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dell'Unione europea

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Serie C


C/2023/1392

22.12.2023

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE

Orientamenti sul diritto di libera circolazione dei cittadini dell'Unione e delle loro famiglie

(Testo rilevante ai fini del SEE)

(C/2023/1392)

Indice

1

Introduzione 4

2

Aventi diritto (articoli 2 e 3 della direttiva 2004/38/CE) 6

2.1

Il cittadino dell'Unione 6

2.1.1

Norme generali 6

2.1.2

Cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine 6

2.1.3

Lavoratori frontalieri, lavoratori autonomi transfrontalieri e prestatori di servizi transfrontalieri 7

2.1.4

Persone con doppia cittadinanza 7

2.2

Familiari e altri aventi diritto 10

2.2.1

Considerazioni generali 10

2.2.2

Familiari "stretti" 10

2.2.3

Membri della famiglia allargata 16

2.2.4

Documenti giustificativi per attestare la qualità di familiare rispetto al cittadino dell'Unione 21

3

Diritto di uscita e diritto d'ingresso (articoli 4 e 5 della direttiva 2004/38/CE) 22

3.1

Diritto di uscita e d'ingresso 22

3.1.1

Per i cittadini dell'Unione 22

3.1.2

Familiari cittadini di paesi terzi 22

3.1.3

Requisiti applicabili ai documenti di viaggio 23

3.1.4

Formato delle carte d'identità per i cittadini dell'Unione 23

3.1.5

Il Manuale pratico per le guardie di frontiera (Manuale Schengen) 23

3.1.6

Documenti di viaggio mancanti 23

3.1.7

Respingimento dell'ingresso/dell'uscita 24

3.2

Esenzione dall'obbligo di visto per i familiari cittadini di paesi terzi 24

3.3

Norme in materia di visti 26

4

Diritto di soggiorno sino a tre mesi (articolo 6 della direttiva 2004/38/CE) 27

5

Diritto di soggiorno superiore a tre mesi per i cittadini dell'Unione e formalità amministrative (articoli 7, 8, 14 e 22 della direttiva 2004/38/CE) 28

5.1

Lavoratori subordinati e lavoratori autonomi 28

5.1.1

Definizione di lavoratori subordinati e lavoratori autonomi 28

5.1.2

Conservazione della qualità di lavoratore subordinato o autonomo 29

5.1.3

Cittadini dell'Unione che lavorano per organizzazioni internazionali o con qualifica di membri del personale diplomatico/consolare 30

5.2

Studenti e cittadini dell'Unione economicamente inattivi 30

5.2.1

Risorse sufficienti 30

5.2.2

Assicurazione malattia che copre tutti i rischi 34

5.2.3

Studenti 35

5.2.4

Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione 36

5.3

Documenti giustificativi per l'ottenimento di un attestato d'iscrizione 36

5.4

Tempi di trattamento per il rilascio di attestati d'iscrizione 37

5.5

Sistemi di censimento della popolazione 37

6

Diritto di soggiorno di persone in cerca di lavoro (articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE) 38

7

Diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi e formalità amministrative per i familiari cittadini di paesi terzi e diritto al lavoro (articoli 7, da 9 a 11, 22 e 23 della direttiva 2004/38/CE) 39

7.1

Documenti giustificativi per il rilascio delle carte di soggiorno 39

7.2

Tempi di trattamento per il rilascio di carte di soggiorno 41

8

Mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione e in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell'unione registrata (articoli 12 e 13 della direttiva 2004/38/CE) 42

8.1

Situazioni che danno diritto al potenziale mantenimento del diritto di soggiorno 42

8.2

Diritti mantenuti 42

8.3

Condizioni per il mantenimento del diritto di soggiorno 42

9

Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE) 44

9.1

Il requisito del soggiorno legale 44

9.2

Calcolo del soggiorno legale ininterrotto di cinque anni 45

9.3

Perdita del diritto di soggiorno permanente 46

9.4

Documenti giustificativi 46

9.5

Tempi di trattamento 47

10

Diritto al lavoro (articolo 23 della direttiva 2004/38/CE) 47

11

Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE) 48

11.1

Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni 49

11.1.1

Contenuto dell'assistenza sociale 49

11.1.2

Categorie di persone che hanno diritto alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante 49

11.1.3

Categorie di persone alle quali può essere negato l'accesso alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante 50

11.2

Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011 51

11.3

Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale 52

11.4

Diritto alla parità di accesso all'assistenza sanitaria: contenuto e condizioni 54

12

Documenti di soggiorno (articoli 8, 10, 19, 20 e 25 della direttiva 2004/38/CE) 55

12.1

Attestati d'iscrizione e documenti che attestano il soggiorno permanente rilasciati ai cittadini dell'Unione (articoli 8 e 19 della direttiva 2004/38/CE e articolo 6 del regolamento (CE) 2019/1157): formato, informazioni minime e periodo di validità 55

12.2

Carte di soggiorno e carte di soggiorno permanente rilasciate a familiari cittadini di paesi terzi (articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE e articoli 7 e 8 del regolamento (CE) 2019/1157): formato e periodo di validità 55

12.3

Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE) 56

12.4

Qualità molteplici di soggiorno/immigrazione di familiari cittadini di paesi terzi 57

13

Limitazioni del diritto di circolare e soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articoli 27, 28 e 29 della direttiva 2004/38/CE) 57

13.1

Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza 58

13.1.1

Ordine pubblico e pubblica sicurezza 58

13.1.2

Comportamento personale e minaccia 59

13.1.3

Valutazione della proporzionalità 61

13.1.4

Misure preventive 64

13.2

Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di sanità pubblica 65

14

Limitazioni per motivi diversi da quelli di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articolo 15 della direttiva 2004/38/CE) 67

15

Garanzie procedurali (articoli da 30 a 33 della direttiva 2004/38/CE) 68

16

Frode e abuso di diritto (articolo 35 della direttiva 2004/38/CE) 70

16.1

Considerazioni generali 70

16.2

Frodi 71

16.3

Abuso 71

16.4

Matrimoni fittizi 72

16.5

Abusi da parte di cittadini che fanno ritorno 72

16.6

Misure e sanzioni contro gli abusi e le frodi 72

17

Pubblicità/diffusione di informazioni (articolo 34 della direttiva 2004/38/CE) 72

18

Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine 73

19

Giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano 76

19.1

Godimento reale ed effettivo dei diritti riconosciuti ai cittadini dell'Unione 77

19.2

Rapporto di dipendenza 78

19.3

Soggiorni basati sull'articolo 20 TFUE e acquisizione del diritto di soggiorno permanente 80

19.4

Possibilità di introdurre limitazioni al diritto di soggiorno derivato fondato sull'articolo 20 TFUE 80

1   Introduzione

L'articolo 20 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) conferisce a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro lo status di cittadino dell'Unione. Ai sensi di tale disposizione, i cittadini dell'Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei trattati. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell'Unione europea (la Corte) lo status di cittadino dell'Unione è destinato ad essere "lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri"  (1).

L'articolo 21, paragrafo 1, TFUE sancisce che ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi. Tali limitazioni e condizioni sono stabilite nella direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (direttiva 2004/38/CE) (2). Poiché il TFUE sancisce altresì la libera circolazione dei lavoratori (articolo 45), la libertà di stabilimento (articolo 49) e la libera prestazione dei servizi (articolo 56), la direttiva 2004/38/CE dà attuazione altresì a tali libertà.

Inoltre, il diritto di circolare e di soggiornare liberamente è un diritto fondamentale sancito dall'articolo 45, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la Carta dei diritti fondamentali).

Come annunciato nella relazione sulla cittadinanza 2020 (3), la presente comunicazione contenente orientamenti (la presente comunicazione) mira a contribuire a un'applicazione più efficace e uniforme della legislazione in materia di libera circolazione in tutta l'UE e fornire in tal modo maggiore certezza del diritto ai cittadini dell'Unione che esercitano i loro diritti di libera circolazione.

La presente comunicazione riguarda principalmente l'applicazione della direttiva 2004/38/CE.

Sussistono altresì circostanze nelle quali, sebbene la direttiva 2004/38/CE non si applichi direttamente ai fatti di un caso specifico, le sue disposizioni sono state comunque riconosciute come applicabili, per analogia, in combinato disposto con gli articoli 20 e 21 TFUE.

Inoltre, nella sentenza Ruiz Zambrano(4) la Corte ha riconosciuto che l'articolo 20 TFUE può costituire un fondamento specifico per concedere ai genitori e ai prestatori di assistenza, cittadini di paesi terzi, un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui hanno la cittadinanza i loro figli, cittadini dell'Unione, qualora questi ultimi non abbiano esercitato il diritto di libera circolazione.

Alla luce di tali sviluppi, la presente comunicazione fornisce pertanto anche alcuni orientamenti su applicazioni specifiche degli articoli 20 e 21 TFUE.

Se del caso, offre inoltre alcuni orientamenti e riferimenti in merito a documenti pertinenti della Commissione europea in materia di libera circolazione dei lavoratori subordinati, dei lavoratori autonomi e dei prestatori di servizi.

La presente comunicazione si fonda sugli orientamenti del 2009 per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE (5), che sostituisce, nonché sulla comunicazione della Commissione del 2013 "Libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari: cinque azioni fanno la differenza"  (6). Fatto salvo il caso in cui specifichi altrimenti, la presente comunicazione sostituisce altresì la comunicazione della Commissione del 1999 relativa ai provvedimenti speciali in tema di circolazione e residenza dei cittadini dell'Unione giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (7).

La presente comunicazione mira altresì a fornire orientamenti aggiornati a tutti i portatori di interessi e a sostenere il lavoro delle autorità nazionali, degli organi giurisdizionali e degli operatori della giustizia.

Laddove le citazioni del testo della direttiva 2004/38/CE o delle sentenze della Corte contengono evidenziazioni visive, queste sono state aggiunte dalla Commissione per porre l'accento su aspetti specifici.

Si ricorda che la direttiva 2004/38/CE va interpretata e applicata conformemente va interpretata e applicata conformemente ai diritti fondamentali, in particolare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, il principio di non discriminazione, i diritti dei minori e il diritto a un ricorso effettivo, garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), a seconda dei casi (8). Nel contesto dei diritti del minore gli Stati membri devono inoltre tenere sempre conto, nel contesto dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE, dell'interesse superiore del minore, come considerazione primaria, secondo quanto contemplato dalla Carta dei diritti fondamentali e dalla convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.

In tale contesto, nell'applicare il principio di non discriminazione, le autorità nazionali prestano particolare attenzione, tra l'altro ma non in via esclusiva, alle persone appartenenti a minoranze etniche o razziali e tengono conto degli strumenti pertinenti, cfr., ad esempio, la direttiva sull'uguaglianza razziale (9), il piano d'azione dell'UE contro il razzismo 2020-2025 della Commissione (10), il quadro strategico dell'UE sui Rom della Commissione (11) e la raccomandazione del Consiglio del 2021 sui Rom (12).

La Commissione ricorda inoltre agli Stati membri che tali diritti fondamentali, in particolare il diritto al rispetto della vita privata e familiare, i diritti del minore e il divieto di discriminazione basata sull'orientamento sessuale, tutelano allo stesso modo i cittadini LGBTIQ (13) e i loro familiari. La strategia per l'uguaglianza LGBTIQ della Commissione ha annunciato che la presente comunicazione avrebbe rispecchiato la diversità delle famiglie e contribuito ad agevolare l'esercizio dei diritti di libera circolazione per tutte le famiglie, comprese le famiglie arcobaleno. La presente comunicazione sosterrà l'applicazione rigorosa delle norme in materia di libera circolazione da parte delle autorità nazionali, indipendentemente dall'orientamento sessuale, dall'identità/dall'espressione di genere e dalle caratteristiche sessuali, in linea con la strategia per l'uguaglianza LGBTIQ 2020-2025 della Commissione (14).

Poiché la direttiva 2004/38/CE è integrata nell'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), la presente comunicazione è pertinente anche per l'interpretazione e l'applicazione della direttiva 2004/38/CE nelle relazioni con l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia (15). I riferimenti all'UE, all'Unione europea o all'Unione sono pertanto da intendersi includere anche tali Stati e i loro cittadini, laddove pertinente.

La presente comunicazione intende essere un mero documento di orientamento: soltanto gli atti legislativi dell'UE, come interpretati dalla Corte, hanno efficacia giuridica. La presente comunicazione tiene conto delle sentenze della Corte pubblicate fino al 2 ottobre 2023 e gli orientamenti forniti possono essere modificati in futuro in considerazione di ulteriori sviluppi della giurisprudenza della Corte.

I pareri espressi nel presente documento non pregiudicano la posizione che la Commissione può assumere dinanzi alla Corte. Le informazioni contenute nel presente documento hanno soltanto carattere generale e non si rivolgono a nessun particolare individuo o organismo. Né la Commissione né qualunque persona che agisca a nome della Commissione è responsabile del possibile uso delle presenti informazioni.

2    Aventi diritto (articoli 2 e 3 della direttiva 2004/38/CE)

2.1   Il cittadino dell'Unione

2.1.1   Norme generali

La direttiva 2004/38/CE (16) si applica solo ai cittadini dell'Unione che si recano o soggiornano in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza, nonché ai familiari che li accompagnano o raggiungono.

Esempio

T., cittadina di un paese terzo, soggiorna in uno Stato membro. Vorrebbe che suo marito, cittadino di un paese terzo, la raggiungesse. Poiché non è coinvolto alcun cittadino dell'Unione, la coppia non può beneficiare dei diritti di cui alla direttiva 2004/38/CE.

I cittadini dell'Unione che soggiornano nello Stato membro di cui sono cittadini non beneficiano di norma dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione sulla libera circolazione delle persone, e i loro familiari cittadini di paesi terzi rimangono soggetti alla normativa nazionale in materia di immigrazione (17).

Esempi

P. soggiorna nello Stato membro di cui è cittadino. Non ha mai soggiornato in un altro Stato membro. Vorrebbe che sua moglie, cittadina di un paese terzo, lo raggiungesse. La coppia non può beneficiare dei diritti previsti direttiva 2004/38/CE e spetta esclusivamente allo Stato membro interessato stabilire le norme sul diritto dei coniugi cittadini di paesi terzi di raggiungere i propri cittadini.

L. possiede la cittadinanza dello Stato membro A. Vive in un paese terzo da 5 anni. Ora si reca nello Stato membro B in cui intende trasferirsi: si applica la direttiva 2004/38/CE.

Tuttavia, come spiegato ulteriormente in appresso, i cittadini dell'Unione che ritornano nello Stato membro d'origine dopo aver soggiornato in un altro Stato membro (18) e, in certe circostanze, i cittadini dell'Unione che hanno esercitato il diritto di libera circolazione in un altro Stato membro senza soggiornare in tale Stato (19) (ad esempio prestando servizi in un altro Stato membro senza soggiornarvi) beneficiano anche loro delle norme sulla libera circolazione delle persone (cfr. sezioni 2.1.2 – Cittadini che fanno ritorno al paese di origine e 2.1.3 - Lavoratori frontalieri, lavoratori autonomi transfrontalieri e prestatori di servizi transfrontalieri). Norme specifiche si applicano anche ai cittadini con doppia cittadinanza (cfr. sezione 2.1.4 – Persone con doppia cittadinanza).

2.1.2   Cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine

La Corte ha affermato che il diritto dell'Unione non solo si applica e conferisce diritti ai cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto di libera circolazione e libero soggiorno in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza, ma si applica anche ai cittadini dell'Unione che ritornano nello Stato membro d'origine dopo aver esercitato il loro diritto di libera circolazione soggiornando in un altro Stato membro (20).

Mentre l'ingresso e il soggiorno di cittadini dell'Unione nello Stato membro di cui hanno la cittadinanza sono disciplinati dal diritto nazionale, ai familiari di un cittadino dell'Unione che fa ritorno nel paese di origine può essere concesso un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui ha la cittadinanza tale cittadino dell'Unione sulla base delle norme sulla libera circolazione delle persone. Tuttavia, come elaborato dalla giurisprudenza, questa possibilità è subordinata al rispetto delle condizioni ulteriormente illustrate nella sezione 18 - Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine.

2.1.3   Lavoratori frontalieri, lavoratori autonomi transfrontalieri e prestatori di servizi transfrontalieri

a)   Se i lavoratori frontalieri o i lavoratori autonomi transfrontalieri possiedono una cittadinanza diversa da quella dello Stato membro in cui soggiornano

I lavoratori frontalieri sono lavoratori subordinati dell'Unione che non soggiornano nello Stato membro in cui lavorano e i lavoratori autonomi transfrontalieri sono cittadini dell'Unione che esercitano un'attività autonoma in uno Stato membro ma soggiornano in un altro Stato membro.

Se possiedono una cittadinanza diversa da quella dello Stato membro in cui soggiornano, sono soggetti all'applicazione del diritto dell'Unione in entrambi i paesi (in qualità di lavoratori subordinati/autonomi mobili nello Stato membro di occupazione/in cui svolgono l'attività autonoma e, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, in qualità di persona autosufficiente nello Stato membro in cui soggiornano).

b)   Se i lavoratori frontalieri o i prestatori di servizi transfrontalieri soggiornano nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza

I prestatori di servizi transfrontalieri e i lavoratori frontalieri che soggiornano nel loro Stato membro di cittadinanza non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE, ma possono invocare rispettivamente gli articoli 56 e 45 TFUE. Più precisamente, per i prestatori di servizi dell'Unione stabiliti nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza, ma che prestano servizi a destinatari stabiliti in altri Stati membri, nella causa Carpenter  (21) la Corte ha affermato che essi possono invocare la libera prestazione dei servizi (articolo 56 TFUE) per fare ottenere al loro coniuge il diritto di soggiornare nello Stato membro di cui detti prestatori possiedono la cittadinanza. Infatti, sebbene la direttiva 2004/38/CE non sia applicabile in un caso di questo tipo, la Corte ha ritenuto che un diritto di soggiorno derivato possa essere conferito quando il rifiuto di un siffatto diritto di soggiorno avrebbe un effetto dissuasivo sull'esercizio dei diritti da parte di tali prestatori dell'Unione (22). Sulla base della libera circolazione dei lavoratori (articolo 45 TFUE), la giurisprudenza Carpenter è stata estesa alla situazione dei cittadini dell'Unione che sono lavoratori transfrontalieri che soggiornano nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza (23).

Ciò significa che, in ciascuna situazione specifica, è necessario valutare se la concessione di un diritto di soggiorno derivato al familiare di un cittadino dell'Unione sia necessaria al fine di "assicurare a quest'ultimo l'esercizio effettivo della libertà fondamentale" in questione (libera circolazione dei lavoratori o libera prestazione dei servizi) (24). Spetta pertanto alle autorità competenti stabilire se un rifiuto dissuaderebbe un cittadino dell'Unione dall'esercitare in maniera effettiva tali libertà (25).

2.1.4   Persone con doppia cittadinanza

Esiste una giurisprudenza che consente di individuare i casi in cui una persona avente doppia cittadinanza e i suoi familiari rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE e i casi in cui la loro situazione è disciplinata dal diritto nazionale.

a)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/UE o cittadini con doppia cittadinanza UE/paese terzo residenti in uno Stato membro diverso da quello/quelli di cui possiedono la cittadinanza

Tali cittadini con doppia cittadinanza rientrano nell'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38/CE.

Esempi

A. possiede la cittadinanza dello Stato membro A e dello Stato membro B e risiede nello Stato membro C. A. rientra nell'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38/CE.

L. possiede la cittadinanza dello Stato membro A e possiede anche la cittadinanza di un paese terzo. Risiede nello Stato membro B. L. rientra nell'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38/CE.

b)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/UE, per nascita o per naturalizzazione, che si sono trasferiti per soggiornare in uno Stato membro di cui possiedono la cittadinanza

I cittadini dell'Unione che si trasferiscono per soggiornare in uno Stato membro di cui possiedono la cittadinanza non sono aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38/CE e il loro soggiorno è disciplinato dal diritto interno dello Stato membro ospitante. Tuttavia, coloro che si sono avvalsi dei loro diritti di libera circolazione ai sensi dell'articolo 21 TFUE trasferendo il loro soggiorno nello Stato membro ospitante di cui possiedono anche la cittadinanza hanno il diritto permanente di condurre in tale Stato una normale vita familiare insieme ai loro familiari. Di conseguenza la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, ai loro familiari (26).

Esempi

Y. possiede la cittadinanza dello Stato membro A e dello Stato membro B dalla nascita. Ha soggiornato nello Stato membro A fino al 2020. Nel 2020 si è trasferita nello Stato membro B con il coniuge, cittadino di un paese terzo. Da allora lavora nello Stato membro B. Nello Stato membro B, Y. non rientra nell'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38/CE. La sua residenza è disciplinata dal diritto nazionale. Tuttavia, la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, al coniuge.

Z. possiede la cittadinanza dello Stato membro A dalla nascita. Nel 2010 si è trasferito nello Stato membro B nel quale ha soggiornato nel rispetto delle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE. Nel 2017 ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro B pur conservando altresì la propria cittadinanza dallo Stato membro A e pertanto, nello Stato membro B, non rientra più nell'ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2004/38/CE. Nel 2020 si è sposato con una cittadina di un paese terzo. La direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, alla coniuge.

c)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/paese terzo che sono giunti nello Stato membro ospitante in qualità di cittadini di paesi terzi, sono stati naturalizzati e successivamente il paese della loro cittadinanza iniziale ha aderito all'Unione

Avendo ottenuto la cittadinanza dello Stato membro ospitante, questi cittadini non diventano aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38/CE nello Stato membro ospitante per il solo fatto che il loro altro Stato di cittadinanza aderisce all'UE. Il loro soggiorno nello Stato membro ospitante continua ad essere disciplinato dal diritto interno dello Stato membro ospitante.

Tuttavia, poiché dal momento dell'adesione all'Unione del loro altro Stato di cittadinanza, queste persone sono cittadini di uno Stato membro e soggiornano legalmente nel territorio di un altro Stato membro, la loro situazione rientra nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione (27). Sulla base dell'articolo 21 TFUE, queste persone hanno il diritto di condurre una normale vita familiare, insieme ai loro familiari, nello Stato membro ospitante. Di conseguenza la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, ai loro familiari (28).

Esempio

M. possiede la cittadinanza dello Stato A (un paese terzo) dalla nascita. Fino al 2007 ha soggiornato nello Stato A. Nel 2007 si è trasferita nello Stato membro B, dove ha soggiornato in qualità di lavoratrice autonoma. Nel 2009 si è sposata con una cittadina di un paese terzo. Fino al 2012 ha soggiornato in qualità di cittadina di un paese terzo ai sensi del diritto nazionale dello Stato membro B. Nel 2012 ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro B ed è diventata cittadina dell'Unione (doppia cittadinanza/paese terzo). Nel 2013 lo Stato A ha aderito all'Unione e M. è diventata una persona con doppia cittadinanza UE/UE. Il soggiorno di M. nello Stato membro B non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva. Tuttavia, la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, a sua moglie.

d)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/paese terzo che sono giunti nello Stato membro ospitante in qualità di cittadini di paesi terzi, successivamente il paese della loro cittadinanza iniziale ha aderito all'Unione e in seguito sono stati naturalizzati nello Stato membro ospitante

In assenza di disposizioni transitorie relative all'applicazione al nuovo Stato membro delle disposizioni giuridiche dell'UE in materia di libera circolazione delle persone nel pertinente atto di adesione, dal momento dell'adesione all'Unione del loro Stato di cittadinanza iniziale, i cittadini in questione possono invocare le disposizioni della direttiva 2004/38/CE per quanto concerne i periodi di soggiorno antecedenti l'adesione, purché soddisfino le condizioni pertinenti durante il soggiorno nello Stato membro ospitante in qualità di cittadini di paesi terzi. Le disposizioni della direttiva 2004/38/CE possono trovare applicazione con riferimento agli effetti presenti e futuri di situazioni di tali cittadini e dei loro familiari sorte anteriormente all'adesione (29).

Tuttavia, una volta ottenuta la cittadinanza dello Stato membro ospitante, tali cittadini non sono più aventi diritto ai sensi della direttiva 2004/38/CE e il loro soggiorno è disciplinato dal diritto interno dello Stato membro ospitante. Tuttavia, essendosi avvalsi dei loro diritti di libera circolazione ai sensi dell'articolo 21 TFUE nello Stato membro ospitante di cui possiedono ora l'ulteriore cittadinanza, tali persone hanno il diritto di condurre una normale vita familiare insieme ai loro familiari. Di conseguenza la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, ai loro familiari (30).

Esempio

L. possiede la cittadinanza dello Stato A (un paese terzo) dalla nascita. Fino al 2007 ha soggiornato nello Stato A. Dal 2009 risiede nello Stato membro B in qualità di lavoratore. Nel 2013 lo Stato A ha aderito all'Unione. Nel 2014 L. ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro B (ed è diventato un cittadino con doppia cittadinanza UE/UE). Nel 2022 sua madre a carico, cittadina di un paese terzo, vuole raggiungerlo nello Stato membro B. Una volta ottenuta la cittadinanza dello Stato membro B, il soggiorno di L. nello Stato membro B ha cessato di rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE. Tuttavia, la direttiva 2004/38/CE si applica, per analogia, alla madre a carico.

e)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/UE che hanno sempre soggiornato in uno degli Stati membri di cui hanno la cittadinanza e non hanno mai esercitato il loro diritto di libera circolazione

Questi cittadini non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE (31). Si tratta di una situazione puramente interna.

Esempio

Y. possiede la cittadinanza dello Stato membro A e dello Stato membro B dalla nascita. È sposata con un cittadino di un paese terzo. Ha sempre soggiornato nello Stato membro A. La direttiva 2004/38/CE non si applica al loro soggiorno nello Stato membro A.

f)   Cittadini con doppia cittadinanza UE/paese terzo che sono giunti nello Stato membro ospitante in qualità di cittadini di paesi terzi e sono stati successivamente naturalizzati nello Stato membro ospitante

Questi cittadini non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE. Si tratta di una situazione puramente interna.

Esempio

Y. è cittadino di un paese terzo. Soggiorna nello Stato membro A dal 2015. Nel 2020 ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro A. Nel 2022 sua figlia di 16 anni, cittadina di un paese terzo, intende raggiungerlo nello Stato membro A. La direttiva 2004/38/CE non si applica al loro soggiorno nello Stato membro A.

2.2   Familiari e altri aventi diritto

2.2.1   Considerazioni generali

I familiari quali definiti nella direttiva 2004/38/CE (anche se non sono cittadini di uno Stato membro dell'Unione) rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE.

Il diritto di libera circolazione dei cittadini dell'Unione non avrebbe alcun effetto utile in assenza di disposizioni di accompagnamento che garantiscano che i cittadini dell'Unione possano essere accompagnati dalle loro famiglie (32). La direttiva 2004/38/CE prevede pertanto un diritto derivato di libera circolazione per i familiari di cittadini dell'Unione.

In linea di principio, la direttiva 2004/38/CE si applica soltanto ai cittadini dell'Unione che si recano in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza o vi soggiornano già (ossia quando il cittadino dell'Unione esercita o ha già esercitato il suo diritto di libera circolazione) (33). Ciò significa che, al fine di valutare se un familiare rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE, occorre innanzitutto analizzare se il cittadino dell'Unione, dal quale il familiare può derivare diritti, si trovi in una situazione disciplinata dalla direttiva.

Per quanto concerne la prova dello status, la Corte ha chiarito che "le autorità amministrative e giudiziarie di uno Stato membro sono obbligate ad attenersi ai certificati e agli atti analoghi relativi allo stato civile che provengono dalle competenti autorità degli altri Stati membri, a meno che la loro esattezza non sia gravemente infirmata da indizi concreti in relazione al singolo caso considerato"  (34). Ciò vale per i documenti che riguardano un cittadino dell'Unione o che attestano la qualità di familiare rispetto a un cittadino dell'Unione. Tale accettazione non richiede alcun riconoscimento formale dei vincoli familiari nel diritto degli altri Stati membri (35). Ciò si applica altresì ai fini della direttiva 2004/38/CE. Relazioni quali matrimoni tra persone dello stesso sesso e la genitorialità di persone dello stesso sesso debitamente attestate da un certificato rilasciato da uno Stato membro devono pertanto essere accettate dagli altri Stati membri ai fini della direttiva 2004/38/CE e del diritto dell'Unione, anche se tali relazioni non sono giuridicamente previste dal diritto nazionale (36). Le prescrizioni previste dal diritto dello Stato membro ospitante, compreso il possesso di un atto di nascita redatto ai sensi di tale diritto, non possono essere imposte per l'esercizio dei diritti derivanti dal diritto dell'Unione da parte di coppie di persone dello stesso sesso e dei loro figli (37).

2.2.2   Familiari "stretti"

I familiari "stretti", di cui all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE, godono automaticamente di un diritto d'ingresso e di soggiorno, indipendentemente dalla loro cittadinanza. L'articolo 2, punto 2, elenca le seguenti persone:

il coniuge;

il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio;

i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico nonché quelli del coniuge o partner di cui sopra;

gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner di cui sopra.

I "familiari" rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE corrispondono ai "familiari" di cui al regolamento (UE) n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori (38). Ciò significa che i familiari di lavoratori subordinati e lavoratori autonomi beneficiano non soltanto dell'applicazione delle disposizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE, ma anche dell'applicazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 492/2011 relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione (39) (cfr. sezione 11.2 – Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011 per ulteriori informazioni).

Oltre alle persone elencate all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE, dalla giurisprudenza emerge che ai cittadini di paesi terzi che sono affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione che esercitano i diritti di libera circolazione (persone non a carico di minori cittadini dell'Unione, bensì persone a carico delle quali i minori cittadini dell'Unione vivono) deve essere riconosciuto un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, in quanto in caso contrario il diritto di soggiorno di tali minori non avrebbe alcun effetto utile (cfr. sezione 2.2.2.5 – Affidatari di cittadini minorenni dell'Unione).

2.2.2.1   Coniugi

In linea di principio i matrimoni validamente contratti in qualunque parte del mondo devono essere riconosciuti ai fini dell'applicazione della direttiva 2004/38/CE. I matrimoni forzati, in cui una o entrambe le parti si sono sposate senza consenso o contro la propria volontà, non sono tutelati a livello internazionale (40) né del diritto dell'Unione. I matrimoni forzati vanno distinti dai matrimoni combinati, in cui entrambe le parti prestano pieno e libero consenso al matrimonio sebbene la scelta del partner sia stata determinata da un terzo, e dai matrimoni fittizi di cui alla sezione 16.4 – Matrimoni fittizi.

Gli Stati membri non sono tenuti a riconoscere i matrimoni poligami (41), contratti legalmente in un paese terzo, che possono essere in contrasto con il loro ordinamento giuridico interno (42). Ciò non pregiudica tuttavia l'obbligo di tenere conto dell'interesse superiore dei figli nati da tali matrimoni.

Nella sentenza relativa alla causa Coman la Corte ha chiarito che il termine "coniuge" ai sensi della direttiva 2004/38/CE è neutra dal punto di vista del genere e comprende il coniuge dello stesso sesso (43) . Il diritto dell'Unione osta pertanto a che le autorità di uno Stato membro neghino il diritto d'ingresso e di soggiorno al coniuge dello stesso sesso di un cittadino dell'Unione sulla base del mancato riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso nello Stato membro. Nella sua sentenza, la Corte ha fatto specifico riferimento ai matrimoni tra persone dello stesso sesso conclusi nello Stato membro ospitante.

Nella sentenza Coman la Corte ha inoltre chiarito che un coniuge dello stesso sesso, in quanto familiare di un cittadino mobile dell'Unione, deve godere dei diritti d'ingresso e di soggiorno nonché di tutti i diritti derivanti dal diritto dell'Unione (44) (quali il diritto al lavoro e il diritto alla parità di trattamento (45)). Il riconoscimento obbligatorio del coniuge come familiare nel contesto della libera circolazione è sufficiente. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non deve essere necessariamente riconosciuto nel diritto interno (per ulteriori informazioni, cfr. sezione 2.2.1 – Considerazioni generali e sezione 2.2.4 – Documenti giustificativi per attestare la qualità di familiare rispetto al cittadino dell'Unione).

Nel contesto della causa Coman, la Corte non ha limitato la propria analisi alle disposizioni relative alla libera circolazione, ma ha analizzato altresì le disposizioni della direttiva 2004/38/CE alla luce del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla Carta dei diritti fondamentali, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Su tale base la Corte ha concluso che "[o]rbene, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo risulta che la relazione che lega una coppia omosessuale può rientrare nella nozione di 'vita privata', nonché in quella di 'vita familiare', al pari della relazione che lega una coppia di sesso opposto che si trovi nella stessa situazione". (46) La tutela della vita privata e della vita familiare sono aspetti importanti da tenere in considerazione per garantire un corretto esercizio dei diritti di libera circolazione da parte delle coppie che includono una persona LGBTIQ.

La Corte ha altresì chiarito che, al fine di beneficiare di un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, i coniugi devono vivere nello stesso Stato membro ospitante, ma che non è necessario che i coniugi convivano (47).

Inoltre, un vincolo matrimoniale non può essere considerato sciolto fintantoché l'autorità competente non lo abbia sciolto, anche se i coniugi vivono separati (48).

2.2.2.2   Partner registrato/a

Ad oggi non esiste giurisprudenza che interpreti l'articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2004/38/CE.

Affinché un partner registrato possa essere considerato un "familiare stretto", l'unione registrata deve soddisfare tutte e tre le condizioni illustrate di seguito.

a)   L'unione registrata deve essere conclusa "sulla base della legislazione di uno Stato membro"

Le unioni registrate concluse al di fuori dell'UE non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE.

b)   Lo Stato membro ospitante equipara l'unione registrata al matrimonio

Uno Stato membro ospitante che non preveda un'unione registrata ai sensi della sua legislazione nazionale non è tenuto a riconoscere un'unione registrata conclusa in un altro Stato membro come equivalente al matrimonio.

c)   L'unione registrata soddisfa le condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante

Gli Stati membri godono di un certo margine di discrezionalità nel definire quali unioni registrate considerano equivalenti ai matrimoni. Una particolare unione registrata pertanto potrebbe essere riconosciuta in uno Stato membro ai fini dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE, ma non in un altro Stato membro.

Ai fini del conseguimento di una maggiore certezza del diritto, la Commissione invita ciascuno Stato membro a pubblicare sul sito Your Europe (49) (La tua Europa) un elenco delle unioni registrate concluse in altri Stati membri che considera equivalenti al matrimonio e a mantenere aggiornato tale elenco.

Se un'unione registrata non soddisfa tali tre condizioni, il potenziale diritto d'ingresso e di soggiorno del partner dovrebbe essere valutato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2004/38/CE.

Esempio

T. è un cittadino di un paese terzo e P. è un cittadino dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro A. Nel 2020 hanno concluso un'unione registrata sulla base della legislazione dello Stato membro A. Ora intendono trasferirsi nello Stato membro B che non prevede un'unione registrata ai sensi della sua legislazione nazionale. Lo Stato membro B non è tenuto a riconoscere l'unione registrata. Tuttavia, un potenziale diritto d'ingresso e di soggiorno di T. dovrebbe essere valutato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2004/38/CE.

2.2.2.3   Discendenti e ascendenti

La Corte ha chiarito che la nozione di "discendente diretto" di un cittadino dell'Unione comprende qualsiasi legame di filiazione, biologica o giuridica, e ricomprende pertanto tanto il figlio biologico quanto il figlio adottato del cittadino dell'Unione (50). L'articolo 2, punto 2, lettera c), riguarda anche il "discendente diretto" del coniuge o del partner registrato del cittadino dell'Unione. Analogamente, l'articolo 2, punto 2, lettera d), riguarda gli ascendenti a carico del coniuge o del partner registrato del cittadino dell'Unione.

La nozione di discendenti e ascendenti diretti si estende quindi agli adottati/adottanti.

Per quanto concerne i figli di genitori dello stesso sesso che esercitano il diritto di libera circolazione, la Corte ha chiarito che, se uno dei genitori è cittadino dell'Unione, tutti gli Stati membri devono riconoscere il legame di filiazione come stabilito nell'atto di nascita emesso da uno Stato membro ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione, senza richiedere alcuna formalità supplementare. Ciò vale indipendentemente dallo status di tale rapporto nel diritto di altri Stati membri e in particolare dello Stato membro o degli Stati membri di cui il minore ha la cittadinanza. Ciò "non impone allo Stato membro di cui il minore interessato ha la cittadinanza di prevedere nel suo diritto interno la genitorialità di persone dello stesso sesso o di riconoscere, a fini diversi dall'esercizio dei diritti che a tale minore derivano dal diritto dell'Unione, il rapporto di filiazione tra tale minore e le persone indicate come genitori di quest'ultimo nell'atto di nascita emesso dalle autorità dello Stato membro ospitante"  (51). In altri termini, nel contesto della libera circolazione è sufficiente il riconoscimento obbligatorio della genitorialità. La genitorialità di persone dello stesso sesso non deve essere riconosciuta nel diritto nazionale per altri fini (52).

Nella sentenza VMA la Corte ha insistito altresì sull'importanza dei diritti fondamentali, in particolare del diritto al rispetto della vita privata e familiare e dei diritti del minore: "[n]ella situazione oggetto del procedimento principale, il diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall'articolo 7 della Carta [dei diritti fondamentali] e i diritti del minore garantiti dall'articolo 24 della Carta [dei diritti fondamentali], in particolare il diritto a che si tenga conto dell'interesse superiore del minore come una considerazione primaria in tutti gli atti relativi ai minori e il diritto di mantenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, sono fondamentali"  (53). La Corte ha concluso la sua analisi concentrandosi sui diritti fondamentali spiegando che privare un minore del suo rapporto con un genitore o rendere molto difficile tale rapporto, nell'esercizio del suo diritto di libera circolazione, sarebbe contrario agli articoli 7 e 24 della Carta dei diritti fondamentali (54). Inoltre, ai sensi del diritto dell'Unione, il riconoscimento della filiazione ai fini dei diritti conferiti al minore dal diritto dell'Unione non può essere negato invocando l'ordine pubblico per il fatto che i genitori sono dello stesso sesso (55).

Per quanto riguarda la portata del riconoscimento della genitorialità di persone dello stesso sesso, nella sentenza nella causa VMA  (56) la Corte ha dichiarato che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere la genitorialità ai fini dei diritti che al minore derivano dal diritto dell'Unione. Alcuni esempi di tali diritti, che sono stati espressamente trattati dalla Corte, sono l'ammissione all'istruzione (57), le borse di studio (58) e le riduzioni sui prezzi del trasporto pubblico a favore delle famiglie numerose (59).

Non sussistono limitazioni quanto al grado di parentela tra i cittadini dell'Unione e i loro ascendenti o discendenti. Ciò significa, ad esempio, che i nipoti e i nonni a carico sono ricompresi. Le autorità nazionali possono chiedere una prova dell'asserita qualità di familiare (cfr. sezione 2.2.4 – Documenti giustificativi per attestare la qualità di familiare rispetto al cittadino dell'Unione).

Occorre rilevare che un rapporto giuridico tra un cittadino mobile dell'Unione e un minore che non ha un legame di filiazione (ad esempio tutori legali e minori in affidamento) ma che porta alla creazione di una vita familiare effettiva gode di protezione ai sensi della direttiva 2004/38/CE, a condizione che tale relazione possa essere debitamente attestata. In tal caso il minore non beneficia di un diritto automatico d'ingresso e di soggiorno, ma l'ingresso e il soggiorno del minore devono essere agevolati dallo Stato membro ospitante a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE (60) (cfr. sezione 2.2.3 – Membri della famiglia allargata per ulteriori informazioni).

2.2.2.4   Dipendenza dei discendenti diretti e degli ascendenti diretti

Conformemente alla giurisprudenza attuale (61) della Corte, la qualità di familiare " a carico " risulta da una situazione di fatto caratterizzata dalla circostanza che il sostegno materiale del familiare è garantito dal cittadino dell'Unione o dal coniuge/partner di quest'ultimo. La condizione di familiare a carico non presuppone un diritto agli alimenti e le ragioni di tale dipendenza sono irrilevanti (62). Non è necessario esaminare se il familiare in questione sia in teoria in grado di provvedere a se stesso, ad esempio esercitando un'attività retribuita. Il fatto che il familiare sia considerato dotato di ragionevoli possibilità di trovare un lavoro e, inoltre, intenda lavorare nello Stato membro ospitante resta irrilevante ai fini dell'interpretazione della condizione di essere "a carico"  (63).

