ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 443

European flag  

Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

65° anno
22 novembre 2022


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

RISOLUZIONI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

2022/C 443/01

Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo — Contributo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2023

1

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

2022/C 443/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo Tassazione dei telelavoratori transfrontalieri e dei loro datori di lavoro (parere d'iniziativa)

15

2022/C 443/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo su Identità digitale, sovranità dei dati e percorso verso una transizione digitale giusta per i cittadini che vivono nella società dell'informazione (parere d'iniziativa)

22

2022/C 443/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo Analisi del ruolo della società civile organizzata nel quadro del nuovo accordo UE-Organizzazione degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (OACPS), inclusa la situazione degli APE in tale ambito (parere d'iniziativa)

29

2022/C 443/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo — Il nuovo Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia in azione: le priorità per le imprese, i lavoratori e i consumatori e le garanzie necessarie (parere d'iniziativa)

37

2022/C 443/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo La politica per la gioventù nei Balcani occidentali, nel quadro dell'agenda per l'innovazione a favore dei Balcani occidentali (parere d'iniziativa)

44

2022/C 443/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo Il costo della non Europa — I benefici del mercato unico (parere esplorativo)

51

2022/C 443/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Tassazione del digitale (parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

58

2022/C 443/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Parità di genere (parere esplorativo elaborato su richiesta della presidenza ceca)

63


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

2022/C 443/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione [COM(2022) 143 final — 2022/0092 (COD)]

75

2022/C 443/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 [COM(2022) 71 final]

81

2022/C 443/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 909/2014 per quanto riguarda la disciplina di regolamento, la prestazione di servizi transfrontalieri, la cooperazione in materia di vigilanza, la prestazione di servizi accessori di tipo bancario e i requisiti per i depositari centrali di titoli di paesi terzi [COM(2022) 120 final — 2022/0074 (COD)]

87

2022/C 443/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica [COM(2022) 105 final]

93

2022/C 443/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: COVID-19 — Sostenere la preparazione e la risposta dell'UE: prospettive future [COM(2022) 190 final]

101

2022/C 443/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari[COM(2022) 141 final]

106

2022/C 443/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla tabella di marcia relativa alle tecnologie per la sicurezza e la difesa [COM(2022) 61 final]

112

2022/C 443/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni geografiche dell'Unione europea di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e ai regimi di qualità dei prodotti agricoli, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e che abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012 [COM(2022) 134 final — 2022/0089 (COD)]

116

2022/C 443/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Prodotti sostenibili: dall'eccezione alla regola [COM(2022) 140 final] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro per l'elaborazione delle specifiche di progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e abroga la direttiva 2009/125/CE [COM(2022) 142 final — 2022/0095(COD)]

123

2022/C 443/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) e la direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti [COM(2022) 156 final — 2022/0104 (COD)] e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla comunicazione dei dati ambientali delle installazioni industriali e alla creazione di un portale sulle emissioni industriali [COM(2022) 157 final — 2022/0105 (COD)]

130

2022/C 443/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Sicurezza dell'approvvigionamento e prezzi dell'energia accessibili: opzioni per misure immediate e in vista del prossimo inverno[COM(2022) 138 final]

140

2022/C 443/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure specifiche e temporanee in considerazione dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia relative ai documenti dei conducenti rilasciati dall'Ucraina conformemente alla propria legislazione [COM (2022) 313 final — 2022/0204 (COD)]

144

2022/C 443/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica [COM(2022) 222 final]

145


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

RISOLUZIONI

Comitato economico e sociale europeo

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/1


Risoluzione del Comitato economico e sociale europeo — Contributo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2023

(2022/C 443/01)

Relatori:

Mariya MINCHEVA)

Stefano PALMIERI

Kinga JOÓ

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 4, del Regolamento interno

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

196/0/0

1.   Introduzione

1.1.

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno dimostrato che è fondamentale per l'Unione europea (UE) essere ben preparata ad affrontare sviluppi imprevisti. Una tale situazione mette in risalto il ruolo svolto dalle attività di previsione nell'individuare eventuali segnali di debolezza e nel delineare vari scenari, gettando in tal modo le basi affinché i decisori politici, le parti sociali e altri attori della società civile dell'UE possano rafforzare la resilienza, affrontare i rischi e cogliere le opportunità. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) raccomanda vivamente che le attività di previsione strategica pongano molto più fortemente l'accento sugli sviluppi a livello geopolitico, non solo in Europa ma anche altrove (1), comprese le loro implicazioni nei campi della sicurezza e del commercio, nonché per quanto riguarda i profughi e la loro integrazione nelle società di accoglienza.

1.2.

La pandemia e la guerra hanno altresì messo in luce ancora una volta la forza e l'importanza della società civile e delle sue istituzioni nel contrastare le conseguenze delle crisi e nel prestare aiuto alle persone. Il CESE esorta pertanto la Commissione a riconoscere maggiormente l'importanza della società civile e delle relative istituzioni, attribuendo loro un posto di rilevo nella politica dell'UE.

1.3.

La forza dell'UE a livello globale deriva dai suoi valori comuni, basati sulla democrazia e sullo Stato di diritto, nonché dal suo modello economico e sociale. Gli shock che si sono succeduti mostrano l'importanza di creare un'economia europea più resiliente e di attenuare gli effetti secondari delle diverse crisi (inflazione, aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime e carenze di approvvigionamento, perturbazioni delle catene di approvvigionamento). L'Europa ha bisogno di ridurre le dipendenze e l'esposizione ai fornitori non affidabili, ma nel contempo deve anche creare coalizioni con partner con vedute simili e diversificare le fonti di approvvigionamento.

1.4.

Oltre che per l'energia, la Russia e l'Ucraina hanno un peso significativo per quanto riguarda l'importazione nell'UE di metalli, che sono fondamentali per vari settori strategici (2). Entrambi i paesi sono importanti esportatori di vari prodotti agricoli, quali cereali e semi oleosi. L'interruzione delle esportazioni da tali paesi ha già determinato un'impennata dei prezzi a livello mondiale per i prodotti agricoli di base. Le conseguenze di tali aumenti sono avvertite specialmente nei paesi più poveri del mondo, e le fasce di popolazione più povere sono quelle che ne risentiranno maggiormente. A tal riguardo, il CESE rinnova il suo invito ad accelerare lo sviluppo dell'autonomia strategica e tecnologica dell'Europa e riafferma la necessità di limitare le dipendenze nei settori dell'energia, delle materie prime critiche e dei prodotti alimentari (3).

1.5.

Per evitare gravi conseguenze economiche e sociali, la politica energetica dell'UE deve essere realistica e deve contribuire alla realizzazione dell'Unione dell'energia e al conseguimento degli obiettivi climatici, senza creare oneri aggiuntivi per i consumatori vulnerabili e i lavoratori, e senza compromettere la competitività delle imprese europee. L'UE deve adoperarsi al fine di raggiungere gli ambiziosi obiettivi in materia di clima, garantendo nel contempo la stabilità e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico a un costo che sia accessibile per le imprese e i cittadini.

1.6.

Le società europee erano state già colpite gravemente dalla pandemia e l'attuale crisi costituisce un altro enorme shock, maggiormente avvertito dalle fasce più vulnerabili delle nostre società. La solidarietà e la convergenza sociale devono inoltre costituire le linee guida delle prossime politiche dell'UE: la risposta alla guerra in Ucraina esigerà sacrifici da parte di tutti, e dobbiamo fare in modo che tali oneri vengano ripartiti in maniera equa. La Commissione europea potrebbe portare avanti le discussioni con gli Stati membri sui possibili strumenti da utilizzare nel lungo periodo, ossia i regimi di riassicurazione contro la disoccupazione, al fine di affrontare una serie di problemi sistemici che sono stati solo aggravati dalla crisi attuale. Gli effetti e un eventuale prosecuzione dell'impiego del meccanismo SURE (strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza) dovrebbero essere valutati e discussi anche con le parti sociali.

1.7.

Il CESE invita la Commissione europea a continuare a conferire priorità a una migliore regolamentazione ed esorta la Commissione stessa e i legislatori dell'UE ad approfondire e ampliare costantemente il sistema dell'Unione per migliorare la regolamentazione in tutti i suoi aspetti, e a ricorrere sistematicamente, nella loro attività, agli strumenti e agli orientamenti per legiferare meglio. A tal fine, il CESE incoraggia la Commissione a continuare a promuovere i princìpi e gli strumenti per legiferare meglio in tutti i suoi servizi.

1.8.

L'approccio basato sullo sviluppo sostenibile dovrebbe essere adottato come obiettivo globale e integrale di tutte le politiche, di tutti i programmi e di tutte le misure. Al fine di stimolare la ripresa dalle crisi, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero individuare e promuovere politiche e iniziative che determinino contemporaneamente vantaggi economici, sociali e ambientali, vale a dire atte a rafforzare il contesto imprenditoriale, migliorare le condizioni di vita e di lavoro e facilitare la transizione verso un'economia circolare e climaticamente neutra.

1.9.

La ripresa e la resilienza dell'UE in relazione alle crisi dipendono intrinsecamente dalla crescita sostenibile, dalla convergenza sociale, da un contesto imprenditoriale favorevole e dallo sviluppo positivo dell'occupazione e delle condizioni di impiego, in linea con il Green Deal europeo, il pilastro europeo dei diritti sociali e il relativo piano d'azione, nonché conformemente agli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Qualsiasi misura di politica adottata deve puntare a promuovere attività economico-commerciali sostenibili, l'imprenditorialità e la creazione di occupazione, oltre che a migliorare le condizioni di vita e di lavoro.

1.10.

Malgrado i problemi urgenti che dobbiamo affrontare, è fondamentale non perdere di vista una serie di obiettivi fondamentali per l'UE come la compiuta attuazione del mercato unico, e neppure esigenze di lungo termine quali la neutralità climatica entro il 2050 e la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, al fine di garantire un futuro di successo per i cittadini e le imprese. La Commissione dovrebbe pertanto continuare ad agevolare e incoraggiare gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione, tenendo debitamente conto della crescente necessità di individuare soluzioni e di migliorare la resilienza contro i rischi geoeconomici, sociali, sanitari e ambientali.

1.11.

Oltre al rafforzamento del mercato interno e alla riduzione delle dipendenze critiche, il raggiungimento di una posizione più forte nel mondo presuppone anche il successo delle esportazioni. La Commissione dovrebbe valutare come sia possibile rafforzare la competitività delle imprese europee in generale e, in particolare, il modo per favorire una posizione di maggiore forza delle imprese dell'UE sui mercati globali delle tecnologie, dei prodotti e delle soluzioni che rispondono alle megatendenze e alle sfide globali come ad esempio i cambiamenti climatici. Deve inoltre rafforzare le capacità del settore sanitario dell'UE in termini di miglioramento della ricerca e delle metodologie per gestire la crescente domanda di assistenza e le eventuali future pandemie. Ciò deve includere il sostegno allo sviluppo e alla promozione a livello internazionale di norme e standard da parte delle imprese e degli innovatori europei, dal momento che norme e standard creano mercati.

1.12.

Il conseguimento di un ruolo globale più forte dell'Unione richiede una solida unità e sforzi congiunti da parte degli Stati membri. La Commissione dovrebbe avvalersi dell'unità conseguita durante le crisi e individuare modalità per potenziare la ripresa dell'Unione e la sua competitività a lungo termine, e per incrementare il benessere dei cittadini, in un modo che faccia sempre più affidamento sull'innovazione e le competenze piuttosto che sugli aiuti di Stato o sugli ostacoli al commercio e alla cooperazione. Nelle sue relazioni con il resto del mondo l'UE dovrebbe proseguire la sua azione tesa a contribuire all'eliminazione della povertà e alla difesa dei diritti umani.

2.   Il Green Deal europeo

2.1.

Il CESE ha appoggiato l'attuazione del Green Deal europeo, sottolineando la necessità di metterlo in atto in maniera socialmente equa, secondo le condizioni richieste per garantire all'Europa la sicurezza alimentare nonché la sicurezza dell'approvvigionamento energetico a prezzi accessibili. Questa considerazione si applica, tra l'altro, al pacchetto «Pronti per il 55 %», che avrà un impatto disomogeneo sui settori, le imprese, le regioni, le comunità e i singoli individui in tutta Europa. Il CESE insiste sul fatto che il coinvolgimento attivo delle parti sociali e delle organizzazioni pertinenti della società civile sia importante nella fase di pianificazione come in quella di attuazione. È fondamentale fornire un sostegno ai cittadini e ai gruppi interessati nella loro mobilitazione affinché partecipino attivamente alla transizione verso una società a basse emissioni di carbonio.

2.2.

Il CESE osserva che le iniziative relative al Green Deal europeo devono essere complementari e si devono rafforzare reciprocamente nei vari settori — azione per il clima, energia, trasporti, edilizia, industria, silvicoltura e sistemi alimentari — al fine di realizzare un'economia dell'UE competitiva, equa, climaticamente neutra e circolare. Il CESE chiede altresì una migliore complementarità tra le transizioni verde e digitale.

2.3.

Al fine di monitorare i progressi nel processo di transizione verso una crescita sostenibile in termini economici, sociali e ambientali in linea con il Green Deal europeo, il CESE chiede la definizione di una serie di indicatori adeguati che vadano «oltre il PIL». Si dovrebbe progettare un quadro di valutazione «al di là del PIL» in formato sintetico da integrare nel quadro di valutazione per il Green Deal europeo e nel processo di governance economica europea. Tale quadro di valutazione «al di là del PIL» dovrà anche orientare lo sviluppo delle politiche, migliorare la comunicazione e promuovere la fissazione di obiettivi.

2.4.

Il CESE approva l'obiettivo perseguito dalla tassonomia europea per le attività sostenibili («tassonomia dell'UE») consistente nell'orientare gli investimenti verso progetti e attività sostenibili. A tal fine, la Commissione ha elaborato una serie di norme per determinare quali investimenti possano essere definiti investimenti rispettosi dell'ambiente (verdi). Il CESE chiede di sviluppare ulteriormente questa tassonomia in modo che tenga anche conto di esigenze sociali come la sicurezza dell'approvvigionamento di energia, di materie prime critiche e di prodotti di base essenziali, e che rivolga inoltre una maggiore attenzione agli aspetti di sostenibilità sociale, come i diritti del lavoro e i diritti umani, pur nel rispetto delle competenze degli Stati membri e dei differenti sistemi di relazioni industriali a livello nazionale, oltre a tener conto della fattibilità di una valutazione obiettiva nell'ambito dell'accesso ai finanziamenti. Fin dalle sue prime fasi, il CESE ha sostenuto che il Green Deal potrà dirsi realizzato con successo, e lo sarà effettivamente, solo se si tratterà anche di un «patto sociale» (un «Social Deal»). Per quel che riguarda gli aspetti sociali della tassonomia, il CESE ha attualmente in cantiere un parere d'iniziativa sul tema Tassonomia sociale — Sfide e opportunità. La tassonomia dovrebbe essere altresì impiegata nel contesto della norma UE per le obbligazioni verdi. Il CESE ritiene importante allineare le tassonomie a livello internazionale nel quadro della piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile.

2.5.

Per rispondere alle preoccupazioni sociali e relative al lavoro connesse al Green Deal europeo, il CESE esorta la Commissione a proporre ulteriori misure di politica finalizzate a rafforzare la dimensione sociale e sul lavoro del Green Deal, associandole a obiettivi sociali ambiziosi, in linea con la dichiarazione di Porto, con il pilastro europeo dei diritti sociali e con gli orientamenti dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per una transizione giusta. In particolare, il CESE raccomanda alle istituzioni dell'UE di effettuare una mappatura e un'analisi dell'impatto che la transizione verde produrrà sull'occupazione e sulle competenze nei diversi paesi, regioni e settori, compresi i subappaltatori e le catene del valore a valle. Il CESE chiede altresì di fare in modo che i piani nazionali per l'energia e il clima contemplino strategie per una transizione giusta. È inoltre importante anticipare e gestire i cambiamenti nel mondo del lavoro, anche attraverso un sostegno mirato, ad esempio potenziando le competenze necessarie, garantendo la protezione sociale e coinvolgendo l'intera società interessata nel plasmare la transizione, nonché elaborando ulteriori proposte per mobilitare ingenti investimenti pubblici e privati per sostenere le transizioni, e incrementare significativamente l'entità e la portata del Fondo per una transizione giusta per far fronte alle sfide.

2.6.

Il CESE chiede di fare in modo che il quadro normativo dell'UE consenta alle imprese dell'Unione, comprese le PMI, di porsi all'avanguardia nelle attività verdi, prevenendo nel contempo il rischio che si delocalizzi la produzione e proteggendo dalle importazioni che hanno un maggiore impatto ambientale negativo. Ciò vale in particolare per le industrie ad alta intensità energetica. Il CESE invita inoltre a fornire sostegno alle PMI al fine di comprendere e gestire meglio i crescenti requisiti in materia di clima e ambiente rivolti direttamente e indirettamente a tali imprese.

2.7.

Il CESE raccomanda di fornire ai settori industriali un forte sostegno all'innovazione affinché possano sviluppare e implementare tecnologie, materiali, prodotti, processi di produzione e modelli aziendali ecologici, facilitando ad esempio programmi incentrati su idrogeno, batterie, semiconduttori, cattura e utilizzo del carbonio e pratiche di economia circolare in diversi ambiti, tra i quali l'imballaggio.

2.8.

Al fine di potenziare l'impatto globale dell'UE sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, l'UE dovrebbe offrire alle proprie industrie condizioni competitive perché possano cogliere le opportunità di esportazione derivanti dalla domanda globale di tecnologie e soluzioni climatiche, e aumentare quindi le azioni positive dell'Unione in materia di carbonio.

2.9.

Le alleanze industriali si stanno dimostrando un metodo efficace per sviluppare progetti industriali su vasta scala e transfrontalieri in settori strategici. Tali alleanze, insieme a importanti progetti di comune interesse europeo (Important Projects of Common European Interest — IPCEI), sono fondamentali per la ripresa e per promuovere le norme e le tecnologie chiave europee, in particolare nei settori in cui il mercato da solo non è in grado di produrre risultati o presenta distorsioni.

2.10.

I progressi verso la realizzazione di un'effettiva Unione dell'energia dovrebbero essere accelerati al fine di garantire la transizione energetica verso un sistema energetico sicuro, competitivo, protetto e sostenibile a prezzi accessibili. Tenuto conto delle attuali sfide poste dalla guerra russo-ucraina, la Commissione dovrebbe concentrarsi sull'introduzione di misure capaci di apportare i maggiori benefici possibili per quanto riguarda tutti gli obiettivi dell'Unione dell'energia e di contribuire a contrastare le sfide più urgenti e, nel contempo, a conseguire gli obiettivi a lungo termine.

2.11.

La situazione in Ucraina ha portato alla pubblicazione della comunicazione «REPowerEU» (4) che, su richiesta del Consiglio europeo, è stata seguita dal piano REPowerEU corredato di una serie di proposte (5) che, se attuate correttamente, possono accelerare in misura significativa sia l'indipendenza energetica che la sostenibilità dell'UE. L'obiettivo di rendersi indipendenti dal gas russo e da altri combustibili fossili presuppone un'urgente diversificazione sia dei fornitori che delle fonti energetiche, una maggiore solidarietà e misure più a lungo termine che promuovano la transizione verso la neutralità carbonica, tenendo conto delle caratteristiche dei singoli Stati membri e delle differenti regioni e delle fonti alternative disponibili. Tuttavia, per garantire il successo di tale processo, occorre mobilitare sufficienti investimenti pubblici e privati, attingendo pienamente, tra l'altro, al dispositivo per la ripresa e la resilienza e ai fondi della politica di coesione. Come è stato già sottolineato (6), ridurre di due terzi la domanda di gas russo dell'UE entro la fine del 2022 è un compito impegnativo, che comporterebbe la diversificazione, da un lato — specie a breve termine — attraverso il GNL e il biometano, e, dall'altro, attraverso l'efficienza energetica e l'espansione delle energie rinnovabili. Si dovrebbero evitare blocchi infrastrutturali che pongano in futuro dei limiti ad alternative realistiche, e gli investimenti dovrebbero essere concentrati quanto più possibile sulle energie rinnovabili e sulle infrastrutture di sostegno. Le parti sociali e la società civile devono essere strettamente coinvolte in queste proposte politiche al fine di garantirne l'accettazione sociale, la sostenibilità e l'esito positivo. Inoltre, per incrementare il livello di risposta alle crisi esterne, sarebbe necessaria una struttura di coordinamento permanente in seno al Consiglio dell'Unione europea.

2.12.

Un'ulteriore integrazione del mercato UE dell'energia svolgerà un ruolo importante nel rafforzare l'accessibilità e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico. A tal fine, è necessaria una capacità di interconnessione sufficiente (7) e occorre installare la relativa infrastruttura, in particolare nelle «isole» energetiche (come la penisola iberica (8)). Al fine di promuovere un vantaggio competitivo dell'UE nel settore delle energie rinnovabili e di garantire che il sempre maggiore ricorso alle rinnovabili non metta a repentaglio la sicurezza dell'approvvigionamento, è opportuno elaborare una tabella di marcia realistica per lo sviluppo e la realizzazione di un'infrastruttura efficiente per queste energie, incluse capacità di stoccaggio e una sufficiente interconnessione della trasmissione che rendano possibile l'esportazione della produzione eccedente in altri Stati membri. Per installare rapidamente le infrastrutture per l'energia pulita, gli Stati membri devono accelerare la concessione delle relative autorizzazioni.

2.13.

Per ottenere condizioni di maggiore parità, l'UE dovrebbe promuovere la fissazione del prezzo del carbonio a livello globale. È opportuno sviluppare e ottimizzare una tassazione del carbonio con l'obiettivo di riflettere l'impatto climatico in modo simmetrico e di tenere conto delle misure per il sequestro del carbonio dall'atmosfera. Inoltre, il CESE dovrebbe perseguire l'obiettivo di eliminare gradualmente le sovvenzioni a fonti energetiche dannose per il clima e l'ambiente, garantendo nel contempo che la transizione verso un'economia climaticamente neutra sia attuata in modo equo.

2.14.

L'attuale impennata dei prezzi dell'energia rappresenta una grave minaccia sia in termini di aumento della povertà energetica che di perdita di competitività per le imprese consumatrici di energia. Il CESE invita a intraprendere azioni che attenuino in modo efficace l'impatto dell'aumento dei prezzi dell'energia e prevengano la povertà energetica, anche tra le famiglie dell'UE. Sono altresì necessarie misure temporanee e ben mirate che limitino l'impatto del forte rialzo dei prezzi energetici per aiutare le PMI e le industrie ad alta intensità energetica a superare la crisi.

2.15.

Nell'ambito di una valutazione a lungo termine di come il mercato dell'energia stia attualmente reagendo agli shock, è importante affrontare le cause profonde degli aumenti dei prezzi dell'energia (in questo periodo del prezzo del gas), come raccomandato dall'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER) sulla base della sua recente analisi (9) dell'attuale assetto del mercato dell'energia elettrica e del sistema di fissazione dei prezzi. Inoltre, si potrebbe prendere in considerazione un riesame per quanto riguarda i mercati caratterizzati da un'elevata concentrazione dell'approvvigionamento energetico e il cui normale funzionamento può, quindi, essere distorto.

2.16.

I cittadini e i consumatori dovrebbero essere al centro della transizione energetica, attraverso il sostegno all'energia dei cittadini e alla titolarità locale, e la trasformazione dei consumatori di energia in prosumatori. Il CESE invita a svolgere campagne trasparenti di informazione, consultazione ed educazione al fine di incoraggiare l'impegno dei cittadini a favore della transizione energetica.

2.17.

Il CESE invita inoltre a prestare maggiore attenzione alle difficoltà del processo di transizione verso una società neutra in termini di emissioni di carbonio, in particolare quelle incontrate dalle industrie che, per varie ragioni tecniche e/o finanziarie, hanno bisogno di tempo per adeguarsi al fine di mantenere la loro competitività sul mercato.

2.18.

Il CESE ha accolto con favore l'aggiornamento del regolamento TEN-T al fine di rispondere meglio agli obiettivi e alle esigenze attuali. Occorre prestare particolare attenzione all'individuazione delle priorità e alla definizione di una rete che colleghi tutte le capitali, le principali città, i porti, gli aeroporti e i terminali degli Stati membri, situati sui corridoi europei. I corridoi dovrebbero comprendere, laddove opportuno, dei «ponti marittimi» o collegamenti regolari e molto frequenti via mare di tipo ro-ro tra i porti dei corridoi. Per quanto riguarda la coesione territoriale, il CESE ritiene che debbano essere migliorati i collegamenti tra i corridoi della rete prioritaria e le dimensioni regionale, urbana e locale. Occorre altresì individuare i divari tra i requisiti tecnici per l'infrastruttura delle TEN-T e i requisiti relativi alla mobilità militare, con l'obiettivo di attuare il duplice uso dell'infrastruttura di trasporto.

2.19.

Tenuto conto dei tempi piuttosto lunghi dei progetti TEN-T, il CESE sostiene l'istituzione di un quadro europeo di regolamentazione e finanziamento che garantisca stabilità a medio e lungo termine, per quanto riguarda i corridoi e i progetti, fino al completamento della rete europea. Il CESE sollecita altresì l'adozione di piani nazionali urgenti per il finanziamento degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture TEN-T, nonché un piano di monitoraggio della rete prioritaria a livello europeo.

2.20.

Tenendo conto del ruolo fondamentale svolto dall'aviazione nell'UE, il CESE invita ad adottare un approccio globale ed efficace volto a promuovere la ripresa e la crescita dell'aviazione sostenibile.

2.21.

Per contribuire agli sforzi tesi a ridurre le emissioni prodotte dal trasporto su strada, il CESE chiede condizioni normative favorevoli per l'utilizzo di veicoli per il trasporto merci più grandi e più pesanti, e di combinazioni di veicoli all'interno degli Stati membri e tra gli Stati membri interessati. La Commissione europea dovrebbe prendere in considerazione le sfide future e specifiche che si porranno nel settore del trasporto merci e tener conto della prevista carenza di autotrasportatori nei prossimi anni, sia per la mancanza di ricambio generazionale che a causa delle difficili condizioni di lavoro di questa categoria. In tale contesto, lo sviluppo del trasporto merci multimodale è importante per aumentare l'attrattiva del trasporto ferroviario di merci come parte integrante di una catena logistica completa, unitamente al miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori del settore dei trasporti.

2.22.

Il CESE plaude allo sviluppo del quadro dell'UE per la mobilità urbana e invita a rendere il trasporto urbano, in particolare quello pubblico, più inclusivo, promuovendo così la parità di opportunità per i cittadini.

2.23.

Per accrescere e la mobilità sostenibile e intelligente, il CESE invoca una forte iniziativa da parte della Commissione al fine di lanciare progetti digitali su ampia scala nel settore dei trasporti, il che è fondamentale, ad esempio, per una multimodalità efficiente e per ottimizzare l'utilizzo della capacità.

2.24.

I sistemi digitale, dell'energia e dei trasporti sono sempre più interconnessi, pertanto vi è la necessità di costituire reti integrate per i trasporti, l'energia e il settore digitale. Per migliorare le sinergie e accrescere la resilienza delle infrastrutture generali, il CESE chiede un riesame relativo alle principali strozzature e vulnerabilità concernenti le interconnessioni di tali sistemi, adottando una prospettiva sia attuale che di lungo periodo.

2.25.

Il CESE chiede altresì di aumentare la resilienza della rete digitale, dei trasporti e dell'energia ai cambiamenti climatici, ai rischi naturali e ai disastri provocati dall'uomo, al fine di generare e mantenere il valore duraturo delle infrastrutture. Nel complesso, il CESE invoca misure volte a potenziare l'adattamento ai cambiamenti climatici e al loro impatto.

2.26.

Al fine di salvaguardare la sostenibilità dei sistemi alimentari e la competitività dei produttori europei, il CESE invita a promuovere un'autonomia strategica aperta, compresa una migliore autonomia proteica, garantendo la reciprocità delle norme commerciali (a livello economico, sociale e ambientale), incentivando la ricerca, ottimizzando la digitalizzazione, sviluppando tecnologie e sementi innovative e promuovendo prezzi equi che comprendano i costi di produzione più elevati e i costi per una maggiore sostenibilità.

2.27.

La politica agricola comune e la politica comune della pesca dovrebbero apportare un contributo significativo a sistemi alimentari più sostenibili e resilienti. Occorre assicurare una partecipazione ampia e strutturata della società civile nell'attuazione della strategia «Dal produttore al consumatore». La proposta per un quadro legislativo per i sistemi alimentari sostenibili dovrebbe comprendere obiettivi chiari, indicatori, un solido meccanismo di monitoraggio e un valido quadro di valutazione.

3.   Un'Europa pronta per l'era digitale

3.1.

