ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
66° anno |
Sommario |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri |
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RISOLUZIONI |
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Comitato economico e sociale europeo |
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574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022 |
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2023/C 100/01 |
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PARERI |
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Comitato economico e sociale europeo |
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574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022 |
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2023/C 100/02 |
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2023/C 100/03 |
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2023/C 100/04 |
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2023/C 100/05 |
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2023/C 100/06 |
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2023/C 100/07 |
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2023/C 100/08 |
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2023/C 100/09 |
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2023/C 100/10 |
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2023/C 100/11 |
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III Atti preparatori |
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Comitato economico e sociale europeo |
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574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022 |
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2023/C 100/12 |
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2023/C 100/13 |
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2023/C 100/14 |
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2023/C 100/15 |
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2023/C 100/16 |
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2023/C 100/17 |
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2023/C 100/18 |
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2023/C 100/19 |
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2023/C 100/20 |
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2023/C 100/21 |
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2023/C 100/22 |
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2023/C 100/23 |
IT |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri
RISOLUZIONI
Comitato economico e sociale europeo
574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/1 |
Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il lascito di lunga durata dell’Anno europeo dei giovani: integrazione e responsabilizzazione dei giovani: integrazione e responsabilizzazione dei giovani»
(2023/C 100/01)
proposta dal presidente della sezione SOC Laurenţiu PLOSCEANU su richiesta del gruppo di coordinamento per l’Anno europeo dei giovani [Katrīna LEITĀNE (presidente), Neža REPANŠEK, Michael McLOUGHLIN, Nicoletta MERLO, Mateusz Maciej SZYMAŃSKI, Florian MARIN, Pierre BOLLON, Dolores SAMMUT BONNICI e Davor MAJETIĆ]
Base giuridica |
Articolo 50 del Regolamento interno |
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Risoluzione |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
150/0/1 |
Nonostante le incertezze della guerra in Ucraina, della pandemia di COVID-19 e della crisi climatica, i giovani rimangono il motore del progetto europeo e la creatività, la loro energia e il loro entusiasmo sono la forza trainante della sua sostenibilità. Le decisioni prese oggi determinano il nostro mondo di domani, per cui è essenziale fare in modo che i giovani abbiano voce in capitolo nelle decisioni che hanno un impatto sul loro futuro, dal momento che anche le politiche indirette possono avere un grande impatto e una grande rilevanza per i giovani e le generazioni future.
Nel dicembre 2021 la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proclamato il 2022 Anno europeo dei giovani, dichiarando che «l’Europa ha bisogno di tutti i suoi giovani» e che «la nostra Unione deve avere un’anima e una visione in cui i giovani possano credere» (1). Inoltre, come affermato dalla commissaria Mariya Gabriel, «l’Anno europeo dei giovani dovrebbe portare a un cambiamento di paradigma nel modo in cui rendiamo partecipi i giovani nell’elaborazione delle politiche e del processo decisionale» (2).
Nel suo parere sulla strategia dell’UE per la gioventù per il 2019-2027 (3), il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede di concentrarsi sull’approccio intersettoriale, adottando una visione a vasto raggio dei giovani, delle loro esigenze e dei loro diritti, e sottolinea che «il Comitato è convinto che la promozione del coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali debba andare al di là dei singoli eventi una tantum. Inoltre, nello sviluppare ulteriormente il dialogo dell’UE con i giovani, è necessario migliorare il ruolo delle organizzazioni giovanili di volontariato e dei consigli nazionali della gioventù e percorrere anche altre strade. Le istituzioni dell’UE dovrebbero prendere l’iniziativa a questo proposito, e il CESE dovrebbe essere quella impegnata in prima linea nel migliorare la partecipazione dei giovani a livello dell’UE».
Da alcuni anni ormai il CESE si occupa del modo per integrare meglio la voce dei giovani nelle sue attività e nel processo decisionale dell’UE, in modo strutturato e significativo, coprendo diverse dimensioni come il clima e la sostenibilità (4), istituendo tavole rotonde dei giovani sul clima e la sostenibilità e includendo un delegato dei giovani nella delegazione ufficiale dell’UE alla conferenza delle parti (COP) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), come pure nella delegazione del CESE; sottolineando il ruolo dell’istruzione per lo sviluppo sostenibile (5); riflettendo sulla situazione dell’occupazione e del mercato del lavoro e sulle disposizioni in materia (6); raccomandando l’inclusione dei giovani nella messa a punto dei piani nazionali per la ripresa (7) e un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni giovanili nelle fasi di attuazione e di monitoraggio dei piani e nei processi decisionali; in materia di politica per la gioventù nei Balcani occidentali (8), invitando l’UE a sostenere ulteriormente i Balcani occidentali nel migliorare la partecipazione dei giovani; raccomandando di integrare la prospettiva giovanile in tutti i settori politici a livello dell’UE introducendo la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (9), che comprende anche raccomandazioni e proposte concrete; e offrendosi di migliorare il coinvolgimento interno dei giovani e delle organizzazioni giovanili nei lavori del CESE.
Inoltre, il CESE ha accolto con favore (10) la proposta di designare il 2022 Anno europeo dei giovani dichiarandosi pronto a svolgere un ruolo guida relativamente a quest’ultimo, sulla base delle proprie iniziative di successo quali «La vostra Europa, la vostra opinione!», le tavole rotonde dei giovani sul clima e la sostenibilità e il programma riguardante il delegato dei giovani del CESE alla COP. Il CESE si trova in una posizione privilegiata per facilitare il dialogo con le reti giovanili. Di conseguenza, il CESE ha istituito un gruppo di coordinamento per l’Anno europeo dei giovani al fine di garantire la rappresentanza e la visibilità di questa iniziativa in seno al CESE e di coordinare le iniziative in corso in materia di gioventù. Il gruppo di coordinamento ha ricevuto l’incarico di rafforzare la cooperazione con le organizzazioni giovanili e i giovani durante e dopo l’Anno europeo dei giovani e di cooperare con le altre istituzioni dell’UE e con le organizzazioni della società civile per garantire una migliore integrazione trasversale dei giovani nelle loro attività quotidiane.
Nel progetto di risoluzione preparato dal gruppo si invitano le istituzioni dell’UE e i governi nazionali a garantire un lascito duraturo dell’Anno europeo dei giovani promuovendo un coinvolgimento strutturato e significativo dei giovani nell’elaborazione delle politiche e nei processi decisionali a tutti i livelli e promuovendo meccanismi partecipativi per i giovani e le organizzazioni giovanili. Inoltre, il CESE riafferma il proprio impegno a rafforzare il dialogo con i giovani nell’ambito delle sue attività e a promuovere l’integrazione dei giovani a tutti i livelli per un’Europa più unita e più forte.
«Non possiamo sempre costruire il futuro per i nostri giovani, ma possiamo costruire i nostri giovani per il futuro». Franklin D. Roosevelt
1. Un lascito duraturo dell’Anno europeo dei giovani nel CESE
1.1. |
Il CESE ritiene che le deliberazioni dell’Anno europeo dei giovani debbano essere oggetto di un seguito ed essere trattate con spirito di apertura da parte di tutte le parti interessate. È fondamentale che l’Anno abbia un lascito concreto e che il lavoro sul seguito prosegua nel corso dell’Anno europeo delle competenze e oltre. Inoltre, anche la strategia dell’UE per la gioventù e la Conferenza sul futuro dell’Europa prevedono passi importanti verso una partecipazione più strutturata e significativa dei giovani alla costruzione del futuro dell’Europa. |
1.2. |
Il CESE ritiene che le organizzazioni della società civile, e in particolare le organizzazioni giovanili, siano fondamentali per individuare strumenti partecipativi innovativi per integrare le prospettive dei giovani nell’elaborazione delle politiche a tutti i livelli e in tutti i settori di intervento, e sottolinea il ruolo delle organizzazioni della società civile nel rafforzamento della cittadinanza attiva e nella salvaguardia dei diritti umani fondamentali e dei valori democratici per i giovani. |
1.3. |
Il CESE si rammarica del fatto che lo spazio civile per le organizzazioni giovanili si sia ridotto (11) e ne sottolinea la rilevanza democratica. Il CESE chiede misure volte a responsabilizzare le organizzazioni giovanili e a fornire loro risorse sostenibili che aumentino la loro capacità di rappresentare e difendere i loro diritti e interessi. |
1.4. |
Il CESE sottolinea, nei suoi pareri, le iniziative riuscite a favore di una partecipazione strutturata e significativa dei giovani degli ultimi anni (12), ed esprime il proprio impegno a sviluppare nuove iniziative al fine di promuovere il coinvolgimento dei giovani e le loro prospettive nell’elaborazione delle politiche. |
1.5. |
Il CESE ritiene che la partecipazione attiva dei giovani all’elaborazione delle politiche e ai processi decisionali sia essenziale per costruire il futuro dell’Europa e per creare una visione in cui i giovani possano credere. Incoraggia pertanto le istituzioni dell’UE ad attuare la valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani al fine di garantire che tutta l’elaborazione delle politiche al livello dell’UE sia vista attraverso la prospettiva giovanile. |
1.6. |
Facendo seguito alle proposte presentate nel parere sulla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani, il CESE chiede l’integrazione della dimensione giovanile nell’elaborazione delle politiche a tutti i livelli e l’adozione di un approccio comune verso un dialogo strutturato e significativo con i giovani per tutte le istituzioni dell’UE. Quest’ultimo dovrebbe basarsi sui seguenti pilastri:
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1.7. |
Il CESE si impegna a istituire al proprio interno un gruppo permanente per disporre di meccanismi di coordinamento trasparenti e trasversali in modo da integrare le prospettive giovanili nella propria attività, nonché a esaminare e valutare ulteriormente le possibili modalità per applicare il concetto della valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani nei suoi lavori volti a definire un approccio coerente in materia di coinvolgimento dei giovani in seno al Comitato stesso. |
1.7.1. |
Il CESE chiede altresì di creare una struttura che rappresenti e/o coinvolga le organizzazioni giovanili in tutte le istituzioni dell’UE e/o eventualmente una piattaforma delle parti interessate come la piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (ECESP), che rientrerebbe tra le competenze del CESE. Inoltre, dal momento che il dialogo dell’UE con i giovani è il processo partecipativo più importante dell’Europa, che coinvolge i responsabili politici e i giovani nella discussione dei problemi e nella ricerca comune di soluzioni, si potrebbero adottare ulteriori misure per rafforzare questo meccanismo partecipativo, ad esempio introducendo la struttura di cogestione (13) che sarebbe anch’essa guidata dal CESE. |
1.8. |
Il CESE sollecita un maggiore impegno dei giovani nei processi decisionali, dall’elaborazione delle proposte e iniziative legislative all’attuazione, al monitoraggio e al follow-up. Questo approccio viene utilizzato dal 2021, e da allora la delegazione del CESE alle riunioni della COP dell’UNFCC include sempre almeno un delegato giovane. Il CESE raccomanda vivamente che altre delegazioni dell’UE adottino un approccio analogo e tengano conto della prospettiva intergenerazionale. |
1.9. |
Per rafforzare il ruolo del CESE nel colmare il divario tra i responsabili politici da un lato e le organizzazioni giovanili e i giovani dall’altro, a livello sia nazionale che europeo, si raccomanda in primo luogo di istituire un meccanismo per la partecipazione dei giovani trasparente, strutturato e significativo per coordinare efficacemente l’attività legislativa, ad esempio un panel della gioventù. In secondo luogo, di instaurare un dialogo con i giovani e le organizzazioni giovanili e di coinvolgerli nel suo lavoro. Inoltre, dovrebbero essere attuati il coordinamento e lo scambio di buone pratiche sul coinvolgimento dei giovani a tutti i livelli e in tutti gli Stati membri e attività di sensibilizzazione più mirate. In particolare, vanno rafforzate le relazioni con le organizzazioni giovanili nazionali e messi in primo piano i progetti locali per i giovani in seno al CESE e tra i membri. |
1.10. |
Inoltre, tenendo conto dell’attuale turbolento contesto geopolitico, è fondamentale garantire l’impegno dei giovani a favore della sostenibilità, della sicurezza e della costruzione della pace. Il CESE accoglie con favore il recente Piano d’azione per i giovani nell’azione esterna dell’UE e adotterà un parere d’iniziativa al riguardo nel 2023. Inoltre, il CESE invita l’UE a sostenere ulteriormente i Balcani occidentali nel migliorare la partecipazione dei giovani, tenendo conto della correlazione positiva tra la mobilità in materia di istruzione o formazione e l’impegno civico e politico dei giovani. Lo stesso principio dovrebbe essere preso in considerazione nelle relazioni con l’Ucraina e la Georgia. Il CESE insiste sulla necessità di rafforzare la cooperazione con i paesi candidati all’adesione in materia di politiche per i giovani. |
1.11. |
Il CESE si adopererà per tenere sistematicamente conto della voce dei giovani nei suoi pareri, compresi i pareri d’iniziativa e i pareri esplorativi adottati su richiesta delle presidenze di turno o di altre istituzioni europee. Grazie all’eccellente relazione che intrattiene con queste ultime, il CESE farà il possibile per convincerle che le suddette consultazioni dovrebbero riguardare aspetti relativi ai giovani. |
2. La priorità per i prossimi anni: costruire un futuro migliore, più verde, più inclusivo e digitale, insieme
2.1. |
Il CESE sottolinea l’importanza di aumentare le conoscenze e i livelli di informazione dei giovani sull’UE: istituzioni, meccanismi di funzionamento, ambiti d’azione, esempi concreti tratti dalle attività quotidiane e opportunità di sviluppo personale e professionale tra i giovani. Il numero di programmi europei di scambio di esperienze e di formazione (Erasmus +, Discover EU ecc.) dovrebbe essere aumentato a livello sia locale che esterno, così come i programmi sotto la supervisione congiunta con altri istituti di istruzione, tanto nei rispettivi paesi quanto all’estero. Il CESE promuoverà e incoraggerà i suoi membri a organizzare iniziative a livello locale incentrate sui giovani. |
2.2. |
Il CESE sottolinea la necessità di creare e garantire un quadro che consenta a tutti i giovani di partecipare ai processi decisionali a livello europeo e nazionale, creando istituzioni più aperte e disposte a lavorare con i giovani. È particolarmente importante consentire ai giovani svantaggiati, vulnerabili ed emarginati di partecipare ai processi decisionali. La promozione della partecipazione dei giovani alle elezioni politiche dovrebbe costituire una priorità. La partecipazione dei giovani contribuisce inoltre alla creatività e all’innovazione; i giovani devono essere ascoltati e la loro partecipazione civile e comunitaria dovrebbe essere incoraggiata fin dalla giovane età. |
2.3. |
Il CESE raccomanda di attuare programmi per la seconda opportunità e programmi di alfabetizzazione per coloro che abbandonano prematuramente la scuola e di adottare misure volte a ridurre l’abbandono scolastico, offrendo programmi di orientamento, sostegno e protezione sociale rivolti ai giovani delle zone rurali e a quelli delle famiglie povere, al fine di facilitare l’accesso ai servizi educativi. |
2.4. |
È necessario realizzare un’istruzione, una formazione e un apprendimento permanente inclusivi e di alta qualità per garantire che tutti abbiano le conoscenze, le abilità, le competenze e la mentalità necessarie affinché l’Europa possa costruire una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente. I giovani devono disporre di competenze che consentano loro di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro (14), con particolare attenzione alle persone più vulnerabili. I lavoratori qualificati sono una componente importante per garantire la competitività europea, come riconosce anche la Commissione europea nella proposta relativa all’Anno europeo delle competenze 2023 (15), oltre alla garanzia di buone condizioni di lavoro, alla prevedibilità della carriera e all’accesso alle opportunità. La partecipazione agli istituti di istruzione dovrebbe essere incoraggiata. L’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali in relazione ai giovani dovrebbe costituire una priorità. È inoltre necessario far avanzare la riforma dell’istruzione, affrontando gli squilibri tra domanda e offerta di competenze e concentrandosi sull’apprendimento permanente, la riqualificazione e il miglioramento delle competenze (16). |
2.5. |
Il CESE chiede che l’accesso dei giovani delle zone rurali al sistema di istruzione sia facilitato garantendo le infrastrutture materiali e digitali necessarie per un processo educativo di alta qualità, in particolare nei campi dello sviluppo sostenibile e della tutela dell’ambiente. |
2.6. |
In collaborazione con le organizzazioni della società civile, il CESE incoraggia gli Stati membri a creare un accesso mirato alle scuole per le persone affette da malattie rare o che non possono frequentare la scuola per motivi medici e a garantire in via prioritaria la parità di accesso ai servizi educativi per le persone con disabilità, in modo che nessuno sia lasciato indietro. |
2.7. |
L’istruzione un fattore essenziale per il conseguimento di tutti gli altri obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Pertanto, il CESE sostiene il lavoro della Commissione europea per l’apprendimento a favore di una transizione verde e di uno sviluppo sostenibile e invita gli Stati membri ad attuare e trasformare di conseguenza l’istruzione nei loro paesi (17). |
2.8. |
Il CESE propone di introdurre sessioni di informazione e consulenza o programmi di studio volti a spiegare gli elementi di base che costituiscono parte integrante del mercato del lavoro, facendo riferimento a nozioni quali datore di lavoro, contratto di lavoro ecc., in collaborazione con le parti sociali e la società civile. A tale riguardo dovrebbero essere stanziate risorse sufficienti, in particolare per i giovani vulnerabili e per quelli soggetti a forme di occupazione atipiche. Le stesse informazioni devono essere rivolte anche ai giovani migranti al momento dell’ingresso in un paese sconosciuto, in modo da integrarli più rapidamente nella nuova società, nei suoi sistemi educativi e occupazionali e nella sua cultura. A livello più globale, ai giovani dovrebbero essere offerti maggiori mezzi per saperne di più su argomenti quali l’educazione finanziaria e, soprattutto, per avere una solida conoscenza dei loro diritti in quanto cittadini e lavoratori. Tutto ciò è importante per aiutare i giovani a prepararsi alla futura vita adulta. |
2.9. |
Il CESE ha già sottolineato che anche l’imprenditorialità può svolgere un ruolo fondamentale per migliorare la competitività, l’innovazione e il benessere e per lo sviluppo di un’economia sociale e verde, tanto più nel contesto della ripresa post-pandemia. Incentivare la formazione all’imprenditorialità, al fine di sviluppare competenze imprenditoriali, potrebbe costituire un metodo per creare percorsi professionali, in particolare per i giovani (18). |
2.10. |
Il CESE incoraggia l’individuazione di soluzioni adeguate a livello nazionale per garantire il controllo dei prezzi degli affitti al fine di agevolare la mobilità a fini educativi o professionali, nonché l’attuazione di un programma di edilizia sociale per i giovani, in particolare nelle grandi città e nei centri di sviluppo economico. |
2.11. |
Il CESE chiede che ai giovani, in particolare a quelli provenienti dalle zone rurali, sia garantito un migliore accesso a servizi sanitari di buona qualità, aumentando il numero di unità ospedaliere o di siti mobili che forniscono servizi medici di base e realizzando campagne di sensibilizzazione negli istituti di istruzione incentrate su temi quali la prevenzione degli infortuni, i disturbi alimentari, la salute mentale, l’educazione sanitaria generale e la salute riproduttiva, che sono temi importanti. Dovrebbero essere messi a punto programmi di ricerca specifici per aiutare i giovani a combattere le malattie (come il cancro), in quanto le cure concepite per gli adulti spesso non sono adatte a loro. |
2.12. |
Tramite la collaborazione con le organizzazioni della società civile, il CESE chiede di intensificare e proseguire gli sforzi a favore di azioni riguardanti l’educazione stradale, la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, il bullismo e l’incitamento all’odio, il consumo di tabacco, alcol e droghe, da realizzare nelle scuole e con il coinvolgimento dei giovani e della società civile. |
2.13. |
Il CESE raccomanda di garantire che i giovani abbiano accesso a sistemi formali di rappresentanza nei rapporti con gli attori interessati del mercato del lavoro e riguardo alla libertà di associazione e al diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro di costituire e aderire a organizzazioni di loro scelta per tutti i giovani, in particolare quelli che non hanno lavoro o che hanno un lavoro precario. |
2.14. |
Il CESE chiede che la capacità delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile sia rafforzata al fine di rappresentare i giovani, di agevolare il processo di transizione dalla scuola alla vita lavorativa attiva e di coinvolgere le organizzazioni giovanili all’interno delle istituzioni di dialogo sociale, della contrattazione collettiva e delle organizzazioni tripartite che hanno responsabilità riguardanti il mercato del lavoro. |
2.15. |
Il CESE raccomanda di ammodernare e rafforzare le istituzioni attive sul mercato del lavoro, al fine di adeguare i servizi che esse forniscono alle specificità dei giovani e di renderli facilmente accessibili e utilizzabili, dinamici e meno burocratici. |
2.16. |
Il CESE chiede che sia garantito un trattamento equo in termini di pari opportunità tra donne e uomini, ma anche dei giovani rispetto ad altre categorie di età, facendo riferimento in questo caso alle retribuzioni, alle condizioni di lavoro, alla formazione e alle possibilità di carriera. Il lavoro dei tirocinanti, in particolare dei giovani, non dovrebbe comportare sfruttamento e non dovrebbe essere uno strumento per eludere le norme che disciplinano i rapporti di lavoro. I tirocini non retribuiti o non compensati possono avere un impatto molto negativo sull’esperienza dei giovani riguardo il mercato del lavoro (19) e devono essere vietati (20). La rappresentanza dei giovani dovrebbe essere ulteriormente rafforzata. |
2.17. |
Il CESE ritiene che sia necessario sostenere l’economia sociale, in quanto questo settore assiste attivamente i giovani socialmente emarginati e altri soggetti vulnerabili, in particolare attraverso misure volte a rafforzare l’autostima, la comunicazione ecc. |
2.18. |
Il CESE ritiene che il contesto creato dalla pandemia a causa della scarsa accessibilità dei servizi sanitari richieda maggiori sforzi al fine di aiutare i giovani a individuare i segni di problemi di salute e benessere mentale e di promuovere informazioni corrette sul maggior numero possibile di canali, per individuare le informazioni veritiere in contrasto con le false promesse di aiuto/sostegno, anche utilizzando strumenti sanitari a tale riguardo. |
2.19. |
Il CESE chiede che i sistemi di protezione sociale e la legislazione sul lavoro siano riformati per adeguarli alle nuove realtà e forme di lavoro e per garantire che i successivi cambiamenti nel campo del lavoro possano essere adattati e regolamentati più rapidamente in futuro, nel pieno rispetto dei modelli nazionali di relazioni industriali e dell’autonomia delle parti sociali. |
2.20. |
Il CESE propone che i sistemi pensionistici e i sistemi di protezione sociale siano riagganciati alle realtà economiche e sociali dei giovani e siano equi, inclusivi e adattati alla realtà del mercato del lavoro, garantendo la protezione dei giovani che praticano nuove forme di lavoro o che sono disoccupati. Posti di lavoro di qualità per tutti i giovani devono costituire una priorità. |
2.21. |
Il CESE sottolinea che il periodo della pandemia di coronavirus ha dimostrato che, oltre alla stabilità e alla prevedibilità dell’occupazione, sono importanti le questioni relative alla salute e alla sicurezza, compresi i rischi psicosociali. È necessario avviare un dialogo con i giovani su come prevenire i problemi in quest’ambito in futuro. La disponibilità di diverse forme di occupazione basate su norme di stabilità e di qualità è importante per agevolare la partecipazione dei giovani al mercato del lavoro. Sono inoltre necessarie misure per rafforzare il controllo delle condizioni di lavoro dei giovani, compreso il rafforzamento delle ispezioni sul lavoro. |
2.22. |
Il CESE chiede di proteggere i diritti dei giovani e di garantire la protezione sociale attraverso l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, tutelando il diritto alla vita privata e preservando lo spazio per la negoziazione collettiva. È opportuno incoraggiare l’individuazione di soluzioni per facilitare un’adeguata flessibilità dell’orario di lavoro per agevolare la conclusione degli studi. |
2.23. |
Il CESE chiede di prevedere maggiori sinergie tra i diversi strumenti dedicati ai giovani, come la garanzia per i giovani e la garanzia per l’infanzia. Ai giovani dovrebbe essere fornita una reale garanzia che offra loro prospettive di carriera prevedibili. I finanziamenti pubblici a sostegno dei giovani nel mercato del lavoro non dovrebbero contribuire alla precarietà, e il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile nell’assistenza ai giovani nel mercato del lavoro dovrebbe rimanere una priorità. |
2.23.1. |
Il CESE mira a garantire che sia organizzata un’assistenza alternativa adeguata e di alta qualità per tutti i minori e i giovani privi di un’adeguata assistenza genitoriale e, dato che le relazioni familiari sono ancora più importanti in queste circostanze, che le sorelle e i fratelli siano autorizzati a rimanere uniti, a meno che ciò non sia contrario al loro interesse superiore. Più in generale, è importante che i meccanismi di sostegno non cessino bruscamente quando i giovani compiono 18 anni. |
2.24. |
Il CESE sottolinea la necessità di affrontare adeguatamente le sfide economiche, sociali e ambientali generate dall’attuale modello economico, in particolare per i giovani. Ciò dovrebbe essere fatto tenendo presente che per rendere le nostre società più verdi, eque, inclusive, sostenibili e incentrate sul benessere bisogna partire dall’interesse dei giovani in quanto pilastro fondamentale per il futuro. I giovani dovrebbero essere un tema/un obiettivo trasversale negli investimenti dei fondi SIE. |
2.25. |
Il CESE ritiene necessario garantire che i giovani abbiano la possibilità di farsi una famiglia. Un’intensificazione degli sforzi tesi a motivare i giovani a costruire una famiglia e ad avere figli è fondamentale per la stabilità e il futuro dell’Europa. È pertanto essenziale garantire l’accesso agli alloggi, ai servizi di assistenza all’infanzia e al sostegno sociale flessibile mediante la creazione di un apposito programma specifico dell’UE. |
2.26. |
Il CESE chiede con forza che alle giovani generazioni sia messo a disposizione uno spazio pubblico veramente democratico e pluralistico per esprimere le loro opinioni senza timore di essere oggetto di esclusione o di odio. Allo stesso tempo, è estremamente importante sviluppare le conoscenze e la consapevolezza in merito alla manipolazione delle informazioni e alla disinformazione. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/speech_21_4701.
(2) https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_21_5226.
(3) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell’UE per la gioventù» [COM(2018) 269 final] (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 142).
(4) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell’Unione europea» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 44).
(5) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Responsabilizzare i giovani per realizzare lo sviluppo sostenibile attraverso l'istruzione» (GU C 100 del 16.3.2023, pag. 38).
(6) Relazione informativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Parità di trattamento dei giovani nel mercato del lavoro» (in corso di elaborazione).
(7) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Come garantire un lavoro dignitoso ai giovani e assicurare l’inclusione dei NEET attraverso un’adeguata elaborazione dei piani nazionali per la ripresa» (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 27).
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Politiche per la gioventù nei Balcani occidentali» (GU C 443 del 22.11.2022, pag. 44).
(9) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Valutazione d'impatto dell'UE dal punto di vista dei giovani» (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 46).
(10) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo dei giovani 2022 [COM(2021) 634 final — 2021/0328 (COD)] (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 122).
(11) Safeguarding civic space for young people in Europe (youthforum.org).
(12) Ad esempio, parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell’UE per la gioventù» [COM(2018) 269 final] (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 142) parere del Comitato economico e sociale europeo su «Verso un coinvolgimento strutturato dei giovani a favore del clima e della sostenibilità nel processo decisionale dell’Unione europea» (parere d’iniziativa) (GU C 429 dell' 11.12.2020, pag. 44), parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo dei giovani 2022 [COM(2021) 634 final — 2021/0328 (COD)] (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 122), parere del Comitato economico e sociale europeo sulla valutazione d’impatto dell’UE dal punto di vista dei giovani (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 46).
(13) Sistema di cogestione del Consiglio d'Europa.
(14) Cfr. il parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Come promuovere, sulla base dell'istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l'Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente» (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 27), punti 1.2 e 2.3.
(15) Al via i lavori sull'Anno europeo delle competenze (europa.eu).
(16) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Parità di trattamento dei giovani nel mercato del lavoro» (in corso di elaborazione).
(17) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Responsabilizzare i giovani per realizzare lo sviluppo sostenibile attraverso l'istruzione» (GU C 100 del 16.3.2023, pag. 38).
(18) Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo «Contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2023» (GU C 443 del 22.11.2022, pag. 1), punto 4.14.
(19) Relazione informativa del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Parità di trattamento dei giovani nel mercato del lavoro» (in corso di elaborazione).
(20) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Come garantire un lavoro dignitoso ai giovani e assicurare l’inclusione dei NEET attraverso un’adeguata elaborazione dei piani nazionali per la ripresa» (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 27), punto 1.9.
PARERI
Comitato economico e sociale europeo
574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/8 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Investimenti basati sul genere nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/02)
Relatrice: |
Cinzia DEL RIO |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
8.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
163/5/14 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE ribadisce che solo una maggiore e migliore convergenza economica e sociale dell’Unione europea potrà contribuire ad assicurare la piena parità di genere e la promozione delle pari opportunità facendo perno su azioni e strategie in linea con il Pilastro europeo dei diritti sociali. |
1.2. |
Il CESE mette in evidenza che la maggior parte dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) sono stati redatti dagli Stati membri senza una valutazione ex ante relativa all’impatto dei singoli investimenti per rimuovere le diseguaglianze di genere e agevolare l’accesso e il mantenimento delle donne nel mercato del lavoro. Solo un esiguo numero di Stati ha adottato un approccio strategico attraverso misure e riforme specifiche e trasversali ai sei assi di investimento previsti dal PNRR. La metodologia adottata dalla Commissione europea (CE) si basa, infatti, su una valutazione di impatto della performance degli interventi attivati. A tal fine il CESE raccomanda che la CE in fase di valutazione adotti indicatori specifici comparabili per misurare i miglioramenti sull’uguaglianza salariale, accesso al mercato del lavoro, la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, la promozione dell’autoimprenditorialità femminile. |
1.3. |
Tra le misure presenti nei PNRR vi sono azioni dirette e indirette, con impatto diverso nel breve o medio-lungo periodo, per incoraggiare l’accesso e il mantenimento delle donne nel mondo del lavoro, ma in un quadro frammentato e disomogeneo tra paesi. Il CESE ritiene prioritario che, in fase di implementazione dei PNRR, si rafforzino sia le azioni dirette che quelle indirette, per le quali si dovranno trovare canali di investimento certi e duraturi con una programmazione delle risorse anche nel medio-lungo periodo. |
1.4. |
Tra le azioni dirette per favorire l’occupazione femminile il CESE ritiene che gli incentivi per la creazione di posti di lavoro stabili e di qualità per le donne dovrebbero essere privilegiati rispetto ad altri incentivi occasionali e dovrebbero essere esclusi dalla carta degli aiuti di Stato. |
1.5. |
Il CESE auspica il rafforzamento della clausola di premialità per le imprese che promuovono occupazione femminile con l’estensione a tutti i progetti di appalti pubblici e una regolamentazione dei bandi pubblici di gara per i soggetti attuatori con una esplicita indicazione di obiettivi di parità di genere. |
1.6. |
Il CESE valuta positivamente gli interventi di accompagnamento e supporto all’autoimprenditorialità previsti in alcuni PNRR e auspica che il sostegno riguardi anche interventi di formazione finanziaria e manageriale e accesso agli strumenti finanziari. |
1.7. |
Come indicato dalla comunicazione della CE sulla parità di genere, il CESE ritiene importante nell’attuazione dei PNRR agire sul fronte fiscale agevolando fiscalmente la seconda fonte di reddito familiare per le famiglie a basso reddito e il reddito delle famiglie monogenitoriali meno abbienti. |
1.8. |
Tra le azioni indirette nei PNRR vi sono gli investimenti nei servizi dell’infanzia e di cura. Il CESE ritiene prioritario investire risorse nei servizi di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura di lungo periodo, implementare i servizi integrativi e rendere accessibili questi servizi ai nuclei familiari a basso reddito. |
1.9. |
Il CESE ritiene non più rinviabili investimenti specifici per incentivare la partecipazione femminile agli istituti tecnici e scientifici e ai corsi universitari tecnico-scientifici (STEM), che possano favorire l’occupazione femminile anche in settori oggi a prevalente presenza maschile, con una visione nel medio-lungo periodo. |
1.10. |
Il CESE raccomanda una programmazione coordinata e complementare dei PNRR con tutte le altre risorse e programmi comunitari a partire dalle risorse e programmi per la coesione e zone rurali. La valutazione della CE nel quadro del Semestre europeo con raccomandazioni specifiche per paese dovrebbe tener conto di questi obiettivi in un’ottica di genere con nuovi indicatori trasparenti e accessibili, comparabili tra paesi e declinati per genere. |
1.11. |
Il CESE raccomanda che il bilancio di genere a tutti i livelli della pubblica amministrazione diventi un adempimento obbligatorio previsto nella fase del Semestre europeo. |
1.12. |
Dai dati disponibili si rileva che le parti sociali e le organizzazioni della società civile sono state coinvolte in modo modesto e occasionale nella maggior parte dei paesi. Il CESE raccomanda il loro pieno coinvolgimento nell’attuazione, monitoraggio e valutazione dei PNRR sia a livello europeo che a livello nazionale e locale. |
2. Introduzione
2.1. |
Il presente parere intende evidenziare le riforme e gli investimenti che hanno un impatto sulla promozione della parità di genere previsti dagli Stati membri nei PNRR, sulla base delle informazioni disponibili che sono aggiornate anche dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo (PE) e dalla presidenza dell’Unione europea. Da segnalare che l’EIGE (European Institute for Gender Equality) sta conducendo uno studio sull’uguaglianza di genere e l’integrazione della dimensione di genere nella ripresa dalla COVID-19 per la presidenza svedese del Consiglio dell’UE nel 2023 (1) proprio sulle misure previste nei PNRR con un approccio di genere in tutte le fasi che li compongono, dalla programmazione all’implementazione e alla valutazione e a quanto gli Stati membri abbiano considerato la parità come leva per la ripresa. |
2.2. |
In data 21 luglio 2020 il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni, ha adottato il piano Next Generation EU unitamente al quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP 2021-2027). Il QFP e NGEU indicano tra gli obiettivi la promozione delle pari opportunità garantendo che le attività e le azioni dei programmi e degli strumenti pertinenti integrino la prospettiva di genere e possano effettivamente contribuire alla realizzazione della parità, in linea con la strategia europea. |
2.3. |
Con il regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) viene istituito il dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF), che mira a sostenere la ripresa dopo la pandemia, a promuovere la coesione e a investire nella transizione verde e digitale. Nel regolamento viene espressamente previsto che i PNRR dovranno promuovere la parità di genere. Il CESE condivide le indicazioni del regolamento sull’importanza di azioni mirate alla lotta alle diseguaglianze di genere perché in linea con gli obiettivi del Pilastro europeo dei diritti sociali. |
2.4. |
La CE, nella sua comunicazione sulla strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 (AGS 2021) del 17 settembre 2020, delineava le linee guida del dispositivo RRF invitando gli Stati membri a prestare particolare attenzione ai gruppi svantaggiati, alle donne e ai giovani che entrano nel mercato del lavoro, creando opportunità di lavoro di qualità. |
2.5. |
Nel regolamento delegato UE del 28 settembre 2021 vengono stabiliti gli indicatori comuni e gli elementi dettagliati del quadro di valutazione della ripresa e della resilienza con l’individuazione di 14 indicatori. Degli indicatori individuati soltanto quattro hanno una declinazione specifica per genere (3). Manca ad esempio una declinazione di genere negli indicatori 6 e 9 relativi alle imprese a conduzione femminile beneficiarie di un sostegno. |
2.6. |
La guerra in Ucraina, a seguito dell’aggressione russa, ha segnato un rallentamento significativo con prospettive di crescita caratterizzate dall’incertezza soprattutto sull’approvvigionamento delle risorse energetiche e l’impennata dei costi, fattori che condizionano la ripartizione delle spese e degli investimenti nei bilanci nazionali. Tale situazione di incertezza avrà effetti anche sull’implementazione dei PNRR. |
2.7. |
Il mondo del lavoro e la società nel suo insieme provano ad emergere dalla crisi guardando ad una ripresa economica e sociale di lungo periodo, sulla quale si basano i PNRR, che non può prescindere dall’adozione di un quadro di riferimento orientato al genere per affrontare e superare le diseguaglianze e i divari di genere che la crisi della COVID-19 ha ampliato, purtroppo, in alcuni settori produttivi, in gruppi della popolazione e in alcune realtà territoriali (4). |
3. Contesto, preparazione del finanziamento e risorse allocate nei PNRR
3.1. |
La CE ha presentato a luglio scorso al PE e al Consiglio una relazione di riesame sull’attuazione del dispositivo in cui si affrontano anche le disuguaglianze tra donne e uomini (5). Nella relazione di luglio si indica lo stato di avanzamento dei contributi ricevuti dagli Stati membri sulla base dei PNRR presentati, dal quale emergono le priorità di indirizzo dei 25 PNRR analizzati sulla base dei 6 assi di intervento dell’RRF (6). |
3.2. |
La gran parte delle misure proposte dagli Stati membri ha obiettivi trasversali e non necessariamente mirati specificatamente alla parità di genere; su 129 misure proposte, al momento solo 13 sono state avviate con investimenti. Non tutti gli Stati membri hanno previsto riforme e risorse rivolte esplicitamente alle sfide legate al genere oppure indicanti le donne come beneficiari. Così come sono deboli le misure innovative in settori contraddistinti da una bassa occupazione femminile (7). Molto si concentra nei servizi per l’infanzia, di cura e istruzione. Dalla relazione della CE si evince di fatto che i PNRR che prevedono un approccio strategico attraverso misure e riforme mirate alla parità di genere si trovano solo in pochi paesi. |
3.3. |
Altri Stati membri hanno privilegiato alcuni assi, quali le misure per la coesione sociale e territoriale, con un focus sulle pari opportunità, che spesso assorbe anche l’obiettivo della parità di genere; oppure le misure rivolte a gruppi vulnerabili, che spesso includono donne e giovani. Infine, le misure per accompagnare la transizione verde e digitale con un focus sulla formazione, che vede le donne, in alcuni paesi, in ritardo rispetto all’equo accesso ai programmi di formazione e riqualificazione. Da notare che la gran parte dei paesi membri non ha identificato nei PNRR la violenza di genere tra le sfide nel quadro delle misure a sostegno della parità di genere. |
3.4. |
I PNRR sono stati costruiti con una valutazione ex ante a livello nazionale della situazione economica e sociale, in linea generale con priorità di spesa già impostate che non hanno tenuto conto della dimensione di genere sia in termini di risorse stanziate, sia esaminando i contenuti dei progetti di investimento presentati. La proposta iniziale di regolamento dell’RRF della CE non prevedeva nessun riferimento alla parità di genere come obiettivo e non menzionava le donne come gruppo specifico di beneficiari. Solo successivamente, sulla base delle pressioni del partenariato economico e sociale e delle organizzazioni della società civile, è stata introdotta, nel regolamento pubblicato nel febbraio 2021, una dimensione di genere nei PNRR. Questo è anche il motivo per cui la dimensione di genere e il bilancio di genere non sono presenti in tutti i PNRR, ma solo in quelli che avevano originariamente stabilito una qualità di spesa e investimento orientata al genere. |
3.5. |
Il RRF prevede che gli Stati membri indichino come i PNRR affrontano le diseguaglianze di genere, ma la valutazione di impatto sarà fatta solo considerando la performance degli interventi adottati. Quindi è importante che la CE in fase di valutazione misuri l’efficacia delle azioni e investimenti previsti coinvolgendo le parti economiche e sociali e le organizzazioni della società civile, utilizzando indicatori specifici comparabili. I dati finora raccolti non riflettono la situazione reale a livello nazionale. Pertanto, è difficile oggi dire quale sia l’impatto di alcune misure per contrastare le discriminazioni di genere, soprattutto di quelle trasversali, sui sei pilastri. |
3.6. |
Dalle risorse allocate per i PNRR non è possibile oggi avere un quadro chiaro degli investimenti sostenuti non solo con l’RRF, ma anche con risorse nazionali pubbliche e private complementari, mirati esclusivamente alla parità di genere nei vari ambiti del mondo del lavoro e della società. La quantificazione delle risorse allocate sarà possibile solo nella fase attuativa. |
3.7. |
Secondo la relazione della CE relativa a misure specifiche sulla parità di genere previste nei PNRR, comunque, la percentuale delle azioni è molto variabile, dall’11 % allocato dalla Svezia a meno dell’1 % della Croazia, con diversi paesi al di sotto del 2 %, ma sarebbe necessario anche considerare l’impatto delle misure indirette previste nei PNRR e di quelle dirette e indirette previste con risorse comunitarie di NGEU, complementari ai PNRR, quale ad esempio REACT-EU e FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale). |
3.8. |
In base alla relazione della CE e alle prime informazioni raccolte dall’EIGE, il quadro che emerge è frammentato e non omogeneo tra paesi. Non tutti i paesi hanno dati disaggregati per genere, nonostante siano stati sollecitati dalla CE, in modo tale che la stessa CE possa riferire periodicamente e puntualmente sulla spesa legata al genere nei PNRR sulla base di alcuni elementi comuni. |
3.9. |
Non essendo rese disponibili da tutti gli Stati membri analisi approfondite per genere ex ante l’elaborazione dei PNRR, manca una valutazione di impatto delle misure sull’occupazione aggiuntiva e di qualità e sui posti di lavoro qualificati. La parità di genere è stata considerata un principio trasversale generico da 14 paesi (8); solo la Spagna ha indicato il criterio dell’integrazione di genere (gender mainstreaming) in tutto il PNRR. L’Italia ha introdotto misure specifiche per la parità di genere ed elaborato l’impatto delle misure anche in termini di maggiore occupazione, ma permangono delle perplessità sulla loro reale efficacia e sulla qualità degli interventi (9). In altri paesi, per favorire le pari opportunità di genere, sono state previste misure indirette quali gli investimenti per le conciliazioni vita-lavoro, investimenti nei servizi di cura, incentivazione della formazione STEM, il miglioramento delle condizioni di lavoro e la formazione, che avranno un impatto nel medio-lungo periodo, ma non quantificabile oggi. Accanto a questi investimenti alcuni Stati membri hanno previsto interventi diretti, quali incentivi alle assunzioni e agevolazioni per l’imprenditorialità femminile. |
3.10. |
Una particolare attenzione è stata rivolta da alcuni paesi agli appalti di genere (10) (gender procurement) con misure di condizionalità per l’assunzione di donne e giovani nei contratti pubblici stipulati con le risorse del PNRR. Sarebbe auspicabile una regolamentazione dei bandi pubblici di gara per i soggetti attuatori con una esplicita indicazione di obiettivi di parità di genere. |
3.11. |
Tra i PNRR innovativi in questo campo si citano a titolo esemplificativo i PNRR di Spagna, Italia e Francia. Il PNRR spagnolo ha assunto un impegno significativo stabilendo che tutte le procedure amministrative pubbliche devono avere una prospettiva di genere. Il PNRR italiano ha introdotto le linee guida sulle pari opportunità nei contratti finanziati dal PNRR, che prevedono l’applicazione di misure premiali e modelli di clausole all’interno dei bandi di concorso, differenziati in base a settore, tipologia e natura del progetto, con l’obbligo di riservare il 30 % delle assunzioni funzionali all’attuazione del contratto ai giovani con meno di 36 anni e alle donne, nonché la certificazione della parità di genere da parte delle imprese. Il PNRR francese ha, invece, stabilito l’introduzione di nuovi indicatori per le imprese per calcolare la parità professionale e la progressione attraverso un piano di azione, mentre quelli irlandese e croato assegnano premialità di finanziamento a quelle imprese che fanno propri dei criteri sulla promozione della parità di genere (11). |
3.12. |
La relazione della CE di luglio 2022 mette in evidenza come il confronto con le parti economiche e sociali e le organizzazioni della società civile durante la preparazione dei PNRR sia stato decisamente modesto e occasionale. Forte preoccupazione è espressa dagli attori sociali e dalle altre organizzazioni della società civile in merito alla partecipazione nella fase di implementazione e di monitoraggio delle azioni. In particolare, gli esperti che si occupano di questioni di genere rilevano (12) che, senza dati certi, comparabili, mirati, disaggregati per genere, ma soprattutto di qualità e in grado di coprire diverse aree e settori, risulterà difficile valutare l’impatto delle misure. Il CESE raccomanda fortemente che le parti sociali e le organizzazioni della società civile che si occupano della promozione delle pari opportunità siano coinvolte maggiormente sia dalle istituzioni europee sia dalle istituzioni nazionali e regionali nell’attuazione, valutazione e monitoraggio dei PNRR. |
4. Valutazioni di contesto dei PNRR
4.1. |
Il CESE sottolinea l’importanza di attuare l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’ONU, che pone il raggiungimento della parità di genere (gender equality) tra i 17 obiettivi, unitamente agli obiettivi indicati dalla comunicazione della CE Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025 (13) nell’ambito dell’uguale partecipazione ai diversi settori economici e del divario retributivo tra donne e uomini. |
4.2. |
La strategia per la parità di genere comprende le politiche e le azioni volte al contrasto di qualunque forma di discriminazione e diseguaglianza anche rispetto alla comunità LGBTIQ (14) e deve essere un punto di riferimento per l’attuazione dei PNRR. Il CESE sottolinea l’importanza di mettere in atto azioni chiave, condivise con tutte le parti, volte a garantire pari partecipazione e opportunità nel mercato lavorativo, ridurre il gap salariale a parità di ruolo e il mancato accesso alle posizioni lavorative ad alti livelli dirigenziali, nonché l’acquisizione di un equilibrio di genere nel processo decisionale e politico. Il CESE sollecita una rapida adozione e implementazione della direttiva sulla trasparenza salariale (15) — che indica strumenti e azioni a livello nazionale per affrontare e colmare il gap — e richiama ad una stretta vigilanza delle cause e responsabilità. |
4.3. |
L’obiettivo della migliore partecipazione delle donne al mercato del lavoro deve essere affrontato in modo strutturale e globale, tenendo in considerazione le variabili di natura economica, educativa, geografica, sociale e culturale, anche nelle zone remote e rurali. In tal senso occorre adottare un approccio integrato, mettendo a sistema il contributo di tutte le istituzioni europee, nazionali e regionali con meccanismi efficaci di dialogo sociale con tutti gli attori e ai vari livelli. |
4.4. |
Per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il CESE rileva l’urgenza che tutti gli Stati membri implementino al più presto la direttiva sull’equilibrio tra attività professionale e vita familiare [direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio (16)], che introduce norme in materia di congedi per motivi familiari e modalità di lavoro flessibili per i lavoratori e promuove un’equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra i genitori, aiutando a rimuovere gli ostacoli che impediscono la libera scelta alla maternità e genitorialità delle famiglie. |
4.5. |
Le raccomandazioni specifiche per paese (CSR) del 2019 e 2020, nel quadro del Semestre, sulle azioni da intraprendere per ridurre le diseguaglianze di genere, hanno spinto alcuni Stati membri ad incorporare una dimensione di genere nei PNRR (17), ma, purtroppo, in un quadro di azioni frammentato tra i vari paesi. |
4.6. |
A seguito della pandemia e dell’impatto sulla condizione femminile, le CSR sono state sporadiche e occasionali. Nel 2022 solo tre paesi, Austria, Germania e Polonia, hanno avuto CSR relative alla partecipazione femminile nel mercato del lavoro e al funzionamento dei servizi per l’infanzia, mentre altri 22 paesi hanno ricevuto CSR relative a gruppi svantaggiati (18), che hanno portato a misure indirette sull’occupazione o condizione femminile, difficili da quantificare. Il CESE rileva che, alla luce dei dati sull’impatto della crisi della COVID-19 sulla condizione economica e sociale delle donne, sarebbero state auspicabili delle CSR specifiche in materia di parità di genere per sollecitare una programmazione coerente ex ante nei PNRR, anche con investimenti mirati. |
4.7. |
L’EIGE sottolinea in diversi report la distribuzione iniqua dei carichi familiari soprattutto nell’assistenza all’infanzia e nei servizi di cura di lungo periodo per anziani e persone con disabilità (19). Tali responsabilità rappresentano una delle principali ragioni del basso livello di partecipazione delle donne al mercato del lavoro (20). Con il lockdown e la chiusura delle scuole la situazione è peggiorata. In questo contesto è da rilevare che molti PNRR riconoscono il rapporto tra servizi di cura non retribuiti e misure di conciliazione vita-lavoro e hanno introdotto misure specifiche privilegiando il potenziamento dei servizi per l’infanzia (21). |
4.8. |
Tali servizi devono essere resi accessibili anche alle famiglie meno abbienti rivedendo i criteri delle tariffe per agevolare la loro fruizione da parte di tutti. Una particolare attenzione dovrebbe essere rivolta a favorire il tempo pieno in tutte le scuole di ogni ordine e grado, con attività scolastiche ed extrascolastiche, e di implementare i servizi integrativi nelle scuole dell’infanzia, quali il pre e post scuola, e di potenziare l’offerta pubblica dei centri estivi per ragazze e ragazzi. Queste rappresentano misure indirette che devono trovare canali di investimento certi e duraturi, che purtroppo non si rilevano nei PNRR con una programmazione delle risorse nel medio-lungo periodo. |
4.9. |
Il CESE auspica azioni di formazione degli operatori dei centri per l’impiego finalizzate all’orientamento in ottica di genere per formare e diffondere una cultura priva di stereotipi di genere. Contestualmente, è importante la promozione di partenariati tra imprese e operatori nel lavoro e nella formazione per favorire l’inserimento delle donne nei settori a prevalente occupazione maschile. |
4.10. |
Il CESE condivide l’idea di privilegiare gli incentivi per le imprese che assumono donne destinatarie di politiche attive, con contratti di lavoro stabili e buone condizioni lavorative. Inoltre, sono importanti incentivi per interventi di accompagnamento e supporto all’autoimprenditorialità anche attraverso il sostegno mirato per interventi di formazione finanziaria e manageriale e accesso agli strumenti finanziari (22). |
5. Valutazioni specifiche
5.1. |
La crisi ha colpito duramente le donne, che spesso si trovano nella condizione di accettare lavori anche dequalificanti. Inoltre, il part-time involontario è una condizione sempre più diffusa tra le lavoratrici. Per invertire la tendenza e per aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e favorire un’occupazione di qualità e qualificata, è prioritario rafforzare nei PNRR le misure dirette e indirette. |
5.2. |
Per ridurre i divari di genere, il CESE raccomanda una programmazione coordinata e complementare dei PNRR con tutte le altre risorse e programmi comunitari a partire dalle risorse e programmi per la coesione. |
5.3. |
Le differenze e le diseguaglianze di genere esistenti rendono le politiche pubbliche non neutrali rispetto al genere, per questo è importante che tutte le istituzioni, sia europee che nazionali e locali, adottino il bilancio di genere quale documento complementare alle politiche fiscali. A tal fine il CESE raccomanda che il bilancio di genere sia un adempimento obbligatorio previsto nella fase del Semestre europeo (23). |
5.4. |
Il CESE mette in guardia dal rischio che il dispositivo RRF, così come congegnato, possa aumentare le disparità in alcuni settori produttivi quali il green e il digitale. Sebbene la parità di genere sia una priorità trasversale, senza interventi specifici e misurabili per promuovere l’occupazione femminile, anche in termini di alte qualifiche in settori contraddistinti da una forte occupazione femminile, il rischio è quello di ampliare ancora di più il divario occupazionale di genere con il rischio di una ulteriore segregazione delle donne in attività meno remunerative. |
5.5. |
I PNRR dovrebbero prevedere indicatori comparabili per misurare i miglioramenti sull’uguaglianza salariale, accesso al mercato del lavoro per settori, conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, credito agevolato, incentivi per la promozione dell’autoimprenditorialità e autoimpiego femminile. |
5.6. |
Gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato delle donne dovrebbero essere privilegiati rispetto ad altri incentivi e dovrebbero essere esclusi dalla carta degli aiuti di Stato. |
5.7. |
Migliorare la conciliazione dei tempi di lavoro e di cura rappresenta uno dei principali obiettivi per fare esprimere pienamente il potenziale delle donne nel mondo del lavoro e migliorare la produttività delle imprese. A tal fine il CESE ritiene prioritario investire risorse nei servizi di conciliazione del lavoro e di cura non solo con servizi integrativi nelle scuole dell’infanzia e promuovendo la progressiva gratuità dei servizi educativi 0-3 anni per i nuclei familiari a basso reddito, ma anche potenziando gli investimenti per implementare i servizi di assistenza e cura di lunga durata. |
5.8. |
Il raggiungimento degli obiettivi nei servizi di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura deve essere supportato da assunzioni delle professionalità specifiche e dalla necessità di formazione continua per tutti gli operatori in questi servizi, oggi a prevalenza femminile. |
5.9. |
Il CESE segnala l’importanza dell’estensione a tutti gli appalti pubblici della clausola di premialità per l’occupazione femminile, così da sostenere le imprese che si impegnano a creare lavoro stabile, rafforzare l’inclusione sociale e ridurre i divari occupazionali di genere. |
5.10. |
Il divario di genere nelle materie scientifiche è molto presente e si radica sin dai primi cicli di istruzione. Purtroppo, solo alcuni PNRR hanno previsto misure per accrescere la partecipazione femminile agli istituti tecnici e scientifici e ai corsi universitari tecnico-scientifici (STEM). Occorrono, quindi, investimenti specifici per piani formativi per incentivare la partecipazione delle ragazze al mondo scientifico, così come nel campo della ricerca e sviluppo, nonché investimenti e nuove forme di sostegno a progetti mirati, al fine di garantire l’incremento della partecipazione femminile ad attività innovative. Questi interventi avranno un impatto positivo nel medio-lungo periodo, quindi vanno programmati con un approccio strategico. |
5.11. |
Il CESE ritiene importante agire anche sul versante fiscale, anche su indicazione della CE (24), e sulla base della normativa nazionale attraverso agevolazioni fiscali della seconda fonte di reddito familiare, che spesso corrisponde a quella delle donne per le famiglie a basso reddito. È altresì importante agevolare fiscalmente il reddito delle famiglie monogenitoriali meno abbienti. |
5.12. |
Al di là delle misure indicate nei PNRR, il CESE propone, quali misure strategiche di accompagnamento, l’obbligo della certificazione della parità di genere per ridurre il divario di genere e per migliorare le condizioni di lavoro delle donne, affrontare il contrasto alla violenza di genere (25), diffondere, attraverso la contrattazione con le parti sociali, lo smart working e attivare un part-time volontario retribuito, secondo la prassi e la normativa nazionale, per le donne che rientrano dal periodo di maternità. |
5.13. |
Il CESE apprezza l’impostazione del lavoro della CE contenuta nella relazione, che prevede il monitoraggio delle azioni dei PNRR dei singoli paesi in un’ottica di genere. Sarà importante che le missioni della CE nei vari Stati membri prevedano un focus specifico delle misure in atto sulla parità di genere assicurando la gestione di dati trasparenti e accessibili. |
5.14. |
Il CESE raccomanda il pieno coinvolgimento delle parti economiche e sociali e della società civile nell’attuazione, monitoraggio e valutazione dei PNRR anche attraverso apposite «cabine di regia» a livello europeo e nazionale finalizzate a promuovere una programmazione coordinata delle iniziative per la parità di genere. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Studio dell’EIGE (Istituto europeo per l’uguaglianza di genere) sul tema Gender equality and gender mainstreaming in the COVID-19 recovery [Parità di genere e integrazione della dimensione di genere nella ripresa dalla COVID-19], che sarà pubblicato nel 2023.
(2) Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (GU L 57 del 18.2.2021, pag. 17).
(3) Questi indicatori specifici sono: a) ricercatori che lavorano in centri di ricerca beneficiari di un sostegno; b) numero di partecipanti in un percorso di istruzione e formazione; c) numero di persone che hanno un lavoro o che cercano un lavoro; d) numero di giovani di età compresa tra i 15-29 anni che ricevono sostegno.
(4) Nota di ricerca dell’EIGE Gender equality and the socio-economic impact of the COVID-19 pandemic [Parità di genere e impatto socioeconomico della COVID-19].
(5) COM(2022) 383 final.
(6) I Paesi Bassi hanno presentato il PNRR in ritardo rispetto ad altri paesi; il PNRR dell’Ungheria è al momento sospeso per questioni legate al rispetto dello stato di diritto.
(7) Cfr. la nota 1 e l’articolo PNRR Italia, Gender Gap e politiche per l’innovazione e la digitalizzazione nel PNRR: quali misure? di Marusca de Castris, Università degli Studi di Roma Tre, e Barbara Martini, Università di Roma Tor Vergata, settembre 2022.
(8) Cfr. la nota 1.
(9) Cfr. la nota 6.
(10) Gli appalti di genere costituiscono una strategia innovativa introdotta dalla CE per favorire gli investimenti per la parità attraverso l’introduzione di specifici requisiti o criteri premiali sensibili alla dimensione di genere per la partecipazione agli appalti o criteri di aggiudicazione che includono parametri sociali. Gli appalti di genere mirano ad aumentare la parità di genere nel mercato del lavoro, migliorare la presenza delle donne in posizioni apicali e ridurre il divario salariale.
Nel 2022 l’EIGE ha pubblicato la relazione Gender-responsive public procurement: the key to fair and efficient public spending in the EU, nella quale indica come gli appalti pubblici possono indirizzare e sostenere la parità di genere migliorando l’efficacia e qualità della spesa pubblica con studio di casi e raccomandazioni.
(11) Dati raccolti da analisi EIGE, cfr. nota 1.
(12) Briefing del PE dell’aprile 2022, Gender equality in the Recovery and Resilience Facility [Parità di genere nel dispositivo per la ripresa e la resilienza], in cui vengono espresse preoccupazioni tratte da diversi studi condotti a livello nazionale da centri di ricerca o università.
(13) Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 5 marzo 2020, COM(2020) 152 final.
(14) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità LGBTIQ 2020-2025» [COM(2020) 698 final] (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 128).
(15) La proposta di direttiva sulla trasparenza salariale è in fase di negoziato al trilogo.
(16) Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (GU L 188 del 12.7.2019, pagg. 79).
(17) Relazione del Parlamento europeo RSP e PRR — Panoramica tematica sulle questioni di genere, pubblicata nell’ottobre 2021.
(18) Cfr. la nota 14.
(19) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo dei familiari che prestano assistenza alle persone con disabilità e alle persone anziane» (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 75), che fornisce importanti raccomandazioni sulle misure da intraprendere.
(20) Relazione dell’EIGE, Gender Mainstreaming — Gender stakeholder consultation, pubblicata nel 2019.
(21) Cfr. la nota 1.
(22) Il PNRR spagnolo destina 36 milioni di EUR per aiutare donne imprenditrici di start-up; il PNRR italiano mobilita 400 milioni di EUR a sostegno della partecipazione delle donne ad attività imprenditoriali.
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Investimenti in un'ottica di genere come mezzo per migliorare la parità di genere nell'Unione europea» (GU C 100 del 16.3.2023, pag. 16), che presenta proposte per incoraggiare gli investimenti a favore dell’imprenditorialità femminile.
(23) Documento di discussione della Commissione europea sul tema Gender Budgeting Practices: Concepts and Evidence [Pratiche di bilancio di genere: concetti ed evidenze], pubblicato nel giugno 2022.
(24) Cfr. la nota 10.
(25) Gli Stati membri sono stati sollecitati a ratificare la Convenzione OIL n. 190 su violenza e molestie nei luoghi di lavoro, oggi ratificata solo da due paesi europei.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/16 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Investimenti in un’ottica di genere come mezzo per migliorare la parità di genere nell’Unione europea»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/03)
Relatrice: |
Ody NEISINGH |
Correlatrice: |
Maria NIKOLOPOULOU |
Consultazione |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
23.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
172/6/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto che, con la collaborazione di uomini e donne e creando un terreno fertile per l’imprenditoria femminile e gli strumenti finanziari e legislativi adeguati, come il bilancio di genere, possiamo creare un ecosistema finanziario inclusivo nell’UE e negli Stati membri e progredire più rapidamente verso la parità di genere. |
1.2. |
I dati, le valutazioni d’impatto e gli indicatori comuni sono essenziali per l’integrazione di genere. I dati e gli indicatori degli Stati membri e delle istituzioni a livello dell’UE richiedono un’armonizzazione al fine di contribuire ad affrontare il divario di genere. Il CESE sottolinea che l’UE dovrebbe raccogliere dati disaggregati per genere nel contesto europeo degli investimenti e integrarli nell’indice annuale sull’uguaglianza di genere. |
1.3. |
Al fine di accelerare la futura crescita dell’imprenditoria femminile, è opportuno esaminare il ruolo degli investitori informali (business angels), degli investimenti di avviamento e del «circolo di restituzione alla comunità». |
1.4. |
Il CESE è fermamente convinto che, migliorando la posizione delle donne nell’assegnazione dei fondi, si otterrà un positivo «effetto trickle down» (distribuzione capillare) che porterà a risultati finanziari e sociali migliori. |
1.5. |
Per creare un terreno fertile a favore dell’imprenditoria femminile, il Comitato ritiene importante offrire alle donne maggiori opportunità di formazione e di attività in rete, e più programmi di tutoraggio. Oltre a ciò, il CESE sottolinea l’importanza dell’istruzione nella lotta contro gli stereotipi di genere, comprese le idee stereotipate dell’imprenditore uomo, e nella creazione di una cultura imprenditoriale che prepari le donne a pensare in grande. |
1.6. |
Il CESE raccomanda agli Stati membri di garantire l’accesso alle prestazioni di maternità e alle opzioni di congedo parentale per le imprenditrici, in linea con i principi stabiliti nella raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi. |
1.7. |
Il Comitato sottolinea che gli Stati membri dovrebbero iniziare a far sì che le ragazze si interessino precocemente ai settori STEM, sostenere le imprenditrici e i modelli di ruolo femminili in questi settori e investire in programmi volti a far sì che le studentesse nelle scuole superiori siano attratte dalle discipline STEM. |
1.8. |
Il CESE raccomanda di integrare la dimensione di genere nel piano d’azione per l’economia sociale, prevedendo azioni mirate per le donne e mantenendo una prospettiva di genere come criterio nell’assegnazione dei fondi dell’UE e nazionali e negli appalti pubblici, in modo da promuovere e trattenere il talento femminile nel mercato del lavoro. |
1.9. |
Il CESE propone che la diversità dei gruppi, con un’attenzione specifica alle donne, sia un criterio per ricevere finanziamenti pubblici. È importante stabilire norme specifiche in modo da evitare il pinkwashing (1). |
1.10. |
Il CESE raccomanda che a medio termine tutte le autorità europee e gli Stati membri utilizzino gli strumenti del bilancio di genere a tutti i livelli della procedura di bilancio. Anche la partecipazione della società civile e il dialogo sociale sono fondamentali per individuare i settori che devono essere affrontati attraverso il bilancio. |
1.11. |
Persistono pregiudizi inconsci nel settore finanziario, pertanto le campagne di sensibilizzazione e la formazione in materia di pregiudizi inconsci per gli investitori e le commissioni esaminatrici sono importanti. Inoltre, il Comitato ritiene che tutte le commissioni esaminatrici delle istituzioni finanziarie europee dovrebbero raggiungere quanto prima un equilibrio dal punto di vista del genere per evitare pregiudizi omofili o basati sul principio dell’«attrazione tra simili» e ricevere anche una formazione sui pregiudizi inconsci. |
1.12. |
Il CESE suggerisce alla Commissione di pubblicare una valutazione dell’impatto di genere del bilancio annuale dell’UE da presentare come documento allegato, e di creare una task force per partecipare ai negoziati e allineare e includere gli obiettivi dell’UE in materia di integrazione della dimensione di genere nel prossimo QFP (2028-2034) e nella revisione intermedia dell’attuale QFP (2021-2027) (2). |
1.13. |
Il CESE chiede che i fondi dell’UE siano resi più accessibili alle organizzazioni femminili semplificando le procedure e fornendo sovvenzioni per la loro attività principale. |
1.14. |
Il CESE chiede infine una visione ambiziosa da parte della Commissione europea e delle istituzioni europee sul bilancio di genere e sugli investimenti in un’ottica di genere, con obiettivi concreti per quanto riguarda le donne che ricevono finanziamenti, indicatori chiave di prestazione concreti, legislazione, criteri aggiornati e programmi (intensificati) per migliorare l’imprenditorialità femminile e l’accesso ai finanziamenti (ad esempio, sovvenzioni specifiche per le donne, finanziamenti dedicati per soci accomandanti di fondi di proprietà o coproprietà femminile, garanzie sui prestiti o microfinanziamenti, piattaforme di coinvestimento, obbligazioni di genere o microcrediti). |
2. Osservazioni generali
2.1. |
L’integrazione di genere è un obiettivo fondamentale dell’Unione europea (UE), conformemente all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e all’articolo 8 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Nonostante tali obblighi giuridici di garantire la parità tra donne e uomini, i progressi verso un’efficace integrazione della dimensione di genere, in particolare per quanto riguarda i finanziamenti e i bilanci, sono stati lenti. |
2.2. |
Il presente parere intende sottolineare le sfide e le opportunità dell’imprenditorialità, degli investimenti pubblici e privati e dell’elaborazione del bilancio in relazione alla parità di genere e chiede alle istituzioni europee e agli Stati membri una visione ambiziosa in materia di investimenti in un’ottica di genere e di bilancio di genere. Tale attenzione avrà un impatto positivo sul conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile per quanto riguarda la parità di genere (OSS 5) e la riduzione delle disuguaglianze (OSS 10). È altresì importante riconoscere che, per conseguire la parità di genere, abbiamo bisogno della collaborazione sia delle donne che degli uomini nel promuovere la parità. |
2.3. |
Secondo la Commissione europea, le donne rappresentano circa il 52 % della popolazione totale in Europa, ma costituiscono il 34,4 % dei lavoratori autonomi e il 30 % dei titolari di start-up (3). |
2.4. |
I gruppi costituiti esclusivamente da uomini ricevono quasi il 92 % di tutto il capitale di rischio investito in Europa. Per quanto riguarda i finanziamenti, nelle fasi iniziali, solo l’1 % dei finanziamenti è assegnato alle imprese guidate da donne e nelle fasi successive tale quota non supera mai il 30 %, anche se i gruppi creati da donne e i gruppi misti registrano prestazioni migliori rispetto a quelli composti da uomini (4), (5), (6), (7). |
2.5. |
Nel marzo 2017 l’OCSE ha riferito che le donne sono meno propense degli uomini a dichiarare di poter accedere ai finanziamenti necessari per avviare un’attività in tutti i paesi ad eccezione di Stati Uniti, Messico, Grecia e Indonesia. Questo divario di genere può essere associato al fatto che le donne hanno livelli di esperienza inferiori e operano in settori altamente competitivi e a bassa crescita, nonché a un credit scoring basato sul sesso e a stereotipi di genere nelle valutazioni degli investimenti. Le donne, inoltre, sono spesso ostacolate da un minore accesso ai servizi finanziari di base (ad esempio, i conti correnti e di risparmio) (8). Per giunta, le lavoratrici autonome hanno maggiori probabilità di essere scoraggiate nell’assunzione di prestiti rispetto ai loro omologhi uomini. |
2.6. |
Secondo la strategia per la parità di genere 2020-2025 della Commissione europea, solo un decisore su dieci in società d’investimento in capitale di rischio e di private equity è di sesso femminile, anche se alcuni fondi privati che operano con un approccio di genere hanno il 72 % di soci donne. I risultati indicano che, in media, gli uomini costituiscono l’85 % dei soci accomandatari in società d’investimento in capitale di rischio e le donne solo il 15 %. Laddove presenti, le donne tendono a rivestire tale ruolo in fondi più piccoli. |
2.7. |
La pandemia di COVID-19 ha ampliato le disuguaglianze di genere ed economiche. In termini sociali ed economici, il coronavirus ha avuto un impatto chiaramente diverso sui generi. La pandemia di COVID-19 ha inciso anche sull’accesso delle donne ai finanziamenti. Sebbene manchino dati europei, negli Stati Uniti si è registrato persino un aumento del divario di genere già esistente nei finanziamenti di capitale di rischio per le start-up guidate da donne (9). |
2.8. |
A livello mondiale, la consapevolezza in materia di investimenti in un’ottica di genere continua a guadagnare slancio. L’ecosistema europeo degli investimenti per le imprenditrici e le fondatrici d’impresa è tuttavia ancora frammentato e manca di un approccio di genere sistemico e strategico (10). I fondi specifici per la parità di genere sono scarsi e queste iniziative non riescono ad attrarre un maggior numero di donne imprenditrici. Circa il 50 % dei finanziamenti nell’Unione europea è costituito dal denaro dei contribuenti. Uno sforzo collettivo a livello dell’UE che crei un ecosistema di finanziamento più differenziato e paritario dal punto di vista del genere, unitamente all’accompagnamento lungo l’intero processo di creazione di un’impresa, può generare consenso e contribuire a superare gli ostacoli al cambiamento. |
2.9. |
Quando parliamo di investimenti in un’ottica di genere, dobbiamo essere consapevoli di tutte le intersezioni con altre disuguaglianze che influenzano ulteriormente l’accesso ai finanziamenti, come le donne con disabilità, le donne con uno status socioeconomico basso, le giovani donne, le donne provenienti da un contesto migratorio o l’intersezione con l’orientamento sessuale, la razza ecc. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
Il CESE è fermamente convinto che, migliorando la posizione delle donne nell’assegnazione dei fondi, si otterrà un positivo «effetto trickle down» (distribuzione capillare) che porterà a risultati finanziari e sociali migliori. Quando prendono le decisioni, le investitrici di capitale di rischio hanno il doppio di probabilità di investire in gruppi fondati da donne, aumentando in tal modo l’occupazione femminile. Le start-up create da donne impiegano una quota di personale femminile pari a 2,5 volte superiore. Le imprese fondate e amministrate da donne assumono un numero di lavoratrici sei volte superiore (11). |
3.2. |
La raccolta dei dati è fondamentale per valutare la situazione attuale e definire strategie per progredire. Nonostante gli sforzi compiuti in questo senso, la Commissione, il Consiglio, l’OCSE, EuroStat e l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) raccolgono dati su diversi aspetti di genere, che tuttavia richiedono un’armonizzazione per poter contribuire ad affrontare il divario di genere. La raccolta dei dati pertinenti deve essere obbligatoria per gli Stati membri. Le metodologie e i parametri utilizzati dovrebbero essere allineati per creare una visione olistica ed essere in grado di utilizzare dati aggiuntivi (pregiudizi sociali, etnici, intersezionali ecc.) al fine di consentire il monitoraggio e la valutazione dei progressi e delle politiche. Occorre inoltre condurre studi analitici più regolari e migliorati. Il CESE sottolinea che l’UE dovrebbe raccogliere dati disaggregati per genere nel contesto europeo degli investimenti e integrarli nell’indice annuale sull’uguaglianza di genere. |
3.3. |
Altrettanto importante è esaminare le dimensioni del «ticket» (quantità di denaro investito) e il ruolo degli investitori informali (business angels) e degli investimenti di avviamento. Parimenti, occorre esaminare il «circolo di restituzione alla comunità»: le donne che ricevono investimenti crescono e iniziano a creare il proprio capitale d’investimento e a diventare esse stesse investitori informali. Ciò potrebbe costituire un fattore positivo per la crescita futura dell’imprenditoria femminile e potrebbe essere potenziato attraverso campagne di promozione mirate, volte a migliorare la comprensione globale delle opportunità e dei contributi che gli investitori informali possono apportare, unitamente a informazioni su come iniziare. Gli Stati membri potrebbero inoltre prendere in considerazione agevolazioni fiscali a sostegno di tale obiettivo. |
3.4. |
Il CESE ritiene che l’integrazione della dimensione di genere nell’UE sarà conseguita promuovendo attivamente la parità di genere in tutti i processi decisionali e di elaborazione delle politiche, comprese le politiche sociali e di coesione e la politica di concorrenza dell’UE — e nell’impiego del bilancio dell’UE. Mancano ancora i prerequisiti necessari e un effettivo monitoraggio durante l’attuazione, al fine di correggere, se necessario, le azioni politiche. Poiché sappiamo che gli effetti della pandemia di COVID-19 non sono neutri sotto il profilo del genere, il CESE ribadisce il suo invito, rivolto ai responsabili politici a tutti i livelli, a seguire il principio dell’integrazione di genere e a inserire la dimensione della parità di genere in tutte le decisioni, comprese quelle riguardanti il bilancio, gli investimenti e i finanziamenti, nonché negli appalti pubblici. Ciò comprende anche il ciclo di bilancio del QFP 2021-27 e i piani per la ripresa e la resilienza, e dovrebbe includere valutazioni dell’impatto di genere, adeguati indicatori vincolanti, nonché sistemi di monitoraggio e valutazione (12). |
3.5. |
Una recente relazione della Corte dei conti europea afferma che la Commissione ha prestato scarsa attenzione all’analisi di genere delle politiche e dei programmi esaminati. Ha fatto un uso limitato di dati e indicatori disaggregati per genere e ha pubblicato poche informazioni sull’impatto complessivo del bilancio dell’UE sulla parità di genere. Tuttavia, nei settori in cui i requisiti giuridici sono stati definiti in dettaglio, ciò ha agevolato l’integrazione della dimensione di genere nei programmi. |
4. Azioni concrete
4.1. Creare un terreno fertile per le imprenditrici
4.1.1. |
Per creare un terreno fertile a favore dell’imprenditoria femminile, il Comitato ritiene importante offrire alle donne maggiori opportunità di formazione e di attività in rete, e più programmi di tutoraggio. È fondamentale che le donne sviluppino una rete di «vecchie amiche» accanto a quella già esistente di «vecchi amici», in quanto le donne tendono ad avere reti più piccole e meno diversificate. Anche i modelli di ruolo e i mentori svolgono un’importante funzione: in uno studio condotto in Italia, il 70 % delle ragazze ha dichiarato di percepire in modo diverso il proprio futuro dopo aver incontrato un modello di riferimento. |
4.1.2. |
Le idee stereotipate sull’imprenditorialità si sviluppano già nell’istruzione primaria. Il CESE sottolinea l’importanza dell’istruzione nella lotta contro gli stereotipi di genere, comprese le idee stereotipate dell’imprenditore uomo, e nella creazione di una cultura imprenditoriale che prepari le donne a pensare in grande. In Europa esistono ancora connotazioni sociali negative attorno alla figura di imprenditrice e dirigente. Inoltre, le scuole svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle capacità finanziarie e imprenditoriali e tali competenze dovrebbero essere incluse nei programmi scolastici a partire dall’istruzione primaria e rafforzate e sviluppate in tutto il sistema scolastico. Fiere per l’imprenditoria e altri programmi in cui le donne potrebbero avere accesso al capitale di avviamento e, ad esempio, con un approccio alla partecipazione delle ragazze in ambito scientifico, sarebbero un buon modo per incoraggiare precocemente l’imprenditoria femminile. |
4.1.3. |
La «sindrome dell’impostore» descrive il fenomeno per cui le persone dubitano delle loro capacità e ritengono di non essere abbastanza brave a fare ciò che fanno. Questa sindrome è ampiamente diffusa fra le imprenditrici. Lavorare sulle capacità e sull’autostima delle donne durante tutta l’istruzione ridurrà il fenomeno e aprirà maggiori prospettive per lo sviluppo delle donne (13). |
4.1.4. |
La mancanza di tempo di cui le donne soffrono attualmente a causa delle responsabilità di assistenza non retribuite costituisce in ampia misura un ostacolo all’imprenditorialità. I cambiamenti culturali, come la responsabilità condivisa tra i partner per quanto riguarda la gestione della famiglia e la cura dei bambini e degli altri, unitamente a misure sistemiche quali l’assistenza gratuita o economicamente accessibile per l’infanzia e gli anziani, sono fondamentali. Il CESE raccomanda agli Stati membri di garantire l’accesso alle prestazioni di maternità e alle misure di congedo parentale per le imprenditrici, in linea con i principi stabiliti nella raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (14), (15). |
4.1.5. |
I programmi di formazione all’imprenditorialità rivolti alle donne tendono a concentrarsi sui mercati e sui settori in cui le donne sono già ben rappresentate. Vi sono settori in cui il numero di donne imprenditrici è gravemente carente, ad esempio nei settori dell’high-tech e della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica (STEM). Il Comitato sottolinea che gli Stati membri dovrebbero iniziare a far sì che le ragazze si interessino precocemente a tali settori, sostenere le imprenditrici e i modelli di ruolo femminili in questi settori e investire in programmi volti a far sì che le studentesse nelle scuole superiori siano attratte dalle discipline STEM. |
4.1.6. |
Anche l’attuale squilibrio di genere nel mercato del lavoro costituisce un ostacolo per gli sforzi futuri delle donne. Le donne hanno minori opportunità di acquisire un’adeguata formazione manageriale e imprenditoriale e di risparmiare per avviare un’attività. Per le giovani donne vi sono quindi maggiori ostacoli all’avvio di un’impresa. Inoltre, il divario retributivo di genere o l’assenza di una retribuzione equa possono limitare le loro risorse finanziarie. Poiché molte opportunità di finanziamento richiedono un investimento iniziale privato da parte dell’imprenditore, il CESE ritiene che colmare il divario retributivo di genere e correggere lo squilibrio di genere nel mercato del lavoro avrà un effetto positivo sull’imprenditorialità femminile. |
4.1.7. |
Le donne sono più propense ad avviare un’impresa in settori sostenibili e sociali al fine di esercitare un impatto positivo misurabile sulla società e a gestire una start-up con finalità sociali (16) (17). Le imprese che operano nel quadro dell’economia sociale pongono al centro della loro attività le esigenze economiche e sociali delle comunità e dei loro lavoratori, nonché la sostenibilità ambientale. Investono nel benessere e mettono i valori al centro della loro attività. Pertanto, l’aumento del finanziamento dei progetti di economia sociale e la promozione della creazione di ecosistemi di imprese sociali avranno un impatto positivo sull’emancipazione economica e sullo sviluppo delle donne. Analogamente, la promozione dell’imprenditorialità femminile stimolerà la crescita delle imprese sociali. Il piano d’azione per l’economia sociale della Commissione europea rileva che la presenza delle imprenditrici è più elevata nell’imprenditorialità sociale che in quella convenzionale. Tuttavia, non vi sono azioni mirate per promuovere l’imprenditorialità femminile, compresa l’imprenditoria sociale. Il CESE raccomanda l’integrazione della dimensione di genere nel piano d’azione per l’economia sociale (18), prevedendo azioni mirate per le donne. |
4.2. Creare cambiamenti all’interno del settore finanziario e degli investimenti
4.2.1. |
L’UE dovrebbe svolgere un ruolo guida nella creazione di un terreno fertile per un ecosistema attento alla dimensione di genere. Quattro paesi dell’UE hanno beneficiato della maggior parte dei finanziamenti di serie C per le imprese guidate da donne tra il 2006 e il 2018 in Europa: Svezia, Germania, Spagna e Francia. Il successo nei paesi situati in cima alla lista è dipeso dalla presenza di un ecosistema forte e da attività mirate volte a promuovere l’inclusione di genere (19). Il CESE raccomanda di sviluppare una rete europea di investitori attenti alle questioni di genere, in grado di condividere le migliori pratiche e promuovere le opportunità già esistenti in materia di finanziamento dell’imprenditorialità femminile. Il codice Investing in Women Code della British Business Bank, un impegno da parte delle società di servizi finanziari a migliorare l’accesso delle imprenditrici a strumenti, risorse e finanziamenti, potrebbe essere fonte di ispirazione per dialogare con il settore privato (20). |
4.2.2. |
Le donne rappresentano circa un decisore su dieci nel capitale di rischio e nel private equity. Attrarre talenti femminili e migliorare lo sviluppo della carriera delle donne nel settore finanziario e degli investimenti è necessario per cambiare la cultura maschile esistente — che rende poco attraente per le donne rimanere o iniziare in questo settore — in una cultura inclusiva. Questa cultura dovrebbe anche misurare il rendimento degli investimenti non solo mediante relazioni economiche, ma anche sulla base della sostenibilità e del rendimento sociale dei loro investimenti. Pertanto, il CESE auspica che la diversità tra i gruppi di dirigenti e fondatori divenga uno dei criteri principali per ricevere finanziamenti pubblici, compresi i fondi pensione pubblici, e che in tal modo stimoli l’assunzione e il mantenimento di talenti femminili nel settore finanziario e degli investimenti. Il Comitato suggerisce inoltre agli Stati membri di scambiarsi le migliori pratiche sui metodi per promuovere la diversità dei gruppi, come pure gruppi guidati da donne nel settore finanziario. È opportuno sviluppare un marchio di eccellenza o uno standard per gli investitori nel settore degli investimenti. Uno standard potrebbe figurare tra i criteri di cui tenere conto quando viene presentata una domanda di finanziamento pubblico (21). Lo standard, rispetto a un impegno una tantum, potrebbe formare oggetto di un audit e di una revisione annuale per evitare il pinkwashing. |
4.2.3. |
Il CESE raccomanda che le istituzioni del settore finanziario privato abbiano accesso all’assistenza tecnica e alla formazione sugli investimenti in un’ottica di genere, fornite dall’Unione europea o dagli Stati membri. |
4.2.4. |
Vi è la percezione diffusa che le donne abbiano una maggiore avversione al rischio degli uomini, siano più prudenti e meno agguerrite nella concorrenza. Il CESE suggerisce di tenere conto di questa minore propensione al rischio negli strumenti finanziari e di creare prodotti specifici per determinati progetti a basso rischio che richiedono meno garanzie e tassi di interesse inferiori per ottenere un prestito o che coprono una percentuale più elevata del capitale iniziale al momento della concessione di una sovvenzione.