Nelle sentenze sul concetto di persona a carico, la Corte non ha fatto riferimento al livello di vita per determinare la necessità di sostegno finanziario ad opera del cittadino dell'Unione.

La direttiva 2004/38/CE non prevede requisiti quanto alla durata minima della dipendenza o dell'importo del sostegno materiale fornito, purché l'interessato sia effettivamente a carico e la situazione sia di natura strutturale.

Per stabilire se un familiare è a carico, occorre valutare nella singola fattispecie se l'interessato, alla luce delle sue condizioni finanziarie e sociali, necessita di sostegno materiale per sopperire ai suoi bisogni essenziali nello Stato d'origine o nello Stato di provenienza (quindi non nello Stato membro ospitante in cui soggiorna il cittadino dell'Unione). La determinazione dell'eventualità o meno che una persona sia "a carico" di un cittadino dell'Unione deve basarsi su una valutazione della situazione nel momento in cui il familiare intende accompagnare il cittadino dell'Unione in questione o ricongiungersi ad esso (64).

I familiari a carico devono presentare una prova documentale della loro qualità di persona a carico. Tale prova può essere fornita con ogni mezzo idoneo, come confermato dalla Corte (65). Quando i familiari interessati sono in grado di dimostrare la loro qualità di persona a carico con prove diverse da certificati rilasciati dalle autorità competenti del paese di origine o di provenienza, lo Stato membro ospitante non può rifiutare di riconoscere i loro diritti. Tuttavia, il semplice impegno da parte di un cittadino dell'Unione di mantenere il familiare interessato non è di per sé sufficiente a stabilire l'esistenza della dipendenza. Per la valutazione dei documenti giustificativi, cfr. sezione 7.1 - Documenti giustificativi per il rilascio delle carte di soggiorno.

Esempi di prove che attestano la qualità di familiare "a carico":

un documento dell'autorità competente del paese di origine o di provenienza del familiare a carico che attesti l'esistenza di una situazione di dipendenza  (66) ;

prova del versamento regolare di somme di denaro da parte del cittadino dell'Unione al familiare a carico per un periodo significativo necessario affinché il familiare a carico possa provvedere al proprio sostentamento nel paese di origine o di provenienza  (67) (ciò significa che occorre dimostrare che i versamenti regolari sono effettuati e che i versamenti sono necessari per sostenere il familiare);

prova di versamenti regolari per coprire costi di base (ad esempio spese per la scuola, l'alloggio, l'elettricità e l'acqua) effettuati direttamente dal cittadino dell'Unione per un periodo significativo necessario affinché il familiare a carico possa provvedere al proprio sostentamento nel paese di origine o di provenienza (ciò significa che occorre dimostrare che i versamenti regolari sono effettuati e che i versamenti sono necessari per sostenere il familiare).

Esempi di prove che non possono essere richieste:

certificati attestanti che il familiare a carico ha tentato inutilmente di trovare un lavoro o di ricevere un'indennità sociale nel paese di origine o di provenienza e/o ha tentato con ogni altro mezzo di assicurare il proprio sostentamento  (68) ;

(se il cittadino dell'Unione soggiorna già nello Stato membro ospitante) la prova che il familiare era a carico di tale cittadino dell'Unione poco prima o al momento in cui quest'ultimo si è stabilito nello Stato membro ospitante  (69) .

Non vi sono prescrizioni che impongono al familiare in questione di soggiornare nello stesso paese del cittadino dell'Unione o di essere stato a carico di quest'ultimo poco tempo prima o al momento del trasferimento di questo nello Stato membro ospitante (70).

Esempio

R. è cittadino di un paese terzo. Ha sempre soggiornato in un paese terzo. Sua figlia, M., è una cittadina dell'Unione avente la cittadinanza dello Stato membro A. M. ha soggiornato nello Stato membro A fino al suo trasferimento nello Stato membro B nel 2016. Dal 2018 M. invia mensilmente a R. versamenti a copertura delle spese di sostentamento di quest'ultimo. Nel 2020 R. si è trasferito nello Stato membro B e ha presentato domanda per l'ottenimento della carta di soggiorno in qualità di familiare "ascendente a carico" ai sensi dell'articolo 2, punto 2, lettera d), della direttiva. Ad R. non può essere negata la carta di soggiorno per il motivo che egli non ha vissuto nello stesso paese della figlia. Inoltre, la carta di soggiorno non può essergli negata in quanto non era a carico della figlia poco prima o nel momento in cui quest'ultima si è stabilita nello Stato membro B.

I familiari il cui diritto di soggiorno deriva dal fatto di essere a carico di un cittadino mobile dell'UE non cessano di rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva quando cessano di essere a carico, ad esempio facendo uso dei loro diritti di cui all'articolo 23 di esercitare un'attività economica come lavoratori subordinati o autonomi nello Stato membro ospitante (71).

Analogamente, i discendenti il cui diritto di soggiorno deriva dal fatto che hanno meno di 21 anni continuano a rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE quando raggiungono l'età di 21 anni.

Esempio

M. è cittadino di un paese terzo. Dal settembre del 2018 soggiorna e studia in un paese terzo. Sua madre, cittadina di un paese terzo, e suo padre, cittadino dell'Unione, risiedono nello Stato membro A. Nel gennaio 2020 i genitori hanno iniziato a versare mensilmente somme di denaro al figlio a copertura delle sue spese di studio e di sussistenza. M. si è trasferito nello Stato membro A nell'ottobre 2020, anno in cui ha compiuto 22 anni e ha presentato domanda per ottenere una carta di soggiorno in qualità di discendente diretto a carico di un cittadino dell'Unione (articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva). Nel dicembre del 2020 ha ottenuto la carta di soggiorno. Nel febbraio del 2021 ha iniziato a lavorare nello Stato membro A e si è trasferito, lasciando l'abitazione dei genitori, affittando un appartamento nello Stato membro A. A norna dell'articolo 23 della direttiva, il diritto di soggiorno di M. non può essere rimesso in discussione dal fatto che, dopo il suo trasferimento nello Stato membro A, M. non è più a carico dei suoi genitori, dato che ha iniziato a lavorare.

2.2.2.5   Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione

La Corte ha chiarito che i minori cittadini dell'Unione godono del pieno diritto di libera circolazione, nonostante non possano decidere da soli dove soggiornare o dove viaggiare: la capacità di un cittadino dell'Unione di essere titolare dei diritti garantiti dal trattato e dal diritto derivato in materia di libera circolazione delle persone non può essere subordinata al raggiungimento, da parte dell'interessato, dell'età richiesta per avere la capacità giuridica di esercitare, egli stesso, detti diritti, né al raggiungimento di un'età minima (72). Tali decisioni sono prese dai loro genitori/affidatari effettivi titolari del diritto di affidamento del minore cittadino dell'Unione.

Di conseguenza la Corte ha ritenuto che oltre alle persone elencate all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE, qualora minori cittadini dell'Unione esercitino i loro diritti di libera circolazione, ai loro affidatari effettivi che non sono cittadini dell'Unione (persone non a carico di minori cittadini dell'Unione, bensì persone a carico delle quali i minori cittadini dell'Unione vivono) deve essere riconosciuto un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante, in quanto in caso contrario il diritto di soggiorno di tali minori non avrebbe alcun effetto utile (73). Le disposizioni pertinenti della direttiva 2004/38/CE sono applicabili per analogia a tali affidatari effettivi.

Esempio

A. è una minore cittadina dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro A, in cui è nata. Sei mesi dopo la nascita, si è trasferita nello Stato membro B con i genitori e la sorella maggiore, che sono cittadini di paesi terzi. Tutti e quattro risiedono nello Stato membro B. I genitori in qualità di affidatari effettivi rientrano nell'ambito di applicazione delle norme sulla libera circolazione e lo stesso può dirsi per sua sorella.

Per ulteriori informazioni sul diritto di soggiorno per periodi di durata superiore a tre mesi e inferiori a cinque anni dei minori cittadini dell'Unione e dei loro affidatari effettivi, cfr. sezione 5.2.4 – Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione.

2.2.3   Membri della famiglia allargata

Conformemente alla loro legislazione nazionale, gli Stati membri devono agevolare l'ingresso e il soggiorno di "membri della famiglia allargata" di cittadini dell'Unione.

L'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE fa riferimento a:

ogni altro familiare (ossia non rientrante nell'ambito di applicazione dell'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE), se:

è a carico;

convive con il cittadino dell'Unione;

gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell'Unione lo assista personalmente; oppure

se si tratta di partner con cui il cittadino dell'Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata.

Il termine "familiari" di cui all'articolo 3, paragrafo 2, deve essere interpretato in maniera autonoma e uniforme in tutta l'Unione. Il riferimento alla "legislazione nazionale" non riguarda la definizione delle persone menzionate in tale disposizione, bensì le condizioni alle quali lo Stato membro ospitante deve agevolare l'ingresso e il soggiorno di tali persone (74).

Nel fare riferimento a "ogni altro familiare" la direttiva 2004/38/CE, non pone limitazioni quanto al grado di parentela.

L'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE stabilisce che i "membri della famiglia allargata" hanno il diritto di ottenere l'agevolazione del loro ingresso e del loro soggiorno conformemente alla legislazione nazionale. A differenza dei familiari "stretti", i "membri della famiglia allargata" non godono automaticamente di un diritto d'ingresso e di soggiorno. Ciò significa che gli Stati membri non sono tenuti ad accogliere qualsiasi domanda d'ingresso o di soggiorno presentata da persone che rientrano in tale categoria (75). Gli Stati membri sono nondimeno tenuti a concedere un determinato vantaggio a tali domande rispetto a quelle di altri cittadini di paesi terzi (76).

Per preservare l'unità della famiglia in senso ampio, la legislazione nazionale deve prevedere un attento esame delle pertinenti circostanze personali dei richiedenti interessati, tenendo conto del loro rapporto con il cittadino dell'Unione o di qualsiasi altra circostanza, quali la dipendenza finanziaria o fisica, come chiarito al considerando 6 del preambolo della direttiva 2004/38/CE. Al fine di adempiere tale obbligo, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE, gli Stati membri devono stabilire nella loro legislazione nazionale criteri per tale agevolazione che consentano ai richiedenti di ottenere una decisione sulla loro domanda che sia fondata su un esame approfondito della loro situazione personale e che sia motivata in caso di rifiuto (77). Gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità nel definire i criteri di cui tener conto nella loro legislazione nazionale al momento di decidere se concedere i diritti di cui alla direttiva 2004/38/CE ai "membri della famiglia allargata", a condizione che tali criteri siano conformi al significato abituale del termine "agevola" e non privino tale disposizione del suo effetto utile (78).

Inoltre, in sede di attuazione dell'obbligo di agevolare l'ingresso e il soggiorno degli "altri familiari", previsto dall'articolo 3, paragrafo 2, gli Stati membri devono esercitare il loro margine di discrezionalità "alla luce e nel rispetto delle" disposizioni della Carta dei diritti fondamentali, ivi inclusi il diritto alla vita privata (e al rispetto della medesima) (articolo 7) e l'interesse superiore del minore (articolo 24) (79). Di conseguenza agli Stati membri incombe di "procedere a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutte le circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, tenendo conto di tutti gli interessi presenti e, in particolare, dell'interesse superiore del minore interessato"  (80).

Sulla base della sentenza Coman, nella quale la Corte ha dichiarato che, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, la nozione di "coniuge" è neutra dal punto di vista del genere (81), non vi sono motivi per interpretare altri termini nella direttiva 2004/38/CE, come ad esempio "ogni altro familiare" (articolo 3, paragrafo 2, lettera a) e "partner" (articolo 3, paragrafo 2, lettera b)) come termini non neutri dal punto di vista del genere.

Una volta riconosciuto il loro status di familiare, i membri della famiglia allargata che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE possono avvalersi di tutte le disposizioni della direttiva (compreso il diritto al lavoro). Tale riconoscimento avviene solitamente mediante il rilascio della carta di soggiorno ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE, ma può avvenire anche attraverso un'altra procedura (ad esempio il rilascio di un visto per le cittadinanze soggette all'obbligo del visto).

Qualsiasi decisione negativa (in particolare il respingimento dell'ingresso, il rifiuto del visto e/o il rifiuto della carta di soggiorno) è soggetta a tutte le garanzie sostanziali e procedurali di cui alla direttiva 2004/38/CE. Tra questi rientra l'accesso a un procedimento giurisdizionale nel contesto del quale "il giudice nazionale deve poter verificare se il provvedimento di diniego si fondi su una base di fatto sufficientemente solida e se le garanzie procedurali siano state rispettate"  (82). Una decisione negativa deve essere pienamente giustificata per iscritto e poter formare oggetto di ricorso.

2.2.3.1   Situazioni soggette all'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a): dipendenza economica, dipendenza fisica e appartenenza a un nucleo familiare

Le tre situazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) (dipendenza economica, dipendenza fisica e appartenenza a un nucleo familiare) non sono cumulative. Ciò significa che una persona può beneficiare dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), se rientra in una di tali tre situazioni (83).

I membri della famiglia allargata sono tenuti, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 5, lettera e) e dell'articolo 10, paragrafo 2, lettera e), a presentare un documento rilasciato dall'autorità competente del paese di origine o di provenienza attestante che gli interessati sono a carico del cittadino dell'Unione o membri del nucleo familiare di quest'ultimo, [o la] prova che gravi motivi di salute del familiare impongono la prestazione di un'assistenza personale da parte del cittadino dell'Unione (84).

La nozione di "persone a carico" riguarda "una situazione di dipendenza economica"  (85).

Gli Stati membri, nell'esercizio del loro potere discrezionale, possono prescrivere nelle loro legislazioni particolari requisiti relativamente alla natura o alla durata della dipendenza, segnatamente al fine di assicurarsi che detta situazione sia reale e stabile e non sia stata determinata dal solo scopo di ottenere l'ingresso e il soggiorno nello Stato membro ospitante (86).

Tuttavia, tali requisiti devono essere conformi al significato comune del termine "agevola" nonché dei termini relativi alla dipendenza utilizzati al suddetto articolo 3, paragrafo 2, e non devono privare tale disposizione del suo effetto utile (87).

La situazione di dipendenza deve esistere nel paese di provenienza del membro della famiglia allargata (e non nel paese in cui il cittadino dell'Unione soggiornava prima di stabilirsi nello Stato membro ospitante) (88). La determinazione dell'eventualità o meno che una persona sia "a carico" di un cittadino dell'Unione deve basarsi su una valutazione della situazione nel momento in cui il familiare intende accompagnare il cittadino dell'Unione in questione o ricongiungersi ad esso. Non vi sono prescrizioni che impongono al familiare in questione di soggiornare nello stesso paese del cittadino dell'Unione o di essere stato a carico di quest'ultimo poco tempo prima o al momento del trasferimento di questo nello Stato membro ospitante (89). Ciò significa che, se il cittadino dell'Unione soggiorna già nello Stato membro ospitante, non si può richiedere al familiare a carico provare la sua dipendenza dal cittadino dell'Unione in questione poco prima o al momento in cui quest'ultimo si è stabilito nello Stato membro ospitante (90).

I membri della famiglia allargata a carico non cessano di rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva quando cessano di essere a carico, ad esempio esercitando i loro diritti di cui all'articolo 23 di esercitare un'attività economica come lavoratori subordinati o autonomi nello Stato membro ospitante (91).

La nozione di "ogni altro familiare" designa le persone che intrattengono con il cittadino dell'Unione un rapporto di dipendenza, basato su legami personali stretti e stabili, creati all'interno di uno stesso nucleo familiare, nell'ambito di una comunione di vita domestica che va al di là di una mera coabitazione temporanea, determinata da motivi di pura convenienza (92).

I membri del nucleo familiare devono dimostrare legami stretti e stabili con il cittadino dell'Unione, "che attesti una situazione di effettiva dipendenza tra tali due persone nonché la condivisione di una comunione di vita domestica che non sia stata determinata dallo scopo di ottenere l'ingresso e il soggiorno" nello Stato membro ospitante (93).

Tra i fattori da considerare nel valutare se tali legami esistano figurano il grado di parentela e, in funzione delle circostanze proprie del caso, occorre anche tener conto "della prossimità familiare di cui trattasi, della reciprocità e dell'intensità del legame esistente tra tali due persone"  (94). Detti legami devono essere di natura tale che, se al familiare fosse impedito di convivere con il cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante, "almeno una di queste due persone ne risulterebbe danneggiata"  (95). Non è tuttavia necessario dimostrare che il cittadino dell'Unione rinuncerebbe ad esercitare i diritti di libera circolazione, se a tale familiare non fosse concesso l'ingresso o il soggiorno (96). Anche la durata della comunione di vita domestica costituisce un elemento importante da prendere in considerazione e, a tale riguardo, occorre prendere in considerazione anche il periodo antecedente all'acquisizione della cittadinanza dell'Unione da parte della persona in questione (97). Il cittadino dell'Unione e l'altro familiare devono appartenere allo stesso nucleo familiare, ma il cittadino dell'Unione non deve essere il capofamiglia (98).

Qualora esista una vita familiare effettiva tra un cittadino dell'Unione e i figli del partner stabile di tale cittadino, l'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), può riguardare anche la situazione dei figli del partner stabile, anche nel caso di unioni tra persone dello stesso sesso.

Esempio

Y. è una cittadina dell'Unione avente cittadinanza dello Stato membro A ed è sposata con un cittadino di un paese terzo. Negli ultimi 5 anni i due hanno vissuto nello Stato membro A con la sorella L. di Y., cittadina di un paese terzo. Nel 2022 tutti e tre decidono di trasferirsi nello Stato membro B. L. potrebbe rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE in quanto membro del nucleo familiare di Y.

Un rapporto giuridico tra un cittadino dell'Unione che esercita il suo diritto di libera circolazione e un minore che non ha un legame di filiazione ma determina la creazione di una vita familiare effettiva è tutelato dall'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE (99). Ciò può verificarsi in particolare per i minori che si trovano sotto la custodia di un tutore legale permanente e per i minori in affidamento. In tali casi, le autorità nazionali devono "procedere a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutte le circostanze attuali e pertinenti del caso di specie, tenendo conto di tutti gli interessi presenti e, in particolare, dell'interesse superiore del minore interessato"  (100). Se la valutazione porta a concludere che il minore e il tutore conducono una vita familiare effettiva e che il primo dipende dal secondo, il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare e l'interesse superiore del minore, in linea di principio, richiedono che lo Stato membro ospitante conceda al minore interessato il diritto d'ingresso e di soggiorno ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/38/CE, letto alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali, al fine di consentire al minore di vivere con i suoi tutori nello Stato membro ospitante (101).

I fattori da prendere in considerazione nella valutazione comprendono, tra l'altro, l'età del minore al momento della costituzione del rapporto giuridico; l'eventualità o meno che da allora il minore abbia vissuto con il cittadino dell'Unione; il grado delle relazioni affettive che si sono instaurate tra il minore e il cittadino dell'Unione; e il livello di dipendenza del minore dal cittadino dell'Unione (nella misura in cui quest'ultimo assume la potestà genitoriale e l'onere legale e finanziario del minore) (102).

Si deve altresì tener conto degli "eventuali rischi, concreti e individualizzati che il minore interessato sia vittima di un abuso, di sfruttamento o di tratta dei minori"  (103). Tuttavia, tali rischi non possono essere presunti per il solo fatto che la procedura per stabilire il rapporto giuridico pertinente è meno approfondita rispetto a quella condotta nello Stato membro ospitante ai fini dell'adozione o della collocazione del minore, o per il solo fatto che la convenzione dell'Aia del 1996 in materia di responsabilità genitoriale e di misure per la tutela dei minori (104) non è stata applicata nel caso specifico (105). Tali fattori devono essere bilanciati con altri elementi di fatto pertinenti (106).

Per quanto concerne i familiari in relazione ai quali gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell'Unione li assista personalmente, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva, attualmente non esiste una giurisprudenza che contempli specificamente tali familiari. La Corte ha tuttavia sottolineato che tale scenario si riferisce a una situazione di "dipendenza fisica"  (107). Tuttavia, ciò richiede una valutazione complessiva che deve essere effettuata caso per caso e deve tener conto delle circostanze specifiche di ciascuna situazione.

2.2.3.2   Situazioni soggette all'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b): relazioni stabili

Il partner con cui un cittadino dell'Unione abbia una stabile relazione di fatto, debitamente attestata, rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva. Tale categoria comprende sia le relazioni con persone di sesso opposto sia le relazioni tra persone dello stesso sesso. Le persone cui la direttiva 2004/38/CE riconosce diritti in quanto partner stabili possono essere tenute a presentare prove documentali che dimostrino la loro qualità di partner di cittadini UE e la stabilità della relazione. La prova può essere fornita con ogni mezzo idoneo.

Si riportano di seguito alcuni degli elementi che consentono di stabilire l'esistenza di una stabile relazione di fatto debitamente attestata:

evidenze del fatto che la coppia mantiene una relazione stretta da molto tempo;

evidenze di una responsabilità genitoriale condivisa in relazione a uno o più minori e una pari partecipazione all'esercizio di tale responsabilità;

evidenze dell'assunzione congiuntamente di un serio impegno giuridico o finanziario a lungo termine (ad esempio un'ipoteca per l'acquisto di un'abitazione o una documentazione attestante la costituzione di un'unione civile);

evidenze dell'esistenza di un domicilio o di un nucleo familiare comuni;

qualora i partner non vivano insieme, evidenze della regolarità e della frequenza dei loro contatti.

Il requisito della relazione stabile deve essere valutato alla luce dell'obiettivo di cui alla direttiva 2004/38/CE di mantenere l'unità della famiglia in senso più ampio (108). Le norme nazionali in materia di stabilità della relazione possono fare riferimento a un lasso di tempo minimo, stabilito in linea con il principio di proporzionalità, come criterio per determinare se un'unione possa essere considerata stabile. Tuttavia, in tal caso, le norme nazionali dovrebbero prevedere che siano presi in considerazione anche altri aspetti pertinenti (come quelli sopra elencati).

Le norme nazionali possono imporre che tale relazione sia esclusiva (ossia è accettabile esigere che né il cittadino dell'Unione né il partner siano sposati o legati da un'unione registrata con una terza persona), ma le norme nazionali, se del caso, dovrebbero tenere conto di altri fattori.

Nell'applicare questa disposizione, occorre prestare particolare attenzione alla situazione delle coppie costituite da persone dello stesso sesso che non hanno potuto accedere al matrimonio o stabilire un'unione registrata e che pertanto non possono beneficiare di un diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE.

2.2.4   Documenti giustificativi per attestare la qualità di familiare rispetto al cittadino dell'Unione

Quando presentano domanda per ottenere un documento di soggiorno o un visto d'ingresso ai sensi della direttiva 2004/38/CE, i richiedenti hanno il diritto di scegliere le prove documentali con cui desiderano dimostrare che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE (ad esempio prova del legame familiare, della dipendenza, ecc.). Gli Stati membri possono richiedere documenti specifici (ad esempio un certificato di matrimonio come mezzo per dimostrare l'esistenza del matrimonio), ma non dovrebbero rifiutare altri mezzi di prova. Ad esempio, la presentazione di un certificato di matrimonio non è l'unico mezzo accettabile per stabilire l'esistenza di legami familiari.

I familiari che presentano domanda per ottenere un documento di soggiorno o un visto d'ingresso ai sensi della direttiva 2004/38/CE devono presentare un "documento che attesti la qualità di familiare". Ciò significa che non si può esigere che il documento o la relazione siano innanzitutto registrati nello Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione o nello Stato membro ospitante del cittadino dell'Unione. Imporre tale registrazione costituisce un ostacolo indebito all'esercizio del diritto di libera circolazione in quanto rischia di ritardare notevolmente il trattamento di alcune domande o persino di renderlo impossibile in alcuni casi, dato che alcuni Stati membri non dispongono di un sistema di registrazione dei documenti relativi ai vincoli familiari di persone straniere.

Nel caso di discendenti minorenni, considerazioni relative all'interesse superiore del minore sancito dall'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali possono giustificare, in particolare, la verifica del fatto che la libera circolazione avvenga nel rispetto delle norme applicabili in materia di affidamento. Eventuali prescrizioni a questo proposito devono rispettare i principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente quelli di proporzionalità e non discriminazione (109).

a)   Documenti rilasciati da uno Stati membro dell'UE

I documenti attestanti la qualità di familiare rilasciati da uno Stato membro devono essere accettati dallo Stato membro ospitante senza ulteriori adempimenti amministrativi. Come spiegato ulteriormente nella sezione 2.2.1 – Considerazioni generali, ai fini della direttiva 2004/38/CE e del diritto dell'Unione in generale, l'accettazione di tali certificati e dei vincoli di parentela oggetto di tali certificati non può essere subordinata al riconoscimento formale da parte degli altri Stati membri (110).

Inoltre, a norma del regolamento (UE) 2016/1191 (111), determinati documenti pubblici che attestano la qualità di familiare, quali i certificati di matrimonio, i certificati di unione registrata, i certificati di nascita e determinati documenti notarili e sentenze (ad esempio quelli attestanti la genitorialità o l'adozione) rilasciati da uno Stato membro sono esentati dall'obbligo di legalizzazione o di postilla. Per taluni documenti (in particolare i certificati di nascita, di matrimonio o di unione registrata), lo Stato membro di rilascio è tenuto a rilasciare il corrispondente modulo standard multilingue su richiesta dell'interessato. In tale contesto uno Stato membro non dovrebbe richiedere una traduzione certificata di certificati di nascita, matrimonio o unione registrata se l'originale è stato rilasciato da un altro Stato membro ed è accompagnato da un modulo standard multilingue. In circostanze eccezionali, l'autorità di uno Stato membro a cui è presentato il documento pubblico può richiedere una traduzione qualora ritenga che le informazioni contenute nel documento non siano sufficienti per trattare il documento stesso (ciò può avvenire, ad esempio, quando un campo di testo libero in un modulo standard multilingue è stato compilato in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dell'autorità ricevente e tale informazione è necessaria ai fini del trattamento del documento). Non è disponibile un modulo standard multilingue per altri tipi di documenti (ad esempio quelli che stabiliscono l'adozione o la cittadinanza). In tal caso le autorità dello Stato membro ricevente possono richiedere la traduzione certificata di un documento pubblico presentato dal cittadino, ma devono accettare una traduzione certificata effettuata in qualsiasi Stato membro (ossia non soltanto nello Stato membro ricevente).

b)   Documenti rilasciati da un paese terzo

Se il documento originale è redatto in una lingua non compresa dalle autorità dello Stato membro interessato, lo Stato membro può esigere la traduzione dei documenti pertinenti. In caso di dubbi sull'autenticità del documento (ad esempio per quanto riguarda l'autorità di rilascio e l'esattezza dei dati che figurano in un documento), uno Stato membro può chiedere che i documenti siano autenticati, legalizzati o verificati (ad esempio mediante una postilla). Tuttavia, il sospetto deve essere specifico in quanto riguarda un documento specifico di un singolo richiedente in quanto sarebbe sproporzionato richiedere sistematicamente la verifica e/o la legalizzazione di tutti i documenti giustificativi in tutti i casi.

In una situazione nella quale si accerti, sulla base di una valutazione condotta da uno Stato membro, che esistono motivi sufficientemente solidi, basati su dati oggettivi, per ritenere che un tipo specifico di documento (ad esempio un certificato di matrimonio) rilasciato da uno specifico paese terzo non sia affidabile (in particolare in ragione di un elevato numero di documenti falsi od ottenuti in modo fraudolento), le autorità nazionali di tale Stato membro potrebbero, in un caso specifico, richiedere la verifica o la legalizzazione del documento in questione. Tale misura deve essere limitata ai tipi di documenti del paese terzo emittente per i quali vi sono indicazioni che giustificano la misura. Per ulteriori informazioni su come contrastare gli abusi e le frodi, cfr. sezione 16 – Frode e abuso di diritto (articolo 35 della direttiva 2004/38/CE).

3    Diritto di uscita e diritto d'ingresso (articoli 4 e 5 della direttiva 2004/38/CE)

3.1   Diritto di uscita e d'ingresso

3.1.1   Per i cittadini dell'Unione

Fatta salva l'applicazione delle limitazioni di cui al capo VI della direttiva 2004/38/CE, l'articolo 4, paragrafo 1, e l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE stabiliscono che i cittadini dell'Unione hanno il diritto di lasciare uno Stato membro e di entrare in un altro Stato membro con una carta d'identità o un passaporto in corso di validità. Non possono essere richieste altre formalità.

Gli Stati membri sono pertanto tenuti a rilasciare un passaporto o una carta d'identità ai propri cittadini, conformemente alle rispettive legislazioni nazionali.

Gli Stati membri devono riconoscere il cognome di un figlio come esso è stato determinato e registrato nello Stato membro di nascita e di residenza dello stesso (112). Il passaporto o la carta d'identità rilasciati dallo Stato membro di cittadinanza devono indicare il nome e il cognome del minore come risultano dall'atto di nascita emesso da uno Stato membro (113). Ciò si applica anche ai cittadini dell'Unione che sono figli di genitori dello stesso sesso. Inoltre, per tali minori, lo Stato membro di cittadinanza deve rilasciare un passaporto o una carta d'identità senza esigere la previa emissione di un atto di nascita da parte delle Stato membro di cui il minore ha la cittadinanza (114).

Inoltre, per permettere effettivamente a un minore cittadino dell'Unione di esercitare il proprio diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri con ciascuno dei suoi due genitori, i genitori sono autorizzati a disporre di un documento che le menzioni come persone autorizzate a viaggiare con tale minore (tale documento può essere costituito da un certificato di nascita). Gli altri Stati membri sono obbligati a riconoscere tale documento (115) ..

3.1.2   Familiari cittadini di paesi terzi

I cittadini di paesi terzi che sono familiari di un cittadino dell'Unione necessitano di un passaporto in corso di validità. Possono inoltre essere tenuti a possedere un visto se sono cittadini di paesi terzi soggetti all'obbligo del visto (cfr. sezione 3.3 - Visa rules). Per l'esenzione dall'obbligo del visto, cfr. sezione 3.2 – Esenzione dall'obbligo di visto per i familiari cittadini di paesi terzi.

3.1.3   Requisiti applicabili ai documenti di viaggio

Oltre ai requisiti derivanti dal regolamento (UE) 2019/1157 per quanto riguarda le carte d'identità dei cittadini dell'Unione e dal regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio per quanto riguarda i passaporti dei cittadini dell'Unione (116), l'unico requisito relativo ai documenti di viaggio dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari è che essi siano validi (articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE). In particolare, gli Stati membri non possono rifiutare un documento di viaggio che:

non presenta una determinata validità futura: è sufficiente che il documento di viaggio sia valido il giorno dell'ingresso nel territorio;

è un vecchio documento privo delle più recenti caratteristiche di sicurezza.

3.1.4   Formato delle carte d'identità per i cittadini dell'Unione

Il regolamento (UE) 2019/1157 (117), che si applica a decorrere dal 2 agosto 2021  (118), ha introdotto norme minime relative alla sicurezza e al formato delle carte d'identità rilasciate dagli Stati membri (119). Il regolamento (UE) 2019/1157 prevede inoltre la graduale eliminazione delle carte d'identità non conformi ai suoi requisiti. Tali carte d'identità cessano di essere valide alla loro scadenza o entro il 3 agosto 2031 (se quest'ultima data è anteriore) (120).

3.1.5   Il Manuale pratico per le guardie di frontiera (Manuale Schengen)

Per gli Stati membri dell'UE che attuano l'acquis di Schengen relativo alle frontiere esterne e per i paesi associati Schengen (121), un manuale pratico per le guardie di frontiera (manuale Schengen) (122) contiene orientamenti comuni, migliori pratiche e raccomandazioni in materia di controllo di frontiera e tiene conto delle specificità derivanti dall'acquis in materia di libera circolazione (cfr. in particolare la parte II, sezione I: la sottosezione 2, che riguarda le verifiche in relazione a beneficiari del diritto di libera circolazione ai sensi del diritto dell'Unione; la sottosezione 6.2 sull'apposizione di timbri sui documenti di viaggio; e la sottosezione 8.3, che riguarda i rifiuti dell'ingresso a beneficiari del diritto di libera circolazione ai sensi del diritto dell'Unione).

3.1.6   Documenti di viaggio mancanti

Qualora un cittadino dell'Unione o il familiare, cittadino di un paese terzo, che accompagna o raggiunge un cittadino dell'Unione sia sprovvisto dei documenti di viaggio o, eventualmente, dei visti necessari, lo Stato membro interessato deve concedere a tale persona, prima di procedere al respingimento, ogni possibile agevolazione affinché possa ottenere o far pervenire entro un periodo di tempo ragionevole i documenti necessari, oppure possa dimostrare o attestare con altri mezzi la qualifica di titolare del diritto di libera circolazione. (articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2004/38/CE). In tali circostanze, l'onere della prova di dimostrare che la persona è beneficiaria della direttiva incombe al cittadino dell'Unione o al familiare cittadino di un paese terzo.

Tuttavia, si raccomanda sempre vivamente di essere in possesso dei documenti di viaggio (passaporto o carta d'identità) o dei visti richiesti, in modo da consentire ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari di identificarsi se necessario (in caso di fermo della polizia, imbarco su un aereo, ecc.). Gli Stati membri possono adottare norme nazionali che obbligano le persone presenti sul loro territorio a detenere o a portare con sé atti e documenti e che consentono di irrogare sanzioni in caso di mancato rispetto di tale obbligo.

3.1.7   Respingimento dell'ingresso/dell'uscita

Il diritto dell'Unione consente agli Stati membri di vietare ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari di entrare nel loro territorio e di uscirne qualora rappresentino un rischio per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica ai sensi del capo VI della direttiva 2004/38/CE o in caso di abuso o frode (cfr. sezione 13 - Limitazioni del diritto di circolare e soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articoli 27, 28 e 29 della direttiva 2004/38/ e sezione 16 - Frode e abuso di diritto (articolo 35 della direttiva 2004/38/CE).

3.2   Esenzione dall'obbligo di visto per i familiari cittadini di paesi terzi

L'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE stabilisce che il possesso della carta di soggiorno di cui all'articolo 10 di detta direttiva, in corso di validità, esonera i familiari cittadini di paesi terzi dal requisito di ottenere un visto (123).

a)   Carte di soggiorno che hanno un effetto di esenzione dall'obbligo del visto ai sensi della direttiva 2004/38/CE

Le seguenti carte di soggiorno hanno un effetto di esenzione dall'obbligo del visto ai sensi della direttiva 2004/38/CE:

le carte di soggiorno emesse a norma dell'"articolo 10" rilasciate ai familiari di cittadini dell'Unione che si sono trasferiti in uno Stato membro diverso da quello di cui possiedono la cittadinanza;

le carte di soggiorno permanente rilasciate a norma dell'articolo 20 della direttiva 2004/38/CE (che sostituiscono la carta di soggiorno quinquennale rilasciata ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE).

Il possesso di una carta di soggiorno rilasciata a norma degli articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE (124) costituisce una prova sufficiente del fatto che il titolare della carta è un familiare di un cittadino dell'Unione (125). La carta di soggiorno ha un effetto di esenzione dall'obbligo di munirsi di un visto in ogni Stato membro, compreso lo Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione (126) e indipendentemente dalla partecipazione dello Stato membro di rilascio o visitato nello spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne (lo spazio Schengen) (127).

L'esenzione dall'obbligo del visto sancita dall'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE riguarda i familiari in possesso di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente, sia quando tale carta è stata loro rilasciata da uno Stato membro non facente parte dello spazio Schengen sia quando è stata rilasciata da uno Stato membro facente parte di tale spazio (128).

Le carte di soggiorno pertinenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE esentano i titolari dall'obbligo del visto indipendentemente dal fatto che il titolare della carta accompagni o raggiunga il cittadino dell'Unione. In effetti, contrariamente a quanto specificato in altri articoli della direttiva 2004/38/CE (ad esempio gli articoli 6 o 7), l'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE non prevede l'obbligo di accompagnare o raggiungere il cittadino mobile dell'UE.

Esempi

R. è una cittadina dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro A e soggiorna con il coniuge cinese M. nello Stato membro B, non facente parte dello spazio Schengen  (129) . M. è in possesso di una carta di soggiorno rilasciata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE dallo Stato membro B. R. e M. si recano nello Stato membro C, che fa parte dello spazio Schengen. M. è in possesso di una carta di soggiorno rilasciata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE, per cui è esentato dall'obbligo del visto ai sensi della direttiva, anche quando si reca nello Stato membro C facente parte dello spazio Schengen.

T. è un cittadino dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro B e soggiorna con la coniuge indiana, S., nello Stato membro D, facente parte dello spazio Schengen. S. è in possesso di una carta di soggiorno rilasciata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE dallo Stato membro D. S. si reca nello Stato membro E, non facente parte dello spazio Schengen. S. è in possesso di una carta di soggiorno rilasciata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE, per cui è esentata dall'obbligo del visto ai sensi della direttiva, anche quando si reca da sola nello Stato membro E non facente parte dello spazio Schengen.

P. è un cittadino dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro A e soggiorna con il coniuge cinese, L., nello Stato membro B, che non fa parte dello spazio Schengen. L. possiede una carta di soggiorno rilasciata dallo Stato membro B a norma dell'articolo 20 della direttiva 2004/38/CE. L. si reca da solo nello Stato membro C, facente parte dello spazio Schengen, e poi nello Stato membro E, non facente parte dello spazio Schengen. La carta di soggiorno ha effetto di esenzione dall'obbligo del visto nello Stato membro C e nello Stato membro E, anche se L. viaggia da solo.

Y. è un cittadino dell'Unione che possiede la cittadinanza dello Stato membro A, non facente parte dello spazio Schengen. Egli soggiorna con la moglie indiana T. nello Stato membro C, facente parte dello spazio Schengen. T. possiede una carta di soggiorno rilasciata dallo Stato membro C a norma dell'articolo 20 della direttiva 2004/38/CE. La carta di soggiorno ha effetto di esenzione dall'obbligo del visto nello Stato membro A. La carta di soggiorno ha effetto di esenzione dall'obbligo del visto nello Stato membro A anche se T. viaggia da sola.

Per quanto concerne il formato delle carte di soggiorno, cfr. sezione 12.2 -Carte di soggiorno e carte di soggiorno permanente rilasciate a familiari cittadini di paesi terzi (articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE e articoli 7 e 8 del regolamento (CE) 2019/1157): formato e periodo di validità.

Inoltre, l'esenzione dall'obbligo del visto si applica anche a:

carte di soggiorno (permanenti) rilasciate ai "genitori di Zhu e Chen " (cfr. sezione 2.2.2.5 – Affidatari di cittadini minorenni dell'Unione);

carte di soggiorno (permanenti) rilasciate ai familiari di cittadini dell'Unione che sono tornati nello Stato membro di cui possiedono la cittadinanza (cfr. sezione 18 – Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese di origine); e

carte di soggiorno (permanenti) rilasciate a familiari con doppia cittadinanza quando la direttiva 2004/38/CE si applica per analogia a tali familiari (cfr. sezione 2.1.4 – Persone con doppia cittadinanza).

In effetti, come spiegato ulteriormente nella sezione 12.2 - 12.2 Carte di soggiorno e carte di soggiorno permanente rilasciate a familiari cittadini di paesi terzi (articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE e articoli 7 e 8 del regolamento (CE) 2019/1157): formato e periodo di validità, anche queste tre categorie di familiari di paesi terzi dovrebbero ottenere una carta di soggiorno (permanente) ai sensi della direttiva 2004/38/CE, in quanto quest'ultima si applica per analogia a tali tre categorie.

b)   Documenti di soggiorno che non hanno un effetto di esenzione dall'obbligo del visto ai sensi della direttiva 2004/38/CE

Qualsiasi altro documento di soggiorno rilasciato ai familiari di cittadini dell'Unione non esenta il titolare dall'obbligo del visto a norma della direttiva 2004/38/CE.

Occorre rilevare che i documenti di soggiorno rilasciati ai sensi della legislazione nazionale in una situazione puramente interna (ricongiungimento familiare con cittadini dello Stato membro di rilascio che non hanno esercitato il diritto di libera circolazione) non riguardano gli aventi diritto a beneficiare delle norme sulla libera circolazione. Di conseguenza gli Stati membri devono rilasciare tali documenti di soggiorno a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002 (130). Qualora il permesso di soggiorno sia rilasciato da uno Stato membro facente parte dello spazio Schengen, i permessi di soggiorno rilasciati a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002 hanno effetti di esenzione dall'obbligo del visto nei confronti degli Stati membri facenti parte dello spazio Schengen.

