ISSN 1725-258X

Gazzetta ufficiale

dell'Unione europea

L 244

European flag  

Edizione in lingua italiana

Legislazione

49o anno
7 settembre 2006


Sommario

 

I   Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità

pagina

 

*

Regolamento (CE) n. 1322/2006 del Consiglio, del 1o settembre 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 1470/2001 che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL-i) originarie della Repubblica popolare cinese

1

 

 

Regolamento (CE) n. 1323/2006 della Commissione, del 6 settembre 2006, recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

6

 

 

II   Atti per i quali la pubblicazione non è una condizione di applicabilità

 

 

Commissione

 

*

Decisione della Commissione, del 16 marzo 2005, relativa all’aiuto di stato che l’Italia — Regione Lazio — intende concedere per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra [notificata con il numero C(2005) 587]  ( 1 )

8

 

*

Decisione della Commissione, del 6 aprile 2005, relativa al regime di aiuti di stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore del credito navale [notificata con il numero C(2005) 844]  ( 1 )

17

 

*

Decisione della Commissione, del 4 settembre 2006, che definisce la classificazione della resistenza all’azione esterna del fuoco di determinati prodotti da costruzione relativamente ai pannelli sandwich a doppio rivestimento metallico destinati alle coperture dei tetti [notificata con il numero C(2006) 3883]  ( 1 )

24

 

*

Decisione della Commissione, del 5 settembre 2006, che reca misure d'emergenza relative all'organismo geneticamente modificato non autorizzato LL RICE 601 nei prodotti a base di riso [notificata con il numero C(2006) 3932]  ( 1 )

27

 


 

(1)   Testo rilevante ai fini del SEE

IT

Gli atti i cui titoli sono stampati in caratteri chiari appartengono alla gestione corrente. Essi sono adottati nel quadro della politica agricola ed hanno generalmente una durata di validità limitata.

I titoli degli altri atti sono stampati in grassetto e preceduti da un asterisco.


I Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità

7.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 244/1


REGOLAMENTO (CE) N. 1322/2006 DEL CONSIGLIO

del 1o settembre 2006

che modifica il regolamento (CE) n. 1470/2001 che istituisce dazi antidumping definitivi sulle importazioni di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL-i) originarie della Repubblica popolare cinese

IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (1) («il regolamento di base»), in particolare l'articolo 11, paragrafo 3,

vista la proposta presentata dalla Commissione previa consultazione del comitato consultivo,

considerando quanto segue:

1.   PROCEDURA

1.1.   Misure in vigore

(1)

Con il regolamento (CE) n. 1470/2001 (2) («il regolamento originario») il Consiglio ha istituito dazi antidumping definitivi dallo 0 % al 66,1 % sulle importazioni di lampade elettroniche fluorescenti compatte integrali (CFL-i) originarie della Repubblica popolare cinese («l'inchiesta iniziale»).

(2)

Con il regolamento (CE) n. 866/2005 (3), a seguito di un’inchiesta avviata a norma dell’articolo 13 del regolamento di base, il Consiglio ha esteso le misure antidumping definitive istituite dal regolamento originario alle importazioni dello stesso prodotto spedite dalla Repubblica socialista del Vietnam, dalla Repubblica islamica del Pakistan e dalla Repubblica delle Filippine.

1.2.   Richiesta di riesame intermedio

(3)

Il 3 agosto 2004 la Commissione ha ricevuto una richiesta a norma dell’articolo 11, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, limitata all’esame della definizione del prodotto. La richiesta è stata presentata da Steca Batterieladesysteme und Präzisionselektronik GmbH, un importatore di CFL-i prodotte nella Repubblica popolare cinese («il richiedente»). Il richiedente aveva importato CFL-i a voltaggio in corrente continua («DC-CFL-i»). Egli affermava che queste ultime presentavano caratteristiche fisiche e tecniche di base diverse ed erano destinate a utilizzazioni e applicazioni diverse rispetto alle CFL-i a voltaggio in corrente alternata («AC-CFL-i»). Egli sosteneva inoltre che i dazi antidumping in vigore avrebbero dovuto essere applicati unicamente alle AC-CFL-i poiché solo queste lampade erano oggetto dell’inchiesta iniziale. Il richiedente affermava quindi che le DC-CFL-i avrebbero dovuto essere esplicitamente escluse dall’applicazione del dazio antidumping e la definizione del prodotto interessato di cui al regolamento originario modificata di conseguenza. Il richiedente chiedeva inoltre che l’eventuale esclusione delle DC-CFL-i dalla definizione del prodotto avesse effetto retroattivo.

1.3.   Apertura

(4)

Sentito il comitato consultivo e avendo stabilito che esistevano elementi di prova sufficienti, la Commissione, con un avviso («l’avviso di apertura») pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (4), ha annunciato l’apertura di un riesame intermedio parziale, a norma dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base, limitato all’accertamento della definizione del prodotto.

1.4.   Inchiesta

(5)

La Commissione ha avvisato ufficialmente dell’apertura dell’inchiesta le autorità della Repubblica popolare cinese («RPC»), i produttori esportatori della RPC, gli importatori comunitari notoriamente interessati, i produttori comunitari e le associazioni di produttori della Comunità. Le parti interessate hanno avuto la possibilità di comunicare le loro osservazioni per iscritto e di chiedere un'audizione entro il termine stabilito nell'avviso di apertura.

(6)

La Commissione ha chiesto a tutte le parti notoriamente interessate e a tutte le società manifestatesi entro i termini di cui all’avviso di apertura di fornire le informazioni di base in merito al fatturato totale, al valore e al volume delle vendite nella Comunità europea, alla capacità di produzione, alla produzione effettiva, al valore e al volume di importazioni totali di CFL-i ed esclusivamente di DC-CFL-i. La Commissione ha raccolto e verificato tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini di accertare se occorra modificare il campo d’applicazione delle misure in vigore.

(7)

Cinque produttori esportatori della RPC, un produttore della Comunità, un importatore collegato a un produttore esportatore della RPC e undici importatori comunitari non collegati hanno collaborato all’inchiesta e fornito le informazioni di base di cui al considerando 6.

1.5.   Periodo dell’inchiesta

(8)

L'inchiesta ha riguardato il periodo dal 1o novembre 2003 al 31 ottobre 2004 (il «PI»).

1.6.   Comunicazione di informazioni

(9)

Tutte le parti interessate sono state informate dei fatti e delle considerazioni essenziali in base ai quali sono state raggiunte le presenti conclusioni. Conformemente all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, alle parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni dopo la comunicazione delle suddette informazioni.

(10)

Le osservazioni comunicate oralmente e per iscritto dalle parti sono state esaminate e, ove ritenuto opportuno, le conclusioni sono state modificate di conseguenza.

2.   PRODOTTO IN ESAME

(11)

Conformemente alla definizione di cui all’articolo 1 del regolamento originario, il prodotto in esame è costituito dalle CFL-i, attualmente classificabili al codice NC ex 8539 31 90. Le CFL-i sono lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica con uno o più tubi di vetro, in cui tutti gli elementi di illuminazione e tutti i componenti elettronici sono fissati al o incorporati nel supporto. Come indicato al considerando 11 del regolamento (CE) n. 255/2001 della Commissione, del 7 febbraio 2001, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di lampade fluorescenti compatte elettroniche integrali («CFL-i») originarie della Repubblica popolare cinese (5) («il regolamento provvisorio») e confermato dalle conclusioni definitive del regolamento originario, il prodotto in esame è progettato per sostituire le normali lampade ad incandescenza e per essere inserito negli stessi portalampada.

(12)

Benché nel corso dell’inchiesta iniziale siano stati individuati diversi tipi di prodotto a seconda, fra l’altro, della durata di vita, della potenza (in watt) e del rivestimento della lampada, la questione della diversa tensione di ingresso non è stata analizzata né è stata sollevata da alcuna parte interessata nel corso dell’inchiesta iniziale.

3.   ESITO DELL'INCHIESTA

3.1.   Metodologia

(13)

Al fine di valutare se le DC-CFL-i e le AC-CFL-i debbano essere considerate come un unico prodotto o come due prodotti distinti si è proceduto a esaminare se le DC-CFL-i e le AC-CFL-i presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base e le stesse applicazioni finali. A tale proposito sono state valutate anche l’intercambiabilità e la concorrenza fra AC-CFL-i e DC-CFL-i all’interno della Comunità.

3.2.   Caratteristiche fisiche e tecniche di base

(14)

Tutte le CFL-i sono costituite da due elementi: uno o più tubi a scarica di gas e un reattore elettronico. In sostanza, il reattore elettronico introduce elettroni nel tubo a scarica di gas. Gli elettroni attivano il gas che emette energia sotto forma di luce.

(15)

Le AC-CFL-i e le DC-CFL-i presentano tuttavia tensioni di ingresso differenti: alternata nelle AC-CFL-i e continua nelle DC-CFL-i. I reattori elettronici utilizzati nelle DC-CFL-i devono quindi presentare componenti diversi rispetto a quelli utilizzati nelle AC-CFL-i poiché devono svolgere funzioni supplementari, ossia trasformare la tensione continua in tensione alternata per garantire la produzione di luce.

(16)

L’industria comunitaria ha fatto notare che nell’inchiesta iniziale il prodotto fabbricato nel paese di riferimento (Messico) era stato considerato come prodotto simile anche se le CFL-i fabbricate in tale paese erano destinate a tensioni inferiori. Anche le AC-CFL-i utilizzate nei sistemi a bassa tensione andrebbero pertanto considerate come prodotti equivalenti alle DC-CFL-i. Va osservato tuttavia che, benché il sistema di tensione utilizzato in Messico sia diverso da quello adottato nella Comunità, le CFL-i fabbricate in Messico e quelle fabbricate nella Comunità funzionavano entrambe a corrente alternata. I due tipi di lampade svolgevano esattamente le stesse funzioni, ossia sostituire le normali lampade ad incandescenza nei rispettivi mercati.

(17)

Nell’attuale riesame la differenza fra i due tipi di lampada non sta solo nel voltaggio, come nel caso delle lampade messicane citato sopra, ma anche nella struttura dell’alimentazione utilizzata dalle DC-CFL-i e dalle AC-CFL-i, che impone l’uso di componenti diversi e conferisce pertanto a ciascun tipo di lampada caratteristiche tecniche diverse.

3.3.   Utilizzazioni di base e intercambiabilità

(18)

Come indicato sopra al considerando 11, il prodotto oggetto dell’inchiesta iniziale è progettato per sostituire le normali lampade ad incandescenza.

(19)

In base alle informazioni fornite dall’industria comunitaria e dai produttori esportatori cinesi, il consumo totale di DC-CFL-i nel mercato comunitario rappresenta meno del 2 % del consumo totale di CFL-i. Ciò significa che le AC-CFL-i costituiscono il tipo maggiormente importato e utilizzato di CFL-i nel mercato comunitario: quasi il 100 % delle importazioni e delle vendite totali nella Comunità è infatti rappresentato dalle AC-CFL-i.

(20)

Alla luce di quanto precede, le AC-CFL-i sono progettate per sostituire le lampade ad incandescenza maggiormente utilizzate e possono essere inserite negli stessi portalampada di queste ultime. Non utilizzando la stessa corrente di ingresso, le DC-CFL-i non producono luce se usate nei portalampada delle normali lampade ad incandescenza. Anche nel caso contrario, ossia qualora le AC-CFL-i siano inserite in un portalampada a corrente continua, non si ha produzione di luce. Affinché le DC-CFL-i producano luce occorre pertanto alimentarle con corrente continua e affinché le AC-CFL-i producano luce occorre alimentarle con corrente alternata.

(21)

Le AC-CFL-i sono inoltre utilizzate nelle applicazioni elencate al considerando 110 del regolamento provvisorio, ossia sono utilizzate dalle famiglie, dall'industria e da un vasto numero di esercizi commerciali quali negozi e ristoranti, mentre, salvo rare eccezioni, le DC-CFL-i non sono impiegate per queste stesse applicazioni. Gli utilizzatori delle AC-CFL-i sono per la maggior parte collegati alle rete elettrica pubblica, mentre le DC-CFL-i vengono impiegate in zone prive di collegamento a questa rete e si avvalgono quindi prevalentemente di altre fonti di approvvigionamento elettrico (batterie, sistemi solari, pannelli fotovoltaici). Sono utilizzate in zone isolate o rurali nei lavori di estrazione, per illuminare rifugi, nell’illuminazione dei campeggi, sulle navi ecc. Su queste premesse, si è ritenuto che le DC-CFL-i non possano sostituire le normali lampade a incandescenza e che pertanto le AC-CFL-i e le DC-CFL-i non siano intercambiabili.

(22)

Si è quindi concluso che, a termini del regolamento originario, per normali lampade a incandescenza si intendono le lampade alimentate in corrente alternata.

(23)

L’industria comunitaria ha affermato che, malgrado le considerazioni di cui sopra, le AC-CFL-i e le DC-CFL-i presentano le stesse utilizzazioni finali, ovverosia produrre luce. Esse andrebbero pertanto considerate come un unico prodotto. A tale proposito, l’industria comunitaria ha paragonato le AC-CFL-i e le DC-CFL-i a diversi tipi di automobili a seconda che siano dotati di motori a benzina o di motori diesel. L’industria comunitaria sostiene che entrambi i tipi di automobili presentano le stesse funzioni, ossia il trasporto motorizzato di persone sulle strade, e verrebbero pertanto considerate come un unico prodotto.

(24)

A prescindere dal fatto che il presente riesame intermedio non si prefigge di accertare se le automobili con motore a benzina e quelle con motore diesel vadano considerate come un unico prodotto, il paragone di cui sopra risulta inappropriato in quanto basato sul parametro sbagliato (il motore). Nel caso in esame, il parametro pertinente è se il prodotto presenti o meno le caratteristiche fisiche e tecniche per produrre luce qualora sia utilizzato in un portalampada destinato a normali lampade ad incandescenza.

