ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
66° anno |
Sommario |
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IV Informazioni |
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INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA |
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Corte di giustizia delľUnione europea |
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2023/C 321/01 |
IT |
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IV Informazioni
INFORMAZIONI PROVENIENTI DALLE ISTITUZIONI, DAGLI ORGANI E DAGLI ORGANISMI DELL'UNIONE EUROPEA
Corte di giustizia delľUnione europea
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/1 |
Ultime pubblicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
(2023/C 321/01)
Ultime pubblicazioni
Cronistoria delle pubblicazioni precedenti
Questi testi sono disponibili su:
EUR-Lex: http://eur-lex.europa.eu
V Avvisi
PROCEDIMENTI GIURISDIZIONALI
Corte di giustizia
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/2 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 13 luglio 2023 — Commissione europea / CK Telecoms UK Investments Ltd, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, EE Ltd
(Causa C-376/20 P) (1)
(Impugnazione - Concorrenza - Regolamento (CE) n. 139/2004 - Controllo delle concentrazioni di imprese - Servizi di telecomunicazione mobile - Decisione che dichiara una concentrazione incompatibile con il mercato interno - Mercato oligopolistico - Ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva - Effetti non coordinati - Livello di prova - Potere discrezionale della Commissione europea in materia economica - Limiti del sindacato giurisdizionale - Orientamenti sulle concentrazioni orizzontali - Fattori rilevanti per dimostrare un ostacolo significativo ad una concorrenza effettiva - Nozione di «importante forza concorrenziale» e di «diretti (close) concorrenti» - Prossimità della concorrenza tra le imprese partecipanti alla concentrazione - Analisi quantitativa degli effetti della concentrazione prevista sui prezzi - Incrementi di efficienza - Snaturamento - Censura sollevata d’ufficio dal Tribunale dell’Unione europea - Annullamento)
(2023/C 321/02)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: inizialmente G. Conte, M. Farley, J. Szczodrowski e C. Urraca Caviedes, successivamente F. Castillo de la Torre, G. Conte, M. Farley, J. Szczodrowski e C. Urraca Caviedes, agenti)
Altre parti nel procedimento: CK Telecoms UK Investments Ltd (rappresentanti: inizialmente J. Aitken, K. Asakura, A. Coe, M. Davis, S. Prichard, solicitors, O. W. Brouwer, advocaat, M. B. Kennelly, SC, A. Müller, advocate, e T. Wessely, Rechtsanwalt, successivamente J. Aitken, K. Asakura, A. Coe, M. Davis, solicitors, O. W. Brouwer, advocaat, B. Kennelly, SC, A. Müller, advocate, e T. Wessely, Rechtsanwalt), Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (rappresentanti: inizialmente S. Brandon, successivamente F. Shibli, agenti), EE Ltd
Interveniente a sostegno della ricorrente: Autorità di vigilanza EFTA (rappresentanti: inizialmente C. Simpson, M. Sánchez Rydelski e C. Zatschler, successivamente C. Simpson et M. Sánchez Rydelski, agenti)
Dispositivo
1) |
È annullata la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 28 maggio 2020, CK Telecoms UK Investments/Commissione (T-399/16, EU:T:2020:217). |
2) |
La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea. |
3) |
Le spese sono riservate. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/3 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 13 luglio 2023 (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Sąd Okręgowy w Warszawie — Polonia) — Procedimenti penali a carico di YP e a. (C-615/20), M. M. (C-671/20)
[Cause riunite C-615/20 e C-671/20 (1), YP e a. (Revoca dell’immunità di un giudice e sospensione dalle sue funzioni)]
(Rinvio pregiudiziale - Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE - Stato di diritto - Tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione - Indipendenza dei giudici - Primato del diritto dell’Unione - Articolo 4, paragrafo 3, TUE - Obbligo di leale cooperazione - Revoca dell’immunità penale e sospensione dalle funzioni di un giudice disposte dall’Izba Dyscyplinarna (Sezione disciplinare) del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) - Mancanza di indipendenza e imparzialità di tale sezione - Modifica della composizione del collegio giudicante chiamato a conoscere di una causa precedentemente assegnata a tale giudice - Divieti per gli organi giurisdizionali nazionali di mettere in discussione la legittimità di un organo giurisdizionale, di compromettere il funzionamento di quest’ultimo o di valutare la legalità o l’efficacia della nomina dei giudici o dei poteri giurisdizionali di questi ultimi a pena di sanzioni disciplinari - Obbligo per gli organi giurisdizionali di cui trattasi e per le autorità competenti a designare e modificare la composizione dei collegi giudicanti di disapplicare le misure di revoca dell’immunità e di sospensione del giudice interessato - Obbligo per i medesimi organi giurisdizionali e le medesime autorità di disapplicare le disposizioni nazionali che prevedono detti divieti)
(2023/C 321/03)
Lingua processuale: il polacco
Giudice del rinvio
Sąd Okręgowy w Warszawie
Parti nei procedimenti penali principali
YP e a. (C-615/20), M. M. (C-671/20)
con l’intervento di: Prokuratura Okręgowa w Warszawie, Komisja Nadzoru Finansowego e a. (C-615/20)
Dispositivo
1) |
L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a disposizioni nazionali che conferiscono a un organo, la cui indipendenza e imparzialità non sono garantite, la competenza ad autorizzare l’avvio di procedimenti penali a carico di giudici degli organi giurisdizionali ordinari e, in caso di rilascio di una siffatta autorizzazione, a sospendere dalle funzioni i giudici di cui trattasi e a ridurre la retribuzione di questi ultimi durante detta sospensione. |
2) |
L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, il principio del primato del diritto dell’Unione e il principio di leale cooperazione sancito all’articolo 4, paragrafo 3, TUE devono essere interpretati nel senso che:
|
3) |
L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nonché i principi del primato del diritto dell’Unione e di leale cooperazione devono essere interpretati nel senso che:
|
4) |
L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nonché i principi del primato del diritto dell’Unione e di leale cooperazione devono essere interpretati nel senso che essi ostano:
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11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/4 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 13 luglio 2023 (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Corte dei Conti — Italia) — Ferrovienord SpA / Istituto Nazionale di Statistica — ISTAT (C-363/21), Federazione Italiana Triathlon / Istituto Nazionale di Statistica — ISTAT, Ministero dell’Economia e delle Finanze (C-364/21)
(Cause riunite C-363/21 e C-364/21 (1), Ferrovienord e a.)
(Rinvio pregiudiziale - Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE - Obbligo degli Stati membri di istituire i rimedi giurisdizionali necessari per garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione - Politica economica - Regolamento (UE) n. 549/2013 - Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea (SEC) - Direttiva 2011/85/UE - Requisiti applicabili ai quadri di bilancio degli Stati membri - Normativa nazionale che limita la competenza del giudice contabile - Principi di effettività e di equivalenza - Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea)
(2023/C 321/04)
Lingua processuale: l’italiano
Giudice del rinvio
Corte dei Conti
Parti nel procedimento principale
Ricorrenti: Ferrovienord SpA (C-363/21), Federazione Italiana Triathlon (C-364/21)
Convenuti: Istituto Nazionale di Statistica — ISTAT (C-363/21), Istituto Nazionale di Statistica — ISTAT, Ministero dell’Economia e delle Finanze (C-364/21)
in presenza di: Procura generale della Corte dei conti, Ministero dell’Economia e delle Finanze (C-363/21), Procura generale della Corte dei conti (C-364/21)
Dispositivo
Il regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, il regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea, la direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell’8 novembre 2011, relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dei principi di equivalenza e di effettività,
devono essere interpretati nel senso che:
essi non ostano ad una normativa nazionale che limiti la competenza del giudice contabile a statuire sulla fondatezza dell’iscrizione di un ente nell’elenco delle amministrazioni pubbliche, purché siano garantiti l’effetto utile dei regolamenti e della direttiva summenzionati nonché la tutela giurisdizionale effettiva imposta dal diritto dell’Unione.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/5 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof — Austria) — Ocilion IPTV Technologies GmbH / Seven.One Entertainment Group GmbH, Puls 4 TV GmbH & Co. KG
(Causa C-426/21 (1), Ocilion IPTV Technologies)
(Rinvio pregiudiziale - Proprietà intellettuale - Diritti d’autore nella società dell’informazione - Direttiva 2001/29/CE - Articolo 3 - Diritto di comunicazione al pubblico - Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) - Eccezione detta per «copia privata» - Fornitore di un servizio «Internet Protocol Television» (IPTV) - Accesso ai contenuti protetti senza autorizzazione del titolare dei diritti - Videoregistratore online - Replay in differita - Tecnica di deduplica)
(2023/C 321/05)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Oberster Gerichtshof
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Ocilion IPTV Technologies GmbH
Convenuta: Seven.One Entertainment Group GmbH, Puls 4 TV GmbH & Co. KG
Dispositivo
1) |
L’articolo 2 e l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, devono essere interpretati nel senso che: non rientra nell’eccezione al diritto esclusivo degli autori e degli organismi di diffusione radiotelevisiva di autorizzare o vietare la riproduzione di opere protette il servizio offerto da un operatore di ritrasmissione di trasmissioni televisive online a clienti commerciali che consenta, a partire da una soluzione in cui il servizio è ospitato nel cloud o che è basata su hardware e software necessari messi a disposizione on premise, una registrazione continuata o isolata di tali trasmissioni, su iniziativa degli utenti finali di tale servizio, quando la copia realizzata da un primo utente che ha selezionato una trasmissione è messa a disposizione, dall’operatore, di un numero indeterminato di utenti che desiderano visionare lo stesso contenuto. |
2) |
L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che: non costituisce una «comunicazione al pubblico», ai sensi di tale disposizione, la fornitura, da parte di un operatore di ritrasmissione di trasmissioni televisive online, al proprio cliente commerciale, dell’hardware e del software necessari, ivi compresa un’assistenza tecnica, che consentano a tale cliente di fornire ai propri clienti l’accesso in differita a trasmissioni televisive online, e ciò quand’anche esso sia a conoscenza del fatto che il suo servizio può essere utilizzato per accedere a contenuti di trasmissioni protetti senza il consenso dei loro autori. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/6 |
Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 13 luglio 2023 — Nichicon Corporation / Commissione europea
(Causa C-757/21 P) (1)
(Impugnazione - Autenticazione di una sentenza da parte del Tribunale - Articolo 118 del regolamento di procedura del Tribunale - Copia della sentenza da notificare - Sottoscrizione dei giudici - Intese - Articolo 101 TFUE - Mercato dei condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio - Accordi e pratiche concordate su diversi elementi del prezzo - Nozione di infrazione «per oggetto» - Onere della prova della Commissione europea - Dichiarazioni aziendali - Affidabilità - Portata geografica di un comportamento anticoncorrenziale - Infrazione unica e continuata - Ammenda - Calcolo dell’importo di base - Vendite da considerare - Circostanze attenuanti - Competenza estesa al merito)
(2023/C 321/06)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Nichicon Corporation (rappresentanti: A. Ablasser-Neuhuber, G. Fussenegger, H. Kühnert e F. Neumayr, Rechtsanwälte)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea (rappresentanti: B. Ernst, T. Franchoo, C. Sjödin e F. van Schaik, agenti)
Dispositivo
1) |
L’impugnazione è respinta. |
2) |
La Nichicon Corporation è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/7 |
Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 13 luglio 2023 — Nippon Chemi-Con Corporation / Commissione europea
(Causa C-759/21 P) (1)
(Impugnazione - Autenticazione di una sentenza da parte del Tribunale - Articolo 118 del regolamento di procedura del Tribunale - Copia della sentenza da notificare - Sottoscrizione dei giudici - Intese - Articolo 101 TFUE - Mercato dei condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio - Accordi e pratiche concordate su diversi elementi del prezzo - Nozione di infrazione «per oggetto» - Onere della prova della Commissione europea - Portata geografica di un comportamento anticoncorrenziale - Infrazione unica e continuata - Ammenda - Calcolo dell’importo di base - Vendite da considerare - Circostanze attenuanti - Competenza estesa al merito)
(2023/C 321/07)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Nippon Chemi-Con Corporation (rappresentanti: P. Neideck, H.-J. Niemeyer, M. Röhrig, Rechtsanwälte e I.–L. Stoicescu, avocate)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea (rappresentanti: B. Ernst, T. Franchoo, C. Sjödin e L. Wildpanner, agenti)
Dispositivo
1) |
L’impugnazione è respinta. |
2) |
La Nippon Chemi-Con Corporation è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/7 |
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Padova — Italia) — D. M. / Azienda Ospedale-Università di Padova
(Causa C-765/21 (1), Azienda Ospedale-Università di Padova)
(Rinvio pregiudiziale - Sanità pubblica - Normativa nazionale che impone un obbligo vaccinale per il personale sanitario - Sospensione dalle funzioni senza retribuzione per il personale che rifiuta il vaccino - Regolamento (CE) n. 726/2004 - Medicinali per uso umano - Vaccini anti COVID-19 - Regolamento (CE) n. 507/2006 - Validità delle autorizzazioni all’immissione in commercio condizionate - Regolamento (UE) 2021/953 - Divieto di discriminazione tra persone vaccinate e non vaccinate - Irricevibilità)
(2023/C 321/08)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Tribunale ordinario di Padova
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: D. M.
Convenuta: Azienda Ospedale-Università di Padova
Con l’intervento di: C. S.
Dispositivo
La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Padova (Italia), con ordinanza del 7 dicembre 2021, è irricevibile.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/8 |
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Provincial de Malaga — Spagna) — CAJASUR Banco S.A. / JO, IM
(Causa C-35/22 (1), CAJASUR Banco)
(Rinvio pregiudiziale - Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Articolo 6, paragrafo 1 - Condizioni generali di un contratto di mutuo ipotecario dichiarate nulle dai giudici nazionali - Ricorso giurisdizionale - Ottemperanza prima di qualsiasi contestazione - Normativa nazionale che impone ad un consumatore l’adempimento di una formalità precontenziosa nei confronti del professionista in questione al fine di non essere condannato alle spese del procedimento giurisdizionale - Principio di buona amministrazione della giustizia - Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva)
(2023/C 321/09)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Audiencia Provincial de Malaga
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: CAJASUR Banco S.A.
Convenuti: JO, IM
Dispositivo
L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letto alla luce del principio di effettività,
deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una normativa nazionale in forza della quale, in mancanza di adempimento da parte di un consumatore di una formalità precontenziosa nei confronti di un professionista con il quale abbia concluso un contratto contenente una clausola abusiva, tale consumatore deve sopportare le proprie spese relative al procedimento giurisdizionale che ha promosso contro tale professionista per far valere i diritti che gli conferisce la direttiva 93/13, qualora tale professionista abbia ottemperato alla domanda di detto consumatore prima di qualsiasi contestazione, anche se è stato constatato il carattere abusivo di tale clausola, purché il giudice nazionale competente possa tener conto dell’esistenza di una giurisprudenza nazionale consolidata che accerti il carattere abusivo di clausole analoghe e del comportamento dello stesso professionista per concludere che quest’ultimo ha agito in malafede e, se del caso, condannarlo di conseguenza a sopportare tali spese.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/9 |
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 13 luglio 2023 — Grupa Azoty S.A., Azomureș SA, Lipasmata Kavalas LTD Ypokatastima Allodapis / Commissione europea (C-73/22 P), Advansa Manufacturing GmbH, Beaulieu International Group NV e a. / Dralon GmbH, Commissione europea (C-77/22 P)
(Cause riunite C-73/22 P e C-77/22 P) (1)
(Impugnazione - Aiuti di Stato - Orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell’ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra - Settori economici ammissibili - Esclusione del settore della produzione di composti azotati e concimi - Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Diritto di ricorso delle persone fisiche o giuridiche - Articolo 263, quarto comma, TFUE - Condizione secondo la quale il ricorrente deve essere direttamente interessato)
(2023/C 321/10)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
(Causa C-73/22 P)
Ricorrenti: Grupa Azoty S.A., Azomureș SA, Lipasmata Kavalas LTD Ypokatastima Allodapis (rappresentanti: D. Haverbeke, L. Ruessmann e P. Sellar, avocats)
Altra parte nel procedimento: Commissione europea (rappresentanti: inizialmente A. Bouchagiar, G. Braga da Cruz e J. Ringborg, successivamente A. Bouchagiar e J. Ringborg, agenti)
(Causa C-77/22 P)
Ricorrenti: Advansa Manufacturing GmbH, Beaulieu International Group NV, Brilen SA, Cordenka GmbH & Co. KG, Dolan GmbH, Enka International GmbH & Co. KG, Glanzstoff Longlaville SAS, Infinited Fiber Company Oy, Kelheim Fibres GmbH, Nurel SA, PHP Fibers GmbH, Teijin Aramid BV, Thrace Nonwovens & Geosynthetics monoprosopi AVEE mi yfanton yfasmaton kai geosynthetikon proïonton S.A., Trevira GmbH (rappresentanti: D. Haverbeke, L. Ruessmann e P. Sellar, avocats)
Altre parti nel procedimento: Dralon GmbH, Commissione europea (rappresentanti: inizialmente A. Bouchagiar, G. Braga da Cruz e J. Ringborg, successivamente A. Bouchagiar e J. Ringborg, agenti)
Dispositivo
1) |
Le impugnazioni nelle cause C-73/22 P e C-77/22 P sono respinte. |
2) |
La Grupa Azoty S.A., la Azomureș SA e la Lipasmata Kavalas LTD Ypokatastima Allodapis si fanno carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla Commissione europea relative all’impugnazione nella causa C-73/22 P. |
3) |
La Advansa Manufacturing GmbH, la Beaulieu International Group NV, la Brilen SA, la Cordenka GmbH & Co. KG, la Dolan GmbH, la Enka International GmbH & Co. KG, la Glanzstoff Longlaville SAS, la Infinited Fiber Company Oy, la Kelheim Fibres GmbH, la Nurel SA, la PHP Fibers GmbH, la Teijin Aramid BV, la Thrace Nonwovens & Geosynthetics monoprosopi AVEE mi yfanton yfasmaton kai geosynthetikon proïonton S.A. e la Trevira GmbH si fanno carico delle proprie spese e di quelle sostenute dalla Commissione relative all’impugnazione nella causa C-77/22 P. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/10 |
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landesgericht Korneuburg — Austria) — TT / AK
(Causa C-87/22 (1), TT (Trasferimento illecito del minore))
(Rinvio pregiudiziale - Competenza in materia di responsabilità genitoriale - Regolamento (CE) n. 2201/2003 - Articoli 10 e 15 - Trasferimento delle competenze a una autorità giurisdizionale di un altro Stato membro più adatta a trattare il caso - Condizioni - Autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui il minore è stato illecitamente trasferito - Convenzione dell’Aia del 1980 - Interesse superiore del minore)
(2023/C 321/11)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Landesgericht Korneuburg
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: TT
Resistente: AK
Dispositivo
1) |
L’articolo 15 del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che: l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente a decidere nel merito di una causa in materia di responsabilità genitoriale ai sensi dell’articolo 10 di detto regolamento può eccezionalmente chiedere il trasferimento di tale causa, previsto all’articolo 15, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, a un’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui tale minore è stato illecitamente trasferito da uno dei suoi genitori. |
2) |
L’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 deve essere interpretato nel senso che: le sole condizioni alle quali è subordinata la possibilità, per l’autorità giurisdizionale di uno Stato membro competente a decidere nel merito di una causa in materia di responsabilità genitoriale, di chiedere il trasferimento di tale causa a un’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro sono quelle espressamente enunciate in detta disposizione. In sede di esame di quelle, tra tali condizioni, relative, da un lato, all’esistenza, in quest’ultimo Stato membro, di un’autorità giurisdizionale più adatta a trattare il caso e, dall’altro, all’interesse superiore del minore, l’autorità giurisdizionale del primo Stato membro deve prendere in considerazione l’esistenza di un procedimento di ritorno di tale minore che sia stato avviato in forza dell’articolo 8, primo comma, e terzo comma, lettera f), della Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aia il 25 ottobre 1980, e che non sia ancora stato oggetto di alcuna decisione definitiva nello Stato membro in cui detto minore è stato illecitamente trasferito da uno dei suoi genitori. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/11 |
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék — Ungheria) — Xella Magyarország Építőanyagipari Kft. / Innovációs és Technológiai Miniszter
(Causa C-106/22 (1), Xella Magyarország)
(Rinvio pregiudiziale - Libera circolazione dei capitali - Libertà di stabilimento - Regolamento (UE) 2019/452 - Normativa di uno Stato membro che istituisce un meccanismo di controllo degli investimenti esteri in società residenti considerate come «strategiche» - Decisione adottata in base a tale normativa, che vieta l’acquisizione da parte di una società residente della totalità delle quote di un’altra società residente - Società acquisita considerata come «strategica» sulla base del rilievo che la sua attività principale concerne l’estrazione mineraria di determinate materie prime di base, quali la ghiaia, la sabbia e l’argilla - Società acquirente considerata come un «investitore estero» sulla base del rilievo che essa fa parte di un gruppo di società la cui società capogruppo è stabilita in un paese terzo - Pregiudizio o rischio di pregiudizio a un interesse nazionale, alla pubblica sicurezza o all’ordine pubblico dello Stato membro - Obiettivo volto a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di materie prime di base a vantaggio del settore edile, in particolare a livello regionale)
(2023/C 321/12)
Lingua processuale: l’ungherese
Giudice del rinvio
Fővárosi Törvényszék
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Xella Magyarország Építőanyagipari Kft.
