energia risparmiata, determinata mediante una misurazione e/o una stima del consumo prima e dopo l’attuazione di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, assicurando nel contempo la normalizzazione delle condizioni esterne che influiscono sul consumo energetico. Dato che l’articolo 7 mira ad una riduzione effettiva del consumo di energia nell’uso finale, si può concludere che l’allegato V, punto 2, lettera e), richiede di dimostrare che le misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici determinano risparmi energetici, ossia una riduzione effettiva del consumo di energia nell’uso finale.

Gli Stati membri hanno la possibilità di esprimere i risparmi energetici in termini di consumo di energia finale o primaria, come previsto nell’allegato V, punto 3, lettera d) (misure politiche alternative) e articolo 7 bis, paragrafo 4 (regimi obbligatori). Questa possibilità non modifica l’obbligo di risparmio energetico cumulativo in termini di vendite di energia (nel periodo fino al 2020) e di consumo di energia finale (2021-2030).

7.6.   Misure che promuovono l’adozione di prodotti e veicoli più efficienti

Le misure di miglioramento dell’efficienza energetica nei trasporti degli Stati membri sono ammissibili a essere prese in considerazione per ottemperare al loro obbligo di risparmio energetico nell’uso finale (98). Tali misure comprendono:

politiche intese a promuovere veicoli più efficienti o un trasferimento modale verso trasporti in bicicletta, a piedi e verso il trasporto collettivo; e

una pianificazione urbanistica e della mobilità che riduca la richiesta di trasporti.

Gli appalti pubblici per veicoli puliti e a emissioni zero sono ammissibili, fatta salva la loro addizionalità ai requisiti minimi di cui alla direttiva riveduta sui veicoli puliti.

Sono ammissibili anche i regimi che accelerano la diffusione di veicoli nuovi e più efficienti o politiche atte a promuovere il passaggio a carburanti che offrono migliori prestazioni e riducono l’uso di energia per chilometro, fatto salvo il rispetto delle norme concernenti la rilevanza e l’addizionalità (99).

L’allegato V, punto 2, lettera f), precisa che è possibile accreditare appieno le politiche che accelerano la diffusione di prodotti e veicoli più efficienti, purché si dimostri che:

tale diffusione ha luogo prima della fine del ciclo di vita medio previsto dei prodotti o dei veicoli, oppure più rapidamente rispetto al tasso normale di sostituzione; e

il volume integrale dei risparmi sia dichiarato solo per il periodo che decorre fino alla fine del ciclo di vita medio previsto del prodotto o del veicolo da sostituire (100).

Se del caso, tali misure dovrebbero essere coerenti con i quadri di politica nazionale degli Stati membri istituiti a norma della direttiva 2014/94/UE sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi.

7.7.   Assicurare il mantenimento di norme di qualità

L’allegato V, punto 2, lettera g), della direttiva Efficienza energetica chiarisce che la promozione di misure di efficienza energetica non deve determinare un abbassamento delle norme di qualità relativamente ai prodotti, ai servizi e alla realizzazione degli interventi. Gli Stati membri devono assicurare che le norme di qualità siano mantenute o introdotte laddove non esistano ancora.

7.8.   Affrontare le variazioni climatiche

L’allegato V, punto 2, lettera h), della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di adeguare i risparmi energetici al fine di tener conto delle variazioni climatiche tra le regioni. La disposizione elenca due opzioni:

i)

scegliere un valore standard di risparmio; oppure

ii)

stabilire risparmi energetici differenti secondo le variazioni di temperatura tra le regioni.

7.9.   Evitare il doppio conteggio

L’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di dimostrare che i risparmi energetici non sono conteggiati due volte laddove gli impatti delle misure politiche o delle azioni individuali si sovrappongano. Data l’ampia varietà di strumenti notificati dagli Stati membri e l’elevata probabilità di sovrapposizione delle politiche derivante dall’uso di regimi obbligatori e misure alternative congiuntamente (ad esempio interazione tra tassazione energetica e sovvenzioni alle famiglie per sostituire finestre o apparecchi per il riscaldamento d’ambiente), è fondamentale affrontare i rischi del doppio conteggio.

Uno strumento efficace a tale riguardo potrebbe essere una banca dati nazionale. Tale banca dati potrebbe registrare, ad esempio, che una sovvenzione destinata a incoraggiare la sostituzione di vecchie caldaie è stata versata a una determinata famiglia e avvisare l’utente se la medesima famiglia presenta una nuova domanda.

L’utilizzo di più misure politiche in combinazione si traduce in una maggiore complessità per gli Stati membri, in termini di:

maggiori sforzi associati all’attuazione, ad esempio per il calcolo del risparmio energetico; e (aspetto ancora più importante)

garanzia:

dell’applicazione, in particolare laddove i diversi strumenti presentino una portata ampia; e

della verifica dell’impatto senza doppio conteggio.

L’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva Efficienza energetica proibisce il doppio conteggio anche quando le politiche si sovrappongono, ciò significa che gli Stati membri devono tener conto del fatto che altre misure politiche attuate nel medesimo arco di tempo possono avere un impatto sul volume dei risparmi energetici e, di conseguenza, non tutte le variazioni registrate sin dall’introduzione di una particolare misura politica possono essere attribuite esclusivamente a tale misura.

8.   MISURAZIONE, MONITORAGGIO, CONTROLLO, QUALITÀ E VERIFICA

La direttiva Efficienza energetica sottolinea l’importanza delle norme di monitoraggio e verifica ai fini dell’attuazione di regimi obbligatori e misure politiche alternative, compreso l’obbligo di verificare un campione di misure statisticamente rappresentativo.

La selezione di una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica comporta la creazione di un sottogruppo di una popolazione statistica di azioni di risparmio energetico all’interno di ciascuna misura, in modo tale che esso rappresenti accuratamente l’intera popolazione relativamente a tutte le misure di risparmio energetico e consenta pertanto di trarre conclusioni ragionevolmente affidabili sulla fiducia nella totalità delle misure (101).

Articolo 7 bis, paragrafo 5, della direttiva Efficienza energetica (per i regimi obbligatori)

«Gli Stati membri istituiscono sistemi di misurazione, controllo e verifica in base ai quali si svolge una verifica documentata su almeno una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica disposte dalle parti obbligate. La misurazione, il controllo e la verifica sono eseguiti indipendentemente dalle parti obbligate».

Articolo 7 ter, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica (per le misure politiche alternative)

«Per tutte le misure di natura non fiscale, gli Stati membri istituiscono sistemi di misurazione, controllo e verifica in base ai quali si svolgono verifiche documentate su almeno una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica disposte dalle parti partecipanti o incaricate. La misurazione, il controllo e la verifica in questione sono eseguiti indipendentemente dalle parti partecipanti o incaricate».

I sistemi di misurazione, controllo e verifica dovrebbero assicurare che i calcoli del risparmio energetico siano verificati rispetto a una parte statisticamente significativa e a un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica.

Tali prescrizioni possono essere soddisfatte tra l’altro mediante:

controlli informatici automatizzati o una revisione documentale dei dati e dei calcoli comunicati dalle parti obbligate, partecipanti o incaricate, oppure dai beneficiari (se i beneficiari comunicano dati direttamente all’autorità pubblica);

una valutazione dei risparmi energetici misurati su una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo di misure o beneficiari;

il ricorso a verifiche effettuate ai sensi di un regime di regolamentazione, qualificazione, accreditamento o certificazione, ad esempio laddove i risparmi energetici comunicati si basino su audit energetici o certificati di prestazione energetica (risparmi di scala).

La documentazione relativa alla misura politica dovrebbe spiegare in che modo i requisiti di questo altro regime assicurano che i controlli o le verifiche siano effettuati su una parte statisticamente significativa e su un campione rappresentativo degli audit energetici o di altre valutazioni dei risparmi.

Il sistema di monitoraggio e verifica può essere organizzato in più fasi o livelli. Le ispezioni in loco possono essere parte dell’approccio, come una seconda fase di verifica su sottocampioni di azioni individuali individuate essere a rischio di non conformità rispetto ai requisiti delle misure. Laddove tali ispezioni non siano tecnicamente o economicamente fattibili, ciò può essere spiegato nella documentazione della misura.

Gli Stati membri devono spiegare come utilizzano i parametri di riferimento per verificare i risparmi previsti o di scala (allegato V, punto 5, lettera g), della direttiva Efficienza energetica).

L’indipendenza dei sistemi di misurazione e controllo (cfr. allegato V, punto 5, lettera j), della direttiva Efficienza energetica) può essere documentato sulla base del fatto che l’organismo di verifica (elenco non esaustivo di criteri):

è un ente pubblico con indipendenza statutaria; oppure

non ha alcun legame finanziario con (ossia non è parzialmente o totalmente di proprietà né pagato da) parti obbligate, partecipanti o incaricate; oppure

può essere incaricato da parti obbligate, partecipanti o incaricate, ma in questo caso è soggetto a controlli da parte dell’autorità pubblica o di un ente di qualificazione, accreditamento o certificazione.

L’organismo di verifica può essere:

direttamente responsabile della verifica delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica oppure dei calcoli in materia di risparmio energetico; oppure

responsabile del controllo dei processi di verifica e delle verifiche del campionamento attuati da altre organizzazioni, incluse le parti obbligate, partecipanti o incaricate.

9.   OBBLIGHI DI PIANIFICAZIONE E COMUNICAZIONE

9.1.   Primo periodo d’obbligo

Per il periodo d’obbligo 2014-2020, gli Stati membri devono presentare relazioni annuali entro il 30 aprile 2019 e 2020 (articolo 24, paragrafo 1 e allegato XIV, parte 2) (102). In tale contesto essi devono comunicare, tra l’altro, i progressi compiuti nel conseguimento dell’obiettivo di risparmio energetico e le misure politiche adottate o pianificate conformemente all’allegato XIV, parte 2. Tale aspetto sarà oggetto di valutazione da parte della Commissione.

L’articolo 27 del regolamento sulla governance impone a ciascuno Stato membro di presentare alla Commissione entro il 30 aprile 2022 relazioni in merito alla realizzazione degli obiettivi nazionali in materia di efficienza energetica per il 2020 (come stabilito ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica) fornendo le informazioni stabilite nell’allegato IX, parte 2, del regolamento sulla governance.

9.2.   Secondo periodo d’obbligo e oltre

Per il periodo d’obbligo 2021-2030 e oltre si applicano i seguenti obblighi principali di pianificazione e comunicazione (articoli 7, 7 bis e 7 ter e allegato V della direttiva Efficienza energetica):

nel PNEC integrato (proposta e versione definitiva) (allegato III del regolamento sulla governance) gli Stati membri devono indicare il calcolo del volume dei risparmi energetici da conseguire nel periodo 2021-2030, come indicato all’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, punto b) (cfr. articolo 7, paragrafo 6, della direttiva Efficienza energetica);

dal momento che alcuni dati (ad esempio il consumo energetico annuo finale, calcolato in media nel periodo 2016-2018, espresso in ktep) potrebbero non essere disponibili per la notifica in occasione della prima proposta di PNEC (103), potrebbe non essere stato possibile dimostrare il calcolo di cui sopra. Tuttavia gli Stati membri devono illustrare nella prima proposta definitiva, nella proposta successiva e nella versione definitiva di PNEC come hanno tenuto conto degli elementi elencati nell’allegato III del regolamento sulla governance;

in aggiunta a quanto sopra e se pertinente, gli Stati membri devono spiegare nel PNEC (proposta e versione definitiva) in che modo hanno stabilito il tasso annuale di risparmi e lo scenario di base del calcolo di cui all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica, nonché come e in che misura hanno applicato le opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4 (cfr. articolo 7, paragrafo 6, della medesima direttiva);

lo Stato membro, se decide di applicare una o più opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva Efficienza energetica, deve applicare e calcolare l’effetto per il periodo d’obbligo (cfr. articolo 7, paragrafo 5, della medesima direttiva); e

lo Stato membro, se si avvale dell’opzione di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettera c), della direttiva Efficienza energetica per il periodo 2021-2030, deve informare la Commissione delle misure politiche previste nel PNEC (proposta e versione definitiva). Deve calcolare l’impatto delle misure conformemente all’allegato V della direttiva Efficienza energetica e includerlo nel PNEC (cfr. articolo 7, paragrafo 4, lettera c)]. Inoltre, deve presentare tali informazioni per la prima volta nel primo PNEC definitivo (entro il 31 dicembre 2019).

Gli Stati membri devono inoltre:

includere informazioni sull’esito delle misure destinate ad alleviare la povertà energetica nel contesto della direttiva Efficienza energetica nelle loro relazioni intermedie nazionali sull’energia e il clima ai sensi dell’articolo 17 del regolamento sulla governance (cfr. articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica);

pubblicare, su base annua, i risparmi energetici realizzati da ciascuna (sottocategoria di) parte obbligata e complessivamente nel contesto del regime (cfr. articolo 7 bis, paragrafo 7, della direttiva Efficienza energetica); e

descrivere in maniera dettagliata nei loro PNEC il metodo alternativo e le disposizioni destinati a assicurare il soddisfacimento del requisito di cui all’allegato V, punto 2, lettera i), della direttiva Efficienza energetica, ossia il fatto che il calcolo del risparmio energetico tiene conto della durata delle misure e del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo.

In alternativa, gli Stati membri possono adottare un altro metodo che si ritiene ottenga un volume totale di risparmi almeno equivalente. In questo caso, devono assicurare che il valore calcolato utilizzando tale metodo non superi quello derivante da un calcolo che contabilizza i risparmi che ciascuna azione individuale conseguirà durante il periodo, dalla sua data di attuazione fino al 31 dicembre 2020 o al 2030, a seconda dei casi.

In conclusione, gli obblighi di pianificazione e comunicazione ai sensi del regolamento sulla governance riportati di seguito si applicano anche all’attuazione e ai progressi conseguiti in relazione all’obbligo di risparmio energetico di cui agli articoli 7, 7 bis e 7 ter e all’allegato V, della direttiva Efficienza energetica.

Calendario

31 dicembre 2018

(successivamente il 1o gennaio 2028 e in seguito ogni 10 anni)

Presentazione della proposta di PNEC (articolo 9, paragrafo 1, articoli 4 e 6 ed allegati I e III, del regolamento sulla governance)

6 mesi prima del PNEC definitivo

La Commissione può formulare raccomandazioni nei confronti degli Stati membri i cui contributi (compreso il contributo all’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva Efficienza energetica) sono ritenuti insufficienti (articolo 31, paragrafo 1, del regolamento sulla governance)

31 dicembre 2019

(successivamente il 1o gennaio 2029 e in seguito ogni 10 anni)

Presentazione del PNEC definitivo (articolo 3, paragrafo 1, articoli 4 e 6 ed allegati I e III, del regolamento sulla governance)

10 marzo 2020

Presentazione della prima strategia di ristrutturazione a lungo termine (articolo 2 bis, paragrafo 8, della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia)

Entro il 31 ottobre 2021

(e successivamente ogni 2 anni)

Valutazione della Commissione dei progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi dell’UE, in particolare sulla base delle relazioni intermedie nazionali integrate sull’energia e il clima (articolo 29 del regolamento sulla governance).

Per quanto concerne l’obbligo di risparmio energetico, sono pertinenti gli articoli 29, 21 (comunicazione integrata sull’efficienza energetica) e 24 (comunicazione integrata sulla povertà energetica) del regolamento sulla governance.

In caso di progressi insufficienti da parte di uno Stato membro, la Commissione emetterà raccomandazioni (articolo 32, paragrafo 1, del regolamento sulla governance).

Entro il 30 aprile 2022

Relazione sulla realizzazione degli obiettivi di efficienza energetica per il 2020 da parte di ciascuno Stato membro (articolo 27 e allegato IX, parte 2, del regolamento sulla governance)

Entro il 15 marzo 2023

(e successivamente ogni 2 anni)

Relazione sull’attuazione del PNEC («relazione intermedia nazionale integrata sull’energia e il clima») (articolo 17 del regolamento sulla governance)

30 giugno 2023

(successivamente il 1o gennaio 2033 e in seguito ogni 10 anni)

Presentazione della proposta di aggiornamento del PNEC (articolo 14, paragrafo 1, del regolamento sulla governance)

30 giugno 2024

(successivamente il 1o gennaio 2034 e in seguito ogni 10 anni)

Presentazione dell’aggiornamento definitivo dei PNEC (articolo 14, paragrafo 2, del regolamento sulla governance)

9.3.   Notifica di regimi obbligatori e misure alternative (ad eccezione delle misure fiscali)

Ai sensi dell’allegato V, punto 5, della direttiva Efficienza energetica e dell’allegato III del regolamento sulla governance, gli Stati membri devono notificare alla Commissione la loro proposta di metodologia dettagliata per il funzionamento delle loro misure politiche, conformemente agli articoli 7 bis e 7 ter e dell’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva Efficienza energetica. Fatto salvo il caso delle imposte (cfr. sezione 9.4), la notifica deve comprendere informazioni dettagliate concernenti:

a)

il livello del risparmio energetico prescritto a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), o del risparmio che si prevede di conseguire nel corso dell’intero periodo 2021-2030;

b)

le parti obbligate, partecipanti o incaricate o le autorità pubbliche responsabili dell’attuazione;

c)

i settori interessati;

d)

le misure politiche e le singole azioni, compreso il volume totale di risparmio energetico cumulativo previsto per ciascuna misura;

e)

la durata del periodo d’obbligo per i regimi obbligatori di efficienza energetica;

f)

le azioni previste ai sensi dalle misure politiche;

g)

il metodo di calcolo con le modalità per determinare l’addizionalità e la rilevanza, nonché le metodologie e i parametri di riferimento utilizzati per i risparmi previsti e di scala;

h)

la durata delle misure e il metodo utilizzato per calcolarla o gli elementi da cui è stata ricavata;

i)

l’approccio adottato per tenere conto delle variazioni climatiche all’interno dello Stato membro; e

j)

i sistemi di monitoraggio e di verifica per le misure di cui agli articoli 7 bis e 7 ter e il modo in cui ne è garantita l’indipendenza dalle parti obbligate, partecipanti o incaricate.

Inoltre, l’allegato III, punti 3.1 e 3.2 del regolamento sulla governance impone agli Stati membri di comunicare le informazioni specificate di seguito.

«3.1.   Regimi obbligatori, di cui all’articolo 7 bis della direttiva 2012/27/UE:

a)

descrizione dei regimi obbligatori di efficienza energetica;

b)

volume annuo e cumulativo previsto di risparmi energetici e durata del periodo d’obbligo/dei periodi d’obbligo;

c)

parti obbligate e rispettive responsabilità;

d)

settori interessati;

e)

azioni ammissibili previste dalle misure;

f)

informazioni sull’applicazione delle seguenti disposizioni della direttiva 2012/27/UE:

i)

ove applicabile, azioni specifiche, quota di risparmio da raggiungere nelle famiglie in condizioni di povertà energetica in conformità dell’articolo 7, paragrafo 11;

ii)

risparmi ottenuti da fornitori di servizi energetici o da terzi (articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera a); e

iii)

“finanziamenti e prestiti” (articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera b)]; e

g)

se pertinente, informazioni sugli scambi di risparmi energetici.

3.2.   Misure alternative di cui all’articolo 7 ter e all’articolo 20, paragrafo 6, della direttiva 2012/27/UE (ad eccezione delle misure fiscali):

a)

tipi di misura politica;

b)

breve descrizione, comprese le caratteristiche di progettazione per ogni misura notificata;

c)

volumi annui e cumulativi totali di risparmi previsti per ciascuna misura e/o volume di risparmi energetici in relazione a uno qualsiasi dei periodi intermedi;

d)

autorità pubbliche responsabili dell’attuazione, parti partecipanti o incaricate e rispettive responsabilità per l’attuazione delle misure programmatiche;

e)

settori interessati;

f)

azioni ammissibili previste dalle misure; e

g)

ove applicabile, misure programmatiche specifiche o singole azioni per far fronte alla povertà energetica.»

9.4.   Misure fiscali

L’allegato V, punto 5, lettera k), della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri (conformemente al regolamento sulla governance) di notificare alla Commissione la loro metodologia per il funzionamento delle misure fiscali. In particolare, devono notificare i seguenti dettagli:

«i)

i settori interessati e le fasce di contribuenti;

ii)

l’autorità pubblica responsabile dell’attuazione;

iii)

i risparmi che si prevede di conseguire;

iv)

la durata della misura fiscale; e

v)

il metodo di calcolo, ivi compresa l’elasticità al prezzo utilizzata e le modalità per determinarla.»

Inoltre, l’allegato III, punto 3.3, del regolamento sulla governance impone agli Stati membri di comunicare le seguenti informazioni sulle misure fiscali:

«a)

breve descrizione delle misure;

b)

durata delle misure;

c)

autorità pubblica responsabile dell’attuazione;

d)

volume annuo e cumulativo atteso di risparmi per ciascuna misura;

e)

settori interessati e fasce di contribuenti;

f)

metodo di calcolo, compresi i tipi di elasticità al prezzo utilizzati e le modalità con cui sono stati stabiliti, in linea con l’allegato V, punto 4, della direttiva 2012/27/UE».

Gli Stati membri dovrebbero indicare in che modo hanno calcolato le elasticità e quali fonti di dati ufficiali recenti e rappresentativi hanno utilizzato (104).

10.   PERIODO D’OBBLIGO DI RISPARMIO ENERGETICO SUCCESSIVO AL 2030

L’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di continuare a realizzare nuovi risparmi annui, conformemente al primo comma, lettera b), per periodi decennali dopo il 2030, a meno che la Commissione, sulla scorta dei riesami effettuati entro il 2027 e successivamente ogni 10 anni, concluda che non è necessario per conseguire gli obiettivi a lungo termine dell’Unione in materia di energia e di clima per il 2050.


(1)  Cfr., tra l’altro, Economidou et al., 2018. Assessment of the Second National Energy Efficiency Action Plans under the Energy Efficiency Directive. EUR 29272 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2018, ISBN 978-92-79-87946-3, doi: 10.2760/780472, JRC110304 (relazione disponibile all’indirizzo: https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-reports/assessment-second-national-energy-efficiency-action-plans-under-energy-efficiency-directive) e Tsemekidi-Tzeiranaki et al., 2019. Analysis of the Annual Reports 2018 under the Energy Efficiency Directive. EUR 29667 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2019, ISBN 978-92-79-00173-7, doi: 10.2760/22313, JRC115238 (relazione disponibile all’indirizzo: http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC115238/kjna29667enn.pdf).

(1)  L’articolo 2, punto 3, definisce il «consumo di energia finale» come «tutta l’energia fornita per l’industria, i trasporti, le famiglie, i servizi e l’agricoltura. Sono escluse le forniture al settore della trasformazione dell’energia e alle industrie energetiche stesse». Il concetto di «uso finale» non è definito nella direttiva Efficienza energetica e dovrebbe pertanto essere interpretato in linea con la logica dell’obbligo di risparmio energetico. L’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b), mira a ridurre il consumo di energia finale diminuendo la quantità di energia per uso proprio finale di una persona fisica o giuridica (salvo diversamente disposto). Sono previste condizioni specifiche per il risparmio energetico derivante dall’energia rinnovabile generata sugli o negli edifici (cfr. considerando 43 della direttiva Efficienza energetica e la sezione 7.5 del presente documento).

(2)  Cfr. sezione 3.

(3)  MEDIA del periodo 2016-2018 (cfr. articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b)).

(4)  Cfr. anche sezione 2.3.

(5)  Invece, l’articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a) fa riferimento alle vendite di energia ai clienti finali come base per stabilire lo scenario di base del calcolo per il periodo 2014-2020 [cfr. SWD(2013) 451 final, pag. 3].

(6)  = 100 × 0,8 % × 55.

(7)  https://unstats.un.org/unsd/energy/ires/

(8)  https://ec.europa.eu/eurostat/documents/10186/6246844/Eurobase-changes-energy.pdf (cfr. pag. 25).

(9)  La metodologia riveduta di Eurostat è descritta all’indirizzo:

https://ec.europa.eu/eurostat/documents/10186/6246844/Eurobase-changes-energy.pdf

(10)  Regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo alle statistiche dell’energia (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 1).

(11)  Cfr. sezioni 3.2 e 3.4.

(12)  «Consumo totale di energia per tutti gli usi di energia».

(13)  «Consumo di energia finale» definito nel regolamento (CE) n. 1099/2008.

(14)  Cfr. sezione 2.2.1. La nuova metodologia di Eurostat è descritta all’indirizzo:

https://ec.europa.eu/eurostat/documents/10186/6246844/Eurobase-changes-energy.pdf

(15)  0,24 % per Cipro e Malta.

(16)  Cfr. appendice I e parti 3.2, 3.3 e 3.4.

(17)  Cfr. Appendice I.

(18)  Cfr. allegato III, punto 2, al regolamento sulla governance.

(19)  Entro i limiti di cui all’articolo 7, paragrafo 5, secondo comma.

(20)  Cfr. sezione 9.

(21)  Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, modificata dalla direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32.

(22)  In alternativa all’indicazione delle quantità di energia utilizzata nei settori non coinvolti nel sistema ETS, la cifra che indica il consumo finale di energia per il corrispondente settore industriale potrebbe essere moltiplicata per il rapporto ETS/non-ETS delle emissioni di gas serra indicato negli inventari dei gas a effetto serra.

(23)  Cfr. sezione 9.

(24)  Cfr. sezione 7.5 e appendice X.

(25)  La direttiva Efficienza energetica non fornisce una definizione di «energia generata sugli o negli edifici per uso proprio». Tuttavia, tale concetto va inteso come un cliente finale che opera sul o nel proprio edificio definito all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia, che genera energia rinnovabile per consumo proprio e che può immagazzinare l’energia rinnovabile autogenerata all’interno dei propri locali situati entro confini ristretti. Il concetto di «energia generata sugli o negli edifici per uso proprio» esclude l’energia autogenerata venduta o reimmessa nella rete. Per un autoconsumatore commerciale, il concetto esclude, inoltre, la generazione di energia che costituisce un’attività commerciale o professionale primaria.

(26)  Le misure devono pertanto essere state notificate entro il 30 aprile 2017, dato che l’articolo 24, paragrafo 2 è stato soppresso il 24 dicembre 2018 conformemente all’articolo 59 e all’articolo 54, paragrafo 3, lettera b), del regolamento sulla governance.

(27)  Sentenza della Corte, del 7 agosto 2018, Saras Energía, C-561/16, ECLI:EU:C:2018:633, punto 35 con riferimento, per analogia, alla sentenza della Corte, del 26 settembre 2013, IBV & Cie, C-195/12, ECLI:EU:C:2013:598, punti 62 e 70.

(28)  L’articolo 2, punto 14, definisce la «parte obbligata» un distributore di energia o una società di vendita di energia al dettaglio vincolati ai regimi nazionali obbligatori di efficienza energetica. Gli Stati membri potrebbero altresì prendere in considerazione il ruolo delle comunità locali produttrici/consumatrici di energia o di energia rinnovabile nella progettazione dei regimi obbligatori.

(29)  Cfr. allegato I, parte 1, sezione A, punto 3.2, punto v), del regolamento sulla governance.

(30)  Sentenza della Corte, del 7 agosto 2018, Saras Energía, C-561/16, ECLI:EU:C:2018:633, punto 56.

(31)  Ai sensi dell’articolo 7 bis, paragrafo 4, della medesima direttiva, il metodo scelto per definire il volume di risparmi energetici imposto deve essere usato anche per calcolare i risparmi dichiarati dalle parti obbligate.

(32)  Cfr. considerando 17 della direttiva Efficienza energetica e sezione 4.2.2.

(33)  L’articolo 2, punto 24, definisce il «fornitore di servizi energetici» una persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici o altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali del cliente finale.

(34)  Cfr. sezione 8 ed esempi di cui all’appendice XII.

(35)  Cfr. appendice XII.

(36)  SWD(2016) 402 final, pagg. 46 e 47.

(37)  Cfr. allegato I, parte 1, sezione A, punto 3.2, punto v), del regolamento sulla governance.

(38)  Cfr. appendice XII.

(39)  Cfr. appendice III.

(40)  La «parte incaricata» è un’entità giuridica alla quale un governo o altro organismo pubblico hanno delegato il potere di elaborare, amministrare o gestire un regime di finanziamento a nome di detto governo o altro organismo pubblico.

(41)  Sentenza della Corte, del 7 agosto 2018, Saras Energía, C-561/16, ECLI:EU:C:2018:633, punto 37 concernente gli articoli 7 e 20 della direttiva Efficienza energetica.

(42)  Cfr. anche sentenza della Corte, del 7 agosto 2018, Saras Energía, C-561/16, ECLI:EU:C:2018:633, punti da 30 a 33.

(43)  Appendice III.

(44)  Appendice III.

(45)  Regolamento (UE) 2017/1369 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2017, che istituisce un quadro per l’etichettatura energetica e che abroga la direttiva 2010/30/UE (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 1).

(46)  Appendice III.

(47)  Appendice III.

(48)  Appendice XII.

(49)  Appendice X.

(50)  Cfr. appendice IV.

(51)  Cfr. appendice IV.

(52)  Cfr. appendice IV.

(53)  Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51).

(54)  Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1).

(55)  Cfr. appendice IV.

(56)  Appendice V.

(57)  Nei PNEC gli Stati membri dovrebbero valutare il numero delle famiglie in condizioni di povertà energetica, tenendo conto dei servizi energetici domestici necessari per garantire un tenore di vita di base nel rispettivo contesto nazionale, della politica sociale esistente e delle altre politiche pertinenti, nonché degli orientamenti indicativi della Commissione sui relativi indicatori, compresa la dispersione geografica, che sono basati su un approccio comune alla povertà energetica. Qualora uno Stato membro riscontri la presenza di un numero elevato di famiglie in condizioni di povertà energetica, esso dovrebbe includere nel suo piano un obiettivo indicativo nazionale di riduzione della povertà energetica.

(58)  Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13).

(59)  Il considerando 11 della direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 75), che modifica la direttiva Prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva Efficienza energetica, prevede che «[è] opportuno tener conto della necessità di alleviare la povertà energetica, conformemente a criteri definiti dagli Stati membri. Nel delineare le azioni nazionali che contribuiscono ad alleviare la povertà energetica nell’ambito delle proprie strategie di ristrutturazione, gli Stati membri hanno il diritto di stabilire quelle che ritengono essere azioni pertinenti».

(60)  https://www.energypoverty.eu/policies-measures

(61)  Cfr. appendici II e III.

(62)  L’articolo 2, punto 9, della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia definisce l’«elemento edilizio» un sistema tecnico per l’edilizia o componente dell’involucro di un edificio.

(63)  Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (GU L 307 del 28.10.2014, pag. 1).

(64)  Cfr. Economidou et al., 2018. Assessment of the Second National Energy Efficiency Action Plans under the Energy Efficiency Directive. EUR 29272 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2018, ISBN 978-92-79-87946-3, doi: 10.2760/780472, JRC110304 (relazione disponibile all’indirizzo: https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/eur-scientific-and-technical-research-reports/assessment-second-national-energy-efficiency-action-plans-under-energy-efficiency-directive) e Tsemekidi-Tzeiranaki et al., 2019. Analysis of the Annual Reports 2019 under the Energy Efficiency Directive. EUR 29667 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.

(65)  Appendice VII.

(66)  Regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell’ambito dell’approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 1).

(67)  Regolamento (UE) n. 510/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni dei veicoli commerciali leggeri nuovi nell’ambito dell’approccio integrato dell’Unione finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri (GU L 145 del 31.5.2011, pag. 1).

(68)  Regolamento (UE) 2019/631 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi e che abroga i regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011 (GU L 111 del 25.4.2019, pag. 13).

(69)  Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada. Documento non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale.

(70)  Per ulteriori informazioni, cfr.: Water – Energy Nexus in Europe, 2019, JRC, http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC115853.

(71)  Cfr. considerando 22.

(72)  Cfr. considerando 22.

(73)  Per ulteriori informazioni, consultare il documento World Energy Outlook 2018 dell’AIE; https://www.iea.org/weo/water/

(74)  Cfr. considerando 22.

(75)  Cfr. definizioni fornite nella sezione 4.

(76)  Cfr. appendice IV.

(77)  SWD(2013) 451 final, considerando 47 e da 49 a 52.

(78)  SWD(2013) 451 final, considerando 53.

(79)  SWD(2013) 451 final, considerando 54.

(80)  SWD(2013) 451 final, considerando 55.

(81)  Lees, E., e Bayer, E. (febbraio 2016), Toolkit for energy efficiency obligations (Progetto di assistenza alla regolamentazione); http://www.raponline.org/document/download/id/8029

(82)  Prestazione energetica degli edifici — Procedura di valutazione economica per i sistemi energetici negli edifici — parte 1: procedure di calcolo; http://store.uni.com/catalogo/index.php/uni-en-15459-1-2018.html.

(83)  Cfr. anche appendice VI e appendice VIII.

(84)  Per ulteriori spiegazioni ed esempi, cfr. appendice VIII.

(85)  Per ulteriori spiegazioni ed esempi, cfr. appendice VIII.

(86)  Cfr. anche l’appendice VIII.

(87)  L’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che la prestazione energetica degli edifici o di loro parti destinati a subire ristrutturazioni importanti sia migliorata al fine di soddisfare i requisiti minimi di prestazione energetica fissati conformemente all’articolo 4 per quanto tecnicamente, funzionalmente ed economicamente fattibile».

L’articolo 2, punto 10), della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia, definisce la «ristrutturazione importante» una ristrutturazione di un edificio quando:

a)

il costo complessivo della ristrutturazione per quanto riguarda l’involucro dell’edificio o i sistemi tecnici per l’edilizia supera il 25 % del valore dell’edificio, escluso il valore del terreno sul quale questo è situato; oppure

b)

la ristrutturazione riguarda più del 25 % della superficie dell’involucro dell’edificio.

Gli Stati membri possono scegliere di applicare l’opzione di cui alla lettera a) o quella di cui alla lettera b).

(88)  Cfr. considerando 41 della direttiva Efficienza energetica.

(89)  Cfr. considerando 41 della direttiva Efficienza energetica.

(90)  Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).

(91)  Per i regolamenti elencati per categoria di prodotto, consultare il sito:

https://ec.europa.eu/info/energy-climate-change-environment/standards-tools-and-labels/products-labelling-rules-and-requirements/energy-label-and-ecodesign/energy-efficient-products_en

(92)  Per i criteri utili a dimostrare la rilevanza nei piani nazionali d’azione per l’efficienza energetica e nelle notifiche ai sensi dell’articolo 7, cfr. appendice IX.

(93)  Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas a effetto serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26).

(94)  Cfr. appendice XII.

(95)  Uno strumento giuridico emesso da un organismo autorizzato che garantisce che sia stato conseguito un volume specificato di risparmi energetici. Ogni certificato è unico e tracciabile e implica un diritto di proprietà su un determinato volume di risparmi energetici aggiuntivi e garantisce che il vantaggio apportato da tali risparmi non è stato contabilizzato altrove.

(96)  Per le misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici, cfr. appendice X.

(97)  Cfr. appendice X.

(98)  Cfr. appendice VII.

(99)  Considerando 15 della direttiva Efficienza energetica.

(100)  Cfr. appendice VII.

(101)  Cfr. appendice XII.

(102)  A norma dell’articolo 59, secondo comma, del regolamento sulla governance, l’articolo 24, paragrafo 1 è soppresso a decorrere dal 1o gennaio 2021.

(103)  La relazione doveva essere presentata entro il 31 dicembre 2018 (articolo 9, paragrafo 1, del regolamento sulla governance).

(104)  Per ulteriori proposte sulle elasticità da utilizzare per rilevare la reattività della domanda, cfr. appendice IV.

APPENDICE I

Esempi illustrativi del tasso annuale di risparmi se si applicano le opzioni di cui all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4)  (1)

 

Mtep

Tasso annuale di risparmi (%)

Spiegazione

Scenario di base (consumo medio di energia finale)

100

 

Consumo medio di energia finale

Autogenerazione per uso proprio

5

 

 

Consumo di energia finale nei trasporti

33

 

 

Scenario di base rettificato

62

 

 

Tasso minimo di risparmi (articolo 7, paragrafo 1, lettera b)]

 

0,8 %

Il consumo medio di energia finale (100) viene moltiplicato per 0,8 % e accumulato per un periodo di 10 anni (determinando un risultato pari a 44 Mtep in termini di risparmi totali da conseguire nel periodo d’obbligo)

 

 

 

 

Opzione 1: pieno ricorso alle esenzioni (35 %)

 

 

 

Proprio tasso di risparmi prescritto prima dell’applicazione delle esenzioni

 

1,2 %

Proprio tasso di risparmi che uno Stato membro dovrebbe applicare qualora decida di utilizzare nella massima misura possibile le opzioni di cui al paragrafo 4 (35 %); ciò significa che l’esenzione dovrebbe essere applicata ai risparmi cumulativi di 68 Mtep.

 

 

 

 

Opzione 2: esclusione dei trasporti e dell’autoconsumo

 

 

 

Risparmio in seguito alle esclusioni applicate allo scenario di base

27,3

 

Si tratta dei risparmi cumulativi rimanenti in caso di applicazione del tasso di risparmi pari allo 0,8 % al consumo, in seguito all’applicazione di tutte le esclusioni.

Risparmi aggiuntivi necessari

16,7

 

Si tratta dei risparmi necessari per conseguire il valore minimo prescritto (44 Mtep).

Proprio tasso di risparmi prescritto utilizzato prima dell’applicazione delle esclusioni applicate allo scenario di base

 

1,3 %

Proprio tasso di risparmi che uno Stato membro dovrebbe applicare qualora decida di escludere il consumo di energia nei trasporti e l’autogenerazione dallo scenario di base del calcolo.

 

 

 

 

Ipotesi 3: pieno utilizzo delle esenzioni e delle esclusioni applicate allo scenario di base

 

 

 

Risparmio in seguito alle esclusioni applicate allo scenario di base

27,3

 

Si tratta dei risparmi rimanenti in caso di applicazione di tutte le esclusioni allo scenario di base.

Risparmio in seguito all’applicazione delle esenzioni massime

17,7

 

Si tratta dei risparmi rimanenti in caso di applicazione di tutte le esclusioni e delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4.

Risparmi aggiuntivi necessari

26,3

 

Si tratta dei risparmi necessari per conseguire il valore minimo richiesto (44 Mtep)

Proprio tasso di risparmi prescritto utilizzato prima dell’applicazione delle esclusioni applicate allo scenario di base e delle esenzioni

 

2 %

Proprio tasso di risparmi che uno Stato membro dovrebbe applicare qualora decida di escludere i trasporti e l’autogenerazione dallo scenario di base del calcolo e avvalersi delle opzioni di cui al paragrafo 4 nella massima misura possibile (35 %).


(1)  I dati riportati nella tabella non riguardano alcuno Stato membro specifico. Questo esempio mira a illustrare le possibili conseguenze del ricorso alle diverse opzioni di cui all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4 e il loro effetto sui risparmi energetici da conseguire. Il volume calcolato di risparmi differirà per ciascuno Stato membro in questione.

APPENDICE II

REGIMI OBBLIGATORI DI EFFICIENZA ENERGETICA

Gli Stati membri dovrebbero considerare quanto meno gli aspetti riportati di seguito durante la progettazione e l’attuazione di un regime obbligatorio (1).

1.   Obiettivi strategici

Gli Stati membri dovrebbero mantenere gli obiettivi strategici dei regimi obbligatori semplici, chiari e incentrati sul conseguimento di risparmi energetici tenendo conto del settore di uso finale che presenta il potenziale maggiore di risparmio energetico e nel contesto del quale il regime contribuisce meglio a superare gli ostacoli agli investimenti in efficienza energetica.

Nel caso in cui un regime si ponga più obiettivi, occorre assicurare che la realizzazione di qualsiasi obiettivo non correlato all’energia non ostacoli il conseguimento dell’obiettivo di risparmio energetico.

Nel progettare il regime, gli Stati membri sono tenuti (articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica) a tenere conto della necessità di alleviare la povertà energetica (fatto salvo il caso in cui si decida che tale aspetto sarà affrontato nel contesto di misure politiche alternative). Il regime obbligatorio può includere, ad esempio, un obiettivo specifico relativo alla povertà energetica (ad esempio una quota minima o un volume minimo di risparmi energetici da conseguire tramite azioni a favore delle famiglie a basso reddito) o un fattore di premio per le azioni attuate a favore delle famiglie a basso reddito. Alternativamente le parti obbligate potrebbero essere tenute a contribuire a un fondo che finanzi programmi di efficienza energetica a favore delle famiglie a basso reddito (2).

2.   Autorità giuridica

Gli Stati membri dovrebbero avvalersi di una combinazione, selezionata accuratamente, di processi legislativi, normativi, ministeriali ed amministrativi per definire e gestire il regime obbligatorio. La definizione di un progetto di ampio respiro per un regime obbligatorio nel contesto di una legislazione abilitante fornisce alle parti interessate la certezza dello status giuridico del regime. Lo sviluppo di procedure di attuazione dettagliate nel contesto della regolamentazione consente di modificare i dettagli del regime alla luce dell’esperienza acquisita.

Prima che un regime obbligatorio diventi pienamente operativo, potrebbero essere necessari alcuni anni (da 3 a 4, a seconda della struttura del regime e del contesto giuridico presente nello Stato membro) per stimare il potenziale, pianificare e progettare la politica e metterla alla prova sul mercato.

3.   Copertura in termini di combustibili

Gli Stati membri dovrebbero decidere la copertura in termini di combustibili del regime obbligatorio in base agli obiettivi strategici generali e alle stime del potenziale di efficienza energetica per i vari combustibili. Un regime obbligatorio istituito per soddisfare l’obbligo di risparmio energetico di cui all’articolo 7 può coprire un’ampia gamma di combustibili. Tuttavia, numerosi programmi riusciti hanno iniziato trattando uno o due combustibili, estendendo successivamente tale copertura ad altri combustibili alla luce dell’esperienza acquisita.

La copertura in termini di combustibili dovrebbe tenere conto anche dei rischi di distorsione del mercato in cui diversi tipi di energia possono competere per fornire il medesimo servizio energetico (ad esempio per il riscaldamento di locali).

4.   Copertura in termini di settori e installazioni

Gli Stati membri dovrebbero decidere la copertura in termini di settore di uso finale e installazioni del regime obbligatorio in base agli obiettivi strategici generali e alle stime del potenziale di efficienza energetica per i vari settori e per le varie installazioni. Se l’intenzione è limitare in maniera rigorosa la copertura in termini di settori e installazioni, occorre esaminare se la valutazione della conformità diventerà troppo onerosa.

Nelle giurisdizioni nelle quali vi sono industrie ad alta intensità energetica esposte a scambi commerciali (ad esempio quella della fusione di alluminio), i governi possono decidere di escludere (o scorporare) tali industrie da un regime obbligatorio sulla base del fatto che la loro competitività sui mercati internazionali può essere negativamente influenzata.