(25)

Alcune parti hanno affermato che un numero assai limitato di modelli specifici di AC-CFL-i può funzionare sia con corrente alternata che con corrente continua. Tali lampade presentano le stesse utilizzazioni finali delle AC-CFL-i che funzionano unicamente con corrente alternata. Esse vengono pertanto considerate come lampade con alimentazione in corrente alternata.

(26)

Da quanto sopra si evince che le AC-CFL-i e le DC-CFL-i non sono intercambiabili e non presentano pertanto le stesse utilizzazioni finali di base.

3.4.   Concorrenza fra AC-CFL-i e DC-CFL-i

(27)

Come indicato sopra, le AC-CFL-i e le DC-CFL-i non sono utilizzate per gli stessi tipi di applicazioni: non sono pertanto intercambiabili, bensí riforniscono mercati diversi. Date le loro utilizzazioni specifiche, le DC-CFL-i possono inoltre essere acquistate solo in negozi specializzati o direttamente dai produttori. Le AC-CFL-i possono invece essere acquistate nella maggior parte dei negozi operanti nella distribuzione di massa.

(28)

L’unico produttore comunitario che ha collaborato ha obiettato che nelle zone in cui è disponibile la corrente alternata i consumatori possono decidere di dotarsi di pannelli fotovoltaici e di pannelli solari in grado di fornire corrente continua. Le DC-CFL-i e le AC-CFL-i sarebbero pertanto in concorrenza. Si osserva tuttavia che la scelta fra due fonti di approvvigionamento energetico va ben oltre il solo impiego delle CFL-i a causa degli investimenti necessari e del fatto che tale scelta si ripercuote su tutti gli apparecchi elettrici della casa. È quindi altamente improbabile che un investimento in pannelli fotovoltaici sia il risultato unicamente della concorrenza fra DC-CFL-i e AC-CFL-i. Poiché le DC-CFL-i presentano inoltre prezzi più elevati rispetto alle AC-CFL-i tale obiezione non è corroborata da alcuna logica economica. Su tale base, l’obiezione ha dovuto essere respinta.

(29)

Poiché le DC-CFL-i e le AC-CFL-i non possono essere utilizzate con gli stessi tipi di reti elettriche, si conclude che i due tipi di lampade non sono in concorrenza.

3.5.   Distinzione fra AC-CFL-i e DC-CFL-i

(30)

È stato obiettato che le DC-CFL-i e le AC-CFL-i non si possono distinguere con chiarezza. A tale proposito si fa notare che, benché i due tipi di lampade siano classificabili con lo stesso codice NC ex 8539 31 90, è assai facile operare una distinzione. Per distinguere le DC-CFL-i dalle AC-CFL-i si può applicare il seguente criterio: le DC-CFL-i non producono luce se inserite in un portalampada a voltaggio in corrente alternata e accese.

(31)

Le DC-CFL-i sono inoltre chiaramente contrassegnate: la bassa tensione di ingresso è indicata con chiarezza sul prodotto per evitare che i consumatori utilizzino tali lampade in portalampada a corrente alternata e le danneggino.

4.   CONCLUSIONI IN MERITO ALLA DEFINIZIONE DEL PRODOTTO

(32)

Alla luce di quanto sopra si evince che le DC-CFL-i e le AC-CFL-i non presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base né le stesse utilizzazioni finali di base. Non sono intercambiabili e non sono quindi in concorrenza sul mercato comunitario. Si conclude pertanto che le DC-CFL-i e le AC-CFL-i sono due prodotti diversi e che il dazio antidumping in vigore sulle importazioni di CFL-i originarie della RPC non va applicato alle importazioni di DC-CFL-i. Ne consegue inoltre che le DC-CFL-i non sono state oggetto dell’inchiesta iniziale malgrado ciò non fosse esplicitamente precisato nel regolamento originario.

(33)

Alla luce di quanto sopra, è opportuno chiarire il campo di applicazione delle misure in vigore modificando il regolamento originario.

(34)

Poiché le misure istituite dal regolamento (CE) n. 1470/2001 sono state estese alle importazioni di CFL-i spedite dal Vietnam, dal Pakistan e dalle Filippine, indipendentemente dal fatto che fossero dichiarate o meno originarie del Vietnam, del Pakistan o delle Filippine, dal regolamento (CE) n. 866/2005, quest’ultimo regolamento va modificato di conseguenza.

5.   RICHIESTA DI APPLICAZIONE RETROATTIVA

(35)

Alla luce delle conclusioni di cui sopra ai considerando 32 e 33, secondo cui le DC-CFL-i non facevano parte del prodotto oggetto dell’inchiesta iniziale che ha condotto all’istituzione di misure antidumping sulle importazioni di CFL-i provenienti dalla RPC, il chiarimento della definizione del prodotto dovrebbe avere effetto retroattivo alla data di istituzione dei dazi antidumping definitivi in vigore.

(36)

È opportuno pertanto che i dazi antidumping definitivi corrisposti a norma del regolamento (CE) n. 1470/2001 per le importazioni delle CFL-i nella Comunità siano rimborsati per le importazioni di DC-CFL-i. Il rimborso deve essere richiesto alle autorità doganali nazionali in conformità della normativa doganale nazionale applicabile e fatte salve le risorse proprie della Comunità, segnatamente le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 del Consiglio, del 22 maggio 2000, recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie della Comunità (6),

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il regolamento (CE) n. 1470/2001 è modificato come segue:

1)

L'articolo 1, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

«1.   È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente alternata (comprese le lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente sia alternata che continua), con uno o più tubi di vetro, in cui tutti gli elementi di illuminazione e tutti i componenti elettronici sono fissati al o incorporati nel supporto, classificabili al codice NC ex 8539 31 90 (codice TARIC 85393190*91 fino al 10 settembre 2004 e codice TARIC 85393190*95 a partire dall’11 settembre 2004) e originarie della Repubblica popolare cinese.»

2)

L'articolo 2, paragrafo 1, è sostituito dal seguente:

«1.   Gli importi depositati a titolo di dazio antidumping provvisorio a norma del regolamento (CE) n. 255/2001 sulle importazioni di lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente alternata (comprese le lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente sia alternata che continua), con uno o più tubi di vetro, in cui tutti gli elementi di illuminazione e tutti i componenti elettronici sono fissati al o incorporati nel supporto, originarie della Repubblica popolare cinese sono riscossi in ragione dell'aliquota del dazio istituito in via definitiva. Gli importi depositati a titolo di dazio provvisorio a norma del regolamento (CE) n. 255/2001 applicabile alle importazioni di prodotti fabbricati da Zhejiang Sunlight Group Co., Ltd sono riscossi in ragione dell'aliquota del dazio istituito in via definitiva applicabile alle importazioni di prodotti fabbricati da Zhejiang Yankon Group Co., Ltd (codice addizionale Taric A241).»

Articolo 2

L'articolo 1, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 866/2005 è sostituito dal seguente:

«1.   Il dazio antidumping definitivo del 66,1 %, istituito con il regolamento (CE) n. 1470/2001 sulle importazioni di lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente alternata (comprese le lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente sia alternata che continua), con uno o più tubi di vetro, in cui tutti gli elementi di illuminazione e tutti i componenti elettronici sono fissati al o incorporati nel supporto, classificabili al codice NC ex 8539 31 90 (codice TARIC 85393190*91 fino al 10 settembre 2004 e codice TARIC 85393190*95 a partire dall’11 settembre 2004) e originarie della Repubblica popolare cinese, è esteso alle lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente alternata (comprese le lampade fluorescenti compatte elettroniche a scarica funzionanti a corrente sia alternata che continua), con uno o più tubi di vetro, in cui tutti gli elementi di illuminazione e tutti i componenti elettronici sono fissati al o incorporati nel supporto, spedite dal Vietnam, dal Pakistan o dalle Filippine indipendentemente dal fatto che siano dichiarate o meno originarie del Vietnam, del Pakistan o delle Filippine (codice TARIC 85393190*92).»

Articolo 3

1.   Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 9 febbraio 2001.

2.   Qualsiasi rimborso di dazi antidumping corrisposti a norma del regolamento (CE) n. 1470/2001 fra il 9 febbraio 2001 e la data di entrata in vigore del presente regolamento non pregiudica le disposizioni di cui al regolamento (CE, Euratom) n. 1150/2000 recante applicazione della decisione 94/728/CE, Euratom, in particolare l’articolo 7.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 1o settembre 2006.

Per il Consiglio

Il presidente

E. TUOMIOJA


(1)  GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 (GU L 340 del 23.12.2005, pag. 17).

(2)  GU L 195 del 19.7.2001, pag. 8.

(3)  GU L 145 del 9.6.2005, pag. 1.

(4)  GU C 301 del 7.12.2004, pag. 2.

(5)  GU L 38 dell’8.2.2001, pag. 8.

(6)  GU L 130 del 31.5.2000, pag. 1.


7.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 244/6


REGOLAMENTO (CE) N. 1323/2006 DELLA COMMISSIONE

del 6 settembre 2006

recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 3223/94 della Commissione, del 21 dicembre 1994, recante modalità di applicazione del regime di importazione degli ortofrutticoli (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1,

considerando quanto segue:

(1)

Il regolamento (CE) n. 3223/94 prevede, in applicazione dei risultati dei negoziati commerciali multilaterali nel quadro dell'Uruguay Round, i criteri in base ai quali la Commissione fissa i valori forfettari all'importazione dai paesi terzi, per i prodotti e per i periodi precisati nell'allegato.

(2)

In applicazione di tali criteri, i valori forfettari all'importazione devono essere fissati ai livelli figuranti nell'allegato del presente regolamento,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

I valori forfettari all'importazione di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 3223/94 sono fissati nella tabella riportata nell'allegato.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il 7 settembre 2006.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 6 settembre 2006.

Per la Commissione

Jean-Luc DEMARTY

Direttore generale dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale


(1)  GU L 337 del 24.12.1994, pag. 66. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 386/2005 (GU L 62 del 9.3.2005, pag. 3).


ALLEGATO

al regolamento della Commissione, del 6 settembre 2006, recante fissazione dei valori forfettari all'importazione ai fini della determinazione del prezzo di entrata di alcuni ortofrutticoli

(EUR/100 kg)

Codice NC

Codice paesi terzi (1)

Valore forfettario all'importazione

0702 00 00

052

83,4

999

83,4

0707 00 05

052

85,3

999

85,3

0709 90 70

052

85,1

999

85,1

0805 50 10

388

63,0

524

47,9

528

58,0

999

56,3

0806 10 10

052

74,7

220

178,5

400

181,8

624

105,2

999

135,1

0808 10 80

388

87,1

400

95,4

508

80,5

512

100,7

528

59,3

720

81,1

800

174,2

804

107,2

999

98,2

0808 20 50

052

105,7

388

91,7

720

88,3

999

95,2

0809 30 10, 0809 30 90

052

114,3

999

114,3

0809 40 05

052

70,3

066

44,7

098

41,6

624

150,5

999

76,8


(1)  Nomenclatura dei paesi stabilita dal regolamento (CE) n. 750/2005 della Commissione (GU L 126 del 19.5.2005, pag. 12). Il codice «999» rappresenta le «altre origini».


II Atti per i quali la pubblicazione non è una condizione di applicabilità

Commissione

7.9.2006   

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L 244/8


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 16 marzo 2005

relativa all’aiuto di stato che l’Italia — Regione Lazio — intende concedere per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra

[notificata con il numero C(2005) 587]

(Il testo in italiano è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/598/CE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l’articolo 88, paragrafo 2, primo trattino,

visto l’accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l’articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato le parti interessate a presentare le proprie osservazioni ai sensi di tali articoli (1) e viste dette osservazioni,

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Con decisione del 13 maggio 2003, notificata all’Italia tramite lettera di pari data, la Commissione decideva di avviare il procedimento d’indagine di cui all’articolo 88, paragrafo 2, sull’aiuto in oggetto, invitando l’Italia e tutte le parti interessate a presentare osservazioni (2).

(2)

L’Italia rispondeva il 23 luglio 2003.

(3)

L’ACEA SpA (in prosieguo «ACEA»), destinataria dell’aiuto, rispondeva l’8 settembre 2003. Il 15 settembre 2003 detta risposta, insieme a numerose altre richieste, veniva inviata all’Italia perché presentasse osservazioni. Le richieste riguardavano:

una copia del patto azionario iniziale tra ACEA ed Electrabel per la costituzione dell’AEP;

le condizioni per il trasferimento delle attività dell’ACEA all’AEP, in particolare se si fosse tenuto conto della misura in esame;

le attività dell’ACEA sulle quali sarebbe gravato il recupero.

(4)

L’Italia rispondeva inizialmente il 18 marzo 2004 e poi il 29 aprile 2004.

II.   DESCRIZIONE DELL’AIUTO

(5)

L’aiuto riguardava inizialmente due progetti di risparmio energetico: finanziati dalla regione Lazio, una rete di teleriscaldamento e una centrale eolica. Entrambi i progetti sono stati dichiarati compatibili, ma si decise di avviare sul primo progetto il procedimento a norma dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, in base alla giurisprudenza «Deggendorf» (3). Il progetto riguarda una rete di teleriscaldamento nel comprensorio Torrino Mezzocamino, vicino a Roma. La rete sarà alimentata dall’energia prodotta da un impianto di cogenerazione, oggetto di parziale ripotenziamento e conversione, che fornirà il riscaldamento ad un nuovo quartiere. Due altri quartieri vicino a Roma — Torrino Sud e Mostacciano — sono già collegati alla centrale di cogenerazione di energia elettrica mediante una rete di teleriscaldamento. Il nuovo progetto rappresenta un ampliamento della rete, le cui condutture avranno un’estensione di 14 km.