Nel settore finanziario persistono i pregiudizi, nella maggior parte dei casi inconsapevoli, ad esempio il fatto di preferire le proposte presentate da uomini o di ritenere che i contenuti redatti da donne abbiano un taglio più sociale, mentre quelli degli uomini siano maggiormente incentrati sulla finanza e sui numeri. Le campagne di sensibilizzazione e la formazione sui pregiudizi inconsapevoli per gli investitori e le commissioni esaminatrici possono essere di estrema importanza per sensibilizzare in merito a tali pregiudizi. È inoltre fondamentale sensibilizzare il settore all’importanza dei modelli imprenditoriali solidi e resilienti a crescita lenta ma salda, rispetto a quelli incentrati sulla rapida crescita e valutazione delle entrate a breve termine. |
4.3. Bilancio di genere e investimenti in un’ottica di genere attraverso finanziamenti pubblici
4.3.1. |
I bilanci rispecchiano le priorità politiche e costituiscono lo strumento di politica economica più importante per trasformare le società. Le politiche pubbliche svolgono una funzione significativa nell’indicare la strada da seguire e nel consentire un ambiente favorevole agli investitori, creando così posti di lavoro dignitosi. Da tempo è stato riconosciuto che il bilancio di genere, i finanziamenti mirati per l’emancipazione femminile, l’assegnazione delle dotazioni e la regolamentazione delle procedure e dei processi relativi agli appalti pubblici che tengono conto della dimensione di genere come mezzo per attuare il bilancio di genere, sono tutti strumenti necessari per conseguire la parità tra donne e uomini. |
4.3.2. |
Il bilancio di genere è un processo attraverso il quale i bilanci pubblici sono esaminati al fine di valutare se contribuiscono a una maggiore parità tra donne e uomini, e rimodulati di conseguenza per garantire che sia effettivamente così. Il bilancio di genere richiede un duplice approccio: integrare la parità di genere in tutti i bilanci e in tutti i programmi e fornire finanziamenti mirati specifici per affrontare le cause profonde della disuguaglianza di genere. La dimensione di genere dovrebbe essere integrata in tutte le fasi del ciclo di bilancio, dalle proposte di bilancio (ex ante) e durante tutte le fasi della spesa stessa (ex nunc) fino alla valutazione e al controllo del denaro effettivamente speso (ex post). I dati, le valutazioni d’impatto e gli indicatori comuni sono essenziali per l’integrazione di genere in tutto il ciclo di bilancio: pianificazione, attuazione, monitoraggio e valutazione. Anche se può essere difficile per gli Stati membri raccogliere dati disaggregati per genere, è l’unico modo per progredire e definire politiche adeguate in materia di integrazione di genere. |
4.3.3. |
Il CESE raccomanda che a medio termine tutte le autorità europee e gli Stati membri utilizzino gli strumenti del bilancio di genere a tutti i livelli della procedura di bilancio. Anche la partecipazione della società civile e il dialogo sociale sono fondamentali per individuare i settori che devono essere affrontati attraverso il bilancio. L’analisi di genere è un prerequisito per il bilancio di genere e l’integrazione della dimensione di genere nelle politiche (finanziarie), in particolare il quadro finanziario pluriennale (QFP), il pacchetto Next Generation EU e i fondi strutturali e di investimento europei. Occorre prestare particolare attenzione alla politica di coesione, che è uno degli strumenti essenziali per correggere gli squilibri tra paesi e regioni. Il CESE raccomanda di raccogliere dati specifici sulla parità di genere nella politica di coesione, sulla base di indicatori elaborati esplicitamente a tal fine. |
4.3.4. |
Il CESE è lieto di constatare che la Commissione ha avviato un programma di formazione interna sul bilancio di genere, che è però ancora su piccola scala. Il CESE auspica che tutte le persone che lavorano sui bilanci della Commissione europea e presso le istituzioni finanziarie europee ricevano una formazione adeguata in materia di investimenti di genere, integrazione di genere e bilancio di genere. Questa formazione a livello nazionale è fondamentale anche per la realizzazione degli obiettivi in materia di parità di genere. |
4.3.5. |
Il CESE ritiene importante creare fondi e strumenti finanziari dedicati per sostenere l’imprenditorialità femminile, compresi i fondi di capitale di rischio e di private equity di proprietà e gestiti (e co-gestiti) da donne, nonché esplorare soluzioni di finanziamento innovative che affrontino le carenze del mercato (ad esempio, sovvenzioni specifiche per le donne, finanziamenti dedicati per soci accomandanti di fondi di proprietà o coproprietà femminile, garanzie sui prestiti o microfinanziamenti, piattaforme di coinvestimento, obbligazioni di genere o microcrediti). |
4.3.6. |
Inoltre, il CESE ritiene necessario aggiornare i criteri dei fondi di investimento per ridurre il divario di genere. Ad esempio, se fondi europei come InvestEU e il Fondo europeo per gli investimenti utilizzano l’«esperienza» come criterio importante per il finanziamento di start-up, ma non la «diversità», non concediamo alle donne parità di accesso al mercato dei capitali. Il CESE propone che l’esistenza di un piano per la parità di genere, che includa la strategia del fondo sugli investimenti nell’ottica di genere e l’impegno dei fondi a conseguire la parità di genere, sia subordinata alla valutazione dei fondi di fondi, dei fondi di capitale di rischio e dei fondi di private equity, nel momento in cui vengono richiesti finanziamenti pubblici. |
4.3.7. |
I principi del bilancio di genere e degli investimenti di genere dovrebbero essere utilizzati anche al di fuori delle frontiere europee nei meccanismi di finanziamento esterno, comprese le politiche di cooperazione allo sviluppo. |
4.3.8. |
La Commissione dovrebbe effettuare una valutazione dell’impatto di genere del bilancio annuale dell’UE e presentarla in allegato. Tale allegato al bilancio servirà da documento di monitoraggio sull’integrazione della dimensione di genere al fine di ridefinire i bilanci in futuro e, in relazione a ciò, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (FEMM) del PE potrebbe adottare un parere. Il CESE raccomanda inoltre di pubblicare le informazioni e le ricerche in consultazione con gli esperti in materia di bilancio di genere e le organizzazioni non governative che operano a favore della parità di genere ben prima della decisione del Parlamento sul bilancio annuale, al fine di promuovere ampi dibattiti sulle politiche macroeconomiche e di bilancio. |
4.3.9. |
Il CESE afferma che tutte le commissioni esaminatrici delle istituzioni finanziarie europee dovrebbero raggiungere quanto prima un equilibrio dal punto di vista del genere per evitare pregiudizi omofili o basati sul principio dell’«attrazione tra simili» e ricevere anche una formazione sui pregiudizi inconsci. Il Consiglio europeo per l’innovazione, ad esempio, ha fissato l’obiettivo di migliorare il numero di start-up guidate da donne nell’ambito del suo programma Accelerator, aumentando il numero di donne nella commissione esaminatrice al 50 % e invitando un maggior numero di donne a candidare le proprie aziende. Il Consiglio ha aumentato la percentuale di start-up guidate da donne dall’8 % al 29 %. |
4.3.10. |
Suggeriamo inoltre di nominare un direttore per le imprese femminili o un rappresentante ad alto livello in seno alla Commissione europea e ai ministeri per le imprese degli Stati membri con un ruolo trasversale nella sensibilizzazione e nella promozione dei benefici economici derivanti dall’incoraggiamento di un maggior numero di donne ad avviare e sviluppare imprese, comprese le imprese sociali. |
4.3.11. |
L’UE e gli Stati membri dovrebbero sostenere il ruolo delle agenzie di sviluppo pubbliche, locali o regionali nel mercato degli investimenti e il loro contributo all’impatto sociale. Nei Paesi Bassi, ad esempio, queste agenzie di sviluppo regionale investono in start-up e attribuiscono un peso importante all’impatto sociale. |
4.3.12. |
Le organizzazioni della società civile e le organizzazioni senza scopo di lucro che si occupano dell’integrazione di genere sono generalmente sottofinanziate in Europa. Il CESE chiede che i fondi dell’UE siano resi più accessibili alle organizzazioni femminili semplificando le procedure e fornendo sovvenzioni per la loro attività principale. Le procedure di concessione dei fondi strutturali dovrebbero essere maggiormente allineate ai fondi diretti, in modo da evitare la burocrazia. |
4.3.13. |
Il CESE chiede infine una visione ambiziosa da parte della Commissione europea e delle istituzioni europee sul bilancio di genere e sugli investimenti in un’ottica di genere, con obiettivi concreti per quanto riguarda le donne che ricevono finanziamenti, indicatori chiave di prestazione concreti, legislazione, criteri aggiornati e programmi (intensificati) per migliorare l’imprenditorialità femminile e l’accesso ai finanziamenti. Il Comitato raccomanda di istituire un gruppo di lavoro sul bilancio di genere in seno alla Commissione europea, che integri la dimensione di genere nell’attuale QFP e in altri strumenti finanziari. Per prepararsi a una maggiore integrazione della dimensione di genere in futuro, il CESE propone di creare quanto prima una task force tra le istituzioni dell’UE per partecipare ai negoziati e allineare e includere gli obiettivi dell’UE in materia di integrazione della dimensione di genere nel prossimo QFP. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Pinkwashing significa far finta di essere molto attivi a favore della parità di genere, pur essendo in realtà molto in ritardo in questo ambito
(2) D’Alfonso, A. (2021). Multiannual financial framework for the years 2021 to 2027 (europa.eu) [Quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027, EPRS briefing; PE 637.979]. Servizio di ricerca del Parlamento europeo. La Commissione europea ha proposto una revisione intermedia obbligatoria del funzionamento del QFP, da effettuarsi entro dicembre 2023, pag. 8.
(3) https://www.eib.org/attachments/thematic/why_are_women_entrepreneurs_missing_out_on_funding_en.pdf
(4) Eurostat e Commissione europea. The State of European Tech 2020; Atomico (2020).
(5) Why are women entrepreneurs missing out on funding? [Perché le imprenditrici restano tagliate fuori dai finanziamenti?] Reflections and considerations — Executive summary (eib.org) [Riflessioni e considerazioni — Sintesi (eib.org)].
(6) Funding women entrepreneurs: How to empower growth [Finanziare le donne imprenditrici: come rafforzare la crescita], 2020.
(7) https://europeanwomeninvc.idcinteractive.net/8/
(8) COSME Programme Call for Proposals Encouraging community building around the issue of women entrepreneurship — Management and running of the WEgate platform [Invito a presentare proposte nell’ambito del programma COSME Incoraggiare la creazione di comunità intorno alla questione dell’imprenditorialità femminile — Gestione della piattaforma WEgate].
(9) Le start-up guidate da donne hanno ricevuto il 2,3 % dei finanziamenti in capitale di rischio nel 2020 (hbr.org).
(10) UN Women (2021) Investment with a gender lens in Europe.
(11) https://www.kauffmanfellows.org/journal_posts/women-vcs-invest-in-up-to-2x-more-female-founders
(12) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Investimenti basati sul genere nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza» (GU L 100 del 16.3.2023, pag. 8).
(13) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Parità di genere» (GU C 443 del 22.11.2022, pag. 63).
(14) Direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza e che abroga la direttiva 2010/18/UE del Consiglio (GU C 188 del 12.7.2019, pag. 79).
(15) Raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi, 8 novembre 2019.
(16) The Value of Investing in Female Founders (Forbes, 2019).
(17) Secondo S&P Global, che ha consultato investitori in 11 paesi.
(18) Comunicazione della Commissione «Creare un’economia al servizio delle persone: un piano d’azione per l’economia sociale», COM(2021) 778 final.
(19) Funding Women Entrepreneurs Through MFF 2021-2027 EU Parliament hearing Women & Investment [Finanziamento delle donne imprenditrici attraverso il QFP 2021-2027, audizione del Parlamento europeo Women & Investment], 19 aprile 2021.
(20) https://www.british-business-bank.co.uk/investing-in-women-code/
(21) Un buon esempio è il Diversity VC standard, attualmente utilizzato in tutta l’UE e negli Stati Uniti: www.diversity.vc.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/24 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La comunicazione sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/04)
Relatore: |
Cristian PÎRVULESCU |
Correlatore: |
José Antonio MORENO DÍAZ |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
23.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
199/3/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
L’Unione europea si fonda su valori comuni, sanciti dall’articolo 2 del TUE, ossia i valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto, del rispetto dei diritti umani, del pluralismo, della non discriminazione, della tolleranza, della giustizia, della solidarietà e della parità tra donne e uomini. Lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani fanno parte dell’identità europea. |
1.2. |
Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, un documento essenziale e vincolante, stabilisce che l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, e si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto (1). Rafforzare l’applicazione della Carta è, al tempo stesso, un obbligo e un modo efficace per proteggere le persone e renderle consapevoli dell’importanza dello Stato di diritto e della tutela dei diritti fondamentali. Pur condividendo tutti gli sforzi compiuti in queste dimensioni, il Comitato sottolinea la necessità che tutte le istituzioni dell’UE si impegnino attivamente in una comunicazione diretta con i cittadini. Lo Stato di diritto e i diritti fondamentali sono essenziali, e devono entrare a far parte della cultura civica e democratica comune nel continente. |
1.3. |
La Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa offre una descrizione chiara dei principi fondamentali dello Stato di diritto: legalità, certezza del diritto, prevenzione dell’abuso di potere, uguaglianza davanti alla legge e non discriminazione, nonché accesso alla giustizia (2). Si tratta di criteri chiari per valutare la conformità di qualsiasi azione dello Stato con i principi dello Stato di diritto, e sono stati confermati dalla Corte di giustizia (3). |
1.4. |
Il CESE esorta tutte le istituzioni dell’UE ad applicare una politica di tolleranza zero nei confronti delle violazioni dello Stato di diritto negli Stati membri. L’UE ha il dovere giuridico di difendere lo Stato di diritto e promuovere la tutela dei diritti fondamentali, indipendentemente dalle intenzioni dei vari attori politici che potrebbero essere in contrasto con tale obiettivo. |
1.5. |
Il CESE richiama l’attenzione sulla sentenza della Corte secondo cui il bilancio è uno degli strumenti che danno attuazione pratica all’obbligo di tutti gli Stati membri di garantire i valori fondamentali dell’UE, tra cui lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani (4). |
1.6. |
La relazione annuale della Commissione europea sullo Stato di diritto è uno strumento prezioso in grado di evitare che si facciano passi indietro in materia di democrazia, Stato di diritto e tutela dei diritti fondamentali. Tuttavia, perché possa raggiungere i suoi obiettivi, tale relazione deve essere riformata. Essa dovrebbe essere adattata in modo da includere tutti i valori di cui all’articolo 2 TUE, le azioni giuridiche e/o finanziarie da avviare quando le raccomandazioni specifiche per paese non sono pienamente prese in considerazione, integrando inoltre un quinto pilastro dedicato al monitoraggio degli sviluppi nazionali relativi allo spazio civico (5). |
1.7. |
Il CESE ha già avuto modo di sottolineare che la società civile svolge un ruolo fondamentale nel proteggere la democrazia in Europa, e che solo una società civile forte e pluralistica può difendere la democrazia e la libertà e preservare l’Europa dalle tentazioni dell’autoritarismo (6). Inoltre, non può esistere uno Stato di diritto senza democrazia e diritti fondamentali, e viceversa: i tre concetti sono intrinsecamente collegati (7). Pertanto, il CESE esorta tutte le parti interessate a cessare di discutere di «democrazia illiberale», anche solo per criticare tale concetto. Non può esservi democrazia senza principi liberali. |
1.8. |
Negli sforzi volti a rendere più tangibile lo Stato di diritto si dovrebbero coinvolgere un numero maggiore di soggetti interessati: le parti sociali, le organizzazioni professionali come gli ordini forensi, nonché le organizzazioni di base che lavorano con le persone vulnerabili e le comunità maggiormente a rischio di subire danni, svantaggi e discriminazioni. |
1.9. |
Lo Stato di diritto e i diritti umani possono essere percepiti da alcuni come concetti eccessivamente astratti, distanti, tecnici e legalistici. Per comunicare efficacemente sullo Stato di diritto è necessario concentrarsi sui valori condivisi e sui concetti di equità e giustizia che sono riconducili a tali valori. Può essere utile anche raccontare storie personali, mostrando il volto umano e le persone dietro i fatti esposti, e fornire dati statistici. |
1.10. |
Il CESE invita gli Stati membri a integrare lo Stato di diritto e i diritti fondamentali nei programmi scolastici e universitari. L’educazione civica dovrebbe essere obbligatoria, iniziare il prima possibile e costituire una materia d’insegnamento per un numero di anni sufficiente. Inoltre, occorre destinare delle risorse dell’UE e nazionali ad un’adeguata formazione degli insegnanti di educazione civica. |
1.11. |
Il quadro di riferimento in materia di diritti umani è basato sul principio di responsabilità e richiede pertanto l’adozione di misure volte a individuare chi sia responsabile dei risultati e a definire i cambiamenti auspicabili a livello politico. È inoltre importante individuare le tematiche che stanno particolarmente a cuore ai cittadini, quali la parità regionale, l’accesso all’energia, ai trasporti, al lavoro, all’alloggio, all’assistenza sanitaria e a vari altri servizi pubblici, a livello locale, regionale e nazionale. |
1.12. |
La protezione dei diritti umani e lo Stato di diritto sono rafforzati da uno Stato sociale forte, indipendentemente dalle varie forme che esso può assumere in Europa. Tale interconnessione è riconosciuta dal pilastro europeo dei diritti sociali, uno strumento strategico essenziale per costruire un’Unione più inclusiva. |
1.13. |
I movimenti di base e le persone che hanno vissuto un’esperienza di povertà devono essere al centro delle attività per la difesa democratica dei diritti umani. Non esiste modo migliore per difendere i diritti umani, in particolare i diritti sociali, che quello di dar voce, negli spazi pubblici e nei dibattiti politici, alle persone più colpite dalle disuguaglianze, dalla povertà e dall’esclusione sociale. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE rammenta la posizione espressa nel parere SOC/598 (2018), secondo cui «il rispetto dello Stato di diritto ha una relazione d’interdipendenza con le garanzie che proteggono una democrazia pluralista e i diritti fondamentali, oltre a essere indissociabile da esse. Lo Stato di diritto garantisce che i governi rispettino le norme in materia di diritti fondamentali, e una democrazia pluralista assicura che i governi perseguano politiche volte a favorire il benessere dei loro cittadini. Il rispetto dello Stato di diritto non garantisce di per sé che la legge rispetti i diritti fondamentali, né che tale legge sia adottata al termine di un processo inclusivo e legittimo basato su un dibattito pubblico informato, pluralista ed equilibrato che preveda la partecipazione dei cittadini. Per evitare che la legge si riduca a un guscio vuoto, è necessario rispettare anche i diritti fondamentali e le norme alla base di una democrazia pluralista, oltre allo Stato di diritto» (8). |
2.2. |
Come osservato nelle relazioni della Commissione sullo Stato di diritto 2021 e 2022, mantenere la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche e nello Stato di diritto richiede, tra l’altro, l’esistenza di un sistema giudiziario indipendente, con un controllo giurisdizionale effettivo per garantire il rispetto del diritto dell’UE; un forte impegno pubblico nella lotta alla corruzione e nella garanzia della responsabilità democratica; il pluralismo e la libertà dei media, compresa la trasparenza della proprietà dei media; meccanismi costituzionali e istituzionali trasparenti per garantire il bilanciamento dei poteri, con la partecipazione attiva della società civile; e il rafforzamento della cooperazione internazionale per promuovere lo sviluppo sostenibile, i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto (9). Nella relazione del 2022 la Commissione sottolinea inoltre le gravi minacce ai valori dell’UE e all’ordine mondiale basato su regole in seguito all’aggressione russa dell’Ucraina, che costituisce una grave violazione del diritto internazionale e dei principi della Carta delle Nazioni Unite e compromette la democrazia e lo Stato di diritto, oltre alla sicurezza e alla stabilità europee e mondiali (10). |
2.3. |
Nessuna norma democratica e rappresentativa può essere invocata per legittimare le violazioni dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Le istituzioni dell’UE, e in particolare la Commissione europea, devono utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per ripristinare l’integrità dei principi dell’UE. |
2.4. |
Monitorando la situazione sul campo, le organizzazioni della società civile e i difensori dei diritti umani hanno un ruolo essenziale da svolgere, in particolare quando è in atto un’erosione dello Stato di diritto e i diritti umani sono minacciati (11). I governi autoritari minacciano le organizzazioni della società civile non solo restringendo e spostando gli spazi disponibili per le loro attività, ma anche attraverso intimidazioni personali e atti persecutori, restrizioni finanziarie o una protezione inadeguata contro attacchi fisici o verbali (12). |
2.5. |
Come già osservato, la capacità complessiva delle organizzazioni della società civile e dei difensori dei diritti umani di operare nel quadro della Carta dei diritti fondamentali dovrebbe essere notevolmente rafforzata attraverso un pacchetto che comprenda la formazione e il trasferimento di conoscenze, il sostegno organizzativo e finanziario, nonché la protezione da attacchi e campagne denigratorie (13). A tal fine, il CESE incoraggia la Commissione a proporre una strategia globale della società civile europea per orientare la collaborazione, gli sforzi di sviluppo delle capacità e una comunicazione efficace sullo Stato di diritto e i diritti fondamentali. |
2.6. |
Il CESE ritiene che il lavoro delle organizzazioni della società civile e dei difensori dei diritti umani sia essenziale per aiutare i gruppi vulnerabili ad affrontare gravi sfide per la loro sicurezza, il loro benessere e la loro dignità. Tutti potrebbero un giorno trovarsi in una situazione di vulnerabilità. Spesso le cause di vulnerabilità si sovrappongono e si traducono in emarginazione e discriminazione strutturali. |
2.7. |
La protezione dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dovrebbe essere garantita in relazione alla democrazia, in particolare promuovendo elezioni libere e regolari e una forte partecipazione democratica (14). I soggetti che sono in grado di sfidare lo Stato di diritto agiscono anche contro l’opposizione politica e i media indipendenti. Il piano d’azione dell’UE per la democrazia è un passo necessario in questa direzione. |
2.8. |
Alle parti sociali spetta un ruolo importante nel comunicare lo Stato di diritto e i diritti fondamentali. Tutti i luoghi di lavoro risentono del deterioramento del clima politico e giuridico in un dato paese. Le imprese, le PMI e le imprese sociali non possono funzionare efficacemente in assenza di sistemi di protezione dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali. Le parti sociali dovrebbero impegnarsi ad agire per migliorarne l’integrità e l’efficacia. I lavoratori devono essere liberi di costituire con altri dei sindacati e di aderire al sindacato di propria scelta, e i sindacati devono poter esercitare liberamente la loro attività (15). I lavoratori e i datori di lavoro hanno il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi e di ricorrere, in caso di conflitti di interessi, ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi, compreso lo sciopero (16). |
2.9. |
L’Agenzia per i diritti fondamentali ha una notevole capacità di raccogliere informazioni pertinenti, e ha già costituito un’ampia base di conoscenze che tutti gli attori interessati possono utilizzare. Le sue competenze sono solide e dovrebbero costituire la base per rafforzare la sua dimensione comunicativa. L’Agenzia dovrebbe disporre di maggiori risorse per impegnarsi in attività di comunicazione al pubblico in tutti gli Stati membri dell’UE. È necessaria una maggiore cooperazione con istituzioni specializzate come il Consiglio d’Europa e l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell’OSCE (ODHIR). |
2.10. |
L’UE è anche un attore globale, la cui responsabilità in termini di rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali è essenziale per definire la sua identità e il suo ruolo a livello internazionale. Tutte le politiche, i programmi, gli strumenti e le azioni rivolti all’esterno dovrebbero riflettere la centralità di questi aspetti per l’UE e la loro importanza per un mondo democratico e pacifico. |
3. Osservazioni particolari
3.1. Narrazione e formulazione positive
3.1.1. |
L’educazione civica riguardante i principi della democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto dovrebbe essere rafforzata a tutti i livelli. La Commissione dovrebbe inoltre continuare a fare opera di sensibilizzazione dei cittadini adottando un ambizioso programma di comunicazione (17). |
3.1.2. |
Il mito fondativo dell’UE non è più sufficiente a far presa sui cittadini europei. L’Unione europea dovrebbe proporre narrazioni che dipingano scenari futuri desiderabili e ridare slancio ai principi chiave che hanno svolto un ruolo di primo piano nel progetto europeo (18), compresi lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Ciò è particolarmente importante nel contesto dell’aggressione militare russa dell’Ucraina. |
3.1.3. |
Il quadro in materia di diritti umani è basato sul principio di responsabilità e richiede pertanto l’adozione di misure volte a individuare chi sia responsabile dei risultati e dei cambiamenti auspicabili a livello politico. È inoltre importante individuare le tematiche che stanno particolarmente a cuore ai cittadini, quali l’accesso ai trasporti, all’energia, al lavoro, all’alloggio, all’assistenza sanitaria e a vari altri servizi pubblici, a livello locale, regionale e nazionale. Occorre andare oltre le critiche nei confronti di una situazione specifica in cui gli standard in materia di diritti umani non sono rispettati e descrivere il futuro che lo Stato di diritto e i diritti umani possono contribuire a costruire stimolando associazioni positive nella mente delle persone (19). |
3.1.4. |
Non può esistere uno Stato di diritto senza democrazia e diritti fondamentali, e viceversa: i tre concetti sono intrinsecamente collegati (20). Pertanto, il CESE esorta tutte le parti interessate a cessare di parlare di «democrazia illiberale», anche quando lo fanno per criticare tale concetto. Non può esservi democrazia senza principi liberali. La democrazia illiberale non è una forma alternativa e nemmeno una forma diluita di democrazia. La democrazia illiberale, semplicemente, non è democrazia. |
3.2. Politiche necessarie e settori d’intervento pertinenti
3.2.1. |
Come osservato in precedenza dal CESE, esiste una correlazione tra, da un lato, la mancanza, percepita o reale, di benefici derivanti dalla prosperità economica per i cittadini e, dall’altro, gli atteggiamenti negativi nei confronti delle istituzioni pubbliche e dei principi fondamentali (21). |
3.2.2. |
Per dimostrare l’importanza dei diritti umani e dello Stato di diritto occorre individuare le politiche in grado di migliorare la vita quotidiana delle persone. |
3.2.3. |
La protezione dei diritti umani e lo Stato di diritto sono rafforzati da uno Stato sociale forte, indipendentemente dalle varie forme che esso può assumere in Europa. Tale interconnessione è riconosciuta dal pilastro europeo dei diritti sociali, uno strumento strategico essenziale per costruire un’Unione più inclusiva (22). I lavoratori devono avere diritto a una retribuzione equa che offra un tenore di vita dignitoso (principio 6 del pilastro), e chiunque non disponga di risorse sufficienti deve avere diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l’accesso a beni e servizi (principio 14) (23). |
3.2.4. |
La pandemia di COVID-19 ci ha ricordato l’importanza di un sistema sanitario pubblico universale, accessibile ed equo. Il CESE ribadisce la posizione espressa nel parere SOC/691 (2022): «L’UE e gli Stati membri dovrebbero avviare una profonda riflessione sociale sulle origini della crisi e sui motivi per cui la maggior parte dei sistemi sanitari europei è giunta sull’orlo del collasso a causa della pandemia. Anni di austerità hanno determinato una tendenza generalizzata a ridurre gli investimenti nel settore sanitario e in altri servizi sociali fondamentali (assistenza alle persone non autosufficienti e vulnerabili, case di cura ecc.), creando una bomba a orologeria esplosa di fronte a una grave sfida sanitaria» (24). |
3.2.5. |
La pandemia non è l’unica crisi che incide sui diritti fondamentali. La guerra in Ucraina sta mettendo a rischio milioni di persone in Ucraina e nel resto del mondo. I cambiamenti climatici e le relative sfide e catastrofi, come gli incendi boschivi, colpiscono direttamente la popolazione in tutto il continente. Molti europei sono in difficoltà di fronte all’aumento dei prezzi dell’energia. Gli strumenti d’azione dell’Europa dovrebbero essere aggiornati e adeguati di conseguenza. |
3.2.6. |
Le politiche, e in particolare quelle di riforma economica, dovrebbero essere basate su valutazioni sistematiche — sia ex ante che ex post — dell’impatto sui diritti umani (25), così da agevolare lo svolgimento di dibattiti informati e inclusivi a livello europeo e nazionale in merito al bilanciamento e adeguamento delle scelte politiche (26). |
3.2.7. |
Si dovrebbe porre un maggiore accento sul titolo III (Uguaglianza) e sul titolo IV (Solidarietà) della Carta dei diritti fondamentali, quali elementi centrali delle credenziali dell’UE in quanto Unione democratica e fondata sui valori (27). Tutti i diritti umani riconosciuti dalla Carta sono indivisibili, interdipendenti e della medesima importanza. Come sottolineato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in una causa che ha fatto storia, non vi è una separazione netta tra i diritti socioeconomici e i diritti civili e politici (28). |
3.2.8. |
Sarebbe auspicabile una maggiore cooperazione tra le istituzioni dell’UE e gli Stati membri per garantire che tutti i cittadini e i residenti godano di tutti i diritti riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Carta sociale europea (nelle sue molteplici forme) e dalle pertinenti convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a tenere debitamente conto del pilastro europeo dei diritti sociali e della Carta sociale europea in sede di elaborazione, interpretazione e attuazione del diritto dell’UE. |
3.2.9. |
Il CESE invita tutti gli Stati membri a firmare e ratificare la Carta sociale europea del 1996 (riveduta) e ad accettare la procedura di reclami collettivi del comitato europeo dei diritti sociali. |
3.2.10. |
Il CESE sostiene l’iniziativa della Commissione volta a permettere l’adozione di misure correttive, di natura economica, per gli Stati membri che commettono gravi e persistenti violazioni dei valori sanciti all’articolo 2 del TUE (29). «[L]a Commissione deve assicurare la disponibilità di risorse umane e finanziarie appropriate e intervenire con coerenza in caso di indicazioni di possibili infrazioni. La Commissione deve a tal fine applicare criteri rigorosamente oggettivi e condurre indagini sulle violazioni in modo uniforme in tutti gli Stati membri» (30). |
3.3. La difesa democratica dei diritti umani e l’importanza dell’esperienza vissuta
3.3.1. |
Secondo un’ampia indagine condotta dall’Agenzia per i diritti fondamentali, quasi nove persone su dieci nell’UE ritengono che i diritti umani siano importanti per la creazione di una società più equa (31). Gli europei sono convinti che i diritti umani possano svolgere un ruolo significativo nella loro vita. |
3.3.2. |
Se si vogliono rendere tangibili i diritti umani in tutta Europa, occorre agire per mettere in evidenza il modo in cui tali diritti — ad esempio i diritti sociali come il lavoro, la sicurezza sociale, l’alloggio, l’istruzione e l’assistenza sanitaria — possono fare la differenza per ciascuno di noi nella vita quotidiana, nei luoghi che più contano per noi e nelle nostre comunità locali (32). |
3.3.3. |
I movimenti di base e le persone che hanno vissuto un’esperienza di povertà devono essere al centro delle attività per la difesa democratica dei diritti umani. Non esiste modo migliore per difendere i diritti umani, in particolare i diritti sociali, che quello di dar voce, negli spazi pubblici e nei dibattiti politici, alle persone più colpite dalle disuguaglianze, dalla povertà e dall’esclusione sociale. Può essere utile anche raccontare storie personali e mostrare il volto umano e le persone dietro i fatti esposti, oltre a fornire dati statistici. Prendere sul serio i diritti sociali richiede non solo politiche diverse, ma anche processi più inclusivi per definirle (33). |
3.3.4. |
La società europea non può permettersi una visione polarizzata e ingannevole, che imponga di scegliere tra i diritti e la democrazia. Per difendere i diritti umani è necessario renderli popolari, creando e preservando un movimento che li difenda a livello locale, nazionale e mondiale. |
3.3.5. |
I gruppi della società civile devono guidare questo processo, e le autorità pubbliche dell’UE e degli Stati membri devono agevolare la difesa democratica dei diritti umani agendo in modo trasparente e rispettando il ruolo della società civile che consiste nel chiamarle a rispondere delle loro azioni. Le istituzioni nazionali a difesa dei diritti umani dovrebbero essere rafforzate e dovrebbero sensibilizzare i cittadini sui possibili mezzi di ricorso a loro disposizione. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU C 326 del 26.10.2012, pag. 391), preambolo.
(2) Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa, Elenco dei criteri per la valutazione dello Stato di diritto, adottato nella 106a sessione plenaria, 2016.
(3) Sentenza del 16 febbraio 2022, causa C-157/21, Polonia/Parlamento e Consiglio, EU:C:2022:98, punto 325.
(4) Sentenza della del 16 febbraio 2022, causa C-157/21, Polonia/Parlamento e Consiglio, punti 130-131, e causa C-156/21, Ungheria/Parlamento e Consiglio, EU:C:2022:97, punti 116-117.
(5) Laurent Pech e PETRA Bard, The Commission's Rule of Law Report and the EU Monitoring and Enforcement of Article 2 TEU Values [Relazione della Commissione sullo Stato di diritto e monitoraggio e applicazione dei valori sanciti all’articolo 2 TUE da parte dell’UE], relazione per la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e per la commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo, febbraio 2022, pag. 12.
(6) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Una democrazia resiliente grazie a una società civile forte e pluralistica» (GU C 228 del 5.7.2019, pag. 24).
(7) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un meccanismo europeo di controllo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali» (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 8).
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela del bilancio dell’Unione in caso di carenze generalizzate riguardanti lo Stato di diritto negli Stati membri» [COM(2018) 324 final — 2018/0136 (COD)] (GU C 62 del 15.2.2019, pag. 173).
(9) Comunicazione della Commissione «Relazione sullo Stato di diritto 2021 — La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea», COM(2021) 700 final.
(10) Comunicazione della Commissione «Relazione sullo Stato di diritto 2022 — La situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea», COM(2022) 500 final.
(11) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio “Rafforzare lo Stato di diritto nell’Unione — Il contesto attuale e possibili nuove iniziative”» [COM(2019) 163 final] (GU C 282 del 20.8.2019, pag. 39).
(12) Parere del Comitato economico e sociale europeo su: «Populismo e diritti fondamentali: le aree suburbane e rurali» (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 53), punto 1.6.
(13) GU C 341 del 24.8.2021, pag. 50.
(14) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione «Strategia per rafforzare l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» [COM(2020) 711 final] (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 56).
(15) Articolo 8, paragrafo 1, del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
(16) Articolo 28 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE.
(17) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul piano d’azione per la democrazia europea [COM(2020) 790 final] (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 56).
(18) Parere del Comitato economico e sociale europeo su: «Populismo e diritti fondamentali: le aree suburbane e rurali» (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 53).
(19) FRA, Dieci punti chiave per una comunicazione efficace in merito ai diritti umani, 2018; Rete europea delle istituzioni nazionali per i diritti umani, Tips for Effective Messaging about Economic & Social Rights [Consigli per una comunicazione efficace sui diritti economici e sociali], 2019.
(20) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un meccanismo europeo di controllo dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali» (GU C 34 del 2.2.2017, pag. 8).
(21) Parere del Comitato economico e sociale europeo su: «Populismo e diritti fondamentali: le aree suburbane e rurali» (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 53).
(22) Commissione europea, I 20 principi del pilastro europeo dei diritti sociali.
(23) Parere del Comitato economico e sociale europeo «Per una direttiva quadro europea in materia di reddito minimo» (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 1).
(24) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’impatto della COVID-19 sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto in tutta l’UE e il futuro della democrazia» (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 11).
(25) Esperto indipendente delle Nazioni Unite sugli effetti del debito estero e degli altri obblighi finanziari internazionali correlati degli Stati sul pieno godimento di tutti i diritti umani, in particolare dei diritti economici, sociali e culturali, Guiding Principles for human rights impact assessments for economic reform policies [Principi guida per le valutazioni dell’impatto sui diritti umani delle politiche di riforma economica], doc. ONU A/HRC/40/57, 19 dicembre 2018.
(26) Parere del Comitato economico e sociale europeo su: «Populismo e diritti fondamentali: le aree suburbane e rurali» (GU C 97 del 24.3.2020, pag. 53).
(27) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione «Strategia per rafforzare l’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» [COM(2020) 711 final] (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 50).
(28) Sentenza Airey/Irlanda, App n. 6289/73 (1979), CEDU, 9 ottobre 1979, punto 26.
(29) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’impatto della COVID-19 sui diritti fondamentali e lo Stato di diritto in tutta l’UE e il futuro della democrazia» (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 11).
(30) Parere del Comitato economico e sociale europeo «Stato di diritto e fondo per la ripresa» (GU C 194 del 12.5.2022, pag. 27).
(31) FRA, Many Europeans believe human rights can build a fairer society but challenges remain [Molti europei ritengono che i diritti umani possano costruire una società più equa, ma i problemi restano], comunicato stampa, 24 giugno 2020.
(32) Casla, Koldo e Barker, Lyle, Human Rights Local [I diritti umani a livello locale], Human Rights Centre blog — University of Essex, 17 gennaio 2022.
(33) Casla, Koldo, Nothing about us, without us, is really for us [Niente su di noi, senza di noi, è veramente per noi], Global Policy, 14 ottobre 2019.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/31 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Una strategia industriale per il settore della tecnologia marittima»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/05)
Relatore: |
Anastasis YIAPANIS |
Correlatore: |
Christophe TYTGAT |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Organo competente |
Commissione consultiva per le trasformazioni industriali |
Adozione in commissione |
11.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
207/2/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) formula il presente parere d’iniziativa al fine di prendere atto della mancanza di azioni strategiche settoriali a sostegno delle sfide e delle esigenze del settore delle tecnologie marittime (TM) e presenta proposte concrete di azione immediata per rafforzare la resilienza e l’autonomia strategica dell’Europa in campo marittimo e per recuperare la sua competitività a livello globale. |
1.2. |
Il CESE è preoccupato per il futuro del settore delle TM in Europa, che si trova ad affrontare una concorrenza sleale, soprattutto da parte dell’Asia. |
1.3. |
Il CESE chiede che le TM siano considerate un settore strategico dell’UE e che le relative attività siano qualificate quanto prima come «infrastrutture critiche», e invoca una strategia per l’industria marittima e risorse specifiche sufficienti per i servizi della Commissione europea. Una strategia marittima europea sostenibile deve tenere conto e rivalutare la proprietà dei porti europei e di altre infrastrutture critiche correlate. |
1.4. |
Il CESE chiede misure urgenti che stimolino la domanda interna di navi verdi e ad alta tecnologia, tra cui un programma dell’UE per il rinnovo della flotta e l’ammodernamento delle imbarcazioni esistenti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, nonché investimenti immediati nelle infrastrutture e nei combustibili alternativi. |
1.5. |
Il CESE chiede clausole specifiche negli accordi bilaterali e di libero scambio che garantiscano il libero accesso al mercato per le imprese marittime dell’UE, vietino le barriere commerciali, esigano la reciprocità e garantiscano il dovere di diligenza. Se i negoziati a livello internazionale non andranno a buon fine, l’UE deve considerare la possibilità di azioni unilaterali per creare un effetto leva sui suoi concorrenti internazionali. |
1.6. |
Al fine di garantire uno sviluppo economico e sociale sostenibile, salvaguardare la difesa e l’autonomia strategica marittima dell’UE e garantire posti di lavoro e capacità critiche, il CESE ritiene che dovrebbero essere previsti incentivi sia per la rilocalizzazione degli impianti di produzione nell’UE, con tecnologie fabbricate nell’UE, sia per il mantenimento delle catene di approvvigionamento e della produzione di sottocomponenti nell’UE. |
1.7. |
Il CESE esorta la Commissione europea e gli Stati membri ad attuare programmi di riqualificazione, miglioramento delle competenze e istruzione e formazione professionale (IFP) su vasta scala, con una valutazione dei programmi e la certificazione delle competenze, nonché il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del mondo accademico, e chiede un sostegno finanziario per il patto dell’UE per le competenze (1) e per campagne specifiche, al fine di rendere il settore attraente, anche per le donne e i giovani. |
1.8. |
Il CESE chiede maggiori sforzi tesi a garantire una transizione giusta per tutti i lavoratori e le PMI, a creare e consolidare i comitati aziendali europei e a soddisfare i più elevati standard sociali internazionali nel pieno rispetto della legislazione dell’UE e delle norme dell’OIL. Il CESE ritiene che il comitato europeo di dialogo sociale del settore della costruzione navale abbia un ruolo essenziale da svolgere al riguardo e nel rafforzamento delle TM. |
1.9. |
L’accesso ai prestiti bancari e ai finanziamenti pubblici è molto difficile per le imprese del settore, soprattutto le PMI. Il CESE invoca norme di tassonomia dell’UE che favoriscano gli investimenti sostenibili nel settore marittimo, ne promuovano l’inclusività e garantiscano la certezza del diritto per gli investimenti tecnologici. |
1.10. |
Il CESE chiede che i fondi raccolti a seguito delle violazioni delle disposizioni relative a FuelEU Maritime (2) e i proventi ricavati dal sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (3) siano utilizzati per contribuire a finanziare anche il settore del trasporto per vie navigabili (4) e la sua catena di approvvigionamento, in particolare il settore delle tecnologie marittime. Il CESE chiede inoltre la creazione di un fondo di garanzia dell’UE che faciliti l’accesso ai finanziamenti per gli investimenti marittimi ad alta intensità di rischio. |
1.11. |
Il CESE ritiene che gli strumenti di finanziamento dell’UE e l’accesso al mercato interno non dovrebbero essere utilizzati o concessi alle imprese straniere che perpetuano il dumping sociale e perturbano la parità di condizioni a livello mondiale. L’utile sul capitale investito di tali strumenti dovrebbe andare a vantaggio delle imprese europee. |
1.12. |
Per conseguire la piena decarbonizzazione del settore delle TM, è necessario passare completamente a tecnologie e combustibili alternativi. Il CESE accoglie con favore l’adozione del partenariato co-programmato sul trasporto per vie navigabili a emissioni zero. |
1.13. |
Il Comitato ritiene che un «gruppo di esperti marittimi» e una «alleanza industriale europea per il settore delle tecnologie marittime» potrebbero contribuire a migliorare e a riconquistare la competitività globale del settore delle TM. |
1.14. |
Infine, il CESE è disposto a impegnarsi maggiormente per aiutare il settore delle TM ad affrontare le proprie sfide e invita la Commissione europea e gli Stati membri a attuare con urgenza una strategia industriale marittima. Il CESE teme che, in mancanza di un pacchetto di strumenti mirato, l’UE perderà le sue capacità, il suo know-how e i suoi posti di lavoro nel settore marittimo e diventerà completamente dipendente dall’Asia per le sue navi e piattaforme civili e militari e per le attrezzature marittime e offshore. La mancata realizzazione e attuazione in tempi rapidi di un’apposita strategia industriale marittima costituirebbe un grave errore politico. |
2. Introduzione
2.1. |
Il CESE elabora il presente parere d’iniziativa sulla scia del parere CCMI/152 adottato nel 2018, dal titolo La strategia LeaderSHIP 2020 — una visione per il settore delle tecnologie marittime (5) (TM). L’obiettivo è quello di sensibilizzare in merito ai gravi problemi che il settore delle TM dell’UE (6) si trova ad affrontare e alla mancanza di azioni politiche settoriali da parte delle autorità pubbliche dell’UE e nazionali per sostenere le sfide e le esigenze del settore. Il CESE presenta proposte concrete di azioni necessarie per garantire la competitività e creare crescita e attività economica per il settore delle TM. Il CESE esorta le istituzioni dell’UE, gli Stati membri, le parti sociali e le altre parti interessate a individuare congiuntamente e adottare quanto prima azioni politiche, al fine di salvare e proteggere questo settore strategico per garantire la difesa e la protezione delle coste dell’UE, l’autonomia marittima, l’accesso al commercio, l’economia blu e la leadership marittima globale. |
2.2. |
Il CESE segue intenzionalmente la struttura della relazione LeaderSHIP elaborata dalla Commissione europea (7) per mettere in evidenza gli scarsi progressi compiuti nei quattro orientamenti proposti e per segnalare la necessità di un intervento immediato e mirato per il settore delle TM, soprattutto in considerazione dell’impatto della pandemia e della guerra in Ucraina. |
3. Miglioramento dell’accesso al mercato e condizioni di concorrenza eque
3.1. |
Si prevede un incremento della domanda di prodotti alimentari, merci ed energia, il che richiederà un aumento delle infrastrutture di trasporto per vie navigabili (marittime e interne), delle capacità, delle navi, delle tecnologie e della gestione logistica. Anche la domanda di turismo e di attività ricreative lungo le coste e per vie navigabili è in crescita. |
3.2. |
La COVID-19 e la guerra in Ucraina hanno messo in luce i rischi strategici per l’UE derivanti dal fatto di essere troppo dipendenti da paesi terzi, generando nel contempo carenze e blocchi delle catene di approvvigionamento, nonché un aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, fattori che stanno esercitando una pressione supplementare sulle imprese nel settore delle TM. La guerra in Ucraina ha inoltre ricordato all’UE l’importanza di disporre di capacità militari marittime critiche, comprese le navi commerciali e militari, e le tecnologie per la difesa, la sicurezza e la protezione delle frontiere e delle coste. |
3.3. |
La concorrenza globale per i produttori dell’UE è agguerrita: le imprese asiatiche, in particolare della Cina e della Corea del Sud, acquisiscono sempre più mercati grazie a un forte sostegno pubblico, anche attraverso complessi regimi di aiuti di Stato, applicando nel contempo norme sociali e ambientali meno rigorose. Ciò ha consentito a tali imprese di conquistare i mercati tradizionali dell’UE e di attrarre ordinativi da parte delle imprese europee a prezzi pregiudizievoli. L’attuale aumento dell’inflazione e i prezzi elevati dell’energia stanno esercitando un’ulteriore pressione sui produttori europei. Il CESE è preoccupato per il futuro del settore delle TM e ritiene necessario un intervento coordinato immediato, al fine di rafforzare la resilienza marittima dell’Europa, riconquistare la competitività globale, proteggere la posizione forte dell’Europa nella costruzione di navi e di imbarcazioni da diporto di tipo sofisticato e salvaguardare l’autonomia marittima strategica dell’Europa. |
3.4. |
Una strategia marittima europea sostenibile deve anche tenere conto della proprietà dei porti europei e di altre infrastrutture critiche connesse, molte delle quali sono state acquistate, interamente o parzialmente, da società cinesi che sono sotto il controllo totale o parziale dello Stato cinese. Per assicurare l’autonomia strategica europea è di fondamentale importanza rivalutare le strutture di proprietà e ripristinare, ove possibile, la proprietà europea. |
3.5. |
Il CESE chiede una strategia settoriale per le TM, al fine di rafforzarne la competitività globale e consentir loro di cogliere le opportunità commerciali derivanti dalla duplice transizione verde e digitale. È necessario sviluppare immediatamente meccanismi commerciali specifici dell’UE, l’accesso ai finanziamenti, sistemi di formazione finalizzata all’occupazione e programmi di ricerca e sviluppo se l’UE intende continuare a competere in questo mercato globale fortemente sovvenzionato e sbilanciato in cui i suoi principali concorrenti non rispettano le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. Inoltre, il CESE chiede che il comparto delle TM sia considerato un settore strategico dell’UE, come avviene negli Stati Uniti, in Cina, in Giappone o in Corea del Sud, e che al settore dei servizi della Commissione europea siano destinate risorse umane e finanziarie sufficienti. |
3.6. |
Il settore europeo delle TM costituisce una pietra miliare per la difesa e la sorveglianza dell’UE, per il trasporto di merci, energia e passeggeri e per il conseguimento degli obiettivi politici dell’UE in termini di Green Deal europeo ed economia blu. Il CESE invoca misure urgenti che stimolino la domanda interna di navi verdi e ad alta tecnologia, tra cui un programma dell’UE per il rinnovo della flotta (ad esempio le flotte da pesca nazionali, le flotte marittime a corto raggio e di cabotaggio e le imbarcazioni da diporto) e l’ammodernamento delle navi esistenti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. |
3.7. |
Il CESE osserva che la competitività del settore è direttamente influenzata dal Green Deal europeo, in quanto si tratta di un cambio di paradigma per l’intero settore del trasporto per vie navigabili. La sua attuazione comporterà un’adozione più rapida di tecnologie e combustibili alternativi. Tuttavia, il CESE sottolinea che le limitate infrastrutture e disponibilità di combustibili alternativi ostacolano un passaggio più rapido e chiede pertanto investimenti immediati in tal senso, ad esempio attraverso l’istituzione di un apposito Fondo marittimo dell’UE. Andrebbero considerate le caratteristiche specifiche di ciascun tipo di nave, con tabelle di marcia specifiche per i sistemi di propulsione, i combustibili e le tecnologie a zero emissioni. |
3.8. |
Il CESE esprime preoccupazione circa gli ostacoli agli scambi in Asia nei confronti delle imprese europee e chiede che gli accordi bilaterali e di libero scambio e i partenariati economici attuali e futuri siano aggiornati con clausole che garantiscano il libero accesso al mercato per le imprese marittime dell’UE, vietino le barriere commerciali, esigano la reciprocità e garantiscano il dovere di diligenza. |
3.9. |
Il CESE ritiene che le discussioni e gli accordi internazionali rappresentino la migliore via da seguire contro il protezionismo commerciale e chiede alla Commissione europea di intensificare gli sforzi internazionali per giungere a norme globali. In alternativa, la Commissione europea deve applicare azioni unilaterali — per tutto il tempo necessario — al fine di creare un effetto leva sui suoi concorrenti internazionali. Il CESE ritiene che sia una priorità assoluta agire contro le sovvenzioni estere e i prezzi pregiudizievoli. |
3.10. |
L’industria delle TM costituisce una colonna portante dell’economia blu europea, in quanto costruisce e ammoderna navi, strutture e tecnologie, ad esempio per lo sviluppo di una flotta da pesca rispettosa dell’ambiente, di energie rinnovabili offshore, dell’acquacoltura e dell’estrazione mineraria in alto mare. Al fine di conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo, l’UE dovrà aumentare in modo significativo la sua capacità industriale per le energie rinnovabili marine offshore e per altri combustibili alternativi. In caso contrario, l’UE dovrà fare affidamento sulla capacità estera per sviluppare questo mercato strategico e conseguire i propri obiettivi del Green Deal europeo. Per evitare questo rischio, il CESE invita la Commissione europea a qualificare immediatamente il settore strategico delle TM e le sue attività come «infrastrutture critiche». |
3.11. |
Il Comitato è fermamente convinto che la leadership economica dell’UE possa essere conseguita solo con solidi impianti di produzione sul territorio dell’Unione, in quanto ciò costituisce l’unica possibilità per garantire uno sviluppo economico e sociale sostenibile, salvaguardare la difesa e l’autonomia strategica marittima dell’UE, garantire la sicurezza dei cittadini dell’UE e proteggere i loro posti di lavoro. Il CESE chiede inoltre un programma specifico e incentivi per i produttori che desiderano trasferire i loro impianti di produzione nell’UE (rilocalizzazione). |
4. Occupazione e competenze
4.1. |
Il settore delle TM crea circa 1 milione di posti di lavoro nelle regioni marittime di tutta Europa (8). |
4.2. |
L’adozione dell’inverdimento e della digitalizzazione e l’impiego di tecnologie pionieristiche richiedono una specializzazione della forza lavoro. A tal fine, il CESE esorta la Commissione europea e gli Stati membri a elaborare e attuare immediatamente programmi di riqualificazione, miglioramento delle competenze e IFP su vasta scala, tramite una valutazione dei programmi e una certificazione delle competenze, con il pieno coinvolgimento delle parti sociali e del mondo accademico. Inoltre, il CESE chiede anche un sostegno finanziario concreto per il patto dell’UE per le competenze e per campagne specifiche che renderanno il settore più attraente, anche per le donne e i giovani, nonché le persone con disabilità e con competenze specifiche. Il CESE sottolinea altresì che il settore delle TM richiede lavoratori con maggiori competenze in materia di robotica, intelligenza artificiale (IA), cibersicurezza, sensori, automazione e stampa 3D, nonché ingegneri altamente qualificati, oltre alla particolare necessità del settore di disporre di lavoratori manuali (ad esempio saldatori, elettricisti, tubisti). |
4.3. |
Le imprese europee rispettano le più elevate norme sociali internazionali in piena conformità della legislazione dell’UE e delle norme dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Il CESE riconosce il lavoro compiuto dalle imprese europee nel tracciare il cammino e innalzare gli standard internazionali in materia di lavoro, nonché l’importanza di buone condizioni di lavoro, retribuzioni dignitose e regimi di sicurezza sociale per la forza lavoro del settore, e invoca maggiori sforzi tesi a creare e consolidare i comitati aziendali europei. Inoltre, il CESE ribadisce la necessità che i lavoratori distaccati in un altro Stato membro abbiano diritto a una serie di diritti fondamentali in vigore nel paese ospite conformemente alla direttiva sul distacco dei lavoratori. |
4.4. |
Come viene posto in evidenza nella strategia LeaderSHIP 2020 (adottata nel 2013), il settore delle TM incontra difficoltà nel garantire il trasferimento generazionale di know-how. Il CESE è molto deluso del fatto che finora non siano state intraprese azioni specifiche (a livello UE) e chiede una tabella di marcia chiara per garantire una transizione giusta, rendere il settore delle TM più attraente e creare strutture di istruzione e formazione adeguate con nuovi programmi di studio e competenze adeguate alle nuove tendenze e ai nuovi modelli imprenditoriali, nonché alla transizione verde e digitale. Il quadro per una transizione giusta deve basarsi sul dialogo sociale e prevedere risorse adeguate per attrarre una forza lavoro nuova e sostenere le transizioni da un lavoro all’altro e la riqualificazione e il miglioramento delle competenze dei lavoratori, compresa la formazione in materia di salute e sicurezza riguardo alle nuove tecnologie e ai nuovi processi. Tutti i programmi dovrebbero essere valutati e certificati ai fini di un’istruzione uniforme e basata sugli stessi standard. |
4.5. |
Il CESE ritiene che il comitato europeo di dialogo sociale del settore della costruzione navale abbia un ruolo essenziale da svolgere nel rafforzamento del settore delle TM. Un dialogo sociale di qualità, azioni congiunte ambiziose, accordi e collaborazioni tra le parti sociali, anche tramite detto comitato, rivestono un’importanza cruciale e vanno pertanto rispettati. |
5. Accesso ai finanziamenti
5.1. |
Il CESE ritiene essenziale mantenere gli impianti di produzione in Europa e renderli competitivi, e invita quindi l’UE e gli Stati membri ad attribuire priorità al finanziamento dell’industria. Il settore delle TM si trova dinanzi a maggiori difficoltà per quanto riguarda l’accesso ai prestiti bancari e ai finanziamenti pubblici, e ha un’esposizione molto limitata ad altre fonti di finanziamento, in un contesto in cui le PMI sono le più colpite. Il CESE invoca inoltre norme di tassonomia dell’UE che favoriscano gli investimenti sostenibili nel settore marittimo, senza lasciare indietro nessuno ed evitando qualsiasi discriminazione tra gli operatori di tale settore. I criteri di prestazione ambientale devono essere altresì allineati alla legislazione dell’UE e garantire la certezza del diritto per gli investimenti tecnologici. |
5.2. |
Il CESE ritiene che l’UE dovrebbe incentivare finanziariamente gli armatori dell’Unione a costruire navi in Europa, mantenendo il più possibile le catene di approvvigionamento e la produzione di sottocomponenti nell’UE. È opportuno tenere conto dei fondi dedicati e degli inviti a presentare proposte, dato che le opportunità marittime sono a malapena menzionate o affrontate negli accordi di partenariato o nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza. |
5.3. |
Il CESE chiede che i fondi raccolti a seguito delle violazioni delle disposizioni relative a FuelEU Maritime e le entrate provenienti dal sistema di scambio di quote di emissione dell’UE siano utilizzati anche come ulteriore fonte di finanziamento dedicata per il settore delle TM, in particolare l’RSI. Il CESE è disposto a partecipare alla creazione di nuove politiche e regimi di finanziamento dell’UE e chiede che le istituzioni dell’UE siano coinvolte in tutti i futuri colloqui in materia. |
5.4. |
Poiché gli strumenti finanziari esistenti non sono sufficienti o adeguati ai settori ad alta intensità di capitale, il CESE invita ancora una volta la Commissione europea ad «attivare e mobilitare uno strumento finanziario specifico che rafforzi gli investimenti in un settore ad alta intensità di capitale di rischio come è quello europeo delle TM» (9), mentre «occorre inoltre studiare la possibilità di varare un programma di finanziamento che metta gli stabilimenti europei di riciclaggio in condizione di demolire tipi di navi di maggior stazza». Il CESE chiede inoltre la creazione di un fondo di garanzia dell’UE che faciliti l’accesso ai finanziamenti per gli investimenti marittimi ad alta intensità di rischio. I finanziamenti dell’UE dovrebbero permettere anche lo smantellamento e il riciclaggio delle navi giunte a fine vita, comprese le imbarcazioni da pesca e da diporto. |
5.5. |
Infine, è inaccettabile che le imprese di paesi terzi che non rispettano le norme dell’Unione abbiano ancora accesso ai fondi dell’UE (ad esempio i finanziamenti della BEI) e al mercato interno. Pertanto, l’Unione dovrebbe applicare rigorosamente il principio di reciprocità e dovuta diligenza per il rispetto delle norme dell’UE e garantire che gli strumenti di finanziamento dell’UE e l’accesso al mercato interno non siano utilizzati o concessi alle imprese che perpetuano il dumping sociale e perturbano la parità di condizioni a livello mondiale. La Commissione europea dovrebbe applicare il regolamento sulle sovvenzioni estere ai cantieri navali e ai fabbricanti di attrezzature marittime sovvenzionati dall’estero e prendere in considerazione la possibilità di rivedere il regolamento (UE) n. 2016/1035 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) sui prezzi pregiudizievoli nella vendita di navi. |
6. Ricerca, sviluppo e innovazione (RSI)
6.1. |
Al fine di conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo e attuare la strategia industriale dell’UE, è necessario un approccio settoriale, con specifiche azioni strategiche settoriali. Il CESE sottolinea che il cammino è ancora lungo, per passare dalla teoria alla pratica, ed è fortemente deluso per la mancanza di azione a sostegno del progresso industriale dell’UE. Il CESE, le parti sociali e i produttori locali hanno atteso invano uno stimolo per il passaggio del settore a navi verdi e tecnologie e combustibili alternativi per conformarsi al pacchetto «Pronti per il 55 %» (11). |
6.2. |
L’adozione di nuove tecnologie rivoluzionarie (ad esempio sensori intelligenti sia per le navi che per i porti, analisi dei dati, Internet delle cose (IoT), cloud computing, IA) è fondamentale per tenere testa alla concorrenza. Tutto ciò consentirà una maggiore integrazione dei servizi marittimi e delle catene di approvvigionamento, una maggiore sicurezza ed efficienza energetica e una progettazione superiore. Tuttavia, il CESE sottolinea che i produttori locali investono già in media una percentuale significativa pari al 9 % del loro fatturato annuo nell’RSI e invoca apposite politiche pubbliche e un maggiore sostegno finanziario per questi soggetti all’avanguardia. |
6.3. |
Il CESE chiede inoltre maggiori sforzi a livello nazionale, internazionale e dell’UE, al fine di aumentare le capacità in materia di cibersicurezza, poiché il rischio informatico è destinato ad aumentare di pari passo con l’evoluzione tecnologica e l’introduzione di processi e imbarcazioni automatizzati. |
6.4. |
Per conseguire la piena decarbonizzazione del settore delle TM, è necessario passare completamente a tecnologie e combustibili alternativi. Sebbene tale settore rappresenti i mezzi di trasporto più efficienti sotto il profilo energetico, il CESE pone in evidenza che vi è ancora margine di miglioramento in termini di riciclaggio, investimenti verdi, porti a emissioni zero e resilienti ai cambiamenti climatici, infrastrutture per le vie navigabili e catene logistiche portuali snelle. Il CESE chiede di sostenere la ricerca e l’innovazione nel settore delle TM, in quanto sono cruciali per lo sviluppo di tecnologie innovative e di potenziali concetti alternativi per il trasporto marittimo, nonché per la competitività del settore. A questo proposito si dovrebbe puntare a una cooperazione di ampio respiro con l’industria della difesa. |
6.5. |
Il futuro del settore delle TM si basa sulla raccolta e la gestione dei dati, in quanto l’analisi dei dati rappresenta un’importante opportunità per migliorare la logistica, le operazioni navali, il monitoraggio spaziale delle grandi aree marittime e le prestazioni ambientali delle navi. |
6.6. |
La protezione del know-how e della proprietà intellettuale è essenziale per il settore delle TM. Le conoscenze acquisite grazie alle attività di RSI finanziate dall’UE devono rendere le imprese dell’UE più competitive e apportare benefici alla società. Le tecnologie marittime verdi e intelligenti sviluppate attraverso progetti dell’UE dovrebbero pertanto essere considerate strategiche per la competitività e l’autonomia strategica dell’UE e dovrebbe essere possibile limitare temporaneamente l’accesso delle imprese di paesi terzi ai risultati di tali progetti, in linea con le disposizioni giuridiche di Orizzonte Europa. Anche i settori legati al trasporto per vie navigabili ancora esclusi dai partenariati esistenti, come la costruzione di navi e imbarcazioni da diporto, dovrebbero beneficiare dei finanziamenti destinati all’RSI a titolo di Orizzonte Europa. |
6.7. |
Infine, il CESE sottolinea che gli investimenti nell’ambito dell’RSI possono garantire il ruolo guida dell’UE nella concorrenza globale e accoglie pertanto con favore l’adozione del partenariato co-programmato sul trasporto per vie navigabili a emissioni zero. |
7. Osservazioni finali
7.1. |
Come già avviene per altri modi di trasporto, il CESE ritiene che un «gruppo di esperti marittimi» e una «alleanza industriale europea per il settore delle tecnologie marittime» potrebbero contribuire a migliorare e a riconquistare la competitività globale del settore delle TM. |
7.2. |
Se non si interviene a livello settoriale, il presente parere del CESE potrebbe essere uno degli ultimi moniti a sostenere immediatamente il settore delle TM per salvaguardare il mercato, le capacità industriali e l’occupazione in Europa, e lottare per recuperare i mercati persi. Il CESE ha apportato il suo contributo per sensibilizzare in merito alle azioni strategiche necessarie ed è disposto a intraprendere ulteriori azioni per rendere il settore più competitivo. Se l’UE non adotterà misure urgenti e non realizzerà e attuerà rapidamente un’apposita strategia industriale marittima, l’UE potrebbe diventare completamente dipendente dall’Asia per le sue navi e strutture civili e militari e per le attrezzature marittime e offshore. Non si tratterebbe solo di una vera vergogna, ma anche di un grave errore politico. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Patto per le competenze.
