ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

L 268

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

49o anno
27 settembre 2006


Sommario

 

II   Atti per i quali la pubblicazione non è una condizione di applicabilità

pagina

 

 

Commissione

 

*

Decisione della Commissione, del 6 settembre 2005, sul regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in società di piccola o media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati [notificata con il numero C(2005) 3302]  ( 1 )

1

 

*

Decisione della Commissione, del 23 novembre 2005, relativa all'aiuto di Stato cui l’Italia intende dare esecuzione a favore di Fincantieri [notificata con il numero C(2005) 4433]  ( 1 )

12

 

*

Decisione della Commissione, del 23 novembre 2005, relativa ai regimi di aiuti di Stato cui la Slovenia ha dato esecuzione nel quadro della normativa slovena in materia di tassazione delle emissioni di anidride carbonica [notificata con il numero C(2005) 4435]  ( 1 )

19

 

*

Decisione della Commissione, del 21 dicembre 2005, relativa all'aiuto di Stato C 26/05 (ex N 580/B/03) previsto dal programma presentato dalla Sicilia nell’ambito del regime d’interventi a favore dell’agrumicoltura italiana [notificata con il numero C(2005) 5354]

25

 

*

Decisione della Commissione, dell'8 marzo 2006, in merito al regime di aiuti cui l’Italia, Regione Veneto, intende dare esecuzione per interventi di miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli [notificata con il numero C(2006) 639]  ( 1 )

29

 

*

Decisione della Commissione, del 4 aprile 2006, relativa agli aiuti di Stato a cui il Regno Unito intende dare esecuzione per l’istituzione della Nuclear Decommissioning Authority [notificata con il numero C(2006) 650]  ( 1 )

37

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE.

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


II Atti per i quali la pubblicazione non è una condizione di applicabilità

Commissione

27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/1


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 6 settembre 2005

sul regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione a favore di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in società di piccola o media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati

[notificata con il numero C(2005) 3302]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/638/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo avere invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente alle suddette disposizioni (1),

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Il 2 ottobre 2003 in Italia è entrato in vigore, con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 229 del 2 ottobre 2003, il Decreto-Legge 30 settembre 2003, n. 269 recante «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici» («DL 269/2003»), convertito successivamente nella legge 24 novembre, n. 326, pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 274 del 25 novembre 2003. L’articolo 12 del DL 269/2003 statuisce che il risultato di gestione realizzato da taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in azioni di società di piccola o media capitalizzazione quotate in un mercato regolamentato dell’Unione europea è soggetto ad imposta diretta sostitutiva del 5 %, anziché all’aliquota ordinaria del 12,5 % applicata agli strumenti di investimento non specializzati.

(2)

Con lettera del 22 ottobre 2003 (D/56756) la Commissione ha invitato le autorità italiane a fornire informazioni sugli incentivi in questione e sulla loro entrata in vigore, onde accertarne l’eventuale carattere di aiuto ai sensi dell’articolo 87 del trattato. Nella medesima lettera la Commissione ha rammentato all’Italia l’obbligo di notificare alla Commissione, prima di darvi esecuzione, qualsiasi misura che costituisca aiuto a norma dell’articolo 88, paragrafo 3 del trattato .

(3)

Con lettere dell’11 novembre 2003 (A/37737) e del 26 novembre 2003 (A/38138) le autorità italiane hanno fornito le informazioni richieste. Il 19 dicembre 2003 (D/58192) la Commissione ha ricordato nuovamente all’Italia gli obblighi che le incombono a norma dell’articolo 88, paragrafo 3 del trattato e ha invitato le autorità italiane ad informare gli eventuali beneficiari degli incentivi delle conseguenze previste dal trattato e dall’articolo 14 del regolamento di applicazione n. 659/1999 (2) qualora fosse accertato che detti incentivi rappresentano un aiuto al quale sia stata data illegittimamente esecuzione, senza previa autorizzazione da parte della Commissione.

(4)

Con lettera dell’11 maggio 2004 (SG 2004 D/202046), la Commissione ha informato l’Italia di aver deciso il 7 maggio 2004 di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del trattato relativamente agli incentivi fiscali concessi dall’Italia con la misura in questione.

(5)

Con lettera del 14 luglio 2004 (A/35463) le autorità italiane hanno presentato le proprie osservazioni.

(6)

La decisione della Commissione di avviare un procedimento di indagine formale è stata pubblicata il 9 settembre 2004 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e gli interessati sono stati invitati a presentare le proprie osservazioni entro un mese dalla pubblicazione (3).

(7)

Il 16 e il 27 settembre 2004 si sono svolte due riunioni tra rappresentanti della Commissione e dell’amministrazione tributaria italiana per esaminare alcuni aspetti della misura.

(8)

Con lettera del 7 ottobre 2004 (A/37679) sono pervenute osservazioni da parte dell’Associazione delle società di gestione del risparmio italiane (Assogestioni). Con lettera del 28 ottobre 2004 (D/57696) la Commissione ha trasmesso tali osservazioni alle autorità italiane. Con lettera del 6 dicembre 2004 (A/39479) le autorità italiane hanno presentato i loro commenti sulle osservazioni trasmesse.

(9)

Con lettera del 18 febbraio 2005 (A/31490) Assogestioni ha presentato ulteriori osservazioni ad integrazione di quelle già trasmesse il 7 ottobre 2004. Con lettera del 24 febbraio 2005 (D/51366) la Commissione ha trasmesso tali osservazioni alle autorità italiane. Con lettera del 4 aprile 2005 (A/32813) le autorità italiane hanno presentato i loro commenti sulle osservazioni trasmesse.

(10)

Con lettera del 28 febbraio 2005 (A/31724) sono pervenute osservazioni da parte della Federazione europea dei fondi e delle società di investimento (European Federation of Investment Funds and Companies — FEFSI). Giacché tali osservazioni sono state presentate dopo il termine fissato per la trasmissione (v. punto 6) ed essendo tali osservazioni simili a quelle presentate da Assogestioni, esse non sono state trasmesse all’Italia e non sono state prese in considerazione ai fini della presente decisione.

II.   DESCRIZIONE DELLA MISURA

(11)

L’articolo 12 del DL 269/2003, prevede degli incentivi fiscali a favore di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (strumenti di investimento) regolamentati dal diritto italiano. In particolare statuisce che, a partire dall’anno fiscale in cui vengono soddisfatte determinate condizioni specifiche, il risultato di gestione realizzato da taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati («strumenti di investimento specializzati») in azioni di società di piccola o media capitalizzazione quotate in un mercato mobiliare regolamentato dell’Unione europea è soggetto ad imposta sostitutiva del 5 %, anziché all’aliquota ordinaria del 12,5 %. In generale, nel sistema italiano di tassazione degli investimenti collettivi, l’imposta in questione viene prelevata ogni anno dagli organismi di investimento collettivo su una base imponibile data dall’importo corrispondente all’incremento annuo del valore quotidianamente registrato del loro patrimonio («risultato di gestione»); in questo modo vengono tassate le plusvalenze potenziali maturate dagli investitori che investono in tali strumenti di investimento. Grazie a questo sistema, gli investitori non debbono pagare ulteriori imposte al momento della distribuzione dei redditi derivanti da tali investimenti.

(12)

La misura modifica il regime tributario applicabile in Italia ai redditi di capitale di vari strumenti di investimento, tra cui i fondi di investimento aperti disciplinati dalla direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (4), i fondi «lussemburghesi storici», le società d’investimento a capitale variabile (SICAV) ed i fondi di investimento mobiliare chiusi, quale previsto dalla normativa che disciplina tali strumenti di investimento. Le disposizioni di legge italiane interessate sono più precisamente:

a)

gli articoli 9 e 10-ter della legge 23 marzo 1983, n. 77 riguardanti il trattamento fiscale del risultato di gestione dei fondi di investimento mobiliare aperti;

b)

l’articolo 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512 relativo al trattamento fiscale del risultato di gestione di taluni fondi di investimento, tra cui i cosiddetti «fondi lussemburghesi storici»;

c)

l’articolo 11 della legge 14 agosto 1993, n. 344 riguardante il trattamento fiscale del risultato di gestione dei fondi di investimento mobiliare chiusi;

d)

l’articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84 riguardante il trattamento fiscale del risultato di gestione delle SICAV ;

e)

gli articoli 7 e 9 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461 relativi alla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di investitori residenti in Italia;

f)

l’articolo 14 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 relativo al regime tributario dei redditi di capitale dei fondi pensione.

(13)

Gli strumenti di investimento in questione consistono in investimenti collettivi in valori mobiliari, ossia obbligazioni, azioni e altri titoli o certificati di società quotate e non quotate, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti investitori (detti «partecipanti» o «sottoscrittori»). Gli strumenti di investimento possono assumere la forma sia di fondo di investimento contrattuale privo di personalità giuridica (ad es. unit trust o fondo d’investimento comune), gestito da una società di gestione distinta sotto il profilo patrimoniale, sia di fondo d’investimento in forma societaria (ad es. SICAV) (5) sia di fondo pensione (6). Gli strumenti di investimento rappresentati da fondi comuni di investimento si dividono in fondi «aperti» o «chiusi» (7).

(14)

L’articolo 12 del DL 269/2003 statuisce che, a partire dall’anno fiscale di entrata in vigore della misura, gli strumenti di investimento specializzati contemplati dalla normativa in questione applicano un’imposta sostitutiva del 5 % sui proventi di gestione da loro maturati, consistenti nell’incremento annuo del valore quotidianamente registrato del loro patrimonio, anziché l’imposta del 12,5 %.

(15)

Ai sensi dell’articolo 12 del DL 269/2003 sono considerati strumenti di investimento specializzati:

a)

gli strumenti di investimento il cui regolamento preveda espressamente che non meno dei due terzi del relativo attivo siano investiti in azioni di società di piccola e media capitalizzazione ammesse alla quotazione nei mercati mobiliari regolamentati dell’Unione Europea, e

b)

gli strumenti di investimento il cui valore di investimento in azioni di società di piccola e media capitalizzazione ammesse alla quotazione nei mercati mobiliari regolamentati dell’Unione Europea — decorso il periodo di un anno dalla data di avvio o di adeguamento del loro regolamento alla suddetta disposizione — non risulti inferiore, nel corso dell’anno solare, ai due terzi del valore dell’attivo per più di un sesto dei giorni di valorizzazione del fondo successivi al compimento del predetto periodo (8), in base a quanto rilevato da appositi prospetti contabili periodici del fondo.

(16)

Ai sensi dell’articolo 12 del DL 269/2003 per società di piccola e media capitalizzazione cap si intendono le società con una capitalizzazione di mercato non superiore a 800 milioni di EUR, determinata sulla base dei prezzi rilevati l’ultimo giorno di quotazione di ciascun trimestre solare (9).

(17)

Il regime si applica a partire dall’anno fiscale di adeguamento del regolamento degli strumenti di investimento o dalla data del loro avvio, nel caso di costituzione di un nuovo strumento; in tal modo viene statuito espressamente l’obbligo che tali strumenti investano almeno due terzi del proprio attivo in azioni di società di piccola e media capitalizzazione ammesse alla quotazione in mercati mobiliari regolamentati dell’Unione Europea.

(18)

Il regime modifica le disposizioni fiscali relative a tutti i diversi strumenti di investimento collettivo italiani, siano essi gestiti in Italia o di diritto italiano e assoggettati in Italia al regime di imposta sostitutiva previsto per i proventi di gestione realizzati da tali strumenti di investimento (strumenti di investimento soggetti ad imposta sostitutiva in Italia) ovvero siano essi stranieri e assoggettati ad imposta in Italia relativamente ai proventi distribuiti a sottoscrittori italiani. Il dispositivo difatti modifica con lo stesso effetto le norme tributarie applicabili agli strumenti di investimento di diritto estero regolamentati dalla suddetta direttiva 85/611/CEE del Consiglio (gli OICVM esteri armonizzati) (10) il cui risultato di gestione sia distribuito a investitori italiani o le cui quote siano detenute da strumenti di investimento italiani (11).

(19)

Per chiarire gli effetti della misura e in che modo essa estenda indirettamente la riduzione d’imposta anche agli strumenti non specializzati e ad altri partecipanti, è necessario esaminare separatamente le varie disposizioni tributarie applicabili ai redditi di capitale degli strumenti di investimento e dei loro partecipanti, quali modificate dall’articolo 12 del DL 269/2003. A tal fine è opportuno distinguere tra «strumenti di investimento operanti in qualità di intermediari finanziari, il cui reddito è soggetto ad imposta sostitutiva in Italia» e «strumenti di investimento soggetti a regime d’imposta sostitutiva operanti in qualità di partecipanti in altri strumenti di investimento», giacché il medesimo strumento di investimento può fungere sia da intermediario finanziario (ad es. investe in valori mobiliari) sia da sottoscrittore-partecipante (ad es. investe in altri strumenti di investimento). Ai proventi di altri investitori esenti dal regime di imposta sostitutiva applicabile agli strumenti di investimento è dedicato un capitolo separato.

(20)

In base al regime generale, gli strumenti di investimento non sono soggetti alle imposte sui redditi. Tutti i proventi di gestione degli strumenti di investimento sono solitamente soggetti, tuttavia, ad imposta sostitutiva del 12,5 % calcolata sul risultato netto della gestione dei medesimi. Di norma, si tratta di un’imposta definitiva, che sostituisce ogni ulteriore imposta applicabile sui redditi distribuiti dagli strumenti di investimento.

(21)

Il risultato della gestione si determina sottraendo dal valore del patrimonio netto del fondo alla fine dell’anno al lordo dell’imposta sostitutiva accantonata, aumentato dei rimborsi e dei proventi eventualmente distribuiti nell’anno, il valore del patrimonio netto del fondo all’inizio dell’anno e i proventi di partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio soggetti ad imposta sostitutiva, nonché i proventi esenti e quelli soggetti a ritenuta a titolo d’imposta (12).

(22)

L’articolo 12 del DL 269/2003 modifica il regime tributario generale, contemplando l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 5 % per i proventi di gestione di strumenti di investimento specializzati.

(23)

In base al regime generale tutti i proventi distribuiti ai propri sottoscrittori (compresi altri strumenti di investimento) dagli strumenti di investimento soggetti a regime di imposta sostitutiva in Italia sono esclusi da ogni ulteriore tassazione. Il dispositivo esaminato mantiene tale regime di esclusione accordato in relazione ai proventi derivanti da strumenti di investimento specializzati (soggetti ad imposta sostitutiva con l’aliquota ridotta del 5 %). Il dispositivo riduce inoltre la tassazione effettiva dei redditi degli strumenti di investimento non specializzati derivanti dalla partecipazione in strumenti di investimento specializzati di diritto estero non soggetti all’imposta sostitutiva in Italia, portandola ad un livello equivalente all’applicazione di un’aliquota del 5 % d’imposta sostitutiva (13).

(24)

I redditi erogati da strumenti di investimento di diritto italiano od estero ai sottoscrittori italiani non sono soggetti ad ulteriore tassazione in Italia, essendo già stati tassati alla fonte dallo strumento di investimento (ritenuta d’imposta). Qualora tuttavia il sottoscrittore sia un’impresa operante nell’esercizio di attività d’impresa commerciale, i proventi percepiti concorrono a formare il reddito d’impresa soggetto ad aliquota d’imposta del 33 %. A tali imprese beneficiarie compete un credito d’imposta del 15 %, che neutralizza completamente la doppia imposizione sui redditi di capitale percepiti. Il regime conferma sostanzialmente il suddetto credito d’imposta anche quando i redditi sono erogati da strumenti di investimento specializzati (14).

(25)

In base al disposto dell’articolo 18 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), i proventi erogati da strumenti di investimento di diritto estero ad investitori italiani sono assoggettati ad una ritenuta del 12,5 %. La misura riduce la ritenuta d’imposta al 5 %, qualora i proventi siano distribuiti da strumenti di investimento specializzati. Tale disposizione assicura la parità di trattamento tra sottoscrittori di quote in strumenti di investimento di diritto estero e sottoscrittori di quote in strumenti di investimento di diritto italiano.

(26)

I proventi maturati dagli strumenti di investimento concorrono al risultato di gestione dei fondi pensione che detengono quote di tali strumenti di investimento. Tali proventi sono inoltre assoggettati ad imposta sostitutiva con l’aliquota dell’11 %. Onde evitare la doppia imposizione del risultato maturato dai fondi pensione, è previsto un credito d’imposta pari al 15 % dei proventi stessi da scontare dall’imposta sostitutiva dovuta da tali fondi pensione. La misura adegua al regime tributario specifico dei fondi pensione il nuovo sistema di tassazione ridotta previsto per gli strumenti di investimento specializzati.

(27)

Parallelamente alla diminuzione dell’imposta sostitutiva applicabile agli strumenti di investimento specializzati, il dispositivo riduce al 6 % il credito d’imposta accordato in relazione ai proventi derivanti da strumenti di investimento specializzati di diritto italiano. L’articolo 12 del DL 269/2003 statuisce inoltre che la quota dell’attivo dei fondi pensione generata dagli strumenti di investimento specializzati di diritto estero è assoggettata ad un livello d’imposta sostitutiva effettivo pari al 5 %, anziché al normale 11 % (15).

III.   MOTIVI CHE HANNO INDOTTO ALL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(28)

Nell’avviare il procedimento formale, la Commissione ha ritenuto che la misura corrispondesse a tutti i criteri previsti per essere considerata un aiuto di Stato a favore degli strumenti di investimento specializzati e delle società di piccola e media capitalizzazione le cui azioni sono detenute da tali strumenti specializzati ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato, mentre non ha sollevato dubbi circa la riduzione d’imposta diretta concessa ai sottoscrittori degli strumenti di investimento specializzati in quanto costituisce una misura generale per tutti gli investitori.

(29)

Sollevando dubbi sulla possibile esistenza di un aiuto a favore degli strumenti di investimento specializzati, la Commissione ha considerato questi ultimi «imprese» ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato in quanto esse o hanno forma societaria e costituiscono di per sé entità imprenditoriali o sono patrimoni separati gestiti da imprese che competono nei mercati degli investimenti. In secondo luogo, la Commissione ha osservato che gli strumenti di investimento specializzati o beneficiano direttamente di una riduzione dell’aliquota fiscale o fruiscono indirettamente di investimenti di capitale aggiuntivi per via della riduzione d’imposta che la misura concede ai loro sottoscrittori quando essi investono prevalentemente in società di piccola e media capitalizzazione quotate in un mercato mobiliare europeo regolamentato. La Commissione ha rilevato inoltre che i vantaggi in questione non sono proporzionati al numero di azioni di società di piccola e media capitalizzazione detenute da tali strumenti bensì dipendono esclusivamente dal loro status di strumenti specializzati.

(30)

Per quanto riguarda le società di piccola e media capitalizzazione, la Commissione ha sottolineato che la misura fornisce un vantaggio indiretto alle società le cui azioni sono detenute dagli strumenti di investimento specializzati, in quanto ha l’effetto di accrescere la loro liquidità agevolandone l’accesso al capitale. Il vantaggio dipende dal loro status di società di piccola e media capitalizzazione quotate in un mercato mobiliare europeo regolamentato e non dai loro risultati, né da altre condizioni o dagli investimenti da loro realizzati.

IV.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA E DI TERZI INTERESSATI

(31)

Nelle loro osservazioni sia l’Italia che Assogestioni hanno sostenuto che gli strumenti di investimento in questione non possono essere considerati come imprese in quanto costituirebbero semplici masse patrimoniali gestite da imprese separate. Queste ultime sarebbero soggette alla tassazione ordinaria degli utili e non beneficerebbero della riduzione d’imposta prevista dall’articolo 12 del DL 269/2003.

(32)

Sia l’Italia che Assogestioni hanno inoltre affermato che la misura in questione dovrebbe essere considerata come una misura di politica fiscale generale che va a beneficio diretto degli investitori e solo indirettamente esercita effetti per le società di piccola e media capitalizzazione e gli strumenti di investimento. Secondo le parti interessate la misura mira a promuovere la capitalizzazione di mercato delle società di piccola e media capitalizzazione, rispetto a quella delle altre società quotate in Europa, ed in quanto tale non rientrerebbe nel campo d’applicazione del controllo degli aiuti di Stato. Sia l’Italia che le parti interessate hanno argomentato che la misura non costituirebbe un aiuto agli strumenti di investimento specializzati né a talune società di gestione. Sotto questo profilo le autorità italiane hanno sostenuto che la misura è aperta a tutte le imprese che creano strumenti di investimento distinti e volti ad investire prevalentemente in e media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati europei e pertanto costituirebbe una misura generale.

(33)

Inoltre, in base a queste osservazioni la misura non influirebbe sulla concorrenza in quanto qualsiasi società europea di piccola o media capitalizzazione potrebbe beneficiare del più facile accesso al capitale. In aggiunta la misura non costituirebbe un aiuto alle società di piccola e media capitalizzazione poiché gli strumenti di investimento, o le loro società di gestione, prenderebbero le loro decisioni di investimento in funzione della massimizzazione dei loro profitti.

(34)

Assogestioni ha presentato informazioni dettagliate sul funzionamento del regime nel suo primo periodo di operatività (anno 2004). A fine 2004 erano operativi tre strumenti di investimento specializzati: due erano fondi preesistenti che avevano adeguato il loro regolamento in modo tale da detenere in prevalenza azioni di società di piccola e media capitalizzazione quotate in mercati europei regolamentati, il terzo era un nuovo fondo. Assogestioni ha indicato che il costo erariale della misura nel 2004 sarebbe stato minimo. Sulla base dei dati presentati da Assogestioni, la Commissione ha calcolato che la perdita di gettito fiscale nel 2004 è ammontata a circa 1,1 milioni di EUR, tenuto conto degli adeguamenti necessari per neutralizzare il riporto dei crediti d’imposta virtuali relativi alla tassazione di anni precedenti. Sia l’Italia che le parti interessate ritengono che questi dati dimostrino che la misura in questione avrebbe un effetto irrilevante sulla concorrenza e sugli scambi intracomunitari, considerando che anche le società di piccola e media capitalizzazione e gli strumenti di investimento stabiliti all’estero potrebbero beneficiare degli effetti indiretti della riduzione d’imposta in questione.

V.   VALUTAZIONE DELLA MISURA

(35)

Dopo aver preso in considerazione le osservazioni presentate dalle autorità italiane e dalle parti interessate, la Commissione conferma la posizione espressa, ossia che la riduzione d’imposta a favore degli investitori costituisce un aiuto di Stato a favore sia degli organismi specializzati negli investimenti in azioni di società di piccola e media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati europei, sia delle società di piccola e media capitalizzazione le cui azioni sono detenute da tali organismi, in quanto essa risponde cumulativamente ai criteri previsti in materia dall’articolo 87, paragrafo 1 del trattato .

(36)

La Commissione conferma innanzitutto la tesi espressa nella sua lettera di apertura del procedimento di indagine formale che in taluni casi gli strumenti di investimento sono imprese ai sensi dell’articolo 87 del trattato e possono pertanto beneficiare della riduzione d’imposta prevista dall’articolo 12 del DL 269/2003. In particolare, la Commissione considera che sebbene gli strumenti di investimento specializzati non beneficiano direttamente della riduzione d’imposta accordata ai loro sottoscrittori, essi ricevono quantomeno un beneficio economico indiretto in quanto la riduzione fiscale sugli investimenti in strumenti specializzati spinge i sottoscrittori ad acquistare le quote degli strumenti specializzati, procurando a questi ultimi liquidità e redditi aggiuntivi sotto forma di commissioni di gestione e di sottoscrizione.

(37)

In base alla comunicazione della Commissione su aiuti di Stato e capitale di rischio (16), nei casi in cui una misura statale prevede la creazione di un fondo o di un altro strumento di investimento è necessario stabilire se il fondo stesso o lo strumento di investimento possano a loro volta considerarsi come un’impresa che beneficia di aiuti di Stato. Nella fattispecie, la Commissione prende nota dell’osservazione delle autorità italiane secondo la quale gli strumenti di investimento specializzati che applicano l’imposta ridotta in conformità dell’articolo 12 del DL 269/2003 sono semplicemente masse patrimoniali e pertanto non possono essere in linea di massima considerati come imprese ai sensi dell’articolo 87 del trattato. La Commissione osserva tuttavia che in taluni casi tali strumenti di investimento assumono la forma societaria e possono beneficiare individualmente di vantaggi, quantunque la loro tassazione sia distinta dalla tassazione del patrimonio da essi gestito. La Commissione osserva altresì che altri strumenti di investimento privi di personalità giuridica sono gestiti da imprese che sono in concorrenza con altri operatori che si occupano di risparmio gestito e che pertanto le predette imprese possono beneficiare di vantaggi.

(38)

La Commissione ritiene che gli strumenti di investimento specializzati svolgono un’attività economica e costituiscono imprese ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1. Ciò è confermato dalla giurisprudenza della Corte nel settore dell’IVA. In particolare la Corte ha stabilito di recente (17) che le operazioni delle SICAV che consistono nell’investimento collettivo in valori mobiliari rappresentano un’attività economica svolta da soggetti passivi ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2 della Sesta direttiva IVA (18). In base alla giurisprudenza (19), dai considerando della Prima direttiva (20) si desume che l’armonizzazione delle legislazioni relative all’IVA è diretta ad eliminare i fattori che possono alterare le condizioni di concorrenza e quindi a giungere ad una neutralità concorrenziale. Considerato che le norme sugli aiuti di Stato e le direttive sull’armonizzazione dell’IVA perseguono la medesima finalità, la Commissione ritiene appropriato far riferimento alla giurisprudenza relativa alle predette direttive, che conferma che gli strumenti di investimento in questione, aventi forma societaria o non, svolgono un’attività economica e pertanto costituiscono imprese ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1.

(39)

La Commissione ritiene di conseguenza che un vantaggio fiscale concesso agli investitori che investono in strumenti di investimento specializzati favorisca gli strumenti stessi in quanto imprese, quando essi hanno forma societaria, o le imprese che gestiscono tali strumenti, quando essi hanno forma contrattuale. In particolare l’incremento della domanda di quote di strumenti di investimento specializzati determina un aumento delle commissioni di gestione e di sottoscrizione percepite dagli strumenti o dalle imprese che gestiscono tali strumenti.

(40)

L’argomentazione secondo la quale la misura non sarebbe selettiva in quanto non favorirebbe determinati strumenti di investimento e società di gestione relativamente alle loro dimensioni, nazionalità, luogo di registrazione o composizione è irrilevante, in quanto quello che conta è che la misura preveda una riduzione d’imposta straordinaria e limitata agli strumenti di investimento specializzati in azioni di società di piccola e media capitalizzazione quotate e alle relative società di gestione. In base ad una giurisprudenza consolidata (21) il fatto che un aiuto non sia mirato ad uno o più destinatari specifici definiti in precedenza ma sia soggetto ad una serie di criteri oggettivi non può porre in discussione la natura selettiva di una misura statale. La Commissione è altresì dell’avviso che il fatto che il vantaggio fornito dalla misura a favore delle imprese di investimento che gestiscono strumenti di investimento specializzati sia solo indiretto non può escludere l’esistenza di un aiuto di Stato, in quanto, sempre secondo una giurisprudenza consolidata della Corte (22), i vantaggi fiscali diretti concessi ad investitori che non sono imprese costituiscono aiuti indiretti alle imprese in cui gli investitori investono.

(41)

La Commissione è giunta pertanto alla conclusione che la misura fornisce il vantaggio specifico indiretto suesposto agli strumenti di investimento e alle relative società di gestione a discapito di altre imprese che offrono forme alternative di investimento.

(42)

La Commissione conferma altresì la posizione espressa nella sua lettera di apertura del procedimento di indagine formale, secondo la quale la misura in questione ha l’effetto di favorire le società di piccola e media capitalizzazione le cui azioni sono detenute dagli strumenti di investimento specializzati che beneficiano della riduzione d’imposta prevista dall’articolo 12 del DL 269/2003. In particolare la Commissione è dell’avviso che la misura fornisca un vantaggio selettivo indiretto alle società di piccola e media capitalizzazione le cui azioni sono detenute dagli strumenti di investimento specializzati sotto forma di un incremento della domanda delle loro azioni e di un aumento della loro liquidità. L’argomentazione che non vi sarebbe alcun vantaggio per le società di piccola e media capitalizzazione in quanto i fondi e gli investitori opererebbero per massimizzare i profitti non può essere accolta in quanto un trattamento fiscale più favorevole rende l’investimento più allettante, procurando così maggiore liquidità alle società di piccola e media capitalizzazione anche in assenza di un comportamento attivo di queste società inteso a beneficiare di tale vantaggio.

(43)

Non può essere accolta neppure l’argomentazione in base alla quale la misura in questione costituirebbe una misura di politica fiscale generale intesa a favorire la capitalizzazione delle società di piccola e media capitalizzazione in Europa ed esulerebbe dal campo di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. La Commissione ritiene che il vantaggio fiscale concesso non compensi disparità di trattamento fiscale sostanziali tra gli investimenti collettivi in società di piccola e media capitalizzazione quotate, da un lato, e gli investimenti collettivi in altre società o i singoli investimenti in società non quotate, dall’altro. Né la misura può essere giustificata sulla base del proprio obiettivo specifico, in quanto si limita a prevedere riduzione di imposta in caso di investimenti collettivi specializzati in azioni di società di piccola e media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati e in quanto tale non è mirata né proporzionata rispetto all’obiettivo di favorire la capitalizzazione di tali società ma è piuttosto subordinata alla condizione che gli investimenti siano realizzati tramite strumenti di investimento specializzati.

(44)

La Commissione ritiene che i benefici di cui trattasi siano concessi dallo Stato ovvero mediante risorse statali. Prendendo atto che l’Italia non ha presentato obiezioni al riguardo, la Commissione conferma la valutazione espressa all’avvio del procedimento formale, secondo la quale il beneficio proviene dallo Stato in quanto consiste nella rinuncia a gettiti d’imposta di norma percepiti dall’erario italiano.

(45)

Considerati gli effetti della misura, la Commissione conferma la valutazione effettuata all’avvio del procedimento formale secondo cui la misura può falsare la concorrenza tra imprese ed incidere sugli scambi tra Stati membri, dato che le società beneficiarie possono operare in mercati internazionali e svolgere attività commerciali e altre attività economiche in mercati caratterizzati da un’intensa concorrenza. Secondo una giurisprudenza consolidata (23), affinché una misura falsi la concorrenza è sufficiente che il destinatario dell’aiuto sia in concorrenza con altre imprese su mercati aperti alla concorrenza. In particolare, gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in azioni di società di piccola e media capitalizzazione sono in concorrenza con altre imprese finanziarie e operano in un mercato aperto caratterizzato da notevoli scambi intracomunitari. Quanto alle società di piccola e media capitalizzazione le cui azioni sono detenute dagli strumenti di investimento specializzati descritti dall’articolo 12 del DL 269/2003, quantomeno alcune di loro sono attive in settori in cui vi sono scambi tra gli Stati membri.

(46)

La Commissione è dell’avviso che né il costo fiscale limitato determinato da questa misura nel 2004 (1,1 milioni di EUR) né il numero ristretto di strumenti specializzati operativi in tale anno (tre), rispetto al gran numero di società di piccola e media capitalizzazione quotate le cui azioni sono state detenute, possa modificare la conclusione che la misura costituisca un aiuto, in primo luogo in quanto, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte (24), persino un aiuto di modesta entità influisce sulla concorrenza ed in secondo luogo poiché l’Italia non esclude che la misura in questione possa avere in futuro un impatto economico ben più rilevante. Occorre inoltre notare che l’impatto limitato della misura può essere anche spiegato dal fatto che la Commissione ha prontamente avviato un’indagine e il procedimento formale sulla misura e che ciò può aver influenzato il comportamento degli operatori. Infine, sebbene il numero di società di piccola e media capitalizzazione ammissibili quotate nei mercati regolamentati europei sia relativamente consistente rispetto all’entità della riduzione d’imposta nel 2004, i dati presentati dall’Italia non permettono di concludere che i benefici derivanti ai singoli beneficiari possano rientrare nel limite degli aiuti de minimis.

(47)

La Commissione è pertanto giunta alla conclusione che la misura in questione determina un’alterazione (attraverso il trattamento fiscale degli investitori) della posizione concorrenziale di talune imprese che svolgono attività commerciali e, nella misura in cui esse operano in mercati aperti alla concorrenza internazionale, falsa la concorrenza.

(48)

Le autorità italiane hanno dato esecuzione alla misura senza previa notifica alla Commissione, non rispettando dunque l’obbligo previsto all’articolo 88, paragrafo 3 del trattato . Nella misura in cui costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato ed è stata posta in esecuzione senza l’approvazione preventiva della Commissione, la misura ha carattere di aiuto illegittimo.

(49)

La misura di cui trattasi costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato e la sua compatibilità con il mercato comune deve pertanto essere valutata alla luce delle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 2 e dall’articolo 87, paragrafo 3 del trattato .

(50)

Le autorità italiane non hanno esplicitamente contestato la valutazione della Commissione di cui alla lettera di avvio dell’indagine formale dell’11 maggio 2004, secondo la quale, nel caso di specie, non si applica alcuna delle deroghe di cui all’articolo 87, paragrafi 2 e 3 del trattato, per effetto delle quali gli aiuti di Stato possono essere considerati compatibili con il mercato comune, e la Commissione non è entrata in possesso di nuovi elementi che mettano in dubbio tale conclusione.

(51)

I vantaggi, nel caso di specie, non sono correlati ad alcuna spesa oppure sono connessi a spese non ammissibili ad aiuti a norma dei regolamenti di esenzione per categoria o degli orientamenti comunitari esistenti.

(52)

Le deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 2 del trattato, relative agli aiuti di carattere sociale concessi ai singoli consumatori, agli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali e agli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania, non si applicano in questo caso.

(53)

Non è applicabile neppure la deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), del trattato, che prevede l’autorizzazione degli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, dato che la misura si applica sull’intero territorio italiano e non soltanto nelle regioni italiane assistite ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera a). Infine il regime non sembra contribuire in alcun modo allo sviluppo di dette regioni.

(54)

Allo stesso modo, il regime non può essere considerato un importante progetto di comune interesse europeo né è destinato a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia dell’Italia, come previsto dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), del trattato . Esso non mira neppure a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio come stabilito all’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), del trattato .