(6)

I costi di investimento per tale progetto ammontano a EUR 9 500 000. Essi si limitano all’ammontare dell’investimento inerente al sistema di teledistribuzione, esclusa la turbina ripotenziata. L’importo dell’aiuto è di EUR 3 800 000.

(7)

La base legale della misura è costituita dalla Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 4556 del 6 agosto 1999 con cui sono stati selezionati dei progetti da finanziare con la «carbon tax». La misura è appunto finanziata con i proventi della «carbon tax», istituita dall’articolo 8 della legge finanziaria approvata il 23 dicembre 1998 (legge n. 448/98). Con decreto n. 337 del Ministro dell’Ambiente, del 20 luglio 2000, sono stati approvati i criteri e le modalità che la regione deve osservare per l’utilizzo delle risorse raccolte tramite detta tassa.

III.   DESTINATARI DELL’AIUTO

(8)

L’impresa destinataria dell’aiuto era ACEA l’ex-azienda municipalizzata di Roma. Dopo una serie di riorganizzazioni che avevano coinvolto numerose altre imprese, tra cui l’Electrabel, destinataria è ora un’impresa diversa, l’AceaElectrabel Produzione (AEP). L’AEP è controllata al 50 % da Electrabel Italia e al 50 % dall’AceaElectrabel. La prima è controllata al 100 % dall’Electrabel (Belgio). La seconda è controllata al 40,59 % dall’Electrabel Italia, e al 59,41 % dall’ACEA.

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IV.   MOTIVI DELL’AVVIO DEL PROCEDIMENTO DI CUI ALL’ARTICOLO 88, PARAGRAFO 2

(9)

La Commissione ha ritenuto (4) che il progetto in esame fosse conforme alle disposizioni della disciplina per la tutela dell’ambiente. La Commissione ha tuttavia espresso dei dubbi ed ha deciso di avviare il procedimento d’indagine, in quanto riteneva che si dovessero applicare i principi e i criteri enunciati dalla Corte nella giurisprudenza relativa alla causa «Deggendorf».

(10)

È infatti emerso che il beneficiario, ACEA, era una delle cosiddette aziende municipalizzate (aziende di servizi pubblici facenti capo ad enti amministrativi pubblici locali) del settore energetico che avevano beneficiato dei regimi di aiuto esaminati nella decisione 2003/193/CE della Commissione del 5 giugno 2002 (5) sugli aiuti di Stato sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico. Benché tale decisione riguardi solo i regimi di aiuto in quanto tali e non si occupi della situazione dei singoli beneficiari, almeno uno di quei regimi era destinato a tutte le imprese che rispondessero a determinate condizioni e all’epoca l’ACEA soddisfaceva dette condizioni.

(11)

La Commissione, nella decisione 2003/193/CE, ha dichiarato che siffatti regimi non notificati sono incompatibili e illegittimi ed ha imposto, all’articolo 3, allo Stato italiano di recuperare gli importi eventualmente erogati nel quadro dei regimi suddetti. L’ACEA ha impugnato tale decisione dinanzi al Tribunale di primo grado (6) adducendo in tale sede di aver beneficiato dal regime in questione. Le relazioni finanziarie dell’ACEA fanno esplicito riferimento al rischio di un recupero, come ad esempio la relazione semestrale del settembre 2004 (7).

(12)

In seguito a due solleciti inviati dalla Commissione alle autorità italiane per ricordare loro l’obbligo di recuperare detti importi, le autorità italiane hanno informato la Commissione che, dopo più di due anni dall’adozione della decisione 2003/193/CE, stanno ancora cercando di adempiere l’obbligo di recupero ad esse incombente mediante l’adozione e l’attuazione degli opportuni provvedimenti amministrativi. Tra l’altro non hanno chiarito se siano già state recuperate le somme di cui ha beneficiato l’ACEA. Sulla base delle informazioni riportate sopra si dovrebbe pertanto concludere che l’ACEA ha ricevuto, e non ancora restituito, aiuti nell’ambito dei regimi incompatibili valutati nel caso oggetto della decisione 2003/193/CE.

(13)

La Commissione ha perciò ritenuto di non poter determinare l’importo dell’aiuto che ACEA ha già ricevuto e che deve restituire.

(14)

La Commissione ha d’altra parte ritenuto di non poter valutare l’effetto cumulativo del «vecchio» e del «nuovo» aiuto e del suo probabile impatto distorsivo sul mercato comune.

V.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA E DEI TERZI INTERESSATI

1.1.   Osservazioni dell’Italia

(15)

Le argomentazioni delle autorità italiane sono riportate ai punti 16 a 27.

(16)

L’Italia ha sollevato la questione dell’identità dei destinatari, che è mutata dalla decisione della Commissione di avviare il procedimento. L’Italia fa, anzi, notare che il destinatario dell’aiuto è mutato addirittura prima di tale data. L’Italia, ad ogni buon conto, ammette che la Commissione non era stata informata di tale circostanza prima della decisione di avviare il procedimento. Il mutamento del destinatario avrebbe come conseguenza che la giurisprudenza Deggendorf non sarebbe applicabile e che il presente procedimento sarebbe privo di oggetto.

(17)

L’Italia contesta che tale misura rappresenti un aiuto, in quanto si tratta di un progetto locale che non incide sugli scambi; inoltre, posto che il riscaldamento non è commerciabile, e che non può essere considerato un sostituto di altre fonti di energia, la concorrenza non ne sarebbe falsata.

(18)

L’Italia contesta poi l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf con gli argomenti di cui ai punti da 19 a 23.

(19)

L’Italia sostiene che la giurisprudenza Deggendorf non va applicata all’aiuto in esame, data la diversa origine dello stesso. L’aiuto in esame è regionale (l’autorità che lo concede è la regione Lazio), mentre quello concesso alle municipalizzate era un aiuto nazionale.

(20)

L’Italia afferma che non vi è un’identità assoluta dei destinatari. La giurisprudenza Deggendorf andrebbe applicata solo ai casi individuali e non ai regimi di aiuto.

(21)

L’Italia sostiene che la giurisprudenza Deggendorf dovrebbe applicarsi unicamente allorché le decisioni siano definitive, mentre la decisione della Commissione non lo è, in quanto è pendente un ricorso contro la stessa. L’Italia afferma che la Commissione non può esercitare una siffatta pressione sulle politiche degli Stati membri prima che siano stati esauriti tutti i mezzi di tutela previsti dal trattato.

(22)

L’Italia sostiene che la Commissione fa un uso della giurisprudenza Deggendorf troppo esteso e osserva che una possibile conseguenza potrebbe essere la cessazione delle notifiche da parte degli Stati membri.

(23)

Mette infine l’accento su altri due aspetti del progetto in esame che non farebbero propendere per l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf: a) gli obiettivi di risparmio energetico del progetto sono in linea con le politiche della Commissione e comunitarie; b) l’ACEA sarebbe penalizzata rispetto alle altre municipalizzate e la Commissione eserciterebbe pressioni su un soggetto singolo con mezzi illegittimi.

(24)

In risposta alle domande della Commissione l’Italia presenta le osservazioni di cui ai punti da 25 a 27.

(25)

Il patto azionario iniziale mostra che l’AEP è soggetta ad un duplice controllo, dell’ACEA e dell’Electrabel.

(26)

Nell’accordo di joint venture non si è tenuto conto del progetto in esame né della decisione di recupero.

(27)

L’ACEA ha varie attività e non è possibile stabilire su quali di esse graverà il recupero dell’aiuto.

1.2.   Osservazioni di terzi

(28)

L’ACEA, destinataria dell’aiuto, ha fatto numerose osservazioni che, in grandissima parte, sono identiche a quelle presentate dall’Italia. Essa aggiunge, comunque, tre osservazioni che riguardano più specificamente l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf.

(29)

Il primo argomento aggiuntivo dell’ACEA è che nella fattispecie in esame, diversamente dal caso Deggendorf, non sussistono elementi di gravità e di urgenza per procedere al recupero, ed il tempo trascorso dall’adozione della decisione sull’aiuto illegittimo non è elevato.

(30)

Il secondo argomento dell’ACEA mette in rilievo il fatto che, ancora una volta a differenza del caso Deggendorf, all’ACEA non è attribuibile alcuna responsabilità o condotta contrarie al recupero; al contrario, l’ACEA si dichiara disposta alla restituzione e chiarisce che il ritardo non dipende da essa.

(31)

Con il terzo argomento aggiuntivo l’ACEA lamenta che la Commissione non applica coerentemente la giurisprudenza Deggendorf. L’ACEA richiama la decisione della Commissione 1998/466/CE (8) relativa alla Société française de production (in prosieguo «SFP»), dove è citata una precedente decisione negativa riguardante lo stesso beneficiario, senza che si sia applicata la giurisprudenza Deggendorf.

VI.   VALUTAZIONE

(32)

Nel valutare la fattispecie si esaminerà anzitutto se la misura di cui trattasi sia un aiuto e se esso possa ritenersi compatibile a norma del trattato.

(33)

In secondo luogo si dovrà determinare l’identità del destinatario e valutare l’applicabilità della giurisprudenza Deggendorf.

1.1.   Sussistenza dell’aiuto

(34)

Numerose osservazioni da parte dell’Italia e dell’ACEA riguardano il fatto che la Commissione qualifichi il progetto come aiuto.

(35)

Il progetto è finanziato tramite risorse provenienti dal bilancio del governo regionale e derivanti, più precisamente, dai proventi della «carbon tax», istituita dalla legge finanziaria per l’anno 1999. La prima condizione per la sussistenza di un aiuto è soddisfatta.

(36)

La misura è selettiva, in quanto va a vantaggio di una sola impresa, inizialmente ACEA ed ora AEP. La seconda condizione per la sussistenza di un aiuto è soddisfatta.

(37)

Per quanto riguarda l’incidenza sugli scambi, la decisione di avvio del procedimento recita al punto 3.1: «Il calore non è oggetto di scambio, ma può sostituire altri prodotti energetici primari o secondari, che di per sé sono oggetto di scambio».

(38)

Ne sono conferma altre decisioni della Commissione, ad esempio nel caso Italia, Regione Piemonte, Aiuto per la riduzione delle emissioni inquinanti [N614/02 (9)], dove si dichiara che un progetto di teleriscaldamento «consentirà alle famiglie di sostituire il calore ad altre fonti primarie o secondarie di energia quali il petrolio o l’elettricità, che sono oggetto di scambio tra gli Stati membri».

(39)

Lo scopo del teleriscaldamento è quello di sostituirsi al riscaldamento individuale delle abitazioni di un intero quartiere. In altri termini il riscaldamento fornito tramite il generatore di calore del teleriscaldamento sostituisce il calore delle piccole caldaie, che a loro volta sono alimentate da altre fonti energetiche, quali il petrolio, il gas, o l’elettricità. Petrolio, gas ed elettricità sono oggetto di scambio tra gli Stati membri. Vi è un effetto sostitutivo, per cui il progetto in esame incide sugli scambi. In ogni caso, sia ACEA che Electrabel sono imprese attive in molti settori, in particolare energia e produzione di elettricità, in cui vi è commercio intracomunitario. La terza condizione per l’esistenza di un aiuto è soddisfatta.

(40)

Infine la misura falsa la concorrenza, in quanto favorisce un’impresa, la cui posizione può risultare rafforzata sul mercato globale dell’energia, portando così ad un mutamento nelle condizioni di mercato. L’incidenza sugli scambi e le distorsioni della concorrenza prodotte da tale misura risultano in tal modo confermate e compatibili con le conclusioni della Commissione in altri casi (10).

(41)

Tutte e quattro le condizioni per la sussistenza dell’aiuto sono così soddisfatte. La Commissione conclude che il progetto in esame va considerato un aiuto.

1.2.   Compatibilità dell’aiuto

(42)

Quanto alla compatibilità dell’aiuto in esame col regime degli aiuti ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) la Commissione riconosce che il progetto è volto al conseguimento di obiettivi ambientali. In secondo luogo, essa valuta se la misura in esame possa rientrare tra le disposizioni previste dalla disciplina per la tutela dell’ambiente. La Commissione si è in particolare soffermata sui punti 30 e 37.

(43)

Il punto 30 della stessa disciplina stabilisce che «gli investimenti nel settore del risparmio energetico ai sensi del punto 6, sono equiparati agli investimenti per la tutela dell’ambiente. Essi svolgono infatti un ruolo fondamentale al fine di raggiungere, in maniera economica, gli obiettivi comunitari in materia di ambiente. Questi investimenti possono perciò beneficiare di aiuti all’investimento aventi un’intensità di base pari al 40 % dei costi ammissibili».

(44)

Nell’ambito del progetto in esame soltanto l’investimento per il teleriscaldamento, consistente in una rete di distribuzione per il riscaldamento e relativi accessori, è ammissibile ad aiuto. Le autorità regionali del Lazio hanno fornito alla Commissione la documentazione tecnica ed economica attestante che la progettata rete di teleriscaldamento effettivamente consentirebbe notevoli progressi in termini di risparmio energetico rispetto alla situazione attuale — ossia antecedente all’investimento — ceteris paribus. Pertanto il punto 30 della disciplina è applicabile.

(45)

Il punto 37 della disciplina stabilisce che «i costi ammissibili sono rigorosamente limitati ai costi d’investimento supplementari (sovraccosti) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale».

