ISSN 1725-258X

doi:10.3000/1725258X.L_2010.227.ita

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 227

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

53o anno
28 agosto 2010


Sommario

 

II   Atti non legislativi

pagina

 

 

ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

 

*

Regolamento n. 55 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi relative all’omologazione di componenti di attacco meccanico di insiemi di veicoli

1

 

 

IV   Atti adottati prima del 1o dicembre 2009, in applicazione del trattato CE, del trattato UE e del trattato Euratom

 

 

2010/460/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 19 novembre 2009, relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni [notificata con il numero C(2009) 8112]  ( 1 )

62

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti non legislativi

ATTI ADOTTATI DA ORGANISMI CREATI DA ACCORDI INTERNAZIONALI

28.8.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 227/1


Solo i testi originali UN/ECE hanno effetto giuridico nel quadro del diritto internazionale pubblico. Lo status e la data di entrata in vigore del presente regolamento devono essere controllati nell’ultima versione del documento UN/ECE TRANS/WP.29/343, reperibile al seguente indirizzo:

http://www.unece.org/trans/main/wp29/wp29wgs/wp29gen/wp29fdocstts.html

Regolamento n. 55 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) — Disposizioni uniformi relative all’omologazione di componenti di attacco meccanico di insiemi di veicoli

comprendente tutto il testo valido fino a:

supplemento 1 alla serie di modifiche 01 — data di entrata in vigore: 17 marzo 2010

INDICE

REGOLAMENTO

1.

Campo di applicazione

2.

Definizioni

3.

Domanda di omologazione di un dispositivo o componente di attacco meccanico

4.

Prescrizioni generali per dispositivi o componenti di attacco meccanico

5.

Domanda di omologazione di un veicolo equipaggiato con un dispositivo o componente di attacco meccanico

6.

Prescrizioni generali per veicoli equipaggiati con un dispositivo o componente di attacco meccanico

7.

Contrassegni

8.

Omologazione

9.

Modifiche al dispositivo o componente di attacco meccanico o al veicolo ed estensione dell’omologazione

10.

Conformità del processo di fabbricazione

11.

Sanzioni in caso di non conformità della produzione

12.

Cessazione definitiva della produzione

13.

Disposizioni transitorie

14.

Nomi e indirizzi dei servizi tecnici che effettuano le prove di omologazione e dei servizi amministrativi

ALLEGATI

Allegato 1 —

Notifica relativa al rilascio, all’estensione, al rifiuto o alla revoca dell’omologazione ovvero alla cessazione definitiva della produzione di un tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico ai sensi del regolamento n. 55

Allegato 2 —

Notifica relativa al rilascio, all’estensione, al rifiuto o alla revoca dell’omologazione ovvero alla cessazione definitiva della produzione di un tipo di veicolo relativamente al montaggio di un dispositivo o componente di attacco meccanico ai sensi del regolamento n. 55

Allegato 3 —

Esempio di un marchio di omologazione

Allegato 4 —

Esempi di contrassegni dei valori caratteristici

Allegato 5 —

Prescrizioni per dispositivi o componenti di attacco meccanico

Allegato 6 —

Prova dei dispositivi o componenti di attacco meccanico

Allegato 7 —

Installazione e prescrizioni speciali

1.   CAMPO DI APPLICAZIONE

1.1.

Il presente regolamento stabilisce le prescrizioni che i dispositivi e componenti di attacco meccanico devono soddisfare per essere ritenuti compatibili tra loro a livello internazionale.

1.2.

Il presente regolamento si applica a dispositivi e componenti destinati a:

1.2.1.

veicoli a motore e rimorchi che costituiscono un insieme di veicoli (1);

1.2.2.

veicoli a motore e rimorchi destinati a formare veicoli articolati (1), in cui il carico verticale applicato dal rimorchio al veicolo a motore non superi i 200 kN.

1.3.

Il presente regolamento si applica a:

1.3.1.

dispositivi e componenti standard di cui al paragrafo 2.3;

1.3.2.

dispositivi e componenti non standard di cui al paragrafo 2.4;

1.3.3.

dispositivi e componenti vari non standard di cui al paragrafo 2.5.

2.   DEFINIZIONI

Ai fini del presente regolamento:

2.1.

per «dispositivi e componenti di attacco meccanico» si intendono tutti gli elementi montati sulla struttura, sugli elementi portanti del telaio e della carrozzeria che consentono al veicolo a motore e al rimorchio di essere tra loro collegati in modo da formare un insieme di veicoli o dei veicoli articolati. Sono comprese parti fisse o amovibili destinate ad accoppiare o ad azionare i suddetti dispositivi e componenti di attacco meccanico.

2.2.

Il requisito di attacco automatico è soddisfatto se la retromarcia del veicolo trainante verso il rimorchio è sufficiente a inserire completamente l’attacco, a bloccarlo automaticamente e ad indicare il corretto inserimento dei dispositivi di bloccaggio senza intervento esterno.

Per gli attacchi a gancio, il requisito di attacco automatico è soddisfatto se l’apertura e chiusura del dispositivo di bloccaggio dell’attacco avviene senza alcun intervento esterno in fase di inserimento dell’occhione di timone nel gancio.

2.3.

I dispositivi e componenti di attacco meccanico standard sono conformi alle dimensioni standard e ai valori caratteristici fissati dal presente regolamento. Nell’ambito della stessa classe essi sono intercambiabili indipendentemente dal costruttore.

2.4.

I dispositivi e componenti di attacco meccanico non standard non sono conformi a tutti gli effetti alle dimensioni standard e ai valori caratteristici fissati dal presente regolamento ma possono essere collegati ai dispositivi e componenti di attacco standard della classe corrispondente.

2.5.

I dispositivi e componenti di attacco meccanico vari non standard non sono conformi alle dimensioni standard e ai valori caratteristici fissati dal presente regolamento e non possono essere collegati ai dispositivi e componenti di attacco standard. Essi comprendono, ad esempio, i dispositivi che non corrispondono a nessuna delle classi da A a L e T elencate al paragrafo 2.6, quali i dispositivi destinati a trasporti pesanti speciali e dispositivi vari conformi a norme nazionali esistenti.

2.6.

I dispositivi e componenti di attacco meccanico sono classificati come segue in base al tipo:

2.6.1.

Classe A. Ganci a sfera e supporti comprendenti una parte sferica di 50 mm di diametro e dei supporti sul veicolo trainante per l’aggancio al rimorchio mediante un attacco sferico — cfr. allegato 5, paragrafo 1.

2.6.1.1.

Classe da A50-1 a 50-5. Ganci a sfera standard di 50 mm di diametro con dispositivo di fissaggio bullonato a flangia.

2.6.1.2.

Classe A50-X. Ganci a sfera e supporti di 50 mm di diametro non standard.

2.6.2.

Classe B. Attacchi sferici montati sul timone dei rimorchi per il collegamento al gancio a sfera di 50 mm di diametro del veicolo trainante — cfr. allegato 5, paragrafo 2.

2.6.2.1.

Classe B50-X. Attacchi sferici di 50 mm di diametro non standard.

2.6.3.

Classe C. Dispositivi di attacco di timone con perno di 50 mm di diametro e con una campana ed un perno automatico di chiusura e di bloccaggio sul veicolo trainante per l’agganciamento al rimorchio mediante l’occhione del timone — cfr. allegato 5, paragrafo 3.

2.6.3.1.

Classe da C50-1 a 50-7 Dispositivi di attacco di timone con perno di 50 mm di diametro standard.

2.6.3.2.

Classe C50-X. Dispositivi di attacco di timone con perno di 50 mm di diametro non standard.

2.6.4.

Classe D. Occhioni di timone che presentano un foro parallelo adatto a un perno di 50 mm di diametro e montati al timone dei rimorchi per il collegamento ai dispositivi di attacco automatico di timone — cfr. allegato 5, paragrafo 4:

2.6.4.1.

Classe D50-A. Occhioni di timone con perno di 50 mm di diametro standard per giunto saldato.

2.6.4.2.

Classe D50-B. Occhioni di timone con perno di 50 mm di diametro standard per giunto filettato.

2.6.4.3.

Classe D50-C e 50-D. Occhioni di timone con perno di 50 mm di diametro standard per giunto bullonato.

2.6.4.4.

Classe D50-X. Occhioni di timone con perno di 50 mm di diametro non standard.

2.6.5.

Classe E. Timoni non standard compresi i dispositivi a inerzia e analoghi elementi montati sulla parte anteriore del veicolo trainato, o sul telaio del veicolo, che sono idonei all’agganciamento al veicolo trainante mediante occhioni di timone, attacchi sferici o dispositivo di attacco simili — cfr. allegato 5, paragrafo 5.

I timoni possono essere articolati in modo da potersi muovere liberamente sul piano verticale e quindi non sostenere alcun carico verticale oppure essere fissati sul piano verticale e sostenere quindi un carico verticale (timoni rigidi). I timoni rigidi possono essere completamente rigidi oppure montati in modo flessibile.

I timoni possono comprendere più componenti e possono essere regolabili oppure a gomito.

Il presente regolamento si applica ai timoni che costituiscono unità a sé, quindi non parte integrante del telaio del veicolo trainato.

2.6.6.

Classe F. Alberi non standard compresi tutti i componenti e dispositivi tra i dispositivi di attacco, quali i ganci a sfera e i dispositivi di attacco del timone, e la struttura portante (ad esempio, la traversa posteriore), gli elementi portanti della carrozzeria o il telaio del veicolo trainante — cfr. allegato 5, paragrafo 6.

2.6.7.

Classe G. Le ralle sono dispositivi di attacco a piastra montati su veicoli trainanti che presentano un dispositivo di bloccaggio automatico dell’attacco per il collegamento a un perno di ralla di 50 mm di diametro montato su un semirimorchio — cfr. allegato 5, paragrafo 7.

2.6.7.1.

Classe G50. Ralle con perno di 50 mm di diametro standard.

2.6.7.2.

Classe G50-X. Ralle con perno di 50 mm di diametro non standard.

2.6.8.

Classe H. I perni di ralla, diametro di 50 mm, sono dispositivi montati su un semirimorchio per assicurare il collegamento alla ralla del veicolo trainante — cfr. allegato 5, paragrafo 8:

2.6.8.1.

Classe H50-X. Perni di ralla con perno di 50 mm di diametro non standard.

2.6.9.

Classe J. Piastre di montaggio non standard compresi tutti i componenti e dispositivi per il collegamento delle ralle alla struttura portante o al telaio del veicolo trainante. La piastra di montaggio può consentire il movimento orizzontale, ottenendo così una ralla scorrevole — cfr. allegato 5, paragrafo 9.

2.6.10.

Classe K. I dispositivi di attacco a gancio standard da usare in combinazione con i corrispondenti occhioni di timone toroidali della classe L — cfr. allegato 5, paragrafo 10.

2.6.11.

Classe L. Gli occhioni di timone toroidali standard da usare con i corrispondenti dispositivi di attacco a gancio della classe K — cfr. allegato 5, paragrafo 4.

2.6.12.

Classe S. I dispositivi e componenti che non sono conformi a nessuna delle Classi da A a L o T summenzionate e che sono utilizzati, ad esempio, per trasporti pesanti speciali oppure sono specifici di alcune nazioni e che rientrano in norme nazionali esistenti.

2.6.13.

Classe T. Dispositivi specifici di attacco a timone non automatico non standard, che possono essere separati solo ricorrendo all’impiego di attrezzi e che sono in genere utilizzati per i rimorchi delle bisarche. Vengono omologati come coppia adattata.

2.7.

I cunei di guida sono dispositivi o componenti montati sui semirimorchi che, con la ralla, controllano la guida forzata del rimorchio.

2.8.

I sistemi di comando a distanza sono dispositivi e componenti che consentono l’azionamento del dispositivi di attacco dal lato del veicolo oppure dalla cabina di guida del veicolo.

2.9.

Le spie sono dispositivi e componenti che indicano nella cabina di guida l’avvenuto agganciamento e l’inserimento dei dispositivi di bloccaggio.

2.10.

Si intendono per «tipo di dispositivo di attacco o di componente» dispositivi o componenti che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda:

2.10.1.

il marchio di fabbrica o commerciale del costruttore o del fornitore;

2.10.2.

la classe di attacco di cui al paragrafo 2.6;

2.10.3.

la forma esterna, le dimensioni principali o una differenza essenziale di configurazione inclusi i materiali usati, e

2.10.4.

i valori caratteristici D, Dc, S, V e U di cui al paragrafo 2.11.

2.11.

I valori caratteristici D, Dc, S, V e U sono definiti o determinati come segue:

2.11.1.

Il valore D o Dc è il valore di riferimento teorico per le forze orizzontali nel veicolo trainante e nel rimorchio ed è utilizzato come base per i carichi orizzontali nelle prove dinamiche.

Per i dispositivi e componenti di attacco meccanico che non hanno la funzione di sostenere carichi verticali applicati, il valore è:

Formula

Per i dispositivi e componenti di attacco meccanico per rimorchi ad asse centrale di cui al paragrafo 2.13, il valore è:

Formula

Per ralle della classe G, perni di ralla della classe H e piastre di montaggio della classe J, definiti al paragrafo 2.6, il valore è:

Formula

dove:

 

T è la massa massima tecnicamente ammessa per il veicolo trainante, espressa in tonnellate. Ove pertinente, ciò include il carico verticale applicato da un rimorchio ad asse centrale.

 

R è la massa massima tecnicamente ammessa, espressa in tonnellate, di un rimorchio con timone libero di muoversi sul piano verticale, oppure di un semirimorchio (2).

 

C è la massa, espressa in tonnellate, trasmessa al suolo dagli assi del rimorchio ad asse centrale, definito al paragrafo 2.13, una volta collegato al veicolo trainante e caricato fino alla massa massima tecnicamente ammessa (2). Per i rimorchi ad asse centrale (3) di Categoria O1 e O2 la massa massima tecnicamente ammessa sarà quella dichiarata dal costruttore del veicolo trainante.

 

g è l’accelerazione dovuta alla forza di gravità (pari a 9,81 m/s2)

 

U è definito al paragrafo 2.11.2.

 

S è definito al paragrafo 2.11.3.

2.11.2.

Il valore U è la massa verticale, espressa in tonnellate, applicata sulla ralla dal semirimorchio alla massa massima tecnicamente ammessa (2).

2.11.3.

Il valore S è la massa verticale, espressa in chilogrammi, applicata in condizioni statiche sull’attacco dal rimorchio ad asse centrale, definito al paragrafo 2.13, alla massa massima tecnicamente ammessa (2).

2.11.4.

Il valore V è il valore di riferimento teorico dell’ampiezza della forza verticale esercitata sull’attacco dal rimorchio ad asse centrale alla massa massima tecnicamente ammessa superiore a 3,5 tonnellate. Il valore V è usato come base per le forze verticali nelle prove dinamiche.

Formula (cfr. nota in basso)

dove:

 

a è un’accelerazione verticale equivalente sull’attacco in funzione del tipo di sistema di sospensioni dell’asse posteriore del veicolo trainante.

 

Per sospensioni pneumatiche (o sistemi di sospensioni con caratteristiche di smorzamento equivalenti).

a = 1,8 m/s2

 

Per altri tipi di sospensioni:

a = 2,4 m/s2

 

X è la lunghezza della superficie di carico del rimorchio, espressa in metri (cfr. figura 1)

 

L è la distanza dal centro dell’occhione del timone al centro dell’assieme asse, espressa in metri (cfr. figura 1)

Nota: (se inferiore a 1,0, si adotterà un valore pari a 1,0)

Formula

Figura 1

Dimensioni del rimorchio ad asse centrale

Image

2.12.

Simboli e definizioni utilizzati nell’allegato 6 del presente regolamento.

Av= massa massima ammissibile sull’asse per l’asse sterzante, espressa in tonnellate.

C= massa del rimorchio ad asse centrale espressa in tonnellate — cfr. paragrafo 2.11.1 del presente regolamento.

D= valore D espresso in kN — cfr. paragrafo 2.11.1 del presente regolamento.

Dc= valore Dc espresso in kN per rimorchi ad asse centrale — cfr. paragrafo 2.11.1 del presente regolamento.

R= massa del veicolo trainato espressa in tonnellate — cfr. paragrafo 2.11.1 del presente regolamento.

T= massa del veicolo trainante espressa in tonnellate — cfr. paragrafo 2.11.1 del presente regolamento.

Fa= forza statica di sollevamento espressa in kN.

Fh= componente orizzontale della forza di prova sull’asse longitudinale del veicolo espressa in kN.

Fs= componente verticale della forza di prova espressa in kN.

S= massa verticale statica espressa in kg.

U= massa verticale applicata dalla ralla espressa in tonnellate.

V= valore V espresso in kN — cfr. paragrafo 2.11.4 del presente regolamento.

a= fattore di accelerazione verticale equivalente nel punto di attacco dei rimorchi ad asse centrale in funzione del tipo di sospensioni degli assi posteriore del veicolo trainante — cfr. paragrafo 2.11.4 del presente regolamento.

e= distanza longitudinale tra il punto di attacco dei ganci a sfera smontabili e il piano verticale dei punti di fissaggio (cfr. figure da 20c a 20f) espressa in mm.

f= distanza verticale tra il punto di attacco dei ganci a sfera smontabili e il piano orizzontale dei punti di fissaggio (cfr. figure da 20c a 20f) espressa in mm.

g= accelerazione dovuta alla forza di gravità, pari a 9,81 m/s2.

L= lunghezza teorica del timone dal centro dell’occhione di timone al centro dell’assieme asse espressa in metri.

X= lunghezza della superficie di carico del rimorchio ad asse centrale espressa in metri.

Deponenti:

O= forza di prova massima

U= forza di prova minima

a= forza statica

h= orizzontale

p= pulsante

res= risultante

s= verticale

w= forza alternata

2.13.

Si intende per «rimorchio ad asse centrale» un rimorchio che presenta un timone che non può muoversi sul piano verticale indipendentemente dal rimorchio e con asse o assi disposti in prossimità del centro di gravità del rimorchio, sotto carico uniforme. Il carico verticale applicato all’attacco del veicolo trainante non supererà il 10 % della massa massima del rimorchio o, se inferiore, 1 000 kg.

Si intende per massa massima del rimorchio ad asse centrale la massa totale trasmessa al suolo dall’asse o dagli assi del rimorchio quando questo è agganciato a un veicolo trainante e quando il relativo carico è pari alla massa massima tecnicamente ammessa (4).

2.14.

Con «accoppiamento geometrico» si intende che la configurazione e la geometria di un dispositivo o delle parti che lo compongono è tale da impedirne l’apertura o il disinserimento con qualsiasi forza o componente di forza cui sono soggetti durante l’utilizzo normale o le prove.

2.15.

Si intendono per «tipo di veicolo» i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda la struttura, le dimensioni, la forma e i materiali nelle zone in cui è fissato il dispositivo o componente di attacco meccanico. Ciò vale sia per il veicolo trainante sia per il rimorchio.

3.   DOMANDA DI OMOLOGAZIONE DI UN DISPOSITIVO O COMPONENTE DI ATTACCO MECCANICO

3.1.

La domanda di omologazione deve essere presentata dal titolare del marchio di fabbrica o commerciale oppure dal suo rappresentante debitamente accreditato.

3.2.

Per ciascun tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico la domanda deve essere accompagnata dalle seguenti informazioni, ad esempio tramite il modulo di comunicazione riportato all’allegato 1:

3.2.1.

Informazioni dettagliate su tutti i marchi di fabbrica o commerciali del costruttore o del fornitore applicabili al dispositivo o componente di attacco.

3.2.2.

Disegni dettagliati in tre copie che definiscano adeguatamente il dispositivo o componente e che ne specifichino le modalità di montaggio sul veicolo; i disegni devono illustrare la posizione e lo spazio disponibile per il numero di omologazione e altri contrassegni come indicato al paragrafo 7.

3.2.3.

Una dichiarazione dei valori D, Dc, S, V e U applicabili, definiti al paragrafo 2.11.

Per i supporti di classe A una dichiarazione delle masse massime ammissibili per il veicolo trainante e il rimorchio e il carico statico verticale massimo ammissibile applicato sulla sfera di traino consigliato dal costruttore del veicolo trainante.

3.2.3.1.

I valori caratteristici devono essere almeno pari a quelli applicabili alle masse massime ammissibili per il veicolo trainante, il rimorchio e l’insieme.

3.2.4.

Una descrizione tecnica dettagliata del dispositivo o componente che specifichi in particolare il tipo e i materiali utilizzati.

3.2.5.

Restrizioni riguardanti i veicoli su cui montare l’attacco — cfr. allegato 1, paragrafo 12, e allegato 5, paragrafo 3.4.

3.2.6.

Un campione, più gli eventuali ulteriori campioni richiesti dalle autorità o dal servizio tecnico che provvedono all’omologazione.

3.2.7.

Tutti i campioni devono essere allo stato finito con trattamento superficiale finale, tranne nel caso in cui si tratti di verniciatura o rivestimento con polvere epossidica.

3.2.8.

Per i dispositivi o componenti di attacco meccanico destinati ad un tipo di veicolo specifico, il costruttore del dispositivo o componente è tenuto a presentare anche i dati di montaggio indicati dal costruttore del veicolo. Le autorità e i servizi tecnici di omologazione hanno la facoltà di richiedere la presentazione di un veicolo rappresentativo del tipo.

4.   PRESCRIZIONI GENERALI PER DISPOSITIVI O COMPONENTI DI ATTACCO MECCANICO

4.1.

Ciascun campione deve essere conforme alle specifiche dimensionali e di resistenza fissate agli allegati 5 e 6. Le prove specificate all’allegato 6 non devono registrare cricche, fratture o deformazione permanente eccessiva in grado di pregiudicare l’adeguato funzionamento del dispositivo o componente.

4.2.

Tutte le parti del dispositivo o componente di attacco meccanico il cui malfunzionamento può provocare il distacco del veicolo dal rimorchio devono essere realizzate in acciaio. È ammesso l’utilizzo di altri materiali a condizione che il costruttore ne comprovi l’equivalenza all’autorità di omologazione o servizio tecnico della parte contraente che applica il presente regolamento.

4.3.

L’azionamento dei dispositivi o componenti di attacco meccanico deve garantire condizioni di sicurezza e l’agganciamento e sganciamento devono poter essere eseguiti da una sola persona senza ricorrere ad alcun attrezzo. Fatta eccezione per gli attacchi della classe T, sono ammessi esclusivamente i dispositivi che consentono l’agganciamento automatico dei rimorchi aventi una massa massima tecnicamente ammessa superiore a 3,5 tonnellate.

4.4.

I dispositivi o componenti di attacco meccanico devono essere progettati e realizzati in modo tale che, in condizioni normali di utilizzo e con la corretta manutenzione e sostituzione delle parti soggette ad usura, continuino a funzionare in modo soddisfacente e conservino le caratteristiche prescritte dal presente regolamento.

4.5.

Tutti i dispositivi o componenti di attacco meccanico devono essere progettati per l’accoppiamento geometrico e la posizione di chiusura deve essere fissata almeno una volta da un ulteriore dispositivo di accoppiamento geometrico salvo diversa indicazione all’allegato 5. In alternativa possono essere previsti due o più dispositivi separati per garantire l’integrità del meccanismo, a condizione che ciascun dispositivo sia progettato per l’accoppiamento geometrico e venga sottoposto singolarmente alle prove prescritte nell’allegato 6. L’accoppiamento geometrico deve essere conforme alla definizione di cui al paragrafo 2.14.

L’utilizzo di forze elastiche è ammesso unicamente per la chiusura del dispositivo e per impedire che la vibrazione provochi lo spostamento delle parti del dispositivo in punti in cui potrebbe aprirsi o scollegarsi.

Il malfunzionamento o l’assenza anche di una sola molla non deve essere sufficiente a consentire l’apertura o lo sganciamento dell’intero dispositivo.

4.6.

Ciascun dispositivo o componente deve essere accompagnato da istruzioni di funzionamento e di montaggio che assicurino a una persona esperta le informazioni sufficienti per un’installazione corretta sul veicolo e un azionamento appropriato — cfr. anche allegato 7. Le istruzioni devono essere redatte almeno nella lingua del paese in cui il dispositivo o componente verrà messo in vendita. Nel caso di dispositivi e componenti forniti come dotazione originale da costruttori di veicoli o carrozzieri, le istruzioni di montaggio non sono obbligatorie ma questi ultimi sono tenuti ad assicurare che l’operatore del veicolo disponga delle istruzioni necessarie per il corretto utilizzo del dispositivo o componente di attacco.

4.7.

Per i dispositivi e componenti di classe A, o eventualmente classe S, da utilizzare con rimorchi di massa massima ammessa non superiore a 3,5 tonnellate, e prodotti da costruttori che non sono in alcun modo correlati al costruttore del veicolo e destinati al montaggio nel mercato post-vendita, l’altezza e le altre caratteristiche di montaggio dell’attacco andranno, in ogni caso, verificate dall’autorità o servizio tecnico di omologazione in conformità con l’allegato 7, paragrafo 1.

4.8.

Per i dispositivi o componenti di attacco non standard, destinati ad applicazioni pesanti o altri usi, classe S e classe T, si applicano le prescrizioni pertinenti degli allegati 5, 6 e 7 relative ai dispositivi o componenti standard o non standard più simili.

5.   DOMANDA DI OMOLOGAZIONE DI UN VEICOLO EQUIPAGGIATO CON UN DISPOSITIVO O COMPONENTE DI ATTACCO MECCANICO

5.1.

Qualora un costruttore di veicoli presenti domanda di omologazione per un veicolo equipaggiato con un dispositivo o componente di attacco meccanico oppure autorizzi l’utilizzo di un veicolo per il traino di qualsiasi tipo di rimorchio, questi, in caso di richiesta da parte di qualsiasi richiedente ufficialmente riconosciuto che faccia domanda di omologazione per un dispositivo o componente di attacco meccanico, o di richiesta da parte dell’autorità o servizio tecnico di omologazione di una parte contraente, è tenuto a mettere prontamente a disposizione di tale richiedente o di tale autorità o servizio tecnico di omologazione le informazioni indicate al paragrafo 5.3, per consentire al costruttore di dispositivi o componenti di attacco di progettare e realizzare adeguatamente un dispositivo o componente di attacco meccanico per tale veicolo. Qualsiasi richiedente ufficialmente riconosciuto che faccia domanda di omologazione per un dispositivo o componente di attacco meccanico riceverà, su richiesta, tutte le informazioni indicate al paragrafo 5.3 in possesso dell’autorità omologante.

5.2.

La domanda di omologazione di un tipo di veicolo relativamente al montaggio di un dispositivo o componente di attacco meccanico deve essere presentata dal costruttore di veicoli oppure dal suo rappresentante debitamente accreditato.

5.3.

Deve essere accompagnata dalle seguenti informazioni che consentano all’autorità omologante di compilare il modulo di comunicazione riportato all’allegato 2.

5.3.1.

Una descrizione dettagliata del tipo di veicolo e del dispositivo o componente di attacco meccanico e, su richiesta dell’autorità o servizio tecnico di omologazione, una copia del modulo di omologazione per il dispositivo o componente.

5.3.2.

Le informazioni devono comprendere le masse massime ammesse per il veicolo trainante e il veicolo trainato, la distribuzione della massa massima ammessa del veicolo trainante tra gli assi, le masse massime ammesse sull’asse, il carico verticale massimo ammesso applicabile sulla parte posteriore del veicolo trainante e i dettagli e/o disegni relativi ai punti di montaggio per il dispositivo o componente ed eventuali piastre di rinforzo aggiuntive, staffe di appoggio ecc., necessarie per il fissaggio saldo del dispositivo o componente di attacco meccanico al veicolo trainante.

5.3.2.1.

La condizione di carico in cui deve essere misurata l’altezza della sfera di traino dei veicoli di categoria M1 — cfr. paragrafo 2 dell’allegato 7, appendice 1.

5.3.3.

Disegni dettagliati in tre copie che consentano di identificare adeguatamente il dispositivo o componente e che ne specifichino le modalità di montaggio sul veicolo; i disegni devono illustrare la posizione e lo spazio disponibile per il numero di omologazione e altri contrassegni come indicato al paragrafo 7.

5.3.4.

Una descrizione tecnica dettagliata del dispositivo o componente, che specifichi in particolare il tipo e i materiali utilizzati.

5.3.5.

Una dichiarazione dei valori D, Dc, S, V e U applicabili e definiti al paragrafo 2.11.

5.3.5.1.

I valori caratteristici devono essere almeno pari a quelli applicabili alle masse massime ammissibili per il veicolo trainante, il rimorchio e l’insieme.

5.3.6.

Un veicolo rappresentativo del tipo da omologare ed equipaggiato con un dispositivo o componente di attacco meccanico deve essere presentato all’autorità o servizio tecnico di omologazione, i quali hanno la facoltà di richiedere ulteriori campioni del dispositivo o componente.

5.3.7.

Un veicolo che non disponga di tutti i componenti corrispondenti al tipo può essere accettato a condizione che il richiedente sia in grado di comprovare alle autorità o servizio tecnico omologante che l’assenza dei componenti non altera minimamente l’esito del controllo per quanto riguarda le prescrizioni del presente regolamento.

6.   PRESCRIZIONI GENERALI PER VEICOLI EQUIPAGGIATI CON UN DISPOSITIVO O COMPONENTE DI ATTACCO MECCANICO

6.1.

Il dispositivo o componente di attacco meccanico in dotazione al veicolo deve essere omologato in conformità alle prescrizioni di cui ai paragrafi 3 e 4 e allegati 5 e 6 del presente regolamento.

6.2.

Il montaggio del dispositivo o componente di attacco meccanico deve essere conforme alle prescrizioni di cui all’allegato 7 del presente regolamento.

6.3.

Devono essere fornite istruzioni di funzionamento per l’uso del dispositivo o componente di attacco, comprensive di eventuali istruzioni speciali per operazioni diverse da quelle normalmente associate al tipo di dispositivo o componente di attacco e di istruzioni per l’agganciamento e sganciamento in diversi modi di funzionamento, ad esempio a varie angolazioni tra il veicolo trainante e il veicolo trainato. Ciascun veicolo sarà accompagnato da queste istruzioni di funzionamento redatte almeno nella lingua del paese in cui sarà messo in vendita.

7.   CONTRASSEGNI

7.1.

I tipi di dispositivi e componenti di attacco meccanico per i quali è richiesta l’omologazione devono essere contrassegnati dal marchio di fabbrica o commerciale del costruttore, fornitore o richiedente.

7.2.

Deve essere garantito uno spazio sufficiente per l’apposizione del marchio di omologazione di cui al paragrafo 8.5, illustrato anche nell’allegato 3. Tale spazio deve essere indicato nei disegni di cui al paragrafo 3.2.2.

7.3.

In prossimità del marchio di omologazione di cui ai paragrafi 7.2 e 8.5, il dispositivo o componente di attacco meccanico deve essere contrassegnato con la classe di attacco, di cui al paragrafo 2.6 e con i valori caratteristici pertinenti definiti nel paragrafo 2.11 e illustrati nell’allegato 4. La posizione di questi contrassegni deve essere indicata nei disegni di cui al paragrafo 3.2.2.

Non è necessario indicare i valori caratteristici qualora tali valori siano definiti nella classificazione riportata nel presente regolamento, ad esempio le classi da A50-1 a A50-5.

7.4.

Qualora il dispositivo o componente di attacco meccanico sia omologato con valori caratteristici diversi nell’ambito della stessa classe di attacco o dispositivo, sul dispositivo o componente possono essere indicati al massimo due valori.

7.5.

Se il campo di applicazione del dispositivo o componente di attacco meccanico presenta delle restrizioni d’uso, ad esempio non va usato con i cunei di guida, tali restrizioni devono essere indicate sul dispositivo o componente.

7.6.

Tutti i contrassegni devono essere apposti in maniera permanente ed essere leggibili una volta installato il dispositivo o componente sul veicolo.

8.   OMOLOGAZIONE

8.1.

Se i campioni del tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico sono conformi alle prescrizioni del presente regolamento, l’omologazione viene concessa subordinatamente alla piena conformità alle prescrizioni del paragrafo 10.

8.2.

A ciascun tipo omologato viene assegnato un numero di omologazione. Le prime due cifre indicano la serie di modifiche comprendente le principali modifiche tecniche più recenti apportate al regolamento alla data della concessione dell’omologazione. Una stessa parte contraente non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di dispositivo o componente di cui al presente regolamento.

8.3.

La notifica dell’omologazione oppure dell’estensione, del rifiuto o della revoca dell’omologazione o della cessazione definitiva della produzione, relativamente a un tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico omologato ai sensi del presente regolamento, sarà comunicata alle parti contraenti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento, tramite un modulo di comunicazione conforme al modello riportato all’allegato 1 o 2 del presente regolamento.

8.4.

Oltre al marchio prescritto al paragrafo 7.1, su ciascun dispositivo o componente di attacco meccanico omologato ai sensi del presente regolamento viene apposto, nello spazio di cui al paragrafo 7.2, un marchio di omologazione descritto nel paragrafo 8.5.

8.5.

Il marchio di omologazione è un marchio internazionale che prevede:

8.5.1.

Un cerchio intorno alla lettera «E» seguita dal numero distintivo della nazione che ha concesso l’omologazione (5).

8.5.2.

Il numero di omologazione prescritto al paragrafo 8.2.

8.5.3.

Il marchio e il numero di omologazione devono essere posizionati come indicato nell’esempio dell’allegato 3.

9.   MODIFICHE AL DISPOSITIVO O COMPONENTE DI ATTACCO MECCANICO O AL VEICOLO ED ESTENSIONE DELL’OMOLOGAZIONE

9.1.

Qualsiasi modifica apportata al tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico oppure al veicolo di cui al paragrafo 2.10 deve essere notificata all’autorità o servizio tecnico di omologazione che ha concesso l’omologazione. L’autorità o servizio tecnico di omologazione può quindi:

9.1.1.

considerare improbabile che tali modifiche possano determinare conseguenze negative di rilievo e che il dispositivo, componente o veicolo resti conforme alle prescrizioni oppure

9.1.2.

richiedere un ulteriore verbale di prova.

9.2.

La conferma oppure il rifiuto dell’omologazione, con indicazione della modifica apportata, deve essere comunicata alle parti contraenti che applicano il presente regolamento nel rispetto della procedura prescritta al paragrafo 8.3.

9.3.

L’autorità o servizio tecnico di omologazione che rilascia un’estensione dell’omologazione deve assegnare un numero di serie a tale estensione e deve informarne le altre parti contraenti che applicano il presente regolamento nel rispetto della procedura prescritta al paragrafo 8.3.

10.   CONFORMITÀ DEI PROCESSI DI FABBRICAZIONE

La conformità dei processi di fabbricazione deve soddisfare le prescrizioni indicate nell’accordo, appendice 2 (E/ECE/324 E/ECE/TRANS/505/Rev.2), e i requisiti che seguono:

10.1.

Il titolare dell’omologazione deve assicurarsi che i risultati delle prove di conformità di produzione siano registrati e che i documenti allegati restino a disposizione per un periodo di tempo concordato con l’autorità o servizio tecnico di omologazione. Tale periodo non deve essere superiore a 10 anni a partire dalla cessazione definitiva della produzione.

10.2.

L’autorità o servizio tecnico di omologazione che ha concesso l’omologazione ha la facoltà di verificare in qualsiasi momento i metodi di controllo della conformità di produzione applicati in ciascun impianto produttivo. Tali verifiche avranno luogo normalmente ogni due anni.

11.   SANZIONI IN CASO DI NON CONFORMITÀ DELLA PRODUZIONE

11.1.

L’omologazione concessa in relazione a un tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico omologato ai sensi del presente regolamento può essere revocata in caso di mancata conformità alle prescrizioni oppure se un dispositivo o componente recante il marchio di omologazione non risulta conforme al tipo omologato.

11.2.

Qualora una parte contraente dell’accordo che applica il presente regolamento revochi un’omologazione precedentemente concessa, la stessa deve renderne immediata notifica alle altre parti contraenti che applicano il presente regolamento, utilizzando un modulo di comunicazione conforme al modello riportato nell’allegato 1 o 2 del presente regolamento.

12.   CESSAZIONE DEFINITIVA DELLA PRODUZIONE

Qualora il titolare dell’omologazione cessi del tutto di produrre un tipo di dispositivo o componente di attacco meccanico omologato ai sensi del presente regolamento, questi deve informarne l’autorità o servizio tecnico che ha concesso l’omologazione. Al ricevimento della comunicazione in oggetto, l’autorità o servizio tecnico di omologazione deve informarne le altre parti contraenti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento, utilizzando un modulo di comunicazione conforme al modello riportato nell’allegato 1 o 2 del presente regolamento.

13.   DISPOSIZIONI TRANSITORIE

Fino a diversa comunicazione prodotta al segretario generale delle Nazioni Unite, le parti contraenti che applicano il presente regolamento e che sono Stati Membri della Comunità Europea (al momento dell’adozione della serie di modifiche 01, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Regno Unito, Lussemburgo, Finlandia e Grecia), dichiarano che, in relazione ai dispositivi e componenti di attacco meccanico, riconoscono come vincoli esclusivi gli obblighi previsti dall’accordo a cui è allegato il presente regolamento in riferimento ai dispositivi e componenti destinati ai veicoli di categoria diversa da M1.

14.   NOMI E INDIRIZZI DEI SERVIZI TECNICI CHE EFFETTUANO LE PROVE DI OMOLOGAZIONE E DEI SERVIZI AMMINISTRATIVI

14.1.

Le parti contraenti dell’accordo del 1958 che applicano il presente regolamento devono comunicare al segretario generale delle Nazioni Unite i nominativi e i recapiti dei servizi tecnici responsabili dell’esecuzione delle prove di omologazione, nonché i dati degli organi amministrativi competenti per la concessione delle omologazioni e a cui vanno inviati i moduli che certificano l’omologazione oppure l’estensione, il rifiuto o la revoca dell’omologazione oppure la cessazione definitiva della produzione, rilasciati in altri paesi.


(1)  A termini della Convenzione sul traffico stradale (Vienna, 1968), articolo 1, sottoparagrafi t) e u).

(2)  Le masse T e R e la massa massima tecnicamente ammessa possono risultare superiori alla massa massima ammessa prescritta dalla legislazione nazionale.

(3)  Cfr. le definizioni nel regolamento n. 13 allegato all’accordo del 1958 relativo all’adozione di prescrizioni tecniche uniformi per i veicoli su ruote, le attrezzature e i componenti che possono essere montati e/o usati sui veicoli e le condizioni per il reciproco riconoscimento delle omologazioni rilasciate sulla base di dette prescrizioni. La definizione figura anche nell’allegato 7 della risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R. E. 3) (documento TRANS/ WP. 29/ 78/ rev. 1/ modifica 2).

(4)  La massa tecnicamente ammessa può risultare superiore alla massa massima ammessa prescritta dalla legislazione nazionale.