Resistente: Innovációs és Technológiai Miniszter
Con l’intervento di: «JANES ÉS TÁRSA» Szállítmányozó, Kereskedelmi és Vendéglátó Kft.
Dispositivo
Le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento
devono essere interpretate nel senso che:
ostano a un meccanismo di controllo degli investimenti esteri previsto dalla normativa di uno Stato membro che consente di vietare l’acquisizione della proprietà di una società residente, considerata come strategica, da parte di un’altra società residente facente parte di un gruppo di società stabilite in più Stati membri, nella quale una società di un paese terzo dispone di un’influenza determinante, con la motivazione che tale acquisizione pregiudica o rischia di pregiudicare l’interesse nazionale consistente nel garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a favore del settore edile, in particolare a livello locale, per quanto riguarda materie prime di base, quali la ghiaia, la sabbia e l’argilla.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/11 |
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesarbeitsgericht — Germania) — MO / SM in qualità di curatore fallimentare della G GmbH
(Causa C-134/22 (1), G GmbH)
(Rinvio pregiudiziale - Politica sociale - Licenziamenti collettivi - Direttiva 98/59/CE - Informazione e consultazione - Articolo 2, paragrafo 3, secondo comma - Obbligo incombente al datore di lavoro che prevede di effettuare un licenziamento collettivo di trasmettere all’autorità pubblica competente una copia delle informazioni comunicate ai rappresentati dei lavoratori - Obiettivo - Conseguenze dell’inosservanza di tale obbligo)
(2023/C 321/13)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Bundesarbeitsgericht
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: MO
Resistente: SM in qualità di curatore fallimentare della G GmbH
Dispositivo
L’articolo 2, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi,
deve essere interpretato nel senso che:
l’obbligo incombente al datore di lavoro di trasmettere all’autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta previsti all’articolo 2, paragrafo 3, primo comma, lettera b), punti da i) a v), di tale direttiva non ha la finalità di conferire una tutela individuale ai lavoratori interessati da licenziamenti collettivi.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/12 |
Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 13 luglio 2023 — Debregeas et associés Pharma (D & A Pharma) / Agenzia europea per i medicinali (EMA)
(Causa C-136/22 P) (1)
(Impugnazione - Medicinali per uso umano - Regolamento (CE) n.o726/2004 - Decisione dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) di non rinnovare un gruppo scientifico consultivo - Ricorso di annullamento proposto dal richiedente di un’autorizzazione di immissione in commercio - Ricevibilità - Interesse ad agire - Interesse esistente ed effettivo che può discendere da un’altra azione giudiziaria - Presupposti)
(2023/C 321/14)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Debregeas et associés Pharma (D & A Pharma) (rappresentanti: inizialmente E. Gouesse, D. Krzisch e N. Viguié, avocats, successivamente E. Gouesse e N. Viguié, avocats)
Altra parte nel procedimento: Agenzia europea per i medicinali (EMA) (rappresentanti: C. Bortoluzzi, S. Drosos, H. Kerr e S. Marino, agenti)
Dispositivo
1) |
L’impugnazione è respinta. |
2) |
La Debrégeas et associés Pharma SAS (D & A Pharma) si fa carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), relativamente all’impugnazione. |
11.9.2023 |
IT |
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C 321/13 |
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof — Germania) — Finanzamt Hamm / Harry Mensing
(Causa C-180/22 (1), Mensing II)
(Rinvio pregiudiziale - Fiscalità - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) - Direttiva 2006/112/CE - Articoli 311 e seguenti - Regimi speciali applicabili agli oggetti d’arte - Regime del margine - Soggetti passivi-rivenditori - Cessione di oggetti d’arte da parte dell’autore o dei suoi aventi diritto - Operazioni intracomunitarie - Diritto a detrarre l’imposta assolta a monte)
(2023/C 321/15)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Bundesfinanzhof
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Finanzamt Hamm
Resistente: Harry Mensing
Dispositivo
Gli articoli 312 e 315 nonché l’articolo 317, primo comma, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,
devono essere interpretati nel senso che:
l’imposta sul valore aggiunto assolta da un soggetto passivo-rivenditore a titolo dell’acquisto intracomunitario di un oggetto d’arte, la cui cessione a valle è soggetta al regime del margine in conformità dell’articolo 316, paragrafo 1, di detta direttiva, fa parte della base imponibile di tale cessione.
11.9.2023 |
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C 321/13 |
Sentenza della Corte (Nona Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca — Spagna) — ZR, PI / Banco Santander, SA
[Causa C-265/22 (1), Banco Santander (Riferimento a un indice ufficiale)]
(Rinvio pregiudiziale - Tutela dei consumatori - Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori - Contratti di mutuo ipotecario - Clausola che prevede un tasso di interesse variabile - Indice di riferimento fondato sui tassi annui effettivi globali (TAEG) dei mutui ipotecari concessi da istituti di credito - Indice stabilito da un atto regolamentare o amministrativo - Indicazioni che figurano nel preambolo di tale atto - Controllo relativo all’obbligo di trasparenza - Valutazione del carattere abusivo)
(2023/C 321/16)
Lingua processuale: lo spagnolo
Giudice del rinvio
Juzgado de Primera Instancia n. 17 de Palma de Mallorca
Parti nel procedimento principale
Ricorrenti: ZR, PI
Convenuta: Banco Santander, SA
Dispositivo
L’articolo 3, paragrafo 1, nonché gli articoli 4 e 5 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,
devono essere interpretati nel senso che:
è rilevante per valutare la trasparenza e l’eventuale carattere abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile che designa come indice di riferimento, per la revisione periodica del tasso di interesse applicabile a tale mutuo, un indice stabilito da una circolare oggetto di una pubblicazione ufficiale, al quale viene applicata una maggiorazione, il tenore delle informazioni contenute in un’altra circolare che menzionano la necessità di applicare all’indice in parola, tenuto conto del suo metodo di calcolo, un differenziale negativo al fine di allineare detto tasso di interesse al tasso di mercato. È altresì rilevante la questione se tali informazioni siano sufficientemente accessibili per un consumatore medio.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/14 |
Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Elegktiko Synedrio — Grecia) — Achilleion Anomymi Xenodocheiaki Etaireia / Elliniko Dimosio
(Causa C-313/22) (1)
(Rinvio pregiudiziale - Fondi strutturali - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - Cofinanziamento - Regolamento (CE) n. 1260/1999 - Articolo 30, paragrafo 4, e articolo 39, paragrafo 1 - Perennità delle operazioni relative a investimenti - «Modificazione sostanziale» di un’operazione di investimento cofinanziata - Recupero di un aiuto in caso di cessione dello stabilimento oggetto di tale operazione - Incidenza delle circostanze specifiche che accompagnano tale cessione)
(2023/C 321/17)
Lingua processuale: il greco
Giudice del rinvio
Elegktiko Synedrio
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Achilleion Anomymi Xenodocheiaki Etaireia
Convenuto: Elliniko Dimosio
Dispositivo
1) |
L’articolo 30, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali, deve essere interpretato nel senso che:
|
2) |
L’articolo 30, paragrafo 4, e l’articolo 39, paragrafo 1, del regolamento n. 1260/1999, letti in combinato disposto con l’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che: occorre procedere alle rettifiche finanziarie previste da tale articolo 39, paragrafo 1, quando la cessione di uno stabilimento oggetto di un’operazione di investimento cofinanziata dai Fondi strutturali dell’Unione europea costituisce una modificazione sostanziale di tale operazione, ai sensi di detto articolo 30, paragrafo 4. |
11.9.2023 |
IT |
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C 321/15 |
Sentenza della Corte (Decima Sezione) del 13 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof — Germania) — Gemeinde A / Finanzamt
(Causa C-344/22 (1), Gemeinde A)
(Rinvio pregiudiziale - Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA) - Direttiva 2006/112/CE - Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) - Prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso - Enti di diritto pubblico - Comune che percepisce un’imposta di soggiorno per la messa a disposizione di strutture termali accessibili a tutti)
(2023/C 321/18)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Bundesfinanzhof
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Gemeinde A
Resistente: Finanzamt
Dispositivo
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,
deve essere interpretato nel senso che:
non costituisce una «prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso», ai sensi di detta norma, la messa a disposizione di strutture termali da parte di un comune, qualora quest’ultimo, in base ad uno statuto comunale, riscuota un’imposta di soggiorno giornaliera di un determinato importo dai visitatori che vi soggiornano, allorché l’obbligo di versare tale imposta è collegato non già all’utilizzo di dette strutture, bensì al soggiorno nel territorio comunale, e tali strutture sono liberamente e gratuitamente accessibili a tutti.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/16 |
Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Braşov — Romania) — Procedimento penale a carico di C.I., C.O., K.A., L.N., S.P.
(Causa C-107/23 PPU (1), Lin (2))
(Rinvio pregiudiziale - Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea - Articolo 325, paragrafo 1, TFUE - Convenzione «TIF» - Articolo 2, paragrafo 1 - Obbligo di lottare con misure dissuasive ed effettive contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione - Obbligo di prevedere sanzioni penali - Imposta sul valore aggiunto (IVA) - Direttiva 2006/112/CE - Frode grave all’IVA - Termine di prescrizione della responsabilità penale - Sentenza di una Corte costituzionale che ha invalidato una disposizione nazionale che disciplina le cause di interruzione di tale termine - Rischio sistemico d’impunità - Tutela dei diritti fondamentali - Articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - Principio di legalità dei reati e delle pene - Requisiti di prevedibilità e di determinatezza della legge penale - Principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole (lex mitior) - Principio di certezza del diritto - Standard nazionale di tutela dei diritti fondamentali - Obbligo per i giudici di uno Stato membro di disapplicare le sentenze della Corte costituzionale e/o dell’organo giurisdizionale supremo di tale Stato membro in caso di non conformità al diritto dell’Unione - Responsabilità disciplinare dei giudici in caso di inosservanza di tali sentenze - Principio del primato del diritto dell’Unione)
(2023/C 321/19)
Lingua processuale: il rumeno
Giudice del rinvio
Curtea de Apel Braşov
Parti nel procedimento penale principale
C.I., C.O., K.A., L.N., S.P.
con l’intervento di: Statul român
Dispositivo
1) |
L’articolo 325, paragrafo 1, TFUE, e l’articolo 2, paragrafo 1, della Convenzione elaborata in base all’articolo K.3 del Trattato sull’Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 e allegata all’Atto del Consiglio del 26 luglio 1995, devono essere interpretati nel senso che: gli organi giurisdizionali di uno Stato membro non sono tenuti a disapplicare le sentenze della Corte costituzionale di tale Stato membro che invalidano la disposizione legislativa nazionale recante disciplina delle cause di interruzione del termine di prescrizione in materia penale, per violazione del principio di legalità dei reati e delle pene quale tutelato dal diritto nazionale, sotto il profilo dei suoi requisiti di prevedibilità e di determinatezza della legge penale, anche se tali sentenze hanno la conseguenza di condurre all’archiviazione, per prescrizione della responsabilità penale, di un numero considerevole di procedimenti penali, ivi compresi procedimenti relativi a reati di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea. Per contro, tali disposizioni del diritto dell’Unione devono essere interpretate nel senso che: gli organi giurisdizionali di tale Stato membro sono tenuti a disapplicare uno standard nazionale di tutela relativo al principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole (lex mitior) che consente di mettere in discussione, anche nell’ambito di ricorsi contro sentenze definitive, l’interruzione del termine di prescrizione della responsabilità penale in simili procedimenti mediante atti processuali intervenuti prima di una tale constatazione di invalidità. |
2) |
Il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale gli organi giurisdizionali nazionali ordinari di uno Stato membro sono vincolati dalle decisioni della Corte costituzionale nonché da quelle dell’organo giurisdizionale supremo di tale Stato membro e non possono, per tale ragione e con il rischio che sorga la responsabilità disciplinare dei giudici interessati, disapplicare d’ufficio la giurisprudenza risultante da tali decisioni, anche se essi ritengono, alla luce di una sentenza della Corte, che tale giurisprudenza sia contraria a disposizioni del diritto dell’Unione aventi effetto diretto. |
(2) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/17 |
Ordinanza della Corte (Ottava Sezione) del 10 maggio 2023 — MKB Multifunds BV / Commissione europea, Regno dei Paesi Bassi
(Causa C-665/21 P) (1)
(Impugnazione - Articolo 181 del regolamento di procedura della Corte - Aiuti di Stato - Asserito aiuto di Stato concesso da uno Stato membro in favore di un fondo di fondi - Esame preliminare della Commissione europea - Decisione della Commissione che constata l’insussistenza di un aiuto di Stato - Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Regolamento (UE) 2015/1589 - Articolo 1, lettera h) - Nozione di «interessati»)
(2023/C 321/20)
Lingua processuale: il neerlandese
Parti
Ricorrente: MKB Multifunds BV (rappresentanti: inizialmente R. Rampersad e J.M.M. van de Hel, advocaten, poi P. Breithaupt e J.M.M. van de Hel, advocaten)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea (rappresentanti: V. Bottka, C.-M. Carrega e M.S. Noë, agenti), Regno dei Paesi Bassi (rappresentanti: M.K. Bulterman e C.S. Schillemans, agenti)
Dispositivo
1. |
L’impugnazione è respinta in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondata. |
2. |
La MKB Multifunds BV è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea. |
3. |
Il Regno dei Paesi Bassi si fa carico delle proprie spese. |
11.9.2023 |
IT |
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C 321/18 |
Ordinanza della Corte (Decima Sezione) del 17 luglio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Rejonowy Szczecin — Prawobrzeże i Zachód w Szczecinie — Polonia) — PA
(Causa C-55/22 (1), Jurtukała (2))
(Rinvio pregiudiziale - Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte - Risposta chiaramente desumibile dalla giurisprudenza - Competenza, legge applicabile, riconoscimento e esecuzione delle decisioni, accettazione e esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e creazione di un certificato successorio europeo - Regolamento (UE) n. 650/2012 - Articolo 10, paragrafo 1, lettera a) - Competenza sussidiaria - Articolo 267 TFUE - Obbligo di rispettare le istruzioni di un giudice superiore)
(2023/C 321/21)
Lingua processuale: il polacco
Giudice del rinvio
Sąd Rejonowy Szczecin — Prawobrzeże i Zachód w Szczecinie
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: PA
Altra parte: MO
Dispositivo
1) |
L’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo, deve essere interpretato nel senso che la norma di competenza sussidiaria prevista da tale disposizione si applica solo nel caso in cui la residenza abituale del defunto al momento del decesso fosse situata in uno Stato membro non vincolato da tale regolamento o in uno Stato terzo. |
2) |
Il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale, che statuisce dopo l’annullamento, da parte di un giudice superiore, di una decisione da esso emanata, sia vincolato, ai sensi del diritto processuale nazionale, dalle valutazioni in diritto di detto giudice superiore, quando tali valutazioni non sono compatibili con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla Corte. |
(1) Data di deposito: 03/02/2023
(2) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/18 |
Impugnazione proposta il 20 febbraio 2023 dalla Puma SE avverso la sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 7 dicembre 2022, causa T-623/21, Puma SE / Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
(Causa C-94/23 P)
(2023/C 321/22)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Puma SE (rappresentanti: M. Schunke e P. Trieb, Rechtsanwälte)
Altre parti nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, Vaillant GmbH
La Corte di giustizia (Sezione per l’ammissione delle impugnazioni) ha deciso, il 17 luglio 2023, che l’impugnazione non è ammessa e che la Puma SE sopporta le proprie spese.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/19 |
Impugnazione proposta il 25 aprile 2023 dalla Topcart GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 15 febbraio 2023, causa T-8/22, Topcart GmbH / Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
(Causa C-270/23 P)
(2023/C 321/23)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Topcart GmbH (rappresentante: M. Hoffmann, Rechtsanwalt)
Altra parte nel procedimento: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
La Corte di giustizia dell’Unione europea (Sezione per l’ammissione delle impugnazioni), con ordinanza del 17 luglio 2023, non ha ammesso l’impugnazione e ha deciso che la ricorrente sopporta le proprie spese.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/19 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Croazia) il 26 maggio 2023 — HP — Hrvatska pošta d.d. / Povjerenik za informiranje
(Causa C-336/23, HP — Hrvatska pošta)
(2023/C 321/24)
Lingua processuale: il croato
Giudice del rinvio
Visoki upravni sud Republike Hrvatske
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: HP — Hrvatska pošta d.d.