(2) La proposta FuelEU Maritime.
(3) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(4) Il termine «settore del trasporto per vie navigabili» deve essere inteso in senso lato in modo da comprendere le tecnologie marittime, il trasporto marittimo, la navigazione interna, le navi e le imbarcazioni da diporto, nonché le relative catene di approvvigionamento.
(5) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «La strategia LeaderSHIP 2020 — una visione per il settore delle tecnologie marittime: verso un settore marittimo innovativo, sostenibile e competitivo nel 2020» (GU C 262 del 25.7.2018, pag. 8).
(6) Il settore delle TM comprende i cantieri navali e l’intera catena di approvvigionamento dei produttori e fornitori di sistemi, attrezzature e tecnologie marittimi, mentre non include i prestatori di servizi marittimi (ad esempio le compagnie di navigazione, le autorità portuali e i prestatori di servizi portuali).
(7) LeaderSHIP 2020 — Il mare: nuove opportunità per il futuro.
(8) A Future European Maritime Technology Industrial Policy.
(9) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «La strategia LeaderSHIP 2020 — una visione per il settore delle tecnologie marittime: verso un settore marittimo innovativo, sostenibile e competitivo nel 2020» (GU C 262 del 25.7.2018, pag. 8).
(10) Regolamento (UE) 2016/1035 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le pratiche di prezzi pregiudizievoli nella vendita di navi (GU L 176 del 30.6.2016, pag. 1).
(11) «Pronti per il 55 %»: realizzare l'obiettivo climatico dell'UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/38 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Responsabilizzare i giovani per realizzare lo sviluppo sostenibile attraverso l'istruzione»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/06)
Relatrice: |
Tatjana BABRAUSKIENĖ |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
24.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
126/1/1 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE invita gli Stati membri a riaffermare l’impegno, assunto alla COP 26 (1), di fare dell’azione per il clima e lo sviluppo sostenibile una componente fondamentale dei programmi di studio. È essenziale riconoscere la necessità di ripensare il futuro insieme ai giovani e definire un nuovo contratto sociale che trasformi positivamente l’istruzione. |
1.2. |
Per realizzare un cambiamento di paradigma, il CESE sottolinea la necessità di adottare un approccio trasversale globale, che garantisca la cooperazione tra i diversi soggetti interessati, le parti sociali e le organizzazioni della società civile. Le organizzazioni giovanili e l’istruzione non formale hanno un ruolo cruciale da svolgere nella sensibilizzazione al tema degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e nel sostegno alla loro attuazione. |
1.3. |
Il CESE incoraggia la Commissione europea a continuare a concentrarsi sulle esigenze dei giovani nel quadro dell’Anno europeo delle competenze 2023, collegandolo allo sviluppo sostenibile e alle sfide che i giovani si trovano ad affrontare in un mondo in evoluzione. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore il ruolo di coordinamento della Commissione nella promozione di progetti, formazioni, scambi di buone pratiche e comunicazione tra insegnanti al fine di promuovere l’attuazione degli OSS nel settore dell’istruzione. Tuttavia, l’educazione agli approcci e alle strategie di sviluppo sostenibile, sul piano sia teorico che pratico, dovrebbe essere concepita a livello locale, nazionale e regionale e basarsi su ricerche coerenti e piani d’azione chiari; essa dovrebbe comprendere attività di monitoraggio, consentendo un miglioramento costante e lo scambio di esperienze. |
1.5. |
Il CESE sottolinea il ruolo importante del dialogo sociale e civico nell’integrazione degli OSS a tutti i livelli di istruzione, sia formale che non formale, e nella formazione degli insegnanti, al fine di garantire che tutti i tipi di istruzione includano quadri espliciti delle competenze che consentano di fissare obiettivi di apprendimento concreti e di applicare metodi di valutazione appositi. |
1.6. |
Il CESE sottolinea che tutti hanno bisogno delle conoscenze necessarie per combattere i cambiamenti climatici, in particolare per quanto riguarda tutti gli aspetti del consumo e della produzione sostenibili, le scelte alimentari responsabili e la riduzione degli sprechi alimentari, nonché l’uso dell’energia sostenibile. L’educazione dei bambini dovrebbe essere coadiuvata dall’apprendimento permanente per i genitori e dall’educazione dei cittadini. Inoltre, dovrebbe essere promossa la sensibilizzazione di tutti, anche sostenendo le organizzazioni guidate dai giovani in questo ambito. |
1.7. |
Il CESE chiede che gli investimenti dell’UE siano meglio collegati all’educazione allo sviluppo sostenibile nel quadro dell’utilizzo dei fondi dell’UE, quali il dispositivo per la ripresa e la resilienza, Erasmus+, Orizzonte, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo Plus (FSE+). |
1.8. |
Il CESE invita tutti gli Stati membri a effettuare investimenti pubblici sostenibili e di qualità per garantire che gli obiettivi di sviluppo sostenibile siano integrati nell’istruzione nazionale, non solo in teoria ma anche nella pratica, elaborando programmi di studio di ampio respiro per instillare la capacità di pensiero critico e di decisione informata. |
1.9. |
Il CESE invita gli Stati membri a offrire un sostegno efficace agli insegnanti per rendere più attraente tale professione. Sebbene in Europa vi sia un’enorme carenza di docenti, l’educazione alla sostenibilità richiede insegnanti stimati, con retribuzioni dignitose e buone condizioni di lavoro. Per trasformare il sistema di istruzione, è essenziale garantire una formazione iniziale e continua di alta qualità per gli insegnanti, l’equità e l’inclusione nei sistemi di istruzione e formazione, nonché un’organizzazione innovativa delle scuole. |
1.10. |
Il CESE chiede che i giovani siano posti al centro del processo di istruzione e apprendimento. Tale obiettivo può essere conseguito riducendo la burocrazia relativa alla professione di insegnante, concentrandosi su una pedagogia innovativa e su una stretta collaborazione con gli studenti. In tale contesto è importante preparare tutti gli insegnanti a un uso efficiente delle nuove tecnologie e a nuovi contesti di apprendimento, sia nei programmi di studio che nelle loro vite. Sarebbe utile valutare la fattibilità della creazione di una piattaforma o di un portale online appositamente destinati allo scambio delle buone pratiche. |
1.11. |
Il CESE invita la Commissione europea ad adoperarsi per introdurre un indicatore europeo sulla riduzione della povertà e dell’abbandono scolastico, in linea con l’educazione allo sviluppo sostenibile, al fine di combattere le disuguaglianze. Esso potrebbe essere messo a punto in parallelo con un indicatore globale. |
2. Antefatti e contesto
2.1. La necessità di uno sviluppo sostenibile
2.1.1. |
I politici, i responsabili decisionali e le parti interessate a tutti i livelli devono riconoscere che la vasta trasformazione da un’economia basata sui combustibili fossili, ad alta intensità di risorse e lineare a un’economia circolare rispettosa del clima è estremamente necessaria, ma comporta notevoli sconvolgimenti nella vita e nei piani futuri di tutti i cittadini, specialmente dei giovani e delle generazioni future. |
2.1.2. |
La guerra della Russia contro l’Ucraina ha anche messo a nudo la dipendenza insostenibile dell’Europa dall’energia fossile e ha posto la transizione verde in un nuovo contesto geopolitico. Per ridurre la nostra dipendenza, accelerare la decarbonizzazione è una misura inevitabile e più necessaria che mai. Alla luce delle sfide attuali e future, l’Agenda 2030, i suoi 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) e l’impegno a non lasciare indietro nessun cittadino e nessun territorio costituiscono un percorso unico verso un’economia del benessere, per ricostruire meglio e creare un mondo più equo, giusto, inclusivo, sostenibile e resiliente. |
2.1.3. |
Nel prossimo futuro l’UE dovrebbe dare l’esempio nel delineare un percorso economicamente sostenibile verso una transizione verde e socialmente giusta. A tal fine il CESE invita gli Stati membri e le istituzioni dell’UE a responsabilizzare i giovani e a coinvolgerli nel processo decisionale, adattando l’istruzione e l’occupazione e mobilitando un numero ancora maggiore di giovani. Secondo il Programma mondiale d’azione delle Nazioni Unite per la gioventù fino al 2000 e oltre (2), adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1995, i giovani di tutti i paesi sono al tempo stesso una grande risorsa umana per lo sviluppo e attori di primo piano del cambiamento sociale, dello sviluppo economico e dell’innovazione tecnologica. Il CESE sottolinea che i giovani sono i leader del futuro: devono essere sostenuti per quanto concerne l’accesso all’innovazione progressiva e devono essere pienamente integrati nell’elaborazione delle politiche al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. |
2.1.4. |
L’obiettivo del presente parere d’iniziativa è quello di esaminare se e come gli OSS siano integrati nei programmi di studio adottati negli Stati membri e se l’approccio dei rispettivi Stati membri possa essere considerato un’educazione trasformativa per promuovere lo sviluppo sostenibile (3). Inoltre, il parere formula delle raccomandazioni per assistere la Commissione europea e gli Stati membri sui modi per promuovere le opportunità e superare le sfide al fine di sviluppare ulteriormente le politiche giovanili, garantendo nel contempo che l’educazione allo sviluppo sostenibile sia integrata sistematicamente in una fase precoce. |
2.2. |
Panorama delle politiche |
2.2.1. |
Nel 2015 le Nazioni Unite hanno adottato gli obiettivi di sviluppo sostenibile allo scopo di offrire al mondo un piano ambizioso per affrontare insieme il degrado ambientale e le questioni dello sviluppo sociale ed economico. I 17 OSS, declinati in 169 traguardi da raggiungere entro il 2030, pongono l’istruzione al centro della loro realizzazione. L’istruzione è un diritto umano, e l’educazione (compresa quella alla sostenibilità) dovrebbe essere accessibile a tutti. Tuttavia, secondo il rapporto dell’Unesco sull’attuazione degli OSS, l’istruzione pubblica non è gratuita per tutti e spesso non è inclusiva. L’attuazione dell’OSS 4.7 si è pertanto rivelata difficoltosa. Inoltre, molti paesi non sono ancora pienamente impegnati a fare dell’azione per il clima una componente essenziale dei programmi di studio (4). |
2.2.2. |
Secondo l’obiettivo 4.7, entro il 2030 i firmatari dovranno garantire che «tutti i discenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un’educazione volta a uno sviluppo e uno stile di vita sostenibili, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile». Il parere formulato dal Comitato economico e sociale europeo (CESE) sul tema Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti (5) è in linea con tale raccomandazione. |
2.2.3. |
Negli ultimi anni la politica dell’UE si è sempre più concentrata sulla sostenibilità ambientale. Nel 2019 la Commissione europea ha lanciato il Green Deal europeo (6): il piano per rendere sostenibile l’economia dell’UE, che rispecchia l’ambizione dell’Europa di diventare il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. |
2.2.4. |
Nel quadro del suo piano per l’istruzione e la formazione per contribuire alla transizione verde, la Commissione europea ha proposto una serie di iniziative: in primo luogo, il lancio della coalizione «Istruzione per il clima» (7); in secondo luogo, le conclusioni del Consiglio sulla promozione dell’impegno dei giovani quali attori del cambiamento ai fini della tutela dell’ambiente (8), adottate di recente, e una raccomandazione del Consiglio sull’apprendimento per la transizione verde e lo sviluppo sostenibile (9); in terzo luogo, l’elaborazione di un quadro europeo delle competenze in materia di cambiamenti climatici e sviluppo sostenibile (10). |
2.2.5. |
Il 4 e 5 aprile 2022 il Consiglio «Istruzione, gioventù, cultura e sport» ha sottolineato il ruolo importante svolto dallo sport nell’ambito dell’educazione a un ambiente sostenibile e ha raccomandato di «trovare modalità per promuovere l’educazione allo sviluppo sostenibile e lo sviluppo di un senso di responsabilità ambientale e civica tra le società sportive, le federazioni e altri portatori di interesse nel settore dello sport» (11). |
2.2.6. |
Inoltre, l’Anno europeo dei giovani 2022 è inteso a promuovere le nuove opportunità e possibilità offerte dalle transizioni verde e digitale, le quali dovrebbero essere inclusive e prestare attenzione all’integrazione dei giovani con minori opportunità e dei gruppi vulnerabili di giovani. Il CESE invita la Commissione europea a continuare a concentrarsi sulle esigenze dei giovani nel quadro dell’Anno europeo delle competenze 2023, collegandolo allo sviluppo sostenibile e alle sfide che i giovani si trovano ad affrontare in un mondo in evoluzione. |
2.2.7. |
È importante collegare meglio gli investimenti dell’UE all’educazione allo sviluppo sostenibile nel quadro dell’utilizzo dei fondi dell’UE, quali il dispositivo per la ripresa e la resilienza, Erasmus+, Orizzonte, il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo Plus (FSE+). La lotta contro la perdita di biodiversità, l’inquinamento e i cambiamenti climatici è una delle quattro priorità generali del nuovo programma Erasmus+ per il periodo 2021-2027, insieme all’inclusione e alla diversità, alla trasformazione digitale e alla partecipazione alla vita democratica. Il CESE accoglie con favore il fatto che la mobilità online sarà incoraggiata anche nel programma Erasmus al fine di ridurre l’impronta di carbonio. |
3. Gioventù, istruzione e sviluppo sostenibile
3.1. |
L’importanza dello sviluppo delle competenze nell’ambito della mitigazione dei cambiamenti climatici e dell’adattamento agli stessi, nonché nel contesto dell’economia circolare, deve essere presa in considerazione nella riqualificazione e nel miglioramento delle competenze dei giovani. Le parti sociali (organizzazioni di datori di lavoro e sindacati dei lavoratori) e le organizzazioni della società civile hanno un ruolo fondamentale da svolgere nella definizione dei profili e delle norme professionali e occupazionali, come pure nell’integrazione degli aspetti legati alla sostenibilità negli apprendistati e nella formazione dei lavoratori. Le parti sociali e la società civile aiutano i giovani ad adattarsi nel passaggio dalla scuola al lavoro in modo tale da includere lo sviluppo sostenibile. Il ruolo del dialogo sociale e civico è essenziale e deve essere rafforzato. |
3.2. |
I giovani hanno bisogno di inclusione digitale e sociale, istruzione e formazione di qualità, occupazione stabile, buone condizioni di lavoro, alloggi a prezzi accessibili e sostegno nella lotta quotidiana ai cambiamenti climatici. Occorrono maggiori ricerche e dati sull’impatto dei cambiamenti climatici sui paesi, sulle regioni e a livello locale, il che va correlato alla previsione delle esigenze in termini di competenze e posti di lavoro. In un momento in cui l’Europa e altri continenti sono alle prese con una grave crisi alimentare, i giovani devono imparare a conoscere tutti gli aspetti relativi al consumo e alla produzione sostenibili, riducendo gli sprechi alimentari e compiendo scelte alimentari responsabili. |
3.3. |
La disuguaglianza dovrebbe essere affrontata introducendo un indicatore globale ed europeo sulla riduzione della povertà e dell’abbandono scolastico precoce, in linea con l’educazione allo sviluppo sostenibile. Lo spopolamento delle zone rurali dovuto alle scarse prospettive di lavoro e alle insufficienti opportunità di istruzione produce effetti negativi per le giovani famiglie. L’abbandono scolastico precoce costituisce un problema nelle zone urbane e rurali, pertanto le politiche riguardanti il mercato del lavoro e una crescita economica equa devono essere efficaci al fine di ridurre il numero di giovani che non hanno un lavoro né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET) (12). |
3.4. |
L’efficace attuazione del quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (13) e il rafforzamento del quadro europeo di qualità per i tirocini sono essenziali in relazione all’educazione allo sviluppo sostenibile. |
3.5. |
Il CESE ritiene che, data la portata, la complessità e l’immediatezza delle questioni in gioco, l’UE e gli Stati membri debbano intensificare e coordinare meglio gli sforzi messi in campo, anche per quanto riguarda il miglioramento dell’educazione alla sostenibilità, divenuta ormai fondamentale. Tale azione comprende anche l’educazione all’uso dell’energia sostenibile. Le politiche dell’UE e degli Stati membri in materia di istruzione devono essere oggetto di un monitoraggio e di una mappatura costanti, con lo scambio di buone pratiche tra paesi e organizzazioni. Al centro dell’educazione allo sviluppo sostenibile vi sono valori umanistici imperniati sull’acquisizione di conoscenze e sulla formulazione di soluzioni pratiche equilibrate, che tengano conto delle conseguenze ambientali e sociali. |
3.6. |
Gli insegnanti e i genitori svolgono un ruolo essenziale nell’educazione a un ambiente sostenibile. Gli insegnanti e i formatori devono essere sostenuti da una formazione professionale iniziale e continua di qualità in materia di sostenibilità. Il parere del CESE sul tema Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti (14) ha messo in luce un aspetto fondamentale, ossia che tutti necessitano delle conoscenze necessarie per contrastare i cambiamenti climatici. L’apprendimento lungo tutto l’arco della vita per i genitori e l’istruzione dei cittadini sono essenziali e dovrebbero essere rafforzati attraverso la sensibilizzazione di tutti, anche sostenendo le organizzazioni giovanili in materia. |
3.7. |
Il CESE invita gli Stati membri a offrire un sostegno efficace agli insegnanti per rendere più attraente tale professione. Sebbene in Europa vi sia un’enorme carenza di docenti, l’educazione alla sostenibilità richiede insegnanti stimati, con retribuzioni dignitose e buone condizioni di lavoro. Per trasformare il sistema di istruzione è essenziale garantire una formazione iniziale e continua di alta qualità per gli insegnanti, l’equità e l’inclusione nei sistemi di istruzione e formazione, nonché un’organizzazione innovativa delle scuole, creando una cultura della pace e della sicurezza. Per responsabilizzare i giovani rispetto allo sviluppo sostenibile attraverso l’istruzione occorrono professionisti capaci, dotati di strumenti diversificati e assertivi. Insegnanti qualificati sapranno come utilizzare al meglio, nel loro lavoro quotidiano, la dichiarazione di Parigi (15) e la dichiarazione di Osnabrück sull’IFP (16), che promuovono la cittadinanza e i valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione nell’istruzione. |
3.8. |
Con la loro immaginazione creativa, il loro entusiasmo e la loro energia, i giovani europei costituiscono un capitale umano inestimabile e una fonte di idee innovative; sono loro che hanno il ruolo più importante da svolgere nel guidare lo sviluppo sostenibile negli Stati membri dell’UE, oggi e nel prossimo futuro. A tale riguardo, gli Stati membri dell’UE dispongono di un enorme potenziale di azione ancora inutilizzato. Alle organizzazioni giovanili e all’istruzione non formale spetta un ruolo importante nel sostenere l’istruzione e l’apprendimento sostenibili. |
3.9. |
Il CESE chiede che i giovani siano posti al centro del processo di istruzione e apprendimento. Tale obiettivo può essere conseguito riducendo la burocrazia relativa alla professione di insegnante, concentrandosi su una pedagogia innovativa e su un rapporto stretto con gli studenti, e preparando tutti gli insegnanti all’impiego di nuove tecnologie e a nuovi contesti di apprendimento, sia nei programmi di studio che nelle loro vite. Un’istruzione trasformativa richiede insegnanti trasformativi, competenze trasformative e cittadini trasformativi. Gli insegnanti e i formatori hanno bisogno di tempo, spazio e risorse sufficienti per poter attuare l’approccio «pratico» e trasversale dell’educazione alla sostenibilità ambientale, sulla base di un efficiente lavoro di squadra tra le parti interessate. Si tratta di un tema trasversale che riguarda tutte le discipline dell’istruzione e della formazione professionale in un approccio pedagogico interdisciplinare. |
3.10. |
È gratificante constatare che i giovani contribuiscono già oggi allo sviluppo sostenibile nei loro paesi e agli obiettivi climatici internazionali secondo i principi della «compatibilità ambientale» e aderiscono attivamente alle reti internazionali di movimenti giovanili impegnati nella conservazione della natura e nella lotta contro i cambiamenti climatici. A complemento di ciò, occorre adattare tutti i sistemi di istruzione per far spazio all’istruzione trasformativa, che consentirà a un maggior numero di giovani di orientare i loro sforzi verso il cambiamento trasformativo di cui abbiamo bisogno. Secondo la recente relazione dell’IPCC, «l’apprendimento trasformativo è fondamentale perché contribuisce a stimolare sia una consapevolezza condivisa che azioni collettive» (17). |
4. Lo sviluppo sostenibile deve essere visto come un processo di apprendimento continuo e globale
4.1. |
È importante riconoscere che lo sviluppo sostenibile dello Stato e della società non può esistere senza un apprendimento costante e senza l’acquisizione e la comprensione di nuove esperienze. In questo senso, lo sviluppo sostenibile deve essere visto come un processo continuo attraverso il quale la società deve imparare a vivere in modo più sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Consentendo l’accesso all’informazione e sensibilizzando le persone, ma soprattutto sviluppando la loro capacità di innovare e attuare soluzioni, l’educazione alla sostenibilità è essenziale se vogliamo riorientare il nostro modo di vivere e lavorare. Al fine di educare i giovani a rapportarsi in modo consapevole alle questioni più complesse in materia di sviluppo sostenibile che le comunità e gli Stati si trovano ad affrontare, è necessario mettere a punto programmi di studio di ampio respiro per instillare la capacità di pensiero critico e di decisione informata. |
4.2. |
Dagli studi e ricerche condotti per consentire alla Commissione europea di preparare la proposta di raccomandazione del Consiglio sull’apprendimento per la sostenibilità ambientale risulta che solo 13 Stati membri dispongono di una definizione chiara di «educazione allo sviluppo sostenibile» (ESD) o «educazione alla sostenibilità ambientale» (SEO). È deplorevole che in alcuni Stati membri l’espressione «educazione allo sviluppo sostenibile» e l’obiettivo di sviluppo sostenibile 4.7 non siano applicati, sebbene siano riconosciuti come elemento integrante dell’obiettivo di sviluppo sostenibile 4 (OSS 4) sull’istruzione di qualità e come fattore chiave per tutti gli altri obiettivi di sviluppo sostenibile. Nelle relazioni per paese esaminate non venivano chieste informazioni in merito ai finanziamenti. L’Italia, tuttavia, che ha iniziato ad assumere impegni in materia di educazione allo sviluppo sostenibile, ha chiaramente indicato che la mancanza di finanziamenti costituisce uno dei principali motivi per cui l’attuazione dell’educazione allo sviluppo sostenibile è in fase di stallo. Quando i governi sono costretti a effettuare dei tagli a causa di crisi economiche, energetiche e legate al costo della vita, a rimetterci è sempre l’istruzione, come anche altri ambiti sociali. La mancanza di investimenti dà luogo a diverse forme di privatizzazione e asimmetrie nei sistemi, compromettendo l’equità e la libertà pedagogica e accademica. |
4.3. |
Un ulteriore spunto di riflessione è il seguente: è necessaria una strategia centralizzata dall’alto verso il basso per attuare in modo efficace l’educazione allo sviluppo sostenibile o vi sono altri fattori che ne determinano il successo? La Danimarca e i Paesi Bassi non dispongono di una strategia nazionale per l’educazione allo sviluppo sostenibile, ma le loro scuole stanno lavorando attivamente su questo tema. La Finlandia ha una strategia nazionale, ma teme che l’educazione allo sviluppo sostenibile sia frammentata tra le varie scuole. L’Italia ha già incluso l’educazione allo sviluppo sostenibile nei programmi di studio nazionali, ma si trova ad affrontare alcune sfide nell’attuarla a livello regionale. La Francia ha messo a punto una strategia nazionale, gestita dalle autorità scolastiche locali e attuata in tutte le scuole attraverso il programma di studio nazionale e progetti pedagogici specifici. In tal modo tutti i livelli vengono coinvolti, il che, a sua volta, garantisce il successo della strategia. |
4.4. |
Una delle questioni fondamentali è la priorità attribuita all’educazione allo sviluppo sostenibile. L’OCSE, in collaborazione con la Commissione europea, ha recentemente pubblicato una ricerca (18) che traccia una mappatura delle competenze in materia di sostenibilità ambientale dei giovani in tutti i paesi dell’UE e dell’OCSE. Questo nuovo approccio agli studi e alle valutazioni potrebbe trasmettere un segnale positivo riguardo alla priorità da attribuire all’educazione allo sviluppo sostenibile negli Stati membri. Potrebbe essere utile esaminare ulteriormente il rapporto tra le misure delle Nazioni Unite volte a promuovere l’educazione allo sviluppo sostenibile e le misure dell’OCSE intese a sostenere lo sviluppo della politica in materia di istruzione attraverso il PISA, al fine di verificare se vi siano asimmetrie nel modo in cui queste due serie di misure plasmano i sistemi di istruzione. |
4.5. |
Uno dei potenziali ostacoli è l’attuazione dell’educazione allo sviluppo sostenibile nei paesi con un sistema federale. Ciò che è emerso dai rapporti nazionali è che il grado di coordinamento tra il ministero federale in questione e le autorità regionali varia da uno Stato membro all’altro: la Germania incontra delle difficoltà, mentre l’Austria dispone di una rete che regola il coordinamento. La modalità con cui il governo federale austriaco è coinvolto nelle iniziative dal basso verso l’alto costituisce un esempio che altri paesi potrebbero seguire. |
4.6. |
È essenziale che le società presenti e future riesaminino, ripensino e ridefiniscano l’istruzione, da quella prescolastica a quella universitaria e oltre, dal punto di vista dell’educazione e dell’apprendimento sostenibili in modo che comprenda, in definitiva, i principi, le conoscenze, le competenze, le convinzioni e i valori associati alla sostenibilità in tutti e tre i settori: ecologia, società ed economia. Tale processo dovrebbe essere globale, interdisciplinare e coinvolgere le iniziative dal basso nonché l’insieme della popolazione e dovrebbe essere sostenuto dai governi. Tuttavia, l’attuazione nei singoli paesi deve tenere conto delle caratteristiche locali e delle specificità culturali del luogo. |
4.7. |
L’educazione allo sviluppo sostenibile dovrebbe impartire le conoscenze sull’ambiente e sulle sue condizioni e dovrebbe indicare le possibilità esistenti per adattare la nostra economia in modo che venga incentivata la priorità al benessere delle persone e del pianeta, promuovendo nel contempo l’equità intergenerazionale e la conservazione dell’ambiente naturale. Questa economia adattata dovrebbe attribuire maggiore importanza a metodi di gestione rispettosi dell’ambiente, offrire opportunità per coltivare l’attento rispetto dei valori naturali e culturali ed essere guidata da valori basati sull’etica ecologica della responsabilità per la conservazione dell’ambiente a beneficio delle generazioni presenti e future e per l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali. |
4.8. |
Un’istruzione trasformativa per lo sviluppo sostenibile dovrebbe:
|
4.9. |
Non esistono modelli universali di educazione trasformativa alla sostenibilità, pertanto ciascun paese dovrà definire le sue priorità e le sue azioni nel settore dello sviluppo sostenibile e dell’istruzione con l’effettivo coinvolgimento delle parti sociali, della società civile organizzata e di altri soggetti interessati, comprese le organizzazioni giovanili. La leadership scolastica collaborativa e l’educazione alla cittadinanza svolgono un ruolo essenziale nel plasmare le scuole al fine di potenziare l’educazione alla sostenibilità. Gli obiettivi, le principali linee d’azione e i meccanismi dovrebbero essere definiti tenendo conto delle condizioni ambientali, sociali ed economiche locali e delle caratteristiche culturali del luogo. |
4.10. |
La creazione di un sistema di istruzione per lo sviluppo sostenibile richiede il passaggio dall’istruzione tradizionale a un modello orientato alla sostenibilità, che dovrebbe essere fondato su un’ampia base di conoscenze interdisciplinari sostenuta da un approccio integrato allo sviluppo della società, dell’economia e dell’ambiente. Questo tipo di istruzione dovrebbe comprendere attività a livello di istruzione formale (scuole, università, istituti di formazione avanzata) e non formale (creazione di centri di formazione, seminari e tavole rotonde, utilizzo dei media ecc.) e informale (apprendimento tra pari attraverso eventi, scambi di giovani, progetti condotti da giovani ecc.). I programmi di istruzione e formazione che integrano l’educazione alla sostenibilità ambientale devono essere accessibili e inclusivi. I governi devono prendere in considerazione, in una fase precoce, la realtà dei giovani provenienti da contesti svantaggiati e assicurarsi di trovare il modo di coinvolgere tali gruppi. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Co-chairs conclusions of Education and Environment Ministers' summit at CoP26 — «Learn for our Planet. Act for the climate» [Conclusioni dei copresidenti del vertice dei ministri dell’Istruzione e dell’Ambiente alla COP 26 — «Imparare per il nostro pianeta. Agire per il clima»].
(2) ONU — Programma mondiale d'azione per la gioventù.
(3) Vengono utilizzati vari termini: nel parere si parla di «educazione trasformativa per promuovere lo sviluppo sostenibile». Tuttavia, nel contesto attuale vengono usati in modo intercambiabile «educazione allo sviluppo sostenibile» (Education for Sustainable Development — ESD) e «educazione alla sostenibilità ambientale» (Education for Environmental Sustainability — EES). Cfr. anche il glossario in allegato.
(4) Unesco, Rapporto mondiale di monitoraggio dell’educazione, 2021/2: Non-state actors in education: Who chooses, who loses? [Attori non statali dell’istruzione — Chi sceglie? Chi perde?] (disponibile in inglese).
(5) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti» (GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1).
(6) Green Deal europeo.
(7) Commissione europea — Coalizione «Istruzione per il clima».
(8) Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio — Promuovere l’impegno dei giovani quali attori del cambiamento ai fini della tutela dell’ambiente 2022/C 159/07 (GU C 159 del 12.4.2022, pag. 9).
(9) Raccomandazione del Consiglio, del 16 giugno 2022, relativa all’apprendimento per la transizione verde e lo sviluppo sostenibile (GU C 243 del 27.6.2022, pag. 1).
(10) Bianchi, G., Pisiotis, U. e Cabrera Giraldez, M., GreenComp The European sustainability competence framework [GreenComp, il quadro europeo delle competenze in materia di sostenibilità], Punie, Y. e Bacigalupo, M. (a cura di), EUR 30955 EN, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2022, ISBN 978-92-76-46485-3, doi:10.2760/13286, JRC128040.
(11) Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sul tema «Lo sport e l'attività fisica: strumenti promettenti per trasformare i comportamenti a favore di uno sviluppo sostenibile» (GU C 170 del 25.4.2022, pag. 1).
(12) NEET è l’acronimo di Not in Education, Employment or Training e si riferisce a chi è disoccupato e non segue alcun percorso scolastico o formativo.
(13) Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1).
(14) Parere del CESE sul tema «Verso una strategia dell’UE per migliorare le abilità e le competenze verdi per tutti» (GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1).
(15) Promozione della cittadinanza e dei valori comuni di libertà, tolleranza e non discriminazione attraverso l’istruzione, Eurydice.
(16) Dichiarazione di Osnabrück sull’istruzione e la formazione professionale (IFP) quale elemento chiave per la ripresa e per favorire transizioni giuste verso economie digitali e verdi — osnabrueck_declaration_eu2020.pdf.
(17) Sesta relazione di valutazione dell’IPCC, relazione del gruppo di lavoro III, Climate Change 2022: Mitigation of Climate Change [Cambiamenti climatici 2022: mitigazione dei cambiamenti climatici], pag. 2871.
(18) Borgonovi, F., et al. (2022), Young people's environmental sustainability competence: Emotional, cognitive, behavioural, and attitudinal dimensions in EU and OECD countries [Competenze dei giovani in materia di sostenibilità ambientale: dimensioni emotive, cognitive, comportamentali e attitudinali nei paesi dell’UE e dell’OCSE], OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 274, OECD Publishing, Parigi. Borgonovi, F., et al. (2022), The environmental sustainability competence toolbox: From leaving a better planet for our children to leaving better children for our planet [Strumentario per le competenze in materia di sostenibilità ambientale: da lasciare un pianeta migliore ai nostri figli a lasciare migliori figli per il nostro pianeta], OECD Social, Employment and Migration Working Papers, No. 275, OECD Publishing, Parigi. Tali documenti sono stati predisposti come base per la prossima pubblicazione dell’OCSE relativa alle prospettive sulle competenze 2023.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/45 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Iniziativa dei cittadini europei — Salviamo api e agricoltori!»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/07)
Relatore: |
Arnold PUECH d’ALISSAC |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
19.5.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
24.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
168/0/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il successo dell’iniziativa dei cittadini europei (ICE) in esame è il segnale che i cittadini europei ripongono forti aspettative nei confronti della Commissione europea. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) desidera innanzitutto congratularsi con il promotore di questa ICE ed esprimere soddisfazione per l’impegno dei cittadini nel conseguire questo successo, data la difficoltà di raccogliere il numero di firme necessarie. Invita quindi la Commissione a fornire risposte precise e concrete alle richieste formulate nell’ambito dell’ICE considerata. |
1.2. |
Il CESE deplora che la proposta principale avanzata nell’ICE, ossia l’eliminazione progressiva e totale dei pesticidi sintetici entro il 2035, non sia evidenziata nel titolo scelto: «Salviamo api e agricoltori!». Il CESE osserva inoltre che la Commissione ha in cantiere, o ha già adottato, numerosi atti giuridici sulla protezione delle api, degli impollinatori o della biodiversità, sull’uso sostenibile dei pesticidi e sul sostegno agli agricoltori nella transizione agroecologica, ma riconosce comunque che queste misure non hanno pienamente raggiunto i loro obiettivi. Invita pertanto la Commissione ad adottare ulteriori provvedimenti per conseguire in maniera concreta e più efficace gli ambiziosi obiettivi perseguiti. Raccomanda ad esempio di sostenere maggiormente l’agricoltura di precisione, l’agricoltura digitale, il controllo biologico, la robotica, come pure l’agroecologia. |
1.3. |
Il CESE sottolinea che è necessario tenere conto di tutti e tre i pilastri della sostenibilità — ambientale, sociale ed economica — senza dimenticare l’aspetto della sostenibilità economica, spesso trascurato, in un contesto essenziale di sostenibilità dei sistemi e di sovranità alimentare. |
1.4. |
Il CESE esorta inoltre la Commissione a effettuare valutazioni d’impatto prima di adottare qualsiasi decisione, in particolare per analizzare gli impatti dei costi dell’iniziativa sulla produzione agricola e sull’economia, che vanno considerati in parallelo ai costi economici legati alla perdita di biodiversità per gli agricoltori. |
2. Contesto
2.1. Un’ICE a sostegno di un’agricoltura più rispettosa delle api, degli esseri umani e dell’ambiente
2.1.1. |
Il meccanismo dell’ICE offre ai cittadini europei l’opportunità di partecipare attivamente ai processi democratici dell’Unione europea, consentendo loro di sottoporre alla Commissione una richiesta di presentare nuove proposte legislative. Quando un’iniziativa riceve il sostegno di almeno un milione di cittadini dell’UE e raggiunge il numero di firme necessarie in almeno un quarto degli Stati membri (1), la Commissione è tenuta a fornire una risposta a tale ICE. |
2.1.2. |
Dal momento che l’ICE «Salviamo api e agricoltori! Verso un’agricoltura favorevole alle api per un ambiente sano» ha raggiunto il numero di firmatari richiesto, i suoi promotori domandano alla Commissione «di proporre atti giuridici che prevedano l’eliminazione progressiva dei pesticidi sintetici entro il 2035, il ripristino della biodiversità e il sostegno agli agricoltori durante la fase di transizione». |
2.2. Un contesto di riduzione del numero di impollinatori e di progressivo declino della biodiversità in Europa
2.2.1. |
Le richieste formulate nell’ambito di questa ICE in esame si inseriscono in un contesto in cui l’Europa registra una forte diminuzione del numero delle api. In effetti, in base ai dati della «Lista rossa europea» relativa alle api, una specie su tre di api e farfalle è in declino e una su dieci è a rischio di estinzione (2). |
2.2.2. |
In Europa, però, l’84 % delle colture beneficia almeno in parte dell’impollinazione animale (3) e il 78 % delle piante selvatiche dell’UE dipende da insetti impollinatori (4). Proteggere questi insetti è quindi fondamentale per la produzione agricola, nell’attuale contesto essenziale della sicurezza e della sovranità alimentare. Non solo: le api sono essenziali per la produzione di miele, un settore in cui l’UE è autosufficiente solo per il 60 %. Per soddisfare la domanda, l’Unione deve fare affidamento sulle importazioni (il 28 % delle quali dalla Cina), di qualità inferiore rispetto al miele prodotto in Europa. |
2.2.3. |
Secondo la relazione di valutazione sugli impollinatori, l’impollinazione e la produzione alimentare a cura della piattaforma intergovernativa di politica scientifica sulla biodiversità e i servizi ecosistemici (IPBES) (5), le principali cause della riduzione del numero di impollinatori sono i cambiamenti di uso del suolo, le pratiche agricole intensive e l’utilizzo di pesticidi, l’inquinamento ambientale, le specie esotiche invasive, gli agenti patogeni e i cambiamenti climatici. |
2.2.4. |
Una risorsa alimentare (nettare e polline) diversificata e disponibile in quantità sufficienti nel corso dell’anno è inoltre un fattore essenziale per il corretto sviluppo delle api e per garantire agli apicoltori una produzione di miele più regolare (6). |
2.2.5. |
La diminuzione del numero delle api si colloca in un contesto più generale di progressivo declino della biodiversità: la relazione di valutazione globale 2019 dell’IPBES (7) sulla biodiversità e i servizi ecosistemici stima infatti che l’erosione della biodiversità abbia raggiunto un livello senza precedenti. |
2.2.6. |
Sulla scia delle relazioni dell’IPBES, l’INRAE (Institut national de recherche pour l’agriculture, l’alimentation et l’environnement = Istituto nazionale francese di ricerca per l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente) e l’Ifremer (Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer = Istituto francese di ricerca per lo sfruttamento delle risorse marine) hanno pubblicato nel maggio 2022 una valutazione scientifica collettiva sull’impatto dei prodotti fitosanitari sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici (8). La valutazione sottolinea che il declino della biodiversità dipende da una molteplicità di fattori, come pure che è difficile stabilire quale sia la parte di responsabilità dei prodotti fitosanitari in questo declino a causa dell’interdipendenza di vari fattori. Per contro, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, la valutazione è stata in grado di stabilire un ben preciso nesso causale tra l’utilizzo dei prodotti fitosanitari e la riduzione di determinate popolazioni di specie animali, ad esempio nel caso degli insetti impollinatori. |
2.3. La Commissione europea ha in cantiere, o ha già adottato, numerosi atti giuridici sulla protezione delle api, sull’uso sostenibile dei pesticidi, sul ripristino della biodiversità e sul sostegno agli agricoltori nella transizione agroecologica
2.3.1. |
Per quanto riguarda la protezione delle api e degli impollinatori: nel 2018 l’UE ha lanciato l’iniziativa europea a favore degli impollinatori con l’obiettivo di contrastare la diminuzione del numero di impollinatori selvatici nell’Unione. L’iniziativa si articola in dieci azioni ripartite secondo tre assi prioritari:
Tuttavia, nella sua relazione speciale 15/2020 sulla protezione degli impollinatori selvatici nell’UE (9), la Corte dei conti europea ha constatato che «tale azione ha sortito scarsi effetti nell’arrestare il declino e che, per conseguire gli obiettivi stabiliti, l’iniziativa avrebbe dovuto essere gestita meglio». E la stessa Commissione, nella sua relazione sull’attuazione dell’iniziativa (10), ha riconosciuto che, sebbene siano stati compiuti progressi significativi nell’attuazione delle azioni dell’iniziativa, sono necessari ulteriori sforzi per affrontare le diverse cause del declino. |
2.3.2. |
Sul tema della riduzione dell’impatto e dei rischi dei prodotti fitosanitari: nel giugno 2022 la Commissione ha avviato una revisione della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi, per affrontare il grave problema della limitata efficacia della direttiva nel ridurre l’utilizzo dei pesticidi e i rischi per la salute umana e l’ambiente, con la presentazione di una nuova proposta di regolamento (11). Queste alcune delle principali misure adottate:
|
2.3.3. |
L’immissione di prodotti fitosanitari nel mercato nell’UE è rigorosamente disciplinata dal quadro giuridico di cui al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (12). Conformemente a questo regolamento, prima di approvare l’immissione di una sostanza attiva sul mercato dell’UE vengono effettuate delle valutazioni dei rischi al fine di evitare potenziali effetti nocivi sulla salute o sull’ambiente. Inoltre, gli orientamenti sulla valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari in relazione alle api [Bee Guidance Document o «documento di orientamento sulle api» (13)] sono attualmente in fase di revisione per tener conto degli ultimi sviluppi scientifici in questo campo. |
2.3.4. |
Per quanto riguarda il ripristino della biodiversità nelle zone agricole: anche se non riguardano soltanto queste zone, l’UE può avvalersi della rete Natura 2000 e delle direttive «Uccelli» (14) e «Habitat» (15), che sono la base su cui poggia la legislazione europea in materia di conservazione della natura. La Commissione ha adottato inoltre la strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030 (16) che elenca una serie di azioni e impegni volti a ripristinare la biodiversità nelle zone agricole, delineati nella proposta di regolamento sul ripristino della natura (17) presentata dalla Commissione il 22 giugno 2022. In particolare, l’articolo 8 della proposta di regolamento stabilisce in linea di principio l’obiettivo vincolante per gli Stati membri di invertire la diminuzione delle popolazioni di impollinatori entro il 2030, e l’articolo 9 definisce gli impegni in materia di ripristino degli ecosistemi agricoli, ad esempio la copertura di almeno il 10 % delle superfici agricole dell’UE con «elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità» entro il 2030. |
2.3.5. |
Sul tema del sostegno agli agricoltori nella transizione agroecologica: la nuova PAC per il periodo 2023-2027 è uno strumento fondamentale per conseguire gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo e fornire sostegno agli agricoltori. In una sua relazione speciale del 2020 la Corte dei conti aveva constatato che il contributo della PAC in vigore non era stato sufficiente ad arrestare il declino della biodiversità nei terreni agricoli (18). La Corte dei conti aveva concluso che «le modalità con cui la Commissione tiene traccia delle spese per la biodiversità finanziate dal bilancio dell’UE sono inaffidabili; l’impatto dei pagamenti diretti della PAC è limitato o non conosciuto; e la Commissione e gli Stati membri hanno privilegiato le misure di sviluppo rurale a minore impatto». La nuova PAC introduce una serie di nuove misure intese a migliorarne l’impatto ambientale, ad esempio una condizionalità migliorata. |
2.3.6. |
Alcuni testi elaborati e lavori condotti a livello europeo in settori diversi dall’agricoltura possono ugualmente avere un effetto indiretto favorevole agli impollinatori, ad esempio il pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %», con riferimento all’obiettivo dell’UE di riduzione delle sue emissioni di CO2 del 55 % entro il 2030 (nella misura in cui anche le api subiscono gli effetti dei cambiamenti climatici), il piano d’azione per l’inquinamento zero volto a eliminare l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, la direttiva sulle energie rinnovabili o la nuova strategia forestale europea, nella quale la Commissione si prefigge l’ambizioso obiettivo di piantare tre miliardi di alberi in tutta l’UE entro il 2030. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE sottolinea l’importanza dell’iniziativa dei cittadini europei quale strumento di partecipazione diretta dei cittadini dell’Unione: l’ICE è infatti il più potente strumento di democrazia partecipativa esistente a livello europeo. Nel corso degli anni il CESE, nella sua funzione di ponte tra le organizzazioni della società civile e le istituzioni dell’UE, ha rafforzato sia il ruolo che la visibilità delle ICE nel lavoro quotidiano delle istituzioni europee. Il Comitato si compiace che il presente parere sia il primo ad essere adottato riguardo a un’ICE, in anticipo rispetto alla reazione della Commissione, e invita quest’ultima a fornire risposte circostanziate alle richieste avanzate dal tale iniziativa. |
3.2. |
Il CESE deplora che la proposta principale avanzata nell’ICE, ossia l’eliminazione progressiva e totale dei pesticidi sintetici entro il 2035, non sia evidenziata nel titolo scelto: «Salviamo api e agricoltori!». Osserva che la Commissione ha in cantiere, o ha già adottato, numerosi atti giuridici per cercare di dare delle risposte a queste richieste, ma riconosce che le misure in questione non hanno consentito di raggiungere in pieno i loro obiettivi. Invita pertanto la Commissione ad adottare ulteriori provvedimenti per conseguire in maniera concreta e più rapida tali obiettivi. Tuttavia, il CESE sottolinea che è necessario tenere conto di tutti e tre i pilastri della sostenibilità — ambientale, sociale ed economica —, in un contesto essenziale di sostenibilità dei sistemi e di sovranità alimentare, e che occorre effettuare valutazioni d’impatto prima di adottare qualsiasi decisione, in particolare per analizzare gli impatti dei costi dell’iniziativa sulla produzione agricola e sull’economia. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Riguardo alla richiesta formulata dall’ICE in esame di «eliminare progressivamente i pesticidi sintetici dall’agricoltura europea dell’80 % entro il 2030, a cominciare dai più pericolosi, fino al 100 % entro il 2035»: |
4.1.1. |
Il CESE invita alla cautela quanto alla proposta di stabilire obiettivi irrealistici o non raggiungibili a scadenze troppo brevi. Precisa che l’UE propone già di ridurre del 50 % l’uso e il rischio dei pesticidi chimici nonché l’utilizzo dei pesticidi più pericolosi entro il 2030. Più in generale, il CESE è contrario a fissare obiettivi di riduzione dei pesticidi slegati dalla disponibilità di alternative valide e accessibili per gli agricoltori. |
4.1.2. |
Il CESE sottolinea che il quadro normativo dell’UE che regolamenta i prodotti fitosanitari è tra i più stringenti al mondo in termini di obiettivi, poiché sancisce il principio dell’assenza di effetti inaccettabili sull’ambiente. |
4.1.3. |
Secondo il CESE, dal momento che la diminuzione del numero di api domestiche e di impollinatori selvatici dipende da una molteplicità di cause, la progressiva eliminazione dei pesticidi non dovrebbe essere considerata l’unica o la principale soluzione per salvare queste specie. È essenziale affrontare il complesso dei fattori alla base di questa diminuzione. Nel caso delle api domestiche, ad esempio, la lotta all’acaro parassita Varroa destructor e al calabrone asiatico è una delle principali preoccupazioni degli apicoltori professionisti, i quali sperano che vengano messe a punto nuove tecniche di trattamento per proteggere meglio le loro api. |
4.1.4. |
Il CESE constata l’importanza delle api domestiche, degli impollinatori selvatici e di altri insetti per l’agricoltura (impollinazione delle colture, regolamentazione naturale dei parassiti e altri organismi nocivi ecc.), e cita a titolo di esempio partenariati tra agricoltori e apicoltori che vanno a vantaggio di tutte le parti in causa, sul genere dell’iniziativa «Adotta un alveare» (19) lanciata dagli agricoltori. Gli agricoltori che adottano degli alveari sono infatti particolarmente attenti a salvaguardare le api quando effettuano dei trattamenti fitosanitari per proteggere le loro colture. Occorre inoltre elaborare dei dispositivi del tipo «ApiAlert» (20) che consentano di calcolare il livello di mortalità degli alveari e di determinare scientificamente le cause effettive del fenomeno. |
4.2. |
Riguardo alla richiesta avanzata dall’ICE di «ripristinare gli ecosistemi naturali nelle zone agricole facendo dell’agricoltura un vettore di recupero della biodiversità»: |
4.2.1. |
Il CESE sottolinea che, se è vero che le attività umane, ad esempio talune pratiche agricole, sono una delle cause del declino degli impollinatori e della biodiversità, l’agricoltura può però costituire anche una soluzione. Il Comitato auspica, ad esempio, che venga fornito un maggiore sostegno a progetti realizzati dagli agricoltori, come la ripiantumazione di siepi o lo sviluppo di risorse mellifere, per farne degli autentici attori della salvaguardia delle api e della biodiversità. È del pari essenziale remunerare meglio gli agricoltori per i servizi ecosistemici che forniscono, in modo da aiutarli nella realizzazione di questo tipo di progetti. |
4.2.2. |
Il CESE prende atto che la Commissione persegue l’obiettivo estremamente ambizioso di fare dell’agricoltura un veicolo per il ripristino della biodiversità, tramite gli obiettivi e le misure previsti dalle strategie sulla biodiversità e «Dal produttore al consumatore», nonché la proposta di regolamento sul ripristino della natura, ed esprime la sua preoccupazione in merito al rispetto della sovranità alimentare dell’UE. |
4.2.3. |
Il CESE ritiene che si debbano promuovere anche gli approcci volontari riguardanti le iniziative agricole a favore degli impollinatori o della biodiversità che si stanno diffondendo in tutta Europa. In Francia, ad esempio, la FNSEA ha pubblicato un compendio delle iniziative del settore agricolo a favore degli impollinatori (21). La raccolta, il cui obiettivo è moltiplicare le buone pratiche in campo «Api-Agri» (apicoltura-agricoltura), elenca iniziative di tipo volontario adottate in Francia a favore degli impollinatori, presentando una serie di esempi stimolanti, positivi e pragmatici. Nella stessa ottica, nel 2018 in Danimarca è stata lanciata una campagna di comunicazione, intitolata 10 bee-friendly recommendations for your farm (22), al fine di promuovere tutta una serie di iniziative volontarie che gli agricoltori possono adottare nelle loro aziende agricole, come piantare siepi o aree tampone fiorite oppure limitare la dispersione in caso di applicazione di prodotti fitosanitari, irrorandone le colture in condizioni climatiche adeguate (ad esempio vento debole) o ricorrendo a sistemi per ridurre la dispersione. |
4.2.4. |
Il CESE ritiene che, per ripristinare gli ecosistemi naturali nelle zone agricole, la Commissione dovrà avvalersi di una serie di strumenti, e cioè: il mantenimento e il ripristino di infrastrutture agroecologiche, la diversificazione delle colture per favorire l’integrazione nel paesaggio di un ampio ventaglio di colture, lo sviluppo dell’agrosilvicoltura, dell’agricoltura biologica e dei prodotti con marchi ufficiali di identificazione della qualità e dell’origine (in Francia: Signes d’identification de qualité et d’origine — SIQO), il mantenimento dei prati permanenti, la riduzione dell’uso dei pesticidi e del loro impatto, e altri ancora. |
4.3. |
Riguardo alla richiesta avanzata dall’ICE di «riformare il settore agricolo dando priorità all’agricoltura su piccola scala, diversificata e sostenibile, sostenendo un rapido aumento delle pratiche agroecologiche e biologiche e consentendo la formazione e la ricerca indipendente degli agricoltori in materia di agricoltura senza pesticidi»: |
4.3.1. |
Il CESE fa presente che è stata pubblicata una relazione, a cura di 300 esperti provenienti da 23 Stati membri, nella quale si esaminano gli effetti potenziali della futura PAC sulla protezione e sul ripristino della biodiversità (23) e si formulano proposte concrete per migliorare l’impatto della PAC sulla biodiversità e per assistere gli agricoltori in questa transizione. Il CESE raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di trarre ispirazione da questo documento per la riforma della PAC, che è un potente strumento di riforma del settore agricolo. |
4.3.2. |
Tuttavia, il CESE è convinto che la transizione agroecologica e il miglioramento della biodiversità non potranno essere realizzati soltanto da Bruxelles attraverso la PAC, e insiste anche sull’importanza del livello locale. Per adattarsi alle particolarità dei diversi territori occorre infatti sviluppare anche soluzioni locali a livello degli agricoltori e dei proprietari terrieri. |
4.3.3. |
Inoltre, il CESE desidera sottolineare il proprio impegno a favore della ricerca di alternative efficaci, affinché ciascun agricoltore possa trovare una soluzione. Vorrebbe quindi promuovere maggiormente l’agricoltura di precisione e l’agricoltura digitale, il controllo biologico, la robotica, come pure l’agroecologia, con una componente finanziaria significativa destinata allo sviluppo della ricerca, la realizzazione concreta di innovazioni e la loro adozione da parte delle filiere e degli agricoltori. |
4.3.4. |
Il CESE prende atto che in molti Stati membri quello dell’apicoltura è un settore economico importante, che contribuisce in particolare allo sviluppo rurale e frena lo spopolamento dei territori. In considerazione della scarsità della produzione di miele in Europa, è opportuno rafforzare il sostegno all’apicoltura e alla valorizzazione economica del miele e degli altri prodotti dell’alveare (polline, cera, pappa reale ecc.), onde preservare un’apicoltura professionale e rispettosa dell’ambiente, che sia in grado di soddisfare il fabbisogno di miele in Europa. Il CESE sottolinea altresì che è importante che gli apicoltori si riuniscano in associazioni di categoria per organizzarsi meglio e difendere in modo più efficace gli interessi dell’apicoltura europea. In particolare, il Comitato auspica che la Commissione colga l’occasione della prossima revisione della direttiva concernente il miele per rafforzare le disposizioni sull’etichettatura e la tracciabilità di questo prodotto, così da contrastare più efficacemente le frodi e le importazioni da paesi terzi che, non rispettando le norme europee, danneggiano la produzione di miele nell’UE. |
4.3.5. |
Infine, per fare in modo che la transizione agroecologica risulti accettabile per gli agricoltori europei, il CESE raccomanda alla Commissione di attuare in tempi rapidi la reciprocità delle norme, al fine di limitare le distorsioni della concorrenza per gli agricoltori europei. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento (UE) 2019/788 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, riguardante l’iniziativa dei cittadini europei (GU L 130 del 17.5.2019, pag. 55).
(2) Nieto et al., 2014, European Red List of Bees (Lista rossa europea delle api).
(3) Williams, 1994, The dependence of crop production within the European Union on pollination by honeybees (La dipendenza della produzione agricola nell’Unione europea dall’impollinazione delle api mellifere).
(4) Ollerton et al., 2011, How many flowering plants are pollinated by animals? (Quante piante da fiore sono impollinate da animali?).
(5) IPBES (Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services = Piattaforma intergovernativa di politica scientifica per la biodiversità e i servizi ecosistemici), 2016, Assessment Report on Pollinators, Pollination and Food Production (Relazione di valutazione sugli impollinatori, l’impollinazione e la produzione alimentare).
(6) ITSAP (Institut technique et scientifique de l’apiculture et de la pollinisation = Istituto tecnico-scientifico dell’apicoltura e dell’impollinazione), 2015, Ressources alimentaires pour les abeilles (Risorse alimentari per le api).
(7) IPBES, 2019, Intergovernmental Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services (Relazione di valutazione globale sulla biodiversità e i servizi ecosistemici).
(8) INRAE e Ifremer, 2022, Impacts des produits phytopharmaceutiques sur la biodiversité et les services écosystémiques (Gli effetti dei prodotti fitosanitari sulla biodiversità e sui servizi ecosistemici).
(9) Corte dei conti europea, Relazione speciale 15/2020.
(10) COM(2021) 261 final.
(11) COM(2022) 305 final.
(12) Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU L 309 del 24.11.2009, pag. 1).
(13) Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), 2022, Revised guidance on the risk assessment of plant protection products on bees (Apis mellifera, Bombus spp. and solitary bees) [Orientamenti riveduti sulla valutazione dei rischi dei prodotti fitosanitari in relazione alle api (Apis mellifera, Bombus spp. e api solitarie)].
(14) Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).
(15) Direttiva 92/43/CEE . del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7).
(16) COM(2020) 380 final.
(17) COM(2022) 304 final.
(18) Corte dei conti europea, Relazione speciale 13/2020.
(19) Le Betteravier français, Quand 14 agriculteurs de l'Aisne deviennent apiculteurs (Quando 14 agricoltori dell’Aisne diventano apicoltori).
(20) 20 Minutes, Toulouse: Pour suivre la mortalité des abeilles, BeeGuard met au point un compteur vidéo sur ses ruches connectées (Tolosa: per monitorare la mortalità delle api, BeeGuard mette a punto un contatore video da applicare ai propri alveari connessi).
(21) Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), 2022, Recueil des initiatives agricoles favorables aux pollinisateurs (Compendio delle iniziative agricole a favore degli impollinatori).
(22) Danish Agriculture & Food Council (Consiglio danese per l’agricoltura e l’alimentazione], 2018, 10 bee-friendly recommendations for your farm [10 raccomandazioni a favore delle api per la vostra azienda agricola).