La pandemia e la guerra in Ucraina hanno messo in rilievo l'importanza cruciale delle tecnologie digitali e la necessità per l'UE di aumentare la propria sovranità digitale. Il CESE ha accolto con favore la bussola per il digitale e il Percorso per il decennio digitale, e chiede un'introduzione efficiente del meccanismo di governance e la facilitazione di una rapida attuazione degli obiettivi. La pandemia ha altresì messo in luce le sfide che possono emergere dalla transizione digitale e il CESE invita a rafforzare il dialogo sociale a livello europeo, nazionale e settoriale, al fine di garantire che tale transizione sia anche una transizione equa.

3.2.

Il CESE ritiene che la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri sia fondamentale nella valutazione dei progressi e nella ponderazione delle misure necessarie a conseguire gli obiettivi, anche attraverso progetti multinazionali. Il CESE invita altresì a fare in modo che la relazione sullo stato del decennio digitale contribuisca alla condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche tra gli Stati membri.

3.3.

Il CESE sottolinea la necessità di attuare la trasformazione digitale in modo sostenibile, incentrato sull'uomo e inclusivo, al servizio di tutti, senza allargare ulteriormente il divario digitale esistente o creare nuove disuguaglianze, garantendo condizioni di lavoro adeguate, un equilibrio tra vita professionale e vita privata, e la salute e la sicurezza dei lavoratori. A tale scopo, è altresì importante anticipare e gestire i cambiamenti nel mondo del lavoro, avvalendosi del dialogo sociale a vari livelli, rafforzando le competenze necessarie, garantendo condizioni di lavoro adeguate, compresi il telelavoro e il lavoro mediante piattaforme digitali, e intraprendendo una valutazione a livello dell'UE del cosiddetto «diritto alla disconnessione».

3.4.

Gli investimenti nelle infrastrutture digitali che garantiscono una migliore accessibilità e lo sviluppo del mercato unico dei dati sono fattori essenziali e necessari per un corretto sviluppo digitale in tutte le regioni dell'UE. Il CESE chiede un'attuazione efficace delle misure volte a potenziare la libera circolazione di dati, garantendo nel contempo un'adeguata protezione di dati, vita privata e proprietà intellettuale.

3.5.

L'UE dovrebbe proseguire i progressi verso la costituzione di un sistema di connettività spaziale sicuro e autonomo per la fornitura di servizi di comunicazione satellitare garantiti e resilienti, che aumenteranno la disponibilità della banda larga ad alta velocità e della connettività senza interruzioni in tutta Europa.

3.6.

Il CESE ritiene importante proseguire lo sviluppo di sistemi di trasporto intelligenti verso uno spazio comune europeo dei dati sulla mobilità, il che significa una maggiore efficienza e presupposti per migliori condizioni di lavoro, nonché per una multimodalità senza soluzione di continuità.

3.7.

Il CESE reputa ragionevole fare affidamento su operatori del mercato europeo forti al fine di attuare i servizi finanziari digitali. Il CESE ritiene che tale azione sia urgente e necessaria per rendere trasparente il settore delle cripto-attività e per tutelare gli utenti finali della finanza digitale, salvaguardare la stabilità finanziaria, proteggere l'integrità del settore finanziario dell'UE e garantire la parità di condizioni tra i diversi operatori del sistema economico e finanziario, oltre che per dirigere il settore delle cripto-attività verso meccanismi di funzionamento più sostenibili e a minore intensità energetica.

3.8.

Le abilità e le competenze costituiscono fattori abilitanti fondamentali della trasformazione digitale; pertanto, il CESE chiede l'elaborazione continua di modalità intese ad accrescere i talenti di alto livello e a potenziare le abilità e le competenze di cittadini e lavoratori, al fine di cogliere meglio le opportunità offerte dalla digitalizzazione e gestire i rischi ad essa correlati.

3.9.

Per incentivare l'eccellenza dell'UE nella digitalizzazione, le imprese europee necessitano di condizioni favorevoli, rispetto ai concorrenti stranieri, per l'innovazione, gli investimenti e l'operatività. Tenuto conto che le cooperative sono particolarmente idonee a sostenere la partecipazione inclusiva alla governance delle piattaforme digitali, il CESE raccomanda di predisporre iniziative volte a promuovere lo sviluppo di piattaforme cooperative digitali.

3.10.

Promuovendo le imprese innovative, occorre garantire che tutte le imprese, comprese le micro, piccole e medie imprese e le imprese dell'economia sociale, possano partecipare ai progressi e beneficiarne. Il CESE ritiene importante rafforzare e migliorare l'adozione dell'intelligenza artificiale (IA) e di altre tecnologie di punta, ma si deve anche riconoscere che moltissime PMI incontrano difficoltà nell'adottare persino le tecnologie digitali di base.

3.11.

È sempre più importante che tutti gli attori interessati, compresi quelli lungo le intere catene del valore, rivolgano la dovuta attenzione alla cibersicurezza; le crisi, inoltre, hanno evidenziato ancora di più l'importanza di assicurare il corretto funzionamento dell'economia e della società, e di mantenere i collegamenti internazionali. Ciò presuppone un rafforzamento dell'azione da parte degli Stati membri, compresa una cooperazione agevolata dalla Commissione. È inoltre sempre più importante contrastare la disinformazione, garantendo nel contempo che non venga usata come pretesto per limitare le libertà pubbliche, in particolare la libertà di espressione.

3.12.

Il CESE chiede la mobilitazione di finanziamenti pubblici e privati per facilitare gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione, nell'istruzione e nella formazione, nonché nelle infrastrutture tecniche. Il quadro normativo è un altro fattore generale che modella lo sviluppo digitale. Il CESE reputa importante garantire che la normativa in continua evoluzione incentivi l'innovazione e gli investimenti, nonché la parità di condizioni, in linea con i diritti umani e gli obiettivi climatici e ambientali.

3.13.

Poiché la digitalizzazione rimane un importante motore della crescita economica globale, il CESE ritiene che le politiche in materia di tassazione dell'economia digitale debbano puntare non a ostacolare, bensì a promuovere la crescita economica, oltre che gli scambi e gli investimenti transfrontalieri.

3.14.

Un contesto caratterizzato da parità di condizioni e basato su regole per le attività digitali è importante anche a livello internazionale, e il mercato unico costituisce per l'UE un trampolino di lancio per diventare un attore globale influente e potente. Il CESE invita ad avvalersi di un'ampia gamma di strumenti, che spaziano dall'azione diplomatica alla cooperazione in materia di innovazione, fino a includere gli accordi commerciali, al fine di promuovere un approccio incentrato sull'essere umano e l'affidabilità delle tecnologie digitali. Essere un punto di riferimento globale presuppone anche una competitività globale, basata su una solida cooperazione tra gli Stati membri.

4.   Un'economia al servizio delle persone

4.1.

L'attuale sviluppo socioeconomico è accompagnato da un elevato livello di incertezza dovuto alla pandemia di COVID-19 ancora in corso e ulteriormente aggravato dalla guerra in Ucraina e dalle crescenti tensioni geopolitiche con la Russia. È fondamentale che gli Stati membri rafforzino e coordinino in maniera efficiente le loro politiche economiche, sanitarie e sociali, affrontino con successo gli squilibri macroeconomici e garantiscano finanze pubbliche sane. Al tempo stesso, devono anche migliorare la qualità e la composizione degli investimenti pubblici al fine di rendere disponibili — anche incoraggiando gli investimenti privati — le risorse finanziarie necessarie a sostenere la trasformazione socio-ecologica dell'economia, con l'obiettivo di promuovere un elevato livello di occupazione, posti di lavoro di qualità e il benessere e di assicurare un reddito adeguato, badando tuttavia a non intaccare la motivazione delle persone ad essere attive nel mercato del lavoro.

4.2.

L'UE dovrebbe concentrarsi su un vantaggio competitivo per l'industria e l'occupazione dell'UE in quanto fattore chiave per la prosperità e sulla lotta alle disuguaglianze e alla povertà nel quadro del processo di ripresa. Anche il pilastro europeo dei diritti sociali, in quanto strumento guida per la politica sociale dell'UE, dovrebbe essere posto al centro della strategia di ripresa, al fine di garantire che la ripresa economica e quella sociale procedano di pari passo. L'UE dovrebbe prestare particolare attenzione al sostegno dei gruppi vulnerabili attraverso politiche attive e inclusive accompagnate da servizi sociali essenziali e abilitanti.

4.2.1.

Alla luce del loro successo congiunturale, sia il programma Next Generation EU sia il dispositivo per la ripresa e la resilienza devono essere valutati come strumenti efficaci per rispondere alla crisi innescata dalla guerra in corso, che avrà probabilmente conseguenze drammatiche per l'economia europea. Tali strumenti sono complementari ai meccanismi strutturali esistenti finalizzati a promuovere la crescita economica e la convergenza verso l'alto, proteggere le condizioni di vita e garantire pace sociale e stabilità nell'UE.

4.3.

L'UE e i governi nazionali dovrebbero adottare misure volte ad attenuare l'impatto della guerra in Ucraina, sia per ridurre al minimo l'aumento dei prezzi e i costi dell'energia per le famiglie e le imprese, sia per sostenere l'economia e l'occupazione con l'adeguamento delle misure di emergenza attualmente in vigore. Per aiutare le imprese a fronteggiare le crisi e a essere in grado di creare e mantenere posti di lavoro, la Commissione dovrebbe monitorare costantemente l'impatto della pandemia e della guerra sulle aziende dell'Unione di tutte le dimensioni, ed essere pronta ad avviare le necessarie misure di sostegno temporanee, garantendo nel contempo eque condizioni concorrenziali.

4.4.

Il CESE sostiene con forza l'obiettivo di riorientare gli investimenti in modo che contribuiscano alla transizione dell'UE verso un'economia sostenibile. Nel perseguire questo scopo, è necessario porre attenzione al green washing («ambientalismo di facciata») o al sustainability washing («deliberata parvenza di sostenibilità») volutamente ingannevoli. Il Comitato si attende che la Commissione coinvolga attivamente le parti sociali e la società civile nella concezione e nell'attuazione del finanziamento sostenibile.

4.5.

Gli Stati membri dell'UE devono disporre di un adeguato margine di bilancio per contrastare l'impatto economico e sociale negativo provocato dalla guerra in Ucraina. Ciò rafforza ulteriormente la necessità di riesaminare il quadro di governance economica dell'UE. Tuttavia, gli Stati membri devono risanare le loro finanze pubbliche nei periodi di buona e sana crescita, per poter mettere in campo una risposta durante le recessioni. Anche alla luce di tali considerazioni, il CESE ribadisce il suo monito a non disattivare prematuramente la clausola di salvaguardia generale.

4.5.1.

Inoltre, il CESE chiede un quadro di governance economica riveduto e riequilibrato, orientato alla prosperità, che attribuisca lo stesso peso a una serie di obiettivi politici fondamentali, come la crescita sostenibile e inclusiva, la piena occupazione e il lavoro dignitoso, un'economia sociale di mercato competitiva e finanze pubbliche stabili. Un'economia europea competitiva, e che sia anche sostenibile sul piano sociale e ambientale, è un presupposto indispensabile per migliorare la prosperità di tutti gli europei.

4.5.2.

In aggiunta, le economie dei paesi nei quali le politiche di bilancio nazionali riconoscono la necessità di costituire riserve di entrate in periodi di crescita, pur continuando ad assicurare gli investimenti necessari per la futura prosperità, mostreranno una maggiore resilienza nell'opporsi agli effetti negativi di una flessione dell'economia.

4.5.3.

Una corretta e adeguata attuazione del patto di stabilità e crescita, riveduto in seguito alla conclusione del riesame in corso, preferibilmente con regole semplificate e una prociclicità ridotta, e che tenga presente il contesto post-pandemia, sarà essenziale per aiutare gli Stati membri a mettere le proprie finanze pubbliche su un piano sostenibile e a rafforzare la fiducia negli investimenti. Qualsiasi futuro quadro di bilancio deve a) promuovere finanze pubbliche sostenibili che permettano di incrementare gli investimenti pubblici, b) lasciare più spazio a una politica anticiclica e c) consentire una maggiore flessibilità e differenziazione per paese per quanto riguarda i percorsi di aggiustamento del debito, assicurando nel contempo la sostenibilità di bilancio. Più precisamente, una delle proposte più importanti formulate dal CESE per la revisione del quadro di bilancio consiste nell'introdurre una regola aurea (golden rule) per gli investimenti pubblici, senza pregiudicare la stabilità finanziaria e di bilancio a medio termine né il valore dell'euro, abbinandola a una regola di spesa.

4.5.4.

È necessario che sia i parlamenti nazionali che il Parlamento europeo conservino il loro ruolo di primo piano nell'ambito del futuro quadro di governance economica dell'UE, al fine di rafforzare la responsabilità democratica dell'Unione. Il CESE ha preso atto della proposta di istituire un regime di riassicurazione contro la disoccupazione, che figurava originariamente tra le priorità politiche della Commissione europea. Alla luce degli effetti della crisi della COVID-19 e della guerra in corso in Ucraina, la Commissione europea potrebbe proseguire ulteriormente le discussioni con gli Stati membri e le parti sociali sui possibili strumenti da utilizzare nel lungo periodo, ossia i regimi di riassicurazione contro la disoccupazione, al fine di affrontare una serie di problemi sistemici.

4.6.

Il meccanismo SURE (10) ha svolto un ruolo fondamentale nell'attenuare il fortissimo impatto della pandemia e si è rivelato uno strumento efficace. Alla luce di tale esperienza, il CESE chiede di valutare la possibilità di un ulteriore ricorso a tale meccanismo.

4.7.

L'approfondimento dell'Unione economica e monetaria va di pari passo con il rafforzamento della governance economica, compresi il completamento dell'unione bancaria e del mercato dei capitali e il potenziamento del ruolo del semestre europeo nell'incrementare crescita, coesione, inclusività, competitività e convergenza.

4.8.

Il CESE ritiene che, di fronte alle sfide poste dalla guerra, e in particolare in considerazione della crescente necessità di spesa per l'energia e la difesa, sia opportuno che l'Unione europea istituisca nuovi meccanismi di risorse proprie.

4.9.

La frammentazione dei mercati dei capitali negli Stati membri non lascia un sufficiente margine di manovra alle imprese per ottenere un accesso facilitato alle risorse finanziarie nel mercato unico dei capitali. Pertanto è necessario conseguire ulteriori progressi nel completamento dell'unione dei mercati dei capitali. L'approfondimento dell'Unione dei mercati dei capitali e dell'Unione bancaria dovrebbe consistere soprattutto nel potenziamento dei canali di finanziamento e nella promozione del contributo del settore privato agli sforzi di investimento. Il CESE chiede che, nel far ciò, si assicuri il giusto equilibrio tra condivisione e riduzione dei rischi e, in particolare, accoglie con favore gli sforzi volti a rafforzare il monitoraggio dei rischi sistemici derivanti dalla crisi climatica. Inoltre, è importante prendere in seria considerazione i rischi per la sostenibilità sociale, dato che l'allargarsi dei divari distributivi mette a repentaglio la coesione sociale. La regolamentazione dei mercati finanziari dovrebbe inoltre dare la priorità all'efficienza rispetto alla complessità e garantire un alto livello di protezione dei consumatori.

4.10.

Tutti i soggetti interessati dovrebbero essere coinvolti nell'elaborazione e nell'attuazione di misure volte a migliorare l'alfabetizzazione finanziaria, l'efficienza delle norme di protezione e la riduzione delle asimmetrie informative tra i fornitori di servizi finanziari e i cittadini.

4.11.

Il mercato unico europeo dovrebbe realizzare appieno il suo potenziale. Da un'attuazione e applicazione migliore e più efficace della legislazione esistente e da un suo approfondimento potrebbero derivare vantaggi economici. L'ulteriore eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di beni e servizi apporta vantaggi per tutti — clienti, lavoratori e imprese. Il buon funzionamento del mercato unico dipende anche dalla sicurezza e dalla qualità dei beni e dei servizi.

4.12.

Il CESE esprime preoccupazione circa l'esistenza di una concorrenza fiscale sleale nell'UE, che incentiva l'elusione fiscale. Il CESE ritiene che per un'unione monetaria efficace occorrano una politica fiscale coerente e una coerenza tra le norme fiscali dei suoi membri. Il CESE ha inoltre proposto di promuovere un patto europeo per una lotta efficace contro la frode e l'evasione fiscali, l'elusione fiscale e il riciclaggio di denaro.

4.13.

L'eccessiva burocrazia genera costi inutili per l'economia e la società. L'UE del futuro non dovrebbe focalizzare l'attenzione sulla microgestione, ma dovrebbe essere invece guidata dal principio «legiferare meglio». Tuttavia, ciò non dovrebbe avvenire a scapito delle elevate norme di protezione sociale, ambientale, del lavoro e dei consumatori che sono connaturate all'economia sociale di mercato. A livello europeo, la capacità di risoluzione dei problemi delle parti sociali, ad esempio per conciliare tra loro i diversi interessi, potrebbe essere potenziata.

4.14.

L'imprenditorialità è una competenza fondamentale per migliorare la competitività, l'innovazione e il benessere e per lo sviluppo di un'economia sociale e verde, tanto più nel contesto della ripresa post-pandemia. Incentivare la formazione all'imprenditorialità, al fine di sviluppare competenze imprenditoriali, potrebbe costituire un metodo per ridurre la disoccupazione, in particolare quella giovanile. L'imprenditorialità in tutte le sue forme e in tutti i settori, compresi il turismo, l'industria, l'economia delle piattaforme, l'economia sociale e le libere professioni, è essenziale per la crescita economica, l'innovazione, l'occupazione e l'inclusione sociale. È importante individuare e rispondere alle difficoltà incontrate dalle PMI, specialmente le imprese molto piccole spesso a carattere familiare, nell'accedere al mercato unico, in particolare nel contesto delle transizioni verde e digitale. Il CESE invita la Commissione a intraprendere azioni concrete nel suo programma di lavoro al fine di affrontare gli ostacoli al mercato interno già individuati (11).

4.15.

Il CESE sostiene pertanto l'adozione di una combinazione di politiche economiche che utilizzino in modo efficace le risorse interne disponibili, sia pubbliche che private, comprese le risorse finanziarie erogate nel quadro di Next Generation EU e del dispositivo per la ripresa e la resilienza. La carenza individuata riguardo al coinvolgimento delle organizzazioni della società civile è stata ed è tuttora una fonte di preoccupazione per il CESE. La società civile organizzata chiede procedure più formali che facilitino gli scambi effettivi nell'attuazione e nella valutazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza. Il principio di partenariato dovrebbe servire da modello di riferimento per un meccanismo efficace di coinvolgimento della società civile.

4.16.

Il CESE sostiene le proposte legislative della Commissione nel settore dell'imposizione fiscale delle imprese ed esprime apprezzamento per il loro coordinamento con le discussioni globali condotte a livello di OCSE/Quadro inclusivo al fine di raggiungere un consenso globale.

4.17.

Il Comitato sostiene qualsiasi azione che, nel definire il nuovo regime di tassazione, punti a ridurre i costi di conformità per le imprese e le autorità fiscali europee. Le imprese europee non devono essere poste in una situazione di svantaggio competitivo. La piena attuazione del secondo pilastro dell'accordo sulla tassazione globale sarà complessa e richiederà tempi lunghi e uno sforzo considerevole da parte delle aziende e della autorità fiscali. Un'adozione e un'attuazione uniformi nell'UE e in altri blocchi commerciali contemporaneamente a norme concordate a livello internazionale rivestono il massimo interesse per l'UE e gli Stati membri.

4.18.

L'imprenditoria sociale merita una particolare attenzione alla luce del ruolo che tale forma di imprenditorialità può svolgere nel superamento della crisi. L'attuazione del piano d'azione per l'economia sociale assumerà una funzione fondamentale nel rafforzamento di tale settore. La definizione di uno specifico ecosistema dell'economia sociale nella nuova strategia industriale deve determinare azioni concrete al fine di rendere l'economia sociale verde, digitale e resiliente.

4.19.

A seguito dell'epidemia, vi è una crescente necessità di promuovere la mobilità ai fini dell'apprendimento di qualità per tutti e di riconoscere i risultati dello stesso, pertanto il CESE appoggia la creazione di un vero e proprio spazio europeo dell'istruzione entro il 2025 per un'«Europa che apprende». Tale obiettivo viene conseguito attraverso un apposito finanziamento e, in particolar modo, tramite una cooperazione trasversale nel settore dell'istruzione.

4.20.

Una moderna politica dei consumatori deve garantire che questi dispongano dei diritti e della protezione di cui hanno bisogno. Il mercato unico rende molto più semplice per i consumatori e le imprese dell'UE acquistare e vendere beni e servizi al di là delle frontiere, sia online che secondo le modalità del commercio tradizionale. Per sfruttare queste nuove opportunità, è necessario avere fiducia nel mercato, disporre di una normativa mirata e poter contare su una sua efficace applicazione. L'informazione e la formazione dei consumatori devono altresì aiutare questi ultimi ad operare scelte più responsabili.

4.21.

L'accesso alla partecipazione dei volontari deve essere migliorato e potenziato in termini di portata e di qualità. Il potenziale per un coinvolgimento di volontari di ogni età e provenienza dovrebbe essere valutato e realizzato nell'ambito di quadri innovativi e flessibili che dischiudano nuove opportunità. Il 2025 dovrebbe essere dichiarato dall'UE Anno europeo dei volontari, il che rappresenterebbe un doveroso omaggio agli sforzi e all'impatto dei volontari durante la crisi della COVID-19 e la guerra in Ucraina e metterebbe in risalto la loro importanza per la salute e il benessere in Europa e il loro ruolo nella ripresa e nel futuro dell'Europa.

4.22.

Le libere professioni costituiscono un fattore economico e sociale fondamentale in tutti gli Stati membri e sono responsabili di servizi pubblici importanti in settori quali la sanità, la giustizia, la sicurezza, le lingue e l'arte. È pertanto necessario svolgere una valutazione di impatto specifica in relazione alle conseguenze delle proposte legislative sulle libere professioni prima e dopo l'adozione della normativa europea. A tale riguardo, il legislatore europeo dovrebbe in particolare tenere conto degli effetti negativi degli oneri burocratici che grava sulle libere professioni.

5.   Un'Europa più forte nel mondo

5.1.

Il CESE invoca un ambiente commerciale internazionale aperto, equo, inclusivo e prevedibile, che sostenga la democrazia e lo Stato di diritto, la pace e la stabilità, la sostenibilità sociale e ambientale, e un ordine commerciale mondiale aperto, equo e basato su regole. L'Europa deve proteggere le regole del commercio globale, garantire condizioni di parità e trovare un equilibrio tra l'autonomia strategica e l'apertura al commercio internazionale, promuovendo una forte base industriale e catene di approvvigionamento internazionali resilienti.

5.2.

Tuttavia, sia gli sviluppi verificatisi in Cina negli ultimi anni che l'aggressione russa in corso dimostrano chiaramente che l'espansione del commercio internazionale non contribuisce necessariamente a rafforzare i processi democratici. Nell'ambito della sua politica commerciale l'UE deve pertanto promuovere i suoi valori fondamentali, quali il rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e della libertà dei media.

5.3.

Il CESE reputa che sia importante continuare ad affrontare le dipendenze critiche dell'UE dai paesi terzi. Ciò vale in particolare per l'energia, le materie prime, gli alimenti, i prodotti per la salute, le infrastrutture e le tecnologie, nonché la dimensione industriale delle politiche in materia di sicurezza, difesa e spazio. L'UE deve riesaminare nello specifico la sua carenza di capacità industriale e la sua dipendenza da partner inaffidabili.

5.4.

Nel contempo, il rafforzamento dell'autonomia strategica aperta e del ruolo globale dell'UE presuppone una cooperazione con i partner in diversi settori, tra cui quello del commercio. Il CESE chiede la conclusione dei negoziati relativi agli accordi commerciali bilaterali e lo sviluppo di una cooperazione multilaterale nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Dare impulso alle relazioni con i partner dell'America latina, sulla base di accordi modernizzati, costituirebbe altresì per l'UE un'ottima occasione per rafforzare la sua posizione.

5.5.

Il CESE sottolinea il ruolo cruciale che svolge la società civile nel settore degli scambi commerciali e insiste sulla necessità di promuovere la cooperazione con la società civile, dalla fase di definizione a quella di monitoraggio degli strumenti e degli accordi commerciali (accordi di libero scambio (ALS), accordi di partenariato economico (APE) e accordi di investimento). Ciò favorirebbe il raggiungimento degli obiettivi della nuova strategia commerciale dell'UE, assicurando la conclusione di accordi commerciali che contribuiscano ad uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale sia per l'UE che per i paesi partner dei negoziati.

5.6.

È altresì necessario cooperare nei settori dei trasporti, dell'energia e del digitale che hanno offerto nuove opportunità, ad esempio per la cooperazione tra Unione europea e Stati Uniti. I corridori della rete centrale devono essere interconnessi in maniera più efficiente con il resto del mondo per il trasporto di merci e passeggeri. Il CESE chiede di istituire un forum inteso a facilitare l'integrazione della rete TEN-T con il resto del mondo, compresi i paesi vicini.

5.7.

Il CESE ritiene che l'UE abbia bisogno di un approccio più proattivo ed efficace al fine di tutelare gli interessi dei settori industriali europei, creando condizioni di parità competitive e affrontando le pratiche commerciali sleali, attraverso la legislazione esistente in materia commerciale, in particolare le norme antidumping e antisovvenzioni.

5.8.

Il Comitato considera la necessità di potenziare il ruolo internazionale dell'euro uno strumento importante per rafforzare la posizione dell'UE sulla scena mondiale, chiede di rivolgere una maggiore attenzione alle ragioni dell'indebolimento del ruolo internazionale dell'euro e invoca il completamento dell'Unione economica e monetaria.

5.9.

Il CESE invita la Commissione a intensificare gli sforzi tesi a far confluire nell'OMC l'approccio dell'UE relativo al commercio e allo sviluppo sostenibile degli impegni in materia di ambiente e di lavoro. Ciò dovrebbe anche comportare ulteriori riflessioni sul coinvolgimento strutturale di tutte le componenti della società civile nei processi in seno all'OMC, poiché non vi può essere un'autentica sostenibilità senza un impegno da parte della società civile.

5.10.

Il meccanismo di protezione civile dell'Unione europea non è più sufficientemente capace né abbastanza ampio per poter rispondere ai disastri correlati ai cambiamenti climatici e ai molteplici rischi che si verificano all'interno e all'esterno del territorio dell'Unione. Oltre alle attività ormai consolidate riguardanti le catastrofi naturali, il meccanismo è chiamato ad affrontare rischi quali le pandemie, i grandi rischi industriali, l'inquinamento marittimo su vasta scala, le conseguenze degli attacchi informatici alle reti elettriche o dell'acqua potabile e a tutte le infrastrutture essenziali, oppure a intervenire nella gestione di crisi umanitarie legate all'immigrazione.

5.11.

La correlazione tra protezione civile nel breve termine e gestione degli aiuti umanitari nel lungo termine deve essere affrontata e coordinata in maniera più efficace. A tal fine, il CESE reputa necessario valutare la necessità di istituire un'agenzia europea per la protezione civile e gli aiuti umanitari quale meccanismo concreto per intraprendere azioni più incisive di politica estera.

5.12.

Il CESE osserva che in molti paesi partner il dialogo e il processo di definizione delle politiche inclusivi e partecipativi sono tuttora assenti e lo spazio dedicato al dialogo civile e sociale viene progressivamente ridotto, malgrado il sostegno fornito dalla Commissione. Il Comitato propone che la Commissione, in collaborazione con il CESE, istituisca un progetto pilota su un «Quadro di valutazione per lo spazio civico» destinato ad alcuni paesi partner, al fine di misurare su base annua lo stato del dialogo civile e sociale, a partire dai paesi dei Balcani occidentali o dai paesi euromediterranei.

6.   Promozione del nostro stile di vita europeo

6.1.

È necessario rafforzare i sistemi sanitari in quasi tutti i paesi europei, rivolgendo l'attenzione alla prevenzione e alla garanzia di un accesso per tutti a strutture sanitarie pubbliche di qualità, servizi sanitari di base, compresi vaccini e assistenza a lungo termine. Occorre dare una risposta strategica urgente alle questioni inerenti alla salute mentale.

6.2.

Il CESE ricorda che è fondamentale sostenere un ecosistema sanitario solido e coordinato per contribuire all'autonomia strategica industriale e alla sovranità tecnologica dell'UE, oltre che a una migliore qualità di vita per i suoi cittadini. È opportuno effettuare una mappatura e un'analisi «dal basso» al fine di valutare l'esatta natura delle dipendenze individuate e affrontare le vulnerabilità e le carenze di materiali strategici.

6.3.

La migrazione continua a costituire una questione prioritaria a causa dell'impatto prodotto sullo sviluppo demografico, sull'economia e sulle politiche dell'UE (occupazione, affari sociali, mercato del lavoro, politiche in materia di integrazione, controllo alle frontiere, lotta contro il razzismo, la xenofobia, il populismo e la discriminazione). Al patto europeo sulla migrazione e l'asilo e al sistema comune europeo di asili dovrà essere conferito l'assetto finale sulla base di un equilibrio effettivo tra solidarietà e responsabilità, e in linea con gli obblighi dell'UE e degli Stati membri nel quadro del diritto internazionale.