(5)  1 per la Germania, 2 per la Francia, 3 per l’Italia, 4 per i Paesi Bassi, 5 per la Svezia, 6 per il Belgio, 7 per l’Ungheria, 8 per la Repubblica ceca, 9 per la Spagna, 10 per la Serbia, 11 per il Regno Unito, 12 per l’Austria, 13 per il Lussemburgo, 14 per la Svizzera, 15 (non assegnato), 16 per la Norvegia, 17 per la Finlandia, 18 per Danimarca, 19 per Romania, 20 per la Polonia, 21 per il Portogallo, 22 per la Federazione Russa, 23 per la Grecia, 24 per l’Irlanda, 25 per la Croazia, 26 per la Slovenia, 27 per la Slovacchia, 28 per la Bielorussia, 29 per l’Estonia, 30 (non assegnato), 31 per la Bosnia-Ezegovina, 32 per la Lettonia, 33 (non assegnato), 34 per la Bulgaria, 35-36 (non assegnati), 37 per la Turchia, 38-39 (non assegnati), 40 per l’ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, 41 (non assegnato), 42 per la Comunità europea (le omologazioni sono concesse dagli Stati membri con il rispettivo simbolo ECE), 43 per il Giappone, 44 (non assegnato), 45 per l’Australia e 46 per l’Ucraina. I numeri successivi saranno assegnati alle altre nazioni nell’ordine cronologico con il quale essere ratificheranno o accederanno all’accordo riguardante l’adozione delle prescrizioni tecniche uniformi per i veicoli su ruote, le attrezzature e i componenti che possono essere montati e/o usati sui veicoli su ruote e le condizioni per il reciproco riconoscimento delle omologazioni rilasciate sulla base di dette prescrizioni; i numeri assegnati saranno comunicati dal segretario generale delle Nazioni Unite alle parti contraenti dell’accordo.


ALLEGATO 1

NOTIFICA

[Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)]

Image

Image


ALLEGATO 2

NOTIFICA

[Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)]

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ALLEGATO 3

ESEMPIO DI UN MARCHIO DI OMOLOGAZIONE

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ALLEGATO 4

Esempi di contrassegni dei valori caratteristici

1.

Tutti i dispositivi o i componenti di attacco meccanico devono essere contrassegnati con la classe del dispositivo o del componente. Deve inoltre essere presente un contrassegno indicante la capacità espressa nei valori caratteristici definiti al paragrafo 2.11 del presente regolamento.

1.1.

Tutte le lettere e numeri devono presentare un’altezza non inferiore al numero di omologazione, vale a dire a/3 laddove a è pari a 8 mm.

1.2.

I valori caratteristici applicabili a ciascun dispositivo o componente da contrassegnare sono riportati nella tabella seguente — cfr. inoltre il paragrafo 7.3 del presente regolamento:

Tabella 1

Valori caratteristici da apporre sui dispositivi o componenti di attacco

Descrizione del dispositivo o componente di attacco meccanico

Valori caratteristici da indicare

Classe

D

Dc

S

U

V

Ganci a sfera e supporti — cfr. allegato 5, paragrafo 1 del presente regolamento

*

*

 

*

 

 

Attacchi sferici

*

*

 

*

 

 

Dispositivi di attacco di timone

*

*

*

*

 

*

Occhioni di timone

*

*

*

*

 

*

Timoni

*

*

*

*

 

*

Alberi

*

*

*

*

 

*

Ralle

*

*

 

 

*

 

Perni di ralla

*

*

 

 

 

 

Piastre di montaggio per ralla

*

*

 

 

*

 

Dispositivi di attacco a gancio

*

*

*

*

 

*

Esempi: C50-X D130 Dc90 S1000 V35 identifica i dispositivi di attacco di timone non standard della classe C50-X che presentano un valore D massimo di 130 kN, un valore Dc massimo ammesso di 90 kN, una massa statica verticale applicata massima ammessa di 1 000 kg e un valore V massimo ammesso di 35 kN.

A50-X D20 S120 identifica un supporto di rimorchio standard con giunto a testa sferica di classe A50-X che presenta un valore D massimo di 20 kN e una massa statica verticale applicata massima ammessa di 120 kg.


ALLEGATO 5

Prescrizioni per dispositivi o componenti di attacco meccanico

1.   GANCI A SFERA E SUPPORTI

Le prescrizioni stabilite nei paragrafi da 1.1 a 1.5 del presente allegato si applicano a tutti i ganci a sfera e supporti della classe A. Nel paragrafo 1.6 sono illustrate in dettaglio le prescrizioni ulteriori da osservare per i ganci a sfera di 50 mm di diametro standard muniti di dispostivi di fissaggio bullonati a flangia.

1.1.

I ganci a sfera della classe A devono essere conformi alla figura 2 per quanto riguarda la forma e le dimensioni esterne.

Figura 2

Gancio a sfera appartenente alla classe A

Image

1.2.

La forma e le dimensioni dei supporti devono soddisfare le prescrizioni del costruttore del veicolo riguardanti i punti di fissaggio e, se necessario, ulteriori dispositivi o componenti di montaggio.

1.3.

Ganci a sfera amovibili.

1.3.1.

Nel caso di ganci a sfera o componenti amovibili che non sono fissati tramite bulloni, ad esempio la classe A50-X, il punto di collegamento e il dispositivo di bloccaggio devono essere progettati per l’accoppiamento geometrico.

1.3.2.

Nel caso di un gancio a sfera o di un componente amovibile che è possibile omologare a parte per l’utilizzo con una vasta gamma di supporti per veicoli diversi, ad esempio la classe A50-X, lo spazio libero, quando tale gancio a sfera è montato sul supporto, deve essere pari a quanto prescritto nell’allegato 7, figura 25.

1.4.

Ganci a sfera e dispositivi trainanti devono essere in grado di soddisfare le prove indicate nell’allegato 6, paragrafo 3.1 o paragrafo 3.10 a scelta del fabbricante. Si applicano comunque sempre le disposizioni di cui ai paragrafi 3.1.7 e 3.1.8.

1.5.

I costruttori di supporti devono prevedere dei punti di fissaggio ai quali fissare i dispositivi o attacchi secondari necessari a consentire l’arresto automatico del rimorchio in caso di apertura dell’attacco principale. Tale requisito è necessario per ottenere la conformità del veicolo alle prescrizioni di cui al paragrafo 5.2.2.9 del regolamento n. 13 NU/CEE — Disposizioni uniformi relative all’omologazione di veicoli delle categorie M, N e O per quanto riguarda la frenatura.

1.5.1.

I punti di fissaggio per un attacco secondario e/o cavo di rottura devono essere collocati in posizione tale da non limitare, quando l’attacco secondario o il cavo di rottura sono in funzione, la normale articolazione dell’attacco né interferire con il funzionamento normale del sistema di frenatura a inerzia.

I singoli punti di fissaggio devono essere collocato nel raggio di 100 mm del piano verticale che passa per il centro di snodo dell’attacco. Qualora ciò non sia possibile, è necessario prevedere due punti di attacco, uno per ciascun lato dell’asse verticale ed equidistanti dall’asse centrale di un massimo di 250 mm. I punti di fissaggio devono essere collocati in posizione quanto più arretrata ed alta possibile.

1.6.

Prescrizioni particolari per ganci a sfera e supporti a flangia standard delle classi da A50-1 a A50-5:

1.6.1.

Le dimensioni dei ganci a sfera e dei supporti a flangia della classe A50-1 devono corrispondere a quanto indicato nella figura 3 e nella tabella 2.

1.6.2.

Le dimensioni dei ganci a sfera e dei supporti a flangia delle classi A50-2, A50-3, A50-4 e A50-5 devono corrispondere a quanto indicato nella figura 4 e nella tabella 2.

1.6.3.

I ganci a sfera e supporti a flangia delle Classi da A50-1 a A50-5 devono risultare idonei e, superate le prove di verifica, in possesso dei valori caratteristici indicati nella tabella 3.

Figura 3

Dimensioni dei giunti di rimorchio a testa sferica a flangia standard della classe A50-1 (cfr. tabella 2)

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Figura 4

Dimensioni dei giunti di rimorchio a testa sferica a flangia standard delle classi da A50-2 a A50-5 (cfr. tabella 2)

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Tabella 2

Dimensioni dei giunti di rimorchio a testa sferica a flangia standard (in mm) cfr. figure 3 e 4

Classe

A50-1

A50-2, A50-4

A50-3, A50-5

Osservazioni

e1

90

83

120

± 0,5

e2

56

55

± 0,5

d2

17

10,5

15

H13

f

130

110

155

± 6,0 – 0

g

50

85

90

± 6,0 – 0

c

15

15

15

massimo

l

55

110

120

± 5,0

h

70

80

80

± 5,0


Tabella 3

Valori caratteristici per giunti di rimorchio a testa sferica a flangia standard

Classe

A50-1

A50-2

A50-3

A50-4

A50-5

D

17

20

30

20

30

S

120

120

120

150

150

D

=

valore D massimo (kN)

S

=

peso verticale statico massimo (kg)

1.7.

I costruttori di ganci a sfera e supporti destinati al montaggio nel mercato post-vendita e che non sono in alcun modo correlati al costruttore del veicolo corrispondente devono essere al corrente delle prescrizioni relative allo snodo dell’attacco indicate al paragrafo 2 del presente allegato e devono conformarsi alle relative prescrizioni di cui all’allegato 7 del presente regolamento.

2.   ATTACCHI SFERICI

2.1.

Gli attacchi sferici della classe B50 devono essere progettati in modo da consentirne l’utilizzo sicuro in combinazione ai ganci a sfera descritti al paragrafo 1 del presente allegato e conservare le caratteristiche prescritte.

Gli attacchi sferici devono essere progettati in modo tale da assicurare un agganciamento sicuro, anche in caso di usura dei dispositivi di attacco.

2.2.

Gli attacchi sferici devono essere in grado di soddisfare le prove stabilite nell’allegato 6, paragrafo 3.2.

2.3.

Ulteriori dispositivi (ad esempio di frenatura, stabilizzanti ecc.) non devono alterare il collegamento meccanico.

2.4.

In condizione non fissata al veicolo, l’attacco sferico deve presentare una rotazione orizzontale di almeno 90° rispetto a ciascun lato dell’asse del gancio a sfera e supporto descritti al paragrafo 1 del presente allegato. Contemporaneamente deve muoversi liberamente in verticale di 20° sopra e sotto la linea orizzontale. Inoltre, insieme all’angolo orizzontale di rotazione di 90°, deve sussistere la possibilità di rollio di 25° in entrambe le direzioni intorno all’asse orizzontale. A tutti gli angoli di rotazione orizzontali deve essere possibile la seguente articolazione:

i)

beccheggio verticale di ± 15° con rollio assiale di ± 25°;

ii)

rollio assiale di ± 10° con beccheggio verticale di ± 20°.

3.   DISPOSITIVI DI ATTACCO DI TIMONE

Le prescrizioni stabilite ai paragrafi da 3.1 a 3.6 del presente allegato si applicano a tutti i dispositivi di attacco di timone della classe C50. Le ulteriori prescrizioni che i dispositivi di attacco di timone standard delle classi da C50-1 a C50-6 devono soddisfare sono indicate al paragrafo 3.7.

3.1.   Requisiti funzionali: tutti i dispositivi di attacco di timone devono essere in grado di soddisfare le prove fissate all’allegato 6, paragrafo 3.3.

3.2.   Occhioni di timone idonei: i dispositivi di attacco di timone della classe C50 devono essere compatibili con tutti gli occhioni di timone e attacchi della classe D50 che presentano le caratteristiche specificate.

3.3.   Campana

I dispositivi di attacco di timone della classe C50 devono presentare una campana progettata in modo tale da guidare il corrispondente occhione di timone nell’attacco.

Se la campana, oppure una sua parte di sostegno, è in grado di ruotare intorno all’asse verticale, essa deve portarsi automaticamente nella posizione normale con il perno di attacco aperto e deve bloccarsi in tale posizione in modo da guidare adeguatamente l’occhione di timone in fase di agganciamento.

Se la campana, oppure una sua parte di sostengo, è in grado di ruotare intorno all’asse trasversale orizzontale, il giunto che consente tale rotazione deve essere bloccato in posizione normale con una coppia di bloccaggio. La coppia deve essere sufficiente ad impedire che una forza di 200 N applicata verticalmente verso l’alto sulla parte superiore della campana generi una deviazione del giunto dalla sua posizione normale. La coppia di bloccaggio deve essere maggiore di quella generata azionando la leva a mano descritta al paragrafo 3.6 del presente allegato. Deve essere possibile ripristinare manualmente la posizione normale della campana. La campana che ruota intorno all’asse trasversale orizzontale è omologata esclusivamente per unperso verticale portante, S, fino a 50 kg e con un valore V fino a 5 kN.

Se la campana, oppure una sua parte di sostengo, viene ruotata intorno all’asse longitudinale, la rotazione deve frenata da una coppia di bloccaggio pari ad almeno 100 Nm.

Le dimensioni minime richieste per la campana dipendono dal valore D dell’attacco:

Valore D ≤ 18 kN— larghezza 150 mm, altezza 100 mm

Valore D > 18 kN ≤ 25 kN— larghezza 280 mm, altezza 170 mm

Valore D > 25 kN— larghezza 360 mm, altezza 200 mm

Gli angoli esterni della campana possono essere raccordati.

Sono ammesse campane di dimensioni inferiori per dispositivi di attacco di timone della classe C50-X se il relativo utilizzo è limitato a rimorchi ad asse centrale di massa massima ammessa fino a 3,5 tonnellate, oppure se per motivi tecnici è impossibile l’impiego di campane conformi alla tabella summenzionata e se, inoltre, sono disponibili dispositivi speciali, quali ad esempio ausili visivi, che assicurino l’esecuzione in condizioni di sicurezza dell’agganciamento automatico e se il campo di applicazione previsto nell’omologazione è limitato conformemente alle informazioni fornite dal costruttore del dispositivo di attacco nel modulo di comunicazione riportato nell’allegato 1.

3.4.   Articolazione minima dell’occhione di timone agganciato

L’occhione di timone agganciato a un dispositivo di attacco di timone senza essere fissato al veicolo deve presentare i livelli di articolazione indicati di seguito. Se parte dell’articolazione è assicurata da un giunto speciale (solo dispositivi di attacco di timone della classe C50-X), il campo di applicazione, indicato nel modulo di comunicazione all’allegato 1, è limitato ai casi enunciati nell’allegato 7, paragrafo 1.3.8.

3.4.1.

± 90° in senso orizzontale intorno all’asse verticale dall’asse longitudinale del veicolo — cfr. figura 5.

Figura 5

Rotazione orizzontale di occhione di timone agganciato

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3.4.2.

± 20° in senso verticale intorno all’asse trasversale dal piano orizzontale del veicolo cfr. figura 6.

Figura 6

Rotazione verticale di occhione di timone agganciato

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3.4.3.

Rotazione assiale di ± 25° intorno all’asse longitudinale dal piano orizzontale del veicolo — cfr. figura 7.

Figura 7

Rotazione assiale dell’occhione di timone agganciato

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3.5.   Bloccaggio per impedire lo sganciamento accidentale:

Nella posizione di chiusura il perno di attacco deve essere bloccato tramite due dispositivi ad accoppiamento geometrico, ciascuno dei quali deve rimanere bloccato in caso di guasto dell’altro.

La posizione di chiusura e di bloccaggio dell’attacco deve essere indicata chiaramente all’esterno tramite un dispositivo meccanico. Deve essere possibile verificare la posizione dell’indicatore al tatto, ad esempio, al buio.

Il dispositivo di segnalazione meccanica deve indicare l’inserimento dei due dispositivi di bloccaggio (condizione AND).

Tuttavia è sufficiente che venga segnalato l’inserimento di un solo dispositivo di bloccaggio, se l’inserimento del secondo dispositivo di bloccaggio costituisce una caratteristica intrinseca di progettazione.

3.6.   Leve a mano

Le leve a mano devono essere ergonomiche e arrotondate all’estremità. In prossimità della leva a mano l’attacco non deve presentare spigoli vivi o punti di schiacciamento che potrebbero determinare lesioni durante l’azionamento dell’attacco. La forza necessaria per sganciare l’attacco, misurata senza l’occhione di timone, non deve superare i 250 N perpendicolarmente alla leva a mano e nel senso di manovra.

3.7.   Prescrizioni particolari per dispositivi di attacco di timone standard per le classi da C50-1 a C50-6:

3.7.1.

La rotazione dell’occhione di timone intorno all’asse trasversale deve essere conseguita grazie alla forma sferica del perno di attacco (e non mediante un giunto).

3.7.2.

I carichi di trazione e compressione esercitati lungo l’asse longitudinale e dovuti alla distanza fra il perno di attacco e l’occhione di timone devono essere attenuati tramite dispositivi elastici e/o di smorzamento (tranne C50-1).

3.7.3.

Le dimensioni devono corrispondere a quelle indicate nella figura 8 e nella tabella 4.

3.7.4.

Gli attacchi devono risultare idonei e, superate le prove di verifica, in possesso dei valori caratteristici indicati nella tabella 5.

3.7.5.

L’attacco deve essere aperto mediate una leva a mano sull’attacco (non tramite sistemi di comando a distanza).

Figura 8

Dimensioni dei dispositivi di attacco di timone standard (in mm) (cfr. tabella 4)

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Tabella 4

Dimensioni dei dispositivi di attacco di timone standard (in mm) (cfr. figura 8)

Classe

C50-1

C50-2

C50-3

C50-4

C50-5

C50-6 C50-7

Osservazioni

e1

83

83

120

140

160

160

± 0,5

e2

56

56

55

80

100

100

± 0,5

d1

54

74

84

94

94

massimo

d2

10,5

10,5

15

17

21

21

H13

f

110

110

155

180

200

200

+ 6,0 – 0

g

85

85

90

120

140

140

± 3,0

a

100

170

200

200

200

200

+ 20,0 – 0

b

150

280

360

360

360

360

+ 20,0 – 0

c

20

20

24

30

30

30

massimo

h

150

190

265

265

265

265

massimo

l1

150

250

300

300

300

massimo

l2

150

300

330

330

330

330

massimo

l3

100

160

180

180

180

180

± 20,0

T

15

20

35

35

35

massimo


Tabella 5

Valori caratteristici dei dispositivi di attacco di timone standard

Classe

C50-1

C50-2

C50-3

C50-4

C50-5

C50-6

C50-7

D

18

25

70

100

130

190

190

Dc

18

25

50

70

90

120

130

S

200

250

650

900

1 000

1 000

1 000

V

12

10

18

25

35

50

75

D= valore D massimo (kN)

Dc= valore D massimo (kN) per applicazioni su rimorchio ad asse centrale

S= Carico verticale statico massimo per attacco (kg)

V= valore V massimo (kN)

4.   OCCHIONI DI TIMONE

4.1.   Prescrizioni generali per occhioni di timone della classe D50:

Tutti gli occhioni di timone della classe D50 devono essere in grado di soddisfare le prove stabilite nell’allegato 6, paragrafo 3.4.

Gli occhioni di timone della classe D50 sono destinati all’utilizzo in combinazione a dispositivi di attacco di timone C50. Gli occhioni di timone non devono essere in grado di ruotare assialmente (dal momento che gli attacchi corrispondenti possono ruotare).

Se gli occhioni di timone della classe D50 sono muniti di manicotti, questi devono essere conformi alle dimensioni illustrate nella figura 9 (non ammesse per la classe D50-C) o nella figura 10.

I manicotti non devono essere saldati negli occhioni di timone.

Gli occhioni di timone appartenenti alla classe D50 devono avere le dimensioni prescritte al paragrafo 4.2. La forma del gambo per gli occhioni di timone appartenenti alla D50-X non è specificata, tuttavia per una distanza di 210 mm dal centro dell’occhione l’altezza «h» e la larghezza «b» devono rientrare nei limiti riportati nella tabella 6.

Figura 9

Manicotto a fessure per occhioni di timone della classe D50

Image

Figura 10

Manicotto chiuso per occhioni di timone della classe D50-C

Image

Tabella 6

Dimensioni degli occhioni di timone di tipo D50-A e D50-X (cfr. figura 11)

Classe

h (in mm)

b (in mm)

D50-A

65 + 2/– 1

60 + 2/– 1

D50-X

80 massimo

62 massimo


Tabella 7

Valori caratteristici per occhioni di timone standard

Classe

D

Dc

S

V

D50-A

130

90

1 000

30

D50-B

130

90

1 000

25

D50-C

190

120

1 000

50

D50-D

190

130

1 000

75

4.2.   Prescrizioni particolari per occhioni di timone della classe D50:

4.2.1.

Gli occhioni di timone delle classi D50-A e D50-X devono corrispondere alle dimensioni illustrate nella figura 11.

Figura 11

Dimensioni degli occhioni di timone delle Classi D50-A e D50-X (cfr. tabella 6)

Image

Image

4.2.2.

Gli occhioni di timone della classe D50-B devono corrispondere alle dimensioni illustrate nella figura 12.

Figura 12

Per le dimensioni degli occhioni di timone della classe D50-B (cfr. le altre dimensioni illustrate nella figura 11)

Image

Image

Image

4.2.3.

Gli occhioni di timone delle classi D50-C e D50-D devono corrispondere alle dimensioni illustrate nella figura 13.

Figura 13

Dimensioni degli occhioni di timone delle classi D50-C e D50-D (cfr. le altre dimensioni illustrate nella figura 11)

Image

4.2.4.

Gli occhioni di timone delle classi D50-C e D50-D devono essere muniti dei manicotti chiusi illustrati nella figura 10.

4.3.   Valori di carico per occhioni di timone standard

Gli occhioni di timone standard e i mezzi di fissaggio devono essere idonei ai valori di carico stabiliti nella tabella 7 e sottoposti alle apposite prove.

4.4.   Prescrizioni generali per occhioni di timone toroidali della classe L:

4.4.1.

Gli occhioni di timone toroidali della classe L sono destinati all’utilizzo in combinazione con gli attacchi a gancio della classe K.

4.4.2.

Se utilizzati insieme a un attacco a gancio della classe K, gli occhioni di timone devono soddisfare i requisiti di articolazione prescritti al paragrafo 10.2 del presente allegato.

4.4.3.

Gli occhioni di timone toroidali della classe L devono presentare le dimensioni illustrate nella figura 14 e nella tabella 8.

Figura 14

Dimensioni degli occhioni di timone toroidali della classe L (cfr. la tabella 8)

Image

4.4.4.

Gli occhioni di timone toroidali della classe L devono soddisfare le prove prescritte nell’allegato 6, paragrafo 3.4 e devono essere idonei ai valori caratteristici riportati nella tabella 9.

Tabella 8

Dimensioni degli occhioni di timone toroidali della classe L (cfr. figura 14)

(in mm)

Classe

L1

L2

L3

L4

L5

Osservazioni

a

68 + 1,6/– 0,0

76,2 ± 0,8

76,2 ± 0,8

76,2 ± 0,8

68 + 1,6/– 0,0

 

b

41,2 ± 0,8

41,2 ± 0,8

41,2 ± 0,8

41,2 ± 0,8

41,2 ± 0,8

 

c

70

65

65

65

70

Min


Tabella 9

Valori caratteristici per occhioni di timone toroidali della classe L

Classe

L1

L2

L3

L4

L5

D kN

30

70

100

130

180

Dc kN

27

54

70

90

120

S kg

200

700

950

1 000

1 000

V kN

12

18

25

35

50

5.   TIMONI

5.1.   I timoni della classe E devono soddisfare le prove prescritte nell’allegato 6, paragrafo 3.3.

5.2.   Per assicurare il collegamento al veicolo trainante, i timoni possono essere muniti di attacchi sferici, definiti al paragrafo 2, oppure di occhioni di timone, definiti al paragrafo 4 del presente allegato. Gli attacchi sferici e gli occhioni di timone possono essere fissati tramite avvitamento, bullonatura oppure saldatura.

5.3.   Dispositivi di regolazione dell’altezza per timoni articolati.

5.3.1.

I timoni articolati devono essere muniti di dispositivi atti alla regolazione del timone rispetto all’altezza del dispositivo di attacco o della campana. Tali dispositivi devono essere progettati in modo da consentirne la regolazione da parte di una sola persona e senza l’utilizzo di attrezzi o altri ausili.

5.3.2.

I dispositivi per la regolazione dell’altezza devono consentire di innalzare o abbassare gli occhioni di timone o i giunti di rimorchio a testa sferica da una distanza di almeno 300 mm dal suolo. Entro tale intervallo la regolazione del timone deve essere continua, oppure con gradini massimi di 50 mm misurati in corrispondenza dell’occhione di timone o del giunto di rimorchio a testa sferica.

5.3.3.

I dispositivi di regolazione dell’altezza non devono intralciare la libertà di movimento del timone dopo l’agganciamento.

5.3.4.

I dispositivi di regolazione dell’altezza non devono intralciare l’azione di eventuali freni a inerzia.

5.4.   Nel caso di timoni combinati a freni ad inerzia, la distanza tra il centro dell’occhione di timone e l’estremità del gambo libero dell’occhione di timone non deve essere inferiore a 200 mm nella posizione di frenata. Con il gambo dell’occhione di timone completamente inserito, la distanza non deve essere inferiore ai 150 mm.

5.5.   I timoni destinati all’utilizzo su rimorchi ad asse centrale devono disporre contro le forze laterali di un momento resistente pari almeno alla metà del momento resistente contro le forze verticali.

6.   ALBERI

6.1.

Gli alberi della classe F devono soddisfare le prove prescritte nell’allegato 6, paragrafo 3.3.

6.2.

Lo schema di foratura per il montaggio dei dispositivi di attacco di timone standard della classe C devono essere conformi alla figura 15 e alla tabella 10 in basso.

6.3.

Gli alberi non devono essere saldati al telaio, alla carrozzeria o ad altre parti del veicolo.

Figura 15

Dimensioni di montaggio per dispositivi di attacco di timone standard (cfr. tabella 10)

Image

Tabella 10

Dimensioni di montaggio per dispositivi di attacco di timone standard — cfr. figura 15

(in mm)

Classe

C50-1

C50-2

C50-3

C50-4

C50-5

C50-6C50-7

Osservazioni

e1

83

83

120

140

160

160

± 0,5

e2

56

56

55

80

100

100

± 0,5

d1

55

75

85

95

95

+ 1,0/– 0,5

d2

10,5

10,5

15

17

21

21

H13

T

15

20

35

35

35

massimo

F

120

120

165

190

210

210

minimo

G

95

95

100

130

150

150

minimo

L1

200

300

400

400

400

minimo

7.   RALLE E CUNEI DI GUIDA

Le prescrizioni di cui ai paragrafi da 7.1 a 7.7 si applicano a tutte le ralle della classe G50.

Le ulteriori prescrizioni che devono essere soddisfatte dai dispositivi di attacco standard sono indicati al paragrafo 7.9.

I cunei di guida devono soddisfare le prescrizioni di cui al paragrafo 7.8.

7.1.   Perni di ralla idonei.

Le ralle della classe G50 devono essere progettate in modo da poterle utilizzare con i perni di attacco della classe H50 e, nello stesso tempo, presentare le caratteristiche specificate.

7.2.   Dispositivi di guida

Le ralle devono essere equipaggiate con un dispositivo di guida che assicuri l’inserimento corretto del perno di attacco in tutta sicurezza. La larghezza dell’entrata del dispositivo di guida per ralle di 50 mm di diametro standard deve essere di almeno 350 mm (cfr. figura 16).

Per le ralle di piccole dimensioni non standard della classe G50-X e che presentano un valore «D» massimo di 25 kN, la larghezza dell’entrata deve essere di almeno 250 mm.

Figura 16

Dimensioni delle ralle standard (cfr. tabella 11)

Image

Figura 16a

Tolleranze dei fori di montaggio per piastre di montaggio della classe J per ralle (cfr. paragrafo 9.1 del presente allegato)

Image

Tabella 11

Dimensioni delle ralle standard (cfr. figura 16)

(in mm)

Classe

G50-1

G50-2

G50-3

G50-4

G50-5

G50-6

H

140-159

160-179

180-199

200-219

220-239

240-260

7.3.   Articolazione minima della ralla

Se il perno di attacco è inserito e la ralla non è fissata a un veicolo o a una piastra di montaggio, considerando però l’effetto dei bulloni di montaggio, l’attacco deve consentire, contemporaneamente, i seguenti valori minimi di articolazione del perno di attacco:

7.3.1.

± 90° intorno all’asse verticale (non per ralle a guida forzata).

7.3.2.

± 12° intorno all’asse orizzontale trasversalmente alla direzione di marcia. Tale angolo non è necessariamente sufficiente per le applicazioni fuoristrada.

7.3.3.

È ammessa la rotazione assiale intorno all’asse longitudinale fino a ± 3°. Tuttavia, su una ralla a oscillazione completa è possibile ottenere un angolo maggiore, a condizione che il meccanismo di bloccaggio consenta di limitare la rotazione fino a un massimo di ± 3°.

7.4.   Dispositivi di bloccaggio per impedire lo sganciamento delle ralle.

La ralla deve essere bloccata in posizione agganciata tramite due dispositivi ad accoppiamento geometrico, ciascuno dei quali deve rimanere bloccato in caso di guasto dell’altro.

Il dispositivo di bloccaggio primario deve funzionare in automatico, mentre quello secondario può essere automatico oppure inserito a mano. Il dispositivo di bloccaggio secondario può essere progettato per funzionare in combinazione al dispositivo primario, fornendo al dispositivo primario un bloccaggio geometrico aggiuntivo. L’inserimento del dispositivo di bloccaggio secondario deve aver luogo esclusivamente in caso di inserimento corretto del dispositivo primario.

Il disinserimento accidentale dei dispositivi di bloccaggio non deve essere possibile. Il disinserimento deve richiedere un’azione volontaria da parte del conducente o dell’operatore del veicolo.

La posizione di bloccaggio e chiusura dell’attacco deve essere indicata visivamente da un dispositivo meccanico e deve essere possibile verificare la posizione dell’indicatore al tatto, ad esempio, per consentire il controllo al buio. Il dispositivo di segnalazione deve indicare l’inserimento sia del dispositivo di bloccaggio primario sia di quello secondario, è tuttavia sufficiente che venga segnalato l’inserimento di un solo dispositivo se l’inserimento dell’altro dispositivo costituisce una caratteristica concomitante e intrinseca di progettazione.

7.5.   Meccanismi di azionamento o sbloccaggio.

In posizione di chiusura è necessario impedire l’azionamento involontario o accidentale dei meccanismi di azionamento o sbloccaggio. Il sistema di bloccaggio deve essere configurato in modo che il disinserimento del dispositivo di bloccaggio richieda un’azione deliberata e consapevole finalizzata all’azionamento del meccanismo di sbloccaggio dell’attacco.

7.6.   Finitura superficiale.

Le superfici della piastra di attacco e del dispositivo di bloccaggio devono essere soddisfacenti dal punto di vista funzionale e accuratamente lavorate di macchina, fucinate, fuse oppure stampate alla pressa.

7.7.   Prescrizioni di carico.

Tutte le ralle devono soddisfare le prove descritte all’allegato 6, paragrafo 3.7.

7.8.   Cunei di guida.

7.8.1.

Le dimensioni dei cunei a guida forzata dei semirimorchi devono essere conformi a quanto illustrato nella figura 17.

Figura 17

Dimensioni dei cunei di guida a molla

Image

7.8.2.

Il cuneo di guida deve consentire un agganciamento sicuro e corretto e deve essere montato su molla. La resistenza della molla deve essere stabilita in modo da consentire l’aggancio di un semirimorchio scarico e in modo che, con il semirimorchio a pieno carico, il cuneo di guida sia stabilmente a contatto con i fianchi dell’attacco durante l’utilizzo. Lo sganciamento della ralla deve essere possibile a semirimorchio sia carico che scarico.

7.9.   Prescrizioni particolari per ralle standard:

7.9.1.

Le dimensioni devono corrispondere a quelle riportate nella figura 16 e tabella 11.

7.9.2.

Devono risultare idonee e, superate di prove di verifica, in possesso di un valore D pari a 150 kN e di un valore U pari a 20 tonnellate.

7.9.3.

Il disinserimento deve essere possibile tramite una leva a mano montata direttamente sull’attacco.

7.9.4.

Devono risultare idonee alla guida forzata di semirimorchi tramite cunei di guida – cfr. paragrafo 7.8.

8.   PERNI DI RALLA

8.1.

I perni di ralla della classe H50 (ISO 337) devono corrispondere alle dimensioni illustrate nella figura 18.

Figura 18

Dimensioni dei perni di ralla della classe H50

Image

8.2.

I perni di attacco devono soddisfare le prove prescritte nell’allegato 6, paragrafo 3.9.

9.   PIASTRE DI MONTAGGIO

9.1.

Se destinate a ralle standard, le piastre di montaggio della classe J per ralle devono presentare dei fori di montaggio circolari disposti come illustrato nella figura 16a. Tali fori di montaggio devono presentare un diametro di 17 mm + 2,0 mm/– 0,0 mm. I fori devono essere di forma circolare, NON asolati (cfr. figura 16a).

9.2.

Le piastre di montaggio per ralle standard devono essere idonee alla guida forzata di semirimorchi (con cunei di guida). Le piastre di montaggio per ralle non standard, quindi non idonee alla guida forzata, devono essere opportunamente contrassegnate.

9.3.

Le piastre di montaggio per ralle devono soddisfare le prove descritte all’allegato 6, paragrafo 3.8.

10.   ATTACCHI A GANCIO

10.1.   Prescrizioni generali per attacchi a gancio della classe K:

10.1.1.

Tutti gli attacchi a gancio della classe K devono soddisfare le prove prescritte all’allegato 6, paragrafo 3.5 e devono risultare idonei ai valori caratteristici riportati nella tabella 13.

10.1.2.

Gli attacchi a gancio della classe K devono corrispondere alle dimensioni illustrate nella figura 19 e nella tabella 12. Gli attacchi appartenenti alle classi da K1 a K4 sono di tipo non automatico e possono essere utilizzati esclusivamente su rimorchi di massa massima ammessa non superiore a 3,5 tonnellate, mentre quelli delle classi da KA1 a KA3 sono di tipo automatico.

Figura 19

Dimensioni e articolazione degli attacchi a gancio della classe K

Image

10.1.3.

Gli attacchi a gancio devono essere utilizzati esclusivamente con occhioni di timone toroidali, e, quando utilizzati con occhioni di timone toroidali della classe L, l’attacco della classe K deve presentare i livelli di articolazione indicati al paragrafo 10.2 del presente allegato.

10.1.4.

Gli attacchi a gancio della classe K devono essere utilizzati con occhioni toroidali che presentano una distanza minima, o libertà di movimento, pari a 3 mm e, se nuovi, una distanza massima di 5 mm. Il costruttore degli attacchi è tenuto ad indicare gli occhioni di timone idonei utilizzando il modulo di comunicazione nell’allegato 1.

10.2.   Quando utilizzato con un occhione toroidale della classe L ma non installato su un veicolo, l’attacco di classe K deve presentare i seguenti angoli di articolazione non simultanei – cfr. inoltre figura 19:

10.2.1.

± 90° in orizzontale intorno all’asse verticale dell’attacco.

10.2.2.

± 40° in verticale intorno all’asse trasversale orizzontale dell’attacco.

10.2.3.

± 20° di rotazione assiale intorno all’asse longitudinale dell’attacco.

10.3.   Gli attacchi automatici a gancio della classe K devono disporre di una campana progettata in modo da guidare l’occhione di timone nell’attacco.

10.4.   Bloccaggio per impedire lo sganciamento involontario.

Nella posizione di chiusura l’attacco deve essere bloccato tramite due dispositivi ad accoppiamento geometrico, ciascuno dei quali deve rimanere bloccato in caso di guasto dell’altro.

L’attacco in posizione di chiusura e di bloccaggio deve essere indicato chiaramente all’esterno tramite un dispositivo meccanico. Deve essere possibile verificare la posizione dell’indicatore al tatto, ad esempio, al buio.

Il dispositivo di segnalazione meccanica deve indicare l’inserimento di entrambi i dispositivi di bloccaggio (condizione AND).

Tuttavia è sufficiente che venga segnalato l’inserimento di un solo dispositivo di bloccaggio se l’inserimento del secondo dispositivo di bloccaggio costituisce una caratteristica intrinseca di progettazione.

10.5.   Leve a mano

Le leve a mano devono essere ergonomiche e arrotondate all’estremità. In prossimità della leva a mano l’attacco non deve presentare spigoli vivi o punti di schiacciamento che potrebbero determinare lesioni durante l’azionamento dell’attacco. La forza necessaria per sganciare l’attacco, misurata senza l’occhione di timone, non deve superare i 250 N perpendicolarmente alla leva a mano e nel senso di manovra.

Tabella 12

Dimensioni per attacchi a gancio della classe K (cfr. figura 19)

Classe

K1

K2

K3

K4

KA1

KA2

KA3

Osservazioni

e1

83

83

120

120

140

160

± 0,5

e2

56

56

55

55

80

100

± 0,5

e3

90

± 0,5

d2

17

10,5

10,5

15

15

17

21

H13

c

3

3

3

3

3

3

3

Min

f

130

175

175

180

180

200

200

Max

g

100

100

100

120

120

140

200

Max

a

45

45

45

45

45

45

45

+ 1,6/– 0,0

L1

120

120

120

120

250

300

300

Max

L2

74

74

63

74

90

90

90

Max

L3

110

130

130

150

150

200

200

Max


Tabella 13

Valori caratteristici per attacchi a gancio della classe K

Classe

K1

K2

K3

K4

KA1

KA2

KA3

D kN

17

20

20

25

70

100

130

Dc kN

17

20

54

70

90

S kg

120

120

200

250

700

900

1 000

V kN

10

10

18

25

35

11.   DISPOSITIVI DI ATTACCO A TIMONE SPECIFICI — CLASSE T

11.1.

I dispositivi di attacco a timone specifici della classe T sono destinati all’utilizzo su insiemi di veicoli specifici, ad esempio, le bisarche. Tali veicoli presentano strutture particolari e possono richiedere una collocazione particolare e insolita dell’attacco.

11.2.

Gli attacchi della classe T vanno utilizzati esclusivamente con rimorchi ad asse centrale e tale limitazione deve essere indicata sul modulo di comunicazione riportato nell’allegato 1.

11.3.

Gli attacchi della classe T devono essere omologati come coppia adattata e la relativa separazione deve essere possibile esclusivamente in officina utilizzando strumenti che non fanno parte della normale dotazione di bordo dei veicoli.

11.4.

Gli attacchi della classe T non si azionano automaticamente.

11.5.

Gli attacchi della classe T devono soddisfare le prescrizioni di prova pertinenti indicate nell’allegato 6, paragrafo 3.3, tranne il paragrafo 3.3.4.

11.6.

Gli angoli di articolazione minimi illustrati di seguito devono essere ottenuti simultaneamente con attacchi non montati sul veicolo ma assemblati e nella stessa posizione normale prevista dal montaggio su un veicolo;

11.6.1.

± 90° in orizzontale intorno all’asse verticale;

11.6.2.

± 8° in verticale intorno all’asse trasversale orizzontale;

11.6.3.

± 3° di rotazione assiale intorno all’asse longitudinale orizzontale.

12.   DISPOSITIVI DI INDICAZIONE E CONTROLLO A DISTANZA

12.1.   Prescrizioni generali

I dispositivi di indicazione e di controllo a distanza sono ammessi esclusivamente sui dispositivi di attacco automatici delle classi C50-X e G50-X.

I dispositivi di indicazione e di controllo a distanza non devono interferire con la libertà di movimento minima dell’occhione di timone agganciato o del semirimorchio agganciato. Essi devono essere installati in modo permanente sul veicolo.

Tutti i dispositivi di indicazione o di controllo a distanza rientrano, per quanto riguarda le attività di prova e omologazione, nelle stesse condizioni applicate al dispositivo di aggancio insieme a tutte le parti dei dispositivi di comando e di trasmissione.

12.2.   Indicazione a distanza

12.2.1.

Se l’agganciamento è automatico, i dispositivi di indicazione a distanza devono segnalare visivamente la posizione di chiusura e di doppio bloccaggio dell’attacco secondo quanto indicato al paragrafo 12.2.2. Inoltre la posizione di apertura può essere indicata come illustrato al paragrafo 12.2.3.