(23) Pe’er et al., 2022, How can the European Common Agricultural Policy help halt biodiversity loss? Recommendations by over 300 experts (In che modo la politica agricola comune europea può contribuire ad arrestare la perdita di biodiversità? Le raccomandazioni di oltre 300 esperti).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/51 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La crisi dei prezzi alimentari: ruolo della speculazione e proposte concrete di azione in seguito alla guerra in Ucraina»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/08)
Relatore: |
Peter SCHMIDT |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
14.7.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
24.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
157/7/5 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
Il CESE:
1.1. |
richiama l’attenzione sulla crisi globale dei prezzi alimentari, che è stata esacerbata dalla guerra in Ucraina e ha causato interruzioni nell’approvvigionamento di prodotti alimentari vitali come il frumento e l’olio di girasole; sottolinea che la crisi non è dovuta solo al conflitto, ma anche a problemi strutturali e sistemici che creano fame e minacciano i mezzi di sussistenza delle persone a livello globale. I prodotti alimentari non dovrebbero essere trattati come attività finanziarie in quanto non sono una merce come molte altre; |
1.2. |
pur riconoscendo che la questione dei prezzi dei prodotti alimentari e della speculazione è estremamente complessa, laddove il nesso di causalità, l’attuale struttura del mercato dei prodotti di base non sembra stia realizzando«l’economia sostenibile di cui abbiamo bisogno» e gli obiettivi connessi allo sviluppo sostenibile, all’ambizione climatica e alla transizione giusta sanciti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dal Green Deal europeo, ma agisce attivamente contro tutto questo. Compromette gli sforzi volti a risolvere il problema della fame, a promuovere entrate eque per gli agricoltori e i lavoratori e prezzi equi per i consumatori, nonché a proteggere i piccoli e medi trasformatori alimentari e il settore del commercio al dettaglio dai rischi di un aumento dell’inflazione. Deve pertanto essere modificata mediante una regolamentazione al fine di contribuire al benessere delle persone e allo sviluppo della società per l’attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Tenendo presente che l’UE è già il mercato più regolamentato, è evidente che, per essere efficace, tale regolamentazione dovrebbe essere estesa a livello mondiale; |
1.3. |
sottolinea la necessità di affrontare la concentrazione nelle catene alimentari e la proprietà finanziaria; sottolinea che il commercio fisico di cereali a livello mondiale è altamente concentrato. Quattro imprese controllano il 70-90 % del commercio mondiale di cereali: Archer-Daniels-Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus. Tali imprese esercitano un oligopolio non solo sul commercio mondiale dei cereali ma anche sulle informazioni relative ai fondamentali di mercato, e sono anche altamente finanziarizzate; |
1.4. |
osserva che i fondi indicizzati quotati (exchange-traded funds — ETF) e i fondi comuni d’investimento basati su indici, compresi quelli specificamente collegati all’alimentazione e all’agricoltura, rappresentano nuove possibilità, ampiamente utilizzate, di investimento finanziario e di profitto, mentre le persone fisiche partecipano sempre più spesso a questi strumenti di investimento attraverso i loro fondi pensione e i conti personali di risparmio pensionistico. L’aumento di questi fondi di investimento collegati ad azioni contribuisce a rimodellare i sistemi agroalimentari in modo da dare priorità alle esigenze degli azionisti rispetto ad altri obiettivi sociali e ambientali; |
1.5. |
osserva che i prezzi elevati e in aumento e la segretezza in merito alle scorte generano incertezza e alimentano la paura e il panico, che soprattutto in periodi di elevata incertezza, come all’indomani della guerra in Ucraina, spingono a livelli eccessivi i prezzi e la volatilità in quanto operatori finanziari speculativi, cavalcando l’onda del boom dei prezzi, dominano il mercato; |
1.6. |
invita gli Stati membri e le istituzioni dell’UE a migliorare la trasparenza del mercato, in particolare mediante:
|
1.7. |
sottolinea che i mercati dei derivati su merci forniscono servizi essenziali ai produttori e agli utilizzatori di prodotti alimentari, soprattutto in materia di gestione dei rischi e determinazione dei prezzi, e che il loro funzionamento viene compromesso da attività speculative; esorta pertanto gli Stati membri e le istituzioni dell’UE ad adottare le misure necessarie per frenare l’eccessiva speculazione sui prodotti di base, in particolare le seguenti. |
1.7.1. |
Regolamentare il mercato dei future:
|
1.7.2. |
Regolamentare gli indici (indici di merci e indici alimentari):
|
1.7.3. |
Affrontare la finanziarizzazione del settore alimentare quale massiccia fonte di profitto alle spalle della popolazione:
|
2. Contesto — La crisi dei prezzi alimentari come conseguenza della guerra in Ucraina
2.1. |
Nonostante le speranze di un’uscita più rapida del mondo dalla crisi e di una ripresa della sicurezza alimentare dalla pandemia nel 2021, la fame nel mondo è aumentata ulteriormente nel 2021. Le disparità nell’impatto della pandemia e nella ripresa, unitamente alla limitata copertura e durata delle misure di protezione sociale, hanno portato ad un aumento delle disuguaglianze che hanno contribuito a ulteriori battute d’arresto nel 2021 per quanto riguarda il conseguimento dell’obiettivo della fame zero entro il 2030, con un impatto particolare su donne e bambini. Si stima che tra i 702 e gli 828 milioni di persone nel mondo (pari rispettivamente all’8,9 % e al 10,5 % della popolazione mondiale) abbiano sofferto la fame nel 2021, un totale di 150 milioni di persone in più dal 2019, prima della pandemia di COVID-19 (3). |
2.2. |
La guerra in corso in Ucraina, che ha coinvolto due dei maggiori produttori mondiali di cereali di base, semi oleosi e fertilizzanti, e altri shock esterni stanno perturbando le catene di approvvigionamento internazionali e causando un aumento dei prezzi dei cereali, dei fertilizzanti e dell’energia. Ciò avviene in un momento in cui le catene di approvvigionamento si stanno ancora riprendendo dalla pandemia di COVID-19 e risentono già negativamente di eventi climatici estremi sempre più frequenti, in particolare nei paesi a basso reddito, e ha potenzialmente implicazioni più gravi per la sicurezza alimentare e la nutrizione a livello mondiale. Non vi è penuria di alimenti, ma piuttosto, a causa del conflitto, si sono verificate carenze temporanee, una grave perturbazione della catena di approvvigionamento e difficoltà di distribuzione (4) , compreso nel luogo in cui si trovano le scorte, nonché un impatto negativo sulla produzione (raccolta e impianto/semina) in Ucraina. |
2.3. |
Nel corso del 2022, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha registrato un indice dei prezzi record dei prodotti alimentari, con prezzi superiori del 34 % rispetto all’anno precedente. È importante notare che a gennaio di quest’anno l’indice dei prezzi dei prodotti alimentari della FAO aveva già raggiunto livelli tanto elevati quanto i picchi registrati nel 2008. In tale contesto, era inevitabile che uno shock dal lato dell’offerta in due dei principali paesi esportatori mondiali di cereali avrebbe destabilizzato in qualche misura i mercati mondiali. Tuttavia, la portata e l’entità dell’attuale volatilità dei prezzi possono essere spiegate solo in parte dai fondamentali di mercato. Una delle carenze del sistema alimentare che hanno trasformato la crisi ucraina in una crisi globale della sicurezza alimentare è la natura opaca e disfunzionale dei mercati dei cereali (5). |
2.4. |
Nella sua risoluzione sul tema «Ucraina: dagli aiuti alla ricostruzione proposte della società civile europea», il Comitato richiama l’attenzione sulla crisi globale dei prezzi alimentari, esacerbata dalla guerra in Ucraina, e invita gli Stati membri e le istituzioni dell’UE ad adottare le misure necessarie per frenare la speculazione sui prodotti di base e migliorare la trasparenza del mercato. Il Parlamento europeo ha inoltre chiesto, in due recenti risoluzioni, l’adozione di misure volte a prevenire un’eccessiva speculazione (6). |
2.5. |
L’attuale struttura del mercato dei prodotti di base non sta realizzando«l’economia sostenibile di cui abbiamo bisogno» (7) e gli obiettivi connessi allo sviluppo sostenibile, all’ambizione climatica e alla transizione giusta sanciti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dal Green Deal europeo. Essa non contribuisce né alla promozione di entrate eque per gli agricoltori (8) e i lavoratori e a prezzi equi per i consumatori, né alla protezione dei trasformatori alimentari (in particolare le PMI) e del settore del commercio al dettaglio dai rischi di un aumento dell’inflazione. |
3. Ruolo e implicazioni della speculazione sui prodotti di base: mercati e meccanismi
3.1. |
La speculazione costituisce un investimento realizzato nella speranza di un guadagno futuro, con un rischio di perdite. La speculazione sui prodotti di base può assumere tre forme: i) l’acquisto o la vendita a titolo definitivo di una merce fisica, ii) l’acquisto o la vendita di un contratto che specifica l’acquisizione o la consegna futura di una merce e iii) l’acquisto o la vendita di azioni o titoli di debito di una società che produce o negozia merci. I contratti standardizzati su merci sono denominati «contratti future» o «derivati su merci» e sono negoziati in «mercati dei derivati su merci», che sono mercati finanziari regolamentati. La speculazione sui prodotti di base può pertanto avvenire sia sui mercati fisici che sui mercati finanziari dei prodotti di base e indirettamente sui mercati azionari e obbligazionari. |
3.2. |
Dall’inizio degli anni Duemila, a seguito di modifiche dei quadri normativi che disciplinano i mercati dei derivati su merci, tali mercati hanno registrato un forte afflusso di liquidità da parte degli investitori «non tradizionali». L’arrivo di nuovi operatori è stato definito«finanziarizzazione»dei mercati dei prodotti di base (9). L’aumento della liquidità ha contribuito allo spessore dei mercati dei derivati su merci, rendendo più difficile la manipolazione del mercato, ma ha anche introdotto una domanda speculativa che non è collegata alle condizioni del mercato fisico delle merci, il che compromette la capacità di tali mercati di svolgere funzioni fondamentali. |
3.3. |
Nella loro forma originaria, i mercati regolamentati dei derivati su merci perseguono due obiettivi principali: i) la gestione dei rischi per i produttori e gli utilizzatori delle merci e ii) la determinazione dei prezzi. La gestione del rischio avviene attraverso la copertura, il che significa assumere posizioni di compensazione nei mercati fisici e dei derivati e quindi fissare il prezzo della merce al momento del collocamento della copertura. La copertura richiede una stretta relazione tra i mercati a termine su merci («future») e il mercato fisico. Per garantire questa stretta relazione, il commercio fisico tende a essere raffrontato al prezzo dei derivati. Tale pratica garantisce l’efficacia della copertura e nel contempo un trasferimento diretto delle posizioni speculative sui mercati dei derivati al mercato fisico. |
3.4. |
I contratti future sono negoziati per diversi mesi di scadenza. Ogni contratto a termine ha un acquirente e un venditore concordati. Le offerte presentate da acquirenti e venditori sono abbinate dalla camera di compensazione della borsa. Il prezzo abbinato non viene pagato per intero: entrambi gli operatori trasferiscono invece un deposito cauzionale su un conto di garanzia registrato presso la camera di compensazione. Gli utili e le perdite sono prelevati direttamente dal deposito cauzionale. La negoziazione di future su merci è pertanto caratterizzata da un elevato grado di leva finanziaria. |
3.5. |
Quando un contratto future si avvicina alla data di scadenza, gli operatori hanno due opzioni: i) attenersi al contratto e procedere con la consegna (se venditore) o accettarla (se acquirente) o ii) assumere una posizione di compensazione per chiudere il contratto prima della data di scadenza. La stragrande maggioranza di tutti i contratti future su merci è regolata da posizioni di compensazione. Pertanto, la negoziazione di future su merci non impone all’operatore di possedere la merce fisica che vende o di disporre di capacità di stoccaggio per assumere la merce fisica che acquista. |
3.6. |
Solo gli intermediari possono negoziare in borse merci registrate. Gli intermediari negoziano per conto dei loro clienti e a fini di lucro personali. Esiste un ampio mercato secondario in cui i derivati su merci sono rivenduti e riconfezionati al di fuori della borsa. I contratti future sono negoziati anche al di fuori delle borse regolamentate, il cosiddetto mercato fuori borsa (Over The Counter — OTC), in cui le operazioni sono concordate senza il coinvolgimento di una camera di compensazione. Ciò rende i derivati su merci facilmente accessibili agli investitori non professionali, principalmente sotto forma di fondi indicizzati quotati (exchange-traded funds — ETF) per specifiche merci o indici di merci (10). |
3.7. |
A causa della deregolamentazione dei mercati dei derivati su merci e della loro facilità di negoziazione, questi mercati sono altamente liquidi e il commercio di derivati su merci supera di gran lunga il commercio di merci fisiche. La liquidità è un requisito fondamentale per la determinazione dei prezzi, che è la capacità del mercato di rispecchiare, in modo corretto e tempestivo, le informazioni sulla domanda fisica e sulle condizioni dell’offerta. La determinazione del prezzo è effettuata se, e solo se, tutti gli operatori assumono posizioni in modo indipendente e unicamente sulla base della loro conoscenza delle condizioni fisiche della domanda e dell’offerta; tali condizioni sono definite «fondamentali di mercato». La determinazione dei prezzi è compromessa da operatori finanziari che assumono posizioni non collegate ai fondamentali di mercato. |
3.8. |
Non tutti gli operatori assumono posizioni basate sui fondamentali di mercato (11). Nella letteratura accademica si distingue tra operatori finanziari attivi e passivi, e i primi sono ulteriormente suddivisi in operatori informati e non informati. Gli operatori attivi e informati sono le cosiddette «trading house», che negoziano future su merci a fini speculativi e di copertura nell’ambito della loro attività principale, e gestori di fondi specializzati (ad esempio gli hedge fund o fondi speculativi) che perseguono strategie di negoziazione basate su informazioni di mercato. |
3.9. |
Gli operatori attivi e non informati (i cosiddetti«positive feedback trader») sono gestori di fondi che perseguono strategie di negoziazione basate su un’analisi dei modelli statistici e su informazioni di mercato scarse o nulle. Gli operatori passivi e non informati (operatori su indici) sono investitori istituzionali, come i fondi pensione, nonché investitori non professionali che investono in ETF, che ricercano esposizioni a un’ampia gamma di prezzi delle materie prime, comprese le materie prime agricole, l’energia, i minerali e i metalli, ai fini della diversificazione del portafoglio. L’esposizione si ottiene replicando gli indici delle materie prime, simili agli indici del mercato azionario. |
3.10. |
La replica degli indici comporta l’assunzione di sole posizioni di acquisto che sono rinnovate alla data di scadenza del contratto future. Gli operatori su indici pertanto assumono la loro posizione unilateralmente. Essi sono inoltre sincronizzati tra i vari gruppi di prodotti di base, segnalando una forte domanda in un’ampia gamma di merci, il che determina una correlazione tra l’andamento dei prezzi di diversi gruppi di prodotti di base che non è collegata ai fondamentali di mercato (12). |
3.11. |
Tali segnali di prezzo speculativi possono essere aggravati dagli operatori di «positive feedback trading», i quali sondano il sostegno del mercato alle direzioni dei prezzi. Scommettendo su una determinata direzione dei prezzi, i suddetti operatori la sostengono ulteriormente in modo che si autoalimenti, portando a bolle speculative e a un’elevata volatilità dei prezzi. Le bolle speculative possono persistere, soprattutto se le informazioni sui fondamentali di mercato sono limitate, vale a dire in periodi di elevata incertezza e se sul mercato prevalgono operatori non informati e passivi. |
3.12. |
La raccolta di informazioni di mercato è costosa e relativamente più onerosa dell’analisi statistica o della rapida scansione dei titoli, soprattutto quando gli operatori investono in più mercati contemporaneamente. Gli operatori informati sono pertanto relativamente pochi e tendono a essere grandi«trading house»che raccolgono informazioni di mercato nell’ambito della loro attività di contrattazione di merci fisiche. Ciò rende i mercati dei derivati su merci soggetti a persistenti bolle speculative, soprattutto in tempi di incertezza e panico di mercato. |
3.13. |
Il commercio fisico di cereali a livello mondiale è fortemente concentrato. Quattro imprese controllano il 70-90 % del commercio mondiale di cereali e realizzano utili in eccesso: Archer-Daniels-Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus, note collettivamente come «ABCD» (13) (ADM ha registrato gli utili più elevati nella sua storia di quasi 120 anni e un aumento degli utili di esercizio del 38 % su base annua) (14). Tali imprese non solo esercitano un oligopolio sul commercio mondiale dei cereali, ma anche sulle informazioni relative ai fondamentali di mercato, compreso lo stoccaggio. Detengono posizioni in scorte a fini commerciali, precauzionali o speculativi. Le informazioni sui livelli di stoccaggio sono accuratamente nascoste ai concorrenti. In veste di operatori finanziari, tali imprese fanno previsioni sul futuro, tentando di acquistare ad un prezzo basso e di vendere ad un prezzo alto. |
3.14. |
La ABCD sono anche altamente finanziarizzate. Archer-Daniels-Midland e Bunge sono società quotate e soggette a pressioni degli azionisti, che prediligono gli utili a breve termine rispetto agli investimenti a lungo termine. Gli azionisti comprendono i fondi speculativi (ad esempio Black Rock), banche di investimento e in larga misura anche investitori istituzionali come i fondi pensione. Cargill e Louis Dreyfus sono società private che, oltre al commercio di cereali, contano tra le loro controllate anche fondi speculativi, banche, società di trasporto merci, stoccaggio, società immobiliari e infrastrutture. |
3.15. |
Le grandi società di negoziazione di merci fisiche operano sia sui mercati degli strumenti derivati che su quelli fisici e dispongono di un proprio servizio di intermediazione per l’accesso diretto ai mercati dei derivati su merci. Esse esercitano inoltre un notevole potere sui loro fornitori e clienti. Tale potere consente loro di ritardare i pagamenti per aumentare le riserve di liquidità o ritardare le consegne di materie prime se si attendono una variazione dei prezzi a loro favore. A differenza dei produttori e dei consumatori, le società di negoziazione di merci fisiche prosperano in condizioni di volatilità del mercato, in quanto ampie e rapide variazioni dei prezzi creano opportunità di vendere le merci stoccate e le posizioni finanziarie con grandi profitti in un breve arco di tempo. |
3.16. |
I prezzi elevati e in aumento e la segretezza in merito alle scorte alimentano la paura e il panico. La paura e il panico, soprattutto in periodi di elevata incertezza, come all’indomani della guerra in Ucraina, spingono a livelli eccessivi i prezzi e la volatilità in quanto operatori finanziari speculativi, cavalcando l’onda del boom dei prezzi, dominano il mercato (15). Gli operatori fisici hanno scarso interesse a intervenire nel breve e medio termine, in quanto i prezzi elevati fanno salire il valore delle loro posizioni in scorte a fini speculativi e commerciali, che vendono traendone un enorme profitto. Nel 2021 tutti gli operatori ABCD hanno registrato profitti record o quasi record. |
3.17. |
Prezzi eccezionalmente elevati provocano il timore di carenze di approvvigionamento e dell’inaccessibilità economica dello stesso e fanno salire la domanda di scorte precauzionali. L’accumulo di prodotti alimentari, mediante scorte di importazioni o l’introduzione di divieti di esportazione, crea carenze artificiali nel mercato fisico, sostenendo ulteriormente l’aumento dei prezzi. Le impennate speculative dei prezzi sono quindi convalidate dai fondamentali di mercato ex post e si autoalimentano. Durante la crisi alimentare del 2008, l’India ha reagito ai prezzi elevati dei cereali introducendo un divieto di esportazione del riso, che ne ha determinato un forte aumento dei prezzi. Attualmente, la Cina sta accumulando grandi quantità di granturco, riso e frumento per timore di carenze (16). Tale accumulo di prodotti alimentari si traduce in un’azione speculativa, che tuttavia è dettata dalla paura e dal desiderio dei governi di soddisfare il diritto all’alimentazione dei loro cittadini anziché dalla volontà di arricchimento. Ciò distingue chiaramente queste attività dalla speculazione ad opera di operatori finanziari e fisici. L’accumulo di scorte da parte dei governi e dei consumatori è una reazione ai prezzi elevati dei prodotti alimentari e non una causa degli stessi, inoltre non contribuisce alla sicurezza alimentare e all’autonomia strategica né nell’UE né nei paesi in via di sviluppo. |
4. Il ruolo delle agenzie di rating dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) e delle società di negoziazione
4.1. |
Attualmente i marchi di qualità ecologica nazionali, come il marchio austriaco UZ49 o il marchio tedesco di qualità ecologica FNG, non tengono esplicitamente conto della speculazione alimentare nel loro processo di valutazione. I derivati che non sono utilizzati esclusivamente a fini di copertura sono generalmente vietati. I marchi di qualità ecologica considerano le filiere alimentari troppo complesse per fornire un insieme di norme di facile applicazione. Alcuni esempi includono l’uso di fertilizzanti, che possono essere valutati in modo diverso in base alla loro impronta di carbonio, i dati mancanti per individuare le questioni relative all’accaparramento dei terreni, la mancanza di trasparenza riguardo alle attività di negoziazione speculative nelle relazioni annuali ecc. In ragione della complessità delle catene di approvvigionamento non esistono rigorosi criteri di esclusione, ma «criteri controversi» meno importanti, che hanno maggiori probabilità di essere interpretati in modo significativamente diverso dalle agenzie di rating. I marchi di qualità ecologica nazionali non includono criteri esplicitamente applicati in relazione alle materie prime agricole nel loro processo di valutazione. I criteri controversi, incentrati sulla governance, svolgono un ruolo secondario nell’intero processo di rating a causa della possibilità di interpretazioni diverse. Tali criteri controversi riguardano principalmente l’etica aziendale, dove entrano in gioco le negoziazioni speculative, la mancanza di trasparenza, l’accaparramento dei terreni ecc. Un marchio di qualità ecologica, ad esempio, esamina la«qualità ESG»del fondo quando vengono utilizzati derivati su merci, ma il processo e i suoi possibili risultati rimangono poco chiari e non sono documentati pubblicamente. |
4.2. |
Una componente fondamentale del rating ESG è la valutazione del governo societario (proprietà, controllo, consiglio di amministrazione, contabilità ecc.) e del comportamento societario (etica aziendale e trasparenza fiscale) dell’industria alimentare. Tuttavia, mancano dati quali la percentuale di negoziazioni speculative di materie prime agricole calcolati dalle tesorerie o informazioni trasparenti sui livelli di stoccaggio nei relativi impianti, che sono raramente contemplati nei criteri di governance. |
4.3. |
Le agenzie di rating ritengono che il mercato alimentare sia più vulnerabile di altri settori. L’industria alimentare presenta un rischio climatico superiore alla media rispetto ad altre industrie ESG, in quanto il settore agroalimentare contribuisce ed è al tempo stesso vulnerabile ai problemi climatici (quali l’aumento della temperatura, la siccità, le inondazioni ecc.). Sebbene il rating ESG medio delle imprese dell’industria alimentare sia aumentato negli ultimi cinque anni, il peer set dei prodotti alimentari è stato dominato da un’elevata percentuale di imprese con un azionista di controllo, con una grande prevalenza della proprietà familiare. Questa struttura aziendale comporta rischi di governo societario associati a un assetto proprietario complesso con diritti di voto diversi: contratti/transazioni tra la società e il proprietario controllante, o entità di proprietà dello stesso soggetto controllante. Dare priorità all’arricchimento personale del proprietario dominante rispetto alla garanzia di profitti sostenibili può esporre gli investitori di minoranza ai rischi di decisioni che favoriscono fortemente i gruppi familiari. La proprietà controllata è prevalente nell’industria dei prodotti alimentari: il 58,4 % delle società che compongono l’indice MSCI ACWI ha un azionista o un gruppo di azionisti che detiene almeno il 30 % dei diritti di voto. |
4.4. |
La maggior parte delle imprese dell’industria alimentare (60 %) è quotata al di sopra del rating ESG «investment grade» (BBB). Quasi 2 componenti su 10 hanno un rating ESG elevato o molto elevato. Tale andamento determina forti afflussi da parte dei gestori di patrimoni verso i titoli dell’industria alimentare. I prezzi dei prodotti alimentari sono ai livelli più elevati degli ultimi dieci anni e potrebbero continuare a salire. Tuttavia, gli investitori stanno diventando sempre più restii a investire nelle industrie che violano i principi ESG, come l’industria dell’olio di palma. Crescerà la domanda di una costruzione di portafoglio conforme ai criteri ESG per quanto riguarda i prodotti di base. Dal settembre 2008 al settembre 2011, l’indice FAO è aumentato del 12 %, vale a dire più dell’inflazione. L’impatto dell’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari sui titoli è stato caratterizzato dai seguenti tratti distintivi: in primo luogo, il suo impatto è stato generalizzato. L’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari ha avuto un impatto positivo sui produttori alimentari, sulle industrie di trasformazione alimentare e sulle società di beni di largo consumo (fast-moving consumer goods — FMCG). Questa volta, l’ESG sarà un fattore determinante nelle decisioni di allocazione delle attività. La scarsa performance dei titoli di olio di palma nel contesto dell’aumento del prezzo del suddetto prodotto nel 2021 è un esempio dell’impatto di queste nuove considerazioni sui prezzi delle azioni. Tuttavia, come indicato ai punti da 4.1 a 4.4, tali valutazioni ESG non contemplano la questione della speculazione alimentare. Se si considera, ad esempio, la negoziazione altamente speculativa o l’eccessivo accumulo di scorte di merci fisiche che impongono un aumento dei livelli dei prezzi nell’ambito dell’etica commerciale e del governo dell’impresa, il rating ESG complessivo deve essere adattato di conseguenza. A tale riguardo, il rating ESG medio per l’industria alimentare e per le società di finanziamento può risultate troppo elevato. Quest’aspetto deve essere esaminato in modo più approfondito. |
4.5. |
I livelli di concentrazione nel settore agroalimentare, elevati e in rapido aumento, stanno rafforzando il modello agroalimentare industriale, esacerbando le sue ricadute sociali e ambientali e aggravando gli squilibri di potere esistenti (17). Insieme, i giganti della gestione patrimoniale, ossia BlackRock, Vanguard, State Street, Fidelity, e Capital Group, possiedono quote significative delle imprese che dominano in vari punti delle catene di approvvigionamento agroalimentari. Se considerate nel loro insieme, queste cinque società di gestione patrimoniale detengono circa il 10-30 % delle quote delle principali imprese del settore agroalimentare. Le imprese con il più alto grado di proprietà da parte di grandi società di gestione patrimoniale sono quelle che dominano in segmenti di mercato altamente concentrati, tra cui quelli dei fattori di produzione agricoli, del commercio di materie prime e di prodotti alimentari trasformati e confezionati (18). Tali strategie aziendali possono portare collettivamente a effetti più ampi, quali una maggiore disuguaglianza nel sistema alimentare, un indebolimento dell’innovazione nel settore e un rafforzamento del potere di mercato e politico tra le principali imprese del settore. Sono necessarie ulteriori ricerche per costruire una solida base su cui formulare orientamenti politici in futuro nel caso di investimenti correlati ad azioni nel settore agroalimentare. |
4.6. |
Nel caso degli investimenti correlati ad azioni nel settore agroalimentare, sono implicati diversi aspetti della finanziarizzazione. I fondi indicizzati quotati (ETF) e i fondi comuni d’investimento basati su indici, compresi quelli specificamente collegati ai prodotti alimentari e all’agricoltura, rappresentano nuove possibilità di investimento finanziario e di profitto, mentre le persone fisiche partecipano sempre più spesso a questi strumenti di investimento attraverso i loro fondi pensione e i conti personali di risparmio pensionistico (19). L’aumento di questi fondi di investimento azionari contribuisce a rimodellare i sistemi agroalimentari in modo da dare priorità alle esigenze degli azionisti rispetto ad altri obiettivi sociali e ambientali. L’ETF Vaneck Vectors Agribusiness, ad esempio, è il più grande fondo di indici agricoli. Negli ultimi 10 anni ha reso in media l’8,32 % l’anno. Nel frattempo, il suo valore patrimoniale netto è salito al 32 % tra il 2020 e il 2021. |
5. Quadro normativo attuale: sfide e ostacoli
5.1. |
La direttiva MiFID II (2014/65/UE) ha imposto obblighi esaustivi di informativa e comunicazione per limitare un’eccessiva negoziazione speculativa e promuovere la trasparenza. Ha proposto limiti di posizione per sede di negoziazione non solo per lo scambio di titoli, ma anche per le operazioni OTC equivalenti. Le imprese sono inoltre obbligate a fornire segnalazioni giornaliere delle posizioni alle sedi e alle autorità di regolamentazione. |
5.2. |
Tali misure, in particolare le restrizioni delle posizioni, sono utili ma anche limitate in termini di efficacia nel frenare l’eccessiva speculazione sui mercati finanziari. Esse sono strettamente connesse alla questione del ruolo di tale speculazione nella formazione dei prezzi. La critica dei limiti di posizione da parte della società civile e del mondo accademico non è legata esclusivamente alla (possibile) scarsa applicazione dei suddetti limiti, ma anche a questioni normative quali i) la frequenza del riesame, ii) la presa in considerazione dei fondi indicizzati nella determinazione dei limiti di posizione e iii) le norme delle autorità di regolamentazione in materia di deroghe. Dette autorità devono affrontare interrogativi circa il momento in cui scattano i limiti di posizione e la ragione per cui i forti afflussi di capitali nelle materie prime agricole negli ultimi due anni non abbiano suscitato allarmi. È essenziale anche una maggiore trasparenza delle autorità di regolamentazione. |
5.3. |
Tutte le operazioni dovrebbero essere segnalate alle autorità nazionali nel momento in cui avvengono: la segnalazione delle operazioni in tempo reale (o il più vicino possibile) dovrebbe essere effettuata per tutti i derivati su merci, compresi i contratti OTC, in tutte le principali borse. Il maggior numero possibile di operazioni dovrebbe essere effettuato su piattaforme trasparenti e tutti i contratti OTC dovrebbero essere registrati. I diversi tipi di controparti dovrebbero essere soggetti ad adeguati obblighi di informativa: i partecipanti al mercato e le posizioni dovrebbero essere classificati per tipo di soggetto (ad esempio, operatore bancario o fisico) e attività (ad esempio speculazioni od operazioni di copertura) ed essere soggetti, di conseguenza, a obblighi di informativa adeguati e a vincoli normativi. |
5.4. |
La CFTC, ad esempio, pubblica solo dati settimanali sulle posizioni di negoziazione, sebbene esistano dati giornalieri. |
5.5. |
Dovrebbero essere introdotti limiti sull’aumento e sulla diminuzione dei prezzi nell’arco di una giornata, e la borsa dovrebbe avere il diritto di chiudere le contrattazioni in caso di superamento di tali limiti. Dovrebbero essere introdotti limiti temporali dei prezzi infragiornalieri, inizialmente fissati a livelli prudenti ma adeguati, che potrebbero essere gradualmente inaspriti dopo aver monitorato eventuali conseguenze negative, come la scarsa liquidità. |
5.6. |
Inoltre, i limiti di posizione dovrebbero essere ricalibrati per ridurre l’impatto sui prezzi di un singolo operatore. I limiti di posizione ex ante dovrebbero essere aggregati tra i mercati finanziari. Dovrebbero essere introdotti al numero di volte in cui i contratti possono essere modificati in un’unica giornata. |
5.7. |
Le negoziazioni OTC dovrebbero essere regolamentate e le operazioni dovrebbero essere registrate presso una camera di compensazione a fini di controllo. Le borse registrate dovrebbero inoltre avere il diritto di porre fine alla negoziazione se l’ordine del mercato non può essere garantito. Nessun operatore dovrebbe essere in grado di ritenere responsabile la borsa per le perdite subite a causa di interruzioni delle negoziazioni che rientrano nell’ambito di competenza regolamentare delle borse. |
5.8. |
Dovrebbero essere introdotti e applicati a tutte le controparti limiti di posizione aggregati per tutti i tipi di contratti derivati: eventuali deroghe a tali limiti dovrebbero essere circoscritte alle imprese che operano direttamente su merci fisiche e utilizzano i mercati dei prodotti di base per coprire i rischi insiti nella loro attività commerciale. |
5.9. |
È opportuno istituire un regime fiscale per limitare il ricorso alla speculazione passiva, ai fondi indicizzati quotati e alla negoziazione ad alta frequenza sui mercati dei derivati agricoli. Una tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe essere utilizzata anche per contribuire a contenere l’eccessiva speculazione, raccogliendo nel contempo fondi per finanziare lo sviluppo e la lotta contro i cambiamenti climatici. Tuttavia, tassare operazioni che avvengono in millisecondi può risultare troppo complesso. Grazie alla negoziazione automatizzata, la durata media di un’operazione è di otto secondi. Sarebbe più opportuno tassare la borsa come entità sulla base di criteri definiti piuttosto che concentrarsi su ciascuna operazione in entrata e uscita. |
5.10. |
A causa della crisi ucraina, i prezzi del frumento sono divergenti in alcuni mercati locali e il differenziale tra i prezzi a pronti e i contratti future di riferimento sulla borsa di Chicago è crollato poiché gli acquirenti all’ingrosso di grano acquistano ai prezzi più elevati dal 2008. Ciò potrebbe ostacolare gli agricoltori, che si trovano già di fronte alla peggiore inflazione dei prezzi agricoli da anni. Questo scenario del mercato a pronti che si prospetta a causa della guerra nuoce all’attuale capacità degli agricoltori di vendere il frumento, del vecchio e persino del nuovo raccolto. Alcuni coltivatori affermano che le loro offerte sono state ritirate dagli elevatori di cereali. I future sul grano sono in una situazione grottesca. La differenza tra i future e il mercato a pronti è enorme. |
5.11. |
Per mettere in prospettiva la discussione su un’ulteriore regolamentazione, va osservato che l’UE dispone già dei mercati finanziari più regolamentati. È evidente che, per essere efficace, tale regolamentazione dovrebbe essere estesa a livello mondiale. |
5.12. |
In conclusione, la speculazione sui mercati finanziari non è l’unico fattore che contribuisce alla dinamica dei prezzi sui mercati a termine su merci e quindi all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, ma è un fattore significativo! È necessaria un’analisi più approfondita degli strumenti normativi e del loro funzionamento nonché del loro possibile adattamento durante la crisi. |
6. La strada da seguire: proposte d’azione della società civile
6.1. |
Il CESE invita gli Stati membri e le istituzioni dell’UE a migliorare la trasparenza del mercato, in particolare attraverso la rendicontazione ESG e la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario da parte dei soggetti coinvolti nella speculazione. Occorre analizzare il ruolo del rating ESG dal punto di vista della speculazione alimentare. In particolare, le metodologie delle agenzie di rating devono essere riesaminate analizzando il modo in cui valutano l’industria alimentare e i partecipanti al settore alimentare in generale. Attualmente i rating ESG sono inferiori al 50 %. Ciò porta a valutazioni errate che hanno un impatto significativo sugli afflussi di agrofondi. |
6.2. |
Ogni attore a livello mondiale, compresi i paesi e gli attori privati, dovrebbe riferire al sistema di informazione sui mercati agricoli (AMIS), eventualmente tramite la FAO. Quanto più sappiamo delle riserve alimentari, tanto meglio. Le informazioni sullo stoccaggio/sui flussi delle riserve a livello mondiale sono essenziali. Anche le operazioni OTC dovrebbero essere maggiormente controllate. Tutti i prodotti OTC devono essere compensati e registrati tramite una camera di compensazione. I dati sulle posizioni disaggregati per cliente devono essere messi a disposizione delle autorità di regolamentazione. |
6.3. |
Il CESE sottolinea che i mercati dei derivati su merci forniscono servizi essenziali ai produttori e agli utilizzatori di prodotti alimentari, soprattutto in materia di gestione dei rischi e determinazione dei prezzi, e che il loro funzionamento viene compromesso da attività speculative. Esorta pertanto gli Stati membri e le istituzioni dell’UE ad adottare le misure necessarie per frenare l’eccessiva speculazione sui prodotti di base, in particolare: |
6.3.1. |
regolamentare il mercato dei future per i derivati alimentari, come avvenuto per diversi decenni fino alla fine del secolo scorso, che preservi la funzione di copertura dei future. Tra le altre misure raccomandate figurano:
|
6.3.2. |
Regolamentare gli indici (indici di merci e indici alimentari), in particolare regolamentando e vietando i fondi che investono su indici di merci e la replicazione tramite swap e prodotti negoziati in borsa, in quanto ciò massimizza il legame tra i mercati dell’energia e dei prodotti alimentari. I limiti di posizione non funzionano per gli operatori che negoziano indici di merci/swap, poiché questi sono sincronizzati. Anche i fondi pubblici destinati agli attori coinvolti nella speculazione alimentare dovrebbero essere bloccati, e nessun attore pubblico dovrebbe negoziare derivati alimentari a fini speculativi che non servono l’interesse pubblico. Dovrebbe inoltre essere introdotto un divieto sulle materie prime agricole (ad esempio fondi, ETF) assegnate in portafogli di attori istituzionali (ad esempio fondi pensione, assicurazioni). Tenuto conto della necessità di regolamentare questo mercato, le raccomandazioni concrete dovranno essere ulteriormente sviluppate nei futuri pareri del CESE. |
6.3.3. |
Affrontare il problema della finanziarizzazione del settore alimentare quale massiccia fonte di profitto alle spalle dei cittadini, ad esempio introducendo una tassazione straordinaria sugli utili in eccesso, prima dei dividendi, delle società e una tassa sulla speculazione alimentare (21) per limitare le negoziazioni ad alta frequenza, ed eliminando gli oligopoli a tutti i livelli della catena e gli interessi finanziari. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari — OICVM) (Undertaking for Collective Investment in Transferable Securities — UCITS).
(2) Una tassa sulle transazioni finanziarie esclusivamente sulla speculazione alimentare. Cfr. il parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE — COM(2011) 594 definitivo (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 55).
(3) FAO, IFAD, Unicef, PAM e OMS (2022), State of Food Security and Nutrition in the World 2022. Repurposing food and agricultural policies to make healthy diets more affordable [Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo, relazione 2022. Riconvertire le politiche alimentari e agricole per rendere l’alimentazione sana più accessibile]. Roma, FAO.
(4) Statistiche FAO.
(5) IPES Food.
(6) Risoluzione del Parlamento europeo del 6 luglio 2022 sulla questione della sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo (2021/2208 (INI)) e risoluzione del Parlamento europeo del 24 marzo 2022 sulla necessità di un piano d'azione urgente dell'UE per garantire la sicurezza alimentare all'interno e all'esterno dell'Unione europea alla luce dell'invasione dell'Ucraina da parte russa (2022/2593 (RSP)) (GU C 361 del 20.9.2022, pag. 1).
(7) Parere d’iniziativa del CESE sul tema «L’economia sostenibile di cui abbiamo bisogno» (GU C 106 del 31.3.2020, pag. 1).
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera alimentare» [COM(2018) 173 final] (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165).
(9) Unctad (2009), The Financialisation of Commodity Markets [La finanziarizzazione dei mercati dei prodotti di base], capitolo II della relazione 2009 sul commercio e lo sviluppo. Unctad: Ginevra; Unctad (2011), Price Formation in Financialized Commodity Markets: The Role of Information [La determinazione dei prezzi nei mercati finanziarizzati dei prodotti di base: il ruolo dell’informazione].
(10) Heidorn, van Huellen, Loayza-Desfontaines, Riedler, Schmaltz e Schröder (2014), Flankierende Ansätze zur Verbesserung der MarktTransparency enz und Bekämpfung von Marktmissbrauch im Rohstoffterminhandel, Bundesministerium der Finanzen (BMF), Berlino, Mannheim.
(11) van Huellen (2020), «Approaches to Price Formation in Financialized Commodity Markets», Journal of Economic Surveys, 34(1): 219-237. DOI: 10.1111/joes.12342.
(12) van Huellen (2018), How financial investment distorts food prices: evidence from U.S. grain markets, Agricultural Economics, 49(2): 171-181. DOI: 10.1111/agec.12406.
(13) Murphy, Burch, and Clapp (2012), «Cereal Secrets: The World’s Largest Gain Traders and Global Agriculture», Oxfam Research Report.
(14) Dalla relazione agli azionisti per l’esercizio fiscale dic. 2020 — dic. 2021.
(15) IFPRI.
(16) Articolo Bloomberg.
(17) Relazione IPES Food.
(18) Clapp, J. (2019), «The rise of financial investment and common ownership in global agrifood firms», Review of International Political Economy.
(19) https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/09692290.2019.1597755.
(20) https://www.welthungerhilfe.de/welternaehrung/rubriken/wirtschaft-menschenrechte/befeuert-finanzspekulation-die-globale-ernaehrungskrise
(21) Una tassa sulle transazioni finanziarie esclusivamente sulla speculazione alimentare. parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva 2008/7/CE — COM(2011) 594 definitivo (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 55).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/61 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La situazione socioeconomica in America latina a seguito della crisi COVID-19 — Il ruolo della società civile nel processo di ripresa»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/09)
Relatore: |
Josep PUXEU ROCAMORA |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Relazioni esterne |
Adozione in sezione |
16.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
159/2/0 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Gli sforzi dovrebbero essere concentrati sul miglioramento del dialogo e sul consolidamento della cooperazione tra le due regioni nell’ambito di una prospettiva orizzontale e di dialogo multilivello. |
1.2. |
La relazione biregionale si rafforza attorno a valori e obiettivi condivisi, ma deve essere attraente anche in termini di risorse, trasferimento di tecnologie e risultati, e nella dimensione sociale. |
1.3. |
Nel quadro delle competenze geopolitiche dell’UE e dell’America latina, l’istituzione di un’autonomia strategica consente di rafforzare la cooperazione biregionale e l’impegno a favore del multilateralismo nonché di accrescere la presenza e la rilevanza internazionale su temi strategici. |
1.4. |
Una delle caratteristiche più importanti della vulnerabilità in America latina è la scarsa qualità dei posti di lavoro. La ripresa dovrebbe concentrarsi sulla promozione della creazione di un maggior numero di posti di lavoro formali e dignitosi, sul miglioramento della formazione professionale e delle politiche settoriali, nonché sulla promozione del salario minimo e della contrattazione collettiva, nel quadro del dialogo sociale. |
1.5. |
L’Europa e l’America latina sono impegnate a favore della democrazia, dello Stato di diritto e della sostenibilità ambientale, il che implica assicurare alla società civile la protezione e le garanzie per svolgere un ruolo guida nello sviluppo e nell’uscita dalle crisi e promuova il dialogo necessario per un nuovo contratto sociale. |
1.6. |
È essenziale salvaguardare il principio di «non lasciare indietro nessuno», riconsiderando la vulnerabilità, senza limitarla al reddito ma contemplando anche il suo impatto sui diversi gruppi di popolazione, comprese le donne, le persone con disabilità, gli anziani e i minori. Le società civili organizzate liberamente e democraticamente sono lo strumento migliore per far sì che tale affermazione cessi di essere una semplice dichiarazione e diventi realtà. |
1.7. |
Le tensioni sociali in America latina e le minacce alla democrazia in tutto il mondo evidenziano l’esigenza di ripensare lo sviluppo attraverso politiche più numerose e migliori, più inclusione e pluralismo, e la comprensione delle radici profonde del malcontento, al fine di incanalarle verso il benessere sociale. L’Europa e l’America latina possono essere partner di un’alleanza per la democrazia, la sostenibilità, la giustizia sociale e il multilateralismo (1). |
1.8. |
L’Europa e l’America latina dovrebbero essere partner in un’alleanza per la difesa della democrazia, per economie e società più eque e più eguali, che rafforzi il multilateralismo e si faccia interamente carico della protezione dell’ambiente. Questa alleanza richiede il pieno riconoscimento e la piena partecipazione, tra l’altro, delle società civili organizzate, delle organizzazioni per i diritti umani, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali e delle associazioni ambientaliste. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Con la conclusione del ciclo espansivo delle materie prime, l’America latina ha subito una progressiva decelerazione economica. Prima della crisi del coronavirus, la crescita media era solo dello 0,3 %. In effetti, il periodo 2014-2020 si è caratterizzato per la crescita economica più bassa degli ultimi 70 anni, mentre il debito pubblico raggiunge livelli record. |
2.2. |
La crisi sanitaria generata dal coronavirus ha avuto conseguenze severe nella regione, superando la media mondiale di casi e di decessi. Ciò ha esercitato un’enorme pressione sui sistemi sanitari, che già faticavano a gestire le malattie endemiche e finanche l’assistenza sanitaria di base (2). La crisi della COVID-19 ha solo messo in luce gli effetti negativi delle politiche attuate nel corso di decenni (tra cui i tagli ai bilanci sanitari, la riduzione del personale, i disinvestimenti a scapito delle infrastrutture), che si sono rivelate inefficaci nell’affrontare la sfida imposta dal virus. |
2.3. |
La maggior parte dei paesi della regione ha fatto fronte alla crisi pandemica agendo d’anticipo, ossia imponendo restrizioni alla mobilità e approntando aiuti e trasferimenti per i settori vulnerabili, nonché mettendo in atto politiche di bilancio e monetarie anticicliche senza precedenti (3). Le perdite umane, economiche e di inclusione sociale sono state comunque elevate, a causa della debolezza strutturale e del limitato bilancio disponibile per la risposta. |
2.4. |
L’inflazione media nella regione, in aumento, ha raggiunto il 9,8 % nel 2021. Aggravata dall’effetto della guerra, si prevede che aumenterà fino all’11,2 % nel 2022 (4). Ciò approfondisce i divari che limitano lo sviluppo. |
2.5. |
L’America latina si trova dinanzi alle cosiddette trappole di sviluppo (5) |
2.5.1. |
La trappola della produttività richiede strutture economiche diversificate e prodotti e servizi più sofisticati. Il ritorno al settore primario non garantisce un’adeguata integrazione nelle catene globali del valore e crea scarsi incentivi agli investimenti. Inoltre, la pandemia ha colpito in particolare le microimprese e le piccole e medie imprese, che hanno maggiore difficoltà ad adottare nuove tecnologie, mentre la guerra indebolisce il settore agricolo. |
2.5.2. |
Per superare la trappola della vulnerabilità sociale occorre migliorare le istituzioni del lavoro e della protezione sociale, nel cui ambito è necessario creare un maggior numero di posti di lavoro inclusivi, formali e di migliore qualità, interrompendo in tal modo il circolo vizioso della vulnerabilità, della volatilità delle entrate e della scarsa protezione sociale. |
2.5.3. |
Per superare la trappola istituzionale, è necessario rafforzare le istituzioni e migliorare le politiche di inclusione, onde ripristinare la fiducia, migliorare la qualità dei servizi pubblici e rispondere alle aspirazioni di una classe media ampia, garantendo nel contempo una resistenza solida alle pressioni populiste e autoritarie. |
2.5.4. |
La trappola della vulnerabilità ambientale è radicata nell’orientamento della produzione verso settori ad alta intensità di risorse naturali, e impone di far fronte ai costi elevati derivanti dall’adeguamento del modello basato sull’alta intensità di carbonio e sullo sfruttamento di risorse non rinnovabili. |
2.6. |
I problemi strutturali e le trappole dello sviluppo (6) si ripercuotono sulla ripresa economica e occupazionale. Nel 2020 il PIL regionale ha subito una contrazione del 6,8 % (7). Nel 2021 la crescita media è stata del 6,1 % e si prevede che nel 2022 la regione crescerà solo del 2,1 %, valore considerato insufficiente a compensare il peggioramento dei problemi strutturali. La situazione si sta aggravando per effetto della crisi causata dall’aggressione russa contro l’Ucraina, nonché dell’aumento del prezzo dei combustibili fossili, dei fattori di produzione agricoli e dei prodotti alimentari, anche se alcuni paesi hanno rafforzato l’offerta di beni di esportazione primari. |
3. Le conseguenze socioeconomiche della pandemia e della guerra
3.1. |
Devono ancora essere recuperati 4,5 milioni dei 22 milioni di posti di lavoro persi nel 2020, specie per quanto riguarda l’occupazione a bassa qualificazione, femminile, giovanile e informale. Tra il 2019 e il 2020 il tasso di partecipazione delle donne all’occupazione è sceso dal 51,4 % al 46,9 %. Nel 2019 la perdita di posti di lavoro nel settore domestico (20,9 %) ha interessato un numero di donne compreso tra gli 11 e i 13 milioni (8). |
3.2. |
La regione ha perso oltre dieci anni in termini di riduzione della povertà e potrebbe trovarsi dinanzi a un nuovo decennio perduto (9). Nel 2021 il tasso di povertà è arrivato al 32,1 %, la povertà estrema raggiunge il 13,8 %. Il numero di persone povere si attesta a 201 milioni e quello di persone in condizioni di povertà estrema è passato da 81 a 86 milioni. |
3.3. |
La crisi sanitaria e quella inflazionistica evidenziano la vulnerabilità della popolazione a medio reddito, che si caratterizza per un livello modesto di contributi al regime di previdenza sociale contributiva e per una bassa copertura della previdenza sociale non contributiva (10). L’economia informale si è ridotta, ma genera ancora 140 milioni di posti di lavoro, occupati in particolare da lavoratori agricoli, donne e giovani. Ciò implica una maggiore vulnerabilità, una ridotta mobilità sociale e una minore capacità di riscossione e di protezione da parte dello Stato. |
3.4. |
La pandemia ha avuto conseguenze gravi per i minori e i giovani, a causa della riduzione della protezione garantita dall’istruzione in presenza: 114 milioni di bambini non sono andati a scuola per un periodo che in alcuni paesi ha raggiunto i due anni. Il divario in termini di connettività, competenze digitali e capacità familiari di far fronte alla digitalizzazione forzata ha generato, tra gli studenti ad alto e a basso reddito, una disparità quantificabile in due anni di istruzione (11). Aumenta inoltre l’onere del lavoro assistenziale a carico delle donne. Anche le persone con disabilità, 85 milioni circa, sono state colpite: l’assenza di informazioni accessibili e la discriminazione in termini di assistenza sanitaria comportano un peggioramento della loro già fragile inclusione sociale, minacciata anche dall’inflazione. |
3.5. |
Dati i limiti dell’approvvigionamento, concentrato nel nord del mondo, i paesi dell’America latina hanno avuto accesso ai vaccini attraverso negoziati bilaterali e hanno ricevuto 93 milioni di dosi nell’ambito del programma COVAX. L’UE ha esportato oltre 130 milioni di dosi e gli Stati membri hanno donato altri 10 milioni di dosi (12). Nonostante le difficoltà, la regione ha raggiunto una media del 63,3 % della popolazione vaccinata con due dosi. Tale percentuale è pari all’89 % in alcuni paesi, mentre in altri non raggiunge l’1 % (13). |
4. Un aggravato malessere sociale
4.1. |
Le mobilitazioni sociali che hanno coinvolto diversi paesi nel 2019 non sono state completamente risolte. Alcune tensioni sono diventate più acute e saranno ulteriormente esacerbate dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. La rabbia dei cittadini è dovuta alla bassa qualità delle politiche pubbliche, alla corruzione, alla vulnerabilità delle classi medie, all’esclusione sociale e all’insicurezza. Le aspettative sociali generate nel primo decennio del XXI secolo non sono state soddisfatte, e si è aggravata la frattura tra cittadini e istituzioni: i risultati del ciclo elettorale regionale 2020-2022 mostrano una tendenza al cambiamento, che comporta grandi sfide per i presidenti eletti. |
4.2. |
La regione è tra quelle con le maggiori disuguaglianze al mondo. Tra il 2019 e il 2020, mentre la dimensione delle fasce di reddito alto e medio-alto si contraeva dell’1 %, le fasce di reddito medio-intermedio e medio-basso hanno subito una flessione del 3,5 %; per contro, le fasce di reddito basse (con entrate inferiori a 1,8 volte la soglia di povertà) sono aumentate del 4,7 %, e la quota di popolazione in condizioni di povertà o povertà estrema è cresciuta del 3,3 % (14). |
4.3. |
Un altro fattore di scontento è l’insicurezza con cui si confrontano i latinoamericani, specialmente nelle città. La violenza potrebbe senz’altro avere un legame con la criminalità organizzata, i traffici illeciti e l’incapacità degli Stati di contenerli (15). Tuttavia, non si tratta solo di crimine; esiste anche una violenza sociale, legata alla povertà estrema, che richiede politiche pubbliche per la creazione di posti di lavoro dignitosi e cambiamenti nell’istruzione di qualità per tutti; e c’è anche una violenza politica che incoraggia a screditare l’avversario e cerca di preservare il potere in tal modo. Anche la molto preoccupante violenza contro sindacalisti, giornalisti, difensori dell’ambiente o dei diritti umani, imprenditori, è aumentata durante la pandemia e i cicli delle proteste. |
4.4. |
A seguito dell’ultima riunione EuroLat, in cui è stata sottolineata la necessità di una maggiore tutela degli operatori della giustizia, sarebbe utile valutare il progetto COPLA (Corte penale latinoamericana e dei Caraibi). |
4.5. |
Una sfida strutturale è costituita dalla vulnerabilità ai cambiamenti climatici: la regione è una delle più colpite, con un impatto economico che può arrivare a 85 852 milioni di EUR annuali. Tale impatto andrebbe considerato nelle sue dimensioni sociali, tra cui l’insicurezza alimentare e le catastrofi sempre più ricorrenti. |
4.6. |
L’insicurezza, la povertà e la presenza di regimi autoritari hanno messo in moto un importante flusso di persone su tutto il continente: la vulnerabilità che caratterizza tali processi di migrazione e asilo ha generato una crisi umanitaria cui non è stata data una risposta sufficiente, e che richiede un approccio regionale. |
4.7. |
Le democrazie si trovano in una situazione di vulnerabilità. Le élite, i partiti e i parlamenti vivono una crisi di legittimità e di fiducia che, sommata alla corruzione percepita e agli elevati livelli di frammentazione e polarizzazione, ha reso insufficienti i meccanismi decisionali collettivi e quelli di negoziazione (16). L’attuale situazione di instabilità mondiale mette ancora più in luce la minaccia dell’autoritarismo e la necessità di rafforzare le democrazie. |
5. Verso un nuovo patto sociale
5.1. |
Nonostante lo scontento e la scarsa fiducia nel sistema, la cittadinanza è disposta a promuovere trasformazioni politiche nelle piazze e nelle urne. In questi processi di mobilitazione hanno svolto un ruolo rilevante i giovani e le donne: il loro coinvolgimento nello spazio politico costituisce una valida risorsa. È essenziale promuovere un modello di dialogo sociale istituzionalizzato come quello già esistente in Europa, e consolidare la cooperazione esistente con il Comitato economico e sociale europeo e l’Associazione internazionale dei consigli economici e sociali. |
5.2. |
La cittadinanza deve essere protagonista delle trasformazioni, rafforzando i meccanismi di deliberazione e partecipazione e provvedendo a che essi siano accessibili e protetti. Occorre ripristinare la fiducia attraverso l’elaborazione di politiche aperte e inclusive, generare strategie chiare di comunicazione e prevedere sistemi di compensazione sociale. È inoltre necessario rafforzare la responsabilità e la valutazione delle politiche e del loro impatto. |
5.3. |
Un nuovo contratto sociale può essere conseguito: attraverso accordi trasversali tra gruppi socioeconomici, tra territori e tra generazioni; promuovendo strategie produttive resilienti e sostenibili che creino posti di lavoro di qualità e favoriscano la trasformazione verde e digitale. Servono inoltre sistemi di protezione sociale ampi ed efficaci e un modello più sostenibile di finanziamenti per lo sviluppo. Esso dovrebbe garantire che i diritti siano rispettati, che i posti di lavoro siano dignitosi, con salari minimi adeguati e la contrattazione collettiva, che la protezione sociale sia universale e che il dialogo sociale garantisca misure di transizione giusta per il clima e la tecnologia. |
5.4. |
Tale patto sociale necessita di una politica per la spesa pubblica stabile e fiscalmente sostenibile. Nel breve termine, è importante favorire le azioni di cooperazione internazionale, incrementare e convogliare la liquidità verso paesi a medio reddito nonché conseguire uno sgravio del debito per i paesi a basso e medio reddito. A ciò va sommato il rafforzamento delle entrate pubbliche attraverso una più efficiente riscossione. A medio termine, occorre consolidare un’imposizione fiscale progressiva ed efficace al fine di far fronte alle uscite permanenti di una politica sociale attiva. Occorrerà inoltre pervenire a consensi a livello internazionale ai fini della ristrutturazione del debito pubblico. Nel lungo periodo bisognerà accrescere il ruolo svolto dalle imposte, dalla riscossione digitale e dalla tassazione verde. Serve inoltre una cooperazione internazionale per ridurre l’evasione e l’elusione fiscali (17). |
5.5. |
In tale contesto, è essenziale sviluppare l’economia sociale di mercato nella regione, dato il suo ruolo chiave nello sviluppo di un sistema produttivo inclusivo e resiliente. A tal fine è necessario creare i mercati e i canali di distribuzione giusti (18). È importante riconoscere e rafforzare il ruolo dei gruppi consultivi interni nel monitoraggio degli accordi di libero scambio (19). |
6. Alleanza con l’Unione europea:
6.1. |
La politica di cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea riconosce la necessità di introdurre nuove strategie, andando oltre i paradigmi nord-sud e l’erogazione di aiuti pubblici allo sviluppo e adottando nuove forme di associazione che coinvolgano più portatori di interessi e più livelli (20). Lo Strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDCI) risponde alla necessità di migliorare la flessibilità nella ripartizione geografica e tematica dei fondi e di affrontare le sfide globali e la tabella di marcia per gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Attraverso la strategia Global Gateway si cerca di collegare il mondo in modo intelligente, pulito e sicuro nei settori digitale, energetico e dei trasporti, e di rafforzare i sistemi sanitari, di istruzione e di ricerca. Con questi cambiamenti, si è inteso dotare l’Unione delle risorse e degli strumenti necessari per conciliare i suoi valori e interessi in uno scenario internazionale più complesso, controverso e interconnesso. |
6.2. |
Per articolare le strategie è stata lanciata l’iniziativa Team Europe, che mira a unire gli sforzi delle istituzioni europee, degli Stati membri e delle loro agenzie esecutive, insieme alle istituzioni di finanziamento allo sviluppo. |
6.3. |
La cooperazione europea ha fatto uno sforzo per superare la classificazione basata sul reddito pro capite, assumendo invece il concetto di «sviluppo in transizione», maggiormente adeguato alle necessità della regione. Tuttavia essa fa ancora fronte alla sfida di migliorare il dialogo e la capacità di comunicare la forza e i vantaggi della relazione. |
6.4. |
Nell’attuale congiuntura caratterizzata da molte sfide estremamente gravi a livello mondiale, regionale e nazionale, è importante sottolineare che l’Europa e l’America latina potrebbero essere partner ideali in un’alleanza per la difesa della democrazia, per economie e società più eque e più eguali, che rafforzi il multilateralismo e si faccia interamente carico della protezione dell’ambiente. È altresì importante sottolineare che questa alleanza non sarebbe praticabile senza il pieno riconoscimento e la piena partecipazione, tra l’altro, delle società civili organizzate, delle organizzazioni per i diritti umani, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali e delle associazioni ambientaliste. |
7. Sostenere la ripresa con la società civile.
7.1. |
Nel 2020 sono stati registrati dei cambiamenti nella struttura dell’origine degli investimenti esteri diretti. Fino al 2019 le imprese europee erano i principali investitori nella regione e rappresentavano il 55 % degli investimenti esteri diretti. Nel 2020 gli investimenti europei si sono ridotti del 49 % e gli investimenti intraregionali sono diminuiti del 35 %, a fronte di un calo del 4 % degli investimenti statunitensi (21) e di un aumento di quelli cinesi. |
7.2. |
La strategia europea di uscita dalla crisi si basa sul miglioramento del suo modello economico attraverso il Green Deal europeo e i fondi dello strumento Next Generation EU. Tali aspetti sono essenziali per la strategia biregionale e la messa a punto di strumenti per favorire le transizioni energetica, digitale, verde e sociale avrà ampie ricadute positive per le due regioni. |
7.3. |
È indispensabile migliorare le relazioni commerciali con l’Europa attraverso gli accordi già firmati o attraverso quelli con il Mercosur, il Cile e il Messico. Tali accordi non solo rafforzano gli scambi, ma si riflettono anche sulla qualità e sulla funzione sociale dell’occupazione, sul trasferimento tecnologico e sulla transizione verso la sostenibilità. Va quindi promosso un partenariato commerciale che si differenzi da quelli di altri partner per la sua qualità e sostenibilità a lungo termine, ma anche per la sua redditività, in contrasto con altri modelli di relazioni internazionali predatori e irresponsabili. Tuttavia, gli accordi commerciali devono concentrarsi sulle persone e sui loro diritti fondamentali, sul lavoro dignitoso e sulla solidarietà con i più vulnerabili, sul rispetto dell’ambiente e sulla difesa della democrazia, ed essere in grado di far valere efficacemente i diritti. Gli aspetti principali sono: |
7.4. |
Attrarre investimenti a sostegno del conseguimento degli OSS, con un quadro normativo multilaterale che contribuisca a tale conseguimento, concentrandosi sulla qualità della vita delle persone, sull’occupazione dignitosa, sull’inclusione, sulla sostenibilità e sulla difesa della democrazia. Sono inoltre auspicabili un’ulteriore cooperazione sui progetti e un’attuazione positiva della bussola strategica europea, al fine di conseguire obiettivi comuni. |
7.4.1. |
La digitalizzazione come opportunità di sviluppo. La digitalizzazione dell’America latina si trova in una fase intermedia, benché il suo tasso di crescita sia il più basso dei paesi emergenti. Per quanto riguarda il digitale, convergono in tale direzione l’alleanza digitale UE-ALC, legata alla posa del cavo transatlantico in fibra ottica (EllaLink), e la strategia di connettività dell’Unione europea Global Gateway. Un sostegno deciso ai processi di digitalizzazione deve consolidarne la dimensione sociale e di rafforzamento delle imprese. |
7.4.2. |
Promuovere l’economia formale ed evitare il lavoro informale (22). Gli accordi multilaterali includono clausole specifiche che impongono il rispetto delle convenzioni dell’OIL e la garanzia dei diritti, il divieto del lavoro minorile e il rafforzamento delle ispezioni sul lavoro. Tali clausole hanno un effetto positivo in termini di rafforzamento delle capacità nei paesi andini con cui sono stati sottoscritti accordi (23). |
7.4.3. |
Sostenere direttamente il miglioramento, la qualità e la copertura dell’istruzione a tutti i suoi livelli e reti dell’istruzione e della scienza più forti con l’Europa. Il programma Erasmus Mundus è una risorsa che può essere ulteriormente sfruttata per collegare le università. |
7.4.4. |
Dal 2021 l’UE ha avviato un processo di revisione della sua politica commerciale e di rafforzamento del suo approccio al commercio e allo sviluppo sostenibile. Ha affermato che il suo obiettivo è una politica commerciale aperta, sostenibile e assertiva, nel cui ambito l’integrazione dello sviluppo sostenibile deve avanzare di pari passo. Pur promuovendo la competitività tra i settori produttivi e gli operatori economici (grandi, medi e piccoli), tale politica deve procedere in parallelo con la promozione di valori e principi quali la democrazia e tutti i diritti umani, culturali, di genere, ambientali, del lavoro e sindacali. Le società civili organizzate di entrambe le regioni dovrebbero partecipare attivamente per rafforzare le loro relazioni attraverso riunioni tematiche virtuali e/o faccia a faccia, con un calendario più ambizioso e una tabella di marcia di attuazione. |
7.4.5. |
L’Unione europea si è data come obiettivo conseguire la neutralità climatica per il 2050 e assumere un ruolo guida nelle azioni globale finalizzate alla tutela e al risanamento ambientale del pianeta (24). La promozione di questi obiettivi nella politica commerciale europea, nell’ottica di una cooperazione ambientale più ambiziosa (25) è importante per le relazioni commerciali con l’America latina e per il rafforzamento di una società civile che si trova ad affrontare numerose minacce a causa della vulnerabilità ai cambiamenti climatici e del confronto con attori violenti. È fondamentale proteggere queste persone, come anche i difensori dei diritti umani, i sindacalisti e giornalisti, e invitare i governi latinoamericani a impegnarsi a garantirne l’incolumità. |
7.4.6. |
L’iniziativa Team Europe sostiene le azioni di contrasto alla deforestazione dell’Amazzonia, mentre la nuova fase del programma EUROCLIMA+ destinerà 140 milioni di EUR al sostegno degli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi. Cionondimeno, l’America latina ha destinato solo il 15 % degli investimenti di bilancio alla ripresa economica dalla pandemia, di cui meno del 6,9 % alla ripresa verde. È essenziale sostenere la regione al fine di generare una tassazione, una spesa pubblica e investimenti privati verdi. È inoltre auspicabile rafforzare un’alleanza per la gestione responsabile delle materie prime strategiche e per la garanzia del trasferimento tecnologico sostenibile dalle competenze e dalle conoscenze europee. |
7.4.7. |
Il partenariato tra l’UE e l’America latina presuppone l’accordo con il Mercosur, un mercato comune di 780 milioni di consumatori, che potrebbe far aumentare dell’1,5 % il PIL del Brasile o addirittura del 10 % quello del Paraguay. Gli aspetti relativi alla tutela dell’ambiente devono consentire di compiere passi avanti nel cammino verso i partenariati biregionali di nuova generazione. È necessario fare progressi nella ricerca di sistemi realistici per includere le certificazioni di protezione ambientale per alcune produzioni e clausole specchio. Il successo dell’UE nell’articolazione di tale dimensione servirà a rafforzare strategicamente la sua visione dello sviluppo globale e a incrementarne il potenziale strategico. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Catene di approvvigionamento sostenibili e lavoro dignitoso nel commercio internazionale» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197) e parere del Comitato economico e sociale europeo — Un nuovo quadro per gli accordi di libero scambio, di partenariato economico e di investimento che garantisca il reale coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali e assicuri la sensibilizzazione dell’opinione pubblica (GU C 290 del 29.07.2022, pag. 11).
(2) Unesco, COVID-19 y vacunación en América Latina y el Caribe: desafíos, necesidades y oportunidades, 2021 [COVID-19 e vaccinazioni in America latina e nei Caraibi: sfide, necessità e opportunità].
(3) OCSE (2021), Perspectivas económicas de América Latina 2020 [Prospettive economiche dell’America latina 2020].
(4) Dati del Fondo monetario internazionale.
(5) OECD (2022), Latin America Economic Outlook 2021 (OCSE, Profilo economico dell’America Latina 2021).
(6) Ibidem.
(7) CEPAL (2021), Estudio económico de América Latina y el Caribe [Studio economico dell’America latina e dei Caraibi].
(8) OIL (2022), Panorama laboral [Panorama occupazionale]; CEPAL (2021), Panorama Social de América Latina [Panorama sociale dell’America latina].
(9) CEPAL (2021), op. cit.
(10) Nieto Parra (2020), Desarrollo en transición en América Latina en tiempos de la COVID-19 [Sviluppo in transizione in America latina in tempo di COVID-19], Fundación Carolina.
(11) Unesco (2021), La educación en América Latina y el Caribe ante la COVID-19 [L’istruzione in America latina e nei Caraibi nel contesto della COVID-19].
(12) Comunicato stampa dei Presidenti Michel e von der Leyen in occasione della riunione dei leader dell’Unione europea e dell’America latina e Caraibi del 2/12/2021 dal titolo Unire le forze per una ripresa sostenibile post-COVID.
(13) Our World in Data.
(14) CEPAL (2021), op. cit.
(15) UNODC (2019), Estudio Mundial sobre el homicidio [Studio mondiale sull’omicidio].
(16) IDEA Int. (2021), El estado de la democracia en las Américas 2021 [Lo stato della democrazia nelle Americhe 2021].
(17) CEPAL (2021), Panorama Fiscal de América Latina [Panorama fiscale dell’America latina].
(18) Commissione europea (2021), Un piano d’azione per l’economia sociale.
(19) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Catene di approvvigionamento sostenibili e lavoro dignitoso nel commercio internazionale» (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197) e parere del Comitato economico e sociale europeo — Un nuovo quadro per gli accordi di libero scambio, di partenariato economico e di investimento che garantisca il reale coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali e assicuri la sensibilizzazione dell’opinione pubblica (GU C 290 del 29.07.2022, pag. 11).
(20) Sanahuja. Ruiz Sandoval, E., La Unión europea y la Agenda 2030 en América Latina: políticas de cooperación en una región de«desarrollo en transición», 2019 [L’Unione europea e l’Agenda 2030 in America latina: politiche di cooperazione in una regione di «sviluppo in transizione»]; Fundación Carolina; Nuovo consenso europeo in materia di sviluppo, 2017; quadro finanziario pluriennale 2021-2027, 2018.
(21) Relazione annuale 2021 della CEPAL, Inversión Extranjera Directa en América Latina 2021 [Investimenti esteri diretti in America latina 2021].
(22) Cfr. il consenso europeo in materia di sviluppo (2006), la comunicazione della Commissione sulla promozione del lavoro dignitoso per tutti (2006), il programma di cambiamento della Commissione (2011), il nuovo consenso europeo in materia di sviluppo (2017), il documento di lavoro dei servizi della Commissione sulla promozione del lavoro dignitoso in tutto il mondo: catene del valore globali responsabili per una ripresa giusta, sostenibile e resiliente dalla crisi della COVID-19 (2020) e il nuovo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI) dell’Unione europea (2020).
(23) Fairlie Reinoso, A. (2022), Nuevos retos para el Acuerdo Comercial Multipartes de la Unión europea con Perú, Colombia y Ecuador [Nuove sfide per l’accordo commerciale multilaterale dell’Unione europea con il Perù, la Colombia e l’Ecuador]; Fundación Carolina-EULAC.
(24) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Il Green Deal europeo [COM(2019) 640 final].