6.4.

La crisi dei profughi che si sta manifestando come conseguenza della guerra in Ucraina sottolinea l'importanza fondamentale di tale ambito e rappresenta la giusta modalità di reazione da parte dell'UE: oltre a fornire una protezione immediata ai profughi e a introdurre permessi di soggiorno e di lavoro temporanei, occorre adottare misure urgenti per facilitare l'integrazione nella società e nel mercato del lavoro degli Stati membri, nonché approntare un finanziamento adeguato destinato ai governi e alle organizzazioni della società civile che operano in loco.

6.5.

Il 2022 è l'Anno europeo dei giovani, concepito per riconoscere le sfide da loro affrontate durante la pandemia di COVID-19 e i sacrifici che essa ha comportato e continua a comportare per loro; la sua finalità è quella di offrire ai giovani opportunità di partecipazione a tutti i livelli, ponendo un accento particolare sulle questioni ecologiche, l'inclusione, il settore digitale e l'integrazione della dimensione dei giovani in tutte le politiche dell'UE. È essenziale che questo anno lasci un «retaggio»concreto e che, di fatto, ogni anno i giovani siano posti al centro delle iniziative a livello di Unione europea. La Commissione dovrebbe pertanto proseguire il proprio lavoro sul seguito da dare all'Anno dedicato ai giovani nel 2023 e oltre.

7.   Un nuovo slancio per la democrazia europea

7.1.

Sono necessarie misure per migliorare il dialogo civile con e tra i portatori di interessi e i gruppi nella società, conferendo loro la titolarità e dando loro la possibilità di partecipare realmente alle politiche che li riguardano direttamente, promuovendo il ruolo dei cittadini nella creazione del futuro d'Europa.

7.2.

Vi sono alcuni canali esistenti che svolgono un ruolo importante nel coinvolgimento dei cittadini a livello europeo, quali l'iniziativa dei cittadini europei. Tuttavia, tali canali non sono sufficienti per realizzare un coinvolgimento significativo dei cittadini dell'UE, e vi è la necessità di creare strumenti di partecipazione (compresa la partecipazione elettronica) che siano più inclusivi, utilizzati in modo strutturato, accessibili a tutti, e soprattutto più incisivi.

7.3.

In tale ottica, il ruolo istituzionale del CESE dovrebbe essere rafforzato e dotato di nuove competenze in quanto noto e consolidato rappresentante della società civile organizzata nel fornire consulenza per la definizione delle politiche dell'UE, ma anche nella sua veste di facilitatore e garante delle attività di democrazia partecipativa quali il dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile e i panel di cittadini. Una società civile vivace è fondamentale per la vita democratica dell'Unione europea.

7.4.

Il CESE raccomanda ai responsabili politici dell'UE di definire strategie coerenti (interne ed esterne) per la società civile dell'Unione europea, incluse politiche basate su: un migliore riconoscimento del settore della società civile e del dialogo civile, anche attraverso un pilastro ad hoc nel piano d'azione per la democrazia europea, la valutazione annuale dello Stato di diritto e una strategia per la società civile europea; quadri giuridici favorevoli e la creazione di condizioni di parità a livello europeo; l'accesso ai finanziamenti pubblici; meccanismi di monitoraggio e di protezione al livello dell'UE.

7.5.

È essenziale concentrare l'attenzione sul seguito da dare alle proposte della Conferenza sul futuro dell'Europa al fine di rispondere alle richieste dei cittadini. Il CESE si aspetta che ciascuna istituzione europea si prodighi adottando un approccio ambizioso e costruttivo, in linea con il suo ruolo e le sue competenze, in ogni fase del processo di follow-up, comprese le proposte legislative. Il CESE è pronto a svolgere il suo ruolo e a garantire che venga dato un seguito adeguato ai risultati della Conferenza e, qualora venga organizzata una Convenzione, il CESE dovrà ricoprirvi un ruolo di primo piano.

7.6.

Per ristabilire la fiducia nel processo di allargamento e rafforzare le modalità con cui l'UE si rivolge ai suoi alleati naturali nella regione, il CESE è convinto che l'UE dovrebbe includere espressamente i Balcani occidentali nelle attività volte ad attuare i risultati emersi dalla Conferenza sul futuro dell'Europa.

7.7.

La guerra in Ucraina ha fornito uno stimolo all'azione comune e all'integrazione europea in settori fondamentali quali la politica estera e la difesa in una misura difficilmente immaginabile alcuni mesi fa. Il CESE accoglie con favore l'impegno espresso nella dichiarazione di Versailles ad aumentare il ricorso allo strumento europeo per la pace e sottolinea che l'UE dovrebbe procedere verso una maggiore integrazione politica, che potrebbe essere alla base di una politica estera comune. Facciamo appello agli Stati membri affinché avviino immediatamente i lavori volti ad attuare un sistema di difesa realmente comune ed efficace che rafforzi in modo significativo la capacità dell'Europa di difendersi (12). La decisione al riguardo adottata al livello dell'UE dovrebbe coinvolgere il Parlamento europeo in quanto istituzione che rappresenta direttamente i cittadini, conformemente ai Trattati.

7.8.

Il Parlamento europeo, così come il CESE, le parti sociali e le organizzazioni della società civile, devono essere coinvolti nei piani di emergenza per contrastare le conseguenze economiche della guerra, segnatamente nella concezione dei diversi elementi che compongono la strategia «REPowerEU».

7.9.

Il CESE pone in risalto la necessità di affrontare le sfide correlate al coinvolgimento attivo dei giovani nella società e nei processi politici e decisionali, tenendo conto che i bambini e i giovani sono la generazione a cui spetterà l'onere di pagare l'enorme debito pubblico che i paesi stanno generando ora per far fronte alle conseguenze della pandemia, e dovranno convivere con le conseguenze delle azioni intraprese ora per affrontare i cambiamenti climatici e la nuova situazione relativa alla sicurezza in Europa. È dunque necessario un approccio europeo coordinato sulla base di un solido quadro politico e giuridico, al fine di spezzare il ciclo di trasmissione intergenerazionale dello svantaggio. Si dovrebbe svolgere un attento monitoraggio quanto al raggiungimento dell'ambizioso obiettivo di affrancare dalla povertà il maggior numero possibile di minori e di giovani.

7.10.

Il CESE pone in evidenza che la parità e l'integrazione di genere dovrebbero essere affrontate in tutti gli aspetti del processo legislativo e dell'attuazione della legislazione dell'UE, in particolare perché la pandemia e la recessione da essa risultante hanno inasprito gli squilibri di genere.

7.11.

Nessuna misura di reazione a condizioni eccezionali deve infrangere lo Stato di diritto, né deve mettere a repentaglio la democrazia, la separazione dei poteri e i diritti fondamentali dei cittadini europei. Occorre attuare i nuovi strumenti dell'UE volti a proteggere e promuovere i diritti fondamentali e lo Stato di diritto, ad esempio il ciclo di esame dello Stato di diritto e il meccanismo per subordinare il finanziamento dell'UE al rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto. Tale aspetto va preso in considerazione in particolare nel contesto di decisioni temporanee delicate, quali l'imposizione di un divieto di determinate emittenti, la limitazione della libera circolazione delle persone o qualsiasi altra decisione adottata durante la pandemia e la guerra.

7.12.

Il CESE ha raccomandato l'adozione di una Carta dei diritti e delle responsabilità rurali/rubane a livello europeo e chiede la creazione di un modello di governance per il patto rurale che includa i governi locali e le imprese locali, sia private che senza scopo di lucro, in collaborazione con le strutture locali democratiche e delle parti sociali per garantire che le voci locali siano ascoltate e che la visione a lungo termine possa essere attuata con successo.

7.13.

Per quanto riguarda il Green Deal europeo, il CESE chiede l'istituzione di solide strutture di governance al fine di coinvolgere tutte le parti interessate nell'elaborazione delle relative misure, tra cui:

creare una piattaforma delle parti interessate per il patto europeo per il clima, costituita da attori impegnati a favore del clima a tutti i livelli;

istituire un Forum dell'UE sui finanziamenti per il clima per facilitare l'accesso ai finanziamenti ed eliminare gli ostacoli;

garantire un adeguato coinvolgimento delle strutture europee di dialogo sociale esistenti;

incoraggiare gli Stati membri a coinvolgere gli enti regionali, le parti sociali e le organizzazioni della società civile nell'elaborazione di piani nazionali e regionali per una transizione giusta;

coinvolgere i giovani in modo più strutturato nel processo decisionale in materia di sostenibilità e includere un delegato per i giovani nella delegazione ufficiale dell'UE alle riunioni della Conferenza delle parti (COP);

creare un collegamento strutturale tra il pacchetto «Pronti per il 55 %» e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite;

proseguire l'attività basata sul successo dei lavori congiunti tra Commissione europea e CESE sulla piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare.

7.14.

Le istituzioni dell'UE dovrebbero altresì riconoscere il ruolo fondamentale della società civile nella divulgazione di una cultura dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto e promuovere il loro contributo attivo a un'adeguata comunicazione dei valori e dei principi dell'Unione. Occorre pertanto rafforzare il ruolo della società civile nel ciclo di esame dello Stato di diritto, anche attraverso un forum delle parti interessate.

7.15.

Inoltre, il CESE ritiene fondamentale assicurare il coinvolgimento dei rappresentanti della società civile, tra cui le parti sociali, le organizzazioni dei consumatori e altri soggetti interessati, nella definizione, nell'attuazione e nel monitoraggio del programma strategico per il decennio digitale e delle relative tabelle di marcia nazionali.

7.16.

Il CESE invita la Commissione europea a continuare a conferire priorità a una migliore regolamentazione ed esorta quest'ultima, compresi tutti i suoi servizi, e i legislatori dell'UE ad approfondire e ampliare costantemente il sistema per migliorare la regolamentazione in tutti i suoi aspetti, e a ricorrere sistematicamente agli strumenti e agli orientamenti per legiferare meglio nella loro attività.

7.17.

Il CESE sottolinea che la Commissione dovrebbe sempre corredare ogni proposta legislativa di una valutazione d'impatto completa. La Commissione dovrebbe svolgere valutazioni di impatto adeguate anche sulle future strategie, in modo tale da individuare gli impatti in maniera tempestiva e anticipare meglio gli sforzi congiunti delle singole iniziative.

7.18.

Il CESE pone in evidenza che gli strumenti per legiferare meglio devono essere neutrali rispetto alle varie politiche ed essere chiaramente distinti dal processo decisionale, che deve essere lasciato agli organi politici legittimamente designati.

Nelle procedure di consultazione pubblica relative alle proposte della Commissione europea, occorre prestare attenzione per garantire che si tenga conto dei contributi forniti dalle varie parti interessate e per trovare un equilibrio tra di essi. Ciò presuppone una revisione della metodologia al fine di raggiungere meglio le organizzazioni della società civile a livello nazionale e dell'Unione. Il CESE sottolinea la necessità di integrare le procedure online con un dialogo strutturato con le organizzazioni della società civile in tutte le fasi del processo di elaborazione delle politiche, compresa la fase di attuazione e valutazione.

7.19.

Il CESE invita la Commissione, e specificamente il Centro comune di ricerca (JRC), a coinvolgere pienamente il CESE nel suo ciclo di previsione e a sostenerlo nella cernita delle attività di previsione in corso condotte dalle organizzazioni della società civile, dai sindacati e dalle associazioni di imprese.

7.20.

Il Comitato invoca altresì il rafforzamento continuo della cooperazione nel lavoro di valutazione ex post in merito a diverse iniziative.

7.21.

Sia la pandemia che l'attuale guerra in Ucraina hanno dimostrato l'urgente necessità di un'ulteriore azione, a livello nazionale ed europeo, volta a rafforzare i media liberi e pluralistici e il giornalismo indipendente di qualità.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 290 del 29.7.2022, pag. 35.

(2)  Risoluzione del CESE La guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale, (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1).

(3)  Risoluzione del CESE La guerra in Ucraina e il suo impatto economico, sociale e ambientale (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1).

(4)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_1511

(5)  https://ec.europa.eu/info/publications/key-documents-repowereu_it

(6)  Parere del CESE sul tema REPowerEU: azione europea comune per un'energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (GU C 323 del 26.08.2022, pag. 123).

(7)  L'interconnessione è già un obiettivo perseguito dall'UE (almeno il 15 % entro il 2030, anche se alcuni paesi sono ben al di sotto di questa percentuale): https://energy.ec.europa.eu/topics/infrastructure/electricity-interconnection-targets_en.

(8)  Documento della Commissione sulla questione delle «isole energetiche»: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_18_4622.

(9)  Valutazione finale dell'ACER sull'assetto del mercato all'ingrosso dell'energia elettrica nell'UE.

(10)  Strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE).

(11)  Cfr. ad esempio Business Journey on the Single Market: Practical Obstacles and Barriers («Viaggio aziendale verso il mercato unico: barriere e ostacoli pratici»), SWD(2020) 54 final, Bruxelles, 10.3.2020.

(12)  GU C 290 del 29.7.2022, pag. 1.


PARERI

Comitato economico e sociale europeo

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/15


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Tassazione dei telelavoratori transfrontalieri e dei loro datori di lavoro»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 443/02)

Relatore:

Krister ANDERSSON

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Art. 52, par. 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

1.7.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

195/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è consapevole che l'aumento del telelavoro transfrontaliero comporta sfide particolari per i sistemi fiscali internazionali attualmente esistenti. Tale considerazione vale in particolare per la tassazione delle retribuzioni dei lavoratori e degli utili delle imprese.

1.2.

Il CESE concorda con la Commissione europea sul fatto che un telelavoratore transfrontaliero potrebbe trovarsi esposto a una doppia imposizione sul proprio reddito, con conseguenti controversie — lunghe e costose — tra il lavoratore dipendente e le autorità fiscali degli Stati membri. A seconda del trattamento fiscale dei redditi di fonte estera applicato in un dato paese, un lavoratore dipendente potrebbe anche essere obbligato a presentare due dichiarazioni fiscali distinte, eventualmente in momenti diversi a causa di possibili differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda i termini per la presentazione delle dichiarazioni fiscali. Gli oneri di conformità rappresentano degli ostacoli per un mercato unico efficiente. Gli Stati membri dovrebbero prestare la dovuta attenzione a questo genere di ostacoli al momento di sottoscrivere accordi fiscali bilaterali.

1.3.

Per quel che riguarda la tassazione degli utili delle imprese, i telelavoratori internazionali possono correre il rischio di creare involontariamente una stabile organizzazione della loro impresa in un paese diverso da quello in cui tale impresa ha sede. Se venisse creata una stabile organizzazione in un altro paese, l'impresa sarebbe costretta a suddividere con precisione le sue entrate in funzione della loro origine geografica e sarebbe quindi soggetta a obblighi di dichiarazione e di pagamento delle imposte in paesi diversi.

1.4.

Il CESE accoglie con favore sia le misure fiscali temporanee che gli Stati membri hanno adottato all'apice della pandemia che gli orientamenti pubblicati dall'OCSE durante quel periodo. Queste misure hanno consentito ai lavoratori transfrontalieri e ai loro datori di lavoro di assicurare la continuità operativa, e hanno evitato sia ai primi che ai secondi di incorrere nella doppia imposizione, permettendo così alle imprese di continuare a sostenere sia l'economia che l'occupazione nell'UE in un periodo tanto importante.

1.5.

Il CESE sottolinea quanto sia importante che i sistemi fiscali siano ulteriormente messi al passo coi tempi al fine di venire incontro alle necessità degli ambienti di lavoro odierni. Il quadro di riferimento internazionale in materia di imposta sulle società è stato recentemente oggetto di profondi cambiamenti tramite l'accordo relativo al quadro inclusivo sulla BEPS che è stato elaborato dall'OCSE/G20 e che si compone di due pilastri. Se i lavoratori dipendenti realizzano sempre più le loro prestazioni lavorative mediante il telelavoro, potrebbe rivelarsi necessario anche rivedere le norme internazionali sulla tassazione delle persone fisiche. In particolare, le norme devono essere facili da rispettare.

1.6.

Secondo il CESE, è essenziale che le norme fiscali sul telelavoro transfrontaliero garantiscano l'assenza di doppie imposizioni, oppure di un'involontaria mancata imposizione, sia per i lavoratori dipendenti che per i loro datori di lavoro. Per garantire che le imprese di ogni dimensione possano offrire opportunità di telelavoro, è importante eliminare o, quanto meno, ridurre al minimo tutti gli obblighi amministrativi connessi alla tassazione dei telelavoratori transfrontalieri.

1.7.

Secondo il CESE, pur riconoscendo che il governo di ogni paese ha il diritto di decidere se imporre una tassa nel proprio territorio e con quale aliquota, i principi fiscali sul telelavoro transfrontaliero andrebbero preferibilmente concordati a livello mondiale. Tuttavia, tenuto conto dell'intrinseca mobilità all'interno dell'UE per effetto della libera circolazione nel quadro del mercato unico, vi sono motivi per affrontare la questione a livello dell'UE prima che venga trovata una soluzione a livello mondiale. Sebbene siano possibili approcci differenti, è importante che nell'UE venga raggiunto un livello di coordinamento elevato.

1.8.

Il CESE sottolinea che le norme da seguire dovrebbero essere semplici sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Una possibilità sarebbe che gli Stati membri decidano di comune accordo di tassare il lavoratore soltanto se il numero di giorni di lavoro sul proprio territorio sia più di 96 in un anno civile. Il CESE osserva che, nell'ambito dei lavori sul quadro inclusivo condotti dall'OCSE in materia fiscale, si è fatto ricorso a una convezione multilaterale (il cosiddetto «strumento multilaterale» o MLI) per facilitare un'attuazione tempestiva delle nuove norme fiscali.

1.9.

Il CESE incoraggia la Commissione europea a valutare se uno sportello unico, come quello esistente nel settore dell'IVA, sia una possibilità da prendere in considerazione. Con questa soluzione il datore di lavoro sarebbe tenuto a comunicare, in rapporto ai propri telelavoratori transfrontalieri, per quanti giorni tali lavoratori hanno telelavorato presso il loro domicilio nel loro paese di residenza e per quanti giorni hanno lavorato nel paese in cui il loro datore di lavoro ha sede. Con queste informazioni, le autorità fiscali sarebbero in grado di valutare in quale paese il reddito sarebbe imponibile, oppure quale sarebbe la parte di reddito imponibile in ciascun paese.

1.10.

Il sistema dello sportello unico introdotto per i telelavoratori transfrontalieri potrebbe rappresentare un primo passo verso la creazione di un'infrastruttura che non solo consentirebbe ai datori di lavoro e ai loro lavoratori di ridurre le vertenze tributarie con gli Stati membri, ma assicurerebbe anche una corretta riscossione delle imposte senza obbligare i cittadini a presentare una dichiarazione fiscale in più paesi.

2.   Contesto di riferimento

2.1.

La pandemia di COVID-19 ha cambiato la vita dei lavoratori e delle imprese come mai era avvenuto prima. Una delle tendenze più evidenti durante la pandemia di COVID-19, con l'imposizione da parte dei governi di restrizioni e limitazioni sia agli spostamenti che al numero di lavoratori presenti contemporaneamente in ufficio al fine di ridurre la trasmissione del virus COVID-19, è stata l'aumento del telelavoro (1). Le imprese e i loro lavoratori si sono considerevolmente adoperati per realizzare in ambiente digitale le attività lavorative quotidiane (ad esempio, ricorrendo agli strumenti per la tenuta online delle riunioni) al fine di facilitare il lavoro svolto a casa propria. In questo modo le imprese hanno potuto continuare a fornire i beni e servizi (necessari) ai propri clienti e, quindi, sostenere l'economia, l'occupazione, il commercio e la crescita economica dell'UE.

2.2.

Il telelavoro, poiché riduce il tempo degli spostamenti, è associato a una maggiore flessibilità, con il possibile effetto di ridurre lo stress per il lavoratore, rendendo possibile un equilibrio migliore tra vita professionale e vita privata (2). Inoltre, un ricorso maggiore al telelavoro può aiutare ai fini del conseguimento dell'obiettivo dell'UE relativo alla neutralità carbonica. Poiché una percentuale notevole delle emissioni nell'UE è riconducibile ai trasporti, un ricorso maggiore al telelavoro potrebbe portare a una riduzione delle emissioni di carbonio e delle congestioni del traffico (3). Con il passaggio al telelavoro, è probabile che diminuisca il fabbisogno in termini di spazi da adibire a uffici, riducendo così i costi legati alle emissioni degli edifici a uso ufficio (ad esempio, per il riscaldamento e il condizionamento dell'aria).

2.3.

Adesso che stiamo gradualmente entrando nell'era «post COVID-19» con elevati tassi di vaccinazione in tutta l'UE, se da un lato c'è da attendersi che alcuni lavoratori tornino in ufficio, dall'altro, una totale inversione della crescente tendenza al telelavoro appare improbabile. Da un'indagine di Eurofound del marzo 2021 è emerso che il 46 % dei lavoratori dipendenti dell'UE ha espresso la preferenza di continuare a lavorare da casa «quotidianamente» o, comunque, «più volte la settimana» anche dopo la fine della pandemia (4). Di conseguenza, il telelavoro dovrebbe entrare a far parte della nostra cultura lavorativa.

2.4.

L'aumento del telelavoro transfrontaliero comporta delle sfide per i sistemi fiscali attualmente esistenti. Anche se il fenomeno del lavoro transfrontaliero non è nuovo, la possibilità per un lavoratore dipendente di telelavorare dal proprio domicilio situato in un altro paese solleva problemi in rapporto alle norme fiscali internazionali, in particolare se il lavoratore dipendente effettua la propria attività lavorativa per un numero considerevole di giorni nel proprio paese di residenza, o in un paese terzo, invece che nel luogo tradizionale di svolgimento della sua attività. Tale considerazione vale in particolare per la tassazione delle retribuzioni dei lavoratori e degli utili delle imprese. Tali casi possono verificarsi soprattutto in certe regioni «di grande movimento» che confinano con altri Stati membri, ma è probabile che la crescita e lo sviluppo degli strumenti per l'organizzazione delle teleconferenze rendano questa fattispecie più diffusa.

2.5.

Per quel che riguarda la tassazione delle retribuzioni, i lavoratori che risiedono in uno Stato membro (giurisdizione della residenza) e che lavorano per un'impresa situata in un altro Stato (giurisdizione della fonte del reddito) possono essere soggetti a doppia imposizione, cioè quando lo stesso reddito è tassato da entrambe le giurisdizioni. Per evitare situazioni di questo tipo, i paesi hanno concluso accordi bilaterali contro la doppia imposizione, spesso seguendo il modello di convenzione fiscale (MCF) sui redditi e sul patrimonio elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE). L'MCF dell'OCSE stabilisce come principio generale che i redditi da lavoro dipendente dovrebbero essere tassati soltanto nella giurisdizione di residenza del lavoratore. Tuttavia, se la prestazione lavorativa è effettuata in un altro paese (ossia, lo Stato della fonte del reddito), lo Stato della fonte può tassare la parte di reddito riconducibile ai giorni di lavoro sul suo territorio, purché il lavoratore rimanga almeno 183 giorni all'anno nello Stato della fonte, oppure la retribuzione sia versata da un datore di lavoro nello Stato della fonte o, ancora, il pagamento della retribuzione sia a carico di una stabile organizzazione del datore di lavoro situata nello Stato della fonte.

2.6.

Secondo l'MCF dell'OCSE, nel caso di un lavoratore dipendente che risiede in un paese diverso da quello in cui svolge la propria attività lavorativa abituale, i diritti impositivi sul reddito da lavoro percepito vanno ripartiti in modo proporzionale, sin dal primo giorno di lavoro, tra la giurisdizione della residenza e la giurisdizione della fonte.

2.7.

Per evitare di procedere subito a una ripartizione dei diritti impositivi sul reddito percepito per l'attività lavorativa transfrontaliera, e poiché il modello OCSE è un testo di riferimento che gli Stati membri non sono tenuti a seguire, alcuni paesi hanno introdotto norme diverse, come le strutture de minimis. In questo caso, il reddito del lavoratore dipendente è tassato esclusivamente nel paese di residenza, purché il lavoratore non superi un certo numero di giorni di assenza dal luogo abituale di svolgimento dell'attività lavorativa (5).

2.8.

A causa delle misure adottate durante la pandemia, come l'introduzione di obblighi di quarantena rigorosi e la limitazione degli spostamenti transfrontalieri, molti lavoratori — in particolare quelli frontalieri — sono stati costretti a telelavorare nel loro paese di residenza, non potendo recarsi a lavorare nel loro consueto paese di svolgimento dell'attività lavorativa. Per effetto della pandemia di COVID-19, numerosi Stati membri hanno adottato misure temporanee per evitare che le giurisdizioni della fonte perdessero ogni diritto impositivo. Gli Stati membri hanno concordato dei «memorandum d'intesa» in base ai quali tutti i giorni di lavoro presso il domicilio del lavoratore sarebbero stati considerati come realizzati nello Stato in cui veniva abitualmente svolta l'attività lavorativa prima della pandemia. Tale regola avrebbe riguardato soltanto i lavoratori costretti a telelavorare a causa della situazione eccezionale dovuta alla pandemia di COVID-19, e non i lavoratori transfrontalieri che già telelavoravano prima della pandemia. È probabile che tali misure temporanee non siano state prorogate dopo il 30 giugno 2022 e i paesi torneranno ad applicare l'MCF dell'OCSE o le strutture de minimis. Analogamente, l'OCSE ha anche pubblicato degli orientamenti riguardanti la tassazione dei redditi da lavoro percepiti dai «lavoratori bloccati» (ossia, i lavoratori dipendenti rimasti a lungo bloccati nella giurisdizione della fonte del reddito a causa delle restrizioni agli spostamenti per effetto della pandemia di COVID-19, delle norme sulla quarantena, ecc.) (6).

2.9.

Secondo la Commissione europea (7), un telelavoratore transfrontaliero potrebbe trovarsi esposto a una doppia imposizione sul proprio reddito, con conseguenti controversie (lunghe e costose) tra il lavoratore dipendente e gli Stati membri interessati. A seconda del trattamento fiscale dei redditi di fonte estera applicato in un dato paese, un lavoratore dipendente potrebbe anche essere obbligato a presentare due dichiarazioni fiscali distinte, eventualmente in momenti diversi a causa di possibili differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda i termini per la presentazione delle dichiarazioni fiscali. Inoltre, potrebbero sorgere delle difficoltà qualora certi oneri fiscali necessari a generare il reddito dovessero essere precisamente ripartiti tra i due Stati membri. Un telelavoratore transfrontaliero potrebbe anche rimetterci in termini di agevolazioni fiscali o crediti d'imposta.

2.10.

In genere, per i contribuenti non residenti con cespiti di reddito provenienti da due o più Stati membri — come i lavoratori mobili, i lavoratori stagionali, gli sportivi, gli artisti e i pensionati — la situazione personale e familiare non viene presa in considerazione allo stesso modo di quella dei contribuenti residenti. Secondo la sentenza Schumacker (8), uno Stato membro deve concedere agevolazioni fiscali ai non residenti se il reddito da loro percepito proviene «totalmente o quasi esclusivamente» da tale Stato membro. Alcuni Stati membri prevedono che, per la concessione delle agevolazioni fiscali, almeno il 90 % del reddito totale percepito debba provenire dal loro territorio. Una disposizione di questo tipo può rappresentare un ostacolo alla libera circolazione in quanto, se il cespite di reddito proveniente da altri Stati membri è superiore al 10 % del reddito totale percepito, ne risulterà una perdita quanto meno parziale delle agevolazioni fiscali, dato che la percentuale per la loro concessione non potrà più essere raggiunta. Gli Stati membri dovrebbero permettere che si tenga conto della situazione personale e familiare dei non residenti se la fonte di almeno il 75 % del reddito totale percepito si trova sul loro territorio.

2.11.

Gli oneri di conformità rappresentano degli ostacoli per un mercato unico efficiente. Gli Stati membri dovrebbero prestare la dovuta attenzione a questo genere di ostacoli al momento di sottoscrivere accordi fiscali bilaterali.

2.12.

Per quel che riguarda la tassazione degli utili delle imprese, i telelavoratori internazionali possono correre il rischio di creare involontariamente una stabile organizzazione della loro impresa in un paese diverso da quello in cui tale impresa ha sede. Se venisse creata una stabile organizzazione in un altro paese, l'impresa sarebbe costretta a suddividere con precisione le sue entrate in funzione della loro origine geografica e sarebbe quindi soggetta a obblighi di dichiarazione e di pagamento delle imposte in paesi diversi.

2.13.