Il dispositivo di indicazione deve azionarsi e azzerarsi automaticamente ad ogni apertura e chiusura dell’attacco.

12.2.2.

Il passaggio dalla posizione di apertura a quella di chiusura e di doppio bloccaggio deve essere indicata tramite un segnale ottico verde.

12.2.3.

Per indicare la posizione di apertura e/o di sbloccaggio, deve essere utilizzato un segnale visivo rosso.

12.2.4.

Per l’indicazione del completamente della procedura di agganciamento automatico, la spia deve assicurarsi che il perno di attacco abbia raggiunto la posizione finale di doppio bloccaggio.

12.2.5.

In caso di guasto al sistema di indicazione a distanza, questo non deve indicare nel corso dell’agganciamento una posizione di chiusura o di bloccaggio se non è stato raggiunta la posizione finale.

12.2.6.

Il disinserimento di uno dei due dispositivi di bloccaggio deve determinare lo spegnimento del segnale ottico verde e la visualizzazione di quello rosso (se in dotazione).

12.2.7.

Gli indicatori meccanici installati direttamente sul dispositivo di attacco devono essere trattenuti.

12.2.8.

Per evitare di distrarre il conducente durante la guida normale, devono essere previste delle misure atte allo spegnimento del dispositivo di indicazione, che tuttavia deve riattivarsi automaticamente alla successiva apertura e chiusura dell’attacco — cfr. paragrafo 12.2.1.

12.2.9.

I comandi e le spie dei dispositivi di indicazione a distanza devono essere installati nel campo visivo del conducente ed essere identificati in modo chiaro e permanente.

12.3.   Comando a distanza

12.3.1.

Se si utilizza un dispositivo di comando a distanza, definito al paragrafo 2.8 del presente regolamento, è necessario prevedere anche un dispositivo di indicazione descritto al paragrafo 12.2, che indichi almeno la condizione di apertura dell’attacco.

12.3.2.

È necessario prevedere un apposito interruttore (ad esempio interruttore generale, leva o valvola) per consentire l’apertura o la chiusura dell’attacco tramite il dispositivo di comando a distanza. Se tale interruttore generale non è collocato nella cabina di guida, non deve trovarsi in una posizione in cui sia liberamente accessibile a persone non autorizzate oppure deve essere lucchettato. L’effettivo azionamento dell’attacco dalla cabina di guida deve essere possibile solo quando è precluso un eventuale azionamento involontario, ad esempio tramite un meccanismo che richiede l’uso delle due mani.

Va prevista la possibilità di accertare se l’apertura dell’attacco tramite comando a distanza è stata completata o meno.

12.3.3.

Se il sistema di comando a distanza prevede l’apertura dell’attacco tramite una forza esterna, la condizione in cui la forza esterna agisce sull’attacco deve essere opportunamente indicata al conducente. Ciò non è necessario se la forza esterna è attiva esclusivamente durante il funzionamento del comando a distanza.

12.3.4.

Se il dispositivo azionatore per l’apertura dell’attacco tramite comando a distanza è montato all’esterno del veicolo, deve essere possibile sorvegliare la zona compresa tra i due veicoli agganciati, pur non essendo necessario accedere a quest’area per azionarlo.

12.3.5.

Eventuali errori nell’azionamento oppure l’eventuale comparsa di guasti al sistema non deve determinare l’apertura accidentale dell’attacco durante il normale utilizzo su strada. Eventuali guasti al sistema devono essere segnalati direttamente oppure manifestarsi immediatamente al successivo azionamento, ad esempio tramite un malfunzionamento.

12.3.6.

In caso di guasto del sistema di comando a distanza deve essere possibile, in caso di emergenza, aprire l’attacco ricorrendo ad almeno un’altra modalità. Se tale modalità richiede l’utilizzo di uno strumento, questo deve far parte del kit di strumenti in dotazione al veicolo. Le prescrizioni di cui al paragrafo 3.6 del presente allegato non si applicano alle leve a mano utilizzate esclusivamente per l’apertura dell’attacco in casi di emergenza.

12.3.7.

I comandi e le spie dei dispositivi di comando a distanza devono essere identificati in modo chiaro e permanente.


ALLEGATO 6

Prova dei dispositivi o componenti di attacco meccanico

1.   REQUISITI GENERALI DELLE PROVE

1.1.

I campioni dei dispositivi di attacco devono essere sottoposti a prove sia di resistenza sia di funzionalità. La determinazione delle proprietà fisiche deve essere eseguita ovunque possibile, tuttavia, salvo diversa indicazione, l’autorità o servizio tecnico di omologazione può astenersi dalla prova di resistenza fisica se la semplicità di configurazione di un componente consente una verifica teorica. Le verifiche teoriche vengono eseguite al fine di determinare le condizioni nel caso peggiore. In tutti i casi, le verifiche teoriche devono assicurare la stessa qualità di risultati dei collaudi eseguiti con metodo statico o dinamico. Nei casi dubbi sono determinanti i risultati delle prove fisiche.

Cfr. inoltre paragrafo 4.8 del presente regolamento.

1.2.

Nel caso dei dispositivi di attacco la resistenza deve essere verificata tramite prova dinamica (prova di durata). In determinati casi sono necessarie ulteriori prove statiche (cfr. paragrafo 3 del presente allegato).

1.3.

La prova dinamica (esclusa la prova ai sensi del paragrafo 3.10 del presente allegato) va effettauta con un carico approssimativamente sinusoidale (alternato e/o pulsante) caratterizzato da un numero di cicli di sollecitazione adeguato al materiale. Non devono registrarsi incrinature o rotture.

1.4.

Con le prove statiche prescritte sono ammesse esclusivamente lievi deformazioni permanenti. Salvo diversa indicazione, le deformazioni permanenti plastiche, dopo il disinserimento non devono superare il 10 per cento della deformazione massima misurata nel corso della prova. Qualora la misurazione della deformazione durante la prova esponga il collaudatore a dei rischi, è possibile omettere tale parte della prova statica, a patto però che lo stesso parametro venga verificato nel corso di altre prove, quali la prova dinamica.

1.5.

Le ipotesi di carico nelle prove dinamiche sono basate sulla componente di forza orizzontale applicata all’asse longitudinale del veicolo e sulla componente di forza verticale. Le componenti di forza orizzontali trasversali applicate all’asse longitudinale del veicolo e i momenti non vengono presi in considerazione, purché siano di rilevanza trascurabile. Questa semplificazione non vale per la procedura di prova ai sensi del paragrafo 3.10 del presente allegato

Se la configurazione del dispositivo di attacco, del relativo fissaggio al veicolo oppure del fissaggio di sistemi aggiuntivi (quali stabilizzatori, dispositivi di bloccaggio chiusi ecc.) determina forze o momenti aggiuntivi, l’autorità o servizio tecnico di omologazione può chiedere prove ulteriori.

La componente di forza orizzontale applicata all’asse longitudinale del veicolo è rappresentata da una forza di riferimento teorica, equivalente al valore D oppure Dc. La componente di forza verticale, se applicabile, è rappresentata dal carico portante verticale statico S, applicato al punto di agganciamento e dal carico verticale ipotetico assunto V, oppure, nel caso delle ralle, dal carico portante verticale statico U.

1.6.

I valori caratteristici D, Dc, S, V e U, su cui si basano le prove e definiti al paragrafo 2.11 del presente regolamento, vanno desunti dalle informazioni fornite dal costruttore e indicate nella domanda di omologazione — cfr. il modulo di comunicazione riportato negli allegati 1 e 2.

1.7.

Qualsiasi dispositivo di bloccaggio sicuro che sia trattenuto in posizione da una forza elastica deve rimanere saldo in tale posizione se sottoposto a una forza applicata nella direzione meno favorevole ed equivalente a tre volte la massa del meccanismo di bloccaggio.

2.   PROCEDURE DI PROVA

Se si adotta la procedura di prova di cui al paragrafo 3.10 del presente allegato, non si applicano i paragrafi 2.1, 2.2, 2.3 e 2.5.

2.1.

Per eseguire le prove dinamiche e le prove statiche il campione deve essere collocato in un impianto adeguato corredato di un dispositivo atto all’applicazione di forza, tale da impedire l’azione di ulteriori forze o momenti diversi dalle forze di prova specificate. Nel caso delle prove alternate, la direzione di applicazione delle forze non deve discostarsi dalla direzione specificata per valori superiori a ± 1°. Nel caso delle prove pulsanti e statiche, l’angolo deve essere impostato in base alla forza di prova massima. Ciò in genere richiede un giunto nel punto di applicazione della forza (ad esempio il punto di agganciamento) e un secondo giunto a una certa distanza.

2.2.

La frequenza di prova non deve superare i 35 Hz. La frequenza selezionata deve essere opportunamente separata dalle frequenze di risonanza del dispositivo di prova comprendente il dispositivo sottoposto a prova. In caso di collaudo asincrono le frequenze delle due componenti di forza devono essere comprese all’incirca fra l’1 percento e un massimo di 3 percento. Per i dispositivi di attacco in acciaio il numero di cicli di sollecitazione è pari a 2 × 106. Per i dispositivi in materiali diversi dall’acciaio è necessario un numero di cicli maggiore. Per determinare la presenza di eventuali incrinature nel corso della prova, deve essere utilizzato il metodo del liquido penetrante colorato proprio del controllo delle incrinature oppure un metodo equivalente.

2.3.

In caso di prove pulsanti, la forza di prova oscilla fra la forza di prova massima e una forza di prova inferiore minima, che non può essere superiore al 5 per cento della forza di prova massima, salvo diversa indicazione riportata nella procedura di prova specifica.

2.4.

In caso di prove statiche diverse dalle prove particolari prescritte al paragrafo 3.2.3 del presente allegato, la forza di prova deve essere applicata in modo regolare e veloce e deve essere mantenuta per almeno 60 secondi.

2.5.

I dispositivi o componenti di attacco sottoposti a prova, in genere, devono essere montati il più rigidamente possibile su un impianto di prova nella posizione in cui saranno utilizzati sul veicolo. I dispositivi di fissaggio devono corrispondere a quelli specificati dal costruttore o richiedente, devono essere quelli destinati all’agganciamento del dispositivo o componente di attacco al veicolo e/o devono presentare caratteristiche meccaniche identiche.

2.6.

I dispositivi o componenti di attacco devono essere sottoposti a prova nella forma che presentano quando utilizzati su strada. Tuttavia, a discrezione del costruttore e in accordo con il servizio tecnico, i pezzi flessibili possono essere bloccati se ciò risulta necessario per la procedura di prova e se ciò non falsa il risultato della prova.

I pezzi flessibili che nel corso di tali procedure di prova accelerate si surriscaldano possono essere sostituiti nel corso della prova. I carichi di prova possono essere applicati mediante dispositivi speciali senza gioco.

3.   PRESCRIZIONI SPECIFICHE DI COLLAUDO

Se si adotta la procedura di prova di cui al paragrafo 3.10 del presente allegato, non si applicano le prescrizioni di cui ai paragrafi da 3.1.1 a 3.1.6.

3.1.   Ganci a sfera e supporti

3.1.1.   I dispositivi di aggancio meccanico muniti di ganci a sfera possono essere dei seguenti tipi:

i)

ganci a sfera monoblocco comprendenti dispositivi con sfere staccabili non intercambiabili (cfr. figure 20a e 20b);

ii)

ganci a sfera, comprendenti alcune parti smontabili (cfr. figure 20c, 20d e 20e);

iii)

supporti privi di sfera (cfr. figura 20f).

Figura 20

Disposizione dei supporti a sfera

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3.1.2.   La prova base è costituita da una prova di durata dinamica. Il campione di prova comprende il gancio a sfera, il collo della sfera e i supporti necessari a fissare il gruppo al veicolo. Il gancio a sfera e il supporto devono essere montati in modo rigido a un impianto di prova in grado di produrre una forza alternata, nella posizione di utilizzo prevista.

3.1.3.   Le posizioni dei punti di ancoraggio per il fissaggio del gancio a sfera e del supporto sono specificate dal costruttore del veicolo (cfr. paragrafo 5.3.2 del presente regolamento).

3.1.4.   I dispositivi sottoposti a prova devono presentare tutte le parti e i particolari costruttivi che possono influire sui criteri di resistenza (ad esempio piastra per le prese elettriche, eventuali contrassegni ecc.). I campioni di prova devono comprendere tutte le parti, inclusi i punti di ancoraggio o i punti di montaggio al veicolo. La collocazione geometrica del gancio a sfera e i punti di fissaggio del dispositivo di attacco rispetto alla linea di riferimento devono essere forniti dal costruttore del veicolo e indicati nel verbale di prova. Tutte le posizioni relative dei punti di ancoraggio rispetto alla linea di riferimento, di cui il costruttore del veicolo trainante è tenuto a fornire al costruttore del dispositivo trainante tutte le informazioni necessarie, devono essere ripetute sul banco di prova.

3.1.5.   Il campione montato sull’impianto di prova deve essere sottoposto a una prova di sollecitazione alternata, applicata con l’angolazione rispetto alla sfera illustrata nella figura 21 o 22.

La direzione dell’angolo di prova deve essere determinata dalla relazione verticale esistente fra una linea di riferimento orizzontale che passa attraverso il centro della sfera e una linea orizzontale che passa attraverso il punto di fissaggio del dispositivo di attacco, che rappresenta il punto più alto o il più vicino, se la misurazione è in orizzontale, al piano verticale trasversale passante attraverso il centro della sfera. Se la linea del punto di fissaggio si trova sopra la linea di riferimento orizzontale, la prova deve essere eseguita a un angolo pari a α = + 15° ± 1°, se invece è inferiore, la prova deve essere eseguita a un angolo pari a α = – 15° ± 1° (cfr. figura 21). I punti di fissaggio da considerare al momento di stabilire l’angolo di prova devono essere a quelli dichiarati dal costruttore del veicolo e che trasmettono le maggiori forze di traino alla struttura del veicolo trainante.

Tale angolo viene scelto al fine di considerare il carico verticale statico e dinamico ed è applicabile esclusivamente per un carico verticale statico ammesso non superiore a:

S = 120 × D [N]

Laddove il carico verticale statico supera quello calcolato in alto, l’angolo deve essere aumentato, in entrambe le condizioni, portandolo a 20°.

La prova dinamica deve essere eseguita con la seguente forza di prova:

Fhs res = ± 0,6 D

3.1.6.   La procedura di prova si applica ai diversi tipi di dispositivi di attacco (cfr. paragrafo 3.1.1 del presente allegato) nel seguente modo:

3.1.6.1.

Ganci a sfera monoblocco comprendenti dispositivi con sfere staccabili non intercambiabili (cfr. figure 20a e 20b).

3.1.6.1.1.

La prova di resistenza per i dispositivi illustrati nelle figure 20a e 20b deve essere eseguita conformemente alle prescrizioni di cui al paragrafo 3.1.5;

Figura 21

Angoli di applicazione della forza di prova

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Figura 22

Angoli di applicazione della forza di prova

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3.1.6.2.

Ganci a sfera, comprendenti parti smontabili.

Sono definite le seguenti categorie:

a)

supporto e sfera (cfr. figura 20c);

b)

supporto e sfera su supporto incorporato (cfr. figura 20d);

c)

supporto con sfera staccabile (cfr. figura 20e);

d)

supporto senza sfera (cfr. figura 20f).

3.1.6.2.1.

La prova di resistenza per i dispositivi illustrati nelle figure da 20c a 20f deve essere eseguita conformemente alle prescrizioni di cui al paragrafo 3.1.5. Le dimensioni e ed f devono presentare una tolleranza di fabbricazione pari a ± 5 mm e devono essere specificate nel verbale di prova.

La prova relativa al supporto (cfr. figura 20f) deve essere eseguita con sfera montata (su supporto). Si terrà conto esclusivamente del risultato della prova effettuata sulla parte del supporto compresa fra i punti di fissaggio e la superficie di montaggio del supporto sfera.

Le dimensioni e ed f devono presentare una tolleranza di fabbricazione pari a ± 5 mm e devono essere specificate dal costruttore del dispositivo di attacco.

3.1.6.3.

Dispositivi di attacco con dimensioni e ed f variabili per ganci a sfera smontabili e intercambiabili — cfr. figura 22.

3.1.6.3.1.

Le prove di resistenza per supporti di questo tipo devono essere eseguite conformemente alle prescrizioni di cui al paragrafo 3.1.5.

3.1.6.3.2.

Se, in seguito ad accordo fra il costruttore e l’autorità o servizio tecnico di omologazione, è possibile definire una configurazione nel caso peggiore, è sufficiente eseguire il collaudo solo su tale configurazione.

In caso contrario, la sfera viene sottoposta a prova in posizioni diverse secondo un programma di prova semplificato di cui al paragrafo 3.1.6.3.3.

3.1.6.3.3.

In un programma di prova semplificato, il valore corrispondente ad f deve essere compreso tra un valore definito di fmin e un valore di fmax che non deve superare 100 mm. La sfera deve trovarsi a una distanza, emax, di 130 mm dal supporto. Per tener conto di tutte le possibili posizioni della sfera, nel campo compreso tra la distanza orizzontale dalla superficie di montaggio e l’intervallo verticale di f (fmin fino a fmax), vanno sottoposti a prova due dispositivi:

i)

uno con una sfera nella posizione superiore (fmax); e

ii)

uno con una sfera nella posizione inferiore (fmin).

L’angolo di applicazione della forza di prova varia, in positivo o in negativo, in funzione della relazione della linea di riferimento orizzontale centrale della sfera rispetto alla linea parallela che passa attraverso il punto di fissaggio del dispositivo di attacco più alto e più vicino. Gli angoli da utilizzare sono illustrati nella figura 22.

3.1.7.   Nel caso in cui le unità sfera staccabili sono trattenute utilizzando dispositivi di fissaggio diversi dagli accessori filettati, ad esempio fermi a molla, e laddove l’aspetto di accoppiamento geometrico del dispositivo non è sottoposto a prova nel corso della prova dinamica, allora il dispositivo deve essere sottoposto a una prova statica, applicata alla sfera o al dispositivo di accoppiamento geometrico in una direzione adeguata. Laddove il dispositivo di accoppiamento geometrico trattenga l’unità sfera in verticale, la prova statica deve essere applicata a una forza verticale che agisce verso l’alto rispetto alla sfera equivalente al valore «D». Laddove il dispositivo di accoppiamento geometrico trattenga l’unità sfera mediante una configurazione orizzontale trasversale, la prova statica deve applicare una forza in questa direzione equivalente a 0,25 D. Non devono verificarsi guasti del dispositivo di accoppiamento geometrico o distorsioni che possono pregiudicarne il funzionamento.

3.1.8.   I punti di fissaggio per l’attacco secondario di cui all’allegato 5, paragrafo 1.5, devono sopportare una forza orizzontale statica equivalente a 2D con un massimo di 15 kN. Laddove per il cavo di rottura sia previsto un punto di fissaggio a parte, questo deve sopportare una forza orizzontale statica equivalente a D.

3.2.   Attacchi sferici

3.2.1.   La prova base è costituita da una prova di durata con forza di prova alternata seguita da una prova statica (prova di sollevamento) eseguita sullo stesso campione di prova.

3.2.2.   La prova dinamica deve essere eseguita con un gancio a sfera della classe A di resistenza appropriata. Sull’impianto di prova il gancio a sfera e l’attacco sferico devono essere disposti secondo le indicazioni del costruttore e orientati secondo le posizioni relative che occupano durante l’utilizzo normale. Nessuna forza deve poter aggiungersi alla forza di prova applicata al campione. La forza di prova deve essere applicata lungo una linea che passa attraverso il centro della sfera e inclinata verso la parte posteriore a 15° (cfr. figura 23). Il campione di prova deve essere sottoposto a prova di durata con la seguente forza di prova:

Fhs res w = ± 0,6 D

Laddove la massa verticale statica massima ammessa, S, supera 120 D, l’angolo di prova deve essere aumentato portandolo a 20°.

Figura 23

Prova dinamica

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3.2.3.   Deve essere eseguita anche una prova di separazione statica. Il gancio a sfera utilizzato per la prova deve presentare un diametro compreso tra 49,00 e 49,13 mm, a rappresentare un gancio a sfera usurato. La forza di separazione, Fa, deve essere applicata perpendicolarmente a entrambi gli assi centrali trasversali e longitudinali dell’attacco sferico e deve essere aumentata in modo regolare e rapido fino a un valore pari a:

Fa = g (C + S/1 000) kN

ed essere mantenuta per 10 secondi.

L’attacco sferico non deve separarsi dalla sfera e nessun componente dell’attacco sferico deve presentare deformazioni permanenti che potrebbero pregiudicarne la capacità funzionale.

3.3.   Dispositivi di attacco di timone e alberi

3.3.1.   Deve essere eseguita una prova di durata su un campione di prova. L’attacco deve essere equipaggiato di tutti i dispositivi di fissaggio necessari per montarlo al veicolo. Qualsiasi dispositivo intermedio montato tra i dispositivi di attacco di timone e la struttura del veicolo (ad esempio gli alberi) deve essere sottoposto a prova con le stesse forze applicate all’attacco. Durante il collaudo degli alberi destinati ai dispositivi di attacco di timone standard, il carico verticale deve essere applicato a una distanza longitudinale dal piano verticale dei punti di fissaggio pari alla posizione dell’attacco standard corrispondente.

3.3.2.   Dispositivi di attacco di timone per timoni articolati (S = 0)

La prova dinamica deve essere eseguita con una forza alternata orizzontale di Fhw = ± 0,6 D esercitata parallelamente al suolo e nel piano mediano longitudinale del veicolo trainante passante per il centro del perno di attacco.

3.3.3.   Dispositivi di attacco di timone da utilizzare con rimorchi ad asse centrale (S > 0).

3.3.3.1.

Masse di rimorchio ad asse centrale fino a 3,5 tonnellate:

I dispositivi di attacco di timone da utilizzare con rimorchi ad asse centrale fino a una massa di 3,5 tonnellate devono essere collaudati allo stesso modo dei ganci a sfera e dei supporti descritti al punto 3.1 del presente allegato.

3.3.3.2.

Masse di rimorchio ad asse centrale superiori a 3,5 tonnellate:

Le forze di prova sono applicate al campione in entrambe le direzioni orizzontale e verticale in una prova di durata asincrona. L’asse orizzontale della forza deve essere parallela al suolo, trovarsi sul piano mediano longitudinale del veicolo trainante e attraversare il centro del perno di attacco. L’asse verticale della forza deve essere perpendicolare all’asse orizzontale della forza e deve applicarsi sull’asse longitudinale del perno di attacco.

I dispositivi di fissaggio per i dispositivi di attacco di timone e l’occhione di timone sull’impianto di prova devono essere gli stessi previsti per il suo fissaggio al veicolo secondo le istruzioni di montaggio del costruttore.

Devono essere applicate le seguenti forze di prova:

Tabella 14

Forze di prova

Forza di prova

Valore medio (kN)

Ampiezza (kN)

Forza orizzontale

0

± 0,6 Dc (cfr. nota)

Forza verticale

S × g/1 000

± 0,6 V (cfr. nota)

Nota: Nel caso dei dispositivi di attacco di timone specifici della classe T questi valori sono ridotti a ± 0,5 Dc e ± 0,5V.

Le componenti verticale e orizzontale devono essere di forma sinusoidale e devono essere applicate in modo asincrono, con una differenza di frequenza compresa tra l’1 % e il 3 %.

3.3.4.   Prova statica sul dispositivo di bloccaggio del perno di attacco

Per i dispositivi di attacco di timone è necessario anche collaudare la chiusura ed eventuali dispositivi di serraggio applicando una forza statica di 0,25 D in direzione dell’apertura. La prova non deve causare l’apertura del dispositivo di chiusura né provocare danni. Una forza di prova di 0,1 D è sufficiente in caso di perni di attacco cilindrici.

3.4.   Occhioni di timone

3.4.1.   Gli occhioni di timone devono essere sottoposti alle stesse prove dinamiche previste per i dispositivi di attacco di timone. Gli occhioni di timone utilizzati unicamente per rimorchi con timoni articolati che consentono un libero movimento in verticale devono essere sottoposti a una forza alternata come descritto nel paragrafo 3.3.2. Gli alberi destinati anche all’utilizzo su rimorchi ad asse centrale devono essere collaudati testati allo stesso modo degli attacchi sferici (paragrafo 3.2) per masse dei rimorchi C fino a 3,5 tonnellate incluse e allo stesso modo dei dispositivi di attacco di timone (paragrafo 3.3.3.2) per rimorchi ad asse centrale con una massa, C, che supera le 3,5 tonnellate.

3.4.2.   Gli occhioni toroidali della classe L devono essere collaudati allo stesso modo degli occhioni di timone standard.

3.4.3.   Il collaudo degli occhioni di timone deve essere eseguito in maniera tale che la forza alternata si applichi anche sulle parti utilizzate per il fissaggio dell’occhione al timone. Tutti i componenti intermedi flessibili devono essere bloccati.

3.5.   Attacchi a gancio

3.5.1.   Gli attacchi a gancio della classe K devono soddisfare la prova dinamica indicata al paragrafo 3.5.2 del presente allegato.

3.5.2.   Prova dinamica:

3.5.2.1.

La prova dinamica è rappresentata da una prova pulsante che utilizza un occhione toroidale della classe L con attacco come avverrebbe sul veicolo e con tutte le parti necessarie per l’installazione sul veicolo. Eventuali pezzi flessibili possono tuttavia essere bloccati in accordo con l’autorità o servizio tecnico di omologazione;

3.5.2.2.

Nel caso di attacchi a gancio destinati all’utilizzo con rimorchi a timone articolato, in cui il carico verticale applicato sull’attacco, S, è pari a zero, la forza di prova deve essere applicata in direzione orizzontale simulando una forza di trazione sul gancio comprsa tra 0,05 D e 1,00 D;

3.5.2.3.

Nel caso di attacchi a gancio destinati all’utilizzo con rimorchi ad asse centrale, la forza di prova deve rappresentare la risultante delle forze orizzontali e verticali sull’aggancio e deve essere applicata su un angolo, -a, ovvero su un asse che va dall’alto sulla parte anteriore al basso sulla parte posteriore (cfr. figura 21), nonché essere equivalente all’angolo calcolato dalla risultante fra le forze orizzontali e verticali applicate sull’attacco. La forza, Fhs res deve essere calcolata come segue:

Formula laddove Formula e Formula

3.5.2.4.

La forza applicata deve essere compresa tra 0,05 Fhs res e 1,00 Fhs res.

3.5.3.   Prova statica sul dispositivo di bloccaggio dell’attacco.

Nel caso degli attacchi a gancio è necessario collaudare anche la chiusura ed eventuali dispositivi di bloccaggio mediante una forza statica pari a 0,25 D applicata in direzione di apertura. La prova non deve determinare l’apertura del dispositivo di chiusura, né provocare danni.

3.6.   Timoni

3.6.1.   I timoni devono essere sottoposti a prova secondo la stessa modalità degli occhioni di timone (cfr. paragrafo 3.4). L’autorità o servizio tecnico di omologazione può astenersi dalla prova di durata se la semplicità di configurazione di un componente consente una verifica teorica della resistenza. Le forze di progetto per la verifica teorica del timone dei rimorchi ad asse centrale con massa, C, fino a 3,5 tonnellate vanno desunte da ISO 7641/1:1983. Le forze di progetto per la verifica teorica dei timoni per rimorchi ad asse centrale aventi massa, C, superiore a 3,5 tonnellate vanno calcolate nel modo seguente:

Fsp = (g × S/1 000) + V

dove l’ampiezza della forza V è quella indicata al paragrafo 2.11.4 del presente regolamento.

Le sollecitazioni ammissibili sulla base delle masse di progetto per rimorchi aventi massa complessiva, C, superiore a 3,5 tonnellate devono conformarsi a quanto prescritto al paragrafo 5.3 di ISO 7641/1:1983. Nel caso di timoni curvati (ad esempio a collo di cigno) e di timoni di rimorchi autonomi va tenuto conto della componente di forza orizzontale Fhp = 1,0 × D.

3.6.2.   Nel caso di timoni per rimorchi autonomi con libertà di movimento sul piano verticale, oltre alla prova di durata o alla verifica teorica di resistenza, deve essere eseguita la verifica della resistenza allo schiacciamento tramite calcolo teorico con forza di progetto pari a 3,0 × D oppure tramite prova di schiacciamento con applicazione di una forza pari a 3,0 × D. In caso di calcolo, le sollecitazioni ammissibili sono quelle prescritto al paragrafo 5.3 di ISO 7641/1:1983.

3.6.3.   Nel caso degli assi sterzanti, la resistenza alla flessione deve essere verificata tramite calcoli teorici o una prova a flessione. Una forza statica laterale orizzontale deve essere applicata al centro del punto di attacco. La grandezza di tale forza deve essere scelta in modo da esercitare un momento pari a 0,6 × Av × g (kNm) intorno al centro dell’asse anteriore. Le sollecitazioni ammissibili sono quelle prescritte al paragrafo 5.3 di ISO 7641/1:1983.

Tuttavia, nel caso in cui gli assi sterzanti formino un carrello anteriore ad assi accoppiati in tandem (carrello sterzante), il momento deve essere aumentato portandolo a 0,95 × Av × g (kNm)

3.7.   Ralle

3.7.1.   Le prove di resistenza di base sono rappresentate da una prova dinamica e una prova statica (prova di sollevamento). Le ralle destinate alla guida forzata di semirimorchi devono essere sottoposte a un’ulteriore prova statica (prova a flessione). Ai fini delle prove, la ralla deve essere equipaggiata con tutti i dispositivi fissaggi necessari per montarla al veicolo. Il metodo di montaggio deve essere identico a quello utilizzato effettivamente sul veicolo. Non è ammesso l’utilizzo di un metodo di calcolo in alternativa alle prove fisiche.

3.7.2.   Prove statiche

3.7.2.1.

Le ralle standard progettate per cunei di guida o dispositivi analoghi per la guida forzata di semirimorchi (cfr. paragrafo 2.7 del presente regolamento) devono essere sottoposte a prove atte a verificarne l’adeguata resistenza mediante una prova a flessione statica nell’intervallo di funzionamento del dispositivo di sterzo con applicazione simultanea del carico sulla ralla. Il massimo carico verticale applicato, U, per la ralla deve essere applicato verticalmente rispetto all’attacco nella rispettiva posizione di funzionamento tramite una piastra rigida di dimensioni sufficienti a coprire completamente l’attacco.

La risultante del carico applicato deve passare attraverso il centro del giunto orizzontale della ralla.

Nello stesso tempo una forza laterale orizzontale, rappresentante la forza necessaria per la guida forzata del semirimorchio, deve essere applicata ai fianchi del dispositivo di guida per il perno d’attacco. La grandezza e la direzione di tale forza deve essere scelta in modo da applicare un momento pari a 0,75 m × D al centro del perno di attacco mediante una forza esercitata su un braccio di leva della lunghezza di 0,5 m ± 0,1 m. È ammessa una deformazione permanente plastica non superiore allo 0,5 percento di tutte le quote nominali. Non devono registrarsi incrinature.

3.7.2.2.

Su tutte le ralle deve essere eseguita una prova di sollevamento statica. Fino a una forza di sollevamento di Fa = g.U non sono ammesse flessioni permanenti rilevanti della piastra di attacco per oltre lo 0,2 percento della sua larghezza.

Nel caso delle ralle standard della classe G50 e di attacchi analoghi per perni di attacco dello stesso diametro, il perno di aggancio non deve separarsi dall’attacco con una forza di sollevamento pari a Fa = g × 2,5 U. Nel caso di attacchi non standard che utilizzano perni di diametro superiore a 50 mm, ad esempio con perni di 90 mm di diametro, la forza di sollevamento deve essere: Fa = g × 1,6 U con un valore minimo di 500 kN.

La forza deve essere applicata tramite una leva che, a una estremità, gravi sulla piastra di attacco e, all’altra estremità, sia sollevata a una distanza compresa tra 1,0 a 1,5 m dal centro del perno di attacco — cfr. figura 24.

Il braccio di leva deve trovarsi a 90° rispetto alla posizione di ingresso del perno nell’attacco. Se il caso peggiore risulta in modo evidente, è necessario sottoporlo a prova. Se invece il caso peggiore non è facile da determinare, l’autorità o servizio tecnico di omologazione deve decidere il lato da sottoporre a prova. È necessaria una sola prova.

Figura 24

Prova di sollevamento su ralle

Image

3.7.3.   Prova dinamica

La ralla deve essere sottoposta a sollecitazione alternata su un impianto di prova (prova dinamica asincrona) con forze orizzontali alternate e forze verticali pulsanti applicate contemporaneamente.

3.7.3.1.

Nel caso delle ralle non destinate alla guida forzata di semirimorchi, devono essere utilizzate le seguenti forze:

 

Orizzontale: Fhw = ± 0,6 × D

 

Verticale: FsO = g × 1,2 U

 

FsU = g × 0,4 U

Queste due forze devono essere applicate sul piano mediano longitudinale del veicolo, facendo in modo che le linee di azione delle due forze FsO e FsU passino attraverso il centro del giunto dell’attacco.

La forza verticale Fs viene alternata tra + g × 1,2 U e + g × 0,4 U e la forza orizzontale tra ± 0,6 D.

3.7.3.2.

Nel caso di ralle destinate alla guida forzata di semirimorchi, devono essere utilizzate le seguenti forze:

 

Orizzontale: Fhw = ± 0,675 D

 

Verticale: FsO e FsU come al paragrafo 3.7.3.1.

Le linee di azione delle forze corrispondono a quelle indicate al paragrafo 3.7.3.1.

3.7.3.3.

Per la prova dinamica delle ralle è necessario applicare una sostanza lubrificante adeguata fra la piastra di attacco e quella di rimorchio, in modo tale che il coefficiente massimo di attrito, F, sia pari a 0,15.

3.8.   Piastre di montaggio per ralle

La prova dinamica per le ralle descritta al paragrafo 3.7.3 e la prova statica descritta al paragrafo 3.7.2 deve essere applicata anche alle piastre di montaggio. Nel caso delle piastre di montaggio è sufficiente limitarsi ad eseguire la prova di sollevamento su un unico lato. La prova deve basarsi sull’altezza d’installazione massima nominale per l’attacco, la larghezza massima nominale e la lunghezza minima nominale della configurazione della piastra di montaggio. Non è necessario eseguire tale prova se la piastra di montaggio in questione risulta identica ad una già sottoposta a questa prova, tranne per il fatto che è più stretta e/o più lunga e di altezza totale inferiore. Non è ammesso l’utilizzo di metodi di calcolo in alternativa alle prove proprietà fisiche.

3.9.   Perni di ralla di semirimorchi

3.9.1.   Una prova dinamica caratterizzata da una sollecitazione alternata deve essere eseguita su un campione montato su un impianto di prova. Il collaudo del perno di attacco non deve essere eseguito contemporaneamente al collaudo della ralla. La prova deve essere eseguita facendo in modo che la forza sia applicata anche ai dispositivi di fissaggio necessari a montare il perno di attacco al semirimorchio. Non è ammesso l’utilizzo di metodi di calcolo in alternativa alle prove fisiche.

3.9.2.   Una prova dinamica con forza orizzontale alternata pari a Fhw = ± 0,6 D deve essere applicata al perno di attacco nella posizione di funzionamento.

L’asse della forza deve passare attraverso il centro del diametro minore della parte cilindrica del perno di attacco avente diametro di 50,8 mm per la classe H50 (cfr. allegato 5, figura 18).

3.10.   Prova alternativa di durata per ganci a sfera e supporti di traino con un valore D ≤ 14 kN.

Alternativamente al metodo di prova descritto nel paragrafo 3.1, ganci a sfera e supporti di traino con un valore D ≤ 14 kN possono essere provati alle seguenti condizioni.

3.10.1.   Introduzione

La prova di durata qui di seguito descritta consiste in una prova multiassiale a 3 direzioni di carico, con forze applicate simultaneamente, ampiezze massime ed equivalenze di fatica definite (i valori dell'intensità del carico sono definiti sotto).

3.10.2.   Requisiti di prova

3.10.2.1.

Definizione del valore dell’intensità del carico (load intensity value - LIV):

Il LIV è un valore scalare che rappresenta l’intensità di una storia di carico nel tempo (load/time history) tenendo conto degli aspetti di durabilità (identico alla somma del danno). Per il danno cumulativo si usa la regola elementare di Miner. Per calcolarlo, si considerano le ampiezze del carico e il numero di ripetizioni di tutte le ampiezze (non si tiene conto degli effetti dei carichi medi).

La curva S-N (curva di Basquin) rappresenta le ampiezze di carico rispetto al numero di ripetizioni (SA,i vs. Ni). Ha una pendenza costante k in un diagramma logaritmico doppio (cioè ogni ampiezza/forza di prova applicata SA,i si riferisce a un numero limitato di cicli Ni). La curva rappresenta il limite teorico di stanchezza per la struttura analizzata.

La load/time history viene registrata in un diagramma doppio di ampiezza del carico rispetto al numero di ripetizioni (SA,i vs. ni). La somma del rapporto ni/Ni per tutti i livelli disponibili dell’ampiezza SA,i è pari al LIV.

Image

3.10.2.2.

LIV e ampiezze massime necessarie

Occorre considerare il seguente sistema di coordinate:

Direzione x

:

direzione longitudinale/opposta alla direzione di guida

Direzione y

:

a destra, rispetto alla direzione di guida

Direzione z

:

verticale e ascendente

La load/time history può anche essere espressa secondo direzioni intermedie basate sulle direzioni principali (x, y, z) tenendo conto delle seguenti equazioni (α = 45°; α’ = 35,2°):

 

Fxy(t) = Fx(t) × cos(α) + Fy(t) × sin(α)

 

Fxz(t) = Fx(t) × cos(α) + Fz(t) × sin(α)

 

Fyz(t) = Fy(t) × cos(α) + Fz(t) × sin(α)

 

Fxyz(t) = Fxy(t) × cos(α’) + Fz(t) × sin(α’)

 

Fxzy(t) = Fxz(t) × cos(α’) – Fz(t) × sin(α’)

 

Fyzx(t) = Fyz(t) × cos(α’) – Fx(t) × sin(α’)

I LIV espressi in ogni direzione (anche direzioni combinate) sono calcolati rispettivamente come la somma del rapporto ni/Ni per tutti i livelli di ampiezza disponibili definiti nella direzione adeguata.

Per dimostrare la durata minima a fatica del dispositivo da omologare, la prova di durata deve raggiungere almeno i seguenti valori LIV:

 

LIV (1 kN ≤ D ≤ 7 kN)

LIV (7 kN < D ≤ 14 kN)

LIVx

0,0212

0,0212

LIVy

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 7,026 e-4; D = 7 kN: 1,4052 e-4

1,4052 e-4

LIVz

1,1519 e-3

1,1519 e-3

LIVxy

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 6,2617 e-3; D = 7 kN: 4,9884 e-3

4,9884 e-3

LIVxz

9,1802 e-3

9,1802 e-3

LIVyz

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 7,4988 e-4; D = 7 kN: 4,2919 e-4

4,2919 e-4

LIVxyz

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 4,5456 e-3; D = 7 kN: 3,9478 e-3

3,9478 e-3

LIVxzy

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 5,1977 e-3; D = 7 kN: 4,3325 e-3

4,3325 e-3

LIVyzx

regressione lineare tra:

D = 1 kN: 4,5204 e-3; D = 7 kN: 2,9687 e-3

2,9687 e-3

Per derivare una load/time history basata sui suddetti valori LIV, la pendenza deve essere k = 5 (cfr. la definizione al paragrafo 3.10.2.1). La curva di Basquin deve passare per il punto di ampiezza SA = 0,6 × D con il numero di cicli N = 2 × 106.