Tuttavia, i documenti di soggiorno che non sono stati rilasciati ai sensi della direttiva 2004/38/CE possono esentare i titolari dall'obbligo del visto in base alle norme Schengen (131). Per ulteriori informazioni al riguardo, cfr. Manuale pratico per le guardie di frontiera (Manuale Schengen).

Esempio

Lo Stato membro A fa parte dello spazio Schengen. Un cittadino dell'Unione avente cittadinanza dello Stato membro A risiede con la coniuge, cittadina di un paese terzo, nello Stato membro A. I due si recano in un altro Stato membro facente anch'esso parte dello spazio Schengen. Poiché la coniuge, cittadina di un paese terzo, è in possesso di un permesso di soggiorno rilasciato a norma del diritto nazionale da uno Stato membro facente parte dello spazio Schengen, non è necessario un visto d'ingresso ai sensi delle norme Schengen.

3.3   Norme in materia di visti

Come disposto dall'articolo 5, paragrafo 2, gli Stati membri possono fare obbligo ai familiari cittadini di paesi terzi che accompagnano o raggiungono un cittadino dell'Unione cui si applica la direttiva 2004/38/CE di munirsi di un visto d'ingresso in conformità con il regolamento (UE) 2018/1806 (132) o, nel caso dell'Irlanda, in conformità con il diritto nazionale. Tali familiari hanno il diritto di entrare nel territorio dello Stato membro e di ottenere un visto d'ingresso  (133). In ciò si differenziano dagli altri cittadini di paesi terzi, che non beneficiano di tale diritto.

Il diritto di ottenere un visto si applica indipendentemente dalla finalità del viaggio, a condizione che il familiare cittadino di un paese terzo accompagni o raggiunga il cittadino dell'Unione (ad esempio per motivi di stabilimento o di turismo nello Stato membro ospitante).

Ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, gli Stati membri devono concedere a tali persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari, che devono essere rilasciati il più presto possibile in base a una procedura accelerata e a titolo gratuito.

Tuttavia, la direttiva 2004/38/CE non stabilisce altre norme per le procedure relative al rilascio dei visti.

Per gli Stati membri che applicano integralmente l'acquis di Schengen in relazione alla politica comune in materia di visti (134), è stato adottato un manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati mediante una decisione di esecuzione della Commissione emessa a norma del codice dei visti (135). Un'intera sezione del manuale (parte III) riguarda le norme specifiche relative al trattamento delle domande di visto presentate da familiari di cittadini dell'Unione e tiene conto delle specificità derivanti dall'acquis in materia di libera circolazione. Il codice dei visti e il manuale non sono applicabili a Irlanda, Bulgaria, Cipro e Romania, ma la maggior parte delle istruzioni operative contenute nella parte III del manuale sui visti è pertinente anche per tali Stati membri dell'UE.

I tempi di trattamento delle domande di visto di familiari cittadini di paesi terzi superiori a 15 giorni "dovrebbero essere considerati eccezionali e debitamente giustificati" e ritardi superiori a 4 settimane non sono ragionevoli.

Le autorità degli Stati membri dovrebbero informare i familiari circa il tipo di visto da richiedere (ossia visto per soggiorno di breve durata) e non possono imporre visti di lunga durata, di soggiorno o per ricongiungimento familiare.

Per fissare gli appuntamenti possono ricorrere ad appositi servizi o linee telefoniche di società esterne, ma devono garantire ai familiari cittadini di paesi terzi la possibilità di accedere direttamente al consolato.

I familiari cittadini di paesi terzi dovrebbero poter ottenere quanto prima appuntamenti con i prestatori di servizi esterni o presso i consolati, in modo da garantire che possano beneficiare effettivamente di una procedura accelerata.

Qualora i familiari decidano di non esercitare il loro diritto di presentare la domanda direttamente al consolato ma di avvalersi dei servizi di un'impresa esterna o di servizi supplementari, possono essere tenuti a pagare tali servizi (ma non diritti per l'ottenimento del visto stesso). Di contro, se la domanda è presentata direttamente al consolato, la domanda di visto dovrebbe essere trattata senza l'applicazione di alcun costo.

Poiché il diritto al rilascio del visto d'ingresso deriva dal legame familiare con il cittadino dell'Unione, gli Stati membri possono prescrivere la sola presentazione di un passaporto valido e di documenti pertinenti ai fini della dimostrazione degli aspetti dettagliati di seguito.

a)

Esistenza di un cittadino dell'Unione grazie al quale il richiedente il visto può vantare diritti.

L'onere della prova è assolto presentando prove relative all'identità e alla cittadinanza del cittadino dell'Unione (ad esempio una carta d'identità o un passaporto in corso di validità).

b)

Prova del fatto che il richiedente il visto è un familiare di tale cittadino dell'Unione.

L'onere della prova è assolto presentando la prova dei legami familiari esistenti (ad esempio certificato di matrimonio, atto di nascita, ecc.) e, se del caso, la prova del rispetto delle altre condizioni di cui all'articolo 2, punto 2, e all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE (ad esempio prove relative alla dipendenza, all'appartenenza al nucleo familiare, gravi motivi di salute, durata della relazione, ecc.).

c)

Indicazione del fatto che il richiedente il visto accompagnerà o raggiungerà un cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante.

Non possono essere richiesti altri documenti, quali giustificativo di alloggio, prova di risorse sufficienti, lettera d'invito, biglietto di ritorno o assicurazione medica di viaggio.

Per quanto riguarda i rifiuti alla concessione di un visto, si applicano le pertinenti garanzie procedurali applicabili illustrate nella sezione 15 – Garanzie procedurali (articoli da 30 a 33 della direttiva 2004/38/CE.

4   Diritto di soggiorno sino a tre mesi (articolo 6 della direttiva 2004/38/CE)

Ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE, i cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalità, salvo il possesso di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validità. I familiari cittadini di paesi terzi che accompagnano o raggiungono il cittadino dell'Unione devono essere solo in possesso di un passaporto in corso di validità.

Per i primi tre mesi, l'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE si applica a tutti i cittadini dell'Unione e ai loro familiari, indipendentemente dall'intenzione con cui entrano nello Stato membro ospitante (ad esempio turismo, ricerca di lavoro o ricerca di soggiorno nello Stato membro ospitante) e non può essere imposta alcuna condizione per il soggiorno se non quella di essere in possesso di un documento d'identità valido (136).

I cittadini dell'Unione e i loro familiari non possono essere tenuti ad assentarsi da uno Stato membro per un periodo minimo (ad esempio tre mesi) al fine di potersi avvalere di un nuovo diritto di soggiornare nel territorio di detto Stato membro, ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE (137).

I controlli sul rispetto dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE non possono essere effettuati sistematicamente. Una persona fisica che rivendichi un diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE beneficia, in linea di principio, del presupposto che tale soggiorno rientri nell'ambito di applicazione dell'articolo 6. La persona può essere invitata a fornire prove che confermino che la stessa si trova in una delle situazioni di cui all'articolo 6 soltanto se sussistono dubbi fondati sul fatto che detta persona non rientri effettivamente nell'ambito di applicazione dell'articolo 6 (138) (una circostanza questa che può verificarsi quando la persona entra in contatto con le autorità nazionali più volte nell'arco di un periodo superiore a tre mesi consecutivi).

La valutazione della durata di un soggiorno (di tre mesi o di durata superiore) richiede un esame individuale. Ciò dovrebbe basarsi su fattori oggettivi e tenere conto anche dell'intenzione della persona interessata e delle prove pertinenti.

Se un cittadino dell'Unione o i suoi familiari cittadini di paesi terzi sono stati oggetto di un provvedimento di allontanamento adottato da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE in quanto non godevano più di un diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 7 della direttiva 2004/38/CE, tali persone possono chiedere un nuovo diritto di soggiorno in tale territorio ai sensi dell'articolo 6 di tale direttiva soltanto a determinate condizioni (per ulteriori informazioni cfr. sezione 14- Limitazioni per motivi diversi da quelli di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articolo 15 della direttiva 2004/38/CE).

5   Diritto di soggiorno superiore a tre mesi per i cittadini dell'Unione e formalità amministrative (articoli 7, 8, 14 e 22 della direttiva 2004/38/CE)

A norma dell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE, i cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nello Stato membro ospitante se:

a)

sono lavoratori subordinati o autonomi nello Stato membro ospitante (articolo 7, paragrafo 1, lettera a));

b)

dispongono di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante (articolo 7, paragrafo 1, lettera b));

c)

seguono un corso di studi nello Stato membro ospitante e dispongono di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi in detto Stato (articolo 7, paragrafo 1, lettera c)); oppure

d)

sono familiari che accompagnano o raggiungono un cittadino dell'Unione rispondente a una delle condizioni di cui sopra (articolo 7, paragrafo 2).

L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE consente allo Stato membro ospitante di imporre a un cittadino dell'Unione di iscriversi presso le autorità competenti per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Gli Stati membri che non hanno attuato tale obbligo non sono tenuti a rilasciare attestati d'iscrizione ai cittadini dell'Unione. In tali Stati membri i cittadini mobili dell'UE che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE possono dimostrare il loro status di beneficiari della direttiva 2004/38/CE con qualsiasi mezzo pertinente.

Il diritto di soggiorno e la continuità del soggiorno legale non sono pregiudicati quando cambia la disposizione della direttiva 2004/38/CE su cui si basa il diritto in questione. È inoltre possibile rispettare contemporaneamente diverse disposizioni in materia di diritto di soggiorno e godere quindi di più di uno status (si pensi ad esempio a uno studente che è contemporaneamente un lavoratore) (139). Una variazione di status non richiede il rilascio di un nuovo documento di soggiorno né deve essere segnalata alle autorità nazionali.

Gli Stati membri possono incoraggiare l'integrazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari cittadini di paesi terzi offrendo corsi di lingua e altri corsi mirati facoltativi (140). Il rifiuto di partecipare a tali corsi non può comportare conseguenze negative.

5.1   Lavoratori subordinati e lavoratori autonomi

5.1.1   Definizione di lavoratori subordinati e lavoratori autonomi

Né il diritto primario dell'Unione né il diritto derivato contengono una definizione del termine "lavoratore" o "lavoratore autonomo".

Secondo la giurisprudenza della Corte, ai fini della libera circolazione nell'Unione, la nozione di "lavoratore" ha un significato specifico (141)e deve essere interpretata estensivamente (142). Non è possibile applicare definizioni nazionali divergenti (ad esempio, una definizione di lavoratore nel diritto del lavoro nazionale) che risultino più restrittive.

La Corte ha definito "lavoratore" ogni persona che esercita attività reali ed effettive per le quali è retribuita sotto la direzione di un'altra persona, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie (143). La caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che:

per un certo periodo di tempo, una persona fornisca prestazioni (144);

a favore di un'altra persona e sotto la direzione della stessa (145);

ricevendo come contropartita una retribuzione (anche le prestazioni in natura sono considerate una retribuzione) (146).

Per ulteriori informazioni consultare la comunicazione della Commissione del 2010 "Ribadire la libera circolazione dei lavoratori: diritti e principali sviluppi"  (147). La presenza di un vincolo di subordinazione distingue un "lavoratore subordinato" da un "lavoratore autonomo". Il vincolo di subordinazione implica l'esistenza di un datore di lavoro che determina la scelta di un'attività e delle condizioni di lavoro e retributive (148).

Per quanto concerne i lavoratori autonomi, sebbene possa essere richiesta la prova di un'attività autonoma, ciò non può giustificare requisiti probatori eccessivi. Analogamente, i requisiti nazionali non devono creare situazioni nelle quali l'iscrizione per l'esercizio di un'attività autonoma costituisca una condizione preliminare per l'ottenimento di un attestato d'iscrizione per il soggiorno e, al tempo stesso, il possesso di un tale attestato costituisca un prerequisito per l'assunzione dell'esercizio di un'attività autonoma.

5.1.2   Conservazione della qualità di lavoratore subordinato o autonomo

L'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE stabilisce che i cittadini dell'Unione conservano la qualità di lavoratore subordinato/autonomo in determinate situazioni, anche quando non sono più occupati (e possono pertanto beneficiare della parità di trattamento, cfr. sezione 11 - Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE)). Conformemente alla giurisprudenza della Corte (149), l'elenco delle circostanze di cui all'articolo 7, paragrafo 3, in base alle quali è possibile conservare la qualità di lavoratore subordinato/autonomo, non è esaustivo.

Al fine di conservare la qualità di lavoratore ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, lettere b) e c), i lavoratori subordinati o autonomi che hanno cessato di lavorare devono registrarsi come persone in cerca di lavoro presso gli uffici di collocamento competenti (150). Lo Stato membro ospitante può altresì imporre altri requisiti per le persone in cerca di lavoro, a condizione che tali requisiti siano imposti anche ai propri cittadini, come la condizione di essere a disposizione dell'ufficio di collocamento e dei suoi servizi (ad esempio consulenza, profilazione, formazione, invio di domande a seguito di informazioni su posti di lavoro disponibili, partecipazione a colloqui, rispetto delle disposizioni dell'accordo di inserimento lavorativo, se del caso, ecc.).

I cittadini dell'Unione che non conservano più la qualità di lavoratore subordinato possono continuare a cercare un posto di lavoro ma possono essere tenuti a "dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo"  (151). Lo Stato membro ospitante può negare l'assistenza sociale a tali persone ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 2, della direttiva (152) (cfr. anche la sezione 11 - Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE)).

5.1.3   Cittadini dell'Unione che lavorano per organizzazioni internazionali o con qualifica di membri del personale diplomatico/consolare

Secondo la giurisprudenza consolidata (153), i cittadini dell'Unione che lavorano in uno Stato membro diverso da quello di cui possiedono la cittadinanza per conto di un'organizzazione internazionale sono soggetti alle norme dei trattati dell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori e non possono essere privati dei loro diritti derivanti dal diritto dell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori soltanto perché lavorano per un'organizzazione internazionale.

Ciò vale indipendentemente dal fatto che:

tali persone beneficino altresì di una convenzione di accoglienza tra la loro organizzazione e lo Stato membro ospitante (che può esentarle dai controlli sull'immigrazione);

tali persone possano essere in possesso di un documento di soggiorno speciale rilasciato nel contesto di tale convenzione di accoglienza; oppure

tali persone siano giunte nello Stato membro ospitante per lavorare in seno a tale organizzazione internazionale (pertanto non hanno precedenti di soggiorno prima dell'inizio del rapporto di lavoro).

Lo stesso vale per i cittadini dell'Unione che hanno la qualifica di agente diplomatico o consolare in uno Stato membro ai sensi delle convenzioni di Vienna (154).

5.2   Studenti e cittadini dell'Unione economicamente inattivi

Gli studenti e i cittadini dell'Unione economicamente inattivi devono disporre, per sé stessi e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno. Tali persone devono disporre altresì di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi per sé stessi e per i propri familiari (155).

La direttiva 2004/38/CE non osta a che un cittadino dell'Unione goda di un "diritto di soggiorno" nello Stato membro in cui lavora o in cui esercita un'attività autonoma e, allo stesso tempo, in un altro Stato membro in cui il cittadino dell'Unione trascorre tempo (ad esempio nei fine settimana e nei giorni festivi) se sono soddisfatte le pertinenti condizioni. Pertanto nello Stato membro in cui un cittadino dell'Unione soggiorna in qualità di studente o di persona economicamente inattiva, tale cittadino dell'Unione può ottenere o conservare un "diritto di soggiorno", se sono soddisfatte le condizioni che gli impongono di disporre di risorse sufficienti e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi e, se del caso, se il cittadino dell'Unione è iscritto come studente.

Esempio

P. è una cittadina dello Stato membro A che lavora nello Stato membro B, dove abitualmente soggiorna durante la settimana lavorativa. Tuttavia trascorre tutti i fine settimana e vari mesi l'anno nello Stato membro C, dove possiede una casa vicino alla spiaggia. Ha il diritto di soggiornare nello Stato membro B in qualità di lavoratrice, ma può anche beneficiare di un diritto di soggiorno nello Stato membro C.

5.2.1   Risorse sufficienti

La nozione di "risorse economiche sufficienti" va interpretata alla luce dell'obiettivo della direttiva 2004/38/CE, ossia agevolare la libera circolazione finché i beneficiari del diritto di soggiorno non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

Il primo criterio per valutare l'esistenza di risorse economiche sufficienti consiste nell'esaminare se il cittadino dell'Unione (e i familiari il cui diritto di soggiorno dipende dal cittadino dell'Unione) soddisfa i criteri nazionali per la concessione di prestazioni di assistenza sociale di base.

Le risorse economiche del cittadino dell'Unione sono sufficienti quando il loro livello è pari o superiore alla soglia al di sotto della quale è concesso un sussidio minimo vitale nello Stato membro ospitante o, qualora tale criterio non sia applicabile, alla pensione minima sociale.

L'articolo 8, paragrafo 4, fa divieto agli Stati membri di fissare, direttamente o indirettamente, l'importo preciso delle risorse economiche che considerano "sufficienti" , al di sotto del quale il diritto di soggiorno può essere negato automaticamente. Le autorità degli Stati membri devono tenere conto della situazione personale dell'interessato.

Gli Stati membri possono rifiutarsi di fornire prestazioni sociali a cittadini dell'Unione economicamente inattivi che esercitano il loro diritto di libera circolazione e che non dispongono di risorse economiche sufficienti per rivendicare un diritto di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE (156). Pertanto, nel valutare se il requisito delle risorse economiche sufficienti di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), sia soddisfatto, "occorre effettuare un esame concreto della situazione economica di ogni interessato, senza tener conto delle prestazioni sociali richieste "  (157). In effetti, l'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), mira ad evitare che i cittadini dell'Unione economicamente inattivi "utilizzino il sistema di protezione sociale dello Stato membro ospitante per finanziare il proprio sostentamento"  (158).

Nella sentenza Brey, la Corte ha ritenuto che, per un cittadino dell'Unione economicamente inattivo, il fatto di avere diritto all'assistenza sociale "potrebbe costituire un indizio" atto a dimostrare che la persona in questione non dispone di risorse economiche sufficienti a evitare di divenire un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera b) (159).

Le autorità nazionali possono controllare, se necessario, l'esistenza, la legalità (160), l'importo e la disponibilità delle risorse economiche. Tali controlli possono essere effettuati quando i cittadini dell'Unione chiedono di registrare il loro soggiorno o quando i loro familiari richiedono un documento di soggiorno.

Una volta rilasciato il documento di soggiorno, tale verifica, come previsto dall'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE, non deve essere effettuata sistematicamente, ma soltanto in casi specifici qualora vi sia un dubbio ragionevole che i cittadini dell'Unione o i loro familiari soddisfino la condizione relativa alla disponibilità di risorse economiche sufficienti.

La Corte ha confermato che l'articolo 14, paragrafo 2, si applica anche in relazione alla concessione di prestazioni sociali (161). La Corte ha dichiarato che era conforme a tale disposizione prevedere un sistema nel contesto del quale, per ciascuna delle prestazioni sociali di cui trattasi, il richiedente deve indicare, nel modulo di domanda, una serie di dati grazie ai quali emerge l'esistenza o meno di un diritto di soggiorno, dati che vengono poi verificati dalle autorità competenti per la concessione della prestazione di cui trattasi, e soltanto in casi particolati è imposto ai richiedenti di fornire prova di essere effettivamente titolari di un diritto di soggiorno, come da essi dichiarato (162).

La Corte ha chiarito che le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE devono essere interpretate restrittivamente (163), nel rispetto dei limiti imposti dal diritto dell'Unione e dal principio di proporzionalità (164), e senza compromettere l'effetto utile della medesima direttiva (165). Inoltre, il fatto che il preambolo della direttiva 2004/38/CE preveda che i beneficiari del diritto di soggiorno non debbano diventare un onere "eccessivo" per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante comporta una certa solidarietà finanziaria, in particolare se le difficoltà incontrate dal beneficiario del diritto di soggiorno sono temporanee (166).

Alla luce di ciò, occorre prestare la dovuta attenzione al fatto che la situazione di un cittadino dell'Unione può cambiare nel corso del tempo e che quest'ultimo può acquisire nuove fonti di reddito. Ad esempio i cittadini dell'Unione economicamente inattivi all'inizio del loro soggiorno potrebbero trovare lavoro in un secondo tempo.

Inoltre i tipi di mezzi per provare la sufficienza delle risorse economiche non possono essere limitati (167). Pertanto gli Stati membri non possono stabilire che determinati tipi specifici di documenti siano l'unica prova accettabile di risorse economiche sufficienti, impedendo ai cittadini dell'Unione di dimostrare le proprie risorse con altri mezzi.

Per quanto riguarda la forma e l'origine delle risorse, le risorse economiche non devono necessariamente essere periodiche e possono consistere in capitale accumulato.

Inoltre la Corte ha chiarito che l'espressione "disporre" di risorse economiche sufficienti di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE "deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che i cittadini dell'Unione dispongano di siffatte risorse"  (168). I cittadini dell'Unione non sono tenuti a dimostrare di disporre essi stessi di risorse economiche sufficienti, in quanto "il diritto dell'Unione non contiene [...] alcun requisito" in merito alla provenienza di dette risorse (169). Di conseguenza le risorse provenienti da un terzo devono essere ammesse (170).

La Corte ha ritenuto inoltre che il requisito delle risorse economiche sufficienti potesse essere soddisfatto mediante risorse provenienti da attività lavorative svolte dal genitore del cittadino dell'Unione dopo la scadenza della sua carta di soggiorno, in una situazione nella quale tali redditi erano stati assoggettati ai contributi fiscali e al sistema previdenziale e tali risorse avevano consentito al cittadino dell'Unione di provvedere al proprio sostentamento e a quello dei familiari per dieci anni senza dover ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (171).

Esempi di prove delle risorse:

estratti conto bancari o lettere rilasciate da banche attestanti i fondi. Lo Stato membro ospitante non può rifiutare di prendere in considerazione i documenti bancari che provengono da un altro Stato membro, né le autorità nazionali possono imporre al cittadino dell'Unione di aprire un conto bancario nello Stato membro ospitante e di depositare fondi in tale Stato;

certificati pensionistici;

prova di reddito derivante dalla locazione di beni immobili;

prova di redditi da investimenti;

prova di reddito o fondi provenienti da familiari del cittadino dell'Unione (ad esempio coniuge, partner, genitore, affidatario, ecc.);

prova di reddito derivante da un'attività economica, indipendentemente dal luogo in cui è stata esercitata;

prova di beni ricevuti per via ereditaria.

Qualora un'autorità nazionale rifiuti/revochi il diritto di soggiorno o, se del caso, adotti un provvedimento di allontanamento adducendo a motivo il fatto che il cittadino dell'Unione non soddisfa il requisito relativo alle risorse economiche sufficienti, è necessaria una valutazione approfondita individualizzata e della proporzionalità  (172). Inoltre dovrebbero essere presi in considerazione i diritti fondamentali garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali. In particolare l'importanza della libertà di circolazione quale diritto fondamentale garantito dall'articolo 45 della Carta dei diritti fondamentali dovrebbe essere presa in considerazione nell'esaminare se la misura sia conforme al principio di proporzionalità, tenendo conto altresì del fatto che la misura deve essere appropriata e necessaria al conseguimento dell'obiettivo perseguito (173).

In ogni caso, l'articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE prevede che "il ricorso da parte di un cittadino dell'Unione o dei suoi familiari al sistema di assistenza sociale non dà luogo automaticamente " ad un provvedimento di allontanamento dallo Stato membro ospitante.

Ai fini dello svolgimento di tale valutazione gli Stati membri possono predisporre, ad esempio, uno schema a punti da usare come indicatore. Il considerando 16 della direttiva 2004/38/CE prevede tre serie di criteri al riguardo:

1)

Durata

Da quanto tempo è concesso il sussidio?

Prospettive: è probabile che a breve il cittadino UE cessi di ricorrere alla rete di sicurezza sociale?

Da quanto tempo il cittadino UE soggiorna nello Stato membro ospitante?

2)

Situazione personale

Che tipo di legame hanno il cittadino UE e i suoi familiari con la società dello Stato membro ospitante?

Ci sono altri aspetti relativi all'età, alle condizioni di salute, alla situazione familiare ed economica da tenere in considerazione?

3)

Ammontare

Qual è l'ammontare complessivo dell'aiuto concesso?

In passato il cittadino UE ha fatto largo ricorso all'assistenza sociale?

In passato il cittadino UE ha versato contributi di assistenza sociale nello Stato membro ospitante?

Finché non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante, i beneficiari del diritto di soggiorno non possono essere allontanati per aver fatto ricorso al sistema di assistenza sociale (174).

La fruizione di prestazioni di assistenza sociale può essere considerata pertinente per determinare se l'interessato costituisca un onere per il sistema di assistenza sociale

Ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 4, della direttiva 2004/38/CE, i provvedimenti di allontanamento non possono in alcun caso essere adottati nei confronti di lavoratori subordinati o autonomi e dei loro familiari (fatto salvo il caso in cui tali provvedimenti si fondino su motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica). Lo stesso vale per le persone in cerca di lavoro che sono entrate nello Stato membro ospitante per cercare lavoro e per quelle che hanno cessato di lavorare e non conservano più la qualità di lavoratore subordinato, purché possano dimostrare "di essere ancora alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo"  (175) (cfr. sezione 6 - Diritto di soggiorno di persone in cerca di lavoro (articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE)).

Per quanto concerne la relazione tra il possesso di risorse economiche sufficienti e la parità di trattamento ai sensi dell'articolo 24, cfr. sezione 11 - Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE).

5.2.2   Assicurazione malattia che copre tutti i rischi

I cittadini dell'Unione economicamente inattivi (compresi gli studenti) e i loro familiari devono disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante (176).

Tale requisito è soddisfatto sia qualora il cittadino dell'Unione disponga di un'assicurazione malattia a copertura di tutti i rischi che tuteli i suoi familiari, sia nell'ipotesi inversa in cui il familiare disponga di una siffatta assicurazione che copra il cittadino dell'Unione (177) ..

In linea di principio è ammissibile qualunque assicurazione, privata o pubblica, stipulata nello Stato membro ospitante o altrove, purché copra tutti i rischi e non crei un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante. Nel tutelare le finanze pubbliche valutando l'estensione della copertura dell'assicurazione malattia, gli Stati membri devono rispettare i limiti imposti dal diritto dell'Unione e il principio di proporzionalità (178).

I pensionati soddisfano la condizione di disporre di un'assicurazione malattia completa se hanno diritto all'assistenza sanitaria per conto dello Stato membro che paga la loro pensione (179). In particolare i pensionati in possesso di un documento portatile S1 (PD S1) hanno il diritto di accedere all'assistenza sanitaria nello Stato membro di residenza e soddisfano la condizione di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi (180).

Quando il cittadino dell'Unione interessato non trasferisce la propria residenza ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004 nello Stato membro ospitante e ha intenzione di ritornare (ad esempio in caso di studi o distacco in un altro Stato membro), la tessera europea di assicurazione malattia (TEAM) rilasciata dallo Stato membro d'origine dimostra tale copertura di tutti i rischi (cfr. sezione 11.4 - Diritto alla parità di accesso all'assistenza sanitaria: contenuto e condizioni e, per quanto riguarda la nozione di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004, sezione 11.3 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale).

Tuttavia la tessera TEAM rilasciata dallo Stato membro di origine non può essere utilizzata dai cittadini dell'Unione economicamente inattivi (in situazioni diverse da quelle di cui sopra) per dimostrare di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi, se soddisfano le due condizioni cumulative seguenti:

esercitano il diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante per un periodo superiore a tre mesi ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE e prima dell'acquisizione del soggiorno permanente; e

trasferiscono la loro residenza nello Stato membro ospitante ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004 (come spiegato nella sezione 11.3 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale) e, di conseguenza, non sono più coperti dal sistema di sicurezza sociale del loro Stato membro di origine.

Tuttavia i cittadini dell'Unione che si trovano in quest'ultima situazione hanno il diritto di essere iscritti al sistema pubblico di assicurazione malattia dello Stato membro ospitante sulla base del regolamento (CE) n. 883/2004 (181).

Tuttavia, in tali circostanze, lo Stato membro ospitante può prevedere che, fino a quando il cittadino dell'Unione non ottiene il diritto di soggiorno permanente, l'accesso a tale sistema non sia gratuito al fine di evitare che i cittadini dell'Unione economicamente inattivi diventino un onere eccessivo per le sue finanze pubbliche (182).

Di conseguenza, fatto salvo il rispetto del principio di proporzionalità, lo Stato membro ospitante può subordinare l'iscrizione al suo sistema pubblico di assicurazione malattia di un cittadino dell'Unione economicamente inattivo a condizioni destinate a garantire che il cittadino dell'Unione non diventi un onere eccessivo per le sue finanze pubbliche. Tali condizioni possono contemplare il fatto che il cittadino dell'Unione concluda o mantenga un'assicurazione malattia privata che copra tutti i rischi, la quale consenta allo Stato membro ospitante di ottenere il rimborso delle spese sanitarie sostenute a beneficio di tale cittadino, oppure il pagamento da parte di quest'ultimo di un contributo al sistema pubblico di assicurazione malattia dello Stato membro medesimo (183). La Corte ha ritenuto che, in tale contesto, lo Stato membro ospitante deve garantire il rispetto del principio di proporzionalità e quindi che non sia eccessivamente difficile per lo stesso cittadino rispettare siffatte condizioni (184).

In ogni caso, una volta che un cittadino dell'Unione è iscritto a tale sistema pubblico di assicurazione malattia nello Stato membro ospitante, tale cittadino dispone di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera b) (185), e non può essere richiesta alcuna assicurazione privata supplementare.

Inoltre, lo Stato membro ospitante può subordinare l'affiliazione al proprio sistema pubblico di assicurazione malattia a condizioni supplementari (ad esempio, un precedente anno di soggiorno nell'UE), a condizione che queste ultime siano applicabili anche ai propri cittadini e rispettino il principio di proporzionalità.

Esempi

C. è cittadino dello Stato membro A, dove è iscritto all'università. Si trasferisce temporaneamente nello Stato membro B per trascorrervi alcuni mesi come studente Erasmus. La TEAM rilasciata dallo Stato membro A è una prova sufficiente di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro B.

P. è un cittadino dello Stato membro A in cui risiede. Successivamente, acquista una casa nello Stato membro B e vi si trasferisce per raggiungere la moglie e il figlio e vivere con i suoi risparmi. Risolve il contratto di locazione del suo appartamento nello Stato membro A e porta con sé tutti i suoi effetti personali nello Stato membro B. Egli dichiara di non avere l'intenzione di ritornare nello Stato membro A. Non può utilizzare la TEAM rilasciata dallo Stato membro di origine A per dimostrare di disporre di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro B.

M. è una cittadina dello Stato membro A. Si trasferisce permanentemente nello Stato membro B per raggiungere il marito, cittadino dello Stato membro B. M. è economicamente inattiva. Lo Stato membro B dispone di un sistema di assistenza sanitaria finanziata dallo Stato che è concessa, senza alcuna valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali, alle persone che rientrano nelle categorie di destinatari definite dalla legislazione nazionale. M. soddisfa tutti i requisiti imposti ai cittadini dello Stato membro B ai fini dell'iscrizione. Di conseguenza ha il diritto di essere iscritta al sistema pubblico di assicurazione malattia dello Stato membro B. Lo Stato membro B non è tenuto a concedere tale iscrizione a titolo gratuito, ma qualsiasi condizione al riguardo deve essere proporzionata e garantire che non sia eccessivamente difficile per il cittadino dell'Unione rispettarla.

Una volta che il cittadino dell'Unione acquisisce il diritto di soggiorno permanente, il requisito di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi non si applica più né al cittadino dell'Unione né ai suoi familiari (186).

Per ulteriori informazioni cfr. sezione 11.3 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

5.2.3   Studenti

Per gli studenti mobili dell'Unione, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono richiedere:

la prova dell'iscrizione presso un istituto pubblico o privato accreditato per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale;

la prova di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante (cfr. sezione 5.2.2 - Assicurazione malattia che copre tutti i rischi); e

una dichiarazione (o altri mezzi equivalenti) attestanti che gli studenti in questione dispongono, per sé stessi e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, per non diventare un onere a carico dell'assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno.

5.2.4   Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione

Come spiegato nella sezione 2.2.2.5 - Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione, la Corte ha stabilito che, oltre alle persone di cui all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE, qualora minori cittadini dell'Unione esercitino i loro diritti di libera circolazione, occorre riconoscere un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante ai loro affidatari effettivi cittadini di un paese terzo.

Il diritto di soggiorno per un periodo di durata superiore a tre mesi e inferiore a cinque anni per i minori cittadini dell'Unione e per i loro affidatari effettivi è soggetto a condizioni. Di norma i minori esercitano il loro diritto di libera circolazione senza essere coinvolti in un'attività economica. Di conseguenza è necessario valutare se i minori cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto di libera circolazione soddisfano le condizioni di: 1) disporre, per sé stessi e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non diventino un onere a carico del sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il loro periodo di soggiorno; e 2) disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi per sé stessi e per i loro affidatari effettivi (articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE, cfr. sezione 5.2.1 - Risorse sufficienti e sezione 5.2.2 - Assicurazione malattia che copre tutti i rischi(187). A tale riguardo occorre considerare quanto segue:

i minori cittadini dell'Unione possono soddisfare il requisito di disporre di risorse economiche sufficienti attraverso i loro affidatari effettivi cittadini di paesi terzi (188) (cfr. sezione 5.2.1 - Risorse sufficienti per ulteriori informazioni, in particolare per quanto riguarda la forma e la provenienza delle risorse);

il requisito di disporre di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi può essere soddisfatto sia:

nel caso in cui i minori cittadini dell'UE dispongano di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi e offre copertura i loro affidatari effettivi; sia

nel caso contrario, in cui gli affidatari effettivi dispongono di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi e offre copertura ai minori cittadini dell'Unione (189).

Una volta acquisito il diritto di soggiorno permanente, un minore cittadino dell'UE e i suoi affidatari effettivi non sono più soggetti all'obbligo di disporre di risorse sufficienti e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi (190).

Occorre osservare che anche agli affidatari effettivi possono derivare diritti di soggiorno dall'articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE qualora il minore soggiorni e sia iscritto presso un istituto di istruzione dello Stato membro ospitante (191) (cfr. sezione 8 - Mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione e in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell'unione registrata (articoli 12 e 13 della direttiva 2004/38/CE)).

5.3   Documenti giustificativi per l'ottenimento di un attestato d'iscrizione

L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE consente allo Stato membro ospitante di imporre a un cittadino dell'Unione di iscriversi presso le autorità competenti per un soggiorno di durata superiore a tre mesi. Spetta pertanto a ciascuno Stato membro decidere se imporre o meno tale obbligo ai cittadini mobili dell'Unione (per ulteriori informazioni sugli attestati d'iscrizione, cfr. sezione 12.1 - Attestati d'iscrizione e documenti che attestano il soggiorno permanente rilasciati ai cittadini dell'Unione (articoli 8 e 19 della direttiva 2004/38/CE e articolo 6 del regolamento (CE) 2019/1157): formato, informazioni minime e periodo di validità).

L'elenco dei documenti  (192) da allegare alla domanda di attestato d'iscrizione è tassativo. Non possono essere prescritti altri documenti.

Esempi

M. è un lavoratore subordinato mobile dell'Unione e non è tenuto a dimostrare di soddisfare il requisito di disporre di risorse economiche sufficienti.

L. è una cittadina dell'Unione sposata con un lavoratore subordinato mobile dell'Unione. Presenta una domanda di attestato d'iscrizione in qualità di coniuge di un lavoratore subordinato mobile dell'Unione. Non può esserle chiesto di dimostrare di lavorare o di soddisfare il requisito di disporre di risorse economiche sufficienti.

R. è un cittadino dell'Unione sposato con un lavoratore cittadino di un paese terzo. Presenta una domanda di attestato d'iscrizione in qualità di cittadino dell'Unione economicamente inattivo. Fornisce evidenza di disporre di risorse economiche sufficienti per sé e suo marito (attraverso il reddito del coniuge cittadino di un paese terzo) e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi per entrambi (mediante la loro iscrizione al sistema pubblico di assicurazione malattia dello Stato membro ospitante). R. non è tenuto a dimostrare di essere un lavoratore.

Tuttavia per i lavoratori subordinati e autonomi, in caso di dubbi sull'effettiva sussistenza o sulla veridicità dei documenti forniti, lo Stato membro ospitante può chiedere che detti documenti siano confermati da prove supplementari (che possono assumere la forma di cedolini dello stipendio).

In ogni caso la direttiva 2004/38/CE non specifica i documenti giustificativi in relazione a tutte le circostanze possibili (come i documenti di soggiorno rilasciati alle persone in cerca di lavoro o ai familiari che mantengono il diritto di soggiorno ai sensi degli articoli 12 o 13 della direttiva 2004/38/CE).

Per quanto concerne i respingimenti della concessione di attestati d'iscrizione, cfr. sezione 15 - Garanzie procedurali (articoli da 30 a 33 della direttiva 2004/38/CE).

Un attestato d'iscrizione ha esclusivamente un valore dichiarativo e probatorio (cfr. sezione 12.3 - Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE)). Esso certifica il diritto di soggiorno e non costituisce un prerequisito per l'esercizio di altri diritti spettanti al cittadino dell'Unione.

5.4   Tempi di trattamento per il rilascio di attestati d'iscrizione

Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2, gli attestati d'iscrizione devono essere rilasciati "immediatamente". Negli Stati membri che hanno istituito sistemi di iscrizione per i cittadini dell'Unione (cfr. sezione 12 - Documenti di soggiorno (articoli 8, 10, 19, 20 e 25 della direttiva 2004/38/CE)), tale requisito è particolarmente pertinente in quanto tali attestati potrebbero agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai cittadini dell'Unione e la loro integrazione nello Stato membro ospitante.

Se l'attestato d'iscrizione non può essere rilasciato in loco al momento della consegna della domanda e dei documenti giustificativi, detto rilascio dovrebbe avvenire entro pochi giorni successivi (ad esempio dopo sette/dieci giorni). Nel caso di un'indagine in corso in merito a un sospetto di abuso o frode, l'emissione può essere differita, nel rispetto del principio di efficacia e dell'obiettivo di un rapido trattamento delle domande sanciti dalla direttiva 2004/38/CE (193).

5.5   Sistemi di censimento della popolazione

Taluni Stati membri impongono ai cittadini dell'Unione di iscriversi in un registro anagrafico nazionale (o subnazionale/locale) e di ottenere un numero di identificazione personale. L'iscrizione nel registro anagrafico è di norma diversa dall'iscrizione per fini di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE ed è una questione di diritto nazionale.

La Corte ha confermato che gli Stati membri hanno il diritto di utilizzare un registro anagrafico al fine di coadiuvare le autorità incaricate di applicare la normativa in materia di soggiorno (194).

Tuttavia l'applicazione delle norme nazionali in materia di registri anagrafici deve rispettare il diritto dell'Unione.

In particolare l'iscrizione nel registro anagrafico nazionale e il possesso di un numero di identificazione personale non devono costituire condizioni preliminari affinché un cittadino dell'Unione abbia il diritto di lavorare nello Stato membro ospitante e non devono costituire un ostacolo all'esercizio dei diritti di libera circolazione di un cittadino dell'Unione (195).

Di conseguenza se il numero di identificazione personale è necessario nella vita quotidiana dello Stato membro ospitante ma i cittadini dell'Unione non possono ottenerlo (ad esempio perché le condizioni per ottenere tale numero sono diverse dalle condizioni di iscrizione ai fini del soggiorno), a tali cittadini dell'Unione dovrebbero essere offerti mezzi alternativi all'assegnazione di tali numeri. Sulla base del diritto alla parità di trattamento sancito nel diritto dell'Unione, agli Stati membri è fatto divieto di adottare misure che discriminino direttamente i cittadini di altri Stati membri. Gli Stati membri non sono inoltre autorizzati ad adottare misure indirette che, pur non operando una distinzione in base alla cittadinanza, interessino i cittadini mobili dell'Unione più dei cittadini dello Stato membro ospitante e comportino il rischio che tali misure facciano sì che i cittadini mobili dell'Unione si trovino in una situazione di particolare svantaggio senza una giustificazione oggettiva (196).