(46)

L’investimento di riferimento è pari a zero dato che l’alternativa è costituita dal riscaldamento individuale delle abitazioni. Inoltre non vi sono risparmi di costo derivanti dall’estensione della rete. Pertanto la Commissione considera ammissibile l’intero costo dell’investimento. L’aiuto concesso corrisponde ad un’intensità massima lorda del 40 %.

(47)

In termini di costi d’investimento ammissibili e di intensità di aiuto, il progetto di teleriscaldamento, considerato in sé, risulta conforme ai punti 30 e 37 della disciplina.

(48)

In base a tale analisi la Commissione potrebbe dichiarare il progetto, considerato in sé, compatibile con le disposizioni in materia di aiuti di Stato. Nell’adottare tale decisione la Commissione, come d’uopo, ha effettuato un bilanciamento tra gli aspetti ambientali e la politica della concorrenza. Come precisato dal punto 4 della disciplina per la tutela dell’ambiente «la necessità di tenere conto, a lungo termine, delle esigenze ambientali non implica tuttavia che ogni aiuto debba essere autorizzato».

(49)

Accogliere il punto di vista dell’Italia, secondo cui la Commissione avrebbe dovuto approvare il progetto, in quanto volto a conseguire obiettivi ambientali, significherebbe trascurare il fatto che ciò che più rileva per le disposizioni in materia di concorrenza è la modalità con cui si conseguono gli obiettivi. Secondo la giurisprudenza consolidata, nel predisporre le discipline relative alle modalità di esame delle notifiche in materia di aiuti di Stato, la Commissione indica agli Stati membri come conseguire gli obiettivi ambientali con l’impatto minore sulla concorrenza. Comunque, l’obiettivo ambientale dell’aiuto non giustifica una deroga alle regole generali ed ai principi in materia di misure di aiuto di Stato, qualunque sia il loro obiettivo.

1.3.   Identità del destinatario

(50)

Occorre determinare nell’esame della fattispecie l’identità del destinatario dell’aiuto.

(51)

Un gran numero di osservazioni di parte italiana (11) riguarda il mutamento del destinatario, le condizioni che disciplinano il trasferimento del ramo dell’azienda cui spetta realizzare il progetto e il patto azionario iniziale tra ACEA ed Electrabel.

(52)

La Commissione non è stata informata del fatto che il destinatario dell’aiuto era divenuta, prima della decisione di avvio del procedimento, l’AEP. Le autorità italiane hanno comunicato tale circostanza solo nell’ambito del presente procedimento.

(53)

Come sopra ricordato, nella sezione contenente la descrizione del destinatario, l’AEP è diversa dall’ACEA. Si tratta di un’impresa distinta, controllata da ACEA ed Electrabel. Tuttavia la Commissione, nel valutare la materia degli aiuti di Stato, deve andare al di là di elementi puramente formali di distinzione societaria. Come ribadito recentemente dal Tribunale, basandosi su un’ampia giurisprudenza della Corte e del Tribunale stesso (12):

(54)

«Occorre notare che, in base ad una giurisprudenza consolidata, qualora delle unità legali distinti o delle persone legali costituiscano un’unità economica, esse devono essere trattate come un’unica impresa per l’applicazione della disciplina comunitaria in material di concorrenza (vedi, su questo punto, Caso 170/83 Hydrotherm [1984] ECR 2999, paragrafo 11, e, per analogia, Caso T-234/95 DSG c Commissione [2000] ECR II-2603, paragrafo 124). In materia di aiuti di Stato, la questione se vi sia una unità economica appare primariamente in relazione alla questione se vi sia un beneficiario dell’aiuto (vedi, su questo punto, Caso 323/82 Intermills c Commissione [1984] ECR 3809, paragrafi 11 e 12). A questo proposito, è opinione consolidata che la Commissione gode di un’ampia discrezione nel determinare se società che fanno parte di un gruppo debbano essere considerate come un’unità economica oppure come unità legalmente e finanziariamente indipendenti al fine dell’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato (vedi, su questo punto, i casi riuniti T-371/94 e T-394/94 British Airways e altri c Commissione [1998] ECR II-2405, paragrafi 313 e 314, e, per analogia, DSG c Commissione, paragrafo 124).»

(55)

La Commissione deve stabilire se ACEA e una società che fa parte del gruppo ACEA, siano da considerare come un’unità economica. L’analisi della situazione dell’AEP conferma tale circostanza.

(56)

L’ACEA ammette di avere il controllo dell’AEP, congiuntamente all’Electrabel. Essa lo afferma esplicitamente in una delle risposte (13). Ciò è anche confermato dalla relazione finanziaria dell’ACEA, che elenca l’AEP tra le società dell’area di consolidamento. Il fatto che ACEA eserciti il controllo su AEP congiuntamente ad Electrabel e non da sola non è rilevante.

(57)

L’AEP è citata nei resoconti dell’ACEA: a pagina 35 della relazione per il primo semestre 2004 si dice che «in base alla facoltà concessa dall’articolo 37 del decreto legislativo 127/91 sono altresì incluse nell’area di consolidamento le seguenti società sulle quali la capogruppo esercita il controllo congiuntamente con altri soci ed in base ad accordi con essi». L’elenco include l’AEP.

(58)

Il patto azionario iniziale tra l’ACEA ed Electrabel, relativo al trasferimento del ramo aziendale dall’ACEA all’AEP, non fa assolutamente riferimento al progetto. Comunque, è chiaro che AEP ha ereditato il progetto, è divenuta il beneficiario voluto dell’aiuto, in conseguenza di una ristrutturazione all’interno del gruppo ACEA, e svolge alcune delle attività svolte in precedenza da ACEA. Inoltre, l’articolo 4 dell’accordo di conferimento del ramo d’azienda ad AEP (all’epoca denominata Gen.Co) indica che resta escluso dall’accordo l’eventuale contenzioso che potrebbe riguardare il ramo d’azienda stesso e che l’azienda destinataria non risponde in ordine ad alcuna controversia che dovesse sorgere dopo il 1o dicembre 2002 (data dell’accordo) ma i cui fatti generatori si siano verificati prima.

(59)

Un accordo tra due parti non può portare ad un’esenzione da un obbligo di rimborsare un aiuto illegittimo e incompatibile. Se un tale accordo fosse ammesso porterebbe ad un aggiramento sistematico dell’obbligo per le imprese di rimborsare aiuti illegittimi e incompatibili. Inoltre, occorre notare che, al momento in cui l’accordo di conferimento ha avuto effetto, la decisione era già stata adottata, e ACEA l’aveva già impugnata. Gli obblighi imposti ad ACEA erano dunque ben noti, cosicché non si può non escludere un’intenzione di aggirare l’obbligo di restituzione degli aiuti.

(60)

ACEA e AEP devono dunque essere considerate un unico soggetto economico e, nonostante la riorganizzazione interna, il gruppo stesso, inclusa ACEA, deve essere considerato come beneficiario dell’aiuto. Un approccio diverso consentirebbe l’aggiramento delle regole in materia di aiuti di Stato.

1.4.   La giurisprudenza Deggendorf

(61)

Dopo più di due anni dalla decisione 2003/193/CE, l’Italia, lungi dall’aver recuperato l’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile, non ha ancora quantificato gli importi che le municipalizzate devono restituire. Dal 2003, quando il procedimento è stato avviato, la situazione non è quindi cambiata. Si aggiunga che la Commissione ha deciso di presentare ricorso dinanzi alla Corte perché l’Italia non ha ottemperato alla decisione 2003/193/CE (14). Lo sviluppo più recente riguarda l’introduzione nella legge comunitaria per il 2004, non ancora approvata dal Parlamento, di una disposizione contenente i principali orientamenti per il recupero, quali la richiesta alle amministrazioni locali di indicare i possibili destinatari o la richiesta ai destinatari di dichiarare essi stessi l’importo di aiuto percepito.

(62)

La Commissione ritiene pertanto che permanga la stessa situazione che era presente al momento dell’avvio del procedimento. La Commissione conferma di non poter ancora determinare l’importo esatto dell’aiuto di cui l’ACEA ha beneficiato prima dell’aiuto in esame. Né il governo italiano, né l’ACEA hanno fornito elementi che mostrino che, nel caso dell’ACEA, i vantaggi derivanti dal regime considerato incompatibile debbano essere considerati come non costituenti aiuto, o costituenti aiuto esistente, o compatibile per via delle caratteristiche specifiche del beneficiario. Al contrario, a causa del loro ammontare, e per la natura delle attività svolte da ACEA in vari mercati all’epoca della concessione dell’aiuto, tra cui la produzione e la distribuzione di energia e elettricità, i vantaggi conferiti ad ACEA devono essere considerati come aventi un effetto sugli scambi comunitari e distortivi della concorrenza. Inoltre i vantaggi sono considerevoli, in quanto corrispondono all’ammontare dovuto per l’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) per tre anni. Quindi il gruppo ACEA, inclusa AEP, è ancora nella posizione di percettore di aiuti illegittimi e incompatibili, che devono ancora essere restituiti e la distorsione di concorrenza è ancora operante.

(63)

In queste circostante, anche se l’importo esatto del primo aiuto non è determinato, l’effetto cumulativo dei due aiuti all’ACEA ed il loro impatto distorsivo sul mercato comune rendono l’aiuto notificato incompatibile con il mercato comune.

1.5.   Applicazione alla fattispecie della giurisprudenza Deggendorf

(64)

L’Italia e l’ACEA hanno esposto numerosi argomenti in ordine all’applicazione della giurisprudenza Deggendorf alla presente fattispecie.

(65)

Giova ricordare che la giurisprudenza Deggendorf elaborata dalla Corte (15) prevede che la Commissione, in sede di esame della compatibilità di un aiuto, debba tener conto di tutti gli elementi pertinenti ed in particolare dell’effetto cumulativo di un nuovo aiuto e di un aiuto dichiarato incompatibile che non sia ancora stato restituito. Tale giurisprudenza dà la possibilità di sospendere la concessione dell’aiuto compatibile finché non sia stato restituito il precedente aiuto illegittimo e incompatibile.

(66)

È opportuno anzitutto ribadire quanto affermato ai punti 51 a 60, relativamente all’identità del beneficiario. In base alle argomentazioni esposte la Commissione ritiene che AEP faccia parte del gruppo ACEA e che nella fattispecie il destinatario sia sostanzialmente lo stesso.

(67)

Il fatto che nel presente caso si tratti di un aiuto regionale e che l’aiuto relativo alle municipalizzate fosse un aiuto nazionale è irrilevante (16). Per la Commissione tutti gli aiuti sono nazionali, come confermato dal fatto che le autorità nazionali sono i soli interlocutori diretti delle istituzioni comunitarie. Ne è prova il fatto che la misura è stata notificata dall’Italia e che l’Italia è la destinataria della decisione, ai sensi degli articoli 87 e 88 del trattato CE. Le risorse coinvolte, inoltre, sono nazionali, sia che esse siano distribuite dal governo centrale o dall’autorità regionale. Quest’argomento, perciò, deve essere respinto.

(68)

La giurisprudenza Deggendorf si applica in tutti i casi in cui il destinatario di un aiuto non abbia restituito quanto deciso dalla Commissione, a prescindere dal fatto che si tratti di un aiuto individuale o di un regime di aiuti (17). La Commissione ritiene che l’ACEA era compresa tra i destinatari dell’aiuto alle municipalizzate, in quanto almeno parte di quell’aiuto è stato dato a tutte le imprese rientranti in quella categoria, e quindi anche all’ACEA.

(69)

Inoltre nel corso di quel procedimento l’ACEA aveva presentato osservazioni a titolo di terzo interessato a sostegno della compatibilità dei regimi. La Commissione, nella sua decisione, ha dichiarato che siffatti regimi non notificati sono incompatibili ed illegittimi ed ha imposto allo Stato italiano di recuperare gli importi eventualmente erogati nell’ambito dei regimi suddetti (18). L’ACEA ha impugnato tale decisione dinanzi al Tribunale di primo grado (19) adducendo in tale sede di aver tratto beneficio dal regime interessato. Come spiegato sopra, né il governo italiano né l’ACEA hanno fornito alcuna ragione specifica che possa impedire o limitare il recupero nel caso specifico.

(70)

La relazione finanziaria dell’ACEA fa riferimento alla decisione della Commissione e ai rischi finanziari che potrebbero derivarne per il gruppo. Vi si giunge fino a quantificare i probabili importi dell’aiuto che l’Italia dovrebbe recuperare dall’ACEA, quantomeno per gli anni 1998 e 1999, dal momento che per il 1997 l’ACEA dichiarava una perdita (per cui non vi erano benefici in termini di minor imposizione). L’ACEA riporta i probabili importi riferiti al 1998 (EUR 28 milioni) e al 1999 (EUR 290 milioni, a causa di alcune operazioni straordinarie derivanti dagli scorpori societari).

(71)

Contrariamente all’affermazione secondo cui la giurisprudenza Deggendorf dovrebbe applicarsi solo quando la decisione della Commissione è definitiva (ad esempio quando definitivamente confermata da una sentenza della Corte) (20), la Commissione ricorda che le sue decisioni si presumono valide ed hanno effetto immediato, come riconosciuto del resto dall’Italia (21). Ciò è anche in linea con l'articolo 242 del trattato CE, a norma del quale i ricorsi non hanno effetto sospensivo. Va anche ricordato che per la fattispecie in esame non sono state chieste misure provvisorie.

(72)

L’Italia sostiene che l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf costituisce un modo di procedere eccezionale, cui si dovrebbe ricorrere solo come extrema ratio. Opponendosi a tale punto di vista, la Commissione osserva che proprio un controllo effettivo degli aiuti di Stato porterebbe ad un uso costante e immediato della giurisprudenza Deggendorf al fine di assicurare l’efficienza del sistema, il cui scopo è di prendere in considerazione tutti gli aiuti di Stato che sono a disposizione del beneficiario, riducendo le distorsioni della concorrenza e assicurando l’effettiva applicazione delle sue decisioni.

