ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 296

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

50° anno
15 novembre 2007


Sommario

 

I   Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione è obbligatoria

pagina

 

 

REGOLAMENTI

 

*

Regolamento (CE) n. 1331/2007 del Consiglio, del 13 novembre 2007, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di diciandiammide originarie della Repubblica popolare cinese

1

 

 

Regolamento (CE) n. 1332/2007 della Commissione, del 14 novembre 2007, recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

18

 

*

Regolamento (CE) n. 1333/2007 della Commissione, del 13 novembre 2007, recante divieto di pesca del merluzzo bianco nella zona CIEM IV e nelle acque comunitarie della zona IIa per le navi battenti bandiera tedesca

20

 

*

Regolamento (CE) n. 1334/2007 della Commissione, del 14 novembre 2007, che modifica il regolamento (CE) n. 1749/96 sulle misure iniziali dell’avviamento del regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati ( 1 )

22

 

 

II   Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

 

 

DECISIONI

 

 

Commissione

 

 

2007/735/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 4 ottobre 2006, relativa a un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/C2/38.681 — Accordo di proroga di Cannes) [notificata con il numero C(2006) 4350]  ( 1 )

27

 

 

2007/736/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 9 novembre 2007, che modifica l’allegato II della decisione 79/542/CEE del Consiglio relativamente all’elenco di paesi terzi e di parti di paesi terzi da cui è autorizzata l’importazione di talune carni fresche nella Comunità [notificata con il numero C(2007) 5365]  ( 1 )

29

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


I Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione è obbligatoria

REGOLAMENTI

15.11.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 296/1


REGOLAMENTO (CE) N. 1331/2007 DEL CONSIGLIO

del 13 novembre 2007

che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di diciandiammide originarie della Repubblica popolare cinese

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) (di seguito «regolamento di base»), in particolare l’articolo 9,

vista la proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

1.1.   Apertura

(1)

Il 3 luglio 2006 la Commissione ha ricevuto una denuncia presentata a norma dell’articolo 5 del regolamento di base da parte di AlzChem GmbH («il denunciante»), che rappresenta il 100 % della produzione comunitaria di 1-cianoguanidina (diciandiammide) («DCD»).

(2)

La denuncia conteneva elementi di prova atti a dimostrare l’esistenza di pratiche di dumping per il DCD originario della Repubblica popolare cinese («RPC») e il conseguente pregiudizio notevole, elementi considerati sufficienti per giustificare l’apertura di un procedimento.

(3)

Il 17 agosto 2006 è stato aperto il procedimento mediante la pubblicazione di un avviso di apertura (2) nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

1.2.   Parti interessate dal procedimento e visite di verifica

(4)

La Commissione ha informato ufficialmente dell’apertura del procedimento il produttore comunitario all’origine della denuncia, i produttori esportatori, gli importatori, gli utilizzatori, i fornitori e le associazioni di cui è noto l’interesse nonché i rappresentanti del paese esportatore interessato. Le parti interessate hanno avuto la possibilità di comunicare le loro osservazioni per iscritto e di chiedere un’audizione entro il termine fissato nell’avviso di apertura.

(5)

Il produttore comunitario all’origine della denuncia, i produttori esportatori, gli importatori e gli utilizzatori hanno comunicato le loro osservazioni. Sono state sentite tutte le parti interessate che ne hanno fatto richiesta dimostrando di avere particolari motivi per chiedere un’audizione.

(6)

Per consentire ai produttori esportatori della RPC di chiedere, se lo desiderano, il trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato (di seguito «TEM») o il trattamento individuale («TI»), la Commissione ha inviato i necessari moduli di richiesta ai produttori esportatori cinesi notoriamente interessati. Tre produttori esportatori della RPC hanno richiesto il TEM a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base e il TI qualora l’inchiesta dimostrasse una mancata conformità alle condizioni per beneficiare del TEM.

(7)

Dato il numero apparentemente elevato di produttori esportatori nella RPC, nell’avviso di apertura la Commissione ha indicato che nell’ambito della presente inchiesta si sarebbe potuto ricorrere al campionamento per accertare l’esistenza del dumping conformemente all’articolo 17 del regolamento di base.

(8)

Per consentire alla Commissione di stabilire se fosse necessario ricorrere al campionamento e, in tal caso, di selezionare un campione, tutti i produttori esportatori della RPC sono stati invitati a contattare la Commissione fornendo, secondo quanto indicato nell’avviso di apertura, una serie di informazioni essenziali sulle loro attività relative al prodotto in esame durante il periodo dell’inchiesta (1o luglio 2005-30 giugno 2006).

(9)

Tuttavia, poiché solo tre produttori esportatori hanno collaborato all’inchiesta, si è deciso che non era necessario ricorrere al campionamento.

(10)

Sono stati inviati questionari a tutte le parti notoriamente interessate e a tutte le altre società che si sono manifestate entro i termini stabiliti nell’avviso di apertura. Sono pervenute risposte dai tre produttori esportatori della RPC che hanno collaborato, dall’unico produttore comunitario nonché da due utilizzatori e da quattro importatori.

(11)

La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini della determinazione del dumping, del conseguente pregiudizio e dell’interesse della Comunità e ha effettuato visite di verifica presso le sedi delle seguenti società:

a)

produttore comunitario:

AlzChem GmbH, Germania;

b)

produttori esportatori della RPC:

Ningxia Darong Chemical & Metallurgy Co., Ltd, RPC,

Ningxia Xingping Fine Chemical Co., Ltd, RPC,

Ningxia Yinglite Chemicals Co., Ltd, RPC;

c)

importatori indipendenti:

Lanxess GmbH, Germania,

Helm AG, Germania;

d)

utilizzatori comunitari:

Merck Santé, Francia,

Lanxess GmbH, Germania.

1.3.   Periodo dell’inchiesta

(12)

L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o luglio 2005 e il 30 giugno 2006 («periodo dell’inchiesta» o «PI»). L’analisi delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2002 e la fine del periodo dell’inchiesta («periodo in esame»).

2.   PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

2.1.   Prodotto in esame

(13)

Il prodotto in esame è costituito da 1-cianoguanidina (diciandiammide, «DCD») classificabile al codice NC 2926 20 00 . Si tratta di una sostanza solida che si presenta sotto forma di polvere cristallina fine, bianca, di norma inodore. È prodotta a partire da calce viva e nerofumo in seguito a diverse fasi di produzione.

(14)

Il DCD è utilizzato di norma come sostanza intermedia per la produzione di un’ampia gamma di altri prodotti chimici intermedi, quali i prodotti farmaceutici, per varie applicazioni industriali (trattamento delle acque, pasta di carta, tessili, cuoio) e in diversi ambiti di applicazione degli epossidi. Si tratta di un elemento essenziale della catena azoto — carbonio — azoto (NCN) con prodotti di nicchia finali come il nitrato di guanidina e altri derivati di tale catena.

(15)

Più del 90 % del DCD venduto nel mercato comunitario è di qualità standard. Il resto, denominato micro DCD, è costituito da particelle più piccole. I produttori esportatori cinesi hanno fornito dati relativi solo al tipo standard.

2.2.   Prodotto simile

(16)

Un importatore ha sostenuto che il tipo di DCD standard prodotto dall’industria comunitaria è di qualità superiore rispetto a quello fabbricato dai produttori esportatori cinesi, poiché il DCD cinese ha un tenore di acqua notevolmente superiore e meno stabile rispetto a quello del DCD prodotto nella Comunità. Il DCD cinese avrebbe inoltre un livello più elevato di impurità.

(17)

Dall’inchiesta è emerso tuttavia che sebbene esistano alcune differenze di qualità, non è possibile quantificarle e inoltre non riguardano le caratteristiche chimiche, fisiche e tecniche di base del DCD prodotto e venduto dall’industria comunitaria nella Comunità e di quello importato nella Comunità dalla RPC, che sono risultati simili anche per quanto riguarda gli utilizzi finali.

(18)

Si è pertanto concluso che si tratta di prodotti simili a norma dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base.

3.   DUMPING

3.1.   Trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato («TEM»)

(19)

In conformità dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, nelle inchieste antidumping relative alle importazioni originarie della RPC, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 del citato articolo per i produttori risultati conformi ai criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base.

(20)

Per comodità di riferimento, tali criteri sono riportati qui di seguito in forma sintetica:

1)

le decisioni in tema di politica commerciale e di costi vengono prese in risposta a tendenze del mercato, senza significative interferenze statali;

2)

le imprese dispongono di una serie ben definita di documenti contabili di base, applicati in ogni caso e soggetti a revisione contabile indipendente, conforme alle norme internazionali;

3)

non vi sono distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato;

4)

le leggi in materia fallimentare e di proprietà garantiscono certezza del diritto e stabilità;

5)

le conversioni del tasso di cambio sono effettuate ai tassi di mercato.

(21)

Tre produttori esportatori della RPC hanno chiesto il TEM a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base e hanno compilato il relativo modulo per i produttori esportatori entro il termine stabilito. La Commissione ha raccolto e verificato presso le sedi di tali società tutte le informazioni fornite nei moduli di richiesta ritenute necessarie.

(22)

In base ai risultati dell’inchiesta la richiesta di TEM ha dovuto essere respinta per tutti e tre i produttori esportatori. La verifica effettuata nei confronti delle società riguardo a ciascuno dei cinque criteri stabiliti all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base ha dimostrato che le società in questione non rispettavano i requisiti del primo, del secondo e del terzo criterio.

(23)

Poiché il principale azionista in un caso è un’impresa di proprietà statale e nel secondo un membro dell’Assemblea nazionale del popolo, si è constatato che lo Stato ha potuto esercitare un’influenza rilevante sulla politica commerciale delle società per quanto riguarda le decisioni in tema di gestione, quali la ripartizione degli utili, l’emissione di nuovi titoli, l’aumento di capitale e la modifica dello statuto, e che pertanto tali decisioni non venivano prese in risposta alle tendenze del mercato. Sono state rilevate differenze significative fra le tre società nel consumo unitario dell’elettricità e nel relativo prezzo unitario e nessuna delle tre ha potuto dimostrare che le proprie spese per l’elettricità derivino dall’offerta e dalla domanda e riflettano nel complesso i valori di mercato.

(24)

Inoltre, in tutti e tre i casi, i conti delle società non illustravano la reale situazione finanziaria. Si sono riscontrate in particolare numerose violazioni di norme contabili di base che fanno parte dei principi contabili internazionali (IAS) e poiché nessuno di questi problemi è stato segnalato nel rapporto del revisore, non si può ritenere che le società dispongano di una serie ben definita di documenti contabili conformi ai principi IAS e che siano soggette a revisioni contabili indipendenti, conformemente ai principi internazionali.

(25)

Quanto alla valutazione delle attività iniziali, le tre società non sono state in grado di fornire spiegazioni sul fondamento di tale valutazione. Infine, in due casi le società non hanno potuto fornire alcuna prova del pagamento dei diritti di utilizzo dei terreni. Entrambe le carenze dimostrano che sussistono distorsioni di rilievo ereditate dal sistema ad economia non di mercato.

(26)

Il comitato consultivo è stato sentito e le parti direttamente interessate hanno avuto la possibilità di commentare le conclusioni di cui sopra. L’industria comunitaria e i tre produttori esportatori sono stati informati della valutazione relativa al TEM e hanno avuto la possibilità di formulare osservazioni. I produttori esportatori hanno inviato una serie di osservazioni sfavorevoli alle conclusioni e la Commissione ha risposto, senza peraltro modificare la valutazione complessiva. I produttori esportatori hanno sostenuto in particolare che le loro decisioni relative alla politica commerciale non erano soggette a ingerenze statali. Le società hanno inoltre contestato le conclusioni specifiche relative ai costi e alla valutazione delle attività, senza tuttavia presentare elementi di prova a sostegno di tali affermazioni, che sono state pertanto respinte.

(27)

Alla luce di quanto sopra la Commissione ha deciso di non concedere il TEM ai produttori della RPC.

3.2.   Trattamento individuale («TI»)

(28)

L’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base dispone che nei casi in cui si applica l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di tale regolamento viene fissato un dazio individuale per le società in grado di dimostrare che rispettano tutti i criteri stabiliti dall’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base per la concessione del trattamento individuale.

(29)

I produttori della RPC cui non è stato possibile concedere il TEM hanno chiesto anche il TI nel caso in cui non avessero ottenuto il TEM. Si è tuttavia riscontrato che lo Stato esercita un’influenza significativa tale che, in due casi, non si è potuto ritenere che le società abbiano preso liberamente le proprie decisioni, mentre si è rilevato che le interferenze statali potrebbero presentare un elevato rischio di elusione. Quanto alla terza società a capitale pubblico, in precedenza di proprietà statale, vi sono forti indizi a conferma del persistere di una rilevante ingerenza potenziale dello Stato che può comportare rischi di elusione.

(30)

Quest’ultimo produttore esportatore ha sostenuto che la potenziale ingerenza dello Stato non è un motivo sufficiente per rifiutare il trattamento individuale, poiché tale conclusione si basa unicamente su un’ipotesi.

(31)

A norma dell’articolo 9, paragrafo 5, lettera e), del regolamento di base, nei casi citati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), un dazio individuale può essere fissato solo per gli esportatori in grado di dimostrare, presentando richieste debitamente motivate, che l’ingerenza dello Stato non è tale da consentire l’elusione dei dazi qualora si concedano aliquote diverse ai singoli esportatori. In primo luogo la società in questione non ha potuto precisare il ruolo e le responsabilità del suo direttore generale. Inoltre essa non ha neppure chiarito se gli attuali azionisti abbiano realmente pagato le azioni in loro possesso della società, che in precedenza era di proprietà statale. Su tali basi è stato ragionevole concludere che non poteva essere del tutto esclusa una significativa ingerenza dello Stato. Il rischio di elusione è stato quindi ritenuto troppo elevato e le richieste del produttore esportatore a tale riguardo hanno dovuto essere respinte.

