ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 146

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

66° anno
27 aprile 2023


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

2023/C 146/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema Ucraina: un anno dopo l’invasione russa — Il punto di vista della società civile europea

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

2023/C 146/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Politica energetica e mercato del lavoro: conseguenze per l'occupazione nelle regioni in transizione energetica (parere d'iniziativa)

4

2023/C 146/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Sostenere gli sviluppi del mercato del lavoro: come mantenere l’occupabilità, incrementare la produttività e sviluppare le competenze, specie nelle PMI (parere d’iniziativa)

15


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

2023/C 146/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 260/2012 e (UE) 2021/1230 per quanto riguarda i bonifici istantanei in euro [COM(2022) 546 final — 2022/0341 (COD)]

23

2023/C 146/05

Parere del comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine e che modifica il regolamento (UE) 2018/1724 [COM(2022) 571 final — 2022/0358 (COD)]

29

2023/C 146/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il trattamento delle acque reflue urbane (rifusione) [COM(2022) 541 final — 2022/0345 (COD)]

35

2023/C 146/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, della direttiva 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento e della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque [COM(2022) 540 final — 2022/0344 (COD)]

41

2023/C 146/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa [COM(2022) 542 final — 2022/0347 (COD)]

46

2023/C 146/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE [COM(2022) 583 final]

53

2023/C 146/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Analisi annuale della crescita sostenibile 2023 [COM(2022) 780 final]

59


 

Rettifiche

2023/C 146/11

Rettifica del sottotitolo 575a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 — 15.12.2022 nella sezione I (Risoluzioni, raccomandazioni e pareri), al titolo Comitato economico e sociale europeo( GU C 140 del 21.4.2023 )

65

2023/C 146/12

Rettifica del sottotitolo 575a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 — 15.12.2022 nella sezione III (Atti preparatori), al titolo Comitato economico e sociale europeo( GU C 140 del 21.4.2023 )

66


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Ucraina: un anno dopo l’invasione russa — Il punto di vista della società civile europea»

(2023/C 146/01)

Relatori:

Stefano MALLIA

Oliver RÖPKE

Séamus BOLAND

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 4, del regolamento interno

Adozione in sessione plenaria

23.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

160/1/4

IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO (CESE)

Sull’adesione dell’Ucraina all’UE

1.

ricorda che degli ucraini continuano a perdere la vita difendendo la democrazia e che la determinazione del paese a diventare uno Stato membro dell’UE deve essere riconosciuta in modo tangibile e significativo;

2.

sottolinea che l’allargamento è un processo reciprocamente vantaggioso perché contribuisce alla stabilità dell’UE, rafforza la sua posizione geopolitica, promuove la pace, i valori dell’UE e il benessere dei suoi popoli (1) e apporta benefici a tutti attraverso l’ampliamento del mercato unico, mentre al tempo stesso sostiene l’Ucraina nel rafforzamento della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani;

3.

sottolinea l’esigenza di unità nell’UE riguardo al processo di adesione dell’Ucraina e suggerisce di seguire l’esempio di altri paesi dell’Europa orientale che hanno aderito all’UE tra il 2004 e il 2013. Ciò richiede l’istituzione di gruppi di lavoro per l’integrazione europea sotto l’egida dei rispettivi ministeri, nel cui quadro i funzionari acquisirebbero una formazione sull’armonizzazione con gli standard, le norme, le procedure e l’acquis dell’UE in generale;

4.

osserva che, sebbene il processo di adesione all’UE debba essere rispettato, è chiaro che nel caso dell’Ucraina (come di tutti i paesi dei Balcani occidentali e del partenariato orientale) esso deve essere condotto nel modo più pratico e sulla base dell’attuazione delle riforme pertinenti in materia di democrazia, Stato di diritto, diritti umani, libertà fondamentali, economia di mercato e attuazione dell’acquis dell’UE.

Su un tribunale internazionale speciale per i crimini di aggressione contro l’Ucraina e sulle sanzioni contro la Federazione russa

5.

sostiene pienamente la risoluzione del Parlamento europeo che chiede l’istituzione di un tribunale internazionale speciale per i crimini di aggressione contro l’Ucraina (2). Tale tribunale dovrebbe essere istituito in stretta collaborazione con la Corte penale internazionale e le Nazioni Unite. Esorta inoltre l’UE ad assumere un ruolo guida nell’assistenza internazionale alle indagini sui crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il genocidio;

6.

sostiene la risoluzione del Parlamento europeo sul riconoscimento della Federazione russa come Stato sostenitore del terrorismo (3) e accoglie con particolare favore l’invito rivolto all’UE e ai suoi Stati membri a sviluppare un quadro giuridico dell’UE per designare gli Stati sostenitori del terrorismo e gli Stati che fanno uso di mezzi terroristici. L’attuazione di questo quadro giuridico dell’UE dovrebbe tradursi in significative misure restrittive a livello economico, politico, sociale e culturale nei confronti di tali paesi;

7.

esprime il proprio sostegno alla proposta di includere il gruppo Wagner nell’elenco dell’UE dei soggetti terroristici.

Sulla prevenzione della«stanchezza riguardo all’Ucraina»

8.

sottolinea che una sconfitta dell’Ucraina nella guerra contro la Russia sarebbe catastrofica per la democrazia in tutto il mondo. L’UE deve fare tutto il possibile per prevenire la «stanchezza riguardo all’Ucraina». L’UE, che è essa stessa un progetto di pace, ha l’obbligo morale di sostenere l’Ucraina per il tempo necessario e con tutti i mezzi necessari, compresi gli aiuti umanitari e le infrastrutture.

Sulla ricostruzione e la ripresa dell’Ucraina

9.

sottolinea che l’UE deve mettere a punto già adesso i piani e gli strumenti necessari per la ricostruzione dell’Ucraina. La piattaforma multiagenzia di coordinamento dei donatori costituisce un segnale forte del fatto che la comunità internazionale è e continuerà a essere al fianco dell’Ucraina, ma oltre a concentrarsi sull’assistenza a breve termine essa deve dedicare altrettanta attenzione alla ricostruzione a lungo termine dell’Ucraina;

10.

sottolinea che i piani di ricostruzione e ripresa per la società e il territorio ucraini dovrebbero includere condizioni di lavoro eque, l’applicazione del diritto del lavoro, la promozione del lavoro dignitoso e il diritto a un ambiente di lavoro sicuro e sano, nonché opportunità di formazione per tutti;

11.

sottolinea che il compito di ricostruire l’Ucraina sarà immenso e che occorre predisporre già adesso tutti i provvedimenti necessari affinché gli ucraini possano tornare prima possibile a una vita normale, una volta terminata la guerra, e possano costruire un’economia competitiva, che faccia propri gli obiettivi di una transizione verde, digitale e giusta e generi prosperità per l’intera popolazione. Tali processi dovrebbero includere inoltre il sostegno alla creazione dei posti di lavoro che l’Ucraina ha perso a causa dell’invasione russa;

12.

chiede il coinvolgimento delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile organizzata nell’elaborazione, nell’attuazione e nel monitoraggio dei piani di ricostruzione e di ripresa. Tale coinvolgimento garantirà la trasparenza e l’equità e farà sì che le risorse siano impiegate dove sono più necessarie;

13.

ricorda che aiutare le imprese ucraine, in tutta la loro diversità, a sopravvivere in tempo di guerra, e sostenerle nella creazione delle basi per un’economia fiorente durante la ricostruzione è nel comune interesse dell’UE e dell’Ucraina. Al di là dell’associazione dell’Ucraina al programma per il mercato unico, è necessario concedere a tale paese l’accesso ad altri programmi chiave dell’UE. Sono necessarie per le imprese misure di sostegno continue e migliorate, in materia di condivisione delle conoscenze, di logistica e di accesso ai finanziamenti diretti e indiretti;

14.

chiede il ripristino del dialogo sociale in Ucraina nel quadro della legge marziale, nonostante le sfide che ciò potrebbe presentare. Il dialogo sociale è al centro delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e dell’accordo di associazione UE-Ucraina, e diventerà uno dei principali strumenti nelle consultazioni tra il governo, i datori di lavoro e i lavoratori sulle questioni relative alla ricostruzione economica e sociale del paese;

15.

accoglie con favore gli opportuni accordi tripartiti sulle riforme del diritto del lavoro in Ucraina e il previsto miglioramento delle disposizioni legislative in materia di contratti collettivi, e sottolinea la necessità di coinvolgere esperti dell’Ucraina, dell’OIL e dell’UE nel processo di attuazione delle norme internazionali del lavoro e delle garanzie sociali e del lavoro.

Sul sostegno alla società civile e ai contatti interpersonali

16.

elogia la solidarietà dimostrata dalle organizzazioni della società civile dell’UE e dell’Ucraina, che hanno fornito soccorso d’emergenza e sostegno a quanti fuggono dalla guerra;

17.

sottolinea l’importanza di istituire un meccanismo dell’UE per sostenere la società civile ucraina fornendo finanziamenti e facilitando la sua partecipazione alle reti della società civile dell’UE. Occorre avere particolare cura di erogare e coordinare il sostegno finanziario e amministrativo per la piattaforma della società civile UE-Ucraina nel quadro dell’accordo di associazione UE-Ucraina, ma anche per altre organizzazioni della società civile ucraina, comprese le reti di coordinamento con sede a Bruxelles e le organizzazioni ucraine della diaspora;

18.

chiede di ampliare nel 2024 il bilancio per l’Ucraina nel quadro del programma Erasmus+, in modo da consentire ad altri 1 000 beneficiari ucraini di avvalersi del programma, creando e rafforzando in tal modo i ponti tra l’UE e la società civile ucraina. Tali opportunità di tirocinio e di scambio all’interno del CESE e di altre istituzioni dell’UE sensibilizzerebbero i giovani ucraini in merito ai vantaggi sociali ed economici dell’integrazione nell’UE.

Bruxelles, 23 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Articolo 3 del trattato sull’Unione europea.

(2)  Risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2023 sull’istituzione di un tribunale che si occupi del crimine di aggressione contro l’Ucraina [2022/3017 (RSP)].

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2022 sul riconoscimento della Federazione russa come Stato sostenitore del terrorismo [2022/2896 (RSP)].


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/4


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Politica energetica e mercato del lavoro: conseguenze per l'occupazione nelle regioni in transizione energetica»

(parere d'iniziativa)

(2023/C 146/02)

Relatrice:

Maria del Carmen BARRERA CHAMORRO

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

30.1.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

123/43/20

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che l'intensificarsi degli effetti negativi dell'emergenza climatica, nonché le incertezze e le crisi derivanti dalle nuove realtà geopolitiche e del mercato dell'energia, impongono all'Unione europea di accelerare drasticamente la transizione verso l'energia pulita e di rafforzare l'indipendenza energetica dell'Europa da fornitori inaffidabili e combustibili fossili volatili. Accoglie pertanto con favore i piani della Commissione tesi a conseguire tali obiettivi (ad esempio REPowerEU e i suoi finanziamenti aggiuntivi attraverso il dispositivo per la ripresa e la resilienza).

1.2.

Il CESE sottolinea inoltre che i rischi ambientali (l'emergenza climatica) e i rischi energetici (la dipendenza dai combustibili fossili) incidono in modi diversi sulle attività economiche e su tutte le misure politiche correlate, determinando un forte impatto sulle regioni, sui settori economici, sui lavoratori e sui gruppi demografici più vulnerabili. Pertanto, il CESE ritiene che sia necessario concentrarsi in particolare sulle regioni interessate dalla transizione giusta, nelle quali esiste un legame più intenso tra lo sviluppo del settore energetico e le esigenze del mercato del lavoro e in cui saranno necessari interventi specifici.

1.3.

A tale riguardo, gli studi più affidabili mostrano che la riuscita della transizione verde in generale, e della transizione energetica in particolare, potrebbe dar luogo a un aumento del PIL (alcuni studi stimano che tale aumento sarà pari al 5,6 % entro il 2050) e dei livelli di occupazione (secondo l'OIL e l'IRENA, i posti di lavoro creati saranno quattro volte superiori a quelli che andranno persi), come pure della qualità dell'occupazione stessa, alla luce delle più elevate qualifiche richieste. L'abbassamento dei costi dell'energia grazie all'aumento delle fonti di energia disponibili, in particolare quelle rinnovabili, individuate e incentivate attraverso un'adeguata tassonomia verde europea, migliorerà l'accesso a questi servizi e anche la produzione, generando in tal modo maggiore occupazione. I posti di lavoro creati nel settore delle energie rinnovabili sono in genere più difficili da delocalizzare e quindi andranno a beneficio di molte regioni, in particolare di quelle che presentano un rischio più elevato di spopolamento. Vanno altresì considerati gli effetti positivi sulla salubrità degli ambienti di lavoro.

1.4.

Il CESE esprime tuttavia forte preoccupazione per i pesanti effetti negativi economici, occupazionali e sociali a breve e medio termine che sta generando la transizione energetica, aggravati dall'attuale crisi della guerra in Ucraina e dalla situazione economica (inflazione elevata). L'aumento dei prezzi dell'energia ha colpito le famiglie più vulnerabili e molte imprese in tutta l'UE: le elevate bollette dell'energia determinano un aumento dei costi delle imprese e si ripercuotono sui loro livelli di produzione e di occupazione, essendo esse obbligate a ricorrere a piani di ristrutturazione. Ciò dimostra che la politica energetica e le sue modifiche sono rilevanti per l'aggiustamento e l'equilibrio degli attori del mercato del lavoro, tanto i lavoratori quanto i datori di lavoro. Occorre quindi che il mercato dell'energia sia rapidamente stabilizzato e che il suo futuro sia gestito attraverso le nuove norme, che dovrebbero integrare la doppia transizione verde e digitale, la resilienza agli shock e i principi di competitività.

1.5.

Al fine di correggere o attenuare questi effetti negativi della transizione energetica nell'attuale contesto caratterizzato da nuove emergenze, il Comitato propone che gli Stati membri esaminino opportune modalità per integrare meglio le politiche del mercato del lavoro nei quadri normativi e nelle politiche ambientali ed energetiche (incentivi all'occupazione sostenibile e di qualità come valore aggiunto della transizione energetica; fondi per la condivisione dei costi dei processi di ristrutturazione, sia temporanei che permanenti; programmi di riqualificazione professionale per migliorare l'occupabilità in un'economia decarbonizzata ecc.) e nelle politiche sociali (garanzie di accesso universale ai servizi energetici, offerta di accesso a un reddito sostitutivo e a un reddito minimo adeguato ecc.). Tale integrazione, nell'ambito delle misure nazionali di recepimento del piano d'azione per l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, dovrebbe sempre essere conseguita attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, fatte salve l'autonomia e la diversità dei diversi sistemi di relazioni industriali di ciascuno Stato.

1.6.

Data la maggiore complessità di queste sfide, il CESE propone di dare priorità alle interconnessioni tra transizione energetica, mercati del lavoro e sviluppo regionale, nel quadro di una politica di coesione rinnovata (economica, sociale e territoriale). Sebbene la relazione tra la politica energetica dell'UE e il mercato del lavoro in un contesto regionale riguardi tutti i territori dell'UE, le regioni interessate dalla transizione giusta costituiscono un caso specifico, in quanto il loro forte passato in materia di energia convenzionale ha un impatto sui settori collegati. A tal fine, occorrerebbe prendere in considerazione indicatori utili, come quello relativo al potenziale di occupazione generato dalla decarbonizzazione. Il CESE ribadisce la sua convinzione che, per conseguire efficacemente gli obiettivi della politica climatica e della transizione energetica, si debba utilizzare in modo più efficace il meccanismo per una transizione giusta, tenendo conto di un ritmo compatibile con la situazione delle imprese piccole e grandi. In tali condizioni, è necessario attuare nuove azioni complementari a livello regionale per preservare per quanto possibile l'occupazione e garantire che i nuovi posti di lavoro siano di buona qualità, sempre con un coinvolgimento reale ed effettivo delle parti sociali attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, nonché dei soggetti dell'economia sociale. La Commissione deve promuovere questo rafforzamento della dimensione sociale. Tutte le misure o politiche prese in considerazione devono sempre essere formulate in modo da rispettare le caratteristiche dei sistemi nazionali di relazioni industriali nonché i ruoli, le competenze e l'autonomia delle parti sociali.

1.7.

Il CESE invita la Commissione e il Parlamento europeo, gli Stati membri e le regioni dell'UE a coinvolgere in modo più innovativo ed efficace le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile nell'elaborazione e nell'attuazione di politiche di transizione energetica ad alto valore aggiunto in termini di occupazione e di protezione sociale, nonché nel monitoraggio e nella valutazione delle stesse. Poiché gli studi di caso realizzati al riguardo hanno evidenziato squilibri territoriali in questo settore, si invitano la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure volte a favorire uno sviluppo più equilibrato dal punto di vista territoriale e socioeconomico, attraverso il dialogo sociale e il coinvolgimento dell'economia sociale. Ad esempio, si potrebbero promuovere processi di consultazione e, se del caso, patti sociali per garantire una transizione energetica equa dal punto di vista economico, occupazionale e sociale.

1.8.

Il CESE riconosce la necessità di rafforzare le politiche di investimento, sia pubbliche che private, nonché le politiche di compensazione sociale, nel contesto dell'attuale crisi geopolitica, visti gli effetti negativi manifestatisi sulla competitività delle grandi imprese e delle PMI dell'UE, nonché sulle famiglie più vulnerabili. Si incoraggia, tra l'altro, l'uso del piano REPowerEU nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza per stabilizzare le condizioni di mercato e garantire l'approvvigionamento universale dei cittadini europei. Tale necessità e tale urgenza devono essere affrontate con un maggior numero di misure di investimento economico e sociale (ad esempio, aiuti destinati a compensare i costi più elevati a carico delle imprese, garanzia di risorse per prevenire la povertà energetica ecc.), senza rendere meno ambiziosi gli obiettivi di decarbonizzazione sottoscritti: gli effetti negativi di nuovi rallentamenti, infatti, sarebbero superiori a quelli innescati da un'accelerazione a medio e lungo termine.

1.9.

Il CESE ritiene che sia le grandi imprese che le PMI abbiano un ruolo importante da svolgere in vista dell'obiettivo della transizione energetica: sono dunque necessarie condizioni rigorose per promuovere un'occupazione sostenibile e di qualità e la protezione sociale, nonché per garantire l'accesso universale ai servizi energetici (ad esempio attraverso la prevenzione della povertà energetica). Tuttavia, al fine di far fronte alle maggiori difficoltà incontrate dalle PMI, il CESE chiede di migliorare i programmi per l'accesso delle PMI ai finanziamenti, rendendoli più agili e semplici e accompagnandoli a servizi di sostegno e assistenza permanente.

1.10.

Il CESE raccomanda inoltre di rafforzare la partecipazione dei prosumatori (consumatori passivi di energia che diventano protagonisti attivi nella produzione di energia rinnovabile) e dei cittadini (comunità energetiche) al fine di accelerare la transizione energetica in Europa.

1.11.

Il CESE ritiene che i piani territoriali di transizione energetica debbano essere accompagnati da opportune convenzioni o accordi per un'equa consultazione sociale. Attraverso di questi, la creazione e il mantenimento di un'occupazione sostenibile e di qualità e il sostegno ai cittadini devono essere condizioni necessarie per la progettazione, l'attuazione e la valutazione delle misure previste, anche per quanto riguarda i fondi ricevuti per promuovere la transizione energetica.

1.12.

Tuttavia, le esperienze attuali in materia di dialogo sociale e contrattazione collettiva nel contesto della transizione energetica a livello delle politiche macroeconomiche non sono positive. Nella maggior parte dei paesi, il coinvolgimento delle parti sociali nella progettazione, nell'attuazione e nello sviluppo delle politiche relative alla duplice transizione (digitale e verde) è considerato insufficiente.

2.   Osservazioni preliminari ed elementi principali

2.1.

Il CESE si compiace del fatto che l'UE, uno dei maggiori responsabili delle emissioni a livello mondiale, abbia assunto un impegno vincolante a conseguire la neutralità climatica entro il 2050, impegno rinnovato in occasione della COP27 (7-8 novembre 2022) nonostante i dubbi di altri importanti responsabili di emissioni a livello mondiale. Sottolinea, tuttavia, che l'efficacia delle misure adottate per decarbonizzare l'economia europea e il sistema energetico dell'UE nei prossimi anni dipenderà non solo dal conseguimento di tale obiettivo ambientale, ma anche dalla garanzia di una trasformazione equa per tutti, che contribuisca a promuovere una società sostenibile e prospera con un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva nonché un elevato livello di occupazione di qualità.

2.2.

Nel parere Una visione strategica della transizione energetica per consentire l'autonomia strategica dell'UE (1), il CESE riconosce le opportunità di prosperità offerte dal processo di decarbonizzazione energetica, pur mettendo in guardia contro i rischi sociali ed economici derivanti dall'attuale crisi energetica. I problemi congiunturali, che creano ulteriori pressioni e rendono difficile conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione assunti (guerra in Ucraina, crisi dell'inflazione ecc.), sono aggravati da problemi strutturali, come i cambiamenti climatici, i cui effetti negativi sull'UE e sulle sue regioni stanno diventando sempre più visibili.

2.3.

Il Comitato è consapevole del fatto che i prezzi elevati del gas e dell'energia elettrica stanno avendo gravi ripercussioni su tutte le imprese e sulle famiglie più vulnerabili. La spirale inflazionistica sta portando alla chiusura di impianti industriali (ad esempio l'azienda Slovalco in Slovacchia) e sta danneggiando la competitività di molte imprese.

2.4.

Il CESE, inoltre, prende atto delle relazioni di Eurofound (2), che rilevano un aumento della povertà energetica. Benché gli Stati membri abbiano notevolmente intensificato gli sforzi per introdurre misure sociali volte ad attenuare gli effetti socioeconomici delle nuove crisi ed emergenze, tali sforzi stanno risultando insufficienti, cosa che dimostra l'importanza di rafforzare gli obiettivi sociali. Come sottolineato dall'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), nell'elaborazione e attuazione di pacchetti di politiche e misure di mitigazione dei cambiamenti climatici occorre considerare la distribuzione degli impatti sociali e le modalità per renderli più equi nei casi in cui essi siano inevitabili (Exploring the social challenges of low carbon energy policies in Europe [Esplorare le sfide sociali delle politiche per la decarbonizzazione in Europa], ottobre 2021 (3)).

2.5.

In questo contesto di nuove emergenze, il CESE chiede di estendere e rafforzare le misure specifiche a livello dell'UE e degli Stati membri volte a compensare gli effetti economici, sociali e occupazionali più dannosi che derivano dal conseguimento degli ambiziosi obiettivi climatici fissati, senza per questo mettere in discussione gli obiettivi stessi. Ritiene inoltre che tali politiche debbano essere inquadrate nell'ambito delle politiche di coesione: l'attenzione rivolta alle politiche di coesione nel quadro delle politiche dell'UE a favore del clima è peraltro già stata sottolineata dal CESE nel suo parere in materia (ECO/579 (4)), al fine di porre l'accento sulle misure volte ad agevolare la capacità delle imprese di adattarsi alle esigenze della transizione energetica, tra l'altro attuando le ristrutturazioni necessarie, e a prevenire le situazioni di povertà energetica.

2.6.

Su un piano più strutturale, il pacchetto «Pronti per il 55 %» è volto a rivedere e aggiornare la legislazione dell'UE e ad avviare iniziative per garantire che le politiche dell'UE siano in linea con gli obiettivi climatici concordati dal Consiglio e dal Parlamento europeo, come promesso dal Green Deal europeo e sancito in modo vincolante dalla normativa europea sul clima. Il CESE ritiene pertanto che le politiche volte a combattere l'emergenza climatica possano portare a grandi cambiamenti nell'economia e generare, nel breve, medio e lungo termine, perturbazioni sociali che si ripercuoteranno sull'occupazione e sul benessere, in particolare in alcune regioni. Inoltre, così come non può esservi progresso sociale senza solidi risultati economici, non vi può essere crescita economica sostenibile se non viene garantita una transizione verde ed energetica che sia equa sul piano sociale e occupazionale.

2.7.

Gli effetti sui mercati del lavoro saranno più marcati in taluni settori e in alcune regioni con industrie ad alta intensità di carbonio che potrebbero chiudere. La necessità di accelerare la transizione energetica deve essere accompagnata da un «meccanismo per una transizione giusta». Dato che gli effetti positivi di questa transizione non saranno automatici, il CESE è convinto che, per garantire il successo della transizione energetica, sia essenziale concepire e attuare politiche di investimento inclusive (subordinate alla promozione di posti di lavoro dignitosi e sostenibili), basate sulla partecipazione della società, che tengano conto del punto di vista dei lavoratori e delle istanze che li rappresentano a tutti i livelli, ossia a livello dell'UE e nazionale, settoriale e delle imprese e unità locali.

2.8.

In questi scenari incerti e mutevoli, il Comitato ritiene che i quadri dell'Unione dell'energia e del Green Deal siano corretti ma insufficienti per attuare politiche in materia di clima ed energia che garantiscano la coesione sociale e regionale attraverso investimenti intensivi a favore dell'innovazione tecnologica, della creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità, della formazione del capitale umano e della creazione di capitale sociale regionale. In tal senso, il CESE incoraggia il ricorso alle buone pratiche (5), ricordando che approcci di questo tipo comprendono ad esempio i progetti per la costruzione di parchi solari in ex cave di lignite in Grecia e Portogallo e il sostegno destinato in maniera molto strategica ai prosumatori in Lituania. Osserva che queste esperienze non costituiscono ancora una pratica diffusa o prevalente.

2.9.

Secondo una relazione elaborata su richiesta della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo, il costo della mancanza di ambizione in queste politiche di trasformazione energetica europea giusta è stimato al 5,6 % del PIL dell'UE nel 2050. Il CESE condivide l'opinione secondo cui, per evitare questo costo, sarà necessario garantire il risultato di una transizione giusta anche in termini di occupazione. La relazione presenta alcune raccomandazioni e quantifica l'impatto che deriverebbe da diverse azioni dell'Unione in tal senso, nello specifico (6):

sottolinea la necessità di livelli ambiziosi di finanziamento dell'UE, oltre alle risorse degli Stati membri, per sostenere l'innovazione nelle tecnologie energetiche pulite. Il CESE, nel suo parere INT/913, ha già preso posizione in questa direzione;

rileva che il ruolo guida dell'UE a livello mondiale nella cooperazione multilaterale in materia di trasformazione energetica genererebbe guadagni per 94 miliardi di EUR all'anno;

osserva che, migliorando la chiarezza sul significato di investimenti responsabili nel settore dell'energia e promuovendo la governance ambientale e sociale, il regolamento dell'UE in materia di tassonomia contribuirebbe ad aumentare il PIL dell'UE di 39 miliardi di EUR all'anno.

2.10.

Il CESE ritiene che non solo le grandi imprese, ma anche le PMI, siano un elemento essenziale della soluzione per conseguire un'economia competitiva, climaticamente neutra, circolare e inclusiva nell'UE. Occorre creare e mantenere le giuste condizioni di finanziamento e di sostegno. Bisogna inoltre rendere più accessibili i finanziamenti per le PMI semplificando e adattando le procedure amministrative. La creazione di servizi di sostegno per le PMI agevolerà l'accesso effettivo a tali misure e promuoverà la creazione di ecosistemi imprenditoriali sostenibili in tutte le regioni dell'UE (NUTS I, II e III) e non solo in quelle attualmente qualificate come interessate dalla transizione giusta (circa 100 regioni NUTS III e 31 regioni NUTS II) (7).

2.11.

Il CESE accoglie con favore l'istituzione del Fondo per una transizione giusta e del Fondo sociale per il clima (8), pur nella convinzione che tali strumenti non forniranno tutto il sostegno finanziario necessario per affrontare gli effetti socioeconomici e occupazionali in modo socialmente responsabile. Il CESE sottolinea che il perseguimento di una transizione energetica giusta non consiste solo nella mobilitazione di finanziamenti ma include anche l'obiettivo di creare posti di lavoro di qualità, rafforzare la partecipazione democratica (anche a livello delle imprese), nel rispetto dell'autonomia e della diversità dei sistemi nazionali di relazioni industriali, nonché mantenere e rafforzare ulteriormente la competitività delle imprese europee. Il CESE chiede misure specifiche a tutti i livelli, anche nel quadro del semestre europeo, per rafforzare la partecipazione degli enti regionali e locali e delle parti sociali. Ritiene inoltre necessario esigere meccanismi di monitoraggio e valutazione del corretto utilizzo dei fondi per una transizione energetica giusta che consentano di accertare la conformità agli obiettivi sociali e occupazionali delle imprese che beneficiano di tali finanziamenti pubblici.

2.12.

Il CESE invita la Commissione a far sì che, nella valutazione dei piani nazionali per l'energia e il clima, nonché nei piani territoriali per una transizione giusta degli Stati membri, siano rafforzati gli obiettivi occupazionali e sociali, quali:

l'inclusione di politiche attive del mercato del lavoro che facilitino le transizioni professionali, attraverso la riqualificazione professionale e investimenti nell'istruzione e in un'occupazione verde di qualità elevata;

il sostegno finanziario alle persone che perdono il lavoro a causa della decarbonizzazione con risorse provenienti dagli Stati e dalle imprese beneficiarie, per garantire che la transizione energetica abbia un saldo positivo in termini di occupazione;

lo sviluppo delle potenzialità economiche regionali che derivano dalle energie rinnovabili e di nuove forme di partecipazione alla produzione di energia elettrica (ad esempio attraverso la creazione di cooperative di autoconsumo che possano generare capacità in eccesso per la comunità, nonché promuovendo l'utilizzo autonomo nella generazione di energia rinnovabile ecc.);

lotta efficace contro la povertà energetica. La garanzia dell'accesso ai servizi energetici per l'intera popolazione è sancita dal pilastro europeo dei diritti sociali (principio 20).

Il CESE ritiene essenziale, per conseguire questi ambiziosi obiettivi, incoraggiare lo sviluppo di piani territoriali per l'occupazione e l'abilitazione professionale per il futuro, con il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate, in particolare le parti sociali.

3.   Contesto e principali contributi delle evidenze scientifiche internazionali sugli effetti di una transizione energetica giusta sull'occupazione

3.1.

Il CESE osserva che la sostituzione delle centrali elettriche convenzionali a combustibili fossili con fonti rinnovabili può incidere sull'occupazione in modi diversi: potrebbe creare nuovi posti di lavoro verdi nel settore delle energie rinnovabili, ma potrebbe anche comportare la perdita di posti di lavoro in altri settori. Occorre tener conto del potenziale aumento dei prezzi dell'energia, che potrebbe frenare la domanda di lavoro nei settori ad alta intensità energetica e ridurre il potere d'acquisto delle famiglie. I dati confermano che la politica energetica finalizzata alla promozione delle fonti rinnovabili crea, distrugge o trasforma posti di lavoro nei paesi industriali.

3.2.

Il CESE osserva che non vi è un pieno consenso scientifico sul bilancio finale della transizione energetica in termini di occupazione. Alcuni studi rivelano casi in cui la crescita netta dell'occupazione è stata nulla (caso polacco) o molto modesta (caso tedesco). L'OIL stima tuttavia che, sebbene la decarbonizzazione dell'economia comporterà la perdita di circa 6 milioni di posti di lavoro, i posti di lavoro creati aumenteranno di quattro volte, passando da 11 a 43 milioni nel 2030 per i paesi che beneficiano del sostegno dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) (9). In tutti gli scenari elaborati dall'Agenzia internazionale per l'energia, l'occupazione nel settore dell'energia pulita risulta destinata ad aumentare, compensando la perdita di posti di lavoro nei settori dei combustibili fossili. Lo scenario a zero emissioni nette per il 2050 prevede il passaggio di 16 milioni di lavoratori a nuovi ruoli connessi all'energia pulita. La relazione elaborata dal governo statunitense concernente la situazione dell'energia e dell'occupazione per gli Stati Uniti relativa al 2022 (USEER, U.S. Energy and Employment Report(10) contiene stime analoghe: l'occupazione nel settore dell'energia pulita ha fatto registrare un aumento del 4 % (mentre l'occupazione in generale è cresciuta solo del 2,8 %).