(73)

Contro l’affermazione dell’Italia secondo cui l’applicazione della giurisprudenza Deggendorf determinerebbe una riduzione nel numero di notifiche da parte degli Stati membri (22), la Commissione osserva che la notifica non è facoltativa, ma obbligatoria ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato. Gli aiuti non notificati sono (diventano) illegittimi, ancorché possano essere compatibili.

(74)

Per quanto riguarda l’affermazione dell’Italia secondo cui la Commissione esercita una pressione particolare (23), la Commissione osserva che nella fattispecie in esame si ha una mera applicazione della giurisprudenza esistente. L’ACEA è penalizzata solo nei limiti in cui è destinataria di un altro aiuto.

(75)

Andrebbe poi evidenziato che, in ogni caso, l’ACEA non è particolarmente penalizzata. La Commissione ha approvato (decisione relativa all’aiuto N 614/02 citato al punto 38) numerosi progetti della regione Piemonte. Due dei progetti approvati dovevano essere eseguiti dall’AEM, la municipalizzata di Torino, e dall’ASM, la municipalizzata di Settimo Torinese. Nel caso dell’AEM, si è valutato se dovesse applicarsi la giurisprudenza Deggendorf. Si è concluso per la negativa, in considerazione della regola de minimis, dato che l’importo in questione era di EUR 17 240. Le autorità locali si sono poi assunte l’impegno di verificare che su un periodo di tre anni non ci fosse un cumulo di altri aiuti a titolo di de minimis che eccedesse complessivamente EUR 100 000. In tal caso ci sarebbero stati aiuti che non sarebbero stati erogati proprio in applicazione della giurisprudenza Deggendorf.

(76)

Nel caso dell’ASM la decisione relativa all’aiuto N 614/02 (citata in precedenza ai punti 38 e 75) recita:

«Alla luce della giurisprudenza relativa alla causa Deggendorf (24), le autorità italiane si sono pertanto impegnate a verificare se l’Azienda sviluppo multiservizi SpA e gli altri beneficiari abbiano in effetti usufruito di detti aiuti e, in caso affermativo, a non concedere gli aiuti di Stato in oggetto prima che gli aiuti incompatibili ed illegittimi concessi in precedenza siano stati rimborsati in conformità alla suddetta decisione».

(77)

Infine, il fatto che l’ACEA abbia varie attività e che non sia in grado di stabilire su quali di esse gravi il recupero dell’aiuto (25) è ininfluente nella fattispecie. Sarebbe troppo facile per un’impresa eludere la decisione di recupero semplicemente non chiarendo su quale parte delle sue attività o su quale ramo aziendale debba gravare il recupero.

(78)

Si può invece argomentare che, dal momento che parte dell’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile riguardava una misura fiscale, tutti i rami aziendali dell’ACEA ne hanno beneficiato per il passato. L’aiuto fiscale, essendo un aiuto al funzionamento, non è in quanto tale riconducibile ad una particolare attività dell’impresa. L’aiuto illegittimo e incompatibile riguardava così tutta l’attività economica dell’ACEA, compreso il ramo aziendale trasferito poi all’AEP. Ne consegue che parte di tale aiuto non recuperato può essere attribuito anche all’AEP.

1.6.   Sulle osservazioni dei terzi

(79)

Diversamente da quanto sostenuto dall’ACEA (26) il tempo trascorso da quando è stata presa la decisione di recupero, senza che le autorità italiane si siano veramente attivate per recuperare l’aiuto, è effettivamente lungo. A fine gennaio 2005 l’Italia non aveva ancora approvato le procedure per il recupero. L’articolo 14, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 659/1999 (27) dispone chiaramente che il recupero va effettuato senza indugio. Finora, come accennato sopra, non solo non è stato avviato alcun procedimento di recupero, ma non sono state neppure definite procedure chiare per procedervi.

(80)

La buona volontà dell’ACEA (28) non muta de facto la situazione, che rimane ancora quella di un aiuto non recuperato. Quella in esame — il recupero di un aiuto dichiarato illegittimo — è una questione di fatto, su cui non incide l’atteggiamento assunto dalle parti. Si aggiunga che, al di là di una generica dichiarazione di buona volontà, l’ACEA avrebbe potuto agire per accelerare il recupero, indicando, ad esempio, gli importi interessati e soprattutto costituendo una riserva su un conto bancario bloccato.

(81)

Infine, per quanto riguarda l’asserita incoerenza della Commissione nell’applicazione della giurisprudenza Deggendorf, di cui sarebbe un esempio la decisione 1998/466/CE (29), si deve osservare che tale decisione (30) si fondava su un impegno della Francia a restituire l’aiuto precedente, oggetto di una decisione negativa, per cui la giurisprudenza Deggendorf non era applicabile. La decisione 1998/466/CE stabiliva anche che non potesse essere erogato nessun ulteriore aiuto, salvo che per circostanze eccezionali. Nel 2002 la Commissione ha preso una decisione relativa ad un nuovo intervento delle autorità francesi a favore della SFP, concludendo, però, che tale intervento non costituiva un aiuto. Di conseguenza non c’era motivo per applicare la giurisprudenza Deggendorf.

VII.   CONCLUSIONI

(82)

In base alle considerazioni suesposte la Commissione conclude che l’aiuto per l’importo di EUR 3,8 milioni da concedere alla società AEP per un progetto di teleriscaldamento nei pressi di Roma, considerato in sé, è compatibile con il trattato.

(83)

Il versamento dell’aiuto all’AEP è tuttavia sospeso fino a che l’Italia non produca la prova che l’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile valutato nel caso oggetto della decisione 2003/193/CE è stato restituito dall’ACEA, in applicazione della giurisprudenza Deggendorf,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

1.   L’aiuto che l’Italia intende concedere alla società AEP per un progetto di teleriscaldamento sulla base della Deliberazione della Giunta Regionale del Lazio n. 4556 del 6 agosto 1999 è compatibile con il mercato comune.

2.   L’aiuto di cui al paragrafo 1 non può essere concesso prima che l’Italia abbia fornito la prova che l’ACEA ha restituito l’aiuto dichiarato illegittimo e incompatibile valutato nel caso oggetto della decisione 2003/193/CE, con gli interessi.

Articolo 2

L’Italia comunica alla Commissione, entro due mesi dalla notifica della presente decisione, i provvedimenti adottati per conformarvisi.

Articolo 3

L’Italia è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 16 marzo 2005.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 188 dell’8.8.2003, pag. 8.

(2)  Vedi nota 1.

(3)  Sentenza della Corte del 15 maggio 1997, causa C-355/95 P (Textilwerke Deggendorf GmbH/Commissione delle Comunità europee e Repubblica federale di Germania), Racc. 1997, pag. I-2549.

(4)  Punto 3.4 della decisione di avvio del procedimento C(2003) 1468 def., del 13.5.2003, relativa all’aiuto N 90/2002.

(5)  GU L 77 del 24.3.2003, pag. 21.

(6)  Causa T-297/02 (GU C 289 del 23.11.2002, pag. 37).

(7)  Disponibile sul sito internet dell’ACEA: www.aceaspa.it

(8)  GU L 205 del 22.7.1998, pag. 68.

(9)  GU C 6 del 10.1.2004, pag. 21.

(10)  Nell’aiuto N 707/2002 Olanda — MEP — Diffusione dell’energia rinnovabile, approvato dalla Commissione il 19 marzo 2003 si dice che il regime di aiuti è inteso favorire solo i produttori di energia elettrica rinnovabile e quelli di energia elettrica prodotta tramite cogenerazione che immettono tale energia elettrica nella rete. Il sostegno finanziario fornito a tali gruppi di produttori di energia elettrica avrebbe rafforzato la loro posizione sul mercato globale dell’energia, con possibili mutamenti delle condizioni di mercato. Tale rafforzamento della posizione degli imprenditori interessati rispetto ad altri imprenditori in concorrenza con essi all’interno della Comunità dev’essere considerato come atto a pregiudicare il commercio tra gli Stati membri della Comunità.

(11)  Si vedano il punto 16 e i punti da 25 a 27.

(12)  Sentenza del Tribunale di primo grado del 14 ottobre 2004, causa T-137/02 (Pollmeier Malchow GmbH & Co./Commissione).

(13)  Nota italiana del 29.4.2004.

(14)  Decisione C(2005) 41 del 20.1.2005, (ricorso non ancora presentato), si veda comunicato stampa IP/05/76 del 20.1.2005.

(15)  Vedi nota 3.

(16)  Si veda il punto 19.

(17)  Si veda il punto 20.

(18)  Ai sensi dell’articolo 3 della decisione della Commissione l’Italia deve adottare tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti illegittimi erogati.

(19)  Cfr. nota 6.

(20)  Si veda punto 21.

(21)  Lettera italiana del 23.7.2003, pag. 6.

(22)  Si veda punto 22.

(23)  Si veda punto 23.

(24)  Si veda nota 3.

(25)  Si veda punto 27.

(26)  Si veda punto 29.

(27)  GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1.

(28)  Si veda punto 30.

(29)  Si veda punto 31.

(30)  Si veda in particolare, il terzo paragrafo dell’introduzione.


7.9.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

L 244/17


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 6 aprile 2005

relativa al regime di aiuti di stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore del credito navale

[notificata con il numero C(2005) 844]

(Il testo in lingua italiana è il solo facente fede)

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/599/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 88, paragrafo 2, primo comma,

visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l'articolo 62, paragrafo 1, lettera a),

dopo aver invitato gli interessati a presentare osservazioni conformemente a detti articoli,

considerando quanto segue:

I.   PROCEDIMENTO

(1)

Il 26 novembre 1998 la Commissione ha approvato il Fondo speciale di garanzia per il credito navale istituito ai sensi dell'articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261 e ha considerato che l'intensità di aiuto prevista dal regime ammontasse all’1 %.

(2)

L’articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261 è stato modificato dalla legge 30 novembre 1998, n. 413. Il 16 maggio 2001 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione l'adozione del decreto del ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 14 dicembre 2000, che integra il regime di garanzia, sostenendo che per effetto di tali modificazioni ed integrazioni il regime stesso doveva considerarsi esente da aiuti. La presente decisione riguarda per l’appunto tale notifica.

(3)

Alla notifica ha fatto seguito uno scambio di corrispondenza con le autorità italiane per ottenere ulteriori informazioni. La Commissione ha avuto inoltre numerosi contatti informali con le citate autorità e il relativo consulente esterno, che ha incontrato due volte in tempi diversi.

(4)

Con lettera del 30 aprile 2003, la Commissione ha comunicato alle autorità italiane la decisione di avviare il procedimento di cui all'articolo 88, paragrafo 2, del trattato in relazione al regime notificato.

(5)

La decisione di avviare il procedimento è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea  (1). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni.

(6)

La Commissione non ha ricevuto osservazione da terzi interessati.

(7)

Con lettere del 4 giugno 2003, 22 luglio 2003 e 3 giugno 2004, le autorità italiane hanno presentato osservazioni in risposta alla decisione della Commissione del 30 aprile 2003. Il 27 gennaio 2004 si è tenuto un incontro fra le autorità italiane e la Commissione.

(8)

Con lettera del 3 novembre 2004 le richiamate autorità hanno chiesto alla Commissione di definire la sua posizione sul presente caso. La Commissione ha risposto con lettera del 22 dicembre 2004 e non ha ricevuto altra corrispondenza dalle autorità italiane.

II.   DESCRIZIONE DELL’AIUTO

(9)

Il «Fondo speciale di garanzia per il credito navale» («il Fondo») è stato istituito ai sensi dell'articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261. Con gara d’appalto la gestione finanziaria, amministrativa e tecnica del Fondo è stata aggiudicata a Mediocredito Centrale SpA («Mediocredito»). Il Fondo è destinato alla copertura dei rischi derivanti dalla mancata restituzione di prestiti alla costruzione e trasformazione di navi, concessi da banche a armatori italiani e esteri, per lavori effettuati presso cantieri navali italiani. A tal fine il Fondo concede a detti armatori garanzie end-financing di secondo grado. Le autorità italiane hanno confermato che il Fondo non è ancora operativo e che pertanto non sono state ancora concesse garanzie.

(10)

Il finanziamento deve essere di durata non superiore a 12 anni, di importo non superiore all'80 % del prezzo contrattuale della nave, a un tasso di interesse non inferiore a quello di cui alla risoluzione del consiglio dell'OCSE del 3 agosto 1981, e successive modificazioni, o a tasso di mercato, nei casi in cui il finanziamento non sia assistito da altre agevolazioni pubbliche finalizzate a ridurre gli oneri degli interessi. Inoltre, il finanziamento è garantito da un'ipoteca di primo grado sulla nave che ne è oggetto.

(11)

Il regime prevede la concessione di garanzie agli armatori che siano dichiarati economicamente e finanziariamente sani da Mediocredito in base ai criteri stabiliti nel decreto.

(12)

La garanzia può essere accordata fino al limite del 40 % dell’intero finanziamento e, entro tale limite, può coprire fino al 90 % della perdita definitiva sostenuta dalle banche a titolo di capitale, interesse contrattuale e di mora, a un tasso non superiore al tasso di riferimento in vigore alla data di avvio dell'istanza giudiziale per il recupero del credito, e spese, comprese le spese legali giudiziali e stragiudiziali sostenute.

(13)

Il premio unico (una tantum) applicato ai beneficiari del Fondo è fisso e fu inizialmente fissato all'1,6 % dell’ammontare garantito, indipendentemente dalla durata del prestito garantito. Le autorità italiane hanno successivamente informato la Commissione dell’intenzione di rideterminare tale premio unico portandolo a un massimo del 2,3 % dell'importo garantito per operazioni della durata di 12 anni (diminuendolo proporzionalmente per i prestiti di durata inferiore). Il premio unico del 2,3 % corrisponde ad un premio annuo dello 0,5 % sull'importo garantito non rimborsato di un prestito di 12 anni.