(25) Giles Carnero, R., La oportunidad de una cláusula ambiental de elementos esenciales en acuerdos comerciales de la Unión europea con Estados terceros: a propósito del Acuerdo Unión europea-Mercosur [L’opportunità di una clausola ambientale di elementi essenziali negli accordi commerciali dell’Unione europea con i paesi terzi: a proposito dell’accordo Unione europea-Mercosur], 2021, Fundación Carolina DT. 44.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/68 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Transizione digitale nella regione euromediterranea»
(parere d’iniziativa)
(2023/C 100/10)
Relatrice: |
Dolores SAMMUT BONNICI |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
20.1.2022 |
Base giuridica |
Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Relazioni esterne |
Adozione in sezione |
16.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
181/0/3 |
1. Conclusioni
1.1. |
La transizione digitale sta rivoluzionando ogni aspetto della vita, creando vantaggi significativi in termini di efficienza e possibilità che consentono agli utenti di condurre una vita più appagante. Essa è considerata come un pilastro della resilienza nel periodo successivo alla crisi della COVID-19 e ha registrato un’accelerazione esponenziale dall’inizio della pandemia, in particolare con le azioni dell’UE nel settore digitale, che la strategia di mitigazione della COVID-19 ha dimostrato essere efficaci. |
1.2. |
I benefici della digitalizzazione sono noti in determinati settori quali istruzione online, sanità elettronica, pubblica amministrazione elettronica, industria agricola, giustizia elettronica e automazione del sistema bancario. Molti governi nella regione mediterranea promuovono tali settori, ma gli sforzi profusi non sono omogenei in tutta la regione e potrebbero determinare un divario digitale ancora più profondo tra i vari paesi. Pertanto la fornitura di infrastrutture a sostegno di tali tecnologie è fondamentale. |
1.3. |
Il divario digitale in termini di accesso e utilizzo esiste non solo tra i diversi paesi del Mediterraneo, ma anche all’interno dei paesi nella regione, a svantaggio delle zone rurali e remote, dei lavoratori informali, delle donne e degli anziani. Pertanto, per evitare di aggravare le disuguaglianze esistenti, è fondamentale profondere sforzi al fine di colmare il divario digitale, sia a livello regionale che nazionale. |
1.4. |
La connettività digitale sta diventando un diritto per ogni essere umano. La tabella di marcia del segretario generale delle Nazioni Unite per la cooperazione digitale ha già introdotto una serie di obiettivi per il 2030. Per contro, il «diritto alla disconnessione» è una questione dibattuta e una realtà in diversi paesi europei. |
1.5. |
Le competenze digitali sono indispensabili e dovrebbero quindi essere integrate nei programmi di formazione rivolti ai giovani nella regione, dati gli altissimi tassi di disoccupazione giovanile. Una politica del mercato del lavoro efficace nella regione punterà a fare dei giovani non solo utilizzatori, ma anche produttori di tecnologie. Sia l’occupazione che l’imprenditorialità in quest’ambito costituiscono percorsi professionali molto promettenti. |
1.6. |
È indispensabile disporre di un solido quadro giuridico al fine di proteggere gli utenti dai rischi digitali quali gli attacchi informatici, e di garantire che i meccanismi di protezione dei dati rispettino i diritti umani relativi alla protezione della vita privata nell’ambiente digitale. L’indice di cibersicurezza fornito dall’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) misura l’impegno dei paesi a favore della cibersicurezza a livello globale. L’indice mostra, in generale, livelli di sicurezza più elevati nella regione del Mediterraneo settentrionale, mentre l’Egitto ottiene i migliori risultati tra i paesi del Mediterraneo meridionale. |
1.7. |
Tale quadro è inoltre necessario per garantire un mercato digitale equo e competitivo tenendo conto dei giganti digitali. Vi è un divario significativo nell’ambito del quadro giuridico digitale dei paesi nel Mediterraneo settentrionale e meridionale. Si può sottolineare l’assenza di un’autorità indipendente incaricata di promuovere la transizione digitale nella regione del Mediterraneo meridionale. |
1.8. |
Il CESE sottolinea esplicitamente che le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e le convenzioni fondamentali dell’OIL devono essere attuate in modo ambizioso in tutti gli Stati della regione mediterranea, affinché la transizione digitale possa realmente contribuire a uno sviluppo ecologico, economico e sociale prospero. |
2. Introduzione
2.1. |
La transizione digitale ha implicazioni per ogni aspetto della nostra vita, dal consumo al lavoro, fino a includere la produzione. In risposta alla pandemia globale di COVID-19, negli ultimi anni si è osservata un’accelerazione senza precedenti di tale transizione; poiché la digitalizzazione è considerata uno dei principali pilastri della ripresa su entrambe le sponde del Mediterraneo, le persone adottano strumenti digitali più rapidamente che mai. Il telelavoro e il lavoro a distanza stanno diventando una realtà e il commercio elettronico e l’economia delle piattaforme stanno crescendo a un ritmo senza precedenti, fattore che compensa le chiusure delle imprese dovute alla pandemia. Nel frattempo, questa rapida trasformazione può dare nuovamente adito all’aggravarsi delle disparità, poiché i gruppi della popolazione più vulnerabili confrontati con l’esclusione digitale sono coloro che sono stati colpiti più duramente dalla pandemia. |
2.2. |
Le principali finalità del presente documento sono le seguenti:
|
3. Contesto
3.1. |
Attualmente stiamo vivendo un periodo di rapida digitalizzazione e possiamo constatare la presenza di strumenti digitali in ogni aspetto della nostra vita, compresi, tra l’altro, salute, lavoro, governance, istruzione e gestione di un’impresa. Nel nuovo mondo del lavoro le competenze digitali sono essenziali per garantire opportunità di occupazione, e sono ricompensate con redditi più elevati. L’economia digitale è costituita dai settori chiave delle tecnologie dell’informazione (IT) e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) quali produzione di hardware, consulenza software e informatica, servizi di informazione e telecomunicazione; dall’economia digitale di portata limitata che include i servizi digitali e l’economia delle piattaforme; e dall’economia digitalizzata di ampia portata che tiene conto delle imprese elettroniche, del commercio elettronico, dell’automazione industriale Industria 4.0, dell’agricoltura di precisione e dell’economia algoritmica, in un contesto in cui l’economia della partecipazione e l’economia dei lavori su richiesta sono in prima linea nell’economia digitale (1). |
3.2. |
La digitalizzazione era in ascesa anche prima della pandemia di COVID-19, e le principali tendenze recenti nelle tecnologie digitali si sono delineate nei settori del blockchain, dell’analisi dei dati, dell’intelligenza artificiale (IA), della stampa tridimensionale (3D), dell’Internet delle cose, dell’automazione e della robotica, del cloud computing (2), nonché dei sistemi di tracciamento e monitoraggio remoto. |
3.3. |
Questa tendenza verso la rapida adozione di strumenti e tecnologie digitali è stata definita «Quarta rivoluzione industriale», la quale presenta un potenziale straordinario per aumentare il reddito globale e migliorare la qualità di vita. |
3.4. |
Inoltre, in uno scenario in cui oltre il 30 % della popolazione in tutto il mondo utilizza le piattaforme di social media, la digitalizzazione può essere considerata un’arma a doppio taglio, che può accrescere la coesione sociale e unire diverse realtà culturali, oppure può fungere da strumento di diffusione di idee e ideologie estremiste, e di notizie false. |
3.5. |
Il numero di persone che utilizzano Internet ha registrato un incremento negli ultimi decenni nella regione in questione, raggiungendo fino al 93,2 % della popolazione in Spagna nel 2020, il 90,8 % a Cipro, il 90,1 % in Israele, l’86,9 % a Malta, l’86,6 % in Slovenia, l’84,1 % in Marocco, il 77,7 % in Turchia, il 77,6 % in Montenegro e il 71,9 % in Egitto. La percentuale più bassa nella regione è stata registrata in Algeria, in cui era coperto il 49 % della popolazione nel 2018 (ultimi dati disponibili: World Telecommunication/ICT Indicators database dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT). Tali cifre non fanno che mettere in rilievo la disparità in termini di accesso digitale all’interno della regione. Va osservato che, a livello nazionale, le zone rurali e remote hanno livelli di connettività molto inferiori. |
3.6. |
Gli Stati membri dell’UE che si affacciano sul Mediterraneo hanno approvato la transizione digitale e hanno potenziato le loro politiche virtuali, compreso il mercato unico digitale (3) e il programma Europa digitale (4). La comunicazione sul decennio digitale europeo è stata pubblicata dalla Commissione europea nel marzo 2021; in tale documento si delineano gli obiettivi digitali per il 2030 e una visione per la trasformazione digitale dell’Europa (5). Uno strumento del decennio digitale è la piattaforma Digital for Development (D4D) Hub (6), lanciata nel dicembre 2020, con l’obiettivo di armonizzare e coordinare le iniziative digitali tra gli Stati membri (7). Inoltre, la digitalizzazione costituisce uno dei principali pilastri della nuova agenda per il Mediterraneo, proposta dalla Commissione europea nel febbraio 2021. In particolare, «la nuova agenda mira a una ripresa verde, digitale, resiliente e giusta, ispirata all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, all’accordo di Parigi e al Green Deal europeo» (8). |
3.7. |
La pandemia di COVID-19 ha avuto implicazioni sul comportamento lavorativo, spingendo le persone verso il lavoro a distanza. Se da un lato il telelavoro presenta una serie di svantaggi, i suoi vantaggi vanno dal minor tempo per gli spostamenti alla riduzione delle emissioni, dagli effetti positivi sull’ambiente a un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, in particolare per i genitori (9). La capacità di lavoro a distanza differisce tra le due sponde del Mediterraneo. Molti lavoratori provenienti dal sud hanno meno capacità di telelavoro, poiché non hanno la possibilità di accedere agli strumenti necessari, oppure semplicemente perché svolgono lavori che non possono portare a termine a distanza. Al Azzawi (2021) ha elaborato un indice per misurare l’abilità al telelavoro (teleworkability) nei paesi arabi; in tale contesto è stato riscontrato un divario significativo in termini di capacità di telelavoro nell’intera regione. L’autrice conferma che i lavoratori più vulnerabili non hanno la capacità di lavorare da remoto e, dunque, sono stati i più colpiti dalla pandemia (10). L’esperienza fatta dall’Europa per quanto riguarda l’adozione generalizzata del telelavoro mette in risalto l’importanza di disporre di un quadro giuridico per il «diritto alla disconnessione» al fine di rispettare i confini tra vita personale e professionale (11). |
3.8. |
La digitalizzazione ha portato all’ascesa dell’economia delle piattaforme e del lavoro su richiesta. Sebbene vi siano molte opportunità nell’ambito dell’economia delle piattaforme, essa suscita anche crescenti preoccupazioni in merito alle condizioni di lavoro e, in particolare, alla limitata copertura della sicurezza sociale, alla frammentazione dell’orario di lavoro, ai bassi livelli di reddito e alla lotta per garantire i diritti collettivi (12). A tale riguardo, la dichiarazione del centenario dell'OIL per il futuro del lavoro (2019) chiede politiche e misure per rispondere alle sfide e alle opportunità della trasformazione digitale del lavoro, compreso il lavoro su piattaforma digitale. |
3.9. |
La rapida evoluzione della transizione digitale, in particolare nella vita economica e lavorativa, ha naturalmente un forte impatto su tutte le strutture socioculturali. Pertanto, durante la primavera araba si è potuto osservare che gli strumenti di comunicazione digitale sono stati utilizzati principalmente per l’organizzazione efficace della resistenza civile e della cooperazione tra attivisti. Tuttavia, ulteriori sviluppi hanno mostrato che nei paesi in cui non sono state create strutture democratiche sostenibili si è nuovamente intensificata la soppressione delle libertà fondamentali, compreso il diritto alla libertà di espressione nei media digitali — nonché dei diritti dei lavoratori — compreso il diritto alla libertà di associazione, che sta diventando ancora più importante nell’economia delle piattaforme e del lavoro su richiesta. Ad esempio, le organizzazioni indipendenti della società civile, come i sindacati, le ONG per i diritti umani o le organizzazioni dei datori di lavoro e i loro attivisti, sono represse semplicemente perché esercitano libertà fondamentali o esprimono opinioni dissenzienti. Inoltre, i siti web di notizie nazionali e internazionali e le organizzazioni indipendenti della società civile vengono ripetutamente bloccati. In alcuni Stati della regione mediterranea le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e le convenzioni dell’OIL sono spesso attuate solo formalmente, ma non correttamente. |
3.10. |
La digitalizzazione è un fattore determinante per lo sviluppo delle PMI (13). I vantaggi risultanti spaziano dalla riduzione di costi e tempo, al risparmio di risorse e a un aumento dell’efficienza, fino a includere una migliore integrazione della catena di approvvigionamento e una più efficiente differenziazione dei prodotti (14). Il rapporto dell’OCSE sulle previsioni per il 2019 sull’imprenditorialità e le PMI (15) offre un quadro più dettagliato di tali benefici. Un esempio è costituito dall’analisi dei big data che, in combinazione con sensori, app, cloud computing e stampa tridimensionale, consente di ottenere una maggiore personalizzazione. |
3.11. |
Sebbene vi siano numerosi vantaggi per le PMI derivanti dalla digitalizzazione, tali imprese devono affrontare una serie di ostacoli, di cui uno dei più seri è la mancanza di accesso al finanziamento (16). Il secondo ostacolo principale è la mancanza di accesso alle competenze digitali, all’istruzione e alla formazione, mentre l’adozione di modelli aziendali e di tecnologie digitali richiede investimenti finanziari e competenze digitali all’interno dell’azienda. Un indice di misurazione della preparazione digitale per le PMI è stato elaborato dall’Associazione di economisti della regione euromediterranea (EMEA), sulla base di un sondaggio rivolto alle PMI del Mediterraneo meridionale. L’indice mostra che il livello di preparazione alla trasformazione digitale dipende dalla capacità di infrastruttura, dalle telecomunicazioni e dal progresso tecnologico raggiunto a livello di paese, ma è anche correlato alla capacità delle aziende a livello microeconomico: le imprese più grandi sono più preparate alla digitalizzazione, mentre le imprese più giovani hanno maggiori probabilità di perseguirla (17). |
3.12. |
Il lato negativo della digitalizzazione è la perdita di posti di lavoro dovuta all’automazione in alcuni settori economici. La società civile può svolgere un ruolo importante nell’accompagnare i lavoratori nel miglioramento delle competenze, con l’obiettivo di rendere la transizione digitale una transizione giusta e in linea con il piano d’azione dell’UE «non lasciare indietro nessuno». |
3.13. |
Al fine di promuovere la digitalizzazione e di concepire le politiche più efficaci, è di fondamentale importanza misurare e monitorare la transizione digitale utilizzando indicatori solidi e misurabili. Dal 2014 la Commissione europea ha elaborato l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) (18), che evidenzia i progressi nei settori della digitalizzazione nei vari Stati membri ma anche un persistente divario digitale (19). L’indice DESI può costituire la base per un quadro di monitoraggio di riferimento per i paesi mediterranei non appartenenti all’UE. |
4. Osservazioni generali
4.1. |
Il profondo impatto della transizione digitale viene avvertito in tutte le società e in tutte le economie. Sebbene la regione del Mediterraneo meridionale si trovi ad affrontare sfide in termini di accessibilità universale e miglioramento delle competenze digitali dei cittadini, la regione non fa eccezione per quanto riguarda l’accelerazione verso la transizione digitale e i vantaggi che ne derivano in numerosi ambiti. |
4.2. |
Il commercio elettronico ha evidenziato un forte incremento a causa delle misure di distanziamento sociale. Si fa un ampio ricorso agli acquisti online, in un contesto in cui il commercio elettronico è in ascesa sia nel settore business to consumer (B2C) che in quello business to business (B2B). L’amministratore delegato della più grande società di commercio digitale in Africa, Jumia, ha annunciato un incremento di quattro volte delle vendite di generi alimentari, soprattutto in Tunisia e in Marocco, dove i confinamenti hanno comportato un aumento del 100 % delle vendite (20). |
4.3. |
L’istruzione online ha prosperato a un ritmo rapido, poiché la pandemia di COVID-19 ha comportato la chiusura delle scuole. I governi hanno anche introdotto alcune piattaforme di apprendimento elettronico, come la piattaforma «Darsak» resa operativa in Giordania. Alcuni paesi hanno introdotto un sistema ibrido, ad esempio l’Egitto (21). Le piattaforme online stanno diventando una vera tendenza, anche per progetti specifici finalizzati a creare collegamenti con le associazioni di professionisti locali, i comuni e i principali attori (22). Parte dei finanziamenti dell’UE dovrebbe essere appositamente destinata all’istruzione/alla formazione nell’ambito dello sviluppo delle competenze digitali e dovrebbe essere rivolta ai giovani per consentire loro di acquisire competenze digitali e di proseguire gli studi nel settore informatico e dell’intelligenza artificiale per ottenere un lavoro futuro sicuro. |
4.4. |
Si ritiene che l’e-governance riduca la burocrazia e l’onere delle procedure amministrative, il che si traduce in un’erogazione efficiente e agevole dei servizi pubblici. Inoltre, può costituire uno strumento per la democratizzazione e per incrementare la partecipazione attiva dei cittadini. Il potenziamento dell’e-governance rappresenta una priorità degli Stati membri e costituisce uno dei pilastri dell’indice DESI. Anche la regione del Mediterraneo meridionale sta procedendo in questa direzione. Il Marocco ha compiuto progressi significativi con la sua iniziativa nazionale per l’e-government (23). Nel 2019 l’Egitto ha avviato, tra l’altro, un sistema di pagamenti elettronici per la riscossione delle imposte e il pagamento delle bollette. Nel gennaio 2020 il ministero giordano dell’Economia digitale ha effettuato una migrazione della propria infrastruttura delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) verso il cloud per ampliare i servizi ai cittadini (24). |
4.5. |
La sanità elettronica costituisce un modo efficiente sotto il profilo dei costi per ottenere e fornire il supporto necessario. Le soluzioni dei servizi sanitari in rete hanno svolto un ruolo fondamentale nella lotta alla COVID-19; esse ricorrono alla telemedicina e ad applicazioni sanitarie mobili. Negli ultimi due anni, l’analisi dei big data per il controllo epidemiologico si è rivelata utile per contrastare la pandemia. In Tunisia, ad esempio, un gruppo di medici ha lanciato Tobba.tn, una piattaforma digitale per la consultazione online (25). |
4.6. |
Il digital banking, ossia i servizi bancari digitali, costituisce uno strumento efficiente per realizzare l’inclusione finanziaria, tenendo conto che il mobile banking ha già dimostrato la sua efficacia in passato. Le soluzioni di tecnofinanza possono conferire slancio alla trasformazione digitale e possono potenziare l’inclusione finanziaria. Tali servizi stanno conquistando terreno e l’obiettivo è quello di eliminare completamente l’utilizzo di assegni e transazioni in contanti; ciò rischia di causare l’esclusione degli anziani che potrebbero non essere dotati delle necessarie competenze digitali. |
4.7. |
La giustizia elettronica facilita l’accesso ai servizi giuridici e riduce i costi delle udienze, dei depositi ecc. e il tempo necessario per accedervi. |
4.8. |
Tenuto conto dell’impatto attuale del riscaldamento globale, della diminuzione della filiera alimentare e dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, l’industria agricola può diventare più competitiva ed efficiente applicando l’agricoltura di precisione e utilizzando i big data e la tecnologia blockchain. Ciò può portare ad un’elevata efficienza nella gestione dell’acqua e dei nutrienti nel suolo e nel controllo delle malattie, con un monitoraggio avanzato della temperatura e una minore necessità di manodopera (26), e pertanto costituire uno strumento per attenuare i problemi legati ai cambiamenti climatici. |
4.9. |
I modelli di utilizzo di Internet variano tra i paesi del Mediterraneo. Nei paesi del Mediterraneo meridionale, prevale l’uso di Internet attraverso i cellulari e i social media. A differenza dei paesi dei Mediterraneo settentrionale, tuttavia, gli acquisti online non sono molto diffusi. fattore che potrebbe essere spiegato, in una certa misura, dall’esclusione finanziaria e da una bassa percentuale di titolarità di un conto bancario nel sud (27). |
5. Gli ostacoli alla digitalizzazione
5.1. |
Uno dei principali ostacoli che si frappongono alla digitalizzazione è costituito dal divario digitale, che non esiste solo tra i vari paesi, soprattutto tra i paesi che si affacciano sul Mediterraneo (emergono divari significativi nel quadro dell’edizione del 2021 dell’Indice di preparazione in rete (Network Readiness Index — NRI)] (28). A livello nazionale, diversi gruppi di popolazione non dispongono dello stesso livello di accesso agli strumenti tecnologici. Il divario è presente tra uomini e donne, tra zone rurali e urbane, tra giovani e anziani. Dal punto di vista delle imprese, esiste un divario digitale basato sulle dimensioni e sul settore di attività, in cui le imprese più piccole, a differenza di quelle più grandi, devono far fronte a costi esorbitanti non solo in termini di materiali, ma anche e soprattutto a causa della necessità di migliorare le competenze dei lavoratori. Altri fattori socioeconomici, come il reddito e i livelli di istruzione, possono costituire una fonte di esclusione digitale. |
5.2. |
La maggior parte dei paesi del Mediterraneo meridionale presenta significativi divari in termini di copertura di Internet mobile. Tale problema emerge in particolare nei paesi geograficamente ampi quali l’Algeria e la Libia e, in misura minore, l’Egitto. Gli investimenti nelle infrastrutture digitali e nella costruzione di stabili connessioni Internet ad alta velocità sono fondamentali nelle zone rurali, dove la digitalizzazione può essere una leva potenziale per la crescita inclusiva (29). |
5.3. |
L’analfabetismo digitale, più presente tra le persone con un livello di istruzione inferiore, viene spesso messo in evidenza come ulteriore barriera alla digitalizzazione. Ciò richiede riforme dei programmi di istruzione e di formazione professionale, affinché includano le competenze digitali vitali per il futuro mercato del lavoro. La digitalizzazione è anche considerata parte della necessità di migliorare il livello delle competenze dei dipendenti. |
5.4. |
Il genere rappresenta un ulteriore fattore che incide sull’alfabetizzazione digitale, ove gli uomini hanno solitamente un accesso migliore agli strumenti digitali e, di conseguenza, una migliore padronanza delle competenze digitali. In Tunisia il 72,5 % degli uomini utilizza Internet, a fronte del 61,1 % delle donne. Alcuni paesi hanno già colmato il divario. In Slovenia, ad esempio, tale divario equivale a meno di 2 punti percentuali, in un contesto in cui l’87,2 % degli uomini e l’86 % delle donne usano Internet. Per contro, la Turchia presenta un divario di genere più profondo in termini di accesso a Internet, che corrisponde a 11,2 punti percentuale (World Telecommunication/ICT Indicators database dell’UIT). Gli Stati membri dell’UE si adoperano al fine di colmare il divario di genere nelle competenze digitali entro il 2030, elaborando politiche volte a incoraggiare le ragazze a studiare le materie legate alle TIC, e monitorando i progressi compiuti attraverso il Women in Digital (WiD) Scoreboard. |
6. Rischi connessi alla digitalizzazione
6.1. |
La crescente preoccupazione per il fatto che i governi, le imprese e i cittadini perdono gradualmente il controllo sui loro dati pone l’accento sulla questione della «sovranità digitale», che incide anche sulla capacità di innovazione dei paesi e sulla capacità di definire la legislazione in un ambiente digitale (30). Si tratta di preoccupazioni fondate, in quanto l’Europa e il Mediterraneo sono in ritardo negli investimenti nell’IA, mentre la presenza di colossi stranieri dei social media sta acquisendo sempre maggiore influenza. |
6.2. |
Alcuni paesi del Mediterraneo sono restii a intraprendere una rapida transizione digitale. La riluttanza politica è dovuta al timore di perdere il controllo sulla popolazione, il che porta al filtraggio delle notizie e alla censura. Nel frattempo, gli strumenti digitali possono consentire alle organizzazioni della società civile di essere ascoltate e di promuovere la democrazia. Il Quartetto del dialogo nazionale tunisino, vincitore del premio Nobel per la pace 2015, è un esempio dell’importante ruolo che possono svolgere le organizzazioni della società civile nella transizione pacifica di una società. |
6.3. |
Poiché la digitalizzazione apre la strada allo sviluppo sociale ed economico, un’autorità indipendente dovrebbe istituire un quadro normativo digitale adeguato, promuovendo i principi dei diritti digitali, come la neutralità di Internet. |
6.4. |
La digitalizzazione rapida accresce il rischio delle minacce informatiche. Il ruolo delle autorità è determinante per la creazione di un quadro legislativo ben concepito al fine di proteggere gli utenti. Attualmente il Marocco, la Tunisia, l’Algeria e l’Egitto hanno tutti emanato leggi in materia di sicurezza informatica, le quali sono tuttavia carenti di componenti incentrate sulla protezione dei dati (31). È fondamentale proteggere i dati personali sensibili delle persone, come i dati relativi alla salute ecc. |
6.5. |
La protezione dei dati sta diventando uno dei settori più cruciali della transizione digitale. La questione relativa alla titolarità e alla salvaguardia di un’ingente quantità di dati è un tema prioritario dei decisori politici. Questa è una risposta all’incremento osservato nell’analisi dei big data, in un contesto in cui le piattaforme di social media acquistano un potere e un’influenza senza precedenti. Si sostiene che il quadro normativo nei paesi del vicinato meridionale sia ancora arretrato e che la legislazione riguardante le tecnologie emergenti non venga approvata abbastanza rapidamente (32). Alcuni paesi esprimono persino una mancanza di volontà politica di fare progressi in materia. La questione è ancora più scottante nel caso dei dati sensibili, ad esempio per quanto riguarda le applicazioni e le piattaforme sanitarie. In particolare, vi è scetticismo nei paesi meridionali in cui la legislazione relativa al regolamento generale sulla protezione dei dati e a un’analoga protezione della vita privata potrebbe non essere ancora in vigore. In Europa, la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali sono intese a creare uno spazio digitale più sicuro per gli utenti, promuovendo nel contempo l’innovazione e la competitività. |
6.6. |
La pirateria digitale rappresenta un’altra insidia della digitalizzazione. Le creazioni digitalizzate soggette ai diritti di proprietà intellettuale (DPI) sono estremamente facili ed economiche da copiare e distribuire su larga scala. Le aziende creative risentiranno maggiormente di tale fenomeno e, in assenza di una normativa efficace, i modelli aziendali di artisti e lavoratori creativi diventeranno insostenibili. |
6.7. |
La digitalizzazione può comportare una soppressione della società civile. In alcuni paesi, i diritti digitali sono oggetto di attacchi da parte delle autorità, in quanto la digitalizzazione è considerata come un mezzo di sorveglianza. A causa della pandemia, ad esempio, sono state impiegate applicazioni di localizzazione per monitorare la diffusione del virus, il che ha destato preoccupazioni circa i diritti umani (33). La possibilità di monitorare ogni attività digitale rappresenta una grave minaccia per la democrazia e può essere utilizzata come mezzo di oppressione. La relazione Freedom of the NET del 2021 attribuisce alla Francia il punteggio più elevato con 78 punti su 100; l’Italia ottiene 76 punti, la Tunisia 63, il Marocco 53, il Libano 51, la Giordania 47, la Turchia 34 e l’Egitto 26 (34). |
6.8. |
Il divario digitale persistente può potenzialmente determinare disparità più significative e una divergenza più accentuata nella regione mediterranea. Alcuni paesi sono privi di infrastrutture digitali, in termini di copertura o accesso alla banda larga fissa, oppure alcune zone rurali e remote potrebbero semplicemente essere lasciate senza copertura o senza reti 4G/5G. Un’altra causa del divario è la mancanza di competenze digitali tra la popolazione e l’analfabetismo digitale. In particolare, i bassi livelli di alfabetizzazione digitale sono più diffusi nei paesi del sud, soprattutto tra le donne e gli anziani (35). |
6.9. |
La formazione di giganti della tecnologia costituisce un ostacolo a una concorrenza equa nei mercati digitali. L’evasione fiscale rende i mercati iniqui per le PMI locali emergenti, che difficilmente riusciranno a sopravvivere, e contribuisce anche a una fuga di cervelli digitale. Un altro rischio associato ai giganti della tecnologia è la loro capacità di assorbire gli attori emergenti, che crea monopoli e impedisce la creazione di poli digitali in Europa e nell’area del Mediterraneo. Ciò può essere attribuito alla carenza di un quadro normativo e persino a scappatoie fiscali a cui ricorrono le società multinazionali, che incidono negativamente sulla concorrenza leale. |
6.10. |
La mancanza di una corretta attuazione delle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e delle convenzioni dell’OIL in alcuni Stati della regione mediterranea costituisce un ostacolo alla creazione di organizzazioni indipendenti della società civile, comprese le ONG, i sindacati indipendenti e le associazioni dei datori di lavoro, mettendo così a repentaglio la transizione digitale sostenibile. Il CESE sottolinea pertanto esplicitamente che le convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti umani e le convenzioni fondamentali dell’OIL devono essere attuate in modo ambizioso in tutti gli Stati della regione mediterranea, affinché la transizione digitale possa realmente contribuire a uno sviluppo ecologico, economico e sociale prospero. |
6.11. |
Inoltre, la guerra in Ucraina rappresenta una grave minaccia per i paesi in tutta la regione e potrebbe essere correlata a rischi più elevati di attacchi informatici. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Bukht, R. & Heeks, R., Defining, conceptualising and measuring the digital economy [Definire, concettualizzare e misurare l’economia digitale], Development Informatics Working Paper, n. 68, 2017.
(2) Relazione sull'economia digitale 2019, Unctad.
(3) Il mercato unico digitale mira a migliorare l’accesso, la qualità e la sicurezza della connettività negli Stati membri. https://ec.europa.eu/eurostat/cache/infographs/ict/bloc-4.html.
(4) Il decennio digitale europeo si sviluppa intorno a quattro punti cardinali: competenze, infrastrutture, servizi pubblici e imprese: https://ec.europa.eu/info/funding-tenders/find-funding/eu-funding-programmes/digital-europe-programme_it.
(5) https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/europes-digital-decade-digital-targets-2030_it
(6) Digital for Development (D4D) Hub.
(7) Langendorf, M., Applying Europe’s Digital Agenda in Mediterranean Partner Countries: Opportunities and Pitfalls [Applicare l’agenda digitale dell’Europa nei paesi partner del Mediterraneo: opportunità e insidie], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’IEMed], 2021.
(8) Renewed partnership with the Southern Neighbourhood [Partenariato rinnovato con il vicinato meridionale], Commissione europea, 2021.
(9) Working from home: From invisibility to decent work [Lavorare da casa: dall’invisibilità al lavoro dignitoso], OIL, 2021.
(10) Al Azzawi, S., Lives Versus Livelihoods: Who Can Work from Home in MENA? [Vita e sussistenza a confronto: chi può lavorare da casa nei paesi di Medio Oriente e Nordafrica?], ERF Working Paper [documento di lavoro del Forum per la ricerca economica (Economic Research Forum (ERF)], n. 1471, 2021.
(11) Nota informativa dell’EPRS sul diritto alla disconnessione, PE 642.847, luglio 2020.
(12) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Migliori condizioni di lavoro per un'Europa sociale più forte: sfruttare appieno i vantaggi della digitalizzazione per il futuro del lavoro [COM(2021) 761 final] e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali [COM(2021) 762 final] (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 95).
(13) Relazione informativa del CESE sul tema Digitalizzazione e PMI nella regione euromediterranea.
(14) Kergroach, S., Giving momentum to SME digitalization [Conferire slancio alla digitalizzazione delle PMI], Journal of the International Council for Small Business, Vol. 1, n. 1, 2020, pagg. 28-31.
(15) Previsioni dell'OCSE per il 2019 sull'imprenditorialità e le PMI.
(16) Relazione informativa del CESE sul tema Accesso ai finanziamenti per le PMI e le società a media capitalizzazione nel periodo 2014-2020: opportunità e sfide.
(17) Ayadi, R. & Forouheshfar, Y., MSMEs digitalization in the Mediterranean: A new digital preparedness index [Digitalizzazione delle MPMI nel Mediterraneo: un nuovo indice di preparazione digitale], EMANES working paper [documento di lavoro della Rete euromediterranea e africana per gli studi economici (EU-Mediterranean and African Network for Economic Studies (EMANES)], 2022, di prossima pubblicazione.
(18) https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/desi
(19) https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_21_5481
(20) Sidło, K., Digital Transformation in the Southern Neighbourhood [Trasformazione digitale nel vicinato meridionale], EuroMeSCo Euromed Survey [Sondaggio Euromed della EuroMeSCo], 2021.
(21) El Kadi, T. H., Uneven Disruption: Covid-19 and the digital divide in the Euro-Mediterranean Region [Rivoluzione con disparità: la COVID-19 e il divario digitale nella regione euromediterranea], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed)], 2020.
(22) Nel quadro di questo progetto, ad esempio, è stato proposto che il titolare della piattaforma dovrebbe essere l’UE, i comuni, le università, le aziende o i ministri dell’Istruzione in Turchia, Marocco, Egitto e Algeria: P. Akpınar, N. van Heukelingen, O.N.Babüroğlu e F.R. Durukan, A new formula for collaboration: Turkey, the EU & North Africa [Una nuova formula di collaborazione: Turchia, l’UE e l’Africa settentrionale], 2022.
(23) Digital Government Review of Morocco [Riesame del governo digitale del Marocco], OCSE, 2018.
(24) El Kadi T. H., Uneven Disruption: Covid-19 and the digital divide in the Euro-Mediterranean Region [Rivoluzione con disparità: la COVID-19 e il divario digitale nella regione euromediterranea], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed)], 2020.
(25) El Kadi T. H., Uneven Disruption: Covid-19 and the digital divide in the Euro-Mediterranean Region [Rivoluzione con disparità: la COVID-19 e il divario digitale nella regione euromediterranea], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed)], 2020.
(26) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La transizione energetica e digitale delle zone rurali» (GU C 486 del 21.12.2022, pag. 59).
(27) El Kadi T. H., Uneven Disruption: Covid-19 and the digital divide in the Euro-Mediterranean Region [Rivoluzione con disparità: la COVID-19 e il divario digitale nella regione euromediterranea], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’Istituto europeo del Mediterraneo (IEMed)], 2020.
(28) https://networkreadinessindex.org/nri-2021-edition-press-release/
(29) Smart Cities and Inclusive Growth [Città intelligenti e crescita inclusiva], OCSE, 2020.
(30) Nota informativa dell’EPRS sulla sovranità digitale per l'Europa (PE 651.992, luglio 2020).
(31) Langendorf, M., Applying Europe’s Digital Agenda in Mediterranean Partner Countries: Opportunities and Pitfalls [Applicare l’agenda digitale dell’Europa nei paesi partner del Mediterraneo: opportunità e insidie], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’IEMed], 2021.
(32) Sidło, K., Digital Transformation in the Southern Neighbourhood [Trasformazione digitale nel vicinato meridionale], EuroMeSCo Euromed Survey [Sondaggio Euromed della EuroMeSCo], 2021.
(33) Langendorf, M., Applying Europe’s Digital Agenda in Mediterranean Partner Countries: Opportunities and Pitfalls [Applicare l’agenda digitale dell’Europa nei paesi partner del Mediterraneo: opportunità e insidie], IEMed Mediterranean Yearbook [Pubblicazione annuale sul Mediterraneo dell’IEMed], 2021.
(34) https://freedomhouse.org/policy-recommendations/internet-freedom
(35) Sidło, K., Digital Transformation in the Southern Neighbourhood [Trasformazione digitale nel vicinato meridionale], EuroMeSCo Euromed Survey [Sondaggio Euromed della EuroMeSCo], 2021.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/76 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Una verifica della competitività per costruire un’economia dell’UE più forte e più resiliente»
(parere esplorativo)
(2023/C 100/11)
Relatore: |
Christian ARDHE |
Correlatore: |
Giuseppe GUERINI |
Consultazione |
Presidenza del Consiglio dell’Unione europea, 30.6.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
10.11.2022 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
54/1/2 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
150/4/11 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE ritiene che la richiesta della presidenza ceca di elaborare un parere esplorativo sulla verifica della competitività tocchi una questione di grande attualità. Alla luce delle sfide attuali e di quelle previste per il futuro, il CESE ritiene di cruciale importanza rendere l’economia dell’Unione più competitiva. Riconoscendo che il mercato unico e l’economia sociale di mercato dell’UE sono le principali risorse dell’Unione per la crescita economica e il benessere sociale, il CESE chiede una verifica della competitività per sostenere le imprese, la creazione di occupazione e il miglioramento delle condizioni di lavoro, nonché per favorire la crescita economica sostenibile e la coesione sociale. |
1.2. |
Il CESE considera la verifica della competitività l’espressione di un approccio volto a garantire che gli aspetti relativi alla competitività siano adeguatamente presi in considerazione nel processo decisionale. Questo richiede un’adeguata conoscenza dell’impatto che le iniziative avranno sulla competitività, come pure l’adozione, nel processo decisionale, di una mentalità sensibile alla competitività. |
1.3. |
Il CESE sottolinea che la verifica della competitività dovrebbe essere parte integrante fondamentale di un processo decisionale equilibrato dell’UE e dovrebbe essere applicata nell’ambito di qualsiasi processo di elaborazione delle politiche e delle normative dell’Unione. Tale verifica dovrebbe riguardare le iniziative legislative, il diritto derivato, le misure di bilancio, le strategie e i programmi, così come gli accordi internazionali. Dovrebbe inoltre essere integrata nel processo del semestre europeo, dal momento che le politiche degli Stati membri sono fondamentali a tale riguardo. |
1.4. |
Dato che una solida valutazione d’impatto è la base fattuale per la verifica della competitività, è indispensabile garantire che la valutazione dell’impatto sulla competitività sia obbligatoria, efficace e pienamente applicata in ogni singola fase del processo decisionale. Il CESE apprezza gli attuali orientamenti e strumenti per legiferare meglio, ma osserva che, come sottolineato dal comitato per il controllo normativo, vi è un’evidente necessità di miglioramenti, in particolare per quanto riguarda la messa in opera degli strumenti. |
1.5. |
Il CESE ritiene che la verifica della competitività debba tener conto dell’impatto sulle imprese, sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro a vari livelli, considerando fra l’altro i costi di conformità e altri impatti diretti, gli effetti moltiplicatori sulle catene del valore e le conseguenti ricadute macroeconomiche. A tale riguardo, occorre prestare attenzione alla posizione concorrenziale dell’ampia varietà delle imprese esistenti — comprese quelle dell’economia sociale — in termini di settori, dimensioni e modelli imprenditoriali. |
1.6. |
Il CESE ritiene importante considerare gli effetti sia positivi che negativi sulla competitività, con l’obiettivo non solo di evitare perdite di competitività, ma anche di migliorare tale capacità, prestando ad essa una particolare attenzione nell’ottica dello sviluppo di prodotti e servizi dell’UE competitivi sul mercato mondiale. La verifica della competitività deve tenere conto della grande diversità delle imprese, le quali possono essere interessate in modi diversi. |
1.7. |
Se è indubbio che la verifica della competitività riguardi principalmente le iniziative che perseguono in via prioritaria obiettivi diversi dal miglioramento della competitività stessa, nondimeno il CESE invita la Commissione a elaborare anche un’agenda specifica per la competitività, con il principale obiettivo a lungo termine di rafforzare la competitività dell’UE. |
1.8. |
Un’agenda per la competitività dovrebbe essere basata sull’economia sociale di mercato dell’UE ed essere incentrata su aspetti fondamentali quali il mercato unico e il commercio estero, gli investimenti e l’accesso ai finanziamenti, i sistemi fiscali, la ricerca e l’innovazione, le competenze e i mercati del lavoro, nonché le micro, piccole e medie imprese (MPMI) e la duplice transizione, tenendo conto del quadro per la finanza sostenibile, secondo cui la competitività deve essere coerente con gli obiettivi sociali e ambientali. Dato che la competitività ha anche legami con gli aspetti sociali e ambientali ed è un tema che riguarda tutti, è necessario che i rappresentanti delle parti sociali e gli altri attori della società civile siano strettamente coinvolti nell’elaborazione di tale agenda, in cui il dialogo sociale è chiamato a svolgere un ruolo cruciale, delineato nel pilastro europeo dei diritti sociali. |
2. Contesto
2.1. |
Il presente parere risponde alla richiesta della presidenza ceca del Consiglio al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di elaborare un parere esplorativo in materia di competitività dell’Unione europea (UE) in relazione agli aspetti regolatori della normativa dell’UE per le imprese dell’Unione. Il suo tema specifico è l’introduzione di una verifica della competitività per costruire un’economia dell’UE più forte e più resiliente. La presidenza sottolinea la necessità di ridurre la dipendenza strategica dell’UE e di garantire una maggiore resilienza, come anche l’apertura al mondo esterno e la competitività delle imprese dell’UE. |
2.2. |
Anche il governo svedese ha posto la competitività tra gli elementi costitutivi dell’orientamento politico della sua prossima presidenza dell’UE. |
2.3. |
Il CESE ha già chiesto una verifica della competitività nel suo parere sul tema «Pronti per il 55 %» (1), in cui ha affermato che «nella transizione verso una società climaticamente neutra, dobbiamo adottare un modello che porti a un’economia fiorente. Se vogliamo che l’UE sia all’avanguardia e sia emulata dal resto del mondo, dovremmo puntare a configurare un modello che offra le massime probabilità di successo, un modello che sia giusto e sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale». In quella stessa sede il CESE ha altresì precisato che «tutte le proposte legislative presentate nel quadro del pacchetto “Pronti per il 55 %” dovrebbero essere sottoposte a una valutazione d’impatto sulla competitività, in linea con i principi degli OSS, in modo da comprenderne appieno le conseguenze sulle imprese». E, prima di allora, un test della competitività era già stato invocato dal CESE in un parere ancora precedente, dedicato al tema dell’Unione dei mercati dei capitali (2). |
2.4. |
Inoltre, nella sua relazione finale, la Conferenza sul futuro dell’Europa ha chiesto che le nuove iniziative politiche dell’UE siano sottoposte a una «verifica della competitività» per analizzarne l’impatto sulle imprese e sulle condizioni in cui esse si trovano a svolgere la loro attività (costo dell’attività imprenditoriale, capacità di innovare, competitività internazionale, parità di condizioni ecc.) e che tale verifica sia conforme all’accordo di Parigi e agli obiettivi di sviluppo sostenibile, compresa la parità di genere, e non pregiudichi la tutela dei diritti umani, sociali e dei lavoratori né le norme in materia di protezione dell’ambiente e dei consumatori. |
2.5. |
Da parte sua, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato, in un recente intervento (3), che nella regolamentazione europea verrà introdotta una verifica standard della competitività. |
3. Motivi e necessità di una verifica della competitività
3.1. |
La competitività come obiettivo esplicito è, sotto svariate forme, all’ordine del giorno dell’Unione europea sin dalla strategia di Lisbona del 2000, in ciò seguita dalla strategia Europa 2020 e dalla strategia industriale per l’Europa nonché da una serie di relazioni sulla competitività europea e sul mercato unico. Nel corso degli anni, tuttavia, la concorrenza internazionale è diventata sempre più agguerrita, e, alla luce delle sfide attuali e di quelle previste per il futuro, è di cruciale importanza rilanciare gli sforzi volti a rendere l’Unione più competitiva. Alla pandemia di COVID-19 l’UE ha risposto con lo strumento Next Generation EU, un massiccio programma di investimenti che ha lo scopo di rafforzare la competitività dell’economia dell’UE a livello mondiale, facendo leva su imprese più verdi e digitali sostenute da servizi pubblici più efficienti, infrastrutture rafforzate e un mercato del lavoro dinamico. |
3.2. |
Da tempo, ormai, la quota dell’Europa nell’economia mondiale va progressivamente riducendosi. Secondo le stime, nel 2050 l’UE creerà meno del 10 % del prodotto interno lordo (PIL) mondiale, mentre nei prossimi due anni l’85 % della crescita del PIL mondiale prevista sarà generata da paesi terzi. Le scarse prospettive di crescita dell’Europa ne aggravano il relativo declino economico. Questo fa sì che la voce dell’Europa nel mondo conti meno e indebolisce il ruolo globale e l’influenza dell’UE nella cooperazione internazionale (4). |
3.3. |
Le prospettive a breve termine sono in gran parte connesse all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che continua a incidere negativamente sull’economia dell’UE, nonché al fatto che l’Unione si trova ancora in fase di ripresa dai vari effetti della pandemia di COVID-19. La guerra ha esercitato ulteriori pressioni al rialzo sui prezzi delle materie prime energetiche e alimentari, fomentando pressioni inflazionistiche a livello mondiale ed erodendo il potere d’acquisto delle famiglie (5). In risposta agli elevati tassi di inflazione, la Banca centrale europea ha innalzato i tassi di interesse in euro — un’azione analoga a quella intrapresa dalla sua omologa statunitense, la Federal Reserve Bank. Inoltre, l’indebolimento della crescita mondiale riduce la domanda esterna. L’UE e i suoi Stati membri, da parte loro, hanno reagito moltiplicando il sostegno alle imprese con diversi programmi volti a preservarne la competitività in un contesto di crisi e con prospettive economiche di forte instabilità. |
3.4. |
Oltre alla situazione senza precedenti provocata dalla pandemia e dalla guerra, l’Europa sta affrontando una trasformazione strutturale storica, indotta dagli sviluppi geopolitici, dai cambiamenti demografici, dalla digitalizzazione e dalla transizione verso un’economia climaticamente neutra e circolare. Ciò rimodella i mercati e accelera la concorrenza per quanto riguarda i fattori di produzione. Il successo della trasformazione dipende, in ultima analisi, dal buon funzionamento dell’economia nel suo insieme. Solo assumendo il ruolo di leader mondiale nell’innovazione e nella sostenibilità, l’Europa sarà in grado di competere con successo a livello mondiale, garantendo così la necessaria prosperità. |
3.5. |
Occorre far rilevare la distinzione tra la competitività sul mercato interno e quella sul mercato globale. La prima è resa possibile dalla parità di condizioni di concorrenza, dall’armonizzazione delle norme e dalla rimozione delle barriere (6). La seconda implica condizioni favorevoli e prodotti e servizi migliori e più accessibili in competizione con i concorrenti al di fuori dell’UE. Un mercato interno ben funzionante contribuisce inoltre a migliorare le condizioni per la competitività a livello mondiale. |
3.6. |
È importante trovare un equilibrio tra i diversi obiettivi strategici. Tuttavia, si dovrebbe prestare maggiore attenzione alla creazione di situazioni vantaggiose per tutti, considerando che le imprese competitive apportano benefici all’economia e alla società nel suo insieme e che un’economia solida e una società stabile accrescono la resilienza e contribuiscono a realizzare un contesto imprenditoriale competitivo. |
3.7. |
È inoltre palese che l’UE debba rafforzare la sua posizione internazionale e la sua influenza per quanto riguarda la transizione verde e quella digitale. Una posizione più forte in relazione allo sviluppo e all’adozione delle tecnologie digitali giova non solo alla competitività economica, ma anche alla sicurezza e al ruolo geopolitico dell’UE. Ed è altresì un prerequisito affinché l’UE diventi un punto di riferimento globale, ad esempio in materia di intelligenza artificiale affidabile. |
3.8. |
La necessità di una maggiore influenza globale vale anche per quanto concerne la lotta ai cambiamenti climatici. Ma ciò richiede sia una considerevole influenza diplomatica che una forte competitività in termini di costi, innovazione, competenze e fornitura di prodotti, tecnologie e soluzioni a basse emissioni di carbonio ai mercati globali. Uno sviluppo positivo è rappresentato dal fatto che alcune imprese dell’UE stanno già allineando gli investimenti agli obiettivi ambientali e sociali, come dimostra il rapido aumento dell’impiego di prodotti rispondenti a criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) sui mercati finanziari mondiali ed europei. L’UE sta elaborando un quadro di riferimento a pieno titolo per la finanza sostenibile che deve fornire maggiore trasparenza e spazio ai prodotti ESG ed essere in linea con la sostenibilità generale. |
3.9. |
Considerato quanto sia importante un’economia fiorente con imprese competitive per creare prosperità e benessere in Europa, nonché soluzioni sostenibili ai problemi climatici e ambientali, è essenziale fornire alle imprese dell’UE un contesto favorevole all’innovazione, agli investimenti e agli scambi. Molti elementi del contesto imprenditoriale sono determinati dal quadro politico, normativo e di bilancio, ragion per cui i responsabili politici devono assicurarsi che tale quadro sostenga la competitività delle imprese e, di conseguenza, dell’economia e della società in generale. |
4. Elementi di una verifica della competitività
4.1. |
Poiché non esiste una definizione unica o universale di competitività, il contenuto di una verifica della competitività dipende dalla portata della sua applicazione e dalla prospettiva da adottare. La richiesta della presidenza ceca fa esplicito riferimento alla competitività delle imprese dell’UE, con l’obiettivo di costruire un’economia dell’UE più forte e resiliente. |
4.2. |
La competitività delle imprese può essere descritta come la loro capacità di affermarsi sul mercato in maniera proficua, creando valore per se stesse e per la società in generale. Una capacità che, ancora una volta, dipende dalla disponibilità dei fattori di produzione (manodopera qualificata, energia e materie prime, capitali, dati), dai costi di produzione complessivi, dalla domanda e dai mercati dei prodotti, nonché dalla capacità delle imprese di innovare e di cogliere le opportunità, e che a sua volta rafforza il modello di «economia sociale di mercato» dell’Unione europea. |
4.3. |
L’economia sociale di mercato dell’UE, unica nel suo genere, insieme a una solida governance macroeconomica, alla ricerca e all’innovazione, al dialogo sociale, al coinvolgimento della società civile, a un’istruzione a tutto tondo, a una forza lavoro motivata con posti di lavoro stabili, a sistemi sanitari e sociali, a un fiorente settore dell’economia sociale e a investitori sostenibili, costituisce una risorsa essenziale su cui basarsi per migliorare la competitività. Alla luce delle sfide attuali e di quelle previste per il futuro, il CESE chiede una verifica della competitività per sostenere le imprese, la creazione di occupazione e il miglioramento delle condizioni di lavoro, la crescita economica sostenibile e la coesione sociale. |
4.4. |
Il CESE considera la verifica della competitività l’espressione di un approccio volto a garantire che gli aspetti relativi alla competitività siano adeguatamente presi in considerazione nel processo decisionale. Questo richiede la comprensione del modo in cui le iniziative incideranno sulla competitività, come pure l’adozione, nel processo decisionale, di una mentalità sensibile alla competitività. La verifica della competitività si articola quindi su due livelli:
|
4.5. |
Il CESE ritiene importante che la verifica della competitività sia la più completa possibile, tenendo conto degli impatti sulle imprese e sulle catene di approvvigionamento, sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro, come anche dei conseguenti effetti macroeconomici. Una robusta verifica della competitività per tutte le nuove iniziative dovrebbe fungere da misura di controllo per garantire che le misure proposte favoriscano un aumento della competitività, la creazione di nuovi posti di lavoro e la crescita sostenibile. |
5. La valutazione d’impatto come base per la verifica della competitività
5.1. |
La verifica della competitività dovrebbe essere basata su solide informazioni in merito all’impatto delle iniziative politiche e normative a vari livelli, considerando anche i costi di conformità, la facilità di accesso ai mercati e altri effetti diretti sulle imprese. Di particolare importanza sono gli effetti moltiplicatori sulle catene del valore, come gli impatti sulla disponibilità di energia e di materie prime. La verifica della competitività dovrebbe riguardare anche i conseguenti impatti sull’occupazione, sugli investimenti, sull’innovazione, sulla produttività, sulla composizione dei contenziosi, sul funzionamento del mercato unico, sul commercio estero e sul modello sociale europeo e la crescita sostenibile nel loro complesso. |
5.2. |
Gli orientamenti e gli strumenti attuali per legiferare meglio, definiti nel quadro dell’agenda «Legiferare meglio» della Commissione europea, prevedono già che le iniziative da cui ci si attende un impatto economico, sociale o ambientale significativo siano accompagnate da valutazioni d’impatto. La relazione sulla valutazione d’impatto deve includere una descrizione degli impatti ambientali, sociali ed economici, comprese le ripercussioni sulle PMI e sulla competitività. Il CESE chiede una rendicontazione completa sull’impatto della competitività sull’ampia varietà delle imprese esistenti — comprese quelle dell’economia sociale — in termini di settori, dimensioni e modelli imprenditoriali. |
5.3. |
Il CESE si compiace per il contenuto dell’attuale pacchetto di strumenti e osserva che, in un documento di lavoro dell’OCSE, lo strumento della Commissione europea per la competitività è stato definito il documento esistente più completo per valutare gli impatti che la regolamentazione produce sulla competitività (7). Tuttavia, vi è anche una necessità evidente di apportare miglioramenti, in particolare per quanto riguarda l’attuazione e l’applicazione degli strumenti stessi. |
5.4. |
Secondo il comitato per il controllo normativo, l’analisi d’impatto è stata spesso carente, e alcuni impatti significativi non sono stati sufficientemente valutati. Nella sua relazione annuale del 2021 (8), tale comitato ha chiesto ripetutamente un’analisi più ampia e approfondita dell’impatto sui consumatori, sulla competitività, sull’innovazione, sugli Stati membri e sulle PMI. Inoltre, esso ha già chiesto in molte occasioni di quantificare meglio l’impatto analizzato, in particolare per quanto riguarda i costi amministrativi e i risparmi. E, nella relazione annuale del 2020 (9), lo stesso comitato ha sottolineato più volte la mancanza di un’analisi della competitività (lacuna spesso legata a un’analisi insufficiente dei costi), dell’impatto sulle PMI e dell’impatto sociale. |
5.5. |
Il CESE evidenzia pertanto la necessità che le valutazioni d’impatto siano maggiormente incentrate sulla competitività al fine di assicurarsi che siano adeguatamente equilibrate. Il CESE ritiene inoltre importante che le diverse componenti del pacchetto di strumenti relative alla competitività, comprese quelle che riguardano la competitività settoriale, le PMI, l’innovazione, la concorrenza, il mercato interno, il commercio e gli investimenti, siano considerate in modo integrato. |
5.6. |
La verifica della competitività deve tenere conto della grande diversità delle imprese, che possono essere interessate in modi completamente diversi. Il CESE chiede pertanto un’adeguata valutazione dell’impatto su vari settori di attività e su diversi ecosistemi economici, su imprese di diverse dimensioni (comprese le MPMI), su imprese che operano in diversi segmenti delle catene del valore e su mercati e in aree geografiche diversi, nonché su imprese con modelli imprenditoriali differenti, comprese le società, le cooperative e le imprese dell’economia sociale. |
5.7. |
Il CESE chiede che si presti un’attenzione specifica alla competitività internazionale delle imprese dell’UE, la quale è particolarmente importante dal punto di vista sia dell’autonomia strategica aperta che delle opportunità di esportazione dell’Unione europea. |
5.8. |
Il CESE sottolinea che la valutazione dell’impatto sulla competitività non dovrebbe essere limitata agli effetti di una singola iniziativa, ma dovrebbe anche considerare l’onere cumulativo, e in particolare i costi di conformità delle misure, legislative e non, che incidono sui medesimi operatori. La valutazione dovrebbe inoltre riguardare gli impatti sia a breve che a lungo termine, anche in rapporto a diversi scenari futuri. Per individuare l’opzione strategica migliore, è necessario valutare l’impatto sulla competitività anche in relazione ad opzioni alternative, illustrandole in modo esaustivo. È inoltre importante che la valutazione d’impatto sulla competitività sia maggiormente incentrata su dati quantitativi e ne approfondisca l’analisi. |
5.9. |
Il CESE chiede che siano valutati, sulla base di riscontri solidi, sia gli effetti positivi che quelli negativi sulla competitività. L’obiettivo non dovrebbe essere soltanto quello di evitare perdite di competitività, ma anche quello più ambizioso di migliorare la competitività complessiva dell’economia sociale di mercato europea al fine di favorire una crescita solida, sostenibile e inclusiva. |
5.10. |
Il CESE reputa inoltre importante adottare una visione globale della competitività in termini di sostenibilità. La sostenibilità ambientale è legata alla competitività delle imprese, non solo come fattore di costo ma anche perché diversi attori del mercato, tra cui clienti, investitori e finanziatori, si aspettano da esse buone prestazioni ambientali. Lo stesso vale per la sostenibilità sociale, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, della parità di genere e dei diritti dei lavoratori. A tal fine è necessario conciliare diversi aspetti, tra cui i progressi tecnologici, i costi e l’accettazione da parte della società. |
5.11. |
Dato che la valutazione d’impatto sulla competitività costituisce la base fattuale per la verifica della competitività, il CESE ritiene fondamentale garantire che tale valutazione sia obbligatoria, efficace e pienamente attuata e applicata. Dovrebbe inoltre essere aggiornata nel corso del processo legislativo qualora vengano apportate modifiche sostanziali. Al tempo stesso, il CESE sottolinea che, per compiere tali valutazioni, sono necessarie risorse adeguate e le giuste competenze. Il CESE raccomanda inoltre di effettuare periodicamente un’analisi comparativa delle pratiche in atto nei paesi concorrenti. |
5.12. |
Per la verifica della competitività ci si dovrebbe inoltre avvalere appieno di altri strumenti esistenti quali i controlli dell’adeguatezza, il programma REFIT e la piattaforma «Fit for Future». Essi sono particolarmente importanti per valutare gli impatti cumulativi di varie iniziative. |
6. Verifica della competitività nell’ambito del processo decisionale
6.1. |
Il CESE ritiene che la verifica della competitività debba essere parte integrante fondamentale di un processo decisionale equilibrato ed essere applicata nel contesto di qualsiasi tipo di processo di definizione delle politiche e della legislazione dell’UE, anche per quanto riguarda le strategie e i programmi dell’Unione, le disposizioni di bilancio e fiscali, il diritto derivato e gli accordi internazionali. Inoltre, essa dovrebbe essere applicata al processo del semestre europeo, dal momento che le politiche degli Stati membri sono fondamentali a tale riguardo. |
6.2. |
Se è indubbio che la verifica della competitività riguardi principalmente le iniziative che perseguono in via prioritaria obiettivi diversi dal miglioramento della competitività stessa, nondimeno il CESE invita la Commissione a elaborare anche un’agenda specifica per la competitività, con l’obiettivo a lungo termine di rafforzare la competitività dell’UE. |
6.3. |
L’agenda per la competitività dovrebbe concentrarsi su una prospettiva a lungo termine e prestare attenzione ad aspetti fondamentali quali lo sviluppo del mercato unico e la riduzione delle barriere al mercato; il miglioramento degli investimenti e dell’accesso ai fondi e ai finanziamenti, compresi gli investimenti effettuati in un’ottica di genere; l’agevolazione del commercio estero e della cooperazione esterna; la promozione dell’innovazione, dei talenti di alto livello e dell’eccellenza nella ricerca; il miglioramento delle competenze attraverso l’istruzione, la formazione professionale e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita; l’aumento dell’inclusività dei mercati del lavoro e il miglioramento delle condizioni di lavoro; l’accelerazione delle procedure di autorizzazione, la riduzione della burocrazia e dei costi di conformità, come anche le misure volte a rendere i sistemi fiscali più incoraggianti. Essa dovrebbe inoltre dare impulso ai modelli imprenditoriali che allineano la competitività agli obiettivi sociali e ambientali, come testimoniato ad esempio dalle imprese e altre organizzazioni che adottano criteri ESG per i loro investimenti. |
6.4. |
Tra gli elementi essenziali dell’agenda dovrebbero figurare anche il consolidamento delle MPMI e il rafforzamento delle transizioni digitale e verde. Inoltre, occorrerebbe prestare la dovuta attenzione alle capacità degli Stati membri, nonché alle differenze e alla necessaria cooperazione tra di essi, come anche all’applicabilità effettiva delle iniziative e al monitoraggio periodico dell’attuazione e dei risultati dell’agenda. Il CESE sottolinea inoltre il ruolo chiave del dialogo sociale, come delineato nel pilastro europeo dei diritti sociali. |
6.5. |
Per quanto riguarda le misure a breve termine, il CESE apprezza il rapido adattamento della politica di concorrenza dell’UE alla situazione creatasi con la pandemia di COVID-19 e la guerra in Ucraina e alle loro implicazioni economiche (10). Benché eccezionale e temporanea, la flessibilità delle norme in materia di aiuti di Stato è stata ed è fondamentale per consentire la sopravvivenza delle imprese dell’UE in tempi molto difficili, preservando così la competitività da loro raggiunta attraverso l’innovazione e la produttività. |
6.6. |
Della massima importanza è anche una concorrenza sana e leale, sia interna che nei confronti dei concorrenti stranieri. Il Comitato si compiace per i lavori in corso volti a rendere più efficienti le norme in materia di aiuti di Stato in relazione ai servizi sanitari e sociali di interesse economico generale (SIEG), in modo tale da migliorare la qualità e l’accessibilità di tali servizi per le persone a livello locale (11). |
6.7. |
Il CESE plaude inoltre, in linea generale, all’iniziativa della Commissione di proporre un regolamento relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno, in quanto esso mira ad evitare distorsioni con un forte impatto sul funzionamento del mercato unico, garantendo in tal modo condizioni di parità rispetto ai concorrenti stranieri (12). |
6.8. |
L’agenda europea per la competitività sarebbe il prossimo passo per rispondere al fine ultimo della richiesta della presidenza ceca, che è quello di costruire un’economia dell’UE più forte e resiliente. Di conseguenza, tale agenda contribuirebbe al benessere dei cittadini dell’UE, nonché alla realizzazione di un’economia climaticamente neutra e circolare. E, dato che la competitività è un tema che riguarda tutti, è necessario che i rappresentanti delle parti sociali e gli altri attori della società civile siano strettamente coinvolti nell’elaborazione dell’agenda. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «“Pronti per il 55 %”: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica» [COM(2021) 550 final] (GU C 275 del 18.7.2022, pag. 101).
(2) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Un'Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d'azione”» [COM(2020) 590 final] (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20).
(3) Discorso della presidente von der Leyen nella seduta plenaria del Parlamento europeo sulla preparazione della riunione del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2022.
(4) Achtung Europa! [Attenzione, Europa!], Centro europeo per l’economia politica internazionale (ECIPE), 2021.
(5) Previsioni economiche d'estate 2022.
(6) Parere del Comitato economico e sociale europeo «Il costo della non Europa — I benefici del mercato unico» (GU C 443 del 22.11.2022, pag. 51).
(7) How do laws and regulations affect competitiveness [In che modo le leggi e i regolamenti incidono sulla competitività], OCSE, 2021.
(8) Comitato per il controllo normativo, Relazione annuale, 2021.
(9) Comitato per il controllo normativo, Relazione annuale, 2020.
(10) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una politica della concorrenza pronta a nuove sfide [COM(2021) 713 final] (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 34).
(11) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulle norme in materia di aiuti di Stato applicabili ai servizi sanitari e sociali — I SIEG in uno scenario post-pandemia. Riflessioni e proposte sulla valutazione della Commissione in merito alla modifica del pacchetto legislativo del 2012 (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 8).
(12) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno [COM(2021) 223 final — 2021/0114 (COD)] (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 87).
III Atti preparatori
Comitato economico e sociale europeo
574a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo, 14.12.2022 - 15.12.2022
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/83 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla rRelazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Relazione sulla politica di concorrenza 2021»
[COM(2022) 337 final]
(2023/C 100/12)
Relatore: |
Philip VON BROCKDORFF |
Consultazione |
Commissione europea, 27.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
10.11.2022 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
51/0/3 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
206/0/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) invita a proseguire il dialogo con la Commissione europea sulle ulteriori azioni necessarie per rafforzare il funzionamento del mercato unico. |
1.2. |
Il CESE esorta la DG Concorrenza a monitorare costantemente i regimi approvati dalla Commissione stessa e avviati dagli Stati membri in risposta alla COVID-19 e alla guerra in Ucraina, al fine di evitare che i fondi siano deviati verso imprese che non sono economicamente sostenibili. |
1.3. |
Ciò premesso, il CESE invita la Commissione a utilizzare la massima flessibilità consentita dalle norme in materia di aiuti di Stato per consentire agli Stati membri di attuare regimi che forniscano aiuti efficaci alle imprese colpite dalla guerra in Ucraina. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore la pubblicazione da parte della Commissione della nuova disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell’ambiente e dell’energia, e la considera un passo nella giusta direzione. |
1.5. |
Il CESE sostiene le indagini sulle pratiche non concorrenziali da parte delle grandi imprese tecnologiche; ciò è in linea con la posizione adottata dal CESE in merito alla legge sui mercati digitali. |
1.6. |
Il CESE chiede una maggiore cooperazione tra le autorità nazionali nell’ambito della rete europea della concorrenza al fine di assicurare l’applicazione rafforzata della normativa dell’UE in materia di concorrenza in rapporto alle imprese che attuano pratiche commerciali transfrontaliere che limitano la concorrenza e sono dannose per i clienti. |
1.7. |
Il CESE invoca una concorrenza a parità di condizioni in tutto il settore dell’aviazione. Tuttavia, il Comitato desidera mettere in guardia contro lo sviluppo di un mercato dell’aviazione che potrebbe essere dominato, con il passare del tempo, da un numero limitato di compagnie aeree. |
1.8. |
Il CESE sostiene la proposta di regolamento della Commissione sulle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno concesse a imprese di paesi terzi che operano nell’UE, ma invita la Commissione a concentrare la propria attenzione anche sulle sovvenzioni che provocano distorsioni del mercato e su altre pratiche anticoncorrenziali messe in atto da imprese statali o private al di fuori dell’UE. |
1.9. |
Il CESE mette in guardia contro eventuali accordi anticoncorrenziali o abusi di posizione dominante nel settore degli ipermercati e dei supermercati di generi alimentari, che si ripercuotono sui consumatori e sui produttori attraverso, rispettivamente, l’aumento dei prezzi al dettaglio e la riduzione dei prezzi di fornitura. |
1.10. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa al nuovo strumento per le emergenze nel mercato unico, che integra altre misure legislative dell’UE per la gestione delle crisi. |
1.11. |
Il CESE chiede ulteriori misure volte a rafforzare la concorrenza e il mercato unico in un momento in cui le economie sono ancora alle prese con le sfide causate dagli elevati prezzi dell’energia, dai vincoli sul versante dell’offerta e dall’incertezza economica. |
1.12. |
Il CESE è fermamente convinto che l’agenda dell’UE per un’economia verde e digitale basata sui fondamenti di un’economia sociale di mercato non debba cambiare a causa della guerra in Ucraina. |
1.13. |
Infine, il CESE raccomanda di applicare gli aiuti di Stato, secondo quanto consentito dalla normativa dell’UE, per contrastare le conseguenze socioeconomiche della guerra in Ucraina, dedicando particolare attenzione alla parità di genere e alla prospettiva di genere in senso lato, soprattutto nel caso dei rifugiati che si trovano negli Stati membri confinanti con l’Ucraina. |
2. Contesto del parere
2.1. |
La relazione della Commissione sulla politica di concorrenza 2021 presenta gli sviluppi politici e le iniziative legislative fondamentali intraprese lo scorso anno, nonché una selezione delle azioni di esecuzione. Nel 2021 la Commissione ha effettuato un riesame dei principali regolamenti, orientamenti e comunicazioni in materia di concorrenza, come indicato nella comunicazione «Una politica di concorrenza pronta a nuove sfide» (1), che inquadra il ruolo della politica di concorrenza nel cammino dell’Europa verso la ripresa, la duplice transizione verde e digitale e un mercato unico resiliente. |
2.2. |
La Commissione ha inoltre adottato una proposta di nuovo regolamento per affrontare le distorsioni del mercato causate dalle sovvenzioni estere concesse da paesi terzi alle imprese attive nel mercato unico (2), a seguito delle proposte del 2020 relative alla legge sui mercati digitali e alla legge sui servizi digitali, entrambe volte ad affrontare un’ampia gamma di sfide digitali (3). La legge sui mercati digitali, in particolare, introduce obblighi che esercitano una funzione di filtro per le imprese e i consumatori nel mercato unico. |
2.3. |
Le norme e gli orientamenti in materia di antitrust e concentrazioni sono stati aggiornati per affrontare le sfide. Ciò ha comportato un riesame delle norme in materia di fornitura verticale e cooperazione orizzontale, la quale mirava in particolare a facilitare la cooperazione tra le imprese in modo da migliorare l’efficienza economica. La Commissione ha inoltre pubblicato i risultati della sua valutazione della comunicazione sulla definizione del mercato, che fornisce orientamenti sulle modalità di applicazione della normativa pertinente nei mercati geografici e dei prodotti. |
2.4. |
La Commissione ha altresì aggiornato le norme e gli orientamenti in materia di aiuti di Stato per contribuire ad affrontare il mutare delle circostanze e sostenere la duplice transizione verde e digitale. Particolarmente importante è la necessità di rafforzare la resilienza del mercato unico a fronte dell’incertezza economica. A tal fine la Commissione sta monitorando gli sviluppi del mercato. Il quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato è stato particolarmente tempestivo e pertinente al fine di fornire sostegno alle imprese in tutta l’UE. Gli sviluppi causati dall’aggressione russa in Ucraina richiedono un ulteriore adeguamento delle politiche da parte della Commissione. Nel frattempo, la Commissione ha introdotto il sostegno agli investimenti fino alla fine del 2022 e il sostegno alla solvibilità fino al 31 dicembre 2023, consentendo agli Stati membri di mobilitare fondi privati e metterli a disposizione delle PMI. |
2.5. |
Altrettanto importante è stato il riesame della disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, della protezione dell’ambiente e della decarbonizzazione delle attività economiche. È stato necessario ampliare l’ambito di applicazione di tale disciplina per includervi nuove attività economiche, quali la mobilità pulita e la decarbonizzazione dell’industria. La disciplina riveduta sostiene pertanto il Green Deal europeo. |
2.6. |
La Commissione ha inoltre rivisto il regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi verticali e gli orientamenti sulle restrizioni verticali. L’obiettivo è aggiornare le norme precedenti che non erano ritenute idonee allo scopo, dati gli sviluppi del mercato come la crescita delle vendite online. |
2.7. |
L’ambito di applicazione dell’esenzione generale per categoria è stato esteso anche per agevolare i programmi finanziati dall’UE. In sostanza, ciò contribuisce a razionalizzare le norme in materia di aiuti di Stato applicate ai finanziamenti nazionali e in relazione a programmi specifici dell’UE. |
2.8. |
Inoltre, sono stati adottati orientamenti riveduti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale per consentire agli Stati membri di sostenere le regioni svantaggiate e quelle che si trovano ad affrontare sfide strutturali. |
2.9. |
Uno sviluppo importante è stato l’adeguamento della Commissione all’applicazione attuale e futura in relazione alle sfide poste dalla trasformazione digitale. L’efficienza e l’efficacia con cui la Commissione può reagire alle pratiche anticoncorrenziali da parte di Apple, Amazon o Facebook, oppure di aziende simili, sono state considerate cruciali. |
2.10. |
Analogamente, la Commissione ha effettuato una riorganizzazione per trattare importanti progetti di comune interesse europeo. Altrettanto rilevante è stata la creazione di una task force a sostegno dell’attuazione della legge sui mercati digitali. |
2.11. |
Al fine di rafforzare il funzionamento del mercato unico, è stato stanziato un bilancio di 4,2 miliardi di EUR per il cosiddetto programma per il mercato unico, volto ad attuare la politica di concorrenza dell’UE. |
2.12. |
Un’applicazione efficace delle norme dell’UE in materia di concorrenza e delle riforme normative è fondamentale per la trasformazione digitale dell’economia dell’UE e per una maggiore resilienza del mercato unico in tempi molto difficili. |
2.13. |
A tale riguardo, la rilevanza delle indagini antitrust e delle pratiche abusive da parte di grandi società multinazionali è della massima importanza. Il controllo delle concentrazioni da parte della Commissione garantisce inoltre che le fusioni avvengano in modo da consentire la concorrenza sui mercati e da tenere conto della posizione dominante sul mercato. Il numero di decisioni in materia di concentrazioni è stato impressionante: 396 in vari settori. |
2.14. |
Un altro sviluppo importante è stato l’orientamento fornito sulle infrastrutture a banda larga che soddisfano le esigenze di velocità digitali molto impegnative, come stabilito nella società dei Gigabit europea per il 2025 e nella strategia digitale, nonché negli obiettivi definiti nella bussola per il digitale 2030. Gli aiuti di Stato sostengono le infrastrutture a banda larga in tutta l’UE per affrontare situazioni in cui gli operatori privati non sono incentivati a fornire una copertura adeguata in termini di banda larga. |
2.15. |
Le attività della Commissione hanno altresì contribuito agli obiettivi ambientali, in particolare per quanto riguarda la decarbonizzazione delle economie e il passaggio graduale ma costante nel settore dei trasporti dai combustibili fossili a quelli alternativi. Evitare distorsioni della concorrenza è fondamentale per sostenere il Green Deal europeo e anche in questo contesto la Commissione ha approvato una serie di misure di aiuto di Stato volte ad agevolare la transizione verde dell’UE. |
2.16. |
Altrettanto importante è stata l’applicazione delle norme antitrust e il controllo delle concentrazioni nell’industria automobilistica, che contribuiscono alla transizione verde. L’azione della Commissione ha comportato l’imposizione di ammende per centinaia di milioni di EUR. |
2.17. |
Estremamente rilevante è il fatto che il ruolo della Commissione nel promuovere la politica di concorrenza riguarda il funzionamento della concorrenza per i consumatori in tutta l’UE. Come viene giustamente sottolineato nella relazione, l’economia sociale di mercato è uno dei pilastri dell’UE e l’applicazione delle norme in materia di concorrenza e la protezione della concorrenza in ogni momento sostengono l’ulteriore sviluppo dell’economia sociale di mercato. |
2.18. |
La stessa logica si applica ai servizi finanziari, in relazione ai quali la Commissione ha affrontato potenziali cartelli in questo settore con l’imposizione di pesanti ammende a una serie di istituti finanziari. |
2.19. |
Altrettanto importante è stata la risposta della Commissione alle ricadute economiche e sociali della COVID-19 tramite l’applicazione della flessibilità consentita dalle norme in materia di aiuti di Stato attraverso l’apposito quadro temporaneo. Ciò ha consentito agli Stati membri di prevedere regimi per le imprese, quali le garanzie sui prestiti. La Commissione ha approvato una serie di regimi, pari a miliardi di euro nell’ambito del quadro temporaneo, in una serie di settori colpiti dalle restrizioni dovute alla COVID-19, compreso il settore dell’aviazione, per far fronte al fabbisogno di liquidità e di capitale. |
2.20. |
Un ruolo importante svolto dalla Commissione è stato quello di fornire orientamenti e sostegno al fine di agevolare i piani per la ripresa e la resilienza presentati dagli Stati membri. Ciò è stato necessario per garantire che i piani fossero compatibili con le norme in materia di aiuti di Stato. |
2.20.1. |
Nel 2021 la Commissione ha continuato a garantire l’applicazione coerente degli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’UE. Inoltre, la Commissione ha monitorato e assistito gli Stati membri nei loro sforzi tesi a recepire la direttiva REC + (4) nella legislazione nazionale. Tale direttiva conferisce alle autorità garanti della concorrenza di tutta l’UE il potere di applicare le norme in materia di concorrenza in modo più efficace e di garantire il corretto funzionamento del mercato unico. |
2.21. |
Infine, la Commissione è rimasta attiva in seno al comitato per la concorrenza dell’OCSE, alla rete internazionale della concorrenza e alla Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE prende atto del lavoro costruttivo svolto dalla Commissione per continuare a rafforzare il mercato unico applicando le norme in materia di concorrenza e proteggendo la concorrenza in tutta l’UE. |
3.2. |
Il CESE rileva inoltre l’efficienza con cui la Commissione ha risposto per attenuare l’impatto delle restrizioni legate alla COVID-19 adottando un quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato al fine di consentire il necessario sostegno degli Stati membri alle imprese, preservando nel contempo l’integrità del mercato unico. |
3.3. |
Lo stesso livello di efficienza è stato applicato in risposta alla crisi scoppiata a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Il CESE ritiene che la rapida adozione del quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato sia stata fondamentale quanto le misure adottate in relazione alle restrizioni imposte dalla COVID-19. Il CESE esorta pertanto la Commissione a far uso di tutta la flessibilità consentita dalle norme sugli aiuti di Stato quando gli Stati membri si trovano ad affrontare shock economici. |
3.4. |
Il CESE prende inoltre atto del lavoro svolto dalla Commissione nel suo riesame dei regolamenti, degli orientamenti e delle comunicazioni fondamentali per garantirne l’adeguatezza allo scopo, in particolare per quanto concerne la revisione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi verticali e gli orientamenti sulle restrizioni verticali. |
3.5. |
Il CESE ritiene che l’adozione di un regolamento che estenda il campo di applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria e la pubblicazione della comunicazione sulla disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell’ambiente e dell’energia siano passi importanti a sostegno dei principali obiettivi strategici dell’UE. Si ritiene pertinente anche l’adozione di una comunicazione riveduta per importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI). |
3.6. |
Il CESE prende atto degli sforzi intrapresi per procedere verso l’adozione della legge sul mercato digitale. Il CESE ritiene che questo atto legislativo rappresenti un enorme passo avanti verso l’applicazione delle norme in materia di concorrenza e la protezione dei clienti nell’utilizzo dei servizi digitali. |
3.7. |
Il CESE osserva inoltre che la proposta di regolamento relativo alle sovvenzioni estere che falsano il mercato interno è in fase di adozione. In diversi pareri il CESE si è espresso contro la concessione di sovvenzioni estere distorsive del mercato alle imprese attive nell’UE; il regolamento proposto conferirebbe alla Commissione nuovi poteri per indagare su tali sovvenzioni estere e adottare misure correttive ogniqualvolta necessario. Il CESE ritiene che ciò sia compatibile con il principio di concorrenza leale a parità di condizioni. |
3.8. |
Il CESE prende atto dell’azione antitrust nonché delle azioni intraprese in materia di controllo delle concentrazioni. Tale azione è necessaria per preservare l’integrità del mercato unico e proteggere i cittadini dell’UE, in particolare dalle decisioni prese dai giganti della tecnologia. |
3.9. |
L’approvazione da parte della Commissione di una serie di misure di aiuto di Stato a sostegno della transizione verde dell’UE, comprese misure a sostegno delle energie rinnovabili e della mobilità pulita, apre la strada a ulteriori azioni positive in futuro. |
4. Raccomandazioni specifiche
4.1. |
Il CESE invita a proseguire il dialogo con la Commissione sulle ulteriori azioni necessarie per rafforzare il funzionamento del mercato unico. A tale riguardo, il CESE richiama l’attenzione sul proprio recente parere che individua le carenze del mercato unico dell’UE. |
4.2. |
Il CESE, pur elogiando la rapidità con cui la Commissione ha risposto alle restrizioni legate alla COVID-19 e, più di recente, agli effetti economici causati dalla guerra in Ucraina, chiede un monitoraggio continuo dei regimi approvati dalla Commissione stessa e avviati dagli Stati membri in risposta alla COVID-19 e alla guerra in Ucraina, al fine di evitare che i fondi siano deviati verso imprese che non sono economicamente sostenibili. Il livello di sostegno necessario, nonché le pressioni cui devono far fronte i governi di tutta l’UE per fornire aiuti di Stato, sono fuori dalla norma e possono dare origine a tali situazioni. |
4.3. |
Ciò premesso, il CESE invita la Commissione a utilizzare la massima flessibilità consentita dalle norme in materia di aiuti di Stato per consentire agli Stati membri di attuare regimi che forniscano aiuti efficaci alle imprese e alle comunità colpite dalla guerra in Ucraina. Nel contempo, il CESE sottolinea che tali aiuti dovrebbero essere consentiti con distorsioni minime della concorrenza. |
4.4. |
Il CESE pone in evidenza gli sforzi compiuti per sostenere l’agenda verde dell’UE attraverso la politica di concorrenza. Ciò è fondamentale, e la pubblicazione da parte della Commissione della nuova disciplina in materia di aiuti di Stato a favore del clima, dell’ambiente e dell’energia costituisce un passo nella giusta direzione. Poiché i tre settori sono interconnessi, il CESE ritiene che la nuova disciplina fornisca una solida base per un sostegno efficace al Green Deal europeo. |
4.5. |
Il CESE richiama l’attenzione sulle indagini condotte dalla Commissione su alcune grandi imprese tecnologiche per pratiche anticoncorrenziali e sostiene pienamente tali indagini, in quanto sono in linea con la posizione adottata dal Comitato in merito alla legge sui mercati digitali, in particolare per quanto riguarda la sua rilevanza nel consentire la concorrenza nei servizi digitali e la protezione dei cittadini dell’UE dalle pratiche abusive delle grandi imprese tecnologiche. Ciò dimostra che la Commissione dispone ora di maggiori strumenti per perseguire il proprio obiettivo di un mercato digitale più regolamentato. |
4.6. |
Il CESE chiede una maggiore cooperazione tra le autorità nazionali nell’ambito della rete europea della concorrenza al fine di assicurare un’applicazione rafforzata della normativa dell’UE in materia di concorrenza in rapporto alle imprese che attuano pratiche commerciali transfrontaliere che limitano la concorrenza e sono dannose per i clienti. Il CESE ritiene essenziale il coordinamento delle indagini. |
4.7. |
Il CESE ha preso atto dell’importanza delle decisioni della Commissione nel settore dell’aviazione, in particolare durante la pandemia, e invoca una concorrenza a parità di condizioni in tutto il settore. Tuttavia, il Comitato desidera mettere in guardia contro lo sviluppo di un mercato e un settore dell’aviazione che potrebbero essere dominati, con il passare del tempo, da un numero limitato di compagnie aeree. |
4.8. |
Il CESE appoggia pienamente la proposta di regolamento della Commissione sulle sovvenzioni estere distorsive del mercato concesse a imprese di paesi terzi che operano nell’UE. Tali sovvenzioni hanno evidenti effetti distorsivi sulla concorrenza, e le imprese straniere possono anche beneficiare di vantaggi fiscali, creando ulteriori distorsioni della concorrenza. Il CESE invita altresì la Commissione ad adottare misure appropriate nel caso di sovvenzioni distorsive del mercato e di altre pratiche anticoncorrenziali messe in atto da imprese (statali o private) al di fuori dell’UE. Così facendo, essa contribuirebbe anche a conseguire gli obiettivi della strategia industriale europea. |
4.9. |
Il CESE osserva che la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza stanno monitorando la situazione delle filiere alimentari in Europa. Il CESE mette in guardia contro eventuali accordi anticoncorrenziali e abusi di posizione dominante che si ripercuotono sui consumatori attraverso l’aumento dei prezzi. Il CESE mette anche in guardia di fronte all’eventualità di un ruolo dominante del settore degli ipermercati e dei supermercati nel commercio di prodotti alimentari, con ripercussioni a danno dei consumatori e dei produttori sotto forma, rispettivamente, di un aumento dei prezzi al dettaglio e di una riduzione dei prezzi di fornitura. Il CESE è consapevole del fatto che spetta agli Stati membri garantire l’attuazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali al fine di affrontare le situazioni in cui vi sono squilibri in singoli rapporti commerciali (5). Il CESE esorta pertanto la Commissione a monitorare costantemente l’efficacia dell’analisi di mercato e delle azioni intraprese dalle autorità nazionali. |
4.10. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione relativa al nuovo strumento per le emergenze nel mercato unico, che integra altre misure legislative dell’UE per la gestione delle crisi, quali il meccanismo unionale di protezione civile, nonché le norme dell’UE per settori, catene di approvvigionamento e prodotti specifici, quali la salute, i semiconduttori e la sicurezza alimentare, che già prevedono misure mirate di risposta alle crisi. Il CESE ritiene che ciò fornisca un quadro di gestione delle crisi ben equilibrato per individuare vari pericoli per il mercato unico e garantirne il buon funzionamento tramite la creazione di un’architettura di governance delle crisi, la proposta di nuove misure per compensare gli impatti negativi sul mercato unico e l’introduzione di misure di ultima istanza in caso di emergenza. |
4.11. |
Il CESE chiede ulteriori misure volte a rafforzare la concorrenza e il mercato unico in un momento in cui le economie sono ancora alle prese con le sfide causate dagli elevati prezzi dell’energia, dai vincoli sul versante dell’offerta e dall’incertezza economica. |
4.12. |
Il CESE è fermamente convinto che l’agenda dell’UE per un’economia verde e digitale basata sui fondamenti di un’economia sociale di mercato non debba cambiare a causa della guerra in Ucraina. I mercati che garantiscono prezzi competitivi ed equi ai cittadini dell’UE dovrebbero rimanere l’obiettivo dell’Unione, attraverso l’azione della Commissione e delle autorità nazionali di tutti gli Stati membri. A questo proposito è opportuno citare la recente proposta della Commissione sull’acquisizione congiunta di gas naturale quale soluzione temporanea, ma efficace, per stabilizzare i prezzi dell’energia. |
4.13. |
Come ultimo punto, si fa riferimento all’applicazione degli aiuti di Stato, secondo quanto consentito dalla normativa dell’UE, per appoggiare le misure volte a contrastare le conseguenze socioeconomiche della guerra in Ucraina, ivi compresa la crisi dei rifugiati negli Stati membri confinanti con l’Ucraina, nonché alla necessità di dedicare particolare attenzione alla parità di genere e alla prospettiva di genere in senso lato. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Una politica della concorrenza pronta a nuove sfide, COM(2021) 713 final.
(2) COM(2021) 223 final.