3.3.

Il Comitato rileva l'esistenza di diversi squilibri. I nuovi posti di lavoro nel settore dell'energia pulita non si trovano sempre nello stesso luogo di quelli che essi vanno a sostituire e richiedono nuove competenze. Pertanto, le legislazioni nazionali e le relative politiche energetiche dovrebbero mirare a garantire che lo sviluppo delle capacità per la transizione sia efficace e che, per quanto possibile, rechi vantaggio alla maggioranza dei cittadini. Inoltre, sebbene nel settore delle energie rinnovabili la percentuale di donne nella forza lavoro (32 %) sia più elevata rispetto ad altri ambiti del settore energetico, nel settore dell'energia eolica tale quota arriva appena al 21 %, a dimostrazione che — in questo settore — permangono degli stereotipi di genere. Pertanto, la legislazione nazionale e le relative politiche di attuazione devono porre l'accento sugli obiettivi di parità di genere nei nuovi posti di lavoro.

3.4.

Il Comitato ritiene essenziale riconoscere che la transizione energetica non è solo una questione di tecnologia e di investimenti pubblici e privati, ma costituisce anche una profonda sfida sociale di natura globale. Occorre pertanto garantire e promuovere la partecipazione della società civile che utilizza l'energia e della parte della società che la produce (imprese e lavoratori, direttamente e attraverso le loro istanze rappresentative). Le considerazioni climatiche, inoltre, devono essere presenti in tutti i tipi di politiche e decisioni. Il CESE, peraltro, ritiene che queste ultime debbano essere concepite attraverso processi e, se del caso, patti di concertazione sociale tra le autorità, a tutti i livelli, e le parti sociali, nel rispetto dell'autonomia e della diversità dei sistemi di relazioni industriali statali, nonché altre organizzazioni rappresentative della società civile, al fine di conseguire una transizione energetica inclusiva per i lavoratori, i consumatori e i cittadini in generale.

3.5.

Il CESE osserva che, da un esame della letteratura scientifica e dell'esperienza acquisita nei casi concreti (alcuni con esito positivo, altri con esito negativo) risulta che non esiste un unico percorso di trasformazione predeterminato e che il modo in cui le transizioni energetiche incidono sui posti di lavoro e sui luoghi di lavoro dipende dalle condizioni sociali in cui vengono introdotte le tecnologie e si apportano cambiamenti nella transizione energetica. I dati tratti da studi di caso a livello di impresa (ad esempio Renault e Siemens Energy (11)) mostrano che, quando sono stati coinvolti i dipendenti, l'adozione dei cambiamenti ha portato a risultati positivi (maggiori competenze professionali, produttività e qualità dei prodotti).

3.6.

Tuttavia, le conclusioni sul dialogo sociale e la contrattazione collettiva nel contesto della transizione energetica a livello delle politiche macroeconomiche non sono positive. Nella maggior parte dei paesi, il coinvolgimento delle parti sociali nella progettazione, nell'attuazione e nello sviluppo delle politiche relative alla duplice transizione (digitale e verde) è considerato insufficiente. Alla luce dell'esperienza maturata da alcuni paesi, è possibile affermare che questo insufficiente coinvolgimento sia dovuto a due ordini di sfide con cui si confrontano le parti sociali:

la varietà dei quadri istituzionali è un dato di fatto. Cionondimeno, in tutti questi quadri mancano misure volte a promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva nella definizione dei diritti sociali e del lavoro legati alla transizione energetica giusta (ad esempio in Italia, Spagna, Polonia, Germania ecc.);

gli interlocutori hanno mostrato un'insufficiente capacità di partecipare adeguatamente ai dibattiti sul futuro del lavoro nella transizione energetica, di formulare priorità e portare avanti efficacemente i rispettivi programmi, nonostante la legislazione nazionale, come quella spagnola, promuovendo accordi di consultazione sociale per una transizione energetica giusta (legge 7/2021).

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il Comitato prende atto delle analisi che dimostrano che gli strumenti politici e giuridici dell'UE possono essere importanti per affrontare le sfide della transizione energetica in modo equo dal punto di vista economico, sociale e occupazionale. Ritiene tuttavia che gli strumenti esistenti (ad esempio la direttiva sui comitati aziendali europei o la direttiva che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori), recepiti in tutti gli Stati membri, siano applicati e fatti rispettare in modo efficace. Il Comitato chiede di incoraggiare e adottare, ai vari livelli pertinenti, riforme più appropriate volte a rafforzare il dialogo sociale, nonché di ricorrere alla contrattazione collettiva in questi processi di transizione energetica giusta. Ciò al fine di promuovere equilibri positivi in termini di creazione di posti di lavoro sostenibili e di protezione dei lavoratori, mantenendo nel contempo un tessuto economico e imprenditoriale adeguato in tutti gli Stati membri e in tutte le regioni, nel dovuto rispetto dell'autonomia delle parti sociali.

4.2.

L'esperienza dimostra inoltre che i cambiamenti economici e nelle strutture occupazionali derivanti dalle transizioni energetiche hanno esito positivo o negativo in termini di transizione sociale e professionale giusta, a seconda del fatto che venga sostanzialmente mantenuto — o meno — il volume dell'occupazione grazie al trasferimento di posti di lavoro da attività non sostenibili (in ragione della loro impronta di carbonio) ad altri posti di lavoro sostenibili. L'interazione tra le politiche in materia di energia e occupazione ha anche un impatto sull'ambiente o sul più generale contesto regionale, creando opportunità e rischi (ad esempio le tariffe regolamentate e l'aumento dei prezzi dell'energia che mette a rischio i posti di lavoro nell'industria, come nel caso della Germania e della Spagna). Il CESE rileva che, secondo quanto emerge da alcune esperienze regionali, come ad esempio nel bacino minerario della Spagna settentrionale, i nuovi posti di lavoro creati dalla transizione energetica sono in numero notevolmente minore e offrono salari inferiori rispetto a quelli precedenti.

4.3.

Su un piano più globale, il Comitato osserva che, secondo gli studi più affidabili, circa il 45 % dei lavoratori del settore energetico a livello mondiale svolge professioni altamente qualificate, rispetto a quasi il 25 % dell'economia in generale. Tuttavia, non si tratta di un'opzione sempre valida, ed è pertanto necessario rafforzare la garanzia di una transizione giusta e incentrata sulle persone per i lavoratori interessati, onde evitare che la decarbonizzazione porti alla disoccupazione netta, come nel caso della Polonia.

4.4.

Il CESE è convinto che, in linea con le relazioni dell'IRENA e dell'OIL (12), il potenziale delle energie rinnovabili di generare posti di lavoro dignitosi e sostenibili sia un chiaro indizio del fatto che non è necessario scegliere tra la sostenibilità ambientale e la creazione di posti di lavoro. Entrambi gli obiettivi possono e devono andare di pari passo, un fine che può essere perseguito creando le giuste condizioni giuridiche, politiche e finanziarie, imponendo la dovuta responsabilità per tutte le imprese che ricevono fondi e garantendo il coinvolgimento di tutte le parti interessate (territori, parti sociali e cittadini) nella loro gestione.

5.   Osservazioni particolari

5.1.

Il CESE osserva che l'industria energetica rivestirà un ruolo sempre più strategico nell'economia, dal momento che rappresenta un volano per tutti i settori. Tuttavia, negli attuali scenari di crisi e di cambiamento, essa presenta diversi squilibri e rischi che devono essere affrontati mediante investimenti adeguati, politiche coerenti e nuove strutture di governance, al fine di garantire il coinvolgimento dell'economia territoriale, della società civile e delle parti sociali. I piani territoriali di transizione energetica devono essere accompagnati da opportune convenzioni o accordi per un'equa consultazione sociale in cui la creazione e il mantenimento di un'occupazione sostenibile e di qualità e il sostegno alle persone siano condizioni necessarie nella progettazione, nell'attuazione e nella valutazione delle misure previste.

5.2.

Il Comitato ricorda che uno dei principali meccanismi di governance per l'attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. In passato, il CESE ha dichiarato che l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali nel ciclo del semestre europeo e il suo monitoraggio attraverso il quadro di valutazione della situazione sociale sono un passo nella giusta direzione (13). Ritiene, tuttavia, che occorra dare maggiore rilievo all'interazione tra le politiche ambientali e quelle del lavoro, al fine di promuovere un bilancio finale favorevole alla creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità, garantendo al contempo un reddito sufficiente per coloro che perdono il lavoro e non possono reintegrarsi. Il ruolo delle regioni e il loro capitale sociale, la specializzazione intelligente e l'agenda per il capitale umano dovrebbero essere rafforzati.

5.3.

Il CESE ribadisce la necessità di attuare il pertinente acquis dell'UE e degli Stati membri nel settore del diritto del lavoro e della sicurezza sociale. In linea con quanto già affermato dal CESE in precedenza, con la proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali (il «pilastro sociale»), al vertice di Göteborg del novembre 2017, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno riaffermato il loro impegno ad adoperarsi per costruire un'Europa più giusta e più equa. Il pilastro dovrebbe fungere da bussola per una rinnovata convergenza verso l'alto, in direzione di un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, e per orientare le riforme dei mercati del lavoro e delle politiche sociali (14).

5.4.

A un'analisi delle legislazioni nazionali che attuano la normativa europea sul clima, il CESE rileva differenze significative: in legislazioni come quella francese, è stata sottolineata la dimensione del coinvolgimento delle imprese e della rappresentanza dei lavoratori nell'interazione tra la transizione verde e le questioni socio-occupazionali; in altri ordinamenti invece, come quello italiano o quello spagnolo o negli ordinamenti di tutte le regioni interessate dalla transizione giusta dei paesi dell'Europa orientale, non vi è quasi alcun riferimento a tali obblighi e diritti. Il Comitato, ad esempio, prende atto del successo dell'esperienza francese (legge n. 2021-1104): in tale paese, il concetto di «sfide della transizione verde» è stato inserito nel codice del lavoro con competenze per gli accordi di settore, sistemi di gestione prospettica di posti di lavoro e competenze per affrontare le sfide specifiche della transizione verde ed energetica (articolo L 2242-20), nonché il diritto sindacale all'allarme ambientale e alla salute pubblica (L 4133-L 4133-4). Pertanto, pur rispettando rigorosamente l'autonomia e la diversità dei vari sistemi europei di relazioni industriali, il Comitato invita la Commissione a promuovere iniziative per lo scambio di buone pratiche tra i diversi Stati membri e le diverse regioni.

5.5.

Il CESE insiste sul fatto che il presupposto principale per il successo della transizione risiede in un approccio proattivo e inclusivo che garantisca e promuova politiche specifiche in materia di lavoro e previdenza sociale. Una caratteristica importante di politiche efficaci dovrebbe essere il fatto di essere ben mirate alle reali esigenze del mercato del lavoro, in particolare, ma non solo, nelle regioni maggiormente interessate dalle conseguenze della transizione dalle energie fossili a quelle rinnovabili o che si trovano a poter sfruttare le opportunità offerte dalla ricchezza di tali risorse. Sebbene utile, il Fondo per una transizione giusta ha i suoi limiti, che devono essere rettificati, e non costituisce una risposta onnicomprensiva alle sfide di una transizione giusta, ma può essere sostenuto da misure politiche aggiuntive a livello degli Stati membri.

5.6.

Al fine di migliorare il nesso tra le politiche ambientali e le politiche di transizione energetica, da un lato, e quelle in materia di mercato del lavoro e di protezione sociale, dall'altro, il CESE chiede che si presti maggiore attenzione agli indicatori disponibili relativi ai posti di lavoro sostenibili nell'elaborazione e attuazione del previsto meccanismo per una transizione giusta. Occorre tenere conto dell'indicatore relativo al potenziale di occupazione generato dalla decarbonizzazione nelle diverse regioni NUTS. Nell'ottica di ottenere dati relativi all'impatto della nuova crisi energetica sull'occupazione, la banca dati dell'Osservatorio sulla ristrutturazione in Europa (ERM, European Restructuring Monitor) di Eurofound (15) contiene un numero rilevante di esperienze registrate.

5.7.

Il CESE chiede altresì di accelerare e migliorare l'attuazione del meccanismo per una transizione giusta (16). Il Comitato plaude alla mobilitazione di 55 miliardi di EUR entro il 2027 nelle regioni più colpite dalla transizione energetica al fine di conseguire l'obiettivo di «non lasciare indietro nessuno» compensando gli effetti socioeconomici della transizione verso un'economia climaticamente neutra attraverso tre pilastri: un nuovo Fondo per una transizione giusta (oltre 25 miliardi di EUR di investimenti), il regime InvestEU per una transizione giusta (15 miliardi di EUR destinati al settore privato) e il nuovo strumento di prestito per il settore pubblico (che mobiliterà 18,5 miliardi di EUR di investimenti pubblici).

5.8.

Il CESE ritiene inoltre opportuno, nella formalizzazione dei piani territoriali per la transizione energetica, promuovere non solo gli accordi di transizione (concertazione sociale regionale), ma anche le buone pratiche nell'ambito della contrattazione collettiva e del coinvolgimento dei lavoratori nella transizione energetica socialmente giusta. A tale riguardo, occorre tenere presente che il passaggio a un maggior numero di fonti energetiche rinnovabili migliora la qualità ambientale riducendo le emissioni di inquinanti atmosferici, con effetti positivi sulla salute e la produttività del lavoro.

5.9.

Il CESE ritiene essenziale garantire che la dimensione verde dell'Europa e la transizione energetica creino sinergie positive con la transizione inclusiva, al fine di contribuire al successo delle imprese, a maggiori opportunità di occupazione sostenibile e di qualità per i lavoratori e al benessere di tutti i cittadini in un ecosistema che rispetti la salute del pianeta.

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 75 del 28.2.2023, pag. 102.

(2)  https://www.eurofound.europa.eu/publications/customised-report/2022/the-cost-of-living-crisis-and-energy-poverty-in-the-eu-social-impact-and-policy-responses-background

(3)  https://www.eea.europa.eu/publications/exploring-the-social-challenges-of

(4)  GU C 323 del 26.8.2022, pag. 54.

(5)  Cfr. GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 30 e GU C 62 del 15.2.2019, pag. 269.

(6)  https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/694222/EPRS_STU(2021)694222_EN.pdf

(7)  https://ec.europa.eu/eurostat/web/nuts/background

(8)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 158.

(9)  https://irena.org/-/media/Files/IRENA/Agency/Publication/2019/Jan/IRENA_Gender_perspective_2019.pdf

(10)  https://www.energy.gov/policy/us-energy-employment-jobs-report-useer

(11)  https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2022/733972/IPOL_STU(2022)733972_EN.pdf

(12)  https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/---dcomm/---publ/documents/publication/wcms_823807.pdf

(13)  Parere del CESE sul tema «Considerazioni supplementari sulla strategia annuale di crescita sostenibile 2022» (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 35).

(14)  Parere del CESE sul tema «Salari minimi dignitosi in tutta Europa» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159).

(15)  https://www.eurofound.europa.eu/observatories/emcc/european-restructuring-monitor

(16)  https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/actions-being-taken-eu/just-transition-mechanism_it


ALLEGATO

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso delle deliberazioni (articolo 74, paragrafo 3, del Regolamento interno):

EMENDAMENTO 1

SOC/718 — Politica energetica e mercato del lavoro

Punto 2.12

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE invita la Commissione a far sì che, nella valutazione dei piani nazionali per l'energia e il clima, nonché nei piani territoriali per una transizione giusta degli Stati membri, siano rafforzati gli obiettivi occupazionali e sociali, quali:

Il CESE invita la Commissione a far sì che, nella valutazione dei piani nazionali per l'energia e il clima, nonché nei piani territoriali per una transizione giusta degli Stati membri, venga incoraggiata una maggiore concentrazione sugli obiettivi e sulle politiche occupazionali e sociali, quali:

l'inclusione di politiche attive del mercato del lavoro che facilitino le transizioni professionali, attraverso la riqualificazione professionale e investimenti nell'istruzione e in un'occupazione verde di qualità elevata;

l'inclusione di politiche attive del mercato del lavoro che facilitino le transizioni professionali, attraverso la riqualificazione professionale e investimenti nell'istruzione e in un'occupazione verde di qualità elevata;

il sostegno finanziario alle persone che perdono il lavoro a causa della decarbonizzazione con risorse provenienti dagli Stati e dalle imprese beneficiarie, per garantire che la transizione energetica abbia un saldo positivo in termini di occupazione;

il sostegno finanziario alle persone che perdono il lavoro a causa della decarbonizzazione , mediante politiche e misure appropriate per il mercato del lavoro e, quando necessario, disposizioni nazionali, con risorse provenienti dagli Stati e dalle imprese beneficiarie, per garantire che la transizione energetica abbia un saldo positivo in termini di occupazione;

lo sviluppo delle potenzialità economiche regionali che derivano dalle energie rinnovabili e di nuove forme di partecipazione alla produzione di energia elettrica (ad esempio attraverso la creazione di cooperative di autoconsumo che possano generare capacità in eccesso per la comunità, nonché promuovendo l'utilizzo autonomo nella generazione di energia rinnovabile ecc.);

lo sviluppo delle potenzialità economiche regionali che derivano dalle energie rinnovabili e di nuove forme di partecipazione alla produzione di energia elettrica (ad esempio attraverso la creazione di cooperative di autoconsumo che possano generare capacità in eccesso per la comunità, nonché promuovendo l'utilizzo autonomo nella generazione di energia rinnovabile ecc.);

lotta efficace contro la povertà energetica. La garanzia dell'accesso ai servizi energetici per l'intera popolazione è sancita dal pilastro europeo dei diritti sociali (principio 20).

lotta efficace contro la povertà energetica. La garanzia dell'accesso ai servizi energetici per l'intera popolazione è sancita dal pilastro europeo dei diritti sociali (principio 20).

Il CESE ritiene essenziale, per conseguire questi ambiziosi obiettivi, incoraggiare lo sviluppo di piani territoriali per l'occupazione e l'abilitazione professionale per il futuro, con il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate, in particolare le parti sociali.

Il CESE ritiene essenziale, per conseguire questi ambiziosi obiettivi, incoraggiare lo sviluppo di piani territoriali per l'occupazione e l'abilitazione professionale per il futuro, con il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate, in particolare le parti sociali. Tali piani dovrebbero inoltre tenere conto delle conseguenze economiche del ritmo della transizione per le imprese, in particolare le PMI.

Motivazione

L'emendamento è inteso a chiarire la formulazione, aggiungendo un riferimento all'esigenza di concentrarsi maggiormente sugli obiettivi sociali e occupazionali e di sottolineare che i pagamenti a carico dei fondi (ove richiesto dalle norme nazionali) non sono da soli sufficienti per risolvere il problema della perdita di posti di lavoro: occorre infatti molto di più (politiche, misure amministrative ecc.) per sostenere e reintegrare nel mercato del lavoro le persone disoccupate.

Infine, come sottolineato anche al punto 1.6 del progetto di parere, è importante tenere in considerazione la compatibilità del ritmo della transizione con la situazione delle imprese, in particolare delle PMI.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

73

Voti contrari:

78

Astensioni:

8

EMENDAMENTO 2

SOC/718 — Politica energetica e mercato del lavoro

Punto 5.2

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il Comitato ricorda che uno dei principali meccanismi di governance per l'attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. In passato, il CESE ha dichiarato che l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali nel ciclo del semestre europeo e il suo monitoraggio attraverso il quadro di valutazione della situazione sociale sono un passo nella giusta direzione (1). Ritiene, tuttavia, che occorra dare maggiore rilievo all'interazione tra le politiche ambientali e quelle del lavoro, al fine di promuovere un bilancio finale favorevole alla creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità , garantendo al contempo un reddito sufficiente per coloro che perdono il lavoro e non possono reintegrarsi. Il ruolo delle regioni e il loro capitale sociale, la specializzazione intelligente e l'agenda per il capitale umano dovrebbero essere rafforzati.

Il Comitato ricorda che uno dei principali meccanismi di governance per l'attuazione di transizioni socialmente giuste e il monitoraggio dei progressi compiuti in tal senso è il semestre europeo. In passato, il CESE ha dichiarato che l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali nel ciclo del semestre europeo e il suo monitoraggio attraverso il quadro di valutazione della situazione sociale sono un passo nella giusta direzione (1). Ritiene, tuttavia, che occorra dare maggiore rilievo all'interazione tra le politiche ambientali e quelle del lavoro, al fine di promuovere un bilancio finale favorevole alla creazione di posti di lavoro sostenibili e di qualità . Gli Stati membri dovrebbero inoltre, conformemente alle rispettive norme nazionali, fornire e garantire l'accesso a prestazioni di disoccupazione o a un reddito minimo adeguato per coloro che perdono il lavoro e non possono reintegrarsi. Il ruolo delle regioni e il loro capitale sociale, la specializzazione intelligente e l'agenda per il capitale umano dovrebbero essere rafforzati.

Motivazione

Poiché il testo del riferimento a «coloro che perdono il lavoro e non possono reintegrarsi», sembra logico che il termine «reddito» si riferisca a un «reddito minimo». In questo caso la terminologia utilizzata dovrebbe rispecchiare la formulazione utilizzata al punto 1.5 del progetto di parere, vale a dire «offerta di accesso a (…) un reddito minimo adeguato». Si potrebbe inoltre fare riferimento ai sistemi di prestazioni di disoccupazione degli Stati membri.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

79

Voti contrari:

98

Astensioni:

8

EMENDAMENTO 3

SOC/718 — Politica energetica e mercato del lavoro

Punto 1.9

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE ritiene che sia le grandi imprese che le PMI abbiano un ruolo importante da svolgere in vista dell'obiettivo della transizione energetica: sono dunque necessarie condizioni rigorose per promuovere un'occupazione sostenibile e di qualità e la protezione sociale, nonché per garantire l'accesso universale ai servizi energetici (ad esempio attraverso la prevenzione della povertà energetica). Tuttavia, al fine di far fronte alle maggiori difficoltà incontrate dalle PMI, il CESE chiede di migliorare i programmi per l'accesso delle PMI ai finanziamenti, rendendoli più agili e semplici e accompagnandoli a servizi di sostegno e assistenza permanente.

Il CESE ritiene che sia le grandi imprese che le PMI abbiano un ruolo importante da svolgere in vista dell'obiettivo della transizione energetica: promuovendo e realizzando un'occupazione sostenibile e di qualità e contribuendo quindi alla protezione sociale, nonché attraverso il loro eventuale ruolo nel garantire l'accesso universale ai servizi energetici (ad esempio favorendo la prevenzione della povertà energetica). Tuttavia, al fine di far fronte alle maggiori difficoltà incontrate dalle PMI, il CESE chiede di migliorare i programmi per l'accesso delle PMI ai finanziamenti, rendendoli più agili e semplici e accompagnandoli a servizi di sostegno e assistenza permanente.

Motivazione

L'emendamento mira a chiarire il testo, specificando che le imprese e le PMI contribuiscono a creare occupazione sostenibile e di conseguenza a promuovere la protezione sociale.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

76

Voti contrari:

99

Astensioni:

8


(1)  Parere del CESE sul tema Considerazioni supplementari in merito all'Analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (non ancora pubblicato).

(1)  Parere del CESE sul tema Considerazioni supplementari in merito all'Analisi annuale della crescita sostenibile 2022 (non ancora pubblicato).


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sostenere gli sviluppi del mercato del lavoro: come mantenere l’occupabilità, incrementare la produttività e sviluppare le competenze, specie nelle PMI»

(parere d’iniziativa)

(2023/C 146/03)

Relatrice:

Mariya MINCHEVA

Consultazione

Decisione dell’Ufficio di presidenza, 18.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

30.1.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

153/2/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il mercato del lavoro europeo si sta trasformando e si trova ad affrontare nuove sfide derivanti dall’accelerazione del progresso tecnologico e dalla crescita intelligente sostenibile, in combinazione con i cambiamenti climatici, i mutamenti demografici e l’invecchiamento, la migrazione e le transizioni verde e digitale. Questa trasformazione richiede una buona comprensione del tipo di competenze necessarie per le future trasformazioni del mercato del lavoro, anche nelle PMI, al fine di mantenere un’occupabilità sostenibile, di contribuire a un elevato livello di produttività, e di ridurre le carenze di manodopera.

1.2.

Lo sviluppo delle competenze e l’effettiva attuazione del diritto e dell’accesso all’apprendimento permanente devono essere parte integrante di più ampie strategie di crescita economica e dei piani per la ripresa e la resilienza. La rivoluzione tecnologica sta avendo un forte impatto sulla natura del lavoro e dei posti di lavoro e sta accelerando le tendenze nella ristrutturazione dell’occupazione. L’occupabilità è quindi direttamente legata alla capacità di migliorare le competenze e riqualificare i lavoratori a livello di impresa, al fine di poter gestire i cambiamenti e l’atteggiamento delle persone nei confronti di nuove competenze e opportunità e della motivazione per svilupparle.

1.3.

Diversi fattori, come l’invecchiamento della società e le tendenze demografiche, comportano una serie di sfide in termini di gestione delle transizioni nel ciclo di vita dell’occupazione. Tali sfide riguardano il trattamento equo e paritario delle diverse generazioni, la motivazione e la parità di accesso alla formazione e allo sviluppo delle competenze, le opportunità di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione al fine di contribuire ad aumentare i livelli di produttività, migliorare le capacità professionali individuali e gestire le differenze generazionali, nonché la cooperazione e il sostegno reciproco tra generazioni sul luogo di lavoro. L’apprendimento degli adulti è essenziale per il miglioramento delle competenze degli adulti e può generare una serie di benefici personali, socioculturali, economici e sociali.

1.4.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condivide l’opinione secondo cui «l’UE ha bisogno di una rivoluzione delle competenze per garantire che le persone possano prosperare» (1) e chiede che le istituzioni, le imprese, le parti sociali e le parti interessate si mobilitino e agiscano assieme in modo efficace nel quadro del patto per le competenze, e che realizzino gli ambiziosi obiettivi stabiliti nel programma. In tale contesto il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione europea di proclamare il 2023 Anno europeo delle competenze (2).

1.5.

Le parti sociali sono attori chiave nello sviluppo del potenziale umano ai fini dello sviluppo sostenibile e del mantenimento delle competenze per l’occupabilità. Il loro ruolo in un processo di contrattazione collettiva solido ed efficace è essenziale per chiudere il divario tra le aspirazioni dei lavoratori in rapporto alle loro carriere professionali e le esigenze delle imprese, come pure ai fini non solo del riconoscimento delle competenze, ma anche di un migliore collegamento tra i sistemi di istruzione, i sistemi di IFP e i servizi per l’impiego da un lato e le politiche in materia di innovazione, industria, commercio e tecnologia dall’altro. Il dialogo sociale e la contrattazione collettiva sono strumenti potenti per conseguire questi obiettivi. Le organizzazioni della società civile si trovano in una posizione ideale per offrire ambienti di apprendimento non formale e informale e un impegno significativo affinché i volontari aziendali sviluppino competenze chiave. Anche le rispettive organizzazioni della società civile hanno un ruolo importante da svolgere, in particolare quelle che operano nel settore dell’imprenditoria sociale o con vari gruppi vulnerabili della società.

1.6.

Nuove forme di occupazione, adeguatamente protette, derivanti dai cambiamenti della natura del lavoro, possono offrire alle persone varie opportunità di impegnarsi nell’imprenditoria, diversificare le proprie fonti di reddito e intraprendere lavori e attività che prima non erano disponibili per loro. Il mantenimento dell’occupabilità in queste condizioni richiede una regolamentazione adeguata, anche attraverso la contrattazione collettiva, un sistema di formazione professionale in grado di sviluppare competenze imprenditoriali e professionali in funzione delle esigenze del mercato del lavoro, un nuovo tipo di mentalità motivazionale e la giusta cultura giuridica ed economica.

1.7.

La trasformazione digitale può rappresentare una sfida per mantenere l’occupabilità e pervenire a un’adeguata realizzazione nel mercato del lavoro per ampie parti della nostra società. Essa può comportare un rischio di aumento delle disuguaglianze, a causa delle differenze nell’istruzione e nella formazione professionale, comprese l’alfabetizzazione di base e funzionale, delle barriere legate all’età, dei divari nell’accesso alle tecnologie moderne e della misura in cui queste sono utilizzate in funzione delle competenze e dei redditi. La capacità di aggiornare costantemente le competenze digitali in funzione dei cambiamenti del mercato del lavoro e dell’introduzione di nuove tecnologie sarà indubbiamente una delle sfide più importanti per il futuro. A questo proposito, il CESE si compiace degli ampi investimenti previsti nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza a sostegno dell’aumento delle competenze digitali (3).

1.8.

Per avere successo, la transizione verde richiederà persone con le giuste competenze e luoghi di lavoro con il giusto ambiente di lavoro e sistemi di produzione verdi. Le parti sociali svolgono un ruolo fondamentale nel garantire una transizione giusta in una serie di settori economici, nei quali i posti di lavoro attuali subiranno una radicale trasformazione. Quattro gruppi di competenze sono considerati particolarmente importanti per le professioni verdi: ingegneristiche e tecniche; scientifiche; di gestione operativa; e di monitoraggio. Il CESE sostiene le azioni già intraprese a livello dell’UE per promuovere l’apprendimento in materia di sostenibilità ambientale e transizione verde nell’UE (4) e chiede che siano offerte soluzioni pratiche ai cittadini e alle imprese dell’UE.

1.9.

In futuro il lavoro richiederà sempre più spesso competenze cognitive avanzate e di ordine superiore, che consentano di agire e di assumere decisioni in un contesto imprevedibile, non routinario e in rapida evoluzione. Nelle condizioni della modernità, le «meta-competenze», che accrescono e accelerano l’acquisizione di altre competenze e fungono da catalizzatrici della rapidità dell’apprendimento e della riuscita dello sviluppo lungo tutto l’arco della vita, sono fondamentali per mantenere l’occupabilità.

1.10.

In un contesto di rapida evoluzione delle esigenze del mercato del lavoro, il ruolo dei sistemi nell’acquisizione, nella previsione e nella classificazione delle competenze sta diventando cruciale. Nel contempo occorre migliorare la progettazione e l’attuazione di strumenti per anticipare il fabbisogno di competenze nei singoli paesi coinvolgere attivamente tutte le parti interessate, le quali dovrebbero sfruttare pienamente i risultati di questo processo.

1.11.

Porre le competenze e le qualifiche al centro del dibattito politico europeo dovrebbe stimolare:

1.11.1.

la mobilitazione dei governi, delle imprese, delle parti sociali e delle parti interessate per sviluppare e attuare strategie moderne e globali in materia di competenze a livello nazionale e settoriale; la creazione di maggiori e migliori opportunità di apprendimento e sviluppo; l’attrazione e il mantenimento di talenti per sviluppare capacità digitali, verdi e cognitive fondamentali, competenze trasversali, la capacità di gestire i cambiamenti e la disponibilità di maggiori investimenti pubblici e privati;

1.11.2.

l’impiego dell’intelligenza artificiale nei sistemi per la corrispondenza delle competenze e la sensibilizzazione in merito alle buone pratiche esistenti in questo settore. Si tratta di sistemi che funzionano sia nei servizi pubblici per l’impiego che nel settore privato;

1.11.3.

un’accelerazione dei processi nella modernizzazione e integrazione dell’istruzione e della formazione professionale, che ne aumenti l’attrattiva, la qualità, la flessibilità e l’adattabilità alle esigenze delle diverse età e categorie di lavoratori, alle esigenze del mercato del lavoro e alla necessità di sviluppare competenze chiave al fine di garantire un solido ambiente concorrenziale, la sostenibilità e la transizione verso un’economia verde e digitale;

1.11.4.

la creazione delle condizioni e la motivazione dei giovani a partecipare al mercato del lavoro attraverso l’orientamento professionale, al fine di consentire loro di accedere a buone condizioni di lavoro e a un vero e proprio sviluppo professionale.