Gli Stati membri ospitanti possono richiedere ai cittadini dell'Unione che risiedono nel loro territorio nell'esercizio dei loro diritti di libera circolazione di ottenere un numero di identificazione fiscale specifico. Tale numero potrebbe costituire un elemento di controllo fondamentale per le autorità fiscali nazionali. Ancora una volta, l'obbligo di detenere un numero di identificazione fiscale specifico nello Stato membro ospitante non deve comportare alcuna discriminazione diretta o indiretta nei confronti dei cittadini di altri Stati membri. Inoltre le procedure messe in atto per ottenere tale numero non dovrebbero creare ostacoli alle libertà fondamentali né ostacolare le transazioni commerciali.

6   Diritto di soggiorno di persone in cerca di lavoro (articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE)

L'articolo 14, paragrafo 4, lettera b) si applica alle persone in cerca di lavoro che sono entrate nello Stato membro ospitante per cercare lavoro e a quelle che hanno cessato di lavorare e non conservano più la qualità di lavoratore subordinato, purché possano dimostrare "di essere ancora alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo"  (197).

L'articolo 45 TFUE e l'articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE impongono allo Stato membro ospitante di concedere al cittadino dell'Unione "un periodo di tempo ragionevole" per cercare lavoro che, qualora il cittadino dell'Unione decida di iscriversi come persona in cerca di lavoro nello Stato membro ospitante, decorre dal momento dell'iscrizione. Tale periodo di tempo ragionevole dovrebbe "consentire [al cittadino nell'Unione] di prendere conoscenza delle offerte di lavoro che possano risultare adeguate per il medesimo e di adottare le misure necessarie al dine di essere assunto". "Nella pendenza di tale termine, lo Stato membro ospitante può esigere che il richiedente lavoro dimostri di essere alla ricerca di un posto di lavoro"  (198). Un periodo di sei mesi dalla data di iscrizione "non risulta, in linea di principio, insufficiente"  (199) .

"[...] [È] solo alla scadenza di questo stesso termine ragionevole che il richiedente lavoro è tenuto a dimostrare non solo di essere alla ricerca di un posto di lavoro, ma anche di avere buone possibilità di trovarlo"  (200).

Qualora un cittadino dell'Unione entri in uno Stato membro ospitante con l'intenzione di cercare ivi un lavoro, il suo diritto di soggiorno, nel corso dei primi tre mesi, rientra altresì nell'ambito di applicazione dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE. Ciò premesso, durante detto periodo di tre mesi, a tale cittadino non può essere imposta nessun'altra condizione oltre al possesso di un titolo di identità valido (201).

Nel valutare la situazione della persona che cerca lavoro, le autorità possono tener conto in particolare dei seguenti fattori  (202), di cui nel riquadro.

Per quanto concerne il fatto che la persona è in cerca di lavoro:

iscrizione in qualità di persona in cerca di lavoro presso l'organismo nazionale competente per le persone in cerca di lavoro;

presentazione regolare di candidature a potenziali datori di lavoro o partecipazione a colloqui di lavoro.

Per quanto concerne le buone possibilità di trovare un lavoro:

la situazione del mercato del lavoro nazionale nel settore che corrisponde alle qualifiche professionali della persona in cerca di lavoro;

il fatto che una persona in cerca di lavoro abbia rifiutato offerte di lavoro che non corrispondevano alle sue qualifiche professionali non può essere preso in considerazione;

il fatto che la persona in cerca di lavoro non abbia mai lavorato nello Stato membro ospitante non può essere preso in considerazione.

Per ulteriori informazioni consultare la comunicazione della Commissione del 2010 "Ribadire la libera circolazione dei lavoratori: diritti e principali sviluppi" e la sezione 11 - Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE).

7   Diritto di soggiorno di durata superiore a tre mesi e formalità amministrative per i familiari cittadini di paesi terzi e diritto al lavoro (articoli 7, da 9 a 11, 22 e 23 della direttiva 2004/38/CE)

7.1   Documenti giustificativi per il rilascio delle carte di soggiorno

L'elenco dei documenti  (203) da allegare alla domanda di carta di soggiorno è tassativo, come confermato dal considerando 14. Le autorità nazionali non possono prescrivere altri documenti (204).

Nel quadro della procedura amministrazione per il rilascio di una carta di soggiorno, le autorità nazionali devono unicamente verificare se il familiare cittadino di un paese terzo "sia in grado di dimostrare, presentando i documenti indicati all'articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva, che egli ricade nella nozione di 'familiare' di un cittadino dell'Unione, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, per beneficiare della carta di soggiorno"  (205). Di conseguenza i cittadini di paesi terzi che presentano prove attestanti che essi rientrano nella definizione di "familiare" di un cittadino dell'Unione, di cui alla direttiva 2004/38/CE, devono "vedersi rilasciare quanto prima la carta di soggiorno che attesta tale qualità"  (206).

Di conseguenza la qualità di avente diritto di cui alla direttiva 2004/38/CE è stabilita presentando documenti pertinenti al fine di dimostrare quanto segue:

a)

esistenza di un cittadino dell'Unione dal quale il richiedente la carta di soggiorno può derivare diritti di residenza.

L'onere della prova è assolto presentando prove relative all'identità e alla cittadinanza del cittadino dell'Unione (ad esempio un documento di viaggio in corso di validità);

b)

il fatto che il richiedente la carta di soggiorno è un familiare di tale cittadino dell'Unione.

L'onere della prova è assolto presentando la prova dell'identità dei familiari (ad esempio documento di viaggio valido), dei legami familiari (ad esempio certificato di matrimonio, atto di nascita, ecc.) e, se del caso, la prova del rispetto delle altre condizioni di cui all'articolo 2, punto 2, e all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE (ad esempio prove relative alla dipendenza, gravi motivi di salute, durata della relazione, ecc.). Cfr. sezione 2.2 - Familiari e altri aventi diritto;

c)

il fatto che il cittadino dell'Unione soggiorna nello Stato membro ospitante conformemente alla direttiva 2004/38/CE.

Il livello di prova richiesto dipende dal base su cui si fonda il soggiorno del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante:

per un soggiorno di durata superiore a tre mesi, i cittadini dell'Unione devono soddisfare le condizioni che la direttiva 2004/38/CE fissa per il diritto di soggiorno e gli Stati membri possono esigere che la persona in questione sia in possesso di un attestato d'iscrizione.

L'onere della prova è assolto presentando l'attestato di iscrizione o, in sua assenza, qualsiasi altra prova del soggiorno del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante nel rispetto delle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (cfr. sezione 5 - Diritto di soggiorno superiore a tre mesi per i cittadini dell'Unione e formalità amministrative (articoli 7, 8, 14 e 22 della direttiva 2004/38/CE));

per il soggiorno permanente (articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE), i cittadini dell'Unione non devono soddisfare requisiti supplementari.

L'onere della prova è assolto presentando il documento che certifica il soggiorno permanente o, in sua assenza, qualsiasi altra prova del soggiorno permanente del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante nel rispetto delle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (cfr. sezione 9 - Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE)).

Tuttavia la direttiva 2004/38/CE non elenca i documenti giustificativi in relazione a tutte le circostanze possibili (come le carte di soggiorno rilasciate ai familiari che mantengono il diritto di soggiorno ai sensi degli articoli 12 o 13 della direttiva 2004/38/CE).

Esempi

M. è un lavoratore subordinato mobile dell'Unione. La moglie, Y., cittadina di un paese terzo, desidera raggiungerlo nello Stato membro ospitante. Y. non è tenuto a dimostrare che suo marito, cittadino dell'Unione, dispone di risorse economiche sufficienti per entrambi.

T. è un cittadino di un paese terzo coniugato con J., lavoratrice mobile dell'Unione. T. presenta una domanda per l'ottenimento di una carta di soggiorno in qualità di coniuge di una lavoratrice subordinata mobile dell'Unione. T. fornisce la prova dell'occupazione svolta dalla moglie, ma non deve fornire evidenza del fatto che sua moglie lavori né di disporre un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi.

R. è un cittadino di un paese terzo coniugato con W., pensionato dell'Unione con risorse economiche sufficienti. Sebbene debba dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti e di disporre di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi, R. non deve presentare alcuna prova in merito al visto d'ingresso.

L., cittadino di un paese terzo, è il padre di M., lavoratrice mobile dell'Unione. L. presenta domanda per l'ottenimento di una carta di soggiorno, fornendo documenti attestanti la sua dipendenza economica dalla figlia M. L. non è tenuto a dimostrare che lui e sua figlia vivevano nello stesso nucleo familiare nel paese di provenienza, né che sua figlia debba assisterlo in ragione del suo stato di salute.

Gli Stati membri possono prevedere che i documenti siano tradotti, autenticati o legalizzati soltanto qualora l'autorità nazionale competente non ne capisca la lingua o nutra dubbi sulla loro autenticità (ad esempio in merito all'autorità che li ha rilasciati e alla correttezza dei dati ivi riportati). Per ulteriori informazioni, cfr. sezione 2.2.4 - Documenti giustificativi per attestare la qualità di familiare rispetto al cittadino dell'Unione.

7.2   Tempi di trattamento per il rilascio di carte di soggiorno

I familiari cittadini di paesi terzi possono richiedere il rilascio di una carta di soggiorno non appena giungono nello Stato membro ospitante, se intendono soggiornare nello Stato membro ospitante per più di tre mesi.

Ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 1, la carta di soggiorno deve essere rilasciata entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda.

Tale prescrizione è particolarmente importante in quanto le carte di soggiorno facilitano l'esercizio del diritto di soggiorno da parte di familiari di paesi terzi e la loro integrazione nello Stato membro ospitante. Il possesso di una carta di soggiorno in corso di validità dispensa il titolare dall'obbligo di ottenere un visto di ingresso sul territorio degli Stati membri (207). Nella pratica tali carte potrebbero facilitare altresì l'esercizio del diritto dal lavoro nello Stato membro ospitante riconosciuto dall'articolo 23 ai cittadini di paesi terzi. È quindi importante che le autorità nazionali rilascino tali carte entro i termini prescritti dalla direttiva.

La nozione di "rilascio" comporta che nel termine di sei mesi dalla data di presentazione della domanda "le autorità nazionali competenti devono esaminare la domanda, adottare una decisione e, nel caso in cui il richiedente soddisfi le condizioni per beneficiare del diritto di soggiorno sulla base della direttiva 2004/38, fornirgli tale carta di soggiorno"  (208) .

L'obbligo di rilasciare la carta di soggiorno nel termine imperativo di sei mesi "implica necessariamente l'adozione e la notifica di una decisione all'interessato prima della scadenza di tale termine"  (209). "Lo stesso accade allorché le autorità nazionali competenti rifiutano di rilasciare [...] la carta di soggiorno [...]". (210) (cfr. sezione 15 - Garanzie procedurali (articoli da 30 a 33 della direttiva 2004/38/CE)). Pertanto, durante tale periodo di sei mesi, "le autorità nazionali competenti possono finire con l'adottare tanto una decisione positiva quanto una decisione negativa"  (211).

Infine la Corte ha chiarito che il diritto dell'Unione osta a che "le autorità nazionali possano automaticamente avvalersi di un nuovo termine di sei mesi in seguito all'annullamento giurisdizionale di una prima decisione di diniego del rilascio di una carta di soggiorno. Esse sono tenute ad adottare una nuova decisione entro un termine ragionevole, che non può comunque superare il termine previsto all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2004/38"  (212). Di conseguenza, a seguito dell'annullamento giudiziario di una decisione iniziale di diniego di rilascio di una carta di soggiorno, le autorità nazionali dovrebbero adottare una nuova decisione in merito alla domanda di carta di soggiorno entro un termine ragionevole, che non può comunque superare i 6 mesi.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 1, la ricevuta della domanda di una carta di soggiorno è rilasciata "immediatamente".

Qualora le autorità nazionali abbiano istituito un sistema di appuntamenti per la presentazione delle domande di carta di soggiorno, la gestione di tale sistema dovrebbe garantire che tali appuntamenti siano disponibili senza ingiustificato ritardo.

In alcuni casi, il tempo necessario per il rilascio della carta di soggiorno potrebbe superare la validità del visto d'ingresso in base al quale il familiare cittadino di un paese terzo è entrato nello Stato membro ospitante. In tali casi, quando il visto d'ingresso scade in attesa del rilascio della carta di soggiorno, i familiari cittadini di paesi terzi non sono tenuti a ritornare nel loro paese di origine e ottenere un nuovo visto d'ingresso. In effetti la durata del soggiorno per i familiari cittadini di paesi terzi non è soggetta ad alcun limite temporale, purché detto familiare e il cittadino dell'Unione che il primo raggiunge o accompagna soddisfino le condizioni pertinenti di soggiorno.

I familiari cittadini di paesi terzi non possono essere espulsi in seguito alla scadenza del visto (213).

Al fine di superare le difficoltà che i familiari cittadini di paesi terzi potrebbero incontrare durante il trattamento della domanda di soggiorno, si raccomanda che la ricevuta della domanda o qualsiasi altro documento riconosca espressamente il diritto dei familiari cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare durante il trattamento della domanda di carta di soggiorno.

Inoltre, durante il trattamento delle domande per l'ottenimento di una carta di soggiorno, i familiari cittadini di paesi terzi potrebbero incontrare difficoltà pratiche nel viaggiare (in particolare nel rientrare nello Stato membro ospitante in cui risiedono ora), dato che, in assenza della carta di soggiorno, non saranno ancora esentati dall'obbligo del visto d'ingresso e dato che il loro visto d'ingresso potrebbe essere scaduto. Dovrebbe essere fornita un'agevolazione per i loro spostamenti al di fuori dello Stato membro ospitante e il loro ritorno nello Stato membro ospitante, in particolare se la carta di soggiorno non è ancora stata rilasciata a causa di ritardi da parte dello Stato membro di rilascio e (anche se a titolo non esaustivo) in situazioni di emergenza (ad esempio per assistere al funerale di un parente stretto). Qualora sia richiesto un documento per il rientro della persona in questione, ove possibile, quest'ultima dovrebbe potere ottenerlo prima della partenza dallo Stato membro ospitante. In ogni caso dovrebbero essere concesse tutte le agevolazioni per la presentazione di una nuova domanda di visto (cfr. sezione 3.3 - Visa rules).

Una carta di soggiorno ha esclusivamente un valore dichiarativo e probatorio (cfr. sezione 12.3 - Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE)). Certifica il diritto di soggiorno e non costituisce un prerequisito per altri diritti spettanti al familiare in questione.

8   Mantenimento del diritto di soggiorno dei familiari in caso di decesso o di partenza del cittadino dell'Unione e in caso di divorzio, di annullamento del matrimonio o di scioglimento dell'unione registrata (articoli 12 e 13 della direttiva 2004/38/CE)

Gli articoli 12 e 13 mirano a proteggere la vita familiare e la dignità umana dei familiari garantendo che, a determinate condizioni, i familiari che già soggiornano nel territorio dello Stato membro ospitante conservino il diritto di soggiorno esclusivamente su base personale. Sono tuttavia previste alcune condizioni.

8.1   Situazioni che danno diritto al potenziale mantenimento del diritto di soggiorno

L'articolo 12 riguarda le situazioni nelle quali non esiste più un cittadino dell'Unione da cui derivare un diritto (perché tale cittadino dell'Unione è deceduto o ha lasciato lo Stato membro ospitante).

L'articolo 13 fa riferimento alle situazioni nelle quali il legame familiare (matrimonio o unione registrata) tra il cittadino dell'Unione e il familiare viene meno. Per quanto riguarda le unioni, l'articolo 13 fa riferimento soltanto a quelle "registrate".

I familiari cui è stato concesso il diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera b), in qualità di partner stabile di un cittadino dell'Unione, non beneficiano dell'articolo 13 (214). Tuttavia, conformemente all'articolo 37 della direttiva 2004/38/CE, gli Stati membri hanno la possibilità di estendere le disposizioni di cui all'articolo 13 alle situazioni nelle quali non è stato concluso né un matrimonio né un'unione registrata, in particolare nei casi in cui vi sia stata violenza domestica (il diritto di soggiorno concesso sulla base di disposizioni più favorevoli non sarà tuttavia considerato concesso sulla base della direttiva 2004/38/CE (215)).

Se il cittadino dell'Unione ha lasciato lo Stato membro ospitante, soltanto i familiari che sono cittadini dell'Unione e quelli che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 12, paragrafo 3, possono conservare il diritto di soggiorno.

8.2   Diritti mantenuti

Nelle situazioni di cui agli articoli 12 e 13, i familiari conservano i loro diritti su base personale (216), il che significa che non si tratta di un diritto di soggiorno derivato dal cittadino dell'Unione.

8.3   Condizioni per il mantenimento del diritto di soggiorno

Non si applica alcuna condizione se i familiari hanno acquisito un diritto di soggiorno permanente prima che l'evento (decesso o partenza del cittadino dell'Unione, divorzio, ecc.) si verificasse o in tale momento.

Nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 3, non si applica alcuna condizione né ai figli che seguono gli studi né al genitore che ne ha l'effettivo affidamento: tali persone non sono subordinate alla condizione di disporre di risorse sufficienti e di un'assicurazione malattia completa (217). Tale circostanza rimane valida fino a quando i figli terminano gli studi (218).

Le altre situazioni sono soggette a condizioni.

Prima di ottenere il soggiorno permanente, i familiari che sono cittadini dell'Unione e che si trovano in una delle situazioni di cui agli articoli 12 e 13 devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE.

Analogamente, prima di ottenere il soggiorno permanente, i familiari cittadini di paesi terzi che si trovano in una delle situazioni di cui agli articoli 12 e 13 devono soddisfare le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera a), b) o d), della direttiva 2004/38/CE o devono essere familiari, già costituiti nello Stato membro ospitante, di una persona che soddisfa tali requisiti. Per i cittadini di paesi terzi, il rispetto delle condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c) (persone iscritte presso un istituto pubblico o privato per motivi di studio) non consente loro di conservare il diritto di soggiorno.

La direttiva 2004/38/CE non fornisce alcun chiarimento in merito al momento a partire dal quale tali condizioni devono essere soddisfatte. Tuttavia gli articoli 12 e 13 della direttiva 2004/38 mirano a tutelare giuridicamente i familiari in caso di decesso o partenza del cittadino dell'Unione, di divorzio, di annullamento del matrimonio o di cessazione di una unione registrata (219). Pertanto, in linea con la giurisprudenza della Corte, le disposizioni sul mantenimento del diritto di soggiorno non dovrebbero essere applicate in modo contrario a tale obiettivo (220). Al contrario, tali disposizioni devono essere applicate in modo tale da non privarle del loro effetto utile.

Inoltre, ai familiari che sono cittadini di paesi terzi si applicano condizioni specifiche a seconda dell'evento che ha comportato la perdita del diritto di soggiorno derivato (articolo 12, paragrafo 2, primo comma, e articolo 13, paragrafo 2, lettere a), b), c) e d)). Tali condizioni riguardano la durata del soggiorno nello Stato membro, la durata del matrimonio, il legame con i figli o "situazioni particolarmente difficili".

Esempi

Z. è un cittadino dello Stato membro A. Negli ultimi tre anni ha lavorato e soggiornato nello Stato membro B. Sua moglie, M., è una cittadina di un paese terzo. Negli ultimi tre anni ha soggiornato nello Stato membro B con Z. Z. muore e M. eredita una grande somma di denaro. Si ritiene quindi che essa disponga di risorse economiche sufficienti e sia altresì coperta da un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi. M. ha il diritto di soggiornare nello Stato membro B ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 2. Dopo altri due anni, quando ha acquisito il diritto di soggiorno permanente, il suo diritto di soggiorno smette di essere soggetto a qualsivoglia condizione.

P. è un cittadino dello Stato membro A. Negli ultimi tre anni ha lavorato e soggiornato nello Stato membro B. Sua moglie, M., è una cittadina di un paese terzo. Negli ultimi tre anni ha soggiornato nello Stato membro B in qualità di moglie di P. Lei lavora. P. torna a soggiornare nello Stato membro A senza M. Quest'ultima non conserva alcun diritto di soggiorno nello Stato membro B ai sensi della direttiva 2004/38/CE, in quanto M. è una coniuge cittadina di un paese terzo e la partenza del cittadino dell'Unione non comporta il mantenimento del diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 12 della direttiva 2004/38/CE.

Nelle circostanze di cui all'articolo 13, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/38/CE, ossia nel caso in cui il matrimonio sia durato almeno tre anni, di cui almeno uno nello Stato membro ospitante, il mantenimento del diritto di soggiorno del familiare cittadino di un paese terzo a seguito di un divorzio richiede che il cittadino dell'Unione rimanga nello Stato membro ospitante fino all'inizio del procedimento giudiziario (221).

Tuttavia, se un cittadino di un paese terzo è stato vittima di atti di violenza domestica commessi dal coniuge cittadino dell'Unione, il cittadino di uno Stato terzo può invocare il mantenimento del suo diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera c), purché il procedimento di divorzio sia avviato entro un termine ragionevole dopo la partenza del cittadino dell'Unione dallo Stato membro ospitante (222).

Esempi

C. è una cittadina dello Stato membro A, sposata con D. (un cittadino di un paese terzo), che al momento dell'avvio del procedimento di divorzio risulta aver soggiornato nello Stato membro B per due anni. D. non conserva il diritto di soggiorno nello Stato membro B ai sensi della direttiva 2004/38/CE in quanto il matrimonio non è durato almeno tre anni.

K. è un cittadino dello Stato membro A. Negli ultimi due anni ha lavorato e soggiornato nello Stato membro B. La sua partner nell'unione registrata, N., è una cittadina di un paese terzo. Durante questi due anni N. ha soggiornato e lavorato nello Stato membro B in qualità di partner dell'unione registrata di K. N. è stata vittima di atti di violenza domestica commessi da K. durante la loro unione registrata. K. lascia lo Stato membro B e ritorna a soggiornare nello Stato membro A senza N. Due mesi dopo la partenza di K., N. avvia la procedura per porre fine all'unione registrata. N. continua a lavorare nello Stato membro B. N. conserva un diritto di soggiorno nello Stato membro B ai sensi della direttiva 2004/38/CE sulla base dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera c).

9   Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE)

Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE, i cittadini dell'Unione che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante acquisiscono il diritto di soggiorno permanente sul suo territorio. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III della direttiva 2004/38/CE in materia di diritto di residenza. Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, tale diritto si applica anche ai familiari cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente nello Stato membro ospitante in via continuativa per 5 anni.

Ai sensi dell'articolo 17 della direttiva, in circostanze molto specifiche, il diritto di soggiorno permanente può essere acquisito prima della maturazione di un periodo continuativo di cinque anni di soggiorno (223).

L'acquisizione del diritto di soggiorno permanente avviene ai sensi di legge. Ciò significa che i cittadini dell'Unione e i loro familiari cittadini di paesi terzi lo acquisiscono quando soddisfano le pertinenti condizioni sancite nel diritto sostanziale (224). I documenti di soggiorno permanente hanno valore dichiarativo ma non costitutivo (225).

9.1   Il requisito del soggiorno legale

Come norma generale, l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente è subordinata a un soggiorno legale in via continuativa di cinque anni nello Stato membro ospitante.

Con "soggiorno legale" si intende il soggiorno conforme alle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE  (226) e dei suoi atti predecessori  (227) . A questo proposito, esistono tre aspetti da sottolineare:

il soggiorno conforme ad atti antecedenti alla direttiva 2004/38/CE non è preso in considerazione ai fini dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente se non sono soddisfatte anche le condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (228);

un soggiorno compiuto sulla base di altre disposizioni dell'UE (quali quelle di cui al regolamento (UE) n. 492/2011) o sulla base del diritto dello Stato membro ospitante non è preso in considerazione ai fini del diritto di soggiorno permanente se non sono soddisfatte le condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (229);

in caso di adesione di un nuovo Stato membro all'UE, in assenza di una disposizione transitoria che limiti l'applicazione delle norme dell'Unione in materia di libera circolazione delle persone nel pertinente atto di adesione, il soggiorno in uno Stato membro ospitante da parte dei cittadini del nuovo Stato membro prima dell'adesione deve essere preso in considerazione ai fini dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente se è stato compiuto in conformità delle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (230).

In ogni caso, un cambiamento di qualifica (ad esempio da studente a lavoratore) non incide sulla continuità del soggiorno legale e quindi sull'acquisizione del soggiorno permanente purché tale soggiorno sia conforme alle condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (cfr. sezione 5 - Diritto di soggiorno superiore a tre mesi per i cittadini dell'Unione e formalità amministrative (articoli 7, 8, 14 e 22 della direttiva 2004/38/CE)).

Inoltre, il possesso di un documento di soggiorno valido non rende il soggiorno legale, anche ai fini dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente (231)(cfr. sezione 12.3 - Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE)).

Infine occorre rilevare che, una volta che un cittadino dell'Unione acquisisce il diritto di soggiorno permanente, le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettere da a) a c), non si applicano più né al cittadino dell'Unione né ai suoi familiari, compreso l'affidatario effettivo cittadino di un paese terzo di un minore mobile cittadino dell'Unione (232).

9.2   Calcolo del soggiorno legale ininterrotto di cinque anni

Il periodo di soggiorno che consente la qualifica non deve necessariamente precedere immediatamente il momento in cui viene rivendicato il diritto di soggiorno permanente (233). I periodi di soggiorno legale in via continuativa conferiscono il diritto di soggiorno permanente "a partire dal momento stesso in cui essi sono stati compiuti"  (234).

I periodi di soggiorno computati ai fini dell'acquisizione del soggiorno permanente sono quelli che soddisfano le condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE, in particolare di cui all'articolo 7, all'articolo 12, paragrafo 2, e all'articolo 13, paragrafo 2. A tal fine non sono presi in considerazione più soggiorni di breve durata successivi, completati sulla base dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE, anche se considerati congiuntamente (235).

I cittadini dell'Unione e i loro familiari possono essere assenti dallo Stato membro ospitante per un certo periodo di tempo senza interrompere la continuità del loro soggiorno in tale Stato membro. Ai sensi dell'all'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE, la continuità della residenza non è pregiudicata dalle seguenti assenze temporanee:

assenze (una o più) che non superino complessivamente sei mesi all'anno;

assenze (una o più) di durata superiore per l'assolvimento degli obblighi militari;

un'assenza di dodici mesi consecutivi al massimo dovuta a motivi rilevanti, quali (NB: l'elenco non è esaustivo): a) gravidanza e maternità; b) malattia grave; c) studi o formazione professionale; oppure d) un distacco all'estero per motivi di lavoro.

Per i primi due casi, non è necessario che le assenze siano consecutive. I periodi multipli di assenze non consecutive dovranno essere cumulati.

Il periodo di assenza di sei mesi deve essere calcolato per anno di soggiorno, ogni anno a partire dall'anniversario della data in cui la persona ha iniziato a risiedere nello Stato membro ospitante conformemente alle condizioni di soggiorno di cui alla direttiva 2004/38/CE (236) (cfr. sezione 9.1 - Il requisito del soggiorno legale). Di conseguenza i cittadini dell'Unione e i loro familiari possono effettuare assenze temporanee non superiori complessivamente a sei mesi l'anno fino all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente. I periodi di soggiorno legale in via continuativa conferiscono il diritto di soggiorno permanente "a partire dal momento stesso in cui essi sono stati compiuti"  (237) .

La continuità del soggiorno è interrotta dal provvedimento di espulsione eseguito legittimamente nei confronti della persona (in sostanza, il diritto di soggiorno viene a cessare di per sé con un provvedimento di espulsione validamente eseguito nei confronti della persona).

Un periodo di detenzione scontato prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente fa ripartire il calcolo del termine da zero e occorre accumulare un nuovo periodo di soggiorno della durata di cinque anni consecutivi (238).

9.3   Perdita del diritto di soggiorno permanente

Ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 4, una volta acquisito, il diritto di soggiorno permanente si perde soltanto a seguito di assenze dallo Stato membro ospitante di durata superiore a due anni consecutivi.

Qualsiasi presenza fisica nel territorio dello Stato membro ospitante durante un periodo di due anni consecutivi, anche se per qualche giorno, è sufficiente a impedire la perdita del diritto di soggiorno permanente (239). La situazione che si viene a creare in tale caso (ossia quella in cui una persona che ha acquisito il diritto di soggiorno permanente ha trascorso qualche giorno all'anno nello Stato membro ospitante e non è stato assente durante un periodo di due anni consecutivi) deve essere distinta da quella in cui esistano indizi in base ai quali una siffatta persona avrebbe commesso un abuso di diritto (240).

9.4   Documenti giustificativi

Al fine di valutare se sia stato ottenuto un diritto di soggiorno permanente, gli Stati membri hanno il diritto di verificare:

la continuità del soggiorno;

la durata del soggiorno;

se il soggiorno possa essere considerato "legale" (cfr. sezione 9.1 - Il requisito del soggiorno legale).

Nella maggior parte dei casi, la prova del soggiorno legale comprende la prova del soggiorno in via continuativa. L'articolo 21 della direttiva 2004/38/CE chiarisce che "[l]a continuità del soggiorno può essere comprovata con qualsiasi mezzo di prova ammesso dallo Stato membro ospitante".

Esempi

Negli ultimi cinque anni L., una cittadina dell'Unione, ha soggiornato ininterrottamente nello Stato membro A. Fornisce la prova di disporre di un'assicurazione malattia che copre tutti i rischi, nonché estratti conto bancari che attestano che per tutta la durata del suo soggiorno ha disposto di risorse economiche sufficienti. Non può esserle chiesto di fornire la prova di aver lavorato, né di trovare lavoro o di continuare a disporre di risorse economiche sufficienti per il periodo successivo all'acquisizione del soggiorno permanente.

N., un cittadino dell'Unione, fornisce prove sufficienti del fatto di aver avuto la qualifica di lavoratore subordinato durante il suo soggiorno di cinque anni nello Stato membro ospitante. Non può essergli chiesto di fornire la prova che disponeva di un'assicurazione malattia che copriva tutti i rischi durante il suo soggiorno.

L., una cittadina dell'Unione, è entrata nello Stato membro ospitante in qualità di studentessa. Nel secondo e terzo anno di studi ha lavorato anche in un negozio. Dopo aver concluso gli studi, ha avviato un'impresa. Il fatto che L. fornisca documenti che attestano status diversi e che alcuni di essi evidenzino una sovrapposizione tra il suo status di studentessa e quello di lavoratrice subordinata non incide sulla valutazione della sua domanda, in quanto le autorità dovrebbero concentrarsi sulla continuità e sulla legalità del soggiorno.

G., un cittadino di un paese terzo, ha soggiornato nello Stato membro B per cinque anni con la moglie L., una lavoratrice subordinata mobile cittadina dell'Unione. In quanto familiare di una lavoratrice subordinata mobile cittadina dell'Unione, non si può chiedere al cittadino di un paese terzo di dimostrare di aver lavorato durante i suoi cinque anni di soggiorno.

T., una cittadina dell'Unione, soggiorna dal 2014 in via continuativa nello Stato membro A come lavoratrice subordinata mobile dell'Unione. Suo marito L., cittadino di un paese terzo, vive con lei nello Stato membro A dal 2016, ma non ha mai lavorato nello Stato membro A. L. può acquisire il diritto di soggiorno permanente a partire dal 2021.

9.5   Tempi di trattamento

Ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 2, della direttiva, gli Stati membri devono rilasciare ai cittadini dell'Unione, su richiesta, il documento attestante il soggiorno permanente "nel più breve tempo possibile".

Se il documento attestante il soggiorno permanente non può essere rilasciato in loco al momento della consegna della domanda e dei documenti giustificativi, ciò dovrebbe avvenire entro pochi giorni successivi (ad esempio dopo sette/dieci giorni). Nel caso di un'indagine in corso in merito a un sospetto di abuso o frode, l'emissione può essere differita, nel rispetto del principio di efficacia e dell'obiettivo di un rapido trattamento delle domande sanciti dalla direttiva 2004/38/CE (241).

Per i familiari cittadini di paesi terzi, il termine per il rilascio di una carta di soggiorno permanente ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE è di sei mesi a decorrere dalla presentazione della domanda.

La giurisprudenza della Corte relativa ai tempi di trattamento per il rilascio delle carte di soggiorno di cui all'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE (cfr. sezione 7.2 - Tempi di trattamento per il rilascio di carte di soggiorno) è pertinente ai fini del rilascio delle carte di soggiorno permanente.

Come spiegato ulteriormente nella sezione 12.3 - Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE), i documenti che attestano il soggiorno permanente e le carte di soggiorno permanente non hanno valore costitutivo, ma servono ad attestare l'esistenza di diritti ai sensi del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione.

10   Diritto al lavoro (articolo 23 della direttiva 2004/38/CE)

Ai sensi dell'articolo 23 della direttiva, indipendentemente dalla cittadinanza, i familiari di cittadini dell'Unione titolari di un diritto di soggiorno in uno Stato membro ospitante hanno il diritto di svolgere un'attività lavorativa o di avviare un'attività autonoma nello Stato membro ospitante. Tale diritto si applica ai familiari quali definiti all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE e ai "membri della famiglia allargata" ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE.

In tale contesto il diritto di svolgere un'attività lavorativa nello Stato membro ospitante comprende anche i familiari a carico di cittadini dell'Unione, che possono continuare a godere del diritto di soggiorno anche dopo la cessazione della loro qualità di persone a carico (242).

Il diritto al lavoro dei familiari non può essere subordinato al possesso di un visto, di una carta di soggiorno, di una carta di soggiorno permanente in corso di validità oppure di una ricevuta che attesti la presentazione di una domanda per l'ottenimento di una carta di soggiorno in qualità di familiare. Ciò è dovuto al fatto che l'acquisizione di diritti può essere attestata con qualsiasi mezzo di prova adeguato. Tali documenti non creano diritti di soggiorno, ma servono semplicemente ad attestare i diritti esistenti conferiti direttamente dal diritto dell'Unione (243).

11   Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE)

Secondo la Corte, "il principio di non discriminazione vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato"  (244). Una discriminazione diretta fondata sulla cittadinanza non può essere giustificata se non espressamente prevista dal diritto dell'Unione. "[U]na discriminazione indiretta in base alla nazionalità può risultare giustificata solamente qualora sia fondata su considerazioni oggettive indipendenti dalla nazionalità delle persone interessate e proporzionata all'obiettivo legittimamente perseguito dal diritto nazionale"  (245).

L'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE concretizza il principio di non discriminazione in base alla nazionalità sancito dall'articolo 18 TFUE, nei confronti dei cittadini dell'Unione che esercitano la loro libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri (246), nonché dall'articolo 21, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali.

Ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE, ogni cittadino dell'Unione che risiede nello Stato membro ospitante gode, sulla base di detta direttiva, di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nell'ambito di applicazione dei trattati (247). Lo stesso vale per i loro familiari cittadini di paesi terzi che godono di un diritto di soggiorno o di soggiorno permanente ai sensi della direttiva 2004/38/CE.

Tuttavia il principio di non discriminazione sancito dall'articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE si applica soltanto alle persone che soggiornano nello Stato membro ospitante nel rispetto delle condizioni di soggiorno di cui alla direttiva 2004/38/CE ed è pertanto subordinato al rispetto di tali condizioni.

Inoltre sono in vigore garanzie destinate a proteggere gli Stati membri ospitanti da oneri finanziari eccessivi. In tale ottica, l'articolo 24, paragrafo 2, autorizza deroghe specifiche al principio della parità di trattamento. Tale disposizione consente allo Stato membro ospitante di:

a)

non attribuire il diritto a prestazioni d'assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o durante il periodo di soggiorno più lungo per le persone in cerca di lavoro di cui all'articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE. Tuttavia tale deroga non si applica ai cittadini dell'Unione che sono lavoratori subordinati o autonomi e ai loro familiari (cfr. sezioni 11.1 - Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni e 11.2 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011).

Tale deroga si applica soltanto in relazione alle prestazioni di "assistenza sociale" e non si estende ad altri tipi di prestazioni, in particolare le prestazioni di sicurezza sociale. Quando le prestazioni familiari sono concesse indipendentemente dalle esigenze individuali del beneficiario e non sono destinate a coprire i mezzi di sussistenza, bensì a compensare i carichi familiari, esse non rientrano nella nozione di "assistenza sociale" ai sensi della direttiva 2004/38/CE. Ciò vale in particolare per le prestazioni familiari attribuite automaticamente alle famiglie che rispondono a determinati criteri obiettivi, riguardanti in particolare le loro dimensioni, il loro reddito e le loro risorse di capitale, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale dei bisogni personali (248). Tuttavia tali prestazioni possono essere soggette ad altre condizioni, in particolare alla verifica della residenza abituale legale (cfr. sezione 11.3 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale);

b)

prima dell'acquisizione del diritto di soggiorno permanente, di non fornire aiuti al compimento degli studi (borse di studio o prestiti), compresa la formazione professionale, ai cittadini dell'Unione che sono persone economicamente inattive, studenti o persone in cerca di lavoro (comprese le persone in cerca di lavoro che non hanno ancora lavorato nello Stato membro ospitante o nei casi in cui il cittadino dell'Unione è una persona in cerca di lavoro che, dopo avervi lavorato in tale Stato membro, non conserva più la qualità di lavoratore subordinato nello Stato membro ospitante) e ai loro familiari.

11.1   Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni

11.1.1   Contenuto dell'assistenza sociale

Le prestazioni di assistenza sociale sono generalmente prestazioni che uno Stato membro corrisponde alle persone sprovviste delle risorse sufficienti a soddisfare i bisogni fondamentali. La Corte ha ritenuto che l'assistenza sociale sia costituita dall'"insieme dei regimi di assistenza istituiti da autorità pubbliche a livello nazionale, regionale o locale, a cui può ricorrere un soggetto che non disponga delle risorse economiche sufficienti a far fronte ai bisogni elementari propri e a quelli della sua famiglia e che rischia, per questo, di diventare, durante il suo soggiorno, un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante che potrebbe produrre conseguenze sul livello globale dell'aiuto che può essere concesso da tale Stato"  (249). Tuttavia, l'assistenza sociale deve essere definita in funzione dell'obiettivo perseguito dalla prestazione e non in base a criteri formali. Le prestazioni di natura finanziaria destinate a facilitare l'accesso al mercato del lavoro non possono essere considerate prestazioni di assistenza sociale (250). Peraltro, quando una prestazione svolge funzioni diverse, se la sua funzione preponderante è garantire i mezzi minimi di sussistenza necessari a condurre un'esistenza conforme alla dignità umana, rientra nella definizione di assistenza sociale (251).

Ad esempio, a seconda della loro funzione preponderante, che deve essere valutata caso per caso, potrebbero essere considerati "assistenza sociale":

una prestazione di sussistenza in denaro, la quale rientra in un regime di tutela sociale finanziato da introiti fiscali, la cui concessione è subordinata ad una condizione concernente la disponibilità di risorse economiche e il cui obiettivo consiste nel sostituire diverse altre prestazioni sociali, come l'assegno per persone in cerca di impiego basato sul reddito (income based jobseeker's allowance), l'indennità di integrazione salariale e di sostegno basata sul reddito (income-related employment and support allowance), il sostegno al reddito (income support), il credito d'imposta per persone in attività (working tax credit), l'assegno familiare (child tax credit) e il sussidio per l'alloggio (housing benefit) (252);

sostegno alla locazione fornito alle persone con esigenze abitative di breve durata che vivono in alloggi privati in affitto e che non possono far fronte al loro affitto con risorse proprie.

11.1.2   Categorie di persone che hanno diritto alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante

La parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 1, può essere richiesta soltanto se il soggiorno del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante soddisfa le condizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE (253).

Ciò significa che le seguenti categorie di persone hanno diritto alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini nazionali:

i cittadini dell'Unione che sono lavoratori subordinati o autonomi (o coloro che conservano tale status (254)) e i loro familiari. Queste categorie di persone hanno diritto alla parità di trattamento sin dall'inizio del soggiorno (255);

i cittadini dell'Unione che hanno acquisito il diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante e i loro familiari.

Esempio

Y. è un cittadino dell'Unione sposato con una lavoratrice subordinata mobile dell'Unione. Y. ha perso il lavoro e non conserva più la qualità di lavoratore subordinato. Ha presentato domanda di assistenza sociale. Lo Stato membro ospitante non può negargli l'assistenza sociale per il motivo che si tratta di un cittadino dell'Unione economicamente inattivo e che non dispone di risorse economiche sufficienti. In qualità di coniuge di una lavoratrice subordinata dell'Unione, egli ha diritto alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante.

M. è un lavoratore mobile dell'Unione e ha un coniuge dello stesso sesso. La coppia ha un figlio. Il lavoratore subordinato ha diritto alle stesse prestazioni di assistenza sociale per i suoi familiari dei cittadini dello Stato membro ospitante, anche se la legislazione dello Stato membro ospitante non riconosce tale genitorialità e/o matrimonio.

Sebbene i cittadini dell'Unione economicamente inattivi non siano espressamente esclusi dalla parità di trattamento in materia di assistenza sociale, il loro diritto alla parità di trattamento a tale riguardo può essere limitato nella pratica fino all'acquisizione del soggiorno permanente (cfr. la sezione che segue sulle categorie di persone alle quali può essere negato l'accesso alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante).

11.1.3   Categorie di persone alle quali può essere negato l'accesso alle stesse prestazioni di assistenza sociale dei cittadini dello Stato membro ospitante

Durante i primi 3 mesi di soggiorno nello Stato membro ospitante, l'accesso all'assistenza sociale può essere rifiutato ai cittadini dell'Unione che non sono lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi, alle persone che mantengono lo status di lavoratore subordinato o autonomo e ai loro familiari, senza effettuare un esame individuale della situazione della persona (256).

Per il successivo periodo di soggiorno fino a cinque anni, lo Stato membro ospitante può rifiutare di concedere prestazioni di assistenza sociale ai cittadini dell'Unione economicamente inattivi e agli studenti dell'Unione che non soddisfano il requisito di disporre di risorse economiche sufficienti per sé stessi e per i loro familiari e che pertanto non soggiornano nello Stato membro ospitante ai sensi della direttiva 2004/38/CE (articolo 7, paragrafo 1), lettere b) e c)) (257). Ciò significa che è poco probabile che i cittadini dell'Unione economicamente inattivi siano ammessi a fruire di prestazioni di assistenza sociale perché, per acquisire il diritto di soggiornare nel paese, deve aver dimostrato alle autorità nazionali di disporre di risorse sufficienti, le quali corrispondono indicativamente a un reddito di livello pari o superiore all'importo al di sotto del quale i cittadini dello Stato membro ospitante beneficiano di prestazioni di assistenza sociale. In tali circostanze "occorre [...] effettuare un esame concreto della situazione economica di ogni interessato, senza tener conto delle prestazioni di assistenza sociale richieste, per valutare se questi soddisfi il requisito di disporre di risorse sufficienti previsto all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 e se possa dunque avvalersi, nello Stato membro ospitante, del principio di non discriminazione di cui all'articolo 24, paragrafo 1, di tale direttiva [...]"  (258).

Per le persone in cerca di lavoro e per gli ex lavoratori che hanno perso la loro qualità di lavoratore (ossia se a) il cittadino dell'Unione è una persona in cerca di lavoro che non ha ancora lavorato nello Stato membro ospitante o b) il cittadino dell'Unione è una persona in cerca di lavoro che era precedentemente occupata ma non conserva più la qualità di lavoratore nello Stato membro ospitante (cfr. sezione 5.1.2 - Conservazione della qualità di lavoratore subordinato o autonomo)), le autorità competenti possono rifiutare di concedere prestazioni di assistenza sociale senza effettuare un esame individuale della situazione della persona (259). Per ulteriori informazioni sulle persone in cerca di lavoro, cfr. sezione 6 - Diritto di soggiorno di persone in cerca di lavoro (articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38/CE) e la parte II della comunicazione della Commissione del 2010 "Ribadire la libera circolazione dei lavoratori: diritti e principali sviluppi".

Tali esclusioni mirano a garantire che non vi siano oneri eccessivi per i sistemi di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

Quando l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE non si applica in quanto il cittadino dell'Unione non soggiorna nel territorio dello Stato membro ospitante ai sensi della direttiva 2004/38/CE, ma vi soggiorna legalmente sulla base del diritto nazionale, le autorità nazionali competenti possono opporre un rifiuto ad una domanda di prestazioni di assistenza sociale solo dopo aver verificato che tale rifiuto non esponga il cittadino mobile dell'Unione a un rischio concreto e attuale di violazione dei suoi diritti fondamentali, come sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali (260).

Esempi

M. è una cittadina dello Stato membro A e si è trasferita nello Stato membro B per cercare lavoro. Le autorità competenti dello Stato membro B possono opporre un rifiuto alla concessione di prestazioni di assistenza sociale a favore di M.

T. è cittadino dello Stato membro A che si è trasferito nello Stato membro B nel quale ha lavorato per un certo periodo di tempo. T. ha perso il lavoro, ma conserva la sua qualità di lavoratore subordinato (cfr. sezione 5.1.2 - Conservazione della qualità di lavoratore subordinato o autonomo). Ha presentato domanda di assistenza sociale. T. ha diritto a ricevere prestazioni di assistenza sociale come se fosse cittadino dello Stato membro B.

R. è una cittadina dello Stato membro A e si è trasferita nello Stato membro B in cui lavora come lavoratrice autonoma. R. ha diritto a ricevere prestazioni di assistenza sociale come se fosse cittadina dello Stato membro B.

11.2   Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011

Il regolamento (UE) n. 492/2011 stabilisce i diritti che si applicano ai lavoratori mobili dell'Unione e ai loro familiari. In linea con la giurisprudenza della Corte (261), i cittadini autonomi dell'Unione che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 49 TFUE possono godere dei diritti di cui al regolamento (UE) n. 492/2011 che si applica per analogia.

Vi sono due aspetti da evidenziare in merito all'interazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011.

Innanzitutto, i lavoratori mobili dell'Unione e i loro familiari godono di diritti specifici e autonomi di cui al regolamento (UE) n. 492/2011 (262). Tali diritti non possono essere messi in discussione dall'articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE. Pertanto le deroghe di cui all'articolo 24, paragrafo 2, non possono, ad esempio, essere utilizzate nei confronti delle persone che godono di un diritto di soggiorno e di accesso all'assistenza sociale in qualità di affidatari effettivi di minori che seguono un corso di studi ai sensi dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 (263).

In secondo luogo, i "familiari" rientranti nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 492/2011 corrispondono ai "familiari" di cui alla direttiva 2004/38/CE (264). Ciò significa che i familiari di lavoratori subordinati e lavoratori autonomi beneficiano dell'applicazione delle disposizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE, ma anche dell'applicazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 492/2011 in materia di parità di trattamento. Tali familiari possono quindi invocare tale regolamento per rivendicare la parità di trattamento nello Stato membro ospitante per quanto riguarda tutti i vantaggi sociali e fiscali  (265). Alcuni esempi di tali diritti includono la parità di trattamento per quanto concerne le borse di studio attribuite a norma di un accordo dello Stato membro ospitante in un settore che non rientra nell'ambito di applicazione del TFUE (266), le riduzioni sui prezzi del trasporto pubblico a favore delle famiglie numerose (267) e il diritto alle prestazioni sociali (268). Inoltre, a norma del regolamento (UE) n. 492/2011, anche il figlio di un lavoratore subordinato/autonomo dovrebbe beneficiare della parità di trattamento per quanto concerne l'ammissione all'istruzione se risiede nello Stato membro in cui il lavoratore subordinato/autonomo lavora.

Esempio

Un cittadino di un paese terzo, coniuge dello stesso sesso di un lavoratore subordinato/autonomo mobile, cittadino dell'Unione, che rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva 2004/38/CE  (269) ha diritto ai medesimi vantaggi sociali e fiscali dei cittadini dello Stato membro ospitante, anche se la legislazione dello Stato membro ospitante non riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

11.3   Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale

I diritti a livello di Unione dei cittadini mobili dell'Unione in tema di sicurezza sociale sono disciplinati dai regolamenti (CE) n. 883/2004 (270) e n. 987/2009 (271) ("i regolamenti di coordinamento").

I regolamenti di coordinamento enunciano "norme di conflitto" al fine di determinare quale legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale sia applicabile a una persona che si trovi in una situazione transfrontaliera (272). Il diritto dell'UE in questo settore prevede il coordinamento, non l'armonizzazione, dei sistemi di sicurezza sociale. Ciò significa che ciascuno Stato membro stabilisce le specificità del proprio sistema di sicurezza sociale, ivi compresi i tipi di prestazioni erogabili, le condizioni per aver diritto a tali prestazioni, le relative modalità di calcolo e la quota totale dei contributi da pagare. Le condizioni per l'acquisizione del diritto a ricevere prestazioni di sicurezza sociale possono quindi variare da uno Stato membro all'altro.

Le prestazioni di sicurezza sociale tipiche comprendono le pensioni di vecchiaia, le pensioni di reversibilità, le prestazioni di invalidità, le prestazioni di malattia (compresa l'assistenza sanitaria), le prestazioni di maternità e paternità, le prestazioni di disoccupazione, le prestazioni familiari.

Ai sensi dei regolamenti di coordinamento, i lavoratori subordinati o autonomi e i loro familiari sono coperti dal sistema di sicurezza sociale dello Stato membro in cui tali persone esercitano la loro attività lavorativa subordinata o autonoma (273). Sono coperti alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro in questione.

In linea di principio, i cittadini dell'Unione economicamente inattivi sono soggetti alla legislazione in materia di sicurezza sociale dello Stato membro di residenza. Per avere diritto a beneficiare delle prestazioni coordinate ai sensi dei regolamenti di coordinamento, tali persone devono soddisfare le condizioni previste dalla legislazione dello Stato membro di residenza. Occorre osservare che la nozione di "soggiorno" non è la stessa ai sensi della direttiva 2004/38/CE e dei regolamenti di coordinamento. Ai sensi di questi ultimi, una persona può avere un solo luogo di residenza. Tale luogo corrisponde allo Stato membro in cui la persona risiede abitualmente e in cui si trova il suo centro di interessi. In tale contesto occorre tenere conto in particolare dei seguenti aspetti: la situazione familiare della persona; i motivi che hanno indotto tale persona a trasferirsi; la durata e la continuità della residenza della persona; il fatto (se del caso) che la persona disponga di un'occupazione stabile; e l'intenzione della persona quale risulta da tutte le circostanze (274).

Di contro, le persone che si trasferiscono solo temporaneamente in un altro Stato membro continuano a risiedere abitualmente nel loro Stato membro d'origine e sono pertanto coperte dal sistema di sicurezza sociale dello Stato membro d'origine (ad esempio uno studente che dal suo Stato membro di origine si è trasferito temporaneamente in un altro Stato membro per proseguire gli studi è coperto dallo Stato membro di origine e non dallo Stato membro in cui studia).

Per ulteriori esempi sulla determinazione del luogo di residenza abituale, cfr. la Guida pratica della Commissione sulla legislazione applicabile nell'Unione europea, nello Spazio economico europeo e in Svizzera (parte III) (275).

Le prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo che presentano caratteristiche tanto delle prestazioni di sicurezza sociale quanto dell'assistenza sociale rientrano nell'ambito di applicazione tanto del regolamento (CE) n. 883/2004 (276) quanto della direttiva 2004/38/CE (277). Ciò significa che lo Stato membro ospitante può rifiutare l'accesso a tali prestazioni ai cittadini dell'Unione economicamente inattivi che non soddisfano il requisito di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva di disporre di risorse economiche sufficienti (cfr. sezione 11.1 - Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni(278).

Il regolamento (CE) n. 883/2004 non armonizza il concetto di "familiare". Tuttavia, nell'applicare il regolamento, le autorità nazionali attuano il diritto dell'Unione ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Tali autorità devono pertanto rispettare l'articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali (che disciplina in particolare la non discriminazione fondata sull'orientamento sessuale), l'articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali (interesse superiore del minore) e la convenzione sui diritti del fanciullo (279). Ciò significa che la definizione utilizzata da ciascuno Stato membro per i "familiari" non può portare a discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. Su tale base, a una coppia mobile costituita da persone dello stesso sesso non può essere negato l'accesso a una prestazione di sicurezza sociale (ad esempio una pensione di reversibilità) adducendo a motivazione il fatto che il loro legame familiare non è riconosciuto dalla legislazione dello Stato membro competente (280). Analogamente, al figlio di una coppia costituita da persone dello stesso sesso non può essere negato l'accesso a una prestazione di sicurezza sociale (ad esempio, l'iscrizione al sistema pubblico di assicurazione malattia) adducendo a motivazione il fatto che tale genitorialità non è riconosciuta dalla legislazione dello Stato membro competente. Il riconoscimento obbligatorio dei legami familiari nel contesto della libera circolazione è sufficiente. Non è necessario che il legame familiare in questione sia riconosciuto dalla legislazione nazionale dello Stato membro.

11.4   Diritto alla parità di accesso all'assistenza sanitaria: contenuto e condizioni

Le "prestazioni di cure mediche, finanziate dallo Stato [membro ospitante], erogate, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali, alle persone rientranti nelle categorie di beneficiari definite dalla normativa nazionale, costituiscono 'prestazioni di malattia' [...] [che rientrano] nell'ambito di applicazione [...] [del regolamento (CE) n. 883/2004]"  (281).

Come spiegato in precedenza, i lavoratori dipendenti o autonomi dell'Unione e i loro familiari sono coperti dal sistema di sicurezza sociale dello Stato membro in cui tali persone esercitano la loro attività lavorativa subordinata o autonoma (282). Se un lavoratore subordinato o autonomo dell'Unione e i suoi familiari risiedono in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di occupazione, hanno accesso all'assistenza sanitaria dove risiedono alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato membro di residenza, per conto dello Stato membro di occupazione, sulla base del documento portatile PD S1 (283).

Gli studenti che studiano temporaneamente in un altro Stato membro hanno il diritto di ricevere tutte le cure mediche necessarie nello Stato membro ospitante sulla base della tessera europea di assicurazione malattia (TEAM) (284).

Coloro che vanno in pensione all'estero restano coperti dal sistema sanitario pubblico dello Stato membro che versa la loro pensione. Hanno altresì il diritto di accedere all'assistenza sanitaria nello Stato membro di residenza alle stesse condizioni delle persone assicurate in tale Stato membro per conto dello Stato membro che versa loro la pensione, sulla base del documento portatile PD S1 (285).

Altri cittadini dell'Unione economicamente inattivi che si trasferiscono in un altro Stato membro ed esercitano il loro diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38/CE hanno il diritto di essere iscritti al sistema pubblico di assicurazione malattia dello Stato membro ospitante. Tale diritto deriva, in particolare, dall'articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento (CE) n. 883/2004, il quale mira a "impedire che le persone rientranti nell'ambito di applicazione del predetto regolamento restino senza tutela in materia di sicurezza sociale per mancanza di una normativa loro applicabile"  (286). Tuttavia, prima di acquisire il soggiorno permanente, lo Stato membro ospitante può prevedere che l'accesso al sistema pubblico di assicurazione malattia non sia gratuito, al fine di evitare che la persona in questione diventi un onere eccessivo per tale Stato membro (cfr. sezione 5.2.2 - Assicurazione malattia che copre tutti i rischi(287). Una volta acquisito il soggiorno permanente, tale condizione non potrà più essere loro imposta (cfr. sezione 9 - Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE)).

Le persone che soggiornano temporaneamente in uno Stato membro diverso da quello in cui sono assicurate (ad esempio vacanza, viaggio di lavoro, studi) hanno diritto a tutte le cure mediche necessarie sulla base della tessera europea di assicurazione malattia (TEAM) (288).

Al di là del regolamento (CE) n. 883/2004, le persone possono accedere all'assistenza sanitaria in qualsiasi paese dell'UE diverso da quello in cui risiedono ed essere rimborsate dei costi sostenuti per le cure in base alla direttiva 2011/24/UE sui diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (289). Mentre il regolamento (CE) n. 883/2004 copre l'assistenza sanitaria fornita da prestatori pubblici o convenzionati, la direttiva 2011/24/UE copre tutti i prestatori di assistenza sanitaria (privati e pubblici) indipendentemente dal loro rapporto con il sistema sanitario pubblico. In tale contesto, la direttiva 2011/24/UE fissa le condizioni alle quali un paziente può recarsi in un altro paese dell'UE per ricevere cure mediche ed essere rimborsato dei relativi costi. Copre i costi dell'assistenza sanitaria, nonché le prescrizioni e la fornitura di medicinali e dispositivi medici, per un importo massimo corrispondente a quello delle cure nel paese di residenza.

12   Documenti di soggiorno (articoli 8, 10, 19, 20 e 25 della direttiva 2004/38/CE)

12.1   Attestati d'iscrizione e documenti che attestano il soggiorno permanente rilasciati ai cittadini dell'Unione (articoli 8 e 19 della direttiva 2004/38/CE e articolo 6 del regolamento (CE) 2019/1157): formato, informazioni minime e periodo di validità

L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE, prevede che per soggiorni di durata superiore a tre mesi lo Stato membro ospitante può richiedere ai cittadini dell'Unione l'iscrizione presso le autorità competenti. Spetta pertanto a ciascuno Stato membro decidere se imporre tale obbligo ai cittadini mobili dell'Unione (cfr. sezione 5 - Diritto di soggiorno superiore a tre mesi per i cittadini dell'Unione e formalità amministrative (articoli 7, 8, 14 e 22 della direttiva 2004/38/CE)).

Sebbene il formato degli attestati d'iscrizione e dei documenti d'iscrizione permanente per i cittadini dell'Unione non sia armonizzato, il regolamento (UE) 2019/1157, che si applica a decorrere dal 2 agosto 2021, stabilisce le informazioni minime da includere in tali documenti. Figurano in tale contesto, ad esempio, il titolo del documento nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato membro interessato, in almeno un'altra lingua ufficiale delle istituzioni dell'UE e un chiaro riferimento al fatto che il documento è rilasciato a un cittadino dell'Unione conformemente alla direttiva 2004/38/CE. Gli Stati membri sono tuttavia liberi di scegliere il formato in cui tali documenti sono rilasciati.

Sebbene la direttiva non contenga alcuna indicazione circa la durata di validità degli attestati d'iscrizione e dei documenti di soggiorno permanente per i cittadini dell'Unione, tenuto conto della loro funzione analoga, non vi è motivo per cui la loro durata non debba essere almeno uguale a quella dei corrispondenti documenti rilasciati ai familiari di cittadini dell'Unione che sono cittadini di paesi terzi. Di conseguenza, gli attestati d'iscrizione di cui all'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE dovrebbero avere un periodo di validità di almeno cinque anni dalla data del rilascio. Il documento che attesta il soggiorno permanente di cui all'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE dovrebbe avere un periodo di validità di almeno dieci anni dalla data di rilascio.

Inoltre in nessun caso la durata di tali documenti dovrebbe essere collegata a quella della tessera europea di assicurazione malattia o ad altre condizioni, quali la durata degli studi o dei contratti di lavoro.

12.2   Carte di soggiorno e carte di soggiorno permanente rilasciate a familiari cittadini di paesi terzi (articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE e articoli 7 e 8 del regolamento (CE) 2019/1157): formato e periodo di validità

Il regolamento (UE) 2019/1157 prevede formati armonizzati per le carte di soggiorno e le carte di soggiorno permanente rilasciate a familiari di cittadini dell'Unione che sono cittadini di paesi terzi. Dal 2 agosto 2021 gli Stati membri sono tenuti a rilasciare tali carte di soggiorno o carte di soggiorno permanente rispettando il medesimo modello uniforme utilizzato per i permessi di soggiorno. Tali carte recano la denominazione "Carta di soggiorno" o "Carta di soggiorno permanente" e il codice standardizzato "Familiare UE art 10 DIR 2004/38/CE" o "Familiare UE art 20 DIR 2004/38/CE"  (290).

Le carte di soggiorno o le carte di soggiorno permanente rilasciate fino al 2 agosto 2021 non devono avere un formato specifico. Per tali carte il regolamento (UE) 2019/1157 prevede un periodo di soppressione graduale (291). Ciò significa che, per un certo numero di anni, saranno in circolazione diversi modelli di carte di soggiorno o carte di soggiorno permanente (quelle rilasciate ai sensi del regolamento (UE) 2019/1157 e quelle rilasciate prima del 2 agosto 2021 senza un modello armonizzato). In ogni caso, le carte emesse dopo il 2 agosto 2021 e che non sono ancora pienamente conformi al modello uniforme dovrebbero essere accettate dagli altri Stati membri fino alla loro scadenza. Tuttavia, se non soddisfano le norme minime di sicurezza di cui al regolamento (UE) 2019/1157, cessano di essere valide entro il 3 agosto 2023 o entro il 3 agosto 2026 a seconda del loro livello di sicurezza.

Il modello armonizzato di cui al regolamento (UE) 2019/1157 deve essere utilizzato anche per le carte di soggiorno rilasciate i) ai familiari cittadini di paesi terzi di cittadini dell'Unione che ritornano nel loro paese di origine (cfr. sezione 18 - Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine) e ii) agli affidatari effettivi, cittadini di paesi terzi, di minori cittadini dell'Unione (cfr. sezione 2.2.2.5 - Affidatari effettivi di minori cittadini dell'Unione). Ciò è dovuto al fatto che la direttiva 2004/38/CE (e quindi il suo articolo 10) si applica a tali persone per analogia. Analogamente, il modello armonizzato di cui al regolamento (UE) 2019/1157 deve essere utilizzato anche per le carte di soggiorno rilasciate ai familiari cittadini di paesi terzi con doppia cittadinanza ai quali si applica per analogia la direttiva 2004/38/CE (cfr. sezione 2.1.4 - Persone con doppia cittadinanza). In tutti questi casi gli Stati membri devono utilizzare i codici standardizzati di cui all'articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2019/1157.

Di contro, poiché la direttiva 2004/38/CE non si applica né direttamente né per analogia, gli Stati membri non possono utilizzare il modello armonizzato stabilito dal regolamento (UE) 2019/1157 per i documenti di soggiorno di:

beneficiari della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano (cfr. sezione 19 - Giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano);

familiari che beneficiano di un diritto di soggiorno con riferimento alla giurisprudenza della sentenza Carpenter e S e G (cfr. sezione 2.1.3 - Lavoratori frontalieri, lavoratori autonomi transfrontalieri e prestatori di servizi transfrontalieri).

In tali casi gli Stati membri dovrebbero rilasciare permessi di soggiorno a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002.

Occorre rilevare che i documenti di soggiorno rilasciati ai sensi della legislazione nazionale in una situazione puramente interna (ricongiungimento familiare con cittadini dello Stato membro di rilascio che non hanno esercitato il diritto di libera circolazione) non riguardano gli aventi diritto a beneficiare delle norme sulla libera circolazione. Di conseguenza gli Stati membri devono rilasciare tali documenti di soggiorno a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002. Qualora il permesso di soggiorno sia rilasciato da uno Stato membro facente parte dello spazio Schengen (292), i permessi di soggiorno rilasciati a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002 hanno effetti di esenzione dall'obbligo del visto nei confronti degli Stati membri facenti parte dello spazio Schengen.

La carta di soggiorno di cui all'articolo 10, paragrafo 1, ha un periodo di validità di cinque anni dalla data del rilascio o è valida per il periodo di soggiorno previsto del cittadino dell'Unione se tale periodo è inferiore a cinque anni. A tal riguardo, la durata minima di cinque anni rimane la norma generale. Qualora sia pertinente in un caso specifico, il "periodo di soggiorno previsto" dovrebbe essere inteso in senso lato e il periodo di soggiorno "previsto" fa riferimento al periodo durante il quale il cittadino dell'Unione intende vivere e pianificare la sua vita nello Stato membro ospitante.

La carta di soggiorno permanente di cui all'articolo 20, paragrafo 1, è valida per 10 anni dalla data del rilascio.

12.3   Natura ed effetti dei documenti di soggiorno (articolo 25 della direttiva 2004/38/CE)

I cittadini dell'Unione e i loro familiari godono di tutti i diritti previsti dalla direttiva 2004/38/CE, o direttamente basati sull'articolo 21 TFUE, dal punto di vista giuridico, se soddisfano le pertinenti condizioni sostanziali per il soggiorno. I documenti di soggiorno hanno valore dichiarativo (293), ossia non hanno valore costitutivo, ma servono a certificare l'esistenza di diritti ai sensi del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione. Il rispetto delle procedure amministrative o il possesso di un documento di soggiorno non costituiscono pertanto un presupposto per il soggiorno legale ai sensi del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari (294).

Tuttavia il rilascio di un documento di soggiorno da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 2004/38/CE costituisce una constatazione formale della situazione di fatto e di diritto della persona interessata alla luce della direttiva 2004/38/CE al momento del rilascio (295). Una carta di soggiorno (permanente) rilasciata da uno Stato membro costituisce pertanto una prova sufficiente dal fatto che il titolare della carta è un familiare di un cittadino dell'Unione (296).

Al contrario, dato che la situazione di un cittadino dell'Unione o di un familiare può cambiare dopo il rilascio del documento di soggiorno, il possesso di un documento di soggiorno non significa, di per sé, che il soggiorno del suo titolare sia necessariamente conforme al diritto dell'Unione (297). Ciò che conta è se il cittadino dell'Unione o il familiare interessato soddisfa le condizioni sostanziali per il soggiorno ai sensi del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari in un determinato momento.

Tenuto conto del valore dichiarativo dei documenti di soggiorno, l'articolo 25 stabilisce che il possesso di un documento di soggiorno non può in alcun caso costituire un prerequisito per l'esercizio di un diritto o l'espletamento di una formalità amministrativa. Ai sensi dell'articolo 25, l'acquisizione dei diritti (ad esempio la richiesta di assistenza ai servizi pubblici per l'impiego, l'iscrizione al sistema pubblico di assicurazione malattia) può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova. A tale riguardo, in particolare, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, potrebbero essere pertinenti i documenti di cui all'articolo 8, paragrafo 2, e all'articolo 10, paragrafo 2.

12.4   Qualità molteplici di soggiorno/immigrazione di familiari cittadini di paesi terzi

A condizione che ciò non sia esplicitamente escluso dal diritto dell'Unione, i familiari di cittadini dell'Unione che sono cittadini di paesi terzi e godono di un diritto di soggiorno derivato ai sensi della direttiva 2004/38/CE e che soddisfano altresì le condizioni per il soggiorno ai sensi degli atti del diritto dell'UE in materia di migrazione legale hanno il diritto di esercitare i diritti previsti da tali altri atti, ossia di detenere contemporaneamente più status (298).

Se i familiari cittadini di paesi terzi sono titolari di più status, dovrebbero ottenere un documento di soggiorno per ciascuno status (ad esempio la carta di soggiorno e, in aggiunta, una carta blu UE (299) o un permesso di soggiorno di lunga durata (300)), in modo da poter dimostrare tali diverse qualità.

13   Limitazioni del diritto di circolare e soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articoli 27, 28 e 29 della direttiva 2004/38/CE)

Questa sezione si basa sulla sezione 3 della comunicazione del 1999 (301) relativa ai provvedimenti speciali in tema di circolazione e residenza dei cittadini dell'Unione giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (la "comunicazione del 1999"). Scopo di questa sezione è aggiornare il contenuto della comunicazione del 1999 alla luce della giurisprudenza della Corte e chiarire alcune questioni sorte durante il processo di attuazione della direttiva 2004/38/CE. Tuttavia, alla luce degli insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19, la sezione 13.2 - Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di sanità pubblica sostituisce la sezione 3.1.3 della comunicazione del 1999.

La libera circolazione delle persone costituisce uno dei cardini dell'Unione europea. Di conseguenza le disposizioni che concedono tale libertà vanno interpretate in senso estensivo, mentre quelle che derogano a tale principio vanno interpretate in senso restrittivo (302). Tuttavia il diritto di circolare liberamente all'interno dell'UE non è illimitato e comporta obblighi per i beneficiari, tra cui quello di rispettare le leggi dello Stato membro ospitante.

Il capo VI della direttiva 2004/38/CE va inteso non come un presupposto per l'acquisto e il mantenimento di un diritto d'ingresso e di soggiorno, ma esclusivamente come facoltà di limitare, in casi giustificati, l'esercizio di un diritto derivante direttamente dal trattato (303).

13.1   Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza

13.1.1   Ordine pubblico e pubblica sicurezza

Gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Il capo VI della direttiva 2004/38/CE si applica a qualunque provvedimento adottato per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza che pregiudica il diritto delle persone che rientrano nell'ambito di applicazione di suddetta direttiva di entrare e soggiornare liberamente nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato membro (304).

Gli Stati membri rimangono liberi di determinare i requisiti in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza conformemente alle loro necessità, che possono variare a seconda dello Stato membro e del periodo. Tuttavia, nel contesto dell'applicazione della direttiva 2004/38/CE, devono interpretare tali requisiti in senso restrittivo (305).

È essenziale che gli Stati membri definiscano chiaramente gli interessi tutelati della società e facciano una netta distinzione tra ordine pubblico e pubblica sicurezza. Quest'ultima non può essere estesa a provvedimenti che dovrebbero fondarsi sull'ordine pubblico (306).

Secondo l'interpretazione generalmente data, la pubblica sicurezza riguarda sia la sicurezza interna che quella esterna (307), essendo diretta a preservare l'integrità del territorio di uno Stato membro e delle sue istituzioni, mentre l'ordine pubblico concerne la prevenzione delle turbative dell'ordine sociale (308).

I cittadini dell'Unione possono essere allontanati solo per comportamenti puniti dalla legge dello Stato membro ospitante o in relazione ai quali sono stati adottati provvedimenti concreti ed effettivi di contrasto, come ribadito dalla giurisprudenza (309) della Corte.

In ogni caso l'inosservanza dell'obbligo di iscrizione non è atta a costituire di per sé un comportamento pericoloso per l'ordine pubblico o per la pubblica sicurezza e non può quindi giustificare da sola l'espulsione dell'interessato (310).

L'articolo 27 della direttiva 2004/38/CE può essere invocato da un cittadino dell'Unione nei confronti del suo Stato membro d'origine qualora quest'ultimo imponga restrizioni al diritto di detto cittadino di lasciare il suo territorio (311).

13.1.2   Comportamento personale e minaccia

I provvedimenti restrittivi possono essere adottati solo caso per caso, qualora il comportamento personale dell'interessato rappresenti una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società dello Stato membro ospitante (312), e non possono basarsi esclusivamente su motivi di tutela dell'ordine pubblico o della pubblica sicurezza avanzati da un altro Stato membro (313). Questa considerazione non esclude tuttavia che si possa tener conto di siffatti motivi nel contesto della valutazione effettuata dalle autorità nazionali competenti per adottare il provvedimento restrittivo della libera circolazione (314).

Una decisione che nega il diritto di soggiornare o di entrare in uno Stato membro in base a norme diverse dall'acquis in materia di libera circolazione (ad esempio il diniego dello status di rifugiato) non può automaticamente portare alla conclusione che la presenza della persona rappresenta una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società dello Stato membro ospitante. Tuttavia la valutazione separata della minaccia reale, attuale e sufficientemente grave che deve essere effettuata a norma della direttiva 2004/38/CE può tener conto delle constatazioni di fatto di cui alla decisione precedente e degli elementi su cui essa è fondata (315).

Il diritto dell'Unione preclude l'adozione di provvedimenti restrittivi per motivi di prevenzione generale  (316). Tali provvedimenti devono basarsi su una minaccia effettiva e non possono essere giustificati da un rischio generale (317). Una condanna penale non comporta automaticamente l'adozione di provvedimenti restrittivi, che devono tenere in considerazione il comportamento personale del reo e la minaccia che costui rappresenta per l'ordine pubblico (318).

Inoltre "la legislazione degli Stati membri non dovrebbe contenere disposizioni che stabiliscano un nesso sistematico ed automatico tra una condanna penale e la successiva espulsione, e le autorità nazionali competenti non dovrebbero prendere automaticamente questo tipo di decisioni. Per sistema 'automatico' s'intende qualsiasi disposizione nazionale la cui formulazione non lasci alle autorità od ai tribunali nazionali alcun margine di valutazione o d'apprezzamento di eventuali circostanze particolari (319). Niente, tuttavia, dovrebbe impedire agli Stati membri di collegare una condanna penale ad un esame delle circostanze che consenta di accertare se siano giustificati i. provvedimenti presi per motivi d'ordine pubblico o pubblica sicurezza. L'ordine d'espulsione può venir decretato dal tribunale contemporaneamente ad una sentenza penale oppure dal tribunale o dalle autorità amministrative in un secondo momento, quando l'interessato è ancora in prigione o alla sua liberazione"  (320).

Non possono essere addotti motivi estranei al comportamento personale dell'interessato. La direttiva 2004/38/CE non consente l'allontanamento automatico (321).

I diritti dell'interessato possono essere limitati solo se il suo comportamento personale costituisce una minaccia, ossia indica la probabilità di un grave pregiudizio per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza.

L'esistenza di una condanna penale può essere presa in considerazione solo nei limiti in cui le circostanze che hanno portato alla condanna provino un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico (322). Le autorità devono fondare la propria decisione su una previsione in ordine al comportamento futuro dell'interessato. La natura e il numero delle condanne precedentemente inflitte devono essere considerate circostanze rilevanti nel quadro di tale valutazione, in cui occorre tenere conto in particolare della gravità e della frequenza dei reati commessi. È determinante il rischio di recidiva, non essendo sufficiente una possibilità remota di nuove turbative dell'ordine pubblico (323).

Esempi

A. e I. hanno finito di scontare due anni di reclusione per rapina. Le autorità valutano se il comportamento personale dei due amici costituisca una minaccia, ossia se indichi la probabilità di nuovi gravi pregiudizi per l'ordine pubblico:

nel caso di A. si tratta della prima condanna. In carcere A. si è comportata bene e, uscita di prigione, ha trovato un posto di lavoro. Le autorità ritengono che il suo comportamento non rappresenti una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave;

per quanto riguarda I., invece, si tratta della quarta condanna. La gravità dei reati commessi è stata progressiva. Il suo comportamento in carcere non è stato affatto esemplare e le sue due domande di liberazione condizionale sono state respinte. Neanche due settimane dopo essere uscito di prigione è stato sorpreso a pianificare un'altra rapina. Le autorità concludono che il comportamento di I. rappresenta una minaccia per l'ordine pubblico.

La minaccia deve essere attuale. Il comportamento passato può essere preso in considerazione se vi è probabilità di recidiva (324). In generale, la constatazione di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della società fa "presumere la tendenza della persona interessata a persistere nel comportamento che costituisce tale minaccia"  (325). Una minaccia meramente presunta non è reale.

Tuttavia "non è escluso che la sola condotta tenuta in passato costituisca una siffatta minaccia"  (326). A tale riguardo, un comportamento dell'interessato che dimostri la persistenza di un suo atteggiamento che attenti ai valori fondamentali, quali la dignità umana e i diritti dell'uomo, come indicato da crimini o atti passati, è idoneo a costituire una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società, anche se è improbabile che i crimini o gli atti passati commessi da tale persona si riproducano nuovamente al di fuori del loro contesto storico e sociale specifico (327).

La sospensione condizionale è un importante fattore di valutazione della minaccia, in quanto costituisce un indizio del fatto che l'interessato non rappresenta più un pericolo reale.

La minaccia deve sussistere nel momento in cui il provvedimento restrittivo è adottato dall'autorità nazionale o riesaminato dal giudice (328).

Il fatto che una persona si trovi in stato di detenzione al momento dell'adozione del provvedimento di allontanamento, senza prospettive di liberazione in un prossimo futuro, non esclude che il suo comportamento rappresenti, eventualmente, per un interesse fondamentale della società dello Stato membro ospitante. Gli Stati membri possono adottare un provvedimento di allontanamento nei confronti di una persona in stato di detenzione (329).

L'appartenenza attuale a un'organizzazione può essere tenuta in considerazione qualora l'interessato partecipi alle attività dell'organizzazione e aderisca ai suoi obiettivi e programmi (330). Gli Stati membri non sono obbligati a perseguire penalmente o vietare le attività di un'organizzazione per poter limitare i diritti riconosciuti dalla direttiva 2004/38/CE, bastando a tal fine che siano in vigore provvedimenti amministrativi volti a ostacolare l'esercizio delle attività dell'organizzazione. L'appartenenza passata ad associazioni (331) non può, in generale, costituire una minaccia attuale.

In determinate circostanze, la recidiva di reati minori può costituire una minaccia per l'ordine pubblico, sebbene i singoli reati considerati separatamente non siano idonei a rappresentare una minaccia sufficientemente grave nel senso di cui sopra. Le autorità nazionali devono dimostrare che il comportamento personale dell'interessato rappresenta una minaccia per l'ordine pubblico (332). Nel valutare se in questi casi sussiste una minaccia per l'ordine pubblico, le autorità possono tener conto in particolare dei seguenti fattori:

natura dei reati;

frequenza;

danno o lesione causata.

Il fatto che l'interessato abbia subito più condanne non è di per sé sufficiente.

La mera esistenza di un debito tributario o di un debito di una persona giuridica di proprietà dell'interessato, senza che venga preso in considerazione il comportamento personale dell'interessato, non è sufficiente a costituire una minaccia (333).

Può rientrare nella nozione di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, ai sensi della direttiva 2004/38/CE, una limitazione imposta da uno Stato membro a una persona che sia stata in passato destinataria di una decisione di esclusione dal beneficio dello status di rifugiato in quanto vi erano seri motivi di sospettare che si fosse resa colpevole di un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità o si fosse resa colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite (334).

13.1.3   Valutazione della proporzionalità

Una volta accertato che il comportamento personale dell'interessato rappresenta una minaccia sufficientemente grave da giustificare un provvedimento restrittivo, le autorità devono effettuare una valutazione della proporzionalità per decidere se all'interessato possa essere negato l'ingresso o se l'interessato possa essere allontanato per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

La valutazione della proporzionalità mira ad accertare se la misura restrittiva sia atta a garantire la realizzazione dell'obiettivo da essa perseguito e non vada al di là di quanto necessario per il suo raggiungimento (335).

Le autorità nazionali devono effettuare un'analisi delle caratteristiche della misura restrittiva generale in questione e, su tale base, valutarne l'intrinseca proporzionalità. A tale fine si può tenere conto dei fattori seguenti (336):

la misura restrittiva è idonea a realizzare l'obiettivo perseguito e la misura è necessaria a tal fine (ad esempio, un divieto di uscita è idoneo a garantire un debito)?

esistono altre misure che sarebbero state parimenti efficaci ai fini del conseguimento dell'obiettivo senza necessariamente limitare la libertà di circolazione della persona in questione (ad esempio possibilità offerte dal diritto nazionale per garantire un debito)?

quali sono le modalità di applicazione della misura?

la misura è associata ad eccezioni?

la misura è associata a una limitazione temporale?

la misura è associata alla possibilità di un riesame periodico delle circostanze di fatto e di diritto su cui si basa?

Inoltre, le autorità competenti dello Stato membro ospitante devono "mettere a confronto, da un lato, la tutela dell'interesse fondamentale della società di cui trattasi e, dall'altro, gli interessi della persona di cui trattasi, relativi all'esercizio della sua libertà di circolazione e di soggiorno in quanto cittadino dell'Unione nonché al suo diritto al rispetto della vita privata e familiare"  (337).

Le autorità nazionali devono individuare gli interessi tutelati della società in questione. Sulla base di tali interessi devono svolgere un'analisi delle caratteristiche della minaccia. Possono essere presi in considerazione i seguenti fattori:

grado di pericolo per la società derivante dalla presenza dell'interessato sul territorio dello Stato membro;

natura e gravità delle attività criminose, loro frequenza, pericolo cumulativo e danni causati;

grado di coinvolgimento nell'attività criminosa;

esistenza di circostanze attenuanti;

eventuali sanzioni e pene irrogate ed eseguite;

tempo trascorso dagli atti commessi;

rischio di recidiva;

e comportamento successivo dell'interessato (NB: si potrebbe tenere conto anche del buon comportamento in carcere e dell'eventuale liberazione condizionale).

Inoltre le autorità nazionali devono tenere conto del rischio di compromettere il reinserimento sociale del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante in cui è effettivamente integrato, reinserimento che rientra nell'interesse generale dell'Unione europea (338).

Si dovrebbe prestare debita attenzione ai diritti fondamentali e, in particolare al diritto al rispetto della vita privata e familiare quale sancito all'articolo 7 della Carta e all'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (339).