(32)

Pertanto, poiché si è riscontrato che i produttori della RPC non rispettano tutti i requisiti per la concessione del TI a norma dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, la richiesta di tale trattamento è stata respinta e si è istituito un unico dazio su scala nazionale.

3.3.   Valore normale

3.3.1.   Paese di riferimento

(33)

A norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base per i produttori esportatori ai quali non è stato concesso il TEM il valore normale va determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese di riferimento oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa la Comunità, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nella Comunità per il prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

(34)

In assenza di produzione del prodotto in esame al di fuori della Comunità e della RPC, la Commissione ha comunicato nell’avviso di apertura l’intenzione di basare il valore normale sui prezzi realmente pagati o pagabili nella Comunità per il prodotto simile, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

(35)

I tre produttori esportatori della RPC si sono dichiarati contrari a tale proposta, sottolineando l’assenza di una concorrenza sufficiente all’interno della Comunità e l’impossibilità di paragonare il processo di produzione nella Comunità a quello della RPC. È stato sostenuto che il valore normale andrebbe basato sul prezzo all’esportazione del denunciante verso la RPC o sul costo di produzione del DCD nella Repubblica popolare cinese.

(36)

Il prezzo all’esportazione dell’industria comunitaria verso paesi terzi non ha potuto essere utilizzato poiché non si poteva escludere che anche questi prezzi fossero oggetto di dumping. Pertanto i produttori esportatori interessati non hanno potuto dimostrare che tale metodologia sarebbe più ragionevole di quella applicata dalle istituzioni comunitarie. In particolare non è stato possibile dimostrare, né erano disponibili prove a sostegno del fatto che la concorrenza sul mercato comunitario è insufficiente e che pertanto i dati relativi all’industria comunitaria sarebbero inaffidabili. Le differenze nel processo di produzione non sono state considerate significative.

(37)

Inoltre a nessuna delle tre società è stato concesso il TEM, pertanto i costi di fabbricazione dei produttori esportatori cinesi non sono stati giudicati affidabili.

(38)

Alla luce di quanto precede si è ritenuto che la base più ragionevole per determinare il valore normale fossero i costi di fabbricazione dell’industria comunitaria relativi al prodotto simile, modificati, se necessario, per tener conto delle differenze nei processi di produzione e nell’accesso alle materie prime.

(39)

I produttori esportatori hanno sostenuto che il calcolo del valore normale era basato su fatti disponibili e pertanto sull’articolo 18 del regolamento di base. Essi hanno inoltre affermato che data la loro piena collaborazione alla presente inchiesta tale approccio non era giustificato.

(40)

L’argomentazione dei produttori esportatori secondo cui il valore normale è stato determinato a norma dell’articolo 18 del regolamento di base è scorretta. In effetti, come indicato sopra, il valore normale è stato calcolato conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, che consente il ricorso a qualsiasi altra base equa, ove non sia possibile basare il valore normale sui costi e sui prezzi in un paese di riferimento oppure sul prezzo all’esportazione da tale paese ad altri paesi terzi. L’argomentazione è stata quindi respinta.

3.3.2.   Determinazione del valore normale

(41)

Il prodotto simile è stato venduto dall’industria comunitaria in quantità rappresentative, tuttavia nel mercato interno tali vendite erano in perdita. Pertanto il valore normale è stato calcolato sulla base dei costi di produzione dell’industria comunitaria maggiorati di un congruo importo per le spese generali, amministrative e di vendita nonché per il profitto. I costi di produzione dell’industria comunitaria sono stati modificati al fine di compensare le spese supplementari di trasporto dovute alla separazione fisica tra unità di produzione, l’assenza di un accesso diretto alle materie prime, che devono essere trasportate da impianti di produzione lontani, e l’eliminazione del sottoprodotto (scarti di calce). È stato inoltre aggiunto un importo stimato corrispondente al profitto realizzato dall’industria comunitaria nel 2001, assieme al 4,3 % relativo alle spese generali, amministrative e di vendita, sulla base delle informazioni fornite dall’industria comunitaria.

3.4.   Prezzi all’esportazione

(42)

Poiché tutte le vendite all’esportazione nella Comunità dei produttori della RPC sono state effettuate direttamente ad acquirenti indipendenti nella Comunità, il prezzo all’esportazione è stato calcolato conformemente all’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base, ovvero in base ai prezzi effettivamente pagati o pagabili.

3.5.   Confronto

(43)

In conformità dell’articolo 2, paragrafo 11, del regolamento di base è stato effettuato un confronto tra la media ponderata del valore normale, calcolata come indicato sopra, e la media ponderata dei prezzi all’esportazione delle vendite realizzate nella Comunità dalle società che hanno collaborato senza beneficiare del TEM.

3.6.   Margine di dumping

(44)

Su tale base il margine di dumping su scala nazionale, espresso in percentuale del prezzo all’importazione cif franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, è pari al 91,8 %.

4.   PREGIUDIZIO

4.1.   Osservazione preliminare

(45)

Poiché l’analisi riguarda una sola società, per ragioni di riservatezza la maggior parte degli indicatori è presentata in forma indicizzata o in fasce numeriche.

4.2.   Produzione comunitaria

(46)

Durante il periodo dell’inchiesta la produzione comunitaria totale era compresa tra 15 000 e 20 000 t.

4.3.   Definizione dell’industria comunitaria

(47)

La produzione del produttore comunitario AlzChem GmbH costituisce il 100 % del DCD fabbricato nella Comunità. Si ritiene quindi che tale società rappresenti l’industria comunitaria («IC») a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 5, paragrafo 4, del regolamento di base.

4.4.   Consumo nella Comunità

(48)

Il consumo comunitario è stato calcolato tenendo conto dei volumi di vendita dell’industria comunitaria sul mercato comunitario e delle importazioni dalla RPC e da altri paesi terzi, dichiarate al pertinente codice NC in base ai dati di Eurostat. Come indicato nella tabella di seguito riportata, il consumo nella Comunità del prodotto in esame è rimasto stabile (+ 1 %) nel periodo in esame. In tale contesto va osservato che i dati relativi al 2002 comprendono anche le importazioni del produttore norvegese, ODDA, che ha cessato l’attività nello stesso anno.

(49)

Secondo un importatore la chiusura di ODDA ha portato alcuni dei suoi principali clienti ad accumulare scorte nel 2003, circostanza che spiegherebbe anche l’aumento del consumo in tale anno.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Consumo comunitario (t)

13 258

15 594

13 119

12 469

13 417

Indice 2002 = 100

100

118

99

94

101

4.5.   Importazioni nella Comunità dalla RPC

4.5.1.   Volume e quota di mercato delle importazioni dalla RPC

(50)

In base ai dati forniti da Eurostat le importazioni dalla RPC sono aumentate, passando da 2 476 t nel 2002 a 6 002 t nel periodo dell’inchiesta. Nello stesso periodo la quota di mercato è passata dal 15-25 % al 40-50 %, poiché i produttori cinesi hanno acquisito una percentuale maggioritaria della quota di mercato precedentemente detenuta dal produttore norvegese ODDA. L’aumento delle importazioni è stato particolarmente marcato nel 2003.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Volume delle importazioni (t)

2 476

6 173

4 283

5 218

6 002

Indice 2002 = 100

100

249

173

211

241

Quota di mercato

15-25 %

35-45 %

30-40 %

35-45 %

40-50 %

4.5.2.   Prezzi delle importazioni e sottoquotazione

(51)

Secondo i dati forniti da Eurostat i prezzi delle importazioni sono diminuiti dell’11 % nel periodo in esame, passando da 1 149 EUR/t a 1 022 EUR/t.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Prezzi delle importazioni dalla RPC (EUR/t)

1 149

1 071

1 338

980

1 022

Indice 2002 = 100

100

93

116

85

89

(52)

Per determinare la sottoquotazione dei prezzi è stato effettuato un confronto tra i prezzi di vendita dell’industria comunitaria sul mercato comunitario durante il PI e quelli praticati dai produttori esportatori cinesi. Poiché i produttori cinesi non hanno esportato il cosiddetto micro DCD, tale tipo è stato escluso dal calcolo della sottoquotazione dei prezzi.

(53)

Sono stati presi in considerazione i prezzi di vendita applicati dall’industria comunitaria agli acquirenti indipendenti, adeguati, se necessario, allo stadio franco fabbrica. Tali prezzi sono stati confrontati ai prezzi di vendita praticati dai produttori esportatori, al netto di sconti, adeguati, se del caso, ai prezzi cif frontiera comunitaria, con un adattamento relativo ai costi di sdoganamento e alle spese successive all’importazione. Il dazio convenzionale applicabile ai paesi terzi, pari al 6,5 %, è stato aggiunto al prezzo cif per ottenere il prezzo unitario del prodotto immesso in libera pratica.

(54)

Durante il PI la media ponderata del margine di sottoquotazione, espressa come percentuale del prezzo di vendita medio franco fabbrica dell’industria comunitaria, era compresa tra il 25 % e il 35 % per i produttori cinesi che hanno collaborato.

4.6.   Situazione dell’industria comunitaria

(55)

A norma dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base, l’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria comunitaria ha comportato anche una valutazione di tutti i fattori economici che hanno influito sulla situazione di tale industria tra il 2002 e il PI.

(56)

I fattori di pregiudizio indicati di seguito riguardano solo le vendite sul mercato libero, che rappresentano l’85 % della produzione di DCD dell’industria comunitaria. Va osservato che il rimanente 15 % della produzione di DCD è destinato all’uso interno (vincolato). L’industria comunitaria è un produttore integrato che utilizza il DCD per ulteriori trattamenti e trasformazioni ai fini della fabbricazione di prodotti derivati senza emettere fatture commerciali. Poiché il consumo vincolato è rimasto piuttosto stabile nel periodo in esame, non ha potuto incidere sulla situazione dell’industria comunitaria.

4.6.1.   Produzione, capacità produttiva e utilizzo degli impianti

(57)

Tra il 2002 e il periodo dell’inchiesta, la capacità produttiva è aumentata del 33 %. Tale aumento si è verificato nel corso del 2003 e del 2004, in seguito alla cessazione di attività del produttore norvegese ODDA verso la fine del 2002. La capacità produttiva supplementare va considerata alla luce del fatto che ODDA ha cessato la produzione e che tale società deteneva già una quota del mercato comunitario pari al 25 % circa e ha venduto anche ad altri mercati. L’aumento della capacità produttiva è stato realizzato grazie ad investimenti e a migliorie tecniche.

(58)

In seguito all’aumento della capacità e delle vendite, i volumi di produzione sono saliti del 37 % tra il 2002 e il periodo dell’inchiesta. L’aumento principale si è verificato tra il 2002 e il 2003. I volumi di produzione hanno raggiunto il livello massimo nel 2004, per poi diminuire bruscamente nel 2005 e aumentare nuovamente nel PI.

(59)

Nel periodo in esame l’utilizzo degli impianti è aumentato del 3 %.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Produzione (valore indicizzato)

100

133

143

124

137

Capacità di produzione (valore indicizzato)

100

120

133

133

133

Utilizzo degli impianti

84  %

93  %

91  %

78  %

87  %

4.6.2.   Scorte

(60)

Durante il periodo in esame le scorte sono aumentate significativamente. Questo è dovuto al fatto che a causa delle importazioni oggetto di dumping l’industria comunitaria non ha potuto aumentare le proprie vendite nella misura prevista in seguito alla chiusura di ODDA, come spiegato più oltre.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Scorte (valore indicizzato)

100

151

187

91

178

4.6.3.   Volume delle vendite, quote di mercato e prezzi unitari medi nella Comunità

(61)

Mentre il consumo comunitario è rimasto stabile, le vendite di DCD da parte dell’industria comunitaria ad acquirenti indipendenti sul mercato comunitario sono aumentate del 6 % nel periodo in esame. Dopo aver raggiunto un picco nel 2003 esse sono calate costantemente nel 2004 e nel 2005, per poi tornare ad aumentare lievemente durante il periodo dell’inchiesta. Tali vendite tuttavia sono state effettuate sempre a prezzi significativamente inferiori ai costi di produzione, ad eccezione delle vendite di micro DCD, che rappresentano tra lo 0 % e il 10 % delle vendite totali (per ragioni di riservatezza non vengono fornite cifre precise) sul mercato comunitario e sono state molto remunerative.

(62)

Inoltre è opportuno ricordare che l’industria comunitaria utilizza il DCD di produzione propria per la fabbricazione di altri prodotti chimici a valle, quali i derivati della catena NCN. Tale uso vincolato rappresenta circa il 15 % della produzione di DCD da parte dell’industria comunitaria.

(63)

I volumi di vendita e le quote di mercato sono stati i seguenti:

 

2002

2003

2004

2005

PI

Volumi di vendita nella Comunità (valore indicizzato)

100

123

118

104

106

Quota di mercato (%)

50-60 %

50-60 %

60-70 %

50-60 %

50-60 %

(64)

Nel periodo in esame la quota di mercato dell’industria comunitaria è aumentata del 3 %. Tale aumento va tuttavia considerato alla luce del vuoto lasciato sul mercato dalla chiusura, verso la fine del 2002, della società ODDA, che deteneva una quota di mercato del 25 % circa prima di cessare l’attività.