1.12.

Le PMI dovrebbero essere incoraggiate a lavorare in reti che interagiscono, a cooperare nella condivisione dei costi della ricerca sulle esigenze in termini di competenze e a mettere in comune le loro capacità di risposta alle sfide della duplice transizione e dello sviluppo delle competenze. Fondamentali per il loro funzionamento sostenibile sono le condizioni della comunità locale in cui operano, i sistemi regionali di occupazione, il sostegno alle amministrazioni locali e il loro accesso alle nuove tecnologie, all’innovazione e ai servizi dei centri di eccellenza professionale.

1.13.

Gli operatori economici e le rispettive parti in causa devono sviluppare ampiamente l’anticipazione del fabbisogno di competenze. Il sostegno alle PMI è necessario per facilitare lo sviluppo della loro politica di formazione e sviluppo del capitale umano. In particolare, i regimi di formazione duale e l’apprendimento basato sul lavoro sono particolarmente adatti alle esigenze delle PMI. Le parti sociali hanno un ruolo fondamentale da svolgere a tale riguardo nel quadro del dialogo sociale nei loro settori di attività.

2.   Osservazioni generali e contesto

2.1.

La pandemia di COVID-19 ci ha collocato in un nuovo contesto che ha portato a cambiamenti nei comportamenti, negli atteggiamenti e nella cultura della società. Le aspettative e i comportamenti dei consumatori sono cambiati (più comunicazione e interazione online), così come i modelli imprenditoriali e l’organizzazione del lavoro (modalità di lavoro maggiormente a distanza e ibride). Le transizioni verde e digitale aprono la strada all’adattamento dei sistemi e delle pratiche di istruzione e formazione attuali in modo che siano in grado di fornire le giuste conoscenze, abilità e competenze.

2.2.

Le competenze, le qualifiche, l’occupazione, la natura mutevole del lavoro e lo sviluppo di un mercato del lavoro inclusivo sono stati oggetto di numerosi pareri del CESE (5), a tutt’oggi pertinenti. L’obiettivo del presente parere è analizzare che tipo di competenze servano per le future trasformazioni del mercato del lavoro, valutare come mantenere l’occupabilità e contribuire ad aumentare la produttività, nonché esplorare strategie efficaci per migliorare lo sviluppo della forza lavoro e ridurre le carenze di manodopera, anche per le PMI.

2.3.

Le strategie di sviluppo delle competenze devono essere integrate nelle politiche e nei piani nazionali di crescita, in sinergia con la ricerca industriale e lo sviluppo economico. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare lo sviluppo di settori ad alto valore aggiunto, aiutare i lavoratori e le imprese a gestire il cambiamento ed essere in condizioni di tenere il passo con l’innovazione nei settori tecnologico, digitale e verde. Ciò richiederà ulteriori investimenti nelle risorse e nella pianificazione ai fini di un sistema di istruzione e formazione in grado di rispondere alle nuove sfide e di eliminare lo squilibrio tra domanda e offerta nel mercato del lavoro.

2.4.

Il CESE ritiene che quella del mantenimento di un’occupabilità sostenibile sia una questione dai molteplici aspetti, dove le sfide principali riguardano la natura mutevole del lavoro, dei posti di lavoro e delle occupazioni, la necessità di un’efficace attuazione del diritto all’apprendimento e allo sviluppo lungo tutto l’arco della vita, la digitalizzazione, il ruolo crescente del potenziale umano e della produttività del lavoro, i cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, l’evoluzione demografica e l’esigenza di garantire nuovi modelli di equilibrio tra vita privata e professionale con orari di lavoro flessibili, e di promuovere politiche di invecchiamento attivo (6). Serve un ambiente favorevole affinché le persone comprendano e siano ben consapevoli dell’importanza della formazione per la vita professionale, e siano capaci e motivate di sfruttare tutte le opportunità di apprendimento permanente, indipendentemente dalla fase di vita in cui si trovano. In tale contesto, la capacità di mantenere l’occupazione è direttamente legata agli atteggiamenti assunti nei confronti delle nuove competenze e alla capacità di svilupparle in linea con le dinamiche del mercato del lavoro.

2.5.

Le parti sociali sono attori chiave per quanto riguarda lo sviluppo e il mantenimento delle competenze richieste per l’occupabilità. Esse si trovano nella posizione migliore per sostenere la convergenza tra le aspirazioni del lavoratore nella sua carriera professionale e le esigenze di competenze dell’impresa. Il loro ruolo nel processo di riconoscimento delle competenze è essenziale, in particolare attraverso una solida ed efficace struttura di contrattazione collettiva. Il CESE ritiene che, al fine di migliorare i risultati complessivi nei mercati del lavoro, sia necessario rafforzare il coordinamento tra i sistemi di istruzione, i sistemi di IFP e i servizi per l’impiego con politiche in materia di innovazione, industria, commercio e tecnologia, nonché politiche macroeconomiche. Ciò potrebbe risultare particolarmente efficace ai livelli locali.

2.6.

I cambiamenti nella natura del lavoro stanno anche portando allo sviluppo di forme nuove e flessibili di rapporti di lavoro e di modelli di lavoro atipici che modificano il modo in cui è strutturato il mercato del lavoro europeo. Nuove forme di lavoro, adeguatamente protette, possono offrire alle persone nuove opportunità di avviare un’attività d’impresa, di diversificare le proprie fonti di reddito e di intraprendere occupazioni e attività che in precedenza non erano disponibili per loro. D’altro canto, le nuove forme di lavoro dovrebbero fornire una garanzia di accesso alla protezione sociale, in quanto ciò è direttamente legato alla sostenibilità finanziaria dei sistemi di protezione sociale. Per mantenere l’occupabilità in queste condizioni servono una regolamentazione adeguata, anche attraverso la contrattazione collettiva, un nuovo tipo di atteggiamento nei confronti della motivazione, una cultura giuridica ed economica appropriata e la volontà di sviluppare competenze imprenditoriali e professionali che rispondano al mutare delle circostanze.

2.7.

L’adozione delle tecnologie digitali e il loro impatto sulla natura e sull’organizzazione del lavoro possono generare ardue sfide per quanto riguarda il mantenimento dell’occupabilità e di un mercato del lavoro che offra sbocchi di successo. La digitalizzazione può comportare il rischio di un aumento delle disuguaglianze esistenti, a causa delle enormi differenze nel livello di istruzione, comprese l’alfabetizzazione di base e funzionale, delle barriere legate all’età e dei divari nell’accesso alle tecnologie moderne nonché nella misura in cui queste sono utilizzate in funzione delle competenze e dei redditi. Poiché la generazione emergente è in gran parte digitale e gli anziani tendono a preferire metodi di lavoro analogici, le diverse generazioni possono avvantaggiarsi a vicenda. Il CESE accoglie con favore gli ingenti investimenti nelle competenze digitali attraverso i piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

2.8.

Le competenze verdi sono le conoscenze, le capacità, i valori e gli atteggiamenti necessari per vivere, sviluppare e sostenere una società sostenibile ed efficiente sotto il profilo delle risorse (7). La transizione verde richiederà cambiamenti nei processi di produzione e nei modelli aziendali, modificherà inevitabilmente le competenze richieste e i compiti connessi a molte professioni esistenti, e richiederà programmi di miglioramento delle competenze e di riqualificazione dei lavoratori. Per avere successo, la transizione verde richiederà persone con le giuste competenze. Il CESE prende atto della risposta strategica a tal fine e chiede che siano offerte soluzioni pratiche ai cittadini e alle imprese dell’UE.

2.9.

Le tendenze demografiche irreversibili, la contrazione della forza lavoro e una maggiore longevità rendono necessario promuovere nuove politiche di organizzazione del lavoro, programmi di scambio intergenerazionale, nuovi modelli di vita professionale con orari di lavoro flessibili negoziati, e misure capaci di contribuire a migliorare la produttività del lavoro e a promuovere l’invecchiamento attivo. Sempre riguardo all’occupabilità, numerosi problemi e molte sfide sono legati alla gestione delle transizioni nei cicli di vita professionali. Essi riguardano il trattamento equo e paritario delle generazioni nel mercato del lavoro, la cultura connessa alla comprensione dell’età, la gestione delle differenze generazionali, la gestione del capitale sociale. L’accesso a pari opportunità di formazione permanente per tutti contribuisce a mantenere l’occupabilità e ad accrescere la produttività in tutte le fasi della vita, e a rafforzare la cooperazione e il sostegno tra generazioni sul luogo di lavoro.

2.10.

Attrarre migranti con specifiche competenze è anche una parte importante di qualsiasi futura filiera delle competenze. La comunicazione della Commissione sul tema Attirare competenze e talenti nell’UE rappresenta un passo positivo in questa direzione.

3.   Le competenze necessarie per le future trasformazioni del mercato del lavoro

3.1.

Le competenze sono fondamentali per la capacità delle società, delle imprese e dei singoli di prosperare in un mondo sempre più interconnesso e in rapido cambiamento. Persone con livelli di istruzione e qualifiche diversi avranno di fronte un futuro del lavoro diverso. La richiesta di posti di lavoro poco qualificati diminuirà gradualmente, mentre un certo numero di tali posti di lavoro sarà mantenuto. Alcune mansioni legate a competenze fisiche o manuali, aritmetico-matematiche e di servizio alla clientela sono maggiormente a rischio di trasformarsi o scomparire a causa della diffusione dell’automazione e dei sistemi intelligenti. Tuttavia l’artigianato e le professioni artistiche rimarranno e il miglioramento delle relative competenze è essenziale per la partecipazione allo sviluppo economico e sociale. A causa delle transizioni digitale e verde, la domanda di livelli di istruzione e qualifiche elevati crescerà sensibilmente, mentre i posti di lavoro mediamente qualificati rimarranno temporaneamente stabili, ma molti di essi risulteranno trasformati, in linea con le esigenze del mercato del lavoro.

3.2.

In un contesto di rapida evoluzione delle esigenze del mercato del lavoro, il ruolo dei sistemi nell’acquisizione, nella previsione e nella classificazione delle competenze sta diventando cruciale. Il CESE accoglie quindi con favore la tendenza verso la creazione e lo sviluppo di tassonomie e dizionari europei di abilità e competenze — come la classificazione ESCO, il quadro delle competenze digitali (DigComp 2.2), DigCompEdu, il quadro europeo delle competenze informatiche (e-CF), DISCO, EU Occupations, GreenComp ecc. –, che contribuiscono in misura rilevante alla trasparenza delle competenze richieste nel mercato del lavoro, alla portabilità delle qualifiche e all’introduzione di un approccio in materia di istruzione, formazione e sviluppo delle risorse umane basato sulle competenze. Nel contempo, il CESE condivide l’opinione (8) secondo cui la progettazione e l’attuazione di strumenti per anticipare il fabbisogno di competenze nei singoli paesi non sono ancora al livello necessario e non tutte le parti interessate sono attivamente coinvolte nel relativo processo o ne sfruttano appieno i risultati.

3.3.

Le parti sociali svolgono un ruolo essenziale nella definizione delle strategie di sviluppo delle competenze alla luce dei dati degli osservatori professionali e territoriali. È pertanto essenziale coinvolgere le parti sociali sin dall’inizio del processo per evitare uno squilibrio tra le reali esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori in Europa.

3.4.

In futuro, tra le competenze più importanti figureranno senza dubbio le competenze digitali. In tutti i settori dell’economia europea si registra un aumento significativo della necessità di competenze digitali specializzate e altamente sviluppate.

3.5.

Vi è inoltre un aumento del fabbisogno di competenze STEM (ossia di tipo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico) e di combinazioni di competenze interdisciplinari — competenze «ibride», «trasversali» e «interfunzionali». E saranno sempre più ricercate e apprezzate competenze professionali specialistiche, capacità di ricerca e previsionali, capacità sofisticate di analisi e interpretazione di informazioni complesse e competenze tecnologiche. L’indice generale delle competenze verdi (9) individua quattro gruppi di competenze considerati particolarmente importanti per le professioni verdi: ingegneristiche e tecniche; scientifiche; di gestione operativa; e di monitoraggio.

3.6.

In futuro i settori dell’economia e il mercato del lavoro richiederanno sempre più spesso competenze cognitive avanzate e di ordine superiore, che consentano di agire e di assumere decisioni in un contesto imprevedibile, non routinario e in rapida evoluzione. Nella maggior parte dei casi, si tratterà di capacità analitiche, creative, innovative, non convenzionali, sistemiche, concettuali, strategiche, astratte, di autonomia e di pensiero critico. Nelle condizioni della modernità, le «meta-competenze», che accrescono e accelerano l’acquisizione di altre competenze e fungono da catalizzatrici della rapidità dell’apprendimento e della riuscita dello sviluppo lungo tutto l’arco della vita, sono fondamentali per mantenere l’occupabilità.

3.7.

L’impiego delle macchine e degli algoritmi non farà venir meno la necessità di competenze trasversali nel mercato del lavoro. Il futuro del lavoro e l’evoluzione dei profili professionali renderanno infatti necessaria una moltitudine di competenze socio-comunicative e comportamentali, tra cui le più ricercate saranno l’intelligenza emotiva, l’empatia, la capacità di instaurare rapporti, di creare reti interpersonali e di comunicare in modo efficace, l’assertività, l’attitudine al lavoro di squadra, lo stile, il savoir faire nei rapporti d’affari, la tolleranza interculturale, le capacità negoziali e di gestione dei conflitti ecc.

3.8.

Molte competenze interfunzionali e comportamentali relative all’efficacia personale sono ai primi posti anche tra le esigenze attuali del mercato del lavoro. Le abilità più richieste in tale contesto sono le capacità imprenditoriali, di lavoro in gruppo, decisionali e di risoluzione dei problemi, l’orientamento ai risultati, la capacità di svolgere più attività nello stesso tempo, la flessibilità e l’adattabilità, il senso di iniziativa, l’ingegnosità, il senso di responsabilità, l’autocontrollo, la capacità previsionale, l’attenzione ai dettagli, la capacità di gestire situazioni di incertezza, tensione e stress, la gestione del tempo ecc.

4.   Sviluppo della forza lavoro per un mercato del lavoro inclusivo e una produttività elevata

4.1.

Per poter affrontare le sfide che si profilano all’orizzonte, il mercato del lavoro europeo deve innanzitutto essere inclusivo, garantire condizioni di parità e creare le condizioni per investire in sistemi occupazionali ben funzionanti, che possano contribuire ad aumentare la produttività e guidare politiche efficaci in materia di formazione e di qualificazione, unitamente a solide politiche attive del mercato del lavoro. Nonostante le diverse tradizioni e pratiche degli Stati membri, il CESE ritiene necessario:

4.1.1.

ottimizzare i sistemi di monitoraggio, analisi e previsione del fabbisogno di competenze nel mercato del lavoro;

4.1.2.

intensificare il coinvolgimento delle parti sociali e di tutte le parti interessate, dedicando speciale attenzione alla capacità delle imprese sia di sviluppare procedure interne per individuare le carenze di competenze e le esigenze di formazione, che di applicare misure per il miglioramento delle competenze e la riqualificazione della propria forza lavoro;

4.1.3.

applicare approcci moderni e tecnologie dell’informazione per il potenziamento, la sistematizzazione in tutti i settori e territori, e l’accessibilità dei dati analitici sulle competenze al fine di fornire formazione e qualifiche adeguate alle esigenze del mercato del lavoro; ad esempio, le piattaforme di «talent intelligence» possono integrare diverse informazioni sui lavoratori, da un lato (competenze, capacità, esperienza, desiderio di sviluppo professionale, gruppo demografico, esigenze di formazione, opportunità di sviluppo) e, dall’altro, sulle esigenze dei datori di lavoro;

4.1.4.

effettuare, insieme alle parti sociali, una valutazione strategica delle sfide e delle implicazioni per i posti di lavoro, le professioni, le qualifiche, le attività e le competenze connesse alla transizione verso un’economia digitale e verde, e sviluppare sia forme adeguate di qualificazione e riqualificazione, sia investimenti nello sviluppo delle competenze e nel sostegno alle persone interessate dal cambiamento o dalla transizione verso posti di lavoro verdi;

4.1.5.

analizzare gli ostacoli incontrati dai giovani nell’acquisizione di qualifiche e competenze STEM (cioè, afferenti alla scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e realizzare azioni mirate per aumentare l’attrattiva dell’istruzione e delle carriere STEM per le ragazze e le donne;

4.1.6.

adottare misure per creare sistemi di istruzione e formazione professionale agili, resilienti e adeguati alle esigenze future, che possano attrarre i giovani e sostenere il loro ingresso in un mercato del lavoro in evoluzione e garantire che gli adulti abbiano accesso a programmi professionali in funzione delle loro esigenze e adattati alla duplice transizione verde e digitale;

4.1.7.

garantire alle parti sociali un ruolo strategico più attivo nell’accelerare il ciclo di creazione e offerta di nuove qualifiche, nell’aggiornare i programmi di studio, nei meccanismi di finanziamento e nella verifica della qualità. Si dovrebbe dedicare particolare attenzione alle microcredenziali, alle loro norme di qualità e alle possibilità di riconoscimento e inclusione in reti di qualifiche più ampie; estendere la prassi di istituire comitati di dialogo settoriale, anche a livello territoriale, con il coinvolgimento delle parti sociali e degli istituti di istruzione, per affrontare gli squilibri tra domanda e offerta di competenze e per creare in modo flessibile microcredenziali che corrispondano strettamente alle esigenze di formazione delle imprese;

4.1.8.

incoraggiare il ricorso alla contrattazione collettiva per garantire l’accesso all’apprendimento permanente e facilitare l’inclusione nel mercato del lavoro, anche attraverso: conti individuali di apprendimento, valutazione delle possibilità di congedi di formazione retribuiti, in base alle pratiche nazionali, e di un numero minimo di ore di formazione all’anno; offerta di incentivi per il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione; riconoscimento reciproco delle qualifiche tra gli Stati membri; sviluppo dei sistemi di gestione delle conoscenze all’interno delle imprese; stipulazione di contratti di tutoraggio con dipendenti esperti già pensionati ecc.;

4.1.9.

elaborare politiche che garantiscano la parità di accesso alle opportunità di apprendimento e di sviluppo. Ciò implica:

4.1.9.1.

attuare le tre fasi definite nella raccomandazione dell’UE del 2016 Percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti, ossia: — valutazione delle competenze, offerta di un’offerta di apprendimento personalizzata, e convalida e riconoscimento delle competenze acquisite;

4.1.10.

riservare speciale attenzione alle categorie di lavoratori che sono più spesso escluse dalla formazione ma che, proprio per questo motivo, ne hanno maggiormente bisogno: lavoratori poco qualificati; persone di età superiore a 45 anni; persone con disabilità; donne che ritornano al lavoro dopo assenze prolungate dovute a responsabilità familiari e di assistenza; migranti e rifugiati. Il ruolo delle organizzazioni della società civile e delle imprese sociali è fondamentale per aiutare questi gruppi vulnerabili a far fronte alle loro esigenze di formazione.

5.   Le sfide per le PMI in relazione allo sviluppo delle competenze necessarie per le future trasformazioni del mercato del lavoro

5.1.

Le micro-, piccole e medie imprese costituiscono il 99 % delle imprese dell’UE, dove circa 24 milioni di PMI generano più di 4 mila miliardi di EUR di valore aggiunto e danno lavoro a oltre 90 milioni di persone, rappresentando una fonte cruciale di spirito imprenditoriale e innovazione, elementi fondamentali per lo sviluppo sostenibile e la competitività dell’industria europea (10). L’importanza delle PMI è sempre stata riconosciuta, ma la pandemia di COVID-19 ha reso evidente la loro vulnerabilità agli impatti esterni, in particolare nel quadro di una crisi che ha ridotto un enorme numero di tali imprese in condizioni finanziarie precarie e ha messo a repentaglio milioni di posti di lavoro.

5.2.

Oltre a dover affrontare le stesse sfide di tutte le altre imprese, le PMI incontrano problemi specifici per quanto riguarda l’accesso al mercato e ai finanziamenti, la diffusione dell’innovazione, la digitalizzazione, la transizione verso modelli aziendali climaticamente neutri e il passaggio dalla produzione lineare a quella circolare.

5.3.

Avendo risorse limitate e competenze insufficienti, ed essendo ubicata in territori periferici, la stragrande maggioranza delle PMI incontra gravi difficoltà ad attrarre talenti e a motivare e trattenere il personale, nonché nella selezione, nella formazione e nello sviluppo delle risorse umane. Solo il 40 % circa di tali imprese dispone di documenti formali di strategia e di politica per la gestione delle risorse umane. A causa delle difficoltà che incontrano nel compensare le assenze del personale impegnato in formazioni esterne, e data la loro limitata capacità finanziaria, le PMI ricorrono a modalità di formazione professionale «in presenza» in una percentuale inferiore alla media dell’UE.

5.4.

La stragrande maggioranza delle PMI opera in nicchie di mercato specifiche e/o in settori economici non tradizionali, in cui la natura del lavoro richiede competenze professionali specifiche che vanno acquisite e sviluppate in contesti pratici reali. In molti casi, disporre di risorse umane limitate significa che i posti di lavoro richiedono una specializzazione più ampia e competenze ibride trasferibili legate alla necessità di combinare una gamma più ampia di compiti funzionali.

5.5.

Le esigenze specifiche delle PMI in termini di competenze riguardano principalmente l’imprenditorialità tecnologica, l’individuazione delle opportunità commerciali, la valutazione e la gestione dei rischi, le fonti di finanziamento, lo sviluppo di strategie, progetti e piani aziendali, l’attuazione di modelli aziendali innovativi, l’uso delle tecnologie digitali, il marchio digitale e il marketing digitale, la conformità al quadro normativo, l’amministrazione del personale, l’economia verde, l’uso delle fonti di energia rinnovabili e l’economia circolare.

5.6.

Data la natura tecnica delle professioni in un gran numero di PMI che possiedono un know-how unico, in particolare nei mercati di nicchia, la formazione sul posto di lavoro fornisce una risposta adeguata alle loro esigenze in termini di competenze. Analogamente, la formazione sul posto di lavoro è necessaria per affrontare le sfide della duplice trasformazione verde e digitale. Questo tipo di formazione facilita lo sviluppo delle competenze nelle PMI grazie alla possibilità semplificata che offre di organizzare formazioni interne e di trasferire le conoscenze all’interno dell’impresa. Al fine di affrontare il problema del mantenimento dei livelli di produzione quando i lavoratori sono assenti perché impegnati in corsi di formazione, i datori di lavoro dovrebbero avvalersi di modalità adeguate di formazione e di strumenti ad hoc, quali la condivisione di programmi di formazione a livello settoriale o territoriale, in modo da promuovere sinergie tra le PMI, e avere accesso a misure di sostegno finanziario mirate.

5.7.

Gli operatori economici e le rispettive parti in causa devono sviluppare ampiamente l’anticipazione del fabbisogno di competenze. Le parti sociali, attraverso il dialogo sociale nei rami e settori occupazionali pertinenti, hanno un ruolo fondamentale da svolgere a tal fine.

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Un’agenda per le competenze per l’Europa per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza, COM(2022) 274 final.

(2)  Cfr. il discorso della presidente Ursula von der Leyen sullo stato dell’Unione 2022 https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/SPEECH_22_5493.

(3)  https://ec.europa.eu/economy_finance/recovery-and-resilience-scoreboard/assets/thematic_analysis/scoreboard_thematic_analysis_digital_skills.pdf

(4)  GreenComp: the European sustainability competence framework [Quadro di riferimento per le competenze in materia di sostenibilità].

Raccomandazione del Consiglio del 16 giugno 2022 relativa alla garanzia di una transizione equa verso la neutralità climatica (2022/C 243/04).

Raccomandazione del Consiglio, del 16 giugno 2022, relativa all’apprendimento per la transizione verde e lo sviluppo sostenibile (2022/C 243/01).

(5)  Studio dell’Osservatorio del mercato del lavoro sul tema Il lavoro del futuro: garantire l’apprendimento e la formazione permanenti dei lavoratori, 2022; pareri Il futuro dell’occupazione: l’acquisizione di conoscenze e competenze appropriate per soddisfare le esigenze dei futuri posti di lavoro, 2017; Finanziamenti sostenibili per l’apprendimento permanente e lo sviluppo di competenze nel contesto della carenza di manodopera qualificata, 2019; I cambiamenti nel mondo del lavoro e la longevità/l’invecchiamento della popolazione — Le condizioni necessarie affinché i lavoratori in età avanzata possano rimanere attivi nel nuovo mondo del lavoro, 2019; Digitalizzazione, intelligenza artificiale ed equità — Come rafforzare l’UE nella corsa mondiale alle competenze e all’istruzione del futuro, garantendo nel contempo l’inclusione sociale, 2019; Formazione professionale: l’efficacia dei sistemi di anticipazione e adeguamento delle competenze alle esigenze del mercato del lavoro e il ruolo delle parti sociali e delle diverse parti interessate, 2020; Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale (IFP) per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza, 2020; Come promuovere, sulla base dell’istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l’Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente, 2020; Strategia per le PMI per un’Europa sostenibile e digitale, 2020; Ecosistemi industriali, autonomia strategica e benessere, 2021; Apprendimento misto, 2021; Pacchetto«Istruzione superiore», 2022 ecc.

(6)  https://www.eurofound.europa.eu/observatories/eurwork/industrial-relations-dictionary/active-ageing

http://erc-online.eu/wp-content/uploads/2017/03/With-signatures_Framework-agreement-on-active-ageing.pdf

(7)  Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale.

(8)  Cfr. la pubblicazione Skill needs anticipation: systems and approaches. Analysis of stakeholder survey on skill needs assessment and anticipation [Sistemi e approcci di anticipazione delle esigenze di competenze. Analisi dell’indagine delle parti interessate sulla valutazione e l’anticipazione delle esigenze in termini di competenze], OIL, Ginevra, 2017, ISBN: 978-92-2-130248-3 (https://www.cedefop.europa.eu/files/2223_en.pdf).

Risoluzione del Consiglio su una nuova agenda europea per l’apprendimento degli adulti 2021- 2030 (2021/C 504/02).

(9)  http://www.nber.org/papers/w21116

(10)  https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/63/small-and-medium-sized-enterprises


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

576a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 22.2.2023 - 23.2.2023

27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/23


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) n. 260/2012 e (UE) 2021/1230 per quanto riguarda i bonifici istantanei in euro

[COM(2022) 546 final — 2022/0341 (COD)]

(2023/C 146/04)

Relatore:

Christophe LEFÈVRE

Consultazione

Parlamento europeo, 21.11.2022

Consiglio dell’Unione europea, 16.11.2022

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27/01/2023

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

64/0/1

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

146/1/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il regolamento sui bonifici istantanei in euro, dato che negli ultimi anni ha formulato un parere sui pagamenti al dettaglio (1) e uno sul sistema economico e finanziario dell’UE (2) con l’obiettivo di contribuire al mercato finanziario unico, semplificare le operazioni transfrontaliere e rendere sicure le operazioni finanziarie tra consumatori, imprese e PMI.

1.2.

Il CESE ritiene che, affinché il sistema dei pagamenti istantanei (PI) nell’UE abbia successo, un aspetto essenziale sia l’accessibilità di tale servizio per i consumatori e le imprese europei. Quanto più i prestatori di servizi di pagamento (PSP) (3) inizieranno a offrire PI, tanto maggiore sarà il successo di tale strumento nell’UE. La possibilità di effettuare PI sarà accessibile a tutti i cittadini e a tutte le imprese titolari di un conto bancario nell’UE e nei paesi del SEE. La proposta mira a garantire che i PI in euro siano accessibili, sicuri e trattati senza impedimenti in tutta l’UE.

1.3.

Il CESE ritiene che la banca mittente non debba richiedere una commissione per la verifica della corrispondenza tra il numero di conto bancario internazionale (IBAN) e il nome del beneficiario, ma che tale servizio debba essere incluso nel prezzo del PI stesso. Il CESE raccomanda di stabilire l’obbligo per i PSP di non addebitare costi maggiori per i PI in euro rispetto ai bonifici ordinari in euro, specialmente se il regime di controllo IBAN è esteso a tutti i pagamenti dell’area unica dei pagamenti in euro (SEPA).

1.4.

Il CESE auspica che la verifica dell’IBAN non sia limitata ai PI, ma si estenda anche ai bonifici classici fintantoché saranno forniti dai PSP.

1.5.

Gli istituti di moneta elettronica (IMEL) e gli istituti di pagamento (IP) sono per il momento esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento in esame. Tale esenzione dovrebbe essere revocata una volta che tali enti avranno accesso ai sistemi di regolamento, dopo la modifica della direttiva concernente il carattere definitivo del regolamento (98/26/CE) (4). I PSP non bancari dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento nella misura in cui la loro offerta di servizi di pagamento comprende la gestione di un conto di pagamento e l’esecuzione di bonifici. Fino a tale data è necessario chiarire in che modo si applicano le norme in materia di verifica dell’IBAN e relativa responsabilità quando si fa ricorso a questi terzi per avviare PI.

1.6.

Tuttavia, poiché tale regolamento modifica il regolamento (UE) n. 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), occorre chiarire che i servizi di investimento sono esclusi dalla direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) [seconda direttiva sui servizi di pagamento, articolo 3, lettera i)].

1.7.

Il CESE ritiene che la Commissione europea dovrebbe:

rendere obbligatorio e senza spese specifiche il servizio che consente di notificare ai clienti una discrepanza tra il nome e l’IBAN del beneficiario;

garantire che, quando viene rilevata una discrepanza mentre viene effettuato il controllo dell’IBAN da parte della banca ricevente, quest’ultima ne informi la banca mittente;

assicurare che, qualora venga rilevata una tale discrepanza e il consumatore decida comunque di confermare il PI, la banca mittente non abbia più la responsabilità di garantire l’identità del beneficiario;

proporre misure mirate per potenziare la lotta contro le frodi, in quanto l’IBAN interesserà solo i pagamenti dovuti autorizzati (authorised push payments).

1.8.

Per evitare interpretazioni divergenti dell’applicazione delle sanzioni, il CESE raccomanda di inserire nel regolamento disposizioni volte a garantire l’applicazione uniforme del diritto dell’UE e di fornire spiegazioni sui seguenti aspetti:

in che modo i prestatori di servizi di pagamento (PSP) che operano in diversi paesi dovrebbero valutare tali situazioni e quali misure dovrebbero adottare;

in che modo tali informazioni saranno condivise all’interno dell’UE;

in che modo sarà trattata la questione del risarcimento dei danni in tali casi;

fare riferimento a un solo elenco di persone o entità soggette a sanzioni dell’UE, adottato mediante regolamenti del Consiglio ai sensi dell’articolo 215 del TFUE, da mettere immediatamente a disposizione dei PSP. Tali informazioni dovrebbero costituire l’elenco ufficiale delle persone o entità soggette a sanzioni dell’UE (misure restrittive).

1.9.

La Commissione europea dovrebbe redigere in modo dettagliato la parte esplicativa del regolamento, affinché delinei la posizione generale dell’UE e fornisca un’interpretazione delle sanzioni applicabili a beni e servizi, per quanto riguarda le sanzioni applicabili all’importazione, all’esportazione, al trasporto, al divieto di determinate merci ecc.

1.10.