(14)

Le autorità italiane hanno considerato di introdurre un meccanismo di differenziazione del rischio in base al quale a progetti diversi si applicano premi diversi a seconda del rischio ad essi inerente. Il sistema è stato tuttavia soltanto descritto per sommi capi e alla Commissione non è pervenuto altro dettaglio o informazione sul suo funzionamento.

III.   MOTIVAZIONI PER L’AVVIO DEL PROCEDIMENTO

(15)

Nella decisione di avviare il procedimento, la Commissione dubitava che il Fondo italiano di garanzia per il credito navale rispettasse tutte le condizioni di cui al punto 4.3 della comunicazione dell'11 marzo 2000 sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie («comunicazione sulle garanzie») (2), condizioni che consentirebbero di escludere la sussistenza di aiuti.

(16)

La Commissione si chiedeva anche se un regime di garanzie concesse dallo Stato, che esige lo stesso premio da tutti i destinatari, a prescindere dai rischi individuali del progetto finanziato e opera in un settore per il quale esiste un mercato disposto a offrire tali garanzie, possa essere considerato verosimilmente in grado di autofinanziarsi.

(17)

Inoltre la Commissione dubitava che i premi corrisposti dai beneficiari fossero conformi al mercato e, in ogni caso, sufficienti per coprire tutti i costi del regime.

(18)

Da ultimo, la Commissione non poteva escludere che una percentuale pari unicamente al 10 % della parte più rischiosa del prestito potesse risultare insufficiente a garantire che il mutuante valuti correttamente l'affidabilità creditizia del mutuatario e minimizzi i rischi connessi all'operazione.

IV.   OSSERVAZIONI DELL’ITALIA

(19)

Secondo le autorità italiane il Fondo non implica aiuti per i seguenti motivi:

i)

i criteri previsti dal Fondo per l’assegnazione della garanzia permettono di selezionare soltanto armatori rispondenti ad elevati criteri economici con una rischiosità inferiore alla media; l’appartenenza dei beneficiari a classi di rischio analoghe sembra rendere non necessaria una sostanziale diversificazione dei premi;

ii)

l’indagine campionaria svolta presso diversi istituti di credito che operano in Italia ha condotto alla stima di un costo medio di mercato per garanzie analoghe sostanzialmente equivalente a quello previsto dalle autorità italiane.

(20)

In seguito, con lettera del 3 giugno 2004, le autorità italiane hanno manifestato piena disponibilità a introdurre un sistema di premi diversificato in base alla rischiosità dei progetti finanziati. Il sistema assume come punto di partenza il premio iniziale dello 0,5 % annuo. In sostanza, i premi varierebbero in base alla durata del finanziamento e alla rischiosità dei progetti beneficiari. Sarebbero contemplati tre livelli di rating. Per un finanziamento della durata di 12 anni, il premio unico proposto ai beneficiari sarebbe pari al 2,065 % per la categoria di rischio più bassa, al 2,603 % per la categoria di rischio media e al 3,142 % per il livello di rischio più elevato. Il che corrisponderebbe a un tasso annuo pari allo 0,4563 % dell’importo garantito per i progetti meno rischiosi ed allo 0,6562 % per quelli più rischiosi.

(21)

Le autorità individuerebbero diverse fasce di valori in base a sei parametri economico-finanziari da valutare ogni qualvolta un potenziale beneficiario chieda di essere ammesso al regime. A seconda della sua efficienza complessiva rispetto a questi parametri, il richiedente rientrerebbe in una delle tre categorie di rischio. In ogni modo, il sistema non è mai stato perfezionato né le autorità italiane hanno più provveduto a fornire nuovi dettagli pratici sul suo funzionamento.

V.   VALUTAZIONE

1)   Sussistenza dell’aiuto ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato

(22)

Secondo l’articolo 87, paragrafo 1, del trattato sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, che favorendo talune imprese falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

(23)

La misura da valutare consiste in un fondo di garanzia destinato a fornire coperture per il finanziamento di prestiti concessi dalle banche agli armatori, per la costruzione o la trasformazione di navi presso cantieri navali italiani. La Commissione ha illustrato il suo orientamento riguardo a tali misure nella comunicazione sull'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie («comunicazione sulle garanzie») (3).

(24)

La comunicazione sulle garanzie spiega per quale motivi una garanzia di Stato può costituire un aiuto di Stato: «La garanzia statale consente al mutuatario di ottenere per il prestito condizioni migliori di quelle conseguibili in genere sui mercati finanziari. Grazie alla garanzia statale il mutuatario ha di norma la possibilità di ottenere tassi ridotti o di offrire coperture minori. Senza la garanzia statale egli talvolta non sarebbe in grado di trovare un istituto finanziario disposto a concedergli un prestito ad alcuna condizione. (…) Il beneficio derivante dalla garanzia statale risiede nel fatto che il relativo rischio viene assunto dallo Stato. Tale assunzione del rischio dovrebbe in linea di principio essere remunerata con un adeguato corrispettivo. L'eventuale rinuncia al corrispettivo stesso comporta una perdita di risorse per lo Stato e nel contempo un beneficio per l'impresa. Di conseguenza un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, può comunque sussistere anche nei casi in cui non venga effettuato alcun versamento in esecuzione della garanzia prestata» (4).

a)   Vantaggio economico

(25)

Nella fattispecie si tratta precipuamente di stabilire se i premi proposti per la garanzia corrispondono ad un adeguato prezzo di mercato. Dai principi generali sul controllo degli aiuti di Stato e dalle richiamate disposizioni discende il principio cui si informa la comunicazione sulle garanzie: il punto di riferimento per valutare se una garanzia è esente da aiuti di Stato è il mercato. In effetti, se lo Stato ottiene un corrispettivo per la garanzia equivalente a quello che otterrebbe un operatore privato da beneficiari analoghi, il beneficiario non godrebbe di alcun vantaggio e lo Stato agirebbe come un investitore o un creditore privato che opera sul mercato finanziario. Se, al contrario, il prezzo pagato dai beneficiari e le condizioni applicate alle garanzie sono più favorevoli del prezzo e delle condizioni di mercato, allora sussiste un chiaro vantaggio economico per i beneficiari e quindi (se ricorrono le altre condizioni) un aiuto di Stato ai sensi del trattato.

(26)

La comunicazione sulle garanzie stabilisce, al punto 4.3, sei condizioni in base alle quali la Commissione può determinare se un regime di garanzie statali costituisca un aiuto di Stato. Pertanto, la Commissione deve innanzitutto valutare se il regime notificato soddisfa tali condizioni, in quanto ciò consentirebbe di escludere immediatamente la presenza di elementi di aiuto.

(27)

Secondo il punto 4.3, i regimi di garanzia statale non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

a)

il regime non consente la concessione di garanzie a mutuatari che si trovino in difficoltà finanziarie;

b)

il mutuatario, in linea di principio, è in grado di ottenere sui mercati finanziari un prestito a condizioni di mercato senza alcun intervento da parte dello Stato;

c)

le garanzie sono connesse ad un'operazione finanziaria specifica, sono circoscritte a un importo massimo predeterminato, non assistono più dell'80 % del prestito (o di un'altra obbligazione pecuniaria) in essere (salvo che si tratti di titoli obbligazionari o titoli analoghi) e non sono prorogabili;

d)

le modalità del regime sono basate su una valutazione realistica del rischio, in modo che i corrispettivi pagati dalle imprese beneficiarie consentono, con ogni probabilità, l'autofinanziamento del regime stesso;

e)

il regime prevede le condizioni alle quali verranno prestate le garanzie future nonché una dotazione finanziaria globale, soggetta a revisione con periodicità quanto meno annuale;

f)

i corrispettivi coprono sia i normali rischi inerenti alla concessione della garanzia sia le spese amministrative del regime nonché — ove lo Stato apporti fondi iniziali per l'avvio del sistema — la normale remunerazione del capitale.

(28)

La Commissione osserva che nel caso presente ricorrono le condizioni di cui alle lettere a), b), c) ed e), e non già quelle di cui alle lettere d) e f) in quanto il rischio assunto dallo Stato non è remunerato con un adeguato corrispettivo.

(29)

Ai sensi del punto 4.3, lettere d) e f) della comunicazione, le modalità del regime devono essere basate su una valutazione realistica del rischio in modo che il sistema sia verosimilmente in grado di autofinanziarsi, e i corrispettivi raccolti siano sufficienti per coprire i normali rischi inerenti alla concessione della garanzia e le spese amministrative del regime (nonché, quando lo Stato apporta i fondi iniziali per l'avvio del sistema, la normale remunerazione del capitale). L’Italia non è stata in grado di dimostrare alla Commissione che i premi previsti dal regime possono garantire l'autofinanziamento dello stesso e coprire tutte le spese amministrative.

i)   Inadeguatezza dei premi proposti

(30)

Gli istituti di credito attivi sul mercato finanziario richiederebbero premi più elevati per garanzie di questo tipo dato che un premio unico del 2,3 % appare insufficiente a garantire, con ogni probabilità, la copertura di tutti i costi inerenti a eventuali inadempimenti, nonché le spese amministrative. Lo stesso vale per la fascia di premi dal 2,065 % al 2,603 % riportata nella lettera del 3 giugno 2004.

(31)

Le autorità italiane non hanno avuto in passato regimi analoghi di garanzia statale e pertanto non dispongono di dati storici o empirici affidabili (grado di inadempimento del settore, introiti del regime, spese amministrative reali per la sua gestione) sulla cui base poter dimostrare l’autofinanziamento del regime.

(32)

Secondo le autorità italiane il premio proposto è derivato da un valore di riferimento di mercato analogo e deve quindi considerarsi adeguato. Ciò tuttavia non trova riscontro nelle informazioni di cui dispone la Commissione.

(33)

Anzitutto le stesse autorità italiane affermano, con lettera del 7 ottobre 1998, che la commissione media di mercato per il rilascio di una garanzia fidejussoria è, a loro avviso, dello 0,915 % annuo. Tale valore è di lungi superiore al costo annuo corrispondente al premio unico previsto dalle autorità italiane in origine e dei premi previsti nella lettera del 3 giugno 2004.

(34)

In secondo luogo, l’inadeguatezza del premio previsto trova conferma in dati più recenti forniti anch’essi dalle autorità italiane. Nel 2003 queste hanno infatti promosso un’indagine campionaria al fine di stimare la commissione media di mercato che gli istituti di credito applicherebbero per garanzie analoghe. Dalle lettere delle banche italiane trasmesse alla Commissione, risulta che tutti gli istituti interpellati applicherebbero di fatto premi superiori allo 0,5 % annuo ovvero una fascia di premi superiore a quella proposta dall’Italia nella lettera del 3 giugno 2004. I premi proposti dalle banche sono i seguenti:

Banca CARIGE

da 0,50 % a 0,75 % annuo

BNL

circa 0,60 % annuo

Unicredit

0,60 % annuo

Citigroup

0,60 % annuo

Deutsche Bank

da 0,70 % a 0,80 % annuo

ABN Amro

da 0,70 % a 0,75 % annuo

Banca Intesa

circa 0,75 % annuo

Banca di Roma

da 0,75 % a 1,25 % annuo

(35)

In terzo luogo, l’inadeguatezza del premio proposto trova ulteriore conferma nell’esperienza maturata dalla Commissione nell’esame dei regimi tedeschi di garanzia per il credito navale che, diversamente dal Fondo italiano, sono operativi da diversi anni. Nel dicembre 2003 la Commissione ha approvato i regimi di garanzia dei Länder tedeschi [aiuto di Stato n. N 512/03 (5)] in quanto le misure notificate non costituivano aiuto di Stato ai sensi del trattato.

(36)

In effetti il caso tedesco ha dimostrato che sono necessari premi più elevati per garantire la copertura, con ogni probabilità, del rischio di inadempimento (e delle spese amministrative): i regimi tedeschi comportavano premi annui dallo 0,8 % all’1,5 %, a seconda dell’affidabilità creditizia del beneficiario.

(37)

Posto che i regimi tedeschi ed il regime italiano sono sostanzialmente simili e suscitano problemi analoghi, la Commissione ha suggerito alle autorità italiane di effettuare un’attenta disamina dei contenuti della decisione sui regimi dei Länder tedeschi soprattutto perché, come si è già detto, i Länder disponevano già in passato di diversi regimi di garanzia statale per il credito navale. Mentre le autorità italiane non sono state in grado di presentare nessun elemento di prova per dimostrare che il regime potesse con ogni probabilità autofinanziarsi, le autorità tedesche hanno invece fornito una notevole quantità di dati storici affidabili a sostegno delle loro stime (6).

(38)

Per questo, la Commissione ha inviato all'Italia una versione non riservata della decisione sui regimi tedeschi dei Länder tedeschi. Inoltre, in seguito alla richiesta dell’Italia volta ad ottenere informazioni più complete e dettagliate, provenienti se possibile direttamente dalle autorità tedesche, la Commissione ha trasmesso alle autorità italiane e al loro consulente esterno i dati necessari per contattare le competenti autorità tedesche ed il relativo consulente.

ii)   Mancanza di diversificazione del rischio

(39)

La Commissione ritiene inoltre che il Fondo non sia basato su una valutazione realistica del rischio e che, pertanto, esso non sia in grado di autofinanziarsi con ogni probabilità.