Molte imprese, in particolare le PMI prive di una struttura internazionale, potrebbero non essere consapevoli che, se parte dei dipendenti lavora in un altro paese, questa situazione potrebbe attribuire a tali dipendenti delle funzioni e dare quindi concretezza alla fattispecie della stabile organizzazione. Ciò significa che queste imprese dovrebbero ripartire gli utili in funzione della loro origine geografica ed essere tenute a rispettare le norme in materia di prezzi di trasferimento e i relativi obblighi di rendicontazione. Le PMI potrebbero non disporre al loro interno di un ufficio incaricato della gestione delle questioni fiscali, oppure potrebbero non avere fiscalisti esterni a cui rivolgersi, e va osservato che per tali imprese i costi di conformità sono già molto alti. Uno studio della Commissione europea riporta che le imprese dell'UE e del Regno Unito spendono, secondo le stime, un importo totale annuo di circa 204 miliardi di EUR per conformarsi agli obblighi relativi all'imposta sulle società, all'IVA, ai prelievi fiscali e contributivi sui salari, alle imposte sul patrimonio e sui beni immobili, nonché alle tasse locali. Per adempiere agli obblighi fiscali, l'impresa media sostiene un costo annuale pari all'1,9 % del suo fatturato (9). Ogni ulteriore aumento di questo onere fiscale potrebbe compromettere la redditività dell'impresa.

2.14.

Tenuto conto dei timori derivanti dalla possibile creazione di stabili organizzazioni per effetto del telelavoro transfrontaliero, l'OCSE ha pubblicato degli orientamenti in materia (10) nell'aprile del 2020 e nel marzo del 2021. Secondo l'OCSE, il cambiamento eccezionale e temporaneo del luogo di svolgimento dell'attività lavorativa da parte di un lavoratore dipendente non dovrebbe portare alla creazione di nuove stabili organizzazioni per il datore di lavoro (11). In generale, secondo l'OCSE, anche se parte dell'attività di un'impresa può essere svolta in un luogo quale il domicilio di una persona fisica, questo fatto non dovrebbe portare alla conclusione che tale luogo sia a disposizione dell'impresa semplicemente perché questo è il luogo utilizzato da una persona (ad esempio, un lavoratore dipendente) che lavora per quell'impresa. Secondo il ragionamento dell'OCSE, il fatto che un lavoratore sia costretto a lavorare da casa a causa della pandemia di COVID-19, o delle misure introdotte a protezione della salute pubblica, non è indice di quella permanenza o continuità che sono necessarie per equiparare il domicilio di un lavoratore dipendente a una stabile organizzazione del datore di lavoro.

2.15.

Nel sottolineare la natura eccezionale della pandemia di COVID-19, l'OCSE ha altresì osservato che, se un lavoratore dipendente continuasse a lavorare da casa dopo la fine della pandemia, dando così un certo grado di permanenza o continuità al telelavoro da casa, non per questo verrebbe necessariamente creata una stabile organizzazione del datore di lavoro. Secondo l'OCSE, tali situazioni richiederebbero un esame ulteriore dei fatti e delle circostanze particolari. Per le persone che ricoprono posizioni dirigenziali, le autorità fiscali hanno spesso sostenuto che tale eventualità potrebbe implicare la creazione di una stabile organizzazione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con grande favore gli sforzi compiuti dalle imprese e dai lavoratori durante la pandemia di COVID-19 per assicurare la continuità operativa attraverso l'uso di strumenti digitali. Le circostanze senza precedenti della pandemia di COVID-19 e le conseguenti misure a protezione della salute pubblica hanno costretto le imprese e i lavoratori ad adattare gli ambienti di lavoro in modo da assicurare la continuità operativa e fornire beni e servizi, sostenendo in tal modo l'economia, l'occupazione e la crescita dell'UE.

3.2.

Poiché i costanti progressi degli strumenti per il lavoro d'ufficio online (ad esempio, i programmi informatici per la tenuta online delle riunioni) consentiranno sempre di più ad alcune tipologie di lavoratori dipendenti di svolgere attività lavorative presso il proprio domicilio con pari o maggiore efficienza, il CESE si attende un aumento del numero di telelavoratori (transfrontalieri) nell'UE. I legislatori devono adeguare le norme esistenti a una nuova realtà.

3.3.

Sebbene la possibilità di telelavorare vari in funzione del settore considerato e delle mansioni svolte, il CESE ritiene che l'aumento del telelavoro debba essere accolto favorevolmente e, ove possibile, incoraggiato. Oltre a una maggiore flessibilità per i lavoratori, il telelavoro può risultare vantaggioso anche in rapporto all'agenda generale del Green Deal europeo, con un numero minore di persone che si sposta per motivi di lavoro e, quindi, una riduzione sia delle emissioni dovute ai trasporti che dell'inquinamento atmosferico. Il CESE riconosce che questo tema riveste un'importanza particolare per l'UE, così come la libera circolazione dei lavoratori all'interno del mercato unico.

3.4.

Il Comitato è consapevole che l'aumento del telelavoro transfrontaliero presenta particolari difficoltà per il sistema fiscale internazionale. Il CESE rileva che i lavoratori operanti a livello transfrontaliero avevano segnalato degli ostacoli anche prima della pandemia (12). Il CESE accoglie con favore sia le misure fiscali temporanee che gli Stati membri hanno adottato all'apice della pandemia che gli orientamenti pubblicati dall'OCSE durante quel periodo. Queste misure hanno consentito ai lavoratori transfrontalieri e ai loro datori di lavoro di assicurare la continuità operativa, e hanno evitato sia ai primi che ai secondi di incorrere nella doppia imposizione, permettendo così alle imprese di continuare a sostenere sia l'economia che l'occupazione nell'UE in un periodo tanto importante.

3.5.

Il CESE sottolinea tuttavia quanto sia importante che i sistemi fiscali siano ulteriormente messi al passo coi tempi al fine di venire incontro alle necessità degli ambienti di lavoro odierni. In particolare, con l'introduzione di accordi sul telelavoro, è importante che i datori di lavoro non siano disincentivati da ostacoli fiscali ad assumere personale che risiede in una giurisdizione diversa. Analogamente, le norme fiscali non dovrebbero costituire un ostacolo per i lavoratori che si candidano a posti di lavoro in un contesto transfrontaliero.

3.6.

Secondo il CESE, è essenziale che le norme fiscali sul telelavoro transfrontaliero garantiscano l'assenza di doppie imposizioni, oppure di un'involontaria mancata imposizione, sia per i lavoratori dipendenti che per i loro datori di lavoro. Per garantire che le imprese di ogni dimensione possano offrire opportunità di telelavoro, è importante eliminare o, quanto meno, ridurre al minimo tutti gli obblighi amministrativi connessi alla tassazione dei telelavoratori transfrontalieri (13).

3.7.

Il quadro di riferimento internazionale in materia di imposta sulle società è stato recentemente oggetto di profondi cambiamenti tramite l'accordo relativo al quadro inclusivo sulla BEPS che è stato elaborato dall'OCSE e che si compone di due pilastri. Se i lavoratori dipendenti realizzano sempre più le loro prestazioni lavorative mediante il telelavoro, potrebbe rivelarsi necessario anche rivedere le norme internazionali sulla tassazione delle persone fisiche. In particolare, le norme devono essere facili da rispettare.

3.8.

Il CESE accoglie favorevolmente le discussioni che la Commissione europea ha avviato su questo tema — sia con gli Stati membri che con le parti interessate della Piattaforma sulla buona governance fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva e la doppia imposizione — allo scopo di mettere al passo coi tempi i sistemi fiscali, nell'ottica di rispecchiare l'ambiente di lavoro odierno basato su un ricorso maggiore al telelavoro. Il CESE fa riferimento alle precedenti discussioni su questo tema che sono state condotte nel quadro della comunicazione sul tema «Rimuovere gli ostacoli fiscali transfrontalieri per i cittadini dell'UE» e della relazione di un gruppo di esperti della Commissione europea sul tema Ways to Tackle Cross-Border Tax Obstacles Facing Individuals in the EU (Metodi per combattere gli ostacoli fiscali transfrontalieri incontrati dalle persone nell'UE) (14).

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Pur riconoscendo che il governo di ogni paese ha il diritto di decidere se imporre una tassa nel proprio territorio e con quale aliquota, i principi fiscali sul telelavoro transfrontaliero andrebbero preferibilmente concordati a livello mondiale. Tuttavia, tenuto conto dell'intrinseca mobilità all'interno dell'UE per effetto della libera circolazione nel quadro del mercato unico, vi sono motivi per affrontare la questione a livello dell'UE prima che venga trovata una soluzione a livello mondiale. Sebbene siano possibili approcci differenti, è importante raggiungere un livello elevato di coordinamento tra gli Stati membri dell'UE e, ove possibile, con i paesi terzi (Regno Unito, Svizzera, ecc.).

4.2.

Le norme da seguire dovrebbero essere semplici sia per i lavoratori che per i datori di lavoro. Una possibilità sarebbe che gli Stati membri decidano di comune accordo di tassare il lavoratore soltanto se il numero di giorni di lavoro sul proprio territorio sia più di 96 in un anno civile. Il CESE osserva che, nell'ambito dei lavori sul quadro inclusivo condotti dall'OCSE in materia fiscale, si è fatto ricorso a una convezione multilaterale (il cosiddetto «strumento multilaterale» o MLI) per facilitare un'attuazione tempestiva delle nuove norme fiscali.

4.3.

Sembra giustificato introdurre norme ambiziose che rendano possibile il telelavoro transfrontaliero. Se venisse applicata la regola dei 183 giorni, i lavoratori godrebbero di una flessibilità maggiore e aumenterebbero le probabilità di raggiungere gli obiettivi in materia ambientale. Con l'aumentare del numero di giorni, aumenta anche la necessità di un sistema per standardizzare la rendicontazione ai fini fiscali e potrebbe essere necessario istituire un meccanismo di compensazione per trasferire il gettito fiscale tra gli Stati (15).

4.4.

Il CESE chiede alla Commissione europea di valutare se uno sportello unico, come quello esistente nel settore dell'IVA (16), sia una possibilità da prendere in considerazione. Con questa soluzione il datore di lavoro sarebbe tenuto a comunicare, in rapporto ai propri telelavoratori transfrontalieri, per quanti giorni tali lavoratori hanno telelavorato presso il loro domicilio nel loro paese di residenza e per quanti giorni hanno lavorato nel paese in cui il loro datore di lavoro ha sede. Con queste informazioni, le autorità fiscali sarebbero in grado di valutare in quale paese il reddito sarebbe imponibile, oppure quale sarebbe la parte di reddito imponibile in ciascun paese. Tale raccomandazione è stata appoggiata da un gruppo di esperti della Commissione europea nella relazione sul tema Ways to Tackle Cross-Border Tax Obstacles Facing Individuals in the EU (Metodi per combattere gli ostacoli fiscali transfrontalieri incontrati dalle persone nell'UE) (17). Il regime di compensazione tra paesi proposto in rapporto al gettito fiscale potrebbe essere legato alle informazioni trasmesse nel quadro dello sportello unico. Il contribuente dovrebbe avere a che fare con una sola amministrazione fiscale.

4.5.

Di norma il datore di lavoro è tenuto a prelevare le ritenute alla fonte sulle retribuzioni dei propri dipendenti. Inoltre, i contributi previdenziali ai regimi pensionistici pubblici e le altre prestazioni sociali per i lavoratori dipendenti si basano sul reddito del lavoratore, anche se il rispettivo versamento spesso avviene separatamente (18). L'onere amministrativo verrebbe considerevolmente ridotto se il datore di lavoro potesse versare le ritenute per il lavoratore secondo un sistema che permettesse allo sportello unico di ridistribuire al paese destinatario appropriato le somme prelevate. Per funzionare, un sistema di questo tipo richiederebbe una stretta cooperazione tra le autorità fiscali e la presentazione elettronica dei dati pertinenti.

4.6.

Il CESE ha ripetutamente chiesto alle autorità fiscali degli Stati membri di attuare una cooperazione più stretta, che renderebbe la vita più semplice ai comuni cittadini e alle imprese e aumenterebbe le possibilità di combattere in maniera più efficiente la frode e l'evasione fiscale. Per combattere l'evasione fiscale, è essenziale che il rispetto della normativa sia un compito agevole.

4.7.

Il sistema dello sportello unico introdotto per i telelavoratori transfrontalieri potrebbe rappresentare un primo passo verso la creazione di un'infrastruttura che non solo consentirebbe ai datori di lavoro e ai loro lavoratori di ridurre le vertenze tributarie con gli Stati membri, ma assicurerebbe anche una corretta riscossione delle imposte senza obbligare i cittadini a presentare una dichiarazione fiscale in più paesi.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Pur riconoscendo l'importanza dei contratti di lavoro, dei contributi per la previdenza sociale, dei diritti pensionistici, nonché delle considerazioni sulla salute (fisica e mentale) e sulla sicurezza, oltre che dell'impatto sulle organizzazioni del mercato del lavoro, sulla competitività, ecc., il presente parere verte sulla tassazione diretta dei datori di lavoro e dei loro dipendenti, sulla base dell'ipotesi che il lavoratore sia alle dipendenze di un'impresa situata in un dato paese e realizzi parte delle sue prestazioni lavorative in un altro paese mediante strumenti di telelavoro. Il presente parere non riguarda i lavoratori distaccati, i lavoratori frontalieri (così come definiti negli accordi bilaterali) o i lavoratori autonomi che realizzano vendite transfrontaliere.

(2)  The impact of teleworking and digital work on workers and society (L'impatto del telelavoro e del lavoro digitale sui lavoratori e sulla società).

(3)  The impact of teleworking and digital work on workers and society (L'impatto del telelavoro e del lavoro digitale sui lavoratori e sulla società).

(4)  Eurofound, Labour market change — Teleworkability and the COVID-19 crisis: a new digital divide? (Cambiamenti del mercato del lavoro — La fattibilità del telelavoro e la crisi indotta dalla pandemia di COVID-19: un nuovo divario digitale?), documento di lavoro WPEF20020.

(5)  Queste strutture sono applicabili non solo al telelavoro, ma anche alle formazioni e alle missioni.

(6)  Updated guidance on tax treaties and the impact of the COVID-19 pandemic (Orientamenti aggiornati sulle convenzioni fiscali e l'impatto della pandemia COVID-19), OCSE.

(7)  Tax in an Increasingly Mobile Working Environment: Challenges and Opportunities (Tassazione in un ambiente di lavoro sempre più mobile: sfide e opportunità), a cura del gruppo di esperti della Commissione «Piattaforma sulla buona governance fiscale».

(8)  Cfr. la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 14 febbraio 1995 nella causa C-279/93 (la causa «Schumacker»).

(9)  Tax compliance costs for SMEs — An update and a complement: final report (I costi di conformità fiscale delle PMI — Aggiornamento e integrazione: relazione finale), 2022.

(10)  Updated guidance on tax treaties and the impact of the COVID-19 pandemic (Orientamenti aggiornati sulle convenzioni fiscali e l'impatto della pandemia COVID-19) e OECD Secretariat analysis of tax treaties and the impact of the COVID-19 crisis (Analisi del segretariato dell'OCSE delle convenzioni fiscali e l'impatto della crisi della COVID-19).

(11)  OECD Secretariat analysis of tax treaties and the impact of the COVID-19 crisis (Analisi del segretariato dell'OCSE delle convenzioni fiscali e l'impatto della crisi della COVID-19).

(12)  Cfr. la comunicazione della Commissione sul tema «Rimuovere gli ostacoli fiscali transfrontalieri per i cittadini dell'UE» [COM(2010) 769 final, pag. 4]: «I cittadini UE che si trasferiscono all'estero per lavorarvi temporaneamente o permanentemente oppure attraversano quotidianamente una frontiera per andare a lavorare menzionano soprattutto le difficoltà di ottenere esenzioni, sgravi e deduzioni dalle autorità tributarie estere. Protestano altresì frequentemente per le aliquote fiscali progressive più elevate applicate ai non residenti e la tassazione superiore dei redditi esteri. Hanno grande rilevanza anche i problemi di doppia tassazione, derivanti dai conflitti in materia di domicilio fiscale, dai limiti nell'importo del credito disponibile a titolo dei trattati bilaterali sulla doppia tassazione e persino dalla mancanza di tali trattati in determinati casi».

(13)  I lavoratori che, una volta terminata la pandemia, vivono in modo permanente in uno Stato membro dell'UE diverso da quello in cui si trova l'impresa e svolgono le loro prestazioni lavorative a distanza, avranno bisogno di una risposta a numerose domande: qual è il regime di previdenza sociale applicabile? a quale autorità fiscale il datore di lavoro dovrà versare le tasse sui loro salari? il datore di lavoro potrà continuare a prelevare la ritenuta alla fonte? il rapporto di lavoro dovrà essere registrato presso i competenti uffici per l'impiego del paese in cui il lavoratore risiede? quale legislazione del lavoro è applicabile al rapporto di lavoro? E così via.

(14)  Ways to tackle cross-border tax obstacles facing individuals within the EU (Modi per affrontare gli ostacoli fiscali transfrontalieri cui devono far fronte le persone all'interno dell'UE).

(15)  Il regime di compensazione messo a punto per la tassazione internazionale delle società consiste nell'assegnare una parte degli utili delle società altamente redditizie al paese in cui sono state realizzate le vendite (importo A nel pilastro 1). È importante che il regime di compensazione tra paesi concepito per la tassazione dei redditi da telelavoro transfrontaliero sia il più semplice possibile. Il numero di giorni in telelavoro e il reddito percepito dovrebbero essere i parametri fondamentali da prendere in considerazione.

(16)  Lo sportello unico per l'IVA (MOSS) è stato istituito dall'UE per alleggerire gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese che vendono a consumatori in Stati membri dell'UE diversi da quello in cui hanno la sede. Lo sportello unico consente alle imprese di presentare un'unica dichiarazione IVA in cui sono riportate le vendite effettuate in più Stati membri dell'UE, anziché doversi registrare ai fini dell'IVA in ciascuno Stato membro.

(17)  Ways to tackle cross-border tax obstacles facing individuals within the EU (Modi per affrontare gli ostacoli fiscali transfrontalieri cui devono far fronte le persone all'interno dell'UE).

(18)  Il CESE dà atto che occorre tenere conto anche degli effetti su prestazioni economiche quali le pensioni, ecc., qualora i contributi previdenziali siano stati versati in paesi diversi. Tale questione potrebbe essere esaminata in futuri lavori del CESE.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/22


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Identità digitale, sovranità dei dati e percorso verso una transizione digitale giusta per i cittadini che vivono nella società dell'informazione»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 443/03)

Relatore:

Dumitru FORNEA

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del regolamento interno

Parere d'iniziativa

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

21.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il progresso tecnologico e l'evoluzione delle tecnologie digitali, delle biotecnologie e dei sistemi di comunicazione elettronica hanno creato importanti opportunità per consolidare società prospere sotto il profilo economico, più inclusive e giuste. Nel contempo sono emerse diverse gravi minacce per l'umanità.

1.2.

Per preservare la sicurezza del genere umano e il tessuto sociale necessario affinché ciascun individuo possa vivere una vita appagante sulla Terra, è fondamentale garantire che i nuovi strumenti di governance imposti con la rivoluzione digitale e industriale non siano oppressivi e non subordinino la vita quotidiana dei cittadini all'utilizzo obbligatorio di sistemi tecnologici digitali controllati in modo non democratico.

1.3.

Le istituzioni pubbliche sono vulnerabili nei confronti di attori non statali con accesso diretto alla conoscenza, ai brevetti, alle tecnologie e ai fondi di investimento. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la sovranità tecnologica dell'Europa debba essere parte integrante di tutti i futuri sviluppi politici e che la legislazione debba essere integrata da disposizioni e norme comuni esplicite e pienamente applicabili in tutti gli Stati membri.

1.4.

Gli sviluppi tecnologici incidono su molteplici diritti e libertà dei cittadini. Il Comitato chiede che tutti i settori che utilizzano dati personali e biometrici siano disciplinati in modo chiaro e nel pieno rispetto dei diritti umani fondamentali, e che il regolamento generale sulla protezione dei dati sia aggiornato di conseguenza.

1.5.

Il CESE è dell'avviso che l'identità digitale, i sistemi di pagamento digitale e l'integrazione nelle piattaforme di realtà virtuale e aumentata dovrebbero restare strumenti volti unicamente a integrare l'esistenza fisica che conoscevamo prima dell'adozione di tali tecnologie e non dovrebbero sostituire completamente e abusivamente altri schemi di vita che sono stati sviluppati e perfezionati dall'essere umano nel corso di migliaia d'anni.

1.6.

Il CESE invita a introdurre chiare disposizioni antidiscriminatorie in tutte le proposte legislative future concernenti l'identità digitale, ed è assolutamente contrario all'introduzione di un sistema che tenga sotto controllo i cittadini europei, segua i loro spostamenti e/o monitori le loro attività e il loro comportamento. Il Comitato ritiene altresì necessario che la società civile organizzata sia pienamente coinvolta nel processo di attuazione.

1.7.

Il CESE è giunto alla conclusione che qualunque iniziativa volta a integrare i cittadini nel sistema di identità digitale europea dovrebbe essere fondata su studi d'impatto e su indagini sociologiche approfondite. La decisione finale dovrebbe essere presa unicamente con il consenso informato e liberamente espresso dai cittadini.

1.8.

Il CESE è dell'avviso che, per realizzare in modo democratico una società digitale giusta e accettata da tutti i cittadini dell'Unione, la Commissione debba condurre valutazioni d'impatto sui seguenti aspetti:

l'enorme e ininterrotto fabbisogno di energia per mantenere l'infrastruttura tecnologica globale necessaria per sostenere l'accesso sicuro e continuo a un sistema digitale teso a trasferire le funzionalità critiche e strategiche della società umana;

l'impatto della digitalizzazione e automazione dell'interazione umana sulla qualità della vita e le condizioni di lavoro, in particolare in termini di relazioni umane, aumento della solitudine, problemi di salute mentale, declino dell'intelligenza cognitiva ed emotiva e aumento del rischio di alienazione sociale;

le misure politiche, economiche e sociali necessarie per adattare la società ai radicali cambiamenti quantitativi sul mercato del lavoro;

la sicurezza informatica, nel contesto della quale la diversità e la complessità delle attività degli hacker sono aumentate, e in relazione alle condizioni dello sviluppo accelerato dell'Internet degli oggetti che rendono i protocolli di accesso vulnerabili e permeabili.

1.9.

Il CESE conclude che la sicurezza dei dati non dovrebbe essere negoziabile e si rammarica che la proposta legislativa della Commissione non attribuisca la massima priorità alla sicurezza del futuro portafoglio digitale europeo.

1.10.

Il CESE ritiene che in tutte le proposte legislative dell'UE riguardanti l'intelligenza artificiale si debba precisare chiaramente la responsabilità per eventuali malfunzionamenti. È necessario trovare il giusto equilibrio tra la necessità di non divulgare i segreti commerciali e sviluppi trasparenti e tracciabili.

1.11.

Il Comitato è stato la prima istituzione europea a chiedere un approccio in cui l'essere umano rimanga al comando e ribadisce la necessità di prevedere a tal fine diversi livelli di controllo.

1.12.

Il CESE è assolutamente contrario alle banche dati private di riconoscimento facciale tranne che a fini giudiziari e a qualsiasi sistema di credito sociale in quanto violano i valori e i diritti fondamentali dell'UE.

1.13.

Il Comitato ritiene che i dati prodotti nell'UE dovrebbero essere conservati nel territorio dell'Unione ed essere protetti da qualunque accesso esterno. Il CESE reputa altresì che il consenso informato sull'utilizzo dei dati debba essere introdotto per i dati sia personali che non personali e ribadisce l'invito ad aggiornare a tale riguardo l'RGPD.

1.14.

Il CESE esprime preoccupazione per le crescenti disparità tra gli Stati membri e la mancanza di protezione dei gruppi vulnerabili e invita nuovamente a promuovere un'Unione europea fondata sull'inclusione digitale che non lasci indietro nessuno. Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alle generazioni più anziane.

1.15.

Il Comitato invita a realizzare un sistema di istruzione digitale europeo solido, in grado di preparare la forza lavoro alle sfide tecnologiche e che aiuti i cittadini a ottenere posti di lavoro di elevata qualità. In tutti gli Stati membri devono essere attuati programmi di alfabetizzazione digitale, unitamente a programmi di apprendimento permanente in ambito digitale, tutorial riguardanti il linguaggio settoriale e formazioni pratiche.

1.16.

Il Comitato considera essenziale coinvolgere i lavoratori nella transizione digitale, in modo che possano comprendere i rischi e le opportunità futuri e che sia reso possibile il trasferimento delle conoscenze e l'acquisizione di nuove competenze.

2.   Contesto

2.1.

I cittadini europei sono interessati agli sviluppi riguardanti l'attuazione di soluzioni di tecnologia digitale al fine di semplificare le procedure amministrative necessarie nei rapporti con le autorità o nella vita quotidiana della società. Il presente parere mira a sensibilizzare i responsabili politici nazionali ed europei alle preoccupazioni della società civile organizzata in merito ai potenziali effetti negativi sulla società associati alla diffusione accelerata delle tecnologie digitali.

2.2.

La pandemia di COVID-19 ha accelerato la trasformazione digitale delle società e costretto i cittadini a utilizzare nuove tecnologie per il lavoro, lo studio e altre attività quotidiane. Ha offerto a imprese e cittadini l'opportunità di migliorare le proprie competenze in ambito digitale e di progredire.

2.3.

I benefici di una vasta diffusione dell'identità digitale sono ampiamente descritti in numerosi documenti elaborati dalle istituzioni europee e dalle organizzazioni internazionali globali. Il documento più recente a tale riguardo è la proposta di regolamento sull'istituzione di un quadro per un'identità digitale europea (1), presentata il 3 giugno 2021.

2.4.

La Commissione europea intende realizzare un quadro per l'identità digitale europea basato sulla revisione di quello esistente, in modo che almeno l'80 % dei cittadini disponga di una soluzione di identificazione elettronica per accedere ai servizi pubblici essenziali entro il 2030 (2). Le autorità pubbliche devono disporre di risorse umane e finanziarie adeguate per poter includere e controllare gli sviluppi tecnologici digitali.

2.5.

A riprova di ciò è opportuno sottolineare che l'Indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) (3) pubblicato dalla Commissione europea nel 2021 evidenzia che, nel 2020, il 56 % delle persone possedeva almeno competenze digitali di base. Un'ampia quota della popolazione europea tuttavia ancora non le possiede, sebbene siano richieste per la maggior parte dei lavori. Molti cittadini sostengono di avere competenze digitali ma, a un esame più attento, si tratta unicamente della capacità di utilizzare le funzioni di base offerte da Internet (navigazione e social network) e i pacchetti software offerti da Microsoft Office o Mac OS.

2.6.

Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale, un recente studio pubblicato dalla Banca europea per gli investimenti (4) indica che l'Europa è ancora in ritardo rispetto ad altre potenze economiche mondiali. Lo studio evidenzia che gli Stati Uniti e la Cina investono, congiuntamente, oltre l'80 % dei 25 miliardi di EUR di investimenti azionari annui nelle tecnologie di IA e blockchain. Gli investimenti dell'UE costituiscono soltanto il 7 % e il divario totale in termini di investimenti è compreso tra i 5 e 10 miliardi di EUR all'anno.

2.7.

La Commissione ha proposto di colmare tale divario e di fornire 1 miliardo di EUR di investimenti all'anno nell'IA, a cui si aggiungeranno gli investimenti privati e le risorse proprie degli Stati membri. L'obiettivo è raggiungere i 20 miliardi di EUR di investimenti all'anno nei prossimi dieci anni (5).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il progresso tecnologico in generale e l'evoluzione delle tecnologie digitali, delle biotecnologie e dei sistemi di comunicazione elettronica negli ultimi vent'anni hanno creato enormi opportunità a livello globale per consolidare società prospere sotto il profilo economico, più inclusive e giuste.

3.2.

Nel contempo, senza un nuovo contratto sociale e un quadro normativo adattato alle nuove tecnologie dall'effetto dirompente, sono emerse numerose gravi minacce per l'umanità (quali la perdita del lavoro a causa dei progressi nell'automazione e della sua diffusione, violazioni della vita privata, distorsioni algoritmiche dovute a dati di cattiva qualità, volatilità dei mercati ecc.), soprattutto visti i continui tentativi da parte dei colossi della tecnologia a livello mondiale di imporre i propri prodotti e servizi, aggirando le legislazioni esistenti a livello nazionale e internazionale che garantiscono il rispetto dei diritti umani fondamentali.

3.3.

Le istituzioni governative nazionali e internazionali sono vulnerabili nei confronti di attori non statali con accesso diretto alla conoscenza, ai brevetti, alle tecnologie e ai fondi di investimento, poiché spesso il personale di dette istituzioni non comprende appieno l'impatto sociale delle nuove tecnologie sui diritti dei cittadini e dei consumatori. Il Comitato è persuaso che tutti i futuri sviluppi politici dovranno tenere in considerazione gli aspetti relativi alla sovranità tecnologica dell'UE.

3.4.

Il CESE chiede che la legislazione sia chiarita e integrata da disposizioni e norme comuni esplicite e pienamente applicabili in tutti gli Stati membri, anche sulle responsabilità correlate, tenendo conto che le tecnologie relative all'identità digitale sono per lo più gestite da algoritmi informatici e dall'intelligenza artificiale, che non possono essere chiamati a rispondere degli eventuali errori commessi.