I PSP potrebbero monitorare le sanzioni in modo più efficace se disponessero di elenchi di monitoraggio interni e se avessero diritto di fare riferimento a elenchi di altri paesi (Stati Uniti, Regno Unito ecc.), riducendo così i rischi in termini di reputazione e i corrispondenti rischi bancari (attuale pratica di mercato). Tra le misure specifiche da adottare in quest’ambito figurano le seguenti:

stilare elenchi interni di monitoraggio, che di norma includerebbero entità coinvolte in violazioni delle sanzioni o nei rischi di sanzioni, prodotti a duplice uso ecc.;

utilizzare l’elenco fornito dall’autorità nazionale competente conformemente alla legislazione dell’UE sulla lotta al riciclaggio di denaro.

1.11.

Il CESE sostiene l’idea di consentire agli IMEL e agli IP di partecipare ai sistemi di pagamento in qualità di partecipanti diretti e riconosce inoltre le potenzialità insite nell’estensione della proposta della Commissione sui PI ai sette Stati membri dell’UE non appartenenti alla zona euro che fanno parte del mercato unico europeo.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

I PI sono una forma di bonifico che prevede il trasferimento dei fondi dal conto del pagatore a quello del beneficiario in pochi secondi, in qualsiasi momento, giorno o notte, in qualsiasi giorno dell’anno. Tale aspetto li distingue dagli altri tipi di bonifico, che sono trattati dai PSP solo durante gli orari di ufficio e per i quali l’accredito dei fondi sul conto del beneficiario avviene soltanto entro la fine della giornata lavorativa successiva.

2.2.

L’UE prevede già un’architettura per i pagamenti istantanei in euro, che comprende l’offerta del regolamento istantaneo da parte di diversi sistemi di pagamento e lo schema di bonifico istantaneo (schema SCT Inst.) del SEPA.

2.3.

Nella comunicazione del 24 settembre 2020 (7) la Commissione ha annunciato che avrebbe proposto una normativa che imponesse ai PSP nell’UE di offrire PI in euro entro la fine del 2021. Inoltre, nella comunicazione del 20 gennaio 2021 (8), la Commissione ha ribadito l’importanza della sua strategia in materia di pagamenti al dettaglio e dell’innovazione digitale nella finanza. Successivamente ha incluso un’iniziativa sui PI nel suo programma di lavoro per il 2022 (9).

2.4.

La possibilità di effettuare PI in euro sarà accessibile a tutti i cittadini e a tutte le imprese titolari di un conto bancario nell’UE e nei paesi del SEE, indipendentemente dal fatto che il conto sia in euro o in un’altra valuta dell’UE. La proposta mira a garantire che i PI in euro siano accessibili, sicuri e trattati senza impedimenti in tutta l’UE. La proposta sosterrà l’innovazione e la concorrenza nel mercato dei pagamenti dell’UE, nel pieno rispetto delle norme vigenti in materia di sanzioni e lotta alla criminalità finanziaria. Contribuirà inoltre agli obiettivi più generali della Commissione in materia di digitalizzazione e autonomia strategica aperta. L’iniziativa è in linea con la priorità della Commissione di realizzare un’economia che sia al servizio delle persone e crei un ambiente più attraente per gli investimenti.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Negli ultimi anni il CESE ha formulato un parere sui pagamenti (10) e uno sul sistema economico e finanziario europeo (11) per contribuire al mercato finanziario unico, semplificare le operazioni transfrontaliere e rendere sicure le operazioni finanziarie tra consumatori, imprese e PMI.

3.2.

Alla fine del 2022 viene effettuato in maniera istantanea poco più del 13 % (12) di tutti i bonifici in euro, e inoltre:

1 PSP dell’UE su 3 non offre PI in euro;

nella zona euro, 70 milioni di conti di pagamento non consentono ai titolari di inviare denaro e ricevere PI in euro;

fino al 9,4 % dei PI transfrontalieri in euro viene respinto dai prestatori di servizi di pagamento a causa di un inefficace screening per le sanzioni.

3.3.

L’analisi della Commissione europea dimostra che fino a 200 miliardi di EUR bloccati nel sistema finanziario sono messi a disposizione in un qualsiasi dato giorno per un uso produttivo, con benefici economici compresi tra 1,34 e 1,84 miliardi di EUR all’anno. Tale valutazione non prende in considerazione l’aumento dell’inflazione in Europa, che in alcuni paesi è passata dal 10 al 30 % a seguito della guerra russa in Ucraina e della pandemia di COVID-19.

3.4.

Per i consumatori, le imprese, le PMI e i dettaglianti, il PI rappresenta un’operazione più sicura in quanto il denaro viene ricevuto immediatamente. In un’ulteriore opzione di pagamento, ad esempio nei pagamenti transfrontalieri europei, i risparmi effettuati sui costi non necessari delle garanzie di pagamento hanno migliorato la gestione dei flussi di cassa.

3.5.

I PI amplieranno inoltre la scelta dei mezzi di pagamento nei negozi fisici (il cosiddetto punto di vendita o POS). Per il momento nei negozi fisici i pagamenti possono essere effettuati solo in contanti o tramite carta. Per le operazioni transfrontaliere nella pratica si utilizzano solo i circuiti internazionali di carte di pagamento. Con questa normativa sarà possibile utilizzare i PI per i pagamenti transfrontalieri.

3.6.

Il CESE accoglie con favore:

l’obbligo per i PSP che offrono bonifici ordinari in euro di offrire il servizio di invio e ricezione di pagamenti istantanei in euro;

l’obbligo di screening per le sanzioni sotto forma di controlli molto frequenti dei clienti rispetto agli elenchi delle sanzioni dell’UE (come già avviene in alcuni Stati membri per i pagamenti nazionali), piuttosto che per ciascuna operazione;

l’obbligo per i PSP di offrire un servizio che informi i clienti mediante notifica in caso di mancata corrispondenza tra il nome e l’identificativo del conto di pagamento, che solitamente è l’IBAN del beneficiario, indicati dal pagatore;

3.7.

il CESE raccomanda di stabilire l’obbligo per i PSP di non addebitare costi maggiori per i PI in euro rispetto ai bonifici ordinari in euro, specialmente se il regime di controllo IBAN è esteso a tutti i pagamenti del SEPA.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Poiché costituisce una modifica del regolamento (UE) n. 260/2012, il regolamento in esame ne mantiene lo stesso ambito di applicazione. Tuttavia, non è chiaro se queste nuove norme si applichino anche ai servizi di investimento, che sono esclusi dalla direttiva (UE) 2015/2366 [PSD2, articolo 3, lettera i)]. Sarebbe utile precisare tale esclusione. La verifica della corrispondenza tra l’IBAN e il nome del beneficiario è un compito che spetta alla banca ricevente, per il quale deve investire. Tale banca, tuttavia, non sa chi sia il mittente e non ha nessun rapporto con lui, e quindi non può chiedergli una commissione. La banca mittente potrebbe chiedere una commissione al mittente, ma ciò sarebbe illogico in quanto il lavoro viene svolto principalmente dalla banca ricevente. Il CESE è del parere che la banca mittente non dovrebbe reclamare una commissione per questo servizio ma, se del caso, questa dovrebbe essere inclusa nel prezzo del PI stesso e non addebitata separatamente per ciascuna operazione, in quanto tale addebito potrebbe avere un effetto negativo sulla disponibilità dei pagatori a utilizzare il servizio e quindi sulla sicurezza delle operazioni per tali soggetti.

Il CESE ha inoltre espresso dubbi sul fatto che la verifica dell’IBAN sia un servizio puramente facoltativo per il quale il consumatore deve indicare la propria scelta in ciascuna operazione o per tutte le sue operazioni. In alcune situazioni (ad esempio, un pagamento su dispositivi portatili) tale sistema può essere molto complicato da gestire e può anche rendere meno pratico l’utilizzo del servizio per il pagatore: quest’ultimo sarebbe costretto a prendere una decisione ogni volta che un bonifico viene avviato ed effettuare più clic del necessario.

Il CESE auspica che la verifica dell’IBAN non sia limitata ai pagamenti istantanei, ma si estenda anche ai bonifici classici fintantoché saranno forniti dai prestatori dei servizi di pagamento.

Gli IMEL e gli IP sono per il momento esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento in esame. Tale esenzione dovrebbe essere revocata una volta che tali enti avranno accesso ai sistemi di regolamento, dopo la modifica della direttiva concernente il carattere definitivo del regolamento. I PSP non bancari dovrebbero rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento nella misura in cui la loro offerta di servizi di pagamento comprende la gestione di un conto di pagamento e l’esecuzione di bonifici. Fino a tale data è necessario chiarire in che modo si applicano le norme in materia di verifica dell’IBAN e relativa responsabilità quando si fa ricorso a questi terzi per avviare PI.

4.2.

Il CESE è del parere che per il successo dei PI nell’UE un aspetto fondamentale sia l’accessibilità del servizio per i consumatori e le imprese europei. Pertanto, quanto più i PSP inizieranno a offrire PI, tanto maggiore sarà il successo di tale strumento nell’UE. Il CESE sostiene l’idea di consentire agli istituti di moneta elettronica e agli istituti di pagamento di partecipare ai sistemi di pagamento in qualità di partecipanti diretti e riconosce inoltre le potenzialità insite nell’estensione della proposta della Commissione sui PI ai sette Stati membri dell’UE non appartenenti alla zona euro che fanno parte del mercato unico europeo.

4.3.

Il CESE ritiene che, oltre al regolamento proposto, la Commissione europea dovrebbe:

consentire ai clienti di ricevere una notifica elettronica istantanea in caso di mancata corrispondenza tra il nome e l’IBAN del beneficiario o qualsiasi altro identificativo utilizzato, fornito dal pagatore. Tale servizio deve essere obbligatorio e senza spese specifiche;

garantire che, quando viene rilevata una tale discrepanza mentre viene effettuata la verifica dell’IBAN da parte della banca ricevente, quest’ultima ne informi la banca mittente. In tal modo, la banca mittente informa il consumatore di tale discrepanza e l’operazione di pagamento viene sospesa;

garantire che, qualora venga rilevata una discrepanza e il consumatore decida comunque di confermare il PI, sia del tutto chiaro al consumatore che, se non ha indicato correttamente il beneficiario, la banca mittente non è più responsabile dell’identità di quest’ultimo;

proporre misure mirate per migliorare la lotta contro le frodi, in quanto l’IBAN inciderà solo sui pagamenti dovuti autorizzati (APP). Ciò può avvenire in coordinamento con lo sviluppo dello schema di richiesta di pagamento istituito dal Consiglio europeo dei pagamenti, che è anche il gestore dello schema di pagamento istantaneo SCT.

5.   Sanzioni

5.1.

Una percentuale molto elevata di pagamenti transfrontalieri in euro viene respinta senza motivo dai prestatori di servizi di pagamento (PSP) a causa di problemi nella verifica dell’applicazione delle sanzioni. Le autorità pubbliche responsabili dell’applicazione delle sanzioni forniscono ai PSP delle informazioni sulle società oggetto di sanzioni per via del controllo o della proprietà. Purtroppo, non è raro che le autorità pubbliche di diversi paesi abbiano interpretazioni differenti dei criteri o dei motivi di un cambiamento di proprietà e forniscano pareri diversi sull’applicazione di sanzioni a tali imprese. Di conseguenza, una società può essere sanzionata in un paese ma non in un altro. Sarebbe pertanto importante:

a)

includere nel regolamento disposizioni volte a garantire l’applicazione uniforme del diritto dell’UE e spiegare:

in che modo i PSP che operano in diversi paesi dovrebbero valutare tali situazioni e quali misure dovrebbero adottare;

in che modo tali informazioni saranno condivise all’interno dell’UE;

in che modo sarà trattata la questione del risarcimento dei danni in tali casi.

b)

redigere in modo dettagliato la parte esplicativa del regolamento, affinché delinei la posizione generale dell’UE e fornisca un’interpretazione delle sanzioni applicabili a beni e servizi, come l’uso da parte dell’UE nel caso di beni e servizi, per quanto riguarda le sanzioni applicabili all’importazione, all’esportazione, al trasporto, al divieto di determinate merci ecc.

5.2.

I PSP potrebbero monitorare le sanzioni in modo più efficace se disponessero di elenchi di monitoraggio interni e se avessero diritto di fare riferimento a elenchi di altri paesi (Stati Uniti, Regno Unito ecc.), riducendo così i rischi in termini di reputazione e i corrispondenti rischi bancari (attuale pratica di mercato). Tra le misure specifiche da adottare in quest’ambito figurano le seguenti:

stilare elenchi interni di monitoraggio, che di norma includerebbero entità coinvolte in violazioni delle sanzioni o nei rischi di sanzioni, prodotti a duplice uso ecc.;

utilizzare l’elenco fornito dall’autorità nazionale competente conformemente alla legislazione dell’UE sulla lotta al riciclaggio di denaro.

5.3.

L’Unione europea potrebbe avere un’interpretazione diversa da quella dei paesi terzi riguardo alle sanzioni. Per conformarsi alla politica interna ed estera, il CESE raccomanda che gli Stati membri siano tenuti a garantire che le autorità di vigilanza mettano immediatamente a disposizione dei PSP, sotto la loro supervisione, le informazioni sulle persone o entità elaborate in relazione alle misure restrittive dell’UE adottate mediante regolamenti del Consiglio ai sensi dell’articolo 215 del TFUE. Tali informazioni dovrebbero costituire l’elenco ufficiale delle persone o entità soggette a sanzioni dell’UE (misure restrittive). Questo elenco dovrebbe essere fornito dall’autorità nazionale competente conformemente alla legislazione dell’UE sulla lotta al riciclaggio di denaro.

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 72.

(2)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 41.

(3)  Un PSP è un prestatore di servizi di pagamento ai sensi dell’allegato I della direttiva (UE) 2015/2366 (PSD2), come un ente creditizio, un istituto di pagamento o un istituto di moneta elettronica.

(4)  GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45.

(5)  Regolamento (UE) n. 260/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012 , che stabilisce i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro e che modifica il regolamento (CE) n. 924/2009 (GU L 94 del 30.3.2012, pag. 22).

(6)  Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU L 337 del 23.12.2015, pag. 35).

(7)  COM(2020) 592 final del 24 settembre 2020.

(8)  COM(2021) 32 final del 19 gennaio 2021.

(9)  COM(2021) 645 final del 19 ottobre 2021.

(10)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 72.

(11)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 41.

(12)  https://www.europeanpaymentscouncil.eu/what-we-do/sepa-instant-credit-transfer


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/29


Parere del comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine e che modifica il regolamento (UE) 2018/1724

[COM(2022) 571 final — 2022/0358 (COD)]

(2023/C 146/05)

Relatore:

Marinel Dănuț MUREȘAN

Consultazione

Parlamento europeo, 21.11.2022

Consiglio dell’Unione europea, 1.12.2022

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.1.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

190/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La proposta di regolamento in esame rappresenta la risposta a un’aspettativa di regolamentazione del mercato della locazione di alloggi a breve termine (Short-Term Accommodation Rentals — STR) manifestata da tutti i soggetti interessati onesti ed è coerente con gli altri regolamenti pertinenti a livello dell’UE.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda di attuare gli strumenti tecnici presentati nella proposta di regolamento in esame per sviluppare un contesto concorrenziale più onesto per le attività di locazione di alloggi a breve termine, nonché un’offerta di servizi in questo settore più sicura, più trasparente e adeguata, e al fine di mettere a disposizione delle autorità nazionali e locali una serie di strumenti efficaci volti a rendere equilibrate le suddette attività nonché conformi alle situazioni e alle specifiche esigenze dei diversi territori dell’UE.

1.3.

La proposta di regolamento in esame non impone obblighi in relazione a quali soggetti siano tenuti a dichiarare quali informazioni al momento di registrarsi nel registro digitale nazionale, dato che vi sono situazioni specifiche riguardanti:

le informazioni sul locatore (proprietario, rappresentante del proprietario, locatario/subaffittuario, società di intermediazione, società di gestione o di manutenzione delle strutture ricettive);

le informazioni sulle strutture ricettive (inserite in un regime totale o parziale di locazione a breve termine, con utenze a pagamento, comuni ecc.);

il numero massimo di persone che la struttura ricettiva può accogliere (per evitare un sovraccarico superiore alla normale capienza dell’alloggio).

1.3.1.

Occorre semplificare, rendere flessibile e uniformare a livello dell’UE la procedura di registrazione nel registro digitale nazionale, al fine di facilitare la conformità in ogni situazione specifica e di favorire una gestione corretta ed efficiente dei dati di registrazione, per garantire un adeguato livello di conformità, riducendo il più possibile i casi di mancata registrazione in tale registro digitale nazionale.

1.4.

Il CESE propone alla Commissione che il regolamento in esame raccomandi alle autorità nazionali e/o locali di effettuare periodicamente valutazioni d’impatto delle attività di locazione di alloggi a breve termine per quanto riguarda:

il potenziale turistico effettivo a livello locale;

l’impatto sul benessere e le condizioni di vita degli altri residenti;

l’impatto sociale in materia di locazione di alloggi;

l’impatto sul mercato immobiliare delle zone/quartieri interessati dalle attività in questione;

l’impatto sociale sul costo della vita in tali zone/quartieri;

l’impatto in termini di occupazione;

l’impatto in termini di inquinamento ambientale;

l’impatto sul rispetto delle tradizioni locali;

l’impatto sulle attività economico-commerciali dirette e indirette delle zone/quartieri interessati.

1.4.1.

Tutti questi aspetti devono essere valutati di modo che le autorità possano prendere provvedimenti tempestivi e adeguati per scongiurare situazioni estreme.

1.5.

La proposta di regolamento in esame non impone ulteriori condizioni di autorizzazione alle autorità nazionali e locali per la registrazione nel registro digitale nazionale, lasciando alla loro discrezione se far dipendere il rilascio dell’autorizzazione da specifiche condizioni locali, raccomandando tuttavia che attraverso la procedura di autorizzazione non vengano imposte limitazioni artificiali né venga disincentivato il normale svolgimento delle attività di locazione di alloggi a breve termine. A giudizio del CESE, un sistema di polizze assicurative sottoscritte dal locatore per la propria struttura ricettiva, che coprano la maggior parte dei rischi legati all’attività di locazione di alloggi a breve termine, potrebbe sostituire con ottimi risultati i requisiti previsti per ottenere l’autorizzazione, in quanto le compagnie di assicurazione verificherebbero implicitamente il rispetto di adeguate condizioni di conformità al momento di valutare il premio assicurativo.

1.6.

Poiché la proposta di regolamento non impone un livello rigoroso di informazioni che i locatori devono indicare al momento di registrarsi nel registro digitale nazionale, e neppure di informazioni che le piattaforme sono tenute a comunicare alle autorità, adottare, sotto la guida delle istituzioni europee, un approccio standardizzato circa il livello di informazioni — così come precisate — che sono richieste in tutta la gamma delle attività di locazione di alloggi a breve termine aiuterà le autorità nazionali e locali a prendere decisioni nel rispetto degli interessi delle rispettive comunità, agevolerà lo scambio di informazioni tra le autorità, rafforzerà la conformità giuridica e consentirà di adottare misure adeguate, risultanti dall’analisi condotta sia a livello dell’UE che a livello dei territori interessati.

1.7.

Al tempo stesso, il CESE propone alla Commissione di raccomandare alle autorità nazionali e/o locali di monitorare l’impatto delle attività di locazione di alloggi a breve termine per quanto riguarda i seguenti aspetti:

la significativa riduzione dell’offerta di locazione di alloggi a lungo termine per finalità non turistiche;

la limitata accessibilità delle offerte di locazione di alloggi per chi percepisce redditi più bassi in un contesto di aumento dei prezzi di mercato dovuto alla domanda sul mercato della locazione di alloggi a breve termine;

il mutamento delle condizioni di vita per i residenti causato dall’«inquinamento acustico» dovuto ai rumori molesti dei turisti, dai loro comportamenti non appropriati e dalla loro mancanza di adattamento alle «norme di convivenza con i residenti» (rispetto delle tradizioni locali, adeguata conservazione/igiene/pulizia degli spazi pubblici e dei luoghi di raccolta dei rifiuti, inclusa la raccolta differenziata);

le necessarie condizioni supplementari per la conservazione dei monumenti storici, architettonici e naturali;

le ripercussioni sul mercato del lavoro considerato nel suo complesso.

1.7.1.

La proposta consentirà un approccio aperto nell’affrontare queste sfide che vada a vantaggio di tutti i soggetti coinvolti nelle attività di locazione di alloggi a breve termine, e le misure adottate non causeranno distorsioni né mancati adempimenti della conformità significativi, in quanto la comunità dei residenti provvederà a migliorare direttamente l’integrazione armoniosa di tali attività.

1.8.

Il CESE raccomanda che la proposta di regolamento imponga alle piattaforme online di fornire ai clienti informazioni pertinenti non solo sulla registrazione del locatore nel registro digitale nazionale nonché una presentazione generale dell’alloggio dato in locazione, ma anche informazioni sul livello di responsabilità dei locatori e della piattaforma, garanzie sulle condizioni di igiene e di sicurezza per i clienti, sugli obblighi specifici che questi devono rispettare all’interno dell’alloggio in questione e nelle parti comuni con gli altri residenti, come pure su talune tradizioni locali — in altre parole, su una serie di aspetti importanti per tutti i partecipanti al mercato della locazione di alloggi a breve termine, oltre che per la comunità di riferimento e per le autorità locali.

1.9.

La proposta di regolamento prevede che la sua applicazione a livello nazionale abbia luogo solo dopo due anni dall’adozione; il CESE ritiene che, una volta trascorso tale periodo, sarà molto più agevole creare una piattaforma online grazie all’interoperabilità e alla condivisione dei dati, senza che sia necessario effettuare una raccolta manuale dei dati stessi. Di conseguenza, il CESE raccomanda che la raccolta manuale dei dati sia facoltativa e venga realizzata a livello dei gestori di piattaforme online, quali imprese, microimprese e piccole imprese. Il Comitato raccomanda altresì che la proposta di regolamento in esame precisi che le autorità nazionali e locali devono controllare la conformità per quanto riguarda la comunicazione/trasmissione dei dati da parte di tutte le piattaforme che fungono da intermediarie o facilitatrici di servizi di locazione di alloggi a breve termine, sanzionando qualsiasi eventuale inadempienza o insufficienza di tale obbligo di comunicazione da parte dei gestori delle piattaforme online o di altri tipi di piattaforme che agevolano i suddetti servizi.

1.10.

Il CESE raccomanda che nella proposta di regolamento venga precisato che le istituzioni dell’UE terranno costantemente informati tutti i soggetti coinvolti nelle attività di locazione di alloggi a breve termine (direttamente o tramite le autorità nazionali e locali) di qualsiasi particolare evento, in corso o previsto nel quadro delle suddette attività, che possa incidere sulla situazione economica, sociale, ambientale e di sicurezza dei cittadini in diverse aree, onde contribuire a prendere tempestivi provvedimenti e a prevenire specifici eventi indesiderati (crisi economiche, gravi crisi sociali, vasti movimenti sociali, aumento del livello di povertà della popolazione e del numero dei senzatetto, gravi effetti sull’ambiente naturale, questioni di sanità pubblica ecc.), nonché di qualsiasi altro evento che obblighi le autorità ad adottare misure che abbiano un impatto sulle attività di locazione di alloggi a breve termine.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il settore della locazione di alloggi a breve termine si sta espandendo rapidamente nell’UE, uno sviluppo trainato in larga misura dall’economia delle piattaforme. Gli alloggi affittati per brevi periodi rappresentano circa un quarto del totale delle strutture ricettive turistiche nell’Unione europea, dove il loro numero registra oggi una crescita significativa. La proposta della Commissione in esame è una delle azioni principali del Percorso di transizione per il turismo, pubblicato nel febbraio 2022. È stata inoltre annunciata nella strategia per le PMI della Commissione del marzo 2020, al fine di promuovere lo sviluppo equilibrato e responsabile dell’economia collaborativa nell’ambito del mercato unico.

2.2.

Il nuovo quadro proposto punta a:

armonizzare gli obblighi di registrazione per i locatori e per le loro proprietà affittate a breve termine, qualora tali obblighi siano introdotti dalle autorità nazionali;

precisare le norme che garantiscano l’indicazione e la verifica dei numeri di registrazione;

razionalizzare la condivisione dei dati tra le piattaforme online e le autorità pubbliche;

consentire il riutilizzo dei dati in forma aggregata;

istituire un quadro di attuazione efficace.

2.3.

La proposta di regolamento in esame è coerente con i seguenti altri strumenti giuridici:

il regolamento sui servizi digitali;

la direttiva sui servizi;

la direttiva sul commercio elettronico;

il regolamento sulle relazioni piattaforme/imprese;

la proposta di normativa sui dati;

il regolamento generale sulla protezione dei dati;

il regolamento relativo allo sportello digitale unico.

La proposta è altresì conforme alle norme previste dalla direttiva DAC7 (1).

2.4.

L’obiettivo del regolamento è istituire un quadro armonizzato e unificato nel settore dei servizi di locazione di alloggi a breve termine (Short-Term Accommodation Rentals — STR) per la generazione e la condivisione dei dati in tutta l’Unione europea, evitando così una proliferazione di requisiti e richieste divergenti in materia di dati nel mercato unico.

2.5.

La proposta di regolamento sostiene inoltre le piattaforme online per quanto riguarda la standardizzazione e semplificazione delle procedure di registrazione e di trasmissione dei dati e l’interoperabilità dei dati trasmessi, poiché istituisce un quadro armonizzato e riduce la frammentazione, le ambiguità semantiche e gli oneri amministrativi.

2.6.

Il regolamento in esame impone ai locatori di registrarsi preventivamente in un registro digitale nazionale, il che porterà ad una maggiore trasparenza e faciliterà una corretta informazione dei clienti delle piattaforme online di locazione di alloggi a breve termine, rafforzerà la certezza del diritto dei servizi oggetto delle transazioni, oltre alla condivisione di informazioni utili, e contribuirà a una gestione fluida di questo tipo di servizi in diverse aree.

2.7.

La proposta di regolamento istituisce un quadro comune a livello di Unione europea in materia di informazione e trattamento dei dati, offrendo alle autorità nazionali e locali la tracciabilità dei dati di cui hanno bisogno per elaborare e mantenere norme relative ai servizi di locazione di alloggi a breve termine, nonché per applicare le norme e adottare risposte politiche informate in linea con il vigente diritto dell’UE.

2.8.

Il regolamento tiene conto delle difficoltà finanziarie e amministrative che possono dover affrontare le microimprese e le piccole imprese che gestiscono piattaforme online nell’adattare le loro piattaforme agli obblighi previsti dal regolamento stesso in materia di interoperabilità automatica della condivisione dei dati, offrendo soluzioni alternative che non comportano costi elevati.

3.   Osservazioni generali e specifiche

3.1.

La proposta di regolamento in esame è coerente con i regolamenti dell’UE summenzionati, nella misura in cui promuove lo sviluppo di un contesto concorrenziale più onesto ed equilibrato per questo importante e dinamico settore imprenditoriale, impone altresì un livello più adeguato di conformità giuridica (sul piano fiscale) per tutti i soggetti prestatori (i locatori) nel mercato della locazione di alloggi a breve termine e nel contempo funge da «motore» per lo sviluppo di varie attività economico-imprenditoriali nell’UE.

3.2.

Le istituzioni sia europee che nazionali devono assicurare il controllo e la regolamentazione di questo settore in continua evoluzione, onde garantire che le attività di servizi di locazione di alloggi a breve termine si integrino in maniera armoniosa con l’ambiente circostante generale, contribuendo così implicitamente allo sviluppo sostenibile del contesto imprenditoriale locale, conformemente al rispetto della tassonomia sociale.

3.3.

Il regolamento in esame non impone condizioni di autorizzazione alle autorità nazionali e locali, lasciando alla loro discrezione se far dipendere il rilascio dell’autorizzazione da specifiche condizioni locali, permettendo quindi che si tenga conto di particolari aspetti sociali generali o legati agli alloggi, alla convivenza con gli altri residenti, all’ambiente circostante e alle imprese presenti nelle aree interessate, raccomandando tuttavia che attraverso la procedura di autorizzazione non vengano imposte limitazioni artificiali né venga disincentivato il normale svolgimento delle attività di locazione di alloggi a breve termine.

3.3.1.

Poiché la proposta di regolamento non impone un livello rigoroso di informazioni che i locatori devono indicare al momento di registrarsi nel registro digitale nazionale, e neppure di informazioni che le piattaforme sono tenute a comunicare, le autorità nazionali e locali vanno incontro sia a opportunità che a rischi a causa delle modalità di gestione del volume di dati richiesto in rapporto alla registrazione dei locatori, al rilascio delle loro autorizzazioni e alla comunicazione di informazioni da parte delle piattaforme, affinché possano utilizzare tali dati in maniera efficiente e senza danneggiare lo sviluppo e lo svolgimento di queste attività di locazione di alloggi a breve termine. Tuttavia la Commissione raccomanda di adottare un livello standardizzato di informazioni richieste, così da agevolare il tanto necessario scambio di informazioni tra autorità.

3.4.

Le istituzioni europee, insieme alle autorità nazionali e locali, dovrebbero regolamentare le condizioni per il normale svolgimento e lo sviluppo delle attività di locazione di alloggi a breve termine, imponendo a tali attività il rispetto di una tassonomia sociale ed economica, della protezione dell’ambiente, della conservazione dei monumenti e della natura ai fini di una loro integrazione armoniosa nel territorio di riferimento.

3.5.

Poiché la clientela delle piattaforme è composta da cittadini dell’UE e di paesi terzi che perseguono una gamma di finalità di viaggio e di turismo diverse, attraverso l’applicazione del regolamento in esame è importante stimolare e preservare un contesto concorrenziale equo, caratterizzato da prezzi ragionevoli e da un’offerta equilibrata per tutte le forme di ricettività, sia tradizionali (alberghi o pensioni, ostelli) che non (locatori, privati), senza che ciò comporti una riduzione dell’offerta di servizi di locazione di alloggi a breve termine o un aumento dei loro costi.

3.6.

Il regolamento proposto dovrebbe prevedere che qualsiasi specifica norma supplementare o di messa in conformità imposta dalle autorità nazionali e locali sia applicata in modo graduale e per tempo dai locatori, affinché ciò non comporti una riduzione dell’offerta di locazione di alloggi a breve termine nei rispettivi mercati (nazionali e locali) né una «tendenza» allo svolgimento di tali attività in forme meno ufficiali, il che inciderebbe sul mercato dell’occupazione diretta e indiretta generata da tali servizi, nonché sulle attività economiche dirette e sull’indotto in questo settore, oltre che sulla conformità giuridica volontaria dei locatori.

3.7.

Il rapido sviluppo del turismo e delle piattaforme online apposite ha generato nuove opportunità per i locatori e per i clienti/turisti, ma, in parallelo alle grandi opportunità di attività economiche per le comunità interessate, pone anche numerose sfide che riguardano:

la significativa riduzione dell’offerta di locazione di alloggi a lungo termine per finalità non turistiche;

la limitata accessibilità delle offerte di locazione di alloggi per chi percepisce redditi più bassi in un contesto di aumento dei prezzi di mercato dovuto alla domanda sul mercato della locazione di alloggi a breve termine;

il mutamento delle condizioni di vita per i residenti causato dall’«inquinamento acustico» dovuto ai rumori molesti dei turisti, dai loro comportamenti non appropriati e dalla loro mancanza di adattamento alle «norme di convivenza con i residenti» (rispetto delle tradizioni locali, adeguata conservazione/igiene/pulizia degli spazi pubblici e dei luoghi di raccolta dei rifiuti, inclusa la raccolta differenziata);

condizioni supplementari per la conservazione dei monumenti storici, architettonici e naturali;

la scarsità e il costo elevato della manodopera.

3.7.1.