(55)

Da ultimo, la misura in questione deve essere valutata alla luce dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato . Tale articolo dispone che gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche sono ammessi a condizione che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. Le agevolazioni fiscali concesse mediante la misura non sono connesse né proporzionate ad investimenti specifici, alla creazione di posti di lavoro o a progetti specifici che contribuirebbero ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato. Esse non possono essere considerate compatibili con il mercato comune sulla base dei criteri stabiliti nella comunicazione della Commissione su «Aiuti di Stato e capitale di rischio» (25), in quanto gli investimenti agevolati hanno per oggetto società quotate in un mercato europeo regolamentato e le autorità italiane non hanno dimostrato che tali società non beneficino di un accesso adeguato ai finanziamenti azionari e siano esposte, nella raccolta dei capitali, a costi più elevati di altre società. La Commissione osserva infine che come affermato dalla Corte in proposito ad un’altra misura di aiuto che favorisce investimenti specifici «non è escluso che il regime medesimo potesse trovare applicazione nei confronti di imprese in difficoltà o operanti in settori delicati» disciplinati da norme specifiche in materia di aiuti  (26). La Commissione è giunta alla conclusione che i vantaggi concessi dalla misura riducono gli oneri che i beneficiari dovrebbero normalmente sostenere nel corso delle loro attività economiche e devono pertanto essere considerate come aiuti di Stato al funzionamento che, secondo la prassi e la giurisprudenza, sono incompatibili con il mercato comune.

VI.   CONCLUSIONI

(56)

La Commissione è giunta alla conclusione che le agevolazioni fiscali concesse mediante la misura in questione costituiscono un regime di aiuti di Stato al funzionamento al quale non si applica alcuna delle previste deroghe al divieto generale di simili aiuti e che è pertanto incompatibile con il mercato comune. La Commissione ritiene inoltre che l’Italia abbia dato illegittimamente esecuzione alla misura in causa.

(57)

L’accertamento di un aiuto di Stato illegittimamente concesso ed incompatibile con il mercato comune implica, come normale conseguenza, che l’aiuto stesso deve essere recuperato per ripristinare nella misura del possibile la posizione competitiva esistente prima dell’aiuto.

(58)

La presente decisione riguarda il regime in quanto tale e deve essere eseguita immediatamente, compreso il recupero degli aiuti concessi nel quadro del regime conformemente all’articolo 14 del regolamento di applicazione n. 659/1999 (27).

(59)

A tal fine la Commissione considera necessario chiedere all’Italia, in primo luogo, di sopprimere immediatamente l’aiuto, consistente nella differenza di trattamento fiscale dei proventi di gestione, a favore dei proventi di gestione realizzati dagli strumenti di investimento specializzati in azioni di società di piccola e media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati europei, informando tutti i soggetti chiamati ad applicare gli incentivi fiscali in questione, a norma delle disposizioni nazionali rilevanti di cui all’articolo 12 del DL 269/2003, in merito all’applicabilità diretta della presente decisione della Commissione.

(60)

In secondo luogo, l’Italia dovrà recuperare gli aiuti dagli strumenti di investimento o dalle imprese che gestiscono gli strumenti di investimento aventi forma contrattuale, che sono nel contempo i primi beneficiari dell’aiuto e i soggetti fiscalmente tenuti a pagare l’imposta sostitutiva sui proventi di gestione allo Stato. Gli aiuti da recuperare corrispondono alla differenza tra l’imposta sostitutiva ordinaria e l’imposta ridotta derivante dagli incentivi fiscali in questione. La presente decisione non pregiudica la possibilità che gli strumenti di investimento o le imprese che li gestiscono esigano un importo corrispondente dai loro sottoscrittori, se tale possibilità è prevista dal diritto nazionale. L’obbligo di recuperare gli aiuti non esclude tuttavia la possibilità che tutti o una parte degli aiuti concessi a singoli beneficiari siano compatibili a norma dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore («de minimis») (28).

(61)

La Commissione sollecita l’Italia a fornire le informazioni richieste utilizzando il questionario di cui all’allegato della presente decisione, compilando un elenco degli intermediari finanziari e degli altri soggetti interessati dal recupero dell’incentivo finanziario in questione e specificando chiaramente le misure previste e quelle già adottate per un immediato ed effettivo recupero degli aiuti di Stato illegittimi. La Commissione invita l’Italia a presentare, entro due mesi dall’adozione della presente decisione, tutti i documenti comprovanti l’avvenuto avvio della procedura di recupero degli aiuti illegittimi (quali circolari, ordini di recupero ecc.).

62.

Agli importi da recuperare devono essere applicati gli interessi, da calcolarsi a norma del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (29),

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

E’ incompatibile con il mercato comune il regime di aiuti di Stato, concessi sotto forma di incentivi fiscali, a favore di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in azioni di società di piccola o media capitalizzazione quotate in un mercato regolamentato europeo, di cui all’articolo 12 del Decreto Legge 269/2003, al quale l’Italia ha dato esecuzione in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3 del trattato .

Articolo 2

L’Italia sopprime il regime di aiuti di cui all’articolo 1 con effetto a decorrere da due mesi dopo la data di notifica della presente decisione.

Articolo 3

1.   Entro due mesi dalla data di notifica della presente decisione l’Italia informa tutti gli intermediari finanziari, compresi gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, specializzati in azioni di società di piccola o media capitalizzazione e tutti gli altri soggetti interessati dall’applicazione del regime di aiuti di Stato di cui all’articolo 1, in merito alla decisione della Commissione di considerare detto regime incompatibile con il mercato comune.

2.   La Repubblica italiana prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare gli aiuti indicati all’articolo 1 ed illegittimamente messi a disposizione dei beneficiari dagli strumenti di investimento aventi forma societaria o, a seconda dei casi, dalle imprese che gestiscono gli strumenti d’investimento aventi forma contrattuale, fatti salvi eventuali ricorsi previsti dal diritto nazionale.

Entro due mesi dalla data di notifica della presente decisione, la Repubblica italiana informa la Commissione dell’identità dei beneficiari, dell’importo degli aiuti concessi individualmente e dei metodi con i quali tali importi sono stati determinati.

3.   Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, al fine di permettere l’esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione.

4.   Gli aiuti da recuperare sono produttivi di interessi a decorrere dalla data in cui gli aiuti sono divenuti disponibili per i beneficiari fino alla data dell’effettivo recupero.

Gli interessi sono calcolati in conformità alle disposizioni di cui al capo V del regolamento (CE) n. 794/2004.

Articolo 4

L’Italia informa la Commissione, nel termine di due mesi a decorrere dalla data della notifica della presente decisione, delle misure adottate e previste per conformarvisi. Tali informazioni vengono comunicate tramite il questionario di cui all’allegato della presente decisione. L’Italia presenta entro lo stesso termine tutti i documenti comprovanti l’avvenuto avvio del procedimento di recupero nei confronti dei beneficiari degli aiuti illegittimi.

Articolo 5

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, 6 settembre 2005

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 225 del 9.9.2004, pag. 8.

(2)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(3)  V. nota 1.

(4)  GU L 375 del 31.12.1985, pag. 3.

(5)  La principale differenza tra le SICAV (fondi aventi forma societaria) ed i fondi d’investimento di tipo contrattuale risiede nell’assenza di separazione patrimoniale tra capitale investito e capitale sociale. Le quote di partecipazione alla SICAV (azioni) costituiscono il capitale sociale della società medesima.

(6)  L’aliquota d’imposta applicabile ai proventi di gestione maturati dai fondi pensione non è direttamente ridotta dall’articolo 12 del DL 269/2003 in quanto essi sono soggetti a disposizioni fiscali speciali. Tuttavia i fondi pensione che investono in strumenti d’investimento specializzati beneficiano di un credito d’imposta specifico che consente loro di applicare l’aliquota specifica del 5 % alla porzione dei loro proventi derivanti da strumenti d’investimento specializzati.

(7)  La differenza tra fondi aperti e fondi chiusi risiede nel fatto che in questi ultimi il numero di quote emesse dal fondo è stabilito all’atto della costituzione per un determinato numero di anni, i partecipanti non possono richiedere il rimborso delle loro quote in un qualsiasi momento e le nuove emissioni di quote sono anch’esse limitate. I fondi aperti non sono assoggettati ad alcuna di dette restrizioni (V. il «Provvedimento del Governatore 27 agosto 2003» della Banca d’Italia, che modifica le disposizioni relative agli OICVM contemplate dal precedente Provvedimento del Governatore del 20 settembre 1999, adeguandole alle nuove norme introdotte dalla disciplina dei fondi chiusi emanata dal decreto n. 47 del 31 gennaio 2003).

(8)  Tale limite è fissato a 2 mesi nel caso di fondi chiusi.

(9)  Una società può essere inquadrata come società di piccola o media capitalizzazione per uno o più trimestri solari, a seconda delle fluttuazioni dei mercati azionari.

(10)  La misura non influisce direttamente sulla tassazione degli strumenti di investimento esteri che non rientrano nel campo di applicazione della direttiva 85/611/CEE.

(11)  Più precisamente, mentre gli OICVM esteri che distribuiscono il loro risultato di gestione ai singoli investitori italiani applicano la ritenuta fiscale italiana in sede di distribuzione, la parte del risultato di gestione percepita dagli strumenti di investimento italiani per la partecipazione a OICVM esteri dà diritto ad uno sgravio per la doppia imposizione, attraverso lo scorporo di parte del risultato di gestione derivante da tali OICVM esteri.

(12)  Secondo il disposto dell’articolo 10-ter della L 77/1983, i proventi derivanti da strumenti di investimento di diritto estero non regolamentati dalla direttiva 85/611/CEE del Consiglio concorrono a formare l’attivo netto non essendo soggetti ad imposta alla fonte.

(13)  Come regola generale, solo il 40 % del risultato di gestione che uno strumento di investimento di diritto italiano deriva dalla partecipazione ad uno strumento di investimento di diritto estero è tassato in Italia, il che significa che il reddito di provenienza estera percepito da uno strumento di investimento di diritto italiano è di fatto tassato nella misura del 5 % (l’applicazione di un’imposta del 12,5 % sul 40 % dei redditi equivale all’applicazione di un’aliquota d’imposta del 5 %). Escludendo inoltre dal risultato di gestione degli strumenti di investimento la totalità dei redditi di capitale provenienti dagli strumenti di investimento specializzati soggetti ad un livello di tassazione ridotto equivalente al 5 %, la misura consegue l’obiettivo di assicurare la parità di trattamento delle sottoscrizioni in strumenti di investimento specializzati, indifferentemente se di diritto italiano od estero.

(14)  L’articolo 12 del DL 269/2003 mantiene l’attuale credito d’imposta del 15 %, onde evitare che l’aliquota d’imposta ridotta del 5 % applicata agli strumenti di investimento specializzati sia subita a livello più elevato da parte del sottoscrittore esercente attività d’impresa. Quest’ultimo verrebbe infatti sottoposto a prelievo personale più elevato se, invece che al 15 %, il credito fosse limitato ad un livello del 5 % (coincidente con l’aliquota dell’imposta sostitutiva corrisposta dallo strumento di investimento). In sostanza il credito d’imposta al 15 % permette di evitare l’imposizione individuale più elevata a livello del sottoscrittore, lasciando quindi il prelievo complessivo al 5 %. Per evitare tuttavia che, qualora sia stata corrisposta solo un’imposta del 5 %, i sottoscrittori fruiscano indebitamente dell’intero credito del 15 %, la misura stabilisce che il credito d’imposta costituisce credito d’imposta limitato per la parte in cui non trova copertura nell’imposta sostitutiva del risultato di gestione maturato, cioè per il 9 %, per cui non può essere rimborsato o essere utilizzato per sconti sull’imposta sui redditi dovuta negli esercizi fiscali in cui il reddito è stato percepito. Infine, per compensare l’imposta prelevata alla fonte, la normativa italiana prevede il pagamento di una somma a titolo di restituzione agli investitori esteri (non residenti), che abbiano sottoscritto quote in strumenti di investimento soggetti a tassazione in Italia, i quali hanno il diritto ad un rimborso d’imposta pari al 15 % dei proventi distribuiti dagli strumenti di investimento, a titolo di compensazione dell’imposta precedentemente corrisposta. Il dispositivo limita il rimborso al 6 % qualora i proventi siano distribuiti da strumenti di investimento specializzati assoggettati ad imposta sostitutiva, la cui aliquota sia stata ridotta al 5 % a norma dell’articolo 12 del DL 269/2003.

(15)  Nel caso dei fondi pensione, tale livello reale (5 %) d’incidenza dell’imposta sostitutiva sul risultato conseguito dalla partecipazione dei fondi pensione in strumenti di investimento specializzati è realizzato — conformemente alle disposizioni tributarie specifiche dei fondi pensione — attraverso l’esclusione dal risultato di gestione, soggetto all’imposta sostitutiva dell’11 %, del 54,55 % dei proventi erogati da strumenti di investimento specializzati di diritto estero, cosicché applicando l’imposta sostitutiva dell’11 % al 45,45 % del risultato di gestione dei fondi pensione, si ottiene un risultato equivalente all’applicazione dell’aliquota del 5 % sulla totalità dei proventi. Dall’altro lato, i proventi maturati dai fondi pensione in relazione a strumenti di investimento specializzati di diritto italiano sono assoggettati ad un un’imposta sostitutiva equivalente all’11 %, pur fruendo di un credito d’imposta del 6 %, accordato per compensare le imposte già versate da tali strumenti di investimento specializzati.

(16)  GU C 235 del 21.8.2001, pag. 3, punto IV.1.

(17)  Causa C-8/03 BBL, punti 42 e 43.

(18)  Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari — Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145 del 1977, pag. 1).Direttiva modificata da ultimo dalla Direttiva 2004/66/CE (GU L 168 dell’1.5.2004, pag. 35).

(19)  Causa 89/81, Hong-Kong Trade Development Council [1982] Racc. 1277, punto 6. V. anche causa C-317/94, Elida Gibbs [1996] Racc. I-5339, punto 20.

(20)  Prima direttiva 67/227/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU L 71 del 14.4.1967, pag. 1301). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 77/388/CE (v. nota 19).

(21)  Causa T-55/99 CETM/Commissione [2000] Racc. II-3207, punto 40 e cause riunite T-92/00 e T-103/00, Territorio Histórico de Álava e altri/ Commissione [2002], Racc. II-1385, punto 58.

(22)  Causa C-156/98 Germania/Commissione [2000] Racc. I-6857, punti 24-28, e causa T-93/02, Confédération nationale du Crédit mutuel/Commissione, sentenza del 18 gennaio 2005, punto 95.

(23)  Causa T-214/95 Het Vleemse Gewest/Commissione, Racc. 1998, pag. II-717.

(24)  Causa C-142/87, Belgio/Commissione, Racc. 1990, pag. I-959.

(25)  GU C 235 del 21.8.2001, pag. 3.

(26)  Causa C-156/98, Germania/Commissione, Racc. 2000, pag. I-6857, punto 69.

(27)  V. nota 2.

(28)  GU L 10 del 13.1.2001, pag. 30.

(29)  GU L 140 del 30.04.2004, pag. 1.


ALLEGATO

Informazioni concernenti l’esecuzione della decisione della Commissione relativa al regime di aiuti di Stato C 19/2004 — Italia: Incentivi fiscali diretti a favore di taluni organismi di investimento collettivo in valori mobiliari specializzati in società di piccola o media capitalizzazione quotate in mercati regolamentati

1.   Numero totale di beneficiari e importo totale dell’aiuto da recuperare

1.1.

Indicare dettagliatamente in che modo sarà calcolato l’ammontare degli incentivi fiscali da recuperare presso i singoli beneficiari

Capitale

Interessi

1.2.

Qual è l’ammontare totale da recuperare degli incentivi fiscali illegittimi concessi in base al regime (equivalente sovvenzione lordo; prezzi di …).

1.3.

Qual è il numero totale di beneficiari dai quali devono essere recuperati gli incentivi fiscali concessi illegittimamente nel quadro del regime.

2.   Provvedimenti previsti e già adottati per recuperare gli aiuti

2.1.

Si prega di indicare dettagliatamente quali provvedimenti siano previsti e quali provvedimenti siano già stati adottati per procedere all’immediato ed effettivo recupero degli incentivi fiscali. Specificare la base giuridica di detti provvedimenti.

2.2.

Entro quale data sarà completato il recupero?

3.   Informazioni sui singoli soggetti che hanno applicato l’incentivo fiscale

Nella tabella allegata si prega fornire i dati relativi a ciascun soggetto presso il quale si devono recuperare gli incentivi fiscali concessi illegittimamente nel quadro del regime.

Identità del soggetto

Ammontare dell’incentivo concesso illegittimamente (1)

valuta: ...

Importi rimborsati (2)

valuta: ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


(1)  Ammontare dell’aiuto messo a disposizione del beneficiario (equivalente sovvenzione lordo; prezzi di …)

(2)  

(o)

Importi lordi rimborsati (compresi gli interessi).


27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/12


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 23 novembre 2005

relativa all'aiuto di Stato cui l’Italia intende dare esecuzione a favore di Fincantieri

[notificata con il numero C(2005) 4433]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/639/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

visto il regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativo agli aiuti alla costruzione navale (1),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detti articoli (2) e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 31 luglio 2003, l’Italia ha notificato la misura di aiuto alla Commissione. Con lettere del 16 settembre 2003, 6 novembre 2003, 1o dicembre 2003, 4 febbraio 2004, 12 febbraio 2004, 26 febbraio 2004, 5 aprile 2004, 25 maggio 2004, 23 giugno 2004 e 8 luglio 2004, l’Italia ha fornito alla Commissione ulteriori informazioni.

(2)

Con lettera del 22 ottobre 2004, la Commissione ha informato l’Italia della decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE nei confronti della misura in causa.

(3)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (3). La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare osservazioni in merito all’aiuto di cui trattasi.

(4)

La Commissione ha ricevuto osservazioni dai terzi interessati, che ha trasmesso all’Italia, fornendole l’opportunità di replicare. Le osservazioni dell’Italia sono pervenute con lettera del 12 aprile 2005.

(5)

La Commissione ha ricevuto altre lettere dall’Italia datate rispettivamente 25 novembre 2005, 18 maggio 2005 e 12 ottobre 2005.

II.   DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’AIUTO

(6)

L’Italia ha richiesto alla Commissione la concessione di una proroga del termine di consegna del 31 dicembre 2003 di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1540/98 relativo agli aiuti alla costruzione navale («regolamento sulla costruzione navale»), al quale è subordinata la fruizione di aiuti al funzionamento connessi al contratto. La proroga richiesta da Fincantieri riguarda la consegna di cinque navi da crociera per un valore contrattuale complessivo di 2,1 miliardi di euro e un importo di aiuto di 243 milioni di euro.

(7)

Fincantieri è una società pubblica con sei cantieri in Italia (Monfalcone, Marghera, Sestri Ponente, Ancona, Palermo, Castellammare, Muggiano, Riva Trigoso), specializzata nella costruzione di navi da crociera, ma che costruisce anche altri tipi di navi destinate alla navigazione marittima e navi militari.

(8)

L’Italia ha spiegato che i contratti definitivi per le navi in questione sono stati firmati nel dicembre 2000 e che la consegna, stando alle clausole contrattuali, era prevista per giugno o dicembre 2003. Le navi sono state ordinate da diverse filiali di Carnival Corporation («Carnival»), un operatore di crociere statunitense. Su tale base l’Italia ha promesso un aiuto al funzionamento connesso al contratto per la costruzione delle navi.

(9)

L’Italia ha precisato che il proprietario delle navi ha richiesto, nell’autunno del 2001, una proroga delle consegne a scadenze diverse nel 2004 e nel 2005, motivandola con il grave impatto degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001 sul settore delle crociere. Fincantieri ha acconsentito alla richiesta e l’Italia ha chiesto una proroga del termine di consegna affinché le navi potessero ancora beneficiare degli aiuti al funzionamento.

(10)

Nella loro notifica le autorità italiane hanno fatto riferimento alla decisione della Commissione del 5 giugno 2002 (4) con la quale si autorizza una proroga analoga del termine di consegna di una nave da crociera in costruzione presso il cantiere tedesco Meyer Werft. L’Italia ha sottolineato le analogie esistenti tra i due casi per quanto riguarda (i) le motivazioni addotte per la proroga (l’impatto degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001), (ii) il mercato interessato (crociere) e (iii) il rapporto di dipendenza commerciale tra il cantiere proprietario della nave (Carnival è il maggiore cliente di Fincantieri).

(11)

Con decisione del 20 ottobre 2004 la Commissione ha concesso la proroga del termine di consegna per quattro delle navi, ma ha espresso dubbi quanto alla possibilità di concedere la proroga per la quinta. I dubbi riguardavano la nave 6079, con consegna prevista nell’ottobre 2005. Questa nave doveva inizialmente essere consegnata nel 2005, ma, in una fase successiva, verso la fine del 2000, il termine di consegna era stato cambiato al dicembre 2003, altrimenti la nave non avrebbe potuto beneficiare di aiuti al funzionamento.

(12)

L’importo di aiuto che l’Italia concederebbe a Fincantieri se la Commissione prorogasse il termine di consegna per la nave 6079 è di circa 33 milioni di euro (9 % del valore contrattuale della nave).

(13)

L’avvio del procedimento formale è basato essenzialmente su motivi. Il primo è costituito dai dubbi concernenti la fattibilità del piano, secondo il quale una delle cinque navi (la nave 6077) doveva essere costruita nel cantiere navale di Ancona, il che avrebbe comportato un complesso processo produttivo, dato che le sezioni degli scafi da assemblare dovevano essere spostate in un secondo cantiere (ATSM Trieste), per poi essere ritrasferite ad Ancona, dal momento che la lunghezza del bacino di Ancona è inferiore a quella della nave. Inoltre ad Ancona non erano mai state costruite navi di tale complessità, per cui sussistevano dubbi sulla capacità di far fronte a tale operazione, non da ultimo per quanto concerneva l’allestimento della nave. A questo proposito va precisato che la costruzione della nave 6077 ad Ancona avrebbe comportato un allestimento assolutamente eccezionale presso il cantiere di Palermo, a causa dello spostamento di produzione da Ancona a Palermo.

(14)

Il secondo motivo consiste nei dubbi relativi all’ammontare stimato dell’allestimento cui avrebbe dovuto provvedere Fincantieri, se tutte le cinque navi fossero state consegnate nel 2003. Ciò avrebbe comportato nell’anno 2003, secondo le stime della Commissione, un allestimento equivalente al doppio delle attività di allestimento effettuate sino ad allora da Fincantieri. Inoltre, per il cantiere di Marghera, l’allestimento previsto per il 2003 sarebbe stato superiore di circa il 40 % all’attività svolta sino a quel momento dallo stesso. La Commissione dubitava quindi che il piano di produzione per Fincantieri in generale e per Marghera in particolare fosse realistico.

(15)

Per queste due ragioni la Commissione dubitava che le cinque navi avrebbero potuto essere consegnate nel 2005. Tuttavia, sulla base delle stesse informazioni e della stessa analisi la Commissione aveva ammesso che sarebbe stato possibile consegnarne quattro.

(16)

Secondo la Commissione, i dubbi maggiori riguardavano la nave 6079, che è la terza nave gemella della 6077, costruita anch’essa presso il cantiere di Marghera e la cui consegna era prevista nell’ottobre 2005. La consegna di questa nave è stata notevolmente posticipata rispetto al piano di produzione del dicembre 2000, a seguito della decisione di costruire la nave 6077 a Marghera. Tali dubbi si fondano inoltre su indicazioni (una lettera d’intenti è stata firmata prima che fossero firmati i contratti definitivi nel dicembre 2000) in base alle quali sin dall’inizio era stata prevista l’attuale sequenza di fabbricazione, con un termine di consegna molto ritardato per la nave 6079.

III.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE

(17)

Fincantieri ha inviato le sue osservazioni con lettera del 3 marzo 2005.

(18)

Fincantieri ha dichiarato che qualunque stabilimento della società, sia facente parte della Direzione Navi Crociera, sia facente parte della Direzione Navi Trasporto, sarebbe stato in grado, senza dover modificare le scelte di tecnica di produzione e la progettazione esecutiva di officina, di costruire le stesse parti di nave, potendo anche contare su una rete di appaltatori in grado di soddisfare all’occorrenza la richiesta qualità e quantità produttiva.

(19)

Fincantieri inoltre ha dichiarato che il cantiere di Ancona avrebbe potuto costruire senza problemi una nave da crociera delle dimensioni e con le caratteristiche di costruzione della nave 6077 (la nave gemella della 6079), nella sua interezza, cioè incluse tutte le attività di allestimento e di arredamento, facendo esclusivo ricorso alle proprie strutture produttive, infrastrutturali e impiantistiche, se solo fosse stato dato immediato seguito all’accordo intervenuto tra Fincantieri e le autorità locali e regionali, le autorità portuali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori metalmeccanici, formalizzato nel documento d’intenti del 6 dicembre 1999. Tuttavia ciò non era avvenuto .

(20)

Nello studio di tecnica di produzione relativo alla nave 6077 (nave gemella della nave 6079) fu deciso di costruire la nave in due parti: quella maggiore ad Ancona e quella minore a Riva Trigoso. Lo stesso schema produttivo era stato previsto per la realizzazione della portaerei Conte di Cavour, presso i cantieri di Riva Trigoso e Muggiano ed era già stato adottato per la nave da crociera Disney Magic, presso i cantieri di Ancona e Marghera nel 1997. La cosiddetta «jumboizzazione» fu pianificata nel bacino di carenaggio della ATSM a Trieste che, disponendo anche di una banchina idonea alla lavorazione di allestimento e di completamento navi, avrebbe potuto sopperire a qualsiasi difficoltà produttiva del cantiere di Ancona, offrendo anche il rilevante vantaggio, da non sottovalutare, della sua vicinanza con il polo industriale che ruota attorno al cantiere di Monfalcone.

(21)

In definitiva, nello scegliere di costruire la nave 6077 ad Ancona, quantomeno per gran parte dello scafo e per buona parte dell’allestimento, Fincantieri ha adottato una strategia efficace e nel contempo accorta, prevedendo, a fronte di eventuali problemi che potessero emergere, una serie di alternative produttive facenti leva sulle caratteristiche di integrazione e di flessibilità dei propri stabilimenti, per assicurare il rispetto dei tempi di consegna contrattuali previsto per fine 2003.

IV.   OSSERVAZIONI FORMULATE DALLE AUTORITÀ ITALIANE

(22)

Le osservazioni inviate dalle autorità italiane in seguito all’avvio del procedimento formale rispecchiano quelle di Fincantieri; ossia che il piano del dicembre 2000, pur rappresentando una sfida, era realistico. Le autorità italiane ritengono che la data di consegna avrebbe potuto essere rispettata grazie alla flessibilità produttiva di Fincantieri, ossia la sua capacità di costruire la nave sinergicamente con l’apporto di altri cantieri (inclusi quelli non destinati abitualmente alla costruzione di navi da crociera), grazie ad un progetto di investimenti infrastrutturali e impiantistici a ciò finalizzato e grazie ad avanzate metodologie costruttive.

(23)

Per quanto concerne il previsto coinvolgimento di ATSM nella costruzione di una delle navi, le osservazioni dell’Italia rispecchiano quelle di Fincantieri, ossia che ATSM avrebbe potuto agevolmente provvedere all’unione delle due sezioni allestite della costruzione 6077, benché tale metodo di costruzione costituisca un’alternativa, per alcuni versi meno soddisfacente della «normale» sequenza delle fasi di costruzione. In ogni caso l’attività di congiunzione dei tronconi costituisce ormai per la società Fincantieri un intervento di routine. Per quanto concerne i dubbi della Commissione circa l’esperienza maturata dal cantiere di Ancona in materia di costruzione di navi di complessità analoga, l’Italia ritiene che ciò era già avvenuto con la costruzione e l’allestimento di circa metà della nave Disney Magic e con la nave passeggeri «Danielle Casanova».

(24)

Le autorità italiane affermano inoltre che il cantiere di Palermo ha sostenuto, in passato (1996-97), piani di produzione ancora più impegnativi di quello previsto per il 2000. Quanto alla stima della Commissione, secondo cui il piano di produzione dell’anno 2000 avrebbe comportato, nell’anno 2003, un quantitativo di allestimento equivalente al doppio dell’attività di allestimento effettuata sino ad allora da Fincantieri, le autorità italiane negano tale dichiarazione e inoltre sostengono che in quasi tutti i cantieri il piano produttivo dell’anno 2000 avrebbe impegnato la «capacità standard» del rispettivo cantiere e solo in alcuni casi si sarebbe raggiunta la capacità massima.

(25)

In risposta al rilievo della Commissione, secondo cui per il cantiere di Marghera l’allestimento previsto per il 2003 sarebbe stato superiore di circa il 40 % all’attività svolta sino a quel momento dallo stesso, le autorità italiane sostengono che il carico di lavoro (allestimento compreso), previsto per il cantiere di Marghera dal piano per il 2000, era assolutamente coerente con le capacità e potenzialità concretamente dimostrate dal cantiere, dal momento che precedentemente era riuscito a consegnare quattro navi in 15 mesi, come previsto per il 2003.

(26)

All’Italia era inoltre stata fornita la possibilità di pronunciarsi sugli elementi essenziali della relazione preparata dall’esperto indipendente, utilizzata dalla Commissione per valutare le informazioni fornite dall’Italia prima dell’avvio del procedimento di indagine formale.

(27)

Nella loro risposta del 18 maggio 2005 le autorità italiane hanno formulato osservazioni su tre aspetti principali della relazione dell’esperto.

(28)

Innanzitutto, secondo le autorità italiane, l’esperto ha basato le sue valutazioni sul tonnellaggio totale di consegna nell’anno 2003, senza tener conto del ciclo produttivo, ovvero dell’incremento progressivo che il tonnellaggio lordo compensato (TLC) registra durante tutto il periodo di costruzione. Dimenticando di non distribuire, nell’arco temporale necessario alla sua effettiva produzione, il tonnellaggio relativo alle  nove navi con consegna programmata nel 2003 (alcune delle quali in avanzata fase di realizzazione già a fine 2002), l’esperto conclude affermando che nel 2003 Fincantieri avrebbe dovuto produrre il doppio del TLC prodotto in precedenza. Tale conclusione, secondo le autorità italiane, è errata, in quanto ai fini della valutazione della capacità produttiva della Fincantieri, il tonnellaggio consegnato nel 2003 non coincide con il tonnellaggio effettivamente prodotto nel medesimo anno. L’Italia sostiene che i dati relativi alla produzione sono coerenti con le capacità rilevate in passato e in ogni caso non superano i livelli di capacità massima.

(29)

Le autorità italiane sostengono che i dati di produzione evidenziano come anche negli anni di maggiore impegno, ossia il 2002 e il 2003, i volumi produttivi per gli stabilimenti di Monfalcone, Marghera e Genova-Sestri Ponente non si discostassero per più del 20 % da quelli storici. Per quanto riguarda il «payload» (arredamento e condizionamento), che costituisce la parte significativa e caratterizzante di tale tipologia navale, lo scostamento è decisamente più marcato nel caso del cantiere di Genova-Sestri Ponente (che passa da 1 863 tonnellate nel 1998 a 14 303 tonnellate nel 2003); un così sensibile incremento è stato agevolato attraverso il ricorso a subappaltatori e l’ampliamento degli interventi loro affidati, mediante i contratti «chiavi in mano».

(30)

Le cifre relative alla produzione in ore di manodopera (interna/esterna) evidenziano come negli anni precedenti quelli del piano, si sia fatto ricorso al subappalto in misura anche superiore a quella prevista nel piano del 2000.

(31)

Infine, l’Italia sostiene che il paventato rischio di una mancanza o indisponibilità dei subappaltanti è del tutto remoto, anche alla luce delle considerazioni che le attività di allestimento della parte alberghiera delle navi (che coincide con l’ultimo periodo produttivo in cantiere) coinvolge proprio i fornitori con i quali Fincantieri mantiene duraturi rapporti di collaborazione. Anche nella remota ipotesi di una mancanza o indisponibilità di maestranze specializzate, il problema sarebbe agevolmente superato affidando il lavoro all’esterno, al settore dell’edilizia, principalmente a imprese di costruzione di grandi alberghi, data la sostanziale equivalenza degli arredi ed allestimenti della parte di servizi alberghieri.

(32)

Le autorità italiane, per concludere, condividono pienamente le osservazioni formulate da Fincantieri.

(33)

Con lettera del 12 ottobre 2005 l’Italia ha commentato le conclusioni formulate dal secondo esperto consultato dalla Commissione, che riguardavano la valutazione degli argomenti addotti dall’Italia nella sua risposta all’avvio del procedimento.

V.   VALUTAZIONE DELL’AIUTO

(34)

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia delle Comunità europee, il criterio della distorsione degli scambi è applicabile se l’impresa beneficiaria svolge attività economiche che comportano scambi tra Stati membri.

(35)

La Commissione rileva che la questione della proroga del termine di consegna è determinante ai fini dell’ammissibilità della nave alla fruizione di aiuti al funzionamento connessi al contratto, a norma dell’articolo 3 del regolamento sulla costruzione navale. L’aiuto al funzionamento di cui trattasi consiste nel finanziamento mediante fonti statali di una parte dei costi che il cantiere in questione dovrebbe normalmente sostenere per costruire una nave. A ciò si aggiunga che la costruzione navale è un’attività economica che comporta scambi tra Stati membri. L’aiuto in oggetto rientra pertanto nel campo di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato .

(36)

L’articolo 87, paragrafo 3, lettera e), del trattato statuisce che possono considerarsi compatibili con il mercato comune le categorie di aiuti determinate con decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. La Commissione rileva che, su tale base giuridica, il 29 giugno 1998 il Consiglio ha adottato il regolamento sulla costruzione navale.

(37)

La Commissione osserva che, in base al regolamento sulla costruzione navale, per «costruzione navale» si intende la costruzione di navi mercantili di alto mare a propulsione autonoma. La Commissione rileva altresì che Fincantieri costruisce questo tipo di navi e che si tratta pertanto di un’impresa interessata da detto regolamento.

(38)

La richiesta presentata dalle autorità italiane va valutata sulla base del regolamento sulla costruzione navale, nonostante non sia più in vigore dalla fine del 2003. Il regime per il quale l’Italia ha concesso l’aiuto è stato approvato in forza di detto regolamento e l’aiuto è stato concesso quando il regolamento in questione era ancora in vigore e le disposizioni connesse al termine di consegna di tre anni sono in esso contenute.