3.5.

Si sono già verificate numerose situazioni, documentate e studiate nel dettaglio, che riguardano cittadini ingiustamente colpiti e condannati per le decisioni errate degli algoritmi informatici e dell'intelligenza artificiale. A titolo esemplificativo, i responsabili decisionali in seno alle forze di sicurezza e di polizia sono fuorviati dai risultati errati degli algoritmi informatici, quali «intelligenza artificiale», «riconoscimento facciale», «apprendimento automatico», «analisi dei dati e previsioni», «schede di controllo e punteggi» ecc., con conseguenti effetti sui diritti e sulle libertà di numerosi cittadini.

3.6.

Le norme giuridiche che saranno elaborate per disciplinare l'ambito dell'identità digitale e le relative tecnologie dovranno pertanto essere basate principalmente sulla piena trasparenza, su informazioni corrette e complete degli utenti e sul libero consenso informato, nonché garantire la protezione completa rispetto a tutte le vulnerabilità informatiche delle reti di comunicazione mobile e relativi dispositivi ecc. Per tali ragioni, il CESE chiede che tutti i settori che utilizzano dati personali e biometrici, quali l'identità digitale o le reti di comunicazione mobile 5G, l'intelligenza artificiale e così via, siano disciplinati in modo specifico, chiaro e nel pieno rispetto dei diritti umani fondamentali.

4.   Osservazioni particolari

Identità digitale

4.1.

Nell'attuazione dell'identità digitale in Europa, la gestione dei dati assume un'importanza fondamentale al fine di garantire la protezione dei cittadini e la salvaguardia della loro vita privata. È necessario garantire la piena conformità con il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD).

4.2.

I cittadini europei sono al centro di ogni programma e ogni politica attuati nell'UE. Il CESE apprezza e sostiene la pubblicazione della proposta della Commissione relativa a un'identità digitale per tutti gli europei (6), che stabilisce che la decisione di utilizzare o meno l'identità digitale spetta al singolo individuo. Il Comitato ritiene tuttavia che l'impatto dell'esclusione di determinati cittadini che non sceglieranno l'identità digitale sia stato sottovalutato e insiste affinché il diritto all'oblio e il diritto alla disconnessione siano chiaramente integrati nella legislazione dell'UE.

4.3.

Il CESE invita a introdurre chiare disposizioni antidiscriminatorie in tutte le proposte legislative future in materia. Qualunque sia il motivo per cui i cittadini possano decidere di non utilizzare tale funzionalità, vuoi per ragioni di protezione dei dati o di anonimato o altro, essi non devono essere emarginati o trovarsi in una posizione di svantaggio rispetto agli utenti attivi. I dati individuali dovrebbero sempre restare di proprietà del rispettivo soggetto e l'introduzione dell'identità digitale deve sempre essere subordinata alla protezione dei diritti umani. Al fine di garantire la protezione e la sicurezza dei dati, nonché il rispetto della vita privata, il CESE propone che l'identità digitale dei cittadini dell'UE sia gestita, in ciascuno Stato membro, da un organismo di servizio pubblico, sotto l'autorità dello Stato e soggetto al controllo democratico dei parlamenti nazionali.

4.4.

L'introduzione dell'identità digitale in Europa dovrebbe perseguire l'obiettivo di offrire una connettività sicura e di facile utilizzo ai consumatori. Deve fra l'altro fornire una migliore offerta di dati e servizi pubblici, programmi governativi mirati più efficaci e una maggiore efficienza del mercato del credito. Il CESE è favorevole a un siffatto scenario. Osserva tuttavia che l'introduzione dell'identità digitale è associata a una serie di rischi relativi alla protezione della vita privata e dei dati ed è assolutamente contrario alla realizzazione di un sistema che tenga sotto controllo i cittadini europei, ne segua gli spostamenti e/o ne monitori le attività e il comportamento.

4.5.

La sicurezza informatica costituisce un aspetto importante per l'attuazione, poiché il rischio di accesso non autorizzato (hacking) a importanti dati personali e finanziari è elevato. Il CESE attende con interesse la versione finale della proposta legislativa e l'accordo tra gli Stati membri sulle norme, le specifiche tecniche e gli aspetti di interoperabilità, che dovrebbero diventare operativi entro ottobre 2022. Il CESE ritiene che le organizzazioni della società civile, compresi le parti sociali, le ONG e il mondo accademico, debbano essere pienamente coinvolti nel processo di attuazione.

4.6.

Le frodi continuano a essere uno dei principali rischi associati all'introduzione dell'identità digitale. I messaggi di «phishing» che tutti ricevono oggigiorno si moltiplicheranno e saranno diretti ai gruppi più vulnerabili in Europa. Il CESE ritiene che i problemi di sicurezza in tale ambito non siano stati accuratamente quantificati e si rammarica che la proposta legislativa della Commissione che istituisce un quadro per l'identità digitale europea non attribuisca la massima priorità alla sicurezza del futuro portafoglio digitale europeo. Il furto di identità sintetica è diffuso in altre regioni del mondo in cui sono stati introdotti sistemi simili e l'UE dovrebbe acquisire familiarità con tali problematiche e affrontarle prima dell'attuazione del sistema. Il Comitato ritiene pertanto che la sicurezza dei dati non dovrebbe essere negoziabile.

IA — Intelligenza artificiale

4.7.

Il mercato digitale unico necessita che l'IA si evolva e progredisca. L'intelligenza artificiale è basata su algoritmi che richiedono enormi quantità di dati e metadati privati. La società deve trarre beneficio dagli sviluppi tecnologici e dalla scienza applicata fondata sugli algoritmi. Nell'attuare le tecnologie di IA è tuttavia necessario garantire che le comunità storicamente emarginate riescano a gestire i programmi e che le disparità sociali esistenti non siano ulteriormente aggravate.

4.8.

Il CESE è stato la prima istituzione europea a chiedere un approccio in cui l'essere umano rimanga al comando nel gestire i sistemi di IA (7). Il CESE ribadisce l'importanza di garantire che l'essere umano abbia la responsabilità e controlli pienamente i processi decisionali relativi allo sviluppo delle macchine.

4.9.

La protezione della proprietà intellettuale può essere utilizzata come argomentazione per gli sviluppi non trasparenti dell'IA. Il CESE reputa necessario trovare il giusto equilibrio tra la necessità di non divulgare i segreti commerciali e quella di garantire sviluppi trasparenti e tracciabili. In tutte le proposte legislative dell'UE in materia di intelligenza artificiale è altresì necessario definire chiaramente le responsabilità per eventuali malfunzionamenti, che dovrebbero ricadere su sviluppatori, programmatori, progettisti di IA e legittimi proprietari.

4.10.

Il Comitato ritiene che le tecnologie di IA debbano essere attuate in modo socialmente sostenibile, tenendo conto dei diritti umani, dei valori europei, della parità di genere, della diversità culturale, degli interessi dei gruppi svantaggiati e dei diritti di proprietà intellettuale.

4.11.

È necessario compiere ulteriori progressi in relazione al regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) in modo da garantire che gli algoritmi siano pienamente conformi al diritto dell'UE e lo rispettino, e il Comitato invita a elaborare norme etiche comuni che assicurino il libero accesso ai codici sorgente degli algoritmi.

4.12.

Per quanto l'IA possa contribuire al conseguimento degli obiettivi climatici e ambientali, è necessario considerare l'enorme quantità di energia utilizzata per la gestione di questi sistemi digitali, nonché altre sfide connesse all'internalizzazione dei costi esterni. Il CESE propone di monitorare tale aspetto con maggiore attenzione e invita le imprese digitali a compiere progressi nella riduzione delle emissioni di carbonio.

4.13.

In settori chiave quali la difesa o la sicurezza informatica è necessario garantire che l'essere umano abbia il pieno controllo dei robot, e il CESE chiede che sia elaborato un quadro specifico a livello dell'UE a tale riguardo e che sia sempre possibile ricorrere all'intervento umano per ovviare agli errori di qualsiasi sistema decisionale automatizzato.

4.14.

Il CESE è assolutamente contrario alle banche dati private di riconoscimento facciale tranne che a fini giudiziari e a qualsiasi sistema di credito sociale in quanto violano i valori e i diritti fondamentali dell'UE.

4.15.

Per quanto riguarda gli aspetti sociali, il CESE esprime preoccupazione per il fatto che gli sviluppi dell'IA avranno un impatto enorme sui mercati del lavoro e potrebbero causare una crisi occupazionale. Potrebbero inoltre avere effetti sul comportamento umano e favorire la pigrizia e la superficialità.

Megadati

4.16.

Il CESE accoglie con favore la legge sui dati (8) presentata dalla Commissione europea nel febbraio 2022 e ritiene che essa offra un quadro etico per il trattamento trasparente dei dati personali, garantendo il pieno controllo da parte dei cittadini e delle imprese che li generano. Tale quadro permette inoltre a un numero elevato di portatori di interessi e di cittadini di utilizzare i dati, con notevoli vantaggi per i consumatori, le imprese e le autorità pubbliche, creando in tal modo un'economia equa basata sui dati.

4.17.

Grandi quantità di dati sono ora a disposizione delle autorità pubbliche e di pochi colossi tecnologici come Google, Facebook (Meta), TikTok o Amazon. Purtroppo, attualmente soltanto un numero limitato di portatori di interessi ne beneficia e il CESE è preoccupato per il fatto che i dati generati nell'UE siano conservati, elaborati e producano valore al di fuori dell'Europa (9). Il Comitato ritiene che sia difficile assicurare la sovranità digitale dell'UE se l'Unione non dispone dei propri colossi tecnologici digitali, e se i dati europei non sono conservati nel territorio dell'Unione e protetti da qualunque accesso esterno.

4.18.

La gestione dei megadati deve sempre avvenire nel rispetto dei diritti umani come sancito dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (10), soprattutto quando nel processo decisionale vengono utilizzati algoritmi. I fornitori di servizi cloud con sede nell'UE detengono soltanto una quota limitata del mercato internazionale, per lo più dominato da aziende statunitensi. Ciò pone l'UE in una posizione di svantaggio e limita le possibilità di investimento nel mercato del trattamento dei dati. Rappresenta altresì un ostacolo alla competitività delle grandi imprese e alle loro possibilità di crescita e di espansione sui mercati e impedisce alle PMI di progredire. Il Comitato accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea dal titolo A competition policy fit for new challenges (11) e l'importanza attribuita alla trasformazione digitale nella ridefinizione del futuro quadro europeo della concorrenza.

4.19.

Il Comitato ritiene necessario introdurre il consenso informato sull'utilizzo dei dati per i dati sia personali che non personali e ribadisce l'invito ad aggiornare a tale riguardo l'RGPD.

Una giusta transizione digitale e l'alfabetizzazione digitale nell'UE

4.20.

Il Comitato osserva che il mercato del lavoro è in evoluzione e che sempre più settori economici lamentano la penuria di lavoratori specializzati e qualificati. Sottolinea altresì una diminuzione delle qualifiche e la mancanza di conoscenze e competenze specifiche.

4.21.

In precedenti pareri, il CESE ha invocato un'Unione tesa a promuovere l'inclusione digitale senza lasciare indietro nessuno. A distanza di anni, le disparità tra gli Stati membri continuano ad aumentare e i gruppi vulnerabili continuano a non essere protetti, in particolare la popolazione più anziana, che è la più esposta.

4.22.

Il Comitato esprime preoccupazione per il divario digitale esistente nell'UE e chiede di attuare programmi di alfabetizzazione digitale in modo coordinato in tutti gli Stati membri e che l'apprendimento permanente in ambito digitale, comprese le soluzioni open source come alternative gratuite a quelle commerciali, diventi una realtà nell'Unione. L'acquisizione delle competenze digitali inizia con tutorial riguardanti il linguaggio settoriale e si conclude con formazioni pratiche.

4.23.

Il coinvolgimento dei lavoratori nella transizione digitale è essenziale affinché essi possano comprendere i rischi futuri e colgano nel contempo le opportunità. I cambiamenti degli ambienti di lavoro richiedono il trasferimento delle conoscenze e l'acquisizione di nuove competenze, ma anche migliori condizioni di lavoro per quanti operano attraverso le piattaforme digitali.

4.24.

Il CESE invita a realizzare un sistema di istruzione digitale europeo solido, in grado di preparare la forza lavoro alle sfide tecnologiche e che aiuti i cittadini a ottenere lavori di elevata qualità, e rammenta a tale riguardo l'accordo quadro delle parti sociali europee sulla digitalizzazione.

4.25.

Il Comitato ha già sottolineato la necessità di rafforzare ulteriormente le competenze STEM nel campo della scienza, della tecnologia, dell'ingegneria e della matematica (12).

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 910/2014 per quanto riguarda l’istituzione di un quadro per un’identità digitale europea (COM(2021) 281 final).

(2)  Identità digitale per tutti gli europei

(3)  https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/node/9773

(4)  Studio della BEI: Artificial intelligence, blockchain and the future of Europe: How disruptive technologies create opportunities for a green and digital economy (Intelligenza artificiale, blockchain e il futuro dell'Europa: come le tecnologie dirompenti creano opportunità per un'economia verde e digitale).

(5)  Commissione europea — A European approach to artificial intelligence (Approccio europeo all'intelligenza artificiale).

(6)  Identità digitale per tutti gli europei, COM(2021) 281 final

(7)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 1.

(8)  Commissione europea — Legge sui dati.

(9)  Eurostat riferisce che soltanto il 36 % delle imprese dell'UE ha utilizzato servizi cloud nel 2020 e per lo più per la posta elettronica e l'archiviazione, ricorrendo soltanto al 19 % delle imprese che offrono servizi cloud.

(10)  GU C 326 del 26.10.2012, pag. 391.

(11)  Comunicazione della Commissione europea — Una politica della concorrenza pronta a nuove sfide [COM(2021) 713 final].

(12)  GU C 14 del 15.1.2020, pag. 46, GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 40, GU C 228 del 5.7.2019, pag. 16, GU C 75 del 10.3.2017, pag. 6, GU C 374 del 16.9.2021, pag. 11.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/29


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Analisi del ruolo della società civile organizzata nel quadro del nuovo accordo UE-Organizzazione degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (OACPS), inclusa la situazione degli APE in tale ambito»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 443/04)

Relatore:

Carlos TRINDADE

Decisione dell'assemblea plenaria

21.10.2021

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

9.6.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

170/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che l'Unione europea (UE) ha da tempo definito un quadro di valori e obiettivi che disciplinano le sue relazioni con gli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), e precisamente: la democrazia, il buon governo e i diritti umani, una crescita inclusiva e sostenibile con un'occupazione dignitosa, la mobilità e la migrazione come opportunità, lo sviluppo umano, l'ambiente e l'unione delle forze «sulla scena mondiale in settori di interesse comune». Tenuto conto delle relazioni con i paesi terzi vicini, a questi obiettivi si è aggiunto quello della sicurezza.

1.2.

Il CESE approva questo quadro di valori e obiettivi, nell'ambito del quale l'UE ha articolato le sue relazioni commerciali e di cooperazione allo sviluppo, valori e obiettivi che sono stati definiti in vari accordi internazionali con i paesi ACP sin dal 1960.

1.3.

Il CESE sostiene il nuovo accordo nel suo complesso e auspica che possa essere firmato rapidamente dalle parti, con le quali si congratula per i grandi sforzi profusi e per gli importanti impegni assunti, che hanno come quadro di riferimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite.

1.4.

In particolare, il CESE raccomanda vivamente alla Commissione che l'architettura della cooperazione allo sviluppo alla base del nuovo accordo e degli accordi di partenariato economico (APE) sia oggetto di una riflessione approfondita e di nuove decisioni, sulla base dell'esperienza maturata con la pandemia di COVID-19 (che solleva la questione delle infrastrutture critiche nel settore sanitario) e delle conseguenze geopolitiche della guerra in Ucraina (per quanto concerne, tra l'altro, la sicurezza alimentare, il prezzo dell'energia e le minacce alla democrazia). Il CESE sottolinea che questi due eventi fondamentali a livello mondiale, che hanno profondamente modificato il panorama internazionale, hanno reso necessario fornire con urgenza risposte più complesse nei paesi ACP, che hanno bisogno di forme di cooperazione internazionale diverse da quelle attuali.

1.5.

Il CESE esprime compiacimento per il fatto che il nuovo accordo abbia riconosciuto l'importanza del ruolo delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, e apprezza il fatto che le parti firmatarie abbiano reso possibile tale riconoscimento.

1.6.

Il CESE rileva con particolare soddisfazione che, tanto nella base comune quanto in ciascuno dei protocolli regionali, il nuovo accordo fa ripetutamente riferimento (anche se con formulazioni diverse) all'importanza della disponibilità di meccanismi istituzionali per la partecipazione, informazione, audizione e consultazione strutturata della società civile (meccanismi istituzionali).

1.7.

Il CESE sottolinea che le organizzazioni della società civile e le parti sociali dispongono di propri meccanismi per ricoprire una veste ufficiale attraverso la quale esprimono formalmente le proprie valutazioni, proposte e critiche. È fondamentale disporre di meccanismi istituzionali, con regolamentazione giuridica e attività formale, qualunque sia la loro denominazione (comitati economici, sociali e culturali, consigli consultivi, forum, piattaforme, reti di organizzazioni della società civile, conferenze permanenti o altre configurazioni), nel cui quadro le organizzazioni della società civile, praticando il dialogo civico, e le parti sociali, realizzando il dialogo sociale, possano, tramite la loro partecipazione, apportare un contributo al dibattito pubblico e democratico. Dando veste ufficiale a questi meccanismi istituzionali si rende la società più resiliente, perché si imprime dinamismo alla cittadinanza e si rafforza la vita democratica.

1.8.

Il CESE osserva che negli Stati membri dell'UE e nei paesi ACP la realtà delle organizzazioni della società civile, delle parti sociali e dei meccanismi istituzionali è molto diversificata a causa delle differenze economiche, sociali, culturali e politiche tra regioni, sottoregioni e paesi. Nei paesi ACP, l'informalità rappresenta una realtà ineludibile che deve essere tenuta in considerazione sia nell'attività delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali che nell'attuazione e nel funzionamento dei meccanismi istituzionali, altrimenti la popolazione non potrà beneficiare dei risultati del nuovo accordo. Secondo il CESE, è assolutamente necessario trovare soluzioni per superare le difficoltà esistenti, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo delle capacità tecniche delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali e il loro sostegno finanziario. Il CESE ritiene che esista un insieme di buone pratiche all'interno dell'UE e dell'OSACP, che deve essere individuato per essere replicato in altri paesi. Il comitato di monitoraggio ACP-UE è un esempio in questo senso e ha la capacità di conseguire tale diffusione.

1.9.

Il CESE stabilisce quale obiettivo per il suo impegno in questo processo l'attuazione degli opportuni meccanismi istituzionali, nonché la promozione e il sostegno delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nei paesi ACP attraverso il riconoscimento del loro ruolo di motori dello sviluppo sostenibile, in particolare alla luce dell'OSS n. 17 dell'ONU.

1.10.

Il CESE propone alla Commissione di definire come obiettivo la creazione di quattro meccanismi istituzionali nel rispetto della struttura del nuovo accordo, vale a dire: i) tra l'UE e l'OSACP, in conformità della base comune; ii) tra l'UE e l'Africa, in conformità del protocollo regionale UE-Africa; iii) tra l'UE e i Caraibi, in conformità del protocollo regionale UE-Caraibi; iv) tra l'UE e il Pacifico, in conformità del protocollo regionale UE-Pacifico.

1.11.

Il CESE propone inoltre alla Commissione di istituire comitati consultivi nell'ambito degli APE. Secondo il CESE, il ruolo delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali negli APE è insostituibile e deve essere rafforzato. In tale contesto, il CESE si richiama alle raccomandazioni contenute nel parere REX/536, di cui gli APE attuali e quelli futuri devono tenere conto, e ritiene che il comitato consultivo Cariforum-UE sia un ottimo esempio per lo scambio di buone pratiche e vada quindi diffuso e replicato.

1.12.

Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di articolare adeguatamente in futuro i vari meccanismi istituzionali da applicare nell'ambito dell'OSACP (base comune + protocolli regionali + APE) al fine di creare sinergie e di ottimizzare le risorse, in particolare quelle finanziarie. I meccanismi istituzionali — dato che sono incentrati con precisione e rigore sul loro compito istituzionale, operano in rete e interagiscono tra loro come un sistema unico e strutturato — potranno così dimostrare la loro rilevanza per la resilienza delle società interessate, la crescita economica e il benessere dei cittadini.

1.13.

Il CESE propone con decisione che la Commissione disponga di strumenti finanziari per sostenere programmi e progetti di studio, anche di tipo prospettico, sulla realtà delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nei paesi ACP, tenendo conto delle loro esigenze in termini di sviluppo della capacità di leadership, rafforzamento tecnico delle organizzazioni e attuazione dei meccanismi istituzionali previsti. Il CESE sottolinea che l'obiettivo consiste nell'apportare in questo modo un contributo affinché, nel quadro del nuovo accordo, vengano rafforzate le organizzazioni della società civile e le parti sociali democratiche, tramite la partecipazione qualificata e il coinvolgimento attivo dei loro membri.

1.14.

Il CESE esorta con forza la Commissione ad appoggiare le attività del proprio comitato di monitoraggio ACP-UE, che è l'unico meccanismo istituzionale attualmente esistente nel quadro del nuovo accordo tra l'UE e l'OSACP e che svolgerà un ruolo più incisivo in questo processo, in particolare attraverso un dialogo strutturato, al fine di: i) fornire alle istituzioni relazioni, progetti e pareri pertinenti; ii) mobilitare il coinvolgimento delle parti interessate dei paesi ACP; iii) contribuire all'istituzione dei meccanismi istituzionali previsti.

2.   Osservazioni generali sul contesto storico e sugli obiettivi strategici

2.1.

Nel 2016 l'UE ha approvato una serie di priorità ai fini degli interessi comuni nell'ambito del partenariato rinnovato con i paesi dell'Organizzazione degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (OSACP); tali priorità sono state ribadite in documenti successivi che avevano per tema la democrazia, il buon governo e i diritti umani, una crescita inclusiva e sostenibile con un'occupazione dignitosa, la mobilità e la migrazione come opportunità, lo sviluppo umano, l'ambiente e l'unione delle forze «sulla scena mondiale in settori di interesse comune» (1), a cui sono stati aggiunti i temi relativi alla sicurezza, tenendo conto dei paesi vicini più prossimi. Tale classificazione sistematica consolida i precedenti obiettivi dell'UE in questo campo.

2.2.

L'UE ha predisposto i mezzi concreti per raggiungere questi obiettivi mediante accordi internazionali, in primo luogo con la convenzione di Yaoundé, successivamente con gli accordi di Lomé e con l'accordo di Cotonou, e ora attraverso la negoziazione dell'accordo post-Cotonou. Allo stesso tempo, l'UE ha concluso accordi di partenariato economico con alcuni paesi, o gruppi di paesi, ACP.

2.3.

Gli APE costituiscono lo strumento di natura economica più generale che dà attuazione alla strategia in questo settore; tale strategia non solo definisce come obiettivo di tali accordi l'integrazione agevole e graduale dei paesi ACP nell'economia mondiale e l'eliminazione della povertà, ma sottolinea altresì che nei negoziati vanno prese in considerazione le differenze di sviluppo delle parti, le specificità economiche, sociali e ambientali e, in particolare, il grado di informalità di ogni paese o sottoregione.

2.4.

Il CESE ritiene che gli insegnamenti tratti dalla pandemia — per quanto riguarda, ad esempio, le difficoltà incontrate dai sistemi sanitari, le conseguenze negative per l'economia, l'aumento delle disuguaglianze sociali e della povertà, i problemi strutturali nell'accesso ai medicinali e ai vaccini (o nella loro produzione), la validità degli strumenti digitali, i pericoli per i diritti umani e la democrazia, nonché l'enorme dipendenza economica, per non menzionare che alcuni aspetti — abbiano evidenziato la necessità di ripensare l'architettura della cooperazione allo sviluppo, che va presa in considerazione nel quadro dell'attuazione e ridefinizione delle strategie da parte dell'UE e dell'OSACP.

3.   Osservazioni particolari sull'accordo post-Cotonou

3.1.

Nel 2015 è stata realizzata una valutazione dei 15 anni trascorsi dalla firma dell'accordo di Cotonou, un'analisi che ne ha individuato i successi e i punti deboli.

3.2.

L'accordo di Cotonou doveva prendere fine nel febbraio del 2020. Tuttavia, la discussione su temi sensibili e la pandemia hanno reso impossibile rinnovarlo entro la data prevista, e il testo dell'accordo di partenariato rinnovato tra l'UE e l'OSACP, comunemente noto come «accordo post-Cotonou» (o «nuovo accordo»), è stato siglato solo nell'aprile 2021.

3.3.

Al fine di tenere conto della diversità dei paesi firmatari e di concentrarsi sull'aspetto dell'attuazione specifica per ogni regione considerata, il nuovo accordo comprende una base comune integrata da tre protocolli regionali (per l'Africa, i Caraibi e il Pacifico), tutti a carattere vincolante. Data la complessità di questa struttura, in futuro sarà opportuno che il comitato di monitoraggio ACP-UE sia più proattivo.

3.4.

Le priorità del nuovo accordo, che sono l'espressione dell'impegno delle parti contraenti a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, vertono attorno a sei ambiti: i) diritti umani, democrazia e governance; ii) pace e sicurezza; iii) sviluppo umano (che comprende sanità, istruzione, servizi igienico-sanitari, sicurezza alimentare, coesione sociale, cultura e parità di genere, nonché impegni per la cooperazione allo sviluppo); iv) crescita e sviluppo economici inclusivi e sostenibili (compreso un approccio per gli APE); v) sostenibilità ambientale e cambiamenti climatici; vi) migrazione e mobilità. Queste priorità sono di fondamentale importanza per le organizzazioni della società ci ile e le parti sociali.

3.5.

A esse va aggiunta la lotta agli effetti della pandemia di COVID-19 nell'UE e nei paesi ACP, per quel che riguarda sia i rischi di un indebolimento della democrazia che la ripresa economica e sociale, a causa delle scarse prospettive di crescita nei paesi ACP e del conseguente aumento della povertà e delle disuguaglianze.

3.6.

In particolare, il CESE sottolinea che la questione delle infrastrutture critiche nei paesi ACP mantiene tutta la sua importanza, come dimostrato dalla pandemia. Lo sviluppo sostenibile è assolutamente legato all'esistenza di infrastrutture resilienti che promuovano e sostengano l'attività economica e il progresso sociale, ed esse sono decisive per la realizzazione degli OSS, dell'Agenda 2030 e dell'Agenda 2063 dell'Unione africana. Il CESE mette in rilievo che la cooperazione allo sviluppo rimane la condizione necessaria ma non sufficiente per il suo successo, e sottolinea l'importanza del suo rafforzamento nei paesi ACP.

3.7.

In tale contesto, il CESE sottolinea in particolare l'importanza delle infrastrutture critiche nel settore sanitario. L'esistenza, nei paesi ACP, di un servizio sanitario universale facilmente accessibile e tendenzialmente gratuito è essenziale sia per il benessere della popolazione che per uno sviluppo sostenibile. In particolare, l'accesso rapido ai vaccini (per quanto concerne i brevetti e la capacità tecnica di produzione a livello locale) permetterà alle comunità dei paesi ACP di essere sufficientemente resilienti in caso di future (e possibili) pandemie. Il CESE osserva che tale questione di rilievo non è menzionata nel nuovo accordo e invita l'UE e l'OSACP a tenerne conto al momento della sua attuazione.

3.8.

Secondo il CESE, l'attuale situazione geopolitica europea e mondiale — e in particolare le conseguenze della guerra in Ucraina (per quanto riguarda, ad esempio, la sicurezza alimentare, il prezzo dell'energia e le minacce alla democrazia) — impone che il nuovo accordo tenga conto delle ripercussioni sulla cooperazione allo sviluppo in generale e sugli APE in particolare. Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che la situazione attuale determina un aumento della competizione per influenzare i paesi ACP, il che impone all'UE di rafforzare la sua capacità di cooperare con questi paesi, in particolare sul piano economico, sociale e culturale.

3.9.

Quanto ai meccanismi istituzionali per la partecipazione, informazione, audizione e consultazione strutturata della società civile (meccanismi istituzionali), il CESE rileva con soddisfazione le seguenti affermazioni contenute nel nuovo accordo: per le parti, è importante istituire «(…) meccanismi aperti e trasparenti per la consultazione strutturata (…)» (2), oppure le parti «(…) predispongono meccanismi di consultazione (…)» (3), o le parti «(…) stabiliscono e sviluppano meccanismi di consultazione e dialogo (…)» (4) o, infine, le parti «(…) prevedono meccanismi di consultazione e di dialogo (…)» (5).

4.   Osservazioni particolari sugli accordi di partenariato economico (APE) tra l'UE e i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico

4.1.