La situazione personale e familiare dell'interessato deve essere valutata attentamente al fine di stabilire se i provvedimenti previsti siano appropriati e non eccedano quanto strettamente necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito, e se questo non possa essere conseguito con provvedimenti meno severi. Si dovrebbe tenere conto dei seguenti fattori, elencati a titolo indicativo all'articolo 28, paragrafo 1 (340):

incidenza dell'allontanamento sulla situazione economica, personale e familiare dell'interessato (e dei familiari che avrebbero diritto di restare nello Stato membro ospitante);

se del caso, considerazione dell'interesse superiore del minore per il quale la misura potrebbe avere conseguenze significative (341);

gravità delle difficoltà cui rischiano di incorrere il coniuge/partner e i figli nel paese di origine dell'interessato;

intensità dei legami (parenti, visite, conoscenze linguistiche) – o mancanza di legami – con il paese d'origine e con lo Stato membro ospitante (ad esempio, l'interessato è nato nello Stato membro ospitante o ci vive fin dall'infanzia);

durata del soggiorno nello Stato membro ospitante (la situazione del turista è diversa da quella di chi vive da molti anni nello Stato membro ospitante) e, se del caso, legalità del soggiorno della persona nello Stato membro ospitante);

età e stato di salute.

Maggiore protezione contro l'allontanamento (articolo 28, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38/CE)

La direttiva 2004/38/CE istituisce un sistema di protezione contro i provvedimenti di allontanamento basato sul grado di integrazione delle persone interessate nello Stato membro ospitante.

Di conseguenza la direttiva 2004/38/CE stabilisce tre livelli di protezione contro l'allontanamento: 1) uno di base, per tutti i beneficiari della direttiva; 2) un livello intermedio di protezione, disponibile quando l'interessato gode di un diritto di soggiorno permanente; e 3) un livello di protezione rafforzato, che si applica nel caso in cui il cittadino dell'Unione interessato abbia soggiornato nello Stato membro ospitante nei dieci anni precedenti.

Livello intermedio di protezione delle persone che godono del diritto di soggiorno permanente (articolo 28, paragrafo 2)

I cittadini UE e i loro familiari che abbiano acquisito il diritto di soggiorno permanente (cfr. sezione 9 - Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE)) nello Stato membro ospitante possono essere allontanati solo per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. A titolo di esempio, il traffico di stupefacenti in associazione criminale rientra in questa nozione (342).

Inoltre qualsiasi reato che possa giustificare l'allontanamento di una persona che abbia soggiornato nello Stato membro ospitante per i precedenti dieci anni (categoria di seguito) giustificherà altresì l'allontanamento di un residente permanente.

Un periodo di detenzione nello Stato membro ospitante dopo l'acquisizione del diritto di soggiorno permanente non pregiudica il diritto di soggiorno permanente (343).

Di contro, periodi di detenzione nello Stato membro ospitante antecedenti all'acquisizione del soggiorno permanente non possono essere presi in considerazione ai fini del soggiorno permanente. Inoltre essi "interrompono" la continuità del soggiorno legale. Di conseguenza, in seguito alla detenzione, una persona deve accumulare un nuovo periodo di cinque anni consecutivi di soggiorno per ottenere il diritto di soggiorno permanente (cfr. sezione 9 - Soggiorno permanente (articoli da 16 a 21 della direttiva 2004/38/CE(344).

Maggiore livello di protezione per i cittadini dell'Unione che hanno soggiornato nello Stato membro ospitante nei dieci anni precedenti o che sono minori (articolo 28, paragrafo 3)

I cittadini UE che hanno soggiornato per i precedenti dieci anni nello Stato membro ospitante e i loro figli cittadini dell'Unione possono essere allontanati solo per motivi imperativi di pubblica sicurezza (non di ordine pubblico). Deve essere operata una netta distinzione tra motivi normali, "gravi" e "imperativi" in base ai quali può essere disposto l'allontanamento.

Reati come quelli di cui all'articolo 83, paragrafo 1, secondo comma, TFUE (ossia terrorismo, tratta di esseri umani e sfruttamento sessuale, traffico illecito di stupefacenti, traffico illecito di armi, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata) costituiscono una minaccia particolarmente grave per uno degli interessi fondamentali della società, che potrebbe rappresentare una minaccia diretta per la calma e la sicurezza fisica della popolazione. Tali reati rientrano quindi nella nozione di "motivi imperativi di pubblica sicurezza" atti a giustificare un provvedimento di allontanamento nei confronti dei beneficiari della protezione rafforzata di cui all'articolo 28, paragrafo 3, "a condizione che le modalità con le quali tali reati sono stati commessi presentino caratteristiche particolarmente gravi"  (345).

Per beneficiare della protezione rafforzata contro l'allontanamento sulla base dei precedenti dieci anni di soggiorno, il periodo di dieci anni di soggiorno "deve, in linea di principio, essere continuativo" e "deve essere calcolato a ritroso, a partire dalla data della decisione di allontanamento"  (346).

La protezione rafforzata contro l'allontanamento sulla base di dieci anni di soggiorno può essere invocata soltanto da un cittadino dell'Unione che gode di un diritto di soggiorno permanente (347).

I periodi di detenzione interrompono, in linea di principio, la continuità del soggiorno necessaria per l'acquisizione della protezione rafforzata di cui all'articolo 28, paragrafo 3. Tuttavia siffatti periodi di detenzione non possono essere considerati come un'interruzione automatica dei legami di integrazione con lo Stato membro ospitante. Le autorità nazionali devono determinare tali legami (348). A tal fine esse devono effettuare "una valutazione complessiva della situazione di tale persona nel momento preciso in cui si pone la questione dell'allontanamento. Nell'ambito di tale valutazione complessiva, i periodi di detenzione devono essere presi in considerazione, unitamente a tutti gli altri elementi che rappresentano la totalità degli aspetti rilevanti in ogni caso di specie, tra cui si annovera eventualmente la circostanza che l'interessato abbia soggiornato nello Stato membro ospitante nei dieci anni precedenti la sua incarcerazione"  (349).

Al fine di stabilire se le assenze dallo Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno di dieci anni impediscano a un cittadino dell'Unione di beneficiare di una protezione rafforzata, le autorità nazionali devono effettuare una valutazione complessiva della situazione dell'interessato quando si pone la questione dell'allontanamento, al fine di verificare se le assenze in questione comportino lo spostamento verso un altro Stato del centro degli interessi personali, familiari o professionali dell'interessato. Tutti gli aspetti rilevanti devono essere presi in considerazione in ciascun caso di specie, in particolare la durata di ciascuna delle assenze, la loro durata cumulata e la loro frequenza, nonché le ragioni delle assenze (350).

13.1.4   Misure preventive

Poiché il diritto dell'Unione non contiene norme concernenti l'esecuzione delle decisioni di allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari, spetta agli Stati membri stabilire norme nazionali in materia.

La normativa nazionale pertinente può basarsi sulle disposizioni della direttiva rimpatri (351) per l'adozione, in relazione ai cittadini mobili dell'Unione e ai loro familiari che sono oggetto di un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, di misure dirette ad evitare la fuga durante il periodo della partenza volontaria e di misure di trattenimento in caso di mancato rispetto di un provvedimento di allontanamento.

Tuttavia, poiché le disposizioni nazionali che prevedono tali misure preventive limitano l'esercizio del diritto di libera circolazione dei cittadini mobili dell'Unione e dei loro familiari, dette disposizioni devono soddisfare le condizioni seguenti e possono dover essere adattate di conseguenza:

devono rispettare le disposizioni della direttiva 2004/38/CE relativa alle limitazioni al diritto di libera circolazione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (in particolare l'articolo 27);

devono perseguire un obiettivo legittimo, essere basate su considerazioni oggettive ed essere proporzionate; e

non devono essere meno favorevoli delle disposizioni nazionali di recepimento della direttiva rimpatri che si applicano ai cittadini di paesi terzi  (352).

Per quanto concerne specificamente le misure di trattenimento applicabili ai cittadini mobili dell'Unione e ai loro familiari che non si sono conformati a un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, nel valutare la proporzionalità della durata massima del trattenimento ad essi applicabile, occorre prestare particolare attenzione al fatto che i cittadini mobili dell'Unione e i loro familiari non si trovano in una situazione paragonabile a quella dei cittadini di paesi terzi, in particolare considerando le agevolazioni esistenti per organizzare un allontanamento tra Stati membri (353).

13.2   Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di sanità pubblica

Come stabilito all'articolo 27, paragrafo 1, gli Stati membri possono limitare la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione per motivi di salute pubblica. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 29, paragrafo 1, "[l]e sole malattie che possono giustificare misure restrittive della libertà di circolazione sono quelle con potenziale epidemico, [classificate come tali] dai pertinenti strumenti dell'Organizzazione mondiale della sanità [OMS], nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché esse siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini dello Stato membro ospitante".

Attualmente gli strumenti pertinenti dell'OMS sono il regolamento sanitario internazionale (2005) (354). Tale regolamento stabilisce che il direttore generale dell'OMS deve stabilire se un evento costituisca un'emergenza di sanità pubblica di portata internazionale e quando tale emergenza sia cessata. Ad esempio, il 30 gennaio 2020 l'OMS ha dichiarato un'emergenza di sanità pubblica di portata internazionale per l'epidemia globale della sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2), che causa la malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) (355).

Inoltre, conformemente al regolamento (UE) 2022/2371 relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, una situazione di emergenza di sanità pubblica può essere riconosciuta e dichiarata a livello dell'Unione (356).

L'articolo 29, paragrafi 2 e 3, contiene norme specifiche sui cittadini dell'Unione e sui familiari che già soggiornano nello Stato membro ospitante. Ai sensi del paragrafo 2, i cittadini dell'Unione e i loro familiari che soggiornano nello Stato membro da più di tre mesi non possono più essere allontanati per motivi di sanità pubblica dallo Stato membro di soggiorno. Ciò impedisce inoltre agli Stati membri ospitanti di rifiutare il reingresso ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che abbiano soggiornato nel loro territorio per più di tre mesi, in quanto altrimenti il divieto di cui all'articolo 29, paragrafo 2, sarebbe eluso. Considerazioni di proporzionalità e di efficienza amministrativa dovrebbero in genere indurre gli Stati membri a consentire il reingresso indipendentemente dalla durata del soggiorno precedente (357).

Ai sensi dell'articolo 29, paragrafo 3, qualora sussistano seri indizi che ciò è necessario, il cittadino dell'Unione e i suoi familiari che abbiano soggiornato nello Stato membro ospitante per meno di tre mesi possono essere sottoposti a una visita medica al fine di accertare che non soffrano di patologie indicate all'articolo 29, paragrafo 1. Tali visite, destinate a stabilire se il diritto di soggiorno debba essere negato per motivi di salute pubblica, devono essere gratuite e non possono essere richieste sistematicamente, in quanto ciò comprometterebbe la natura esaustiva dell'elenco dei documenti che i cittadini dell'Unione e i loro familiari devono fornire di cui agli articoli 8 e 10.

Le disposizioni di cui all'articolo 29, paragrafi 2 e 3, relative alle misure individuali che possono essere rivolte a persone che soggiornano già in uno Stato membro devono essere distinte dalle misure generali eccezionali di sanità pubblica previste dal diritto nazionale che limitano l'esercizio del diritto di circolare liberamente all'interno dell'Unione, come quelle adottate durante la pandemia di COVID-19 (358). In tale contesto, le limitazioni della libertà di circolazione possono assumere altresì forme diverse, a seconda della malattia in questione, ad esempio l'obbligo per i cittadini dell'Unione e i loro familiari di fornire la prova di esami medici, di sottoporsi a quarantena dopo l'arrivo o di presentare moduli di localizzazione dei passeggeri o documenti analoghi prima o dopo un viaggio (359).

Tali limitazioni devono essere limitate alle malattie che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 29, paragrafo 1, come le malattie per le quali l'OMS ha dichiarato un'emergenza di sanità pubblica di portata internazionale, e devono essere applicate conformemente ai principi generali del diritto dell'Unione, in particolare dei principi di proporzionalità e non discriminazione. Le misure adottate devono essere pertanto strettamente limitate nella portata e nel tempo (360) e non devono andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica (361). Ciò può richiedere, ad esempio, esenzioni specifiche per i viaggiatori essenziali, compresi i lavoratori subordinati o autonomi che esercitano professioni critiche (362) o i passeggeri in transito, e le regioni transfrontaliere (363). La proporzionalità delle misure di sanità pubblica che limitano l'esercizio del diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione può dipendere altresì dal fatto che lo Stato membro interessato introduca misure di sanità pubblica analoghe a livello nazionale. Infine gli Stati membri dovrebbero fornire informazioni chiare, complete e tempestive in merito a tali misure generali di sanità pubblica.

Nel valutare se tali misure siano necessarie, gli Stati membri devono esaminare altresì se l'obiettivo di sanità pubblica perseguito non possa essere conseguito mediante alternative che interferiscano in misura minore con il diritto alla libera circolazione (364). In tale contesto, le misure e le possibili alternative che possono essere adottate dipenderanno necessariamente dalla natura della minaccia specifica per la salute pubblica. Durante la pandemia di COVID-19, ad esempio, le prescrizioni in materia di test o quarantena in relazione ai viaggi sono state in genere misure disponibili che hanno causato interferenze minori rispetto a un divieto generale di ingresso o di uscita (365). La proporzionalità delle misure adottate, nonché l'eventuale comparsa di misure meno restrittive, ad esempio a seguito di nuovi sviluppi scientifici, devono essere riesaminate periodicamente. Tuttavia, come ultima istanza, gli Stati membri possono rifiutare l'ingresso ai cittadini dell'Unione non residenti e ai loro familiari per motivi di salute pubblica. Nel complesso, qualsiasi misura che limiti l'esercizio del diritto di circolare liberamente all'interno dell'Unione per motivi di salute pubblica deve essere revocata non appena possibile (366).

In particolare durante una pandemia, gli Stati membri possono mettere in atto restrizioni alla libera circolazione a causa della stessa malattia che rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 29, paragrafo 1. In tale situazione, potrebbero rendersi necessari sforzi coordinati a livello UE al fine di evitare, in assenza di coordinamento, l'adozione di misure unilaterali che creino ulteriori ostacoli pratici alla libera circolazione, anche se tali misure sono valutate individualmente, in linea con il diritto dell'Unione. Tali sforzi possono comprendere atti giuridicamente vincolanti (367) o atti non vincolanti quali le raccomandazioni (368).

Riepilogando:

Le uniche malattie che giustificano misure che limitano la libertà di circolazione sono:

a)

malattie con potenziale epidemico, quali definite dai pertinenti strumenti dell'OMS;

b)

altre malattie infettive o parassitarie contagiose a condizione che esse siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini dello Stato membro ospitante.

Cittadini dell'Unione e familiari che soggiornano da più di 3 mesi

Non possono essere allontanati per motivi di salute pubblica dallo Stato membro di soggiorno;

non possono vedersi negare il reingresso da parte dello Stato membro di soggiorno.

Cittadini dell'Unione e familiari che soggiornano da meno di 3 mesi

Possono essere sottoposti a una visita medica al fine di accertare che non soffrano della patologia in questione, qualora sussistano seri indizi della necessità di procedere in tal senso;

tali esami devono essere gratuiti e non possono essere richiesti sistematicamente;

di norma non dovrebbe essere rifiutato il reingresso da parte dello Stato membro di soggiorno.

Cittadini dell'Unione e familiari che non soggiornano ancora

Si devono applicare limitazioni nel rispetto dei principi generali del diritto dell'Unione, segnatamente quelli di proporzionalità e non discriminazione;

le misure adottate devono essere strettamente limitate nella portata e nel tempo e non devono andare al di là di quanto strettamente necessario per tutelare la salute pubblica;

gli Stati membri devono esaminare se l'obiettivo di sanità pubblica perseguito non possa essere conseguito mediante alternative che interferiscano in misura minore con il diritto di libera circolazione;

respingimento possibile come ultima istanza.

14   Limitazioni per motivi diversi da quelli di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articolo 15 della direttiva 2004/38/CE)

L'articolo 15 riguarda i provvedimenti di allontanamento adottati per motivi estranei a un qualsivoglia pericolo per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (369). L'articolo 15 consente quindi allo Stato membro ospitante di allontanare dal suo territorio i cittadini dell'Unione o i loro familiari che, in passato, possedevano un diritto di soggiorno fino a tre mesi (in virtù dell'articolo 6) o superiore a tre mesi (ai sensi dell'articolo 7), ma che non soddisfano più le condizioni del diritto di soggiorno (370). Tale circostanza potrebbe riguardare ad esempio:

un familiare che, dopo la partenza del cittadino dell'Unione dallo Stato membro ospitante, non gode più di un diritto di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE;

una persona che non è più un familiare del cittadino dell'Unione e che non soddisfa le condizioni per conservare il diritto di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE;

un cittadino dell'Unione economicamente inattivo che è diventato un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

In tal caso ne consegue che le garanzie pertinenti prescritte agli articoli 30 e 31 della direttiva 2004/38/CE si impongono per analogia al momento dell'adozione di un simile provvedimento di allontanamento, in aggiunta al quale non può in alcun caso essere disposto il divieto di ingresso nel territorio (371).

Non si può ritenere che un provvedimento di allontanamento adottato ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE, qualora il cittadino dell'Unione non goda più di un diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 7 di detta direttiva, sia stato pienamente rispettato per il solo fatto che l'interessato ha lasciato fisicamente lo Stato membro ospitante. Il cittadino dell'Unione deve anche aver posto fine in modo reale ed effettivo al suo soggiorno ai sensi dell'articolo 7 (372).

Solo una volta che tali cittadini dell'Unione abbiano realmente ed effettivamente posto fine a tale soggiorno, potranno esercitare nuovamente il loro diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE nello stesso Stato membro ospitante, in quanto il loro nuovo soggiorno non può essere considerato, in realtà, come una continuazione del loro precedente soggiorno nello stesso territorio (373).

In tali circostanze, al fine di determinare, sulla base di una valutazione globale di tutte le circostanze, se il cittadino dell'Unione e i familiari abbiano posto fine al loro soggiorno nel territorio di uno Stato membro in modo reale ed effettivo, le autorità nazionali competenti devono tenere conto dei seguenti fattori (374):

a)

la durata del soggiorno al difuori del territorio dello Stato membro. Infatti, quanto più lunga è l'assenza dell'interessato dal territorio dello Stato membro ospitante, tanto più essa attesta il carattere reale ed effettivo della fine del soggiorno dell'interessato. Di contro, una breve assenza di pochi giorni o ore è piuttosto un indizio del fatto che il soggiorno non è cessato;

b)

elementi che attestano una rottura dei legami che uniscono l'interessato allo Stato membro (ad esempio una domanda di cancellazione da un registro della popolazione, la risoluzione di un contratto di locazione o di un contratto di fornitura di servizi pubblici (quali l'acqua o l'elettricità), un trasloco, la cancellazione di un servizio di inserimento professionale o la cessazione di altri rapporti che presuppongono una certa integrazione in detto Stato membro).

La rilevanza di tali elementi, che può variare a seconda delle circostanze, deve essere valutata dalle autorità alla luce di tutte le circostanze concrete che caratterizzano la situazione specifica dell'interessato (occorre tener conto del grado di integrazione dell'interessato nello Stato membro ospitante, della durata del suo soggiorno nel territorio di quest'ultimo immediatamente prima dell'adozione del provvedimento di allontanamento nei suoi confronti, nonché della sua situazione familiare ed economica).

c)

le caratteristiche del soggiorno dell'interessato al di fuori del territorio dello Stato membro durante il periodo di assenza da tale Stato membro, al fine di verificare se, durante tale periodo, l'interessato abbia trasferito il centro dei suoi interessi personali, professionali o familiari in un altro paese.

In caso di inosservanza di un siffatto provvedimento di allontanamento, lo Stato membro non è tenuto ad adottare un nuovo provvedimento, ma può basarsi su quello iniziale al fine di obbligare l'interessato a lasciare il suo territorio (375).

Tuttavia un mutamento concreto di circostanze che consentisse al cittadino dell'Unione di soddisfare le condizioni del diritto di soggiorno per più di tre mesi di cui all'articolo 7 (ad esempio qualora il cittadino dell'Unione diventi un lavoratore subordinato) priverebbe il provvedimento di allontanamento di qualsiasi effetto e imporrebbe, nonostante la sua mancata esecuzione, di considerare regolare il suo soggiorno nel territorio dello Stato membro (376).

Infine, un provvedimento di allontanamento adottato ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE non osta all'esercizio del diritto d'ingresso previsto dall'articolo 5 della direttiva 2004/38/CE, qualora il cittadino dell'Unione si rechi "in modo puntuale" nel territorio di detto Stato membro "per fini diversi dal soggiornarvi". Ne consegue che un provvedimento di allontanamento non può essere opposto all'interessato fintantoché la sua presenza nel territorio dello Stato membro ospitante sia giustificata ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2004/38/CE (377).

15   Garanzie procedurali (articoli da 30 a 33 della direttiva 2004/38/CE)

Le garanzie procedurali di cui alla direttiva 2004/38/CE devono essere oggetto di un'interpretazione conforme ai precetti che risultano dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali in relazione al diritto a un rimedio giurisdizionale effettivo (378).

Le garanzie procedurali di cui al capo VI della direttiva 2004/38/CE si applicano a tutte le situazioni nelle quali diritti d'ingresso e di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE sono limitati o negati (compresi i rifiuti di visto, i dinieghi di ingresso, il respingimento di domande di carta di soggiorno, il respingimento del rilascio dell'attestato di soggiorno, la revoca di carte di soggiorno, ecc.) e indipendentemente dai motivi su cui si basa la misura, ossia:

abuso di diritto e frode (articolo 35 della direttiva 2004/38/CE);

provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica;

provvedimenti adottati per altri motivi (articolo 15 della direttiva 2004/38/CE), che comprendono circostanze in cui la domanda per l'ottenimento di un visto, di una carta di soggiorno o di l'iscrizione è respinta perché il richiedente non soddisfa le condizioni cui è subordinato il diritto di soggiorno o quando l'interessato non soddisfa più le condizioni del diritto di soggiorno (come quando un cittadino dell'UE economicamente inattivo diventa un onere eccessivo per il regime di assistenza sociale dello Stato membro ospitante) (379).

Fatta eccezione delle misure generali di sanità pubblica previste dal diritto nazionale che limitano l'esercizio del diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione, che non necessitano di analizzare la situazione specifica di ciascun individuo (come quelle adottate durante la pandemia di COVID-19: cfr. sezione 13.2 - Limitazioni del diritto di circolare e di soggiornare liberamente per motivi di sanità pubblica), qualsiasi misura restrittiva deve sempre essere notificata per iscritto all'interessato. Nella decisione devono figurare l'indicazione dell'organo giurisdizionale o dell'autorità amministrativa a cui l'interessato può presentare ricorso e i termini per la presentazione.

Le decisioni devono essere pienamente motivate e indicare tutti gli specifici motivi di fatto e di diritto su cui si basano onde porre l'interessato nella condizione di potersi efficacemente difendere (380), e i giudici nazionali possono riesaminare il caso in conformità del diritto a un ricorso effettivo, che costituisce un diritto fondamentale garantito ai sensi dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (381). Ai fini della notificazione delle decisioni possono essere usati moduli, che però devono sempre consentire una piena giustificazione dei motivi su cui si fonda la decisione (la semplice apposizione di una crocetta su una o più opzioni prestabilite non è ammissibile).

I mezzi di impugnazione devono consentire l'esame della legittimità dei provvedimenti che limitano la libera circolazione per quanto concerne i fatti e il diritto, nonché garantire che il provvedimento in questione non sia sproporzionato (382).

Sebbene i termini entro i quali i procedimenti di ricorso giurisdizionale devono essere svolti non siano specificati nella direttiva 2004/38/CE, l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali richiede che l'esame sia equo e pubblico "entro un termine ragionevole".

In seguito all'annullamento giurisdizionale di una decisione di diniego del rilascio di una carta di soggiorno a favore di un cittadino dell'Unione, l'autorità nazionale competente è tenuta ad adottare una nuova decisione entro un termine ragionevole, che non può comunque superare il termine previsto all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE (sei mesi dalla data di presentazione della domanda) (383). Come rilevato dalla Corte, "l'avvio automatico di un nuovo termine di sei mesi, in seguito all'annullamento giurisdizionale di una decisione di diniego del rilascio di una carta di soggiorno, appare sproporzionato sotto il profilo della finalità del procedimento amministrativo previsto all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 nonché dell'obiettivo di tale direttiva"  (384).

Sebbene l'articolo 30 della direttiva 2004/38/CE imponga agli Stati membri di adottare ogni misura utile affinché l'interessato comprenda il contenuto e gli effetti di un provvedimento adottato in virtù dell'articolo 27, tale disposizione non impone, quando egli non abbia presentato una richiesta in tal senso, che il provvedimento in questione gli sia notificato in una lingua per lui comprensibile o che si può ragionevolmente supporre tale (385).

Ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 3, il termine impartito per lasciare il territorio non può essere inferiore a un mese, fatti salvi i casi di urgenza debitamente comprovata. La giustificazione di un allontanamento urgente deve essere reale e proporzionata (386). Nel valutare la necessità di ridurre il termine in casi di urgenza, le autorità devono tenere conto dell'incidenza che l'allontanamento immediato o urgente può avere sulla situazione personale e familiare dell'interessato (ad esempio necessità di dare un preavviso al datore di lavoro, recedere dal contratto di locazione, predisporre il trasloco degli effetti personali nel nuovo paese, provvedere all'istruzione dei figli, ecc.). L'adozione di un provvedimento di allontanamento per motivi imperativi o gravi non implica necessariamente una situazione di urgenza. La valutazione dell'urgenza deve essere comprovata chiaramente e separatamente.

I divieti di reingresso (387) possono essere imposti unitamente a un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza soltanto nei casi in cui sia dimostrato che l'interessato rischia di continuare a rappresentare in futuro una minaccia grave e reale per uno degli interessi fondamentali della società. Ma non possono fare seguito in modo automatico a una condanna penale (388). La persona cui è imposto il divieto di reingresso può chiederne la revoca dopo il decorso di un congruo periodo (389).

Sebbene i provvedimenti di allontanamento e i divieti di reingresso possano essere adottati contemporaneamente, le due decisioni e le relative motivazioni dovrebbero essere chiaramente distinte. Tuttavia, nella pratica, qualsiasi provvedimento di allontanamento può determinare l'avvio di una valutazione in merito all'eventuale giustificazione di un divieto di reingresso.

Laddove la persona abusi del diritto di libera circolazione o lo abbia ottenuto in modo fraudolento, la gravità del reato commesso costituisce la discriminante per stabilire se la persona possa essere considerata una minaccia grave per l'ordine pubblico tale da giustificare in alcuni casi il divieto di reingresso.

Anche se possono essere anch'esse oggetto di sanzioni, penali o amministrative, nel contesto degli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le frodi in materia di sicurezza sociale non costituiscono di per sé un abuso o una frode in relazione alla libera circolazione ai sensi dell'articolo 35 della direttiva 2004/38/CE. Tuttavia, il cittadino mobile dell'Unione in soggiorno legale in uno Stato membro diverso dal proprio che fruisca di una prestazione in base a dichiarazioni mendaci può incorrere, in forza delle disposizioni generali della direttiva 2004/38/CE, nell'allontanamento o nel divieto di reingresso qualora possa essere considerato una minaccia grave per l'ordine pubblico, fermo restando il suesposto principio di proporzionalità.

In relazione a un provvedimento di allontanamento adottato per tutti gli altri motivi (articolo 15 della direttiva 2004/38/CE), non è in alcun caso possibile imporre un divieto di reingresso nel territorio (390).

16   Frode e abuso di diritto (articolo 35 della direttiva 2004/38/CE)

16.1   Considerazioni generali

Il diritto dell'Unione non può essere invocato in caso di abuso  (391). Ai sensi dell'articolo 35, gli Stati membri possono adottare provvedimenti efficaci e necessari per combattere l'abuso e la frode nei settori rientranti nell'ambito di applicazione sostanziale del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione delle persone, rifiutando, estinguendo o revocando un diritto conferito dalla direttiva in caso di abuso di diritto o frode, quale ad esempio un matrimonio fittizio. Qualsiasi provvedimento di questo tipo deve essere proporzionato e soggetto alle garanzie procedurali previste dalla direttiva (392).

Il diritto dell'Unione promuove la mobilità dei cittadini dell'Unione e tutela coloro che esercitano il diritto di libera circolazione  (393). Il fatto che un cittadino dell'Unione e i suoi familiari ottengano, ai sensi del diritto dell'Unione, il diritto di soggiornare in uno Stato membro diverso da quello di cui sono cittadini non costituisce un abuso, in quanto beneficiano di un vantaggio inerente all'esercizio del diritto di libera circolazione tutelato dal trattato (394), a prescindere dallo scopo per il quale si trasferiscono in quello Stato membro (395).

Un comportamento strano o insolito non costituisce di per sé un abuso o una frode.

Orientamenti dettagliati, anche di natura operativa, su come contrastare gli abusi e le frodi e sull'onere della prova applicabile sono forniti nel manuale sui matrimoni fittizi (396). Nel contesto delle domande di visto, la parte III, sezione 5, del manuale sui visti fornisce istruzioni operative che derivano direttamente dall'articolo 35 della direttiva 2004/38/CE e che sono pertinenti per tutti gli Stati membri dell'UE.

16.2   Frodi

Ai fini della direttiva 2004/38/CE, la frode può essere definita come il comportamento di una persona che cerca di violare la legge presentando una documentazione fraudolenta attestante che le condizioni formali sono state debitamente soddisfatte o che è rilasciata sulla base di una falsa descrizione di un fatto sostanziale attinente alle condizioni per la concessione del diritto di soggiorno. Ad esempio la presentazione di un certificato di matrimonio falso al fine di ottenere un diritto d'ingresso e di soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38/CE costituirebbe un caso di frode e non di abuso, in quanto non è stato effettivamente contratto alcun matrimonio.

Qualora una persona abbia ottenuto un permesso di soggiorno solo grazie a un comportamento fraudolento che ne ha determinato la condanna, i diritti ai sensi della direttiva possono essere rifiutati, estinti o revocati (397) (cfr. sezione 16.6 - Misure e sanzioni contro gli abusi e le frodi).

16.3   Abuso

Ai fini della direttiva 2004/38/CE, per abuso si intende un comportamento artificioso che è stato adottato esclusivamente per ottenere il diritto di circolare e di soggiornare liberamente ai sensi del diritto dell'Unione e che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalle norme dell'Unione, non è conforme allo scopo da esse perseguito (398).

Nell'interpretare la nozione di abuso nell'ambito della direttiva 2004/38/CE, si deve prestare particolare attenzione allo status del cittadino dell'Unione. Conformemente al principio della preminenza del diritto dell'Unione, la valutazione dell'eventuale abuso del diritto dell'Unione deve essere svolta nel quadro della legislazione dell'Unione e rispetto alla normativa nazionale in materia di immigrazione. La direttiva 2004/38/CE non impedisce agli Stati membri di svolgere indagini su singoli casi in cui sussiste un sospetto fondato di abuso. Il diritto dell'Unione, tuttavia, vieta controlli sistematici (399). Gli Stati membri possono basarsi su analisi ed esperienze precedenti che dimostrano una chiara correlazione tra i casi comprovati di abuso e determinate caratteristiche di tali casi.

16.4   Matrimoni fittizi

La nozione di matrimonio fittizio ai fini della libera circolazione dell'Unione fa riferimento ai matrimoni contratti all'unico scopo di conferire un diritto di libera circolazione e soggiorno ai sensi del diritto dell'Unione in materia di libera circolazione dei cittadini dell'Unione a un coniuge che altrimenti non avrebbe potuto godere di tale diritto (400). La qualità del rapporto è irrilevante ai fini dell'applicazione dell'articolo 35.

In linea di principio, l'abuso può assumere altresì la forma di altri rapporti fittizi, ma tutti gli orientamenti relativi ai matrimoni fittizi possono essere applicati mutatis mutandis. Tra gli esempi di tali rapporti fittizi figurano le unioni (registrate) fittizie, le adozioni simulate o i casi in cui un cittadino dell'Unione riconosca la paternità di un minore cittadino di un paese terzo, sapendo di non esserne il padre e non intendendo esercitare la potestà genitoriale, affinché il minore e la madre ottengano la sua cittadinanza e il diritto di soggiorno; una dipendenza fittizia.

Le indagini in corso su casi sospetti di matrimonio fittizio non possono giustificare deroghe ai diritti dei familiari cittadini di paesi terzi derivanti dalla direttiva 2004/38/CE (ad esempio divieto di lavorare, ritiro del passaporto o rilascio della carta di soggiorno dopo sei mesi dalla data della domanda). Tali diritti possono essere revocati in qualunque momento a seguito delle indagini successive.

16.5   Abusi da parte di cittadini che fanno ritorno

Cfr. sezione 18 - Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine.

16.6   Misure e sanzioni contro gli abusi e le frodi

Le misure adottate dalle autorità nazionali sulla base dell'articolo 35 della direttiva 2004/38/CE devono fondarsi su un esame individuale del caso di specie. Ciò significa che le misure che perseguono uno scopo di prevenzione generale di casi diffusi di abuso di diritto o frode non possono determinare una disapplicazione delle disposizioni di cui alla direttiva2004/38/CE (401).

Ai sensi dell'articolo 35 gli Stati membri possono adottare le misure necessarie in caso di abuso di diritto o frode. Tali misure possono essere adottate in qualunque momento e avere ad oggetto:

il rifiuto di conferire i diritti previsti dal diritto dell'Unione in materia di libera circolazione (ad esempio rilascio di un visto d'ingresso o di una carta di soggiorno);

l'estinzione o la revoca di diritti conferiti dal diritto dell'Unione in materia di libera circolazione (ad esempio decisione di annullare la validità di una carta di soggiorno e allontanare l'interessato che ha acquisito i diritti in modo abusivo o fraudolento).

Il diritto dell'Unione attualmente non prevede sanzioni specifiche che gli Stati membri potrebbero applicare nel quadro della lotta contro gli abusi o le frodi. Gli Stati membri possono stabilire sanzioni civili (ad esempio annullare gli effetti di un matrimonio fittizio comprovato per quanto riguarda il diritto di soggiorno), amministrative o penali (sanzione pecuniaria o pena detentiva), purché siano effettive, non discriminatorie e proporzionate.

17   Pubblicità/diffusione di informazioni (articolo 34 della direttiva 2004/38/CE)

L'articolo 34 della direttiva 2004/38/CE impone agli Stati membri di diffondere informazioni relative ai diritti e agli obblighi dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nel settore disciplinato dalla direttiva 2004/38/CE. Rientrano in tale contesto, in particolare, la realizzazione di campagne di sensibilizzazione effettuate tramite i media e altri mezzi di comunicazione nazionali e locali.

Garantire che i cittadini dell'Unione e i loro familiari dispongano di informazioni corrette è estremamente importante al fine di consentire un esercizio effettivo dei diritti.

Esempi di migliori pratiche:

fornire informazioni attraverso un unico sito web, evitando la frammentazione e la duplicazione di fonti che potrebbero contraddirsi tra loro o creare confusione. Se tutte le informazioni pertinenti sono fornite attraverso un unico canale, è più facile per i cittadini trovare informazioni complete e per le autorità nazionali garantire che le informazioni disponibili siano coerenti e aggiornate;

creare domande e risposte frequenti e mantenerle aggiornate.

Garantire la disponibilità di informazioni costituisce altresì un obbligo ai sensi del regolamento (UE) 2018/1724 (402) che istituisce uno sportello digitale unico (denominato "Your Europe" (La tua Europa)), che impone agli Stati membri e alla Commissione di garantire che i cittadini e le imprese abbiano un accesso agevole online alle informazioni in merito a diritti, obblighi e norme, che si applicano nei settori di cui all'allegato I di tale regolamento. Tra tali settori figurano:

documenti richiesti ai cittadini dell'Unione, ai loro familiari che sono cittadini di paesi terzi, ai minori non accompagnati e ai cittadini di paesi terzi quando viaggiano fra Stati membri dell'Unione (carta di identità, visto, passaporto);

soggiorno in un altro Stato membro, informazioni sul trasferimento temporaneo o permanente in un altro Stato membro e sui requisiti per i documenti di soggiorno per i cittadini dell'Unione e i loro familiari.

Sul sito Your Europe  (403), i cittadini dell'Unione e i loro familiari possono trovare informazioni sui loro diritti ai sensi della direttiva 2004/38/CE e chiedere una consulenza specifica ai servizi di assistenza dell'UE, quali SOLVIT.

SOLVIT (404) è una rete di amministrazioni nazionali a livello UE che mira a risolvere i problemi transfrontalieri connessi al mercato unico dell'Unione, anche in relazione alla direttiva 2004/38/CE. Tale rete consente agli Stati membri di collaborare e trovare soluzioni reali ai problemi derivanti dalla violazione del diritto dell'Unione da parte delle autorità pubbliche, gratuitamente e senza dover ricorrere a procedimenti giudiziari.

Nei casi in cui SOLVIT individua problemi ricorrenti per quanto concerne la corretta applicazione della direttiva 2004/38/CE, li comunica alla Commissione affinché questa possa affrontare la causa principale del problema. I centri SOLVIT collaborano quindi con le proprie autorità nazionali per risolvere singoli problemi e contribuire alla corretta applicazione della direttiva 2004/38/CE.

18   Diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine

La Corte ha interpretato i diritti conferiti dal diritto dell'Unione ai cittadini dell'Unione che esercitano il loro diritto di libera circolazione e libero soggiorno in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza come diritti che si estendono anche ai cittadini dell'Unione che ritornano nello Stato membro d'origine dopo aver esercitato il loro diritto di libera circolazione soggiornando in un altro Stato membro (405).

Di conseguenza ai familiari di cittadini dell'Unione che fanno ritorno nel paese di origine può essere concesso un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui ha la cittadinanza tale cittadino dell'Unione sulla base delle norme sulla libera circolazione delle persone. In tali casi si applica per analogia la direttiva 2004/38/CE (406).

Tuttavia, come elaborato dalla giurisprudenza, questa possibilità è subordinata al rispetto delle condizioni illustrate di seguito.

a)   Per quanto concerne il soggiorno nello Stato membro ospitante da cui il cittadino dell'Unione fa ritorno

—   Il cittadino dell'Unione deve essersi effettivamente stabilito in tale Stato membro conformemente alle condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, o all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE

In sostanza, il cittadino dell'Unione e il familiare soddisfano tale condizione se, durante il soggiorno nello Stato membro ospitante, il cittadino dell'Unione:

era un lavoratore subordinato o autonomo;

disponeva di risorse economiche sufficienti e di un'assicurazione malattia (compresi gli studenti, conformemente all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c));

era un familiare di un altro cittadino dell'Unione che soddisfa tali condizioni; oppure

aveva già acquisito il diritto di soggiorno permanente (che non è più soggetto ad alcuna condizione).

I soggiorni di breve durata cumulati, quali soggiorni multipli nei fine settimana o durante le vacanze, ricadono nell'ambito di applicazione dell'articolo 6 della direttiva 2004/38/CE e non soddisfano le condizioni di cui trattasi (407).

Come confermato dalla corte, infatti, un soggiorno nello Stato membro ospitante ai sensi e nel rispetto delle condizioni di cui sopra dà atto, in via di principio, "dell'insediamento, e quindi del carattere effettivo del soggiorno, del cittadino dell'Unione in quest'ultimo Stato membro ed è tale da accompagnarsi allo sviluppo o al consolidamento di una vita familiare in detto Stato membro"  (408).

Ciò che è pertinente a questo proposito è che le condizioni soggiacenti erano soddisfatte nello Stato membro ospitante, indipendentemente dal possesso o meno di un documento di soggiorno (409).

Non si può dedurre che il soggiorno nello Stato membro ospitante non è reale ed effettivo solo perché il cittadino dell'Unione mantiene legami con lo Stato membro di cittadinanza, soprattutto se lo status di tale cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante è instabile (ad esempio contratto di lavoro a tempo determinato).

—   Il cittadino dell'Unione deve aver creato o rafforzato la propria vita familiare in tale Stato membro con il familiare interessato

Anche il familiare del cittadino dell'Unione deve aver soggiornato nello Stato membro ospitante ai sensi e in conformità, a seconda dei casi, dell'articolo 7 o dell'articolo 16 della direttiva 2004/38 (410).

Esempi

Esempio 1

Dopo aver soggiornato per un anno e mezzo in qualità di lavoratore subordinato in un altro Stato membro insieme a S., sua moglie, cittadina di un paese terzo, J. ritorna nel suo paese d'origine.

In quanto cittadino che fa ritorno nel proprio paese, J. può invocare il diritto dell'Unione affinché sua moglie S. derivi un diritto di soggiorno nello Stato membro di cui lui ha la cittadinanza. Ai sensi dell'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE, che si applica per analogia, sua moglie S., cittadina di un paese terzo, può chiedere il rilascio di una carta di soggiorno, che dovrebbe essere rilasciata entro un termine di sei mesi.

È irrilevante il fatto che, prima di trasferirsi nell'altro Stato membro, S. abbia tentato due volte di acquisire la propria residenza nello Stato membro di J.

Esempio 2

Dopo aver soggiornato in un altro Stato membro, J. torna nel suo Stato membro di cittadinanza con la moglie S., cittadina di un paese terzo. J. ha continuato a lavorare nel suo Stato membro di cittadinanza durante il suo presunto soggiorno in un altro Stato membro.

Le autorità contattano le autorità dello Stato membro ospitante e scoprono che J. era già tornato nel suo paese d'origine dopo tre settimane. La coppia è rimasta in un hotel turistico e ha pagato in anticipo le tre settimane di soggiorno.

Tenuto conto di questi elementi, S. non beneficia delle disposizioni di cui alla direttiva 2004/38/CE per analogia.

b)   Per quanto concerne il soggiorno nello Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione

Dato che le persone che rimpatriano sono cittadini di uno Stato membro che hanno soggiornato in un altro Stato membro e soggiornano ora nello Stato membro di cui hanno la cittadinanza, la loro situazione rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 21 TFUE, ai sensi del quale essi godono del diritto di condurre una normale vita familiare nello Stato membro di cui hanno la cittadinanza, insieme ai loro familiari.

La Corte ha ritenuto che il diritto dell'Unione non osti a che uno Stato membro rifiuti di concedere un diritto di soggiorno al familiare di un cittadino dell'Unione che sia tornato in patria dopo aver soggiornato in un altro Stato membro, qualora il familiare non sia entrato nello Stato membro di cittadinanza o non abbia presentato domanda per il rilascio del documento di soggiorno quale "conseguenza naturale" del ritorno del cittadino dell'Unione nello Stato membro di cittadinanza. Nel caso di specie, tuttavia, nel contesto della valutazione complessiva occorre prendere in considerazione anche altri elementi, al fine di dimostrare che, nonostante il lasso di tempo intercorso tra il ritorno del cittadino dell'Unione in detto Stato membro e l'ingresso del suo familiare, cittadino di uno Stato terzo, nel medesimo Stato membro, la vita familiare sviluppata e consolidata nello Stato membro ospitante non è cessata (411).

Esempio

J. è cittadino dello Stato membro A. Dopo un periodo di soggiorno nello Stato membro B con sua moglie T., cittadina di un paese terzo, J. ritorna nello Stato membro A. T. non lo accompagna e rimane nello Stato membro B per terminare i suoi studi universitari. T. cerca successivamente di raggiungere J. nello Stato membro A. Nello stabilire se T. goda di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro A, può essere preso in considerazione il fatto che sia trascorso un periodo di tempo significativo dal ritorno di J. nello Stato membro A, ma occorre altresì valutare se la sua vita familiare sia proseguita.

La Corte ha confermato che la sua giurisprudenza relativa ai soggetti che ritornano in patria si applica ai "membri della famiglia allargata" di cui all'articolo 3, paragrafo 2, che hanno quindi diritto a che il loro diritto d'ingresso e di soggiorno sia agevolato in caso di rimpatrio (412).

Infine, è stato chiarito che, per i matrimoni contratti nell'UE, i coniugi dello stesso sesso rientrano nell'ambito di applicazione di tale giurisprudenza e possono quindi ritornare nello Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione, indipendentemente dal fatto che tale Stato membro autorizzi o meno il matrimonio tra persone dello stesso sesso (413). La Corte ha spiegato che tale decisione non impone allo Stato membro di cittadinanza di prevedere il matrimonio tra persone dello stesso sesso nella sua normativa nazionale, bensì che deve riconoscere i matrimoni contratti in un altro Stato membro ai fini dell'esercizio del diritto d'ingresso e di soggiorno del familiare e di tutti i diritti derivanti dal diritto dell'Unione (414).

c)   Non si è verificato alcun abuso

Affinché un comportamento costituisca una pratica abusiva, occorre che tale comportamento sia (415):

un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell'Unione, l'obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto;

un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell'Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento.

Escludendo i matrimoni fittizi, la Corte non ha ancora avuto l'opportunità di chiarire quali altre forme di abuso potrebbero rientrare in tale nozione (416).

Secondo una giurisprudenza costante della Corte, i motivi per i quali un cittadino dell'Unione esercita il suo diritto di libera circolazione, in qualità di cittadino dell'Unione economicamente attivo o inattivo, sono irrilevanti, a condizione che tale persona soddisfi le condizioni di soggiorno previste dal diritto dell'Unione in materia di libera circolazione (417). Ne consegue che, qualora i cittadini dell'Unione non possano essere raggiunti dai loro familiari nel loro Stato membro di origine a causa dell'applicazione di norme nazionali in materia di immigrazione che lo impediscono, non costituisce un abuso esercitare il loro diritto di libera circolazione in un altro Stato membro al solo scopo di far valere, al ritorno nel loro Stato membro di cittadinanza, i loro diritti in quanto cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine ai sensi del diritto dell'Unione (418). Ciò presuppone, tuttavia, che le persone in questione soddisfino le condizioni per l'applicazione delle norme concernenti i cittadini che ritornano nel paese d'origine.

In caso di respingimento, è quindi importante che le autorità nazionali distinguano nelle loro decisioni i casi in cui le condizioni non sono soddisfatte da quelle in cui si è verificato un abuso.

Un abuso da parte di cittadini che fanno ritorno nel paese d'origine, per definizione, può concretizzarsi soltanto nello Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione che fa ritorno.

19   Giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano

La direttiva 2004/38/CE si applica ai cittadini dell'Unione che si recano o soggiornano in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza e ai familiari che li accompagnano o raggiungono in tale Stato membro.

I cittadini dell'Unione che non hanno mai fatto uso del loro diritto di libera circolazione e hanno sempre soggiornato in uno Stato membro di cui possiedono la cittadinanza non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE (419). Sono pertanto considerati cittadini "statici" dell'Unione. Anche i loro familiari vi rientrano, dato che i diritti loro conferiti non sono diritti originari, bensì diritti derivati, da essi acquisiti nella loro qualità di familiari di un cittadino mobile dell'Unione (420).

Su tale base, la direttiva 2004/38/CE non si applica ai familiari cittadini di paesi terzi di cittadini "statici" dell'Unione e, di conseguenza, essi non possono acquisire un diritto di soggiorno derivato sulla base della direttiva 2004/38/CE.

Tuttavia, qualora le condizioni della direttiva 2004/38/CE non siano soddisfatte, la Corte ha riconosciuto che tali cittadini di paesi terzi potrebbero acquisire un diritto di soggiorno derivato dal cittadino "statico" dell'Unione in situazioni molto specifiche. La Corte ha riconosciuto tale diritto sulla base dell'articolo 20 TFUE, che ha istituito la cittadinanza dell'Unione. La Corte considera la cittadinanza dell'Unione lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (421).

La Corte ha riconosciuto tale diritto per la prima volta nella sentenza Ruiz Zambrano  (422) , in relazione al genitore, cittadino di un paese terzo, di figli minorenni, cittadini dell'Unione.

La Corte ha ritenuto che uno Stato membro debba concedere un diritto di soggiorno a un cittadino di un paese terzo con figli minorenni, cittadini dell'Unione, a carico che non abbiano mai esercitato il loro diritto di libera circolazione quando il rifiuto di concessione di tale diritto costringerebbe tali figli a lasciare il territorio dell'Unione per accompagnare i loro genitori (423). Tale situazione priverebbe tali cittadini dell'Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti loro in qualità di cittadini dell'Unione sanciti dall'articolo 20 TFUE (424).

La direttiva 2004/38/CE non si applica per analogia a tali situazioni. In particolare ciò significa che gli Stati membri non possono rilasciare le carte di soggiorno di cui agli articoli 10 e 20 della direttiva 2004/38/CE agli aventi diritto della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano. Al contrario a tali persone vengono rilasciati permessi di soggiorno a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002. Qualora il permesso di soggiorno sia rilasciato da uno Stato membro facente parte dello spazio Schengen (425), i permessi di soggiorno rilasciati a norma del regolamento (CE) n. 1030/2002 hanno effetti di esenzione dall'obbligo del visto nei confronti degli Stati membri facenti parte dello spazio Schengen.

I permessi di soggiorno rilasciati agli aventi diritto della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano devono concedere loro il diritto di lavorare (426).

19.1   Godimento reale ed effettivo dei diritti riconosciuti ai cittadini dell'Unione

La Corte riconosce un diritto di soggiorno ai cittadini di paesi terzi che sono familiari di cittadini dell'Unione sulla base dell'articolo 20 TFUE quando il rifiuto di concedere tale diritto priverebbe tali cittadini dell'Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti riconosciuti ai cittadini dell'Unione.

Ciò si applicherebbe nelle seguenti situazioni:

quando il cittadino dell'Unione deve lasciare non soltanto il territorio dello Stato membro del quale ha la cittadinanza, ma anche quello dell'Unione globalmente considerato, per accompagnare un familiare cittadino di un paese terzo (427);

quando verrebbe compromessa l'efficacia della cittadinanza dell'Unione. In tale contesto, l'effetto utile della cittadinanza dell'UE obbliga gli Stati membri a prendere in considerazione le domande di concessione di un diritto di soggiorno derivato anche quando il cittadino di un paese terzo è soggetto a un divieto d'ingresso (428). Analogamente, gli Stati membri non possono respingere automaticamente tali domande argomentando che tale cittadino dell'Unione non dispone di risorse sufficienti (429).

Tuttavia, a un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell'Unione, non sarà riconosciuto un diritto di soggiorno derivato per il mero motivo che possa apparire auspicabile, per tale cittadino dell'Unione, per ragioni economiche o per mantenere l'unità familiare nell'UE, che il familiare cittadino di un paese terzo possa soggiornare con il cittadino dell'Unione nell'UE (430).

Inoltre, la Corte ha considerato che l'articolo 20 TFUE non osta a che un soggetto di un paese terzo genitore di un minorenne dell'Unione, cittadino di uno Stato membro e che, dalla nascita, non ha mai soggiornato nell'Unione, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in virtù dell'articolo 20 TFUE, a condizione che sia dimostrato che tale minore entrerà e soggiornerà insieme a tale genitore nello Stato membro di cui ha la cittadinanza. Per contro, in una situazione in cui il genitore cittadino di un paese terzo soggiorni da solo nell'Unione mentre il minore resta in un paese terzo, una decisione che neghi a tale genitore il diritto di soggiornare nell'Unione è priva di qualsiasi effetto sull'esercizio da parte di detto minore dei suoi diritti derivanti dalla cittadinanza dell'Unione (431).

Inoltre gli Stati membri possono comunque rifiutare di concedere il diritto di soggiorno derivato sulla base dell' articolo 20 TFUE per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza (432) (cfr. sezione 19.4 - Possibilità di introdurre limitazioni al diritto di soggiorno derivato fondato sull'articolo 20 TFUE).

19.2   Rapporto di dipendenza

Un elemento cruciale al fine di stabilire se debba essere concesso un diritto di soggiorno derivato sulla base dell'articolo 20 TFUE è l'esistenza di un rapporto di dipendenza tra il cittadino di un paese terzo e il familiare cittadino dell'Unione. Tale relazione deve essere di natura tale da obbligare il cittadino dell'Unione ad accompagnare il cittadino di un paese terzo e a abbandonare il territorio dell'Unione considerata nel suo complesso (433).

È più probabile che esista un rapporto di dipendenza tra minori cittadini dell'Unione e i loro genitori cittadini di paesi terzi. Un adulto è, in generale, in grado di vivere una vita indipendente dai propri familiari. Su tale base, un rapporto di dipendenza tra un cittadino di un paese terzo e un cittadino adulto dell'UE che giustifichi un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell'articolo 20 TFUE si verificherebbe soltanto in casi eccezionali, nei quali il cittadino dell'Unione interessato non può essere in alcun modo separato dal familiare cittadino di un paese terzo in questione (434).

Per quanto riguarda il rapporto di dipendenza, un elemento pertinente è costituito dal fatto che il cittadino dell'Unione è affettivamente, giuridicamente o finanziariamente dipendente dal cittadino di un paese terzo. In tale contesto, non è necessario un legame biologico (435). Inoltre l'esistenza di un vincolo familiare con tale cittadino di un paese terzo, di tipo biologico o giuridico, non è sufficiente per stabilire un siffatto rapporto di dipendenza (436). Il fatto che il genitore cittadino di un paese terzo abbia l'affidamento esclusivo del figlio minorenne è un elemento rilevante ma non decisivo (437). Un obbligo giuridico di convivenza imposto ai coniugi non dimostra la sussistenza di un rapporto di dipendenza (438).

Esistono diversi elementi che possono contribuire a stabilire la sussistenza di un rapporto di dipendenza tra un figlio cittadino dell'Unione e il genitore cittadino di un paese terzo. Tra tali elementi figurano l'età del minore, il suo sviluppo fisico ed emotivo, l'intensità della sua relazione affettiva sia con il genitore cittadino dell'Unione sia con il genitore cittadino di un paese terzo, nonché il rischio che la separazione da quest'ultimo comporterebbe per l'equilibrio del minore (439). È essenziale prendere in considerazione, nell'interesse superiore del minore, l'insieme delle circostanze del caso (440).

Per quanto riguarda la necessità di prendere in considerazione l'interesse superiore del minore, la Corte ha apportato alcuni chiarimenti in merito alla portata di tale obbligo. Nell'esaminare una domanda di soggiorno ai sensi dell'articolo 20 TFUE, le autorità competenti devono prendere in considerazione l'interesse superiore del minore interessato solo al fine di valutare l'esistenza di un rapporto di dipendenza o le conseguenze di una deroga al diritto di soggiorno derivato previsto in tale articolo fondata su considerazioni di pubblica sicurezza o di ordine pubblico. Tale interesse superiore potrebbe "essere invocato al fine non di respingere una domanda di permesso di soggiorno, bensì, al contrario, al fine di impedire l'adozione di una decisione che costringesse tale minore a lasciare il territorio dell'Unione". Pertanto, le autorità nazionali competenti non possono stabilire se il trasferimento di tale minore verso lo Stato membro di cui ha la cittadinanza sia nell'interesse superiore di quest'ultimo. Di conseguenza, non possono respingere una domanda di diritto di soggiorno derivato presentata da un cittadino di un paese terzo, da cui dipende un figlio minore cittadino dell'UE, che non ha mai soggiornato nell'Unione, adducendo come motivo che il trasferimento nello Stato membro di cui il minore ha la cittadinanza non è nell'interesse reale o plausibile di tale minore (441).

In ogni caso il rapporto di dipendenza tra un figlio cittadino dell'Unione e il familiare cittadino di un paese terzo potrebbe esistere anche quando l'altro genitore cittadino dell'Unione è capace di e disposto ad assumersi da solo l'onere effettivo del figlio minorenne e il cittadino di un paese terzo non convive con il minore cittadino dell'Unione (442).

La Corte ha ritenuto che esista una presunzione relativa che sussista un rapporto di dipendenza nei confronti di un minore cittadino dell'Unione che non abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione nella seguente situazione: se il genitore cittadino di un paese terzo coabita stabilmente con l'altro genitore, che è un cittadino dell'Unione, condividendo l'affidamento di tale minore nonché l'onere giuridico, affettivo e finanziario di tale minore. Il rapporto di dipendenza può essere presunto, indipendentemente dal fatto che l'altro genitore abbia un diritto incondizionato di rimanere nello Stato membro di cui ha la cittadinanza (443).

Ai fini della valutazione dell'esistenza di una simile relazione di dipendenza le autorità competenti devono tener conto della situazione quale appare nel momento in cui sono chiamate a pronunciarsi (anche i giudici nazionali chiamati a pronunciarsi su un ricorso avverso una decisione di tali autorità devono prendere in considerazione gli elementi di fatto successivi a tale decisione) (444). Pertanto, il fatto che il genitore, cittadino di un paese terzo, non si sia a priori assunto la cura quotidiana del figlio per un lungo periodo non può essere considerato determinante, poiché tale fatto non esclude che, alla data in cui le stesse autorità o i giudici nazionali si pronunciano, detto genitore si assuma effettivamente l'onere di tale cura (445).

Inoltre la Corte ha esaminato la situazione di un fratello minorenne cittadino di un paese terzo di un minorenne cittadino dell'Unione il cui genitore affidatario di un paese terzo può beneficiare di un diritto di soggiorno ai sensi dell'articolo 20 TFUE. La Corte ha concluso che un rapporto di dipendenza, di natura tale da giustificare la concessione di un diritto di soggiorno derivato a favore del figlio minorenne cittadino di un paese terzo del coniuge, a sua volta cittadino di un paese terzo, di un cittadino dell'Unione che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione sussiste qualora i) dall'unione tra tale cittadino dell'Unione e il coniuge cittadino di un paese terzo sia nato un figlio, cittadino dell'Unione che non abbia mai esercitato la sua libertà di circolazione, e ii) quest'ultimo si vedrebbe costretto a lasciare il territorio dell'Unione, considerato nel suo insieme, ove il figlio minorenne, cittadino di un paese terzo, fosse obbligato a lasciare il territorio dello Stato membro di cui trattasi.

Infatti, in una situazione del genere, il genitore affidatario cittadino di un paese terzo potrebbe essere costretto ad accompagnare il fratello minorenne cittadino di un paese terzo. Ciò, a sua volta, potrebbe costringere altresì l'altro figlio, cittadino dell'Unione, a lasciare tale territorio (446).

Esempi

Esempio 1

M. è una cittadina di un paese terzo che vive nello Stato membro A. È una ragazza madre e l'unica affidataria della figlia minorenne D., cittadina dello Stato membro A, che non ha mai esercitato i suoi diritti di libera circolazione. Esiste un rapporto di dipendenza tra D. e M. tale per cui, se a M. fosse negato il diritto di soggiorno, D. sarebbe costretta a lasciare il territorio dell'Unione, considerato nel suo insieme, per accompagnare la madre M. In tal caso, M. ha il diritto di soggiornare e lavorare nello Stato membro A ai sensi della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano.

Esempio 2

W. è una cittadina di un paese terzo che risiedeva nello Stato membro A ai sensi del diritto nazionale ma, per motivi legati al diritto nazionale, il suo soggiorno legale è scaduto. W. sposa H., cittadino dello Stato membro A, che non ha mai esercitato i suoi diritti di libera circolazione. Vorrebbero rimanere nello Stato membro A, in quanto H. possiede una casa e sarebbe per loro meno costoso. Il semplice fatto che possa sembrare auspicabile per H., per ragioni economiche, che W. possa soggiornare con lui nell'Unione non è di per sé sufficiente per sostenere che H. sarà costretta a lasciare l'Unione considerata nel suo insieme qualora tale diritto non le fosse concesso. Pertanto non vi è alcuna base per concedere a W un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro A sulla base della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano. Inoltre dato che, in linea di principio, un adulto è in grado di condurre una vita indipendente dai propri familiari, il riconoscimento, tra due familiari in età adulta, di un rapporto di dipendenza, di natura tale da creare un diritto di soggiorno derivato ai sensi della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano è possibile solo in casi eccezionali, in cui, alla luce dell'insieme delle circostanze pertinenti, il soggetto interessato non può in alcun modo essere separato dal proprio familiare da cui dipende. Ciò indipendentemente da altri diritti che il diritto nazionale potrebbe conferire a W.

Esempio 3

M. è cittadino di un paese terzo. È coniugata con F., cittadino dello Stato membro A, che non ha mai esercitato i suoi diritti di libera circolazione. I due vivono nello Stato membro A e hanno una figlia minorenne D., anch'essa cittadina dello Stato membro A, che non ha mai esercitato il suo diritto di libera circolazione.

D. vive con entrambi i genitori in modo stabile e, pertanto, l'affidamento di D. e l'onere giuridico, affettivo e finanziario relativo alla stessa sono condivisi quotidianamente dai due genitori. In tal caso, esiste una presunzione relativa secondo cui, tra la madre M., cittadina di un paese terzo, e la figlia D., esiste un rapporto di dipendenza tale da giustificare la concessione di un diritto di soggiorno derivato a favore di M. nello Stato membro A ai sensi della giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano. Ciò non può essere messo in discussione dal fatto che il padre F., in quanto cittadino dello Stato membro A, gode di un diritto incondizionato di rimanere in tale Stato membro.

Le autorità riconoscono a M. un diritto di soggiorno derivato, in quanto la partenza di M. obbligherebbe altresì, nella pratica, D. a lasciare il territorio dell'Unione considerato nel suo insieme, in ragione del rapporto di dipendenza tra D. e M.

19.3   Soggiorni basati sull'articolo 20 TFUE e acquisizione del diritto di soggiorno permanente

La Corte ha esaminato (447) la possibilità che un soggiorno basato sull'articolo 20 TFUE porti all'acquisizione di un diritto di soggiorno permanente ai sensi della direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (448).

La Corte ha ritenuto che "il soggiorno effettuato dal cittadino di un paese terzo nel territorio di uno Stato membro ai sensi dell'articolo 20 TFUE costituisca un soggiorno 'unicamente per motivi di carattere temporaneo', ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2003/109".

La Corte ha poi spiegato che, per beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE, un cittadino di un paese terzo che soggiorna in uno Stato membro ai sensi dell'articolo 20 TFUE deve soddisfare le condizioni di cui agli articoli 4 (durata del soggiorno) e 5 (risorse sufficienti e assicurazione malattia, nonché prova dell'integrazione nello Stato membro, se richiesto dal diritto nazionale dello Stato membro ospitante), di tale direttiva (449).

19.4   Possibilità di introdurre limitazioni al diritto di soggiorno derivato fondato sull'articolo 20 TFUE

Gli Stati membri possono invocare un'eccezione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza per limitare il diritto di ingresso o di soggiorno fondato sull'articolo 20 TFUE (450).

Tuttavia, nel valutare la situazione del genitore affidatario cittadino di un paese terzo, le autorità competenti devono tener conto del diritto al rispetto della vita privata e familiare, come enunciato all'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali, letto in combinato disposto con l'obbligo di prendere in considerazione l'interesse superiore del minore, sancito all'articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali.

Tale valutazione deve essere effettuata anche quando le autorità nazionali prendono in considerazione l'adozione di una decisione che vieti l'ingresso e il soggiorno del genitore affidatario di un paese terzo e i cui effetti abbiano una dimensione "europea". Tale decisione priva infatti il genitore affidatario di un paese terzo di qualsiasi diritto di soggiorno nel territorio di tutti gli Stati membri (451).

Come nel contesto della direttiva 2004/38/CE (si veda la sezione 13 - Limitazioni del diritto di circolare e soggiornare liberamente per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (articoli 27, 28 e 29 della direttiva 2004/38/CE), le nozioni di "ordine pubblico" e di "pubblica sicurezza", in quanto giustificative di una deroga al diritto di soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, devono essere intese in modo restrittivo, cosicché la loro portata non può essere determinata unilateralmente dagli Stati membri senza controllo da parte delle istituzioni dell'Unione. "[L]a nozione di 'ordine pubblico' presuppone, in ogni caso, oltre alla perturbazione dell'ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge, l'esistenza di una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società. Quanto alla nozione di 'pubblica sicurezza', dalla giurisprudenza della Corte risulta che tale nozione comprende la sicurezza interna di uno Stato membro e la sua sicurezza esterna e, pertanto, il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché alla sopravvivenza della popolazione; allo stesso modo, il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il [rischio legato] agli interessi militari, possono ledere la pubblica sicurezza"  (452).


(1)  Inizialmente nella sentenza C-184/99, Grzelczyk, ECLI:EU:C:2001:458, punto 31.

(2)  Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77).

(3)  Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Relazione sulla cittadinanza 2020 - Rafforzare il ruolo dei cittadini e proteggere i loro diritti (COM(2020) 730 final), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52020DC0730.

(4)  C-34/09, Ruiz Zambrano, ECLI:EU:C:2011:124.

(5)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri (COM(2009) 313 final), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52009DC0313.

(6)  COM(2013) 837 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A52013DC0837

(7)  COM(1999) 372 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:51999DC0372&from=EN

(8)  Cfr. ad esempio le seguenti cause:

C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punti da 47 a 50;

C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punti da 64 a 67;

C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri, ECLI:EU:C:2004:262, punti 97 e 98; e

C-127/08, Metock, ECLI:EU:C:2008:449, punto 79.

(9)  Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22).

(10)  COM(2020) 565 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52020DC0565.

(11)  COM(2020) 620 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:52020DC0620.

(12)  Raccomandazione del Consiglio del 12 marzo 2021 sull'uguaglianza, l'inclusione e la partecipazione dei Rom (GU C 93 del 19.3.2021, pag. 1), https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32021H0319(01).

(13)  Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, non binarie, intersessuali e queer.

(14)  COM(2020) 698 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:52020DC0698.

(15)  Decisione del Comitato misto SEE n. 158/2007 del 7 dicembre 2007 (GU L 124 dell'8.5.2008, pag. 20).

(16)  Articolo 3, punto 1.

(17)  Cfr. sezione 19 – Giurisprudenza della sentenza Ruiz Zambrano .

(18)  C-370/90, Singh, ECLI:EU:C:1992:296 e C-291/05, Eind, ECLI:EU:C:2007:771.

(19)  C-60/00, Carpenter, ECLI:EU:C:2002:434.

(20)  C-370/90, Singh, ECLI:EU:C:1992:296; C-224/98, D'Hoop, ECLI:EU:C:2002:432; C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491; C-291/05, Eind, ECLI:EU:C:2007:771; C-456/12, O. e B, ECLI:EU:C:2014:135; C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570 o C-230/17, Deha Altiner e Ravn, ECLI:EU:C:2018:497.

(21)  C-60/00, Carpenter, ECLI:EU:C:2002:434.

(22)  C-457/12, S e G, ECLI:EU:C:2014:136.

(23)  C-457/12, S e G, ECLI:EU:C:2014:136, punto 40.

(24)  C-457/12, S e G, ECLI:EU:C:2014:136, punto 42.

(25)  C-457/12, S e G, ECLI:EU:C:2014:136, punto 42.

(26)  Cfr. ad esempio nelle cause di naturalizzazione C-165/16, Lounes, ECLI:EU:C:2017:862, punti 51, 52 e 61 e C-541/15, Freitag, ECLI:EU:C:2017:432 punti 34.

(27)  C-541/15, Freitag, ECLI:EU:C:2017:432, punto 34, sentenza nel contesto della quale la Corte ha constatato la sussistenza di un collegamento con il diritto dell'Unione nei confronti di persone cittadini di uno Stato membro che soggiornano legalmente sul territorio di un altro Stato membro di cui possiedono un'ulteriore cittadinanza.

(28)  C-541/15, Freitag, ECLI:EU:C:2017:432, punto 34, letto in combinato disposto con:

C-165/16, Lounes, ECLI:EU:C:2017:862, punti 51 e 61;

C-424/10 e C-425/10, Ziolkowski e Szeja, ECLI:EU:C:2011:866; e

C-147/11 e C-148/11, Czop e Punakova, ECLI:EU:C:2012:538.

(29)  C-424/10 e C-425/10, Ziolkowski e Szeja, ECLI:EU:C:2011:866 e C-147/11 e C-148/11, Czop e Punakova, ECLI:EU:C:2012:538.

(30)  C-165/16, Lounes, ECLI:EU:C:2017:862, punti 51 e 61.

(31)  C-434/09, McCarthy, ECLI:EU:C:2011:277, punti da 36 a 43.

(32)  Cfr. considerando 5 e 6 della direttiva 2004/38/CE.

(33)  Cfr. tuttavia la sezione 2.1 – Il cittadino dell'Unione, che spiega altre situazioni nelle quali potrebbe essere applicabile la direttiva 2004/38/CE.

(34)  C-336/94, Dafeki, ECLI:EU:C:1997:579, punto 19 e C-731/21, Caisse nationale d'assurance pension, ECLI:EU:C:2022:969.

(35)  Conclusioni dell'avvocato generale Kokott, C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:296, punto 160.

(36)  Tuttavia alle unioni registrate si applicano norme specifiche. Tali situazioni rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2004/38/CE qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante.

(37)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008.

(38)  C-401/15 to C-403/15, Depesme e altri, ECLI:EU:C:2016:955, punto 51.

(39)  Regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione (GU L 141 del 27.5.2011, pag. 1).

(40)  Cfr., tra l'altro, l'articolo 16, paragrafo 2, della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo o l'articolo 16, paragrafo 1, lettera b), della convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne.

(41)  Occorre rilevare che l'articolo 2, punto 2, lettera a), fa riferimento al "coniuge" al singolare.

(42)  Corte europea dei diritti dell'uomo, Alilouch El Abasse c. Paesi Bassi, ricorso n. 14501/89, sentenza del 6 gennaio 1992.

(43)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punti 35, da 48 a 51 e 56.

(44)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 45.

(45)  Per ulteriori informazioni, cfr. sezione 10 – Diritto al lavoro (articolo 23 della direttiva 2004/38/CE) e sezione 11 – Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE).

(46)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 50.

(47)  267/83, Diatta, ECLI:EU:C:1985:67, punto 18, C-40/11, Iida, ECLI:EU:C:2012:691, punto 58; e C-244/13, Ogieriakhi, ECLI:EU:C:2014:2068, punto 37.

(48)  267/83, Diatta, ECLI:EU:C:1985:67, punto 20, C-40/11, Iida, ECLI:EU:C:2012:691, punto 58 e C-244/13 Ogieriakhi, ECLI:EU:C:2014:2068, punto 37.

(49)  https://europa.eu/youreurope

(50)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 54.

(51)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punti da 47 a 49, 52, 57, 67 e 68.

Poiché il mancato riconoscimento in alcuni settori non coperti dai "diritti derivanti dal diritto dell'UE" può causare difficoltà (ad esempio in materia di successioni, alimenti, ecc.), il 7 dicembre 2022 la Commissione ha adottato una proposta di regolamento volta ad armonizzare a livello dell'UE le norme di diritto internazionale privato in materia di filiazione (COM (2022) 695 final: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A52022PC0695). La presente proposta si basa sull'articolo 81, paragrafo 3, del TFUE relativo a misure in materia di diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali.

(52)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 52.

(53)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 59.

(54)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 65.

(55)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 56.

(56)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 57.

(57)  9/74, Casagrande, ECLI:EU:C:1974:74.

(58)  235/87, Matteucci, ECLI:EU:C:1988:460.

(59)  32/75, Cristini, ECLI:EU:C:1975:120. Altri diritti possono derivare dal diritto alla parità di trattamento per quanto riguarda i vantaggi sociali e fiscali di cui godono i figli cittadini dell'Unione o i loro genitori cittadini dell'Unione nell'esercizio del diritto di libera circolazione (cfr. sezione 11 – Diritto alla parità di trattamento (articolo 24 della direttiva 2004/38/CE)).

(60)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 57.

(61)  316/85, Lebon, ECLI:EU:C:1987:302, punto 22 e C-1/05, Jia, ECLI:EU:C:2007:1, punti 36-37, C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 21.

(62)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 23.

(63)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punti 28 e 33.

(64)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 22 e C-1/05, Jia, ECLI:EU:C:2007:1, punto 37 e 43.

(65)  C-215/03, Oulane, ECLI:EU:C:2005:95, punto 53 e C-1/05, Jia, ECLI:EU:C:2007:1, punti 41 e 42.

(66)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 27.

(67)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 24.

(68)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 28.

(69)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punto 22.

(70)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 33. La Corte può fornire ulteriori chiarimenti al riguardo nella causa C-607/21 - État belge.

(71)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punti 31 e 32. Va rilevato che la Corte potrebbe fornire ulteriori chiarimenti al riguardo nella causa C-488/21- Chief Appeals Officer e altri.

(72)  C-200/02, Zhu e Chen, ECLI:EU:C:2004:639, punto 20 e giurisprudenza citata.

(73)  C-200/02, Zhu e Chen, ECLI:EU:C:2004:639, punti 45 e 46.

(74)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punti 18 e 19.

(75)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 18.

(76)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 21.

(77)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punti da 21 a 24.

(78)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 24, C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570, punto 40 e C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 63.

(79)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punti da 64 a 67.

(80)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 68.

(81)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 35.

(82)  C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570, punto 52.

(83)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 23.

(84)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punti 30 e 43.

(85)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 23.

(86)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 38.

(87)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 39.

(88)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punto 35.

(89)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punti 33 e 35. La Corte può fornire ulteriori chiarimenti al riguardo nella causa C-607/21 - État belge.

(90)  C-83/11, Rahman, ECLI:EU:C:2012:519, punti 33 e 35.

(91)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punti 31 e 32. La Corte può fornire ulteriori chiarimenti a questo proposito nel contesto della causa C-488/21 - Chief Appeals Officer e altri.

(92)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 30.

(93)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 26.

(94)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 27.

(95)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 27.

(96)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 28.

(97)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 29.

(98)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 22.

(99)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punti 56 e 57.

(100)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 68.

(101)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punti da 69 a 73.

(102)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 69.

(103)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 70.

(104)  Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, firmata all'Aia il 19 ottobre 1996.

(105)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 70.

(106)  C-129/18, SM, ECLI:EU:C:2019:248, punto 70.

(107)  C-22/21, Minister for Justice and Equality, ECLI:EU:C:2022:683, punto 23.

(108)  Considerando 6.

(109)  Cfr. per analogia C-454/19, ZW, ECLI:EU:C:2020:947, punti 36, 40 e 42.

(110)  Conclusioni dell'avvocato generale Kokott, C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:296, punto 160.

(111)  Regolamento (UE) 2016/1191 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, che promuove la libera circolazione dei cittadini semplificando i requisiti per la presentazione di alcuni documenti pubblici nell'Unione europea e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (GU L 200 del 26.7.2016, pag. 1).

(112)  C-353/06, Grunkin e Paul, ECLI:EU:C:2008:559, punto 39.

(113)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 44.

(114)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 69.

(115)  C-490/20, VMA, ECLI:EU:C:2021:1008, punto 50.

(116)  Regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri (GU L 385 del 29.12.2004, pag. 1).

(117)  Regolamento (UE) 2019/1157 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sul rafforzamento della sicurezza delle carte d'identità dei cittadini dell'Unione e dei titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione (GU L 188 del 12.7.2019, pag. 67).

(118)  Il regolamento (UE) 2019/1157 è rilevante ai fini del SEE e deve essere integrato nell'accordo SEE (questo processo è attualmente in corso).

(119)  Come indicato al considerando 11, il regolamento (UE) 2019/1157 non impone agli Stati membri di introdurre carte d'identità laddove non siano previsti dalla legislazione nazionale.

(120)  L'articolo 5, paragrafo 2, prevede tuttavia due deroghe: le carte d'identità che non soddisfano le norme minime di sicurezza di cui alla parte 2 del documento ICAO 9303 o che non comprendono una MRZ (machine-readable zone, zona a lettura ottica) funzionale, cessano di essere valide alla loro scadenza o entro il 3 agosto 2026, se quest'ultima data è anteriore; le carte d'identità di persone di età pari o superiore a 70 anni al 2 agosto 2021 che soddisfano le norme minime di sicurezza di cui alla parte 2 del documento ICAO 9303 e che hanno una MRZ funzionale, cessano di essere valide alla loro scadenza.

(121)  Tutti gli Stati membri dell'UE, fatta eccezione per l'Irlanda, unitamente a Norvegia, Islanda, Svizzera e Liechtenstein.

(122)  Raccomandazione della Commissione che istituisce un "Manuale pratico per le guardie di frontiera (Manuale Schengen)" comune, ad uso delle autorità competenti degli Stati membri per lo svolgimento del controllo di frontiera sulle persone, e che sostituisce la raccomandazione C(2019) 7131 final (C(2022) 7591 final), https://ec.europa.eu/transparency/documents-register/detail?ref=C(2022)7591&lang=it.

(123)  Pur non applicando la direttiva 2004/38/CE, la Svizzera concede l'esenzione dall'obbligo del visto anche alle carte di soggiorno rilasciate dagli Stati membri, fatta eccezione per quelle rilasciate da Bulgaria, Irlanda, Cipro o Romania.

(124)  Carte di soggiorno emesse per aventi diritto a norma dell'articolo 2, punto 2, e dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE.

(125)  C-754/18, Ryanair Designated Activity Company, ECLI:EU:C:2020:478, punto 55.

(126)  C-202/13, Sean McCarthy e altri, ECLI:EU:C:2014:2450, punto 41.

(127)  Tutti gli Stati membri, fatta eccezione per Bulgaria, Irlanda, Cipro e Romania.

(128)  C-754/18, Ryanair Designated Activity Company, ECLI:EU:C:2020:478, punti da 41 a 47.

(129)  In questi esempi si tratta di Stati membri non facenti parte dello spazio Schengen, ossia Bulgaria, Irlanda, Cipro e Romania.

(130)  Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1).

(131)  Articolo 6 del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (GU L 77 del 23.3.2016, pag. 1).

(132)  Regolamento (UE) 2018/1806 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU L 303 del 28.11.2018, pag. 39).

(133)  Case C-503/03, Commissione/Spagna, ECLI:EU:C:2006:74, punto 42.

(134)  Belgio, Cechia, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia.

(135)  Allegato della decisione di esecuzione della Commissione che modifica la decisione C(2010) 1620 def. della Commissione per quanto riguarda la sostituzione del manuale per il trattamento delle domande di visto e la modifica dei visti già rilasciati (Manuale per il codice dei visti I) (C(2020) 395 final).

https://ec.europa.eu/home-affairs/system/files/2020-06/visa_code_handbook_consolidated_en.pdf.

(136)  C-710/19, G.M.A, ECLI:EU:C:2020:1037, punti 28, 35 e 36.

(137)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 89.

(138)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 100.

(139)  C-46/12, LN, ECLI:EU:C:2013:97.

(140)  Cfr. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Il multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune (COM(2008) 566 final).

(141)  Ad esempio: causa 66/85, Lawrie-Blum, ECLI:EU:C:1986:284.

(142)  139/85, Kempf, ECLI:EU:C:1986:223.

(143)  C-138/02, Collins, ECLI:EU:C:2004:172, punto 26; C-456/02, Trojani, ECLI:EU:C:2004:488, punto 15 o C-46/12, LN, ECLI:EU:C:2013:97, punti da 40 a 42.

(144)  Cfr. ad esempio: cause139/85, Kempf, ECLI:EU:C:1986:223; 344/87, Bettray, ECLI:EU:C:1989:226; 171/88, Rinner-Kühn, ECLI:EU:C:1989:328; C-1/97, Birden, ECLI:EU:C:1998:568; 102/88, Ruzius-Wilbrink, ECLI:EU:C:1989:639.

(145)  152/73, Sotgiu, ECLI:EU:C:1974:13; 196/87, Steymann, ECLI:EU:C:1988:475; 344/87, Bettray, ECLI:EU:C:1989:226 e C-151/04, Nadin, ECLI:EU:C:2005:775.

(146)  Cfr. ad esempio: 196/87, Steymann, ECLI:EU:C:1988:475; 344/87, Bettray, ECLI:EU:C:1989:226; C-27/91, Hostellerie Le Manoir; ECLI:EU:C:1991:441 e C-270/13, Haralambidis, ECLI:EU:C:2014:2185.

(147)  Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Ribadire la libera circolazione dei lavoratori: diritti e principali sviluppi (COM(2010) 373 final del 13 luglio 2010), https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0373:FIN:IT:PDF.

(148)  C-268/99, Jany, ECLI:EU:C:2001:616.

(149)  C-507/12, Saint Prix, ECLI:EU:C:2014:2007, punto 38; C-544/18, Dakneviciute, ECLI:EU:C:2019:761, punto 28.

(150)  C-483/17, Tarola, ECLI:EU:C:2019:309, punto 54.

(151)  C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punti 52 e 56.

(152)  C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597 punti 58.

(153)  Cfr. ad esempio C-233/12, Gardella, ECLI:EU:C:2013:449.

(154)  Cfr. C-392/05, Alevizos, ECLI:EU:C:2007:251.

(155)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 55 e C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 63.

(156)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 78; cfr. anche sezione 11.1 - Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni.

(157)  C-333/13, Dano, ECLI:EU:C:2014:2358, punto 80 e C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 79.

(158)  C-333/13, Dano, ECLI:EU:C:2014:2358, punto 76.