Il CESE esprime preoccupazione per l’emergere di questo fenomeno in alcune aree dell’UE ed è ben consapevole che non è questo lo scopo perseguito dalla proposta di regolamento della Commissione in esame; il Comitato auspica che nel regolamento si tenga conto anche di questi importanti aspetti civici e sociali.

3.8.

Il CESE rileva che la proposta di regolamento in esame non chiarisce quali soggetti siano tenuti a dichiarare quali informazioni al momento di registrarsi nel registro digitale nazionale, dato che vi sono situazioni specifiche riguardanti:

le informazioni sul locatore (proprietario, rappresentante del proprietario, locatario/subaffittuario, società di intermediazione, società di gestione o di manutenzione delle strutture ricettive);

le informazioni sulle strutture ricettive (inserite in un regime totale o parziale di locazione a breve termine, con utenze a pagamento, comuni ecc.);

il numero massimo di persone che la struttura ricettiva può accogliere (per evitare un sovraccarico superiore alla normale capienza dell’alloggio).

3.8.1.

Tutti questi dati devono essere indicati anticipatamente e comunicati alle autorità incaricate di creare e gestire il registro digitale nazionale, al fine di garantire una gestione corretta ed efficiente di tali informazioni, di assicurare un livello adeguato di conformità e di ridurre la frammentazione nello scambio dei dati e nell’attuazione uniforme a livello dell’UE.

3.9.

Al tempo stesso, il CESE osserva che la proposta di regolamento lascia decidere alle autorità nazionali e locali quali debbano essere le condizioni per l’autorizzazione delle strutture ricettive in regime di locazione a breve termine, un aspetto che può apportare efficienza e concretezza alla luce delle specifiche condizioni a livello locale, in modo da evitare l’introduzione di disposizioni eccessivamente burocratiche imposte da tali autorità al momento del rilascio dell’autorizzazione.

3.10.

La proposta di regolamento non impone obblighi alle piattaforme online circa il livello di informazioni date sulle strutture ricettive o fornite dai locatori — anche per quel che concerne il grado di responsabilità delle parti — che occorre mettere a disposizione dei clienti, né impone obblighi in merito alle informazioni da comunicare ai clienti sulle condizioni da rispettare nel luogo in cui sono ubicate le strutture ricettive, lasciando alle piattaforme stesse o alle autorità nazionali e locali la decisione in merito a tali obblighi. Sarebbe utile, sia per gli operatori del mercato della locazione di alloggi a breve termine che per la comunità di riferimento e le autorità locali, avere un livello di conformità uniforme, che garantisca ai clienti informazioni veritiere sull’alloggio preso in locazione, sulle sue condizioni di igiene e di sicurezza, sulla responsabilità delle parti e sugli obblighi che i clienti devono rispettare all’interno dell’alloggio in questione e nelle parti comuni con gli altri residenti.

3.11.

La proposta di regolamento in esame è conforme al diritto dell’Unione europea e la sua applicazione a livello nazionale avrà luogo solo dopo due anni; il CESE ritiene che, una volta trascorso tale periodo, sarà molto più agevole creare una piattaforma online grazie all’interoperabilità e alla condivisione dei dati, senza che sia necessario effettuare una raccolta manuale dei dati stessi. Pertanto, con questa proposta di regolamento si raccomanda alle piattaforme che la raccolta manuale dei dati sia facoltativa e venga realizzata a livello dei gestori di piattaforme online quali imprese, microimprese e piccole imprese, e che le autorità nazionali e locali controllino la conformità per quanto riguarda la comunicazione/trasmissione dei dati da parte di tutte le piattaforme che fungono da intermediarie o facilitatrici di servizi di locazione di alloggi a breve termine.

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  La direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio, del 22 marzo 2021, recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (GU L 104 del 25.3.2021, pag. 1) ha ampliato il quadro dell’UE sullo scambio automatico di informazioni nel settore fiscale. Gli Stati membri sono tenuti a recepire la direttiva nel diritto nazionale entro il 31 gennaio 2022 e ad applicare le nuove disposizioni a decorrere dal 1o gennaio 2023.


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/35


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il trattamento delle acque reflue urbane (rifusione)

[COM(2022) 541 final — 2022/0345 (COD)]

(2023/C 146/06)

Relatore:

Stoyan TCHOUKANOV

Consultazione

Parlamento europeo, 19.1.2023

Consiglio, 24.1.2023

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

3.2.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

198/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia l’intenzione della Commissione di mettere al passo coi tempi le norme dell’UE in materia di acque reflue urbane e di renderle pronte per i prossimi vent’anni, affrontando non solo gli aspetti relativi al trattamento delle acque reflue, ma anche quelli legati all’energia e all’economia circolare, migliorando altresì la governance.

1.2.

Il CESE riconosce che l’acqua pulita è una risorsa strategica non solo per assicurare il funzionamento della nostra società e la resilienza dell’economia dell’UE, ma anche per proteggere l’ambiente e la salute umana, e ritiene pertanto che questo tema debba essere trattato con la dovuta attenzione. Circa il 60 % dei distretti idrografici dell’Unione sono transfrontalieri e richiedono una cooperazione tra paesi diversi. Il recente disastro ecologico del fiume Oder dovrebbe servire da esempio per ammonire sulle conseguenze della mancanza di cooperazione e trasparenza.

1.3.

Il CESE ritiene che l’inquinamento debba sempre essere affrontato innanzitutto alla fonte, ma riconosce che il trattamento delle acque reflue urbane è un ultimo filtro essenziale per proteggere le acque recipienti con benefici per l’ambiente, la salute umana e la società.

1.4.

I microinquinanti, come i residui farmaceutici, destano crescente preoccupazione per la qualità dell’acqua. Il CESE accoglie pertanto con favore la proposta di eseguire, in taluni impianti di trattamento delle acque reflue urbane, trattamenti supplementari dei microinquinanti per eliminarli e sottolinea la necessità di compiere notevoli sforzi per sostituire le vecchie norme con nuovi metodi di trattamento innovativi.

1.5.

Per garantire l’attuazione del principio «chi inquina paga» e assicurare l’accessibilità economica dei servizi idrici, il CESE sostiene fermamente la proposta di una responsabilità estesa dei produttori, che imporrebbe loro di coprire i costi di eliminazione dalle acque reflue dei microinquinanti generati dai loro prodotti; le eventuali esenzioni, per essere efficienti, devono essere rigorosamente limitate.

1.6.

Se la direttiva è estesa agli agglomerati con 1 000 abitanti equivalenti (a.e.), è necessario prevedere soluzioni decentralizzate attraverso impianti di piccole dimensioni, prestando particolare attenzione alla funzionalità.

1.7.

Le tracimazioni delle reti fognarie sono un punto critico per l’inquinamento, compresi i geni di resistenza antimicrobica, le microplastiche e le sostanze tossiche che mettono a rischio la vita acquatica, la salute umana e lo stato delle acque a uso ricreativo. La direttiva dovrebbe introdurre un tetto massimo al verificarsi di tali fenomeni e la comunicazione al pubblico dovrebbe fornire un quadro completo del carico inquinante generato dalle tracimazioni. Il dilavamento delle acque meteoriche inquinate (compresa la neve) d’origine urbana, ad esempio provenienti dalle strade, dovrebbe essere raccolto e adeguatamente trattato prima di essere scaricato nelle acque recipienti.

1.8.

I cambiamenti climatici stanno influenzando il ciclo dell’acqua, con un aumento previsto delle forti piogge e della siccità. Misure preventive, come le soluzioni blu-verdi che catturano e trattengono le acque meteoriche, ad esempio attraverso tetti verdi o giardini piovosi, riducono il carico sulle fognature (e, di conseguenza, il rischio di tracimazioni delle reti fognarie) e apportano molti benefici collaterali al paesaggio urbano.

1.9.

Il CESE è preoccupato perché la distribuzione idrica e i servizi igienico-sanitari, pur essendo servizi pubblici, sono talvolta assicurati da imprese private. È necessario adottare norme e regolamenti per garantire che i servizi pubblici non siano gestiti al fine di trarne un profitto e che le entrate siano investite nella manutenzione e nel miglioramento dei servizi considerati.

1.10.

Il CESE sottolinea che l’acqua è una risorsa vitale, ma sempre più scarsa. Due terzi dei cittadini europei ritengono che la qualità e/o la quantità dell’acqua nel loro paese costituisca un grave problema (1). Per un’efficace realizzazione dell’OSS n. 6 («Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie») e per evitare crisi in futuro, queste preoccupazioni devono essere affrontate con la dovuta urgenza. Garantire l’accessibilità economica dell’acqua dovrebbe essere una priorità per tutti gli Stati membri.

1.11.

Il CESE chiede inoltre alle istituzioni europee di iniziare ad affrontare la questione dell’acqua in via prioritaria e a elaborare un «Blue Deal europeo»: uno sforzo radicale per prevedere le esigenze, preservare le risorse idriche e gestire adeguatamente le sfide connesse attraverso una tabella di marcia globale e coordinata, che stabilisca obiettivi ambiziosi e azioni legate alle tappe concordate. Il CESE presenterà proposte concrete in vista di un «Blue Deal europeo» nel corso del 2023.

2.   Proposta della Commissione

2.1.

Si propone di estendere l’ambito di applicazione della direttiva agli agglomerati con 1 000 abitanti equivalenti (a.e.), il che significa che anche le piccole città saranno obbligate a raccogliere e trattare le acque reflue urbane e possono chiedere finanziamenti dell’UE a tal fine. La Commissione elaborerà nuove norme per gli impianti decentralizzati e gli Stati membri dovranno garantire un monitoraggio e un’ispezione più efficaci di tali impianti.

2.2.

Le tracimazioni delle reti fognarie e il dilavamento delle acque meteoriche d’origine urbana sono stati identificati come importanti fonti residue di acque reflue urbane non trattate e gli Stati membri saranno tenuti a elaborare piani di gestione integrata delle acque reflue urbane al fine di ridurre l’inquinamento da tali fonti. Dovrebbe essere data priorità alle misure preventive, come le soluzioni blu-verdi, e all’ottimizzazione dei sistemi esistenti che si avvalgono di tecniche digitali.

2.3.

Per ridurre le emissioni di nutrienti, saranno introdotti nuovi limiti per l’eliminazione dell’azoto e del fosforo come primo passo per gli impianti più grandi con oltre 100 000 a.e. e poi per gli impianti di medie dimensioni con oltre 10 000 a.e. nelle zone in cui l’eutrofizzazione rimane problematica. Vi sarà inoltre l’obbligo di eliminare i microinquinanti per tutti gli impianti di dimensioni medie e grandi in cui l’ambiente o la salute umana sono a rischio. Al fine di ridurre il carico di sostanze non trattabili, che migliorerà le possibilità di circolarità, gli Stati membri sono tenuti ad affrontare alla fonte gli scarichi non domestici nelle fognature.

2.4.

Per coprire i costi dell’aggiornamento e del monitoraggio necessari per eliminare i microinquinanti e incentivare lo sviluppo di prodotti più rispettosi dell’ambiente, sarà introdotta una responsabilità estesa dei produttori che imponga ai produttori di prodotti farmaceutici e di prodotti ai sensi delle norme dell’UE in materia di cosmetici di contribuire finanziariamente.

2.5.

È stato introdotto un nuovo obiettivo di neutralità energetica per il settore delle acque reflue entro il 2040, il che significa che l’energia consumata dal settore a livello nazionale dovrebbe essere equivalente alla quantità di energia rinnovabile prodotta.

2.6.

La proposta fissa al 2040 il termine per la piena conformità, con scadenze intermedie per garantire i passi avanti in tal senso.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L’acqua pulita è una delle nostre risorse più preziose, fondamentale per il funzionamento degli ecosistemi e della nostra società, nonché per le attività socioeconomiche. L’agricoltura, la produzione di energia e il settore turistico dipendono fortemente dall’accesso all’acqua pulita. Le Nazioni Unite riconoscono, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile (2), l’accesso all’acqua pulita e ai servizi igienico-sanitari come un bisogno umano fondamentale per la salute e il benessere. Tuttavia, le acque dolci sono sotto pressione a causa di una serie di attività e si prevede che tale pressione aumenterà a seguito dei cambiamenti climatici.

3.2.

La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane è l’atto legislativo fondamentale dell’UE che mira a proteggere l’ambiente dagli effetti negativi delle acque reflue non trattate. In vigore da oltre 30 anni, sin dalla sua adozione la qualità dei fiumi, dei laghi e dei mari europei è notevolmente migliorata, sebbene due terzi dei corpi idrici superficiali non siano ancora in buono stato. I paesi dell’Unione hanno istituito sistemi di raccolta e impianti di trattamento delle acque reflue con il contributo dei finanziamenti dell’UE. Il livello di conformità alla direttiva è elevato in tutta l’Unione, con il 98 % delle acque reflue raccolte e il 92 % trattate in modo soddisfacente, secondo l’attuale ambito di applicazione della direttiva.

3.3.

La revisione in corso ha il potenziale per aggiornare la direttiva affrontando le restanti fonti di acque reflue non trattate e i nuovi inquinanti, nonché migliorando gli aspetti legati all’energia e all’economia circolare del trattamento delle acque reflue in linea con il Green Deal e la digitalizzazione dell’Europa. Il CESE invita tuttavia le istituzioni europee a tenere conto delle acque reflue in una prospettiva più ampia, a iniziare ad affrontare il tema delle risorse idriche in via prioritaria e a elaborare un «Blue Deal europeo»: uno sforzo radicale per prevedere i fabbisogni, preservare le risorse idriche e gestire adeguatamente le sfide correlate attraverso una tabella di marcia globale e coordinata, che stabilisca obiettivi e azioni ambiziosi legati alle tappe concordate. Il CESE presenterà proposte concrete in vista di un «Blue Deal europeo» nel corso del 2023.

3.4.

Sono necessari ingenti investimenti nel settore idrico. Secondo le stime dell’OCSE, tutti gli Stati membri, ad eccezione della Germania, devono aumentare la spesa di almeno il 25 % per conformarsi ai requisiti della direttiva vigente (3). Tale stima, tuttavia, non tiene conto del costo della manutenzione delle reti fognarie. Le nuove norme richiederanno ulteriori investimenti ed è fondamentale ampliare i finanziamenti provenienti dalle tariffe idriche e dal bilancio pubblico per includere anche i settori che contribuiscono all’inquinamento delle acque reflue urbane, al fine di mantenere l’accesso all’acqua e alle strutture igienico-sanitarie a prezzi abbordabili per le famiglie.

3.5.

Il trattamento delle acque reflue ha un costo e richiede un apporto di risorse ed energie. L’inquinamento deve sempre essere affrontato in primo luogo alla fonte ed essere prioritario rispetto alle soluzioni a valle. Le misure politiche dovrebbero pertanto, per quanto possibile, limitare in primo luogo l’emissione di sostanze nocive nell’ambiente e nella società. Il trattamento delle acque reflue urbane funge da ultimo filtro per proteggere le acque recipienti e conseguire gli obiettivi della legislazione dell’UE in materia di acque. Il CESE chiede pertanto una sinergia maggiore con le strategie di sviluppo urbano (l’agenda urbana per l’UE, l’accordo di Lubiana, diversi partenariati tematici ecc.).

3.6.

Ci si dovrebbe adoperare di più per favorire la responsabilizzazione dei cittadini sulle questioni relative alla raccolta, al trattamento e alla gestione delle acque reflue urbane. Il grande pubblico dovrebbe essere coinvolto nei processi relativi al trattamento delle acque reflue non solo ricevendo informazioni al riguardo, ma anche dando il proprio contributo: in tutti gli Stati membri dovrebbero essere istituiti dei meccanismi che consentano ai cittadini di segnalare eventuali carenze nella raccolta e/o nel trattamento delle acque reflue urbane, nel cui quadro occorre prestare particolare attenzione agli scarichi industriali illegali.

3.7.

L’Europa ha grandi potenzialità per diventare leader per quanto riguarda la fornitura di soluzioni nel campo del trattamento delle acque reflue, dalle tecnologie avanzate in materia di trattamento alle soluzioni energetiche. Lo sviluppo del settore delle acque reflue rappresenta una possibilità sul piano dell’innovazione e della tecnologia, nonché un’opportunità per esportare conoscenze e attrarre giovani imprenditori.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Le acque reflue urbane sono un’impronta della società e dei nostri modelli di consumo e produzione. Esse sono costituite da una complessa combinazione di scarichi domestici, dilavamento da strade ed edifici ed effluenti industriali e di altra origine non domestica che necessitano di un trattamento adeguato per non rappresentare una minaccia per la salute umana e per l’ambiente e per non avere ripercussioni sulle acque a uso ricreativo. Le condizioni di lavoro e la salute e la sicurezza dei lavoratori coinvolti nel sistema di trattamento delle acque reflue urbane dovrebbero figurare tra le massime priorità.

4.2.

L’obiettivo generale per il 2040, inclusi gli obiettivi intermedi, delinea un percorso chiaro per il trattamento delle acque reflue per i prossimi due decenni. Tuttavia, abbiamo una comprensione limitata dei rischi per la vita acquatica derivanti dalle miscele di sostanze chimiche presenti nelle acque superficiali e molte di tali sostanze chimiche provengono da prodotti utilizzati nelle nostre case. Inoltre, la costruzione, la manutenzione e il funzionamento degli impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue comportano costi elevati dal punto di vista finanziario e delle emissioni di gas a effetto serra. Le revisioni e le valutazioni delle parti fondamentali della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva sui fanghi di depurazione offrono l’opportunità di modernizzare e migliorare la coerenza in tutto il settore e di contribuire a realizzare le ambizioni del Green Deal europeo.

4.3.

La resistenza antimicrobica è una preoccupazione crescente per la società e le acque reflue urbane, siano esse trattate o meno, costituiscono un punto critico per la sua diffusione (4). La resistenza antimicrobica è favorita non solo da un uso eccessivo di antibiotici, ma anche da altri agenti antimicrobici, quali fungicidi, agenti antivirali, parassiticidi, nonché da alcuni disinfettanti e antisettici, tutti utilizzati nell’ambiente urbano, in particolare negli ospedali. Una relazione delle Nazioni Unite (5) ci avverte che, se non saranno intraprese azioni quali la riduzione dell’uso eccessivo di agenti antimicrobici, si prevede che, entro il 2050, 10 milioni di persone moriranno ogni anno a causa di infezioni resistenti agli antibiotici.

4.4.

Il dilavamento delle acque meteoriche inquinate d’origine urbana è uno dei percorsi principali di penetrazione dei contaminanti tossici non biodegradabili ed emergenti negli ecosistemi acquatici, tra cui detriti di plastica, idrocarburi, detergenti, ormoni, solventi, agenti patogeni, pesticidi, metalli pesanti e nanomateriali ingegnerizzati (6). Nonostante l’inquinamento, il dilavamento delle acque meteoriche inquinate d’origine urbana è spesso gestito come acque meteoriche pulite a causa dell’assenza di un monitoraggio e non viene trattato prima di essere scaricato nelle acque recipienti. Ciò rappresenta un grave rischio per gli ecosistemi; ad esempio, nei salmoni è stata osservata una mortalità acuta legata a una sostanza tossica (6PPD-chinone) presente negli pneumatici delle automobili (7).

4.5.

Le tracimazioni delle reti fognarie sono un punto critico per l’immissione di microinquinanti, resistenza antimicrobica (8), microplastiche e rifiuti nelle acque recipienti. Rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute umana, ma anche per il settore del turismo, che dipende da acque a uso ricreativo pulite. Il carico di acque meteoriche sulla rete fognaria può essere ridotto mediante l’introduzione di soluzioni blu-verdi che trattengono l’acqua e le permettono di infiltrarsi nel suolo, compresi i tetti verdi, la rimozione di superfici impenetrabili e i giardini piovosi. Non sono solo un modo efficiente sotto il profilo dei costi per trattenere le acque meteoriche, ma comportano anche diversi benefici collaterali per il paesaggio urbano, tra cui la riduzione del rischio di inondazioni, la riduzione delle isole di calore e l’aumento della biodiversità e del benessere nella città. Realizzare la transizione verso un trattamento più efficiente delle acque reflue e un’economia circolare richiede cambiamenti non solo negli approcci normativi e istituzionali, ma anche nel modo in cui noi cittadini percepiamo le nostre responsabilità individuali e collettive in materia di gestione delle acque reflue.

4.6.

Il CESE sostiene l’introduzione di piani obbligatori di trattamento integrato delle acque reflue urbane, con l’obiettivo di ridurre le tracimazioni delle reti fognarie e l’inquinamento dovuto al dilavamento delle acque meteoriche inquinate d’origine urbana. Tuttavia, sebbene l’intenzione dei piani di gestione delle acque reflue urbane sia buona, essi rischiano di diventare degli «involucri vuoti», poiché il contenuto e l’obiettivo (ridurre le tracimazioni delle reti fognarie combinate all’1 % della portata di magra) sono solo indicativi. Una corretta gestione delle acque meteoriche è fondamentale non solo per prevenire l’inquinamento delle acque recipienti, ma anche per adattare le città a un clima in evoluzione in cui gli eventi piovosi intensi e le ondate di calore prolungate faranno parte della nuova normalità, in quanto in tutta Europa aumentano la frequenza e la gravità degli eventi meteorologici estremi e di altri rischi climatici.

4.7.

È stato dimostrato che il trattamento avanzato («quaternario») riduce il carico di un’ampia gamma di sostanze nocive sulle acque recipienti (9). I nuovi requisiti per gli impianti di grandi e medie dimensioni selezionati per il monitoraggio e l’eliminazione dei microinquinanti sono pertanto accolti con favore. Tuttavia, occorre prestare attenzione ai costi e agli effetti dell’eliminazione ottenuti con tecniche diverse, come l’ozonizzazione o il carbone attivo. Un adeguato finanziamento della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie e programmi di istruzione armonizzati a livello dell’UE per il personale operativo contribuiranno a prevenire e trattare i nuovi inquinanti.

4.8.

L’introduzione della responsabilità estesa dei produttori rappresenta un grande passo avanti per il principio «chi inquina paga» e una risposta positiva alla constatazione della Corte dei conti europea secondo cui i costi dell’inquinamento sono ancora in gran parte a carico dei contribuenti (10). È inoltre in linea con l’integrazione del principio «chi inquina paga» nella legislazione ambientale, rafforzando il regime di responsabilità ambientale a livello dell’UE e proteggendo meglio i fondi dell’UE dall’utilizzo per finanziare progetti che dovrebbero essere finanziati da chi inquina.

4.9.

L’eutrofizzazione rimane un problema nell’UE: oltre il 30 % dei fiumi, dei laghi e delle acque costiere e l’81 % delle acque marine dell’Unione ne sono stati colpiti e i progressi compiuti nell’ultimo decennio sono scarsi (11). È pertanto positivo che le disposizioni siano state aggiornate e armonizzate per garantire che tutti i grandi impianti debbano ridurre i nutrienti entro il 2035 e che gli impianti di medie dimensioni che scaricano in aree sensibili all’eutrofizzazione debbano eliminarli entro il 2040. Sebbene le scadenze siano molto ambiziose per quanto riguarda le sfide e la loro attuazione, la capacità di investimento del settore e il ciclo di vita delle risorse esistenti, molti Stati membri dispongono già di tali requisiti in materia di eliminazione dei nutrienti e il CESE accoglie con favore l’armonizzazione in tutta l’UE.

4.10.

Nella valutazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane sono stati individuati piccoli agglomerati che rappresentano una quota significativa delle restanti fonti di acque reflue non trattate e che esercitano pressioni sui corpi idrici (12). Se, da un lato, sarebbe positivo il trattamento di più acque reflue, dall’altro, la proposta presenta diverse sfide, in quanto la costruzione di nuove condutture fognarie rappresenta un costo significativo nelle zone scarsamente popolate e deve essere realizzata con un sostegno finanziario notevole. Occorre promuovere soluzioni decentralizzate e sistemi individuali ben funzionanti. I servizi igienici a secco (compostaggio) riducono il consumo di acqua potabile per lo scarico e possono promuovere l’economia circolare restituendo le feci umane al suolo senza sistemi di raccolta, pompaggio e trattamento complessi, costosi e ad alta intensità energetica. L’OMS ha elaborato tali orientamenti per il riutilizzo sicuro delle acque reflue, degli escreti e delle acque grigie (13).

4.11.

Le fughe dalle condutture fognarie costituiscono una fonte di acque reflue non trattate spesso trascurata, generalmente non segnalata e pericolosa per le acque sotterranee. Ciò può rappresentare una quota significativa del carico inquinante dei sistemi urbani sull’ambiente (14). È probabile che il problema aumenti con l’invecchiamento della rete fognaria. Sono necessari un monitoraggio e una quantificazione adeguati delle fughe di acque reflue, che dovrebbero essere inclusi tra i requisiti della direttiva.

4.12.

Il trattamento delle acque reflue richiede notevoli quantità di energia e può spesso rappresentare una quota significativa delle bollette dell’energia elettrica dei comuni. Allo stesso tempo, le acque reflue contengono energia in varie forme, tra cui chimica, cinetica e termica, che dovrebbe essere raccolta per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, in linea con gli obiettivi dell’UE. È positivo che l’efficienza energetica sia affrontata con l’obiettivo di raggiungere la neutralità energetica per il settore entro il 2040.

4.13.

Il settore delle acque reflue ha grandi potenzialità per diventare una «fabbrica di risorse». Nell’UE esistono già impianti di trattamento delle acque reflue positivi sotto il profilo energetico grazie alle tecnologie di risparmio energetico e alla produzione di energia rinnovabile, ad esempio attraverso la degradazione anaerobica dei fanghi di depurazione e l’utilizzo conseguente del biogas prodotto (15). Un’ulteriore possibilità, che andrebbe incoraggiata, è rappresentata dall’uso combinato di alcune aree della struttura di trattamento per l’installazione di impianti fotovoltaici.

4.14.

Dieci milioni di persone non hanno ancora accesso alle strutture igienico-sanitarie nell’UE. Si accoglie pertanto con favore il fatto che la proposta imponga agli Stati membri di migliorare l’accesso alle strutture igienico-sanitarie, in particolare per i gruppi vulnerabili ed emarginati, compresa la fornitura gratuita di servizi igienici pubblici entro il 2027. Tuttavia, il requisito dovrebbe essere rafforzato imponendo agli Stati membri di garantire l’accesso alle strutture igienico-sanitarie per tutti nelle prime fasi della pianificazione urbana e di prendere in considerazione l’accessibilità economica e l’aspetto sociale dei servizi idrici. Essi dovrebbero tenere conto anche del lungo ciclo di vita degli impianti di raccolta e trattamento delle acque reflue e della loro intrinseca inflessibilità ai fini dell’adattamento o della modernizzazione.

4.15.

Al fine di assicurare l’accessibilità economica dei servizi idrici, le esenzioni dai regimi di responsabilità estesa dei produttori devono essere rigorosamente limitate. Si dovrebbe, di preferenza, sopprimere l’esenzione per i prodotti immessi sul mercato a meno di due tonnellate all’anno, in quanto alcune sostanze sono potenti anche in quantità ridotte nonché quantomeno chiarire che le due tonnellate si riferiscono al mercato dell’UE e non al livello nazionale. Occorre inoltre garantire che la responsabilità estesa dei produttori copra i rivenditori online.

4.16.

Il costo del trattamento delle acque reflue rappresenta una quota significativa delle bollette dell’acqua, ma molti utilizzatori di risorse idriche non sono a conoscenza del servizio fornito nel quadro del trattamento delle acque reflue, né della misura in cui detto trattamento è correttamente eseguito nella loro regione. La nuova disposizione relativa alla comunicazione di informazioni al pubblico viene pertanto accolta con favore, in quanto garantirebbe la diffusione di informazioni aggiornate sulla percentuale di acque reflue trattate (e non trattate) nella regione e sul carico di inquinanti scaricati dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane e dai singoli sistemi, nonché attraverso le tracimazioni delle reti fognarie e il dilavamento delle acque meteoriche inquinate d’origine urbana.

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  European Water Association (EWA), Water Manifesto [Manifesto per l’acqua].

(2)  Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, obiettivo 6: garantire l'accesso all'acqua e ai servizi igienico-sanitari.

(3)  OCSE, Financing Water Supply, Sanitation and Flood Protection [Finanziare l’approvvigionamento idrico, i servizi igienico-sanitari e la protezione dalle inondazioni].

(4)  UNEP, How drug-resistant pathogens in water could spark another pandemic [In che modo i patogeni nell’acqua resistenti ai farmaci potrebbero scatenare un’altra pandemia].

(5)  UNEP, Environmental Dimensions of Antimicrobial Resistance [Dimensioni ambientali della resistenza antimicrobica].

(6)  Lapointe et al., Sustainable strategies to treat urban runoff needed [Sono necessarie strategie sostenibili per trattare il deflusso urbano], Nature Sustainability 5, 2022, pagg. 366-369.

(7)  Tian et al., A ubiquitous tire rubber–derived chemical induces acute mortality in coho salmon [Un prodotto chimico diffuso, derivato dalla gomma degli pneumatici, provoca un’elevata mortalità tra i salmoni argentati], Science, Vol. 371, 2021, pagg. 185-189.

(8)  EAWAG, Monitoring antibiotic resistance in wastewater [Monitorare la resistenza agli antibiotici nelle acque reflue].

(9)  Wilhelm et al., Does wastewater treatment plant upgrading with activated carbon result in an improvement of fish health? [La modernizzazione degli impianti di trattamento delle acque reflue mediante il carbone attivo permette di migliorare la salute dei pesci?], Aquatic Toxicology, Vol. 192, 2017, pagg. 184-197.

(10)  Corte dei conti europea (ECA), Relazione speciale 12/2021, Il principio «chi inquina paga» non è uniformemente applicato nelle diverse politiche e misure dell'UE.

(11)  Commissione europea, Relazione sull'attuazione della direttiva 91/676/CEE del Consiglio.

(12)  Commissione europea, Valutazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio.

(13)  OMS, Guidelines for the safe use of wastewater, excreta and greywater [Orientamenti per l’uso sicuro di acque reflue, escreti e acque grigie].

(14)  Nguyen & Venohr, Harmonised assessment of nutrient pollution from urban systems including losses from sewer exfiltration: a case study in Germany [Valutazione armonizzata dell’inquinamento da nutrienti provenienti dai sistemi urbani, comprese le perdite dovute alla fuga di acque reflue: uno studio di caso in Germania], Environmental Science and Pollution Research, Vol. 28, 2021.

(15)  Cfr., ad esempio, l’impianto di trattamento delle acque reflue di Marselisborg — da impianto di trattamento delle acque reflue a centrale elettrica Marselisborg WWTP — from wastewater plant to power plant.


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/41


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, della direttiva 2006/118/CE sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento e della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque

[COM(2022) 540 final — 2022/0344 (COD)]

(2023/C 146/07)

Relatore:

Arnaud SCHWARTZ

Consultazione

Parlamento europeo, 19.1.2023

Consiglio, 24/01/2023

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

3.2.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

156/01/06

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime pieno sostegno alla proposta della Commissione europea di aggiungere una serie di inquinanti critici agli elenchi delle sostanze prioritarie per le acque sotterranee e di superficie, che saranno utilizzati per valutare lo stato chimico ai sensi della direttiva quadro sulle acque. Gli Stati membri dovranno monitorarne la presenza nelle acque e garantire che gli standard di qualità non vengano superati. La proposta è attesa da diversi anni e costituisce un apprezzabile tentativo di aggiornare la valutazione dello stato chimico delle acque.

1.2.

Il CESE sottolinea che l’acqua pulita è fondamentale per la società e per l’ambiente, come anche per le attività socioeconomiche. Un solido quadro di protezione delle acque, incentrato sulla riduzione dell’inquinamento alla fonte, apporterà benefici agli ecosistemi, a coloro che utilizzano le acque per scopi ricreativi e all’industria e garantirà acqua potabile pulita e a prezzi accessibili.

1.3.

Sebbene l’iniziativa comporti costi, connessi per esempio al trattamento delle acque reflue, il CESE sottolinea che i benefici associati ad acque non inquinate sono superiori a tali costi, in quanto si previene, per esempio, l’esposizione a sostanze chimiche nocive e si riduce la necessità di trattamenti per la conformità alle norme in materia di acqua potabile. Anche il cambiamento dei modelli di utilizzo delle sostanze nocive, con l’obiettivo di ridurne la presenza nelle acque, può apportare benefici collaterali, quali una minore esposizione ai pesticidi nocivi per i lavoratori del settore agroalimentare.

1.4.

Si dovrebbe fare di più per la salute e la sicurezza sul lavoro. Il CESE chiede che vengano elaborati orientamenti specifici per le industrie che, nei loro processi di produzione, utilizzano acqua addizionata a diverse sostanze.

1.5.

Il CESE raccomanda agli Stati membri di fare di più per raccogliere, organizzare e interpretare i dati sulle acque e per porre le esigenze in materia di dati ambientali in cima alle loro priorità. È importante ridurre i ritardi nei dati e garantire l’applicazione di indicatori specifici in tutti gli Stati membri.

1.6.

Oltre il 60 % delle acque europee non presenta ancora un buono stato chimico ai sensi della direttiva quadro sulle acque (1), ma questo dato non fornisce un quadro completo del problema, in quanto l’attuale valutazione non tiene conto degli effetti delle miscele chimiche che possono prodursi anche quando gli inquinanti sono presenti a livelli «sicuri». Si dovrebbe fare di più per valutare e monitorare l’impatto che la combinazione di più sostanze ha sull’ambiente e sulla salute umana.

1.7.

I pesticidi vietati sono tuttora presenti nelle acque europee. Il CESE sottolinea che le misure di monitoraggio, tra cui la cessazione dell’utilizzo illecito e delle deroghe, devono rimanere in vigore negli Stati membri in cui sono rilevate quantità eccessive, anche se tali sostanze sono state cancellate dall’elenco delle sostanze prioritarie a livello dell’UE.

1.8.

L’acqua è una risorsa vitale, ma sempre più scarsa. Due terzi dei cittadini europei ritengono che la qualità e/o la quantità dell’acqua nel loro paese costituisca un grave problema (2). Tali preoccupazioni vanno affrontate con la dovuta urgenza se si vuole realizzare con buon esito l’obiettivo di sviluppo sostenibile (OSS) n. 6 «Garantire l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari per tutti» e prevenire crisi future. Agevolare l’accesso a risorse adeguate, come anche ad attrezzature e risorse umane idonee dovrebbe costituire una priorità per gli Stati membri, insieme al consolidamento delle istituzioni di controllo e all’aumento del numero degli ispettori.

1.9.

Il CESE chiede inoltre alle istituzioni europee di iniziare ad affrontare la questione dell’acqua in via prioritaria e a elaborare un «Blue Deal europeo»: uno sforzo radicale per prevedere le esigenze, preservare le risorse idriche e gestire adeguatamente le sfide connesse attraverso una tabella di marcia globale e coordinata, che stabilisca obiettivi ambiziosi e azioni legate alle tappe concordate. Nel corso del 2023 il CESE presenterà delle proposte concrete per un Blue Deal europeo.

2.   Contesto

2.1.

La revisione degli elenchi degli inquinanti delle acque sotterranee e di superficie, presentata nell’ambito della proposta di direttiva della Commissione che modifica la direttiva quadro sulle acque, la direttiva sugli standard di qualità ambientale e la direttiva sulle acque sotterranee, è volta ad affrontare due problemi principali:

il fatto che gli elenchi delle sostanze prioritarie sono incompleti e obsoleti e non offrono un’adeguata protezione degli ecosistemi e della salute umana dai rischi derivanti dall’inquinamento idrico;

l’eccessiva diversità esistente in materia di inquinanti e standard di qualità stabiliti a livello nazionale. La comunicazione dei dati è onerosa in quanto non è adattata alle tecnologie odierne. La procedura di revisione degli elenchi delle sostanze prioritarie è eccessivamente lunga.

2.2.

Per quanto riguarda le acque di superficie, la revisione propone di aggiungere 24 singole sostanze (pesticidi, prodotti farmaceutici e prodotti chimici per l’industria) e un gruppo di 24 sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) all’elenco delle sostanze prioritarie per le acque di superficie, nonché di modificare lo standard di qualità ambientale per 16 sostanze già elencate e togliere quattro sostanze ritenute non più pericolose a livello dell’UE. Viene inoltre introdotto un valore soglia per i pesticidi in linea con le disposizioni relative alle acque sotterranee.

2.3.

Per le acque sotterranee, si propone di aggiungere un gruppo di 24 PFAS, due antibiotici e una serie di metaboliti di antiparassitari all’allegato I della direttiva sulle acque sotterranee con soglie a livello dell’UE. Viene inoltre introdotto un valore soglia per i prodotti farmaceutici. All’allegato II della suddetta direttiva viene aggiunto un prodotto farmaceutico, il che significa che gli Stati membri devono prendere in considerazione la fissazione di una soglia nazionale.

2.4.

La Commissione elaborerà una metodologia per monitorare le microplastiche e i geni di resistenza antimicrobica con l’obiettivo di inserirli nei futuri elenchi degli inquinanti.

2.5.

Al fine di migliorare il monitoraggio degli inquinanti delle acque sotterranee è diventato obbligatorio applicare il meccanismo dell’«elenco di controllo» per il monitoraggio di tali acque.

2.6.

Le norme per gli inquinanti regolamentati a livello di bacino idrografico sono state armonizzate e saranno incluse nella valutazione dello stato chimico.

2.7.

Gli Stati membri sono tenuti a monitorare le sostanze estrogeniche utilizzando metodi basati sugli effetti per un periodo di due anni, parallelamente al controllo chimico convenzionale di tre sostanze estrogeniche. La definizione di standard di qualità ambientale nella direttiva quadro sulle acque è modificata in modo da includere i valori limite riferiti agli effetti utilizzati per il monitoraggio basato sugli effetti.

3.   Osservazioni generali

3.1.

A più di 20 anni dall’adozione della direttiva quadro sulle acque, l’inquinamento idrico rimane un problema largamente diffuso in Europa, con ripercussioni negative sulla vita acquatica, sull’utilizzo delle acque per scopi ricreativi e sull’approvvigionamento di acqua potabile, oltre a destare preoccupazioni per l’agricoltura e l’industria. Due terzi dei corpi idrici di superficie e un quarto dei corpi idrici sotterranei in Europa non presentano ancora un buono stato chimico (3), ma tale valutazione riguarda solo un esiguo sottoinsieme di inquinanti e non rispecchia la reale entità dell’inquinamento idrico.

3.2.

L’inquinamento delle acque ha un costo elevato per la società, stimato a 22 miliardi di EUR all’anno, solo tenendo conto dell’inquinamento da nutrienti (4). Il principio «chi inquina paga», pur essendo sancito dai Trattati UE, non viene ancora attuato correttamente, il che significa che il costo dell’inquinamento ricade in gran parte sui contribuenti (5). L’esposizione dell’uomo e dell’ambiente a sostanze nocive ha un costo assai elevato, e la bonifica e il trattamento delle acque contaminate sono onerosi. Tutti gli sforzi devono pertanto essere diretti a prevenire l’inquinamento alla fonte.

3.3.

La minaccia degli effetti dei cocktail chimici sulla vita acquatica e sulla salute umana è una questione ben nota, e le carenze dell’attuale quadro di monitoraggio e comunicazione sono state uno dei punti fondamentali da risolvere per la revisione in corso. I risultati pubblicati dalla comunità scientifica e le sue raccomandazioni, per esempio nel quadro dei progetti Solutions e Norman dell’UE, dovrebbero essere tenuti in considerazione.

3.4.

Il riesame degli elenchi degli inquinanti delle acque sotterranee e di superficie dovrebbe essere effettuato rispettivamente ogni quattro e sei anni. L’attuale revisione è attesa da tempo, poiché le ultime risalgono al 2013, per gli inquinanti delle acque di superficie, e al 2014, per quelli delle acque sotterranee. Questo significa che le nuove sostanze prioritarie rientreranno soltanto nella valutazione dello stato chimico del quarto ciclo dei piani di gestione dei bacini idrografici, con una data di messa in conformità proposta per il 2033. Tenuto conto del gravissimo stato della qualità delle acque in Europa e del fatto che le sostanze proposte hanno già dimostrato di essere fonte di preoccupazione per le acque a livello dell’UE, il CESE raccomanda vivamente di adottare senza indugio misure volte a ridurre la concentrazione di questi e di altri inquinanti in tutte le acque dell’UE. L’UE deve dar seguito più rapidamente alle conoscenze scientifiche sull’inquinamento idrico e deve tradurle in azioni giuridiche e soluzioni. Un aspetto fondamentale è anche quello dell’accesso alla giustizia in materia ambientale; gli Stati membri e l’Unione europea dovrebbero garantire procedure giudiziarie e amministrative efficienti e più rapide (6).

3.5.

Il CESE appoggia l’aggiunta di nuovi inquinanti all’elenco delle sostanze prioritarie per le acque sotterranee e di superficie. Gli elenchi non solo impongono agli Stati membri di ridurre il rilascio di tali sostanze nell’ambiente, ma anche di applicare le misure previste da altre direttive (7). Tuttavia, se gli elenchi non sono aggiornati o sono troppo ristretti, l’azione a favore dell’ambiente può risultare limitata. Inoltre, gli inquinanti sono stati in gran parte inseriti come singole sostanze, senza tenere conto degli effetti prodotti dalle miscele chimiche.

3.6.

Il CESE accoglie con favore il fatto che i PFAS siano stati aggiunti come gruppo di 24 sostanze con un valore soglia per il gruppo, e si compiace dell’introduzione di un valore soglia per i pesticidi nelle acque di superficie e di un valore soglia per i prodotti farmaceutici nelle acque sotterranee. Sebbene alcuni di questi valori limite possano essere troppo elevati per esercitare un effetto di protezione, ciò è in linea con l’ambizione della strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili di regolamentare le sostanze come gruppo. Tuttavia, tali valori soglia dovrebbero essere fissati anche per altri gruppi di sostanze, tra cui i bisfenoli, i piretroidi e i neonicotinoidi.

3.7.

Per via di eccezioni previste dalla legge, dell’utilizzo illegale o perché la sostanza è difficilmente degradabile, i pesticidi, pur essendo vietati, possono continuare a essere presenti nell’ambiente, dove costituiscono una minaccia per la vita acquatica e la salute umana. La stragrande maggioranza dei pesticidi rilevati nelle acque in alcuni Stati membri non è autorizzata, tra cui il DDT, il lindano, l’atrazina e l’endosulfan (8). È quindi fondamentale proseguire il monitoraggio e gli sforzi volti a ridurne la presenza.

3.8.

Nel documento in esame viene inoltre proposto di sopprimere l’articolo 16 della direttiva quadro sulle acque in quanto ormai obsoleto. Questo, tuttavia, è corretto solo in parte perché tale soppressione comporterebbe la cancellazione del termine di 20 anni per l’eliminazione graduale delle sostanze pericolose prioritarie. L’obbligo di eliminazione graduale — uno dei principali obiettivi della direttiva quadro sulle acque — è applicabile solo se è collegato a un termine chiaro e concreto. Tale obbligo è stato ampiamente ignorato già nell’ambito dell’attuale direttiva quadro sulle acque; meno concreto diventa, più le autorità cercheranno di ignorarlo. Il risultato sarebbe quello di un grave indebolimento della normativa.

3.9.

Facendo riferimento all’approccio «una sostanza, una valutazione» nell’ambito della strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili, la proposta attribuisce un ruolo centrale all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) affinché assuma una serie di responsabilità della DG ENV e del Centro comune di ricerca (JRC) per quanto riguarda l’individuazione degli inquinanti delle acque e i relativi standard di qualità. Dato che l’ECHA si occupa principalmente delle sostanze chimiche disciplinate dal regolamento concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), nel cui ambito di applicazione non ricadono i pesticidi e i prodotti farmaceutici, il CESE esorta l’ECHA a rafforzare la sua capacità (giuridica e tecnica) in materia di prodotti farmaceutici e pesticidi in modo da essere in grado di svolgere i suoi nuovi compiti. Il CESE raccomanda inoltre che l’ECHA cooperi a tal riguardo con partner qualificati, anche a livello regionale, per esempio le università e i loro laboratori.

3.10.

Si dovrebbe fare di più per la salute e la sicurezza sul lavoro, per esempio nel settore agroalimentare. A tale riguardo, il CESE chiede che vengano elaborati orientamenti specifici per le industrie che, nei loro processi di produzione, utilizzano acqua addizionata a varie sostanze.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che i dati di monitoraggio e lo stato chimico che ne risulta debbano essere messi a disposizione dell’AEA e resi pubblici almeno una volta all’anno, anziché ogni sei anni, come era previsto in precedenza. In tal modo si otterrà un quadro più aggiornato dello stato delle acque europee e dei progressi compiuti verso il conseguimento dell’obiettivo della direttiva quadro sulle acque.

4.2.

Il CESE accoglie con favore la disposizione di utilizzare metodi basati sugli effetti per il monitoraggio delle sostanze estrogeniche. Ciò consentirà di rilevare l’impatto di tutte le sostanze estrogeniche con effetti simili e non solo delle tre sostanze estrogeniche monitorate con tecniche chimiche convenzionali. Mentre l’inclusione di valori limite nella definizione di standard di qualità ambientale offre la possibilità di introdurre un monitoraggio basato sugli effetti dell’impatto delle miscele nella futura valutazione dello stato chimico, alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di presentare atti delegati per richiedere un ulteriore ricorso al monitoraggio basato sugli effetti.

4.3.

Gli standard di qualità per il glifosato sono stati stabiliti prima della pubblicazione del parere finale del comitato scientifico dei rischi sanitari, ambientali ed emergenti (SCHEER), senza alcuna indicazione di una loro revisione a seguito di tale parere, il che significa che non si tiene conto del contributo della società civile alla consultazione condotta dallo SCHEER. In tale parere finale, lo SCHEER dovrebbe invece tenere conto anche del punto di vista della società civile (9). Ciò non è troppo tardi perché il processo di revisione degli standard di qualità ambientale per il glifosato è ancora in corso, come previsto dalla direttiva quadro sulle acque. Questo dovrebbe costituire la base della proposta della Commissione per la fissazione dei valori soglia nelle acque di superficie.

4.4.

Il CESE ritiene che nessuno standard di qualità ambientale per i singoli pesticidi debba essere superiore al parametro proposto per i «pesticidi totali» (0,5 μg/l) (10). Pertanto, gli standard di qualità ambientale proposti per le acque superficiali interne non destinate alla produzione di acqua potabile (86,7 μg/l) non dovrebbero essere utilizzati. Il CESE raccomanda invece che, sulla base di un approccio precauzionale, gli standard di qualità ambientale proposti per le acque di superficie destinate alla produzione di acqua potabile (0,1 μg/l) riguardino tutte le acque superficiali interne. Gli standard di qualità ambientale per le «altre acque di superficie» dovrebbero conseguentemente essere portati a 0,01 μg/l secondo la pratica di utilizzare soglie di ordine di grandezza inferiori per le «altre acque di superficie» rispetto alle «acque superficiali interne».

4.5.

I valori soglia dei singoli pesticidi nelle acque sotterranee sono basati su quanto è stato possibile analizzare negli anni ‘90 con le tecniche di analisi dell’epoca (11). Da allora sono stati compiuti progressi tecnici e oggi è possibile rilevare la presenza di tali sostanze in concentrazioni più basse. Per quanto riguarda le acque di superficie sono già stati fissati valori soglia inferiori per diversi pesticidi. Il CESE si rammarica del fatto che la Commissione non abbia aggiornato il valore soglia dei singoli pesticidi nella revisione degli inquinanti delle acque sotterranee e di superficie. Per i prodotti fitosanitari nelle acque sotterranee si applica la soglia arbitraria, basata su tecniche analitiche, di 0,1 μg/l, ma esistono attualmente tecniche migliori che forniscono informazioni scientifiche per stabilire soglie basate sul rischio effettivo associato alle diverse sostanze.

4.6.

Permane la mancanza di indicatori per monitorare lo stato di salute delle acque sotterranee, quali la temperatura, nonostante la scienza fornisca ormai solidi fondamenti per stabilire i criteri pertinenti. Il CESE si chiede per quale motivo la Commissione non abbia incluso tali criteri pertinenti nella sua proposta. Essi dovrebbero essere aggiunti all’allegato I della direttiva sulle acque sotterranee secondo quanto disposto al considerando 20 e all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva stessa e dovrebbero essere in linea con quanto richiesto dal Parlamento europeo, riguardo alle acque sotterranee, nella sua risoluzione sull’attuazione della normativa dell’UE in materia di acque (17.12.2020).

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  AEA, relazione n. 7/2018, Acque europee — valutazione dello stato e delle pressioni 2018.

(2)  Associazione europea delle aziende pubbliche dell’acqua (European Water Association — EWA), Un manifesto per l'acqua.

(3)  Relazione n. 9/2021 dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), Drivers of and pressures arising from selected key water management challenges: A European overview [Fattori trainanti e pressioni collegati a determinate sfide chiave in materia di gestione delle risorse idriche: una panoramica europea].

(4)  Commissione europea, Green taxation and other economic instruments: internalising environmental costs to make the polluter pay [Fiscalità ecologica e altri strumenti economici: internalizzazione dei costi ambientali secondo il principio «chi inquina paga»].

(5)  Corte dei conti europea (ECA), Relazione speciale 12/2021, Il principio «chi inquina paga» non è uniformemente applicato nelle diverse politiche e misure dell'UE.

(6)  Parere sul tema Applicazione della convenzione di Aarhus — Accesso alla giustizia in materia ambientale (GU C 123 del 9.4.2021, pag. 66.).

(7)  Per esempio, le autorizzazioni nel quadro del regolamento sui prodotti fitosanitari devono essere riesaminate se lo stato chimico di cui alla direttiva quadro sulle acque è a rischio.

(8)  PAN Europe e Ecologistas en Acción, Ríos hormonados: Contamination of Spanish Rivers with Pesticides [Elevati livelli di ormoni nelle acque dei fiumi: inquinamento da pesticidi nei fiumi spagnoli].

(9)  Analisi congiunta ONG sulla proposta della Commissione relativa a un elenco riveduto di sostanze prioritarie per le acque sotterranee e di superficie.

(10)  COM(2022) 540, allegato I.

(11)  Cfr. le osservazioni dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) negli orientamenti sulla valutazione dei rischi per l’ambiente e la salute umana collegati ai medicinali veterinari nelle acque sotterranee (Guideline on assessing the environmental and human health risks of veterinary medicinal products in groundwater) e dell’AEA nella relazione tecnica n. 1/2020 sui pesticidi nei fiumi, nei laghi e nelle acque sotterranee — valutazione dei dati (ETC/ICM Report 1/2020: Pesticides in European rivers, lakes and groundwater — Data assessment).


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/46


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa

[COM(2022) 542 final — 2022/0347 (COD)]

(2023/C 146/08)

Relatore:

Kęstutis KUPŠYS

Consultazione

Parlamento europeo, 19.1.2023

Consiglio, 24.1.2023

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

3.2.2023

Adozione in sessione plenaria

22.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

145/9/12

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Poiché l’aria pulita è un diritto umano fondamentale, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore la proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente. Il Comitato raccomanda di allineare pienamente le norme dell’UE in materia di qualità dell’aria (anche per l’ozono, sotto forma di valori limite) con gli orientamenti globali aggiornati sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) al più tardi entro il 2030, e di definire un solido quadro di sostegno, basato su valori limite, meccanismi di applicazione e norme di gestione chiare. La riduzione dell’inquinamento atmosferico comporta notevoli benefici collaterali per la mitigazione dei cambiamenti climatici la sicurezza energetica e la biodiversità e rafforza la resilienza delle popolazioni alle pandemie.

1.2.

Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di concentrarsi sul rapporto costi/benefici, ma si rammarica che quest’ultimo, e non gli indicatori relativi al massimo livello di protezione della vita e della salute umana, sia considerato l’indicatore più importante da prendere in considerazione in questa revisione. Ciò ha portato a privilegiare l’opzione strategica I-2 di un «maggiore allineamento» piuttosto che quella di un «pieno allineamento» (opzione I-1). Fatta eccezione per il biossido di azoto, la proposta sembra prevedere un allineamento alle linee guida dell’OMS del 2005 e non alle ultime linee guida pubblicate nel settembre 2021.

1.3.

Le norme in materia di aria pulita costituiscono un quadro giuridico, ma la riduzione delle emissioni rientra nell’ambito di competenza di altri pacchetti legislativi. Il Comitato è convinto che i limiti e le norme delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente, adeguatamente ambiziosi e applicati in modo tempestivo, unitamente a misure settoriali efficaci, indurranno a realizzare azioni coraggiose a livello nazionale e locale.

1.4.

Anche i cittadini dovrebbero agire ed essere maggiormente informati sul legame tra lo stile di vita, le azioni, i modelli di consumo e i livelli di inquinamento. Persone meglio informate sono molto più motivate ad agire, ed è più facile ottenere da loro un cambiamento comportamentale di lungo periodo. Il CESE chiede pertanto di aumentare i finanziamenti destinati ai progetti di «scienza dei cittadini» relativi all’inquinamento nell’ambito del programma Orizzonte Europa.

1.5.

Il Comitato sostiene con forza il diritto al risarcimento per le persone che hanno subito danni alla salute a causa dell’inquinamento atmosferico e le sanzioni per le persone fisiche e giuridiche all’interno dello Stato membro che hanno violato le norme.

2.   Contesto del parere

2.1.

L’inquinamento atmosferico (esterno) è la prima causa ambientale di impatti sulla salute nell’UE, con oltre 300 000 decessi prematuri all’anno (1). Secondo le stime dell’OMS, ogni anno l’inquinamento atmosferico nelle città e nelle zone rurali è all’origine di 4,2 milioni di morti premature in tutto il mondo (2). Ciò è dovuto agli effetti cumulativi dell’inquinamento atmosferico sulla salute pubblica. Ad esempio, l’esposizione al particolato fine (PM) di diametro uguale o inferiore a 2,5 micron (PM2,5) è responsabile di molti problemi di salute, tra cui malattie cardiovascolari e respiratorie e tumori. L’inquinamento atmosferico danneggia anche il nostro ambiente causando acidificazione, eutrofizzazione e perdite di raccolto.

2.2.

I superamenti dei valori limite per la qualità dell’aria sono registrati ampiamente in tutta l’UE (3), con concentrazioni ben al di sopra di quelle ammesse dalle ultime raccomandazioni dell’OMS (4).

2.3.

Le direttive sulla qualità dell’aria ambiente (2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell’aria ambiente (5) e 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’arsenico, il cadmio, il mercurio, il nichel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell’aria ambiente (6)) fissano le norme dell’UE in materia di qualità dell’aria per 12 inquinanti atmosferici: biossido di zolfo (SO2), biossido di azoto (NO2)/ossidi di azoto (NOx), particolato (PM10 e PM2,5), ozono (O3), benzene (C6H6), piombo (Pb), monossido di carbonio (CO), arsenico (As), cadmio (Cd), nichel (Ni) e benzo(a)pirene (C20H12).

2.4.

Il controllo dell’adeguatezza (fitness check(7) ha concluso che le attuali direttive sulla qualità dell’aria ambiente hanno contribuito a ridurre l’inquinamento atmosferico. I decessi precoci imputabili all’inquinamento atmosferico si sono ridotti del 70 % rispetto agli anni 1990. Tuttavia, l’aria ambiente nel nostro continente è ancora troppo inquinata, il che va a scapito della salute delle persone e dell’ambiente.

2.5.

Per quanto riguarda i danni alla salute umana, gli inquinanti col maggiore impatto in Europa sono il PM2,5, l’NO2 e l’ozono troposferico. L’Unione europea intende azzerare l’inquinamento al più tardi entro il 2050, in sinergia con gli sforzi in materia di neutralità climatica. Nel frattempo, l’attuale revisione delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente è tesa, tra l’altro, a:

introdurre norme più rigorose in materia di qualità dell’aria, più in linea con le nuove linee guida dell’OMS;

sostenere il diritto all’aria pulita e migliorare l’accesso alla giustizia;

introdurre sanzioni e regimi di risarcimento più efficaci in caso di violazione delle norme sulla qualità dell’aria;

rafforzare le norme in materia di monitoraggio e modellizzazione della qualità dell’aria per sostenere azioni preventive e misure mirate;

chiarire i requisiti per la definizione, l’adozione e l’attuazione di piani per la qualità dell’aria legittimi ed efficaci, al fine di prevenire le violazioni della legislazione e di porvi rimedio;

migliorare l’accesso all’informazione pubblica e la sua qualità.

3.   Osservazioni generali

Il percorso verso l’inquinamento zero

3.1.

Poiché il diritto all’aria pulita è un diritto umano fondamentale riconosciuto a livello internazionale (8), il CESE accoglie con grande favore la proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente. La legislazione dell’UE in materia di qualità dell’aria si è rivelata uno strumento essenziale e fondamentale per ridurre l’inquinamento atmosferico nell’UE.

3.2.

Il livello di allineamento delle norme dell’UE in materia di qualità dell’aria ai più recenti orientamenti dell’OMS è una questione di scelta politica e dipende dalle ambizioni a livello statale e comunale. La Commissione ha esaminato tre scenari (e le relative opzioni strategiche) e li ha descritti nella sua relazione sulla valutazione d’impatto (9). La scelta tra i suddetti scenari è una scelta politica e non «puramente scientifica». Le tre opzioni si distinguono tra loro per diversi livelli di ambizione: «pieno allineamento» (I-1), «maggiore allineamento» (I-2) e «allineamento parziale» (I-3).

3.3.

Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di concentrarsi sul rapporto costi/benefici, ma si rammarica che quest’ultimo, e non gli indicatori relativi al massimo livello di protezione della vita e della salute umana, sia considerato l’indicatore più importante da prendere in considerazione in questa revisione, il che ha portato a scegliere l’opzione strategica I-2 di un «maggiore allineamento». Fatta eccezione per l’NO2, la proposta prevede infatti un allineamento alle linee guida dell’OMS del 2005 e non alle nuove linee guida pubblicate nel 2021.

3.4.

Il CESE esorta, entro il più breve termine possibile, a valutare i progressi compiuti e a rivedere gli obiettivi, allineando pienamente le norme dell’UE in materia di qualità dell’aria agli orientamenti aggiornati dell’OMS al più tardi entro il 2030. Tale allineamento dovrebbe essere accompagnato da un solido quadro di sostegno, che preveda valori limite, meccanismi di applicazione e norme di gestione chiare.

I limiti della proposta attuale

3.5.

Purtroppo, la maggior parte degli Stati membri non rispetta ancora le norme dell’UE vigenti in materia e non sta adottando misure efficaci per migliorare la qualità dell’aria, come dimostra il numero di procedure di infrazione in corso. Pertanto, la revisione avrebbe dovuto non solo fissare il giusto livello di ambizione, coerentemente con i dati scientifici, in modo da stimolare altre iniziative decisive, ma anche migliorare le norme di attuazione e applicazione, al fine di assistere e orientare meglio gli Stati membri e le autorità competenti.

3.6.

Il Comitato chiede di eliminare dalla legislazione le potenziali lacune riguardanti la salute umana e la protezione dell’ambiente. Gli articoli 16 e 17 stabiliscono le norme per dedurre la sabbiatura e la salatura invernali delle strade e le fonti naturali di inquinamento atmosferico dall’obbligo di conformità. A giudizio del Comitato, tale approccio è in contraddizione con gli obiettivi della normativa. Le fonti naturali e quelle prodotte dall’uomo si combinano e amplificano l’effetto degli inquinanti. Trascurando le fonti naturali di inquinamento atmosferico si continuerebbe a mettere in pericolo la vita delle persone.

3.7.

Analogamente, all’articolo 29, gli Stati membri sono tenuti a stabilire sanzioni «effettive, proporzionate e dissuasive» per le «persone fisiche e giuridiche» all’interno dello Stato membro che ha violato le norme. Si tratta di un passo nella giusta direzione che il Comitato sostiene fermamente, in quanto è estremamente importante disporre di un regime di sanzioni operative per affrontare la non conformità, unitamente alle disposizioni dell’articolo 28 sul diritto al risarcimento per le persone che hanno subito danni (anche parziali) alla salute a causa dell’inquinamento atmosferico. Il Comitato chiede di stabilire un legame chiaro e rigorosamente razionale tra la fonte di inquinamento e chi inquina, che chiarisca le responsabilità e le relative sanzioni; chiede inoltre ulteriori chiarimenti sulle disposizioni relative ai piani per la qualità dell’aria e sui mezzi di ricorso (comprese le sanzioni pecuniarie) connessi al mancato rispetto delle norme di qualità dell’aria entro i termini stabiliti.

3.8.

Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta all’ozono. Secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente, ogni anno 24 000 decessi prematuri sono dovuti all’esposizione all’ozono (10). L’ozono è un inquinante che non è emesso direttamente da fonti primarie. Si forma attraverso una serie di reazioni complesse nell’atmosfera dovute all’energia trasferita alle molecole di biossido di azoto quando assorbono la luce dalla radiazione solare (11). Gli effetti dell’ozono troposferico (ozono «tossico») sulla salute sono ben noti: recenti ricerche epidemiologiche hanno dimostrato che l’esposizione all’ozono è associata a un aumento della mortalità e della morbilità (12) e a gravi danni alla natura e alle colture. Non sono ancora state adottate azioni efficaci per ridurre rapidamente le emissioni di precursori dell’ozono come il metano, nonostante la recente pubblicazione del relativo piano d’azione dell’UE nell’ambito del Global Methane Pledge (impegno globale sul metano). Tuttavia, il Comitato accoglie con favore l’intenzione di esaminare, nel corso della revisione della direttiva sugli impegni nazionali di riduzione delle emissioni, nel 2025, la possibilità di includere il metano tra gli inquinanti regolamentati.

3.9.

All’articolo 13 la Commissione propone di trasformare in «valori limite» quasi tutti gli inquinanti atmosferici attualmente soggetti a «valori obiettivo», ad eccezione dell’ozono, che è ancora coperto dai soli «valori obiettivo». Tale esenzione è giustificata dalle «caratteristiche complesse della sua formazione nell’atmosfera, che complicano il compito di valutare la fattibilità del rispetto di rigorosi valori limite».

3.10.

Secondo il Comitato, tali valori obiettivo non incentiveranno sufficientemente gli Stati membri e le autorità competenti a ridurre l’ozono troposferico, che è uno dei tre inquinanti più gravi. Esistono soluzioni per ridurre l’ozono tossico. La riduzione dei precursori dell’ozono, come l’NO2, i composti organici volatili (COV) non metanici e le emissioni di metano, contribuirà a far diminuire le concentrazioni di ozono. Il miglioramento delle norme sulle emissioni dei veicoli, la riduzione dell’uso (o il divieto) di solventi, vernici o irroratrici ad elevato tenore di COV, l’effettiva riduzione delle emissioni di metano provenienti dall’energia, dai rifiuti e dall’agricoltura (il principale responsabile) sono soluzioni efficaci per ridurre di conseguenza l’ozono troposferico. Questi ben noti strumenti dovrebbero essere pienamente sfruttati. Il Comitato raccomanda di allineare pienamente le norme dell’UE in materia di ozono, sotto forma di valore limite, agli orientamenti globali dell’OMS sulla qualità dell’aria del 2021.

3.11.

Oltre alla proposta della Commissione, dovrebbero essere introdotti ulteriori siti di monitoraggio per il particolato ultrafine (Ultra-Fine Particles, UFP), il particolato carbonioso e l’ammoniaca. La densità proposta non è sufficiente per consentire lo sviluppo di studi epidemiologici. La pianificazione dei siti di monitoraggio deve essere effettuata in modo tale che i dati forniti da questi siti siano sufficienti per informare adeguatamente le autorità sanitarie locali sui rischi per la salute derivanti dall’inquinamento a livello locale, compresi gli inquinanti emergenti che destano nuove preoccupazioni, in particolare per quanto riguarda le popolazioni vulnerabili e le zone fortemente inquinate.

Misure settoriali specifiche

3.12.

Per quanto riguarda l’articolo 10 della proposta in esame, il Comitato raccomanda che ciascuno Stato membro istituisca almeno un «supersito» di monitoraggio per ogni città con più di 250 000 abitanti in un sito di fondo urbano. Gli Stati membri in cui non vi sono città con più di 250 000 abitanti devono istituire almeno un «supersito» di monitoraggio in un sito di fondo urbano.

3.13.

Oltre agli orientamenti puramente medici, l’OMS raccomanda di proteggere la natura, preservare l’aria pulita e investire nell’energia pulita per garantire una transizione energetica rapida e sana, che apporterà anche benefici collaterali nella lotta contro i cambiamenti climatici. L’OMS raccomanda inoltre di costruire città sane e vivibili, favorendo una mobilità più pulita e attiva (trasporti pubblici e spostamenti a piedi e in bicicletta), smettendo di utilizzare il denaro dei contribuenti per sovvenzionare i combustibili fossili che causano inquinamento atmosferico e promuovendo un’alimentazione sana.

3.14.

Anche questi punti d’azione dovrebbero guidare il processo decisionale europeo. Il Green Deal europeo e le pertinenti iniziative di ampia portata quali «Pronti per il 55 %» o REPowerEU dovrebbero essere adottati e attuati alla luce della salute pubblica e della protezione dell’ambiente (13), tenendo in considerazione gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento ad essi, la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e le considerazioni geopolitiche.

3.15.

Per questo motivo il CESE ritiene che la proposta possa essere ulteriormente migliorata. La proposta della Commissione risulta chiaramente carente in quanto non va oltre quanto è quantificabile tecnicamente oggi. Gli impatti delle azioni strategiche sono modellizzati fino alle riduzioni massime tecnicamente realizzabili, con uno scenario di base che già sottovaluta il potenziale. Ulteriori robusti atti legislativi settoriali (ad esempio nei trasporti, nel riscaldamento domestico e nel settore agroalimentare) contribuirebbero indubbiamente a garantire un’aria più pulita:

regolamentare tutti gli inquinanti dannosi per la salute umana, l’ambiente e il clima;

fissare rigorosi limiti di emissione per le stufe e le caldaie, nell’ambito della revisione delle norme in materia di progettazione ecocompatibile;

garantire che anche il settore agroalimentare contribuisca al conseguimento dei livelli previsti dagli orientamenti dell’OMS entro il 2030, in particolare riducendo le emissioni di ammoniaca e metano;

promuovere i trasporti pubblici e disincentivare l’uso delle automobili private;

ridurre i limiti di emissione dei veicoli dell’UE al livello più basso possibile globalmente (e agire al più presto) eliminando gradualmente i motori a combustione interna;

migliorare le prove, l’omologazione e la certificazione dei veicoli;

monitorare le emissioni su strada, ad esempio mediante la tecnologia di telerilevamento;

armonizzare il quadro europeo (14) per le zone a basse emissioni/a emissioni zero e introdurre un portale unico a livello di UE per il controllo e l’immatricolazione dei veicoli per l’ingresso in tali zone.

3.16.

Le norme in materia di aria pulita costituiscono un quadro giuridico, ma la riduzione delle emissioni rientra nell’ambito di competenza di altri pacchetti legislativi. A giudizio del Comitato, il concetto di zona a basse emissioni/a emissioni zero costituisce un esempio perfetto di «buona pratica». Ad esempio, potrebbe non essere stata istituita una zona a basse emissioni a Bruxelles se non vi fossero norme che prevedono l’attuazione di misure volte a conseguire tali obiettivi. In seguito, man mano che sempre più città applicheranno le norme, gli obiettivi guida dovranno essere aggiornati sulla base di dati scientifici per migliorare costantemente la qualità dell’aria.

3.17.

Il processo sopra descritto crea un circolo virtuoso di azioni e conseguenze. Assieme a misure settoriali efficaci, i limiti e le norme delle direttive sulla qualità dell’aria ambiente, adeguatamente ambiziosi e applicati in modo tempestivo, indurranno a realizzare azioni coraggiose a livello nazionale e locale e renderanno più facile conseguire obiettivi ambiziosi in materia di aria pulita. Il Comitato ritiene che nella valutazione d’impatto e nella proposta non si tenga pienamente conto di tutte le opportunità realizzabili di questa catena di azioni. Se fosse presente nella pianificazione iniziale della proposta, potrebbe essere stata scelta come via da seguire l’opzione del «pieno allineamento» (I-1) e non quella, meno ambiziosa, di un «maggiore allineamento» (I-2).

Accrescere la sensibilizzazione dell’opinione pubblica

3.18.

Nonostante i miglioramenti registrati dagli anni 1990, la qualità dell’aria continua a destare grave preoccupazione tra i cittadini europei. La maggior parte di essi (oltre l’80 %) ritiene che patologie quali le malattie respiratorie, l’asma e le malattie cardiovascolari siano gravi problemi causati dell’inquinamento atmosferico nei loro paesi (15).

3.19.

Sebbene la maggioranza degli europei (60 %) non si consideri ben informata, quasi la metà dei partecipanti all’indagine (47 %) ritiene che negli ultimi 10 anni la qualità dell’aria sia peggiorata. Benché il numero di persone esposte ad aria molto inquinata sia costantemente diminuito, coloro che vi sono esposti soffrono ancora di gravi problemi di salute e non hanno alcuna prova tangibile del miglioramento della qualità dell’aria ambiente.

3.20.

Non è ancora chiaro quanto i cittadini sarebbero disposti a fare, in modo proattivo, per migliorare, direttamente o indirettamente, la qualità dell’aria ambiente. Tuttavia, la sensibilizzazione ha un effetto duplice:

3.20.1.

In primo luogo, gli europei dovrebbero essere maggiormente informati sul legame tra lo stile di vita, le azioni, i modelli di consumo e i livelli di inquinamento. Rendere chiaro questo collegamento porterebbe a una migliore accettazione da parte dell’opinione pubblica dell’introduzione di misure politiche connesse al cambiamento di comportamento.

3.20.2.

In secondo luogo, l’efficacia di queste misure politiche sarebbe molto più elevata, ed esse produrrebbero risultati cumulativi, se i cittadini fossero informati sui risultati del loro cambiamento comportamentale. I miglioramenti della qualità dell’aria ambiente sono chiaramente visibili «a occhio nudo», soprattutto nell’ambiente urbano, ma i dati scientifici, presentati in modo interattivo e facile da comprendere, possono favorire un circolo virtuoso. Persone meglio informate sono molto più motivate ad agire ed è più facile ottenere da loro un cambiamento comportamentale di lungo periodo.

3.21.

La «scienza dei cittadini» è un fattore decisivo per formare l’opinione pubblica su tutte le questioni relative all’inquinamento e al loro impatto sulla vita dei cittadini. Il CESE sottolinea il successo di iniziative come la CurieuzeNeuzen (16), che ha agito come catalizzatore per l’accettazione da parte dell’opinione pubblica delle zone a basse emissioni in diverse città del Belgio, e chiede di aumentare i finanziamenti destinati ai progetti di «scienza dei cittadini» relativi all’inquinamento nell’ambito del programma Orizzonte Europa.

4.   Osservazioni specifiche sugli inquinanti atmosferici che destano nuove preoccupazioni

Particolato ultrafine

4.1.

Il particolato ultrafine (Ultra-Fine Particles — UFP) è costituito da particelle di diametro uguale o inferiore a 0,1 μm (100 nm) che provengono da fonti naturali o antropogeniche, come le attività di combustione. Nonostante l’impatto dell’UFP sulla salute sia sempre più corroborato dai dati scientifici, questo inquinante non è disciplinato dalle attuali direttive sulla qualità dell’aria ambiente. Il CESE rileva la crescente ambizione tesa a trasformare le conoscenze esistenti in materia di impatto sulla salute in raccomandazioni politiche, ma è necessario raccogliere ulteriori informazioni al riguardo.

4.2.

Pertanto, il CESE chiede ulteriori azioni mirate, attraverso il programma Orizzonte Europa, per finanziare in modo sistematico la ricerca sull’UFP. Nonostante la mancanza di indicatori specifici, potrebbe essere opportuno avviare una campagna di sensibilizzazione del pubblico per informare i cittadini europei sui rischi «emergenti» derivanti da questa classe di inquinanti poco nota.

Particolato carbonioso

4.3.

Il particolato carbonioso è un particolato fine generato dalla combustione di combustibili fossili o biomassa. Ha effetti negativi sulla salute, provocando malattie cardiache e polmonari, ma è anche un acceleratore dei cambiamenti climatici: una tonnellata di questo inquinante, infatti, ha un effetto di riscaldamento globale fino a 1 500 volte superiore a una tonnellata di CO2.

4.4.

Il Comitato tiene conto dei riferimenti forniti dall’OMS (17) a studi che rilevano impatti statisticamente significativi sulla salute derivanti dall’esposizione al particolato carbonioso a livelli compresi tra 1,08 e 1,15 μg/m3. Tuttavia, l’OMS non condivide tali livelli nella sua raccomandazione sulle buone pratiche. A giudizio del Comitato, ciò non dovrebbe costituire un pretesto per non intraprendere alcuna azione in materia di particolato carbonioso. Analogamente, dovrebbero essere adottate misure volte a ridurre i livelli di UFP come il PM2,5 e il PM10. Se si attenderà altri tre o cinque anni perché siano disponibili maggiori dati scientifici da alcuni progetti di ricerca finanziati dall’UE o sia pubblicato un altro documento di orientamento dell’OMS, migliaia di cittadini perderanno la vita e la crisi climatica sarà accelerata.

Ammoniaca

4.5.

L’ammoniaca (NH3) è un composto inorganico formato da azoto e idrogeno. Livelli elevati di ammoniaca danneggiano i polmoni e sono causa di mortalità. L’NH3 contribuisce in modo significativo ai livelli eccessivi di PM secondario, deteriora il nostro ambiente e danneggia la biodiversità attraverso l’acidificazione e l’eutrofizzazione. La riduzione dell’ammoniaca può essere conseguita nel settore agroalimentare, in quello dei trasporti su strada e in quello dell’«uso dei solventi e dei prodotti».

4.6.

Non esistono raccomandazioni dell’OMS riguardanti le concentrazioni di ammoniaca nell’aria ambiente e i loro effetti sulla salute. Tuttavia, l’impatto sulla salute e sull’ambiente è ben documentato (18), in quanto le emissioni di ammoniaca contribuiscono alla formazione di PM2,5 secondario, per il quale esistono orientamenti dell’OMS sulla qualità dell’aria. Gli esperti hanno proposto un livello critico a lungo termine per la vegetazione (piante superiori) pari a 3 μg/m3.

4.7.

La recente proposta di revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) (19), con il suo obiettivo maggiormente ambizioso di ridurre le emissioni industriali e di estendere l’ambito di applicazione della direttiva alle aziende zootecniche più grandi dell’UE, può contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni di ammoniaca in quanto la principale fonte di emissioni di NH3 è l’agricoltura e circa ¾ delle emissioni nell’UE sono causate dalla gestione degli effluenti di allevamento (20). Tuttavia, la direttiva sulle emissioni industriali dovrebbe essere attuata in maniera proporzionata ed efficiente sotto il profilo dei costi al fine di scongiurare un ulteriore aumento dei costi di produzione nel settore agroalimentare (21).

4.8.

Per garantire la salute e il benessere dei singoli ai fini delle loro capacità di sostentamento, il CESE ritiene che sia necessario anche un solido meccanismo di sostegno per le persone e le industrie vulnerabili, al fine di rendere disponibili «sul campo» le soluzioni pratiche relative alle emissioni di NH3 nell’allevamento. Tale sostegno dovrebbe includere finanziamenti per i progressi tecnologici noti e per ulteriori ricerche. Nel complesso, le aziende zootecniche dovrebbero essere incoraggiate ad apportare cambiamenti che migliorino la protezione dell’ambiente e della salute, mantenendo nel contempo la loro funzione essenziale consistente nella fornitura di beni alla popolazione (22).

Bruxelles, 22 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  AEA (Agenzia europea dell’ambiente), Health impacts of air pollution in Europe [L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute in Europa].

(2)  OMS, Ambient (outdoor) air pollution [Inquinamento atmosferico (esterno)].

(3)  AEA, Europe's air quality status 2022 [Stato della qualità dell’aria in Europa 2022].

(4)  OMS, Global air quality guidelines [Orientamenti globali sulla qualità dell’aria].

(5)  Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU L 152 dell’11.6.2008, pag. 19).

(6)  Direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente (GU L 23 del 26.1.2005, pag. 3).

(7)  Circabc, Air Policy [Politica in materia di qualità dell’aria].

(8)  Risoluzione A/76/L.75 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e parere del CESE NAT/824.

(9)  Commissione europea, Qualità dell'aria — revisione delle norme dell'UE.

(10)  AEA (Agenzia europea dell’ambiente), Health impacts of air pollution in Europe [L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute in Europa].

(11)  OMS, Global air quality guidelines [Orientamenti globali sulla qualità dell’aria].

(12)  EPA (Environmental Protection Agency — Agenzia degli Stati Uniti per la protezione dell’ambiente), Health Effects of Ozone in the General Population [Effetti dell’ozono sulla salute nella popolazione generale].

(13)  Occorre dedicare particolare attenzione alle nuove norme Euro 7 sulle emissioni dei veicoli, in quanto il trasporto su strada è la causa principale dell’inquinamento dell’aria ambiente nei territori urbani. Molti portatori di interessi (ad esempio, Transport & Environment) segnalano che le aspettative per quanto riguarda la norma Euro 7 sono state disattese.

(14)  Il CESE osserva che la strategia per una mobilità sostenibile e intelligente (COM(2020) 789 final) include l’impegno della Commissione ad avviare uno studio specifico sulle soluzioni per consentire «regimi urbani di restrizione dell’accesso ai veicoli» più efficaci e di facile utilizzo, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

(15)  Eurobarometro, Attitudes of Europeans towards Air Quality [Il parere degli europei sulla qualità dell’aria]. Nel documento COM(2021) 44 si tiene conto del nesso tra tumori e inquinamento. Il CESE ritiene necessario aggiungere ai futuri sondaggi Eurobarometro una domanda relativa agli atteggiamenti nei confronti dei tumori (nonché del diabete e della demenza) come conseguenza dell’inquinamento atmosferico.

(16)  CurieuzeNeuzen in Vlaanderen. Campagne analoghe sono state condotte da gruppi della società civile in Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Polonia, Slovacchia e diversi altri paesi dell’UE.

(17)  UNEP (United Nations Environment Programme/PNUA — Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), Health effects of black carbon [Effetti del particolato carbonioso sulla salute].

(18)  UNECE (United Nations Economic Commission for Europe — Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite), Towards Cleaner Air, Scientific Assessment Report 2016 [Verso un’aria più pulita, relazione di valutazione scientifica 2016].

(19)  Direttiva 2010/75/UE.

(20)  Il 76,2 % nel 2020, secondo il quadro operativo nazionale sulle emissioni di inquinanti atmosferici.

(21)  Parere del CESE sul tema Revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) e del regolamento sul registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR), GU C 443 del 22.11.2022, pag. 130.

(22)  Parere del CESE sul tema Revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) e del regolamento sul registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR), GU C 443 del 22.11.2022, pag. 130.


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/53


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE

[COM(2022) 583 final]

(2023/C 146/09)

Relatore:

Krister ANDERSSON

Correlatrice:

Dominika BIEGON

Consultazione

Commissione europea, 19.12.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

1.2.2023

Adozione in sessione plenaria

23.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

202/3/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con grande favore la comunicazione della Commissione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE.

1.2.

Il CESE concorda con la Commissione in merito alla necessità di un rapido accordo in vista delle procedure di bilancio degli Stati membri per il 2024. Come indicato dalla Commissione, è necessario e urgente un rigoroso coordinamento delle politiche strutturali e di bilancio, nonché un’efficace sorveglianza economica e di bilancio, che promuovano una crescita inclusiva e aiutino la Banca centrale europea (BCE) a conseguire gli obiettivi concordati.

1.3.

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che taluni Stati membri non abbiano attuato politiche prudenti nei periodi di congiuntura favorevole (1), mentre le regole di bilancio hanno nel contempo limitato il margine di manovra in materia di bilancio durante i periodi di recessione economica in alcuni Stati membri.

1.4.

Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di mantenere dei valori di riferimento. Il criterio del disavanzo del 3 % del PIL rappresenta un efficace segnale politico e di mercato. Nel complesso, il CESE sottolinea che i piani strutturali di bilancio devono garantire che i rapporti debito/PIL siano avviati su un percorso di riduzione o rimangano a livelli prudenti.

1.5.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione di non applicare più la rigida regola della riduzione di un ventesimo all’anno, poiché ciò potrebbe risultare eccessivamente gravoso per gli Stati membri con un elevato indebitamento, con conseguenze negative per la crescita e per la stessa sostenibilità del debito. Anche la durata del periodo di riferimento per gli aggiustamenti di bilancio (pari a quattro anni, ma prorogabile, se necessario, per un massimo di altri tre) ai fini di una valutazione a medio termine appare proporzionata.

1.6.

Il CESE accoglie con favore l’attenzione rivolta dalla Commissione alla spesa primaria netta quale principale parametro di valutazione della nuova governance economica.

1.7.

Il CESE fa notare che la politica di bilancio è il tradizionale ambito d’intervento della politica parlamentare, poiché incide sull’intera struttura delle spese e delle entrate statali. Il senso di titolarità del relativo processo è essenziale per il successo della riforma del quadro in questione.

1.8.

Il CESE ritiene che una riforma efficace della governance economica europea sia necessaria e urgente, nell’interesse delle persone, delle imprese e dei governi. È quindi importante elaborare ulteriori misure che possano essere adottate al fine di rafforzare il senso di titolarità delle norme, in modo che tutti i governi si impegnino a favore della revisione del quadro.

1.9.

Il CESE giudica di capitale importanza che le prossime proposte legislative stabiliscano norme minime in materia di controllo dei parlamenti nazionali e di partecipazione della società civile organizzata per quanto riguarda la definizione dei piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine.

1.10.

Il CESE sottolinea la necessità di norme adeguate, che garantiscano un’applicazione rigorosa. Nei casi — eccezionali — in cui si prendano in considerazione delle sanzioni, queste devono essere efficaci e applicate in maniera trasparente. Se si vuole mantenere credibilità, è imperativo che le norme siano applicate allo stesso modo a tutti gli Stati membri.

1.11.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il miglioramento della qualità, e l’aumento del volume, degli investimenti pubblici siano indicati come fattori da prendere in considerazione per conseguire la sostenibilità del debito. Il CESE accoglie inoltre con favore il fatto che la durata del percorso di aggiustamento possa essere, su richiesta, prorogata per un massimo di tre anni.

1.12.

Per conseguire gli obiettivi climatici dell’UE, è necessario ristrutturare completamente lo stock di capitale e ampliare gli investimenti pubblici e privati. In passato, il CESE ha invocato l’adozione di provvedimenti per rimediare all’enorme carenza di investimenti (2). Il Comitato sottolinea che potrebbero essere necessarie ulteriori iniziative per fare in modo che siano mobilitati capitali privati e pubblici sufficienti per realizzare la transizione verde e garantire la coesione sociale.

1.13.

Per garantire la trasparenza e agevolare un monitoraggio efficace dell’attuazione dei piani strutturali di bilancio a medio termine, la proposta in esame prevede che gli Stati membri siano tenuti a presentare relazioni annuali sui progressi compiuti, le quali contengano fra l’altro una descrizione dettagliata dello stato dell’attuazione delle riforme e degli investimenti. Queste relazioni, nonché le valutazioni della Commissione e del Consiglio effettuate nell’ambito della sorveglianza annuale, dovrebbero essere rese di pubblico dominio.

2.   Contesto del parere

2.1.

La comunicazione della Commissione europea (3) in esame stabilisce i principi generali per una riforma del quadro di governance economica dell’UE. Al fine di migliorare il quadro attuale, l’iniziativa della Commissione mira a rafforzare la sostenibilità del debito e a promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme.

2.2.

La spesa primaria netta, vale a dire la spesa soggetta al controllo delle amministrazioni pubbliche, sarà il principale indicatore considerato dalla Commissione. Essa costituirà altresì la base per la definizione dei percorsi di aggiustamento di bilancio e per la conduzione della sorveglianza annuale di bilancio, con l’obiettivo di semplificare le norme vigenti.

2.3.

La Commissione elaborerà inoltre, per ciascuno Stato membro, un percorso di riferimento per l’aggiustamento di bilancio, della durata di quattro anni, sulla base di una metodologia definita per analizzare e valutare la sostenibilità del debito. Tale percorso di aggiustamento dovrebbe garantire che i rapporti debito/PIL degli Stati membri interessati da problematiche specifiche di indebitamento seguano un andamento decrescente, facendo sì che il disavanzo rimanga al di sotto del 3 % del PIL, come stabilito dalle norme del trattato.

2.4.

La Commissione monitorerà costantemente l’attuazione dei piani, imponendo agli Stati membri di presentare relazioni annuali sull’esecuzione dei rispettivi piani al fine di rendere l’attività di monitoraggio più efficace e trasparente. La procedura per i disavanzi eccessivi (PDE) sarà mantenuta, mentre la PDE basata sul debito sarà rafforzata e attivata laddove uno Stato membro con un indebitamento superiore al 60 % del PIL si discosti dal percorso di spesa concordato.

2.5.

L’approccio a medio termine adottato dalla Commissione consentirà di distinguere tra gli Stati membri in base ai rispettivi problemi di sostenibilità del debito. Considerato l’onere che grava sugli Stati membri con un elevato indebitamento, l’attuale parametro di riferimento per la riduzione di tale rapporto (la cosiddetta regola della riduzione di un ventesimo all’anno) sarà sostituito da una vigilanza maggiormente basata sul rischio, onde evitare conseguenze negative per la crescita e per la stessa sostenibilità del debito.

2.6.

Come necessaria contropartita a una vigilanza basata sul rischio, la Commissione intende rafforzare i meccanismi esecutivi. Gli strumenti di esecuzione comprenderanno: i) sanzioni finanziarie efficaci, il cui utilizzo diverrà possibile e sarà reso più probabile grazie alla riduzione del loro importo, ii) sanzioni che incidono sulla reputazione in caso di PDE o altri scostamenti e iii) la condizionalità macroeconomica per i finanziamenti dell’UE.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con grande favore la comunicazione della Commissione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE. Al tempo stesso, però, il CESE osserva che molti dettagli devono ancora essere definiti, il che consente soltanto una valutazione preliminare.

3.2.

Il CESE concorda con la Commissione in merito alla necessità di un rapido accordo in vista delle procedure di bilancio degli Stati membri per il 2024. Come indicato dalla Commissione, è necessario e urgente un rigoroso coordinamento delle politiche strutturali e di bilancio, nonché un’efficace sorveglianza economica e di bilancio, che promuovano una crescita inclusiva e riducano gli squilibri sociali ed economici in coordinamento con l’azione istituzionale della BCE per conseguire gli obiettivi concordati.

3.3.

Il CESE apprezza l’approccio integrato adottato dalla Commissione, incentrato su piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine che includano in un unico strumento obiettivi di bilancio, di riforma e d’investimento. Detti piani garantiscono agli Stati membri una maggiore flessibilità, in modo equo e nell’ambito di un quadro basato sul rischio da valutare a medio termine.

3.4.

Il CESE sostiene gli ambiziosi obiettivi e gli elementi principali dell’iniziativa della Commissione tesi a migliorare il senso di titolarità nazionale, a semplificare il quadro e a rivolgere una maggiore attenzione al medio periodo, nonché a rendere le misure esecutive più effettive e più coerenti (4).

3.5.

Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che taluni Stati membri non abbiano attuato politiche prudenti nei periodi di congiuntura favorevole (5), mentre le regole di bilancio hanno nel contempo limitato il margine di manovra in materia di bilancio durante i periodi di recessione economica in alcuni Stati membri. Il CESE osserva che anni caratterizzati da risultati positivi in termini di crescita dovrebbero essere associati a una riduzione del rapporto debito/PIL, creando un margine per una maggiore flessibilità di bilancio da utilizzare negli anni di recessione. Parallelamente, quando gli Stati membri devono affrontare una stagnazione o gravi recessioni, è necessario accordare loro un certo margine di manovra in materia di bilancio. Il CESE ritiene che la proposta della Commissione rappresenti un passo nella direzione giusta, mettendo gli Stati membri in condizione di condurre, per il futuro, politiche anticicliche credibili.

3.6.

Il CESE apprezza l’intenzione della Commissione di mantenere dei valori di riferimento, considerato che obiettivi quantitativi precisi hanno un chiaro impatto a livello politico e di mercato. La soglia di disavanzo del 3 % del PIL, in effetti, è stabilita chiaramente dal trattato, è ben nota ed è applicabile in maniera uniforme a tutti i paesi dell’UE. Il CESE concorda con la Commissione quanto alla necessità che i piani strutturali di bilancio garantiscano che i rapporti debito/PIL siano avviati su un percorso di riduzione o rimangano a livelli prudenti.

3.7.

Secondo il CESE, scostamenti a breve termine dalla soglia prestabilita possono rendersi necessari per soddisfare il fabbisogno di ingenti investimenti attualmente associato alle transizioni verde e digitale o per consentire un percorso di aggiustamento che non comprometta la crescita.

3.8.

Il CESE ritiene che il quadro a medio termine presentato dalla Commissione sia ragionevole e in grado di distinguere tra i rapporti debito/PIL estremamente diversi degli Stati membri, consentendo l’adozione di approcci modulari specifici in funzione delle situazioni dei singoli Stati membri, tra loro anche molto diverse (il rapporto debito/PIL potrebbe variare da meno del 60 % a oltre il 150 %). In quest’ottica, il CESE sostiene la proposta della Commissione di non applicare più la rigida regola della riduzione di un ventesimo all’anno, poiché ciò potrebbe risultare eccessivamente gravoso per gli Stati membri con un elevato indebitamento, con conseguenze negative per la crescita e per la stessa sostenibilità del debito. Anche la durata del periodo di riferimento per gli aggiustamenti di bilancio (pari a quattro anni, ma prorogabile, se necessario, per un massimo di altri tre) ai fini di una valutazione a medio termine appare proporzionata, alla luce delle condizioni economiche e internazionali attuali e prevedibili.

3.9.

Il CESE accoglie con favore l’attenzione rivolta dalla Commissione alla spesa primaria netta quale principale parametro di valutazione della nuova governance economica. A tale riguardo, il CESE esorta ad includere, nei piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine, investimenti pubblici mirati, strategici e ben concepiti, in linea con le priorità dell’Unione europea. Tali investimenti dovrebbero costituire una quota maggiore della spesa pubblica e promuovere una crescita inclusiva e sostenibile.

3.10.

Il CESE concorda con la Commissione sulla necessità di migliorare la qualità della spesa pubblica. Le riforme e gli investimenti tesi a promuovere la crescita dovrebbero essere favoriti a livello nazionale, perseguendo nel contempo un percorso credibile di riduzione del debito dopo la pandemia e in tempi di tensioni internazionali.

3.11.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione secondo cui sono necessarie robuste clausole di salvaguardia per far fronte a situazioni eccezionali in cui non è stato realisticamente possibile rispettare il percorso di aggiustamento previsto. Il rigoroso rispetto del percorso pluriennale concordato relativo alla spesa primaria netta consentirebbe alla politica di bilancio di essere anticiclica, conseguendo rapporti debito/PIL decrescenti nei periodi di congiuntura favorevole e consentendo la necessaria risposta politica in tempi difficili (6), così da creare le condizioni per tutelare le persone più vulnerabili.

3.12.

Il CESE fa notare che la politica di bilancio è il tradizionale ambito d’intervento della politica parlamentare, poiché incide sull’intera struttura delle spese e delle entrate statali. Il senso di titolarità del relativo processo è essenziale per il successo della riforma del quadro in questione. Il CESE giudica di capitale importanza che le prossime proposte legislative stabiliscano norme minime in materia di controllo dei parlamenti nazionali e di partecipazione della società civile organizzata per quanto riguarda la definizione dei piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine. I parlamenti e le organizzazioni della società civile, come pure gli enti regionali e locali, dovrebbero essere coinvolti in modo efficace, poiché il senso di titolarità dei piani di riforma strutturali di bilancio a medio termine sarà forte soltanto con una partecipazione adeguata di tutti gli attori interessati (7). I parlamenti nazionali dovrebbero chiamare i governi a rendere conto delle politiche di bilancio e delle riforme che perseguono.

3.13.

In caso di cambio di governo, deve essere possibile apportare modifiche ai piani strutturali a medio termine, purché però la stabilità a medio termine non ne risulti compromessa. Se i governi introducono nuove misure discrezionali in materia di entrate, mantenendo però al tempo stesso la sostenibilità complessiva del debito, dovrebbe essere possibile adeguare il percorso di spesa senza dover passare nuovamente per l’intero processo di convalida dei piani strutturali di bilancio.

3.14.

Il CESE osserva che, qualora le proposte della Commissione fossero accolte ed attuate, la Commissione stessa avrebbe una maggiore influenza sulla politica di bilancio degli Stati membri (8). Nel contempo, le raccomandazioni specifiche per paese diventerebbero maggiormente vincolanti, dato che la loro mancata attuazione potrebbe comportare la riduzione dei finanziamenti dell’UE e un percorso di aggiustamento più restrittivo. E anche il semestre europeo assumerebbe maggiore importanza. È quindi importante rafforzare il coinvolgimento dei parlamenti nazionali e delle organizzazioni della società civile, in modo da garantire un più forte senso di titolarità del sistema basato sulle regole in esame. Parimenti, è importante che il Parlamento europeo eserciti la sua funzione di supervisione e controllo, in particolare per quanto riguarda le misure esecutive e correttive. Da ultimo, ma non in ordine di importanza, è imperativo rispettare il principio di sussidiarietà e la ripartizione delle competenze stabilita nei Trattati.

3.15.

Il CESE sostiene l’iniziativa della Commissione di rendere maggiormente efficaci gli strumenti di esecuzione, siano essi sanzioni finanziarie o che incidono sulla reputazione, per i casi in cui si verifichino scostamenti. Considerata la maggiore flessibilità di cui godrebbero gli Stati membri nell’attuazione delle rispettive riforme strutturali, di bilancio e di investimento nell’ambito dei piani strutturali nazionali di bilancio, in caso di inosservanza le regole previste dovrebbero essere effettivamente applicate. In tal modo, si incoraggerebbe il risanamento delle finanze pubbliche in tempo utile, rendendo il debito maggiormente sostenibile.

3.16.

Il CESE sottolinea la necessità di norme adeguate, che garantiscano un’applicazione rigorosa. Nei casi — eccezionali — in cui si prendano in considerazione delle sanzioni, queste devono essere efficaci e applicate in maniera trasparente. Se si vuole che siano credibili, le norme devono essere applicate allo stesso modo a tutti gli Stati membri. La valutazione delle possibili conseguenze sociali, nonché degli effetti sull’andamento della sostenibilità del debito, dovrebbe essere parte integrante dell’analisi dei meccanismi esecutivi.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Poiché, secondo la proposta in esame, i piani relativi alla spesa primaria netta dovrebbero diventare il principale parametro di valutazione, il CESE sottolinea la necessità di disporre di norme chiare e trasparenti per il calcolo delle spese primarie. Le misure discrezionali in materia di entrate e le spese cicliche per la disoccupazione devono pertanto essere definite in modo chiaro e obiettivo ed essere approvate da tutti gli Stati membri.

4.2.

Per quanto comprensibile, l’esclusione delle spese connesse alla disoccupazione ciclica dai piani di spesa degli Stati membri non deve impedire loro di far fronte all’eventuale necessità di migliorare il funzionamento del mercato del lavoro al fine di ridurre la disoccupazione strutturale, considerato che tali spese, quand’anche non escluse, possono contribuire in misura sostanziale a fare aumentare la crescita e l’occupazione a medio termine, migliorando in tal modo la sostenibilità del debito. Al tempo stesso, è necessario promuovere buone condizioni di lavoro a medio termine. È importante che le norme siano chiare e rigorose, e in particolare tali da evitare il ricorso, da parte degli Stati membri, a metodi di «finanza creativa» di qualsiasi tipo.

4.3.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il miglioramento della qualità, e l’aumento del volume, degli investimenti pubblici siano indicati come fattori da prendere in considerazione per conseguire la sostenibilità del debito. Il CESE accoglie altresì con favore il fatto che la durata del percorso di aggiustamento possa essere, su richiesta, prorogata per un massimo di tre anni a condizione che il piano nazionale in questione sia supportato da una serie di riforme e investimenti a sostegno della crescita sostenibile e della sostenibilità del debito.

4.4.

Per conseguire gli obiettivi climatici dell’UE, è necessario ristrutturare completamente lo stock di capitale e ampliare gli investimenti pubblici e privati. In passato, il CESE ha chiesto l’introduzione di una «regola d’oro» (golden rule) in materia di investimenti pubblici per fare in modo che venisse posto rimedio all’enorme carenza di investimenti. La proposta della Commissione non contempla misure di questo tipo. Essa contiene sì elementi importanti ai fini del rafforzamento degli investimenti pubblici, ma ad oggi non è concretamente possibile determinare con precisione quanti di tali investimenti saranno creati, poiché molto dipenderà dai negoziati sui piani strutturali di bilancio che la Commissione condurrà con gli Stati membri. Il CESE sottolinea pertanto che potrebbero essere necessarie ulteriori iniziative per fare in modo che siano mobilitati capitali pubblici e privati sufficienti per realizzare la transizione verde e garantire la coesione sociale.

4.5.

Nel futuro quadro di governance economica dell’UE, dato l’approccio basato sul rischio proposto dalla Commissione europea, l’analisi della sostenibilità del debito assumerà un’importanza cruciale. Il CESE fa notare che la calibrazione dei dettagli di tale analisi, compresa l’estensione o meno di quest’ultima ai rischi legati al clima, è una questione altamente politica e dovrebbe essere discussa approfonditamente con gli attori interessati competenti. I parametri finali dell’analisi della sostenibilità del debito devono essere decisi in maniera democratica e trasparente. Istituzioni di bilancio indipendenti potrebbero svolgere un ruolo importante nel valutare l’adeguatezza delle ipotesi sottostanti partecipando al dibattito e fornendo informazioni ai parlamenti nazionali.

4.6.

Per garantire la trasparenza e agevolare un monitoraggio efficace dell’attuazione dei piani strutturali di bilancio a medio termine, la proposta in esame prevede che gli Stati membri siano tenuti a presentare relazioni annuali sui progressi compiuti, le quali contengano fra l’altro una descrizione dettagliata dello stato dell’attuazione delle riforme e degli investimenti. Queste relazioni, nonché le valutazioni della Commissione e del Consiglio effettuate nell’ambito della sorveglianza annuale, dovrebbero essere rese di pubblico dominio.

4.7.

Il CESE ritiene che la maggiore attenzione prevista per le variabili relative ai flussi nella procedura per gli squilibri macroeconomici debba tradursi, nelle successive fasi di riforma della governance economica, in disposizioni specifiche e quantificate, che rendano la procedura in questione simmetrica, funzionale e trasparente.

4.8.

Il CESE sottolinea l’importanza, nell’ambito della procedura per gli squilibri macroeconomici, di introdurre e sviluppare un processo adeguato per il primo vaglio degli squilibri macroeconomici nella relazione sul meccanismo di allerta, nonché di determinare l’effettiva esistenza di tali squilibri nell’ambito degli esami approfonditi. Le raccomandazioni dovrebbero essere valutate in relazione ai fattori europei di crescita e al loro impatto sullo sviluppo economico. Ed è necessario precisare in dettaglio il significato concreto della «visione maggiormente prospettica al fine di individuare e sanare precocemente gli squilibri emergenti» di cui si parla nella comunicazione in esame.

4.9.

Il CESE sottolinea l’importanza di norme rigorose, che possano essere applicate effettivamente in presenza di condizioni economiche mutevoli, e ribadisce la necessità di impegno e senso di titolarità da parte degli Stati membri. Al fine di accrescere gli investimenti e i livelli di produttività in tutta l’UE, la riforma del quadro di bilancio non deve subire ritardi.

4.10.

Il CESE ritiene che una riforma efficace della governance economica europea sia necessaria e urgente, nell’interesse delle persone, delle imprese e dei governi. È quindi importante elaborare ulteriori misure che possano essere adottate al fine di rafforzare il senso di titolarità delle norme, in modo che tutti i governi si impegnino a favore della revisione del quadro.

4.11.

Il CESE osserva che molte delle procedure previste dalla proposta della Commissione devono essere ulteriormente elaborate e definite nei dettagli. E attende pertanto l’opportunità di pronunciarsi e formulare raccomandazioni in merito a proposte più circostanziate già nel corso del 2023.

Bruxelles, 23 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2022) 583 final, pag. 3.

(2)  Parere del CESE sul tema «Ridefinire il quadro di bilancio dell’UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta» (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 11).

(3)  COM(2022) 583 final.

(4)  COM(2022) 583 final, pag. 1.

(5)  COM(2022) 583 final, pag. 3.

(6)  COM(2022) 583 final, pag. 16.

(7)  Il CESE ricorda qui le critiche mosse in relazione allo scarso coinvolgimento della società civile nel regolamento relativo al dispositivo per la ripresa e la resilienza.

(8)  Il CESE riconosce che, ai fini della fattibilità dell’Unione monetaria, sono necessarie determinate condizioni in materia di bilancio e stabilità.


27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/59


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti — Analisi annuale della crescita sostenibile 2023

[COM(2022) 780 final]

(2023/C 146/10)

Relatore generale:

Gonçalo LOBO XAVIER

Consultazione

Commissione europea, 19.12.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

23.2.2023

Sessione plenaria n.

576

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

196/2/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore le principali priorità politiche dell’analisi annuale della crescita sostenibile 2023, che attuano le quattro dimensioni della sostenibilità competitiva. È evidente che, tenuto conto della situazione e degli scenari attuali, nel breve periodo occorre sostenere le famiglie vulnerabili per proteggerle dagli effetti più gravi della crisi energetica, mentre l’efficienza energetica dovrebbe ancora essere promossa in generale nell’Unione europea. Il CESE ritiene che le politiche a medio e lungo termine dovrebbero accelerare le transizioni digitale e verde. Ritiene inoltre che l’Unione debba bilanciare l’offerta e la domanda di energia, preservando nel contempo le risorse energetiche per l’inverno ed evitando un ulteriore aumento dei costi. È fondamentale promuovere misure che aumentino l’efficienza in tutti i settori, preservando al tempo stesso l’integrità del mercato unico e garantendo la stabilità finanziaria macroeconomica e politiche fiscali e monetarie coerenti.

1.2.

Il CESE è consapevole del fatto che nel 2023 il ciclo del semestre europeo sarà dominato dall’attuazione efficiente dei piani per la ripresa e la resilienza (PRR), i quali metteranno un forte accento sulle agende politiche degli Stati membri, che devono offrire l’opportunità di rilanciare le loro economie. Il CESE accoglie con favore gli sforzi compiuti dalla Commissione europea per organizzare dialoghi con gli Stati membri all’inizio del 2023. Tali dialoghi potrebbero consistere in una discussione approfondita tra la Commissione e gli Stati membri per influire sulle raccomandazioni specifiche per paese (RSP). A tale riguardo, il CESE ritiene che i dialoghi promuoveranno una migliore attuazione dei PRR e contribuiranno a garantire che gli eventuali problemi vengano affrontati e individuati in modo più efficace attraverso le RSP.

1.3.

Il CESE chiede con forza condizioni di lavoro eque, una concorrenza effettiva e una migliore considerazione delle preoccupazioni della società civile al fine di migliorare il funzionamento del mercato unico. Questo aspetto è ancora più importante alla luce della guerra e della crisi energetica. Il CESE sostiene l’invito ad intraprendere azioni volte a rafforzare il mercato unico. Il CESE ritiene che i recenti shock mettano in evidenza l’importanza di uno stretto coordinamento di politiche di bilancio sane e della costituzione, nei periodi di congiuntura favorevole, di riserve di bilancio da utilizzare durante le fasi recessive, correggendo nel contempo i deficit sociali, che a medio termine rischiano di compromettere la crescita economica. Le politiche di bilancio dovrebbero mirare a conseguire posizioni di bilancio prudenti a medio termine e ad assicurare la sostenibilità di bilancio attraverso un graduale risanamento e investimenti e riforme sostenibili che stimolino la crescita.

1.4.

Il CESE chiede che vi sia un migliore coordinamento tra gli Stati membri e che si prendano decisioni coraggiose volte a creare incentivi per evitare la dipendenza energetica dell’UE, specialmente dalla Russia. Tale dipendenza rischia di compromettere gli interessi dell’Unione, ed è un problema che va affrontato con coraggio.

1.5.

Il CESE invita ad adottare un approccio moderato, realistico ed equilibrato, affrontando nel contempo il problema dell’inflazione, al fine di coinvolgere tutti nella ricerca di una soluzione che vada a beneficio dell’intera Unione. Le autorità garanti della concorrenza devono agire con rigore per garantire la trasparenza dei prezzi e rimanere vigili rispetto a eventuali fallimenti del mercato. I governi devono essere attenti a garantire che le loro decisioni si basino sulle migliori analisi empiriche, evitando critiche infondate nei confronti degli operatori commerciali, in quanto esse possono provocare conflitti tra cittadini, imprese e parti sociali. Il CESE ritiene inoltre che il problema possa essere risolto solo se i governi, le imprese e la società civile organizzata collaborano tra loro.

A giudizio del Comitato, gli Stati membri devono dar prova di una concentrazione costante sull’efficienza e sull’equità nell’utilizzo delle risorse finanziarie e delle altre risorse pubbliche disponibili. Ciò è fondamentale per garantire investimenti nuovi e di qualità.

1.6.

Il CESE continuerà a sostenere che la consultazione della società civile organizzata (parti sociali e organizzazioni della società civile), del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali deve svolgere un ruolo più importante durante tutto il ciclo del semestre europeo, al fine di rafforzare la titolarità nazionale. Il CESE ritiene che sia il processo del semestre europeo che l’attuazione dei PRR trarrebbero vantaggio da una partecipazione più efficace e più organizzata delle organizzazioni rappresentate all’interno del CESE. Quando si parla di attuazione delle politiche è necessario farlo con un «tocco di realismo».

1.7.

Il CESE è inoltre consapevole della necessità di investire nelle competenze e nell’agenda industriale per sfruttare realmente le risorse europee esistenti, in particolare gli investimenti nell’innovazione e nella scienza, che devono essere utilizzati a vantaggio dei cittadini.

1.8.

Il CESE esorta la Commissione a comunicare meglio con i cittadini. Un discorso forte, credibile e comune sulle sfide e sul modo in cui l’Unione è mobilitata per superarle è fondamentale per i cittadini ed eviterà malintesi riguardo al progetto europeo. Investire in una migliore comunicazione (e qui il CESE non parla di pubblicità) potrebbe costituire un cambiamento interessante nella retorica contro il progetto europeo e dovrebbe costituire una priorità. A tale proposito, il CESE accoglie con favore anche l’iniziativa della Commissione di presentare quest’anno una comunicazione sul rafforzamento del dialogo sociale nell’UE e una proposta di raccomandazione del Consiglio sul ruolo del dialogo sociale a livello nazionale. Una miglior comunicazione con la società civile organizzata e la sua consultazione sono essenziali e vanno di pari passo.

2.   Contesto

2.1.

Non è un segreto che l’Europa stia attraversando il periodo più difficile degli ultimi 70 anni. Essa si trova ad affrontare molteplici sfide economiche e sociali complesse, tra cui la guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, che continua a indebolire l’economia europea, l’impennata dei costi dell’energia, gli elevati tassi di inflazione, le carenze negli approvvigionamenti, livelli di debito più elevati e l’aumento dei costi di finanziamento. È quindi giunto il momento di prendere decisioni volte a determinare il futuro di uno dei progetti globali di maggior successo per il progresso sociale, economico e culturale.

2.2.

Il 22 novembre 2022 la Commissione ha adottato il pacchetto d’autunno del semestre europeo 2023, inteso a proporre delle modalità per superare congiuntamente queste sfide e rafforzare le nostre economie a lungo termine, attraverso il coordinamento delle politiche economiche, di bilancio, occupazionali e sociali. L’obiettivo è garantire un approvvigionamento energetico adeguato e a prezzi accessibili, preservare la stabilità economica e finanziaria, proteggere le famiglie e le imprese vulnerabili, stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro di qualità e completare la duplice transizione.

2.3.

L’analisi annuale della crescita sostenibile 2023 delinea le priorità politiche per il prossimo anno e definisce un’agenda per rafforzare il suddetto coordinamento al fine di attenuare gli effetti negativi, affrontare le sfide attuali e accrescere la resilienza sociale ed economica, promuovendo nel contempo una crescita sostenibile e inclusiva, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Con l’obiettivo di promuovere la sostenibilità competitiva vengono stabilite quattro priorità, ossia la promozione della sostenibilità ambientale, della produttività, dell’equità e della stabilità macroeconomica.

2.4.

L’agenda per la politica economica e occupazionale dovrebbe concentrarsi sul sostegno ai cittadini e alle imprese affinché possano far fronte alle sfide poste dall’aumento dei costi e dall’approvvigionamento di energia e, al tempo stesso, proseguano gli sforzi per promuovere la crescita sostenibile e la transizione verde e digitale, nonché per aumentare l’equità sociale e la resilienza economica.

2.5.

In base a tale principio, le proposte di raccomandazioni specifiche per paese sono attese per la primavera del 2023, e le relazioni per paese si concentrano sui seguenti aspetti:

una panoramica succinta ma olistica degli sviluppi economici e sociali e delle sfide che gli Stati membri si trovano ad affrontare;

una panoramica dello stato di attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza;

continuare ad adottare un approccio modesto alle raccomandazioni specifiche per paese.

2.6.

Per quanto riguarda la zona euro, la Commissione ha individuato cinque raccomandazioni per il 2023:

a)

coordinare la politica di bilancio;

b)

rafforzare gli investimenti pubblici;

c)

monitorare le politiche salariali e sociali;

d)

migliorare il contesto imprenditoriale;

e)

mantenere la stabilità macrofinanziaria.

3.   Osservazioni particolari

3.1.   Il semestre europeo e il coinvolgimento della società civile organizzata

3.1.1.

Il semestre europeo resta tuttora il quadro principale e ormai consolidato per politiche di coordinamento più efficaci tra gli Stati membri. Un coordinamento che ha dato i suoi frutti, dal momento che la ripresa dell’UE dalla pandemia di COVID è stata la più rapida dal boom del dopoguerra e i nostri mercati del lavoro si sono dimostrati resilienti, con un’occupazione che ha toccato i massimi storici. Nell’ambito del semestre europeo e dell’attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza (compresa l’ulteriore componente REPowerEU), il CESE continuerà a essere al centro del processo di trasformazione volto a realizzare la sostenibilità competitiva. In linea con questo impegno, il CESE continuerà a chiedere che la consultazione con la società civile organizzata svolga un ruolo più importante durante tutto il ciclo del semestre europeo, al fine di tenere conto dei diversi interessi all’interno della società e rafforzare la titolarità nazionale.

3.1.2.

Il CESE ha lanciato una consultazione delle organizzazioni della società civile negli Stati membri al fine di raccogliere le loro raccomandazioni al riguardo (1). Il CESE accoglie pertanto con favore l’iniziativa della Commissione, annunciata nel luglio 2022 (2), di presentare quest’anno una comunicazione sul rafforzamento del dialogo sociale nell’UE e una proposta di raccomandazione del Consiglio sul ruolo del dialogo sociale a livello nazionale.

3.1.3.

Il CESE incoraggia la Commissione europea ad ampliare i forum esistenti nell’ambito del semestre europeo e a dotarli di un quadro chiaro, al fine di informare e coinvolgere le parti sociali e le organizzazioni della società civile durante tutto il ciclo del semestre, in modo che esse possano effettivamente partecipare al coordinamento delle politiche fiscali, economiche, sociali e occupazionali a livello dell’UE.

3.2.   Crisi geopolitica — Guerra in Ucraina

3.2.1.

Le conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia creano per l’economia e la società dell’UE molteplici nuove difficoltà economiche, che incidono sulla stabilità economica e sociale generale e sull’approvvigionamento energetico. L’UE deve continuare a perseguire sia la sostenibilità competitiva che la resilienza sociale ed economica. Nell’immediato futuro sono necessarie misure di sostegno per attenuare l’impatto dell’aggressione russa contro l’Ucraina sui cittadini e sulle imprese dell’UE, in particolare le piccole e medie imprese (PMI) e i lavoratori a basso e medio reddito.

3.2.2.

La crisi energetica, in particolare, è il fattore più rilevante: combinata a un livello molto elevato di inflazione, essa avrà un impatto considerevole a lungo termine. A tale riguardo, il CESE sottolinea la necessità di intervenire immediatamente per evitare che la situazione si aggravi ulteriormente nel breve e medio termine, gestendo nel contempo in modo equo la transizione verde. In molti paesi la produzione di energia non è allo stesso livello del consumo energetico.

3.2.3.

Il CESE ritiene che la possibilità di aumentare la produzione e di sfruttare le condizioni date e le risorse disponibili in alcuni paesi, come l’energia solare, il moto ondoso e l’energia eolica, debba ancora essere esplorata da alcuni governi, che non hanno ancora messo in atto piani per produrre energia a partire dalle proprie risorse. Uno dei motivi di tale situazione è la legislazione eccessivamente complessa o mal concepita e l’eccessiva burocrazia che ancora esistono in molti Stati membri. Ciò non facilita la produzione di energia verde, nonostante l’enorme potenziale esistente. Dobbiamo avere il coraggio di compiere gli sforzi collettivi necessari. Per questo sono necessari investimenti, specialmente da parte del settore privato. Tuttavia, gli investimenti pubblici continueranno a svolgere un ruolo essenziale nel conseguimento degli obiettivi del Green Deal, nella salvaguardia della nostra prosperità e competitività future e nel rafforzamento dell’autonomia strategica dell’UE. Tale aspetto dovrebbe riflettersi anche nella politica di coesione.

3.3.   Inflazione

3.3.1.

L’elevato livello di inflazione, innescato in particolare dal forte aumento dei prezzi dell’energia, sta esercitando un impatto molto negativo sui lavoratori e sulle imprese, sulla stabilità finanziaria, sulla parità di potere d’acquisto e sulla stabilità economica e sociale. L’inflazione nel mondo e nell’UE è un fenomeno complesso, per quanto riguarda sia la sua origine che le possibili soluzioni. I fattori più immediati e rilevanti che determinano l’inflazione attuale sono le strozzature nell’approvvigionamento nel processo di rapida ripresa dalla recessione causata dalla pandemia, in un contesto di politica monetaria espansiva, combinate con la crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina. L’inflazione colpisce tutti gli attori economici e i gruppi sociali, in particolare quelli più deboli e più svantaggiati. I lavoratori e i consumatori soffrono di un calo del loro potere d’acquisto, e molte imprese vedono ridotti i loro margini di profitto. Solo gli speculatori e alcuni settori economici, come quello dell’energia, stanno registrando un forte aumento dei profitti. Per far fronte all’inflazione, gli Stati membri hanno adottato approcci diversi intesi a controllarla, quali il sostegno per evitare aumenti dei prezzi nel settore alimentare e gli sforzi per mantenere i salari in equilibrio, unitamente alle politiche economiche. Siamo ancora lontani dal raggiungimento dei nostri obiettivi e da una soluzione che tuteli il benessere economico e sociale.

3.3.2.

Le autorità garanti della concorrenza devono agire con rigore per garantire la trasparenza dei prezzi e rimanere vigili rispetto a eventuali fallimenti del mercato. I governi devono essere attenti a garantire che le loro decisioni si basino sulle migliori analisi empiriche, evitando critiche infondate nei confronti degli operatori commerciali, in quanto esse possono provocare conflitti tra cittadini, imprese e parti sociali.

3.3.3.

La lotta contro l’inflazione deve essere la priorità assoluta di una politica economica europea coordinata tra le istituzioni dell’UE e i governi nazionali. La Banca centrale europea (BCE) e le banche centrali nazionali, nell’irrigidire le politiche monetarie, devono tenere conto del fatto che il processo inflazionistico non è causato da un eccesso di domanda ed evitare che le loro decisioni conducano a una nuova recessione. Il CESE incoraggia la BCE a ridurre l’inflazione di fondo senza compromettere la ripresa economica dell’UE. A causa dei suddetti rischi, la BCE dovrebbe procedere con cautela nella normalizzazione della politica monetaria (3). L’UE e i governi nazionali devono mettere in atto misure per aiutare i settori più svantaggiati della popolazione e le imprese più duramente colpite. La consultazione tripartita, il dialogo sociale e la contrattazione collettiva devono essere gli strumenti fondamentali per affrontare la crisi inflazionistica attraverso un’equa ripartizione degli oneri e per elaborare misure tese a superarla nei vari settori dell’economia. Il CESE è pertanto favorevole a misure come quella che prevede di fissare un tetto ai prezzi dell’energia al fine di moderare le tendenze inflazionistiche.

3.4.   Obiettivi ambientali dell’UE/crisi energetica

3.4.1.

Il CESE continua a ribadire ciò che ha sostenuto negli ultimi mesi, ossia che, nonostante le nuove crisi, non possiamo abbandonare gli obiettivi fissati a livello dell’UE: decarbonizzazione e sostenibilità ambientale. Al fine di perseguire i nostri obiettivi ambientali a lungo termine, dobbiamo rafforzare le imprese e i lavoratori, nonché fornire a tutti i cittadini gli strumenti per affrontare le difficoltà.

3.4.2.

Il CESE è pertanto favorevole a misure volte a coordinare i prezzi dell’energia al fine di moderare le tendenze inflazionistiche. La riduzione dei prezzi dell’energia dovrebbe costituire una delle priorità della politica economica dell’UE. Il CESE sostiene l’introduzione di tariffe massime per l’energia elettrica e il gas e ricorda che in precedenti pareri e risoluzioni ha chiesto una riforma urgente del sistema delle aste marginali nel mercato all’ingrosso dell’energia elettrica, data la sua natura intrinsecamente inflazionistica. Gli investimenti nell’energia verde sono fondamentali per conseguire tale obiettivo.

3.4.3.

La Commissione ha presentato il piano REPowerEU per rendere l’UE indipendente dalle forniture russe di gas e petrolio, e il CESE lo ha accolto con favore, approvando l’approccio basato su quattro pilastri: risparmio energetico, diversificazione delle importazioni di energia, sostituzione dei combustibili fossili tramite una diffusione più rapida delle energie rinnovabili, e soluzioni di finanziamento (4). Al tempo stesso, il CESE chiede che la sicurezza dell’approvvigionamento sia garantita a un costo «il più possibile abbordabile» sia per i consumatori che per l’industria. Il CESE sottolinea che la modifica, da parte degli Stati membri, dei rispettivi piani nazionali per la ripresa e la resilienza al fine di presentare un capitolo dedicato al piano REPowerEU rappresenta un’ulteriore opportunità per gli Stati membri di consultare la società civile organizzata e di tenere conto dei suoi punti di vista.

3.4.4.

Il CESE sottolinea che potrebbero essere necessarie ulteriori iniziative per consentire la mobilitazione di capitali pubblici e privati sufficienti per la transizione verde. Inoltre, il CESE ritiene che un migliore coordinamento nell’utilizzo dei fondi finanziari esistenti debba costituire una priorità. Il processo di comunicazione su questo tema sarebbe molto utile per mobilitare i cittadini verso un obiettivo comune.

3.5.   Crisi sociale ed economica/Mancanza di competenze e di persone qualificate

3.5.1.

Sebbene il tasso di disoccupazione nell’UE sia appena del 6 %, vi è ancora la difficoltà di trovare persone con le competenze necessarie per realizzare la ricostruzione e la resilienza della nostra economia e conseguire i nostri obiettivi di duplice transizione. In alcuni paesi vi è una notevole carenza di personale qualificato per molti posti di lavoro chiave, anche perché molti giovani lasciano il paese per lavorare altrove. Oltre alla necessità di promuovere la formazione essenziale, vi è una percentuale significativa di lavoratori qualificati che va perduta una volta formati. Al fine di rafforzare la strategia autonoma dell’UE dobbiamo riportare alcune linee di produzione in Europa, dove però non disponiamo di persone qualificate per lavorare in queste fabbriche. Questa situazione deve essere affrontata su base continuativa.

3.5.2.

Il CESE sottolinea che la creazione di posti di lavoro di qualità è uno dei modi migliori per attrarre persone altamente qualificate. Inoltre, offrire redditi di sussistenza equi, garantire rapporti di lavoro formali per evitare condizioni di lavoro precarie, mettere a disposizione ampi programmi di miglioramento delle competenze, offrire condizioni eccellenti di salute e sicurezza e puntare ad assicurare l’equilibrio di genere, unitamente a un’adeguata protezione sociale a livello nazionale, non sono solo obiettivi in sé, ma costituiscono anche la base per uno sviluppo economico e politico positivo. Inoltre, il CESE invita a fare ricorso in modo responsabile a politiche equilibrate e combinate (tra sistemi di formazione pubblici e privati per utilizzare meglio le risorse finanziarie disponibili) nel contesto della formazione e del miglioramento delle competenze.

3.6.   Debito pubblico e privato e investimenti

3.6.1.

L’UE si trova ad affrontare una necessità urgente e crescente di investimenti pubblici e privati per conseguire gli obiettivi del Green Deal e la trasformazione digitale, per accelerare la transizione energetica e per affrontare le nuove sfide dell’autonomia strategica. Da un lato, l’Unione deve superare il deficit di investimenti dell’ultimo decennio e, dall’altro, la maggior parte degli Stati membri deve ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico. Ciò deve avvenire in modo molto equilibrato ma decisivo.

3.6.2.

Al tempo stesso, prima di qualsiasi aumento straordinario delle risorse dell’UE destinate agli investimenti pubblici e alla promozione degli investimenti privati, il Comitato ritiene essenziale che tutte le risorse esistenti nei vari programmi (fondi strutturali e di coesione, dispositivo per la ripresa e la resilienza, InvestEU ecc.) siano pienamente sfruttate. A tal fine, dovrebbe essere garantita la massima flessibilità possibile per quanto riguarda il loro utilizzo, in termini sia di obiettivi che di scadenze di attuazione, sempre compatibilmente con un rigoroso monitoraggio della loro corretta attuazione. Il CESE ritiene che l’idea di progetti comuni tra gli Stati membri potrebbe costituire un’opportunità interessante per stimolare gli investimenti e le riforme strutturali.

3.6.3.

Il CESE sottolinea che occorre fare progressi nel completamento dei mercati dei capitali e dell’Unione bancaria per garantire il buon funzionamento del settore e dei mercati finanziari, che sono fondamentali per finanziare gli ingenti investimenti necessari per le transizioni verde e digitale. Approfondire l’Unione dei mercati dei capitali e l’Unione bancaria, definendo nel contempo l’agenda per la finanza sostenibile, consoliderebbe i canali di finanziamento, promuoverebbe gli sforzi di investimento e aumenterebbe la resilienza.

3.6.4.

Sia la crisi della COVID-19 che l’invasione russa hanno avuto un considerevole impatto negativo sul saldo con l’estero. Il CESE chiede un aumento degli investimenti quale principale motore della competitività dell’UE.

3.6.5.

Il CESE ritiene che gli Stati membri dovrebbero utilizzare in modo più efficiente le risorse già disponibili prima di chiederne di nuove. Inoltre, il CESE chiede una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi finanziari dell’UE al fine di riorientarli se non possono essere utilizzati per le finalità per le quali erano originariamente previsti o se le sfide sociali, economiche, ambientali o in materia di difesa richiedono un adattamento. Ove necessario, l’UE dovrebbe inoltre creare le condizioni e gli strumenti adeguati per incrementare gli investimenti pubblici e facilitare una maggiore mobilitazione degli investimenti privati. Ciò deve avvenire perseguendo obiettivi strategici e di autonomia comuni e senza compromettere o sbilanciare il funzionamento del mercato unico dell’UE. Inoltre, il CESE sottolinea la necessità di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse finanziarie stanziate: gli Stati membri devono impegnarsi a spiegare dove e come sono spese dette risorse finanziarie. Il CESE sottolinea anche l’importanza di una riscossione efficiente delle entrate nel contesto della sostenibilità di bilancio. Ad esempio, anche la pianificazione fiscale aggressiva e le frodi causano gravi danni ai bilanci pubblici. Nel complesso, la crescita sostenibile e inclusiva rappresenta la base migliore per la stabilità di bilancio. Ciononostante, il completamento del piano industriale del Green Deal e l’obiettivo di conseguire l’autonomia strategica energetica e industriale, nel rispetto dei principi fondamentali del mercato unico, richiederanno finanziamenti europei supplementari, come proposto in una risoluzione del CESE adottata nel maggio 2022 (5).

Bruxelles, 23 febbraio 2023

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Una sintesi dei risultati, accompagnata da raccomandazioni chiare, figurerà in un parere d’iniziativa che sarà presentato alla sessione plenaria di aprile 2023.

Parere d'iniziativa del CESE — Le raccomandazioni del CESE per una solida riforma del semestre europeo (ECO/600), che sarà presentato per adozione nell'aprile 2023.

(2)  Relazione di riesame sull'attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, 29.7.2022.

(3)  Parere del CESE sul tema «Considerazioni supplementari sulla politica economica della zona euro 2022» (GU C 75 del 28.02.2023, pag. 43).

(4)  Parere del CESE sul tema «Piano REPowerEU» adottato il 21.9.2022 (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 185).

(5)  GU C 323 del 26.8.2022, pag. 1.


Rettifiche

27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/65


Rettifica del sottotitolo «575aSESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 14.12.2022 — 15.12.2022» nella sezione I (Risoluzioni, raccomandazioni e pareri), al titolo «COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO»

( Gazzetta ufficiale dell'Unione europea C 140 del 21 aprile 2023 )

(2023/C 146/11)

Pagina di copertina, sommario, e pagina 1, sottotitolo:

anziché

«575a SESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 14.12.2022 — 15.12.2022»

leggasi

«575a SESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 24.1.2023 — 25.1.2023»

27.4.2023   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 146/66


Rettifica del sottotitolo «575aSESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 14.12.2022 — 15.12.2022» nella sezione III (Atti preparatori), al titolo «COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO»

( Gazzetta ufficiale dell'Unione europea C 140 del 21 aprile 2023 )

(2023/C 146/12)

Pagina di copertina, sommario, e pagina 28, sottotitolo:

anziché

«575a SESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 14.12.2022 — 15.12.2022»

leggasi

«575a SESSIONE PLENARIA DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, 24.1.2023 — 25.1.2023»