I negoziati su nove APE hanno portato all'entrata in vigore di sette accordi regionali, per un totale di 32 paesi ACP su 79 (14 nei Caraibi, 14 in Africa e 4 nel Pacifico). Cinque di questi sette accordi vengono applicati in via provvisoria, in quanto non sono ancora stati ratificati da tutti gli Stati membri dell'UE. L'applicazione provvisoria non è invece ancora iniziata per gli altri due accordi, rispettivamente con l'Africa occidentale e con quella orientale, a causa di ritardi nella firma e nella ratifica da parte dei paesi africani. Altri 21 paesi hanno concluso i negoziati per APE che devono ancora essere attuati.

4.2.

Il CESE sottolinea che gli APE comportano sia opportunità che rischi. È fondamentale assicurare che il partenariato sia tra pari e che generi crescita economica, garantendo nel contempo il benessere e la giustizia sociale. L'attività delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali è fondamentale per conseguire tali obiettivi.

4.3.

Tuttavia, le organizzazioni della società civile e le parti sociali dell'UE e dei paesi partner hanno sollevato critiche in rapporto agli APE.

4.4.

Tali critiche riguardano la concezione degli APE stessi e l'eventuale effetto limitante per la crescita produttiva nei paesi ACP, anche qualora siano protette le industrie nazionali (ad esempio, l'agroindustria). La libertà degli scambi commerciali tra l'UE e l'OSACP è un vantaggio degli APE, ma in diversi casi ha avuto l'effetto di ridurre le entrate doganali (abbassando in particolare le tasse sul commercio con l'estero), nonché di mettere in pericolo le microimprese, le PMI o le cooperative, che sono la base economica delle famiglie, fatte salve le differenze tra il livello economico dell'UE e quello dei paesi ACP, come varie organizzazioni della società civile e parti sociali hanno sottolineato con forza.

4.5.

Il ruolo della società civile è previsto in vari modi nel quadro degli APE, e presenta configurazioni diverse; per tale motivo, le organizzazioni della società civile hanno un peso diverso nella discussione e nel monitoraggio di tali accordi. Ad esempio, l'APE con la Costa d'Avorio ha portato all'istituzione di una piattaforma della società civile ivoriana (Ivorian Civil Society Convention, CSCI), che ha organizzato un progetto (6) per monitorare gli effetti dell'APE sull'economia familiare. Inoltre, il fatto che il fulcro delle questioni trattate nelle riunioni interne sia lo sviluppo sostenibile limita l'influenza della società civile su altri temi.

4.6.

Alcuni APE prevedono organi supplementari, come una commissione parlamentare mista (è il caso dell'APE con il Cariforum e dell'APE con l'Africa occidentale).

4.7.

Visto che gli APE menzionano esplicitamente il coinvolgimento delle OSC in rapporto alle priorità dell'accordo di Cotonou, il nuovo accordo offre alle parti firmatarie l'opportunità di promuovere una partecipazione più ampia, armonizzata e istituzionalizzata delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Tale opportunità va sfruttata appieno, anche perché — come si può osservare dall'esame che l'UE ha condotto nel settembre 2021 in merito all'attuazione dell'accordo di Cotonou — i progressi in questo campo sono stati lenti. Affinché i meccanismi istituzionali previsti negli APE siano attuati nel modo più efficace possibile, occorre che le istituzioni pubbliche assicurino una comunicazione tempestiva e dettagliata del processo con le organizzazioni della società civile e le parti sociali, che vanno convocate ai fini di una partecipazione strutturata nel cui quadro apportino un contributo sotto forma di analisi e proposte ben fondate.

5.   Osservazioni particolari su concetto, rappresentatività, azione e veste ufficiale della società civile e delle parti sociali

5.1.

Il CESE rappresenta la «casa della società civile europea». È un organo consultivo dell'Unione europea, istituito conformemente all'articolo 13 del Trattato sull'Unione europea e composto da 329 membri che rappresentano gli imprenditori (I gruppo), i lavoratori (II gruppo) e le organizzazioni della società civile (III gruppo); il CESE costituisce il meccanismo istituzionale europeo in cui questi soggetti esprimono il loro punto di vista sulle questioni pertinenti dell'UE attraverso un dialogo strutturato.

5.2.

Il CESE sottolinea che tra le organizzazioni della società civile figurano associazioni con una pluralità di obiettivi che operano in rappresentanza dei membri iscritti, e la loro funzione civica comprende, tra l'altro, le azioni per la promozione del benessere della popolazione, l'inclusione sociale e la lotta contro l'esclusione, la protezione sia dei diritti sociali, economici, culturali e professionali che degli interessi di comunità e/o di gruppi di cittadini, la difesa dell'ambiente e la lotta contro i cambiamenti climatici, la protezione dei diritti umani, l'informazione (con fini di sorveglianza), nonché la messa in guardia e la pressione (difesa) presso le autorità sovrane, al fine di difendere gli interessi dei rispettivi associati e affermare i loro valori sociali.

5.3.

Le realtà economiche, sociali e politiche della società in cui opera un insieme così vasto e variegato di organizzazioni sono fondamentali per la loro configurazione, e questa considerazione deve indurci a non considerarle l'attore sociale per eccellenza ai fini della promozione dello sviluppo sostenibile, malgrado il loro ruolo importante e meritorio.

5.4.

Il CESE sottolinea che è in questa realtà multiforme che va debitamente preso in considerazione il forte grado di informalità, sul piano sia economico che sociale, che è generalmente osservabile nei paesi ACP e che caratterizza e condiziona fortemente tutte le relazioni sociali, organizzative e istituzionali. In tale contesto, le organizzazioni della società civile e le parti sociali incontrano tendenzialmente grandi difficoltà per quel che riguarda la loro costituzione e organizzazione, il loro funzionamento in quanto associazione, il loro sostentamento economico e l'attività ufficiale. Queste organizzazioni della società civile e parti sociali devono ricevere un sostegno finanziario straordinario dato che, altrimenti, molto difficilmente riusciranno a contribuire, con il loro coinvolgimento e intervento, allo sviluppo sostenibile, all'esercizio della cittadinanza e alla resilienza democratica dei loro paesi.

5.5.

L'azione delle organizzazioni della società civile dipende dal ruolo sociale che intendono svolgere (più civico o più politico), dalle loro dimensioni, dall'importanza sociale attribuita loro dai rispettivi membri e dalla società in cui operano, dalla funzione di guida che riescono ad esercitare, dai fondi di cui hanno bisogno per i loro obiettivi e, in quest'ottica, dai vincoli imposti dai dispensatori di fondi.

5.6.

In generale, a causa delle loro fragilità, le organizzazioni della società civile sono spinte a competere non solo tra loro, ma anche con gli enti pubblici, alla ricerca di finanziamenti. Tali fragilità rendono problematica tanto la loro attività quanto la loro partecipazione ai meccanismi istituzionali nazionali e/o internazionali, e possono altresì renderle dipendenti dai dispensatori di fondi e/o dalle autorità di ciascuno Stato.

5.7.

I sindacati e le associazioni di imprese, denominati parti sociali, sono considerati organizzazioni della società civile ma, a causa delle loro caratteristiche particolari, hanno un'identità propria e distinta da queste ultime. Le parti sociali rappresentano gli associati e agiscono in difesa dei loro interessi, in particolare di quelli economici, sia innanzi le autorità sovrane attraverso meccanismi di consultazione e negoziazione specifici, che interagendo tra loro, in particolare attraverso la negoziazione e contrattazione collettiva. Le parti sociali possiedono una struttura coerente, una chiara rappresentatività degli interessi, una continuità operativa innegabile, una filiazione storica riconosciuta, un raggio d'azione e un campo d'interazione stabilito e ben definito e, in generale, hanno la capacità di autofinanziarsi.

6.   Osservazioni particolari sull'accordo post-Cotonou, la società civile e le parti sociali

6.1.   La società civile e le parti sociali nell'accordo post-Cotonou

6.1.1.

Il nuovo accordo prevede un ruolo attivo per la società civile sia nella base comune che in ciascuno dei tre protocolli regionali. Tuttavia tale ruolo non viene specificato in modo concreto, in quanto l'accordo lascia alle parti firmatarie (l'OSACP e l'UE) il compito di definire il quadro istituzionale per la loro partecipazione, in particolare la creazione dei meccanismi istituzionali, e si pone quindi la questione centrale di come garantire la partecipazione — nel contesto nazionale e transnazionale — delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali.

6.1.2.

L'integrazione di elementi chiave a livello organizzativo — tra cui il debito assetto giuridico, la rappresentatività, la scelta dei rappresentanti e i requisiti minimi in rapporto alla frequenza delle riunioni — creerà dinamiche che rafforzeranno il ruolo delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, che sono soggetti interessati in questo processo.

6.1.3.

Questi soggetti hanno un ruolo specifico, dovuto ai loro interessi, che non va confuso con il ruolo svolto dai partiti politici nella società. Il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali deve essere sostenuto tramite attività concrete e andare oltre le discussioni generali. Grazie ai loro studi, pareri e proposte alle istituzioni, essi daranno un contributo al dibattito e alle decisioni. L'esistenza di meccanismi istituzionali che coinvolgano attivamente le parti interessate, gestiti dalle stesse e con norme procedurali prestabilite, che permettano la diffusione di informazioni e l'interazione tra le parti attraverso consultazioni e un dialogo strutturato, costituisce il miglior contributo delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali all'esistenza di un «governo aperto» (7).

6.1.4.

La questione finanziaria assume una particolare rilevanza. Senza un finanziamento adeguato, giudizioso e trasparente, non sarà garantita la partecipazione delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali né alle riunioni né, soprattutto, ai lavori preliminari di ricerca applicata connessi alla raccolta di dati, alla realizzazione di studi e all'elaborazione di pareri.

6.2.   La situazione attuale della società civile e delle parti sociali nell'UE e nei paesi ACP

6.2.1.   Europa

Per quanto riguarda l'Europa, esistono molte migliaia di associazioni, organizzazioni, federazioni, confederazioni, piattaforme e forum, a livello nazionale o europeo, che si tratti di organizzazioni della società civile, del settore imprenditoriale (privato, comprese le microimprese e le piccole imprese, pubblico o sociale) o del settore sindacale, ed esiste una certa armonizzazione organizzativa.

6.2.2.   Africa, Caraibi e Pacifico

6.2.2.1.

Per quanto riguarda i paesi ACP, la situazione economica, sociale, politica e storica di ciascuna regione, sottoregione e paese ha come conseguenza un'ampia diversità organizzativa tra le organizzazioni della società civile e le parti sociali e, in vari casi, anche una mancata reciproca interazione; in tale contesto, accanto a numerosi esempi di buone pratiche, si rilevano anche molte difficoltà e carenze.

6.2.2.2.

A ciò bisogna inoltre aggiungere non solo le difficoltà delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali nel reperire informazioni generali o specifiche (sempre che non siano del tutto assenti) in merito al nuovo accordo o agli APE (laddove esistano), ma anche la generale mancanza di spazi di partecipazione e discussione strutturata con le istituzioni pubbliche.

6.2.2.3.

Tale realtà eterogenea induce a ritenere che questi due tipi di situazione debbano essere studiati sul campo al fine di diffondere gli esempi di buone pratiche e di risolvere le difficoltà e le carenze, conferendo così maggiore dignità alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali e valorizzandone il ruolo. In tal modo sarà inoltre possibile sostenere i meccanismi istituzionali, ove già esistenti, o promuoverne l'istituzione.

6.2.3.   Comitato di monitoraggio UE-ACP

Attualmente, nel quadro delle relazioni UE-ACP, le organizzazioni della società civile e le parti sociali sono rappresentate dal comitato di monitoraggio ACP-UE in seno al CESE che è composto, su base paritetica, da 12 membri dell'UE/CESE e da 12 delegati designati dalle organizzazioni della società civile e dalle parti sociali dei paesi ACP (attualmente, otto dall'Africa, due dai Caraibi e due dal Pacifico), gli uni e gli altri nominati dalla società civile organizzata di ciascuna regione rispettando l'equilibrio degli interessi.

7.   Osservazioni particolari su come promuovere e sostenere le organizzazioni della società civile e le parti sociali in quanto motori dello sviluppo sostenibile

7.1.

Il CESE considera di fondamentale importanza formalizzare i meccanismi istituzionali previsti e ritiene che questo sia il suo obiettivo principale in quest'ambito.

7.2.

Il CESE raccomanda vivamente che la Commissione, dopo la firma finale del nuovo accordo, prenda l'iniziativa con l'OSACP e i rispettivi paesi al fine di proporre la creazione delle condizioni politiche, organizzative e finanziarie necessarie per l'attuazione di tali meccanismi istituzionali.

7.3.

Il CESE sollecita l'OSACP a impegnarsi in maniera analoga in questo processo.

7.4.

Il CESE osserva che la struttura del nuovo accordo prevede la costituzione di un meccanismo istituzionale che corrisponda alla base comune e comprenda rappresentanti dell'UE e dell'OSACP. Allo stesso tempo, alla luce di ciascun protocollo regionale, essa consente di istituire in ciascuna regione (Africa, Caraibi e Pacifico) un meccanismo istituzionale che coinvolga i rappresentanti di tale regione e dell'UE. Sarà pertanto in funzione un sistema di 1 + 3 meccanismi istituzionali tale da coprire l'intero ambito del nuovo accordo.

7.5.

Il CESE osserva che anche nel contesto degli APE sono previsti meccanismi istituzionali (i comitati consultivi), simili a quelli degli accordi con il CARIFORUM e l'Africa occidentale e orientale.

7.6.

Il CESE sottolinea in particolare che l'intera struttura dei meccanismi istituzionali richiederà un notevole impegno in termini di articolazione e funzionamento in rete, come se si trattasse di un organismo unico e strutturato, al fine di creare sinergie, evitare la duplicazione degli sforzi e la dispersione delle risorse, nonché ottimizzare l'utilizzo delle stesse, in particolare di quelle finanziarie.

7.7.

Il CESE propone che la Commissione stabilisca orientamenti per le delegazioni dell'UE nei paesi dell'OSACP affinché sostengano i progetti delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, in particolare quelli dedicati alla sensibilizzazione, alla formazione e allo sviluppo di capacità dei loro membri e dirigenti, al rafforzamento tecnico delle organizzazioni e allo stimolo per la creazione di meccanismi istituzionali. Il CESE raccomanda che la Commissione, nel valutare i meriti di ogni candidatura, dia la priorità a quelle delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali dei paesi ACP rispetto ad altre candidature.

7.8.

Il CESE propone che la Commissione istituisca programmi che consentano, nel quadro dell'attuazione dei meccanismi istituzionali, di studiare sul campo la realtà, le potenzialità e le difficoltà delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, oltre che delle varie strutture esistenti (piattaforme, forum, ecc.), al fine di raccogliere esempi di buone pratiche (già esistenti nel quadro dell'OSACP) da diffondere. Il CESE raccomanda che le organizzazioni della società civile e le parti sociali dei paesi ACP partecipino in modo determinante, sul piano sia quantitativo che qualitativo, alla realizzazione di questo studio.

7.9.

Il CESE sottolinea che il comitato di monitoraggio ACP-UE rafforzerà la sua dotazione organica con maggiori risorse, membri e delegati, in modo da apportare un contributo migliore a questo processo e compiere la sua missione.

7.10.

Il CESE raccomanda vivamente alla Commissione di prevedere il finanziamento di questo processo negli attuali strumenti finanziari. Il CESE richiama in particolare l'attenzione sul fatto che l'attività delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali richiede un finanziamento, in quanto l'autofinanziamento non è sufficiente. Il CESE ricorda, alla luce della dimensione geografica del nuovo accordo, che il funzionamento dei meccanismi istituzionali e la partecipazione delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali implicano risorse finanziarie che non sono nelle loro disponibilità. Il sostegno finanziario alle organizzazioni della società civile e alle parti sociali risulta fondamentale anche con l'impiego di tecniche rigorose per il controllo gestionale e di tecnologie digitali moderne. Il CESE esorta l'UE, l'OSACP e i paesi suoi aderenti ad approvare programmi di sostegno specificamente pensati non solo per le attività delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali, ma anche per il funzionamento dei meccanismi istituzionali.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Un partenariato rinnovato con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, 2016, pagg. 5 e 6.

(2)  Base comune dell'accordo, articolo 95.

(3)  Protocollo regionale per l'Africa, articolo 5.

(4)  Protocollo regionale per i Caraibi, articolo 7.

(5)  Protocollo regionale per il Pacifico, articolo 7.

(6)  Sostegno al rafforzamento della capacità operativa delle organizzazioni della società civile ivoriane di monitorare il ruolo della società civile nell'accordo di partenariato economico interinale con la Costa d'Avorio.

(7)  Principio conforme alla definizione dell'OCSE.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo — Il nuovo Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia in azione: le priorità per le imprese, i lavoratori e i consumatori e le garanzie necessarie

(parere d'iniziativa)

(2022/C 443/05)

Relatore:

Timo VUORI

Correlatrice:

Tanja BUZEK

Decisione dell'Assemblea plenaria

21.10.2021

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

9.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

173/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Definire un'agenda transatlantica positiva. Il Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia (Trade and Technology Council — TTC) può costituire la colonna portante di un'agenda volta a rilanciare il partenariato UE-USA con canali di cooperazione affidabili. Sebbene le nostre due economie rappresentino complessivamente circa la metà del PIL mondiale e la maggior parte dei flussi commerciali e di investimento a livello globale, le relazioni tra l'UE e gli Stati Uniti sono tuttora confrontate a una serie di ostacoli, su entrambe le sponde dell'Atlantico, nel campo del commercio, degli investimenti, del lavoro, dei viaggi e dello studio.

1.2.

Assumere un ruolo guida per proteggere i nostri valori e gli scambi commerciali basati su regole. In un periodo di turbolenze geopolitiche, le principali economie mondiali, vale a dire l'Unione europea e gli Stati Uniti, insieme ad altri partner che condividono gli stessi principi, hanno la grande responsabilità di promuovere un quadro di cooperazione moderno per il commercio e la tecnologia, che favorisca un'economia aperta e sostenibile, nonché un commercio libero ed equo, e rispetti i valori democratici, il lavoro dignitoso e i diritti umani.

1.3.

La necessità di reagire alle perturbazioni del mercato. Alla luce del gran numero di crisi in corso, i partner transatlantici devono individuare rapidamente le modalità per rafforzare la resilienza delle nostre società democratiche aperte, in particolare garantendo le nostre catene di valore e di approvvigionamento globali e la nostra sicurezza energetica, e ancor di più tenendo presente, oggi, l'urgente necessità di sostituire le forniture di energia e di materie prime dalla Russia. Inoltre, l'Unione europea e gli Stati Uniti devono adoperarsi maggiormente per rafforzare il multilateralismo e affrontare le sfide connesse ai cambiamenti climatici, alla necessità di garantire che il commercio libero ed equo non sia compromesso e alle perturbazioni del mercato provocate dagli Stati autoritari.

1.4.

Rafforzare la fiducia sulla base di una cooperazione reciproca e stabile. Entrambe le parti devono impegnarsi nella creazione di una struttura di dialogo permanente per il TTC, al fine di conseguire risultati concreti nel breve e lungo termine, al di là dei cicli delle consultazioni elettorali e dei cambiamenti nelle amministrazioni. Inoltre, nell'ambito del Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia, l'Unione europea e gli Stati Uniti devono impegnarsi ad adottare un approccio più strategico e orizzontale alle questioni commerciali e tecnologiche. I 10 gruppi di lavoro nell'ambito del TTC dovrebbero cercare di adottare un approccio globale ed efficacemente coordinato alla cooperazione, che non crei compartimentazioni inutili.

1.5.

Rafforzare l'impegno delle parti interessate. Al fine di evitare i fallimenti constatati nel corso di precedenti negoziati commerciali ambiziosi, la trasparenza e il forte impegno delle parti interessate su entrambe le sponde dell'Atlantico costituiscono l'unica via da seguire se si vuole che il TTC raggiunga i suoi obiettivi. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si impegnerà quindi attivamente in seno alle strutture del TTC e si adopererà per partecipare, in quanto portatore di interessi della società civile senza pari con altri soggetti, alle riunioni di livello ministeriale del TTC. In tale contesto, il CESE esprime ancora una volta il suo rammarico per il mancato rinnovo del gruppo di esperti sugli accordi commerciali e per il fatto che non sia stata istituita un'analoga struttura permanente dedicata alla consultazione dei portatori di interessi.

1.6.

Dialogo transatlantico specifico sul lavoro. In passato il CESE ha espresso il suo sostegno ai dialoghi transatlantici per le imprese e per i consumatori, e accoglie quindi con favore il recente annuncio della riunione ministeriale di Parigi circa l'instaurazione di un dialogo tripartito sul commercio e il lavoro, poiché viene così istituito un canale ufficiale che consentirà alle parti sociali di entrambe le sponde dell'Atlantico di influenzare il processo del TTC e di plasmare le relazioni commerciali e di investimento transatlantiche. In tale contesto, il CESE esorta la Commissione europea ad affrontare il problema dello squilibrio concernente la democrazia nei rapporti di lavoro, dovuto alla mancata ratifica di sei convenzioni fondamentali dell'OIL, e la questione dell'impatto di tale squilibrio sulla parità di condizioni negli scambi commerciali.

2.   Osservazioni generali — la crescente necessità di un più stretto partenariato UE-USA

2.1.

Il CESE nel dialogo transatlantico: da anni il CESE segue le questioni politiche e commerciali transatlantiche e formula le posizioni della società civile organizzata dell'UE. Inoltre, il CESE intrattiene un dialogo regolare sia con le istituzioni europee che con l'amministrazione degli Stati Uniti e, in particolare, con la società civile d'oltreoceano. Il lancio di un nuovo Consiglio UE-USA per il commercio e la tecnologia (Trade and Technology Council — TTC), con 10 gruppi di lavoro e audizioni regolari, richiede che il CESE aggiorni la sua posizione sulle priorità del TTC.

2.2.

Responsabilità delle principali economie del mondo: il CESE sottolinea che l'Unione europea e gli Stati Uniti intrattengono le relazioni bilaterali più ampie in materia di scambi commerciali e investimenti e vantano la relazione economica più integrata al mondo. Anche se superati dalla Cina come maggiore fonte di importazione di beni dell'UE nel 2021, gli Stati Uniti rimangono di gran lunga il più grande partner commerciale e di investimento dell'UE. La relazione transatlantica definisce l'economia mondiale, nel quadro di un sistema commerciale multilaterale in difficoltà, che risente delle diverse crisi che hanno colpito l'OMC, dei due anni di pandemia di COVID-19 tuttora in corso e, attualmente, della guerra in Ucraina. Il più grande partner commerciale e di investimento di quasi tutti gli altri paesi dell'economia mondiale sono o l'UE o gli Stati Uniti. Il partenariato transatlantico non è un obiettivo in sé, ma deve basarsi su valori, interessi e responsabilità comuni. L'Unione europea e gli Stati Uniti dovrebbero rappresentare un punto di riferimento per la democrazia, la pace e la sicurezza nel mondo, lo Stato di diritto e i diritti umani per tutti (1).

2.3.

Momento opportuno per costruire un partenariato UE-USA più stretto e strategico: il CESE osserva che, poiché il mondo è scosso da una serie di crisi inattese, è un momento critico per le principali economie mondiali (l'UE e gli Stati Uniti insieme ad altri Stati democratici che condividono gli stessi principi, con economie di mercato aperte e basate su regole) per approfondire la loro cooperazione politica ed economica al fine di proteggere i nostri valori universali e rafforzare la prosperità, la democrazia e lo Stato di diritto, la sicurezza e i diritti umani. Tra tutte queste sfide, la pace si è rivelata una priorità assoluta nella definizione della politica internazionale. Allo stesso tempo, non dovremmo più tollerare alcuna azione di uno Stato rivolta contro l'ordine internazionale, oppure gli speculatori o chi persegue comportamenti opportunistici nel commercio internazionale.

2.4.

Ruolo essenziale del commercio e della tecnologia nella geopolitica: il CESE ribadisce che il commercio e la tecnologia non sono solo questioni di regolamentazione ma strumenti essenziali per proteggere e promuovere questi valori universali in tutto il mondo. L'UE e gli Stati Uniti devono approfondire la loro cooperazione e raggiungere risultati concreti a livello multilaterale e bilaterale. Il TTC offre un'opportunità unica per tale cooperazione strategica di alto livello sul commercio e la tecnologia che supera gli attuali accordi di cooperazione ad hoc e va oltre le elezioni nell'UE e negli Stati Uniti e i cambiamenti istituzionali delle amministrazioni.

2.5.

Piattaforma per il dialogo e la cooperazione: il TTC non è e non dovrebbe essere visto come una replica del partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership — TTIP), anche se alcune lezioni utili possono essere tratte dal fallimento di quel negoziato. Gli obiettivi e le procedure del TTC non devono mettere in discussione le istituzioni e i processi decisionali dell'UE, mentre il coinvolgimento dei portatori di interessi deve essere rafforzato. Le norme dell'UE che riflettono i nostri valori non devono essere messe in discussione, in particolare il principio di precauzione che è fondamentale per l'approccio dell'UE in materia di definizione delle norme. Il CESE concorda con l'opinione secondo cui la cooperazione in materia di norme è anche legata a quadri giuridici diversi e richiede un'analisi approfondita delle questioni tecniche, nonché una valutazione delle ripercussioni economiche, sociali e ambientali, che dovrebbero essere tutte eseguite caso per caso. Ad esempio, il nuovo accordo quadro di principio sui flussi di dati dimostra che l'Unione europea e gli Stati Uniti possono collaborare per raggiungere un consenso sulle questioni sensibili.

2.6.

Forte sostegno dei portatori di interessi: il CESE osserva che le imprese e altri portatori di interessi della società civile, sia nell'UE che negli Stati Uniti, hanno già espresso un sostegno generale al TTC e ai temi individuati nell'ambito dei 10 gruppi di lavoro. I partner transatlantici sembrano riconoscere il valore aggiunto di un partenariato strategico transatlantico e di una più stretta cooperazione normativa. Permangono tuttora inutili ostacoli al commercio, agli investimenti e al lavoro. Inoltre, i partner transatlantici potrebbero rafforzare insieme la loro competitività globale sul mercato globale, che va di pari passo con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani, nonché standard elevati in materia di lavoro e ambiente. Tuttavia, al fine di ottenere risultati, entrambe le parti devono essere consapevoli degli obiettivi, degli approcci e dei mezzi dell'altra parte per sviluppare un nuovo quadro comune per il commercio.

2.7.

Migliore impegno dei portatori di interessi dopo il fallimento dei dialoghi della società civile UE-USA: il CESE sottolinea che il rafforzamento del dialogo della società civile è una componente vitale nel contesto transatlantico, anche nel TTC. A questo riguardo, riveste particolare importanza la necessità di un dialogo congiunto su temi quali i diritti civili, la resilienza alla disinformazione, la libertà dei media, l'azione per il clima, i diritti sociali e la tutela dei consumatori, nonché la promozione della democrazia (2). Il partenariato transatlantico può dare il via a un'integrazione transatlantica ancora più stretta nelle nostre economie, compreso un quadro comune per il commercio, la tecnologia e gli investimenti.

3.   Osservazioni particolari — priorità chiave per le imprese, i lavoratori e i consumatori

3.1.

Il CESE ritiene che il TTC dimostri l'interconnessione delle due più grandi economie del mondo, oltre a costituire uno spazio di dibattito unico per costruire una maggiore cooperazione sulle questioni transatlantiche di politica commerciale e di regolamentazione del mercato. Pertanto, il CESE ritiene che il TTC dovrebbe concentrarsi su alcune priorità chiave dal punto di vista delle imprese, dei lavoratori e dei consumatori.

3.2.

Un commercio multilaterale moderno basato su regole: l'UE e gli Stati Uniti devono mostrare responsabilità e leadership comuni in sede di Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e sostenere un modello multilaterale efficace, con una politica commerciale progressiva che tenga conto degli aspetti ambientali e sociali (3). Sia l'UE che gli Stati Uniti devono affrontare le sfide poste dalle pratiche di distorsione del mercato da parte delle economie non di mercato, comprese le azioni sleali e discriminatorie legate alle imprese statali, ai sussidi statali, ai prelievi e alle tasse.

3.3.

Guidare la riforma dell'OMC: il TTC dovrebbe concentrarsi sui modi per migliorare il sistema commerciale multilaterale dell'OMC e il suo meccanismo di risoluzione delle controversie, dato il suo ruolo centrale nel fornire una matrice multilaterale efficace per un'agenda commerciale progressiva con questioni ambientali e sociali. L'UE e gli Stati Uniti devono guidare la realizzazione di riforme ambiziose dell'OMC e promuovere un'agenda moderna dell'Organizzazione, superando i tabù (ossia gli aspetti sociali del commercio) e affrontando le sfide della sostenibilità sia attuali che future. A tale scopo, il CESE invita l'UE e gli Stati Uniti a concludere accordi di cooperazione strategica con i loro principali partner commerciali su una serie di questioni multilaterali prioritarie (4).

3.4.