(39)

L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento sulla costruzione navale prevede fino al 31 dicembre 2000 un contributo massimo del 9 % a titolo di aiuto al funzionamento connesso ad un contratto. In base all’articolo 3, paragrafo 2, del medesimo regolamento il massimale di aiuto applicabile al contratto è costituito dal massimale vigente alla data della firma del contratto definitivo. Ciò non si applica tuttavia alle navi la cui consegna sia avvenuta dopo oltre tre anni dalla firma del contratto. In tali casi il massimale applicabile è lo stesso in vigore tre anni prima della consegna della nave. Il termine ultimo di consegna per una nave, che può ancora beneficiare degli aiuti al funzionamento, era dunque, in linea di principio, il 31 dicembre 2003.

(40)

L’articolo 3, paragrafo 2, prevede tuttavia che la Commissione possa concedere una proroga del termine ultimo di consegna di tre anni, qualora ciò sia giustificato dalla complessità tecnica del singolo progetto di costruzione navale o da ritardi dovuti a perturbazioni inattese, gravi e documentate, che si ripercuotano sul programma di lavoro di un cantiere, causate da circostanze eccezionali, imprevedibili ed esterne all’impresa. Da notare che l’Italia basa la sua richiesta di proroga del termine di consegna su circostanze eccezionali ed imprevedibili.

(41)

La Commissione osserva che il Tribunale di primo grado ha fornito un’interpretazione analoga nella sentenza del 16 marzo 2000 (5) e ha stabilito che tale disposizione debba essere interpretata restrittivamente.

(42)

La Commissione rileva innanzitutto che la presente decisione riguarda una nave, ma la valutazione si basa sull’intera produzione prevista da Fincantieri, nel dicembre 2000. La consegna nel 2003 di tutte le cinque navi oggetto della notifica, oltre ad altre navi la cui consegna era già prevista per il 2003, avrebbe comportato un carico di lavoro enorme per Fincantieri. La Commissione pertanto ha ritenuto necessario verificare se Fincantieri fosse tecnicamente in grado di consegnare le navi in questione entro la fine del 2003.

(43)

Le ulteriori informazioni fornite dall’Italia e da Fincantieri in risposta ai dubbi espressi dalla Commissione nella decisione, sono state analizzate dalla Commissione e da un esperto tecnico indipendente (6) su richiesta della Commissione. La relazione preparata dall’esperto è stata messa a disposizione dell’Italia affinché potesse formulare le proprie osservazioni, con lettera della Commissione del 26 agosto 2005. L’Italia ha inviato le sue osservazioni sulla relazione con lettera del 12 ottobre 2005.

(44)

Il primo dubbio espresso dalla Commissione concerneva la capacità del cantiere di Ancona di costruire, insieme al cantiere ATSM di Trieste, una delle cinque navi da crociera (la 6077) oggetto della notifica.

(45)

L’Italia sostiene che sarebbe stato possibile costruire una delle cinque navi ad Ancona e presso la ATSM, benché il bacino di carenaggio di Ancona sia più corto della nave in questione, grazie ad uno speciale procedimento già adottato una volta per una nave da crociera, ossia la congiunzione di due tronconi della nave (la «jumboizzazione»). La Commissione non ha dichiarato nell’avvio del procedimento che ciò sarebbe stato impossibile, ma ne ha sottolineato la complessità, che l’Italia condivide ammettendo che si trattava di un «metodo meno soddisfacente di costruzione».

(46)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione, a questo proposito, ha rilevato che ad Ancona fino ad allora non erano mai state costruite navi così complesse, rilievo cui l’Italia ha risposto sostenendo che Ancona aveva costruito la sezione principale per tre navi analoghe nonché una nave passeggeri approssimativamente di dimensione pari alla metà della nave in questione (44 000 GRT contro 82 500 GRT). Le sezioni e le navi erano quindi considerevolmente inferiori alla nave da crociera 6077 di cui si prevedeva la costruzione. Poiché nella costruzione di navi da crociera la complessità dipende fortemente dalla dimensione, la Commissione a questo riguardo conclude che l’Italia non è riuscita a confutare i fatti sostenuti dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento.

(47)

Nella suddetta decisione la Commissione ha inoltre affermato che la costruzione di una delle navi da crociera ad Ancona e presso il cantiere ATSM di Trieste avrebbe comportato lo spostamento di altre costruzioni previste presso un altro cantiere Fincantieri, a Palermo, della cui capacità di far fronte all’aumento di attività di allestimento la Commissione dubitava. Le autorità italiane sostengono che tale lavoro sarebbe stato teoricamente possibile. Tuttavia non è stata fornita alcuna prova e la risposta verteva principalmente sulla costruzione in termini di TLC, anziché sulla questione specifica dell’allestimento. La Commissione tuttavia rileva che la produzione di Palermo nel 2003 è stata di 33 000 TLC, molto inferiore alla pretesa produzione massima dichiarata dalle autorità italiane di 63 000 TLC, nonché inferiore alla produzione prevista sul piano del dicembre 2000 che era di 53 000 TLC .

(48)

Inoltre le autorità italiane hanno informato che già nel giugno 2001 (meno di sei mesi dopo la firma del contratto per le cinque navi da crociera) vi era stata una crisi di produzione a Palermo anche senza il lavoro extra previsto, con l’esigenza di ritardare le consegne. La Commissione pertanto ritiene che il cantiere di Palermo non sarebbe stato in grado di far fronte al piano del dicembre 2000 per quanto riguarda l’allestimento (punto sul quale l’Italia non ha replicato).

(49)

La Commissione osserva peraltro che le informazioni fornite dalle autorità italiane e da Fincantieri indicano che non era chiaro nel dicembre 2000 se l’allestimento della nave 6077 dovesse aver luogo presso ATSM oppure ad Ancona. Secondo il piano di produzione del dicembre 2000 e l’allegato 5 nella lettera del 25 maggio 2005, l’allestimento doveva aver luogo ad Ancona, ma nella lettera di Fincantieri del 3 marzo 2005 si afferma che l’allestimento sarebbe stato effettuato presso ATSM per sopperire a qualsiasi difficoltà produttiva del cantiere di Ancona.

(50)

L’esperto consultato dalla Commissione ritiene che l’Italia non abbia fornito informazioni convincenti per quanto riguarda l’organizzazione e le risorse da concentrare nel bacino di carenaggio di ATSM, ragione per cui l’esperto dubita vivamente che un cantiere, utilizzato principalmente per attività di riparazione navale, senza esperienza nella costruzione di navi da crociera, possa essere trasformato in un cantiere perfettamente organizzato in grado di consegnare una nave da crociera entro brevi termini.

(51)

L’Italia, nella sua lettera del 12 ottobre 2005, ha commentato questo punto. L’Italia ritiene che le capacità organizzative di Fincantieri sarebbero sufficienti per permettere ad ATSM di essere in grado, entro un breve periodo, di svolgere il compito previsto. L’Italia sottolinea inoltre che ATSM attualmente lavora in sinergia con Fincantieri, per quanto concerne le attività di riparazione navale in bacino di carenaggio. Tuttavia, la Commissione ancora non è convinta della validità della tesi italiana secondo cui ATSM potrebbe trasformarsi nel breve periodo da bacino di carenaggio per attività di riparazione navale in vero e proprio cantiere di costruzione navale.

(52)

La conclusione pertanto è che la stessa Fincantieri dubitava della capacità di Ancona di allestire la nave e inoltre non ha fornito prove che ATSM sarebbe in grado di farlo. Sulla base delle osservazioni di cui sopra la Commissione ritiene che la programmazione per l’anno 2000 fosse irrealistica e generica sia per quanto riguarda la costruzione di una nave presso i cantieri di Ancona/ATSM che per quanto concerne la situazione a Palermo, a conferma dei suoi dubbi su questi punti.

(53)

Nella decisione di avvio del procedimento la Commissione ha ritenuto che la consegna di tutte e cinque le navi oltre a tutte le altre navi già previste avrebbe comportato un allestimento pari al doppio delle attività di allestimento effettuate sino ad allora da Fincantieri e che per il cantiere di Marghera l’allestimento previsto per il 2003 sarebbe stato superiore di circa il 40 % alle attività svolte fino a quel momento dallo stesso.

(54)

L’Italia, da un lato, ha risposto che le capacità di costruzione dello scafo erano sufficienti. Tale argomento, tuttavia, non è rilevante dato che la Commissione non ha contestato la capacità di costruire scafi.

(55)

Fincantieri e l’Italia mettono anche in dubbio le stime della Commissione circa il quantitativo di allestimento rispetto agli anni precedenti: esse dichiarano, ad esempio, che l’aumento non sarebbe stato superiore al 20 %. Inoltre sostengono che sarebbe stato possibile realizzare l’allestimento necessario entro il termine previsto grazie anche alla rete di subappaltatori.

(56)

Tuttavia la Commissione insiste, sostenuta a questo proposito dall’esperto tecnico, sulla pertinenza della questione dell’allestimento come dichiarato nell’avvio del procedimento. Benché l’Italia abbia indicato che i singoli cantieri avrebbero potuto aumentare la produzione fino a raggiungere il loro livello massimo utilizzando due turni, procedere in questo modo simultaneamente in tutti o nella maggior parte dei cantieri navali, ad avviso della Commissione, comporterebbe rischi e costi molto elevati e occorrerebbe un notevole sforzo in termini di capacità manageriale, soprattutto vista la struttura manageriale centrale del processo produttivo di Fincantieri, evidenziata dall’Italia.

(57)

L’allestimento è inoltre particolarmente critico per gli scafi delle navi 6078 e 6079 che dovevano essere entrambe costruite nel cantiere di Marghera e consegnate prima della fine del 2003 a soli due mesi di intervallo. Ad avviso della Commissione, corroborata dalla valutazione dell’esperto, l’Italia, pur fornendo alcune cifre su come aveva previsto di realizzare tutto l’allestimento, non fornisce una risposta adeguata in merito a questo punto importante.

(58)

L’Italia nella lettera del 12 ottobre 2005 commenta il punto sollevato dall’esperto, affermando che la consegna di due navi nell’arco di due mesi sarebbe fattibile e che, ad esempio, per la nave 6078 erano stati previsti nove mesi, rispetto ai sette mesi per la nave 6079, per cui era possibile lavorare se necessario sulla 6079. La Commissione a questo riguardo osserva che l’arco di tempo previsto per l’allestimento delle navi gemelle 6075, 6076 e 6077 era rispettivamente di 9, 8 e 10 mesi, per cui un periodo di nove mesi per la 6078 non sembrava particolarmente lungo, né un periodo di sette mesi per la 6079 estremamente breve, poiché era previsto che l’allestimento avvenisse simultaneamente alla nave 6078.

(59)

La Commissione constata che l’Italia dichiara che in passato è stato possibile ridurre a sette o perfino a sei mesi il tempo di allestimento per alcune navi. Tuttavia ciò era accaduto in cantieri che potevano lavorare secondo la normale procedura, ossia provvedendo all’allestimento di una nave alla volta.

(60)

Il fatto che il cantiere di Marghera in passato sia riuscito a consegnare quattro navi in 15 mesi non dissipa i dubbi della Commissione che riguardano principalmente le due consegne previste nell’arco di due mesi. La Commissione osserva altresì che la produzione effettiva a Marghera nel 2003, anno che era ancora considerato di particolare attività per Fincantieri (7), è stata di circa 130 000 TLC, ossia di gran lunga inferiore alla produzione di 160 000 TLC prevista per l’anno 2003 nel piano del dicembre 2000.

(61)

Secondo l’esperto consultato dalla Commissione, la consegna di quattro navi in un breve periodo avrebbe inoltre causato difficoltà al proprietario delle navi che probabilmente avrebbe dovuto far fronte a gravi problemi organizzativi per poter accettare la consegna di quattro navi nell’arco di due mesi.

(62)

Quanto alle navi 6078 e 6079 la cui consegna era prevista presso il cantiere di Marghera, i tempi di produzione previsti di 18 e 19 mesi erano estremamente brevi secondo il parere dell’esperto della Commissione. A questo proposito egli contesta l’affermazione delle autorità italiane contenuta nella lettera del 25 maggio 2005 secondo cui vi sarebbe una curva di apprendimento che ridurrebbe il tempo necessario per le navi ultime di una serie. Tale tesi, pur essendo corretta quando le navi sono costruite presso lo stesso cantiere e seguendo le stesse metodologie, non è più corretta quando lo stesso tipo di navi viene costruito in diverse località, con diversi gruppi di lavoro come sarebbe accaduto secondo il piano del dicembre 2000.

(63)

Nella lettera del 12 ottobre 2005 l’Italia commenta il punto in questione e considera che vi è una curva di apprendimento anche quando le navi sono costruite in località differenti. La Commissione può ammettere che esista una certa curva di apprendimento anche quando la produzione avviene in cantieri diversi, ad esempio per quanto concerne aspetti connessi alla struttura manageriale centrale, alla fornitura di installazioni principali ecc. Ciò nonostante, quando le navi sono costruite in località diverse e perfino con metodi di produzione diversi, è evidente che tale curva di apprendimento è molto meno importante di quando si tratta di produzione effettuata sempre nello stesso cantiere.

(64)

La Commissione rileva che le tre navi gemelle 6077, 6078 e 6079 non sarebbero state costruite negli stessi cantieri e con le stesse metodologie di produzione, in base al piano del 2000. La Commissione rileva inoltre che secondo l’Italia la nave 6079 di fatto non è la terza di una serie bensì la quinta e che erano già state realizzate economie di manodopera rispettivamente del 16 % e dell’8 % per la prima e per la seconda nave gemella. Aspettarsi ulteriori miglioramenti in termini di efficienza e di tempo per ciascuna nave ulteriore sembra ancora meno plausibile per le ultime due navi di una serie di cinque che di una serie di tre navi. La Commissione pertanto ritiene che le riduzioni stimate dei tempi di produzione per le navi 6078 e 6079 nel piano del 2000 fossero irrealistiche.

(65)

L’esperto tecnico cui si è rivolta la Commissione dopo l’avvio del procedimento ha fornito alla Commissione alcuni esempi del tipo di informazioni che le autorità italiane/Fincantieri avrebbero potuto fornire per dimostrare che Fincantieri aveva effettivamente l’intenzione e la capacità di consegnare tutte e cinque le navi entro la fine del 2003.

(66)

Un esempio del genere è costituito dagli ordinativi dati ai fornitori per quanto riguarda componenti importanti, tra cui i sistemi di propulsione o i generatori principali, che vanno ordinati nella fase iniziale onde avere la certezza di riceverli per tempo. Un altro esempio sarebbero i contratti con i subappaltatori che avrebbero dovuto essere conclusi prima della fine di luglio 2001, secondo la descrizione presentata dall’Italia e in ogni caso prima del settembre 2001. Tuttavia l’Italia ha soltanto presentato un elenco di subappaltatori che lavorano potenzialmente per Fincantieri. Infine, un terzo esempio di prove che avrebbero potuto essere fornite sarebbero le date effettive dell’acconto su contratti oppure garanzie di esecuzione del contratto/garanzie bancarie predisposte per gli ordinativi e che di norma sono presentate in occasione del pagamento della prima rata per una nuova nave.

(67)

L’Italia e Fincantieri non hanno fornito alcuna di dette prove circa l’intenzione e le capacità di Fincantieri di consegnare tutte le navi entro la fine del 2003, inclusa la nave 6079, benché la Commissione con lettera del 26 agosto 2005, abbia informato l’Italia dell’utilità proprio di questo tipo di informazioni. La mancanza di siffatte informazioni conferma ulteriormente l’opinione della Commissione che il piano di produzione del 2000 non fosse realistico e che la nave 6079 non avrebbe potuto essere consegnata entro la fine del 2003.

(68)

La Commissione infine rileva che secondo un comunicato stampa del 20 giugno 2005 dell’operatore della nave (Holland America Line), la nave 6079 in questione, denominata «MS Noordam», sarà consegnata nel gennaio 2006. La Commissione osserva che se questa informazione sulla data della consegna della nave è corretta, l’aiuto non avrebbe potuto essere concesso dall’Italia anche se la Commissione avesse autorizzato una proroga del termine di consegna fino alla fine di ottobre 2005, come richiesto dall’Italia.

VI.   CONCLUSIONE

(69)

La Commissione ha analizzato le informazioni fornite dalle autorità italiane, in seguito alla decisione della Commissione di avviare il procedimento di indagine formale sulla capacità tecnica di consegnare tutte le navi la cui consegna era prevista nel 2003 secondo il piano del dicembre 2000 di Fincantieri, in particolare lo scafo della nave 6079. Secondo la Commissione, le informazioni fornite dall’Italia non dissipano i dubbi formulati sulla fattibilità del piano del 2000 presentato dall’Italia. I dubbi iniziali sono stati condivisi da un esperto indipendente. Le nuove informazioni sono state valutate da un altro esperto indipendente che è comunque giunto alla stessa conclusione formulata dalla Commissione. L’Italia ha avuto la possibilità di commentare le conclusioni formulate nelle relazioni di entrambi gli esperti.

(70)

Valutati tutti i fatti disponibili, la Commissione è giunta alla conclusione che il piano di produzione originario, con le consegne delle cinque navi da crociera notificate entro la fine del 2003, non era realistico. I dubbi circa la capacità di consegnare la nave 6079 entro la fine del 2003 sono quindi stati confermati.

(71)

La Commissione osserva che ha già autorizzato una proroga del termine di consegna per quattro navi prodotte da Fincantieri ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento sulla costruzione navale. Tale disposizione si applica unicamente a perturbazioni inattese, serie e giustificabili causate da circostanze eccezionali, imprevedibili ed esterne all’impresa e la Corte di giustizia ha già stabilito che deve essere interpretata restrittivamente.

(72)

Vista la conclusione di cui al punto 70, la proroga del termine di consegna non è giustificabile e per tale ragione la Commissione non può autorizzare una proroga del termine di consegna per lo scafo 6079.

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Il termine di consegna di tre anni previsto all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1540/98 non può essere prorogato per la nave 6079 costruita da Fincantieri.

Di conseguenza non può essere data attuazione all’aiuto al funzionamento connesso al contratto per detta nave .

Articolo 2

L’Italia informa la Commissione, entro due mesi dalla notifica della presente decisione, dei provvedimenti adottati per conformarvisi.

Articolo 3

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, 23 novembre 2005.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU L 202 del 18.7.1998, pag. 1.

(2)  GU C 30 del 5.2.2005, pag. 12.

(3)  Cfr. nota a piè di pagina n. 2.

(4)  GU C 238 del 3.10.2002, pag. 14, aiuto di Stato n. N 843/01.

(5)  T-72/98, Astilleros Zamacona SA contro Commissione, Racc. 2000, parte II, pag. 1683.

(6)  Per ragioni amministrative diverso da quello di cui si era avvalsa prima dell’avvio del procedimento formale.

(7)  Secondo la relazione annuale di Fincantieri per il 2003, «il 2003 è stato un anno di particolare attività per l’Unità navi da crociera impegnata nella consegna di tre navi in un breve arco di tempo.» (tradotto dall’originale inglese).


27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/19


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 23 novembre 2005

relativa ai regimi di aiuti di Stato cui la Slovenia ha dato esecuzione nel quadro della normativa slovena in materia di tassazione delle emissioni di anidride carbonica

[notificata con il numero C(2005) 4435]

(Il testo in lingua slovena è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/640/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo capoverso,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo avere invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detti articoli (1),

Considerando quanto segue:

(1)

Il 18 ottobre 2002 le autorità slovene hanno informato la Commissione circa l’esistenza di un regime di aiuto di Stato in base al quale determinate categorie di imprese beneficiano di uno sgravio fiscale dalla tassa nazionale sulle emissioni di CO2. Il regime è stato registrato presso la Commissione come caso SI 1/2003. Detto regime era stato approvato in precedenza dall’autorità nazionale slovena competente in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’allegato IV, capo 3, paragrafo 2 del trattato di adesione della Repubblica ceca, di Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell’Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia all’Unione europea (2) («trattato di adesione»), in base alla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (disciplina ambientale) (3).

(2)

A causa alla mancanza di informazioni complete concernenti la misura, la Commissione ha richiesto alla Slovenia ulteriori chiarimenti e il regime non ha potuto essere incluso nell’elenco degli aiuti esistenti di cui all’appendice dell’allegato IV del trattato di adesione.

(3)

Le autorità slovene hanno presentato alla Commissione ulteriori informazioni in data 7 novembre 2002, 1o aprile 2003, 16 maggio 2003, 1o ottobre 2003, 4 febbraio 2004, 1o giugno 2004, 17 settembre 2004 e 28 settembre 2004. Due riunioni hanno avuto luogo tra le autorità slovene e la Commissione in data 24 novembre 2003 e 8 marzo 2004.

(4)

Nel contempo sono intervenuti significativi cambiamenti della legislazione comunitaria che hanno avuto effetti significativi per il sistema sloveno di tassazione delle emissioni di CO2:

la direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (4) («direttiva sulla tassazione dell’energia»),

la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (5) («direttiva sullo scambio delle quote di emissione») e

la direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione (6)

sono entrati in vigore nei rispettivi giorni di pubblicazione.

(5)

Di conseguenza, le autorità slovene hanno deciso di modificare la propria normativa in materia fiscale ed hanno notificato alla Commissione le nuove disposizioni, in quel momento anche allo stadio di progetto. La Commissione ha registrato il nuovo regime nel giugno 2004, con il numero N 402/2004.

(6)

In base alle informazioni a sua disposizione, la Commissione nutriva dei dubbi riguardo alla compatibilità con il mercato comune di determinate parti delle misure SI 1/2003 e N 402/2004. Di conseguenza, il 14 dicembre 2004 ha avviato un procedimento formale di indagine ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4 e dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (7), invitando le autorità slovene a presentare le loro osservazioni (la «decisione di avvio del procedimento»). Una sintesi di detta decisione è stata pubblicata il 22 febbraio 2005 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (8). Tutte le parti interessate sono state invitate a presentare le loro osservazioni entro un mese a decorrere dalla data della pubblicazione.

(7)

Dopo l’avvio del procedimento formale di indagine, la Commissione ha registrato il caso SI 1/2003 con il numero C 47/2004 e il caso N 402/2004 con il numero C 44/2004.

(8)

Con lettera del 18 gennaio 2005, registrata il 20 gennaio 2005, le autorità slovene hanno presentato le loro osservazioni in merito ai dubbi sollevati dalla Commissione nella decisione di avvio del procedimento. In data 4 aprile e 7 luglio 2005 la Commissione ha inviato ulteriori questioni alle autorità slovene che hanno risposto, rispettivamente, con lettere del 17 maggio e dell’8 agosto 2005.

(9)

La Commissione non ha ricevuto alcuna osservazione da parte di terzi.

(10)

Per una comprensione più agevole delle modifiche introdotte dalla nuova normativa, la decisione di avvio del procedimento tratta sia il precedente sistema di sgravio fiscale (caso SI 1/2003) che il nuovo regime (caso N 402/2004). Per motivi di chiarezza e di coerenza, anche la presente decisione tratta entrambi i casi (C 44/2004 e C 47/2004).

A)   REGIME C 47/2004 (EX CASO SI 1/2003)

1.   DESCRIZIONE DEL REGIME

(11)

Il regime si basa sul «regolamento relativo alla tassa sull’inquinamento atmosferico causato da emissioni di CO2» del 17 ottobre 2002, entrato in vigore in Slovenia nell’ottobre 2002 («il regolamento»). La nuova normativa modificata (regime C 44/2004) è entrata in vigore il 1o maggio 2005 ed ha sostituito il regolamento.

(12)

Mediante la presente decisione la Commissione valuta pertanto la compatibilità del regolamento con il mercato comune per il periodo compreso tra il 1o maggio 2004 (data di adesione della Slovenia all’UE) ed il 1o maggio 2005 (fine dell’applicazione del regolamento).

(13)

Il regolamento prevedeva un’imposizione sulla base della quantità di CO2 emessa da ogni impianto. Comprendeva tre categorie di sgravio fiscale che sono state presentate per approvazione alla Commissione come misure di aiuto al funzionamento nel quadro della disciplina ambientale:

i)

Alle imprese che producono energia elettrica in impianti di cogenerazione di calore ed elettricità poteva essere concessa uno sgravio fiscale qualora il risparmio di energia fosse almeno del 5 % di per gli impianti esistenti o del 10 % per gli impianti nuovi;

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha concluso che tale aiuto era compatibile con l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato CE.

ii)

La seconda categoria di sgravi fiscali riguardava tutti gli impianti, operanti in Slovenia prima del 1998, che avevano una media di emissioni di almeno 10 t di CO2 annue nel periodo 1986-1998 e che avevano richiesto un permesso di emissione al Ministero dell’ambiente prima del 2002. Speciali percentuali di sgravio fiscale erano previste per le seguenti categorie di beneficiari:

impianti di produzione di materiali per isolamento termico;

centrali elettriche che forniscono energia elettrica ad una rete di trasmissione ad alto voltaggio;

impianti per il trasporto di gas naturale in reti di trasporto di gas;

impianti di teleriscaldamento, per le emissioni di CO2 causate dall’utilizzo di combustibili fossili.

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha concluso che lo sgravio fiscale per le centrali elettriche che forniscono energia elettrica ad una rete di trasmissione ad alta tensione (cfr. supra, secondo trattino) non costituiva aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.

La Commissione ha avviato un procedimento di indagine formale in merito a tutti gli altri sgravi fiscali previsti nell’ambito di questa categoria ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4 e dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE.

iii)

La terza categoria di sgravi fiscali riguardava i grandi impianti di combustione delle centrali elettriche che forniscono energia elettrica ad una rete di trasmissione ad alta tensione utilizzando carbone nazionale come combustibile.

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione è giunta alla conclusione che tale misura non costituiva aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.

(14)

Il procedimento di indagine della Commissione si è pertanto concentrato sulle misure d’aiuto di Stato di cui al punto ii) supra.

2.   AIUTI DE MINIMIS

(15)

Alla data della decisione di avvio del procedimento della Commissione (14 dicembre 2004), il regolamento sloveno in questione era ancora applicabile. Tuttavia, le autorità slovene hanno confermato, con lettera del 17 maggio 2005, che non era stata presa alcuna decisione amministrativa sullo sgravio fiscale relativo alla tassa sulle emissioni di CO2 in base al regolamento a partire dalla data di ricezione della decisione della Commissione da parte delle autorità slovene (22 dicembre 2004). Il 1o maggio 2005 è entrata in vigore la nuova normativa che ha sostituito il regolamento.

(16)

Su richiesta della Commissione (lettera del 4 aprile 2005), le autorità slovene hanno fornito un elenco di tutti i beneficiari che avevano ottenuto uno sgravio fiscale ai sensi del regolamento dopo la data d’adesione della Slovenia all’UE, nonché dei relativi importi corrispondenti di sgravio fiscale, fino alla scadenza dell’applicabilità del regolamento (lettera del 17 maggio 2005).

(17)

Secondo dette informazioni, l’importo complessivo dello sgravio fiscale tra il 1o maggio 2004 ed il 1o maggio 2005 è stato pari a 998 771 EUR, di cui hanno beneficiato in totale 153 imprese. Nessuna delle imprese ha ricevuto più di 100 000 EUR. In effetti, soltanto due imprese hanno ricevuto più di 27 000 EUR, ma nessuna di loro più di 100 000 EUR.

(18)

Le autorità slovene sostengono pertanto che, dato il periodo molto breve di applicazione del regolamento dopo l’adesione della Slovenia all’UE, l’importo di aiuto concesso ai sensi del regime in questione è inferiore alla soglia di 100 000 EUR stabilita dall’articolo 2 del regolamento della Commissione sugli aiuti «de minimis» (9).

(19)

Nella lettera dell’8 agosto 2005, le autorità slovene descrivono dettagliatamente il sistema utilizzato per controllare gli aiuti «de minimis» in Slovenia. Secondo tali informazioni, la Slovenia ha introdotto un sistema per controllare e monitorare la concessione di aiuti in base alla norma «de minimis» istituendo un registro centrale degli aiuti «de minimis» presso il dipartimento di controllo degli aiuti di Stato del ministero delle Finanze. Prima della concessione di qualsiasi aiuto «de minimis» da parte di qualsiasi autorità, tale dipartimento deve verificare che siano rispettate le condizioni del regolamento della Commissione sugli aiuti «de minimis». Il registro centrale è stato istituito prima dell’adesione della Slovenia all’UE.

(20)

Le autorità slovene hanno confermato, con lettera dell’8 agosto 2005, che, grazie a questo sistema centralizzato, i beneficiari della misura in questione non potrebbero ricevere alcun aiuto superiore ai 100 000 EUR per beneficiario su un periodo di tre anni.

3.   VALUTAZIONE

(21)

Alla data di ricezione della decisione di avvio del procedimento della Commissione (22 dicembre 2004) le autorità slovene hanno immediatamente sospeso l’applicazione del regime di sgravio fiscale in questione. Alcuni mesi più tardi (1o maggio 2005) è entrato in vigore un nuovo regime, significativamente modificato. Il regolamento esaminato con la presente decisione era pertanto applicabile in Slovenia per un periodo di un anno dopo l’adesione, ma è stato di fatto applicato per un periodo inferiore agli 8 mesi (dal 1o maggio 2004 al 22 dicembre 2004).

(22)

Dato il breve periodo d’applicazione, gli aiuti concessi in base a tale regime sono inferiori alla soglia di 100 000 EUR per beneficiario stabilita dall’articolo 2 del regolamento della Commissione sugli aiuti «de minimis».

(23)

Con lettere del 17 maggio 2005 e dell’8 agosto 2005, le autorità slovene si sono inoltre impegnate a rispettare tutte le altre condizioni del regolamento della Commissione sugli aiuti «de minimis» ed hanno descritto il sistema di controllo che garantisce l’applicazione corretta di tali norme.

4.   CONCLUSIONE

(24)

La Commissione conclude pertanto che la misura in questione soddisfa i criteri del regolamento della Commissione sugli aiuti «de minimis» e, in conformità all’articolo 2, paragrafo 1 di detto regolamento, ritiene che essa non costituisca aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.

B)   REGIME C 44/2004 (EX N 402/2004): MODIFICA DEL REGIME C47/2004

1.   DESCRIZIONE DEL REGIME

(25)

Nella lettera di informazioni registrata il 1o giugno 2004, le autorità slovene hanno informato la Commissione in merito a modifiche significative della normativa slovena, che determinano, tra l’altro, l’emendamento del regolamento relativo alla tassa sulle emissioni di CO2 in vigore dal 2002. La nuova serie di disposizioni nazionali consiste nella nuova legge della tutela dell’ambiente (10), nella legge di modifica della legge sulle accise (11) ed un regolamento sulla tassa sulle emissioni di CO2 (il «regolamento»), entrato in vigore il 1o maggio 2005.

(26)

Il regolamento mantiene invariata la logica del precedente sistema di tassazione delle emissioni di CO2: la tassa si basa sulla quantità di CO2 emessa dagli impianti.

(27)

Il regolamento comprende tre misure di sgravio fiscale che sono state presentate per approvazione alla Commissione ai sensi della disciplina ambientale. Tutte e tre le misure hanno una durata di 5 anni: dal 1o gennaio 2005 al 31 dicembre 2009.

(i)

Le imprese che producono energia elettrica in impianti di cogenerazione di calore e di energia possono beneficiare di uno sgravio fiscale se realizzano determinati risparmi di energia.

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha ritenuto tale misura compatibile con l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato CE. Sebbene la misura fosse soltanto allo stato di progetto al momento di tale decisione, le autorità slovene hanno confermato, con lettera del 17 maggio 2005, che la misura in questione non era stata modificata.

(ii)

La seconda categoria di riduzioni riguarda le centrali elettriche che forniscono energia elettrica ad una rete di trasmissione ad alta tensione e taluni grandi impianti di combustione di cui all’articolo 23 del regolamento.

Per quanto riguarda le centrali elettriche, la Commissione ha concluso nella decisione di avvio del procedimento che tale misura non costituiva aiuto di Stato. Per quanto concerne i grandi impianti di combustione, la Commissione ha ritenuto compatibile con il trattato CE il relativo sgravio fiscale.

(iii)

Secondo il progetto di regolamento presentato alla Commissione prima della decisione di avvio del procedimento, tutti gli operatori che forniscono energia elettrica ad una rete di trasmissione ad alta tensione, ma non sono imprese a forte intensità energetica né hanno concluso un accordo volontario in materia ambientale né a loro si applicano regimi concernenti scambi di quote di emissione, possono beneficiare di uno sgravio fiscale del 43 % nel 2005, sgravio che diminuisce di 8 punti percentuali l’anno. Gli impianti di teleriscaldamento nella medesima situazione possono beneficiare di uno sgravio fiscale del 26 % nel 2005, sgravio che diminuisce di 8 punti percentuali l’anno.

Nella decisione di avvio del procedimento, la Commissione ha sollevato dubbi in merito alla compatibilità della misura con il mercato comune ed ha avviato un procedimento di indagine formale ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4 e dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE. Si tratta dell’unica categoria di sgravio fiscale prevista dal nuovo progetto di regolamento che è stata oggetto del procedimento di indagine della Commissione riguardo ad aiuti di Stato.

(28)

A seguito della decisione di avvio del procedimento della Commissione, le autorità slovene hanno modificato il progetto di regolamento. La versione definitiva del regolamento, entrato in vigore nel maggio 2005, sostituisce la suddetta categoria di sgravio fiscale con le categorie illustrate in appresso.

(29)

A norma dell’articolo 18, terzo comma del regolamento, le imprese che partecipano al regime UE di scambio delle quote di emissione, in linea con la direttiva sullo scambio delle quote di emissione, e che non sono imprese a forte intensità energetica, possono beneficiare di uno sgravio fiscale sulla tassa sull’emissione di CO2.

(30)

A norma dell’articolo 18, quarto comma, anche le imprese che partecipano ad accordi volontari in materia ambientale possono beneficiare dello sgravio fiscale.

(31)

Le percentuali di sgravio fiscale diminuisce di 8 punti percentuali l’anno:

2005: 43 %,

2006: 35 %,

2007: 27 %,

2008: 19 %, e

2009: 11 % di sgravio fiscale.

L’ultimo anno di sgravio fiscale è il 2009: a partire dal 2010 non si applica alcuno sgravio.

(32)

Gli impianti di teleriscaldamento beneficiano di uno sgravio fiscale del 26 % nel 2005, che diminuisce di 8 punti percentuali ogni anno.

2.   VALUTAZIONE

(33)

Le autorità slovene hanno notificato la misura d’aiuto alla Commissione prima di darvi esecuzione.

(34)

La misura oggetto del procedimento di indagine della Commissione si basa soprattutto sull’articolo 18, terzo e quarto comma, e sugli articoli da 22 a 24 del regolamento. Sebbene il regolamento sia entrato in vigore durante il procedimento di indagine della Commissione, le autorità slovene confermano nella loro lettera del 17 maggio 2005 che l’articolo 18, quarto comma, l’articolo 23 e l’articolo 24 diventeranno applicabili soltanto dopo l’approvazione definitiva della Commissione, soddisfacendo in tal modo le condizioni previste dall’articolo 88, paragrafo 3 del trattato CE e dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE, per quanto riguarda questi articoli.

(35)

Tuttavia, anche le misure di risarcimento della tassa oggetto del procedimento di indagine della Commissione si possono basare sull’articolo 18, terzo comma, e sull’articolo 22 del regolamento. Le autorità slovene ritengono (12) che tali articoli fossero stati modificati in modo da essere in linea con il trattato CE dopo la decisione di avvio della Commissione e non ne hanno pertanto sospeso l’entrata in vigore fino all’approvazione definitiva da parte della Commissione. Detti articoli sono pertanto in vigore a partire dal 1o maggio 2005, in violazione dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE.

2.1   Esistenza di un aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE

(36)

La Commissione ritiene che le modifiche introdotte dalle autorità slovene nella misura di sgravio fiscale a seguito della decisione di avvio del procedimento non modifichino in alcun modo la valutazione di cui alla decisione di avvio del procedimento relativa all’esistenza di aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE. Di conseguenza, la Commissione ritiene che le misure in esame costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato CE.

2.2   Compatibilità delle misure di aiuto con il trattato CE

(37)

La Commissione nota che le autorità slovene hanno redatto il regime sulla base della disciplina ambientale e della direttiva sulla tassazione dell’energia.

(38)

La Commissione valuta la compatibilità delle misure, in particolare, con i punti 51.2 e 51.1, lettera b), primo trattino della disciplina ambientale. Il sistema sloveno di tassazione delle emissioni di CO2 è stato introdotto nell’ottobre 2002. Di conseguenza, ai sensi del punto 51.2, le disposizioni del punto 51.1 possono applicarsi soltanto se sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti due condizioni:

(a)

la tassa ha un significativo effetto positivo in termini di tutela dell’ambiente. La logica del sistema fiscale sloveno è quella di tassare le imprese con un tasso di emissioni di CO2 più elevato rispetto alle imprese che emettono meno CO2. Un sistema di tassazione di questo tipo costituisce di per se stesso un incentivo per le imprese ad agire in un modo più rispettoso dell’ambiente, producendo minori emissioni di CO2. La Commissione ritiene pertanto che il primo criterio del punto 51.2 sia soddisfatto;

(b)

la deroga a favore dei beneficiari deve essere stata decisa al momento dell’adozione della tassa. Le categorie di beneficiari previste dall’atto normativo iniziale del 2002 sulla tassazione delle emissioni di CO2 sono molto più ampie rispetto alle categorie a cui si applica il regolamento in esame. Le modifiche sono state introdotte a seguito dell’adesione della Slovenia all’UE ed ai successivi cambiamenti della normativa applicabile. La Commissione ritiene che queste modifiche lasciassero invariate la natura e la logica delle deroghe. Esse riducono soltanto il numero dei beneficiari in linea con la normativa comunitaria applicabile.

(39)

La Commissione conclude pertanto che la seconda condizione del punto 51.2 è soddisfatta.

(40)

In base a quanto sopra esposto, ai sensi del punto 51.2 della disciplina ambientale, le disposizioni del punto 51.1 possono applicarsi alle misure in esame.

(41)

Ai sensi del punto 51.1, lettera b), primo trattino, ove lo sgravio riguardi una tassa comunitaria, la Commissione può autorizzare un periodo massimo d’esenzione di 10 anni se l’importo effettivamente pagato dai beneficiari a seguito dello sgravio fiscale resta superiore al minimo comunitario.

(42)

A partire dal 1o gennaio 2004 la direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici prevede un’imposizione fiscale armonizzata dell’energia negli Stati membri. La Commissione ritiene, in linea con l’articolo 4 della suddetta direttiva, che il sistema fiscale sloveno, basato sulla quantità di CO2 emessa dalle imprese, tassi prodotti energetici come definiti dall’articolo 2 della direttiva in questione e che rientrano pertanto nel suo campo d’applicazione. Il sistema di tassazione sloveno riguarda pertanto una tassa comunitaria, nell’accezione prevista dal punto 51.1, lettera b), primo trattino della disciplina ambientale.

(43)

Lo sgravio fiscale si applica soltanto per un periodo inferiore ai 5 anni e dunque minore rispetto al massimo previsto al punto 51.1.

(44)

Per quanto riguarda i diversi livelli di tassazione applicabili in Slovenia per diversi tipi di combustibili, l’aliquota della tassa da pagare per impianto dipenderà dalla natura delle materie prime che questo utilizza per il proprio funzionamento. La Commissione non può pertanto verificare ed assicurarsi a priori che i livelli minimi di tassazione stabiliti dalla direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici siano rispettati per ogni impianto. Con lettera del 17 maggio 2005, le autorità slovene hanno ribadito il loro impegno per garantire, per entrambe le categorie di beneficiari, che la tassa da essi pagata una volta detratto lo sgravio fiscale rimanga più elevata del minimo comunitario, definito dalla direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici. Poiché gli sgravi fiscali sono concessi sotto forma di rimborso, l’autorità nazionale competente, prima di procedere al rimborso, può verificare per ogni impianto la conformità con il livello armonizzato minimo.

(45)

La Commissione tiene inoltre conto della natura decrescente degli sgravi fiscali, che comporta riduzioni significativamente più basse ogni anno.

(46)

Sulla base dell’impegno summenzionato adottato dalle autorità slovene, la Commissione ritiene soddisfatta la condizione prevista al punto 51.1, lettera b), primo trattino della disciplina ambientale, in base al quale l’importo effettivamente pagato dalle imprese a seguito dello sgravio fiscale deve restare superiore al minimo comunitario.

(47)

Le condizioni del punto 51.1, lettera b), primo trattino della disciplina ambientale. sono pertanto soddisfatte per entrambe le categorie di beneficiari.

(48)

L’articolo 17, paragrafo 1 della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici prevede che, anche se i livelli di tassazione minimi prescritti da detta direttiva sono rispettati, gli Stati membri possono applicare sgravi fiscali soltanto se questi sono a favore delle imprese a forte consumo di energia o se il beneficiario ha concluso accordi particolari volti a conseguire obiettivi di protezione ambientale o qualora ad esso si applichino regimi concernenti scambi di quote di emissione.

(49)

I beneficiari a cui si applica l’articolo 18, terzo comma del regolamento devono partecipare al regime UE di scambio delle quote di emissioni, in linea con la direttiva sullo scambio delle quote di emissione (13), per poter beneficiare dello sgravio fiscale.

(50)

I beneficiari a cui si applica l’articolo 18, quarto comma del regolamento, devono partecipare agli accordi ambientali volontari per poter beneficiare dello sgravio fiscale. L’obiettivo ambientale che i beneficiari devono raggiungere in base agli accordi ambientali è una riduzione delle emissioni di CO2 del 2,5 % entro la fine del 2008, rispetto alle emissioni del periodo di riferimento (1999 — 2002).

(51)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che entrambe le categorie di sgravio fiscale siano in linea con le disposizioni della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Le misure di sgravio fiscale, previste dal regolamento sloveno sulle tassazione delle emissioni di CO2, entrato in vigore il 1o maggio 2005, sono compatibili con l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato CE.

Articolo 2

La presente decisione si applica agli sgravi fiscali concesse a norma del suddetto regolamento, fino al 31 dicembre 2009.

Articolo 3

La Repubblica di Slovenia è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 23 novembre 2005

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 46 del 22.2.2005, pag. 3.

(2)  GU L 236 del 23.9.2003.

(3)  GU C 37 del 3.2.2001, pag. 3.

(4)  GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51.

(5)  GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32.

(6)  GU L 52 del 21.2.2004, pag. 50.

(7)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(8)  GU C 46 del 22.2.2005, pag. 3.

(9)  Regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d’importanza minore («de minimis»).

(10)  GU della Repubblica di Slovenia 41/2004.

(11)  GU della Repubblica di Slovenia 42/2004.

(12)  Cfr. lettera delle autorità slovene del 17 maggio 2005.

(13)  Cfr. nota 3.


27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/25


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 21 dicembre 2005

relativa all'aiuto di Stato C 26/05 (ex N 580/B/03) previsto dal programma presentato dalla Sicilia nell’ambito del regime d’interventi a favore dell’agrumicoltura italiana

[notificata con il numero C(2005) 5354]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(2006/641/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

dopo aver invitato gli interessati a presentare le proprie osservazioni conformemente a detto articolo (1),

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 15 dicembre 2003, protocollata il 16 dicembre 2003, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha notificato alla Commissione una serie di interventi a favore dell’agrumicoltura italiana, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato.

(2)

Con lettera del 20 gennaio 2004, i servizi della Commissione hanno chiesto alle autorità italiane informazioni complementari in merito a detti interventi.

(3)

Con lettera del 30 aprile 2004, i servizi della Commissione, non avendo ricevuto risposta alla loro richiesta di informazioni del 20 gennaio 2004, hanno inviato un sollecito alle autorità italiane.

(4)

Con lettera del 24 maggio 2004, protocollata il 25 maggio 2004, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso ai servizi della Commissione una lettera nella quale le autorità italiane chiedevano una proroga del termine di risposta ai quesiti di cui alla lettera del 20 gennaio 2004.

(5)

La proroga è stata concessa alle autorità italiane con lettera del 3 giugno 2004.

(6)

Con lettera del 30 giugno 2004, protocollata il 2 luglio 2004, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha comunicato alla Commissione le informazioni complementari chieste alle autorità italiane con lettera del 20 gennaio 2004.

(7)

Gli interventi sopra citati consistevano nell’assegnazione di uno stanziamento supplementare per il finanziamento delle misure approvate nell’ambito dell’aiuto n. N 313/01 (2), ma, secondo le indicazioni della notifica, una parte di questo stanziamento doveva servire a finanziare misure di lotta contro il virus della tristezza degli agrumi non esaminate nell’ambito del fascicolo n. N 313/01. Constatata la disponibilità di tutte le informazioni necessarie per esaminare il rifinanziamento delle misure autorizzate nell’ambito del fascicolo n. N 313/01, ma non essendo ancora in possesso di alcune informazioni sulle misure di lotta contro il virus della tristezza degli agrumi, i servizi della Commissione hanno pertanto deciso, per non bloccare il rifinanziamento di misure già approvate, di suddividere il fascicolo in due parti: una parte A per il sopra citato rifinanziamento ed una parte B per le misure di lotta contro il virus della tristezza degli agrumi.

(8)

La parte A del fascicolo è stata approvata dalla Commissione (3).

(9)

Con lettera del 12 agosto 2004 i servizi della Commissione hanno chiesto alle autorità italiane informazioni complementari sulla parte B del fascicolo.

(10)

Con lettera del 27 settembre 2004, protocollata il 29 settembre 2004, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha comunicato alla Commissione le informazioni complementari chieste alle autorità italiane nella lettera del 12 agosto 2004.

(11)

Poiché le informazioni fornite dalle autorità italiane erano incomplete, i servizi della Commissione hanno chiesto una nuova serie di precisazioni con lettera dell’11 ottobre 2004.

(12)

Con lettera del 25 ottobre 2004, protocollata il 27 ottobre 2004 e con lettera del 9 novembre 2004, protocollata il 15 novembre 2004, detta Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione le precisazioni chieste alle autorità italiane nella lettera dell’11 ottobre 2004.

(13)

Poiché le informazioni fornite dalle autorità italiane continuavano ad essere incomplete, i servizi della Commissione hanno chiesto una nuova serie di precisazioni con lettera del 23 novembre 2004.

(14)

Nel frattempo, con lettera del 19 novembre 2004, protocollata il 24 novembre 2004, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera delle autorità italiane alla quale era allegato il programma di lotta contro la tristezza degli agrumi adottato dalla Campania.

(15)

Con lettera del 19 dicembre 2004, i servizi della Commissione hanno richiamato l’attenzione delle autorità italiane sul fatto che, poiché il fascicolo riguardava un certo numero di regioni, l’esame di compatibilità delle misure previste sarebbe stato effettuato dopo la ricezione dei piani di lotta contro la tristezza degli agrumi adottati da tutte le regioni.

(16)

Con lettera del 16 dicembre 2004, protocollata il 20 dicembre 2004, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera in cui le autorità italiane chiedevano che ogni programma fosse esaminato immediatamente dopo la trasmissione.

(17)

Con lettera del 10 gennaio 2005, protocollata l’11 gennaio 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera delle autorità italiane alla quale era allegato il programma di lotta contro la tristezza degli agrumi adottato dalla Basilicata.

(18)

Dinanzi a questo modo di procedere i servizi della Commissione hanno ritenuto opportuno rammentare alla autorità italiane, con lettera del 19 gennaio 2005, che, per motivi di semplificazione amministrativa, sarebbe stata adottata una decisione unica per tutti i programmi di lotta presentati, invitando nel contempo dette autorità ad indicare quando ritenessero completata la trasmissione di tutti i programmi di lotta contro la tristezza degli agrumi. Tale posizione è stata ribadita alla riunione del 25 gennaio 2005, durante la quale le autorità italiane hanno infine confermato che avrebbero avvertito la Commissione non appena l’invio dei programmi di lotta avesse potuto considerarsi completato.

(19)

Con lettera del 26 gennaio 2005, protocollata il 27 gennaio 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera delle autorità italiane alla quale era allegato il programma di lotta contro la tristezza degli agrumi adottato dalla Calabria.

(20)

Con lettera del 14 febbraio 2005, protocollata il 15 febbraio 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera con cui le autorità italiane chiedevano una decisione sulle misure previste nell’ambito dei programmi di lotta contro la tristezza degli agrumi della Calabria, della Campania e della Basilicata.

(21)

Con lettera del 28 febbraio 2005, protocollata il 1 marzo 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione una lettera delle autorità italiane alla quale era allegato il programma di lotta contro la tristezza degli agrumi adottato dalla Sicilia.

(22)

Durante il mese di marzo 2005 le autorità italiane, nonostante gli accordi presi nella riunione del 25 gennaio 2005, hanno più volte insistito perché venisse adottata una decisione separata sul programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Calabria.

(23)

I servizi della Commissione hanno deciso di scindere nuovamente e per l’ultima volta il fascicolo n. N 580/03 in modo da creare una parte C riservata al programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Calabria. Parallelamente, con lettera del 5 aprile 2005, gli stessi servizi hanno inviato una nuova domanda di complementi di informazione sugli aspetti rimanenti della parte B del fascicolo, ossia sul finanziamento delle misure di lotta contro la tristezza degli agrumi previsto nei programmi della Campania, della Basilicata e della Sicilia.

(24)

Con lettera del 13 maggio 2005, protocollata il 18 maggio 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha comunicato alla Commissione i complementi di informazione chiesti alle autorità italiane nella lettera del 5 aprile 2005, ma limitatamente ai programmi della Campania e della Basilicata.

(25)

Con lettera del 10 giugno 2005, protocollata il 17 giugno 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione i complementi di informazione sul programma della Sicilia richiesti nella precitata lettera del 5 aprile 2005.

(26)

Con lettera del 22 luglio 2005 (4), la Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di non sollevare obiezioni in merito ai programmi di lotta contro la tristezza degli agrumi presentati dalla Campania e dalla Basilicata ed alle misure di prevenzione e di assistenza tecnica previste dal programma di lotta contro la tristezza della Sicilia, nonché di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato CE in relazione al finanziamento delle attività di ricerca previste dal programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Sicilia.

(27)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee  (5). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare le proprie osservazioni sugli aiuti in causa.

(28)

La Commissione non ha ricevuto alcuna osservazione in proposito da parte degli interessati.

II.   DESCRIZIONE

(29)

Il programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Sicilia prevede la realizzazione di attività di ricerca sui fattori biologici e agronomici connessi all’insorgenza della malattia.

(30)

Il bilancio previsto per il finanziamento integrale di tali azioni ammonta a 4 200 000 EUR. Esso proviene da un trasferimento di risorse nazionali disciplinato dal decreto n. 25486 del 29 dicembre 2003 e dal decreto n. 1090 del 14 luglio 2004. La durata delle azioni dipende dall’analisi e dalla pubblicazione dei risultati delle ricerche.

III.   AVVIO DEL PROCEDIMENTO DI CUI ALL’ARTICOLO 88, PARAGRAFO 2, DEL TRATTATO

(31)

La Commissione ha avviato il procedimento previsto in relazione al finanziamento delle attività di ricerca contemplate dal programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Sicilia, in quanto essa nutriva qualche dubbio circa il rispetto delle norme applicabili in materia di aiuti di Stato nel settore della ricerca e dello sviluppo.

(32)

In virtù di tali norme, un finanziamento integrale di attività di ricerca nel settore agricolo è possibile unicamente se sono soddisfatte le quattro condizioni enunciate nella comunicazione della Commissione del 1998 che modifica la disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo («la disciplina del 1998») (6).

(33)

Le quattro condizioni sono le seguenti:

a)

che il progetto sia di interesse generale per il particolare settore (o sottosettore) considerato e non provochi distorsioni della concorrenza in altri settori (o sottosettori);

b)

che sia data informazione in pubblicazioni adeguate, con diffusione almeno a livello nazionale e non limitata ai membri di organizzazioni specifiche, al fine di garantire che ogni operatore parzialmente interessato possa essere messo al corrente in breve tempo del fatto che la ricerca è in corso o è stata effettuata e che i risultati sono o saranno a disposizione, su richiesta, di tutti gli interessati. Tali informazioni saranno pubblicate simultaneamente alle altre informazioni eventualmente fornite ai membri di organizzazioni specifiche;

c)

che i risultati del lavoro siano messi a disposizione per potere essere utilizzati da tutte le parti interessate, compresi i beneficiari dell’aiuto, a eguali condizioni in termini di costo e di tempo;

d)

che gli aiuti soddisfino le condizioni previste dall’allegato II — «Sostegno interno: base per l’esonero degli impegni di riduzione» — dell’accordo sull’agricoltura concluso durante i negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round (7) (per quanto riguarda queste ultime condizioni è opportuno che il finanziamento delle attività di ricerca non abbia come conseguenza un sostegno dei prezzi ai produttori e non comporti versamenti diretti ai produttori od ai trasformatori).

(34)

Alla luce delle informazioni in suo possesso, la Commissione non era in grado di stabilire se queste quattro condizioni fossero sempre soddisfatte, dato che le autorità italiane non avevano preso alcun impegno in merito né alla parità delle condizioni di accesso ai risultati della ricerca né al rispetto dei requisiti di cui all’allegato II dell’accordo sull’agricoltura concluso durante i negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round (il rispetto degli altri requisiti era stato dimostrato).

(35)

In tali circostanze, la Commissione doveva quindi esaminare il finanziamento delle attività di ricerca previste dal programma di lotta contro la tristezza degli agrumi alla luce delle disposizioni della disciplina comunitaria per gli aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo (8). In base alle informazioni in suo possesso, la Commissione non era neanche in grado di stabilire se il finanziamento previsto fosse conforme alle disposizioni di detta disciplina. Pertanto, la Commissione non poteva che dubitare dell’ammissibilità degli aiuti previsti per il finanziamento delle attività di ricerca previste.

IV.   OSSERVAZIONI DELLE AUTORITÀ ITALIANE

(36)

Con lettera del 16 settembre 2005, protocollata il 20 settembre 2005, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione le osservazioni formulate dalle autorità italiane in seguito all’avvio del procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato, in relazione al finanziamento delle attività di ricerca previste dal programma di lotta contro la tristezza degli agrumi presentato dalla Sicilia.

(37)

In tali osservazioni le autorità italiane hanno precisato che i risultati delle attività di ricerca intraprese sarebbero stati messi a disposizione di tutte le parti interessate a eguali condizioni in termini di costo e di tempo. Esse hanno segnalato anche che i requisiti di cui all’allegato II dell’accordo sull’agricoltura concluso durante i negoziati commerciali multilaterali dell’Uruguay Round sarebbero stati rispettati poiché nessun versamento diretto di aiuti sarebbe stato effettuato a favore dei produttori o dei trasformatori e poiché le misure non avrebbero avuto l’effetto di sostenere i prezzi; il programma, infatti, data la sua natura di ricerca fondamentale, non interviene direttamente sulla produzione di prodotti agricoli o agro-industriali.

V.   VALUTAZIONE

(38)

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Il finanziamento in esame corrisponde a tale definizione poiché riguarda alcune imprese (le imprese agrumicole) e poiché è tale da poter incidere sugli scambi, data l’importanza della posizione occupata dall’Italia nella produzione agricola (a titolo d’esempio, nel 2003 l’Italia è stata il primo produttore di ortaggi dell’Unione).

(39)

Tuttavia, nei casi previsti dall’articolo 87, paragrafi 2 e 3 del trattato, alcune misure possono, in via derogatoria, essere considerate compatibili con il mercato comune.

(40)

Nella fattispecie, tenendo conto della natura del regime di cui trattasi, l’unica deroga applicabile è quella prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato, in base alla quale possono essere considerati compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

(41)

Affinché tale deroga sia applicabile, la misura in parola (finanziamento integrale di attività di ricerca) deve rispettare le quattro condizioni enunciate nella disciplina del 1998 .

(42)

Alla luce delle precisazioni fornite dalle autorità italiane nelle loro osservazioni presentate successivamente all’avvio del procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato, sembra che le due condizioni della sopra citata comunicazione, il cui rispetto rimaneva discutibile, saranno soddisfatte.

(43)

La Commissione può quindi constatare che il finanziamento delle attività di ricerca previste dal programma siciliano di lotta contro la tristezza degli agrumi sarà effettuato in un contesto conforme alle pertinenti disposizioni della suddetta comunicazione.

VI.   CONCLUSIONE

(44)

Poiché le autorità italiane hanno dimostrato che le attività di ricerca previste dal programma siciliano di lotta contro la tristezza degli agrumi saranno finanziate in un contesto conforme alle pertinenti disposizioni della disciplina del 1998, il finanziamento di cui trattasi può beneficiare della deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), in quanto aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche senza alterare le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Il finanziamento delle attività di ricerca previste dal programma siciliano di lotta contro la tristezza degli agrumi è compatibile con il mercato comune.

È quindi autorizzata l’esecuzione dell’aiuto.

Articolo 2

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 21 dicembre 2005.

Per la Commissione

Mariann FISCHER BOEL

Membro della Commissione


(1)  GU C 256 del 15.10.2005, pag. 18.

(2)  V. lettera SG(2003) D/228423 del 7.2.2003.

(3)  V. lettera SG(2004)-Greffe D/203509 del 13.8.2004.

(4)  V. lettera SG(2005) — Greffe D/203803 del 22.7.2005.

(5)  V. nota 1.

(6)  GU C 48 del 13.2.1998, pag. 2.

(7)  GU L 336 del 23.12.1994, pag. 3.

(8)  GU C 45 del 17.2.1996, pag. 5.


27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/29


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

dell'8 marzo 2006

in merito al regime di aiuti cui l’Italia, Regione Veneto, intende dare esecuzione per interventi di miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli

[notificata con il numero C(2006) 639]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/642/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni ai sensi dell’articolo suddetto (1),

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 23 febbraio 2000, protocollata il 28 febbraio 2000, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha notificato alla Commissione, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3 del trattato, le disposizioni dell’articolo 35 della legge regionale n. 5/2000 del Veneto (2) (in prosieguo LR 5/2000), che istituisce aiuti a favore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli.

(2)

Con lettere, rispettivamente, del 12 maggio 2000, protocollata il 18 maggio 2000, del 1o agosto 2000, protocollata il 7 agosto 2000, del 15 novembre 2000, protocollata il 16 novembre 2000, e del 24 gennaio 2001, protocollata il 30 gennaio 2001, la Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione europea ha trasmesso alla Commissione i complementi d’informazione richiesti alle autorità italiane con lettere del 18 aprile 2000, 5 luglio 2000 e 21 settembre 2000, nonché nel corso della riunione bilaterale del 13 dicembre 2000.

(3)

Con lettera del 2 aprile 2001, la Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del trattato CE in merito all’aiuto in oggetto.

(4)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (3). La Commissione ha invitato le parti interessate a presentare le proprie osservazioni in merito.

(5)

Le autorità italiane hanno presentato osservazioni sulle misure in questione con lettere del 12 giugno 2001 e del 22 giugno 2001. La Commissione non ha ricevuto alcuna osservazione da terzi interessati.

II.   DESCRIZIONE

(6)

L’articolo 35 della LR n. 5/2000 istituisce un aiuto di Stato finalizzato al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli, a favore di progetti di imprese agroindustriali che hanno presentato una domanda di finanziamento ai sensi del Regolamento (CE) n. 951/97 del Consiglio del 20 maggio 1997 relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (4) nel corso del periodo di programmazione 1994-1999 (5), alcune delle quali hanno intrapreso concretamente i lavori, ma non sono state ammesse a beneficiare dell’aiuto pubblico per mancanza di disponibilità finanziarie.

(7)

Secondo la deliberazione della Giunta regionale n. 4202 del 14 settembre 1993, nel periodo succitato le imprese interessate potevano presentare domande di finanziamento per tali progetti all’autorità regionale competente (Giunta — dipartimento per l’agricoltura e i rapporti con la CEE) entro il 30 aprile e entro il 30 settembre di ogni anno, per l’ammissione dei loro progetti al programma cofinanziato. Al termine della procedura di selezione dei progetti, le autorità competenti redigevano una graduatoria e davano comunicazione ai potenziali beneficiari della «ammissione al finanziamento», mediante pubblicazione, sul Bollettino ufficiale della Regione, della delibera della Giunta regionale relativa all’approvazione della graduatoria. Le imprese i cui progetti di investimento non erano stati accolti ricevevano invece una lettera di motivazione della loro esclusione.

(8)

La pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione di approvazione della summenzionata graduatoria valeva, a parere delle autorità italiane (a norma della legge sulla pubblicità degli atti (6) quale comunicazione della pubblica amministrazione agli interessati dell’avvenuta accettazione della domanda di finanziamento per i progetti presentati, il che, secondo le stesse autorità faceva sorgere nelle imprese figuranti nella graduatoria una legittima aspettativa quanto alla concessione dell’aiuto.

(9)

Secondo le autorità italiane, gli investimenti potevano essere realizzati dopo la comunicazione dell’ammissibilità delle spese del progetto e, comunque, successivamente alla presentazione della domanda di finanziamento (7).

(10)

Era stata prevista la compilazione di graduatorie semestrali fino ad esaurimento delle disponibilità indicate nel Programma Operativo Regionale Veneto (POR Veneto). Con deliberazione della Giunta regionale 23 novembre 1999, n. 4102 (8) è stata pubblicata la graduatoria definitiva delle domande presentate fino al 14 luglio 1999. Le risorse disponibili sono state esaurite prima che potessero essere finanziati tutti i progetti figuranti nella graduatoria. Una serie di progettinon ha potuto essere finanziata benché con la pubblicazione fossero stati ammessi al finanziamento.

(11)

Di fronte a tale situazione, sono state attivate diverse fonti di finanziamento (ad esempio, le risorse provenienti dall’overbooking, i fondi agromonetari e quelli a titolo dell’articolo 29 della legge regionale 31 ottobre 1980, n. 88 (9)), tanto che su 150 progetti ritenuti ammissibili figuranti nell’ultima graduatoria ne rimanevano da finanziare 36.

(12)

L’articolo 35 della LR 5/2000 prevede esattamente il finanziamento dei 36 progetti che non avevano potuto beneficiare dell’aiuto pubblico nel corso del periodo di programmazione 1994-1999, che però figuravano nell’elenco dei progetti selezionati e per alcuni dei quali i lavori erano già stati avviati.

(13)

Il bilancio previsto per il finanziamento degli aiuti ammonta a 5 miliardi di ITL (2 582 284 EUR), ma le autorità italiane hanno affermato che, qualora in futuro si fossero rese disponibili ulteriori risorse finanziarie, avrebbero accordato altri finanziamenti per gli stessi progetti. Il regime sarebbe proseguito fino a esaurimento del bilancio disponibile (inizialmente indicato o successivamente aumentato).

(14)

Gli aiuti previsti non sarebbero cumulabili con altri aiuti aventi le stesse finalità.

(15)

L’intervento regionale ha carattere straordinario e limitato nel tempo; esso riguarda iniziative che al momento della loro approvazione mediante pubblicazione nella graduatoria rispettavano i limiti settoriali e le prescrizioni di cui al POR Veneto approvato dalla Commissione, nonché alla Decisione 94/173/CE della Commissione, del 22 marzo 1994 (10), che fissa i criteri di scelta relativamente agli investimenti destinati a migliorare le condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli e silvicoli, e che abroga la decisione 90/342/CEE e al Regolamento n. 951/97, normativa in base alla quale le autorità regionali hanno approvato le domande di contributo.

(16)

Inoltre, le autorità italiane hanno precisato che benché si trattasse del periodo di programmazione 1994-1999, nella fattispecie la compatibilità dei progetti con il mercato comune doveva essere valutata applicando gli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo  (11) (in prosieguo «gli orientamenti»), dato che il regime di aiuti di Stato in oggetto è stato notificato dopo l’entrata in vigore degli orientamenti stessi. In particolare, le stesse autorità si sono impegnate a rispettare le condizioni, i limiti e le prescrizioni di cui al punto 4.2 degli orientamenti, ossia:

(a)

il tasso di aiuto non può superare il 40 % degli investimenti ammissibili,

(b)

è escluso qualsiasi aiuto a favore di imprese in difficoltà finanziaria,

(c)

ai fini dell’ammissibilità, le imprese devono rispettare i requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali, fermo restando che possono essere concessi aiuti destinati a consentire all’azienda di conformarsi a nuovi requisiti minimi in materia di ambiente, igiene o benessere degli animali,

(d)

la Regione avrebbe verificato l’esistenza di normali sbocchi di mercato per i prodotti trattati dall’impresa, acquisendo e verificando i contratti di commercializzazione di tali prodotti.

(17)

Per quanto riguarda gli elementi di cui alle lettere b), c) e d) del punto 16, le autorità italiane hanno comunicato che si sarebbero conformate alle indicazioni del Piano di sviluppo rurale della Regione Veneto 2000-2006 (PSR Veneto) (12). L’aiuto verrebbe versato sotto forma di contributo in conto capitale, in misura non superiore al 40 % della spesa ammessa debitamente verificata, e rispettando le condizioni, i limiti e le prescrizioni di cui al punto 4.2 degli orientamenti. Gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo sono interamente a carico della Regione ed è vietato qualsiasi cumulo con strumenti o regimi di aiuto vigenti.

(18)

Non sarebbero ammessi a beneficiare degli aiuti i progetti che contravvengono ai divieti o alle restrizioni stabilite nelle organizzazioni comuni di mercato o che riguardano la fabbricazione e la commercializzazione di prodotti di imitazione o di sostituzione del latte o dei prodotti lattiero-caseari.

III.   GLI ARGOMENTI SOLLEVATI DALLA COMMISSIONE AL MOMENTO DELL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(19)

La Commissione ha avviato la procedura di cui all’articolo 88, paragrafo 2, del trattato in quanto nutriva dubbi sulla compatibilità con il mercato comune del nuovo regime di aiuto istituito dall’articolo 35 della LR 5/2000.

(20)

I dubbi si basavano sul fatto che gli aiuti potevano essere concessi anche a imprese che avevano già realizzato gli investimenti previsti in un progetto per il quale avevano presentato domanda di finanziamento per il periodo di programmazione 1994-1999, ossia nel quadro di un regime di aiuti cofinanziati.

(21)

La Commissione non poteva quindi escludere, al momento dell’avvio della procedura, che si sarebbe trattato della concessione di aiuti con efficacia retroattiva, per attività già realizzate dal beneficiario, privi quindi della necessaria componente di incentivo e che pertanto si sarebbero dovuti considerare aiuti al finanziamento, il cui solo obiettivo è quello di sollevare il beneficiario da un onere finanziario.

(22)

In conformità ai punti 3.5 e 3.6 degli orientamenti, per poter essere considerate compatibili con il mercato comune, le misure di aiuto devono, in effetti, includere una componente di incentivo o esigere una contropartita da parte del beneficiario (13).

(23)

Il regime notificato sembrava quindi rientrare nel campo di applicazione dei punti 3.5 e 3.6 degli orientamenti . In effetti, in base alle informazioni a sua disposizione al momento dell’avvio del procedimento, la Commissione non aveva ritenuto che le motivazioni fornite dalle autorità italiane fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza, né nell’ambito del regime di aiuti da erogare nel periodo di programmazione 1994-1999, né nell’ambito del regime del regime notificato, di un vincolo giuridico nei confronti dei beneficiari (potenziali) che avrebbe potuto determinare (e giustificare l’esistenza di) una legittima aspettativa da parte di questi ultimi, e quindi costituire una componente di incentivo sufficiente per l’avvio dei lavori.

(24)

La Commissione ha considerato che non avrebbero potuto creare nelle imprese inserite nella graduatoria la legittima aspettativa di poter beneficiare dei finanziamenti previsti per il periodo di programmazione 1994-1999 né «la legge sulla pubblicità degli atti» (14), né le lettere inviate dalle autorità regionali per confermare agli interessati il ricevimento della domanda di finanziamento (15), né infine l’esistenza della «prassi» in base alla quale le autorità regionali avevano sempre erogato il finanziamento atteso a favore dei progetti che, dopo la valutazione e su deliberazione della Giunta regionale, erano stati iscritti nella graduatoria dei progetti ammissibili al finanziamento pubblico.

(25)

La Commissione ritiene che non esist alcun vincolo giuridico delle autorità regionali nei confronti delle domande di finanziamento considerate ammissibili e inserite nella graduatoria pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione nel periodo 1994-1999, per cui viene a cadere anche la legittima aspettativa da parte delle imprese interessate. L’inesistenza di siffatta componente di incitamento è confermata dalle seguenti considerazioni: le imprese ammissibili al finanziamento, in assenza di finanziamento effettivo da parte delle autorità competenti, non hanno preso iniziative per far valere i loro diritti, che la Regione peraltro considera acquisiti, in particolare appellandosi al diritto amministrativo nazionale. Secondo la Commissione non sono stati presentati ricorsi in quanto, in assenza di un impegno giuridicamente vincolante da parte delle autorità regionali, gli aspiranti beneficiari verosimilmente non avevano il diritto di chiedere il versamento degli aiuti.

(26)

La Commissione aveva espresso dubbi sul fatto che aiuti per spese sostenute prima della conferma dell’avvenuta accettazione dei progetti potessero ancora essere considerati aiuti allo sviluppo di talune attività economiche ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato. Conformemente alla prassi costante della Commissione, confermata dalla Corte di giustizia (16), un aiuto può essere considerato come destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche soltanto se la Commissione è in grado di accertare che, senza tale aiuto, il gioco delle leggi del mercato non consentirebbe, da solo, di ottenere che le imprese beneficiarie adottino un comportamento tale da contribuire alla realizzazione dell’obiettivo previsto. Nella fattispecie, le aziende hanno chiaramente realizzato gli investimenti senza l’aiuto.

(27)

Un altro punto che a parere della Commissione suscitava dubbi in merito all’esistenza di una componente di incentivo riguarda l’elaborazione delle graduatorie. La deliberazione della Giunta regionale n. 4202 del 1993 stabilisce che le domande devono essere presentate alla Giunta regionale entro il 31 gennaio ed entro il 30 settembre di ogni anno; in seguito viene stilata la graduatoria delle domande presentate, con l’obbligo di comunicare agli interessati il mancato accoglimento delle domande non rispondenti ai requisiti previsti. Se il meccanismo dovesse essere interpretato in questo senso, si potrebbe concludere che l’elaborazione di una graduatoria semestrale avrebbe potuto consentire alle autorità regionali di effettuare un calcolo esatto e periodicamente aggiornato delle risorse ancora disponibili, il che avrebbe consentito di evitare la pubblicazione di nuovi bandi e di acquisire nuove domande che era impossibile accogliere, date le insufficienti risorse disponibili.

(28)

Ulteriori aspetti che a parere della Commissione suscitavano dubbi in merito all’esistenza di una componente di incentivo sono la dotazione finanziaria prevista dall’articolo 35 della legge in esame, l’intensità e l’importo esatto degli aiuti. La disponibilità finanziaria annunciata dalla Regione, pari a 5 miliardi di ITL=2,5 milioni di EUR, sarebbe potuta bastare per finanziare soltanto una quota ridotta delle spese già sostenute dai potenziali beneficiari (circa 70 miliardi di ITL=35 milioni di EUR); pertanto non si capisce perché le autorità italiane abbiano specificato che «il contributo in conto capitale non supererà la spesa ammissibile accertata» dato che, in base agli elementi a disposizione della Commissione, l’intensità dell’aiuto sembrerebbe inferiore al 10 % (17). Il fatto che per le autorità italiane un tasso di aiuto così modesto risulti sufficiente a garantire l’effetto di incentivazione, mentre nell’ambito del Piano operativo regionale 1994-1999 è stato ritenuto necessario per lo stesso tipo di progetti un tasso di aiuto nettamente superiore (18), costituisce un’indicazione supplementare della mancanza di effetto di incentivazione dei progetti che si intendono sovvenzionare.

(29)

Inoltre, gli ultimi complementi di informazione (protocollati il 30 gennaio 2001) fornivano dati che non corrispondono a quelli trasmessi in precedenza:

a)

innanzitutto, nella graduatoria generale figurerebbero 134 progetti considerati ammissibili al finanziamento, e non 150; rimarrebbero da finanziare 36 di tali progetti;

b)

inoltre, vi sono contraddizioni in merito all’importo esatto degli investimenti effettuati dai beneficiari: secondo le ultime cifre si tratterebbe di 120 081  milioni di ITL e non di 70 000  milioni, come comunicato precedentemente.

(30)

Un altro aspetto da chiarire era quello della frequenza dell’intervento: le autorità italiane avevano inizialmente dichiarato che l’intervento aveva carattere straordinario e limitato nel tempo (v. punto 15). Ciò è contraddetto da altre dichiarazioni delle stesse autorità (19) in merito alla possibilità di accordare futuri finanziamenti per gli stessi progetti. Infatti, nella notifica iniziale si dichiara che «se, dopo il supplemento di istruttoria delle istanze, risultassero necessari fondi ulteriori, essi saranno comunque nei limiti strettamente necessari per esaurire le domande giacenti del precedente periodo di programma 1994-1999». A tal fine, le stesse autorità regionali si sono impegnate a notificare i casi che non rientrano nel campo di applicazione della regola del 20 % di cui alla comunicazione della Commissione n. 54/94/D24823 (del 22 febbraio 1994). Tale possibilità di ulteriori fonti di finanziamento, con le eventuali modalità di pagamento, non sono mai state oggetto di complementi di informazione da parte delle autorità regionali e sembrano contraddire le informazioni in merito al carattere una tantum della misura notificata.

(31)

Infine, le autorità italiane hanno affermato che i progetti le cui domande di contributo erano state presentate e accettate nel corso del periodo di programmazione 1994-1999, ma i cui lavori non sono ancora stati avviati, sarebbero finanziati a titolo del nuovo Piano di Sviluppo Rurale per la regione Veneto 2000-2006, previo esame di compatibilità alla luce della nuova disciplina comunitaria nel settore agricolo. Tale affermazione risulta tuttavia difficilmente conciliabile con i dati relativi alla graduatoria generale definitiva (relativi quindi alle domande ammesse al finanziamento), trasmessi con gli ultimi complementi d’informazione (protocollati il 30 gennaio 2001). Dei complessivi 134 progetti ammessi, 20 erano stati finanziati con i fondi agromonetari, 10 a titolo dell’overbooking, 54 ai sensi della legge regionale n. 88/80, 4 ai sensi del decreto legge n. 173/98 e 10 erano stati annullati. In base a questi dati rimangono da finanziare soltanto 36 progetti: anche se potesse essere previsto un finanziamento a titolo del nuovo programma di sviluppo rurale 2000-2006, non risulta tuttavia chiaro a quali «domande giacenti del precedente periodo di programma» facciano riferimento le autorità italiane.

(32)

La Commissione si riservava di esaminare la questione dell’utilizzazione degli aiuti agromonetari e di quelli provenienti dall’overbooking: il ricorso a tali fonti di finanziamento potrebbe configurarsi come utilizzazione abusiva delle decisioni di autorizzazione di aiuti, o addirittura potrebbe non essere stato notificato alla Commissione.

IV.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA E DI TERZI INTERESSATI

(33)

Con lettera del 22 giugno 2001 l’Italia ha comunicato ai servizi della Commissione le proprie osservazioni in merito all’aiuto in esame, in seguito alla decisione di avvio del procedimento a norma dell’articolo 88, paragrafo 2, del trattato. La Commissione non ha ricevuto osservazioni in merito da parte di terzi interessati.

(34)

Nella loro risposta le autorità italiane hanno innanzitutto ripercorso la procedura amministrativa applicata per l’erogazione degli aiuti nel corso del periodo di programmazione 1994-1999, per dimostrare che la stessa procedura faceva sorgere un vincolo giuridico nei confronti dei potenziali beneficiari di finanziamenti che avrebbe potuto determinare (e giustificare l’esistenza di) una legittima aspettativa da parte di questi ultimi, e quindi costituire un incentivo sufficiente per l’avvio dei lavori prima dell’ottenimento dell’aiuto. Rispetto alla descrizione fornita nella fase precedente l’avvio del procedimento, le autorità italiane hanno precisato che, una volta iscritte nella graduatoria unica dei soggetti ammissibili ad interventi nel settore agroalimentare, le imprese vi rimanevano in attesa delle disponibilità di finanziamento della Regione. Via via che si rendevano disponibili le risorse necessarie (provenienti o dal bilancio regionale, in virtù dell’articolo 29 della legge regionale n. 88/1980, o dal POR Veneto — regolamento (CEE) n. 866/90 del Consiglio, del 29 marzo 1990, relativo al miglioramento delle condizioni di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agricoli (20) e Regolamento 951/97, o dal bilancio statale– overbooking e fondi agrimonetari), la Regione selezionava dalla graduatoria unica, con un atto amministrativo ad hoc, le imprese destinatarie del finanziamento, applicando un criterio di priorità e di preferenza, e fra queste in particolare le imprese le cui domande contribuivano alla piena utilizzazione delle risorse disponibili.

(35)

La Regione disponeva in detto modo di un parco progetti, prontamente e tempestivamente attivabili al momento della disponibilità dei fondi. Le autorità regionali ritengono che la predisposizione di una graduatoria per i progetti eleggibili anche in assenza di fondi immediatamente disponibili, con rinvio al finanziamento concreto in un momento successivo, non contrasti con alcuna disciplina comunitaria.

(36)

L’articolo 35 della LR 5/2000 si applicherebbe, secondo le autorità competenti, ai 36 progetti/aziende rimasti in graduatoria. Questi progetti/aziende superstiti sono stati sottoposti a una nuova istruttoria e per due di essi è stata avviata la procedura di archiviazione in quanto non compatibili con gli orientamenti. Le autorità competenti affermano inoltre che 15 aziende hanno presentato domanda ai sensi del PS R per la regione Veneto 2000-2006 — Misura 7 (Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli) — rinunciando alle richieste precedenti, in caso di concessione di finanziamento nel nuovo periodo di programmazione 2000/2006. La Regione non esclude che altre aziende rinuncino ai progetti in quantonon più interessate, per vari motivi, al progetto iniziale. Pertanto i potenziali beneficiari dell’aiuto in esame risulterebbero dimezzati rispetto alla lista iniziale.

(37)

Le autorità italiane ritengono che il parere espresso dalla Commissione nella lettera di avvio del procedimento ex articolo 88, paragrafo 2 del Trattato sia giuridicamente non fondato, e in contrasto con la stessa prassi della Commissione.

(38)

La Commissione ha avviato il procedimento sugli aiuti in esame in quanto essi potrebbero essere erogati anche a quelle aziende, ancora presenti nella lista, che abbiamo iniziato o realizzato gli investimenti dopo la presentazione della domanda di aiuto per il periodo di programmazione 1994/1999. La Commissione infatti ritiene che in mancanza di un impegno giuridicamente vincolante della Regione nei confronti dei aspiranti beneficiari, gli aiuti concessi retroattivamente sono privi dell’indispensabile effetto incentivante e pertanto si configurerebbero come aiuti al funzionamento, incompatibili con il mercato comune.

(39)

Le autorità italiane ritengono che sia il punto 3.6 degli orientamenti (21), sia l’applicazione fattane dalla Commissione (22), abbiano creato in capo ai richiedenti un’aspettativa legittima in ordine all’ottenimento del finanziamento, fin dal momento della presentazione della relativa domanda all’autorità competente. Nella fattispecie era la stessa delibera della Giunta regionale n. 4202/93 che, fissando le modalità di presentazione delle istanze e di formazione delle graduatorie e richiamando la disciplina della legge regionale 1/1991 (23), assicurava ai potenziali beneficiari l’ammissibilità al finanziamento pubblico di investimenti iniziati dopo la presentazione della domanda, ma prima del provvedimento di concessione degli aiuti. Inoltre il legittimo affidamento sorto al momento della presentazione della domanda era rafforzato dall’inserimento del richiedente nella lista dei soggetti ammissibili al finanziamento.

(40)

I possibili beneficiari dell’aiuto, inoltre, consapevoli di aver presentato le domande in modo corretto e di possedere i requisiti richiesti per legge, potevano ragionevolmente aspettarsi l’accettazione delle loro domande, cosa che poi si è verificata con il loro inserimento in graduatoria, benché dovessero ancora attendere per il provvedimento concessorio.

(41)

Le autorità italiane ricordano altresì che la Commissione ha per prassi di accettare la proroga di regimi d’aiuto già approvati, per consentire la realizzazione degli obiettivi perseguiti dagli stessi (24), come in fondo richiedono le stesse autorità nazionali con la presentazione del regime di aiuti da istituire ai sensi dell’articolo 35 della LR 5/2000 in esame. In altre parole, secondo le autorità italiane, tali aiuti sarebbero compatibili con il Trattato, se fossero stati erogati entro il 1999, ossia entro il periodo di vigenza del regime o dei regimi per i quali erano state presentate le domande di finanziamento.

(42)

Sotto il profilo del diritto amministrativo italiano, le autorità nazionali spiegano che è possibile ricorrere ad un giudice amministrativo per impugnare atti della pubblica amministrazione non solo lesivi di diritti soggettivi ma anche di interessi legittimi. Gli interessi legittimi sono definiti come gli interessi dei privati alla corretta utilizzazione del potere da parte della pubblica amministrazione, per quanto riguarda sia aspettative di ampliamento della sfera giuridica dei privati (interessi pretensivi), sia la corretta applicazione dei vincoli procedimentali ad essa imposti (interessi procedimentali), in particolare a norma della legge sulla pubblicità degli atti. Conformemente alla giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana (25) il privato può ricorrere alla giustizia amministrativa non solo per ottenere l’annullamento di un atto della pubblica amministrazione lesivo di un suo interesse legittimo o di un suo diritto soggettivo, ma anche per ottenere l’adozione del provvedimento atteso e il risarcimento del danno derivatogli dalla adozione o dalla mancata adozione dell’atto.

(43)

Nel caso in esame l’interesse legittimo dei richiedenti (al finanziamento pubblico) rimasti in lista avrebbe natura pretensiva, in quanto relativo alla fondata aspettativa di un ampliamento della loro sfera giuridica in virtù del provvedimento concessorio dell’aiuto.

(44)

Sulla base della citata giurisprudenza della Cassazione le autorità italiane non escludono che il giudice amministrativo eventualmente adito non decida di condannare l’amministrazione regionale al pagamento dei danni.

(45)

Le autorità italiane sostengono che nessuna delle aziende ammissibili al finanziamento ancora in lista abbia introdotto ricorso al giudice amministrativo nella ragionevole aspettativa della concessione dell’aiuto. Per agire contro la Regione Veneto, le suddette aziende dovrebbero dimostrare un interesse al ricorso, derivante da un atto che arrechi loro un danno effettivo. Tale atto viene dalle autorità italiane identificato nella mancata assegnazione del finanziamento con invalidazione della graduatoria: solo il provvedimento di revoca del contributo o l’annullamento della delibera 4102/99 potrebbe essere legittimamente impugnato in quanto lesivo della loro legittima ed attuale aspirazione a ottenere i benefici assegnati.

(46)

Per quanto concerne le riserve della Commissione, in ordine all’uso degli aiuti agromonetari e dell’overbooking di cui al punto 31 della lettera di avvio del procedimento, le autorità italiane precisano che:

(a)

il regime di aiuto per le iniziative nel settore agroalimentare, di cui al Regolamento (CE) n. 951/97, che ha utilizzato fondi derivanti dalla rivalutazione della lira italiana ex Regolamento (CE) n. 724/97 (26), rientra nel programma di azioni per l’Italia approvato dalla Commissione con nota 5372 del 2 luglio 1998;

(b)

le somme dell’overbooking sono derivate dal finanziamento di quote aggiuntive, rispetto a quelle già assegnate dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie per il POR Veneto Veneto di cui al Regolamento (CE) 951/97, il POR Veneto essendo assunto come base giuridica quale approvato dalla Commissione con decisione (CE) C/96 2598 del 2 ottobre 1996.

(47)

Le autorità italiane non condividono il metodo di calcolo dell’aiuto e la logica esposta dalla Commissione al punto 27 della lettera di avvio del procedimento. La somma stanziata (5 miliardi LIT, ossia circa 2,5 milioni di EURO) verrebbe utilizzata mantenendo una significatività dell’intervento, ossia il 30 % del volume degli investimenti ammessi a beneficio che risulterebbe di 15 miliardi LIT, ossia di circa 7,5 milioni EURO. Il volume degli investimenti ammissibili prima indicato è puramente teorico essendo soggetto a rivisitazione tecnica dei progetti, nuova analisi istruttoria, nuova verifica dell’ammissibilità dei soggetti, nuova determinazione dei volumi di investimento ecc… Tale riesame verrebbe completato in presenza di concrete prospettive di finanziabilità al fine di non determinare ulteriori aggravi nei confronti delle imprese potenzialmente beneficiarie.

(48)

Per quanto concerne il finanziamento degli investimenti ancora in lista con i fondi messi a disposizione dal PSR per la Regione Veneto 2000-2006 (15 aziende presenti in lista hanno fatto domanda nell’ambito di detto PRS, v. punto 32) le autorità competenti hanno affermato che essi saranno finanziabili nella misura in cui rispondono a tutti i requisiti richiesti dal PSR citato, tra i quali quello di non aver dato inizio ai lavori per i quali il finanziamento è richiesto.

V.   VALUTAZIONE DELL’AIUTO

(49)

A norma dell'articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Le misure previste dalla decisione in oggetto corrispondono a questa definizione per le ragioni che seguono.

(50)

Le misure in esame, finanziate tramite fondi della Regione Veneto, favoriscono alcune imprese ed alcuni operatori (imprese del settore della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli) e possono incidere sugli scambi, in quanto l’Italia detiene il 14,07 % circa della produzione agricola europea (27).

(51)

Nondimeno, nei casi previsti dall'articolo 87, paragrafi 2 e 3 del trattato, alcune misure possono, in deroga, essere considerate compatibili con il mercato comune.

(52)

Nella fattispecie, considerata la natura delle misure sopra descritte, l'unica deroga invocabile è quella prevista all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato, secondo cui possono essere considerati compatibili con il mercato comune gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

(53)

Per poter beneficiare della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato gli aiuti agli investimenti nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli devono essere conformi alle pertinenti disposizioni del Regolamento (CE) n. 1/2004 della Commissione, del 23 dicembre 2003, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (28). Ove tale regolamento non trovi applicazione, o qualora non siano soddisfatti tutti i requisiti richiesti, l’aiuto deve essere valutato alla luce delle pertinenti disposizioni degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo.

(54)

Poiché il regime in oggetto non è limitato alle piccole e medie imprese, il regolamento (CE) n. 1/2004 non è applicabile. Pertanto la valutazione della compatibilità dell'aiuto deve basarsi sugli orientamenti e più precisamente sui punti 3.5, 3.6 e 4.2 degli orientamenti.

(55)

Conformemente ai punti 3.5 e 3.6 degli orientamenti la Commissione ritiene che, per essere compatibili con il mercato comune, le misure d’aiuto devono includere una componente di incentivo o esigere una contropartita da parte del beneficiario e un aiuto concesso per attività già intraprese dal beneficiario non presenta la necessaria componente di incentivo e va pertanto considerato un aiuto al funzionamento. In tutti i regimi di aiuti, ad eccezione di quelli di natura compensativa, deve pertanto essere vietata la concessione di aiuti a favore di lavori già iniziati o di attività intraprese prima che la domanda di aiuto sia stata debitamente presentata all'autorità competente.

(56)

Poiché il regime di aiuti che l’articolo 35 della LR 5/2000 intende istituire prevede esclusivamente il finanziamento dei progetti delle imprese agroindustriali che avendo presentato domanda per beneficiare delle misure cofinanziate nel corso del periodo di programmazione 1994/1999 erano state dichiarate ammissibili al finanziamento con iscrizione nell’apposita lista istituita dalle autorità regionali, ma che non avevano ricevuto il finanziamento per mancanza di fondi pubblici (in prosieguo: i progetti rimasti in lista). Per alcuni dei progetti rimasti in lista gli investimenti erano stati iniziati dopo la presentazione delle domande di finanziamento per il periodo di programmazione 1994/1999.

(57)

La Commissione, sulla base delle informazioni raccolte nel corso della procedura formale d’esame, ritiene che il regime notificato sia compatibile con il mercato comune, ma per poter usufruire degli aiuti previsti dal regime notificato tutti i progetti rimasti in lista devono rispondere alle condizioni di cui al punto 4.2 degli orientamenti. Gli aiuti possono quindi essere concessi solo :

(a)

ad aziende economicamente redditizie;

(b)

ad aziende che rispettino le norme minime in materia di ambiente, igiene e di benessere degli animali;

(c)

se l’intensità dell’aiuto non supera il 50 % degli investimenti ammessi a beneficiarne nelle regioni dell'obiettivo 1 e il 40 % nelle altre regioni;

(d)

se le spese ammissibili riguardano la costruzione, l'acquisizione o il miglioramento di beni immobili, di nuove macchine e attrezzature e le spese generali fino ad un massimo del 12 % di dette spese ;

(e)

se è sufficientemente comprovata l’esistenza di normali sbocchi di mercato per i prodotti in questione. Nell’erogazione degli aiuti le autorità italiane devono tenere conto delle eventuali restrizioni alla produzione o di limitazioni del sostegno comunitario nel quadro delle organizzazioni comuni di mercato. In particolare: non sarà concesso alcun aiuto che contravvenga ai divieti o alle restrizioni stabilite nelle organizzazioni comuni di mercato, né alcun aiuto che riguardi la fabbricazione e la commercializzazione di prodotti di imitazione o di sostituzione del latte o dei prodotti lattiero-caseari.

(58)

Potranno eccezionalmente beneficiare degli aiuti i progetti di investimento per i quali le domande siano state introdotte in occasione del periodo di programmazione conclusosi al 31.12.1999 e che allora erano state considerate ammissibili all’aiuto ma che non erano state evase per mancanza delle risorse finanziarie, fermo restando che potranno ricevere aiuti solo quei progetti di investimento cui è stata data esecuzione dopo la presentazione delle domande di finanziamento alle autorità competenti.

(59)

La Commissione ritiene ammissibili anche gli investimenti indicati al punto 59, dopo aver esaminato la documentazione relativa al procedimento amministrativo utilizzato dalle autorità competenti per la concessione degli aiuti nell’ambito del periodo di programmazione 1994/1999 e conformemente alla prassi interpretativa seguita all’epoca (29). Secondo tale prassi, nell’ambito di un regime d’aiuti che si presenta come il completamento di un regime precedente, l’aiuto concesso per attività già intraprese dal beneficiario dopo la presentazione della domanda di finanziamento, introdotta in occasione del bando precedente, non è privo della necessaria componente di incentivo e pertanto non può essere considerato un aiuto al funzionamento, purché i lavori siano stati iniziati o le attività intraprese dopo che la domanda di aiuto sia stata debitamente presentata all'autorità competente e da questa ritenuta idonea al finanziamento.

(60)

La Commissione ritiene opportuno ricordare alle autorità italiane che la sua attuale prassi interpretativa è nel senso di considerare privi dell’effetto di incentivo gli aiuti concessi ad attività intraprese dopo la presentazione della domanda di aiuto all'autorità competente, ma prima dell’accettazione della domanda con atto giuridicamente vincolante per la pubblica amministrazione nei confronti degli (aspiranti) beneficiari (30).

(61)

Per quanto concerne l’utilizzo degli aiuti agromonetari e dell’overbooking da parte delle autorità italiane per il finanziamento dei progetti rimasti in lista prima del 31.12.1999, le autorità italiane hanno affermato che l’utilizzazione dei fondi derivanti dalla rivalutazione della lira italiana ai sensi del Reg. (CE) n. 724/97, per le misure previste dal POR Veneto di cui al Regolamento era stata approvata dalla Commissione con nota del 2 luglio 1998, n. 5372, mentre le somme dell’overbooking erano derivate dal finanziamento di quote aggiuntive, rispetto a quelle gia assegnate dal Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie per il POR Veneto. Pertanto la Commissione conclude che non vi è stata utilizzazione abusiva delle decisioni di autorizzazione degli aiuti, né aiuti non notificati, rivolgendosi i finanziamenti a misure previste dal POR allora in vigore.

(62)

Per quanto concerne il carattere «una tantum» del regime, le autorità competenti hanno spiegato che l’espressione è stata utilizzata nel senso che il regime non è cumulabile ad altri regimi, è diretto esclusivamente alle imprese rimaste in lista e non può essere utilizzato per altri interventi: una volta esaurita la lista, il regime esaurirà i propri effetti giuridici e finanziari. Le autorità competenti hanno indicato una dotazione finanziaria iniziale di circa 2,5 milioni di Euro, riservandosi di integrarla con altre risorse laddove suddetto ammontare non risulti sufficiente a mantenere un tasso d’aiuto pubblico significativo per i progetti ammessi al sostegno. Le autorità competenti si sono impegnate a comunicare alla Commissione ogni aumento superiore al 20 % della dotazione iniziale.

(63)

E’ prassi consolidata della Commissione quella di ammettere aumenti delle dotazioni originarie di regimi esistenti. Questa prassi è stata consolidata nell’articolo 4, paragrafo 1 del Regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004 recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell'articolo 93 del trattato CE (31). La Commissione ritiene che, in virtù di detta norma un aumento non superiore al 20 % della dotazione originaria di un regime di aiuti non è da considerare una modifica ad un aiuto esistente e che laddove le autorità nazionali superino tale percentuale suddetta modifica deve essere notificata con le modalità prescritte dal paragrafo 2 dell’articolo 4 del Regolamento (CE) n. 794/2004 citato. Pertanto nulla vieta alle autorità italiane di aumentare la dotazione originaria del regime in esame, purché ciò avvenga nel rispetto delle regole procedurali.

VI.   CONCLUSIONI

Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che l'aiuto previsto dall’articolo 35 della LR 5/2000 a favore delle imprese di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, poiché è conforme alle disposizioni del punto 4.2 degli orientamenti comunitari nel settore agricolo. La misura di aiuto può, conseguentemente, beneficiare della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3), lettera c) del trattato,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

L’aiuto al quale la Repubblica italiana intende dare esecuzione a norma dell’articolo 35 della Legge regionale Veneto n. 5/2000 è compatibile con il mercato comune, subordinatamente al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 2.

Articolo 2

Le autorità italiane notificano alla Commissione ogni aumento della dotazione originaria del regime di aiuti istituito dall’articolo 35 della legge regionale n. 1/2000, 20 %.

Articolo 3

Entro due mesi dalla notificazione della presente decisione l’Italia comunica alla Commissione i provvedimenti presi per conformarvisi.

Articolo 4

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 8 marzo 2006.

Per la Commissione

Mariann FISCHER BOEL

Membro della Commissione


(1)  GU C 140 del 12.5.2001, pag. 2.

(2)  Legge regionale Veneto n, 5 del 28.1.2000, Provvedimento generale di rifinanziamento e di modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione (legge finanziaria 2000).

(3)  V. nota 1.

(4)  GU L 142 del 2.6.1997, pag. 22.

(5)  L’approvazione del programma operativo per il Veneto ha formato oggetto della decisione della Commissione del 2 ottobre 1996.

(6)  Legge n. 241 del 7.8.1990, GU, serie generale N. 192, del 18.8.1990 recante «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi».

(7)  A norma dell’articolo 11 della legge regionale 8 gennaio 1991, n. 1 (notificato alla Commissione come aiuto di Stato n. N100/91, approvato dalla Commissione con decisione SG (91) D/7024), la realizzazione delle iniziative per le quali si chiede l’intervento pubblico a qualsiasi titolo deve essere avviata successivamente alla presentazione della domanda di contributo.

(8)  Bollettino ufficiale della regione Veneto n. 112 del 28.12.1999.

(9)  Tale legge istituisce aiuti a favore delle strutture per la valorizzazione e la difesa delle produzioni agricole e zootecniche (aiuti approvati con comunicazione della Commissione n. 16065 del 17 ottobre 1980).

(10)  GU L 79 del 23/03/1994 pag. 29.

(11)  GU CE C 232 dell’12.8.2000, pag 19.

(12)  Approvato dalla Commissione con decisione n. C(2000) 2904 del 29 settembre 2000.

(13)  V. in particolare i seguenti casi: C1/98 (ex N750/B/95), relativo al regime di aiuti di Stato istituito dall’Italia a favore della produzione, della trasformazione e della commercializzazione di prodotti di cui all’allegato I del trattato CE (legge 27 settembre 1995, n. 68 della Regione siciliana); C 36/98, relativo al regime di aiuti che l’Italia prevede di attuare a favore delle piccole e medie imprese che operano nelle regioni dell’obiettivo 1; C70/98, relativo al regime di aiuti notificato dall’Italia (Regione Marche) concernente modifiche al Documento unico di programmazione per il 1994-99 degli interventi dei Fondi strutturali comunitari per le regioni dell’obiettivo 5b.

(14)  V. nota 6.

(15)  Le autorità italiane si sono limitate a fornire copia di una lettera (del 1o aprile 1999) dell’amministrazione del Veneto che informava un beneficiario potenziale del ricevimento della sua domanda da parte di un particolare ufficio (responsabile degli interventi strutturali nel settore agroindustriale), ai fini dell’indagine tecnico-amministrativa d’uso, comunicazione che è obbligatoria ai sensi della legge sulla pubblicità degli atti dell’amministrazione pubblica (v. nota 6).

(16)  V. in particolare sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 17 settembre 1980 nella causa C-730/79 Philip Morris contro Commissione, Raccolta [1980], pag. 2671.

(17)  L’importo di 5 miliardi di lire a disposizione della Regione rappresenta meno del 10 % del totale degli investimenti realizzati dai beneficiari (70 miliardi di lire).

(18)  Il regolamento 951/97 autorizzava un tasso di aiuto fino al 55 % per investimenti realizzati al di fuori delle regioni dell’obiettivo 1.

(19)  V. punto 9 della lettera di avvio del procedimento.

(20)  GU CE L 091 del 06/04/1990, pag. 1.

(21)  Il punto 3.6 degli Orientamenti prevede che «un aiuto concesso con effetto retroattivo per attività già intraprese dal beneficiario non presenta la necessaria componente di incentivo e va pertanto considerato un aiuto al funzionamento, poiché l'unico suo scopo è di sollevare il beneficiario da un onere finanziario. In tutti i regimi di aiuti, ad eccezione di quelli di natura compensativa, deve pertanto essere vietata la concessione di aiuti a favore di lavori già iniziati o di attività intraprese prima che la domanda di aiuto sia stata debitamente presentata all'autorità competente.»

(22)  Decisioni del 28 novembre 2000, SG(2000) D/108799 (Aiuto N 226/2000), del 13 marzo 2001, SG(2001) D 286857 (Aiuto N 729/a/2000), del 28 febbraio 2001 SG(2001) D/286508 e del 4 agosto 2000, SG(2000) D/105958.

(23)  L’articolo 11 di detta legge prevede che «la realizzazione delle iniziative inserite in un piano aziendale …. puó aver luogo anche prima del provvedimento di concessione delle provvidenze purché sia stata avviata successivamente alla presentazione della domanda diretta ad ottenere le relative provvidenza…».

(24)  Aiuto N 63/2001 e aiuto N 24/2001.

(25)  Corte di Cassazione Sezioni Unite 500/1999.

(26)  GU L 108 del 25.04.1997, pag. 9.

(27)  Ultimi dati Eurostat disponibili, che risalgono al 2003, ossia all’UE-15.

(28)  GU L 1 del 1.1.2004, p. 1.

(29)  Cosí si è già pronunciata la Commissione nell’aiuto N 715/1999, lettere SG(2000) D/105754 del 2 agosto 2000.

(30)  In questo senso è l’articolo 17 del Regolamento (CE) n. 1/2004, v. nota 20.

(31)  GU L 140 del 30.4.2004, pag. 1.


27.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 268/37


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 4 aprile 2006

relativa agli aiuti di Stato a cui il Regno Unito intende dare esecuzione per l’istituzione della Nuclear Decommissioning Authority

[notificata con il numero C(2006) 650]

(Il testo in lingua inglese è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/643/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a dette disposizioni (1) e viste le osservazioni trasmesse,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDIMENTO

(1)

Con lettera del 19 dicembre 2003, registrata dalla Commissione il 22 dicembre 2003, il Regno Unito ha informato la Commissione sulle implicazioni a livello di aiuti di Stato del progetto di legge che istituisce un’agenzia per la disattivazione delle centrali nucleari («Nuclear Decommissioning Authority», «NDA»), in appresso denominato «la misura».

(2)

Con lettera D/51248 del 20 febbraio 2004, la Commissione ha posto domande in merito alla misura, alle quali il Regno Unito ha risposto con lettera del 29 marzo 2004, registrata dalla Commissione il 15 aprile 2004.

(3)

Con lettera D/54319 del 16 giugno 2004, la Commissione ha posto ulteriori questioni in merito alla misura, a cui il Regno Unito ha risposto con lettera del 14 luglio 2004, registrata dalla Commissione il 19 luglio 2004.

(4)

Il Regno Unito ha presentato informazioni supplementari sulla misura con lettera del 10 settembre 2004, registrata dalla Commissione il 14 settembre 2004, e con lettera del 14 ottobre 2004, registrata dalla Commissione il 19 ottobre 2004.

(5)

Con lettera del 1o dicembre 2004 la Commissione ha informato il Regno Unito della propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 88, paragrafo 2 del trattato riguardo alla misura in oggetto.

(6)

La decisione della Commissione di avviare il procedimento (in appresso «l’avvio del procedimento») è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (2). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni.

(7)

Il Regno Unito ha presentato alla Commissione le proprie osservazioni sull’avvio del procedimento con lettera del 31 gennaio 2005, registrata dalla Commissione il medesimo giorno.

(8)

La Commissione ha ricevuto osservazioni da talune parti interessate. Essa le ha trasmesse al Regno Unito offrendo l’opportunità di commentarle ed ha ricevuto i relativi commenti con lettera del 4 marzo 2005, registrata il 7 marzo 2005.

(9)

Le riunioni tra le autorità britanniche e la Commissione hanno avuto luogo il 20 aprile, il 25 agosto e l’11 ottobre 2005.

(10)

Il Regno Unito ha presentato ulteriori informazioni sulla misura con lettera del 23 gennaio 2006, registrata dalla Commissione lo stesso giorno. Una modifica di tale lettera è stata inviata con lettera del 1o febbraio 2006, registrata dalla Commissione lo stesso giorno. Ulteriori informazioni aggiuntive sulla misura sono state presentate dal Regno Unito con lettera del 7 febbraio 2006, registrata dalla Commissione lo stesso giorno. Altre informazioni aggiuntive sono state presentate dal Regno Unito con lettera del 7 febbraio 2006, registrata dalla Commissione il 10 febbraio 2006. Ulteriori informazioni aggiuntive sono state presentate dal Regno Unito con lettera del 29 marzo 2006, registrata dalla Commissione il 30 marzo 2006.

2.   DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’AIUTO

(11)

Il Regno Unito è stato uno dei primi paesi del mondo ad occuparsi di tecnologie nucleari, per scopi sia civili che militari.

(12)

Quando sono state introdotte per la prima volta queste tecnologie, l’industria si è concentrata sui miglioramenti scientifici e sugli aumenti di efficienza. La gestione degli oneri nucleari non è stata in genere presa in considerazione o soltanto in modo molto limitato.

(13)

La crescente consapevolezza della necessità di smantellare le centrali nucleari ha gradualmente determinato l’accantonamento di fondi per la gestione degli oneri nucleari. Questi fondi, tuttavia, erano in genere insufficienti per far fronte ad oneri il cui importo stimato era ancora molto incerto, ma era in fase di crescita. Persino alla fine del ventesimo secolo, la gestione degli oneri nucleari è stata affrontata ancora in maniera autonoma da ciascuno dei proprietari dei siti e molto spesso caso per caso.

(14)

Il governo britannico ha ritenuto che questo tipo di gestione avesse raggiunto il limite delle proprie possibilità e che fosse necessario realizzare un metodo nuovo e più efficiente onde trattare gli oneri nucleari in modo più efficace, mantenendo nel contempo un elevatissimo livello di sicurezza.

(15)

Nel 2001 il governo britannico ha deciso di iniziare uno studio delle modalità con cui la gestione degli oneri nucleari del settore pubblico potrebbe essere demandata ad un unico organismo pubblico. Nel luglio 2002 è stato pubblicato il Libro bianco «Managing the Nuclear Legacy — A strategy for action» (La gestione dell’eredità nucleare — Una strategia di azione). Al termine di un processo di consultazione, le idee contenute nel Libro bianco sono state trasposte nella legislazione mediante la legge sull’energia («Energy Act») del 2004.

(16)

Le disposizioni di tale normativa prevedono la costituzione di un nuovo organismo pubblico non ministeriale, denominato Nuclear Decommissioning Authority (NDA). La NDA assumerà progressivamente la responsabilità della gestione della maggior parte degli oneri nucleari del settore pubblico nel Regno Unito (3). A questo scopo, la proprietà dei siti nucleari e degli attivi verrà trasferita alla NDA. Oltre ad acquisire la proprietà degli attivi e dei siti, la NDA assumerà la responsabilità dei relativi oneri nucleari nonché di tutti gli attivi finanziari chiaramente collegati a detti siti.

(17)

L’obiettivo della NDA è la gestione efficiente e sicura degli oneri nucleari. La NDA continua a gestire gli attivi materiali che le sono stati trasferiti se il proseguimento di tale gestione supera i loro costi evitabili e contribuisce dunque alla riduzione del valore delle loro passività. La NDA è un ente pubblico senza scopi commerciali, non investirà in alcun nuovo attivo né avvierà alcuna nuova attività.

(18)

La NDA non provvederà in proprio alla disattivazione dei siti di cui è responsabile, ma subappalterà questo compito ad altri organismi. NDA può altresì incaricare altre entità di proseguire la gestione degli attivi nucleari. Le entità incaricate dalla NDA di gestire un sito sono denominate «Site Licensee Companies» (società licenziatarie dei siti, «SLC»). In un primo tempo, le SLC saranno i precedenti proprietari dei siti. In seguito, esse verranno scelte attraverso bandi di gara, onde favorire lo sviluppo di un vero e proprio mercato della disattivazione e della bonifica dei siti nucleari.

(19)

Per finanziare le proprie attività, la NDA utilizza il valore degli attivi finanziari trasferiti e degli utili netti generati dal trasferimento degli attivi materiali. Poiché è molto probabile che tali risorse non siano sufficienti per coprire interamente i costi di gestione degli oneri nucleari, lo Stato finanzierà la differenza.

(20)

Gli attivi appartenenti alla «United Kingdom Atomic Energy Agency» (Agenzia per l’energia atomica del Regno Unito, UKAEA) sono stati trasferiti alla NDA. La Commissione ha già statuito su questo aspetto della misura nella decisione menzionata al punto 5. La Commissione ha ritenuto che questo aspetto della misura non costituisse un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.

(21)

La NDA ha inoltre ricevuto gli attivi appartenenti a British Nuclear Fuels Limited (BNFL). Questo aspetto della misura è l’oggetto della presente decisione. Va sottolineato che il Regno Unito ha previsto disposizioni transitorie onde garantire che, malgrado il trasferimento formale degli attivi di BNFL alla NDA, non venga concesso nessun aiuto di Stato finché la Commissione non avrà adottato una decisione definitiva sul caso.

(22)

BNFL è una società pubblica a responsabilità limitata che svolge attività in varie branche del settore nucleare. Opera in quasi tutte le fasi del ciclo del combustibile nucleare: arricchisce l’uranio (attraverso Urenco), fornisce combustibile nucleare, genera energia elettrica e provvede alla gestione del combustibile nucleare esaurito.

(23)

La maggior parte — ma non tutti — gli attivi e i siti nucleari di BNFL sono stati trasferiti alla NDA, che ha ricevuto:

tutti i siti Magnox di produzione di energia elettrica e la centrale di Maentwrog;

il sito di Sellafield, che comprende in particolare l’impianto di ritrattamento di ossido termico («Thermal Oxide Reprocessing Plant», THORP) e l’impianto Mox di («Sellafield Mox Plant», SMP); Il sito di Sellafield include inoltre uno degli impianti Magnox succitati (la centrale Calder Hall) e un piccolo impianto di cogenerazione (l’impianto Fellside);

il sito Springfields, destinato alla produzione di combustibile nucleare;

il sito Drigg di smaltimento di rifiuti di basso livello;

il sito Capenhurst, la cui disattivazione è quasi completata, e che servirà essenzialmente per lo stoccaggio di materiali a base di uranio.

(24)

Altre attività di BNFL, in particolare quelle connesse a Urenco ed a Westinghouse, non verranno trasferite alla NDA, ma verranno riorganizzate costituendo un gruppo residuo di dimensioni più ridotte.

(25)

Assieme ai siti succitati, BNFL trasferisce alla NDA una serie di attivi finanziari connessi a detti siti e che sono stati costituiti in passato per finanziarne, almeno in parte, la disattivazione. Si tratta dei seguenti attivi:

il portafoglio di investimenti relativo agli oneri nucleari («Nuclear Liabilities Investment Portfolio»);

l’impegno denominato «Magnox Undertaking»;

altri contributi di entità più limitata, che comprendono in particolare i titoli Springfields, che sono fondi destinati a coprire i costi di disattivazione del sito di Springfields.

(26)

Da un punto di vista tecnico, questi attivi non vengono trasferiti direttamente alla NDA, ma consolidati in un fondo governativo per finanziare la disattivazione delle centrali nucleari, il «Nuclear Decommissioning Funding Account». Il governo finanzierà a sua volta la NDA mediante sovvenzioni.

(27)

Nella notifica, le autorità britanniche avevano fornito alla Commissione una stima degli attivi e degli oneri nucleari che verrebbero trasferiti alla NDA, suddividendo tali importi in base alla provenienza, distinguendo cioè tra attività commerciali e attività non commerciali.

(28)

All’avvio del procedimento tutti gli oneri connessi ai siti UKAEA sono stati considerati non commerciali.

(29)

Per stimare la parte di oneri connessi ai siti BNFL derivanti da attività non commerciali, il Regno Unito ha adottato l’approccio in base al quale soltanto gli oneri finanziari ancora riconosciuti dal Ministero della difesa (Ministry of Defence, MOD) o dall’UKAEA erano di natura non commerciale. Gli oneri connessi agli impianti a doppio uso (commerciale/non commerciale) non ancora riconosciuti né dal MOD né dall’UKAEA sono stati attribuiti alle attività commerciali di BNFL, in quanto BNFL era il gestore ed il proprietario di tali impianti, anche se erano stati utilizzati dal MOD o dall’UKAEA in passato.

(30)

Gli oneri stimati connessi ai siti di proprietà, all’epoca, di BNFL, suddivisi in attività commerciali e non commerciali, erano i seguenti:

Tabella 1

Oneri nucleari da trasferire alla NDA, stime al marzo 2003, prezzi 2003, attualizzati al 5,4 % nominale, importi in miliardi di GBP (4)

 

Non commerciali

Commerciali

Oneri totali

Siti delle centrali Magnox (eccetto Calder Hall/Chapelcross)

0

3,9

3,9

Sito di Sellafield (eccetto la centrale di Calder Hall)

3,8

10,1

13,9

Calder Hall/Chapelcross (5)

0,2

0,6

0,9

Sito di Springfields

0,1

0,2

0,2

Sito di Capenhurst

0

0,2

0,3

Totale

4,1

15,0

19,1

(31)

Nella notifica, le autorità britanniche hanno inoltre fornito la seguente tabella, che confronta il valore stimato della parte commerciale degli oneri connessi ai siti da trasferire alla NDA da parte di BNFL al valore economico degli attivi da trasferire con detti siti alla NDA. Per gli attivi materiali, il valore economico è stato considerato come uguale al cash flow che si prevedeva dovesse generare il proseguimento della loro attività.

Tabella 2

Differenza tra gli oneri commerciali e il valore degli attivi al 31 marzo 2004, prezzi 2004, attualizzati al 5,4 % nominale, importi in miliardi di GBP (6)

Oneri nucleari commerciali totali

-14,7

Cash flow futuro delle centrali Magnox

-0,1

Cash flow dell’attività di Sellafield (THORP & SMP)

2,3

Cash flow futuro di Springfields

0,2

Nuclear Liabilities Investment Portfolio

4,3

Magnox Undertaking

7,9

Altri contributi dei clienti non indicati sopra

0,2

Contante e liquidità

0,1

Totale

0,0

3.   MOTIVI DELL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(32)

All’avvio del procedimento, la Commissione ha innanzi tutto espresso riserve in merito all’entità che avrebbe beneficiato di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE. La Commissione ha tenuto conto non soltanto della situazione della NDA, che potrebbe ricevere pagamenti diretti da parte dello Stato, ma anche di quella di BNFL, che potrebbe essere esentata dal pagamento di spese che avrebbe dovuto altrimenti sostenere in base al principio «chi inquina paga».

(33)

La Commissione ha in seguito valutato se tali aiuti di Stato potessero essere considerati compatibili con il trattato CE. Ha espresso seri dubbi sul fatto che essi fossero compatibili a norma della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (7). Ha inoltre espresso forti dubbi sul fatto che gli aiuti potessero essere considerati compatibili con gli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (8).

(34)

La Commissione ha poi valutato se tali aiuti di Stato potessero essere considerati compatibili applicando direttamente l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato CE e alla luce degli obiettivi del trattato Euratom. La Commissione ha ritenuto che tale approccio potrebbe in effetti essere adottato in linea di principio, ma ha anche espresso dubbi sul fatto che le autorità britanniche avessero presentato prove sufficienti per comprovare che il contributo positivo degli aiuti al raggiungimento degli obiettivi del trattato Euratom superasse gli effetti negativi per la concorrenza nel mercato interno.

(35)

La Commissione ha infine sollevato dubbi circa la possibile assenza di aiuto di Stato dato che, prima che possano aver luogo le gare di appalto basate su criteri concorrenziali, BNFL svolgerebbe temporaneamente funzioni di SLC.

4.   OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE

(36)

A seguito della pubblicazione dell’avvio del procedimento ed entro i termini ivi stabiliti, la Commissione ha ricevuto le osservazioni di tre parti terze, sintetizzate in appresso.

(37)

EDF sostiene l’orientamento generale della misura e ritiene che contribuisca al raggiungimento degli obiettivi del trattato Euratom. Ritiene che sia necessario fissare condizioni adeguate per lo smaltimento finale dei rifiuti nucleari. Per quanto riguarda il finanziamento della disattivazione dei siti nucleari, EDF ritiene che la responsabilità finanziaria e quella industriale debbano andare insieme e che debbano essere accantonati fondi adeguati, garantiti per la durata di funzionamento dei siti. EDF sostiene l’azione della Commissione volta a realizzare un quadro comunitario per risolvere questo tipo di problemi e apprezza il fatto che la Commissione tenga conto, nel caso di specie, del trattato Euratom.

(38)

BE approva la costituzione della NDA e non ritiene probabile che la misura abbia effetti anticoncorrenziali nei suoi confronti.

(39)

BE precisa di essere anche un cliente per quanto riguarda le attuali attività di BNFL di fornitura di combustibile e di gestione delle scorie. Dopo il trasferimento di tali attività alla NDA e l’organizzazione, da parte delle autorità, di un bando di gara per il loro svolgimento, è possibile che uno dei nuovi operatori scelti sia un concorrente di BE. La questione preoccupa BE nella misura in cui potrebbe alla fine diventare cliente di uno dei suoi concorrenti.

(40)

BE attira inoltre l’attenzione della Commissione sul fatto che la costituzione della NDA e la relativa analisi della Commissione non dovrebbero compromettere il suo stesso piano di ristrutturazione, approvato dalla Commissione.

(41)

BE ha inoltre precisato che non ritiene che la misura abbia alcuna incidenza sugli scambi per quanto riguarda la fornitura di combustibile AGR ed il ritrattamento del combustibile esaurito AGR poiché, anche se il solo concorrente comunitario di BNFL, ossia AREVA, dovesse stabilirsi nel Regno Unito, BE non sarebbe in grado di ricorrere ad esso perché già ha accordi con BNFL per tutta la durata di vita delle sue centrali AGR.

(42)

Per quanto riguarda le centrali elettriche Magnox ed il mercato dell’energia elettrica, BE ritiene che la misura, anche se riduce i costi marginali di breve periodo («short run marginal costs», «SRMC») delle centrali di BNFL, non possa avere un effetto sul prezzo al quale BE può vendere la propria produzione nucleare e fossile. In base alla propria esperienza, BE ritiene inoltre che la misura non prolunghi in maniera artificiale la durata di vita degli impianti di BNFL, poiché, sempre secondo le stime di BE, tali centrali dovrebbero ragionevolmente essere in grado di coprire i propri SRMC.

(43)

BE ha infine espresso il proprio parere in merito alle interazioni tra il trattato CE e il trattato Euratom. Questo aspetto delle osservazioni della società, anche se di non facile interpretazione, sembra suggerire che soltanto le misure non necessarie o che vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato Euratom possano essere analizzate a norma del trattato CE.

(44)

Greenpeace ritiene che la misura contenga aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE. Essa afferma che è fondamentale garantire una disattivazione sicura dei siti nucleari e che è altrettanto fondamentale che il principio «chi inquina paga» si applichi all’industria nucleare.

(45)

Greenpeace sostiene che l’aiuto non vada considerato compatibile con il mercato comune. Ritiene che il contributo positivo alla realizzazione di una gestione sicura ed efficiente degli oneri nucleari non superi gli effetti negativi della misura in termini di concorrenza.

(46)

Le osservazioni di Greenpeace rappresentano un volume considerevole e comprendono numerosi allegati. Una parte sostanziale delle osservazioni esprime lo scetticismo di Greenpeace in merito all’energia nucleare in generale e al modo in cui è stata gestita in Gran Bretagna, in particolare. Secondo Greenpeace, l’energia nucleare comporta rischi molto significativi per l’ambiente. Il ritrattamento delle scorie nucleari, rispetto all’eliminazione diretta, costituirebbe inoltre un’alternativa pericolosa e costosa.

(47)

Secondo Greenpeace, BNFL — che è uno dei principali operatori del settore nel Regno Unito ed è di proprietà pubblica, è stata gestita in modo particolarmente pericoloso e non trasparente. L’analisi dei suoi conti è difficoltosa; una gestione inefficiente della liquidità ed investimenti rischiosi, rilevatisi alla fine antieconomici, hanno compromesso la capacità dell’impresa di finanziare i propri oneri nucleari. Parte delle riserve destinate a coprire tali oneri non è liquida o, come nel caso del Magnox Undertaking, è di natura virtuale. Inoltre, BNFL ha sempre sottovalutato il proprio passivo ed ha sopravvalutato le proprie entrate future, peggiorando ulteriormente la propria posizione. Greenpeace ha presentato una relazione che analizza e critica la politica d’investimento ed i conti di BNFL.

(48)

Per quanto riguarda più specificamente la misura, Greenpeace sostiene che dovrebbe essere considerata come un modo, per il governo britannico, di ristrutturare una società in difficoltà (BNFL) eliminando i suoi peggiori attivi e i relativi oneri potenzialmente privi di copertura, per permetterle di rimanere sul mercato e continuare ad operare con successo.

(49)

Greenpeace mette inoltre in dubbio la natura dei futuri rapporti tra BNFL e la NDA. Secondo Greenpeace, poiché BNFL diventerà una società licenziataria (SLC) per la NDA, sarà difficile stabilire quale delle due entità abbia natura commerciale . Nel caso della NDA, la generazione di profitti derivanti alle attività commerciali sarebbe contraria al suo scopo. Inoltre, vista la difficoltà di stabilire quale delle due entità è effettivamente quella commerciale, sarebbe anche molto difficile accertare chi è il beneficiario dell’aiuto di Stato.

(50)

Greenpeace ha inoltre specificato che l’attività della NDA creerà probabilmente nuovi rifiuti e che non è chiaro se essa accantonerà fondi per finanziarne la gestione.

(51)

Greenpeace ha inoltre messo in discussione il futuro di Westinghouse, una società di proprietà di BNFL ma non trasferita alla NDA. Greenpeace ha messo in dubbio la redditività di Westinghouse senza il sostegno della società madre. Secondo quanto compreso dalla Commissione, Greenpeace sostiene che, qualora Westinghouse continuasse ad operare come parte di BNFL, i legami storici e futuri tra BNFL e la NDA potrebbero determinare sovvenzioni interne dalla NDA a Westinghouse. Greenpeace teme inoltre che tali sovvenzioni interne possano influire sugli interessi dei concorrenti di Westinghouse nel settore della progettazione dei reattori nucleari. I timori in merito a sovvenzioni interne aumenterebbero se, come sospetta Greenpeace, fosse prevista la vendita di parti di BNFL al settore privato.

(52)

Greenpeace ha inoltre analizzato il caso specifico delle attività di ritrattamento di BNFL. Greenpeace contesta l’argomentazione delle autorità britanniche, secondo le quali il sostegno dello Stato a tali attività non può incidere sugli scambi in quanto i rifiuti nucleari sono difficili da trasportare e sarebbe dunque antieconomico per i concorrenti investire in nuove attività di ritrattamento in Gran Bretagna. Secondo Greenpeace, questa affermazione trascura il fatto che i rifiuti nucleari non devono essere necessariamente ritrattati, ma possono anche essere eliminati mediante lo stoccaggio diretto. Nuovi investimenti in centri di stoccaggio diretto rappresenterebbero un’alternativa economica redditizia da offrire dai concorrenti di BNFL.

(53)

Greenpeace ha inoltre sottolineato che, in base alle cifre di cui dispone, i prezzi offerti da BNFL nei contratti di ritrattamento di combustibile sembrano essere troppo bassi per coprire i costi. BNFL — e quindi la NDA — produrrebbero dunque con queste attività perdite anche maggiori, determinando la necessità di aiuti al funzionamento. A sostegno di tale affermazione, Greenpeace cita un importo di 140 000 GBP/tonnellata per i pagamenti fissi da BE a BNFL per la gestione del combustibile esaurito. Greenpeace paragona tale cifra alle stime comprese tra 330 000 GPB/tonnellata e 533 000 GPB/tonnellata per la gestione complessiva di tali rifiuti secondo gli studi indipendenti eseguiti dall’università di Harvard e da NIREX.

(54)

Greenpeace mette in dubbio le previsioni per la gestione dell’impianto SMP. SMP sarebbe di difficile gestione e la produzione di MOX sarebbe un’alternativa sempre meno interessante per la gestione del plutonio.

(55)

Per quanto riguarda gli impianti Magnox, Greenpeace ritiene che il proseguimento delle loro attività incida sulla concorrenza nel mercato dell’energia elettrica, in particolare per quanto riguarda le energie rinnovabili. Greenpeace ha inoltre affermato che il combustibile esaurito Magnox dovrebbe essere smaltito direttamente e non ritrattato.

5.   OSSERVAZIONI DEL REGNO UNITO SULL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(56)

Il Regno Unito ricorda innanzi tutto il suo impegno per la disattivazione e la bonifica dei siti nucleari. Il Regno Unito considera la costituzione della NDA un modo unico in Europa per tentare di trattare gli oneri nucleari storici in maniera sistematica. La NDA dovrebbe non soltanto rendere la disattivazione più sicura ed efficace ma anche aprire la strada ad un effettivo mercato della disattivazione nucleare.

(57)

Il Regno Unito ritiene che la misura non costituisca un aiuto di Stato a favore di BNFL, poiché BNFL non possiederà più gli attivi i cui costi di disattivazione possono essere in parte finanziati dallo Stato. Il Regno Unito ritiene inoltre che neppure il periodo di transizione durante il quale BNFL svolgerà funzioni di SLC prima che possano essere effettivamente scelte le società licenziatarie mediante procedura di gara non comporterà la concessione di aiuti di Stato a BNFL, poiché tutti i pagamenti a detta impresa in tale periodo verranno verificati con criteri di paragone internazionali.

(58)

Il Regno Unito afferma tuttavia che, anche se la Commissione dovesse ritenere che la misura contiene aiuti di Stato a favore di BNFL, questi dovrebbero essere considerati compatibili con il trattato CE in quanto andrebbero a sostegno di vari obiettivi del trattato Euratom (promozione della R&S, protezione sanitaria e sicurezza, investimenti, fornitura regolare ed equa, mercato comune e vantaggi della concorrenza nel settore nucleare). La misura determinerebbe inoltre vantaggi ambientali conformemente all’obiettivo dell’articolo 174 del trattato CE.

(59)

Il Regno Unito dichiara di accettare che la misura sia considerata un aiuto alla NDA. Anche in questo caso, sostiene che tale aiuto dovrebbe essere considerato compatibile con il mercato comune, per le medesime ragioni. Il Regno Unito elenca una serie di vantaggi determinati dalla misura in base agli obiettivi del trattato Euratom. Per tutti questi vantaggi viene presentata una valutazione qualitativa, nonché una stima quantitativa dei guadagni ove considerati possibili.

(60)

Il Regno Unito fornisce un elenco dettagliato ed una valutazione delle attività che continuerà a svolgere BNFL e spiega come essa verrà compensata nel periodo temporaneo in cui svolgerà funzioni di SLC fino alla selezione delle società licenziatarie attraverso una procedura di gara. BNFL riceverà pagamenti soltanto per i costi ammissibili. NDA dovrà tra l’altro realizzare una riduzione dei costi del 2 % l’anno. Tra i costi consentiti non sarà compreso, in linea di principio, il rendimento sul capitale. Il massimale di tali costi corrisponderà inoltre al bugdet del limite di finanziamento annuo del sito fissato dalla NDA.

(61)

I pagamenti possono anche comprendere i cosiddetti «incentivi basati sulle prestazioni», che saranno concessi soltanto se vengono raggiunti ambiziosi obiettivi di prestazione basati sui costi. Il valore di questi incentivi è basato sull’attento confronto dei margini di profitto medi delle imprese internazionali di engineering e di costruzione.

(62)

Il Regno Unito esprime inoltre il proprio parere in merito agli effetti della misura sulla concorrenza in ciascuno dei mercati connessi ai siti trasferiti da BNFL alla NDA.

(63)

Per quanto riguarda le centrali elettriche Magnox, il Regno Unito ritiene che la misura non abbia alcun effetto sul mercato dell’energia elettrica. La posizione occupata dalle centrali Magnox nell’ordine dei costi SRMC sarebbe sempre inferiore a quella dell’impianto marginale, anche in periodi di domanda minima. Questo significherebbe che qualsiasi riduzione degli SRMC determinata dalla misura non potrebbe influire né sul tempo durante il quale i concorrenti possono far funzionare i propri impianti né sul prezzo al quale potrebbero vendere la propria produzione.

(64)

Per quanto riguarda l’impianto THORP del sito di Sellafield, il Regno Unito ha precisato che esso ritratta combustibile nucleare esaurito AGR e LWR. L’ingresso di nuovi operatori nel settore del ritrattamento di combustibile esaurito AGR non sarebbe assolutamente interessante dal punto di vista economico, a causa, in particolare, dei costi di trasporto da e verso la Gran Bretagna, unico paese nel quale tale combustibile è utilizzato. Anche se lo stoccaggio sarebbe in effetti una possibile alternativa al ritrattamento del combustibile AGR, il Regno Unito afferma tuttavia che i tempi ristretti e le limitazioni regolamentari per la costruzione di qualsiasi nuovo sito di stoccaggio di combustibile AGR anche in Gran Bretagna renderebbero questa possibilità non interessante dal punto di vista economico per i nuovi operatori, in particolare viste le dimensioni ridotte del mercato dello smaltimento del combustibile esaurito AGR. Lo stesso tipo di argomentazioni è stato inoltre utilizzato per l’impianto di Springfields, che produce soltanto combustibile AGR e Magnox.

(65)

Per quanto riguarda il combustibile esaurito LWR, il Regno Unito sostiene che la maggior parte di questo tipo di combustibile da ritrattare attraverso THORP si trova già in Gran Bretagna e che la difficoltà di inviarlo sul continente europeo limiterebbe l’incentivo economico per i concorrenti.

(66)

Per quanto riguarda l’impianto SMP del sito di Sellafield, il Regno Unito sostiene che un’eventuale interruzione della sua attività avrebbe effetti negativi per la concorrenza in quanto farebbe uscire un operatore importante da un mercato molto concentrato. La chiusura di SMP comporterebbe inoltre il trasporto regolare al di fuori del Regno Unito di significativi quantitativi di plutonio, il che sarebbe molto costoso per gli utenti ed anche potenzialmente pericoloso.

(67)

Per quanto riguarda il deposito di rifiuti di basso livello Drigg, il Regno Unito afferma che, poiché la maggior parte dei paesi non consente l’importazione dall’estero di rifiuti radioattivi per lo stoccaggio o lo smaltimento, il solo modo di avere una concorrenza sarebbe quello di costruire un altro sito in Gran Bretagna. Si tratterebbe di un investimento non interessante viste le difficoltà per ottenere tutti i necessari permessi. Il conseguente eccesso di capacità renderebbe inoltre l’investimento ancor meno interessante. Una procedura di gara, indetta dalla NDA, per la gestione del sito Drigg sarebbe un modo più efficiente per promuovere la concorrenza sul mercato in questione.

6.   RISPOSTE DEL REGNO UNITO ALLE OSSERVAZIONI DELLE PARTI INTERESSATE

(68)

Il Regno Unito si compiace del sostegno accordato alla misura da parte di EDF.

(69)

Il Regno Unito si compiace del sostegno accordato alla misura da parte di BE.

(70)

Il Regno Unito ritiene che disposizioni giuridiche adeguate permetteranno di escludere l’insorgenza di problemi derivanti dalla potenziale gestione di alcuni dei siti della NDA da parte dei concorrenti di BE.

(71)

Il Regno Unito è convinto che la Commissione terrà pienamente conto dei termini della decisione in merito al piano di ristrutturazione di BE (9) nel valutare i fatti del caso di specie.

(72)

Il Regno Unito ritiene che le sue osservazioni in merito all’avvio del procedimento forniscano già informazioni significative sulle questioni sollevate da Greenpeace. Le risposte alle osservazioni di Greenpeace sono pertanto limitate a determinate affermazioni di carattere generale.

(73)

Il Regno Unito ritiene che la misura sia in effetti perfettamente coerente con il principio «chi inquina paga». Il gruppo BNFL contribuirebbe a coprire più dell’88 % degli oneri attraverso gli attivi trasferiti alla NDA (10). Gli aiuti del governo britannico sarebbero limitati a quanto necessario in riconoscimento della responsabilità finale del governo per quanto riguarda la sicurezza nucleare e la sicurezza del paese. BNFL non trarrebbe un beneficio diretto dagli attivi e dalle entrate commerciali che trasferirà alla NDA, ma beneficerebbe soltanto degli incentivi potenziali, basati sulle prestazioni, per il periodo in cui gestirà i siti se supererà gli obiettivi fissati dal governo.

(74)

Il Regno Unito illustra nel dettaglio la nuova struttura del gruppo BNFL e i suoi rapporti con la NDA.

(75)

Il Regno Unito afferma inoltre che la funzione principale della NDA è la disattivazione dei siti. Se la gestione di determinati attivi su base commerciale consente alla NDA di realizzare tale obiettivo in modo meno oneroso mantenendo gli stessi elevati livelli di sicurezza, essa è autorizzata a farlo. Sarà la NDA a prendere tali decisioni e non BNFL.

(76)

Il Regno Unito sottolinea che la Commissione ha già affrontato la questione del prezzo applicato da BNFL a BE per la gestione del suo combustibile esaurito nella decisione sull’aiuto alla ristrutturazione a favore di British Energy.

(77)

Il Regno Unito contesta infine l’affermazione di Greenpeace secondo la quale la gestione della NDA sarebbe non trasparente e potrebbe determinare sovvenzioni interne con BNFL. Il Regno Unito sostiene, al contrario, che la NDA rappresenterebbe un «esempio di informazione pubblica». I suoi statuti prevederebbero vari meccanismi per garantire la trasparenza dei conti, delle spese e della programmazione complessiva.

7.   VALUTAZIONE

(78)

Almeno una parte della misura in esame riguarda questioni che rientrano nel campo d’applicazione del trattato Euratom e che devono quindi essere valutate in base a detto trattato (11). Tuttavia, nella misura in cui non è necessaria per la realizzazione degli obiettivi del trattato Euratom o esula da questi oppure falsa o minaccia di falsare la concorrenza nel mercato comune, la misura deve essere valutata in base al trattato CE.

7.1.   Trattato euratom

(79)

La costituzione della NDA e il modo in cui verrà finanziata avrà, per definizione, effetti sulla gestione e sul finanziamento degli oneri nucleari, compresi la disattivazione di molti impianti nucleari ed il trattamento di grandi quantità di rifiuti radioattivi. La disattivazione degli impianti e la gestione dei rifiuti rappresentano una parte importante del ciclo di vita dell’industria nucleare e determinano dei relativi rischi che devono essere affrontati in modo responsabile, nonché dei costi sostenuti dal settore. La necessità di affrontare i rischi connessi ai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti costituisce infatti una delle massime priorità nel settore nucleare. La Commissione sottolinea che, dopo oltre 50 anni di attività dell’industria nucleare nel Regno Unito, la disattivazione delle centrali e la gestione dei rifiuti diventano sempre più importanti visto che un numero sempre maggiore di impianti arrivano alla fine del loro ciclo di vita; sono necessarie decisioni e sforzi importanti per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e della popolazione.

(80)

Nella fattispecie, il trattato Euratom prende in considerazione questa importante questione di salute e di sicurezza, mirando nel contempo a «creare le premesse per lo sviluppo di una potente industria nucleare, fonte di vaste disponibilità di energia …». Ai sensi dell’articolo 2, lettera b) del trattato Euratom, la Comunità, per l’assolvimento dei suoi compiti, deve stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori e vigilare sulla loro applicazione. L’articolo 2, lettera c) del trattato Euratom stabilisce inoltre che la Comunità deve facilitare gli investimenti necessari nel settore dell’energia nucleare. Su tale base, il trattato Euratom istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, prevedendo gli strumenti e l’attribuzione delle competenze necessari per conseguire gli obiettivi in questione. In questo contesto, come confermato dalla Corte di giustizia, la sicurezza nucleare è una competenza comunitaria che è da ricollegare alla protezione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, di cui all’articolo 30 del capo 3 «Protezione sanitaria» del trattato Euratom (12). La Commissione deve far applicare le disposizioni del trattato Euratom e può quindi adottare decisioni secondo le procedure previste dal trattato stesso o formulare pareri, quando lo ritenga necessario.

(81)

La Commissione prende nota degli elementi forniti dalle autorità britanniche, secondo le quali l’effetto della misura notificata sarà, tra l’altro, quello di garantire la sicurezza degli impianti nucleari attivi e obsoleti, provvedere alla disattivazione corretta, tempestiva e sicura degli impianti nucleari obsoleti, nonché stoccare e prevedere soluzioni a lungo termine per il combustibile nucleare esaurito ed i rifiuti radioattivi.

(82)

Nel valutare tali informazioni ed in particolare nel determinare se la misura è necessaria o rientra negli obiettivi del trattato Euratom, la Commissione sottolinea che il contributo finanziario concesso dal governo britannico alla NDA è destinato a facilitare i succitati obiettivi del trattato. Le autorità britanniche hanno deciso di creare e finanziare la NDA per garantire il corretto avvio di un processo di disattivazione e gestione dei rifiuti in modo da tutelare adeguatamente la salute e la sicurezza dei lavoratori e della popolazione. La Commissione riconosce dunque che le autorità britanniche hanno affrontato gli obblighi loro imposti dal trattato Euratom, ossia prevedere la disattivazione sicura, e fornita di mezzi adeguati, in modo corretto e responsabile in conformità con gli obiettivi del trattato Euratom.

(83)

La misura notificata contribuisce ulteriormente al raggiungimento degli obiettivi del trattato Euratom garantendo che il sostegno pubblico non venga utilizzato per scopi diversi dalla disattivazione degli impianti nucleari obsoleti e la gestione sicura dei rifiuti radioattivi nel contesto della copertura degli oneri nucleari. Un sistema di massimali e soglie assicurerà che siano disponibili fondi sufficienti per il conseguimento di questi obiettivi, limitando al tempo stesso l’intervento al minimo necessario a tal fine.

(84)

La Commissione conclude che le misure proposte dalle autorità britanniche sono atte a realizzare i diversi obiettivi perseguiti e sono pienamente in linea con gli obiettivi del trattato Euratom.

7.2.   Aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE — Applicazione del principio «chi inquina paga»

(85)

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE, si intendono per aiuti di Stato gli aiuti concessi dagli Stati ovvero mediante risorse statali sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza e incidano sugli scambi tra Stati membri.

(86)

Per verificare se la misura in questione contiene aiuti di Stato a favore di BNFL e/o della NDA, la Commissione ha innanzi tutto valutato se essa conferisce vantaggi a tali entità.

(87)

Per conferimento di un vantaggio si intende in questo contesto che lo Stato sostiene costi che dovrebbero solitamente essere a carico di ciascuna delle due imprese. È dunque necessario per prima cosa stabilire un parametro per i costi normali a carico di un’impresa onde analizzare successivamente se lo Stato sostiene una parte di detti costi.

(88)

A norma dell’articolo 174 del trattato CE, la politica della Comunità in materia ambientale si fonda, in particolare, sul principio «chi inquina paga».

(89)

Conformemente all’articolo 6 del trattato CE, le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche comunitarie.

(90)

In pratica, la prassi della Commissione è ritenere che l’attuazione del principio «chi inquina paga» nell’ambito della politica in materia di aiuti di Stato richieda l’internalizzazione dei costi ambientali a carico di chi inquina (13). Questo significa che tali costi dovrebbero essere considerati come costi normalmente a carico di chi inquina e di conseguenza il loro pagamento da parte dello Stato dovrebbe essere considerato come un vantaggio concesso dallo Stato stesso.

(91)

Nel caso di specie, lo Stato si impegnerà a coprire un’eventuale incapacità della NDA di coprire i costi connessi agli oneri nucleari relativi agli attivi che ad essa saranno trasferiti. Poiché tali oneri riguardano la bonifica di siti contaminati dalla radioattività, la Commissione ritiene che si tratti di costi di inquinamento che, come già specificato, dovrebbero essere normalmente a carico di chi inquina, ossia di chi gestisce i siti. Poiché lo Stato sosterrà una parte di tali costi, detti pagamenti dovrebbero essere considerati come un vantaggio concesso ai responsabili dell’inquinamento.

(92)

A tale riguardo, la Commissione non concorda con il Regno Unito che sostiene che la misura rispetta il principio «chi inquina paga» in quanto, secondo i dati delle autorità britanniche, oltre l’88 % di tali costi saranno a carico degli operatori. La Commissione ritiene che queste stime dimostrino che circa il 12 % dei costi di inquinamento non saranno coperti da chi ha determinato l’inquinamento stesso, il che dimostra che la misura non soddisfa pienamente il principio «chi inquina paga».

(93)

Anche se, come già illustrato, è relativamente facile constatare nel caso di specie che la misura determina nel complesso un vantaggio per coloro che inquinano, in quanto non pagano tutti i costi determinati dal loro inquinamento, è più difficile stabilire con precisione il livello di inquinamento causato da ogni singolo operatore e, di conseguenza, l’entità esatta dei costi di inquinamento che questi non deve sostenere.

(94)

La maggior parte dei costi di inquinamento nel caso in questione è in effetti connessa alla disattivazione di centrali elettriche nucleari che sono state gestite, nel loro ciclo di vita, da diversi operatori. L’attuazione del principio «chi inquina paga» richiede in questo caso la capacità di decidere quale degli operatori successivi è responsabile di tali costi e in quale misura.

(95)

I costi di disattivazione sono generati in un’unica volta nelle primissime fasi di funzionamento degli impianti. Gli aumenti successivi di tali costi sono marginali rispetto a quelli determinati all’inizio.

(96)

Un’applicazione completamente diretta del principio dell’internalizzazione dei costi, che traduce il principio «chi inquina paga», richiederebbe pertanto che tutti i costi di disattivazione di un impianto vengano ricompresi nella determinazione del prezzo delle prime unità di energia vendute dall’impianto.

(97)

È evidente che una tale interpretazione del principio «chi inquina paga» sarebbe in completo contrasto con il principio economico della produzione di energia elettrica e sarebbe talmente impraticabile da non raggiungere il proprio scopo. È pertanto generalmente accettato il fatto che, onde applicare in termini pratici il principio «chi inquina paga» a detti costi, vada trovato un mezzo per suddividere i costi di inquinamento (o, più esattamente, l’obbligo giuridico di coprire tali costi) almeno lungo tutta la vita prevista dell’impianto.

(98)

Il modo in cui questi costi di inquinamento vengono suddivisi ha una particolare importanza per l’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato qualora lo Stato intervenga per pagare i costi di disattivazione di impianti appartenuti a diversi proprietari. In tal caso, la suddivisione dei costi dell’inquinamento tra i successivi proprietari determina in effetti anche la suddivisione del vantaggio potenziale concesso dallo Stato a ciascuno di loro.

(99)

A livello comunitario non esiste un sistema armonizzato di ripartizione dei costi di disattivazione tra i proprietari successivi di una centrale nucleare. Gli Stati membri applicano sistemi diversi per ottemperare all’obbligo giuridico di rispettare gli impegni nucleari, il che determina suddivisioni diverse dei costi tra i proprietari successivi delle centrali (14).

(100)

Nonostante la mancanza di un sistema armonizzato, la Commissione ritiene che sia sempre possibile individuare due ampie categorie.

(101)

Il primo sistema consiste nel trattare gli oneri di disattivazione come costi di investimento. In questo caso, l’obbligo di coprire tali costi si crea con l’attivazione dell’impianto e il costo diventa inevitabile da quel momento in poi. In termini contabili, gli oneri sono simili ad un debito nei confronti di un ipotetico operatore che provvede alla disattivazione. Come tutti i debiti, anche questo può essere rimborsato in diverse rate o essere acquistato o venduto da parti diverse. In qualunque caso il debito si pone pienamente in essere a partire dall’attivazione dell’impianto.

(102)

Il secondo sistema consiste nel trattare gli oneri di disattivazione come costi di gestione. In casi di questo genere, la responsabilità giuridica della copertura dei costi insorge periodicamente, di norma su base annua, come contropartita per il funzionamento dell’impianto. Le rate future restano pertanto evitabili. In termini contabili, gli oneri sono simili ad una tassa annua pagata ad un ipotetico operatore che provvede alla disattivazione. L’onere giuridico di questa specie di tassa non insorge nella sua totalità con l’avvio dell’impianto, ma su base continua durante il suo funzionamento.

(103)

I due sistemi sopra illustrati possono portare in pratica al medesimo comportamento in molti casi, in particolare per le centrali elettriche economicamente efficienti (15). In questo caso, gli operatori a cui si applica il primo sistema tenderebbero a creare riserve per far fronte all’onere insorto sin dall’inizio con la stessa regolarità che adotterebbero se dovessero effettuare pagamenti annuali.

(104)

I due sistemi conducono tuttavia a due interpretazioni molto diverse nell’analisi degli aiuti di Stato nei casi in cui una centrale elettrica economicamente inefficiente sia trasferita da un proprietario a un altro con l’impegno, da parte dello Stato, di colmare l’eventuale deficit legato ai costi di disattivazione.

(105)

Con il primo sistema, il primo proprietario non può essere evitare l’impegno del finanziamento completo della disattivazione. Qualora non possa cedere una parte di tale onere a condizioni di mercato al nuovo proprietario, egli ne rimane responsabile ed il nuovo proprietario non può essere tenuto a rispondere per detta parte, indipendentemente dall’entità di tale parte in rapporto al tempo effettivo durante il quale il primo proprietario ha gestito la centrale. Questo può determinare una situazione nella quale il primo proprietario deve sostenere un onere sproporzionatamente elevato rispetto al tempo durante il quale ha gestito la centrale e, per contro, il nuovo proprietario sostiene un onere sproporzionatamente basso. La situazione economica della centrale è il fattore che determina la suddivisione degli oneri. Nel caso estremo in cui la centrale sia talmente inefficiente da poter coprire soltanto i propri costi di funzionamento, il primo proprietario dovrebbe rispondere per tutti i costi di disattivazione e il nuovo proprietario per nessuno. L’intervento dello Stato andrebbe dunque interpretato come un vantaggio concesso soltanto al primo proprietario.

(106)

Con il secondo sistema, il nuovo operatore dovrebbe in ogni caso pagare gli importi che gli verrebbero imputati in futuro mediante il meccanismo di responsabilità periodica. Tali oneri sono d’altro canto evitabili per il primo operatore, poiché l’obbligo giuridico di pagarli scatta soltanto con l’effettivo funzionamento della centrale. Pertanto, il nuovo operatore non può imputare oneri futuri al primo operatore nel contesto di una transazione di mercato, a meno che non corrisponda a quest’ultimo una compensazione adeguata. Con questo sistema, gli operatori rimangono dunque sempre responsabili della propria parte di costi di disattivazione, qualunque sia la situazione economica della centrale.

(107)

Il metodo adottato dalle autorità britanniche per trattare gli oneri nucleari non corrisponde a nessuno dei due sistemi di riferimento utilizzati per attuare il principio «chi inquina paga» di cui ai punti 101 e 102 poiché, come già precisato, esse non applicano appieno detto principio. È tuttavia necessario richiamarsi ad un parametro di riferimento adeguato per valutare la misura, poiché non sarebbe altrimenti possibile determinare fino a che punto il principio «chi inquina paga» non è stato attuato.

(108)

Nell’attuale fase della sua analisi giuridica, la Commissione non è in grado di decidere se il diritto comunitario consenta di imporre uno dei due metodi sopra illustrati nell’esame delle implicazioni del principio «chi inquina paga» nell’ambito delle norme sugli aiuti di Stato. In ogni caso, la Commissione non ritiene necessario derimere la questione nel caso di specie poiché, come illustrato in appresso, i due metodi giungono alla medesima conclusione per quanto riguarda BNFL e la NDA, ossia che la misura non contiene aiuti di Stato a favore di BNFL e che contiene aiuti di Stato a favore della NDA che possono essere considerati compatibili con il mercato comune.

7.3.   Aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE — Assenza di aiuti a favore di BNFL

(109)

La Commissione ha valutato se la misura in questione comporta un vantaggio a favore di BNFL in base a ciascuno dei due sistemi di riferimento illustrati ai punti 101 e 102. Come già specificato, entrambe le analisi mirano ad accertare se, conformemente al principio «chi inquina paga», BNFL abbia coperto la parte degli oneri nucleari ad esso attribuibile soltanto con i propri mezzi e non, in particolare, con il sostegno dello Stato.

(110)

Nell’effettuare queste due analisi, la Commissione ha tenuto conto della cronologia della proprietà degli attivi in esame, nonché della cronologia degli interventi statali a loro favore, riassunta in appresso.

(111)

Originariamente, le centrali elettriche Magnox appartenevano ed erano gestite da due imprese di proprietà pubblica che possedevano anche altre centrali non Magnox nel Regno Unito. Il settore nucleare britannico è stato in seguito ristrutturato in varie fasi.

(112)

In una prima fase, le centrali Magnox sono state separate dalle centrali non Magnox. Queste ultime sono state riunite in un’impresa pubblica unica denominata Magnox Electric. È stato costituito un debito che corrisponde al valore contabile degli impianti trasferiti. Tale debito era dovuto a Magnox Electric dalle imprese che ora sono proprietarie soltanto di centrali non Magnox (in appresso «gli operatori non Magnox»). Il debito è stato in seguito destinato alla copertura completa degli oneri nucleari delle centrali Magnox.

(113)

In una seconda fase, il governo britannico ha rilevato il debito da Magnox Electric sostituendolo con un impegno a colmare il deficit degli oneri nucleari, con un limite massimo pari al valore del debito ed indicizzato agli stessi tassi. Va notato che questa fase non ha modificato la posizione di Magnox Electric poiché essa era autorizzata a ricevere tali fondi in conseguenza della prima fase. D’altra parte, grazie alla seconda fase lo Stato ha ridotto l’indebitamento degli operatori non Magnox.

(114)

In una terza fase, BNFL ha acquistato dal governo Magnox Electric al prezzo simbolico di una sterlina. All’epoca il summenzionato impegno del governo è stato sostituito da un nuovo impegno, determinato in base alla nuova stima del valore contabile netto negativo delle centrali elettriche, ossia 3,7 miliardi di GBP. Va notato che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione al momento dell’avvio del procedimento, tale impegno non ha alcuna relazione con la lettera amministrativa approvata dalla Commissione nell’ambito del caso N 34/90 relativo ad aiuti di Stato (16).

(115)

La misura in esame rappresenta la quarta ed ultima fase della ristrutturazione. BNFL trasferisce le centrali elettriche alla NDA, assieme a tutti i relativi attivi finanziari, compreso l’impegno summenzionato (il Magnox Undertaking).

(116)

Le centrali Magnox Calder Hall e Chapelcross rappresentano un’eccezione rispetto al processo sopra descritto. Esse sono di responsabilità di BNFL a partire dal 1971, quando BNFL è stata costituita e le sono state trasferite tali centrali. BNFL ha assunto la proprietà e la responsabilità del sito Springfields nello stesso momento.

(117)

Gli altri attivi interessati dal trasferimento alla NDA, in particolare THORP e SMP, erano di proprietà di BNFL dall’inizio delle loro attività fino al loro trasferimento alla NDA.

7.3.1.   Analisi basata sul primo sistema di riferimento (costi di disattivazione considerati come costi di investimento).

(118)

Nell’ambito di questa analisi, come illustrato al punto 105, in caso di passaggio di proprietà di un impianto l’acquirente non può essere considerato responsabile di oneri nucleari superiori a quelli che sarebbe disposto ad acquisire dal venditore. Questo significa che, in questo sistema di riferimento, qualora un attivo abbia un valore contabile negativo che consiste in oneri nucleari di disattivazione, l’onere spetta al venditore e, qualora accetti di essere responsabile degli oneri, l’acquirente è autorizzato a ricevere pagamenti per tali oneri come prezzo negativo.

(119)

In base a questo sistema di riferimento, quando ha acquisito le centrali da Magnox Electric, BNFL aveva dunque il diritto di ricevere il valore del Magnox Undertaking come prezzo negativo per il loro valore contabile negativo. Il Magnox Undertaking non può dunque essere considerato come un vantaggio concesso a BNFL e poteva essere inserito a giusto titolo nel bilancio della società come un attivo di sua proprietà. Può pertanto essere considerato come un contributo da parte di BNFL per farsi carico degli oneri nucleari per i quali aveva assunto la piena responsabilità.

(120)

Altrettanto va detto per la cessione degli attivi da BNFL alla NDA: poiché la NDA riprende tutti gli obblighi nell’ambito di questo sistema di riferimento, BNFL dovrebbe al tempo stesso conferire alla NDA attivi positivi per un valore totale pari a quello degli oneri trasferiti. Se non agisse in tal modo, la differenza costituirebbe un aiuto a favore di BNFL.

(121)

La tabella seguente, presentata dal Regno Unito, dà un quadro aggiornato del valore delle attività e delle passività trasferite da BNFL alla NDA rispetto a quanto comunicato prima dell’avvio del procedimento. Va sottolineato che, come già precisato, il valore complessivo del Magnox Undertaking può essere considerato come un contributo da parte di BNFL in quanto la BNFL stessa aveva il diritto di ottenere tale importo come pagamento al momento dell’acquisizione delle centrali.

Tabella 3

Stima 2005 degli attivi e degli oneri da trasferire da BNFL alla NDA, indicante il contributo di BNFL agli oneri nucleari. Prezzi marzo 2005, attualizzati al 5,4 % nominale, importi in miliardi di GBP.

Totale oneri nucleari di natura economica

-15,1

Cash flow relativo alla gestione di Sellafield (THORP & SMP)

2,6

Futuro cash flow Springfields

0,2

Futuro cash flow Magnox

0,2

Magnox Undertaking

8,3

Nuclear Liabilities Investment Portfolio

4,0

Altri contributi degli utenti non indicati sopra

0,3

Contante e liquidità

0,7

Totale

1,1

(122)

La tabella di cui sopra si basa sui conti di BNFL, che sono stati oggetto di audit. Oltre all’aumento di valore del Magnox Undertaking dovuto all’indicizzazione, il cambiamento principale rispetto agli importi indicati all’avvio del procedimento consiste nel fatto che BNFL trasferirà un maggior numero di attivi finanziari alla NDA.

(123)

La Commissione è consapevole del fatto che le stime delle future entrate provenienti dal sito di Sellafield possono essere opinabili. Greenpeace ha allegato alle proprie osservazioni una relazione che mette in discussione la pertinenza degli investimenti in tali attivi, in particolare per quanto riguarda SMP.

(124)

La Commissione sottolinea tuttavia che il cash flow futuro di THORP si basa principalmente su contratti già sottoscritti che verranno eseguiti nel restante periodo di attività della centrale. È improbabile dunque che le stime del cash flow futuro di THORP siano scorrette in maniera significativa. È forse in effetti possibile, come sostiene Greenpeace, che il ritrattamento non sia la soluzione migliore, dal punto di vista ambientale, per la gestione definitiva dei rifiuti nucleari. La Commissione ritiene tuttavia che tale decisione spetti soltanto ai paesi interessati e che non sia rilevante per la politica comunitaria in materia di aiuti di Stato.

(125)

La situazione di SMP è diversa, poiché SMP deve ancora subappaltare la maggior parte delle proprie attività. La Commissione ha confrontato l’importo indicato dalle autorità britanniche con quello che risulta dalla procedura di valutazione del caso economico di BNFL per la centrale MOX di Sellafield (17). La Commissione ha constatato che la cifra utilizzata dalle autorità britanniche si situa nella media degli scenari ragionevoli risultanti dall’analisi svolta dai consulenti indipendenti per questa valutazione (18).

(126)

La Commissione prende atto dell’osservazione di Greenpeace secondo la quale la succitata valutazione del caso economico di BNFL per la centrale MOX di Sellafield ha avuto luogo dopo che la maggior parte dei costi d’investimento in SMP era divenuta irrecuperabile (cosiddetti «sunk costs»). Questo significa che i costi di investimento non sono stati presi in considerazione al momento di valutare le motivazioni economiche pro o contro il funzionamento della centrale. La Commissione è consapevole del fatto che, in questo contesto, il risultato positivo della valutazione potrebbe dare l’impressione sbagliata che l’investimento in SMP fosse in generale una decisione redditizia, mentre in effetti questo risultato significava soltanto che, poiché l’investimento era stato già effettuato, era più logico proseguire le attività nella speranza di ridurre le perdite complessive. La Commissione nota tuttavia che questa distinzione riguarda soltanto la validità della scelta del momento della valutazione, non la validità delle stime del cash flow futuro nella valutazione.

(127)

Il cash flow futuro stimato per le centrali Magnox tiene conto dei prezzi più recenti dell’energia elettrica in Gran Bretagna. Tali prezzi erano particolarmente elevati alla fine del 2005. Non è chiaro se rimarranno a tale livello per un periodo prolungato. Tuttavia, alcune delle ragioni solitamente invocate per spiegare gli elevati prezzi dell’elettricità, in particolare l’aumento dei prezzi del gas e l’effetto degli scambi di emissioni, dovrebbero perdurare o addirittura aumentare, per quanto riguarda l’effetto degli scambi di emissioni. Inoltre, i dati utilizzati per stimare tale cash flow, sebbene tengano conto della tendenza all’aumento, sono ancora molto prudenti rispetto ai prezzi rilevati oggi (19). La Commissione ritiene dunque che questa stima sia accettabile per i pochi anni durante i quali le centrali Magnox continueranno a funzionare.

(128)

La NDA calcola e pubblica le proprie stime degli oneri nucleari complessivi. Tali stime sono più elevate rispetto a quelle utilizzate nei conti di BNFL. Non viene operata una distinzione tra oneri economici e non economici in quanto tale distinzione, significativa per il controllo degli aiuti di Stato, è irrilevante per le attività della NDA. Tuttavia, secondo il Regno Unito, se si suddividono le ultime stime della NDA (20) sugli oneri totali in oneri economici e non economici con la stessa proporzione utilizzata per il calcolo di cui sopra, gli oneri nucleari economici totali previsti sono pari a 18,2 miliardi di GBP in prezzi marzo 2005 (a fronte di 15,1 miliardi di GBP indicati nei conti di BNFL). Il contributo totale BNFL che risulta dallo stesso calcolo utilizzato alla tabella 3 diventerebbe un contributo negativo di 1,9 miliardi di GBP (anziché un contributo positivo di 1,1 miliardi di GBP) (21).

(129)

La Commissione ammette che gli oneri nucleari siano difficili da stimare, poiché si riferiscono ad attività che avranno luogo in un futuro lontano e delle quali ancora abbiamo poca esperienza. Questo avviene, in particolare, per le attività di disattivazione che riguardano siti molto specifici come quelli trasferiti alla NDA. Tenuto conto di tali incertezze, la Commissione ritiene che un margine di incertezza di 3,1 miliardi di GBP su un totale di 15-18 miliardi di GBP sia accettabile.

(130)

È comprensibile che le stime degli oneri effettuate da BNFL siano inferiori a quelle della NDA. È chiaro che è interesse di BNFL far figurare minori oneri nel proprio bilancio. Rientra d’altra parte nell’interesse di NDA fare stime prudenti onde ottenere finanziamenti sufficienti per le proprie attività, in particolare in un periodo di restrizioni di bilancio. Il fatto che la NDA abbia l’obbligo di ottenere un aumento di efficienze del 2 % annuo la spinge ancora di più a presentare delle prime stime alquanto prudenti.

(131)

Il governo britannico ha dichiarato che negli Stati Uniti le esperienze in materia sono più avanzate e dimostrano che le stime dei costi di disattivazione tendono a seguire una curva nella quale, dopo una crescita iniziale, i costi alla fine scendono grazie alla maggiore esperienza ed ai miglioramenti della tecnologia.

(132)

Negli ultimi dieci anni il governo degli Stati Uniti ha introdotto contratti per la bonifica nucleare basati sulle prestazioni. Si tratta di un approccio che la NDA si è ora impegnata ad attuare. Gli Stati Uniti hanno constatato che in un periodo di cinque anni circa è possibile invertire la tendenza all’aumento delle stime degli oneri e ridurre tali stime accelerando i lavori e riducendo i costi. Ad esempio la relazione finanziaria del Tesoro statunitense per il 2003 sottolinea che il Dipartimento dell’energia ha ridotto i propri oneri ambientali di 26,3 miliardi di USD, pari al 12,5 %, nell’esercizio fiscale 2003; si tratta del secondo anno di seguito di calo degli oneri ambientali. La diminuzione nel 2003 è dovuta principalmente alla ristrutturazione del programma di bonifica e al suo riorientamento sui compiti principali e all’accelerazione della bonifica (22). Una relazione più recente dell’ufficio statunitense che valuta i programmi governativi (Government Accountability Office, GAO) ha esaminato l’obiettivo di riduzione dei costi di bonifica nucleare del Dipartimento dell’energia. La relazione del GAO ha constatato che al marzo 2005 il Dipartimento dell’energia stava rispettando o addirittura anticipando i tempi del suo programma per molte delle 16 attività di bonifica valutate ed in ritardo relativamente a tre attività impegnative e costose. La relazione del GAO ha sottolineato che il Dipartimento dell’energia prevede altre significative riduzioni dei costi rispetto all’obiettivo iniziale di 50 miliardi di USD (23).

(133)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene di poter ragionevolmente concludere che, tra le due stime, quella di BNFL risulterà probabilmente più vicina alla realtà.

(134)

La Commissione conclude pertanto che, utilizzando il sistema di riferimento summenzionato, la misura non contiene alcun aiuto a BNFL.

7.3.2.   Analisi basata sul secondo sistema di riferimento (costi di inquinamento considerati come costi di funzionamento).

(135)

Per calcolare il contributo di BNFL con questo sistema di riferimento, la prima fase consiste nell’attribuire correttamente gli oneri nucleari ai proprietari successivi degli attivi, in modo coerente con il compenso che avrebbe addebitato a ciascuno di loro un ipotetico operatore incaricato della disattivazione. Il profilo di un compenso di questo tipo sarebbe probabilmente strettamente collegato alle entrate generate dagli attivi.

(136)

Per le centrali Magnox, la Commissione ritiene che il modo più appropriato sia quello di distribuire gli oneri in funzione del tempo, in quanto la produzione di tali centrali rimane molto stabile nel tempo.

(137)

Nel caso di Springfields, nella suddivisione si distingue tra gli oneri connessi al ritrattamento di combustibile esaurito Magnox, gli oneri connessi al ritrattamento del combustibile esaurito AGR ed altri oneri. Gli oneri Magnox sono ripartiti utilizzando lo stesso modello usato per le centrali Magnox succitate, poiché la generazione di rifiuti nucleari è direttamente collegata alla produzione di energia elettrica della centrale. Gli oneri AGR sono assegnati a BNFL conformemente al suo accordo con BE in base al quale BE ha mantenuto la responsabilità per tali oneri fino al 1995. Lo stesso metodo è utilizzato per gli oneri relativi al sito Magnox di Sellafield (24).

(138)

Altri oneri (non Magnox e non AGR) di Springfields sono distribuiti in funzione del tempo. Lo stesso metodo è utilizzato per i siti Drigg e Capenhurst.

(139)

La situazione è diversa per le centrali THORP e SMP del sito di Sellafield. Questi attivi sono stati costituiti da BNFL. THORP è stato gestito inizialmente da BNFL, ma continuerà ad essere gestito dalla NDA. SMP sarà gestito esclusivamente o quasi esclusivamente dalla NDA. L’assegnazione degli oneri in funzione del tempo di gestione determinerebbe dunque l’attribuzione di una parte considerevole di tali oneri alla NDA.

(140)

Tuttavia, a differenza delle centrali elettriche o delle centrali che forniscono combustibile, non si presume che questi attivi abbiano un piano di sviluppo regolare. Generalmente sono gestiti a livello commerciale in modo tale da generare la maggior parte delle loro entrate all’inizio del loro funzionamento. I primi contratti sottoscritti in tale contesto sono noti come contratti per il «carico di base». Gli operatori mirano a recuperare, se possibile, tutti i costi di disattivazione a partire dalle entrate generate da tali contratti. Questo è in genere quanto avviene per THORP e SMP. In tali casi, la Commissione ritiene che, anche in questo sistema di riferimento, sia ragionevole assegnare tutti gli oneri al primo proprietario, perché una regolamentazione attenta ed adeguata fisserebbe i contributi per rimborsare i costi completi di disattivazione in modo da far pagare la maggior parte dei costi — se non tutti — sui contratti per il carico di base sottoscritti da tale proprietario.

(141)

La Commissione nota che le osservazioni di Greenpeace sottolineano che è abbastanza probabile che le prospettive commerciali per THORP e SMP non siano così buone come sembrava originariamente. La Commissione ritiene tuttavia che questo non debba essere una ragione per discostarsi da questo metodo di suddivisione poiché, anche se l’attività globale delle centrali è diminuita, il profilo generale della loro generazione di entrate (con la maggior parte delle entrate generate all’inizio delle attività) dovrebbe rimanere invariato.

(142)

Di conseguenza, la Commissione ha assegnato a BNFL tutti gli oneri nucleari delle centrali THORP e SMP.

(143)

La seconda fase consiste nel calcolare il valore del contributo di BNFL a detti oneri.

(144)

Tale contributo deve tenere conto innanzi tutto degli oneri che sono già stati estinti da BNFL. Un certo numero di siti, tra i quali, in particolare, alcune centrali Magnox, hanno infatti già smesso di funzionare e la loro disattivazione è già iniziata. BNFL ha speso 5,1 miliardi di GBP per fare fronte a tali oneri. BNFL non ha tuttavia verificato se detti oneri le erano «attribuibili» in base al sistema di riferimento in questione. Tuttavia, la totalità di questo contributo può essere inclusa nel calcolo poiché gli oneri estinti erano attribuibili a BNFL — e possono dunque essere inclusi direttamente nel calcolo — oppure non erano attribuibili a BNF — nel qual caso BNFL ha fornito un contributo per gli oneri superiore a quanto dovuto e avrebbe avuto diritto ad una compensazione.

(145)

In secondo luogo, il contributo deve tenere conto anche degli attivi finanziari che BNFL trasferirà alla NDA. Dal valore degli attivi che saranno trasferiti alla NDA va sottratto il valore ricevuto da BNFL quando ha acquisito le centrali Magnox, poiché soltanto l’aumento del valore degli attivi costituisce un contributo da parte di BNFL.

(146)

Infine, anche il cash flow futuro per SMP e THORP, che la NDA riceverà al posto di BNFL, dovrebbe essere calcolato come contributo di BNFL, per coerenza con la decisione summenzionata di attribuire tutti gli oneri di tali centrali a BNFL.

(147)

La tabella in appresso riassume i risultati del calcolo con questo sistema di riferimento:

Tabella 4

Stima del contributo di BNFL alla parte di oneri ad essa attribuita. Prezzi 2005, attualizzati al 5,4 % nominale, importi in miliardi di GBP

Oneri non Thorp e non SMP attribuiti a BNFL

a

 

-8,0

Oneri Thorp e SMP attribuiti a BNFL

b

 

-1,4

Oneri totali che verranno finanziati da BNFL

c

a+b

-9,4

Fondi da fornire a NDA

 

 

 

Magnox Undertaking

d

 

8,3

Nuclear Liabilities Investment Portfolio

e

 

4,0

Cash flow futuri THORP e SMP

f

 

2,6

Altri attivi

g

 

0,7

Valore totale dei fondi

h

d+e+f+g

15,6

Fondi forniti a BNFL nell’ambito della transazione Magnox

 

 

 

Magnox Undertaking

i

 

-5,3

Altri fondi

j

 

-4,0

Detrazione dei fondi totali forniti a BNFL

k

I+j

-9,4

Valore dei fondi netti

l

h-k

6,2

Oneri estinti da BNFL

m

 

5,1

Fondi forniti rispetto agli oneri

n

l+m

11,4

Risultato dell’amministrazione di BNFL

o

n-c

2,0

(148)

La tabella di cui sopra è stata presentata dalle autorità britanniche e si basa su dati riportati nei conti di BNFL, come nella tabella 3.

(149)

In questo caso si applicano le stesse considerazioni di cui ai punti da 128 a 133.

(150)

La Commissione conclude pertanto che, utilizzando il sistema di riferimento summenzionato, la misura non contiene alcun aiuto a BNFL.

7.4.   Aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE — Presenza di aiuti a favore della NDA

(151)

I due calcoli sopra descritti potrebbero essere applicati anche per determinare se e fino a che punto la misura conferisce un vantaggio alla NDA.

(152)

La Commissione ritiene tuttavia che in questo caso il calcolo non sia necessario. La misura prevede in effetti una garanzia illimitata in base alla quale lo Stato coprirà tutte le spese della NDA se tali spese non potranno essere coperte dalle entrate della NDA provenienti dalle attività commerciali o dagli attivi finanziari ad essa trasferiti. Tale garanzia, inoltre, non è limitata né nella portata né nel tempo. Non esclude costi collegati alle attività svolte in regime di concorrenza, in particolare qualora tali attività possano generare oneri incrementali aggiuntivi, e non è limitata in termini di importo.

(153)

La Commissione ritiene che questa garanzia illimitata sia di per sé un vantaggio concesso dallo Stato alla NDA.

(154)

Poiché questa garanzia è finanziata mediante risorse statali ed è destinata specificamente alla NDA e dato che la NDA continuerà a svolgere alcune attività commerciali su mercati nei quali vi sono scambi tra Stati membri, la Commissione conclude che la misura contiene aiuti di Stato a favore della NDA ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE.

(155)

La Commissione nota che il Regno Unito non ha contestato il fatto che la misura costituisca aiuto di Stato a favore della NDA.

7.5.   Valutazione della compatibilità degli aiuti a NDA a norma del trattato CE

(156)

L’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE stabilisce il principio generale del divieto degli aiuti di Stato nella Comunità.

(157)

I paragrafi 2 e 3 dell’articolo 87 prevedono una serie di deroghe al principio generale dell’incompatibilità enunciato al paragrafo 1.

(158)

Le deroghe di cui all’articolo 87, paragrafo 2 del trattato CE non si applicano nel presente caso perché gli aiuti in questione non hanno carattere sociale e non sono concessi a singoli consumatori, non ovviano ai danni arrecati da calamità naturali e non sono concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che hanno risentito della divisione del paese.

(159)

Ulteriori deroghe sono previste dall’articolo 87, paragrafo 3 del trattato CE. Le deroghe di cui alle lettere a), b) e d) dell’articolo 87, paragrafo 3 non si applicano nel presente caso poiché gli aiuti non favoriscono lo sviluppo economico di regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso o si abbia una grave forma di sottoccupazione, non promuovono la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo, non pongono rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro né promuovono la cultura o la conservazione del patrimonio.

(160)

Potrebbe quindi applicarsi solo la deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del trattato CE, che prevede che possano essere autorizzati gli aiuti di Stato destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune.

(161)

Secondo la prassi seguita dalla Commissione, l’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) va interpretato nel senso che una misura può essere considerata compatibile con il trattato qualora il suo contributo positivo al raggiungimento di determinati obiettivi comunitari superi gli effetti negativi per la concorrenza nel mercato interno.

(162)

Nella sezione 7.1 viene illustrata nel dettaglio la compatibilità della misura con gli obiettivi del trattato Euratom. La Commissione accoglie con favore la costituzione della NDA e la considera una misura eccellente per affrontare in maniera efficace gli oneri nucleari createsi in un lontano passato, quando le politiche ambientali non avevano ancora raggiunto gli standard attuali. La Commissione ritiene che la NDA contribuirà in modo decisivo al migliore adempimento possibile degli obblighi «back end» del ciclo nucleare. In questo modo contribuirà chiaramente alla realizzazione della politica nucleare comunitaria prevista nel trattato Euratom. La Commissione ritiene pertanto che il contributo positivo della misura sia molto importante e ben fondato.

(163)

Qualora la NDA avesse avuto l’obbligo di sospendere al più presto la gestione commerciale degli attivi di cui sarà responsabile, la misura non avrebbe probabilmente avuto alcun effetto negativo significativo sulla concorrenza. Tuttavia, il Regno Unito non ha operato questa scelta ed ha consentito alla NDA di proseguire la gestione commerciale degli attivi a determinate condizioni. La Commissione può soltanto notare che, in tal modo, il Regno Unito ha permesso che le attività della NDA avessero un’incidenza sul mercato interno. Di conseguenza è necessario analizzare la portata di tale incidenza per valutare la misura.

(164)

La Commissione ritiene che la prosecuzione della gestione commerciale degli attivi da parte della NDA, sostenuta dall’aiuto statale, abbia un impatto molto simile sulla concorrenza a quello che risulterebbe dal proseguimento delle attività di un’impresa beneficiaria di aiuti alla ristrutturazione. In questo senso, il parallelismo con il caso di ristrutturazione di BE (25) è estremamente significativo. In considerazione di queste somiglianze, la Commissione ritiene che il modo più adeguato per valutare l’effetto della misura sulla concorrenza e per stabilire i limiti nell’ambito dei quali può essere considerata compatibile con il mercato comune consista nell’utilizzare la logica applicata negli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (26), ed in particolare la necessità di trovare misure compensatorie proporzionate per attenuare, se necessario, gli effetti dell’aiuto.

(165)

Prima di passare ad un’analisi dettagliata della situazione della concorrenza per ciascuno degli attivi, la Commissione esprime due osservazioni di carattere generale relativamente all’incidenza della misura sulla concorrenza.

(166)

La prima osservazione è che gli stessi statuti della NDA riducono l’effetto della misura sulla concorrenza anche per gli attivi che continueranno a funzionare. È probabile che un’impresa avente uno scopo commerciale utilizzi aiuti al funzionamento per ridurre i propri costi e vendere a basso prezzo. Al contrario, la NDA proseguirà le attività relative agli attivi soltanto se questo può rappresentare un valore aggiunto per il suo compito principale, ossia la disattivazione delle centrali. La NDA non avrà dunque alcun incentivo ad utilizzare l’aiuto per fornire servizi a prezzi inferiori a quelli di mercato e certamente non avrà alcun interesse ad utilizzare l’aiuto per ridurre i propri costi. Inoltre, pur continuando a gestire gli attivi esistenti, la NDA non investirà in attivi nuovi. Non sarà dunque nel suo interesse avere una politica commerciale volta ad aumentare la propria influenza e la propria quota di mercato.

(167)

La NDA non investirà in nuovi attivi né intraprenderà nuove attività. Il cash flow che genererà proseguendo la gestione di determinati attivi sarà utilizzato soltanto allo scopo di avere maggiori fondi per estinguere gli oneri nucleari. Il contesto nel quale opera la NDA destina rigorosamente tutte le entrate a scopi ben precisi, impedendo che vengano utilizzate per altri scopi.

(168)

Tutti gli operatori delle centrali nucleari dovrebbero coprire, in linea di massima, la loro parte di oneri nucleari secondo il principio «chi inquina paga». A questo scopo, il Regno Unito si è impegnato a richiedere alla NDA e alle società licenziatarie dei siti per le centrali elettriche di impegnarsi a compiere tutti i possibili sforzi a livello di prezzi per recuperare la parte di oneri imputabili alla NDA. Qualora questo obiettivo non venga raggiunto, il Regno Unito riferirà alla Commissione e la informerà in merito alle ragioni per le quali questo non è stato possibile.

(169)

La seconda osservazione riguarda il fatto che il sistema competitivo che realizzerà il Regno Unito per designare le SLC avrà di per sé un effetto molto positivo per la concorrenza nel mercato interno. Esso costituirà la base per un vero e proprio mercato della gestione di alcuni siti nucleari nel Regno Unito e, soprattutto, della loro disattivazione. La Commissione ritiene che lo sviluppo di tale mercato sia un’eccellente opportunità per l’economia comunitaria nel suo complesso e che consentirà la diffusione di know-how all’intera industria dell’Unione europea. La misura avrà dunque significative esternalità positive che saranno utili, in particolare, in considerazione dei numerosi siti nucleari che dovranno essere disattivati nell’Unione nei prossimi decenni.

(170)

La Commissione ha inoltre analizzato la situazione della concorrenza relativamente a ciascuno dei vari tipi di attivi che la NDA continuerà a gestire in modo commerciale.

7.5.1.   Centrali elettriche Magnox

(171)

Le centrali elettriche Magnox operano sul mercato, molto competitivo, dell’energia elettrica in Gran Bretagna.

(172)

La Commissione prende atto delle argomentazioni di carattere microeconomico avanzate dalle autorità britanniche, in base alle quali la misura, anche se riducesse i costi SRMC delle centrali, non avrebbe effetti per quanto riguarda il tempo durante il quale i concorrenti gestiscono le proprie centrali ed il prezzo al quale vendono la propria energia elettrica.

(173)

La Commissione ha delle riserve a tale riguardo. In effetti, queste argomentazioni possono essere valide in un mercato perfetto, unico, generalmente a breve termine, costituito preferibilmente da raggruppamenti e nel quale le informazioni circolino perfettamente. Tuttavia, l’attuale mercato dell’energia elettrica in Gran Bretagna non è un mercato di questo tipo: esso si basa principalmente su contratti bilaterali, con diversi mercati futures. Il mercato è inoltre fondamentalmente diviso tra la fornitura all’ingrosso e la fornitura diretta alle imprese; il secondo segmento è apparentemente quello più importante dal punto di vista commerciale. Senza influire sulla quantità effettiva di energia elettrica venduta da uno dei concorrenti della NDA, la misura può costringerlo a rivolgersi parzialmente ad una parte meno attraente del mercato, il che avrebbe conseguenze per i suoi risultati.

(174)

La Commissione ritiene dunque che la misura falsi o minacci di falsare la concorrenza su questo mercato e debba dunque essere attenuata.

(175)

Il mezzo ideale per ridurre gli effetti negativi dell’aiuto sul mercato sarebbe quello di sospendere il funzionamento delle centrali elettriche.

(176)

La Commissione è consapevole tuttavia del fatto che la chiusura immediata di queste centrali potrebbe avere un effetto negativo sull’efficienza e la sicurezza delle operazioni di disattivazione. Poiché il sito di Sellafield non sarebbe in grado di iniziare il ritrattamento dei rifiuti per diverse centrali elettriche con un preavviso così breve, dovrebbero infatti essere previste soluzioni di stoccaggio temporaneo. Questo complicherebbe i lavori di disattivazione, aumentando i costi e, potenzialmente, le preoccupazioni in materia di sicurezza. Ciò potrebbe causare anche problemi di sicurezza nella fornitura d’energia elettrica in un mercato già teso come quello britannico. La Commissione ritiene che richiedere la chiusura immediata delle centrali non sia pertanto una misura proporzionata per ridurre le preoccupazioni in materia di concorrenza.

(177)

La Commissione nota che, anche se le centrali non saranno chiuse immediatamente, il Regno Unito ha già in programma di chiudere tutte le centrali entro un termine relativamente breve: l’ultima centrale verrà chiusa nel 2010. Questo implica che gli eventuali effetti della misura sui concorrenti dovrebbero diminuire e cessare presto. In particolare, il periodo che intercorre tra il momento della presente decisione e l’ultima chiusura è equivalente a quello necessario ad un nuovo operatore del mercato per sviluppare un nuovo progetto di centrale elettrica fino alla messa in funzione. La NDA non inizierà inoltre nuove attività di produzione d’energia elettrica né svilupperà qualsiasi altro nuovo sito.

(178)

Per attenuare nel frattempo l’impatto della misura sul mercato, la Commissione ha valutato la possibilità di richiedere alla NDA misure che sarebbero in effetti equivalenti a quelle richieste a BE nell’ambito del caso relativo agli aiuti di Stato per la sua ristrutturazione (27). Vi sono state tre misure compensatorie di questo tipo.

(179)

La prima consisteva nel richiedere la separazione tra le attività di generazione nucleare, quelle di generazione non nucleare e le attività commerciali di BE. Nel caso di specie, la NDA non ha attività significative di generazione non nucleare. La Commissione ritiene dunque che una tale misura compensatoria non sia significativa nel caso in esame.

(180)

La seconda misura compensatoria consisteva nel vietare a BE di aumentare la propria capacità per un periodo di sei anni. Nel caso di specie, in pratica, la NDA non solo non aumenterà la propria capacità di produzione di energia elettrica, ma la sospenderà progressivamente entro quattro anni. Gli effetti di questa misura sono dunque già raggiunti con la normale attività della NDA.

(181)

La terza misura compensatoria consisteva nel vietare a BE di vendere energia elettrica nel segmento della vendita diretta alle imprese a prezzi inferiori ai prezzi di mercato all’ingrosso.

(182)

La Commissione ritiene che una simile misura sia necessaria nel caso della NDA e Il Regno Unito si è impegnato ad attuarla.

(183)

In pratica, si applicherà lo stesso tipo di deroghe accettate per BE in caso di circostanze di mercato eccezionali. La Commissione ritiene che deroghe così eccezionali siano necessarie per non compromettere lo scopo stesso della misura. L’esperienza fatta con il controllo della decisione della Commissione nel caso di BE dimostra che le deroghe non hanno determinato abusi.

(184)

Nel caso in esame, così come nel caso di BE, l’esistenza di circostanze eccezionali di mercato sarà accertata utilizzando criteri concreti ed operativi.

(185)

I criteri saranno tuttavia leggermente meno complicati che nel caso di BE. La Commissione ritiene che questo sia giustificato e proporzionato in quanto la quota di mercato della NDA è molto inferiore a quella di BE e l’effetto della misura sul mercato dell’energia elettrica è pertanto minore.

(186)

Le autorità britanniche hanno proposto di attuare la misura seguendo le disposizioni indicate ai punti da 187 a 190.

(187)

In normali circostanze di mercato, qualora la NDA desideri concludere i nuovi contratti di vendita agli utenti finali, il ministro britannico competente nominerà un esperto indipendente per riferire su base annuale se tali contratti sono stati conclusi a prezzi per i quali la componente «energia» sia stata fissata ad un prezzo equivalente o superiore al prezzo di mercato all’ingrosso prevalente.

(188)

In circostanze di mercato eccezionali, la NDA può vendere nuovi contratti in base ai quali la componente «energia» è fissata al di sotto del prezzo di mercato all’ingrosso prevalente ma soltanto dopo che i revisori dei conti della NDA, o delle imprese che operano a suo nome, hanno concluso che è stato rispettato uno dei due criteri indicati in appresso per le circostanze di mercato eccezionali.

Criterio A: la NDA, o altra impresa che operi per suo conto, offre di vendere [...] (28) per un periodo [...] un minimo di [...] per scambi nella stagione invernale e [...] per scambi nella stagione estiva al prezzo di mercato all’ingrosso prevalente sul mercato all’ingrosso ed alla fine di tale periodo dette offerte non siano state accettate.

Criterio B: gli scambi per la stagione successiva di energia elettrica del carico di base sul mercato all’ingrosso britannico di energia elettrica sono stati in totale inferiori a [...] (valore lordo), in media sui precedenti [...].

(189)

Se è soddisfatto uno dei criteri, inizia un periodo di circostanze di mercato eccezionali. La NDA può vendere nuovi contratti fino a [...] ad utenti finali per contratti a prezzi inferiori al prezzo prevalente sul mercato all’ingrosso, presumendo che tale politica dei prezzi sia una necessità commerciale in un tale periodo di circostanze di mercato eccezionali.

(190)

Un periodo di circostanze di mercato eccezionali non può superare [...]. Affinché inizi un successivo periodo di circostanze di mercato eccezionali, devono essere nuovamente soddisfatti i criteri A o B.

(191)

La Commissione ritiene che questo meccanismo sia un modo adeguato per attuare la misura compensatoria. È basato su criteri sufficientemente trasparenti e praticabili per permettere di prendere decisioni in un modo solido ed efficiente. Sarà possibile ridurre significativamente la distorsione della concorrenza sul mercato nel periodo precedente alla chiusura delle centrali Magnox.

(192)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la distorsione della concorrenza determinata dalla misura, attenuata dal fatto che le centrali verranno presto chiuse e che verrà attuata la misura compensatoria, è controbilanciata dal contributo positivo della misura al raggiungimento degli obbiettivi del trattato Euratom.

7.5.2.   THORP

(193)

La Commissione ritiene che l’effetto della misura per quanto riguarda il proseguimento delle attività THORP da parte della NDA sia molto limitato.

(194)

Innanzi tutto, una parte significativa del ritrattamento in THORP è di combustibile AGR. Non esistono attualmente concorrenti in tale contesto. Poiché BE è attualmente la sola fonte di combustibile nucleare esaurito AGR in Europa, la Commissione ritiene ovvio che nessun investitore operante in un’economia di mercato prenderebbe in considerazione un investimento in un nuovo impianto di ritrattamento di combustibile nucleare AGR.

(195)

Greenpeace sostiene che lo stoccaggio diretto potrebbe essere un’alternativa al ritrattamento di combustibile AGR e che potrebbe essere una soluzione più interessante per un investitore.

(196)

La Commissione pensa tuttavia che, malgrado l’investimento nello stoccaggio diretto possa essere meno costoso, si tratterebbe sempre di un’alternativa non molto attraente. In effetti, come giustamente osservato dalle autorità britanniche, BE — in quanto sola fonte di combustibile esaurito AGR — ha già accordi per la gestione del suo combustibile esaurito AGR per tutta la durata del proprio ciclo di vita. La Commissione precisa che, contrariamente a quanto sembra sostenere Greenpeace, BNFL non ha avuto alcun obbligo di procedere effettivamente ad un ritrattamento di tali rifiuti ma ha soltanto l’obbligo di provvedere alla loro gestione. In base alle informazioni di cui dispone la Commissione, BNFL non intendeva ritrattare tutti i rifiuti.

(197)

Questi accordi sono il risultato di una rinegoziazione degli accordi iniziali avvenuta durante la ristrutturazione della società. I prezzi sono dunque particolarmente interessanti per BE, poiché in un simile contesto BNFL — come qualsiasi investitore privato operante in un’economia di mercato — era disposta ad offrire prezzi che potevano essere addirittura pari ai suoi costi marginali, rinunciando ad una parte o a tutti i suoi costi fissi (va tuttavia notato che l’importo fisso di 140 000 GBP/tonnellata citato da Greenpeace e indicato al punto 53 è scorretto, poiché i prezzi in questi accordi dipendono dai prezzi dell’energia elettrica, come illustrato alla tabella 7 della summenzionata decisione della Commissione sulla ristrutturazione di BE).

(198)

La Commissione ritiene impossibile che un concorrente, che dovrebbe costituire un nuovo centro di stoccaggio con significativi costi fissi, o sostenere elevati costi di trasporto di materiale pericoloso, potrebbe fare un’offerta concorrenziale a BE in tali condizioni.

(199)

Le riserve a livello di concorrenza sono dunque limitate alle attività di ritrattamento di combustibile esaurito LWR di THORP.

(200)

Per tali attività, la Commissione ritiene che lo stoccaggio diretto non rappresenti una vera alternativa al ritrattamento. In effetti, nelle condizioni economiche attualmente esistenti e per il prossimo futuro sul mercato dell’uranio, il ritrattamento dei rifiuti è un’alternativa significativamente più costosa rispetto allo stoccaggio diretto (29). La scelta del ritrattamento rispetto allo stoccaggio diretto è dunque molto spesso una scelta politica attuata dai governi dei paesi nei quali operano le centrali nucleari. Una tale scelta, che è spesso attuata mediante leggi o regolamentazioni, lascia pochissimo o addirittura nessuno spazio agli operatori per scegliere tra le due opzioni in base a criteri di concorrenza.

(201)

Per il ritrattamento del combustibile non AGR, THORP ha dunque soltanto un concorrente nell’Unione: l’impresa francese Areva.

(202)

In questo contesto, la Commissione ritiene che richiedere una chiusura anticipata di THORP per ridurre le riserve a livello di concorrenza sollevate dalla misura creerebbe potenzialmente maggiori problemi di quanti ne risolva. In effetti, in questo modo Areva avrebbe un monopolio che sarebbe certamente di durata molto lunga viste le difficoltà tecnologiche e finanziarie da affrontare per entrare su questo mercato.

(203)

Visto quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che un modo migliore per ridurre gli effetti della misura sulla concorrenza sia quello di assicurarsi che, durante la gestione NDA, le risorse pubbliche non vengano utilizzate per consentire a THORP di competere con Areva in condizioni non paritarie.

(204)

Nella sezione 7.3 è stato dimostrato che BNFL aveva messo da parte sufficienti riserve per coprire i costi fissi di disattivazione di THORP. La Commissione ritiene dunque che, onde garantire che la NDA non possa offrire prezzi anticoncorrenziali, sia sufficiente richiedere che la NDA, per qualsiasi nuovo contratto per THORP, includa nei prezzi tutti i costi, compresi tutti gli oneri nucleari incrementali.

(205)

Il Regno Unito si è impegnato a realizzare questo meccanismo completo di fissazione dei prezzi. che si applicherà a tutti i nuovi contratti conclusi dalla NDA dopo la data della presente decisione. Questa restrizione non si applicherà ai contratti conclusi prima della data della decisione della Commissione, ai contratti per i quali le offerte formali approvate dalla Nuclear Decommissioning Authority e dal Dipartimento britannico per il commercio e l’industria sono state presentate ai clienti e sono oggetto di trattativa a tale data o ai contratti conclusi dopo tale data sulla base di una lettera di intenti sottoscritta prima di detta data.

(206)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la distorsione di concorrenza derivante dalla misura in esame, ridotta mediante la misura compensatoria che verrà attuata, sia controbilanciata dal contributo positivo della misura al conseguimento degli obiettivi del trattato Euratom.

7.5.3.   SMP

(207)

Anche la situazione concorrenziale di SMP è molto specifica. SMP produce combustibile MOX che può essere usato soltanto in un numero limitato di centrali elettriche nucleari che sono state progettate o adattate per il suo utilizzo. Attualmente SMP ha soltanto due concorrenti commerciali: Areva e Belgonucléaire. Questi due concorrenti hanno legami significativi. In particolare, alla Commissione risulta che Belgonucléaire, pur avendo la capacità tecnologica per la produzione di MOX, dipende da Areva per l’assemblaggio del prodotto finale da utilizzare nelle centrali elettriche nucleari. Belgonucléaire vende inoltre i propri prodotti attraverso Commox, un’impresa controllata congiuntamente da Areva (60 %) e da Belgonucléaire (40 %).

(208)

Qualora SMP scomparisse, la concorrenza sul mercato sarebbe ridotta, nel migliore dei casi, a due società con forti interessi comuni o addirittura ad un’unica impresa. Non è impossibile che operatori giapponesi e russi, che detengono attualmente impianti non commerciali propri per la produzione di MOX, possano avviare un’attività commerciale nei prossimi anni. Non si tratta tuttavia di un evento certo e la sovrapposizione tra le attività operativa di SMP e quelle di questi eventuali nuovi operatori commerciali non UE può essere limitata ad alcuni anni.

(209)

In questo contesto, la Commissione ritiene che richiedere una chiusura anticipata di SMP per ridurre le riserve a livello di concorrenza sollevate dalla misura creerebbe potenzialmente maggiori problemi di quanti ne risolva.

(210)

Visto quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che un modo migliore per ridurre gli effetti della misura sulla concorrenza sia quello di assicurarsi che, durante la gestione NDA, le risorse pubbliche non vengano utilizzate per consentire a SMP di competere con Areva e/o Belgonucléaire in condizioni non paritarie.

(211)

Nella sezione 7.3 è stato dimostrato che BNFL aveva messo da parte sufficienti riserve per coprire i costi fissi di disattivazione di SMP. La Commissione ritiene dunque che, onde garantire che la NDA non possa offrire prezzi anticoncorrenziali, sia sufficiente richiedere che la NDA, per qualsiasi nuovo contratto per SMP, includa nei prezzi tutti i costi, compresi tutti gli oneri nucleari incrementali.

(212)

Il Regno Unito si è impegnato a realizzare questo meccanismo completo di fissazione dei prezzi. che si applicherà a tutti i nuovi contratti conclusi dalla NDA dopo la data della presente decisione. Questa restrizione non si applicherà ai contratti conclusi prima della data della decisione della Commissione europea, ai contratti per i quali le offerte formali approvate dalla Nuclear Decommissioning Authority e dal Dipartimento britannico per il commercio e l’industria sono state presentate ai clienti e sono oggetto di trattativa a tale data o ai contratti conclusi dopo tale data sulla base di una lettera di intenti sottoscritta prima di detta data.

(213)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la distorsione di concorrenza derivante dalla misura in esame, ridotta mediante la misura compensatoria che verrà attuata, sia controbilanciata dal contributo positivo della misura al conseguimento degli obiettivi del trattato Euratom.

7.5.4.   Springfields

(214)

Entro la fine del 2006, le attività di Springfields saranno limitate alla produzione di combustibile nucleare Magnox e AGR.

(215)

Tali combustibili nucleari sono utilizzati soltanto nel Regno Unito. Il combustibile Magnox è utilizzato soltanto nelle centrali Magnox, l’ultima delle quali verrà chiusa entro il 2010. Il combustibile AGR è usato soltanto da BE, che nel quadro della sua ristrutturazione ha rinegoziato i propri accordi a lungo termine con BNFL per la fornitura di combustibile AGR.

(216)

In questo caso si applicano le stesse argomentazioni illustrate ai punti 196 e 198. Nessun concorrente troverebbe economicamente interessante investire in determinati attivi per competere con Springfields. La Commissione ritiene dunque che l’effetto della misura sulla concorrenza sia trascurabile per quanto riguarda il sito di Springfields e che non richieda alcuna misura compensatoria.

(217)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la distorsione della concorrenza derivante dalla misura in esame sia controbilanciata dal contributo positivo della misura al conseguimento degli obiettivi del trattato Euratom.

7.5.5.   Drigg

(218)

L’installazione Drigg, unica in Gran Bretagna, è un deposito per rifiuti nucleari di basso livello.

(219)

Le autorità britanniche hanno comunicato alla Commissione che questo deposito avrebbe una capacità sufficiente per tutti i rifiuti prodotti nel Regno Unito fino al 2050. La NDA sarà la fonte di circa il 90 % di questo tipo di rifiuti.

(220)

Il trasporto a lunga distanza di rifiuti nucleari non è consigliato ed alcuni paesi ne vietano anche l’importazione.

(221)

La Commissione ritiene che, in queste condizioni, per un nuovo operatore le possibilità di competere con l’installazione Drigg siano molto limitate e che sia improbabile che la costruzione di un deposito concorrente di rifiuti di basso livello sia interessante dal punto di vista economico.

(222)

Secondo la Commissione, l’effetto della misura sulla concorrenza è dunque trascurabile per quanto riguarda il sito di Drigg e non richiede alcuna misura compensatoria.

(223)

In considerazione di quanto sopra esposto, la Commissione ritiene che la distorsione di concorrenza derivante dalla misura in esame sia controbilanciata dal contributo positivo della misura al conseguimento degli obiettivi del trattato Euratom.

7.6.   BNFL come SLC temporaneo

(224)

All’avvio del procedimento, la Commissione ha espresso preoccupazione in merito al fatto che BNFL potrebbe ricevere aiuti dalla NDA nel periodo in cui sarà temporaneamente la società licenziataria del sito della NDA prima che possa essere organizzata una gara d’appalto per designare le società licenziatarie.

(225)

La Commissione sottolinea che il Regno Unito ha presentato una spiegazione completa e dettagliata del modo in cui le società licenziatarie — compresa BNFL — verranno remunerate. Saranno coperti soltanto i costi necessari e saranno previsti dei massimali annui. Gli utili saranno esclusi dai normali pagamenti e potranno essere percepiti soltanto se vengono raggiunti gli obiettivi di efficienza fissati dal governo britannico. Anche in questo caso, tali utili verranno messi a confronto con parametri internazionali del settore.

(226)

La Commissione ritiene che in questo contesto sia possibile concludere che il finanziamento della società licenziataria del sito non comporti un aiuto di Stato.

(227)

A tale riguardo, la Commissione sottolinea inoltre che non trova a priori alcuna ragione per ritenere che i contratti SLC, compreso quello con BNFL, determinino sovvenzioni interne. Essa ritiene al contrario che il quadro realizzato offra prospettive di trasparenza molto migliori rispetto alla situazione in cui BNFL gestiva tutte le proprie attività all’interno di un unico gruppo.

8.   CONCLUSIONE

(228)

La Commissione conclude che la misura non contiene aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE a favore di BNFL; conclude altresì che essa contiene aiuti ai sensi di detto articolo a favore della NDA. Nella misura in cui non vi sono aiuti di Stato, la presente decisione non pregiudica l’applicazione del trattato Euratom. Nella misura in cui gli aiuti sono in linea con gli obiettivi del trattato Euratom e non incidono sulla concorrenza in misura contraria al comune interesse, la misura in questione è compatibile con il mercato comune. La presente decisione non pregiudica il parere della Commissione su potenziali aiuti di Stato concessi a soggetti diversi dai BNFL e NDA,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

1.   La costituzione, da parte del Regno Unito, della Nuclear Decommissioning Authority, notificata alla Commissione il 22 dicembre 2003, che comporta il trasferimento alla Nuclear Decommissioning Authority delle centrali elettriche nucleari Magnox di British Nuclear Fuels Limited, degli attivi materiali dei siti di Capenhurst, Driggs, Sellafield e Springfields, degli attivi finanziari connessi a detti siti, nonché della responsabilità della copertura dei loro oneri nucleari, non comprende elementi di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE a favore di British Nuclear Fuels Limited.

2.   La costituzione della Nuclear Decommissioning Authority di cui al paragrafo 1 contiene elementi di aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1 del trattato CE a favore di Nuclear Decommissioning Authority compatibili con il mercato comune e con gli obiettivi del trattato Euratom e soggetti alle condizioni previste agli articoli da 2 a 9 della presente decisione.

Articolo 2

Non appena la spesa corrispondente agli oneri nucleari di cui all’articolo 1 supera 15 100 000 000 GBP a prezzi del marzo 2005, il Regno Unito presenta alla Commissione relazioni aggiuntive più particolareggiate che dimostrino che la spesa si limita a coprire gli oneri specificati in detto articolo e che sono state prese le opportune misure per limitare la spesa al minimo indispensabile per coprire tali oneri. Tali relazioni vengono presentate su base annua.

Ai fini del calcolo degli importi a prezzi del dicembre 2005, il Regno Unito utilizza i tassi di riferimento e di attualizzazione pubblicati dalla Commissione per il Regno Unito, aggiornando tali tassi ogni cinque anni.

Articolo 3

1.   Il Regno Unito richiede alla Nuclear Decommissioning Authority e alle compagnie licenziatarie («Site Licensee Companies», SLC) per le centrali elettriche di impegnarsi a non offrire di approvvigionare utenti finali non domestici che acquistano energia elettrica direttamente dalla Nuclear Decommissioning Authority e dalle compagnie licenziatarie a condizioni nelle quali il prezzo dell’elemento «energia elettrica» del contratto con gli utenti sia inferiore al prezzo prevalente sul mercato all’ingrosso. Tuttavia, in circostanze di mercato eccezionali nelle quali siano soddisfatti alcuni criteri obiettivi descritti all’articolo 4, paragrafo 1, la Nuclear Decommissioning Authority e le compagnie licenziatarie per le centrali elettriche di British Energy, finché sussistono tali circostanze eccezionali, potranno fissare, in buona fede, il prezzo dell’elemento «energia elettrica» del contratto ad un livello inferiore a quello prevalente sul mercato all’ingrosso qualora ciò sia necessario per consentire alla Nuclear Decommissioning Authority e alle compagnie licenziatarie per le centrali elettriche di far fronte alla concorrenza, alle condizioni di cui all’articolo 4.

2.   Il Regno Unito riferirà ogni anno alla Commissione in merito al rispetto di queste condizioni da parte della Nuclear Decommissioning Authority e delle compagnie licenziatarie per le centrali elettriche.

Articolo 4

1.   Si riterrà che sussistano circostanze di mercato eccezionali nei seguenti casi:

a)

la Nuclear Decommissioning Authority offre di vendere [...] per un periodo [...] un minimo di [...] per scambi nella stagione invernale e [...] per scambi nella stagione estiva al prezzo prevalente sul mercato all’ingrosso ed alla fine di tale periodo dette offerte non sono state accettate (criterio A); o

b)

gli scambi della stagione successiva di energia elettrica del carico di base sul mercato all’ingrosso britannico di energia elettrica sono stati in totale inferiori a [...] (valore lordo), in media, sulle [...] settimane precedenti (criterio B).

2.   Se uno dei due criteri è soddisfatto, la Nuclear Decommissioning Authority e le Site Licensee Companies per le centrali elettriche possono vendere nuovi contratti fino a [...] ad utenti finali per contratti a prezzi inferiori rispetto al prezzo prevalente sul mercato all’ingrosso, a condizione che tale politica dei prezzi sia una necessità commerciale in un tale periodo di circostanze di mercato eccezionali.

3.   Un periodo di circostanze di mercato eccezionali non supererà [...]. Affinché inizi un successivo periodo di circostanze di mercato eccezionali, devono essere nuovamente soddisfatti i criteri A o B.

Articolo 5

1.   Il Regno Unito richiede alla Nuclear Decommissioning Authority di impegnarsi affinché la Nuclear Decommissioning Authority e le società licenziatarie per l’impianto Thermal Oxide Reprocessing Plant (THORP) e l’impianto Sellafield Mox Plant (SMP) non forniscano servizi di ritrattamento di combustibile esaurito e di stoccaggio od offrano contratti di fornitura di combustibile MOX a prezzi inferiori ai pertinenti costi incrementali di fornitura previsti. Tali costi incrementali includeranno i relativi costi di gestione incrementali e tutti i relativi costi incrementali di disattivazione e di gestione dei rifiuti e comprenderanno tali costi quali previsti poco prima dell’inizio del contratto.

2.   Il paragrafo 1 non si applica ai contratti conclusi prima della data della presente decisione o ai contratti nei quali le offerte formali approvate dalla Nuclear Decommissioning Authority e dal Dipartimento britannico per il commercio e l’industria sono state presentate ai clienti e sono oggetto di trattativa prima di tale data o ai contratti conclusi dopo tale data conformemente ad una dichiarazione di intenti sottoscritta prima di detta data.

Articolo 6

Il Regno Unito presenta una relazione annuale sull’attuazione delle disposizioni degli articoli da 3 a 5. La relazione specificherà in particolare se nell’anno in questione esistevano circostanze di mercato eccezionali indicando le condizioni dei relativi contratti. La relazione indicherà inoltre se i contratti sono stati sottoscritti conformemente alle disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 1 nell’anno in questione, precisando le condizioni di detti contratti. La relazione presenterà inoltre, ove del caso, considerazioni sull’evoluzione del futuro cash flow stimato degli attivi che sono stati trasferiti da British Nuclear Fuels Limited alla Nuclear Decommissioning Authority. La relazione valuterà altresì se la Nuclear Decommissioning Authority ha raggiunto lo scopo previsto di recuperare la parte degli oneri nucleari delle centrali elettriche che sono attribuibili alla Nuclear Decommissioning Authority e, in caso contrario, per quali motivi esso non sia stato raggiunto.

Articolo 7

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è destinatario della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, 4 aprile 2006.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 315 del 21.12.2004, pag. 4.

(2)  Cfr. nota 1.

(3)  Tra questi oneri non sono compresi quelli di British Energy, sebbene tale impresa sia stata classificata, dopo la ristrutturazione, come impresa del settore pubblico dall’Ufficio britannico delle statistiche nazionali.

(4)  Nota: in tutte le tabelle, i totali possono non corrispondere esattamente alle somme delle voci a causa dell’arrotondamento.

(5)  A differenza delle altre centrali Magnox, queste due centrali elettriche presentano alcuni oneri non commerciali poiché erano in origine centrali elettriche militari.

(6)  I valori sono attualizzati al 5,4 % nominale.

(7)  GU C 37 del 3.2.2001, pag. 3.

(8)  In considerazione della data di notifica della misura, gli orientamenti applicabili sarebbero quelli pubblicati nella GU C 288 del 9.10.1999, pag. 2.

(9)  Decisione della Commissione 2005/407/CE, del 22 settembre 2004, relativa all’aiuto di Stato al quale il Regno Unito intende dare esecuzione in favore di British Energy plc (GU L 142 del 6.6.2005, pag. 26).

(10)  Il Regno Unito ha successivamente presentato cifre aggiornate che, secondo tale Stato, dimostrano che più del 100 % degli oneri sono coperti.

(11)  L’articolo 305, paragrafo 2 del trattato CE recita: «Le disposizioni del presente trattato non derogano a quanto stipulato dal trattato che istituisce la Comunità europea per l’energia atomica».

(12)  Sentenza della Corte di giustizia del 10 dicembre 2002, causa C-29/99.

(13)  Cfr. in particolare la disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU C 37 del 3.2.2001, pag. 3). Questo approccio è stato confermato anche dalla Corte di giustizia nella sentenza del 20 novembre 2003 nella causa C-126/01.

(14)  Va notato tuttavia che, in molti degli Stati membri che hanno un’industria nucleare, la questione dei proprietari successivi è teorica in quanto tutte le centrali nucleari sono sempre appartenute ad un unico operatore.

(15)  In questo contesto per centrale economicamente efficiente si intende una centrale che produca entrate sufficienti per coprire tutti i costi, compresi tutti i costi di disattivazione.

(16)  Decisione della Commissione nel caso N 34/90 relativo ad aiuti di Stato. Lettera SG(90)D/2049.

(17)  Cfr. http://www.defra.gov.uk/environment/consult/mox/ per tutte le relazioni presentate nell’ambito della consultazione pubblica.

(18)  A causa delle differenze tra i tassi di attualizzazione utilizzati dai consulenti ed il tasso di riferimento della Commissione, la Commissione ha potuto confrontare tra loro soltanto ordini di grandezza ragionevoli e non cifre esatte.

(19)  Le stime dei prezzi dell’energia elettrica sono comprese tra 28 GBP/MWh e 31 GBP/MWh. A titolo di riferimento, i prezzi del carico di base di aprile 2006 sono pari a 54,48 GBP/MWh ed i prezzi annui 2007 del carico di base (calcolati come la media dei prezzi estivi e invernali) a 53,75 GBP/MWh (fonte: Platts European Power Daily, 8 febbraio 2006, citato dalle autorità britanniche).

(20)  Tale stima è denominata «Lifecycle Baseline 2».

(21)  I totali possono non corrispondere perfettamente a causa dell’arrotondamento.

(22)  Cfr. 2003 relazione finanziaria 2003 del governo degli Stati Uniti, pag. 11: http://fms.treas.gov/fr/03frusg.html.

(23)  Relazione del GAO al Presidente ed al principale membro di minoranza, Subcommittee on Energy and water Development, Committee on Appropriations, House of Representatives Nuclear Waste, luglio 2005.

(24)  Eccetto THORP e SMP, che sono considerati separatamente.

(25)  Cfr. nota 9.

(26)  Cfr. nota 8.

(27)  Cfr. nota 9.

(28)  Segreto aziendale.

(29)  Cfr. OCSE/NEA, «The Economics of the Nuclear Cycle», 1994, uno degli studi più completi sull’argomento realizzati finora.