ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 184

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

66° anno
25 maggio 2023


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

2023/C 184/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema Uniti per la democrazia

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

2023/C 184/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul piano d’azione per i giovani nell’azione esterna dell’UE 2022-2027 (parere d’iniziativa)

5

2023/C 184/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il ruolo dei giovani nella transizione verde (parere esplorativo richiesto dalla presidenza svedese)

13

2023/C 184/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Edilizia in legno per la riduzione di CO2 nel settore edile (parere esplorativo richiesto dalla presidenza svedese)

18


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

2023/C 184/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell’Unione (normativa su un’Europa interoperabile) [COM(2022) 720 final — 2022/0379 (COD)] e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa al rafforzamento della politica del settore pubblico in materia di interoperabilità — Collegare i servizi pubblici, sostenere le politiche pubbliche e garantire benefici pubblici — Verso un’Europa interoperabile[COM(2022) 710 final]

28

2023/C 184/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza [COM(2022)702 final — 2022/0408 (COD)]

34

2023/C 184/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio su disegni e modelli comunitari e abroga il regolamento (CE) n. 2246/2002 della Commissione [COM(2022) 666 final — 2022/0391 (COD)] e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica dei disegni e modelli (rifusione) [COM(2022) 667 final — 2022/0392 (COD)]

39

2023/C 184/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Relazione di previsione strategica 2022 — Abbinamento tra transizione verde e transizione digitale nel nuovo contesto geopolitico[COM(2022) 289 final]

45

2023/C 184/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo Un percorso verso un sistema di compensazione dell'UE più forte[COM(2022) 696 final] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 648/2012, (UE) n. 575/2013 e (UE) 2017/1131 per quanto concerne le misure volte ad attenuare le esposizioni eccessive nei confronti di controparti centrali di paesi terzi e a migliorare l'efficienza dei mercati della compensazione dell'Unione [COM(2022) 697 final — 2022/0403 (COD)]

49

2023/C 184/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale [COM(2022) 707 final — 2022/0413 (CNS)]

55

2023/C 184/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Verso una direttiva sulle sanzioni penali per la violazione delle misure restrittive dell'Unione[COM(2022) 249 final], sulla proposta di decisione del Consiglio relativa all'aggiunta della violazione delle misure restrittive dell'Unione alle sfere di criminalità di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea [COM(2022) 247 final] e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione [COM(2022) 684 final]

59

2023/C 184/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un adeguato reddito minimo che garantisca l'inclusione attiva [COM(2022) 490 final — 2022/0299 (NLE)]

64

2023/C 184/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, e che sopprime l'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE e l'articolo 11 della direttiva 2010/41/UE [COM(2022) 688 final — 2022/0400 (COD)] e sulla proposta di direttiva del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, parità di trattamento in materia di occupazione e impiego tra le persone indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall'età o dall'orientamento sessuale, parità di trattamento tra le donne e gli uomini in materia di sicurezza sociale e per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, e che sopprime l'articolo 13 della direttiva 2000/43/CE e l'articolo 12 della direttiva 2004/113/CE [COM(2022) 689 final — 2022/0401 (APP)]

71

2023/C 184/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Revisione del piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche [COM(2022) 581 final]

78

2023/C 184/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di certificazione dell'Unione per gli assorbimenti di carbonio [COM(2022) 672 final — 2022/0394 (COD)]

83

2023/C 184/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Stato dell'Unione dell'energia 2022 [a norma del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima] [COM(2022) 547 final]

88

2023/C 184/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Digitalizzare il sistema energetico — Piano d'azione dell'UE[COM(2022) 552 final]

93

2023/C 184/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla pProposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/24/CE del Consiglio e della direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i valori limite per il piombo e i suoi composti inorganici e i diisocianati [COM(2023) 71 final — 2023/0033 (COD)]

101

2023/C 184/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) [COM(2022) 63 final — 2022/025(COD)]

102

2023/C 184/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE per rendere i mercati pubblici dei capitali nell'Unione più attraenti per le imprese e per facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese ai capitali, e che abroga la direttiva 2001/34/CE [COM(2022) 760 final — 2022/0405 (COD)], sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI [COM(2022) 761 final — 2022/0406 (COD)] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2017/1129, (UE) n. 596/2014 e (UE) n. 600/2014 per rendere i mercati pubblici dei capitali nell'Unione più attraenti per le società e facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese ai capitali [COM(2022) 762 final — 2022/0411 (COD)]

103

2023/C 184/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Garantire la disponibilità e l'accessibilità economica dei concimi[COM(2022) 590 final]

109


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Uniti per la democrazia»

(2023/C 184/01)

Relatori:

Stefano MALLIA (MT-I)

Oliver RÖPKE (AT-II)

Séamus BOLAND (IE-III)

Base giuridica

Articolo 50 del Regolamento interno

Adozione in sessione plenaria

23.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

181/0/5

La ripresa post-pandemia, i valori democratici, lo spazio civico, la libertà dei media, la diversità e la democrazia liberale sono tutti fattori sotto pressione da entrambi i lati dei confini dell’UE e si sono degradati dall’inizio della guerra sul suolo europeo: meno del 50 % della popolazione mondiale vive in un sistema democratico.

Mentre il mondo continua a essere testimone dell’atroce guerra in Ucraina e delle sue devastanti conseguenze umanitarie, sociali ed economiche, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) lancia un appello a rafforzare la democrazia e i valori democratici.

La straordinaria mobilitazione delle organizzazioni della società civile dell’UE, che offrono assistenza umanitaria, logistica e medica al popolo ucraino, ha inoltre messo in luce l’importanza di una società civile adeguatamente connessa, efficiente e dinamica. Oltre all’Ucraina, assistiamo al sorgere di movimenti di base che si battono per la democrazia in Iran, Bielorussia e Moldova. Rafforzarli significa rafforzare le democrazie.

Oggi è più importante che mai investire per rafforzare la resilienza delle democrazie e la loro capacità di salvaguardare i nostri diritti fondamentali, realizzare una pace e una stabilità durature e, in definitiva, garantire prosperità a tutti.

È indubbio che dovremmo avviare una riflessione comune sui nuovi approcci per rafforzare le strutture della democrazia partecipativa. Una società civile forte, indipendente e pluralistica è più importante che mai quale elemento chiave per garantire una cittadinanza attiva e una democrazia resiliente, capaci di salvaguardare lo Stato di diritto, i diritti fondamentali, la libertà di espressione e l’integrità del nostro stile di vita democratico. La democrazia nell’UE è intrinsecamente e irrevocabilmente legata ai concetti di uguaglianza, giustizia, rispetto dei diritti umani e non discriminazione, come sancito dall’articolo 2 del TUE.

In periodi di complessi cambiamenti e sfide altrettanto complesse, la democrazia deliberativa/partecipativa può far parte del quadro più ampio di un indispensabile cambiamento sistemico. Vi sono molti esempi che, se attuati in modo efficace, possono consentire ai responsabili politici di prendere decisioni difficili sulle questioni di politica pubblica più impegnative e possono anche consolidare la fiducia tra i cittadini e i governi. Il presupposto è garantire che si tenga conto della pluralità delle opinioni e del diritto dei cittadini di esprimersi liberamente. Tuttavia, la democrazia partecipativa non costituisce la panacea. Le società democratiche devono affrontare un ampio ventaglio di sfide diverse, per le quali occorrono metodi di partecipazione differenti. La governance democratica richiede pertanto il ricorso a meccanismi diversi per scopi diversi, allo scopo di trarre vantaggio sia dai loro punti di forza che dai loro punti deboli.

Dobbiamo cercare collettivamente di trovare un nuovo equilibrio tra democrazia rappresentativa, democrazia partecipativa e democrazia diretta.

Le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa sulla democrazia europea del 9 maggio 2022, in particolare le proposte n. 36 e n. 39, hanno fissato gli obiettivi di accrescere la partecipazione dei cittadini e rafforzare le strutture per la democrazia partecipativa e azioni deliberative. Tenendo conto dei risultati della Conferenza sul futuro dell’Europa e dell’importante ruolo che il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sta già svolgendo, il CESE intende delineare una serie di opzioni che potrebbero formulare un programma per le riforme istituzionali al fine di rispondere al meglio alle finalità del CESE stesso.

Date queste premesse, e sulla base dei risultati delle Giornate della società civile 2023, il Comitato economico e sociale europeo:

1.

invoca l’efficace attuazione dell’articolo 11 del TUE, compresi una strategia europea per la società civile e uno statuto europeo delle associazioni per collegare i diversi elementi costitutivi di uno spazio realmente responsabilizzante e inclusivo, al fine di rinnovare l’impegno e di attuare un dialogo civile strutturato in tutte le istituzioni dell’UE, anche invitando le organizzazioni della società civile (OSC), in particolare, ai vertici sociali e alle conferenze ad alto livello. Se vogliamo che il settore della società civile profonda un impegno più significativo e vasto, sono importanti anche le risorse di cui dispone. Servono migliori opportunità di finanziamento e quadri strategici equi e trasparenti per le organizzazioni della società civile, inclusa la protezione transfrontaliera, onde sviluppare capacità e resilienza per tutte le OSC, comprese le organizzazioni giovanili, il settore dell’economia sociale e quello del volontariato, così come l’accesso a risorse flessibili e sostenibili, siano esse private o pubbliche;

2.

sottolinea la necessità di rafforzare il ruolo chiave della società civile organizzata e delle parti sociali nel sostenere la democrazia deliberativa, a integrazione della democrazia rappresentativa, al fine di rafforzare ulteriormente il dialogo civile in tutti gli Stati membri e a livello dell’UE. La forza e il potere delle democrazie europee si basano su una cooperazione solida e su vasta scala tra l’UE e i suoi Stati membri, una cooperazione che deve contribuire a sviluppare le capacità delle organizzazioni della società civile, dal momento che OSC indipendenti sono «custodi del bene comune» e hanno un ruolo centrale nell’individuazione di soluzioni sostenibili, nella promozione delle innovazioni sociali e nella costruzione della fiducia reciproca all’interno delle società. Le OSC contribuiscono inoltre a individuare i processi, a offrire competenze specifiche per aumentare la diversità dei dibattiti e a facilitare la democrazia partecipativa, come sancito dai trattati;

3.

chiede un approccio olistico e cooperativo nel campo dell’istruzione e formazione per far fronte alle sfide attuali. Una politica europea in materia di competenze dovrebbe essere elaborata congiuntamente alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali, che dispongono del capitale politico, di conoscenze concrete e di una comprensione delle esigenze e delle carenze attuali; in tale contesto, chiede che il 2025 sia proclamato Anno europeo dei volontari, dato che il settore del volontariato ha un ruolo fondamentale da svolgere nello sviluppo di competenze informali;

4.

sottolinea che le competenze trasversali sono l’autentica spina dorsale di una democrazia partecipativa e deliberativa: cooperazione, pensiero critico, risoluzione dei problemi, gestione democratica e collettiva, risoluzione dei conflitti, educazione civica e alfabetizzazione mediatica. Sono, queste, competenze di fondamentale importanza per combattere le tendenze antidemocratiche, promuovere i valori europei e colmare gli attuali divari socioeconomici e politici, conferendo nel contempo poteri e responsabilità alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali per la progettazione congiunta delle politiche attraverso canali e strumenti consultivi o partecipativi al fine di realizzare l’assunzione di responsabilità, la trasparenza e la cittadinanza attiva;

5.

è impegnato a contribuire all’ulteriore sviluppo di strumenti per rafforzare la democrazia partecipativa e deliberativa — quali l’iniziativa dei cittadini europei e le consultazioni pubbliche online dell’UE —, che devono essere interamente accessibili e noti al grande pubblico;

6.

sottolinea l’importanza delle elezioni europee del 2024 e del ruolo cruciale delle OSC nell’incoraggiare la partecipazione degli elettori e un sentimento europeista, nonché nel contrastare l’astensione e la disinformazione. Il CESE invita le famiglie politiche europee a mettere l’accento, nei loro manifesti elettorali, sul ruolo delle organizzazioni della società civile nel rafforzare e migliorare la vita democratica;

7.

ribadisce la propria disponibilità, insieme alle maggiori organizzazioni della società civile e alle istituzioni dell’UE, a fare da Mediatore per dibattere del progetto europeo con i nostri concittadini, e non solo con quelli già convinti, attivandosi per raggiungerli nelle loro comunità, territori, città e piccoli centri. È quindi essenziale creare possibilità di partecipazione ai dibattiti pubblici e promuovere una cultura della partecipazione a tutti i livelli;

8.

la Commissione dovrebbe prevedere nella sua organizzazione dei posti di responsabili per i contatti con il dialogo civile e dovrebbe lavorare insieme agli Stati membri a rafforzare le strutture di tale dialogo civile, sostenendone la creazione laddove non esistano ancora, mobilitando fondi europei. L’iniziativa contribuirebbe a fare opera di sensibilizzazione e migliorerebbe la qualità del dialogo civile, aiutando così la Commissione e gli Stati membri a comprendere meglio i vantaggi di un dialogo civile ben funzionante per il processo decisionale. Inoltre, il dialogo civile verrebbe rafforzato da attività di ricerca e monitoraggio che portino all’individuazione e alla condivisione di buone pratiche;

9.

sottolinea, a tale proposito, che il coinvolgimento dei giovani e delle organizzazioni giovanili riveste particolare importanza per mobilitare coloro che votano per la prima volta, soprattutto i giovani elettori. Per ottenere la piena rappresentatività, è necessario favorire soluzioni che consentano un’ampia partecipazione e promuovano pari opportunità a tale riguardo. Occorre raggiungere le persone più lontane dai centri decisionali e avviare un dialogo con loro. Una maggiore partecipazione a livello locale sembra essere una necessità;

10.

invita inoltre il Parlamento europeo, il Consiglio europeo e gli Stati membri a modificare con urgenza l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto, del 1976 (Atto elettorale), chiarendo i principi del suffragio universale e diretto e della segretezza delle elezioni. La modifica consentirebbe di attuare le norme in tutta l’UE, garantendo quindi il diritto di voto alle persone con disabilità.

Sulla base delle raccomandazioni di cui sopra e di quelle della Conferenza sul futuro dell’Europa, il CESE:

11.

considera il protocollo di cooperazione con la Commissione europea, firmato di recente (27 ottobre 2022), come un rinnovato impegno politico a contribuire all’agenda politica europea e alla finalità, agli obiettivi (1) e alle aspirazioni principali dell’Europa, vale a dire la realizzazione di un’Unione europea competitiva, economicamente prospera, socialmente inclusiva e sostenibile sotto il profilo ambientale, garantendo nel contempo una transizione verso la neutralità climatica, un processo di digitalizzazione e un cambiamento demografico socialmente equi e giusti, e facendo in modo che il Green Deal europeo e il decennio digitale 2030 siano iniziative di successo per tutti gli europei. L’azione dell’Unione europea deve inoltre essere guidata dal pilastro europeo dei diritti sociali e da un’agenda per la competitività, le tabelle di marcia politiche volte a garantire che nessuno sia lasciato indietro;

12.

è pronto a — e, oggi più che mai, dispone della legittimità per — avere una funzione di snodo chiave (o hub) per la partecipazione dei cittadini e della società civile organizzata, compresi i futuri panel di cittadini. Il ruolo di questo hub consisterebbe nel moltiplicare l’impatto delle consultazioni dei cittadini in corso organizzate dalla Commissione europea e da altre istituzioni, nonché nel raccogliere sistematicamente i riscontri della società civile organizzata europea su tutte le principali priorità e politiche dell’agenda politica europea. Ciò contribuirà a rafforzare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo e nelle istituzioni dell’UE conferendo loro un ruolo effettivo nel processo decisionale pubblico. Il CESE fungerebbe da «padrone di casa» con il compito di guidare, supervisionare, progettare, organizzare, gestire e facilitare i processi deliberativi con l’aiuto di esperti esterni e di rappresentanti delle organizzazioni della società civile. Questa proposta è basata, in particolare, sulla relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa del 9 maggio 2022, in cui si chiede espressamente di «rafforzare il ruolo istituzionale del CESE, conferendogli il ruolo di facilitatore e garante di attività di democrazia partecipativa, come il dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile e i panel di cittadini». In tale contesto, le raccomandazioni formulate nei pareri d’iniziativa del CESE e nei pareri esplorativi richiesti dalla Commissione dovrebbero essere rivedute, ove opportuno e pertinente, mediante valutazioni delle politiche dell’UE;

13.

ritiene che le consultazioni dei panel di cittadini e delle OSC potrebbero concentrarsi sulla definizione dell’agenda, ad esempio sulla preparazione del programma di lavoro della Commissione, oppure essere legati al ciclo di vita delle principali priorità legislative. Il contributo dei cittadini potrebbe risultare maggiormente utile nella fase prelegislativa, per deliberare e formulare raccomandazioni prima della presentazione di determinate proposte (legislative) fondamentali. A tal fine, le consultazioni dei panel di cittadini e delle OSC potrebbero essere effettuate sulla base di una tabella di marcia e di un calendario annuali, stabiliti dal CESE in collaborazione con le istituzioni europee. Tra queste consultazioni potrebbero figurare richieste specifiche della Commissione europea, del Parlamento europeo o del Consiglio dell’Unione europea, o del CESE stesso, di propria iniziativa o su iniziativa del suo organismo partner, ossia il Comitato europeo delle regioni;

14.

ribadisce che il ciclo di attività potrebbe avere inizio con il discorso sullo stato dell’Unione e la dichiarazione d’intenti, in vista del programma di lavoro annuale della Commissione europea per l’anno successivo. Le consultazioni si svolgerebbero nel primo semestre dell’anno successivo;

15.

continuerà a proporre alle altre istituzioni dell’UE il lancio — a integrazione degli strumenti per rafforzare lo Stato di diritto — di un Forum annuale dell’UE sui diritti fondamentali, i diritti umani e lo Stato di diritto. Un tale consesso migliorerà il monitoraggio consentendo ai responsabili politici dell’UE di ricevere dalla società civile organizzata e dalle organizzazioni di base di tutti gli Stati membri dell’UE un allarme precoce sull’applicazione piena e trasparente dell’articolo 2 del TUE. Inoltre, il CESE invita la Commissione europea a inserire un capitolo sulla società civile nella prossima revisione del piano d’azione per la democrazia europea. Il CESE svolgerà poi un ruolo importante nel monitoraggio dei processi di adesione dei paesi candidati e faciliterà l’avvio di un dibattito denso di contenuti con le parti interessate al fine di garantire il rispetto dei valori europei, anche per quel che riguarda le minoranze nazionali ed etniche;

16.

lancerà l’iniziativa di una Settimana della società civile europea per consolidare il suo ruolo di «casa della società civile europea» e ampliare la portata delle sue iniziative faro, quali le Giornate della società civile, la Giornata dell’ICE (Iniziativa dei cittadini europei), «La vostra Europa, la vostra opinione!» (Your Europe, Your Say, YEYS) e il Premio per la società civile. L’iniziativa riunirà i principali attori delle organizzazioni della società civile europee e nazionali e costituirà un forum di dialogo su questioni di interesse per i soggetti della società civile a livello europeo. Il CESE cercherà di rafforzare le attività dalla base al fine di raggiungere il più possibile coloro che hanno scarse possibilità di prendere parte a dibattiti su temi europei e di garantire che la loro voce trovi spazio e ascolto nei processi decisionali.

Bruxelles, 23 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Articoli 2 e 3 del trattato sull’Unione europea.


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/5


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul piano d’azione per i giovani nell’azione esterna dell’UE 2022-2027

(parere d’iniziativa)

(2023/C 184/02)

Relatore:

Michael MCLOUGHLIN

Correlatrice:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Decisione dell’Assemblea plenaria

22.9.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

6.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

157/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Pur accogliendo con favore il piano d’azione per i giovani nell’azione esterna dell’UE, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che l’introduzione e la realizzazione di tale piano potrebbero incontrare difficoltà, che dovranno essere seguite da vicino e sorvegliate. Il CESE esprime l’auspicio di essere coinvolto attivamente nell’attuazione di tale piano.

1.2.

Il CESE ritiene che le competenze e l’esperienza delle organizzazioni giovanili nell’Unione europea e nel mondo costituiscano una risorsa preziosa per la realizzazione del piano, sia per la Commissione europea che per le delegazioni dell’UE. Reputa inoltre che tutto il personale dell’UE che lavora a contatto con i giovani dovrebbe essere dotato di competenze di base su questioni quali gli spazi a misura di giovani, le capacità di consultazione e i metodi di animazione socioeducativa.

1.3.

Il CESE auspica che, durante la fase di attuazione, venga riservata un’attenzione costante ai giovani più emarginati, compresi i giovani con disabilità, e che tutte le attività di leadership siano associate ad altrettanta attenzione per il sostegno di base ai giovani nelle comunità locali. I processi di leadership e partecipazione dovrebbero essere concepiti in modo da garantire il coinvolgimento della base e processi dal basso verso l’alto per produrre dei leader ben radicati nella realtà quotidiana.

1.4.

Il CESE sottolinea che la raccolta e il monitoraggio dei dati costituiscono una sfida fondamentale per l’attuazione del piano d’azione e che dovrebbero essere previste relazioni periodiche da parte della Commissione europea, del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), delle pertinenti agenzie finanziate e delle organizzazioni della società civile, coerentemente con la mappatura e l’analisi delle lacune dei dati internazionali sui giovani effettuata di recente dalla Commissione europea (1).

1.5.

Il CESE accoglie con favore e incoraggia possibili collegamenti con le attività delle Nazioni Unite e delle sue agenzie in questo campo, soprattutto per quanto riguarda l’agenda in materia di giovani, pace e sicurezza, ed eventuali sinergie con il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

1.6.

Il CESE ritiene che le principali politiche dell’UE in materia di gioventù, come Erasmus+ e la garanzia per i giovani, possano fornire un utile contributo all’impegno dei giovani e alle politiche a loro destinate. Quando si ricorre a meccanismi di questo genere occorre prestare attenzione all’indipendenza delle procedure di candidatura e ad aspetti come il rilascio di visti e le lingue.

1.7.

Il CESE raccomanda al Consiglio dell’UE di incoraggiare gli Stati membri a disporre di piani nazionali incentrati su questioni analoghe a quelle affrontate nel piano d’azione per i giovani e a collaborare con la società civile, in particolar modo con le organizzazioni giovanili. Andrebbero inoltre sviluppati e rafforzati i collegamenti esistenti e i partenariati della società civile tra i diversi Stati membri dell’UE e i paesi destinatari, in particolare tra le organizzazioni giovanili.

1.8.

Il CESE raccomanda inoltre di incoraggiare i paesi destinatari e di dotarli degli strumenti necessari per disporre di politiche giovanili proprie, che siano mirate e concrete, e di consigli nazionali della gioventù o di organismi equivalenti. Allo stesso tempo, al momento di fornire sostegno ai paesi destinatari, la Commissione dovrebbe essere guidata dai principi dei diritti umani.

1.9.

Il CESE ritiene opportuno stabilire collegamenti tra il piano d’azione per i giovani e l’Anno europeo delle competenze per garantire che questo tipo di attività trovi priorità nei paesi partner.

1.10.

Il CESE è dell’avviso che le attività incentrate sull’istruzione dovrebbero essere fondate sull’uguaglianza, in special modo sulla protezione delle ragazze, e che dovrebbero esistere strategie volte a garantire il coinvolgimento dei soggetti più difficili da raggiungere. Tutte le opportunità di borse di studio dovrebbero essere aperte, trasparenti e scegliere volutamente metodi atti ad incoraggiare tali soggetti.

1.11.

Il CESE è fermamente convinto della necessità di promuovere l’impegno civico con tutte le organizzazioni della società civile, quali i gruppi giovanili, i sindacati e le associazioni di giovani imprenditori.

1.12.

Il CESE ritiene che la politica commerciale dell’UE debba analizzare il suo impatto e il suo collegamento con i giovani, in particolare nell’ambito dei capitoli sul commercio e la sostenibilità, nonché degli accordi di partenariato economico.

1.13.

In linea con lo studio della Commissione europea, il CESE raccomanda di mettere a punto specifici servizi di assistenza sul territorio per i giovani in materia di salute mentale e obiettivi sia in termini di numero di realizzazioni che per i miglioramenti qualitativi nel settore della salute mentale per tutte le iniziative realizzate con i giovani nell’ambito dell’azione esterna.

1.14.

Il CESE ritiene che il piano d’azione per i giovani dovrebbe accordare un ruolo di primo piano alla lotta contro il lavoro minorile, in modo da eliminare questo fenomeno una volta per tutte.

2.   Informazioni generali: attività pertinenti del CESE

2.1.

Nell’ottobre 2018 il CESE ha adottato il parere sulla nuova strategia dell’UE per la gioventù (2), in cui ha sottolineato la necessità di attuare un approccio intersettoriale nei confronti dei giovani e di prestare maggiore attenzione a temi quali l’occupazione, la salute mentale, l’uguaglianza e l’istruzione. Il Comitato ha inoltre sottolineato l’importanza delle politiche di azione esterna dell’Unione al riguardo.

2.2.

Nel settembre 2020 il CESE ha adottato il parere sul tema Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell’Unione europea (3). Nel parere ha chiesto, tra l’altro, di istituire le tavole rotonde dei giovani sul clima e la sostenibilità e di includere un delegato dei giovani nella delegazione ufficiale dell’UE alla conferenza delle parti (COP) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), proponendosi di tenere conto della voce dei giovani nei propri pareri in materia di clima e sostenibilità.

2.3.

Nel parere sul tema La politica per la gioventù nei Balcani occidentali, nel quadro dell’agenda per l’innovazione a favore dei Balcani occidentali (4), adottato nel luglio 2022, il CESE ha invitato i governi nazionali dei Balcani occidentali a seguire i documenti chiave dell’UE in materia di politiche giovanili e a investire ulteriormente in politiche giovanili basate su dati concreti per affrontare le sfide dello sviluppo in relazione ai giovani, assicurando dotazioni di bilancio sufficienti e trasparenti.

2.4.

Il CESE si trova in una posizione privilegiata per facilitare il dialogo con le reti giovanili. Esso ha istituito un gruppo di coordinamento per l’Anno europeo dei giovani incaricato di rafforzare la cooperazione con le organizzazioni giovanili e i giovani durante e dopo l’Anno europeo dei giovani e di cooperare con altre istituzioni dell’UE e organizzazioni della società per garantire una migliore integrazione trasversale dei giovani nelle loro attività quotidiane. Nel settembre 2022 il CESE ha adottato il parere sul tema Valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (5) e ha chiesto meccanismi di partecipazione dei giovani più strutturati, significativi e mirati.

3.   Osservazioni generali sul piano d’azione per i giovani

3.1.

Il CESE accoglie con grande favore la comunicazione congiunta Piano d’azione per i giovani nell’azione esterna dell’UE 2022-2027 che segna un passo importante nell’azione esterna e nelle politiche giovanili, in quanto riconosce le potenziali sinergie — attese da tempo — tra i due ambiti. Inoltre, tale passo avanti nel contesto dell’Anno europeo dei giovani sta ad indicare che viene riconosciuta la necessità che i giovani e la vita dei giovani siano presenti in tutti i settori strategici e che le posizioni di questo gruppo siano prese in considerazione in tutte le attività politiche, e non solo nei settori associati «per tradizione» ai giovani.

3.2.

La guerra in Ucraina continua ad avere gravi ripercussioni sui civili, in particolare i bambini, gli adolescenti e i giovani. L’obiettivo del piano d’azione per i giovani in Ucraina, così come in altre aree del mondo colpite da conflitti, dovrebbe essere quello di aumentare la resilienza dei giovani, sostenere il loro impegno civico e dar loro gli strumenti per farsi promotori di cambiamenti all’interno delle loro comunità, soprattutto in vista della ripresa postbellica.

3.3.

La comunicazione si colloca inoltre opportunamente nel mondo post-pandemia e riconosce che i giovani, in particolare sul piano dell’istruzione e della libertà di circolazione, sono stati i soggetti più duramente colpiti da questa crisi. Pur essendo riconosciuto in Europa, l’impatto della COVID-19 sui giovani ha ricevuto minore attenzione a livello mondiale, in particolare nei paesi in via di sviluppo e negli Stati più fragili.

3.4.

In sostanza, il CESE sostiene l’idea secondo cui tutte le politiche interne collegate ai giovani dovrebbero poter essere applicate alle relazioni esterne dell’UE, tenendo conto dei contesti specifici a livello locale/regionale in cui si svolge l’azione esterna. Alla luce di quanto precede, il Comitato ritiene che il ricorso alla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani andrebbe raccomandato anche ai responsabili dell’attuazione del piano d’azione per i giovani.

3.5.

Il CESE accoglie inoltre con favore il fatto che il piano d’azione per i giovani sia fondato sul pilastro europeo dei diritti sociali e sul piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia, che richiamano l’attenzione sull’esigenza di una partecipazione equa, piena e significativa dei giovani alla vita pubblica e politica. I giovani, pur essendo all’avanguardia di fronte al cambiamento, sono ancora troppo spesso sottorappresentati, in contrasto con i diritti fondamentali che sono loro propri. Il CESE apprezza il piano d’azione per i giovani per il suo elevato livello di ambizione e per l’approccio chiaramente incentrato sull’azione. Valuta inoltre positivamente il fatto che riconosca le dimensioni intergenerazionali delle sfide globali odierne.

3.6.

La comunicazione riunisce tutte le principali attività politiche riguardanti i giovani in diversi settori. Nel tradurla in pratica, sarà importante assicurare una supervisione generale, in particolare in considerazione dei differenti enti responsabili della sua attuazione e della diversità delle politiche interessate. Ciò dovrebbe applicarsi anche ai responsabili dei giovani e dell’istruzione, alle organizzazioni giovanili e agli stessi giovani, come pure agli organismi responsabili degli aiuti e agli altri organismi nazionali degli Stati membri dell’UE, alle agenzie finanziate e alle organizzazioni della società civile. Analogamente, nell’attuazione della comunicazione si dovrà tenere conto del gran numero di risorse finanziarie, attori e indicatori coinvolti. Nel complesso, si tratta di un obiettivo non facile da raggiungere, ma un sistema di sorveglianza efficace darà i suoi frutti e potrebbe costituire un modello di attuazione congiunta delle politiche.

3.7.

È necessario migliorare la rilevazione di dati relativi ai giovani in quasi tutti i settori dell’azione esterna. L’attuazione del piano d’azione per i giovani deve concentrarsi su questo settore particolarmente complesso, come riconosciuto nella mappatura dei dati internazionali sui giovani e nell’analisi delle relative lacune intraprese di recente dalla Commissione europea. Può risultare difficile disaggregare le realizzazioni e i risultati e individuare il contributo preciso di un determinato programma o di un’iniziativa specifica a un risultato. Pertanto, tutti gli interventi che interessano i giovani devono prevedere un’analisi longitudinale.

3.8.

L’UE e tutte le sue istituzioni dovrebbero collaborare con il Regno Unito per garantire che lo spirito di cooperazione e di apprendimento interculturale e l’esperienza acquisita tramite il programma Erasmus+ e tutte le altre forme di cooperazione non vadano persi tra i giovani e le organizzazioni giovanili di questo paese. È necessario esplorare tutte le opportunità per ottimizzare il potenziale di ricostruzione delle relazioni con le organizzazioni della società civile nel Regno Unito, nonché per concepirne e promuoverne di nuove (6).

Leadership e partecipazione

3.9.

Il piano d’azione si concentra in larga misura sui temi della leadership e della partecipazione. Il CESE si compiace di tale iniziativa, che è fortemente coerente con le migliori pratiche adottate quando si lavora con i giovani. Ritiene tuttavia che sarà necessario adottare un approccio estremamente sistematico e deliberativo per portare avanti l’iniziativa nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione. Malgrado i significativi sforzi compiuti, c’è ancora molto da fare per attuare la pratica partecipativa anche all’interno dell’Unione e dei suoi Stati membri. In genere, la leadership giovanile emerge grazie a un’attività efficace sul campo e a un ambiente propizio che consentono di far emergere i giovani in grado di far sentire la loro voce, forti dei legami con i loro coetanei e della conoscenza di tematiche locali come, tra l’altro, l’ambiente, i trasporti, l’istruzione, la salute mentale e l’assistenza sociale. Tali attività sono spesso agevolate dalle organizzazioni della società civile. Il CESE si augura che i programmi tematici sulla società civile, i diritti umani e la democrazia possano concentrarsi su queste esigenze.

3.10.

Di conseguenza, perché esistano delle buone pratiche in questo ambito è indispensabile che siano presenti determinati fattori associati. Obiettivo del programma Erasmus+ è tuttora dare la priorità ai giovani con minori opportunità, riconoscendo di fatto che un programma di leadership ha ancora molto da fare in questo settore. In materia di contatti interpersonali e di mobilità, aspetti amministrativi come il rilascio di visti hanno un ruolo fondamentale nel garantire ai partecipanti un’esperienza priva di ostacoli; di qui la necessità di un approccio comune. Se rivolte ai paesi in via di sviluppo, agli Stati fragili o addirittura ai paesi totalitari queste sfide risulteranno chiaramente più impegnative. Si può concludere che tutte le attività previste in materia di leadership e di partecipazione devono basarsi sull’esperienza maturata sul campo e a livello di comunità.

3.11.

È necessario evitare di invertire il processo, collaborando in primo luogo con i «leader» in assenza di una vera e propria spinta dal basso. Questa leadership non può essere creata dai finanziatori e dalle organizzazioni non governative internazionali ed è indispensabile assicurare collegamenti efficaci con le comunità locali. È pertanto necessario disporre di una selezione trasparente, di metodi aperti e inclusivi e di garanzie contro l’appropriazione da parte degli Stati e di altri soggetti, specie negli Stati fragili. Impegno, partecipazione e competenze di leadership sono essenziali e il nostro approccio deve costruire un’infrastruttura che permetta di realizzare questo obiettivo. Il sostegno a lungo termine alle organizzazioni giovanili e alla società civile deve essere privilegiato rispetto agli approcci fondati su progetti a breve termine. L’impegno a favore della leadership giovanile richiede inoltre delle strategie che tengano conto del fatto che si tratta di un gruppo transitorio, in costante evoluzione, crescita e sviluppo che, a un certo punto, dovrà o vorrà andare avanti.

3.12.

Un valido sostegno andrebbe fornito alle organizzazioni di base che operano sul campo per consentir loro di svilupparsi internamente e di diventare attori di rilievo all’interno delle loro comunità locali. Il CESE si augura che le attività in tal senso dello Youth Sounding Board (YSB) sul partenariato internazionale, nonché la piattaforma di dialogo con le organizzazioni giovanili nell’ambito del Forum politico per lo sviluppo (PFD) affronteranno tale questione. Inoltre, il sostegno ai sindacati e alle organizzazioni sindacali giovanili può contribuire a incoraggiare e aiutare i giovani a partecipare democraticamente sul luogo di lavoro. I consigli nazionali della gioventù, purché siano indipendenti, al pari dell’iniziativa Mobilitazione mondiale dei giovani sostenuta dalle sei grandi organizzazioni giovanili (Big 6(7), possono offrire un’infrastruttura adeguata per individuare gli interlocutori con cui collaborare nei paesi partner.

Modalità di attuazione

3.13.

Nel piano d’azione per i giovani figurano numerosi riferimenti a Erasmus+, di cui il CESE si compiace. In questo senso, la comunicazione evita di «reinventare la ruota». Le strutture e i processi previsti dal programma possono e devono essere utilizzati nell’ambito delle relazioni esterne laddove opportuno. Nella fase di realizzazione, potrebbe essere utile disaggregare le sottoparti del programma riguardanti i giovani, le scuole, l’istruzione e la formazione professionale (IFP) e l’istruzione di terzo livello. Gli ostacoli, come i visti, la mancanza di finanziamenti e le barriere linguistiche, dovrebbero essere eliminati e i risultati dovrebbero concentrarsi sull’apprendimento reciproco, sullo sviluppo delle competenze e sull’esperienza. Qualora si ricorra alle agenzie nazionali, esse dovrebbero essere sottoposte a una prudente verifica per garantirne l’indipendenza e il rispetto degli attori della società civile.

3.14.

La formazione professionale iniziale agevola l’occupabilità futura dei giovani e la loro partecipazione all’apprendimento permanente. Le politiche e le buone pratiche in materia di IFP sostengono l’inclusione sociale e l’integrazione nel mercato del lavoro dei giovani che non sono né occupati né iscritti a corsi di istruzione o formazione (NEET).

3.15.

La comunicazione stabilisce validi collegamenti tra l’azione esterna dell’UE e i diritti dei minori, sui quali l’Unione ha recentemente elaborato una strategia. Ai fini dell’attuazione del piano d’azione per i giovani sarebbe utile anche stabilire maggiori collegamenti con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (UNCRC) del 1989, utilizzando, ad esempio, i rapporti dei paesi del Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Molti giovani hanno meno di 18 anni e i principi dell’UNCRC possono servire come orientamenti, ma l’animazione socioeducativa dell’UE va oltre questa età. I 18 anni non andrebbero sempre considerati come una linea di demarcazione automatica.

3.16.

Per attuare il piano d’azione per i giovani a livello nazionale, regionale e multilaterale è necessario adottare un approccio Team Europa. L’Unione europea dovrebbe pertanto adeguarsi alle esigenze e alle circostanze specifiche delle diverse regioni. Secondo il CESE, sarebbe opportuno che i partenariati contribuissero a colmare le lacune nelle conoscenze e nei dati sui giovani, in particolare quelli relativi ai settori prioritari dello sviluppo delle competenze digitali, dei cambiamenti climatici e del Green Deal. Il CESE attende con interesse di conoscere, nei prossimi mesi, le modalità di attuazione delle molteplici azioni previste ed è pronto a offrire il proprio contributo.

3.17.

Il CESE avrebbe auspicato un maggior livello di risposta al processo di consultazione relativo al piano d’azione per i giovani e una maggiore rappresentatività delle risposte ottenute. Questo mette in luce la necessità di fornire ai giovani tutte le informazioni pertinenti sui temi di maggiore importanza, per consentire loro di prendere decisioni informate e contribuire, in modo accurato e significativo, al processo di elaborazione delle politiche. Strumenti come il marchio di qualità dell’Agenzia europea per l’informazione e la consulenza per la gioventù (ERYICA) potrebbero essere utili a tale riguardo.

4.   Osservazioni specifiche relative a determinate parti del piano d’azione per i giovani

4.1.

Le disposizioni del piano d’azione per i giovani prevedono la raccolta di dati relativi a un gran numero di attività in corso e le sfide in termini di attuazione saranno enormi, in particolare dopo la pandemia di COVID-19. L’accesso all’istruzione e la parità tra i generi costituiscono delle tematiche fondamentali nel cui ambito si sono registrati progressi.

Istruzione

4.2.

Nell’attuare il piano d’azione per i giovani è necessario un saldo collegamento con l’Anno europeo delle competenze. Il CESE sottolinea l’importanza di tener conto delle esigenze di sviluppo delle competenze, in particolare nell’ambito della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamento agli stessi, nonché nel contesto dell’economia circolare, della salute mentale e fisica, della salute sessuale e riproduttiva e dei relativi diritti, come pure nel campo della riqualificazione e del miglioramento delle competenze dei giovani (8). Il ruolo del dialogo sociale e civico è essenziale e deve essere rafforzato.

4.3.

Dato che l’istruzione presuppone il coinvolgimento di molteplici portatori di interessi, è necessario definire obiettivi e misurazioni chiari. È essenziale un impegno costante per occuparsi dei soggetti più difficili da raggiungere, in particolare negli Stati più poveri e fragili. Il CESE accoglie con favore l’impegno di spesa del 10 % a titolo dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) della Commissione europea e del bilancio umanitario e vorrebbe vedere un certo impegno da parte di altre agenzie e degli Stati. Le soluzioni a lungo termine in materia di istruzione devono essere proposte dai governi dei paesi destinatari e le organizzazioni della società civile locali dovrebbero svolgere un ruolo importante in questo senso. La comunità internazionale non può essere la protagonista principale nel lungo periodo. Il CESE si augura che il vertice Trasformare l’istruzione possa compiere dei passi avanti in tal senso.

4.4.

Il CESE accoglie con favore le disposizioni in materia di borse di studio e trust, ma fa presente che occorre prestare attenzione alle questioni relative alla selezione e garantire il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile. È importante definire procedure trasparenti, eque e inclusive per la selezione dei partecipanti ai programmi accademici al momento di stabilire le condizioni di selezione, dando accesso prioritario alle persone con minori opportunità.

4.5.

Massimizzare il valore del capitale umano è essenziale per rafforzare la competitività e arginare la disoccupazione, nel rispetto dello sviluppo sostenibile. Ciò richiede una forza lavoro dotata di una serie di competenze trasversali e di capacità di adattamento. La politica in materia di istruzione e formazione va sviluppata e attuata in stretta collaborazione con le parti sociali e deve rivolgere maggiore attenzione alle competenze che non alle qualifiche. Ciò contribuirà a ridurre gli squilibri tra la domanda e l’offerta di competenze.

Organizzazioni giovanili

4.6.

La comunicazione menziona diversi forum e organismi per promuovere il coinvolgimento dei giovani. Il CESE accoglie con favore la piattaforma in seno al Forum politico per lo sviluppo, nella misura in cui essa garantisce collegamenti di base con organizzazioni giovanili indipendenti, auto-organizzate e idealmente guidate dai giovani.

4.7.

Nel documento della Commissione vi è un riferimento, che il CESE accoglie con favore, al coinvolgimento delle organizzazioni giovanili nella comunicazione. L’attuazione del piano d’azione per i giovani trarrebbe beneficio dalla loro partecipazione ai diversi modelli di animazione socioeducativa presenti nell’Unione. Tale pratica può essere valida quanto la voce dei giovani, poiché crea capacità tra tutti i giovani a livello locale e consente a sua volta l’emergere di dirigenti giovanili radicati nell’esperienza locale. È possibile accedere a un gran numero di dati e modelli disponibili attraverso il partenariato UE/Consiglio d’Europa e il settore del volontariato giovanile.

4.8.

Le organizzazioni giovanili possono rappresentare una risorsa estremamente importante per l’attuazione del piano. Gli Stati membri dell’UE dovrebbero essere incoraggiati a coinvolgere i rispettivi settori giovanili pertinenti nei piani d’azione nazionali. Si dovrebbe dare la priorità ai modelli positivi e al lavoro delle organizzazioni giovanili dell’UE nei settori dello sviluppo, dei conflitti e dei diritti umani prima di ricorrere, ad esempio, ai modelli di «sviluppo giovanile» messi a punto negli Stati Uniti. Tali modelli, che spesso non sono fondati sui medesimi valori, sono sovente utilizzati come soluzione «già pronta per l’uso» nei paesi in via di sviluppo e in altre regioni. Questo approccio sarebbe coerente con l’impegno di disporre di soluzioni su misura per determinate regioni.

4.9.

L’introduzione di impegni in materia di istruzione dovrebbe applicarsi anche ai sistemi informali e non formali all’interno delle comunità, delle organizzazioni della società civile e delle organizzazioni di animazione socioeducativa. Le definizioni adottate dall’Unesco e dal Consiglio d’Europa forniscono in questo caso un buon orientamento, al pari delle attività condotte nell’ambito del capitolo di Erasmus+ dedicato alla gioventù. Vanno riconosciuti gli enormi vantaggi per tutti dell’apprendimento al di fuori del contesto scolastico, che si estende lungo tutto l’arco della vita e in tutti i settori della vita.

4.10.

Pur riconoscendo l’importanza del dialogo politico e l’ambizione degli obiettivi del piano d’azione, non dovremmo trascurare le politiche giovanili nei diversi paesi, le responsabilità dei governi e la necessità di un settore del volontariato e di una società civile autentici. L’attuazione del piano d’azione per i giovani deve inoltre favorire l’elaborazione di politiche in materia di animazione socioeducativa, lo sviluppo di consigli nazionali della gioventù o di organismi analoghi, e approcci come, ad esempio, la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani.

4.11.

Come dimostrato dalle attività condotte dalle organizzazioni giovanili chiamate Big 6 in tutto il mondo, tali organizzazioni hanno già stabilito contatti su scala internazionale e dovrebbero essere coinvolte nell’attuazione del piano, che dovrebbe tenere conto del lavoro preesistente e fungere da modello per iniziative nuove. Occorre inoltre evitare di essere eccessivamente restrittivi riguardo alle questioni relative alla partecipazione. Non è chiaro se nella selezione delle tematiche del Fondo per la responsabilizzazione dei giovani siano stati impiegati processi partecipativi. I giovani non sempre scelgono le tematiche che altri ritengono importanti, in particolare nei paesi in via di sviluppo o negli Stati fragili, dove le considerazioni di ordine più pratico possono risultare maggiormente rilevanti.

4.12.

Il CESE esprime particolare apprezzamento per le disposizioni in materia di sviluppo delle capacità per le organizzazioni giovanili, che dovrebbero essere accompagnate da un sostegno efficace per avviare movimenti di base nei paesi partner in cui le delegazioni dell’UE possono svolgere un ruolo cruciale di portata mondiale. A tal fine si dovrebbe, ove possibile, prevedere la possibilità di creare partenariati con le organizzazioni dell’UE nonché assicurare che il loro lavoro sia monitorato. È importante facilitare la creazione e il rafforzamento di reti con organizzazioni sia dell’UE che di paesi terzi.

Efficacia dell’attuazione

4.13.

Le attività in questo ambito coinvolgono un gran numero di attori, strategie e linee di finanziamento, quali le delegazioni dell’UE, diverse direzioni generali della Commissione, il SEAE, il Consiglio dell’UE e gli Stati membri, nonché una serie di dotazioni di aiuti. L’attuazione del piano d’azione per i giovani deve garantire chiarezza e un’adeguata cooperazione intersettoriale per assicurare, alla fine, una forte attenzione al gruppo destinatario, fornendo nel contempo stanziamenti di bilancio sufficienti.

4.14.

Le strategie per promuovere contatti tra i giovani possono basarsi sulle attività già realizzate e trarre ispirazione dai gemellaggi e da altre iniziative Erasmus+ (giovani). Inoltre, i progetti Erasmus+ per la partecipazione dei giovani (privi di dimensione transnazionale) potrebbero costituire dei modelli validi per i progetti giovanili nei paesi destinatari.

4.15.

I giovani sono i leader e i promotori del cambiamento del futuro, nonché partner essenziali per contribuire al successo dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e della transizione digitale. Il piano d’azione per i giovani dovrebbe garantire che l’azione esterna dell’UE responsabilizzi i giovani a livello politico, sociale ed economico. Il CESE, nel rispetto dell’impegno ad attuare la raccomandazione della Conferenza sul futuro dell’Europa di rafforzare il ruolo istituzionale del Comitato e di conferirgli il ruolo di facilitatore e garante delle attività di democrazia partecipativa, come il dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile e i panel di cittadini, è pronto a fare la sua parte.

4.16.

I riferimenti alla transizione verso l’età adulta contenuti nel piano d’azione per i giovani sono forti, molto apprezzati e coerenti con i valori dell’animazione socioeducativa dell’Unione. In questo contesto, sarebbe importante se i giovani imparassero i loro diritti e doveri in quanto cittadini, i rudimenti dell’alfabetizzazione finanziaria, le lingue straniere, il concetto di sostenibilità del loro pianeta e l’imprenditorialità. Il CESE accoglie ugualmente con favore il riferimento all’agenda delle Nazioni Unite in materia di giovani, pace e sicurezza e la richiesta di un più ampio impegno con le Nazioni Unite. Nell’attuazione del piano d’azione per i giovani è necessario essere consapevoli della distanza tra i giovani e il processo decisionale che, in generale, si osserva in molti settori.

4.17.

La risoluzione 2250 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sui giovani, la pace e la sicurezza è uno strumento fondamentale per un dialogo con i giovani a livello mondiale. Essa individua cinque pilastri di azione: partecipazione, protezione, prevenzione, partenariati e, infine, disimpegno e reinserimento. Questa risoluzione dal ruolo determinante esorta le parti firmatarie a dare maggiore voce ai giovani nel processo decisionale a livello locale, nazionale, regionale e internazionale e a considerare la creazione di meccanismi che consentano ai giovani di partecipare in modo significativo ai processi di pace. Dovrebbe essere fornito sostegno diretto a coloro che desiderino attuare questa agenda a livello locale e nazionale. Il collegamento e il coordinamento con il Fondo per la responsabilizzazione dei giovani permetterebbero di creare numerose sinergie in questo ambito.

Genere

4.18.

Il CESE ritiene che sfruttare il potenziale dei giovani e sostenere la parità di genere siano fondamentali per lo sviluppo sostenibile. L’azione esterna dell’UE intende responsabilizzare i giovani a livello politico, sociale ed economico e aiutarli a impegnarsi nel processo decisionale e nell’elaborazione delle politiche in modo significativo e inclusivo. Il CESE ritiene che l’emancipazione delle ragazze e delle giovani donne sia cruciale per assicurare lo sviluppo sostenibile e apprezza i riferimenti, nel piano d’azione, alla necessità di assicurare la parità di genere e di eliminare la discriminazione. Il Comitato sottolinea che il piano d’azione per i giovani dovrebbe tradursi in azioni significative, strategiche e a lungo termine che vadano equamente a beneficio di tutti i giovani, di qualunque sesso siano. Occorre in particolare elaborare strategie che promuovano l’integrazione della dimensione di genere in tutti i settori dell’azione esterna.

4.19.

È importante aumentare il numero di giovani, con particolare riferimento alle ragazze, dotati di capacità in ambito STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e di competenze digitali e attrarre le ragazze verso i settori STEM già in età precoce, sostenere le imprenditrici e i modelli di ruolo femminili in questi settori, nonché investire in programmi che attraggano le studentesse delle scuole medie superiori verso le discipline STEM.

Salute mentale

4.20.

Il CESE accoglie con favore il riferimento alla salute mentale contenuto nella comunicazione e si augura che essa occupi un posto di primo piano nella realizzazione del piano d’azione per i giovani. Dato che i sistemi sanitari sono fragili in tutto il mondo, occorre realizzare dei miglioramenti in questo settore che siano più favorevoli ai giovani.

Persone con disabilità

4.21.

Il CESE ritiene inoltre che il riferimento ai giovani con disabilità nella comunicazione rivesta pari importanza e che essi debbano occupare un posto di rilievo anche nella realizzazione del piano d’azione per i giovani. I giovani con disabilità sono un gruppo spesso dimenticato nella promozione della responsabilizzazione e della partecipazione democratica dei giovani e dovrebbero essere inclusi nell’attuazione del piano d’azione.

Opportunità economiche

4.22.

Se sono adeguate, le competenze saranno fondamentali per le future opportunità economiche dei giovani. Sarà necessario un sostegno per gli imprenditori e le start-up commerciali, al pari di finanziamenti e crediti, dato che si presenteranno numerose opportunità, non da ultimo nel settore digitale, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

4.23.

Riguardo alle opportunità economiche, il modello della garanzia dell’UE per i giovani costituisce un buon esempio, con gli adattamenti del caso, per offrire opportunità a coloro che rientrano nella categoria NEET. Sarà necessaria un’educazione ai diritti sociali e dei lavoratori per realizzare in pratica l’agenda per il lavoro dignitoso.

4.24.

Aspetti come il commercio devono essere esaminati nel quadro del piano d’azione per i giovani, ad esempio nei capitoli relativi alla sostenibilità degli accordi di libero scambio, e andrebbe promosso il coinvolgimento della società civile, nella persona, ad esempio, delle organizzazioni giovanili. I giovani rimangono i più vulnerabili al lavoro minorile e ad altre forme di maltrattamento. Per combattere questi problemi, il piano d’azione per i giovani dovrebbe accordare un ruolo di primo piano alla lotta contro il lavoro minorile, in modo da eliminare questo fenomeno una volta per tutte. A tal fine è necessario rendere disponibili risorse finanziarie che consentano ai minori che lavorano di non dipendere più dal loro reddito. D’altro canto, occorre limitare le operazioni delle imprese che ricorrono al lavoro minorile nella loro catena di produzione globale.

4.25.

I giovani sono spesso i primi a compiere viaggi pericolosi per emigrare verso l’Europa e altre destinazioni. Per garantire che i giovani non siano costretti a intraprendere cammini pericolosi, e spesso illegali, oltre i confini internazionali, il piano d’azione per i giovani dovrebbe prevedere una cooperazione attiva con i paesi terzi al fine di istituire corridoi umanitari e programmi di reinsediamento che consentano ai giovani di raggiungere l’Europa in modo sicuro e legale.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  S. Kalantaryan, S. McMahon. e P. Ueffing, Youth in external action [I giovani nell’azione esterna], JRC130554, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2022.

(2)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 142.

(3)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 44.

(4)  GU C 443 del 22.11.2022, pag. 44.

(5)  GU C 486 del 21.12.2022, pag. 46.

(6)  Relazione informativa del CESE sull'attuazione dell'accordo di recesso UE-Regno Unito, compreso il protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord.

(7)  https://globalyouthmobilization.org/.

(8)  GU C 100 del 16.3.2023, pag. 38.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/13


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo dei giovani nella transizione verde»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza svedese)

(2023/C 184/03)

Relatrice:

Nicoletta MERLO

Richiesta della presidenza svedese del Consiglio dell’UE

Lettera del 14.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

8.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

152/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è convinto che i giovani possano e debbano svolgere un ruolo cruciale nel contesto della transizione verde. Considera essenziale un nuovo modello di governance, più inclusivo e in grado di garantire il coinvolgimento attivo dei giovani nei processi decisionali, superando gli ostacoli ancora esistenti.

1.2.

Il CESE sottolinea l’importanza di garantire che le organizzazioni giovanili abbiano un ruolo guida nel processo decisionale come pure nello sviluppo e nella diffusione di progetti relativi alla sostenibilità e all’ambiente, anche offrendo a tali organizzazioni il necessario sostegno finanziario.

1.3.

Il CESE ritiene fondamentale monitorare costantemente gli effetti che gli investimenti pubblici, compresi quelli connessi alla transizione verde, hanno e avranno in futuro sui giovani valutando, attraverso opportuni indicatori, l’impatto economico, politico e sociale delle politiche da attuare prima, durante e dopo la loro approvazione.

1.4.

Il CESE incoraggia le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad attuare misure e meccanismi volti a far sì che la prospettiva giovanile sia presa in considerazione in tutti i settori di intervento e a creare uno spazio in grado di garantire la partecipazione attiva dei giovani attraverso un pieno ricorso alla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani.

1.5.

Il CESE reputa fondamentale collegare le iniziative e le politiche che saranno adottate nel contesto dell’Anno europeo delle competenze al tema della transizione verde, dello sviluppo sostenibile e delle sfide che i giovani devono affrontare in un mondo in rapida evoluzione.

1.6.

Il CESE reputa essenziale prendere in considerazione l’istruzione e lo sviluppo delle competenze che i giovani si aspettano su questo tema attraverso un approccio trasversale in grado di fornire competenze teoriche e pratiche, anche attraverso l’attuazione e il miglioramento dei percorsi dalla scuola al lavoro e degli apprendistati professionali, coinvolgendo anche le parti sociali. La formazione su questi temi dovrebbe inoltre essere resa strutturale, concependola e sviluppandola a partire dai territori e dalle loro esigenze, in un quadro più ampio a livello nazionale.

1.7.

Il CESE considera necessario iniziare l’insegnamento della sostenibilità e della protezione ambientale sin dalla più tenera età, adottando strumenti educativi innovativi che tengano conto della protezione ambientale, dello sviluppo sociale ed economico e del conseguimento dei relativi obiettivi. Per garantire tale obiettivo sono fondamentali un’istruzione di qualità per tutti e un lavoro dignitoso per coloro che la forniscono.

1.8.

Il CESE richiama l’attenzione sull’importanza dell’impegno delle scuole in rapporto ai temi della transizione verde, in collaborazione con gli enti locali e nel quadro delle attività extrascolastiche, in particolare con le organizzazioni giovanili e la società civile organizzata, generando in tal modo una maggiore consapevolezza e partecipazione tra i comuni cittadini. In tale contesto, il CESE valuta favorevolmente l’esperienza del Progetto Erasmus verde e ne attende con interesse l’attuazione.

1.9.

Allo scopo di dotare i lavoratori, sia giovani che anziani, delle competenze necessarie per padroneggiare l’innovazione creata dalla transizione verde, il CESE ritiene importante investire nell’apprendimento basato sul lavoro e promuovere la formazione sul posto di lavoro, i tirocini di qualità e gli apprendistati in grado di creare un dialogo virtuoso tra le esigenze del mercato e le competenze individuali dei giovani. A questo riguardo possono svolgere un ruolo fondamentale il dialogo sociale e la contrattazione collettiva.

1.10.

Il CESE ritiene essenziale disporre di politiche di formazione onnicomprensive, integrate con le politiche industriali, coordinate con altre strategie di sviluppo e pianificate dettagliatamente a livello territoriale e locale, in stretto collegamento con le parti sociali, al fine di garantire che la transizione verde sia una transizione giusta, che non lasci indietro nessuno.

1.11.

Per garantire un’adeguata partecipazione delle donne nei settori legati alla transizione verde, il CESE ritiene che la parità di genere debba essere parte integrante della transizione verde. Gli Stati membri dovrebbero investire maggiori risorse sia nell’orientamento professionale dei giovani all’interno dell’ambiente scolastico che nel sostegno al loro inserimento professionale attraverso servizi pubblici per l’impiego efficienti che siano adeguatamente collegati al tessuto produttivo del territorio.

1.12.

I giovani imprenditori possono svolgere una funzione importante nello sviluppo dell’innovazione, anche nel settore della transizione verde. Il CESE ritiene che questi giovani debbano essere incoraggiati attraverso una formazione specifica e il sostegno a progetti innovativi, nonché mediante un adeguato supporto finanziario.

1.13.

Per garantire che la transizione verde sia anche una transizione giusta e che venga evitata la chiusura di imprese con conseguente perdita di posti di lavoro, il CESE ritiene prioritario che gli Stati membri investano risorse rilevanti, a partire da quelle dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza, al fine di sostenere le imprese che devono riconvertire le loro attività, reimpiegare i lavoratori in esubero e sostenere gli imprenditori, in particolare giovani, che intendono investire in imprese verdi.

2.   Contesto del parere

2.1.

Il presente parere esplorativo è stato richiesto dalla presidenza svedese del Consiglio dell’UE al fine di indagare sul ruolo dei giovani nella transizione verde.

2.2.

L’espressione «transizione verde» si riferisce alla transizione dell’economia e della società dell’UE verso il conseguimento degli obiettivi climatici e ambientali, principalmente attraverso politiche e investimenti, in linea con la normativa europea sul clima, che stabilisce l’obbligo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050, con il Green Deal europeo e con l’accordo di Parigi, garantendo che la transizione sia giusta e inclusiva per tutti.

2.3.