(3) COM(2020) 842 final.
(4) Direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, che conferisce alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione più efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno (GU L 11 del 14.1.2019, pag. 3).
(5) La direttiva è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/89 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una nuova agenda europea per l’innovazione
[COM(2022) 332 final]
(2023/C 100/13)
Relatore: |
Maurizio MENSI |
Correlatore: |
Christophe LEFÈVRE |
Consultazione |
Commissione europea, 27.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
10.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
177/0/0 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’agenda europea per l’innovazione proposta dalla Commissione condividendo, in particolare, il duplice obiettivo di promuovere la competitività dell’Europa insieme alla salute e al benessere dei suoi cittadini. |
1.2. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’accento posto dalla Commissione sulla necessità di colmare le lacune in materia di «scale-up» (imprese in fase di espansione) e deep tech che si registrano attualmente nell’UE rispetto a paesi terzi in cui le imprese tecnologiche in fase di crescita sono più diffuse. Il CESE suggerisce alla Commissione di enfatizzare maggiormente il ruolo delle imprese, delle PMI e delle start-up in particolare e delle reti di innovazione da esse guidate nel realizzare la transizione verde e digitale. |
1.3. |
Il CESE apprezza l’architettura della proposta, articolata intorno a cinque iniziative faro. Occorre altresì prevedere strumenti di verifica e monitoraggio dei risultati conseguiti. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di istituire un gruppo consultivo per l’elaborazione di una regolamentazione favorevole all’innovazione nell’ambito dei servizi pubblici e propone che di esso faccia parte come membro a pieno titolo un rappresentante CESE. |
1.5. |
Il CESE sottolinea l’importanza di finanziare le infrastrutture di sperimentazione e di prova per aiutare le start-up e colmare il divario tra i laboratori e le applicazioni commerciali. A tale riguardo, accoglie con favore l’introduzione del nuovo concetto di «impianti di prova e sperimentazione» nel progetto di revisione del regolamento generale di esenzione per categoria (RGEC) in materia di aiuti di Stato. |
1.6. |
Il CESE si compiace inoltre dell’iniziativa in materia di appalti pubblici. In tale contesto suggerisce di prevedere la partecipazione di almeno una start up fra le offerte negli appalti innovativi. |
1.7. |
Il CESE sottolinea l’importanza di disporre di un solido regime di proprietà intellettuale (PI) che si applichi alle invenzioni delle start-up al fine di promuovere uno sviluppo continuo della ricerca. |
1.8. |
Il CESE sollecita la Commissione ad incoraggiare la dimensione interregionale degli investimenti, con la partecipazione congiunta di regioni meno innovative e regioni più innovative. |
1.9. |
Il CESE sottolinea che il sostegno pubblico dovrebbe andare a beneficio anche dell’istruzione superiore e dei laboratori per l’innovazione. A tale riguardo suggerisce alla Commissione di avvalersi di una serie di centri di ricerca e università pilota per perseguire obiettivi innovativi. |
1.10. |
Il CESE accoglie inoltre con favore il sostegno della Commissione agli Stati membri nello sviluppo di progetti transfrontalieri di comune interesse europeo. Pertanto propone che siano finanziate sia le attività di ricerca sia lo sviluppo professionale dei ricercatori e che i risultati della ricerca, che beneficiano di un sostegno pubblico, siano aperti a ulteriori sviluppi da parte degli innovatori, eventualmente mediante la piattaforma Innospace. |
1.11. |
Il CESE accoglie con favore la pubblicazione di un documento di orientamento per aiutare le autorità interessate a scegliere il programma strategico europeo più appropriato e sottolinea l’importanza di applicare i programmi strategici in modo orizzontale. |
1.12. |
Il CESE accoglie con favore l’idea di esaminare un trattamento fiscale più favorevole per le stock option e un regime fiscale per le persone di talento che si spostano oltre frontiera. Invita la Commissione a coordinare le iniziative nazionali volte a coltivare i talenti. |
1.13. |
Il CESE si compiace dell’intenzione della Commissione di sviluppare serie di banche dati più solide e comparabili e una tassonomia comune dei dati in grado di orientare le politiche a tutti i livelli, nonché del suo proposito di diffondere le migliori pratiche in modo strutturato attraverso il forum del Consiglio europeo per l’innovazione. |
1.14. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’intenzione della Commissione di condividere le migliori pratiche e di pubblicare orientamenti per i governi su come utilizzarle, per superare la frammentazione normativa tra gli Stati membri. |
2. Contesto del parere
2.1. |
La nuova agenda europea per l’innovazione si prefigge di porre l’Europa in prima linea nella nuova ondata di innovazioni e start-up «deep tech», vale a dire a elevatissimo contenuto tecnologico e a forte impatto, mediante le seguenti iniziative:
|
2.2. |
La nuova agenda europea per l’innovazione prevede 25 azioni specifiche raggruppate in cinque iniziative faro.
|
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE accoglie con favore l’agenda europea per l’innovazione elaborata dalla Commissione e, in particolare, il suo duplice obiettivo di promuovere, da un lato, la competitività dell’Europa e, dall’altro, il benessere dei cittadini europei. |
3.2. |
A tale riguardo, il CESE apprezza il fatto che il piano della Commissione si basi sull’obiettivo generale di colmare il divario persistente in materia di innovazione tra gli Stati membri e all’interno delle regioni europee, divario che potrebbe ostacolare la coesione sociale ed economica. |
3.3. |
Secondo il CESE, il dividendo digitale dovrebbe essere a disposizione di tutti i cittadini europei, indipendentemente dal luogo in cui vivono. La rivoluzione digitale dovrebbe colmare le persistenti lacune emerse durante la rivoluzione industriale, lacune che si sono accentuate in alcuni Stati membri che hanno aderito all’UE dopo la caduta della cortina di ferro. |
3.4. |
Questo aspetto è ancora più importante ora poiché tutti gli Stati membri e le regioni dell’Unione devono essere indipendenti dai paesi terzi che, come dimostrano la guerra in Ucraina, la crisi energetica in corso e la carenza di semiconduttori, non sempre sono affidabili e, in ogni caso, non sono allineati ai valori fondamentali europei. |
3.5. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’accento posto dalla Commissione sulla necessità di colmare le lacune in materia di «scale-up» (imprese in fase di espansione) e deep tech rispetto a paesi terzi in cui le imprese tecnologiche in fase di crescita sono più diffuse. Suggerisce peraltro alla Commissione di enfatizzare maggiormente il ruolo delle imprese, delle PMI, delle start-up e delle reti di innovazione da esse guidate nel realizzare la transizione verde e digitale, promuovendone la competitività (1). Risulta altresì importante promuovere iniziative atte a trasformare anche le aziende tradizionali in aziende innovative. |
3.6. |
Secondo il CESE, una digitalizzazione più profonda e uniforme potrebbe innescare un circolo virtuoso migliorando il benessere dei cittadini, conseguendo gli obiettivi di sostenibilità, rafforzando la coesione economica e sociale nell’Unione e riducendo la dipendenza industriale ed economica dai paesi terzi che non condividono gli stessi valori. |
3.7. |
Per tutte le ragioni sopra esposte, il CESE valuta in modo pienamente positivo e appoggia l’iniziativa della Commissione sul piano del contenuto. |
3.8. |
Il CESE si compiace anche dell’architettura dell’iniziativa, che si articola intorno a cinque iniziative faro. Si segnala l’opportunità di prevedere strumenti di costante verifica e monitoraggio dei risultati conseguiti al fine di approntare se del caso i necessari interventi di correzione e miglioramento. |
3.9. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di istituire un gruppo consultivo per l’elaborazione di una regolamentazione favorevole all’innovazione nell’ambito dei servizi pubblici e suggerisce che di esso faccia parte come membro a pieno titolo un rappresentante CESE. |
4. L’iniziativa faro sui finanziamenti per le imprese in fase di espansione (scale-up) ad elevatissimo contenuto tecnologico
4.1. |
Il CESE accoglie con grande favore tutte le misure proposte al fine di ridurre il costo dei nuovi fondi propri in tutta l’UE. Tra queste figurano la possibilità di utilizzare i diritti di proprietà intellettuale come garanzia collaterale e la proposta di una nuova normativa sulle quotazioni che semplificherà e allenterà gli obblighi di quotazione iniziale e corrente per alcuni tipi di impresa, al fine di ridurre i costi e aumentare la certezza del diritto per gli emittenti, salvaguardando nel contempo la tutela degli investitori e l’integrità del mercato. |
4.2. |
Il CESE rileva la necessità che l’Europa si doti di un regime IP che bilanci adeguatamente l’Open Science e la proprietà intellettuale. Al riguardo, numerose start-up sono titolari (o utilizzano) standard essenziali (cc.dd. SEP). Occorrerebbe evitare l’imposizione di obblighi legali, almeno in capo alle PMI, di eseguire le verifiche di essenzialità sui set di standard essenziali (cc.dd. SEP) che intendono licenziare. Una simile obbligazione potrebbe essere dannosa per l’innovazione perché può prolungare le negoziazioni creando controversie in una fase in cui ancora non sono certe le prospettive di ricavi da licenza. |
4.3. |
Il CESE accoglie con favore l’enfasi sulle donne e la raccolta di dati sulle donne e sui gruppi meno rappresentati, al fine di elaborare politiche mirate intese a colmare i divari di genere e di altro tipo, che riguardano anche le start-up. Promuovere l’occupazione delle donne nel settore dell’innovazione è centrale per garantire la competitività europea mentre stabilire un indice relativo al genere e ai gruppi meno rappresentati costituisce uno strumento conoscitivo utile per affrontare tale problematica. |
4.4. |
Il CESE solleva l’attenzione sull’importanza che anche le PMI e le midcap consolidate innovino per realizzare la transizione verde e digitale; per tale ragione, occorrerebbe inserire nell’agenda misure per assisterle in tale progetto e promuovere la loro competitività. Più in generale, è importante creare un ecosistema che permetta anche alle aziende tradizionali di trasformarsi in aziende innovative. |
4.5. |
Dato che, come sottolinea la Commissione, i prodotti bancari sono la principale fonte di finanziamento delle imprese, il CESE evidenzia l’importanza delle garanzie finanziate con fondi pubblici e invita la Commissione a valutare la possibilità di replicare in questo settore quanto già previsto dai quadri temporanei per la COVID-19 e la guerra in Ucraina. A questo proposito, è possibile che le garanzie pubbliche attraggano investitori a lungo termine e più avversi al rischio (come i fondi pensione e i fondi sovrani), i cui finanziamenti sono sottoutilizzati in Europa. |
4.6. |
Nell’attuazione di questa iniziativa faro, il CESE esorta la Commissione a dare la priorità ai laboratori di ricerca transfrontalieri e alle start-up «spin-off» di diverse università. Un’ampia collaborazione tra le università può infatti promuovere l’innovazione con applicazioni pratiche nel quadro di un approccio dal basso, che appare più adeguato per stimolare la creatività. |
4.7. |
Il CESE esorta inoltre la Commissione a concentrare il sostegno dell’UE sui singoli settori (ad esempio quello dei chip, delle energie rinnovabili ecc.), al fine di promuovere la ricerca applicata laddove è effettivamente necessaria per perseguire gli obiettivi strategici dell’Unione. |
4.8. |
Oltre a ridurre i costi dei fondi propri e ad armonizzare i regimi fiscali, il CESE invita la Commissione a valutare l’introduzione di specifici «finanziamenti per le scale-up» dell’UE destinati a sostenere determinate start-up strategiche nella loro crescita. Questo può anche ridurre l’attrattiva delle cosiddette «acquisizioni killer» o del trasferimento all’estero, in quanto i fondatori potrebbero favorire lo sviluppo delle loro imprese senza venderle o delocalizzarle. |
4.9. |
Il CESE esorta la Commissione a valutare la creazione di un mercato digitale europeo per le start-up, affinché possano interagire con i potenziali investitori di tutta l’UE. Un mercato di questo tipo potrebbe permettere di superare le difficoltà che le start-up, soprattutto negli Stati membri più piccoli, potrebbero incontrare nella ricerca di investitori a livello locale e nell’accesso tempestivo a una significativa liquidità. |
4.10. |
Il CESE sottolinea l’importanza delle infrastrutture tecnologiche per espandere le tecnologie delle start-up a elevatissimo contenuto tecnologico. Di conseguenza, tale accesso dovrebbe essere maggiormente promosso e agevolato. Nel caso delle infrastrutture e dei dati finanziati con fondi pubblici potrebbero essere previsti obblighi di accesso aperto e non discriminatorio. |
5. Iniziativa faro — Favorire l’innovazione ad elevatissimo contenuto tecnologico mediante spazi di sperimentazione e appalti pubblici
5.1. |
Il CESE accoglie con favore la pubblicazione di un documento di orientamento sugli spazi di sperimentazione normativa, i banchi di prova e i laboratori viventi come strumento per attirare la sperimentazione nell’UE, nonché la diffusione delle migliori pratiche negli Stati membri al fine di promuovere l’armonizzazione. |
5.2. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’introduzione, nel quadro degli aiuti di Stato in materia di ricerca, sviluppo e innovazione (RSI), di una nuova norma che consentirà agli Stati membri di finanziare un maggior numero di impianti di prova e sperimentazione. In tale contesto, il CESE propone di fissare un massimale per i finanziamenti pubblici nazionali ammissibili per evitare di penalizzare gli Stati membri più piccoli o più poveri, o, in alternativa, assicurare dei finanziamenti europei mirati e complementari agli Stati membri che non sono in grado di competere nella corsa agli aiuti di Stato. Suggerisce inoltre di pubblicare degli orientamenti europei volti ad armonizzare le interpretazioni nazionali nei casi in cui possano divergere. |
5.3. |
Il CESE sottolinea l’importanza di finanziare le infrastrutture di sperimentazione e di prova per aiutare le start-up a potenziare le loro tecnologie e colmare il divario tra i laboratori e le applicazioni commerciali. A tale riguardo, accoglie con favore l’introduzione del nuovo concetto di «impianti di prova e sperimentazione» nel progetto di revisione del regolamento generale di esenzione per categoria (RGEC) in materia di aiuti di Stato. In particolare, il concetto di impianti di prova e sperimentazione (TEIs) deve essere distinto da quelle comunemente definite «infrastrutture tecnologiche» (TIs). Al riguardo, il prevalente uso economico può essere l’elemento distintivo. In aggiunta, occorre parificare le soglie di notifica a 21 milioni di EUR sia per le TEIs sia per le TIs e prevedere un regime di favore per le imprese che contribuiscono ad almeno il 5 % dei costi di investimento in TEIs. |
5.4. |
Il CESE si compiace inoltre dell’iniziativa in materia di appalti pubblici. In tale contesto suggerisce di considerare la possibilità di introdurre un meccanismo che garantisca la partecipazione di almeno una start up negli appalti più innovativi. |
5.5. |
Il CESE sottolinea l’importanza di disporre di un solido regime di proprietà intellettuale che si applichi alle invenzioni delle start-up al fine di promuovere uno sviluppo continuo della ricerca. Una volta che i partner commerciali rivendicano l’esclusività sui risultati scientifici nelle fasi precoci (il che richiede l’esclusività per sostenere e collaborare con i laboratori scientifici), vi è il rischio che tali risultati non siano ulteriormente sviluppati dai laboratori scientifici in quanto non presentano più un interesse economico. |
6. Iniziativa faro — Accelerare e rafforzare l’innovazione negli ecosistemi europei dell’innovazione in tutta l’UE e affrontare il divario in termini di innovazione
6.1. |
Il CESE sollecita la Commissione ad incoraggiare la dimensione interregionale degli investimenti, in particolare accoglie con favore la priorità attribuita ad alcuni progetti di innovazione a livello interregionale legati alle principali priorità dell’UE (come la sostenibilità), con la partecipazione congiunta di regioni meno innovative e regioni più innovative. |
6.2. |
Il CESE sottolinea che l’innovazione si basa sull’intera catena della ricerca e dello sviluppo, che va dalla ricerca motivata dalla curiosità alle attività di ricerca e sviluppo applicati, nonché al settore dell’istruzione e della formazione, e dipende dalle capacità e dalle risorse necessarie per l’adozione delle innovazioni determinate dai sistemi politici, culturali e socioeconomici. A questo proposito il CESE sottolinea che, per disporre di un’innovazione strutturale e sviluppare nuove idee applicate, il sostegno pubblico dovrebbe andare a beneficio anche dell’istruzione superiore, della formazione professionale (che è cruciale per accelerare l’innovazione) e dei laboratori per l’innovazione e non solo dei progetti che hanno già raggiunto la fase di immissione nel mercato. A tal fine la Commissione può avvalersi di una serie di università pilota. |
6.3. |
Il CESE accoglie inoltre con favore il sostegno della Commissione agli Stati membri nello sviluppo di importanti progetti transfrontalieri di comune interesse europeo, sottolineando l’importanza di sostenere anche la fase della ricerca, in quanto l’innovazione è un processo locale che dovrebbe essere sostenuto fin dall’inizio in uno scenario dal basso verso l’alto, in linea con la relazione finale sul futuro dell’Europa (proposte 12 e 35). Di conseguenza, occorre finanziare sia le attività di ricerca sia lo sviluppo professionale dei ricercatori. I risultati della ricerca, che beneficiano di un sostegno pubblico, dovrebbero essere aperti a ulteriori sviluppi da parte degli innovatori, eventualmente mediante la piattaforma Innospace. |
6.4. |
Il CESE accoglie con favore la pubblicazione di un documento di orientamento inteso ad aiutare le autorità interessate a scegliere il programma strategico europeo più appropriato. Sottolinea inoltre l’importanza di non elaborare i programmi strategici come dei «compartimenti chiusi», ma di tenere conto della loro complementarità e, ove possibile, di applicarli in modo orizzontale. |
7. Iniziativa faro — Promuovere, attirare e trattenere i talenti deep tech
7.1. |
Il CESE si compiace di questa iniziativa volta ad accrescere le opportunità e a favorire l’incontro tra i datori di lavoro e i talenti in tutta Europa. |
7.2. |
Il CESE accoglie con particolare favore l’idea di valutare la possibilità di un trattamento fiscale più favorevole per le stock option nell’Unione. |
7.3. |
Il CESE esorta la Commissione a tenere conto della situazione fiscale delle persone di talento che si spostano oltre frontiera, per evitare che ostacoli la libera circolazione dei talenti. |
7.4. |
Il CESE invita la Commissione a coordinare le iniziative nazionali volte a coltivare i talenti. |
8. Iniziativa faro — Migliorare gli strumenti di elaborazione delle politiche
8.1. |
Il CESE si compiace dell’intenzione della Commissione di sviluppare serie di banche dati più solide e comparabili e una tassonomia comune dei dati, nonché del suo proposito di diffondere le migliori pratiche in modo strutturato attraverso il forum del Consiglio europeo per l’innovazione. |
8.2. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’intenzione della Commissione di condividere le migliori pratiche al fine di raccogliere esempi validi di spazi di sperimentazione normativa e quadri giuridici flessibili di tutta l’UE e di pubblicare orientamenti per i governi su come utilizzarli. Il CESE incoraggia la Commissione ad avvalersi di questi strumenti per superare la frammentazione normativa e le differenze tra gli Stati membri. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Polo dell’innovazione digitale e PMI» (parere d’iniziativa) (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 82).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/95 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo su:
a) proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento per le emergenze nel mercato unico e abroga il regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio
[COM(2022) 459 final — 2022/0278 (COD)]
b) proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (UE) 2016/424, (UE) 2016/425, (UE) 2016/426, (UE) 2019/1009 e (UE) n. 305/2011 per quanto riguarda le procedure di emergenza per la valutazione della conformità, l’adozione di specifiche comuni e la vigilanza del mercato nel contesto di un’emergenza nel mercato unico
[COM(2022) 461 final — 2022/0279 (COD)]
c) proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2000/14/CE, 2006/42/CE, 2010/35/UE, 2013/29/UE, 2014/28/UE, 2014/29/UE, 2014/30/UE, 2014/31/UE, 2014/32/UE, 2014/33/UE, 2014/34/UE, 2014/35/UE, 2014/53/UE e 2014/68/UE per quanto riguarda le procedure di emergenza per la valutazione della conformità, l’adozione di specifiche comuni e la vigilanza del mercato nel contesto di un’emergenza nel mercato unico
[COM(2022) 462 final — 2022/0280 (COD)]
(2023/C 100/14)
Relatore: |
Andrej ZORKO |
Correlatrice: |
Janica YLIKARJULA |
Consultazione |
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Base giuridica |
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Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
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Adozione in sezione |
10.11.2022 |
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Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
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Sessione plenaria n. |
574 |
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Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
208/0/1 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE sostiene l’obiettivo della Commissione di istituire uno strumento per le emergenze nel mercato unico (Single Market Emergency Instrument — SMEI) inteso a contrastare le crisi future che potrebbero pregiudicare il funzionamento del mercato unico e delle sue imprese, nonché il benessere dei cittadini dell’Unione. Il Comitato è favorevole alle misure volte a garantire la libera circolazione dei beni, dei servizi e delle persone e a prevenire le restrizioni all’interno dell’UE anche nei periodi di crisi. Lo strumento per le emergenze nel mercato unico dovrebbe essere incentrato in via prioritaria sulla condivisione delle informazioni, sulla cooperazione, sulla comunicazione e sulla solidarietà tra gli Stati membri. Pur riconoscendo la fondamentale importanza di una migliore cooperazione amministrativa e di misure di trasparenza più efficaci per gli Stati membri, il CESE deplora che non siano previste conseguenze qualora gli Stati membri non soddisfino i requisiti stabiliti. |
1.2. |
Le risposte alle crisi devono essere rapide, temporanee, adeguatamente mirate e coordinate a livello dell’UE per garantire un approccio comune. Esse dovrebbero tenere conto degli effetti di una crisi sulle imprese e sul benessere dei cittadini dell’Unione europea e creare le condizioni per una società e un’economia più resilienti in futuro. È necessario porre chiaramente l’accento sulla libera circolazione dei beni, dei servizi e delle persone in tempi di crisi e sull’attenuazione degli effetti della crisi sul benessere delle persone, piuttosto che su interventi nella produzione e nella fornitura di beni e servizi e nelle relative catene di approvvigionamento. |
1.3. |
La mitigazione delle crisi richiede un quadro giuridico chiaro per evitare interpretazioni divergenti, misure frammentarie e contenziosi inutili. Il CESE ritiene che le definizioni dei termini «crisi», «settori di importanza strategica», «beni e servizi di importanza strategica» e «beni e servizi di rilevanza per le crisi» siano troppo vaghe per rispondere a tali preoccupazioni e raccomanda alla Commissione di fornire una definizione più precisa. |
1.4. |
Le misure di emergenza non dovrebbero violare i diritti fondamentali dei cittadini europei, e l’esercizio di tali diritti, compreso il diritto di sciopero, in qualsiasi settore, non può giustificare il ricorso a misure di risposta alle crisi. La Commissione dovrebbe chiarire che, se si intraprende uno sciopero o un’altra azione sindacale in virtù della legislazione nazionale, tale iniziativa non può costituire una crisi ai sensi dello strumento per le emergenze nel mercato unico. Analogamente, nel caso delle imprese, tutte le misure di mitigazione delle crisi devono rispettare i principi fondamentali di necessità e proporzionalità, diversamente da quanto previsto dalla proposta in esame. Deve essere inoltre rispettata l’autonomia delle parti sociali. Le misure rischiano di creare ulteriori ostacoli, restrizioni e oneri superflui, che devono essere evitati, soprattutto in tempi di crisi. Il mercato unico dovrebbe rimanere accessibile e prevedere tutele efficaci contro il dumping sociale e il dumping fiscale. |
1.5. |
Il CESE ritiene che un’emergenza richieda una risposta rapida ed efficiente. Pertanto raccomanda alla Commissione di riesaminare la proposta al fine di adottare un approccio sufficientemente rapido ed efficace per affrontare una crisi. Il Comitato teme che l’approccio proposto, articolato in più stadi, possa comportare oneri amministrativi eccessivi per essere efficace. |
1.6. |
Il CESE raccomanda di instaurare una stretta cooperazione tra il gruppo consultivo sullo strumento per le emergenze nel mercato unico e gli attuali strumenti di previsione strategica dell’UE, al fine di prevedere gli eventi di crisi mediante un’attività costante di monitoraggio e valutazione dei rischi degli eventi a livello mondiale e regionale. I rappresentanti della società civile dovrebbero essere strettamente coinvolti in questo processo, allo scopo di integrare le loro conoscenze e i risultati del loro lavoro nelle attività di previsione dell’UE. |
1.7. |
Il CESE propone che i rappresentanti delle parti sociali e un’organizzazione della società civile competente siano inclusi in qualità di osservatori nel gruppo consultivo sullo strumento per le emergenze nel mercato unico. Chiede inoltre che sia chiarito il ruolo del gruppo consultivo proposto, in particolare in relazione ad altri organi di natura analoga. |
1.8. |
Sarebbe opportuno riesaminare la delega di poteri alla Commissione prevista dalla proposta, al fine di trovare un equilibrio tra una risposta efficace alle crisi e l’inclusione degli Stati membri nel processo decisionale. |
1.9. |
Vi è il rischio che i poteri interventisti conferiti alla Commissione in virtù della proposta, quali la definizione del grado di priorità da assegnare agli ordini e la clausola di prevalenza contrattuale che possono applicarsi a specifiche imprese, possano rivelarsi pregiudizievoli al funzionamento del mercato unico. Per la loro stessa esistenza, tali poteri introducono un elemento di imprevedibilità. Il CESE raccomanda pertanto alla Commissione di riesaminare con attenzione la proposta, tenendo conto anche della necessità di stabilire quali imprese sarebbero coinvolte e chi sosterrebbe i costi di un’eventuale riorganizzazione delle catene di produzione. |
1.10. |
È essenziale limitare la raccolta di dati presso le imprese da parte della Commissione o degli Stati membri, nel rispetto dei principi di estrema necessità e proporzionalità. Alcune delle proposte presentate rischiano di pregiudicare la parità di condizioni, come, ad esempio, la proposta di stilare elenchi degli «operatori economici di maggiore rilevanza» prima dell’annuncio di un’emergenza. Il CESE esprime preoccupazione per i segnali che una tale iniziativa potrebbe lanciare al mercato e per il suo impatto globale sulla concorrenza. |
1.11. |
Una comunicazione rapida, aperta e di facile comprensione nei confronti del pubblico, delle imprese e di altri attori è essenziale per la gestione delle crisi nel mercato unico. Un’interfaccia d’informazione online specifica dovrebbe essere immediatamente operativa in caso di crisi. |
2. Motivo alla base dell’elaborazione del parere
2.1. |
Un mercato unico ben funzionante costituisce una delle principali risorse dell’UE ed è essenziale per la sua economia e per determinare «un aumento del benessere tramite una convergenza sociale ed economica volta a ridurre le disuguaglianze e ad evitare che l’aggravarsi degli squilibri sociali finisca per ostacolare seriamente l’integrazione europea» (1). |
2.2. |
Le crisi che si sono verificate di recente, come la pandemia di COVID-19 e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno dimostrato un certo grado di vulnerabilità del mercato unico e delle relative catene di approvvigionamento in caso di perturbazioni inattese. Il confinamento imposto durante la pandemia ha provocato l’interruzione dell’attività di molte imprese, la chiusura delle frontiere, l’interruzione delle catene di approvvigionamento, perturbazioni della domanda e l’impossibilità per i lavoratori e i prestatori di servizi di spostarsi in Europa, ricordando ai cittadini che la libera circolazione delle persone è strettamente connessa alla libera circolazione delle merci e dei servizi. Spesso le crisi colpiscono in particolar modo le MPMI e le famiglie a basso reddito. |
2.3. |
La mancanza di trasparenza nelle misure adottate da diversi Stati membri per contrastare le crisi ha provocato incertezza circa la giustificazione e la proporzionalità di dette misure, indebolendo la fiducia e la solidarietà reciproche e creando ostacoli al funzionamento del mercato unico. D’altro canto, in questo periodo è emersa chiaramente l’importanza della cooperazione, dell’apertura e del dialogo tra gli Stati membri nonché l’utilità di diversificare le catene del valore. Una risposta coordinata per garantire che le frontiere interne dell’UE rimanessero aperte grazie ai valichi di frontiera di tipo «corsia verde» si è rivelata fondamentale per evitare perturbazioni dei viaggi e delle catene di approvvigionamento essenziali. |
2.4. |
Lo strumento per le emergenze nel mercato unico integra altre disposizioni legislative o proposte dell’UE relative alla gestione delle crisi che riguardano, ad esempio, la salute, i semiconduttori, la sicurezza alimentare e il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE accoglie con favore gli sforzi della Commissione volti a introdurre lo strumento per le emergenze nel mercato unico al fine di contrastare gli effetti negativi delle crisi esistenti e potenziali sul mercato unico, sui suoi cittadini e sulle sue imprese, e si compiace della conferma che detto strumento si applicherà fatti salvi gli strumenti esistenti di gestione delle crisi, che saranno trattati come lex specialis. |
3.2. |
Il CESE sottolinea che lo strumento per le emergenze nel mercato unico dovrebbe garantire un migliore coordinamento delle misure adottate dagli Stati membri, rafforzare la solidarietà, sostenere l’efficacia delle quattro libertà e sfruttare il potenziale del mercato unico per far fronte alle crisi urgenti e impreviste. Sottolinea che un mercato unico ben funzionante costituisce uno strumento efficace e una risorsa per la preparazione e la risposta alle crisi. |
3.3. |
Una crisi che incide sul funzionamento del mercato unico può danneggiare le imprese, ma anche avere un impatto significativo sulla vita dei cittadini in tutta l’Unione. Le misure proposte per combattere le crisi dovrebbero pertanto tenere conto di entrambe le prospettive e del percorso da seguire per realizzare la transizione digitale ed ecologica in maniera equa, al fine di preparare più efficacemente il mercato unico a eventuali crisi e shock futuri. Il mercato unico del futuro potrà trovare fondamento unicamente nel binomio tra una solida base economica e una forte dimensione sociale (2). |
3.4. |
Il CESE sottolinea che la risposta alle crisi deve essere rapida, temporanea, proporzionata e adeguatamente mirata, e gettare le basi per una società e un’economia più resilienti in futuro. Essa deve inoltre essere coordinata a livello dell’UE, al fine di evitare misure nazionali divergenti che potrebbero ostacolare il funzionamento del mercato unico. |
3.5. |
L’Unione europea si troverà ad affrontare nuove sfide nelle crisi future. Le misure di mitigazione delle crisi dovrebbero essere trasparenti e prontamente disponibili, in un ambito limitato e seguendo criteri rigorosi, e dovrebbero essere applicate tempestivamente, il che richiede un quadro giuridico chiaro a livello dell’UE. Lo strumento dovrebbe proteggere le imprese e i residenti dell’UE e tutelare le libertà del mercato unico in caso di crisi grave e generalizzata; esso dovrebbe inoltre permettere di controllare le misure anticrisi adottate a livello nazionale e dell’UE per garantire che rispettino i principi fondamentali di necessità, proporzionalità e non discriminazione, e assicurare alle imprese e ai cittadini una cooperazione amministrativa in tempo reale nonché l’accesso alle informazioni. |
3.6. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che una procedura di risposta alle crisi articolata in più stadi, come previsto dallo strumento per le emergenze nel mercato unico, richiederà troppo tempo e rallenterà il processo decisionale, anziché garantire una reazione rapida alla crisi. |
3.7. |
È impossibile prevedere la portata e il tipo di crisi che si potrebbero verificare in futuro. Allo stesso tempo, una reazione è più efficace e meno invasiva se viene attivata nelle fasi iniziali della crisi. Il CESE sottolinea l’importanza della previsione strategica nell’UE e continua ad accogliere con grande favore l’integrazione della metodologia di previsione nel processo di elaborazione delle politiche dell’Unione europea. I dispositivi proposti nel quadro dello strumento per le emergenze nel mercato unico dovrebbero essere integrati dalla stretta cooperazione tra il gruppo consultivo su tale strumento e gli attuali strumenti di previsione strategica dell’UE, al fine di prevedere gli eventi di crisi futuri sulla base degli eventi in corso a livello mondiale e regionale in grado di perturbare in maniera significativa il funzionamento del mercato unico in misura tale che non possa più essere considerato un funzionamento normale. Il gruppo consultivo non dovrebbe soltanto essere incaricato di valutare gli incidenti che gli Stati membri segnalano alla Commissione, bensì dovrebbe anche cooperare costantemente con gli operatori della previsione strategica dell’UE nello svolgimento dei compiti di monitoraggio e valutazione dei rischi degli incidenti a livello mondiale e regionale. Poiché la previsione strategica è un processo partecipativo, il CESE si attende che essa rafforzi le sinergie e aumenti il coinvolgimento strutturale di tutte le istituzioni dell’UE, incluso il CESE (3). |
3.8. |
La proposta intende coprire tutte le crisi significative che hanno un impatto sul mercato unico e sulle relative catene di approvvigionamento, con alcune eccezioni, per le quali l’UE ha elaborato o sta elaborando delle misure specifiche. L’ampiezza dell’ambito di applicazione pone delle sfide significative. Il CESE sottolinea che lo strumento per le emergenze nel mercato unico richiede una definizione di crisi più chiara, che non deve essere oggetto di interpretazioni divergenti. Inoltre, le definizioni di concetti quali «settori di importanza strategica», «beni e servizi di importanza strategica» e «beni e servizi di rilevanza per le crisi» sono molto ampie. Il CESE ritiene che esse debbano essere inequivocabili, al fine di garantire la proporzionalità e un adeguato indirizzamento delle misure di emergenza. L’assenza di definizioni chiare e precise rischia di creare incertezza giuridica e contenziosi all’interno del mercato unico. |
3.9. |
Qualsiasi definizione e risposta alle crisi nell’ambito dello strumento per le emergenze nel mercato unico deve essere proporzionata e non deve comportare oneri amministrativi superflui. In particolare, lo strumento dovrebbe essere attivato solo qualora all’interno del mercato unico si verifichi una crisi urgente e temporanea, e questo vale anche per le crisi regionali che compromettono le quattro libertà. Di conseguenza, è necessario limitare l’uso dello strumento nel tempo ed evitare che diventi permanente. La proposta conferisce alla Commissione poteri delegati in materia di protocolli di crisi, che andrebbero riesaminati con attenzione ricercando un equilibrio tra una risposta efficace alle crisi e un pieno impegno degli Stati membri a favore di misure comuni. |
3.10. |
È essenziale essere in grado di riconoscere che una situazione richiede una risposta alla crisi e affrontare in maniera mirata i problemi derivanti dalle emergenze. Le misure di emergenza adottate non dovrebbero pregiudicare i diritti fondamentali dei cittadini europei, in particolare quelli riconosciuti negli accordi e nelle convenzioni internazionali. Anche in tempi di crisi, l’Unione europea deve mantenere il suo impegno a difendere i diritti umani fondamentali. Analogamente, nel caso delle imprese, tutte le misure di mitigazione delle crisi devono rispettare i principi fondamentali di necessità e proporzionalità, diversamente da quanto previsto dalla proposta in esame. |
3.11. |
Il riconoscimento e la regolamentazione delle merci di rilevanza per la crisi possono di per sé creare incertezze nel mercato unico che ne limitano il funzionamento, poiché è impossibile sapere quali merci rientreranno in tale definizione nel contesto di una crisi futura. Il CESE comprende la volontà di delegare determinati poteri alla Commissione nel quadro della proposta, ma al tempo stesso esprime preoccupazione per i poteri interventisti che le vengono conferiti, tra cui la divulgazione di informazioni commercialmente sensibili e la definizione del grado di priorità da assegnare agli ordini, compresa la clausola di prevalenza contrattuale. La produzione e la fornitura di beni e servizi e le relative catene di approvvigionamento riguardano principalmente gli operatori del mercato e rientrano tra le misure abituali di pianificazione e preparazione alle emergenze messe in atto dalle imprese e dai governi. |
3.12. |
Il CESE è convinto che in tempi di crisi sia necessario evitare di introdurre ostacoli e restrizioni all’interno dell’UE. A tal fine, lo strumento dovrebbe garantire un grado maggiore di condivisione delle informazioni, di coordinamento e di solidarietà tra gli Stati membri nell’adozione di misure connesse alla crisi, nel rispetto delle competenze nazionali. Il CESE è pienamente favorevole alla definizione di un elenco delle restrizioni vietate delle libertà del mercato unico. Tuttavia, si rammarica del fatto che non siano previste conseguenze chiare qualora gli Stati membri non soddisfino i requisiti stabiliti. |
3.13. |
I mezzi di produzione e di fornitura di beni specifici che potrebbero essere essenziali per contrastare una crisi sono ripartiti in modo non uniforme all’interno del mercato unico. In funzione della natura della crisi, le ripercussioni sulle imprese e sui cittadini dell’Unione potrebbero presentare diversi gradi di gravità, anche nel caso di una crisi a livello di UE. La solidarietà tra gli Stati membri è fondamentale per affrontare situazioni di questo genere. Gli strumenti di risposta alle crisi dovrebbero pertanto avere lo scopo di disincentivare il protezionismo, che frammenterebbe il mercato unico e ostacolerebbe il flusso di beni e servizi critici verso le imprese e i residenti dell’UE. |
3.14. |
Il CESE raccomanda alla Commissione di valutare gli insegnamenti tratti dalle crisi recenti per utilizzarli come modello per le misure future. Durante la pandemia, l’introduzione di «corsie verdi» ha permesso di ridurre un gran numero di strozzature, economicamente costose, legate in particolare al flusso di merci all’interno dell’UE, ma anche di servizi. Inoltre, l’adozione relativamente rapida del certificato COVID digitale comune dell’UE ha contribuito a ripristinare la mobilità all’interno del mercato unico per i prestatori di servizi transfrontalieri, i lavoratori frontalieri e i viaggiatori d’affari. L’assistenza tecnica fornita dall’Unione ha inoltre contribuito a garantire un’attuazione più uniforme delle misure. |
3.15. |
Il CESE concorda con la Commissione sul fatto che le misure adottate a livello dell’UE dovrebbero essere coordinate con gli Stati membri e che, ove possibile, si debba applicare un approccio comune in tutti gli Stati membri. Un approccio frammentato creerebbe ulteriori ostacoli al mercato unico, pregiudicando l’innovazione, gli investimenti e la creazione di posti di lavoro, nonché la coesione sociale e la qualità della vita. Anche in tempi di crisi è importante mantenere il mercato unico accessibile a tutti, prevedendo tutele efficaci contro il dumping sociale e il dumping fiscale (4). |
3.16. |
Le imprese e i cittadini dovrebbero inoltre essere incentivati ad adattare il più possibile il loro modo di operare alla realtà post-crisi, vale a dire all’aumento dei costi dell’energia e agli effetti dei cambiamenti climatici. Tutte le misure di emergenza dovrebbero essere in linea con gli obiettivi climatici dell’Unione e seguire la strada della neutralità climatica e, se applicate, dovrebbero permettere di conseguirli e di rendere il mercato unico più resiliente. Una risposta di emergenza deve inoltre tenere conto del fatto che una crisi rischia sempre di determinare delle differenze tra i paesi dell’UE in termini di sviluppo economico, garanzie sociali e livelli di prosperità (5), e deve essere concepita in modo da evitare tali effetti. |
3.17. |
Una comunicazione rapida, di facile comprensione e aperta nei confronti dei cittadini, delle imprese e di altri attori è essenziale per la gestione delle crisi nel mercato unico. Per aiutare gli operatori sul campo, il CESE raccomanda che, in caso di crisi, sia immediatamente operativa un’apposita interfaccia comune di informazione online, che sia aggiornata regolarmente e corredata di informazioni affidabili sulla crisi e sulle misure adottate. Lo strumento dovrebbe garantire la trasparenza delle misure adottate dagli Stati membri per sostenere la continuità della libera circolazione dei cittadini e delle imprese. Le misure di emergenza dovrebbero essere comunicate in modo chiaro per evitare di creare confusione o ulteriori ostacoli al funzionamento del mercato unico. Secondo il CESE, le parti sociali e la società civile potrebbero svolgere un ruolo importante in tal senso. |
3.18. |
L’attuazione dello strumento richiede inoltre una stretta cooperazione con le parti interessate, dato che, nella pratica, le misure vengono attuate dagli attori della società civile che, inoltre, conoscono meglio di chiunque altro le misure e le procedure più efficaci. È necessario rafforzare l’infrastruttura di governance del mercato unico con l’inserimento proattivo di soggetti organizzati che rappresentino cittadini, consumatori e imprese (6). Il CESE invita la Commissione a coinvolgere le parti sociali, le organizzazioni della società civile e gli esperti nei processi di valutazione e monitoraggio dei rischi, nonché nell’elaborazione e nel coordinamento delle misure di crisi. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Le misure dovrebbero basarsi il più possibile sugli strumenti esistenti in materia di notifiche, norme ecc. Esse dovrebbero puntare a chiarire e ad agevolare un utilizzo rapido ed efficiente di tali strumenti al fine di preservare il funzionamento del mercato unico ogniqualvolta si verifichi una crisi. |
4.2. |
Lo strumento per le emergenze nel mercato unico dovrebbe prevedere una valutazione accelerata della conformità, il coordinamento degli appalti pubblici e la vigilanza del mercato per i beni e i servizi essenziali per tale crisi. Tuttavia, esso dovrebbe anche tenere conto del fatto che le direttive esistenti dell’UE offrono già diverse opzioni che consentono di stipulare molto rapidamente dei contratti di appalti pubblici in caso di emergenza. |
4.3. |
Non si dovrebbe permettere che le misure di emergenza limitino i diritti fondamentali dei cittadini dell’UE, e l’esercizio di tali diritti, compreso il diritto di sciopero, in qualsiasi settore, non dovrebbe costituire una circostanza che giustifichi una risposta alla crisi nell’ambito dello strumento per le emergenze nel mercato unico. Il CESE è convinto che la regolamentazione giuridica degli scioperi sia di competenza degli Stati membri e che se uno sciopero o un’altra azione collettiva sono intrapresi in virtù della legislazione nazionale, essi non possano costituire una crisi ai sensi dello strumento per le emergenze nel mercato unico. |
4.4. |
È essenziale limitare la raccolta di dati presso le imprese da parte della Commissione o degli Stati membri, nel rispetto dei principi di estrema necessità e proporzionalità. Il CESE è contrario all’introduzione dell’obbligo per le imprese di divulgare informazioni sensibili sotto il profilo commerciale, della definizione del grado di priorità da assegnare agli ordini e della clausola di prevalenza contrattuale, in quanto si tratta di misure controproducenti nel quadro di un’azione proattiva volta a trovare soluzioni per affrontare le crisi. Alcune delle proposte presentate rischiano di pregiudicare la parità di condizioni, come, ad esempio, la proposta di stilare elenchi degli «operatori economici di maggiore rilevanza» prima dell’annuncio di un’emergenza. Il CESE esprime preoccupazione per i segnali che una tale iniziativa potrebbe lanciare al mercato e per il suo impatto globale sulla concorrenza. |
4.5. |
Il CESE ritiene che il gruppo consultivo, definito all’articolo 3 della proposta, dovrebbe avvalersi pienamente delle conoscenze e dell’esperienza delle parti sociali e di un’organizzazione della società civile competente, che sono maggiormente in contatto con le realtà quotidiane sul campo all’interno del mercato unico. Sebbene sia importante che tutti i responsabili politici, le autorità e le agenzie competenti a livello dell’UE e degli Stati membri siano inclusi nel gruppo consultivo, il CESE ritiene che le parti sociali siano indissolubilmente legate al mercato unico e che debbano essere automaticamente incluse nel gruppo consultivo in qualità di osservatori, congiuntamente a un’organizzazione della società civile competente come, ad esempio, un’organizzazione di consumatori, al fine di fornire consulenza in merito alle misure concrete adottate nell’ambito dello strumento per le emergenze nel mercato unico, e di assicurarne l’attuazione e il monitoraggio. |
4.6. |
Conformemente all’articolo 13 della proposta, il CESE ritiene che sia necessario instaurare una solidarietà tra gli Stati membri, ad esempio al momento della costituzione di riserve strategiche. Sostiene pertanto la raccomandazione della Commissione secondo cui gli Stati membri dovrebbero ripartire le riserve strategiche in modo mirato, ove possibile. |
4.7. |
Il CESE invita la Commissione a riesaminare la possibilità, proposta all’articolo 17, di limitare la libera circolazione dei lavoratori per quanto riguarda i lavoratori frontalieri, dato che tale limitazione può avere effetti negativi sul mercato unico, come sottolineato in precedenza. |
4.8. |
Il CESE ritiene che la proposta all’esame non definisca chiaramente l’interazione tra il gruppo consultivo che essa raccomanda di istituire e i gruppi di gestione delle crisi già stabiliti, come la task force per l’applicazione delle norme sul mercato unico, lo strumento di informazione per il mercato unico e le piattaforme per le crisi alimentari. La Commissione dovrebbe evitare duplicazioni delle competenze dei diversi organi di gestione delle crisi, poiché creerebbero oneri amministrativi inutili e rallenterebbero la risposta alle crisi. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Una nuova strategia industriale per l’Europa» [COM(2020) 102 final] (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 108).
(2) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Un mercato unico per tutti» (parere esplorativo) (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 19).
(3) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Relazione di previsione strategica 2021: capacità e libertà di azione dell’UE [COM(2021) 750 final] (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 35).
(4) Cfr. la nota 2.
(5) Parere del Comitato economico e sociale europeo su: a) «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Piano d’azione a lungo termine per una migliore attuazione e applicazione delle norme del mercato unico» [COM(2020) 94 final]; b) «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Individuare e affrontare le barriere al mercato unico» [COM(2020) 93 final] (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 116).
(6) Cfr. la nota 2.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/101 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla pProposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a requisiti orizzontali di cibersicurezza per i prodotti con elementi digitali e che modifica il regolamento (UE) 2019/1020
[COM(2022) 454 final — 2022/0272(COD)]
(2023/C 100/15)
Relatore: |
Maurizio MENSI |
Correlatore: |
Marinel Dănuț MUREŞAN |
Consultazione |
Parlamento europeo, 9.11.2022 Consiglio dell’Unione europea, 28.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
10.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
177/0/0 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di una normativa sulla ciberresilienza (Cyber Resilience Act — CRA) volta a stabilire più elevati standard di cibersicurezza, tali da creare un sistema affidabile per gli operatori economici e garantire ai cittadini dell’UE un utilizzo sicuro dei prodotti sul mercato. Si tratta infatti di un’iniziativa che fa parte della strategia europea sui dati, che rafforza la sicurezza dei dati, compresi quelli personali, ed i diritti fondamentali, requisiti essenziali per la nostra società digitale. |
1.2. |
Il CESE ritiene essenziale rafforzare la risposta collettiva contro gli attacchi informatici e consolidare il processo di armonizzazione in tema di cibersicurezza a livello nazionale in termini di norme e strumenti operativi, per evitare che approcci nazionali differenziati possano creare incertezze e ostacoli giuridici. |
1.3. |
Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione, che non solo potrà contribuire a ridurre i rilevanti costi causati alle imprese dagli attacchi informatici, ma consentirà ai cittadini/consumatori di beneficiare di una migliore protezione dei loro diritti fondamentali quali la privacy. In particolare, la Commissione mostra di tener conto delle specifiche esigenze delle PMI in occasione delle prestazioni rese dalle autorità certificatrici; tuttavia il CESE segnala l’opportunità di chiarire i criteri applicativi. |
1.4. |
Il CESE ritiene importante sottolineare che, se da un lato è apprezzabile che il CRA riguardi praticamente tutti i prodotti digitali, dall’altro potrebbero porsi problemi di concreta applicazione del medesimo, data la notevole e complessa attività di verifica e controllo che lo stesso comporta. Di qui la necessità di rafforzare gli strumenti di monitoraggio e verifica. |
1.5. |
Il CESE rileva la necessità di chiarire con precisione l’ambito di applicazione materiale del CRA, con particolare riferimento ai prodotti con elementi digitali e al software. |
1.6. |
Il CESE rileva che i produttori avranno l’obbligo di segnalare, da un lato, le vulnerabilità dei prodotti e, dall’altro, gli eventuali incidenti di sicurezza, informando l’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza (ENISA). In tal senso risulta importante che quest’ultima sia dotata delle necessarie risorse per svolgere con puntualità ed efficacia i rilevanti e delicati compiti che le saranno affidati. |
1.7. |
Il CESE suggerisce alla Commissione, al fine di evitare ogni incertezza interpretativa, di elaborare apposite linee guida così da orientare produttori e consumatori sulle regole e le procedure in concreto applicabili, poiché risulta che svariati prodotti rientranti nel raggio d’azione della proposta sono altresì sottoposti ad altre previsioni normative in materia di cibersicurezza. A tale riguardo, sarebbe ugualmente importante che le PMI e le MPMI, in particolare, avessero accesso a un’assistenza specialistica qualificata, in grado di fornire servizi professionali specifici. |
1.8. |
Il CESE rileva che non risulta del tutto chiaro il rapporto fra autorità certificatrici ai sensi del CRA ed altri organi abilitati a certificare la cibersicurezza ai sensi di altre previsioni normative. Lo stesso problema di coordinamento operativo rischia di porsi anche fra le autorità di sorveglianza previste dalla proposta in esame e quelle già attive ai sensi di altre normative applicabili ai medesimi prodotti. |
1.9. |
Il CESE rileva che la proposta prevede una notevole mole di attività e responsabilità a carico delle autorità certificatrici, la cui concreta operatività deve essere garantita. Ciò anche al fine di evitare che il CRA si traduca in un aumento di oneri burocratici, così da penalizzare i produttori che dovranno sottostare a una serie di ulteriori obblighi certificativi per potere continuare ad operare nel mercato. |
2. Analisi della proposta
2.1. |
Con la proposta del CRA la Commissione intende razionalizzare e ridefinire in modo organico e orizzontale l’attuale normativa in materia di cibersicurezza provvedendo nel contempo ad un suo aggiornamento alla luce delle sopraggiunte innovazioni tecnologiche. |
2.2. |
Il CRA persegue essenzialmente quattro obiettivi: garantire che i produttori migliorino la sicurezza dei prodotti che hanno elementi digitali nella fase di progettazione e sviluppo e durante il loro intero ciclo di vita; garantire un quadro coerente di norme in tema di cibersicurezza, facilitando la conformità ad opera di produttori di hardware e software; migliorare la trasparenza delle caratteristiche di sicurezza dei prodotti con elementi digitali; consentire alle aziende e ai consumatori di utilizzare in modo sicuro tali prodotti. In sostanza, la proposta introduce un marchio CE in tema di cibersicurezza imponendo che tale marchio debba essere apposto su tutti i prodotti disciplinati dal CRA. |
2.3. |
Si tratta di un intervento orizzontale, con cui la Commissione intende disciplinare in modo organico l’intera materia, dato che riguarda praticamente tutti i prodotti che hanno componenti digitali. Ne sono esclusi solo quelli di natura medica e relativi all’aviazione civile, i veicoli, e quelli militari. La proposta non riguarda inoltre i servizi tipo SaaS (cloud), salvo che gli stessi servano per l’elaborazione di prodotti con elementi digitali. |
2.4. |
La definizione di «prodotti con elementi digitali» è molto ampia e comprende qualsiasi prodotto software o hardware, nonché software o hardware non incorporati nel prodotto ma che sono immessi sul mercato separatamente. |
2.5. |
La normativa introduce requisiti obbligatori di cibersicurezza per i prodotti che hanno componenti digitali lungo tutto il loro ciclo di vita, ma non sostituisce quelle già vigenti. Anzi, i prodotti che sono già stati certificati come conformi a norme UE preesistenti si considereranno «validi» anche ai sensi del nuovo regolamento. |
2.6. |
Il principio generale di base è che in Europa siano commercializzati solo prodotti «sicuri», i cui produttori si comportino in modo che questi prodotti restino tali per tutto il loro ciclo di vita. |
2.7. |
Un prodotto è considerato «sicuro» qualora sia progettato e realizzato in modo da disporre di un livello di sicurezza appropriato ai ciberrischi che il suo uso comporta, non ha vulnerabilità note al momento in cui viene venduto, ha una configurazione sicura di default, è protetto da connessioni illecite, tutela i dati che raccoglie e la raccolta dei dati è limitata solamente a quelli che servono al suo funzionamento. |
2.8. |
Un produttore è considerato idoneo a commercializzare i propri prodotti qualora renda conoscibile l’elenco dei vari componenti software dei suoi prodotti, rilascia rapidamente rimedi gratuiti in caso di nuove vulnerabilità, rende pubbliche e illustra in dettaglio le vulnerabilità che rileva e risolve, verifica regolarmente la «solidità» dei prodotti che commercializza. Queste e le altre attività imposte dal CRA devono essere svolte per tutta la vita di un prodotto, o almeno per cinque anni dalla sua immissione sul mercato. Il produttore è tenuto a provvedere all’eliminazione di vulnerabilità attraverso periodici aggiornamenti software. |
2.9. |
Secondo un principio generale applicato in vari settori, gli obblighi sono anche a carico di importatori e distributori. |
2.10. |
Il CRA prevede una macro-categoria di prodotti e software cosiddetti «normali» per i quali ci si può affidare ad una auto-valutazione del produttore, come già accade per altri tipi di certificazione da marchio CE. Secondo la Commissione, il 90 % dei prodotti sul mercato rientra in questa categoria. |
2.11. |
I prodotti in questione possono essere immessi sul mercato a seguito di un’auto-valutazione della loro cibersicurezza da parte del produttore che presenta un’idonea documentazione stabilita dalle linee guida della normativa. Lo stesso produttore è tenuto a ripetere la valutazione se il prodotto viene modificato. |
2.12. |
Il restante 10 % dei prodotti è suddiviso in altre due categorie (la classe I, meno pericolosi, e la classe II, più pericolosi), la cui immissione sul mercato richiede una maggiore attenzione. Si tratta dei cosiddetti «prodotti critici con elementi digitali», il cui difetto può condurre ad altre pericolose e più estese violazioni della sicurezza. |
2.13. |
Per i prodotti di queste due classi le autocertificazioni di base sono ammissibili solo se il produttore dimostra di avere seguito specifici standard di mercato e specifiche di sicurezza o certificazioni di cibersicurezza già previste dall’UE. In caso contrario può ottenere la certificazione del prodotto da parte di un ente di certificazione accreditato la cui attestazione è obbligatoria per i prodotti di classe II. |
2.14. |
Il sistema di classificazione dei prodotti in categorie di rischio è contenuto anche nella proposta di regolamento sull’IA (intelligenza artificiale). Per evitare dubbi circa le disposizioni applicabili, il CRA prende in considerazione i prodotti con elementi digitali che sono contemporaneamente classificati come «sistemi di IA ad alto rischio» ai sensi della proposta sull’IA. Tali prodotti dovranno generalmente rispettare la procedura di valutazione della conformità stabilita dal regolamento sull’IA, fatta eccezione per i «prodotti digitali critici», per i quali si applicheranno le norme di valutazione della conformità del CRA in aggiunta ai «requisiti essenziali del CRA». |
2.15. |
Onde garantire il rispetto del CRA, è prevista una attività di vigilanza che ogni Stato membro dovrà affidare a una autorità nazionale. In linea con la normativa relativa alla sicurezza di altri prodotti, se un’autorità nazionale rileva che vengono meno le caratteristiche di cibersicurezza di un prodotto, la sua commercializzazione può essere sospesa nello Stato in questione. L’ENISA ha competenza per valutare in dettaglio un prodotto segnalato e le sue valutazioni, in caso di rilevata insicurezza di un prodotto, possono condurre alla sospensione della commercializzazione dello stesso nell’UE. |
2.16. |
L’apparato sanzionatorio del CRA è garantito da una serie di sanzioni — rapportate alla gravità della violazione — che, in caso di violazione dei requisiti essenziali di cibersicurezza dei prodotti, possono raggiungere 15 milioni di EUR o il 2,5 % del fatturato dell’anno fiscale precedente. |
3. Osservazioni
3.1. |
Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione volta ad inserire un tassello chiave nell’ambito del più ampio mosaico normativo in tema di cibersicurezza, in coordinamento ed a complemento della direttiva NIS (1) e in aggiunta al regolamento sulla cibersicurezza (2). Standard elevati di cibersicurezza hanno infatti un ruolo fondamentale nella creazione di un solido sistema di cibersicurezza dell’UE per tutti gli operatori economici, utile a garantire ai cittadini dell’UE un utilizzo sicuro di tutti i prodotti sul mercato e a rafforzare la loro fiducia nel mondo digitale. |
3.2. |
Il regolamento affronta quindi due questioni: il basso livello di sicurezza informatica di molti dei prodotti e, soprattutto, il fatto che molti produttori non forniscono aggiornamenti per risolvere le vulnerabilità. Mentre i fabbricanti di prodotti con elementi digitali a volte subiscono danni alla reputazione quando i loro prodotti mancano di sicurezza, il costo delle vulnerabilità è prevalentemente a carico degli utenti professionali e dei consumatori. Questo limita gli incentivi dei produttori a investire nella progettazione e nello sviluppo di prodotti sicuri e a fornire aggiornamenti di sicurezza. A ciò si aggiunga che le imprese e i consumatori spesso non dispongono di informazioni sufficienti e accurate quando si tratta di scegliere prodotti sicuri e spesso non sanno come assicurarsi che i prodotti che acquistano siano configurati in modo sicuro. Le nuove norme trattano questi due aspetti affrontando la questione degli aggiornamenti e della fornitura di informazioni aggiornate ai clienti. Il CESE ritiene che, in tal senso, ove correttamente applicato, il regolamento proposto possa diventare parametro di riferimento e modello a livello internazionale in materia di cibersicurezza. |
3.3. |
Il CESE accoglie con favore la proposta volta ad introdurre requisiti di sicurezza informatica per i prodotti con elementi digitali. Sarà tuttavia importante evitare sovrapposizioni con altre previsioni normative vigenti sul punto, quali la nuova direttiva NIS 2 (3) ed il regolamento sull’IA. |
3.4. |
Il CESE ritiene importante sottolineare che, se da un lato è apprezzabile che il CRA riguardi praticamente tutti i prodotti digitali, dall’altro potrebbero porsi problemi di concreta applicazione del medesimo data la notevole attività di verifica e controllo che lo stesso comporta. |
3.5. |
L’ambito di applicazione materiale del CRA è ampio e copre tutti i prodotti con elementi digitali. Secondo la definizione proposta, sono coperti tutti i prodotti software e hardware e le relative operazioni di elaborazione dati. Il CESE suggerisce alla Commissione di chiarire se tutto il software rientri nell’ambito di applicazione della proposta di regolamento. |
3.6. |
I produttori avranno l’obbligo di segnalare, da un lato, le vulnerabilità attivamente sfruttate e, dall’altro, gli incidenti di sicurezza. Saranno tenuti a informare l’ENISA di qualsiasi vulnerabilità attivamente sfruttata contenuta nel prodotto e (separatamente) di qualsiasi incidente che abbia un impatto sulla sicurezza del prodotto, in ogni caso entro 24 ore da quando ne sono venuti a conoscenza. Al riguardo, il CESE rileva la necessità che l’ENISA sia dotata di risorse adeguate, dal punto di vista numerico e della preparazione professionale, per essere in grado di svolgere con efficacia i rilevanti e delicati compiti che le saranno affidati ai sensi del regolamento. |
3.7. |
Il fatto che una serie di prodotti che rientrano nel campo di applicazione della proposta siano altresì sottoposti ad altre previsioni normative in materia di cibersicurezza potrebbe comportare incertezza circa la normativa applicabile. Sebbene il CRA preveda di essere coerente con l’attuale quadro normativo dell’UE relativo ai prodotti e con altre proposte attualmente in itinere nel contesto della Strategia digitale dell’UE, norme come quelle previste per i prodotti di intelligenza artificiale ad alto rischio, per esempio, si incrociano con quelle previste dal regolamento sul trattamento dei dati personali. Al riguardo il CESE suggerisce alla Commissione di elaborare apposite linee guida così da orientare produttori e consumatori sulla sua corretta applicazione. |
3.8. |
Il CESE rileva che non pare del tutto chiaro il rapporto fra le autorità certificatrici ai sensi del CRA ed eventuali altri organi abilitati a certificare la cibersicurezza ai sensi di altre regolamentazioni parimenti applicabili. |
3.9. |
Notevole carico di attività e responsabilità incombe poi sulle medesime autorità certificatrici, la cui concreta operatività deve essere verificata e garantita, onde evitare che il CRA si traduca in un aumento degli oneri burocratici già previsti a carico dei produttori per operare sul mercato. A tale riguardo, sarebbe ugualmente importante che le PMI e le MPMI, in particolare, avessero accesso a un’assistenza specialistica qualificata, in grado di fornire servizi professionali specifici. |
3.10. |
Il CRA prevede che le autorità certificatrici tengano conto delle specifiche esigenze delle PMI in occasione delle prestazioni rese dalle autorità certificatrici; tuttavia il CESE segnala l’opportunità di chiarire i criteri applicativi. |
3.11. |
Un problema di coordinamento rischia inoltre di porsi fra le autorità di sorveglianza previste dal regolamento in esame e quelle già attive ai sensi di altra regolamentazione applicabile ai medesimi prodotti. Il CESE suggerisce pertanto alla Commissione di invitare gli Stati membri a vigilare e, se del caso, intervenire per ovviare a tale eventualità. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (GU L 194 del 19.7.2016, pag. 1).
(2) Regolamento (UE) 2019/881 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativo all’ENISA, l’Agenzia dell’Unione europea per la cibersicurezza, e alla certificazione della cibersicurezza per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e che abroga il regolamento (UE) n. 526/2013 («regolamento sulla cibersicurezza») (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 15).