Convenuta: Povjerenik za informiranje
Questioni pregiudiziali
1) |
Se la nozione di «riutilizzo dell’informazione» ai sensi dell’articolo 2, punto 11, della direttiva (UE) 2019/1024 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'apertura dei dati e al riutilizzo dell'informazione del settore pubblico (GU 2019, L 172, pag. 56) (in prosieguo: la «direttiva») debba essere intesa come l’accesso ad ogni informazione prodotta da un ente pubblico/impresa pubblica o in suo possesso e che un utente (persona fisica o giuridica) richiede ad un ente pubblico per la prima volta. |
2) |
Se una richiesta di accesso alle informazioni prodotte da un ente pubblico/un'impresa pubblica o in suo possesso e che sono state generate nell'ambito delle sue attività o in relazione all'organizzazione e al lavoro di tale ente possa essere considerata come una richiesta di accesso alle informazioni alla quale si applicano le disposizioni di tale direttiva, ossia se le disposizioni della suddetta direttiva si applichino a tutte le richieste di accesso alle informazioni in possesso degli enti pubblici. |
3) |
Se i soggetti obbligati a fornire informazioni ai sensi dell'articolo 2 della direttiva siano solo gli enti pubblici ai quali è stato richiesto il riutilizzo delle informazioni o se le nuove definizioni si applichino a tutti gli enti pubblici e a tutte le informazioni in loro possesso, ossia se nell'articolo 2 della direttiva siano elencati i soggetti obbligati a rendere disponibili le informazioni prodotte da tali enti o in loro possesso, o se invece si debba ritenere che i soggetti elencati nell'articolo 2 della direttiva siano obbligati a fornire informazioni solo nel caso del loro riutilizzo. |
4) |
Se le eccezioni all'obbligo di mettere a disposizione le informazioni previste all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva possano essere considerate come eccezioni in base alle quali gli enti pubblici possono rifiutarsi di mettere a disposizione le informazioni da essi prodotte o in loro possesso, oppure si tratti di eccezioni che si applicano solo quando agli enti pubblici è stata fatta richiesta di riutilizzare le informazioni. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/20 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad (Bulgaria) il 29 maggio 2023 — «APS beta Bulgaria» ЕООД, «Agentsia za kontrol na prosrocheni zadalzhenia» AD“
(Causa C-337/23, APS beta Bulgaria EOOD e Agentsia za kontrol na prosrocheni zadalzhenia)
(2023/C 321/25)
Lingua processuale: il bulgaro
Giudice del rinvio
Sofiyski rayonen sad
Ricorrenti nel procedimento monitorio:
Ricorrenti: «APS beta Bulgaria» EOOD, «Agentsia za kontrol na prosrocheni zadalzhenia» AD
Questioni pregiudiziali
1) |
Se gli articoli 4, paragrafo 2, e 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE (1) del Consiglio, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (direttiva 93/13/CEE) debbano essere interpretati nel senso che, laddove un contratto di credito imponga al consumatore la stipulazione di un contratto di fideiussione con un fideiussore nominato dal creditore, il contenuto del contratto di fideiussione non costituisca l'«oggetto principale» del contratto con tale terzo, bensì costituisca parte integrante del contenuto del contratto di credito. |
2) |
Se il punto 1, lettera i), dell'allegato alla direttiva 93/13/CEE debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui il consumatore sia tenuto a fornire un fideiussore nell'ambito di un contratto di credito già stipulato — ove una delle opzioni consista nel nominare un soggetto indicato dal creditore -, il contenuto dell'obbligo del consumatore nell'ambito del contratto di fideiussione concluso successivamente, il giorno della stipulazione del contratto di credito, debba essere considerato incerto, non essendo stato possibile per il consumatore stesso scegliere o proporre il soggetto che sarà nominato dal creditore come futuro fideiussore. |
3) |
Nel caso in cui la questione precedente debba essere risolta nel senso che l'oggetto del contratto di fideiussione sia certo: se il punto 1, lettere i), j) e m), dell'allegato alla direttiva 93/13/CEE debba essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il consumatore si sia impegnato a fornire un fideiussore nell'ambito di un contratto di credito già concluso — ove una delle opzioni consista nel nominare un soggetto indicato dal creditore -, il contenuto degli obblighi del consumatore nell'ambito del contratto di credito debba essere considerato incerto e ciò possa determinare la nullità del contratto di credito o di singole clausole del medesimo. |
4) |
Se l'articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE, nel combinato disposto con l'articolo 8 della direttiva 2005/29/CE (2), relativa alle pratiche commerciali sleali, debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui un soggetto, nella concessione di un credito, imponga al consumatore la conclusione di un contratto con una persona nominata dal creditore medesimo, diretto a garantire i diritti del creditore nei confronti del consumatore, si tratti sempre di uno sfruttamento della posizione di debolezza del consumatore e, quindi, di una pratica commerciale aggressiva. |
5) |
In caso di risposta negativa alla quarta questione: se gli articoli 4, paragrafo 1, e 7 della direttiva 93/13/CEE, nel combinato disposto con l'articolo 8 della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali, debbano essere interpretati nel senso che in un procedimento giudiziario unilaterale quale il procedimento ingiuntivo, in cui il consumatore non è parte, il giudice possa fondare il dubbio che una clausola contrattuale sia abusiva sul solo sospetto che la clausola sia stata accettata dal consumatore per effetto di una pratica commerciale sleale, o se la sussistenza di quest'ultima debba essere acclarata con certezza. |
6) |
Se l'articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/48/CE (3), relativa ai contratti di credito ai consumatori (direttiva 2008/48/CE) debba essere interpretato nel senso che tale disposizione debba trovare applicazione nel caso in cui il contratto di credito sia collegato ad un servizio accessorio, vale a dire la prestazione di una fideiussione da parte di un terzo a fronte di un corrispettivo, aprendo al consumatore la possibilità di far valere non solo i propri diritti in caso di violazione, da parte del fideiussore, dei propri obblighi, come il pagamento successivamente alla scadenza di un termine di legge, bensì anche eccezioni procedurali che escludano l'obbligo nei confronti del fideiussore. |
7) |
Se l'articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2008/48/CE, alla luce del principio di effettività, consenta, ovvero — nell’assunto che il contratto di credito e il contratto di fideiussione costituiscano operazioni collegate — se l'articolo 5 e l'articolo 7 della direttiva 93/13/CEE, nel combinato disposto con il punto 1, lettere b) e c), dell'allegato alla direttiva medesima, consentano una giurisprudenza nazionale secondo la quale il fideiussore di un contratto collegato a un contratto di credito al consumo, che abbia percepito un corrispettivo dal consumatore per la garanzia del contratto di credito e, in base ad una clausola contrattuale, abbia effettuato il pagamento al creditore principale, nonostante la scadenza del termine previsto dall'articolo 147 della Zakon za zadalzheniata i dogovorite (Legge sulle obbligazioni e sui contratti) — il che, secondo la giurisprudenza, estingue interamente la garanzia — possa tuttavia invocare la surroga nei diritti del creditore originario e, fondandosi su una giurisprudenza contrastante relativa all'applicabilità della legge, esigere il pagamento dal debitore principale. |
8) |
Se l'articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48/CE, nel combinato disposto con l'articolo 5 della direttiva 93/13/CEE, debba essere interpretato nel senso che nel caso in cui il contratto di credito preveda l'obbligo di conclusione di un contratto di fideiussione collegato, con conseguente aumento dell'importo complessivo del debito derivante dal contratto di credito, il tasso di interesse annuo effettivo globale debba essere calcolato anche in base al maggior importo delle rate conseguente alla remunerazione del garante. Se rilevi chi abbia scelto il fideiussore e la circostanza che questi sia un soggetto collegato al creditore principale. |
9) |
Se l'articolo 10, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2008/48/CE debba essere interpretato nel senso che l’errata indicazione del tasso di interesse annuo effettivo globale in un contratto di credito tra un professionista e un consumatore in veste di mutuatario debba essere considerata quale mancata indicazione del tasso medesimo nel contratto di credito e il giudice nazionale debba applicare le conseguenze giuridiche previste nel diritto nazionale per la sua mancata indicazione in un contratto di credito al consumo. Se tali conseguenze debbano essere ritenute necessariamente vincolanti anche per il fideiussore, che abbia provveduto al pagamento, nei confronti del consumatore. |
10) |
Se l'articolo 23, seconda frase, della direttiva 2008/48/CE debba essere interpretato nel senso che la sanzione prevista dal diritto nazionale rappresentata dalla nullità del contratto di credito al consumo, in base alla quale deve essere rimborsato unicamente l’importo del capitale erogato, debba ritenersi proporzionata nel caso in cui, nel contratto medesimo, il tasso d’interesse annuo effettivo globale sia indicato in modo impreciso, non essendo esposto il costo di un fideiussore professionista scelto dal creditore (sebbene il tasso d’interesse annuo effettivo globale sia indicato in termini numerici nel testo del contratto di credito). |
11) |
Se l'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2009/138/CE (4), in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (direttiva 2009/138/CE), nel combinato disposto con l'allegato 1, parte A, n. 14, della direttiva stessa, debba essere interpretato nel senso che l'esercizio professionale di attività retribuita di fideiussore, in base alla quale la società garante provvede, in tutti i casi di inadempimento, al versamento della somma complessiva del credito utilizzato da un consumatore in qualità di debitore principale e la remunerazione della fideiussione venga corrisposta unitamente alle singole rate del credito, indipendentemente dall'inadempimento del consumatore, costituisca un'«attività di assicurazione» ai sensi della direttiva medesima. |
12) |
In caso di risposta affermativa all'undicesima questione: se l'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2009/138/CE debba essere interpretato nel senso che un soggetto che svolga l'attività di cui all'undicesima questione sia sottoposto all'obbligo dell’ottenimento dell'autorizzazione all’esercizio della professione da parte delle autorità nazionali di regolamentazione competenti per il rilascio delle autorizzazioni agli assicuratori. |
(2) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali sleali) (GU L 149, pag. 22).
(3) Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU L 133, pag. 66).
(4) Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvibilità II) (GU L 335, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/22 |
Impugnazione proposta il 31 maggio 2023 da Jean-Marc Colombani avverso la sentenza del Tribunale (Quinta Sezione) del 22 marzo 2023, causa T-113/22, Colombani / SEAE
(Causa C-343/23 P)
(2023/C 321/26)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Jean-Marc Colombani (rappresentante: N. de Montigny, avvocata)
Altra parte nel procedimento: Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE)
Conclusioni del ricorrente
Il ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
accogliere l’impugnazione e annullare la sentenza impugnata; |
— |
avocare a sé la causa e, facendo ciò che avrebbe dovuto fare il Tribunale dell’Unione europea:
|
— |
condannare la parte convenuta in sede di impugnazione alle spese sostenute dal ricorrente nell’ambito del presente procedimento e del procedimento di primo grado. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno della sua impugnazione, il ricorrente deduce diversi motivi.
In via preliminare e in generale, il ricorrente deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale nell’esaminare l’oggetto della sua richiesta di assistenza, l’illegittima limitazione operata per fondarsi soltanto su comportamenti individuali autonomi e attivi di ciascuna delle persone interessate, escludendo qualsiasi nozione di molestia e di pratica concordata, nonché il pregiudizio all’unicità della giurisprudenza in materia.
In secondo luogo, il ricorrente intende anche denunciare l’errore di diritto commesso dal Tribunale nell’esaminare l’errore di valutazione commesso dal SEAE, in particolare il ricorrente deduce un’illegittima inversione dell’onere della prova nell’analisi della condizione del «principio di prova» di un comportamento negativo, la mancata presa in considerazione della nozione di co-autore/partecipazione, che non richiede un comportamento attivo, lo snaturamento delle prove presentate, la violazione del principio del contraddittorio, la contraddittorietà della motivazione, l’errore di diritto commesso nell’esaminare le «giustificazioni» dei comportamenti contestati che sono contrari agli articoli 11, 12, 12bis, 21 e 21bis dello Statuto e che vanificano le responsabilità dei dirigenti di più alto grado di un’Istituzione.
In terzo luogo, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 24 dello Statuto dei funzionari nel dichiarare che il SEAE aveva giustamente rifiutato la richiesta di assistenza del ricorrente.
In quarto luogo, il ricorrente fa valere la mancata presa in considerazione dell’esistenza di una decisione di rigetto della richiesta presentata, un errore di diritto commesso nell’analisi degli articoli 17 e 19 dello Statuto.
Infine, il ricorrente chiede il riconoscimento dell’esistenza del suo danno morale, respinto dal Tribunale dell’Unione europea.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/23 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Polonia) il 2 giugno 2023 — LB, JL / Getin Noble Bank S.A.
(Causa C-347/23, Zabitoń (1))
(2023/C 321/27)
Lingua processuale: il polacco
Giudice del rinvio
Sąd Okręgowy w Warszawie
Parti nel procedimento principale
Ricorrenti: LB, JL
Convenuta: Getin Noble Bank S.A.
Questione pregiudiziale
Se l'articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (2), debba essere interpretato nel senso che una persona fisica che conclude un contratto di mutuo ipotecario al fine di ottenere fondi per l'acquisto di un unico locale da concedere in locazione dietro corrispettivo (buy to let) debba essere considerata un «consumatore» ai sensi della citata direttiva.
(1) Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento
(2) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/23 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Polonia) il 5 giugno 2023 — KCB, MB / BNP Paribas Bank Polska S.A.
(Causa C-348/23, BNP Paribas Bank Polska)
(2023/C 321/28)
Lingua processuale: il polacco
Giudice del rinvio
Sąd Okręgowy w Warszawie
Parti
Attori: KCB, MB
Convenuta: BNP Paribas Bank Polska S.A.
Questione pregiudiziale
Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti con i consumatori (1), nonché i principi di effettività e di equivalenza, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano all’interpretazione giurisprudenziale delle disposizioni nazionali secondo la quale:
1. |
il consumatore non può efficacemente esercitare, nei confronti del professionista, i diritti a lui derivanti dall'inserimento in un contratto di clausole abusive fino a quando non dichiari di non accettare che le clausole contrattuali abusive rimangano in vigore, di acconsentire alla disapplicazione delle stesse e di comprendere e accettare le conseguenze che ne derivano, compresa l'eventuale nullità dell'intero contratto; |
2. |
il consumatore non può efficacemente esercitare, nei confronti del professionista, il diritto al rimborso delle prestazioni indebite, eseguite in base a clausole contrattuali abusive, finché non rende la suddetta dichiarazione; |
3. |
il diritto del consumatore al rimborso delle prestazioni indebite eseguite in base a clausole contrattuali abusive non diventa esercitabile, finché il consumatore non rende la suddetta dichiarazione; |
4. |
il professionista non è obbligato a corrispondere al consumatore gli interessi legali di mora nell’adempimento della prestazione finché non acquisisce conoscenza della suddetta dichiarazione. |
11.9.2023 |
IT |
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C 321/24 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Francia) il 9 giugno 2023 — EA / Artemis security
(Causa C-367/23, Artemis security)
(2023/C 321/29)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Cour de cassation
Parti
Ricorrente: EA
Resistente: Artemis security SAS
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro soddisfi le condizioni per produrre un effetto diretto ed essere invocato da un lavoratore in una controversia che lo riguarda |
2) |
Se l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/88/CE debba essere interpretato nel senso che osta a normative o prassi nazionali in forza delle quali, in caso di violazione delle disposizioni adottate per l’attuazione delle misure necessarie per la valutazione gratuita della salute del lavoratore, il diritto al risarcimento di quest’ultimo sia subordinato alla prova del danno che sarebbe derivato da tale inadempimento. |
11.9.2023 |
IT |
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C 321/24 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Najvyšší správny súd Slovenskej republiky (Slovacchia) il 13 giugno 2023 — Mesto Rimavská Sobota / Ministerstvo pôdohospodárstva a rozvoja vidieka Slovenskej republiky
(Causa C-370/23, Mesto Rimavská Sobota)
(2023/C 321/30)
Lingua processuale: lo slovacco
Giudice del rinvio
Najvyšší správny súd Slovenskej republiky
Parti
Ricorrente: Mesto Rimavská Sobota
Convenuto: Ministerstvo pôdohospodárstva a rozvoja vidieka Slovenskej republiky
Questione pregiudiziale
Se l’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) 995/2010 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano il legno e i prodotti da esso derivati, debba essere interpretato nel senso che la commercializzazione del legno comprende anche la vendita a titolo oneroso di legno grezzo o di legna da ardere di cui all’allegato 1 di tale regolamento, qualora ai sensi del contratto il taglio del legno sia effettuato dall’acquirente su istruzioni e sotto la supervisione del venditore.