Di fronte a queste grandi sfide è importante notare che la generazione più sensibile e consapevole della necessità di agire per conseguire la sostenibilità ambientale è proprio quella dei giovani. Infatti, se oggi esiste un tema in grado di creare un collegamento virtuoso tra la sensibilità e i valori dei giovani e le questioni irrisolte del nostro tempo, con un elevato potenziale di innovazione per quanto riguarda i modelli di produzione e consumo, è quello dell’ambiente, della promozione della salute e della salvaguardia della biodiversità del pianeta.

2.4.

Negli ultimi anni l’azione per il clima ha mobilitato in tutta Europa un gran numero di giovani, e a livello territoriale, nazionale ed europeo sono sorti numerosi movimenti di carattere ambientalista e sociale, costituiti da giovani che manifestano il loro scontento e chiedono ai governi e ai responsabili politici misure concrete per proteggere l’ambiente e conseguire la neutralità climatica.

2.5.

L’Anno europeo dei giovani 2022 è stato istituito non solo per celebrare e sostenere i giovani, ossia la generazione più duramente colpita dalla pandemia, suscitando in essi nuove speranze, forza e fiducia nel futuro, ma anche per offrire l’occasione di evidenziare come la duplice transizione verde e digitale offra nuove prospettive e opportunità.

3.   Coinvolgimento dei giovani nella transizione verde

3.1.

Per realizzare la transizione verde in modo equo è necessario mettere in pratica l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile attraverso il Green Deal europeo, anche attuando un nuovo modello di governance più inclusivo e in grado di coinvolgere attivamente i giovani nei processi decisionali.

3.2.

Le decisioni sui cambiamenti climatici e su altre questioni ambientali prese oggi dai leader politici avranno ripercussioni soprattutto su quanti sono giovani adesso e sulle generazioni future. I giovani hanno il diritto di avere voce in capitolo sulle questioni che li riguardano, come affermato nell’Agenda 2030, che riconosce i giovani come «agenti critici del cambiamento» nell’ambito dei suoi obiettivi di sviluppo sostenibile.

3.3.

Sebbene il ruolo dei giovani nella costruzione di un mondo più sostenibile, inclusivo e verde sia sempre più riconosciuto, e nonostante la proclamazione di un anno a loro dedicato, è chiaro che in realtà essi incontrano ancora difficoltà a partecipare attivamente agli organi decisionali.

3.4.

Negli ultimi anni, nonostante un forte attivismo giovanile sulla questione dei cambiamenti climatici, abbiamo anche assistito a una crescente disaffezione e perdita di fiducia tra i giovani nei confronti delle istituzioni politiche, il che si traduce in una diminuzione della loro partecipazione attiva ai partiti politici e in un crescente astensionismo alle elezioni politiche, sia come elettori che come candidati. Ciò rappresenta una minaccia per il sistema democratico e un ostacolo allo sviluppo di politiche lungimiranti, a cominciare da quelle necessarie per rispondere alle sfide della transizione climatica e in grado di rispondere a diverse sensibilità ed esigenze. In considerazione di ciò, il CESE ritiene che la promozione della partecipazione dei giovani alla politica e ad altri processi decisionali debba essere una priorità e che occorra sondare tutte le alternative disponibili per renderla fattibile ed efficace a tutti i livelli.

3.5.

Per cominciare, sarebbe importante individuare e superare gli ostacoli sociali, economici e culturali alla piena partecipazione dei giovani, che possono anche essere dovuti a una mancanza di consapevolezza o a difficoltà di accesso alle informazioni relative alla partecipazione e ai meccanismi di rappresentanza dei giovani. Un altro aspetto da sottolineare riguarda le nuove modalità, spesso informali, con cui oggi i giovani si impegnano e dialogano, spesso attraverso l’uso della tecnologia e dei social media, e che dovrebbero essere tenute in debita considerazione in quanto sono in grado di mobilitare intere generazioni.

3.6.

Nella visione che i giovani hanno del mondo e nei loro processi decisionali è profondamente radicata la sostenibilità, ma ne fa parte anche un alto livello di pragmatismo. Le organizzazioni giovanili, che rappresentano gli interessi e le sensibilità di milioni di giovani in Europa, possono quindi svolgere un ruolo importante nel garantire che le giovani generazioni abbiano non solo voce in capitolo nelle istituzioni e nella società civile, ma anche l’opportunità di apportare un contributo significativo e qualificato al processo decisionale a livello locale, regionale, nazionale ed europeo (1).

3.7.

Per questi motivi, il CESE sottolinea l’importanza di creare opportunità affinché tutte le organizzazioni giovanili più rappresentative, a cominciare da quelle che rappresentano i giovani più vulnerabili e quelli che vivono nelle zone più periferiche e rurali, siano coinvolte nell’elaborazione delle politiche e nello sviluppo di idee in materia di sostenibilità.

3.8.

Le organizzazioni giovanili possono avere numerose funzioni e svolgere un ruolo cruciale nella diffusione e nell’attuazione di progetti concernenti l’ambiente e la sostenibilità. Il CESE invita pertanto le istituzioni dell’UE a fornire a tali associazioni un sostegno finanziario strutturale mediante risorse adeguate e specifiche, in modo che le organizzazioni giovanili si trovino nelle condizioni giuste per garantire e sviluppare l’impegno dei giovani nella transizione verde.

3.9.

Il solo coinvolgimento non è tuttavia sufficiente. Tutte le politiche pubbliche devono tenere conto dell’impatto che avranno sui giovani e sulle loro aspettative, nonché sulle aspettative delle generazioni future. Occorre pertanto effettuare una valutazione ex ante, in itinere ed ex post di tutti gli investimenti, compresi quelli relativi alla transizione verde, al fine di stabilire con certezza, grazie all’uso di indicatori, l’impatto economico, politico e sociale che essi avranno sulle giovani generazioni.

3.10.

Il CESE incoraggia le istituzioni dell’UE e gli Stati membri ad attuare misure e meccanismi volti a far sì che la prospettiva giovanile sia presa in considerazione in tutti i settori di intervento, creando al tempo stesso uno spazio in cui i giovani possano fornire un contributo coerente e basato sulle competenze alle sfide che affrontano, attraverso un pieno ricorso alla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (2).

3.11.

Ciò che è necessario, sia per il pianeta che per lo sviluppo avanzato dei nostri Stati membri, è il conferimento di potere ai giovani in quattro pilastri: il coinvolgimento nel processo di cambiamento; la possibilità di svolgere un ruolo attivo esercitando responsabilità nelle scelte individuali e collettive; il miglioramento delle conoscenze sulle trasformazioni in atto e sulle inevitabili conseguenze della duplice transizione verde e digitale; e lo sviluppo di competenze per intervenire in modo qualificato.

4.   La transizione verde nell’istruzione e nel mercato del lavoro

4.1.

Il 2023 è stato proclamato Anno europeo delle competenze. Il CESE reputa fondamentale collegare le iniziative e le politiche che saranno adottate in tale contesto al tema della transizione verde, dello sviluppo sostenibile e delle sfide che i giovani devono affrontare in un mondo in rapido mutamento.

4.2.

Nel contesto dell’emergenza climatica e ambientale, l’educazione alla sostenibilità dovrebbe diventare una priorità per le scuole. I responsabili dell’istruzione hanno un ruolo cruciale da svolgere nel far sì che gli studenti dispongano di nozioni in materia di clima, nonché delle conoscenze e delle competenze che servono loro per partecipare all’economia verde. Gli insegnanti e le scuole hanno a disposizione molti approcci per approfondire tali questioni con gli studenti, ma ciò richiede anche un’istruzione di qualità per tutti e un lavoro dignitoso per coloro che forniscono tale istruzione. Il CESE ritiene essenziale garantire finanziamenti adeguati a livello europeo, nazionale, regionale e locale per fornire sostegno a progetti e iniziative volti a promuovere e attuare l’insegnamento e l’apprendimento nei settori dell’ambiente e della sostenibilità.

4.3.

Il tema della transizione verde e le strategie di sviluppo sostenibile sono assolutamente trasversali. Occorre pertanto prendere in considerazione l’istruzione e lo sviluppo delle competenze che i giovani si aspettano su questo tema attraverso un approccio trasversale, in grado di fornire competenze teoriche e pratiche, anche attraverso l’attuazione e il miglioramento dei percorsi dalla scuola al lavoro e degli apprendistati professionali. La formazione su questi temi dovrebbe inoltre essere resa strutturale, concependola e sviluppandola a partire dai territori e dalle loro esigenze, all’interno di un quadro più ampio a livello nazionale e tenendo conto dell’apprendimento permanente.

4.4.

L’educazione dei bambini alle questioni di sostenibilità e di tutela dell’ambiente dovrebbe iniziare sin dalla tenera età, partendo dalla scuola materna e proseguendo con programmi ad hoc lungo l’intero percorso scolastico. È quindi importante che gli insegnanti ricevano anche una formazione specifica e che sia garantita loro l’opportunità di aggiornare le loro competenze in modo continuo.

4.5.

L’introduzione di percorsi di transizione ecologica e culturale nei processi di istruzione implica riaffermare il ruolo educativo delle scuole, alle quali è affidato il compito di sostenere percorsi civici in grado di insegnare agli studenti a vivere nel mondo in modo nuovo e sostenibile. Gli studenti diventano quindi protagonisti di un cambiamento che li orienta verso un nuovo modello di società in cui l’ambiente è posto al centro e che consente loro di sperimentare e diffondere nuovi stili di vita in equilibrio con la natura.

4.6.

Il quadro attuale, in costante e rapida evoluzione, richiede contesti educativi innovativi attraverso la creazione di un nuovo alfabeto ecologico in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 e incentrato sulle modalità di attuazione dell’economia circolare e sugli strumenti offerti dal concetto del ciclo di vita (LCT) (3), che tenga conto della protezione ambientale, dello sviluppo sociale ed economico e del conseguimento dei relativi obiettivi.

4.7.

Il CESE sottolinea che tutti hanno bisogno di conoscenze per affrontare i cambiamenti climatici, in particolare per quanto riguarda tutti gli aspetti del consumo e della produzione sostenibili, le scelte alimentari responsabili e la riduzione degli sprechi alimentari, nonché l’uso dell’energia sostenibile. L’educazione dei bambini dovrebbe essere coadiuvata dall’apprendimento permanente per i genitori e dall’educazione dei cittadini (4).

4.8.

Il successo della transizione ecologica dipenderà pertanto dalla capacità delle scuole di lavorare in collaborazione con gli enti locali e nel quadro delle attività extrascolastiche, in particolare con le organizzazioni giovanili e la società civile organizzata, generando una maggiore consapevolezza e partecipazione anche tra i comuni cittadini. In tale contesto, il CESE valuta favorevolmente l’esperienza del Progetto Erasmus verde e ne attende con interesse l’attuazione.

4.9.

La consapevolezza, la conoscenza e la leadership positiva in materia di protezione ambientale sono temi che stanno a cuore in misura anche maggiore alle giovani generazioni, ossia la generazione Z o «Gen Z» (età inferiore ai 25 anni) e a coloro che dispongono di maggiore istruzione e di strumenti culturali più affinati. Ciò significa che la consapevolezza e l’informazione qualificata sono destinate a crescere e a consolidarsi, ma anche che le risposte positive necessarie possono essere rafforzate migliorando l’istruzione dei giovani e potenziandone il capitale umano nell’ambito sociale ed economico. Inversamente, i titoli di studio di livello inferiore e le difficoltà a entrare nel mondo del lavoro non solo rallentano il contributo alla crescita attuale del paese, ma indeboliscono anche il ruolo dei giovani in quanto partecipanti attivi a nuovi processi di crescita più in linea con le sfide dell’età in cui vivono.

4.10.

La transizione non può prescindere dalle competenze. È fondamentale dotare i lavoratori, sia giovani che anziani, delle competenze necessarie per padroneggiare l’innovazione indotta dalla transizione verde che inevitabilmente ha, adesso e in futuro, un impatto significativo sul mondo del lavoro. Il CESE considera importante investire nell’apprendimento basato sul lavoro. Esso consiste dell’insieme delle pratiche di formazione e apprendimento che si svolgono in contesti lavorativi, in particolare sotto forma di apprendistati, e rappresenta una risorsa decisiva per la (ri)acquisizione di competenze, sia tecniche che trasversali. La formazione sul posto di lavoro, i tirocini e gli apprendistati sono tre forme di apprendimento che, ciascuna secondo modalità proprie e diversificate, contribuiscono a creare un dialogo virtuoso tra le esigenze del mercato e le competenze individuali dei giovani. Le parti sociali hanno un ruolo essenziale a tal fine, attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva.

4.11.

La transizione verde deve essere una transizione giusta, che assicuri la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze dei lavoratori e posti di lavoro di qualità per tutti, al fine di garantire che nessuno sia lasciato indietro. Per questo motivo il CESE considera essenziale che le politiche di formazione siano onnicomprensive, integrate alle politiche industriali, coordinate con altre strategie di sviluppo, e pianificate in dettaglio a livello territoriale e locale, in stretto collegamento con le parti sociali.

4.12.

Attualmente si evidenzia una carenza di tale approccio onnicomprensivo, come pure una scarsa diffusione delle competenze verdi e, di conseguenza, dei posti di lavoro verdi, soprattutto tra persone con livelli meno avanzati di istruzione e competenze. Ne consegue il rischio che si generi una nuova polarizzazione: tra coloro che possiedono competenze verdi, e quindi godono di un’eccellente occupabilità negli scenari aperti dalla transizione verde, e coloro che restano invece esclusi da tali processi di formazione, possiedono competenze limitate e sono spesso impegnati in compiti operativi che rischiano di scomparire a causa dell’effetto combinato della transizione verde e dell’automazione industriale.

4.13.

La parità di genere deve essere anch’essa parte integrante delle strategie per un’economia verde. Nei settori tecnologico e scientifico sono sottorappresentate le giovani donne, perché poco propense a scegliere un’istruzione specializzata in tali campi a causa degli stereotipi di genere che vedono alcuni lavori come puramente maschili. Per garantire un’adeguata partecipazione delle donne nei settori che stanno avendo e avranno nel prossimo futuro uno sviluppo importante grazie alla transizione verde, è necessario affrontare questi stereotipi, e l’orientamento professionale nelle scuole può svolgere un ruolo cruciale. A giudizio del CESE, gli Stati membri dovrebbero investire maggiori risorse nell’offerta di orientamento professionale ai giovani sia all’interno dell’ambiente scolastico che nel sostegno del loro inserimento professionale attraverso servizi pubblici per l’impiego efficienti e adeguatamente collegati al tessuto produttivo del territorio.

4.14.

Per il successo della transizione verde è fondamentale lo sviluppo dell’innovazione. Pertanto, un aspetto fondamentale per il conseguimento degli obiettivi consiste nell’incoraggiare i giovani dotati di attitudini imprenditoriali nel processo di innovazione attraverso una formazione specifica e il sostegno a progetti innovativi, anche garantendo un adeguato sostegno finanziario.

4.15.

Secondo una valutazione d’impatto dell’Agenzia europea dell’ambiente (5), la transizione verde nell’Unione europea potrebbe creare 1 milione di nuovi posti di lavoro da qui al 2030, ma potrebbe anche condurre alla disoccupazione un numero di persone compreso tra 500 000 e 2 milioni. Il CESE ritiene prioritario che gli Stati membri investano risorse rilevanti, a partire da quelle dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza, per sostenere le imprese che devono riconvertire le loro attività, reimpiegare i lavoratori in esubero e sostenere gli imprenditori, in particolare giovani, che intendono investire in imprese verdi.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell’Unione europea (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 44).

(2)  Parere del CESE sul tema Valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 46).

(3)  https://www.lifecycleinitiative.org/starting-life-cycle-thinking/what-is-life-cycle-thinking/

(4)  Parere del CESE sul tema Responsabilizzare i giovani per realizzare lo sviluppo sostenibile attraverso l’istruzione (GU C 100 del 16.3.2023, pag. 38).

(5)  https://www.eea.europa.eu/policy-documents/swd-2020-176-final-part


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/18


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Edilizia in legno per la riduzione di CO2 nel settore edile»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza svedese)

(2023/C 184/04)

Relatore:

Rudolf KOLBE

Correlatore:

Sam HÄGGLUND

Consultazione

Presidenza svedese del Consiglio dell’UE, 14.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Assemblea plenaria

14.12.2022

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell’informazione

Adozione in sezione

7.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

153/2/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che i biomateriali da costruzione siano uno strumento importante per la transizione verde. È necessario incoraggiare un maggiore utilizzo del legno nell’edilizia al fine di ridurre le emissioni di carbonio attraverso una gestione forestale attiva e sostenibile nell’UE, e non ostacolarlo applicando restrizioni politiche.

1.2.

In virtù del ruolo esemplare svolto dal settore pubblico, il CESE invita gli Stati membri ad aumentare l’utilizzo del legno negli edifici pubblici, che attualmente è inferiore alla media complessiva.

1.3.

Il CESE ritiene altresì che misure di sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione nel settore dei materiali da costruzione alternativi, accessibili anche alle PMI, siano uno strumento importante per sfruttare il potenziale del legno nell’edilizia.

1.4.

Il CESE invita a esaminare in modo critico gli ostacoli all’utilizzo del legno in edilizia derivanti da requisiti formali, giuridici e tecnici per stabilire se questi siano necessari per la qualità della pianificazione, e osserva che l’innovazione deve essere in grado di riflettere lo stato dell’arte non solo rispettando le norme, ma anche ricorrendo a «soluzioni alternative equivalenti».

1.5.

Poiché l’eterogeneità delle normative edilizie relative ai materiali da costruzione rinnovabili crea anche ostacoli al loro uso, il CESE invita ad adottare misure di armonizzazione e considera il nuovo Bauhaus europeo un motore importante in tal senso.

1.6.

Il CESE raccomanda un uso coerente della contabilità ambientale per la valutazione qualificata della sostenibilità lungo l’intero ciclo di vita degli edifici e il confronto degli impatti ambientali.

1.7.

Il CESE sottolinea l’importanza di norme minime per le emissioni di carbonio prodotte dagli edifici durante l’intero ciclo di vita e la relativa comunicazione obbligatoria in tutto il settore edilizio.

1.8.

Il CESE ritiene che la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia costituisca il principale strumento politico per stabilire i requisiti di riduzione delle emissioni di carbonio nel corso del ciclo di vita degli edifici. Il CESE invita la Commissione europea a elaborare un sistema di certificazione delle emissioni di carbonio che tenga pienamente conto del ruolo dei prodotti in legno nella compensazione delle emissioni.

1.9.

Il CESE ritiene essenziali il trasferimento di know-how, come previsto dall’Accademia del nuovo Bauhaus europeo, e l’offerta di corrispondenti attività di istruzione e formazione continua a livello nazionale. I corsi di formazione e perfezionamento per l’uso di nuovi metodi e materiali per l’edilizia sostenibile sono necessari per tutti i soggetti coinvolti nel processo costruttivo: progettisti, architetti, ingegneri, tecnici, specialisti informatici e lavoratori edili.

1.10.

Il CESE è dell’avviso che le procedure di appalto basate sulla qualità, che tengano conto di criteri relativi alla sostenibilità e al ciclo di vita, nonché la scelta di procedure di appalto adeguate che consentano soluzioni innovative, costituiscano dei requisiti essenziali per conseguire gli obiettivi climatici e promuovere l’uso del legno nell’edilizia. Il CESE chiede pertanto di rafforzare l’obbligo giuridico in materia di concorrenza di qualità e di appalti pubblici rispettosi del clima, nonché di adottare misure per la formazione delle amministrazioni aggiudicatrici in tal senso.

1.11.

Il CESE invita gli Stati membri a partecipare all’iniziativa «Wood POP» lanciata dai governi austriaco e finlandese che è finalizzata a mobilitare gli attori pubblici e privati nel settore del legno a livello nazionale e regionale e a sostenere il riorientamento degli investimenti verso biosoluzioni sostenibili e catene del valore basate sul legno.

2.   Osservazioni generali

2.1.

La tradizione delle costruzioni in legno affonda le proprie radici in una storia secolare di innovazione. L’utilizzo di materiali sostenibili è stato fra l’altro incluso nella strategia del nuovo Bauhaus europeo (1).

2.2.

Il CESE condivide il parere della Commissione secondo cui i materiali (da costruzione) innovativi, a base biologica, e prodotti in maniera sostenibile e con processi a basse emissioni di carbonio rivestono un ruolo della massima importanza per la transizione verde. Secondo la relazione sugli edifici pubblicata dall’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) (2), gli edifici contribuiscono attualmente al 33 % delle emissioni globali di CO2 (2021). Queste ultime provengono per lo più, direttamente e indirettamente, dal funzionamento degli edifici, ma il 6,4 % è associato alla costruzione e alla produzione dei materiali da costruzione (2021). I trasporti, la demolizione e la costruzione di infrastrutture non sono considerati nel calcolo. Le emissioni dovute al trasporto sono attribuite al settore dei trasporti. Si può presumere che le emissioni effettive derivanti dalla costruzione siano più elevate. Secondo i dati della Commissione, gli edifici sono responsabili di circa il 40 % del consumo energetico e di circa un terzo delle emissioni di gas a effetto serra nell’Unione. La riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è attribuibile principalmente alle misure di riqualificazione termica, all’aumento delle quote di fonti energetiche rinnovabili e al rinnovo degli impianti di riscaldamento. A tale riduzione fanno tuttavia da contraltare il numero crescente di abitazioni principali e la maggiore superficie abitabile per abitazione.

2.3.

Il CESE sottolinea la fondamentale importanza del patrimonio forestale per la vita delle persone in tutto il mondo. I 400 miliardi di alberi presenti in Europa, ad esempio, assorbono quasi il 9 % delle emissioni europee di gas a effetto serra. Il CESE è consapevole che la deforestazione rappresenta un problema enorme a livello globale, per quanto le risorse forestali siano in aumento all’interno dell’UE. Tra il 1990 e il 2020 la superficie forestale è aumentata del 9 % e il volume del legname nelle foreste europee è cresciuto del 50 % (3). Il CESE sostiene pienamente tutti gli sforzi della Commissione europea volti ad affrontare questo problema a livello globale e sottolinea la necessità di continuare a promuovere la crescita di foreste sane nell’Unione. È opportuno incoraggiare un maggiore utilizzo del legno nell’edilizia al fine di ridurre le emissioni di carbonio attraverso una gestione forestale attiva e sostenibile in tutta l’UE, e non ostacolarlo applicando restrizioni politiche.

2.4.

Il CESE osserva pertanto che lo sfruttamento del potenziale della costruzione in legno (sia massiccio che non massiccio) per la protezione del clima deve essere indissolubilmente legato alla gestione sostenibile delle foreste. Il progetto austriaco «CareforParis» (4), che ha visto la collaborazione del Centro federale austriaco di ricerca sulle foreste (Bundesforschungszentrum für Wald — BFW), dell’Università delle risorse naturali e delle scienze della vita (BOKU) di Vienna, di Wood K Plus e dell’Agenzia federale austriaca per l’ambiente, ha elaborato e analizzato diversi scenari di gestione forestale. Tali scenari ipotizzano diversi cambiamenti climatici e strategie di adattamento per le foreste austriache e illustrano i possibili sviluppi fino al 2150. L’impronta di carbonio delle foreste e dei prodotti in legno e la prevenzione delle emissioni di CO2 attraverso l’uso di prodotti in legno sono state esaminate nel dettaglio. La combinazione tra crescita delle foreste, uso del legname e prevenzione delle emissioni di gas a effetto serra attraverso l’utilizzo di prodotti in legno consente di ottenere un impatto positivo in termini di gas a effetto serra. Le foreste europee rappresentano un importante pozzo di assorbimento del carbonio. Tra il 2010 e il 2020, il sequestro medio annuo di carbonio nella biomassa forestale ha raggiunto 155 milioni di tonnellate nella regione europea. Nell’UE-28 il sequestro corrisponde al 10 % delle emissioni lorde di gas a effetto serra (5). La principale leva per la protezione del clima consiste nella sostituzione delle materie prime e delle fonti energetiche fossili con il legno (come materiale ed energia) e nella conseguente riduzione delle emissioni. La disponibilità del legno quale alternativa a materiali con emissioni più elevate durante il ciclo di vita è pertanto una misura importante nella lotta contro i cambiamenti climatici.

2.5.

Per energia grigia si intende l’energia necessaria per la produzione, lo stoccaggio, il trasporto, l’installazione e infine lo smaltimento di materiali o di elementi costruttivi ed edifici. Rispetto ad altri materiali da costruzione convenzionali, il legno sequestra il carbonio prima ancora di essere utilizzato come materiale da costruzione (un albero è costituito per circa il 50 % da carbonio puro). Nell’esaminare il bilancio delle emissioni del legno, fattori quali l’origine, la distanza di trasporto e il tipo di lavorazione, nonché la riutilizzabilità, assumono un’importanza fondamentale. Il confronto tra edifici equivalenti — considerati nell’intero ciclo di vita — evidenzia che il legno, a differenza di altri materiali da costruzione, produce valori migliori in termini di energia grigia, emissioni di gas a effetto serra, inquinamento dell’aria e dell’acqua e altri indicatori di impatto. Attualmente, i prodotti in legno fabbricati ogni anno (ossia il legno utilizzato come materiale) permettono di evitare circa il 10 % delle emissioni annue totali di gas a effetto serra solo grazie all’effetto di sostituzione.

2.6.

Concretamente, il legno da costruzione consente di ridurre fino al 40 % delle emissioni di CO2 rispetto al calcestruzzo. Se si applica la conversione da volume a peso raccomandata da Hagauer e al. (2009) (6), il peso secco di un metro cubo solido (mcs) di legno (misto di legno tenero e legno duro) è di 417 kg. Supponendo che il contenuto di carbonio sia del 50 %, si ottiene un equivalente di CO2 di 0,765 t per metro cubo solido. Ciò significa che su un milione di metri cubi solidi di legno pronto per l’uso tagliato in più, 0,765 milioni di tonnellate di CO2 si fissano in prodotti durevoli.

2.7.

Negli ultimi anni la percentuale di costruzioni in legno è aumentata. In Austria, ad esempio, la percentuale di costruzioni in legno (7) è cresciuta di oltre il 70 % nell’arco di 20 anni, raggiungendo il 24 % della superficie utile nel 2018. Il 53 % di tali costruzioni era costituito da edifici residenziali, l’11 % da edifici commerciali e industriali e il 29 % da edifici agricoli. In confronto, la quota rappresentata dal settore degli edifici pubblici era solo del 7 %. In Svezia e Finlandia, il 90 % di tutte le nuove case unifamiliari è realizzato con il legno e circa il 20 % delle case multifamiliari di nuova costruzione ha una struttura in legno.

2.8.

La densificazione delle aree urbane è uno strumento importante nella lotta contro i cambiamenti climatici e va inevitabilmente di pari passo con un aumento dell’altezza degli edifici. I progetti attuali dimostrano che il legno consente di costruire edifici di notevole altezza. Ne sono un esempio il centro culturale Sara in Svezia, di 20 piani e con un’altezza di 75 m (8), o la torre Ascent a Milwaukee, di 18 piani in legno (9).

2.9.

Gli attuali sistemi di costruzione in legno possono essere facilmente adattati per fornire soluzioni globali per la ristrutturazione degli edifici, creando abitazioni di qualità e realizzando un significativo risparmio energetico. I progetti di ristrutturazione sfruttano non solo le infrastrutture urbane facilmente accessibili, ma anche l’energia grigia già presente nel parco immobiliare esistente.

2.10.

Utilizzare le riserve esistenti invece di costruire edifici nuovi significa usare in modo più efficiente le risorse offerte dalla città, per cui si deve, in linea di principio, dare la priorità a questo approccio. Tra i vantaggi offerti figurano la velocità di montaggio e di assemblaggio dei componenti, un rapporto migliore tra resistenza strutturale e peso rispetto ad altri materiali e un peso proprio relativamente basso che incide sulla struttura esistente.

2.11.

Inoltre, il legno è adatto nell’utilizzo a cascata. L’utilizzo in più fasi aumenta la creazione di valore, riduce il consumo di risorse e sequestra la CO2 per un periodo prolungato.

2.12.

I requisiti formali, giuridici e tecnici per la qualità della progettazione nella costruzione in legno sono relativamente più elevati e più ampi rispetto a quelli stabiliti per altri tipi di costruzione. Tale livello di complessità costituisce un ostacolo all’aumento delle quote di mercato delle costruzioni in legno. La standardizzazione dei componenti, dei collegamenti e degli assemblaggi può facilitare la realizzazione delle costruzioni e garantirne l’efficacia in termini di costi e la qualità. Un’iniziativa in tal senso è costituita dalla banca dati dataholz.eu, che mette a disposizione online strutture e giunti testati per Germania e Austria. In linea di principio, il CESE osserva che, anche nella costruzione in legno, l’innovazione deve essere in grado di riflettere lo stato dell’arte in tutti i settori, non solo attraverso le norme esistenti, ma anche ricorrendo a «soluzioni alternative equivalenti».

3.   Osservazioni particolari

3.1.

Il CESE osserva che, grazie alla standardizzazione, alla precisione e alla qualità, i sistemi di costruzione in legno sono adatti sia alla costruzione di nuovi edifici sia alla ristrutturazione degli edifici esistenti e alla ridensificazione urbana. Tra i numerosi vantaggi figurano l’adattabilità, l’elevato grado di prefabbricazione, la riduzione dei tempi di costruzione e il peso inferiore rispetto ad altri materiali.

3.2.

Un criterio fondamentale per la valutazione degli edifici è l’impatto ambientale lungo l’intero ciclo di vita. Gli impatti ambientali derivano dalla costruzione (produzione e trasporto dei prodotti da costruzione utilizzati), dall’uso e dallo smantellamento (compreso il riciclaggio o lo smaltimento dei prodotti da costruzione). Gli impatti ambientali vengono determinati mediante l’analisi del ciclo di vita (EN 15804: 15.2.2022).

3.3.

L’analisi del ciclo di vita costituisce uno strumento utile per valutare la sostenibilità dei prodotti da costruzione. Il CESE raccomanda un uso coerente della contabilità ambientale ai fini della valutazione qualificata della sostenibilità lungo l’intero ciclo di vita degli edifici per la rappresentazione e il confronto degli impatti ambientali.

3.4.

Negli ultimi anni i regolamenti edilizi hanno evidenziato un’apertura rispetto all’uso di materiali da costruzione rinnovabili. Le possibilità di utilizzare il legno in edilizia sono state ampliate, soprattutto per quanto riguarda la protezione antincendio. Tale aspetto è al centro anche di diversi progetti in corso.

3.5.

Il progetto di ricerca «TIMpuls» (10), diretto dall’Università tecnica di Monaco di Baviera (TUM), sta attualmente analizzando gli incendi in edifici multipiano in legno con l’obiettivo di creare una base valida per un insieme uniforme di regole per la costruzione di edifici multipiano in legno.

3.6.

Ricerche e progetti condotti di recente dimostrano che la costruzione in legno non è più problematica rispetto ad altri metodi di progettazione per quanto riguarda la sicurezza antincendio e presenta ulteriori benefici in termini di sicurezza sismica (11).

3.7.

Le diverse disposizioni giuridiche, anche all’interno degli Stati membri, spesso creano inutili ostacoli. Il CESE chiede pertanto un’ulteriore armonizzazione delle norme edilizie al fine di equiparare il legno agli altri materiali da costruzione.

3.8.

Il CESE invita gli Stati membri a ricorrere maggiormente al legno negli edifici pubblici, il cui utilizzo attualmente è inferiore alla media complessiva. Il settore pubblico svolge un ruolo esemplare nello sfruttamento del potenziale del legno in edilizia per conseguire gli obiettivi climatici. In particolare, degli edifici in legno innovativi e di pregio possono contribuire a creare un’identità e a promuovere un maggiore utilizzo del legno.

3.9.

Spesso nelle procedure di appalto, criteri quali la bioeconomia, la sostenibilità, i costi del ciclo di vita, l’impatto sul clima ecc. non vengono presi in considerazione o non lo sono a sufficienza per determinare il miglior offerente, a scapito delle soluzioni costruttive in legno. Il CESE chiede pertanto un maggiore impegno a includere criteri volti al conseguimento degli obiettivi climatici negli appalti pubblici.

3.10.

Nel caso della prefabbricazione in legno, la pianificazione deve praticamente riguardare la fase esecutiva, al fine di evitare qualsiasi rischio di interpretazione e garantire una chiara comparabilità. Per ottenere vantaggi in termini di ottimizzazione tecnico-economica e di tempi di attuazione (12), occorre prendere in considerazione l’ampia gamma di prodotti e l’influenza dei processi di fabbricazione, logistica e assemblaggio in una fase più precoce rispetto alle costruzioni con un basso grado di prefabbricazione. A tal fine, è possibile inserire tempestivamente le informazioni degli offerenti scegliendo la procedura di aggiudicazione appropriata, come i concorsi di architettura o il dialogo competitivo, o il coinvolgimento di progettisti specializzati da parte dell’autorità aggiudicatrice.

3.11.

Il CESE sottolinea l’importanza del nuovo Bauhaus europeo nel promuovere l’utilizzo di materiali da costruzione di alta qualità rispettosi del clima e quindi l’uso del legno nell’edilizia. Attualmente la quota di legno utilizzato come materiale da costruzione nell’UE è solo del 3 %, pertanto il potenziale dell’edilizia in legno per la mitigazione dei cambiamenti climatici è lungi dall’essere sfruttato. Il CESE ritiene quindi che il sostegno alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione riguardante i materiali da costruzione alternativi nell’ambito del nuovo Bauhaus europeo sia un elemento importante per sfruttare tale potenziale.

3.12.

In molti casi, le possibilità di utilizzo nel settore edile non sono ancora sufficientemente conosciute da parte degli utenti. La mancanza di conoscenza si traduce spesso in un uso limitato del legno. Il CESE ritiene pertanto molto importante il trasferimento di know-how all’interno dell’Europa, come previsto dall’Accademia del nuovo Bauhaus europeo, e al tempo stesso sottolinea la necessità di fornire moduli di istruzione e formazione continua adeguati anche a livello nazionale. Corsi di formazione e perfezionamento per l’uso di nuovi metodi e materiali per l’edilizia sostenibile sono necessari per tutte le categorie coinvolte nel processo costruttivo: progettisti, architetti, ingegneri, tecnici, specialisti informatici e lavoratori edili. La transizione verde può essere realizzata soltanto con il contributo di personale adeguatamente formato.

3.13.

Il CESE accoglie con favore il progetto sociale europeo congiunto «Resilientwood», diretto dalla Confederazione europea per le industrie della lavorazione del legno (CEI-Bois) e dalla Federazione europea dei lavoratori edili e del legno (FELEDL), che mira a elaborare raccomandazioni e orientamenti per le imprese, per la formazione professionale e per le autorità pubbliche al fine di attrarre i giovani nell’industria del legno dell’UE, di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e di formare ulteriormente i lavoratori.

3.14.

Il CESE considera importante pubblicare informazioni tecniche al fine di presentare a tutte le parti interessate lo stato dell’arte delle costruzioni in legno e di definire norme di progettazione e strutturali per semplificare l’utilizzo del legno nell’edilizia.

3.15.

La direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia è il principale atto legislativo dell’UE nel settore edile. Essa impone agli Stati membri dell’UE di fissare livelli di prestazione degli edifici, di pianificare strategicamente la decarbonizzazione del parco immobiliare attraverso strategie di ristrutturazione a lungo termine e di attuare ulteriori misure. La direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia è pertanto lo strumento politico naturale per stabilire requisiti e incentivi chiari per la riduzione delle emissioni di carbonio durante l’intero ciclo di vita degli edifici.

3.16.

Le disposizioni della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia devono essere allineate agli obiettivi di neutralità climatica e indicare le misure più importanti e urgenti da adottare entro il 2050. Sebbene sia importante migliorare la prestazione energetica degli edifici, senza una chiara comprensione dell’impronta di carbonio integrata degli edifici sussiste il rischio che le misure non siano adeguate.

3.17.

Il CESE accoglie con favore il regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, proposto nella primavera del 2022, quale passo importante verso prodotti maggiormente ecologici e circolari. La definizione di criteri minimi, come la riduzione dell’impronta ambientale e climatica dei prodotti, può essere applicata in modo ottimale anche all’edilizia in legno e creare opportunità di innovazione economica, sebbene questo tipo di costruzione non sia attualmente contemplato nel regolamento.

3.18.

La comunicazione obbligatoria relativa alle emissioni di carbonio durante il ciclo di vita per l’industria edilizia faciliterà la raccolta e l’analisi comparativa dei dati e consentirà al settore edile di sviluppare le competenze e le capacità necessarie. È necessario introdurre e rafforzare nel tempo norme minime vincolanti per le emissioni di carbonio durante l’intero ciclo di vita. Il CESE invita la Commissione europea a elaborare un sistema di certificazione delle emissioni di carbonio che tenga pienamente conto del ruolo dei prodotti in legno nella compensazione delle emissioni.

3.19.

Il CESE invita gli Stati membri a partecipare attivamente alla nuova iniziativa «Wood POP» lanciata dai governi austriaco e finlandese, ossia una piattaforma dedicata alla promozione di un dialogo strategico sul tema del legno, volta a mobilitare importanti attori pubblici e privati del settore a livello sia nazionale che regionale, e a sostenere nel contempo il riorientamento degli investimenti verso soluzioni sostenibili e a base biologica e catene del valore basate sul legno.

3.20.

Nel suo parere complementare CCMI/205 sul tema Industria 5.0 nel settore dell’edilizia in legno, il CESE sottolinea che il legno come materiale da costruzione offre una grande opportunità in quanto costituisce un’alternativa sostenibile ed efficace sotto il profilo dei costi ai materiali da costruzione tradizionali come il calcestruzzo e l’acciaio. Un altro vantaggio è rappresentato dall’elevata produttività della manodopera di questo settore, la quale consente una costruzione più rapida ed efficiente degli edifici. L’edilizia in legno crea inoltre opportunità di lavoro nelle zone rurali. Questo tipo di costruzione offre vantaggi ambientali, dal momento che il legno è una risorsa rinnovabile e produce emissioni di carbonio inferiori a quelle di altri materiali sia nella fase di produzione che durante il suo ciclo di vita. L’edilizia in legno promuove inoltre la conservazione e la manutenzione delle foreste e contribuisce in tal modo alla riduzione dei gas a effetto serra.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 275 del 18.7.2022, pag. 73; GU C 155 del 30.4.2021, pag. 73.

(2)  Agenzia internazionale per l’energia (AIE), 2022, Relazione sugli edifici (https://www.iea.org/reports/buildings).

(3)  https://foresteurope.org/wp-content/uploads/2016/08/SoEF_2020.pdf

(4)  Weiss P., Braun M., Fritz D., Gschwantner T., Hesser F., Jandl R., Kindermann G., Koller T., Ledermann T., Ludvig A., Pölz W., Schadauer K., Schmid B.F., Schmid C., Schwarzbauer P., Weiss G., 2020, Endbericht zum Projekt CareforParis [Relazione finale sul progetto «CareforParis»]. Klima- und Energiefonds, Vienna.

(5)  https://foresteurope.org/wp-content/uploads/2016/08/SoEF_2020.pdf

(6)  Hagauer, D., B. Lang, C. Pasteiner e K. Nemesthoty, 2009, Empfohlene Umrechnungsfaktoren für Energieholzsortimente bei Holz- bzw. Energiebilanzberechnungen [Fattori di conversione raccomandati per i prodotti del legno a fini energetici nei calcoli dei bilanci energetici e del legno], ministero federale dell’Agricoltura e delle foreste, dell’ambiente e delle risorse idriche, divisione V/10 — Energia ed economia ambientale, edizione propria, Vienna.

(7)  Robert Stingl, Gabriel Oliver Praxmarer, Alfred Teischinger, 2018, Holzbauanteil in Österreich. Eine statistische Erhebung aller Hochbauvorhaben in den Jahren 1998 — 2008 [Quota della costruzione in legno in Austria. Uno studio statistico di tutti i progetti di costruzione di edifici nel periodo 1998-2008], Università delle risorse naturali e delle scienze della vita di Vienna per conto di proHolz Austria.

(8)  Centro culturale Sara, Skellefteå, Svezia, White Arkitekter, 2021.

(9)  Torre Ascent, Milwaukee, WIEHAG Austria, 2021.

(10)  www.cee.ed.tum.de/hbb/forschung/laufende-forschungsprojekte/timpuls (consultato il 23.1.2023).

(11)  Cfr. il progetto di ricerca sulla sicurezza sismica degli edifici in legno, Università di scienze applicate di Berna, 2020, www.bfh.ch/de/forschung/referenzprojekte/erdbebensicherheit-holzgebaeude (consultato il 23.1.2023).

(12)  Cfr. il progetto di ricerca «leanWOOD» — Neue Kooperations- und Prozessmodelle für das vorgefertigte Bauen mit Holz [Nuovi modelli di cooperazione e processi per la costruzione prefabbricata in legno], HSLU Università di Lucerna, 2017.


ALLEGATO

Il parere complementare della commissione consultiva per le trasformazioni industriali — «Industria 5.0 nel settore dell’edilizia in legno» si trova alle pagine seguenti

Parere della commissione consultiva per le trasformazioni industriali sul tema «Industria 5.0 nel settore dell’edilizia in legno»

(parere complementare al parere TEN/794)

Relatore:

Martin BÖHME

Correlatore:

Rolf GEHRING

Decisione dell’Assemblea plenaria

15.11.2022

Base giuridica

Articolo 56, paragrafo 1, del regolamento interno

 

Parere complementare

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

27.2.2023

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

29/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che l’utilizzo del legno come materiale da costruzione rappresenta una grande opportunità, in quanto costituisce un’integrazione e un’alternativa sostenibile ed efficace sotto il profilo dei costi ai materiali da costruzione tradizionali come il calcestruzzo e l’acciaio. Un altro vantaggio è l’elevata produttività della manodopera nel settore dell’edilizia in legno, che consente una costruzione più rapida ed efficiente degli edifici. La possibilità di prefabbricare i componenti riduce inoltre i costi e aumenta la sicurezza durante le fasi di costruzione.

1.2.

L’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente della forza lavoro nel settore dell’edilizia in legno sono più importanti che mai. L’istruzione e la formazione devono essere il risultato del dialogo sociale con il coinvolgimento di tutte le parti sociali.

1.3.

Il CESE ravvisa nello sviluppo del settore dell’edilizia in legno notevoli opportunità per i lavoratori, soprattutto nelle zone rurali. La creazione di posti di lavoro dignitosi nell’industria del legno e nell’edilizia in legno può contribuire a migliorare la situazione economica nelle zone rurali in cui il settore del legno svolge un ruolo importante.

1.4.

Il CESE sottolinea i numerosi vantaggi che le costruzioni in legno presentano per l’ambiente, tra cui, in particolare, il fatto che il legno è una materia prima rinnovabile che, rispetto ad altri materiali da costruzione, produce meno emissioni di CO2 nella realizzazione di componenti ed edifici e durante il loro ciclo di vita. Inoltre, l’uso del legno nel settore edile favorisce la cura e la preservazione delle foreste, in quanto ne incentiva la gestione sostenibile. Gli alberi, durante la loro crescita, assorbono CO2 dall’atmosfera che poi immagazzinano. Se utilizzato in edilizia, il legno diventa quindi un materiale ecologico che contribuisce alla riduzione complessiva dei gas a effetto serra.

1.5.

Il CESE rimanda ai suoi recenti lavori sull’edilizia e sui prodotti da costruzione, in particolare ai pareri Condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione (1) e Edilizia in legno per la riduzione di CO2 nel settore edile (2).

1.6.

L’uso del legno nel settore dell’edilizia conferma il comportamento antisismico del legno, apparso evidente in alcuni casi, ad esempio in occasione del terremoto in Alaska del 1964. Il CESE ritiene che le popolazioni che vivono in zone a rischio sismico dovrebbero essere incoraggiate a utilizzare il legno come materiale da costruzione.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il presente parere fa seguito alle osservazioni generali formulate nel parere TEN/794 Edilizia in legno per la riduzione di CO2 nel settore edile.

2.2.

Tale settore contribuisce in maniera significativa alle emissioni di gas a effetto serra e rappresenta quindi un fattore importante in termini di effetti dannosi per il clima. Tali emissioni provengono per lo più dall’utilizzo di combustibili fossili per la produzione di calore ed elettricità negli edifici e dalla produzione di materiali da costruzione. Vi è una forte necessità di misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra nel settore delle costruzioni, tramite ad esempio l’utilizzo di energie rinnovabili, il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e l’impiego di materiali da costruzione sostenibili (3).

2.3.

Il CESE sottolinea che al fine di aumentare la diffusione, nell’industria edilizia, di legname da costruzione prodotto in maniera sostenibile, è opportuno sottolineare la necessità di una gestione sostenibile delle foreste per la produzione di materie prime legnose. Per gestione forestale sostenibile si intende la gestione e l’uso delle foreste in maniera sostenibile, dal punto di vista non solo ambientale ma anche economico e sociale. Ciò significa preservare le foreste sia per le generazioni attuali che per quelle future e utilizzare le risorse naturali in modo responsabile. Un elemento importante nella gestione sostenibile delle foreste consiste nella conservazione della biodiversità e dei loro servizi ecosistemici. È inoltre importante ridurre la vulnerabilità delle foreste a perturbazioni naturali quali gli incendi boschivi e le infestazioni da insetti.

2.4.

Da un punto di vista tecnico, rispetto ad altri materiali da costruzione come il calcestruzzo, l’edilizia in legno richiede un consumo nettamente inferiore dell’energia cosiddetta «grigia», ossia di energia utilizzata per la produzione, il trasporto, lo stoccaggio e il riciclaggio di prodotti. Ridurre tale energia significa utilizzare meno energia per questi processi, con una conseguente riduzione delle emissioni di CO2 e un consumo energetico più sostenibile, e può anche contribuire a migliorare la competitività delle imprese.

2.5.

Il CESE osserva che la legislazione talvolta ostacola lo sviluppo dell’edilizia in legno limitando l’impiego del legno come materiale da costruzione o imponendo determinate regole e norme, la cui applicazione in questo settore risulta complessa o costosa. Basti pensare al limite di altezza introdotto in alcuni paesi per gli edifici in legno. Tali disposizioni possono limitare le possibilità offerte dalle costruzioni in legno e ostacolare lo sviluppo di edifici in legno innovativi. Per quanto riguarda la protezione antincendio degli edifici, è inaccettabile che il legno debba soddisfare criteri di prestazione diversi da quelli previsti per altri materiali. Il CESE raccomanda un’omogeneizzazione delle norme a livello europeo, indipendentemente dal tipo di materiale.

2.6.

L’edilizia in legno può contribuire in maniera significativa a rendere l’economia più circolare e in particolare a favorire il raggiungimento dell’obiettivo di rafforzamento della bioeconomia, come stabilito dalle politiche dell’UE in materia. A questo proposito, vanno ulteriormente sviluppati gli ambiti di applicazione e le proprietà dei materiali in legno e dei prodotti a base di legno. In particolare, la riciclabilità dei prodotti legnosi svolge un ruolo essenziale in questo processo, ma anche la combinazione del legno con altri materiali acquisterà un’importanza sempre crescente. La promozione, coordinata e sostenuta a livello europeo, della cooperazione in materia di ricerca nei settori delle proprietà dei materiali e dei materiali compositi può svolgere un ruolo importante a tale riguardo e stimolare l’innovazione.

2.7.

La trasformazione delle nostre industrie verso il concetto, anche basato sul sociale, di industria 5.0 presenta una spiccata natura tecnica. La digitalizzazione (Building-Information-Modeling), la robotizzazione e l’utilizzo di programmi di apprendimento (intelligenza artificiale) trasformeranno l’intera catena del valore, dalla silvicoltura all’edilizia, compresi la conservazione e il riciclaggio. Si renderanno quindi necessari un quadro giuridico per i requisiti generali dei prodotti, i requisiti per i prodotti da costruzione e la standardizzazione, nonché un coordinamento di tali elementi nel settore dell’edilizia in legno. In linea con gli obiettivi sociali delineati per l’industria 5.0, gli sviluppi tecnologici e i concetti di organizzazione del lavoro dovrebbero seguire un approccio alla progettazione tecnologica basato sull’essere umano. Sarà inoltre importante riflettere sistematicamente sui potenziali effetti positivi o negativi per un ambiente di lavoro e di vita sano, fin dalla prima fase dello sviluppo tecnologico.

2.8.

Il CESE osserva che i cambiamenti tecnologici e l’evoluzione delle tecnologie dei materiali nell’edilizia in legno modificheranno anche l’organizzazione del lavoro e i requisiti in materia di qualifiche. Sorgono qui delle sovrapposizioni tra i settori dell’edilizia e del legname e più in particolare tra le professioni tradizionali di questi due settori economici. Si rendono a questo punto indispensabili un adeguamento dei programmi di studio esistenti per le singole professioni o anche la ridefinizione delle professioni da coordinare a livello europeo. L’obiettivo di prevedere professioni attraenti con un’ampia gamma di compiti e una conseguente organizzazione del lavoro contribuiranno altresì a rendere più attraenti i settori dell’edilizia e del legname.

2.9.

Il CESE ritiene che, a causa dei rapidi cambiamenti nei metodi di lavoro (digitalizzazione, robotica, intelligenza artificiale, nuovi macchinari), l’istruzione, la formazione, la riqualificazione e l’apprendimento permanente della forza lavoro nel settore dell’edilizia in legno siano più importanti che mai. L’istruzione e la formazione devono essere il risultato del dialogo sociale con il coinvolgimento di tutte le parti sociali.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

L’aumento dei tassi di diffusione delle costruzioni in legno potrebbe contribuire in modo significativo a rafforzare le catene del valore regionali e a ridurre l’impronta ambientale. Sul piano dei materiali, l’edilizia in legno offre un contributo molto efficace alla bioeconomia, in particolare se, durante l’intero ciclo di vita della costruzione in legno, compresa la progettazione, si pone maggiormente l’accento sulla manutenzione e la conservazione. Inoltre, al fine di evitare effetti di spostamento ecologico, il legno dovrebbe provenire solo da luoghi con zone forestali certificate (sistemi di certificazione forestale FSC e PEFC) e con un potenziale di produzione di legname superiore al proprio fabbisogno.

3.2.

Il CESE ritiene che la definizione dei requisiti dei terreni utilizzati per la produzione di legname e le relative modalità di gestione (intensiva, estensiva, monocoltura, biologica) e di approvvigionamento (convenzionale o sostenibile) siano fondamentali per la sostenibilità globale delle costruzioni in legno. Nella prospettiva di un auspicato aumento della quota di legno utilizzato nell’edilizia, è fondamentale non perdere di vista gli obiettivi di sostenibilità e biodiversità quando si tratta di aumentare le superfici utilizzate e riconvertire i terreni alla produzione di legname.

3.3.

Le prove condotte sul campo dimostrano che, dal punto di vista della valutazione del ciclo di vita, l’edilizia in legno, nel suo complesso, si rivela più vantaggiosa di altre tecniche di costruzione, che utilizzano ad esempio il cemento armato. In particolare, l’indicatore di impatto per la valutazione del potenziale di riscaldamento globale mostra risultati decisamente migliori e presenta solo il 57 % del potenziale del cemento armato (4).

3.4.

Il CESE sottolinea che dall’analisi degli studi che confrontano le costruzioni in legno con quelle in materiali ad elevato peso specifico, emerge che, in quasi tutti i casi, le costruzioni in legno hanno un impatto ambientale ridotto in termini di indicatori di valutazione del ciclo di vita, ovverosia di a) domanda di energia primaria (totale e non rinnovabile) e b) potenziale di riscaldamento globale (GWP). Tali risultati non dipendono dai materiali da costruzione scelti per gli edifici in materiali ad elevato peso specifico né dalla tecnica di costruzione utilizzata all’interno della struttura in legno (5).

3.5.

Il livello di prefabbricazione nell’edilizia in legno è molto più elevato rispetto all’edilizia in materiali ad elevato peso specifico. Di conseguenza, i lavori sul cantiere dipendono in misura minore dalle condizioni meteorologiche e una percentuale maggiore delle attività di fabbricazione avviene in condizioni di lavoro ottimali in officina. Tuttavia, il livello più elevato di produzione verticale richiede un maggiore sforzo di pianificazione e quindi un ciclo di pianificazione più lungo.

3.6.

Il CESE osserva che il minor tempo necessario per la realizzazione di strutture in legno comporta una riduzione delle spese generali relative ai cantieri e della loro durata. La prefabbricazione consente di ridurre il numero di trasporti verso il sito. In particolare nelle aree urbane che presentano potenzialità, l’edilizia in legno consente di creare rapidamente nuove abitazioni, ad esempio aggiungendo piani e aumentando la superficie degli edifici.

3.7.

L’edilizia in legno consente di disporre di superfici interne più ampie, a parità di dimensioni esterne, poiché l’isolamento è spesso integrato nella struttura portante, a differenza di quanto avviene nell’edilizia con materiali ad elevato peso specifico, che prevede una struttura separata. Di conseguenza, nelle costruzioni in legno è possibile una parete esterna più sottile, mentre resta invariato lo spessore dell’isolamento.

3.8.

Il CESE si attende ulteriori potenzialità dall’edilizia in legno: non solo alloggi, quindi, ma anche edifici non residenziali destinati ad altri usi (ad esempio uffici, magazzini e laboratori).

3.9.

Il CESE osserva che, come avviene in tutti i tipi di costruzione, una progettazione e un’esecuzione di elevata qualità sono di grande importanza per il ciclo di vita di un edificio. Ciò richiede soprattutto architetti e ingegneri dotati di una buona formazione e una direttiva europea sulla pianificazione che sostenga queste professioni con un quadro normativo adeguato. Nel settore della pianificazione, in particolare, occorre garantire, tramite adeguamenti della normativa e un’adeguata formazione dei committenti, che i contratti di servizi siano aggiudicati obbligatoriamente secondo criteri di concorrenza basati sulla qualità (6).

3.10.

Tenuto conto delle conseguenze dei recenti terremoti in Turchia, ma anche dei terremoti precedenti, nonché delle previsioni degli esperti per i prossimi eventi, il CESE ritiene che le popolazioni che vivono in zone a rischio sismico dovrebbero essere incoraggiate a costruire edifici e abitazioni in legno.

3.11.

Nelle aziende manifatturiere, i processi di produzione possono essere ottimizzati e semplificati attraverso l’uso di tecnologie dell’industria 5.0, in modo da consentire una riduzione dell’uso di energia e quindi delle emissioni di CO2 nel processo di produzione. Inoltre, la prefabbricazione dei componenti in officina consente di rendere il cantiere più efficiente e di ridurre gli sprechi, in quanto i componenti devono solo essere assemblati sul posto. Ne consegue una riduzione del consumo di energia per i trasporti e una minore produzione di rifiuti (7).

Bruxelles, 27 febbraio 2023

Il presidente della commissione consultiva per le trasformazioni industriali

Pietro Francesco DE LOTTO


(1)  GU C 75 del 28.2.2023, pag. 159.

(2)  Parere del CESE sul tema «Edilizia in legno per la riduzione di CO2 nel settore edile»(cfr. GU, p.18).

(3)  Cfr. Kreislaufwirtschaft für die Dekarbonisierung des EU-Bausektors — Modellierung ausgewählter Stoffströme und Treibhausgasemissionen [L’economia circolare per la decarbonizzazione dell’industria edile dell’UE — modellizzazione di flussi di materiali selezionati e di emissioni di gas serra], Meta Thurid Lotz, Andrea Herbst, Matthias Rehfeldt.

(4)  https://www.berlin.de/nachhaltige-beschaffung/studien/holz-versus-stahlbetonbauweise/

(5)  Potenziale von Bauen mit Holz [Potenzialità dell’edilizia in legno], Agenzia federale tedesca per l’ambiente, pag. 25.

(6)  Cfr. Holzbau vs. Massivbau — ein umfassender Vergleich zweier Bauweisen im Zusammenhang mit dem SNBS Standard [Edilizia in legno e edilizia in muratura — confronto approfondito tra due tecniche di costruzione in base alla norma SNBS], Daniel Müller.

(7)  Cfr. Koppelhuber, J., Bok, M. (2019). «Paradigmenwechsel im Hochbau» [Cambiamento di paradigma in edilizia], in Hofstadler, C. (cur.) Aktuelle Entwicklungen in Baubetrieb, Bauwirtschaft und Bauvertragsrecht [Recenti sviluppi in materia di imprese di costruzione, industria edilizia e diritto contrattuale nel settore dell’edilizia]. Springer Vieweg, Wiesbaden. (https://doi.org/10.1007/978-3-658-27431-3_19).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

577a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.3.2023 – 23.3.2023

25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/28


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure per un livello elevato di interoperabilità del settore pubblico nell’Unione (normativa su un’Europa interoperabile)

[COM(2022) 720 final — 2022/0379 (COD)]

e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa al rafforzamento della politica del settore pubblico in materia di interoperabilità — Collegare i servizi pubblici, sostenere le politiche pubbliche e garantire benefici pubblici — Verso un’«Europa interoperabile»

[COM(2022) 710 final]

(2023/C 184/05)

Relatore:

Vasco DE MELLO

Consultazione

a)

Parlamento europeo, 21.11.2022

b)

Consiglio dell’Unione europea, 25.11.2022

Base giuridica

a)

articolo 172 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

b)

articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

10.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene, al pari della Commissione, che l’interoperabilità tra i servizi pubblici sia un requisito essenziale per la creazione di un mercato unico digitale.

1.2.

Tuttavia, il conseguimento di tale obiettivo non dovrà spingere gli Stati membri a perseguire una politica che conduca a una digitalizzazione totale dei servizi pubblici a scapito dei servizi forniti con una presenza fisica in loco, tenuto conto delle esigenze dei gruppi di cittadini più vulnerabili. La formazione in materia di competenze digitali dovrebbe essere disponibile per tutti, e specialmente per questi gruppi della popolazione.

1.3.

Lo sviluppo e la messa in servizio dei servizi digitali non determineranno una riduzione del personale, ma porteranno invece a un fabbisogno supplementare di lavoratori nelle fasi iniziali. Una dotazione di personale adeguata costituisce un presupposto essenziale per una trasformazione digitale riuscita.

1.4.

Il CESE dà atto con compiacimento che la digitalizzazione dei servizi pubblici ha conosciuto uno sviluppo considerevole durante la pandemia.

1.5.

Il CESE sostiene la creazione di un modello di governance per questa politica che sia imperniato su due organi fondamentali, ossia il comitato per un’Europa interoperabile e la comunità per un’Europa interoperabile.

1.6.

Il CESE si rallegra che la comunicazione in esame preveda l’ideazione di soluzioni sperimentali che consentano la realizzazione di partenariati tra il settore pubblico da un lato e le imprese tecnologiche innovative e quelle in fase di avviamento (start-up) dall’altro, allo scopo di progettare soluzioni sperimentali innovative che potranno essere applicate dai servizi pubblici e condivise tra loro.

1.7.

Il CESE ritiene importante che, nei futuri programmi di finanziamento dei progetti per l’interoperabilità dei servizi pubblici, la concessione dei finanziamenti sia subordinata all’adozione dei principi e delle strutture raccomandati dal quadro europeo di interoperabilità.

1.8.

Pur rallegrandosi che questo processo sia inquadrabile nel contesto della cosiddetta duplice transizione, il CESE avverte che alcune soluzioni tecnologiche relative alla digitalizzazione potrebbero comportare un elevato consumo di energia.

1.8.1.

Secondo il CESE, pur con tutte le salvaguardie del caso, la protezione dei dati non può diventare un ostacolo alla creazione di nuove soluzioni interoperabili da parte dei servizi pubblici o dei privati.

1.8.2.

D’altro canto, il CESE ritiene che l’accessibilità dei dati — da parte dei cittadini, delle imprese o di altri servizi pubblici — dovrà essere regolamentata in funzione di livelli di autorizzazione diversi, al fine di salvaguardare la riservatezza dei dati e di fornire solo quelli strettamente necessari.

2.   Contesto di riferimento

2.1.

La creazione di un mercato interno — ossia di uno spazio di libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali — comporta l’abbattimento di tutte le barriere nazionali esistenti.

2.2.

Fin dagli inizi ma specialmente dopo la creazione del mercato unico, l’Unione europea ha cercato di abbattere ogni tipo di barriera che potesse trasformarsi in un ostacolo alla creazione di un vero mercato interno.

2.3.

Per l’esistenza di un vero mercato interno è necessario assicurare ai cittadini e alle imprese un accesso e un’interazione semplici e veloci con i servizi pubblici degli Stati membri, indipendentemente che siano forniti a livello locale, regionale o nazionale.

2.4.

D’altro canto, l’esistenza di uno spazio aperto come quello europeo impone la condivisione dei dati e la cooperazione tra i vari organi delle amministrazioni pubbliche statali, a qualsiasi livello si trovino.

2.5.

A partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, la Commissione ha cercato di compiere passi avanti per permettere l’introduzione e l’esistenza dell’interoperabilità (1) o, per meglio dire, dell’interconnettività tra i vari servizi pubblici degli Stati membri (2).

2.6.

La necessità si è acuita col passare del tempo, man mano che il mercato interno si è trasformato in una nuova realtà, quella digitale (3).

2.7.

La digitalizzazione costituisce una vera rivoluzione, sia nelle abitudini dei cittadini che nel modo in cui operano le imprese e la pubblica amministrazione.

2.8.

Negli ultimi anni vari servizi pubblici degli Stati membri che erano forniti solo con una presenza fisica in loco hanno iniziato ad essere forniti anche in modalità digitale, con un enorme vantaggio sia per i cittadini che per le imprese, oltre che per gli stessi servizi pubblici, dato che ciò ha permesso all’amministrazione pubblica di realizzare risparmi enormi in termini sia di ore di lavoro che di costi economici.

2.9.

La crisi della COVID-19 ha accelerato questa tendenza dimostrando che l’interoperabilità tra i vari servizi pubblici europei potrà diventare uno strumento utile per le persone ai fini dell’esercizio della libertà di circolazione, come dimostrato — ad esempio — dall’uso del certificato COVID.

2.10.

L’Unione europea è consapevole che la digitalizzazione del settore pubblico, visto il suo peso in rapporto al PIL (4), potrà essere un fattore cruciale nel processo di digitalizzazione europeo perché, oltre ad avere un effetto moltiplicatore in rapporto agli altri settori, può anche svolgere un ruolo di guida nell’intero processo, nel contesto più generale dell’economia europea.

2.11.

È per questo motivo che i piani per la ripresa e la resilienza prevedono, nel loro complesso, che gli investimenti pubblici per la digitalizzazione della pubblica amministrazione ammontino a un totale di 47 miliardi di EUR.

2.12.

Con il passare del tempo l’Unione europea, attraverso la Commissione, e i governi degli Stati membri hanno riconosciuto la necessità di approfondire l’interoperabilità e l’interconnettività non solo all’interno dei servizi pubblici nazionali, ma anche tra i servizi dei vari Stati, e poi tra questi e quelli dell’Unione europea (5), in modo che i cittadini e le imprese di tutta l’Unione possano accedere a tali servizi ovunque si trovino.

2.13.

Sebbene l’interoperabilità tra i servizi pubblici non sia un tema nuovo (6), la comunicazione in esame mira a creare un quadro di cooperazione più ufficiale, più stabile e che offra maggiore sicurezza, in modo da arrivare a un ulteriore approfondimento dell’interconnettività esistente non solo all’interno dei sistemi digitali dei vari servizi pubblici nazionali, ma anche tra tali sistemi, oltre che con i servizi propri dell’Unione europea (7). Lo scopo finale è convergere verso l’obiettivo fissato per il 2030, ossia una percentuale di digitalizzazione dei servizi pubblici nell’Unione europea pari al 100 %, come proposto nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale» [COM(2021) 118 final].

2.14.

A tal fine, la comunicazione in esame fissa i seguenti pilastri fondamentali per l’attuazione di un approccio coerente in questo settore, vale a dire:

creare una struttura di governance dell’interoperabilità che è formata da due organi (il comitato per un’Europa interoperabile e la comunità per un’Europa interoperabile) ed è concepita in modo da permettere la collaborazione tra le amministrazioni pubbliche — sia a livello generale (europeo, nazionale, regionale e locale) che a livello settoriale (giustizia, trasporti, affari interni, salute, ambiente ecc.) — e anche con le parti interessate del settore privato. Il suo mandato consiste nel trovare un accordo su soluzioni di interoperabilità condivise (ad esempio, quadri di riferimento, specifiche aperte, standard aperti, applicazioni od orientamenti);

introdurre una valutazione d’impatto obbligatoria sull’interoperabilità transfrontaliera derivante dall’introduzione o dalla modifica di un sistema informatico del servizio pubblico;

creare congiuntamente un ecosistema di soluzioni di interoperabilità per il settore pubblico dell’UE (introduzione di cataloghi di risorse di interoperabilità riconosciute che possono essere utilizzati dalle amministrazioni e nell’elaborazione delle politiche, quali strumenti, specifiche o soluzioni digitali), in modo che le pubbliche amministrazioni a tutti i livelli dell’UE e altri portatori di interessi possano contribuire alla creazione e al perfezionamento di tali soluzioni, così come al loro riutilizzo, permettendo quindi di innovare insieme e di creare soluzione di pubblica utilità;

subordinare la concessione di taluni finanziamenti dell’Unione europea destinati alla creazione o al potenziamento dei sistemi informatici nazionali al rispetto di principi e all’utilizzo di meccanismi predefiniti dall’Unione europea (8).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE ritiene, al pari della Commissione, che l’interoperabilità tra i servizi pubblici sia un requisito essenziale per la creazione di un mercato unico digitale e per l’eliminazione degli ostacoli ancora esistenti nel mercato fisico (9).

3.2.

La definizione di un obiettivo per il 2030 di un livello del 100 % di servizi pubblici digitali in tutta l’Unione europea comporta l’accelerazione e il perfezionamento di una rete transeuropea che colleghi detti servizi e che utilizzi elementi comuni, che sia a livello tecnico, semantico, giuridico o organizzativo.

3.3.

Tuttavia, il conseguimento di tale obiettivo non dovrà incoraggiare politiche nazionali che conducano a una digitalizzazione totale dei servizi pubblici a scapito dei servizi forniti con una presenza fisica in loco, tenuto conto delle esigenze dei gruppi di cittadini più vulnerabili, in quanto tutti dovrebbero avere accesso ai servizi pubblici forniti in presenza. La formazione in materia di competenze digitali dovrebbe essere disponibile per tutti, e specialmente per questi gruppi della popolazione.

3.4.

Lo sviluppo e la messa in servizio dei servizi digitali non determineranno una riduzione del personale, ma porteranno invece a un fabbisogno supplementare di lavoratori nelle fasi iniziali. Una dotazione di personale adeguata costituisce un presupposto essenziale per una trasformazione digitale riuscita.

3.5.

La digitalizzazione dovrà servire a fornire un servizio pubblico migliore.

3.6.

Come sottolineato dal CESE in un suo precedente parere, «non si tratta […] di sostituire gli esseri umani con degli strumenti informatici, bensì di aumentare il tempo che le persone hanno a disposizione per svolgere funzioni a maggior valore aggiunto» (10).

3.7.

La digitalizzazione e l’uso dell’intelligenza artificiale non sono un mezzo per legittimare riduzioni generalizzate della manodopera. L’eliminazione delle mansioni routinarie grazie alla digitalizzazione dovrebbe permettere ai lavoratori di dedicare più tempo ai compiti impegnativi e ai servizi di consulenza.

3.8.

Inoltre, nel 2030 vi sarà sicuramente una minoranza di cittadini esclusi dalle comunicazioni digitali, che avranno accesso ai servizi pubblici solo in presenza (11). Per quanto riguarda le vie di accesso analogiche che sono utilizzate dai cittadini per usufruire di servizi pubblici, queste modalità di accesso non dovranno essere chiuse (né andranno creati ostacoli al riguardo) nel corso della digitalizzazione.

3.9.

Il CESE accoglie pertanto con favore il fatto che la comunicazione in esame sia tesa ad approfondire e perfezionare il livello di interoperabilità del settore pubblico attraverso l’istituzione di un quadro giuridico definito a livello dell’UE (12).

3.10.

Il CESE riconosce che questo approfondimento dell’interoperabilità apporterà enormi benefici sia ai cittadini, in particolare i lavoratori transfrontalieri, sia alle imprese e alla stessa pubblica amministrazione degli Stati membri.

3.11.

Tuttavia, affinché tali vantaggi siano realmente efficaci, come riconosce la Commissione, non è sufficiente stabilire norme tecniche che rendano possibile l’interconnessione dei servizi. Sono necessari investimenti pubblici nazionali adeguati a tutti i livelli.

3.12.

È necessario un coordinamento sia a livello legislativo che a livello delle reti di servizi settoriali, al fine di evitare da un lato che i risultati ottenuti dall’interoperabilità siano vanificati da inutili oneri burocratici, dall’altro che si verifichi una ripetizione nella fornitura degli stessi dati da parte di cittadini o imprese a vari servizi pubblici, con conseguente duplicazione delle procedure e costi superflui.

3.13.

D’altro canto, non dovrebbero esserci ostacoli a livello nazionale ai servizi pubblici digitali che ne rendono impossibile l’utilizzo transfrontaliero, per quanto riguarda sia la connettività e l’interoperabilità, sia i cittadini e le imprese di altri Stati membri o altri servizi pubblici appartenenti ad altri Stati membri (13).

3.14.

Il CESE dà atto con compiacimento che la digitalizzazione dei servizi pubblici ha conosciuto uno sviluppo considerevole durante la pandemia e i lock-down.

3.15.

In quest’ottica, accoglie con favore il fatto che la comunicazione in esame miri a realizzare una linea coerente tra tutte le politiche in materia di interoperabilità, a livello sia delle politiche nazionali che delle politiche settoriali europee, che sarà conseguita incoraggiando l’uso di modelli comuni e condividendo le specifiche tecniche e altri tipi di soluzioni condivisibili.

3.16.

Per le stesse ragioni, il CESE sostiene il principio del riutilizzo e della trasmissione di elementi e dati da parte dei vari servizi pubblici, a livello sia europeo che nazionale.

3.17.

Il CESE esprime inoltre preoccupazione riguardo all’uso delle lingue per quanto riguarda l’interoperabilità dei servizi pubblici. Il regime linguistico non dovrebbe costituire un ostacolo burocratico, ed è necessario garantire che la condivisione di dati e informazioni avvenga in una lingua che sia comprensibile per tutti.

3.18.

Il CESE sostiene la creazione e l’istituzionalizzazione di un modello di governance per questa politica, costituito da due organi fondamentali, ossia il comitato per un’Europa interoperabile, presieduto dalla Commissione e composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri, da un rappresentante del Comitato delle regioni e da un rappresentante del Comitato economico e sociale europeo, e dalla comunità per un’Europa interoperabile, cui partecipano elementi della società civile e del settore privato (14)(15).

3.19.

Il CESE ritiene importante coinvolgere la società civile, in particolare le parti sociali, nella definizione delle politiche in materia di interoperabilità, non solo perché i cittadini e le imprese sono i destinatari ultimi di tale politica, ma anche perché la società civile può contribuire a tale politica con nuove soluzioni tecnologiche, che non sarebbero realizzabili attraverso il settore pubblico.

3.20.

Il CESE ritiene che la partecipazione della società civile dovrebbe avvenire a vari livelli, e che la Commissione dovrebbe incoraggiare e incentivare gli Stati membri a promuovere tale coinvolgimento a diversi livelli: nazionale, regionale e locale.

3.21.

Il CESE accoglie con favore la creazione, da parte della Commissione, di un punto di accesso unico, con l’obiettivo di concentrare e centralizzare tutte le conoscenze e le soluzioni relative all’interoperabilità, che possano essere fornite da soggetti sia pubblici che privati.

3.22.

Al pari della Commissione, il CESE ritiene che i servizi pubblici dell’UE dovrebbero ridurre la loro dipendenza dalle infrastrutture digitali fornite da paesi terzi, che mette a repentaglio la sovranità digitale europea.

3.23.

A tal fine, sottolinea il punto di vista della Commissione secondo il quale dovrebbero essere utilizzati sistemi aperti, preferibilmente in open source, il che consente la condivisione di soluzioni tra i programmatori.

3.24.

A questo proposito, il CESE si rallegra che la comunicazione in esame preveda e incentivi l’ideazione di soluzioni sperimentali che consentano la realizzazione di partenariati tra — da un lato — il settore pubblico e — dall’altro — le imprese tecnologiche innovative e quelle in fase di avviamento (start-up), allo scopo di progettare soluzioni sperimentali innovative che, dopo una fase di sperimentazione riuscita, potranno essere applicate dai servizi pubblici e condivise tra loro.

3.25.

Il CESE ritiene importante che, nei futuri programmi di finanziamento dei progetti per l’interoperabilità dei servizi pubblici, la concessione dei finanziamenti sia subordinata all’adozione dei principi e delle strutture raccomandati dal quadro europeo di interoperabilità.

3.26.

Sarà un modo efficace per obbligare i servizi pubblici, su base volontaria, ad adottare norme comuni in materia di interoperabilità.

3.27.

Il CESE è sorpreso dal fatto che, a differenza delle comunicazioni precedenti (16), la comunicazione in esame non menziona i vantaggi che possono derivare dall’interoperabilità dei sistemi pubblici europei nella lotta contro le frodi, che si tradurranno in un aumento dell’efficienza e delle entrate per gli Stati membri.

3.28.

A tale riguardo, il CESE sottolinea che l’interoperabilità dei sistemi dovrà essere accompagnata dall’uso dell’intelligenza artificiale, che potrà aiutare i servizi pubblici ad analizzare i dati e, d’altro canto, consentire la creazione di segnalazioni e avvisi da inviare a diversi servizi pubblici degli Stati membri.

3.29.

In conclusione, due note finali sulla transizione verde e sulla protezione dei dati:

3.29.1.

Uno degli obiettivi della comunicazione è quello di integrare la strategia per l’interoperabilità dei sistemi pubblici non solo nella strategia per la transizione digitale, ma anche nella strategia in materia di transizione verde.

3.29.2.

Il CESE sottolinea che alcune soluzioni informatiche, benché molto efficaci, possono essere ad alta intensità energetica.

3.29.3.

È il caso della tecnologia blockchain, che, sebbene sia altamente efficace in termini di sicurezza, ad esempio, dei dati sensibili, costituisce una delle principali fonti di consumo delle risorse energetiche.

3.29.4.

Il CESE accoglie con favore il modo in cui è stata realizzata, nell’ambito della comunicazione, la regolamentazione degli spazi di sperimentazione normativa a tale riguardo.

3.29.5.

Secondo il CESE, pur con tutte le salvaguardie del caso, la protezione dei dati non può diventare un ostacolo alla creazione di nuove soluzioni interoperabili da parte dei servizi pubblici o dei privati.

3.29.6.

D’altro canto, il CESE ritiene che l’accessibilità dei dati — da parte dei cittadini, delle imprese o di altri servizi pubblici — dovrà essere regolamentata in funzione di livelli di autorizzazione diversi, al fine di salvaguardare la riservatezza dei dati e di fornire solo quelli strettamente necessari.

3.29.7.

In tal modo si potrebbero evitare questioni come quelle recentemente sollevate relativamente all’accessibilità dei dati contenuti nel registro centrale dei titolari effettivi, che sono già state oggetto di una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  L’interoperabilità del settore pubblico è definita come ciò che «consente alle amministrazioni di cooperare e rendere i servizi pubblici operativi a livello transfrontaliero, intersettoriale e tra organizzazioni». Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa al rafforzamento della politica del settore pubblico in materia di interoperabilità — Collegare i servizi pubblici, sostenere le politiche pubbliche e garantire benefici pubblici — Verso un’«Europa interoperabile»

(2)  Con la decisione n. 1719/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la Commissione ha avviato un’iniziativa sull’interoperabilità dei servizi pubblici che consisteva in una serie di orientamenti comprendenti l’individuazione di progetti di interesse comune in materia di reti transeuropee ai fini dello scambio elettronico di dati tra amministrazioni.

(3)  Nella creazione di un mercato interno digitale è diventato impellente non solo eliminare gli ostacoli alla sua esistenza, ma anche creare meccanismi che ne impediscano la creazione di nuovi.

(4)  Secondo i dati pubblicati da Eurostat per il 2022, il settore pubblico rappresenta il 53,1 % del PIL europeo, Government finance statistics — Statistics Explained (europa.eu).

(5)  Cfr. ad esempio i comunicati finali delle riunioni interministeriali di Tallinn (2017), Berlino (2020), Lisbona (2021) e Strasburgo (2022).

(6)  Nel 2010 la Commissione ha presentato la comunicazione sul tema Verso l'interoperabilità dei servizi pubblici europei (COM(2010) 744 final) in merito alla quale il CESE ha elaborato il parere TEN/448-449. I risultati a cui la comunicazione puntava sono stati ottenuti con il programma sulle soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee (ISA), istituito con decisione n. 922/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. A questo programma è prima subentrato il programma ISA2, istituito con la decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento europeo e del Consiglio, e poi il programma Europa digitale, creato dal regolamento (UE) 2021/694 del Parlamento europeo e del Consiglio.

(7)  Nella proposta di regolamento in esame la Commissione riconosce che l’approccio volontaristico finora seguito non è sufficiente per conseguire gli obiettivi proposti in materia di interoperabilità.

(8)  Cfr. la relazione introduttiva della proposta di regolamento in esame, nonché la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa al rafforzamento della politica del settore pubblico in materia di interoperabilità — Collegare i servizi pubblici, sostenere le politiche pubbliche e garantire benefici pubblici — Verso un’«Europa interoperabile».

(9)  Già nel parere TEN/635 sul tema Quadro europeo di interoperabilità — Strategia di attuazione, il CESE ha sottolineato l’importanza dell’interoperabilità per il completamento del mercato unico digitale (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 176).

(10)  Cfr. il parere del CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il piano d’azione europeo per l’eGovernment 2011-2015 — Valorizzare le TIC per promuovere un’amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa e alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Verso l’interoperabilità dei servizi pubblici europei (GU C 376 del 22.12.2011, pag. 92).

(11)  Si tratta di una preoccupazione costante nei pareri del CESE (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 176).

(12)  Nei suoi pareri precedenti il CESE ha espresso il proprio sostegno a tutti i progetti dell’Unione europea volti a conseguire gli obiettivi della transizione digitale dell’Unione europea (GU C 365 del 23.9.2022, pag. 13).

(13)  Un tema che potrebbe trasformarsi in un ostacolo all’interoperabilità transfrontaliera dei servizi pubblici è costituito dalle disposizioni in materia di dati personali.

(14)  Al comitato per un’Europa interoperabile sono affidati compiti di elaborazione di misure, sostegno, consulenza e monitoraggio relativi alle politiche europee in materia di interoperabilità, mentre la comunità per un’Europa interoperabile riunirà elementi della società civile incaricati di assistere il comitato nella ricerca e nella definizione di nuove soluzioni che esso potrebbe proporre.

(15)  L’opzione adottata dalla Commissione è in linea con le raccomandazioni formulate dal CESE nei suoi precedenti pareri (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 176).

(16)  Cfr. l’allegato alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato europeo delle regioni — Quadro europeo di interoperabilità: strategia di attuazione.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza

[COM(2022)702 final — 2022/0408 (COD)]

(2023/C 184/06)

Relatrice:

Sandra PARTHIE

Correlatore:

Philip VON BROCKDORFF

Consultazione

Parlamento europeo, 26.1.2023

Consiglio dell’Unione europea, 30.1.2023

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

10.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

207/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe aiutare le imprese economicamente sostenibili a rimanere operative, evitandone la liquidazione prematura. L’obiettivo dovrebbe essere quello di trovare un equilibrio tra l’insolvenza prematura e l’avvio tardivo delle procedure. La trasparenza dei procedimenti e la facilità di accesso alle informazioni sulla performance aziendale sono fattori chiave in questo contesto. Inoltre, un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe anche scoraggiare i prestatori dall’emettere prestiti ad alto rischio, e i dirigenti e gli azionisti dal ricorrere a tali prestiti e dall’adottare altre decisioni finanziarie incaute (1).

1.2.

Il CESE ritiene che le riforme in materia di insolvenza volte a incoraggiare la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione interna contribuiscano a preservare i posti di lavoro, riducendo nel contempo sia i tassi di fallimento delle piccole e medie imprese, sia la liquidazione di imprese redditizie. Tuttavia, il CESE apprezzerebbe la presentazione di proposte volte ad affrontare la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche.

1.3.

Il CESE dubita che la proposta, presentata come un importante passo avanti per colmare le lacune rilevanti per il miglioramento dell’Unione dei mercati dei capitali dell’UE, possa effettivamente soddisfare tale aspettativa. La proposta non fornisce una definizione armonizzata dei motivi di insolvenza e del grado dei crediti, entrambi fondamentali per conseguire una maggiore efficienza e limitare l’attuale frammentazione delle norme nazionali in materia di insolvenza.

1.4.

Il CESE sollecita la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a rivedere la proposta, di cui all’articolo 27, di obbligare le controparti, ad esempio i fornitori di un’impresa che sta avviando una procedura di insolvenza, a firmare contratti ineseguiti (contratti in base ai quali le parti hanno ancora obblighi di esecuzione) che vengono poi assegnati all’acquirente dell’impresa senza il consenso della controparte. Ciò, infatti, vincola artificialmente le controparti a un partner contrattuale che non hanno mai scelto né esaminato e limita la loro libertà imprenditoriale. Limitare i diritti contrattuali di risoluzione del contratto in caso di insolvenza avrà per effetto di rendere i fornitori essenziali meno disposti a erogare credito, in particolare nel caso delle MPMI che versano in condizioni finanziarie difficili.

1.5.

Ciò premesso, il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta introduca una procedura speciale per facilitare e accelerare la liquidazione delle microimprese, consentendo loro di avviare una procedura di insolvenza più efficiente sotto il profilo dei costi. Tali disposizioni sostengono inoltre la liquidazione ordinata delle microimprese «prive di attivi» (asset-less) e affrontano il rifiuto di alcuni Stati membri di accedere alle procedure di insolvenza se il valore di recupero previsto è inferiore ai costi giudiziari. Il CESE sottolinea che ciò riguarda circa il 90 % delle insolvenze nell’UE e ritiene pertanto che tale procedura sia molto significativa.

1.6.

Pur approvando detta procedura speciale, il CESE avverte che l’obbligo per i tribunali nazionali di svolgere questi compiti può portare a un sovraccarico dei sistemi giudiziari nazionali se questi vengono incaricati di valutare se una microimpresa è effettivamente insolvente e di condurre le lunghe procedure necessarie, inclusi il realizzo dei beni e la ripartizione del ricavato. Il Comitato raccomanda pertanto di ricorrere ad altri attori competenti, come i curatori fallimentari, per contribuire a ridurre il carico di lavoro del sistema giudiziario (2).

1.7.

Infine, il CESE desidera sottolineare che procedure di insolvenza inefficienti possono determinare livelli più elevati di crediti deteriorati, il che mette a rischio la stabilità finanziaria e ha anche un’incidenza sul credito, sull’inflazione e sul PIL reale. Il CESE ritiene che regimi efficienti in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori siano uno degli strumenti complementari di cui dispongono i responsabili delle politiche per contenere l’incremento dei crediti deteriorati poiché aumentano le probabilità di rimborso dei prestiti e adeguano più rapidamente i livelli di tali crediti.

2.   Sintesi della proposta della Commissione

2.1.

L’obiettivo della proposta è ridurre le differenze tra i diversi diritti fallimentari a livello nazionale e, quindi, affrontare la questione dei quadri in materia di insolvenza potenzialmente inefficienti negli Stati membri in cui tali differenze sussistono, aumentando la trasparenza delle procedure di insolvenza in generale e riducendo gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali. Armonizzando gli aspetti mirati delle normative in materia di insolvenza, la proposta mira, in particolare, a ridurre i costi di informazione e apprendimento per gli investitori transfrontalieri. Si auspica una maggiore uniformità delle leggi in materia di insolvenza, ampliando così la scelta dei finanziamenti disponibili per le imprese in tutta l’Unione.

2.2.

L’attuale proposta mira a colmare alcune lacune nella precedente normativa dell’UE in materia di insolvenza, vale a dire la direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e il regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), in particolare per quanto riguarda il recupero dei beni dalla massa fallimentare liquidata, l’efficienza delle procedure e la distribuzione prevedibile ed equa del valore recuperato tra i creditori. Ciò comprende questioni relative alle azioni revocatorie, al rintracciamento dei beni, ai doveri e alla responsabilità degli amministratori, alla vendita di una società in quanto continuità aziendale attraverso le «procedure di pre-pack», all’attivazione dell’insolvenza, a un regime speciale di insolvenza per le microimprese e le piccole imprese, al grado dei crediti e ai comitati di creditori.

2.3.

È stato osservato che tra le norme nazionali vigenti in materia di insolvenza negli Stati membri vi sono notevoli differenze nel periodo di tempo necessario per liquidare una società e nel valore che può essere recuperato al termine della procedura. In alcuni Stati membri ciò comporta lunghe procedure di insolvenza e un basso valore medio di recupero nei casi di liquidazione. Secondo la Commissione europea, ciò costituisce un ostacolo per l’Unione dei mercati dei capitali e per gli investimenti transfrontalieri all’interno dell’UE.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di aumentare la trasparenza e la disponibilità di informazioni sulle norme e sulle procedure di insolvenza transfrontaliere. Ritiene tuttavia che detta proposta costituisca solo un primo passo verso la convergenza tra i regimi di insolvenza vigenti negli Stati membri dell’UE. Il CESE apprezzerebbe inoltre la presentazione di proposte volte ad affrontare la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche.

3.2.

Il CESE sottolinea che un regime di insolvenza adeguatamente concepito dovrebbe aiutare le imprese economicamente sostenibili a rimanere operative, evitandone la liquidazione prematura. Dovrebbe inoltre scoraggiare i prestatori dall’emettere prestiti ad alto rischio e i dirigenti e gli azionisti dal ricorrere a tali prestiti e dall’adottare altre decisioni finanziarie incaute (5). Un’impresa che subisce le conseguenze di una recessione economica temporanea o di una decisione sbagliata può comunque essere salvata se la situazione economica migliora o se l’impresa stessa adotta misure correttive. Quando ciò avviene, tutti i portatori di interessi ne traggono beneficio. I creditori possono recuperare una parte maggiore dei loro investimenti, un maggior numero di lavoratori mantiene i propri posti di lavoro e la rete di fornitori e clienti è preservata.

3.3.

In tale contesto, il CESE richiama l’attenzione su studi che dimostrano che riforme efficaci dei diritti dei creditori sono associate a minori costi del credito, a un maggiore accesso al credito, a un migliore recupero per i creditori e a un più efficace mantenimento dei posti di lavoro (6). Dovrebbero essere rafforzati anche i diritti di partecipazione di un comitato di creditori con l’eventuale coinvolgimento di un rappresentante dei lavoratori. Se, al termine della procedura di insolvenza, i creditori sono in grado di recuperare la maggior parte dei loro investimenti, possono continuare a reinvestire nelle imprese e a migliorare l’accesso di queste al credito. Analogamente, se un regime fallimentare rispetta la priorità assoluta dei crediti, i creditori garantiti possono continuare a erogare prestiti e viene preservata la fiducia nel sistema fallimentare (7).

3.4.

Il CESE ritiene che le riforme in materia di insolvenza che mirano a incoraggiare la ristrutturazione del debito e la riorganizzazione interna contribuiscano al mantenimento dei posti di lavoro e riducano sia i tassi di fallimento delle piccole e medie imprese sia la liquidazione di imprese redditizie.

3.5.

Le notevoli disparità tra le legislazioni nazionali in materia di insolvenza sono spesso citate come ostacoli agli investimenti transfrontalieri, così come le normative fiscali. Il CESE ritiene che un maggior grado di convergenza delle norme in materia di insolvenza contribuirebbe a migliorare il funzionamento dei mercati dei capitali, facilitando in tal modo gli investimenti in tutta l’UE. Tuttavia, la proposta non prevede un’armonizzazione di elementi essenziali del diritto in materia di insolvenza come, ad esempio, una definizione armonizzata dei motivi di insolvenza e del grado dei crediti, entrambi fondamentali per conseguire una maggiore efficienza e limitare l’attuale frammentazione delle norme nazionali in materia di insolvenza. Queste lacune della proposta non sembrano favorire il conseguimento dell’obiettivo, tanto necessario quanto ambizioso, di un’unione dei mercati dei capitali (UMC).

3.6.

Il CESE sottolinea tuttavia il suo fermo sostegno a favore di un mercato dei capitali più aperto a livello dell’UE, che offra alle imprese una gamma più ampia di accesso agli investimenti, e prende atto delle conclusioni della Commissione e della Banca mondiale (8) secondo cui un aumento del tasso di recupero dei beni nel contesto di una maggiore efficacia in materia di insolvenza e di diritti dei creditori (Insolvency and Creditor Rights — ICR) amplia l’accesso al credito per le imprese europee.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE constata che le procedure di insolvenza differiscono notevolmente da uno Stato membro all’altro, con una normativa nazionale che privilegia il «debitore non spossessato», o un approccio basato sui «diritti del creditore» oppure l’impiego e la legislazione in materia di lavoro. Ciò porta a preferenze diverse per quanto riguarda la liquidazione delle società, il grado dei crediti da parte dei creditori e i ruoli degli amministratori delle società, dei curatori fallimentari e dei tribunali. Allo stesso modo, nella definizione delle politiche, occorre tenere conto delle differenze tra azionisti e detentori di titoli di debito: mentre i primi rispondono per lo più agli strumenti di prevenzione e razionalizzazione, i detentori del debito rispondono maggiormente alla disponibilità di strumenti di ristrutturazione. Il CESE ritiene che le proposte della Commissione rappresentino un primo passo verso la convergenza in tutta l’UE, ma che non prevedano ancora un’armonizzazione efficace e non affrontino la questione tuttora in sospeso dell’insolvenza delle persone fisiche.

4.2.

Il CESE condivide l’opinione della Commissione europea, secondo la quale le leggi nazionali in materia di insolvenza costituiscono un aspetto fondamentale tenuto in considerazione dagli investitori stranieri. Tuttavia, il CESE sottolinea che l’importo delle insolvenze con una concessione transfrontaliera di crediti non supera il 20 % di tutti i casi e che i dati relativi ai paesi del G20 mostrano che un efficace sistema di diritti legali aumenta il livello degli investimenti esteri diretti (IED) solo dal 2 al 3 % del PIL. Inoltre, una parte significativa degli IED è dovuta a fusioni e acquisizioni di società esistenti piuttosto che a investimenti in nuove imprese.

4.3.

Il CESE mette quindi in guardia dal nutrire aspettative eccessive nell’impatto sugli investimenti derivante dalla convergenza del diritto fallimentare. Ciò detto, il CESE riconosce che il fatto che siano disponibili un quadro efficace in materia di diritti legali dei creditori e una maggiore trasparenza per tutti i potenziali investitori in merito alle normative in materia di insolvenza e la parità di informazioni sulla situazione giuridica può avere effetti positivi sugli investimenti esteri. La certezza delle norme relative ai diritti dei creditori e dei debitori e una maggiore armonizzazione delle procedure di rimozione delle garanzie in tutti gli Stati membri porterebbero altresì a una riduzione dei rischi e darebbero ulteriore impulso agli investimenti transfrontalieri e agli scambi commerciali interni.

4.4.

Inoltre, il CESE ritiene che sia molto importante fornire agli investitori informazioni e trasparenza sulle questioni relative alle azioni revocatorie, al rintracciamento dei beni, ai doveri e alla responsabilità degli amministratori, alla vendita di una società in quanto continuità aziendale attraverso le «procedure di pre-pack», all’attivazione dell’insolvenza, a un regime speciale di insolvenza per le microimprese e le piccole imprese, al grado dei crediti e ai comitati di creditori.

4.5.

Il CESE accoglie inoltre con favore il fatto che la proposta introduca una procedura speciale per facilitare e accelerare la liquidazione delle microimprese, consentendo loro di avviare una procedura di insolvenza più efficiente sotto il profilo dei costi. Tali disposizioni sostengono inoltre la liquidazione ordinata delle microimprese «prive di attivi» (asset-less) e affrontano il rifiuto di alcuni Stati membri di accedere alle procedure di insolvenza se il valore di recupero previsto è inferiore ai costi giudiziari. Il CESE sottolinea che ciò riguarda circa il 90 % delle insolvenze nell’UE e ritiene pertanto che tale procedura sia molto significativa.

4.6.

Tuttavia, pur approvando detta procedura speciale, il CESE avverte che l’obbligo per i tribunali nazionali di svolgere questi compiti, in linea con l’articolo 12 e seguenti della direttiva, può portare a un sovraccarico dei sistemi giudiziari nazionali se questi vengono incaricati di valutare se una microimpresa è effettivamente insolvente e di condurre le lunghe procedure necessarie. A nostro avviso, ciò vanificherebbe in parte lo scopo della normativa proposta. In precedenti pareri (9), il CESE aveva affermato che il ricorso sistematico ai tribunali avrebbe potuto non essere l’opzione preferita e aveva raccomandato di prendere in considerazione la possibilità di istituire nuovi organismi che si sarebbero assunti tale compito. L’effettivo coinvolgimento di curatori fallimentari indipendenti si è rivelato vantaggioso soprattutto per i microimprenditori dall’organizzazione carente nell’ambito di procedure di liquidazione semplificate, e il CESE ritiene che si debba prendere attivamente in considerazione la partecipazione di curatori fallimentari (10).

4.7.

Il CESE raccomanda inoltre che i curatori fallimentari, in caso di interessi legittimi, abbiano un accesso diretto e rapido ai registri nazionali dei beni, indipendentemente dallo Stato membro in cui sono stati nominati. Il CESE sottolinea inoltre che tali registri non sono ancora stati istituiti in tutti gli Stati membri ed esorta le autorità competenti a porre rapidamente rimedio a tale situazione.

4.8.

Ai fini dell’efficienza, il CESE accoglie con favore la proposta di «procedure di pre-pack» in cui la vendita dell’impresa del debitore (o di parte di essa) è preparata e negoziata prima dell’apertura formale della procedura di insolvenza. Ciò consente di eseguire la vendita e di ottenere i proventi subito dopo l’apertura della procedura formale di insolvenza intesa a liquidare una società. Il CESE mette tuttavia in guardia contro la proposta, di cui all’articolo 27, di obbligare le controparti, ad esempio i fornitori di un’impresa che sta avviando una procedura di insolvenza, a firmare contratti ineseguiti (contratti in base ai quali le parti hanno ancora obblighi di esecuzione) che vengono poi assegnati all’acquirente dell’impresa senza il consenso della controparte. Ciò, infatti, vincola artificialmente le controparti a un partner contrattuale che non hanno mai scelto né esaminato e limita la loro libertà imprenditoriale. Questo vale in particolare per i lavoratori, la cui libertà professionale non deve essere violata da un cambiamento forzato del datore di lavoro. Il CESE esorta pertanto la Commissione, il Parlamento e il Consiglio a rivedere tale proposta. Inoltre, il possibile coinvolgimento e controllo da parte di un comitato di creditori dovrebbero essere rafforzati anche nelle «procedure di pre-pack».

4.9.

Il CESE sottolinea inoltre che la direttiva non affronta, di fatto, la questione della convergenza del grado dei crediti e non fornisce una definizione dei motivi di insolvenza. Dato che si tratta di elementi che costituiscono un requisito fondamentale per arrivare a procedure di insolvenza armonizzate, il CESE deplora vivamente che la Commissione non abbia approfondito questi aspetti.

4.10.

Analogamente, la proposta non tiene sufficientemente conto dei fattori di attivazione dell’insolvenza, nonostante le affermazioni contrarie contenute nella comunicazione sulla direttiva. Nella proposta si afferma che i due criteri di attivazione abituali negli Stati membri per l’apertura di una procedura ordinaria di insolvenza sono la prova della cessazione dei pagamenti e la prova del bilancio.

4.11.

Al fine di semplificare le procedure di insolvenza, obiettivo che il CESE sostiene in linea di principio, la direttiva propone che l’impossibilità di pagare i debiti giunti a scadenza sia il criterio per l’apertura di una procedura di liquidazione semplificata. Anziché fornire orientamenti su come definire le condizioni specifiche in base alle quali tale criterio è soddisfatto, la proposta invita gli Stati membri a definire essi stessi questo punto e rinuncia così alla possibilità di garantire la coerenza in tutta l’UE.

4.12.

Il CESE osserva altresì che le banche sono generalmente i principali intermediari finanziari e sono fondamentali per la stabilità del sistema finanziario. I crediti deteriorati erodono la redditività e possono mettere a rischio la solvibilità delle banche. I regimi in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori sono uno degli strumenti complementari di cui dispongono i responsabili delle politiche per contenere la crescita dei crediti deteriorati e contribuire a risolverli quando raggiungono livelli problematici. L’analisi a livello di impresa mostra che le riforme dei regimi di insolvenza che riducono gli ostacoli alla ristrutturazione delle imprese e i costi del personale associati al fallimento imprenditoriale possono ridurre la quota di capitale irrecuperabile nelle cosiddette imprese «zombie». Tali guadagni sono in parte realizzati mediante la ristrutturazione di imprese deboli, il che a sua volta stimola la riallocazione del capitale a favore di imprese più produttive.

4.13.

Infine, il CESE raccomanda alla Commissione di pubblicare periodicamente delle statistiche relative ai casi di insolvenza pertinenti disciplinati dal regolamento in esame, consentendo così di valutare a intervalli regolari l’efficacia del sistema istituito.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.

(2)  Banca mondiale, Principles for effective Insolvency and Creditor/debtor Regimes [Principi di regimi efficaci in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori], edizione riveduta 2021, principi c6.1 e c19.6.

(3)  Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza) (GU L 172 del 26.6.2019, pag. 18).

(4)  Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 19).

(5)  Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.

(6)  Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.

(7)  Banca mondiale, Rispondere all'insolvenza, consultato il 3 gennaio 2023.

(8)  How Insolvency and Creditor-Debtor Regimes Can Help Address Nonperforming Loans — EFI Note-Finance [In che modo i regimi in materia di insolvenza e i diritti dei creditori/debitori possono contribuire a risolvere il problema dei crediti deteriorati — Note su crescita sostenibile, finanza e istituzioni]. Washington, DC: Banca mondiale.

(9)  Cfr. anche il parere del CESE sul tema Insolvenza delle imprese (GU C 209 del 30.6.2017, pag. 21).

(10)  Banca mondiale, Principles for effective Insolvency and Creditor/debtor Regimes [Principi di regimi efficaci in materia di insolvenza e di diritti dei creditori/debitori], edizione riveduta 2021, principi c6.1 e c19.6.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/39


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio su disegni e modelli comunitari e abroga il regolamento (CE) n. 2246/2002 della Commissione

[COM(2022) 666 final — 2022/0391 (COD)]

e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica dei disegni e modelli (rifusione)

[COM(2022) 667 final — 2022/0392 (COD)]

(2023/C 184/07)

Relatore:

Ferre WYCKMANS

Consultazione

a)

Consiglio, 21.12.2022

b)

Parlamento europeo, 12/12/2022

Consiglio, 21.12.2022

Base giuridica

a)

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

b)

Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

148/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che un efficace sistema di protezione dei disegni e dei modelli sia favorevole ai consumatori e ai cittadini, in quanto favorisce una concorrenza e pratiche commerciali leali. Contribuisce inoltre allo sviluppo economico stimolando la creatività nell’industria, nella produzione, nelle attività commerciali e nelle esportazioni.

1.2.

Nella maggior parte degli Stati membri, per essere protetto dalla legge il disegno o modello deve essere depositato presso un ufficio nazionale della proprietà industriale. A seconda della legislazione nazionale considerata e del tipo di disegno o modello, quest’ultimo può anche essere protetto dal diritto d’autore in quanto disegno o modello non depositato oppure come opera d’arte. In alcuni Stati membri la protezione dei disegni e dei modelli industriali e la protezione del diritto d’autore si sovrappongono, in altri si escludono a vicenda. In talune circostanze, un disegno o modello può beneficiare anche della protezione ai sensi del diritto in materia di concorrenza sleale, ma le condizioni di protezione e la portata dei diritti e dei mezzi di ricorso esistenti possono variare sensibilmente.

1.3.

Il CESE ritiene essenziale adeguare il quadro giuridico riguardante i disegni e modelli all’era digitale al fine di favorire la ripresa e la resilienza dell’UE e promuovere l’innovazione e la competitività. Concorda con la nuova definizione di disegno o modello contenuta nella proposta di direttiva, che diventa ancor più pertinente alla luce del progresso tecnologico, e che estende nel contempo il concetto di prodotto ai disegni e modelli tecnologici che non sono incorporati in oggetti fisici.

1.4.

Il CESE sostiene inoltre la limitazione della protezione alle caratteristiche dell’aspetto che figurano in modo visibile nella domanda di registrazione, in quanto rafforza la certezza giuridica della protezione.

1.5.

Il CESE si rallegra del fatto che la proposta di regolamento adotti la soluzione proposta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Acacia del 20 dicembre 2017 (1), nella quale ha chiarito l’interpretazione da dare alla nozione di «clausola di riparazione», soprattutto in quanto tale soluzione migliora la tutela dei consumatori.

1.6.

D’altro canto, il CESE non crede che la fusione della tassa di pubblicazione con la tassa di registrazione ridurrà il costo totale delle tasse da pagare, in quanto il costo dei rinnovi, secondo la proposta, aumenterà drasticamente. Questa misura non sembra pertanto essere così favorevole alle PMI e ai singoli autori come sostiene la Commissione. Il CESE auspica che siano previsti importi inferiori per le PMI e i singoli autori, eventualmente in proporzione al loro fatturato.

1.7.

Secondo il CESE, la semplificazione derivante dall’abolizione della regola dell’«unità di classe» è necessaria ma non sufficiente, in quanto sussiste ancora la necessità di migliorare l’ergonomia dei sistemi di deposito di disegni e modelli offerti sui siti web degli uffici nazionali della proprietà industriale e dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO, in prosieguo: «l’Ufficio»). Per affrontare questa sfida, gli uffici potrebbero rivolgersi alla professione dei consulenti in materia di proprietà industriale, permettendo così alle PMI e ai singoli autori di proteggere più facilmente i loro disegni e modelli.

1.8.

Il CESE ritiene che non sia opportuno ricorrere all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) per stabilire le norme relative alle controversie e ai ricorsi contro le decisioni dell’Ufficio, in quanto un atto delegato è destinato unicamente a integrare l’atto di base e deve riguardare solo elementi non essenziali. Le disposizioni che la proposta di regolamento prevede di far adottare mediante atti delegati riguardano invece i diritti sanciti dal titolo VI della Carta dei diritti fondamentali relativamente alla giustizia, in particolare l’articolo 47 sul diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, e quindi non possono essere considerate elementi non essenziali.

1.9.

Il CESE raccomanda che tali disposizioni siano definite dal regolamento stesso.

2.   Contesto

2.1.

Nel diritto positivo, la direttiva n. 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) (in prosieguo: la «direttiva») armonizza parzialmente le legislazioni nazionali in materia di protezione giuridica dei disegni e modelli e il regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio (3) (in prosieguo: il «regolamento») istituisce un sistema autonomo per la protezione dei diritti unitari in tutta l’Unione europea per i disegni e modelli dell’UE depositati e per i disegni e modelli dell’UE non depositati, a condizione che questi ultimi soddisfino le condizioni della protezione, vale a dire che siano nuovi e presentino un carattere individuale. In assenza di deposito, il titolare può avere difficoltà a dimostrare l’esistenza di un diritto al disegno o modello. Inoltre, la durata della protezione è limitata a tre anni e la portata dei diritti conferiti è inferiore.

2.2.

Il regolamento è stato modificato nel 2006 per dare attuazione all’adesione dell’UE al sistema internazionale di deposito dell’Aia, il cui obiettivo era istituire una procedura unica, semplice, poco costosa e centralizzata di deposito dei disegni e modelli presso l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI).

2.3.

Il regolamento esclude i pezzi di ricambio dalla protezione dei disegni e modelli dell’UE in quanto non è stato possibile raggiungere un accordo al riguardo in fase di elaborazione della direttiva. In assenza di sostegno da parte del Consiglio, nel 2014 la Commissione ha ritirato la sua proposta di revisione della direttiva.

2.4.

La proposta in esame fa seguito a tale fallimento e deriva dalla comunicazione della Commissione del 25 novembre 2020 dal titolo Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell’UE — Piano d’azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell’UE, pubblicata a seguito della riforma della normativa dei marchi. La sua ambizione è quella di essere più adatta all’era digitale, più accessibile ed efficiente per i singoli autori, le PMI e le industrie, meno costosa e complicata, e di aumentare la certezza giuridica del sistema di protezione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Un disegno o modello industriale consiste nell’aspetto ornamentale di un oggetto, che può essere tridimensionale o bidimensionale. Un disegno o modello riuscito riesce a conciliare in modo armonioso la funzione e la forma. Che si tratti di tavoli o di telefoni, il disegno o modello rende l’oggetto attraente o lo fa preferire a un altro.

3.2.

Un disegno o modello industriale si applica a vari prodotti dell’industria e dell’artigianato, quali strumenti tecnici o medici, orologi, gioielli, articoli di lusso, oggetti per la casa, elettrodomestici, veicoli, strutture architettoniche, prodotti del settore tessile, articoli per il tempo libero ecc.

3.3.

Conferendo all’oggetto la sua attrattiva e il suo potere di seduzione, il disegno o modello industriale aumenta il valore di mercato del prodotto. La protezione di un disegno o modello contribuisce pertanto a garantire la redditività di un investimento.

3.3.1.

Il CESE ritiene che un efficace sistema di protezione sia pertanto vantaggioso per i consumatori e per i cittadini, in quanto favorisce una concorrenza e pratiche commerciali leali.

3.3.2.

Promuove inoltre lo sviluppo economico stimolando la creatività nell’industria e nella produzione industriale, nonché lo sviluppo delle attività commerciali e delle esportazioni.

3.4.

Nella maggior parte degli Stati membri, per essere protetto dalla legge il disegno o modello deve essere depositato presso un ufficio nazionale della proprietà industriale. A seconda della legislazione nazionale considerata e del tipo di disegno o modello, quest’ultimo può anche essere protetto dal diritto d’autore in quanto disegno o modello non depositato oppure come opera d’arte.

3.5.

In alcuni Stati membri la protezione dei disegni e dei modelli industriali e la protezione del diritto d’autore si sovrappongono, mentre in altri si escludono a vicenda. Un disegno o modello può beneficiare anche della protezione ai sensi del diritto in materia di concorrenza sleale, ma le condizioni di protezione e la portata dei diritti e dei mezzi di ricorso esistenti possono variare.

3.6.

Alla luce degli obiettivi dell’UE di favorire la ripresa e la resilienza e di promuovere l’innovazione e la competitività, il CESE ritiene essenziale adeguare il quadro giuridico riguardante i disegni e modelli all’era digitale. Concorda con la nuova definizione proposta, che considera pertinente alla luce del progresso tecnologico, e che estende nel contempo il concetto di prodotto ai disegni e modelli tecnologici che non sono incorporati in oggetti fisici.

3.7.

Il CESE sostiene altresì il rafforzamento della certezza del diritto derivante dalla limitazione della protezione alle caratteristiche dell’aspetto che figurano in modo visibile nella domanda di registrazione.

3.8.

Sostiene inoltre l’adeguamento della portata dei diritti conferiti dal deposito di un disegno o modello in modo da coprire i problemi connessi all’impiego delle tecnologie di stampa 3D, nonché l’aggiunta, come nel diritto dei marchi, del diritto dei titolari di disegni e modelli di impedire che le merci contraffatte passino attraverso il territorio dell’Unione o siano vincolate a un regime doganale senza essere immesse in libera pratica, al fine di combattere la contraffazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.    Clausola di riparazione e protezione dei consumatori

4.1.1.

La protezione dei pezzi staccati o pezzi di ricambio («componenti di un prodotto complesso») mediante il diritto in materia di disegni e modelli ha fatto molto discutere. Acquisita a seguito del regolamento, tale protezione è accompagnata da un’eccezione, nota come «clausola di riparazione», al fine di limitare il monopolio dei costruttori o dei fornitori (in particolare del settore automobilistico) sul mercato dei pezzi di ricambio (articolo 110). Detta «clausola di riparazione» prevede che il titolare di un disegno o modello relativo a un pezzo di ricambio non possa esercitare un monopolio o impedire a un terzo di immettere sul mercato pezzi di ricambio destinati a riparare un prodotto e a ripristinarne l’aspetto originario.

4.1.2.

Infatti, il produttore di un prodotto finito complesso (automobile, orologio, telefono cellulare ecc.) controlla spesso l’intera catena di produzione. È quindi probabile che realizzi un doppio profitto, non solo sul mercato della vendita del prodotto finito ma anche sul mercato della vendita dei pezzi di ricambio.

4.1.3.

L’economia comportamentale ha inoltre dimostrato che la maggior parte dei consumatori fa la propria scelta sulla base del prezzo di vendita del prodotto primario, senza interessarsi al prezzo dei servizi secondari. Essi sono quindi vincolati dal loro investimento iniziale e costretti a pagare un prezzo che non avrebbero necessariamente accettato in altre circostanze.

4.1.4.

Il CESE osserva che tale situazione rischia di creare problemi di diritto della concorrenza, in quanto il produttore/assemblatore originario con un diritto sui disegni e modelli gode di un notevole vantaggio competitivo che, in ultima analisi, può danneggiare il consumatore:

nei confronti dei clienti, in quanto gli consente di applicare prezzi elevati o vendite vincolate;

nei confronti dei riparatori, al fine di accaparrarsi il mercato o di imporre i propri termini e condizioni ai riparatori che accetta di rifornire;

nei confronti dei propri fornitori, in quanto potrebbe vietare loro di rifornire riparatori indipendenti o vietare ai fornitori indipendenti di copiare i loro pezzi di ricambio per rifornire il mercato delle riparazioni.

4.1.5.

Al fine di evitare la monopolizzazione dei mercati secondari, il legislatore dell’UE ha deciso di limitare i diritti che possono essere ottenuti sui pezzi di ricambio.

La prima limitazione è talvolta indicata come clausola delle «esatte forme e dimensioni» (must match) (articolo 8, paragrafo 2). L’aspetto esteriore di un prodotto necessario per il collegamento con un altro prodotto non può essere protetto.

La seconda limitazione riguarda la protezione delle parti non visibili.

4.1.6.

Una parte che non è visibile durante l’uso normale del prodotto non può essere protetta depositando un disegno o modello (articolo 4, paragrafo 2).

Si tratta ad esempio:

dei meccanismi di un orologio;

dell’interno della maggior parte dei motori per elettrodomestici;

del motore di un’autovettura (considerato non visibile durante l’uso normale del veicolo, anche se è facilmente visibile sollevando il cofano).

4.1.7.

I pezzi di ricambio che possono essere protetti sono quindi quelli che non prevedono alcun meccanismo di interconnessione e sono visibili. Ai sensi del regolamento è pertanto possibile proteggere un gran numero di parti. Ad esempio, per un’automobile si tratterà:

dei fari;

dei parafanghi;

del cofano e delle portiere (ma non delle cerniere);

del volante.

4.1.8.

Il prodotto che non è protetto dal deposito di un disegno o modello può quindi essere riprodotto da qualsiasi produttore concorrente di pezzi di ricambio e alimentare il mercato delle riparazioni.

4.1.9.

Tuttavia, l’applicazione di tali disposizioni ha sollevato una serie di interrogativi. Il CESE si rallegra pertanto del fatto che la proposta di regolamento tenga conto della soluzione proposta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Acacia del 20 dicembre 2017, nella quale ha chiarito l’interpretazione da dare alla nozione di «clausola di riparazione».

4.1.10.

Il CESE sottolinea che la Corte d’appello di Parigi ha applicato concretamente questa soluzione nella sentenza dell’11 settembre 2018 riguardante la causa n. 2017/01589, nel caso di cerchioni commercializzati su un sito di vendita online. La «clausola di riparazione» non aveva potuto essere validamente invocata dal venditore, in quanto tali cerchioni erano offerti «ai fini della personalizzazione estetica dei veicoli» e del tuning. I cerchioni in questione sono stati quindi dichiarati contraffatti e il venditore sanzionato per la contraffazione di disegni e modelli.

4.1.11.

Alcuni Stati membri hanno liberalizzato il mercato dei pezzi di ricambio. La legge francese sul clima e la resilienza n. 2021-1104 del 22 agosto 2021 liberalizza il mercato della vendita di alcuni pezzi di ricambio di automobili a decorrere dal 1o gennaio 2023.

4.1.12.

Tale misura punta a ridurre i prezzi in questo mercato, che tra il 2019 e il 2020 sono aumentati in media dell’8 %, in parte a causa dell’aumento della complessità tecnica delle varie parti, come i motori dei retrovisori elettrici, i sensori installati nei parabrezza ecc. Gli Stati più «liberali» per questo settore non dispongono di un’industria altamente sviluppata, con la significativa eccezione della Germania, paese di grandi costruttori di automobili, nel quale però il mercato è già più libero.

In Francia, a partire dal 1o gennaio 2023, i fornitori di componenti, a prescindere dal fatto che essi siano parti originali — vale a dire che siano stati montati sul veicolo nuovo — o che siano indipendenti, saranno in grado di commercializzare elementi in vetro. I fornitori di componenti che hanno partecipato alla prima installazione degli altri pezzi di ricambio visibili (elementi ottici, retrovisori ecc.) potranno quindi commercializzare i pezzi come i costruttori.

4.2.    Costo della protezione dei disegni e dei modelli

4.2.1.

L’EUIPO dispone di un sistema di deposito online di disegni e modelli che indica un costo attuale a partire da 350 EUR. Il CESE ricorda che un disegno o modello dell’UE depositato è valido per un periodo iniziale di cinque anni dalla data di deposito e che può essere rinnovato ogni cinque anni per un periodo massimo di 25 anni.

4.2.2.

Oltre ai costi di deposito, vi sono tre tipi di tasse:

il diritto di registrazione di 230 EUR, al quale può aggiungersi un diritto di registrazione supplementare di 115 EUR per 2-10 depositi supplementari, e di 50 EUR oltre i 10;

la tassa di pubblicazione di 120 EUR, che può essere aumentata di 60 EUR per 2-10 pubblicazioni supplementari e di 30 EUR oltre le 10;

la tassa per il differimento della pubblicazione di 40 EUR, che può essere aumentata di 20 EUR per 2-10 disegni o modelli e di 10 EUR oltre i 10.

4.2.3.

L’importo delle tasse da pagare dipende da due fattori:

se la domanda contiene uno o più disegni e modelli;

se la pubblicazione del disegno o modello sarà differita o no.

4.2.4.

La loro struttura corrisponde al seguente modello:

una tassa di base per un disegno o modello singolo o per il primo disegno o modello di una domanda multipla;

una tassa ridotta per ogni disegno o modello dal 2o al 10o;

una tassa ulteriormente ridotta per i disegni e modelli dall’11o in poi.

4.2.5.

Il regolamento proposto prevede una riduzione a 70 EUR del costo del primo rinnovo (dopo cinque anni) e un aumento a 140 EUR per il secondo rinnovo (dopo 10 anni), a 280 EUR per il terzo rinnovo (dopo 15 anni) e a 560 EUR per il quarto rinnovo (dopo 20 anni). L’importo delle tasse per i primi due rinnovi rimane invariato rispetto a quello attualmente dovuto, ossia 210 EUR in totale, ma le successive tasse di rinnovo aumentano drasticamente.

4.2.6.

La proposta non sembra essere così favorevole alle PMI e ai singoli autori come sostiene la Commissione. Il CESE auspica che siano previsti importi inferiori per le PMI e i singoli autori, eventualmente in proporzione al loro fatturato.

4.2.7.

Inoltre, il CESE non ritiene che la modifica della struttura delle commissioni che consiste nel fondere le tasse di pubblicazione e di registrazione ridurrà il costo totale delle stesse.

4.3.    Soppressione della regola dell’ « unità di classe »

4.3.1.

Anche se il deposito può riguardare più disegni o modelli, essi devono necessariamente essere destinati ad essere incorporati o applicati a prodotti appartenenti alla stessa «classe», in virtù della regola dell’«unità di classe». Tali classi sono organizzate in un elenco denominato «classificazione di Locarno».

4.3.2.

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’accordo di Locarno, tale classificazione «ha di per sé carattere esclusivamente amministrativo» e comprende:

un elenco delle classi e sottoclassi;

un elenco alfabetico dei prodotti che costituiscono disegni e modelli industriali, con l’indicazione delle classi e sottoclassi alle quali sono assegnati;

alcune note esplicative.

4.3.3.

L’abolizione della regola dell’«unità di classe» prevista nella proposta di regolamento, che consentirebbe alle imprese di presentare più domande di disegno o modello combinando più disegni e modelli in una stessa domanda multipla, senza doversi limitare ai prodotti appartenenti alla stessa classe Locarno, mira a incoraggiare le PMI e i singoli autori a depositare i loro disegni e modelli per proteggerli.

4.3.4.

Secondo il CESE, la semplificazione derivante dall’abolizione della regola dell’«unità di classe» è necessaria ma non sufficiente, in quanto sussiste ancora la necessità di migliorare l’ergonomia dei sistemi di deposito di disegni e modelli offerti sui siti web degli uffici nazionali della proprietà industriale e dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO, in prosieguo: «l’Ufficio»).

4.3.5.

Per affrontare questa sfida, gli uffici potrebbero avvalersi delle competenze dei consulenti in materia di proprietà industriale, permettendo così alle PMI e ai singoli autori di proteggere più facilmente i loro disegni e modelli.

4.3.6.

I consulenti in materia di proprietà industriale continueranno naturalmente ad accompagnare i titolari dei diritti nello sfruttamento dei loro disegni e modelli e a rappresentarli in caso di controversie.

4.4.    Delega di potere e adozione di atti delegati

4.4.1.

La proposta di regolamento prevede che le disposizioni relative alle controversie in materia di diritto dei disegni e modelli siano adottate mediante atti delegati.

Si tratta in particolare:

del ritiro e della modifica del disegno o modello (articoli 47 bis e 47 ter);

delle azioni di nullità (articolo 53 bis);

della procedura di ricorso contro le decisioni dell’Ufficio (articolo 55 bis);

della procedura orale dinanzi alle commissioni di ricorso dell’Ufficio (articolo 64 bis);

dell’istruzione (articolo 65 bis);

della notifica delle decisioni e delle citazioni (articolo 66 bis);

della procedura per le comunicazioni all’Ufficio (articolo 66 quinquies);

del calcolo e della durata dei termini procedurali (articolo 66 septies);

della ripresa del procedimento dinanzi all’Ufficio (articolo 67 quater);

della rappresentanza professionale dinanzi all’Ufficio in caso di controversia (articolo 78 bis);

del pagamento di tasse e tariffe (articolo 106 bis bis).

4.4.2.

Il CESE ritiene che non sia opportuno ricorrere all’articolo 290 del TFUE per stabilire le norme relative alle controversie e ai ricorsi contro le decisioni dell’Ufficio, in quanto un atto delegato è destinato unicamente a integrare l’atto di base e deve riguardare solo elementi non essenziali. Le disposizioni citate riguardano invece i diritti sanciti dal titolo VI della Carta dei diritti fondamentali relativamente alla giustizia, in particolare l’articolo 47 sul diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, e quindi non possono essere considerate elementi non essenziali dell’atto di base.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cause riunite C-397/16 e C-435/16.

(2)  Direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU L 289 del 28.10.1998 pag. 28).

(3)  Regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari(GU L 3 del 5.1.2002, pag. 1).


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/45


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Relazione di previsione strategica 2022 — Abbinamento tra transizione verde e transizione digitale nel nuovo contesto geopolitico»

[COM(2022) 289 final]

(2023/C 184/08)

Relatore:

Angelo PAGLIARA

Consultazione

Commissione europea, 27.10.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

10.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

204/0/3

Preambolo

La relazione della Commissione europea e il seguente parere sono stati redatti in un periodo caratterizzato dalle implicazioni sociali, geopolitiche ed economiche legate al proseguimento dell'aggressione militare russa contro l'Ucraina. Le scelte strategiche che l'Unione europea sta compiendo in questi mesi caratterizzeranno non solo il raggiungimento degli obiettivi legati alla duplice transizione verde e digitale, ma anche la resilienza e l'autonomia strategica dell'Unione.

Il CESE, pertanto, con il seguente parere, consapevole del ruolo fondamentale della società civile organizzata nell'identificazione e interpretazione delle megatendenze e dell'importanza quindi di coinvolgerla a monte del processo di prospettiva strategica dell'UE, intende anche contribuire alla redazione della relazione di previsione strategica 2023 che si concentrerà sugli orientamenti strategici in grado di rafforzare il ruolo globale della UE.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE incoraggia la Commissione a continuare a sviluppare l'agenda di previsione strategica e chiede un suo maggiore coinvolgimento all'interno del processo fin dalle prime fasi. Il rafforzato coinvolgimento del CESE, quale portatore delle istanze delle parti sociali e della società civile organizzata, migliorerebbe la capacità di analisi e previsione e contribuirebbe a identificare tendenze e possibili soluzioni.

1.2.

Il CESE auspica che l'impianto dell'agenda di previsione strategica, così come l'azione della Commissione europea, siano orientati alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo attento alla sostenibilità economica ambientale e sociale.

1.3.

Poiché il raggiungimento della duplice transizione dipende anche dalla volontà e dal comportamento delle persone, il CESE raccomanda alla Commissione di prestare attenzione anche alle preoccupazioni della società e all'eventuale riluttanza delle persone nei confronti delle modifiche proposte.

1.4.

La relazione descrive il futuro desiderato e le risorse necessarie per realizzarlo, senza affrontare con sufficiente profondità i rischi e le minacce. Il CESE invita la Commissione a descrivere più chiaramente anche i rischi e ad analizzare le possibilità e gli scenari, nel caso in cui gli obiettivi desiderati non vengano realizzati, soprattutto nella parte che riguarda la disponibilità delle materie prime, dei metalli delle terre rare, delle risorse idriche e delle possibili problematiche connesse.

1.5.

Le sfide geopolitiche in corso influenzeranno i sistemi di approvvigionamento e la resilienza del settore agroalimentare europeo. I recenti avvenimenti legati alla COVID-19 e all'aggressione militare russa nei confronti dell'Ucraina hanno perturbato il nostro sistema di distribuzione, ed è probabile che questa situazione si ripresenti nel breve termine. Il CESE accoglie con favore la raccomandazione di ridurre la dipendenza dell'UE dalle importazioni di mangimi, fertilizzanti e altri fattori produttivi e propone di stabilire una definizione di autonomia strategica aperta applicata ai sistemi alimentari, basata sulla produzione alimentare, sulla forza lavoro e sul commercio equo, con l'obiettivo generale di garantire la sicurezza alimentare per tutti i cittadini dell'UE attraverso un approvvigionamento alimentare sano, sostenibile, resiliente ed equo.

1.6.

La relazione di previsione strategica non prende in considerazione l'importanza strategica di un sistema industriale europeo forte, coeso e innovativo, in grado di creare posti di lavoro di qualità. Il CESE invita la Commissione europea a sviluppare specifiche previsioni sul futuro della politica industriale europea e raccomanda l'adozione di adeguate politiche economiche intese ad accrescerne la produttività e competitività a lungo termine e a rafforzare gli investimenti pubblici e privati in questo senso.

1.7.

L'aggressione militare della Russia contro l'Ucraina, la crisi energetica e la nuova realtà economica e geopolitica avranno ripercussioni sul percorso verso la duplice transizione. Il CESE accoglie con favore la risolutezza dell'UE a raggiungere gli obiettivi prefissati, ma al contempo invita la Commissione e il Consiglio a sviluppare tutti gli strumenti necessari per aumentare l'autonomia energetica strategica, rafforzare il sistema industriale europeo e sostenere le imprese e i lavoratori, sulla scia di quanto è stato fatto durante la crisi pandemica con l'adozione di uno strumento basato sul modello SURE.

1.8.

Il CESE accoglie con favore il rafforzato richiamo alla dimensione sociale e, come già anticipato nel parere del 2021, invita la Commissione a sviluppare, nell'ambito dell'analisi strategica, specifici strumenti di previsione relativi all'impatto delle transizioni sui sistemi di sicurezza sociale, e a proporre di conseguenza misure specifiche per attenuare gli effetti sociali della duplice transizione.

1.9.

Il CESE ritiene che l'UE, per rafforzare il proprio ruolo quale attore globale, debba difendere i suoi valori e continuare a collaborare con i paesi terzi, rafforzando la politica estera comune, cercando soluzioni comuni e garantendo che la nostra cooperazione e il nostro commercio siano vantaggiosi per i diritti economici e sociali delle popolazioni di tali paesi, in particolare in vista della sostenibilità a lungo termine.

2.   Osservazioni generali

2.1.

L'aggressione militare russa al territorio ucraino e le conseguenze sul sistema economico, sociale e industriale — in termini di tecnologia, commercio, norme di investimento e cambiamenti nella struttura industriale — rafforzano la necessità di investire nella transizione verde e digitale anche nell'ottica del perseguimento di un'autonomia strategica europea. Per queste ragioni, il CESE accoglie con favore la riflessione strategica sull'interazione tra transizione verde e digitale e sulla loro capacità di rafforzarsi a vicenda.

2.2.

Il susseguirsi delle crisi, pandemica prima e militare dopo, ha aumentato la domanda di sicurezza, nei vari aspetti della vita, da parte della popolazione che cerca maggiore protezione. A tal proposito è necessario, nel raggiungimento degli obiettivi della duplice transizione, tenere strettamente in considerazione le potenziali conseguenze negative sul piano economico e sociale, nonché in tutti gli altri settori, anche attraverso la previsione di adeguati strumenti di intervento. Il CESE, a tale proposito, mette in evidenza come i cittadini europei, soprattutto le fasce più deboli, potrebbero essere più riluttanti al cambiamento insito in queste transizioni nel caso in cui percepissero di essere danneggiati dalle conseguenze di queste ultime.

2.3.

Un sempre maggior coinvolgimento del CESE quale portatore delle istanze delle parti sociali e della società civile organizzata, come contributo alle attività del ciclo dell'agenda di prospettiva strategica, rafforzerebbe la capacità di analisi e previsione permettendo di meglio identificare le tendenze.

2.4.

Il CESE sviluppa le capacità di prospettiva strategica della società civile organizzata sia con un'azione presso i suoi membri e, attraverso di essi, delle organizzazioni nazionali che rappresentano, sia presso la società civile a livello dell'UE, attraverso il suo gruppo di collegamento, in cui sono rappresentate le maggiori reti e organizzazioni della società civile a livello dell'UE. In particolare, facilita il dialogo e la consultazione con la società civile organizzata, sensibilizza sull'importanza della prospettiva strategica e fornisce anche degli strumenti concreti per realizzarla. Il coinvolgimento strutturato della società civile organizzata rappresentata dal CESE permetterà altresì alla relazione di migliorare la capacità di includere in maniera olistica le diverse dimensioni (industriale, sociale, economica, ambientale ecc.) nell'agenda strategica.

2.5.

Per tutti questi motivi, il CESE è molto interessato a cooperare con la Commissione europea nel ciclo di previsione strategica fin dall'inizio del processo, al fine di renderlo più partecipativo. Ne è un esempio l'audizione attraverso la quale il CESE ha raccolto i punti di vista delle organizzazioni della società civile, come pure di esperti del settore, per riflettere sulle sfide e sulle opportunità che l'UE dovrà affrontare nella transizione verso un'Europa sostenibile dal punto di vista sociale ed economico. Il CESE offre, in tutto il presente parere, contributi e suggerimenti su questi aspetti chiave sui quali la Commissione europea dovrebbe concentrarsi nella sua prossima relazione.

2.6.

La previsione strategica rafforzerà la sua importanza di fronte alle sfide e alle opportunità che l'Europa dovrà affrontare nei prossimi decenni, pertanto il CESE invita la Commissione a continuare a sviluppare l'agenda di previsione strategica rafforzando il coinvolgimento dello stesso nella fase di analisi e sviluppo della relazione.

2.7.

Nella relazione non si tiene adeguatamente conto del fatto che il divario digitale tra le diverse regioni europee compromette il raggiungimento degli obiettivi della duplice transizione. La prossima relazione strategica dovrà tenere conto di questi divari e delle possibili conseguenze dal punto di vista sociale e in termini di opportunità disponibili.

2.8.

Il CESE è consapevole di come le tecnologie digitali possano influire positivamente sul conseguimento degli obiettivi climatici, rafforzando anche la sicurezza energetica, e di come la transizione verde possa trasformare anche il settore digitale e l'economia. A tale proposito, accoglie con favore i numerosi richiami alla necessità di investimenti tecnologici e di politiche adeguate al conseguimento degli obiettivi, e sostiene anche i riferimenti alla necessità di adottare misure di cibersicurezza per proteggere le tecnologie strategiche.

2.9.

In più occasioni, all'interno della relazione di previsione strategica 2022, si sottolinea la questione del fabbisogno energetico generato dalla digitalizzazione e dei consumi generati dal funzionamento di reti, sistemi e dispositivi, compensati dalla maggiore efficienza e sostenibilità dei processi cui sono applicati (agricoltura, logistica, cloud computing, ecc.). Puntuali appaiono i richiami alla necessità di migliorarne l'efficienza energetica e di recuperare una maggiore centralità dell'Europa nell'economia circolare del settore (dall'accesso alle materie prime critiche alla gestione dei rifiuti elettronici, allo sviluppo di tecnologie digitali avanzate).

2.10.

Sarebbe tuttavia opportuno richiamare più esplicitamente i benefici in termini di sostenibilità e di risparmio energetico legati alla transizione digitale (dematerializzazione e «sostituzione»), contribuendo così a rafforzare l'adesione tra i cittadini e i decisori politici al valore e all'impatto di questi processi di profonda trasformazione.

2.11.

Tra i mutamenti legati alla digitalizzazione non si rilevano riferimenti al tema delle criptovalute e delle valute digitali; la loro crescente diffusione si lega infatti proprio alla pervasività dei processi di digitalizzazione e allo sviluppo della tecnologia blockchain, i cui flussi sfuggono alla capacità di regolazione degli Stati lasciando ampi spazi di manovra all'economia illegale. Il CESE segnala dunque l'esigenza che la relazione di previsione strategica dedichi uno spazio di lettura e di analisi all'uso delle criptovalute e delle valute digitali, e incoraggia la Commissione ad adottare e attuare un quadro normativo unico in linea con le conclusioni del G20.

2.12.

Il CESE apprezza la riflessione dedicata nella relazione di previsione al tema dell'agricoltura, perché essa pone al centro della previsione stessa, a differenza di numerosi altri ambiti, il ruolo della politica europea e la centralità della sua azione nel determinarne gli sviluppi futuri. La relazione specifica in questo caso le azioni che l'UE dovrà intraprendere per prevenire rischiose involuzioni, contrariamente a quanto generalmente avviene negli altri settori oggetto di analisi.

2.13.

I sistemi alimentari nell'UE dovrebbero essere più diversificati; la forza lavoro in agricoltura dovrebbe essere rafforzata, specie attirando persone giovani e garantendo condizioni lavorative e una retribuzione dignitose; le politiche commerciali dovrebbero essere in linea con gli standard di sostenibilità alimentare dell'UE e conformi alle esigenze di competitività. Dovrebbero inoltre essere affrontate le questioni riguardanti la concentrazione nelle catene alimentari e la proprietà finanziaria, nonché la trasparenza del mercato, al fine di garantire che le crisi future non siano esacerbate da un'eccessiva speculazione sui prodotti di base.

2.14.

Il CESE intende mettere in evidenza come nell'attuale contesto geopolitico l'accesso alle materie prime critiche sia fondamentale non solo per il raggiungimento degli obiettivi della duplice transizione ma soprattutto per il mantenimento e il rafforzamento del sistema industriale europeo, nonché per la tenuta sociale, economica e occupazionale. A tale proposito, suggerisce alla Commissione una più dettagliata analisi di approfondimento attraverso appositi strumenti di analisi (anche da un punto di vista geopolitico) e previsione.

2.15.

Il CESE evidenzia come l'acqua e le risorse idriche, citate in più occasioni nella relazione, rappresentino non solo un problema ma anche una potenzialità, soprattutto in riferimento al miglioramento dell'efficienza idrica, alla gestione delle risorse e alle campagne di sensibilizzazione per un consumo responsabile. In particolare, l'economia blu svolge un ruolo fondamentale e presenta un potenziale sempre maggiore, nell'UE e nell'economia globale, per quanto concerne la creazione di posti di lavoro e il benessere e la salute delle persone. Il CESE ritiene importante sfruttare al massimo queste opportunità, che coprono un'ampia gamma di settori e di operazioni sia tradizionali che emergenti, e nel contempo ridurre al minimo l'impatto negativo sul clima, sulla biodiversità e sull'ambiente.

2.16.

Il CESE invita la Commissione, nell'ambito della duplice transizione, a considerare maggiormente i possibili mutamenti di scenario derivanti dalla guerra in Ucraina soprattutto in relazione agli approvvigionamenti energetici e delle materie prime critiche.

2.17.

Il CESE condivide il richiamo alla necessità di adeguare le politiche europee a un nuovo modello economico, di aumentare gli investimenti per accrescere il benessere e di rafforzare la produttività e la competitività del sistema industriale ed economico europeo. A tal proposito, invita a sviluppare previsioni specifiche sul futuro della politica industriale europea, fondamentale per il raggiungimento di una compiuta autonomia strategica.

2.18.

Il CESE condivide la raccomandazione di rafforzare gli investimenti pubblici e privati per il conseguimento degli obiettivi della transizione. Tuttavia, mette in evidenza come le scelte economiche europee, e soprattutto le prospettive legate a un ulteriore aumento dei tassi di interesse, possano condizionare negativamente gli investimenti.

2.19.

Il CESE accoglie con favore il richiamo a una transizione giusta e la maggiore attenzione rivolta, rispetto alla relazione precedente, alla coesione sociale e al ruolo del dialogo sociale. Inoltre, ritiene che l'attenzione alla dimensione sociale e alla qualità del lavoro diventeranno fattori prioritari nell'agenda europea, modificando una scala di priorità che li colloca ancora in una posizione complementare.

2.20.

Il CESE apprezza l'attenzione prestata nella relazione di previsione strategica 2022 ai mutamenti indotti dalla duplice transizione sul mercato del lavoro e sulle condizioni economiche delle componenti più vulnerabili del corpo sociale (famiglie, comunità), nonché la contestuale sottolineatura della necessità di risorse adeguate all'intervento sociale. Il CESE chiede inoltre di prestare maggiore attenzione ai temi della povertà e dell'esclusione sociale.

2.21.

Il CESE invita l'UE a prendere in considerazione l'invecchiamento della popolazione e il cambiamento demografico, con il conseguente aumento della domanda prevedibile di assistenza, da un lato, e la carenza di operatori sanitari, dall'altro. L'UE deve garantire che l'assistenza rimanga accessibile e a prezzi abbordabili, e non diventi un bene di lusso.

2.22.

Il CESE richiama l'attenzione sulla genericità con cui la relazione di previsione strategica 2022 affronta la questione dell'accelerazione dell'ibridazione del luogo di lavoro generata dai processi di digitalizzazione (tra l'altro confinandola in un inciso nel paragrafo su digitalizzazione e domanda di trasporti), peraltro inquadrandola come conseguenza di un mero processo di trasformazione tecnologica e trascurando invece il tema dei suoi effetti sulle condizioni e sui rapporti di lavoro, nonché sulle connesse esigenze di regolamentazione.

2.23.

Il CESE rileva che l'impianto della previsione strategica rischia di risultare eccessivamente economicista e centrato sulla tematica della concorrenza e del mercato come vero collante dell'azione, degli interessi e della strategia europea. Esso attribuisce alla società civile e ai lavoratori un ruolo complementare, senza tenere sufficientemente conto della capacità della duplice transizione di generare nuove e maggiori ricchezze e di facilitare la creazione di nuovi modelli in grado di ridurre le vulnerabilità e di socializzare i benefici generati.

2.24.

Il CESE invita la Commissione a somministrare un sondaggio Eurobarometro specifico sulle tematiche oggetto della futura relazione di previsione strategica al fine di meglio comprendere le aspettative e i punti di vista dei cittadini. Questo è fondamentale anche per anticipare quale sarà la futura accettazione delle misure che l'analisi di prospettiva propone.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo «Un percorso verso un sistema di compensazione dell'UE più forte»

[COM(2022) 696 final]

e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 648/2012, (UE) n. 575/2013 e (UE) 2017/1131 per quanto concerne le misure volte ad attenuare le esposizioni eccessive nei confronti di controparti centrali di paesi terzi e a migliorare l'efficienza dei mercati della compensazione dell'Unione

[COM(2022) 697 final — 2022/0403 (COD)]

(2023/C 184/09)

Relatore:

Florian MARIN

Consultazione

Consiglio, 31.1.2023

Parlamento europeo, 01/02/2023

Commissione europea, 08/02/2023

Base giuridica

Articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

2.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento (1) e gli sforzi della Commissione per garantire l'autonomia strategica dei nostri mercati dei capitali, aumentare la capacità di compensazione interna e rendere il sistema di compensazione dell'UE più sicuro e solido. Il Comitato ritiene che sia essenziale per la stabilità finanziaria dei mercati dei capitali dell'UE disporre di un sistema di compensazione competitivo ed efficiente.

1.2.

Il CESE propone che le stanze di compensazione con sede nell'UE sviluppino, progettino e investano nel miglioramento dei loro quadri di capacità per incoraggiare gli operatori di mercato a compensare le loro operazioni nell'UE.

1.3.

Il Comitato ritiene che si sarebbe dovuto attuare un piano globale per incoraggiare la transizione verso operatori di compensazione con sede nell'UE subito dopo la Brexit ed è deluso dalla lentezza del processo decisionale relativo a un mercato dei derivati da 81 000 miliardi di EUR. Il CESE si aspettava una posizione più chiara sulla riduzione dell'esposizione nei confronti delle controparti centrali (Central Counterparties, CCP) del Regno Unito, nonché norme e incentivi più specifici per guidare il passaggio a CCP con sede nell'UE.

1.4.

Il CESE ritiene che sia fondamentale disporre di dati specifici sul sistema di compensazione dell'UE che coprano tutte le classi di attività e i volumi, e ritiene che si debba fare di più in tal senso. La relazione tra i dati raccolti e la dinamica del rischio dovrebbe essere periodicamente presa in considerazione per avere una comprensione precisa dei rischi per la stabilità finanziaria. Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che i modelli di rischio debbano tenere conto non solo del rischio finanziario, ma anche dei rischi sociali, di governance e ambientali delle CCP e ritiene che tali rischi debbano essere considerati di pari importanza all'interno di scenari e analisi di rischio differenti.

1.5.

Il CESE chiede una valutazione completa dei potenziali costi aggiuntivi per l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e altri organi dell'UE per quanto riguarda la forza lavoro, i sistemi informatici, i gruppi di vigilanza congiunti e il proposto meccanismo di monitoraggio congiunto.

1.6.

Dati i poteri aggiuntivi conferiti all'ESMA dalle modifiche del 2019 al regolamento EMIR e dalla proposta di regolamento in esame, il CESE auspica un sistema di bilanciamento dei poteri in rapporto all'attività dell'ESMA. Il Comitato suggerisce che l'ESMA dovrebbe fare di più per stabilire che una parte significativa dei servizi forniti ai propri clienti dell'UE debba essere compensata dalle CCP dell'UE.

1.7.

Per quanto riguarda le operazioni infragruppo, il Comitato apprezza la decisione di non esentare dagli obblighi di compensazione e dai requisiti di margine le entità dei paesi elencati come giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali e quelle elencate come giurisdizioni ad alto rischio ai fini dell'antiriciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

1.8.

Il CESE è deluso dal fatto che la Commissione non abbia effettuato una valutazione completa del quadro esistente e di come sia cambiata l'attrattiva del mercato dell'UE negli ultimi anni, dato che il regolamento è stato modificato l'ultima volta più di tre anni fa. Il Comitato accoglie con favore l'introduzione dell'articolo 7 ter e chiede all'ESMA di presentare una relazione sui motivi principali dell'utilizzo di CCP extra UE un anno dopo l'entrata in vigore del regolamento.

1.9.

Il Comitato raccomanda alle CCP dell'UE la trasparenza in merito alle commissioni che praticano, alle loro richieste di margini e alle loro attività nei periodi di stress del mercato, al fine di migliorare la prevedibilità per tutti i partecipanti al mercato.

1.10.

Il CESE chiede alla Commissione di precisare la definizione del concetto di «urgenza» nelle modifiche proposte all'articolo 20 e chiede ai colegislatori di stabilire quali deroghe siano considerate decisioni «urgenti».

1.11.

Il CESE appoggia le modifiche proposte all'articolo 23 per quanto riguarda la creazione di gruppi di controllo congiunti e il meccanismo di controllo congiunto. Il Comitato propone che la società civile sia coinvolta nel meccanismo di monitoraggio istituito dall'articolo 23 quater e che il CESE partecipi al meccanismo di monitoraggio congiunto in qualità di osservatore.

1.12.

Il CESE ritiene che il termine di cinque anni entro il quale la Commissione deve riesaminare l'applicazione del regolamento sia troppo lungo. Ritiene inoltre che si debba fare di più per ridurre i tempi necessari per concedere autorizzazioni o estendere attività e servizi, nonché per costruire una banca dati centrale. Il CESE chiede una maggiore interoperabilità nel sistema di compensazione europeo, insieme a un onere amministrativo ridotto e soluzioni di accesso più semplici.

1.13.

Il Comitato approva la maggiore trasparenza offerta dalle modifiche all'articolo 38, che stabiliscono che i partecipanti diretti e i clienti che forniscono servizi di compensazione devono informare i propri clienti e potenziali clienti sui modelli di margine e sulle potenziali perdite o altri costi.

2.   Contesto del parere

2.1.

L'Unione dei mercati dei capitali (CMU), lanciata nel 2015 dalla Commissione europea, è un ambizioso progetto a lungo termine volto a garantire la libera circolazione dei capitali nell'Unione, una delle quattro libertà fondamentali del mercato unico. La Brexit ha portato a una forte diminuzione del ruolo globale dell'Europa nei mercati dei capitali, passando dal 22 % dell'attività globale prima della Brexit a solo il 14 % (2). Nel trentennale dell'istituzione del mercato unico, vent'anni dopo l'introduzione dell'euro e a sette anni dal varo dell'unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union, CMU), molto rimane ancora da fare all'UE per creare un mercato unico dei capitali.

2.2.

I regolamenti EMIR Refit (3) ed EMIR 2.2 (4) hanno fornito una maggiore trasparenza per quanto riguarda le CCP di paesi terzi, introducendo modifiche al mandato di compensazione e conferendo ulteriori poteri all'ESMA, l'autorità di vigilanza dell'UE. La proposta di regolamento in esame conferisce all'ESMA ancora più poteri. Poiché la capacità di compensazione è una parte importante dell'Unione dei mercati dei capitali, i mercati finanziari europei sono messi a rischio dall'eccessiva dipendenza dai servizi forniti dalle CCP di paesi terzi, in particolare nel Regno Unito. Nell'ambito dell'accordo sulla Brexit, l'UE ha consentito agli enti di compensazione del Regno Unito di continuare a fornire servizi ai partecipanti al mercato dell'UE fino alla fine di giugno 2022. Tale termine è stato prorogato di tre anni a causa della minaccia alla stabilità del mercato finanziario, con l'intenzione di concedere tempo sufficiente per il graduale spostamento delle operazioni di compensazione nell'UE.

2.3.

La proposta di regolamento mira a fornire ulteriore stabilità, prevedibilità e proporzionalità a tutti gli operatori con obblighi di compensazione e introduce l'obbligo per i partecipanti al mercato di dichiarare quanto dipendono da paesi terzi per il trattamento delle loro operazioni in derivati. Le modifiche proposte si concentrano anche su misure volte a rendere le CCP dell'UE più attrattive e a ridurre gli oneri amministrativi, promuovere la compensazione centrale nell'UE obbligando gli operatori di compensazione a detenere un conto attivo nelle CCP dell'UE e dotare le autorità locali dei poteri necessari per vigilare sui rischi connessi a transazioni transfrontaliere.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE chiede da tempo una legislazione che rafforzi i mercati dei capitali dell'UE e li renda più stabili e attrattivi nel lungo periodo (5). Dati i recenti sviluppi geopolitici (invasione russa dell'Ucraina, aumento dei prezzi dell'energia, tensioni geopolitiche in molte parti del mondo e pandemia di COVID-19) e gli effetti immediati sul contesto economico, il CESE sottolinea la necessità di un'azione rapida per salvaguardare e aumentare la stabilità dei mercati finanziari dell'UE. Il CESE ritiene che sia fondamentale per la stabilità finanziaria dei mercati dei capitali dell'UE disporre di un sistema di compensazione competitivo ed efficiente.

3.2.

Il Comitato accoglie con favore la proposta di regolamento e l'intenzione della Commissione di agire per garantire l'autonomia strategica dei nostri mercati dei capitali, rafforzare la nostra capacità di compensazione interna e garantire che il sistema di compensazione sia più sicuro e più resiliente. Il rafforzamento del mercato di compensazione dell'UE dovrebbe tenere conto dei costi generati dalla «migrazione» del capitale dai mercati di compensazione di paesi terzi, della necessità di proteggere l'approccio basato sul rischio e dell'interdipendenza tra i mercati finanziari di paesi terzi e quelli dell'UE.

3.3.

La proposta di modifica del regolamento EMIR arriva dopo il marcato aumento dei prezzi dell'energia in Europa, causato principalmente dall'attacco ingiustificato della Russia all'Ucraina; ciò ha generato instabilità nei mercati di compensazione, con alcune società impossibilitate a fornire le garanzie sui propri contratti derivati. Il CESE chiede che il consolidamento del settore della compensazione nell'UE rimanga una priorità. Il prezzo, la liquidità, il rischio, i margini, la regolamentazione e l'efficienza dovrebbero essere presi in considerazione al fine di rendere più competitivo il sistema di compensazione dell'UE. Anche il Comitato reputa necessario ridurre i tempi necessari per il rilascio delle autorizzazioni o per l'estensione delle attività e dei servizi, nonché costruire una banca dati centrale.

3.4.

Il Comitato ritiene che le CCP con sede nell'UE debbano ideare, progettare e investire nel miglioramento dei loro quadri di capacità al fine di convincere gli operatori di mercato a compensare le loro operazioni nell'UE, in particolare potenziando le loro capacità tecnologiche e operative, garantendo una cooperazione migliore tra i partecipanti al mercato e migliorando le pratiche di gestione del rischio. Al fine di migliorare la prevedibilità, le CCP devono essere trasparenti in merito alle loro commissioni, richieste di margini e attività durante i periodi di stress del mercato.

3.5.

Per la stabilità dei mercati dei capitali è necessario un mercato del lavoro equilibrato e stabile. Il CESE esprime apprezzamento per il fatto che i modelli di rischio debbano tenere conto non solo del rischio finanziario, ma anche dei rischi sociali, di governance e ambientali delle CCP e ritiene che tali rischi debbano essere considerati di pari importanza all'interno di scenari e analisi di rischio differenti.

3.6.

Il CESE esprime apprezzamento per la consultazione condotta dalla Commissione all'inizio del 2022 e per gli incontri con i rappresentanti degli Stati membri e del Parlamento europeo, i servizi finanziari e i comitati economici e finanziari, nonché per gli incontri bilaterali con le parti interessate.

3.7.

Il CESE è deluso dal fatto che il termine entro il quale le stanze di compensazione con sede nel Regno Unito hanno accesso illimitato alle parti interessate con sede nell'UE sia stato prorogato di tre anni, fino al 30 giugno 2025. Ritiene che si sarebbe dovuto mettere in atto un piano completo per incentivare il passaggio agli operatori di compensazione basati sul mercato dell'UE subito dopo la Brexit. Il Comitato critica la passata mancanza di reazione, la consultazione limitata e il lento processo decisionale riguardo a un mercato dei derivati da 81 000 miliardi di EUR.

3.8.

Le banche europee beneficiano di un pool multivalutario del mercato britannico, e il passaggio a stanze di compensazione europee genererebbe un processo di compensazione basato sull'euro che avrebbe costi significativi per il sistema bancario. Il CESE, pur approvando tale passaggio e ritenendo che debba essere realizzato prima possibile, intende far presente che occorre fornire gli incentivi giusti per evitare che le banche si spostino su altri mercati. Per consolidare il settore della compensazione nell'UE si dovrebbero prendere in considerazione incentivi più mirati e adattati.

3.9.

Poiché molti operatori del mercato dell'UE compensano le loro transazioni in derivati in altri paesi, il CESE si aspettava una posizione più chiara contro questa tendenza, nonché regole e incentivi più specifici che innescassero un passaggio a CCP con sede nell'UE. Il Comitato si sarebbe aspettato che almeno gli enti pubblici fossero obbligati a una compensazione nell'UE e chiede una visione chiara per porre fine a questa dipendenza il prima possibile.

3.10.

Il CESE ritiene che lo sviluppo di attività di compensazione nell'UE debba tenere conto dell'intera filiera, nell'interesse degli operatori di mercato. La liquidità del mercato dovrebbe essere gestita con attenzione quando si riduce l'esposizione alle CCP del Regno Unito, e va accompagnata da una prospettiva a più lungo termine e dalla standardizzazione dei requisiti di accesso per il mercato di compensazione dell'UE. Dovrebbe essere presa in considerazione la preparazione dei clienti per la compensazione e varie simulazioni effettuate a beneficio di tali clienti. Il Comitato ritiene inoltre che l'ESMA dovrebbe adattare attentamente le misure ai partecipanti al mercato di piccole e medie dimensioni.

3.11.

Il CESE sottolinea l'importanza del ruolo svolto dalle CCP dei paesi terzi per la stabilità finanziaria dell'UE. È fondamentale ridurre i rischi di concentrazione e garantire che le relazioni con queste CCP siano basate su un approccio trasparente, prevedibile, proporzionato e orientato al rischio. La proposta di regolamento in esame conferirà all'ESMA ancora più poteri e il CESE auspica l'istituzione di un sistema di bilanciamento dei poteri in rapporto all'attività dell'ESMA.

3.12.

Il CESE suggerisce che, per avere un quadro chiaro ai fini del monitoraggio, è importante disporre di dati specifici sul sistema di compensazione dell'UE; questi dati devono essere comparabili e riguardare tutte le classi di attività e i relativi volumi. È importante raccogliere i dati giusti al fine di tracciare un quadro accurato dei rischi per la stabilità finanziaria, e la sinergia tra i dati raccolti e la dinamica del rischio dovrebbe essere presa in considerazione in modo sistematico. Il CESE ritiene che si debba fare di più in questo senso.

3.13.

Dovrebbero essere prese in considerazione maggiori sinergie tra le attività di compensazione e il punto di accesso unico europeo. Il punto di accesso unico europeo promuove la finanza basata sui dati e migliora considerevolmente l'accesso di società, imprese e istituzioni finanziarie ai dati e alle informazioni sulle entità, oltre a preparare l'economia al futuro digitale, rafforzare la sovranità digitale, aumentare la velocità del flusso di informazioni e stabilire criteri comuni standard, con particolare attenzione a dati, tecnologia e infrastruttura (6).

3.14.

Il CESE sostiene la proposta di alleggerire le norme dell'EMIR sui derivati e di consentire l'accettazione di garanzie bancarie e lettere di credito come garanzie collaterali ad alta liquidità, in quanto queste alternative non in contanti assicurano la liquidità del mercato e sono già utilizzate su larga scala nei mercati dei capitali più avanzati, come quello statunitense. Il CESE sostiene il rafforzamento del ruolo delle banche centrali nella protezione dei consumatori dell'UE.

3.15.

Il CESE sostiene le modifiche proposte agli articoli 11, 14, 15 e 17 per quanto riguarda il periodo di attuazione di quattro mesi per le controparti non finanziarie che per la prima volta sono tenute a scambiare garanzie e per quanto riguarda le procedure più brevi e meno complesse che consentono alle CCP di espandere i loro prodotti. Il Comitato accoglie con favore le modifiche proposte in quanto semplificheranno il processo di estensione delle attività e dei servizi, così come la concessione e il rifiuto delle autorizzazioni. È necessaria una maggiore interoperabilità nel sistema di compensazione europeo, insieme a un onere amministrativo ridotto e soluzioni di accesso più semplici.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE non concorda con l'affermazione della Commissione europea secondo cui «Questa iniziativa legislativa non avrà alcun impatto sulle spese per l'ESMA o altri organi dell'Unione europea» e ritiene che i costi aumenteranno in settori quali la forza lavoro, i sistemi informatici, i gruppi di controllo congiunti e il proposto meccanismo di monitoraggio congiunto. Il Comitato osserva che, nella proposta di modifica dell'articolo 90, la Commissione chiede all'ESMA di riferire sul «fabbisogno di personale e risorse». Pertanto, il CESE chiede una valutazione approfondita dei costi aggiuntivi, calcolando e annunciando l'incidenza sul bilancio stimata.

4.2.

Il CESE considera legittima e opportuna la proposta della Commissione di introdurre l'obbligo per tutti i partecipanti al mercato soggetti a obblighi di compensazione di detenere un conto presso le CCP dell'UE. Chiede all'ESMA, previa consultazione dell'Autorità bancaria europea, dell'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali, del Comitato europeo per il rischio sistemico e del Sistema europeo di banche centrali, di stabilire che bisogna compensare presso le CCP dell'UE una parte significativa dei servizi forniti ai loro clienti dell'UE identificati come di notevole importanza sistemica.

4.3.

Il Comitato plaude all'intenzione di chiedere agli operatori di mercato di riferire le cifre esatte e in che misura dipendono da enti di compensazione esteri. Il Comitato si attende che l'ESMA sviluppi rapidamente gli standard tecnici che specificano tali informazioni, attende una relazione approfondita un anno dopo l'entrata in vigore e si aspetta che il regolamento EMIR sia modificato di conseguenza.

4.4.

Per quanto riguarda le operazioni infragruppo, il CESE apprezza la non esenzione dall'obbligo di compensazione e dai requisiti di margine per le entità dei paesi elencati come giurisdizioni non cooperative a fini fiscali e di quelli elencati come giurisdizioni ad alto rischio ai fini della lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Il Comitato appoggia pienamente le misure amministrative relative a queste giurisdizioni e ritiene che queste entità rappresentino una minaccia significativa per il sistema finanziario dell'UE.

4.5.

Sebbene l'aggiornamento digitale comporti ulteriori fabbisogni di bilancio, il CESE ritiene fondamentale che siano previsti investimenti digitali per sostenere gli aggiornamenti proposti del regolamento EMIR. Il Comitato apprezza la proposta di un avanzato programma informatico per l'invio online dei documenti di vigilanza, accessibile a tutte le autorità competenti.

4.6.

Il CESE è deluso dal fatto che la Commissione non abbia effettuato una valutazione approfondita del quadro esistente, dato che il regolamento è stato modificato l'ultima volta più di tre anni fa. Inoltre, affinché gli attuali emendamenti siano adatti allo scopo, il Comitato si sarebbe aspettato un'analisi mirata di come è cambiata l'attrattiva del mercato dell'UE negli ultimi anni, in particolare in relazione ai recenti significativi sviluppi geopolitici.

4.7.

Il Comitato propone che le norme tecniche sviluppate ai sensi dell'articolo 7 siano trasparenti e inclusive. Dovrebbe essere presa in considerazione anche la possibilità di introdurre modifiche per adeguare rapidamente tali norme. Fornire strumenti per il confronto dei prezzi per i costi di esecuzione, i costi di compensazione e i costi dei partecipanti diretti è importante per i gestori patrimoniali.

4.8.

Il Comitato accoglie con favore l'introduzione dell'articolo 7 ter che specifica che i prestatori di servizi di compensazione devono riferire sulla portata della compensazione in una controparte centrale non UE e sull'obbligo di informare i propri clienti sulla possibilità di compensare un contratto in questione in una controparte centrale dell'UE. Il Comitato chiede all'ESMA di sviluppare una procedura di segnalazione standardizzata da utilizzare in tutti gli Stati membri e raccomanda che un anno dopo l'entrata in vigore del regolamento sia presentata una relazione sui principali motivi per cui vengono utilizzate CCP non UE. Occorre inoltre gestire con attenzione un approccio comune alle sanzioni per gli operatori del mercato, al fine di garantire la proporzionalità nel mercato unico.

4.9.

Il Comitato chiede alla Commissione di chiarire l'esatto significato del concetto di «urgenza» nelle modifiche proposte all'articolo 20, e chiede ai colegislatori di concordare e specificare quali esenzioni rientrano nella decisione «urgente».

4.10.

Il CESE approva le modifiche proposte all'articolo 23 per quanto riguarda l'istituzione di gruppi di vigilanza congiunti e il meccanismo di controllo congiunto, ma rileva che queste avranno un'incidenza sul bilancio in quanto tali autorità dovranno assumere più personale, anche per l'ESMA. Il CESE propone che la società civile sia coinvolta nel meccanismo di monitoraggio istituito dall'articolo 23 quater, soprattutto per quanto riguarda le future decisioni politiche.

4.11.

Un'adeguata valutazione delle interconnessioni, dei collegamenti e dei rischi di concentrazione nell'ambito del comitato di vigilanza delle CCP (articolo 24 bis) richiede anche il coinvolgimento della società civile, e il CESE dovrebbe far parte del meccanismo di monitoraggio congiunto in qualità di osservatore. Occorre tener conto della necessità di ridurre la sovrapposizione di responsabilità tra il gran numero di autorità coinvolte nel sistema di compensazione. La cooperazione tra le autorità europee e nazionali dovrebbe essere efficiente e adeguata alla dinamica dei rischi di mercato.

4.12.

Il termine di cinque anni entro il quale la Commissione deve riesaminare attentamente l'applicazione del regolamento dopo la sua entrata in vigore sembra molto lungo, tenuto conto dell'intervallo di tempo tra le modifiche del regolamento EMIR. Inoltre, il CESE si aspettava che il 2 gennaio 2023 venisse pubblicata la relazione della Commissione sull'applicazione dell'EMIR Refit e dell'EMIR 2.2, come concordato, ma ora la Commissione propone di annullarla. Il Comitato è contrario a tale proposta e ritiene che potrebbe comportare la mancata valutazione delle modifiche all'EMIR, visto che sono già state apportate le conseguenti modifiche al regolamento EMIR.

4.13.

Infine, il Comitato approva la maggiore trasparenza offerta dalla proposta di modifica dell'articolo 38 per quanto riguarda l'obbligo dei partecipanti diretti e dei clienti che forniscono servizi di compensazione di informare i propri clienti e potenziali clienti in merito ai modelli di margine e alle potenziali perdite o altri costi, qualora la CCP applichi misure di recupero. Il CESE ritiene che i partecipanti diretti debbano anche contribuire a migliorare la trasparenza all'interno del sistema di compensazione dell'UE.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2022) 697 final.

(2)  Relazione — Una nuova visione per i mercati dei capitali dell'UE.

(3)  GU L 141 del 28.5.2019, pag. 42.

(4)  GU L 322 del 12.12.2019, pag. 1.

(5)  GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20.

(6)  GU C 290 del 29.7.2022, pag. 58.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/55


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale

[COM(2022) 707 final — 2022/0413 (CNS)]

(2023/C 184/10)

Relatore: Petru Sorin DANDEA

Correlatore: Benjamin RIZZO

Consultazione

Consiglio, 7.2.2023

Base giuridica

Articoli 113, 115 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

2.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione sulla direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale «DAC8», in quanto costituisce un importante passo avanti verso il miglioramento e l'integrazione della direttiva DAC attualmente in vigore.

1.2.

Il CESE ritiene che le proposte di miglioramento della direttiva DAC siano efficaci nel dissuadere i detentori di cripto-attività dall'inosservanza delle norme fiscali, rafforzando in tal modo la lotta contro la frode, l'evasione e l'elusione fiscali, in linea con diverse iniziative precedenti adottate dalla Commissione.

1.3.

Il CESE giudica che l'iniziativa della Commissione sia pienamente coerente con il principio di una tassazione equa ed efficace, che è una pietra angolare dell'economia sociale di mercato europea, volto a garantire che tutti contribuiscano in modo equo e godano di un trattamento uguale e proporzionato, indipendentemente dal tipo di beni detenuti.

1.4.

Il CESE osserva che, per affrontare con buoni risultati le crescenti questioni legate a tali attività e le loro implicazioni di portata internazionale sempre più numerose, è fondamentale uno sforzo mondiale volto a regolamentare le cripto-attività e il loro utilizzo. A tale riguardo, i lavori portati avanti a livello di OCSE e di G20 per il raggiungimento di un accordo mondiale sulla trasparenza delle criptovalute sono fondamentali, e il CESE incoraggia la Commissione a svolgere un ruolo attivo sulla scena internazionale.

1.5.

Il Comitato si compiace che una tassazione rafforzata e più efficace delle cripto-attività contribuirà ad aumentare la copertura fiscale e a sostenere i bilanci nazionali, consentendo l'impiego di risorse aggiuntive mirate al bene comune e alle priorità di investimento della Commissione (transizione verde e digitalizzazione).

1.6.

Il CESE ritiene che il sistema di comunicazione delle informazioni relative ai numeri di identificazione fiscale (NIF) sia il metodo di conformità più adeguato per garantire l'efficacia delle nuove norme. Per questo motivo, il CESE appoggia fermamente la proposta della Commissione in merito al NIF in quanto contribuisce a prevenire eventuali errori, migliorando in tal modo la certezza del diritto e la prevedibilità del sistema.

1.7.

Il CESE ritiene che, ai fini della trasparenza e della certezza, gli obblighi di comunicazione non debbano essere limitati esclusivamente agli scambi e ai trasferimenti di cripto-attività, ma debbano essere estesi, almeno durante la fase iniziale, anche alla detenzione complessiva di cripto-attività, anche se resta chiaro che la tassazione dovrebbe applicarsi solo agli utili effettivi.

1.8.

Il CESE sottolinea la necessità di sanzioni efficaci e proporzionate, lasciando agli Stati membri la facoltà di decidere in merito agli importi specifici delle sanzioni da irrogare. Il CESE raccomanda inoltre che, dopo l'attuazione della direttiva, la Commissione riferisca in merito alle strutture sanzionatorie introdotte dagli Stati membri, fornendo orientamenti sulle modifiche eventualmente necessarie.

1.9.

Il CESE auspica che le sanzioni e le misure di conformità siano in grado di trovare un giusto equilibrio tra l'efficacia delle norme e un'adeguata deterrenza, da un lato, e la proporzionalità, dall'altro. La proporzionalità potrebbe essere garantita, per esempio, tenendo adeguatamente conto del numero di operazioni collegate alle infrazioni commesse da una determinata impresa.

1.10.

Il CESE sottolinea che le disposizioni e le garanzie specifiche in materia di protezione dei dati contenute nella proposta di direttiva, e in linea con le norme del regolamento generale sulla protezione dei dati, dovrebbero essere debitamente applicate e rispettate secondo standard elevati, al fine di tutelare pienamente i diritti fondamentali dei soggetti i cui dati saranno raccolti, scambiati e conservati.

1.11.

Il CESE raccomanda alla Commissione di includere nel suo progetto di proposta norme volte a rafforzare la cooperazione tra le autorità fiscali già contemplate nel testo attuale e le autorità incaricate della lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento delle attività illecite e del terrorismo. In tale contesto, il CESE ribadisce che le autorità pubbliche, in questo caso le autorità fiscali, necessitano di risorse adeguate in termini sia di personale qualificato che di tecnologie e standard digitali di alto livello.

2.   Proposta della Commissione

2.1.

La proposta della Commissione di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (1) (DAC8) (2) è volta ad aggiornare la direttiva (DAC) attualmente in vigore, al fine di ampliare la comunicazione e lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali in modo da includere i redditi o i ricavi generati dalle cripto-attività detenute da soggetti residenti nell'Unione europea. Attualmente le autorità fiscali non dispongono delle informazioni necessarie per monitorare i proventi ottenuti utilizzando cripto-attività, che vengono facilmente commercializzate a livello transfrontaliero.

2.2.

L'iniziativa legislativa è tesa a introdurre una maggiore trasparenza fiscale sulle cripto-attività mediante disposizioni specifiche in materia di comunicazione e scambio di informazioni necessarie a fini di imposizione diretta. La proposta perfeziona inoltre le disposizioni vigenti, al fine di evitare scappatoie e rafforzare il quadro giuridico.

2.3.

La DAC8 è allineata alle definizioni di cui al regolamento sui mercati delle cripto-attività (MiCa) (3), che di per sé non fornisce alle autorità fiscali una base per la raccolta e lo scambio delle informazioni necessarie per l'imposizione dei redditi da cripto-attività. Tuttavia, la DAC8 prende le mosse dall'esperienza acquisita con il MiCa e si fonda sull'obbligo di autorizzazione già introdotto dal tale regolamento, evitando così ulteriori oneri amministrativi a carico dei fornitori di servizi per le cripto-attività.

2.4.

La proposta è coerente con il quadro per la comunicazione in materia di cripto-attività (CARF) (4), recentemente adottato dall'OCSE, e con le modifiche apportate al suo standard comune di comunicazione di informazioni (Common Reporting Standard — CRS). Tali norme sono state approvate anche dal G20. Durante la consultazione della Commissione, la maggior parte degli Stati membri si è detta favorevole ad allineare l'ambito di applicazione del quadro giuridico dell'UE ai lavori svolti a livello dell'OCSE.

2.5.

Al fine di migliorare la capacità degli Stati membri di individuare e contrastare la frode, l'evasione e l'elusione fiscali, tutti i prestatori di servizi per le cripto-attività con obbligo di comunicazione, indipendentemente dalle loro dimensioni o dalla loro ubicazione, saranno tenuti a comunicare le operazioni dei loro clienti residenti nell'UE. Rientrano nell'ambito di applicazione sia le operazioni nazionali che quelle transfrontaliere. In alcuni casi, gli obblighi di comunicazione riguarderanno anche i token non fungibili (non-fungible tokens — NFT). Le norme dettagliate relative agli obblighi che i prestatori di servizi per le cripto-attività con obbligo di comunicazione devono adempiere sono stabilite nell'allegato VI.

2.6.

Sono oggetto di comunicazione le operazioni di scambio e i trasferimenti di cripto-attività oggetto di comunicazione. Sia le operazioni nazionali che quelle transfrontaliere rientrano nell'ambito di applicazione della proposta e sono aggregate in base al tipo di cripto-attività oggetto di comunicazione.

2.7.

Gli istituti finanziari effettueranno la comunicazione in merito alla moneta elettronica e alle valute digitali delle banche centrali, mentre sarà esteso l'ambito di applicazione dello scambio automatico di ruling preventivi transfrontalieri per i soggetti ad alto patrimonio netto, ossia persone fisiche che detengono un minimo di 1 000 000 EUR in patrimoni finanziari o investibili o in attivi in gestione. Gli Stati membri si scambieranno informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri emanati, modificati o rinnovati tra il 1o gennaio 2020 e il 31 dicembre 2025.

2.8.

La proposta non limiterà la capacità degli Stati membri di definire il proprio sistema di conformità. Tuttavia, sarà stabilito e applicato un livello minimo comune di sanzioni per i comportamenti non conformi più gravi, come la mancata comunicazione nonostante i solleciti amministrativi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore e appoggia la proposta della Commissione relativa alla DAC8, in quanto rappresenta un passo avanti sostanziale nel miglioramento e nel completamento della direttiva DAC a seguito delle raccomandazioni della Corte dei conti europea, la quale ha avvertito che «se un contribuente detiene denaro sotto forma di criptovalute elettroniche, la piattaforma o un altro soggetto che fornisce servizi di portafoglio elettronico a tali clienti non è tenuto a dichiarare alle autorità fiscali tali importi o gli utili percepiti. Pertanto, il denaro detenuto in tali strumenti elettronici non è soggetto in gran parte all'imposizione fiscale» (5).

3.2.

Il CESE ritiene che i miglioramenti alla direttiva DAC proposti dalla Commissione costituiscano uno strumento efficace per dissuadere i detentori di cripto-attività dall'inosservanza delle norme fiscali, rafforzando in tal modo la lotta contro la frode, l'evasione e l'elusione fiscali, in linea con diverse iniziative intraprese dalla Commissione negli ultimi anni.

3.3.

Il CESE plaude all'ampia e articolata consultazione condotta dalla Commissione sulla proposta in esame, che ha coinvolto tutte le parti interessate come anche una platea più mirata di operatori del settore, che la Commissione ha consultato separatamente. Anche gli Stati membri hanno potuto esprimere la loro posizione, incoraggiando la Commissione a lavorare in stretta sintonia con i lavori portati avanti dall'OCSE. Le consultazioni hanno reso il processo legislativo più trasparente e costruttivo, nonostante la natura altamente tecnica della proposta.

3.4.

Il CESE sottolinea che, per affrontare con buoni risultati le crescenti questioni legate a tali attività e le loro implicazioni di portata internazionale sempre più numerose, occorre metter in campo uno sforzo mondiale volto a regolamentare le cripto-attività e il loro utilizzo. A tale riguardo, i lavori e i negoziati portati avanti a livello di OCSE e di G20 per il raggiungimento di un accordo mondiale sulla trasparenza delle criptovalute sono fondamentali, e il CESE incoraggia la Commissione a svolgere un ruolo guida sulla scena internazionale.

3.5.

Il CESE giudica che l'iniziativa della Commissione sia pienamente in linea con il principio di una tassazione equa ed efficace, che è una pietra angolare dell'economia sociale di mercato europea, volto a garantire che tutti contribuiscano in modo equo e godano di un trattamento uguale e proporzionato, indipendentemente dal tipo di beni detenuti o dalla forma di pagamento accettata.

3.6.

Il Comitato si compiace che una tassazione rafforzata e più efficace delle cripto-attività contribuirà ad aumentare la copertura fiscale e a sostenere i bilanci nazionali, consentendo l'impiego di risorse aggiuntive mirate al bene comune e alle priorità di investimento della Commissione (transizione verde e digitalizzazione).

3.7.

Il CESE concorda pienamente con la Commissione sul fatto che una maggiore trasparenza ridurrà le discrepanze e l'attuale differenziazione ingiustificata a livello di quadro giuridico e di trattamento, le quali fanno sì che «gli utenti di cripto-attività [siano avvantaggiati] rispetto a coloro che non investono in tali attività», ostacolando in tal modo non soltanto «l'obiettivo di equità fiscale», ma anche il corretto funzionamento del mercato unico e un'effettiva parità di condizioni.

3.8.

Il CESE è favorevole al fatto che, quale base giuridica a sostegno della proposta, siano invocati in maniera combinata l'articolo 113 del TFUE (dal momento che le informazioni scambiate potrebbero essere utilizzate anche ai fini dell'IVA) e l'articolo 115 del TFUE. Il ravvicinamento delle disposizioni legislative nazionali che incidono sul funzionamento del mercato interno, sancito dall'articolo 115, è effettivamente pertinente nel caso di specie, considerando che le cripto-attività possono essere utilizzate per diversi scopi. In tutto il mercato interno dovrebbero essere evitate discrepanze nel quadro giuridico generale e negli strumenti di applicazione, in quanto ne possono compromettere il consolidamento.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE incoraggia la Commissione e gli Stati membri a includere nella proposta attuale obblighi di comunicazione per le persone fisiche che detengono cripto-attività. Tale misura aumenterebbe certamente l'efficacia e l'ambito di applicazione della proposta.

4.2.

Il CESE ritiene che un sistema di comunicazione delle informazioni relative ai numeri di identificazione fiscale (NIF) sia il metodo di conformità più adeguato al fine di garantire l'efficacia delle nuove norme. Per questo motivo, il CESE sostiene fermamente le disposizioni sul NIF proposte dalla Commissione, in quanto contribuiscono a rafforzare l'efficacia della proposta in esame, dato che, in quanto codice di identificazione unico, il NIF consente di evitare errori, contribuendo in tal modo alla certezza del diritto e alla prevedibilità del sistema.

4.3.

Il CESE osserva che la maggior parte degli Stati membri dispone già di una legislazione o quantomeno di orientamenti amministrativi per assoggettare a imposta i redditi ottenuti mediante investimenti in cripto-attività, ma che le autorità competenti spesso non dispongono delle informazioni necessarie a tal fine. Pertanto, la certezza e la chiarezza del diritto possono essere garantite soltanto affrontando le inefficienze nazionali attraverso un'iniziativa legislativa dell'UE volta a promuovere una collaborazione fattiva ed efficiente tra le autorità fiscali.

4.4.

Il CESE ritiene che, ai fini della trasparenza e della certezza, gli obblighi di comunicazione non debbano essere limitati esclusivamente agli scambi e ai trasferimenti di cripto-attività, ma debbano essere estesi, almeno in questa fase iniziale attuale, anche alla detenzione complessiva di cripto-attività, anche se resta chiaro che la tassazione dovrebbe applicarsi solo agli utili effettivi.

4.5.

Il CESE sottolinea la necessità di sanzioni efficaci e proporzionate, lasciando agli Stati membri la facoltà di decidere in merito agli importi specifici delle sanzioni da irrogare. Dei livelli minimi in tal senso sembrano potenzialmente in grado di aumentare l'efficacia delle nuove norme sulla tassazione delle criptovalute. Il CESE auspica che le sanzioni e le misure di conformità siano in grado di trovare un giusto equilibrio tra l'efficacia delle norme e un'adeguata deterrenza, da un lato, e la proporzionalità, dall'altro. La proporzionalità potrebbe essere garantita, per esempio, tenendo adeguatamente conto del numero di operazioni collegate alle infrazioni commesse da una determinata impresa.

4.6.

Inoltre, dopo l'attuazione della direttiva, la Commissione dovrebbe riferire in merito alle strutture sanzionatorie introdotte dagli Stati membri e fornire orientamenti sulle modifiche necessarie al sistema di sanzioni e alle misure di conformità.

4.7.

Il CESE sottolinea che le disposizioni e le garanzie specifiche in materia di protezione dei dati contenute nella proposta di direttiva, e in linea con le norme e i principi del regolamento generale sulla protezione dei dati, dovrebbero essere applicate e rispettate attentamente secondo standard elevati, al fine di tutelare pienamente i diritti fondamentali dei soggetti i cui dati saranno raccolti, scambiati e conservati.

4.8.

Ancora una volta, il CESE invita gli Stati membri a investire adeguatamente nelle loro autorità fiscali e nelle altre amministrazioni coinvolte, affinché dispongano delle capacità necessarie per migliorare la cooperazione nel settore fiscale.

4.9.

Infine, il CESE raccomanda alla Commissione di includere nel suo progetto di proposta il requisito della cooperazione tra le autorità fiscali già contemplate nel testo attuale e le autorità incaricate della lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento delle attività illecite e del terrorismo, dato che negli ultimi anni potrebbero essersi verificati diversi casi di utilizzo illecito di cripto-attività e di riciclaggio di denaro. In tale contesto, il CESE ribadisce che le autorità pubbliche, in questo caso le autorità fiscali, necessitano di risorse adeguate in termini di personale qualificato e di tecnologie e standard digitali di alto livello.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU L 64 del 11.3.2011, pag. 1).

(2)  COM(2022) 707 final.

(3)  COM(2020) 593 final.

(4)  Crypto-Asset Reporting Framework and Amendments to the Common Reporting Standard [Quadro per la comunicazione in materia di cripto-attività e modifiche allo standard comune di comunicazione], OCSE, 8.10.2022.

(5)  Corte dei conti europea (2021), Scambio di informazioni fiscali nell'UE: fondamenta solide, ma crepe nell'attuazione. Gli scambi di informazioni sono aumentati, ma alcune informazioni non vengono ancora comunicate.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Verso una direttiva sulle sanzioni penali per la violazione delle misure restrittive dell'Unione»

[COM(2022) 249 final]

sulla proposta di decisione del Consiglio relativa all'aggiunta della violazione delle misure restrittive dell'Unione alle sfere di criminalità di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

[COM(2022) 247 final]

e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione

[COM(2022) 684 final]

(2023/C 184/11)

Relatore:

José Antonio MORENO DÍAZ

Consultazione

Commissione europea, 26.7.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

8.3.2023

Data dell'adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

141/1/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la decisione di aggiungere la violazione delle misure restrittive alle sfere di criminalità di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE, come pure la proposta di direttiva volta a ravvicinare le definizioni e le sanzioni minime previste dalle legislazioni nazionali per le violazioni delle misure restrittive.

1.2.

Il CESE deplora tuttavia che, a causa dell'attivazione della procedura d'urgenza, la suddetta decisione non sia stata oggetto di una piena deliberazione democratica in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo. Allo stesso modo, esprime preoccupazione per il fatto che la proposta di direttiva presentata dalla Commissione non sia stata preceduta da una valutazione d'impatto. Inoltre, il CESE si rammarica di non essere menzionato, tra le parti interessate consultate, nella proposta di direttiva della Commissione relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni in caso di violazione delle misure restrittive.

1.3.

Nell'ulteriore sviluppo della direttiva, il CESE incoraggia la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea ad ampliarne l'eccezione umanitaria, esonerando le agenzie umanitarie e il personale umanitario dalla responsabilità penale — in linea con l'attuale prassi internazionale –, e garantendo nel contempo che siano previsti meccanismi adeguati per prevenire gli abusi a fini criminali o politici.

1.4.

Il CESE è favorevole ad includere adeguate garanzie e protezione per gli informatori e i giornalisti che rivelano al pubblico i tentativi di elusione delle misure restrittive, ai quali si dovrebbe estendere l'eccezione di cui sopra.

1.5.

Il CESE esorta la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea ad assicurare che il settore privato e le organizzazioni della società civile ricevano informazioni adeguate e un sostegno proattivo per adeguarsi alla nuova legislazione e conformarsi ai nuovi requisiti.

1.6.

Il CESE incoraggia la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea a garantire che, oltre a promuovere l'armonizzazione della legislazione, gli Stati membri dispongano di capacità amministrative adeguate, fondi sufficienti e personale qualificato per individuare, perseguire e punire le violazioni delle misure restrittive, il che potrebbe essere sostenuto dalla cooperazione tra gli Stati membri attraverso la condivisione di buone pratiche in materia di indagini e accertamenti.

1.7.

Il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta di direttiva insista sul rispetto del principio di irretroattività, e sottolinea la necessità di assicurare agli imputati il diritto al giusto processo e altre garanzie in materia di diritti umani.

1.8.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che reati comuni gravi, come quelli generati dall'odio e la violenza di genere, non rientrino nell'ambito di applicazione dell'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE, sottolineando che gli imperativi geopolitici non dovrebbero avere la precedenza sulla protezione e sul benessere dei nostri cittadini.

2.   Contesto del parere

2.1.

Le sanzioni di politica estera (o misure restrittive nel gergo dell'UE) sono concordate dal Consiglio dell'Unione europea nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e assumono la forma di una legislazione vincolante con effetto diretto in tutti gli Stati membri dell'UE.

2.2.

A differenza della legislazione sulle misure restrittive, adottata a livello centrale e applicabile in tutta l'UE, l'attuazione e l'applicazione di tali misure sono decentrate: le autorità degli Stati membri sono incaricate di controllare che le imprese e i cittadini rispettino i divieti, concedere deroghe, stabilire sanzioni per le violazioni e indagare e perseguire tali violazioni. Ciò vale per tutte le misure restrittive, ad eccezione dei divieti di ingresso, che sono gestiti direttamente dalle autorità statali.

2.3.

La natura decentrata del sistema di attuazione delle misure restrittive dell'UE comporta una frammentazione (1): la legislazione nazionale varia in termini di definizioni e portata delle violazioni delle misure restrittive e di sanzioni che possono derivarne. Vi sono inoltre differenze nelle capacità amministrative di indagine. Per giunta, le singole autorità nazionali dispongono di un ampio potere discrezionale nel decidere se concedere o meno una deroga per motivi umanitari.

2.4.

Le ricerche hanno confermato differenze significative nell'attuazione e nell'applicazione delle misure restrittive da parte dei diversi Stati membri dell'UE (2). Un recente studio della rete europea per le indagini e il perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra («rete sul genocidio») ha evidenziato notevoli discrepanze nelle sanzioni per le violazioni delle misure restrittive tra gli Stati membri dell'UE (3).

2.5.

La Commissione dispone di alcuni poteri di vigilanza al riguardo: garantisce che tutti gli Stati membri adempiano ai loro obblighi ai sensi del regolamento dell'UE in materia di misure restrittive, ad esempio introducendo sanzioni adeguate. Come già in altri settori della governance dell'UE, la Commissione ha il diritto di avviare una procedura di infrazione nei confronti di qualsiasi Stato membro che non rispetti tali obblighi, sebbene finora non sia mai stata intrapresa alcuna azione in tal senso. La Commissione, inoltre, sostiene l'attuazione delle misure restrittive emanando orientamenti, ad esempio per quanto riguarda la concessione di deroghe.

2.6.

Nonostante l'evidente potenziale di frammentazione intrinseco al sistema, è solo di recente che la Commissione ha iniziato ad adottare alcuni provvedimenti (4) per migliorare l'attuazione e l'applicazione delle misure restrittive dell'UE. Sebbene la ripresa delle attività della Commissione al riguardo sia precedente all'invasione russa dell'Ucraina cominciata nel febbraio 2022, l'ondata di misure restrittive che questa ha innescato ha dato nuovo impulso al rafforzamento dell'attuazione e dell'applicazione di tali misure.

2.7.

La decisione 2022/2332 del Consiglio (5) riconosce la violazione delle misure restrittive dell'UE come una sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), comunemente noti come «eurocrimini», consentendo in tal modo alla Commissione di proporre una legislazione volta a ravvicinare la definizione dei reati e delle sanzioni negli Stati membri (6).

2.8.

La proposta è giustificata dal fatto che le violazioni possono contribuire a perpetuare minacce alla pace e alla sicurezza, allo Stato di diritto, alla democrazia e ai diritti umani nei paesi terzi e spesso hanno una dimensione transfrontaliera. In particolare, si afferma che la violazione delle misure restrittive è una «sfera di criminalità particolarmente grave, poiché può perpetuare minacce alla pace e alla sicurezza internazionali, minare il consolidamento e il sostegno della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell'uomo e provocare notevoli danni economici, sociali e ambientali» (7). La situazione attuale consente ai cittadini e alle imprese che intendono eludere le misure restrittive di scegliere il fornitore che più loro conviene e impedisce nel contempo la creazione di condizioni di parità per gli operatori dell'UE.

2.9.

Il 30 giugno 2022 il Consiglio dell'Unione europea ha raggiunto un accordo sul testo e ha chiesto al Parlamento europeo di approvare il progetto di decisione del Consiglio volto ad aggiungere le violazioni delle misure restrittive dell'Unione alle sfere di criminalità di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE (8). Il Parlamento europeo ha dato la propria approvazione tramite procedura d'urgenza il 7 luglio 2022 (9). La decisione è stata adottata il 28 novembre 2022 (10).

2.10.

Il 2 dicembre 2022 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che stabilisce norme minime riguardanti la definizione dei reati e delle sanzioni in relazione alla violazione delle misure restrittive dell'Unione (11).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il riconoscimento delle violazioni delle misure restrittive come sfera di criminalità ai sensi dell'articolo 83, paragrafo 1, del TFUE è uno sviluppo positivo che contribuirà ad armonizzare la classificazione delle violazioni delle misure restrittive e le relative sanzioni in tutta l'UE e a migliorare l'attuazione e l'applicazione di tali misure restrittive.

3.2.

Il CESE incoraggia la Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea a tenere conto delle preoccupazioni esposte nella sezione che segue al momento di proporre e adottare la direttiva attualmente in esame e altre norme di diritto derivato sostanziale che stabiliscano regole minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il Parlamento europeo ha approvato il progetto di decisione del Consiglio mediante procedura d'urgenza, il che significa che ha dato l'approvazione senza previa deliberazione della sua commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE). Il forte imperativo geopolitico alla base dell'adozione della proposta non dovrebbe contrastare con la necessità di sottoporre le proposte legislative a un adeguato controllo democratico. Le regole in materia di responsabilità democratica dovrebbero essere preservate. Il CESE ribadisce l'importanza di garantire un esame adeguato da parte del Parlamento europeo della proposta di direttiva che istituisce norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione, attualmente in esame.

4.2.

Nella stessa ottica, la proposta di direttiva indica che la Commissione si è astenuta dall'effettuare una valutazione d'impatto, facendo riferimento alla «necessità urgente di far sì che le persone fisiche e giuridiche responsabili della violazione delle misure restrittive dell'Unione siano chiamate a rendere conto delle loro azioni» (12). Pur riconoscendo la pertinenza di accelerare l'adozione della direttiva relativa alle sanzioni penali in caso di violazione delle misure restrittive dell'Unione, il CESE ritiene che la relativa urgenza di armonizzare le definizioni e le sanzioni non giustifichi la scelta di fare a meno della valutazione d'impatto che dovrebbe accompagnare la preparazione della direttiva. Ciò vale a maggior ragione in quanto le persone fisiche e giuridiche implicate nella violazione delle misure restrittive possono già essere ritenute responsabili ai sensi della legislazione nazionale vigente, il che significa che ritardare l'adozione della direttiva non lascerà impunite le violazioni. Pertanto, il CESE è favorevole a realizzare una regolare valutazione d'impatto e, una volta che la direttiva sarà stata adottata, ne raccomanda una rapida attuazione.

4.3.

Pur accogliendo con favore le ampie consultazioni condotte dalla Commissione con un'ampia gamma di parti interessate, il CESE si rammarica di non essere menzionato tra queste ultime nella proposta di direttiva della Commissione relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni in caso di violazione delle misure restrittive dell'Unione.

4.4.

L'attenzione rivolta all'individuazione, al perseguimento e alla repressione delle violazioni delle misure restrittive dovrebbe essere accompagnata da uno sforzo analogo inteso a guidare gli operatori economici e gli attori della società civile nell'attuazione delle misure restrittive. Eventuali carenze nell'attuazione di tali misure sono spesso dovute alla scarsa consapevolezza delle parti interessate del settore privato, nonostante gli sforzi profusi dalle agenzie nazionali per informarle (13). Occorre tenere presente che gli operatori economici dell'UE sono per lo più costituiti da piccole e medie imprese (PMI) che spesso non hanno familiarità con gli obblighi derivanti dalla legislazione in materia di misure restrittive, dato che in passato le misure economiche figuravano raramente tra le pratiche sanzionatorie (14). Il CESE accoglie con favore gli attuali sforzi della Commissione per migliorare il sostegno fornito agli operatori economici e la incoraggia a proseguire in tale direzione (15).

4.5.

È opportuno adottare disposizioni adeguate per salvaguardare l'azione umanitaria nelle giurisdizioni soggette a misure restrittive. La responsabilità per eventuali violazioni delle misure restrittive continua a destare preoccupazione tra gli operatori umanitari che prestano soccorso in giurisdizioni sottoposte a severe misure restrittive (16). Tali attori richiamano costantemente l'attenzione sulla difficoltà di garantire che non si verifichi alcuna trasgressione della legislazione in materia di misure restrittive nel corso delle loro operazioni, nonché sulle implicazioni negative del fatto di essere associati, dai belligeranti, alle misure restrittive occidentali (17). La recente adozione, da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, della risoluzione 2664 del dicembre 2022 (18), contenente un'eccezione generale che consente di fornire finanziamenti e servizi alle organizzazioni umanitarie (19) e rapidamente attuata dalle autorità statunitensi (20), trasforma la persistenza di clausole umanitarie restrittive nella legislazione dell'UE in un'eccezione, e la mette in rilievo. Per garantire che il quadro sanzionatorio non ostacoli l'azione umanitaria, è opportuno rafforzare la formulazione della direttiva proposta, nella quale, per il momento, soltanto la «fornitura di aiuti umanitari alle persone che ne hanno bisogno» non è qualificata come reato (21). Il CESE è favorevole all'adozione di un'eccezione umanitaria più ampia, che escluda la responsabilità penale nel quadro dei regimi di misure restrittive dell'Unione per tutto il personale delle organizzazioni umanitarie imparziali. Tale clausola garantirebbe la conformità dei quadri giuridici dell'UE in materia di misure restrittive con il diritto internazionale umanitario (DIU). Allo stesso tempo, andrebbero previste delle disposizioni volte a prevenire eventuali abusi a fini penali o politici. La protezione degli operatori umanitari dovrebbe essere estesa ai giornalisti investigativi.

4.6.

Il CESE incoraggia la Commissione a monitorare l'attuazione della direttiva non soltanto in termini di adozione della legislazione, ma prestando anche attenzione alla disponibilità di sufficienti risorse amministrative, finanziarie, tecnologiche e umane, nonché di una formazione adeguata, per consentire alle amministrazioni nazionali e alle autorità giudiziarie e di contrasto di dare attuazione ai contenuti della nuova normativa. In mancanza di attrezzature, personale e risorse finanziarie adeguate, limitarsi ad armonizzare la legislazione nazionale rischia di mancare l'obiettivo di individuare, perseguire e punire le violazioni delle misure restrittive. Inoltre, il CESE incoraggia la Commissione a definire i criteri che applicherà per il monitoraggio, al fine di fornire degli orientamenti alle parti interessate.

4.7.

Quando le condanne penali consentono la confisca dei beni, una parte consistente dei proventi dovrebbe essere destinata al risarcimento delle vittime e, nel caso delle misure restrittive attualmente in vigore nei confronti di obiettivi russi per la guerra in Ucraina, agli sforzi di ricostruzione postbellici di tale paese. Il CESE sostiene questa richiesta, in linea con il proprio parere (22) sulla proposta di direttiva della Commissione sul recupero e la confisca dei beni. Il CESE incoraggia inoltre la Commissione a collaborare con apposite organizzazioni della società civile riguardo alla definizione delle vittime e alla progettazione di meccanismi volti a destinare i proventi dell'elusione delle misure restrittive alle vittime, o a favore di investimenti sociali di cui queste ultime possano beneficiare direttamente. A fini di rendicontabilità, il CESE invoca una maggiore trasparenza sotto forma di pubblicazione dei dati relativi ai beni confiscati e alla loro successiva destinazione.

4.8.

La proposta di direttiva dovrebbe contenere anche delle disposizioni adeguate per la protezione degli informatori e dei giornalisti investigativi che rivelano pratiche di elusione delle misure restrittive. Il loro ruolo chiave in quanto meccanismi di «allarme rapido» merita protezione. A tale riguardo, il CESE sostiene la proposta della Commissione di estendere la protezione offerta dalla direttiva (UE) 2019/1937 (23) alla segnalazione di violazioni delle misure restrittive dell'UE e alle persone che segnalano tali violazioni.

4.9.

Come indicato nell'attuale formulazione della direttiva, è opportuno prevedere disposizioni per il rispetto del principio di irretroattività delle sanzioni penali, in linea con il principio nulla poena sine lege. Il CESE sottolinea la necessità di garantire agli imputati il diritto al giusto processo e altre garanzie in materia di diritti umani.

4.10.

Infine, il CESE si rammarica per il fatto che, se da un lato l'identificazione delle violazioni delle misure restrittive come appartenenti alla categoria degli «eurocrimini» è stata un processo rapido, dall'altro reati così gravi e generalizzati come quelli generati dall'odio e la violenza di genere non rientrano ancora nell'ambito di applicazione dell'articolo 83, paragrafo 1. Gli imperativi geopolitici non dovrebbero essere considerati prioritari a costo di trascurare altri reati di immediata rilevanza per i nostri cittadini.

4.11.

In conclusione, non si deve dimenticare che l'obiettivo dell'armonizzazione delle sanzioni è quello di migliorare la credibilità delle misure restrittive adottate nell'ambito della PESC. Da questo punto di vista, gli Stati membri dovrebbero sforzarsi di rispettare i divieti di visto applicando la stessa diligenza che ci si attende dai cittadini e dagli operatori dell'UE (24).

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Portela, C., «Implementation and enforcement» [Attuazione e applicazione], in N. Helwig et al., Sharpening EU sanctions policy [Rafforzamento della politica sanzionatoria dell'UE], Rapporto 63 del Finnish Institute of International Affairs [Istituto finlandese per gli affari internazionali], Helsinki. Studio commissionato dall'ufficio del primo ministro finlandese, 2020, pag. 107.

(2)  Druláková, R. e Přikryl, P., «The implementation of sanctions imposed by the European Union» [Attuazione delle misure restrittive imposte dall'Unione europea], Central European Journal of International and Security Studies, vol. 10, n. 1, 2016, pag. 134.

(3)  Rete sul genocidio, «Prosecution of sanctions (restrictive measures) violations in national jurisdictions: a comparative analysis» [Azioni penali per violazioni di sanzioni (misure restrittive) nelle giurisdizioni nazionali: analisi comparativa], 2021.

(4)  Commissione europea, Il sistema economico e finanziario europeo: promuovere l'apertura, la forza e la resilienza, COM(2021) 32 final

(5)  Decisione (UE) 2022/2332 del Consiglio del 28 novembre 2022 relativa al riconoscimento della violazione delle misure restrittive dell'Unione come una sfera di criminalità che risponde ai criteri di cui all'articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GU L 308 del 29.11.2022, pag. 18).

(6)  Comunicazione della Commissione europea — Verso una direttiva sulle sanzioni penali per la violazione delle misure restrittive dell'Unione, COM(2022) 249 final.

(7)  Questa formulazione, tratta dalla comunicazione della Commissione COM(2022) 249 final, è ripresa nel considerando (10) della decisione (UE) 2022/2332 del Consiglio (GU L 308 del 29.11.2022, pag. 18).

(8)  Consiglio dell'Unione europea, comunicato stampa, 30 giugno 2022.

(9)  Risoluzione legislativa del Parlamento europeo, TA/2022/0295.

(10)  GU L 308 del 29.11.2022, pag. 18.

(11)  Commissione europea, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla definizione dei reati e delle sanzioni per la violazione delle misure restrittive dell'Unione, COM(2022) 684 final.

(12)  COM(2022) 684 final.

(13)  Druláková, R. e Zemanová, S., «Why the implementation of multilateral sanctions does (not) work: lessons learnt from the Czech Republic» [Perché l'attuazione di misure restrittive multilaterali (non) funziona: insegnamenti tratti dalla Cechia], European Security, vol. 29, n. 4, 2020, pag. 524.

(14)  Portela, C., «Sanctions in EU foreign policy» [Le sanzioni / misure restrittive nella politica esterna dell'UE], in N. Helwig et al., Sharpening EU sanctions policy [Rafforzamento della politica sanzionatoria dell'UE], Rapporto 63 del Finnish Institute of International Affairs [Istituto finlandese per gli affari internazionali], Helsinki. Studio commissionato dall'ufficio del primo ministro finlandese, 2020, pag. 23.

(15)  Decisione (PESC) 2022/1506 del Consiglio, del 9 settembre 2022, relativa a un'azione dell'Unione europea a sostegno dello sviluppo di strumenti di tecnologie dell'informazione per migliorare la diffusione delle informazioni sulle misure restrittive dell'Unione (GU L 235 del 12.9.2022, pag. 30).

(16)  Portela, C., «What if the EU made sanctions compatible with humanitarian aid?» [E se l'UE rendesse le misure restrittive compatibili con gli aiuti umanitari?], in F. Gaub (a cura di), What if…? Fourteen Scenarios for 2021 [Quattordici scenari per il 2021], EUISS, Parigi, 2020.

(17)  Debarre, A., Safeguarding humanitarian action in sanctions regimes [Salvaguardare l'azione umanitaria nei regimi sottoposti a misure restrittive], New York, International Peace Institute, 2019.

(18)  Risoluzione 2664 delle Nazioni Unite, S/RES/2664 (2022).

(19)  Il paragrafo operativo 1 della risoluzione S/RES/2664 (2022) del Consiglio di sicurezza dell'ONU stabilisce che l'erogazione di finanziamenti o la fornitura di beni e servizi necessari per garantire la prestazione tempestiva di assistenza umanitaria da parte delle Nazioni Unite (…) o di organizzazioni non governative o di altri soggetti aggiunti dai singoli Comitati istituiti dal Consiglio «sono consentite e non costituiscono una violazione del congelamento dei beni imposto dal Consiglio o dai suoi Comitati delle sanzioni».

(20)  Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, comunicato stampa, Treasury Implements Historic Humanitarian Sanctions Exceptions [Storica decisione del Tesoro di applicare delle eccezioni umanitarie alle sanzioni], 20 dicembre 2022.

(21)  COM(2022) 684 final.

(22)  GU C 100 del 16.3.2023, pag. 105.

(23)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).

(24)  Mangas Martin, A., «Sobre la vinculatoriedad de la PESC y el espacio aéreo como territorio de un estado (Comentario al auto del TS español de 26 de noviembre de 2020, sala de lo penal)» [Il carattere vincolante della PESC e lo spazio aereo in quanto territorio di uno Stato (commento all'ordinanza della Corte suprema spagnola del 26 novembre 2020, sezione penale)], Revista General de Derecho Europeo [Rivista generale di diritto europeo], 53, 2021.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/64


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un adeguato reddito minimo che garantisca l'inclusione attiva

[COM(2022) 490 final — 2022/0299 (NLE)]

(2023/C 184/12)

Relatori:

Jason DEGUARA e Paul SOETE

Consultazione

Commissione europea, 25.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

8.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

143/0/8

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore il contenuto della raccomandazione proposta dalla Commissione europea — in particolare per quanto concerne l'applicazione di criteri realistici e sufficienti quanto al livello di adeguatezza e accessibilità del reddito minimo, la relativa garanzia giuridica e il sistema delle relazioni da presentare, nonché il riconoscimento, da parte della Commissione, della necessità di una politica sociale attiva e di ulteriori azioni per combattere la povertà in tutta l'UE.

1.2.

In materia di reddito minimo adeguato, è necessario adottare un approccio universale basato sui diritti che non lasci indietro nessuno, non applichi criteri eccessivamente restrittivi e si fondi su misurazioni precise che ne garantiscano l'efficacia.

1.3.

Affrontare la povertà e le disparità di reddito è importante non solo per motivi di equità sociale, ma anche per sostenere la crescita economica. Ed è in quest'ottica che occorre richiamare l'attenzione anche sull'effetto stabilizzatore complessivo che i regimi di reddito minimo hanno per l'economia.

1.4.

Il diritto degli Stati membri di definire i principi dei loro sistemi sociali, le competenze complementari dell'UE e degli Stati membri e il pieno utilizzo degli strumenti dei Trattati europei dovrebbero essere i principi guida di qualsiasi azione dell'UE nel campo della protezione sociale.

1.5.

Un'occupazione sostenibile e di buona qualità costituisce il modo migliore per uscire dalla povertà e dall'esclusione sociale. Nel contempo, garantire la partecipazione di un maggior numero di persone a un mercato del lavoro inclusivo e di buona qualità contribuisce a finanziare i sistemi di protezione sociale e li rende più sostenibili dal punto di vista finanziario.

1.6.

Attualmente, in un gran numero di Stati membri la determinazione e la rivalutazione delle prestazioni di reddito minimo non sono né basate su una metodologia solida né correlate a indicatori di riferimento per una vita dignitosa basati su dati statistici. Il primo passo consiste dunque nell'elaborare una siffatta metodologia e nel tenere conto delle diverse fonti di reddito e delle situazioni specifiche delle famiglie.

1.7.

Il CESE insiste sulla necessità di mantenere i redditi minimi in linea con l'inflazione, e in particolare con l'aumento del costo della vita per l'alimentazione e l'energia; e reputa che tale adeguamento dovrebbe aver luogo con cadenza regolare, con il sostegno delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e degli enti previdenziali.

1.8.

Il monitoraggio continuo dell'attuazione delle politiche di sostegno al reddito e delle altre politiche di protezione sociale che garantiscono l'inclusione attiva è necessario per conseguire gli obiettivi della raccomandazione proposta. Le relazioni degli Stati membri sui progressi compiuti dovrebbero essere redatte con la partecipazione delle organizzazioni pertinenti della società civile, degli enti di previdenza sociale e delle parti sociali; o, in alternativa, tali relazioni dovrebbero essere periodicamente oggetto di monitoraggio da parte della Commissione, secondo il meccanismo indicato nella raccomandazione del Consiglio proposta.

2.   Introduzione

2.1.

Nell'UE, malgrado i relativi progressi compiuti dall'inizio di questo secolo nella riduzione della povertà e dell'esclusione sociale, nel 2021 erano ancora oltre 95,4 milioni le persone a rischio di povertà.

2.2.

Tale rischio aumenta per le persone che vivono in nuclei familiari (pressoché) senza occupati, mentre in molti Stati membri aumentano la gravità e la persistenza della povertà; ovunque, poi, il rischio di povertà è più elevato per le donne che per gli uomini. L'UE si è posta l'obiettivo di ridurre il numero delle persone a rischio di povertà di almeno 15 milioni entro il 2030.

2.3.

A lungo termine, l'evoluzione demografica avrà importanti conseguenze economiche in quanto la forza lavoro è destinata a contrarsi e una popolazione in rapido invecchiamento eserciterà ulteriori pressioni sulle finanze pubbliche e sul finanziamento dei regimi di reddito minimo.

2.4.

A rendere ancora più impegnativo il contesto attuale dell'accordo politico in sede di Consiglio sono sopraggiunti la guerra in Ucraina, l'incremento dei prezzi dell'energia e l'aumento dell'inflazione. Il Fondo monetario internazionale stima che, a livello globale, l'inflazione sia aumentata dell'8,8 % nel 2022 e aumenti del 6,5 % nel 2023.

2.5.

Le famiglie monoparentali costituiscono meno del 15 % delle famiglie dell'UE, ma presentano un rischio di povertà e di non occupazione molto più elevato. Neanche un lavoro a tempo pieno mette tali famiglie al riparo dal rischio di povertà. Quanto alle famiglie a doppio reddito con lavori a tempo pieno, le quali normalmente non sono a rischio di povertà, sono comunque a rischio se in esse vi sono più di due figli a carico (1).

2.6.

Le prestazioni di reddito minimo sono prestazioni di ultima istanza, subordinate a particolari condizioni reddituali, concesse sulla base delle necessità e, per i disoccupati che sono in grado di lavorare, combinate con incentivi sufficienti a (ri)entrare nel mercato del lavoro. Di solito le politiche nazionali richiedono una valutazione del reddito disponibile in combinazione con la verifica del patrimonio personale. I regimi di reddito minimo sono integrati nei contesti e nelle tradizioni nazionali e collegati ai più ampi sistemi di protezione sociale di ciascuno Stato membro.

2.7.

Non solo in generale, ma anche all'interno dell'UE, vi sono grandissime differenze tra i regimi sociali per quanto riguarda il livello e la composizione del reddito minimo. Come indicano gli studi della Commissione, la situazione sul mercato del lavoro dei beneficiari del reddito minimo varia notevolmente da uno Stato membro all'altro.

2.8.

Nessun paese garantisce attualmente alle famiglie senza occupati un sostegno al reddito adeguato al fine di prevenire il rischio di povertà, e il 20 % delle persone senza lavoro non ha diritto a ricevere alcun sostegno. Esiste inoltre un problema di mancato utilizzo del reddito minimo, stimato tra il 30 e il 50 %.

2.9.

Le componenti del reddito da prendere in considerazione per analizzare il livello di reddito minimo sono i salari, le prestazioni di assistenza sociale, le prestazioni per i figli a carico (il reddito aggiuntivo più comune), le indennità di alloggio, energetiche e sanitarie e altre prestazioni ancora come ad esempio quelle in natura, tutte misurate al netto delle imposte e dei contributi sociali.

2.10.

A livello UE, si sono occupati del reddito minimo le seguenti azioni e i seguenti strumenti:

la raccomandazione 92/441/CE del Consiglio e la raccomandazione 2008/867/CE della Commissione relativa all'inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro,

il pilastro europeo dei diritti sociali, e in particolare l'articolo 14 (2) e altri principi quali il «sostegno attivo all'occupazione», la «protezione sociale», l'«accesso ai servizi essenziali», l'«istruzione, formazione e apprendimento permanente» e le «pari opportunità»,

il semestre europeo, che offre un quadro per il monitoraggio pertinente delle attività di coordinamento delle politiche sulla base del quadro di riferimento per l'analisi comparativa del comitato per la protezione sociale del Consiglio,

le conclusioni del Consiglio del 2020 sul rafforzamento della protezione del reddito minimo durante la pandemia di COVID-19 e oltre, che invitano gli Stati membri a rivedere i rispettivi regimi nazionali di reddito minimo (3),

gli orientamenti in materia di occupazione per il 2022.

3.   Osservazioni generali

3.1.

La povertà è un fenomeno multidimensionale che si manifesta in tutti gli ambiti della vita e rispecchia le inadeguatezze dei sistemi intesi a ridistribuire le risorse e le opportunità in modo giusto ed equo. Pertanto, un regime di reddito minimo è una condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per consentire una vita dignitosa e un percorso praticabile di uscita dalla povertà. La povertà si interseca con altre forme di ingiustizia sociale. Le disuguaglianze razziali e di genere aggravano il rischio di povertà, e la povertà aumenta a sua volta il rischio di esclusione e discriminazione, che si manifesta soprattutto in termini di salute, di istruzione e formazione e di esposizione alla dipendenza finanziaria e alla violenza.

3.2.

Il CESE accoglie con favore il contenuto della raccomandazione proposta dalla Commissione europea — in particolare per quanto concerne l'applicazione di criteri realistici e sufficienti quanto al livello di adeguatezza e accessibilità del reddito minimo, la relativa garanzia giuridica e il sistema delle relazioni da presentare, nonché il riconoscimento, da parte della Commissione, della necessità di una politica sociale attiva e di ulteriori azioni per combattere la povertà in tutta l'UE. La raccomandazione proposta rappresenta un passo verso l'attuazione del principio 14 del pilastro europeo dei diritti sociali, secondo cui «chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita».

3.3.

L'illegale e barbara aggressione della Russia ai danni dell'Ucraina ha reso ancora più impegnativo il contesto dell'accordo politico in sede di Consiglio, considerati il forte incremento dei prezzi dell'energia e l'elevato tasso di inflazione che incidono sulle famiglie, e in particolare su quelle a basso reddito. Le megatendenze in atto — quali la globalizzazione, le transizioni digitale e verde e i cambiamenti demografici — fanno sì che i mercati del lavoro europei stiano attraversando un periodo di grandi trasformazioni. E i regimi di reddito minimo svolgono un ruolo fondamentale nel fornire sostegno e incentivi al (re)inserimento delle persone nel mercato del lavoro.

3.4.

In materia di reddito minimo adeguato, è necessario adottare un approccio universale basato sui diritti che non lasci indietro nessuno, non applichi criteri eccessivamente restrittivi, si basi su requisiti trasparenti e non discriminatori e si fondi su misurazioni precise che ne garantiscano l'efficacia. Una società inclusiva dovrebbe tenere conto di tutte le sue componenti, e gli Stati membri dovrebbero introdurre meccanismi solidi di monitoraggio per dare seguito, senza ulteriori indugi, alle iniziative sul reddito minimo e monitorarne l'applicazione.

3.5.

Regimi di reddito minimo efficaci possono contribuire a garantire il rispetto dei diritti umani e un tenore di vita dignitoso per tutti, aiutando i cittadini a rimanere attivi e inclusi nella società, nonché a integrarli in un'occupazione sostenibile e di buona qualità. Il CESE sottolinea inoltre l'importanza, nell'Unione europea, dei regimi di reddito minimo per i lavoratori autonomi, i quali dovrebbero avere pieno diritto allo stesso sostegno e alle stesse prestazioni di altre categorie sociali.

3.6.

Affrontare la povertà e le disparità di reddito è importante non solo per motivi di equità, ma anche per sostenere la crescita economica. Come indicato nella relazione dell'OCSE del 2021 (4), politiche fiscali ben concepite possono favorire una crescita inclusiva e sostenibile e contribuire alla ridistribuzione del reddito e della ricchezza. In quest'ottica, una crescita inclusiva dovrebbe puntare all'equità nella condivisione dei benefici della crescita stessa e alla promozione dell'inclusività dei mercati del lavoro. Ed è sempre in quest'ottica che occorre richiamare l'attenzione anche sull'effetto stabilizzatore complessivo che i regimi di reddito minimo hanno per l'economia.

3.7.

I regimi di reddito minimo dovrebbero far parte di strategie nazionali di lotta alla povertà che integrino efficacemente misure volte a conseguire salari equi e un lavoro dignitoso e a garantire l'accesso a servizi essenziali di qualità e a prezzi abbordabili, alla sicurezza sociale di base e a un adeguato sostegno al reddito, nonché servizi sociali incentrati sulla persona e politiche di inclusione attiva.

3.8.

Il CESE sottolinea l'obiettivo di una metodologia a livello europeo, sorretta da un'analisi europea, che aiuti gli Stati membri a definire l'adeguatezza del reddito minimo con un metodo appropriato, come l'indicatore di rischio di povertà (AROP) concordato dall'UE — pari al 60 % del reddito disponibile equivalente — e/o sostenuta da un bilancio di riferimento (a sua volta basato su un paniere di beni e servizi quali cibo, alloggio, acqua, elettricità, riscaldamento, telecomunicazioni, sanità, trasporti, tempo libero e cultura).

3.9.

Come indicato nei considerando dell'accordo politico del Consiglio, un'occupazione sostenibile e di qualità costituisce il modo migliore per uscire dalla povertà e dall'esclusione sociale. Quanto maggiore è il numero delle persone presenti sul mercato del lavoro, tanto più saranno disponibili finanziamenti sostenibili per i sistemi di protezione sociale, in quanto questi sono in gran parte finanziati attraverso le imposte sul lavoro.

3.10.

Benché nel corso degli anni gli Stati membri abbiano sviluppato e riformato le loro reti di sicurezza sociale, tenendo conto degli orientamenti forniti dalla raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, gli sviluppi nell'economia, nei mercati del lavoro e nelle società europee in generale hanno finito per porre nuove sfide e reso necessario e urgente aggiornare il quadro europeo per affrontare le disuguaglianze di reddito e la povertà.

3.11.

Il diritto degli Stati membri di definire i principi dei loro sistemi sociali, le competenze complementari dell'UE e degli Stati membri e il pieno utilizzo degli strumenti dei Trattati europei dovrebbero essere i principi guida di qualsiasi azione dell'UE nel campo della protezione sociale. È quindi importante analizzare i regimi di reddito minimo esistenti in relazione ai regimi globali di protezione sociale degli Stati membri, ma ciò non toglie che vi siano margini per un'azione al livello UE che sostenga gli sforzi degli Stati membri in questo campo.

3.12.

Per attenuare le disparità di reddito occorrono riforme determinate, politiche coordinate e azioni ben mirate da parte degli Stati membri in un'ampia gamma di settori strategici, quali i sistemi fiscali e previdenziali, i meccanismi di determinazione dei salari, gli incentivi per il mercato del lavoro, l'istruzione e la formazione, le pari opportunità e servizi di buona qualità, accessibili a tutti e a costi contenuti. Inoltre, un prerequisito fondamentale per tutti i sistemi di ridistribuzione è una crescita sostenibile basata sul corretto funzionamento dei mercati e su imprese competitive.

3.13.

Il CESE concorda con la conclusione dei servizi della Commissione secondo cui l'orientamento professionale, i piani d'azione individuali e l'integrazione delle misure di attivazione nel reddito minimo hanno un effetto positivo sulla probabilità di trovare un impiego con successo.

3.14.

Il CESE sottolinea la conclusione dei servizi della Commissione secondo cui gran parte dei beneficiari del reddito minimo non sono destinatari di misure di politica attiva del mercato del lavoro (PAML), anche nei casi in cui essi potrebbero essere in grado di lavorare. Se, da un lato, occorre un giusto equilibrio generale tra gli incentivi e un legame più stretto con le condizioni per beneficiare del sostegno al reddito e delle misure di attivazione, dall'altro occorre prestare attenzione a fasce sociali specifiche come i giovani adulti al di fuori del mercato del lavoro o a rischio di povertà o di esclusione sociale.

3.15.

La Rete europea di lotta alla povertà (EAPN) ha individuato nell'adeguatezza, nell'accessibilità e nella funzione di sostegno i tre criteri fondamentali di elaborazione delle politiche per i regimi di reddito minimo. Più precisamente:

per adeguatezza si intende un importo sufficiente per una vita dignitosa;

l'accessibilità riguarda la garanzia dell'accesso e una copertura completa per tutte le persone che necessitano di regimi di reddito minimo;

la funzione di sostegno si riferisce all'uso di parametri di progettazione che sono in linea con un «paradigma di inclusione attiva» integrato e incentrato sulla persona.

3.16.

Come giustamente sottolineato nell'accordo politico del Consiglio, adempimenti amministrativi sproporzionati, scarsa consapevolezza o timori di stigmatizzazione o discriminazione possono far sì che le persone ammissibili al reddito minimo non chiedano di accedervi.

3.17.

Le imprese dell'economia sociale, insieme alle piccole e medie imprese in generale, svolgono un ruolo importante, soprattutto per quanto riguarda il livello occupazionale d'ingresso. Il CESE accoglie con favore il piano d'azione della Commissione per l'economia sociale ed esorta la Commissione stessa a valutare i migliori progetti al livello appropriato.

3.18.

Occorre dedicare un'attenzione particolare a gruppi specifici quali le famiglie monoparentali, le famiglie migranti, i giovani, le persone con disabilità e i Rom.

3.19.

Oggi molti pensionati dipendono da un reddito minimo, in quanto la loro pensione è troppo bassa. Per queste persone anziane, se non sono in grado di lavorare, non è possibile rientrare nel mercato del lavoro per ottenere un reddito migliore. Esse hanno pertanto bisogno di sistemi pensionistici che forniscano loro una pensione adeguata, in modo da non dover contare sul sostegno al reddito minimo. E, dato che le tendenze demografiche in atto negli Stati membri indicano che in futuro vi sarà un maggior numero di pensionati, è importante che gli Stati membri dispongano di sistemi pensionistici che erogano pensioni adeguate.

3.20.

Il CESE propone che gli Stati membri valutino i livelli di reddito minimo almeno su base annua e che detti livelli siano indicizzati per tenere conto dell'inflazione, almeno su base annua e a seconda del tasso di inflazione.

4.   Osservazioni particolari

4.1.    Adeguatezza del reddito minimo

4.1.1

Attualmente, in un gran numero di Stati membri la determinazione e la rivalutazione delle prestazioni di reddito minimo non sono né basate su una metodologia solida né correlate a indicatori basati su dati statistici. Il primo passo consiste dunque nell'elaborare una siffatta metodologia e nel tenere conto delle diverse fonti di reddito e delle situazioni specifiche delle famiglie.

4.1.2

Per quanto riguarda il livello del reddito minimo, il CESE osserva che nella raccomandazione in esame sono proposti diversi metodi per definire tale minimo, consistenti nel rifarsi alla soglia nazionale di rischio di povertà, nel calcolare il valore monetario dei beni e dei servizi necessari secondo le definizioni nazionali o nel far riferimento ad altre leggi o prassi nazionali consolidate. Ciò implica anche la possibilità di prendere in considerazione sistemi con bilanci di riferimento, i quali si basano su un paniere di beni e servizi definito a livello nazionale, tale da rispecchiare il costo della vita in un determinato Stato membro o anche in una sua regione, e possono contribuire a orientare la valutazione dell'adeguatezza.

4.1.3

Il CESE insiste sulla necessità di mantenere i redditi minimi in linea con l'inflazione, e in particolare con l'aumento del costo della vita per l'alimentazione e l'energia; e reputa che tale adeguamento dovrebbe aver luogo con cadenza regolare. In quest'ottica, l'esigenza di un riesame annuale a livello di ciascuno Stato membro costituisce una raccomandazione chiara.

4.1.4

I bilanci di riferimento dei panieri di beni e servizi devono essere sviluppati a livello nazionale, con un coordinamento a livello europeo. Ciò aiuterebbe gli Stati membri a garantire l'adeguatezza dei regimi di reddito minimo. Il paniere di beni e servizi deve comprendere, tra gli altri, l'alloggio, l'acqua, l'elettricità, il riscaldamento, le telecomunicazioni, l'alimentazione, la sanità, i trasporti, la cultura e il tempo libero. I meccanismi che consentono un'indicizzazione rapida e precisa dei prezzi reali sono fondamentali per garantire l'adeguatezza, soprattutto in tempi di crisi che incidono sul costo della vita.

4.1.5

Occorrerebbe evitare che le indennità di reddito minimo siano utilizzate come mezzo per sovvenzionare bassi salari. Laddove siano previste soluzioni integrative per coloro che si trovano in condizioni di povertà lavorativa, dovrebbe trattarsi di misure temporanee e complementari. Nel riconoscere la molteplicità delle forme occupazionali, è opportuno incoraggiare e sostenere una politica attiva del mercato del lavoro e una politica salariale adeguata, unitamente a sistemi di sicurezza sociale e fiscali di sostegno, al fine di garantire un'occupazione di buona qualità e un tenore di vita dignitoso. Alle persone che, in via permanente o totale, non sono in grado di lavorare in condizioni dignitose per condurre una vita dignitosa andrebbero garantite robuste reti di sicurezza fintanto che duri questo loro stato di necessità.

4.1.6

Il CESE accoglie con favore la decisione secondo cui indennità come l'assegno di invalidità non saranno considerate parte dell'accertamento delle fonti di reddito per decidere se una persona abbia diritto all'indennità di reddito minimo, in quanto tali prestazioni coprono i costi aggiuntivi dovuti a esigenze specifiche. Si tratta di una dimostrazione di sensibilità nei confronti di coloro che, nella nostra società, hanno veramente bisogno di aiuto.

4.1.7

Una speciale attenzione va riservata alle famiglie più vulnerabili e a quelle monoparentali, in cui il genitore solo è perlopiù una donna, dato che per queste famiglie la funzione integrativa delle prestazioni per figli a carico, dell'accessibilità dell'assistenza all'infanzia e di altri servizi di assistenza riveste un'importanza essenziale.

4.1.8

I salari minimi adeguati, stabiliti per legge o mediante contrattazione collettiva, costituiscono uno strumento prezioso per affrontare la povertà. L'attuazione della direttiva relativa a salari minimi adeguati avrà un impatto positivo sul rischio di povertà per una parte significativa della forza lavoro — certamente per i singoli lavoratori occupati a tempo pieno e per le famiglie a doppio reddito. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate ad attuare tali misure mediante contratti collettivi. Una volta attuata la direttiva, il salario minimo potrebbe, se del caso, essere utilizzato anche come riferimento per il reddito minimo, sempreché quest'ultimo sia situato al livello di povertà.

4.1.9

Il CESE ritiene che i regimi di reddito minimo dovrebbero includere sia le prestazioni in denaro che quelle in natura per coloro che non possono lavorare o per i quali è quasi impossibile lavorare.

4.1.10

Le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa possono svolgere un ruolo importante anche nell'attrarre le persone inattive verso il mercato del lavoro (5).

4.1.11

L'obiettivo del Consiglio europeo di ridurre di 15 milioni il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è fissato per il 2030 e potrebbe sembrare limitato in termini di ambizione. Tuttavia, esso va considerato un obiettivo minimo, tenendo conto del fatto che alcuni paesi sono attualmente persino al di sotto del 20 % in termini di adeguatezza e avranno bisogno di molto tempo per raggiungere gli obiettivi. La Commissione ha dichiarato che la raccomandazione prevede un periodo di attuazione progressiva per le disposizioni relative all'adeguatezza del sostegno al reddito. Per quanto concerne le altre sfide, come la copertura e l'utilizzo del regime in questione, i tempi dovrebbero essere più brevi.

4.2.    Copertura, ammissibilità e utilizzo

4.2.1

Attualmente, in media il 20 % delle persone senza lavoro non è ammissibile ai regimi di reddito minimo. Ciò è dovuto alle condizioni di ammissibilità riguardanti l'età minima e il periodo di soggiorno nel paese, alla mancanza di recapito per le persone senza dimora, a problemi relativi alla composizione della famiglia ecc. Tutte lacune nella copertura che dovrebbero essere affrontate dagli Stati membri. Si pone inoltre il problema della continuità della copertura durante le diverse fasi della vita e dell'attività. In ogni caso, negli Stati membri dovrebbero essere stabiliti criteri di accesso trasparenti e non discriminatori.

4.2.2

La responsabilità del mancato utilizzo sembra doversi imputare in larga parte all'amministrazione; si tratta di una situazione ingiusta, che occorre affrontare con decisione. A quanto pare, il mancato utilizzo del reddito minimo negli Stati membri oscillerebbe tra il 30 e il 50 %. Si tratta però di una stima molto elevata e piuttosto approssimativa. Gli Stati membri dovrebbero quindi essere incoraggiati a raccogliere informazioni sul mancato utilizzo e sui motivi per cui tale percentuale è così elevata. Il CESE è assolutamente favorevole a che l'accordo politico del Consiglio si concentri sulla promozione del pieno ricorso al reddito minimo attraverso una serie di misure quali la riduzione degli adempimenti amministrativi, la garanzia di informazioni accessibili e di facile comprensione, azioni volte a combattere la stigmatizzazione e interventi proattivi a favore delle persone che non dispongono di risorse sufficienti.

4.2.3

Il reddito minimo dovrebbe garantire esplicitamente l'accesso ai giovani adulti a partire dai 18 anni di età e ai migranti. Poiché il reddito minimo è una prestazione a carattere non contributivo, occorre evitare un linguaggio ambiguo per quanto riguarda la durata «adeguata» del periodo di soggiorno.

4.2.4

Per valutare correttamente l'attuale copertura dei regimi di reddito minimo, sono necessari indicatori quantitativi e qualitativi disaggregati a livello di Unione europea. Un'attenzione particolare andrebbe dedicata ai tassi di utilizzo e all'efficacia di tali regimi, in particolare per quanto riguarda le categorie sociali emarginate, compresi i Rom, i rifugiati e le persone senza fissa dimora.

4.3.    Accesso al mercato del lavoro

4.3.1

I regimi di reddito minimo dovrebbero essere progettati con forti misure di attivazione per le persone in grado di lavorare, nel rispetto delle politiche in materia di priorità di assistenza temporanea. In ogni caso, il reddito da lavoro non dovrebbe ridurre in modo sproporzionato le prestazioni sociali, in modo da evitare una «trappola degli incentivi».

4.3.2

Occorre sviluppare pienamente la partecipazione ai programmi di lavori pubblici e le opportunità nel settore dell'economia sociale, specialmente per le fasce sociali più vulnerabili.

4.3.3

Per i disoccupati di lunga durata e le persone inattive in grado di entrare nel mercato del lavoro è particolarmente importante ricevere un sostegno mirato. Le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa, insieme a misure strutturali volte a facilitare l'inclusione delle persone appartenenti alle fasce sociali più vulnerabili, possono agevolarne l'ingresso nel mercato del lavoro, ma dovrebbero essere temporanee.

4.3.4

La partecipazione ai programmi di attivazione richiede la disponibilità di misure adeguate, quali programmi di istruzione e formazione e di apprendimento permanente, accompagnate da servizi di sostegno quali consulenza, tutoraggio o assistenza nella ricerca di un impiego. La messa a punto di misure efficaci richiede un forte impegno da parte degli Stati membri nelle politiche attive del mercato del lavoro, in collaborazione con i soggetti interessati quali le parti sociali. Le amministrazioni pertinenti e il rispettivo personale dovrebbero essere qualificati per svolgere il loro difficile compito e dovrebbero attingere alle conoscenze scientifiche e specialistiche. Le qualifiche individuali, il potenziale, le competenze e i piani di carriera dei disoccupati dovrebbero essere presi sistematicamente in considerazione.

4.4.    Accesso ai servizi essenziali

4.4.1

La raccomandazione in esame conferma la necessità di garantire un accesso effettivo a servizi essenziali (acqua, servizi igienico-sanitari, energia, trasporti, servizi finanziari e comunicazioni digitali) di buona qualità e a prezzi abbordabili, come indicato nel principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali. La digitalizzazione dovrebbe essere considerata un nuovo determinante sociale dell'accesso ai servizi essenziali, e andrebbero presi provvedimenti per colmare il divario digitale.

4.5.    Governance

4.5.1

Il CESE sottolinea la necessità di rendere più efficace la governance delle reti di sicurezza sociale a tutti i livelli. Occorre dedicare particolare attenzione a un forte coordinamento tra le diverse parti interessate, a livello sia orizzontale che verticale. I ruoli e le responsabilità dei soggetti interessati dovrebbero essere definiti con chiarezza evitando nel contempo la compartimentazione.

4.5.2

L'attuazione dei regimi di reddito minimo dovrebbe coinvolgere tutte le parti interessate, comprese le organizzazioni della società civile (e in particolare quelle che lavorano con le persone in condizioni di povertà), i prestatori di servizi sociali e le parti sociali in tutti gli Stati membri. Le parti interessate dovrebbero essere consultate nell'ambito della messa a punto di meccanismi di monitoraggio e valutazione costanti.

4.6.    Monitoraggio

4.6.1

Come indicato nell'accordo politico del Consiglio, il monitoraggio costante dell'attuazione delle politiche di sostegno al reddito e delle relative misure di attivazione del mercato del lavoro, nonché dell'accesso ai servizi, sostenuto da valutazioni periodiche, è necessario per conseguire gli obiettivi della raccomandazione nel modo più efficiente possibile. Le relazioni degli Stati membri sui progressi compiuti dovrebbero essere redatte con una partecipazione significativa delle organizzazioni pertinenti della società civile, degli enti di previdenza sociale e delle parti sociali o, in alternativa, le loro relazioni dovrebbero essere oggetto di monitoraggio da parte della Commissione. Il CESE non è, come indicato nel progetto di raccomandazione, uno dei tanti soggetti interessati a livello di Unione europea, bensì un organo dell'UE cui i Trattati assegnano un ruolo istituzionale centrale nel processo di monitoraggio.

4.6.2

I regimi di reddito minimo dovrebbero includere garanzie che scongiurino qualsiasi discriminazione nei confronti dei loro beneficiari effettivi o potenziali, nonché meccanismi per garantire l'accessibilità alle fasce sociali più vulnerabili. Tutti gli Stati membri dovrebbero istituire organismi interni per monitorare il rispetto sia degli obblighi di protezione dei dati che dei diritti fondamentali di tutte le parti interessate.

4.6.3

Per progredire, è importante partire dalle informazioni esistenti a livello dell'UE e intraprendere le azioni necessarie affinché ciascuno Stato membro si trovi in una posizione più favorevole per migliorare il funzionamento del proprio regime in materia di reddito. E a tal fine è necessario anche condividere le rispettive prassi nazionali e organizzare seminari ed eventi tematici. A questo proposito, e per esaminare i progressi compiuti, il CESE accoglie con favore le attività istituzionali proposte, come il rafforzamento della cooperazione esistente tra la Commissione e gli Stati membri nell'ambito del comitato per la protezione sociale, del comitato per l'occupazione e della rete europea dei servizi pubblici per l'impiego. Occorre tuttavia trovare soluzioni per superare le difficoltà e gli ostacoli causati dalla normativa in materia di protezione dei dati, la cui applicazione potrebbe intralciare senza necessità l'agevole cooperazione tra le autorità competenti.

4.6.4

Le fasi di monitoraggio degli Stati membri sono imprescindibili, in particolare per i paesi che sono ancora in ritardo rispetto agli obiettivi stabiliti. Il CESE sottolinea l'importanza di compiere chiari passi avanti utilizzando il semestre europeo e altri strumenti per continuare a seguire i progressi compiuti da tutti gli Stati membri.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Ive Marx, Elize Aerts e Zachary Parolin, Minimum income support for families with children in Europe and the US. Where do we stand?, SocArXiv, maggio 2022; Eurostat, Children at risk of poverty or social exclusion, 2022.

(2)  Chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un reddito minimo adeguato che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l'accesso effettivo a beni e servizi abilitanti. Per chi può lavorare, il reddito minimo dovrebbe essere combinato con incentivi alla (re)integrazione nel mercato del lavoro.

(3)  Il CESE si è già occupato di reddito minimo in una serie di pareri: Per una direttiva quadro europea in materia di reddito minimo (parere d'iniziativa) (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1); Salari minimi dignitosi in tutta Europa (parere esplorativo richiesto dal Parlamento europeo/Consiglio) (europa.eu), punti 1.6 e 3.3.7 (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159); Reddito minimo europeo e indicatori di povertà (parere d'iniziativa) (europa.eu) (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 23).

(4)  OCSE, Tax and fiscal policies after the COVID-19 crisis [Politiche fiscali e di bilancio dopo la crisi della COVID-19], 2021.

(5)  Il ruolo delle prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa nel mercato del lavoro è evidenziato al punto 3.4.3 del parere SOC/737 sul tema Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 161).


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/71


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, e che sopprime l'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE e l'articolo 11 della direttiva 2010/41/UE

[COM(2022) 688 final — 2022/0400 (COD)]

e sulla proposta di direttiva del Consiglio sulle norme riguardanti gli organismi per la parità in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, parità di trattamento in materia di occupazione e impiego tra le persone indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall'età o dall'orientamento sessuale, parità di trattamento tra le donne e gli uomini in materia di sicurezza sociale e per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, e che sopprime l'articolo 13 della direttiva 2000/43/CE e l'articolo 12 della direttiva 2004/113/CE

[COM(2022) 689 final — 2022/0401 (APP)]

(2023/C 184/13)

Relatrici:

Sif HOLST e Nicoletta MERLO

Consultazione

Parlamento europeo, 15.12.2022 [COM(2022) 688 final]

Consiglio dell'Unione europea, 21.12.2022 [COM(2022) 688 final]

Commissione europea, 8.2.2023 [COM(2022) 689 final]

Base giuridica

Articolo 19, paragrafo 1, e articolo 157, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

8.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

164/01/02

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa di conferire agli organismi per la parità il ruolo di difensori dei diritti delle vittime di discriminazione, e in particolare apprezza l'attenzione esplicitamente rivolta dall'iniziativa agli aspetti della promozione e della prevenzione ma anche all'adeguatezza delle risorse di tali organismi, che li mette in condizione di svolgere il loro ruolo in maniera indipendente ed efficace.

1.2.

Il CESE sottolinea l'importanza che le direttive proposte in materia di organismi per la parità assicurino il giusto equilibrio tra normazione e sussidiarietà e nel contempo tengano ferma la priorità di realizzare il loro obiettivo di fondo, che è quello di accrescere la forza e l'efficacia di tali organismi.

1.3.

Ritenendo che non tenere adeguatamente conto delle forme intersezionali e multiple di discriminazione equivarrebbe a sprecare un'opportunità, il CESE chiede che l'aspetto dell'intersezionalità sia preso in considerazione nelle politiche a livello sia nazionale che dell'UE, in modo tale da garantire che ogni singola vittima ottenga la dovuta protezione.

1.4.

Il CESE apprezza la proposta di introdurre l'obbligo giuridico di assicurarsi che gli organismi per la parità siano liberi da influenze esterne e dotati di risorse umane, professionali, tecniche e finanziarie sostenibili e sufficienti.

1.5.

Il CESE sostiene l'obbligo per le istituzioni pubbliche di consultare tempestivamente gli organismi per la parità e di tenere conto delle loro raccomandazioni, ma raccomanda che gli Stati membri siano tenuti a riferire in merito alle azioni intraprese in relazione alle loro interazioni con gli organismi per la parità e ai risultati di tali azioni.

1.6.

Il CESE reputa che il fatto di affidare il meccanismo di sorveglianza alla Commissione europea sia garanzia di un elevato livello di attenzione a tale monitoraggio. Tuttavia, affinché il meccanismo sia efficace, chiede che si riesamini la frequenza con cui vanno presentate le relazioni, valutando la possibilità di portarla a tre anni, rispetto ai cinque previsti dalle direttive proposte.

1.7.

Il CESE apprezza il chiarimento riguardo al fatto che «accessibilità per tutti» significa anche dedicare un'attenzione specifica alle esigenze di accesso delle persone con disabilità, e sottolinea che l'accessibilità può riguardare anche, ad esempio, l'accesso alla consulenza.

1.8.

Il CESE considera molto importante rispettare la diversità dei quadri giuridici e delle prassi nazionali in materia di non discriminazione — compreso il fatto che molti Stati membri hanno conferito agli organismi per la parità poteri che vanno al di là dei requisiti minimi posti dalle direttive vigenti in materia — e tenere conto delle differenze nei modi in cui le parti sociali e le organizzazioni della società civile sono coinvolte nel processo. Le normative proposte dovrebbero rispettare i principi di sussidiarietà e proporzionalità, svolgendo nel contempo una funzione di salvaguardia contro l'eventuale abbassamento degli standard di tutela delle vittime di discriminazione. Il CESE insiste inoltre sulla necessità che le normative proposte promuovano un ruolo guida per le parti sociali e le organizzazioni della società civile nell'attuazione dei quadri nazionali in materia di non discriminazione e rafforzino le pratiche esistenti di sostegno alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile da parte degli organismi per la parità.

1.9.

Il CESE riconosce che l'esercizio di poteri d'indagine nel quadro di procedimenti per conto o a sostegno delle vittime di discriminazione deve lasciare impregiudicati i poteri d'indagine esercitati, e l'indipendenza delle indagini condotte, dagli organi giurisdizionali e da altri organismi pubblici di controllo quali gli ispettorati del lavoro.

1.10.

Il CESE chiede di garantire ai denuncianti una protezione adeguata e alle vittime un risarcimento proporzionato al pregiudizio subito, nonché di comminare sanzioni certe per gli autori delle violazioni, basandosi su un approccio incentrato sulla persona nei confronti delle vittime di violenza o discriminazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni subiti dalla vittima, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive ed essere stabilite a livello nazionale in linea con i quadri giuridici e le prassi nazionali (1).

1.11.

Il CESE propone di promuovere campagne d'informazione sui diritti sanciti dalla normativa europea e sul rispetto della diversità, campagne delineate e finanziate dalla Commissione europea, realizzate a livello locale dagli organismi nazionali per la parità insieme alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali ed adattate alle esigenze dei singoli territori. Al riguardo occorre dedicare una particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili e condurre campagne specifiche destinate ai bambini e ai giovani fin dall'inizio dell'età scolare.

1.12.

Il CESE chiede che si raccolgano e analizzino con cadenza regolare dati disaggregati per monitorare le diseguaglianze e le discriminazioni, comprese quelle multiple, e sottolinea l'importanza di condurre ricerche sistematiche sulle disuguaglianze e la discriminazione, anche in cooperazione con la società civile organizzata e, per le questioni relative al lavoro, con le parti sociali.

2.   Contesto del parere

2.1.

Gli organismi per la parità sono istituzioni pubbliche nazionali istituite in tutta Europa per promuovere l'uguaglianza per tutti e combattere la discriminazione. Si tratta di organizzazioni indipendenti che tutelano e assistono le vittime, monitorano le questioni relative alle discriminazioni e riferiscono in merito. Essi svolgono un ruolo fondamentale nell'«architettura di non discriminazione» dell'Unione europea (2).

2.2.

I primi organismi per la parità sono stati istituiti dalla direttiva sull'uguaglianza razziale (2000/43/CE) (3). Tre successive direttive sulla parità — e più precisamente sulla parità di genere — hanno affidato a organismi per la parità gli stessi compiti nel proprio rispettivo ambito di applicazione: l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (direttiva 2004/113/CE) (4), l'occupazione e l'impiego (direttiva 2006/54/CE) (5) e l'esercizio di attività autonome (direttiva 2010/41/UE) (6).

2.3.

Tali direttive non contengono riferimenti alla struttura e al funzionamento degli organismi per la parità, ma stabiliscono soltanto alcune loro competenze minime e dunque non precludono la possibilità di differenze anche sostanziali tra gli organismi dei diversi Stati membri. Nel 2018 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sulle norme riguardanti gli organismi per la parità (7), con l'obiettivo di rimediare alle difficoltà dovute alla genericità e all'incompletezza delle norme su tali organismi contenute nelle direttive europee. Tuttavia, neanche questa raccomandazione è riuscita a porre rimedio alla suddetta discrasia (8).

2.4.

Il 7 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato due proposte (9) volte a rafforzare gli organismi per la parità, e in particolare ad accrescerne l'indipendenza, le risorse e i poteri, affinché essi possano combattere la discriminazione in maniera più efficace nel quadro di tutte le direttive europee già adottate in materia di parità di trattamento.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L'uguaglianza, essendo uno dei valori fondamentali dell'UE, costituisce altresì una delle priorità del CESE. In una serie di pareri precedenti (10), il CESE ha riconosciuto gli sforzi profusi dall'UE per la parità di genere, per la tutela contro le discriminazioni fondate sull'origine etnica, la razza, l'età, la religione, le opinioni o le convinzioni personali, per la tutela dei diritti delle persone LGBTQIA+ e delle persone con disabilità nonché per l'integrazione dei Rom e la promozione dei diritti dei migranti. Il CESE ha inoltre sottolineato la necessità di politiche forti, di risorse reali, di impegni a lungo termine e di un sostegno più significativo agli organismi nazionali per la parità e la difesa dei diritti umani, in particolare al fine di migliorarne il grado di indipendenza ed efficienza e di dotarli di maggiori risorse umane e finanziarie (11).

3.2.

Il CESE accoglie con favore questa iniziativa volta a dotare gli organismi per la parità delle garanzie e dei mezzi necessari per difendere i diritti delle vittime di discriminazione, e la considera un contributo indispensabile al più ampio lavoro della Commissione europea per progredire verso un'Unione dell'uguaglianza, imperniata sulla promozione della parità di trattamento e della non discriminazione quale principio generale del diritto dell'UE.

3.3.

Il CESE accoglie con particolare favore il fatto che, nelle due proposte in esame, si ponga espressamente l'accento sulla promozione e sulla prevenzione, quale riconoscimento tempestivo della necessità di politiche, azioni e norme minime che affrontino con decisione il problema della discriminazione strutturale e contrastino gli stereotipi spesso ancora presenti nella nostra società, promuovendo una maggiore uniformità tra gli Stati membri nel rispetto delle strutture e delle impostazioni esistenti e funzionanti a livello di ciascuno di essi.

3.4.

Il CESE sottolinea l'importanza che le direttive proposte in materia di organismi per la parità assicurino il giusto equilibrio tra normazione e sussidiarietà e nel contempo tengano ferma la priorità di realizzare il loro obiettivo di fondo, che è quello di accrescere la forza, l'indipendenza e l'efficacia di tali organismi.

3.5.

Il CESE concorda con la Commissione europea nel ritenere che, per creare le condizioni affinché tutti possano vivere, prosperare ed assumere ruoli di guida indipendentemente dalle differenze, sia necessario conferire più mezzi e più poteri agli organismi per la parità esistenti, in modo che questi possano realizzare appieno il loro potenziale ed essere meglio preparati a prevenire le discriminazioni e ad assistere coloro che ne sono vittime.

3.6.

Il CESE è dell'avviso che promuovere gli organismi per la parità sia di cruciale importanza al fine di garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini dell'UE. Promuovendo attivamente tali organismi, l'UE assicura un sostegno a tutti i cittadini europei discriminati e garantisce loro il diritto ad essere tutelati e rappresentati.

3.7.

Il CESE ribadisce quanto affermato al punto 2.10 del suo parere sul tema Migliorare la parità nell'UE (12), e cioè che la promozione dell'uguaglianza e la tutela dei diritti fondamentali devono «essere integrate in una visione sociale più ampia, che moltiplichi e rafforzi gli strumenti attraverso i quali gli Stati membri e le istituzioni europee danno forma concreta al sostegno per i singoli e per gli attori pubblici e privati».

3.8.

In questo ambito è necessaria un'azione a livello dell'UE che sia in linea con i principi di sussidiarietà e proporzionalità e coerente con le altre politiche dell'Unione europea. La Commissione europea ha dichiarato che l'iniziativa in esame è intesa a rivedere la legislazione già in vigore per aumentarne l'efficacia, per stabilire norme minime e per coinvolgere le parti sociali e la società civile.

4.   Osservazioni particolari

4.1.    Rafforzare le competenze degli organismi per la parità

4.1.1.

Considerato il protrarsi dello stallo sull'adozione della cosiddetta «direttiva orizzontale», e basandosi su un approccio incentrato sulle vittime secondo cui giustizia tardiva equivale a giustizia negata, il CESE reputa che non tenere adeguatamente conto delle discriminazioni intersezionali e multiple equivarrebbe a sprecare un'opportunità: alcune forme di discriminazione, infatti, non possono essere affrontate considerando i diversi motivi discriminatori isolatamente, ma necessitano di un approccio intersezionale.

4.1.2.

Benché diverse direttive in vigore impongano agli Stati membri di istituire organismi nazionali per la parità, attualmente il diritto dell'UE lascia agli Stati stessi un ampio margine di discrezionalità riguardo alla configurazione e al funzionamento di tali organismi, tra i quali esistono in effetti differenze significative in termini di poteri, indipendenza, risorse, accessibilità ed efficacia. La nuova iniziativa volta a introdurre norme minime in materia di organismi per la parità si colloca nell'ambito degli sforzi della Commissione europea per procedere verso un'Unione dell'eguaglianza e accresce l'efficacia della normativa antidiscriminazione dell'UE.

4.1.3.

La proposta della Commissione europea di estendere il mandato degli organismi per la parità all'ambito di applicazione della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, in modo che tali organismi siano in grado di svolgere una funzione di tutela anche contro la discriminazione di genere nel campo della sicurezza sociale statale, non deve pregiudicare il ruolo e i poteri delle parti sociali e anzi dovrebbe servire a rafforzare e sostenere il loro lavoro.

4.1.4.

Il CESE appoggia la proposta di introdurre l'obbligo giuridico di assicurarsi che gli organismi per la parità siano liberi da influenze esterne e dotati di risorse umane, professionali, tecniche e finanziarie sostenibili e sufficienti, e apprezza il fatto che, nelle direttive proposte, si attribuisca a questo aspetto un'importanza centrale.

4.1.5.

Il CESE plaude altresì alla proposta di istituire salvaguardie forti a garanzia dell'indipendenza degli organismi per la parità — un punto, questo, di cruciale importanza affinché essi possano offrire un sostegno sufficiente ai cittadini.

4.1.6.

Il CESE sottolinea la particolare importanza delle disposizioni volte a garantire agli organismi per la parità una dotazione di risorse umane, tecniche e finanziarie adeguata. La disponibilità e l'adeguatezza di tali risorse sono infatti precondizioni necessarie sia per l'indipendenza di tali organismi che per la loro capacità di proteggere efficacemente le vittime e prevenire le discriminazioni.

4.1.7.

Parte della proposta della Commissione europea prevede l'obbligo, per le istituzioni pubbliche, di consultare tempestivamente gli organismi per la parità e tenere conto delle loro raccomandazioni. Il CESE raccomanda che gli Stati membri siano tenuti a riferire in merito alle azioni intraprese in relazione alle raccomandazioni formulate dagli organismi per la parità, nonché ai risultati delle suddette azioni.

4.1.8.

La proposta prevede inoltre che la Commissione europea stabilisca indicatori comuni per misurare e garantire la comparabilità dei dati raccolti a livello nazionale e pubblichi, con cadenza quinquennale, una relazione sugli organismi per la parità di tutta l'UE. Il CESE accoglierebbe con favore un aumento della frequenza di questo esercizio e suggerisce pertanto alla Commissione europea di ridurre l'intervallo tra due relazioni a tre anni.

4.1.9.

Non si insisterà mai abbastanza sull'importanza del monitoraggio. Monitorare gli organismi per la parità è infatti l'unico modo di accertarsi della loro reale efficacia e capacità di fornire il sostegno necessario alle vittime di discriminazioni. E il CESE reputa che il fatto di affidare questo meccanismo di sorveglianza alla Commissione europea sia garanzia di un elevato livello di attenzione a tale monitoraggio.

4.1.10.

Il CESE ritiene inoltre che la Commissione europea debba promuovere attivamente l'accesso generale di tutte le vittime di discriminazioni alle risorse e all'assistenza offerte dagli organismi per la parità. Un obiettivo, questo, che richiede una sorveglianza efficace, ma anche una promozione adeguata degli organismi per la parità che operano a livello locale, nonché il dialogo con gli Stati membri. Associare a questo dialogo anche le organizzazioni della società civile e le parti sociali può apportare un notevole valore aggiunto e rendere tale sorveglianza ancora più efficace.

4.1.11.

Il CESE rinnova la sua richiesta di una maggiore cooperazione con — e un maggiore sostegno per — le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani che operano in prima linea, in particolare nelle comunità emarginate e più vulnerabili, come indicato nei propri lavori precedenti (13).

4.1.12.

Ricordando che «l'intersezione di fattori quali la razza, l'origine etnica, l'estrazione sociale, l'età, l'orientamento sessuale, la nazionalità, la religione, il sesso, la disabilità, lo status di profugo o di migrante, e altri ancora, ha un effetto moltiplicatore che rafforza la discriminazione» (14), il CESE segnala l'importanza di continuare a disporre di programmi di scambio di conoscenze e di promozione dell'apprendimento a tutti i livelli, garantendo tra l'altro un approccio intersezionale al relativo lavoro.

4.1.13.

Il CESE apprezza il fatto che le direttive proposte dettino disposizioni volte a garantire agli organismi per la parità plurimandato le risorse e la visibilità necessarie per svolgere la loro funzione di tutela dell'uguaglianza. Tuttavia, il significato di «esercizio autonomo del mandato sulla parità» dovrà essere ulteriormente definito e interpretato, avendo cura, tra le altre cose, di evitare che esso implichi una separazione ermetica tra i diversi mandati nei casi in cui essi possano essere utilizzati per rafforzarsi e integrarsi a vicenda. Introdurre negli organismi per la parità una divisione in «compartimenti stagni», con una pluralità di dipartimenti dedicati, potrebbe essere controproducente ai fini del rafforzamento di tali organismi.

4.2.    Accesso effettivo alla giustizia per le vittime di discriminazione

4.2.1.

Parte delle proposte in esame è intesa a garantire che, nell'affrontare i casi di discriminazione, gli organismi per la parità siano più incisivi, e che i servizi da loro forniti siano gratuiti nonché accessibili, su un piano di parità, a tutte le vittime di discriminazioni.

4.2.2.

Il CESE reputa che l'assistenza offerta dagli organismi per la parità sia essenziale per garantire che il ricorso — giurisdizionale o amministrativo — individuale non sia l'unica possibilità a disposizione delle vittime di discriminazione, ma fa notare che le competenze di tali organismi devono lasciare impregiudicate ed integrare la rappresentanza collettiva e la legittimazione ad agire delle parti sociali. Il CESE apprezza inoltre il chiarimento riguardo al fatto che «accessibilità per tutti» significa anche dedicare un'attenzione specifica alle esigenze di accesso delle persone con disabilità, e sottolinea che l'accessibilità può riguardare anche, ad esempio, l'accesso alla consulenza per coloro che vivono in luoghi remoti o incontrano difficoltà ad accedere alle risorse online. L'assistenza da parte degli organismi per la parità è un prerequisito per affrontare le dimensioni strutturali, intersezionali e sistemiche delle disuguaglianze.

4.2.3.

Il CESE sottolinea l'importanza della capacità degli organismi per la parità di agire sia in seguito a denunce da parte delle vittime che per sollevare questioni a livello più generale, di propria iniziativa o in esito al dialogo con le organizzazioni pertinenti della società civile o le parti sociali. Il timore delle possibili conseguenze, compresa la perdita dei mezzi di sussistenza, potrebbe dissuadere alcune vittime dal segnalare il loro caso. Ed anche la mancanza di consapevolezza dei propri diritti e di come farli rispettare potrebbe costituire un ostacolo.

4.2.4.

È estremamente importante tenere conto della notevole diversità tra gli Stati membri in termini di numero, struttura e modus operandi degli organismi per la parità e rispettare i quadri giuridici e le prassi nazionali, ma esercitare nel contempo una funzione di salvaguardia contro l'eventuale abbassamento degli standard di tutela delle vittime di discriminazione, compreso quello dovuto all'attenuazione degli attuali poteri di tali organismi per effetto delle diverse legislazioni nazionali. Inoltre, esistono differenze anche per quanto riguarda il modo in cui le parti sociali e le organizzazioni della società civile sono coinvolte nel processo, e di questo occorre tenere conto (15).

4.2.5.

Il CESE reputa che il diritto degli organismi per la parità di partecipare a procedimenti giudiziari — già riconosciuto in una serie di Stati membri — sia essenziale per garantire una migliore protezione dei principi della parità di trattamento, in particolare nelle situazioni in cui le vittime non hanno accesso alla giustizia a causa di ostacoli procedurali o finanziari e le parti sociali non sono in grado di assisterle. Il CESE sottolinea inoltre che, in linea con le direttive sulla parità vigenti, i diritti processuali degli organismi per la parità dovrebbero lasciare impregiudicate ed integrare le competenze pertinenti e la legittimazione ad agire delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, conformemente ai criteri stabiliti dal diritto nazionale applicabile (16). Al riguardo è molto importante che, a livello nazionale, gli organismi per la parità cooperino con le autorità giudiziarie ordinarie e amministrative pertinenti, e in particolare con i giudici del lavoro, e con le parti sociali.

4.2.6.

Il CESE riconosce che l'assolvimento dell'onere della prova nei casi previsti dalle vigenti direttive sulla parità di trattamento presuppone il diritto di accedere alle prove in capo a tutti i soggetti che abbiano un legittimo interesse ad agire per conto o a sostegno delle vittime di discriminazione, quali le parti sociali, gli organismi per la parità e le organizzazioni della società civile. L'esercizio di poteri d'indagine nel quadro di tali procedimenti deve lasciare impregiudicati i poteri d'indagine esercitati, e l'indipendenza delle indagini condotte, dagli organi giurisdizionali e da altri organismi pubblici di controllo quali gli ispettorati del lavoro.

4.2.7.

Il CESE ritiene che le due proposte in esame debbano basarsi maggiormente su un approccio incentrato sulla persona nei confronti delle vittime di violenza o discriminazione. In quest'ottica, occorrerebbe prevedere un'adeguata protezione per i denuncianti, onde evitare che il timore di ripercussioni induca al silenzio, nonché garantire alle vittime un risarcimento proporzionato e adeguato al pregiudizio subito e comminare sanzioni certe per gli autori delle violazioni. Tali sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni subiti dalla vittima, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive, in linea con l'articolo 17 della direttiva 2000/78/CE (17).

4.3.    Sensibilizzazione

4.3.1.

Il CESE accoglie con favore l'attenzione rivolta dalla proposta all'attività di sensibilizzazione e sottolinea l'importanza che gli Stati membri e gli organismi per la parità intensifichino gli sforzi in questo senso, anche sostenendo la società civile organizzata per prevenire la discriminazione e creare uguaglianza. Il CESE propone che campagne d'informazione sui diritti sanciti dalla normativa europea e sul rispetto della diversità, campagne delineate e finanziate dalla Commissione europea, siano realizzate dagli organismi nazionali per la parità insieme alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali ed adattate alle esigenze dei singoli territori. Al riguardo occorre dedicare una particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili e organizzare campagne specifiche destinate ai bambini e ai giovani già a partire dell'inizio dell'età scolare.

4.3.2.

Il CESE chiede con forza che le parti sociali e le organizzazioni della società civile siano coinvolte nella preparazione, nell'attuazione e nella diffusione delle suddette campagne d'informazione. Le conoscenze delle organizzazioni interessate amplieranno la portata e accresceranno l'efficacia di tali campagne e consentiranno ai gruppi più vulnerabili di fare udire la loro voce.

4.4.    Raccolta di dati

4.4.1.

Gli organismi per la parità svolgono un ruolo di particolare rilievo ai fini della raccolta dei dati, che non si limita ai dati relativi al loro stesso lavoro. Le direttive proposte riconoscono l'importanza di questo ruolo, cosicché, tra le altre cose, conferiscono ai suddetti organismi il potere di accedere ai dati statistici raccolti da altre entità, pubbliche o private, come organismi pubblici, sindacati, imprese e organizzazioni della società civile. Tali dati statistici non dovrebbero contenere dati personali e devono essere raccolti con modalità tali da comportare, per le entità in questione, il minimo aggravio di lavoro o finanziario possibile. Gli organismi per la parità saranno inoltre tenuti a preparare relazioni annuali di attività e relazioni periodiche sulla situazione della parità di trattamento e della discriminazione nel rispettivo paese. Si tratta di funzioni importanti e di ampia portata, che potranno senz'altro essere di grande utilità, ma il cui esercizio richiederà altrettanto certamente notevoli risorse. Il CESE sottolinea pertanto l'importanza di dotare gli organismi per la parità di risorse supplementari adeguate per l'esercizio di tali funzioni.

4.4.2.

Per garantire un'attenzione costante alle disuguaglianze e alle discriminazioni esistenti, il CESE chiede che si raccolgano e analizzino con cadenza regolare dati disaggregati per monitorare le discriminazioni basate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età e l'orientamento sessuale.

4.4.3.

Il CESE sottolinea l'importanza di condurre regolarmente ricerche sulla disuguaglianza e la discriminazione, nonché la necessità di una stretta cooperazione, per le questioni relative al lavoro, tra la Commissione europea, gli Stati membri, gli organismi per i diritti umani, le organizzazioni della società civile e le parti sociali in materia di monitoraggio, valutazione e sviluppo dell'agenda politica.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (Sanzioni) (GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16).

(2)  Equinet (Rete europea di enti nazionali per le pari opportunità).

(3)  Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica (GU L 180 del 19.7.2000 pag. 22).

(4)  Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37).

(5)  GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.

(6)  GU L 180 del 15.7.2010, pag. 1.

(7)  Raccomandazione (UE) 2018/951 della Commissione, del 22 giugno 2018, sulle norme riguardanti gli organismi per la parità (GU L 167 del 4.7.2018, pag. 28).

(8)  Raccomandazione (UE) 2018/951 della Commissione, del 22 giugno 2018, sulle norme riguardanti gli organismi per la parità (GU L 167 del 4.7.2018, pag. 28).

(9)  COM(2022) 688 final e COM(2022) 689 final.

(10)  Cfr. in particolare i pareri sulla condizione delle donne con disabilità (SOC/579) (GU C 367 del 10.10.2018, pag. 20); la situazione delle donne Rom (SOC/585) (GU C 110 del 22.3.2019, pag. 20); l'agenda dell'UE sui diritti delle persone con disabilità 2020-2030 (SOC/616) (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 41); la gestione della diversità negli Stati membri dell'UE (SOC/642) (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 7); la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025 (SOC/667) (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 128); il piano d'azione per l'integrazione e l'inclusione 2021-2027 (SOC/668) (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 134); la strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 (SOC/680) (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 50); e la strategia relativa all'inclusione dei Rom post 2020.

(11)  Parere del CESE sul tema Migliorare la parità nell'UE (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 56).

(12)  Parere del CESE sul tema Migliorare la parità nell'UE (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 56).

(13)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 50.

(14)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 20.

(15)  La legittimazione ad agire di tutti i soggetti — quali i sindacati, le associazioni dei datori di lavoro, gli organismi per la parità e le organizzazioni della società civile — aventi un interesse legittimo ad avviare procedimenti relativi a casi di discriminazione di cui alle direttive europee sulla parità è disciplinata dalle direttive europee sulla parità vigenti, e, più specificamente, dall'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva quadro sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (direttiva 2000/78/CE) e dall'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva sull'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione e impiego (rifusione) (direttiva 2006/54/CE).

(16)  Il considerando 34 della direttiva proposta nel documento COM(2022) 688 final e il considerando 35 di quella proposta nel documento COM(2022) 689 final precisano che le disposizioni relative al diritto degli organismi per la parità di agire in giudizio non pregiudicano le prerogative, i diritti e i compiti delle parti sociali e della società civile in relazione alle procedure finalizzate all'esecuzione degli obblighi derivanti dalla normativa antidiscriminazione.

(17)  GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/78


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Revisione del piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico illegale di specie selvatiche

[COM(2022) 581 final]

(2023/C 184/14)

Relatrice:

Ozlem YILDIRIM

Correlatore:

Cillian LOHAN

Consultazione

Commissione europea, 25.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

9.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

152/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il piano d'azione riveduto dell'UE contro il traffico di specie selvatiche contiene molti elementi appropriati, che lo renderebbero un successo. Le quattro priorità e i loro obiettivi sono ben progettati e rappresentano un miglioramento rispetto alla versione precedente. Tuttavia, il CESE è preoccupato per le risorse che saranno destinate all'attuazione del piano a livello nazionale, e si chiede se siano sufficienti poiché, qualora non lo fossero, il piano potrebbe andare incontro al fallimento, come è avvenuto per quello precedente.

1.2.

Il CESE si compiace del fatto che la Commissione europea si sia impegnata a fornire risorse finanziarie e umane sufficienti per frenare il traffico di specie selvatiche integrando il commercio di specie selvatiche nei fondi dell'UE destinati a: (i) sicurezza e criminalità organizzata; (ii) ambiente; e (iii) cooperazione e partenariati internazionali. Questo dovrebbe essere una priorità in particolare nel quadro della piattaforma multidisciplinare europea di lotta alle minacce della criminalità (EMPACT), del Fondo sicurezza interna, del programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE), del programma Interreg e dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale.

1.3.

Tuttavia, è importante concordare una percentuale di questi fondi da dedicare completamente al contenimento del traffico di specie selvatiche, al fine di garantire la responsabilità nel contesto del piano d'azione. Gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a fornire fondi sufficienti per formare al loro interno personale specializzato nel contrasto del traffico di specie selvatiche. I fondi stanziati dovrebbero essere notificati, monitorati e valutati come parte dell'attuazione del piano d'azione a livello nazionale. Oltre al personale, le risorse dovrebbero comprendere anche le attrezzature necessarie. Inoltre, il personale dovrebbe operare in condizioni di lavoro di elevata qualità, con pieni diritti di contrattazione collettiva e una struttura di carriera progressiva. Si tratta di requisiti essenziali per attrarre le persone più valide e mantenere livelli elevati di motivazione. Occorre dedicare particolare attenzione alle questioni relative alla salute, al benessere e alla sicurezza personale.

1.4.

La lotta al traffico di specie selvatiche dovrebbe essere integrata in tutte le politiche a livello dell'UE e degli Stati membri. Si dovrebbero prevedere dei requisiti minimi e omogenei di formazione per tutti gli attori coinvolti nella prevenzione del traffico di specie selvatiche e uno sviluppo adeguato di capacità in funzione delle competenze richieste nei diversi settori in cui il traffico viene integrato. Tra i pubblici ministeri, i giudici, i funzionari doganali, le autorità CITES nazionali e le autorità di polizia si dovrebbero formare unità o personale specializzato in grado di individuare, arrestare, perseguire e giudicare coloro che sono coinvolti in reati contro le specie selvatiche.

1.5.

In tutti gli Stati membri dovrebbero inoltre essere istituite strutture omogenee, che a giudizio del CESE dovrebbero assumere la forma di comitati interagenzia e unità specializzate o personale formato per combattere il traffico di specie selvatiche. Questi comitati interagenzia includerebbero rappresentanti di unità specializzate nella lotta al traffico di specie selvatiche. I comitati interagenzia sarebbero particolarmente utili per fornire consulenza e organizzare all'interno degli Stati membri indagini congiunte con altre agenzie che si occupano di altre attività illegali, come i crimini finanziari e i crimini informatici. Questi sono solitamente collegati al traffico di fauna selvatica, poiché gli esponenti della criminalità organizzata possono utilizzare e effettivamente utilizzano i loro canali destinati ad altri tipi di reato (come il traffico di droga o il riciclaggio di denaro) per il traffico di prodotti della fauna selvatica. Dovrebbero essere istituiti canali appositi per la comunicazione e la collaborazione con le parti sociali e la società civile.

1.6.

L'inclusione di obblighi di dovuta diligenza per le imprese che operano nell'UE, mediante un'ambiziosa direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, potrebbe incoraggiare le imprese a commercializzare innanzitutto le specie selvatiche ottenute in modo sostenibile e dissuaderle dall'intraprendere attività illegali, nonché aiutare le autorità giudiziarie a individuare i criminali.

1.7.

Il CESE considera importante collaborare con i settori commerciali coinvolti nel commercio di specie selvatiche per contenere la domanda di prodotti di specie selvatiche nell'UE e ridurre l'importazione illegale di tali prodotti. Il piano prevede sessioni tematiche con il gruppo di garanzia della legalità dell'UE per il commercio di specie selvatiche, destinate ai rappresentanti delle imprese interessate, per affrontare questioni specifiche (ad esempio medicina tradizionale, animali da compagnia esotici, industria del lusso, turismo venatorio, settori del legname, della pesca e del commercio di prodotti ittici, trasporti, corrieri e commercio online). Tuttavia un elemento essenziale della strategia dovrebbero essere delle campagne di informazione coordinate, destinate al pubblico e specificamente volte a ridurre la domanda. Le organizzazioni della società civile potrebbero anch'esse svolgere un ruolo per ridurre la domanda, realizzando attività di sensibilizzazione e conducendo campagne intese a ridurre la domanda destinate alle comunità che consumano prodotti illegali di fauna selvatica nell'UE.

1.8.

Il CESE invita la Commissione a coinvolgere gli organismi nazionali e sovranazionali di contrasto nell'attività diretta ad aumentare la visibilità della prevenzione e del perseguimento del commercio delle specie minacciate di estinzione, nel quadro della loro attività di comunicazione sulla criminalità organizzata svolta sia mediante i loro strumenti di comunicazione permanenti che attraverso campagne mirate temporanee.

1.9.

Infine, è di fondamentale importanza che la Commissione europea istituisca un chiaro e ambizioso meccanismo di monitoraggio e valutazione per seguire l'attuazione del piano d'azione e per misurarne i progressi e il successo, tenendo conto dell'azione esterna dell'UE per combattere il traffico illegale di specie selvatiche (in linea con la priorità 4).

2.   Contesto

2.1.

Il traffico di specie selvatiche è diventato una delle attività criminali organizzate più redditizie al mondo, che secondo le stime della Commissione europea vale fino a 20 miliardi di EUR all'anno (1) globalmente. In tutto il mondo, il commercio illegale di specie selvatiche è cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni perché è considerato un'attività a basso rischio e ad alto rendimento.

2.2.

Nonostante il suo quadro giuridico a vasto raggio per la protezione della fauna selvatica, l'Unione europea è un importante mercato finale e piattaforma di transito per il commercio illegale di fauna selvatica. L'importanza dell'UE come mercato per i prodotti illegali delle specie selvatiche è dettagliata nelle relazioni annuali sui grandi sequestri, che la Commissione europea richiede ogni anno dal 2011.

2.3.

Riconoscendo che l'UE è un mercato importante per i prodotti della fauna selvatica, la Commissione europea ha compiuto sforzi senza precedenti per sensibilizzare le imprese, i consumatori e il pubblico in generale sulle caratteristiche e sulla portata del traffico di specie selvatiche in Europa. Di conseguenza, nel febbraio 2016, la Commissione europea ha adottato il piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche (2), che definisce un programma completo per combattere il traffico illegale di specie selvatiche all'interno dell'UE e per rafforzare il ruolo dell'UE nella lotta globale contro queste attività illegali. Nonostante abbia elevato con successo il profilo del traffico di specie selvatiche a questione prioritaria, il piano d'azione ha avuto scarso impatto sulla riduzione della domanda. L'organizzazione non governativa TRAFFIC (3) ha pubblicato un rapporto (4) compilando i dati di tutti i sequestri eseguiti nell'ambito della Convenzione sul commercio delle specie minacciate di estinzione (CITES) per il 2018, che mostra che la domanda di specie selvatiche nell'UE non è cambiata da quando sono stati raccolti i primi dati nel 2011.

2.4.

L'ultimo rapporto di TRAFFIC sui sequestri nel 2020 (5) riflette l'impatto della pandemia di COVID-19 sul traffico di specie selvatiche. È probabile che il calo dei sequestri segnalati sia stato in parte determinato da una diminuzione dei flussi commerciali dovuta alle perturbazioni provocate dalla COVID-19 nel trasporto aereo, nelle operazioni commerciali e in altre modalità di trasporto o vendita di merci. È stata osservata una significativa riduzione dei sequestri di esemplari di specie selvatiche nell'UE nel 2020, sebbene ciò non indichi necessariamente cambiamenti nella domanda o cambiamenti nelle dinamiche del commercio illegale di tali specie.

2.5.

Oltre ad essere un mercato di importazione, l'UE è anche una regione di origine per alcune specie in via di estinzione, come l'anguilla europea (Anguilla anguilla). Dal 2016 al 2017 sono state arrestate 48 persone e sequestrati 4 000 kg di giovani anguille vive, per un valore di circa 4 milioni di EUR. Inoltre, non tutta la fauna selvatica illegale che entra in Europa è destinata ai mercati europei, e l'UE spesso funge da punto di transito. Le forze dell'ordine spesso sequestrano pangolini, cavallucci marini, avorio e pinne di squalo in provenienza dall'Africa e destinati all'Asia.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L'UE deve restare vigile e moltiplicare gli sforzi per arrestare e invertire il traffico di specie selvatiche. Questo lucroso commercio non solo rappresenta un rischio per la salute umana a causa della trasmissione di malattie zoonotiche, ma compromette direttamente anche le politiche dell'UE a favore dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo, in particolare gli obiettivi di sviluppo sostenibile relativi alla protezione della biodiversità e degli ecosistemi globali (6), nonché gli sforzi per rafforzare il buon governo e combattere le diseguaglianze.

3.2.

Oggi il traffico di animali selvatici non solo porta molte specie (comprese alcune specie emblematiche) sull'orlo dell'estinzione, ma ostacola anche lo sviluppo economico sostenibile (7). In breve, il piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche deve essere attuato in maniera efficace per soddisfare gli accordi ambientali internazionali dell'UE, in particolare la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) e la Convenzione sulla diversità biologica (CBD). Tuttavia, il CESE incoraggia la Commissione europea ad andare oltre questi accordi internazionali al fine di migliorare la protezione della fauna selvatica nell'UE e frenare il traffico di specie selvatiche, cosa che genererebbe benefici non solo nell'UE ma anche a livello mondiale. Il traffico di specie selvatiche è uno dei principali motori della perdita di biodiversità che, oltre a portare molte specie all'estinzione, contribuisce ai cambiamenti climatici, favorendo il taglio illegale di alberi, che sono essenziali per l'immagazzinamento del carbonio.

3.3.

Altrettanto importante è il fatto che dobbiamo fermare la criminalità organizzata transnazionale e le sue conseguenze fatali. Secondo un rapporto UNEP-Interpol, i crimini ambientali sono aumentati del 26 % (8). Essi comprendono il traffico di specie selvatiche, sono una minaccia per la pace la sicurezza e lo Stato di diritto e spesso convergono con altri reati gravi come la corruzione, la criminalità informatica e la criminalità finanziaria. In alcune regioni africane, ad esempio, il traffico di specie selvatiche costituisce una minaccia per la sicurezza nazionale. È necessario menzionare anche l'omicidio, poiché le persone incaricate di proteggere le specie in via di estinzione affrontano una minaccia reale per la loro vita e pagano a caro prezzo il loro impegno. L'organizzazione Thin Green Line Foundation ha rilevato che tra il 2009 e il 2016 sono stati denunciati 595 omicidi di guardiani di parchi ad opera di bracconieri. Altre centinaia di guardiani sconosciuti sono stati uccisi nei paesi in via di sviluppo, senza che la loro scomparsa venisse segnalata. «Nel 2017 è stata segnalata l'uccisione di oltre 100 guardiani, e il 2018 presenta una tendenza analoga, con quasi due morti a settimana» (9).

3.4.

Il CESE accoglie con favore la revisione del piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche e la decisione di inserire il traffico di specie selvatiche al centro dell'azione della Commissione europea. Il CESE concorda con la valutazione della Commissione europea riguardo il precedente piano d'azione dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche, secondo cui la mancanza di personale specializzato, risorse e formazione in molti Stati membri e paesi terzi rimane un problema grave. Inoltre è assolutamente necessario migliorare la cooperazione: (i) all'interno degli Stati membri dell'UE; (ii) tra gli Stati membri dell'UE; (iii) tra paesi UE ed extra UE; e (iv) con le parti interessate e la società civile. Infine, si dovrebbe fare di più per garantire la tracciabilità digitale e la cooperazione digitale tra le agenzie.

3.5.

Il CESE si compiace del fatto che la Commissione europea abbia collegato la revisione della direttiva sui reati ambientali al piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche. Tuttavia teme che la direttiva sui reati ambientali non sarà all'altezza del compito di disporre sanzioni efficaci e dissuasive per il traffico di specie selvatiche. Il 9 dicembre 2022 il Consiglio ha adottato la sua posizione sul fascicolo e ha notevolmente ridotto le sanzioni per le persone fisiche, riducendo al contempo le ambizioni di armonizzazione delle sanzioni per le persone giuridiche. I livelli proposti dal Consiglio sono troppo bassi per essere dissuasivi ed efficaci. I limiti massimi delle sanzioni pecuniarie non dovrebbero essere inferiori al 15 % del fatturato mondiale totale della persona giuridica coinvolta, un limite molto superiore a quello del 5 % o del 3 % adottato dal Consiglio. Il CESE ritiene che un'ambiziosa direttiva sui reati ambientali sia essenziale per realizzare un efficace piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il piano d'azione dovrebbe fare esplicito riferimento agli informatori e ad altri difensori dei diritti umani ambientali come soggetti interessati nello sviluppo e nell'attuazione del piano a livello dell'UE e nazionale, in quanto svolgono un ruolo fondamentale nel denunciare e prevenire le violazioni del diritto ambientale. Queste persone dovrebbero anche essere protette da intimidazioni o azioni legali quando denunciano il traffico di specie selvatiche o assistono nelle indagini, come prevede peraltro l'attuale direttiva sui reati ambientali.

4.2.

Il CESE considera importante collaborare con i settori commerciali coinvolti nel commercio di specie selvatiche per ridurre la domanda di prodotti di specie selvatiche nell'UE, porre un freno al commercio illegale di specie selvatiche e garantire che l'eventuale commercio di tali specie avvenga in maniera legale e sostenibile. Il piano prevede sessioni tematiche con il gruppo di garanzia della legalità dell'UE per il commercio di specie selvatiche, destinate ai rappresentanti delle imprese interessate, per affrontare questioni specifiche (ad esempio medicina tradizionale, animali da compagnia esotici, industria del lusso, turismo venatorio, settori del legname, della pesca e del commercio di prodotti ittici, trasporti, corrieri e commercio online). Tuttavia, il ruolo che le organizzazioni della società civile possono svolgere per combattere il traffico di specie selvatiche dovrebbe essere maggiormente riconosciuto e integrato nel piano d'azione e nella relativa attuazione (ad esempio attraverso campagne dirette a creare sensibilizzazione e a produrre un cambio dei comportamenti). Le informazioni fornite dall'UE ai suoi cittadini sulle norme, i rischi e le conseguenze del commercio e dell'utilizzo di prodotti della fauna selvatica non sono ampiamente diffuse; tuttavia, le informazioni sulle pratiche e sull'uso della medicina tradizionale (che comportano l'utilizzo di parti e derivati della fauna e dalla flora selvatiche per i medicamenti) sono ampiamente diffuse in tutta l'UE. Questa pratica comporta rischi per gli utenti (poiché alcuni rimedi non hanno benefici scientificamente provati) e conseguenze fatali per le specie selvatiche catturate e commercializzate (accelerando la loro estinzione). Con una maggiore prevenzione su questo argomento specifico, l'UE potrebbe ridurre di una percentuale che va fino al 30 % l'anno il traffico dei prodotti di fauna selvatica, essendo questo il tasso di prodotti di fauna selvatica sequestrati destinati all'uso medicinale nell'UE (10). In questo contesto, anche il CESE e le autorità di contrasto potrebbero essere coinvolti nella realizzazione di campagne pubbliche di sensibilizzazione al problema.

4.3.

Il CESE raccomanda che venga perseguita l'omogeneità tra Stati membri nell'attribuzione di responsabilità chiare per l'attuazione delle azioni a livello nazionale e nel coordinamento tra i soggetti interessati. L'offerta di opzioni come quelle indicate nel piano per garantire il coordinamento (ad esempio: (i) la creazione di comitati interagenzia o memorandum d'intesa; (ii) l'adozione di piani d'azione nazionali; o (iii) la nomina di un punto focale nazionale), creerà incertezza, perché gli Stati membri sceglieranno opzioni diverse. Lo sviluppo di comitati interagenzia a livello nazionale, con un punto focale designato per ciascuno, contribuirà all'attuazione del piano d'azione.

4.4.

È fondamentale che questi comitati interagenzia e il personale o le unità specializzate ricevano una formazione omogenea in tutti i 27 Stati membri. In tal modo si faciliterebbe la cooperazione negli Stati membri e tra essi, perché il personale sarebbe in grado di reagire, indagare e perseguire i reati secondo modalità analoghe. Il fatto che ogni agenzia avrebbe un punto focale migliorerebbe anche la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri e con i paesi terzi al di fuori dell'UE. Un punto focale migliorerebbe la cooperazione, rendendo più facile e veloce per i comitati interagenzia e il personale specializzato degli Stati membri contattarsi a vicenda, specie quando si presentano casi urgenti connessi al traffico transfrontaliero. I punti focali potrebbero rendere più agile la cooperazione tra gli Stati membri, senza dipendere da organismi internazionali come Europol per casi più localizzati che interessano due paesi. Tuttavia, questi gruppi potrebbero essere a rischio e diventare bersagli della criminalità organizzata. La disponibilità di informazioni dettagliate sui punti focali dovrebbe essere limitata alle forze dell'ordine e alle autorità giudiziarie, in modo da tutelare l'identità del personale.

4.5.

Per quanto riguarda l'attuazione del piano d'azione dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche, gli Stati membri dell'UE hanno riferito che è risultato loro difficile garantire l'esecuzione delle operazioni a causa della mancanza di risorse e di personale. Di qui l'importanza di garantire che gli Stati membri si impegnino a destinare risorse sufficienti all'attuazione del nuovo piano d'azione dell'UE a livello nazionale. L'assegnazione di risorse è inoltre importante per garantire al personale condizioni di lavoro dignitose.

4.6.

Il testo dovrebbe affermare esplicitamente che gli Stati membri si impegnano a fornire fondi sufficienti per formare al loro interno personale specializzato al fine di combattere il traffico di specie selvatiche. I fondi stanziati dovrebbero essere notificati, monitorati e valutati come parte dell'attuazione del piano d'azione a livello nazionale. Le risorse dovrebbero includere non solo il personale ma anche le attrezzature. Inoltre, il personale dovrebbe operare in condizioni di lavoro di elevata qualità, con pieni diritti di contrattazione collettiva e una struttura di carriera progressiva. Si tratta di requisiti essenziali per attrarre le persone più valide e mantenere livelli elevati di motivazione. Occorre dedicare particolare attenzione alle questioni relative alla salute, al benessere e alla sicurezza personale. Dovrebbe esserci una formazione omogenea per tutti gli attori coinvolti nella prevenzione del traffico di specie selvatiche e strutture omogenee istituite in tutti gli Stati membri, che a giudizio del CESE dovrebbero assumere la forma di comitati interagenzia e unità specializzate o personale formato per combattere il traffico di specie selvatiche.

4.7.

Il piano d'azione evidenzia il ruolo di diverse agenzie e iniziative internazionali come EMPACT, che è uno strumento faro per la cooperazione operativa multidisciplinare e multiagenzia nella lotta alla criminalità organizzata a livello dell'UE. EMPACT potrebbe essere uno strumento chiave per l'attuazione del piano d'azione dell'UE contro il traffico illegale di specie selvatiche. Esso potrebbe, ad esempio, organizzare corsi di formazione per i comitati interagenzia e per il personale specializzato in tutti gli Stati membri in modo omogeneo.

4.8.

Il piano d'azione dell'UE contro il traffico di specie selvatiche dovrebbe contemplare anche la prevenzione delle attività di caccia illegali, in particolare destinate alla raccolta di trofei. Nei Carpazi, ad esempio, gli orsi vengono cacciati illegalmente, tuttavia ai bracconieri vengono applicate sanzioni ridotte che non sono sufficientemente dissuasive.

4.9.

Il CESE concorda con il suggerimento di far sì che EMPACT coordini operazioni congiunte periodiche che comportano una cooperazione transfrontaliera con gli Stati membri dell'UE, la Commissione europea (OLAF) e le pertinenti agenzie dell'UE come Eurojust, Frontex, Europol e l'Agenzia europea di controllo della pesca. Ancora una volta, per garantire un'efficace cooperazione, è essenziale un'adeguata allocazione delle risorse a livello nazionale.

4.10.

Per quanto riguarda le politiche e gli strumenti commerciali a sostegno dell'azione contro il traffico di specie selvatiche, il CESE accoglie con favore la proposta di includere nei futuri accordi di libero scambio impegni ambiziosi per combattere tale traffico, tuttavia, questo non sarà sufficiente per porvi un freno. Gli sforzi dell'UE per aumentare le opportunità per il commercio e gli investimenti internazionali saranno inutili e controproducenti se l'UE non colmerà urgentemente le lacune nell'applicazione della normativa. Anche i passaporti digitali dei prodotti potrebbero servire a tale scopo, aumentando la tracciabilità e la trasparenza riguardo i rischi nelle catene di approvvigionamento globali e contribuendo ai meccanismi di controllo internazionale congiunti e agli sforzi di applicazione, nonché garantendo che le persone e i consumatori dispongano dello stesso livello di informazioni sui prodotti che acquistano, indipendentemente dalla loro origine.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/environment/cites/infographics_en.htm

(2)  https://ec.europa.eu/environment/cites/trafficking_en.htm

(3)  https://www.traffic.org/

(4)  https://www.traffic.org/site/assets/files/12745/eu-seizures-report-2020-final-web.pdf

(5)  https://www.traffic.org/site/assets/files/17391/2020_eu_seizures_report_final.pdf

(6)  https://sustainabledevelopment.un.org/topics/biodiversityandecosystems

(7)  Estratto delle conclusioni di un'analisi della Commissione europea: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016SC0038.

(8)  Rapporto UNEP-INTERPOL: il valore dei crimini ambientali è aumentato del 26 % (disponibile in inglese).

(9)  https://globalconservation.org/news/over-one-thousand-park-rangers-die-10-years-protecting-our-parks/

(10)  Il Consiglio approva il suo mandato per i negoziati sulla direttiva relativa alla criminalità ambientale — Consiglio (europa.eu).


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/83


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro di certificazione dell'Unione per gli assorbimenti di carbonio

[COM(2022) 672 final — 2022/0394 (COD)]

(2023/C 184/15)

Relatore: Stoyan TCHOUKANOV

Consultazione

Parlamento europeo, 1.2.2023

Consiglio dell'Unione europea, 6.2.2023

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

9.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

159/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa a un quadro di certificazione dell'UE per gli assorbimenti di carbonio, che riconosce la necessità di aumentare gli assorbimenti di carbonio e di promuovere pratiche rigenerative, senza perdere di vista l'obiettivo primario delle riduzioni fondamentali delle emissioni di gas a effetto serra per limitare il riscaldamento globale. Tuttavia, osserva che la proposta lascia troppi punti cruciali da disciplinare successivamente mediante atti delegati.

1.2.

Il Comitato riconosce che nell'Unione esistono attualmente diversi sistemi di convalida e ricompensa dell'assorbimento del carbonio e che un quadro comune di certificazione può creare chiarezza e affidabilità stabilendo norme generali dell'UE che disciplinino le modalità di misurazione, convalida e verifica dei benefici climatici degli assorbimenti di carbonio. Il carattere volontario del quadro comporta un effetto di incentivazione che può fornire nuovi canali di reddito per coloro che sono interessati a svolgere attività di assorbimento del carbonio. Il CESE chiede maggiore chiarezza sul calendario previsto per la piena attuazione, considerando l'insieme degli organismi e delle unità di certificazione che dovranno essere creati.

1.3.

Il Comitato osserva che il ricorso all'assorbimento del carbonio nella politica dell'UE in materia di clima potrebbe sollevare interrogativi legittimi, dalla possibilità di minori o ritardate riduzioni delle emissioni a causa di promesse di futuri assorbimenti del carbonio, fino al rischio di dichiarazioni fraudolente e a pratiche di greenwashing (ecologismo di facciata) basate sull'acquisto di crediti di carbonio. Al fine di evitare il greenwashing, il CESE chiede che la durata prevista dello stoccaggio del carbonio e i rischi di inversione siano chiaramente rispecchiati nell'uso dei diversi certificati di assorbimento del carbonio (che riguardano lo «stoccaggio permanente», il «sequestro del carbonio nei suoli agricoli» e lo «stoccaggio del carbonio nei prodotti di lunga durata»).

1.4.

Il Comitato condivide l'obiettivo della Commissione di garantire trasparenza e chiarezza al pubblico, ai fornitori dei servizi di assorbimento del carbonio e agli acquirenti sul valore delle attività certificate di assorbimento del carbonio. Chiede tuttavia ulteriori garanzie circa il valore e l'uso dei certificati. Invita la Commissione a fornire orientamenti in merito alle dichiarazioni appropriate che possono essere presentate sulla base di diversi casi di assorbimento certificato del carbonio e chiede che sia mantenuta la distinzione tra i certificati derivanti dallo stoccaggio permanente del carbonio, dal sequestro del carbonio nei suoli agricoli e dallo stoccaggio del carbonio nei prodotti.

1.5.

Il CESE chiede che le future metodologie elaborate nell'ambito del quadro delineino chiaramente gli aspetti della responsabilità e sostengano la trasparenza. Il rischio di inversione deve essere costantemente monitorato e attenuato. La responsabilità e il trasferimento di responsabilità per il carbonio rimosso e assorbito devono essere chiaramente definiti per l'intera gamma delle attività di assorbimento del carbonio.

1.6.

Il CESE invita la Commissione a garantire che le metodologie siano basate su dati scientifici e guidate dalla comunità scientifica. Il Comitato sottolinea che il sistema di certificazione è di gran lunga troppo complesso e oneroso per promuovere un'ampia diffusione di tali pratiche: le procedure appaiono molto tecniche e dispendiose in termini di tempo e possono scoraggiare gli operatori nelle loro attività, dato che spesso, anche nel migliore dei casi, si tratta di piccole imprese con margini ridotti.

1.7.

Il CESE osserva che è necessaria una gamma diversificata di misurazioni degli assorbimenti di carbonio per effettuare il monitoraggio, la comunicazione e la verifica, compreso l'uso del telerilevamento e delle immagini satellitari. Per quanto riguarda le misurazioni richieste, il CESE sottolinea che è essenziale mantenere al minimo i costi di monitoraggio, comunicazione e verifica dell'assorbimento del carbonio, al fine di garantire un'ampia accessibilità del quadro di certificazione.

1.8.

Evidenzia che i rischi e gli effetti collaterali, in particolare quelli di natura ambientale o socioeconomica, che la proposta può comportare per i principali attori (agricoltori, industria forestale, edilizia e industria del legno), devono essere attentamente valutati e affrontati prima di integrare il quadro di certificazione in altre politiche, come la politica agricola comune.

1.9.

Secondo il CESE, l'attuale politica agricola comune (PAC) non dovrebbe essere utilizzata per finanziare il sequestro del carbonio nei suoli agricoli o l'assorbimento del carbonio (1). Sebbene la PAC possa avere un ruolo limitato nell'assorbimento del carbonio, questo strumento è concepito per la produzione di alimenti, mangimi e biomassa, che costituisce l'obiettivo principale del settore agricolo e forestale. In questo contesto specifico, gli assorbimenti di carbonio costituiscono un sottoprodotto, il che significa che dovrebbero essere messe a disposizione ulteriori fonti di finanziamento.

1.10.

Il CESE ritiene che l'elevato livello di ambiguità della Commissione in merito al finanziamento rappresenterà un forte disincentivo al coinvolgimento dei potenziali partecipanti. Il CESE sottolinea pertanto che è necessario un certo livello di certezza in relazione ai finanziamenti. Date le opportunità di assorbimenti di carbonio in futuro, il CESE raccomanda di elaborare una tabella di marcia verso uno strumento finanziario comune per queste misure.

2.   Osservazioni generali

La necessità di aumentare gli assorbimenti di carbonio per conseguire gli obiettivi di neutralità climatica

2.1.

Conformemente all'accordo di Parigi, l'Unione europea si è impegnata a raggiungere l'azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 per giungere, successivamente, a emissioni nette negative. Secondo l'ultima relazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), concentrarsi esclusivamente sulla riduzione delle emissioni non sarà sufficiente per raggiungere questo obiettivo: «la diffusione degli assorbimenti di anidride carbonica per controbilanciare le emissioni residue difficili da abbattere è inevitabile se si vuole conseguire l'azzeramento delle emissioni nette di CO2 o di gas a effetto serra» (2).

2.2.

Sebbene gli assorbimenti di carbonio non sostituiscano le necessarie drastiche riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra, essi dovranno integrare gli sforzi di riduzione delle emissioni per giungere alla neutralità climatica e a emissioni nette negative. Di conseguenza, gli assorbimenti di carbonio dovranno essere notevolmente aumentati a livello mondiale per controllare le concentrazioni atmosferiche di gas a effetto serra e limitare il riscaldamento globale. Per conseguire i suoi obiettivi climatici, l'UE prevede che dovrà ridurre le proprie emissioni dell'85-95 % rispetto ai livelli del 1990 e compensare la differenza con gli assorbimenti di carbonio. Dovranno pertanto essere rimosse dall'atmosfera diverse centinaia di milioni di tonnellate (Mt) di CO2 ogni anno.

2.3.

A tal fine, l'UE ha introdotto finora diverse iniziative:

la normativa europea sul clima, che fissa l'obiettivo dell'UE di conseguire la neutralità climatica entro il 2050;

il regolamento sull'uso del suolo, il cambiamento di uso del suolo e la silvicoltura (LULUCF), la cui ultima proposta di modifica prevede un obiettivo di assorbimento netto di carbonio di 310 Mt CO2 equivalente nel 2030, attraverso l'immagazzinamento del carbonio nei suoli, nelle foreste e nei prodotti del legno; e

la comunicazione intitolata Cicli del carbonio sostenibili, che delinea la tabella di marcia verso il sequestro del carbonio nei suoli agricoli, contribuendo all'obiettivo del settore LULUCF proposto per il 2030, e soluzioni industriali per l'assorbimento di almeno 5 Mt entro il 2030. La comunicazione annunciava inoltre l'intenzione di elaborare la proposta relativa a un quadro normativo per la certificazione degli assorbimenti di carbonio.

La gestione dei progetti di assorbimento del carbonio

2.4.

Con la sua proposta che istituisce un quadro volontario dell'Unione per la certificazione degli assorbimenti di carbonio, la Commissione europea mira ad aumentare gli assorbimenti di carbonio sostenibili e di alta qualità incentivando i finanziamenti, lottando contro il greenwashing e rafforzando la fiducia, nonché armonizzando le condizioni di mercato.

2.5.

La Commissione stabilisce tre categorie principali di metodi di assorbimento del carbonio:

stoccaggio permanente, che comprende metodi quali la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) e la cattura diretta del carbonio nell'atmosfera e il relativo stoccaggio (DACCS). I metodi che rientrano in questa categoria dovrebbero consentire di assorbire almeno 5 Mt di CO2 entro il 2030 e fino a 200 Mt di CO2 entro il 2050;

il sequestro del carbonio nei suoli agricoli comprende metodi quali l'imboschimento e il rimboschimento, una migliore gestione delle foreste, l'agrosilvicoltura, il sequestro del carbonio nel suolo e il ripristino delle torbiere. Insieme ai prodotti che stoccano carbonio, il sequestro del carbonio nei suoli agricoli contribuisce all'obiettivo proposto per il settore LULUCF di pervenire, entro il 2030, a un assorbimento netto di 310 Mt di CO2 equivalente all'anno e di giungere, entro il 2050, a un'economia che abbia un impatto positivo sul clima;

i prodotti di stoccaggio del carbonio comprendono metodi quali l'uso di materiali a base di legno nell'edilizia, nonché la cattura e l'utilizzo del carbonio (CCU) a lungo termine, e insieme al sequestro del carbonio nei suoli agricoli contribuiranno a conseguire i suddetti obiettivi proposti per il settore LULUCF e di impatto positivo sul clima.

2.6.

Per garantire che solo gli assorbimenti di carbonio di alta qualità siano certificati a norma del regolamento, la Commissione ha stabilito alcuni criteri di base:

le attività di assorbimento del carbonio devono essere misurate accuratamente e apportare benefici inequivocabili per il clima (quantificazione);

le attività di assorbimento del carbonio devono andare al di là delle pratiche di mercato e di ciò che è giuridicamente richiesto (addizionalità);

i certificati devono tenere chiaramente conto della durata dello stoccaggio del carbonio e distinguere lo stoccaggio permanente da quello temporaneo (stoccaggio a lungo termine);

infine, le attività di assorbimento del carbonio dovrebbero andare a beneficio di altri obiettivi ambientali, come la biodiversità, o almeno non devono danneggiare l'ambiente (sostenibilità).

2.7.

Per definire più chiaramente le norme applicabili a ciascun metodo di assorbimento del carbonio e rendere operativi i criteri di qualità, la Commissione elaborerà metodologie di certificazione su misura con il sostegno di un gruppo di esperti e le stabilirà in atti delegati. L'UE svilupperà dapprima le metodologie e riconoscerà i sistemi di certificazione. Dopodiché, gli operatori potranno aderire ai sistemi di certificazione riconosciuti dall'UE, mentre soggetti terzi verificheranno le attività ammissibili alla certificazione. Gli assorbimenti di carbonio certificati saranno riportati in registri interoperabili.

2.8.

Esistono diverse sinergie tra le iniziative esistenti e quelle future in materia di assorbimento del carbonio. Gli assorbimenti di carbonio ai sensi della proposta di regolamento potrebbero:

ricevere sostegno pubblico attraverso la politica agricola comune, gli aiuti di Stato o il Fondo per l'innovazione;

essere inclusi nella comunicazione societaria, da definire più approfonditamente nell'iniziativa per la verifica delle autodichiarazioni ambientali o nella direttiva sulla comunicazione societaria sulla sostenibilità;

sfruttare le sinergie con altre etichette e certificazioni, come la certificazione dell'agricoltura biologica e della biomassa sostenibile;

essere inclusi nei contratti di filiera, creando catene del valore industriali e sinergie con sistemi alimentari sostenibili;

contribuire all'integrità dei mercati volontari del carbonio.

3.   Osservazioni particolari

Una solida certificazione come colonna portante indispensabile per aumentare rapidamente le capacità di assorbimento del carbonio in Europa

3.1.

La definizione di norme generali dell'UE per disciplinare le modalità di misurazione, convalida e verifica dei benefici climatici degli assorbimenti di carbonio può fornire un sostegno fondamentale per lo sviluppo di forti capacità di assorbimento del carbonio in Europa. Ciò comprende un'ampia gamma di metodi innovativi a disposizione di agricoltori, silvicoltori, industrie e altri soggetti per catturare e immagazzinare la CO2 non fossile.

3.2.

La certificazione rappresenta un passo necessario e significativo verso l'integrazione degli assorbimenti di carbonio nelle politiche climatiche dell'UE. Ciò comprende, ad esempio, la creazione di incentivi per lo stoccaggio del carbonio nel suolo per i gestori di terreni (ad esempio attraverso la PAC), la ricompensa per gli appalti di materiali da costruzione che immagazzinano carbonio non fossile (ad esempio attraverso i regolamenti edilizi) o la comunicazione in materia di obiettivi climatici (ad esempio attraverso la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità).

3.3.

Il CESE sostiene pertanto pienamente il quadro di certificazione per gli assorbimenti di carbonio, sia in linea di principio che come passo avanti verso una solida certificazione.

La necessità di monitorare gli assorbimenti di carbonio per garantire benefici collaterali sul piano climatico, economico e sociale

3.4.

Se, da un lato, è indispensabile dispiegare gli assorbimenti di carbonio su larga scala, dall'altro, è altrettanto importante tenere sotto controllo tali sforzi. Il CESE osserva che il ricorso all'assorbimento del carbonio nella politica dell'UE in materia di clima potrebbe sollevare interrogativi legittimi, dal potenziale effetto deterrente nei confronti della mitigazione, fino al rischio di dichiarazioni ecologiche fraudolente e pratiche di greenwashing basate sull'acquisto di crediti di carbonio.

3.5.

Il Comitato ritiene pertanto che l'UE abbia bisogno di un quadro di certificazione efficace e solido per garantire che solo l'assorbimento affidabile e di alta qualità del carbonio sia certificato. Ciò consentirà all'UE di riconoscere e premiare l'assorbimento del carbonio senza ostacolare la decarbonizzazione.

3.6.

Stabilire una soglia minima di qualità per tutti gli assorbimenti certificati di carbonio è fondamentale per dare fiducia ai principali attori sul fatto che l'assorbimento del carbonio certificato dall'UE crea un reale beneficio per il clima. In seguito, dovrà fornire un segnale sufficientemente forte dell'effettiva possibilità di integrare gli assorbimenti certificati di carbonio in modo sicuro nelle più ampie politiche dell'UE in materia di clima.

3.7.

In tale contesto, le attività di assorbimento del carbonio devono dimostrare addizionalità, vale a dire che l'assorbimento non si sarebbe verificato senza l'intervento. Si tratta di un requisito rigoroso nel caso in cui i certificati siano utilizzati per le domande di compensazione, ma può essere potenzialmente allentato in assenza di richieste (ad esempio nel caso di pagamenti pubblici diretti agli agricoltori per incentivare il passaggio a pratiche rigenerative). Per questo motivo, le attività di assorbimento del carbonio dovrebbero produrre benefici collaterali in termini di sostenibilità, anziché avere solo un impatto «neutro», come attualmente previsto dalla Commissione.

3.8.

Il CESE sottolinea inoltre che il rischio di inversione (rilascio di CO2 stoccato) deve essere costantemente monitorato e attenuato. La responsabilità e il trasferimento di responsabilità per il carbonio assorbito e stoccato devono essere chiaramente definiti ed essere specifici per ciascun tipo di assorbimento del carbonio.

Mantenere la distinzione tra stoccaggio permanente del carbonio, sequestro del carbonio nei suoli agricoli e stoccaggio del carbonio nei prodotti

3.9.

I metodi di assorbimento del carbonio variano notevolmente in funzione delle modalità di estrazione del CO2 dall'atmosfera, del luogo in cui il carbonio è stoccato e della durata dello stoccaggio.

3.10.

In generale, il carbonio stoccato nei serbatoi terrestri e nella biomassa vivente (metodi di assorbimento a ciclo breve) è maggiormente vulnerabile e presenta una durata di stoccaggio più breve rispetto al carbonio stoccato nei bacini geologici (metodi di assorbimento a ciclo lungo).

3.11.

Di conseguenza, i vari metodi di rimozione e stoccaggio del carbonio dovrebbero essere conteggiati, gestiti e certificati in modi diversi, a seconda della natura dello stoccaggio del carbonio. L'UE opera già una distinzione tra il pilastro LULUCF e le emissioni del settore industriale. La comunicazione sui cicli del carbonio sostenibili introduce distinzioni tra carbonio di origine «fossile», «biogenica» o «atmosferica», che propone di classificare, tracciare e contabilizzare separatamente nell'UE al più tardi entro il 2028.

3.12.

Inoltre, è opportuno sottolineare che le tre categorie di metodi di assorbimento del carbonio (stoccaggio permanente del carbonio, sequestro del carbonio nei suoli agricoli e stoccaggio del carbonio nei prodotti) svolgono un ruolo diverso nel nostro percorso verso l'azzeramento delle emissioni nette e presentano differenze sul piano dei risultati climatici, dei costi, delle sfide in termini di diffusione e dei livelli di maturità e di percezione pubblica. Pertanto, dovrebbero anche essere incentivati e gestiti in modi differenti, consentendo politiche su misura e un sostegno finanziario che risponda alle esigenze di ciascun metodo di assorbimento dell'anidride carbonica.

3.13.

Alla luce di quanto precede, il CESE concorda con l'obiettivo della Commissione di garantire trasparenza e chiarezza al pubblico, ai fornitori di servizi di assorbimento del carbonio e agli acquirenti sul valore delle attività certificate di assorbimento del carbonio.

3.14.

Il CESE esorta tuttavia la Commissione ad andare oltre e a introdurre anche orientamenti che definiscano le dichiarazioni appropriate che possono essere formulate sulla base di diversi tipi di assorbimento certificato del carbonio (ad esempio stoccaggio permanente, sequestro del carbonio nei suoli agricoli, stoccaggio del carbonio nei prodotti). Ciò sarà fondamentale per promuovere l'intera gamma di possibili casi di certificazione degli assorbimenti di carbonio, garantendo nel contempo l'integrità dei benefici climatici dichiarati e prevenendo il greenwashing.

Garantire la trasparenza e il contributo scientifico allo sviluppo delle metodologie

3.15.

Poiché la Commissione dovrà impegnarsi in un processo separato, con il sostegno di un gruppo di esperti, per sviluppare metodologie per le attività di assorbimento del carbonio e definire in atti delegati ulteriori dettagli in merito ai certificati, il CESE chiede che la società civile sia coinvolta e consultata.

3.16.

Il Comitato invita la Commissione a garantire che le metodologie che saranno elaborate siano basate su dati scientifici e guidate dalla comunità scientifica.

3.17.

Osserva che è necessaria una gamma diversificata di misurazioni degli assorbimenti di carbonio per effettuare il monitoraggio, la comunicazione e la verifica, compreso l'uso del telerilevamento e delle immagini satellitari. Per quanto riguarda le misurazioni richieste, il CESE sottolinea che è essenziale mantenere al minimo i costi di monitoraggio, comunicazione e verifica dell'assorbimento del carbonio, al fine di garantire un'ampia accessibilità del quadro di certificazione.

3.18.

L'UE dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di fornire finanziamenti specifici per la ricerca, lo sviluppo di metodologie e la realizzazione di progetti pilota. Per i piccoli operatori, il sostegno allo sviluppo delle capacità e alla copertura dei costi amministrativi sarà fondamentale per democratizzare l'accesso al quadro di certificazione.

3.19.

Infine, il CESE sottolinea che i rischi e gli effetti collaterali, in particolare quelli di natura ambientale o socioeconomica, che la proposta può comportare per i principali attori (agricoltori, industria forestale, edilizia e industria del legno), devono essere attentamente valutati e affrontati prima di integrare il quadro di certificazione in altre politiche, come la politica agricola comune.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 323 del 26.8.2022, pag. 95.

(2)  IPCC WGIII SPM, 2022.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/88


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Stato dell'Unione dell'energia 2022 [a norma del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima]

[COM(2022) 547 final]

(2023/C 184/16)

Relatori: Marcin NOWACKI, Angelo PAGLIARA, Lutz RIBBE

Consultazione

Commissione europea, 25.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

7.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

208/4/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Con la sua relazione del 2022 sullo stato dell'Unione dell'energia, la Commissione europea presenta una riflessione piuttosto ottimistica sulle misure adottate e sugli obiettivi stabiliti negli ultimi mesi.

1.2.

Dalla lettura della relazione risulta chiaro che molti degli obiettivi che, prima dell'aggressione contro l'Ucraina, erano ritenuti eccessivamente ambiziosi vengono ora presentati come risposte realistiche alla crisi energetica. Val la pena, allora, di chiedersi che cosa, prima del 24 febbraio 2022, avesse impedito all'UE nel suo complesso di adottare una posizione più decisa e più netta in materia di protezione del clima, sicurezza dell'approvvigionamento, autonomia energetica e resilienza del sistema energetico europeo.

1.3.

Se, da un lato, è istruttivo apprendere i vari fatti e cifre presentati nella relazione, dall'altro l'Unione dell'energia va molto al di là di una serie di obiettivi matematicamente o statisticamente definibili per la diffusione delle energie rinnovabili, il risparmio energetico o la riduzione delle emissioni. Il CESE fa infatti notare che l'Unione dell'energia è innanzitutto un progetto politico, con una serie di obiettivi politici ben precisi, descritti nelle seguenti visioni del futuro (1):

1)

un'Unione dell'energia fondata sulla solidarietà e sulla fiducia tra gli Stati membri e che si esprima con una sola voce sulla scena mondiale;

2)

un sistema energetico integrato che consenta ai flussi di energia di transitare liberamente attraverso le frontiere, e si fondi sulla concorrenza, su una regolamentazione efficace e sull'uso ottimale delle risorse;

3)

un'economia sostenibile, a basse emissioni di carbonio e rispettosa del clima, concepita per durare nel tempo;

4)

imprese europee forti, innovative e competitive, che sviluppino i prodotti e la tecnologia necessari ai fini dell'efficienza energetica e delle basse emissioni di carbonio per la riduzione delle bollette, la partecipazione attiva al mercato e un sistema in cui i consumatori più vulnerabili siano tutelati;

5)

lo sviluppo delle competenze della forza lavoro europea necessarie per costruire e gestire l'economia energetica dell'Europa;

6)

un'Unione dell'energia capace di suscitare fiducia negli investitori sulla base di segnali di prezzo che comunichino esigenze e obiettivi strategici a lungo termine, il che presuppone, tra l'altro, la graduale eliminazione delle sovvenzioni per le energie fossili; e

7)

un'Unione dell'energia incentrata sui cittadini, i quali svolgano un ruolo attivo nella transizione del sistema energetico, si avvantaggino delle nuove tecnologie per pagare di meno, partecipino attivamente al mercato e siano tutelati qualora si trovino in una situazione di particolare vulnerabilità.

La relazione in esame fornisce una descrizione delle misure intraprese finora o previste affinché tali visioni si traducano in realtà. Il CESE si rammarica tuttavia che il resoconto fornito nella relazione si riferisca non alle suddette visioni, bensì alle cinque dimensioni, che si rafforzano a vicenda e sono strettamente interconnesse, volte ad accrescere la sicurezza energetica, la sostenibilità e la competitività. Questo «doppio binario» — obiettivi o visioni da un lato, dimensioni dall'altro — rende estremamente difficile seguire l'attuazione delle visioni stesse, anche perché ambizioni come quella di mettere i cittadini al centro dell'Unione dell'energia e quella di migliorare il livello delle competenze e riqualificare la forza lavoro figurano in più d'una di tali dimensioni. Il CESE si rammarica che tutto ciò renda molto difficile seguire i progressi compiuti nell'attuazione degli obiettivi della strategia dell'Unione dell'energia.

1.4.

La comunicazione fa giustamente riferimento al piano REPowerEU, che è stato sostenuto dal CESE e che ha rilanciato e rafforzato gli strumenti del Green Deal e del pacchetto «Pronti per il 55 %», concentrando l'attenzione sulla diversificazione, il risparmio, la sicurezza dell'approvvigionamento e l'accelerazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Detto ciò, occorre però rilevare che l'attuale crisi climatica ed energetica e la mancanza di sicurezza, stabilità e prevedibilità dell'approvvigionamento e dei prezzi stanno mettendo a dura prova l'Unione europea. La crisi sarebbe meno grave se si fosse agito prima e in modo più mirato e se, ad esempio, si fossero presi più sul serio gli obiettivi che la stessa UE si è prefissa (come quelli dell'Unione europea dell'energia).

1.5.

La relazione in esame stima in 300 miliardi di EUR l'importo dei fondi pubblici che dovranno essere investiti nelle diverse linee d'azione volte a conseguire la piena indipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2030, il che avrà un impatto significativo sul bilancio totale dell'UE. Saranno inoltre necessari ulteriori investimenti privati, anche da parte dei cittadini europei. Il CESE ritiene che le risorse finanziarie in questione debbano essere spese in modo tale da contribuire al conseguimento dei suddetti obiettivi dell'Unione dell'energia. Inoltre, occorrerebbe evitare che questa spesa induca a ridurre le risorse destinate alla transizione giusta, alla ricerca e innovazione, nonché alle imprese e ai consumatori colpiti dall'aumento dei prezzi dell'energia.

1.6.

L'aumento senza precedenti dei prezzi energetici, innescato dall'invasione russa dell'Ucraina, sta provocando enormi conseguenze sociali ed economiche, anche per quanto riguarda il tessuto produttivo e industriale dei diversi paesi. Il CESE sottolinea la mancanza di un chiaro coordinamento europeo durante la crisi energetica e chiede, come parte della necessaria risposta, la creazione di uno strumento basato sul modello SURE al fine di sostenere i lavoratori e le imprese in difficoltà.

1.7.

Gli eventi degli ultimi tempi hanno fatto crescere il rischio potenziale di attacchi informatici e atti di sabotaggio nei confronti di infrastrutture critiche come la rete energetica e le centrali elettriche. Il CESE raccomanda pertanto di elaborare e adottare una strategia a tutto campo per proteggere l'UE da questo tipo di minacce.

1.8.

Il principale obiettivo strategico a medio termine dei paesi dell'UE — in particolare alla luce di quanto accaduto con la guerra in Ucraina e in considerazione di un eventuale ulteriore aggravamento della situazione internazionale — deve rimanere quello dell'autonomia energetica. E, per «autonomia energetica strategica», il CESE intende un concetto politico che contribuirà a plasmare il futuro mercato dell'energia dell'UE, in cui decisioni autonome dell'Unione europea garantiranno l'indipendenza energetica da fornitori inaffidabili. Il CESE si rammarica del fatto che, nella relazione in esame, questo tema non sia adeguatamente preso in considerazione e rimanga in ombra, e in essa la Commissione si concentri unicamente sul conseguimento dell'indipendenza dalle importazioni energetiche dalla Russia.

1.9.

Al fine di conseguire gli obiettivi di autonomia strategica dell'UE, il CESE invita il Consiglio e la Commissione a sviluppare strumenti adeguati, anche attraverso l'istituzione di un Fondo per la sovranità europea, per stimolare gli investimenti nelle tecnologie e nelle infrastrutture energetiche pulite all'interno dell'UE. Nel contempo, è di cruciale importanza incoraggiare gli Stati membri a utilizzare i fondi in modo ottimale ed efficiente per lo sviluppo dell'energia pulita. Una tale strategia deve includere anche orientamenti su come motivare le imprese, le istituzioni europee, i cittadini e le comunità energetiche a investire di più. Gli strumenti e le risorse attualmente forniti, infatti, appaiono insufficienti rispetto alle grandi sfide da affrontare. Il CESE invita la Commissione a dedicare una particolare attenzione all'impatto delle nuove risorse e dei nuovi approvvigionamenti sull'ambiente ed alle nuove dipendenze da paesi terzi.

1.10.

Nello sviluppo dell'autonomia energetica, il CESE propone di seguire un approccio dal basso, in quanto facilita il conseguimento degli obiettivi di cui al punto 1.3.

1.11.

Il Green Deal non è ancora accompagnato da politiche sociali corrispondenti volte a fare di questa transizione una transizione giusta. Dato che i processi di transizione incideranno notevolmente sui sistemi occupazionali e industriali, il CESE si rammarica del fatto che la relazione non tenga adeguatamente conto dell'importanza di politiche occupazionali e sociali, nonché in materia di competenze, a tutto campo. Gli investimenti nell'istruzione, nella riqualificazione e nel miglioramento delle competenze devono essere considerati una responsabilità socioeconomica.

2.   Osservazioni generali

2.1

La risposta ideale allo shock negli approvvigionamenti generato dall'aggressione russa contro l'Ucraina, nonché la risposta più in linea con gli obiettivi strategici dell'Unione dell'energia, sarebbe quella di un sistema energetico basato al 100 % su energie pulite di provenienza interna. Siamo consapevoli del fatto che vi è disaccordo quanto alla possibilità concreta di raggiungere tale obiettivo. Ma è indubbio che, nello scenario previsto, un siffatto sistema energetico procurerebbe un vantaggio essenziale in termini di autonomia assoluta ed elevata resilienza. Una volta rifinanziata, questa spesa in conto capitale per investire in impianti di energia rinnovabile, tecnologie intelligenti, trasporti puliti ed efficienza energetica offrirebbe al consumatore finale l'energia economicamente più accessibile, rafforzando nel contempo le economie locali e regionali e creando un maggior numero di posti di lavoro rispetto al vecchio sistema. Tutti questi benefici sono chiaramente descritti nei rispettivi considerando del pacchetto «Energia pulita». Sebbene le energie rinnovabili abbiano teoricamente il potenziale per garantire l'autonomia energetica in termini operativi, occorre comunque assicurarsi che l'intero ecosistema, compreso il materiale per gli stessi impianti di energia rinnovabile, consenta la produzione locale. E la relazione in esame mostra che il sistema energetico europeo è ancora lontano dal conseguimento di tale obiettivo.

2.2

La situazione sopra descritta impone quindi di effettuare una distinzione: se l'autonomia assoluta non è raggiungibile, allora l'UE dovrà conseguire un'autonomia strategica. Sennonché prefiggersi questo traguardo presupporrebbe l'aver stabilito in che misura le importazioni di energia rimangano inevitabili in futuro e ciò che questo significhi per la vulnerabilità e/o la resilienza del sistema energetico europeo, mentre al riguardo la relazione in esame non fornisce alcuna risposta, e nessuna indicazione in tal senso si ricava dagli altri documenti strategici della Commissione.

2.3

Per rispondere alla domanda di cui al punto 2.2, è necessario calcolare il contributo delle energie rinnovabili — anche attraverso lo stoccaggio di energia elettrica, la gestione della domanda e altre opzioni di flessibilità — al soddisfacimento della domanda nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e dei trasporti: il cosiddetto credito di potenza, ossia la quota della potenza installata di una centrale elettrica utilizzabile in un determinato momento. Poiché le energie rinnovabili sono energie distribuite, è perfettamente logico iniziare questa valutazione nel luogo in cui vengono generate. Seguendo questo approccio, il primo credito di potenza dovrebbe essere valutato a livello locale (ad esempio a livello di quartiere) ed esprimerebbe il contributo ottenibile dai prosumatori, dalle comunità produttrici/consumatrici di energie rinnovabili e dagli altri produttori. È a livello locale che deve essere attuato uno degli obiettivi o delle visioni dell'Unione dell'energia: porre i cittadini al centro del sistema energetico. Il livello successivo sarebbe quello regionale, in cui i disavanzi (credito di potenza inferiore al 100 %) e gli avanzi (credito di potenza superiore al 100 %) potrebbero essere per quanto possibile bilanciati. Seguirebbero il livello interregionale, quello nazionale e, in ultima analisi, quello europeo. Dato che l'uso delle rinnovabili comporta considerevoli costi sistemici per le infrastrutture energetiche, l'obiettivo principale è quello di consumare energia da fonti rinnovabili prodotta a livello locale; in caso contrario, i costi devono essere sostenuti dai produttori di energia.

2.4

L'approccio «dal basso» descritto al punto 2.3 è quello più adatto alla natura delle energie rinnovabili e delle opzioni di flessibilità nei confronti dei produttori di ogni dimensione, dalle grandi centrali energetiche ai piccoli produttori, compresi i cosiddetti prosumatori.

2.5

Ai fini dell'Unione dell'energia, l'approccio descritto al punto 2.3 presenta tre vantaggi fondamentali.

2.5.1

In primo luogo, in un'ottica di pianificazione degli investimenti, occorre prevedere il volume delle importazioni di energia nell'UE necessario oggi e che si renderà necessario in futuro. Soltanto così si potranno evitare sprechi di investimenti e soprattutto effetti lock-in. In termini molto concreti, ciò significa che, in mancanza di un'analisi come quella indicata, è impossibile prevedere in modo accurato la domanda effettiva di GNL nel 2025, 2030 e 2035. Qualsiasi decisione di acquisto, in particolare se basata su un contratto a lungo termine, rischia di non essere corretta se i crediti di potenza non vengono valutati a livello locale, regionale, interregionale ed europeo. Ciò è particolarmente importante in quanto, per approvvigionarsi in modo sicuro di GNL, adesso è necessario stipulare contratti a lungo termine. Il successo dell'Unione dell'energia dipende da questa analisi, che tuttavia ad oggi non esiste.

2.5.2

Il secondo vantaggio dell'analisi dei crediti di potenza delle rinnovabili, comprese le opzioni di flessibilità, a livello locale, regionale, interregionale ed europeo consiste nel contribuire a realizzare un sistema di pianificazione delle infrastrutture energetiche lungimirante, che comprenda la rete elettrica, la rete del gas a basse emissioni di carbonio e i sistemi di teleriscaldamento. A questo proposito, è di fondamentale importanza considerare che le infrastrutture del gas in Europa devono essere pronte per l'H2. Attualmente, però, non esiste alcun criterio affidabile per valutare la preparazione all'H2, ragion per cui il CESE invita la Commissione ad avviare l'elaborazione di norme in materia al fine di presentare al più presto una proposta legislativa.

2.5.3

Un terzo vantaggio è strettamente legato a quello menzionato al punto 1.10: è necessario ripensare la stabilità del sistema. Il futuro sistema di reti di trasmissione e distribuzione, a livello europeo così come a quello dei singoli Stati membri, dovrebbe essere una matrice di connessioni standardizzate, interconnesse e comprendenti sia linee ad alta tensione gestite a livello centrale che cooperative energetiche basate su linee commercializzate a media e bassa tensione. A livello locale, è essenziale accelerare la diffusione e lo sviluppo semplificato dell'energia distribuita attraverso meccanismi giuridici e organizzativi che consentano l'uso delle cosiddette linee dirette, la messa in comune dei cavi e la cooperazione con i produttori di energia rinnovabile per la definizione di principi comuni degli accordi di compravendita di energia elettrica (Power Purchase Agreements — PPA).

2.6

Oggi i gestori delle reti di trasmissione a livello nazionale non sono sufficientemente interessati allo sviluppo di reti locali che aumenterebbero la flessibilità nel settore dell'elettricità, in quanto, dal loro punto di vista, ciò potrebbe destabilizzare il sistema energetico. I gestori delle reti di distribuzione non sono incoraggiati a investire nelle reti locali perché l'attuale contesto normativo e politico non fornisce indicazioni chiare. La normativa sulle tariffe di rete incentiva soltanto la trasmissione e la distribuzione di energia elettrica. Non sono previsti incentivi per i progetti di gestione intelligente dell'energia elettrica. Il CESE è convinto che lo sviluppo delle cooperative energetiche, nonché del modello di produzione di energia basato sui «prosumatori», consenta di accrescere la sicurezza energetica a livello locale e di ridurre il carico sulla rete elettrica. Il consumo locale di energia rinnovabile volatile riduce la pressione sulla rete, ragion per cui il consumo locale dovrebbe essere l'opzione preferita ogniqualvolta sia efficiente sotto il profilo delle risorse e dei costi. I prosumatori e le comunità energetiche (con la partecipazione di distributori di energia, amministrazioni locali, imprenditori e cittadini) possono bilanciare le risorse disponibili e la domanda di energia elettrica a livello di famiglie, imprese ed edifici pubblici — specie grazie allo sviluppo di tecnologie di stoccaggio dell'energia e di tecnologie digitali. Il CESE sottolinea il rischio che i distributori di energia elettrica si trovino in una situazione di conflitto di interesse al riguardo, e chiede che le autorità di vigilanza competenti valutino la possibilità di misure atte a evitare gli effetti negativi dell'integrazione verticale.

2.7

In presenza di una cattiva prassi come quella descritta al punto 2.6, diventa ancora più importante seguire l'approccio indicato al punto 2.3 al fine di ricavare i tre benefici illustrati ai punti 2.5.1, 2.5.2 e 2.5.3. Il CESE invita pertanto la Commissione a elaborare una proposta sui modi di integrare questo approccio nella sua politica dell'Unione dell'energia. La realizzazione della prospettiva strategica dell'indipendenza energetica, al netto degli interventi di emergenza resisi necessari nell'ultimo anno, richiederà un monitoraggio costante e lo sviluppo dei seguenti aspetti cruciali:

l'equilibrio delle risorse esistenti (petrolio, gas, fonti rinnovabili e nucleari ecc.);

l'equilibrio delle risorse potenziali (prospezione, estrazione di risorse convenzionali, sviluppo di tecnologie innovative ecc.);

il programma e la gerarchia di sviluppo ottimale delle diverse fonti energetiche in Europa; il sistema di finanziamento del programma per l'indipendenza energetica.

Ai fini di cui sopra è altresì necessario valutare quali impianti esistenti ancora in funzione debbano essere mantenuti e quali «vecchie» fonti energetiche, compresa la potenza convenzionale, debbano essere sostituite in un processo armonioso e complementare. Dovrebbe inoltre essere effettuata un'analisi dei benefici e dei costi delle tecnologie di riforma del metano con vapore (Steam Methane Reforming — SMR) e di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS)/cattura e utilizzo del carbonio (CCU).

2.8

A questo proposito, il CESE ribadisce che è fondamentale accelerare il processo di autorizzazione dei progetti nel campo delle energie rinnovabili. Si tratta di una cosa importante, relativamente facile da realizzare sul piano procedurale. Gli adempimenti burocratici attualmente richiesti rallentano chiaramente alcuni progetti, in particolare quelli che riguardano grandi capacità di produzione di energia. Constatiamo e apprezziamo gli sforzi profusi dalla Commissione in questo campo, ma riteniamo sia giunto il momento di apportare finalmente dei cambiamenti decisivi.

2.9

Nell'assolvere il compito di cui al punto 2.5.3, la Commissione dovrebbe anche tenere conto del legame strategico esistente tra la strategia energetica europea e la necessità di un sistema industriale europeo forte, sostenibile e innovativo — un nesso che non è stato finora preso in considerazione nelle relazioni sullo stato dell'Unione dell'energia. Nel suo parere sullo Stato dell'Unione dell'energia 2021 (TEN/767), il CESE aveva raccomandato che la governance e la gestione dell'Unione dell'energia tenessero maggiormente conto delle sinergie con la nuova strategia industriale dell'UE. Il CESE invita quindi la Commissione europea a tenere conto, già a partire dalla prossima relazione, di questo importante collegamento strategico, nonché a garantire un migliore coordinamento con la relazione di previsione strategica.

2.10

Analogamente, la centralità del ruolo attivo dei cittadini, i quali dovrebbero essere al centro delle politiche in questione, non è presa nella dovuta considerazione né nella relazione in esame né nei relativi allegati. Il CESE è fermamente convinto che si debbano porre i cittadini al centro dell'Unione dell'energia, integrandoli nel mercato energetico e rendendoli autentici «prosumatori». Il concetto di «prosumazione» deve essere ampliato per includervi la condivisione dell'energia, l'autoconsumo virtuale e altri casi di prosumazione che utilizzano la rete pubblica. E a questo scopo il CESE invita i responsabili politici a incoraggiare e promuovere tutte le misure necessarie per mettere i cittadini in condizione di diventare prosumatori di energia.

2.11

Gli Stati membri sono tenuti a presentare i rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima entro il giugno 2023. In vista di tale adempimento, gli Stati membri devono ricevere un messaggio chiaro, con una tabella di marcia che consenta loro di pianificare adeguatamente il loro percorso di transizione energetica, come descritto al punto 2.3, e tenendo conto delle raccomandazioni di cui ai punti 2.7, 2.8 e 2.9.

2.12

Le attività previste per lo sviluppo di un nuovo assetto del mercato devono essere definite nel suddetto contesto, tenendo conto degli aspetti summenzionati. Il CESE concorda sulla necessità di interventi volti a ottimizzare e migliorare l'assetto del mercato dell'energia elettrica dell'UE, anche in considerazione della futura evoluzione del panorama energetico delineata al punto 2.3, delle nuove tecnologie emergenti, degli sviluppi geopolitici e degli insegnamenti tratti dalla crisi attuale. Il CESE prende atto con favore dell'intenzione della Commissione di riesaminare il quadro REMIT al fine di mitigare i rischi di abusi di mercato, e invita la Commissione a predisporre tutti gli strumenti necessari finalizzati a preservare il funzionamento del mercato e prevenire gli effetti distorsivi nella determinazione dei prezzi e le speculazioni. Il mercato europeo dell'energia, infatti, non dovrebbe funzionare come i mercati finanziari, bensì rispecchiare un quadro realistico della situazione del sistema energetico in Europa. Il CESE richiama l'attenzione sulla recente relazione della Corte dei conti europea che sottolinea l'inadeguatezza delle risorse dell'ACER per monitorare il mercato al fine di prevenirne gli abusi, e invita la Commissione a fare in modo che l'ACER possa svolgere i compiti che le competono al riguardo.

2.13

Il CESE esprime preoccupazione per il ridursi dei sussidi alle energie rinnovabili nel 2021, tanto più che i sussidi per i combustibili fossili invece rimangono stabili. Dopo la crisi, sono necessari passi decisivi per porre fine alla «competizione per le sovvenzioni» tra energie rinnovabili ed energie fossili. Nella sua relazione, tuttavia, la Commissione non fornisce alcuna indicazione in tal senso.

2.14

Il CESE evidenzia come la relazione 2022 sullo stato dell'Unione dell'energia non analizzi con la dovuta attenzione il tema dei costi e degli effetti connessi a quel pilastro della strategia europea che è rappresentato dalla riduzione della domanda di energia. Il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di approfondire maggiormente l'analisi dei modi in cui tale riduzione potrebbe incidere sui diversi contesti regionali nonché di delineare gli strumenti necessari per mitigarne gli effetti.

2.15

Le politiche in materia di clima avranno un forte impatto sui lavoratori e sulle imprese e richiederanno una massiccia opera di formazione, riqualificazione e miglioramento delle competenze. Questa transizione dovrebbe essere sfruttata come un'opportunità per creare occupazione di qualità con buone condizioni di lavoro in tutti i settori e in tutte le regioni. La relazione in esame, invece, non tiene sufficientemente conto dell'importanza di una transizione giusta. Il CESE esorta pertanto la Commissione a rafforzare il meccanismo per una transizione giusta con particolare riferimento agli impatti sui lavoratori, i posti di lavoro e il sistema industriale. Analogamente, il CESE reputa che il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle politiche per la sostenibilità, la sicurezza e la solidarietà in materia energetica debba essere costante e di carattere strutturale. Il concetto di «transizione giusta» non riguarda solamente il finanziamento della transizione stessa, ma include altresì l'obiettivo di salvaguardare i diritti dei lavoratori, di creare posti di lavoro dignitosi e di qualità, di sviluppare la sicurezza sociale e di mantenere e accrescere la competitività delle imprese europee, il che richiede misure specifiche a tutti i livelli e in particolare a livello regionale.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La Presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. la comunicazione della Commissione «Una strategia quadro per un'Unione dell'energia resiliente, corredata di una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici» [COM(2015) 80 final].


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/93


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Digitalizzare il sistema energetico — Piano d'azione dell'UE»

[COM(2022) 552 final]

(2023/C 184/17)

Relatore:

Thomas KATTNIG

Correlatore:

Zsolt KÜKEDI

Consultazione

Commissione europea, 25.11.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

7.3.2023

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

198/1/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene gli obiettivi e accoglie con favore la maggior parte delle misure proposte nel piano d'azione. In particolare, il CESE ha già chiarito il legame tra la transizione energetica e la trasformazione digitale, sottolineando i vantaggi della digitalizzazione in termini di risparmio energetico, riduzione dell'intensità energetica e migliore gestione delle infrastrutture energetiche. Tuttavia, sebbene l'atteggiamento ottimistico del piano d'azione sia fonte di ispirazione, la Commissione tende a ignorare il fatto che la realtà fisica è molto diversa dai casi d'uso della digitalizzazione menzionati nel piano d'azione.

1.2.

Sebbene sia l'approccio strategico che le misure specifiche del piano d'azione vadano nella giusta direzione, la Commissione non integra il piano d'azione nella politica energetica generale. Un approccio a compartimenti stagni incentrato unicamente sulla digitalizzazione e che ignora il quadro generale non genererà i benefici che sono correttamente spiegati nel piano d'azione. La digitalizzazione del sistema energetico deve creare soluzioni basate sulla collaborazione in cui gli utenti siano incentivati a partecipare al sistema energetico digitalizzato, facendo uso, ad esempio, di contatori intelligenti e di veicoli elettrici a doppia ricarica che sostengono la stabilità del sistema elettrico. Gli scambi tra pari, l'autoconsumo virtuale e la condivisione dell'energia richiedono tutti degli strumenti digitali. Tuttavia, tali pratiche risultano poco attraenti a causa degli ostacoli amministrativi oppure mancano incentivi efficaci.

1.3.

Il CESE conferma che è assolutamente necessario rendere il sistema energetico più intelligente e più flessibile, ma esso è attualmente messo a dura prova da carenze quali la mancanza di flessibilità della rete di trasmissione e distribuzione dovuta agli scarsi investimenti nelle infrastrutture energetiche. Sebbene alcuni fornitori di energia abbiano realizzato buoni profitti, non si è investito a sufficienza nelle reti intelligenti per conseguire gli obiettivi della transizione energetica. L'espansione e la trasformazione della rete accusano ritardi a causa del quadro normativo che non prevede incentivi per gli investimenti, tra l'altro, nella digitalizzazione e nella flessibilizzazione, e le reti esistenti sono diventate inadatte alla trasmissione e alla distribuzione di energia volatile. Al fine di evitare interruzioni di rete nel sistema energetico digitalizzato, dobbiamo iniziare con urgenza a trasformare il nostro sistema energetico sviluppando ed espandendo la rete (reti di trasmissione e distribuzione).

1.4.

Il CESE invita la Commissione europea a integrare le idee alla base della «promozione degli investimenti nelle infrastrutture digitali per l'energia elettrica» in una modifica dell'articolo 58 della direttiva (UE) 2019/944 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che modifica la direttiva 2012/27/UE (1), garantendo un quadro normativo che incentivi efficacemente gli investimenti nella digitalizzazione delle reti elettriche. Parallelamente, è necessario sviluppare mercati di flessibilità per rendere attraenti il consumo, la produzione e la prosumazione basati sulle tecnologie digitali.

1.5.

A più di sei anni dalla presentazione del pacchetto Energia pulita, sia le comunità energetiche che l'autoconsumo collettivo svolgono ancora un ruolo secondario nei sistemi energetici europei. Finora la Commissione europea ha ignorato l'esistenza di ostacoli a tali forme di produzione e consumo di energia. Gli europei devono ricevere incentivi che li convincano e li motivino infine a digitalizzare tutte le loro attività legate all'energia. In molti casi è necessario prevedere anche diritti legali e amministrativi chiari. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a elaborare iniziative corrispondenti, tra cui un sostegno diretto che consenta alle comunità energetiche e ai prosumatori collettivi di sviluppare appieno il loro potenziale, in modo che tali forme di produzione e consumo diventino un elemento fondamentale del sistema, soprattutto in termini di sicurezza dell'approvvigionamento. In caso contrario, gli strumenti digitali non faranno la differenza.

1.6.

Il CESE ribadisce che, con il giusto approccio, una struttura di approvvigionamento energetico a impatto climatico zero, decentrata e digitalizzata può avere effetti positivi significativi sull'occupazione e sull'economia, in particolare sulle economie regionali (2). Nell'attuale fase di crisi l'Unione europea ha bisogno di un approccio generale alla politica energetica che combini le questioni specifiche legate all'energia e al clima con gli obiettivi della politica di coesione sociale e regionale.

1.7.

Tuttavia, il CESE osserva che una politica di cambiamento può avere successo solo se tiene conto delle diverse dinamiche sociali messe in moto dalla transizione e se le affronta nelle sue strategie e misure. Dovremmo rafforzare il ruolo dei consumatori attivi nella digitalizzazione e incoraggiarli ad avvalersi del maggior numero possibile di soluzioni intelligenti, in quanto possono migliorare l'efficienza e le prestazioni del mercato interno dell'energia, tenendo conto dei gestori dei sistemi di distribuzione per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. Gli strumenti devono essere di facile utilizzo e occorre prestare attenzione ai gruppi vulnerabili e alle persone con disabilità. Una politica per una transizione giusta e una gestione politica attiva del cambiamento sono pertanto indispensabili. Se la dimensione sociale viene trascurata nella fase di attuazione, la trasformazione rischia di fallire a causa della resistenza pubblica.

1.8.

Per quanto riguarda la futura progettazione delle infrastrutture e dei sistemi energetici, il CESE ha più volte sottolineato che tutti i consumatori devono essere attivamente coinvolti nello sviluppo di sistemi energetici intelligenti e che occorre introdurre incentivi affinché la società civile possa partecipare alla transizione energetica. «Collegare gli innovatori locali e regionali», come indicato dalla Commissione al punto 7.3, è molto importante. Un'azione collettiva come la cooperazione tra città e comunità intelligenti può creare le soluzioni migliori e più accessibili di cui una regione può aver bisogno.

1.9.

La digitalizzazione dell'energia è già guidata dalle politiche digitali ed energetiche dell'UE, perché aspetti quali l'interoperabilità dei dati, la sicurezza dell'approvvigionamento e la cibersicurezza, la tutela della vita privata e dei consumatori non possono essere affidati al solo mercato e la loro corretta attuazione è fondamentale. In tale contesto, il CESE sottolinea che le violazioni della tutela della vita privata e l'abuso dei dati devono essere evitati con ogni mezzo. Ciò comprende non solo le precauzioni tecniche, ma anche la responsabilità e il monitoraggio di tale spazio di dati da parte delle autorità statali soggette al controllo politico e democratico. Allo stesso tempo, è necessario prestare particolare attenzione alla protezione dei dati relativi alle infrastrutture critiche.

1.10.

Nella sua comunicazione la Commissione afferma che è essenziale garantire che la digitalizzazione non comprometta il quadro di protezione dei consumatori già presente sul mercato interno dell'energia elettrica. Il CESE ne prende atto e aggiunge che i diritti dei consumatori devono essere adattati e migliorati nel mercato dell'energia. I consumatori non devono essere svantaggiati o sottoposti a costi eccessivamente elevati. Essi dovrebbero beneficiare di strumenti digitali che, se correttamente sviluppati, possono contribuire ad aumentare la protezione dei consumatori.

1.11.

Per tutte le iniziative è importante che i consumatori dispongano di un contatore intelligente a casa. Ciò non avviene ancora in molti Stati membri, motivo per cui vi è l'urgente necessità di intensificare gli sforzi per una più ampia diffusione dei contatori intelligenti quale prerequisito fondamentale per la maggior parte delle soluzioni digitali nel settore dell'energia, in particolare per la fornitura di energia elettrica e, in misura minore, di gas. Gli Stati membri che non hanno ancora completato l'installazione diffusa dei contatori intelligenti devono accelerarla e incrementarne gli obiettivi nazionali. Dai dati internazionali emerge che l'installazione di contatori intelligenti è più efficace quando gli operatori di rete sono responsabili. I contatori intelligenti dovrebbero essere considerati parte integrante della rete elettrica.

1.12.

Sussiste il rischio che, in assenza di un numero sufficiente di lavoratori qualificati e professionisti appositamente formati, i nuovi servizi basati sui dati e le soluzioni tecnologiche innovative non siano diffusi con sufficiente rapidità. Le misure necessarie in materia di politica del mercato del lavoro e dell'istruzione richiedono risorse finanziarie sufficienti e l'elaborazione di un piano d'azione per consentire un approccio coordinato. Il CESE ritiene che a tale riguardo sia essenziale una stretta cooperazione con le parti sociali.

1.13.

La cibersicurezza è un presupposto fondamentale per garantire l'affidabilità di un sistema energetico sempre più digitalizzato. Le tendenze degli ultimi decenni, in particolare gli eventi recenti, hanno dimostrato quanto siano pericolosi gli attacchi informatici e gli atti di sabotaggio contro le infrastrutture critiche. Tuttavia, i problemi possono derivare non solo da attacchi informatici o azioni di sabotaggio, ma anche da guasti di hardware e software, per cui la Commissione deve prestare particolare attenzione alla progettazione di hardware e software durante la digitalizzazione per garantire la solidità. Una perturbazione o un deterioramento delle infrastrutture critiche possono provocare devastanti difficoltà di approvvigionamento, mettendo a rischio la sicurezza pubblica. Una produzione e un uso più decentrati di energia in combinazione con Internet ampliano la «superficie di attacco» e fanno quindi aumentare i rischi connessi alla cibersicurezza. Il sistema energetico digitalizzato (sia in termini di hardware che di software) deve essere affidabile e garantire una disponibilità continua.

1.14.

Il CESE ritiene che una strategia combinata per la transizione energetica e la digitalizzazione nelle zone rurali non abbia ricevuto il livello di attenzione e sostegno atteso. Chiede la rapida attuazione della visione a lungo termine della Commissione per le zone rurali dell'UE e la mobilitazione delle parti interessate attraverso il patto rurale dell'UE.

2.   Contesto del parere

2.1.

La Commissione ha pubblicato una comunicazione con l'obiettivo di promuovere la digitalizzazione del sistema energetico. Il piano d'azione dell'UE relativo alla digitalizzazione del sistema energetico mira a conseguire gli obiettivi stabiliti nella relazione di previsione strategica sulle transizioni verde e digitale, con le tecnologie digitali che contribuiscono alla creazione di una società a impatto climatico zero ed efficiente sotto il profilo delle risorse, garantendo nel contempo che tutti possano beneficiare di tale transizione.

2.2.

Nel suo piano d'azione dell'UE, la Commissione propone una serie di azioni in cinque settori: promuovere la connettività, l'interoperabilità e lo scambio di dati ininterrotto attraverso la creazione di uno spazio di dati comune, promuovere e coordinare gli investimenti nella rete intelligente, fornire servizi migliori basati sull'innovazione digitale per coinvolgere i consumatori nella transizione energetica, garantire la cibersicurezza del sistema energetico e assicurare che il crescente fabbisogno energetico del settore delle TIC sia in linea con il Green Deal europeo. La Commissione ritiene che la digitalizzazione possa migliorare l'accessibilità economica, la sostenibilità e la resilienza del sistema energetico dell'UE.

2.3.

Le soluzioni intelligenti sono concepite per offrire ai consumatori un maggiore controllo sul loro consumo energetico e sulle bollette, migliorando così la gestione del consumo di energia, anche se molti consumatori finali potrebbero essere consapevoli di questo potenziale senza richiedere una soluzione intelligente. I servizi energetici innovativi dovrebbero ridurre il consumo di energia e l'energia dovrebbe essere utilizzata quando è a basso costo. I contatori intelligenti forniscono informazioni importanti per ridurre i costi del consumo energetico, ad esempio la ricarica intelligente dei veicoli elettrici, le pompe di calore intelligenti e i pannelli fotovoltaici. I contatori intelligenti aiutano i clienti a verificare i dati contenuti nelle bollette e consentono loro di eliminare le fatture errate e la fatturazione retroattiva, che attualmente rappresentano le maggiori preoccupazioni dei consumatori. Il piano d'azione prevede il sostegno agli strumenti digitali utili agli interessi dei consumatori e, in alcuni casi, elaborati in collaborazione con loro, il miglioramento delle competenze digitali, il finanziamento di soluzioni digitali intelligenti attraverso programmi che possono contribuire a conseguire l'obiettivo di digitalizzare il sistema energetico, il sostegno alle autorità nazionali preposte alla regolamentazione nella definizione e nel monitoraggio di indicatori comuni per le reti intelligenti, la creazione di uno spazio comune europeo di dati sull'energia e il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in particolare gli operatori di rete e i fornitori di energia.

2.4.

Secondo la Commissione, le tecnologie TIC offrono un grande potenziale di inverdimento. Le soluzioni digitali dovrebbero contribuire a bilanciare l'approvvigionamento, lo stoccaggio e la domanda di energia e rendere il sistema energetico più flessibile, facilitando l'integrazione delle fonti energetiche rinnovabili decentrate. È necessario sviluppare mercati di flessibilità per rendere attraenti gli investimenti nelle opzioni di flessibilità, indipendentemente dal fatto che tali investimenti siano effettuati da produttori, consumatori o prosumatori che ricorrono agli strumenti digitali.

2.5.

Al tempo stesso, il piano d'azione sottolinea la necessità di frenare l'aumento del consumo energetico nel settore delle TIC. Il piano d'azione prevede inoltre la creazione di un gemello digitale della rete elettrica europea, il sostegno alle comunità energetiche attraverso strumenti digitali, lo sviluppo di un'etichettatura energetica dei computer, centri dati e blockchain e l'elaborazione di un codice di condotta dell'UE per la sostenibilità delle reti di telecomunicazione.

2.6.

In un sistema energetico sempre più digitalizzato con produzione, trasmissione e distribuzione decentrate di energia e dispositivi più connessi digitalmente nelle abitazioni, il rischio di spionaggio, criminalità informatica e guasti hardware connessi al consumo di energia è in aumento. La Commissione propone pertanto misure di cibersicurezza ben coordinate per rafforzare la resilienza complessiva del sistema.

2.7.

Il piano d'azione sottolinea che ciò richiede un'azione a medio e lungo termine, nonché un quadro di governance. La Commissione spiega che coinvolgerà un gran numero di portatori di interessi, imprese e partner internazionali e servirà fare un uso più oculato dei limitati finanziamenti pubblici e un aumento degli investimenti privati.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Nel suo piano d'azione, la Commissione cita correttamente l'enorme potenziale delle tecnologie digitali per aumentare la flessibilità del sistema elettrico. Il CESE sostiene tali obiettivi e accoglie con favore la maggior parte delle misure proposte nel piano d'azione. In particolare, il CESE ha già chiarito il legame tra la transizione energetica e la trasformazione digitale, sottolineando i vantaggi della digitalizzazione in termini di risparmio energetico, riduzione dell'intensità energetica e migliore gestione delle infrastrutture energetiche. Tuttavia, sebbene l'atteggiamento ottimistico del piano d'azione sia fonte di ispirazione, la Commissione tende a ignorare il fatto che la realtà fisica è molto diversa dai casi d'uso della digitalizzazione menzionati nel piano d'azione.

3.2.

Il CESE ritiene che le principali sfide cui deve far fronte il settore energetico siano le seguenti: diversificare le fonti energetiche europee, ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia, garantire un mercato interno integrato dell'energia, migliorare l'efficienza energetica, ampliare rapidamente la rete energetica, garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, decarbonizzare l'economia, ridurre le emissioni, passare a un'economia a basse emissioni di carbonio (con tecnologie energetiche pulite e a basse emissioni di carbonio), aumentare ed espandere massicciamente le energie rinnovabili per raggiungere gli obiettivi climatici, promuovere la relativa attività di ricerca e educazione, garantire una transizione giusta e sostenere la dimensione sociale dell'energia, come la riduzione della povertà energetica. La digitalizzazione del sistema energetico è alla base di tale processo e può contribuire ad affrontare tutte queste sfide principali.

3.3.

Sebbene sia l'approccio strategico che le misure specifiche del piano d'azione vadano nella giusta direzione, la Commissione non integra il piano d'azione nella politica energetica generale. Un approccio a compartimenti stagni incentrato unicamente sulla digitalizzazione e che ignora il quadro generale non genererà i benefici che sono correttamente spiegati nel piano d'azione.

3.4.

La proposta della Commissione traccia un quadro di uno stato ideale che si basa su un sistema energetico ben sviluppato (ad esempio reti di trasmissione e distribuzione) e digitalizzato. Tuttavia, in Europa, è necessario innanzitutto sviluppare le reti di trasmissione e distribuzione prima di poter sviluppare una complessa tecnologia digitale. La digitalizzazione è inutile se l'energia gestita in modo intelligente non può essere trasmessa attraverso le reti di trasmissione dell'energia. Inoltre, un'enorme quantità di energia è sprecata nelle reti di trasmissione e distribuzione. Il costo dell'energia elettrica «verde» che non può essere utilizzata o trasmessa e che deve essere limitata ammontava a oltre 2 miliardi di EUR prima della crisi energetica e, in paesi grandi come la Germania, a oltre 12 miliardi di EUR durante la crisi energetica. Tale perdita economica si moltiplicherà, a meno che le reti elettriche e le capacità di stoccaggio compatibili con il sistema non siano ampliate rapidamente e non si trovino contemporaneamente migliori modalità di utilizzo diretto dell'energia elettrica in loco. La digitalizzazione in questo settore può contribuire a individuare tali perdite e a sfruttare i dati così generati per lo sviluppo della rete.

3.5.

È vero che sono necessari notevoli investimenti nelle infrastrutture energetiche per rendere le reti intelligenti. È anche vero che molti Stati membri non incentivano tali investimenti, in quanto la loro regolamentazione mostra un chiaro orientamento verso la spesa in conto capitale (CapEx) e gli investimenti nella digitalizzazione sono principalmente spese operative (OpEx). Il coordinamento e il monitoraggio di tali investimenti e dei relativi progressi non saranno sufficienti. Il CESE invita la Commissione europea a integrare le idee alla base della «promozione degli investimenti nelle infrastrutture digitali per l'energia elettrica» in una modifica dell'articolo 58 della direttiva (UE) 2019/944 relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, garantendo un quadro normativo che incentivi efficacemente gli investimenti nella digitalizzazione delle reti elettriche.

3.6.

La Commissione europea sottolinea correttamente che gli strumenti digitali svolgono un ruolo importante nello sviluppo di sistemi collettivi di autoconsumo e delle comunità energetiche. Sia gli orientamenti che la piattaforma di sperimentazione prevista possono essere utili, ma non sono gli aspetti più importanti. A più di cinque anni dalla presentazione del pacchetto Energia pulita, sia le comunità energetiche che l'autoconsumo collettivo svolgono ancora un ruolo secondario nei sistemi energetici europei. In molti casi, le ragioni principali di tale situazione sono i notevoli ostacoli burocratici e la mancanza di informazioni da parte dei consumatori e dei produttori. Finora la Commissione europea ha ignorato l'esistenza di tali ostacoli. Gli europei devono ricevere incentivi che li convincano e li motivino infine a digitalizzare tutte le loro attività legate all'energia. L'intero sistema energetico digitalizzato deve essere talmente attraente per le parti che operano al suo interno che non solo gli incentivi finanziari contribuiscono alla sua creazione, ma anche l'intero ambiente le incoraggia a creare un sistema energetico controllato, correttamente gestito e sicuro. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a elaborare iniziative corrispondenti, tra cui un sostegno diretto che consenta alle comunità energetiche e ai prosumatori collettivi di sviluppare appieno il loro potenziale, tenendo conto dei gestori dei sistemi di distribuzione per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. In caso contrario, gli strumenti digitali non faranno la differenza.

3.7.

La ricarica bidirezionale dei veicoli elettrici è un altro aspetto molto promettente, che dimostra che consumatori più attivi possono contribuire direttamente alla stabilità del sistema grazie alla tecnologia digitale, comprese le TIC, sia nella rete che presso i consumatori. Tuttavia, non vi sono quasi ragioni economiche per la ricarica bidirezionale dei veicoli elettrici in tutta Europa, perché il mercato non è stato concepito per fornire incentivi basati sul mercato per l'approvvigionamento di energia elettrica flessibile in entrata e in uscita. Nei suoi sforzi per riprogettare il mercato, la Commissione dovrebbe concentrarsi in particolare sulla progettazione di un mercato che renda attraenti aspetti come quelli citati nel capitolo 4.2 del piano d'azione e aiuti a integrarli, facendo in modo che la ricarica bidirezionale dei veicoli elettrici possa essere utilizzata anche in futuro dagli operatori di rete come fattore di controllo del carico, di cui si dovrebbe tenere conto anche nella legislazione per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento.

3.8.

Il CESE ribadisce che, con il giusto approccio, una struttura di approvvigionamento energetico a impatto climatico zero, decentrata e digitalizzata può avere effetti positivi significativi sull'occupazione e sull'economia, in particolare sulle economie regionali (3). Nell'attuale fase di crisi l'Unione europea ha bisogno di un approccio generale alla politica energetica che combini le questioni specifiche legate all'energia e al clima con gli obiettivi della politica di coesione sociale e regionale.

3.9.

Il CESE sottolinea che la progettazione tecnocratica delle condizioni del quadro economico e la promozione finanziaria delle nuove tecnologie, in particolare la digitalizzazione del sistema energetico, svolgono un ruolo importante nella transizione energetica. Al tempo stesso, il CESE osserva che una politica di cambiamento può avere successo solo se tiene conto delle diverse dinamiche sociali messe in moto dalla transizione e se le affronta nelle sue strategie e misure. Dovremmo rafforzare il ruolo dei consumatori nella digitalizzazione e incoraggiarli ad avvalersi del maggior numero possibile di soluzioni intelligenti, in quanto possono contribuire a migliorare l'efficienza e le prestazioni del mercato interno dell'energia, con la piena partecipazione di tutte le parti della catena del valore dell'energia per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. Una politica per una transizione giusta e una gestione politica attiva del cambiamento sono pertanto indispensabili. Se la dimensione sociale viene trascurata nella fase di attuazione, la trasformazione rischia di fallire a causa della resistenza pubblica.

3.10.

La trasformazione del sistema energetico può generare profitti imprevisti per i fornitori di servizi, che possono applicare tariffe più elevate per le loro nuove soluzioni. Tuttavia, servizi, applicazioni e sistemi di gestione dell'energia innovativi possono liberare l'enorme potenziale inutilizzato per gli utenti di energia, dando sollievo ai consumatori in difficoltà per i prezzi elevati dell'energia. La digitalizzazione può contribuire a rendere comparabili i prezzi sul mercato, a rendere equi i prezzi delle opzioni di flessibilità, come il trasferimento del carico, e a rivelare in una fase precoce del processo di mercato che i consumatori di energia, come le famiglie vulnerabili, potrebbero pagare meno per il servizio fornito. Ad esempio, le soluzioni intelligenti di contabilità energetica possono offrire alle persone socialmente svantaggiate la possibilità di utilizzare la quantità di energia che sono in grado di pagare senza indebitarsi.

3.11.

Il CESE invita inoltre la Commissione a tenere conto della realtà del mercato dei contatori intelligenti e, se necessario, a intervenire. L'installazione prevista di contatori intelligenti potrebbe comportare costi elevati per i locatari. In pratica, la concorrenza tra i diversi fornitori di servizi di misurazione è quasi inesistente. Dalle indagini settoriali condotte in Germania e in Austria è emersa l'esistenza di un oligopolio non competitivo nel settore della misurazione divisionale (4). Per garantire la concorrenza, occorre assicurare che i dispositivi di registrazione dei consumi possano essere utilizzati anche da fornitori terzi, altrimenti un cambiamento di società di fatturazione sarà sempre associato ai costi legati alla sostituzione dei dispositivi esistenti.

3.12.

A questo proposito, il CESE ricorda la propria posizione secondo cui è essenziale evitare che si crei una società energetica divisa in due classi. Non è concepibile che solo i nuclei familiari che dispongono delle risorse finanziarie e delle attrezzature tecnologiche adeguate beneficino della transizione energetica e che tutti gli altri debbano sostenerne i costi. Il CESE sostiene pertanto gli incentivi e gli strumenti volti all'attuazione della direttiva sull'efficienza energetica, nell'ottica di aiutare i clienti e le famiglie vulnerabili, e sottolinea che obiettivi ambiziosi in materia di teleriscaldamento/teleraffrescamento potrebbero peggiorare le condizioni degli alloggi sociali.

3.13.

Per quanto riguarda la futura progettazione delle infrastrutture e dei sistemi energetici, il CESE ha più volte sottolineato che tutti i consumatori (famiglie, imprese e comunità energetiche) devono essere attivamente coinvolti nello sviluppo di sistemi energetici intelligenti e che occorre introdurre incentivi affinché la società civile possa partecipare alla transizione energetica nonché contribuire a finanziarla. «Collegare gli innovatori locali e regionali», come indicato dalla Commissione al punto 7.3, è molto importante. Un'azione collettiva come la cooperazione tra città e comunità intelligenti può creare le soluzioni migliori e più accessibili di cui una regione può aver bisogno.

3.14.

Il piano d'azione prevede la creazione di uno spazio comune europeo di dati sull'energia e una governance solida per garantire scambi e un uso coordinati a livello dell'UE dei dati sull'energia. La digitalizzazione dell'energia è già guidata dalle politiche digitali ed energetiche dell'UE, perché aspetti quali l'interoperabilità dei dati, la sicurezza dell'approvvigionamento e la cibersicurezza, la tutela della vita privata e dei consumatori non possono essere affidati al solo mercato e la loro corretta attuazione è fondamentale. In tale contesto, il CESE sottolinea che le violazioni della tutela della vita privata e l'abuso dei dati devono essere evitati con ogni mezzo. Ciò comprende non solo le precauzioni tecniche, ma anche la responsabilità e il monitoraggio di tale spazio di dati da parte delle autorità statali soggette al controllo politico e democratico. Occorre promuovere la proprietà pubblica dei dati, dal momento che i dati costituiscono un fattore economico importante in una società in rete e digitalizzata. D'altro canto, occorre evitare i monopoli privati dei dati da parte delle grandi imprese tecnologiche (GAFA) (5). Allo stesso tempo, è necessario prestare particolare attenzione alla protezione dei dati relativi alle infrastrutture critiche.

3.15.

Lo spazio di dati proposto è un approccio promettente, ma richiede norme chiare che disciplinino l'accesso ai dati anonimizzati per tutti i partecipanti al mercato interessati a utilizzare i dati, ad esempio per pianificare meglio gli scambi e la condivisione dell'energia. È importante approfondire rapidamente la «governance solida» menzionata nel piano d'azione, formulando i diritti di base di tutti gli operatori del mercato, compresi i consumatori, i prosumatori, i commercianti di energia ecc.

3.16.

Per quanto riguarda il coordinamento strategico a livello dell'UE, il piano d'azione prevede l'istituzione di un gruppo di esperti in energia intelligente (ex task force per le reti intelligenti). Il suo obiettivo è contribuire alla creazione di un quadro europeo per la condivisione dei dati connessi all'energia, rafforzare il coordinamento a livello dell'UE degli scambi di dati per il settore energetico, definire i principi guida e garantire la coerenza tra le diverse priorità e iniziative in materia di condivisione dei dati, nonché sostenere la Commissione nell'elaborazione e nella realizzazione di uno spazio comune europeo dei dati sull'energia. Il CESE sottolinea la necessità di elaborare orientamenti e obiettivi chiari in tale contesto e che il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile organizzata è essenziale.

3.17.

L'idea di sostenere i gestori dei sistemi di trasmissione e di distribuzione nella creazione di un gemello digitale della rete elettrica è un approccio interessante e può contribuire a migliorare la modellizzazione della rete. Tuttavia, occorre specificare esattamente quale ruolo svolgerà il gemello digitale nella pianificazione dell'espansione della rete, nel rendere la rete più intelligente, nell'integrare le opzioni di flessibilità, tra cui le centrali elettriche virtuali, la prosumazione e la condivisione dell'energia e nell'ottimizzare la resilienza. Anche sotto questo profilo appare necessaria una modifica della direttiva (UE) 2017/944.

3.18.

Nella sua comunicazione la Commissione afferma che è essenziale garantire che la digitalizzazione non comprometta il quadro di protezione dei consumatori già presente sul mercato interno dell'energia elettrica. Il CESE ne prende atto e aggiunge che i diritti dei consumatori devono essere adattati e migliorati nel mercato dell'energia. I consumatori non devono essere svantaggiati o sottoposti a costi eccessivamente elevati. Dovrebbe essere prestata particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, alle persone con disabilità e a quelle con scarse competenze digitali. Sono necessarie norme di protezione adeguate in quanto è già evidente che molti consumatori perdono la tracciabilità delle informazioni e delle bollette digitali.

3.19.

La comunicazione stabilisce che la digitalizzazione non dovrebbe incidere negativamente sulla possibilità che hanno gli Stati membri di stabilire prezzi regolamentati, in particolare per i clienti vulnerabili e in condizioni di povertà energetica. Gli strumenti digitali consentono inoltre alle autorità pubbliche di migliorare la mappatura e il monitoraggio e quindi di affrontare meglio la povertà energetica, mentre il settore energetico può ottimizzare ulteriormente il proprio funzionamento, concentrandosi sulla sicurezza dell'approvvigionamento, e dare la priorità all'uso delle energie rinnovabili.

3.20.

Il CESE accoglie con favore l'annuncio della Commissione di fare in modo che all'interno dei progetti principali di R&I si collabori per individuare, entro la metà del 2023, strategie volte a coinvolgere i consumatori nella progettazione e nell'uso di strumenti digitali accessibili e forniti a prezzi abbordabili. Il CESE sottolinea ancora una volta la necessità di investimenti significativi nella ricerca e nell'innovazione.

In tale contesto, assumono grande importanza gli investimenti pubblici in sistemi energetici intelligenti e rinnovabili, al fine di garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, di contrastare la povertà energetica, di assicurare prezzi accessibili e di creare posti di lavoro. Il CESE raccomanda ancora una volta, come già nel parere ECO/569, di applicare la regola d'oro agli investimenti pubblici. Per tutte le iniziative è importante che i consumatori dispongano di un contatore intelligente a casa. Ciò non avviene ancora in molti Stati membri, motivo per cui vi è l'urgente necessità di intensificare gli sforzi per una più ampia diffusione dei contatori intelligenti quale prerequisito fondamentale per la maggior parte delle soluzioni digitali nel settore dell'energia. Gli Stati membri che non hanno ancora completato l'installazione diffusa dei contatori intelligenti devono accelerarla e incrementarne gli obiettivi nazionali.

3.21.

Sussiste il rischio che, in assenza di un numero sufficiente di lavoratori qualificati e professionisti appositamente formati, i nuovi servizi basati sui dati e le soluzioni tecnologiche innovative non siano diffusi con sufficiente rapidità (6). Il CESE ritiene che per conseguire gli obiettivi stabiliti debbano essere immediatamente adottate misure adeguate, in stretta cooperazione con le parti sociali.

3.22.

Occorrono tuttavia anche risorse finanziarie sufficienti e programmi per formare i disoccupati di lunga durata, le donne e i giovani, in particolare attraverso programmi specifici, e creare condizioni quadro attraenti per loro. Ciò comprende garanzie occupazionali, un'iniziativa in materia di formazione e qualifica professionale e un'ampia gamma di opportunità di riqualificazione e di formazione continua. Le misure necessarie in materia di politica del mercato del lavoro e dell'istruzione richiedono risorse finanziarie sufficienti e l'elaborazione di un piano d'azione per consentire un approccio coordinato.

3.23.

Il CESE chiede una stretta cooperazione tra gli erogatori di formazione e le imprese nella progettazione di corsi di formazione che forniscano le abilità e le competenze necessarie per la trasformazione digitale e sostenibile dell'economia, anche attraverso la formazione continua e la riqualificazione dei lavoratori e degli imprenditori. L'Anno europeo delle competenze 2023 sarà utilizzato per rafforzare e attuare efficacemente tali misure.

3.24.

La cibersicurezza è un presupposto fondamentale per garantire l'affidabilità di un sistema energetico sempre più digitalizzato. Le tendenze degli ultimi decenni, in particolare gli eventi recenti, hanno dimostrato quanto siano pericolosi gli attacchi informatici e gli atti di sabotaggio contro le infrastrutture critiche. Tuttavia, i problemi possono derivare non solo da attacchi informatici o azioni di sabotaggio, ma anche da guasti di hardware e software, per cui la Commissione deve prestare particolare attenzione alla progettazione di hardware e software durante la digitalizzazione per garantire la solidità. Una perturbazione o un deterioramento delle infrastrutture critiche possono provocare devastanti difficoltà di approvvigionamento, mettendo a rischio la sicurezza pubblica. Una produzione e un uso più decentrati di energia in combinazione con Internet ampliano la «superficie di attacco» e fanno quindi aumentare i rischi connessi alla cibersicurezza.

3.25.

L'intera catena del valore del sistema energetico, dalla produzione e trasmissione alla distribuzione e al consumatore, comprese tutte le interfacce digitali lungo il suo percorso, possono essere bersaglio degli attacchi informatici e fisici. È nell'interesse di tutti in Europa proteggere meglio queste infrastrutture critiche. L'Unione europea deve essere meglio preparata ad affrontare potenziali attacchi di questo genere. Il CESE chiede pertanto una valutazione critica immediata delle misure adottate finora e una strategia globale per proteggere l'UE da minacce quali catastrofi naturali, attacchi fisici e attacchi informatici. In tale contesto, il CESE richiama l'attenzione sugli altri suoi pareri in materia (7) e raccomanda che tutti gli investimenti esteri in settori strategici dell'UE siano in linea con la politica di sicurezza dell'UE.

3.26.

Il settore delle TIC rappresenta circa il 7 % del consumo globale di energia elettrica. Nell'ambito delle transizioni verde e digitale, è pertanto essenziale garantire che il crescente fabbisogno energetico del settore delle TIC sia ridotto in linea con l'obiettivo della neutralità climatica. Il CESE concorda sul fatto che è fondamentale affrontare la questione del consumo di energia e di risorse lungo tutta la catena del valore delle TIC e delle principali fonti emergenti aggiuntive di consumo energetico connesso alle TIC. Esistono già soluzioni per riutilizzare il calore di scarto dei centri dati per riscaldare case e imprese. È quindi importante che il calore di scarto sia trattato su un piano di parità rispetto alle energie rinnovabili nell'ambito della revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (RED III) e di altre normative in materia di energia connesse al pacchetto «Pronti per il 55 %». Tuttavia, per ottenere risultati ottimali sono necessarie soluzioni concrete e praticabili che possano fungere da migliori pratiche.

3.27.

Le norme tecniche interoperabili, la cibersicurezza, la protezione dei dati e altre caratteristiche fondamentali del sistema energetico digitalizzato devono essere garantite a livello mondiale, nei consessi internazionali e in cooperazione con i paesi partner. Per portare avanti le transizioni verde e digitale con i paesi partner attraverso contatti bilaterali, il CESE invita la Commissione a integrare gli aspetti digitali e verdi nei progetti, nei partenariati e negli accordi di cooperazione connessi all'energia.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE ritiene che una strategia combinata per la transizione energetica e la digitalizzazione nelle zone rurali non abbia ricevuto il livello di attenzione e sostegno atteso. Chiede la rapida attuazione della visione a lungo termine della Commissione per le zone rurali dell'UE e la mobilitazione delle parti interessate attraverso il patto rurale dell'UE.

4.2.

Il CESE raccomanda di garantire la parità nel mercato del lavoro nel settore dell'energia, esplorando le opportunità per le donne, evitando nel contempo che la transizione energetica e la trasformazione digitale diventino trappole per la carriera e la retribuzione delle donne, ed espandere il dialogo sociale e i contratti collettivi sulla parità nelle imprese energetiche in tutta Europa.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU L 158 del 14.6.2019, pag. 125.

(2)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 1.

(3)  GU C 367 del 10.10.2018, pag. 1.

(4)  Ad esempio, si è constatato che il principale fornitore di servizi di misurazione in Austria aveva cercato di impedire ai fornitori terzi di utilizzare i suoi contatori intelligenti ricorrendo a meccanismi hardware di protezione [Autorità federale garante della concorrenza, Austria (BWB), 2022].

(5)  I quattro giganti di internet: Google, Apple, Facebook e Amazon.

(6)  In base ai risultati della consultazione pubblica, la Commissione ha riscontrato che gli ostacoli principali alla diffusione delle tecnologie digitali sono uno sviluppo inadeguato delle competenze e la mancanza di lavoratori qualificati adeguati (relazione di sintesi disponibile sul portale «Di' la tua»).

(7)  GU C 286 del 16.7.2021 pag. 170.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/101


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla pProposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 98/24/CE del Consiglio e della direttiva 2004/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i valori limite per il piombo e i suoi composti inorganici e i diisocianati

[COM(2023) 71 final — 2023/0033 (COD)]

(2023/C 184/18)

Consultazione

Commissione europea, 13.2.2023

Consiglio, 8.3.2023

Parlamento europeo, 13.3.2023

Base giuridica

Articolo 153 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

22/03/2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

197/0/3

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto, rispettando nel contempo la posizione delle parti sociali espressa nella relazione che accompagna la proposta.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/102


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)

[COM(2022) 63 final — 2022/025(COD)]

(2023/C 184/19)

Consultazione

Parlamento europeo, 13.2.2023

 

Consiglio, 21.2.2023

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sessione plenaria

22.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/3

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente ed essendosi già pronunciato al riguardo nel proprio parere 5002/2014, adottato il 12 novembre 2014 (1), il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto e di rinviare alla posizione a suo tempo sostenuta nel documento citato.

Bruxelles, 22 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 230 del 14.07.2015, pag. 91.


25.5.2023   

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C 184/103


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE per rendere i mercati pubblici dei capitali nell'Unione più attraenti per le imprese e per facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese ai capitali, e che abroga la direttiva 2001/34/CE

[COM(2022) 760 final — 2022/0405 (COD)]

sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle strutture con azioni a voto plurimo nelle società che chiedono l'ammissione alla negoziazione delle loro azioni in un mercato di crescita per le PMI

[COM(2022) 761 final — 2022/0406 (COD)]

e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2017/1129, (UE) n. 596/2014 e (UE) n. 600/2014 per rendere i mercati pubblici dei capitali nell'Unione più attraenti per le società e facilitare l'accesso delle piccole e medie imprese ai capitali

[COM(2022) 762 final — 2022/0411 (COD)]

(2023/C 184/20)

Relatore:

Kęstutis KUPŠYS

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 06/02/2023 [COM(2022) 760 final e COM(2022) 762 final];

8.2.2023 [COM(2022) 761 final]

Parlamento europeo, 1.2.2023

Base giuridica

Articoli 50, paragrafo 1, 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sezione

2.3.2023

Adozione in sessione plenaria

23.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

123/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Aumentare il finanziamento azionario delle imprese europee è fondamentale per assicurare la ripresa post COVID-19 e costruire un sistema economico dell'UE resiliente a fronte della guerra mossa dalla Russia contro l'Ucraina. Per questo motivo il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore la normativa sulle quotazioni proposta dalla Commissione.

1.2.

Il Comitato è del parere che l'ingresso di imprese a conduzione familiare sui mercati dei capitali consentirebbe di attingere a potenzialità inutilizzate per attrarre capitali per la crescita, e che il sistema di diritti di voto plurimo aiuti le famiglie a mantenere il controllo delle loro società, rendendo per loro più interessante quotarle in borsa. Il CESE concorda sulla necessità di elaborare un quadro dettagliato a livello nazionale, promuovendo al tempo stesso un grado elevato di armonizzazione a livello europeo.

1.3.

Il CESE plaude inoltre all'iniziativa della Commissione di semplificare e snellire il contenuto del prospetto informativo, il che ridurrebbe notevolmente i costi e gli oneri sostenuti dagli emittenti.

1.4.

In generale, il Comitato accoglie con favore la proposta di dare agli emittenti la possibilità di redigere e pubblicare il prospetto soltanto in inglese, che è ormai da tempo la lingua comune adottata dagli investitori internazionali. Tuttavia, la pubblicazione del testo integrale del documento, e non solo della nota di sintesi, nelle lingue dei singoli Stati membri conferirebbe maggiore peso e influenza agli investitori al dettaglio nazionali. Il CESE raccomanda agli emittenti di tenere presente che utilizzare documenti di emissione «esclusivamente in lingua inglese» ostacolerebbe lo sviluppo di una base di investimenti al dettaglio a livello nazionale.

1.5.

Il CESE osserva che aggregare i servizi di ricerca in materia di investimenti con altri servizi potrebbe dare maggiore visibilità alle piccole e medie imprese (PMI) quotate in borsa. Pertanto, il Comitato accoglie con favore la proposta di innalzare a 10 miliardi di EUR la soglia al di sotto della quale non si applicano le norme sulla disaggregazione, pur segnalando altresì che potrebbe essere necessario adottare ulteriori misure per incentivare la ricerca indipendente.

1.6.

Il CESE valuta molto positivamente l'approccio della Commissione volto a ridurre l'incertezza giuridica in materia di obblighi di comunicazione delle informazioni. Tuttavia, la proposta di istituire un dispositivo di sorveglianza trasversale del mercato con riferimento al book di negoziazione (Cross-Market Order Book Supervision — CMOBS) che agevoli lo scambio dei dati del book di negoziazione tra le autorità di vigilanza potrebbe comportare il rischio di creare condizioni di disparità, dal momento che le sedi di negoziazione bilaterale esulerebbero dall'ambito di applicazione del regime di segnalazione.

2.   Contesto

2.1.

Il 7 dicembre 2022 la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di proposte (1) su una serie di misure volte a sviluppare ulteriormente l'Unione dei mercati dei capitali (UMC) dell'UE. Di questo pacchetto fa parte una nuova normativa sulle quotazioni che punta a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese di ogni dimensione, e in particolare delle PMI, in modo che esse possano accedere più agevolmente ai finanziamenti quotandosi in borsa.

2.2.

La Commissione afferma che nell'UE i mercati dei capitali sono tuttora frammentati e sottodimensionati. Gli studi dimostrano che, dal 2014 ad oggi, in Europa il numero totale di società quotate su mercati di crescita per le PMI è aumentato di pochissime unità (2), e questo malgrado le società quotate in borsa abbiano beneficiato di evidenti vantaggi, come si può evincere dall'incremento della loro valutazione di mercato. In generale, le società quotate incrementano i ricavi, creano un maggior numero di posti di lavoro e fanno crescere i loro bilanci a un ritmo più rapido rispetto alle società non quotate. I dati presentati in alcuni studi danno conto di una situazione non ottimale per quanto riguarda le offerte pubbliche iniziali (Initial Public Offering — IPO) delle PMI in Europa.

2.3.

La normativa sulle quotazioni introduce norme semplificate e migliorate, in particolare per le PMI, sforzandosi al tempo stesso di evitare di indebolire la tutela degli investitori e l'integrità del mercato.

2.4.

La Commissione afferma che il nuovo atto legislativo garantisce significative riduzioni dei costi e contribuisce ad aumentare il numero di offerte pubbliche iniziali nell'UE. Norme più semplici sul prospetto non solo faciliterebbero la quotazione in borsa per le società, ma ne abbasserebbero anche i costi. Consentire alle imprese di utilizzare azioni a voto plurimo (Multiple-Voting Rights Shares — MVRS) quando si quotano per la prima volta su mercati di crescita per le PMI offre ai proprietari la possibilità di mantenere il controllo sulla visione globale della loro società.

2.5.

Norme più proporzionate sugli abusi di mercato porterebbero inoltre a una maggiore chiarezza e certezza del diritto per le società quotate per quanto riguarda la conformità agli obblighi in materia di comunicazione delle informazioni chiave per gli investitori. La proposta di normativa sulle quotazioni si prefigge anche di migliorare la produzione e la distribuzione della ricerca in materia di investimenti sulle imprese a media capitalizzazione e sulle PMI, ricerca che, a sua volta, dovrebbero aiutare queste imprese a quotarsi su mercati pubblici.

2.6.

Tra gli altri vantaggi della nuova normativa:

informazioni sulle società più concise, più tempestive, più comparabili e più facili da consultare;

una migliore copertura della ricerca in materia di investimenti azionari, il che è di aiuto per prendere decisioni di investimento;

una vigilanza più efficiente grazie a regole più chiare in materia di quotazione e a strumenti di indagine migliori sui casi di abuso di mercato;

prospetti più standardizzati e, quindi, più semplici da analizzare per le autorità di vigilanza.

2.7.

Conformemente agli obiettivi strategici ambientali, sociali e di governance (Environmental, Social and Governance — ESG), la normativa sulle quotazioni mirerebbe a fare includere nella documentazione sulla quotazione delle società che emettono obbligazioni di tipo ESG informazioni pertinenti ai fini di tali obiettivi, in modo da rendere più agevole per gli investitori valutare l'effettiva rispondenza di tali obbligazioni agli ESG. Le società che emettono titoli di capitale potranno fare riferimento alle informazioni rilevanti per gli ESG già pubblicate, e dunque accessibili al pubblico, nella documentazione relativa alla quotazione.

3.   Osservazioni generali

Che cosa giustifica la proposta di migliorare l'accesso alla quotazione sui mercati pubblici europei?

3.1.

Il CESE ritiene che aumentare il finanziamento azionario delle imprese europee sia fondamentale per assicurare una ripresa post COVID-19 duratura e costruire un sistema economico dell'UE resiliente a fronte della guerra che la Russia attualmente conduce contro l'Ucraina. Per realizzare questi obiettivi, l'infrastruttura del mercato finanziario è essenziale per liberare i flussi di investimenti necessari alla ricapitalizzazione dell'economia.

3.2.

Un alto grado di sviluppo dei mercati pubblici è importante anche per la comunità degli investitori al dettaglio. Sui conti bancari dei cittadini europei vi è un valore totale di 11 000 miliardi di euro tra liquidità e depositi (3). La quota dei depositi sul totale degli attivi detenuti dalle famiglie europee è tre volte superiore a quella posseduta dalle famiglie negli Stati Uniti. Non attivando gli investitori finali per convogliare i loro fondi sui mercati europei dei capitali, l'UE non sfrutta appieno le sue riserve di capitale privato a vantaggio delle nostre imprese. I gestori di patrimoni dovrebbero acquisire una maggiore fiducia nelle prospettive del mercato azionario europeo, e gli investitori al dettaglio europei dovrebbero avere maggiori possibilità di scelta per quanto riguarda la costituzione dei loro portafogli. Perché questo accada, è necessario fare in modo che sui mercati pubblici europei sia quotata un'offerta diversificata di emittenti di alta qualità.

3.3.

Nei periodi di difficoltà finanziaria delle imprese, di imprevedibilità del quadro economico e, in particolare, di aumento dei costi del debito, il capitale azionario funge da fattore stabilizzante e da «cuscinetto» contro shock futuri.

3.4.

Inoltre, il Comitato osserva che il finanziamento azionario delle società europee da parte delle famiglie europee contribuisce a garantire l'autonomia strategica aperta dell'UE al livello più basilare, e cioè in termini di proprietà degli attivi e di esercizio del controllo societario. Il fatto che imprese europee di importanza critica siano oggi controllate da entità di paesi terzi, e in particolare che rientrino nella sfera di influenza di paesi con valori diversi da quelli europei, rappresenta un rischio notevole per la stabilità economica e politica dell'Unione europea. Non solo: ciò ostacola anche lo sviluppo, all'interno dell'UE, di un sistema finanziario basato nell'UE e orientato alle esigenze dell'UE. Ad esempio, nell'UE il settore della negoziazione finanziaria (trading) rimane dominato da banche di investimento di paesi terzi (4).

3.5.

Le imprese giovani e innovative, che sono in prima linea nel realizzare le transizioni verde e digitale, dovrebbero essere incoraggiate ad adoperarsi per quotarsi sui mercati azionari europei nonché ottenere i finanziamenti di cui hanno grande bisogno attraverso l'emissione di azioni quotate in borsa, dal momento che è questo il modo più sostenibile per aiutare queste società a sfruttare pienamente il loro potenziale creativo e a creare occupazione.

3.6.

Un forte rialzo dell'inflazione determina un aumento della propensione agli investimenti azionari, soprattutto tra gli investitori al dettaglio più esperti. I mercati azionari europei possono diventare la sede in cui tali flussi di investimenti sono destinati ai settori economici chiave, nei quali le imprese generano rendimenti sufficienti. Al tempo stesso, il Comitato ritiene fondamentale che l'UE riesca a dotarsi di regole sane e robuste in materia di negoziazione per realizzare appieno il potenziale dei suoi mercati dei capitali. La crisi finanziaria ci ha insegnato che l'UE deve proteggere i mercati con equità, integrità, resilienza e trasparenza, garantendo anche il massimo livello di tutela degli investitori.

3.7.

Da un'analisi condotta in 14 Stati membri dell'UE emerge che moltissime grandi società — addirittura fino a 17 000 — non intendono quotarsi in borsa pur avendo i requisiti per farlo (5). Il Comitato ravvisa il rischio che, se l'UE non incentiverà nuove quotazioni sui mercati azionari, i nostri mercati dei capitali possano registrare un calo delle negoziazioni, giacché gli investitori diversificano i loro portafogli su scala mondiale, se all'interno dell'UE non trovano un'offerta sufficiente di titoli in cui investire.

3.8.

Una nuova generazione di europei sta entrando nel mercato degli investimenti al dettaglio tenendo ben presenti criteri di sostenibilità (ossia i già citati obiettivi ESG). Allo stesso tempo, molti operatori economici si stanno orientando verso obiettivi verdi, incoraggiati dalle politiche del Green Deal europeo. Il CESE ritiene che questa combinazione di fattori possa costituire un forte elemento trainante per sfruttare appieno le possibilità offerte dalla tassonomia europea della finanza sostenibile e dal quadro in materia di comunicazione societaria di informazioni di carattere non finanziario. Le imprese, agendo sì volontariamente, ma anche per conformarsi alla futura legislazione dell'UE, dovranno porre maggiormente l'accento sui criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle loro attività, e la nuova generazione di investitori esigerà che i suoi investimenti, oltre a garantire un rendimento finanziario, rispettino anche i criteri ESG e abbiano un concreto e positivo impatto rigenerativo sul piano sociale e ambientale.

3.9.

Il CESE richiama inoltre l'attenzione su alcune ricerche secondo cui le economie con finanziamenti basati sul mercato convogliano gli investimenti verso settori meno inquinanti e a maggiore intensità tecnologica (6), mentre, al contrario, periodi di espansione ad alta intensità di credito tendono a essere seguiti da recessioni più profonde e da riprese più lente (7).

3.10.

Ci si dovrebbe porre come obiettivo ben preciso quello di passare, nel mercato azionario, dalla capitalizzazione attuale, pari a circa il 64 % (8) del PIL dell'UE, ad una pari al 100 % del PIL. Il CESE ritiene che non si possa far altro che sostenere i mercati pubblici e migliorare il contesto delle offerte pubbliche iniziali.

Importanza per le PMI e le imprese a conduzione familiare

3.11.

A giudizio del CESE, le PMI non ricoprono ancora il ruolo che potrebbero svolgere nei mercati azionari. Ci si dovrebbe sforzare di apportare alle PMI la necessaria resilienza proprio attraverso il finanziamento azionario.

3.12.

Il Comitato osserva che in Europa si registra ormai da decenni una carenza di investimenti azionari, e che per le PMI la scarsità di capitale azionario rappresenta un grave problema. Le PMI non hanno la visibilità necessaria per attrarre capitali, e trasformarle in società quotate in borsa offrirebbe loro migliori opportunità nel lungo periodo. Il CESE sostiene con forza l'idea che le PMI quotate debbano trovare una collocazione adeguata nei portafogli dei singoli investitori (al dettaglio), dei fondi comuni e dei fondi pensione, oltre che delle compagnie di assicurazione.

3.13.

Un mercato delle offerte pubbliche iniziali (IPO) ben funzionante è importante anche nel contesto che precede l'IPO stessa, poiché incide sulla pianificazione delle strategie di uscita e, di conseguenza, sull'offerta di capitale di rischio da parte delle imprese d'investimento in tale capitale (società di venture capital).

3.14.

Occorrerebbe pertanto promuovere la ricerca in materia di investimenti azionari, in quanto strumento necessario per accrescere la visibilità delle PMI. Iniziative quali il miglioramento della copertura della ricerca in materia di investimenti azionari o il punto di accesso unico europeo (European Single Access Point — ESAP) contribuirebbero ad aumentare la visibilità di tali imprese presso gli investitori.

3.15.

Si deve procedere con una certa prudenza nell'incoraggiare le imprese controllate da famiglie a prendere in considerazione la possibilità di quotarsi in borsa. In Germania, ad esempio, il 90 % di tutte le società è controllato da famiglie e il 43 % delle imprese con vendite superiori a 50 milioni di EUR è costituito da aziende a conduzione familiare (9). La proprietà familiare ha certamente i suoi vantaggi, ma il potenziale di crescita di queste imprese potrebbe essere (almeno in parte) limitato se non riescono ad ottenere i finanziamenti necessari. Il CESE è fiducioso che l'ingresso di imprese a conduzione familiare sui mercati dei capitali consentirebbe di attingere a potenzialità inutilizzate (10), e che il sistema di azioni a voto plurimo aiuti le famiglie a mantenere il controllo delle loro società, rendendo per loro più interessante quotarle in borsa.

3.16.

La maggior parte delle piazze finanziarie di portata globale offre la possibilità di disporre di azioni a voto plurimo. L'Europa ha bisogno di un approccio armonizzato per tenere il passo con gli sviluppi globali, in modo da non vedersi sfuggire di mano le imprese che intendano espandersi.

Trasparenza e comunicazione delle informazioni

3.17.

Gli obblighi di trasparenza imposti alle società che si apprestano a quotarsi su mercati pubblici aumenteranno rispetto a quelli delle imprese private. A differenza di una società privata, una società quotata in borsa raccoglie denaro da azionisti esterni che non hanno lo stesso livello di informazione né lo stesso grado di influenza sulle decisioni dei proprietari di una società privata.

3.18.

Pertanto, nel caso di una società quotata è giustificato e necessario prevedere un livello significativamente più elevato di tutela degli investitori, ad esempio stabilendo obblighi di comunicazione delle informazioni (anche in relazione ad informazioni privilegiate) e norme rigorose in materia di segnalazione.

3.19.

Il Comitato ritiene che la comunicazione obbligatoria sia estremamente importante e anzi indispensabile per il corretto funzionamento dei mercati pubblici. Gli investitori devono ricevere una quantità adeguata di informazioni sulle proiezioni relative al valore dei titoli. Qualsiasi limitazione della necessaria comunicazione delle informazioni avrebbe un effetto dissuasivo sugli investimenti nell'emittente, il che, a sua volta, potrebbe ostacolare fortemente il pieno sfruttamento delle opportunità offerte dai mercati dei capitali.

3.20.

Tuttavia, inserire nei documenti di offerta una quantità eccessiva di informazioni al solo scopo di evitare controversie non è la soluzione preferibile né per l'emittente né per l'investitore. Al riguardo occorrerebbe pertanto trovare il giusto equilibrio.

4.   Osservazioni particolari e raccomandazioni

4.1.

Alla luce delle considerazioni precedenti, il Comitato accoglie con grande favore la normativa sulle quotazioni proposta dalla Commissione, con alcune riserve di poco conto in merito a una serie di elementi.

4.2.

Il CESE ravvisa chiaramente la necessità di affrontare il problema della frammentazione delle norme in vigore nei diversi Stati membri in materia di sistemi di azioni a voto plurimo. Il Comitato si attende che l'armonizzazione minima di tali norme, volta ad attirare un maggior numero di imprese a conduzione familiare sui mercati dei capitali dell'UE, contribuisca alla creazione di un'autentica unione dei mercati dei capitali (UMC) paneuropea. A livello nazionale si dovrebbe definire un quadro dettagliato per l'adattamento all'ecosistema locale, pur promuovendo al tempo stesso un grado elevato di armonizzazione a livello UE.

4.3.

Il CESE osserva che il flottante non è l'unico fattore importante quando si tratta di garantire la liquidità. L'obbligo di un flottante minimo del 10 % dovrebbe valere solo al momento della quotazione in borsa. Soprattutto per gli Stati membri più piccoli la flessibilità è fondamentale, dato che i loro mercati possono funzionare correttamente con una percentuale di flottante più bassa, il che è essenziale per evitare brusche esclusioni dalla quotazione.

4.4.

Il CESE plaude all'iniziativa di semplificare e snellire il contenuto del prospetto informativo, il che ridurrebbe notevolmente i costi e gli oneri sostenuti dagli emittenti. Tuttavia, i colegislatori dovrebbero sforzarsi di garantire un equilibrio tra l'onere a carico degli emittenti e le esigenze di informazione degli investitori. Prospetti di 800 pagine dovrebbero appartenere ormai al passato, ma ciò non toglie che occorra comunque garantire la disponibilità delle informazioni approfondite necessarie, in particolare in relazione ai criteri ESG, tenendo conto del principio della doppia rilevanza. Sulla base delle rigorose disposizioni della direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (11), la comunicazione di tali informazioni darebbe un impulso ai finanziamenti del Green Deal.

4.5.

Oggi il contenuto del prospetto è frammentato, disomogeneo e non sempre disponibile in inglese («la lingua comunemente utilizzata nel mondo della finanza internazionale», secondo la proposta in esame), fatta eccezione per la nota di sintesi. Inoltre, le informazioni sono presentate in formati non leggibili da un dispositivo automatico. Uno stesso processo di emissione può generare tutta una serie di documenti giuridici, suddivisi in più file o dossier (ad esempio: nota informativa sui titoli di sintesi del prospetto e documento di registrazione).

4.6.

Vanno quindi decisamente apprezzate l'armonizzazione e la semplificazione del prospetto per gli strumenti di capitale. In linea generale, il CESE concorda con la proposta della Commissione di dare agli emittenti la possibilità di redigere e pubblicare il prospetto soltanto in inglese, che è ormai da tempo la lingua comune adottata dagli investitori internazionali (tranne per la nota di sintesi, che dovrebbe essere disponibile nella lingua nazionale, per continuare ad attrarre gli investitori al dettaglio).

4.7.

Tuttavia, il Comitato considera altrettanto importante l'uso delle lingue nazionali / dei singoli Stati membri, visto che l'inglese non è comunemente usato in tutti i paesi dell'UE. Secondo il CESE, la pubblicazione del testo integrale del documento (e non solo della nota di sintesi) nelle lingue dei singoli Stati membri oltre che in inglese renderebbe possibile una partecipazione più attiva degli investitori al dettaglio a livello nazionale. Gli emittenti e i loro consulenti devono tenere presente che utilizzare documenti di emissione «esclusivamente in lingua inglese» non solo ostacolerebbe lo sviluppo di una base di investimenti al dettaglio a livello nazionale, ma sarebbe anche controproducente per conseguire gli obiettivi previsti della strategia per gli investimenti al dettaglio dell'UE, che dovrebbe essere annunciata a breve. Il CESE osserva a questo proposito che si dovrebbero adottare misure per incoraggiare gli investitori al dettaglio a livello nazionale a partecipare ai mercati dei capitali pubblicizzando adeguatamente i documenti di emissione e rendendoli di più facile lettura.

4.8.

La ricerca in materia di investimenti azionari è un elemento fondamentale per lo sviluppo di un ecosistema sano per il finanziamento azionario delle PMI. Per integrare i canali di ricerca esistenti, è probabile che autorizzare l'aggregazione di servizi di ricerca per le PMI con altri servizi aumenterà la produzione e la distribuzione di rapporti di ricerca. Il CESE accoglie con favore la proposta di innalzare a 10 miliardi di EUR la soglia al di sotto della quale non si applicano le norme sulla disaggregazione, poiché ciò rimedierà alla minore copertura e visibilità delle PMI risultante dall'applicazione della direttiva MiFID II (12). Tuttavia, il CESE osserva che la maggior parte della produzione di ricerca in materia di investimenti azionari è concentrata nelle mani di grandi istituti finanziari. Per via delle loro dimensioni, i grandi o grandissimi intermediari possono permettersi assai meglio, rispetto agli intermediari di piccole o medie dimensioni, di fissare commissioni trascurabili e/o di ricorrere all'esecuzione delle negoziazioni per sovvenzionare in modo incrociato la loro produzione di ricerca (13). Inoltre, i grandi intermediari sono per lo più interessati a fornire servizi di ricerca sulle società maggiormente capitalizzate, mentre le PMI possono non ottenere un'attenzione adeguata. La grande maggioranza degli emittenti afferma (14) che la direttiva MiFID II ha ridotto la copertura e la visibilità delle PMI. Il CESE ravvisa l'evidente necessità di adottare ulteriori misure per incentivare la ricerca indipendente, ispirandosi alle buone pratiche attuate in Europa (15).

4.9.

Nella fase successiva a un'IPO, le società quotate dovrebbero dar prova di una trasparenza esemplare, e la tutela degli interessi degli azionisti di minoranza dovrebbe essere la priorità assoluta. Se gli azionisti rischiano di subire un trattamento iniquo o di non essere adeguatamente tutelati quando la società si quota su mercati pubblici, questo non accrescerà la loro fiducia nei mercati dei capitali dell'UE. Il CESE valuta molto positivamente l'approccio della Commissione volto a ridurre l'incertezza giuridica in materia di obblighi di comunicazione delle informazioni attraverso una serie di modifiche mirate del regolamento sugli abusi di mercato.

4.10.

Il Comitato osserva che il quadro attuale, che prevede richieste ad hoc in caso di presunti abusi di mercato, sembra adeguato e sufficiente per conseguire una vigilanza efficace, pur prendendo atto del fatto che diverse autorità di vigilanza ritengono opportuno migliorare lo scambio dei dati del book di negoziazione attraverso il dispositivo di sorveglianza trasversale del mercato con riferimento al book di negoziazione (Cross-Market Order Book Supervision — CMOBS). L'ambito di applicazione della proposta sul CMOBS potrebbe comportare il rischio di creare condizioni di disparità, dal momento che le sedi di negoziazione bilaterale sarebbero escluse dal dispositivo.

4.11.

Il CESE incoraggia vivamente ad accelerare l'attuazione delle altre iniziative in corso per migliorare l'attrattiva dei mercati pubblici. Il Comitato ha pubblicato vari pareri su iniziative legislative pregresse, in atto o previste (16). Malgrado le attuali sfide geopolitiche, è opportuno continuare a conseguire rapidi progressi verso l'UMC; anzi, proprio i crescenti rischi di instabilità economica e sociale rendono oggi più che mai necessaria un'Unione dei mercati dei capitali forte.

Bruxelles, 23 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Capital markets union: clearing, insolvency and listing package [Unione dei mercati dei capitali: pacchetto di misure in materia di compensazione, insolvenza e quotazione in borsa].

(2)  Relazione finale del TESG (Technical Expert Stakeholder Group on SMEs — Gruppo tecnico di portatori d'interesse esperti sulle PMI) Empowering EU Capital Markets for SMEs: Making listing cool again [Stimolare i mercati dei capitali dell'UE per le PMI — Rendere le quotazioni in borsa nuovamente attraenti].

(3)  Eurostat — Statistics explained [Eurostat: statistiche con relative spiegazioni].

(4)  Relazione statistica annuale dell'ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), EU securities markets [Mercati dei titoli nell'UE], 2020, pag. 40.

(5)  Relazione di Oxera Consulting Primary and secondary equity markets in EU [Mercati azionari primari e secondari nell'UE], 2020.

(6)  Haas, R.D. e A. Popov, Finance and Carbon Emissions [Finanza ed emissioni di carbonio], ECB Working Paper Series (Serie di documenti di lavoro della BCE), 2019.

(7)  Jordà, Ò., M. Schularick e A.M. Taylor, When Credit Bites Back [Effetto boomerang del credito], Journal of Money, Credit and Banking 45, n. 2 (1o dicembre 2013): 3-28.

(8)  Banca dati della Federation of European Securities Exchanges, 2022.

(9)  Stiftung Familienurternehmen (Fondazione per le imprese a conduzione familiare in Germania e in Europa).

(10)  GU C 75 del 28.2.2023, pag. 28.

(11)  GU C 517 del 22.12.2021, pag. 51.

(12)  MiFID = direttiva relativa ai mercati degli strumenti finanziari.

(13)  Relazione di Oxera Consulting Unbundling: what's the impact on equity research? [Disaggregare: quale impatto sulla ricerca in materia di investimenti azionari?], 2019.

(14)  Relazione finale The impact of MiFID II rules on SME and fixed income investment research [L'impatto delle norme della direttiva MiFID II sulla ricerca in materia di investimenti sulle PMI e sui titoli a reddito fisso], Commissione europea, 2020.

(15)  Cfr. l'iniziativa senza scopo di lucro Lighthouse promossa dall'Instituto Español de Analistas Financieros [Istituto spagnolo degli analisti finanziari].

(16)  GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20; GU C 290 del 29.7.2022, pag. 58; GU C 177 del 18.5.2016, pag. 9; GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 30; GU C 341 del 24.8.2021, pag. 41.


25.5.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 184/109


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Garantire la disponibilità e l'accessibilità economica dei concimi»

[COM(2022) 590 final]

(2023/C 184/21)

Relatore:

Arnold PUECH d'ALISSAC

Consultazione

Commissione europea, 9.12.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

9.3.2023

Adozione in sessione plenaria

23.3.2023

Sessione plenaria n.

577

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

170/3/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione intitolata Garantire la disponibilità e l'accessibilità economica dei concimi, dato che la crisi mondiale dei concimi, che è cominciata all'inizio del 2021 e si è aggravata a seguito della guerra in Ucraina, è particolarmente acuta in Europa, dove gli agricoltori devono far fronte sia a prezzi record che a carenze di approvvigionamento. La situazione attuale costituisce una minaccia per l'agricoltura europea e per la sicurezza alimentare globale.

1.2.

Il CESE sottolinea che per limitare l'impatto della crisi dei concimi è necessario intraprendere azioni di emergenza di natura interna. Oltre alla possibilità di sostenere direttamente i produttori di azoto e gli agricoltori più colpiti ricorrendo agli aiuti di Stato (una soluzione che deve tener conto dei vincoli di bilancio, comporta rischi di distorsioni della concorrenza e dovrebbe essere soggetta a condizionalità), il CESE ritiene che sia necessario adottare delle misure correttive per migliorare il funzionamento del mercato europeo dei concimi, dato che probabilmente avranno un impatto maggiore sugli agricoltori e saranno più efficaci in termini di costi per i contribuenti.

1.3.

Per far fronte sia al problema dell'approvvigionamento dei concimi che a quello dei loro prezzi facilitando le importazioni e la concorrenza interna, il CESE raccomanda di adottare misure che includano la sospensione dei dazi all'importazione su tutti i concimi, l'agevolazione della logistica legata a tali prodotti e determinati elementi di flessibilità normativa.

1.4.

Il CESE ritiene inoltre che siano necessarie misure a medio termine per limitare la dipendenza dell'Unione dai concimi minerali importati e ridurre l'impronta ambientale della fertilizzazione delle colture. Tali misure dovrebbero prefiggersi di limitare l'uso dei concimi rafforzando l'efficienza dei nutrienti vegetali, sostituendo in parte i concimi sintetici con stallatico riciclato e altri rifiuti, e migliorando l'autosufficienza dell'Europa in materia di produzione di concimi, in una prospettiva di trasformazione agroecologica dell'agricoltura.

1.5.

Il CESE accoglie con favore l'annuncio dell'istituzione, prevista per il 2023, di un osservatorio del mercato dei fertilizzanti, considerato che è essenziale aumentare il livello di trasparenza sul mercato europeo dei fertilizzanti attraverso la pubblicazione periodica di prezzi rappresentativi sul mercato interno e l'elaborazione di statistiche pubbliche sulla produzione e sull'uso dei fertilizzanti.

1.6.

Il CESE invita inoltre a prendere in considerazione, nell'adottare nuove misure, gli aspetti sociali concernenti gli agricoltori (che risentono fortemente dei prezzi dei concimi), i consumatori di prodotti alimentari (che devono far fronte all'inflazione dei prezzi di tali prodotti) e i lavoratori del settore.

1.7.

Sul piano internazionale, il CESE esorta l'Unione europea a intensificare le azioni volte a contrastare l'insicurezza alimentare nel mondo, promuovendo tra l'altro la trasparenza, la disponibilità e l'uso efficace dei concimi. È necessario facilitare il commercio mondiale di concimi mantenendo aperti i mercati, evitando restrizioni e divieti all'esportazione, aumentando la produzione di concimi in Europa e ampliando gli itinerari logistici.

2.   Introduzione e contesto

2.1.

I concimi sono composti da tre nutrienti fondamentali che favoriscono la crescita delle piante: azoto (N), fosforo (P) e potassio (K).

2.2.

I concimi sono un fattore di produzione fondamentale per la maggior parte della produzione agricola attuale. La loro disponibilità e accessibilità economica sono essenziali per la sicurezza alimentare. Dall'inizio del 2021 è in corso una crisi mondiale dei concimi minerali, inizialmente dovuta a un aumento della domanda a seguito della ripresa dalla pandemia di COVID-19 e successivamente aggravata, con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, dalle restrizioni dell'offerta proveniente da Russia, Bielorussia e Ucraina, tre importanti fornitori mondiali di concimi.

2.3.

La crisi dei concimi è stata particolarmente acuta in Europa visto che (i) l'UE è un grande importatore netto di concimi; (ii) il mercato dei concimi dell'Unione per l'azoto e il fosforo è protetto da dazi all'importazione che fanno salire i prezzi del mercato interno al di sopra dei prezzi mondiali; (iii) le importazioni europee di concimi dalla Russia, dalla Bielorussia e dall'Ucraina, che in precedenza rappresentavano il 43 % del totale, sono notevolmente diminuite dal marzo 2022, nonostante la politica ufficiale dell'UE non imponga alcun divieto alle importazioni di prodotti alimentari e concimi dalla Russia.

2.4.

Sul mercato interno i prezzi dei concimi hanno raggiunto livelli record (nel novembre 2022 i prezzi dell'azoto minerale erano triplicati rispetto al gennaio 2021). Associata alla scarsità dell'offerta e ai ritardi negli acquisti, questa situazione ha determinato una significativa diminuzione dell'uso di concimi nell'UE per il raccolto 2022 (1) e una possibile carenza in diversi Stati membri nella primavera del 2023, che avrà ripercussioni sul raccolto di quest'anno.

2.5.

Questa evoluzione si inserisce nel contesto del Green Deal europeo e della strategia «Dal produttore al consumatore» (2), pubblicata dalla Commissione europea nel maggio 2020, che propone come obiettivi a livello dell'UE di «ridurre le perdite di nutrienti di almeno il 50 % garantendo nel contempo che non si verifichi un deterioramento della fertilità del suolo», e di ridurre l'uso «dei fertilizzanti di almeno il 20 % entro il 2030».

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE sottolinea che dei concimi facilmente disponibili ed economicamente accessibili sono essenziali per la produzione agricola e la sicurezza alimentare sia in Europa che nel mondo. La penuria di concimi e i loro prezzi eccessivi determinano una riduzione delle rese delle colture, pregiudicano la produzione alimentare e contribuiscono all'inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari a discapito dei cittadini europei e dell'umanità.

3.2.

L'attuale crisi dei mercati dei concimi costituisce una minaccia particolare per i paesi a basso reddito, che sono fortemente colpiti dall'insicurezza alimentare. Tale minaccia riguarda anche l'Europa, dove i gruppi vulnerabili hanno già difficoltà connesse all'accessibilità economica degli alimenti, e la crisi dei fertilizzanti può portare a una riduzione dei raccolti, con ripercussioni sulla sicurezza alimentare mondiale, essendo l'UE uno dei principali produttori ed esportatori di cereali.

3.3.

Secondo il CESE, la scarsità globale di concimi è dovuta non solo al prezzo elevato del gas naturale, ma anche a uno squilibrio tra domanda e offerta e ai limiti logistici. All'interno dell'Unione il fenomeno è ulteriormente aggravato dall'elevata dipendenza del continente dalle importazioni di concimi minerali, dai dazi all'importazione nell'UE e dalla guerra in Ucraina.

Azioni di emergenza di natura interna

3.4.

Nonostante i prezzi elevati dei concimi, sembra che la competitività di costo di diversi produttori europei di concimi azotati sia stata influenzata dal prezzo estremamente elevato del gas naturale in Europa, che era pari a sette volte quello praticato negli Stati Uniti, mentre nel 2021 era pari a solo il triplo. Oltre all'accesso prioritario al gas naturale in caso di razionamento, può essere utile prevedere, valutando caso per caso, un sostegno specifico all'industria europea dell'azoto, con l'obiettivo di sfruttare al massimo le capacità di produzione esistenti, come stabilito dalla versione modificata del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato dell'UE. A tale riguardo, è necessaria una condizionalità economica e sociale per evitare effetti inerziali, in quanto alcuni produttori di concimi hanno visto aumentare i loro profitti a seguito della crisi dei fertilizzanti.

3.5.

Gli utilizzatori di concimi, in particolare i coltivatori di seminativi e gli agricoltori specializzati in colture miste e allevamento, che rappresentano il 62 % delle spese dell'UE per i concimi e il 69 % del suo consumo di azoto (3), sono stati duramente colpiti dalla crisi attuale. Essi devono far fronte a carenze di liquidità per l'acquisto di concimi prima del raccolto, nonché a una compressione dei margini di profitto, in quanto l'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli potrebbe non compensare l'effetto dell'aumento dei prezzi dei concimi e di altri fattori di produzione agricoli (4). Un sostegno mirato agli utilizzatori di concimi può pertanto contribuire ad affrontare la crisi, come stabilito dalla versione modificata del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato dell'UE.

3.6.

Tuttavia, il finanziamento di tale sostegno mediante il ricorso alla riserva agricola dell'UE, che ammonta a 450 milioni di EUR per l'esercizio finanziario 2023, comporta notevoli limiti di bilancio e significative priorità concorrenti. Non è un'opzione adeguata nemmeno la scelta di finanziare tali misure mediante i piani strategici nazionali della PAC, in quanto questi ultimi sono appena stati approvati e richiederebbero tempi lunghi per essere modificati. L'opzione alternativa di un ricorso agli aiuti di Stato solleva sia la questione dei vincoli di bilancio nazionali sia il rischio di significative distorsioni della concorrenza tra agricoltori di diversi Stati membri. Ciò è dimostrato dal fatto che, finora, solo tre Stati membri hanno posto in atto regimi di aiuto per l'acquisto di fertilizzanti da parte degli agricoltori, per un bilancio totale di 855 milioni di EUR.

3.7.

Il CESE ritiene pertanto che delle misure correttive volte a migliorare il funzionamento del mercato dei concimi dell'UE siano più opportune e più efficienti sotto il profilo dei costi per i contribuenti. Tali misure temporanee di emergenza dovrebbero applicarsi sia all'approvvigionamento che ai prezzi dei concimi in Europa, facilitando le importazioni e la concorrenza. Alcune imprese del settore dei fertilizzanti stanno aumentando enormemente i profitti: se vogliamo che utilizzino tali risorse per investire in fabbriche europee e accrescano il nostro grado di autonomia, che è il prezzo della nostra indipendenza, dobbiamo trasmettere un messaggio positivo e strategico in favore di questa industria.

3.8.

A seguito della proposta della Commissione europea del 17 luglio 2022, il regolamento (UE) 2022/2465 del Consiglio, del 12 dicembre 2022 (5), prevede una sospensione temporanea dei dazi all'importazione di urea e ammoniaca (ad eccezione dei prodotti provenienti da Russia e Bielorussia). Il CESE accoglie con favore questa decisione, considerando che, oltre ai partner che già beneficiano di accordi di libero scambio con l'Unione (come i paesi nordafricani), anche altre importanti fonti di approvvigionamento (come gli Stati Uniti e i paesi dell'Asia centrale e del Golfo arabo) dovrebbero risentire positivamente di tale misura. Tuttavia, il regolamento è entrato in vigore troppo tardi per dare i risultati auspicati nella stagione 2022/2023, poiché la maggior parte delle importazioni di urea sono state consegnate o ordinate quando i prezzi erano alle stelle, e il Consiglio ha limitato l'applicazione della sospensione a un periodo di sei mesi invece dei due anni inizialmente previsti. Il CESE raccomanda alla Commissione e al Consiglio di prorogare la validità del regolamento alla prossima stagione e di estenderlo a tutti i concimi a base di azoto e fosforo, in quanto ciò promuoverebbe la disponibilità grazie alla diversificazione dell'offerta e ridurrebbe i prezzi interni dei concimi nell'Unione.

3.9.

È inoltre necessario adottare con urgenza altre misure per gestire il funzionamento del mercato europeo dei concimi minerali sul piano della logistica e della regolamentazione. Si dovrebbe in particolare i) incentivare gli agricoltori e i distributori di concimi a effettuare acquisti anticipati e a gestire i rischi legati ai prezzi; ii) facilitare la logistica delle importazioni nei porti per le navi adibite al trasporto di concimi e il trasporto interno su strada; iii) unificare le interpretazioni nazionali relative ai fornitori di fertilizzanti per quanto riguarda le sanzioni nei confronti della Russia; iv) autorizzare flessibilità temporanee nei regolamenti dell'UE, tra cui il regolamento REACH, la legislazione relativa ai trasporti e il regolamento sui concimi.

3.10.

La Commissione europea, a seguito delle proposte tecniche formulate dal suo Centro comune di ricerca (6), dovrebbe proporre in tempi brevi delle misure legislative che consentano l'uso sicuro dello stallatico trasformato al di sopra della soglia stabilita per le zone vulnerabili ai nitrati dalla direttiva sui nitrati (RENURE — REcovered Nitrogen from manURE, azoto recuperato dal letame), permettendo un livello maggiore di sostituzione dei fertilizzanti sintetici. In attesa di questa nuova soglia, il CESE raccomanda che venga riconosciuta per tutti gli agricoltori dell'UE l'attuale soglia massima di 170 kg di azoto organico per ettaro per anno.

Azioni nazionali a medio termine

3.11.

Come indicato nella sua relazione di previsione strategica 2022 (7), il CESE raccomanda di ridurre la dipendenza dell'UE dalle importazioni di mangimi, fertilizzanti e altri fattori di produzione, e propone una definizione di autonomia strategica aperta applicata ai sistemi alimentari, basata sulla produzione alimentare, sulla forza lavoro e sul commercio equo, con l'obiettivo generale di garantire la sicurezza alimentare per tutti i cittadini dell'UE attraverso un approvvigionamento alimentare sano, sostenibile, resiliente ed equo.

3.12.

In materia di fertilizzanti, il CESE è del parere che, se da un lato le azioni di emergenza dovrebbero essere intraprese immediatamente, dall'altro dovrebbero essere attuate anche misure a più lungo termine per ottimizzare la dipendenza dell'agricoltura europea dai concimi minerali importati, riducendo nel contempo l'impronta ambientale della fertilizzazione delle colture in Europa. Tali misure dovrebbero prefiggersi di i) ottimizzare l'uso complessivo di concimi attraverso una maggiore efficienza dei nutrienti vegetali, con una conseguente riduzione delle perdite; ii) sostituire parzialmente i concimi sintetici grazie a un maggiore ricorso allo stallatico riciclato e ad altri rifiuti della catena alimentare; iii) migliorare l'autosufficienza dell'Europa in materia di produzione di concimi. Il CESE sottolinea che l'agricoltura è in fase di transizione e continuerà a migliorare, con l'agroecologia e l'agricoltura di conservazione.

3.13.

È necessario migliorare l'efficienza dei nutrienti per le piante al fine di ridurre il consumo di concimi e le perdite di nutrienti nell'acqua e nell'aria. Ciò dovrebbe consentire di ridurre l'uso di concimi senza incidere sul volume di produzione. Per conseguire questo obiettivo è possibile migliorare le pratiche di concimazione, optando, ad esempio, per le colture di copertura, selezionando i concimi (favorendo i concimi azotati come quelli a base di nitrati e l'uso di inibitori dell'ureasi e della nitrificazione), utilizzando i biostimolanti e promuovendo l'agricoltura di precisione che consente un'applicazione ottimizzata (applicazione dilazionata, calcolo dei bilanci, analisi del suolo e delle piante, sensori per le piante, strumenti di supporto alle decisioni).

3.14.

Anche la selezione vegetale costituisce un elemento fondamentale per l'efficienza dei nutrienti, dato che le varietà migliorate sono in grado di assorbire meno nutrienti, in particolare l'azoto, senza ridurre i raccolti. A tale riguardo, il CESE ritiene che occorra sviluppare tecnologie e sementi innovative per poter sempre fornire soluzioni agli agricoltori che devono far fronte a restrizioni agli strumenti esistenti (8).

3.15.

Dal 2021-2022 gli agricoltori hanno iniziato spontaneamente a sostituire le colture che richiedono nutrienti come i cereali, la colza e la barbabietola da zucchero con piante con un minor fabbisogno di nutrienti, come il girasole (9) e le leguminose (10). Tuttavia, questa pratica dovrebbe essere esaminata con prudenza in un quadro di politica pubblica poiché, date le rese di materia secca e i contributi proteici per ettaro di queste colture, essa potrebbe perturbare i mercati agricoli e compromettere la sicurezza alimentare.

3.16.

La sostituzione parziale dei concimi minerali con fertilizzanti organici a base di letame e altri rifiuti organici figura anch'essa tra i principali obiettivi a medio termine dell'Unione (11). Ciò offrirà benefici ai suoli (contenuto organico più elevato) e al clima (minori emissioni derivanti dalla produzione di fertilizzanti azotati sintetici) e ridurrà la dipendenza dalle importazioni. Il potenziale del letame non dovrebbe tuttavia essere sovrastimato, dato che esso viene già in gran parte riciclato e le risorse disponibili sono geograficamente limitate (alle regioni con eccedenze strutturali di letame) e soggette a notevoli costi di mobilitazione, trasformazione e trasporto. In generale, i nutrienti provenienti dai rifiuti umani non sono depositati sui suoli agricoli, pur rappresentando un potenziale di 2 milioni di tonnellate di azoto (12). La Commissione europea dovrebbe inoltre incoraggiare l'elaborazione di tecniche per il recupero dei nutrienti dalle alghe e dai fanghi di depurazione e la loro applicazione sicura nell'agricoltura.

3.17.

Per quanto riguarda i concimi azotati, la promozione di modalità alternative di produzione dell'ammoniaca, che non richiedano energie fossili, costituisce un obiettivo a lungo termine estremamente importante, in quanto ridurrebbe la dipendenza dell'Unione dal gas come pure la sua impronta di carbonio. La produzione di idrogeno rinnovabile mediante l'elettrolisi dell'acqua (realizzata a sua volta grazie all'energia elettrica rinnovabile) è in una fase industriale pilota, mentre la metanazione dei sottoprodotti agricoli e dei rifiuti organici può produrre sia biometano per la produzione di ammoniaca sia un digestato utilizzabile come concime organico. Tuttavia, nonostante il prezzo di mercato attualmente elevato dell'ammoniaca prodotta ricorrendo a combustibili fossili, le alternative rinnovabili sono ben lungi dall'essere competitive e richiederanno tempo, maturità tecnologica e, molto probabilmente, sovvenzioni pubbliche significative prima di raggiungere la fase industriale.

3.18.

Il CESE accoglie con favore l'annuncio della creazione di un nuovo osservatorio dei mercati dei concimi, che sarà istituito nel 2023, e l'organizzazione di consultazioni periodiche con i portatori di interessi nell'ambito del gruppo di esperti del meccanismo europeo di preparazione e risposta alle crisi della sicurezza dell'approvvigionamento alimentare (EFSCM). Il CESE ritiene inoltre che sia possibile garantire un elevato livello di trasparenza del mercato dei concimi dell'UE solo mediante la pubblicazione periodica di prezzi rappresentativi sul mercato interno per una gamma di concimi a base di azoto, fosforo e potassio, e mediante l'elaborazione di statistiche pubbliche sul consumo di concimi.

Aspetti sociali

3.19.

Il CESE ritiene che la comunicazione non tenga sufficientemente conto degli aspetti sociali legati alla disponibilità e all'accessibilità economica dei fertilizzanti. In effetti, gli agricoltori (in particolare i piccoli coltivatori agricoli) devono pagare un prezzo più elevato per i concimi che potrebbe non essere compensato al momento del raccolto, dato che l'acquisto dei concimi e la vendita dei prodotti sono disaccoppiati. Inoltre, l'aumento del prezzo dei concimi è in parte responsabile dell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che colpisce più in particolare le famiglie più povere. Infine, le condizioni di lavoro dei dipendenti dell'industria europea dei fertilizzanti risentono anch'esse delle perdite di competitività, dei fermi di produzione e dell'elevato livello di incertezza cui deve far fronte il settore all'interno dell'Unione.

Garantire la disponibilità e l'accessibilità economica dei concimi nel mondo

3.20.

Il CESE sostiene gli sforzi compiuti dalla Commissione europea, dagli Stati membri, dalle istituzioni finanziarie europee, dai paesi del G20, dalle agenzie delle Nazioni Unite e dalle istituzioni finanziarie internazionali per combattere l'insicurezza alimentare nel mondo e, in particolare, per promuovere i mercati dei concimi dotati di una sana concorrenza e trasparenza, la disponibilità di concimi e il loro utilizzo efficace.

3.21.

La trasparenza del mercato mondiale dei concimi riveste un'importanza particolare. Il CESE incoraggia il sistema di informazione sui mercati agricoli (AMIS) del G20 a migliorare la rappresentatività della sua banca dati dei prezzi dei concimi, che attualmente si limita a quattro prodotti e località.

3.22.

La FAO e l'OMC hanno recentemente lanciato l'allarme sostenendo (13) che è probabile che la carenza di concimi a livello mondiale persisterà nel 2023, minacciando la produzione agricola e la sicurezza alimentare, in particolar modo in Africa. È necessario facilitare senza indugio il commercio mondiale di concimi mantenendo aperti i mercati, evitando restrizioni e divieti all'esportazione, aumentando la produzione di fertilizzanti, ampliando gli itinerari logistici e massimizzando l'efficienza dei concimi. Il CESE accoglie con favore le iniziative internazionali al riguardo, tra cui il gruppo delle Nazioni Unite di risposta alla crisi mondiale (ONU), l'Alleanza globale per la sicurezza alimentare (G7), l'iniziativa FARM (UE, G7, Unione africana) e la Global Fertilizer Challenge (Sfida mondiale dei concimi) (USA, UE).

3.23.

In alcuni paesi a basso reddito gli elevati prezzi all'importazione dei prodotti alimentari e dei concimi e le perturbazioni delle catene di approvvigionamento contribuiscono al fabbisogno urgente della bilancia dei pagamenti. L'Unione europea dovrebbe intensificare gli sforzi per far fronte a questo problema, intervenendo sia sul piano bilaterale (strumento per la sicurezza alimentare e la resilienza) che attraverso iniziative multilaterali, quali il Fondo fiduciario dell'FMI per la riduzione della povertà e la crescita (PRGT) e lo sportello di finanziamento in risposta agli shock alimentari.

Bruxelles, 23 marzo 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Secondo la Commissione europea, «una combinazione di fattori quali la siccità e i prezzi elevati dei concimi, che si traducono in tassi di applicazione inferiori, in particolare di fosforo e potassio, (…) ha contribuito alla riduzione delle rese» e al calo dell'8 % del raccolto cerealicolo dell'UE nel 2022 rispetto al 2021. Fonte: Short-term outlook for agricultural markets [Prospettive a breve termine per i mercati agricoli], Commissione europea, 5.10.2022.

(2)  COM(2020) 381 final, del 20 maggio 2020.

(3)  Fonte: Rete d'informazione contabile agricola (RICA), 2017.

(4)  A titolo di riferimento, nel novembre 2022 il prezzo del nitrato di ammonio in Francia era aumentato del 203 % rispetto al livello del gennaio 2021. Per contro, il prezzo del frumento da farina era aumentato del 45 % nello stesso periodo. Fonte: La Dépêche Le Petit Meunier.

(5)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:32022R2465 (GU L 322 del 16.12.2022, pag. 81).

(6)  https://publications.jrc.ec.europa.eu/repository/handle/JRC121636.

(7)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/strategic-foresight-report-2022 (GU, pag. 45).

(8)  GU C 194 del 12.5.2022, pag. 72.

(9)  Nel 2022 la superficie dell'Unione coltivata a girasole è aumentata di 750 000 ettari, mentre quella coltivata a cereali è diminuita nella stessa misura.

(10)  GU C 75 del 28.2.2023, pag. 88.

(11)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/information-reports/benefits-extensive-livestock-farming-and-organic-fertilizers-context-european-green-deal-egd-ir-information-report

(12)  Si stima che la quantità di azoto escreta con l'urina da una persona ammonti a più di 4 kg all'anno (Viskari et al, 2018 https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fsufs.2018.00032/full).

(13)  Global fertilizer markets and policies: a joint FAO/WTO mapping exercise [Mercati e politiche mondiali in materia di concimi: un esercizio di mappatura congiunto FAO/OMC], 14 novembre 2022, https://www.wto.org/english/news_e/news22_e/igo_14nov22_e.htm.