(3) Direttiva (UE) 2022/2555 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2022, relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell'Unione, recante modifica del regolamento (UE) n. 910/2014 e della direttiva (UE) 2018/1972 e che abroga la direttiva (UE) 2016/1148 (direttiva NIS 2) (GU L 333 del 27.12.2022, pag. 80).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/105 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante il recupero e la confisca dei beni
[COM(2022) 245 final]
(2023/C 100/16)
Relatore: |
Ionuț SIBIAN |
Consultazione |
Commissione europea, 27.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
23.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
208/0/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La proposta di direttiva risponde correttamente alla necessità di estendere l’ambito di applicazione dei meccanismi di confisca, rafforza le competenze delle autorità nazionali e istituisce meccanismi di cooperazione transfrontaliera per aumentare il tasso di recupero dei beni. |
1.2. |
Nell’estendere l’ambito di applicazione dei meccanismi di confisca a una nuova serie di reati, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) incoraggia la Commissione europea a chiarire e garantire che il traffico di migranti e il commercio illecito dei prodotti del tabacco rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva proposta. |
1.3. |
Il CESE invita la Commissione europea a valutare come applicare la direttiva proposta alle violazioni delle misure restrittive dell’UE, e ritiene che sia necessaria una legislazione distinta in materia. La proposta di direttiva dovrebbe consentire agli uffici per il recupero dei beni di rafforzare la loro capacità operativa senza che sia necessario attribuire loro ulteriori competenze. |
1.4. |
Andrebbe garantito l’accesso del pubblico alle informazioni, ad eccezione di quelle riguardanti procedimenti per il recupero di beni che sono ancora in corso. Secondo il CESE, la direttiva proposta dovrebbe indicare esplicitamente che le autorità nazionali e la Commissione europea sono tenute a pubblicare periodicamente statistiche complete sulle misure adottate a norma della direttiva e a garantire l’accesso del pubblico alle informazioni. |
1.5. |
Il CESE invita la Commissione europea ad assicurarsi che gli Stati membri adottino strategie nazionali in materia di recupero dei beni in cui si tenga pienamente conto della trasparenza e dell’accessibilità. |
1.6. |
Il CESE incoraggia vivamente la Commissione europea a prendere tutte le precauzioni necessarie durante l’iter di recepimento, per evitare abusi qualora nei procedimenti per il recupero di beni fossero adottate misure di confisca non basate su una sentenza di condanna. |
1.7. |
Il meccanismo appena introdotto che consente di confiscare un bene non per un legame diretto accertato con uno dei reati elencati nella direttiva, ma per il sospetto di un suo possesso illecito e/o derivante da attività criminali, richiede norme più rigorose sui diritti e le garanzie procedurali per gli imputati. |
1.8. |
Il CESE esorta la Commissione non solo a riconsiderare la disposizione sul riutilizzo a fini sociali inclusa nella proposta di direttiva, ma anche a incoraggiare gli Stati membri a ideare meccanismi che coinvolgano in via prioritaria le organizzazioni della società civile per quanto riguarda la gestione dei beni confiscati e la loro destinazione. La Commissione dovrebbe fissare obiettivi che comprendano una percentuale minima di riutilizzo a scopo sociale dei beni confiscati. Per interesse pubblico non si dovrebbe intendere solo l’azione che rientra nella sfera di competenza degli enti pubblici. |
1.9. |
Il CESE ritiene molto importante che la Commissione sia più precisa nel definire il diritto delle vittime al risarcimento e nel dare loro la priorità nella graduatoria dei creditori. |
1.10. |
Il CESE sostiene quanto richiesto nella proposta di direttiva della Commissione in merito all’istituzione in ciascuno Stato membro di almeno un ufficio per il recupero dei beni, al quale devono essere assegnate le risorse necessarie per svolgere in modo efficiente ed efficace il proprio ruolo. Per garantire in tutta l’UE standard minimi di funzionamento degli uffici per il recupero dei beni, la Commissione europea dovrebbe richiedere relazioni periodiche sulle risorse assegnate in ciascuno Stato membro. |
1.11. |
Il CESE prende atto che l’obiettivo è aumentare il ricorso al meccanismo delle vendite pre-confisca tramite l’introduzione di una definizione di riferimento e la specificazione delle condizioni da rispettare per il suo utilizzo. Allo stesso tempo, la formulazione della condizione standard relativa alle «competenze non facilmente disponibili» potrebbe essere migliorata, diventando «competenze irragionevolmente difficili da acquisire». La vendita dovrebbe rimanere l’ultima ipotesi da prendere in considerazione per quanto riguarda il riutilizzo a scopo sociale, dato che i fondi confiscati possono essere destinati al risarcimento delle vittime. |
1.12. |
Il CESE incoraggia la Commissione europea a completare il mandato degli uffici per il recupero e la gestione dei beni introducendo nella proposta di direttiva in esame disposizioni pertinenti sugli accordi di ripartizione dei beni confiscati. |
1.13. |
Il CESE ritiene necessario non solo includere strumenti più concreti per assistere i funzionari di paesi terzi, ma anche incoraggiare attivamente gli Stati membri a sviluppare forme di cooperazione con tali paesi, al fine di trarre il massimo vantaggio dai meccanismi per il recupero dei beni previsti dalla proposta di direttiva. Lo stesso vale per l’attuazione degli strumenti e dei mezzi giuridici necessari per garantire alle vittime di reati il pieno diritto al risarcimento nei paesi terzi. |
1.14. |
Il CESE raccomanda che la Commissione elabori orientamenti per comparare la legislazione da sostituire con la nuova direttiva da applicare, al fine di incoraggiare l’adozione di misure che agevolino il prossimo recepimento della direttiva proposta nelle giurisdizioni nazionali e consentire alle autorità nazionali di allinearla rapidamente alla propria legislazione. |
1.15. |
Il CESE raccomanda alla Commissione europea di avvalersi degli strumenti per la raccolta comparativa dei dati introdotti nella proposta di direttiva allo scopo sia di istituire meccanismi di monitoraggio trasparenti a cui partecipi la società civile, che di condurre un processo di valutazione dell’impatto della direttiva proposta entro tre anni dalla sua adozione. |
2. Contesto
2.1. |
Il recupero dei beni è fondamentale per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, ossia le attività connesse alla criminalità organizzata. La criminalità organizzata si basa sull’ottenimento di profitti che verrebbero poi riciclati e immessi nell’economia lecita, creando così un maggior numero di vittime, distorcendo le regole del mercato e perpetuando la capacità di minare i mercati finanziari e di provocare perdite per i cittadini e le imprese. I quadri giuridici per il recupero dei beni e gli strumenti di cooperazione transfrontaliera necessitano di un’ulteriore revisione e applicazione, poiché nell’UE solo il 2 % circa dei proventi di reato è congelato e l’1 % confiscato (1). |
2.2. |
La prima strategia specifica dell’UE per la lotta alla criminalità organizzata (2) è stata adottata nell’aprile 2021 e affronta la minaccia che la criminalità organizzata rappresenta per i cittadini europei, le istituzioni statali e l’economia nel suo complesso. Uno dei pilastri della strategia è eliminare i profitti generati dalla criminalità organizzata e prevenirne l’infiltrazione nell’economia lecita e nelle imprese legali (approccio «segui il denaro») e la Commissione è stata invitata a intervenire in seguito alla revisione della direttiva relativa alla confisca (3) e alla decisione del Consiglio relativa agli uffici per il recupero dei beni (4). |
2.3. |
Il CESE è da tempo pienamente consapevole dell’aumento della criminalità organizzata e dei suoi notevoli costi sul piano non solo economico, ma anche politico e sociale, e se ne dichiara preoccupato. L’attività del CESE è stata coerente con la sua missione, e i pareri (5) elaborati dal Comitato su temi connessi alla lotta contro la criminalità organizzata hanno aiutato i legislatori europei a dare potere e rilevanza ai cittadini attraverso la società civile organizzata. Il recupero dei beni fa parte dell’ecosistema legislativo più generale dell’UE che è volto ad apportare un contributo alla giustizia riparativa di cui le comunità hanno bisogno per ridurre i danni causati dai reati. |
2.4. |
La valutazione (6) dell’attuale quadro giuridico in materia di recupero dei beni ha indicato che, nonostante un miglioramento generale da parte degli Stati membri, i risultati complessivi in termini di confisca dei beni non sono soddisfacenti e i tassi di confisca nell’UE rimangono molto bassi. La capacità di rintracciare e individuare i beni è un fattore chiave per migliorare il tasso di successo e congelare e confiscare un maggior numero di beni illegali. La revisione della legislazione dovrebbe ampliare l’ambito di applicazione del recupero dei beni illegali e aumentare il numero di strumenti corrispondenti, nonché rafforzare la capacità degli uffici nazionali per il recupero (7). |
2.5. |
Le opzioni strategiche per la revisione del quadro di riferimento per il recupero dei beni sono state oggetto di una consultazione pubblica nel 2021. Nel marzo 2021 è stata pubblicata una valutazione d’impatto iniziale (8) per ottenere un riscontro, seguita da una consultazione pubblica condotta tra il 21 giugno e il 27 settembre 2021 per raccogliere i pareri del pubblico e delle parti interessate. Nella relazione sulla valutazione d’impatto (9) sono state analizzate e presentate quattro opzioni strategiche.
|
2.5.1. |
Dalla valutazione d’impatto è emerso che l’opzione 3 è la più adatta in quanto fornisce il miglior equilibrio tra efficacia, efficienza e proporzionalità, da un lato, e i vari impatti economici, sociali e ambientali previsti, dall’altro. |
2.6. |
Il 25 maggio 2022 la Commissione ha proposto una nuova direttiva relativa al recupero e alla confisca dei beni che sostituirà l’attuale direttiva relativa alla confisca, la decisione del Consiglio relativa agli uffici per il recupero dei beni e la decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio (10). L’obiettivo fissato è stabilire norme comuni per il rintracciamento e l’individuazione, il congelamento, la gestione e la confisca dei beni in un unico strumento che garantirebbe ulteriormente un approccio più coerente e strategico per tutti gli attori del sistema di recupero dei beni. |
3. Osservazioni generali e particolari
3.1. |
L’approccio generale della proposta di direttiva è coerente con l’obiettivo di rafforzare le capacità delle autorità competenti di, in primo luogo, individuare, congelare e gestire i beni illeciti; in secondo luogo, rafforzare ed estendere le capacità di confisca degli stessi e, infine, migliorare la cooperazione tra tutte le autorità coinvolte nel recupero dei beni. |
3.2. |
La direttiva proposta dovrebbe rendere i meccanismi di recupero dei beni più efficienti ed efficaci imponendo una serie di norme minime fondamentali in materia di rintracciamento e individuazione, congelamento, confisca e gestione dei beni in materia penale e facilitare l’attuazione delle misure restrittive dell’UE ove necessario. Tuttavia, la proposta di direttiva dovrebbe essere accompagnata da atti legislativi e misure supplementari in merito alle violazioni delle misure restrittive dell’UE, e la Commissione dovrebbe valutare attentamente la possibilità di impedire eventuali indebolimenti della capacità degli uffici per il recupero dei beni di adempiere alla loro funzione essenziale. |
3.3. |
Il CESE ritiene che la disposizione proposta, secondo cui ciascuno Stato membro adotta una strategia nazionale in materia di recupero dei beni, creerà un approccio più strategico in questo settore, promuoverà una maggiore cooperazione tra le autorità competenti e fornirà un quadro d’insieme chiaro dei risultati in materia di recupero dei beni. |
3.4. |
L’ampliamento dell’ambito di applicazione dei meccanismi di confisca consentirà alle autorità giudiziarie nazionali di applicare la confisca estesa a una serie più ampia di reati rispetto a quanto previsto dalla direttiva relativa alla confisca attualmente in vigore. Il CESE accoglie con favore l’estensione del campo di applicazione della proposta di direttiva, in quanto colmerebbe una lacuna nella direttiva relativa alla confisca per quanto riguarda un elenco significativo di reati, tra cui i reati ambientali, il traffico di organi, il traffico di beni culturali, il rapimento, il sequestro di persona o la presa di ostaggi e il traffico di veicoli rubati nella misura in cui il reato è commesso da un’organizzazione criminale. Allo stesso tempo, la direttiva proposta non comprende esplicitamente il traffico di migranti e il commercio illecito dei prodotti del tabacco, malgrado i notevoli proventi annuali di questi mercati criminali (rispettivamente 289,4 milioni di EUR e 8 309,3 milioni di EUR (11)). |
3.5. |
Se alle autorità competenti verrà dato accesso immediato e diretto alle informazioni di altre autorità nazionali (come gli uffici delle imposte e dell’erario, oppure gli uffici nazionali del catasto), ne risulterà rafforzata la capacità degli uffici per il recupero dei beni di agire e reagire in modo efficace e tempestivo. Allo stesso tempo, andrebbe garantito anche l’accesso del pubblico alle informazioni, ad eccezione di quelle riguardanti procedimenti per il recupero di beni che sono ancora in corso a livello nazionale o europeo. |
3.6. |
La direttiva proposta amplia l’elenco delle situazioni per le misure di confisca non basate su condanne nell’ambito di procedimenti penali ad altri casi in cui una condanna penale non è possibile a causa di circostanze oggettive relative a immunità, amnistia e prescrizione. Il CESE riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione per imporre limiti a questi casi in quanto potrebbero essere utilizzati impropriamente o a fini di molestie o persecuzioni. |
3.7. |
La direttiva proposta comprende un nuovo meccanismo di confisca che garantisce la confisca di beni non direttamente connessi a uno dei reati elencati nella direttiva ma in base al sospetto di proprietà illecita/di beni derivanti da attività criminali. Nonostante l’obbligatorietà del procedimento giudiziario che precede la decisione di confisca e l’onere della prova a carico del pubblico ministero per collegare il bene in questione all’attività criminosa, sono necessarie maggiori garanzie per escludere eventuali abusi nel corso del procedimento. Le giurisdizioni nazionali seguono percorsi diversi, che vanno dalla confisca ai sensi del diritto civile fino a quella ai sensi del diritto penale. La direttiva proposta dovrebbe includere norme a tutela dei diritti e delle garanzie procedurali degli imputati e garantire che i giudici e i pubblici ministeri possano usufruire di una formazione adeguata. |
3.8. |
L’impatto limitato della disposizione relativa al riutilizzo sociale nella direttiva relativa alla confisca richiederebbe un maggiore incoraggiamento degli Stati membri a includere misure adeguate per garantire l’efficacia della disposizione. Il CESE chiede alla Commissione europea di puntare più in alto nei suoi sforzi per rendere efficace il riutilizzo a scopo sociale dei beni confiscati e di fissare una percentuale minima di riutilizzo a fini sociali che gli Stati membri devono raggiungere. Per il bene della coesione sociale è della massima importanza che le comunità danneggiate ottengano direttamente giustizia riparativa e traggano beneficio dal risarcimento dei danni subiti. Inoltre, le comunità hanno bisogno di un’assistenza migliore che le aiuti a rafforzare la propria resilienza alla criminalità organizzata e la società civile deve essere coinvolta nella gestione dei beni confiscati e nella loro destinazione. |
3.9. |
Come indicato anche nella direttiva relativa alla confisca, il diritto delle vittime al risarcimento non sarà pregiudicato dalle misure di confisca. Tuttavia, la direttiva proposta non tutela ancora il risarcimento prioritario delle vittime nel quadro della gerarchia dei creditori. Allo stesso tempo, i cittadini di paesi terzi non sono sufficientemente protetti dalla direttiva proposta e da altre normative dell’UE, in quanto l’attenzione è rivolta ai cittadini dell’UE. |
3.10. |
La relazione sulla valutazione d’impatto evidenzia le seguenti carenze: mancanza di dettagli sul ruolo degli uffici per il recupero dei beni e risorse umane, finanziarie e tecniche insufficienti destinate al rintracciamento dei beni. La direttiva proposta fornisce una risposta a tali conclusioni e prevede che in ciascuno Stato membro sia istituito almeno un ufficio per il recupero dei beni. È da accogliere con favore l’obbligo esplicito di fornire risorse adeguate a questi uffici al fine di assicurarne l’efficienza e l’efficacia. Tuttavia, tale obbligo dovrebbe essere accompagnato da relazioni sulle risorse assegnate che il livello nazionale dovrebbe periodicamente inviare alla Commissione affinché quest’ultima possa valutare se vi sia frammentazione o mancanza di equilibrio tra i vari uffici per il recupero dei beni. |
3.11. |
I costi associati alla gestione dei beni congelati e/o confiscati possono essere significativi o addirittura superare il valore del bene in questione. La direttiva proposta prevede l’obbligo per le autorità competenti di valutare i costi prima di emettere un provvedimento di congelamento. Il CESE accoglie con favore questa misura in quanto strumento efficace e utile volto a ridurre i costi necessari e a massimizzare il valore successivo del bene. |
3.12. |
Il meccanismo delle vendite pre-confisca, che può essere applicato in casi limitati ora elencati nella proposta di direttiva, contribuirà probabilmente a una gestione più efficace dei beni congelati. Tale meccanismo, sebbene sia disponibile nella maggior parte degli Stati membri, è utilizzato su scala ridotta e in modo molto variabile. È probabile che la direttiva proposta intensifichi il ricorso a questo meccanismo tramite l’introduzione di un’unica definizione e l’indicazione delle condizioni da rispettare per il suo utilizzo. |
3.13. |
L’assenza di statistiche complete e comparabili è risultata una grave carenza nel rendere più efficace il sistema di recupero dei beni. A tale riguardo, la direttiva proposta impone a ciascuno Stato membro di istituire un registro del recupero dei beni che raccolga informazioni codificate dalle autorità competenti durante l’intero processo di recupero dei beni. |
3.14. |
Il CESE ritiene che l’unificazione di tutte le disposizioni giuridiche pertinenti per il recupero dei beni in un’unica direttiva sia in linea con il programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT) della Commissione e aiuterà le autorità competenti e le parti interessate a comprendere meglio le norme e a migliorare l’attuazione e l’efficacia delle misure volte ad aumentare il tasso di recupero dei beni illeciti nelle giurisdizioni nazionali. |
3.15. |
Gli uffici per la gestione dei beni saranno organismi specializzati istituiti o designati in ciascuno Stato membro per garantire una gestione efficiente dei beni congelati e confiscati e per cooperare con altre autorità competenti in materia di rintracciamento, individuazione, congelamento, confisca e gestione a livello nazionale o nei casi transfrontalieri. La direttiva proposta è più precisa nel definire i ruoli e i compiti degli uffici e fornisce maggiore chiarezza agli Stati membri nella definizione delle loro infrastrutture per il recupero dei beni. |
3.16. |
La destinazione dei beni o la loro restituzione nel quadro di procedimenti transfrontalieri dovrebbe essere stabilita da accordi sulla ripartizione dei beni confiscati che devono essere sottoscritti dagli Stati membri pertinenti. I sistemi nazionali possono variare notevolmente in rapporto alle autorità competenti e alle procedure necessarie per concludere accordi di questo tipo. Poiché la direttiva proposta non contiene disposizioni specifiche a questo proposito, bisognerebbe esplicitamente conferire agli uffici per il recupero e la gestione dei beni opportune competenze al riguardo. |
3.17. |
La cooperazione con i paesi terzi è particolarmente importante, in quanto la criminalità organizzata esiste anche al di fuori dell’UE e comporta rischi significativi per la sicurezza interna dell’Unione. Poiché le attività della criminalità organizzata sono diventate più interconnesse, internazionali e digitali, è importante garantire che le autorità dei paesi terzi siano in grado di cooperare con le autorità loro omologhe degli Stati membri. Andrebbero quindi presi in considerazione vari strumenti di assistenza e sostegno tesi ad assicurare un’applicazione rafforzata della direttiva proposta. |
3.18. |
Gli strumenti di consultazione utilizzati dalla Commissione prima della proposta di direttiva erano inclusivi e adeguati alla varietà delle parti interessate — in particolare le autorità competenti, i professionisti, le organizzazioni imprenditoriali, le organizzazioni della società civile e il pubblico in generale — in termini di durata e di metodi. Il CESE riconosce gli sforzi compiuti dalla Commissione per mettere a disposizione dati e informazioni affidabili sulla situazione e sui progressi degli Stati membri e dell’UE nel suo complesso nel settore del recupero di beni illeciti. Sforzi analoghi dovrebbero essere intrapresi in sede di recepimento della direttiva nella legislazione nazionale e di valutazione della sua attuazione. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Europol, Does crime still pay? Criminal Asset Recovery in the EU [I reati continuano a rendere? Il recupero dei proventi di reato nell’UE. Inchiesta sulle informazioni statistiche 2010-2014], Survey of Statistical information 2010-2014, 2016.
(2) Comunicazione della Commissione «Strategia dell'UE per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025», COM(2021) 170 del 14.4.2021.
(3) Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 39).
(4) Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pag. 103).
(5) Alcuni dei pareri pertinenti del CESE: parere sul pacchetto Unione della sicurezza (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 69), i pareri sulla normativa antiriciclaggio, il più recente dei quali è il parere sul pacchetto legislativo antiriciclaggio del 2021 (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 89), il parere sulla strategia per la lotta alla criminalità organizzata 2021-2025 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 91), il parere sul rafforzamento del mandato di Europol (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 66), il parere sui controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dall’Unione (GU C 246 del 28.7.2017, pag. 22), il parere sulla agenda europea sulla sicurezza (GU C 177 del 18.5.2016, pag. 51) e il parere su un’Europa aperta e sicura (GU C 451 del 16.12.2014, pag. 96).
(6) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, «Recupero e confisca dei beni: garantire che “il crimine non paghi”», COM(2020) 217 final.
(7) In linea con le conclusioni del Consiglio sul rafforzamento delle indagini finanziarie per combattere la criminalità organizzata e le forme gravi di criminalità, documento del Consiglio n. 8927/20 del 17 giugno 2020.
(8) Dì la tua: Lotta alla criminalità organizzata — rafforzamento del mandato degli uffici per il recupero dei beni dell'UE.
(9) Commissione europea, Relazione sulla valutazione d'impatto che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al recupero e alla confisca dei beni (2022).
(10) Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49).
(11) Commissione europea, direzione generale della Migrazione e degli affari interni, Mapping the risk of serious and organised crime infiltrating legitimate businesses: final report [Mappatura del rischio di infiltrazione della criminalità grave e organizzata nelle imprese legali: relazione finale], Disley, E., Blondes, E., Hulme, S. (a cura di), Ufficio delle pubblicazioni, 2021.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/111 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro comune per i servizi di media nell’ambito del mercato interno (legge europea per la libertà dei media) e modifica la direttiva 2010/13/UE
[COM(2022) 457 final — 2022/0277 (COD)]
(2023/C 100/17)
Relatore: |
Christian MOOS |
Correlatore: |
Tomasz Andrzej WRÓBLEWSKI |
Consultazione |
Parlamento europeo, 17.10.2022 Consiglio dell’Unione europea, 28.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
23.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
155/0/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La libertà e la diversità dei media rivestono un’importanza fondamentale per lo Stato di diritto e la democrazia liberale. Il CESE deplora alcuni sviluppi preoccupanti cui si assiste in quest’ambito all’interno dell’UE, e accoglie pertanto con favore le iniziative della Commissione europea a favore della libertà dei media. |
1.2. |
Il CESE si chiede con preoccupazione se il completamento del mercato interno dei media rappresenti un approccio sufficiente per proteggere la libertà e il pluralismo dei media. L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di preservare o ripristinare la libertà e la diversità dei media, senza dimenticare che il benessere economico è collegato alla libertà dei media. |
1.3. |
Il CESE si rallegra che la Commissione europea abbia riconosciuto che la concentrazione del mercato dei media che porta alla creazione di monopoli può rappresentare una grave minaccia per la libertà e la pluralità dei media. Tuttavia, la concentrazione del mercato può anche essere una scelta ragionevole, e non deve necessariamente produrre tali effetti negativi. |
1.4. |
Semplici raccomandazioni e un approccio non vincolante non sono sufficienti. La libertà e l’indipendenza dei media devono costituire un criterio vincolante per la relazione e il meccanismo sullo Stato di diritto. |
1.5. |
Il CESE accoglie con favore le proposte volte a rafforzare e difendere l’indipendenza editoriale. Sottolinea la necessità di sostenere l’indipendenza dei giornalisti e degli editori. |
1.6. |
I media pubblici hanno senso solo se sono imparziali e completamente indipendenti dall’influenza politica. Risorse finanziarie adeguate e stabili sono una garanzia fondamentale a tale riguardo, a condizione che un sistema efficace di controlli garantisca l’efficacia della spesa. |
1.7. |
Il CESE ritiene importante che, in materia di trasparenza della proprietà dei media, vi siano dei requisiti vincolanti, I requisiti stabiliti non devono comportare un onere amministrativo eccessivo per gli organi di informazione di piccole dimensioni. |
1.8. |
Il CESE è preoccupato per la mancanza di indipendenza di alcuni organismi nazionali di regolamentazione e chiede un quadro che ne garantisca l’indipendenza. |
1.9. |
Il CESE accoglie con favore la creazione di un comitato europeo per i servizi di media, ma sottolinea che esso deve essere pienamente indipendente, in quanto l’UE dovrebbe fungere da esempio di buone pratiche per conseguire la piena indipendenza degli organismi nazionali di regolamentazione. La partecipazione di organismi nazionali di regolamentazione che non sono indipendenti sarebbe inopportuna. |
1.10. |
Il CESE sottolinea l’importanza della trasparenza in tutti i processi relativi alla moderazione dei contenuti sulle piattaforme online di dimensioni molto grandi. |
1.11. |
Il CESE raccomanda di definire norme minime a livello dell’UE in linea con le attuali disposizioni della legislazione dell’UE in materia di lotta alla concentrazione. Invita i legislatori ad adottare normative vincolanti nel rispetto della libertà imprenditoriale e ad evitare inutili oneri burocratici e costi. |
1.12. |
Qualora le autorità nazionali di regolamentazione non riescano a valutare in modo sufficiente la concentrazione del mercato dei media, la Commissione europea dovrebbe reagire in conformità delle vigenti disposizioni del diritto dell’UE in materia di lotta alla concentrazione. |
1.13. |
Il CESE accoglie con favore i requisiti vincolanti di trasparenza per quanto riguarda l’allocazione della pubblicità statale. |
1.14. |
Il CESE accoglie con favore l’esercizio di monitoraggio annuale e chiede che le parti interessate e la società civile siano consultate. Propone di estendere il raggio d’azione delle attività di monitoraggio anche a qualsiasi altro aspetto pertinente alla tutela della libertà e della pluralità dei media. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE ribadisce la propria recente posizione sull’importanza della libertà e della diversità dei media per la democrazia liberale e lo Stato di diritto, che tutti gli Stati membri si sono impegnati a rispettare con la ratifica dei Trattati dell’UE, come indicato nel parere d’iniziativa di vasta portata sul tema Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa (1), nel parere Piano d’azione per la democrazia europea (2) e nel parere Iniziativa contro l’abuso del contenzioso nei confronti di giornalisti e difensori dei diritti (3). |
2.2. |
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha giustamente affermato nel discorso sullo stato dell’Unione del 2021 (4) che l’informazione è un bene pubblico. Senza il libero accesso a informazioni indipendenti e affidabili, i cittadini dell’UE non possono esercitare il loro diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione, sancito dall’articolo 10 del trattato sull’Unione europea. |
2.3. |
In linea generale l’Europa rimane un continente caratterizzato da mezzi di comunicazione liberi e diversificati. Suscitano tuttavia allarme alcuni recenti sviluppi prodottisi nell’UE. Riguardo alle garanzie normative efficaci a tutela della libertà dei media, continua a destare grande preoccupazione la protezione dei giornalisti, specie per la mancanza di strumenti di contrasto delle azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (Strategic Lawsuits Against Public Participation — SLAPP). L’Osservatorio del pluralismo dei media 2022 (5) ha inoltre rilevato che, tra tutti i settori contemplati dallo studio, quello relativo alla pluralità di mercato è esposto al livello di rischio più elevato. L’Osservatorio segnala come grave ostacolo ai miglioramenti in questo settore la mancanza, nella maggior parte dei paesi, di meccanismi efficaci per proteggere l’autonomia editoriale, dato che negli ultimi anni l’indipendenza dalla politica non ha fatto progressi. |
2.4. |
Oltre alle minacce alla libertà dei media che provengono dall’interno, l’UE è esposta a ingerenze esterne che cercano di manipolare i dibattiti pubblici in Europa. In un contesto di crescenti tensioni geopolitiche, la protezione della libertà e del pluralismo dei media costituisce un contributo importante alla resilienza dell’UE contro le minacce esterne. |
2.5. |
Tuttavia, alcuni sviluppi positivi dimostrano anche che la legislazione dell’UE può fare la differenza. L’Osservatorio del pluralismo dei media 2022 ha riscontrato in quattro paesi uno sviluppo positivo rispetto all’indicatore «Protezione del diritto all’informazione», e ha attribuito tale miglioramento al recepimento della direttiva (UE) 2019/1937 (6) sulla protezione degli informatori. |
2.6. |
Il CESE accoglie quindi in linea di principio con favore l’iniziativa della Commissione relativa a una legge europea per la libertà dei media (7) e la raccomandazione della Commissione sulle garanzie interne di indipendenza editoriale e la trasparenza della proprietà nel settore dei media (8), in quanto è il passo logico successivo verso la protezione della libertà e del pluralismo dei media, e quindi della democrazia liberale nell’UE. |
2.7. |
Il CESE sottolinea che è importante che la legge europea sulla libertà dei media sia un regolamento con effetto diretto, mentre si chiede se l’approccio non vincolante della raccomandazione sia un modo efficace per conseguire gli obiettivi di tale documento. Delle semplici raccomandazioni non bastano a garantire la libertà e la diversità dei media negli Stati membri. La libertà e l’indipendenza dei media devono essere criteri vincolanti per la relazione sullo Stato di diritto e per l’attivazione del meccanismo negli Stati membri in cui tale libertà e indipendenza sono violate dal governo. |
2.8. |
La base giuridica del regolamento è l’articolo 114 del TFUE, che consente il ravvicinamento delle legislazioni nazionali che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno. Poiché i problemi e le carenze di fondo sono di natura altamente politica e riguardano il funzionamento dei sistemi democratici basati sullo Stato di diritto, il CESE si chiede con preoccupazione se il completamento del mercato interno dei media costituisca un approccio sufficiente per proteggere la libertà e il pluralismo dei media. |
2.9. |
La proposta di regolamento si prefigge cinque obiettivi distinti: a) armonizzare le regole e le procedure nazionali per superare gli ostacoli che impediscono alle imprese del settore dei media di operare e di investire nel mercato interno; b) eliminare le barriere invisibili che impediscono agli editori stranieri di investire nei mercati locali nazionali; c) rafforzare la libertà editoriale di tutti i media, senza al tempo stesso limitare i diritti degli editori privati; d) garantire l’indipendenza dei media pubblici mediante la costruzione di meccanismi permanenti liberi dall’influenza dei politici; e) regolare l’assegnazione di risorse economiche, vale a dire la pubblicità statale. Il CESE mette in discussione la gerarchia degli obiettivi elencati. Esso ritiene che l’obiettivo principale dovrebbe essere preservare o ripristinare la libertà e la diversità dei media, anziché concentrarsi su questioni economiche, a meno che non siano chiaramente collegate alla libertà dei media. |
2.10. |
Dal regolamento emerge chiaramente che la Commissione intende concentrarsi sulle «distorsioni» del mercato interno e aprire il mercato dei media a una maggiore concorrenza transfrontaliera, in particolare per i servizi di media audiovisivi e lo scambio di video. Pertanto, l’ambito di applicazione effettivo del regolamento è molto più ristretto di quanto suggerisce il suo titolo. Il CESE ritiene che questo approccio non sia sufficiente per difendere efficacemente e, ove necessario, ripristinare la libertà e il pluralismo dei media, che sono sotto attacco in quasi tutti gli Stati membri e sostanzialmente aboliti in alcuni casi gravi, con tutte le conseguenze devastanti che ciò comporta per il lavoro e la sicurezza dei giornalisti e per l’integrità del dibattito pubblico e dell’informazione. Con l’apertura del mercato è necessario garantire gli stessi standard di protezione della libertà di parola, per far sì che un accesso più ampio al mercato non comporti la monopolizzazione del mercato stesso da parte di attori stranieri, in particolare nei paesi più poveri. |
2.11. |
Il CESE accoglie con favore le proposte volte a rafforzare e difendere l’indipendenza editoriale. Sottolinea anche la necessità di difendere l’indipendenza dei giornalisti e degli editori, vale a dire il diritto degli editori di stabilire una linea editoriale per la pubblicazione. Il CESE ha osservato che in diversi Stati membri dell’UE sta sempre più aumentando l’influenza politica ed economica sia sui media pubblici che sui media privati con stretti legami con il potere. Ciò è incompatibile con il ruolo dei media in quanto quarto potere. Il regolamento non specifica in che modo l’indipendenza editoriale possa essere conciliata con i diritti e gli interessi legittimi degli editori e dei proprietari di media privati. |
2.12. |
Il CESE sostiene le misure volte a rafforzare la resilienza contro la manipolazione delle informazioni e le ingerenze operate da soggetti stranieri, a condizione che ciò non incida sulla libertà di espressione all’interno dell’Unione europea. |
2.13. |
La legge europea sulla libertà dei media individua la necessità di finanziare il settore dei media, come suggerito dal CESE nel suo parere sul tema Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa (9). Tuttavia, gli strumenti forniti non sono ancora sufficienti a garantire il giornalismo di qualità e la diversità dei media negli Stati membri. Al tempo stesso, il CESE ritiene che le migliori condizioni per la libertà dei media siano un quadro normativo che consenta agli organi di informazione di finanziarsi attraverso ciò che offrono al mercato. I media pubblici hanno senso solo se sono imparziali e completamente indipendenti dall’influenza politica, altrimenti il finanziamento pubblico può portare ad ogni tipo di abuso e manipolazione da parte di soggetti del settore pubblico. Qualsiasi progetto di finanziamento dei media dovrebbe basarsi su norme molto trasparenti e su garanzie di indipendenza politica per i giornalisti. |
2.14. |
Il CESE sostiene la relazione finale della Conferenza sul futuro dell’Europa (10) e il suo forte appello a favore della promozione dell’indipendenza e del pluralismo dei media [proposte 27 (1) e 37 (4)], che la Commissione cita senza seguire l’ordine di priorità che tali proposte comportano. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
Il CESE accoglie con favore il diritto dei destinatari dei servizi di media e dei fornitori di servizi di media di «ricevere una pluralità di notizie e contenuti di attualità, prodotti nel rispetto della libertà editoriale dei fornitori di servizi di media, a beneficio del dibattito pubblico», come stabilito all’articolo 3. |
3.2. |
Il CESE esprime dubbi sul campo di applicazione limitato dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), riguardante solo la diffusione di spyware (solo «qualsiasi prodotto con elementi digitali»), e propone di vietare la diffusione di qualsiasi dispositivo o tecnologia che possa essere utilizzato per la sorveglianza. |
3.3. |
Il CESE sottolinea l’importanza di garanzie per l’indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico e per la messa a loro disposizione di risorse finanziarie adeguate e stabili (articolo 5); tuttavia, dovrebbe essere previsto un sistema efficace di controlli che salvaguardi l’efficacia nella spesa delle risorse. Il CESE ritiene che l’opzione migliore per stabilire l’ammontare opportuno dei finanziamenti necessari ai fornitori di media di servizio pubblico per adempiere alla loro missione sia un organismo indipendente, a condizione che non possa essere nominato politicamente. Le attuali tendenze a politicizzare la questione del finanziamento dei fornitori di media di servizio pubblico rappresentano una seria minaccia per la libertà dei media. |
3.4. |
Il CESE ritiene che i doveri dei fornitori di servizi di media di cui all’articolo 6, paragrafo 1, non siano sufficienti a garantire la trasparenza della proprietà dei media. La mancanza di trasparenza nella proprietà dei media è una ragione importante della mancanza di libertà editoriale e di un giornalismo di qualità (in linea con gli standard giornalistici). I fornitori di servizi di media e le piattaforme online devono rendere trasparente la loro proprietà agli utenti dei media. La protezione dei dati e della vita privata non deve costituire un ostacolo alla trasparenza della proprietà dei media. I requisiti stabiliti non devono comportare un onere amministrativo eccessivo per gli organi di informazione di piccole dimensioni. |
3.5. |
Il CESE raccomanda di integrare i requisiti vincolanti in materia di trasparenza di cui al punto 20 della raccomandazione della Commissione con i requisiti aggiuntivi di cui ai punti da 4.1 a 4.6 dell’allegato alla raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa agli Stati membri sul pluralismo dei media e sulla trasparenza della proprietà nel settore dei media (11). |
3.6. |
Il CESE ravvisa il pericolo che l’approccio non vincolante della raccomandazione della Commissione si traduca in un mosaico normativo che compromette l’integrità del mercato comune e gli obiettivi della direttiva. |
3.7. |
Il CESE ritiene che il riferimento dell’articolo 7 ai requisiti di cui all’articolo 30 della direttiva 2010/13/UE (12) sia troppo vago per garantire l’indipendenza delle autorità o degli organismi nazionali di regolamentazione. Raccomanda pertanto di definire un quadro che garantisca l’indipendenza degli organismi e degli strumenti nazionali di regolamentazione per porre rimedio a qualsiasi mancanza di indipendenza di un organismo nazionale di regolamentazione. |
3.8. |
Il CESE ritiene inaccettabile che un rappresentante di un’autorità o di un organismo nazionale, che non è pienamente indipendente, partecipi al processo decisionale del comitato europeo per i servizi di media proposto. Al fine di valutare l’indipendenza delle autorità o degli organismi nazionali, il regolamento deve definire criteri chiari. |
3.9. |
Il CESE non ritiene che il comitato europeo per i servizi di media proposto sia indipendente dalla Commissione europea e invita il legislatore europeo a garantirne la piena indipendenza. Se tale comitato non è pienamente indipendente dalla Commissione europea, non può esercitare alcuna funzione di vigilanza o di regolamentazione. |
3.10. |
Il CESE raccomanda di riformulare l’articolo 10, paragrafo 5, come segue: «La Commissione designa un/a suo/a rappresentante in seno al comitato. Il rappresentante della Commissione può partecipare alle riunioni del comitato, senza diritto di voto». |
3.11. |
Il CESE raccomanda di riformulare l’articolo 10, paragrafo 6, come segue: «Il comitato può invitare esperti e osservatori a partecipare alle sue riunioni». |
3.12. |
Per quanto riguarda l’articolo 11, il CESE respinge la decisione della Commissione relativa alla sotto-opzione A di istituire il comitato europeo per i servizi di media con il sostegno di un segretariato della Commissione. Solo la sotto-opzione B — relativa all’istituzione di un comitato europeo per i servizi di media che sia assistito da un ufficio indipendente dell’UE — può garantire l’indipendenza di tale comitato. |
3.13. |
Il CESE accoglie con favore il dialogo strutturato con tutte le parti interessate ed esplicitamente con la società civile, come indicato all’articolo 12, lettera l). Il CESE, che rappresenta i settori più importanti della società civile (comprese le parti sociali), può contribuire con le sue competenze a questo dialogo strutturato. |
3.14. |
Il CESE accoglie con favore la cooperazione strutturata, compresa l’assistenza reciproca, tra le autorità e gli organismi nazionali di regolamentazione. Tuttavia, il CESE raccomanda di ampliare l’ambito di applicazione dell’articolo 13, paragrafo 2, in modo che vada oltre i rischi per il funzionamento del mercato interno dei servizi di media, oppure per la sicurezza pubblica e la difesa, e di includere anche altri rischi per la libertà e la diversità dei media, nonché i rischi per l’indipendenza politica delle autorità e degli organismi di regolamentazione. |
3.15. |
Il CESE accoglie con favore gli sforzi per una migliore protezione dei contenuti dei fornitori di servizi di media sulle piattaforme online di dimensioni molto grandi, come stabilito all’articolo 17, e sottolinea l’importanza della trasparenza in tutti i processi relativi alla moderazione dei contenuti sulle piattaforme online di dimensioni molto grandi, a condizione che gli obblighi di cui a tale paragrafo non perturbino il funzionamento delle piattaforme online di grandi dimensioni. Il CESE accoglie con favore il dialogo strutturato di cui all’articolo 18 e sottolinea l’importanza di coinvolgere la società civile nel riesame dell’applicazione dell’articolo 17. |
3.16. |
Il CESE accoglie con favore il diritto degli utenti di personalizzare le impostazioni predefinite dei media audiovisivi, come previsto all’articolo 19. Per mettere in pratica questo diritto, la facilità d’uso dei dispositivi e/o delle interfacce utente è di fondamentale importanza, senza tuttavia che sia calpestata la capacità operativa dei fabbricanti e degli sviluppatori, né limitato il loro sviluppo futuro. Dispositivi e interfacce devono essere concepiti in modo da essere facilmente fruibili, in un linguaggio semplice. |
3.17. |
Il CESE propone inoltre di conferire al comitato europeo per i servizi di media il diritto (ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4) di elaborare un parere d’iniziativa qualora una misura legislativa, regolamentare o amministrativa nazionale possa incidere sul funzionamento del mercato interno dei servizi di media. |
3.18. |
Il CESE ribadisce la propria preoccupazione, già espressa in precedenza, che un approccio puramente basato sul mercato per garantire la pluralità e la libertà dei media in Europa non sia sufficiente. Pur riconoscendo che le dimensioni delle imprese nel mercato dei servizi di media possono contribuire alla sostenibilità economica dei fornitori di servizi di media, il CESE si compiace che la Commissione europea riconosca che la concentrazione del mercato dei media può rappresentare una grave minaccia per la libertà e la pluralità dei media. |
3.19. |
Il CESE accoglie con favore le misure proposte all’articolo 21 per aumentare la trasparenza delle concentrazioni del mercato come primo passo per contenere le minacce alla libertà e al pluralismo dei media derivanti dalle concentrazioni nel mercato dei media. Le concentrazioni del mercato non hanno necessariamente un effetto negativo sulla libertà e la diversità dei media laddove, ad esempio, aiutano i media più piccoli a sopravvivere, ma è necessario agire contro le concentrazioni quando portano a monopoli dell’informazione. L’UE deve intervenire in particolare contro l’appropriazione dei media da parte di magnati e oligarchi del settore, che spesso intrattengono strette relazioni con politici di spicco del paese o persino con governi di paesi terzi. |
3.20. |
Il CESE ricorda che i mercati dei media rimangono estremamente frammentati e chiede di misurare la concentrazione del mercato non solo in riferimento al mercato nazionale dei servizi di media, ma anche in termini di frammentazione dei mercati a livello infranazionale o distrettuale. La concentrazione del mercato dei media in distretti con un solo organo di informazione regionale rappresenta una grave minaccia per la libertà e il pluralismo dei media. |
3.21. |
Il CESE ritiene che gli orientamenti della Commissione «sui fattori da prendere in considerazione per l’applicazione dei criteri di valutazione dell’impatto delle concentrazioni del mercato dei media» siano insufficienti per garantire la comparabilità delle valutazioni in tutta l’UE. Il CESE raccomanda di definire a livello dell’UE norme minime per le valutazioni, che devono essere rispettate in tutti gli Stati membri, che sono invitati a fornire valutazioni più dettagliate e approfondite in aggiunta ai requisiti minimi dell’UE. |
3.22. |
Tuttavia, i requisiti di trasparenza non vincolanti non sono sufficienti per quanto riguarda l’attuale minaccia che la concentrazione del mercato rappresenta per la libertà e la pluralità dei media. Il CESE invita pertanto i legislatori europei ad adottare regolamenti vincolanti in materia di concentrazione dei media, nel rispetto della libertà di decisione imprenditoriale. Ciò non può, tuttavia, gravare sui mezzi di comunicazione o sulle istituzioni dei media con ulteriori oneri burocratici e procedure costose. |
3.23. |
Il CESE raccomanda inoltre di concedere (nell’articolo 22) al comitato europeo per i servizi di media il diritto di elaborare un parere d’iniziativa «[i]n assenza di una valutazione o di una consultazione ai sensi dell’articolo 21». Non è sufficiente delegare agli Stati membri il compito di valutare la concentrazione del mercato, poiché alcuni governi sostengono attivamente la concentrazione del mercato al fine di mettere a tacere le voci critiche e i mezzi di informazione di opposizione. |
3.24. |
Il CESE ricorda che le distorsioni nel mercato interno dei servizi di media incidono anche sulla libertà e sulla pluralità dei media, se tali distorsioni sono limitate a specifiche parti del mercato comune a livello nazionale, regionale o persino distrettuale. In tutti questi casi, il comitato deve avere il diritto di avviare una valutazione delle concentrazioni dei media qualora le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione non lo facciano. |
3.25. |
Il CESE raccomanda di affidare al comitato europeo per i servizi di media il compito di effettuare valutazioni per affrontare altre minacce alla libertà e al pluralismo dei media qualora le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione non lo facciano. |
3.26. |
Il CESE accoglie con favore i requisiti vincolanti di trasparenza di cui all’articolo 24 per quanto riguarda l’allocazione della pubblicità statale. Ritiene tuttavia che l’esenzione dai requisiti per gli enti territoriali con oltre 1 milioni di abitanti costituisca una scappatoia per evitare la trasparenza. Riconoscendo che gli oneri amministrativi connessi agli obblighi di comunicazione devono essere proporzionati, il CESE propone di definire una soglia minima per l’importo della spesa da parte di un unico governo nazionale o ente regionale o locale. Se la spesa annua totale per la pubblicità statale da parte di un unico ente rimane al di sotto della soglia, gli obblighi di trasparenza non sono applicabili. |
3.27. |
Il CESE accoglie con favore il monitoraggio annuale di cui all’articolo 25 e chiede la consultazione delle parti interessate e della società civile durante l’esercizio di monitoraggio. Limitare l’oggetto del monitoraggio al funzionamento del mercato interno dei servizi di media è tuttavia insufficiente. Il CESE propone pertanto di estendere il raggio d’azione delle attività di monitoraggio anche a qualsiasi altro aspetto pertinente alla tutela della libertà e della pluralità dei media. Il CESE raccomanda di affidare al comitato europeo per i servizi di media il compito di elaborare una serie di indicatori per le attività di monitoraggio. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa» (parere d’iniziativa) (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 9).
(2) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul piano d’azione per la democrazia europea [COM(2020) 790 final] (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 56).
(3) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione delle persone attive nella partecipazione pubblica da procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi («azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica») [COM(2022) 177 final — 2022/0117 COD] (GU C 75 del 28.2.2023, pag. 143).
(4) Commissione europea, 2021, Discorso sullo stato dell’Unione pronunciato dalla presidente von der Leyen, Strasburgo, 15 settembre 2021.
(5) Istituto universitario europeo, Centro per il pluralismo e la libertà dei media, Application of the MEDIA Pluralism Monitor in the European Union, Albania, Montenegro, the Republic of North Macedonia, Serbia and Turkey in the year 2021 (Applicazione dell’Osservatorio del pluralismo dei media nell’Unione europea, in Albania, in Montenegro, nella Repubblica di Macedonia del Nord, in Serbia e in Turchia nel 2021), San Domenico di Fiesole, 2022.
(6) Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag 17).
(7) COM(2022) 457.
(8) Raccomandazione (UE) 2022/1634 della Commissione, del 16 settembre 2022, sulle garanzie interne di indipendenza editoriale e la trasparenza della proprietà nel settore dei media (GU L 245 del 22.9.2022, pag. 56).
(9) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Garantire la libertà e la diversità dei media in Europa» (parere d’iniziativa) (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 9).
(10) Conferenza sul futuro dell’Europa, Relazione sul risultato finale, maggio 2022.
(11) Consiglio d'Europa, Recommendation CM/Rec(2018)1[1] of the Committee of Ministers to member States on media pluralism and transparency of media ownership,7 marzo 2018 (https://search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectId=0900001680790e13).
(12) Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/118 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Costruire un futuro senza amianto: un approccio europeo nell’affrontare i rischi dell’amianto per la salute
[COM(2022) 488 final]
e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/148/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro
[COM(2022) 489 final — 2022/0298 (COD)]
(2023/C 100/18)
Relatrice: |
Ellen NYGREN |
Consultazione |
Parlamento europeo, 6.10.2022 Consiglio dell’Unione europea, 7.10.2022 |
Base giuridica |
Articolo 153, paragrafo 2, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
23.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
155/9/49 |
1. Sintesi e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il proposito della Commissione di ridurre l’incidenza dei tumori e gli sforzi specifici volti a ridurre al minimo l’esposizione all’amianto durante il lavoro. |
1.2. |
La scienza ha dimostrato che non esiste un livello di esposizione all’amianto che possa essere considerato sicuro, nel senso di escludere il rischio di cancro. Pertanto il CESE raccomanda, al pari del Parlamento europeo, che il valore limite tecnico per l’esposizione all’amianto previsto dalla direttiva sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro sia fissato, a termine, a un livello inferiore a quello attualmente proposto dalla Commissione, e che sia elaborata una tabella di marcia dotata di misure complementari a quelle attualmente proposte dalla Commissione per conseguire tale obiettivo. La tabella di marcia dovrebbe prevedere un sostegno finanziario destinato alle imprese e alle regioni che ne hanno bisogno per conseguire gli obiettivi stabiliti. |
1.3. |
Il CESE propone di lanciare un’ampia campagna pubblica di sensibilizzazione sull’amianto e sui rischi mortali che tale sostanza comporta. Inoltre, è necessario offrire a tutti i lavoratori che corrono il rischio di essere esposti all’amianto una formazione impartita nella loro lingua materna o in un’altra lingua che conoscono. |
1.4. |
Il CESE raccomanda che tutti i lavoratori di cui si sospetti che siano esposti all’amianto siano sottoposti a controlli e che un registro o un passaporto che riporti informazioni relative all’esposizione all’amianto li accompagni quando cambiano lavoro, al fine di assicurare un monitoraggio della loro salute. |
1.5. |
Per combattere efficacemente contro i rischi posti dall’amianto, è necessaria una cooperazione internazionale in materia di regolamentazione. Il CESE richiama in particolare l’attenzione sulla Convenzione n. 162 dell’Organizzazione internazionale del lavoro e sulla convenzione di Rotterdam. Nel contesto in cui tali convenzioni vengono dibattute e applicate, l’Unione europea e i rispettivi Stati membri dovrebbero svolgere un ruolo attivo di guida, al fine di promuovere un’evoluzione positiva in tutti i paesi del mondo come pure nelle filiere commerciali internazionali. È necessario che gli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea con i paesi terzi e con altre regioni del mondo prevedano una disposizione che imponga di sforzarsi di più per vietare l’utilizzo dell’amianto e ridurne gli effetti nocivi in tutti i paesi del mondo. Il CESE esorta l’Unione europea e gli Stati membri ad adoperarsi attivamente affinché l’utilizzo dell’amianto sia vietato sul piano internazionale e affinché si assicuri una protezione ai lavoratori che devono manipolare l’amianto presente nelle strutture esistenti, ad esempio nei cantieri di ristrutturazione e demolizione o nella gestione dei rifiuti. |
2. Contesto e osservazioni generali
2.1. Divieto dell’amianto nell’Unione europea
2.1.1. |
L’amianto è una sostanza pericolosa che provoca il cancro. Questo fatto è noto da decenni e oltre quarant’anni fa l’UE ha adottato delle misure per limitare e, successivamente, vietare qualsiasi utilizzo dell’amianto. Nel 1999 l’Unione ha vietato tutte le varietà di fibre di amianto. Il divieto, che è diventato pienamente efficace nel 2005, si applica sia alle merci prodotte nell’Unione europea sia a quelle importate nel suo territorio. La direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) ha codificato le norme vigenti fino ad allora in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione all’amianto durante il lavoro. |
2.1.2. |
Dato che nel settore edilizio l’amianto è stato utilizzato per un periodo relativamente lungo, questo materiale è ancora presente in un gran numero di edifici. A seconda del tipo di lavoro effettuato, le sostanze pericolose possono riattivarsi quando gli immobili vengono ristrutturati o demoliti. L’amianto è presente anche in altri settori, quali le industrie minerarie ed estrattive, la gestione dei rifiuti e la manutenzione dei veicoli. Nonostante il divieto di utilizzare amianto nuovo attualmente in vigore, sono ancora numerose le attività lavorative in cui i lavoratori sono esposti a questa sostanza. Oltre ai lavoratori registrati nelle statistiche ufficiali, queste ultime presentano un angolo cieco che riguarda i cittadini di paesi terzi, che non sempre rientrano nelle statistiche ufficiali dell’Unione europea e degli Stati membri. La Commissione ritiene che la direttiva del 2009 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro rimanga ampiamente pertinente, ma propone di aggiornarla sulla base delle conoscenze scientifiche più recenti in questo settore. |
2.1.3. |
Il CESE ha adottato due pareri su temi legati alla questione dell’amianto: il parere Liberare l’UE dall’amianto (CCMI/130) (2) e il parere Lavorare con l’amianto nella ristrutturazione energetica (CCMI/166) (3). Il Comitato sostiene che la rimozione completa di tutto l’amianto utilizzato e di tutti i prodotti contenenti amianto deve rappresentare un obiettivo prioritario per l’Unione europea, e invita l’UE a collaborare con le parti sociali e altri soggetti interessati, comprese le pertinenti organizzazioni della società civile a livello europeo, nazionale e regionale per elaborare e condividere piani d’azione destinati alla gestione e rimozione dell’amianto. Tuttavia, nelle circostanze attuali, è ancora difficile conseguire rapidamente un obiettivo di eliminazione totale di tale sostanza. Per questo, in alcuni Stati membri o regioni dell’Unione i responsabili politici hanno optato per una strategia di riduzione dei rischi dell’amianto. |
2.1.4. |
Nella proposta all’esame la Commissione raccomanda di ridurre il valore limite tecnico fissato per il tenore di amianto nell’aria da 0,1 fibre/cm3 a un massimo di 0,01 fibre/cm3, misurato in rapporto a una media ponderata nel tempo (TWA) di 8 ore. |
2.2. L’ambizione dell’UE in materia di lotta contro il cancro
2.2.1. |
Il piano europeo di lotta contro il cancro, presentato nel 2021, costituisce un’iniziativa volta a combattere i tumori ricorrendo a una pluralità di approcci. Nel suo parere SOC/677 (4) il CESE ha accolto con favore questo piano di cui la prevenzione primaria del cancro costituisce una componente importante. In questo contesto si dovrebbe considerare che sarebbe efficace adottare misure per contrastare l’esposizione all’amianto, un tema già noto, dato che un tale intervento riduce concretamente il rischio dell’insorgere di nuovi casi di cancro e che le ricerche esistenti hanno già dimostrato che l’esposizione all’amianto costituisce una delle cause principali dei tumori professionali. Visto che i fattori di rischio del mesotelioma sono multipli (ad esempio, le nanofibre, oltre all’amianto), il CESE propone che le persone che sono esposte all’amianto durante il lavoro ricevano un documento che attesti tale esposizione. |
2.2.2. |
Pertanto è opportuno sottolineare che qualsiasi persona, anche se non si tratta di lavoratori, può essere esposta all’amianto, ad esempio se si trova in prossimità di un cantiere di ristrutturazione o di demolizione di un edificio. L’esposizione all’amianto può anche verificarsi quando dei privati cittadini procedono alla ristrutturazione della loro abitazione senza essere a conoscenza e senza essere consapevoli dei rischi che questo comporta. Inoltre, l’amianto può essere rilasciato negli impianti di ventilazione, provocando così l’esposizione di persone ignare di questo rischio. Il CESE è pertanto favorevole all’informazione dell’opinione pubblica attraverso tutti i canali possibili, compresi i media, che hanno una responsabilità fondamentale in tale contesto. |
2.3. Osservazioni generali
2.3.1. |
Il CESE sostiene l’ambizione della Commissione di combattere il cancro adottando una molteplicità di approcci. Limitare i rischi di esposizione all’amianto costituisce un passo concreto per ridurre il numero di casi di cancro. Disponiamo di ampie conoscenze scientifiche sui pericoli dell’amianto e sul legame diretto tra l’esposizione a questo materiale e il cancro. Sulla base delle conoscenze scientifiche più recenti in questo settore raccolte dalla Commissione, si propone ora di procedere all’aggiornamento del quadro giuridico di conseguenza. |
2.3.2. |
Ogni caso di cancro comporta dei costi per la società, nonché sofferenze e perdite per gli individui. È possibile evitare un numero significativo di casi di cancro limitando l’esposizione all’amianto sul luogo di lavoro. Il CESE invita pertanto tutte le parti interessate a compiere i massimi sforzi per combattere l’esposizione a tale sostanza. Questo vale in particolare per le azioni volte a proteggere i lavoratori esposti all’amianto durante il lavoro, ma anche per le iniziative di diffusione generale delle conoscenze in materia, al fine di sensibilizzare i cittadini ai rischi legati all’amianto. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
La misura più ambiziosa che l’UE possa adottare al momento di rivedere la direttiva consiste nell’abbassare il valore limite tecnico fissato per la quantità tollerata di fibre di amianto nell’aria. Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione e ritiene che costituisca una buona base per progredire, a termine, verso una tolleranza zero in materia di esposizione all’amianto durante il lavoro. |
3.1.1. |
La Commissione propone di modificare l’articolo 8 in modo da abbassare da 0,1 fibre/cm3 il valore limite, misurato in rapporto a una media ponderata nel tempo (TWA) di 8 ore. La direttiva stabilisce inoltre che l’esposizione dei lavoratori alla polvere prodotta dall’amianto o da materiali contenenti amianto sul luogo di lavoro sia ridotta al minimo e, in ogni caso, al più basso valore tecnicamente possibile al di sotto del valore limite fissato all’articolo 8. A tale proposito, il CESE ricorda che le parti sociali possono andare oltre il nuovo valore limite che si applicherà ai sensi della direttiva e adottare misure adeguate per ridurre ulteriormente la presenza di fibre di amianto nei luoghi di lavoro. |
3.1.2. |
Secondo la Commissione internazionale per la salute occupazionale (ICOH), non esiste un livello di esposizione che possa essere considerato sicuro, nel senso di escludere il rischio di cancro. In occasione dell’audizione organizzata il 31 ottobre 2022 presso il CESE, il professor Jukka Takala ha indicato che ogni anno nell’Unione europea i tumori provocati dall’amianto provocano circa 90 370 decessi, cifra questa che dimostra la necessità di abbassare il valore limite di esposizione. Pertanto il CESE ritiene che l’Unione europea debba andare oltre quanto proposto dalla Commissione e, a termine, fissare il valore limite a 0,001 fibre/cm3, dopo un periodo di transizione ragionevole. Per conseguire tale obiettivo, sarebbe opportuno elaborare una tabella di marcia, corredata delle misure proposte, anche di carattere finanziario, a sostegno delle imprese e delle regioni che necessitano di tali misure per raggiungere gli obiettivi stabiliti. |
3.2. |
Prima di iniziare i lavori di ristrutturazione o demolizione, l’impresario dei lavori è tenuto a individuare i materiali che potrebbero contenere amianto. A tal fine è necessario che abbia accesso alle informazioni messe a disposizione dal proprietario dell’immobile e da altre fonti disponibili, oppure ai dati ottenuti grazie a un’ispezione dell’edificio, e che li possa utilizzare. Il CESE raccomanda di istituire dei registri per la raccolta delle informazioni relative ai singoli immobili, cominciando da quelli oggetto di ristrutturazione, per passare progressivamente a tutti gli altri edifici. Gli Stati membri dovrebbero strutturare tali informazioni secondo modalità stabilite di comune accordo all’interno dell’UE, al fine di ottenere dati comparabili che permettano, tra l’altro, di individuare i luoghi in cui si ritiene che l’amianto sia presente (paese/località/funzione dell’edificio/parte dell’edificio) e di stabilire la quantità della sostanza rilevata (stima della varietà di amianto e quantità per metro quadrato). L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) potrebbe essere invitata a contribuire all’elaborazione di un quadro normativo armonizzato per il suddetto registro di immobili. |
3.3. |
La formazione dei lavoratori che corrono il rischio di essere esposti all’amianto costituisce una sfida importante. Il CESE sottolinea che è della massima importanza che la formazione sia impartita nella loro lingua materna o in un’altra lingua che conoscono, anche quando provengono da paesi diversi da quello in cui esercitano la loro attività e possono pertanto avere una conoscenza insufficiente della lingua che vi si parla. Questo vale sia per i cittadini dell’UE che per i lavoratori di paesi terzi. |
3.4. |
Il CESE raccomanda inoltre di diffondere più ampiamente presso il grande pubblico le informazioni sull’amianto e sui relativi rischi, al fine di sensibilizzare sia i lavoratori che i committenti in merito alle attività che possono richiedere un contatto con tale materiale, nonché i cittadini e le autorità pubbliche che non dispongono di una conoscenza approfondita della problematica. Il CESE invita la Commissione a organizzare una campagna d’informazione sull’amianto e sui rischi mortali che comporta, in collaborazione con gli Stati membri, le parti sociali e le organizzazioni della società civile interessate. Il Comitato potrebbe svolgere il ruolo di piattaforma per l’organizzazione di un convegno internazionale sulla sensibilizzazione all’amianto, ai suoi effetti nocivi e ai modi per prevenirli. |
3.5. |
I servizi di medicina del lavoro hanno il dovere di effettuare esami di idoneità al lavoro (preliminari periodici e finali) dei lavoratori esposti all’amianto e di assicurare che i relativi attestati siano presentati al datore di lavoro. Al termine dell’esposizione all’amianto, il risultato dell’esame finale è presentato sia al datore di lavoro che al lavoratore assieme a una documentazione speciale, un registro o un passaporto che riportano informazioni relative all’esposizione all’amianto e che accompagnano il lavoratore durante tutta la sua vita, al fine di monitorare il suo stato di salute e individuare, se necessario, eventuali malattie professionali ed effetti tardivi dell’esposizione all’amianto. Tali informazioni dovranno essere comunicate sia al datore di lavoro che al lavoratore. Queste disposizioni si devono applicare anche ai lavoratori privi di documenti e ai migranti. La documentazione viene consegnata al lavoratore, affinché possa essere presentata in occasione di tutte le visite mediche successive, per garantire un follow-up lungo tutto l’arco della vita degli eventuali effetti tardivi dell’esposizione all’amianto. Il CESE invita l’Unione europea e gli Stati membri ad agevolare l’accesso ai servizi di medicina del lavoro dotati di competenze specializzate in questo ambito. |
3.6. |
L’assicurazione contro i rischi di malattia professionale deve coprire le malattie derivanti dall’esposizione all’amianto. Il CESE raccomanda che l’Unione europea e gli Stati membri si adoperino per garantire che, nei casi di cancro derivanti da una possibile esposizione all’amianto, si presuma che, al momento di valutare il diritto a un indennizzo a titolo dell’assicurazione contro le malattie professionali, esista una correlazione tra l’esposizione e la malattia, dal momento che si dispone di prove scientifiche ampie e solide a conferma di tale legame. Sarebbe necessario istituire un fondo internazionale di solidarietà per garantire il diritto all’indennizzo. |
3.7. |
Il CESE raccomanda che gli Stati membri cooperino tra loro, mediante l’intervento degli ispettori del lavoro, per accertare che i lavoratori a rischio di esposizione all’amianto nei settori della costruzione, delle industrie minerarie ed estrattive, dei trasporti, della costruzione di strade e gallerie e della gestione dei rifiuti ricevano una formazione adeguata. Questa cooperazione consentirebbe di tenere correttamente e rendere accessibili i registri relativi agli edifici che presentano tracce di amianto, a livello sia nazionale sia dell’UE. Il CESE sottolinea che è necessario disporre di un numero sufficiente di ispettori del lavoro (cioè di ispettori in materia di salute e sicurezza) per adempiere a tali compiti. |
3.8. |
Per combattere efficacemente contro i rischi posti dall’amianto, è necessaria una cooperazione internazionale in materia di regolamentazione. A tale riguardo va sottolineato che la Convenzione n. 162 dell’Organizzazione internazionale del lavoro e la convenzione di Rotterdam sulla procedura di previo assenso informato per taluni prodotti chimici e pesticidi pericolosi nel commercio internazionale costituiscono esempi di quadri normativi in cui l’Unione europea e i rispettivi Stati membri possono e devono svolgere un ruolo attivo di guida, al fine di promuovere un’evoluzione positiva nelle questioni relative all’amianto in tutti i paesi del mondo come pure nelle filiere commerciali internazionali. È necessario che gli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione europea con i paesi terzi e con altre regioni del mondo prevedano una disposizione che imponga di sforzarsi di più per vietare l’utilizzo dell’amianto e ridurne gli effetti nocivi in tutti i paesi del mondo. Il CESE esorta l’Unione europea e gli Stati membri ad adoperarsi attivamente affinché l’utilizzo dell’amianto sia vietato sul piano internazionale e affinché si assicuri una protezione ai lavoratori che devono manipolare l’amianto presente nelle strutture esistenti, ad esempio nei cantieri di ristrutturazione e demolizione o nella gestione dei rifiuti. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un’esposizione all’amianto durante il lavoro (GU L 330 del 16.12.2009, pag. 28).
(2) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Liberare l’UE dall’amianto» (GU C 251 del 31.7.2015, pag. 13).
(3) Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Lavoro con l’amianto nella ristrutturazione energetica» (parere d’iniziativa) (GU C 240 del 16.7.2019, pag. 15).
(4) Parere del Comitato europeo delle regioni sul tema «Attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza» (GU C 97 del 28. 2.2022, pag. 17).