11.9.2023 |
IT |
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C 321/25 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Duisburg (Germania) il 13 giugno 2023 — HT / Mercedes-Benz Group AG
(Causa C-371/23, Mercedes-Benz Group)
(2023/C 321/31)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Landgericht Duisburg
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: HT
Convenuta: Mercedes-Benz Group AG
Questioni pregiudiziali
1) |
Se un elemento di progetto all’interno di un veicolo che rilevi temperatura, velocità del veicolo, velocità del motore (RPM), marcia innestata, depressione del collettore o altri parametri, possa, al fine di modificare i parametri del processo di combustione nel motore a seconda del risultato di detta rilevazione, ridurre l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007 (1), e, quindi, costituire un impianto di manipolazione ai sensi del medesimo articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 anche quando la modifica dei parametri del processo di combustione operata mediante l’elemento di progetto sulla base dei risultati della rilevazione, da un lato, aumenta effettivamente le emissioni di una determinata sostanza nociva, ad esempio, gli ossidi di azoto, ma, dall’altro, riduce allo stesso tempo le emissioni di una o più altre sostanze nocive, ad esempio, il particolato, gli idrocarburi, il monossido di carbonio, il metano e/o il biossido di carbonio. |
2) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione, a quali condizioni l’elemento di progetto costituisca, in un siffatto caso, un impianto di manipolazione. |
3) |
Se, in base al diritto europeo, un dispositivo di commutazione o di controllo all’interno di un veicolo che, attraverso la modifica dei parametri del processo di combustione da esso operata, da un lato, aumenta effettivamente le emissioni di una determinata sostanza nociva, ad esempio, gli ossidi di azoto, ma, dall’altro, riduce allo stesso tempo le emissioni di una o più altre sostanze nocive, ad esempio, il particolato, gli idrocarburi, il monossido di carbonio, il metano e/o il biossido di carbonio, possa essere vietato per profili diversi da quello della sussistenza di un impianto di manipolazione ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007. |
4) |
In caso di risposta affermativa alla terza questione, a quali condizioni ciò si verifichi. |
5) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione, se, a norma dell’articolo 5, paragrafo 2, seconda frase, lettera a), del regolamento n. 715/2007, un impianto di manipolazione ai sensi dell’articolo 3, punto 10, di detto regolamento sia consentito anche quando detto impianto, pur non giustificandosi per la necessità di proteggere il motore da danni o avarie, si giustifica, tuttavia, per la necessità di garantire un funzionamento sicuro del veicolo. |
6) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione, se disposizioni del diritto nazionale le quali, nella controversia con il costruttore di un veicolo vertente sul diritto al risarcimento di un danno, pongono integralmente a carico dell’acquirente di detto veicolo che invoca tale diritto l’onere di provare la presenza di un impianto di manipolazione ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 e, inoltre, anche l’insussistenza di una fattispecie in forza della quale un impianto che deve considerarsi di manipolazione nel senso succitato è eccezionalmente consentito ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, seconda frase, lettera a), del regolamento n. 715/2007, senza che il costruttore del veicolo debba fornire informazioni al riguardo nell’ambito dell’acquisizione delle prove, contrastino con l’articolo 18, paragrafo 1, l’articolo 26, paragrafo 1, e l’articolo 46 della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007 (2), citati nella sentenza della Corte del 21 marzo 2023 (causa C-100/21), nella misura in cui da queste ultime disposizioni si evince che all’acquirente di un veicolo deve essere riconosciuto un diritto al risarcimento del danno nei confronti del suo costruttore qualora all’interno del veicolo sia installato un impianto di manipolazione vietato (v. punti 91 e 93 della sentenza citata). |
7) |
In caso di risposta affermativa alla sesta questione, come sia ripartito, in base al diritto europeo, l’onere della prova nell’ambito della controversia tra l’acquirente di un veicolo e il suo costruttore vertente sul diritto al risarcimento del danno vantato dal primo nei confronti del secondo quanto alla sussistenza di un impianto di manipolazione ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007 e quanto alla sussistenza di una fattispecie in forza della quale detto impianto è eccezionalmente consentito ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, seconda frase, lettera a), del regolamento n. 715/2007. Se le parti beneficino, rispettivamente, di attenuazioni dell’onere della prova e, in caso affermativo, di quali attenuazioni, o se esse siano eventualmente gravate da oneri e, in caso affermativo, da quali oneri. In caso di esistenza di oneri, quali conseguenze comporti la loro inosservanza. |
8) |
In caso di risposta affermativa alla terza questione, se disposizioni del diritto nazionale le quali, nella controversia con il costruttore di un veicolo vertente sul diritto al risarcimento di un danno pongono integralmente a carico dell’acquirente di detto veicolo che invoca tale diritto l’onere di provare la presenza di un impianto di commutazione o di controllo vietato per ragioni diverse dalla presenza di un impianto di manipolazione ai sensi dell’articolo 3, punto 10, del regolamento n. 715/2007, senza che il costruttore del veicolo debba fornire informazioni al riguardo nell’ambito dell’acquisizione delle prove, contrastino con l’articolo 18, paragrafo 1, l’articolo 26, paragrafo 1, e l’articolo 46 della direttiva 2007/46 citati nella sentenza della Corte del 21 marzo 2023 (causa C-100/21), nella misura in cui da queste ultime disposizioni si evince che all’acquirente di un veicolo deve essere riconosciuto un diritto al risarcimento del danno nei confronti del suo costruttore qualora all’interno del veicolo sia installato un dispositivo di commutazione o di controllo vietato (v. punti 91 e 93 della sentenza citata). |
9) |
In caso di risposta affermativa all’ottava questione, come sia ripartito, in base al diritto europeo, l’onere della prova nell’ambito della controversia tra l’acquirente di un veicolo e il suo costruttore vertente sul diritto al risarcimento del danno vantato dal primo nei confronti del secondo quanto alla sussistenza di un dispositivo di commutazione o di controllo vietato del tipo indicato nell’ottava questione. Se le parti beneficino, rispettivamente, di attenuazioni dell’onere della prova e, in caso affermativo, di quali attenuazioni, o se esse siano eventualmente gravate da oneri e, in caso affermativo, da quali oneri. In caso di esistenza di oneri, quali conseguenze comporti la loro inosservanza. |
(1) Regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1).
(2) Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU 2007, L 263, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/26 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad (Bulgaria) il 26 giugno 2023 — ZD «BUL INS» AD / PV
(Causa C-387/23, BUL INS)
(2023/C 321/32)
Lingua processuale: il bulgaro
Giudice del rinvio
Sofiyski rayonen sad
Parti
Attrice: ZD «BUL INS» AD
Convenuta: PV
Questioni pregiudiziali
1. |
Se l'articolo 13 della direttiva 2009/103/CE (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità, debba essere interpretato nel senso che i procedimenti aventi ad oggetto azioni di regresso intentate ai sensi del diritto nazionale da un assicuratore per un'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli rientrino nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione che vieta limitazioni della responsabilità dell'assicuratore. |
2. |
In caso di risposta alla prima questione nel senso che è applicabile il diritto dell'Unione, se la citata disposizione e l'articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali debbano essere interpretati nel senso che la persona fisica che intenti o contro la quale sia intentata una tale azione deve essere considerata un «consumatore» alla luce del principio di effettività e delle esigenze di tutela dei consumatori. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/27 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Amtsgericht Wedding (Germania) il 27 giugno 2023 — Bulgarfrukt — Fruchthandels GmbH / Oranzherii Gimel II EOOD
(Causa C-389/23, Bulgarfrukt)
(2023/C 321/33)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Amtsgericht Wedding
Parti
Ricorrente: Bulgarfrukt — Fruchthandels GmbH
Resistente: Oranzherii Gimel II EOOD
Questioni pregiudiziali
1) |
Se il regolamento (CE) n. 1393/2007 (1) nonché il regolamento (CE) n. 1896/2006 (2) debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che un’ingiunzione di pagamento europea, qualora non sia stata notificata o la notifica non sia stata validamente effettuata al convenuto, debba essere dichiarata nulla dal giudice investito di un ricorso. |
2) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione: se i regolamenti sopra menzionati debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che l’esecuzione forzata dell’ingiunzione di pagamento europea debba essere dichiarata illegittima, qualora l’ingiunzione non sia stata validamente notificata al convenuto. |
3) |
In caso di risposta affermativa alla prima questione: se il regolamento n. 1896/2006 debba essere interpretato nel senso che un convenuto, il quale sia a conoscenza dell’emissione di un’ingiunzione di pagamento europea che tuttavia non gli è stata notificata o la cui notifica non è stata validamente effettuata, non può ancora presentare validamente opposizione a detta ingiunzione. |
(1) Regolamento (CE) n. 1393/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (notificazione o comunicazione degli atti) e che abroga il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio (GU. 2007, L 324, pag. 79).
(2) Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento (GU 2006, L 399, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/28 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Curtea de Apel Bucureşti (Romania) il 27 giugno 2023 — Braila Winds SRL / Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice București — Administrația Fiscală pentru Contribuabili Mijlocii București, Ministerul Finanţelor, Preşedintele Agenţiei Naţionale de Administrare Fiscală, Agenţia Naţională de Administrare Fiscală
(Causa C-391/23, Braila Winds)
(2023/C 321/34)
Lingua processuale: il rumeno
Giudice del rinvio
Curtea de Apel Bucureşti
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Braila Winds SRL
Resistenti: Direcția Generală Regională a Finanțelor Publice București — Administrația Fiscală pentru Contribuabili Mijlocii București, Ministerul Finanţelor, Preşedintele Agenţiei Naţionale de Administrare Fiscală, Agenţia Naţională de Administrare Fiscală
Questioni pregiudiziali
1) |
Se le disposizioni degli articoli 107 e 108 TFUE debbano essere interpretate nel senso che una normativa nazionale come quella introdotta dalla Legea nr. 259/2021 (legge n. 259/2021), che impone un’imposta soltanto a determinati produttori di energia elettrica, costituisce un aiuto di Stato concesso ai soggetti esentati, assoggettato agli obblighi di notifica. Se tale normativa sia discriminatoria se si applica solo a determinati produttori di energia elettrica, compresi quelli da fonti rinnovabili. |
2) |
Se le disposizioni degli articoli 49 e 56 TFUE e, rispettivamente, quelle dell’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea debbano essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella introdotta dalla legge n. 259/2021, che impone un’imposta di importo elevato soltanto a determinati produttori di energia elettrica (compresi quelli da fonti rinnovabili), escludendo altre categorie di produttori. |
3) |
Se, prima del regolamento 2022/1854 (1), la direttiva (UE) 2019/944, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (2), osti a una normativa nazionale che potrebbe tradursi in una fissazione del prezzo di vendita/una limitazione della libertà di fissare il prezzo di vendita, [normativa] come quella introdotta dalla legge n. 259/2021. |
4) |
Se le disposizioni dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE riguardanti i principi della precauzione, dell’azione preventiva e della correzione dell’inquinamento alla fonte, nonché il principio «chi inquina paga» ostino a una normativa nazionale come quella introdotta dalla legge n. 259/2021. Se ciò comprometta gli obiettivi europei relativi al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050 e la politica dell’Unione europea in materia di tassazione dell’energia. |
(1) Regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio del 6 ottobre 2022 relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia (GU 2022, L 261 I, pag. 1).
(2) Direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (GU 2019, L 158, pag. 125).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/28 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék (Ungheria) il 29 giugno 2023 — LEGO Juris A/S / «SZOTI» Ipari, Kereskedelmi és Szolgáltató Kft.
(Causa C-396/23, LEGO Juris)
(2023/C 321/35)
Lingua processuale: l’ungherese
Giudice del rinvio
Fővárosi Törvényszék
Parti del procedimento principale
Richiedente l’intervento doganale: LEGO Juris A/S
Parte che si oppone all’intervento doganale: «SZOTI» Ipari, Kereskedelmi és Szolgáltató Kft.
Questioni pregiudiziali
1) |
Se sia conforme al diritto dell’Unione il criterio giurisprudenziale di uno Stato membro che qualifica come contraffazione del marchio che tutela la rappresentazione quasi-fotografica di uno degli elementi di costruzione di un giocattolo da costruzione un uso non autorizzato del marchio, come l’uso di cui trattasi nel procedimento principale, caratterizzato dal fatto che, all’interno della confezione chiusa del giocattolo da costruzione modulare di cui trattasi, possono trovarsi un mattoncino da costruzione (in prosieguo: «pezzo»), la cui forma può essere confusa con la rappresentazione del mattoncino tutelato dal marchio, e istruzioni di montaggio che rappresentano tale pezzo in un modo che può essere confuso con il marchio, mentre né la rappresentazione del mattoncino tutelato dal marchio né il segno che può essere confuso con esso compaiono sulla superficie esterna della confezione chiusa del giocattolo da costruzione o vi figurano solo in parte, e nessun altro elemento della confezione fa riferimento al titolare del marchio. |
2) |
Qualora l’uso del marchio sopra descritto debba essere considerato come un uso contro il quale il titolare del marchio può agire ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (1), se tale disposizione debba essere interpretata nel senso che il titolare del marchio può esigere l’interruzione dell’importazione nel paese della merce costituita dal giocattolo da costruzione nel suo insieme e che, a tal fine, sia disposto il blocco di tale merce, anche se l’uso del marchio ha luogo solo attraverso un pezzo o pochi pezzi del giocattolo da costruzione — separabili dal prodotto e tecnicamente equivalenti ad altri pezzi — e mediante la rappresentazione di tali pezzi nelle istruzioni di montaggio. |
3) |
Qualora il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che il titolare del marchio possa formulare domande aventi ad oggetto la merce nel suo insieme, anche se l’uso del marchio ha luogo attraverso un pezzo o pochi pezzi del giocattolo da costruzione — separabili dalla merce e tecnicamente equivalenti ad altri pezzi — e mediante la rappresentazione di tali pezzi nelle istruzioni di montaggio, se sia compatibile con il diritto dell’Unione riconoscere un potere discrezionale del giudice in base al quale, alla luce della natura parziale di una contraffazione che riguarda solo un pezzo o pochi pezzi che possono trovarsi in una confezione chiusa, della scarsa gravità e proporzione della contraffazione rispetto alla merce nel suo insieme e degli interessi connessi al commercio senza restrizioni di un giocattolo da costruzione che è per la maggior parte non contestato, il giudice dello Stato membro non ordini un divieto di continuare a importare il giocattolo da costruzione nel paese e, a tal fine, respinga la domanda di misure provvisorie intese al blocco del giocattolo da costruzione. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/29 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht Köln (Germania) il 4 luglio 2023 — Rechtsanwältin und Notarin / Presidente dell’Oberlandesgericht Hamm
(Causa C-408/23, Anwaltsnotarin)
(2023/C 321/36)
Lingua processuale: il tedesco
Giudice del rinvio
Oberlandesgericht Köln
Parti nel procedimento principale
Ricorrente: Avvocata e notaio
Resistente: Presidente dell’Oberlandesgericht Hamm
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE (1) (…), debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale la quale stabilisce tassativamente che non può essere nominato per la prima volta notaio-avvocato chi, alla scadenza del termine di presentazione delle candidature per il posto di notaio, abbia compiuto 60 anni, quand’anche diversi posti debbano rimanere vacanti, poiché nella circoscrizione dell’Amtsgericht (Tribunale circoscrizionale) in cui si è svolta la procedura di concorso non sono presenti candidati idonei più giovani e i candidati provenienti da altre circoscrizioni dell’Amtsgericht non possono candidarsi. |
2) |
Se occorra rispondere in senso affermativo alla prima questione qualora si preveda che nell’anno successivo, nella medesima circoscrizione dell’Amtsgericht, diversi posti vacanti di notaio-avvocato non potranno nuovamente essere coperti da candidati idonei di età inferiore a 60 anni. |
3) |
Se, in ogni caso, si debba rispondere in senso affermativo alla prima questione giacché si prevede, altresì, che anche in altre circoscrizioni dell’Amtsgericht, al di fuori dalle aree metropolitane, non sia nuovamente possibile coprire tutti i posti vacanti di notaio-avvocato con candidati idonei, di età inferiore a 60 anni. |
4) |
Se non sussista alcuna violazione dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE (…), nel caso in cui in una circoscrizione dell’Amtsgericht sia garantita la fornitura dei servizi notarili, benché un candidato di età superiore a 60 anni non sia stato nominato notaio-avvocato solo in ragione dell’età e diversi posti siano rimasti vacanti. |
(1) Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/30 |
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Italia) il 10 luglio 2023 — Secab Soc. coop. / Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), Gestore dei servizi energetici (GSE) SpA
(Causa C-423/23, Secab)
(2023/C 321/37)
Lingua processuale: l'italiano
Giudice del rinvio
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Parti nella causa principale
Ricorrente: Secab Soc. coop.
Resistenti: Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), Gestore dei servizi energetici (GSE) SpA
Questioni pregiudiziali
1) |
Se l’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2019/944 (1), i considerando 3 e 12 della direttiva (UE) 2018/2001 (2), i considerando 27, 28, 29, 39, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2022/1854 (3), ostano a una disciplina nazionale che individui un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla vendita di energia elettrica con le modalità previste dall’articolo 15 bis del decreto-legge 27.1.2022 n. 4, che non garantisca ai produttori di mantenere il 10 % dei ricavi al di sopra dello stesso tetto; |
2) |
se l’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2019/944, i considerando 2, 3 e 12 della direttiva (UE) 2018/2001, i considerando 27, 28, 29, 39, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 8, paragrafo 2, lettere b) e c), del regolamento (UE) 2022/1854, ostano a una disciplina nazionale che individui un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla vendita di energia elettrica con le modalità previste dall’articolo 15 bis del decreto-legge 27.1.2022 n. 4, che non preservi ed incentivi gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili; |
3) |
se il considerando 3 della direttiva (UE) 2018/2001, i considerando 27 e 41, l’articolo 7, paragrafo 1, lettere h, i e j, l’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e d), e paragrafo 2 del regolamento (UE) 2022/1854, ostano a una disciplina nazionale che individui un tetto sui ricavi di mercato ottenuti dalla vendita di energia elettrica con le modalità previste dall’articolo 15 bis del decreto-legge 27.1.2022 n. 4, che non preveda alcun tetto specifico ai ricavi ottenuti dalla vendita di energia prodotta a partire da carbon fossile, né una disciplina differenziata in relazione alle diverse fonti di produzione. |
(1) Direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (rifusione) (GU 2019, L 158, pag. 125).
(2) Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (rifusione) (GU 2018, L 328, pag. 82).
(3) Regolamento (UE) 2022/1854 del Consiglio, del 6 ottobre 2022, relativo a un intervento di emergenza per far fronte ai prezzi elevati dell'energia (GU 2022, L 261, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/31 |
Ricorso proposto il 12 luglio 2023 — Commissione europea / Regno di Spagna
(Causa C-433/23)
(2023/C 321/38)
Lingua processuale: lo spagnolo
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: C. Hermes ed E. Sanfrutos Cano, agenti)
Convenuto: Regno di Spagna
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1) |
dichiarare che,
|
2) |
condannare il Regno di Spagna alle spese. |
Motivi e principali argomenti
Nel suo ricorso, la Commissione solleva quattro motivi di inadempimento relativi alla direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, nella versione modificata dalla direttiva 2013/64/UE (2) del Consiglio del 17 dicembre 2013.
Con il suo primo motivo di inadempimento, la Commissione contesta al Regno di Spagna di essere venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 3 della direttiva 91/271/CEE, non avendo adottato le misure necessarie in merito alla raccolta delle acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati di Acorán; Adeje-Arona; Añaza; Candelaria-Casco; Candelaria-Punta Larga; Golf del Sur; Guía de Isora Litoral; La Esperanza-La Laguna Sur-Santa Cruz-Valles (La Laguna, El Rosario, Santa Cruz); Puerto de Santiago-Playa la Arena; San Isidro-Litoral; Sueño Azul; e Valle de la Orotava, nelle Isole Canarie, e di Medio-Andarax in Andalusia.
Per quanto concerne i 12 agglomerati nelle Isole Canarie, la Commissione afferma, in sostanza, che tali agglomerati ricorrono a sistemi individuali senza rispettare le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 91/271/CEE, che subordina tale deroga alla norma riguardante la rete fognaria al soddisfacimento di due condizioni cumulative. Da un lato, le autorità sono tenute, caso per caso, a precisare i motivi per i quali l’installazione di una rete fognaria non è giustificata, o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi. Dall’altro lato, il sistema individuale o altro sistema utilizzato deve garantire lo stesso livello di protezione ambientale. Per quanto concerne l’agglomerato di Medio Andarax, in Andalusia, la Commissione afferma che tale agglomerato non dispone di una rete fognaria per tutte le sue acque reflue.
Con il suo secondo motivo di inadempimento, la Commissione afferma che il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, della direttiva 91/271/CEE, non avendo adottato le misure necessarie in merito al trattamento delle acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati di Acantilado de los Gigantes; Adeje-Arona; Almansa; Almodóvar del Campo; Almodóvar del Río; Alto Nerbioi-Amurrio; Alto Nerbioi-Laudio; Candelaria-Casco; Candelaria-Punta Larga; Consuegra; Donostia-San Sebastián; Estepa; Genil-Cubillas; Golf del Sur; Guareña-Oliva de Mérida-Cristina; Guía de Isora Litoral; Jódar; La Esperanza-La Laguna Sur-Santa Cruz-Valles (La Laguna, El Rosario, Santa Cruz); Lora del Río; Los Yébenes; Martos; Medio-Andarax; Posadas; Puerto de Santiago-Playa la Arena; Quintanar de la Orden; Rambla (La)-Montalbán; San Isidro-Litoral; San Roque; Santoña; Sueño Azul; Torredonjimeno; Trebujena; Trujillo; Valle de la Orotava; Venta de Baños, e Villanueva del Río-Alcolea del Río.
In base all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 91/271/CEE, gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente. Il paragrafo 3 della stessa disposizione richiede, a sua volta, che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue soddisfino i requisiti previsti dalla sezione B dell’allegato I alla direttiva 91/271/CEE. La Commissione ritiene che tali obblighi non siano soddisfatti negli agglomerati di cui al paragrafo precedente, o perché le acque reflue non sono raccolte ai sensi dell’articolo 3 della medesima direttiva, e quindi non possono essere trattate, o perché le acque reflue raccolte non sono sottoposte nella loro totalità al livello di trattamento richiesto dall’articolo 4 della direttiva 91/271/CEE, né gli scarichi soddisfano i requisiti previsti nella sezione B dell’allegato I alla direttiva, come richiede il paragrafo 3 dello stesso articolo 4.
Con il terzo motivo di inadempimento, la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 5 e della sezione B dell’allegato I alla direttiva 91/271/CEE, non avendo adottato le misure necessarie in merito al trattamento delle acque reflue urbane provenienti dagli agglomerati di Almodóvar del Campo; Argamasilla de Alba; Cáceres; Condado de Huelva II (Chucena-Escacena-Paterna-Manzanilla); Consuegra; Don Benito-Villanueva de la Serena; Guareña-Oliva de Mérida-Cristina; Guillena; Los Yébenes; Madridejos; Mérida; Montcada; Montijo-Puebla Calzada; Palma del Condado; Quintanar de la Orden; Rubí; Sonseca; Soria; Trujillo; Venta de Baños, e Villafranca de los Barros.
La Commissione rileva, in sostanza, che tali agglomerati urbani di oltre 10 000 abitanti equivalenti che scaricano in aree sensibili non garantiscono, per la totalità delle loro acque reflue, un trattamento più spinto di quello descritto nell’articolo 4 della direttiva 91/271/CEE, come richiede il successivo articolo 5, paragrafo 2, né che gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue di tali agglomerati in aree sensibili soddisfino i pertinenti requisiti della sezione B dell’allegato I alla medesima direttiva.
Con il quarto motivo di inadempimento, la Commissione contesta al Regno di Spagna di non aver rispettato gli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 15 della direttiva 91/271/CEE, in combinato disposto con la sezione D dell’allegato I alla stessa direttiva, per quanto riguarda gli agglomerati di Acantilado de los Gigantes, Adeje-Arona, Almansa, Almodóvar del Campo, Almodóvar del Río, Alto Nerbioi Amurrio, Alto Nerbioi-Laudio, Argamasilla de Alba, Bargas-Cabañas-Mocejón-Olías-Magán-Villaseca, Cáceres, Candelaria-Casco, Candelaria-Punta Larga, Condado de Huelva II (Chucena-Escacena-Paterna-Manzanilla), Consuegra, Don Benito-Villanueva de la Serena, Donostia-San Sebastián, Estepa, Genil-Cubillas, Golf del Sur, Guareña-Oliva de Mérida-Cristina, Guía de Isora Litoral, Guillena, Jódar, La Esperanza-La Laguna Sur-Santa Cruz-Valles (La Laguna, El Rosario, Santa Cruz), Lora del Río, Los Yébenes, Madridejos, Martos, Medio-Andarax, Mérida, Montijo-Puebla Calzada, Montcada, Palma del Condado, Posadas, Puerto de Santiago-Playa la Arena, Quintanar de la Orden, Rambla (La)-Montalbán, Rubí, San Isidro-Litoral, San Roque, Santoña, Sonseca, Soria, Sueño Azul, Torredonjimeno, Trebujena, Trujillo, Valle de la Orotava, Villanueva del Río-Alcolea del Río, Venta de Baños e Villafranca de los Barros.
(1) Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40).
(2) Direttiva 2013/64/UE del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che modifica le direttive del Consiglio 91/271/CEE e 1999/74/CE e le direttive 2000/60/CE, 2006/7/CE, 2006/25/CE e 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio in conseguenza della modifica dello status, nei confronti dell'Unione europea, di Mayotte (GU 2013, L 353, pag. 8).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/33 |
Ricorso proposto il 24 luglio 2023 — Commissione europea / Repubblica di Bulgaria
(Causa C-462/23)
(2023/C 321/39)
Lingua processuale: il bulgaro
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: N. Nikolova e B. Rous Demiri)
Convenuta: Repubblica di Bulgaria
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
accertare che la Repubblica di Bulgaria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 8, paragrafo 2, dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), e dell’articolo 9, paragrafo 4, comma 1, lettera c), della direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in quanto non ha vietato che acque minerali naturali e acque di sorgente provenienti da un’unica sorgente siano commercializzate sotto più di una descrizione commerciale, non ha prescritto che sulle etichette di acque minerali naturali e acque di sorgente sia indicato il nome della sorgente e ha consentito l’utilizzazione della denominazione «acqua di sorgente» per acqua che non soddisfa i requisiti per l’utilizzazione di tale denominazione; |
— |
condannare la Repubblica di Bulgaria alle spese. |
Motivi e principali argomenti
La direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali, stabilisce, all’articolo 8, paragrafo 2, la regola «una sorgente — una descrizione commerciale», che vieta la commercializzazione di acque minerali naturali e di acque di sorgente provenienti da un’unica sorgente sotto più di una descrizione commerciale. Inoltre, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 9, paragrafo 4, [comma 1], lettera c), della direttiva le etichette di acque minerali naturali e di acque di sorgente dovrebbero recare l’indicazione del luogo di utilizzazione della sorgente e il nome della stessa.
Il diritto bulgaro consente tuttavia la commercializzazione di acque minerali naturali e di acque di sorgente provenienti da un’unica sorgente sotto più di una descrizione commerciale, nonché la commercializzazione di acque minerali naturali e di acque di sorgente con identiche caratteristiche provenienti dalla stessa falda o dallo stesso giacimento sotterranei sotto diverse descrizioni commerciali, in violazione dell’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/54/CE. In aggiunta, il diritto bulgaro non esige che il nome della sorgente compaia, ai sensi della direttiva, tra le informazioni obbligatorie sull’etichetta delle acque minerali naturali, e non è quindi conforme all’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), della direttiva. La Repubblica di Bulgaria viola inoltre gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 9, paragrafo 4, [comma 1], lettera c), della direttiva, poiché il diritto nazionale consente la commercializzazione di acqua di sorgente in violazione dei requisiti di etichettatura.
Il 2 luglio 2020 la Commissione ha trasmesso alla Repubblica di Bulgaria una lettera di costituzione in mora. Il 23 settembre 2021 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Bulgaria un parere motivato. Ciò nonostante, la Repubblica di Bulgaria non ha ancora adottato le misure di recepimento della direttiva, né le ha comunicate alla Commissione.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/34 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla EVH GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-312/20, EVH GmbH / Commissione europea
(Causa C-464/23 P)
(2023/C 321/40)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: EVH GmbH (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, EVH/Commissione (T-312/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-312/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-312/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 393 e segg., e 406 e segg. della sentenza impugnata).
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza impugnata).
Il terzo motivo di impugnazione lamenta che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 220 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 229 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 260 e segg. della sentenza impugnata).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 337 e segg. della sentenza impugnata).
Infine, con il quarto motivo di impugnazione si accusa il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza impugnata (punti 273, 278 e segg., 328, 341, 344 e 382) fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/35 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla Stadtwerke Leipzig GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-313/20, Stadtwerke Leipzig GmbH / Commissione europea
(Causa C-465/23 P)
(2023/C 321/41)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: Stadtwerke Leipzig GmbH (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, Stadtwerke Leipzig/Commissione (T-313/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-313/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-313/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 393 e segg., e 406 e segg. della sentenza impugnata).
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza impugnata).
Il terzo motivo di impugnazione lamenta che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 220 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 229 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 260 e segg. della sentenza impugnata).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 337 e segg. della sentenza impugnata).
Infine, con il quarto motivo di impugnazione si accusa il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza impugnata (punti 273, 278 e segg., 328, 341, 344 e 382) fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/37 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla Stadtwerke Hameln Weserbergland GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-314/20, Stadtwerke Hameln Weserbergland GmbH / Commissione europea
(Causa C-466/23 P)
(2023/C 321/42)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: Stadtwerke Hameln Weserbergland GmbH (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, Stadtwerke Hameln Weserbergland/Commissione (T-314/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-314/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-314/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere un difetto di motivazione, un travisamento delle circostanze di fatto ed una violazione di diritti procedurali.
In primo luogo, la sentenza impugnata sarebbe insufficientemente motivata, in quanto da essa non risulterebbe se/come il Tribunale abbia valutato il pregiudizio arrecato alla posizione di mercato della ricorrente (punti 23 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale avrebbe travisato le allegazioni della ricorrente, là dove esso afferma che non vi sarebbero particolari circostanze attestanti un pregiudizio per la posizione di mercato della ricorrente (punti 31 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, il Tribunale avrebbe violato i diritti procedurali della ricorrente, non essendosi preoccupato di verificare in che misura quest’ultima fosse pregiudicata sotto il profilo sostanziale.
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente imputa al Tribunale un’erronea applicazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. La sentenza riterrebbe erroneamente insussistente un pregiudizio individuale per la ricorrente ai sensi di tale disposizione.
In primo luogo, ingiustamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la partecipazione formale al procedimento di controllo sull’operazione di fusione M.8871 fosse un presupposto per l’accertamento del pregiudizio individuale subito dalla ricorrente.
In secondo luogo, il Tribunale avrebbe fissato degli standard troppo elevati per la prova di ulteriori specifiche circostanze atte a far ritenere sussistente un pregiudizio individuale subito dalla ricorrente.
Con il terzo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale non avrebbe esaminato i motivi di ricorso sostanziali da essa dedotti. Richiamandosi alla sentenza nella causa T-312/20, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe falsamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 392 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 392 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 393 e segg., e 406 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il quinto motivo di impugnazione si afferma che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 220 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 229 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 260 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 339 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il sesto motivo di impugnazione si accusa infine il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza nella causa T-312/20 fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente (punti 273, 278 e segg., 328, 341, 344 e 382 di tale sentenza).
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/39 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla TEAG Thüringer Energie AG avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-315/20, TEAG Thüringer Energie AG / Commissione europea
(Causa C-467/23 P)
(2023/C 321/43)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: TEAG Thüringer Energie AG (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, TEAG/Commissione (T-315/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-315/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-315/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 392 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 393 e segg., e 406 e segg. della sentenza impugnata).
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza impugnata).
Il terzo motivo di impugnazione lamenta che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 220 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 229 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 260 e segg. della sentenza impugnata).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 337 e segg. della sentenza impugnata).
Infine, con il quarto motivo di impugnazione si accusa il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza impugnata (punti 273, 278 e segg., 328, 341, 344 e 382) fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/40 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla EnergieVerbund Dresden GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-317/20, EnergieVerbund Dresden GmbH / Commissione europea
(Causa C-468/23 P)
(2023/C 321/44)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: EnergieVerbund Dresden GmbH (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, EnergieVerbund Dresden/Commissione (T-317/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-317/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-317/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 391 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 391 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 392 e segg., e 405 e segg. della sentenza impugnata).
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 64 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 73 e segg. della sentenza impugnata).
Il terzo motivo di impugnazione lamenta che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 219 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 228 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 259 e segg. della sentenza impugnata).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 336 e segg. della sentenza impugnata).
Infine, con il quarto motivo di impugnazione si accusa il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza impugnata (punti 272, 277 e segg., 327, 340, 343 e 381) fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/41 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla eins energie in sachsen GmbH & Co. KG avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-318/20, eins energie in sachsen GmbH & Co. KG / Commissione europea
(Causa C-469/23 P)
(2023/C 321/45)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: eins energie in sachsen GmbH & Co. KG (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, eins energie in sachsen/Commissione (T-318/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-318/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
— |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-318/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere un difetto di motivazione, un travisamento delle circostanze di fatto ed una violazione di diritti procedurali.
In primo luogo, la sentenza impugnata sarebbe insufficientemente motivata, in quanto da essa non risulterebbe se/come il Tribunale abbia valutato il pregiudizio arrecato alla posizione di mercato della ricorrente (punti 23 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale avrebbe travisato le allegazioni della ricorrente, là dove esso afferma che non vi sarebbero particolari circostanze attestanti un pregiudizio per la posizione di mercato della ricorrente (punti 31 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, il Tribunale avrebbe violato i diritti procedurali della ricorrente, non essendosi preoccupato di verificare in che misura quest’ultima fosse pregiudicata sotto il profilo sostanziale.
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente imputa al Tribunale un’erronea applicazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. La sentenza riterrebbe erroneamente insussistente un pregiudizio individuale per la ricorrente ai sensi di tale disposizione.
In primo luogo, ingiustamente il Tribunale avrebbe ritenuto che la partecipazione formale al procedimento di controllo sull’operazione di fusione M.8871 fosse un presupposto per l’accertamento del pregiudizio individuale subito dalla ricorrente.
In secondo luogo, il Tribunale avrebbe fissato degli standard troppo elevati per la prova di ulteriori specifiche circostanze atte a far ritenere sussistente un pregiudizio individuale subito dalla ricorrente.
Con il terzo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale non avrebbe esaminato i motivi di ricorso sostanziali da essa dedotti. Richiamandosi alla sentenza nella causa T-312/20, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe falsamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 392 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 392 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 393 e segg., e 406 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il quinto motivo di impugnazione si afferma che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 220 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 229 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 260 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 339 e segg. della sentenza nella causa T-312/20).
Con il sesto motivo di impugnazione si accusa infine il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza nella causa T-312/20 fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente (punti 273, 278 e segg., 328, 341, 344 e 382 di tale sentenza).
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/43 |
Impugnazione proposta il 21 luglio 2023 dalla GGEW, Gruppen-Gas- und Elektrizitätswerk Bergstraße AG avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-319/20, GGEW, Gruppen-Gas- und Elektrizitätswerk Bergstraße AG / Commissione europea
(Causa C-470/23 P)
(2023/C 321/46)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: GGEW, Gruppen-Gas- und Elektrizitätswerk Bergstraße AG (rappresentanti: I. Zenke, Rechtsanwältin, e T. Heymann, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 maggio 2023, GGEW/Commissione (T-319/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); 1a. in subordine, e in ogni caso, rinviare la causa T-319/20 al Tribunale per l’assunzione di qualsiasi decisione che si rendesse necessaria; |
2. |
condannare la Commissione alle spese, incluse le spese legali e le spese di viaggio sostenute dalla ricorrente a causa del procedimento T-319/20. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente lamenta che il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 101 TFUE e l’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (CE) 139/2004 (1).
In primo luogo, il diritto dell’Unione sarebbe stato violato per effetto della non applicazione dell’articolo 101 TFUE in ragione di un presunto effetto preclusivo dell’articolo 21 del RCCI (punti 391 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, non si sarebbe tenuto conto delle prove presentate dalla ricorrente relative ad un accordo di cartello tra la RWE e la E.ON nel senso di cui all’articolo 101 TFUE (punti 391 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, l’omessa presa in conto per ragioni formali della narrativa in fatto proposta dalla ricorrente viene considerata quale violazione di diritti procedurali (punti 392 e segg., e 405 e segg. della sentenza impugnata).
Con il suo secondo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato i procedimenti di controllo su operazioni di concentrazione svolti dalla Commissione nei casi M.8871 e M.8870, nonché il procedimento di controllo su un’operazione di concentrazione svolto dal Bundeskartellamt [Ufficio federale dei cartelli tra imprese] nel caso B8-28/19 come non costituenti parti integrali di un’unica operazione di concentrazione, che avrebbero dovuto essere esaminate in un procedimento di controllo su un’operazione di fusione.
In tale contesto, al Tribunale viene imputata, in primo luogo, una messa a parte dell’ingresso della RWE nella E.ON nella misura del 16,67 % nel caso B8-28/19 (punti 65 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, viene censurata l’interpretazione della nozione di «unica concentrazione» ai sensi dell’articolo 3 e, in combinato disposto, del considerando 20 del RCCI (punti 74 e segg. della sentenza impugnata).
Il terzo motivo di impugnazione lamenta che il Tribunale avrebbe violato e falsamente applicato anche l’articolo 2 del RCCI in conseguenza di un’erronea valutazione del mercato nel caso M.8871.
In primo luogo, a torto il Tribunale avrebbe avallato la mancata definizione del mercato da parte della Commissione (punti 219 e segg. della sentenza impugnata).
In secondo luogo, il Tribunale non avrebbe censurato la insufficiente prognosi degli sviluppi di mercato compiuta dalla Commissione (punti 228 e segg. della sentenza impugnata).
In terzo luogo, la ricorrente prende di mira la valutazione, a suo dire insufficiente, della crescente forza di mercato della RWE (punti 259 e segg. della sentenza impugnata).
In quarto luogo, al Tribunale viene addebitata una carente valutazione dei rapporti concorrenziali tra la RWE e la E.ON nonché del venir meno della E.ON (punti 336 e segg. della sentenza impugnata).
Infine, con il quarto motivo di impugnazione si accusa il Tribunale di aver violato i principi della ripartizione dell’onere della prova, avendo esso nella sentenza impugnata (punti 272, 277 e segg., 327, 340, 343 e 381) fissato standard probatori eccessivi a carico della ricorrente.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni» — RCCI) (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/44 |
Ricorso proposto il 26 luglio 2023 — Commissione europea / Repubblica di Bulgaria
(Causa C-479/23)
(2023/C 321/47)
Lingua processuale: il bulgaro
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: M. Ilkova e P. Messina)
Convenuta: Repubblica di Bulgaria
Conclusioni della ricorrente
La Commissione chiede alla Corte che voglia:
— |
constatare che, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2019/520 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale e intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sul mancato pagamento dei pedaggi stradali nell'Unione, e in ogni caso non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, la Repubblica di Bulgaria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 32, paragrafo 1, di detta direttiva; |
— |
condannare la Repubblica di Bulgaria a versare alla Commissione una somma forfettaria corrispondente al maggior importo tra i due seguenti: i) un importo di EUR 1 800 al giorno moltiplicato per il numero di giorni compresi tra il giorno successivo a quello di scadenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva e il giorno in cui è stata posta fine all’inadempimento, ovvero, in assenza di regolarizzazione, il giorno in cui sarà resa sentenza nel presente procedimento; ii) la somma forfettaria minima di EUR 504 000; |
— |
se l’inadempimento constatato al [primo trattino] persiste alla data della pronuncia della sentenza nel presente procedimento, condannare la Repubblica di Bulgaria a pagare alla Commissione un’ammenda di EUR 9 720 al giorno a far data dalla pronuncia della sentenza nel presente procedimento, fino a che tale Stato membro non adempia agli obblighi che gli incombono in forza della direttiva; |
— |
condannare la Repubblica di Bulgaria alle spese. |
Motivi e principali argomenti
La direttiva (UE) 2019/520 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale e intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sul mancato pagamento dei pedaggi stradali nell'Unione, prevede un insieme di regole per garantire l’interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale e stabilire una base giuridica per lo scambio transfrontaliero di informazioni sui veicoli e i loro proprietari o intestatari che non hanno pagato pedaggi stradali nell’Unione.
Conformemente all’articolo 32, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri dovevano adottare entro il 19 ottobre 2021 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale strumento. Dovevano inoltre comunicare immediatamente il testo di tali disposizioni alla Commissione.
La Commissione ha inviato alla Repubblica di Bulgaria una lettera di diffida il 19 ottobre 2021. Il 19 maggio 2022 la Commissione ha fatto pervenire alla Repubblica di Bulgaria un parere motivato. La Repubblica di Bulgaria non ha però ancora adottato misure di recepimento né le ha comunicate alla Commissione.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/45 |
Ricorso proposto il 26 luglio 2023 — Commissione europea / Repubblica di Bulgaria
(Causa C-480/23)
(2023/C 321/48)
Lingua processuale: il bulgaro
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: E. Ruseva e P. Messina)
Convenuta: Repubblica di Bulgaria
Conclusioni
La Commissione chiede alla Corte che voglia:
— |
constatare che, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2019/1161 (1) del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, e in ogni caso non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, la Repubblica di Bulgaria è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, di detta direttiva; |
— |
condannare la Repubblica di Bulgaria a versare alla Commissione una somma forfettaria corrispondente al maggior importo tra i due seguenti: i) un importo di EUR 1 800 al giorno moltiplicato per il numero di giorni compresi tra il giorno successivo a quello di scadenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva e il giorno in cui è stata posta fine all’inadempimento, ovvero, in assenza di regolarizzazione, il giorno in cui sarà resa sentenza nel presente procedimento; ii) la somma forfettaria minima di EUR 504 000; |
— |
se l’inadempimento constatato al [primo trattino] persiste alla data della pronuncia della sentenza nel presente procedimento, condannare la Repubblica di Bulgaria a pagare alla Commissione un’ammenda di EUR 10 800 al giorno a far data dalla pronuncia della sentenza nel presente procedimento, fino a che tale Stato membro non adempia agli obblighi che gli incombono in forza della direttiva; |
— |
condannare la Repubblica di Bulgaria alle spese. |
Motivi e principali argomenti
La direttiva (UE) 2019/1161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che modifica la direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, mira a promuovere e a stimolare il mercato dei veicoli puliti e a basso consumo energetico e a potenziare il contributo del settore dei trasporti all’attuazione delle politiche dell’Unione in materia di ambiente, clima ed energia. Per raggiungere tali obiettivi, la direttiva impone agli Stati membri di assicurare che, negli appalti pubblici per taluni veicoli adibiti al trasporto su strada, le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori tengano conto dell'impatto energetico e dell'impatto ambientale nell'arco di tutta la vita dei veicoli, compreso il consumo energetico e le emissioni di CO2 e di talune sostanze inquinanti.
Conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva, gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 2 agosto 2021. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri per recepire la direttiva devono peraltro contenere un riferimento alla direttiva o essere corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale.
La Commissione ha inviato alla Repubblica di Bulgaria una lettera di diffida il 29 settembre 2021. Il 6 aprile 2022 la Commissione ha fatto pervenire alla Repubblica di Bulgaria un parere motivato. La Repubblica di Bulgaria non ha però ancora adottato misure di recepimento né le ha comunicate alla Commissione.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/46 |
Impugnazione proposta il 27 luglio 2023 dalla Mainova AG avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-320/20, Mainova AG / Commissione europea
(Causa C-484/23 P)
(2023/C 321/49)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: Mainova AG (rappresentante: C. Schalast, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
1. |
annullare la sentenza del Tribunale del 17 maggio 2023, Mainova/Commissione (T-320/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); |
2. |
in subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale; |
3. |
condannare la Commissione alle spese di entrambi i gradi di giudizio. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere un’erronea interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe fissato i requisiti per la legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE in maniera troppo restrittiva e in contrasto con la sua stessa giurisprudenza e con quella della Corte. Il Tribunale avrebbe fatto riferimento esclusivamente alla sentenza del 4 luglio 2006, easyJet/Commissione (T-177/04), senza tener conto delle circostanze del caso di specie. Tra tali circostanze rientrerebbero in particolare l’intensa partecipazione della ricorrente nell’ambito, tra l’altro, della transazione complessiva, la concreta partecipazione di detta ricorrente ad un colloquio personale con la Commissione, e il riconoscimento quale soggetto terzo pregiudicato da parte della persona incaricata dell’audizione dalla Commissione. In conclusione, la tesi giuridica sostenuta nella sentenza impugnata pregiudicherebbe in futuro in maniera notevole la tutela giurisdizionale contro le decisioni in materia di controllo sulle fusioni.
Con il secondo motivo di impugnazione, viene imputata al Tribunale una violazione degli obblighi di osservanza delle norme e di rispetto dello Stato di diritto. Il Tribunale, nella sua decisione sulla legittimazione ad agire, avrebbe omesso di tener conto del riconoscimento della ricorrente e dell’assicurazione fornita dalla persona incaricata dell’audizione che questa avrebbe informato la ricorrente in merito a successive possibilità di presentare osservazioni nel procedimento. Al contrario, il Tribunale sarebbe dell’avviso che la ricorrente abbia avuto ampia possibilità di prendere parte al procedimento. La ricorrente eccepisce che essa si sarebbe fidata dell’assicurazione fornita dalla persona incaricata dell’audizione quale organo della Commissione. Pertanto, il Tribunale violerebbe i principi del rispetto delle norme e della tutela del legittimo affidamento. In conclusione, la sentenza impugnata porterebbe al risultato che la Commissione potrà in futuro decidere liberamente sulla possibilità di ricorrere in giudizio contro determinate transazioni.
Con il suo terzo motivo di impugnazione, la ricorrente asserisce che il Tribunale, nella sua decisione in merito all’erronea suddivisione della transazione complessiva tra la RWE e la E.ON, avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 139/2004 (1) (RCCI), avendo esso fatto riferimento esclusivamente alla comunicazione consolidata della Commissione sulle questioni di competenza, ed avendo omesso di tener conto della propria giurisprudenza risultante dalla sentenza del 23 febbraio 2006, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione (T-282/02), come pure del considerando 20 del RCCI. In tal modo, il Tribunale avrebbe violato i principi della gerarchia delle norme, del primato della legge e della divisione dei poteri.
Infine, il quarto motivo di impugnazione lamenta un’erronea valutazione dell’«Investor Relationship Agreement» prodotto dalla RWE e dalla E.ON. Il Tribunale non avrebbe considerato il fatto che tale accordo sarebbe inefficace in base alle norme tedesche sulle società per azioni. In tal modo, detto giudice avrebbe lasciato privi di esame interessi essenziali e avrebbe dunque adottato una decisione errata in diritto.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/47 |
Impugnazione proposta il 27 luglio 2023 dalla enercity AG avverso la sentenza del Tribunale (Quarta Sezione ampliata) 17 maggio 2023, causa T-321/20, enercity AG / Commissione europea
(Causa C-485/23 P)
(2023/C 321/50)
Lingua processuale: il tedesco
Parti del procedimento
Ricorrente: enercity AG (rappresentante: C. Schalast, Rechtsanwalt)
Altre parti nel procedimento: Commissione europea, Repubblica federale di Germania, E.ON SE, RWE AG
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
annullare la sentenza del Tribunale del 17 maggio 2023, enercity/Commissione (T-321/20), nonché annullare la decisione della Commissione europea del 26 febbraio 2019 relativa all’operazione di concentrazione «RWE/E.ON Assets» (caso M.8871) (GU 2000, C 111, pag. 1); |
— |
in subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale; |
— |
condannare la Commissione alle spese di entrambi i gradi di giudizio. |
Motivi e principali argomenti
Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente fa valere un’erronea interpretazione dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe fissato i requisiti per la legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE in maniera troppo restrittiva e in contrasto con la sua stessa giurisprudenza e con quella della Corte. Il Tribunale avrebbe fatto riferimento esclusivamente alla sentenza del 4 luglio 2006, easyJet/Commissione (T-177/04), senza tener conto delle circostanze del caso di specie. Tra tali circostanze rientrerebbero in particolare l’intensa partecipazione della ricorrente nell’ambito, tra l’altro, della transazione complessiva, la concreta partecipazione di detta ricorrente ad un colloquio personale con la Commissione, e il riconoscimento quale soggetto terzo pregiudicato da parte della persona incaricata dell’audizione dalla Commissione. In conclusione, la tesi giuridica sostenuta nella sentenza impugnata pregiudicherebbe in futuro in maniera notevole la tutela giurisdizionale contro le decisioni in materia di controllo sulle fusioni.
Con il secondo motivo di impugnazione, viene imputata al Tribunale una violazione degli obblighi di osservanza delle norme e di rispetto dello Stato di diritto. Il Tribunale, nella sua decisione sulla legittimazione ad agire, avrebbe omesso di tener conto del riconoscimento della ricorrente e dell’assicurazione fornita dalla persona incaricata dell’audizione che questa avrebbe informato la ricorrente in merito a successive possibilità di presentare osservazioni nel procedimento. Al contrario, il Tribunale sarebbe dell’avviso che la ricorrente abbia avuto ampia possibilità di prendere parte al procedimento. La ricorrente eccepisce che essa si sarebbe fidata dell’assicurazione fornita dalla persona incaricata dell’audizione quale organo della Commissione. Pertanto, il Tribunale violerebbe i principi del rispetto delle norme e della tutela del legittimo affidamento. In conclusione, la sentenza impugnata porterebbe al risultato che la Commissione potrà in futuro decidere liberamente sulla possibilità di ricorrere in giudizio contro determinate transazioni.
Con il suo terzo motivo di impugnazione, la ricorrente asserisce che il Tribunale, nella sua decisione in merito all’erronea suddivisione della transazione complessiva tra la RWE e la E.ON, avrebbe erroneamente interpretato l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 139/2004 (1) (RCCI), avendo esso fatto riferimento esclusivamente alla comunicazione consolidata della Commissione sulle questioni di competenza, ed avendo omesso di tener conto della propria giurisprudenza risultante dalla sentenza del 23 febbraio 2006, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione (T-282/02), come pure del considerando 20 del RCCI. In tal modo, il Tribunale avrebbe violato i principi della gerarchia delle norme, del primato della legge e della divisione dei poteri.
Infine, il quarto motivo di impugnazione lamenta un’erronea valutazione dell’«Investor Relationship Agreement» prodotto dalla RWE e dalla E.ON. Il Tribunale non avrebbe considerato il fatto che tale accordo sarebbe inefficace in base alle norme tedesche sulle società per azioni. In tal modo, detto giudice avrebbe lasciato privi di esame interessi essenziali e avrebbe dunque adottato una decisione errata in diritto.
(1) Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni») (GU 2004, L 24, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/48 |
Ricorso proposto il 28 luglio 2023 — Commissione europea / Repubblica portoghese
(Causa C-487/23)
(2023/C 321/51)
Lingua processuale: il portoghese
Parti
Ricorrente: Commissione europea (rappresentanti: L. Santiago de Albuquerque e G. Gattinara, agenti)
Convenuta: Repubblica portoghese
Conclusioni della ricorrente
La ricorrente chiede che la Corte voglia:
— |
dichiarare che la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (1), in quanto non ha provveduto né provvede a che:
paghino i propri debiti commerciale entro i termini previsti in tale articolo; |
— |
condannare la Repubblica portoghese alle spese. |
Motivi e principali argomenti
La causa petendi del ricorso è l’inadempimento, da parte della Repubblica portoghese, di quanto previsto all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE, dal 2021 ad oggi. Secondo tali disposizioni, gli Stati membri assicurano che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione il periodo di pagamento non sia superiore a trenta giorni. Tale termine può essere prorogato a sessanta giorni per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine. La direttiva 2011/7/UE stabilisce che gli Stati membri dovevano trasporla entro il 16 marzo 2013.
La Commissione europea ha dato inizio alla fase precontenziosa della procedura d’infrazione relativamente alla direttiva 2011/7/UE contro la Repubblica portoghese dopo aver rilevato l’inadempimento sistematico e continuato, da parte di vari enti pubblici portoghesi, rispetto al pagamento dei loro debiti commerciali, dei termini previsti all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE. Tale inadempimento continuava a sussistere alla data del termine fissato nel parere motivato (5 dicembre 2017).
Un complesso di relazioni di monitoraggio con dati relativi ai termini medi di pagamento degli enti pubblici nei vari settori dell’amministrazione pubblica portoghese, inviate dalla Repubblica portoghese ai servizi della Commissione, su richiesta dei medesimi, mostra che gli enti pubblici di vari settori dell’amministrazione pubblica portoghese hanno continuato, dopo il termine fissato nel parere motivato e fino alla data di presentazione del ricorso, a pagare i rispettivi debiti commerciali entro termini superiori a quelli previsti all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE. Si tratta, in particolare, dei seguenti enti pubblici:
— |
l’amministrazione locale, negli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, |
— |
gli enti pubblici portoghesi che forniscono assistenza sanitaria (sotto-settore sanità), dal 2013 al 2022, |
— |
la Região Autónoma da Madeira (regione autonoma di Madera), dal 2013 al 2022, |
— |
la Região Autónoma dos Açores (regione autonoma delle Azzorre), nel 2013 e dal 2015 al 2022 |
Si aggiunga che la Repubblica portoghese, nelle relazioni per gli anni 2020, 2021 e 2022, ha incluso solamente dati incompleti, asseritamente in quanto non avrebbe disposto dei dati relativi all’amministrazione locale per tali anni, a causa di un mutamento nel sistema contabile afferente a detta amministrazione locale. Fino alla data di presentazione del ricorso, la Repubblica portoghese non ha completato i dati delle relazioni succitate, né ha inviato dati aggiornati.
Pertanto, la Commissione ha concluso che la Repubblica portoghese non ha adempiuto agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera b), della direttiva 2011/7/UE, in quanto non ha provveduto né provvede a che gli enti pubblici summenzionati paghino i propri debiti commerciali entro i termini previsti in tale articolo.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/50 |
Ordinanza del presidente della Corte del 5 giugno 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landgericht Stuttgart — Germania) — S. / AD GmbH
(Causa C-440/20 (1), AD)
(2023/C 321/52)
Lingua processuale: il tedesco
Il presidente della Corte ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/50 |
Ordinanza del presidente della Corte del 16 maggio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunalul Bihor — Romania) — P.C.H. / Parchetul de pe lângă Tribunalul Bihor, Parchetul de pe lângă Curtea de Apel Oradea, Ministerul Public — Parchetul de pe lângă Înalta Curte de Casaţie şi Justitie, con l’intervento di: Consiliul Naţional pentru Combaterea Discriminării
(Causa C-642/21 (1), Parchetul de pe lângă Tribunalul Bihor e a.)
(2023/C 321/53)
Lingua processuale: il rumeno
Il presidente della Corte ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/50 |
Ordinanza del presidente della Sesta Sezione della Corte del 15 maggio 2023 — Commissione europea / Romania
(Causa C-69/22) (1)
(2023/C 321/54)
Lingua processuale: il rumeno
Il presidente della Sesta Sezione ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/50 |
Ordinanza del presidente della Corte del 23 maggio 2023 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Amtsgericht Frankfurt am Main — Germania) — flightright GmbH / TAP Portugal
(Causa C-52/23 (1), flightright)
(2023/C 321/55)
Lingua processuale: il tedesco
Il presidente della Corte ha disposto la cancellazione della causa dal ruolo.
Tribunale
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/51 |
Ordinanza del presidente del Tribunale del 14 luglio 2023 — VC / EU-OSHA
(Causa T-126/23 R)
(«Procedimento sommario - Appalti pubblici - Esclusione dalle procedure d’appalto e dalla concessione di sovvenzioni finanziate dal bilancio generale dell’Unione e dal FES per un periodo di due anni - Pubblicazione d’informazioni elative a tale esclusione - Domanda di sospensione dell’esecuzione - Urgenza - Fumus boni iuris - Bilanciamento degli interessi»)
(2023/C 321/56)
Lingua processuale: lo spagnolo
Parti
Ricorrente: VC (rappresentanti: J. Rodríguez Cárcamo e S. Centeno Huerta, avvocati)
Convenuta: Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA)
Oggetto
Con la sua domanda fondata sugli articoli 278 e 279 TFUE, il ricorrente chiede la sospensione dell’esecuzione della decisione 2023/01 dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), del 13 gennaio 2023, sull’esclusione della ricorrente dalla partecipazione alle procedure di appalto e a quelle relative alle sovvenzioni, ai premi, alle aggiudicazioni e agli strumenti finanziari disciplinate dal bilancio generale dell’Unione europea nonché alle procedure di assegnazione relative al Fondo europeo di sviluppo disciplinate dal regolamento (UE) 2018/1877 del Consiglio.
Dispositivo
1) |
È sospesa l’esecuzione della decisione 2023/01 dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), del 13 gennaio 2023, sull’esclusione di VC dalla partecipazione alle procedure di appalto e a quelle relative a sovvenzioni, premi, aggiudicazioni e strumenti finanziari disciplinate dal bilancio generale dell’Unione europea nonché alle procedure di assegnazione relative al Fondo europeo di sviluppo disciplinate dal regolamento (UE) 2018/1877 del Consiglio, in quanto tale decisione prevede, all’articolo 4, la pubblicazione sul sito Internet della Commissione europea di talune informazioni riguardanti l’esclusione della partecipazione di VC alle procedure in parola. |
2) |
La domanda è respinta quanto al resto. |
3) |
L’ordinanza del 13 marzo 2023, VC/EU-OSHA (T-126/23 R), è revocata. |
4) |
Le spese sono riservate. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/51 |
Ricorso proposto il 27 giugno 2023 — Semedo / Parlamento
(Causa T-349/23)
(2023/C 321/57)
Lingua processuale: il francese
Parti
Ricorrente: Monica Semedo (Grevenmacher, Lussemburgo) (rappresentanti: T. Bontinck, A. Guillerme, L. Burguin e L. Marchal, avvocati)
Convenuto: Parlamento europeo
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del 17 aprile 2023 la quale ha ritenuto che i comportamenti denunciati da [riservato] (1) nei confronti della sig.ra Semedo costituiscano una molestia psicologica ai sensi dell’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea; |
— |
annullare la decisione del 17 aprile 2023 che impone alla sig.ra Semedo una sanzione consistente nella perdita del diritto all’indennità di soggiorno per un periodo di dieci giorni, adottata sulla base della suddetta decisione; |
— |
dichiarare l’illegittimità dell’articolo 9, paragrafo 5, della decisione dell’Ufficio [di presidenza] del 2 luglio 2018 sul funzionamento del Comitato consultivo per le denunce di molestie riguardanti i deputati al Parlamento europeo e le relative procedure, in quanto non consente alla persona interessata da un’indagine di essere ascoltata in presenza di una persona di sua scelta o almeno del suo avvocato; |
— |
condannare il Parlamento europeo alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla violazione del diritto di essere ascoltati e dei diritti della difesa. La ricorrente sostiene che le decisioni impugnate non sono state adottate dalla Presidente del Parlamento europeo in condizioni tali da garantirle il diritto di essere ascoltata e di esercitare i suoi diritti di difesa nei procedimenti dinanzi al Comitato consultivo per l’esame delle denunce di molestie riguardanti i deputati al Parlamento europeo (in prosieguo: il «comitato consultivo») e dinanzi alla Presidente del Parlamento. La ricorrente sostiene inoltre che l’articolo 9, paragrafo 5, della decisione del 2 luglio 2018, sul funzionamento del comitato consultivo e le relative procedure è illegittimo dal momento che non consente alla persona interessata da un’indagine di essere ascoltata in presenza di una persona di sua scelta o quantomeno del suo avvocato. |
2. |
Secondo motivo, vertente su un errore manifesto di valutazione, per il motivo che la decisione, che constata che i comportamenti della sig.ra Semedo costituiscono una molestia psicologica, è viziata da un errore manifesto di valutazione, poiché i comportamenti contestati non soddisfano i criteri stabiliti dall’articolo 12 bis, paragrafo 3, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea. |
(1) Dati riservati omessi.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/52 |
Ricorso proposto il 2 luglio 2023 — Verdeja Muñiz / BCE
(Causa T-352/23)
(2023/C 321/58)
Lingua processuale: lo spagnolo
Parti
Ricorrente: Pedro Verdeja Muñiz (Madrid, Spagna) (rappresentante: F. Verdeja González, abogado)
Convenuta: BCE
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare tutte le decisioni della Banca Centrale Europea (in prosieguo: la «BCE») adottate dal 21 luglio 2022 al 15 giugno 2023 intese ad aumentare l’Euribor e a intervenire sul mercato finanziario e ipotecario senza tutelare il ricorrente in quanto debitore; |
— |
condannare la BCE a adottare misure fiscali per assicurare che l'Euribor applicabile al debito ipotecario del ricorrente sia mantenuto al livello precedente alla decisione del 14 aprile 2022; con costi |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sul principio di diritto in forza del quale l’attore non può e non deve impugnare le decisioni della BCE. |
2. |
Secondo motivo, vertente sul principio di diritto in forza del quale la BCE non deve provocare aumenti di prezzo, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 282, paragrafo 2, TFUE |
3. |
Terzo motivo, vertente sul principio di diritto in forza del quale la BCE non deve porsi in contrasto con la libertà di mercato, ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, TFUE |
4. |
Quarto motivo, vertente sul principio di diritto in forza del quale la BCE deve adottare misure efficaci contro l'aumento dell'Euribor. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/53 |
Ricorso proposto il 4 luglio 2023 — YH / BCE
(Causa T-366/23)
(2023/C 321/59)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: YH (rappresentanti: avv.ti J. Lehnhardt, R. Hübner e A. Walter)
Convenuta: Banca centrale europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione della BCE del 5 maggio 2023 (ECB-SSM-2023-DE-12 QLF-2022-0054, QLF-2023-0020, QLF-2023-0021), che osta all'acquisizione da parte della ricorrente di una partecipazione qualificata in M.M. Warburg & Co (AG & Co.) Kommanditgesellschaft auf Aktien, M.M. Warburg & CO Hypothekenbank Aktiengesellschaft e Marcard, Stein & Co AG; |
— |
condannare la BCE alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce sette motivi.
1. |
Primo motivo, vertente su violazioni delle norme sulla procedura di valutazione della partecipazione qualificata. |
2. |
Secondo motivo, vertente sulla violazione di forme sostanziali da parte della BCE, vale a dire i) il diritto di essere sentiti tenendo conto dei fatti sui quali la ricorrente non ha potuto pronunciarsi prima della decisione e ii) l'obbligo di motivare una decisione negativa [articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, articoli 31, 33, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea (1) e articolo 22, paragrafi 1, comma 1 e 2, comma 2, del regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio. (2) |
3. |
Terzo motivo, vertente sul mancato esame dei fatti rilevanti e sulla mancata adozione della decisione su una base fattuale sufficientemente solida. |
4. |
Quarto motivo, vertente sull'erronea interpretazione e applicazione, da parte della BCE, della nozione di «partecipazione qualificata» per aver erroneamente calcolato e attribuito diritti di voto e quote di capitale e disatteso i relativi fatti. |
5. |
Quinto motivo, vertente sull'interpretazione e applicazione erronee, da parte della BCE, dei criteri di valutazione di cui all'articolo 23, paragrafi 1 e 2 della direttiva n. 2013/36/UE (3) del Parlamento europeo e del Consiglio e della normativa tedesca di recepimento di cui all'articolo 2ter, paragrafo 1bis, prima frase, della legge tedesca sulle banche (Kreditwesengesetz). |
6. |
Sesto motivo, vertente sulla violazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare dei diritti del ricorrente alla vita familiare e al matrimonio (articoli 7, 9 e 33), non discriminazione (articolo 21), presunzione di innocenza (articolo 48) e diritto di proprietà (articolo 17). |
7. |
Settimo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità. |
(1) Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell'ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull'MVU) (GU 2014, L 141, pag. 1).
(2) Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU 2013, L 287, pag. 63).
(3) Direttiva n. 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU 2013, L 176, pag. 338).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/54 |
Ricorso proposto il 7 luglio 2023 — Mincu Pătrașcu Brâncuși / Procura europea
(Causa T-385/23)
(2023/C 321/60)
Lingua processuale: il rumeno
Parti
Ricorrente: Constantin Mincu Pătrașcu Brâncuși (Bucarest, Romania) (rappresentate: A. Şandru, avvocato)
Convenuta: Procura europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di rinvio a giudizio e di archiviazione parziale di un caso, adottata dalla camera permanente della Procura europea l’8 dicembre 2022 nel fascicolo EPPO n. I.130/2021, con cui la Procura europea ha deciso di rinviare a giudizio il caso nel quale il ricorrente è imputato, considerato che la camera permanente non è composta dal numero minimo di procuratori europei imposto dalla normativa dell’Unione, e quindi risultano violate le disposizioni relative alla composizione delle camere permanenti disciplinate dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017; |
— |
[il ricorrente] deduce l’eccezione di illegittimità con riguardo al regolamento interno della Procura europea perché si trova in contraddizione con l’articolo 10 del regolamento EPPO e l’eccezione di illegittimità con riguardo alle disposizioni del regolamento interno della Procura europea che sono in contraddizione con il TFUE e con la Carta dei diritti fondamentali dell’UE. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce due motivi.
1. |
Primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento EPPO con l’adozione della decisione impugnata. In sostanza, la decisione impugnata della camera permanente n. 10 è stata emessa in violazione dell’articolo 10 del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»), che nella composizione della camera permanente impone il numero di due membri permanenti unitamente ad un presidente della stessa. |
2. |
Secondo motivo, vertente sulla deduzione dell’eccezione di illegittimità del regolamento interno della Procura europea. Tenendo presente che l’EPPO considera che è stato sufficiente il fatto che sono state rispettate le disposizioni dell’articolo 23, paragrafo 5, del regolamento interno della Procura europea nell’adozione della decisione impugnata della camera permanente, il ricorrente ha dedotto, sulla base dell’articolo 277 del TFUE, l’eccezione di illegittimità con riguardo a tale previsione perché si trova in contraddizione con l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento EPPO, il quale non consente deroghe. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/55 |
Ricorso proposto il 13 luglio 2023 — Teva / Commissione
(Causa T-393/23)
(2023/C 321/61)
Lingua processuale: l'inglese
Parti
Ricorrente: Teva GmbH (Ulm, Germania) (rappresentanti: Z. West, S. Love e G. Morgan, lawyers)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
dichiarare il suo ricorso di annullamento ricevibile e fondato; |
— |
annullare la decisione impugnata del 2 maggio 2023 (pubblicata il 3 maggio 2023), che modifica l’autorizzazione di immissione in commercio concessa dalla decisione C (2014)601 (final) per il medicinale a uso umano «Tecfidera — dimetilfumarato» nonché ogni decisione ulteriore, nei limiti in cui mantiene e/o sostituisce detta decisione, ivi inclusa ogni azione di follow-up normativo, ove riguardi la ricorrente; |
— |
condannare la Commissione alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo attinente alla violazione, da parte della Commissione, del termine entro il quale le condizioni che consentono di ottenere un’estensione della protezione della commercializzazione devono essere soddisfatte, come statuito dall’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio: (1)
— |
un’estensione della protezione dell’immissione in commercio fino a un massimo di undici anni può essere concessa solo se un’autorizzazione per una nuova indicazione terapeutica è ottenuta durante i primi otto anni successivi alla concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio; |
— |
Biogen doveva ottenere un’autorizzazione per la nuova indicazione durante i primi otto anni successivi alla concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera; |
— |
l’autorizzazione all’immissione in commercio del Tecfidera è stata concessa il 30 gennaio 2014 e ha preso effetto il 3 febbraio 2014. La decisione della Commissione recante autorizzazione di una nuova indicazione terapeutica, tuttavia, è stata rilasciata solo il 13 maggio 2022 (più di tre mesi dopo la scadenza del periodo iniziale di otto anni); |
— |
un anno supplementare di esclusività commerciale non dovrebbe pertanto essere concesso per il Tecfidera, dato che Biogen non soddisfaceva più i requisiti di cui all’articolo 14, paragrafo 11. |
(1) Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/56 |
Ricorso proposto il 7 luglio 2023 — Klein/Commissione
(Causa T-394/23)
(2023/C 321/62)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Christoph Klein (Großgmain, Austria) (rappresentante: H.-J. Ahlt, avvocato)
Convenuta: Commissione europea
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione di esecuzione C(2023) 2961 final della Commissione, del 28 aprile 2023, intitolata «Decisione di esecuzione della Commissione, del 28 aprile 2023, riguardante una misura di divieto di immissione in commercio del dispositivo medico “Inhaler Broncho-Air” prodotto dalla Primed Halberstadt Medizintechnik GmbH a nome della Broncho-Air Medizintechnik AG» ; |
— |
condannare la convenuta alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce tre motivi.
1. |
Primo motivo di ricorso: la decisione controversa violerebbe requisiti di forma sostanziali, in particolare
|
2. |
Secondo motivo di ricorso: la decisione controversa violerebbe i trattati o le norme applicabili, in particolare
|
3. |
Terzo motivo di ricorso: sviamento di potere, in quanto la convenuta non perseguirebbe, mediante la sua decisione, nessuno scopo legittimo. |
(1) Direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (GU 1993, L 169, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/57 |
Ricorso proposto il 18 luglio 2023 — BAWAG PSK / SRB
(Causa T-410/23)
(2023/C 321/63)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: BAWAG PSK Bank für Arbeit und Wirtschaft und Österreichische Postsparkasse AG (Vienna, Austria) (rappresentanti: F. Kruis e N. Bartmann, Rechtsanwälte)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2023 al Fondo di risoluzione unico (SRB/ES/2023/23), inclusi gli allegati, nella parte riguardante essa ricorrente, nonché |
— |
condannare il Comitato di risoluzione unico alle spese |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente fa valere otto motivi.
1. |
Primo motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati violano l’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 (1), in quanto sarebbe stato disatteso il limite previsto da tale disposizione, in virtù del quale i contributi che devono essere versati da tutti gli istituti in un anno non possono superare il 12,5 % del livello-obiettivo annuale. |
2. |
Secondo motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati sono illegittimi, in quanto violano gli articoli 6, 7 e 20, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2015/63 (2), per il fatto che il convenuto non avrebbe preso in considerazione né l’indicatore di rischio dei requisiti minimi quanto a fondi propri e passività ammissibili («MREL»), né gli indicatori di rischio attinenti a complessità («complexity») e possibilità di risoluzione («resolvability»). |
3. |
Terzo motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati sono illegittimi, nel caso in cui l’articolo 20 del regolamento delegato (UE) 2015/63 dovesse essere interpretato nel senso che è consentito non prendere in considerazione gli indicatori di rischio (parziali) complessità e possibilità di risoluzione. In questo caso, l’articolo 20 del regolamento delegato (UE) 2015/63 violerebbe l’articolo 103, paragrafo 7, della direttiva 2014/59/UE (3) e l’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, lettera b), del regolamento (UE) n. 806/2014. In tal caso, anche la decisione del 2 maggio 2023 sarebbe fondata su tale violazione. |
4. |
Quarto motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati violano gli articoli 6, paragrafo 4, e 9, paragrafi 1 e 2, in combinato disposto con l’allegato I, del regolamento delegato (UE) 2015/63, in quanto, in contrasto con l’articolo 6, paragrafo 4, di tale regolamento, verrebbero presi in considerazione non i prestiti e i conferimenti interbancari concessi nell’Unione europea, bensì quelli concessi negli Stati membri dell’Unione bancaria. |
5. |
Quinto motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati sono illegittimi, per il fatto che il convenuto avrebbe commesso errori materiali nel calcolo del contributo della ricorrente. |
6. |
Sesto motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati violano forme sostanziali nel senso di cui all’articolo 263, secondo comma, TFUE, nonché il diritto ad una buona amministrazione, in quanto non sarebbero corredati di una motivazione sufficiente nel senso di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE. |
7. |
Settimo motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati violano il diritto ad un ricorso effettivo riconosciuto dall’articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (4), in quanto, in mancanza di una motivazione conforme alle prescrizioni dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta, sarebbe praticamente impossibile sottoporre ad un’efficace verifica giurisdizionale l’esattezza sostanziale della decisione. |
8. |
Ottavo motivo, con cui si deduce che la decisione del 2 maggio 2023 e i suoi allegati sono illegittimi e violano i diritti della ricorrente, in quanto le norme giuridiche su cui si fonda la decisione, ossia l’articolo 70, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (UE) 806/2014 e l’articolo 103, paragrafo 2, della direttiva 2014/59/UE, sono esse stesse illegittime, per il fatto che prescrivono una valutazione comparativa degli enti creditizi interessati, che questa si basa su segreti commerciali degli enti interessati e che in tal modo viene sin dall’inizio vanificata la possibilità per gli enti creditizi interessati di avere una tutela giurisdizionale effettiva. |
(1) Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).
(2) Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione, del 21 ottobre 2014, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione (GU 2015, L 11, pag. 44).
(3) Direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/58 |
Ricorso proposto il 14 luglio 2023 — Nordea Bank / SRB
(Causa T-412/23)
(2023/C 321/64)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Nordea Bank Oyj (Helsinki, Finlandia) (rappresentanti: H. Berger, M. Weber e D. Schoo, avvocati)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico (SRB)
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023, documento n. SRB/ES/2023/23, inclusi gli allegati I, II e III, nella parte riguardante il contributo ex ante della ricorrente; |
— |
condannare il Comitato di risoluzione unico alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sul fatto che il Comitato di risoluzione unico ha violato l’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 (1), avendo omesso di applicare il massimale vincolante del 12,5 % al livello-obiettivo nella determinazione del livello-obiettivo annuale per il 2023.
(1) Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/59 |
Ricorso proposto il 14 luglio 2023 — Nordea Kiinnitysluottopankki / SRB
(Causa T-413/23)
(2023/C 321/65)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Nordea Kiinnitysluottopankki Oyj (Helsinki, Finlandia) (rappresentanti: H. Berger, M. Weber e D. Schoo, avvocati)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico (SRB)
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023, documento n. SRB/ES/2023/23, inclusi gli allegati I, II e III, nella parte riguardante il contributo ex ante della ricorrente; |
— |
condannare il Comitato di risoluzione unico alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sul fatto che il Comitato di risoluzione unico ha violato l’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 (1), avendo omesso di applicare il massimale vincolante del 12,5 % al livello-obiettivo nella determinazione del livello-obiettivo annuale per il 2023.
(1) Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/59 |
Ricorso proposto il 14 luglio 2023 — Nordea Rahoitus Suomi / SRB
(Causa T-414/23)
(2023/C 321/66)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Nordea Rahoitus Suomi Oy (Helsinki, Finlandia) (rappresentanti: H. Berger, M. Weber e D. Schoo, avvocati)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico (SRB)
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023, documento n. SRB/ES/2023/23, inclusi gli allegati I, II e III, nella parte riguardante il contributo ex ante della ricorrente; |
— |
condannare il Comitato di risoluzione unico alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente sul fatto che il Comitato di risoluzione unico ha violato l’articolo 70, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 806/2014 (1), avendo omesso di applicare il massimale vincolante del 12,5 % al livello-obiettivo nella determinazione del livello-obiettivo annuale per il 2023.
(1) Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/60 |
Ricorso proposto il 19 luglio 2023 — Kiene e a. / Parlamento e Consiglio
(Causa T-419/23)
(2023/C 321/67)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrenti: Kiene e a. (Hoya, Germania) Classic Tankstellen GmbH & Co. KG (Hoya), eFuel GmbH (Hoya), eFuel Projektentwicklung GmbH (Hoya) (rappresentanti: A. Dlouhy, E. Macher e M. Soppe, avvocati)
Convenuti: Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
— |
annullare l’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a d), del regolamento (UE) n. 2023/851; |
— |
condannare i convenuti alle spese. |
Motivi e principali argomenti
Quanto al contesto del ricorso, i ricorrenti, imprenditori nel settore dello sviluppo, della produzione e della distribuzione di carburanti sintetici neutri in CO2 per il trasporto su strada, fanno valere che le disposizioni impugnate, che rafforzavano i requisiti quanto ai valori delle emissioni di CO2 per le flotte di veicoli nuovi dei costruttori di automobili e di veicoli commerciali leggeri nell’Unione europea per gli anni fino al 2035, si sono basate su una misura di emissioni di CO2 compiuta unicamente a livello dei tubi di scappamento del veicolo in funzione. Tutte le emissioni prodotte all’atto della fabbricazione, della distribuzione, dell’utilizzazione e dell’eliminazione di un prodotto al di fuori del contesto di funzionamento del veicolo non sono state pertanto prese in conto, e questo senza una giustificazione. Tutto questo, da una parte, non tiene conto dei livelli di emissione talvolta elevati, segnatamente durante la fabbricazione di veicoli elettrici a batteria e, dall’altra, non considera il fatto che, durante la produzione di carburanti neutri in CO2, si fa uso di CO2 proveniente dall’atmosfera o di gas residui inevitabili, che altrimenti sarebbero pervenuti nell’atmosfera, e che la combustione non fa che liberare nuovamente tale CO2 fissato durante la produzione.
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono sette motivi.
1. |
Primo motivo: violazione del loro diritto fondamentale alla libertà d’impresa [articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (1) (in prosieguo: la «Carta»]. |
2. |
Secondo motivo: violazione del loro diritto fondamentale alla proprietà (articolo 17 della Carta) in ragione della mancata valorizzazione, di fatto, dei loro investimenti precedenti. |
3. |
Terzo motivo: violazione del loro diritto fondamentale all’eguaglianza davanti alla legge (articolo 20 della Carta), ove i carburanti neutri in CO2 sarebbero, senza ragione obiettiva (i) trattati in modo diverso rispetto all’energia elettrica di ricarica per i veicoli elettrici a batteria e (ii) trattati in modo uguale rispetto ai carburanti fossili. |
4. |
Quarto motivo: violazione della tutela dell’ambiente ai sensi dell’articolo 37 della Carta, dato che gli effetti negativi sull’ambiente non sono presi in considerazione nel corso del ciclo di vita dei veicoli e l’assenza di apertura tecnologica condurrà a ulteriori effetti negativi sull’ambiente. |
5. |
Quinto motivo: violazione del principio di proporzionalità, previsto dall’articolo 5, paragrafo 4, TUE, dato che le disposizioni impugnate non sono adeguate, necessarie e proporzionate per conseguire l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 perseguito dall’Unione europea. |
6. |
Sesto motivo: violazione delle esigenze relative alla politica ambientale dell’Unione previste dall’articolo 191 TFUE, dato che gli effetti negativi sull’ambiente non sono presi in considerazione nel corso del ciclo di vita dei veicoli, senza giustificazione, non sono affrontati ab origine e secondo il principio «chi inquina paga», ma sono in ultima analisi trasferiti ad altri paesi dell’Unione europea. |
7. |
Settimo motivo: violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE, poiché l’approccio normativo delle disposizioni impugnate, che si discosta dalle altre normative dell’Unione europea, non è motivato dal legislatore. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/61 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — PlanetArt / EUIPO — Free (FreePrints)
(Causa T-424/23)
(2023/C 321/68)
Lingua in cui è redatto il ricorso: il francese
Parti
Ricorrente: PlanetArt LLC (Wilmington, Delaware, Stati Uniti) (rappresentante: M. Schaffner, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Free (Parigi, Francia)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: Ricorrente
Marchio controverso: Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo a colori «FreePrints» — Domanda di registrazione n. 18 084 906
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 25 maggio 2023 nel procedimento R 407/2022-1
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
respingere l’opposizione n. B 3 101 722 che la divisione di opposizione dell’EUIPO ha accolto il 25 gennaio 2022; |
— |
rendere possibile, di conseguenza, la registrazione della domanda di marchio dell’Unione europea FreePrints n. 18 084 906; |
— |
condannare l’EUIPO a sopportare le spese dinanzi al Tribunale e dinanzi all’EUIPO (commissione di ricorso e divisione di opposizione), segnatamente le spese necessarie sostenute dalla ricorrente in tali procedimenti. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/62 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — Consejo Regulador «Aceite de Jaén» / EUIPO — Agrícola La Loma (VEGA DEL OBISPO BIO Jaén PRODUCTOS ECOLÓGICOS)
(Causa T-425/23)
(2023/C 321/69)
Lingua in cui è redatto il ricorso: lo spagnolo
Parti
Ricorrente: Consejo Regulador de la Indicación Geográfica Protegida «Aceite de Jaén» (Mengíbar, Spagna) (rappresentante: F. Muñoz Calvo, abogado)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Agrícola La Loma S. Coop. Andaluza (Torreblascopedro, Spagna)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del marchio controverso: Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Marchio controverso: Marchio figurativo VEGA DEL OBISPO BIO Jaén PRODUCTOS ECOLÓGICOS — Marchio dell’Unione europea n. 18 326 674
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Dichiarazione di nullità
Decisione impugnata: Decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 1o giugno 2023 nel procedimento R 1119/2022-1
Conclusioni
Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
dichiarare nulla la decisione impugnata; |
— |
rinviare la causa alla commissione di ricorso affinché prenda una decisione fondata in diritto in cui si dichiari la nullità parziale del marchio controverso; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivi invocati
— |
Violazione di natura processuale del principio del contraddittorio e provocazione di una situazione di impossibilità di difendersi della parte ricorrente. |
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio per violazione dell’ordine pubblico dell’Unione europea mediante inadempimento della normativa europea sulla commercializzazione al dettaglio degli oli di oliva. |
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio come conseguenza del rischio di indurre in errore inerente al marchio controverso. |
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera j), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio per violazione del sistema giuridico comunitario sulle denominazioni geografiche protette. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/63 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — Chiquita Brands/EUIPO — Compagnie financière de participation (Rappresentazione di una forma ovaloide blu e gialla)
(Causa T-426/23)
(2023/C 321/70)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese
Parti
Ricorrente: Chiquita Brands LLC (Fort Lauderdale, Florida, Stati Uniti) (rappresentanti: R. Dissmann e L. Jones, avvocati)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Compagnie financière de participation (Marsiglia, Francia)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Titolare del marchio controverso: Ricorrente
Marchio controverso: Marchio dell’Unione europea figurativo «Rappresentazione di una forma ovaloide blu e gialla» — Marchio dell’Unione europea n. 7 497 191
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Dichiarazione di nullità
Decisione impugnata: Decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 23 maggio 2023 nel procedimento R 2243/2021-1
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata e respingere la domanda di dichiarazione di nullità nella parte in cui il marchio controverso è stato dichiarato nullo; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese, comprese quelle sostenute nei procedimenti dinanzi all’EUIPO. |
Motivi invocati
— |
Violazione dell’articolo 4, e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda il carattere distintivo intrinseco del marchio controverso; |
— |
Violazione dell’articolo 7 e dell’articolo 59, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda il carattere distintivo acquisito del marchio controverso. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/64 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — Hofstede Insights/EUIPO — Geert Hofstede (HOFSTEDE INSIGHTS)
(Causa T-429/23)
(2023/C 321/71)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese
Parti
Ricorrente: Hofstede Insights Oy (Helsinki, Finlandia) (rappresentante: A. Sevillano Orbegozo, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Geert Hofstede BV (Meppel, Paesi Bassi)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso
Marchio controverso: domanda di marchio dell’Unione europea denominativo «HOFSTEDE INSIGHTS» — domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 18 338 780
Procedimento dinanzi all’EUIPO: opposizione
Decisione impugnata: decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 28 aprile 2023, nel procedimento R 2128/2022-5
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/64 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — Universität Koblenz / EACEA
(Causa T-432/23)
(2023/C 321/72)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Universität Koblenz (rappresentanti: R. Di Prato e C. von der Lühe, avvocati)
Convenuta: Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
accertare l’infondatezza delle domande di rimborso fatte valere di importo pari a EUR 197 216,97 per il Grant Agreement 2012-3028 comunicate dalla convenuta tramite lettera del 12 maggio 2023, con il numero di riferimento EACEA/530181(2012-3028)23D001392; |
— |
condannare la convenuta alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del suo ricorso, la ricorrente afferma che, nonostante la produzione di elementi di prova corrispondenti, non sarebbe stato concesso il riconoscimento integrale delle spese ammissibili. Parte degli elementi di prova prodotti e degli argomenti addotti dalla ricorrente non sarebbero stati sufficientemente valutati. I requisiti imposti dalla convenuta in materia di prova sarebbero eccessivi e non sarebbero conformi allo spirito e alla finalità delle disposizioni del Grant Agreement in questione.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/65 |
Ricorso proposto il 25 luglio 2023 — Webedia Gaming/EUIPO (GamePro)
(Causa T-433/23)
(2023/C 321/73)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Webedia Gaming GmbH (Monaco di Baviera, Germania) (rappresentante: O. Spieker, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Marchio controverso interessato: Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo «GamePro» — Domanda di registrazione n. 18 181 227
Decisione impugnata: Decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 24 maggio 2023 nel procedimento R 1246/2022-1
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata nella parte in cui ha respinto il ricorso; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivi invocati
— |
Violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio; |
— |
violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio; |
— |
violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/66 |
Ricorso proposto il 28 luglio 2023 — Almaghout / Consiglio
(Causa T-437/23)
(2023/C 321/74)
Lingua processuale: l’inglese
Parti
Ricorrente: Hala Almaghout (rappresentanti: M. Lester e M. Birdling, Barristers, e G. Symeonidis, avvocato)
Convenuto: Consiglio dell’Unione europea
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione (PESC) 2023/1035 del Consiglio, del 25 maggio 2023 (1), che mantiene l’inclusione della ricorrente nell’elenco dell’Unione europea, ai sensi dell’Allegato I alla decisione del Consiglio 2013/255/PESC, come modificata, e dell’Allegato II al regolamento (UE) del Consiglio n. 36/2012, del 18 gennaio 2012, come modificato (in prosieguo: le «misure contestate»), nella parte in cui si applicano alla ricorrente. |
— |
condannare il Consiglio alle spese. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente sostiene che la sua inclusione nell’ambito delle misure contestate è risultato di manifesti errori di valutazione da parte del Consiglio. In particolare, essa non è più membro della famiglia Makhlouf, non è implicata con il regime siriano, non vi ha alcuna influenza e non solleva alcun rischio di frode. In contrasto con le motivazioni espresse per includerla nell’elenco dell’Unione europea delle persone assoggettate a misure restrittive in considerazione della situazione in Siria, non sussiste nel suo caso alcun rischio che il patrimonio ereditato venga utilizzato a sostegno delle attività del regime siriano o che debba essere incamerato da tale regime.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/66 |
Ricorso proposto il 31 luglio 2023 — Lotum one / EUIPO — Palytika Santa Monica (WORDBLITZ)
(Causa T-438/23)
(2023/C 321/75)
Lingua in cui è redatto il ricorso: il tedesco
Parti
Ricorrente: Lotum one GmbH (Bad Nauheim, Germania) (rappresentante: T. Hogh Holub, avvocato)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Palytika Santa Monica, LLC (Henderson, Nevada, Stati Uniti dìAmerica)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: Ricorrente
Marchio controverso: Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo «WORDBLITZ» — Domanda di registrazione n. 18 024 980
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 27 marzo 2023 nel procedimento R 1682/2021-4
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/67 |
Ricorso proposto il 31 luglio 2023 — Marcandita/EUIPO — Euronext (bnext)
(Causa T-439/23)
(2023/C 321/76)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese
Parti
Ricorrente: Marcandita, SL (Madrid, Spagna) (rappresentanti: J. Gracia Albero e E. Cebollero González, avvocati)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Euronext NV (Amsterdam, Paesi Bassi)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: Ricorrente
Marchio controverso: Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo «bnext» — Domanda di registrazione n. 18 309 107
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 28 aprile 2023 nel procedimento R 2111/2022-4
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata; |
— |
condannare l’EUIPO alle spese del presente procedimento dinanzi al Tribunale e ordinare all’interveniente di pagare le spese derivanti dai procedimenti dinanzi alla divisione di opposizione e alla quarta commissione di ricorso dell’EUIPO. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/68 |
Ricorso proposto il 27 luglio 2023 — Berlin Hyp / SRB
(Causa T-440/23)
(2023/C 321/77)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: Berlin Hyp AG (Berlino, Germania) (rappresentanti: H. Berger, M. Weber e D. Schoo, Rechtsanwälte)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico (SRB)
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023, relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2023 al Fondo di risoluzione unico (SRB/ES/2023/23), inclusi i suoi allegati, nei limiti in cui la decisione impugnata, inclusi l’allegato I, l’allegato II e l’allegato III, riguarda il contributo di essa ricorrente, e |
— |
condannare il SRB alle spese. |
In subordine, per il caso in cui il Tribunale dovesse ritenere che la decisione impugnata, in conseguenza dell’utilizzazione di un’erronea lingua ufficiale da parte del SRB, è giuridicamente inesistente e che dunque il ricorso di annullamento è irricevibile per mancanza di oggetto, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
constatare che la decisione impugnata è giuridicamente inesistente; |
— |
condannare il SRB alle spese del procedimento. |
Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce nove motivi.
1. |
Primo motivo, con cui si deduce che la decisione impugnata viola l’articolo 81, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014 (1) in combinato disposto con l’articolo 3 del regolamento n. 1/58 (2), a motivo del fatto che essa non sarebbe redatta nella lingua tedesca scelta dalla ricorrente. |
2. |
Secondo motivo, con cui si deduce che la decisione impugnata viola l’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafi 1 e 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (3), nonché il diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47, primo comma, della Carta, in quanto detta decisione presenterebbe lacune nella motivazione ed un controllo giurisdizionale della decisione stessa sarebbe praticamente impossibile. |
3. |
Terzo motivo, con cui si deduce che la decisione impugnata viola gli articoli 69 e 70 del regolamento (UE) n. 806/2014, nonché gli articoli 16, 17, 41 e 53 della Carta, in quanto il convenuto avrebbe fissato in maniera erronea il livello-obiettivo annuale; in subordine, la ricorrente deduce che gli articoli 69 e 70 del regolamento (UE) n. 806/2014 violano norme di rango superiore. |
4. |
Quarto motivo, con cui si deduce che l’articolo 7, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento delegato (UE) 2015/63 (4) viola norme di rango superiore, in quanto esso consentirebbe una differenziazione oggettivamente inappropriata e sproporzionata tra i membri di un sistema di tutela istituzionale (IPS) e una relativizzazione dell’indicatore IPS. |
5. |
Quinto motivo, con cui si deduce, in subordine, che la decisione impugnata viola, relativamente alla determinazione dell’indicatore IPS, i requisiti fissati dal diritto primario e secondario applicabile. |
6. |
Sesto motivo, con cui si deduce che l’articolo 6 e l’allegato I, fase 2, del regolamento delegato (UE) 2015/63 violano norme di rango superiore, per il fatto che essi disattendono i principi della giurisprudenza Meroni (5), che la Commissione ha ecceduto le competenze ad essa trasferite e che dette disposizioni ledono il principio della commisurazione del contributo al rischio, il principio di proporzionalità e il principio dell’integrale valutazione dei fatti. |
7. |
Settimo motivo, con cui si deduce, in subordine, che la decisione impugnata viola gli articoli 16, 20 e 52 della Carta e il principio di proporzionalità, in quanto essa si basa, per quanto riguarda la determinazione degli indicatori di rischio nel settore di rischio IV, su evidenti errori di discrezionalità. |
8. |
Ottavo motivo, con cui si deduce che la decisione impugnata viola gli articoli 16, 20, 41 e 52 della Carta, nonché il principio di proporzionalità e il diritto ad una buona amministrazione, in quanto l’adeguamento al rischio sarebbe stato effettuato in maniera erronea. |
9. |
Nono motivo, con cui si deduce che l’articolo 20, paragrafo 1, prima e seconda frase, del regolamento delegato (UE) 2015/63 viola norme di rango superiore, in quanto esso stabilisce per un periodo di tempo indeterminato la non applicazione di uno o più indicatori di rischio, se e in quanto le informazioni a tal fine necessarie non soggiacciano ad un obbligo di segnalazione a fini di vigilanza. |
(1) Regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1).
(2) Regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 401).
(4) Regolamento delegato (UE) 2015/63 della Commissione, del 21 ottobre 2014, che integra la direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i contributi ex ante ai meccanismi di finanziamento della risoluzione (GU 2015, L 11, pag. 44).
(5) Sentenza del 13 giugno 1958, Meroni/Alta Autorità, 10/56, EU:C:1958:8.
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/69 |
Ricorso proposto il 31 luglio 2023 — Certinvest / EUIPO — Kiddinx Studios (Tina)
(Causa T-444/23)
(2023/C 321/78)
Lingua in cui è redatto il ricorso: l’inglese
Parti
Ricorrente: Certinvest SRL (Păntăşeşti, Romania) (rappresentante: avv. I. Speciac)
Convenuto: Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale
Controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso: Kiddinx Studios GmbH (Berlino, Germania)
Dati relativi al procedimento dinanzi all’EUIPO
Richiedente il marchio controverso: Ricorrente
Marchio controverso: Marchio dell’Unione europea denominativo figurativo «Tina» Domanda di registrazione n. 18 271 155
Procedimento dinanzi all’EUIPO: Opposizione
Decisione impugnata: Decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 17 maggio 2023 nel procedimento R 1979/2022-5
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione impugnata nel senso di accogliere il ricorso della ricorrente contro la decisione della divisione di opposizione e, di conseguenza, imporre all’EUIPO di continuare il procedimento di registrazione del marchio in parola per tutti i prodotti e servizi. |
Motivo invocato
— |
Violazione dell’articolo 8 paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio. |
11.9.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 321/70 |
Ricorso proposto il 27 luglio 2023 — UniCredit Bank / SRB
(Causa T-446/23)
(2023/C 321/79)
Lingua processuale: il tedesco
Parti
Ricorrente: UniCredit Bank AG (Monaco di Baviera, Germania) (rappresentanti: F. Kruis e N. Bartmann, Rechtsanwälte)
Convenuto: Comitato di risoluzione unico (SRB)
Conclusioni
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
— |
annullare la decisione del Comitato di risoluzione unico del 2 maggio 2023 relativa al calcolo dei contributi ex ante per il 2023 al Fondo di risoluzione unico (SRB/ES/2023/23), inclusi gli allegati, nella parte riguardante essa ricorrente, nonché |
— |
condannare il Comitato di risoluzione unico alle spese del procedimento. |
Motivi e principali argomenti
Il ricorso è fondato su otto motivi, che sono identici a quelli dedotti nella causa T-410/23, BAWAG PSK/SRB.