(65)

Nonostante la concorrenza del DCD cinese e la fluttuazione dei prezzi tra il 2002 e la fine del periodo dell’inchiesta, l’industria comunitaria è riuscita ad aumentare del 2 % i propri prezzi di vendita unitari medi applicati ad acquirenti indipendenti nella Comunità nel periodo in esame. Va tuttavia osservato che tali prezzi comprendono anche il micro DCD, che non subisce la concorrenza dei produttori esportatori cinesi e può quindi essere fatturato a prezzi più elevati.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Volumi di vendita nella Comunità (valore indicizzato)

100

109

105

108

102

4.6.4.   Redditività e flusso di cassa

(66)

Durante il periodo in esame la redditività dell’industria comunitaria è stata sempre negativa. Le perdite hanno raggiunto il picco negativo nel periodo dell’inchiesta, quando erano comprese tra – 20 % e – 30 %. Secondo l’industria comunitaria l’anno di riferimento 2002 va considerato eccezionale a causa della particolare situazione del mercato in seguito alla chiusura di ODDA. Nel 2003 l’industria comunitaria è riuscita a ridurre le proprie perdite sebbene le importazioni dalla RPC abbiano raggiunto il livello massimo.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Redditività

tra – 20 % e – 30 %

0 e – 10 %

tra – 10 % e – 20 %

tra – 10 % e – 20 %

tra – 20 % e – 30 %

(67)

Il flusso di cassa è sempre stato negativo nel periodo in esame ad eccezione del 2003, conformemente alla riduzione delle perdite dell’industria comunitaria in tale anno.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Flusso di cassa (valore indicizzato)

– 100

82

– 136

– 208

– 244

4.6.5.   Investimenti, utili sul capitale investito e capacità di ottenere capitali

(68)

L’industria comunitaria ha registrato livelli d’investimento significativi in particolare nel 2003. Si tratta di investimenti essenzialmente connessi all’aumento della capacità produttiva, come indicato sopra.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Investimenti (valore indicizzato)

100

171

69

44

54

(69)

L’utile sul capitale investito ottenuto grazie alla produzione e alle vendite del prodotto simile è stato negativo ed è diminuito significativamente nel periodo in esame, parallelamente all’andamento negativo della redditività illustrato sopra.

 

2002

2003

2004

2005

PI

Utile sul capitale investito

tra – 10 % e – 20 %

0 % e – 10 %

tra – 20 % e – 30 %

tra – 20 % e – 30 %

tra – 20 % e – 30 %

(70)

La capacità dell’industria comunitaria di ottenere capitali non è risultata seriamente compromessa durante il periodo in esame, poiché il DCD rappresentava solo una piccola parte dell’attività complessiva dell’industria comunitaria.

4.6.6.   Occupazione, produttività, crescita e salari

(71)

Nella seguente tabella figura l’evoluzione dell’occupazione, della produttività e dei costi salariali nell’industria comunitaria:

 

2002

2003

2004

2005

PI

Numero di dipendenti

(valore indicizzato)

100

128

122

117

114

Produttività (t/dipendente)

(valore indicizzato)

100

104

118

106

121

Costo del lavoro per dipendente (valore indicizzato)

100

100

103

103

106

(72)

Tra il 2002 e il periodo dell’inchiesta l’industria comunitaria ha aumentato del 14 % il numero dei dipendenti. Parallelamente la produttività è aumentata in seguito al processo di razionalizzazione e all’aumento della produzione.

(73)

Durante il periodo in esame la media dei salari è aumentata del 6 %.

4.6.7.   Entità del margine di dumping e ripresa dagli effetti di precedenti pratiche di dumping

(74)

Dati il volume e i prezzi delle importazioni oggetto di dumping dalla RPC, l’incidenza dell’entità del margine di dumping effettivo sull’industria comunitaria non può essere considerata trascurabile.

(75)

Inoltre, non vi erano elementi per ritenere che l’industria comunitaria stesse superando le conseguenze di precedenti pratiche di dumping.

4.7.   Conclusioni relative al pregiudizio

(76)

Se si eccettua un picco nel 2003, il consumo è rimasto stabile nel periodo in esame. Durante lo stesso periodo il volume delle importazioni oggetto di dumping del prodotto in esame è nettamente aumentato e analogamente la relativa quota di mercato è salita dal 15-25 % nel 2002 al 40-50 % nel periodo dell’inchiesta. Nel periodo in esame i prezzi medi delle importazioni oggetto di dumping erano notevolmente inferiori a quelli dell’industria comunitaria. Su una base media ponderata i prezzi di tali importazioni erano inferiori del 25-30 % a quelli dell’industria comunitaria nel PI.

(77)

Durante lo stesso periodo l’industria comunitaria ha subito gravi perdite, che hanno raggiunto il picco negativo nel periodo dell’inchiesta, quando erano comprese tra il – 20 % e il – 30 %. Parallelamente all’evoluzione negativa della redditività, gli indicatori correlati, come l’utile sul capitale investito e il flusso di cassa, hanno registrato un andamento negativo.

(78)

Alcuni indicatori del pregiudizio, quali i volumi di produzione, la capacità produttiva, i volumi delle vendite, la quota di mercato e i prezzi di vendita sul mercato comunitario hanno registrato un andamento positivo durante l’intero periodo in esame. Nella presente valutazione l’uso vincolato non è stato preso in considerazione poiché è rimasto stabile in tutto il periodo in esame e pertanto non ha avuto alcuna incidenza sull’analisi del pregiudizio.

(79)

L’evoluzione positiva di alcuni indicatori del pregiudizio va tuttavia valutata tenendo conto della chiusura del produttore norvegese ODDA verso la fine del 2002 e della successiva concorrenza tra l’industria comunitaria e i produttori esportatori cinesi per acquisire la quota di mercato detenuta da ODDA. In effetti è opportuno osservare che le importazioni cinesi hanno riempito gran parte del vuoto lasciato dalla chiusura di ODDA. Inizialmente, nel 2003, l’industria comunitaria è riuscita a conquistare circa 1/3 della quota di mercato detenuta da ODDA, ma tale percentuale è considerevolmente diminuita nel PI, riducendosi a circa 1/7. In tal modo, anche se alcuni indicatori hanno registrato una tendenza lievemente positiva, in realtà avrebbero potuto svilupparsi molto più favorevolmente, se non fossero stati influenzati dalle importazioni oggetto di dumping dalla RPC. In ogni caso gli indicatori connessi al rendimento finanziario dell’industria comunitaria (profitto, utile sul capitale investito, flusso di cassa) hanno registrato un andamento talmente negativo da bilanciare ampiamente qualsiasi sviluppo positivo. In realtà, come risulta dalla sua situazione finanziaria, l’industria comunitaria non ha affatto potuto beneficiare della cessazione di attività di ODDA e attualmente la sua sussistenza è a rischio in assenza di misure.

(80)

Alla luce di quanto precede, si conclude che l’industria comunitaria ha subito un pregiudizio notevole a norma dell’articolo 3 del regolamento di base.

5.   NESSO DI CAUSALITÀ

5.1.   Introduzione

(81)

In conformità dell’articolo 3, paragrafi 6 e 7, del regolamento di base, è stato valutato l’eventuale nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping del prodotto in esame originarie della RPC e il pregiudizio subito dall’industria comunitaria. Sono inoltre stati esaminati i fattori noti, diversi dalle importazioni oggetto di dumping, che, nello stesso periodo, avrebbero potuto arrecare un pregiudizio all’industria comunitaria, in modo da accertare che l’eventuale pregiudizio provocato da tali altri fattori non venisse attribuito alle importazioni oggetto di dumping.

5.2.   Effetti delle importazioni oggetto di dumping

(82)

Si ricorda che tutte le importazioni del prodotto in esame dalla RPC riguardano il tipo standard di DCD, che costituisce anche la parte principale delle vendite dell’industria comunitaria sul mercato comunitario. Le vendite da parte dell’industria comunitaria del cosiddetto micro DCD, non esportato dai produttori cinesi, sono state escluse dal calcolo della sottoquotazione.

(83)

Le importazioni dalla RPC sono aumentate del 141 % nel corso del periodo in esame. Di conseguenza, la quota di mercato di tali importazioni è aumentata, passando dal 15-20 % nel 2002 al 40-50 % nel PI. È opportuno osservare che il volume delle importazioni oggetto di dumping ha raggiunto un picco nel 2003, con 6 173 t, riflettendo la chiusura del produttore norvegese, è calato poi nel 2004, per tornare ad aumentare costantemente nel 2005 e nel PI, quando ha raggiunto 6 002 t.

Tabella 1

Importazioni dalla RPC

Image 1

(84)

Nel periodo dell’inchiesta i prezzi medi delle importazioni oggetto di dumping erano notevolmente inferiori a quelli dell’industria comunitaria, con una sottoquotazione del 25-35 %. I prezzi all’esportazione cinesi sono diminuiti dell’11 % nel periodo in esame, ma non hanno registrato una chiara tendenza al ribasso. In effetti i produttori esportatori cinesi hanno diminuito i loro prezzi del 7 % nel 2003, nel tentativo di acquisire la quota di mercato detenuta da ODDA. Avendo conquistato la maggior parte di tale quota, nel 2004 essi hanno aumentato i loro prezzi del 25 %, per poi abbassarli del 27 % nel 2005 e alzarli nuovamente del 4 % nel periodo dell’inchiesta.

(85)

Nel contempo, mentre i prezzi delle importazioni oggetto di dumping sono diminuiti dell’11 % nel periodo in esame, l’industria comunitaria è riuscita a mantenere i propri prezzi globali relativamente stabili (aumento del 2 %). Va tuttavia ricordato che tali prezzi comprendono il micro DCD, che non subisce la concorrenza dalla RPC ed ha un prezzo molto più elevato. In tal modo la media annuale dei prezzi delle vendite dell’industria comunitaria è influenzata dalla variazione del volume delle vendite e dai prezzi del DCD, standard e micro.

Tabella 2

Andamento dei prezzi unitari

Image 2

(86)

Data la significativa sottoquotazione stabilita per il DCD standard, pari al 25-35 % nel periodo dell’inchiesta, è evidente che le importazioni oggetto di dumping hanno esercitato una forte pressione al ribasso sui prezzi di vendita dell’industria comunitaria relativi al DCD standard, che costituisce la maggior parte delle sue vendite, impedendo così all’industria comunitaria di fissare i propri prezzi a livelli che le avrebbero consentito di coprire i costi di produzione. Tale circostanza ha inciso a sua volta negativamente sulla redditività dell’industria comunitaria, provocando una parte considerevole delle ingenti perdite subite nell’intero periodo in esame.

(87)

Poiché l’industria comunitaria ha registrato perdite già nel 2002, si è esaminato se tali perdite siano di carattere strutturale anziché essere causate unicamente dalle importazioni oggetto di dumping. A tale riguardo va ricordato che le importazioni oggetto di dumping erano saldamente presenti sul mercato comunitario sin dal 2002, con una quota di mercato del 15-25 %. L’industria comunitaria ha inoltre fornito elementi di prova del fatto che grazie al programma di riduzione dei prezzi è riuscita a mantenere stabili i propri costi unitari nel periodo in esame nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime. Tuttavia, a causa della depressione dei prezzi dovuta alle importazioni cinesi, tale misura non ha avuto l’effetto desiderato di ridurre le perdite, ma ne ha solo impedito l’aumento.

(88)

Grazie all’impegno di riduzione dei costi e all’uscita di ODDA dal mercato verso la fine del 2002 l’industria comunitaria stava per riprendersi prima del picco delle importazioni cinesi nel 2003. Dopo tale picco, che ha consentito ai cinesi di acquisire la maggior parte della quota di mercato di ODDA, le perdite dell’industria comunitaria sono aumentate, passando tra – 10 % e – 20 % nel 2004 e hanno continuato a peggiorare nel 2005 e nel periodo dell’inchiesta, parallelamente all’aumento dei volumi delle importazioni oggetto di dumping e al calo dei prezzi medi all’importazione.

Tabella 3

Redditività dell’industria comunitaria

Image 3

(89)

Il nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il deterioramento della situazione economica dell’industria comunitaria appare ulteriormente confermato dal fatto che tale industria ha registrato profitti con il tipo micro di DCD, per il quale non esistono importazioni cinesi, mentre era gravemente in perdita per il tipo standard, che subisce la concorrenza sleale della RPC.

(90)

Considerato quanto sopra, in particolare l’evoluzione della quota di mercato delle importazioni oggetto di dumping, illustrata di seguito, a prezzi significativamente inferiori ai prezzi dell’industria comunitaria, si conclude che le importazioni oggetto di dumping hanno costituito una causa determinante della situazione pregiudizievole in cui si trova l’industria comunitaria.

Tabella 4

Evoluzione delle quote di mercato

 

2002

2003

2004

2005

PI

Importazioni oggetto di dumping dalla RPC

15-25 %

35-45 %

30-40 %

35-45 %

40-50 %

Industria comunitaria

50-60 %

50-60 %

60-70 %

50-60 %

50-60 %

5.3.   Effetti di altri fattori

5.3.1.   Osservazione preliminare

(91)

Data la stabilità del consumo comunitario nel periodo in esame e l’assenza di importazioni da altri paesi terzi, poiché gli unici produttori noti di DCD sono l’industria comunitaria e alcuni produttori cinesi, esistono ben pochi altri fattori noti che potrebbero aver contribuito alla situazione pregiudizievole in cui si trova l’industria comunitaria.

5.3.2.   Andamento delle esportazioni dell’industria comunitaria

(92)

Si è valutato se le esportazioni dell’industria comunitaria al di fuori della Comunità avessero contribuito al pregiudizio subito durante il periodo in esame. Le esportazioni al di fuori della Comunità hanno riguardato una percentuale considerevole, tra il 30 % e il 50 %, delle vendite del prodotto in esame da parte dell’industria comunitaria durante il periodo in esame. Le esportazioni sono aumentate considerevolmente, del 58 % in volume tra il 2002 e il periodo dell’inchiesta, mentre il prezzo unitario medio è diminuito del 2 %. Questo indica che nonostante l’agguerrita concorrenza da parte degli esportatori cinesi anche nei mercati al di fuori della Comunità, si registra una forte domanda di DCD prodotto dall’industria comunitaria, anche a prezzi notevolmente superiori a quelli degli esportatori cinesi, sebbene, come illustrato in precedenza, i prezzi medi più elevati possano essere dovuti ai prezzi superiori praticati per il micro DCD.

(93)

Per poter competere con il DCD standard a basso prezzo dei produttori cinesi anche nei mercati al di fuori della Comunità, le vendite all’esportazione dell’industria comunitaria sono state effettuate a prezzi notevolmente inferiori al costo di produzione, compromettendo così la redditività globale. Tali esportazioni non hanno tuttavia influito direttamente sulla redditività nel mercato comunitario.

5.3.3.   Presunto pregiudizio autoinflitto

(94)

Poiché l’industria comunitaria ha subito per alcuni anni perdite relative al prodotto in esame, e ha tuttavia deciso di investire in capacità supplementare nel 2003 e nel 2004, comportando un aumento dei volumi di produzione e delle scorte, si è esaminato i) se le perdite siano di carattere strutturale e ii) se la decisione di investire in capacità supplementare abbia contribuito alla situazione pregiudizievole in cui si trova l’industria comunitaria. Quest’ultimo argomento è stato addotto anche da un importatore secondo il quale la decisione dell’industria comunitaria di aumentare di un terzo la propria capacità produttiva, pur essendo a conoscenza delle importazioni già in corso provenienti dalla Cina, ha aggiunto una significativa pressione sul mercato.

(95)

Quanto al livello delle perdite i dati forniti dall’industria comunitaria dimostrano che grazie al suo programma di riduzione dei costi tale industria è riuscita a mantenere stabili i costi unitari nel periodo in esame nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime. L’industria comunitaria subisce tuttavia alcuni svantaggi in termini di costi, quali l’esistenza di tre diversi impianti di produzione, la lontananza dalle miniere di carbone e un processo di produzione costoso, sebbene non sia possibile confrontare la struttura dei costi dell’industria comunitaria con quella di altri produttori di DCD, dato che a nessuno dei produttori esportatori cinesi è stato concesso il TEM. Tuttavia, il fatto che l’industria comunitaria abbia realizzato un modesto utile nel 2001 e che abbia registrato profitti relativi al tipo di prodotto (micro DCD) non esportato dai produttori cinesi, indica chiaramente che in normali condizioni di concorrenza la situazione dell’industria comunitaria potrebbe essere nettamente migliore e che pertanto l’entità delle perdite non è puramente strutturale.

(96)

Per quanto riguarda la decisione dell’industria comunitaria di aumentare la capacità produttiva, va osservato che è stata presa dopo la chiusura di ODDA, che deteneva una quota significativa del mercato comunitario prima di uscirne. In assenza delle importazioni cinesi, che sono riuscite ad acquisire la maggior parte della quota di mercato persa da ODDA grazie a prezzi di dumping, l’industria comunitaria avrebbe potuto prevedere di recuperarne una parte molto più ampia. D’altro canto un operatore non può aspettarsi di essere l’unico a beneficiare degli aumenti del consumo nel proprio territorio senza tener conto delle fonti straniere.

(97)

Alla luce di quanto sopra appare evidente che sebbene la difficile situazione finanziaria ed economica dell’industria comunitaria non possa considerarsi autoinflitta, la mancanza di redditività connessa al prodotto in esame deriva in parte anche dagli elevati costi di produzione e dalle decisioni relative agli investimenti.

5.4.   Conclusioni sul nesso di causalità

(98)

In conclusione si conferma che le importazioni cinesi oggetto di dumping, che hanno sensibilmente aumentato la propria quota di mercato nel periodo in esame, poiché praticate a prezzi notevolmente inferiori a quelli dell’industria comunitaria, hanno contribuito in modo sostanziale alla difficile situazione finanziaria ed economica di tale industria. Tale circostanza, considerata isolatamente, ha causato un pregiudizio notevole. Non si può tuttavia negare che le perdite significative, subite nel corso dell’intero periodo in esame, vanno in parte attribuite anche alla struttura dei costi dell’industria comunitaria.

(99)

L’inchiesta ha mostrato che altri fattori noti, quali i costi, una maggiore capacità e i profitti legati alle esportazioni dell’industria comunitaria, pur avendo contribuito al pregiudizio, non annullano il nesso causale tra il pregiudizio subito dall’industria comunitaria e le importazioni oggetto di dumping dalla RPC.

(100)

Si conclude pertanto che le importazioni oggetto di dumping originarie della RPC abbiano determinato un grave pregiudizio per l’industria comunitaria, a norma dell’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento di base.

6.   INTERESSE DELLA COMUNITÀ

(101)

In conformità dell’articolo 21 del regolamento di base la Commissione ha esaminato se non vi siano fondati motivi per concludere che non è nell’interesse della Comunità istituire misure antidumping nella fattispecie. Sono state analizzate la probabile incidenza delle misure su tutte le parti interessate nonché le conseguenze della mancata istituzione delle misure.

6.1.   Interesse dell’industria comunitaria

(102)

La situazione pregiudizievole in cui si trova l’industria comunitaria deriva dalla sua difficoltà a sostenere la concorrenza delle importazioni oggetto di dumping, che sono aumentate bruscamente nel periodo in esame e hanno causato una grave depressione dei prezzi sul mercato comunitario, impedendo all’industria comunitaria di fissare i propri prezzi a un livello che avrebbe permesso di coprire i costi.

(103)

Si ritiene che l’istituzione di misure permetterebbe all’industria comunitaria di aumentare il prezzo del DCD a un livello che le consentirebbe di ripristinare la redditività e di mantenere così la propria presenza sul mercato comunitario.

(104)

Se le misure non venissero istituite l’industria comunitaria sarebbe costretta a continuare ad uniformare i propri prezzi a quelli delle importazioni oggetto di dumping per poter rimanere sul mercato e ne deriverebbero ulteriori perdite finanziarie. Poiché la situazione attuale, caratterizzata da un’assenza di redditività protrattasi per vari anni, non è sostenibile, la mancata istituzione delle misure comporterebbe infine la scomparsa di questa linea di produzione e una conseguente perdita di posti di lavoro.

(105)

Alla luce di quanto sopra si conclude che l’istituzione delle misure antidumping è nell’interesse dell’industria comunitaria.

6.2.   Concorrenza ed effetti di distorsione sugli scambi

(106)

I produttori esportatori che hanno collaborato nonché alcuni utilizzatori e importatori hanno sostenuto che l’istituzione di misure antidumping escluderebbe le importazioni cinesi dal mercato comunitario e, in assenza di importazioni da altri paesi, porterebbe al monopolio dell’industria comunitaria. I produttori esportatori e un importatore hanno inoltre sottolineato il rischio che la situazione dell’approvvigionamento del mercato comunitario diventi critica se le misure venissero istituite a un livello tale da impedire le importazioni dalla RPC.

(107)

Si ritiene tuttavia che data la forte posizione che i produttori esportatori cinesi hanno acquisito nel mercato mediante pratiche di dumping e prezzi significativamente inferiori a quelli dell’industria comunitaria, l’istituzione di misure al livello descritto più oltre non li escluderebbe dal mercato comunitario, ma ristabilirebbe solo condizioni di parità che consentirebbero all’industria comunitaria e ai produttori esportatori cinesi di competere su un piano paritario. Verrà inoltre mantenuta la concorrenza tra gli esportatori cinesi e l’industria comunitaria sul mercato comunitario, garantendo così un approvvigionamento continuo da fonti diverse.

(108)

D’altro canto se non venissero istituite misure antidumping non si può escludere che l’industria comunitaria debba cessare la propria attività di fabbricazione di questa particolare linea di prodotti, portando allo scenario opposto, ovvero al monopolio delle importazioni cinesi. Entrambi gli scenari, ovvero il monopolio di una delle due fonti di approvvigionamento, vanno evitati. I due utilizzatori che hanno collaborato hanno infatti sottolineato la necessità di due fonti di approvvigionamento.

(109)

Si ritiene pertanto che l’istituzione di misure antidumping al livello descritto più oltre consentirebbe di mantenere due fonti di approvvigionamento sul mercato comunitario.

6.3.   Interesse degli utilizzatori

(110)

Due utilizzatori industriali, uno attivo nel settore farmaceutico e uno nella conciatura del cuoio, hanno collaborato all’inchiesta. Entrambi gli utilizzatori acquistano il prodotto in esame direttamente dalla RPC e anche dall’industria comunitaria. Un terzo utilizzatore, specializzato in prodotti chimici per la fabbricazione della carta, ha risposto alla comunicazione delle conclusioni definitive dell’inchiesta formulando osservazioni sugli effetti previsti in seguito all’istituzione dei dazi antidumping.

(111)

L’utilizzatore del settore farmaceutico, in cui il DCD costituisce un’importante materia prima nella produzione della metformina, un medicinale per il trattamento del diabete, ha sostenuto che qualsiasi aumento del prezzo derivante dall’istituzione di misure antidumping avrebbe un’incidenza negativa sulla sua competitività nei confronti dei produttori situati al di fuori della Comunità, prevalentemente in India. Poiché il DCD rappresenta una percentuale piuttosto considerevole del suo costo, tale utilizzatore stima che anche il minimo aumento del prezzo del DCD comprometterebbe i prezzi di vendita della metformina, con una conseguente incidenza negativa sulla sua quota di mercato e sulla sua competitività. Tuttavia, le informazioni fornite alla Commissione sui costi e sulla redditività dell’utilizzatore in questione indicano che il dazio al livello proposto potrebbe essere almeno in parte assorbito.

(112)

Nelle proprie osservazioni relative alla comunicazione delle conclusioni definitive l’utilizzatore di cui sopra ha sostenuto che non sarebbe in grado di assorbire l’aumento dei costi della materia prima dovuto all’istituzione del dazio antidumping al livello proposto. Egli ha affermato che per mantenere la propria competitività e rimanere sul mercato è già stato costretto a ridurre costantemente i propri costi di produzione. A tal fine già in precedenza ha dovuto procedere a ristrutturazioni e ha negoziato riduzioni dei prezzi con il suo fornitore principale, l’industria comunitaria. Tale utilizzatore conclude che l’istituzione di un dazio antidumping al livello proposto presenta un rischio concreto che occorra chiudere i suoi due impianti in Francia, entrambi specializzati nella produzione di metformina. Ne risulterebbe una perdita di 270 posti di lavoro.

(113)

La Commissione sostiene tuttavia che sebbene non si possa contestare che l’istituzione di dazi avrebbe un’incidenza negativa sull’utilizzatore in questione, comportando margini di profitto più bassi in relazione alle vendite sul mercato comunitario, va sottolineato che una percentuale significativa di metformina prodotta da tale utilizzatore nella Comunità viene poi esportata, e quindi è esente da qualsiasi dazio. L’istituzione del dazio riguarderebbe pertanto solo parte della produzione di metformina. Inoltre, dato il margine di profitto indicato dall’utilizzatore nelle sue risposte al questionario, risulta evidente che il dazio potrebbe essere assorbito almeno in parte e non dovrebbe comportare significativi aumenti di prezzo della metformina venduta sul mercato comunitario. Il rischio di una perdita di posti di lavoro sembra pertanto molto remoto. Va inoltre osservato che la mancata istituzione di dazi potrebbe portare a una situazione in cui il principale fornitore di tale utilizzatore sarebbe costretto a cessare la propria attività, lasciando all’utilizzatore una sola fonte di approvvigionamento.

(114)

L’utilizzatore specializzato in prodotti chimici per la fabbricazione della carta ha inoltre sostenuto che un dazio antidumping al livello proposto ridurrebbe la sua capacità di rimanere competitivo sul mercato comunitario, poiché i suoi concorrenti al di fuori della Comunità continuerebbero ad avere accesso al DCD senza dover pagare alcun dazio antidumping. Tuttavia, poiché tale utilizzatore non ha risposto al questionario né ha ulteriormente motivato la propria argomentazione, è impossibile valutare o quantificare gli effetti di un dazio sulla sua attività.

(115)

Si ricorda tuttavia che, come illustrato in precedenza, entrambi gli utilizzatori che hanno collaborato hanno sottolineato l’importanza di mantenere due fonti di approvvigionamento. Si ritiene pertanto che l’istituzione di misure antidumping al livello descritto più oltre garantirebbe l’esistenza a lungo termine di fonti di approvvigionamento alternative per il settore degli utilizzatori finali. La mancata istituzione delle misure comporterebbe invece il rischio di eliminazione di una delle fonti.

6.4.   Interesse degli importatori indipendenti

(116)

Hanno collaborato all’inchiesta quattro importatori, uno dei quali utilizza anche il prodotto in esame. Il più importante di essi, le cui importazioni hanno rappresentato circa il 30 % del volume totale di DCD importato dalla RPC nel periodo dell’inchiesta, ha sottolineato che l’istituzione di dazi antidumping avrebbe un’inevitabile incidenza negativa sulle sue attività, tale da comportare infine il suo ritiro dalla commercializzazione del DCD, poiché in assenza di produzione di DCD in altri paesi terzi non avrebbe fonti di approvvigionamento alternative. Ne potrebbe derivare una modifica dell’organizzazione della società.

(117)

Non si può escludere che l’istituzione di misure antidumping possa avere un’incidenza negativa su alcuni importatori. Tuttavia, dato che le misure antidumping ristabilirebbero solo la concorrenza sul mercato comunitario e che gli utilizzatori finali hanno inoltre sottolineato la necessità di due fonti di approvvigionamento, si ritiene che misure antidumping al livello proposto più oltre non dovrebbero impedire agli importatori di vendere il prodotto in esame nella Comunità.

(118)

Inoltre, poiché gli importatori riforniscono diversi settori di utilizzatori finali nei quali il DCD costituisce una percentuale variabile del costo del prodotto finale, si ritiene che gli eventuali aumenti del prezzo derivanti dall’istituzione di misure antidumping potrebbero essere almeno in parte trasferiti sugli utilizzatori. Va inoltre osservato a tale riguardo che in base alle informazioni disponibili, gli importatori non riforniscono il settore principale di utilizzatori finali, ovvero quello farmaceutico, dove a causa della concorrenza di paesi terzi sembrerebbe difficile trasferire eventuali costi supplementari ai clienti finali.

(119)

Un importatore che fornisce il DCD alle industrie tessili, della carta, del trattamento delle acque e dei fertilizzanti ha sostenuto che tali industrie non hanno bisogno del DCD di qualità superiore prodotto dall’industria comunitaria. Egli ha inoltre affermato che tali industrie avrebbero difficoltà a trasferire eventuali costi supplementari ai loro clienti finali.

(120)

Non si contesta il fatto che il DCD prodotto dall’industria comunitaria possa essere di qualità superiore rispetto a quello prodotto dai produttori esportatori cinesi. L’inchiesta ha tuttavia dimostrato che il prodotto in esame e il prodotto simile sono essenzialmente analoghi ed hanno le stesse caratteristiche chimiche, fisiche e tecniche di base e gli stessi utilizzi. Per quanto riguarda l’argomentazione secondo cui le industrie in questione non potrebbero trasferire l’aumento dei prezzi delle materie prime sui loro clienti, va sottolineato che in assenza di collaborazione da parte di tali utilizzatori finali tale argomentazione non può essere analizzata e pertanto non va presa in considerazione.

(121)

Va inoltre osservato che il margine di profitto varia tra gli importatori che hanno collaborato. In base ai dati forniti dagli importatori almeno parte degli aumenti dei prezzi derivanti dall’istituzione di dazi antidumping potrebbe essere assorbita.

(122)

Si ritiene pertanto che l’istituzione di misure antidumping non avrebbe una grave incidenza negativa sugli importatori.

6.5.   Conclusioni sull’interesse della Comunità

(123)

L’istituzione delle misure antidumping dovrebbe consentire all’industria comunitaria di ripristinare la propria redditività relativa alla produzione di DCD e di rimanere così sul mercato. Data la situazione finanziaria in costante peggioramento dell’industria comunitaria, che ha privato l’intero settore di attività di ogni profitto, esiste un rischio elevato che in caso di mancata istituzione delle misure l’industria comunitaria dovrebbe considerare la cessazione dell’attività connessa al DCD, con un’inevitabile perdita di posti di lavoro. Si verrebbe così a creare una situazione di monopolio dei produttori esportatori cinesi che risulterebbe sfavorevole per gli utilizzatori finali di DCD, i quali hanno sottolineato l’importanza di mantenere una fonte di approvvigionamento all’interno della Comunità.

(124)

Data la significativa sottoquotazione praticata per le importazioni oggetto di dumping si ritiene che l’istituzione di misure antidumping ristabilirebbe soltanto condizioni di parità, mantenendo due fonti di approvvigionamento per gli utilizzatori.

(125)

Si conclude pertanto che, in relazione all’interesse della Comunità, non esistono motivi validi contrari all’istituzione di misure antidumping.

7.   MISURE ANTIDUMPING DEFINITIVE

7.1.   Livello necessario per eliminare il pregiudizio

(126)

Alla luce dei risultati di cui sopra e al fine di riflettere adeguatamente la situazione specifica del mercato del DCD, si ritiene opportuno adottare misure antidumping.

(127)

Le misure vanno istituite a un livello sufficiente a ripristinare condizioni di concorrenza leale tra l’industria comunitaria e i produttori esportatori della RPC.

(128)

Si è stimato che le circostanze di questo caso specifico richiedano un approccio particolare per la determinazione del livello necessario ad eliminare il pregiudizio. A tale riguardo vi sono tre aspetti significativi di cui occorre tenere conto:

i)

date le conclusioni sul nesso di causalità, le misure non devono compensare fattori che non possono essere attribuiti alle importazioni oggetto di dumping. È tuttavia impossibile determinare con precisione il contributo di tali fattori;

ii)

il margine di dumping è stato calcolato in modo eccezionale: poiché non è stato possibile concedere il TEM/TI ai produttori esportatori della RPC che hanno collaborato, e in assenza di un paese di riferimento, il valore normale ha dovuto essere calcolato sulla base del costo di produzione dell’industria comunitaria;

iii)

esistono solo due fonti di approvvigionamento di DCD nel mondo: l’industria comunitaria situata in Germania e alcuni produttori esportatori della RPC. Tale situazione richiede cautela, al fine di non creare una situazione di monopolio e/o difficoltà di approvvigionamento sul mercato comunitario.

(129)

Va inoltre osservato che dal 1o luglio 2007 il tasso di rimborso dell’IVA applicabile alle esportazioni di DCD originario della RPC è stato ridotto dal 13 % al 5 %. Questo comporterà probabilmente un aumento dei prezzi all’esportazione del DCD cinese, poiché il costo di produzione del DCD destinato all’esportazione sarà più elevato.

(130)

In tali circostanze si è dovuto ricorrere a un metodo più adeguato per determinare il livello necessario ad eliminare il pregiudizio dovuto alle importazioni oggetto di dumping. Si è ritenuto opportuno concentrarsi sugli effetti pregiudizievoli direttamente connessi alla sottoquotazione dei prezzi praticata dai produttori esportatori cinesi e basare il livello di eliminazione del pregiudizio sull’importo sufficiente ad eliminare l’effettiva sottoquotazione dei prezzi e aggiungere una componente di profitto (tra lo 0 % e il 5 %) corrispondente al margine di profitto realizzato dall’industria comunitaria nel 2001 sul prodotto in esame. Tale approccio consentirà all’industria comunitaria di praticare prezzi più elevati al fine di migliorare la propria situazione economica e finanziaria nella misura in cui è chiaramente determinata dalle importazioni oggetto di dumping.

(131)

In seguito alla comunicazione dei risultati definitivi dell’inchiesta, l’industria comunitaria ha sostenuto che il livello di dazio proposto non assicurerebbe la sua sussistenza, poiché non le consentirebbe di aumentare i prezzi in misura tale da coprire tutti i costi di produzione. Essa ha invece proposto una metodologia che permetterebbe di raggiungere un punto di equilibrio per l’intera catena di produzione di DCD. Tale metodo ha tuttavia dovuto essere respinto poiché era basato su dati in gran parte non verificati e avrebbe incluso altri prodotti oltre a quello in esame.

(132)

Si ritiene pertanto che il dazio basato sulla sottoquotazione, con l’aggiunta della componente di profitto, pur non risolvendo interamente tutte le difficoltà finanziarie ed economiche dell’industria comunitaria, eliminerà il pregiudizio direttamente causato dalle importazioni oggetto di dumping. La copertura di tutti i costi di produzione costituirebbe una compensazione eccessiva, data la presenza di fattori diversi dalle importazioni oggetto di dumping. Va inoltre tenuto conto del fatto che l’industria comunitaria beneficia di una particolare posizione nel mercato, caratterizzata dalla vicinanza ai clienti.

(133)

In base a quanto precede l’aumento di prezzo necessario è stato determinato sulla base della media ponderata del prezzo all’importazione, fissata per il calcolo della sottoquotazione, aggiungendo una componente di profitto. Il risultato è stato quindi espresso come percentuale del valore totale cif all’importazione.

(134)

Date le particolari circostanze sopra descritte, la Commissione intende seguire attentamente l’evoluzione del mercato. Se la misura si dimostrasse inadeguata o comportasse problemi di approvvigionamento nel mercato comunitario e/o una situazione di monopolio di una delle parti, la Commissione rimedierà tempestivamente alla situazione aprendo un riesame d’ufficio a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base e/o applicando l’articolo 14, paragrafo 4, di tale regolamento.

7.2.   Misure definitive

(135)

Alla luce di quanto precede si ritiene opportuno istituire misure antidumping definitive sulle importazioni del prodotto in esame in conformità dell’articolo 9 del regolamento di base.

(136)

Poiché il livello necessario per eliminare il pregiudizio è inferiore al margine di dumping accertato, le misure definitive devono basarsi sul livello di eliminazione del pregiudizio.

(137)

Sulla base di quanto precede si propongono le seguenti aliquote del dazio, espresse in percentuale del prezzo cif frontiera comunitaria, dazio non corrisposto:

Paese

Società

Aliquota del dazio (%)

RPC

Tutte le imprese

49,1  %

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di 1-cianoguanidina (diciandiammide), classificabile al codice NC 2926 20 00 , originarie della Repubblica popolare cinese.

2.   L’aliquota del dazio antidumping definitivo applicabile al prezzo netto, franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, del prodotto descritto al paragrafo 1 è del 49,1 %.

3.   Salvo altrimenti disposto, si applicano le norme vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 13 novembre 2007.

Per il Consiglio

Il presidente

F. TEIXEIRA DOS SANTOS


(1)   GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 (GU L 340 del 23.12.2005, pag. 17).

(2)   GU C 193 del 17.8.2006, pag. 3.


15.11.2007   

IT

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L 296/18


REGOLAMENTO (CE) N. 1332/2007 DELLA COMMISSIONE

del 14 novembre 2007

recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 3223/94 della Commissione, del 21 dicembre 1994, recante modalità di applicazione del regime di importazione degli ortofrutticoli (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 3223/94 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali nel quadro dell'Uruguay Round, i criteri in base ai quali la Commissione fissa i valori forfettari all'importazione dai paesi terzi, per i prodotti e per i periodi precisati nell'allegato.

(2)

In applicazione di tali criteri, i valori forfettari all'importazione devono essere fissati ai livelli figuranti nell'allegato del presente regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I valori forfettari all'importazione di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 3223/94 sono fissati nella tabella riportata nell'allegato.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 15 novembre 2007.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 14 novembre 2007.

Per la Commissione

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)   GU L 337 del 24.12.1994, pag. 66. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 756/2007 (GU L 172 del 30.6.2007, pag. 41).


ALLEGATO

al regolamento della Commissione, del 14 novembre 2007, recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

(EUR/100 kg)

Codice NC

Codice paesi terzi (1)

Valore forfettario all'importazione

0702 00 00

MA

61,6

MK

18,4

TR

83,1

ZZ

54,4

0707 00 05

JO

196,3

MA

68,0

TR

104,1

ZZ

122,8

0709 90 70

MA

63,6

TR

89,2

ZZ

76,4

0805 20 10

MA

80,6

ZZ

80,6

0805 20 30 , 0805 20 50 , 0805 20 70 , 0805 20 90

HR

23,0

IL

68,7

TR

82,9

UY

98,5

ZZ

68,3

0805 50 10

AR

73,8

TR

99,1

ZA

60,0

ZZ

77,6

0806 10 10

BR

235,4

TR

136,5

US

267,2

ZZ

213,0

0808 10 80

AR

83,4

CA

95,9

CL

33,5

MK

31,5

US

101,8

ZA

87,4

ZZ

72,3

0808 20 50

AR

49,3

CN

74,2

TR

129,4

ZZ

84,3


(1)  Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 1833/2006 della Commissione (GU L 354 del 14.12.2006, pag. 19). Il codice « ZZ » rappresenta le «altre origini».


15.11.2007   

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L 296/20


REGOLAMENTO (CE) N. 1333/2007 DELLA COMMISSIONE

del 13 novembre 2007

recante divieto di pesca del merluzzo bianco nella zona CIEM IV e nelle acque comunitarie della zona IIa per le navi battenti bandiera tedesca

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (1), in particolare l’articolo 26, paragrafo 4,

visto il regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca (2), in particolare l’articolo 21, paragrafo 3,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 41/2007 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, che stabilisce, per il 2007, le possibilità di pesca e le condizioni ad esse associate per alcuni stock o gruppi di stock ittici, applicabili nelle acque comunitarie e, per le navi comunitarie, in altre acque dove sono imposti limiti di cattura (3), fissa i contingenti per il 2007.

(2)

In base alle informazioni pervenute alla Commissione, le catture dello stock di cui all’allegato del presente regolamento da parte di navi battenti bandiera dello Stato membro ivi indicato o in esso immatricolate hanno determinato l’esaurimento del contingente assegnato per il 2007.

(3)

È quindi necessario vietare la pesca di detto stock nonché la conservazione a bordo, il trasbordo e lo sbarco di catture da esso prelevate,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Esaurimento del contingente

Il contingente di pesca assegnato per il 2007 allo Stato membro di cui all’allegato del presente regolamento per lo stock ivi indicato si ritiene esaurito a decorrere dalla data stabilita nello stesso allegato.

Articolo 2

Divieti

La pesca dello stock di cui all’allegato del presente regolamento da parte di navi battenti bandiera dello Stato membro ivi indicato o in esso immatricolate è vietata a decorrere dalla data stabilita nello stesso allegato. Sono vietati la conservazione a bordo, il trasbordo o lo sbarco di catture provenienti dallo stock in questione effettuate dalle navi suddette dopo tale data.

Articolo 3

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 13 novembre 2007.

Per la Commissione

Fokion FOTIADIS

Direttore generale della Pesca e degli affari marittimi


(1)   GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 865/2007 (GU L 192 del 24.7.2007, pag. 1).

(2)   GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1967/2006 (GU L 409 del 30.12.2006, pag. 9); rettifica nella GU L 36 dell’8.2.2007, pag. 6.

(3)   GU L 15 del 20.1.2007, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 898/2007 della Commissione (GU L 196 del 28.7.2007, pag. 22).


ALLEGATO

N.

72

Stato membro

Germania

Stock

COD/2AC4.

Specie

Merluzzo bianco (Gadus morhua)

Zona

IV; acque comunitarie della zona IIa

Data

27.10.2007


15.11.2007   

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L 296/22


REGOLAMENTO (CE) N. 1334/2007 DELLA COMMISSIONE

del 14 novembre 2007

che modifica il regolamento (CE) n. 1749/96 sulle misure iniziali dell’avviamento del regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (1), in particolare l’articolo 4, terzo comma, e l’articolo 5, paragrafo 3,

visto il parere della Banca centrale europea (2), come previsto dall’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2494/95,

considerando quanto segue:

(1)

Gli indici dei prezzi al consumo armonizzati («IPCA») sono dati armonizzati sull’inflazione richiesti dalla Commissione e dalla Banca centrale europea per poter svolgere le loro funzioni a norma dell’articolo 121 del trattato CE. Gli IPCA sono intesi ad agevolare i raffronti internazionali dell’inflazione dei prezzi al consumo e fungono da importanti indicatori per la gestione della politica monetaria.

(2)

Il quadro concettuale degli IPCA è quasi completo. Sebbene dopo l’adozione delle misure iniziali di esecuzione siano stati compiuti notevoli progressi in direzione dell’armonizzazione delle metodologie, problemi di comparabilità permangono tuttora con riguardo alle procedure di campionamento, di sostituzione, di adeguamento della qualità e di aggregazione.

(3)

Sulla base dell’attuale quadro degli IPCA questi sono definiti come indici di tipo Laspeyres che rilevano le variazioni del potere di acquisto di beni e di servizi destinati al soddisfacimento diretto dei bisogni dei consumatori. Tale definizione riflette l’attuale concezione dell’inflazione dei prezzi al consumo nell’Unione europea e nell’area dell’euro in particolare.

(4)

Gli IPCA si riferiscono ai prezzi di tutti i prodotti acquistati dai consumatori al fine di mantenere le abitudini di consumo, ossia i prodotti definiti per categoria elementare di spesa (ponderazioni). Tali categorie constano di segmenti di consumo esplicitamente individuati, differenziabili secondo le funzioni di consumo. L’insieme di tutte le offerte di prodotti dell’universo statistico può essere suddiviso in modo esaustivo in segmenti di consumo. I segmenti sono relativamente stabili nel tempo, sebbene le offerte di prodotti comprendenti un segmento di consumo mutino con l’evolversi dei mercati.

(5)

Il concetto di segmenti di consumo secondo la funzione risulta pertanto fondamentale ai fini del campionamento e del significato delle nozioni di cambiamento di qualità e di adeguamento della qualità. Un’ambiguità in tale concetto riguarda tuttavia il livello di aggregazione al quale esso è definito e applicato.

(6)

La gamma delle offerte di prodotti cambia nel tempo per effetto della modifica dei prodotti o della loro sostituzione da parte dei fabbricanti o dei dettaglianti. Gli IPCA richiedono che siano rappresentate tutte le offerte di prodotti attualmente disponibili all’interno dei segmenti di consumo secondo la funzione selezionati nel periodo di riferimento al fine di misurarne l’impatto sull’inflazione. Ciò riguarda in particolare i nuovi modelli o varietà di prodotti precedentemente esistenti.

(7)

Il cambiamento di qualità si riferisce pertanto al grado di idoneità dei prodotti disponibili di soddisfare la funzione di consumo del segmento cui appartengono. Il cambiamento di qualità dovrebbe essere valutato con riferimento alla specificazione di prodotti concreti entro un segmento di consumo.

(8)

A questo scopo è necessario introdurre numerosi chiarimenti e apportare varie modifiche al regolamento (CE) n. 1749/96 della Commissione, del 9 settembre 1996, sulle misure iniziali dell’avviamento del regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (3) al fine di garantire la comparabilità degli IPCA e di assicurarne l’affidabilità e la pertinenza ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 2494/95.

(9)

Appare pertanto necessario specificare ulteriormente gli scopi e la definizione degli IPCA, chiarire dove essi determinano le procedure effettive in tema di campionamento, di sostituzione e di adeguamento della qualità, fissare la rappresentazione richiesta dell’IPCA e la sua forma, nonché stabilire ulteriori norme minime riguardo alle procedure di campionamento, sostituzione, aggregazione e adeguamento della qualità.

(10)

In particolare è necessario fissare un chiaro obiettivo statistico ai fini del campionamento, delle sostituzioni e dell’adeguamento della qualità e garantire che gli IPCA effettuino misurazioni prossime all’obiettivo con un margine di incertezza o di errore ragionevolmente ridotto in termini di errori sistematici e di varianza. Va cercato un compromesso tra assenza di errori sistematici e precisione.

(11)

Al fine di specificare ulteriormente l’universo di riferimento degli IPCA e di risolvere la questione della «fissità» del paniere degli IPCA, il concetto di «segmenti di consumo secondo la funzione» offre una soluzione praticabile in quanto può creare la necessaria fissità nell’indice di tipo Laspeyres e rendere significativo il concetto in un contesto di mercati in evoluzione.

(12)

È necessario garantire che i segmenti di consumo nel periodo di riferimento siano selezionati per rappresentare l’insieme delle parti dell’universo delle operazioni e che le sostituzioni mantengano rappresentate le attuali offerte di prodotti all’interno di segmenti di consumo già rappresentate negli IPCA. La spesa per consumi finali delle famiglie in termini monetari secondo le funzioni di consumo dovrebbe essere rappresentata in modo da riflettere la natura dinamica dei mercati in evoluzione.

(13)

Occorre assicurarsi che i giudizi degli Stati membri sugli eventuali cambiamenti di qualità siano basati su prove dell’esistenza di differenze tra le caratteristiche determinanti i prezzi che sono pertinenti per le funzioni di consumo in questione. A tale scopo la Commissione (Eurostat) deve sviluppare caso per caso norme specifiche in materia di adeguamento della qualità.

(14)

È altresì necessario ampliare la definizione di aggregati elementari e armonizzare ulteriormente le procedure di aggregazione e di sostituzione all’interno degli aggregati elementari.

(15)

Il principio del rapporto costo/efficacia è stato preso in considerazione conformemente all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 2494/95.

(16)

Il regolamento (CE) n. 1749/96 deve essere pertanto modificato di conseguenza.

(17)

Le disposizioni di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato del programma statistico (CPS), istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (4),

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il regolamento (CE) n. 1749/96 è modificato come segue.

1)

L’articolo 2 è sostituito dal seguente:

«Articolo 2

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si intende per:

1)

“spesa per consumi finali delle famiglie in termini monetari” come specificata nell’allegato Ib: la parte di spesa per consumi finali sostenuta dalle famiglie a prescindere dalla nazionalità e dalla residenza, in operazioni monetarie, sul territorio economico dello Stato membro, per beni e servizi destinati al soddisfacimento diretto dei bisogni o desideri individuali e in uno o entrambi i periodi raffrontati;

2)

“offerta di prodotti”: uno specifico bene o servizio offerto per l’acquisto a un determinato prezzo, in un dato punto vendita o da uno specifico fornitore, a determinate condizioni di vendita, che definisce pertanto un’entità unica in un qualunque momento;

3)

“copertura” dell’IPCA, ossia l’“universo statistico di riferimento” che l’IPCA deve rappresentare: l’insieme di tutte le operazioni che rientrano nell’ambito della spesa per consumi finali delle famiglie in termini monetari;

4)

“segmento di consumo secondo la funzione” o “segmento di consumo”: una serie di operazioni relative alle offerte di prodotti suscettibili, per effetto di proprietà comuni, di soddisfare una funzione comune, nel senso che:

sono commercializzati per essere prevalentemente utilizzati in situazioni simili,

possono essere in gran parte descritti utilizzando specifiche comuni, e

possono essere considerati equivalenti dai consumatori;

5)

“beni e servizi recentemente significativi”: i beni e i servizi le cui variazioni di prezzo non sono esplicitamente incluse nell’IPCA di uno Stato membro e in merito ai quali le spese stimate dei consumatori rappresentano almeno l’1 per mille delle spese contemplate dall’IPCA in questione;

6)

“campionamento”: qualsiasi procedura nella compilazione dell’IPCA in cui un sottoinsieme dell’universo delle offerte di prodotti è selezionato per stimare la variazione di prezzo per i segmenti di consumo coperti dall’IPCA;

7)

“campione mirato”: la serie di offerte di prodotti all’interno dei segmenti di consumo per le quali lo Stato membro intende procedere all’osservazione dei prezzi al fine di ottenere una rappresentazione affidabile e comparabile dell’universo di riferimento dell’IPCA;

8)

“ponderazioni” utilizzate nelle aggregazioni dell’IPCA: le appropriate stime delle spese relative per ogni suddivisione dell’universo di riferimento, conformemente al regolamento (CE) n. 2454/97 della Commissione (*1);

9)

“prezzo osservato”: il prezzo effettivamente confermato dagli Stati membri;

10)

“offerta di prodotti sostitutiva”: un’offerta di prodotti con un prezzo osservato che sostituisce un’offerta di prodotti nel campione mirato;

11)

“prezzo di sostituzione”: il prezzo osservato di un’offerta di prodotti sostitutiva;

12)

“prezzo stimato”: un prezzo che sostituisce il prezzo osservato e che è stato ottenuto tramite una procedura di stima appropriata; un prezzo osservato in precedenza non può essere considerato un prezzo stimato, a meno che non sia dimostrato che esso costituisce una stima adeguata;

13)

“gruppo di prodotti elementare”: un insieme di offerte di prodotti campionate al fine di rappresentare uno o più segmenti di consumo nell’IPCA;

14)

“aggregato elementare”: un gruppo di prodotti elementare stratificato, ad esempio per regione, città o tipologia di punto vendita, che si riferisce pertanto al livello al quale i prezzi osservati entrano nell’IPCA; se i gruppi di prodotti elementari non sono stratificati, il significato delle espressioni “gruppo di prodotti elementare” e “aggregato elementare” coincide;

15)

“indice di aggregato elementare”: un indice di prezzo di un aggregato elementare;

16)

“cambiamento di qualità”: il fatto che, a giudizio dello Stato membro, una sostituzione abbia determinato una notevole differenza del grado in cui l’offerta di prodotti sostitutiva soddisfa la funzione di consumo del segmento di consumo cui appartiene;

17)

“adeguamento della qualità”: la procedura che consente di tener conto di un cambiamento di qualità rilevato, aumentando o diminuendo il prezzo osservato corrente o di riferimento mediante un coefficiente o un importo equivalente al valore di tale cambiamento di qualità.

(*1)   GU L 340 dell’11.12.1997, pag. 24.» "

2)

È inserito il seguente articolo 2 bis:

«Articolo 2 bis

Principi

1.   L’IPCA è una statistica basata su un campione che rappresenta la variazione dei prezzi, in media con riguardo all’universo di riferimento, tra il mese civile dell’indice considerato e il periodo al quale è raffrontato.

2.   Dalla suddivisione esaustiva dell’insieme di tutte le operazioni dell’universo statistico si ottengono sottoinsiemi, corrispondenti alle offerte di prodotti cui le operazioni si riferiscono. Essi sono classificati conformemente alle categorie e alle sottocategorie a quattro cifre di cui all’allegato Ia, ricavate dalla classificazione internazionale COICOP e note come COICOP/IPCA (classificazione dei consumi individuali secondo la funzione adattati alle esigenze degli IPCA).

3.   L’IPCA è compilato utilizzando una formula compatibile con la formula di tipo Laspeyres.

4.   I segmenti di consumo costituiscono gli oggetti fissi nel paniere da utilizzare per l’IPCA.

5.   I prezzi utilizzati nell’IPCA sono prezzi d’acquisto, ossia i prezzi pagati dalle famiglie per acquistare beni e servizi individuali in operazioni monetarie.

6.   Qualora i consumatori abbiano potuto disporre a titolo gratuito di beni e servizi, per i quali successivamente sia loro richiesto il pagamento di un prezzo effettivo, la variazione dal prezzo zero al prezzo effettivo, e viceversa, deve essere presa in considerazione nel calcolo dell’IPCA.

7.   L’IPCA misura variazioni di prezzo pure, non influenzate da cambiamenti di qualità. Esso:

a)

riflette la variazione di prezzo sulla base della diversa spesa necessaria per mantenere le abitudini di consumo delle famiglie e la composizione della popolazione dei consumatori nel periodo di base o di riferimento; e

b)

è costruito apportando appropriate rettifiche per tener conto di cambiamenti di qualità osservati. Gli adeguamenti della qualità assicurano l’affidabilità e in particolare la rappresentatività dell’IPCA quale indicatore di variazioni di prezzo pure.

8.   Riguardo al cambiamento di qualità, il giudizio è basato su prove dell’esistenza di differenze tra la specificazione di un’offerta di prodotti sostitutiva e l’offerta di prodotti che questa ha sostituito nel campione, ossia di differenze tra le caratteristiche significative delle offerte di prodotti che intervengono nella determinazione del loro prezzo, quali marca, materiale o tipo, pertinenti per la funzione di consumo in questione.

Un cambiamento di qualità non si verifica se si procede a un’ampia revisione del campione IPCA con cadenza annuale o con minore frequenza. La sua inclusione va eseguita creando gli opportuni concatenamenti. Le revisioni del campione dell’IPCA non eliminano la necessità di introdurre offerte di prodotti senza ritardi tra due revisioni.

9.   Un gruppo di prodotti elementare o un aggregato elementare sono rappresentati in funzione della ponderazione di spesa ad essi associata. È possibile utilizzare altre ponderazioni all’interno degli aggregati elementari a condizione che sia assicurata la rappresentatività dell’indice.

10.   L’“affidabilità” è valutata in funzione della “precisione”, termine che si riferisce al livello degli errori di campionamento, e della “rappresentatività”, che si riferisce all’assenza di errori sistematici.»

3)

Nell’articolo 4, secondo comma, i termini «dell’articolo 2, lettera b)» sono sostituiti dai termini «dell’articolo 2, punto 5».

4)

L’articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Articolo 5

Norme minime in materia di sostituzione e di adeguamento della qualità

1.   I metodi di adeguamento della qualità sono classificati come segue:

a)

metodi A: i metodi giudicati suscettibili di fornire i risultati più affidabili in termini di precisione e di errori sistematici;

b)

metodi B: i metodi che potrebbero fornire risultati meno precisi o meno rappresentativi dei metodi A, ma che sono considerati comunque accettabili; i metodi B sono utilizzati allorquando non si applicano i metodi A; e

c)

metodi C: tutti gli altri metodi, che non vanno pertanto utilizzati.

2.   La Commissione (Eurostat), previa consultazione del CPS, elabora e definisce caso per caso norme in materia di classificazione dei metodi di adeguamento della qualità, tenendo in debito conto gli aspetti del rapporto costo/efficacia e del contesto in cui devono essere applicate.

La classificazione dei metodi di adeguamento della qualità non esclude l’adozione di misure di applicazione in materia conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2494/95.

3.   I metodi A e B sono considerati metodi di adeguamento della qualità appropriati. Gli IPCA per i quali sono apportati adeguamenti della qualità appropriati sono ritenuti comparabili. A parità di condizioni, ai metodi A sarà data la preferenza rispetto ai metodi B.

4.   In mancanza di stime nazionali appropriate, gli Stati membri utilizzano stime basate su informazioni fornite dalla Commissione (Eurostat), se queste sono disponibili e pertinenti.

5.   Un cambiamento di qualità non è stimato in nessun caso come la totalità della differenza di prezzo tra le due offerte di prodotti, salvo che ciò non possa essere giustificato come una stima appropriata.

6.   Se non sono disponibili stime appropriate, le variazioni di prezzo sono stimate come la differenza tra il prezzo di sostituzione e quello dell’offerta di prodotti sostituita.

7.   Le offerte di prodotti sostitutive:

a)

sono “essenzialmente equivalenti”, se non si osserva alcun cambiamento di qualità tra l’offerta di prodotti sostitutiva e quella da essa sostituita nel campione, o “equivalenti mediante adeguamento della qualità”, se è necessario un adeguamento della qualità per un determinato cambiamento di qualità tra l’offerta di prodotti sostitutiva e quella da essa sostituita nel campione;

b)

sono selezionate dagli stessi segmenti di consumo di quelle sostituite, in modo tale da mantenere rappresentati i segmenti di consumo;

c)

non sono selezionate in base ad affinità di prezzo. Ciò vale in particolare per le sostituzioni da eseguire dopo che beni e servizi sono stati offerti a prezzi ridotti.»

Articolo 2

Entrata in vigore

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 14 novembre 2007.

Per la Commissione

Joaquín ALMUNIA

Membro della Commissione


(1)   GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).

(2)  Parere espresso in data 5 ottobre 2007 (GU C 248 del 23.10.2007, pag. 1).

(3)   GU L 229 del 10.9.1996, pag. 3. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1708/2005 (GU L 274 del 20.10.2005, pag. 9).

(4)   GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.


II Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

DECISIONI

Commissione

15.11.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 296/27


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 4 ottobre 2006

relativa a un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE

(Caso COMP/C2/38.681 — Accordo di proroga di Cannes)

[notificata con il numero C(2006) 4350]

(I testi in lingua tedesca, francese e inglese sono i soli facenti fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2007/735/CE)

Il 4 ottobre 2006 la Commissione ha adottato una decisione relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE. Conformemente alle disposizioni dell'articolo 30 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (1), la Commissione con la presente pubblicazione indica i nomi delle parti interessate ed il contenuto essenziale della decisione, tenuto conto del legittimo interesse dell'impresa alla tutela dei propri interessi commerciali. Una versione non riservata del testo integrale della decisione nelle lingue facenti fede nel caso di specie, che in questo caso sono le lingue di lavoro della Commissione, figura sul sito della direzione generale della Concorrenza al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/comm/competition/antitrust/cases/index/by_nr_77.html#i38_681

(1)   

Sono destinatarie della presente decisione: Elliniki Etairia Prostasias tis Pneymatikis Idioktisias A.E. (AEPI), Gesellschaft zur Wahrnehmung mechanisch-musikalischer Urheberrechte m.b.H. (AustroMechana), BMG Music Publishing International Ltd, Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (GEMA), Mechanical-Copyright Protection Society Limited (MCPS), Mechanical-Copyright Protection Society Ireland (MCPSI), Nordic Copyright Bureau (NCB), Société Belge des Auteurs Compositeurs et Editeurs (SABAM), Société pour l'Administration du Droit de Reproduction Mécanique des Auteurs, Compositeurs et Editeurs (SDRM), Sociedad General Autores y Editores (SGAE), Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), Sony/ATV Music Publishing Europe, Sociedade Portuguesa de Autores (SPA), Stichting Stemra (STEMRA), Schweizerische Gesellschaft für die Rechte der Urheber musikalischer Werke (SUISA), Universal Music Publishing Group and Warner Chappell Music Ltd, qui di seguito denominati «le parti contraenti dell'accordo di proroga di Cannes».

(2)   

L'oggetto della procedura era l'accordo di proroga di Cannes, concluso tra le diciotto società in questione (tredici società di gestione dei diritti di riproduzione meccanica di opere musicali e cinque importanti editori musicali, membri di queste società) per disciplinare le relazioni tra di esse in materia di gestione e licenza dei diritti di riproduzione meccanica di opere musicali a società di registrazione per la riproduzione di registrazioni sonore su supporto fisico. Nella valutazione preliminare, la Commissione aveva espresso alcune preoccupazioni circa la compatibilità di due clausole dell'accordo di proroga di Cannes nell'articolo 81 del trattato CE e nell'articolo 53 dell'accordo SEE. La prima clausola prevedeva che prima di concedere una riduzione ad una società discografica nel quadro di un accordo di licenza centralizzato, la società di gestione dei diritti doveva ottenere il consenso scritto del «membro interessato». La seconda clausola vietava alle società di gestione dei diritti di entrare sui mercati dell'editoria musicale o della produzione discografica. La Commissione si preoccupava del fatto che la prima clausola poteva avere l'effetto di rendere molto difficile, o addirittura impossibile, per le società di gestione, concedere riduzioni alle società discografiche, mentre la seconda clausola poteva impedire ogni concorrenza potenziale da parte di società di gestione di diritti sui mercati dell'editoria musicale e della produzione discografica.

(3)   

La Commissione ritiene che gli impegni offerti dalle parti contraenti l'accordo di proroga di Cannes siano sufficienti per eliminare i problemi di concorrenza individuati. In particolare, le parti hanno riformulato la clausola relativa alle riduzioni, stabilendo che una società di gestione di diritti può decidere di accordare una riduzione, finanziata dalle spese di gestione che trattiene sui diritti dovuti ai suoi membri, con una semplice decisione del suo organo competente, senza dover ottenere il consenso scritto del «membro interessato». Le parti hanno soppresso la clausola che impedisce alle società di gestione dei diritti di lanciarsi sui mercati delle edizioni musicali e della produzione discografica e si sono impegnate a non firmare accordi di effetto equivalente in futuro.

(4)   

La decisione stabilisce che, considerati gli impegni vincolanti per le parti contraenti dell'accordo di proroga di Cannes, l'intervento della Commissione non sia più giustificato.

(5)   

Il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti ha emesso un parere favorevole il 18 settembre 2006.


(1)   GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 411/2004 (GU L 68 del 6.3.2004, pag. 1).


15.11.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 296/29


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 9 novembre 2007

che modifica l’allegato II della decisione 79/542/CEE del Consiglio relativamente all’elenco di paesi terzi e di parti di paesi terzi da cui è autorizzata l’importazione di talune carni fresche nella Comunità

[notificata con il numero C(2007) 5365]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2007/736/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità e che modifica le direttive 89/662/CEE, 90/425/CEE e 90/675/CEE (1), in particolare l’articolo 18, paragrafo 7,

vista la direttiva 97/78/CE del Consiglio, del 18 dicembre 1997, che fissa i principi relativi all’organizzazione dei controlli veterinari per i prodotti che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (2), in particolare l’articolo 22, paragrafo 6,

vista la direttiva 2002/99/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2002, che stabilisce le norme di polizia sanitaria per la produzione, la trasformazione, la distribuzione e l’introduzione di prodotti di origine animale destinati al consumo umano (3), in particolare l’articolo 8, frase introduttiva, l'articolo 8, punto 1, primo comma, e l'articolo 8, punto 4,

considerando quanto segue:

(1)

La parte 1 dell’allegato II della decisione 79/542/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che istituisce un elenco di paesi terzi o di parti di paesi terzi e definisce le condizioni sanitarie, di polizia sanitaria e di certificazione veterinaria per l’importazione nella Comunità di taluni animali vivi e delle loro carni fresche (4), stabilisce l’elenco dei paesi terzi e delle parti di paesi terzi da cui gli Stati membri sono autorizzati ad importare carni fresche di taluni animali.

(2)

Detto allegato indica i periodi in cui l’importazione nella Comunità è/non è autorizzata in funzione delle date di macellazione o abbattimento degli animali da cui sono state ottenute le carni. Tali periodi sono indicati per consentire l’importazione di carni fresche prodotte prima dell’applicazione delle restrizioni di polizia sanitaria a taluni paesi terzi o loro parti.

(3)

Tuttavia, per garantire un livello elevato di protezione della salute nella Comunità è opportuno prevedere che le importazioni di carni fresche ottenute in un paese terzo da animali macellati entro la data di applicazione delle misure restrittive siano consentite solo per un periodo limitato, vale a dire 90 giorni. Nel caso di partite che sono state certificate entro la data di applicazione di un divieto d’importazione e che al momento dell’entrata in vigore del divieto stesso sono trasportate via mare su rotte d’altura, tale periodo dovrebbe essere di 40 giorni.

(4)

È opportuno che nell’allegato II della decisione 79/542/CEE sia inserita la data a partire dalla quale sono autorizzate o vietate le importazioni nella Comunità di carni fresche provenienti da un determinato paese terzo o da parti di un paese terzo, al fine di evitare l’importazione di carni fresche prodotte in un periodo in cui in tale paese o parte di paese era presente un rischio zoonotico.

(5)

Le indicazioni sui periodi di tempo contenute in detto allegato hanno creato anche problemi pratici, sia nel controllo dei certificati sanitari per l’importazione di tali carni effettuato ai posti d’ispezione frontalieri della Comunità, sia nella preparazione dei certificati stessi da parte dei servizi competenti dei paesi terzi esportatori.

(6)

Pertanto, per conseguire un livello elevato di protezione della salute e per assicurare chiarezza, coerenza e trasparenza per quanto riguarda l’elenco di paesi terzi da cui sono autorizzate importazioni di carni fresche nella Comunità, è opportuno modificare l’allegato II della decisione 79/542/CEE e sopprimere i riferimenti ai suddetti periodi. Inoltre occorre aggiornare le voci concernenti taluni paesi, in particolare Paraguay e Brasile.

(7)

Per consentire l’importazione di stock di carni fresche la cui importazione nella Comunità da taluni paesi terzi o loro parti è attualmente autorizzata a norma della decisione 79/542/CEE ma non lo sarà più a partire dalla data di applicazione della presente decisione, è opportuno prevedere un periodo transitorio di 90 giorni.

(8)

In seguito all’insorgenza di due focolai di afta epizootica in Argentina nel febbraio 2006, la decisione 2006/259/CE della Commissione, del 27 marzo 2006, che modifica l’allegato II della decisione 79/542/CEE del Consiglio per quanto riguarda la regionalizzazione dell’Argentina e i modelli di certificati relativi all’importazione di carni fresche di bovini provenienti dall’Argentina (5), ha vietato le importazioni di carni bovine disossate e frollate da otto dipartimenti della provincia di Corrientes. Da una recente ispezione comunitaria in Argentina è risultato che le restrizioni di polizia sanitaria attualmente in vigore negli otto dipartimenti interessati, in particolare per quanto riguarda l’afta epizootica, non sono più necessarie. Pertanto, come chiesto dall’Argentina, esse non dovrebbero più applicarsi a tali zone del paese.

(9)

Dall’ispezione è risultato inoltre che in Argentina la produzione di carne di cervidi disossata e frollata soddisfa le prescrizioni di polizia sanitaria previste dalla decisione 79/542/CEE. È pertanto opportuno autorizzare le importazioni nella Comunità di carne di cervidi disossata e frollata proveniente dall’Argentina.

(10)

In seguito all’insorgenza di due focolai di afta epizootica in Botswana nell’aprile 2006, la decisione 79/542/CEE, come modificata dalla decisione 2006/463/CE della Commissione (6), ha vietato le importazioni di carni bovine disossate e frollate da una parte del Botswana. Dalla documentazione pervenuta da questo paese e dall’esito favorevole di un’ispezione comunitaria ivi effettuata nel marzo 2007 risulta che le misure adottate dal Botswana per la lotta contro tale malattia e la sua eradicazione sono state efficaci. Di conseguenza non dovrebbero più applicarsi le disposizioni di polizia sanitaria attualmente in vigore nella parte interessata del Botswana.

(11)

Inoltre l’ispezione comunitaria ha valutato positivamente altre due regioni del Botswana che sono state riconosciute dall’UIE esenti da afta epizootica senza vaccinazione. È perciò opportuno consentire a tali zone di esportare nell’UE carni disossate e frollate di bovini, ovini e selvaggina d’allevamento e selvatica.

(12)

Nella parte 1 dell’allegato II della decisione 79/542/CEE figurano alcune parti della Colombia quali parti di un paese terzo da cui sono autorizzate le importazioni di carni bovine nella Comunità. La Colombia non ha però presentato alcun piano di sorveglianza dei residui per le carni bovine fresche in conformità della decisione 2004/432/CE della Commissione, del 29 aprile 2004, relativa all’approvazione dei piani di sorveglianza dei residui presentati da paesi terzi conformemente alla direttiva 96/23/CE del Consiglio (7). Inoltre non vi sono stabilimenti autorizzati all’esportazione di carni fresche nella Comunità. Pertanto le importazioni di carni bovine fresche dalla Colombia non dovrebbero più essere autorizzate ed occorre apportare le necessarie modifiche alla parte 1 dell’allegato II della decisione 79/542/CEE.

(13)

Per dare ai soggetti interessati la possibilità di adeguarsi al nuovo regime delle importazioni è opportuno prevedere che la presente decisione si applichi a partire dal 1o dicembre 2007.

(14)

Occorre pertanto modificare di conseguenza la decisione 79/542/CEE.

(15)

La decisione 96/367/CE della Commissione, del 13 giugno 1996, recante misure di protezione contro l’afta epizootica in Albania (8) e la decisione 96/414/CE della Commissione, del 4 luglio 1996, recante misure di protezione applicabili alle importazioni di animali e di prodotti animali provenienti dall’ex Repubblica iugoslava di Macedonia in seguito all’insorgenza di focolai di afta epizootica (9) sono obsolete, poiché le disposizioni da esse previste sono ormai fissate in altri atti comunitari. A fini di chiarezza e certezza del diritto, è opportuno abrogare espressamente dette decisioni.

(16)

Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

La parte 1 dell’allegato II della decisione 79/542/CEE è sostituita dal testo che figura nell’allegato della presente decisione.

Articolo 2

Le decisioni 96/367/CE e 96/414/CE sono abrogate.

Articolo 3

Le importazioni di carni fresche nell’UE che erano autorizzate in base alla decisione 79/542/CEE e che non lo sono più in forza dell’applicazione della presente decisione continuano ad essere autorizzate per un periodo transitorio di 90 giorni a decorrere dalla data di applicazione della presente decisione.

Articolo 4

La presente decisione si applica dal 1o dicembre 2007.

Articolo 5

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 9 novembre 2007.

Per la Commissione

Markos KYPRIANOU

Membro della Commissione


(1)   GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/104/CE (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 352).

(2)   GU L 24 del 30.1.1998, pag. 9. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/104/CE.

(3)   GU L 18 del 23.1.2003, pag. 11.

(4)   GU L 146 del 14.6.1979, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).

(5)   GU L 93 del 31.3.2006, pag. 65.

(6)   GU L 183 del 5.7.2006, pag. 20.

(7)   GU L 154 del 30.4.2004, pag. 44; rettifica nella GU L 189 del 27.5.2004, pag. 33. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2007/362/CE (GU L 138 del 30.5.2007, pag. 18).

(8)   GU L 145 del 19.6.1996, pag. 17. Decisione modificata dalla decisione 98/373/CE (GU L 170 del 16.6.1998, pag. 62).

(9)   GU L 167 del 6.7.1996, pag. 58. Decisione modificata dalla decisione 98/373/CE.


ALLEGATO

«ALLEGATO II

CARNI FRESCHE

Parte 1

ELENCO DEI PAESI TERZI E DELLE PARTI DI PAESI TERZI (*1)

Paese

Codice del territorio

Delimitazione del territorio

Certificato veterinario

Condizioni specifiche

Data di chiusura (entro la quale dev’essere avvenuta la macellazione) (*2)

Data di apertura (a partire dalla quale dev’essere avvenuta la macellazione) (*3)

Modelli

GS

1

2

3

4

5

6

7

8

AL — Albania

AL-0

Tutto il paese

 

 

 

 

AR — Argentina

AR-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

AR-1

Le province di: Buenos Aires, Catamarca, Corrientes (ad eccezione dei dipartimenti di Berón de Astrada, Capital, Empedrado, General Paz, Itati, Mbucuruyá, San Cosme e San Luís del Palmar), Entre Ríos, La Rioja, Mendoza, Misiones, Neuquen, Rio negro, San Juan, San Luis, Santa Fe, Tucuman, Cordoba, La Pampa, Santiago del Estero, Chaco Formosa, Jujuy e Salta (eccettuata la zona tampone di 25 km dal confine con la Bolivia e il Paraguay che si estende dal distretto di Santa Catalina nella provincia di Jujuy al distretto di Laishi nella provincia di Formosa)

BOV

A

1

 

18 marzo 2005

RUF

A

1

 

1o dicembre 2007

AR-2

Chubut, Santa Cruz e Terra del Fuoco

BOV, OVI, RUW, RUF

 

 

 

1o marzo 2002

AR-3

Corrientes: i dipartimenti di Berón de Astrada, Capital, Empedrado, General Paz, Itati, Mbucuruyá, San Cosme e San Luís del Palmar

BOV, RUF

A

1

 

1o dicembre 2007

AU — Australia

AU-0

Tutto il paese

BOV, OVI, POR, EQU, RUF, RUW, SUF, SUW

 

 

 

 

BA — Bosnia-Erzegovina

BA-0

Tutto il paese

 

 

 

 

BH — Bahrein

BH-0

Tutto il paese

 

 

 

 

BR — Brasile

BR-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

BR-1

Parte dello stato di Minas Gerais (escluse le circoscrizioni regionali di Oliveira, Passos, São Gonçalo de Sapucai, Setelagoas e Bambuí); Stato di Espíritu Santo; Stato di Goias; parte dello Stato di Mato Grosso comprendente le circoscrizioni regionali di:

Cuiaba (esclusi i comuni di Santo Antonio do Leverger, Nossa Senhora do Livramento, Poconé e Barão de Melgaço),

Cáceres (escluso il comune di Cáceres),

Lucas do Rio Verde,

Rondonópolis (escluso il comune di Itiquiora),

Barra do Garça,

Barra do Burgres; Stato di Rio Grande do Sul

BOV

A e H

1

 

1o novembre 2002

BR-2

Stato di Santa Catarina

BOV

A e I

1

 

1o novembre 2002

BW — Botswana

BW-0

Tutto il paese

EQU, EQW

 

 

 

 

BW-1

Le zone veterinarie di sorveglianza 3c, 4b, 5, 6, 8, 9 e 18

BOV, OVI, RUF, RUW

F

1

 

1o dicembre 2007

BW-2

Le zone veterinarie di sorveglianza 10, 11, 12, 13 e 14

BOV, OVI, RUF, RUW

F

1

 

7 marzo 2002

BY — Bielorussia

BY-0

Tutto il paese

 

 

 

 

BZ — Belize

BZ-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

CA — Canada

CA-0

Tutto il paese

BOV, OVI, POR, EQU, SUF, SUW, RUF, RUW,

G

 

 

 

CH — Svizzera

CH-0

Tutto il paese

 

 

 

 

CL — Cile

CL-0

Tutto il paese

BOV, OVI, POR, EQU, RUF, RUW, SUF

 

 

 

 

CN — Cina (Repubblica popolare)

CN-0

Tutto il paese

 

 

 

 

CO — Colombia

CO-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

CR — Costa Rica

CR-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

CU — Cuba

CU-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

DZ — Algeria

DZ-0

Tutto il paese

 

 

 

 

ET — Etiopia

ET-0

Tutto il paese

 

 

 

 

FK — Isole Falkland

FK-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU

 

 

 

 

GL — Groenlandia

GL-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU, RUF, RUW

 

 

 

 

GT — Guatemala

GT-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

HK — Hong-Kong

HK-0

Tutto il paese

 

 

 

 

HN — Honduras

HN-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

HR — Croazia

HR-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU, RUF, RUW

 

 

 

 

IL — Israele

IL-0

Tutto il paese

 

 

 

 

IN — India

IN-0

Tutto il paese

 

 

 

 

IS — Islanda

IS-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU, RUF, RUW

 

 

 

 

KE — Kenya

KE-0

Tutto il paese

 

 

 

 

MA — Marocco

MA-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

ME — Montenegro

ME-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU

 

 

 

 

MG — Madagascar

MG-0

Tutto il paese

 

 

 

 

MK — Ex Repubblica iugoslava di Macedonia (*4)

MK-0

Tutto il paese

OVI, EQU

 

 

 

 

MU — Maurizio

MU-0

Tutto il paese

 

 

 

 

MX — Messico

MX-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

NA — Namibia

NA-0

Tutto il paese

EQU, EQW

 

 

 

 

NA-1

Zone situate a sud del cordone sanitario che va da Palgrave Point, ad ovest, a Gam, ad est

BOV, OVI, RUF, RUW

F

1

 

 

NC — Nuova Caledonia

NC-0

Tutto il paese

BOV, RUF, RUW

 

 

 

 

NI — Nicaragua

NI-0

Tutto il paese

 

 

 

 

NZ — Nuova Zelanda

NZ-0

Tutto il paese

BOV, OVI, POR, EQU, RUF, RUW, SUF, SUW

 

 

 

 

PA — Panama

PA-0

Tutto il paese

BOV, EQU

 

 

 

 

PY — Paraguay

PY-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

RS — Serbia (*5)

RS-0

Tutto il paese

BOV, OVI, EQU

 

 

 

 

RU — Russia

RU-0

Tutto il paese

 

 

 

 

RU-1

Regione di Murmansk e area autonoma di Jamalo-Nenets

RUF

 

 

 

 

SV — El Salvador

SV-0

Tutto il paese

 

 

 

 

SZ — Swaziland

SZ-0

Tutto il paese

EQU, EQW

 

 

 

 

SZ-1

Zona situata ad ovest della “linea rossa” che si estende a nord dal fiume Usutu fino al confine con il Sudafrica ad ovest di Nkalashane

BOV, RUF, RUW

F

1

 

 

SZ-2

Le zone veterinarie di sorveglianza e di vaccinazione contro l’afta epizootica pubblicate, come atto legislativo, con il decreto n. 51 del 2001

BOV, RUF, RUW

F

1

 

4 agosto 2003

TH — Thailandia

TH-0

Tutto il paese

 

 

 

 

TN — Tunisia

TN-0

Tutto il paese

 

 

 

 

TR — Turchia

TR-0

Tutto il paese

 

 

 

 

TR-1

Le province di Amasya, Ankara, Aydin, Balikesir, Bursa, Cankiri, Corum, Denizli, Izmir, Kastamonu, Kutahya, Manisa, Usak, Yozgat e Kirikkale

EQU

 

 

 

 

UA — Ucraina

UA-0

Tutto il paese

 

 

 

 

US — Stati Uniti

US-0

Tutto il paese

BOV, OVI, POR, EQU, SUF, SUW, RUF, RUW

G

 

 

 

UY — Uruguay

UY-0

Tutto il paese

EQU

 

 

 

 

BOV

A

1

 

1o novembre 2001

OVI

A

1

 

 

ZA — Sudafrica

ZA-0

Tutto il paese

EQU, EQW

 

 

 

 

ZA-1

Tutto il paese, tranne:

la parte della zona di controllo dell’afta epizootica situata nelle regioni veterinarie di Mpumalanga e province settentrionali, nel distretto di Ingwavuma della regione veterinaria del Natal e nella zona frontaliera con il Botswana ad est del 28° di longitudine, e

il distretto di Camperdown, nella provincia di KwaZulu-Natal

BOV, OVI, RUF, RUW

F

1

 

 

ZW — Zimbabwe

ZW-0

Tutto il paese

 

 

 

 

=

Certificati conformi all’accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sul commercio di prodotti agricoli (GU L 114 del 30.4.2002, pag. 132).

=

Non è previsto alcun certificato e l’importazione di carni fresche è vietata (tranne che per le specie eventualmente indicate nella riga relativa a tutto il paese).

“1”

Limitazioni di categoria:

Non sono autorizzate le frattaglie (tranne il diaframma e i muscoli masseteri per le specie bovine).»


(*1)  Fatte salve prescrizioni specifiche in tema di certificazione contemplate da accordi della Comunità con paesi terzi.

(*2)  La carne di animali macellati entro la data indicata nella colonna 7 può essere importata nella Comunità per 90 giorni a decorrere da tale data.

Le partite che sono trasportate via mare su rotte d’altura, se certificate prima della data indicata nella colonna 7, possono essere importate nella Comunità per 40 giorni a decorrere da tale data.

(NB: Se nella colonna 7 non figura alcuna data, non vi sono limitazioni temporali.)

(*3)  Può essere importata nella Comunità solo carne di animali macellati non prima della data indicata nella colonna 8 (se nella colonna 8 non figura alcuna data, non vi sono limitazioni temporali).

(*4)  Ex Repubblica iugoslava di Macedonia; codice provvisorio che non pregiudica in alcun modo la denominazione definitiva del paese, che verrà concordata a conclusione dei negoziati in materia attualmente in corso alle Nazioni Unite.

(*5)  Non compreso il Kosovo quale definito nella risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999.