(40)

Le informazioni di cui la Commissione dispone mostrano che il credito navale è un settore nel quale è possibile valutare i rischi individuali e calcolarne il costo e che esiste un mercato per la concessione di garanzie end-financing per il credito navale che funziona correttamente. Pertanto, un regime di garanzie al credito navale che preveda lo stesso premio per tutti i beneficiari, ammesso che funzioni in base alle stesse condizioni e restrizioni degli altri operatori del mercato, non appare verosimilmente in grado di autofinanziarsi. È infatti sempre possibile per i beneficiari con una rischiosità inferiore alla media trovare un garante disposto a coprire l’esposizione al rischio a un costo minore del premio medio. A meno di essere obbligatorio, il regime di garanzie offerto dalle autorità pubbliche è destinato a coprire soltanto rischiosità superiori alla media, e non appare pertanto in grado di autofinanziarsi adeguatamente.

(41)

Le informazioni fornite indicano che il regime di garanzie al credito navale istituito dall'Italia prevede un premio predeterminato e che l'utilizzazione del sistema non è obbligatoria. Allo stesso tempo, le informazioni fornite dall’Italia confermano che è possibile valutare il rischio individuale (e che un mercato per la concessione di tali garanzie esiste). Date queste premesse, non è possibile ritenere che il sistema di garanzie a premio unico in oggetto sia in grado di autofinanziarsi «con ogni probabilità».

(42)

Come già detto, nella lettera del 3 giugno 2004 le autorità italiane hanno manifestato la disponibilità a introdurre un sistema in base al quale a progetti diversi caratterizzati da rischiosità diversa si applicano premi diversi. Tale disponibilità non si è tuttavia tradotta in alcuna proposta concreta. Il nuovo sistema è descritto per sommi capi nella lettera ma da allora non sono pervenuti altri dettagli né informazioni sul suo funzionamento, sebbene le autorità italiane fossero al corrente dell’importanza fondamentale rivestita da questo aspetto ai fini della decisione della Commissione.

(43)

In ogni modo, anche dovendo considerare che tale sistema sia in grado di garantire una valutazione realistica del rischio, basterebbe l’esiguità dei premi proposti (vedi sopra) a dimostrare che la misura potrebbe conferire un vantaggio economico agli armatori beneficiari.

iii)   Copertura delle spese amministrative

(44)

Le autorità italiane non hanno fornito alla Commissione stime affidabili e dettagliate su tutte le spese amministrative connesse con la pianificazione, costituzione e gestione del Fondo, né hanno mai provveduto a correggere tale carenza nonostante la questione fosse stata sollevata già nella decisione di avvio del procedimento.

(45)

La Commissione ritiene inoltre che i premi raccolti, se già possono risultare insufficienti per coprire tutte le perdite in caso di inadempimento, a fortiori rischiano di esserlo per coprire anche tutte le spese amministrative.

(46)

Infine, le autorità italiane hanno comunicato alla Commissione che la legge ha stanziato, e lo Stato accantonato in bilancio, 258 228 449,54 EUR (500 miliardi di lire) per l'operatività del Fondo, senza tuttavia prevedere nessuna remunerazione del capitale.

iv)   Conclusioni

(47)

Per concludere, dagli argomenti esposti sinora risulta che il premio o la fascia di premi previsti dalle autorità italiane non sono in grado di garantire l’autofinanziamento del regime né la copertura delle spese amministrative. Inoltre, le modalità del regime non appaiono basate su una valutazione realistica del rischio. A maggior ragione non è soddisfatto il criterio dell'investitore privato.

(48)

Su queste premesse, la Commissione ritiene che la misura proposta possa conferire un vantaggio economico ai beneficiari del Fondo.

b)   Impiego di risorse statali e selettività della misura

(49)

Il regime implica chiaramente l'impiego di risorse statali in quanto prevede che vengano concesse garanzie pubbliche e che i relativi mezzi finanziari siano forniti dal bilancio statale. Le garanzie statali possono in effetti comportare una perdita di risorse per lo Stato che assuma un rischio finanziario e rinunci a un adeguato corrispettivo pagato dai beneficiari.

(50)

È altrettanto chiaro che la misura è selettiva in quanto possono beneficiare della garanzia statale soltanto gli armatori che intendono effettuare lavori di costruzione e trasformazione di navi presso cantieri italiani (e che rispondono ai criteri stabiliti dalla legge italiana).

c)   Distorsione della concorrenza e effetti sugli scambi

(51)

Il vantaggio economico conferito dal Fondo a imprese specifiche può di per sé falsare la concorrenza in quanto le garanzie statali possono agevolare l’accesso, per tali imprese, a certe attività altrimenti inaccessibili. La concessione di garanzie statali senza un’adeguata remunerazione a carico dei beneficiari può conferire a questi ultimi e al settore italiano della cantieristica navale un vantaggio concorrenziale rispetto ai concorrenti europei e non europei che non beneficiano di misure analoghe.

(52)

Esistono forti scambi intracomunitari nel mercato globale relativo alla costruzione navale. La misura in oggetto è pertanto in grado di incidere sugli scambi fra Stati membri.

(53)

Concludendo, poiché sussistono tutti gli elementi di cui all'articolo 87, paragrafo 1, il regime proposto configura un aiuto di Stato ai sensi del trattato.

2)   Compatibilità dell’aiuto con il mercato comune

(54)

L'articolo 87, paragrafi 2 e 3, enuncia le condizioni in base alle quali un dato aiuto è compatibile o può essere considerato compatibile con il mercato comune. L'articolo 87, paragrafo 3, lettera e) prevede che il Consiglio possa determinare, con decisione adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, le specifiche categorie di aiuto che possono considerarsi compatibili con il mercato comune.

(55)

Ai tempi della notifica gli aiuti al settore della costruzione navale erano disciplinati dal regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio del 29 giugno 1998 relativo agli aiuti alla costruzione navale (7). Secondo tale regolamento gli aiuti al settore sono autorizzati soltanto alle condizioni e per gli obiettivi in esso indicati. Inoltre, gli aiuti al funzionamento nel settore della costruzione navale non sono più ammissibili per contratti conclusi dopo il 31 dicembre 2000.

(56)

Dal 1o gennaio 2004 è applicabile la nuova Disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale (8) («disciplina degli aiuti alla costruzione navale») che ha confermato il divieto di qualunque aiuto al funzionamento nel settore. Di conseguenza, possono essere considerati compatibili soltanto gli aiuti conformi ai requisiti indicati e per le finalità previste dalla disciplina.

(57)

Secondo la giurisprudenza della Corte (9) e salvo altrimenti disposto da norme transitorie, gli aiuti di Stato notificati devono essere esaminati alla luce della normativa in vigore nel momento dell'adozione della decisione sulla loro compatibilità. Nella presente fattispecie, l’aiuto deve pertanto essere esaminato alla luce della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale.

(58)

La decisione di avviare il procedimento è stata adottata quando già vigeva il regolamento (CE) n. 1540/98 che ne costituisce pertanto la base giuridica. Non è tuttavia necessario avviare un nuovo procedimento quando le disposizioni rilevanti di due atti legislativi consecutivi non sono sostanzialmente diverse. Questa condizione ricorre chiaramente nel presente caso (10).

(59)

Ai sensi della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale e del regolamento (CE) n. 1540/98, gli aiuti di cui trattasi comprendono tutti i tipi di aiuti diretti ed indiretti concessi ai cantieri navali, agli armatori o a terzi per la costruzione o la trasformazione di navi, in particolare agevolazioni creditizie, garanzie e agevolazioni fiscali (11).

(60)

Con riguardo alla compatibilità con il mercato comune, la decisione di avviare il procedimento trova fondamento nel fatto che l’aiuto in oggetto è un aiuto al funzionamento e in quanto tale incompatibile ai sensi del regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio (12) dal 1o gennaio 2001. Tale norma è tuttora vigente in virtù della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale che non permette la concessione di aiuti al funzionamento.

(61)

La decisione di avviare il procedimento ha esaminato altresì la possibilità di valutare la compatibilità dell’ aiuto alla luce delle disposizioni dell’OCSE sulle agevolazioni di credito concesse per la costruzione o la trasformazione di navi (13). Al riguardo si affermava tuttavia che, nonostante l’Accordo OCSE e l’Intesa settoriale prevedessero norme in materia di garanzie, le disposizioni dell'Accordo relative ai premi minimi di riferimento non erano applicabili fintantoché esse non fossero state riesaminate dai partecipanti all'Intesa settoriale (14). Il che è tuttora il caso.

(62)

Non si è provveduto invece a esaminare l’aiuto in rapporto ad altre disposizioni sulla compatibilità previste dal regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio essendo ovvio che l’aiuto in questione non è finalizzato né alla chiusura, né al salvataggio e alla ristrutturazione, né agli investimenti innovativi, né alla ricerca e allo sviluppo, né alla tutela dell’ambiente. È altresì ovvio che l’aiuto non è diretto a agevolare il raggiungimento di tali obiettivi nemmeno alla luce delle disposizioni, pur leggermente diverse, della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale. Allo stesso modo, è ovvio che l’aiuto non intende conseguire altri obiettivi orizzontali (formazione, occupazione, promozione delle PMI) attualmente ammessi a norma della richiamata disciplina.

(63)

Occorre inoltre sottolineare che le autorità italiane non hanno mai affermato che l’aiuto debba essere considerato compatibile. Di conseguenza non hanno mai fornito alla Commissione informazioni che consentissero di valutare se l’aiuto potesse rientrare nell’ambito di una delle deroghe al divieto generale di cui all’articolo 87, paragrafo 1, del trattato.

(64)

Alla luce di quanto precede, la Commissione ritiene che nel caso presente non si applichi nessuna delle deroghe al divieto di concedere aiuti di Stato al settore della costruzione navale e che quindi la misura, che presenta gli estremi dell’aiuto di Stato, è incompatibile con il mercato comune.

VI.   CONCLUSIONI

(65)

Sulla base di quanto precede la Commissione giunge alla conclusione che il regime relativo al Fondo speciale di garanzia per il credito navale costituisce un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato comune,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Il regime di aiuti di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore del credito navale ai sensi dell’articolo 5 della legge 31 luglio 1997, n. 261, come modificato dall’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 413, ed integrato dal decreto del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 14 dicembre 2000, è incompatibile con il mercato comune.

A detto aiuto non può pertanto essere data esecuzione.

Articolo 2

Entro due mesi dalla notifica della presente decisione, l'Italia comunica alla Commissione i provvedimenti adottati per conformarvisi.

Articolo 3

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 6 aprile 2005.

Per la Commissione

Neelie KROES

Membro della Commissione


(1)  GU C 145 del 21.6.2003, pag. 48.

(2)  GU C 71 dell’11.3.2000, pag. 14.

(3)  Vedasi la nota 2.

(4)  Punti 2.1.1 e 2.1.2 della comunicazione.

(5)  GU C 62 dell’11.3.2004, pag. 2.

(6)  Si osservi che tanto il mercato della costruzione navale appare essere globale e che quello del finanziamento del credito navale appare essere almeno paneuropeo. Dal caso tedesco si possono pertanto trarre importanti elementi indipendentemente dal fatto che i regimi valutati in quella sede non riguardavano l’Italia.

(7)  GU L 202 del 18.7.1998, pag. 1.

(8)  Disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale (2003/C 317/06) (GU C 317 del 30.12.2003, pag. 11).

(9)  Cfr. sentenza del Tribunale di primo grado del 18 novembre 2004, causa T-176/01, Ferriere Nord SpA contro Commissione, in particolare i punti da 134 a 140.

(10)  Cfr. causa T-176/01, punti da 74 a 82.

(11)  Cfr. l’ articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio e il punto 11 della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale.

(12)  Cfr. l'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio.

(13)  Cfr. l'articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1540/98 del Consiglio.

(14)  Cfr. il punto 23 della disciplina sugli aiuti alla costruzione navale che rimanda alle stesse disposizioni OCSE citate nella decisione di avvio del procedimento.


7.9.2006   

IT

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L 244/24


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 4 settembre 2006

che definisce la classificazione della resistenza all’azione esterna del fuoco di determinati prodotti da costruzione relativamente ai pannelli sandwich a doppio rivestimento metallico destinati alle coperture dei tetti

[notificata con il numero C(2006) 3883]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/600/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

vista la direttiva 89/106/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri concernenti i prodotti da costruzione (1), in particolare l’articolo 20, paragrafo 2,

considerando quanto segue:

(1)

La direttiva 89/106/CEE dispone che, in considerazione dei diversi livelli di protezione delle opere di costruzione esistenti a livello nazionale, regionale o locale, puo’ essere opportuno definire nei documenti interpretativi classi corrispondenti alle prestazioni dei prodotti in corrispondenza di ciascun requisito essenziale. I documenti in questione sono stati pubblicati nella «Comunicazione della Commissione concernente i documenti interpretativi della direttiva 89/106/CEE (2)».

(2)

Per quanto riguarda il requisito essenziale della sicurezza in caso di incendio, il documento interpretativo n. 2 elenca una serie di misure correlate tra loro che concorrono congiuntamente a definire la strategia per la sicurezza antincendio, che puo’ essere sviluppata con modalità diverse negli Stati membri.

(3)

Il documento interpretativo n. 2 identifica fra le misure citate il contenimento dell’origine e della diffusione dell’incendio e del fumo in una zona determinata grazie alla limitazione del potenziale contributo dei prodotti da costruzione allo sviluppo di un incendio.

(4)

Il livello del contenimento si puo’ esprimere soltanto in termini di diversi livelli di classificazione della resistenza all’azione del fuoco dei prodotti nelle condizioni di uso finale.

(5)

Per giungere ad una soluzione armonizzata, è stato adottato un sistema di classificazione con la decisione 2001/671/CE della Commissione, del 21 agosto 2001, che attua la direttiva 89/106/CEE del Consiglio per quanto riguarda la classificazione della resistenza agli incendi esterni dei tetti e delle copertutre dei tetti (3).

(6)

Per alcuni prodotti da costruzione è necessario utilizzare la classificazione di cui alla decisione 2001/671/CE.

(7)

La resistenza agli incendi esterni di alcuni tetti e copertutre di tetti, nell'ambito della classificazione di cui alla decisione 2001/671/CE, è ben dimostrata e sufficientemente nota alle autorità antincendio degli Stati membri, di modo che non occorre effettuare verifiche relative a queste particolari caratteristiche.

(8)

Le misure previste dalla presente decisione sono conformi al parere del comitato permanente per la costruzione,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

I prodotti da costruzione che soddisfano ai requisiti relativi alle prestazioni in materia di resistenza agli incendi esterni, senza essere sottoposti a ulteriori verifiche, sono elencati nell’allegato.

Articolo 2

Le classificazioni specifiche dei vari prodotti da costruzione, nell’ambito della classificazione della resistenza agli incendi esterni adottata con la decisione 2001/671/CE, sono indicate nell’allegato alla presente decisione.

Articolo 3

I prodotti vengono presi in considerazione in relazione, se del caso, alla destinazione finale.

Articolo 4

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 4 settembre 2006.

Per la Commissione

Günter VERHEUGEN

Vicepresidente


(1)  GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 12. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284, del 31.10.2003, pag. 1).

(2)  GU C 62 del 28.2.1994, pag. 1.

(3)  GU L 235, del 4.9.2001, pag. 20.


ALLEGATO

Nella presente tabella sono allegati prodotti da costruzione che soddisfano tutti i requisiti per quanto riguarda la resistenza agli incendi esterni, senza che occorrano ulteriori verifiche.

Tabella

CLASSIFICAZIONE DELLA RESISTENZA AGLI INCENDI ESTERNI DEI PANNELLI METALLICI A DOPPIO STRATO, DI TAMPONAMENTO, DESTINATI AI TETTI

Prodotto (1)

Descrizione del prodotto

Materiale interno con densità minima

Classi di resistenza (2)

Pannelli di tamponamento per tetti con rivestimento in acciaio, acciaio inossidabile o alluminio

Conformemente alla norma EN 14509 (1)

PUR 35 kg/m3

ovvero

BROOF (t1)

MW (lamelle) 80 kg/m3

ovvero

BROOF (t2)

MW (pannelli a tutta larghezza) 110 kg/m3

BROOF (t3)

Simboli utilizzati: PUR = poliuretano; MW = lana minerale; PVC = cloruro di polivinile; PCS = potere calorifico superiore.


(1)  Pannelli con rivestimento esterno metallico profilato che comprendono:

spessore minimo di 0,4 mm per rivestimenti in acciaio e acciaio inossidabile;

spessore minimo di 0,9 mm per rivestimenti in alluminio;

a livello del giunto longitudinale fra i pannelli, sovrapposizione del rivestimento metallico esterno dalla sommità fino ad un minimo di 15 mm sul lato opposto, ovvero copertura metallica completa della sommità lungo il giunto, ovvero profilatura grecata metallica lungo il giunto; a livello di ciascun giunto incrociato;

fra due pannelli rivestimento del rivestimento metallico esterno con sovrapposizione minima di 75 mm;

verniciatura protettiva contro le intemperie che comprende l’applicazione di uno strato di PVC liquido con uno spessore massimo nominale a secco di 0,200 mm, un PCS non superiore a 8,0 MJ/m2 e una massa secca massima pari a 300 g/m2; ovvero qualsivoglia vernice da rivestimento di spessore inferiore a quanto indicato precedentemente;

classifica minima per la resistenza agli incendi pari a D-s3, d0, esclusa protezione laterale, conformemente alla norma EN 13501-1.

(2)  Classi di resistenza conformi alla tabella che figura nell’allegato alla decisione 2001/671/CE.

Simboli utilizzati: PUR = poliuretano; MW = lana minerale; PVC = cloruro di polivinile; PCS = potere calorifico superiore.


7.9.2006   

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L 244/27


DECISIONE DELLA COMMISSIONE

del 5 settembre 2006

che reca misure d'emergenza relative all'organismo geneticamente modificato non autorizzato «LL RICE 601» nei prodotti a base di riso

[notificata con il numero C(2006) 3932]

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(2006/601/CE)

LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (1), in particolare l'articolo 53, paragrafo 2, secondo comma,

considerando quanto segue:

(1)

L'articolo 4, paragrafo 2, e l'articolo 16, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati, stabiliscono che nessun alimento o mangime geneticamente modificato (2) possa essere immesso in commercio nella Comunità a meno che per esso non sia stata rilasciata un'autorizzazione conformemente a detto regolamento. L'articolo 4, paragrafo 3, e l'articolo 16, paragrafo 3, dello stesso regolamento stabiliscono che nessun alimento e mangime geneticamente modificato può essere autorizzato a meno che non sia stato adeguatamente e sufficientemente dimostrato che esso non ha effetti nocivi sulla salute umana, sulla salute degli animali o sull'ambiente, che non fuorvia il consumatore o l'utilizzatore e che non differisce dall'alimento o dal mangime che intende sostituire in misura tale che il suo consumo normale sarebbe svantaggioso sul piano nutrizionale per gli esseri umani o gli animali.

(2)

Il 18 agosto 2006 le autorità degli Stati Uniti d'America hanno informato la Commissione che prodotti a base di riso contaminati con il riso geneticamente modificato «LL RICE 601» («i prodotti contaminati»), di cui non è stata autorizzata la commercializzazione nella Comunità, sono stati rilevati in campioni di riso prelevati sul mercato statunitense da riso commerciale a grani lunghi del raccolto del 2005. In data 31 luglio 2006 la contaminazione dei prodotti è stata segnalata alle autorità USA dalla società Bayer Crop Science, che ha sviluppato il riso geneticamente modificato «LL RICE 601». Le autorità statunitensi hanno successivamente fatto sapere alla Commissione che non è ancora noto in che misura sia stata contaminata la catena della fornitura e che attualmente non è possibile fornire informazioni sull'eventuale contaminazione delle esportazioni verso la Comunità. Inoltre dette autorità hanno informato la Commissione che di tali prodotti non era stata autorizzata l'immissione sul mercato neppure negli Stati Uniti d'America.

(3)

Fatti salvi gli obblighi di controllo degli Stati membri, le misure da adottare a seguito della probabile importazione di prodotti contaminati devono essere oggetto di un approccio comune e complessivo che consenta di agire in modo rapido ed efficace e di evitare disparità nel modo in cui i diversi Stati membri affrontano la situazione.

(4)

L'articolo 53 del regolamento (CE) n. 178/2002 prevede la possibilità di adottare appropriate misure comunitarie d'emergenza per gli alimenti e i mangimi importati da un paese terzo con lo scopo di proteggere la salute umana, la salute degli animali e l'ambiente, qualora il rischio non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dagli Stati membri interessati.

(5)

Poiché il riso geneticamente modificato «LL RICE 601» non è autorizzato dalla legislazione comunitaria e in ragione della presunzione del rischio rappresentato dai prodotti non autorizzati a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003, che tiene conto del principio di precauzione di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 178/2002, è opportuno adottare misure d'emergenza per impedire la commercializzazione dei prodotti contaminati nella Comunità.

(6)

Sulla base dei requisiti generali di cui al regolamento (CE) n. 178/2002, gli operatori del settore degli alimenti e dei mangimi sono i primi ad essere legalmente responsabili di garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti e i mangimi soddisfino le prescrizioni della legislazione alimentare e di verificare il rispetto di tali disposizioni. L'obbligo di comprovare che gli alimenti e i mangimi non contengono prodotti contaminati dovrebbe quindi ricadere sugli operatori responsabili della loro prima immissione sul mercato. A tal fine, è opportuno che le misure di cui alla presente decisione stabiliscano che le partite di specifici prodotti provenienti dagli Stati Uniti d'America possano essere commercializzate soltanto dietro presentazione di un rapporto analitico a dimostrazione del fatto che i prodotti non sono contaminati dall'«LL RICE 601». È opportuno che il rapporto analitico sia emesso da un laboratorio accreditato conforme a standard internazionalmente riconosciuti.

(7)

Per agevolare i controlli, tutti gli alimenti e i mangimi geneticamente modificati immessi sul mercato devono essere sottoposti a un metodo di rilevazione convalidato. È stato chiesto alla Bayer Crop Science di fornire metodi per la rilevazione dell'«LL RICE 601», nonché campioni di controllo. Essa ha presentato due metodi, che sono stati convalidati dalla Grain Inspection, Packers and Stockyards Administration (GIPSA) del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti in collaborazione con il Laboratorio comunitario di riferimento di cui all'articolo 32 del regolamento (CE) n. 1829/2003.

(8)

Le misure di cui alla presente decisione devono essere proporzionate e non costituire una restrizione degli scambi maggiore del necessario, per cui è opportuno che esse riguardino soltanto i prodotti considerati probabilmente contaminati dall'«LL RICE 601» che, secondo le informazioni ricevute, sono importati dagli Stati Uniti verso la Comunità.

(9)

Nonostante le richieste formulate dalla Commissione, le autorità USA non sono state in grado di fornire garanzie quanto all'assenza dell'«LL RICE 601» nei prodotti a base di riso importati dagli Stati Uniti.

(10)

Per quanto riguarda i mangimi o altri prodotti alimentari non contemplati dalle misure di cui alla presente decisione, è opportuno che gli Stati membri controllino se tali prodotti siano stati contaminati dall'«LL RICE 601». In base alle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione valuterà l'esigenza di eventuali ulteriori misure adeguate.

(11)

La decisione 2006/578/CE della Commissione, del 23 agosto 2006, relativa a provvedimenti d'emergenza in relazione all'organismo geneticamente modificato non autorizzato «LL RICE» 601 nei prodotti a base di riso (3) è stata adottata per vietare in via provvisoria la commercializzazione dei prodotti contaminati.

(12)

Dette misure provvisorie vanno confermate.

(13)

È quindi opportuno abrogare e sostituire la decisione 2006/578/CE.

(14)

Le misure di cui alla presente decisione devono essere riesaminate entro sei mesi per valutare se siano ancora necessarie.

(15)

Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,

HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

Articolo 1

Campo di applicazione

La presente decisione si applica ai seguenti prodotti originari degli Stati Uniti d'America:

Prodotto

Codice NC

riso semigreggio (bruno) parboiled a grani lunghi A

1006 20 15

riso semigreggio (bruno) parboiled a grani lunghi B

1006 20 17

riso semigreggio (bruno) a grani lunghi A

1006 20 96

riso semigreggio (bruno) a grani lunghi B

1006 20 98

riso semilavorato parboiled a grani lunghi A

1006 30 25

riso semilavorato parboiled a grani lunghi B

1006 30 27

riso semilavorato a grani lunghi A

1006 30 46

riso semilavorato a grani lunghi B

1006 30 48

riso lavorato parboiled a grani lunghi A

1006 30 65

riso lavorato parboiled a grani lunghi B

1006 30 67

riso lavorato a grani lunghi A

1006 30 96

riso lavorato a grani lunghi B

1006 30 98

rotture di riso (tranne quando certificate come esenti da grani lunghi)

1006 40 00

Articolo 2

Condizioni per la prima immissione sul mercato

Gli Stati membri consentono la prima immissione sul mercato dei prodotti di cui all'articolo 1 soltanto qualora un rapporto analitico originale basato su un metodo adeguato e convalidato di rilevazione del riso geneticamente modificato «LL RICE 601» e rilasciato da un laboratorio accreditato accompagni la partita a dimostrazione del fatto che il prodotto non contiene riso geneticamente modificato «LL RICE 601».

Qualora una partita dei prodotti di cui all'articolo 1 sia frazionata, una copia autenticata del rapporto analitico accompagna ogni parte della partita frazionata.

In assenza del rapporto analitico di cui al paragrafo 1, l'operatore stabilito nella Comunità responsabile della prima immissione del prodotto sul mercato fa sottoporre a test i prodotti di cui all'articolo 1 per dimostrare che non contengono riso geneticamente modificato «LL RICE 601». In attesa del rapporto analitico, la partita non è commercializzata nella Comunità.

Gli Stati membri informano la Commissione dei risultati positivi (sfavorevoli) mediante il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi.

Articolo 3

Altre misure di controllo

Gli Stati membri adottano misure appropriate, compreso il campionamento casuale e l'analisi, in relazione ai prodotti di cui all'articolo 1 già presenti sul mercato al fine di verificare l'assenza del riso geneticamente modificato «LL RICE 601». Essi informano la Commissione dei risultati positivi (sfavorevoli) mediante il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi.

Articolo 4

Partite contaminate

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che non siano immessi sul mercato i prodotti di cui all'articolo 1 che risultino contenere riso geneticamente modificato «LL RICE 601».

Articolo 5

Recupero dei costi

Gli Stati membri garantiscono che i costi incorsi nell'attuazione degli articoli 2 e 4 siano sostenuti dagli operatori responsabili della prima immissione sul mercato.

Articolo 6

Riesame delle misure

Le misure di cui alla presente decisione sono riesaminate entro il 28 febbraio 2007.

Articolo 7

Abrogazione

La decisione 2006/578/CE è abrogata.

Articolo 8

Destinatari

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.

Fatto a Bruxelles, il 5 settembre 2006.

Per la Commissione

Markos KYPRIANOU

Membro della Commissione


(1)  GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 575/2006 della Commissione (GU L 100 dell'8.4.2006, pag. 3).

(2)  GU L 268 del 18.10.2003, pag. 1.

(3)  GU L 230 del 24.8.2006, pag. 8.