5.   Obiettivo di risparmio energetico

Gli Stati membri dovrebbero stabilire il livello dell’obiettivo di risparmio energetico per il regime obbligatorio in base agli obiettivi strategici complessivi e mirare a trovare un equilibrio tra i progressi compiuti, il costo per i consumatori del conseguimento dell’obiettivo e ciò che è possibile nella pratica sulla base di una valutazione del potenziale di efficienza energetica.

Dovrebbero stabilire l’obiettivo in termini di energia finale (ossia i quantitativi di energia consegnati ai consumatori e utilizzati dagli stessi), a meno che il regime non tratti numerosi combustibili diversi, nel qual caso potrebbe essere più appropriato optare per l’energia primaria.

Dovrebbero esprimere l’obiettivo in unità di energia, a meno che il regime non abbia un obiettivo strategico correlato ad altri obiettivi (ad esempio la riduzione di emissioni di gas a effetto serra), nel qual caso si può valutare la possibilità di utilizzare le unità di CO2-equivalenti.

Dovrebbero definire un intervallo di tempo relativamente lungo per il conseguimento dell’obiettivo, preferibilmente compreso tra 10 e 20 anni. Con un chiaro segnale dell’obiettivo crescente (o stabile) nel corso del tempo, le parti obbligate possono adattare i loro modelli aziendali, ad esempio partendo da misure comportamentali nel primo periodo e passando a tecnologie più complesse di risparmio energetico nei periodi successivi.

Dovrebbero calcolare i risparmi energetici ammissibili nel corso della durata stimata per ciascuna misura di efficienza energetica.

Dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di fissare sotto-obiettivi nei casi in cui il regime disponga di obiettivi strategici che non sono esclusivamente legati al conseguimento di risparmi energetici.

6.   Parti obbligate

Gli Stati membri dovrebbero determinare le parti obbligate nel regime obbligatorio in base alla copertura in termini di combustibili del regime e al tipo di fornitore di energia che dispone dell’infrastruttura e della capacità di gestire l’erogazione e/o l’approvvigionamento di risparmi energetici ammissibili, tenendo presente il requisito (articolo 7 bis, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica) secondo il quale tale designazione delle parti obbligate deve essere basata su criteri oggettivi e non discriminatori.

Dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di limitare l’obbligo ai fornitori di energia di dimensioni maggiori che, di norma, sono in grado di attuare progetti di efficienza energetica presso le stesse installazioni dei clienti o di incaricare terzi a procedere in tal senso. Nei mercati disaggregati dell’energia e del gas, si possono imporre obblighi ai rivenditori al dettaglio di energia e/o ai gestori dei sistemi di distribuzione e trasmissione. Occorrerà decidere quale tipo di fornitore di energia sarà obbligato. Le relazioni esistenti dei rivenditori al dettaglio di energia con i clienti finali possono facilitare l’avvio del regime. I gestori dei sistemi di distribuzione e trasmissione si trovano in una posizione più lontana rispetto ai clienti finali, tuttavia (trattandosi di monopoli regolamentati) può essere più semplice allineare i loro incentivi con gli obiettivi del regime obbligatorio.

Dovrebbero assegnare obiettivi individuali di risparmio energetico a ciascuna parte obbligata in base alla sua quota di mercato delle vendite di energia. Qualora vi siano scorpori per le industrie ad alta intensità energetica, esposte a scambi commerciali e/o altri gruppi specifici di clienti finali, le vendite a questi ultimi possono essere escluse dal calcolo delle quote di mercato.

7.   Regime di conformità

Come parte integrante del regime obbligatorio, gli Stati membri dovrebbero stabilire una procedura affinché le parti obbligate comunichino i risparmi energetici ammissibili prescritti ad un’autorità adeguata, nonché un processo per il controllo e la verifica di tali risparmi.

Dovrebbero stabilire una sanzione da imporre alle parti obbligate che non rispettano i loro obiettivi individuali di risparmio energetico. Dovrebbero definire una sanzione sufficientemente elevata da incentivare i fornitori di energia a conseguire i loro obiettivi.

Dovrebbero valutare se i fornitori di energia dovrebbero essere tenuti a porre rimedio a eventuali ammanchi in termini di risparmio energetico, oltre al pagamento di una sanzione (3).

8.   Incentivi alla prestazione

Gli Stati membri dovrebbero valutare la possibilità di includere nel regime obbligatorio incentivi alla prestazione da aggiudicare alle parti obbligate che superano i loro obiettivi di risparmio energetico. Laddove i fornitori di energia con prestazioni superiori alle previsioni ottengano entrate significative dai pagamenti per incentivi alla prestazione, è importante disporre di solide procedure di misurazione, verifica e comunicazione al fine di assicurare che i pagamenti di incentivi siano giustificati.

9.   Risparmi di energia ammissibili

Gli Stati membri dovrebbero consentire ai fornitori di servizi di attuare progetti di efficienza energetica per produrre risparmi energetici ammissibili. Le parti obbligate possono quindi essere in grado di:

incaricare imprese specializzate, come le società di servizi energetici, dell’attuazione di progetti per loro conto;

contribuire a un fondo nazionale per l’efficienza energetica che supporti l’attuazione di progetti di efficienza energetica; oppure

nel caso di «certificati bianchi» (cfr. sezione sugli scambi di seguito), acquistare risparmi energetici ammissibili verificati conseguiti da soggetti non obbligati accreditati.

10.   Eliminazione di ostacoli ai risparmi energetici

Gli Stati membri non dovrebbero creare o mantenere ostacoli normativi o di altra natura al conseguimento di miglioramenti in materia di efficienza energetica.

Dovrebbero fornire incentivi a progetti o misure politiche in materia di efficienza energetica che possono essere attuati per produrre risparmi di energia ammissibili, garantendo nel contempo che i risparmi possano essere verificati.

Dovrebbero eliminare gli ostacoli, ad esempio:

fornendo incentivi;

abrogando o modificando disposizioni legislative o normative;

adottando linee guida e comunicazioni interpretative; e/o

semplificando le procedure amministrative.

Tutto ciò può essere combinato con azioni di istruzione, formazione e informazione specifica, nonché con assistenza tecnica in materia di efficienza energetica.

Gli Stati membri dovrebbero inoltre valutare gli ostacoli e le azioni intraprese per eliminarli, nonché per condividere i risultati con la Commissione e condividere le migliori prassi nazionali a tale riguardo.

11.   Misure di efficienza energetica ammissibili

Gli Stati membri dovrebbero valutare la possibilità di definire, nel contesto del regime obbligatorio, un elenco esteso e non esclusivo di misure di efficienza energetica con valori di risparmio energetico presunti (nel maggior numero possibile di settori, a seconda dell’obiettivo del regime, in maniera da attivare il mercato dei servizi energetici).

Dovrebbero consentire misure ammissibili non elencate, in maniera da incoraggiare l’innovazione tra le parti obbligate e il conseguimento degli obiettivi strategici da parte delle società di servizi energetici.

12.   Interazione con altre misure politiche

Gli Stati membri dovrebbero valutare le modalità attraverso le quali il regime obbligatorio può interagire positivamente con altre misure politiche come quelle di informazione e finanziamento, che possono entrambe contribuire a consentire ai consumatori di partecipare alla diffusione di misure di efficienza energetica. Ciò può ridurre i costi sostenuti dalle parti obbligate nell’ottemperare ai loro obblighi e consentire la fissazione di obiettivi più ambiziosi.

Dovrebbero assicurare che il doppio conteggio dei risparmi energetici sia evitato nel contesto della comunicazione degli impatti.

Dovrebbero evitare l’adozione delle medesime misure di efficienza energetica con altre misure politiche analoghe, come le vendite all’asta nel contesto dell’efficienza energetica. Ciò determina una concorrenza tra le misure per le opportunità di efficienza energetica disponibili, che determinano un aumento dei costi sostenuti dalle parti obbligate o dai partecipanti alle vendite all’asta.

13.   Valutazione, misurazione, verifica e comunicazione

Come componente integrante del regime obbligatorio, gli Stati membri dovrebbero creare un solido sistema per la misurazione, la verifica e la comunicazione di risparmi energetici e altre attività che contribuiscono agli obiettivi del regime.

Dovrebbero stabilire procedure per valutare se i risparmi siano aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero registrati in assenza del regime obbligatorio.

Dovrebbero assicurare che siano messi in atto processi di monitoraggio e verifica indipendenti dalle parti coinvolte e che le ispezioni in loco siano utilizzate come mezzo di verifica in associazione ai controlli documentali (4).

14.   Scambi di risparmi energetici

Gli Stati membri dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di consentire scambi di risparmi energetici tra parti obbligate e terzi. Lo scopo di tali scambi è ampliare l’insieme di opportunità capaci di produrre risparmi energetici ammissibili, nonché consentire alle forze di mercato di individuare le opportunità più efficaci in termini di costi.

I risparmi energetici possono essere scambiati a livello bilaterale o attraverso un mercato stabilito da un market maker, ossia un intermediario (che può essere l’amministratore del regime, ma di solito non lo è) o più tipicamente un soggetto terzo.

Taluni regimi obbligatori impongono la divulgazione dei prezzi, mentre in altri tale divulgazione è volontaria.

Spesso i risparmi energetici sono scambiati attraverso la creazione e la vendita di «certificati bianchi», tuttavia possono essere scambiati bilateralmente senza la necessità di certificati.

15.   Finanziamenti

Gli Stati membri dovrebbero stabilire un meccanismo appropriato nel regime obbligatorio per consentire il recupero dei costi sostenuti dalle parti obbligate per conseguire i loro obiettivi individuali di risparmio energetico.

16.   Amministrazione del regime

L’amministrazione di un regime obbligatorio dovrebbe includere almeno:

la ripartizione dell’obiettivo di risparmio energetico tra parti obbligate;

l’approvazione di misure di efficienza energetica ammissibili e (ove richiesto) l’assegnazione alle stesse di valori di risparmi energetici;

il monitoraggio, la misurazione e la verifica dei risparmi energetici effettivi, compresa la verifica dei risultati dei progetti di efficienza energetica;

l’ottenimento del rispetto dell’obbligo, tra l’altro, riesaminando la prestazione delle parti obbligate rispetto ai loro obiettivi e amministrando eventuali sanzioni;

se applicabile, l’onere per le parti obbligate di comunicare:

informazioni statistiche aggregate sui loro clienti finali (che evidenzino cambiamenti significativi alle informazioni presentate in precedenza); e

informazioni correnti sul consumo dei clienti finali, compresi, se del caso (pur tutelando l’integrità e la riservatezza di informazioni private e commercialmente sensibili in conformità con il diritto dell’Unione):

profili di carico;

segmentazione; e

localizzazione geografica;

la registrazione della creazione e della proprietà di «certificati bianchi» (se necessario); e

la creazione e la gestione di un mercato di scambio per i risparmi energetici (se necessario).

17.   Risultati del regime

Un aspetto fondamentale per l’istituzione di un regime obbligatorio è costituito dalle modalità di comunicazione dei risultati del regime. Tale attività potrebbe essere svolta pubblicando relazioni annuali sul funzionamento del regime che includano quanto meno dettagli in merito a:

sviluppi del regime registrati nel corso dell’anno;

conformità da parte delle parti obbligate;

risultati rispetto all’obiettivo complessivo di risparmio energetico del regime, nonché una ripartizione dei risparmi per tipo di misure di efficienza energetica;

risultati rispetto a eventuali sotto-obiettivi del regime e requisiti di portafoglio;

risultati relativi a eventuali scambi di risparmi energetici;

costi stimati di conformità da parte delle parti obbligate; e

costi di amministrazione del regime.

18.   Settori di miglioramento

Regimi obbligatori efficaci stabiliscono processi per il miglioramento continuo del funzionamento e dell’amministrazione. Nel contesto di un ciclo continuo di valutazione e sviluppo delle politiche, ciò comprende l’esame delle modalità di individuazione dei settori di miglioramento e di come verranno intraprese azioni specifiche di miglioramento.

19.   «Finanziamenti e prestiti»

Ai sensi dell’articolo 7 bis, paragrafo 6, lettera b), il regime obbligatorio può consentire alle parti obbligate di contabilizzare i risparmi di un determinato anno come se fossero stati ottenuti in uno dei 4 anni precedenti o dei 3 successivi. A seconda del calendario degli obiettivi o dei periodi del regime obbligatorio, tale flessibilità può essere utilizzata per consentire alle parti obbligate di superare il loro obiettivo futuro per compensare il mancato conseguimento dell’obiettivo attuale (prestiti) o viceversa.

Ad esempio, può essere utile affrontare incertezze nel tasso di riuscita delle strategie messe in atto dalle parti obbligate, aspetto rilevante, tra l’altro, per evitare le sanzioni imposte dallo Stato membro ai sensi dell’articolo 13.

Occorre prestare attenzione per evitare di creare cicli discontinui (in caso di crediti eccessivi) o di compromettere il conseguimento di obiettivi futuri (in caso di prestiti eccessivi). Tale aspetto può essere evitato fissando le percentuali massime di obiettivi o risparmi che possono essere oggetto di prestiti o finanziamenti, nonché le durate massime per le quali ciò può essere fatto.


(1)  Adattato da RAP (2014), Best practices in designing and implementing energy efficiency obligation schemes (https://www.raponline.org/knowledge-center/best-practices-in-designing-and-implementing-energy-efficiency-obligation-schemes/) con l’inclusione degli insegnamenti tratti dal progetto ENSPOL (http://enspol.eu/); RAP (Lees, E., Bayer, E.), Toolkit for energy efficiency obligations (2016) (https://www.raponline.org/wp-content/uploads/2016/05/rap-leesbayer-eeotoolkit-2016-feb.pdf)

(2)  Per ulteriori proposte su misure destinate ad alleviare la povertà energetica cfr. appendice V.

(3)  Cfr. anche l’appendice IX sulla rilevanza e l’appendice XII sul monitoraggio e la verifica.

(4)  Cfr. anche l’appendice IX sulla rilevanza e l’appendice XII sul monitoraggio e la verifica.

APPENDICE III

MISURE POLITICHE ALTERNATIVE

L’articolo 7 ter, della direttiva Efficienza energetica consente agli Stati membri di conseguire i loro obiettivi di risparmio energetico mediante l’attuazione di misure politiche alternative. Gli Stati membri che decidono di avvalersi di questa possibilità devono provvedere affinché, fatto salvo l’articolo 7, paragrafi 4 e 5, della direttiva Efficienza energetica, i risparmi prescritti dall’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva siano realizzati presso i clienti finali e le prescrizioni di cui all’allegato V della medesima direttiva (in particolare, la parte 3) siano soddisfatte.

Fatti salvi gli obblighi di legge e la valutazione da parte della Commissione delle misure politiche alternative pianificate ed esistenti notificate dagli Stati membri, il seguente elenco indicativo e non esaustivo delle caratteristiche principali può assistere gli Stati membri nella formulazione di misure alternative (fatta eccezione per il settore dei trasporti (1)).

1.   Regimi e strumenti di finanziamento, incentivi fiscali

1.1.   Sovvenzioni per ristrutturazioni di edifici

Gli Stati membri possono offrire sovvenzioni per la ristrutturazione di edifici, ad esempio a favore del miglioramento dell’efficienza energetica di edifici residenziali esistenti e del miglioramento dei loro impianti di riscaldamento e raffreddamento.

Il livello di tali sovvenzioni può dipendere da:

prestazione energetica da raggiungere (ad esempio una classe specifica di prestazione energetica);

risparmio energetico conseguito; oppure

efficienza dell’impianto di riscaldamento/raffreddamento (2).

La sovvenzione può assumere la forma di un sussidio o di un prestito agevolato.

Le PMI possono costituire un destinatario adatto per tali sovvenzioni. In ogni caso, le sovvenzioni devono essere conformi alle norme in materia di aiuti di Stato.

1.2.   Stipula di contratti

Gli Stati membri possono promuovere la stipula di contratti di rendimento energetico, una forma di servizio energetico basato sul mercato che mira ad attuare misure di efficienza energetica.

Le società forniscono servizi di efficienza energetica quali:

miglioramento della prestazione energetica di edifici;

rinnovo di impianti di riscaldamento o sostituzione di apparecchiature potenzialmente inefficienti; oppure

tecnologie trasversali nell’industria (motori elettrici ecc.).

Le società garantiscono i risparmi energetici e/o monetari delle misure e la compensazione del contraente è legata alle prestazioni delle misure attuate.

1.3.   Riduzione dell’IVA a favore di misure di efficienza energetica

Gli Stati membri possono introdurre un’aliquota IVA ridotta per determinati prodotti, materiali o servizi con l’obiettivo di incoraggiare l’attuazione di misure di efficienza energetica.

Durante l’attuazione di tali misure, occorre prestare particolare attenzione, tra l’altro, alle prescrizioni della direttiva 2006/112/CE relativa alla riduzione dell’aliquota dell’IVA per determinati prodotti e servizi.

1.4.   Ammortamento accelerato delle misure di efficienza

Gli Stati membri possono promuovere riduzioni d’imposta che concedono alle società che versano imposte ammortamenti accelerati per i loro investimenti in prodotti efficienti dal punto di vista energetico. Questo tipo di misura può essere adatto per aumentare l’uso di apparecchiature efficienti dal punto di vista energetico, ad esempio nel settore industriale.

Si potrebbe sviluppare un elenco di prodotti ammissibili basato su criteri tecnologici specifici, in maniera da selezionare soltanto i prodotti più efficienti dal punto di vista energetico disponibili sul mercato. Un tale elenco dovrebbe essere continuamente aggiornato in maniera da rispecchiare gli sviluppi tecnologici e del mercato e includere le tecnologie più recenti.

2.   Fondo nazionale per l’efficienza energetica

Gli Stati membri possono istituire fondi nazionali per l’efficienza energetica per raggruppare diversi tipi di misure politiche. Le disposizioni relative al fondo nazionale per l’efficienza energetica possono comportare sovvenzioni e sussidi a favore di misure di efficienza energetica in diversi settori (ad esempio imprese, famiglie e comuni) e campagne di informazione come misure di accompagnamento.

Per assicurare elevati effetti moltiplicatori, il processo complessivo di concessione deve essere progettato in maniera da essere il più efficiente possibile. Istituire una cooperazione tra il governo e le banche potrebbe costituire un modo efficace per realizzare tale attività. Per essere ammissibili ai sensi dell’articolo 7, i finanziamenti di tali fondi nazionali per l’efficienza energetica devono provenire da fonti pubbliche o da una combinazione di fonti pubbliche e private (ad esempio banche).

Nell’attuazione di un fondo nazionale per l’efficienza energetica, occorre prestare particolare attenzione per evitare possibili sovrapposizioni e il doppio conteggio dei risparmi con altri regimi finanziari.

Nel contesto di un regime obbligatorio le parti obbligate possono contribuire al fondo nazionale per l’efficienza energetica al fine di ottemperare in toto o in parte ai loro obblighi di risparmio.

3.   Regolamentazioni e accordi volontari

Gli Stati membri possono promuovere accordi volontari o regolamentati tra il governo e gli operatori in vari settori. L’obiettivo potrebbe essere quello di migliorare l’attuazione volontaria o vincolante di talune misure tecnologiche od organizzative, come la sostituzione di tecnologie inefficienti.

4.   Livelli minimi di prestazione per i processi industriali

Definire livelli minimi di efficienza potrebbe costituire un mezzo adeguato per ridurre la domanda di energia da parte dell’industria, dato che essi affrontano i principali ostacoli all’adozione di misure di efficienza energetica efficaci in termini di costi nell’industria: l’avversione al rischio e l’incertezza.

Tuttavia, poiché i processi industriali possono essere molto specifici del (sotto)settore, fissare tali livelli potrebbe essere difficile. Inoltre, ai fini dell’efficacia degli strumenti politici concernenti industrie ad alta intensità energetica, i livelli di prestazione dovrebbero essere concepiti con cognizione di possibili interazioni o sovrapposizioni con il sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE.

5.   Regimi di etichettatura energetica

L’etichettatura energetica deve essere aggiuntiva rispetto a quella imposta dal diritto dell’Unione e consentire ai clienti di effettuare scelte informate in base al consumo di energia dei prodotti connessi all’energia. Questo è il motivo per cui vi è un margine di manovra limitato per qualsiasi cosa in aggiunta alle etichette richieste per gli apparecchi ai sensi del regolamento sull’etichettatura energetica o per gli edifici tramite attestati di prestazione energetica.

Di conseguenza l’attenzione è focalizzata sugli usi finali non trattati dal regolamento sull’etichettatura energetica o sui vecchi prodotti connessi all’energia (cfr. sezione seguente), dato che il regolamento riguarda l’etichettatura energetica di prodotti connessi all’energia presenti sul mercato.

6.   Etichettatura di vecchi sistemi di riscaldamento

Questa misura introduce un’etichetta di efficienza per i vecchi sistemi di riscaldamento dotati di una caldaia di riscaldamento di età superiore a una soglia definita. I consumatori vengono informati dello stato di efficienza del loro apparecchio di riscaldamento e possono chiedere consigli in merito all’energia, a offerte e sovvenzioni. L’etichettatura è destinata ad aumentare il tasso di sostituzione dei vecchi apparecchi per il riscaldamento e ad incentivare i consumatori a risparmiare energia.

Oltre all’etichettatura dei nuovi apparecchi di riscaldamento, questa misura dovrebbe accelerare la sostituzione dei vecchi sistemi di riscaldamento inefficienti.

7.   Programmi di formazione e istruzione, compresi programmi di consulenza in materia di energia

Solitamente questi programmi sono misure di accompagnamento che offrono condizioni favorevoli per la riuscita di altre misure alternative (ad esempio regimi di finanziamento). Al fine di evitare il doppio conteggio, è prassi comune comunicare il risparmio energetico soltanto per la misura alternativa per la quale è possibile il monitoraggio diretto dei partecipanti (ad esempio attraverso il processo di approvazione degli aiuti finanziari). Laddove si comunichino direttamente i risparmi energetici per i programmi di formazione e istruzione, occorre prestare particolare attenzione alla giustificazione della rilevanza (3).

8.   Programma di audit energetico per le PMI

Gli audit energetici costituiscono uno strumento importante per individuare le misure per aumentare l’efficienza energetica e ridurre i costi energetici. Determinando i quantitativi di energia consumata negli specifici settori di un’impresa, tali audit individuano risparmi potenziali che possono essere realizzati e possono pertanto avere un vantaggio economico significativo.

Sebbene gli audit energetici possano offrire notevoli risparmi potenziali, in genere non vengono effettuati nelle PMI. Potrebbero essere adottate varie misure (ad esempio campagne di informazione, sovvenzioni o riduzioni d’imposta per questi servizi) in maniera da renderli più interessanti per le PMI.

9.   Reti di apprendimento in materia di efficienza energetica

Questo tipo di misura stabilisce reti specifiche di settore per sostenere l’attuazione di misure di efficienza energetica nelle imprese e produrre una cooperazione e uno scambio di informazioni duraturi tra i partecipanti. In numerosi casi, la cooperazione continua anche dopo la fine dei finanziamenti e ciò ha un impatto sugli sviluppi complessivi dell’efficienza energetica presso le imprese.

10.   Altre misure alternative

10.1.   Vendite all’asta in materia di efficienza energetica

Questa misura determina l’assegnazione di sovvenzioni per progetti di efficienza energetica sulla base di criteri tecnici ed economici (ad esempio dimensioni del progetto, energia risparmiata o potenza ridotta) in un meccanismo di vendita all’asta inverso.

Le vendite all’asta possono essere aperte (specificando soltanto i volumi da risparmiare) o chiuse (specificando un determinato tipo di tecnologia). Potrebbe essere necessario richiedere ai partecipanti di sottoporsi a un audit energetico e/o di monitorare i risparmi in seguito all’attuazione. Requisiti speciali per i fornitori potrebbero contribuire ad affrontare la questione delle famiglie a basso reddito.

10.2.   ETS nazionale per i settori non ETS

Questa misura istituisce un sistema separato di scambio delle quote di emissione a monte (ETS) per determinate parti (ad esempio, trasporto e calore negli edifici) oppure per la totalità dei settori non ancora coperti dall’ETS UE.

Contrariamente a un ETS a valle come l’ETS UE, un ETS a monte tratta le emissioni nella parte superiore della catena del valore, ossia quella delle fonti di energia primaria quali gas naturale, petrolio o suoi derivati come benzina o diesel.

L’effetto viene ottenuto tramite gli stessi meccanismi di un sistema a valle: la fissazione di un quantitativo massimo di emissioni e riduzioni annuali di tale tetto massimo creano una scarsità determinata politicamente a partire dalla quale si formano i prezzi del CO2. Ciò si traduce in incentivi a favore delle misure di riduzione.

10.3.   Imposte sull’energia e sul CO2  (4)

Informazioni su ulteriori tipi di misure alternative sono disponibili nella «funzione di analisi delle misure di successo» del progetto ODYSSEE-MURE (5). Sostegno a favore dell’attuazione e della revisione di solide misure politiche alternative è disponibile nel progetto ENSPOL (6). La banca dati dell’AIE (7) e quella dell’AEA (8) forniscono raccolte di informazioni più generali concernenti misure di efficienza energetica.

In ragione del principio di addizionalità, è fondamentale considerare l’interazione tra le misure di taluni tipi in maniera da evitare il doppio conteggio. La «funzione di analisi delle interazioni tra le politiche» di ODYSSEE-MURE (9) offre una panoramica di tale interazione e il suo effetto di riduzione o crescita. Tale strumento può contribuire alla valutazione degli impatti in caso di combinazione di misure politiche alternative.

Lo studio dell’AIE (10) fornisce informazioni utili sulle modalità possibili per finanziare l’attuazione di misure politiche alternative, compresi gli approcci pubblico-privato.


(1)  Cfr. appendice VII per ulteriori proposte concernenti il settore dei trasporti.

(2)  L’articolo 10, paragrafo 6, della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia impone agli Stati membri di ancorare le rispettive misure finanziarie destinate a migliorare l’efficienza energetica in occasione della ristrutturazione degli edifici ai risparmi energetici perseguiti o conseguiti, attraverso uno o più metodi, quali:

la prestazione energetica dell’apparecchiatura o del materiale utilizzato per la ristrutturazione;

i valori standard per il calcolo dei risparmi energetici negli edifici;

gli attestati di prestazione energetica rilasciati prima e dopo la ristrutturazione stessa;

i risultati di una diagnosi energetica; e

qualsiasi altro metodo pertinente, trasparente e proporzionato.

(3)  Cfr. anche l’appendice IX.

(4)  Cfr. anche l’appendice III per ulteriori dettagli su questo tipo di misura alternativa.

(5)  Banca dati MURE di misure di successo;

http://www.measures-odyssee-mure.eu/successful-measures-energy-efficiency-policy.asp

(6)  http://enspol.eu/

(7)  https://www.iea.org/policiesandmeasures/energyefficiency/

(8)  https://www.eea.europa.eu/themes/climate/national-policies-and-measures/policies-and-measures

(9)  http://www.odyssee-mure.eu/

(10)  https://www.iea.org/publications/freepublications/publication/finance.pdf

APPENDICE IV

MISURE FISCALI

IMPOSTE SULL’ENERGIA O SUL CO2, COMPRESE LE ELASTICITÀ PER RILEVARE LA REATTIVITÀ DELLA DOMANDA

Indipendentemente dal fatto che applichino misure fiscali esistenti (attuate prima di uno dei periodi d’obbligo) o misure fiscali nuove (introdotte nel corso di un determinato periodo), gli Stati membri devono rispettare tutte le prescrizioni di cui all’allegato V, punto 2, lettera a) e punto 4, della direttiva Efficienza energetica.

Essi dovrebbero considerare quanto segue nel calcolo dei risparmi energetici derivanti da misure fiscali attuate come misure politiche alternative a norma dell’articolo 7 ter, della direttiva Efficienza energetica.

1.   Calcolo di base per ciascun anno per il quale è in vigore la misura fiscale

Per calcolare l’impatto sul consumo di energia delle azioni individuali adottate durante il periodo d’obbligo, gli Stati membri devono analizzare il consumo senza considerare l’imposta sull’energia o sul CO2 (consumo controfattuale di energia).

Come stabilito nell’allegato V, punto 4, lettera b), della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri devono applicare l’elasticità al prezzo che rappresenta la reattività della domanda di energia alle variazioni dei prezzi (cfr. sezione 3 di seguito). Si raccomanda di applicare annualmente l’elasticità al prezzo sulla base del consumo energetico osservato, al fine di stimare il consumo controfattuale di energia, tenendo conto delle variazioni effettive percentuali dei prezzi dei clienti finali provocate dalla misura fiscale (cfr. sezione 2).

Il consumo controfattuale di energia deve quindi essere confrontato con il consumo di energia osservato risultante in maniera da fornire una stima della riduzione del consumo di energia a seguito della misura fiscale ogni anno (cfr. figura di seguito).

Image 1

Nota: Δp = variazione del prezzo; δe/δp = elasticità della domanda rispetto ai prezzi.

Fonte: Europe Economics, 2016.

Qualora a gruppi di consumatori finali o a tipi di combustibile distinti si applichino aliquote o esenzioni fiscali distinte, occorre calcolare separatamente il consumo controfattuale di energia per ciascun gruppo o tipo.

2.   Calcolo delle variazioni percentuali dei prezzi applicati ai clienti finali

La differenza (delta) tra il livello di tassazione di uno Stato membro e i livelli minimi previsti dal diritto dell’UE stabilisce il livello di imposta ammissibile per unità di energia per la contabilizzazione dei risparmi energetici. Occorre compiere uno sforzo per comprendere e giustificare la misura in cui l’imposta in questione viene trasferita ai consumatori finali, nonché eventuali esenzioni o variazioni delle aliquote fiscali per determinati gruppi di consumatori finali o tipo di energia, tenendo conto anche di eventuali sovvenzioni parallele.

In caso di variazione delle aliquote, occorre condurre analisi separate per ciascun gruppo e tipo di energia. L’impatto sui prezzi praticati ai consumatori finali dovrebbe essere espresso come la variazione percentuale rispetto al prezzo dell’energia comprensivo dell’imposta.

Qualora si riconosca un’indennità a favore delle famiglie a basso reddito (per alleviare l’impatto di un aumento delle imposte), occorre stimare l’aumento ponderato dell’imposta trasferito ai consumatori finali. Ad esempio, se l’aumento dei prezzi dell’energia dovuto all’imposizione di un’imposta è pari a 1 EUR/kWh e il 30 % dei consumatori interessati riceve un’indennità pari a 0,2 EUR/kWh, l’aumento ponderato sarà pari a:

1 EUR/kWh × 70 % + [(1 EUR/kWh – 0,2 EUR/kWh) × 30 %) = 0,94 EUR/kWh

Queste stime possono essere fatte attraverso studi nazionali sulle variazioni dei prezzi dell’energia dovute a imposte, sovvenzioni, esenzioni fiscali o costi dell’energia primaria (combustibile) per l’intero anno in questione.

3.   Calcolo delle elasticità al prezzo

Le elasticità al prezzo sono stimate applicando la modellizzazione econometrica alle variabili che incidono sulla domanda di energia, al fine di isolare l’impatto delle variazioni dei prezzi dell’energia. Per assicurare che le stime presentino buone proprietà statistiche e che tutte le variabili esplicative pertinenti siano incluse nel quadro di modellizzazione, occorre disporre di una serie temporale sufficientemente lunga (almeno 15-20 anni, utilizzata per il calcolo delle elasticità a lungo termine) oppure di un ampio spaccato degli Stati membri. Per le elasticità a breve termine che descrivono cambiamenti comportamentali nel breve termine, è sufficiente un periodo di osservazione di 2-3 anni.

Le variabili esplicative pertinenti dipendono dal settore soggetto alla misura fiscale. Nel settore residenziale, ad esempio, il modello dovrebbe tenere conto dei seguenti aspetti:

reddito (se del caso, ripartito in gruppi regionali o di reddito);

popolazione;

superficie coperta;

sviluppi tecnologici;

tasso autonomo di miglioramento dell’efficienza energetica; e

necessità di riscaldamento e raffreddamento (attraverso una variabile di temperatura).

L’inclusione di altre misure politiche nell’analisi consentirà di valutare potenziali sovrapposizioni e di distinguere il loro contributo distinto ai risparmi energetici conseguiti (cfr. sezione 4).

Le elasticità al prezzo stimate varieranno nel tempo. Nel breve termine, all’inizio del periodo d’obbligo 2021-2030 o nel momento in cui viene introdotta una nuova misura politica, esse saranno più limitate. Tale circostanza rispecchia le opzioni limitate (ad esempio misure comportamentali indicative o decisioni di sostituzione di combustibili) che i consumatori affrontano nel momento in cui si adattano alla variazione dei prezzi. Col tempo le elasticità si amplificano, poiché sempre più consumatori decidono di investire sui prezzi più alti, che offrono migliori rendimenti sugli investimenti in beni e servizi più efficienti.

Per le misure fiscali vigenti, gli impatti delle azioni di efficienza energetica nel periodo d’obbligo dovrebbero essere isolati dagli impatti delle azioni intraprese in periodi precedenti. In particolare, le decisioni di investimento nel periodo 2014-2020 basate sui prezzi dell’energia incrementati dall’imposizione di una tassa dovrebbero essere detratte dalle dichiarazioni di risparmi energetici per il periodo 2021-2030.

Laddove le aliquote fiscali differiscono a seconda dei tipi di combustibile, è opportuno stimare le elasticità incrociate sui prezzi (ossia misurando gli effetti di un prezzo sulla domanda di un altro combustibile) per tener conto della sostituzione dei tipi di combustibile che sono diventati relativamente più costosi (grazie alla tassazione) rispetto a quelli che non hanno subito tale variazione. Un esempio di elasticità incrociata sul prezzo misura la reattività della domanda di combustibile diesel alle variazioni del prezzo della benzina.

4.   Sovrapposizione con altre misure politiche

Le elasticità sono stimate su periodi lunghi al fine di integrare gli effetti della misura fiscale e quelli di altre misure politiche storiche. Inoltre, spesso, le misure fiscali e di altra natura si integrano a vicenda; ad esempio, i regimi di sovvenzione facilitano l’adattamento dei consumatori finali a prezzi più alti e le misure fiscali rendono i regimi di sovvenzione più interessanti per i consumatori finali.

Ciò significa che le elasticità di più lungo termine integreranno i risultati delle misure politiche di sostegno attuate nel periodo di stima, ossia più le altre misure sono ambiziose ed efficaci, maggiori saranno le elasticità.

Dato l’elevato grado di sovrapposizione tra le misure fiscali e le altre misure politiche, si raccomanda l’uso di uno dei seguenti approcci:

stimare l’impatto della misura fiscale in materia di energia o CO2 utilizzando soltanto elasticità a breve termine per tutto il periodo d’obbligo (ad esempio 2021-2030) e stimare gli impatti di altre misure politiche separatamente con approcci dal basso verso l’alto; oppure

stimare l’impatto della misura fiscale in materia di energia o CO2 utilizzando elasticità a breve termine nel 2021 (o se la misura è introdotta dopo il 2021, dal momento in cui è stata introdotta) e passare gradualmente ad elasticità di lungo termine fino al 2030. In questo caso, i risparmi energetici derivanti da altre misure politiche che incidono sull’uso di energia finale tassato dovrebbero essere sottratti, in quanto risultanti da approcci dal basso verso l’alto in linea con i requisiti tecnici della direttiva Efficienza energetica, comprese le azioni individuali autonome (cfr. figura seguente):

Image 2

I medesimi approcci possono essere utilizzati per il periodo d’obbligo 2014-2020.

5.   Sovrapposizioni con il diritto dell’UE

5.1.   Sovrapposizioni con i livelli di prestazione in materia di emissioni per le autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi (regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011)

Gli impatti di misure fiscali in materia di energia o CO2 sul consumo di energia delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri possono essere calcolate utilizzando un’analisi di regressione che mette in correlazione i prezzi dell’energia (compreso l’effetto dell’aumento delle imposte) con le vendite di autovetture nuove e di veicoli commerciali leggeri nuovi che superano i livelli minimi di prestazione in materia di emissioni dell’UE. Nell’analisi di regressione si devono utilizzare i valori nazionali. Lo studio nazionale può stimare la percentuale delle vendite che corrisponde all’effetto fiscale e i risparmi energetici possono essere stimati dal basso verso l’alto tenendo conto del criterio di addizionalità.

5.2.   Sovrapposizioni con le prescrizioni per il ritiro dal mercato di taluni prodotti connessi all’energia (misure di attuazione ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile)

Gli impatti delle misure ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile possono essere calcolati tramite un’analisi di regressione che mette in correlazione i prezzi dell’energia (compreso l’effetto dell’aumento delle imposte) con le vendite di prodotti che superano i livelli minimi previsti dalla direttiva. Con questo approccio delle serie temporali, è possibile introdurre anche variabili fittizie per rilevare gli impatti delle norme di prodotto sul consumo di energia. In ogni caso, la stima dal basso verso l’alto dei risparmi energetici dovrebbe assicurare che l’addizionalità sia presa in considerazione.

6.   Prescrizioni relative alle risorse

Stimare le elasticità richiede esperienza nella modellizzazione. In assenza di squadre interne di modellizzazione che dispongano delle capacità necessarie, gli Stati membri dovrebbero assicurare l’esecuzione di studi metodologicamente rigorosi e trasparenti con l’obiettivo di produrre stime sulla base di fonti di dati ufficiali recenti e rappresentativi. Essi dovrebbero altresì assicurare di avere accesso a tutti i dati, le ipotesi e le metodologie necessari per conformarsi agli obblighi di comunicazione di cui all’allegato V, punto 5, lettera k).

Laddove siano disponibili dati insufficienti per produrre stime attendibili delle elasticità, al fine di produrre approssimazioni si possono utilizzare i risultati di esercizi di modellizzazione analoghi con gruppi mirati di consumatori finali o tipi mirati di combustibili. La scelta di stime comparabili dovrebbe essere ben giustificata ed essere desunta, tra l’altro, da:

risultati ottenuti dalla letteratura accademica, pubblicati in una rivista riconosciuta e soggetta a valutazione inter pares che si avvale di dati e modelli recenti che riflettono il panorama politico attuale; e

risultati di regressione per un particolare settore in uno Stato membro analogo (occorre fornire una giustificazione chiara per la scelta dello Stato membro).

Come opzione finale e soltanto qualora sia possibile documentare che le opzioni di cui sopra sono impossibili da realizzare, è possibile applicare i risultati di un settore ad altri settori, laddove opportuno. Anche in questo caso occorre fornire una chiara giustificazione.

APPENDICE V

ALLEVIARE LA POVERTÀ ENERGETICA

ESEMPI INDICATIVI E NON ESCLUSIVI DI MISURE POLITICHE CHE ALLEVIANO LA POVERTÀ ENERGETICA

La maggior parte degli Stati membri ha attuato politiche destinate ad alleviare la povertà energetica che possono essere considerate misure politiche che affrontano il consumo energetico di un gruppo destinatario specifico, ossia le famiglie vulnerabili, le famiglie in condizioni di povertà energetica o quelle che vivono in alloggi sociali. Si dividono in due gruppi per quanto concerne la loro rilevanza ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1 e dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica:

le politiche sociali che trattano il consumo di energia — sono politiche finalizzate alla rapida attenuazione degli effetti della povertà energetica, ma non si occupano dell’efficienza energetica. Esempi sono: esenzioni dal pagamento di bollette energetiche, pagamenti diretti, tariffe ridotte e pagamenti di contributi di sicurezza sociale. Tali politiche non sono pertinenti nel contesto dell’articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica, ai sensi del quale per adempiere all’obbligo di risparmio energetico sono ammissibili soltanto le misure politiche attuate (ad esempio riducendo il consumo di energia); e

le politiche di efficienza energetica specificamente rivolte a famiglie a basso reddito, attraverso un componente specifico oppure concentrandosi soltanto su tale gruppo — sono politiche pertinenti nel contesto dell’articolo 7, paragrafo 11, della direttiva Efficienza energetica in quanto mirano ad eliminare gli ostacoli e incentivare gli investimenti a favore dell’efficienza energetica e ad alleviare la povertà energetica.

La tabella che segue offre una panoramica di taluni tipi di politica di efficienza energetica rivolti alle famiglie a basso reddito, già attuati in diversi Stati membri. Gli esempi sono indicativi e non esaustivi.

Esempi indicativi di politiche destinate ad alleviare la povertà energetica  (1)

Tipo di politica

Politica di efficienza energetica rivolta alle famiglie a basso reddito

Stati membri interessati (2)

Misure adottate nel contesto di regimi obbligatori (articolo 7 bis della direttiva Efficienza energetica)

Strumento basato sul mercato

Obiettivo specifico relativo alla povertà energetica (o alle famiglie a basso reddito) oppure fattore di premio per le azioni attuate a favore delle famiglie a basso reddito

AT, FR, IE, UK

Misure adottate nel contesto di misure politiche alternative (articolo 7 ter della direttiva Efficienza energetica)

Regimi e strumenti di finanziamento

Incentivi per ristrutturazioni di edifici efficienti dal punto di vista energetico, focalizzati ad esempio sulle famiglie a basso reddito o su abitazioni con le classi energetiche peggiori (ad esempio G e F) o che offrono tariffe più incentivanti in base a criteri di reddito o sociali

BE, BG, CY, DE, DK, EL, ES, FR, IE, LT, LV, MT, NL, RO, SI, UK

Regimi e strumenti di finanziamento

Incentivi per sostituzioni di apparecchi, focalizzati ad esempio sulle famiglie a basso reddito o che offrono tariffe più incentivanti in base a criteri di reddito o sociali

AT, BE, DE, HU

Incentivi fiscali

Credito/riduzione dell’imposta sul reddito, che offre ad esempio tariffe più incentivanti in base a criteri di reddito o sociali

EL, FR, IT

Formazione e istruzione

Campagne di informazione e centri di informazione

AT, DE, FR, IE, HU, MT, SI, UK

Formazione e istruzione

Audit energetici (3)

BE, DE, FR, IE, LV, SI

Queste politiche sono attuate come componente specifico nel contesto di un regime obbligatorio e come tipi selezionati di misure politiche alternative (4). Gli strumenti finanziari costituiti da prestiti e sovvenzioni per ristrutturazioni di edifici sono le misure più ampiamente adottate per promuovere l’efficienza energetica presso le famiglie a basso reddito. Sono in atto anche politiche di sostituzione degli apparecchi e misure informative, tuttavia soltanto presso pochi Stati membri. Inoltre, taluni Stati membri hanno introdotto programmi specifici di audit energetico rivolti alle famiglie a basso reddito.

Per esempi più dettagliati di politiche in materia di efficienza energetica rivolte alle famiglie a basso reddito si possono consultare le seguenti fonti:

Osservatorio della povertà energetica dell’UE:

https://www.energypoverty.eu/policies-measures

Banca dati MURE nel contesto del progetto Orizzonte 2020 ODYSSEE-MURE:

http://www.measures-odyssee-mure.eu/

Energy efficiency for low-income households (studio realizzato per la commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo):

http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/595339/IPOL_STU(2016)595339_EN.pdf


(1)  Ugarte, S. et al., Energy efficiency for low-income households (studio realizzato per la commissione ITRE, 2016;

http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2016/595339/IPOL_STU(2016)595339_EN.pdf

(2)  Stato a metà del 2016.

(3)  Il tipo di politica «Formazione e istruzione» è il tipo generale di intervento politico. Il tipo di politica di efficienza energetica «audit energetici» è un possibile sottotipo di tale categoria. Gli audit energetici per le famiglie a basso reddito mirano, ad esempio, a informarle sulle fonti del consumo energetico e ad istruirle su come possono ottimizzare o ridurre tali fonti in maniera efficiente. Inoltre, taluni di questi programmi comprendono la formazione di disoccupati per farli diventare consulenti in materia di efficienza energetica (ad esempio, caso del programma Caritas in Germania).

(4)  Di conseguenza, le spiegazioni generali di cui alle appendici II (regimi obbligatori) e III (misure politiche alternative) sono pertinenti anche in questa sede.

APPENDICE VI

CALCOLO DEI RISPARMI ENERGETICI DERIVANTI DA MISURE COMPORTAMENTALI

Il concetto «misure comportamentali» comprende qualsiasi tipo di misura politica o intervento che mira a conseguire risparmi energetici modificando il comportamento dei clienti finali, ossia il modo in cui essi utilizzano l’energia, prodotti (ad esempio elettrodomestici, dispositivi tecnici, veicoli) o sistemi (ad esempio in edifici residenziali e non residenziali) che consumano energia. Tali misure possono comprendere consulenza energetica, campagne di informazione mirate, visualizzazione dei consumi di energia o riscontro in merito agli stessi in tempo reale, formazione alla guida ecologica, campagne a sostegno del risparmio di energia sul posto di lavoro ecc.

Le misure comportamentali richiedono una valutazione specifica, poiché la rilevanza di un cambiamento di comportamento è più difficile da provare rispetto, ad esempio, all’installazione di una soluzione tecnica. Inoltre, i cambiamenti di comportamento possono essere altamente reversibili, di conseguenza è più difficile determinare la durata delle misure e il volume dei risparmi nel corso del tempo.

1.   Approcci di valutazione

1.1.   Studi controllati randomizzati

Al fine di superare le difficoltà di cui sopra, si raccomanda agli Stati membri di utilizzare, se del caso, l’approccio degli studi controllati randomizzati (1) che comporta la raccolta di dati sul consumo di energia misurato o monitorato prima e dopo l’intervento o gli interventi. Confrontando le variazioni (prima/dopo) il consumo di energia tra il gruppo soggetto al trattamento e il gruppo di controllo, è possibile verificare se i risparmi energetici effettivi si avvicinano alle previsioni.

Si raccomanda di effettuare esperimenti con questo approccio prima di attuarlo su larga scala, in maniera da consentire:

un confronto tra varianti;

miglioramenti in termini di progettazione ed efficacia; e

una valutazione rigorosa degli effetti.

1.2.   Approcci quasi sperimentali

Laddove non sia possibile attuare l’approccio degli studi controllati randomizzati, un’alternativa è costituita da un approccio quasi sperimentale (2) nel contesto del quale un gruppo di trattamento viene confrontato con un gruppo di confronto. La differenza principale rispetto agli studi controllati randomizzati consiste nel fatto che gli individui non vengono assegnati in maniera casuale ai gruppi. Di conseguenza, è necessario controllare o ridurre al minimo possibili distorsioni in termini di campionamento o selezione, ad esempio mediante metodi di abbinamento. È altresì importante documentare le prove statistiche impiegate per verificare la validità e l’importanza dei risultati.

1.3.   Misurare o monitorare il consumo di energia

Laddove non sia possibile utilizzare uno degli approcci di cui sopra, è possibile valutare il risparmio energetico misurando o monitorando il consumo di energia da parte dei partecipanti prima e dopo l’intervento. Questo approccio è più facile da attuare, tuttavia, è soggetto a maggiore incertezza in ragione della difficoltà di isolare le variazioni dovute all’intervento rispetto a quelle dovute ad altri fattori. Di conseguenza è necessario spiegare come si è tenuto conto di altri fattori (ad esempio normalizzando il consumo di energia per le condizioni meteorologiche) e come vengono gestite le incertezze (ad esempio utilizzando ipotesi prudenti).

2.   Metodo dei«risparmi energetici previsti»per il calcolo dell’impatto

Le valutazioni che utilizzano uno degli approcci sopra riportati forniscono risultati che possono quindi essere utilizzati come parametro di riferimento per «risparmi previsti» (cfr. allegato V, punto 1, lettera a)], a condizione che tali risparmi siano utilizzati per il medesimo tipo di intervento (stesse condizioni di attuazione) e gruppi destinatari analoghi. I risultati delle misure comportamentali possono variare notevolmente a seconda del tipo di intervento (e delle condizioni di attuazione) e del tipo di gruppo destinatario, di conseguenza, i risultati ottenuti per un dato tipo di intervento per un determinato gruppo destinatario non possono essere estrapolati per applicarli a un altro tipo di intervento o un altro gruppo.

Si riporta di seguito un esempio di una formula di calcolo generale che utilizza i risparmi previsti per il caso delle misure comportamentali:

Formula

Il numero di partecipanti può essere ottenuto:

direttamente attraverso un sistema di monitoraggio (ad esempio, nel contesto del quale i partecipanti si registrano per il programma o segnalano le loro azioni); oppure

attraverso indagini su tutta la popolazione destinataria, nel qual caso il metodo di campionamento deve spiegare come è garantito che il campione sia rappresentativo, per consentire l’estrapolazione all’intera popolazione.

Il «consumo unitario di energia finale» (ossia per partecipante) può essere ottenuto:

direttamente dai dati comunicati dai partecipanti (ad esempio, bollette energetiche, automisurazione); oppure

stimando il consumo medio di energia per partecipante per il gruppo destinatario (ad esempio sulla base di statistiche nazionali o di studi precedenti), nel qual caso è necessario spiegare in che modo si garantisce che il consumo medio di energia sia rappresentativo del consumo di energia nel gruppo destinatario.

L’ «indice di risparmio previsto» è una percentuale dell’energia risparmiata in base a valutazioni precedenti (cfr. gli approcci di cui sopra). È necessario spiegare in che modo si garantisce che le condizioni dell’intervento per il quale viene utilizzato tale indice siano simili a quelle per le quali è stato ottenuto il parametro di riferimento.

Il «fattore del doppio conteggio» (in %) si applica quando la misura politica viene attuata ripetutamente, rivolgendosi al medesimo gruppo senza monitoraggio diretto dei partecipanti. Tiene conto del fatto che una parte delle persone interessate dalla misura politica sarà già stata influenzata nelle attuazioni precedenti (sovrapposizione degli effetti).

Nel caso di una misura politica con un approccio mirato e di monitoraggio diretto dei partecipanti (ad esempio un regime di formazione), il doppio conteggio dei partecipanti può essere rilevato direttamente e, di conseguenza, potrebbe non essere necessario applicare un fattore di doppio conteggio.

Analogamente, se la durata del risparmio energetico viene considerata come la durata tra due attuazioni della misura politica (ad esempio due campagne di comunicazione), non vi è alcun rischio di doppio conteggio (3).


(1)  L’approccio degli studi controllati randomizzati, comunemente impiegato nelle scienze della salute, consiste nell’assegnare casualmente individui (selezionati dall’intera popolazione di destinatari) a gruppi di trattamento o a un gruppo di controllo. I gruppi di trattamento saranno soggetti all’intervento (trattamento) oggetto di valutazione, mentre il gruppo di controllo non lo sarà. Si presume che l’assegnazione casuale degli individui ai singoli gruppi fornisca condizioni rigorose per un confronto nel contesto del quale l’unica differenza statisticamente significativa tra i gruppi è se ricevono o meno il trattamento. È possibile utilizzare gruppi di trattamento diversi quando l’obiettivo è confrontare tipi diversi di intervento.

Per orientamenti dettagliati sull’approccio agli studi controllati randomizzati, cfr. ad esempio:

Vine, E., Sullivan, M., Lutzenhiser, L., Blumstein, C., & Miller, B. (2014), «Experimentation and the evaluation of energy efficiency programs», Energy Efficiency, 7(4), 627-640;

Frederiks, E. R., Stenner, K., Hobman, E. V., & Fischle, M. (2016), «Evaluating energy behavior change programs using randomised controlled trials Best practice guidelines for policymakers», Energy research & social science, 22, 147-164.

(2)  Per ulteriori informazioni sull’approccio quasi sperimentale, cfr. ad esempio:

Hannigan, E., & Cook, J. (2015), ‘Matching and VIA: quasi-experimental methods in a world of imperfect datà, Proceedings of IEPEC 2015 (https://www.iepec.org/wp-content/uploads/2018/02/2015paper_hannigan_cook-1.pdf);

Voswinkel, F., Broc, J.S., Breitschopf, B., & Schlomann, B. (2018), Evaluating NET energy savings — a topical case study of the EPATEE project, finanziato dal programma Orizzonte 2020 (https://epatee.eu/sites/default/files/files/epatee_topical_case_study_evaluating_net_energy_savings.pdf).

(3)  Cfr. appendice VIII per ulteriori dettagli sulla questione della durata.

APPENDICE VII

POLITICHE DEL SETTORE DEI TRASPORTI CHE VANNO OLTRE QUANTO IMPOSTO DAL DIRITTO DELL’UNIONE

Nel settore dei trasporti, le politiche nazionali, regionali e locali (oltre alle misure fiscali in materia di energia/CO2) possono generare risparmi energetici:

riducendo la necessità di viaggiare;

passando a modalità di viaggio più efficienti dal punto di vista energetico; e/o

migliorando l’efficienza dei modi di trasporto.

1.   Misure destinate a promuovere veicoli stradali più efficienti dal punto di vista energetico

1.1.   Aumento dell’efficienza media delle flotte di veicoli nuovi

Le misure politiche che promuovono l’acquisto di veicoli nuovi più efficienti comprendono:

incentivi finanziari o regolamenti per l’acquisto di veicoli elettrici o di altro tipo efficienti dal punto di vista energetico;

altri incentivi quali il trattamento preferenziale su strada o per il parcheggio; e

tassazione dei veicoli basata sulle emissioni di CO2 o su criteri di efficienza energetica.

Tuttavia, è probabile che i risparmi energetici siano limitati a veicoli non rientranti nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni, inoltre i risparmi energetici derivanti dagli appalti pubblici devono essere aggiuntivi rispetto a quelli richiesti dalla direttiva riveduta sui veicoli puliti.

La direttiva riveduta sui veicoli puliti impone agli Stati membri di assicurare che gli appalti pubblici concernenti determinati veicoli adibiti al trasporto su strada rispettino gli obiettivi minimi per gli appalti riguardanti veicoli puliti e ad emissioni zero, nel corso dei due periodi di riferimento (dall’entrata in vigore fino al 31 dicembre 2025 e dal 1o gennaio 2026 al 31 dicembre 2030). Nel considerare i risparmi energetici derivanti da misure politiche volte a promuovere gli appalti pubblici di veicoli più efficienti, gli Stati membri dovrebbero dimostrare l’addizionalità di tali risparmi rispetto a quelli derivanti dalle prescrizioni della direttiva sui veicoli puliti; questo potrebbe essere il caso, ad esempio, se le misure politiche determinano una percentuale più elevata di veicoli puliti negli appalti pubblici rispetto a quanto previsto dalla direttiva. Poiché gli obiettivi minimi per gli appalti di cui alla direttiva sui veicoli puliti non sono definiti per singoli anni, bensì per un periodo pluriennale, i risparmi derivanti da tale tipo di misura dovrebbero essere contabilizzati nell’ultimo anno di ciascun periodo, al fine di consentire una valutazione significativa della loro addizionalità e di rispettare la flessibilità fornita alle singole autorità pubbliche nel contesto della direttiva sui veicoli puliti (1).

Dato che l’allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica richiede che i risparmi energetici siano aggiuntivi rispetto a quelli derivanti dall’attuazione di disposizioni imperative del diritto dell’Unione e, in relazione agli esistenti livelli di prestazione in materia di emissioni, gli Stati membri devono valutare attentamente il diritto dell’Unione esistente, compresi i regolamenti (CE) n. 443/2009, (UE) n. 510/2011 ed (UE) 2019/631 (livelli di prestazione in materia di emissioni per autovetture nuove e veicoli commerciali leggeri nuovi).

I regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011 impongono ai fabbricanti di autovetture e veicoli commerciali leggeri di assicurare, rispettivamente, che le emissioni specifiche medie di CO2 dei loro veicoli non superino l’obiettivo specifico per le emissioni, determinato conformemente all’allegato I dei regolamenti o di eventuali deroghe loro concesse. Il regolamento (UE) 2019/631 impone a ciascun costruttore di autovetture e/o veicoli commerciali leggeri di assicurare che le sue emissioni specifiche medie di CO2 non superino i suoi obiettivi specifici per le emissioni tra il 2025 e il 2030, determinati conformemente all’allegato I di detto regolamento oppure, nel caso in cui un costruttore benefici di una deroga concessa, conformemente a tale deroga.

Tutti e tre i regolamenti consentono ai costruttori di decidere come conseguire i loro obiettivi e di calcolare le emissioni come media rispetto alla loro flotta di veicoli nuovi, piuttosto che rispettare obiettivi in termini di emissioni di CO2 per ciascun veicolo. Inoltre, i produttori possono costituire un raggruppamento su base aperta, trasparente e non discriminatoria. Gli obiettivi dei singoli costruttori sono sostituiti da un obiettivo comune che deve essere conseguito collettivamente dai membri.

Se uno Stato membro introduce misure politiche nazionali, i costruttori dovrebbero adeguare le loro strategie di prezzo in tutti i mercati dell’UE per conseguire i loro obiettivi a livello dell’UE. Gli Stati membri dovrebbero dimostrare che i risparmi energetici attribuiti a tali misure non si sono limitati semplicemente a sostituire gli sforzi richiesti dai costruttori e hanno portato a risultati superiori negli anni-obiettivo o al di là di una traiettoria ragionevole per le emissioni tra gli anni-obiettivo (2021, 2025 e 2030). I risparmi energetici associati ai veicoli nuovi rientranti nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni potrebbero essere generati da misure che incentivano la sostituzione anticipata (cfr. sezioni 1.2 e 1.3).

Si prevede che la futura normativa dell’Unione sugli autocarri avrà un effetto analogo sulla capacità di generare risparmi energetici ammissibili attraverso la sostituzione dei veicoli (2). La legislazione proposta imporrebbe a ciascun costruttore di grandi autocarri di assicurare che le emissioni specifiche medie di CO2 non superino il suo obiettivo specifico per le emissioni dal 2025. È probabile che una proposta di revisione della futura normativa dell’Unione in materia di veicoli pesanti consideri la fissazione di obiettivi nel 2030 per i grandi autocarri, i piccoli autocarri, gli autobus e i pullman.

Per i veicoli non rientranti nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni (ad esempio motocicli, piccoli autocarri, autobus, pullman (e fino al 2025, grandi autocarri)], i risparmi annui possono essere calcolati confrontando il consumo annuale di energia dei veicoli acquistati a seguito di una misura con il consumo medio annuale di energia del veicolo medio sul mercato nella stessa classe di veicolo (definita in termini di dimensioni e potenza).

Esempio indicativo (classe di veicolo non rientrante nei livelli unionali di prestazione in materia di emissioni)

TFES = ∑n_interessati × (FEC_medio – FEC_interessati)

dove:

TFES

=

risparmio energetico annuo finale (lordo);

n_interessati

=

numero di veicoli acquistati a seguito del programma;

FEC_medio

=

consumo di energia finale (FEC, final energy consumption, acronimo italiano CEF) annuo medio del mercato; e

FEC_interessati

=

consumo di energia finale annuo medio dei veicoli acquistati a seguito del programma.

1.2.   Aumento del tasso di sostituzione di veicoli meno efficienti nelle flotte con veicoli più efficienti

Le misure politiche che aumentano il tasso di diffusione di veicoli più efficienti comprendono programmi di rottamazione dei veicoli e misure politiche di sostituzione della flotta. Altre misure che incentivano la diffusione di veicoli più efficienti (cfr. sezione 1.1) possono anticipare gli acquisti nel tempo, ad esempio nei casi in cui gli incentivi finanziari sono limitati nel tempo.

L’allegato V, punto 2, lettera f), della direttiva Efficienza energetica precisa che, è possibile accreditare appieno le misure politiche che accelerano la diffusione di veicoli più efficienti «purché si dimostri che tale diffusione ha luogo prima della fine del ciclo di vita medio previsto dei […] veicoli, oppure più rapidamente rispetto al tasso normale di sostituzione».

Di conseguenza, il calcolo del risparmio energetico dovrebbe essere diviso in due parti:

i)

calcolo del risparmio totale (per il numero di anni fino alla normale fine del ciclo di vita del vecchio veicolo o fino alla data di normale sostituzione del veicolo); e

ii)

per il ciclo di vita residuo del veicolo nuovo dopo la fine prevista o la normale sostituzione del vecchio veicolo, calcolo del risparmio tenendo conto dell’addizionalità.

Si prevede che la sostituzione dei veicoli più inefficienti con i cicli di vita previsti medi più lunghi generi i risparmi energetici maggiori. Gli Stati membri dovrebbero descrivere nei PNEC il metodo utilizzato per stimare le durate medie e il metodo da cui è stata ricavata tale stima, nonché le indagini per assicurare la solidità della metodologia. A tale riguardo, potrebbero fornire prove sul ciclo di vita medio previsto dei veicoli oggetto di politiche di diffusione accelerata, ad esempio statistiche sulla rottamazione dei veicoli. Qualora la politica sia rivolta a veicoli più vecchi rispetto al ciclo di vita medio previsto, potrebbero essere necessarie indagini per individuare i corrispondenti cicli di vita medi previsti.

Esempio indicativo di calcolo del risparmio energetico derivante dalla sostituzione anticipata (veicolo non rientrante nei livelli unionali di prestazione in materia di emissioni)

La figura che segue illustra un campione di calcolo del risparmio energetico (unità arbitrarie) in caso di sostituzione anticipata di un veicolo non rientrante nei livelli unionali di prestazione in materia di emissioni (ad esempio, un motociclo) in una classe di mercato di massa con un ciclo di vita stimato di 15 anni.

Si presume che il veicolo medio di questa classe nel parco veicoli consumi 100 unità e venga sostituito alla fine del settimo anno (ossia la sostituzione del veicolo viene anticipata di 8 anni). Si presume che il consumo di riferimento medio del mercato sia pari a 80 unità e il consumo della soluzione efficiente sia pari a 60 unità. I risparmi energetici aggiuntivi ammontano pertanto a (100-60) × 8 + (80-60) × 7 = 460 unità.

In questo esempio, in assenza di dati sul consumo effettivo dei veicoli sostituiti, si utilizza il consumo medio del parco veicoli come riferimento rispetto al quale vengono calcolati i risparmi per i primi 8 anni; il consumo di riferimento medio del mercato nel momento in cui viene effettuato l'acquisto sostitutivo è considerato lo scenario di base per il calcolo dei risparmi energetici per il resto del ciclo di vita presunto del veicolo sostitutivo.

Image 3

Per le autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi, rientranti nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni in seguito all’attuazione dei regolamenti (CE) n. 443/2009, (UE) n. 510/2011 e (UE) 2019/631, il consumo di energia associato alle emissioni medie di CO2 nell’anno di acquisto dovrebbe essere utilizzato come valore di riferimento per i veicoli sostitutivi. Ciò tiene conto degli effetti di compensazione sugli sforzi che i costruttori dovrebbero compiere per conseguire i loro obiettivi vincolanti, come richiesto dall’allegato V, punto 2, lettera b), il quale stabilisce che i risparmi energetici devono essere aggiuntivi rispetto a quelli derivanti dall’attuazione di disposizioni imperative del diritto dell’Unione.

Si prevede che la futura normativa dell’Unione sugli autocarri potrà avere un effetto analogo sulla capacità di generare risparmi energetici ammissibili attraverso la sostituzione di veicoli (3).

Esempio di calcolo del risparmio energetico derivante dalla sostituzione anticipata (veicoli rientranti nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni)

La figura che segue illustra un calcolo del risparmio energetico (unità arbitrarie) in caso di sostituzione anticipata di un veicolo rientrante nei livelli UE di prestazione in materia di emissioni (ad esempio, un’autovettura) in una classe di mercato di massa con un ciclo di vita stimato di 15 anni. Si presume che il veicolo medio del parco veicoli per la classe in questione consumi 100 unità e venga sostituito alla fine del settimo anno (ossia la sostituzione del veicolo viene anticipata di 8 anni).

Si presume che il consumo di riferimento medio del mercato sia pari a 80 unità e il consumo della soluzione efficiente sia pari a 60 unità. Tuttavia, in ragione dell’effetto di compensazione previsto dal diritto dell’Unione, sono ammissibili soltanto i risparmi energetici nel periodo di sostituzione anticipata, che devono essere calcolati con riferimento alla media del mercato e non al veicolo sostitutivo. I risparmi aggiuntivi ammontano pertanto a (100–80) × 8 = 160 unità.

Image 4

Per tutte le misure politiche di adozione accelerata, occorre dimostrare che i veicoli sostituiti non rientrano nel mercato dell’usato, in maniera da assicurare che il risparmio energetico non sia soppiantato da un consumo aggiuntivo da parte di veicoli inefficienti.

1.3.   Aumento dell’efficienza energetica dei veicoli esistenti

Le misure politiche che realizzano quanto segue possono apportare risparmi energetici riducendo il consumo di energia per passeggero/tonnellate-chilometro:

miglioramento dell’efficienza dei veicoli esistenti (ad esempio incentivando l’utilizzo di pneumatici più efficienti in termini energetici o lubrificanti che consentono di risparmiare energia);

miglioramento delle infrastrutture di trasporto e del funzionamento del sistema dei trasporti (ad esempio riducendo la congestione);

aumento dei carichi medi (ad esempio incentivando l’utilizzo di autovetture condivise o la logistica nel trasporto merci); e

impatto sul comportamento dei conducenti (ad esempio abbassando i limiti di velocità o attraverso campagne a sostegno della guida ecologica).

Per calcolare i risparmi energetici derivanti da tali misure, occorre effettuare delle stime del numero di partecipanti coinvolti (ad esempio veicoli, conducenti, passeggeri o tonnellate di merci), nonché dei risparmi previsti per partecipante e della persistenza degli effetti delle misure nel corso del tempo.

Esempio indicativo concernente una campagna a sostegno della guida ecologica

TFES = ∑n_interessati × FEC_medio × Sawar × (1 – Et) × (1 – Pt)

dove:

TFES

=

risparmio energetico annuo finale (lordo);

n_interessati

=

numero di partecipanti formati a seguito del programma;

FEC_medio

=

consumo di energia finale (FEC, final energy consumption, acronimo italiano CEF) annuo medio;

Sawar

=

% di risparmi per partecipante nel contesto del programma;

Et

=

% di miglioramento delle tecnologie dei veicoli nuovi che rende il consumo di energia meno sensibile alle abitudini di guida (ad esempio frenata rigenerativa sui veicoli elettrici) e aumenta nel corso del tempo; e

Pt

=

% di riduzione dell'impatto della formazione per partecipante al termine della formazione (fattore di ammortamento che aumenta nel corso del tempo).

2.   Riduzione della necessità di viaggiare o passaggio a modi di viaggiare più efficienti dal punto di vista energetico

Le misure politiche concepite per ridurre la necessità di viaggiare o per passare a modi di viaggio più efficienti potrebbero includere:

investimenti nelle infrastrutture di trasporto (ad esempio ferrovie, autobus, traghetti, corsie per autobus, piste ciclabili, pedonalizzazione) per fornire più opzioni, tra le quali:

sistemi integrati di transito di massa intermodali;

biciclette e scooter condivisi che offrono opzioni porta a porta per i viaggiatori;

trasporto di passeggeri e merci;

incentivazione del telelavoro; e

ferrovie ad alta velocità che forniscono alternative al trasporto aereo a corto raggio;

strumenti fiscali quali sovvenzioni a favore del trasporto di massa;

sistemi di tariffazione stradale basati sul livello di congestione e/o sulle emissioni di CO2;

riforma delle normative o delle misure fiscali esistenti, ad esempio attraverso una pianificazione territoriale integrata con l’obiettivo di favorire lo sviluppo vicino alle infrastrutture di trasporto pubblico; e

modifica delle normative o della tassazione delle autovetture aziendali per offrire alternative di spesa per il trasporto di massa o in bicicletta ai dipendenti.

Esempio indicativo per il calcolo del risparmio energetico attraverso la tariffazione stradale in base alla congestione

Se una città introduce una tariffa stradale basata sulla congestione, il risparmio energetico potrebbe essere calcolato confrontando il consumo energetico previsto per il volume del traffico in assenza dell’applicazione della tariffa con il consumo di energia per il volume di traffico con la misura in atto. I dati sui volumi di traffico potrebbero essere raccolti utilizzando un’infrastruttura a pedaggio.

Gli Stati membri dovrebbero tenere conto degli effetti di compensazione, ad esempio derivanti da aumenti nell’uso del trasporto pubblico, cambiamenti nell’attività di trasporto al di fuori della zona di congestione e cambiamenti del consumo di energia derivanti da variazioni del flusso di traffico.


(1)  Cfr. http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=EPRS_BRI(2018)614690; e https://ec.europa.eu/transport/themes/sustainable/consultations/2016-clean-vehicles_it.

(2)  Cfr. http://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-1071_en.htm

(3)  Cfr. http://europa.eu/rapid/press-release_IP-19-1071_en.htm

APPENDICE VIII

DURATA DELLE MISURE E RITMO CON CUI I RISPARMI SI RIDUCONO NEL TEMPO

Gli Stati membri dovrebbero innanzitutto operare una distinzione tra le prescrizioni da prendere in considerazione:

la durata di una misura; e

il ritmo con cui i risparmi energetici si riducono nel periodo d’obbligo.

1.   Durata delle misure

Ai fini dell’allegato V, punto 2, lettera i), gli Stati membri possono utilizzare valori indicativi di durata per ciascun tipo di misura politica, come previsto nell’elenco non esaustivo nella tabella che segue (1). Possono altresì utilizzare altri valori, tuttavia, in ogni caso, devono descrivere nel loro PNEC integrato le durate applicate per tipo di misura e il metodo utilizzato per calcolarle o gli elementi da cui sono state ricavate (2).

Durate indicative dei risparmi energetici per tipo di misura

Tipo di azione (per settore interessato)

Durata indicativa (anni)

EDIFICI

 

Costruzione efficiente dal punto di vista energetico

> 25

Isolamento dell’involucro dell’edificio (intercapedine, parete solida, sottotetto, tetto, pavimento)

> 25

Finestre/vetrature

> 25

Isolamento delle tubazioni dell’acqua calda

20

Teleriscaldamento nuovo/migliorato

20

Pannelli termoriflettenti per radiatori (materiale isolante installato tra i radiatori e il muro in maniera da riflettere il calore nella stanza)

18

Caldaie ad alta efficienza (< 30 kW)

20

Sistemi di recupero del calore

17

Pompa di calore

10 (aria-aria);

15 (aria-acqua);

25 (geotermica)

Pompa di circolazione (distribuzione del calore)

10

Lampadina efficiente (LED)

15

Apparecchio con sistemi di resistenza (unità di illuminazione con attacchi lampada dedicati efficienti)

15

Elettrodomestici della linea del freddo efficienti

15

Lavastoviglie, lavatrici e asciugatrici efficienti

12

Rubinetti per il risparmio di acqua calda con riduttori di flusso

15

Serbatoio dell’acqua calda con isolamento

15

Condizionatore o climatizzatore d’aria per ambienti efficiente

10

Bilanciamento idraulico della distribuzione del riscaldamento (per impianti di riscaldamento centralizzato)

10

Controllo del riscaldamento

5

Elementi di tenuta all’aria (materiale per riempire gli spazi vuoti intorno a porte, finestre ecc. per aumentare l’ermeticità degli edifici)

5

Beni di consumo elettronici

3

SERVIZI

 

Costruzione efficiente dal punto di vista energetico

> 25

Isolamento dell’involucro dell’edificio (intercapedine, parete solida, sottotetto, tetto, pavimento)

> 25

Finestre/vetrature

> 25

Caldaie (> 30 kW)

25

Pompe di calore

10 (aria-aria);

15 (aria-acqua);

25 (geotermica)

Sistemi di recupero del calore

17

Condizionatori e climatizzatori d’aria centrali efficienti

17

Sistemi di ventilazione efficienti

15

Sistemi di illuminazione pubblica/stradale

13

Illuminazione d’ufficio nuova/rinnovata

12

Refrigerazione commerciale

8

Controlli delle luci a rilevamento di movimento

10

Apparecchi per ufficio efficienti dal punto di vista energetico

3

Sistemi di gestione dell’energia (cfr. ISO 50001)

2

TRASPORTO

 

Veicoli efficienti

(100 000 km) (*1)

Pneumatici a bassa resistenza per le autovetture

(50 000 km) (*1)

Pneumatici a bassa resistenza per gli autocarri

(100 000 km) (*1)

Pannelli laterali su autocarri (elementi aerodinamici aggiuntivi per veicoli pesanti)

(50 000 km) (*1)

Controllo della pressione degli pneumatici su autocarri (dispositivi automatici di monitoraggio degli pneumatici)

(50 000 km) (*1)

Additivi per carburanti

2

Conversione modale

2


Tipo di azione

Durata indicativa dei risparmi energetici (anni)

INDUSTRIA

 

Cogenerazione di calore ed energia elettrica

10

Recupero di calore residuo

10

Sistemi efficienti ad aria compressa

10

Motori elettrici/variatori di velocità efficienti

8

Sistemi di pompaggio efficienti

10

Sistema di ventilazione efficiente

10

Sistemi di gestione dell’energia (cfr. ISO 50001)

2

Se applicabile, la prestazione energetica dei singoli tipi di azione sopra elencati deve superare il minimo richiesto dalle disposizioni imperative del diritto dell’Unione, ad esempio dall’allegato V, punto 2, lettera c), della direttiva Efficienza energetica.

La «durata indicativa del risparmio energetico» è il periodo durante il quale l’azione è in atto e operativa. Tale periodo di tempo potrebbe essere inferiore al ciclo di vita tecnico (dichiarato dal fabbricante) in ragione di effetti di non conservazione (ad esempio ritiro od obsolescenza del prodotto), circostanza che può essere valida in particolare:

per le azioni comportamentali individuali;

nei casi in cui vi siano problemi relativi alla qualità o alla manutenzione del prodotto installato o dell’azione individuale; e

in settori di attività con cicli economici incerti (ad esempio negozi che chiudono pochi anni dopo l’apertura).

Il calcolo del risparmio energetico cumulato ai fini dell’articolo 7 della direttiva Efficienza energetica deve tenere conto anche del periodo ammissibile di risparmio energetico. Ciò significa che possono essere contabilizzati soltanto i risparmi conseguiti durante il periodo d’obbligo pertinente (dall’inizio dell’attuazione dell’azione individuale fino alla fine del periodo d’obbligo).

Per quanto concerne le misure comportamentali, gli Stati membri possono presumere per impostazione predefinita che la durata applicata corrisponde a quella dell’intervento che promuove comportamenti efficienti dal punto di vista energetico. Possono dichiarare un valore diverso, tuttavia, in ogni caso, devono descrivere nel loro PNEC integrato le durate applicate e il metodo utilizzato per calcolarle o gli elementi da cui sono state ricavate (3).

Image 5

2.   Ritmo con cui i risparmi energetici si riducono nel periodo d’obbligo

2.1.   Considerazioni generali

Oltre alla durata di ciascuna misura, l’allegato V, punto 2, lettera i), della direttiva Efficienza energetica impone agli Stati membri di tenere conto del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo. Nel fare ciò, dovrebbero prendere in considerazione:

il numero di anni per i quali le azioni individuali hanno un impatto (ossia tenendo conto della durata);

il momento in cui l’azione individuale è stata/sarà iniziata;

la durata del periodo d’obbligo; e

se del caso, la loro intenzione di avvalersi delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4 e/o all’articolo 7, paragrafo 8, della direttiva Efficienza energetica.

In generale, la valutazione del ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo deve rispettare la durata dei periodi d’obbligo. Se uno Stato membro non intende avvalersi delle opzioni di cui all’articolo 7, paragrafo 4, lettere d), e) o g) e/o dell’articolo 7, paragrafo 8, della direttiva Efficienza energetica, la durata massima corrisponde a:

7 anni per il primo periodo d’obbligo (2014-2020); e

10 anni per il secondo (2021-2030) e i successivi periodi d’obbligo.

Se gli Stati membri prevedono di fare ricorso a tali opzioni, la durata massima potrebbe essere fino a 22 anni (cfr. tabella che segue):

Esempio

Periodo durante il quale le azioni sono iniziate

Risparmi conseguiti nel periodo:

Periodo d’obbligo per il quale si applicano i risparmi

Condizioni

1

Dall’1.1.2014 al 31.12.2020

2014-2020

2014-2020

Nessuna condizione particolare

2

Dall’1.1.2021 al 31.12.2030

2021-2030

2021-2030

Nessuna condizione particolare

3

Dopo il 31.12.2008 fino al 31.12.2013

2011-2013

2014-2020

Cfr. articolo 7, paragrafo 8

4

Dopo il 31.12.2008 fino al 31.12.2013

2014-2020

2014-2020

Cfr. articolo 7, paragrafo 4, lettera d) + limiti di cui all’articolo 7, paragrafo 5

5

Dopo il 31.12.2008 fino al 31.12.2013

2021-2030

2021-2030

Cfr. articolo 7, paragrafo 4, lettera d) + limiti di cui all’articolo 7, paragrafo 5

6

Dall’1.1.2014 al 31.12.2020

2014-2020

2021-2030

Cfr. articolo 7, paragrafo 4, lettera g) + limiti di cui all’articolo 7, paragrafo 5

7

Dall’1.1.2018 al 31.12.2020

2021-2030

2021-2030

Cfr. articolo 7, paragrafo 4, lettera e) + articolo 7, paragrafo 5

Solo gli esempi 4, 5 e 7 di cui sopra potrebbero comportare durate superiori a 10 anni. Occorre altresì osservare che l’articolo 7, paragrafo 5, limita il ricorso a queste opzioni al massimo al:

25 % del risparmio contabilizzato per il periodo d’obbligo 2014-2020 (esempio 4); oppure

30 % del risparmio calcolato conformemente all’articolo 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva Efficienza energetica per il periodo d’obbligo 2021-2030 (esempi 5 e 7).

In ogni caso, gli Stati membri devono descrivere nel loro PNEC integrato le durate applicate delle misure e il metodo utilizzato per calcolarle o gli elementi da cui sono state ricavate (4).

2.2.   Persistenza dei risparmi energetici

Inoltre, i risparmi energetici variano nel corso del tempo, principalmente in ragione di due tipi di fattori:

degradazione delle prestazioni dell’azione individuale (da confrontare con la possibile degradazione che si sarebbe verificata nello scenario di base); e

variazioni nelle condizioni di utilizzo (ad esempio volume di produzione).

La base di prove relative al ritmo con cui i risparmi si riducono nel tempo è limitata. Tuttavia, la degradazione delle prestazioni può essere esacerbata da una qualità e una manutenzione cattive o scarse, oppure da comportamenti inefficienti. Di conseguenza può essere pertinente qualora vengano applicate le disposizioni in materia di qualità e manutenzione, ad esempio l’allegato V, punto 2, lettera g), della direttiva Efficienza energetica o gli articoli 14 e 15 della direttiva Prestazione energetica nell’edilizia (ispezioni degli impianti di riscaldamento e condizionamento dell’aria). Analogamente, i sistemi di gestione dell’energia consentono di rilevare e correggere rapidamente consumi energetici eccessivi imprevisti o altri guasti, attenuando così il rischio di diminuzione dei risparmi energetici nel corso del tempo.

Un approccio semplificato potrebbe essere quello di stabilire un ritmo di degradazione predefinito (equivalente a un fattore di sconto tecnico). Laddove sia possibile giustificare l’applicazione di disposizioni in materia di qualità e sulla manutenzione, tale ritmo può essere fissato a un valore basso o persino pari a zero qualora sia giustificato e non sia possibile dimostrare alcuna riduzione significativa dei risparmi energetici nel periodo d’obbligo pertinente.

Occorre prestare particolare attenzione ai tipi di azioni individuali con una durata inferiore a 10 anni, in particolare in caso di azioni a basso costo che è più probabile siano soggette a una riduzione dei risparmi energetici durante il periodo d’obbligo.

Come nel contesto della durata di una misura, le misure comportamentali rappresentano un caso specifico dato che la misura con cui comportamenti efficienti dal punto di vista energetico vengono applicati può variare facilmente nel corso del tempo. Di conseguenza si raccomanda agli Stati membri di indagare sugli effetti reali delle misure comportamentali (5).

3.   Metodi per analizzare la durata e la persistenza dei risparmi

Alla luce dell’obbligo di notifica di cui all’allegato V, punto 5, lettera h), della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri sono incoraggiati, laddove possibile, a mettere a punto sistemi di misurazione destinati ad aumentare le conoscenze in merito alle modalità di evoluzione dei risparmi energetici nel corso del tempo.

Esempi di metodi per analizzare la durata, la conservazione e la degradazione delle prestazioni sono presentati brevemente nella tabella che segue.

Tipo di metodo

Aspetti trattati

Note

Verifica dell’installazione in loco

Durata/conservazione

Questioni di campionamento (dimensioni + perdite di campioni o coerenza nel tempo): il conseguimento di risultati statisticamente significativi può essere costoso (fatto salvo il caso in cui tale monitoraggio avvenga per più finalità)

Questioni giuridiche (accesso ai siti diversi anni dopo)

Misurazione e collaudo in loco

Degradazione delle prestazioni

Questioni di campionamento (ma può essere utilizzato per verifiche mirate); costoso (fatto salvo il caso in cui sia già attuato per altre finalità, ad esempio gestione della qualità o vigilanza del mercato)

Non sempre tecnicamente possibile

Prove di laboratorio

Degradazione delle prestazioni

Costoso (ma potrebbero esserci sinergie, ad esempio tra paesi, con la vigilanza del mercato ecc.)

È difficile che rifletta le reali condizioni d’uso (o simuli l’invecchiamento)

Indagini/colloqui

Durata/conservazione

Degradazione delle prestazioni

Meno costoso

Adatto a seconda del tipo di azione

Problema di affidabilità per i dati dichiarativi (occorre preparare il questionario con attenzione)

Analisi della fatturazione

Conservazione

Degradazione delle prestazioni

È difficile trovare un gruppo di controllo pertinente (se necessario)

È difficile ottenere serie temporali sufficientemente lunghe

È necessario raccogliere dati complementari per analizzare le variazioni del consumo di energia

Costoso (fatto salvo il caso in cui i partecipanti comunichino i dati nel contesto delle attività di misurazione)

Analisi comparativa e riesame della letteratura secondaria

Durata/conservazione

Degradazione delle prestazioni

Si basa su dati disponibili

Può contribuire a creare consenso

Può contribuire a individuare gli aspetti che richiedono ulteriori indagini

Modellizzazione dei parchi di prodotti

Durata/conservazione

Spesso raccogliere dati di vendita (necessari per stimare il tasso di rinnovo) è costoso

Fonti di dati alternative potrebbero essere costituite da organismi che si occupano di raccolta dei rifiuti/riciclaggio (non applicabile a tutti i tipi di azioni)


(1)  Fonti utilizzate per stabilire i valori indicativi:

CWA 15693:2007, Saving lifetimes of energy efficiency improvement measures in bottom-up calculations, CEN Workshop Agreement, aprile 2007;

Commissione europea, 2010, Estratto di progetto preliminare — Raccomandazioni sui metodi di verifica e di calcolo nel quadro della direttiva 2006/32/CE concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici (documento non pubblicato).

(2)  Cfr. allegato V, punto 5, lettera h), della direttiva Efficienza energetica.

(*1)  sono necessari i dati sulle distanze medie percorse

(3)  Cfr. allegato V, punto 5, lettera h).

(4)  Cfr. allegato V, punto 5, lettera h).

(5)  Cfr. anche appendice VI per ulteriori proposte sulle misure comportamentali.

APPENDICE IX

CRITERI PER DIMOSTRARE LA RILEVANZA

A norma dell’allegato V, punto 5, lettera g), della direttiva Efficienza energetica e dell’allegato III, punto 4, lettera d), del regolamento sulla governance, gli Stati membri sono tenuti a notificare la loro metodologia di calcolo, nonché:

modalità per la determinazione dell’addizionalità e della rilevanza; e

metodologie e parametri di riferimento utilizzati per la determinazione dei risparmi stimati e di scala.

Fatta salva la valutazione della Commissione sulle misure politiche pianificate o esistenti, il seguente elenco non esclusivo di criteri potrebbe aiutare gli Stati membri a stabilire una metodologia per documentare la rilevanza. Per ciascuna misura, essi dovrebbero valutare l’ammissibilità di un criterio o di una combinazione di criteri.

1.   Esempi di criteri per documentare la materialità (regimi obbligatori)

Criteri utilizzati per approvare o respingere l’ammissibilità dei contributi comunicati dalle parti obbligate (o da altri soggetti autorizzati a dichiarare risparmi) e modalità di verifica di tale aspetto

Esempio indicativo

Tipi predefiniti di contributi ammissibili (ad esempio, aiuto finanziario, consulenza mirata in materia di energia, assistenza tecnica per la progettazione o l’attuazione dell’azione) e requisiti corrispondenti (ad esempio, tasso minimo di incentivazione, soglia per il periodo di ammortamento, contenuto minimo della consulenza in materia di energia); contratto firmato con il cliente per l’attuazione del progetto, fatture pagate e documentazione del progetto.

Criteri utilizzati per approvare o rifiutare la validità dei contributi per le azioni dichiarate, sulla base delle condizioni alle quali sono stati forniti e modalità di verifica di questo aspetto

Esempio indicativo

Sussiste l’obbligo che il contributo sia stato deciso con il beneficiario prima dell’installazione dell’azione (e i corrispondenti tipi di prova, ad esempio modulo di dichiarazione standardizzato compilato e firmato dal beneficiario).

Laddove siano intermediari a prendere contatto con i beneficiari finali, è obbligatorio che i contratti o le convenzioni che coprono l’intera catena dalle parti obbligate (o da altre parti autorizzate a dichiarare risparmi) fino ai beneficiari finali fossero in vigore prima dell’installazione dell’azione (e dei corrispondenti tipi di prova).

Criteri utilizzati per evitare il doppio conteggio delle azioni comunicate e dei relativi risparmi energetici e modalità di verifica di questo aspetto

Esempio indicativo

È obbligatorio che i beneficiari finali abbiano espresso il loro consenso affinché i risparmi energetici vengano dichiarati a loro nome soltanto una volta per una determinata azione (e il corrispondente tipo di prova).

È obbligatorio che i dettagli di ciascuna azione siano inseriti in una banca dati online che consenta controlli automatizzati sulla duplicazione, ad esempio un modulo di dichiarazione predefinito compilato e firmato dal beneficiario.

2.   Esempi di criteri per documentare la rilevanza (misure politiche alternative)

La rilevanza di una misura alternativa dovrebbe essere documentata quanto meno spiegando la catena causale prevista dal lancio della misura fino all’installazione o all’attuazione delle azioni da parte del gruppo destinatario o dei gruppi destinatari. Una descrizione generale di base della motivazione e della logica di intervento delle politiche in materia di efficienza energetica nel contesto dell’articolo 7, della direttiva Efficienza energetica è illustrata nella figura che segue:

Image 6

La catena causale non è necessariamente lineare e può includere percorsi causali o relazioni causa-impatto diversi.

Il documento «Strumenti per legiferare meglio» (1) fornisce una descrizione della logica di intervento. Laddove uno Stato membro individui ostacoli, dovrebbe spiegare in che modo la misura politica è concepita per superarli nella pratica (2). Ulteriori linee guida sulla progettazione di misure e l’analisi degli ostacoli sono disponibili nella relazione finale del progetto AID-EE «Energia intelligente per l’Europa» (3).

Ai fini dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono tener conto del seguente elenco non esaustivo di domande ai fini della dimostrazione della rilevanza. Ad esempio, se si utilizzano incentivi finanziari, la spiegazione della logica dell’intervento potrebbe comprendere quali analisi preliminari sono state compiute per progettare gli incentivi finanziari, per spiegare la scelta del tipo (sovvenzioni, prestiti agevolati, garanzie finanziarie ecc.) e il livello di incentivazione (tasso di sovvenzione, tasso di interesse per prestiti ecc.).

Elenco indicativo e non esaustivo:

qual è la logica di tale misura politica? In particolare, quali ostacoli (al conseguimento di risparmi energetici) si prefigge di superare?

quali sono le possibili interazioni con altre misure politiche?

quali sono gli obiettivi operativi della misura?

quali cambiamenti (qualitativi o quantitativi) si prevedono dall’attuazione della misura?

come intende la misura realizzare tali cambiamenti (dal punto di vista qualitativo, come si prevede che la misura comporterà cambiamenti per quanto riguarda gli ostacoli oggetto della misura)?

quali mezzi ha impegnato l’autorità pubblica responsabile dell’attuazione (e, se del caso, la sua parte incaricata) a favore dell’azione (bilancio, personale, apparecchiature ecc.)?

chi si prevede sarà coinvolto nell’attuazione della politica e in che modo (ad esempio, partenariati, intermediari/interlocutori intermedi, gruppi destinatari)?

quali sono le attività che la misura dovrebbe produrre/fornire (ad esempio, aiuti finanziari, consulenza in materia di energia, formazione)? quali sono i risultati attesi (ad esempio, installazioni di azioni, persone formate)?

Inoltre, gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione la possibilità di valutare la misura politica ex post e di raccogliere dati per valutare le ipotesi formulate nella logica di intervento in merito ai suoi effetti.

Per quanto riguarda in particolare la questione della separazione degli effetti di una misura da quelli di altre misure politiche rivolte ai medesimi gruppi o tipi di azione, vi sono due casi generali:

lo Stato membro decide di comunicare una sola misura politica per (sotto)settore — in questo caso, la documentazione della logica d’intervento per tale misura e l’analisi dei suoi effetti possono essere sufficienti; oppure

lo Stato membro decide di segnalare diverse misure politiche che potrebbero sovrapporsi — in questo caso, deve spiegare come viene evitato il doppio conteggio.

3.   Esempi di criteri per documentare la rilevanza delle attività della parte partecipante, della parte incaricata o delle autorità pubbliche responsabili dell’attuazione

Accordi volontari

Sebbene l’attuazione di accordi volontari, in linea di principio, possa essere considerata sufficiente a dimostrare la rilevanza, si possono stabilire criteri specifici per assicurare che gli accordi comportino effettivamente il coinvolgimento materiale delle parti partecipanti.

Tali criteri possono riferirsi, ad esempio, a:

un elenco di azioni ammissibili o criteri di ammissibilità per le azioni che le parti partecipanti sono tenute a comunicare;

l’obbligo per le parti partecipanti di disporre di un sistema di gestione dell’energia certificato;

l’attuazione di adeguate procedure di controllo e verifica; e

sanzioni od esclusioni in caso di violazione ecc. (4).

Informazione e consulenza in materia di energia

In genere, l’erogazione di consulenza su larga scala da parte di un fornitore di servizi energetici a clienti finali dell’energia non può essere considerata sufficiente per dimostrare il coinvolgimento materiale. Spesso tali misure consistono semplicemente in un qualche tipo di riscontro (ad esempio attraverso i siti web) su come i clienti finali potrebbero ridurre il loro consumo di energia.

Data l’ampia varietà di azioni individuali che possono essere in genere oggetto di singole misure, l’alto grado di incertezza che influisce sulle stime dei risparmi energetici associati e la scala limitata dei risparmi, (5), in genere occorre attuare attività in loco o fornire qualche tipo di incentivo economico al fine di assicurare l’effettiva attuazione di un numero significativo di azioni e il reale coinvolgimento effettivo delle parti partecipanti, delle parti incaricate o delle autorità pubbliche responsabili dell’attuazione. Considerazioni analoghe valgono anche per le campagne di informazione.

Il seguente elenco non esaustivo di criteri potrebbe essere preso in considerazione ai fini della definizione di un metodo per dimostrare la rilevanza di questi tipi di misure:

risposte/riscontro a un’indagine tematica (numero di rispondenti effettivi);

partecipazione di un pubblico di destinatari a workshop/seminari tematici, utenti/follower sulla piattaforma web/applicazione; oppure

i consumatori che ricevono consulenza presso uno sportello unico dedicato (ristrutturazione ecc.), registrati in una banca dati (indicando la domanda rivolta, ad esempio dove ottenere un prestito, come preparare la domanda di sovvenzione, informazioni sulle imprese di costruzione certificate ecc.) (6).


(1)  Strumenti per legiferare meglio, Commissione europea;

https://ec.europa.eu/info/files/better-regulation-toolbox-25_it

(2)  Per ulteriori dettagli sulla logica di intervento e su come progettarla ed analizzarla, cfr. strumento #46, sezione 3.3 del documento «Strumenti per legiferare meglio

(3)  ‘Active implementation of the European Directive on Energy Efficiency’;

https://ec.europa.eu/energy/intelligent/projects/sites/iee-projects/files/projects/documents/aid-ee_guidelines_en.pdf

(4)  Nel contesto degli accordi volontari tra fabbricanti industriali (ad esempio di frigoriferi), dovrebbero essere definiti protocolli adeguati, ad esempio, sulla verifica periodica delle prestazioni energetiche dei prodotti da parte di terzi e potrebbero essere previste sanzioni qualora le prestazioni verificate siano inferiori a quelle dichiarate ecc.

(5)  Per le famiglie, la letteratura indica che il risparmio energetico che ci si può attendere da questo tipo di misura può raggiungere il 2-3 % del consumo totale stimato ex ante (Gaffney, K., 2015, Calculating energy savings from measures related to information and advice on energy efficiency, presentazione in occasione del seminario su metodi e principi comuni per il calcolo dell’impatto dei regimi obbligatori o di altre misure politiche ai sensi dell’articolo 7); http://iet.jrc.ec.europa.eu/energyefficiency/node/9080

(6)  Cfr. anche l’appendice VI.

APPENDICE X

Calcolo del risparmio derivante da misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili su piccola scala e altre tecnologie di riscaldamento sugli o negli edifici

1.   Risparmi derivanti da misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala

Come spiegato nella sezione 7.5, le misure che promuovono l’installazione di tecnologie delle energie rinnovabili di piccola scala sugli o negli edifici possono essere prese in considerazione per il soddisfacimento dei requisiti di risparmio energetico richiesto a norma dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica, a condizione che producano risparmi energetici verificabili e misurabili o stimabili.

Gli esempi riportati di seguito illustrano come è possibile calcolare i risparmi in linea con l’allegato V, punto 2, lettera e), della direttiva Efficienza energetica. I dati sono indicativi e non rappresentano valori reali. Sono stati scelti al fine di illustrare la logica di calcolo.

1.1.   Sostituzione di una caldaia a gasolio vecchia con una caldaia a gasolio nuova

 

Fabbisogno di calore

Efficienza di conversione

Domanda di energia finale (1)

Risparmio di energia finale relativo alla caldaia vecchia (2)

Risparmio di energia finale relativo all’efficienza minima (3)

Status quo ante

Caldaia a gasolio

10 000 kWh

0,77

12 987 kWh

 

 

Caldaia a combustibile con efficienza minima (4)

10 000 kWh

0,86

11 628 kWh

 

 

Opzioni di efficienza energetica

 

 

 

 

 

1)

Caldaia a condensazione alimentata a gas

10 000 kWh

0,975

10 526 kWh

2 731 kWh

1 371 kWh

2)

Impianto solare-termico con gruppo caldaia a gas

10 000 kWh

 

10 474 kWh

2 731 kWh

1 371 kWh

Impianto solare-termico

1 000 kWh

1

1 000 kWh

 

 

Caldaia a condensazione alimentata a gas

9 000 kWh

0,95

9 474 kWh

 

 

1.2.   Sostituzione di una caldaia a gasolio vecchia con una caldaia a biomassa nuova

 

Fabbisogno di calore

Efficienza di conversione

Domanda di energia finale (5)

Risparmio di energia finale relativo alla caldaia vecchia (6)

Risparmio di energia finale relativo all’efficienza minima (7)

Status quo ante

Caldaia a gasolio

10 000 kWh

0,77

12 987 kWh

 

 

Norma minima

 

 

 

 

 

Caldaia a biomassa con efficienza minima (8)

10 000 kWh

0,75

13 333 kWh

 

 

Opzioni di efficienza energetica

 

 

 

 

 

1)

Caldaia a biomassa (migliore tecnologia disponibile sul mercato, secondo le stime ricavate da cataloghi di prodotti/sistemi di certificazione)

10 000 kWh

0,92

10 870 kWh

2 117 kWh

2 464 kWh

1.3.   Sostituzione di un riscaldatore elettrico con una pompa di calore

 

Fabbisogno di calore

Efficienza di conversione

Domanda di energia finale (9)

Risparmio di energia finale relativo alla caldaia vecchia (10)

Risparmio di energia finale relativo all’efficienza minima (11)

Status quo ante

Caldaia a gasolio

10 000 kWh

0,77

12 987 kWh

 

 

Norma minima

 

 

 

 

 

Pompa di calore conforme alla norma minima (12)

10 000 kWh

3,1

3 225 kWh

9 762 kWh

0

Opzioni di efficienza energetica

 

 

 

 

 

1)

Pompa di calore

10 000 kWh

3,5

2 857 kWh

10 130 kWh

368 kWh

1.4.   Impianto fotovoltaico

 

 

 

Domanda di energia finale (13)

Risparmi di energia finale (14)

Status quo ante

 

 

 

 

Elettricità di rete

3 500 kWh

 

3 500 kWh

 

Opzione di efficienza energetica

 

 

 

 

Impianto fotovoltaico

3 500 kWh

 

3 500 kWh

0 kWh

L’esempio mostra che l’energia elettrica derivante da un impianto fotovoltaico viene contabilizzata come energia finale fornita all’edificio per soddisfare la domanda di energia finale dell’edificio.

2.   Risparmi derivanti dalle misure che promuovono l’installazione di micro-unità di cogenerazione di calore ed elettricità

Le unità di cogenerazione di calore ed energia elettrica installate in loco possono essere pertinenti ai fini del volume richiesto dei risparmi energetici ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica se utilizzano meno energia rispetto all’impianto che sostituiscono. L’efficienza totale del sistema in termini di rendimenti della cogenerazione di calore ed elettricità combinata (ossia di rendimento di energia elettrica e calore utile) basati sul combustibile consumato dovrebbe essere superiore a quella dell’impianto di riscaldamento sostituito.

Mentre la cogenerazione di calore ed elettricità può generare notevoli risparmi di energia primaria (a seconda del mix di elettricità), il suo potenziale di riduzione del consumo di energia finale è inferiore. In termini di energia finale, l’elettricità ha lo stesso valore dei combustibili fossili o delle energie rinnovabili.

Soltanto i risparmi finali derivanti dal guadagno di efficienza del sistema in loco possono essere contabilizzati ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica, come illustrato di seguito:

Esempio

Supponendo che:

il caso di riferimento sia quello di una caldaia a gasolio con un’efficienza termica (eta, termica) di 0,77 (efficienza relativa al potere calorifico netto);

dato che la cogenerazione di calore ed elettricità produce anche elettricità, nel caso di base dovrà essere fornita all’edificio una pari quantità di elettricità;

il caso della cogenerazione di calore ed elettricità è un impianto di cogenerazione a gas con un’efficienza eta, termica = 0,70 ed eta, elettricità = 0,30;

il calore erogato è pari a 10 000 kWh, termica.

Per calcolare il risparmio totale, occorre innanzitutto calcolare la quantità di energia elettrica prodotta dall’impianto di cogenerazione. In una prima fase, si calcola la quantità di combustibile fossile utilizzato dall’impianto dividendo il calore fornito per l’efficienza termica dell’impianto. Da tale dato è possibile ricavare la quantità di energia elettrica prodotta.

Caso della cogenerazione di calore ed elettricità:

10 000 kWh, termica/eta, termica = 14 285 kWh, gas

14 285 kWh, gas × eta, elettricità = 4 285 kWh, elettricità

All’edificio vengono forniti complessivamente 14 285 kWh di energia finale (tutto gas naturale).

Per il caso di base, il calcolo è diverso. La quantità di gas viene ricavata dall’efficienza termica e dal calore erogato dalla caldaia, come illustrato di seguito.

Scenario di base:

10 000 kWh, termica/eta, termica = 12 987 kWh, gas

Inoltre, occorre fornire 4 285 kWh di energia elettrica dalla rete all’edificio.

Complessivamente l’energia finale (gas naturale ed elettricità) fornita all’edificio è pari a 17 273 kWh.

In questo esempio, l’impianto di cogenerazione di calore ed elettricità consentirebbe di risparmiare 2 988 kWh di energia finale.


(1)  La domanda di calore divisa per l’efficienza di conversione presunta.

(2)  Differenza tra la domanda di energia finale dello status quo ante e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio. Per il calcolo del risparmio di energia finale, cfr. anche le spiegazioni sul principio di addizionalità.

(3)  Differenza tra la domanda di energia finale della caldaia con efficienza minima e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio. Per il calcolo del risparmio di energia finale, cfr. anche le spiegazioni sul principio di addizionalità.

(4)  Ai sensi del regolamento (UE) n. 813/2013 della Commissione, del 2 agosto 2013, recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile degli apparecchi per il riscaldamento d’ambiente e degli apparecchi di riscaldamento misti (GU L 239 del 6.9.2013, pag. 136).

(5)  La domanda di calore divisa per l’efficienza di conversione presunta.

(6)  Differenza tra la domanda di energia finale dello status quo ante e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio.

(7)  Differenza tra la domanda di energia finale della caldaia con efficienza minima e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio.

(8)  A norma del regolamento (UE) 2015/1189 della Commissione, del 28 aprile 2015, recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile delle caldaie a combustibile solido (GU L 193 del 21.7.2015, pag. 100).

(9)  La domanda di calore divisa per l’efficienza di conversione presunta.

(10)  Differenza tra la domanda di energia finale dello status quo ante e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio.

(11)  Differenza tra la domanda di energia finale della caldaia con efficienza minima e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio.

(12)  Ai sensi del regolamento (UE) 2015/1189.

(13)  Domanda di energia elettrica divisa per l’efficienza di conversione presunta.

(14)  Differenza tra la domanda di energia finale dello status quo ante e la domanda di energia finale dell’opzione di risparmio.

APPENDICE XI

ADDIZIONALITÀ

Allegato V, punto 2, lettera a), della direttiva Efficienza energetica:

«[Occorre] dimostra[re] che i risparmi sono aggiuntivi rispetto a quelli che si sarebbero prodotti comunque, senza l’attività della parte obbligata, partecipante o incaricata o delle autorità responsabili dell’attuazione. Per determinare i risparmi che possono essere dichiarati aggiuntivi, gli Stati membri tengono conto dell’evoluzione dell’uso e della domanda di energia in assenza della misura politica in questione considerando almeno i fattori seguenti: tendenze del consumo energetico, cambiamenti nel comportamento dei consumatori, evoluzione tecnologica e cambiamenti indotti da altre misure attuate a livello unionale e nazionale.»

Ai fini della determinazione dell’evoluzione dell’uso e della domanda di energia in assenza di una misura politica, è importante valutare il prodotto che verrebbe installato, ad esempio:

prendendo come scenario di base il consumo di energia medio del mercato dei prodotti;

analizzando gli andamenti dei consumi di energia; e

svolgendo indagini, confrontando le risposte di rispondenti e gruppi di controllo.

Tale attività determina uno scenario di base come illustrato di seguito:

Rappresentazione generale di uno scenario di base per il calcolo dei risparmi energetici aggiuntivi

Image 7

L’allegato V, punto 2, lettera b), chiarisce che «i risparmi derivanti dall’attuazione della normativa unionale vincolante sono considerati risparmi che si sarebbero prodotti comunque». L’allegato V, punto 2, lettera c), specifica tra l’altro che i requisiti minimi di cui ai regolamenti (CE) n. 443/2009 e (UE) n. 510/2011 (per le autovetture nuove e i veicoli commerciali leggeri nuovi) e le misure di attuazione ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia dovrebbero essere presi in considerazione nello scenario di base per il calcolo dei risparmi energetici.

Ad esempio, lo scenario di base per i risparmi energetici derivanti dall’installazione di prodotti connessi all’energia contemplati dalla direttiva sulla progettazione ecocompatibile (ad esempio, impianti di riscaldamento) dovrebbe essere almeno equivalente ai requisiti minimi di prestazione energetica stabiliti nella pertinente direttiva in vigore al momento dell’installazione dell’azione individuale. Se i pertinenti requisiti minimi previsti dal diritto dell’Unioni vengono modificati, rivisti o aggiornati, se ne deve tenere conto in sede di revisione dello scenario di base.

La figura che segue mostra tale scenario di base, definito come il consumo energetico di un prodotto avente una prestazione energetica equivalente ai requisiti minimi di cui alla direttiva sulla progettazione ecocompatibile:

Scenario di base definito ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile

Image 8

Nella pratica, i requisiti potrebbero applicarsi al consumo annuale di energia del prodotto o ad altri indicatori di prestazione energetica (ad esempio efficienza della caldaia). Lo scenario di base può essere definito di conseguenza, ad esempio tenendo conto dei requisiti di efficienza della caldaia, combinati con altri dati per calcolare la domanda di riscaldamento che la caldaia dovrà soddisfare.

Tali dati potrebbero essere:

specifici dell’edificio nel quale è installata la nuova caldaia (ad esempio, utilizzando dati provenienti da attestati di prestazione energetica o audit energetici); oppure

valori medi rappresentativi del parco immobiliare oggetto della misura politica (ad esempio quando si utilizzano i risparmi previsti).

Gli Stati membri dovrebbero inoltre tener conto delle informazioni concernenti ciascuna categoria di prodotti, fornite sul sito web della Commissione (1).

L’allegato V, punto 2, lettera a), fa riferimento a fattori aggiuntivi che dovrebbero essere inclusi nello scenario di base, quali:

cambiamenti nel comportamento dei consumatori nel corso del tempo;

evoluzione tecnologica; e

effetti di altre misure politiche nazionali già attuate e che continuano ad avere un impatto sull’uso di energia, comprese eventuali sovrapposizioni con altre politiche notificate a norma dell’articolo 7, della direttiva Efficienza energetica.

Al fine di evitare il doppio conteggio, a norma dell’articolo 7, paragrafo 12, della direttiva Efficienza energetica «gli Stati membri dimostrano che non si effettua un doppio conteggio dei risparmi energetici nel caso in cui le misure politiche o le azioni individuali producano effetti coincidenti».

Più in generale, lo scenario di base deve tener conto, ove possibile, di ipotesi (tasso di ristrutturazione in assenza di una misura politica, variazione dell’età media del parco di autovetture, ciclo di vita delle caldaie esistenti ecc.) coerenti con la strategia nazionale in materia di efficienza energetica o un quadro strategico analogo. Analogamente, nel riferire in merito a diverse misure politiche, gli Stati membri dovrebbero assicurare la coerenza delle ipotesi utilizzate per definire gli scenari di base.

L’allegato V, punto 2), lettera f), della direttiva Efficienza energetica chiarisce il caso specifico delle misure politiche che «accelerano la diffusione di prodotti e veicoli più efficienti». In tale contesto, se è possibile dimostrare la sostituzione anticipata di un prodotto o di un veicolo, lo scenario di base può essere considerato il consumo di energia del prodotto o del veicolo sostituito (cfr. figura di seguito):

Scenario di base per casi speciali di sostituzione anticipata

Image 9

Questo caso specifico si applica soltanto al «periodo di sostituzione anticipata», ossia al periodo di tempo che intercorre tra l’installazione dell’apparecchiatura nuova e il ciclo di vita medio previsto dell’apparecchiatura sostituita.

Per il ciclo di vita residuo dell’apparecchiatura nuova occorre utilizzare uno scenario di base per calcolare i risparmi energetici aggiuntivi. Ciò porta a uno scenario di base a gradini, come mostrato di seguito:

Scenario di base a gradini per casi speciali di sostituzione anticipata

Image 10

In questo esempio l’apparecchiatura è stata sostituita tre anni prima della fine del ciclo di vita previsto. I tre anni corrispondono al periodo di sostituzione anticipata. L’apparecchiatura nuova ha un ciclo di vita previsto di otto anni. Di conseguenza, per i restanti cinque anni, lo scenario di base per il calcolo dei risparmi energetici aggiuntivi è stabilito come illustrato in precedenza.

Un’alternativa allo scenario di base a gradini potrebbe consistere nel calcolare i risparmi energetici ponderati applicati all’intera durata dell’azione. Ciò non deve comportare la comunicazione di risparmi energetici superiori a quelli dello scenario di base a gradini. Inoltre, occorre spiegare il calcolo dei risparmi energetici ponderati.

In caso di deroga al principio di addizionalità per gli edifici esistenti (allegato V, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica), lo scenario di base potrebbe essere considerato coincidere con la situazione esistente prima della ristrutturazione dell’edificio. Gli Stati membri possono avvalersi di:

dati specifici dell’edificio (ad esempio derivati da bollette energetiche, un attestato di prestazione energetica o un audit energetico); oppure

valori medi rappresentativi del parco immobiliare oggetto della misura politica (ad esempio quando si utilizzano i risparmi previsti).

L’addizionalità può quindi essere valutata, tenendo conto dei lavori di ristrutturazione che sarebbero stati effettuati comunque. Ad esempio, a seconda del contesto nazionale, gli incentivi finanziari a favore della sostituzione di finestre possono determinare notevoli comportamenti opportunistici, ad esempio nel caso di partecipanti che beneficiano degli incentivi finanziari anche se avevano programmato di sostituire le finestre in ogni caso (per ragioni diverse dall’efficienza energetica, ad esempio protezione contro il rumore, motivi estetici).

In alcune situazioni, il processo di definizione di uno scenario di base è più complesso. Tali situazioni sono elencate nella tabella che segue, con proposte su come affrontarle.

Situazione

Questioni

Orientamenti

Politiche già attuate da numerosi anni.

È difficile stabilire la situazione in assenza della politica.

Le tendenze attuali (ad esempio nella media di mercato) possono essere in parte dovute agli effetti di trasformazione del mercato della politica negli anni precedenti.

Definire lo scenario di base sulla scorta dei livelli minimi previsti dalla normativa UE.

In alternativa, utilizzare le medesime ipotesi dello scenario di riferimento nazionale utilizzato come base per la strategia nazionale in materia di efficienza energetica o un quadro strategico analogo.

Politiche di trasporto locali che promuovono transizioni modali, la gestione della mobilità ecc. (ciò può essere applicato anche ad altre politiche che possono ridurre il consumo di energia in un settore ma aumentarlo in un altro).

È difficile monitorare i singoli cambiamenti.

È difficile tenere conto degli effetti collaterali (ad esempio, il nuovo trasporto pubblico su una rotta può creare congestione su un’altra).

Utilizzare la modellizzazione dei trasporti locali per confrontare gli scenari in assenza/presenza delle politiche (con modelli calibrati sulla base di indagini sui trasporti).

Processi industriali complessi senza un mercato chiaramente definito.

Le medie di mercato sono difficili da stabilire per processi sistemici complessi concepiti individualmente per un determinato impianto industriale (nessun mercato reale).

Un investimento di riferimento può essere costruito come scenario di base. L’approccio dovrebbe basarsi sul sistema tecnologico con il costo di investimento più basso e con una produzione paragonabile a quella dell’opzione efficiente.

Più in generale, nel valutare i risparmi netti o aggiuntivi si possono considerare i seguenti metodi (2):

studi controllati randomizzati e opzioni per approcci randomizzati (3);

progettazioni quasi sperimentali, incluso l’abbinamento (4);

approcci basati su indagini;

analisi dei dati di vendita sul mercato;

approcci strutturati di giudizi da parte di esperti;

i rapporti «netto/lordo» previsti o stipulati;

metodo del tracciamento storico (o per studio di caso);

approcci basati su scenario di base delle prassi comuni;

valutazioni dall’alto verso il basso (o modelli macroeconomici).


(1)  https://ec.europa.eu/info/energy-climate-change-environment/standards-tools-and-labels/products-labelling-rules-and-requirements/energy-label-and-ecodesign/energy-efficient-products_en

(2)  Per maggiori dettagli, cfr. ad esempio: Voswinkel, F., Broc, J.S., Breitschopf, B., & Schlomann, B. (2018), Evaluating NET energy savings – topical case study of the EPATEE project, finanziato dal programma Orizzonte 2020;

https://epatee.eu/sites/default/files/files/epatee_topical_case_study_evaluating_net_energy_savings.pdf

(3)  Cfr. anche l’appendice VI.

(4)  Cfr. anche l’appendice VI.

APPENDICE XII

MONITORAGGIO E VERIFICA

1.   Verifica delle azioni e dei risparmi energetici

Nel mettere in atto un sistema di monitoraggio e verifica, può essere utile distinguere tra la verifica delle azioni, da un lato, e dei risparmi energetici, dall’altro. Ciò non significa che questi due aspetti debbano essere verificati da entità distinte. La distinzione mira a consentire che vengano affrontate questioni specifiche di ciascun tipo di verifica.

Le azioni vengono verificate per assicurare che siano state installate o attuate in conformità con le prescrizioni in termini di qualità, prestazioni o di altra natura previsti dalla misura politica.

I risparmi energetici dichiarati vengono verificati per assicurare che siano conformi alle regole di calcolo o alla metodologia della misura politica.

A seconda del contesto nazionale e del tipo di misura politica, i processi di monitoraggio e verifica possono coinvolgere parti diverse, aventi punti di vista diversi. La tabella che segue indica i ruoli di ciascun tipo di soggetto tenendo conto delle peculiarità di ciascuna misura.

 

Autorità pubbliche responsabili dell’attuazione

Parti partecipanti o incaricate/contraenti/parti obbligate

Azioni o progetti da approvare/rifiutare

Scopo: assicurare la qualità di azioni e progetti (rispetto di requisiti predefiniti)

+ fornire dati essenziali per la gestione e la valutazione delle politiche

Scopo: assicurare che azioni/progetti possano beneficiare del regime (ad esempio per ottenere un incentivo finanziario o crediti di risparmio energetico)

+ assicurare la soddisfazione dei clienti (per i contraenti o le parti obbligate) o i risparmi energetici (per i clienti finali)

Ruoli:

1)

definizione dei requisiti e delle norme di comunicazione/documentazione;

2)

approvazione/respingimento delle azioni o dei progetti presentati;

3)

realizzazione o assegnazione di incarichi per verifiche ex post (documentazione e/o in loco) e imposizione di penali/sanzioni

Ruoli:

1)

presentazione delle informazioni richieste dalle autorità pubbliche;

2)

conservazione della documentazione necessaria per la verifica ex post;

3)

attuazione di processi di qualità.

Risparmio energetico da contabilizzare (o accreditare)/cancellare

Scopo: assicurare la qualità della valutazione e della comunicazione dei risparmi energetici (rispetto delle regole di calcolo predefinite e/o dei requisiti di valutazione predefiniti), in maniera tale che i risparmi energetici monitorati rispecchino gli impatti delle politiche in linea con gli obiettivi strategici e le prescrizioni della direttiva Efficienza energetica.

+ fornire dati essenziali per la gestione e la valutazione delle politiche

Scopo: assicurare che i risparmi energetici possano beneficiare del regime (ad esempio per assicurare crediti di risparmi energetici)

+ assicurare la soddisfazione dei clienti (per i contraenti o le parti obbligate) o i risparmi energetici (per i clienti finali)

Ruoli:

1)

definizione delle regole di calcolo e/o dei requisiti di valutazione;

2)

approvazione/respingimento dei risparmi energetici comunicati (o calcolo dei risparmi energetici, a seconda del tipo di misure politiche e delle norme corrispondenti);

3)

realizzazione di verifiche ex post (documentazione e/o in loco) e imposizione di penali/sanzioni

Ruoli:

1)

presentazione delle informazioni richieste dalle autorità pubbliche;

2)

conservazione della documentazione necessaria per la verifica ex post;

3)

calcolo dei risparmi energetici;

4)

attuazione dei processi di qualità

2.   Parte statisticamente significativa e campione rappresentativo

L’articolo 7 bis, paragrafo 5, della direttiva Efficienza energetica (per i regimi obbligatori) e l’articolo 7 ter, paragrafo 2, della direttiva Efficienza energetica (per le misure alternative) impongono agli «gli Stati membri [di] istitui[re] sistemi di misurazione, controllo e verifica in base ai quali si svolge una verifica documentata su almeno una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica».

Questa prescrizione mira a verificare che i risparmi energetici siano effettivamente realizzati come comunicato. Pertanto è fondamentale selezionare un campione statisticamente rappresentativo che rispecchi le caratteristiche dell’intera popolazione (ossia le misure di efficienza energetica) con sufficiente precisione.

Ciò che è «statisticamente rappresentativo» dipende in larga misura dal numero di misure considerate e dalle altre condizioni quadro delle singole misure attuate. Di conseguenza non è possibile fornire una definizione generalmente valida, ad esempio percentuali o numeri di casi. Le ipotesi che seguono sono puramente indicative e non possono sostituire un’analisi specifica del caso delle proprietà statistiche della misura:

Image 11

Gli Stati membri potrebbero trovare utile il seguente elenco indicativo e non esaustivo al fine di valutare quale potrebbe costituire una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo:

indagine completa per un ridotto numero di casi (n< 20);

con un numero medio di casi, un campione del 10 % della popolazione, ma potrebbe essere appropriato almeno n = 20;

per campioni di grandi dimensioni, un campione di ~100 può essere considerato sufficiente per una probabilità di errore dell’1 % per una percentuale del 5 % di comunicazioni false (ossia il 5 % delle comunicazioni di azioni è presumibilmente falso). Per i campioni con una percentuale maggiore di comunicazioni false, è sufficiente un campione più ridotto (cfr. tabella):

 

Probabilità di errore

Percentuale di comunicazioni false

10 %

5 %

1 %

5 %

31

51

103

10 %

15

24

49

20 %

7

11

22

50 %

2

3

5

Nota: La gamma 1-10 % di probabilità di errore è illustrativa. La probabilità di errore può essere superiore, a seconda del tipo di misura della politica, di azioni individuali e dell’applicazione o meno di processi di qualità e di penali o sanzioni.

Nella determinazione del campione rappresentativo occorre tener conto di altri aspetti. Ad esempio, può essere necessario considerare un campione stratificato se lo stesso tipo di azione individuale (come definito all’articolo 2, paragrafo 19) può essere attuato in una serie di tipi di edifici. Questo approccio garantisce che il numero di edifici campionati in ciascuna categoria sia proporzionale al numero di edifici appartenenti a tale categoria (nella popolazione di azioni comunicate per la misura oggetto di valutazione). Qualora vi sia motivo di ritenere che un’azione possa portare ad un’ampia gamma di risparmi energetici in diversi tipi di edifici, può essere opportuno campionare ciascuna categoria separatamente.

La dimensione del campione fa riferimento alla verifica, non alla misurazione. Nel contesto della medesima misura politica è possibile attuare azioni individuali (come definite all’articolo 2, paragrafo 19), tuttavia una misurazione significativa richiede omogeneità. La prima fase del processo di campionamento dovrebbe quindi essere la definizione dei fattori o dei criteri da prendere in considerazione per individuare gruppi omogenei (di azioni o partecipanti) per i quali è possibile estrapolare i risultati da misurazioni effettuate su un campione rappresentativo (per gruppo).

A seconda del tipo di misura politica, in questa fase potrebbero essere necessari altri criteri. Ad esempio, per i regimi obbligatori, le parti obbligate o i terzi che possono promuovere azioni individuali nei confronti dei clienti finali possono utilizzare strategie molto diverse e raccogliere dati e calcolare i risparmi in modi diversi. Di conseguenza è opportuno prelevare campioni per ciascuna parte.

3.   Illustrazioni di come impostare un sistema di monitoraggio e verifica

Gli esempi indicativi che seguono comprendono informazioni di base su come assicurare che:

il controllo e la verifica siano eseguiti indipendentemente dalle parti partecipanti o incaricate; e

la verifica sia effettuata su almeno una parte statisticamente significativa e su un campione rappresentativo delle misure di miglioramento dell’efficienza energetica.

3.1.   Regimi obbligatori (risparmi previsti)

Tra gli aspetti delle azioni di verifica nel quadro dei regimi obbligatori si annoverano i seguenti:

le parti obbligate potrebbero essere tenute a incaricare a terzi indipendenti la verifica di campioni di azioni. Tale verifica potrebbe essere effettuata nel corso di visite in loco destinate a verificare che le azioni siano conformi ai requisiti dei regimi obbligatori e che le azioni e le loro condizioni di installazione/attuazione (compreso il confronto della situazione prima e dopo l’installazione/attuazione, se necessario) siano coerenti con i dati comunicati dalle parti obbligate per il calcolo del risparmio energetico;

terzi indipendenti potrebbero essere tenuti a essere registrati presso autorità pubbliche e a pagare diritti di registrazione. Potrebbero essere tenuti a comunicare i risultati della loro verifica tanto all’autorità pubblica quanto alla parte obbligata;

l’autorità pubblica potrebbe stabilire protocolli di verifica (ad esempio, una lista di controllo per ciascun tipo di azione) in maniera da armonizzare le pratiche di verifica tra tali terzi;

l’autorità pubblica, in collaborazione con enti di accreditamento, potrebbe stabilire criteri che i terzi devono soddisfare per essere registrati dall’autorità pubblica; e

gli enti di accreditamento possono effettuare controlli regolari dei terzi (al fine di assicurare che agiscano in maniera indipendente e in conformità con i protocolli di verifica). Tali controlli potrebbero essere finanziati dai diritti di registrazione di terzi. Gli enti di accreditamento dovrebbero quindi comunicare i loro risultati all’autorità pubblica.

Al fine di assicurare che le verifiche siano effettuate in maniera indipendente, i terzi dovrebbero essere organizzazioni che non sono parzialmente o totalmente di proprietà di una parte obbligata o della sua holding. Tale aspetto dovrebbe essere oggetto di verifica da parte di un ente di accreditamento.

Tali disposizioni sono concepite per ridurre al minimo i costi e gli oneri amministrativi per l’autorità pubblica; in particolare:

le verifiche potrebbero essere organizzate e pagate dalle parti obbligate; e

i controlli potrebbero essere organizzati dagli enti di accreditamento e pagati dai terzi.

Il ruolo dell’autorità pubblica dovrebbe quindi concentrarsi sui seguenti aspetti:

stabilire norme in materia di campionamento, criteri per i terzi, protocolli di verifica ecc.;

esaminare i risultati delle relazioni presentate dagli enti di accreditamento; e

sulla base del suo riesame:

imporre alle parti obbligate di adottare provvedimenti per porre rimedio a qualsiasi inosservanza;

annullare, in tutto o in parte, i risparmi energetici comunicati per i casi oggetto di indagine; e

applicare penali o sanzioni.

Il campionamento delle verifiche delle azioni potrebbe essere basato su criteri statistici (in termini di rappresentatività) o su un approccio basato sui rischi, in quanto anche le verifiche sono utilizzate per assicurare la tutela dei consumatori e la lotta contro le frodi.

L’autorità pubblica dovrebbe verificare i risparmi energetici nel contesto dei regimi obbligatori, in maniera indipendente dalle parti obbligate. In questo contesto, l’autorità pubblica:

dovrebbe stabilire:

norme per il calcolo dei risparmi energetici;

requisiti relativi ai dati; e

(eventualmente) una piattaforma dati online per facilitare la raccolta dei dati.

Le parti obbligate potrebbero essere tenute a utilizzare la piattaforma per comunicare un insieme minimo di informazioni relative ai calcoli e a conservare le prove (anche per informazioni complementari). La piattaforma consentirebbe un controllo sistematico e automatizzato della plausibilità dei valori comunicati. Qualora vengano rilevati valori anomali, l’autorità pubblica verifica i dati e i calcoli corrispondenti;

potrebbe verificare i dati e i calcoli su una parte statisticamente significativa e su un campione rappresentativo (1) delle azioni comunicate tramite verifiche documentali, per le quali impone alle parti obbligate di fornire le prove corrispondenti;

sulla base dei risultati delle fasi di cui sopra, potrebbe quindi effettuare controlli in loco al fine di un’ulteriore verifica.

La piattaforma di dati online rappresenta un costo iniziale per i regimi obbligatori, tuttavia facilita la raccolta e l’elaborazione dei dati e può ridurre al minimo gli oneri amministrativi tanto per le parti obbligate quanto per l’autorità pubblica.

Sulla base dei risultati delle varie fasi di verifica, l’autorità pubblica potrebbe:

imporre alle parti obbligate di fornire ulteriori spiegazioni o giustificazioni;

cancellare, in tutto o in parte, i risparmi energetici comunicati per i casi oggetto di indagine; e

applicare penali o sanzioni.

3.2.   Accordo volontario (risparmi di scala)

Al momento della conclusione di un accordo volontario, le parti partecipanti dovrebbero impegnarsi a stabilire un piano di azione e un obiettivo di risparmio energetico basati su una metodologia solida, ad esempio un audit energetico. Il piano di azione dovrebbe definire le azioni da attuare entro un periodo di tempo ragionevole (a seconda delle specificità di ciascun accordo) ed essere rivisto regolarmente entro un termine ragionevole.

Poiché le parti partecipanti beneficiano direttamente delle azioni che intraprendono ai fini dell’attuazione (in quanto clienti finali), esse stesse potrebbero verificare la qualità delle azioni. Tuttavia, l’autorità pubblica dovrebbe fornire orientamenti chiari per verificare la qualità dei tipi di azione più comuni. In questo caso, l’attenzione è concentrata sul controllo delle azioni che sono state attuate. Tuttavia, per assicurare la piena conformità, un organo di monitoraggio dovrebbe verificare le azioni e i risparmi energetici, indipendentemente dai cofirmatari dell’accordo (autorità pubblica e parti partecipanti).

Il campionamento delle verifiche dei risparmi dovrebbe basarsi su un approccio statistico solido in maniera da assicurare la rappresentatività, così da rendere possibile l’estrapolazione dei risultati per il regime nel suo complesso.

Quelli che seguono sono aspetti indicativi della verifica di azioni e risparmi energetici nel contesto di accordi volontari:

l’autorità pubblica (ministero cofirmatario dell’accordo) potrebbe nominare un organo di monitoraggio indipendente (ad esempio l’agenzia nazionale per l’energia) con il quale potrebbe stabilire:

i requisiti in materia di dati (ossia i dati minimi da comunicare e la documentazione minima che le parti partecipanti devono conservare); e

orientamenti per i calcoli dei risparmi energetici;

l’organo di monitoraggio potrebbe istituire una piattaforma dati online che consenta verifiche sistematiche e automatizzate della plausibilità dei dati comunicati. In caso di rilevamento di valori anomali, l’organo di monitoraggio dovrebbe verificare i dati e i calcoli corrispondenti;

le parti partecipanti dovrebbero essere tenute a comunicare regolarmente i dati relativi alle azioni che attuano attraverso la piattaforma online e a conservare le prove adeguate (ad esempio, fatture);

l’organo di monitoraggio dovrebbe verificare una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo delle azioni comunicate, ad esempio mediante verifiche documentali dei dati e dei calcoli comunicati. Dovrebbe richiedere alle parti partecipanti di fornire le prove corrispondenti;

sulla base dei risultati delle fasi di cui sopra, l’organo di monitoraggio potrebbe quindi effettuare controlli in loco al fine di un’ulteriore verifica;

sulla base dei risultati delle sue verifiche, l’organo di monitoraggio dovrebbe imporre alle parti partecipanti di adottare provvedimenti per porre rimedio a eventuali problemi individuati oppure cancellare i risparmi energetici comunicati. Se del caso, l’autorità pubblica potrebbe imporre sanzioni (ad esempio, esclusione dall’accordo) o sanzioni pecuniarie; e

l’organo di monitoraggio dovrebbe preparare relazioni annuali sui risultati dell’accordo e sulla verifica e i controlli effettuati. Tali relazioni dovrebbero essere pubblicate.

3.3.   Regime di sovvenzioni (risparmi misurati)

Un regime di sovvenzioni potrebbe riguardare la ristrutturazione di case fino a portarle a un certo livello di prestazione. Le azioni e i risparmi energetici dovrebbero essere verificati in maniera indipendente dalla parte incaricata, ossia da un altro contraente.

Il campionamento per le verifiche della qualità delle azioni dovrebbe essere basato su:

un approccio basato sul rischio, al fine di individuare possibili frodi; e

un approccio statistico in maniera da assicurare la rappresentatività, così da rendere possibile l’estrapolazione dei risultati per il regime nel suo complesso.

Quelli che seguono sono aspetti indicativi della verifica dei risparmi energetici e delle azioni nel contesto di regimi di sovvenzione:

i professionisti del settore dell’edilizia che eseguono i lavori devono disporre di una qualifica specifica ed essere registrati dall’autorità pubblica;

al momento della presentazione della domanda di sovvenzione, le famiglie dovrebbero essere tenute (nel rispetto delle pertinenti disposizioni in materia di tutela dei consumatori e protezione dei dati) a consentire l’accesso alle loro fatture energetiche e a rispondere a un’indagine su richiesta (nel caso in cui siano incluse nel campione di verifica); e

il livello di prestazione conseguito in seguito a una ristrutturazione dovrebbe essere confermato da un attestato di prestazione energetica rilasciato da un valutatore certificato.

Il regime potrebbe essere gestito da una parte incaricata.

La verifica dell’attuazione dei progetti di ristrutturazione e del livello di prestazione o dei risparmi energetici conseguiti potrebbe essere gestita come segue:

l’organo incaricato potrebbe gestire una banca dati contenente i dettagli dei progetti di ristrutturazione approvati, circostanza questa che consentirebbe di creare una parte statisticamente significativa e un campione rappresentativo di progetti di ristrutturazione;

l’autorità pubblica potrebbe incaricare un contraente per il monitoraggio che avrebbe accesso a tale banca dati o a qualsiasi altro dato o banca dati necessari (ad esempio, la banca dati degli attestati di prestazione energetica). Sulla base di una prima fase di verifica, il contraente dovrebbe selezionare un sottocampione per l’ispezione in loco; e

la verifica dei risparmi energetici o del livello di prestazione conseguito dovrebbe essere confermata in maniera trasparente da un attestato di prestazione energetica rilasciato da un valutatore certificato o tramite qualsiasi altro metodo trasparente e pertinente (cfr. appendice III, parte 1.1).

Il contraente incaricato del monitoraggio dovrebbe raccogliere tutti i dati necessari, a seconda della metodologia applicata per un campione statisticamente affidabile (attestati di prestazione energetica, bollette energetiche ecc.), e svolgere ulteriori analisi al fine di stabilire:

risparmi stimati o misurati; oppure

il miglioramento delle prestazioni energetiche.

4.   Orientamenti ed esempi di sistemi di monitoraggio e verifica

Gli Stati membri sono incoraggiati a prendere in considerazione altre fonti, ad esempio:

il progetto multEE (Orizzonte 2020) (2);

presentazioni di sistemi di monitoraggio di regimi obbligatori (3); e

lo studio di caso EPATEE, che comprende esempi di sistemi di monitoraggio utilizzati per valutare i risparmi energetici (4).


(1)  Il campionamento delle verifiche dei risparmi energetici dovrebbe basarsi su un approccio statistico solido in maniera da assicurare la rappresentatività, così da rendere possibile l’estrapolazione dei risultati per il regime nel suo complesso.

(2)  https://multee.eu/

(3)  http://atee.fr/sites/default/files/part_3-_monitoring_verification_and_evaluation.zip

(4)  https://epatee.eu/sites/default/files/files/epatee_topical_case_study_linkage_between_monitoring_and_evaluation.pdf


28.10.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/94


RACCOMANDAZIONE (UE) 2019/1659 DELLA COMMISSIONE

del 25 settembre 2019

sul contenuto della valutazione globale del potenziale dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento ai sensi dell’articolo 14 della direttiva 2012/27/UE

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 194,

considerando quanto segue:

(1)

L’Unione è determinata nell’impegno per lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile, competitivo, sicuro e decarbonizzato. La strategia dell’Unione dell’energia stabilisce obiettivi ambiziosi per l’Unione. In particolare mira a ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40 % entro il 2030 rispetto al 1990, ad aumentare la percentuale di consumo di energia rinnovabile almeno al 32 % e a realizzare risparmi energetici ambiziosi per migliorare la sicurezza energetica, la competitività e la sostenibilità nell’Unione. La direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) (direttiva Efficienza energetica — EED), modificata dalla direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), stabilisce un obiettivo di efficienza energetica di almeno il 32,5 % di risparmi a livello dell’Unione entro il 2030.

(2)

Quello del riscaldamento e del raffreddamento, con il 50 % circa della domanda totale, è il settore più significativo di uso finale dell’energia nell’UE L’edilizia è responsabile dell’80 % di questo consumo. Per garantire una «transizione energetica» ad ogni livello amministrativo nell’UE, è essenziale individuare il potenziale di efficienza energetica per ottenere risparmi in tutti gli Stati membri e allineare le politiche.

(3)

L’articolo 14 della direttiva 2012/27/UE (direttiva Efficienza energetica) impone a ciascuno Stato membro di effettuare e notificare alla Commissione, ai fini della promozione, una valutazione globale del potenziale del teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti. La valutazione globale deve includere tutti gli elementi menzionati nell’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica.

(4)

Gli Stati membri dovevano effettuare e notificare alla Commissione una prima valutazione globale entro il 31 dicembre 2015. La valutazione deve essere aggiornata e notificata alla Commissione ogni cinque anni previa richiesta della Commissione stessa.

(5)

Il Centro comune di ricerca della Commissione (JRC) ha analizzato la prima serie di valutazioni globali e ha rilevato l’utilità di raccogliere nuovi dati e illustrare nuove potenzialità di riscaldamento e raffreddamento, nonché di migliorare l’interazione tra amministrazioni nazionali e locali.

(6)

Con lettera dell’8 aprile 2019 la Commissione ha chiesto agli Stati membri di presentare valutazioni globali aggiornate ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva Efficienza energetica entro il 31 dicembre 2020.

(7)

La Commissione ha rilevato la necessità di stabilire requisiti più chiari per la raccolta e il trattamento dei dati e consentire agli Stati membri di concentrare l’analisi sulle possibilità, rilevanti a livello locale, di riscaldare e raffreddare in modo tecnologicamente neutro.

(8)

Il regolamento delegato (UE) 2019/826 della Commissione (3) semplifica i requisiti per le valutazioni e li allinea con la legislazione aggiornata dell’Unione dell’energia, in particolare la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (4), la direttiva Efficienza energetica (5), la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) (direttiva Rinnovabili) e il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) (regolamento Governance).

(9)

In particolare, la preparazione dell’analisi dovrebbe essere strettamente legata alla pianificazione e alla comunicazione stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999 e basarsi, ove possibile, sulle valutazioni precedenti. Per presentare i risultati delle valutazioni globali può essere usato il modello di comunicazione fornito dalla Commissione europea.

(10)

Il presente documento sostituisce gli orientamenti della Commissione sulla promozione dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento (8).

(11)

La presente raccomandazione non incide sugli effetti giuridici della direttiva Efficienza energetica e ne fa salva l’interpretazione vincolante, come da giurisprudenza della Corte di giustizia. Si concentra sulle disposizioni relative alla valutazione globale del potenziale di efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento e riguarda l’articolo 14 e l’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica.

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

Nel condurre le valutazioni globali a norma dell’articolo 14 e dell’allegato VIII della direttiva 2012/27/UE, gli Stati membri dovrebbero seguire gli orientamenti contenuti negli allegati della presente raccomandazione.

Fatto a Bruxelles, il 25 settembre 2019

Per la Commissione

Miguel ARIAS CAÑETE

Membro della Commissione


(1)  Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

(2)  Direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 210).

(3)  Regolamento delegato (UE) 2019/826 della Commissione, del 4 marzo 2019, che modifica gli allegati VIII e IX della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo al contenuto delle valutazioni globali del potenziale dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento (GU L 137 del 23.5.2019, pag. 3).

(4)  Modificata dalla direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 75).

(5)  Modificata dalla direttiva (UE) 2018/2002.

(6)  Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(7)  Regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla governance dell’Unione dell’energia e dell’azione per il clima che modifica le direttive (CE) n. 663/2009 e (CE) n. 715/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 94/22/CE, 98/70/CE, 2009/31/CE, 2009/73/CE, 2010/31/UE, 2012/27/UE e 2013/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive del Consiglio 2009/119/CE e (UE) 2015/652 e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1).

(8)  Orientamenti sulla direttiva 2012/27/UE;

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52013SC0449


ALLEGATO I

CONTENUTO DELLE VALUTAZIONI GLOBALI DEL POTENZIALE DELL’EFFICIENZA PER IL RISCALDAMENTO E IL RAFFREDDAMENTO

1.   RACCOMANDAZIONI GENERALI SULL’ALLEGATO VIII DELLA DIRETTIVA EFFICIENZA ENERGETICA

L’articolo 14, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica impone a ciascuno Stato membro di effettuare e presentare alla Commissione una valutazione globale del potenziale dell’efficienza energetica per il riscaldamento e il raffreddamento. La valutazione deve contenere tutti gli elementi di cui all’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica.

Gli Stati membri dovevano presentare una prima valutazione entro il 31 dicembre 2015. Tale valutazione deve essere aggiornata ogni cinque anni su richiesta della Commissione. La preparazione dell’analisi deve essere strettamente legata alle disposizioni in materia di pianificazione e comunicazione stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999 (regolamento Governance) e, ove possibile, basarsi su valutazioni precedenti. Gli Stati membri possono usare il modello di comunicazione fornito dalla Commissione.

Al fine di semplificare le valutazioni, la Commissione ha colto le possibilità di cui agli articoli 22 e 23 della direttiva Efficienza energetica per proporre il regolamento delegato (UE) 2019/826 che modifica l’allegato VIII e la parte 1 dell’allegato IX della medesima direttiva.

Scopo del presente documento è spiegare i nuovi requisiti e facilitare l’applicazione efficace e coerente delle disposizioni dell’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica sulle informazioni da notificare alla Commissione nelle valutazioni globali. Il presente documento sostituisce gli orientamenti vigenti sulla promozione dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento pubblicati dalla Commissione (1).

Ai fini di una panoramica nazionale del riscaldamento e del raffreddamento, le fasi per ottenere una valutazione globale completa devono comprendere:

la valutazione della quantità di energia utile (2) e la quantificazione del consumo di energia finale (CEF) (3) in base al settore (GWh all’anno);

il riscaldamento e il raffreddamento attuali, stimati e rilevati, forniti ai settori di consumo finale (GWh all’anno), ripartiti in base alla tecnologia e alle fonti di energia fossili e rinnovabili;

la verifica del potenziale di fornitura da impianti che generano calore o freddo di scarto (GWh all’anno);

le quote comunicate di energia da fonti rinnovabili e da calore o freddo di scarto nel consumo di energia finale del teleriscaldamento e teleraffreddamento negli ultimi 5 anni;

l’andamento previsto della domanda di riscaldamento e raffreddamento per i prossimi 30 anni (GWh); e

una mappa del territorio nazionale che mostri le zone ad alta densità energetica, i punti di approvvigionamento di calore e freddo individuati conformemente al punto 2, lettera b), e gli impianti di trasmissione per teleriscaldamento, sia già esistenti che progettati.

Per offrire una panoramica generale delle politiche di riscaldamento e raffreddamento, la valutazione deve comprendere:

una descrizione del peso del riscaldamento e del raffreddamento efficienti nella riduzione delle emissioni di gas a effetto serra sul lungo termine; e

una panoramica generale delle politiche e misure vigenti in materia di riscaldamento e raffreddamento, comunicata in conformità al regolamento Governance.

La valutazione completa del potenziale economico del riscaldamento e del raffreddamento efficiente si articola nelle fasi seguenti:

individuare, grazie a un’analisi costi-benefici (ACB), le tecnologie atte a fornire sul territorio nazionale calore e freddo a basse emissioni di carbonio ed efficienti sul piano energetico;

uno scenario di riferimento e scenari alternativi per una zona geografica ben definita;

analisi finanziarie ed economiche (queste ultime devono tenere conto dei costi esterni);

un’analisi di sensibilità; e

la presentazione del metodo e delle ipotesi formulate.

Infine, per completare la valutazione globale devono essere presentate proposte di misure politiche supplementari e future inerenti al riscaldamento e raffreddamento.

2.   RACCOMANDAZIONI SPECIFICHE

2.1.   PANORAMICA DEL RISCALDAMENTO E DEL RAFFREDDAMENTO

2.1.1.    Valutazione della domanda annuale di riscaldamento e raffreddamento in termini di energia utile e di consumo quantificato di energia finale per settore

Ai sensi dell’allegato VIII, punto 1, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri devono comunicare i dati più aggiornati in merito al consumo quantificato di energia finale per il riscaldamento e il raffreddamento nei settori residenziale, dei servizi e dell’industria nonché in eventuali altri settori che individualmente rappresentino più del 5 % della domanda nazionale totale di riscaldamento e raffreddamento utile. Parallelamente, gli Stati membri devono anche valutare e comunicare l’energia utile necessaria per il riscaldamento e il raffreddamento in questi settori. Il consumo di energia finale e l’energia utile per ogni settore devono essere espressi in GWh.

Il consumo di energia finale per il riscaldamento e il raffreddamento dovrebbe basarsi su dati reali, misurati e verificati e sulle ripartizioni settoriali di base usate nelle statistiche europee dell’energia e nei bilanci energetici nazionali (4).

Per conformarsi all’allegato VIII, punto 3, della direttiva Efficienza energetica è utile presentare una ripartizione geografica dei dati relativi all’approvvigionamento e al consumo, in modo da collegare la domanda futura di energia alle fonti di approvvigionamento. Ciò richiede la conoscenza dell’ubicazione dei principali utenti del riscaldamento e raffreddamento. Insieme alle informazioni sui potenziali fornitori di cui all’allegato VIII, punto 2, della direttiva Efficienza energetica, ciò consente di creare una mappa delle diverse ubicazioni di cui al punto 3 e di migliorare la comprensione delle varie condizioni all’interno di un paese. Un tipo di approccio alla ripartizione geografica potrebbe essere l’uso di un sistema consolidato di divisione territoriale, come le zone postali, le unità amministrative locali, i comuni, le zone industriali e i relativi dintorni ecc.

Si può procedere ad una ripartizione settoriale della domanda di riscaldamento e raffreddamento in sottoelementi pertinenti, laddove possibile e utile, ad esempio per determinare la quantità o il grado di temperatura dell’energia generalmente necessaria (5) (ad esempio in calore ad alta temperatura, calore a media temperatura, calore a medio/bassa temperatura, calore a bassa temperatura, raffreddamento e refrigerazione). L’analisi risulterebbe più accurata e utile, ad esempio nel verificare la sostenibilità tecnica ed economica — in un’analisi costi benefici — di soluzioni specifiche nella fornitura di riscaldamento e raffreddamento al fine di soddisfare le esigenze particolari di diversi sottosettori.

Una corretta suddivisione della domanda richiede una raccolta e un trattamento solidi dei dati; spesso occorre combinare insiemi di dati diversi, trattare i dati dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto e ricorrere a ipotesi e supposizioni. Se non sono disponibili dati diretti sul consumo di energia, è opportuno usare dati derivati per via indiretta. Tra i potenziali elementi potrebbero figurare la popolazione di un’unità territoriale, il consumo energetico pro capite e l’area riscaldata degli edifici pro capite. Sottosettori diversi richiedono, di solito, approcci diversi.

Il settore residenziale e la maggior parte del settore dei servizi sono costituiti da un numero elevato di consumatori piccoli e medi sparsi sul territorio di un comune o di un’altra unità territoriale. Il loro fabbisogno energetico si traduce principalmente nel riscaldamento/raffreddamento degli ambienti ed è quindi determinato dall’area dell’edificio che richiede riscaldamento e/o raffreddamento. Potrebbe essere utile applicare criteri che spieghino la domanda in termini geografici (6), ad esempio raggruppando i consumatori in gruppi ad alta e bassa densità della domanda di calore. Laddove i segmenti edilizi siano differenziati, ad esempio per soddisfare gli standard di «edificio a energia quasi zero», è altresì possibile usare la stessa segmentazione.

Il settore industriale è solitamente composto da un piccolo numero di grandi consumatori di calore, la cui domanda è governata da processi industriali. In questo caso, i consumatori potrebbero essere raggruppati in base alla domanda di energia (MWh/a) e alle soglie di temperatura.

2.1.2.    Identificazione/stima dell’attuale fornitura di riscaldamento e raffreddamento in base alla tecnologia

Scopo di questa fase è individuare le soluzioni tecnologiche usate per fornire riscaldamento e raffreddamento (allegato VIII, punto 1, della direttiva Efficienza energetica). L’analisi e i valori indicati dovrebbero essere strutturati analogamente alla descrizione della domanda di riscaldamento e raffreddamento. Ai sensi dell’allegato VIII, punto 2, lettera a), della direttiva Efficienza energetica, devono essere indicati i dati più recenti disponibili, espressi in GWh all’anno. Occorre distinguere tra fonti in loco ed extra loco e tra fonti di energia rinnovabili e fossili.

Il punto 2, lettera a), elenca le tecnologie per le quali devono essere presentati i dati sulla fornitura:

«—

fornita in loco:

caldaie per la sola produzione di energia termica;

cogenerazione ad alto rendimento di calore ed energia elettrica;

pompe di calore;

altre tecnologie e fonti in loco;

fornita extra loco attraverso:

cogenerazione ad alto rendimento di calore ed energia elettrica;

calore di scarto;

altre tecnologie e fonti extra loco;»

Per ciascuna tecnologia, occorre distinguere tra fonti di energia rinnovabili e fossili. I dati che non possono essere raccolti direttamente dovrebbero essere derivati per via indiretta. L’elenco sopra riportato non è esaustivo e rappresenta il minimo da indicare. Se necessario, aggiungere fonti di energia supplementari per garantire completezza e accuratezza.

Il livello di dettaglio dei dati sulle fonti di approvvigionamento di riscaldamento e raffreddamento dovrebbe corrispondere ai requisiti del metodo scelto per la valutazione globale; potrebbe includere dati sull’ubicazione, la tecnologia, il combustibile usato, la quantità e la qualità (7) di energia fornita (MWh/a), la disponibilità di calore (giornaliera o annuale), l’età e la durata prevista dell’impianto ecc.

2.2.   INDIVIDUAZIONE DEGLI IMPIANTI CHE PRODUCONO CALORE O FREDDO DI SCARTO E DEL LORO POTENZIALE DI FORNITURA DI RISCALDAMENTO O RAFFREDDAMENTO

Scopo di questa fase è identificare, descrivere e quantificare le fonti di calore o di freddo di scarto non ancora sfruttate al loro pieno potenziale tecnico. Ciò potrebbe servire da indicatore per coprire la domanda di riscaldamento e raffreddamento esistente o futura. L’allegato VIII, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica elenca gli impianti di generazione di calore da analizzare:

«—

impianti di generazione di energia termica che possono fornire o essere modificati a posteriori per fornire calore di scarto, con potenza termica totale superiore a 50 MW;

impianti di cogenerazione di calore ed energia elettrica che utilizzano tecnologie di cui all’allegato I, parte II, con potenza termica totale superiore a 20 MW;

impianti di incenerimento dei rifiuti;

impianti ad energia da fonti rinnovabili, con potenza termica totale superiore a 20 MW, diversi dagli impianti di cui al punto 2, lettera b), punti i) e ii), che generano riscaldamento o raffreddamento utilizzando energia da questo tipo di fonti;

impianti industriali con potenza termica totale superiore a 20 MW, che possono fornire calore di scarto».

Gli Stati membri possono andare oltre le fonti di calore e freddo di scarto indicate, in particolare nel settore terziario, comunicandole separatamente. Con riferimento ai criteri di autorizzazione e permesso di cui all’articolo 14, paragrafo 7, della direttiva Efficienza energetica, gli Stati membri possono valutare il potenziale di generazione di calore di scarto degli impianti di produzione di energia termica con potenza termica totale compresa tra 20 e 50 MW.

Può anche essere utile descrivere la qualità dell’energia prodotta, ad esempio la temperatura (vapore o acqua calda) disponibile per ciascuna applicazione d’uso (8). Se la quantità o la qualità del calore o del freddo di scarto non sono note, possono essere stimate mediante una metodologia adeguata basata su ipotesi ben documentate. Ad esempio, il calore di scarto degli impianti di produzione di energia elettrica può essere rilevato con vari metodi e tecnologie (9).

Gli Stati membri devono indicare su una mappa l’ubicazione delle potenziali fonti di calore e freddo di scarto che potrebbero soddisfare la domanda in futuro.

2.3.   MAPPE SULLA FORNITURA E SULLA DOMANDA DI CALORE E FREDDO

L’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica prescrive che la valutazione globale del potenziale nazionale dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento contenga una mappa dell’intero territorio nazionale riportante le fonti e le infrastrutture della domanda di riscaldamento e raffreddamento e indicante (allegato VIII, punto 3):

«—

la domanda di riscaldamento e raffreddamento per area a seguito dell’analisi di cui al punto 1, utilizzando criteri coerenti per evidenziare le aree ad alta densità energetica situate in comuni e agglomerati urbani;

punti per la fornitura di riscaldamento e raffreddamento già esistenti, del tipo descritto al punto 2, lettera b), e impianti di trasmissione per teleriscaldamento già esistenti;

punti per la fornitura di riscaldamento e raffreddamento progettati, del tipo descritti al punto 2, lettera b), e impianti di trasmissione per teleriscaldamento progettati».

Questo elenco contiene solo gli elementi obbligatori della mappa, che può contenerne altri, ad esempio la distribuzione delle risorse energetiche rinnovabili.

L’elaborazione della mappa del calore e del freddo non dovrebbe essere considerata un compito separato, bensì parte integrante del processo di valutazione dei potenziali miglioramenti dell’efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento e delle sinergie tra i consumatori e i potenziali fornitori. Alla luce dell’obbligo di elaborare la mappa, tutti i dati raccolti sulla fornitura e sulla domanda di riscaldamento e raffreddamento dovrebbero avere dimensione territoriale in modo da poter individuare le opportunità di sinergia.

La risoluzione degli elementi della mappa di cui all’allegato VIII, punto 3, lettera a), della direttiva Efficienza energetica deve essere sufficiente a individuare le zone che presentano una domanda di riscaldamento e raffreddamento particolare. Per gli elementi di cui al punto 3, lettere b) e c), la rappresentazione virtuale può essere più generale (in base al metodo di analisi scelto e alle informazioni disponibili), ma deve consentire di determinare l’ubicazione di un particolare elemento con sufficiente accuratezza ai fini dell’analisi costi-benefici.

Se sono stati notificati all’amministrazione nazionale o menzionati nei documenti politici nazionali piani di futuri punti e impianti di fornitura, è presumibile che siano sufficientemente maturi per essere inclusi in questa categoria. Ciò non pregiudica tuttavia le decisioni di pianificazione o di investimento future e non è vincolante per le parti.

I metodi usati per comporre i livelli delle mappe (10) possono essere vari. Alcuni forniscono maggiori dettagli e possono richiedere serie più ampie di informazioni dettagliate (ad esempio mappe basate sull’isopleto). Altri possono richiedere meno sforzi ma sono meno utili per individuare le sinergie tra consumatori e fornitori di calore e freddo (ad esempio le mappe coropletiche). Gli Stati membri sono incoraggiati a comporre le mappe avvalendosi delle informazioni più dettagliate disponibili, proteggendo nel contempo le informazioni sensibili sul piano commerciale.

Si consiglia di pubblicare la mappa di calore su Internet, prassi già in uso in alcuni Stati membri in quanto la mappa può essere uno strumento utile per i potenziali investitori e il pubblico.

2.4.   PREVISIONI SULLA DOMANDA DI RISCALDAMENTO E RAFFREDDAMENTO

L’allegato VIII, punto 4, della direttiva Efficienza energetica richiede una previsione della domanda di riscaldamento e raffreddamento per i prossimi 30 anni, con informazioni più precise per i prossimi 10 anni. La previsione deve tener conto dell’impatto delle politiche e delle strategie relative all’efficienza energetica e alla domanda di riscaldamento e raffreddamento (ad esempio le strategie di ristrutturazione a lungo termine degli edifici di cui alla direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (11) e i piani integrati per l’energia e il clima di cui al regolamento Governance) e dovrebbero rispecchiare le esigenze dei vari settori dell’industria.

Nel preparare le previsioni, gli Stati membri dovrebbero usare la segmentazione stabilita nell’allegato VIII, punti 1 e 2, della direttiva Efficienza energetica per determinare la fornitura e la domanda attuali (vale a dire nei settori residenziale, dei servizi, industriale e di altro tipo, nonché negli eventuali sottosegmenti).

Possono essere utilizzate relazioni internazionali, nazionali e scientifiche pertinenti, purché basate su una metodologia ben documentata e forniscano informazioni sufficientemente dettagliate. In alternativa, le previsioni possono essere basate sulla modellizzazione della domanda energetica. I metodi e le ipotesi devono essere descritti e spiegati.

2.5.   QUOTA DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI E DA CALORE O FREDDO DI SCARTO NEL CONSUMO DI ENERGIA FINALE NEL SETTORE DEL TELERISCALDAMENTO E DEL TELERAFFREDDAMENTO

Conformemente all’articolo 15, paragrafo 7, della direttiva Rinnovabili (12), gli Stati membri devono comunicare la quota di energia da fonti rinnovabili e dal calore e dal freddo di scarto. I dati possono essere comunicati per ogni tipo di fonte rinnovabile non fossile di cui all’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, nonché per il calore di scarto.

Fino a quando la metodologia di calcolo del raffreddamento da fonti rinnovabili non sarà stabilita conformemente all’articolo 35 della direttiva Rinnovabili, gli Stati membri devono usare una metodologia nazionale appropriata.

3.   OBIETTIVI, STRATEGIE E MISURE POLITICHE

3.1.   RUOLO DELL’EFFICIENZA PER IL RISCALDAMENTO E IL RAFFREDDAMENTO NELLA RIDUZIONE A LUNGO TERMINE DELLE EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA E PANORAMICA DELLE POLITICHE VIGENTI

È opportuno presentare brevemente una panoramica delle politiche vigenti in materia di efficienza per il riscaldamento e il raffreddamento, concentrandosi sulle eventuali modifiche rispetto a quelle comunicate a norma del regolamento Governance ed evitando duplicazioni.

Le politiche specifiche per il riscaldamento e il raffreddamento devono essere coerenti con le politiche che contribuiscono alle cinque dimensioni dell’Unione dell’energia, in particolare quella relativa all’efficienza energetica (articolo 4, lettera b), punti da 1 a 4, e articolo 15, paragrafo 4, lettera b), del regolamento Governance); le dimensioni sono:

la decarbonizzazione, che comprende la riduzione e l’assorbimento delle emissioni di gas a effetto serra e il contributo alle traiettorie della quota settoriale di energia rinnovabile nel consumo di energia finale;

l’efficienza energetica, che comprende il contributo al conseguimento dell’obiettivo di efficienza energetica dell’UE per il 2030 e le tappe indicative fissate al 2030, 2040 e 2050;

la sicurezza energetica, che comprende la diversificazione dell’approvvigionamento, l’aumento della resilienza e della flessibilità del sistema energetico, nonché la riduzione e della dipendenza dalle importazioni;

i mercati interni dell’energia, che comprendono il miglioramento dell’interconnettività e dell’infrastruttura di trasmissione, una politica dei consumatori a prezzi competitivi e orientata al coinvolgimento, la riduzione della povertà energetica; e

la ricerca, l’innovazione e la competitività, che comprendono il contributo alla ricerca e all’innovazione private e la diffusione di tecnologie pulite.

Gli Stati membri devono descrivere e quantificare, ove giustificato e possibile, in che modo l’efficienza energetica e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel settore del riscaldamento e del raffreddamento si collegano a queste cinque dimensioni.

3.1.1.    Esempio: dimensione «decarbonizzazione»

Ad esempio, per la dimensione «decarbonizzazione» è necessario quantificare l’impatto delle politiche per l’efficienza energetica nel riscaldamento e nel raffreddamento sulla quantità di gas a effetto serra emessi e sull’uso del suolo. È opportuno segnalare le tecnologie che saranno usate in futuro, indicando l’adozione di fonti rinnovabili non fossili, comprese le applicazioni dell’energia elettrica rinnovabile per il calore o il freddo (energia eolica o fotovoltaica) e la generazione diretta di calore da vettori di energie rinnovabili (riscaldamento e raffreddamento alimentati a energia solare termica, biomassa, biogas, idrogeno, gas sintetici) o altro. La conseguente analisi costi-benefici (vedere la sezione 4) consentirebbe d’individuare nuove politiche e misure (sezione 5) atte a conseguire gli obiettivi nazionali in materia di efficienza energetica e decarbonizzazione relativi al riscaldamento e al raffreddamento.

3.1.2.    Esempio: dimensione «efficienza energetica»

Per quanto riguarda l’efficienza energetica generale, gli Stati membri devono esprimere in che misura si attende dalla politica di efficienza energetica nel settore del riscaldamento e del raffreddamento che contribuisca alle tappe indicative fissate al 2030, 2040 e 2050, quantificandone il contributo in termini di consumo di energia primaria o finale, risparmio di energia primaria o finale o intensità energetica, in linea con l’approccio scelto nel contesto del regolamento Governance.

Gli Stati membri dovrebbero inoltre descrivere l’impatto delle loro politiche in materia di sicurezza energetica, ricerca, innovazione e competitività.

4.   ANALISI DEL POTENZIALE ECONOMICO DELL’EFFICIENZA PER IL RISCALDAMENTO E IL RAFFREDDAMENTO

4.1.   ANALISI DEL POTENZIALE ECONOMICO

4.1.1.    Contenuti

Gli Stati membri hanno a disposizione una gamma di opzioni per analizzare il potenziale economico delle tecnologie di riscaldamento e raffreddamento, ma il metodo deve (punti 7 e 8 dell’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica):

coprire l’intero territorio nazionale — senza escludere eventuali sottoanalisi, ad esempio mediante la disaggregazione regionale;

essere basato su un’analisi costi-benefici (articolo 14, paragrafo 3, della direttiva Efficienza energetica) e usare il valore attuale netto (VAN) come criterio di valutazione;

individuare scenari alternativi per tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento più efficienti e rinnovabili — ciò implica l’elaborazione di scenari di riferimento e alternativi per i sistemi nazionali di riscaldamento e raffreddamento (13);

considerare una serie di tecnologie: il calore e il freddo di scarto industriali, l’incenerimento dei rifiuti, la cogenerazione ad alto rendimento, altre fonti di energia rinnovabili, le pompe di calore e la riduzione delle perdite di calore nelle reti di teleriscaldamento esistenti; e

tenere conto dei fattori socio-economici e ambientali (14).

La parte dell’analisi costi-benefici dedicata alla valutazione di cui all’articolo 15, paragrafo 7, della direttiva Rinnovabili deve includere un’analisi spaziale delle aree idonee per un’utilizzazione a basso rischio ambientale di energia da fonti rinnovabili e dell’uso di calore e freddo di scarto nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, nonché una valutazione del potenziale in termini di progetti di piccola taglia a livello residenziale.

A seconda della loro disponibilità e delle informazioni richieste, altri strumenti avanzati di modellizzazione del sistema energetico potrebbero essere utilizzati per valutare rapporti più complessi tra la domanda di calore e i componenti di approvvigionamento del sistema energetico nazionale, e in particolare gli aspetti più dinamici.

La relazione di valutazione deve indicare le ipotesi formulate, in particolare per quanto riguarda i prezzi dei principali fattori di input/output e il tasso di attualizzazione.

4.1.2.    Limiti geografici e di sistema

Stabilire i limiti geografici e di sistema della valutazione globale è una fase fondamentale dell’analisi, in quanto questi determinano il gruppo degli organismi e gli aspetti della loro interazione trattati nell’analisi.

L’allegato VIII, punto 8, lettera d), della direttiva Efficienza energetica stabilisce due requisiti generali in questo ambito:

il limite geografico copre un’idonea zona geografica ben definita; e

l’analisi costi-benefici tiene conto di tutte le pertinenti risorse centralizzate o decentralizzate disponibili entro il limite di sistema e il limite geografico.

L’area delimitata dal limite geografico globale deve essere identica al territorio oggetto della valutazione, vale a dire il territorio amministrativo dello Stato membro in questione. Tuttavia, si raccomanda in particolare ai grandi Stati membri di suddividere ulteriormente il loro territorio in regioni (ad esempio NUTS-1), al fine di rendere più gestibile la mappatura e la pianificazione energetica e di tenere conto delle diverse zone climatiche. Gli Stati membri dovrebbero individuare opportunità di sinergie tra la domanda di riscaldamento e raffreddamento e le fonti di calore e di freddo di scarto e rinnovabili all’interno del limite geografico.

I limiti di sistema, d’altra parte, sono un concetto molto più locale e devono includere un’unità o un gruppo di consumatori e fornitori di riscaldamento e raffreddamento tra i quali lo scambio di energia è o potrebbe essere significativo. I sistemi risultanti saranno analizzati all’interno dei loro limiti (applicando l’analisi costi-benefici) al fine di determinare se sia economicamente vantaggioso attuare una particolare opzione per la fornitura di riscaldamento e raffreddamento.

Tra gli esempi di tali sistemi possono figurare (15):

un gruppo di condomini (consumatori di calore) e un sistema di teleriscaldamento progettato (potenziale fornitore di riscaldamento);

il distretto di una città situato vicino a una fonte di calore idonea;

impianti di riscaldamento e raffreddamento più piccoli, come aree commerciali (consumatori di calore e freddo) e pompe di calore (possibile tecnologia per coprire il fabbisogno di calore e freddo); e

un impianto industriale che consuma calore e un altro impianto che potrebbe fornire calore di scarto.

4.1.3.    Individuazione di soluzioni tecniche idonee

Un’ampia gamma di soluzioni di riscaldamento e raffreddamento ad alto rendimento potrebbe soddisfare la domanda rilevata nelle fasi precedenti. La soluzione di riscaldamento o raffreddamento più conveniente e vantaggiosa può essere riscontrata in uno o più dei seguenti elementi:

una risorsa utilizzata come fonte di energia, ad esempio calore di scarto, biomassa o energia elettrica;

una tecnologia usata per convertire il vettore energetico in una forma di energia utile per i consumatori, ad esempio recupero di calore o pompe di calore; e

un sistema di distribuzione che consente di fornire energia utile ai consumatori (centralizzata o decentralizzata).

Eventuali soluzioni tecniche dovrebbero essere valutate anche in base alla loro applicabilità in:

sistemi decentralizzati (o individuali), in cui diversi produttori (o tutti i consumatori) producono il proprio calore o freddo in loco; e

sistemi centralizzati, che usano sistemi di teleriscaldamento e teleraffreddamento per distribuire energia termica da fonti di calore extra-loco ai consumatori e che possono essere usati per fornire riscaldamento e raffreddamento ai limiti di sistema caratterizzati da un’elevata densità di domanda e ai consumatori di grandi dimensioni, ad esempio un impianto industriale.

La scelta di soluzioni idonee nei limiti di un particolare sistema energetico di domanda e offerta (16) dipenderà da molti fattori, tra cui:

la disponibilità della risorsa (ad esempio, la disponibilità di biomassa può determinare la praticità delle caldaie a biomassa);

le proprietà della domanda di calore (ad esempio il teleriscaldamento è particolarmente adatto per aree urbane ad alta densità di domanda di calore); e

le proprietà dell’eventuale fornitura di calore (il calore di scarto a bassa temperatura potrebbe non essere adatto all’uso nei processi industriali, ma potrebbe essere idoneo come input per un sistema di teleriscaldamento).

4.1.4.    Scenario di riferimento

Come indicato all’allegato VIII, punto 8, lettera a), punto ii), della direttiva Efficienza energetica, lo scenario di riferimento deve fungere da punto di confronto e tenere conto delle politiche vigenti al momento della compilazione della specifica valutazione globale. Le caratteristiche dei seguenti elementi del sistema di riscaldamento e raffreddamento nazionale dovrebbero fornire il punto di partenza:

panoramica dei consumatori di calore e del loro attuale consumo energetico;

attuali fonti di approvvigionamento di calore e di freddo; e

potenziali fonti di approvvigionamento di calore e di freddo (se tali sviluppi possono essere ragionevolmente previsti in base alle politiche e alle misure attuali di cui all’allegato VIII, parte I, della direttiva Efficienza energetica).

Lo scenario di riferimento mostra lo sviluppo più probabile della domanda, della fornitura e della trasformazione di energia sulla base delle conoscenze attuali, dello sviluppo tecnologico e delle misure politiche. Si tratta quindi di uno scenario che rispecchia le condizioni abituali, che deve essere dimostrativo delle misure politiche vigenti ai sensi della legislazione nazionale e dell’UE e che può basarsi su scenari di efficienza energetica ed energie rinnovabili elaborati «con misure vigenti» per il regolamento Governance.

Dovrebbe contenere informazioni su come la domanda è soddisfatta al momento, e ipotesi su come sarà soddisfatta in futuro. Le tecnologie future non devono essere limitate alle opzioni attualmente utilizzate. Potrebbero includere, ad esempio, la cogenerazione ad alto rendimento o un efficiente teleriscaldamento e teleraffreddamento, se tali sviluppi possono ragionevolmente essere previsti.

4.1.4.1.   Mix attuale di tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento

Lo scenario di riferimento deve includere una descrizione del mix attuale di tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento per ciascun segmento della domanda di calore e all’interno di ciascun limite di sistema energetico. La priorità dovrebbe essere accordata a un approccio dal basso verso l’alto basato su informazioni dettagliate (ad esempio dati raccolti vicino alla fonte, risultati di indagini ecc.).

In assenza di informazioni dettagliate, questo input potrebbe essere derivato da un approccio dall’alto verso il basso basato su:

informazioni sull’attuale mix di consumo di combustibile; e

ipotesi sulle principali soluzioni tecnologiche applicate nel contesto nazionale.

Poiché il mix di tecnologie per la fornitura di calore è correlato alla fonte della domanda di calore, le informazioni su quest’ultima possono essere utilizzate per calibrare le stime per la prima. Ad esempio, i dati sul numero di case o appartamenti all’interno di un limite di sistema energetico potrebbero essere utilizzati per stimare il numero e le dimensioni totali delle singole unità di riscaldamento installate (presupponendo un impianto per casa). Allo stesso modo, i dati sul numero e sulle dimensioni degli impianti industriali potrebbero essere utilizzati per approssimare il numero di unità di generazione di calore (e le loro dimensioni) nel settore industriale.

4.1.4.2.   Mix futuro di tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento e rispettivo tasso di sostituzione

Il mix futuro di tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento potrebbe essere stimato partendo dal mix di combustibili nell’ultimo anno e quindi determinando il mix tecnologico per quell’anno e tutti gli anni intermedi, ipotizzando traiettorie di evoluzione diverse a seconda delle tecnologie interessate. Combinando queste informazioni con le previsioni della domanda di riscaldamento e raffreddamento, è possibile produrre previsioni sul mix tecnologico per l’intero periodo.

Le ipotesi sul mix futuro di tecnologie per il riscaldamento e il raffreddamento possono anche essere formulate sulla base del tasso di sostituzione della tecnologia. Supponendo che le attuali apparecchiature per la generazione di calore debbano essere sostituite al termine del loro ciclo di vita economico, si possono formulare ipotesi su:

l’uso di alcune tecnologie durante l’intero arco temporale dell’analisi; e

la sostituzione di altre tecnologie.

In questi casi il tasso di sostituzione rappresenterebbe il limite alla penetrazione di nuove tecnologie per la domanda esistente. I tassi di sostituzione per settori specifici potrebbero essere:

determinati da studi di mercato o altre fonti pertinenti, anche tenendo conto della potenziale influenza delle misure politiche; oppure

stimati sulla base del ciclo di vita medio della tecnologia – ipotizzando un ciclo di vita di 20 anni e la saturazione del mercato, ogni anno viene sostituito 1/20 di questa tecnologia.

4.1.5.    Elaborazione di scenari alternativi

Ai sensi dell’allegato VIII, punto 8, lettera c), della direttiva Efficienza energetica, devono essere presi in considerazione tutti gli scenari che possono influire sullo scenario di riferimento, considerando anche il ruolo del riscaldamento e del raffreddamento individuale efficiente. Di conseguenza, all’interno di ciascun sistema energetico analizzato, il numero di scenari alternativi dovrebbe corrispondere al numero di soluzioni tecnicamente sostenibili, presentate conformemente al punto 7.

Gli scenari non praticabili (per ragioni tecniche o finanziarie o dovute a normative nazionali) possono essere esclusi in una fase precoce dell’analisi costi-benefici, previa giustificazione documentata.

Le procedure per elaborare scenari alternativi sono per lo più simili a quelle utilizzate per lo scenario di riferimento. Le quote delle diverse tecnologie possono essere determinate per ogni anno ed è necessario calcolare le dimensioni e il numero di impianti. Gli scenari alternativi devono tenere conto degli obiettivi dell’Unione europea in materia di efficienza energetica ed energia rinnovabile di cui al regolamento Governance e dovrebbero esplorare le modalità per fornire un contributo nazionale più ambizioso, in base all’ipotesi di evoluzione della domanda di energia pari a quella dello scenario di riferimento.

Il livello di dettaglio negli scenari alternativi sarà diversificato come segue:

per le soluzioni in loco, dovrebbe essere determinata la quota di tecnologia all’interno di un «segmento» della domanda (17); mentre

per le soluzioni extra loco, la decisione di attuare la soluzione interessa tutti i segmenti in blocco; pertanto, la capacità richiesta dovrebbe essere valutata sulla base della domanda totale e dei modelli di carico stagionale senza distinguere tra i segmenti della domanda (ad esempio se una rete di teleriscaldamento e teleraffreddamento fornisce il riscaldamento alle abitazioni e al settore dei servizi, è necessario stimare solo la capacità combinata di entrambi i segmenti).

Ogni scenario alternativo deve quantificare quanto segue (rispetto allo scenario di riferimento):

il potenziale economico delle tecnologie esaminate utilizzando come criterio il valore attuale netto;

la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;

i risparmi di energia primaria (GWh/anno); e

l’impatto sulla quota di energia da rinnovabili nel mix energetico nazionale.

4.2.   ANALISI COSTI-BENEFICI

È necessario eseguire un’analisi costi-benefici per valutare la variazione del benessere attribuibile a una decisione d’investimento relativa a una tecnologia di riscaldamento e raffreddamento efficiente. Ai sensi dell’allegato VIII, punto 8, lettera a), punto i), della direttiva Efficienza energetica, il valore attuale netto deve essere utilizzato come criterio di valutazione.

È necessario determinare il tasso di attualizzazione sociale, parametro che rispecchia l’opinione della società su come andrebbero valutati i benefici e i costi futuri rispetto a quelli attuali (18). Assegnando un valore attuale ai costi e ai benefici futuri, è possibile confrontarli nel tempo.

L’analisi costi-benefici deve includere un’analisi economica e un’analisi finanziaria dal punto di vista dell’investitore, compresa l’applicazione di un tasso di attualizzazione finanziaria. Ciò consente di individuare potenziali aree di influenza politica sulla base della differenza tra i costi finanziari ed economici di una soluzione tecnica.

Al fine di valutare l’impatto e i possibili benefici del riscaldamento e del raffreddamento nel sistema energetico, gli Stati membri dovrebbero valutare quali tipi di soluzioni tecniche potrebbero essere più adatti a soddisfare i bisogni. Tra i benefici potrebbero figurare:

un appiattimento della curva della domanda di energia;

la compensazione della domanda in caso di congestione della rete o nei periodi di picco dei prezzi dell’energia;

l’aumento della resilienza del sistema e della sicurezza dell’approvvigionamento; e

l’offerta di un carico nei momenti di grande fornitura oppure di inerzia nel sistema energetico — l’analisi costi-benefici dovrebbe tenere conto del valore di questa flessibilità.

4.3.   ANALISI DI SENSIBILITÀ

L’analisi costi-benefici deve includere un’analisi di sensibilità per valutare l’impatto dei cambiamenti nei fattori fondamentali. Ciò comporta la valutazione degli effetti delle variazioni e delle incertezze sul valore attuale netto (in termini assoluti) e consente di identificare i parametri con un rischio associato più elevato. I parametri tipici da esplorare sarebbero:

le variazioni dei costi d’investimento e operativi;

i prezzi del combustibile e dell’energia elettrica;

le quote di CO2; e

gli effetti sull’ambiente.

5.   NUOVE POTENZIALI STRATEGIE E MISURE POLITICHE

5.1.   PRESENTAZIONE DI FUTURE MISURE POLITICHE LEGISLATIVE E NON LEGISLATIVE

Gli Stati membri dovrebbero fornire una panoramica delle misure politiche che si aggiungono a quelle vigenti di cui all’allegato VIII, punto 6, della direttiva Efficienza energetica. Dovrebbe essere garantito un collegamento logico tra:

i dati relativi al riscaldamento e al raffreddamento raccolti per i punti 1 e 2;

le misure politiche future; e

il loro impatto valutato.

Ai sensi del punto 9, i seguenti elementi devono essere quantificati per ciascuna misura politica:

«le riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra;

i risparmi di energia primaria in GWh/anno;

l’impatto sulla quota della cogenerazione ad alto rendimento;

l’impatto sulla quota di energia da rinnovabili nel mix energetico nazionale e nel settore del riscaldamento e raffreddamento;

i legami con la programmazione finanziaria nazionale e i risparmi in termini di costi per il bilancio pubblico e i partecipanti al mercato;

una stima delle eventuali misure di sostegno pubblico, con il relativo bilancio annuale e l’individuazione dei potenziali elementi di aiuto.»

Ai sensi dell’articolo 21 del regolamento Governance, nel piano nazionale integrato per l’energia e il clima è opportuno includere le misure politiche previste volte a realizzare il potenziale di efficienza energetica per il riscaldamento e il raffreddamento. Gli Stati membri possono inserire nuovi elementi e stabilire un collegamento con la valutazione globale in fase di aggiornamento dei piani entro il 30 giugno 2024.


(1)  Nota orientativa sulla direttiva 2012/27/UE:

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52013SC0449

(2)  Per «energia utile» s’intende tutta l’energia richiesta dagli utenti finali sotto forma di calore e freddo una volta completate tutte le fasi della trasformazione dell’energia nelle apparecchiature di riscaldamento e raffreddamento;

(3)  Tutta l’energia fornita per l’industria, i trasporti, le famiglie, i servizi e l’agricoltura. Sono escluse dal consumo di energia finale le forniture al settore della trasformazione dell’energia e alle industrie energetiche stesse. Tutte le differenze rispetto alle statistiche e ai bilanci disponibili via Eurostat devono essere spiegate.

(4)  Nota orientativa sulla direttiva 2012/27/UE:

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX:52013SC0449

(5)  Per ulteriori informazioni su un esempio di ripartizione per calore e freddo in base all’applicazione, vedere l’allegato IV.

(6)  Tra gli esempi di questi criteri figurano:

la densità della domanda di calore (MWh/km2) — il consumo annuo di riscaldamento e raffreddamento degli edifici situati in una determinata unità territoriale, ad esempio sulla base della relazione del progetto STRATEGO (https://heatroadmap.eu/wp-content/uploads/2018/09/STRATEGO-WP2-Background-Report-6-Mapping-Potenital-for-DHC.pdf), le aree a domanda elevata sono quelle che consumano oltre 85 GWh/km2 di riscaldamento all’anno; e

il coefficiente di edificazione (m2/m2) — la superficie riscaldata o raffreddata coperta dagli edifici di una determinata unità territoriale divisa per l’area di quell’unità. Per ulteriori dettagli, consultare il documento Background report providing guidance on tools and methods for the preparation of public heat maps, punto 2.1.1;

http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC98823

(7)  Per ulteriori informazioni su un esempio di ripartizione per calore e freddo in base all’applicazione, vedere l’allegato IV.

(8)  Per ulteriori informazioni su un esempio di ripartizione del calore e del freddo in base alla loro applicazione, vedere l’allegato V.

(9)  Guidelines on best practices and informal guidance on how to implement the comprehensive assessment at Member State level; http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC98819

(10)  Per ulteriori dettagli sui metodi di stima del calore di scarto, vedere il documento Background report providing guidance on tools and methods for the preparation of public heat maps, punti 3 e 4;

http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC98823

(11)  Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13).

(12)  Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(13)  Compresa la valutazione del potenziale di energia da fonti rinnovabili e dell’uso del calore e del freddo di scarto nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, di cui all’articolo 15, paragrafo 7, della direttiva Rinnovabili.

(14)  Per ulteriori spiegazioni, vedere l’allegato V.

(15)  Questo elenco non esauriente è presentato qui solo a scopo illustrativo.

(16)  Vale a dire un’area all’interno della quale i sistemi di domanda e offerta sono interconnessi e si applicano caratteristiche di sistema simili.

(17)  vale a dire un uso finale (riscaldamento dell’ambiente, raffreddamento, acqua calda o vapore) o (sotto)settore (ad esempio quello residenziale o uno dei suoi sottosettori) specifico.

(18)  Il tasso di attualizzazione sociale raccomandato dalla Commissione (Guide to cost-benefit analysis of investment projects) è del 5 % per i paesi beneficiari del Fondo di coesione e del 3 % per gli altri Stati membri. Gli Stati membri possono stabilire un parametro di riferimento diverso, a condizione che:

sia giustificato sulla base di una previsione di crescita economica e di altri parametri; e

sia applicato coerentemente in tutti i progetti simili nello stesso paese, regione o settore.


ALLEGATO II

Fonti di letteratura supplementari

1.   Letteratura generale

Best practices and informal guidance on how to implement the Comprehensive Assessment at Member State level. Centro comune di ricerca, Commissione europea, 2016. ISBN 979-92-79-54016-5.

http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC98819

2.   Letteratura sulla stima del calore e del freddo di scarto

Waste heat from industry for district heating. Commissione delle Comunità europee, direzione generale dell’Energia, 1982.

https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/2fcd5481-ac79-4e8f-9aaa-ed88a38444db

3.   Letteratura sulla preparazione di mappe sulla fornitura e sulla domanda di calore e freddo

Background report providing guidance on tools and methods for the preparation of public heat maps. Centro comune di ricerca, Commissione europea, 2016. ISBN 978-92-79-54014-1.

http://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC98823

4.   Letteratura sulla realizzazione dell’analisi costi-benefici, compresi i costi esterni

Handbook on the external costs of transport. Relazione di CE Delft per la Commissione europea, direzione generale della Mobilità e dei trasporti, 2019.

https://ec.europa.eu/transport/sites/transport/files/studies/internalisation-handbook-isbn-978-92-79-96917-1.pdf

Methodologies for the Assessment of Project GHG Emissions and Emission Variations. Banca europea per gli investimenti, 2018.

https://www.eib.org/attachments/strategies/eib_project_carbon_footprint_methodologies_en.pdf

The Economic Appraisal of Investment Projects at the EIB. Banca europea per gli investimenti, 2013.

https://www.eib.org/attachments/thematic/economic_appraisal_of_investment_projects_en.pdf

Guide to COST-Benefit Analysis of Investment Projects. Economic appraisal tool for Cohesion Policy 2014-2020. Commissione europea, direzione generale della Politica regionale e urbana, 2014. ISBN 978-92-79-34796-2.

https://ec.europa.eu/inea/sites/inea/files/cba_guide_cohesion_policy.pdf


ALLEGATO III

PROCESSO DI VALUTAZIONE GLOBALE (ALLEGATO VIII DELLA DIRETTIVA EFFICIENZA ENERGETICA)

Image 12

ALLEGATO IV

RILEVAZIONE DEL CALORE DI SCARTO

1.   Contenuti

Il calore di scarto è l’energia termica in eccesso che rimane a seguito di un processo industriale e dell’estrazione di calore. La sfera di comunicazione del calore di scarto di cui all’allegato VIII, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica è diversa da quella prevista alla lettera c). Il punto 2, lettera b), riguarda la potenziale fornitura di calore di scarto in GWh/anno (il potenziale tecnico) che può essere fornita al di fuori degli impianti elencati. D’altra parte, il punto 2, lettera c), richiede la comunicazione della «quota […] di energia da fonti rinnovabili e da calore o freddo di scarto nel consumo di energia finale del settore del teleriscaldamento e del teleraffrescamento (1) nel corso degli ultimi cinque anni».

2.   Rilevazione dei progetti relativi al calore e al freddo di scarto

Il calore e il freddo di scarto derivanti dai processi sono difficili da calcolare, poiché l’eccesso dal momento in cui viene utilizzato sul posto non è più «scarto» e contribuisce all’aumento dell’efficienza o alla riduzione dei costi operativi dell’impianto.

In linea di principio il calore è considerato di scarto solo quando è il sottoprodotto di un altro processo, che verrebbe emesso nell’ambiente fino a quando non viene fornito per l’uso extra loco. In altre parole, il calore di scarto industriale equivale al carico di energia che non viene altrimenti estratto e richiede un raffreddamento esterno.

Le seguenti categorie non devono essere considerate calore di scarto:

il calore generato principalmente allo scopo di essere utilizzato direttamente in loco o extra loco e che non è il sottoprodotto di un altro processo, indipendentemente dall’apporto energetico;

il calore ottenuto dagli impianti di cogenerazione di calore ed energia elettrica (combined heat and power, CHP) perché la cogenerazione è progettata per essere una misura di efficienza energetica che riduce il calore di scarto in quanto utilizza l’energia del combustibile di alimentazione in maniera più efficiente; e

il calore che è o potrebbe essere recuperato internamente nello stesso sito.

Quelli proposti di seguito andrebbero considerati esempi di calore di scarto:

centri dati o aree commerciali che devono essere raffreddati, in cui il calore derivante dalle operazioni può essere indirizzato extra loco anziché essere disperso nell’ambiente; e

l’uso diretto del flusso di raffreddamento del condensatore dalle centrali elettriche (ad esempio il calore può essere fornito per riscaldare le serre).

Il calore generato da combustibili, se è il sottoprodotto di un processo principale, può essere considerato calore di scarto rinnovabili (ad esempio incenerimento di rifiuti biodegradabili e biomassa) ai fini della comunicazione di cui al punto 2, lettere b) e c).

Al fine di mostrare i progetti relativi al calore e al freddo di scarto sulle mappe (punto 3), si raccomanda agli Stati membri di raccogliere le seguenti informazioni:

nome e posizione dell’impianto;

quantità (GWh/a) e qualità (temperatura e mezzi abituali) di calore e di freddo di scarto attuale e potenziale disponibile; e

disponibilità di calore e freddo di scarto (ore all’anno).

3.   Rilevazione del calore di scarto per la cogenerazione

Il calore rilevato per la cogenerazione deve essere detratto e non può essere considerato di scarto ai fini della presentazione dei risultati dell’analisi del potenziale di riscaldamento e raffreddamento (punto 2, lettere b e c), e devono essere calcolati separatamente tre tipi di energia:

energia elettrica;

energia termica da calore cogenerato; e

calore di scarto che non viene utilizzato e potrebbe essere recuperato dal condensatore di una centrale elettrica o da gas di scarico. Il punto 2, lettera b), richiede che tutto questo calore sia comunicato. Ai fini del punto 2, lettera c), può essere comunicata solo la quota di tale calore presente nel consumo di energia finale del sistema di teleriscaldamento.

4.   Rilevazione del calore e del freddo di scarto ai sensi dell’allegato VIII, punto 2, lettera b), della direttiva Efficienza energetica

Non vi è alcuna limitazione alla comunicazione del calore e del freddo di scarto relativo a un sistema di teleriscaldamento e teleraffreddamento ai fini del punto 2, lettera b). Pertanto, è necessario comunicare il totale attuale e potenziale di calore e freddo di scarto utilizzabile direttamente per un altro processo (se il livello di temperatura fornito lo consente) o che può essere portato a un livello adeguato tramite l’utilizzo di pompe di calore affinché sia fornito extra loco.

La comunicazione del potenziale di calore di scarto ai fini del punto 2, lettera b), può anche essere basata su un’indagine sui siti industriali. Ai partecipanti all’indagine potrebbe essere chiesto di quantificare:

l’apporto energetico totale;

la potenza di riscaldamento;

la quantità del calore generato già in uso; e

la quantità di calore raffreddato (o quanto freddo viene riscaldato) o emesso nell’ambiente.

Un’altra possibilità per valutare la potenziale fornitura di calore e freddo di scarto è utilizzare stime indirette basate sull’ipotesi che i profili termici siano simili tra gli impianti che:

operano nello stesso settore;

hanno un’età simile;

hanno lo stesso grado di integrazione energetica (2); e

sono soggetti a misure analoghe per ridurre le perdite di energia.

Di conseguenza, si potrebbe stimare che una quantità analoga di calore o freddo di scarto sia disponibile per ogni tonnellata di prodotto fabbricato o trattato (ad esempio tutti gli impianti di una data età che usano una data tecnologia potrebbero avere profili analoghi in termini di calore di scarto).

Il potenziale stimato può essere ponderato in base a un fattore di disponibilità che tiene conto:

della tecnologia utilizzata nelle apparecchiature di recupero;

dell’età dell’impianto;

del grado d’integrazione energetica;

dei recenti livelli d’investimento in apparecchiature di recupero.

Si raccomanda vivamente agli Stati membri di comunicare il grado di temperatura e il mezzo (acqua liquida, vapore, sale fuso o altro) del calore e del freddo di scarto; questi fattori determinano eventuali distanze tra applicazioni e trasmissione, e incidono quindi sull’analisi degli scenari. Tra i mezzi più comuni usati per recuperare il calore di scarto figurano:

i gas di scarico prodotti dalla combustione in forni di fusione del vetro, forni per cemento, inceneritori di fumi, forni e caldaie a riverbero in alluminio;

i gas di scarico prodotti da forni elettrici ad arco in acciaio, forni a riverbero in alluminio e forni di essiccazione e cottura; e

l’acqua di raffreddamento proveniente da forni, compressori d’aria e motori a combustione interna.

Il vapore figura raramente come calore di scarto, perché solitamente viene generato su richiesta ed esaurito o condensato durante il processo.

La tabella seguente fornisce una classificazione indicativa del calore e del freddo in base al livello di temperatura ed elenca le applicazioni comuni del calore. Questo vale sia per il calore di scarto che per quello utile, indipendentemente dal combustibile utilizzato per produrlo.

Categoria

Mezzo

Intervallo di temperatura ( °C)

Applicazioni comuni

calore ad alta temperatura

riscaldamento diretto tramite convezione (a fiamma), forni elettrici ad arco, a base di petrolio ecc.

> 500

acciaio, cemento, vetro

calore a media temperatura

vapore ad alta pressione

150-500

processi a vapore dell’industria chimica

calore a media/bassa temperatura

vapore a media pressione

100-149

processi a vapore dell’industria cartaria, alimentare e chimica ecc.

calore a bassa temperatura

acqua calda

40-99

riscaldamento d’ambiente, processi dell’industria alimentare ecc.

raffreddamento

acqua

0 — ambiente

raffreddamento d’ambiente, processi dell’industria alimentare ecc.

refrigerazione

refrigerante

< 0

refrigerazione nell’industria alimentare e chimica

5.   Comunicazione del calore di scarto ai sensi dell’allegato VIII, punto 2, lettera c), della direttiva Efficienza energetica

La direttiva Rinnovabili (3) crea uno stretto legame tra efficienza ed energia rinnovabile e ritiene che entrambe possano essere considerate ai fini dell’obiettivo indicativo di un aumento della quota annuale di energia rinnovabile nel settore del riscaldamento e del raffrescamento.

La direttiva Rinnovabili (4) definisce il calore di scarto come «il calore o il freddo inevitabilmente ottenuti come sottoprodotti negli impianti industriali o di produzione di energia, o nel settore terziario, che si disperderebbero nell’aria o nell’acqua rimanendo inutilizzati e senza accesso a un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento, nel caso in cui la cogenerazione sia stata o sarà utilizzata o non sia praticabile».

Ai fini della comunicazione della quota storica di energia da calore o freddo di scarto (5) negli ultimi 5 anni (punto 2, lettera c), si può tener conto solo del calore o del freddo di scarto nel consumo finale di energia del teleriscaldamento e del teleraffrescamento.


(1)  Il «raffrescamento da fonti rinnovabili» dovrebbe essere identificato secondo la metodologia comune per calcolare la quantità di energia rinnovabile utilizzata per il raffrescamento e il teleraffrescamento, non appena sarà stabilita (articolo 35 della direttiva Rinnovabili). Fino ad allora sarà necessario utilizzare una metodologia nazionale appropriata.

(2)  Waste heat from industry for district heating (orientamenti della Commissione).

https://publications.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/2fcd5481-ac79-4e8f-9aaa-ed88a38444db

(3)  L’articolo 23 della direttiva Rinnovabili (utilizzo dell’energia rinnovabile negli impianti di riscaldamento e raffrescamento) fissa obiettivi indicativi e disciplina il calcolo dell’energia rinnovabile e del calore o del freddo di scarto.

(4)  Articolo 2, punto 9, della direttiva Rinnovabili.

(5)  Nel presente allegato, «calore e freddo di scarto» e «calore e freddo in eccesso» sono considerati sinonimi. Il calore di scarto è principalmente il calore residuo prodotto da un ciclo termodinamico che verrebbe emesso nell’ambiente a meno che non venga catturato e fornito per l’utilizzo extra loco. Parte di esso può essere utilizzato extra loco, se viene trovato un dissipatore di calore appropriato, e può essere fornito a una rete di calore o a un altro sito industriale. La parte del calore o del freddo di scarto distribuita attraverso un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento può essere comunicata ai fini dell’allegato VIII, punto 2, lettera c), della direttiva Efficienza energetica.


ALLEGATO V

ANALISI ECONOMICA E FINANZIARIA COSTI-BENEFICI

1.   Contenuti

Un’analisi costi-benefici (ACB) è un approccio analitico essenziale per valutare il cambiamento del benessere attribuibile a una decisione di investimento e comporta la valutazione delle variazioni, in termini di costi e benefici, tra scenari di riferimento e alternativi. I risultati devono quindi essere integrati in un quadro comune per confrontarli nel tempo e giungere a conclusioni sulla loro redditività.

Ai sensi dell’allegato VIII della direttiva Efficienza energetica, l’analisi costi-benefici deve comprendere:

un’analisi economica che tenga conto dei fattori socio-economici e ambientali e abbia come oggetto i cambiamenti nel benessere della società nel suo complesso (cioè il livello di prosperità e il tenore di vita) che possono essere collegati al benessere. L’analisi economica è generalmente utilizzata per sostenere la definizione delle politiche; e

un’analisi finanziaria che adotti la prospettiva di un investitore privato, utilizzando l’approccio convenzionale del flusso di cassa attualizzato per valutare i rendimenti netti.

La conduzione dell’analisi da entrambe le prospettive consente di individuare i settori in cui la politica può colmare il divario tra le esigenze della società e la sostenibilità/idoneità finanziaria di un’iniziativa. I responsabili politici possono quindi adottare misure per sostenere o promuovere (ad esempio mediante obblighi, incentivi economici ecc.) un’iniziativa e abolire i meccanismi di sostegno laddove la valutazione mostri che non sono giustificati in termini sociali.

L’analisi costi-benefici si basa su un’analisi del flusso di cassa attualizzato, in base al quale l’analista:

determina gli scenari di riferimento e alternativi per ciascun limite di sistema energetico;

quantifica e monetizza i rispettivi costi e benefici (considerando anche la distribuzione dei costi e dei benefici nell’intero periodo coperto dall’analisi); e

valuta le variazioni tra lo scenario di riferimento e ogni scenario alternativo.

Una volta raccolte le informazioni sul costo totale e sul beneficio totale, si utilizzano i criteri di valutazione (in questo caso, valore attuale netto) per determinare il rendimento dei vari scenari alternativi.

2.   Analisi finanziaria

L’analisi finanziaria dovrebbe tenere conto:

dei soli flussi di cassa in entrata e in uscita; gli elementi contabili che non corrispondono ai flussi effettivi (vale a dire deprezzamento, riserve ecc.) non sono presi in considerazione;

dei prezzi costanti (reali) fissati in relazione a un anno base o dei prezzi attuali (nominali), al fine di ridurre l’incertezza e la complessità;

di un indice previsionale dei prezzi al consumo (consumer price index CPI);

dell’IVA su costi e ricavi (a meno che non possa essere recuperata dal promotore del progetto); e

delle imposte dirette sui prezzi dei fattori produttivi (energia elettrica, manodopera ecc.).

I benefici da prendere in considerazione sono i seguenti:

entrate derivanti dalla vendita di energia;

sovvenzioni; e

valori residui.

Tra i costi dovrebbero figurare:

i costi di capitale della tecnologia di riscaldamento e raffreddamento;

i relativi oneri di esercizio e manutenzione; e

i costi del CO2.

Per indicare il costo opportunità del capitale, ossia il rendimento potenziale derivante dall’investimento dello stesso capitale in un progetto alternativo, si utilizza un tasso di attualizzazione finanziaria che, come indicatore della percezione del rischio, può variare in base alla prospettiva del decisore e a seconda delle tecnologie (vedere la sezione 4).

3.   Analisi economica

L’analisi economica deve includere almeno i costi e i benefici di cui all’allegato VIII, punto 8, lettera b), della direttiva Efficienza energetica, compresi:

il valore della produzione per il consumatore;

i costi di capitale degli impianti;

le apparecchiature e le reti di energia associate;

i costi variabili e fissi di funzionamento; e

i costi energetici.

Il potenziale economico è un sottogruppo del potenziale tecnico che è economicamente vantaggioso rispetto alle risorse energetiche convenzionali sul lato dell’offerta. Gli scenari alternativi sono elaborati per sottoporre a prova gli effetti della realizzazione del potenziale di varie soluzioni tecniche per soddisfare la domanda di calore. Le parti del potenziale che producono un valore attuale netto positivo rispetto allo scenario di riferimento indicano l’efficacia in termini di costi e costituiscono quindi il potenziale economico di tale tecnologia.

Per quanto concerne gli scenari alternativi con risultati simili, la riduzione delle emissioni di CO2, il risparmio di energia primaria o altri indicatori chiave potrebbero essere utilizzati come criteri supplementari a sostegno della presa di decisioni. Le soluzioni economicamente più efficienti a livello di limiti di sistema, una volta individuate, potrebbero essere aggregate per determinare il potenziale economicamente più efficiente a livello nazionale.

Il tasso di attualizzazione sociale utilizzato per l’analisi economica rispecchia l’opinione della società su come andrebbero valutati i benefici e i costi futuri rispetto a quelli attuali (vedere la sezione 4).

Sebbene l’analisi economica segua lo stesso percorso dell’analisi finanziaria, sono presenti alcune differenze molto importanti; in particolare, nell’analisi economica:

devono essere applicate le correzioni fiscali, poiché si tratta principalmente di trasferimenti tra soggetti economici che non rispecchiano gli impatti reali sul benessere economico;

i prezzi dei fattori produttivi (compresa la manodopera) non includono le imposte dirette;

le sovvenzioni non sono incluse, perché si tratta di trasferimenti tra soggetti che non incidono sul benessere economico della società nel suo complesso;

i trasferimenti di ricchezza dai contribuenti alle imprese e i relativi impatti sulla società e sul benessere sono un costo per la società e dovrebbero essere conteggiati; e

le esternalità e gli impatti sul benessere della società dovrebbero essere stimati (1); le principali esternalità da considerare sono:

l’impatto sull’ambiente e sulla salute prodotto dalla combustione dei carburanti; e

l’impatto macroeconomico degli investimenti nel sistema energetico.

4.   Tassi di attualizzazione finanziaria e sociale

La stima del valore attuale netto richiede l’uso di un «tasso di attualizzazione», parametro che rispecchia il valore dei costi e dei benefici futuri per la società rispetto a quelli attuali. I tassi di attualizzazione vengono utilizzati per convertire costi e benefici futuri nel loro valore attuale, consentendone il confronto nel tempo.

I tassi di attualizzazione utilizzati sono due:

un tasso di attualizzazione finanziaria, utilizzato nell’analisi finanziaria per indicare il costo opportunità del capitale, ossia il potenziale rendimento che si sarebbe potuto ottenere dall’investimento dello stesso capitale in un progetto alternativo, e che può variare a seconda:

della prospettiva del decisore — portatori di interessi diversi (ad esempio industrie, imprese di servizi e proprietari di abitazioni) possono avere aspettative e costi opportunità diversi per il loro capitale disponibile; e

della tecnologia, poiché si tratta di un indicatore della percezione del rischio; e

un tasso di attualizzazione sociale, utilizzato nell’analisi economica per indicare l’opinione della società su come andrebbero valutati i benefici e i costi futuri rispetto a quelli attuali.

Per il periodo di programmazione 2014-2020, la Commissione (2) suggerisce di utilizzare due tassi di attualizzazione sociale di riferimento: il 5 % per i paesi beneficiari del Fondo di coesione e il 3 % per gli altri. Esorta inoltre gli Stati membri a elaborare parametri di riferimento propri per i tassi di attualizzazione sociale. Gli Stati membri che dispongono di valori propri possono utilizzarli nell’analisi costi-benefici; quelli che non ne dispongono possono usare i valori di riferimento. Poiché i valori sono forniti per il periodo 2014-2020, nell’analisi di sensibilità si potrebbe esaminare l’impatto di una potenziale variazione del tasso di attualizzazione sociale dopo il 2020.


(1)  L’analisi finanziaria non tiene conto di questi fattori, in quanto non generano un flusso di cassa reale per gli investitori.

(2)  Guide to cost-benefit analysis of investment projects;

https://ec.europa.eu/inea/sites/inea/files/cba_guide_cohesion_policy.pdf


ALLEGATO VI

COSTI ESTERNI DELL’ANALISI COSTI-BENEFICI

1.   Contenuti

La produzione di energia determina una serie di impatti ambientali in termini d’inquinamento, uso del suolo, consumo di risorse (ad esempio combustibili, acqua), i quali incidono sul benessere della società. Esistono vari metodi per stimare il valore monetario degli impatti ambientali e conteggiarlo nel processo decisionale (1) (2).

2.   Valutazione del valore ambientale

La valutazione del valore ambientale è un’operazione a uso intensivo di dati e risorse che può essere facilitata dal ricorso a banche dati di «fattori di danno ambientale» contenenti informazioni sul danno ambientale causato, ad esempio, da ciascuna unità di energia aggiuntiva prodotta utilizzando una determinata tecnologia.

Questi fattori possono essere utilizzati per valutare l’impatto sull’ambiente e sulla salute in ogni scenario. Laddove sono espressi per unità di energia aggiuntiva prodotta, il danno ambientale dello scenario sarebbe il risultato della moltiplicazione della produzione di energia da una determinata tecnologia per il fattore di danno per unità di energia prodotta da tale tecnologia, secondo quanto indicato di seguito:

Formula

in cui:

[ENVy,t ] Scen. è il danno ambientale associato all’energia prodotta dalla tecnologia y nell’anno t in uno scenario specifico [EUR];

[Ey,t ] Scen. è l’energia prodotta dalla tecnologia y nell’anno y in un dato scenario [MWh]; e

DFy è il danno ambientale per unità di energia prodotta dalla tecnologia y [EUR/MWh].

Il danno ambientale di uno scenario per un dato anno sarà la somma di quello generato dalla produzione da tutte le tecnologie utilizzate in quello scenario in quell’anno:

Formula

Ulteriori informazioni sono reperibili nelle relazioni che forniscono i fattori di danno ambientale per le seguenti categorie di impatto ambientale: cambiamenti climatici, impoverimento dell’ozono, acidificazione terrestre, eutrofizzazione delle acque dolci, tossicità umana, formazione di particolato, occupazione dei terreni agricoli, occupazione dei terreni urbani, esaurimento delle risorse energetiche ecc.

Questi valori possono mutare nel tempo con il variare di diversi parametri (ad esempio densità della popolazione, carico di inquinamento globale dell’atmosfera). L’impatto di tali cambiamenti potrebbe pertanto essere valutato nell’ambito dell’analisi di sensibilità.

Anche le variazioni nella progettazione tecnologica e fattori specifici nazionali come il mix energetico incidono sui costi ambientali esterni (3) (4).

L’analisi finanziaria tiene conto dei costi delle emissioni di CO2 degli impianti che rientrano nel sistema di scambio di quote di emissione (ETS) dell’UE, in quanto internalizzati nei prezzi di mercato del CO2. La valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici può essere basata su un approccio di tipo danno-costo che fornisce valori più elevati per tonnellata di emissioni.

Indipendentemente dall’approccio utilizzato, quando si passa dall’analisi finanziaria a quella economica è necessario rimuovere i costi delle emissioni di CO2 per evitare che siano conteggiati due volte.

2.1.   Esempi

Quando si valuta l’impatto ambientale della capacità aggiuntiva della cogenerazione di calore ed energia elettrica (CHP) nello scenario alternativo, è necessario tenere conto dell’effetto ambientale delle variazioni nella produzione di energia elettrica:

nella costruzione di nuovi impianti di cogenerazione di calore ed energia elettrica si deve tenere conto, da un lato, dell’impatto di entrambi i prodotti energetici ottenuti in termini di produzione (calore ed energia elettrica), utilizzando i fattori di danno; dall’altro, dei costi evitati del danno ambientale che la produzione della stessa quantità di calore ed energia elettrica avrebbe causato utilizzando un’altra tecnologia;

nella conversione delle centrali elettriche esistenti in impianti di cogenerazione di calore ed energia elettrica, è ipotizzabile che il consumo di combustibile degli impianti e il loro impatto ambientale rispetto allo scenario di riferimento rimangano costanti, quindi non è necessario tenerne conto. Va tenuto conto quindi solo dell’impatto ambientale dell’energia elettrica supplementare che occorre fornire con altre tecnologie.

3.   Esternalità sul benessere della società

È necessario stimare le esternalità e gli impatti positivi e negativi sul benessere della società, i quali non rientrano nell’analisi finanziaria in quanto non generano un flusso di cassa reale per gli investitori. Tra le principali esternalità in termini di costi e benefici figurano:

gli impatti sulla qualità dell’aria e sulla salute;

la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dei consumatori, se non è internalizzata grazie a meccanismi di mercato (ad esempio valore della flessibilità, tariffe della rete);

gli investimenti e/o i risparmi nelle infrastrutture energetiche;

l’economia circolare e l’efficienza delle risorse;

impatti ambientali più generali;

la competitività industriale, attraverso una maggiore efficienza energetica nel riscaldamento e nel raffreddamento; e

la crescita e l’occupazione.


(1)  Guide to cost-benefit analysis of investment projects;

https://ec.europa.eu/inea/sites/inea/files/cba_guide_cohesion_policy.pdf

(2)  Zvingilaite, E., Health externalities and heat savings in energy system modelling (Kgs. Lyngby, DTU, 2013).

(3)  Progetto ExternE-Pol della Commissione europea.

(4)  Subsidies and costs of EU energy – final report (Ecofys, 2014).


ALLEGATO VII

MODELLO FACOLTATIVO DI COMUNICAZIONE PER LE VALUTAZIONI GLOBALI DEL POTENZIALE DI EFFICIENZA ENERGETICA PER IL RISCALDAMENTO E IL RAFFREDDAMENTO

I moduli seguenti sono disponibili sul sito web Europa della DG ENER (https://ec.europa.eu/energy/en/topics/energy-efficiency/heating-and-cooling) e su richiesta presso ENER-EED-REPORTING@ec.europa.eu.

Image 13 Image 14 Image 15 Image 16 Image 17 Image 18 Image 19 Image 20

28.10.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 275/121


RACCOMANDAZIONE (UE) 2019/1660 DELLA COMMISSIONE

del 25 settembre 2019

concernente l’attuazione delle nuove disposizioni in materia di contabilizzazione e fatturazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,

considerando quanto segue:

(1)

L’Unione è determinata nell’impegno per lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile, competitivo, sicuro e decarbonizzato. L’Unione dell’energia definisce obiettivi ambiziosi a livello dell’Unione. Essa mira in particolare a: i) ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40 % entro il 2030 rispetto al 1990, ii) portare almeno al 32 % la quota di consumo di energia da fonti rinnovabili e iii) realizzare un risparmio energetico migliorando la sicurezza energetica, la competitività e la sostenibilità dell’Unione. La direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («la direttiva sull’efficienza energetica»), modificata dalla direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), fissa un obiettivo di efficienza energetica di almeno il 32,5 % a livello di Unione per il 2030.

(2)

Il riscaldamento e il raffrescamento sono i principali responsabili del consumo finale di energia e rappresentano il 50 % circa della domanda totale di energia nell’Unione europea, di cui l’80 % proviene dagli edifici. Pertanto, il conseguimento degli obiettivi energetici e climatici dell’Unione dipende in larga misura dagli sforzi compiuti da quest’ultima per rinnovare il suo parco immobiliare e promuovere un funzionamento e un uso ottimizzati degli edifici.

(3)

Informazioni chiare e tempestive e una fatturazione dell’energia basata sul consumo effettivo permettono ai consumatori di svolgere un ruolo attivo nel diminuire il fabbisogno energetico per il riscaldamento e il raffrescamento. Oltre il 40 % delle unità abitative dell’Unione è situato in condomini o case semi-indipendenti, che spesso dispongono di impianti collettivi per il riscaldamento degli ambienti o la produzione di acqua calda per uso domestico. Informazioni precise, affidabili, chiare e tempestive sul consumo di energia sono quindi fondamentali per gli occupanti, a prescindere dal fatto che questi abbiano sottoscritto o meno un contratto individuale diretto con un fornitore di energia.

(4)

La direttiva sull’efficienza energetica è l’atto normativo a livello dell’Unione che disciplina la contabilizzazione e la fatturazione della fornitura di energia termica. È stata modificata nel 2018. Uno degli scopi della modifica era chiarire e rafforzare le norme applicabili alla contabilizzazione e alla fatturazione.

(5)

I chiarimenti includono l’introduzione del concetto di «utente finale», in aggiunta a quello di «cliente finale» già in uso nella direttiva sull’efficienza energetica, al fine di precisare che i diritti in materia di informazioni di fatturazione e consumo sono riconosciuti anche ai consumatori che non dispongono di un contratto diretto o individuale con i fornitori di energia degli impianti collettivi di riscaldamento, raffrescamento o produzione di acqua calda per uso domestico negli edifici con più occupanti.

(6)

Le modifiche esplicitano poi l’obbligo in capo agli Stati membri di pubblicare i criteri, le metodologie e le procedure seguite per concedere esenzioni dall’obbligo generale di ripartizione delle spese in base alle misurazioni negli edifici con più occupanti, e chiariscono l’obbligo incondizionato di contabilizzazione individuale dell’acqua calda per uso domestico nelle aree residenziali dei nuovi edifici con più occupanti.

(7)

Inoltre, data la loro importanza per conseguire risultati equi e fornire incentivi adeguati agli occupanti di condomini ed edifici polifunzionali, la direttiva (UE) 2018/2002 impone agli Stati membri di dotarsi di norme trasparenti e accessibili al pubblico relative alla ripartizione dei costi in tali edifici.

(8)

Per un maggiore impatto delle disposizioni di contabilizzazione e fatturazione in termini di potenziale cambiamento dei comportamenti, e di risparmi energetici che ne deriverebbero, la direttiva sull’efficienza energetica riveduta stabilisce anche requisiti più chiari volti a rendere più utili e complete le informazioni di fatturazione, che devono essere basate su dati di consumo corretti per le variazioni climatiche. Queste includono i raffronti del caso e nuovi elementi, quali informazioni sul mix energetico e sulle relative emissioni di gas a effetto serra, nonché sulle procedure di reclamo o i meccanismi di risoluzione delle controversie disponibili.

(9)

Al tempo stesso si mira a fornire agli utenti finali informazioni più frequenti e tempestive definendo requisiti più rigorosi sulla frequenza delle informazioni di fatturazione e consumo là dove sono già installati dispositivi leggibili da remoto, unitamente a norme intese a garantire una transizione graduale verso i contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto.

(10)

Entro il 25 ottobre 2020 gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per recepire le disposizioni relative alla contabilizzazione e alla fatturazione contenute nella direttiva (UE) 2018/2002.

(11)

La direttiva sull’efficienza energetica lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità nel recepire e attuare gli obblighi riveduti in materia di contabilizzazione e fatturazione, consentendo loro di scegliere le modalità più adatte alle circostanze nazionali, ivi comprese le condizioni climatiche, i modelli di affitto e proprietà immobiliare e i rispettivi parchi di edifici. La presente raccomandazione illustra gli obblighi modificati e le modalità con cui è possibile conseguire gli obiettivi della direttiva. In particolare, lo scopo è garantire una comprensione uniforme della direttiva sull’efficienza energetica tra gli Stati membri durante la preparazione delle misure di recepimento.

(12)

Gli orientamenti forniti nella presente raccomandazione integrano e, in parte, sostituiscono quelli emanati in precedenza dalla Commissione riguardo agli articoli da 9 a 11 della direttiva sull’efficienza energetica (3).

(13)

La presente raccomandazione non modifica gli effetti giuridici della direttiva sull’efficienza energetica né reca pregiudizio alla sua interpretazione vincolante da parte della Corte di giustizia. Essa si concentra sulle disposizioni relative alla contabilizzazione e alla fatturazione e riguarda gli articoli 9 bis, 9 ter, 9 quater, 10 bis, 11 bis e l’allegato VII bis della direttiva sull’efficienza energetica,

HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:

Gli Stati membri dovrebbero attenersi agli orientamenti forniti nell’allegato della presente raccomandazione al momento di recepire gli obblighi introdotti dalla direttiva (UE) 2018/2002 e prescritti dagli articoli 9 bis, 9 ter, 9 quater, 10 bis, 11 bis e dall’allegato VII bis della direttiva sull’efficienza energetica.

Fatto a Bruxelles, il 25 settembre 2019

Per la Commissione

Miguel ARIAS CAÑETE

Membro della Commissione


(1)  Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).

(2)  Direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 210).

(3)  COM(2013) 762 final e SWD (2013) 448 final del 6 novembre 2013.


ALLEGATO

1.   INTRODUZIONE

1.1.   Contesto giuridico e programmatico

Gli articoli 9, 10 e 11 e l’allegato VII della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica («la direttiva») riguardano la misurazione e la fatturazione del consumo individuale di energia. Su questi due fronti la revisione della direttiva, effettuata mediante una direttiva di modifica (1), ha apportato le seguenti modifiche sostanziali:

introduzione di nuove disposizioni giuridiche specificamente applicabili all’energia termica, segnatamente gli articoli 9 bis, 9 ter, 9 quater, 10 bis, 11 bis e l’allegato VII bis, e

esclusione dell’energia termica dall’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva originale (articoli 9, 10, 11 e allegato VII).

Per quanto riguarda la misurazione e la fatturazione dell’energia elettrica, l’attuale corpus normativo dell’UE è stato consolidato con la rifusione della direttiva sul mercato dell’energia elettrica, adottata nell’ambito del pacchetto «Energia pulita per tutti gli europei».

Per quanto riguarda il gas, nell’ambito della revisione della direttiva il legislatore (il Parlamento europeo e il Consiglio) ha introdotto la clausola di riesame di cui all’articolo 24, paragrafo 14, al fine di garantire che si vagli la necessità di un intervento analogo sulla base di una valutazione o di una proposta della Commissione entro il 31 dicembre 2021.

In sintesi, la revisione della direttiva ha modificato in modo sostanziale le disposizioni che disciplinano i requisiti applicabili alla misurazione dell’energia termica (detta «contabilizzazione») e alla sua fatturazione. Nel caso dell’energia elettrica la normativa rimane invariata fino al 1o gennaio 2021 (2), data in cui iniziano ad applicarsi le nuove disposizioni della direttiva sul mercato dell’energia elettrica (rifusione); nel caso del gas rimane invece invariata fino all’eventuale adozione di ulteriori modifiche da parte del legislatore.

1.2.   Ambito di applicazione e finalità del presente documento

Obiettivo della presente raccomandazione è agevolare l’attuazione efficace e coerente delle disposizioni della direttiva sull’efficienza energetica in materia di contabilizzazione e fatturazione dell’energia termica. Essa integra e, in parte, sostituisce gli orientamenti pubblicati in precedenza dalla Commissione.

La nota di orientamento sugli articoli da 9 a 11 pubblicata dalla Commissione nel 2013 (3) continua ad essere rilevante per l’energia elettrica e il gas, in quanto per il momento restano in vigore le disposizioni della direttiva originale. La disciplina relativa all’energia termica è stata invece oggetto di numerose modifiche e precisazioni e, pertanto, la nota del 2013 rimarrà rilevante solo in parte una volta scaduto il termine di recepimento delle disposizioni rivedute (25 ottobre 2020) (4).

La Commissione ha pubblicato orientamenti specifici anche in materia di ripartizione delle spese in base al consumo di energia termica nei condomini (5). L’approccio generale del documento e molte delle raccomandazioni ivi contenute restano validi.

1.3.   Panoramica delle modifiche relative alla contabilizzazione e alla fatturazione dell’energia termica

Per quanto riguarda gli obblighi di contabilizzazione e fatturazione della fornitura di energia termica, le principali novità contenute nella direttiva riveduta sono le seguenti:

introduzione del concetto di «utente finale», in aggiunta a quello già esistente di «cliente finale», al fine di precisare che il diritto di ricevere le informazioni di fatturazione e consumo (articolo 10 bis) si estende anche ai consumatori che non hanno sottoscritto un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia degli impianti collettivi di riscaldamento, raffrescamento o produzione di acqua calda nei condomini e negli edifici polifunzionali;

distinzione più chiara tra contabilizzazione e ripartizione delle spese in base alle misurazioni/contabilizzazione divisionale (articoli 9 bis e 9 ter, rispettivamente);

obbligo esplicito per gli Stati membri di pubblicare i criteri, le metodologie e le procedure seguite per concedere esenzioni dall’obbligo generale di contabilizzazione divisionale nei condomini e negli edifici polifunzionali (articolo 9 ter, paragrafo 1);

precisazione dell’obbligo imprescindibile di ripartire le spese per l’acqua calda per uso domestico nei condomini nuovi e nelle aree residenziali dei nuovi edifici polifunzionali (articolo 9 ter, paragrafo 2);

nuovo obbligo in capo agli Stati membri di disporre di norme nazionali trasparenti e accessibili al pubblico in materia di ripartizione dei costi (articolo 9 ter, paragrafo 3);

introduzione dell’obbligo di lettura da remoto dei contatori e dei contabilizzatori di calore (articolo 9 quater);

requisiti più rigorosi relativi alla frequenza delle informazioni di fatturazione e consumo laddove siano stati installati contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto (due o quattro volte l’anno dal 25 ottobre 2020 e una volta al mese dal 1o gennaio 2022) (articolo 10 bis e allegato VII bis);

informazioni di fatturazione più utili e complete basate su dati di consumo corretti per le variazioni climatiche, comprendenti raffronti ed elementi nuovi, quali informazioni sul mix energetico e sulle relative emissioni di gas a effetto serra, sulle procedure di reclamo o sui meccanismi di risoluzione delle controversie disponibili (allegato VII bis).

2.   OBBLIGO DI CONTABILIZZAZIONE (ARTICOLO 9 bis)

Il nuovo articolo 9 bis consta di due paragrafi, ciascuno dei quali fissa un obbligo simile a quelli previsti dalla direttiva originale all’articolo 9, paragrafi 1 e 3, rispettivamente. Insieme configurano un obbligo generale di contabilizzazione della fornitura di energia termica.

L’articolo 9 bis, paragrafo 1, stabilisce l’obbligo generale di provvedere affinché i clienti finali (6) ricevano contatori (7) in grado di riprodurre con precisione il loro consumo effettivo d’energia. A differenza di quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva originale, quest’obbligo non è subordinato ad alcuna condizione. La disposizione non prescrive che il contatore fornisca necessariamente informazioni sul tempo effettivo d’uso.

L’articolo 9 bis, paragrafo 2, impone l’obbligo più specifico di installare un contatore in corrispondenza dello scambiatore di calore o del punto di fornitura in cui l’energia termica giunge all’edificio da una fonte centrale che alimenta diversi edifici oppure da un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento.

L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva originale prevedeva già il medesimo requisito.

In molti casi gli obblighi stabiliti dalle disposizioni di cui sopra si sovrappongono e portano allo stesso risultato: ad esempio quando a un cliente finale viene fornita energia termica esclusivamente per scopi connessi a un singolo edificio (in genere il riscaldamento degli ambienti e la produzione di acqua calda per uso domestico) o quando, in un edificio suddiviso in più unità dotate del proprio scambiatore di calore/sottostazione individuale, gli occupanti delle singole unità sono clienti finali che hanno sottoscritto un contratto diretto per il teleriscaldamento/teleraffrescamento (8). In entrambi i casi le disposizioni dell’articolo 9 bis implicano la necessità di installare un contatore in corrispondenza del punto di fornitura o dello scambiatore di calore riservato ai locali di ogni cliente finale.

Al tempo stesso, gli obblighi sono anche complementari. In linea di principio il consumo può avvenire all’esterno di un edificio, ad esempio ai fini del riscaldamento dei processi di lavorazione presso un impianto industriale. A norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, anche questo tipo di fornitura deve essere contabilizzata. Analogamente, l’energia fornita a taluni clienti finali può essere usata in diversi edifici: si pensi ad esempio a un cliente finale che sfrutta una sola rete di teleriscaldamento per più edifici. Se il punto di connessione alla rete è lo stesso per tutti gli edifici, a norma dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, sarebbe sufficiente un unico contatore. Tuttavia, l’articolo 9 bis, paragrafo 2, è pensato per garantire che in casi simili si determini anche il consumo individuale di ciascun edificio (9). Un altro esempio potrebbe essere un sito di grandi dimensioni, come una base militare, dotato del proprio impianto che fornisce riscaldamento, raffrescamento o acqua calda per uso domestico a vari edifici nel sito stesso: in questo caso si applicherebbe l’articolo 9 bis, paragrafo 2 (ma non l’articolo 9 bis, paragrafo 1).

La presenza di sistemi di accumulo termico può sollevare questioni particolari sull’applicazione dell’articolo 9 bis: si immagini, a titolo esemplificativo, uno scenario in cui più clienti finali, utenti finali o edifici connessi a un sistema di accumulo dell’energia termica in acquifero (ATES) sfruttano il calore che proviene da un’unica fonte geotermica poco profonda. Il sistema in questione non deve necessariamente essere considerato un impianto di teleriscaldamento ai sensi dell’articolo 9 bis, paragrafo 1 (10), né una fonte centrale di riscaldamento o acqua calda per uso domestico ai sensi dell’articolo 9 bis, paragrafo 2, a condizione che:

il calore sia fornito a una temperatura troppo bassa per poter risultare utile a fini di riscaldamento degli ambienti o produzione di acqua calda per uso domestico senza l’ausilio di pompe di calore individuali, e

l’energia necessaria per il funzionamento delle pompe di calore non sia compresa nel servizio, bensì sia a carico dei singoli clienti o utenti finali (11).

In questi casi l’articolo 9 bis non impone la contabilizzazione del calore a bassa temperatura.

Analogamente, qualora il sistema sia reversibile e possa essere impiegato anche per il raffrescamento, a norma dell’articolo 9 bis non è necessario contabilizzare il «freddo» accumulato nel sottosuolo se il suo utilizzo è indispensabile per la rigenerazione stagionale della fonte di calore e se la fonte di freddo può essere rigenerata esclusivamente mediante operazioni alternate (stagionali) di riscaldamento/raffrescamento (12).

Infine, uno scenario che potrebbe richiedere particolare attenzione è quello in cui l’energia termica sotto forma di acqua calda già pronta per l’uso domestico viene erogata da un sistema di teleriscaldamento o da un’analoga fonte esterna a un condominio o a un edificio polifunzionale i cui occupanti individuali sono clienti finali del fornitore. In questo caso, se si considerano punti di fornitura i rubinetti o le prese d’acqua presenti in ogni unità abitativa e alla luce del fatto che la direttiva sull’efficienza energetica non specifica il tipo di contatore (di calore o dell’acqua) richiesto per l’acqua calda per uso domestico, potrebbero teoricamente essere sufficienti i contatori dell’acqua dei singoli appartamenti. Questo implica però che il fornitore di energia sarebbe il solo responsabile di tutte le perdite termiche che si verificano prima dei punti di fornitura all’interno dell’edificio. In alternativa, dato che nelle reti di teleriscaldamento le perdite di questo tipo possono essere ingenti, sarebbe necessario installare un contatore di calore anche in corrispondenza del punto in cui termina la porzione di competenza del fornitore, consentendo così ai clienti finali di verificare che il consumo di energia fatturato rispecchi quello effettivo: in assenza di un contatore di calore, il fornitore potrebbe sostenere che le perdite sono avvenute all’interno dell’edificio, al di fuori del suo ambito di competenza, e sarebbe impossibile accertare in quale misura ciò corrisponda al vero.

3.   OBBLIGO DI CONTABILIZZAZIONE DIVISIONALE (ARTICOLO 9 ter, PARAGRAFO 1)

Come spiegato al considerando 31 della direttiva di modifica, i diritti relativi alla fatturazione e alle informazioni di fatturazione o consumo dovrebbero valere anche per i consumatori di riscaldamento, raffrescamento o acqua calda per uso domestico riforniti da una fonte centrale che non hanno un rapporto contrattuale individuale diretto con il fornitore di energia. Per chiarire questo aspetto della normativa è stato introdotto il concetto di «contabilizzazione divisionale», che si riferisce alla misurazione del consumo nelle singole unità di condomini o edifici polifunzionali laddove esse siano rifornite da una fonte centrale e gli occupanti (13) non abbiano sottoscritto un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia (14).

A norma dell’articolo 9 ter la contabilizzazione divisionale è generalmente d’obbligo, a determinate condizioni. Essa era già prevista dall’articolo 9, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva originale, che fissava al 31 dicembre 2016 il termine ultimo per la sua introduzione. Il termine non figura nel testo riveduto semplicemente perché già decorso.

L’obbligo di cui al nuovo articolo 9 ter è sostanzialmente identico a quello previsto dalla direttiva originale. È però stato oggetto di alcune precisazioni, illustrate di seguito.

Innanzitutto, il primo comma descrive molto più chiaramente la natura delle condizioni a cui tale ripartizione è obbligatoria, segnatamente «se tecnicamente fattibile ed efficiente in termini di costi in quanto proporzionato al potenziale risparmio energetico». Ciò trova riscontro anche nel considerando 30, secondo cui «l’efficienza in termini di costi della ripartizione delle spese in base alle misurazioni dipende dalla proporzionalità dei relativi costi al potenziale risparmio energetico» e «[l]a valutazione dell’efficienza in termini di costi della contabilizzazione divisionale potrebbe tenere conto degli effetti di altre misure concrete e pianificate in un determinato edificio, per esempio una prossima ristrutturazione». Questa precisazione conferma l’impostazione degli orientamenti specifici pubblicati dalla Commissione per aiutare gli Stati membri ad attuare la direttiva originale e, in particolare, ad applicare le condizioni del caso (15).

In secondo luogo, la nuova disposizione esplicita l’obbligo in capo agli Stati membri di definire in modo chiaro e pubblicare «i criteri generali, le metodologie e/o le procedure» seguiti per determinare la non fattibilità tecnica o l’inefficienza in termini di costi. Anche questo è coerente con l’approccio adottato negli orientamenti specifici di cui sopra. La Commissione ha sempre ritenuto necessaria la massima trasparenza, da parte degli Stati membri, rispetto alle modalità con cui le condizioni sono rese operative e applicate nella pratica (16).

4.   OBBLIGO SPECIFICO DI CONTABILIZZAZIONE DIVISIONALE DELL’ACQUA CALDA PER USO DOMESTICO NELLE AREE RESIDENZIALI DEI NUOVI EDIFICI (ARTICOLO 9 ter, PARAGRAFO 2)

A norma dell’articolo 9 ter, paragrafo 1, la contabilizzazione divisionale del consumo di acqua calda per uso domestico è generalmente d’obbligo se tecnicamente fattibile ed efficiente in termini di costi. Tuttavia, secondo l’articolo 9 ter, paragrafo 2, ai condomini nuovi e alle aree residenziali dei nuovi edifici polifunzionali dotati di una fonte centrale di riscaldamento per l’acqua calda per uso domestico o alimentati da sistemi di teleriscaldamento si applica un obbligo incondizionato e più rigoroso.

Il ragionamento alla base del maggior rigore muove dal presupposto che, in questi casi, la contabilizzazione divisionale dell’acqua calda per uso domestico sia di norma tanto fattibile sul piano tecnico quanto efficiente in termini di costi. Nei condomini nuovi e nelle aree residenziali dei nuovi edifici polifunzionali i costi aggiuntivi per la contabilizzazione del consumo individuale di acqua calda per uso domestico dovrebbero infatti essere contenuti, dal momento che si possono predisporre sistemi appositi già in fase di costruzione. Al tempo stesso, non vi sono motivi particolari per ritenere che in futuro la domanda di acqua calda per uso domestico diminuirà in modo sistematico o significativo: incoraggiare comportamenti improntati all’efficienza (attraverso l’informazione e la fatturazione basata sui consumi) dovrebbe pertanto continuare a produrre benefici significativi in termini di potenziali risparmi energetici.

La direttiva riveduta non specifica che cosa si intenda per «nuovo» edificio ai sensi dell’articolo 9 ter, paragrafo 2. Da un lato, gli occupanti di edifici di nuova costruzione la cui prima occupazione sarà possibile solo dopo il termine di recepimento (25 ottobre 2020) potrebbero aspettarsi che gli immobili siano provvisti di dispositivi di contabilizzazione. Dall’altro, se il permesso di costruzione è stato chiesto prima del recepimento nell’ordinamento nazionale, potrebbe non essere stato previsto alcun sistema di contabilizzazione. Nel recepire la disposizione in questione gli Stati membri possono pertanto valutare in che misura sia possibile o ragionevole soddisfare queste aspettative. In ogni caso, i nuovi edifici per i quali il permesso di costruzione è stato chiesto dopo il termine di recepimento rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 9 ter, paragrafo 2, e devono essere dotati di contatori.

La disposizione richiede semplicemente l’installazione di un contatore, senza specificarne il tipo (di calore o dell’acqua). L’obbligo di cui all’articolo 9 ter, paragrafo 2, si considera assolto se le unità individuali sono dotate della propria sottostazione, che fornisce sia il riscaldamento degli ambienti sia l’energia per produrre in loco acqua calda per uso domestico, e se il consumo energetico totale di ciascuna sottostazione viene contabilizzato. In altre parole, laddove la produzione di acqua calda per uso domestico avvenga nelle singole unità grazie all’energia termica fornita da una fonte centrale o da una sottostazione di teleriscaldamento, il relativo consumo energetico può essere contabilizzato insieme a quello finalizzato al riscaldamento degli ambienti.

5.   NORME DI RIPARTIZIONE DEI COSTI DI RISCALDAMENTO (ARTICOLO 9 ter, PARAGRAFO 3)

Quando ci si avvale di un sistema di contabilizzazione individuale, i valori misurati o gli indici ottenuti dalla lettura dei dispositivi individuali (contatori o contabilizzatori) sono usati per ripartire i costi totali tra le diverse unità interessate. Vi sono diversi modi per farlo ed è difficile stabilire quale sia il migliore (17), almeno nel caso del riscaldamento e del raffrescamento degli ambienti in un tipico condominio o edificio polifunzionale le cui unità non sono indipendenti dal punto di vista termico (vale a dire che i flussi di calore attraverso le pareti interne non sono trascurabili rispetto a quelli che attraversano l’involucro dell’edificio, costituito da pareti esterne, tetto eccetera).

Tuttavia, il ricorso a metodi di ripartizione dei costi percepiti come equi e basati su solidi principi può favorire notevolmente l’accettazione da parte degli utenti. Pertanto, come afferma il considerando 32 della direttiva di modifica, la trasparenza nel calcolo del consumo individuale di energia termica può facilitare l’attuazione della contabilizzazione individuale. La direttiva originale non imponeva di stabilire norme in materia a livello nazionale e solo due terzi degli Stati membri hanno provveduto a farlo. L’attuale direttiva riveduta obbliga invece gli Stati membri a dotarsi di norme di ripartizione dei costi trasparenti e accessibili al pubblico (18).

Nello specifico, l’articolo 9 ter, paragrafo 3, dispone che «[s]e i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da sistemi di teleriscaldamento o di teleraffrescamento, ovvero se essi sono alimentati prevalentemente da sistemi propri comuni di riscaldamento o raffreddamento, gli Stati membri fanno in modo di disporre di norme nazionali trasparenti e accessibili al pubblico relative alla ripartizione dei costi di riscaldamento, raffreddamento e acqua calda per uso domestico in tali edifici, al fine di assicurare la trasparenza e l’accuratezza del calcolo del consumo individuale». Poiché in praticamente tutti gli Stati membri esistono edifici che soddisfano almeno una delle condizioni, entro il 25 ottobre 2020 questi dovranno disporre di norme nazionali o rendere accessibili al pubblico quelle in vigore.

È opportuno sottolineare che le norme nazionali di ripartizione dei costi non devono necessariamente definire nei dettagli tutte le modalità di tale procedura. Gli Stati membri possono limitarsi a stabilire un quadro che delinei i principi o i parametri fondamentali e lasciare alle autorità regionali o locali, o anche alle parti che hanno un interesse nei singoli edifici, la facoltà di specificare o concordare ulteriori dettagli.

In ogni caso, a prescindere dal livello di dettaglio, le norme dovrebbero essere concepite in modo da non pregiudicare il conseguimento degli obiettivi della direttiva sull’efficienza energetica. In particolare le norme di ripartizione dei costi devono garantire che, nella pratica, il principio della fatturazione basata sul consumo effettivo non sia minato da un nesso di fatto troppo debole tra la lettura del dispositivo dell’utente finale e la sua fattura finale. Se nel calcolare la quota dei costi totali imputabile ai singoli occupanti non si dà peso sufficiente alle letture individuali, il risultato perseguito — vale a dire un incentivo a usare l’energia in modo efficiente — risulterà compromesso. Al contempo, è altrettanto importante che il nesso non sia troppo forte quando il consumo di ciascun utente dipende in parte dal consumo altrui e vi è il rischio che la ripartizione dei costi tra le singole unità abitative non risulti omogenea. Una ripartizione non omogenea può causare o esacerbare la separazione degli incentivi tra gli occupanti quando si tratta di fare investimenti a sostegno dell’efficienza energetica dell’intero edificio (ad esempio migliorie all’involucro). Se le norme nazionali di ripartizione dei costi degli Stati membri non sono concepite in modo da mitigare tale rischio, secondo la Commissione potrebbe configurarsi una violazione dell’articolo 19 della direttiva sull’efficienza energetica, a norma del quale gli Stati membri sono tenuti a valutare e adottare misure adeguate per risolvere il problema della separazione degli incentivi tra proprietari e/o inquilini di un immobile. Come già detto, non esiste un modo univoco per ripartire correttamente i costi, ma norme ben concepite garantiscono un equilibrio tra gli incentivi che ne derivano per gli occupanti a livello individuale e collettivo. Se non riescono a bilanciare gli incentivi e portano a risultati estremi, le norme di ripartizione dei costi rischiano di ostacolare il conseguimento degli obiettivi perseguiti dagli articoli 9 ter e 19. Tra le possibili soluzioni adottate da alcuni Stati membri si annoverano intervalli ammissibili per la frazione dei costi ripartita in base alle letture individuali, limiti massimi per le deviazioni delle fatture individuali dalla media dell’edificio e sistemi di fattori di correzione che riflettano la situazione svantaggiata degli appartamenti naturalmente più freddi o più esposti dell’edificio.

In tale contesto, la Commissione sottolinea che l’obbligo di fatturazione basata sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore, stabilito all’articolo 10 bis, non implica la necessità di basarsi esclusivamente sulla lettura dei dispositivi. Nel caso dei condomini e degli edifici multifunzionali vi sono obiettivamente valide ragioni per non ripartire i costi soltanto in base o in proporzione alle letture, almeno per quanto riguarda il riscaldamento e il raffrescamento degli ambienti (cfr. nota 16). Alla fine del 2017 alla Corte di giustizia sono pervenute due domande di pronuncia pregiudiziale su questioni potenzialmente rilevanti da questo punto di vista (19). Nelle conclusioni sulle due cause riunite, presentate il 30 aprile 2019, l’avvocato generale ha espresso un’opinione analoga al riguardo (20).

6.   LETTURA DA REMOTO (ARTICOLO 9 quater)

6.1.   Il passaggio a dispositivi leggibili da remoto

Uno degli obiettivi specifici della revisione della direttiva sull’efficienza energetica proposta dalla Commissione era responsabilizzare i consumatori di energia termica, fornendo loro informazioni di migliore qualità e sufficientemente frequenti sui consumi, anche grazie ai progressi tecnologici (21).

A tal fine la direttiva riveduta prevede nuovi requisiti mirati a promuovere l’uso di dispositivi leggibili da remoto, essenziali per poter fornire agli utenti finali informazioni frequenti sui loro consumi.

La direttiva di modifica non precisa che cosa costituisca un «dispositivo leggibile da remoto» sotto il profilo tecnico. Al considerando 33 della direttiva (UE) 2018/2002 si legge che «[p]er la lettura dei dispositivi leggibili da remoto non è necessario l’accesso ai singoli appartamenti o alle singole unità». Si tratta di una caratteristica minima comune a tutti i dispositivi leggibili da remoto, ma non necessariamente l’unica. Il considerando 33 afferma anche che «[g]li Stati membri sono liberi di decidere se le tecnologie a lettura mobile (modalità walk-by o drive-by) debbano essere considerate o meno leggibili da remoto». Si tratta di una decisione importante, che ha conseguenze dirette per gli Stati membri in termini di modalità di recepimento e applicazione degli obblighi di cui all’articolo 9 quater e all’allegato VII bis. Ad esempio, uno Stato membro che decida di considerare leggibili da remoto le cosiddette tecnologie walk-by o drive-by potrebbe ritenerle sufficienti per ottemperare all’obbligo di sviluppare la capacità di lettura da remoto imposto dall’articolo 9 quater. In tal caso, però, gli edifici dotati di queste tecnologie soddisferebbero anche la condizione che comporta l’obbligo di fornire informazioni alla frequenza di cui all’allegato VII bis, punto 2. In altre parole, un dispositivo considerato leggibile da remoto ai fini dell’articolo 9 quater deve essere considerato tale anche ai fini dell’allegato VII bis, punto 2.

Qualora decida invece di non considerare leggibili da remoto le tecnologie walk-by e drive-by, lo Stato membro dovrebbe prevedere l’obbligo di installare dispositivi o sistemi supplementari o più avanzati per conformarsi all’articolo 9 quater (22). In tal caso la condizione che fa scattare gli obblighi di informazione fissati dall’allegato VII bis, punto 2, risulterebbe soddisfatta solo dopo l’introduzione di detti dispositivi o sistemi e solo negli edifici che ne sono provvisti.

Nel decidere se considerare leggibili da remoto le tecnologie walk-by/drive-by gli Stati membri possono declinare la decisione in base a parametri oggettivi, quali il tipo di servizi energetici o dispositivi interessati, il tipo e l’ubicazione degli edifici e la funzione dei dispositivi (contabilizzazione o contabilizzazione divisionale). Un dispositivo drive-by o walk-by, ad esempio, potrebbe essere ritenuto leggibile da remoto ai fini della contabilizzazione della fornitura da una rete di teleraffrescamento ma non da una rete di teleriscaldamento. Gli Stati membri che optano per questa differenziazione in base ai suddetti parametri dovrebbero provvedere affinché le norme applicabili siano facili da comunicare, chiare e comprensibili.

Per gli operatori del mercato è importante che gli Stati membri prendano la loro decisione sulla leggibilità da remoto delle tecnologie walk-by/drive-by e la comunichino il prima possibile durante l’iter di recepimento, e in ogni caso entro il 25 ottobre 2020. Diversamente i proprietari di immobili e i fornitori di servizi che devono prepararsi a installare nuovi impianti dopo tale data non sapranno con precisione quali sono i requisiti funzionali applicabili. In assenza di tale decisione possono ovviamente minimizzare i rischi optando per soluzioni leggibili da remoto che non si avvalgano di tecnologie walk-by/drive-by.

Né le disposizioni giuridiche né le considerazioni di cui sopra intendono stabilire una relazione gerarchica tra i sistemi basati su tecnologie walk-by/drive-by e quelli basati su altre infrastrutture di comunicazione. La decisione di considerare leggibili da remoto le suddette tecnologie permetterebbe di ampliare la gamma di dispositivi ammissibili ai fini della conformità all’articolo 9 quater nello Stato membro interessato e, in tal senso, potrebbe sembrare l’opzione meno gravosa; tuttavia, è probabile che renderebbe più impegnativo conformarsi all’allegato VII bis, punto 2. Si consiglia agli Stati membri di tenere conto del fatto che in genere le tecnologie walk-by/drive-by limitano la frequenza con cui i dati possono realisticamente essere raccolti in modo efficiente sotto il profilo dei costi, il che a sua volta circoscrive i potenziali servizi aggiuntivi e i benefici collaterali dei dispositivi. Si pensi ad esempio a una rete di teleriscaldamento in cui i dati di contabilizzazione vengono trasmessi o raccolti automaticamente su base oraria o giornaliera: questi dati saranno ben più utili per l’ottimizzazione del funzionamento del sistema, il rilevamento di guasti, i servizi di segnalazione eccetera rispetto a quelli raccolti mensilmente tramite tecnologie walk-by/drive-by.

6.2.   Dispositivi installati dopo il 25 ottobre 2020

L’articolo 9 quater della direttiva riveduta prescrive l’introduzione graduale di contatori e contabilizzatori di calore leggibili da remoto «[a]i fini degli articoli 9 bis e 9 ter», ossia indipendentemente dall’utilizzo che se ne fa (contabilizzazione o contabilizzazione divisionale).

La transizione è promossa in due modi: l’articolo 9 quater, paragrafo 1, prevede innanzitutto che i contatori e i contabilizzatori di calore installati dopo il 25 ottobre 2020 debbano essere leggibili da remoto. Ciò significa ad esempio che i contatori installati dopo tale data in corrispondenza dei punti di connessione nuovi o già esistenti in una rete di teleriscaldamento dovranno essere leggibili da remoto. Lo stesso vale per i contatori di calore, i contatori di acqua calda per uso domestico e i contabilizzatori di calore installati dopo tale data e facenti parti di un sistema di contabilizzazione divisionale (si vedano però le osservazioni al punto 6.3).

Conformemente all’articolo 9 quater, paragrafo 1, continuano ad applicarsi «le condizioni di fattibilità tecnica ed efficienza in termini di costi di cui all’articolo 9 ter, paragrafo 1». Ciò non vuol dire che l’obbligo di lettura da remoto di cui all’articolo 9 quater, paragrafo 1, è subordinato a tali condizioni o criteri. La disposizione serve piuttosto a chiarire che, per i sistemi di contabilizzazione divisionale installati in un edificio (oggetto dell’articolo 9 ter, paragrafo 1, a cui l’articolo 9 quater, paragrafo 1, fa riferimento) dopo il 25 ottobre 2020, la fattibilità tecnica e l’efficienza in termini di costi continuerebbero a rappresentare valide ragioni per concedere un’esenzione dall’obbligo generale di ripartizione delle spese in base alle misurazioni, soprattutto perché il requisito di lettura da remoto applicabile dopo quella data potrebbe in certi casi incidere sulla misura in cui viene soddisfatto l’uno o l’altro criterio. Ciò potrebbe verificarsi ad esempio quando il sistema di contabilizzazione divisionale presente in un edificio giunge al termine della vita utile e dev’essere sostituito, oppure quando è necessario installarne uno per la prima volta. In situazioni simili è legittimo effettuare una valutazione dei criteri di cui all’articolo 9 ter, paragrafo 1, per determinare se la contabilizzazione divisionale sia tecnicamente fattibile ed efficiente in termini dei costi, anche alla luce dell’obbligo di lettura da remoto. In altre parole, il richiamo alle «condizioni […] di cui all’articolo 9 ter, paragrafo 1» contenuto nell’articolo 9 quater, paragrafo 1, è da intendersi non come una condizionalità distinta riferita alle caratteristiche del dispositivo, bensì come parte della valutazione generale prevista dall’articolo 9 ter, paragrafo 1.

6.3.   Sostituzione o aggiunta di dispositivi individuali di contabilizzazione divisionale in impianti esistenti

Potrebbero sorgere dubbi specifici laddove sia necessario sostituire prematuramente un dispositivo esistente perché danneggiato, mancante o difettoso. In linea di principio l’articolo 9 quater, paragrafo 1, si applica anche in questi casi. Tuttavia, se il dispositivo che deve essere aggiunto o sostituito fa parte di una serie di dispositivi che costituisce il sistema di contabilizzazione divisionale di un edificio, in alcune circostanze sostituirlo con uno leggibile da remoto potrebbe essere impossibile o superfluo:

tutti i dispositivi di un dato impianto di contabilizzazione divisionale del calore devono essere della stessa marca e dello stesso tipo per conformarsi alle norme europee (23). Nel caso dei contabilizzatori di calore a evaporazione semplicemente non esistono alternative valide sotto il profilo tecnico che siano anche leggibili da remoto;

nel caso dei contabilizzatori di calore elettronici potrebbe non essere sempre possibile reperire una versione leggibile da remoto del modello in uso altrove nell’edificio, ma anche se lo fosse risulterebbe di poca utilità se non addirittura inutile: i dati degli altri dispositivi, necessari per effettuare la ripartizione delle spese, sarebbero comunque disponibili solo dopo la lettura manuale e quindi con minor frequenza;

la stessa situazione si verifica quando in un appartamento vengono installati nuovi radiatori, ma gli altri contabilizzatori di calore presenti nell’edificio non sono leggibili da remoto;

sostituire o aggiungere un contatore individuale di calore o acqua calda in un edificio oggetto di contabilizzazione divisionale ma privo di contatori leggibili da remoto pone un problema analogo.

Nelle specifiche circostanze illustrate sopra la Commissione non ritiene quindi che l’articolo 9 quater, paragrafo 1, impedisca di sostituire i singoli dispositivi con dispositivi non leggibili da remoto, anche dopo il termine di cui all’articolo 9 quater, paragrafo 1, se il sistema di contabilizzazione divisionale di cui fanno parte non si avvale di questa tecnologia.

D’altro canto, quando si presenta l’esigenza di una sostituzione isolata in un edificio dotato di dispositivi non leggibili da remoto, non si può ignorare che a norma dell’articolo 9 quater, paragrafo 2, tutti i dispositivi e gli impianti dovranno essere leggibili da remoto entro il 1o gennaio 2027 (cfr. punto seguente): se i dispositivi di ricambio non lo sono, il rischio che si trasformino in un costo irrecuperabile sarà sempre maggiore mano a mano che tale data si avvicina.

6.4.   Impianti esistenti

L’articolo 9 quater, paragrafo 2, dispone quanto segue: «Entro il 1o gennaio 2027 si dotano della capacità di lettura da remoto i contatori e i contabilizzatori di calore sprovvisti di tale capacità ma che sono già installati o si sostituiscono con dispositivi leggibili da remoto, salvo laddove lo Stato membro dimostri che ciò non è efficiente in termini di costi.»

L’obiettivo è garantire che tutti gli utenti finali che occupano locali oggetto di contabilizzazione o contabilizzazione divisionale possano godere dei benefici derivanti dai dispositivi leggibili da remoto, segnatamente ricevere informazioni su base mensile (cfr. punto 9), non essere più costretti a restare a casa per consentire la lettura dei contatori e avere accesso ad eventuali servizi aggiuntivi resi possibili da tali dispositivi (ad esempio la segnalazione delle perdite di acqua calda).

Alla luce di quanto precede, la possibilità di derogare a tale prescrizione va interpretata in modo molto restrittivo e tutte le deroghe devono essere circostanziate, debitamente motivate e documentate.

Il termine ultimo del 2027 (oltre dieci anni dopo la pubblicazione della proposta della Commissione) era pensato per ridurre il rischio di incorrere in costi irrecuperabili generati dalla necessità di sostituire i dispositivi ben prima di aver ammortizzato le relative spese. Molti dispositivi vengono comunque sostituiti nello stesso arco di tempo per motivi tecnici. I nuovi contabilizzatori di calore installati oggigiorno sono quasi sempre elettronici e vanno generalmente sostituiti entro dieci anni per via dei limiti delle batterie. Per quanto riguarda i contatori, nella maggior parte degli Stati membri vigono obblighi di taratura che tendenzialmente si traducono nella sostituzione dei dispositivi a intervalli di dieci anni o meno. In genere dopo dieci anni un dispositivo è comunque giunto al termine della vita economica/è stato ammortizzato.

Per tutte queste ragioni i costi irrecuperabili connessi ai dispositivi esistenti non costituiscono una motivazione sufficiente per derogare all’obbligo di lettura da remoto. Dovrebbero sussistere circostanze più specifiche: ad esempio, un edificio costruito con materiali che impediscono il corretto funzionamento delle tecnologie senza fili disponibili nel 2026 e in cui l’installazione di alternative cablate comporterebbe costi sproporzionati (ad esempio se le pareti e i solai contengono grandi quantità di ferro). In questo caso si potrebbe ragionevolmente dimostrare che conformarsi all’obbligo non è efficiente in termini di costi.

6.5.   Considerazioni sulla verifica e la garanzia dell’applicazione

A norma dell’articolo 13 della direttiva gli Stati membri sono tenuti a stabilire «le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle disposizioni nazionali adottate ai sensi degli articoli da 7 a 11» e ad adottare «le misure necessarie per garantirne l’applicazione». Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

A seguito della modifica della direttiva l’ambito di applicazione dell’articolo 13 include disposizioni originali e nuove, tra le quali i nuovi obblighi di lettura da remoto di cui all’articolo 9 quater (24).

Nell’ambito della loro più ampia responsabilità e degli sforzi volti a garantire efficacemente l’attuazione della direttiva e la sua osservanza, gli Stati membri dovranno pertanto riflettere su come verificare il rispetto dei nuovi obblighi di lettura da remoto. A tal fine potrebbero valutare la possibilità di adattare procedure già esistenti connesse alla direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia (25) o altre procedure nazionali. Gli obblighi di lettura da remoto, tuttavia, non valgono solo per i nuovi edifici (che richiedono in genere un permesso di costruzione) o per gli edifici esistenti venduti o affittati a un nuovo locatario (per i quali a norma della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia serve un attestato di prestazione energetica) e si applicano indipendentemente dalle dimensioni dell’edificio e dalla capacità dell’impianto di riscaldamento. Ne consegue che le procedure esistenti legate ai permessi di costruzione, alle ispezioni dei sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell’aria, all’etichettatura energetica o agli attestati di prestazione energetica non sono necessariamente sufficienti per verificare la conformità ai nuovi obblighi.

Per quanto riguarda il passaggio alla lettura da remoto dei contatori usati ai fini dell’articolo 9 bis, paragrafo 1, gli Stati membri potrebbero imporre agli operatori degli impianti di teleriscaldamento e teleraffrescamento e agli operatori di qualsiasi altro impianto che fornisca energia termica a più edifici di documentare la propria conformità e/o di comunicare regolarmente la percentuale di punti di connessione alla loro rete dotati di contatori leggibili da remoto. Poiché in linea di principio (26) tale percentuale dovrebbe essere pari al 100 % entro il 1o gennaio 2027, gli Stati membri possono monitorare i dati comunicati per verificare che si compiano progressi sufficienti verso questo obiettivo prima della scadenza del termine.

Per quanto riguarda la contabilizzazione divisionale si potrebbero prevedere obblighi simili per i soggetti responsabili, che però variano da uno Stato membro all’altro e potenzialmente anche in base al tipo di locazione o proprietà; la soluzione più adatta potrebbe quindi essere una combinazione di approcci diversi. Gli Stati membri che dispongono di sistemi per l’identificazione o la registrazione dei fornitori di servizi di contabilizzazione divisionale possono sfruttare tali sistemi per identificare gli operatori da cui è possibile ottenere informazioni sul tipo di dispositivi presenti negli edifici di loro competenza in modo economicamente efficiente.

7.   INFORMAZIONI DI FATTURAZIONE E CONSUMO (ARTICOLO 10 bis)

7.1.   I termini «utente finale» e «consumatore finale»

Uno dei principali chiarimenti nella direttiva riveduta si deve all’introduzione del termine «utenti finali» nell’articolo 10 bis, che va ad aggiungersi a «clienti finali» (già presente nel testo originale).

Ai sensi della direttiva originale il cliente finale è «una persona fisica o giuridica che acquista energia per proprio uso finale» (27), definizione che è però stata oggetto di diverse interpretazioni. Nella nota di orientamento del 2013 la Commissione sostiene che i singoli utenti finali/le famiglie residenti in condomini dotati di impianti e contratti collettivi per la fornitura di energia dovrebbero essere considerati clienti finali (28). Tuttavia, come precisa il considerando 31 della direttiva riveduta, «[l]a definizione del termine «cliente finale» può riferirsi solo alle persone fisiche o giuridiche che acquistano energia sulla base di un contratto individuale diretto con un fornitore di energia. Ai fini delle pertinenti disposizioni, è opportuno pertanto introdurre il termine «utente finale» in riferimento a un più ampio gruppo di consumatori e si dovrebbero intendere, oltre ai clienti finali che acquistano riscaldamento, raffreddamento o acqua calda per uso domestico per uso proprio finale, anche gli occupanti di edifici o unità individuali di condomini o edifici polifunzionali alimentati da una fonte centrale in cui gli occupanti non hanno un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia».

Per questo motivo il requisito operativo dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, parla di «utenti finali» e precisa che si tratta di:

a)

persone fisiche o giuridiche che acquistano riscaldamento, raffrescamento o acqua calda per uso domestico per uso proprio finale (chi appartiene a questa categoria è anche un cliente finale ai sensi dell’articolo 2, punto 23); oppure

b)

persone fisiche o giuridiche che occupano un edificio individuale o un’unità in un condominio o edificio polifunzionale alimentato con riscaldamento, raffrescamento o acqua calda per uso domestico da una fonte centrale che non dispone di un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia.

Occorre evidenziare che il concetto di «utente finale» include quello di «cliente finale». Le disposizioni che fanno riferimento agli utenti finali non escludono pertanto i clienti finali.

Il chiarimento non lascia più adito a dubbi: a norma della direttiva riveduta i consumatori interessati dalla contabilizzazione divisionale hanno diritto anche alla fatturazione basata sul consumo (29) e alle informazioni sul consumo.

Ai fini degli articoli 9 bis, 9 quater, 10 bis e 11 bis, nei condomini o negli edifici polifunzionali alimentati da un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento o da un’analoga fonte centrale in base a un unico contratto con il fornitore di energia, il «cliente finale» effettivo può variare: se l’edificio ha un solo proprietario, in genere (ma non necessariamente) è quest’ultimo a sottoscrivere il contratto con il fornitore di energia; se l’edificio ha più proprietari il contratto sarà spesso, ma non sempre, concluso da un’associazione o da una comunità di coproprietari. In altri casi il firmatario può essere una terza parte o un mandatario, ad esempio una società di gestione immobiliare (o amministratore condominiale), a cui i proprietari hanno delegato determinate funzioni. Per quanto concerne le unità concesse in locazione dal proprietario, il locatario può avere o meno un rapporto contrattuale con il fornitore di energia.

Nel recepire la direttiva riveduta gli Stati membri dovranno tenere conto della diversità delle situazioni che rientrano nella propria giurisdizione. Ad ogni modo, a prescindere dall’organismo o dall’entità che acquista collettivamente l’energia per conto degli occupanti dell’edificio, è importante organizzare l’attuazione in modo che le informazioni richieste dall’allegato VII bis siano fornite in maniera efficace e possano anche fungere da base per le comunicazioni agli occupanti di ciascun appartamento/unità. Il fatto che la definizione di «cliente finale» si riferisca a una persona che acquista energia «per proprio uso finale» non deve, ad esempio, indurre a pensare che non vi sia nessun cliente finale nei casi in cui è una società di gestione delegata o un amministratore condominiale delegato a sottoscrivere il contratto con il fornitore di energia dell’edificio.

7.2.   Chi è responsabile delle informazioni di fatturazione e consumo?

La direttiva sull’efficienza energetica non specifica a chi spetti la responsabilità di fornire agli utenti finali le informazioni di fatturazione e consumo di cui all’articolo 10 bis. Quando l’utente finale è anche cliente finale e acquista l’energia dal fornitore, è logico ritenere che la responsabilità ricada su quest’ultimo. Tuttavia, il fornitore di energia potrebbe non essere la figura più idonea per fornire informazioni a un utente finale con cui non ha alcun rapporto contrattuale diretto o individuale. L’articolo 10 bis, paragrafo 3, della direttiva riveduta dispone pertanto che «[g]li Stati membri decidono chi è responsabile di fornire le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 agli utenti finali senza un contratto diretto o individuale con un fornitore di energia». La scelta dipenderà dalle circostanze nazionali e dai contesti locativi specifici. I potenziali responsabili potrebbero essere proprietari o gestori degli edifici, fornitori di servizi o società di gestione che abbiano ricevuto una delega, associazioni dei proprietari, eccetera. Nel recepire la direttiva riveduta gli Stati membri sono tenuti a garantire che l’entità responsabile di fornire informazioni agli utenti finali sia chiaramente definita in tutti i contesti pertinenti.

7.3.   Fatturazione basata sul consumo effettivo

L’articolo 10 bis impone agli Stati membri di provvedere a che «le informazioni di fatturazione e consumo siano affidabili, precise e basate sul consumo effettivo o sulla lettura del contabilizzatore di calore».

La formula è simile — ma non identica — a quella di una disposizione della direttiva originale, che fissa l’obbligo di garantire «informazioni sulla fatturazione […] precise e fondate sul consumo reale».

L’inclusione delle informazioni di consumo è significativa e riflette la flessibilità della direttiva sull’efficienza energetica, in quanto ora è possibile adempiere all’obbligo di cui all’allegato VII bis, punto 2, fornendo frequentemente informazioni di fatturazione o di consumo. Le informazioni di consumo sono più semplici da fornire perché riguardano soltanto i quantitativi consumati e non fanno riferimento ai costi connessi o ad altri elementi delle informazioni di fatturazione.

Il legislatore ha ritenuto opportuno aggiungere la precisazione «o sulla lettura del contabilizzatore di calore» per sciogliere ogni dubbio sulla possibilità di basare la fatturazione sulla lettura di tali dispositivi. La questione era stata sollevata perché i contabilizzatori di calore consentono una misurazione meno diretta del calore fornito a un singolo appartamento e, in talune circostanze, potrebbero essere ritenuti indicatori meno affidabili della quantità di energia effettivamente emessa dall’impianto di riscaldamento nell’appartamento in questione.

Al di là delle differenze tra contatori e contabilizzatori di calore, va sottolineato che l’obbligo di basare le informazioni di fatturazione e consumo sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatore di calore non implica che i costi di riscaldamento o raffrescamento degli ambienti debbano essere ripartiti esclusivamente in base alla lettura dei singoli contatori o contabilizzatori di calore. Un simile approccio rischia di incidere negativamente sull’equità e sulla separazione degli incentivi nel contesto della contabilizzazione divisionale (cfr. anche il punto 5). Dal punto di vista tecnico è raro che i singoli appartamenti di un condominio siano termicamente indipendenti dal resto dell’edificio. Quando si verifica una differenza di temperatura tra pareti interne o partizioni orizzontali interne, che sono spesso caratterizzate da un minor livello di isolamento termico rispetto alle pareti esterne dell’edificio, il calore le attraversa naturalmente. Ne consegue che nella maggior parte dei casi le singole unità sono riscaldate non solo dai radiatori presenti al loro interno, ma anche (almeno in parte) dal calore prodotto altrove nell’edificio. Come già discusso al punto 5, ciò dovrebbe essere preso in considerazione per elaborare norme di ripartizione dei costi ben concepite.

Sia che si misuri con contatori l’effettiva emissione di calore in ciascuna unità sia che la si stimi mediante contabilizzatori, la capacità del calore di attraversare le partizioni interne costituisce una buona ragione per non ripartire i costi totali di riscaldamento di un edificio soltanto in base alla lettura dei dispositivi. È consuetudine (e buona prassi) basare solo parte della fatturazione sulle misurazioni individuali e ripartire i costi restanti tra gli occupanti in base ad altri fattori, quali la percentuale di superficie coperta totale o di volume riscaldato dell’appartamento. Questo principio vale anche quando le singole unità sono dotate di contatori di calore e non di contabilizzatori. È prassi corrente anche dividere i costi di riscaldamento delle aree comuni di un edificio (scale, corridoi, ecc.) tra gli occupanti delle singole unità. In genere i costi dovuti a perdite che interessano gli impianti a livello dell’edificio e quelli di riscaldamento delle aree comuni non dipendono direttamente dal comportamento dei singoli utenti e, nelle norme nazionali di ripartizione, gli Stati membri sono soliti annoverarli tra i costi fissi. Solitamente la quota fissa dei costi totali di riscaldamento può essere recuperata addebitando agli occupanti una somma proporzionale alle dimensioni (ad esempio superficie coperta o volume) della loro unità.

Se le informazioni fornite sono basate sulla lettura dei contabilizzatori di calore, occorre presentarle in modo chiaro e utile per l’utente finale. La ripartizione dei costi di riscaldamento può, ad esempio, richiedere l’applicazione di coefficienti tecnici legati al tipo di radiatori e/o di fattori di correzione per l’ubicazione dell’appartamento all’interno dell’edificio: questi parametri dovrebbero essere presi in considerazione nelle informazioni fornite agli utenti finali.

7.4.   Autolettura

La direttiva originale prevede che gli Stati membri si adoperino affinché le informazioni di fatturazione siano precise e fondate sul consumo reale «conformemente all’allegato VII, punto 1.1», che a sua volta fissa requisiti specifici in materia di frequenza minima delle informazioni di fatturazione e consumo. A norma dell’articolo 10 «[t]ale obbligo può essere soddisfatto con un sistema di autolettura periodica da parte dei clienti finali in base al quale questi ultimi comunicano i dati dei propri contatori al fornitore di energia». Tra le altre cose, questo sistema consente al fornitore di emettere una fattura di conguaglio annuale basata sulle letture comunicate dal cliente senza dover visitare i locali per la lettura del contatore.

Il ruolo dell’autolettura diventerà sempre più marginale col passaggio a dispositivi leggibili da remoto. Nondimeno, la direttiva riveduta consente l’autolettura per l’energia termica, ma solo in determinate circostanze (30); in particolare non la consente qualora le spese per il riscaldamento degli ambienti siano ripartite in base ai dati forniti da contabilizzatori di calore. In questi casi ogni singolo utente dovrebbe comunicare le letture di tutti i radiatori, cosa che il legislatore non ha ritenuto realistica o auspicabile.

Negli altri casi (contabilizzazione e altri tipi di contabilizzazione divisionale, ad esempio riscaldamento/raffrescamento di locali dotati di contatori di calore o consumo di acqua calda per uso domestico) in linea di massima l’autolettura è consentita «se previsto dallo Stato membro». In altre parole le società di teleriscaldamento, i gestori di edifici e le altre entità responsabili di fornire agli utenti finali le informazioni richieste dall’articolo 10 bis non possono affidarsi all’autolettura per adempiere a tali obblighi a meno che lo Stato membro interessato abbia espressamente previsto questa possibilità nelle misure nazionali di recepimento.

7.5.   Disponibilità dei dati e riservatezza

L’articolo 10 bis, paragrafo 2, lettera a), prescrive che «se disponibili, le informazioni sulla fatturazione energetica e sui consumi storici o sulle letture dei contabilizzatori di calore degli utenti finali siano messe a disposizione di un fornitore di servizi energetici designato dall’utente finale su richiesta di quest’ultimo». La direttiva originale contiene una disposizione simile, ma quella nuova fuga ogni dubbio sul fatto che il diritto di accesso ai dati concernenti la fatturazione energetica e i consumi storici o le letture dei contabilizzatori di calore valga anche in caso di contabilizzazione divisionale. Il responsabile della contabilizzazione divisionale — sia esso il gestore dell’edificio, un fornitore di servizi di questo tipo o chiunque altro — dovrà, su richiesta del cliente finale, garantirgli l’accesso ai dati in parola in un formato utile e adeguato. Nel contesto della contabilizzazione divisionale essi includono, oltre alle letture del o dei dispositivi dell’utente, anche la somma delle letture dell’intero impianto, in quanto le prime sono utili solo se abbinate alla seconda. Su richiesta le informazioni dovrebbero comprendere anche i principali parametri tecnici, tra cui i coefficienti applicati ai radiatori, al fine di consentire la verifica indipendente o il controllo della plausibilità dei calcoli effettuati per la ripartizione dei costi di riscaldamento.

Al tempo stesso l’articolo 10 bis, paragrafo 2, lettera a), garantisce che le informazioni di fatturazione relative al contatore principale che misura l’alimentazione da una rete di teleriscaldamento o teleraffrescamento a un condominio o a un edificio polifunzionale oggetto di contabilizzazione divisionale possano essere messe direttamente a disposizione del fornitore di servizi energetici (31) responsabile della contabilizzazione divisionale e della ripartizione delle spese all’interno dell’edificio. Si tratta di un dettaglio importante, poiché per ripartire i costi con precisione occorre avere accesso tempestivamente ai valori di consumo aggregati. L’accesso diretto e tempestivo alle informazioni di fatturazione, ivi compresi i valori contabilizzati, è particolarmente importante negli edifici in cui la contabilizzazione divisionale avviene tramite dispositivi leggibili da remoto, per i quali è obbligatorio fornire informazioni subannuali. In questi casi il cliente della rete di teleriscaldamento/teleraffrescamento può esigere che le informazioni relative al contatore principale siano messe a disposizione del fornitore di servizi energetici da lui indicato, ad esempio la società che fornisce i servizi di contabilizzazione divisionale.

L’articolo 10 bis, paragrafo 2, lettera c), dispone che gli Stati membri provvedano affinché «insieme alla fattura siano fornite a tutti gli utenti finali informazioni chiare e comprensibili in conformità dell’allegato VII bis, punto 3». Le sue implicazioni sono discusse in maggior dettaglio al punto 9.3. Nel caso degli utenti finali senza un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia, per «fattura» si intendono anche i resoconti della ripartizione dei costi di riscaldamento o qualsiasi altra richiesta periodica di pagamento per servizi di riscaldamento/raffrescamento/acqua calda per uso domestico emessi per conto della persona fisica o giuridica responsabile della fornitura di tali servizi (32).

Infine, una nuova disposizione (articolo 10 bis, paragrafo 2, lettera d)) pone l’accento sul fatto che gli Stati membri sono tenuti a «[promuovere] la sicurezza informatica e [assicurare] la riservatezza e la protezione dei dati degli utenti finali conformemente alla normativa applicabile dell’Unione». Sebbene questa disposizione non comporti obblighi specifici oltre a quelli già previsti dalla normativa vigente dell’UE (ad esempio il regolamento generale sulla protezione dei dati (33)), evidenzia che la sicurezza informatica, la riservatezza e la protezione dei dati sono importanti anche nel contesto della contabilizzazione, della contabilizzazione divisionale, della lettura da remoto e della fatturazione dell’energia termica.

7.6.   Accesso alle informazioni di fatturazione e alle fatture in formato elettronico

Come già faceva la direttiva originale, anche quella riveduta impone agli Stati membri di provvedere affinché i clienti finali possano scegliere di ricevere le informazioni di fatturazione e le fatture in formato elettronico (articolo 10 bis, paragrafo 2, lettera b)). Occorre rilevare che la disposizione menziona solo i clienti finali e non gli utenti finali, il che significa che la direttiva riveduta non prevede questa possibilità per i singoli consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale. Il legislatore dell’Unione ha fatto una scelta deliberata per non limitare la libertà delle parti che hanno un interesse in un dato edificio o permettere alle autorità nazionali di decidere come organizzare la trasmissione delle informazioni di fatturazione e delle fatture ai consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale.

8.   COSTI DELL’ACCESSO ALLE INFORMAZIONI DI MISURAZIONE, FATTURAZIONE E CONSUMO (ARTICOLO 11 bis)

L’articolo 11 bis della direttiva riveduta è quasi identico all’articolo 11 di quella originale. Si rilevano però alcune differenze.

In primo luogo, la nuova disposizione riflette la posizione più chiara dei consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale e fa quindi riferimento agli utenti finali piuttosto che ai soli clienti finali (si ricorda che quest’ultima categoria costituisce un sottoinsieme del primo gruppo).

In secondo luogo, il nuovo articolo specifica che il paragrafo 2 si applica sia ai condomini che agli edifici polifunzionali.

In terzo luogo, il nuovo paragrafo 3 precisa che «[a]l fine di garantire costi ragionevoli per i servizi di contabilizzazione divisionale come previsto al paragrafo 2, gli Stati membri possono stimolare la concorrenza in tale settore dei servizi adottando opportune misure, quali raccomandare o altrimenti promuovere il ricorso a procedure di gare di appalto o l’utilizzo di dispositivi e sistemi interoperabili che agevolino il passaggio da un fornitore di servizi a un altro». Sebbene le suddette misure siano chiaramente facoltative e non rappresentino un obbligo per gli Stati membri, il legislatore ha ritenuto utile riportare esempi specifici di interventi che questi possono attuare per stimolare la concorrenza nel settore dei servizi di contabilizzazione divisionale, nell’ottica di ridurre al minimo i costi del passaggio a dispositivi e sistemi leggibili da remoto.

Infine, il paragrafo 2 dell’articolo 11 originale, che riguardava la ripartizione dei costi relativi all’energia termica (ora disciplinata dal nuovo articolo 11 bis, paragrafo 2), è stato soppresso poiché la direttiva riveduta limita l’ambito di applicazione di quest’articolo all’energia elettrica e al gas.

In aggiunta alle differenze redazionali di cui sopra, è opportuno evidenziare un nuovo sviluppo in materia. Nell’aprile 2018 un tribunale finlandese ha presentato alla Corte di giustizia (34) una domanda di pronuncia pregiudiziale, in cui, in sintesi, si chiedeva alla Corte se l’obbligo di gratuità delle fatture dovesse essere inteso come un divieto di praticare sconti a chi le riceve in via elettronica. Nella nota di orientamento del 2013 la Commissione (35) affermava che tale obbligo non impedisce di offrire sconti ai clienti che optano per un dato metodo di fatturazione. La Corte di giustizia ha assunto una posizione analoga nella sentenza del 2 maggio 2019, concludendo che l’articolo 11, paragrafo 1, deve essere interpretato nel senso che, in circostanze come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, esso non osta ad uno sconto sul canone di base per l’energia elettrica concesso da una società di vendita di energia al dettaglio ai soli clienti finali che abbiano optato per la fattura elettronica.

9.   REQUISITI IN MATERIA DI INFORMAZIONI DI FATTURAZIONE E CONSUMO

9.1.   Fatturazione annuale in base al consumo effettivo

Conformemente al nuovo allegato VII bis, «[a]l fine di consentire agli utenti finali di regolare il proprio consumo di energia, la fatturazione avviene sulla base del consumo effettivo o delle letture dei contabilizzatori di calore almeno una volta all’anno». L’allegato VII della direttiva originale fissa un requisito molto simile, ma la formula dell’allegato VII bis parla di «utenti finali» e si applica quindi ai consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale. Inoltre, il condizionale «dovrebbe avvenire» dell’allegato VII è stato sostituito dall’indicativo «avviene» nell’allegato VII bis per rispecchiare la natura vincolante della disposizione. Come già ricordato al punto 7.2, nell’ambito della contabilizzazione divisionale l’obbligo di basare le informazioni di fatturazione e consumo sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatore di calore non implica che i costi di riscaldamento o raffrescamento degli ambienti debbano essere ripartiti esclusivamente in base alla lettura dei contatori o dei contabilizzatori di calore.

In sostanza, la disposizione garantisce che gli utenti finali siano informati dei loro consumi effettivi di energia termica almeno una volta l’anno e che l’importo dovuto a fronte di tali consumi sia calcolato o adeguato di conseguenza, ad esempio mediante il conguaglio delle differenze tra la somma effettivamente dovuta e quella corrisposta mediante pagamenti forfettari regolari non basati sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori.

9.2.   Frequenza delle informazioni di fatturazione o consumo

9.2.1.   Casi in cui è obbligatorio fornire informazioni subannuali

Disciplinare la frequenza con cui gli utenti finali sono informati dei loro consumi effettivi di energia termica era uno degli obiettivi principali della proposta di revisione della direttiva e trova riscontro nel nuovo allegato VII bis, punto 2.

A norma della direttiva originale la fornitura subannuale di informazioni era obbligatoria qualora ciò fosse «possibile dal punto di vista tecnico ed economicamente giustificato». A seguito della semplificazione operata nella direttiva riveduta, i requisiti ora si applicano «se sono stati installati contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto».

La sussistenza di questa condizione deve essere valutata alla luce della decisione degli Stati membri riguardo ai tipi di dispositivi considerati leggibili da remoto (cfr. punto 6.1).

È possibile che nello stesso edificio coesistano dispositivi leggibili da remoto e non: queste situazioni vanno esaminate caso per caso.

Ad esempio: in un condominio alimentato da teleriscaldamento le cui unità sono dotate di contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto, il contatore principale (che misura il calore totale fornito o consumato nell’edificio) potrebbe non essere leggibile da remoto. In tal caso il calcolo esatto della ripartizione dei costi di riscaldamento si può teoricamente effettuare solo quando sono disponibili le letture del contatore principale. Un problema simile potrebbe verificarsi in edificio con una caldaia comune, funzionante ad esempio gas o a olio. Anche in questo caso potrebbe non essere disponibile il valore preciso dei consumi aggregati per ciascun periodo subannuale se il contatore principale del gas non è leggibile da remoto, oppure se il serbatoio dell’olio o il bruciatore non sono provvisti di un indicatore che consenta la lettura da remoto dei consumi. In entrambi i casi è comunque possibile calcolare la ripartizione approssimativa dei costi di riscaldamento basandosi sulle letture dei dispositivi individuali ed estrapolando un valore stimato per il consumo totale. Ci si potrebbe però chiedere come conciliare l’obbligo di cui all’articolo 10 bis, paragrafo 1, a norma del quale le informazioni di fatturazione e consumo devono essere «affidabili, precise e basate sul consumo effettivo o sulla lettura del contabilizzatore di calore, conformemente ai punti 1 e 2 dell’allegato VII bis, per tutti gli utenti finali», col fatto che in mancanza dei valori subannuali di consumo aggregato (provenienti da un contatore del gas leggibile da remoto, da una lettura manuale più frequente del contatore principale del gas, da un indicatore dell’olio connesso o altro) tutti i calcoli di ripartizione dei costi di riscaldamento non possono che essere approssimativi. La Commissione è del parere che l’assenza di letture subannuali del contatore principale non sia un motivo sufficiente per non fornire informazioni di consumo con frequenza subannuale agli utenti soggetti a contabilizzazione divisionale, a patto che le circostanze consentano una stima o un’approssimazione ragionevolmente attendibile del calcolo della ripartizione dei costi. In questi casi è sufficiente specificare che i valori subannuali sono in parte ottenuti mediante stime/estrapolazioni. Con ogni probabilità l’utilità delle informazioni subannuali per il consumatore compenserà la leggera imprecisione dovuta alla mancanza di un valore di consumo aggregato.

Viceversa, se un edificio oggetto di contabilizzazione divisionale fosse dotato di un contatore principale leggibile da remoto per la rete di teleriscaldamento/teleraffrescamento, ma i dispositivi usati per la contabilizzazione divisionale non presentassero questa caratteristica, la condizione di cui all’allegato VII bis, punto 2, non sarebbe soddisfatta per gli utenti finali interessati dalla contabilizzazione divisionale. Risulterebbe invece soddisfatta per la rete di teleriscaldamento/teleraffrescamento e per i relativi clienti/l’edificio nel suo insieme. In tal caso, conformemente all’allegato VII bis, punto 2, il cliente finale dovrebbe ricevere informazioni a livello dell’edificio.

Un altro esempio potrebbe essere un edificio oggetto di contabilizzazione divisionale in cui i contabilizzatori di calore sono leggibili da remoto, mentre i contatori di acqua calda per uso domestico non lo sono. In questo caso è possibile trattare i due servizi in maniera indipendente, fornendo con frequenza subannuale le informazioni relative al riscaldamento degli ambienti ma non quelle relative all’acqua calda per uso domestico.

9.2.2.   Frequenza minima obbligatoria

La semplificazione della condizionalità illustrata in precedenza implica che, là dove sono stati installati dispositivi leggibili da remoto, gli utenti finali debbano ricevere con una certa frequenza informazioni di fatturazione o semplicemente informazioni sui loro consumi. A partire dal 25 ottobre 2020, vale a dire 22 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva di modifica, la frequenza minima obbligatoria sarà simile a quella prevista dalla direttiva originale, ossia «almeno ogni trimestre, su richiesta, o quando i clienti finali (36) hanno optato per la fatturazione elettronica, altrimenti due volte l’anno». Dal 1o gennaio 2022 la frequenza minima sarà mensile.

9.2.3.   Esenzioni fuori dalle stagioni di riscaldamento/raffrescamento

Fuori dalle stagioni di riscaldamento/raffrescamento questi due servizi possono essere esentati dall’obbligo di fornitura mensile delle informazioni. Le stagioni di riscaldamento e raffrescamento possono variare a seconda della località e della giurisdizione, oppure da un edificio all’altro. La possibilità di concedere esenzioni da tale obbligo può essere intesa come la possibilità di sospendere la fornitura di informazioni durante il periodo in cui l’impianto collettivo di un edificio non fornisce il riscaldamento o il raffrescamento degli ambienti.

9.2.4.   Distinzione tra fornire e rendere disponibili informazioni

Di fronte all’obbligo, là dove siano stati installati contatori o contabilizzatori di calore leggibili da remoto, di fornire agli utenti finali informazioni sulla fatturazione o sul consumo basate sul consumo effettivo o sulle letture dei contabilizzatori di calore a intervalli subannuali, ci si può chiedere in che cosa consista la conformità. La Commissione rileva che il legislatore ha deliberatamente evitato di specificare con quali mezzi esse vadano fornite, operando al contempo una netta distinzione tra fornire e rendere disponibili (o mettere a disposizione) le informazioni.

L’obbligo principale è quello di fornire informazioni all’utente. Ciò può avvenire su supporto cartaceo o per via elettronica, ad esempio tramite e-mail. Le informazioni possono anche essere rese disponibili via Internet (per mezzo di interfacce quali siti web o applicazioni per smartphone), ma in tal caso l’utente finale deve esserne in qualche modo avvisato con la cadenza indicata. In caso contrario non si può affermare che le informazioni sono state fornite all’utente finale con quella frequenza, bensì semplicemente rese disponibili. Limitarsi a quest’ultima operazione, lasciando all’utente finale la responsabilità di reperire le informazioni, non sarebbe in linea con lo scopo generale di questa parte della direttiva riveduta, ossia rendere gli utenti finali più consapevoli dei loro consumi.

Questa distinzione, sottile ma fondamentale, è importante anche perché il legislatore ha deciso di segnalare l’ulteriore possibilità di rendere disponibili le informazioni via Internet dopo l’obbligo di base di fornire informazioni a intervalli regolari: «Esse possono altresì essere rese disponibili via Internet e aggiornate con la massima frequenza consentita dai dispositivi e dai sistemi di misurazione utilizzati.» Il termine «altresì» non è usato nel senso di «invece» ma per introdurre un’opzione supplementare. Qualsiasi altra interpretazione lascerebbe troppo spazio alla progettazione e all’uso di sistemi che non consentono di fornire informazioni frequenti, aggirando così il requisito fondamentale e compromettendo la realizzazione di uno degli obiettivi di fondo della direttiva riveduta. Questa interpretazione è avvalorata anche dall’uso di «possono invece» nell’allegato VII bis, punto 3, in relazione a disposizioni che nelle intenzioni del legislatore costituiscono chiaramente delle alternative. In sintesi, «rendere disponibili» le informazioni via Internet (per quanto in modo costante) non rappresenta un’alternativa né è sufficiente per ottemperare a quanto disposto dall’allegato VII bis, punto 2, a meno che l’utente finale ne sia attivamente avvisato agli intervalli prescritti.

9.2.5.   Contenuto delle informazioni subannuali di fatturazione o consumo

Come indicato al punto 7.3, la direttiva riveduta lascia una certa flessibilità riguardo alla natura delle informazioni che devono essere fornite con cadenza subannuale in applicazione dell’allegato VII bis, punto 2.

Occorre includere come minimo le informazioni di base relative all’evoluzione dei consumi effettivi (o delle letture dei contabilizzatori di calore). Queste posso essere accompagnate, ad esempio, da una previsione del modo in cui l’andamento osservato potrebbe incidere sui futuri consumi dell’utente finale e dell’importo indicativo delle fatture se i consumi si mantengono sulla traiettoria individuata.

Se la fatturazione avviene contestualmente alla fornitura delle informazioni di cui all’allegato VII bis, punto 2, le disposizioni di cui al punto 3 del medesimo allegato determinano il contenuto minimo delle informazioni di fatturazione.

9.3.   Informazioni minime in fattura

Il punto 3 dell’allegato VII bis elenca alcune informazioni minime di cui gli utenti finali devono disporre nelle fatture o nella documentazione allegata, con requisiti diversi per le fatture basate sul consumo effettivo e quelle basate sulla lettura dei contabilizzatori di calore. È opportuno ricordare che gli utenti finali che occupano parti di un edificio non dotate di contatori o contabilizzatori di calore individuali, o locali il cui canone di locazione è di tipo «tutto incluso», potrebbero non ricevere mai fatture basate sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore. I locatari che pagano un canone «tutto incluso» potrebbero addirittura non ricevere alcuna fattura energetica, nel qual caso non si applicherebbe nessuno dei requisiti di cui all’articolo 10 bis o allegato VII bis.

Rispetto all’allegato VII della direttiva originale, il nuovo allegato VII bis è redatto in modo da enfatizzare maggiormente la natura vincolante dei requisiti ivi contenuti, evitando ad esempio espressioni come «se del caso» e «preferibilmente» (37).

L’allegato VII bis contempla anche alcuni elementi totalmente nuovi, tra cui l’obbligo di includere nelle fatture «informazioni sulle pertinenti procedure di reclamo, i servizi di mediazione o i meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, a seconda di quanto previsto negli Stati membri». Nel recepire questa disposizione gli Stati membri dovrebbero indicare pubblicamente gli eventuali servizi di mediazione o meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie (38) competenti per legge a trattare i reclami e le controversie relativi alla contabilizzazione, alla contabilizzazione divisionale e alla ripartizione dei costi, affinché i fornitori di energia e le altre parti che emettono fatture possano fornire tali informazioni.

9.3.1.   Fatture basate sul consumo effettivo/sulla lettura dei contabilizzatori di calore

Le singole informazioni che devono figurare nelle fatture basate sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore, oppure nella documentazione allegata, sono in parte ripresi dall’allegato VII e in parte nuovi.

Benché non tutti richiedano una spiegazione, vale la pena di illustrare alcuni aspetti.

L’allegato VII bis, punto 3, lettera a), parla di «prezzi effettivi», un concetto già presente nella direttiva originale. Per i clienti finali di teleriscaldamento e teleraffrescamento questo si traduce generalmente nell’indicazione del prezzo totale da pagare e delle relative componenti, ad esempio quelle connesse al consumo, alla capacità e alle tariffe/costi fissi. In caso di contabilizzazione divisionale la fattura dovrebbe riportare almeno la quota individuale dei costi di riscaldamento da corrispondere, le letture dei dispositivi e i totali per l’edificio.

Per quanto riguarda il raffronto con il consumo nello stesso periodo degli anni precedenti, di cui al punto 3, lettera c), si rileva l’obbligo di renderlo disponibile sotto forma di grafico, corretto per le variazioni climatiche. Alla luce dei requisiti di protezione dei dati e riservatezza (cfr. anche punto 7.5), l’obbligo dovrebbe intendersi applicabile esclusivamente alle informazioni sui consumi energetici dell’attuale occupante, ossia dello stesso utente finale cui sono destinate le informazioni.

Ai fini della correzione climatica potrebbe essere necessario ipotizzare la quota di energia usata per produrre acqua calda per uso domestico, se questa non è contabilizzata separatamente da quella impiegata per il riscaldamento degli ambienti. Inoltre, per il calcolo dei gradi-giorno o dei gradi-giorno di raffrescamento usati nella correzione climatica sono necessari dati sulla temperatura esterna rappresentativi o specifici per località. Per consentirne l’uso ai fini delle informazioni di fatturazione, tali dati devono essere disponibili senza ritardi significativi. Gli Stati membri e le parti responsabili di fornire informazioni di fatturazione devono individuare le fonti disponibili di tali dati, che potrebbero essere nazionali, regionali, locali o specifiche per edificio (ad esempio nei casi in cui è possibile ottenere misurazioni dal sensore esterno di un edificio). Dovrebbero inoltre garantire la trasparenza della metodologia seguita per applicare la correzione climatica (39).

Fornire informazioni sul mix di combustibili sarà relativamente semplice per la maggior parte dei condomini/edifici polifunzionali dotati della propria caldaia collettiva, in particolare se questa è sempre alimentata con lo stesso tipo di combustibile. Se la caldaia è compatibile con diversi combustibili o, ad esempio, se si avvia grazie a una fiamma pilota alimentata a combustibile, ai fini della conformità sarebbero sufficienti i valori medi annui. Negli edifici alimentati da reti di teleriscaldamento o teleraffrescamento la persona fisica o giuridica identificata come cliente finale avrà, in virtù della stessa disposizione, il diritto di ricevere informazioni sul mix di combustibili utilizzato per fornire il servizio di teleriscaldamento/teleraffrescamento. Nei condomini/edifici polifunzionali queste informazioni possono essere usate (40) anche per fornire informazioni sul mix di combustibili agli utenti finali che occupano le singole unità.

Insieme alle informazioni sul mix di carburanti è possibile fornire anche quelle relative alla quota di energia da fonti rinnovabili usata nei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento, ottemperando così a parte dell’obbligo di cui all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva riveduta sull’energia da fonti rinnovabili («la direttiva Rinnovabili») (41), che dispone quanto segue: «Gli Stati membri provvedono affinché siano fornite ai consumatori finali informazioni sulla prestazione energetica e sulla quota di energia da fonti rinnovabili nei loro sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento in un modo facilmente accessibile, ad esempio sui siti web dei fornitori, sulle bollette annuali oppure su richiesta.» Sebbene la direttiva Rinnovabili non offra una definizione di «consumatori finali», la Commissione ritiene che questa categoria, nell’accezione di cui all’articolo 24, paragrafo 1, rientri pienamente nel concetto di «utenti finali» ai sensi della direttiva sull’efficienza energetica. Segnatamente, in entrambi i termini sono ricompresi gli occupanti delle singole unità di un condominio/edificio polifunzionale alimentato da un sistema di teleriscaldamento/teleraffrescamento, anche quando non hanno un contratto diretto o individuale con il fornitore (42). Si possono quindi sfruttare le informazioni di fatturazione e consumo richieste dalla direttiva sull’efficienza energetica per comunicare la quota di energia da fonti rinnovabili usata nei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento, in applicazione della direttiva Rinnovabili. Poiché tra le informazioni sul mix di combustibili deve figurare anche l’eventuale quota di energia da fonti rinnovabili utilizzata, può rivelarsi una soluzione efficiente in termini di costi per adempiere alle disposizioni pertinenti di entrambe le direttive.

Chi decida di procedere in questo modo ottempererebbe inconfutabilmente all’obbligo informativo concernente la quota di energia da fonti rinnovabili usata nei sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento — ed eviterebbe così eventuali problemi legali — includendo la categoria «energia da fonti rinnovabili» nelle informazioni sul mix di combustibili, ed eventualmente specificandone le tipologie; se nel mix non sono presenti energie di questo tipo sarebbe sufficiente indicare un valore pari a zero (0).

La divulgazione delle informazioni sul mix di combustibili, con la precisazione della componente rinnovabile della fornitura di calore o di freddo, non sarebbe comunque sufficiente per soddisfare pienamente i requisiti di cui all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva Rinnovabili se non accompagnata da informazioni sulla prestazione energetica dei sistemi di teleriscaldamento e/o teleraffrescamento.

Per quanto riguarda il modo in cui devono essere fornite le informazioni, i requisiti della direttiva sull’efficienza energetica (allegato VII bis, punto 3, lettera b)) e quelli della direttiva Rinnovabili (articolo 24, paragrafo 1) differiscono leggermente. La prima è lievemente più rigorosa e impone di includere le informazioni sul mix di combustibili «nelle fatture [degli utenti finali]» o «nella documentazione allegata», mentre la seconda permette di presentare le informazioni sulla quota di energia da fonti rinnovabili e sulla prestazione energetica «in un modo facilmente accessibile» sui siti web dei fornitori oppure su richiesta. Per contro, laddove la disposizione della direttiva Rinnovabili si applica a tutti i clienti finali, quella della direttiva sull’efficienza energetica si applica solo alla fatturazione basata sul consumo effettivo o sulla lettura dei contabilizzatori di calore.

Per quanto concerne le informazioni sulle emissioni annuali di gas a effetto serra, potrebbero presentarsi problematiche diverse a seconda della provenienza dell’alimentazione: da un’unica fonte di combustibile (ad esempio la caldaia collettiva, a gas o a olio, di un edificio) oppure da un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento. In entrambi i casi occorre prestare attenzione a come e in che misura viene rappresentato l’impatto delle perdite di efficienza nell’edificio o nella rete, nonché agli indicatori usati: assoluti o relativi/specifici (kgCO2e/kJ), aggregati o per appartamento ecc.

Gli operatori di teleriscaldamento e teleraffrescamento devono comunicare come minimo le emissioni annuali medie della rete per unità di energia fatturata/fornita (compreso quindi l’impatto delle perdite nella rete) per consentire il calcolo delle corrispondenti emissioni assolute per ciascun cliente finale.

Su questa base, o in base al consumo di combustibile dell’edificio, i consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale possono ottenere informazioni sulla propria quota di emissioni assolute (in kg) E sulle loro emissioni medie relative/specifiche, ad esempio in funzione della composizione della rete di teleriscaldamento o dei combustibili usati e, se del caso, delle fonti locali di energia rinnovabile.

Gli Stati membri possono comunque limitare l’ambito di applicazione dell’obbligo di fornire informazioni in merito alle emissioni di gas a effetto serra per includervi solo l’alimentazione da sistemi di teleriscaldamento con una potenza termica nominale totale superiore a 20 MW. Questa decisione consente in particolare alle piccole e medie reti di teleriscaldamento e agli edifici oggetto di contabilizzazione divisionale dotati della propria caldaia di essere esentati dall’obbligo di fornire le informazioni in questione. Occorre sottolineare che la possibilità di limitare l’ambito di applicazione dell’obbligo informativo non si applica alle informazioni sul mix di combustibili e vale solo per le emissioni annuali di gas a effetto serra.

Se i clienti di un sistema di teleriscaldamento o teleraffrescamento possono optare per particolari prodotti «verdi» venduti come derivati da un dato mix di combustibili (ad esempio 100 % rinnovabili), o la cui impronta di gas serra differisce dall’impronta media del sistema, questo dovrebbe essere preso in considerazione al fine di evitare il doppio conteggio e informazioni fuorvianti ai consumatori. I prodotti di questo tipo dovrebbero essere esclusi dal calcolo del mix di combustibili medio o dell’impronta media di gas a effetto serra per i clienti finali. In caso contrario potrebbe configurarsi una violazione della normativa dell’UE sulla tutela dei consumatori (43).

L’allegato VII bis, punto 3, lettera f), prescrive confronti del consumo dell’utente con il consumo di un utente finale medio o di riferimento appartenente alla stessa categoria di utenza. Gli Stati membri dovranno quindi elaborare o delegare il compito di elaborare parametri di riferimento e categorie di utenza adeguate. Per la contabilizzazione divisionale, i fornitori di servizi di questo tipo potrebbero mettere a disposizione parametri di riferimento precisi e pertinenti, basati sui dati provenienti dagli edifici cui forniscono i loro servizi. In caso di fatturazione elettronica i raffronti possono essere resi disponibili online, con la dovuta indicazione nella fattura di dove reperirli. Nel caso delle fatture cartacee essi devono ovviamente essere inclusi nel documento stesso, così come gli altri elementi richiesti.

9.3.2.   Fatture non basate sul consumo effettivo/sulla lettura dei contabilizzatori di calore

È prassi corrente (almeno nelle circostanze in cui non sono disponibili dispositivi leggibili da remoto) basare le fatture periodiche/subannuali su stime forfettarie dei consumi annuali. Queste fatture non devono includere tutti gli elementi di cui sopra, ma «contengono una spiegazione chiara e comprensibile del modo in cui è stato calcolato l’importo che figura in fattura e, quantomeno, le informazioni di cui alle lettere d) ed e)» dell’allegato VII bis, punto 3. Tali requisiti si applicano anche alle situazioni in cui le fatture non sono mai basate sul consumo effettivo/sulla lettura dei contabilizzatori di calore: è questo il caso dei condomini e degli edifici polifunzionali che non sono oggetto di contabilizzazione divisionale e in cui i costi dell’energia sono trasferiti ai singoli utenti finali mediante oneri ricorrenti o un calcolo dei costi di riscaldamento basato esclusivamente su altri parametri (superficie coperta, volume, ecc.).


(1)  Direttiva (UE) 2018/2002.

(2)  Cfr. articoli 70 e 73 della direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (GU L 158 del 14.6.2019, pag. 125).

(3)  SWD(2013) 448 final del 6 novembre 2013, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1416394987283&uri=SWD:2013:448:FIN.

(4)  In particolare, i principi di cui ai punti da 19 a 26, da 50 a 54 e al punto 56 della nota del 2013 sono rilevanti anche per le nuove disposizioni sull’energia termica.

(5)  «Guidelines on good practice in cost-effective cost allocation and billing of individual consumption of heating, cooling and domestic hot water in multi-apartment and multi-purpose buildings», empirica GmbH – Communication and Technology Research, Simon Robinson, Georg Vogt, dicembre 2016 https://ec.europa.eu/energy/en/studies/specific-guidance-sub-metering-thermal-energy-multi-unit-buildings-implementation-articles-9.

(6)  Ai sensi dell’articolo 2, punto 23, della direttiva sull’efficienza energetica, il cliente finale è «una persona fisica o giuridica che acquista energia per proprio uso finale».

(7)  Diversamente dall’articolo 9, l’articolo 9 bis non fa menzione di contatori «individuali». Ciò non incide sull’ambito di applicazione dell’obbligo e ha il semplice scopo di enfatizzare la distinzione più netta tra contabilizzazione e contabilizzazione divisionale e tra clienti finali e utenti finali. Nella direttiva riveduta il termine «individuale» è usato principalmente in relazione alla contabilizzazione divisionale.

(8)  Si tratta di una situazione rara ma non inconsueta. È più frequente che vi siano diversi utenti finali e un unico cliente finale (cfr. anche il punto 7.1).

(9)  Si noti che la responsabilità di installare i contatori a livello di edificio non dovrebbe ricadere sulla società di teleriscaldamento ma sul proprietario o sul gestore degli edifici.

(10)  La direttiva non fornisce una definizione di «teleriscaldamento», ma ai sensi della direttiva sull’energia rinnovabile si tratta della «distribuzione di energia termica in forma di vapore [o] acqua calda […] da fonti centrali o decentrate di produzione verso una pluralità di edifici o siti tramite una rete, per il riscaldamento […] di spazi o di processi di lavorazione».

(11)  La temperatura dell’energia termica ottenuta da fonti geotermiche poco profonde è tendenzialmente troppo bassa per consentirne l’uso diretto in applicazioni tipiche (riscaldamento degli ambienti, acqua calda per uso domestico, riscaldamento di processi) senza l’aiuto di una pompa di calore. È quindi ragionevole affermare che il sistema non debba necessariamente essere classificato come teleriscaldamento né come una «fonte» di «riscaldamento […] o acqua calda per uso domestico». In riferimento all’articolo 9 bis, paragrafo 2, tale interpretazione risulta ancora più pertinente se i costi delle pompe di calore impiegate (per rendere utilizzabile l’energia termica prodotta dalla fonte geotermica) sono a carico dei singoli, poiché in tal caso un componente fondamentale del servizio di riscaldamento non proviene dalla fonte centrale.

(12)  Alle suddette condizioni si può affermare che il gestore del sistema non vende una fornitura netta di freddo, bensì consente l’uso temporaneo di un deposito che durante i periodi più freddi viene usato per il calore.

(13)  Gli occupanti possono essere famiglie, società o qualsiasi altra entità autorizzata a occupare i locali interessati.

(14)  Gli occupanti che hanno un contratto individuale diretto con il fornitore di energia sono clienti finali (vale a dire persone fisiche o giuridiche che acquistano energia per uso proprio finale) e di conseguenza godono dei diritti di cui agli articoli 9 bis, 10 bis e 11 bis.

(15)  Cfr. nota 4.

(16)  Cfr. SWD(2013) 448 final, punto 25.

(17)  Per una discussione e un’analisi dei principi di ripartizione dei costi di riscaldamento, si veda ad esempio Castellazzi, L., Analysis of Member States’ rules for allocating heating, cooling and hot water costs in multi-apartment/purpose buildings supplied from collective systems — Implementation of EED Article 9(3), EUR 28630 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2017, ISBN 978-92-7969286-4, doi:10.2760/40665, JRC106729 https://ec.europa.eu/jrc/en/publication/analysis-member-states-rules-allocating-heating-cooling-and-hot-water-costs-multi-apartmentpurpose.

(18)  Va rilevato che tale obbligo si applica indipendentemente dalla presenza o meno di un sistema di contabilizzazione divisionale e che le norme dovrebbero prevedere anche scenari in cui, per motivi di non fattibilità tecnica o inefficienza in termini di costi, non sono disponibili dati individuali relativi al consumo effettivo né letture dei contabilizzatori di calore.

(19)  Cfr. le cause C-708/17 e C-725/17: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=200142&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1928887 e http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=200154&pageIndex=0&doclang=IT&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1928887

(20)  http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=213510

(21)  Cfr. valutazione d’impatto della Commissione, punto 3, pag. 26 (SWD(2016) 405 final).

(22)  Spesso è possibile rendere propriamente leggibile da remoto un impianto walk-by/drive-by installando nell’edificio uno o più «gateway». I gateway raccolgono i segnali provenienti dai dispositivi e li trasmettono ai sistemi di dati del fornitore di servizi via internet o tramite sistemi di telecomunicazione.

(23)  Cfr. EN834, punto 6.5, e EN835, punto 6.4.

(24)  Gli articoli 9 bis, 9 ter, 9 quater e 10 bis, introdotti dalla direttiva (UE) 2018/2002, sono compresi nell’intervallo degli «articoli da 7 a 11». La rifusione della direttiva sul mercato dell’energia elettrica ha modificato ulteriormente l’articolo 13 della direttiva sull’efficienza energetica per fare in modo che anche l’articolo 11 bis rientrasse nell’intervallo citato.

(25)  Direttiva 2010/31/UE Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13), modificata.

(26)  Tranne eccezioni specifiche debitamente motivate e documentate, cfr. punto 6.4.

(27)  Articolo 2, punto 23, della direttiva sull’efficienza energetica.

(28)  Cfr. SWD(2013) 448 final, punto 9.

(29)  Talvolta detta anche «ripartizione dei costi di riscaldamento» nell’ambito della contabilizzazione divisionale.

(30)  A norma dell’articolo 10 bis, paragrafo 1, secondo comma, «[t]ale obbligo può essere soddisfatto, se previsto dallo Stato membro, e tranne per la ripartizione delle spese in base alle misurazioni del consumo sulla base di contabilizzatori di calore di cui all’articolo 9 ter, con un sistema di autolettura periodica in base al quale il cliente finale o l’utente finale comunica le letture del proprio contatore. La fatturazione si basa sul consumo stimato o su un importo forfettario solo quando il cliente finale o l’utente finale non abbia comunicato la lettura del contatore per un determinato periodo di fatturazione».

(31)  Ai sensi dell’articolo 2, punto 24, della direttiva il «fornitore di servizi energetici» è una persona fisica o giuridica che fornisce servizi energetici o altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali del cliente finale.

(32)  Ciò include le richieste di pagamento di oneri ricorrenti comprendenti costi energetici specifici per gli edifici del tipo indicato all’articolo 9 ter, paragrafo 1, nei quali è stata dimostrata l’inefficienza in termini di costi o la non fattibilità tecnica della contabilizzazione divisionale.

(33)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). http://data.europa.eu/eli/reg/2016/679/2016-05-04

(34)  Cfr. causa C-294/18: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=203750&pageIndex=0&doclang=EN&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=1938672.

(35)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Guidance note on Articles 9-11 metering, billing information, cost of access to metering and billing information, punti 50-52 [SWD(2013) 448 final].

(36)  La scelta dell’espressione «clienti finali» al posto di «utenti finali» è conseguenza del fatto che la direttiva non riconosce ai consumatori soggetti a contabilizzazione divisionale il diritto di optare per la fatturazione elettronica (cfr. punto 7.6). In un edificio oggetto di contabilizzazione divisionale il cliente finale può optare per la fatturazione elettronica e ha pertanto il diritto di ricevere informazioni con cadenza trimestrale, ma questo non implica che i singoli occupanti dell’edificio (che sono utenti finali ma non clienti finali) debbano automaticamente ricevere le stesse informazioni più di due volte l’anno, almeno fino al 1o gennaio 2022.

(37)  In almeno due casi le versioni linguistiche non sono allineate; la Commissione ritiene che sarebbe opportuna una rettifica formale per correggere queste discrepanze. Dalla proposta trasparivano chiaramente le intenzioni della Commissione a tale riguardo, come appare evidente nella sezione 4.3.2, punto 1.3.3, della valutazione d’impatto (documento di lavoro dei servizi della Commissione, SWD(2016) 405 final).

(38)  Come quelli elencati al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/consumers/odr/main/?event=main.adr.show2.

(39)  Non esiste una norma universale relativa alla modalità di calcolo dei gradi-giorno. In assenza di alternative migliori, gli Stati membri che lo desiderano possono incoraggiare o esigere l’uso della metodologia di Eurostat: cfr. https://ec.europa.eu/eurostat/cache/metadata/en/nrg_chdd_esms.htm (punto 3.4).

(40)  Da chiunque sia responsabile di informare i consumatori/gli utenti finali soggetti a contabilizzazione divisionale a norma delle decisioni adottate dagli Stati membri in applicazione dell’articolo 10 bis, paragrafo 3.

(41)  Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(42)  Come indica esplicitamente la direttiva riveduta (cfr. anche punto 7.1). Dall’uso del termine più restrittivo «cliente» all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva Rinnovabili si evince l’intenzione del legislatore di differenziare l’ambito di applicazione degli obblighi di cui all’articolo 24, paragrafi 1 e 2.

(43)  Cfr. anche il documento di lavoro dei servizi della Commissione «Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali» (SWD(2016) 163 final del 25 maggio 2016):

https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52016SC0163.