Il carico verticale statico S (quale definito al paragrafo 2.11.3 del presente regolamento) va aggiunto ai carichi verticali sul dispositivo di aggancio come dichiarato dal fabbricante.

Durante la prova, le ampiezze massime non devono superare i seguenti valori:

 

Fx longitudinale [–]

Fy laterale [–]

Fz verticale [–]

Massimo

+ 1,3 × D

+ 0,45 × D

+ 0,6 × D + S

Minimo

– 1,75 × D

– 0,45 × D

– 0,6 × D + S

Un esempio di load/time history che soddisfa queste condizioni è dato a:

http://www.unece.org/trans/main/wp29/wp29wgs/wp29grrf/grrf-reg55.html

3.10.3.   Condizioni di prova

Montare il dispositivo di aggancio su un banco di prova rigido o su un veicolo. Nel caso di un segnale di storia nel tempo a 3 dimensioni, questo va applicato da tre attuatori per l’introduzione simultanea e il controllo delle componenti di forza Fx (longitudinale), Fy (laterale) e Fz (verticale). In altri casi, il numero e la posizione degli attuatori possono essere scelti di comune accordo tra il fabbricante e i servizi tecnici. L’installazione di prova dovrà comunque introdurre simultaneamente le forze necessarie per soddisfare i valori LIV chiesti nel paragrafo 3.10.2.2.

Tutti i bulloni devono essere rafforzati con la coppia specificata dal fabbricante.

3.10.3.1.   Dispositivo di aggancio montato su supporto rigido:

La distanza tollerata tra i punti di fissaggio del dispositivo di aggancio non deve superare 1,5 mm dal punto di riferimento di «carico 0» durante l’applicazione delle forze massime e minime Fx, Fy, Fz e ciascuna separatamente applicata al punto di aggancio.

3.10.3.2.   Dispositivo di aggancio montato sulla carrozzeria del veicolo o su una parte di essa:

Il dispositivo di aggancio va allora montato sulla carrozzeria del tipo di veicolo o su una parte di essa, per la quale il dispositivo stesso è stato progettato. Il veicolo o la parte di carrozzeria va montata su un impianto o banco di prova adeguati in modo da eliminare ogni effetto di sospensione del veicolo.

Le condizioni esatte alle quali avviene la prova vanno dichiarate nella pertinente relazione. Possibili effetti di risonanza vanno compensati da un adeguato sistema di controllo dell’impianto di prova e possono essere ridotti con ulteriori fissaggi della carrozzeria all’impianto o al banco di prova o modificando la frequenza.

3.10.4.   Criteri di non funzionamento

Oltre ai criteri di cui al paragrafo 4.1, verificati osservando la penetrazione di liquidi di cui al presente regolamento, si riterrà che il dispositivo di aggancio non superi la prova, se:

a)

si riscontra una qualche deformazione plastica visibile;

b)

si rompe una qualsiasi funzione e la sicurezza dell’aggancio non è garantita (per esempio: collegamento sicuro del rimorchio, gioco massimo,…);

c)

si verifica una perdita di coppia dei bulloni superiore al 30 % della coppia nominale misurata nella direzione di chiusura;

d)

un dispositivo di aggancio con parte amovibile non possa essere rimosso e ricollocato per almeno 3 volte. Per la prima rimozione, è ammesso l’uso di un colpo.


ALLEGATO 7

INSTALLAZIONE E PRESCRIZIONI SPECIALI

1.   INSTALLAZIONE E PRESCRIZIONI SPECIALI

1.1.   Fissaggio dei ganci a sfera e dei supporti

1.1.1.   I ganci a sfera e i supporti devono essere fissati ai veicoli delle categorie M1, M2 (con massa massima ammessa inferiore a 3,5 t) e N1 (1) in conformità alle quote relative a gioco e altezza indicate nella figura 25. L’altezza deve essere misurata alle condizioni di carico del veicolo indicate nell’appendice 1 del presente allegato.

Il requisito di altezza non si applica nel caso di veicoli fuoristrada di categoria G definiti nell’allegato 7 della Risoluzione consolidata sulla costruzione dei veicoli (R. E. 3) (documento TRANS/WP.29/78/Rev.1/Mod.2).

1.1.1.1.

Lo spazio libero illustrato nelle figure 25a e 25b può essere occupato da attrezzatura non smontabile, quale ad esempio la ruota di scorta, a condizione che la distanza tra il centro della sfera e il piano verticale nel punto più arretrato dell’attrezzatura non superi i 300 mm. L’attrezzatura deve essere montata in modo da consentire adeguato accesso per l’agganciamento e lo sganciamento senza rischi di infortuni per l’utilizzatore e senza interessare l’articolazione dell’attacco.

1.1.2.   Per i ganci a sfera e i supporti il costruttore del veicolo deve fornire le istruzioni di montaggio e dichiarare l’eventuale necessità di rinforzare la superficie di fissaggio.

1.1.3.   Deve essere possibile agganciare e sganciare gli attacchi a sfera quando l’asse longitudinale degli attacchi a sfera rispetto all’asse del supporto e della sfera attacco:

 

è ruotato orizzontalmente di 60° verso destra o sinistra, (β = 60°, cfr. figura 25);

 

è ruotato verticalmente 10° sopra o sotto (α = 10°, cfr. figura 25);

 

è ruotato assialmente di 10° verso destra o sinistra.

Figura 25a

Spazio libero per il gancio a sfera e altezza del gancio a sfera — vista laterale

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Figura 25b

Spazio libero per il gancio a sfera — vista in pianta

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1.1.4.   Quando il rimorchio non è agganciato al veicolo trainante, il supporto installato e il gancio a sfera non devono mascherare lo spazio previsto per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore né ridurne la visibilità della targa posteriore del veicolo trainante. Se il gancio a sfera o altri elementi nascondono la targa d’immatricolazione posteriore, essi devono poter essere smontati o riposizionati senza ricorrere ad attrezzi, fatta eccezione, ad esempio, per una chiave di facile utilizzo (ovvero con sforzo non superiore a 20 Nm) conservata a bordo del veicolo.

1.2.   Fissaggio di attacchi sferici

1.2.1.   Gli attacchi sferici della classe B sono ammessi per i rimorchi di massa massima pari o inferiore a 3,5 tonnellate. Con il rimorchio in posizione orizzontale e trasportando il carico sull’asse massimo consentito, gli attacchi sferici devono essere installati in modo tale che l’asse della superficie sferica che alloggia la sfera sia 430 ± 35 mm sopra il piano orizzontale su cui poggiano le ruote del rimorchio.

Nel caso di caravan e rimorchi merci, la posizione orizzontale si ottiene quando il pianale o la superficie di carico sono orizzontali. Nel caso di rimorchi senza tale superficie di riferimento (ad esempio rimorchi per imbarcazioni o simili) il costruttore del rimorchio indicherà una linea di riferimento opportuna che definisce la posizione orizzontale. Il requisito di altezza si applica unicamente ai rimorchi destinati al fissaggio sui veicoli di cui al paragrafo 1.1.1 del presente allegato.

In ogni caso la posizione orizzontale deve essere determinata con una tolleranza di ± 1°.

1.2.2.   Deve essere possibile azionare gli attacchi sferici in tutta sicurezza entro lo spazio libero del gancio a sfera indicato nelle figure 25a e 25b, fino a un angolo di α = 25° e β = 60°.

1.3.   Fissaggio dei dispositivi di attacco di timone e blocchi di montaggio

1.3.1.   Quote di montaggio per dispositivi di attacco di timone standard:

Nel caso di dispositivi di attacco di timone di tipo standard devono essere rispettate le quote di montaggio sul veicolo indicate nella figura 15 e nella tabella 10.

1.3.2.   Casi in cui sono necessari attacchi comandati a distanza

se una o più delle seguenti prescrizioni riguardanti l’azionamento semplice e sicuro (paragrafo 1.3.3), l’accessibilità (paragrafo 1.3.5) oppure lo spazio libero per la leva a mano (paragrafo 1.3.6) non possono essere soddisfatte, si adotterà un attacco con un dispositivo di comando a distanza descritto nell’allegato 5, paragrafo 12.3.

1.3.3.   Azionamento facile e sicuro dell’attacco

i dispositivi di attacco di timone devono essere montati sul veicolo in modo da presentare un azionamento facile e sicuro.

Oltre alle funzioni di apertura (ed eventualmente di chiusura) ciò include anche la verifica della posizione dell’indicatore per le posizioni di chiusura e di bloccaggio del perno di attacco (a vista e al tatto).

La zona occupata dalla persona che aziona l’attacco deve essere esente da possibili pericoli, quali spigoli ecc., intrinseci alla configurazione a meno che non siano protetti in modo da prevenire l’eventualità di infortuni.

La via di fuga da questa zona non deve essere limitata o sbarrata su nessun lato ad opera di oggetti fissati agli attacchi o ai veicoli.

Un eventuale dispositivo antincastro non deve impedire alla persona di adottare una posizione idonea all’azionamento dell’attacco.

1.3.4.   Angolo minimo per l’agganciamento e lo sganciamento.

L’agganciamento e lo sganciamento dell’occhione di timone deve essere possibile quando l’asse longitudinale dell’occhione di timone rispetto alla mezzeria della campana viene ruotato contemporaneamente:

 

50° in orizzontale verso destra o sinistra;

 

6° in verticale sopra o sotto.

 

6° assialmente verso destra o sinistra.

Questo requisito si applica anche agli attacchi a gancio della classe K.

1.3.5.   Accessibilità

La distanza tra il centro del perno di attacco e il bordo della carrozzeria del veicolo non deve superare i 550 mm. Qualora la distanza superi i 420 mm, l’attacco deve essere munito di meccanismo di azionamento che ne consenta l’azionamento sicuro a una distanza massima di 420 mm dal fianco esterno della carrozzeria.

La distanza di 550 mm può essere aumentata come segue, a condizione che ne venga comprovata la necessità tecnica e che l’azionamento semplice e sicuro del dispositivo di attacco di timone non ne risulti pregiudicato:

i)

una distanza fino a 650 mm per i veicoli con cassoni ribaltabili o attrezzatura a montaggio posteriore;

ii)

una distanza fino a 1 320 mm se l’altezza libera è di almeno 1 150 mm;

iii)

nel caso di bisarche con almeno due livelli di carico quando il veicolo trainato non è separato dal veicolo trainante durante le normali condizioni di trasporto.

1.3.6.   Spazio libero per la leva a mano

Al fine di consentire l’azionamento sicuro dei dispositivi di attacco di timone deve essere assicurato un adeguato spazio libero intorno alla leva a mano.

Il gioco illustrato nella figura 26 è considerato sufficiente. Se i diversi tipi di dispositivi di attacco di timone standard sono destinati al montaggio sul veicolo, lo spazio libero deve essere tale che le condizioni siano soddisfatte anche per gli attacchi di dimensioni massime della relativa classe indicate nell’allegato 5, paragrafo 3.

Figura 26

Spazio libero per la leva a mano

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Le dimensioni del gioco si applicano eventualmente anche ai dispositivi di attacco di timone con leve a mano rivolte verso il basso o di configurazione diversa.

Il gioco deve inoltre essere mantenuto entro l’angolazione minima specificata per l’agganciamento e lo sganciamento di cui al paragrafo 1.3.4 del presente allegato.

1.3.7.   Gioco per assicurare libertà di movimento al dispositivo di attacco di timone

Il dispositivo di attacco di timone fissato al veicolo deve presentare una distanza minima di 10 mm da ogni altra parte del veicolo tenendo conto di tutte le posizioni geometriche possibili indicate nell’allegato 5, paragrafo 3.

Se diversi tipi di dispositivi di attacco di timone standard sono destinati al montaggio sul tipo di veicolo, il gioco deve essere tale che le condizioni siano soddisfatte anche per l’attacco di dimensioni massime della relativa classe specificate nell’allegato 5, paragrafo 3.

1.3.8.   Per l’accettabilità dei dispositivi di attacco di timone con un giunto speciale per la rotazione verticale — cfr. allegato 5, paragrafo 3.4.

I dispositivi di attacco che presentano un perno cilindrico e che realizzano la rotazione verticale dell’occhione di timone agganciato attraverso un giunto speciale saranno ammessi solo a condizione che ne venga dimostrata la necessità dovuta a ragioni di ordine tecnico. Un esempio può essere rappresentato dai cassoni ribaltabili posteriori quando l’attacco sferico deve essere articolato, oppure dagli attacchi di mezzi per trasporto pesante quando per esigenze di resistenza è necessario l’utilizzo di un perno di attacco cilindrico.

1.4.   Fissaggio di occhioni di timone e timoni su rimorchi.

1.4.1.   I timoni per rimorchi ad asse centrale devono presentare un dispositivo di sostegno che sia regolabile in altezza se la massa portante in corrispondenza dell’occhione di timone sul rimorchio supera i 50 kg, con il rimorchio caricato uniformemente alla massa massima tecnicamente ammessa.

1.4.2.   Se gli occhioni di timone e il timone vengono fissati a rimorchi ad asse centrale che presentano una massa massima, C, superiore a 3,5 tonnellate e più assi, i rimorchi devono essere equipaggiati con un dispositivo per la condivisione del carico sull’asse.

1.4.3.   I timoni articolati devono essere distanti dal suolo. Devono trovarsi a un’altezza non inferiore a 200 mm dal suolo una volta lasciata la posizione orizzontale. Cfr. anche allegato 5, paragrafo 5.3 e 5.4.

1.5.   Fissaggio delle ralle, piastre di montaggio e perni di accoppiamento sui veicoli.

1.5.1.   Le ralle della classe G50 non devono essere montate direttamente sulla struttura del veicolo, salvo autorizzazione del costruttore del veicolo. Devono essere fissate alla struttura portante tramite una piastra di montaggio, attenendosi alle istruzioni di montaggio fornite dal costruttore del veicolo e dal costruttore dell’attacco.

1.5.2.   I semirimorchi devono essere muniti di carrello di appoggio o altra attrezzatura che consenta lo sganciamento e il parcheggio del semirimorchio. Se i semirimorchi sono equipaggiati in modo tale che il collegamento dei dispositivi di attacco, dei sistemi elettrici e dei sistemi frenanti sia automatico, il rimorchio deve presentare un carrello di appoggio automaticamente retrattile dal suolo una volta conseguito l’agganciamento del semirimorchio.

Queste prescrizioni non sono valide nel caso di semirimorchi destinati a lavori speciali per i quali essi normalmente vengono separati esclusivamente in officina o quando le operazioni di carico e scarico avvengono in zone operative specificamente preposte.

1.5.3.   Il fissaggio del perno di ralla alla piastra di montaggio sul semirimorchio deve essere conforme alle istruzioni del costruttore del veicolo o del costruttore del perno di ralla.

1.5.4.   Se un semirimorchio è equipaggiato con cuneo di guida deve soddisfare le prescrizioni di cui all’allegato 5, paragrafo 7.8.

2.   COMANDO E INDICAZIONE A DISTANZA

2.1.   In fase di installazione di dispositivi di comando e indicazione a distanza è necessario osservare tutte le prescrizioni applicabili di cui all’allegato 5, paragrafo 12.


(1)  Cfr. le definizioni nel regolamento n. 13 allegato all’accordo del 1958 relativo all’adozione di prescrizioni tecniche uniformi per i veicoli su ruote, le attrezzature e i componenti che possono essere montati e/o usati sui veicoli e le condizioni per il reciproco riconoscimento delle omologazioni rilasciate sulla base di dette prescrizioni. La definizione figura anche nell’allegato 7 della risoluzione consolidata sulla Costruzione dei veicoli (R. E. 3) (documento TRANS/ WP. 29/ 78/ rev. 1/ Modifica. 2).

Appendice 1

Condizioni di carico per la misurazione dell’altezza del gancio a sfera

1.

L’altezza deve essere conforme a quanto specificato all’allegato 7, paragrafo 1.1.1.

2.

Nel caso dei veicoli di categoria M1 la massa del veicolo a cui misurare questa altezza deve essere dichiarata dal costruttore di veicoli e deve essere indicata nel modulo di comunicazione (allegato 2). La massa sarà la massa massima ammessa distribuita tra gli assi come dichiarato dal costruttore di veicoli oppure la massa ottenuta caricando il veicolo in conformità al paragrafo 2.1 del presente allegato.

2.1.

Il valore massimo per la massa in ordine di marcia come dichiarato dal costruttore del veicolo trainante (cfr. paragrafo 6 del modulo di comunicazione, allegato 2); più

2.1.1.

due masse, ciascuna di 68 kg, posizionate alle due estremità di ciascuna fila di sedili, con i sedili nella posizione regolabile più arretrata per la guida e la marcia normale, e con le masse posizionate:

2.1.1.1.

per dispositivi e componenti di attacco in dotazione standard la cui omologazione è richiesta da un costruttore di veicoli, in un punto posto all’incirca 100 mm davanti al punto «R» per i sedili regolabili e 50 mm davanti al punto «R» per gli altri sedili, determinando il punto «R» in conformità al regolamento n. 14 paragrafo 5.1.1.2; o

2.1.1.2.

per i dispositivi e componenti di attacco la cui omologazione è richiesta da un costruttore indipendente e destinati all’impiego nel mercato dei ricambi, in corrispondenza approssimativamente alla posizione di una persona seduta;

2.1.2.

Inoltre, per ciascuna massa di 68 kg, una massa aggiuntiva di 7 kg per il bagaglio personale deve essere distribuita uniformemente nel vano bagagli del veicolo;

3.

Nel caso di veicoli di categoria N1, la massa del veicolo a cui misurare questa altezza deve essere:

3.1.

La massa massima ammessa distribuita tra gli assi dichiarata dal costruttore del veicolo trainante (cfr. paragrafo 6 del modulo di comunicazione, allegato 2).


IV Atti adottati prima del 1o dicembre 2009, in applicazione del trattato CE, del trattato UE e del trattato Euratom

28.8.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 227/62


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 19 novembre 2009

relativa agli aiuti di Stato C 38/A/04 (ex NN 58/04) e C 36/B/06 (ex NN 38/06) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di Alcoa Trasformazioni

[notificata con il numero C(2009) 8112]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2010/460/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni ai sensi delle disposizioni succitate (1) e tenuto conto di tali osservazioni,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

1.1.   Caso C 38/A/04

(1)

Con lettera del 4 dicembre 2003 è stata portata all’attenzione dei servizi della Commissione una serie di articoli di stampa che segnalavano l’intenzione del governo italiano di applicare tariffe elettriche agevolate a determinate imprese in Sardegna.

(2)

Le succitate tariffe erano state introdotte ai sensi dell’articolo 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004. Tale decreto ha avuto due effetti distinti: a) ha introdotto tariffe elettriche agevolate a favore delle società Portovesme Srl (2), ILA (3) e Euroallumina (4); e b) ha prorogato la tariffa agevolata esistente a favore di Alcoa Trasformazioni (produttore di alluminio primario, in prosieguo: «Alcoa»).

(3)

Con lettere del 22 gennaio 2004 e del 19 marzo 2004 i servizi della Commissione hanno chiesto chiarimenti su tali misure. Le autorità italiane hanno risposto con lettere del 6 febbraio 2004 e del 9 giugno 2004. Con lettera del 20 settembre 2004 le autorità italiane hanno inviato ulteriori chiarimenti.

(4)

Con lettera del 16 novembre 2004, la Commissione ha informato l’Italia della sua decisione di avviare il procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE in relazione alla misura di aiuto.

(5)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (5). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito alle misure di cui trattasi.

(6)

L’Italia ha inviato osservazioni con lettere datate 4 febbraio 2005 e 11 febbraio 2005.

(7)

La Commissione ha inoltre ricevuto osservazioni dalle parti interessate, che, con lettera del 22 marzo 2005 ha trasmesso all’Italia fornendole la possibilità di replicarvi. I commenti dell’Italia sono pervenuti con lettera del 20 settembre 2005.

(8)

Con lettera del 23 dicembre 2005, la Commissione ha chiesto informazioni supplementari, che le autorità italiane hanno inviato con lettera del 3 marzo 2006. Ulteriori chiarimenti sono stati chiesti con lettera del 22 agosto 2006, cui l’Italia ha risposto con lettera del 28 settembre 2006.

(9)

Il 29 ottobre 2008 il caso è stato suddiviso nella parte A, che riguarda la misura a favore di Alcoa e nella parte B che concerne Portovesme, ILA e Euroallumina. La presente decisione riguarda unicamente Alcoa (parte A).

1.2.   Caso C 36/B/06

(10)

Nell’ambito di un caso di aiuti di Stato collegato (6) la Commissione era venuta a conoscenza di una seconda proroga del regime tariffario speciale per l’energia elettrica applicato ad Alcoa. La proroga era stata concessa ai sensi dell’articolo 11, comma 11 del decreto legge del 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80/2005 «Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale». I beneficiari erano Alcoa e le tre società subentrate alla società Terni (7).

(11)

Con lettera del 23 dicembre 2005, la Commissione ha chiesto informazioni alle autorità italiane, che hanno risposto con lettera del 24 febbraio 2006. Con lettere del 2 marzo 2006 e 27 aprile 2006 l’Italia ha fornito ulteriori informazioni.

(12)

Con lettera del 19 luglio 2006, la Commissione ha informato l’Italia della sua decisione di avviare il procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE in relazione ad entrambi i regimi (caso C 36/06).

(13)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (8). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito alle misure di cui trattasi.

(14)

L’Italia ha inviato osservazioni con lettera del 25 ottobre 2006. Ulteriori informazioni sono state trasmesse con lettere del 9 novembre 2006 e 7 dicembre 2006.

(15)

La Commissione ha inoltre ricevuto osservazioni dalle parti interessate, osservazioni che ha trasmesso all’Italia fornendole la possibilità di replicarvi. I commenti dell’Italia sono pervenuti con lettera del 22 dicembre 2006.

(16)

Con lettera del 20 febbraio 2007, la Commissione ha chiesto ulteriori chiarimenti sul regime tariffario. Le autorità italiane hanno fornito siffatte informazioni con lettere del 10 e rispettivamente 14 maggio 2007.

(17)

Il 18 settembre 2007 il caso è stato suddiviso nella parte A, riguardante le tre società Terni e nella parte B, concernente Alcoa. Il 20 novembre 2007 la Commissione ha adottato una decisione finale negativa con recupero riguardo alle società Terni (9).

(18)

Nel frattempo, con lettera del 19 gennaio 2007, la Commissione ha cominciato ad esplorare l’eventuale possibilità di misure transitorie per il regime tariffario Alcoa in Sardegna, condizionate all’introduzione da parte dell’Italia di un programma di cessione di capacità virtuale (Virtual Power Plant, in prosieguo: «VPP» ). L’Italia ha risposto con lettere del 16 aprile 2007 e del 5 novembre 2007. Il 13 marzo 2008 si è svolta una riunione tra le autorità italiane e i servizi della Commissione e l’Italia è stata invitata a prendere posizione entro il 12 maggio 2008. Dopo aver chiesto una proroga del termine fissato per l’adozione di siffatta posizione con lettera del 29 maggio 2008, l’Italia ha fornito informazioni con lettere del 12 giugno 2008 e 7 luglio 2008.

(19)

L’Italia ha richiesto un incontro con la Commissione per presentare le possibili modalità di un VPP. L’incontro si è tenuto il 9 dicembre 2008. Con lettere del 19 dicembre 2008 e del 19 maggio 2009 l’Italia ha fornito ulteriori delucidazioni.

(20)

Un ulteriore incontro si è tenuto il 26 maggio 2009. Con lettere del 10 luglio e del 18 agosto 2009 l’Italia ha fornito informazioni supplementari.

2.   DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLA MISURA

2.1.   I fatti salienti del caso

(21)

Il produttore di alluminio Alcoa fruisce dal 1996 di una tariffa agevolata per l’energia elettrica per i suoi due smelter di alluminio primario situati in Sardegna (Portovesme) e in Veneto (Fusina). La tariffa era stata inizialmente introdotta per un periodo di dieci anni (scaduto il 31 dicembre 2005) nel contesto di un’operazione di privatizzazione. Quella tariffa era stata autorizzata in base alle norme sugli aiuti di Stato dalla Commissione in una decisione in cui aveva considerato che non sussisteva un aiuto di Stato. Tuttavia, la natura di tale tariffa è stata modificata nel tempo e prorogata due volte dall’Italia, prima nel 2004 e nuovamente nel 2005.

(22)

La tariffa contestata è sovvenzionata mediante un pagamento in contanti da parte della Cassa conguaglio (10), che è un ente pubblico, a riduzione del prezzo fissato contrattualmente tra Alcoa e il suo fornitore di elettricità ENEL. Le risorse necessarie sono raccolte mediante un prelievo parafiscale applicato alla generalità delle utenze elettriche mediante la componente A4 della tariffa elettrica.

2.2.   Le disposizioni legislative contestate e il contesto regolamentare

(23)

Il regime tariffario agevolato di cui beneficia Alcoa è istituito dalle relative disposizioni legislative (2.2.1) e dal quadro regolamentare dettagliato disposto dall’AEEG, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (2.2.2.1). La Cassa conguaglio è ente esecutore del regime (2.2.2.2). Pertanto, l’analisi della Commissione del regime tariffario Alcoa deve tenere conto sia delle disposizioni legislative, sia del contesto regolamentare italiano.

2.2.1.   Le disposizioni legislative

(24)

Le disposizioni legislative in oggetto sono l’articolo 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004 (11) (in prosieguo: «il decreto del 2004») come attuato dalle pertinenti disposizioni regolamentari, e l’articolo 11, comma 11 del decreto legge n. 35 del 14 marzo 2005, convertito nella legge n. 80/2005 «Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale» (in prosieguo: «la legge n. 80/2005») come attuato dalle pertinenti disposizioni regolamentari (12).

2.2.2.   Il contesto regolamentare in Italia

2.2.2.1.   L’autorità per l’energia elettrica e il gas

(25)

Nel 1995 l’Italia ha istituito l’autorità per l’energia elettrica e il gas (13) (in prosieguo: «AEEG»). All’AEEG è affidata un’ampia gamma di attività di regolazione, nonché sono riconosciuti ampi poteri. In particolare, l’agenzia stabilisce e aggiorna le tariffe per l’energia elettrica nonché le modalità per la raccolta delle risorse necessarie per coprire gli oneri generali del sistema (14). Nello svolgimento delle sue funzioni l’AEEG tiene conto delle indicazioni di politica del governo per quanto concerne la fornitura di servizi di interesse generale per il paese (15).

(26)

Nell’ambito dei poteri conferitigli, l’AEEG nel corso degli anni ha adottato un gran numero di delibere che stabiliscono modalità precise per la gestione dei regimi tariffari agevolati in Italia.

2.2.2.2.   Cassa conguaglio

(27)

La gestione dei sovrapprezzi e degli altri contributi nel settore dell’energia elettrica è affidata alla Cassa conguaglio per il settore elettrico (in prosieguo: Cassa conguaglio) ente pubblico istituito con decreto legislativo 26 gennaio 1948, n. 98. La Cassa conguaglio opera sulla base di istruzioni provenienti dall’AEEG. In particolare, essa gestisce i flussi finanziari connessi ai regimi tariffari agevolati per l’energia elettrica (raccolta dei prelievi e pagamento ai beneficiari finali).

2.3.   Contesto nel quale è stata istituita la tariffa agevolata e sua evoluzione nel tempo

(28)

Per valutare la tariffa Alcoa che è oggetto della presente decisione è necessario ricostruire il contesto nel quale è stata introdotta e la sua evoluzione nel tempo.

2.3.1.   Istituzione della tariffa: la decisione Alumix del 1996

(29)

All’inizio degli anni novanta, nel quadro della liquidazione del conglomerato statale EFIM (16), il produttore italiano di alluminio Alumix era stato ristrutturato, privatizzato e venduto ad Alcoa. Alumix operava due smelter di alluminio primario, uno a Portovesme (Sardegna) e uno a Fusina (Veneto).

(30)

L’acquisizione di Alumix da parte di Alcoa era stata subordinata alla concessione da parte di ENEL, ente statale fornitore dell’energia elettrica, di una tariffa agevolata per le forniture di energia elettrica ai due smelter.

(31)

La tariffa agevolata a favore di Alcoa era stata istituita con decreto ministeriale del 19 dicembre 1995 (in prosieguo: «il decreto del 1995»). Tale decreto stabiliva che Alcoa avrebbe beneficiato del trattamento agevolato di cui alla delibera CIP 13/1992 fino alla fine del 2005 (17). Successivamente a tale data, il trattamento applicato ad Alcoa sarebbe stato allineato a quello applicato agli altri utenti di energia elettrica.

(32)

La tariffa ridotta era stata valutata in base alle norme sugli aiuti di Stato nel contesto del caso C 38/1992. Nella decisione adottata il 4 dicembre 1996 (18) (in prosieguo: «la decisione Alumix»), la Commissione aveva concluso che non costituiva aiuto di Stato sulla base delle considerazioni riassunte in appresso.

(33)

Nel quadro del regime in oggetto, lo Stato fissava la tariffa da applicare ad Alcoa, ed ENEL, l’unico fornitore di energia elettrica esistente all’epoca in Italia, forniva ad Alcoa l’energia elettrica alla tariffa stabilita.I prezzi per entrambi gli smelter erano stati fissati per dieci anni. Per la Sardegna, era stata fissata a 36,3 ITL/kWh nel 1996 e sarebbe stata gradualmente aumentata fino a raggiungere 39,6 ITL/kWh nel 2005. Per il Veneto la tariffa doveva raggiungere 39,90 ITL/kWh nel 2005. Convertiti in euro, questi prezzi oscillano tra 18 e 20 EUR/MWh.

(34)

All’epoca ENEL era un ente pubblico che erogava energia elettrica in regime di monopolio (19). Pertanto la Commissione aveva valutato se ENEL agisse come un operatore di mercato razionale nell’applicare ad Alcoa il prezzo stabilito.

(35)

La Commissione aveva valutato la situazione dell’offerta di energia elettrica nelle due regioni interessate nell’arco dei dieci anni di applicazione della tariffa agevolata. Aveva osservato che in Sardegna e Veneto il mercato dell’energia elettrica era caratterizzato da una sovraccapacità di produzione di energia che non era verosimile sparisse nei successivi dieci anni. Aveva inoltre osservato che era impossibile per i produttori esportare energia elettrica da queste regioni, a causa dell’insufficiente interconnessione con l’Italia continentale nel caso della Sardegna e per mancanza di domanda da parte di regioni limitrofe nel caso del Veneto (20).

(36)

In tale situazione, la Commissione aveva ritenuto che un grande cliente industriale come Alcoa avesse un notevole potere di negoziazione rispetto ad ENEL dal momento che la chiusura dei due smelter, che erano tra i migliori clienti di ENEL in Italia, avrebbe comportata una sovraccapacità ancora più elevata ed avrebbe peggiorato la struttura dei costi dell’ENEL. Pertanto, era nell’interesse economico di ENEL fornire energia elettrica ad un prezzo particolarmente contenuto agli smelter di Portovesme e Fusina.

(37)

La Commissione aveva ritenuto che un fornitore razionale di energia elettrica sarebbe stato disposto a vendere ad un prezzo che copriva i suoi costi marginali medi di produzione, calcolati sulla base dell’effettivo mix di combustibili utilizzato dalle centrali elettriche nelle regioni interessate, più un modesto contributo verso i costi fissi. Risultava che il prezzo stabilito per Alcoa rispondeva a tali criteri.Per quanto riguarda i modesti incrementi annui del prezzo di Alcoa previsti per i dieci anni successivi, la Commissione li aveva considerati giustificati in base alla previsione che il costo di produzione marginale di ENEL sarebbe diminuito nel corso degli anni grazie a miglioramenti nel mix di combustibili e nelle tecnologie di produzione.

(38)

La Commissione aveva pertanto concluso che nel concedere la tariffa ENEL si comportava come un operatore di mercato razionale e aveva quindi dichiarato che la misura non costituiva aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE.

2.4.   Trasformazione della tariffa Alcoa in un «onere generale di sistema» e cambiamenti significativi del meccanismo finanziario

(39)

Negli anni immediatamente successivi alla decisione Alumix, il sistema elettrico italiano è stato ristrutturato in vista della graduale liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica UE (21).

(40)

Nel 1997 la tariffa elettrica standard (22) è stata ristrutturata e suddivisa in componenti tariffarie (23) Il regime Alcoa ha subito un primo cambiamento.Il prezzo Alumix, che era una cifra globale prima della riforma, è stato disaggregato in varie componenti tariffarie in modo da adattarsi alla nuova struttura tariffaria. Le componenti tariffarie applicabili ad Alcoa sono state ridotte in modo che il prezzo finale corrispondesse esattamente a quello della decisione Alumix. In quella fase, ENEL, in quanto unico fornitore di energia elettrica in Italia, continuava a concedere direttamente la tariffa: applicava ad Alcoa il prezzo Alumix senza ricevere alcuna compensazione per le forniture a detta impresa.

(41)

Nel 1999, quando l’Italia ha recepito la prima direttiva di liberalizzazione UE (24), l’ENEL ha cessato di essere il fornitore di energia elettrica monopolista in Italia ed è stata divisa in vari soggetti.

(42)

Nel 2000 l’Italia ha deciso di includere la tariffa Alumix tra gli «oneri generali del sistema elettrico» (25). Questo nuovo status ha portato al primo significativo cambiamento nel meccanismo di finanziamento della tariffa Alumix. Mentre ENEL in precedenza aveva venduto l’energia elettrica direttamente al prezzo agevolato ad Alcoa, in base al nuovo meccanismo (26) ENEL riceveva il prezzo pieno ordinario applicato a grandi clienti industriali, e gli altri consumatori di energia elettrica fornivano i fondi necessari a garantire che Alcoa continuasse a pagare il prezzo Alumix. In pratica, ad Alcoa veniva nominalmente applicato il prezzo pieno, ma l’impresa fruiva di uno sconto diretto in bolletta. ENEL finanziava tale sconto grazie ai ricavi di un nuovo onere parafiscale prelevato mediante la componente A4 della tariffa elettrica e pagato dalla generalità dell’utenza (27). Nel 2002 Alcoa ha stipulato un contratto bilaterale con ENEL ad un prezzo nominale corrispondente all’incirca alla tariffa standard applicata da ENEL per le forniture in alta tensione.

(43)

Un ulteriore cambiamento significativo si è verificato nel 2004 con l’adozione da parte dell’AEEG della delibera n. 148/04, che ha affidato interamente l’amministrazione della tariffa alla Cassa conguaglio. In base a tale sistema, ENEL non tratteneva più il gettito della componente A4, ma lo trasferiva interamente alla Cassa conguaglio, che effettuava i calcoli e rimborsava Alcoa. In pratica, con questo meccanismo Alcoa pagava il prezzo contrattualmente stipulato con ENEL e riceveva ex post dalla Cassa conguaglio un contributo compensativo che le consentiva di continuare a pagare di fatto il prezzo Alumix. Per Alcoa questo nuovo meccanismo amministrativo è entrato in vigore nel settembre 2004 e si applica tuttora (28).

2.5.   La prima proroga contestata della tariffa Alcoa

(44)

Con il decreto del 2004, il governo italiano ha esteso al 30 giugno 2007 la tariffa agevolata per l’energia elettrica istituita con decreto del 19 dicembre 1995 per le «forniture di energia elettrica destinate alla produzione di alluminio, piombo, argento e zinco nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto situati in territori insulari caratterizzati da collegamenti assenti o insufficienti alle reti nazionali dell’energia elettrica e del gas» (29).

(45)

In pratica, il decreto del 2004 era destinato a) a prorogare la tariffa esistente applicabile ad Alcoa fino al giugno 2007; e b) ad estendere lo stesso trattamento ad altre società situate in Sardegna: Portovesme, ILA e Euroallumina.

(46)

La proroga della tariffa Alcoa istituita dal decreto del 2004 è stata attuata, a livello regolamentare, con delibera AEEG n. 148/04, che ha anche introdotto i cambiamenti nel meccanismo di finanziamento descritti sopra al considerando 43.

(47)

Questa prima proroga è l’oggetto del procedimento di indagine formale avviato rispetto al decreto del 2004 nell’ambito del caso C 38/04 (30). Secondo l’Italia (31), al decreto del 2004 non è stata data attuazione per quanto concerne Alcoa, la quale ha continuato a fruire della tariffa in virtù della base giuridica originaria, ossia il decreto del 1995.

2.6.   La seconda proroga contestata della tariffa Alcoa

(48)

Con l’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, le autorità italiane hanno prorogato al 2010 la tariffa agevolata a favore di Alcoa alle condizioni tariffarie in vigore al 31 dicembre 2004 (32). Ai sensi della legge n. 80/2005, la proroga della tariffa doveva entrare in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2005. Tuttavia, tale data è stata successivamente modificata e sostituita con il 1o gennaio 2006 con delibera AEEG n. 286/05 su istruzioni delle autorità nazionali.

(49)

Per determinare il prezzo che Alcoa doveva pagare oltre il 2005, la legge n. 80/2005 ha introdotto un meccanismo di indicizzazione per cui, a decorrere dal 1o gennaio 2006, il prezzo agevolato (ossia il prezzo fissato nella decisione Alumix per l’anno 2005) sarebbe aumentato su base annuale del 4 % ovvero, qualora quest’ultimo valore risultasse più elevato, dell’incremento percentuale medio dei prezzi all’ingrosso registrato sulle borse elettriche di Amsterdam e di Francoforte (33).

(50)

Tuttavia, in seguito a consultazioni con i beneficiari, la AEEG ha dato un’interpretazione diversa del meccanismo di aggiornamento. La delibera AEEG n. 217/05 ha stabilito infatti che l’incremento annuo della tariffa avrebbe seguito i prezzi medi all’ingrosso, ma senza potere superare il 4 %. Questo meccanismo di aggiornamento si è tradotto di fatto in incrementi annui del prezzo agevolato inferiori rispetto a quanto inizialmente previsto nella legislazione.

(51)

La seconda proroga è l’oggetto del procedimento di indagine formale avviato nel quadro del caso C 36/06. Quando la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale rispetto all’articolo 11, comma 12, della legge n. 80/2005, con delibera n. 190/06, la AEEG, ai sensi della legge n. 80/2005, ha subordinato i pagamenti alla presentazione da parte di Alcoa di una garanzia bancaria o di una parent company guarantee per coprire il rischio di recupero dell’aiuto.

(52)

I pagamenti effettuati da Cassa conguaglio ad Alcoa nel periodo gennaio 2006-gennaio 2009 sono riportati nella tabella in appresso. Le cifre per l’anno 2009 sono incomplete, in quanto tengono conto solo dei pagamenti effettuati al gennaio 2009, mentre Alcoa ha ricevuto pagamenti anche nei mesi successivi.

(in EUR)

 

2006

2007

2008

2009

Fusina (Veneto)

38 984 539,22

36 978 386,83

449 534 611,10

3 776 733,70

Portovesme (Sardegna)

133 556 933,73

121 087 555,95

160 529 510,20

12 365 849,45

Totale

172 541 472,95

158 065 942,78

210 064 121,30

16 142 583,15

3.   DECISIONE DI AVVIARE IL PROCEDIMENTO AI SENSI DELL’ARTICOLO 88, PARAGRAFO 2, DEL TRATTATO CE

(53)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento di indagine formale si basava sui seguenti motivi.

3.1.   Caso C 38/A/04

(54)

La Commissione ha classificato le tariffe introdotte con decreto del 2004 come aiuto al funzionamento ed ha valutato se tale aiuto potesse essere autorizzato sulla base degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (34), dato che nel 2004 la Sardegna era una regione assistita ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato CE. La Commissione ha formulato dubbi circa la possibilità di autorizzare l’aiuto su tale base dal momento che siffatto aiuto ad hoc, concesso ad un numero limitato di imprese, non sembrava promuovere lo sviluppo regionale.

(55)

Per quanto riguarda il caso specifico di Alcoa, la Commissione ha sottolineato che la nuova tariffa sembrava diversa dalla tariffa Alumix in quanto quest’ultima era stata concessa da ENEL, l’operatore italiano di energia elettrica in regime di monopolio, mentre la nuova tariffa comportava l’intervento selettivo dello Stato per compensare la differenza tra il prezzo di mercato concordato con un produttore di elettricità e il prezzo agevolato fissato nel 1996.

(56)

Inoltre, la Commissione ha espresso il dubbio che la misura potesse avere l’effetto di ridurre il livello di tassazione applicabile alle società.Siffatta riduzione avrebbe dovuto trovare una base giuridica nella direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (35).

3.2.   Caso C 36/B/06

(57)

La decisione del 2006 di avviare il procedimento di indagine formale verteva specificamente sulla tariffa Alcoa (36). La Commissione osservava che il quadro regolamentare e le condizioni di mercato all’epoca della decisione Alumix erano alquanto diverse da quelle prevalenti nel periodo coperto dalla decision di apertura. In particolare, il mercato dell’elettricità era stato liberalizzato e la gestione del regime era stata affidata alla Cassa conguaglio. Pertanto la Commissione riteneva necessario riesaminare l’esistenza di un aiuto di Stato nella tariffa Alcoa.

(58)

La Commissione ha ritenuto che la tariffa costituisse aiuto di Stato per il motivo che a) la riduzione della tariffa dell’elettricità costituiva un vantaggio economico; b) la decisione di concedere la tariffa era stata presa dalle autorità italiane ed era stata finanziata mediante un trasferimento di risorse statali sotto forma di un prelievo parafiscale; c) la misura minacciava di alterare la concorrenza e d) incideva sugli scambi intracomunitari dato che l’alluminio è oggetto di scambi sui mercati mondiali. La Commissione ha considerato la misura un aiuto al funzionamento.

(59)

La Commissione ha inoltre dichiarato che la precedente conclusione che la tariffa Alumix non costituiva aiuto di Stato non rendeva la nuova misura un aiuto esistente. L’approvazione della Commissione di Alumix, basata sulla valutazione economica delle circostanze quelle momento, era limitata nel tempo e non poteva applicarsi alla proroga della tariffa disposta con legge n. 80/2005.

(60)

Per quanto concerne la compatibilità, la Commissione ha valutato se la tariffa agevolata potesse essere autorizzata in base agli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale.

(61)

Quanto allo stabilimento del Veneto, la Commissione ha osservato che non era situato in una regione ammissibile ad aiuti ex articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato CE, e pertanto non era ammissibile ad aiuti a finalità regionale.

(62)

La Sardegna è stata una regione assistita ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), fino alla fine del 2006. Tuttavia, la Commissione ha espresso dubbi sulla possibilità di autorizzare la misura sulla base degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale applicabili a quel periodo (37).

(63)

Malgrado le insistenze dell’Italia sul fatto che i prezzi elevati dell’elettricità in Sardegna costituivano un ostacolo allo sviluppo dell’isola, la Commissione ha concluso che l’Italia non aveva dimostrato l’esistenza di prezzi significativamente più elevati in Sardegna, in media o, specificamente, per le aziende elettrointensive (l’Italia non aveva fornito dati sui contratti bilaterali conclusi tra le imprese elettrointensive e i loro fornitori, adducendo il fatto che tali dati non erano di pubblico dominio). Inoltre, l’Italia non aveva spiegato per quale motivo prezzi più elevati costituissero un handicap regionale né in che modo la tariffa contribuisse allo sviluppo regionale. La Commissione ha fatto presente che nel caso C 34/02 (38) non aveva accettato che la mancanza di connessioni energetiche in Sardegna potesse essere considerata un ostacolo allo sviluppo delle PMI nella regione (ed aveva adottato una decisione negativa). Pertanto la Commissione ha espresso dubbi quanto alla necessità dell’aiuto.

(64)

La Commissione inoltre ha espresso dubbi che tale aiuto ad hoc fosse commisurato agli svantaggi regionali, anche in considerazione del metodo utilizzato per calcolare il prezzo agevolato, che non aveva alcun rapporto con i prezzi praticati nel resto d’Italia.

(65)

La Commissione ha osservato che l’aiuto non era decrescente in termini reali dato il limite del 4 % imposto all’incremento della tariffa.

(66)

Quanto al periodo coperto dagli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013 (39), la Commissione ha osservato che la Sardegna cesserà di essere ammissibile agli aiuti regionali in base all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato CE, e in particolare agli aiuti al funzionamento. Considerato che mentre poteva essere autorizzato un periodo transitorio di due anni, in base agli orientamenti regionali, per l’eliminazione lineare dei regimi di aiuti al funzionamento esistenti, non sembrava appropriato permettere che venissero introdotti nuovi aiuti al funzionamento per pochi mesi e prevederne la graduale eliminazione, anche in considerazione dei dubbi espressi e della natura distorsiva dell’aiuto.

(67)

Concludendo, la Commissione ha espresso dubbi quanto alla possibilità di autorizzare la tariffa agevolata per Alcoa sia a titolo di aiuto regionale o su qualsiasi altro fondamento, che in ogni caso l’Italia non aveva individuato.

3.3.   Ricorso di alcoa contro la decisione di apertura del 2006

(68)

La decisione di apertura del 2006 è stata impugnata da Alcoa dinanzi al Tribunale di primo grado. Il 25 marzo 2009 il Tribunale ha emanato una sentenza (in prosieguo «la sentenza del Tribunale») che ha confermato la decisione di apertura, respingendo integralmente gli argomenti di Alcoa (40).

4.   OSSERVAZIONI DI TERZI INTERESSATI

(69)

L’invito della Commissione a presentare osservazioni sulle due decisioni di avviare il procedimento di indagine formale ha suscitato reazioni da parte di Alcoa e di terzi interessati. Nel caso di specie sono riassunte unicamente le osservazioni pertinenti alla tariffa Alcoa.

4.1.   Osservazioni formulate da alcoa

4.1.1.   Caso C 38/A/04

(70)

Secondo Alcoa, la tariffa destinata ad ovviare ad un fallimento del mercato, e in particolare all’incapacità del mercato dell’energia elettrica recentemente liberalizzato di fornire prezzi competitivi a causa del forte potere di mercato degli operatori tradizionali. Questo fallimento del mercato sarebbe particolarmente evidente in Sardegna. In siffatte circostanze, sarebbero necessarie iniziative di regolazione, anche sotto forma di regimi tariffari, per accompagnare la transizione dal monopolio alla concorrenza piena.

(71)

L’analisi giuridica di Alcoa insiste sul fatto che la tariffa non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, dato che le circostanze che giustificavano la decisione del 1996 di non sussistenza di aiuto nel caso Alumix sarebbero tuttora valide. In particolare, la tariffa non conferirebbe un vantaggio, il suo metodo di finanziamento non comporterebbe un trasferimento di risorse statali e considerate le caratteristiche degli scambi di alluminio primario, la tariffa non inciderebbe sugli scambi intracomunitari, né altererebbe la concorrenza.

(72)

Alcoa sostiene inoltre che quand’anche la misura fosse considerata aiuto di Stato, la tariffa sarda sarebbe compatibile in base alle regole sugli aiuti di Stato a finalità regionale.

4.1.2.   Caso C 36/B/06

(73)

Alcoa sostiene che la tariffa pone rimedio a un fallimento del mercato, che non costituisce aiuto di Stato, che in ogni caso costituirebbe un aiuto esistente anziché un nuovo aiuto e che il principio del legittimo affidamento precluderebbe il recupero.

(74)

Alcoa fornisce ampie informazioni sulla produzione e sul commercio di alluminio. La produzione di alluminio primario (smelting) è il più energivoro di tutti i processi industriali (con un consumo di 15 kilovattore per chilo di alluminio prodotto). La produzione a livello mondiale di alluminio primario nel 2006 è stata di circa 33,7 milioni di t, di cui solo 4,5 milioni sono prodotti in ambito SEE. L’UE 25 e il SEE sono notevoli importatori netti di alluminio primario. Nel 2006 l’UE 25 ha importato 4,7 milioni di t e le importazioni si prevede raggiungano 5,5 milioni di t nel 2010. Nel 2006 l’industria dell’alluminio nell’UE 25 impiegava 106 000 persone direttamente (41) e circa 300 000 persone indirettamente. Al momento in cui Alcoa ha presentato osservazioni, operavano in ambito UE 25 22 smelter di alluminio primario (31 in ambito SEE), e tutti a piena capacità.

(75)

L’alluminio primario è un prodotto di base ed il suo prezzo di riferimento mondiale è fissato nella borsa metalli di Londra. I due smelter italiani di Fusina e Portovesme producono circa 200 000 t. Secondo Alcoa, questa produzione limitata non è in grado di incidere sui prezzi dell’alluminio primario.

4.1.2.1.   Sono indispensabili accordi per la fornitura di energia elettrica

(76)

L’energia elettrica è la principale voce di costo per la produzione dell’alluminio primario. Secondo Alcoa gli smelter possono funzionare solo se sono stati conclusi accordi di fornitura a lungo termine con i produttori di energia elettrica. Accordi a lungo termine orientati ai costi possono ancora essere conclusi oggigiorno con venditori ben disposti, come dimostra l’accordo stipulato da Alcoa in Islanda (42). Tuttavia, secondo Alcoa, in assenza di accordi contrattuali orientati ai costi di produzione gli smelter sono obbligati a chiudere. Dal 2003 tre smelter in ambito UE 25 hanno chiuso per tale motivo e sono stati annunciati altri piani di chiusura. Alcoa conclude che senza la proroga della tariffa, sarebbe obbligata a chiudere immediatamente i due stabilimenti italiani a Fusina (Veneto) e Portovesme (Sardegna).

(77)

Alcoa sottolinea che i governi di vari Stati membri incoraggiano la conclusione di contratti di fornitura a lungo termine orientati ai costi tra i consumatori industriali elettrointensivi e i produttori di energia elettrica, tenuto conto del fatto che i mercati elettrici non funzionano adeguatamente. Tali soluzioni sono considerate necessarie quali misure provvisorie per garantire prezzi equi e per impedire chiusure di industrie. Alcoa fornisce una breve descrizione delle misure adottate da: Finlandia (consorzi che investono in un nuovo reattore nucleare, con diritti di prelievo ad un prezzo basato sui costi di produzione), Germania (sconto del 35-50 % sui costi di trasmissione, più una riduzione degli oneri connessi alle energie rinnovabili per i grandi utenti industriali), Spagna (tariffe regolamentate), Francia (consorzi di grandi utenti che investono in nuove centrali nucleari, tariffe regolamentate «di ritorno»), Svezia (consorzi per investimenti in nuove centrali), Belgio (consorzio di acquisto).

(78)

Alcoa sottolinea che la stessa Commissione riconosce, nell’inchiesta sul settore dell’energia (43) che i mercati elettrici in Europa non funzionano correttamente. Alcoa elenca inoltre una serie di iniziative adottate o annunciate dalla Commissione nel settore energetico, come i lavori dell’High Level Group on Energy, Competitiveness and the Environment (44).

4.1.2.2.   La tariffa non costituisce aiuto di Stato

(79)

Alcoa sostiene che la tariffa non è un aiuto di Stato in quanto: a) non si è verificato alcun cambiamento significativo nelle circostanze che hanno indotto la Commissione a concludere che la tariffa Alumix non conferiva un vantaggio; in particolare il prezzo pagato da Alcoa continua ad essere coerente con i parametri indicati dalla Commissione nella decisione Alumix; b) la misura non altera la concorrenza né produce effetti sugli scambi intracomunitari; e c) secondo la giurisprudenza delle corti comunitarie, la misura non comporta il trasferimento di risorse statali.

4.1.2.3.   Nessun vantaggio

(80)

Alcoa sostiene che nel valutare la presenza di un vantaggio, è d’importanza cruciale stabilire se il prezzo pagato ad Alcoa sia inferiore ad un prezzo di mercato normale. Alcoa afferma che il prezzo speciale equivalente a quello che l’impresa avrebbe pagato in condizioni di mercato normali, ossia in un mercato pienamente concorrenziale. Nel caso Alumix, la Commissione era giunta alla conclusione che, in un mercato pienamente concorrenziale, un fornitore privato di energia elettrica venderebbe energia ai suoi migliori clienti al costo marginale maggiorato di un lieve contributo ai costi fissi e che lo Stato potrebbe fissare tariffe basate sugli stessi criteri. Secondo Alcoa, il test da applicare nel caso di specie consiste nello stabilire se i prezzi pagati da Alcoa siano stati superiori o inferiori ai costi marginali del suo fornitore di energia elettrica (più un certo contributo ai costi fissi). Alcoa fornisce calcoli a sostegno di tale tesi.

(in EUR/MWh)

 

2005

2006

Sardegna

Tariffa speciale applicabile ad Alcoa Portovesme

24,94

25,90

Prezzo pool minimo regione Sardegna (IPEX)

20,02

21,0

Veneto

Tariffa speciale applicabile ad Alcoa Fusina

25,7

27,1

Prezzo pool minimo regione nord Italia

20,02

21,0

(81)

Sia per la Sardegna che per il Veneto, Alcoa utilizza i prezzi di borsa IPEX minimi (20,2 EUR e 21,0 MWh nel 2005 e 2006) come approssimazione dei costi marginali dei generatori, dato che nessun fornitore venderebbe energia sui mercati spot a prezzi inferiori ai loro costi marginali e quindi i prezzi spot minimi sarebbero superiori ai costi marginali di generazione. La società sostiene che si può ottenere la conferma dell’affidabilità dei prezzi minimi testé indicati raffrontandoli con i costi marginali standard per le centrali elettriche alimentate a carbone, che Alcoa stima a 20 EUR/MWh.

(82)

Riassumendo, secondo Alcoa, in Veneto nonché in Sardegna i metodi indicati ai considerando 80 e 81 confermerebbero che i prezzi pagati da Alcoa sono coerenti con i criteri indicati nella decisione Alumix.

(83)

Alcoa contesta il presunto uso da parte della Commissione dei prezzi IPEX medi come parametro per valutare la presenza di un vantaggio. Alcoa afferma che il prezzo IPEX medio non è rappresentativo del prezzo pagato da un grande consumatore industriale come Alcoa, che consuma elettricità 24 ore al giorno e che non acquisterebbe elettricità sul mercato spot, ma concluderebbe un contratto bilaterale di fornitura a lungo termine.

(84)

Inoltre, Alcoa sostiene che ENEL fruisce di una posizione dominante nella fornitura di energia elettrica quasi ovunque in Italia. In Sardegna, in particolare, ENEL è protetta dalla concorrenza di fornitori non sardi in conseguenza della limitata capacità di interconnessione tra la Sardegna e l’Italia peninsulare. Pertanto in Italia né il mercato spot né il mercato degli accordi di fornitura a lungo termine per il momento sono caratterizzati da una struttura effettivamente concorrenziale. Pertanto, i prezzi applicati da ENEL ad Alcoa non rispecchiano i prezzi che di norma prevarrebbero in un mercato del tutto concorrenziale in Sardegna o in Veneto.

(85)

Concludendo, Alcoa sostiene che i prezzi che ha pagato in Italia continuano ad essere pienamente conformi ai criteri fissati dalla Commissione nella decisione Alumix e rispecchiano accuratamente ciò che succederebbe se il mercato funzionasse correttamente. Pertanto, Alcoa non è il beneficiario di un vantaggio che non potrebbe ottenere in un mercato pienamente concorrenziale.

4.1.2.4.   Nessuna incidenza sugli scambi

(86)

Alcoa sostiene che la tariffa non ha alcuna incidenza sugli scambi intracomunitari e non può falsare la concorrenza. Il prezzo dell’alluminio primario è stabilito alla borsa metalli di Londra e le variazioni nei costi locali di produzione non si traducono in differenze di prezzo. La produzione di alluminio primario in Italia è talmente modesta, secondo Alcoa, da non potere incidere sui prezzi mondiali.

(87)

La domanda di alluminio primario nell’UE 25 è aumentata costantemente (con un incremento del 42 % del livello di domanda tra il 1996 e il 2005). Tuttavia, la produzione europea non ha seguito lo stesso ritmo. Nel 2004 soltanto il 41 % della domanda UE 25 era coperto dalla produzione UE 25 rispetto al 50 % nel 1996. Pertanto vi è un crescente deficit di produzione nell’UE, mentre la domanda è sempre più soddisfatta da esportazioni provenienti da paesi terzi.

(88)

Alcoa sostiene che se l’industria dell’alluminio in Italia scomparisse, nessun nuovo operatore italiano o UE potrebbe sostituire la capacità chiusa in Italia, dato che gli stabilimenti UE lavorano già a piena capacità e nessun produttore nuovo o esistente avrebbe un incentivo ad accrescere la propria capacità, considerato che le prospettive a lungo termine sono incerte per quanto riguarda la disponibilità di energia elettrica a prezzi ragionevoli.

(89)

Inoltre, Alcoa sostiene che gli interessi degli altri produttori europei non sono minacciati dalla continuazione dei regimi tariffari italiani, dato che questi assicurano un prezzo dell’energia elettrica che è soltanto marginalmente inferiore alla media ponderata pagata dai produttori di alluminio primario nell’UE 25.

(90)

Raffronto delle tariffe medie degli smelter

(in EUR/MWh)

 

2002

2003

2004

2005

Tariffa smelter media ponderata italiana

22,0

23,4

24,2

25,1

Tariffa smelter media ponderata UE 25

24,9

24,0

25,1

26,4

Tariffa smelter media ponderata SEE

21,4

21,2

22,0

23,3

Tariffa smelter media ponderata mondiale

21,1

19,3

19,4

21,2

4.1.2.5.   Nessuna risorsa statale

(91)

Alcoa si basa sulla giurisprudenza Preussen-Elektra  (45) e Pearle  (46) per avvalorare la tesi che la misura in questione non è finanziata mediante risorse statali. Alcoa sostiene che i fondi necessari a finanziare la tariffa sono trasferiti da soggetti privati (gli utenti di energia elettrica) ad un soggetto privato (Alcoa), mentre il ruolo dello Stato si limita all’adozione di una legge che impone il pagamento delle somme richieste, senza alcun potere discrezionale di disporre dei fondi se non per l’applicazione del regime previsto dalla legge. In particolare, secondo Alcoa, la Cassa conguaglio non esercita alcun controllo sui fondi ed è un semplice intermediario contabile.

4.1.2.6.   Aiuto esistente anziché nuovo aiuto

(92)

Alcoa inoltre sostiene che quand’anche si ritenesse che la tariffa costituisce aiuto di Stato, siffatta misura configurerebbe «un aiuto esistente» anziché un «nuovo aiuto».

(93)

Alcoa sostiene che la decisione Alumix non era limitata nel tempo e la sua applicabilità non è cessata il 31 dicembre 2005. Secondo Alcoa, la tesi della Commissione secondo cui «un cambiamento di circostanze» avrebbe posto fine all’effettività della decisione Alumix è infondata dato che né la liberalizzazione del mercato né il ruolo affidato alla Cassa conguaglio comportano un cambiamento sostanziale rispetto al vantaggio (o, piuttosto, l’assenza di vantaggio) derivanti dal regime Alumix. Alcoa ha continuato ad applicare lo stesso prezzo netto dopo le riforme e tale prezzo non conferiva un vantaggio all’acquirente dell’energia, come riconosciuto nella decisione Alumix. Pertanto, le riforme non hanno rappresentato un «cambiamento di circostanze» tale da rendere invalida la decisione Alumix. Quanto al ruolo affidato alla Cassa conguaglio, secondo Alcoa si è trattato di un cambiamento di natura puramente amministrativa che non ha inciso sulla sostanza del meccanismo.

(94)

Alcoa inoltre dichiara che anche ammesso che fosse intervenuto un cambiamento di circostanze, l’azienda avere avrebbe comunque diritto al trattamento «di aiuto esistente» in virtù dell’articolo 1, lettere b), punto v), prima frase del regolamento (CE) 659/1999 del Consiglio (47) (misure che sono diventate aiuti successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune). Ciò sarebbe confermato dalla giurisprudenza relativa ai Centri di coordinamento con sede in Belgio (48). La Corte ha infatti stabilito che, una volta determinato che un particolare regime di aiuti non costituisce aiuto di Stato, la Commissione può rivedere la sua posizione solo seguendo le regole per gli aiuti esistenti, e l’effetto della revisione può quindi essere unicamente pro futuro.

(95)

Secondo Alcoa è irrilevante che la liberalizzazione dei mercati dell’energia si sia verificata dopo che la Commissione aveva adottato la decisione Alumix, dato che la liberalizzazione non ha modificato la ratio della conclusione di non aiuto (il fatto che i prezzi coprivano i costi marginali) e non avrebbe potuto causare un cambiamento del carattere della misura. Pertanto la Commissione non può invocare l’articolo 1, lettera b), punto v), seconda frase, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (49) (in prosieguo: «regolamento (CE) n. 659/1999») per dichiarare la misura «nuovo aiuto». Inoltre, anche nell’ipotesi che la liberalizzazione abbia svolto un ruolo, Alcoa sostiene che, in base alla giurisprudenza Alzetta  (50) la Commissione non potrebbe basarsi sull’articolo 1, lettera b), punto v), seconda frase, del regolamento (CE) n. 659/1999.

(96)

Peraltro, la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica si è verificata anteriormente all’adozione del regolamento (CE) n. 659/1999. Pertanto, quest’ultimo non può applicarsi a misure nel settore elettrico anche nel caso in cui queste ultime siano diventate aiuto in seguito alla liberalizzazione; siffatte misure sono invece disciplinate dall’articolo 1, lettera b), punto v), prima frase, del regolamento (CE) n. 659/1999 (aiuto esistente) e dalla giurisprudenza della Corte in Alzetta.

4.1.2.7.   Legittimo affidamento

(97)

Alcoa fa inoltre valere che anche se l’attuale regime non fosse considerato aiuto esistente, la società in ogni caso avrebbe diritto ad invocare il legittimo affidamento, considerati i notevoli investimenti effettuati da Alcoa in entrambi gli stabilimenti nel presupposto che la tariffa non costituisse aiuto e data l’esistenza di precedenti nella prassi decisionale della Commissione indicanti un certo margine di discrezionalità nell’applicare «il trattamento dell’aiuto esistente», in particolare la decisione della Commissione relativa al regime di accantonamenti in esenzione di imposta per gli stabilimenti all’estero (51).

4.1.2.8.   Compatibilità della tariffa sarda a titolo di aiuto a finalità regionale

(98)

Alcoa afferma che, in ogni caso, per quanto concerne lo stabilimento sardo, la misura contestata soddisfa i requisiti per fruire di aiuti a finalità regionale.

(99)

Alcoa descrive gli svantaggi regionali della Sardegna e i problemi delle industrie elettrointensive derivanti dall’assenza in Sardegna di interconnessione energetica e dall’esistenza di un duopolio ENEL/ENDESA che altera il normale processo concorrenziale e mantiene i prezzi elevati anche per i grandi utenti. La tariffa mirerebbe ad ovviare a tale svantaggio.

(100)

Alcoa sottolinea che la chiusura degli smelter avrebbe, come effetto diretto, la perdita di 2 500 posti di lavoro. Tuttavia, vi sarebbe anche un effetto indiretto su altre migliaia di posti di lavoro data la posizione di Alcoa come uno dei principali datori di lavoro della regione. L’impatto sarebbe ancora più drammatico in caso di chiusura immediata, rispetto ad una chiusura graduale delle attività.

(101)

Alcoa sostiene che la tariffa risponde al requisito della proporzionalità, in quanto è limitata a quanto necessario per ovviare al fallimento del mercato (l’assenza di un mercato concorrenziale in Sardegna) e il prezzo è conforme alla media ponderata dei prezzi dell’elettricità pagati da altri smelter nell’UE 25.

(102)

Secondo Alcoa l’assenza di carattere decrescente non è dimostrata. Tale carattere dovrebbe essere valutato rispetto ai costi marginali dei fornitori; per dimostrare che la tariffa non è decrescente, la Commissione dovrebbe provare un aumento di detti costi. Quanto al limite massimo di incremento del 4 %, contestato dalla Commissione in quanto non garantirebbe la degressività della tariffa, Alcoa sostiene che è normale che il prezzo sia fissato per un determinato periodo. Inoltre, un massimale dovrebbe rispecchiare una tendenza normale e non tener conto di eventi abnormi, quali l’aumento eccezionale dei prezzi del petrolio. Alcoa osserva infine che la Commissione ha riconosciuto la degressività di un meccanismo che manteneva un vantaggio per quattro-cinque anni e quindi lo riduceva progressivamente (52).

(103)

Alcoa afferma che la tariffa è transitoria in quanto è stata fissata per durare fino a quando sarà eliminato il problema di interconnessione con la terraferma (presumibilmente nel 2010). Inoltre, la tesi della Commissione secondo cui la misura è in vigore da più di cinque anni è infondata visto che finora la tariffa non ha costituito aiuto.

(104)

Infine, Alcoa sostiene che gli orientamenti del 2007 sugli aiuti di Stato a finalità regionale per il 2007-2013 (53) non sono applicabili nella sostanza in quanto la tariffa è stata concessa prima del 2007 e quindi deve essere valutata conformemente agli orientamenti relativi agli aiuti di Stato a finalità regionale del 1998 (54) come indicato nelle disposizioni transitorie degli orientamenti del 2007.

4.2.   Osservazioni inviate da terzi

4.2.1.   Caso C 38/A/04

(105)

Un concorrente di Portovesme Srl (55) ha trasmesso un’analisi della tariffa Alumix, concludendo che tutte le tariffe agevolate applicate dall’Italia in Sardegna sulla base del decreto del 2004 costituiscono aiuti di Stato illegali che non possono essere autorizzati a titolo di aiuti al funzionamento a finalità regionale e dovrebbero essere dichiarati incompatibili.

4.2.2.   Caso C 36/B/06

(106)

Due associazioni di produttori di alluminio sostengono che le tariffe sono necessarie per impedire la delocalizzazione dell’industria al di fuori dell’UE in attesa di soluzioni a lungo termine.

(107)

Il concorrente di Portovesme Srl menzionato al considerando 105 ha chiesto alla Commissione di tener conto del suo contributo nel caso C 13/06 (56) anche ai fini della valutazione del caso di specie. Di nuovo la società conclude che le tariffe dovrebbero essere dichiarate incompatibili.

(108)

L’Italia ha chiesto alla Commissione di non tener conto di queste osservazioni, che considera non pertinenti, dato che il caso C 13/06 non concerne la stessa sostanza: le misure esaminate nel caso C 13/06 costituirebbero un nuovo aiuto mentre la tariffa Alcoa sarebbe la proroga di una misura esistente. Inoltre, il terzo interessato, che non è un produttore di alluminio, non sarebbe direttamente interessato dalla misura a favore di Alcoa.

(109)

La Commissione non può accogliere la richiesta dell’Italia. Il fatto che la tariffa Alcoa abbia una storia diversa rispetto alle altre tariffe nulla toglie alla pertinenza delle osservazioni formulate nella misura in cui toccano questioni pertinenti quali il carattere di aiuto di Stato delle tariffe elettriche in Sardegna, il loro contributo allo sviluppo regionale e l’incidenza sulla concorrenza. Inoltre, nel quadro di un’indagine ex articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE, non è necessario che un terzo sia interessato direttamente e individualmente dalla misura rispetto alla quale sono presentate osservazioni.

5.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA

5.1.   Caso C 38/A/04

5.1.1.   La tariffa è intesa a porre rimedio a un fallimento del mercato

(110)

L’Italia sottolinea che il mercato dell’energia elettrica nell’UE non è tutto ancora pienamente competitivo come riconosciuto dalla stessa Commissione. Le imprese, in particolare quelle elettrointensive, non sono in grado di acquistare elettricità a condizioni comparabili nei vari Stati membri.

(111)

In Italia, malgrado la liberalizzazione del settore, vi sono deficienze strutturali (quali, ad esempio, l’insufficiente interconnessione) che si traducono in prezzi energetici elevati e in una struttura di mercato concentrata che rende difficile per i clienti idonei poter scegliere il proprio fornitore di energia elettrica. I problemi sono particolarmente acuti in Sardegna, dove esistono soltanto due fornitori. Pertanto, l’Italia sostiene che un sistema tariffario speciale che rispecchi il profilo della domanda dovrebbe essere considerato giustificato come misura regolamentare per simulare i meccanismi che dovrebbero operare in un mercato pienamente concorrenziale. Tale intervento ripristinerebbe la parità di condizioni tra imprese elettrointensive operanti in Stati membri diversi.

5.1.2.   La tariffa non costituisce aiuto di Stato

(112)

Per quanto concerne Alcoa, l’Italia sostiene che la tariffa Alumix originaria stabilita nel decreto del 1995 era stata dichiarata dalla Commissione come non configurante aiuto di Stato in quanto era obiettivamente connessa al profilo di consumo dello smelter e rispecchiava le specificità dell’offerta e della domanda di energia nelle regioni interessate.

(113)

Secondo l’Italia, il decreto del 2004 si basa sugli stessi elementi di fatto che hanno indotto la Commissione a concludere che non sussisteva aiuto di Stato, tenendo conto anche dell’attuale crisi nell’industria metallurgica in Sardegna. La differenza tra il vecchio e il nuovo sistema riguarda unicamente la «struttura tariffaria». L’Italia sostiene che questi cambiamenti sono divenuti necessari in seguito al lancio del mercato interno dell’energia e al fine di garantire la «neutralità tariffaria».

(114)

Più specificamente, l’Italia sostiene che la tariffa Alcoa non ricade nel divieto dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, in quanto non comporta il trasferimento di risorse statali e non è in grado di alterare la concorrenza né di incidere sugli scambi intracomunitari. La natura di non aiuto del regime tariffario era stata la ragione per cui l’Italia non aveva ritenuto necessario notificare il decreto del 2004. L’Italia sostiene che, in ogni caso, a seguito dell’avvio dell’indagine approfondita, l’Italia ha cessato di applicare ad Alcoa il decreto del 2004.

5.1.3.   Nessuna risorsa statale

(115)

Per quanto concerne l’intervento di risorse statali, l’Italia sostiene che il sistema tariffario è perfettamente comparabile con quello che, nella causa Preussen-Elektra, la Corte di giustizia ha dichiarato non coinvolgere risorse statali. La Cassa conguaglio, in quanto «ente tecnico contabile del sistema», non può disporre liberamente delle risorse finanziarie che amministra. Il fatto che la AEEG e il ministero delle Finanze possano esercitare un certo controllo sulle attività della Cassa conguaglio non significa che lo Stato sia in grado di disporre liberamente delle risorse in oggetto.

5.1.4.   Nessuna incidenza sugli scambi

(116)

Per quel che riguarda l’incidenza sugli scambi intracomunitari, gli argomenti esposti dall’Italia sono identici a quelli di Alcoa (cfr. sopra, considerando 86-90).

5.1.5.   La tariffa sarda sarebbe compatibile con le regole sugli aiuti di Stato a finalità regionale

(117)

Secondo l’Italia, in ogni caso la tariffa applicabile in Sardegna può essere considerata compatibile con il mercato comune a titolo di aiuto a finalità regionale in base alle seguenti considerazioni. Le imperfezioni del mercato dell’elettricità per quanto concerne l’energia elettrica in Sardegna costituiscono uno svantaggio regionale che la tariffa intende eliminare. La tariffa ha ripercussioni positive sull’occupazione e il mantenimento del tessuto sociale ed economico dell’isola. È commisurata agli svantaggi incontrati dal beneficiario, di breve periodo e transitoria.

5.2.   Caso C 36/B/06

5.2.1.   Insussistenza di aiuto di Stato

(118)

L’Italia non ha ritenuto necessario notificare in base alle regole sugli aiuti di Stato la proroga della tariffa disposta dall’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 poiché la misura continua a non costituire un aiuto di Stato. L’Italia ritiene infatti che la proroga di una misura che non costituisce aiuto sia diversa dalla proroga di una misura che costituisce aiuto in quanto soltanto quest’ultima può essere considerata come nuovo aiuto.

(119)

Analogamente ad Alcoa, anche l’Italia sostiene che la decisione Alumix non era limitata nel tempo. Ciò sarebbe intenzionale e dimostrerebbe che la stessa Commissione aveva ammesso la necessità che la tariffa fosse una misura a lungo termine. L’Italia ha avvalorato tale argomentazione facendo riferimento al punto della decisione Alumix in cui la Commissione dichiara che «la ristrutturazione e il ritorno alla redditività delle attività di Alumix garantiscono che lo sviluppo di queste due zone non sia breve, ma piuttosto a lungo termine».

5.2.2.   Assenza di vantaggio, di risorse statali e di incidenza sugli scambi

(120)

L’Italia sostiene che la tariffa non comporta un vantaggio per le stesse considerazioni già sviluppate da Alcoa e indicate ai considerando 80-85, che non incide sugli scambi (cfr. considerando 86-90) e che non comporta il trasferimento di risorse statali (cfr. considerando 115).

(121)

L’Italia accenna alla sovraccapacità di generazione di elettricità prevalente in Sardegna e sottolinea che in siffatta situazione Alcoa normalmente avrebbe un notevole potere di negoziazione e otterrebbe un prezzo concorrenziale soltanto leggermente superiore al costo di produzione marginale del produttore. Il fatto che ciò non sia possibile in Sardegna è da imputarsi, secondo l’Italia, al comportamento dell’operatore dominante, che può fissare il prezzo in Sardegna e non ha alcun interesse commerciale a vendere a un prezzo inferiore, sapendo che Alcoa non può acquistare altrove l’elettricità di cui ha bisogno. Inoltre, in situazione di duopolio [ENEL e ENDESA-oggi E.ON (57)] entrambi gli operatori possono avere interesse ad applicare un prezzo superiore al prezzo economicamente ottimale, onde evitare di creare «un cattivo precedente» nel resto d’Italia. Considerato il notevole potere di mercato conservato dall’ex monopolista ENEL (58), l’Italia conclude che non vi è alcuna differenza sostanziale fra il prezzo accordato ad Alcoa in una situazione di monopolio (approvato dalla Commissione nella decisione Alumix) e la tariffa applicabile nelle attuali, alquanto imperfette, condizioni di mercato.

(122)

L’Italia contesta anche il riferimento ai prezzi medi IPEX per gli stessi motivi descritti al considerando 83.

5.2.3.   La misura non è illegale

(123)

Inoltre l’Italia sostiene che i presupposti economici alla base della decisione Alumix sono rimasti immutati nel corso degli anni. Pertanto, la proroga della tariffa non contiene alcun elemento nuovo e non può essere considerata come nuovo aiuto. Non è peraltro corretto considerare la misura come aiuto illegale.

5.2.4.   La tariffa è giustificata

(124)

L’Italia sostiene che, nella sua valutazione, la Commissione avrebbe dovuto inoltre tener conto delle conclusioni formulate nella prima relazione dell’High Level Group on Energy, Competitiveness and the Environment, che individuano due fattori nuovi che hanno limitato la produzione di alluminio negli ultimi anni, ossia la globalizzazione del mercato di riferimento per l’alluminio e il lancio del mercato interno dell’energia.

(125)

In particolare, la questione del costo elevato dell’elettricità per la produzione di alluminio in Sardegna ed in Veneto, riconosciuta nella decisione Alumix, non si è ancora risolta dal 1996 ad oggi. Il persistere di dette questioni giustifica la proroga della tariffa, che in ogni modo era destinata ad essere una misura di lungo termine volta a favorire lo sviluppo industriale. L’Italia sottolinea che anche le altre circostanze di cui la Commissione ha tenuto conto nella decisione Alumix sono rimaste immutate, in particolare gli specifici profili di consumo degli smelter di alluminio e il grado insufficiente di liberalizzazione del mercato dell’elettricità.

(126)

L’Italia sostiene che in attesa della piena liberalizzazione del mercato, è necessario prorogare le tariffe elettriche agevolate ed eventuali strumenti analoghi introdotti da altri Stati membri al fine di salvaguardare e rafforzare la competitività dell’industria europea.

(127)

L’unica soluzione di lungo periodo per ridurre i costi dell’elettricità consiste, secondo l’Italia, nella costruzione di un’adeguata infrastruttura di generazione di energia elettrica e di interconnessione, che aprirà effettivamente il mercato a nuovi operatori. L’Italia cita il gasdotto GALSI, che porterà il gas naturale algerino in Europa passando per la Sardegna e il sistema di cavi sottomarini SAPEI, che migliorerà l’interconnessione con l’Italia peninsulare. Tali infrastrutture sono attualmente in fase di costruzione. Pertanto l’Italia sostiene che le tariffe devono rimanere in vigore fino al completamento delle infrastrutture.

(128)

L’Italia sottolinea inoltre che il presente caso non può essere comparato al caso C 34/02, citato nella decisione di avvio del procedimento del 2006 per suggerire che la Commissione aveva già constatato che l’insufficiente interconnessione elettrica non costituiva uno svantaggio regionale per la Sardegna. Secondo l’Italia, il caso citato riguardava aiuti alle piccole e medie imprese che non sono grandi utenti di energia e quindi risentono meno dell’assenza di una struttura energetica adeguata e dell’imperfezione del mercato elettrico in Sardegna rispetto a imprese come Alcoa.

(129)

L’Italia rileva, inoltre, che il High Level Group è consapevole della necessità di mantenere nel territorio dell’UE industrie elettrointensive quali le industrie dei metalli ferrosi e non ferrosi (59), migliorandone la competitività e in particolare favorendone l’accesso all’elettricità a prezzi concorrenziali.

(130)

L’Italia fornisce una descrizione dettagliata delle misure adottate da altri Stati membri, in particolare Germania, Spagna, Francia, Finlandia e Grecia per ridurre i costi dell’energia elettrica delle industrie elettrointensive e per evitarne la delocalizzazione fuori dell’UE. L’Italia indica che, pur prendendo forme diverse, siffatte misure producono gli stessi effetti economici della tariffa agevolata italiana e sottolinea che sarebbe auspicabile che l’UE armonizzasse siffatte misure in modo da livellare le condizioni di concorrenza tra le industrie europee e i loro concorrenti nei paesi terzi. Tuttavia, nel breve periodo, le misure adottate dall’Italia dovrebbero essere considerate come un non aiuto e dovrebbero invece essere valutate usando lo stesso metro che per quelle introdotte da altri Stati membri.

6.   VALUTAZIONE DELLA MISURA

6.1.   Ambito temporale e materiale dell’indagine

(131)

Come primo passo, la Commissione ritiene necessario chiarire l’ambito temporale e materiale dell’indagine quale definito nelle decisioni di avvio del procedimento.

6.1.1.   Il procedimento del 2004 (caso C 38/A/04)

(132)

La necessità di siffatto chiarimento deriva dal fatto che quando il decreto del 2004 è entrato in vigore nell’aprile del 2004, la tariffa agevolata di Alcoa era coperta da una autorizzazione a titolo degli aiuti di Stato (decisione Alumix) fino al dicembre 2005 (60).

(133)

Data la sovrapposizione temporale del regime Alumix e delle disposizioni contestate nel 2004, occorre chiarire se la decisione di avvio del procedimento del 2004 abbia messo in causa l’estensione temporale della tariffa Alcoa al di là della durata originaria del regime Alumix (dal 1o gennaio 2006 in poi) oppure se abbia anche contestato il regime Alumix in quanto tale nel periodo 2004-2005 a causa dei cambiamenti apportati al suo meccanismo finanziario.

(134)

Una lettura attenta della decisione dimostra che quest’ultima contesta, in generale, il nuovo regime tariffario istituito dal decreto del 2004 a favore dei beneficiari interessati (Portovesme Srl, ILA SpA, Euroalluminia SpA e Alcoa) e non può esser interpretato come una messa in discussione del regime Alumix in sé. Questa conclusione è corroborata dalle seguenti osservazioni.

(135)

Innanzitutto l’esame della misura in questione è globale e non opera distinzioni tra i beneficiari. In particolare la distinta posizione giuridica di Alcoa in quanto beneficiario della tariffa autorizzata Alumix non è né descritta né valutata dettagliatamente.

(136)

In secondo luogo, le osservazioni della Commissione sulla differenza sostanziale fra il regime Alumix e il nuovo regime tariffario (61) mirano unicamente a dimostrare che le conclusioni formulate nel caso Alumix non possono essere estrapolate al nuovo regime tariffario, dato il diverso meccanismo di finanziamento.

(137)

In terzo luogo, se la decisione di avvio del procedimento del 2004 avesse inteso contestare il regime Alumix originario, avrebbe citato la base giuridica che aveva permesso la concessione del regime originario (il decreto del 1995) e avrebbe fornito qualche spiegazione dei motivi per cui il meccanismo tariffario, quale modificato dal nuovo quadro regolamentare, inficiava la validità delle conclusioni formulate dalla Commissione nel caso Alumix prima della data di scadenza del regime.

(138)

Pertanto, la Commissione ritiene che per quanto riguarda Alcoa, la decisione di avvio del procedimento del 2004 contesti la proroga del regime Alumix dopo la sua scadenza al 31 dicembre 2005. L’ambito temporale dell’indagine del 2004 si limitava quindi al periodo che inizia il 1o gennaio 2006.

(139)

Tuttavia, a quella data, il decreto del 2004 era stato di fatto superato dalla legge n. 80/2005 che è entrata in vigore il 1o gennaio 2006 (cfr. considerando 48 e 142) Quindi, tale decreto, in sostanza, non è pertinente ai fini della presente indagine.

6.1.2.   Il procedimento del 2006 (caso C 36/B/06)

(140)

La formulazione della decisione di avvio del procedimento del 2006 non si presta ad interpretazioni ed inequivocabilmente contesta la proroga della tariffa fino al 2010 disposta nella legge n. 80/2005 (62), non il regime Alumix in sé.

(141)

Per quanto concerne l’ambito temporale dell’indagine del 2006, la Commissione osserva che in questo caso non vi è alcuna sovrapposizione tra il regime Alumix, che è scaduto nel dicembre 2005, e la proroga contestata della tariffa che è entrata in vigore il 1o gennaio 2006 (cfr. sopra considerando 48). Ciò è confermato al punto 132 della sentenza del Tribunale.

6.1.3.   Conclusioni sull’ambito della decisione

(142)

Poiché alla data del 1o gennaio 2006, il decreto del 2004 era stato superato dalla legge n. 80/2005, questa base giuridica non è più direttamente pertinente ai fini dell’indagine. L’indagine pertanto verte su una misura concreta: la proroga della tariffa Alcoa dal 1o gennaio 2006 al 31 dicembre 2010, attuata in virtù della legge n. 80/2005 letta in combinato disposto con le pertinenti disposizioni regolamentari adottate dall’AEEG. Tuttavia, nell’eventualità in cui l’Italia ritenga che, nonostante l’adozione della legge n. 80/2005 il decreto del 2004 possa fungere da base giuridica per il periodo gennaio 2006-giugno 2007, le conclusioni della presente decisione sono da considerarsi applicabili anche alla misura introdotta con il decreto del 2004 (63).

6.2.   Sussistenza di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE

(143)

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, una misura costituisce aiuto di Stato se risultano cumulativamente soddisfatte le seguenti condizioni: la misura a) arreca un vantaggio economico al beneficiario; b) è concessa dallo Stato mediante risorse statali; c) è selettiva; d) incide sugli scambi tra Stati membri ed è di natura tale da falsare la concorrenza nell’UE.

(144)

Sia l’Italia che Alcoa sostengono che la tariffa non costituisce aiuto di Stato.

6.2.1.   Presenza di un vantaggio

(145)

A titolo preliminare, la Commissione constata che, nel quadro del regime tariffario istituito dall’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, lo Stato interviene per mantenere un prezzo per le forniture di elettricità che è notevolmente più basso di quello che Alcoa avrebbe potuto ottenere (ed aveva ottenuto) in condizioni di mercato reali. Se Alcoa fosse stata in grado di ottenere questo prezzo ridotto direttamente da uno dei fornitori di elettricità delle regioni in questione, non sarebbe stato necessario alcun intervento da parte dello Stato. Né l’Italia, né Alcoa contestano l’affermazione che, nelle regioni in questione, i prezzi di mercato correnti siano più elevati del prezzo effettivamente pagato da Alcoa grazie al rimborso erogato dalla Cassa conguaglio.

(146)

Riguardo alla metodologia proposta da Alcoa per valutare la presenza di un vantaggio (se cioè il prezzo agevolato sia inferiore al prezzo che avrebbe potuto ottenere in un mercato pienamente competitivo), va rilevato innanzitutto che questa argomentazione è già stata respinta nella sentenza del Tribunale (punto 71). Né i tribunali comunitari, né la Commissione hanno mai preso in considerazione, al fine di valutare la presenza di un vantaggio, le condizioni ricorrenti su un ipotetico mercato meglio funzionante. Il quadro di riferimento è sempre costituito dalle condizioni ricorrenti sul mercato reale, come si evince, ad esempio, dal caso «orticoltori» olandesi (64), in cui la Commissione ha applicato il test dell’operatore in economia di mercato per valutare la presenza di un vantaggio in certi prezzi per il gas.

(147)

Inoltre, l’argomentazione di Alcoa presuppone che, laddove un mercato non funzioni correttamente, sarebbe giustificato che uno Stato membro fissi prezzi che simulano condizioni di effettiva concorrenza. Se venisse preso come quadro di riferimento un mercato pienamente concorrenziale, i prezzi così fissati dallo Stato non conferirebbero alcun vantaggio. Questa logica è contraria al principio, ben consolidato nella giurisprudenza comunitaria, che «la circostanza che uno Stato membro cerchi di riavvicinare, attraverso misure unilaterali, le condizioni di concorrenza di un determinato settore economico a quelle prevalenti in altri Stati membri, non può togliere a tali misure il carattere di aiuto di Stato» (65). La Commissione ritiene che il principio sopra enunciato si applichi analogamente a situazioni in cui uno Stato membro intenda ravvicinare le condizioni di concorrenza a quelle prevalenti in un mercato pienamente competitivo.

(148)

Inoltre, se si seguisse la proposta di Alcoa, non costituirebbero aiuti di Stato le sovvenzioni erogate dagli Stati membri per colmare il divario fra un prezzo liberamente negoziato sul mercato fra due operatori ed il prezzo teorico a cui avrebbe potuto essere trovato un accordo in condizioni di piena concorrenza. Ciò vanificherebbe l’obiettivo precipuo del controllo degli aiuti di Stato.

(149)

Alcoa sostiene tuttavia che proprio questa era la metodologia applicata dalla Commissione nel caso Alumix.

(150)

La Commissione fa presente che il metodo utilizzato nel caso Alumix riguardava una situazione molto specifica. In Alumix, la tariffa era accordata da ENEL, che all’epoca era l’ente pubblico che erogava elettricità in regime di monopolio, in un mercato dell’elettricità che non era ancora stato liberalizzato (66). Data la situazione, la Commissione aveva dovuto appurare se ENEL praticasse un prezzo artificiosamente basso, oppure se si comportasse come un operatore di mercato razionale. Considerato il monopolio detenuto da ENEL per la generazione e la distribuzione di elettricità, non vi era alcun prezzo di mercato cui la Commissione potesse fare riferimento per valutare la presenza di un vantaggio. Pertanto, la Commissione aveva messo a punto un metodo per individuare il prezzo di mercato teorico più basso al quale un fornitore razionale sarebbe stato disposto a vendere al suo «miglior cliente» (il maggiore consumatore con un profilo di consumo piatto) nelle circostanze specifiche del mercato sardo e veneto. In effetti, un fornitore razionale avrebbe cercato di coprire quanto meno i suoi costi marginali di produzione, più una frazione dei costi fissi.

(151)

Tuttavia, questa metodologia non può essere applicata in modo generalizzato e fuori dal suo contesto originario, in una situazione in cui i prezzi non sono più fissati da un monopolista di Stato, ma sono liberamente negoziati sul mercato, ed il prezzo Alcoa non può più essere interpretato come il frutto di una normale transazione commerciale, ma è chiaramente una tariffa sovvenzionata. Infatti, a seguito degli sviluppi descritti sopra ai considerando da 39 a 43 il regime non è più una «tariffa» in senso stretto, nel senso che non è più il prezzo praticato dal fornitore di Alcoa, o un prezzo netto comunque finanziato da quest’ultimo, quanto piuttosto il «prezzo finale» che risulta dal rimborso erogato dalla Cassa conguaglio rispetto al prezzo versato al fornitore di Alcoa. Pertanto, l’analisi sviluppata nella decisione Alumix, che esaminava il comportamento di ENEL, è manifestamente priva di qualsiasi pertinenza, come confermato dalla sentenza del Tribunale, segnatamente al punto 132.

(152)

Poiché i criteri di Alumix non sono pertinenti per valutare se l’attuale regime tariffario conferisca un vantaggio al Alcoa, altrettanto privi di pertinenza sono i calcoli forniti dall’Italia e da Alcoa per dimostrare che il prezzo è ancora conforme ai criteri di Alumix in quanto copre i costi marginali di produzione di ENEL.

(153)

In ogni caso, la Commissione ritiene che i calcoli forniti dall’Italia e da Alcoa sottovalutino il prezzo che Alcoa pagherebbe «in condizioni normali» in un mercato perfettamente concorrenziale, anche ammesso e non concesso che i costi marginali di produzione del generatore potessero costituire un parametro di raffronto adeguato.

(154)

In particolare, i prezzi IPEX minimi che secondo Alcoa sono rappresentativi di quanto Alcoa pagherebbe «normalmente» su un mercato perfettamente concorrenziale (20 EUR) corrispondono ai costi marginali di produzione delle centrali base-load (quelle più economiche). Tuttavia, l’elettricità di tali impianti è venduta ad un prezzo basso soltanto al di fuori delle ore di punta (67). Nelle ore di punta, tutta l’elettricità prodotta (anche quella delle centrali base-load) si vende ad un prezzo molto più elevato, poiché il prezzo è fissato da un impianto marginale che è mid-merit o di punta (68). Alcoa consuma elettricità non soltanto al di fuori delle ore di punta, ma 24 ore al giorno. Pertanto, per essere rappresentativo, un prezzo che rifletta in modo plausibile la perfetta concorrenza dovrebbe essere una media ponderata, che tenga conto dei prezzi bassi praticati al di fuori delle ore di punta nonché dei prezzi alti praticati nelle ore di punta.

(155)

In Sardegna, che non dispone di gas naturale, le centrali a carbone determinano il prezzo per l’80 % dell’anno, mentre le centrali a olio combustibile determinano il prezzo per il restante 20 % dell’anno. Anche usando le stime molto ipotetiche di Alcoa sui costi marginali di produzione per il carbone (20 EUR/MWh) e l’olio combustibile (60 EUR/MWh), una media ponderata dei costi sarebbe più vicina a 28 EUR/MWh, e cioè una cifra più elevata degli 26 EUR/MWh attualmente pagati da Alcoa. Pertanto, la Commissione considera che, almeno per la Sardegna, la tariffa Alcoa è al di sotto dei costi marginali di produzione dei generatori di elettricità, e pertanto non soddisferebbe i criteri di Alumix, quand’anche fossero pertinenti.

(156)

Alcoa e l’Italia sostengono che la Commissione ha torto quando propone di utilizzare i prezzi medi IPEX come approssimazione del prezzo di mercato che grandi clienti industriali normalmente pagherebbero nelle regioni in questione (cfr. il considerando 83). Questa è un’errata rappresentazione del ragionamento della decisione di avvio del procedimento del 2006. In quella decisione il raffronto tra prezzi medi IPEX intendeva unicamente suscitare dubbi circa l’affermazione che i prezzi dell’elettricità in Sardegna fossero sostanzialmente più elevati che in altre regioni italiane. La Commissione suggeriva che le differenze tra prezzi medi IPEX da una regione all’altra potessero essere rappresentative delle differenze a livello di prezzi bilaterali.

(157)

In particolare, la Commissione non ha mai proposto che i prezzi medi IPEX potessero essere una stima approssimativa del prezzo di mercato che Alcoa avrebbe potuto spuntare. Infatti, nel caso di specie non è necessario ricorrere ad un’approssimazione. Alcoa aveva stipulato un contratto con ENEL ad un prezzo nominale approssimativamente equivalente, secondo le informazioni disponibili, alla tariffa standard applicata da ENEL alle forniture in alta tensione. Tale contratto è il parametro rispetto al quale valutare e quantificare il vantaggio goduto dalla società.

(158)

In conclusione, la tariffa allevia gli oneri derivanti dal contratto con ENEL, e che di norma dovrebbero gravare sul bilancio della società e quindi, in linea con una consolidata giurisprudenza, la misura conferisce un vantaggio economico ad Alcoa (69). La Commissione ritiene che il vantaggio equivalga ai contributi compensativi pagati dalla Cassa conguaglio, che coprono la differenza tra il prezzo contrattuale e il prezzo agevolato. Tale conclusione vale per entrambi gli smelter di Alcoa in Sardegna e in Veneto.

6.2.2.   Selettività

(159)

Poiché la tariffa elettrica agevolata è concessa esclusivamente ad Alcoa, il vantaggio che conferisce è selettivo.

6.2.3.   Risorse statali e imputabilità allo Stato

(160)

Secondo giurisprudenza consolidata un vantaggio può essere definito come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE unicamente se è concesso direttamente o indirettamente mediante risorse statali (70) ed è imputabile allo Stato (71).

(161)

Come descritto al considerando 43 la tariffa in causa è finanziata mediante un prelievo parafiscale riscosso dalla Cassa conguaglio attraverso la componente A4 della tariffa elettrica. Tale prelievo è obbligatorio in quanto imposto da delibere dell’AEEG che danno attuazione alla legislazione nazionale. La Cassa conguaglio è un ente pubblico istituito per legge che svolge le sue funzioni sulla base di precise istruzioni impartite nelle delibere dell’AEEG.

(162)

Sempre secondo giurisprudenza consolidata, il gettito di un prelievo che è obbligatorio in base alla legislazione nazionale ed è pagato ad un ente istituito per legge, costituisce risorse statali ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE quando è destinato al finanziamento di una misura che soddisfa gli altri criteri di detto articolo (72).

(163)

L’Italia e Alcoa invocano le sentenze Preussen-Elektra  (73) e Pearle  (74) per convalidare la tesi secondo cui la misura in questione non è finanziata mediante risorse statali. Entrambe le parti sostengono che i fondi necessari per finanziare la tariffa sono trasferiti da soggetti privati (gli utenti di energia elettrica) ad un soggetto privato (Alcoa), mentre il ruolo dello Stato si limita all’adozione di una legge che impone il pagamento delle somme necessarie senza alcun potere discrezionale di disporre dei fondi, salvo per l’attuazione del regime previsto dalla legge. In particolare, secondo l’Italia e Alcoa, la Cassa conguaglio non esercita alcun controllo sui fondi ed è un semplice intermediario contabile.

(164)

Nella causa Preussen-Elektra la Corte ha considerato che un obbligo imposto a distributori di energia elettrica privati di acquistare l’elettricità prodotta da fonti di energia rinnovabili a prezzi minimi superiori al valore economico reale di siffatta tipologia di energia elettrica non costituisce aiuto di Stato in quanto la misura non comporta alcun trasferimento diretto o indiretto di risorse statali. Secondo l’Italia ed Alcoa, il caso di specie è analogo al caso Preussen-Elektra in quanto i fondi sono del pari trasferiti da soggetti privati (gli utenti di energia elettrica) ad un soggetto privato (Alcoa), e lo Stato non esercita alcun controllo sulle risorse in questione.

(165)

La Commissione fa presente che nella causa Preussen-Elektra, le risorse necessarie per finanziare la misura erano fornite direttamente dai distributori ai produttori di energie rinnovabili senza transitare attraverso un ente pubblico. In tale sistema, le somme da trasferire non potevano effettivamente mai essere a disposizione delle autorità dello Stato membro. Invece, nel caso di specie, le somme transitano attraverso l’ente pubblico Cassa conguaglio prima di essere destinate al beneficiario finale. Pertanto la giurisprudenza Preussen-Elektra si colloca in un quadro fattuale diverso e non è pertinente ai fini del caso di specie.

(166)

La giurisprudenza Pearle fornisce orientamenti di più diretta pertinenza. Tuttavia, l’interpretazione della Commissione di siffatta giurisprudenza differisce da quella avanzata dall’Italia e da Alcoa. In Pearle, la Corte aveva concluso che, in particolari condizioni, il gettito di un prelievo che transita attraverso un ente pubblico non costituisce risorse statali. In Pearle, le misure erano finanziate interamente da un settore economico su iniziativa esclusiva di quel settore. I fondi erano raccolti mediante un prelievo parafiscale che transitava attraverso un ente pubblico che in nessun momento poteva disporre dei fondi. Inoltre, vi era coincidenza tra i soggetti che pagavano il prelievo e quelli che fruivano dei benefici della misura.

(167)

L’Italia e Alcoa ritengono che il criterio chiave in Pearle consista nello stabilire se lo Stato abbia il diritto di disporre dei fondi altrimenti che per l’applicazione del regime previsto dalla legge. Essi sostengono che la Cassa conguaglio non ha alcun potere discrezionale per quanto riguarda l’erogazione dei fondi, che sono destinati al finanziamento delle tariffe e non possono mai rientrare «nel perimetro della finanza pubblica». Pertanto, secondo l’Italia ed Alcoa, lo Stato non può disporre liberamente di tali fondi, che di conseguenza non costituiscono risorse statali.

(168)

Come osservazione preliminare, occorre segnalare che mentre alcuni dei criteri di Pearle possono essere soggettivamente visti come più pertinenti di altri, non esiste in Pearle un «criterio chiave». Le condizioni enumerate nella sentenza sono cumulative. Questa è anche l’interpretazione fornita dal Tribunale di primo grado nella causa Earl Salvat  (75), quando ha esaminato alla luce di ciascuno dei criteri di Pearle il prelievo fiscale contestato in quel caso.

(169)

Prima di esaminare il ruolo svolto dalla Cassa conguaglio, la Commissione ha appurato se siano soddisfatti gli altri criteri enumerati in Pearle. È chiaro che, diversamente da Pearle, la tariffa Alcoa è stata istituita su iniziativa dello Stato, e non su iniziativa di un settore economico. Inoltre, in Pearle i beneficiari della misura erano anche gli unici contribuenti delle risorse, per cui l’intervento dell’ente pubblico tendeva a non creare un vantaggio atto a costituire un onere aggiuntivo per lo Stato. Nel caso di specie, il beneficiario Alcoa non sopporta l’onere finanziario del prelievo, che grava unicamente sugli utenti di energia elettrica. Pertanto, la giurisprudenza Pearle non può essere validamente invocata, a prescindere dall’eventuale fondatezza delle tesi esposte da Alcoa e dall’Italia per quanto riguarda il ruolo della Cassa conguaglio di semplice intermediario contabile.

(170)

Quanto alla Cassa conguaglio, la Commissione fa presente che, secondo giurisprudenza consolidata, «non va fatta distinzione fra i casi in cui l’aiuto è concesso direttamente dallo Stato e quelli in cui è concesso da un ente pubblico o privato designato o istituito dallo Stato» (76). Pertanto lo status pubblico o privato della Cassa conguaglio non è determinante ai fini dell’applicazione delle regole sugli aiuti di Stato. Il fatto che la Cassa conguaglio sia un ente pubblico non comporta automaticamente l’applicazione dell’articolo 87 del trattato CE (77). Analogamente, l’intervento di un ente pubblico di per sé non esclude l’applicazione di detto articolo (78).

(171)

Tuttavia l’analisi non può limitarsi ai poteri della Cassa conguaglio nella sua qualità di ente pubblico. Va appurato invece se, più in generale, lo Stato, direttamente o tramite qualsiasi altro ente da esso designato, possa esercitare un controllo sui fondi utilizzati per finanziare la tariffa. Si dovrebbe applicare lo stesso test se la Cassa conguaglio fosse un ente privato.

(172)

La recente sentenza della Corte nel caso Essent  (79) fornisce indicazioni definitive su questo punto. Nel caso Essent, I Paesi Bassi avevano introdotto per legge un sovrapprezzo sulle tariffe elettriche. Il sovrapprezzo era pagato dai consumatori di elettricità agli operatori della rete, che a loro volta trasferivano i proventi alla società SEP. La SEP non aveva margine di discrezionalità nella gestione dei fondi ed operava sotto stretto controllo delle autorità. La Corte ha concluso che il gettito del sovrapprezzo costituiva risorse statali, sulla base delle considerazioni in appresso riportate: il sovrapprezzo sulla tariffa era imposto mediante una legge nazionale, e pertanto costituiva un’imposizione. La SEP non era autorizzata ad utilizzare i proventi del sovrapprezzo per finalità diverse da quelle definite nella legge, e pertanto le risorse rimanevano sotto controllo pubblico e le autorità nazionali potevano disporne. La Corte ha ritenuto che tali elementi fossero sufficienti per dichiarare la natura di risorse pubbliche dei fondi in oggetto.

(173)

Le somiglianze con il caso in oggetto sono evidenti. Il sovrapprezzo tariffario usato per finanziare il regime Alcoa è imposto per legge, come in Essent. La Cassa conguaglio svolge lo stesso ruolo della SEP, in quanto centralizza ed amministra i proventi del prelievo parafiscale, ed è soggetta agli stessi vincoli, dato che non può utilizzare i proventi del sovrapprezzo per finalità diverse da quelle prescritte dalla legge (il finanziamento dei regimi tariffari agevolati). Lo Stato è in grado di controllare ed orientare l’utilizzo delle risorse: la Cassa conguaglio svolge le sue funzioni contabili su precise istruzioni dell’AEEG, la quale agisce nel quadro dei suoi poteri statutari e/o in attuazione della legislazione nazionale (cfr. sopra, considerando 26 e 27). Pertanto, le risorse amministrate dalla Cassa conguaglio rimangono costantemente sotto controllo pubblico.

(174)

Questa analisi è coerente con quella sviluppata dalla Commissione nella decisione sul caso italiano dei «costi non recuperabili nel settore dell’elettricità» (80), che aveva classificato come risorse pubbliche i fondi amministrati dalla Cassa conguaglio sul conto A6.

(175)

In ogni caso, la natura di risorse pubbliche dei fondi amministrati dalla Cassa conguaglio è stata confermata in modo incontrovertibile dalla recente giurisprudenza del Tribunale di primo grado nel caso Iride  (81).

(176)

La Suprema Corte di cassazione aveva già concluso, nella sentenza n. 11632/03 del 3 aprile 2003, che la Cassa conguaglio non aveva una personalità giuridica distinta da quella dello Stato Italiano, e che era quest’ultimo che doveva essere considerato il proprietario delle somme trasferite alla Cassa conguaglio, anche se tali somme provenivano da soggetti privati ed erano destinate ad imprese private. Nel caso Iride, i ricorrenti Iride SpA e Iride Energia SpA avevano impugnato dinanzi al Tribunale di primo grado una decisione della Commissione che classificava come risorse pubbliche i fondi amministrati dalla Cassa conguaglio sul conto A6. Gli argomenti avanzati dai ricorrenti erano molto simili a quelli di Alcoa. I ricorrenti contestavano la sostanza della sentenza della Suprema Corte di cassazione adducendo che il ruolo della Cassa conguaglio era quello di un semplice intermediario contabile fra i privati cittadini soggetti all’obbligo pecuniario e i soggetti destinatari delle somme, un ruolo che non consentiva alla Cassa conguaglio, neanche per un breve periodo, di utilizzare le somme depositate. I ricorrenti rivendicavano parimenti l’applicabilità della giurisprudenza Preussen-Elektra.

(177)

Nella sentenza dell’11 febbraio 2009, il Tribunale di primo grado si è espresso chiaramente sulla questione. Dopo avere sottolineato che non era competente a mettere in discussione l’interpretazione della legislazione italiana da parte della Suprema Corte di cassazione, il Tribunale ha confermato che le somme depositate sul conto A6 della Cassa conguaglio devono essere classificate come risorse pubbliche non solo perché sono proprietà dello Stato ma anche perché rimangono sotto il suo costante controllo (82).

(178)

Questa conclusione riguarda il conto A6 della Cassa conguaglio, che finanzia i costi non recuperabili del settore elettrico. Tuttavia, si può logicamente estendere tale conclusione al conto A4, che finanzia la tariffa contestata. La sentenza della Suprema Corte di cassazione si basava su un’analisi della personalità giuridica della Cassa conguaglio, e la constatazione di proprietà dello Stato si applica pertanto a tutte le somme depositate presso la Cassa. Lo stesso vale per la conclusione del Tribunale di primo grado che lo Stato può controllare le risorse amministrate dalla Cassa. Non vi è alcuna differenza fra il conto A6 e il conto A4, al di là della destinazione delle risorse (per l’A6, il pagamento dei costi non recuperabili, e per l’A4, quello delle tariffe agevolate). Pertanto, le somme trasferite ad Alcoa dal conto A4 devono parimenti essere classificate come risorse pubbliche.

(179)

Oltre ad essere finanziata mediante risorse pubbliche, la tariffa Alcoa è anche imputabile allo Stato (83) poiché la base giuridica della misura consiste in disposizioni legislative nazionali e in delibere dell’AEEG che è un organismo pubblico.

6.2.4.   Incidenza sugli scambi e distorsione di concorrenza

(180)

Per quanto concerne l’incidenza della misura sugli scambi intracomunitari e la conseguente distorsione di concorrenza, è indiscusso che il mercato dell’alluminio è pienamente aperto alla concorrenza. Nelle decisioni adottate in materia di concentrazioni, la Commissione ha costantemente affermato che il mercato geografico dell’alluminio primario è un mercato mondiale (84).

(181)

Come indicato al considerando 214, la proroga della tariffa Alcoa in questione non è stata notificata dall’Italia. Secondo costante giurisprudenza (85), «nel caso di un aiuto che non è stato notificato, la Commissione non è tenuta a fornirne la dimostrazione delle effettive conseguenze. Infatti, se la Commissione dovesse dimostrare nella sua decisione le effettive conseguenze di aiuti già concessi verrebbero favoriti gli Stati membri che versano aiuti in violazione dell obbligo di notifica a detrimento di quelli che notificano i progetti di aiuti».

(182)

Di conseguenza, si richiede alla Commissione solo di dimostrare il possibile impatto negativo di una misura sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza.

(183)

La Commissione ha preso in considerazione la tesi svolta da Alcoa e dall’Italia secondo cui la tariffa non ha alcuna incidenza sugli scambi e non altera la concorrenza, giacché non esistono effettivi flussi commerciali tra gli Stati membri; è improbabile che tali flussi commerciali si sviluppino nell’immediato futuro (cfr. i considerando da 86 a 88) e, date le caratteristiche del settore dell’alluminio, la tariffa non danneggia i concorrenti europei di Alcoa (cfr. considerando 89).

(184)

Va ribadito che nella prassi decisionale della Commissione e nella giurisprudenza della Corte, l’assenza di effettivi flussi commerciali non è mai stata accettata come prova che una misura di aiuto non abbia alcuna incidenza sugli scambi intracomunitari. La Corte ha infatti costantemente affermato che l’aiuto ad un’impresa può essere di natura tale da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e da falsare la concorrenza anche se quest’impresa non partecipa essa stessa agli scambi intracomunitari Infatti quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le possibilità delle imprese con sede in altri Stati membri di esportare i loro prodotti nel mercato di questo Stato membro ne sono diminuite (86).

(185)

Inoltre, un quadro caratterizzato da una diminuzione della produzione UE e da aumento delle importazioni da paesi terzi, con limitati o inesistenti flussi commerciali tra Stati membri, non è insolito e anzi è tipico dei settori che incontrano difficoltà strutturali e/o sono sottoposti a forte pressione concorrenziale. Siffatti settori sono particolarmente sensibili alle misure adottate dagli Stati membri per migliorare la posizione concorrenziale delle loro industrie nazionali.

(186)

Il fatto che la modesta produzione di alluminio primario in Italia non sia in grado di incidere sul prezzo di riferimento è irrilevante. L’esistenza di un prezzo di riferimento per l’alluminio, che non è facilmente influenzato da condizioni di produzione in un solo Stato membro, non esclude l’esistenza di una concorrenza tra imprese situate nel SEE e che vendono sul mercato mondiale dell’alluminio. È concepibile che l’aiuto in favore degli smelter italiani di Alcoa non permetta ad Alcoa di ridurre il prezzo mondiale dell’alluminio e di spingere concorrenti fuori dal mercato e che altri produttori europei possano restare attivi fintantoché riescono a vendere con profitto al prezzo mondiale. Tuttavia, gli utili generati da Alcoa in Italia grazie alla tariffa agevolata ne rafforzano, in senso generale, la posizione concorrenziale. Ad esempio, le riserve di capitale accumulate possono essere utilizzate per rilevare concorrenti e accrescere la propria quota di mercato.

(187)

Il fatto che il prezzo pagato da Alcoa in Italia sia presuntamente analogo al prezzo «tipico» dell’energia elettrica pagato da smelter di alluminio in Europa non può essere considerato come prova del fatto che gli interessi degli altri produttori europei non sono minacciati dalla tariffa italiana, contrariamente a quanto sostiene Alcoa. La giurisprudenza Italia contro Commissione  (87) stabilisce chiaramente che misure unilaterali volte a equiparare le condizioni di concorrenza in uno Stato membro a quelle prevalenti in altri Stati membri incidono sugli scambi (e quindi non possono sfuggire alla definizione di aiuto). Inoltre, alcuni degli accordi di fornitura di energia in atto in altri paesi europei possono comportare aiuti di Stato e la Commissione ha avviato indagini approfondite rispetto a varie misure del genere (88). Benché tale argomento difensivo non sia stato esplicitamente avanzato dall’Italia né da Alcoa, la Commissione ritiene utile ribadire il principio, ben noto della giurisprudenza, (89) secondo il quale l’esistenza di aiuti illegali in alcuni Stati membri non giustifica l’adozione di misure analoghe da parte di un altro Stato membro.

(188)

L’argomento di Alcoa secondo cui la capacità produttiva chiusa in Italia non sarebbe ricreata altrove nell’EU/SEE è in diretta contraddizione con la recente decisione di Alcoa di costruire uno smelter in Islanda (che fa parte del SEE).

(189)

Pertanto si deve concludere che la tariffa agevolata concessa ad Alcoa è atta a migliorare la posizione concorrenziale dell’impresa rispetto alle concorrenti negli scambi intracomunitari. Secondo la giurisprudenza consolidata (90), in siffatte circostanze si deve ritenere che gli scambi intracomunitari siano influenzati dall’aiuto e che la concorrenza sia falsata.

6.2.5.   Conclusioni circa la presenza di aiuto

(190)

Alla luce di quanto testé esposto, la Commissione è giunta alla conclusione che la tariffa agevolata concessa ad Alcoa in virtù dell’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 e del decreto del 2004 (nella misura in cui la stessa misura possa essere il risultato dell’applicazione di detto decreto nel periodo gennaio 2006-giugno 2007) costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE e può essere autorizzata solo se è ammessa a beneficiare di una delle deroghe previste dallo stesso trattato.

6.3.   Classificazione della misura come nuovo aiuto anziché come aiuto esistente

(191)

La sentenza del Tribunale, al punto 132 conferma inequivocabilmente la conclusione preliminare della Commissione che la tariffa deve essere considerata un nuovo aiuto: «occorre concludere che la misura in oggetto non può essere considerata un aiuto esistente, non soltanto perché si riferisce a un periodo diverso da quello esaminato nella decisione Alumix, bensì anche perché non consiste più nell’applicazione da parte di ENEL della tariffa stabilita nel decreto del 1995, che era equivalente ad una tariffa di mercato, bensi nella concessione di un rimborso da parte della Cassa conguaglio, a partire da risorse pubbliche, al fine di compensare la differenza fra la tariffa praticata dall’ENEL e quella fissata nel decreto del 1995 e prorogata dal decreto legge del 2005».

(192)

Considerando che la sentenza del Tribunale è stata impugnata (causa C 194/09), la Commissione ritiene utile presentare comunque in questa sede una analisi completa della questione alla luce delle disposizioni dell’articolo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 659/1999, che identifica tutte le categorie di aiuti esistenti.

(193)

È incontrovertibile che la misura in causa non è stata attuata prima dell’adesione dell’Italia all’UE [punto i) dell’articolo succitato], non può essere considerata autorizzata per mancata adozione da parte della Commissione di una decisione entro i termini procedurali prestabiliti [punto iii)] né può essere considerata aiuto esistente per scadenza dei termini di prescrizione [lettera iv)] (91).

(194)

L’articolo 1, lettera b), punto v), del regolamento (CE) n. 659/1999, stabilisce che «qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione». Nelle decisioni di avvio del procedimento la Commissione non si basa su questa disposizione per concludere che la tariffa Alcoa costituisce un nuovo aiuto. Tuttavia, a fini di completezza, dato che il settore dell’energia elettrica è stato liberalizzato per gli utenti commerciali dopo l’approvazione della tariffa originaria Alumix che non costituiva aiuto, la Commissione ha esaminato se la liberalizzazione possa essere rilevante ai fini della qualificazione della tariffa come aiuto esistente oppure nuovo aiuto. Alcoa sostiene che così non è. La Commissione condivide il parere di Alcoa (92). La tariffa non è diventata aiuto di Stato in conseguenza dell’apertura del settore dell’energia elettrica alla concorrenza, dato che il quadro di riferimento appropriato per la valutazione dell’aiuto concesso ad Alcoa non è il mercato dell’elettricità (sul quale Alcoa non è attiva), bensì quello dell’alluminio primario. Inoltre, non vi è alcun nesso causale fra la liberalizzazione del settore dell’energia elettrica e la decisione di finanziare la tariffa mediante un contributo obbligatorio.

(195)

Nelle sue osservazioni, Alcoa sostiene che, anche supponendo (ipoteticamente) che la tariffa possa essere diventata aiuto, lo sarebbe divenuta attraverso un cambiamento delle condizioni di mercato o di altre circostanze esterne, ossia a causa dell’evoluzione del mercato comune, il che giustificherebbe la qualificazione di aiuto esistente. La Commissione ha pertanto esaminato se l’articolo 1, lettera b), punto v), prima frase, del regolamento (CE) n. 659/1999 possa essere applicato al caso di specie. Tale disposizione conferisce lo status di aiuto esistente a misure che «sono diventate aiuto a causa dell’evoluzione del mercato comune, e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro».

(196)

La Commissione non é riuscita ad individuare un’evoluzione del mercato comune corrispondente alla definizione fornita dalla Corte (93), ossia una «modifica del contesto economico e giuridico nel settore interessato dal provvedimento in questione» che potrebbe aver fatto sì che la tariffa diventasse aiuto. La stessa Alcoa non è riuscita ad individuare siffatta modifica né a provare l’esistenza di un nesso causale con il cambiamento della natura della tariffa. Inoltre, anche ammesso e non concesso che si sia verificata un’evoluzione del mercato comune, ciò non sarebbe rilevante ai fini della valutazione della misura in questione: lo status di aiuto esistente conferito da un ipotetico fattore «evoluzione del mercato comune» non potrebbe perdurare al di là dell’introduzione, da parte di uno Stato membro, di una successiva sostanziale modifica della misura (un meccanismo di finanziamento basato su risorse statali), anche alla luce del secondo criterio dell’articolo 1, lettera b), punto v), prima frase, del regolamento (CE) n. 659/1999. Dato che il periodo in esame nel presente procedimento è successivo a quella modifica, l’evoluzione del mercato comune non può essere rilevante ai fini della valutazione. Sarebbe del pari irrilevante un fattore «evoluzione» intervenuto successivamente all’introduzione del nuovo meccanismo di finanziamento in quanto la misura avrebbe già costituito aiuto di Stato all’epoca dell’«evoluzione». Pertanto, la tesi di Alcoa può essere respinta.

(197)

Infine, la Commissione ha esaminato se la tariffa Alcoa potesse essere considerata come aiuto esistente in base all’articolo 1, lettera b), punto ii), del regolamento (CE) n. 659/1999 concernente «gli aiuti autorizzati,ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio». Le tesi avanzate da Alcoa e dall’Italia si basano sulla presunta validità a tempo indeterminato della decisione di autorizzazione Alumix, che renderebbe la tariffa Alcoa un aiuto esistente sulla base della succitata disposizione.

(198)

Alcoa e l’Italia sostengono che la decisione Alumix non era limitata nel tempo (cfr. considerando 93 e rispettivamente 119). Nella decisione Alumix la Commissione avrebbe concluso — indefinitamente — che la tariffa Alcoa non costituiva aiuto. Inoltre, soltanto la proroga di un aiuto esistente costituirebbe un nuovo aiuto, mentre non lo costituirebbe la proroga di una misura che non configura aiuto. Pertanto, se la Commissione cambiasse ora la sua valutazione e concludesse che la misura costituisce un aiuto di Stato, la tariffa di cui Alcoa ha fruito fino ad ora dovrebbe in ogni caso essere considerata «aiuto esistente», oppure aver diritto al «trattamento di aiuto esistente» sulla base della giurisprudenza Centri di coordinamento con sede in Belgio (94) e il recupero dovrebbe essere escluso (cfr. considerando 94).

6.3.1.   Ambito temporale della decisione Alumix

(199)

È naturale che una decisione in cui la Commissione constata che una determinata misura non costituisce aiuto di stato sia soggetta a un limite temporale, laddove la conclusione di insussistenza dell’aiuto si basa sul test dell’operatore in economia di mercato e comporta una valutazione prospettica delle condizioni di mercato che può essere effettuata correttamente solo su un arco di tempo limitato (95). Questa limitazione temporale non significa che la Commissione consideri che la misura necessariamente diventerà un aiuto allo scadere del periodo stabilito nella decisione.

(200)

La decisione Alumix era basata sul decreto del 1995, che istituiva la tariffa per un periodo di 10 anni e prevedeva esplicitamente che fosse abolita dopo il 31 dicembre 2005. In Alumix, la Commissione aveva effettuato una valutazione complessa dei prezzi e delle tendenze nel settore dell’energia elettrica sull’arco di un decennio, come risulta dalle tabelle che formano parte integrante della decisione e che stabiliscono il prezzo Alcoa solo fino al 2005. Tali prezzi e tendenze sono, per loro stessa natura, soggetti a cambiamenti, e la Commissione non avrebbe potuto pronunciare una dichiarazione indefinita di insussistenza di aiuto rispetto alla misura in questione, soprattutto in considerazione della progressiva liberalizzazione dei mercati dell’energia.

(201)

Pertanto, le conclusioni della decisione possono essere interpretate solo nel senso di una limitazione al 2005. Questo è chiaramento riconosciuto dal Tribunale, ai paragrafi 105 e 106 della sentenza che conferma la decisione del 2006 di avvio del procedimento (96).

(202)

Del pari, deve essere respinta l’affermazione dell’Italia secondo cui la decisione Alumix sarebbe stata intenzionalmente illimitata nel tempo a riconoscimento della necessità di una misura di lungo periodo (considerando 119). Il paragrafo della decisione Alumix su cui si basa l’Italia («la ristrutturazione e il ritorno alla redditività delle attività di Alumix garantiscono che lo sviluppo di queste zone non sia a breve ma piuttosto a lungo termine»), non si riferisce alle tariffe che si era considerato non configurassero aiuto di Stato bensì ad altre misure di aiuto alla ristrutturazione a favore di Alumix. Inoltre, il paragrafo in questione semplicemente afferma che la continua presenza di Alumix contribuirà allo sviluppo di lungo periodo delle zone e non può essere interpretato nel modo suggerito dall’Italia.

(203)

In conclusione, visto che la validità della decisione Alumix era limitata al 31 dicembre 2005, la tariffa applicata a partire dal 1o gennaio 2006 in virtù dell’articolo 11, comma 11 della legge n. 80/2005 costituisce un nuovo aiuto a causa del cambiamento di durata della misura, in linea con la giurisprudenza Diputacion Foral de Alava  (97).

6.3.2.   «Cambiamento di circostanze» atto ad incidere sulla validità della decisione Alumix

(204)

La Commissione ha esaminato la tesi di Alcoa secondo cui non vi è mai stato un «cambiamento di circostanze» tale da porre fine all’efficacia della decisione Alumix, dato che né la liberalizzazione del mercato né il ruolo affidato alla Cassa conguaglio hanno inciso sul prezzo pagato da Alcoa. Poiché quel prezzo è rimasto conforme ai criteri Alumix, secondo Alcoa la conclusione della Commissione che la misura non costituiva aiuto mantiene la sua piena validità (cfr. sopra considerando 93).

(205)

Tuttavia, un esame dei fatti dimostra che il meccanismo tariffario che la Commissione aveva autorizzato nel caso Alumix ha subito un fondamentale cambiamento che Alcoa cerca di minimizzare come semplice dettaglio amministrativo, ossia il passaggio da una tariffa praticata da un fornitore di elettricità a condizioni di mercato ad una tariffa che di tale ha solo il nome e che è il risultato di una sovvenzione statale.

(206)

È difficile considerare siffatto cambiamento come «di natura meramente formale» e ritenere «che non altera la sostanza della tariffa approvata» dato che il nuovo meccanismo di finanziamento ha modificato i presupposti economici su cui si fondava la decisione Alumix.

(207)

Basti ricordare che nel caso Alumix la valutazione verteva sul comportamento del fornitore di elettricità ENEL. Il prezzo agevolato non recava un vantaggio ad Alcoa in quanto, sulla base del test dell’operatore in economia di mercato la Commissione riteneva che fosse razionale per ENEL vendere elettricità al prezzo in questione. Tuttavia, il test dell’operatore in economia di mercato perde di significato in una situazione in cui la tariffa non è più offerta volontariamente da ENEL (che percepisce il prezzo ordinario), ma è il risultato di un pagamento compensativo da parte dello Stato. Nel nuovo sistema il comportamento del fornitore di energia elettrica non ha più alcuna rilevanza.

(208)

Inoltre, l’introduzione a partire dal 1o gennaio 2006 di un meccanismo di indicizzazione con un tetto massimo di incremento annuo del prezzo Alcoa del 4 % (cfr. considerando 49) costituisce un’ulteriore modifica sostanziale del regime tariffario originario, modifica che si può difficilmente considerare conforme al mercato, visto che dal 2005 in poi, e fino alla crisi economica alla fine del 2008, i prezzi dell’elettricità sono costantemente aumentati.

(209)

Contrariamente a quanto afferma Alcoa, il fatto che il prezzo pagato da Alcoa in base al nuovo regime fino alla fine del 2005 sia identico al prezzo che non costituiva aiuto nella decisione Alumix non può giustificare la conclusione che la misura non è stata modificata in modo significativo, conformemente alle conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Repubblica italiana e Sardegna Lines contro Commissione  (98). Nel valutare cosa costituisca una modifica sostanziale di una misura di aiuto, l’avvocato generale Fennelly ha dichiarato che «l’introduzione di un metodo completamente nuovo di erogare in effetti lo stesso livello di aiuto costituisce manifestamente una modifica rilevante del regime originario». Pertanto, la tariffa contestata è una misura completamente diversa da quella esaminata nella decisione Alumix. Le conclusioni Alumix sono quindi irrilevanti ai fini del presente caso e tali rimarrebbero anche supponendo che la decisione Alumix non fosse stata limitata nel tempo.

(210)

Per le stesse ragioni la giurisprudenza dei Centri di coordinamento con sede in Belgio, invocata da Alcoa, non è una base valida per richiedere l’applicazione delle stesse garanzie procedurali che si applicherebbero agli aiuti esistenti. Questa sentenza riguarda i casi in cui la Commissione modifica la sua valutazione di un regime di aiuti che aveva precedentemente considerato come non costituente aiuto. Al punto 77 della sentenza, la Corte stabilisce il principio che in siffatti casi la Commissione deve seguire la procedura per il controllo degli aiuti esistenti. Tuttavia, questo principio può applicarsi soltanto se il regime non è stato materialmente alterato. Nel caso di specie, il regime tariffario Alcoa è stato materialmente modificato dallo Stato membro, come indicato ai considerando da 205 a 208. Pertanto, nella fattispecie, la Commissione non si discosta dalla sua precedente valutazione della stessa misura, ma piuttosto valuta una misura diversa.

(211)

Le modifiche descritte non sono separabili dal regime iniziale, poiché incidono sulla sostanza del meccanismo e pertanto la tariffa contestata costituisce un aiuto nella sua totalità, conformemente alla giurisprudenza Gibraltar  (99).

6.3.3.   Conclusioni sulla definizione della tariffa come nuovo aiuto

(212)

Alla luce di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la proroga della tariffa Alcoa contestata costituisca un nuovo aiuto a decorrere dal 1o gennaio 2006, ossia a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge n. 80/2005.

6.4.   Legittimità dell’aiuto

(213)

Ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE gli Stati membri comunicano alla Commissione i progetti diretti a istituire o a modificare aiuti e non possono dare esecuzione alle misure progettate prima che sia adottata una decisione finale.

(214)

Poiché l’Italia non ha notificato l’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, l’aiuto è illegittimo.

6.5.   Compatibilità dell’aiuto

(215)

In deroga al divieto generale degli aiuti di Stato di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, un aiuto può essere dichiarato compatibile se può beneficiare di una delle deroghe enunciate nello stesso trattato.

(216)

L’aiuto di Stato accordato ad Alcoa ai sensi dell’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 può essere classificato come un aiuto al funzionamento che, in linea di principio, è incompatibile con il mercato comune. Nella causa Italia contro Commissione  (100), la Corte ha stabilito che «l’aiuto in questione, concesso senza specifiche condizioni e unicamente in funzione dei quantitativi utilizzati, deve considerarsi aiuto al funzionamento per le imprese interessate e che, come tale, esso altera le condizioni degli scambi in misura contraria all’ interesse comune».

(217)

Anche nella causa Siemens contro Commissione  (101), il Tribunale di primo grado ha ribadito il principio che «gli aiuti al funzionamento, cioè gli aiuti diretti ad alleviare un’impresa delle spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività, non rientrano in linea di principio nel campo di applicazione del citato articolo 92, n. 3 [diventato articolo 87, paragrafo 3] […] Secondo la giurisprudenza, tali aiuti falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza nei settori ove sono concessi senza essere in grado tuttavia, come tali, di conseguire uno qualsiasi degli obiettivi fissati dalle summenzionate disposizioni derogatorie».

(218)

Tuttavia, esistono situazioni chiaramente definite in cui è possibile concedere aiuti al funzionamento. In particolare, aiuti al funzionamento che perseguono una finalità ambientale possono essere concessi in base alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (102). Anche gli aiuti al funzionamento nelle regioni assistite possono essere autorizzati in via eccezionale come aiuti regionali. La Commissione ha esaminato se la tariffa Alcoa potesse rientrare in una delle succitate categorie.

(219)

Riguardo alla possibilità di autorizzare la tariffa come aiuto ambientale, la Commissione nota che tale possibilità è preclusa, dato che la tariffa in oggetto non persegue finalità di tipo ambientale.

6.5.1.   Compatibilità con gli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (Sardegna)

(220)

Eccezionalmente, aiuti al funzionamento possono essere concessi in zone assistite ammissibili ad aiuto in virtù della deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato CE. Durante il periodo considerato, la regione Veneto, dove si trova lo smelter Fusina, non era ammissibile ad aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato CE. Tuttavia la regione Sardegna vi è stata ammessa sino alla fine del 2006. La Commissione ha pertanto esaminato se la tariffa agevolata a favore dello smelter di Portovesme potesse essere autorizzata fino a tale data in base agli orientamenti regionali del 1998 (103).

(221)

Conformemente al punto 4.15 degli orientamenti regionali, gli aiuti al funzionamento possono essere concessi in via eccezionale, purché i) siano giustificati in funzione del loro contributo allo sviluppo regionale e della loro natura; e ii) il loro livello sia proporzionale agli svantaggi che intendono compensare. Spetta allo Stato membro dimostrare l’esistenza degli svantaggi e quantificarne l’importanza. Conformemente al punto 4.17 degli orientamenti regionali, gli aiuti al funzionamento devono essere limitati nel tempo e decrescenti.

(222)

L’Italia sostiene (cfr. il considerando 125) che il persistere del problema dei costi elevati dell’elettricità per la produzione di alluminio in Sardegna e in Veneto, riconosciuto nella decisione Alumix, giustificherebbe la proroga della tariffa.

(223)

La decisione Alumix non ha approvato la tariffa per il periodo 1996-2005 a titolo di aiuto regionale, ma ha concluso che non costituiva aiuto. Non è pertanto sostenibile la tesi che nella decisione Alumix la Commissione abbia riconosciuto che la concessione di un aiuto al funzionamento fosse giustificata sulla base di considerazioni regionali.

(224)

Secondo il punto 2 degli orientamenti regionali, «un singolo aiuto ad hoc concesso da un’unica impresa o aiuti limitati ad un unico settore d’attività possono avere un’incidenza notevole sulla concorrenza sul mercato interessato, mentre i loro effetti sullo sviluppo regionale rischiano di essere troppo limitati. […] Di conseguenza, le deroghe di cui trattasi saranno concesse, in linea di massima, soltanto in favore di regimi di aiuti plurisettoriali aperti, in una determinata regione, a tutte le imprese dei settori interessati». Una tariffa per l’energia elettrica che è concessa selettivamente ad imprese individuali del settore metallurgico chiaramente non è conforme allo spirito degli aiuti a finalità regionale che devono essere multisettoriali. Tuttavia, poiché non vi è un divieto assoluto degli aiuti ad hoc, la Commissione ha esaminato se circostanze eccezionali giustificassero la concessione della tariffa.

(225)

La Commissione ha preso in esame in particolare le carenze del settore sardo dell’energia elettrica, quale documentato dall’Italia e da Alcoa.

6.5.1.1.   Il mercato sardo dell’energia elettrica nel contesto italiano

(226)

Il mercato italiano dell’energia elettrica è generalmente altamente concentrato, anche se meno nella zona Nord. L’operatore dominante in tutte le zone è l’ex monopolista ENEL, eccetto in Sardegna dove detiene un duopolio con E.ON. ENEL detiene un notevole potere di mercato di cui l’autorità italiana garante della concorrenza ha constatato che ha abusato nel 2004-2005. I prezzi dell’energia elettrica in Italia sono generalmente elevati, per effetto di un mix produttivo in gran parte basato sui combustibili fossili (essenzialmente gas), l’assenza di capacità nucleare e la congestione nei collegamenti verso il resto d’Europa.

(227)

In Sardegna, che rappresenta il 4,1 % della potenza installata in Italia (104) l’elettricità è prodotta prevalentemente in centrali termoelettriche utilizzando combustibili fossili (carbone, olio combustibile, tar di raffineria). L’isola non ha un’infrastruttura di distribuzione del gas naturale.

(228)

La Sardegna risente di una situazione di sovraccapacità di produzione, soprattutto nel segmento ad alto costo (centrali alimentate a olio combustibile) imputabile ai piani del governo, mai realizzatisi, di concentrare nell’isola l’industria pesante italiana. Ciò aveva portato a sovrainvestimenti da parte di ENEL nelle centrali di produzione elettrica. Oltre ad essere strutturalmente più costose, siffatte centrali stanno rapidamente diventando obsolete sotto il profilo tecnico. Le esportazioni di energia elettrica sarda verso la penisola sono anche limitate dalla modesta capacità dell’interconnettore (105), che è soggetto a congestione.

(229)

Due società elettriche, ENEL e E.ON, detengono congiuntamente una quota di mercato pari al 95 % delle forniture di energia elettrica in Sardegna (circa il 58 % per E.ON e il 42 % per ENEL). Secondo l’indagine sullo stato di concorrenza nel settore elettrico (106), in termini concorrenziali la Sardegna può essere classificata come un duopolio a dominanza collettiva. La concentrazione di mercato è elevata, benché non sia la più elevata in Italia (107). Dato il loro controllo su praticamente tutti gli impianti mid-merit e di punta, E.ON e ENEL determinano il prezzo praticamente per tutte le ore. Tuttavia, la situazione in Sardegna sembra essere meno critica di quella rilevata nel sud Italia (108) dove ENEL determina il prezzo in tutte le ore.

(230)

I prezzi all’ingrosso dell’elettricità in Italia sono fra i più elevati in Europa (109), e i prezzi in Sardegna sono fra i più elevati in Italia. Nel 2007 il prezzo medio nazionale (PUN) è stato di 70,99 EUR al MW/h mentre il prezzo zonale sardo medio è stato di 75 EUR al MW/h, rispetto agli 80 EUR al MW/h del 2006 (110). Nel 2008 e 2009 è continuata la tendenza al rialzo del prezzo medio zonale sardo. Nella prima metà del 2009 la Sardegna si è attestata costantemente al di sopra della media nazionale (con un prezzo medio di 106,60 EUR al MW/h rispetto a un PUN di 60,50 al MW/h) Non sono disponibili i prezzi relativi ai contratti bilaterali in Sardegna, in quanto tali dati non sono di pubblico dominio e l’Italia non ha inteso fornirli (cfr. sopra, considerando 63).

(231)

Concludendo, il mercato dell’energia elettrica in Sardegna presenta una serie di problemi (alcuni dei quali, tuttavia, sono comuni al resto d’Italia) che possono essere riassunti come segue: prezzi elevati, forte grado di concentrazione del mercato, potere di mercato degli operatori dominanti, capacità di produzione eccedentaria nel segmento ad alto costo, relativa inefficienza delle centrali di produzione che stanno diventando obsolete, assenza di accesso all’infrastruttura del gas naturale, carenza di interconnessione.

6.5.1.2.   Contributo allo sviluppo regionale

(232)

La prima questione da risolvere è se siffatti problemi incidano gravemente sullo sviluppo economico della Sardegna. I prezzi dell’energia elettrica sono elevati nell’isola e l’interconnessione è limitata. Nel caso C 34/02 (111) la Commissione non ha ammesso che l’assenza di interconnessione energetica costituisse uno svantaggio per lo sviluppo delle PMI.

(233)

Benché sia vero che le PMI risentono meno delle grandi industrie elettrointensive dei prezzi elevati dell’energia elettrica, ciò nonostante gli interessi di un solo settore non sono automaticamente assimilabili agli interessi di una regione. In altri termini, gli aiuti al funzionamento in una regione assistita non possono essere autorizzati in considerazione delle difficoltà incontrate da un settore, ma occorre dimostrare che contribuiscono in maniera duratura allo sviluppo regionale. La Commissione ritiene che lo svantaggio regionale derivante elettrica dalla situazione del mercato elettrico sardo non sia stato sufficientemente comprovato dall’Italia.

(234)

Ma anche supponendo l’esistenza di uno svantaggio regionale, devono comunque essere soddisfatti i criteri degli orientamenti regionali. L’aiuto deve contribuire in maniera duratura allo sviluppo regionale ed essere commisurato agli svantaggi cui cerca di ovviare.

(235)

Nel caso di specie, non è plausibile che siffatto aiuto al funzionamento fornisca un contributo duraturo allo sviluppo regionale. Anche nell’ipotesi che il mantenimento nell’isola dello smelter di alluminio di Alcoa (o degli altri beneficiari delle tariffe agevolate), contribuisca all’occupazione e al mantenimento di una base manifatturiera nell’isola, tali effetti non sarebbero duraturi. La stessa Alcoa sostiene che la soppressione della tariffa comporterebbe la chiusura immediata dello smelter di Portovesme. Le autorità italiane presentano le tariffe come una misura temporanea, volta a durare soltanto fino al completamento nel 2010 dei progetti infrastrutturali connessi alla produzione di energia e all’interconnessione (il gasdotto GALSI e il cavo sottomarino SAPEI) attualmente in corso. Si tratta di stabilire se siffatti sviluppi strutturali siano idonei a portare i prezzi dell’energia elettrica a livelli compatibili con le esigenze dei produttori di alluminio. La Commissione ritiene che con la nuova infrastruttura, la Sardegna sarà in grado di produrre e di vendere energia elettrica circa allo stesso prezzo dell’Italia peninsulare, eliminando in tal modo la disparità regionale. Tuttavia, la Commissione non vede in che modo siffatti progetti possano dimezzare i prezzi dell’energia elettrica per portarli al livello di 30 EUR/MWh che, secondo Alcoa, è necessario per rendere redditizio uno smelter.

(236)

La Commissione inoltre osserva che l’esistenza di un contributo di Stato diretto a ridurre i costi dell’elettricità per i grandi utenti non incoraggia i fornitori di elettricità ad abbassare i prezzi per evitare la perdita dei maggiori clienti nonché impedisce il deterioramento delle strutture di costo. La sovvenzione rafforza piuttosto l’incentivo per i fornitori di energia elettrica ad utilizzare il loro potere di mercato. Pertanto, quand’anche fosse vero che, data la situazione di sovraccapacità, Alcoa di norma sarebbe in grado di ottenere un prezzo concorrenziale, se non fosse per il potere di mercato dei fornitori di energia elettrica (che possono avere un interesse a mantenere prezzi alti, cfr. considerando 121 e 99 rispettivamente), la Commissione ritiene che la tariffa agevolata non sarebbe lo strumento adatto per ridimensionare tale potere di mercato.

(237)

Incidentalmente, va osservato che la decisione Alumix si basava sull’ipotesi opposta, ossia che i grandi clienti come Alcoa avessero un potere di mercato, sotto forma di un elevato potere di negoziazione rispetto ad ENEL, e che quindi, se ENEL fosse stata una società privata, avrebbe dovuto vendere ad un prezzo inferiore.

6.5.1.3.   Proporzionalità

(238)

Il contributo concesso ad Alcoa è molto più elevato di qualsiasi divario possa esistere tra i prezzi dell’energia elettrica nell’Italia peninsulare e i prezzi in Sardegna per la stessa categoria di clienti. Pertanto, la tariffa non è proporzionale agli svantaggi regionali cui presuntamente cerca di porre rimedio.

6.5.1.4.   Carattere decrescente

(239)

L’aiuto regionale al funzionamento deve essere decrescente (cfr. punto 4.17 degli orientamenti regionali). In base al meccanismo di indicizzazione introdotto dall’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, quale interpretato dall’AEEG (cfr. i considerando 49 e 50) la tariffa viene aumentata annualmente di una percentuale che riflette le tendenze dei prezzi dell’energia elettrica nell’UE, ma l’incremento non può superare il 4 %. Siffatta tariffa è decrescente unicamente quando i prezzi medi nell’UE diminuiscono in termini netti (dato che la tariffa Alcoa non può diminuire, ma soltanto aumentare). In tutti gli altri casi, la tariffa è progressiva e comporta un vantaggio crescente per Alcoa (112). Di fatto, in un contesto di prezzi in rapida crescita nell’UE, l’aiuto in favore di Alcoa è costantemente aumentato in termini reali da quando è stata introdotta la tariffa in causa.

6.5.1.5.   Conclusioni sulla compatibilità della misura a titolo di aiuto regionale per la Sardegna

(240)

Ciò premesso, la Commissione ritiene che la proroga della tariffa in questione non possa essere considerata compatibile a titolo di aiuto regionale in base agli orientamenti regionali del 1998. Poiché la Sardegna non è più una regione assistita ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), per il periodo 2007-2013, non è necessario esaminare la compatibilità dell’aiuto alla luce degli orientamenti relativi agli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013.

6.5.2.   Altre considerazioni inerenti alla compatibilità (Veneto e Sardegna)

(241)

È stato sostenuto dall’Italia e da Alcoa che la tariffa Alcoa è destinata a porre rimedio alle imperfezioni dei mercati dell’energia elettrica che non hanno ancora reso possibili prezzi concorrenziali. Prezzi elevati dell’energia elettrica costituirebbero presuntamente una minaccia per la competitività delle industrie elettrointensive, tra cui quella dell’alluminio primario. Si è affermato che l’aiuto impedirebbe la delocalizzazione della società al di fuori dell’Europa. L’aiuto avrebbe un effetto di incentivazione dato che in caso contrario, ossia in assenza di aiuto, la società dovrebbe chiudere gli smelter della Sardegna e del Veneto.

(242)

Riguardo a tali affermazioni si possono svolgere le seguenti considerazioni di carattere generale. Il funzionamento imperfetto dei mercati dell’energia elettrica non può essere considerato, strictu sensu, un fallimento del mercato in quanto questo concetto implica l’incapacità di un mercato concorrenziale di produrre, da solo, un risultato ottimale sul piano sociale, mentre il problema nel caso di specie è che i mercati non sono abbastanza concorrenziali. La soluzione può passare solo attraverso una maggiore — e non minore — concorrenza, e cioè attraverso la creazione di un mercato dell’energia realmente integrato. La fissazione da parte dello Stato delle tariffe elettriche produce in generale l’effetto opposto, ossia crea barriere e preclude l’accesso di nuovi operatori al mercato, impedendone quindi l’integrazione. Pertanto, la Commissione ritiene che l’aiuto al funzionamento concesso sotto forma di tariffe dell’energia elettrica artificiosamente basse non sia lo strumento adatto per ovviare alle imperfezioni dei mercati dell’energia elettrica.

(243)

Va rilevato peraltro che le conclusioni spesso citate di istanze specializzate quali l’High Level Group on Energy, Competitiveness and the Environment (considerando 78 e 124) non propongono di concedere aiuti di Stato speciali per risolvere problemi di competitività derivanti da prezzi dell’energia elettrica elevati, bensì difendono la necessità di una piena osservanza delle norme sugli aiuti di Stato (113).

(244)

La Commissione ha sollevato dubbi su simili argomenti volti a collegare le misure di aiuto all’obiettivo di impedire la delocalizzazione di industrie al di fuori dell’UE nella decisione sul caso Terni (114), e per motivi analoghi non è necessario approfondire l’analisi nella presente decisione.

(245)

Nell’attuale contesto di prezzi bassi dell’alluminio sui mercati mondiali (causati dal calo della domanda dovuto alla crisi economica) gli smelter italiani di Alcoa possono non essere redditizi o produrre in perdita, almeno sul breve periodo, in assenza della tariffa. La loro chiusura non può essere esclusa, anche se altri fattori possono influenzare una decisione in tal senso, ad esempio i costi sociali e ambientali di una chiusura, o il costo e il tempo necessari per creare la nuova capacità potenzialmente necessaria per evitare la perdita di quote di mercato.

6.5.3.   La proposta del Virtual Power Plant (Sardegna)

(246)

Con lettera del 19 gennaio 2007 (in prosieguo «la lettera del 2007») i servizi della direzione generale per la Concorrenza della Commissione hanno esplorato l’idea di una misura transitoria di phasing-out della tariffa concessa in Sardegna, in considerazione del fatto che la situazione del mercato sardo, anche a causa del suo isolamento, delle limitate capacità di interconnessione con l’Italia continentale e delle sfavorevoli condizioni di concorrenza, sembrava potere giustificare che, a titolo eccezionale, si ammettesse un aiuto al funzionamento sotto forma di tariffa agevolata per un periodo transitorio (detto di phasing-out) di circa dua anni (115) in cambio dell’adozione di misure volte ad accrescere la concorrenza sul mercato sardo mediante l’istituzione di un Virtual Power Plant o VPP (116). La lettera escludeva esplicitamente l’impianto ubicato in Veneto (117).

(247)

La lettera del 2007 indicava che un VPP idoneo doveva prevedere la cessione di capacità di generazione virtuale a fornitori di elettricità terzi, doveva coprire più o meno il 25 % della domanda elettrica sarda ed avere una durata di almeno 5 anni. La lettera suggeriva inoltre che una collaborazione fra i servizi della direzione generale per la Concorrenza e le autorità italiane potesse cominciare rapidamente per mettere a punto le modalità del VPP.

(248)

Con considerevole ritardo, il 9 luglio 2009 l’Italia ha adottato le disposizioni legislative atte a conferire all’AEEG il potere di istituire tale meccanismo. Il 17 agosto 2009 l’AEEG ha adottato la delibera ARG/elt 115/09 recante le disposizioni attuative del VPP. Le modalità del VPP sono in linea con i criteri fissati nella lettera del 2007. La tariffa sarà abolita tre mesi dopo il lancio del VPP, e al più tardi entro il 31 dicembre 2009.

6.5.3.1.   Descrizione del VPP italiano

(249)

Conformemente alle regole dettagliate stabilite dall’AEEG, sia ENEL che E.ON dovranno cedere capacità di generazione virtuale ad operatori non collegati ad alcuna delle due società. Le capacità da cedere (225 MW per ENEL e 150 MW per E.ON) sono state definite in funzione del rispettivo potere di mercato unilaterale dei due operatori dominanti. Il VPP coprirà almeno il 25 % della domanda elettrica in Sardegna e durerà 5 anni, fino al completamento dei progetti infrastrutturali attualmente in corso e volti a migliorare l’interconnessione elettrica fra la Sardegna e l’Italia continentale.

(250)

La partecipazione alle aggiudicazioni sarà aperta agli operatori di mercato che esercitino un’attività di vendita ai consumatori finali. I prodotti offerti avranno maturità annuale e/o quinquennale. Le aggiudicazioni si riferiranno al periodo dal 1o gennaio 2010 in poi.

(251)

A causa dei vincoli fisici esistenti sulla rete elettrica sarda, il VPP italiano è concepito come uno strumento finanziario (118). Con questo tipo di VPP, gli acquirenti non devono vendere fisicamente agli utilizzatori finali l’elettricità oggetto dell’aggiudicazione. Essi beneficiano di una liquidazione finanziaria automatica ogniqualvolta il prezzo pagato sul mercato del giorno prima supera una certa soglia. Il vantaggio di possedere capacità VPP per un operatore esistente o un nuovo operatore che intenda sviluppare una clientela risiede nel fatto che il VPP può essere utilizzato come strumento di hedging per le (altre) transazioni fisiche realizzate.

(252)

L’effetto procompetitivo di questo tipo di VPP risiede nel fatto che gli operatori dominanti sono privati dell’incentivo a usare il proprio potere di mercato per mantenere elevati i prezzi sul mercato del giorno prima, in quanto qualsiasi beneficio ottenuto con questa strategia sarebbe trasferito agli acquirenti di VPP.

6.5.3.2.   Compatibilità della tariffa sulla base del VPP

(253)

Sebbene si preveda che il VPP produca effetti procompetitivi sul mercato elettrico sardo, e nonostante la proposta avanzata nel gennaio 2007, la Commissione è giunta alla conclusione che, in questo caso, il VPP non può fornire una base sufficiente per la compatibilità dell’aiuto, né per un periodo transitorio successivo all’attuazione del VPP, né a fortiori per il periodo antecedente all’attuazione del VPP, per i motivi dettagliatamente spiegati nel prosieguo.

(254)

La Commissione non esclude che, in circostanze eccezionali, un rimedio consistente nella «liberalizzazione di un mercato» (o meglio, in questo caso, una misura strutturale volta a migliorare le concorrenza su un mercato legalmente aperto alla concorrenza ma ancora fortemente concentrato) possa costituire il fondamento per la compatibilità di un aiuto di Stato. In questo caso specifico, la Commissione ha considerato la natura del problema di concorrenza sul mercato elettrico sardo (119), l’esistenza di un nesso causale fra detto problema e l’aiuto, nonché l’efficacia del VPP come strumento correttivo.

(255)

Innanzitutto, per quel che riguarda la natura del problema di concorrenza in Sardegna si rileva quanto segue. I prezzi elevati in Sardegna sono il frutto di una combinazione di fattori: l’insufficiente interconnessione, la struttura dei costi del portafoglio di generazione e il potere di mercato dei due principali generatori. Il fatto che in un’isola vi sia un’interconnessione elettrica insufficiente non è un problema di liberalizzazione, quanto piuttosto il corollario naturale dell’ubicazione geografica. Numerosi paesi dell’EU sono insulari e quasi tutti gli Stati membri hanno isole la cui interconnessione elettrica è insufficiente o inesistente. La struttura dei costi del portafoglio di generazione non è direttamente legata né al funzionamento del mercato elettrico, né all’esercizio da parte degli operatori dominanti di un potere di mercato. Dipende piuttosto dalla disponibilità delle risorse energetiche primarie e dagli altri vincoli fisici e geografici che condizionano le decisioni di investimento delle imprese di generazione. Ed infine, una struttura di mercato altamente concentrata su un’isola è probabilmente la regola piuttosto che l’eccezione. Pertanto, l’unico fattore di concorrenza evidenziabile è la situazione di duopolio, nella misura in cui può potenzialmente incoraggiare gli operatori dominanti a fissare prezzi alti. Questo è tuttavia solo uno dei fattori che contribuiscono al livello elevato dei prezzi in Sardegna.

(256)

In secondo luogo, la Commissione ha valutato l’esistenza di un nesso causale fra le tariffe agevolate e la situazione del mercato sardo. Le tariffe non hanno mai inteso rimediare alla situazione competitiva della Sardegna, in quanto le tariffe sarde notificate dall’Italia offrivano un rimedio solo ad una cerchia ristretta di utenti, peraltro quelli con il maggiore potere negoziale. L’Italia stessa ha ammesso che l’obiettivo della tariffa Alcoa era quello di allineare il prezzo pagato da Alcoa in Sardegna ai prezzi praticati in altri paesi europei nei confronti dei produttori di alluminio.

(257)

Semmai, l’aiuto in questione può avere esacerbato la situazione derivante dal duopolio in materia di generazione. Con il sistema di pagamenti compensativi che costituisce la misura qui esaminata, Alcoa non aveva alcun incentivo ad utilizzare il proprio potere di acquirente per ridurre le spese elettriche, in quanto l’interesse di Alcoa di rifornirsi al costo più basso era soddisfatto con i pagamenti compensativi, e non attraverso l’esercizio sul mercato al dettaglio del proprio potere negoziale in quanto grande consumatore di elettricità in Sardegna. Nel ridurre l’incentivo di Alcoa a cercare condizioni di fornitura diverse da quelle offerte dall’operatore storico, i pagamenti compensativi possono avere influenzato negativamente, in una certa misura, la concorrenza sul mercato al dettaglio a detrimento di tutti gli utenti elettrici, in quanto tendenti a rafforzare la posizione finanziaria dell’operatore storico.

(258)

In terzo luogo, il previsto effetto migliorativo del VPP sulle condizioni di effettiva concorrenza in Sardegna non appare commisurato alla portata e all’intensità dell’aiuto concesso. Gli effetti del rimedio sul mercato sardo si profilano come piuttosto limitati. Il rimedio avrà un impatto solo sul comportamento degli operatori dominanti, visto che un VPP finanziario come quello attuato dall’Italia non può avere effetti sull’interconnessione o sui costi di generazione e, a differenza di un «tolling agreement», non ha vocazione a condurre ad un cambiamento della struttura di mercato a livello di generazione.

(259)

In quarto luogo, l’aiuto distorce la concorrenza sul mercato dell’alluminio primario, mentre il VPP produrrà qualche miglioramento sul fronte della concorrenza in un altro mercato, quello elettrico. Per sua natura, il VPP non è in grado di produrre effetti diretti sul mercato dell’alluminio.

6.5.4.   Conclusioni sulla compatibilità dell’aiuto (Veneto e Sardegna)

(260)

Visto quanto sopra, la Commissione ritiene che la tariffa applicata agli smelter di Alcoa in Veneto e in Sardegna non possa beneficiare di alcuna deroga ex articolo 87 del trattato CE. Le deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 2, non sono applicabili, visto che l’aiuto non ha carattere sociale, non mira a compensare i danni causati dalle catastrofi naturali o avvenimenti eccezionali e non è concesso per compensare gli svantaggi economici causati dalla divisione della Germania. Le deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettere b) e d), sono anch’esse inapplicabili, poiché la misura non mira a promuovere l’esecuzione di un importante progetto di comune interesse europeo o a rimediare una grave turbativa dell’economia di uno Stato membro, o a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio. Per quanto riguarda la deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), l’analisi svolta sopra ai considerando da 220 a 240 dimostra che la tariffa non può essere approvata come aiuto mirante a promuovere lo sviluppo economico in area in cui il tenore di vita sia anormalmente basso, o dove vi sia una grave sottoccupazione. Per quel che concerne l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), l’analisi dimostra che la tariffa, anche abbinata ad un VPP, non può essere considerata compatibile in base a tale deroga (cfr. in particolare i considerando 216, 217, da 241 a 245 e da 253 a 259).

(261)

Pertanto, la proroga della tariffa agevolata a favore di Alcoa disposta dall’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 e dal decreto del 2004 (nella misura in cui che lo stesso provvedimento possa essere il risultato dell’applicazione di detto decreto nel periodo gennaio 2006-giugno 2007 (cfr. considerando 44) deve essere dichiarata incompatibile con il mercato comune.

6.6.   Recupero

(262)

Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999, nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali che non sono compatibili con il mercato comune, occorre ripristinare l’effettiva concorrenza e l’aiuto, inclusi gli interessi, deve essere recuperato senza indugio, a meno che il recupero sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

6.6.1.   Legittimo affidamento e altri principi generali del diritto comunitario che possono ostare al recupero

6.6.1.1.   Legittimo affidamento

(263)

Secondo una giurisprudenza consolidata, quando un aiuto è stato versato senza previa notifica alla Commissione ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, il beneficiario dell’aiuto non può riporre alcun legittimo affidamento sulla regolarità della concessione dello stesso (120). Un’impresa diligente è di norma in grado di stabilire se è stata seguita la procedura di notifica e se l’aiuto è legittimo.

(264)

Tuttavia, non può escludersi la possibilità, per il beneficiario di un aiuto illegittimo, d’invocare circostanze eccezionali sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio legittimo affidamento nella natura regolare dell’aiuto e di opporsi, conseguentemente, al recupero dello stesso (121). D’altro canto, un «operatore economico prudente ed accorto, qualora sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento comunitario idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato» (122).

(265)

La Commissione ha esaminato se le circostanze eccezionali evocate da Alcoa, che sono connesse all’esistenza della decisione Alumix, abbiano potuto indurla a nutrire un legittimo affidamento.

(266)

La Corte ha costantemente affermato che il legittimo affidamento può sorgere unicamente da assicurazioni specifiche, incondizionate e concordanti fornite dalle istituzioni comunitarie di natura tale da suscitare la giustificata aspettativa che la misura non costituisce aiuto o è legittima (123).

(267)

Alcoa sostiene che quand’anche l’attuale regime non fosse considerato un «aiuto esistente», potrebbe comunque invocare il legittimo affidamento poiché, quando aveva rilevato Alumix e deciso di effettuare ulteriori investimenti nei due smelter, si era basata sulla conclusione di insussistenza di aiuto nel caso Alumix. Alcoa cita inoltre, come precedente, la decisione della Commissione sul trattamento esentasse per le società siderurgiche che costruiscono stabilimenti all’estero (124) (cfr. considerando 97).

(268)

Nella succitata decisione della Commissione sul trattamento esentasse concesso dalla Francia alle società siderurgiche, le disposizioni relative all’aiuto esistente non potevano essere applicate direttamente in quanto l’aiuto al settore siderurgico era disciplinato dal trattato CECA che non riconosceva il concetto di aiuto esistente. La Commissione ha riconosciuto il legittimo affidamento dei beneficiari applicando, per analogia, le disposizioni pertinenti del trattato CE e, di conseguenza, non ha ordinato il recupero dell’aiuto. Tuttavia, il caso era sostanzialmente analogo al caso Centri di coordinamento con sede in Belgio nel quale la Commissione ha cambiato la sua valutazione di una misura da essa precedentemente considerata come non configurante aiuto senza che quella misura fosse stata modificata dallo Stato membro. Le considerazioni formulate al considerando 210 permettono alla Commissione di respingere l’affermazione che la decisione citata potrebbe essere invocata come base per riconoscere ad Alcoa il legittimo affidamento.

(269)

Quanto alla rilevanza attribuita da Alcoa alla decisione Alumix, va osservato che quella decisione poteva unicamente far sorgere nel beneficiario il legittimo affidamento che il meccanismo tariffario ivi valutato non costituisse aiuto fino al 31 dicembre 2005.

(270)

Non si può invece desumere alcun legittimo affidamento dalla decisione Alumix rispetto alla proroga della tariffa disposta dall’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005. Alcoa non poteva avere alcun legittimo affidamento che la misura del 2005, che prorogava la tariffa fino al 2010, sarebbe stata automaticamente un non aiuto. Di fronte ad una misura che era stata a) modificata in modo sostanziale; e b) prorogata nel tempo, un beneficiario accorto avrebbe dovuto accertarsi che l’aiuto fosse legittimo.

(271)

L’assenza di un legittimo affidamento derivante da Alumix è esplicitamente confermata al punto 109 della sentenza del Tribunale.

(272)

Il fatto che Alcoa abbia effettuato investimenti nei suoi stabilimenti italiani non è di natura tale da far insorgere un legittimo affidamento quanto alla legittimità dell’accordo tariffario modificato e prorogato, visto che era chiaro, al momento della concessione, che l’originaria tariffa Alumix sarebbe durata solo 10 anni, e Alcoa ha pianificato i propri investimenti su quella base, e non nell’assunto di una tariffa di durata illimitata.

(273)

Alla luce delle considerazioni di cui sopra, la Commissione ha concluso che l’esistenza di una tariffa Alumix approvata non poteva indurre Alcoa a nutrire un legittimo affidamento circa la legittimità della misura in causa.

(274)

Per quel che riguarda l’impianto sardo, la Commissione ha anche esaminato se la lettera del 2007 ed i suoi successivi sviluppi possano costituire una fonte di legittimo affidamento per Alcoa.

(275)

Va rilevato a questo proposito che nella lettera del 2007 la Commissione non forniva assicurazioni precise ed incondizionate riguardo al valore del VPP ai fini di una conclusione di compatibilità dell’aiuto. La lettera, proveniente dai servizi della Commissione, si limitava ad indicare «il commissario europeo alla Concorrenza sarà pronto a proporre al collegio l’approvazione di un periodo di ritiro graduale a breve delle tariffe elettriche in Sardegna». Tale formulazione implicava the l’esito positivo del caso sarebbe stato in ogni caso condizionato all’approvazione del progetto di decisione da parte del collegio dei commissari. Pertanto, considerando il suo status (una lettera dei servizi) e il suo contenuto (un’assicurazione condizionale) la lettera del 2007 non è in grado di far sorgere un legittimo affidamento del tipo riconosciuto dalla Corte.

6.6.1.2.   Altri principi generali del diritto comunitario

(276)

Né l’Italia, né Alcoa hanno fatto valere considerazioni in merito. La Commissione ha tuttavia valutato se altri principi generali del diritto comunitario ostino, del tutto o in parte, al recupero.

(277)

Riguardo all’impianto ubicato in Veneto, si ritiene che il recupero non violi alcun principio generale del diritto comunitario; la Commissione aveva manifestato seri dubbi quanto alla compatibilità dell’aiuto in favore dell’impianto sito in Veneto nella decisione di apertura, e nulla, nel prosieguo del procedimento, ha potuto modificare in Alcoa l’impressione derivante dall’apertura dell’indagine.

(278)

Per quanto riguarda l’impianto ubicato in Sardegna, la Commissione ha esaminato la situazione derivante dalla lettera del 2007 e dai suoi successivi sviluppi. Come dimostrato sopra al considerando 275, la lettera dei servizi della Commissione non forniva assicurazioni precise ed incondizionate quanto al valore del VPP come base per una conclusione di compatibilità dell’aiuto, ma si limitava ad indicare che, se l’Italia avesse reagito prontamente al suggerimento, il commissario alla Concorrenza avrebbe proposto alla Commissione di approvare un breve phasing-out della tariffa. Tuttavia l’idea del VPP è rimasta sul tappeto durante tutto il prosieguo della procedura, fino a quando l’Italia si è decisa a darvi attuazione.

(279)

Nonostante questa proposta, come spiegato sopra ai considerando da 253 a 259, la Commissione è giunta alla conclusione che il VPP non può costituire il fondamento per una decisione di compatibilità dell’aiuto, per motivi connessi alle circostanze della misura e alla natura generale del VPP e che non sono il frutto dalle discussioni condotte con l’Italia. È opportuno chiedersi tuttavia se le protratte discussioni sul VPP possano condurre a refutare la presunzione che una valutazione di incompatibilità di un aiuto illegittimo debba necessariamente portare al recupero totale dello stesso.

(280)

Nonostante la durata dell’indagine non sia stata, di per sé, eccezionalmente lunga (tre anni), la Commissione riconosce che, nel caso di specie, tale durata è stata prolungata dalle discussioni sull’introduzione del VPP.

(281)

Benché il protrarsi delle discussioni sul VPP sia dovuto in larga misura anche alla tardiva reazione dell’Italia alla proposta, la Commissione riconosce che le protratte discussioni sul VPP sono state incoerenti con il principio della sana amministrazione e hanno influenzato il comportamento del beneficiario durante il prosieguo dell’indagine. Infatti, la prospettiva che grazie al VPP si potesse giungere a un esito favorevole del caso per l’impianto sardo, creata dalla Commissione e non dissipata in modo sufficientemente tempestivo, può avere alterato la percezione da parte di Alcoa del rischio di recupero dell’aiuto all’impianto sardo a seguito dell’apertura della procedura, il che può avere influenzato la sua strategia aziendale in materia di investimenti e di ubicazione delle attività. Se non fosse stata inviata la lettera del 2007, Alcoa avrebbe potuto decidere di non proseguire l’attività in Sardegna, limitando in tal modo l’importo soggetto a recupero.

(282)

Alla luce di tutte queste circostanze, la Commissione ritiene opportuno non imporre il recupero per l’impianto sardo per il periodo compreso fra la data della lettera, il 19 gennaio 2007, e la data della presente decisione.

6.6.2.   Quantificazione degli importi da recuperare

(283)

Concludendo, tutti gli importi di aiuto incompatibile ricevuti da Alcoa ai sensi dell’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 dal 1o gennaio 2006 in poi devono essere recuperati, maggiorati degli interessi, conformemente al capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (125).

(284)

Il recupero mira a ripristinare la situazione concorrenziale in cui si trovava il beneficiario prima della concessione dell’aiuto incompatibile. Per quantificare gli importi da recuperare, è quindi necessario stabilire il prezzo che Alcoa avrebbe pagato sul mercato per le forniture di energia elettrica qualora la tariffa non fosse stata prorogata.

(285)

Come indicato al considerando 157 Alcoa aveva stipulato un contratto bilaterale con ENEL a un prezzo nominale equivalente all’incirca alla tariffa standard in alta tensione applicata da ENEL. Secondo la Commissione, questo è il prezzo che Alcoa avrebbe pagato per le sue forniture di energia elettrica in assenza della tariffa. La Commissione pertanto ritiene che l’importo da recuperare corrisponda alla differenza tra il prezzo contrattuale e il prezzo agevolato. Tale importo coincide con il contributo compensativo riscosso dalla società nel periodo in questione (126). Lo stesso metodo di calcolo era stato indicato dalla Commissione nel caso Terni  (127), che è direttamente comparabile a quello di specie.

(286)

A fini di completezza, la Commissione ha anche esaminato — e respinto — l’argomentazione secondo cui in assenza della sovvenzione statale, Alcoa avrebbe negoziato un miglior prezzo con il suo fornitore e che quindi il recupero dovrebbe essere basato su un parametro diverso, presuntamente più realistico.

(287)

Innanzitutto, la Commissione non è favorevole, in linea di principio, all’idea di costruire un parametro teorico quando è disponibile un riferimento concreto ed adeguato. In Unicredito  (128) la Corte ha respinto un approccio ipotetico di questo tipo, stabilendo che «il ripristino dello status quo-ante […] non implica una differente ricostruzione del passato in funzione di elementi ipotetici, quali le scelte, spesso molteplici, che avrebbero potuto essere compiute dagli operatori interessati».

(288)

Peraltro, dopo che la Commissione aveva avviato il procedimento di indagine formale contro la tariffa nel 2004 e nel 2006 e dopo che Alcoa era stata invitata a fornire una parent company guarantee a copertura del rischio di recupero, la società aveva un chiaro incentivo a negoziare con ENEL le migliori condizioni possibili di approvvigionamento energetico. Pertanto, non vi sono elementi indicanti che il prezzo contrattuale liberamente negoziato tra Alcoa e ENEL non rispecchi in modo corretto il prezzo di mercato che Alcoa avrebbe pagato in assenza dell’aiuto.

7.   CONCLUSIONE

(289)

La Commissione constata che l’Italia ha dato illegittimamente esecuzione, in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, alle disposizioni dell’articolo 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004 e dell’articolo 11, comma 11, del decreto legge n. 35/05, convertito in legge n. 80/2005, che stabilisce la proroga della tariffa agevolata per l’energia elettrica applicabile ad Alcoa. La Commissione ritiene che siffatta misura, che costituisce un puro aiuto al funzionamento, non sia ammissibile ad alcuna delle deroghe al divieto generale di aiuti di Stato previste dal trattato CE e sia quindi incompatibile con il mercato comune. Pertanto, tutti i pagamenti futuri devono essere cancellati, e l’aiuto già versato deve essere recuperato come specificato nel prosieguo. L’importo da recuperare corrisponde alla somma di tutte le componenti compensative versate da Cassa conguaglio ad Alcoa. Per il Veneto, il recupero si riferisce al periodo compreso fra il 1o gennaio 2006 e la data di adozione della presente decisione. Per la Sardegna, il recupero si riferisce al periodo precedente la lettera del 2007, e cioè dal 1o gennaio 2006 al 18 gennaio 2007.

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L’aiuto di Stato concesso illegalmente dall’Italia a partire dal 1o gennaio 2006 in base all’articolo 1 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 6 febbraio 2004 e all’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005 a favore di Alcoa Trasformazioni, in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato, è incompatibile con il mercato comune. L’importo dell’aiuto è calcolato conformemente al metodo indicato al considerando 285 della presente decisione.

Articolo 2

1.   L’Italia procede al recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 versato al beneficiario. Per il Veneto, il periodo soggetto a recupero è compreso fra il 1o gennaio 2006 e la data di adozione della presente decisione. Per la Sardegna, il periodo soggetto a recupero è compreso fra il 1o gennaio 2006 e il 18 gennaio 2007.

2.   Le somme da recuperare comprendono gli interessi che decorrono dalla data in cui sono state poste a disposizione del beneficiario fino a quella del loro effettivo recupero.

3.   Gli interessi sono calcolati secondo il regime dell’interesse composto a norma del capo V del regolamento (CE) n. 794/2007 e del regolamento (CE) n. 271/2008 della Commissione (129) che modifica il regolamento (CE) n. 794/2004.

4.   L’Italia annulla tutti i pagamenti futuri dell’aiuto di cui all’articolo 1 con effetto dalla data di adozione della presente decisione.

Articolo 3

1.   Il recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1 è immediato ed effettivo.

2.   L’Italia attua la decisione entro quattro mesi dalla data di notifica della presente decisione.

Articolo 4

1.   Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l’Italia trasmette le seguenti informazioni alla Commissione:

a)

l’importo complessivo (capitale e interessi di recupero) che deve essere recuperato presso il beneficiario;

b)

una descrizione dettagliata delle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione;

c)

i documenti attestanti che al beneficiario è stato imposto di rimborsare l’aiuto.

2.   L’Italia informa la Commissione dei progressi delle misure nazionali adottate per l’esecuzione della presente decisione fino al completo recupero dell’aiuto di cui all’articolo 1. Essa trasmette immediatamente, dietro semplice richiesta della Commissione, le informazioni relative alle misure già adottate e previste per conformarsi alla presente decisione. Fornisce inoltre informazioni dettagliate riguardo all’importo dell’aiuto e degli interessi già recuperati presso il beneficiario.

Articolo 5

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 19 novembre 2009.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 30 del 5.2.2005, pag. 7 e GU C 214 del 6.9.2006, pag. 5.

(2)  Produttore di zinco.

(3)  Fabbricante di prodotti di alluminio.

(4)  Produttore di allumina (il materiale intermedio derivante dalla trasformazione della bauxite e dal quale si ottiene l’alluminio primario).

(5)  GU C 30 del 5.2.2005, pag. 7.

(6)  Aiuto di Stato N 587/05, regime tariffario speciale per l’energia elettrica in Sardegna (successivamente C 13/06).

(7)  ThyssenKrupp (acciaio), Cementir (cemento) e Nuova Terni Industrie Chimiche (prodotti chimici).

(8)  GU C 214 del 6.9.2006, pag. 5.

(9)  Decisione 2008/408/CE (GU L 144 del 4.6.2008, pag. 37).

(10)  Cfr. sopra, punto 2.2.2.2.

(11)  L’articolo 1 del decreto 2004 recita come segue: «1. Ad integrazione dei criteri di cui alla lettera c), articolo 1, comma 1, del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2002, l’autorità per l’energia elettrica e il gas provvede ad estendere il trattamento di cui al punto 2 del decreto del ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato 19 dicembre 1995 alle forniture di energia destinate alle produzioni e lavorazioni di alluminio, piombo, argento e zinco nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto situate in territorio insulare e caratterizzate da collegamenti assenti o insufficienti alle reti nazionali dell’energia elettrica e del gas. 2. 2. Il trattamento tariffario previsto al comma 1 è transitorio, termina con la realizzazione o il potenziamento dei collegamenti alle reti nazionali dell’energia elettrica e del gas e comunque cessa il 30 giugno 2007.»

(12)  L’articolo 11, comma 11 della legge n. 80/2005 recita come segue: «al fine di consentire lo sviluppo e la ristrutturazione produttiva delle imprese interessate, l’applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83, viene prorogata a tutto l’anno 2010 alle condizioni tariffarie di cui al 31 dicembre 2004». La citata disposizione del decreto legge n. 25/03 ha confermato la qualifica della tariffa Alcoa come onere.

(13)  legge n. 481/1995.

(14)  Articolo 2, paragrafo 12, lettera e), della legge n. 481/1995.

(15)  Articolo 2, paragrafo 21, della legge n. 481/1995.

(16)  EFIM (Ente partecipazioni e finanziamento industrie manifatturiere) era una holding pubblica che deteneva quote di controllo in imprese di numerosi settori industriali. EFIM è stata privatizzata fra il 1992 e il 1996.

(17)  L’articolo 2 del decreto del 1995 recita: «il trattamento di sovrapprezzi previsto dal provvedimento CIP n. 13 del 24 luglio 1992 e sue successive modificazioni, da applicarsi a tutte le forniture [elettriche] destinate alle produzioni di alluminio primario nei limiti degli impianti esistenti alla entrata in vigore del presente decreto, viene abolito con il 31 dicembre 2005. Successivamente a tale data il trattamento verrà allineato a quello previsto per la generalità dell’utenza.»

(18)  GU C 288 dell’1.10.1996, pag. 4.

(19)  Cfr. decisione nel caso n. IV.JV.2 — ENEL/FT/DT (GU C 178 del 23.6.1999, pag. 15).

(20)  Le regioni Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte coprivano già il loro fabbisogno completo di energia elettrica utilizzando in parte la loro produzione diretta e in parte contratti di importazione a lungo termine stipulati fino al 2003.

(21)  Introdotta con direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU L 27 del 30.1.1997, pag. 20), che è stata recepita dall’Italia con decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999.

(22)  La tariffa standard rispecchia il modo in cui sono disaggregati i costi di sistema dell’energia elettrica e come vengono imputati alle varie categorie di utenti.

(23)  La tariffa standard è stata suddivisa in due parti, A e B, ciascuna costituita di varie componenti tariffarie. La parte A rispecchiava i costi fissi di sistema, inclusi gli oneri generali di sistema, mentre le parte B rispecchiava i vari costi di produzione (in particolare i costi di combustibile). Inizialmente, gli oneri generali di sistema includevano unicamente i seguenti costi: costi straordinari sostenuti nel 1994, 1995 e 1996 (componente A1); costo di smantellamento delle centrali nucleari (componenti A2) e costo di costruzione di impianti di energia rinnovabile in base alla delibera CIP 6/92 (componente A3). Successivamente, sono state incluse altre categorie di costi: le tariffe agevolate dell’energia elettrica (componente A4), taluni costi di ricerca (componente A5) e i costi incagliati dei produttori di energia elettrica (componente A6).

(24)  Cfr. nota 21.

(25)  L’articolo 2 del decreto del ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato, del 26 gennaio 2000, classificava le tariffe agevolate esistenti, inclusa quella di Alcoa, come una nuova categoria di oneri generali di sistema. Tale classificazione è stata confermata nella legislazione successiva, e più di recente nell’articolo 1, comma 1, lettera c), della legge n. 83 del 17 aprile 2003.

(26)  Introdotto con delibera AEEG n. 204/99.

(27)  Più esattamente, in base al sistema introdotto dalla delibera AEEG n. 204/99, la gestione delle tariffe agevolate era affidata ai distributori locali e alla Cassa conguaglio. I distributori locali raccoglievano i proventi della componente A4 e li trasferivano alla Cassa conguaglio, che gestiva un conto ad hoc (il conto per la perequazione dei contributivi sostitutivi dei regimi tariffari speciali). Tuttavia, nel caso in cui il distributore avesse dovuto concedere una tariffa agevolata ad uno dei suoi clienti, poteva trattenere i proventi della componente A4 pagati dai suoi altri clienti al fine di recuperare la detrazione diretta dalle bollette del cliente agevolato. Qualora i ricavi del distributore fossero insufficienti, la differenza doveva essere liquidata dalla Cassa conguaglio utilizzando i fondi del conto ad hoc. Cfr. inoltre la delibera AEEG n. 228/01, in particolare gli articoli 43 e 56 del Testo Integrato allegato (compendio di norme che disciplinano la fornitura di energia elettrica in Italia).

(28)  Da notare tuttavia che una parte della delibera AEEG n. 148/04 non è stata più applicata da Alcoa. Tale delibera aveva introdotto un nuovo metodo di calcolo per il contributo compensativo pagato ai beneficiari delle tariffe agevolate. Per Alcoa, questo metodo avrebbe comportato una riduzione del sussidio, ossia un netto aumento del prezzo agevolato. Alcoa ha impugnato tale disposizione dinanzi al tribunale amministrativo della Lombardia. Con sentenza del 10 maggio 2005, il tribunale ha in parte annullato la delibera nella misura in cui si applicava ad Alcoa. Pertanto, il contributo compensativo di Alcoa ha continuato ad essere applicato secondo il metodo anteriore alla delibera n. 148/04 e che assicurava ad Alcoa di pagare il prezzo Alumix.

(29)  È qui riportato il testo dell’articolo 1 del decreto del 2004. È ricompreso anche lo smelter Alcoa di Fusina, anche se detto smelter non è ubicato in una zona insulare e senza collegamenti energetici.

(30)  Decisione della Commissione C(2004) 4329 del 16 novembre 2004 (GU C 30 del 5.2.2005, pag. 7).

(31)  Lettera del 3 marzo 2006.

(32)  Cfr. nota 12 per il testo completo dell’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005.

(33)  Articolo 11, comma 13, della legge n. 80/2005.

(34)  GU C 74 del 10.3.1998, pag. 9, punti 4.15-4.17.

(35)  GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51.

(36)  La decisione di apertura del 2006 riguardava anche le società Terni. Tuttavia, le tariffe Terni e Alcoa erano valutate separatamente.

(37)  GU C 74 del 10.3.1998, pag. 9, punto 4.

(38)  Decisione della Commissione C(2002) 3715 del 16 ottobre 2002, aiuto ai costi dell’energia delle PMI (GU L 91 dell’8.4.2003, pag. 38).

(39)  GU C 54 del 4.3.2006, pag. 13.

(40)  Sentenza del Tribunale di primo grado del 25 marzo 2009 nella causa T-332/06, Alcoa Trasformazioni, non ancora pubblicata (sotto ricorso).

(41)  Tale cifra fornita da Alcoa include non solo la fusione dell’alluminio primario, ma anche la sua ulteriore trasformazione che richiede maggiore impiego di manodopera.

(42)  In base a tale accordo, l’ente per l’energia elettrica islandese si era impegnato a costruire una nuova centrale idroelettrica e a fornire elettricità allo smelter di Alcoa ad un prezzo che garantiva un tasso di rendimento all’ente erogatore del 5,5 % l’anno. Il progetto è stato approvato dall’Autorità di vigilanza EFTA con decisione del 14 marzo 2003 n. 40/03/COL.

(43)  Cfr. Energy Sector Inquiry — Comunicazione della Commissione — Indagine a norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 1/2003 nei settori europei del gas e dell’elettricità (relazione finale) SEC(2006) 1724/COM(2006) 851 definitivo.

(44)  Prima relazione dell’High Level Group, «Contributing to an integrated approach on competitiveness, energy and environment policies» (http://ec.europa.eu/enterprise/environment/hlg_en.htm). L’High Level Group è un foro cui partecipano rappresentanti della Commissione e leader aziendali.

(45)  Sentenza della Corte di giustizia europea del 13 marzo 2001 nella causa C-379/98, Preussen-Elektra, Raccolta 2001, pag. I-2099.

(46)  Sentenza della Corte di giustizia europea del 15 luglio 2004 nella causa C-345/02, Pearle e.a, Raccolta 2004, pag. I-7139.

(47)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(48)  Sentenza della Corte di giustizia europea del 22 giugno 2006 nelle cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio/Commissione, Raccolta 2006, pag. I- 05479, punto 77.

(49)  L’articolo 1, lettera b), punto v), seconda frase, del regolamento (CE) n. 659/1999 recita: «Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione».

(50)  Sentenza del Tribunale di primo grado del 15 giugno 2000 nelle cause riunite T 298/97, T 312/97, T 313/97, T 315/97, T 600/97, T 1/98, T 3/98, T 6/98 e T 23/98, Alzetta e altri/Commissione, Raccolta 2000, pag. II 2319, confermata dalla Corte, sentenza del 29 aprile 2004 nella causa C 298/00, Raccolta 2004, pag. I-04087, punti 142-143.

(51)  Decisione 2002/347/CECA della Commissione (GU L 126 del 13.5.2002, pag. 27), considerando 33.

(52)  Caso E 24/95 regime di garanzie per i nuovi Länder della Germania, decisioni della Commissione SG(96)D/D5500 del 18 giugno 1996 e SG (98) D/54570 dell’11 novembre 1998.

(53)  GU C 54 del 4.3.2006, pag. 13.

(54)  Cfr. nota 34.

(55)  Prima di essere diviso, il caso C 38/04 riguardava anche altri beneficiari: Portovesme (zinco), ILA (prodotti dell’alluminio) e Euroallumina (allumina).

(56)  Il caso C 13/06 verte sull’estensione della tariffa Alcoa a Portovesme, ILA e Euroallumina in virtù dell’articolo 11, comma 12, della legge n. 80/2005.

(57)  A seguito della concentrazione ENEL-ENDESA, i cespiti ENDESA in Italia sono stati ceduti a E.ON (cfr. decisione concentrazioni M 5171 del 13 giugno 2008), http://ec.europa.eu/enterprise/non_ferrous_metals/consultation.htm

(58)  La capacità di ENEL di influenzare i prezzi in varie regioni italiane è stata riconosciuta nella «Indagine conoscitiva sullo stato della liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas» effettuata congiuntamente dall’AEEG e dall’autorità italiana garante per la concorrenza nel 2004.

(59)  Consultazione pubblica sulla competitività dell’industria metallurgica europea secondo l’impatto degli approvvigionamenti di materie prime e di energia:

http://ec.europa.eu/enterprise/non_ferrous_metals/consultation.htm

(60)  In realtà, secondo l’Italia, il decreto del 2004 non è mai stato applicato ad Alcoa, dato che la società poteva continuare a fruire della tariffa fino al 1o dicembre 2005 in base al decreto del 1995. Non spetta alla Commissione interpretare la legge italiana in modo da stabilire se ciò sia corretto o meno, dato che soltanto i tribunali italiani possono fornire orientamenti definitivi al riguardo. Tuttavia la Commissione osserva che il decreto del 2004 non è mai stato abrogato né modificato in modo da restringerne l’ambito a beneficiari diversi da Alcoa. Di fatto la tariffa Alcoa ha continuato ad essere pagata, sulla base del quadro regolamentare istituito dall’AEEG (e citato nella decisione di avvio del 2004).

(61)  Sulla base delle informazioni disponibili, la Commissione dubita che la misura in questione sia analoga a quella valutata e approvata dalla Commissione nel 1996. Nel 1996, ENEL era l’unico produttore e distributore di energia in Italia e la tariffa ridotta per l’energia elettrica concessa da ENEL ad Alcoa a favore di Alumix SpA era stata raffrontata ai costi medi marginali di produzione dell’energia elettrica per il periodo in questione. Invece, nel caso di specie, le autorità italiane intervengono selettivamente in un mercato liberalizzato, a favore di talune imprese, al fine di compensare la differenza tra un prezzo di mercato concordato con un qualsiasi produttore di energia e la tariffa agevolata fissata nel 1996.

(62)  Quale attuata dalle delibere n. 148/04 e n. 217/05 dell’AEEG.

(63)  A prescindere dalla base giuridica, rimane il cambiamento nel meccanismo amministrativo descritto sopra, in particolare al considerando 42, e pertanto resta applicabile la conclusione che vi è stato un passaggio da una reale tariffa ad un aiuto al funzionamento e che quindi si è in presenza di un nuovo aiuto.

(64)  Decisione 85/215/CEE della Commissione, del 13 febbraio 1985, relativa alla tariffa preferenziale del gas naturale a favore degli orticoltori olandesi (GU L 97 del 4.4.1985, pag. 49).

(65)  Cfr. ad esempio la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-372/97, Italia contro Commissione, Raccolta 2004, I-3679, punto 67.

(66)  La prima direttiva sulla liberalizzazione, direttiva 96/92/CE (cfr. nota 21) è stata recepita dall’Italia con decreto n. 79/1999.

(67)  Le ore di punta sono solitamente quelle comprese fra le 8:00 e le 20:00 dei giorni feriali.

(68)  Le centrali sono classificate per cosiddetto ordine di merito economico, partendo dalle centrali con i costi marginali nel breve periodo più bassi (costi variabili di produzione di elettricità inclusi i costi dell’olio combustibile e i costi CO2) sino alle centrali con i costi più elevati. In ogni dato momento, le centrali sono in concorrenza sulla base dei loro costi marginali e sono chiamate a produrre secondo la loro collocazione nell’ordine di merito: in primo luogo, le centrali elettriche, seguite dalle centrali nucleari, a gas, a olio combustibile, fino a quando la produzione di tutte le centrali chiamate soddisfa la domanda. L’ultima centrale chiamata va sotto il nome di centrale marginale e i suoi costi marginali determinano il prezzo dell’elettricità in ogni dato momento della giornata (prezzo di clearing del sistema).

(69)  Sentenza della Corte del 26 settembre 1996 nella causa C-241/94, Francia contro Commissione, Raccolta 1996, pag. I-4551, punto 34.

(70)  Cfr. tra l’altro Preussen-Elektra, punto 58.

(71)  Cfr., tra l’altro, la sentenza della Corte di giustizia europea del 22 maggio 2002 nella causa C-482/99, Francia contro Commissione (Stardust Marine), Raccolta 2002, pag. I-4397, punto 24.

(72)  Cfr. le sentenze della Corte di giustizia europea nella causa C-78/76, Steinike & Weinlig, Raccolta 1977, pag. 595 e nella causa C-47/69, settore tessile francese, Raccolta 1970, pag. 487.

(73)  Cfr. nota 45.

(74)  Cfr. nota 46.

(75)  Sentenza del Tribunale di primo grado del 20 settembre 2007 nella causa T 136/05, Earl Salvat cfr. Commissione, non ancora pubblicata, punti 137-165.

(76)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia del 7 giugno 1988 nella causa C-57/86, Grecia contro Commissione, Raccolta 1988, pag. I-2855, punto 12; Preussen-Elektra, ibidem; pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia europea del 20 novembre 2003 nella causa C 126/01, Gemo, Raccolta 2003, pag. I-13769, punto 23.

(77)  Sentenze Stardust Marine, ibidem; Pearle, ibidem; e Earl Salvat, ibidem.

(78)  Alcoa sostiene, che in base al meccanismo tariffario anteriore all’introduzione dell’articolo 11, comma 11 della legge n. 80/2005, i fondi necessari per finanziare la tariffa erano gestiti da distributori privati, quindi non costituivano risorse statali. Benché siffatto meccanismo tariffario non sia contestato nel caso di specie, le considerazioni formulate al punto succitato consentono alla Commissione di respingere la tesi Alcoa. La natura privata dei distributori di per sé non è determinante al fine di stabilire la natura delle risorse in causa.

(79)  Sentenza della Corte di giustizia del 17 luglio 2008 nella causa C-206/06, Essent Netwerk Noord cfr. Aluminium Delfzijl, non ancora pubblicata, punti 69 e 70.

(80)  Decisione C(2004) 4333 della Commissione del 1o dicembre 2004, caso N 490/2000 — Italia «costi non recuperabili nel settore dell’eletticità».

(81)  Sentenza del Tribunale di primo grado dell’11 febbraio 2009 nella causa T-25/07, Iride, non ancora pubblicata, punto 39.

(82)  Ibidem, punto 28.

(83)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia europea nella causa C-303/88, Italia contro Commissione, Raccolta 1988, pag. I-1433; nella causa C 47/69, Francia contro Commissione, Raccolta 1970, pag. 4393; sentenza del Tribunale di primo grado nella causa T-351/02, Deutsche Bahn contro Commissione, Raccolta 2006, pag. II-1047.

(84)  Cfr. ad esempio la decisione M.2404 Elkem/Sapa del 26 giugno 2001 e la decisione M.1663 Alcan/Alusuisse del 14 marzo 2000.

(85)  Sentenza della Corte di giustizia europea del 14 Febbraio 1990 nella causa C 301/87, Francia contro Commissione, Raccolta 1990, I-307, punti 32 e 33; sentenza del Tribunale di primo grado del 30 aprile 1998 nella causa T-214/95, Vlaamse Gewest contro Commissione, Raccolta 1998, II-717, punto 67; sentenza del Tribunale di primo grado del 15 giugno 2000, Alzetta contro Commissione ibidem, punto 79.

(86)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 1988 nella causa C-102/87, Francia contro Commissione, Raccolta 1988, pag. 4067, punto 19; e sentenza della Corte di giustizia del 21 marzo 1991 nella causa C-305/89, Italia contro Commissione, Raccolta 1991, pag. I-1603, punto 26.

(87)  Cfr. nota 65.

(88)  Cfr. ad esempio le decisioni della Commissione di avviare procedimenti rispetto alle tariffe regolamentate in Francia (caso C 17/07, decisione C/2007/2392 della Commissione del 13 giugno 2007, GU C 164 del 18.7.2007, pag. 9) e Spagna (caso C 3/07, decisione C/2007/123/3 della Commissione del 24 gennaio 2007, GU C 43 del 27.2.2007, pag. 9).

(89)  Sentenza della Corte di giustizia europea nelle cause riunite 6/69 e 11/69, Commissione contro Francia, Raccolta 1969, pag. 523.

(90)  Cfr. fra l’altro, la sentenza della Corte di giustizia europea nella causa 730/79, Philip Morris/Commission, Raccolta 1980, pag. 2671, punto 11; e la sentenza della Corte di giustizia europea nelle cause riunite C 393/04 e C 41/05, Air Liquide Industries/Ville de Seraing et Province de Liège, Raccolta 2006, pag. I-5293.

(91)  Tale definizione in ogni caso ha come unica finalità di limitare l’ambito temporale del recupero degli aiuti incompatibili e quindi non è di alcuna utilità in questa fase della valutazione.

(92)  E quindi la Commissione non ha bisogno di esaminare gli argomenti giuridici addotti da Alcoa per avvalorare tale conclusione (cfr. considerando 95 e 96).

(93)  Sentenza della Corte di giustizia europea nelle cause riunite C-182/03 e C-217/03, Belgio/Commissione, Raccolta 2006, I-5479.

(94)  Cfr. la nota 48.

(95)  È necessario operare una distinzione fra i criteri di valutazione generali enunciati nella decisione Alumix e l’applicazione di detti criteri ad un caso concreto. In base ai criteri generali di Alumix, in assenza di sbocchi di mercato alternativi e al fine di non peggiorare una situazione di sovracapacità, un fornitore di elettricità razione avrebbe venduto elettricità ai suoi «migliori clienti» ad un prezzo tale da coprire i costi marginali di produzione, e che desse un piccolo contributo verso i costi fissi. Questi criteri generali mantengono la propria validità indipendentemente dall’ambito temporale della decisione in cui sono enunciati, e la Commissione non intende metterli in discussione in questa sede.

(96)  Cfr. nota 40. Il punto 105 recita: «è molto chiaro, sia dal ricorso, che indica che la tariffa pagata dagli impianti del ricorrente era autorizzata dal decreto legge del 1995, sia dalla formulazione stessa del decreto legge che la privatizzazione di Alumix richiedeva il sostegno del governo italiano… al fine di definire con ENEL una tariffa energetica per i due impianti, possibilmente mediante un futuro contratto a lungo termine (10 anni) a prezzi competitivi a livello europeo, e che il trattamento dei sovrapprezzi di cui alla Delibera CIP 13/92 sarebbe stato abolito dal 31 dicembre 2005 in poi».

(97)  Sentenza del Tribunale di primo grado nelle cause riunite T-127/99, T129/99 e T-148/99, Diputacion Foral de Alava et al. cfr. Commissione, Raccolta 2002, II-1275, punto 175, citata al punto 114 della sentenza del Tribunale.

(98)  Cause riunite C 15/98 e C 105/99, Italia e Sardegna Lines contro Commissione, Raccolta 2000, pag. I-8855, punto 74 delle conclusioni.

(99)  Sentenza del Tribunale di primo grado del 30 aprile 2002 nelle cause riunite T-195/01 e T-207/01, Governo di Gibraltar contro Commissione, Raccolta 2002, II-2309, punto 111: «È dunque solo nell’ipotesi in cui la modifica incida sulla sostanza stessa del regime iniziale che tale regime viene trasformato in un regime di aiuti nuovo. Ora, non può parlarsi di una siffatta modifica sostanziale qualora l’elemento nuovo sia chiaramente separabile dal regime iniziale.»

(100)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia europea del 6 novembre 1990 nella causa C-86/89, Italia contro Commissione, Raccolta 1990, pag. I-3891; e nella causa C 301/87, Francia contro Commissione, Raccolta 1990, pag. I-307, punto 50.

(101)  Cfr. la sentenza del Tribunale di primo grado dell’8 giugno 1995 nella causa T-459/93, Siemens contro Commissione, Raccolta 1995, pag. II-1675, punto 48.

(102)  GU C 37 del 3.2.2001, pag. 3 e GU C 82 dell’1.4.2008, pag. 1.

(103)  Cfr. la nota 34.

(104)  Fonte: Indagine conoscitiva sullo stato della liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale del maggio 2005.

(105)  La Sardegna è attualmente collegata all’Italia peninsulare attraverso un’interconnessione da 270 MWh (SACOI).

(106)  Cfr. nota 43.

(107)  L’indice HHI in Sardegna varia da 3 000 a 3 500. Nella zone meridionale, tuttavia, l’HHI è più elevato.

(108)  In Sardegna E.ON può fissare il prezzo per il 67 % delle ore, ENEL per il 29 % delle ore. Se si considerano anche le zone limitrofe, ENEL fissa il prezzo nella macrozona Macrosud-Sardegna per il 63 % delle ore. Tuttavia, nella regione MacroSud ENEL fissa il prezzo per il 100 % delle ore.

(109)  Ad esempio, nel 2007 il prezzo medio all’ingrosso italiano (rilevato per energia baseload sul mercato del giorno prima) registrato su IPEX (la borsa elettrica italiana) è stato di 70,99 EUR per MW/h a fronte di 37,97 EUR sulla borsa tedesca EEX e di 40,78 EUR sulla borsa francese Powernext.

(110)  Relazione dell’AEEG per il 2008, basata sui dati forniti dal gestore del mercato elettrico (GME).

(111)  Cfr. nota 38.

(112)  Anche supponendo che i prezzi medi nell’UE aumentino di meno del 4 %, il vantaggio tariffario per Alcoa comunque aumenterebbe in termini assoluti. Ad esempio, se il prezzo di Alcoa fosse 30 EUR e il prezzo medio dell’elettricità in Europa fosse 60 EUR (vantaggio: 30 EUR) un incremento del 3 % significherebbe un prezzo per Alcoa di 30,9 rispetto al prezzo medio europeo di 61,8 EUR (nuovo vantaggio: 30,9 EUR).

(113)  Ad esempio, nella sua terza relazione del febbraio 2007, l’High Level Group afferma «in questo contesto, l’uso di incentivi, ivi comprese le sovvenzioni a finalità generale e gli aiuti di Stato può essere giustificato come strumento di orientamento politico. [Tali incentivi] possono promuovere un comportamento sociale e ambientale responsabile, la coesione sociale, lo sviluppo sostenibile e la diversità culturale. Tuttavia, dovrebbero essere usati solo in presenza di un chiaro fallimento del mercato, ove sia comprovato che le sovvenzioni costituiscono lo strumento adeguato per centrare un obiettivo di interesse comune ben definito, e a patto che non distorcano la concorrenza o danneggino l’ambiente […] È giustificato agire laddove tali sovvenzioni mettano a repentaglio altri obiettivi politici, quali la lotta al cambiamento climatico, la strategia di Lisbona per l’occupazione e la crescita, il corretto funzionamento dei mercati dell’energia, o l’accesso alle materie prime, senza peraltro raggiungere l’obiettivo iniziale» (http://ec.europa.eu/enterprise/environment/hlg/doc_07:third_report_27_02_2007.pdf)

(114)  Decisione della Commissione del 20 novembre 2007 sull’aiuto C 36/A/06 attuato dall’Italia in favore delle società ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie Chimiche, paragrafi 144 e 145.

(115)  La lettera recitava: «Vorremmo sottolineare che occorre ci sia una chiara consapevolezza che il ritiro graduale debba essere strettamente limitato al tempo necessario alla VPP di esplicare i suoi effetti (che stimiamo essere all’incirca di 2 anni), e sarà soggetto al principio dell’aiuto una tantum».

(116)  Il VPP prevede la cessione di capacità di generazione virtuale da parte degli operatori dominanti nel quadro di procedure di aggiudicazione. Il VPP è uno strumento comunemente usato per promuovere la concorrenza sul mercato all’ingrosso, in quanto elimina l’incentivo dell’operatore dominante a usare il proprio potere di mercato per mantenere prezzi artificialmente alti sui mercati a pronti e a termine. Il prezzo pagato da un acquirente di VPP consiste in uno strike price che tipicamente rispecchia i costi variabili degli impianti di generazione interessati, più un premio che è fissato nel quadro dell’aggiudicazione.

(117)  Con la seguente motivazione: «Altre imprese situate sul continente non appaiono essere nelle stesse eccezionali condizioni di mercato come quelli presenti in Sardegna. La riflessione della direzione generale della Concorrenza è che non esiste alcun motivo per derogare ai principi sugli aiuti di Stato».

(118)  Il VPP prende la forma di un contratto che dà all’acquirente il diritto automatico di ottenere la differenza, se positiva, fra il prezzo pagato ai produttori in Sardegna sul mercato del giorno prima e lo strike price. L’acquirente versa al cedente il premio fissato nel quadro dell’aggiudicazione e riceve da quest’ultimo la differenza, qualora positiva, fra il prezzo sul mercato del giorno prima e lo strike price.

(119)  La Commissione si è basata al tal fine sull’analisi effettuata dall’AEEG nelle sue relazioni.

(120)  Sentenza della Corte di giustizia nella causa C 24/95, Alcan Deutschland, Raccolta 1997, pag. I-1591, punti 25, 30 e 31; e sentenza nelle cause riunite C-183/02 P e C-187/02, Demesa and Territorio histórico de Álava/Commissione, Raccolta 2004, pag. I-10609, punto 45 della motivazione.

(121)  Sentenza della Corte di giustizia europea nella causa C-5/89, Commissione/Germania, Raccolta 1990, pag. I-3437, punto 16.

(122)  Cfr. le sentenze nelle cause C 78/77, Lührs, Raccolta 1978, pag. 169, punto 6; 265/85, Van de Bergh en Jurgens contro Commissione, Raccolta 1987, pag. 1155, punto 44 e T-489/93, Unifruit Hellas contro Commissione, Raccolta 1994, pag. II-1201, punto 51.

(123)  Cfr. le sentenze nelle cause C 265/85, Van den Bergh en Jurgens/Commissione, ibidem, punto 44; causa C-152/88, Sofrimport/Commissione, Raccolta 1990, pag. I-2477, punto 26; causa T-290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Raccolta 2000, pag. II-15, punto 59; e causa T-223/00, Kyowa Hakko Kogyo/Commissione, Raccolta 2003, pag. II-2553, punto 51.

(124)  Cfr. nota 51.

(125)  GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1.

(126)  La Commissione non dispone dei dati necessari per effettuare un calcolo esatto di tale importo.

(127)  Cfr. nota 9. Nel caso Terni la tariffa agevolata, anch’essa prorogata in virtù dell’articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, era stata calcolata, finanziata e pagata sostanzialmente nello stesso modo che per Alcoa (benché con un diverso prezzo finale per i beneficiari).

(128)  Sentenza della Corte di giustizia europea del 15 dicembre 2005, causa C-148/04, Unicredito, Raccolta 2005, pag. I-11137.

(129)  GU L 82 del 25.3.2008, pag. 1.