(159)  C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 63.

(160)  Ma cfr. C-93/18, Bajratari, ECLI:EU:C:2019:809, punto 42.

(161)  C-308/14, Commissione/Regno Unito, ECLI:EU:C:2016:436, punti 81 e 82.

(162)  C-308/14, Commissione/Regno Unito, ECLI:EU:C:2016:436, punti 83 e 84.

(163)  C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 70.

(164)  C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 70 e C-93/18, Bajratari, ECLI:EU:C:2019:809, punto 35.

(165)  C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 71.

(166)  C-184/99, Grzelczyk, ECLI:EU:C:2001:458, punto 44.

(167)  C-424/98, Commissione/Italia, ECLI:EU:C:2000:287, punto 37.

(168)  C-218/14, Singh e altri, ECLI:EU:C:2015:476, punto 74 e giurisprudenza ivi citata.

(169)  C-93/18, Bajratari, ECLI:EU:C:2019:809, punto 30; cfr. anche C-218/14, Singh e altri, ECLI:EU:C:2015:476, punto 74; C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675, punto 48 e C-86/12, Alokpa, ECLI:EU:C:2013:645, punto 27.

(170)  Cfr. ad esempio: C-408/03, Commissione/Belgio, ECLI:EU:C:2006:192, punti 40 e seguenti; C-218/14, Singh e altri, ECLI:EU:C:2015:476; C-200/02, Zhu e Chen, ECLI:EU:C:2004:639; C-86/12, Alokpa, ECLI:EU:C:2013:645 e C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675.

(171)  C-93/18, Bajratari, ECLI:EU:C:2019:809.

(172)  Tuttavia, ai fini dell'accesso all'assistenza sociale in sede di valutazione dell'onere che una domanda di assistenza sociale potrebbe creare, la Corte ha riconosciuto che "l'onere potrebbe essere gravoso per lo Stato membro interessato non dopo che quest'ultimo abbia ricevuto una domanda individuale, ma necessariamente a fronte della somma di tutte le domande individuali che gli vengano sottoposte" (cfr. C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punto 62 e C-299/14, García-Nieto, ECLI:EU:C:2016:114, punto 50).

(173)  Conformemente all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali.

(174)  Articolo 14, paragrafo 3, e considerando 16.

(175)  Cfr. articolo 14, paragrafo 4, lettera b); cfr. anche C-292/89, Antonissen, ECLI:EU:C:1991:80, punto 22; C-181/19, Jobcenter Krefeld, ECLI:EU:C:2020:794, punto 69 e C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 33.

(176)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 55 e C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 63.

(177)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 67.

(178)  Case C-413/99, Baumbast, ECLI:EU:C:2002:493, punti da 89 a 94.

(179)  Anche i pensionati coperti da un'assicurazione privata facente parte di un regime di assicurazione obbligatorio, certificato dall'assicuratore, soddisfano detta condizione qualora tale assicurazione rientri nella polizza sanitaria generale dello Stato membro a favore dei suoi cittadini o di gruppi specifici di cittadini.

(180)  Articoli 17, 23, 24 e 25 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(181)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punti 50 e 51.

(182)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 58.

(183)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 59 e C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 69.

(184)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 59.

(185)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 69.

(186)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punti 59 e 60.

(187)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 55 e C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 63.

(188)  Cfr. ad esempio C-93/18, Bajratari, ECLI:EU:C:2019:809, punti 30 e 31 e C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675, punto 48.

(189)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punto 67.

(190)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punti 59 e 60.

(191)  Norme analoghe si applicano ai genitori di cittadini dell'Unione il cui diritto di soggiorno si basa sull'articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 e sulla giurisprudenza pertinente (cfr. C-529/11, Alarape, ECLI:EU:C:2013:290 per maggiori dettagli).

(192)  Articolo 8, paragrafi 3 e 5, e considerando 14.

(193)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 69.

(194)  C-524/06, Huber, ECLI:EU:C:2008:724, punto 58.

(195)  Il diritto di libera circolazione è conferito direttamente dal trattato indipendentemente dall'espletamento di qualsiasi formalità. Cfr. ad esempio, per quanto concerne i documenti di soggiorno, C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punti 48, 49 e 54; C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punti 48 e 49; C-456/12, O. e B., ECLI:EU:C:2014:135, punto 60. Nel contesto della libera circolazione dei lavoratori, dei servizi e della libertà di stabilimento, cfr. 48/75, Royer, ECLI:EU:C:1976:57.

(196)  Cfr. ad esempio C-57/96, Meints, ECLI:EU:C:1997:564, punti 44 e 45.

(197)  Cfr. articolo 14, paragrafo 4, lettera b) e C-292/89, Antonissen, ECLI:EU:C:1991:80, punto 22, C-181/19, Jobcenter Krefeld, ECLI:EU:C:2020:794, punto 69 e C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 33.

(198)  C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 51.

(199)  C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 42. Cfr. anche C-292/89, Antonissen, ECLI:EU:C:1991:80, punto 21.

(200)  C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 46.

(201)  C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punti 35 e 36. Cfr. anche considerando 9 della direttiva 2004/38/CE. Di contro, "il termine ragionevole" inizia a decorrere dal momento in cui il cittadino dell'Unione interessato ha deciso di registrarsi in qualità di richiedente lavoro nello Stato membro ospitante.

(202)  C-710/19, G.M.A., ECLI:EU:C:2020:1037, punto 47.

(203)  Articolo 10, paragrafo 2.

(204)  Cfr. C-127/08, Metock e altri, ECLI:EU:C:2008:449, sentenza nel contesto della quale la Corte ha chiarito che i familiari di cittadini dell'Unione che sono cittadini di paesi terzi hanno il diritto di accompagnare e raggiungere il cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante e vivere insieme a quest'ultimo, a prescindere dal fatto che essi abbiano precedentemente soggiornato legalmente, o meno, in un altro Stato membro e a prescindere dalla data o dalle circostanze del loro ingresso nello Stato membro ospitante. La Corte ha sottolineato altresì che tali persone hanno il diritto di soggiornare nello Stato membro ospitante in qualità di familiari di un cittadino dell'Unione, a prescindere dal fatto che fossero già familiari al momento in cui il cittadino dell'Unione si è trasferito nello Stato membro ospitante o siano diventati familiari soltanto dopo che il cittadino dell'Unione si è trasferito nello Stato membro ospitante. Cfr. anche C-459/99, MRAX, ECLI:EU:C:2002:461.

(205)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 63.

(206)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 65.

(207)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punti 66 e 67.

(208)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 36. Tuttavia le autorità nazionali non possono "rilasciare d'ufficio all'interessato una carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione, qualora sia superato il termine di sei mesi previsto all'articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, senza accertare previamente che l'interessato soddisfi effettivamente le condizioni per soggiornare nello Stato membro ospitante in conformità al diritto dell'Unione" (C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 56).

(209)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 38.

(210)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 39.

(211)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 40.

(212)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 69.

(213)  C-459/99, MRAX, ECLI:EU:C:2002:461, punto 90.

(214)  C-45/12, Hadj Ahmed, ECLI:EU:C:2013:390, punto 37.

(215)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 83.

(216)  C-115/15, NA, ECLI:EU:C:2016:487, punto 45.

(217)  C-310/08 Ibrahim, ECLI:EU:C:2010:80, punto 56 e C-480/08 Teixeira, ECLI:EU:C:2010:83, punto 68.

(218)  C-310/08 Ibrahim, ECLI:EU:C:2010:80, punto 57 e C-480/08 Teixeira, ECLI:EU:C:2010:83, punto 68.

(219)  Cfr. considerando 15.

(220)  C-930/19, Stato belga, ECLI:EU:C:2021:657, punto 42.

(221)  C-218/14, Singh e a., ECLI:EU:C:2015:476, punto 70.

(222)  Cfr. C-930/19, Stato belga, ECLI:EU:C:2021:657, punti 43 e 45, che chiarisce che l'avvio di un procedimento giudiziario di divorzio quasi tre anni dopo che il coniuge dell'Unione ha lasciato lo Stato membro ospitante non sembra corrispondere a un termine ragionevole.

(223)  C-32/19, Pensionsversicherungsanstalt, ECLI:EU:C:2020:25.

(224)  C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punto 57.

(225)  C-123/08, Wolzenburg, ECLI:EU:C:2009:616, punto 51.

(226)  C-424 e 425/10, Ziolkowski e Szeja, ECLI:EU:C:2011:866, punto 46.

(227)  C-162/09, Lassal, ECLI:EU:C:2010:592, punto 59.

(228)  C-529/11, Alarape e Tijani, ECLI:EU:C:2013:290, punto 48.

(229)  C-529/11, Alarape e Tijani, ECLI:EU:C:2013:290, punto 48 e C-424 e 425/10, Ziolkowski e Szeja, ECLI:EU:C:2011:866, punto 47.

(230)  C-424/10 e C-425/10, Ziolkowski e Szeja, ECLI:EU:C:2011:866, punto 63 e C-147/11 e C-148/11, Czop e Punakova, ECLI:EU:C:2012:538, punto 40.

(231)  C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punto 55.

(232)  C-247/20, VI, ECLI:EU:C:2022:177, punti 59 e 60.

(233)  C-162/09, Lassal, ECLI:EU:C:2010:592, punto 59.

(234)  C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punto 57.

(235)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 77.

(236)  Il conteggio non deve essere effettuato su una base mobile di 12 mesi. Si applica l'articolo 3 del regolamento n. 1182/71 che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (GU L 124 dell'8.6.1971, pag. 1).

(237)  C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punto 57.

(238)  C-378/12, Onuekwere, ECLI:EU:C:2014:13, punto 32.

(239)  C-432/20, ZK, ECLI:EU:C:2022:39, punto 47. Sebbene questa causa riguardi la direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, la Corte ha spiegato al punto 43 che "[s]ebbene la direttiva 2003/109 e la direttiva 2004/38 differiscano nell'oggetto e nelle finalità, resta il fatto che, come ha rilevato anche l'avvocato generale, in sostanza, ai paragrafi da 40 a 43 delle sue conclusioni, le disposizioni di tali direttive possono prestarsi a un'analisi comparata ed essere, eventualmente, interpretate in modo analogo, il che è giustificato, in particolare, nel caso dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109 e dell'articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2004/38, che si basano sulla stessa logica".

(240)  C-432/20, ZK, ECLI:EU:C:2022:39, punto 46.

(241)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 69.

(242)  C-423/12, Reyes, ECLI:EU:C:2014:16, punti 31 e 32.

(243)  C-344/95, Commissione/Belgio, ECLI:EU:C:1997:81; C-459/99, MRAX, ECLI:EU:C:2002:461 e C-215/03, Oulane, ECLI:EU:C:2005:95.

(244)  C-73/08, Bressol, ECLI:EU:C:2010:181, punto 40. Cfr. anche C-75/11, Commissione/Austria, ECLI:EU:C:2012:605, punto 49.

(245)  C-75/11, Commissione/Austria, ECLI:EU:C:2012:605, punto 52.

(246)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 66.

(247)  Il diritto a vantaggi sociali potrebbe essere basato sugli articoli 21, 45, 49, 56 e 63 TFUE a seconda (tra gli altri fattori) dello status della persona in questione (lavoratore subordinato, autonomo, persona economicamente inattiva, studente). I cittadini dell'Unione che sono lavoratori subordinati, lavoratori autonomi, persone economicamente inattive e studenti beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro ospitante per quanto riguarda i vantaggi sociali, ossia qualsiasi vantaggio che faciliti la mobilità dei cittadini dell'Unione (ad esempio diritti d'ingresso a prezzi ridotti per i musei nello Stato membro ospitante, mutui ipotecari agevolati, acquisto di beni immobili nello Stato membro ospitante, ecc.). I cittadini economicamente inattivi e gli studenti possono beneficiare di tale accesso nella misura in cui il vantaggio in questione non si qualifica come "assistenza sociale" (cfr. sezione 11.1 - Diritto alla parità di accesso all'assistenza sociale: contenuto e condizioni) o come "aiuto al compimento degli studi" consistente in borse di studio o prestiti (cfr., tuttavia, C-75/11, Commissione/Austria, ECLI:EU:C:2012:605, per prestazioni che non possono qualificarsi come aiuto al compimento degli studi).

(248)  C-411/20, Familienkasse Niedersachsen-Bremen, ECLI:EU:C:2022:602, punti 34, 35, 47, 48, 53 e 55.

(249)  C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 61. Cfr. anche C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 68 e giurisprudenza ivi citata.

(250)  C-22/08 e C-23/08, ECLI:EU:C:2009:344, Vatsouras e Koupatantze, punto 45.

(251)  C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punti 45 e 46.

(252)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punti da 69 a 71.

(253)  C-333/13, Dano, ECLI:EU:C:2014:2358, punto 69; C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punto 49 e C-299/14, García-Nieto, ECLI:EU:C:2016:114, punto 38.

(254)  C-67/14 Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punti 53 e 54.

(255)  C-299/14, García-Nieto, ECLI:EU:C:2016:114, punto 44. Cfr. anche sezione 11.2 - Relazione tra l'articolo 24 della direttiva 2004/38/CE e il regolamento (UE) n. 492/2011.

(256)  C-299/14, García-Nieto, ECLI:EU:C:2016:114, punti da 44 a 48.

(257)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 78.

(258)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 79 e giurisprudenza ivi citata.

(259)  C-67/14 Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punti da 57 a 62. Ciò lascia impregiudicato qualsiasi diritto autonomo derivante dal regolamento (UE) n. 492/2011, in particolare dall'articolo 10, per quanto concerne gli affidatari effettivi di minori che seguono un corso di studi.

(260)  C-709/20, The Department for Communities in Northern Ireland, ECLI:EU:C:2021:602, punto 93.

(261)  63/86, Commissione/Italia, ECLI:EU:C:1988:9.

(262)  In particolare quelli derivanti dall'articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 per quanto riguarda gli affidatari effettivi di minori che seguono un corso di studi.

(263)  C-181/19, Jobcenter Krefeld, ECLI:EU:C:2020:794, punti 64 e 69.

(264)  Cause riunite da C-401/15 a C-403/15 Depesme e altri, ECLI:EU:C:2016:955, punto 51.

(265)  32/75, Cristini, ECLI:EU:C:1975:120. Al punto 13 di tale sentenza la Corte ha fatto riferimento alla parità di trattamento dei familiari dei lavoratori subordinati dell'Unione per quanto concerne " tutti i vantaggi sociali e fiscali, a prescindere dal fatto che essi siano connessi o meno al contratto di lavoro" . La Corte ha definito "vantaggi sociali" come quei vantaggi "che, connessi o no ad un contratto di lavoro, sono generalmente attribuiti ai lavoratori nazionali, in ragione principalmente del loro status obiettivo di lavoratori o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale, e la cui estensione ai lavoratori cittadini d'altri Stati membri risulta quindi atta a facilitare la loro mobilità" (causa 207/78, Even, ECLI:EU:C:1979:144, punto 22).

(266)  235/87, Matteucci, ECLI:EU:C:1988:460.

(267)  32/75, Cristini, ECLI:EU:C:1975:120.

(268)  261/83, Castelli, ECLI:EU:C:1984:280, punto 11, C-802/18, Caisse pour l'avenir des enfants, ECLI:EU:C:2020:269, punto 45. Per altri esempi di vantaggi sociali e fiscali, cfr. anche C-258/04, Ioannidis, ECLI:EU:C:2005:559, C-447/18, UB, ECLI:EU:C:2019:1098 o C-328/20, Commissione/Austria, ECLI:EU:C:2022:468.

(269)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 35.

(270)  Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).

(271)  Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 284 del 30.10.2009, pag. 1).

(272)  Cfr. ad esempio C-140/12, Brey, ECLI:EU:C:2013:565, punto 39; C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 45.

(273)  Tuttavia il regolamento (CE) n. 883/2004 contiene alcune eccezioni a questo principio generale.

(274)  Tale elenco non è esaustivo. Cfr. articolo 11 del regolamento (CE) n. 987/2009 e la guida pratica sulla legislazione applicabile nell'Unione europea (UE), nello Spazio economico europeo (SEE) e in Svizzera, Commissione europea, DG EMPL, 2014, https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=868&langId=it.

(275)  Cfr.: https://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=11366&langId=it.

(276)  Cfr. articolo 70 e allegato X del regolamento (CE) n. 883/2004.

(277)  C-333/13, Dano, ECLI:EU:C:2014:2358, punto 63; C-67/14, Alimanovic, ECLI:EU:C:2015:597, punto 44 e C-299/14, García-Nieto, ECLI:EU:C:2016:114, punti 51 e 52.

(278)  L'allegato X del regolamento (CE) n. 883/2004 elenca le prestazioni speciali in denaro di carattere non contributivo.

(279)  C-243/19, Veselības ministrija, ECLI:EU:C:2020:872, punti da 82 a 84.

(280)  Si osservi altresì che la Corte ha ritenuto che l'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 ostano ad una normativa di uno Stato membro ospitante, la quale preveda che la concessione, al partner superstite di un'unione civile validamente costituita e iscritta in un altro Stato membro, di una pensione di reversibilità, dovuta in ragione dell'esercizio nello Stato membro ospitante di un'attività professionale da parte del partner deceduto, sia subordinata alla condizione della previa iscrizione dell'unione civile in un repertorio tenuto da quest'ultimo Stato (C-731/21, Caisse nationale d'assurance pension, ECLI:EU:C:2022:969).

(281)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 38.

(282)  Tuttavia il regolamento (CE) n. 883/2004 contiene alcune eccezioni a questo principio generale.

(283)  Articolo 17 del regolamento (CE) n. 883/2004.

(284)  Cfr. articolo 19 del regolamento (CE) n. 883/2004.

(285)  Cfr. gli articoli 23, 24 e 25 del regolamento (CE) n. 883/2004.

(286)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punto 46.

(287)  C-535/19, A, ECLI:EU:C:2021:595, punti 58 e 59.

(288)  https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=559

(289)  Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (GU L 88 del 4.4.2011, pag. 1).

(290)  Articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2019/1157.

(291)  L'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/1157 stabilisce che le carte di soggiorno di familiari di cittadini dell'Unione non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che non sono conformi ai requisiti di cui all'articolo 7 cessano di essere valide alla loro scadenza o entro il 3 agosto 2026, se quest'ultima data è anteriore. L'articolo 8, paragrafo 2, prevede una deroga all'articolo 8, paragrafo 1, in relazione alle carte di soggiorno che non soddisfano le norme minime di sicurezza di cui alla parte 2 del documento ICAO 9303 o che non comprendono una zona a lettura ottica funzionale conforme alla parte 3 del documento ICAO 9303. Queste ultime cessano di essere valide alla loro scadenza o entro il 3 agosto 2023, se quest'ultima data è anteriore.

(292)  Tutti gli Stati membri, fatta eccezione per Bulgaria, Irlanda, Cipro e Romania.

(293)  Nel contesto della libera circolazione dei lavoratori, dei servizi e della libertà di stabilimento, cfr. 48/75, Royer, ECLI:EU:C:1976:57.

(294)  Cfr. anche il considerando 11 della direttiva 2004/38/CE.

(295)  C-754/18, Ryanair Designated Activity Company, ECLI:EU:C:2020:478, punti 52 e 53. Cfr. anche C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punto 48; C-202/13, McCarthy e altri, ECLI:EU:C:2014:2450, punto 49, C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 48.

(296)  C-754/18, Ryanair Designated Activity Company, ECLI:EU:C:2020:478, punto 54 e dispositivo della sentenza.

(297)  C-325/09, Dias, ECLI:EU:C:2011:498, punti da 48 a 55.

(298)  La possibilità per i familiari cittadini di paesi terzi di godere di più status di soggiorno ogniqualvolta ciò non sia esplicitamente escluso deriva da una lettura combinata dei diversi atti giuridici dell'Unione in materia di migrazione legale e libera circolazione.

(299)  Cfr. considerando 18 e articolo 2, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2021/1883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2021, sulle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati, e che abroga la direttiva 2009/50/CE del Consiglio (GU L 382 del 28.10.2021, pag. 1).

(300)  Cfr. articolo 3 della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44).

(301)  COM(1999) 372 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:51999DC0372&from=IT. In generale il contenuto della comunicazione del 1999 (sezione 3) continua ad essere valido anche se fa riferimento alla direttiva 64/221/CEE (direttiva 64/221/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1964, per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri, giustificati da motivi d'ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (GU n. 56 del 4.4.1964 pag. 850)) che è stata abrogata dalla direttiva 2004/38/CE.

(302)  139/85, Kempf, ECLI:EU:C:1986:223, punto 13 e C-33/07, Jipa, ECLI:EU:C:2008:396, punto 23.

(303)  321/87, Commissione/Belgio, ECLI:EU:C:1989:176, punto 10.

(304)  36/75, Rutili,ECLI:EU:C:1975:137, punti da 8 a 21 e C-30/77, Bouchereau, ECLI:EU:C:1977:172, punti da 6 a 24.

(305)  36/75, Rutili, ECLI:EU:C:1975:137, punto 27, C- 30/77, Bouchereau, ECLI:EU:C:1977:172, punto 33, C-33/07, Jipa, ECLI:EU:C:2008:396, punto 23 e C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punto 40 e giurisprudenza ivi citata.

(306)  Ma cfr. C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punto 50, nella sezione 13.1.3 – Valutazione della proporzionalità.

(307)  C-423/98, Albore, ECLI:EU:C:2000:401, punti 18 e seguenti e C-285/98, Kreil, ECLI:EU:C:2000:2, punto 15.

(308)  Si noti C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punti da 43 a 47.

(309)  115/81 e 116/81, Adoui e Cornuaille, ECLI:EU:C:1982:183, punti da 5 a 9 e C-268/99, Jany, ECLI:EU:C:2001:616, punto 61.

(310)  48/75, Royer, ECLI:EU:C:1976:57, punto 51.

(311)  C-430/10, Gaydarov, ECLI:EU:C:2011:749 e C-434/10, Aladzhov, ECLI:EU:C:2011:750.

(312)  Tutti i criteri sono cumulativi.

(313)  C-33/07, Jipa, ECLI:EU:C:2008:396, punto 25 e C-503/03, Commissione/Spagna, ECLI:EU:C:2006:74, punto 62.

(314)  C-33/07, Jipa, ECLI:EU:C:2008:396, punto 25.

(315)  C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punti da 51 a 54.

(316)  67/74, Bonsignore, ECLI:EU:C:1975:34, punti da 5 a 7.

(317)  La prevenzione generale in circostanze specifiche, ad esempio eventi sportivi, è trattata nella comunicazione del 1999 (cfr. sezione 3.3).

(318)  C-348/96, Calfa, ECLI:EU:C:1999:6, punti da 17 a 27 e 67/74, Bonsignore, ECLI:EU:C:1975:34, punti da 5 a 7.

(319)  Talvolta nessi automatici sono stati introdotti in tal senso nei casi in cui la persona ha commesso reati gravi e ricevuto una determinata pena minima (cfr. C-348/96 Donatella Calfa).

(320)  Cfr. sezione 3.3.2 della comunicazione del 1999.

(321)  C-408/03, Commissione/Belgio, ECLI:EU:C:2006:192, punti da 68 a 72.

(322)  C-482/01 e 493/01, Orfanopoulos e Oliveri, ECLI:EU:C:2004:262, punti 82 e 100 e C-50/06, Commissione/Paesi Bassi, ECLI:EU:C:2007:325, punti da 42 a 45.

(323)  Ad esempio, il rischio di recidiva può considerarsi maggiore in presenza di tossicodipendenza, che comporta il rischio che vengano commessi altri reati per il finanziamento di quest'ultima. Conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl, C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri, ECLI:EU:C:2003:455.

(324)  30/77, Bouchereau, ECLI:EU:C:1977:172, punti da 25 a 30.

(325)  C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punto 56.

(326)  C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punto 56.

(327)  C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punto 60.

(328)  C-482/01 e C-493/01, Orfanopoulos e Oliveri, ECLI:EU:C:2004:262, punto 82.

(329)  C-193/16, E, ECLI:EU:C:2017:542, punti da 23 a 27.

(330)  41/74, van Duyn, ECLI:EU:C:1974:133, punti 17 e seguenti.

(331)  41/74, van Duyn, ECLI:EU:C:1974:133, punti 17 e seguenti.

(332)  C-349/06, Polat, ECLI:EU:C:2007:581, punto 35.

(333)  C-434/10, Aladzhov, ECLI:EU:C:2011:750, punto 43 e C-249/11, Byankov, ECLI:EU:C:2012:608, punti da 37 a 42.

(334)  C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punti da 43 a 47.

(335)  C-430/10, Gaydarov, ECLI:EU:C:2011:749, punto 40, e C-331/16 e C-366/16, K e H, ECLI:EU:C:2018:296, punto 61.

(336)  C-434/10, Aladzhov, ECLI:EU:C:2011:750, punto 47 e C-249/11, Byankov, ECLI:EU:C:2012:608, punti 44-47.

(337)  Cfr. in particolare cause riunite C-331/16 e 366/16, K. e H.F, ECLI:EU:C:2018:296, punto 67. Cfr. anche C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punto 50.

(338)  C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punto 50.

(339)  C-331/16 e 366/16, K. e H.F, ECLI:EU:C:2018:296, punto 63 e C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punto 52 e giurisprudenza ivi citata.

(340)  Per quanto riguarda i diritti fondamentali, cfr. la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nelle cause Berrehab c. Paesi Bassi, ricorso n. 10730/84, sentenza del 21 giugno 1988 ; Moustaquim c. Belgio, ricorso n. 12313/86, sentenza del 18 febbraio 1991; Beldjoudi c. Francia, ricorso n. 12083/86, sentenza del 26 marzo 1992 , Boujlifa c. Francia, ricorso n. 25404/94, sentenza del 21 ottobre 1997, El Boujaïdi c. Francia, ricorso n. 25613/94, sentenza del 26 settembre 1997 e Dalia c. Francia, ricorso n. 26102/95, sentenza del 19 febbraio 1988.

(341)  C-112/20, M.A., ECLI:EU:C:2021:197, punto 36.

(342)  C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punto 56.

(343)  C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708.

(344)  C-378/12, Onuekwere, ECLI:EU:C:2014:13, punti 27 e 32.

(345)  C-348/09, I, ECLI:EU:C:2012:300, punto 33.

(346)  C-400/12, M.G., ECLI:EU:C:2014:9, punti 27 e 24 e cause riunite C-316/16 e C-424/16, B e Vomero, ECLI:EU:C:2018:256, punti 65 e 66.

(347)  Cause riunite C-316/16 e C-424/16, B e Vomero, ECLI:EU:C:2018:256, punto 49.

(348)  Cause riunite C-316/16 e C-424/16, B e Vomero, ECLI:EU:C:2018:256, punto 70.

(349)  Cause riunite C-316/16 e C-424/16, B e Vomero, ECLI:EU:C:2018:256, punto 70. Per ulteriori informazioni sui fattori da utilizzare nel contesto di tale valutazione, cfr. anche punti da 72 a 75.

(350)  C-145/09, Tsakouridis, ECLI:EU:C:2010:708, punti 32 e 33.

(351)  Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).

(352)  C-718/19, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., ECLI:EU:C:2021:505, punti 44, 47-51, 57, 60 e 73.

(353)  C-718/19, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., ECLI:EU:C:2021:505, punti da 64 a 73.

(354)  https://www.who.int/health-topics/international-health-regulations.

(355)  https://www.who.int/news/item/30-01-2020-statement-on-the-second-meeting-of-the-international-health-regulations-(2005)-emergency-committee-regarding-the-outbreak-of-novel-coronavirus-(2019-ncov).

(356)  Articolo 23 del regolamento (UE) 2022/2371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 novembre 2022, relativo alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 1082/2013/UE (GU L 314 del 6.12.2022, pag. 26).

(357)  Cfr. ad esempio il punto 21 degli orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità di beni e servizi essenziali (GU C 86I del 16.3.2020, pag. 1) e il punto 5 della raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, per un approccio coordinato alla limitazione della libertà di circolazione in risposta alla pandemia di COVID-19 (GU L 337 del 14.10.2020, pag. 3).

(358)  Cfr., ad esempio, conclusioni dell'avvocato generale Emiliou, C-128/22, NORDIC INFO, ECLI:EU:C:2023:645.

(359)  Cfr. anche articolo 11 del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l'accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell'UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (GU L 211 del 15.6.2021, pag. 1).

(360)  Il regolamento (UE) 2021/953 presenta ad esempio una portata e un periodo di applicazione limitati alla pandemia di COVID-19.

(361)  Considerando 6 del regolamento (UE) 2021/953. Cfr. anche C-406/04, De Cuyper, ECLI:EU:C:2006:491, punto 42.

(362)  Cfr. ad esempio comunicazione della Commissione "Orientamenti relativi all'esercizio della libera circolazione dei lavoratori durante la pandemia di Covid-19" (GU C 102I del 30.3.2020, pag. 12).

(363)  Cfr. ad esempio i punti 19 e 19 ter, della raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio.

(364)  Cfr. ad esempio C-406/04, De Cuyper, ECLI:EU:C:2006:491, punto 44.

(365)  Cfr. punto 17 della raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio e punto 11 della raccomandazione (UE) 2022/107 del Consiglio, del 25 gennaio 2022, su un approccio coordinato per agevolare la libera circolazione in sicurezza durante la pandemia di COVID-19 e che sostituisce la raccomandazione (UE) 2020/1475 (GU L 18 del 27.1.2022, pag. 110). Ai sensi del regolamento (UE) 2021/953, gli Stati membri che richiedevano la prova di un test negativo, di una vaccinazione o di una guarigione erano tenuti ad accettare, alle stesse condizioni, certificati conformi a tale regolamento.

(366)  Cfr. punto 2 della raccomandazione (UE) 2022/107 del Consiglio.

(367)  Ad esempio il regolamento (UE) 2021/953 e gli atti giuridici adottati sulla base dello stesso.

(368)  Ad esempio la raccomandazione (UE) 2020/1475 del Consiglio e la raccomandazione (UE) 2022/107 del Consiglio.

(369)  C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punto 73.

(370)  C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punto 74 e C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 66.

(371)  C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punti da 86 a 88 e C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punti 67 e 68.

(372)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 81.

(373)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 81.

(374)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punti da 90 a 93.

(375)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 94.

(376)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punto 95.

(377)  C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punti 102 e 103.

(378)  C-300/11, ZZ, ECLI:EU:C:2013:363, punto 50.

(379)  Cfr. C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punti da 80 a 89, che chiariscono quali disposizioni possano essere pertinenti in caso di allontanamento dopo la cessazione del diritto di soggiorno derivato.

(380)  36/75, Rutili, ECLI:EU:C:1975:137, punti da 37 a 39.

(381)  Tuttavia, cfr. C-300/11, ZZ, ECLI:EU:C:2013:363, punto 49, sentenza nella quale la Corte ha ritenuto che "solo in via eccezionale l'articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 autorizza gli Stati membri a limitare l'informazione all'interessato per motivi attinenti alla sicurezza dello Stato". La Corte ha ritenuto che, trattandosi di una deroga, tale disposizione deve essere interpretata in senso stretto, senza tuttavia privarla della sua efficacia pratica. La Corte ha fornito chiarimenti sulla misura in cui l'articolo 30, paragrafo 2, e l'articolo 31 della direttiva 2004/38/CE consentono di non divulgare in modo circostanziato e completo i motivi di una decisione adottata ai norma dell'articolo 27 della direttiva. La Corte ha concluso (punto 69) che l'articolo 30, paragrafo 2, e l'articolo 31 della direttiva 2004/38/CE, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, devono essere interpretati nel senso che impongono che "il giudice nazionale competente si assicuri che la mancata comunicazione all'interessato, da parte dell'autorità nazionale competente, della motivazione circostanziata e completa sulla quale è fondata una decisione adottata a norma dell'articolo 27 di detta direttiva, nonché degli elementi di prova pertinenti, sia limitata allo stretto necessario e che, in ogni caso, sia comunicata all'interessato la sostanza di detti motivi in una maniera che tenga debito conto della necessaria segretezza degli elementi di prova".

(382)  C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punto 85. Cfr. anche C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570, punto 48 e C-430/10, Gaydarov, ECLI:EU:C:2011:749, punto 41.

(383)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 69.

(384)  C-246/17, Diallo, ECLI:EU:C:2018:499, punto 68.

(385)  C-184/16, Petrea, ECLI:EU:C:2017:684, punto 72.

(386)  Conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl, C-441/02, Commissione/Germania, ECLI:EU:C:2005:337.

(387)  Il termine "divieto di reingresso" fa riferimento ai "divieti di ingresso nel territorio" di cui all'articolo 32 della direttiva 2004/38/CE.

(388)  C-348/96, Calfa, ECLI:EU:C:1999:6, punti 27 e 28.

(389)  Articolo 32, paragrafo 1, della direttiva 2004/38/CE e cause riunite 115/81 e 116/81, Adoui e Cornuaille, ECLI:EU:C:1982:183, punto 12.

(390)  C-94/18, Chenchooliah, ECLI:EU:C:2019:693, punto 89 e C-719/19, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, ECLI:EU:C:2021:506, punti 67 e 68.

(391)  33/74 van Binsbergen, ECLI:EU:C:1974:131 punto 13, C-370/90, Singh, ECLI:EU:C:1992:296, punto 24 e C-212/97, Centros, ECLI:EU:C:1999:126 punti 24 e 25.

(392)  C-127/08, Metock, ECLI:EU:C:2008:449, punti 74 e 75.

(393)  C-370/90 Singh, ECLI:EU:C:1992:296; C-291/05, Eind, ECLI:EU:C:2007:771 e C-60/00, Carpenter, ECLI:EU:C:2002:434.

(394)  C-212/97, Centros, ECLI:EU:C:1999:126, punto 27 e C-147/03 Commissione/Austria, ECLI:EU:C:2005:427, punti 67 e 68.

(395)  C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491, punto 55 e C-1/05, Jia, ECLI:EU:C:2007:1, punto 31.

(396)  Cfr. documenti di lavoro dei servizi della Commissione SWD(2014) 284 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014SC0284%20&from=IT e COM (2014) 604 final, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014DC0604&rid=1.

(397)  C-285/95, Kol, ECLI:EU:C:1997:280, punto 29 e C-63/99, Gloszczuk, ECLI:EU:C:2001:488, punto 75.

(398)  C-110/99, Emsland-Stärke, ECLI:EU:C:2000:695, punti 52 e seguenti e C-212/97, Centros, ECLI:EU:C:1999:126, punto 25.

(399)  Il divieto riguarda non solo i controlli su tutti i migranti, ma anche i controlli su intere categorie di migranti (ad esempio i migranti che appartengono a una determinata etnia).

(400)  Cfr. considerando 28.

(401)  C-202/13, Sean McCarthy e altri, ECLI:EU:C:2014:2450, punti da 52 a 58.

(402)  Regolamento (UE) 2018/1724 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 ottobre 2018, che istituisce uno sportello digitale unico per l'accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 1).

(403)  https://europa.eu/youreurope/index_it.htm.

(404)  https://ec.europa.eu/solvit/index_it.htm.

(405)  Cfr. ad esempio C-370/90, Singh, ECLI:EU:C:1992:296; C-224/98, D'Hoop, ECLI:EU:C:2002:432; C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491; C-291/05, Eind, ECLI:EU:C:2007:771; C-456/12, O. e B, ECLI:EU:C:2014:135; C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570, C-230/17, Deha Altiner e Ravn, ECLI:EU:C:2018:497 o C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385.

(406)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 25 e giurisprudenza ivi citata.

(407)  C-456/12, O. e B., ECLI:EU:C:2014:135, punto 59.

(408)  C-456/12, O. e B., ECLI:EU:C:2014:135, punto 53.

(409)  C-456/12, O. e B., ECLI:EU:C:2014:135, punto 60.

(410)  C-456/12, O. e B., ECLI:EU:C:2014:135, punto 56.

(411)  C-230/17, Deha Altiner e Ravn, ECLI:EU:C:2018:497, punti da 31 a 35.

(412)  C-89/17, Banger, ECLI:EU:C:2018:570.

(413)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 51.

(414)  C-673/16, Coman, ECLI:EU:C:2018:385, punto 45.

(415)  C-202/13, McCarthy, ECLI:EU:C:2014:2450 punto 54 e giurisprudenza ivi citata.

(416)  C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491, punto 57.

(417)  C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491, punti 55 e 56; C-294/06, Payir e altri, ECLI:EU:C:2008:36, punto 46; 53/81, Levin, ECLI:EU:C:1982:105, punto 21; Conclusioni dell'avvocato generale Geelhoed, C-209/03, Bidar, ECLI:EU:C:2004:715, punto 19; C-46/12, L.N., ECLI:EU:C:2013:97, punti 46 e 47; C-212/97, Centros, ECLI:EU:C:1999:126, punto 27.

(418)  C-109/01, Akrich, ECLI:EU:C:2003:491, punti 55 e 56.

(419)  Cfr. ad esempio C-256/11, Dereci e altri, ECLI:EU:C:2011:734, punto 54.

(420)  Cfr. C-256/11, Dereci e altri, ECLI:EU:C:2011:734, punto 56.

(421)  C-184/99, Grzelczyk, ECLI:EU:C:2001:458, punto 31; C-413/99, Baumbast e R., ECLI:EU:C:2002:493, punto 82.

(422)  C-34/09, Ruiz Zambrano, ECLI:EU:C:2011:124.

(423)  C-34/09, Ruiz Zambrano, ECLI:EU:C:2011:124, punto 44.

(424)  C-34/09, Ruiz Zambrano, ECLI:EU:C:2011:124, punto 42.

(425)  Tutti gli Stati membri, fatta eccezione per Bulgaria, Irlanda, Cipro e Romania.

(426)  C-34/09, Ruiz Zambrano, ECLI:EU:C:2011:124, punto 44.

(427)  C-256/11, Dereci e altri, ECLI:EU:C:2011:734, punti da 65 a 67, cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. e altri, ECLI:EU:C:2012:776, punto 56 e C-133/15, Chavez-Vilchez, ECLI:EU:C:2017:354, punto 69.

(428)  C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punti 56 e 57.

(429)  C-836/18, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, ECLI:EU:C:2020:119, punti da 48 a 53.

(430)  Cfr. ad esempio C-256/11, Dereci e altri, ECLI:EU:C:2011:734, punto 68 e cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. e altri, ECLI:EU:C:2012:776, punto 52.

(431)  C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punti da 33 a 38.

(432)  C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675, punto 84; C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punto 92.

(433)  C-256/11, Dereci e altri, ECLI:EU:C:2011:734, punti 65 e 67, cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. e altri, ECLI:EU:C:2012:776, punto 56 e C-133/15, Chavez-Vilchez, ECLI:EU:C:2017:354, punto 69.

(434)  C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punto 76.

(435)  Cause riunite C-356/11 e C-357/11, O. e altri, ECLI:EU:C:2012:776, punti 55 e 56.

(436)  C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punto 76.

(437)  C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punto60.

(438)  C-836/18, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real, ECLI:EU:C:2020:119, punto 61.

(439)  C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punto 76.

(440)  Cause riunite C-451/19 e C-532/19, Subdelegación del Gobierno en Toledo, ECLI:EU:C:2022:354, punto 67.

(441)  C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punti da 39 a 45.

(442)  C-82/16, K.A., ECLI:EU:C:2018:308, punti 72 e 73 e C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punti da 56 a 59.

(443)  Cause riunite C-451/19 e C-532/19, Subdelegación del Gobierno en Toledo, ECLI:EU:C:2022:354, punto 69.

(444)  C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punto 52.

(445)  C-459/20, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, EU:C:2023:499, punto53.

(446)  Cause riunite C-451/19 e C-532/19, Subdelegación del Gobierno en Toledo, ECLI:EU:C:2022:354, punti da 83 a 86.

(447)  C-624/20, E.K, ECLI:EU:C:2022:639.

(448)  Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44).

(449)  C-624/20, E.K, ECLI:EU:C:2022:639, punto 49.

(450)  C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675, punto 81; C-304/14, CS, ECLI:EU:C:2016:674, punto 36 e C-528/21, M.D., ECLI:EU:C:2023:341, punti 67 e 68.

(451)  C-528/21, M.D., ECLI:EU:C:2023:341, punti da 62 a 64.

(452)  C-165/14, Rendón Marín, ECLI:EU:C:2016:675, punto 83 e giurisprudenza ivi citata.


ELI: http://data.europa.eu/eli/C/2023/1392/oj

ISSN 1977-0944 (electronic edition)