ALLEGATO
Il seguente emendamento è stato respinto nel corso del dibattito, ma ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):
Emendamento 1
Punto 3.1.2
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Secondo la Commissione internazionale per la salute occupazionale (ICOH), non esiste un livello di esposizione che possa essere considerato sicuro, nel senso di escludere il rischio di cancro. In occasione dell’audizione organizzata il 31 ottobre 2022 presso il CESE, il professor Jukka Takala ha indicato che ogni anno nell’Unione europea i tumori provocati dall’amianto provocano circa 90 370 decessi, cifra questa che dimostra la necessità di abbassare il valore limite di esposizione. Pertanto il CESE ritiene che l’Unione europea debba andare oltre quanto proposto dalla Commissione e , a termine, fissare il valore limite a 0,001 fibre/cm3, dopo un periodo di transizione ragionevole. Per conseguire tale obiettivo, sarebbe opportuno elaborare una tabella di marcia, corredata delle misure proposte, anche di carattere finanziario, a sostegno delle imprese e delle regioni che necessitano di tali misure per raggiungere gli obiettivi stabiliti. |
Secondo la Commissione internazionale per la salute occupazionale (ICOH), non esiste un livello di esposizione che possa essere considerato sicuro, nel senso di escludere il rischio di cancro. In occasione dell’audizione organizzata il 31 ottobre 2022 presso il CESE, il professor Jukka Takala ha indicato che ogni anno nell’Unione europea i tumori provocati dall’amianto provocano circa 90 370 decessi, cifra questa che dimostra la necessità di abbassare il valore limite di esposizione. Pertanto il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione, e ritiene che il valore limite vada ulteriormente ridotto dopo un periodo di transizione ragionevole. Per conseguire tale obiettivo, sarebbe opportuno elaborare una tabella di marcia, corredata delle misure proposte, anche di carattere finanziario, a sostegno delle imprese e delle regioni che necessitano di tali misure per raggiungere gli obiettivi stabiliti. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
68 |
Voti contrari: |
106 |
Astensioni: |
16 |
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/123 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo delle competenze 2023
[COM(2022) 526 final — (2022)0326 (COD)]
(2023/C 100/19)
Relatrice: |
Tatjana BABRAUSKIENĖ |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 21.10.2022 Parlamento europeo, 20.10.2022 |
Base giuridica |
Articoli 149 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sessione plenaria |
15.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
547 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
155/0/1 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proclamazione del 2023 quale Anno europeo delle competenze. L’Anno europeo delle competenze deve offrire una serie di percorsi verso soluzioni efficienti e benefici educativi per giovani e adulti, lavoratori e disoccupati, indipendentemente dalla situazione contrattuale, dal livello di qualifica o dal genere, in linea con l’obiettivo di dotare «la forza lavoro delle giuste competenze» proclamato dalla presidente von der Leyen, per aumentare la competitività dell’economia europea, e in particolare delle PMI. Il CESE sarà lieto di impegnarsi concretamente a favore dell’Anno europeo delle competenze 2023 al fine di produrre risultati tangibili, ed è quindi pronto a contribuire, in qualità di facilitatore, allo svolgimento di attività di collaborazione in rete e dibattiti. |
1.2. |
Visto che in alcune parti dell’Unione europea vi è disparità di accesso alle opportunità formative, e il livello di istruzione rimane fin troppo spesso invariato da una generazione a quella successiva, l’Anno europeo delle competenze 2023 dovrebbe avviare ulteriori dibattiti e attività volti a evitare la discriminazione in tutti i campi dell’istruzione e aiutare le persone ad acquisire competenze che garantiranno loro percorsi di crescita professionale e una vita di qualità. Occorre pertanto prestare particolare attenzione ai gruppi svantaggiati dal punto di vista socioeconomico, per quanto concerne il loro accesso a una formazione di qualità e inclusiva che punta al miglioramento del livello delle competenze e alla riqualificazione professionale. La raccomandazione del Consiglio sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze, intesa ad aiutare gli adulti scarsamente qualificati e con un basso livello di competenze a migliorare il loro livello di competenze e a integrarsi nel mercato del lavoro, deve essere rafforzata e attuata quale importante obiettivo dell’Anno europeo delle competenze. |
1.3. |
Ad avviso del CESE servono meccanismi di finanziamento efficienti che mobilitino le risorse europee e nazionali e comportino un’adeguata condivisione dei costi tra autorità pubbliche e soggetti privati, nonché tra singole persone e altri soggetti interessati pertinenti (le parti sociali, gli erogatori di formazione, le organizzazioni della società civile). Abilitare i lavoratori a intraprendere un corso di formazione è altresì fondamentale per creare una cultura dell’apprendimento permanente. |
1.4. |
Il CESE si attende che l’Anno europeo delle competenze dedichi particolare attenzione alla questione della responsabilità al fine di salvaguardare le risorse necessarie per il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione professionale, che è importante per attenuare il rischio di esclusione sociale, anche orientando i finanziamenti con un’attenzione particolare. Tale aspetto include la questione della responsabilità congiunta delle parti sociali a livello settoriale e aziendale, in termini di investimenti in un’istruzione e una formazione lungimiranti della forza lavoro attiva, e comporta anche l’impegno dei datori di lavoro ad adottare le disposizioni necessarie per aiutare gli eventuali lavoratori in esubero a beneficiare dei regimi di sostegno. Il CESE invita e incoraggia le parti sociali ad adottare misure efficaci per impegnarsi nel dialogo sociale, al fine di garantire che tutti i lavoratori abbiano accesso a una formazione di qualità e inclusiva in condizioni di parità, in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali. Inoltre, i meccanismi di consultazione tra gli istituti di istruzione, le autorità competenti, le imprese e i sindacati dovrebbero essere rafforzati, in quanto ciò può contribuire all’elaborazione di strategie realistiche ed efficaci per il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. |
1.5. |
In tale prospettiva, il CESE propone di realizzare finalmente l’idea di una garanzia per le competenze, per offrire a tutti il diritto di accesso a una formazione di qualità e inclusiva, e promuovere l’impegno nella contrattazione collettiva e nello sviluppo di capacità al fine di stabilire le disposizioni e le condizioni per il congedo di formazione retribuito, che consenta alle persone di partecipare pienamente alla società e di gestire con successo le transizioni che avvengono nella società e nel mercato del lavoro. In tale ottica, la formazione dovrebbe prevedere lo sviluppo di competenze chiave, competenze di base e competenze professionali per le persone con competenze di qualunque livello. |
1.6. |
La Commissione europea chiede agli Stati membri di nominare un coordinatore nazionale per l’Anno europeo delle competenze, al fine di assicurare il coordinamento delle attività pertinenti a livello nazionale. Il CESE propone che il punto di coordinamento nazionale operi in modo trasparente e inclusivo, e disponga delle competenze pertinenti, nonché di adeguate risorse finanziarie, fornite da fonti nazionali e dell’UE. Tutti i portatori di interessi nel settore dell’istruzione e della formazione (in particolare gli erogatori di istruzione e formazione, i servizi per l’impiego pubblici e privati, le parti sociali, e altre organizzazioni pertinenti della società civile) dovrebbero avere voce in capitolo nella selezione di questo punto di coordinamento nazionale, garantendo così che gli stessi portatori di interessi ne facciano parte e svolgano un ruolo guida sia nella pianificazione e nell’attuazione che nella valutazione delle sue attività nell’arco di tutto l’anno. Lo stesso principio in materia di coordinamento dovrebbe applicarsi anche al livello dell’UE. |
1.7. |
Il CESE ribadisce le raccomandazioni formulate in precedenti pareri dedicati ad altri Anni europei, vale a dire che questi ultimi dovrebbero andare oltre lo svolgimento di attività puramente promozionali, contribuendo invece all’attuazione di piani precisi e di un impegno concreto. |
1.8. |
Ricordando i precedenti pareri su questi anni tematici, nei quali sono stati tra l’altro richiesti un adeguato finanziamento dell’UE e un dialogo significativo con la società civile per la realizzazione di tali iniziative, nonché misure specifiche tese a garantire un collegamento tra i diversi anni tematici e la continuità dei loro risultati, il CESE ricorda che per il successo del concetto di «Anno europeo» è fondamentale che esso sia annunciato con tempestività onde consentire una preparazione adeguata e creare una solida titolarità (1). |
2. La proposta legislativa
2.1. |
A seguito dell’annuncio formulato dalla presidente Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2022, la Commissione ha adottato la proposta di proclamare il 2023 Anno europeo delle competenze. |
2.2. |
Nel quadro di tale iniziativa, in cooperazione con il Parlamento europeo, gli Stati membri, le parti sociali, i servizi per l’impiego pubblici e privati, le camere di commercio e dell’industria, gli erogatori di istruzione e formazione, e i lavoratori e le imprese nel loro insieme, la Commissione propone di imprimere un rinnovato slancio all’apprendimento permanente mediante le seguenti iniziative:
|
2.3. |
Per conseguire tali obiettivi, la Commissione agirà nel modo seguente:
|
2.4. |
Per garantire il coordinamento delle attività pertinenti a livello nazionale, la Commissione chiede agli Stati membri di nominare un coordinatore nazionale per l’Anno europeo delle competenze. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE conviene che una cittadinanza impegnata contenente al suo interno una forza lavoro competente e qualificata rappresenta una delle principali risorse di cui dispone il modello sociale ed economico europeo e che il sostegno alla formazione di tutte le fasce d’età va utilizzato come leva per stimolare la partecipazione alla vita della società, nonché una crescita duratura e sostenibile, in quanto contribuisce ad incrementare l’innovazione, la produttività e la competitività. Ciò è altresì fondamentale per sostenere le persone contestualmente al raggiungimento di una transizione giusta, poiché il passaggio verso un modo più sostenibile di vivere, produrre e consumare è diventato una necessità per contrastare il cambiamento climatico e le sue ripercussioni negative a livello globale, garantendo in parallelo che nessuno sia lasciato indietro. Al tempo stesso concorda sul fatto che lo sviluppo personale di ciascun discente nella sua globalità è fondamentale per un suo adattamento alle transizioni e alle sfide future, considerando il rapido ritmo di sviluppo delle società attuali. |
3.2. |
La carenza di lavoratori qualificati, dovuta alle sfide demografiche e al cambiamento strutturale, nonché alla digitalizzazione e alla decarbonizzazione, costituisce uno dei fattori determinanti che affliggono l’economia europea. Oltre all’acquisizione di nuove competenze, l’obiettivo deve essere anche quello di garantire che i lavoratori qualificati possano svolgere una serie di mansioni e occupazioni specializzate in condizioni mutevoli (2), e che la loro formazione sfoci in opportunità lavorative dignitose e offra salvaguardie contro il lavoro precario. |
3.3. |
Inoltre, la sfida e la capacità di anticipare le richieste di competenze sono di fondamentale importanza per conseguire gli obiettivi principali dell’UE definiti nel piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali, ossia raggiungere una percentuale minima pari al 60 % di adulti che partecipano a corsi di formazione ogni anno e un tasso di occupazione di almeno il 78 % entro il 2030. |
3.4. |
Il CESE plaude al fatto che la Commissione rivolga l’attenzione alle competenze, con la proclamazione dell’Anno europeo delle competenze nel 2023, che fa seguito all’Anno europeo dei giovani nel 2022. |
3.5. |
Ciò conferma il punto di vista del CESE, espresso in numerosi pareri, secondo cui un’istruzione di base di qualità, una formazione di alto livello ed efficace, l’apprendimento permanente, nonché il perfezionamento e la riqualificazione professionali rappresenteranno gli strumenti necessari per adattarsi con successo ai cambiamenti della società, promuovere la cittadinanza attiva, nonché cogliere le opportunità di lavoro del futuro e favorire l’apprendimento imprenditoriale (3). |
3.6. |
L’apprendimento permanente e lo sviluppo di competenze sono fondamentali per il progresso sociale ed economico delle nostre società. Tuttavia, ad avviso del CESE, non si tratta in tal senso solo di impartire conoscenze che possono essere commercializzate, ma anche di trasmettere abilità e competenze che consentono alle persone di partecipare alla vita sociale. Una serie di studi mostra che il pensiero critico, la comunicazione, il lavoro di gruppo, la creatività, l’iniziativa e molte altre competenze trasversali sono sempre più richieste nel mercato del lavoro e nella società. Oltre a tali competenze, libertà, tolleranza, spirito critico, valori europei e cittadinanza democratica sono risorse essenziali per il futuro dell’Europa, al fine di contrastare la crescente intolleranza e l’emergere di movimenti radicali. Contestualmente alle azioni promosse nel quadro dell’Anno europeo delle competenze 2023, il CESE chiede pertanto di includere le competenze sociali e trasversali tra le «competenze giuste» che i cittadini, tra cui i lavoratori attuali e futuri, devono acquisire (4). Ciò è perfettamente in linea con l’attuazione della raccomandazione del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, ed è anche coerente con il quadro europeo per la competenza chiave personale, sociale e la capacità di imparare a imparare (LifeComp) e con il quadro europeo delle competenze in materia di sostenibilità (GreenComp). |
3.7. |
Il CESE ritiene che l’istruzione abbia inizio nella prima infanzia e ci accompagni per tutta la vita. In linea con la risoluzione del Consiglio su una nuova agenda europea per l’apprendimento degli adulti 2021-2030, il CESE sottolinea che l’istruzione degli adulti deve andare oltre il semplice sviluppo di competenze rilevanti per l’occupazione. È altrettanto importante promuovere una maggiore consapevolezza pubblica dell’importanza e dei vantaggi della partecipazione all’apprendimento permanente adottando un approccio globale (5). |
3.8. |
Per il CESE è pertanto chiaro che tutte le attività nel contesto dell’Anno europeo delle competenze 2023 debbano puntare a conseguire i migliori progressi possibili in tutti i campi dell’istruzione e della formazione (istruzione elementare, formazione iniziale e di perfezionamento, apprendimento permanente: formale, non formale e informale). A tutti i livelli di istruzione, dunque, si tratta soprattutto di offrire pari opportunità a tutti, senza alcuna discriminazione. Il reddito o il livello di istruzione della famiglia non devono più influenzare in modo significativo il percorso educativo di una persona. |
3.9. |
Tenuto conto che in alcune parti dell’UE vi è disparità di accesso alle opportunità formative, e il livello di istruzione resta troppo spesso invariato da una generazione a quella successiva, dovrebbe essere ovunque tassativo offrire opportunità e possibilità, nonché promuovere le competenze e le capacità nella massima misura possibile. |
3.10. |
Il principio di un apprendimento permanente universale deve tradursi in realtà concreta in Europa, e tutti i cittadini europei dovrebbero poter accedere a una formazione e a un apprendimento di qualità e inclusivi. La parità di accesso al miglioramento del livello delle competenze e alla riqualificazione professionale comporta la necessità di fornire a tutti ulteriori opportunità di sviluppo delle competenze, a prescindere dal genere, dall’origine e dall’età (6). Questo approccio incentrato sull’inclusività dell’agenda per le competenze deve inoltre contemplare, in particolare, tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro situazione occupazionale, dalla dimensione dell’impresa e dalla tipologia del contratto di lavoro, compresi gli adulti scarsamente qualificati o con un basso livello di competenze, e le persone provenienti da un contesto migratorio; è opportuno prestare particolare attenzione ai gruppi vulnerabili e dedicare loro politiche mirate, poiché essi riscontrano maggiori difficoltà. |
3.11. |
Malgrado il sostegno a favore dell’Anno europeo delle competenze 2023 e l’attenzione incentrata sull’incentivazione della formazione professionale e dell’apprendimento permanente, il CESE teme che l’agenda e le priorità dell’Anno europeo siano sovraccariche. Esse contengono infatti un numero assai elevato di impegni, riferimenti a tutte le iniziative e linee di bilancio, e a tutti i settori strategici delineati nell’agenda per le competenze per l’Europa. Il rischio è che l’Anno in questione prenda più la forma di una serie di annunci politici di alto profilo che di uno sviluppo sistematico a lungo termine. |
3.12. |
Per evitare il pericolo che una lunga lista di settori strategici e di responsabilità condivise già esistenti possa impedire una chiara focalizzazione sugli obiettivi, sarebbe essenziale che la proposta fosse chiara e ben mirata, concentrandosi su una serie di priorità strategiche. Il CESE ribadisce la propria richiesta, già formulata in precedenti pareri dedicati ad altri Anni europei, secondo cui occorre andare oltre lo svolgimento di attività promozionali pure e semplici, contribuendo invece all’attuazione di piani precisi e a un impegno effettivo (7). |
3.13. |
Le parti sociali e le organizzazioni della società civile svolgono altresì un ruolo importante nella gestione del sistema di istruzione e formazione, compreso quello di anticipare le richieste di competenze e di metterle a disposizione. Un coinvolgimento effettivo delle parti sociali e delle organizzazioni pertinenti della società civile a livello nazionale ed europeo, e azioni efficaci volte a consolidare una governance efficiente in tutti i campi dell’istruzione e della formazione professionale, nonché della politica in materia di apprendimento degli adulti, comprese le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche di gestione dei fondi nazionali e dell’UE per le competenze, sarebbero strumenti fondamentali per riuscire a offrire a tutti soluzioni efficaci. |
3.14. |
È importante tenere in conto il rafforzamento del dialogo nei gruppi e nelle reti di portatori di interessi già esistenti, anche attraverso piattaforme online consolidate, in particolare promuovendo il processo del dialogo strategico nell’arco del 2023, creando forum dei portatori di interessi in collegamento con gli eventi faro del 2023, ma anche tramite nuovi processi simili al dialogo civile, al fine di garantire che i portatori di interessi nel settore dell’istruzione e della formazione possano partecipare in modo significativo ai processi politici e decisionali, in considerazione della loro esperienza sul campo, della loro capacità di dar voce alle esigenze dei discenti e del loro stretto contatto con diversi enti nazionali e regionali responsabili dell’attuazione delle raccomandazioni in materia di istruzione e formazione. |
3.15. |
Il CESE si attende che l’Anno europeo delle competenze affronti in questo senso la questione della responsabilità congiunta delle parti sociali a livello settoriale e aziendale, in termini di investimenti in un’istruzione e una formazione dei lavoratori con uno sguardo al futuro. Ciò comporta anche l’impegno dei datori di lavoro ad adottare le disposizioni necessarie per aiutare i lavoratori che hanno collocato in esubero a beneficiare dei regimi di sostegno. In tale ottica, il CESE invita le parti sociali ad adottare misure efficaci per impegnarsi nel dialogo sociale, al fine di garantire che tutti i lavoratori abbiano accesso a una formazione di qualità e inclusiva in condizioni di parità, in linea con il pilastro europeo dei diritti sociali. |
3.16. |
Gli insegnanti e i formatori svolgono un ruolo importante nello sviluppo del bagaglio di competenze dei discenti in linea con le esigenze del mercato del lavoro, provvedendo all’acquisizione, da parte dei discenti, di competenze non soltanto professionali, ma anche trasversali, quali le competenze di base e socio-emotive. Insegnanti e formatori sostengono la transizione dalla scuola al mondo del lavoro di studenti provenienti da contesti diversi, compresi gli adulti che necessitano di competenze nuove, aggiornate o migliorate. A fronte delle sfide senza precedenti causate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, il loro impegno e la loro creatività sono stati determinanti per sostenere l’insegnamento e l’apprendimento nelle scuole e sul posto di lavoro. |
3.17. |
La carenza di insegnanti nel settore dell’istruzione e della formazione professionale è significativa in molti paesi dell’UE ed è imputabile anche a fattori correlati alla scarsa attrattiva della professione di insegnante in tale settore, ivi comprese le condizioni di impiego, le retribuzioni e la mancanza di incentivi finanziari e di accompagnamento professionale. Il coinvolgimento di professionisti dei vari comparti industriali nell’insegnamento dovrebbe costituire una delle strategie fondamentali volte a garantire un’adeguata riserva di insegnanti dotati delle competenze e conoscenze pertinenti, nell’istruzione e nella formazione professionale; a tal fine, è necessario offrire condizioni di lavoro buone e allettanti, retribuzioni dignitose, carriere flessibili e meccanismi volti a garantire che tali professionisti dispongano del giusto mix di competenze, comprese quelle pedagogiche. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio di discutere le esigenze di formazione dal punto di vista della duplice transizione verde e digitale, socialmente equa e giusta, del mercato del lavoro. Tuttavia, richiama l’attenzione sul chiaro messaggio secondo cui la responsabilità relativa al miglioramento del livello delle competenze e alla riqualificazione professionale dovrebbe essere sempre attribuita in modo equo e condiviso. |
4.2. Responsabilità condivisa
4.2.1. |
Per riuscire a realizzare le transizioni in corso, occorre aiutare i singoli individui a prepararsi ai cambiamenti perché questi possano avere successo. Servono meccanismi di finanziamento che mobilitino le risorse europee e nazionali e comportino un’adeguata condivisione dei costi e dei contributi non finanziari (ad esempio il tempo impiegato per la formazione) tra autorità pubbliche, datori di lavoro, singoli individui e altri soggetti interessati pertinenti (ad esempio le parti sociali, gli erogatori di formazione, le organizzazioni della società civile). In numerosi pareri precedenti (8), il CESE ha posto in evidenza l’esigenza fondamentale di ottenere un forte impegno da parte delle imprese e delle autorità pubbliche, soprattutto al fine di garantire risorse sufficienti, compreso un finanziamento adeguato per l’istruzione e la formazione. |
4.2.2. |
Il CESE propone che l’Anno europeo delle competenze sostenga in via prioritaria la responsabilità sociale in materia di miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale in senso globale, nonché, in tale contesto, l’idea di una garanzia per le competenze volta a offrire a tutti il diritto di accesso a una formazione di qualità e inclusiva, ivi compreso l’impegno nella contrattazione collettiva e nello sviluppo di capacità per stabilire le disposizioni e le condizioni relative al congedo di formazione retribuito, ai fini di una piena partecipazione alla società e una gestione riuscita della transizione all’interno della società e del mercato del lavoro. |
4.2.3. |
Ciò comprende anche la questione della responsabilità congiunta delle parti sociali a livello settoriale e aziendale, in termini di investimenti in una istruzione e formazione della forza lavoro attiva con uno sguardo al futuro. La contrattazione collettiva a tutti i livelli — in linea con le leggi e le prassi nazionali — e i meccanismi di partecipazione dei lavoratori a livello di impresa sono strumenti pertinenti per affrontare i mutamenti nei fabbisogni di competenze e formazione, oltre che per contribuire ad anticipare tali mutamenti e aumentare l’innovazione. Nel corso dell’Anno europeo delle competenze, sarebbe utile che le parti sociali iniziassero a elaborare un quadro europeo di qualità per la formazione dei lavoratori dipendenti. |
4.3. Incentivare investimenti nei settori dell’istruzione e della formazione
4.3.1. |
Il CESE ha già sottolineato la necessità di un’offensiva per le qualifiche allo scopo di sostenere la crescente digitalizzazione dei mercati del lavoro dell’UE, di fornire incentivi all’investimento sia a livello di impresa che nel settore pubblico e di promuovere gli investimenti pubblici e privati nell’istruzione e formazione professionale. In ciascuno Stato membro vanno migliorati gli investimenti pubblici a favore dell’apprendimento permanente e in particolare dell’istruzione degli adulti (9). |
4.3.2. |
Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure efficaci per l’attuazione del primo e del quarto principio del pilastro europeo dei diritti sociali, al fine di garantire il diritto a un apprendimento permanente di qualità e inclusivo per tutti i cittadini in Europa nei luoghi di lavoro e non solo, e di sostenere l’applicazione di questi principi con finanziamenti pubblici sostenibili concordati con le parti sociali e la società civile. |
4.3.3. |
Dato che gli Stati membri sono responsabili in via primaria degli investimenti sostenibili volti a garantire la formazione, soprattutto delle persone disoccupate e scarsamente qualificate, ma anche a consentire di acquisire competenze di base certificate, competenze professionali e competenze fondamentali che assicurino una qualifica, l’Anno europeo delle competenze dovrebbe porre in risalto la necessità di operare investimenti pubblici sufficienti e adeguati in tutti i settori dell’istruzione e della formazione. |
4.3.4. |
In tale ottica, il CESE chiede che gli investimenti sostenibili nella partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente e nella formazione dei lavoratori dipendenti vengano evidenziati come prioritari nell’ambito del semestre europeo e che essi ottengano un maggiore sostegno a titolo dei fondi dell’UE, in particolare dei fondi strutturali e d’investimento europei, per potenziare l’offerta di attività di miglioramento delle competenze e riqualificazione professionale. |
4.4. Diritto di accesso alle opportunità di apprendimento permanente indipendentemente dal livello e dal tipo (formale, informale e non formale)
4.4.1. |
Il CESE chiede la piena attuazione del primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, al fine di garantire che l’accesso a una formazione di qualità e inclusiva e all’apprendimento permanente costituisca un diritto per tutti i destinatari dell’istruzione e della formazione professionale, compresi i lavoratori e i dipendenti, per consentire loro di partecipare pienamente alla società e gestire con successo le transizioni nel mercato del lavoro. Tale diritto deve anche aiutare i disoccupati e gli adulti scarsamente qualificati ad acquisire le competenze necessarie per il mercato del lavoro. Il CESE invita la Commissione ad analizzare come conseguire tale diritto e a introdurre un meccanismo di monitoraggio più efficace che richieda, da parte degli Stati membri, l’introduzione di programmi d’azione nazionali e la presentazione di relazioni periodiche su come questo diritto viene garantito. |
4.4.2. |
In tale ottica, il CESE esorta la Commissione, gli Stati membri e le parti sociali ad avvalersi dell’Anno europeo delle competenze per adottare misure efficaci con l’obiettivo di partecipare ad azioni congiunte per promuovere l’apprendimento in ambito lavorativo e stimolare investimenti nell’offerta di apprendistati di qualità, la partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente e la formazione dei lavoratori dipendenti, assicurando che tutti i lavoratori abbiano diritto di accesso a una formazione di qualità e inclusiva in condizioni di parità. Il quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, che celebrerà il suo 5o anniversario nel 2023, avrà bisogno di essere valutato e rafforzato. Sarebbe veramente giunto il momento di chiedere agli apprendisti, siano essi giovani o adulti, in quale misura le condizioni di qualità del quadro europeo siano state soddisfatte nella pratica sul posto di lavoro. |
4.5. Coinvolgimento delle parti interessate
4.5.1. |
Il CESE plaude all’esplicito impegno preso dalla Commissione a favore del rafforzamento della pertinenza delle competenze, in stretta collaborazione con le parti sociali, i servizi per l’impiego pubblici e privati, le imprese e gli erogatori di istruzione e formazione. In tale contesto, il CESE ritiene che sia altresì fondamentale:
|
4.6. Rafforzare servizi per l’impiego efficienti
4.6.1. |
Ai fini di un’equa transizione e perché le politiche attive del mercato del lavoro funzionino, sono necessari servizi per l’impiego efficienti, in grado non soltanto di gestire la domanda e l’offerta di posti di lavoro, ma anche di offrire orientamento e consulenza a chi è in cerca di lavoro. Il CESE invita gli Stati membri a investire maggiori risorse nel rafforzare non solo l’efficacia e l’efficienza, ma anche le capacità dei servizi per l’impiego e del personale che vi lavora, oltre che nel mettere a punto strumenti volti a sostenere chi non ha ancora fatto il suo ingresso nel mercato del lavoro. |
4.7. Conti individuali di apprendimento e microcredenziali
4.7.1. |
Il CESE accoglie con favore l’iniziativa sui conti individuali di apprendimento lanciata dalla Commissione, poiché gli erogatori di istruzione e formazione necessitano di sostegno finanziario per fornirle ai discenti. La pressione esercitata sulle qualifiche è in costante aumento, ma i conti individuali di apprendimento non dovrebbero tentare di sostituire le strutture di finanziamento esistenti, bensì integrarle, in particolare laddove tali conti non sono ancora presenti. |
4.7.2. |
I conti individuali di apprendimento costituiscono una componente importante per il finanziamento dell’istruzione continua. Essi dovrebbero essere differenziati in base al gruppo destinatario e devono essere comunque valutati continuamente e, ove necessario, adeguati. L’aspetto più importante è che la popolazione in età lavorativa dovrebbe avere un accesso diretto al proprio conto individuale di apprendimento e avere la possibilità di decidere autonomamente per quale ulteriore corso di formazione intende utilizzarlo personalmente. |
4.7.3. |
Nel quadro della proposta relativa a un approccio europeo alle microcredenziali per l’apprendimento permanente e l’occupabilità, le microcredenziali dovrebbero permettere una gestione migliore dei problemi legati alla formazione e alla riqualificazione delle persone, consentendo alle persone di acquisire con maggiore facilità ed efficienza tutte le competenze necessarie ad affrontare i cambiamenti radicali e le transizioni sociali che riguardano attualmente il mercato del lavoro. Nel contempo, tale approccio punta anche a far sì che gli erogatori formulino le loro offerte in maniera più trasparente e flessibile attraverso le microcredenziali. |
4.7.4. |
Ad avviso del CESE, le microcredenziali per il riconoscimento di discenti informali possono essere praticabili e accettabili, anche se è importante, al tempo stesso, che il loro obiettivo non sia quello di indebolire o sostituire l’istruzione iniziale formale, l’istruzione superiore, l’istruzione e la formazione professionale o le competenze tradizionali. |
4.8. Attirare cittadini di paesi terzi
4.8.1. |
L’attenzione rivolta alla capacità di attirare cittadini di paesi terzi dotati delle competenze necessarie per l’UE dovrebbe essere controbilanciata dalla mitigazione della «fuga di cervelli». Il CESE caldeggia canali più regolari per la migrazione di manodopera, ma la priorità, in assoluto, delle politiche in materia di competenze dovrebbe essere quella di assicurare lo sviluppo delle competenze dei lavoratori europei, nonché dei migranti disoccupati e di quelli privi di documenti presenti nel territorio dell’UE, dove già lavorano. |
4.8.2. |
Anche lo sviluppo di un bacino di talenti dell’UE (disponibile solo per i rifugiati ucraini) deve essere gestito con attenzione. Il CESE esorta la Commissione a definire azioni volte a garantire che ciascun rifugiato o richiedente asilo abbia la stessa possibilità offerta ai cittadini dell’Unione di convalidare le sue abilità e competenze e di seguire apprendistati e corsi di riqualificazione e perfezionamento professionale per il suo inserimento nel mercato del lavoro, in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. |
4.8.3. |
Inoltre, un riconoscimento più semplice, rapido e agevole delle qualifiche dei cittadini di paesi terzi deve essere comunque oggetto di discussione o promosso indipendentemente dal loro reclutamento. Sembra palese, tuttavia, che, nel caso delle professioni regolamentate, solo l’applicazione delle norme contemplate nella direttiva qualifiche dell’UE ai cittadini di paesi terzi possa accelerare o agevolare il riconoscimento delle loro qualifiche. |
4.9. Coordinamento dell’Anno europeo
4.9.1. |
La Commissione chiede agli Stati membri di nominare un coordinatore nazionale per l’Anno europeo delle competenze, al fine di assicurare il coordinamento delle attività pertinenti a livello nazionale. Dal momento che la nomina dei coordinatori nazionali e le rispettive riunioni costituiscono il cardine degli articoli riguardanti il coordinamento a livello nazionale e dell’UE, questo punto appare alquanto minimalista. |
4.9.2. |
Il CESE chiede che i punti di coordinamento nazionali posseggano le competenze pertinenti e dispongano delle risorse finanziarie, fornite da fonti UE e nazionali, e delle strutture adeguate, al fine di coinvolgere efficacemente i rappresentanti di un’ampia rete di portatori di interessi nel campo dell’istruzione, della formazione e delle competenze a livello nazionale e UE. Tali portatori di interessi (in particolare le parti sociali, i servizi per l’impiego pubblici e privati, gli erogatori di istruzione e formazione e altre organizzazioni pertinenti della società civile) dovrebbero far parte del coordinamento e svolgere un ruolo guida sia nella pianificazione e nell’attuazione delle attività nel corso dell’anno, sia nella loro valutazione. L’accento dovrebbe essere posto principalmente sui risultati sostenibili che possono essere raggiunti nel corso dell’anno. Per quanto riguarda l’importo dei finanziamenti, l’Anno europeo dello sviluppo può essere preso come buona pratica da imitare. |
4.10. Squilibrio tra domanda e offerta di competenze
4.10.1. |
Se, da un lato, alcuni settori possono risentire di una carenza di lavoratori qualificati, dall’altro, il cosiddetto squilibrio tra domanda e offerta di competenze è spesso maggiormente legato a cattive condizioni di lavoro (stipendi bassi, contratti di lavoro precari, mancanza di rispetto, orari di lavoro non compatibili con l’equilibrio tra vita professionale e vita privata, carenze nella formazione e nello sviluppo professionale dei lavoratori dipendenti) e alla mancanza di strumenti di anticipazione quale un sistema di allarme preventivo per prevedere i cambiamenti sul mercato del lavoro. Se l’Anno europeo delle competenze non considererà questo lato della medaglia, l’onere risulterà gravare in modo iniquo sui lavoratori e sulla società in quanto tale, senza insistere sulla responsabilità condivisa delle imprese. |
4.10.2. |
In tale ottica, le strategie sulle competenze non possono prescindere dalla creazione di posti di lavoro di qualità e dalle relative strategie. Di fatto, i programmi di formazione, miglioramento del livello delle competenze o riqualificazione professionale non saranno utili per chi vive in una zona economicamente arretrata che non offre opportunità di lavoro alternative. Posti di lavoro di qualità, salari equi e condizioni di lavoro dignitose costituiscono il presupposto per una crescita, una produttività e un’innovazione sostenibili e a lungo termine — e lo sviluppo delle competenze e l’apprendimento permanente rappresentano uno degli strumenti atti a conseguire questi obiettivi. In tale prospettiva sono fondamentali un dialogo sociale efficace con i sindacati, il rispetto e l’applicazione dei diritti del lavoro, nonché l’informazione e la consultazione dei lavoratori in merito alla formazione dei dipendenti e agli apprendistati presso le imprese. |
Bruxelles, 15 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo dei giovani 2022 [COM(2021) 634 final — 2021/0328 (COD)] (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 122).
(2) Studio dell’Osservatorio del mercato del lavoro (OML) sul tema Il lavoro del futuro: garantire l'apprendimento e la formazione permanenti dei lavoratori | Comitato economico e sociale europeo (europa.eu).
(3) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Apprendimento degli adulti» (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16); parere del Comitato economico e sociale europeo su «Come promuovere, sulla base dell’istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l’Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente» (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 27); parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un’agenda per le competenze per l’Europa sulla competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza» [COM(2020) 274 final] «Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale (IFP) per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza» [COM(2020) 275 final] (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40); parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un approccio europeo alle microcredenziali per l’apprendimento permanente e l’occupabilità [COM(2021) 770 final] e sulla proposta di raccomandazione del Consiglio sui conti individuali di apprendimento [COM(2021) 773 final] (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 62); parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su una strategia europea per le università [COM(2022) 16 final] e sulla proposta di raccomandazione del Consiglio — Costruire ponti per un’efficace collaborazione a livello europeo nel campo dell’istruzione superiore [COM(2022) 17 final] (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 109).
(4) Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un’agenda per le competenze per l’Europa sulla competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza» [COM(2020) 274 final] «Proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all’istruzione e formazione professionale (IFP) per la competitività sostenibile, l’equità sociale e la resilienza» [COM(2020) 275 final] (GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40).
(5) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Apprendimento degli adulti» (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16).
(6) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Apprendimento degli adulti» (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16).
(7) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a un Anno europeo dei giovani 2022 [COM(2021) 634 final — 2021/0328 (COD)] (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 122).
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa a un approccio europeo alle microcredenziali per l’apprendimento permanente e l’occupabilità [COM(2021) 770 final] e sulla proposta di raccomandazione del Consiglio sui conti individuali di apprendimento [COM(2021) 773 final] (GU C 323 del 26.8.2022, pag. 62); parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Apprendimento degli adulti» (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16); parere del Comitato economico e sociale europeo su «Come promuovere, sulla base dell’istruzione e della formazione e in una prospettiva di apprendimento permanente, le competenze di cui l’Europa ha bisogno per creare una società più giusta, più coesa, più sostenibile, più digitale e più resiliente» (GU C 286 del 16.7.2021 pag. 27).
(9) Parere del Comitato economico e sociale europeo — Finanziamenti sostenibili per l’apprendimento permanente e lo sviluppo di competenze nel contesto della carenza di manodopera qualificata (GU C 232 del 14.7.2020, pag. 8).
(10) Parere del Comitato economico e sociale europeo «Il futuro dell'occupazione: l'acquisizione di conoscenze e competenze appropriate per soddisfare le esigenze dei futuri posti di lavoro» (GU C 237 del 6.7.2018, pag. 8).
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/132 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Analisi delle carenze di investimenti nel settore della difesa e prospettive di percorso»
[JOIN(2022) 24 final]
(2023/C 100/20)
Relatore: |
Panagiotis GKOFAS |
Correlatore: |
Jan PIE |
Consultazione |
Commissione europea, 28.6.2022 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Organo competente |
Commissione consultiva per le trasformazioni industriali |
Adozione in commissione |
11.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
202/6/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia le iniziative proposte nella comunicazione congiunta sull’analisi delle carenze di investimenti nel settore della difesa e sulle prospettive di percorso. Tale comunicazione congiunta rappresenta un passo importante per promuovere la cooperazione tra gli Stati membri nel settore della difesa, cooperazione che si rende necessaria per ridurre costose duplicazioni delle capacità militari ed evitare la frammentazione del mercato della difesa nell’UE. Nel prosieguo di questa sezione del parere, il CESE sottolinea e sintetizza i punti principali di quest’ultimo. |
1.1.1. |
Una strategia dell’UE per il settore della difesa dovrebbe scaturire da una politica europea forte in materia di difesa e sicurezza. |
1.1.2. |
Bassi volumi di investimenti e la mancanza di coordinamento tra Stati membri in materia di R&S, produzione e approvvigionamento (commesse) hanno determinato carenze di capacità nonché la frammentazione della base industriale e tecnologica della difesa europea (European defence technological industrial base — EDTIB). |
1.1.3. |
Il CESE appoggia le misure concrete proposte dalla Commissione europea (EDIRPA — European Defence Industry Reinforcement through common Procurement Act = rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni e EDIP — European Defence Investment Programme = programma europeo di investimenti nel settore della difesa) e invoca un maggiore coordinamento tra gli Stati membri, in materia di politiche di difesa e di appalti, a livello di Unione europea. |
1.1.4. |
I bilanci nazionali per la difesa dovrebbero essere riesaminati al fine di prevedere annualmente la quota assegnata per il consolidamento degli investimenti nel settore della difesa europea comune. In tal modo essi contribuiranno alla valutazione della base finanziaria disponibile per azioni concrete coordinate dell’UE dedicate al rafforzamento delle capacità di difesa europee. |
1.1.5. |
Occorre prestare particolare attenzione alle moderne forme di guerra ibrida (come gli attacchi informatici, gli atti di guerra digitale e la propaganda attraverso diffusione di notizie false). |
1.1.6. |
Il Parlamento europeo deve sviluppare un meccanismo di monitoraggio dell’attuazione della politica europea di difesa (contratti, appalti, investimenti) ed acquisire strumenti tecnici e istituzionali adeguati a questo scopo. |
1.1.7. |
Il CESE incoraggia la Commissione europea a presentare una proposta ambiziosa che vada al di là di un’eventuale esenzione dall’IVA e preveda tra l’altro robusti interventi per aiutare il settore ad adeguarsi alle nuove sfide strategiche. |
1.2. |
Il CESE condivide la valutazione della comunicazione congiunta in merito all’insufficienza degli investimenti nel settore della difesa nell’Unione europea. Questo sottoinvestimento ha reso l’UE più debole e meno in grado di garantire la sua sicurezza, danneggiato la NATO e indebolito la posizione dell’Unione nei confronti di altre potenze globali. Nel contempo, tra un paese e l’altro dell’UE permangono divari in termini di investimenti nel settore della difesa. Ciò è contrario al principio di solidarietà tra gli Stati membri e favorisce le forze politiche centrifughe, compromettendo gli sforzi volti a sviluppare una cultura della sicurezza e una politica di difesa comuni in Europa. |
1.3. |
Il CESE accoglie con favore l’annuncio fatto da diversi Stati membri circa l’aumento delle rispettive spese di bilancio per la difesa, e li invita a tener fede al loro impegno di investire non solo più risorse, ma anche di investirle meglio, affrontando la necessità di approfondire la solidarietà dei cittadini dell’Unione e la cultura della preparazione alle situazioni di emergenza. È della massima importanza coordinare a livello europeo gli sforzi per la difesa realizzati a livello nazionale che non causino danni collaterali alle recenti iniziative dell’UE o non blocchino i progetti europei di sviluppo in corso di realizzazione o comunque già pianificati. E questo maggiore coordinamento europeo andrebbe visto come un modo per rafforzare anche le capacità complessive della NATO. Il CESE appoggia l’idea di rafforzare il quadro europeo di cooperazione in materia di difesa, in particolare attraverso acquisizioni congiunte. A tale riguardo, il CESE appoggia pienamente l’istituzione immediata della task force per le acquisizioni congiunte nel settore della difesa, quale strumento per coordinare le risposte degli Stati membri a esigenze urgenti nel brevissimo termine, in particolare la ricostituzione degli stock a livello dell’UE. |
1.4. |
Il CESE chiede che sia effettuata un’ulteriore analisi tecnica su come realizzare un’interfaccia europea che ottimizzi i risultati della spesa nazionale per la difesa a livello di Unione europea. |
1.5. |
Il CESE accoglie favorevolmente l’investimento proposto di 500 milioni di EUR, uno strumento di breve termine da attuare nell’arco di due anni (2022-2024) per incentivare le acquisizioni congiunte. Sulla base dei lavori della task force di cui sopra, lo strumento può contribuire a strutturare e coordinare l’attuale domanda di prodotti per la difesa di cui vi è urgentemente bisogno, nonché a prevenire gli effetti di spiazzamento. |
1.6. |
Il CESE accoglie inoltre con favore l’annuncio di un programma europeo di investimenti nel settore della difesa (European Defence Investment Programme — EDIP) per progetti di difesa sviluppati congiuntamente e incoraggia la Commissione a presentare rapidamente una proposta ambiziosa che vada oltre un’eventuale esenzione dall’IVA e preveda misure forti per aiutare il settore ad adeguarsi alle nuove sfide strategiche. L’UE deve sviluppare iniziative di investimento che creino le condizioni per una cooperazione industriale tramite imprese in fase di avviamento (start-up) e PMI (conformemente allo Small Business Act), nonché per un pieno impiego della forza lavoro altamente qualificata del settore della difesa, l’aggiornamento delle competenze di tale forza lavoro e la creazione di nuove competenze. Tutto ciò attraverso programmi specifici di R&S e progetti europei che consentano alle industrie nazionali di lavorare insieme. |
1.7. |
Il CESE accoglie con favore l’annuncio della Commissione relativo alla presentazione di un’iniziativa sulle materie prime critiche, comprendente delle misure legislative, tesa a rafforzare la resilienza dell’UE e la sicurezza dei suoi approvvigionamenti di materie prime di questo tipo. Secondo il CESE, questa iniziativa deve tenere conto dell’importanza strategica del settore della difesa. |
1.8. |
L’integrazione di una politica di difesa comune renderebbe possibili una maggiore autonomia nell’innovazione industriale e maggiori ricadute tecnologiche tra il settore militare e quello civile, oltre a politiche europee più efficaci e indipendenti in materia di difesa e di energia. |
1.9. |
Il CESE riconosce l’importanza di sviluppare un collegamento forte tra ciberdifesa e cibersicurezza per affrontare in modo efficace le nuove forme di guerra ibrida. Considerata la sua importanza per contrastare questi atti di guerra di tipo nuovo, la costruzione di tale nesso dovrebbe essere uno degli obiettivi principali dei futuri investimenti nella cibersicurezza. |
1.10. |
Il CESE ritiene che la comunicazione congiunta non fornisca orientamenti strategici sufficienti per l’ulteriore sviluppo dell’EDTIB. In risposta alle nuove sfide in materia di sicurezza che minacciano il quadro europeo di solidarietà, è necessaria una strategia industriale europea globale della difesa che allinei tutte le misure di politica industriale in vista del rafforzamento delle prestazioni dell’EDTIB in rapporto alle sue funzioni essenziali. In quest’ottica, la comunicazione congiunta non è che un passo nella direzione giusta. |
1.11. |
Il CESE raccomanda di istituire un comitato scientifico o un’agenzia scientifica che, operando sotto la supervisione politica del Parlamento europeo, monitori e valuti costantemente gli aspetti fondamentali degli investimenti nel settore della difesa e fornisca altresì orientamenti per una ripartizione efficiente delle risorse finanziarie e militari. I risultati e le raccomandazioni che ne deriverebbero dovrebbero essere messi a disposizione di ciascuno Stato membro. |
1.12. |
Il CESE ritiene che il settore europeo della difesa possa incentivare le sinergie e la cooperazione tra numerosi settori economici, attori e parti interessate. Una particolare attenzione andrebbe dedicata alle PMI, in linea con lo Small Business Act. |
2. Contesto di riferimento
2.1. |
Nella riunione svoltasi a Versailles nel marzo scorso, i capi di Stato o di governo dell’UE si sono impegnati a rafforzare le capacità di difesa europee in reazione all’aggressione militare russa nei confronti dell’Ucraina. Più precisamente, si sono impegnati a: 1) aumentare le spese per la difesa; 2) intensificare la cooperazione attraverso progetti congiunti; 3) ridurre le carenze e conseguire obiettivi di capacità militare; 4) stimolare l’innovazione, anche attraverso sinergie nel settore civile/militare; e 5) rafforzare e sviluppare il settore europeo della difesa, comprese le PMI. |
2.2. |
Inoltre, i capi di Stato o di governo hanno invitato la Commissione europea a presentare, in coordinamento con l’Agenzia europea per la difesa (AED), «un’analisi delle carenze di investimenti in materia di difesa entro metà maggio e a proporre qualsiasi ulteriore iniziativa necessaria per rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa europea». |
2.3. |
In risposta a questo incarico, la Commissione europea e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (che ricopre anche la carica di capo dell’AED) hanno sottoposto all’esame del Consiglio europeo una serie di azioni e raccomandazioni, volte a garantire che gli aumenti nelle spese di bilancio per la difesa annunciati dagli Stati membri non portino a un’ulteriore frammentazione del settore europeo della difesa, ma concorrano invece a rendere più solida la base industriale e tecnologica della difesa europea. Tra tali raccomandazioni figura, in particolare, quella di adottare misure volte a favorire le acquisizioni congiunte, a migliorare la programmazione nella difesa e ad aumentare le capacità di produzione. Si fa inoltre uno specifico riferimento al rafforzamento delle opportunità di finanziamento per il settore della difesa. |
2.4. |
Le raccomandazioni formulate nella comunicazione congiunta si basano su una valutazione delle attuali carenze in termini di investimenti e capacità. Benché nel 2020 la spesa europea per la difesa sia aumentata, solo l’11 % degli investimenti ha riguardato progetti di collaborazione — una percentuale ampiamente inferiore al parametro di riferimento del 35 % concordato dagli Stati membri nel quadro dell’AED e stabilito nell’ambito della cooperazione strutturata permanente (PESCO) — mentre l’89 % degli investimenti ha riguardato l’ambito nazionale. Va rilevato che gli Stati membri dell’UE sono esposti a rischi diversi e dispongono di capacità diverse per reagire in caso di crisi militari o di altro tipo, le quali richiedono risorse di difesa differenziate. |
2.5. |
Inoltre, la spesa combinata degli Stati membri per la ricerca e la tecnologia (R&T) nel settore della difesa ammonta a 2,5 miliardi di EUR, cioè solo all’1,2 % della loro spesa totale per la difesa, quindi ben al di sotto del parametro di riferimento del 2 % concordato nel quadro dell’AED e assunto come impegno più vincolante nell’ambito della PESCO. |
2.6. |
Oltre a ciò, il settore europeo della difesa presenta ancora notevoli inefficienze: scarse economie di scala, frammentazione del mercato e della produzione, duplicazione e moltiplicazione dei sistemi di difesa dello stesso tipo ecc. La mancanza di cooperazione tra gli Stati membri indebolisce le capacità industriali e tecnologiche necessarie per preservare la capacità di difesa dell’Unione europea e soddisfarne le esigenze attuali e future in materia di sicurezza. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Gli investimenti nel settore della difesa dovrebbero avere una funzione preventiva e fungere da fattore di deterrenza e stabilità, con l’obiettivo di accrescere la sicurezza e ridurre i rischi di conflitto, anziché indurre ulteriori corse agli armamenti e aumentare la probabilità di nuovi conflitti, a livello regionale o globale. |
3.2. |
L’ideale sarebbe che, nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti, a prevalere fosse sempre lo strumento della diplomazia. Il ricorso alla forza militare dovrebbe rimanere uno strumento finale di deterrenza e un ultimo, estremo rimedio. Prima di qualsiasi intervento militare, baluardi dei valori europei della pace, della democrazia, della solidarietà e della stabilità dovrebbero essere le prospettive di sviluppo e il benessere economico. Il CESE sostiene pertanto tutti i tentativi compiuti a livello internazionale per giungere a soluzioni pacifiche, eque e concrete in ogni caso di conflitto, di controversia e/o di azioni illegali (invasioni, occupazioni, minacce alla sovranità di uno Stato, intimidazioni: si pensi ad esempio a situazioni come quelle createsi in Ucraina, a Cipro, nei Balcani occidentali e in altre parti del mondo), nel quadro dei parametri stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla risoluzione pertinente del Consiglio d’Europa. |
3.3. |
Il CESE è convinto della necessità di uno stretto coordinamento tra l’UE e la NATO. Entrambe queste organizzazioni dispongono di propri strumenti e punti di forza specifici, che devono essere utilizzati in maniera complementare per l’obiettivo comune di garantire la sicurezza dell’Europa. |
3.4. |
Il CESE deplora il fatto che per anni nell’UE si sia investito in misura largamente insufficiente nel settore della difesa, finendo per determinarvi carenze industriali e di capacità; è inoltre consapevole che le dimensioni dell’EDTIB sono attualmente tarate sulle operazioni da effettuare in tempo di pace (le quali richiedono un basso ritmo di produzione), e invoca pertanto provvedimenti che aiutino l’EDTIB a soddisfare l’improvviso aumento della domanda di forniture militari provocato dalla guerra in Ucraina. |
3.5. |
Il CESE appoggia l’invito che la comunicazione congiunta rivolge agli Stati membri affinché acquistino in modo collaborativo i materiali e le attrezzature di difesa di cui c’è bisogno. Le acquisizioni congiunte di prodotti di cui c’è urgente necessità assicurerebbero una convenienza economica maggiore, migliorerebbero l’interoperabilità ed eviterebbero agli Stati membri più esposti di trovarsi di fronte all’incapacità di ottenere ciò di cui hanno bisogno a causa di richieste contrastanti all’industria della difesa, che non può rispondere nel breve termine a un aumento così marcato della domanda. |
3.6. |
Il CESE sostiene inoltre la proposta di incentivare le acquisizioni congiunte attraverso il bilancio dell’UE per mezzo di un apposito strumento a breve termine. Il sostegno finanziario dell’UE apportato mediante tale strumento dovrebbe stimolare gli Stati membri a ricorrere alla procedura di appalto cooperativo nel settore della difesa, ragion per cui tale sostegno dovrebbe andare a vantaggio della base industriale e tecnologica della difesa europea, garantendo nel contempo la capacità di reazione delle forze armate europee, la sicurezza dei loro approvvigionamenti e una maggiore interoperabilità. |
3.7. |
Il CESE attende inoltre con interesse la proposta di un programma europeo di investimenti nel settore della difesa (EDIP), ma al tempo stesso si chiede se esso sia sufficiente a incentivare, grazie a un’esenzione dall’IVA, l’acquisizione congiunta di progetti sviluppati in comune. Ciò che è necessario, infatti, è mettere l’EDTIB in condizione di sostenere le forze armate europee, anche per — e durante — conflitti di lunga durata e su vasta scala. A questo fine bisognerebbe utilizzare in modo sistematico diversi strumenti di politica industriale per rafforzare le catene di approvvigionamento, promuovere le competenze, costituire riserve strategiche ecc. L’EDIP dovrebbe pertanto adottare un approccio globale per sostenere la necessaria trasformazione dell’EDTIB. |
3.8. |
Al tempo stesso, però, la comunicazione congiunta non punta sufficientemente in alto in rapporto ad altre iniziative, come il FED. Il CESE raccomanda di avvalersi del margine di flessibilità offerto dall’attuale quadro finanziario pluriennale (QFP) per aumentare in misura significativa la dotazione finanziaria del FED, portandola a un livello adeguato agli annunciati incrementi della spesa militare degli Stati membri. Ciò è necessario per garantire l’effetto leva e il potere del FED di incentivare la cooperazione. Il FED dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel superare la frammentazione dei sistemi di difesa europei e nel ridurre la carenza di investimenti nel settore della difesa, ma il CESE reputa che esso possa essere in grado di svolgere questo ruolo soltanto se gli Stati membri miglioreranno in modo significativo la loro cooperazione. Il FED dovrebbe essere oggetto di una valutazione periodica e andrebbe potenziato, qualora ciò contribuisse effettivamente a una maggiore coesione ed efficienza della spesa europea per la difesa. Il valore aggiunto europeo è infatti della massima importanza per giustificare il ricorso a questo strumento. Il CESE propone inoltre che, tra le priorità, figuri anche l’azione volta a rendere il FED più strategico (individuazione di un numero limitato di progetti faro adeguatamente finanziati), più reattivo (aumento della linea di bilancio per le PMI e le tecnologie di rottura, organizzazione di procedure aperte per accelerare l’accettazione di idee innovative, definizione di procedure accelerate per i progetti urgenti ecc.) e più efficiente (ottimizzazione dei trasferimenti di fondi al settore della difesa per i progetti a titolo del FED, armonizzazione del quadro di riferimento sulla proprietà intellettuale, definizione di soluzioni sostenibili per il trattamento di dati riservati ecc.). |
3.9. |
Il CESE ritiene inoltre che una politica onnicomprensiva e strategica in tema di materie prime (comprese quelle critiche) sia ora fondamentale per ridurre la dipendenza strategica dell’Europa da regimi autocratici. Secondo il CESE, questa strategia dovrebbe basarsi su tre pilastri: 1) accesso globale libero ed aperto alle materie prime, comprese quelle critiche, 2) potenziamento dell’utilizzo e della trasformazione delle materie prime, comprese quelle critiche, europee/nazionali, degli incentivi fiscali, delle iniziative di costituzione di scorte, e 3) riciclo delle materie prime, comprese quelle critiche, migliorando le condizioni quadro per un’economia circolare. |
3.10. |
Il CESE ritiene che lo scopo principale della base industriale e tecnologica di difesa europea consista nell’aiutare le forze armate europee a svolgere i compiti loro affidati. A tal fine, il CESE è convinto che l’EDTIB debba essere in grado di svolgere quattro funzioni essenziali: 1) fornire in qualsiasi momento e in qualsiasi circostanza le attrezzature di difesa necessarie e i relativi servizi, 2) migliorare le principali tecnologie di difesa e le loro applicazioni e sviluppare versioni nuove e migliorate, nonché le prossime generazioni, di tali tecnologie, 3) reagire alle nuove tendenze e scoperte tecnologiche emergenti da parte dei concorrenti e dei potenziali avversari, e 4) sfidare concorrenti e potenziali avversari sviluppando concetti innovativi, tecnologie rivoluzionarie e applicazioni completamente nuove. Prendendo come punto di partenza la comunicazione congiunta in esame, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero elaborare con urgenza una strategia industriale completa per il settore della difesa volta a migliorare le prestazioni dell’EDTIB in rapporto a tali funzioni essenziali. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE riconosce l’importanza di sviluppare anche un collegamento forte tra ciberdifesa e cibersicurezza per contrastare in modo efficace le nuove forme di guerra ibrida — ad esempio attacchi informatici e pratiche scorrette in ambiente digitale — osservabili in recenti conflitti internazionali, sia militari che non militari. Andrebbe quindi riservata un’attenzione speciale agli investimenti nella cibersicurezza, un settore che è cresciuto rapidamente nel corso dell’ultimo decennio e che sembra in grado di imprimere rapidi cambiamenti negli affari internazionali e interni e nelle considerazioni politiche. |
4.2. |
Il CESE sottolinea che l’Unione europea deve sviluppare iniziative di investimento che consentano la cooperazione industriale attraverso start-up e PMI e che facciano pieno ricorso alla forza lavoro altamente qualificata del settore della difesa, aggiornando nel contempo le competenze e creandone di nuove attraverso programmi di cooperazione a livello europeo. |
4.3. |
Il CESE rinnova la proposta di istituire uno sportello unico online per le PMI e le start-up — un «angolo» (online) per le PMI dell’UE — che offra loro la possibilità di inserire dati prestabiliti e di ricevere in cambio informazioni ad hoc sui programmi dell’UE più adatti a fornire il sostegno a loro meglio confacente. |
4.4. |
Per quanto riguarda le misure a sostegno delle tecnologie critiche e delle capacità industriali, rimane essenziale ridurre le dipendenze critiche lungo le catene del valore nel settore della difesa, a cominciare dall’accesso alle materie prime critiche fino all’approvvigionamento di componenti critici, alla fornitura di sottosistemi ecc. Tutto ciò ha a che vedere anche con la stabilità finanziaria ed economica della catena di approvvigionamento industriale e con la disponibilità di competenze sufficienti per soddisfare i fabbisogni attuali e futuri in termini di tecnologie e capacità. Il CESE desidera inoltre porre l’accento sulle osservazioni e raccomandazioni già formulate nel suo parere sul tema Tabella di marcia relativa alle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa (CCMI/189). |
4.5. |
La progettazione di un nuovo paradigma per gli investimenti nel settore della difesa in Europa dovrebbe tenere conto anche di criteri sociali e ambientali, soddisfacendo la necessità di integrare efficacemente strumenti affidabili e trasferibili nel Green Deal e negli obiettivi di sostenibilità (gli OSS = obiettivi di sviluppo sostenibile) e rispondendo in tal modo alle priorità e ai rischi principali per l’Europa, quali l’economia circolare, la protezione civile, le catastrofi naturali, la gestione delle emergenze e le azioni terroristiche marittime. La gestione delle crisi e i fenomeni legati alla crisi climatica richiedono azioni complementari immediate e strumenti moderni. Un programma di collaborazione distinto dovrebbe essere discusso con la DG Protezione civile e operazioni di aiuto umanitario europee (ECHO). |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/137 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e recante modifica del regolamento (UE) 2021/2115»
[COM(2022) 305 final — 2022/0196 (COD)]
(2023/C 100/21)
Relatore: |
José Manuel ROCHE RAMO |
Correlatore: |
Arnold PUECH D’ALISSAC |
Consultazione |
Parlamento europeo, 14/7/2022 Consiglio, 6.7.2022 |
Base giuridica |
Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
22.2.2022 |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
24.11.2022 |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
157/01/04 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari introduce una serie di novità e misure volte ad attenuare alcune carenze individuate nell’applicazione e nel rispetto della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi (1). |
1.2. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) non solo riconosce che tale revisione è necessaria, ma osserva altresì con piacere che molte delle limitazioni individuate nella direttiva vigente, così come le iniziative ora presentate nel quadro della proposta in esame, erano già state segnalate nelle osservazioni e raccomandazioni avanzate nel quadro della propria relazione di valutazione (2). Per citare alcune questioni per le quali la proposta di regolamento intende trovare una soluzione, si ricordano la necessità di una maggiore armonizzazione nell’attuazione dei piani d’azione nazionali, le differenze tra i vari Stati membri in rapporto alla realtà sul campo, l’esigenza di una formazione adeguata degli utenti, nonché l’importanza di promuovere nuove tecnologie, come l’agricoltura di precisione. |
1.3. |
Conformemente agli obiettivi stabiliti nella strategia «Dal produttore al consumatore» e nella strategia sulla biodiversità per il 2030, la proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi è tesa a migliorare la sostenibilità ambientale, economica e sociale dei sistemi alimentari. In quest’ottica, il CESE accoglie favorevolmente l’inserimento di questi obiettivi, riconoscendo al tempo stesso i benefici che la proposta apporta al fine di migliorare lo stato di salute dei cittadini e dei consumatori, oltre che dell’ambiente. |
1.4. |
La nuova strategia europea introduce obiettivi quantitativi, da conseguire entro il 2030, ai fini di un minor ricorso ai pesticidi e di una riduzione dei rischi associati. Questi obiettivi sono indubbiamente ambiziosi ed è pertanto necessario stabilire periodi transitori ragionevoli, che tengano conto (3) sia della riduzione del loro utilizzo nel corso degli anni precedenti che delle condizioni geografiche, agronomiche e socioeconomiche dei vari Stati membri; in tali periodi transitori bisognerà permettere agli agricoltori di utilizzare nuovi prodotti alternativi. Tenuto conto che gli attuali strumenti a basso rischio impiegano circa 10 anni ad arrivare sul mercato, i legislatori devono prestare particolare attenzione al calendario fissato per il conseguimento degli obiettivi prefissati, introducendo a tal fine la flessibilità necessaria per rispettare il principio «non lasciare indietro nessuno». Inoltre, la proposta della Commissione prevede che nelle cosiddette «aree sensibili» si applichino ampie restrizioni all’uso di prodotti fitosanitari. Il CESE sottolinea che, nell’Unione, vaste zone di produzione agricola rientrano nella definizione proposta e nel campo di applicazione delle disposizioni relative alle «aree sensibili». Un tale requisito ha conseguenze di ampia portata e dovrebbe pertanto essere applicato solo sulla base di una solida valutazione dell’impatto scientifico e agronomico. |
1.5. |
In rapporto agli indicatori di rischio armonizzati (IRA), sono necessari orientamenti chiari e indicatori adeguati. A causa dei limitati dati attualmente disponibili, specialmente per quanto riguarda l’uso di pesticidi chimici, il metodo utilizzato dev’essere improntato alla massima prudenza. Nella fattispecie, questo si rende particolarmente necessario quando si utilizzano le vendite tramite canali commerciali come parametro di riferimento (IRA1). Analogamente, occorre prestare un’attenzione speciale all’arco di tempo considerato ai fini del calcolo. A tale riguardo, le stime relative all’immissione sul mercato dei pesticidi potrebbero essere migliorate, ad esempio introducendo una distinzione tra le autorizzazioni a scopo professionale e quelle «per la casa e il giardino» (ossia, quelle per finalità legate all’agricoltura e quelle per altre finalità). |
1.6. |
Le conseguenze negative generate dalle crisi più recenti — dalla pandemia fino all’invasione dell’Ucraina e alla guerra in quel paese, senza dimenticare il netto intensificarsi degli effetti dei cambiamenti climatici (siccità, incendi, inondazioni, nuove specie nocive, ondate di calore ecc.) — impongono di considerare la produzione di alimenti e la sicurezza alimentare come una delle massime priorità dell’agenda politica dell’UE. |
1.7. |
L’UE deve comunque continuare a sviluppare la tabella di marcia segnata al fine di rispettare gli impegni assunti in materia di azione per il clima e sostenibilità. Nella consapevolezza che l’Europa deve continuare a realizzare le azioni stabilite nell’Agenda 2030 e per il conseguimento degli OSS, bisognerà tenere conto anche degli impatti e degli effetti che l’attuale contesto genera sui sistemi agroalimentari. A tale riguardo, nell’attuale scenario di crisi va contemplata la possibilità di applicare determinate deroghe, sempre in modo contenuto e per un periodo limitato (4). |
1.8. |
Questa crisi deve inoltre essere considerata come un’opportunità per affrontare le cause strutturali dell’instabilità a livello mondiale e per rimodellare le dinamiche delle catene di approvvigionamento, apportando miglioramenti duraturi sia per le persone che per il pianeta. In particolare, occorre avviare con urgenza un dibattito e una riflessione approfonditi sul sistema agroalimentare che l’UE deve delineare per i prossimi decenni. |
1.9. |
Allo stesso tempo, l’UE ha l’obbligo e la responsabilità di considerare la produzione di alimenti e la sicurezza alimentare come un obiettivo strategico primario. In quest’ottica, gli obiettivi del Green Deal e della strategia «Dal produttore al consumatore», nel cui quadro rientra la proposta in esame, devono essere sempre basati su prove scientifiche che siano accompagnate da pertinenti valutazioni d’impatto, al fine di vigilare sull’adeguatezza degli obiettivi nel rispetto del principio di proporzionalità. |
1.10. |
A tale riguardo, diversi studi (5) hanno messo in guardia contro i possibili effetti negativi che verrebbero generati a livello mondiale da un drastico aumento dei prezzi dei prodotti alimentari dovuto a raccolti più modesti e a rese agricole inferiori. Una riduzione della produzione agricola potrebbe mettere l’Unione europea in una posizione di maggiore dipendenza dalle importazioni di alimenti provenienti da paesi terzi, con conseguenti danni sul piano ambientale, sociale ed economico. |
1.11. |
L’obiettivo finale della proposta in esame dovrebbe pertanto essere quello di puntare su soluzioni alternative (un pacchetto di strumenti) che diano la priorità a migliorare l’attuazione e il rispetto della difesa fitosanitaria integrata (integrated pest management o IPM), che deve rimanere la pietra angolare della proposta tramite una maggiore diffusione e la promozione delle soluzioni alternative per il controllo delle specie nocive, come i prodotti fitosanitari a basso rischio o a base biologica. Per ora, tuttavia, tali soluzioni non possono sostituire l’uso dei pesticidi chimici. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare quanto prima l’utilizzo di questo pacchetto di strumenti, badando nel contempo a offrire sistemi di incentivi adeguati. |
1.12. |
Questo pacchetto di strumenti dev’essere imperniato sul ricorso a varie soluzioni e misure basate sulla scienza e sull’innovazione: la semina di varietà più resistenti, l’utilizzo di sementi certificate, l’agricoltura di conservazione, la produzione integrata, le nuove tecniche di selezione vegetale (new breeding techniques o NBT), l’agricoltura biologica, la rotazione delle colture, nonché le tecniche digitali o l’impegno a rilanciare le colture minori, devono servire da guida per passare con successo a un modello basato su un uso ridotto di prodotti fitosanitari. |
1.13. |
A tal fine, è fondamentale poter disporre di sistemi fitosanitari sostenibili scientificamente fondati, efficaci, sicuri e a prezzi accessibili, in grado di fornire agli agricoltori gli strumenti per rimanere competitivi. In quest’ottica, la Commissione deve esigere la reciprocità delle norme, in modo che le importazioni di alimenti provenienti da paesi terzi che sono trattati con prodotti non ammessi sul mercato unico siano soggette a norme almeno equivalenti a quelle applicate nell’UE. |
1.14. |
Al tempo stesso, è fondamentale evitare un aumento sproporzionato degli oneri burocratici a carico degli agricoltori, che si ripercuoterebbe in modo anche più marcato sulle piccole e medie aziende agricole, che resistono meno a questo tipo di congiunture per effetto delle minori economie di scala. |
1.15. |
D’altro canto, gli organismi di gestione cui spetta la divulgazione dei dati statistici devono essere molto scrupolosi nel trattamento di tali dati e devono in particolare rispettare appieno i diritti delle persone in materia di riservatezza e titolarità del trattamento dei dati, che in molti casi fanno riferimento a informazioni riservate. |
1.16. |
Il CESE accoglie positivamente l’impegno a favore di un modello di consulenza imparziale, professionale e indipendente che consenta agli agricoltori di continuare ad utilizzare pratiche sostenibili nei loro terreni. La funzione che a questo riguardo può essere svolta dalle organizzazioni agricole e dalle cooperative sarà cruciale al fine di garantire che gli agricoltori possano trarre il massimo beneficio, sia a livello di produzione che in termini di possibile commercializzazione collettiva (ad esempio, aziende cooperative). |
1.17. |
Il CESE rileva inoltre con piacere che è stata introdotta una misura specifica volta a compensare i costi sostenuti dagli agricoltori mediante la concessione di un sostegno finanziario. Ciononostante, ritiene che sia ancora necessario precisare in modo più particolareggiato alcuni aspetti della sua articolazione all’interno della PAC, in particolare chiarendo le questioni relative ai tempi e alle modalità di realizzazione concreta, dato che la nuova PAC e i corrispondenti piani strategici di ciascuno Stato membro dovrebbero essere approvati ed entrare in vigore entro il 1o gennaio 2023. |
2. Contesto del parere
2.1. |
Inizialmente prevista per il 23 marzo 2022 e rinviata a causa delle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina, il 22 giugno 2022 la Commissione europea ha infine pubblicato la proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari nell’ambito della revisione della direttiva sull’uso sostenibile dei pesticidi. Questa proposta di regolamento rientra nel pacchetto di misure sulla protezione della natura ed è stata pubblicata contemporaneamente alla proposta di regolamento sul ripristino della natura. Il pacchetto di misure rappresenta un passo decisivo nell’attuazione del Green Deal europeo, della strategia «Dal produttore al consumatore» e della strategia sulla biodiversità. |
2.2. |
In sintonia con la strategia «Dal produttore al consumatore», gli obiettivi principali della proposta di regolamento presentata dalla Commissione sono i seguenti:
|
2.3. |
Gli Stati membri potranno ridurre il proprio obiettivo nazionale relativo all’uso e al rischio dei prodotti fitosanitari chimici mediante un sistema di ponderazione che tenga conto dell’intensità d’uso nonché di una cifra relativa all’uso e al rischio. In nessun caso la percentuale di riduzione per il 2030 potrà essere inferiore al 35 % o superiore al 70 %. |
2.4. |
Per conseguire questi risultati, la proposta presentata dalla Commissione fissa obiettivi di riduzione giuridicamente vincolanti nell’UE. Le nuove norme stabiliscono inoltre che gli Stati membri devono fissare obiettivi vincolanti secondo il diritto interno al fine di contribuire al conseguimento dell’obiettivo generale dell’UE. La proposta di regolamento stabilisce che gli Stati membri godranno di una certa flessibilità al fine di poter tenere conto della propria situazione nazionale. In particolare, bisognerà prestare attenzione ai progressi nel corso degli anni precedenti e all’intensità d’uso dei pesticidi in ogni Stato membro. |
2.5. |
La Commissione misurerà annualmente il livello di utilizzo e di rischio dei pesticidi chimici utilizzando come parametro di riferimento i dati sulle vendite dei prodotti fitosanitari che gli Stati membri le comunicheranno. La base di riferimento per il calcolo della riduzione al 50 % sarà costituita dalle vendite negli anni 2015, 2016 e 2017. |
2.6. |
Tutte le sostanze attive immesse sul mercato sotto forma di prodotti fitosanitari saranno ripartite in quattro gruppi, a ciascuno dei quali sarà applicata una ponderazione, tanto più elevata quanto più alto sarà il rischio. |
2.7. |
In sintesi, le novità principali introdotte dalla revisione legislativa sono le seguenti:
|
2.8. |
Un pacchetto di misure strategiche aiuterà gli agricoltori e gli altri utilizzatori di pesticidi nella transizione verso sistemi di produzione alimentare più sostenibili, cioè in particolare: i) un aumento della gamma di alternative biologiche e a basso rischio immesse sul mercato; ii) la previsione di incentivi, nel quadro della nuova PAC, affinché gli agricoltori facciano meno ricorso ai pesticidi; iii) le attività di ricerca e sviluppo nel quadro di Orizzonte 2030; iv) il piano d’azione per l’agricoltura biologica. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
L’attuale scenario di crisi — dalla pandemia all’invasione dell’Ucraina e alla guerra in quel paese, senza dimenticare il forte intensificarsi degli effetti dei cambiamenti climatici (siccità, incendi, inondazioni, nuove specie nocive, ondate di calore ecc.) — sta esercitando una forte pressione sui sistemi agroalimentari europei e mondiali. Ciononostante, tali ostacoli non devono rappresentare un fattore che allontani l’UE dal fermo impegno assunto per portare avanti le azioni che sono tese a realizzare una transizione giusta, come stabilito nell’Agenda 2030 (6). |
3.2. |
In molti dei propri pareri il CESE ha chiesto una politica alimentare globale dell’UE che assicuri: i) la sostenibilità economica, ambientale e socioculturale; ii) l’integrazione tra settori, ambiti di intervento e livelli di governo; iii) processi decisionali inclusivi; iv) una combinazione di misure obbligatorie (regolamenti e imposte) e di incentivi (aumenti dei prezzi, accesso al credito, risorse e assicurazione) che accelerino la transizione verso sistemi alimentari sostenibili (7). |
3.3. |
Per conseguire questi obiettivi è necessario armonizzare e garantire una maggiore coerenza tra le diverse politiche e normative dell’UE, come il Green Deal europeo, la strategia «Dal produttore al consumatore», la strategia sulla biodiversità, il piano d’azione per l’inquinamento zero, l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari ecc. |
3.4. |
Inoltre, il bilancio della PAC non dovrebbe essere ridotto o mantenuto sui livelli attuali, ma andrebbe invece aumentato e dovrebbe sostenere la transizione. L’approvazione dei piani strategici della PAC dovrebbe anche essere subordinata all’adozione, da parte degli Stati membri, di piani globali tesi a rimodellare l’ambiente alimentare e a collegare gli incentivi per una produzione alimentare sana e sostenibile alla formazione di nuovi mercati per tali prodotti (8). |
3.5. |
A tale riguardo, il Comitato accoglie con favore la decisione di dare la priorità, nel quadro della nuova PAC, ai finanziamenti a favore di pratiche ad adesione volontaria che sono tese a promuovere la conformità con un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, senza che tali aiuti finanziari siano in alcun modo indirizzati a penalizzare o compromettere i redditi ricavati con l’uso di altre pratiche alternative che sono anch’esse legali e autorizzate dalla legislazione europea. In generale, i finanziamenti sotto forma di regimi ecologici e di iniziative per lo sviluppo rurale sono stati accessibili solo per iniziative che vanno al di là degli obblighi di legge. Il nuovo quadro normativo consentirà a tutti gli Stati membri di concedere, per cinque anni, dei finanziamenti agli agricoltori ai fini della conformità a tutti gli obblighi connessi all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. |
3.6. |
Analogamente, il Comitato apprezza gli sforzi compiuti per aumentare l’efficienza dei piani d’azione nazionali (PAN) per un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Questi PAN — anche se potrebbero essere assai diversi, prevedere obiettivi a raggiungimento volontario e riguardare settori d’interesse differenti — presentano comunque un contenuto più agile e comprendono un elenco dettagliato di iniziative collegate agli obiettivi della strategia «Dal produttore al consumatore». Verrà chiesto a tutti gli Stati membri di elencare le misure finanziarie e di altro tipo attuate per promuovere la difesa fitosanitaria integrata e le alternative non chimiche. Gli Stati membri dovranno inoltre trasmettere relazioni annuali sui progressi e sull’attuazione in cui andranno segnalate le tendenze in rapporto al conseguimento di tutti gli obiettivi, razionalizzando i dati quantitativi sulla conformità a un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. La Commissione elaborerà ogni due anni un’analisi delle relazioni annuali sui progressi e sull’attuazione. |
3.7. |
È tuttavia essenziale che questo nuovo modello di governance sia improntato al principio «non lasciare indietro nessuno», il che significa garantire che ogni Stato membro possa realizzare in modo ottimale l’obiettivo di un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari anche se il punto di partenza non è lo stesso per tutti. |
3.8. |
Per conseguire tale obiettivo, la società civile organizzata — e, in particolare, le organizzazioni che hanno maturato esperienze nel settore dei pesticidi — dovrebbe essere strettamente associata all’elaborazione, al monitoraggio e alla futura valutazione del nuovo regolamento. È necessario migliorare non solo la qualità delle informazioni sui pesticidi che sono destinate al pubblico in generale, e ai consumatori in particolare, ma anche la formazione e le informazioni rivolte agli utilizzatori professionali di pesticidi (9). |
3.9. |
Prezzi equi per i prodotti alimentari (tali da rispecchiare il reale costo di produzione per l’ambiente e la società) sono fondamentali per realizzare sistemi alimentari sostenibili nel lungo periodo. È essenziale che, anche durante l’attuale crisi, l’UE garantisca una reale reciprocità delle norme incluse negli accordi commerciali preferenziali (10). |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è fondamentale migliorare l’accesso, la disponibilità e la redditività delle soluzioni alternative e delle nuove tecnologie. La difesa fitosanitaria integrata è stata, al pari di altre pratiche di difesa fitosanitaria a basso apporto di pesticidi che sono tipiche della produzione integrata e dell’agricoltura biologica, uno dei cardini della direttiva, ed è ora al centro del nuovo regolamento (11). |
4.2. |
La proposta di regolamento in esame prevede come regola generale che gli utilizzatori professionali, compresi gli agricoltori, impieghino alternative non chimiche prima di ricorrere all’applicazione di prodotti fitosanitari chimici. Tra le alternative figurano azioni quali la rotazione delle colture, il monitoraggio degli organismi nocivi, la difesa integrata e l’applicazione di metodi non chimici di controllo fitosanitario o di altri pesticidi a basso rischio (12). |
4.3. |
Ciò non significa che l’uso di pesticidi sarà impossibile, oppure che non sia necessario in determinate circostanze. Al contrario, in alcuni casi — connessi alla produzione di alimenti a fini commerciali — è possibile controllare in modo soddisfacente gli organismi nocivi soltanto ricorrendo a pesticidi, che sono ammessi come ultima risorsa conformemente al principio fondamentale della difesa fitosanitaria integrata. A titolo di esempio, occorre sottolinearne l’importanza quando sono applicati per usi minori. |
4.4. |
I cambiamenti climatici stanno accelerando la diffusione di organismi nocivi, una situazione che richiede che siano disponibili dei pesticidi quando sono stati esauriti tutti gli altri strumenti di controllo. Tale necessità diventa ancora più palese se si considera che tutte le stime indicano che la popolazione mondiale aumenterà di oltre 2 miliardi di persone nei prossimi 30 anni. È uno scenario che va tenuto in considerazione nella maniera opportuna, al fine di garantire un sistema di produzione alimentare stabile in grado di fornire alimenti a una popolazione mondiale in costante crescita. |
4.5. |
D’altro canto, l’insorgere sempre più frequente di siccità, inondazioni e ondate di calore — comprese le repentine variazioni di temperatura verificatesi in questi ultimi anni — sta riducendo le capacità di produzione alimentare e i raccolti degli agricoltori. A tale riguardo, nell’attuale contesto di crisi causata prima dalla pandemia e poi dall’invasione dell’Ucraina, oltre che dai suddetti effetti dei cambiamenti climatici, è necessario assicurare il mantenimento di rese stabili nella produzione agricola, al fine di fornire alla popolazione mondiale prodotti di alta qualità in quantità sufficienti a salvaguardare la sicurezza alimentare. |
4.6. |
La proposta di regolamento sottolinea inoltre il ruolo fondamentale svolto dai consulenti indipendenti, che forniranno una consulenza professionale in linea con le norme specifiche applicabili alle colture e con la difesa fitosanitaria integrata. In quest’ottica, è essenziale rafforzare e promuovere il ruolo consultivo delle organizzazioni di categoria e delle cooperative nel settore agricolo, che da tempo realizzano attività di sostegno diretto in qualità di addetti ai lavori che operano sul campo. In Spagna, ad esempio, è obbligatorio ottenere il parere di un consulente per la stragrande maggioranza delle colture, il che ha spinto più di 20 000 consulenti a conseguire una certificazione ufficiale. |
4.7. |
Nella propria valutazione della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi, il CESE ha sottolineato l’importanza di migliorare il sistema di controllo e di garantire la rispondenza tra la direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi e i piani d’azione nazionali. Nel quadro di un uso sostenibile dei pesticidi, gli utilizzatori professionali dovranno registrare i motivi di qualsiasi intervento (chimico, biologico, fisico o culturale). |
4.8. |
In quest’ottica, va prestata particolare attenzione al concetto di area protetta, o sensibile dal punto di vista ecologico, di cui alla proposta di regolamento in esame. L’uso di prodotti fitosanitari non sarà più possibile in determinate aree protette o sensibili (come le aree verdi urbane — tra cui i parchi e i giardini pubblici –, gli spazi ludici a fini ricreativi o sportivi, i sentieri con diritto di passaggio pubblico, le zone protette comprese nella rete Natura 2000, nonché qualsiasi zona critica sotto il profilo ecologico che possa essere preservata per gli insetti impollinatori che costituiscono una specie a rischio), a meno che non siano soddisfatte determinate condizioni e solo dopo che il professionista che applica i prodotti avrà motivato in modo particolareggiato quali prodotti intende utilizzare, in che modo, quando e per quanto tempo. A tal fine, è essenziale che le autorità competenti per la concessione dell’autorizzazione dispongano di personale qualificato sufficiente per evitare ritardi che potrebbero comportare un’applicazione tardiva del trattamento, impedendo pertanto di intervenire in modo tempestivo contro la comparsa di organismi nocivi. |
4.9. |
D’altro canto, è opportuno tenere conto delle condizioni geografiche e climatiche specifiche degli Stati membri, al fine di garantire che non vi siano restrizioni eccessive all’uso di prodotti fitosanitari imposte sui terreni agricoli in zone sensibili sotto il profilo ecologico che, altrimenti, non sarebbero in grado di fronteggiare la comparsa di nuovi organismi nocivi. In Spagna, ad esempio, la rete Natura comprende il 27 % del territorio nazionale, ossia migliaia di ettari di terreno che sono destinati alle coltivazioni agricole o all’allevamento di bestiame. Una buona strategia può comportare la suddivisione in zone diverse, delimitando e distinguendo quelle che costituiscono una riserva naturale integrale dalle altre. In ultima analisi, la decisione di limitarne l’uso nelle aree sensibili andrebbe presa sulla base di prove scientifiche e agronomiche solide a sostegno della classificazione di una determinata zona come area protetta. |
4.10. |
La soglia da raggiungere prima che sia possibile un intervento chimico sarà stabilita in dettaglio nelle norme specifiche per coltura, e spetterà alle autorità competenti degli Stati membri non solo istituire un registro elettronico relativo alla difesa integrata e all’uso di prodotti fitosanitari, ma anche assicurarsi che gli utilizzatori professionali inseriscano i dati pertinenti. |
4.11. |
Inoltre, poiché la mancanza di conoscenze sull’uso ottimale dei pesticidi ha rappresentato uno degli ostacoli principali nell’attuazione della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi (13), il CESE si rallegra che la Commissione abbia accolto molte delle proprie raccomandazioni in materia di formazione e sviluppo di capacità. |
4.12. |
Verrà creato un nuovo registro elettronico centrale per la certificazione della formazione che conterrà informazioni dettagliate sul periodo di validità dei certificati di formazione (cinque anni per il consulente e dieci anni per il distributore o l’utilizzatore professionale). Sarà necessario esibire una prova della formazione seguita prima che un utilizzatore possa acquistare o impiegare prodotti fitosanitari che sono autorizzati per le attrezzature ad uso professionale, o prima che un consulente possa fornire consulenza. I distributori dovranno disporre di un numero sufficiente di addetti con la debita formazione. |
4.13. |
Occorre garantire la riservatezza nell’utilizzo dei dati da parte dell’amministrazione e, soprattutto, bisogna diffondere molto di più le competenze digitali e l’utilizzo della banda larga tra gli agricoltori, al fine di evitare loro oneri e sforzi maggiori, in quanto spesso non dispongono delle risorse tecniche e umane per conformarsi al registro elettronico. |
4.14. |
L’applicazione del regolamento trarrebbe vantaggio da una maggiore sensibilizzazione dei cittadini — e in particolare dei consumatori — in merito al ruolo e all’uso dei pesticidi conformemente alla legislazione nazionale ed europea. Sarebbero essenziali campagne di sensibilizzazione e divulgazione volte a informare meglio il pubblico in generale e i responsabili politici. Andrebbero diffuse informazioni riguardanti — ad esempio — i fattori che concorrono alla formazione del prezzo dei prodotti alimentari, nonché gli aspetti più strettamente legati all’etichettatura o alla certificazione dei prodotti (14). |
4.15. |
Analogamente, in materia di commercio internazionale va mantenuta la parità di condizioni. La coerenza tra le varie politiche dell’UE impone di mantenere la massima attenzione per assicurare che sia proibita l’importazione di generi alimentari trattati con prodotti vietati nell’UE. |
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi (GU L 309 del 24.11.2009, pag. 71).
(2) Relazione informativa del CESE in merito alla Valutazione della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
(3) Eurostat, Vendite di pesticidi nell'UE.
(4) Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sulla guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1).
(5) FAO, Hunger Hotspots — FAO-WFP early warnings on acute food insecurity [Zone colpite dalla carestia — La FAO e il PAM sono in preallerta per una grave insicurezza alimentare].
(6) Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo sulla guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1).
(7) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente» [COM(2020) 381] (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente» [COM(2020) 381] (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(9) Relazione informativa del CESE in merito alla Valutazione della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
(10) Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una strategia “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente» [COM(2020) 381] (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(11) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La produzione integrata nell'Unione europea» (GU C 214 dell'8.7.2014, pag. 8).
(12) Relazione informativa del CESE in merito alla Valutazione della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
(13) Relazione informativa del CESE in merito alla Valutazione della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
(14) Relazione informativa del CESE in merito alla Valutazione della direttiva sull'utilizzo sostenibile dei pesticidi.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/145 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 389/2012 per quanto riguarda lo scambio di informazioni conservate nei registri elettronici riguardanti gli operatori economici che trasportano prodotti sottoposti ad accisa tra Stati membri per scopi commerciali
[COM(2022) 539 final — 2022/0331 (CNS)]
(2023/C 100/22)
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 27.10.2022 |
Base giuridica |
Articoli 113 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
209/0/3 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 389/2012 per quanto riguarda lo scambio di informazioni conservate nei registri elettronici riguardanti gli operatori economici che trasportano prodotti sottoposti ad accisa tra Stati membri per scopi commerciali (1) è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 574a sessione plenaria dei giorni 14 e 15 dicembre 2022 (seduta del 14 dicembre 2022), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 209 voti favorevoli, 0 voti contrari e 3 astensioni.
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2022) 539 final.
16.3.2023 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 100/146 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di gestione, conservazione e controllo applicabili nella zona oggetto dell’accordo di pesca per l’Oceano Indiano meridionale (SIOFA)
[COM(2022) 563 final — 2022/0348 (COD)]
(2023/C 100/23)
Consultazione |
Parlamento europeo, 9.11.2022 |
|
Consiglio, 10.11.2022 |
Base giuridica |
Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sessione plenaria |
14.12.2022 |
Sessione plenaria n. |
574 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
202/0/3 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto.
Bruxelles, 14 dicembre 2022
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG