ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

L 147

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

50o anno
8 giugno 2007


Sommario

 

II   Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

pagina

 

 

DECISIONI

 

 

Commissione

 

 

2007/374/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 24 gennaio 2007, relativa all’aiuto di Stato C 52/2005 (ex NN 88/2005, ex CP 101/2004) al quale la Repubblica italiana ha dato esecuzione con il contributo all’acquisto di decoder digitali [notificata con il numero C(2006) 6634]  ( 1 )

1

 

 

2007/375/CE

 

*

Decisione della Commissione, del 7 febbraio 2007, relativa all'esenzione dall'accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna, cui hanno dato esecuzione rispettivamente la Francia, l'Irlanda e l'Italia [C 78/2001 (ex NN 22/01), C 79/2001 (ex NN 23/01), C 80/2001 (ex NN 26/01)] [notificata con il numero C(2007) 286]  ( 1 )

29

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti adottati a norma dei trattati CE/Euratom la cui pubblicazione non è obbligatoria

DECISIONI

Commissione

8.6.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 147/1


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 24 gennaio 2007

relativa all’aiuto di Stato C 52/2005 (ex NN 88/2005, ex CP 101/2004) al quale la Repubblica italiana ha dato esecuzione con il contributo all’acquisto di decoder digitali

[notificata con il numero C(2006) 6634]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2007/374/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detti articoli (1),

viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

L’11 maggio 2004 la società Centro Europa 7 srl («Europa 7») ha presentato una denuncia afferente ad aiuti di Stato relativamente all’articolo 4, primo comma, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004). L’autore della denuncia ha presentato ulteriori informazioni ed osservazioni con lettera del 10 febbraio 2005, nella quale affermava che il governo italiano aveva rifinanziato la misura nel comma 211 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) e chiedeva alla Commissione di avviare un procedimento di indagine formale. Il 3 maggio 2005 anche la società Sky Italia srl («Sky Italia») ha presentato una denuncia relativamente ai due articoli citati. Il 22 giugno 2005 ha avuto luogo una riunione tra i servizi della Commissione e Sky Italia. Il 31 agosto 2005 quest’ultimo denunciante ha presentato ulteriori informazioni concernenti modifiche alla legge 3 maggio 2004«Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI — Radiotelevisione italiana SpA, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione» («legge Gasparri») che regolamenta il settore televisivo in Italia. Il 31 ottobre 2005, infine, Sky Italia ha chiesto alla Commissione — in attesa di una decisione — di intimare al governo italiano di sospendere la misura ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 88 del trattato CE (2).

(2)

Con lettere del 13 ottobre 2004, del 21 aprile 2005 e del 15 luglio 2005, la Commissione ha chiesto informazioni al governo italiano. Le informazioni sono state fornite il 5 novembre 2004, il 13 maggio 2005 e il 12 settembre 2005, a seguito di una breve proroga del termine di risposta. Il 6 giugno 2005 ha avuto luogo una riunione tra i servizi della Commissione e l’Italia.

(3)

Con lettere del 20 settembre 2005 e del 16 novembre 2005 l’Italia ha informato la Commissione della loro intenzione di non prorogare il regime nella stessa forma.

(4)

Con lettera del 21 dicembre 2005 la Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di indagine formale di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE in relazione all’aiuto in questione (di seguito «decisione di avvio del procedimento»). La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dellUnione europea  (3). La Commissione ha invitato gli interessati a trasmettere osservazioni in merito alle misure in esame.

(5)

A seguito della proroga del termine, con lettera del 13 febbraio 2006 l’Italia ha risposto alla richiesta di presentare osservazioni formulata nella decisione di avvio del procedimento. La Commissione ha inoltre ricevuto le osservazioni delle seguenti parti interessate: Federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE) con lettera del 19 giugno 2006, Europa 7 con lettera del 19 giugno 2006, European Satellite Operator Association (ESOA) con lettera del 20 giugno 2006, Mediaset SpA con lettera del 20 giugno 2006, RAI — Radio Televisione Italiana con lettera del 23 giugno 2006 e Sky Italia con lettera del 26 giugno 2006. Con lettera del 12 luglio 2006 la Commissione ha trasmesso tali osservazioni all’Italia, che non ha formulato alcun commento in proposito.

II.   DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’AIUTO

II.A   DESCRIZIONE DELL’AIUTO

(6)

Oggetto del procedimento di indagine formale sono l’articolo 4, comma 1, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004), il decreto interministeriale del 30 dicembre 2003«Contributo per la televisione digitale terrestre e per l’accesso a larga banda ad Internet ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2003 n. 350» e il comma 211 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005).

(7)

L’articolo 4, comma 1, della legge finanziaria 2004 prevede un contributo statale pari a 150 EUR per gli utenti che acquistino o affittino un apparecchio di ricezione denominato «set up box» o «decoder» (di seguito «decoder») che consenta la ricezione di segnali televisivi in tecnica digitale terrestre e la conseguente interattività, con uno stanziamento totale di spesa pari a 110 milioni di EUR. Va rilevato che il contributo non può essere concesso per i decoder che non ricevono segnali digitali terrestri anche se permettono la ricezione e l’utilizzazione dei servizi interattivi. Il testo dell’articolo in questione è il seguente:

«Per l’anno 2004, nei confronti di ciascun utente del servizio radiodiffusione, in regola per l’anno in corso con il pagamento del relativo canone di abbonamento, che acquisti o noleggi un apparecchio idoneo a consentire la ricezione, in chiaro e senza alcun costo per l’utente e per il fornitore di contenuti, dei segnali televisivi in tecnica digitale terrestre (T-DVB/C-DVB) e la conseguente interattività, è riconosciuto un contributo statale pari a 150 EUR. La concessione del contributo è disposta entro il limite di spesa di 110 milioni di EUR».

(8)

L’articolo 4, comma 4, precisa che il contributo per l’acquisto o noleggio dei decoder in tecnica C-DVB è riconosciuto a condizione che l’offerta commerciale indichi chiaramente all’utente i fornitori di contenuti con i quali i soggetti titolari della piattaforma via cavo abbiano concordato i termini e le condizioni per la ripetizione via cavo del segnale diffuso in tecnica digitale terrestre (T-DVB).

(9)

Secondo l’Italia, il contributo è concesso ai consumatori per l’acquisto o l’affitto di un decoder che permetta la ricezione di un segnale digitale non criptato «senza alcun costo per l’utente e il fornitore di contenuti». Sempre secondo quanto dichiarato dall’Italia, per «ricezione del segnale digitale non criptato» si intende la capacità del decoder di eseguire qualsiasi servizio interattivo fornito da qualsiasi emittente. Questa dunque sarebbe un’espressione sintetica per specificare che il decoder deve permettere le funzioni interattive non criptate (ossia deve essere non solo «interattivo» ma deve anche permettere l’«interoperabilità»). Si tratta di decoder con standard aperto per l’interfaccia per programmi applicativi (API) di cui la Multimedia Home Platform (MHP) costituisce pressoché l’unico esempio.

(10)

Il comma 211 della legge finanziaria 2005 rifinanzia il provvedimento per lo stesso limite di spesa di 110 milioni di EUR, ma il contributo per il decoder scende a 70 EUR. Il regime in questione non è più in vigore dal 1o dicembre 2005.

(11)

La misura ha avuto successo per due ragioni. Apparentemente circa 2 milioni di cittadini italiani hanno acquistato un decoder beneficiando del contributo. Tale cifra corrisponde alla metà dei decoder venduti alla fine di novembre del 2005, mentre l’altra metà delle vendite è stata acquistata dai consumatori senza ricorrere al contributo, anche se i decoder acquistati erano del tipo idoneo per beneficiarne. Inoltre, grazie alle economie di scala nella produzione che ha permesso di conseguire questo incremento della domanda, il prezzo per i consumatori dei decoder interattivi è sceso da 300/350 EUR a 150 EUR circa.

(12)

Alle due misure in esame ha fatto seguito nel 2006 una misura simile, di cui all’articolo 1, comma 572, della legge n. 266/2005 del 23 dicembre 2005 (legge finanziaria 2006), che dispone un contributo a favore degli utenti di Sardegna e Valle d’Aosta che acquistino un decoder (4) pari a 90 EUR per gli acquisti effettuati dal 1o al 31 dicembre 2005 e a 70 EUR per quelli effettuati dal 1o gennaio 2006.

(13)

Rispetto alle misure previste nel 2004/2005, la legge finanziaria 2006 collega direttamente il contributo all’interoperabilità dei decoder senza escludere a priori i decoder non terrestri.

(14)

Nella decisione dell’11 maggio 2006, l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha rigettato (5) una denuncia contro il disposto dell’articolo 1, comma 572, della legge finanziaria 2006, denuncia nella quale si affermava che tale misura favoriva società collegate alla famiglia del sig. Berlusconi. Il procedimento era basato sulla legge 20 luglio 2004, n. 215, sul conflitto di interessi.

II.B   ANTEFATTI

II.B.1   GLI AUTORI DELLA DENUNCIA

(15)

Europa 7 è un’impresa italiana titolare di una concessione di radiodiffusione in tecnica analogica dal 1999. L’impresa non ha tuttavia ancora potuto operare sul mercato della radiodiffusione in tecnica analogica, a causa — secondo quanto sostenuto — del comportamento delle autorità nazionali, che non hanno ancora assegnato le frequenze di cui Europa 7 necessita per trasmettere.

(16)

Sky Italia è una televisione a pagamento, emittente via satellite che appartiene a News Corporation. L’impresa è stata costituita a seguito dell’acquisizione, da parte di News Corporation, del controllo di Telepiù SpA e di Stream SpA nel 2003, una concentrazione che è stata approvata subordinatamente a determinati impegni (caso n. COMP/M.2876 Newscorp/Telepiù). A seguito degli impegni è stato richiesto a Sky Italia di cedere le proprie attività su piattaforma terrestre: l’impresa non può operare in Italia come operatore terrestre di rete o come operatore terrestre di televisione a pagamento.

II.B.2   IL CONTESTO

(17)

La misura in esame va considerata nell’ambito della digitalizzazione della radiodiffusione, che ha un’incidenza su tutte le piattaforme di trasmissione disponibili al momento attuale, ossia il cavo, il satellite e la trasmissione terrestre. In prosieguo con «DVB-T» si fa riferimento alla trasmissione video digitale su una rete terrestre. Ad altre forme di trasmissione video digitale si fa riferimento come DVB-S (via satellite) e DVB-C (via cavo). Il vantaggio principale del passaggio al digitale, rispetto alla radiodiffusione in tecnica analogica, è l’aumento della capacità di trasmissione su tutte le piattaforme ottenuta mediante un utilizzo più efficiente dello spettro delle radiofrequenze (6). Questo è particolarmente rilevante per la televisione terrestre, tenuto conto dei limiti di disponibilità dello spettro radio. Tra il 2002 e il 2005 la Commissione ha dato prova di sostenere attivamente la transizione alla trasmissione radiotelevisiva digitale, adottando numerose comunicazioni in materia (7). In tali comunicazioni la Commissione ha sostenuto inoltre la diffusione di tecnologie digitali cosiddette a «standard aperti», ossia di tecnologie che consentono l’interattività con i consumatori finali e l’«interoperabilità attraverso interfacce di programmi (API) aperte»: in altre parole, la possibilità per diversi produttori e consumatori di essere collegati tra loro grazie a una tecnologia unica, liberamente utilizzabile da tutti gli operatori presenti sul mercato.

(18)

La visione di programmi trasmessi in digitale con gli apparecchi televisivi più comunemente diffusi richiede l’utilizzo di un decoder (anche se in alcuni apparecchi televisivi di fabbricazione più recente il decoder è già integrato). Sul mercato esistono diversi tipi di decoder digitali che possono essere classificati, grosso modo, come segue in base alle loro caratteristiche e funzioni: a) semplice decodificazione di programmi digitali in piattaforma terrestre o satellitare; b) interattività (la possibilità di inviare informazioni alle emittenti); c) accesso condizionato (la possibilità di decodificare servizi di televisione a pagamento); d) interoperabilità (la possibilità di usare gli stessi decoder per ricevere programmi trasmessi da diverse emittenti nella stessa piattaforma). L’interoperabilità può essere facilmente conseguita grazie all’adozione di standard aperti da parte delle emittenti e all’utilizzo delle corrispondenti interfacce aperte nei decoder; in alternativa, l’interoperabilità richiederebbe che i proprietari di tecnologie proprietarie non aperte accettassero di mettere a disposizione le necessarie specifiche tecniche. Benché in teoria un decoder possa offrire una serie di combinazioni delle funzioni sopra descritte, in pratica le categorie di decoder più diffuse sono le seguenti: a) i cosiddetti «zapper» (funzione di semplice decodificazione); b) i decoder proprietari di Sky (interattivi, con accesso condizionato, ma non «aperti»); e c) i decoder sovvenzionati (interattivi, con accesso condizionato e «aperti»).

(19)

In Italia esistono quattro piattaforme di radiodiffusione televisiva: i) via satellite, sul quale sono disponibili i principali canali in chiaro più i canali di Sky Italia, ai cui programmi è possibile accedere mediante abbonamento o con accordi di pay per view; ii) televisione hertziana terrestre (8), sulla quale nel dicembre 2005 operavano 6 emittenti nazionali, ossia RAI (in chiaro), Mediaset (9) (in chiaro e pay per view), Telecom Italia Media/La 7 (in chiaro e pay per view), Holland Coordinator & Service Company Italia (HCSC) che è proprietaria di Prima TV/DFree, Gruppo l’Espresso e Television Broadcasting Systems (in chiaro) (10). Si contano inoltre quasi 500 operatori locali di radiodiffusione terrestre analogica e 78 (11) operatori locali di televisione digitale; iii) via cavo, su cui opera Fastweb (in chiaro e servizi a pagamento); e iv) X-DSL, su cui operano Fastweb e Rosso Alice di Telecom Italia (in chiaro e servizi a pagamento).

(20)

Sky Italia è una televisione satellitare a pagamento che detiene una posizione quasi monopolistica sul mercato italiano della radiodiffusione satellitare di programmi televisivi a pagamento, ma che, come si è già ricordato, non può operare in Italia come operatore terrestre di rete o come operatore terrestre di televisione a pagamento.

(21)

Le trasmissioni via cavo sono praticamente inesistenti in Italia, sebbene Fastweb — proprietario di una rete via cavo e operatore di televisione a pagamento presente in alcune città italiane — abbia acquisito, al marzo 2004, circa 140 000 utenti TV utilizzando un’infrastruttura a fibre e DSL.

(22)

La ricezione televisiva in Italia continua ad avvenire principalmente per via terrestre, con una penetrazione del mercato pari a circa 19 milioni di famiglie su un totale di 22 milioni. I principali operatori sul mercato sono l’emittente del servizio pubblico (RAI), con tre canali, e l’emittente commerciale Mediaset, anch’essa con tre canali. Ai due operatori corrisponde circa l’85 % del pubblico televisivo in Italia. In una decisione dell’11 marzo 2005, l’Autorità italiana per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito «AGCOM») ha esaminato il mercato televisivo alla luce della legge n. 112/2004, è giunta alla conclusione che i due operatori detengono una posizione dominante collettiva su tale mercato (12) e ha imposto loro una serie di obblighi (13) a tutela del pluralismo del mercato stesso. Inoltre, il 27 giugno 2006 l’AGCOM ha notificato alla Commissione la definizione dei mercati rilevanti nel mercato della televisione analogica terrestre e la valutazione del significativo potere di mercato, concludendo che RAI e Mediaset detenevano una posizione dominante collettiva su tale mercato; l’AGCOM non ha però comunicato le misure correttive di tale situazione. Il 27 luglio 2006, a norma dell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (14), la Commissione ha inviato all’AGCOM le sue osservazioni in cui, pur sostanzialmente concordando con le conclusioni dell’Autorità, chiedeva un’analisi più approfondita e invitava l’AGCOM a comunicarle prima possibile le misure correttive. Infine, la Commissione ha attualmente in esame una denuncia in cui si afferma che la legge n. 112/2004, che regolamenta il passaggio (switch-over) dalla tecnica di radiodiffusione analogica a quella digitale terrestre, crea delle barriere all’ingresso di nuovi concorrenti sui mercati della pubblicità televisiva e dei servizi di trasmissione. Dopo aver chiesto all’Italia di presentare le loro osservazioni in merito alla denuncia e dopo aver inoltrato una richiesta di informazioni sia all’Italia che alle aziende interessate dalle misure, il 19 luglio 2006 è stata inviata all’Italia una lettera di costituzione in mora relativa alla violazione delle direttive 2002/21/CE citata, 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni) (15) e 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (16). L’Italia ha risposto il 15 settembre 2006. Successivamente all’invio di quest’ultima risposta, la Commissione ha ricevuto dallo Stato italiano copia del progetto di legge di riforma della normativa italiana nel settore radiotelevisivo, riforma che si propone di rimediare ai problemi sollevati nella lettera di costituzione in mora: tale progetto di legge è attualmente al vaglio della Commissione.

(23)

Nel giugno 2005 il tasso complessivo di penetrazione della televisione digitale corrispondeva al 34,5 % delle famiglie, con un totale di circa 7,3 milioni di spettatori. Questa cifra comprende gli spettatori della televisione digitale terrestre, della televisione via satellite e della televisione via cavo/ADSL. Gli spettatori della televisione digitale terrestre erano il 10 % delle famiglie; oltre un terzo di questi (0,8 milioni) erano anche spettatori di contenuti televisivi pay per view (17). All’atto della pubblicazione della presente decisione, tuttavia, i due tipi di offerta di televisione digitale — terrestre e satellitare — dovrebbero aver raggiunto entrambi un bacino d’utenza simile (5 milioni di spettatori per il satellite e 4 milioni per il digitale terrestre).

(24)

La penetrazione della televisione satellitare è limitata: nel giugno del 2005 circa il 16 % delle famiglie (4,8 milioni di persone) possedeva un’antenna parabolica. All’incirca i quattro quinti di queste famiglie hanno un abbonamento alla piattaforma DTH (satellite) di Sky Italia: quest’ultima contava circa 3,3 milioni di utenti nel giugno 2005 e, secondo le stime, aveva raggiunto i 3,9 milioni di abbonati alla fine dello stesso anno. Sky Italia rappresenta quindi il terzo operatore televisivo in Italia (18).

(25)

Per contrastare la pirateria, dalla fine del 2004 Sky ha iniziato a codificare il suo segnale con la cosiddetta tecnologia proprietaria NDS, di proprietà per il mercato italiano di una controllata del gruppo Newscorp, che è la società madre di Sky. Si tratta di un tipo di tecnologia proprietaria e «chiusa», dato che l’accesso ai decoder NDS richiede la disponibilità di accesso alla tecnologia o a determinate componenti dei decoder, contrariamente a quanto avviene con i decoder a interfaccia comune aperta. Sky affitta ai suoi abbonati decoder che utilizzano questa tecnologia «chiusa»: quando ha deciso di adottare la tecnologia NDS, la società ha provveduto a sostituire tutti i decoder in possesso dei suoi abbonati.

(26)

Le emittenti digitali terrestri, invece, utilizzano oggi una tecnologia cosiddetta «aperta», ossia una tecnologia che usa standard aperti per l’interattività. Si tratta della sola tecnologia in grado di consentire, al momento, la ricezione simultanea di tutti i canali di televisione digitale terrestre con un decoder unico — riproducendo quindi l’attuale situazione per la tecnologia analogica — più l’interattività e le funzioni di accesso condizionato che permettono l’utilizzo di carte prepagate per il pay per view.

(27)

La misura di aiuto in esame è destinata ai decoder che consentono la ricezione di trasmissioni in digitale terrestre in cui vengono forniti servizi interattivi. La tecnologia digitale può permettere la trasmissione di un maggior numero di canali televisivi, all’interno della stessa frequenza, rispetto alla tecnologia analogica. I vantaggi derivanti dall’utilizzo di interfacce aperte sono già stati illustrati in precedenza.

(28)

L’Italia ha avviato il processo di digitalizzazione con la legge 20 marzo 2001, n. 66, che stabiliva che il passaggio al digitale («switch over») sarebbe dovuto essere completato e la trasmissione con il sistema analogico sarebbe dovuta essere sospesa (il cosiddetto «switch off») entro il dicembre del 2006. A partire dalla fine del 2003 le trasmissioni in digitale (T-DVB) sono state effettuate assieme a quelle in tecnica analogica (la cosiddetta «fase in simulcast»). Il decreto-legge 22 dicembre 2005, n. 273, ha rimandato al 2008 la data dello switch off; il 30 agosto 2006, poi, il ministro delle Comunicazioni Gentiloni ha dichiarato che lo switch off è ulteriormente rimandato al 30 novembre 2012 (19).

(29)

Nel frattempo, in base alla legge n. 112/2004, che regolamenta il settore in Italia, soltanto le emittenti che già trasmettono con la tecnica analogica possono richiedere autorizzazioni alle trasmissioni digitali sperimentali e/o concessioni per le trasmissioni in digitale. Gli operatori analogici non hanno l’obbligo formale di liberare le frequenze — che non sono mai state riassegnate o soggette a una vendita regolamentata da parte dell’Italia — utilizzate per le trasmissioni in tecnica analogica dopo il passaggio al digitale. I nuovi concorrenti possono avere accesso al mercato soltanto acquistando frequenze da operatori già presenti sul mercato stesso. Alla data del dicembre 2005 erano già state concesse le autorizzazioni per 7 multiplex (blocchi di frequenze contenenti uno o più programmi) per il digitale terrestre. La RAI e Mediaset hanno due multiplex, mentre Telecom Italia/TV International, D-Free e Gruppo l’Espresso hanno un multiplex a testa. In base al sistema di regolamentazione italiano, gli operatori di rete che detengono più di una concessione per la radiodiffusione in digitale devono concedere l’accesso al 40 % della propria larghezza di banda a fornitori di contenuti indipendenti. Nel 2006, Telecom Italia e l’operatore mobile H3G, dopo aver rilevato infrastrutture e autorizzazioni da operatori analogici regionali e locali già esistenti, hanno fatto il loro ingresso sul mercato del digitale terrestre e avviato la realizzazione di due nuovi multiplex con la digitalizzazione delle reti acquistate.

(30)

La distinzione tra emittenti e operatori di rete non è particolarmente rilevante per le principali emittenti italiane nel settore della televisione terrestre perché sia RAI che Mediaset, La7 e D-Free hanno una propria controllata per la trasmissione terrestre. Va osservato che il mercato televisivo italiano è caratterizzato da una forte integrazione verticale tra operatori di rete ed emittenti. L’obbligo della separazione giuridica tra i due tipi di società è stato introdotto dall’AGCOM soltanto con la delibera 435/01/CONS del 2001, ma unicamente per quanto riguarda la televisione digitale. Gli operatori di rete nella televisione via satellite non sono invece integrati con le emittenti.

(31)

Per quanto riguarda la copertura in termini di T-DVB — secondo l’AGCOM (20) — nel 2004 più del 50 % della popolazione era effettivamente coperto da almeno 2 multiplex, mentre il 60 % era potenzialmente coperto da 3 multiplex. In base alla tendenza del mercato, la copertura dovrebbe aumentare considerevolmente. Secondo l’Italia, l’85 % delle famiglie potrebbe potenzialmente essere coperto da almeno 2 multiplex dopo il passaggio al digitale terrestre. D’altro canto, la radiodiffusione via satellite potrebbe coprire praticamente il 100 % della popolazione.

(32)

Per quanto riguarda i programmi, secondo l’Italia nel giugno del 2005 venivano trasmessi in chiaro sulle frequenze digitali terrestri 23 canali nazionali e circa 250 programmi locali. Dieci di questi canali nazionali erano trasmessi in simulcast con la televisione terrestre analogica (trasmissione simultanea in tecnica analogica e digitale); quattro canali erano stati creati appositamente per la radiodiffusione digitale; gli altri canali venivano trasmessi in simulcast con trasmissioni via satellite.

(33)

Come si è già ricordato, il mercato televisivo era caratterizzato in passato dalla visione di massa della televisione in chiaro trasmessa per via terrestre analogica e dall’offerta di televisione a pagamento via satellite. L’introduzione della televisione digitale terrestre e lo sviluppo della televisione via cavo e di Internet modificano questo modello. In effetti, a partire dal gennaio 2005 Mediaset e Telecom Italia (attraverso La7) hanno lanciato su T-DVB un servizio di televisione a pagamento per le partite di calcio di serie A basato su un sistema di carte prepagate. Al tempo stesso, TF1 (che detiene il 49 % dell’emittente D-Free) ha dichiarato il suo potenziale interesse per il lancio di canali a pagamento sul proprio multiplex T-DVB. I servizi di televisione a pagamento sono consentiti, con il sistema delle carte prepagate, dalla tecnologia digitale interattiva contenuta nei decoder sovvenzionati con la misura in esame.

(34)

Il totale delle entrate raccolte sul mercato televisivo nel 2005 ammontava a 6 851 milioni di EUR, di cui circa il 57 % (3 885 milioni di EUR) ricavati dalla pubblicità e il 21 % dal canone radiotelevisivo versato alla RAI e dall’offerta di televisione a pagamento (rispettivamente 1 483 e 1 437 milioni di EUR). Le entrate della televisione a pagamento sono rappresentate da 1 199 milioni di EUR degli abbonamenti (con un aumento del 26,4 % dal 2004) e da 238 milioni di EUR del pay per view (con un aumento del 65 % dal 2004): una quota considerevole (45 milioni di EUR) di quest’ultima cifra è rappresentata dai ricavi dai nuovi servizi di televisione digitale terrestre.

II.C   MOTIVI CHE GIUSTIFICANO L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(35)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha osservato, anzitutto, che la misura descritta sembrava rispondere all’insieme dei criteri di cui all’articolo 87, paragrafo 1, e poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato. In particolare, l’aiuto in esame operava una discriminazione tra emittenti terrestri e operatori di rete via cavo già presenti sul mercato, da un lato, e operatori satellitari ed altre emittenti terrestri che non potevano al momento svolgere la loro attività, dall’altro. La Commissione ha osservato che i beneficiari ricevono un vantaggio indiretto e ha chiesto alle parti interessate di suggerire metodi per quantificare con precisione tale vantaggio.

(36)

La Commissione ha inoltre espresso dubbi sulla compatibilità dell’aiuto con il trattato CE. Al caso in esame non sembrano applicarsi né le deroghe al divieto generale degli aiuti, di cui all’articolo 87, paragrafo 2, del trattato CE, né la deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE. La Commissione ritiene particolarmente problematico il fatto che l’obiettivo perseguito dall’Italia — ossia la diffusione di standard aperti per la televisione digitale — sia stato raggiunto causando un danno sproporzionato alla concorrenza e mediante una inutile violazione del principio della neutralità tecnologica.

(37)

Infine, la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale per dare al governo italiano e alle parti interessate la possibilità di formulare le loro osservazioni sulla valutazione provvisoria della Commissione in merito alla misura in esame e di trasmettere alla Commissione tutte le relative informazioni.

III.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI

(38)

In generale, sia le autorità italiane che Mediaset hanno ribadito che la misura in esame non costituisce un aiuto e che, qualora lo fosse, si tratterebbe di un aiuto compatibile. La RAI ha dichiarato di aver dovuto agire nei limiti imposti dai suoi obblighi legali, e quindi di non aver potuto beneficiare della misura. Gli autori della denuncia e l’ESOA hanno invece confermato che a loro parere la misura costituisce un aiuto illegittimo.

III.A   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA, DI MEDIASET E DELLA RAI

(39)

In primo luogo, le autorità italiane e Mediaset fanno riferimento alla decisione dell’AGCOM (21) di rigettare una denuncia presentata contro il disposto dell’articolo 1, comma 572, della legge finanziaria 2006, ossia contro la misura che sostituisce la misura in esame. L’autore di questa denuncia sosteneva che l’articolo 1, comma 572, della legge finanziaria 2006 andava a favore dei decoder distribuiti da società collegate alla famiglia del sig. Berlusconi. La procedura era basata sulla legge sul conflitto di interessi riguardante titolari di cariche di governo (22).

(40)

Le osservazioni delle autorità italiane più direttamente legate al contenuto della decisione di avvio del procedimento sono che la misura non costituisce aiuto perché: a) i beneficiari non ricevono un vantaggio e b) non vi è distorsione della concorrenza. Anche qualora costituisse aiuto, la misura sarebbe compatibile in virtù delle deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), del trattato CE e all’articolo 87, paragrafo 3, lettere b), c) e d), del trattato CE. Le autorità italiane concordano poi sul fatto che non si configura un aiuto ai produttori di decoder e che operatori di rete ed emittenti devono essere messi sullo stesso piano. Mediaset ha sollevato punti simili, pur ricorrendo talvolta ad argomenti diversi.

III.A.1   LA MISURA NON COSTITUIREBBE AIUTO

III.A.1.1   Il vantaggio selettivo non sarebbe accertato

(41)

L’Italia sostiene che non vi è la ragionevole certezza che i beneficiari avrebbero dovuto farsi carico dei costi sovvenzionati dallo Stato con la misura in esame, dal momento che non vi è alcuna prova che i medesimi beneficiari avrebbero sovvenzionato l’acquisto dei decoder da parte dei consumatori. Esse sostengono che, a differenza di quanto deciso dalla Corte nella causa Paesi Bassi/Commissione (23) l di avvio del procedimento, non sussisteva neppure un incentivo economico a sovvenzionare i consumatori per i beneficiari, in quanto: a) questi ultimi sono gli operatori già presenti sul mercato e non hanno alcun interesse nel portare a termine il passaggio al digitale, perché, una volta completato, dovranno far fronte a una concorrenza più forte dato che i consumatori dotati di tecnologia digitale potranno rivolgersi a un numero molto maggiore di concorrenti; b) il mercato del pay per view era di dimensioni troppo ridotte per compensare una eventuale perdita di questo tipo e non può costituire l’unico motivo per sovvenzionare l’acquisto di decoder da parte dei consumatori, se si considera la percentuale di entrate derivanti dal pay per view nel 2004 e nel 2005; c) la scadenza fissata per la cessazione delle trasmissioni in tecnica analogica («switch off») non era sufficientemente attendibile, dato che, in assenza di una determinata massa di consumatori, non era possibile che tale switch off avesse luogo.

(42)

Sarebbe impossibile determinare l’importo delle risorse statali trasferite ai beneficiari in questione. Nel caso dell’aiuto di Stato C-25/2004 oggetto della decisione 2006/513/CE (24), la Commissione ha escluso T-System dal numero dei beneficiari perché non era possibile accertare la sussistenza e l’importo di un trasferimento di risorse a favore di tale società.

(43)

In secondo luogo, Mediaset ribadisce che emittenti terrestri e emittenti via satellite non sono società comparabili: gli operatori di televisione digitale terrestre, infatti, sono tenuti soltanto a realizzare la digitalizzazione e a incentivare il passaggio al digitale per tappe progressive (con il simulcast e lo switch off) e, pertanto, le emittenti terrestri sono soggette ad obblighi specifici del servizio pubblico — con l’obiettivo di garantire la disponibilità della radiodiffusione terrestre su tutto il territorio italiano — e sono tenute a utilizzare tecnologie aperte. Secondo quanto sostiene Mediaset, il regime si prefiggeva di agevolare la transizione dalla tecnica analogica a quella digitale e di promuovere lo sviluppo di standard aperti in un contesto in cui era stato fissato un termine di legge per il passaggio obbligatorio dalla radiodiffusione in tecnica analogica a quella in digitale — il cosiddetto «switchover» digitale — che imponeva costi onerosi specifici agli operatori di televisione terrestre digitale (i costi delle infrastrutture per Mediaset erano molto elevati). Mediaset contesta inoltre quanto si afferma nella decisione di avvio del procedimento, sostenendo che non esiste alcuna difesa contro l’ingresso sul mercato di nuovi concorrenti mediante l’acquisto di infrastrutture di radiodiffusione (Mediaset cita ad esempio H3G, entrata sul mercato grazie all’acquisto di un’emittente locale), e che i nuovi concorrenti non devono sostenere i costi del simulcast.

(44)

Allo stesso modo, la RAI ribadisce che la posizione della Commissione non tiene conto degli obblighi che incombono all’azienda in quanto emittente televisiva di servizio pubblico e che, secondo la RAI, azzerano i presunti vantaggi ottenuti. Questo perché: i) la RAI può effettuare il passaggio al digitale (dato che è l’azienda di servizio pubblico) solo se il tasso di penetrazione della televisione digitale terrestre raggiunge quello della televisione in tecnica analogica; e ii) la RAI era tenuta a scegliere i suoi investimenti nel settore della radiodiffusione in digitale terrestre in conformità dei suoi obblighi di legge, e non in funzione di criteri di mercato, dato che era obbligata a predisporre entro il 1o gennaio 2005 due multiplex, per una copertura totale di almeno il 70 % della popolazione, con l’obiettivo di conseguire rapidamente il passaggio al digitale, aiutata in questo dai contributi ai decoder. I costi totali ammontavano a 150 milioni di EUR. Data la scadenza prevista per il passaggio al digitale, il fatto che la RAI trasmette solo programmi in chiaro, il numero assai limitato di spettatori e la mancata inclusione dei costi della digitalizzazione nel canone di abbonamento annuo per il 2004, il 2005 e il 2006, i soli costi sostenuti dalla RAI sono quelli per la tecnologia (frequenze e infrastrutture), costi di cui l’azienda pubblica dovrebbe farsi carico senza il contributo in questione, mentre l’accelerazione del passaggio al digitale non garantiva entrate supplementari.

III.A.1.2   Distorsione della concorrenza

(45)

In primo luogo, l’Italia ribadisce che gli operatori terrestri e quelli satellitari non sono concorrenti sullo stesso mercato della televisione a pagamento in quanto coprono segmenti diversi di mercato, vale a dire il segmento della televisione in chiaro e il segmento della televisione a pagamento. Non solo, ma le offerte di televisione pay per view sono iniziate soltanto nella seconda metà del 2005. La separazione dei due mercati vale anche per gli operatori di rete, come ha confermato l’AGCOM con una sua delibera (25), in linea con la decisione RAI/Rami d’azienda (26) e con l’indagine conoscitiva riguardante il settore televisivo dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (27).

(46)

Inoltre, il costo del decoder incide solo marginalmente sulla scelta del consumatore tra le due diverse piattaforme. L’assenza di distorsione della concorrenza è confermata dal fatto che nel primo semestre del 2005 gli abbonamenti di Sky hanno registrato un aumento del 7,4 %.

(47)

Argomentazioni simili sono state avanzate da Mediaset, la quale ribadisce che la misura in esame non è selettiva poiché l’aiuto è concesso ai consumatori, e che il carattere di selettività deriva dalla scelta commerciale di Sky di utilizzare la tecnologia NDS: è quest’ultima a determinare la discriminazione e a consentire a Sky di far pagare l’abbonamento per recuperare il costo dei decoder. Tutti gli operatori, se lo desiderano, possono utilizzare la tecnologia che dà loro il diritto a beneficiare dei contributi in questione.

III.A.2   COMPATIBILITÀ

(48)

L’Italia sottolinea, come osservazione di carattere generale, che la Commissione riconosce i vantaggi dell’interoperabilità e che l’esclusione dei decoder satellitari dal beneficio è dovuta al fatto che, al momento in cui è stata introdotta la misura di aiuto, non esistevano decoder satellitari in grado di consentire l’interoperabilità. Inoltre, dopo la legge finanziaria 2006 che includeva anche i decoder satellitari, Sky non ha modificato le caratteristiche del suo decoder per beneficiare del contributo in esame.

III.A.2.1   Articolo 87, paragrafo 2, lettera a), del trattato CE

(49)

L’Italia sostiene che la percentuale — indicata dall’AGCOM e riferita dalla Commissione al punto 55 della decisione di avvio del procedimento (28) — del 50 % delle famiglie provviste di decoder entro fine 2006 o fine 2008 è bassa, soprattutto se si tiene conto dell’obiettivo di diffondere i decoder interattivi e più costosi. La riduzione di prezzo derivante dalle economie di scala determinate dai contributi consentirebbe l’acquisto del decoder anche alle famiglie povere.

III.A.2.2   Articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato CE

(50)

La misura in esame promuoverebbe la realizzazione di un progetto di comune interesse europeo — il passaggio al digitale (o switchover) — che è parte di un programma transnazionale sostenuto da diversi Stati membri, in conformità con la giurisprudenza esistente (C-62/87 e C-72/87, punto 22); quanto all’esclusione del satellite, viene spiegata nell’osservazione di carattere generale citata in precedenza.

III.A.2.3   Articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE

III.A.2.3.a   Aiuto concepito in modo adeguato

(51)

L’esistenza di un termine fissato per legge non è sufficiente a garantire la cessazione delle trasmissioni in tecnica analogica se la domanda non è incentivata: i consumatori, infatti, non sarebbero pronti, dato che le emittenti terrestri già presenti sul mercato non hanno alcun interesse a sovvenzionare l’acquisto del decoder da parte del consumatore in un contesto in cui la maggior parte dei consumatori utilizzano la televisione analogica terrestre.

(52)

Il contributo per il digitale terrestre versato ai consumatori si giustificherebbe perché, sul digitale terrestre, essi non sostengono costi aggiuntivi per la visione dei programmi in chiaro, diversamente da quanto avviene per la televisione via satellite che richiede al consumatore l’acquisto dell’antenna parabolica e la corresponsione di un abbonamento per il servizio di televisione a pagamento. Nel caso della televisione via cavo, le autorità italiane hanno giustificato i contributi ai decoder, malgrado l’esistenza di costi aggiuntivi, in quanto tali costi non sono direttamente legati ai servizi televisivi e perché, in generale, l’Italia intendeva incentivare lo sviluppo della banda larga.

(53)

L’Italia contesta l’opinione della Commissione secondo cui la misura in esame incide sulla concorrenza tra le piattaforme, ma ritengono che «in prospettiva, la nuova piattaforma digitale aumenterà la concorrenza tra i diversi segmenti del mercato televisivo» a vantaggio dei consumatori.

(54)

L’affermazione della Commissione secondo cui gli operatori esistenti ricevono già una compensazione per il passaggio al digitale, in quanto la tecnologia digitale permette una maggior capacità di trasmissione a costi inferiori, non terrebbe conto dell’autentico rapporto costi/benefici di tale passaggio, visto che gli operatori di rete già presenti sul mercato che detengano più di una concessione per la radiodiffusione in digitale devono concedere l’accesso al 40 % della propria larghezza di banda a fornitori di contenuti con cui non hanno legami di proprietà.

(55)

I principali beneficiari del passaggio al digitale (i nuovi concorrenti sul mercato) non coincidono con quelli che ne sostengono i costi (i consumatori e, soprattutto, gli operatori esistenti). Poiché l’accresciuta concorrenza cui devono far fronte non è compensata da una riduzione dei costi, gli operatori già presenti sul mercato non sono incentivati a cessare le trasmissioni in tecnica analogica; non solo, ma anche qualora essi ricevano un qualsiasi vantaggio, esso dovrebbe essere considerato una compensazione per i costi sostenuti. Mediaset fa valere lo stesso argomento.

(56)

Mediaset afferma inoltre che imporre semplicemente agli operatori terrestri di sostenere anche i costi dei decoder, oltre ai costi determinati dal passaggio al digitale, non consentirebbe di raggiungere una copertura sufficiente ed esporrebbe Mediaset al rischio di essere «parassitati» (cosiddetto «free riding») da parte di altre società, in quanto i decoder «a tecnologia aperta» potrebbero essere utilizzati dal consumatore per la visione dei canali concorrenti.

(57)

Quando si è applicata la misura in esame, l’interattività dei decoder satellitari era molto limitata per via dell’utilizzo di una tecnologia proprietaria senza standard API aperti. L’Italia sottolinea che, ad oggi, non sono disponibili sul mercato decoder satellitari «interoperativi», anche dopo le modifiche introdotte nella legge finanziaria 2006. L’esigenza di incentivare la disponibilità di servizi interattivi viene messa in evidenza anche da Mediaset.

III.A.2.3.b   Evitare le inutili distorsioni della concorrenza

(58)

L’Italia sottolinea che il mercato della televisione pay per view è diverso da quello della televisione via satellite: si tratta di due prodotti diversi. In ogni caso, l’aiuto in esame serve ai nuovi concorrenti per avere accesso al mercato della televisione a pagamento, il che dovrebbe comportare maggiori vantaggi per i consumatori.

(59)

Mediaset afferma che non sono state introdotte inutili distorsioni della concorrenza in quanto: i) la discriminazione è semplicemente la conseguenza delle scelte commerciali di Sky; ii) la televisione terrestre trasmette i canali locali, mentre l’80 % dei programmi locali non viene trasmesso dal satellite in quanto le entrate dei canali locali non sono sufficienti a sostenere i costi di trasmissione (il satellite non è comparabile con la radiodiffusione in chiaro); e iii) il mancato funzionamento del mercato si configura soltanto per quanto riguarda i decoder per il digitale terrestre e non per i decoder satellitari, dal momento che la televisione via satellite si basa su un sistema di abbonamenti e può recuperare i costi sostenuti nel fornire i decoder ai suoi clienti e, inoltre, dato che Sky, in quanto monopolista, non è esposto al fenomeno del parassitismo.

III.A.2.4   Articolo 87, paragrafo 3, lettera d), del trattato CE

(60)

Nella decisione 2006/513/CE (29), la Commissione ha dichiarato che l’aiuto non era compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), del trattato CE perché non era legato a un particolare contenuto culturale né mirato a piccoli operatori locali che verrebbero altrimenti esclusi dalla piattaforma terrestre. In Italia vi sono numerose emittenti terrestri locali che trasmettono un prodotto culturale chiaramente identificato che l’Italia intende proteggere. Visto che il satellite — anche secondo il parere di esperti che lavorano per la Commissione — non si presta efficacemente alla fornitura di servizi locali, i decoder satellitari non devono beneficiare del contributo in esame.

III.A.3   RECUPERO

(61)

La Commissione non dovrebbe imporre il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. Ciò avviene quando vi sia, fin dall’inizio, la consapevolezza dell’impossibilità di procedere al recupero (30). Nel caso in esame è impossibile determinare quale emittente abbia beneficiato di un trasferimento di risorse statali e per quale importo: pertanto, la Commissione non dovrebbe chiedere il recupero dell’aiuto. L’Italia, inoltre, afferma che le emittenti non potevano opporsi in alcun modo al contributo, cosicché, anche qualora i beneficiari avessero adottato un comportamento diligente, non avrebbero potuto rifiutarlo. La Commissione ha adottato un ragionamento di questo tipo nella decisione 2006/513/CE (31).

III.B   OSSERVAZIONI DI SKY ITALIA, DELL’ESOA E DI EUROPA7

(62)

Sky Italia, ESOA ed EUROPA7 concordano con la Commissione che la misura in esame costituisce un aiuto a favore degli operatori di televisione digitale terrestre. Non contestano, inoltre, la conclusione in via preliminare secondo cui la misura non costituisce un aiuto a favore dei produttori di decoder: i due autori della denuncia, in particolare, non contestano tale conclusione, sebbene nelle denunce che aveva presentato Sky Italia avesse dichiarato il contrario.

(63)

Sky Italia concentra la sua analisi sulle ricadute positive della misura, secondo quanto afferma, per gli operatori di televisione digitale terrestre, ossia principalmente Mediaset e Telecom Italia. Secondo quanto sostiene Sky, all’epoca della concentrazione Telepiù/Newscorp la Commissione aveva definito un elenco di barriere all’ingresso sul mercato e all’espansione degli operatori di televisione digitale terrestre che richiedevano delle misure correttive (32). Contrariamente a quanto ipotizzato dalla Commissione, grazie ai contributi i nuovi concorrenti — che erano poi, in realtà, gli operatori già presenti sul mercato della televisione analogica — hanno permesso una rapida espansione della televisione digitale terrestre.

(64)

I contributi in esame hanno comportato per Mediaset e Telecom Italia un triplice vantaggio: anzitutto, visto che l’accesso ai decoder del digitale terrestre e quello alle emittenti televisive di digitale terrestre sono complementari, la riduzione di prezzo dei decoder ha determinato un incremento della domanda sia di decoder che di emittenti — è infatti normale che le emittenti di digitale terrestre creino una base per la loro piattaforma, così come ha fatto Sky, sostenendo costi che non hanno ancora recuperato — e i contributi sono serviti agli operatori di digitale terrestre per convincere i consumatori a passare alla loro nuova offerta televisiva. La misura ha inoltre contribuito a evitare il problema del parassitismo nella creazione di una base di clientela.

(65)

In secondo luogo, in base a uno studio della Global Equity Division della Deutsche Bank (33)«i contributi permetterebbero a Mediaset di fare il suo ingresso a basso rischio e a basso costo nel mercato della televisione a pagamento». I contributi hanno ridotto i costi di finanziamento per Mediaset e Telecom Italia: a) direttamente, in quanto per ottenere lo stesso effetto ottenuto grazie ai contributi le società di televisione digitale terrestre avrebbero dovuto realizzare investimenti per 100 milioni, cioè metà dei costi totali degli investimenti in infrastrutture sostenuti da Mediaset alla data del gennaio 2005; e b) indirettamente, in quanto hanno diminuito l’incertezza quanto alla riuscita del passaggio al digitale.

(66)

Infine, data la natura «bilaterale» del mercato, una base di clientela ampia, in grado di ottenere contenuti «di richiamo» a prezzo ridotto, conferisce anche un vantaggio sul mercato della pubblicità.

(67)

Sky afferma che i suddetti vantaggi sono selettivi, in quanto la sua libertà commerciale era limitata dato che il suo tasso di crescita era ridotto, con un conseguente aumento dei suoi costi di capitale. La società fornisce una serie di cifre a sostegno della sua affermazione secondo cui l’aumento delle vendite di decoder per il digitale terrestre — vendite sovvenzionate dallo Stato — ha avuto effetti negativi sulle vendite del suo pacchetto «Premium Sports».

(68)

Europa7 sostiene del pari che è stato conferito un vantaggio alle emittenti e ad altri operatori nel settore della televisione digitale terrestre. Europa7 cita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha riconosciuto che la misura ha avuto le seguenti conseguenze: metà dei decoder sono stati acquistati ricorrendo al contributo; la diffusione del digitale terrestre nel primo semestre del 2005 è raddoppiata grazie alla televisione digitale terrestre a pagamento, mentre la televisione satellitare a pagamento ha registrato un incremento di un solo punto percentuale.

(69)

Il vantaggio conferito è selettivo dal momento che il contributo non ha favorito l’accesso al mercato di Europa7, alla quale non sono ancora state attribuite le frequenze di trasmissione, ma ha semplicemente permesso a Mediaset e alla RAI di saturare la domanda e gli investimenti e di estendere il loro potere di mercato al settore della televisione digitale.

(70)

In secondo luogo, Europa7 afferma che la misura non è giustificata da nessuna motivazione di interesse generale, in quanto: i) gli incentivi ai consumatori per l’acquisto di decoder per il digitale terrestre sono legati all’accesso ad attività commerciali; ii) il passaggio al digitale è già stato rimandato; e iii) se la misura favorisce la concorrenza nel senso che limita il potere di mercato di Sky, essa va però a favore degli operatori oligopolisti già presenti sul mercato della televisione analogica, i quali sono titolari di concessioni.

(71)

Per finire, Europa7 sottolinea che il recupero è la logica conseguenza della soppressione dell’aiuto e che le difficoltà nel quantificare quest’ultimo non giustificano il mancato recupero dell’aiuto stesso. Qualora risultasse impossibile quantificare con precisione l’importo dell’aiuto, l’Italia potrebbe versare una compensazione ai concorrenti.

(72)

L’ESOA sostiene che la piattaforma satellitare è stata posta in situazione di svantaggio — pur essendo superiore nell’utilizzo dello spettro delle radiofrequenze per la radiodiffusione televisiva — e che sono stati gli operatori satellitari a farsi interamente carico dei costi dell’introduzione della radiodiffusione in tecnica digitale. Pertanto, l’ESOA ritiene che i contributi in esame, avendo per effetto di favorire la televisione digitale terrestre, costituiscano aiuti illegali e non proporzionati al mancato funzionamento di mercato al quale si prefiggevano di rimediare.

III.C   OSSERVAZIONI DELL’ANIE

(73)

L’ANIE non ha presentato osservazioni specifiche sulla misura in esame, ma ha inviato copia di una denuncia contro Sky Italia per abuso di posizione dominante sporta presso l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale non si è ancora pronunciata in merito.

(74)

Secondo quanto afferma l’ANIE, alcuni produttori di decoder hanno chiesto a Sky di rilasciare delle licenze relative a determinati aspetti della tecnologia NDS usata per criptare i segnali satellitari, tecnologia di cui Sky è proprietario e utilizzatore esclusivo in Italia. Queste licenze sono fondamentali per poter fabbricare decoder provvisti di una cosiddetta «interfaccia aperta», in grado cioè di decodificare i segnali digitali sia terrestri che satellitari nel caso in cui venga utilizzata la tecnologia NDS.

(75)

A partire dal 2005 Sky ha iniziato a codificare il suo segnale esclusivamente con il sistema NDS. Il proprietario di questa tecnologia per il mercato italiano è una controllata del gruppo Newscorp, che è la società madre di Sky. Sky sostiene di essere passata alla tecnologia NDS allo scopo di contrastare la pirateria. Si tratta di un tipo di tecnologia proprietaria e «chiusa», dato che l’accesso ai decoder NDS richiede la disponibilità di accesso alla tecnologia o a determinate componenti dei decoder, contrariamente a quanto avviene con i decoder a interfaccia comune.

(76)

Sky affitta ai suoi abbonati decoder nei quali è integrata questa tecnologia «chiusa». Quando ha deciso di adottare la tecnologia NDS, quindi, la società ha provveduto a sostituire tutti i decoder in possesso dei suoi abbonati.

(77)

Sky rifiuta di condividere la tecnologia di cui è proprietaria con i produttori di decoder a interfaccia comune, poiché sostiene che l’accordo che ne scaturirebbe non la proteggerebbe a sufficienza contro la pirateria. Secondo quanto afferma ANIE, il motivo invocato da Sky, ossia la preoccupazione di eventuali atti di pirateria, non è fondato, e l’utilizzo di decoder «proprietari» da parte della società è funzionale invece alla difesa della sua posizione monopolistica sul mercato della televisione a pagamento. Questa scelta di Sky avrebbe per effetto di permettere a tale azienda di attrarre i suoi clienti e, inoltre, determinerebbe una limitazione delle possibilità di mercato anche per i produttori di decoder e, pertanto, ostacolerebbe gli sviluppi tecnologici in questo settore (34).

III.D   RISPOSTA DEL GOVERNO ITALIANO

(78)

L’Italia non ha formulato alcun commento sulle osservazioni presentate da terzi.

IV.   VALUTAZIONE GIURIDICA

IV.A   VALUTAZIONE IN MERITO ALL’AIUTO DI STATO AI SENSI DELL’ARTICOLO 87, PARAGRAFO 1, DEL TRATTATO CE

(79)

La Commissione ha esaminato se la misura in esame sia da ritenere un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, il quale indica una serie di condizioni per stabilire la sussistenza di un aiuto di Stato. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato, oppure mediante risorse statali. In secondo luogo, l’intervento deve accordare un vantaggio economico selettivo al beneficiario. In terzo luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza. In quarto luogo, deve essere atto ad incidere sugli scambi tra Stati membri.

IV.A.1   RISORSE STATALI

(80)

La misura in esame è contenuta nelle leggi finanziarie 2004 e 2005 ed è finanziata mediante il bilancio statale: pertanto, è chiaramente imputabile allo Stato e comporta l’utilizzo di risorse statali, come si è già sottolineato nella decisione di avvio del procedimento. La Commissione conferma pertanto la valutazione precedente secondo cui il criterio delle risorse statali è soddisfatto. Questa conclusione non è contestata né dall’Italia né dai terzi.

IV.A.2   VANTAGGIO ECONOMICO

(81)

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione affermava che, anche se i beneficiari diretti della sovvenzione sono i consumatori finali, la misura può costituire un vantaggio indiretto per: i) le emittenti televisive che operano su piattaforme digitali terrestri e via cavo; ii) gli operatori delle reti che trasmettono il segnale; e iii) i produttori di decoder.

(82)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha stabilito che un vantaggio indiretto può rientrare nel campo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE e ha fatto riferimento alla giurisprudenza in tal senso (35). Per quanto riguarda le emittenti che utilizzano il T-DVB/C-DVB, la Commissione ha ritenuto che la misura in esame aiuti tali emittenti nella costituzione e nello sviluppo della propria audience (ossia il numero di telespettatori), in quanto consente loro di evitare un costo che avrebbero normalmente sostenuto se avessero voluto sviluppare fino allo stesso livello la loro audience digitale e, inoltre, di ridurre i costi che dovrebbero normalmente sostenere le emittenti che trasmettono in simulcast. Nel caso degli operatori di rete, il vantaggio consiste nell’incremento potenziale della domanda determinato dalle emittenti che utilizzano la piattaforma «privilegiata». La Commissione, infine, dopo aver riconosciuto che il vantaggio selettivo non è facilmente quantificabile, ha invitato tutte le parti interessate a presentare osservazioni sull’eventuale quantificazione o sulla metodologia utile per stimare il vantaggio derivante dalla misura per i vari beneficiari indiretti.

(83)

Dopo aver ricevuto le osservazioni delle parti interessate, la Commissione rimane del parere, per i motivi indicati nel prosieguo della presente decisione, che la misura in esame comporta un vantaggio selettivo a favore degli operatori di televisione terrestre e via cavo a pagamento.

(84)

Il vantaggio derivante per le emittenti consiste principalmente nella possibilità di sviluppare un’audience, con particolare riguardo all’incremento delle attività pay per view: in assenza della misura, l’audience digitale non si sarebbe sviluppata allo stesso ritmo, a meno che le stesse emittenti non avessero finanziato i costi di ricezione dei propri spettatori potenziali. Lo sviluppo di un’audience rappresenta una parte essenziale dell’attività commerciale per una televisione a pagamento o un’emittente che desideri incrementare i suoi servizi di televisione a pagamento, dato che il numero di clienti (cioè di spettatori) è un fattore fondamentale per generare entrate e per poter fissare prezzi bassi per le offerte di pay per view. Ne sono la riprova anche i costi sostenuti dagli operatori satellitari per costituire e sviluppare una tale base di clientela e poi, una volta passati alla tecnologia digitale, gli ulteriori costi sostenuti per mantenerla (36). Ad esempio uno degli autori della denuncia, Sky Italia, afferma di aver fornito gratuitamente ai propri abbonati un decoder e un’antenna parabolica.

(85)

Si potrebbe anche aggiungere che la principale conseguenza della misura è stata la riduzione di prezzo dei decoder che consentono l’interattività, il cui prezzo si è maggiormente avvicinato a quello dei cosiddetti «zapper». Il tipo di decoder sovvenzionati dal contributo in esame permette ai consumatori di fruire dell’offerta standard di canali televisivi in chiaro attualmente disponibile in tecnica analogica nonché dell’offerta di televisione a pagamento e di servizi interattivi fornita da tutta una serie di emittenti e di fornitori di contenuti. Tra i servizi interattivi possono essere inclusi servizi di e-government cui è possibile accedere grazie a una «smart card» (37). Pertanto, il contributo permette ai consumatori di disporre di un’offerta notevolmente più ampia allo stesso prezzo al quale, in precedenza, potevano acquistare soltanto un decoder assai più semplice che consente l’accesso a un minor numero di servizi.

(86)

Ne consegue che la misura in esame ha determinato un incentivo per i consumatori a passare dalla tecnica analogica alla tecnica digitale terrestre. Questo è andato a vantaggio delle emittenti, con particolare riguardo ai servizi che non erano disponibili in tecnica analogica. Il contributo statale, in altre parole, ha permesso alle emittenti T-DVB di evitare il costo di una pratica commerciale (il sovvenzionamento dei decoder) diffusa sul mercato e utile per creare un’audience.

(87)

Una conferma indiretta della pertinenza di questo argomento viene fornita dal documento della Deutsche Bank (38) che illustra e propone agli investitori i possibili profitti derivanti dall’acquisto di azioni Mediaset. Il dipartimento ricerca della Deutsche Bank mostra come, grazie alla sua particolare posizione, alle favorevoli condizioni del mercato, alla sua strategia di mercato e ai contributi concessi ai consumatori, Mediaset «può sviluppare la televisione digitale terrestre quale strumento a basso rischio e a basso costo per fare il suo ingresso nel mercato della televisione a pagamento».

(88)

Un altro vantaggio derivante dalla misura per gli operatori terrestri già attivi sul mercato è che essa consente loro di consolidare la propria presenza già acquisita sulla piattaforma digitale terrestre in termini di posizionamento dell’immagine di marca e di fidelizzazione della clientela: il vantaggio si riferisce ai nuovi servizi — in particolare di televisione a pagamento — che vengono offerti sulla piattaforma digitale. La misura in esame può quindi rafforzare gli effetti della legislazione vigente, cioè il fatto che le principali emittenti controllano gli operatori di rete e che è possibile ottenere una concessione per la radiodiffusione in tecnica digitale unicamente se legata a una concessione già valida per la radiodiffusione in tecnica analogica. Gli operatori già presenti sul mercato possono convertire facilmente le loro concessioni analogiche in concessioni digitali, mentre i nuovi concorrenti devono prima acquistare concessioni analogiche sul mercato per potere in seguito effettuare la radiodiffusione in tecnica digitale. Lo svantaggio dei nuovi concorrenti dal punto di vista temporale può essere ulteriormente aggravato da misure come quella in esame, che incrementano l’audience degli operatori già presenti sul mercato.

(89)

Gli argomenti illustrati in precedenza non si applicano ai servizi che vengono già forniti sulla piattaforma analogica e che i consumatori già conoscono. Inoltre, è improbabile che una transizione anticipata verso la piattaforma digitale abbia determinato un incremento di proporzioni significative del numero totale (analogico più digitale) di spettatori di questi programmi/servizi.

(90)

L’argomento avanzato sia dall’Italia che da Mediaset, ossia che il vantaggio non sussiste perché senza il contributo statale i beneficiari non avrebbero sovvenzionato l’acquisto di decoder da parte dei consumatori, non è convincente. Se si ammette che i consumatori non sarebbero stati disposti ad acquistare i decoder «aperti» senza i contributi in questione, o che il mercato del pay per view era di dimensioni troppo ridotte, la conseguenza della concessione del contributo è per l’appunto la costituzione di una base di clientela per le emittenti terrestri che non si sarebbe altrimenti sviluppata. Se le emittenti terrestri non avessero sovvenzionato l’acquisto di decoder «interoperabili» — gli unici che, al momento attuale, consentono di ricevere i programmi di televisione a pagamento in modalità pay per view con il sistema delle carte prepagate — nel timore di azioni di parassitismo da parte di altre emittenti, ne sarebbe conseguito un ritardo nel lancio dei servizi di televisione a pagamento. La misura in esame, pertanto, è servita alle emittenti terrestri per superare una simile esternalità e per creare un’opportunità commerciale.

(91)

Inoltre, la Commissione contesta l’affermazione secondo cui la disponibilità o l’interesse dei beneficiari nel riprodurre gli effetti derivanti dall’aiuto anche in assenza dell’aiuto stesso costituiscano criteri pertinenti per decidere se la misura in esame conferisce o meno un vantaggio. Nel caso in esame, infatti, il vantaggio conferito alle emittenti terrestri è semplicemente il risultato di un effetto della misura. Il comportamento dei beneficiari, una volta introdotta la misura, è semplicemente mirato a ottimizzare i profitti nella situazione venutasi in tal modo a creare, giungendo a un’espansione della loro attività commerciale che non sarebbe stata possibile senza il contributo. Questo è quanto è avvenuto anche nel caso in esame, visto che, secondo la Relazione annuale dell’AGCOM (39), nel 2005 l’incremento delle entrate derivanti dalle offerte di televisione a pagamento, in particolare di digitale terrestre in pay per view, è stato notevolissimo, pur mantenendosi, in termini assoluti, a un livello poco elevato.

(92)

Per giurisprudenza costante al fine di determinare l’esistenza di un vantaggio sono decisivi e pertinenti gli effetti della misura che, nel caso di beneficiari indiretti, è stato confermato dalla Corte di giustizia nella sentenza relativa alla causa Germania/Commissione (40).

(93)

La Commissione contesta anche gli argomenti avanzati dall’Italia e dalle altre parti interessate secondo cui non sussiste alcun vantaggio. In primo luogo, la Commissione contesta l’affermazione dell’Italia secondo cui non sussiste alcun vantaggio perché è impossibile determinare l’importo delle risorse statali trasferite ai beneficiari. Nella decisione 2006/513/CE (41), citata dall’Italia, la Commissione non ha negato l’esistenza di un vantaggio indiretto a favore di determinati beneficiari (gli operatori di rete), ma ha semplicemente escluso questi ultimi dall’adempimento dell’obbligo di recupero in quanto non era possibile stabilire se vi fosse stato trasferimento di risorse statali.

(94)

La Commissione respinge anche gli argomenti avanzati sia da Mediaset che dalla RAI, le quali ribadiscono che la situazione delle emittenti terrestri e quella delle emittenti via satellite non sono comparabili, in quanto gli operatori di televisione terrestre sono tenuti a realizzare il passaggio al digitale entro un termine stabilito per legge e devono farsi carico dei costi del simulcast: di conseguenza, la misura in esame non conferirebbe un vantaggio selettivo.

(95)

Il motivo principale per cui agli operatori terrestri è stato imposto il passaggio al digitale è che la radiodiffusione terrestre occupa una porzione dello spettro delle radiofrequenze che presenta un valore molto elevato (42). In effetti, l’elevata quantità di radiofrequenze necessaria per la radiodiffusione in tecnica analogica ha determinato una barriera tecnica all’ingresso di nuovi concorrenti sul mercato della radiodiffusione terrestre, il che ha contribuito a preservare il duopolio costituito da RAI e Mediaset. L’uso intensivo che gli operatori terrestri fanno di una risorsa limitata — lo spettro delle radiofrequenze — giustifica la disparità degli obblighi che sono stati loro imposti rispetto agli operatori di altre piattaforme. L’utilizzo delle radiofrequenze non spetta di diritto alle emittenti, sebbene esse possano fare affidamento sul fatto che l’allocazione e l’assegnazione delle radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati (43). Infine, la misura non è concepita in modo tale da risultare proporzionale ai costi del passaggio al digitale. Infatti, in primo luogo, non pare alla Commissione che un sussidio ai consumatori possa essere facilmente determinato in maniera da essere proporzionale ai costi eventualmente sostenuti dalle imprese nel processo di switchover. In secondo luogo, l’onere della prova della proporzionalità della misura ricade sullo Stato membro. Tuttavia, l’Italia non ha fornito una chiara stima dei costi relativi allo switchover, né ha dato precise indicazioni della proporzionalità dei vantaggi derivati alle emittenti dalla misura.

(96)

Nella misura in cui la radiodiffusione richiede l’utilizzo di servizi di trasmissione forniti da operatori di rete, lo sviluppo della televisione digitale terrestre potrebbe anche conferire a questi ultimi un vantaggio indiretto. Si può ritenere che la disponibilità di un’emittente a pagare per utilizzare dei servizi di trasmissione dipenda, tra l’altro, dalle maggiori entrate che può realizzare grazie alla presenza su una particolare piattaforma, il che, a sua volta, dipende dal numero di telespettatori presenti su quella piattaforma. Dato che la misura in esame incide sul numero di consumatori di servizi di televisione digitale terrestre, potrebbe configurarsi un effetto positivo indiretto anche sugli operatori di rete.

(97)

Non è possibile, tuttavia, avere la certezza che la misura abbia già influenzato la scelta delle emittenti relativamente alla loro presenza sulle diverse piattaforme di trasmissione, né quantificare il prezzo che dette emittenti sarebbero state disposte a pagare in assenza della misura stessa. Inoltre, i legami di proprietà tra emittenti e operatori di rete nella piattaforma digitale terrestre rendono meno pertinente e rilevante distinguere tra i due tipi di beneficiari: anche l’Italia concorda su questo punto. Si ritiene tuttavia che, qualora la misura in esame fosse ripetuta nel tempo e favorisse con continuità la transizione degli spettatori dell’attuale offerta di televisione in tecnica analogica verso la piattaforma digitale terrestre, detta misura inciderebbe sulle dimensioni delle audience delle diverse piattaforme a un punto tale da influenzare anche la scelta delle emittenti quanto alla loro presenza su una determinata piattaforma. Pertanto, l’eventuale reiterazione della misura conferirebbe un vantaggio agli operatori di reti digitali terrestri, a scapito degli operatori di reti satellitari.

(98)

Infine, esistono operatori di rete che non si limitano semplicemente a vendere servizi di trasmissione alle emittenti, ma che commercializzano la fornitura di servizi televisivi direttamente al pubblico. Uno di questi è, ad esempio, Fastweb, un operatore «triple play» (44) via cavo che, tra l’altro, è anche un fornitore di televisione a pagamento. In questo caso l’operatore di rete fruisce di un vantaggio simile a quello di cui beneficiano le emittenti, già illustrato ai punti 84-88.

(99)

Come veniva già sottolineato nella decisione di avvio del procedimento, il vantaggio indiretto per i produttori di decoder è rappresentato dalla possibilità di vendere un quantitativo maggiore di decoder rispetto a quelli che avrebbero potuto vendere se la misura non fosse stata applicata. Difatti il contributo ha per effetto di rendere più economici per i consumatori i decoder oggetto della misura, il che consente ai produttori di incrementare le loro vendite senza abbassare il prezzo del prodotto o di aumentare il prezzo senza perdere clienti.

IV.A.3   SELETTIVITÀ

(100)

Il vantaggio che la misura in esame conferisce alle emittenti terrestri e agli operatori via cavo di televisione a pagamento è selettivo. Non tutte le emittenti possono trarre indirettamente vantaggio dalla misura: vi sono emittenti presenti unicamente sulla piattaforma satellitare che non potranno trarre profitto dall’incremento del numero di spettatori di televisione digitale determinato dal contributo in questione.

(101)

Il vantaggio sarà inoltre conferito, in modo selettivo, all’industria dei fabbricanti di decoder.

IV.A.4   DISTORSIONE DELLA CONCORRENZA

(102)

Emittenti

(103)

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha stabilito che il vantaggio conferito alle emittenti e agli operatori di reti terrestri va a scapito delle emittenti che utilizzano piattaforme tecnologiche diverse o delle emittenti che per il momento non possono trasmettere.

(104)

La radiodiffusione digitale terrestre non è in concorrenza soltanto con l’offerta analogica in chiaro ma anche con la televisione a pagamento: l’aiuto consente agli operatori T-DVB e C-DVB di accedere ai mercati connessi alla televisione a pagamento a un costo inferiore e di entrare in concorrenza con gli operatori già presenti (come Sky Italia). Ciò è confermato dalle conclusioni della relazione dell’AGCOM (45) secondo cui il contributo in esame è determinante nello sviluppo dell’audience delle emittenti che utilizzano T-DVB, come pure dall’indagine dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella quale si sottolinea l’importanza del principio della neutralità tecnologica (46).

(105)

Dopo aver ricevuto le osservazioni dell’Italia e delle parti interessate, la Commissione rimane del parere che i vantaggi selettivi conferiti dal contributo possono falsare la concorrenza. In primo luogo, appaiono discutibili le affermazioni che gli operatori terrestri e quelli satellitari non sono concorrenti sullo stesso mercato della televisione a pagamento e che il costo del decoder incide solo marginalmente sulla scelta del consumatore tra le due diverse piattaforme: va perciò respinta anche la conclusione che si ricava da tali affermazioni, cioè che la misura non falsa la concorrenza.

(106)

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE, è sufficiente che l’aiuto minacci di falsare la concorrenza mediante il conferimento di un vantaggio selettivo. Benché per il momento l’offerta di televisione digitale terrestre a pagamento non sia paragonabile a quella di televisione a pagamento disponibile sul satellite, né dal punto di vista del tipo di servizio (televisione pay per view rispetto ad abbonamento mensile) né in termini di dimensioni economiche (nel 2005 la televisione via satellite ricavava quasi il 95 % delle entrate dagli abbonati), esiste comunque un certo grado di sostituibilità tra i due tipi di offerta. Una volta che la piattaforma digitale terrestre avrà lanciato e affermato sul mercato con successo i servizi di televisione a pagamento — anche grazie ai contributi ai decoder — sarà in grado di entrare in concorrenza con servizi analoghi forniti su piattaforme alternative.

(107)

Un simile modello è confermato dagli sviluppi registrati in altri Stati membri: ad esempio nel Regno Unito dove, nell’ambito dell’indagine già citata su BskyB, l’Office of Fair Trading (OFT) è giunto alla conclusione che le partite della Football Association Premier League trasmesse in diretta costituiscono un unico mercato rilevante esteso a tutte le piattaforme televisive. È quindi evidente che, a seconda dello stadio di sviluppo dei mercati della televisione a pagamento, l’offerta televisiva della piattaforma digitale terrestre può essere concorrenziale con quella disponibile sul satellite.

(108)

Inoltre, i contributi sono stati concessi in una fase critica, cioè in un momento in cui molti spettatori di televisione analogica terrestre devono affrontare la transizione verso la televisione digitale e possono scegliere se investire in un apparecchio di ricezione di trasmissioni terrestri o di trasmissioni via satellite. Dato che riducono il costo dell’investimento in un apparecchio di ricezione per la televisione terrestre (ossia il decoder), è evidente che i contributi in questione influenzano tale scelta. Tenuto conto dei costi per passare da una piattaforma all’altra una volta effettuata la scelta, l’effetto di distorsione determinato dai contributi potrebbe anche essere piuttosto prolungato.

(109)

Si può inoltre ricordare che l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato, nel provvedimento (47) in cui ha valutato l’esistenza di un possibile conflitto di interessi, per stabilire se i contributi ai decoder menzionati nell’oggetto del provvedimento determinassero un conflitto di interessi a favore di imprese di proprietà del primo ministro, non ha sottolineato la separazione dei mercati della televisione terrestre e di quella satellitare, ma ha preso in esame il mercato della televisione a pagamento e, al punto 52, ha dichiarato che Mediaset, Telecom Italia, Sky e Fastweb possono considerarsi concorrenti potenziali sul mercato della televisione a pagamento, nonostante il diverso tipo di offerta di televisione a pagamento.

(110)

Non può inoltre essere accolto l’argomento, avanzato dall’Italia e da Mediaset, secondo cui il carattere di selettività e l’effetto di distorsione della concorrenza della misura derivano dalla scelta commerciale di Sky di utilizzare la tecnologia NDS, perché la formulazione della legge ha escluso i decoder satellitari dal beneficio della misura, anche nel caso in cui gli operatori satellitari avessero avuto l’intenzione di adottare decoder provvisti della pertinente tecnologia «aperta». Non è neppure pertinente il fatto che, dopo le modifiche introdotte nella legge finanziaria 2006 al fine di consentire il sovvenzionamento di tutti i decoder «interoperabili» a prescindere dalla piattaforma, Sky Italia non abbia abbandonato i decoder a tecnologia «chiusa» per adottare i decoder che potevano beneficiare del contributo. Si tratta infatti di una strategia che può dipendere da numerosi fattori, ad esempio dagli investimenti realizzati in precedenza dalla società e dalla scelta di aspettare la decisione della Commissione in merito alla compatibilità della nuova misura.

(111)

Una conferma indiretta che accedere al mercato della televisione a pagamento a costi ridotti ha per effetto di falsare la concorrenza si ricava dalla ricerca della Deutsche Bank (pagg. 18 e seguenti), nella quale si analizzano gli scenari finanziari derivanti per Mediaset dallo sviluppo della trasmissione delle partite di calcio in pay per view facendoli dipendere dalla clientela che non verrebbe acquisita da Sky Italia, incidendo quindi sui tassi di crescita della televisione a pagamento DTH. D’altra parte, anche le cifre fornite da Sky Italia — intese a dimostrare che il tasso di crescita degli abbonati a Sky Italia è influenzato dalla vendita dei decoder sovvenzionati — tendono a suffragare l’opinione che all’interno del mercato della televisione a pagamento si registri un certo grado di concorrenza.

(112)

La distorsione della concorrenza non si registra soltanto a livello delle emittenti, ma potrebbe aver luogo anche a livello degli operatori di rete. Nel dicembre 2005 in Italia si contavano circa 4,8 milioni di spettatori di televisione via satellite, ma soltanto 3,5 milioni di abbonati a Sky: i rimanenti 1,3 milioni di spettatori erano quindi interessati all’offerta televisiva in chiaro disponibile sul satellite. Questo sta a indicare che la televisione in chiaro via satellite può rappresentare per i consumatori un’alternativa alla televisione digitale terrestre e a quella via cavo; non solo, ma può anche contribuire ad agevolare il processo di transizione verso la televisione digitale. Poiché esclude la piattaforma satellitare dai contributi in esame e destina questi ultimi in modo selettivo ai decoder digitali terrestri e ai decoder via cavo, la misura rischia di orientare i telespettatori verso le emittenti che utilizzano operatori di reti terrestri e via cavo a scapito degli operatori satellitari.

IV.A.5   INCIDENZA SUGLI SCAMBI TRA GLI STATI MEMBRI

(113)

I mercati dei servizi di radiodiffusione e dei servizi di rete sono aperti alla concorrenza internazionale. Dal momento che vengono favoriti in modo selettivo determinati operatori di rete o determinate emittenti, la concorrenza è falsata a scapito di operatori economici che potrebbero provenire da altri Stati membri. Gli esempi degli operatori satellitari o di uno degli autori della denuncia, Sky TV, sono assai eloquenti in proposito. Di conseguenza, la misura in esame favorisce determinate imprese rispetto ai concorrenti nel mercato comune.

(114)

La conclusione cui è pervenuta la Commissione, cioè che la distorsione della concorrenza tra le emittenti televisive e tra gli operatori di rete è atta a pregiudicare gli scambi tra gli Stati membri, non è stata contestata da nessuna delle parti interessate; pertanto, la Commissione conferma la conclusione contenuta nella decisione di avvio del procedimento secondo cui la misura incide sugli scambi tra gli Stati membri.

IV.A.6   CONCLUSIONE

(115)

In sintesi, sebbene i principali beneficiari traggano dalla misura in esame soltanto un vantaggio indiretto, la Commissione ritiene che essa costituisca un aiuto di Stato a favore degli operatori di televisione a pagamento che utilizzano il T-DVB, aiuto che consente loro soprattutto di costituire una base di clientela e, quindi, di fornire nuovi servizi e di accedere a basso costo al mercato della televisione a pagamento. Questo vale anche per gli operatori via cavo che forniscono servizi di televisione a pagamento e sono, di conseguenza, operatori di televisione a pagamento.

(116)

La Commissione ritiene che la misura in esame costituisca un aiuto indiretto in quanto il regime di aiuto ha avuto quale conseguenza principale il conferimento di un vantaggio indiretto ai beneficiari indicati, sebbene essi non abbiano un legame diretto con le imprese produttrici del prodotto sovvenzionato.

(117)

La presenza di un aiuto di Stato nel caso di specie non è messa in dubbio dall’eventuale applicazione della sentenza Altmark (48) ad un’eventuale compensazione per i costi per l’adempimento di obblighi di servizio pubblico. Nessuno dei quattro criteri ivi specificati (definizione e conferimento del servizio d’interesse economico generale, determinazione ex ante dei parametri per la compensazione, nessuna sovracompensazione e scelta di un fornitore efficiente nell’ambito di una procedura di appalto pubblico o stima dei costi aggiuntivi netti sostenuti da un’impresa ben gestita) è soddisfatto.

(118)

Non può quindi essere accolta l’osservazione della RAI secondo cui la misura non costituisce aiuto a favore della stessa RAI in quanto quest’ultima era tenuta a realizzare specifici investimenti nella televisione digitale in considerazione dei suoi obblighi di servizio pubblico.

(119)

Per quanto riguarda gli operatori di reti digitali terrestri, la Commissione — pur ritenendo che la misura in esame abbia potenzialmente falsato la concorrenza a loro favore — non è in grado di affermare con ragionevole certezza che nel loro caso il vantaggio si sia concretizzato già nel periodo di applicazione della misura: di conseguenza, conclude che detti operatori di rete non sono beneficiari di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE.

(120)

Infine, la Commissione osserva che nella decisione di avvio del procedimento, oltre alle emittenti televisive e agli operatori di rete, aveva individuato una terza categoria di potenziali beneficiari indiretti della misura, quella dei produttori di decoder.

(121)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione esprimeva dei dubbi sul fatto che la misura costituisse un aiuto a favore dei produttori di decoder, visto che il contributo è concesso per decoder che contengono lo standard MHP, ossia un’API aperta che è a disposizione gratuita di qualsiasi produttore. L’aiuto è destinato a consumatori che possono scegliere fra i decoder di tutti i produttori; sembrava pertanto che l’aiuto non favorisse in maniera selettiva alcun tipo di produttore di decoder sulla base del luogo di produzione. Non sembrava neppure che vi fossero produttori specializzati nella produzione dei decoder oggetto del contributo in questione e che avrebbero potuto essere favoriti rispetto ai produttori di altri modelli. Non sembrava che i produttori di decoder fossero in concorrenza con operatori di altri settori che non potevano beneficiare della misura. Infine, non sembrava che la misura in esame fosse volta, grazie al suo oggetto o alla sua struttura generale, a creare un vantaggio per i produttori di decoder.

(122)

D’altro canto, la Commissione osserva che i produttori di decoder fruiscono di un vantaggio settoriale di cui non possono beneficiare altri settori dell’economia e che determina una distorsione nella ripartizione delle risorse nell’ambito dell’economia. La Commissione ritiene che — sebbene nessuna delle osservazioni ricevute nel quadro della decisione di avvio del procedimento suggerisca l’esistenza di un aiuto a favore dei produttori di decoder — non sia possibile escludere completamente la sussistenza di una distorsione della concorrenza a livello di tali produttori.

(123)

Tuttavia, la Commissione ritiene altresì che, nel caso di specie, non sia necessario stabilire se la misura in esame conferisce o no un aiuto ai produttori di decoder ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE. L’effetto indiretto della misura in termini di aumento delle vendite di decoder è inerente a qualsiasi iniziativa — anche la più neutra dal punto di vista tecnologico — che le autorità pubbliche decidano di prendere a favore dello sviluppo della televisione digitale. Come viene spiegato più avanti, nella sezione IV.B, qualora si configurasse un aiuto ai produttori di decoder, la Commissione lo riterrebbe compatibile a norma dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE.

IV.B   VALUTAZIONE DELLA COMPATIBILITÀ

(124)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione esprimeva dei dubbi sul fatto che la misura in causa costituisca un aiuto compatibile con il mercato unico in base al disposto dell’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), dell’articolo 86, paragrafo 2, e dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE, dopo avere escluso l’applicazione al caso di specie delle altre eccezioni previste dall’articolo 87 del trattato CE. Nelle osservazioni dell’Italia e di Mediaset, tuttavia, vengono proposti degli argomenti intesi a respingere le obiezioni formulate dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento, argomenti con cui si sostiene che la misura in esame è compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), e dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE; l’Italia, inoltre, ha affermato che, a loro parere, nel presente caso si applicano le deroghe previste all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), e all’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), del trattato CE. Dopo aver ricevuto le osservazioni dell’Italia e delle parti interessate, la Commissione rimane del parere che l’aiuto in esame non è compatibile con il mercato comune, per i motivi illustrati nel prosieguo della presente decisione.

IV.B.1   ARTICOLO 87, PARAGRAFO 2 , LETTERA A), DEL TRATTATO CE

(125)

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione aveva ritenuto che l’espressione «carattere sociale» dovesse essere interpretata in maniera restrittiva e che, di conseguenza, secondo la prassi della Commissione, tale espressione debba essere riferita ad aiuti destinati a soddisfare i bisogni di fasce non privilegiate della popolazione: nella decisione di avvio del procedimento veniva riportato l’esempio delle Linee guida sugli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione (49), in base alle quali gli aiuti a carattere sociale devono, in linea di principio, coprire soltanto categorie specifiche di passeggeri. La Commissione ha fatto valere che, nel caso della misura in esame, la legge non contiene alcun riferimento allo status sociale o alla situazione economica del beneficiario e ha fatto riferimento a un’indagine effettuata dall’AGCOM sulla presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili che sembra indicare che non è l’intera popolazione ad aver bisogno dell’aiuto per passare alla televisione digitale: la tendenza di mercato era tale, infatti, che oltre il 50 % delle famiglie avrebbe avuto un decoder entro il 2006, in uno scenario «ottimistico», o all’inizio del 2008 in uno scenario «pessimistico» (50).

(126)

L’affermazione dell’Italia secondo cui la percentuale, ipotizzata dall’AGCOM, del 50 % delle famiglie provviste di decoder entro fine 2006 o fine 2008 è bassa se si tiene conto dei costi più elevati dei decoder «interoperabili» non modifica la valutazione della Commissione, perché l’Italia non ha avanzato alcun argomento che provi che l’aiuto è destinato soltanto alle fasce della popolazione che ne hanno bisogno o che è l’intera popolazione a necessitare di un simile aiuto.

(127)

Analogamente, l’affermazione che la misura avrebbe un effetto indiretto a favore delle famiglie povere, determinato dalla realizzazione di economie di scala che comporterebbero una riduzione di prezzo dei decoder, non può essere accolta dalla Commissione per due motivi. In primo luogo, le deroghe alla norma generale dell’incompatibilità degli aiuti con il mercato comune vanno interpretate in modo restrittivo; lo stesso vale per il concetto degli aiuti a carattere sociale, i quali devono essere interpretati come aiuti destinati esclusivamente e direttamente a favore delle fasce svantaggiate della popolazione. In secondo luogo, accettare l’argomento avanzato dall’Italia equivarrebbe ad accettare l’affermazione secondo cui un eventuale aiuto accordato all’intera popolazione presenta un carattere sociale in quanto andrebbe a favore anche delle fasce della popolazione che di quell’aiuto hanno bisogno. Partendo da un simile presupposto, quindi, si dovrebbe ritenere che tutti gli aiuti indiretti, conferiti per il tramite dei consumatori o degli investitori, sono aiuti compatibili, il che significa eludere il carattere restrittivo delle deroghe al divieto generale di concedere aiuti di Stato.

(128)

In conclusione, sembra che la misura non abbia un carattere sociale e che la deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 2, lettera a), del trattato CE non sia applicabile.

IV.B.2   ARTICOLO 87, PARAGRAFO 3, LETTERA B), DEL TRATTATO CE

(129)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha ritenuto che all’aiuto in esame non si applicasse la deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato CE. Nelle osservazioni presentate, tuttavia, l’Italia sostiene che, dal momento che il passaggio al digitale (o switchover) costituisce un progetto di comune interesse europeo inserito in un programma transnazionale sostenuto da diversi Stati membri, la deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato CE dovrebbe essere applicata, in conformità con le sentenze della Corte di giustizia relative alla causa Exécutif régional wallon e SA Glaverbel/Commissione (51).

(130)

In questi due casi, l’esecutivo regionale vallone aveva fornito sostegno alla Glaverbel, una società che investiva in settori a tecnologia avanzata come quello dello sviluppo di cellule fotovoltaiche a film sottile, un settore associato al Programma strategico europeo di ricerca e sviluppo nelle tecnologie dell’informazione (ESPRIT): proprio su tale base l’esecutivo vallone aveva stabilito che l’aiuto era compatibile a norma della deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato CE. ESPRIT era un programma istituito dalla Comunità europea. La Corte ha stabilito che la Commissione aveva esercitato il suo potere discrezionale in materia e che le parti non avevano dimostrato che la misura aveva promosso la realizzazione di un progetto di comune interesse europeo.

(131)

Nel caso in esame la Commissione non ritiene che i provvedimenti adottati dall’Italia per promuovere la vendita dei decoder rientrino nella deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato CE. La misura costituisce un’iniziativa individuale di uno Stato membro che, come viene spiegato nel prosieguo della presente decisione, determina un’inutile distorsione della concorrenza. Non è possibile considerarla parte di un progetto ben definito, concordato o coordinato con altri Stati membri in modo tale da escludere il verificarsi di effetti negativi sugli scambi e sulla concorrenza e da garantire la realizzazione di un comune interesse europeo. Quanto all’osservazione dell’Italia che «portare a termine il passaggio al digitale persegue un interesse comunitario» e che un numero crescente di Stati membri sostiene il conseguimento di questo obiettivo, l’argomento è affrontato nella sezione seguente, in cui si esaminano le eventuali motivazioni di compatibilità della misura ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE.

IV.B.3   ARTICOLO 87, PARAGRAFO 3, LETTERA C), DEL TRATTATO CE

(132)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha dichiarato di non essere convinta del fatto che l’aiuto alle emittenti potesse essere considerato compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE. La Commissione rimane della stessa opinione anche dopo aver ricevuto le osservazioni delle parti interessate.

(133)

Per essere compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE un aiuto deve perseguire un obiettivo di comune interesse in modo necessario e proporzionato. In particolare, la misura dovrebbe essere valutata prendendo in considerazione i seguenti aspetti:

a)

la misura di aiuto è intesa a perseguire un obiettivo di comune interesse ben definito?

b)

l’aiuto è concepito in modo adeguato per raggiungere l’obiettivo di comune interesse, ossia l’aiuto proposto mira a risolvere una situazione di mancato funzionamento del mercato o a raggiungere un altro obiettivo? In particolare:

i)

la misura di aiuto è uno strumento adeguato, ossia esistono altri strumenti più idonei?

ii)

vi è un effetto di incentivazione, ossia l’aiuto modifica il comportamento delle imprese?

iii)

la misura di aiuto è proporzionata, ossia lo stesso cambiamento di comportamento potrebbe essere ottenuto con un aiuto inferiore?

c)

le distorsioni della concorrenza e gli effetti sugli scambi sono limitati, in modo che il bilancio complessivo sia positivo?

IV.B.3.1   Obiettivo di comune interesse

(134)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha dichiarato che il passaggio al digitale genera notevoli vantaggi — un uso più efficiente dello spettro delle radiofrequenze e un aumento delle capacità di trasmissione — con conseguente miglioramento dei servizi e ampliamento dell’offerta per i consumatori. Di conseguenza, nella stessa decisione di avvio del procedimento ha ritenuto che il passaggio dalla radiodiffusione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale e la diffusione di standard aperti per l’interattività devono essere considerati obiettivi di comune interesse. Nelle osservazioni presentate l’Italia concorda con la Commissione su questo punto. Europa7, tuttavia, ha ripetuto le osservazioni fatte da Sky Italia nella sua denuncia, sottolineando che non è in gioco alcun interesse generale in quanto, nella fase attuale, l’acquisto di decoder digitali è legato ad attività puramente commerciali e il vantaggio derivante dal passaggio al digitale è già stato rimandato al 2012.

(135)

La Commissione contesta gli argomenti avanzati da Europa7. Anzitutto, come già dichiarato nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione sostiene attivamente il passaggio al digitale, di cui ha sottolineato i vantaggi nel piano di azione eEurope 2005, nelle due comunicazioni relative al passaggio al digitale (52) e nella comunicazione intitolata «e2010 — Una società europea dell’informazione per la crescita e loccupazione» (53). La regolamentazione non dovrebbe né prescrivere né favorire l’utilizzo di una specifica piattaforma digitale, cioè, in altre parole, dovrebbe attenersi al cosiddetto principio della «neutralità tecnologica», benché, secondo quanto si dichiara nella direttiva 2002/21/CE (54), siano ipotizzabili interventi quando occorra correggere i fallimenti del mercato che interessano specificamente una determinata piattaforma. In ultima analisi, sul mercato dovrebbero imporsi le piattaforme che offrono i maggiori vantaggi ai consumatori.

(136)

Nella comunicazione sull’interoperabilità dei servizi di televisione digitale interattiva (55), la Commissione sottolinea anche l’importanza della «interattività» e della «interoperabilità». Nella comunicazione viene precisato che «la Commissione mira a garantire che i cittadini europei possano beneficiare di una gamma sempre più ampia di servizi di televisione digitale interattiva, disponibili su un numero crescente di piattaforme di trasmissione». La televisione interattiva aggiunge in effetti alla televisione digitale, oltre al video, una serie di funzionalità che potrebbero essere sfruttate in futuro non solo per scopi commerciali ma egualmente per realizzare funzioni di e-government destinate anche a quella fascia della popolazione che ha maggiori difficoltà con l’informatica.

(137)

Nelle comunicazioni la Commissione rileva, inoltre, la mancanza di interoperabilità (che riguarda questioni sia di interoperabilità tecnica che di accesso) e le eventuali limitazioni alla scelta dei consumatori potrebbero incidere sul libero flusso di informazioni, sul pluralismo dei mezzi di informazione e sulla diversità culturale. Queste preoccupazioni potrebbero essere sintetizzate come segue: i consumatori non potrebbero acquistare un apparecchio di ricezione standardizzato universale, in grado di ricevere tutti i servizi interattivi della televisione in chiaro e di quella a pagamento e potrebbero essere costretti ad utilizzare apparecchi di ricezione più costosi che contengono API proprietarie. Le emittenti dovrebbero affrontare degli ostacoli per sviluppare e fornire servizi interattivi, in quanto dovrebbero negoziare con operatori di rete integrati a livello verticale e che controllano tecnologie API proprietarie. Le API aperte facilitano l’interoperabilità, ossia la trasportabilità dei contenuti interattivi tra i meccanismi di fornitura mantenendo piena e intatta la funzionalità dei contenuti. La Commissione sottolinea altresì che la norma MHP è, al momento, la norma API aperta più avanzata in Europa e che, inoltre, la Commissione adotterà misure aggiuntive per promuoverne l’attuazione volontaria. Un modo per ridurre i costi supplementari per i consumatori degli apparecchi dotati di motori di esecuzione standard, quale l’MHP, consiste nel sovvenzionare l’acquisto a livello dei consumatori. E conclude che gli Stati membri possono, pertanto, offrire contributi statali ai consumatori.

(138)

In secondo luogo, anche se molti dei vantaggi sopra descritti — con particolare riguardo a quelli che non sono legati ad attività commerciali — saranno realizzati soltanto in futuro, questo non è un buon motivo per ritenere che la misura in esame non contribuirà al conseguimento di un obiettivo di comune interesse. La Commissione, d’altro canto, non ritiene neppure che il fatto che i soli benefici osservabili, al momento attuale, siano legati ad attività commerciali implichi che non sia in gioco alcun obiettivo di comune interesse. Anzi, i vantaggi per i consumatori non solo rappresentano una componente essenziale di qualsiasi politica della concorrenza, ma anche l’effetto positivo di un intervento dello Stato e l’incremento del benessere dei consumatori possono senz’altro rientrare nella definizione di interesse comune.

(139)

Pertanto, la Commissione ribadisce che la misura di aiuto in esame è intesa a perseguire un obiettivo di comune interesse ben definito.

IV.B.3.2   Aiuto concepito in modo adeguato

(140)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha riconosciuto che il passaggio al digitale può essere ostacolato da determinate situazioni di mancato funzionamento del mercato e da problemi di coesione sociale, cosicché, in linea di principio, i contributi concessi ai consumatori sono un modo accettabile per favorire tale passaggio, a condizione che vengano concessi nel rispetto del principio della neutralità tecnologica.

(141)

La Commissione ha espresso in via preliminare la sua opinione in ordine alla misura in esame per quanto riguarda le diverse possibilità (56) di mancato funzionamento del mercato o i diversi tipi di problemi sociali e anche, in particolare, i mercati relativi alle emittenti televisive, e cioè:

a)

lo sviluppo della radiodiffusione digitale terrestre può essere ostacolato da un problema di coordinamento tra gli operatori del mercato;

b)

la misura rappresenta una compensazione per i consumatori che devono adeguare le proprie apparecchiature analogiche;

c)

l’esistenza di un potere di mercato può impedire che la concorrenza tra gli operatori vada pienamente a vantaggio del mercato;

d)

il passaggio al digitale può determinare esternalità positive grazie a un migliore utilizzo dello spettro delle radiofrequenze;

e)

la misura promuove l’innovazione e lo sviluppo di nuovi servizi, il che costituisce un tipo particolare di esternalità.

(142)

In relazione ai detti punti, occorre esaminare, in primo luogo, se si tratta di reali situazioni di mancato funzionamento del mercato, che ostacolano l’efficiente funzionamento del mercato stesso; in secondo luogo, se gli aiuti di Stato sono il mezzo più idoneo per correggere il mancato funzionamento del mercato; e, in terzo luogo, se l’aiuto concesso corrisponde al minimo necessario per conseguire detto obiettivo.

(143)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha riconosciuto che il problema di coordinamento tra gli operatori del mercato può, in linea di principio, rappresentare un «mancato funzionamento del mercato» perché le emittenti televisive devono concordare date comuni per il passaggio alla radiodiffusione digitale in modo tale da ridurre il più possibile i costi della trasmissione parallela, soprattutto per via del fatto che lo spettro delle radiofrequenze è insufficiente per la trasmissione simultanea dei segnali televisivi analogici e digitali (la cosiddetta fase del simulcast). Verosimilmente i consumatori saranno disposti a passare alla piattaforma digitale solo quando quest’ultima sarà in grado di trasmettere un numero elevato di emittenti. Di conseguenza, le emittenti potrebbero voler aspettare l’arrivo di altri operatori, prima di trasferirsi sulla piattaforma digitale. Senza coordinamento tra gli operatori, questo comportamento potrebbe ritardare il passaggio al digitale. Vi è pertanto l’interesse a ridurre la durata della fase di simulcast e a fare in modo che le emittenti passino simultaneamente al digitale.

(144)

Tuttavia, la Commissione ritiene che la misura non costituisse lo strumento adatto per affrontare un simile mancato funzionamento del mercato. In effetti, l’esistenza di un termine vincolante per il passaggio al digitale — data fissata al 31 dicembre 2006 al momento dell’introduzione della misura stessa — sembra già sufficiente per incoraggiare le emittenti a programmare e coordinare la transizione verso la nuova piattaforma e per aiutare i consumatori ad adattarsi alla nuova tecnologia di trasmissione. Se la concessione di contributi ai consumatori può incrementare la domanda di servizi di televisione digitale terrestre, non serve però ad affrontare la questione specifica del coordinamento tra gli operatori del mercato.

(145)

Quanto al primo punto, l’Italia ha osservato che l’esistenza di un termine vincolante non è sufficiente a garantire la cessazione delle trasmissioni in tecnica analogica se la domanda non è incentivata: infatti, i consumatori non interessati nella televisione a pagamento non sarebbero pronti, dato che le emittenti terrestri già presenti sul mercato non hanno alcun interesse a sovvenzionare l’acquisto del decoder da parte del consumatore in un simile contesto. Pertanto, considerata la situazione sotto il profilo della concorrenza delle emittenti già presenti nel settore della televisione analogica terrestre e il fatto che i consumatori fruivano per lo più di quest’ultimo tipo di televisione, nessun operatore era incoraggiato ad avviare la fase del passaggio al digitale.

(146)

La Commissione ribadisce che, a suo parere, l’esistenza di un termine di legge è uno strumento sufficiente a correggere il mancato funzionamento del mercato determinato dall’esigenza di un coordinamento. Le autorità italiane avendo deciso di avviare il processo di transizione al digitale e fissato per legge un termine per la cessazione delle trasmissioni in tecnica analogica, le emittenti televisive già attive sul mercato dovevano considerare tale decisione come un dato di fatto e, pertanto, iniziare a sviluppare nuove strategie commerciali. Eventuali difficoltà dovute a una domanda insufficiente devono essere valutate a parte e non vanno considerate in relazione all’esigenza di un coordinamento tra gli operatori del mercato.

(147)

In ogni caso, la Commissione ritiene che, date le vaste dimensioni del mercato della televisione terrestre in Italia, il rischio che non venga raggiunta una massa critica di consumatori, sufficiente per giustificare gli investimenti nel digitale terrestre, non è di proporzioni tali che gli operatori commerciali non siano in grado di affrontarlo.

(148)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha sostenuto che offrire una compensazione ai consumatori che devono aggiornare le loro apparecchiature analogiche è un provvedimento necessario perché il passaggio al digitale possa verificarsi senza particolari difficoltà. L’argomento, pur giustificando l’aiuto concesso ai consumatori, non giustifica tuttavia la discriminazione tra le piattaforme terrestri e quelle satellitari, dato che non è necessario orientare i consumatori verso una piattaforma digitale, come fa invece la misura in esame.

(149)

L’Italia si è limitata a ribadire nelle proprie osservazioni l’argomento, già avanzato in precedenza, secondo cui la misura prevede che i decoder consentano la ricezione della televisione in chiaro senza alcun costo per l’utente, il che escluderebbe già la piattaforma satellitare dai vantaggi conferiti dalla misura stessa poiché l’unico operatore satellitare, Sky Italia, richiede un pagamento per l’accesso ai propri programmi.

(150)

La Commissione fa però notare che sul satellite è disponibile un’offerta televisiva in chiaro anche per i consumatori che non sono abbonati a Sky. Non sembra inoltre esserci alcun motivo per escludere dalla concessione del contributo quei consumatori che scelgono di passare ai servizi di televisione digitale erogati a fronte del pagamento di un abbonamento: anzi, è la stessa Italia ad accettare questa impostazione allorché concede il contributo ai consumatori che fruiscono delle trasmissioni sulla piattaforma via cavo, che richiede la sottoscrizione ad un abbonamento.

(151)

Se la condizione «senza alcun costo per l’utente» va interpretata come costo aggiuntivo per la ricezione di canali in chiaro rispetto ai costi già sostenuti dal consumatore per ricevere altri servizi forniti dall’emittente radiotelevisiva, allora anche gli abbonati alla televisione satellitare non sostengono costi aggiuntivi per la visione della televisione in chiaro. D’altro canto, se la disposizione va intesa nel senso che il consumatore non deve sostenere alcun costo per la ricezione di canali in chiaro, non è chiaro perché il contributo viene concesso per i decoder di altre piattaforme che richiedono il pagamento di un abbonamento per determinati servizi Internet e di telecomunicazione.

(152)

L’Italia ritiene che il trattamento differenziato per S-DVB e C-DVB possa essere giustificato dalla politica attuale di incentivazione della diffusione della banda larga. La Commissione non può accogliere questo argomento perché il sostegno allo sviluppo della banda larga non può giustificare la distorsione della concorrenza tra le emittenti: qualsiasi eventuale aiuto a favore della banda larga deve essere adeguatamente considerato e valutato autonomamente.

(153)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha ricordato che un aiuto non è lo strumento adatto per affrontare il problema della scarsa concorrenza, e che concedere un aiuto a favore della tecnologia terrestre perché Sky Italia occupa una posizione monopolistica sul mercato della radiodiffusione via satellite e della televisione a pagamento non è un argomento sufficiente per giustificarne la compatibilità.

(154)

La Commissione ribadisce che, nel contesto dell’acquisizione del controllo di Telepiù e Stream da parte di News Corporation, sono stati richiesti degli impegni che erano già atti a dissipare le preoccupazioni in materia di concorrenza. In effetti, l’impossibilità, in particolare per Sky, di acquistare i diritti su tutte le piattaforme per la trasmissione delle partite di calcio in diretta va chiaramente a favore degli altri operatori di televisione a pagamento, tra i quali anche le emittenti digitali terrestri.

(155)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha sostenuto che nell’ambito del processo di transizione al digitale le emittenti in tecnica analogica già attive sul mercato erano favorite, dato che le concessioni per la trasmissione in tecnica digitale venivano accordate automaticamente e senza alcuna compensazione per lo Stato agli operatori di rete collegati alle emittenti. Pur essendo tenute a fornire a terzi una parte delle loro radiofrequenze, le emittenti si vedevano garantito il 60 % delle capacità di trasmissione; non solo, ma la tecnologia digitale consente alle emittenti una maggior capacità di trasmissione a costi inferiori. Tutti questi fattori sembrano sufficienti ad offrire alle emittenti una compensazione per i costi del passaggio al digitale.

(156)

L’Italia e Mediaset affermano che questo argomento non tiene conto dell’autentico rapporto costi/benefici della transizione, visto che i principali beneficiari del passaggio al digitale (i nuovi concorrenti sul mercato) non coincidono con quelli che ne sostengono i costi (i consumatori e, soprattutto, gli operatori esistenti). La riduzione dei costi non compensa gli operatori già presenti sul mercato dell’accresciuta concorrenza cui devono far fronte, visto che sono costretti a cedere il 40 % della loro capacità a produttori indipendenti. Di conseguenza, gli operatori già attivi sul mercato non sono incentivati a cessare le trasmissioni in tecnica analogica; anzi, anche qualora le emittenti che trasmettono in tecnica analogica ricevano un qualsiasi vantaggio, esso dovrebbe essere considerato una compensazione per i costi sostenuti.

(157)

La Commissione ritiene che l’argomento suesposto si basi su un presupposto errato, cioè che si debbano compensare le perdite eventualmente subite, a causa dell’aumento della concorrenza sul mercato, dagli operatori esistenti che detengono un potere di mercato. L’obbligo di passare al digitale o una riassegnazione delle radiofrequenze che consenta l’ingresso di nuovi concorrenti costituiscono legittimi interventi di regolamentazione e non danno diritto ad alcuna compensazione, in particolare se si considera che le concessioni televisive precedenti sono state accordate senza ricorrere a una gara d’appalto e senza fissarne la scadenza. Nel calcolare i costi del passaggio al digitale, pertanto, non si dovrebbe tener conto delle perdite di rendite subite dalle emittenti già presenti sul mercato.

(158)

Un altro argomento avanzato da Mediaset è il seguente: se l’azienda dovesse finanziare essa stessa il costo di decoder «a tecnologia aperta», si esporrebbe ad azioni di parassitismo da parte dei concorrenti, in quanto il consumatore potrebbe vedere anche altri canali grazie ai decoder finanziati da Mediaset.

(159)

La Commissione non respinge in toto questo argomento, sebbene ritenga che potrebbe rientrare negli interessi delle emittenti l’erogazione ai telespettatori di un’offerta televisiva più ampia, che includa anche i canali dei concorrenti. Questo è particolarmente vero nel caso del mercato italiano, nel quale i consumatori sono abituati a usufruire delle trasmissioni televisive in chiaro e in cui i decoder sovvenzionati «a tecnologia aperta» consentono di riprodurre, nell’ambito della nuova tecnologia digitale, il quadro attualmente esistente per la tecnologia analogica (con l’aggiunta della televisione a pagamento). In un tale contesto, sarebbe probabilmente normale che le principali emittenti sostengano i costi di sovvenzionamento dell’acquisto dei decoder e subiscano qualche azione di parassitismo da parte dei concorrenti (57).

(160)

In ogni caso, la Commissione accetta la possibilità di un intervento dello Stato volto a incentivare la domanda per aiutare le emittenti a far fronte ai costi del passaggio al digitale, considerate le esternalità che comporta quest’ultimo e i problemi di parassitismo che ne possono risultare. Essa però ritiene che detti argomenti non possano giustificare il fatto che l’aiuto è destinato in modo selettivo alla televisione terrestre ed esclude la piattaforma satellitare concorrente.

(161)

Nelle osservazioni presentate prima della pubblicazione della decisione di avvio del procedimento, l’Italia affermava che la tecnologia digitale serve a promuovere l’innovazione offrendo l’interattività (la possibilità per l’utente di «dialogare» con il sistema) e l’interoperabilità (la possibilità per l’utente di avere accesso a tutte le emittenti grazie a un unico decoder).

(162)

Già nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha riconosciuto che la misura in esame ha permesso che il prezzo dei decoder interattivi si allineasse con quello dei modelli più semplici non adatti per i servizi interattivi (zapper).

(163)

Nelle osservazioni presentate in merito alla decisione di avvio del procedimento, tuttavia, l’Italia non ha fornito ragioni valide per escludere il satellite dal beneficio derivante dalla misura, ma ha soltanto ribadito che, quando la misura di aiuto è entrata in vigore, l’interattività dei decoder satellitari era molto limitata per via dell’utilizzo di una tecnologia proprietaria senza standard API aperti.

(164)

La Commissione ritiene che questi argomenti non forniscano una ragione valida per considerare compatibile l’aiuto alle emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e agli operatori via cavo di televisione a pagamento, per i motivi che vengono illustrati di seguito. Anzitutto, era tecnicamente possibile mettere a disposizione sul mercato decoder dotati di capacità interattive avanzate per gli spettatori di televisione in chiaro via satellite. Escludendo a priori dal beneficio i decoder satellitari, la misura in esame ha probabilmente ostacolato la diffusione di decoder satellitari di elevata qualità. In secondo luogo, Sky Italia ha avviato la conversione a una tecnologia con standard «chiusi» nel corso del 2004 e fino ai primi mesi del 2005, e non è possibile escludere che avrebbe potuto operare una scelta diversa qualora la misura di aiuto fosse andata anche a favore del satellite.

(165)

Pertanto, la Commissione rimane del parere che l’esclusione della piattaforma satellitare, in base all’argomento che al momento in cui la misura è stata adottata per la prima volta il satellite utilizzava solo decoder «non interoperativi», non sembra tener conto del fatto che gli operatori satellitari avrebbero potuto essere in grado di offrire la «interoperabilità» e disposti a farlo per poter beneficiare della misura.

IV.B.3.3   Evitare le inutili distorsioni della concorrenza

(166)

Anche se l’intervento pubblico potrebbe essere giustificato in considerazione dell’esistenza di determinate situazioni di mancato funzionamento di mercato e di eventuali problemi di coesione, la Commissione rimane del parere che il modo in cui la misura è concepita introduce inutili distorsioni della concorrenza.

(167)

La Commissione ha illustrato nella precedente sezione IV.A.3 «Distorsione della concorrenza» i motivi per cui ritiene che si sia in presenza di una simile distorsione, al contrario di quanto affermato dall’Italia e da Mediaset. Inoltre, come ha già dichiarato nella decisione di avvio del procedimento, il fatto che gli operatori satellitari siano esplicitamente esclusi dal beneficio dell’aiuto è inutile e produce l’effetto di falsare la concorrenza nel mercato della televisione a pagamento in una situazione in cui alcuni tra i beneficiari sono operatori già esistenti, che agiscono nel mercato estremamente concentrato della televisione analogica terrestre e che possono contare su un pubblico di telespettatori (un’audience) già molto ampio.

(168)

Tuttavia, non sussiste un’inutile distorsione della concorrenza nel caso dei produttori di decoder. La misura promuove lo sviluppo tecnologico sotto forma di decoder dal rendimento più elevato, provvisti di standard che sono a disposizione di tutti i produttori. Il vantaggio può essere conferito a qualsiasi produttore di decoder che intenda avviare una produzione di questo tipo, inclusi i produttori situati in altri Stati membri. Benché sia vero che la misura modificherà la normale ripartizione delle risorse nel mercato poiché incentiva la domanda di decoder, questo risultato è l’effetto di per sé inevitabile di qualsiasi politica pubblica a favore del passaggio al digitale — anche la più neutra dal punto di vista tecnologico. Pertanto, non è possibile affermare che la misura introduce inutili distorsioni della concorrenza per quanto riguarda i produttori di decoder.

IV.B.3.4   Conclusione sull’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE

(169)

L’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), prevede che vi sia un equilibrio tra gli sviluppi positivi derivanti da una determinata misura e i suoi effetti negativi sulla concorrenza. Nell’attuale contesto, sembra che il passaggio al digitale e l’interoperabilità siano obiettivi di comune interesse i quali, in presenza di esternalità derivanti da tale passaggio al digitale e di problemi di coesione causati dall’obbligo per i consumatori di passare alla televisione digitale, possono, in linea di principio, giustificare l’aiuto sotto forma di un contributo concesso ai consumatori.

(170)

La misura presenta tuttavia determinate caratteristiche che non sono né necessarie né proporzionate e determinano un’inutile distorsione a favore delle emittenti televisive terrestri già presenti sul mercato, in un mercato apparentemente caratterizzato da un rigido oligopolio e nel quale tali distorsioni possono avere un considerevole effetto sulla concorrenza.

(171)

Di conseguenza, la Commissione ritiene che l’aiuto alle emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e agli operatori via cavo di televisione a pagamento non possa essere considerato compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE. D’altra parte, la Commissione ritiene che la misura a favore dei produttori di decoder, qualora si configurasse come un aiuto, sarebbe compatibile ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE.

IV.B.4   ARTICOLO 87, PARAGRAFO 3, LETTERA D), DEL TRATTATO CE

(172)

L’Italia sostiene che, vista la presenza di numerose emittenti terrestri locali che il governo italiano intende proteggere, la misura è compatibile in virtù della deroga prevista all’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), del trattato CE in considerazione dei suoi effetti positivi sulla diversità culturale. Visto che il satellite non si presta efficacemente alla fornitura di servizi locali, i decoder satellitari non devono beneficiare del contributo in esame.

(173)

La Commissione ritiene di non poter accogliere l’argomento suesposto avanzato dall’Italia. La misura non è specificamente destinata alla promozione di obiettivi culturali né si prefigge in modo particolare di rafforzare la diversità culturale favorendo unicamente gli operatori locali che, in assenza dell’aiuto, non sarebbero presenti sul mercato: essa favorisce in generale le emittenti terrestri e gli operatori via cavo di televisione a pagamento. Pertanto, considerato il carattere restrittivo dell’applicabilità delle deroghe, la Commissione non può accettare che una misura di vaste proporzioni e dagli effetti ad ampio raggio possa essere giustificata per via delle sue ripercussioni positive sulle emittenti locali.

IV.B.5   ARTICOLO 86, PARAGRAFO 2, DEL TRATTATO CE

(174)

La Commissione ritiene che nel caso di specie non sia possibile invocare la deroga, prevista all’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE, applicabile a una compensazione dello Stato per i costi sostenuti per fornire un servizio pubblico. Lo Stato membro non ha infatti chiaramente definito e imposto obblighi di servizio pubblico rispetto ai quali la misura costituirebbe una compensazione in misura proporzionale; anzi, tale misura va anche a vantaggio delle normali attività commerciali di diversi operatori che non forniscono un servizio pubblico.

(175)

Anche nel caso dell’emittente del servizio pubblico, la RAI, qualora sussistessero obblighi di servizio pubblico in relazione agli investimenti realizzati nel settore della televisione digitale, i costi di tali investimenti avrebbero dovuto essere identificati con precisione in modo da consentire un livello adeguato di compensazione.

IV.B.6   CONCLUSIONE SULLA VALUTAZIONE DELLA COMPATIBILITÀ

(176)

Si conclude, pertanto, che l’aiuto alle emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e agli operatori via cavo di televisione a pagamento non è contemplato da alcuna delle deroghe previste dal trattato e, di conseguenza, non è compatibile con il mercato comune.

IV.C   CONCLUSIONE DELLA VALUTAZIONE GIURIDICA

(177)

La Commissione conclude che il contributo concesso dall’Italia in favore delle emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e agli operatori via cavo di televisione a pagamento per l’acquisto di decoder che consentano la ricezione di segnali televisivi in tecnica digitale terrestre costituisce un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE. L’aiuto non è compatibile con il mercato comune. Esso non è stato comunicato alla Commissione da parte dello Stato membro interessato ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE, ed è stato attuato illegittimamente senza l’autorizzazione della Commissione. Le emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e gli operatori via cavo di televisione a pagamento interessati dall’aiuto sono pertanto tenuti a rimborsarlo.

(178)

La Commissione conclude altresì che i produttori di decoder non sono tenuti a rimborsare alcun aiuto.

V.   SOPPRESSIONE DELL’AIUTO

V.A   NECESSITÀ DI SOPPRIMERE L’AIUTO

(179)

Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia, la Commissione, qualora abbia accertato l’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune, è competente a decidere che lo Stato interessato sia tenuto a sopprimere o modificare tale aiuto (58). Sempre secondo la giurisprudenza costante della Corte, l’obbligo imposto a uno Stato di sopprimere un aiuto che la Commissione considera incompatibile con il mercato comune è finalizzato al ripristino dello status quo ante (59). La Corte ha stabilito al riguardo che tale obiettivo è raggiunto quando il beneficiario ha rimborsato gli importi concessi a titolo di aiuti illegittimi, perdendo quindi il vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti, e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata (60).

(180)

Successivamente a detta giurisprudenza il regolamento (CE) n. 659/1999 (61), all’articolo 14, paragrafo 1, ha stabilito: «Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario […]. La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario».

(181)

Nelle osservazioni dell’Italia si afferma che la Commissione non dovrebbe imporre il recupero dell’aiuto perché ciò sarebbe in contrasto con un principio generale del diritto comunitario:

a)

secondo l’Italia, imporre il recupero sarebbe in contrasto con il principio di tutela del legittimo affidamento in quanto, quand’anche avessero adottato un comportamento diligente, le emittenti non avrebbero potuto rifiutare l’aiuto né opporsi in alcun modo alla sua concessione. L’Italia sostiene che lo stesso ragionamento è stato adottato nella decisione 2006/513/CE (62);

b)

inoltre, secondo quanto affermato dall’Italia, vi era fin dall’inizio la consapevolezza dell’impossibilità di procedere al recupero (63): nel caso in esame, sostengono le autorità italiane, è impossibile determinare quale emittente abbia beneficiato della misura e per quale importo, pertanto la Commissione non dovrebbe imporre il recupero dell’aiuto.

(182)

Nel caso di specie la Commissione ritiene che nessun principio generale del diritto comunitario si opponga al recupero dell’aiuto. Per quanto riguarda in particolare il legittimo affidamento, la Corte di giustizia ha stabilito quanto segue: «tenuto conto del carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi dell’art. 93 [= attuale art. 87] del trattato, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato articolo. Un operatore economico diligente, infatti, deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata» (64). Il beneficiario può opporsi alla restituzione dell’aiuto soltanto nei casi in cui possa invocare «circostanze eccezionali sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio affidamento nella natura regolare dell’aiuto» (65).

(183)

L’aiuto in esame è stato concesso senza notifica preventiva; non solo, ma nel caso di specie non è possibile accertare l’esistenza di circostanze eccezionali, dato che nessun elemento poteva indurre l’impresa beneficiaria a ritenere di essere autorizzata, sulla base di fatti specifici o di garanzie ricevute dalla Commissione, a fondare il proprio affidamento quanto al fatto che il beneficio concessole dalle autorità pubbliche non sarebbe stato considerato un aiuto.

(184)

Per quanto riguarda l’impossibilità per i beneficiari di «rifiutare» l’aiuto, la Commissione osserva che, qualora venisse accolto un simile argomento, gli Stati membri potrebbero concedere aiuti indiretti tramite i consumatori senza consentire in alcun modo alla Commissione di ripristinare condizioni di normale concorrenza. Osserva altresì che non sembra opportuno fare riferimento alla decisione 2006/513/CE (66): poiché in quel caso la Commissione ha deciso che la misura poteva essere soppressa mediante il recupero presso i beneficiari diretti di tutti gli aiuti concessi, ed ha effettivamente proceduto in questo modo. In quel contesto non era stata sollevata la questione della possibilità di «rifiutare» o no l’aiuto. Occorre inoltre osservare che in merito alla causa Germania/Commissione (67), la Commissione ha imposto il recupero di un aiuto versato agli investitori che avevano acquisito partecipazioni azionarie in imprese situate nei nuovi Länder tedeschi e a Berlino Ovest, e che l’ordine di recupero è stato confermato dalla Corte.

(185)

L’Italia ha sostenuto, inoltre, che il recupero è impossibile perché non è possibile determinare quale emittente abbia beneficiato di un trasferimento di risorse statali e per quale importo.

(186)

È esatto affermare che la Commissione non può imporre un obbligo la cui esecuzione risulterebbe fin dall’inizio impossibile in termini obiettivi e assoluti. La Commissione riconosce che, dati gli elementi emersi nel caso in esame, può in certo modo risultare più difficile, rispetto ad altri casi, determinare con precisione l’importo delle risorse statali che è andato effettivamente a favore dei beneficiari dell’aiuto. Ciononostante, essa ritiene che non sia impossibile quantificare il vantaggio conferito ai beneficiari dell’aiuto.

(187)

La Commissione ritiene pertanto che non vi siano ragioni sufficienti per sollevare lo Stato membro dall’obbligo di sopprimere la misura e di ripristinare le condizioni di concorrenza.

V.B   BENEFICIARI DELL’AIUTO DI STATO

(188)

Nel caso in esame lo Stato ha corrisposto a privati un contributo per l’acquisto di determinati decoder; tuttavia, né i consumatori né i produttori di decoder possono essere considerati i beneficiari dell’aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE. La Corte di giustizia ha già precisato che gli aiuti vanno recuperati presso i beneficiari effettivi degli stessi, i quali, nel caso di specie, sono le emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e gli operatori via cavo di televisione a pagamento (68).

(189)

In effetti, in seguito agli argomenti presentati nelle sezioni IV.A.2 e IV.A.3 nel quadro della valutazione dell’esistenza di un vantaggio selettivo e della distorsione della concorrenza, la Commissione ritiene che i vantaggi principali derivanti dalla misura consistano nella costituzione di una base di clientela per l’introduzione di nuovi servizi digitali, segnatamente di attività pay per view, e nell’incremento del numero di clienti degli operatori via cavo.

(190)

La Commissione, pertanto, chiede il recupero dell’aiuto presso le emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e gli operatori via cavo di televisione a pagamento.

V.C   QUANTIFICAZIONE DELL’AIUTO DA RECUPERARE

(191)

Nello stabilire che cosa debba essere recuperato presso le emittenti, la Commissione riconosce che determinare con precisione l’importo delle risorse statali di cui hanno effettivamente beneficiato i beneficiari è un compito in certo modo complesso. Questo perché non solo l’aiuto è stato concesso indirettamente per il tramite dei consumatori, ma anche perché era legato all’apparecchio di ricezione necessario per ricevere i servizi delle emittenti piuttosto che ai servizi in sé.

(192)

Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, nessuna norma di diritto comunitario impone che la Commissione, all’atto di ordinare la restituzione di un aiuto dichiarato incompatibile con il mercato comune, determini l’importo esatto dell’aiuto da restituire. È sufficiente che la decisione della Commissione contenga elementi che permettano al destinatario della decisione stessa di determinare senza difficoltà eccessive tale importo (69).

(193)

Pertanto, la Commissione ritiene opportuno fornire alcuni orientamenti circa il metodo da adottare per quantificare il vantaggio. In particolare, la Commissione ritiene che, considerate le caratteristiche peculiari del caso in esame, un metodo idoneo consista nel calcolare l’importo dei profitti supplementari generati, grazie alla misura in esame, dai nuovi servizi digitali e dalle offerte di televisione a pagamento o di pay per view.

(194)

Si ricorda che nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha invitato le parti interessate a fornire una stima dell’entità del vantaggio o, quantomeno, a proporre un metodo che la Commissione potesse seguire per quantificare precisamente il vantaggio selettivo di cui hanno fruito i beneficiari. Non sono però pervenute osservazioni al riguardo; solo Sky Italia ha fornito un elenco provvisorio delle possibili ripercussioni dell’aiuto, senza tuttavia proporre un metodo di precisa quantificazione utile per calcolare l’importo da recuperare.

(195)

La Commissione ritiene che i succitati profitti supplementari possano essere calcolati come la quota di profitti generata dal numero di spettatori in più che l’adozione della misura di aiuto pubblica ha attirato verso l’offerta di televisione pay per view e verso i nuovi canali digitali.

(196)

Il primo elemento di cui è necessario disporre, quindi, è una stima del numero di spettatori in più registrato dalla televisione terrestre e via cavo a pagamento. Dal momento che una percentuale significativa dei consumatori idonei a beneficiare del contributo non vi ha fatto ricorso, e dato che quanti ne hanno beneficiato potrebbero essere stati incoraggiati a farlo da considerazioni diverse dall’esistenza del contributo, il numero di telespettatori la cui decisione è stata influenzata dalla concessione di quest’ultimo non è pari al numero totale di spettatori che hanno acquistato un decoder utilizzando il contributo.

(197)

Per poter stabilire in che modo il contributo ha influenzato il comportamento dei consumatori, occorre definire un modello di domanda dei consumatori e valutare il peso rispettivo dei diversi incentivi per questa domanda. L’incidenza del prezzo dei servizi di televisione a pagamento (comprese le apparecchiature) sulla scelta dei consumatori fornirà quindi un’indicazione sull’effetto derivante dalla concessione del contributo.

(198)

La prima fase dell’analisi consiste nel definire dei modelli di scelta dei consumatori tra le alternative principali di cui essi dispongono. Nel 2004 e nel 2005 i consumatori italiani di televisione analogica terrestre potevano scegliere tra le seguenti quattro opzioni principali:

a)

rimanere nella piattaforma analogica terrestre e rimandare il passaggio al digitale;

b)

passare alla televisione digitale satellitare, con o senza l’acquisto di servizi di televisione a pagamento;

c)

passare alla televisione digitale terrestre, con o senza l’acquisto di servizi di televisione a pagamento;

d)

passare alla televisione via cavo, con o senza l’acquisto di servizi di televisione a pagamento.

(199)

La televisione a pagamento sulle piattaforme terrestre, satellitare e via cavo consiste in una serie di opzioni a pagamento per la fornitura agli spettatori di contenuti televisivi speciali ad alto valore aggiunto (cosiddetti contenuti premium). I consumatori non interessati all’offerta di televisione a pagamento passano alla televisione digitale soprattutto per motivi tecnici, dato che nel 2004-2005 l’offerta televisiva in chiaro disponibile in tecnica digitale è certo più ricca rispetto a quella in tecnica analogica ma sostanzialmente non molto diversa. La concessione del contributo non incide sulla scelta di questi consumatori, i quali, pertanto, dovrebbero essere esclusi dal calcolo.

(200)

Esisteva però un certo numero di consumatori interessati ai contenuti premium (televisione a pagamento) i quali hanno dovuto scegliere tra i due fornitori di digitale terrestre disponibili sul mercato (ossia Mediaset e Telecom Italia), il fornitore satellitare e Fastweb; il contributo può avere avuto una certa influenza nell’orientare la scelta di questi consumatori.

(201)

La Commissione ritiene che si debba tener conto della differenza tra l’offerta di Fastweb, che è un operatore «triple play», e quella di altri fornitori di televisione a pagamento ai fini del calcolo del numero di consumatori che hanno scelto Fastweb motivati soltanto dal contributo.

(202)

Un altro gruppo di consumatori sulla cui scelta può avere inciso la concessione del contributo è quello dei consumatori marginali di televisione a pagamento, cioè di quanti hanno una preferenza debole per i contenuti premium e che potrebbero essere indotti da promozioni e offerte speciali all’acquisto di tali contenuti. La concessione del contributo può aver incrementato l’accesso dei fornitori di digitale terrestre a questo tipo di domanda.

(203)

Ad esempio, un modello di domanda a scelta discreta (discrete choice demand model) (70) potrebbe valutare l’impatto di una serie di diversi fattori, quali i contenuti dei programmi e il prezzo, sulle scelte operate da vari tipi di consumatori. Per elaborare con precisione un simile modello la Commissione avrà bisogno della collaborazione dell’Italia, dato che la definizione del modello dipende necessariamente dalla disponibilità dei dati e dalle loro caratteristiche. Dato che permette di valutare l’impatto di una serie di fattori, come ad esempio i contenuti dei programmi e il prezzo, sulle scelte operate da vari tipi di consumatori, tale modello di domanda a scelta discreta potrebbe consentire di stabilire il numero di consumatori supplementari che scelgono il pay per view motivati soltanto dal contributo e, quindi, di escludere dal calcolo l’altra quota di consumatori di cui è composta la nuova domanda registrata nel periodo 2004-2005.

(204)

Una volta ottenuta la stima del numero di utenti supplementari delle offerte di televisione a pagamento terrestre e di televisione pay per view, la seconda fase consiste nello stimare il ricavo medio per utente (average revenue per user) per il 2004 e il 2005. Questo richiede una stima del numero totale di utenti dei servizi di televisione a pagamento e di pay per view: il valore del ricavo medio per utente si ottiene dividendo i ricavi complessivi provenienti dai servizi di televisione a pagamento per il numero totale di utenti.

(205)

Moltiplicando il ricavo medio per utente per il numero stimato di utenti supplementari si ottengono i profitti supplementari generati dalla misura di aiuto. Per ottenere l’importo da recuperare, da quest’ultima cifra vanno sottratti i costi aggiuntivi di servizio per questi utenti supplementari (71), costi che la Commissione prevede siano relativamente bassi, dato che i costi incrementali di trasmissione sono trascurabili e che i costi fissi non dovrebbero essere inclusi nel calcolo.

V.D   ESECUZIONE DELLA DECISIONE

(206)

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha dichiarato che uno Stato membro che incontri difficoltà impreviste ed imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione, può sottoporre questi problemi alla valutazione della stessa Commissione, proponendo opportune modifiche. In questo caso, la Commissione e lo Stato membro devono collaborare in buona fede onde superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del trattato CE (72).

(207)

La Commissione invita pertanto l’Italia a sottoporre alla valutazione della Commissione stessa gli eventuali problemi incontrati all’atto dell’esecuzione della presente decisione.

(208)

Considerato quanto precede, la Commissione:

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Il regime al quale la Repubblica italiana ha illegittimamente dato esecuzione a favore delle emittenti digitali terrestri che offrono servizi di televisione a pagamento e degli operatori via cavo di televisione a pagamento costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

Articolo 2

1.   La Repubblica italiana adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dai beneficiari l’aiuto di cui all’articolo 1.

2.   Il recupero viene eseguito senza indugio e con le procedure di diritto interno, a condizione che queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione. Le somme da recuperare sono produttive di interessi, che decorrono dalla data in cui l’aiuto è divenuto disponibile per i beneficiari fino alla data del recupero.

3.   Gli interessi da recuperare a norma del paragrafo 2 sono calcolati in conformità della procedura di cui agli articoli 9 e 11 del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (73).

Articolo 3

Entro due mesi dalla notifica della presente decisione la Repubblica italiana informa la Commissione dei provvedimenti adottati per conformarvisi. Tali informazioni vengono comunicate tramite il questionario allegato alla presente decisione.

Entro lo stesso termine di cui al primo comma la Repubblica italiana trasmette i documenti necessari a comprovare che è stata avviata la procedura di recupero presso i beneficiari degli aiuti illegittimi e incompatibili.

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 24 gennaio 2007.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 118 del 19.5.2006, pag. 10.

(2)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).

(3)  Cfr. nota 1.

(4)  Più precisamente, il testo della legge all’articolo citato recita: «[…] Il contributo è riconosciuto a condizione che sia garantita la fruizione diretta e senza restrizione dei contenuti e servizi in chiaro e che siano fornite prestazioni di interattività, […] attraverso interfacce di programmi (API) aperte e riconosciute tali, conformi alle norme pubblicate nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee ai sensi dell’articolo 18 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002 […]».

(5)  Provvedimento n. 15389 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) CI2 «Presidente del Consiglio dei ministri — Contributi decoder TV» del 10 maggio 2006 basato sulla legge sul conflitto di interessi.

(6)  Per trasmettere gli stessi dati, a seconda della qualità della radiodiffusione e dell’uso dell’interattività, la tecnica digitale utilizza al massimo circa un quinto della frequenza necessaria con la tecnica analogica di trasmissione.

(7)  Cfr. COM(2002) 263 def., «Comunicazione della Commissione — eEurope 2005: una società dell’informazione per tutti» nella GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 123, COM(2003) 541 def., «Comunicazione della Commissione sulla transizione dalla trasmissione radiotelevisiva analogica a quella digitale (dallo “switchover” digitale allo “switch-off” analogico)» nella GU C 96 del 24.4.2004, pag. 17, COM(2004) 541 def., «Comunicazione della Commissione sull’interoperabilità dei servizi di televisione digitale interattiva» nella GU C 123 del 21.5.2005, pag. 2, e COM(2005) 204 def., «Comunicazione della Commissione — Accelerare la migrazione dalla radiodiffusione televisiva in tecnica analogica a quella digitale» nella GU C 49 del 28.2.2006, pag. 23.

(8)  Per semplicità, nel prosieguo del testo viene utilizzato soltanto il termine «terrestre».

(9)  Le infrastrutture sono gestite da RTI, che è comunque di proprietà di Mediaset.

(10)  Alla fine di dicembre del 2005 Mediaset aveva acquistato da Holland Italia le frequenze analogiche di EuropaTV e progettava di realizzare un canale DVB-H per la televisione mobile. In base alle informazioni presentate dalle autorità italiane per il caso dell’aiuto di Stato C 52/2005 del 13 maggio 2005 (rif. A/33952), nel 2005 gli operatori presenti sul mercato erano RAI, RTI, TI e Prima TV.

(11)  Dato ripreso dalle informazioni presentate dalle autorità italiane per il caso dell’aiuto di Stato C 52/2005 del 13 maggio 2005.

(12)  Delibera AGCOM 136/05/CONS recante «Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n. 112», Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dell’11 marzo 2005, n. 35.

(13)  Gli obblighi maggiormente rilevanti imposti ai due operatori sono: a) accelerare la digitalizzazione della rete; b) RTI deve avvalersi di una concessionaria di pubblicità diversa da Publitalia ’80 per le trasmissioni in tecnica digitale; inoltre, Publitalia ’80 deve operare una separazione contabile tra i ricavi derivanti dalla televisione analogica e quelli dalla televisione digitale terrestre; c) la RAI deve realizzare un nuovo programma generalista da trasmettere in tecnologia digitale.

(14)  GU L 108 del 24.4.2002, pagg. 33.

(15)  GU L 108 del 24.4.2002, pag. 21.

(16)  GU L 249 del 17.9.2002, pag. 21.

(17)  Provvedimento 15389 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) CI2 «Presidente del Consiglio dei ministri — Contributi decoder TV» del 10 maggio 2006.

(18)  Relazione annuale dell’AGCOM del 30 giugno 2006.

(19)  Sito Internet del ministero italiano delle Comunicazioni, sezione «News».

(20)  Cfr. la relazione dell’AGCOM ai sensi della legge 24 febbraio 2004, n. 43, di conversione del decreto-legge 24 dicembre 2004, n. 352, recante «Disposizioni urgenti concernenti modalità e tempi di definitiva cessazione del regime transitorio della legge 31 luglio 1997, n. 249».

(21)  Decisione dell’11 maggio 2006, prot. n. 21263/06.

(22)  Legge 20 luglio 2004, n. 215.

(23)  Decisione del 13 giugno 2002 nella causa C-382/99, Racc. 2002, pag. I-05163.

(24)  Cfr. la decisione 2006/513/CE della Commissione, del 9 novembre 2005, sull’aiuto C 25/2004 — Finanziamento all’installazione della DVB-T (televisione terrestre digitale) a Berlino-Brandeburgo — Germania, pubblicata nella GU L 200 del 22.7.2006, pag. 14.

(25)  Delibera n. 163/06/CONS, Atto di indirizzo — Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale. Pubblicata sul sito web dell’AGCOM il 29 marzo 2006.

(26)  Provvedimento 13137, caso n. C/6161 — RAI/Rami d’azienda, del 29 aprile 2004.

(27)  Indagine conoscitiva n. 23, aperta con decisione n. 12056 del 29 maggio e chiusa con decisione n. 13770 del 16 novembre 2004.

(28)  Al punto 55 della decisione di avvio del procedimento la Commissione ha menzionato un’indagine effettuata dall’AGCOM sulla presenza sul mercato di decoder a prezzi accessibili. L’AGCOM era giunta alla conclusione che l’incidenza dell’acquisto del decoder sul reddito di una famiglia media, con o senza contributo pubblico, è limitata e che la tendenza di mercato indicava che, anche senza l’aiuto, più del 50 % delle famiglie avrebbero avuto un decoder entro il 2006, in uno scenario «ottimistico», o all’inizio del 2008 in uno scenario «pessimistico».

(29)  Cit., cfr. nota 24.

(30)  Causa C-75/97, Belgio/Commissione, Racc. 1999, pag. I-3671.

(31)  Cit., cfr. nota 24.

(32)  Le barriere principali erano le seguenti: a) un quadro normativo che consentirebbe ai fornitori di televisione digitale terrestre di essere operativi solo a partire dal 2007; b) l’esigenza di modernizzare le reti di radiodiffusione a costi considerevoli; c) costi di trasmissione più elevati per la televisione digitale terrestre rispetto al satellite; d) la necessità di lanciare sul mercato un numero molto elevato di decoder per il digitale terrestre; e) l’esigenza che le autorità di regolamentazione modifichino il regime applicabile alle frequenze nazionali per permettere la realizzazione del simulcast; e f) il rischio che una percentuale notevole della popolazione non riceva il segnale della televisione digitale terrestre.

(33)  «Mediaset, The beautiful game», del 18 gennaio 2005.

(34)  L’ANIE sostiene che il comportamento di Sky ostacola lo sviluppo tecnologico in quanto non consente lo sviluppo di decoder che utilizzino sistemi di accesso condizionato diversi nonché lo sviluppo di altre potenzialità, quali quelle offerte dai decoder «aperti». Sky impedisce, in particolare, lo sviluppo tecnologico dei comuni decoder satellitari e terrestri più evoluti.

(35)  Causa C-382/99, Paesi Bassi/Commissione, Racc. 2002, pag. I-5163, e causa C-156/98, Germania/Commissione, Racc. 2000, pag. I-6857, punti 24-28.

(36)  Il caso italiano non è l’unico: analogamente, l’Office of Fair Trading (OFT) del Regno Unito, al punto 371 dell’indagine n. CA98/20/2002 relativa a BskyB, illustra l’importanza dell’acquisizione di una clientela per BSkyB.

(37)  Con «smart card» (o «carta intelligente») si intende qui un dispositivo che consente di identificare l’utente e permette di svolgere transazioni on line.

(38)  «Mediaset, The beautiful game», cit. (cfr. nota 33).

(39)  Relazione annuale dell’AGCOM del 30 giugno 2006.

(40)  Causa C-156/98 cit. (cfr. nota 35). Nel caso citato, probabilmente il beneficiario indiretto non avrebbe agito in assenza dell’intervento dello Stato: i beneficiari sono le imprese nelle quali investono gli investitori cui viene conferito il vantaggio fiscale, ed è possibile che vi siano casi in cui queste imprese non agiscono neppure in modo da ricevere tale vantaggio. Come viene chiarito dalla Corte ai punti 25-28 della sentenza, una misura costituisce aiuto quando il beneficio indirettamente concesso alle imprese scaturisce dalla rinuncia dello Stato membro alle entrate tributarie che avrebbe normalmente percepito, laddove proprio tale rinuncia offre agli investitori la possibilità di acquisire partecipazioni in tali imprese a condizioni fiscalmente più vantaggiose. L’intervento di una decisione autonoma da parte degli investitori non produce l’effetto di far venire meno il nesso esistente tra lo sgravio fiscale e il beneficio a favore delle imprese interessate, atteso che, in termini economici, la modificazione delle condizioni di mercato che genera tale beneficio costituisce la risultante del venir meno di entrate tributarie per i pubblici poteri.

(41)  Cit. (cfr. nota 24).

(42)  Come si è già spiegato al punto 9, la radiodiffusione in tecnica digitale consente un utilizzo più efficiente dello spettro delle radiofrequenze.

(43)  Cfr. articolo 9 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro).

(44)  «Triple play» (= «triplo gioco») è un termine di marketing per indicare l’offerta congiunta di Internet ad alta velocità, di servizi di telefonia e di servizi televisivi su una connessione a banda larga.

(45)  Cfr. il punto 88, lettera d), della relazione dell’AGCOM, cit. (cfr. nota 20).

(46)  Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato: Conclusion of fact-finding investigation into sale of television commercials (versione inglese delle «Conclusioni dell’indagine conoscitiva sul settore televisivo: la raccolta pubblicitaria»), Roma, 6 dicembre 2004.

(47)  Cit. (cfr. nota 5).

(48)  Sentenza del 24 luglio 2003 nella causa C-280/00, Altmark Trans Gmbh, Racc. 2003, pag. I-7747, punti 88-94.

(49)  GU C 350 del 10.12.1994, pag. 5. Cfr. sezione III.3.

(50)  Cfr. la relazione dell’AGCOM cit., punti da 50 a 56.

(51)  Sentenza dell’8 marzo 1988 nelle cause riunite C-62/87 e C-72/87 Exécutif régional wallon e SA Glaverbel/Commissione, Racc. 1998, pag. I-01573.

(52)  COM(2003) 541 def. e COM(2005) 204 def., cit. (cfr. nota 7).

(53)  Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale ed al Comitato delle regioni, COM(2005) 229 def. del 1o giugno 2005.

(54)  Cit. (cfr. nota 14). Cfr. considerando 18.

(55)  Cfr. COM(2004) 541, cit., (cfr. nota 7).

(56)  Cfr. anche la decisione 2006/513/CE della Commissione — cit. (cfr. nota 24).

(57)  La Commissione ritiene che, data la particolare situazione di forte integrazione verticale del mercato televisivo italiano, i rischi evidenziati dalle parti interessate non siano molto elevati, perlomeno per determinati operatori. Questa convinzione della Commissione sembra essere condivisa da alcuni operatori finanziari; nello studio già citato della Deutsche Bank, ad esempio, si legge: «Surely the risk is that [...] Mediaset is helping undermine its own terrestrial franchise [...] we believe that [...] as analogue TV will be switched off, it is far more sensible to capitalize on the opportunity created by the technological payTV hardware vacuum arising due largely to Italy’s unique broadcasting infrastructure. We suspect Mediaset and RAI will jointly continue to dominate audience shares in DTT [...] Given their control of access to DTT customers for new entrant channels seeking to join their multiplexes, we believe their control of the competitive landscape is assured» («Certamente c’è il rischio che [...] Mediaset stia contribuendo a indebolire la sua stessa concessione di trasmissione terrestre [...] riteniamo che [...] con la cessazione dei programmi in tecnica analogica, sia di gran lunga più sensato trarre profitto dall’opportunità offerta dal vuoto di hardware per la televisione a pagamento venutosi a creare, in gran parte, a causa dell’unicità della situazione italiana nel settore delle infrastrutture di radiodiffusione. Sospettiamo che Mediaset e RAI continueranno a dominare insieme gli share di audience della televisione digitale terrestre [...] Tenuto conto del controllo che queste aziende esercitano sull’accesso ai clienti di digitale terrestre da parte dei nuovi canali che tentano di utilizzare i loro multiplex, siamo convinti che si siano assicurate il controllo della situazione di concorrenza sul mercato»).

(58)  Causa C-70/72, Commissione/Germania, Racc. 1973, pag. 00813, punto 13.

(59)  Cause riunite C-278/92, C-279/92 e C-280/92, Spagna/Commissione, Racc. 1994, pag. I-4103, punto 75.

(60)  Causa C-75/97, Belgio/Commissione, Racc. 1999, pag. I-03671, punti 64-65.

(61)  Cfr. nota 2.

(62)  Cit. (cfr. nota 24).

(63)  L’Italia si riferisce alla causa C-75/97, cit.

(64)  Causa C-169/95, Spagna/Commissione, Racc. 1997, pag. I-135, punto 51.

(65)  Causa C-5/89, Commissione/Germania (BUG-Alutechnik), Racc. 1990, pag. I-3437, punti 13 e 14.

(66)  Cit. (cfr. nota 24).

(67)  Causa C-156/98, Germania/Commissione, cit. (cfr. nota 35).

(68)  Causa C-303/88, Italia/Commissione, Racc. 1991, pag. I-1433, punto 57.

(69)  Cfr. in particolare, causa C-480/98, Spagna/Commissione, Racc. 2000, pag. I-8717, punto 25, e causa C-415/03, Commissione/Grecia, Racc. 2005, pag. I-03875, punto 39.

(70)  Nella letteratura accademica molto speso si ricorre all’uso di questi modelli per fornire una valutazione di questioni legate alla scelta del consumatore. Un’introduzione a questo tipo di modelli figura in numerosi testi di econometria adottati nei corsi di dottorato e di specializzazione: si veda, ad esempio, W. Greene (2000), Econometric Analysis, fourth edn, Prentice Hall, Upper Saddle River, NJ, oppure G.S. Maddala, Limited Dependent Variables and Qualitative Variables in Econometrics, Cambridge University Press, 1983.

(71)  Tali costi spesso vengono definiti «costi evitabili», ossia costi che si sarebbero evitati nell’ipotesi che la concessione del contributo non avesse attirato nessuno spettatore in più.

(72)  Causa C-94/87, Commissione/Germania, Racc. 1989, pag. 175, punto 9, e causa C-348/93, Commissione/Italia, Racc. 1995, pag. I-673, punto 17.

(73)  GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1.


ALLEGATO

Informazioni concernenti l’esecuzione della decisione C(2006) 6634 della Commissione relativa al regime di aiuti di Stato C 52/2005 (ex NN 88/2005, ex CP 101/2004) — Italia: contributo ai decoder digitali

1.   Calcolo dell’importo da recuperare

1.1.

Indicare dettagliatamente l’ammontare degli incentivi illegittimamente concessi messo a disposizione dei beneficiari dell’aiuto:

Data(e) dei pagamenti (1)

Ammontare dell’aiuto (2)

Valuta

Identità del soggetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti:

1.2.

Indicare dettagliatamente in che modo sarà calcolato l’ammontare degli interessi sull’ammontare dell’aiuto da recuperare.

2.   Provvedimenti previsti e già adottati per recuperare gli aiuti

2.1.

Indicare dettagliatamente quali provvedimenti siano previsti e quali provvedimenti siano già stati adottati per procedere all’immediato ed effettivo recupero degli incentivi. Si prega di specificare quali misure alternative sono previste dalla legislazione nazionale per effettuare il recupero. Specificare la base giuridica di detti provvedimenti.

2.2.

Entro quale data sarà completato il recupero?

3.   Recupero già effettuato

3.1.

Fornire i seguenti dati relativi all’ammontare degli aiuti che sono stati recuperati presso i beneficiari:

Data(e) (3)

Ammontare rimborsato

Valuta

Identità del soggetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3.2.

Si prega di fornire le informazioni necessarie a dimostrare l’avvenuto pagamento degli ammontari di aiuto indicate nella tabella al punto 3.1.


(1)  Date in cui l’aiuto è stato messo a disposizione del beneficiario (se la misura consiste in molteplici versamenti e/o rimborsi usare righe differenti).

(2)  Ammontare dell’aiuto messo a disposizione del beneficiario (equivalente sovvenzione lordo; prezzi di…).

(3)  Data(e) alla quale l’aiuto è stato rimborsato.


8.6.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 147/29


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 7 febbraio 2007

relativa all'esenzione dall'accisa sugli oli minerali utilizzati come combustibile per la produzione di allumina nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna, cui hanno dato esecuzione rispettivamente la Francia, l'Irlanda e l'Italia [C 78/2001 (ex NN 22/01), C 79/2001 (ex NN 23/01), C 80/2001 (ex NN 26/01)]

[notificata con il numero C(2007) 286]

(I testi in lingua francese, inglese e italiana sono i soli facenti fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2007/375/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l'articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato (1) gli interessati a presentare osservazioni conformemente ai detti articoli, e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

(1)

La tassazione degli oli minerali è stata soggetta all'armonizzazione a livello comunitario sin dall'entrata in vigore della direttiva 92/81/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, sull'armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali (2). L'utilizzo di oli minerali per la produzione di allumina non era escluso dall'ambito di applicazione della direttiva 92/81/CEE, né ha costituto l'oggetto di una esenzione obbligatoria o facoltativa a norma dell'articolo 8 della direttiva stessa. L'articolo 6 della direttiva 92/82/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali (3), ha fissato l'aliquota minima dell'accisa sull'olio pesante combustibile, che gli Stati membri dovevano applicare dal 1o gennaio 1993. Con varie decisioni, tuttavia, il Consiglio ha autorizzato la Francia, l'Irlanda e l'Italia ad esentare gli oli minerali utilizzati per la produzione di allumina, rispettivamente nella regione di Gardanne, nella regione di Shannon e in Sardegna, dall'accisa cui sarebbero stati altrimenti soggetti. La decisione più recente è la decisione 2001/224/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, relativa alle riduzioni delle aliquote d'accisa e alle esenzioni dall'accisa su determinati oli minerali utilizzati per fini specifici (4), che autorizza le esenzioni fino al 31 dicembre 2006.

(2)

La direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità (5), ha abrogato la direttiva 92/82/CEE dal 31 dicembre 2003. A norma del suo articolo 2, paragrafo 4, lettera b), la direttiva 2003/96/CE non si applica ad una serie di usi dell'energia, in particolare agli usi combinati dei prodotti energetici. L'articolo 2, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, indica che l'uso dei prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici è considerato uso combinato. L'utilizzo del combustibile pesante per la produzione di allumina rientra in questa categoria. Dal 31 dicembre 2003, data alla quale la richiamata direttiva è divenuta applicabile, pertanto, l'accisa minima sull'olio pesante combustibile non si applica più al carburante usato nella produzione di allumina. Le deroghe di cui alla decisione 2001/224/CE e altre deroghe simili sono state incorporate nell'allegato II della direttiva 2003/96/CE.

(3)

Con le decisioni C(2001) 3296, C(2001) 3300 e C(2001) 3295 del 30 ottobre 2001 (6), la Commissione ha avviato il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato nei confronti delle esenzioni in questione. Con decisione 2006/323/CE della Commissione (7), del 7 dicembre 2005 [notificata con il numero C(2005) 4436], la Commissione ha chiuso il procedimento per quanto riguarda gli aiuti concessi al 31 dicembre 2003 e dichiarato incompatibile con il mercato comune parte dell'aiuto. Per il periodo dal 1o gennaio 2004, il procedimento è stato esteso. Ai considerando da 6 a 15 della decisione 2006/323/CE figura una descrizione dettagliata della corrispondenza fra la Commissione, gli Stati membri interessati, i beneficiari degli aiuti e la European Aluminium Association (di seguito «EAA») precedentemente al dicembre 2005.

(4)

La decisione 2006/323/CE è stata inviata alla Francia, all'Irlanda e all'Italia con lettere dell'8 dicembre 2005 (D/206670, D/206671, D/206673), e ai beneficiari interessati e all'EAA con lettere del 23 gennaio 2006 (D/50525, D/50526, D/50527 e D/50528). I tre Stati membri e due beneficiari hanno impugnato la decisione (8). Il beneficiario irlandese, Aughinish Alumina Ltd (di seguito «Aughinish») ha inoltre presentato domanda per la sospensione dell'esecuzione della decisione. Tale ricorso è stato registrato con il numero T-69/06R. Con ordinanza del 2 agosto 2006 (9) il Tribunale di primo grado delle Comunità europee ha respinto la domanda di provvedimenti urgenti.

(5)

La decisione 2006/323/CE è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 4 maggio 2006, e i terzi interessati sono stati invitati a presentare osservazioni con comunicazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 9 maggio 2006 (10). La Commissione ha ricevuto osservazioni da Aughinish con lettera del 9 giugno 2006 (protocollata lo stesso giorno con il numero A/34490) e da Eurallumina SpA (di seguito «Eurallumina»), il beneficiario italiano, con lettera datata 24 luglio 2006 (protocollata il 25 luglio 2006 con il numero A/35967). Queste ultime osservazioni sono state inviate e ricevute quando era già scaduto il termine di un mese fissato nell'invito a presentare osservazioni pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, e la Commissione non è quindi obbligata a tenerne conto nell'ambito del presente procedimento. La Commissione ne ha informato Eurallumina con lettera del 2 agosto 2006 (D/56648). Eurallumina ha risposto con lettera del 3 agosto 2006 (protocollata il 4 agosto 2006 con il numero A/36269). La Commissione rileva in ogni caso che dette osservazioni di Eurallumina ripetono molti dei commenti che la Commissione aveva già ricevuto nel contesto della decisione precedente e risultano simili a quelli ricevuti a tempo debito, esaminati nella presente decisione.

(6)

Le osservazioni di Aughinish sono state trasmesse alla Francia, all'Irlanda e all'Italia con lettere del 20 giugno 2006 (D/55106, D/55107 e D/55109).

(7)

La Francia e l'Irlanda hanno chiesto una proroga del termine ultimo fissato per rispondere alla decisione 2006/323/CE, e la Commissione ha accettato. La Commissione ha ricordato all'Irlanda e all'Italia il suo invito a presentare commenti con lettere del 9 marzo 2006 (D/52054 e D/52055). La Francia, l'Irlanda e l'Italia hanno commentato la decisione della Commissione rispettivamente con lettera del 14 febbraio 2006 (protocollata il 15 febbraio 2006 con il numero A/31248), del 12 aprile 2006 (protocollata il 18 aprile 2006 con il numero A/32940) e del 17 maggio 2006 (protocollata il 18 maggio 2006 con il numero A/33852).

(8)

La Francia ha commentato le osservazioni di Aughinish con lettera del 27 luglio 2006 (protocollata il 28 luglio 2006 con il numero A/35952). Con e-mail del 24 luglio 2006, l'Italia ha comunicato alla Commissione di non avere altri commenti.

2.   DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELLE MISURE

(9)

Le misure consistono in un'esenzione totale dall'accisa sull'olio industriale pesante utilizzato per la produzione di allumina. I beneficiari dell'esenzione francese, irlandese e italiana sono rispettivamente Alcan, Aughinish e Eurallumina (11). Si vedano i punti da 16 a 23 della decisione per una descrizione più dettagliata delle misure e dei beneficiari in questione. Gli Stati membri interessati non hanno indicato se desiderano prolungare l'esenzione oltre al 2006.

(10)

L'esenzione irlandese è riportata nella sezione 100 (1) (e) dell'Irish Finance Act 1999, che fornisce uno sgravio dall'imposta sugli oli minerali sugli «oli combustibili ideati per l'utilizzo nella o in connessione con la produzione di allumina, o la manutenzione degli impianti in cui la detta produzione viene effettuata». Il memorandum esplicativo del Finance Act chiarisce che «la sezione 100 fornisce un sostegno dall'imposta sugli oli minerali rispetto agli oli utilizzati per particolari scopi o in altre situazioni particolari. Queste includono l'impiego per finalità diverse da quelle dei carburanti per motori o per riscaldamenti, esportazioni, oli combustibili utilizzati nella produzione di allumina, oli utilizzati per la navigazione marittima, oli pesanti usati nell'aviazione commerciale e oli riciclati». L'esenzione per gli oli minerali usati per la produzione di allumina è stata implementata in Irlanda sin dal 1983. Mentre l'originario Statutory Instrument che istituiva la franchigia è stato revocato nel 1999, essa venne mantenuta nel Finance Act del 1999.

(11)

L'esenzione italiana dall'accisa si applica a tutte le imprese che usino oli minerali per la produzione di allumina ai sensi del punto 14 della tavola A del Testo unico. La franchigia è stata istituita dalla legge n. 331 del 12 novembre 1990, con cui è stato convertito il decreto legge del 15 settembre 1990 n. 261, articolo 8, comma 5. Questo testo è stato riprodotto nei successivi testi di legge, ivi comprese le disposizioni di attuazione della direttiva 92/81/CEE e il successivo «Testo unico sulle accise».

(12)

L'esenzione francese ha la sua base giuridica nella «Loi de Finances rectificative pour 1997». Questa stabilisce all'articolo 6 che «le forniture di olio pesante combustibile con un tenore in zolfo inferiore al 2 % di cui al codice di identificazione 28 bis della tabella B di 1 dell'articolo 265 del codice doganale sono consentite in esonero dall'imposta interna di consumo sui prodotti petroliferi quando siano destinate ad utilizzazione come carburante per la produzione di allumina». L'articolo 265 bis del codice doganale riguarda prodotti destinati ad impieghi diversi da quelli per carburanti per motori o riscaldamenti, ma non contiene, ad esempio, condizioni simili sugli utilizzi di oli minerali in altri settori industriali.

(13)

I considerando da 16 a 23 della decisione 2006/323/CE forniscono una descrizione più dettagliata delle misure e dei beneficiari interessati. Gli Stati membri implicati non hanno indicato se continuano ad applicare l'esenzione oltre il 2006 e non hanno neppure informato la Commissione delle modifiche alla normativa applicabile, in particolare modifiche dovute all'attuazione della direttiva 2003/96/CE, che potrebbero influire sulla valutazione della Commissione.

(14)

Le aliquote sono cambiate dall'inizio del procedimento. Il 1o luglio 2006, le aliquote d'accisa applicabili all'olio pesante combustibile per uso commerciale in Francia e in Irlanda erano pari a 18,50 EUR e a 15 EUR. Alla stessa data, le aliquote applicabili in Italia erano di 63,75 EUR e di 31,39 EUR per 1 000 kg di olio combustibile pesante con tenore di zolfo rispettivamente superiore e inferiore all'1 %.

3.   MOTIVI PER INIZIARE ED ESTENDERE IL PROCEDIMENTO DI CUI ALL'ARTICOLO 88, PARAGRAFO 2, DEL TRATTATO

(15)

Nelle decisioni del 30 ottobre 2001 di avviare il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato, la Commissione esprimeva dubbi circa la compatibilità degli aiuti con gli orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale (12), in particolare alla luce delle regole sugli aiuti al funzionamento contemplate in quegli orientamenti. La Commissione dubitava altresì che gli aiuti fossero compatibili con la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente del 1994 (13) e con quella del 2001 (14) (di seguito «la disciplina degli aiuti per l'ambiente»).

(16)

Nella decisione 2006/323/CE la Commissione ha spiegato che nutriva dubbi analoghi per il periodo dal 1o gennaio 2004. Dato che gli Stati membri e le parti interessate non avevano avuto l'occasione di presentare le proprie osservazioni sulla situazione giuridica creata dalla direttiva 2003/96/CE, la Commissione ha ritenuto opportuno estendere il procedimento d'indagine formale.

4.   OSSERVAZIONI DI FRANCIA, IRLANDA E ITALIA E DI TERZI

(17)

Gli Stati membri e i beneficiari ribadiscono in generale le osservazioni presentate in precedenza e sintetizzate ai punti da 26 a 56 della decisione 2006/323/CE. Alcuni argomenti sono sviluppati più in dettaglio. Sono aggiunte, poi, le osservazioni esposte qui di seguito.

(18)

Le misure non costituirebbero aiuti di Stato e ciò sarebbe confermato dalla direttiva 2003/96/CE, ma rientrerebbero piuttosto nella natura e nella logica dei rispettivi sistemi fiscali. Se dovessero costituire aiuti di Stato, la direttiva 2003/96/CE espressamente autorizzerebbe gli aiuti, almeno per il periodo fino al 31 dicembre 2006. In ogni caso, la direttiva ha creato nei beneficiari legittime aspettative. Chiedere il recupero dell'aiuto viola inoltre il principio della certezza del diritto e il principio di buona amministrazione, date le contraddizioni con le decisioni del Consiglio basate su proposte della Commissione, i considerevoli ritardi e il modo in cui la Commissione ha svolto l'indagine. I beneficiari hanno intrapreso investimenti di capitale a lungo termine facendo affidamento sulle decisioni del Consiglio e sulla direttiva. La Commissione non potrebbe quindi adottare un atto manifestamente contrario a un comportamento mantenuto per tanto tempo.

(19)

Le norme della direttiva 2003/96/CE prevarrebbero sulle norme in materia di aiuti di Stato. La Commissione potrebbe contestare la validità delle misure solo a norma dell'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2003/96/CE, e non delle norme sugli aiuti di Stato. L'applicazione di queste ultime violerebbe il principio dell'effetto utile.

(20)

L'Irlanda e Aughinish sostengono che la misura irlandese costituisce un aiuto esistente e che l'interpretazione data dalla Commissione all'articolo 15 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità d'applicazione dell'articolo 93 del trattato CE (15) è errata: una volta trascorso il periodo limite di decadenza di 10 anni, la lettera della Commissione del 17 luglio 2000 non avrebbe potuto costituire un atto interruttivo del suddetto periodo e la misura costituirebbe un aiuto esistente anche per il periodo dopo il 17 luglio 1990. Entrambe sostengono inoltre che la valutazione della Commissione della natura degli accordi fra Aughinish e le autorità irlandesi nel 1970 non è corretta: gli impegni vincolanti erano sorti prima dell'adesione dell'Irlanda alle Comunità europee.

(21)

L'Italia sostiene che la misura sarebbe strettamente legata alla realizzazione di obiettivi ambientali riconducibili al peso rappresentato dalla produzione di allumina. Aughinish afferma che l'esenzione rientra come minimo nello spirito delle discipline ambientali, e che «ha, nonostante non paghi “una parte significativa della tassa”, ottenuto incitamenti più che sufficienti per migliorare la protezione dell'ambiente».

(22)

L'Irlanda argomenta che, se fosse stato noto che l'esenzione sarebbe stata considerata incompatibile con il mercato comune, dal 1o gennaio 2004 sarebbe stato possibile applicare misure alternative. L'Irlanda si riferisce alla possibilità di estendere il campo d'applicazione dell'esenzione all'olio pesante combustibile destinato ad uso combinato, o più ampiamente ai prodotti energetici in generale, destinati ad uso combinato. In tal modo, secondo l'Irlanda, l'esenzione avrebbe potuto essere convertita in una misura di carattere generale o in un aiuto di Stato ammissibile, ad esempio ai sensi delle discipline ambientali. Date queste possibilità, un recupero a posteriori sarebbe inconcepibile. L'Irlanda sottolinea anche che Aughinish ha realizzato diversi investimenti basandosi sulla ragionevole aspettativa che le esenzioni sarebbero continuate come minimo fino al dicembre 2006.

(23)

La Commissione dovrebbe autorizzare gli aiuti sulla base di una valutazione economica dei mercati dell'allumina, fondata sugli effetti, e della loro struttura concorrenziale. Nel valutare gli aiuti di Stato, la Commissione dovrebbe tenere conto degli aspetti esterni della competitività, come proposto nel piano di azione nel settore degli aiuti di Stato. Sono state fornite informazioni dettagliate sui mercati.

(24)

La Commissione dovrebbe sospendere il procedimento d'indagine formale finché la Corte di giustizia Tribunale non abbia statuito sulle questioni che sono oggetto delle attuali contestazioni alla decisione 2006/323/CE. Aughinish sostiene inoltre che la Commissione non avrebbe potuto decidere di estendere il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, in un considerando della decisione 2006/323/CE. La Commissione avrebbe dovuto adottare una decisione distinta.

(25)

La EAA non ha formulato commenti oltre ai punti sollevati precedentemente e che sono sintetizzati al considerando 50 della decisione 2006/323/CE.

(26)

I commenti degli Stati membri e dei beneficiari coincidono in larga misura con le argomentazioni sviluppate davanti alla Corte di giustizia (16) nei ricorsi contro la decisione 2006/323/CE ancora pendenti.

5.   VALUTAZIONE

5.1.   Questioni procedurali sollevate dalle parti

(27)

Le parti sostengono che la Commissione debba sospendere il procedimento di indagine formale prima che la Corte abbia determinato le questioni oggetto dei ricorsi pendenti contro la decisione 2006/323/CE (17). Detta decisione, in ogni caso, riguarda il periodo fino al 31 dicembre 2003, mentre la presente decisione riguarda il periodo dal 1 gennaio 2004. Inoltre, questa decisione si presume valida a meno che o finché essa non venga annullata dal Tribunale di primo grado. Inoltre, e data la continua distorsione della concorrenza che l'aiuto di Stato presenta, la Commissione non vede alcun motivo per sospendere il procedimento.

(28)

La Commissione non ha deciso di estendere il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, meramente alludendo a questo in un considerando della decisione, bensì esplicito riferimento all'estensione è stato fatto nelle conclusioni della motivazione della decisione 2006/323/CE. La decisione di avviare il procedimento di indagine, in base all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato, assume la forma di una lettera allo Stato membro e quindi non implica l'uso della struttura di una decisione normativa con un dispositivo e articoli numerati. Inoltre risulta chiaro dai ricorsi proposti contro la decisione 2006/323/CE, e dalle osservazioni ricevute sull'estensione del procedimento, che le parti interessate erano in grado di avere piena consapevolezza di tutti gli aspetti del contenuto di quella decisione.

5.2.   Sussistenza di un aiuto di Stato dal 1o gennaio 2004

(29)

L'articolo 87, paragrafo 1, del trattato stabilisce che «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi fra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

(30)

Le esenzioni in esame sono chiaramente finanziate mediante risorse statali, poiché lo Stato rinuncia a determinate entrate che potrebbe altrimenti riscuotere.

(31)

Come indicato ai considerando da 60 a 62 della decisione 2006/323/CE, le misure conferiscono un vantaggio ai beneficiari e sono quindi tali da poter incidere sugli scambi intracomunitari o da falsare o rischiare di falsare la concorrenza. Le esenzioni dall'accisa riducono i costi di una materia prima importante e conferiscono così un vantaggio ai beneficiari, i quali si trovano in una situazione finanziaria più favorevole rispetto ad altre imprese che utilizzano oli minerali in altri settori o regioni. Il fatto che i concorrenti nel settore dell'allumina in altri Stati membri possano non essere soggetti a tasse analoghe e che i beneficiari abbiano sostenuto spese per mitigare l'impatto ambientale della loro produzione, non modifica in nulla questa valutazione.

(32)

Le misure favoriscono talune imprese poiché si applicano solo a quelle che utilizzano i combustibili pesanti nella produzione di allumina, e di fatto, in ogni Stato membro esiste solo un'impresa beneficiaria dell'esenzione in questione: Aughinish nella regione di Shannon, Eurallumina in Sardegna e Alcan nella regione di Gardanne. Per le ragioni esposte ai considerando da 33 a 40, le misure non possono essere giustificate dalla natura e dalla struttura generale dei rispettivi sistemi di tassazione dell'energia.

(33)

L'uso combinato di prodotti energetici e l'uso di prodotti energetici per fini diversi dall'utilizzazione come carburante, nonché i processi mineralogici, non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2003/96/CE e, dal 1o gennaio 2004, agli Stati membri è stata lasciata la libertà di decidere se tassare o meno tali usi. Effettivamente, un'esenzione di tali usi dell'energia può costituire una misura di carattere generale che non comporta un aiuto di Stato se rientra nella natura e nella logica del sistema tributario nazionale. Ai sensi del considerando 22 del preambolo della direttiva, «i prodotti energetici dovrebbero essere essenzialmente disciplinati dal quadro comunitario, quando sono usati come combustibile per riscaldamento o carburante per motori. A questo riguardo è nella natura e nella logica del sistema tributario escludere dal campo di applicazione del quadro comunitario l'uso combinato di prodotti energetici e l'uso di prodotti energetici per fini diversi dall'utilizzazione come carburante, nonché i processi mineralogici».

(34)

Inoltre, in occasione dell'adozione della direttiva 2003/96/CE, il Consiglio e la Commissione hanno congiuntamente dichiarato (18): «I prodotti energetici dovrebbero essenzialmente essere soggetti a un quadro comunitario allorché sono utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante per motori. Si può considerare consono alla natura e alla logica del regime fiscale escludere dal campo di applicazione l'uso combinato di prodotti energetici e l'uso di prodotti energetici per fini diversi dall'utilizzazione come carburante nonché nei processi mineralogici. Gli Stati membri possono quindi adottare misure di imposizione o di non imposizione o di applicazione dell'imposizione totale o parziale a ciascun tipo di utilizzazione. L'elettricità utilizzata in modi simili dovrebbe essere trattata secondo gli stessi criteri. Le deroghe al regime generale o le differenziazioni al suo interno che sono giustificate dalla natura o dalle caratteristiche generali del regime fiscale non comportano aiuti di Stato».

(35)

Il Consiglio ha anche aggiunto quanto segue: «Il Consiglio dichiara inoltre di comprendere la situazione giuridica che si delinea con l'adozione di questa direttiva in relazione alla disciplina degli aiuti di Stato, prevista dal trattato, lo stesso modo in cui venne prospettato dalla Commissione all'incontro delle Working Party on Tax Questions del 14 novembre 2002». Nel documento di lavoro dei suoi servizi, discusso in questa riunione (19), la Commissione ha illustrato la nozione di misure di carattere generale, spiegando che la situazione in ciascuno Stato membro deve essere analizzata per definire il sistema generale delle accise applicabile a livello nazionale, ed ha anche affermato che «il progetto di direttiva sulla tassazione dell'energia contiene numerose opzioni, rendendo così impossibile determinare in anticipo se il modo in cui saranno attuate dagli Stati membri darà luogo o meno ad aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87». Il considerando 32 e l'articolo 26, paragrafo 2, della direttiva 2003/96/CE ricordano dunque agli Stati membri l'obbligo di notificare gli aiuti di Stato a norma dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.

(36)

Nella fattispecie, né la Francia, l'Irlanda o l'Italia, né i beneficiari hanno dimostrato come le esenzioni rientrino nella natura e nella logica dei sistemi nazionali. Nessuno di essi ha, ad esempio, spiegato se l'uso combinato di prodotti energetici, quando è utilizzato in altri processi produttivi, sia stato esentato o meno. Non hanno spiegato neanche in che modo le esenzioni siano comparabili alle imposte nazionali sull'elettricità usata principalmente per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici e per gli usi dell'energia per i processi mineralogici, che sono altri usi dell'energia non rientranti nel campo d'applicazione della direttiva 2003/96/CE a norma del suo articolo 2, paragrafo 4, lettera b).

(37)

L'Italia ha spiegato che se un qualsiasi altro operatore industriale avesse richiesto lo stesso beneficio, non ci sarebbe stato alcun impedimento ad accedere al mercato rilevante. Non risulta chiaro cosa si voglia intendere precisamente con questa frase e se può essere interpretata nel senso che lo stesso beneficio potrebbe essere garantito anche ad una qualsiasi altro settore industriale che non sia quello dell'allumina. In ogni caso il vantaggio non sarebbe stato fornito automaticamente com'è stato nel caso in esame. Per quanto concerne le ragioni dell'esenzione, l'Italia, ad esempio nella sua lettera del 7 dicembre 2000 ha fatto riferimento al «riconoscimento dell'isola [la Sardegna] quale area fortemente disagiata, ed i possibili effetti negativi sull'occupazione».

(38)

Riguardo all'esenzione irlandese, l'articolo 100 del Finance Act del 1999 contiene alcune altre specifiche esenzioni, ma queste non concedono uno sgravio per la produzione di allumina all'interno di una logica di un sistema globale. Piuttosto dimostra che la franchigia per l'allumina è una particolare esenzione che viene in aggiunta ad altre specifiche esenzioni, come viene inoltre confermato dal preambolo di detta legge (20). Inoltre la legge irlandese esclude anche gli eventuali nuovi arrivati dal beneficio dell'esonero fiscale, quando l'utilizzazione di prodotti energetici a uso combinato riguarda processi produttivi differenti. Rispetto alla situazione Irlandese, Aughinish ammette che «non ritiene che ci siano altre industrie (che beneficino di una riduzione di accisa come l'industria di allumina)» e «dichiara inoltre di non essere a conoscenza di alcuna prova di discriminazione». Ciò tende a confermare piuttosto la natura selettiva della misura. Inoltre la legge irlandese esclude anche che i potenziali nuovi entranti usufruiscano dell'esenzione fiscale quando l'utilizzo duale dell'energia riguardi altri processi produttivi.

(39)

Nella lettera del 7 agosto 1998, le autorità francesi indicano di aver richiesto una deroga alla direttiva 92/81/CEE in modo da mettere su un regime di accise che non penalizzasse il settore («pour puovoir instaurer un regime d'accise non penalisant pour le secteur») (corsivo aggiunto). L'esenzione sarebbe limitata a ristabilire le condizioni di concorrenza tra Pèchiney, che era stata acquisita da Alcan, e gli altri produttori nella Comunità. L'articolo 265 bis del codice doganale non contiene simili disposizioni per l'utilizzo dell'energia negli altri settori.

(40)

In fatti gli Stati Membri e i beneficiari non sono riusciti a identificare alcuna logica di sistema dei rispettivi sistemi di imposizione. Sulla base delle informazioni a disposizione della Commissione, è chiaro che le ragioni per fornire l'aiuto derivano piuttosto dalle circostanze relative alla produzione di allumina nelle singole regioni interessate. Questi argomenti non derivano dalla natura e dalla logica dei rispettivi sistemi di tassazione.

(41)

Concludendo, le esenzioni in esame costituiscono aiuto di Stato.

5.3.   Gli aiuti sono nuovi, non esistenti

(42)

Come spiegato ai considerando da 65 a 70 della decisione 2006/323/CE, l'aiuto concesso dal 1o gennaio 2004 non costituisce aiuto esistente ai sensi dell'articolo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 659/1999.

(43)

Quanto sostengono l'Irlanda e Aughinish, ossia che le esenzioni costituiscono un aiuto pre-adesione, è in contraddizione con la lettera del maggio 1983 con cui l'Irlanda ha accettato la notificabilità degli aiuti ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato. Inoltre, impegnarsi ad adottare delle disposizioni di esenzione e concedere effettivamente gli aiuti prima dell'adesione non sono la stessa cosa. Le normative pertinenti, infine, sono state fondamentalmente modificate dopo l'adesione.

(44)

Come spiegato al punto 70 della decisione 2006/323/CE, l'aiuto concesso dall'Irlanda fino al 17 luglio 1990 costituisce un aiuto esistente in virtù del periodo limite stabilito all'articolo 15 del regolamento (CE) n. 659/1999. La scadenza del periodo limite di 10 anni non significa che tutti gli aiuti concessi dopo la scadenza di tale periodo costituiscano aiuti esistenti. L'aiuto del 1983 ad Aughinish non è stato concesso una volta per tutte. Il decreto legislativo adottato dall'Irlanda per accordare l'esenzione è formulato in termini generali come un'esenzione per la produzione di allumina e, secondo la legislazione in vigore, tale esenzione si estenderebbe a qualsiasi altro produttore di allumina che abbia cominciato la produzione in Irlanda. Inoltre, l'esenzione a favore di Aughinish non era definita alla data di adozione dello strumento normativo, né era possibile, all'epoca, stimarne il valore. La norma non definiva né l'evoluzione delle aliquote d'accisa da cui Aughinish era esentata, né la durata dell'esenzione stessa. L'esenzione, di conseguenza, rientra nella definizione di «regime di aiuti» di cui all'articolo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 659/1999, ossia «atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell'atto in linea generale e astratta». Si tratta pertanto di una serie di aiuti concessi ogni volta che Aughinish ha effettuato una procedura doganale che, in assenza dell'esenzione, avrebbe fatto insorgere un diritto d'accisa. Gli aiuti concessi dal 17 luglio 1990 non costituiscono quindi un aiuto esistente ai sensi dell'articolo 15 del regolamento (CE) n. 659/1999.

5.4.   Compatibilità degli aiuti concessi dal 1o gennaio 2004

5.4.1.   Compatibilità degli aiuti alla luce delle norme relative agli aiuti ambientali

(45)

La Commissione ha esaminato se le misure d'aiuto concesse da Francia, Irlanda e Italia dal 1o gennaio 2004 possono beneficiare di una deroga al divieto relativo agli aiuti di Stato di cui all'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. Gli aiuti consistono in un'esenzione dall'imposta sull'energia, e imposte di questo tipo servono non solo a produrre risorse finanziarie per il governo, ma anche a ridurre il consumo di energia e quindi a proteggere l'ambiente. La disciplina degli aiuti per l'ambiente del 2001 contiene norme relative alle esenzioni dalle imposte ambientali. Per parità di trattamento, trasparenza e certezza del diritto, queste norme sono vincolanti per la Commissione.

(46)

Per quanto riguarda il periodo dal 1o gennaio 2004, la sezione E.3.2, punti da 47 a 52, della disciplina degli aiuti per l'ambiente del 2001 stabilisce disposizioni riguardanti tutti gli aiuti al funzionamento concessi sotto forma di sgravi o esenzioni fiscali. Come spiegato ai considerando 73 e 74 della decisione 2006/323/CE, le accise sugli oli minerali possono essere considerate come imposte ambientali, devono essere considerate come tasse esistenti ai sensi del punto 51.2 della disciplina, hanno un significativo effetto positivo in termini di tutela dell'ambiente ai sensi del punto 51.2.a e si può considerare che siano state decise al momento dell'adozione delle accise. Di conseguenza, conformemente al punto 51.2 della disciplina, le disposizioni di cui al punto 51.1 possono essere applicate.

(47)

Ai sensi del punto 51.1 della disciplina degli aiuti per l'ambiente, le esenzioni fiscali aventi efficacia decennale possono essere autorizzate. Alla scadenza di questo periodo, e in linea con il punto 23 della disciplina per gli aiuti dell'ambiente, gli Stati membri sono liberi di notificare un prolungamento delle misure in questione alla Commissione, che potrà adottare nella sua analisi lo stesso approccio spiegato in questo punto, prendendo allo stesso tempo in considerazione i risultati positivi, in termini ambientali, ottenuti attraverso l'adozione delle imposte. Le esenzioni irlandesi e italiane in esame sono state concesse dal 1993 e l'esenzione francese dal 1997, per cui le misure sono state in vigore per più di 10 anni.

(48)

Nessuno degli Stati membri ha confermato o negato il fatto che le esenzioni continuerebbero ad applicarsi dopo il 31 dicembre 2006. Nessuno degli Stati membri ha indicato l'esistenza di una limitazione temporale, per le esenzioni attualmente applicabili, diversa dalla data del 31 dicembre 2006, che, secondo la legislazione fiscale comunitaria, non è una limitazione vincolante, poiché le esenzioni non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva 2003/96/CE. Tanto meno nessuno Stato membro ha notificato un prolungamento della misura in questione in base alle linee guida sugli aiuti di Stato all'ambiente. Le disposizioni della legislazione fiscale dei rispettivi Stati membri non sembrano neanch'esse contenere tali limitazioni. La Commissione considera che nel caso in esame le circostanze riferite al punto 23 della disciplina degli aiuti per l'ambiente sono ancora presenti. Ai sensi del punto 51.1 della disciplina la Commissione può tuttavia autorizzare un ulteriore aiuto ma solo a condizione di una limitazione temporale di 10 anni al massimo.

(49)

Come spiegato al considerando 75 della decisione 2006/323/CE, non ricorrono le condizioni per applicare il punto 51.1.a della disciplina degli aiuti per l'ambiente, e quindi sono applicabili solo le disposizioni del punto 51.1.b.

(50)

Poiché dal 1o gennaio 2004 la tassazione degli oli minerali destinati a usi combinati di prodotti energetici, a usi diversi dall'utilizzazione come carburante e ai processi mineralogici non costituisce più oggetto di armonizzazione comunitaria, le esenzioni riguarderebbero ora un'imposta nazionale applicata in assenza di imposte comunitarie ai sensi del punto 51.1.b, secondo trattino, della disciplina degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente. Stando a questa disposizione, le imprese beneficiarie devono pagare una parte significativa dell'imposta nazionale, e questo per spingerle a migliorare i risultati in termini di tutela dell'ambiente. Ciò emerge dalla formulazione del punto 51.1.b, primo trattino, della disciplina, che permette di autorizzare uno sgravio da un'imposta armonizzata, se i beneficiari pagano più delle aliquote minime comunitarie per «incentivare le imprese ad agire per migliorare la tutela dell'ambiente». Ciò si applica anche quando l'imposta nazionale è significativamente più alta di imposte comparabili in (alcuni) altri Stati membri, com'era il caso in Italia. Nella prassi della Commissione (21) risulta chiaro che in generale il 20 % dell'imposta nazionale, oppure il minimo comunitario applicabile agli usi energetici rientranti nel campo d'applicazione della direttiva 2003/96/CE (che è di 15 EUR per 1 000 kg), possono essere visti come una proporzione significativa, anche se il minimo comunitario non si applica agli usi di energia. Pertanto, la Commissione ritiene che si possa considerare compatibile con il mercato comune soltanto l'esenzione o superiore al 20 % dell'imposta nazionale, o superiore a 15 EUR per 1 000 kg (qualunque sia di valore inferiore); l'esenzione fino al 20 %, o fino a 15 EUR per 1 000 kg, configura quindi un aiuto incompatibile.

5.4.2   Compatibilità degli aiuti ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato e di altre disposizioni

(51)

Per le ragioni spiegate ai considerando da 78 a 81 e da 82 a 86 della decisione 2006/323/CE, gli aiuti non possono ritenersi compatibili con il mercato comune, né ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato, né ai sensi delle deroghe previste all'articolo 87, paragrafi 2 e 3, dello stesso.

(52)

È appropriato basare la valutazione sulla sezione E.3.2 della disciplina degli aiuti per l'ambiente, poiché le norme ivi contemplate tengono conto dei fattori economici, in particolare del rischio di perdita di competitività internazionale dovuta alla mancanza di armonizzazione fiscale, e consentono perfino esenzioni totali per alcune imprese, a condizione che queste partecipino a un accordo con lo Stato membro interessato, al fine di migliorare il relativo risultato ambientale. Nei casi in esame, comunque, nessun accordo di questo tipo venne stipulato e quindi una completa esenzione fiscale, ai sensi del punto 51.1.a della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, non può essere giustificata. D'altronde i dati sui mercati dell'allumina, che vennero forniti alla Commissione confermano che l'autorizzazione della maggior parte degli aiuti è appropriata e, sulla base delle conclusioni di cui sopra, può essere giustificata ai sensi del punto 51.1.b dai risultati complessivamente positivi ottenuti in termini ambientali attraverso l'adozione delle imposte. Questa autorizzazione grava, comunque, sui beneficiari che pagano aliquote più alte rispetto alle aliquote minime comunitarie o una significativa proporzione di imposte interne, che sono considerate necessarie a fornire alle imprese un incentivo a migliorare la protezione ambientale. Non vi è motivo per basarsi su altre disposizioni di altre comunicazioni della Commissione per la parte degli aiuti che non può essere considerata compatibile sulla base delle norme della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente.

(53)

Poiché non vi sono altri motivi per considerare l'aiuto compatibile con il mercato comune, può essere considerata compatibile solo quella parte che rispetta la disciplina degli aiuti per l'ambiente, come specificato al considerando 50.

6.   RECUPERO DEGLI AIUTI INCOMPATIBILI

(54)

Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 659/1999, nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario.

(55)

I considerando da 95 a 100 della decisione 2006/323/CE spiegano perché i principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, o qualsiasi altro principio generale di diritto comunitario, precludano il recupero, dai beneficiari, degli aiuti illegali e incompatibili concessi fino al 2 febbraio 2002. I considerando 101-102 della decisione, in ogni caso, spiegano perché questi principi non precludano il recupero degli aiuti illegittimi e incompatibili elargiti dal 3 febbraio 2002 fino al 31 dicembre 2003. Gli argomenti sviluppati in detti considerando sono ugualmente applicabili anche per quanto riguarda gli aiuti concessi dal 1o gennaio 2004.

(56)

L'elaborazione e l'adozione della direttiva 2003/96/CE non possono, poi, aver creato un legittimo affidamento nei beneficiari, né è precluso il recupero per il principio di certezza del diritto. Il considerando 32 della direttiva richiama l'obbligo di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato di notificare gli aiuti di Stato, e precisa esplicitamente che la direttiva «lascia impregiudicato l'esito di eventuali procedure relative agli aiuti di Stato avviate a norma degli articoli 87 e 88 del trattato». Il riferimento a eventuali procedure future relative agli aiuti di Stato non può essere interpretato come un'autorizzazione di un aiuto oggetto di un procedimento già iniziato alla data di adozione della direttiva. Infatti, la stessa espressione era già presente anche nel considerando 6 della decisione 2001/224/CE attraverso cui le deroghe venivano prolungate fino alla fine del 2006. La relazione illustrativa che accompagna la proposta della Commissione per la detta decisione (22) recita «La Commissione propone di […] estendere per un periodo di due anni le […] deroghe che richiedono un esame dettagliato, in particolare alla luce della disciplina sugli aiuti di Stato […] Tuttavia nulla in questa decisione annulla i requisiti che consentano agli Stati membri di notificare le istanze di un potenziale aiuto di stato alla Commissione in base all'articolo 88 del trattato. Queste notifiche saranno esaminate in base al disposto dell'articolo 87 del trattato». Inoltre la Commissione aveva già chiesto agli Stati membri nell'estate del 2000 di notificare le misure in questione.

(57)

Il considerando 22 della direttiva 2003/96/CE indica che «i prodotti energetici dovrebbero essere essenzialmente disciplinati dal quadro comunitario quando sono usati come combustibile per riscaldamento o carburante per motori. A questo riguardo è nella natura e nella logica del sistema tributario escludere dal campo di applicazione del quadro comunitario l'uso combinato di prodotti energetici e l'uso di prodotti energetici per fini diversi dall'utilizzazione come carburante, nonché i processi mineralogici […]». Questo considerando sebbene non si riferisca agli articoli 87 e 88 del trattato, non può essere interpretato come tendente a restringere la nozione di aiuto di Stato di cui all'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. La Commissione ha illustrato la nozione di misure di carattere generale fra l'altro in un documento di lavoro dei suoi servizi, in cui spiegava: «A tale riguardo, va analizzata la situazione in ogni singolo Stato membro, in modo da definire il sistema generale dei diritti d'accisa applicabile a livello nazionale» (23). Tale documento è stato discusso nella riunione del gruppo di lavoro del Consiglio del 14 novembre 2002. Esso continua spiegando a quali condizioni gli aiuti in forma di misure fiscali possono essere considerati compatibili con il mercato comune. Il verbale della riunione del Consiglio del 27 ottobre 2003, durante la quale è stata adottata la direttiva 2003/96/CE, fa esplicito riferimento alle spiegazioni esposte durante la riunione del gruppo di lavoro del Consiglio del 14 novembre 2002.

(58)

Benché l'«uso combinato dei prodotti energetici» non rientri nel campo d'applicazione della direttiva 2003/96/CE, l'articolo 18 della stessa autorizza gli Stati membri a continuare ad applicare le esenzioni fissate nell'allegato II. Tale allegato comprende le tre esenzioni per il periodo previsto nell'ultima proroga del 2001, cioè fino al 31 dicembre 2006. Non si tratta però di un'autorizzazione basata sulle norme relative agli aiuti di Stato, di cui alla Commissione compete il controllo e l'attuazione. Ciò dimostra, al contrario, proprio la potenziale pertinenza del considerando 32. L'argomento avanzato dagli Stati membri e dai beneficiari, secondo il quale l'autorizzazione del Consiglio prevarrebbe sui procedimenti in materia di aiuti di Stato, non è corretto.

(59)

Al momento dell'adozione della direttiva 2003/96/CE, la Commissione e il Consiglio hanno dichiarato congiuntamente: «La Commissione dovrebbe fare il massimo possibile affinché le misure adottate dagli Stati membri a seguito delle esenzioni e riduzioni fiscali stabilite dalla direttiva siano riconosciute compatibili con le norme in materia di aiuti di Stato». La Commissione deve naturalmente agire nel quadro delle norme sugli aiuti di Stato applicabili, nella fattispecie la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente. In ogni caso, questa constatazione non si applica alle esenzioni in esame, dato che esse non rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

(60)

La direttiva 2003/96/CE, il documento di lavoro dei servizi della Commissione e le dichiarazioni congiunte del Consiglio e della Commissione di cui sopra non hanno mai confermato l'assenza di un aiuto di Stato incompatibile. Si deve ricordare che la Commissione aveva avviato la procedura di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato e che ogni terzo interessato avrebbe potuto chiederle di adottare una decisione definitiva. L'avvio di un procedimento a norma dell'articolo 88, paragrafo 2, del trattato inficiava il permanere di un (ipotetico) legittimo affidamento in ordine all'assenza di un aiuto incompatibile.

(61)

La decisione 2001/224/CE e precedenti decisioni del Consiglio sulle esenzioni non erano decisioni in materia di aiuti di Stato. Di fatto, da lungo tempo la Commissione ha espresso dubbi quanto alla compatibilità delle esenzioni con le norme sugli aiuti di Stato.

(62)

Riguardo alla durata dell'indagine nel presente caso, la Commissione ha considerato necessario attendere l'adozione della direttiva 2003/96/CE ed estendere il procedimento con la decisione 2006/323/CE, in modo da ottenere le osservazioni degli Stati membri sulla situazione risultante in ogni Stato membro dopo l'attuazione della direttiva 2003/96/CE, la quale consentiva una serie di possibilità. In ogni caso, un «operatore diligente» dovrebbe sapere che, una volta avviata un'indagine su aiuti illegittimi, se è accertata l'incompatibilità degli aiuti con il trattato, la quasi inevitabile conseguenza è l'ordine della Commissione di recuperare gli aiuti. Gli Stati membri e i beneficiari avrebbero potuto esortare la Commissione a concludere il procedimento più presto, se avessero voluto prendere in considerazione investimenti o misure alternative per rispettare la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente.

(63)

Per tutte queste ragioni, i beneficiari non possono nutrire alcun legittimo affidamento che precluda il recupero degli aiuti di Stato incompatibili dopo il 31 dicembre 2003, né il recupero è precluso dal principio di certezza del diritto.

7.   SOSPENSIONE DEL PAGAMENTO DEGLI AIUTI COMPATIBILI

(64)

Con la sentenza nella causa C-335/95P, Textilwerke Deggendorf GmbH (TWD)/Commission, la Corte di giustizia ha stabilito che «quando la Commissione esamina la compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato comune deve prendere in considerazione tutti i rilevanti fattori, incluse, qualora siano appropriate, le circostanze già considerate in una decisione precedente e gli obblighi che la decisione possa aver imposto a uno Stato membro». Secondo la Corte di giustizia, la compatibilità di un nuovo aiuto può dipendere dall'esistenza di un precedente aiuto illegale che non è stato ripagato, dato che l'effetto cumulativo degli aiuti potrebbe distorcere la concorrenza nel mercato comune ad un livello significativo. Inoltre la Commissione, quando esamina la compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato comune, ha il potere di prendere in considerazione sia l'effetto cumulativo dell'aiuto esistente insieme a quello precedente, sia il fatto che questo vecchio aiuto non è stato ripagato (24).

(65)

Inoltre, in applicazione di detta giurisprudenza, quando la Commissione valuta un nuovo aiuto, essa prende in considerazione il fatto che i beneficiari potrebbero non aver rispettato le precedenti decisioni della Commissione che ordinavano di rimborsare il precedente aiuto illegittimo e incompatibile. In questi casi, la Commissione esamina gli effetti sui beneficiari della combinazione del nuovo aiuto con il vecchio aiuto incompatibile e che non è stato ancora rimborsato.

(66)

La Francia, l'Irlanda e l'Italia non hanno ancora recuperato gli aiuti che la Commissione ha dichiarato incompatibili con la decisione 2006/323/CE (25). Le somme che devono essere recuperate, in base a quanto calcolato dagli Stati membri e escludendo gli interessi, ammontano rispettivamente a 786 668 EUR, 8 095 881,43 EUR ed infine 6 612 489,02 EUR rispettivamente. Inoltre la presente decisione ha anche identificato un aiuto incompatibile concesso per un periodo addizionale e che deve anche essere recuperato. Il cumulo degli importi di questi aiuti con quelli di aiuti invece compatibili continuerebbe a falsare la concorrenza in misura contraria all'interesse comune e nessun argomento è stato in grado di giustificare tale distorsione. Pertanto, il pagamento degli aiuti compatibili di cui al considerando 50 della presente decisione deve essere sospeso, finché tutti gli aiuti incompatibili non siano stati recuperati presso i beneficiari.

8.   CONCLUSIONI

(67)

Si conclude che le esenzioni dall'accisa sugli oli pesanti combustibili utilizzati nella produzione di allumina concesse dalla Francia, dall'Irlanda e dall'Italia dal 1o gennaio 2004 costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato. Tali aiuti sono parzialmente incompatibili con il mercato comune, poiché i beneficiari non hanno pagato una parte significativa della tassa. La parte dell'esenzione che supera il 20 % della tassa che altrimenti sarebbe stata dovuta oppure 15 EUR per 1 000 kg (qualunque sia il valore inferiore) può essere ritenuta compatibile con il mercato comune, purché sia fissata una limitazione temporale di massimo 10 anni; superato tale termine, la compatibilità degli aiuti deve essere riesaminata. Gli altri aiuti sono incompatibili con il mercato comune.

(68)

La Francia, l'Irlanda e l'Italia devono prendere tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti incompatibili concessi dal 1o gennaio 2004.

(69)

La Francia, l'Irlanda e l'Italia devono sospendere l'applicazione delle esenzioni compatibili finché non abbiano recuperato presso i rispettivi beneficiari gli aiuti giudicati incompatibili dalla Commissione nella decisione 2006/323/CE e gli aiuti giudicati incompatibili dalla presente decisione.

(70)

La Francia, l'Irlanda e l'Italia devono trasmettere immediatamente una copia della presente decisione ai beneficiari delle misure interessate,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Le esenzioni dall'accisa concesse dal 1o gennaio 2004 dalla Francia, dall'Irlanda e dall'Italia per gli oli pesanti combustibili utilizzati nella produzione di allumina costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato.

Articolo 2

Gli aiuti di cui all'articolo 1 sono compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, del trattato nei limiti in cui i beneficiari paghino almeno il 20 % dell'accisa che sarebbe altrimenti dovuta oppure il livello minimo stabilito dalla direttiva 2003/96/CE di 15 EUR per 1 000 kg, qualunque sia il valore inferiore, e a condizione che la durata dell'aiuto sia al massimo di 10 anni.

Articolo 3

Gli aiuti di cui all'articolo 1 sono incompatibili con il mercato comune nei limiti in cui i beneficiari non pagano almeno il 20 % dell'accisa che sarebbe altrimenti dovuta oppure il livello mimino determinato dalla direttiva 2003/96/CE di 15 EUR per 1 000 kg, qualunque sia il valore inferiore.

Articolo 4

1.   La Francia, l'Irlanda e l'Italia adottano le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti di cui all'articolo 3 illegittimamente messi a disposizione dei beneficiari.

2.   Il recupero è effettuato senza indugio, con le procedure previste dalla legislazione nazionale, purché esse consentano l'immediata ed effettiva esecuzione della presente decisione.

3.   Le somme da recuperare sono produttive di interessi, che decorrono dalla data in cui l'aiuto è diventato disponibile per i beneficiari fino alla data del recupero effettivo. Si applicano gli interessi composti in conformità delle disposizioni del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione (26).

4.   La Francia, l'Irlanda e l'Italia annullano tutti i pagamenti degli aiuti in sospeso di cui all'articolo 3 con effetto dalla data di notifica della presente decisione.

5.   La Francia, l'Irlanda e l'Italia provvedono ad attuare la presente decisione entro quattro mesi dalla data di notificazione della stessa.

Articolo 5

La Francia, l'Irlanda e l'Italia sospendono il pagamento degli aiuti di cui all'articolo 2, ai beneficiari che non abbiano ancora rimborsato, con gli interessi, gli aiuti ritenuti incompatibili con il mercato comune a norma della decisione 2006/323/CE e gli aiuti di cui all'articolo 3 della presente decisione, ove siano stati illegittimamente messi a disposizione dei beneficiari.

Articolo 6

1.   La Francia, l'Irlanda e l'Italia informano la Commissione dell'avanzamento del procedimento nazionale di esecuzione della presente decisione fino al suo completamento.

2.   Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, la Francia, l'Irlanda e l'Italia comunicano alla Commissione l'importo totale da recuperare presso i beneficiari, specificando il dovuto per capitale e interessi mediante la tabella in allegato e trasmettono una descrizione dettagliata delle misure già adottate e programmate per conformarsi alla decisione. Entro lo stesso termine trasmettono alla Commissione tutti i documenti che comprovino che ai beneficiari è stato ordinato di rimborsare gli aiuti.

3.   Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, la Francia, l'Irlanda e l'Italia trasmettono alla Commissione documentazione comprovante di aver ottemperato all'articolo 6.

4.   Decorsi i termini di cui ai paragrafi 2 e 3, la Francia, l'Irlanda e l'Italia presentano, su semplice richiesta della Commissione, una relazione sulle misure già adottate e programmate per conformarsi ad essa. La relazione precisa inoltre gli importi degli aiuti e degli interessi già recuperati presso i beneficiari.

Articolo 7

La Repubblica francese, l'Irlanda e la Repubblica italiana sono destinatarie della presente decisione.

Bruxelles, il 7 febbraio 2007.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 30 del 2.2.2002, pag. 17, pag. 21 e pag. 25, e GU C 109 del 9.5.2006, pag. 2.

(2)  GU L 316 del 31.10.1992, pag. 12. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/74/CE (GU L 365 del 31.12.1994, pag. 46).

(3)  GU L 316 del 31.10.1992, pag. 19. Direttiva modificata dalla direttiva 94/74/CE.

(4)  GU L 84 del 23.3.2001, pag. 23. Cfr. la decisione della Commissione del 7.12.2005 per un rinvio dettagliato alle decisioni precedenti.

(5)  GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51.

(6)  Cfr. nota 1.

(7)  GU L 119 del 4.5.2006, pag. 12.

(8)  Cause T-50/06, T-56/06, T-60/06, T-62/06 e T-69/06.

(9)  GU C 249 del 14.10.2006, pag. 10.

(10)  Cfr. note 1 e 7.

(11)  Cfr. www.alcan.com, www.glencore.com e www.eurallumina.com.

(12)  GU C 74 del 10.3.1998, pag. 9.

(13)  GU C 72 del 10.3.1994, pag. 3.

(14)  GU C 37 del 3.2.2001, pag. 3.

(15)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).

(16)  Cfr. la nota 7.

(17)  Cfr. la nota 7.

(18)  Addendum al progetto di processo verbale, 14140/03, del 24.11.2003, http://register.consilium.eu.int/pdf/en/03/st14/st14140-ad01.en03.pdf.

(19)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Aspetti relativi agli aiuti di Stato nella proposta di direttiva del Consiglio sulla tassazione dell'energia, SEC(2002) 1142 del 24.10.2002. La stessa formulazione appariva già in un'anteriore relazione al Consiglio ECOFIN e conclusioni del Consiglio (nota della presidenza al Coreper/Consiglio ECOFIN del 13.12.2001, 14640/01, FISC 255 del 30.11.2001). Cfr. anche il considerando 63 della decisione del 7 novembre 2005.

(20)  Cfr. considerando 10.

(21)  Cfr. in particolare: decisione della Commissione del 30 giugno 2004, nel caso C-42/2003 (GU L 165 del 25.6.2005, pag. 21); decisione del 13 febbraio 2002 nel caso N449/01 (GU C 137 dell'8.6.2002, pag. 24); decisione dell'11 dicembre 2002 nel caso N74/A/2002 (GU C 104 del 30.4.2003, pag. 9) e decisione dell'11 dicembre 2001 nei casi NN3A/2001 e NN4A/2001 (GU C 104 del 30.4.2003, pag. 10). Questi casi sono particolarmente pertinenti poiché riguardano anche essi degli esoneri da imposte sull'energia. Daltro canto, un'indicazione di ciò che la Commissione considera un valore troppo basso si trova nella decisione della Commissione sul rimbosco parziale dell'imposta sulle acque reflue in Danimarca, decisione del 3 aprile 2002 nel caso NN30/A-C/2001 (GU C 292 del 27.11.2002, pag. 6).

(22)  COM(2000) 678.

(23)  Cfr. nota 17.

(24)  Racc. 1997, pag. I-2549, punti 25-27.

(25)  La decisione è stata impugnata, ma in base all'articolo 242 del trattato, l'appello non ha un effetto sospensivo.

(26)  GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1.


ALLEGATO

Informazioni sugli importi degli aiuti ricevuti, da recuperare e già recuperati (1)

Beneficiario

Importo totale degli aiuti ricevuti nell’ambito del regime

Importo totale degli aiuti da recuperare

(Capitale)

Importo totale già rimborsato

 

 

 

Capitale

Interessi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


(1)  Milioni in valuta nazionale.