Lavoro dignitoso nel commercio internazionale (5): il CESE esorta l'UE e gli Stati Uniti a promuovere una più stretta cooperazione tra l'OMC e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) al fine di promuovere il lavoro dignitoso e le norme del lavoro attraverso gli strumenti commerciali. La recente elezione di nuovi direttori generali in entrambe le organizzazioni dovrebbe contribuire a dare nuovo slancio in tale ambito. Garantire il rispetto delle norme internazionali del lavoro, stabilite e monitorate dall'OIL, dovrebbe far parte di un dibattito sulla riforma dell'OMC condotto dall'UE e dagli Stati Uniti. Poiché rappresenta un esempio positivo e un'opportunità per rafforzare questa ambiziosa nuova prospettiva, il CESE accoglie con favore la proposta degli Stati Uniti volta ad affrontare il problema mondiale del lavoro forzato a bordo dei pescherecci nel quadro dei negoziati in corso in sede di OMC sulle sovvenzioni alla pesca (6). I partner transatlantici dovrebbero sfruttare ulteriormente la loro cooperazione per lavorare sul rafforzamento della base giuridica e l'inclusione dei diritti fondamentali del lavoro dell'OIL nell'ambito dell'OMC (7). Le questioni bilaterali di interesse comune relative al lavoro dovrebbero includere approcci comparativi ai capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS) e la loro effettiva applicabilità negli accordi di libero scambio (ALS) (8). Il CESE chiede da tempo un nuovo approccio di applicazione rinnovato e accompagnato da sanzioni per quanto riguarda i capitoli CSS e ha accolto con favore l'adozione di strumenti di applicazione innovativi nel quadro dell'accordo Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA) (9).

3.5.

Lavorare insieme nelle sedi di dibattito (forum) internazionali: il TTC potrebbe rappresentare una sede di discussione per preparare una cooperazione rafforzata sulle questioni del lavoro e dell'occupazione nei consessi internazionali, in particolare presso l'OIL e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE). Tale cooperazione rafforzata dovrebbe includere la promozione e l'applicazione della dovuta diligenza. Il TTC dovrebbe incoraggiare lo sviluppo di capacità congiunte, in particolare per la promozione della sicurezza e della salute sul lavoro (SSL) in tutto il mondo, e sviluppare progetti comuni, ad esempio per il finanziamento e la dotazione di risorse degli ispettorati del lavoro nei paesi terzi. La prevista inclusione delle convenzioni sulla SSL tra le norme fondamentali del lavoro dell'OIL fornirebbe terreno fertile per la cooperazione. Il lavoro forzato è una questione che suscita profonda preoccupazione su entrambe le sponde dell'Atlantico e in tal senso si dovrebbero coordinare gli approcci dell'UE e degli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda l'importazione di beni prodotti attraverso tali pratiche in Cina. La diffusione di nuove forme di lavoro in tutto il mondo, in particolare il lavoro tramite piattaforma digitale, un campo in cui sono leader aziende statunitensi e dell'UE, dovrebbe essere discussa nei gruppi di lavoro del TTC pertinenti, con contributi forniti anche dai lavoratori.

3.6.

Resilienza e sostenibilità nelle catene globali di approvvigionamento: il TTC dovrebbe sviluppare strategie per una maggiore resilienza assicurando la sostenibilità delle catene globali di approvvigionamento e il loro adeguato funzionamento. L'UE e gli Stati Uniti dovrebbero identificare le vulnerabilità comuni e collaborare, ad esempio, nel campo della disponibilità di materie prime critiche e di prodotti come, ad esempio, i semiconduttori. I partner transatlantici dovrebbero inoltre richiamare tempestivamente l'attenzione su un approccio standardizzato alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico, che sia pienamente in linea con un'ambiziosa agenda per la sostenibilità come il Green Deal europeo. Inoltre, dovrebbero prendere in considerazione un'azione congiunta per migliorare la capacità di produzione, gli investimenti e la logistica pertinenti. Il TTC dovrebbe lavorare all'introduzione di una dovuta diligenza obbligatoria comune nelle catene di approvvigionamento, basata sulle migliori pratiche, al fine di creare un modello per i requisiti globali di sostenibilità nelle catene di valore.

3.7.

Sostenere l'economia verde: il TTC dovrebbe concentrarsi sulla cooperazione sulle tecnologie verdi e del settore climatico e sulle politiche per una transizione giusta. L'UE e gli Stati Uniti dovrebbero promuovere un quadro internazionale e norme per la mitigazione del clima, l'economia circolare, la finanza sostenibile, la tecnologia per il risparmio energetico, le norme verdi e sociali negli appalti pubblici, l'etichettatura ecologica e la comunicazione sulla sostenibilità. Inoltre, i partner transatlantici dovrebbero adoperarsi per la definizione di un quadro multilaterale sulla liberalizzazione del commercio dei beni ambientali nell'ambito delle iniziative attuali, vale a dire l'accordo sui beni ambientali (Environmental Goods Agreement — EGA), le discussioni strutturate sul commercio e la sostenibilità ambientale (Trade and Environmental Sustainability Structured Discussions — TESSD) e il dialogo informale sull'inquinamento della plastica (Informal Dialogue on Plastics Pollution — IDP). Il TTC dovrebbe concentrarsi su meccanismi di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanisms — CBAM) efficaci e coordinati, al fine di creare un modello per un quadro globale ed evitare conflitti commerciali tra l'UE e gli Stati Uniti.

3.8.

Digitalizzazione e nuove economie: il TTC dovrebbe concentrarsi sulla cooperazione sulle norme tecnologiche, la ricerca e le politiche nel campo dell'intelligenza artificiale (IA), l'internet delle cose, il 6G, le batterie, le tecnologie quantistiche e della blockchain. Il quadro dovrebbe favorire l'innovazione e la normazione, ma deve includere anche le relative considerazioni politiche fondamentali. I settori delle nuove tecnologie come l'intelligenza artificiale presentano spesso anche una dimensione legata al luogo di lavoro che richiede strategie solide in materia di IA e di dati, che prima di tutto forniscano un quadro giuridico e di conferimento di poteri e responsabilità europeo fondato sui diritti umani e che includano pertanto norme etiche nonché diritti del lavoro e sindacali. Anche se non è possibile avere esattamente le stesse regole da entrambe le parti, l'interoperabilità dei quadri dovrebbe essere un obiettivo. Inoltre, è necessario chiarire i requisiti normativi comuni per le tecnologie a impatto climatico zero, la biotecnologia e la tecnologia sanitaria. L'UE e gli Stati Uniti dovrebbero promuovere principi basati sui valori per le norme internazionali al fine di mantenere la leadership globale in questi nuovi settori economici. Il TTC dovrebbe altresì rafforzare la resilienza delle nostre società democratiche, con l'obiettivo di prevenire campagne di disinformazione mirate e guidate dall'IA, attraverso una migliore sicurezza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per contrastare gli attacchi informatici sostenuti da Stati.

3.9.

Dati e riservatezza: il TTC dovrebbe concentrarsi sulla cooperazione per garantire che in futuro la condivisione della tecnologia digitale e dei dati tra gli Stati Uniti e l'UE permetta la creazione di un ecosistema internazionale aperto per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione della tecnologia più avanzata per servire clienti e cittadini a livello globale, proteggendo al contempo il loro diritto fondamentale alla riservatezza dei dati e preservando lo spazio politico per l'accesso e il controllo dei dati pubblici e la capacità di regolare le multinazionali digitali. Inoltre, l'UE e gli Stati Uniti dovrebbero ultimare rapidamente un nuovo quadro per i trasferimenti di dati, affrontando i problemi che hanno portato all'invalidazione dello scudo UE-USA per la privacy, e sostenere i valori comuni condivisi di riservatezza e sicurezza.

3.10.

Controlli delle esportazioni: il TTC dovrebbe lavorare sulle tecnologie emergenti e fondamentali garantendo il ruolo essenziale dei regimi multilaterali di controllo delle esportazioni, dato che questi ultimi sono molto importanti sia per l'UE che per gli Stati Uniti al fine di promuovere la democrazia, i diritti umani e una società aperta con un'economia di mercato. Ad esempio, sanzioni commerciali efficaci richiedono un controllo efficace delle esportazioni nei confronti degli Stati che abusano del commercio e della tecnologia e minano la pace, la sicurezza e i diritti umani. L'UE e gli Stati Uniti dovrebbero lavorare insieme alla costruzione di alleanze con partner che condividono gli stessi principi per affrontare le sfide e garantire condizioni di parità.

3.11.

Normazione: il TTC dovrebbe concentrarsi sulla cooperazione tra gli organismi di normazione e sui principi di un limitato riconoscimento reciproco. I sistemi di normazione degli Stati Uniti e dell'UE sono diversi l'uno dall'altro. In particolare, gli Stati Uniti non hanno mai adottato il principio «un prodotto, una norma accettata ovunque» che rappresenta un pilastro del mercato unico dell'UE. Quando viene adottata una norma europea, le norme nazionali che sono in contrasto con essa vengono soppresse; negli Stati Uniti coesistono norme diverse sul mercato, il che rende difficile per le PMI capire quale sia quella più adatta alla loro linea di prodotti. Si tratta spesso di piccole imprese con risorse limitate ma con un elevato livello di specializzazione in un mercato di nicchia che costituisce la base della loro competitività.

3.12.

PMI: la cooperazione normativa nell'ambito del TTC potrebbe svolgere un ruolo importante nel facilitare il commercio e gli investimenti, nonché nel migliorare la competitività delle piccole imprese in particolare. In particolare, le piccole e medie imprese (PMI) si attendono nuove opportunità dato che, a differenza delle grandi aziende, esse non dispongono delle risorse necessarie per orientarsi nei differenti contesti normativi delle due sponde dell'Atlantico. Al tempo stesso, una maggiore compatibilità dei regimi normativi creerebbe, per le grandi imprese, delle opportunità di trarre vantaggio dalle economie di scala tra l'UE e gli Stati Uniti (10).

3.13.

Alimentazione e agricoltura: secondo il CESE è importante che, oltre all'attività svolta dal TTC, l'UE e gli Stati Uniti abbiano creato la nuova piattaforma di collaborazione transatlantica sull'agricoltura, destinata ad affrontare le sfide globali della sostenibilità, dei cambiamenti climatici e della sicurezza alimentare. La collaborazione internazionale per affrontare i cambiamenti climatici e promuovere la sostenibilità è fondamentale per attenuare i problemi del futuro duro e difficile che ci aspetta come società globale. La guerra in Ucraina e il suo impatto immediato sull'approvvigionamento alimentare mondiale sono andati ad aggiungersi a questa sfida. I cambiamenti climatici stanno già influenzando i mezzi di sussistenza degli agricoltori in modo profondo, dalla volatilità estrema dei fenomeni meteorologici alla grave siccità, dalle inondazioni agli incendi boschivi e altri eventi catastrofici che minacciano le nostre città, piccole e grandi, e le nostre comunità. L'UE e gli Stati Uniti devono essere all'altezza della sfida.

3.14.

Consumatori: è importante che il lavoro del TTC includa la creazione di salvaguardie per far sì che il processo di cooperazione normativa non venga utilizzato per compromettere le norme sociali, del lavoro, sui consumatori e ambientali. Dovrebbe piuttosto mirare ad armonizzarle e a migliorarle. Se tali condizioni saranno soddisfatte, non vi saranno solo vantaggi economici, ma anche un alleggerimento del lavoro delle autorità di regolamentazione nel conseguire obiettivi di politica pubblica. Inoltre, la cooperazione transatlantica può essere sviluppata con una condivisione delle analisi, sistemi di allarme rapido in materia di prodotti e servizi pericolosi provenienti da paesi terzi e un dialogo su una migliore applicazione delle leggi. Nell'abbandonare gradualmente la convergenza obbligatoria, che era l'obiettivo formalmente perseguito dal TTIP, l'UE e gli Stati Uniti devono definire in modo adeguato questa nuova agenda di cooperazione volontaria per aiutare i loro cittadini ad affrontare le nuove sfide di questo periodo critico.

4.   Affrontare le preoccupazioni e le necessarie salvaguardie

4.1.

Il TTC rappresenta la migliore opportunità per dimostrare che l'UE e gli Stati Uniti possono fare passi concreti verso una reale cooperazione in materia di commercio e tecnologia e che la loro relazione si basa su un partenariato significativo. Tuttavia, esistono alcune questioni critiche che il TTC deve affrontare per ottenere i risultati auspicati:

un forte impegno strategico da parte della leadership dell'UE e degli Stati Uniti;

una chiara visione condivisa degli obiettivi e dei processi del TTC;

la necessità di creare un valore aggiunto attraverso la cooperazione, raggiungendo risultati positivi e concreti;

la necessità di lanciare una serie di iniziative volte a sviluppare approcci comuni verso norme comuni;

la necessità di stabilire un processo chiaro sulla risoluzione di questioni tecniche dettagliate;

lo sviluppo di meccanismi efficaci di sensibilizzazione al processo decisionale politico sia nell'UE che negli Stati Uniti;

la costruzione di un processo attivo e strutturato di coinvolgimento dei portatori di interessi con le imprese, i sindacati e altri portatori di interessi della società civile;

lo sviluppo di un coordinamento fluido, una coerenza e un approccio olistico all'intero processo di lavoro; il fatto di basarsi sulle lezioni apprese nell'ambito dei negoziati sul TTIP e su precedenti attività bilaterali per quanto riguarda il processo, la trasparenza e la sensibilizzazione del pubblico;

la responsabilità che spetta alla società civile di oltreoceano di accompagnare questo processo con cognizione di causa.

4.2.

Salvaguardare gli alti livelli di interesse pubblico dell'UE nella cooperazione normativa transatlantica è sempre stato fondamentale per il CESE. Il Comitato riafferma con forza che la salvaguardia degli elevati livelli esistenti è un requisito fondamentale. Oltre all'obiettivo di aumentare le opportunità commerciali, la cooperazione normativa dovrebbe anche migliorare la sicurezza, la salute e il benessere economico e sociale dei cittadini su entrambe le sponde dell'Atlantico. Il CESE chiede ulteriori rassicurazioni sul fatto che, ad esempio, la legislazione dell'UE in campo alimentare non venga modificata e che l'UE mantenga le sue restrizioni sugli ormoni, sugli stimolanti della crescita e sugli organismi geneticamente modificati (11).

4.3.

Il CESE esorta la Commissione europea ad affrontare, nel quadro del TTC, lo squilibrio tra la democrazia nei rapporti di lavoro e il suo impatto sulla parità di condizioni negli scambi commerciali. Il CESE ribadisce che gli Stati Uniti hanno ratificato solo due delle otto convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) in materia di lavoro, tra cui mancano in particolare le convenzioni abilitanti fondamentali n. 87 sulla libertà di associazione e n. 98 sul diritto di organizzazione e contrattazione collettiva (12).

5.   Coinvolgimento significativo dei portatori di interessi in seguito agli insegnamenti tratti dal processo del TTIP

5.1.

Il CESE sottolinea che il processo del TTC dovrebbe essere trasparente, responsabile e coinvolgere in modo significativo i gruppi di interesse pubblico. Esso dovrebbe essere accompagnato da una politica di comunicazione più efficace e attiva sulla natura del TTC. In particolare, l'agenda della cooperazione deve rimanere una piattaforma per elaborare e scambiare buone pratiche, non uno strumento automatico per influenzare i processi legislativi e decisionali della controparte o per dissuaderla dal migliorare le protezioni.

5.2.

I portatori di interessi devono essere in grado di fornire contributi a tutti e 10 i gruppi di lavoro per evitare un approccio a compartimenti stagni. Sebbene il gruppo di lavoro sulle sfide del commercio globale sia di natura più trasversale e rappresenti la sede principale per le discussioni sul lavoro, sorgono preoccupazioni correlate rispetto al mandato di altri gruppi di lavoro, in particolare in relazione alle questioni della catena di approvvigionamento, dell'IA e di altre tecnologie emergenti e della protezione dei dati.

5.3.

Il CESE ritiene che la protezione e il benessere dei consumatori siano gli obiettivi principali di questa cooperazione. I diversi dialoghi sul TTC devono essere trasparenti per i portatori di interessi. Le competenti autorità di regolamentazione e gli specialisti del settore devono avere un ruolo di primo piano per sviluppare la cooperazione normativa.

5.4.

Oltre agli incontri mirati di dialogo con la società civile, dovrebbero essere pianificate riunioni preparatorie e riunioni dedicate ai resoconti dei portatori di interessi, rispettivamente prima e dopo ogni riunione del TTC. L'ex gruppo consultivo del TTIP istituito dalla DG Commercio ha fornito un valido esempio di consultazione dei portatori di interessi in cui il CESE avrebbe dovuto essere incluso. Tale gruppo consultivo costituiva inoltre una sede di dibattito in cui le organizzazioni partecipanti potevano capire meglio le sfide e le opportunità del commercio per i diversi interessi che gli altri membri rappresentavano. Ha contribuito a costruire ponti tra le diverse organizzazioni.

5.5.

In tale contesto, il CESE esprime ancora una volta il suo rammarico per il mancato rinnovo del gruppo di esperti sugli accordi commerciali. Quest'ultimo ha rappresentato un passo molto positivo nella strategia della Commissione per migliorare l'impegno con la società civile sulla politica commerciale e per aumentare la trasparenza. Rappresentava inoltre la continuità logica del gruppo consultivo del TTIP.

5.6.

In passato il CESE ha espresso il suo sostegno ai dialoghi transatlantici per le imprese e i consumatori e ha chiesto il riconoscimento di un equivalente dialogo transatlantico sul lavoro.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 56.

(2)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 56.

(3)  GU C 152 del 6.4.2022, pag. 56.

(4)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 73.

(5)  Il CESE ha formulato diverse raccomandazioni concrete: parere pubblicato sulla GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197; oltre a parere SOC/727 sul tema Lavoro dignitoso in tutto il mondo, relatrice: Maria del Carmen Barrera Chamorro, adottato nel mese di settembre 2022.

(6)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 73.

(7)  Si potrebbe a tale fine prendere in considerazione una dichiarazione interpretativa ai sensi dell'articolo IX, paragrafo 2, dell'accordo OMC, imponendo un'interpretazione dell'eccezione della «morale pubblica» (articolo XX del GATT 1994 e articolo XIV del GATS), per includere i diritti fondamentali del lavoro dell'OIL e delineare il possibile ruolo delle decisioni dell'OIL in qualsiasi procedimento legale sulla questione.

(8)  Un buon esempio da cui partire è l'Analisi comparativa delle disposizioni sul commercio e lo sviluppo sostenibile negli accordi di libero scambio commissionata dall'UE, LSE, febbraio 2022, in particolare per quanto riguarda il meccanismo di risposta rapida dell'accordo USA-Messico-Canada (USMCA) (https://www.lse.ac.uk/business/consulting/assets/documents/TSD-Final-Report-Feb-2022.pdf).

(9)  GU C 105 del 4.3.2022, pag. 40.

(10)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 30.

(11)  GU C 487 del 28.12.2016, pag. 30.

(12)  La convenzione n. 29 sul lavoro forzato, la convenzione n. 100 sulla parità di retribuzione, la convenzione n. 111 sulla discriminazione (impiego e professione) e la convenzione n. 138 sull'età minima completano l'elenco delle convenzioni fondamentali dell'OIL in materia di lavoro non ratificate.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/44


Parere del Comitato economico e sociale europeo «La politica per la gioventù nei Balcani occidentali, nel quadro dell'agenda per l'innovazione a favore dei Balcani occidentali»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 443/06)

Relatore:

Ionuţ SIBIAN

Correlatore:

Andrej ZORKO

Decisione dell'Assemblea plenaria

20.1.2022

Base giuridica

Articolo 52, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

09.6.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

165/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), riconoscendo i progressi compiuti nell'elaborazione di solidi quadri politici per la gioventù, invita i governi dei partner dei Balcani occidentali a investire ulteriormente in politiche giovanili basate su dati concreti per affrontare le sfide dello sviluppo in relazione ai giovani. Il CESE considera fondamentale, per garantire uno sviluppo sostenibile di successo nelle comunità locali, che gli sviluppi istituzionali, programmatici e politici si basino sulle opinioni dei giovani in merito allo sviluppo umano. Inoltre, il CESE è convinto che dotazioni di bilancio sufficienti e trasparenti per lo sviluppo delle politiche giovanili siano un requisito imprescindibile per facilitare cambiamenti positivi e migliorare la condizione dei giovani.

1.2.

Il Comitato invita i governi nazionali dei Balcani occidentali a seguire i documenti chiave dell'Unione europea (UE) in materia di politiche giovanili, a sviluppare ulteriormente le politiche nazionali per la gioventù e a consentire ai giovani di partecipare all'elaborazione delle stesse.

1.3.

Il CESE ritiene che la raccolta sistematica di dati sensibili di alta qualità sulla gioventù sia un prerequisito per politiche informate e misure di sostegno mirate rivolte ai giovani, e specialmente ai più vulnerabili di loro. In particolare, è necessario migliorare notevolmente il sistema di raccolta ed elaborazione dei dati relativi alla dimensione sociale della partecipazione giovanile (1).

1.4.

Il CESE è dell'avviso che sia fondamentale coinvolgere le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile (OSC) negli sforzi per lottare contro la povertà e innalzare la qualità dell'istruzione, al fine di realizzare una riforma più ampia volta a migliorare i diritti sociali e le prospettive dei giovani. Le parti sociali e le altre OSC dovrebbero avere un ruolo più incisivo nel dialogo sulle riforme sociali ed economiche. Il sostegno diretto da parte dell'UE dovrebbe garantire la considerazione dei punti di vista delle parti sociali e delle altre OSC.

1.5.

Il CESE invita a rafforzare i programmi e le strutture regionali dell'UE, con l'obiettivo di raggiungere un maggior numero di giovani nei Balcani occidentali offrendo loro opportunità di istruzione, mobilità, volontariato e occupazione.

1.6.

Il CESE invita a dedicare una maggiore attenzione all'istruzione e alla formazione professionale, combinando i programmi di apprendistato con l'apprendimento accademico a livello secondario e terziario. Il Comitato ritiene che si debba rafforzare la stretta collaborazione tra la politica in materia di istruzione e formazione e la comunità imprenditoriale, e che si debba porre l'accento più sulle competenze che sulle qualifiche.

1.7.

Il CESE accoglie con favore il piano economico e di investimenti (PEI) per i Balcani occidentali, che invita a migliorare la partecipazione al mercato del lavoro soprattutto da parte dei giovani, delle donne e delle persone appartenenti a gruppi svantaggiati e a minoranze, in particolare i Rom. L'attuazione del PEI dovrebbe massimizzare i benefici per i giovani.

1.8.

Il Comitato chiede che la Garanzia per i giovani nei Balcani occidentali sia attuata secondo le raccomandazioni del Consiglio su una Garanzia per i giovani rafforzata (2).

1.9.

Il CESE chiede che, al fine di attuare una Garanzia per i giovani nei Balcani occidentali, siano aumentate le capacità dei servizi pubblici per l'impiego (SPO) e del loro personale nei paesi della regione.

1.10.

Il Comitato richiama l'attenzione sull'importanza della cooperazione tra diversi partner per affrontare la questione della disoccupazione giovanile. A tutti i livelli di governo dovrebbero essere istituiti partenariati tra i prestatori della Garanzia per i giovani e i soggetti interessati, come le parti sociali, gli istituti di istruzione e formazione, le organizzazioni giovanili e altre OSC.

1.11.

Il CESE ritiene che si debba garantire alle parti sociali attenzione e sostegno allo sviluppo delle loro capacità, nonché del dialogo sociale e della contrattazione collettiva, al fine di contenere il precariato e migliorare la qualità dei posti di lavoro. Il CESE invita inoltre le parti sociali dei Balcani occidentali, a livello nazionale e settoriale, a coinvolgere attivamente i giovani in tutte le loro attività, compresa la contrattazione collettiva.

1.12.

Tenendo conto delle possibilità offerte dall'Anno europeo dei giovani proclamato per il 2022, il CESE è convinto che l'approccio consistente nell'affrontare le sfide che riguardano la gioventù e avvicinare l'Europa ai giovani dovrebbe rivolgersi non solo ai giovani che vivono nell'UE, ma anche a quelli che vivono nei paesi partner dei Balcani occidentali.

1.13.

Il CESE incoraggia l'Unione europea ed i suoi partner dei Balcani occidentali a introdurre, in linea con la strategia dell'UE per la gioventù, uno strumento di valutazione dell'impatto sui giovani, il cosiddetto «Youth Test» (valutazione d'impatto dell'UE dal punto di vista dei giovani). Tale strumento garantirebbe la considerazione dei giovani nei processi di definizione delle politiche, consentirebbe di elaborare politiche mirate in modo più preciso e permetterebbe di individuare le misure di mitigazione eventualmente necessarie per evitare conseguenze negative per i giovani.

1.14.

Il CESE ritiene che i governi dei partner dei Balcani occidentali debbano adoperarsi per fare della cooperazione regionale una priorità politica. Nel sostenere questa trasformazione e far progredire la cooperazione regionale come priorità politica, l'UE dovrebbe aiutare i Balcani occidentali a individuare i settori e le direttrici principali idonei a favorire cambiamenti per i cittadini di tale regione, e in particolare per i giovani.

1.15.

Le conclusioni del vertice UE-Balcani occidentali svoltosi nel 2021 nella capitale tedesca, nel quadro del processo di Berlino (3), sottolineano la necessità di rafforzare le organizzazioni e le reti giovanili. Il CESE invita la Commissione europea a esaminare ulteriormente i modi per sostenere le strutture giovanili pertinenti, ad esempio i consigli nazionali della gioventù e le organizzazioni ombrello dei giovani nei Balcani occidentali, a livello regionale, consentendo un dialogo regionale sulle politiche giovanili.

1.16.

Il CESE ritiene che siano necessari ulteriori sforzi per rafforzare l'educazione politica e la rappresentanza dei giovani, sia attraverso la politica tradizionale sia attraverso le strutture giovanili, ad esempio i consigli nazionali, locali o comunali della gioventù. Il Comitato invita pertanto le istituzioni dell'UE a sostenere ulteriormente i Balcani occidentali nel migliorare la partecipazione dei giovani.

1.17.

Il CESE si compiace del fatto che l'agenda per l'innovazione a favore dei Balcani occidentali preveda ulteriori azioni per sostenere la partecipazione dei giovani a tutti i programmi dell'UE in materia di ricerca, innovazione, istruzione, cultura, gioventù e sport. Tenendo conto della correlazione positiva tra la mobilità in materia di istruzione o formazione e l'impegno civico e politico dei giovani, ulteriori sforzi in tal senso possono portare a un avanzamento della partecipazione e della mobilitazione dei giovani.

1.18.

Il CESE ribadisce l'importanza dei giovani per il futuro dei Balcani occidentali e quindi l'importanza di adottare misure concrete per trasformare la regione in un luogo che offra prospettive e opportunità future per i giovani, permettendo loro di rimanervi e di prosperare (4). È estremamente importante coinvolgere tempestivamente i giovani nella progettazione e nell'attuazione dei cambiamenti sociali e politici.

2.   Introduzione

2.1.

Secondo Eurostat (5), nei Balcani occidentali vi sono circa 3,6 milioni di giovani, che costituiscono approssimativamente il 21 % della popolazione totale. Il Kosovo (*1) ha la quota più alta di giovani nella popolazione totale (26,29 %), seguito dall'Albania (23,4 %), dalla Bosnia-Erzegovina (20,37 %), dalla Macedonia del Nord (20,32 %), dal Montenegro (19,49 %) e dalla Serbia (16,8 %). Il rapporto tra maschi e femmine nella popolazione giovanile è simile in tutti i partner dei Balcani occidentali, ed è leggermente a favore dei primi: i maschi rappresentano il 51,16 % della popolazione giovanile contro il 48,84 % di femmine (6).

2.2.

I partner dei Balcani occidentali hanno compiuto notevoli progressi in termini di elaborazione e consolidamento del loro quadro politico sui giovani, mediante l'adozione di leggi, strategie e piani d'azione pertinenti. Tuttavia, deve ancora essere sviluppato un sistema giovanile pienamente funzionale che garantisca la responsabilizzazione, l'impegno e la partecipazione effettivi dei giovani al processo decisionale. Si riscontrano ancora vari punti dolenti, che vanno da questioni politiche più ampie, e da una mancanza di volontà nell'accordare priorità alla politica giovanile a livello interistituzionale e intersettoriale, a difficoltà molto specifiche nel monitoraggio e nella valutazione sistematici dell'elaborazione e dell'attuazione delle politiche giovanili, nonché nella raccolta e pubblicazione dei dati (7).

2.3.

Al fine di promuovere il benessere dei giovani, occorre dedicare attenzione anche alla tutela dei diritti dell'infanzia. Azioni politiche sostenibili in questo senso migliorano il benessere dei bambini e contribuiscono a favorire un passaggio positivo all'adolescenza e alla giovane età adulta.

3.   Sviluppo del capitale umano

3.1.

Il livello e la pertinenza dell'istruzione sono fondamentali per le prospettive di lavoro, lo sviluppo della carriera e l'inclusione sociale dei giovani nella regione. Ciononostante, i sistemi d'istruzione rivelano ancora delle carenze quando si tratta di soddisfare le esigenze di tutti gli studenti e di dotare i giovani laureati delle competenze pertinenti. Collegamenti insufficienti o inefficienti con altre politiche, tra cui quelle in materia di occupazione, economia, servizi sociali e protezione sociale, lasciano molti bambini e giovani a rischio di abbandono scolastico precoce, esclusione sociale e povertà (8).

3.2.

Per costruire un'economia dinamica, i paesi dei Balcani occidentali devono investire nella conoscenza e nello sviluppo delle competenze dei giovani. Le riforme del sistema d'istruzione sono cruciali per far progredire gli sforzi per lo sviluppo (9). I paesi dei Balcani occidentali devono ancora migliorare le loro prestazioni in materia, garantendo ai giovani l'acquisizione delle competenze di base e riducendo il divario di prestazioni con l'UE.

3.3.

L'emigrazione dai Balcani occidentali rappresenta un annoso problema di natura economica, sociale e istituzionale, che minaccia le prospettive di sviluppo della regione. È probabile che, nel prossimo futuro, nella maggior parte di tale regione continui a registrarsi tale fenomeno; ma non per questo si dovrebbe tralasciare di adottare politiche adeguate per mantenere i giovani in questi paesi. Le persone decidono di andarsene per ragioni diverse, ma una delle motivazioni principali è la difficoltà nel conseguire una qualità di vita elevata per sé stessi e per le proprie famiglie nella regione. La fuga dei cervelli sta riducendo il capitale umano della regione, necessario per la crescita economica, mentre le infrastrutture sociali esistenti non riescono a migliorare le condizioni di vita di coloro che rimangono. Occorre inoltre adottare misure adeguate a livello nazionale per fare in modo che quella che è oggi una «fuga di cervelli» si trasformi in una «circolazione di cervelli».

3.4.

L'emigrazione rimane una preoccupazione cruciale per la maggior parte dei paesi dei Balcani occidentali, poiché si ripercuote sulle prospettive economiche, sociali e politiche di una regione ancora economicamente in ritardo rispetto all'UE. Il numero totale di persone che hanno lasciato la regione è difficile da rilevare con precisione. Tuttavia, i dati (10) dimostrano il persistere di tale fenomeno. Tra il 2012 e il 2018, ogni anno in media 155 000 persone hanno lasciato la regione per un paese dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE); nel solo 2018, tali persone sono state 175 000 (11).

3.5.

Studi hanno anche evidenziato che, oltre alle migliori prospettive economiche all'estero, un importante incentivo all'emigrazione è rappresentato dalla qualità e dall'affidabilità delle istituzioni pubbliche. Un'analisi (12) dell'FMI (2016) rivela infatti che, mentre tutti i tipi di migranti cercano migliori opportunità economiche all'estero, quelli più qualificati decidono di spostarsi anche a causa della qualità delle istituzioni del loro paese (corruzione e nepotismo per ottenere un impiego), mentre quelli meno qualificati sono attratti anche dai sistemi previdenziali più estesi e affidabili esistenti all'estero (13). L'elevato livello di corruzione nella regione è un fattore determinante per i flussi migratori in uscita, aggravato dal fatto che il 63 % degli abitanti della regione non ha fiducia nel sistema giudiziario o legislativo (14).

3.6.

I giovani della regione manifestano il forte desiderio di trasferirsi all'estero per avere migliori opportunità, e ciò determina la loro presenza preponderante nel numero totale di emigranti. Per esempio, in Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Albania oltre il 50 % dei giovani desidererebbe vivere e lavorare all'estero per un periodo superiore ai 20 anni, il che lascia intuire una perdita potenzialmente significativa a lungo termine per il futuro demografico ed economico della regione (15). L'elevato livello di migrazione giovanile dai Balcani occidentali deriva, in particolare, dall'impossibilità per i giovani di accedere a un'istruzione di qualità (e dalle limitate opportunità economiche esistenti dopo la laurea), che costringono molti a cercare opportunità di istruzione all'estero. Nel 2018 il 6 % degli studenti in età universitaria della regione ha intrapreso gli studi in un paese straniero (nello stesso anno nell'UE la media era pari al 3 %).

3.7.

L'infrastruttura sociale dei Balcani occidentali non sostiene sufficientemente la capacità della regione di sviluppare e mantenere una solida base di capitale umano, in particolare nel contesto del flusso in uscita sotto forma di fuga dei cervelli. I settori dell'istruzione della maggior parte dei paesi della regione soffrono di una carenza di fondi e di risorse, che si traduce in livelli subottimali di accesso all'istruzione e di risultati accademici e scolastici. Questi ultimi, a loro volta, non permettono alle generazioni future di ottenere le competenze necessarie per soddisfare i requisiti delle imprese esistenti e per poter svilupparne di nuove.

3.8.

Massimizzare il valore del capitale umano è essenziale per rafforzare la competitività e arginare la disoccupazione. Oggi la forza lavoro ha bisogno di essere dotata di una gamma di competenze trasferibili, di capacità di adattamento e di un atteggiamento imprenditoriale, e nel contempo deve poter contare su un'adeguata sicurezza sociale.

3.9.

I sistemi di istruzione e i programmi di studio attuali devono essere riformati per migliorare l'occupabilità delle giovani generazioni promuovendo l'istruzione e la formazione professionale (VET), l'istruzione digitale e le materie imprenditoriali.

3.10.

Le capacità imprenditoriali dei giovani dovrebbero essere incoraggiate e promosse. I responsabili politici devono garantire un ambiente favorevole ai giovani — affinché possano avviare un'attività in proprio e diventare imprenditori — nonché sostenere e facilitare l'accesso ai finanziamenti per le start-up.

3.11.

In un mondo in rapida evoluzione come quello odierno, la lotta contro i cambiamenti climatici, i nuovi modelli di business, la capacità di ricerca e innovazione e lo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche per la transizione verde rivestono un'importanza essenziale. A tal fine è importante far sì che diventino più numerosi i giovani, e in particolare le giovani, dotati di competenze nei campi delle STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) e di competenze digitali.

3.12.

La transizione verde sta trasformando le professioni attuali, eliminandone alcune e creandone di nuove che richiedono nuove competenze verdi e digitali. Il sistema di istruzione e formazione deve adeguarsi alla crescente domanda di nuove competenze. I programmi di istruzione e formazione dovrebbero allinearsi all'evoluzione delle esigenze aziendali e alla duplice transizione verde/digitale.

4.   Sfide per l'occupazione giovanile nei Balcani occidentali

4.1.

Le principali sfide della politica per l'occupazione giovanile nella regione sono: la mancanza di coordinamento tra le parti interessate ai diversi livelli di governo e nei diversi ambiti di intervento (occupazione, istruzione, casa, servizi sanitari); debolezze nella qualità dei sistemi di istruzione, e carenze nell'insegnamento delle competenze richieste dal mercato del lavoro; inefficienze nel processo di ricerca del lavoro che danno luogo a squilibri fra domanda e offerta di competenze e a lunghi periodi di transizione dalla scuola o dall'università al mondo del lavoro; la prevalenza di un'occupazione precaria in alcune economie; la scarsità di posti di lavoro disponibili per i giovani; una carenza di strutture per l'infanzia per sostenere il rientro al lavoro delle donne e l'alto livello di informalità.

4.2.

I giovani nei Balcani occidentali sono svantaggiati sui mercati del lavoro della regione. Nel 2020 il tasso di occupazione giovanile per la fascia di età 15-24 anni era inferiore al 27 % in tutta la regione dei Balcani occidentali, mentre il tasso di disoccupazione giovanile per la stessa fascia di età era superiore al 26 % (rispetto al 16,8 % nell'UE-27), raggiungendo quasi il 50 % in Kosovo (16).

4.3.

La percentuale di giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso di istruzione o formazione (i cosiddetti NEET) per la fascia di età 15-24 anni è in media del 23,7 % nei Balcani occidentali, con dati che vanno dal 15,9 % della Serbia al 37,4 % del Kosovo, rispetto ad appena l'11,1 % nell'UE per la stessa fascia di età (17).

4.4.

La disoccupazione di lunga durata colpisce quasi due terzi dei giovani disoccupati in Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina e Kosovo, e due terzi delle giovani donne disoccupate in Montenegro.

4.5.

Anche il tasso di partecipazione della forza lavoro giovanile (tasso di attività) è inferiore a quello dell'UE, senza contare che in tale partecipazione si registra un ampio divario di genere, che riflette in parte una carenza di strutture per l'infanzia a favore delle giovani madri che desiderano entrare nel mercato del lavoro. Il divario di genere si riflette anche nei tassi di occupazione giovanile femminile, che in ogni paese della regione sono inferiori ai tassi di occupazione giovanile maschile. Inoltre, dove i tassi di disoccupazione giovanile sono più alti (Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Serbia), il tasso di disoccupazione giovanile femminile supera quello maschile. Al contrario, in Albania e Montenegro il tasso di disoccupazione giovanile femminile è inferiore a quello maschile, così come avviene nell'UE.

4.6.

Nei mercati del lavoro molti giovani hanno un'occupazione precaria. In tutte le economie della regione, tra i giovani occupati si riscontra una quota più alta di contratti a termine rispetto all'UE, e ciò specialmente in Kosovo e Montenegro, dove più di tre quarti di essi lavora con un contratto a termine, ma anche in Serbia, dove ad avere tale tipo di contratto è più della metà dei giovani occupati. Il lavoro precario di questo genere può influire negativamente sul benessere individuale e sulla produttività delle economie.

4.7.

Affrontare le esigenze della popolazione giovane dovrebbe diventare una priorità, anche in considerazione dell'elevato numero di NEET. È quindi doveroso sottolineare la necessità, tanto più urgente in un periodo di crisi come quello attuale, di misure sulla falsariga della Garanzia per i giovani dell'UE. Tutto ciò contribuirebbe senz'altro a fornire ai giovani opportunità di lavoro, istruzione continua, apprendistato o tirocinio, offrendo loro così anche soluzioni e prospettive e contribuendo a contrastare la fuga dei cervelli.

5.   I giovani dei Balcani occidentali come forza importante nella cooperazione regionale e nella promozione dell'integrazione europea

5.1.

La prosperità e la convergenza con l'UE dovrebbero basarsi sui principi di inclusività, fiducia e cooperazione. Il CESE sottolinea che, nel perseguire le riforme promosse dall'UE e nell'attuare i piani di investimento, i governi dei Balcani occidentali si sono impegnati a rispettare i valori europei fondamentali della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, nonché a garantire la riconciliazione (18).

5.2.

Il CESE concorda nel ritenere che la cooperazione regionale nei Balcani occidentali sia essenziale per il processo di allargamento e debba essere ulteriormente rafforzata per promuovere i necessari cambiamenti. Una prospettiva di adesione credibile rappresenta un incentivo cruciale e un volano per la trasformazione della regione. Si tratta di uno strumento fondamentale per promuovere la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali, che sono anche i principali motori dell'integrazione economica e una base essenziale per la promozione della riconciliazione e della stabilità regionali (19).

5.3.

Il CESE riconosce che negli ultimi anni sono state varate diverse iniziative chiave a livello europeo e regionale specialmente per i Balcani occidentali, al fine di avvicinare all'UE i paesi della regione ma anche di rafforzare la cooperazione tra i giovani. L'UE rimane il principale partner strategico della regione, alla quale eroga fondi e offre sostegno attraverso una varietà di programmi (IPA, Erasmus+ ecc.). Inoltre, sulla base dell'esempio di successo dell'Ufficio franco-tedesco per la gioventù, nel 2016 è stato istituito l'Ufficio regionale per la cooperazione giovanile (RYCO) al fine di promuovere uno spirito di riconciliazione e cooperazione tra i giovani della regione attraverso programmi di scambio.

5.4.

Il RYCO ha un ruolo importante nel rafforzare la cooperazione e promuovere la riconciliazione tra i giovani dei Balcani occidentali. Il sostegno dell'UE a favore della cooperazione giovanile regionale, quale elemento essenziale per raggiungere la pace e la stabilità nella regione, è stato e rimane d'importanza vitale. Ed il ruolo dei giovani nel promuovere le prospettive della regione non dovrebbe essere rafforzato soltanto attraverso gli sforzi del RYCO.

5.5.

Il titolo di Capitale europea della gioventù, assegnato dal Forum europeo della gioventù, è inteso a responsabilizzare i giovani, a promuoverne la partecipazione e a rafforzare l'identità europea nelle città. Nel 2022 la Capitale europea della gioventù sarà proprio una città dei Balcani occidentali: la capitale albanese Tirana. All'insegna del motto «Activate Youth», l'iniziativa si propone principalmente di incoraggiare la partecipazione attiva dei giovani, concentrandosi sui loro bisogni di oggi e di domani. Il programma prevede attività volte a promuovere il volontariato, a rendere partecipi le organizzazioni giovanili e a creare reti e sinergie tra i giovani di tutta l'Europa.

5.6.

Una più forte cooperazione, e attività di apprendimento reciproco organizzate congiuntamente dalle istituzioni dell'UE e dalle parti interessate in relazione alle politiche giovanili dei Balcani occidentali, dovrebbero favorire ulteriormente il successo dell'attuazione dell'agenda per l'innovazione a favore di tale regione.

5.7.

Gli sforzi compiuti per coinvolgere i Balcani occidentali nei programmi dell'UE per la gioventù dovrebbero essere coordinati con i programmi in corso offerti dal RYCO. Il CESE invita la Commissione europea ad assistere i Balcani occidentali nella ricerca di modi per istituire nuovi sistemi di mobilità intraregionale.

6.   Amplificare la voce dei giovani dei Balcani occidentali

6.1.

Il programma politico dell'UE per quanto riguarda l'agenda per l'innovazione a favore dei Balcani occidentali mira a facilitare la definizione di politiche basate su dati concreti (20). L'UE rivolge a tutti i paesi in fase di preadesione l'importante richiesta di fornire dati statistici affidabili e trasparenti (21).

6.2.

La strategia dell'UE per la gioventù 2019-2027 mira a incoraggiare e promuovere la partecipazione democratica inclusiva di tutti i giovani ai processi democratici e alla società, a mobilitarne l'impegno, a sostenere la rappresentanza giovanile a livello locale, regionale e nazionale e ad esplorare e promuovere l'uso di forme innovative e alternative di partecipazione democratica, quali ad esempio gli strumenti della democrazia digitale (22).

6.3.

Il Dialogo dell'UE con i giovani è un meccanismo ben oliato di dialogo tra i giovani e i decisori politici. Il CESE accoglie con favore le proposte della Commissione di sviluppare tale meccanismo e di introdurlo nel quadro della cooperazione regionale dei Balcani occidentali, garantendo che i punti di vista e le esigenze dei giovani e delle loro organizzazioni siano presi in considerazione nel definire le priorità delle politiche per la gioventù. Inoltre, andrebbero incoraggiati e promossi i processi e i meccanismi partecipativi già esistenti nei Balcani occidentali che coinvolgono anche i giovani.

6.4.

Secondo lo Youth Participation Index (23) («indice della partecipazione giovanile»), i giovani dei Balcani occidentali sono ancora ampiamente sottorappresentati nella vita politica. Dati recenti mostrano che una vasta maggioranza (78 %) crede che i giovani dovrebbero avere più voce in capitolo nella politica (24).

6.5.

Il CESE sostiene fortemente il coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali relativi alle sfide che li riguardano. Per portare avanti le posizioni dei giovani in ambito politico, economico e sociale, è di vitale importanza, oltre alla partecipazione individuale, il ruolo svolto dalle organizzazioni giovanili. Pertanto, come evidenziato dal regolamento sull'IPA III e dalla metodologia di allargamento, è necessario sottolineare l'importanza di finanziare e sostenere le organizzazioni della società civile al fine di soddisfare le esigenze dei giovani.

6.6.

Lo status socioeconomico e il livello di istruzione sono considerati importanti fattori predittivi della propensione dei singoli a votare o a partecipare ad altri tipi di mobilitazione politica. L'analisi statistica a livello regionale traccia un quadro coerente delle disuguaglianze socioeconomiche insite nella mobilitazione dei giovani nella regione dei Balcani occidentali (25).

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Youth Participation Index for 2020, Ana and Vlade Divac Foundation, pag. 31.

(2)  Raccomandazione del Consiglio, del 30 ottobre 2020, relativa a un ponte verso il lavoro, che rafforza la garanzia per i giovani e sostituisce la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani, (GU C 372 del 4.11.2020, pag. 1).

(3)  Vertice UE-Balcani occidentali nel quadro del Processo di Berlino, vertice di Berlino 2021, conclusioni della presidenza.

(4)  Dichiarazione finale dell'ottavo Forum della società civile dei Balcani occidentali.

(5)  Dati di base sui Balcani occidentali e la Turchia, scheda informativa, edizione 2022.

(*1)  Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.

(6)  Consiglio di cooperazione regionale, Mapping of Youth Policies and Identification of Existing Support and Gaps in the Financing of Youth Actions in the Western Balkans — relazione comparativa, gennaio 2021, pag. 4.

(7)  Consiglio di cooperazione regionale, Mapping of Youth Policies and Identification of Existing Support and Gaps in the Financing of Youth Actions in the Western Balkans — relazione comparativa, gennaio 2021, pag. 4.

(8)  Fondazione europea per la formazione (ETF), Unlocking youth potential in South Eastern Europe and Turkey: Skills development for labour market and social inclusion, 2020.

(9)  I risultati del Programma internazionale per la valutazione degli studenti (PISA) per il 2018 dell'OCSE mostrano, in quasi tutti i Balcani occidentali, alti livelli di scarso rendimento (studenti che non raggiungono il livello 2 della scala PISA in lettura, matematica e scienze) nelle competenze fondamentali.

(10)  Banca di Sviluppo del Consiglio d'Europa: Social Infrastructure in the Western Balkans — Increasing the region's economic resilience, enhancing human capital and counteracting the effects of brain drain («Le infrastrutture sociali nei Balcani occidentali — Aumentare la resilienza economica della regione, rafforzare il capitale umano e contrastare gli effetti della fuga di cervelli»), novembre 2021.

(11)  La scarsa accuratezza dei dati migratori relativi alla regione dei Balcani occidentali è dovuta a diversi problemi che limitano la possibilità di una comparazione completa tra i diversi paesi.

(12)  L'emigrazione e il suo impatto economico sull'Europa orientale, 2016.

(13)  Le prestazioni sociali nei Balcani occidentali hanno talvolta una copertura discontinua, e si verificano ritardi nei relativi pagamenti.

(14)  Consiglio di cooperazione regionale, The Balkan Barometer 2020: Public Opinion Survey.

(15)  Lavric, Tomanovic, & Jusic, FES Youth Study Southeast Europe 2018/2019.

(16)  Consiglio di cooperazione regionale, Study on Youth Employment in the Western Balkans, 2021.

(17)  Consiglio di cooperazione regionale, Study on Youth Employment in the Western Balkans, 2021.

(18)  REX/184 — Dichiarazione finale dell'ottavo Forum della società civile dei Balcani occidentali, pag. 3.

(19)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 88.

(20)  Agenda per i Balcani occidentali in materia di innovazione, ricerca, istruzione, cultura, gioventù e sport.

(21)  Commissione europea — Capitoli dell'acquis / capitoli di negoziato.

(22)  Mobilitare, collegare e responsabilizzare i giovani: una nuova strategia dell'UE per la gioventù, COM(2018) 269 final.

(23)  Youth Participation Index for 2020, Ana and Vlade Divac Foundation.

(24)  FES (2019), Jusic, Political alienation of a precarious generation (Alienazione politica di una generazione precaria), pag. 5.

(25)  FES (2019), Jusic, Political alienation of a precarious generation (Alienazione politica di una generazione precaria), pag. 5.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/51


Parere del Comitato economico e sociale europeo «Il costo della non Europa — I benefici del mercato unico»

(parere esplorativo)

(2022/C 443/07)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Correlatrice:

Émilie PROUZET

Consultazione

Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, 26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione responsabile

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.6.2022

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

63/1/1

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che il mercato unico implichi un aumento del benessere tramite una convergenza sociale ed economica volta a ridurre le disuguaglianze e ad evitare che l'aggravarsi degli squilibri sociali finisca per ostacolare seriamente l'integrazione europea.

1.2.

Il CESE ritiene che i testi giuridici nazionali potenzialmente d'ostacolo al mercato interno debbano essere notificati alla Commissione europea (CE) e debbano essere commentati e valutati. In mancanza di ciò, queste procedure restano inefficaci e creano ostacoli inutili.

1.3.

Per quanto riguarda la certificazione nazionale, il CESE raccomanda agli Stati membri di impegnarsi ad adottare misure nazionali meno restrittive seguendo la strada della «cooperazione rafforzata».

1.4.

Il CESE chiede inoltre un'effettiva attuazione e applicazione delle direttive già negoziate e votate, come il pacchetto «Legiferare meglio».

1.5.

Il Comitato ritiene che la legge sui servizi digitali (Digital Services Act, DSA) (1) e la legge sui mercati digitali (Digital Markets Act, DMA) (2) rappresentino un passo avanti fondamentale per raggiungere la parità di condizioni tra gli operatori nei mercati digitali. Inoltre, massimizzare l'armonizzazione del campo di applicazione della legge sui mercati digitali dovrebbe costituire una priorità.

1.6.

Parimenti, la libera circolazione dei dati è fondamentale per l'innovazione europea, per la crescita delle imprese e a sostegno del mercato unico digitale.

1.7.

Il CESE sottolinea che le restrizioni territoriali dell'offerta ostacolano lo sviluppo del mercato unico e invita la Commissione europea ad affrontare l'effetto anticoncorrenziale prodotto dalle stesse.

1.8.

Il Comitato raccomanda un approccio coordinato tra gli Stati membri per la commercializzazione dei prodotti che subiscono le ripercussioni della crisi in Ucraina. La crisi causata dall'aggressione della Russia ha creato enormi restrizioni dell'offerta.

1.9.

Il CESE raccomanda di adottare misure politiche nazionali più efficaci e di fornire incentivi alla mobilità, ponendo l'accento sulle politiche attive del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa per i lavoratori dell'UE.

1.10.

Pur riconoscendo la complessità del progetto dell'Unione dei mercati dei capitali (UMC), il CESE osserva che nell'UE vi sono ancora 27 mercati finanziari e dei capitali che non funzionano in modo unitario, limitando quindi il potenziale del mercato unico.

1.11.

In questo momento di grande incertezza è necessario garantire una politica della concorrenza particolarmente orientata a realizzare le transizioni per le quali l'UE si è impegnata. Inoltre, non deve essere consentita alcuna forma di dumping commerciale, sociale, normativo, fiscale o ambientale che generi una distorsione della concorrenza.

1.12.

Infine, il CESE è dell'avviso che si debba adottare una «autonomia strategica aperta», soprattutto nei settori chiave, per contribuire a creare resilienza, diversificazione e un'agenda ambiziosa per il commercio.

2.   Contesto

2.1.   Obiettivo del mercato unico

2.1.1.

L'obiettivo del mercato unico dell'UE consisteva nell'eliminare gli ostacoli alla circolazione di beni, servizi, capitali e persone al fine di aumentare la produttività e la competitività in tutta l'UE.

2.2.   Responsabilità condivisa del mercato unico

2.2.1.

Il funzionamento del mercato unico è una responsabilità condivisa tra l'UE e gli Stati membri. Tuttavia, allo stato attuale, esistono ancora molte differenze nell'interpretazione e nell'applicazione del diritto dell'UE. In molti casi tali differenze possono essere considerate ingiustificate o sproporzionate e, in ogni caso, rappresentano un ostacolo alla libera circolazione di persone, beni e servizi.

2.3.   Responsabilità degli Stati membri

2.3.1.

Alla base delle divergenze tra gli Stati membri potrebbero esservi validi motivi oggettivi; tuttavia, gli Stati membri non sempre forniscono tali giustificazioni e talvolta non cercano di bilanciare le motivazioni nazionali con i possibili impatti negativi sul mercato unico. Di conseguenza, all'interno dell'UE esistono ancora numerosi ostacoli normativi e non normativi che rendono il mercato unico «incompleto» e frammentato, tra cui:

una normativa nazionale giustificata dal presupposto che si applica il principio di sussidiarietà;

la mancata osservanza del principio del riconoscimento presumibilmente reciproco;

il proliferare di recepimenti mediante regolamentazioni eccessive, fenomeno noto come «gold plating», e recepimenti non conformi, poiché governi e parlamenti nazionali recepiscono mediante sovraregolamentazione i testi giuridici dell'UE approvati a livello europeo. In effetti, diversi ostacoli al mercato unico derivano da un'applicazione errata o incompleta della legislazione dell'UE e dal fatto che gli Stati membri applicano norme nazionali contrarie agli obiettivi del mercato unico. Pertanto, un'attuazione imprecisa o errata ad opera degli Stati membri e la mancata applicazione da parte della Commissione producono conseguenze dannose a livello sia dell'UE sia degli Stati membri per i cittadini e le imprese;

l'applicazione a livello nazionale di misure europee di prossima adozione, poiché governi e parlamenti cercano di anticipare l'applicazione delle politiche dell'UE anteponendo i loro interessi nazionali, nonostante tali politiche siano ancora in fase di elaborazione da parte della Commissione. Un esempio è la politica dell'UE sull'economia circolare;

il prevalere degli interessi nazionali su questioni strategiche per gli ecosistemi europei.

2.4.   Costo economico delle restrizioni al mercato unico

2.4.1.

Gli esempi citati in precedenza illustrano i costi principali della non Europa; diversi studi hanno infatti evidenziato gli enormi benefici economici che deriverebbero da un mercato unico «completo». La relazione di sintesi del Parlamento europeo ha mostrato che tali benefici variano da 650 miliardi a 1 100 miliardi di EUR all'anno, pari a una percentuale compresa tra il 5 e l'8,6 % del PIL dell'UE (3).

2.4.2.

Lo stesso studio di RAND Europe realizzato per il Parlamento europeo ha analizzato l'impatto economico della riduzione delle barriere commerciali sul mercato unico. Secondo lo studio, il miglioramento dei flussi commerciali, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro dovuti alla riduzione delle barriere commerciali produrrebbero benefici economici compresi tra 183 e 269 miliardi di EUR all'anno (4).

2.4.3.

In termini di mancati guadagni potenziali, è significativa anche la stima effettuata dalla Commissione europea in relazione a un mercato unico digitale dell'UE pienamente integrato. Secondo la Commissione, tale mercato promuoverebbe l'innovazione, apporterebbe ogni anno 415 miliardi di EUR all'economia dell'UE e creerebbe centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro (5).

2.4.4.

Tutte queste considerazioni evidenziano i notevoli benefici economici potenziali (e i vantaggi collegati in termini di benessere) che un mercato unico più completo avrebbe apportato. In altre parole, ciò rappresenta il costo economico totale o la perdita di valore aggiunto e bene pubblico collettivo della non Europa.

2.4.5.

Nonostante le limitazioni, il mercato interno ha finora contribuito a preservare e a promuovere la prosperità economica dell'UE. Tuttavia, la competitività e la resilienza dell'economia dell'Unione devono essere rafforzate attraverso ulteriori riforme del mercato unico e affrontando le dipendenze strategiche. È inoltre necessario promuovere una cultura imprenditoriale nell'UE, in cui le imprese innovative di qualsiasi dimensione, in particolare le micro, piccole e medie imprese (MPMI) e le start-up, ricevano un sostegno più efficace e possano prosperare per contribuire a società più resilienti e coese. Fattore altrettanto importante, un mercato unico ben funzionante favorirà la visione di un'Europa più sociale, che ponga il benessere dei cittadini ai vertici dell'agenda politica e contribuisca a evitare un livellamento sociale verso il basso.

3.   Restrizioni

3.1.

Fra le attuali restrizioni vi sono quelle associate alla regolamentazione, alle leggi nazionali, alle questioni fiscali, alla logistica e agli approvvigionamenti, come pure ad altre differenze più sfumate tra gli Stati membri dell'UE, che rendono ancora difficoltosi gli scambi commerciali all'interno dell'Unione.

3.2.

Le restrizioni frenano anche settori economici essenziali come i servizi, che rimangono frammentati su base nazionale, come di seguito illustrato:

norme nazionali storicamente restrittive, spesso giustificate dal principio di sussidiarietà;

attuazione e applicazione non corrette della direttiva sui servizi, che ostacolano la libertà di stabilimento, la libera circolazione dei servizi e la libera prestazione dei servizi;

leggi nazionali sul commercio che ostacolano le imprese nel loro modo di operare. Spesso queste leggi limitano la competitività del settore, sono protezionistiche e compromettono gli investimenti di imprese affidabili e legittime in altri Stati membri;

requisiti nazionali che ostacolano la libera circolazione delle merci. Spesso gli Stati membri non notificano i nuovi requisiti tecnici nazionali secondo la procedura prevista dalla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e non applicano il principio del riconoscimento reciproco nelle attività non armonizzate, come nel caso della sovraregolamentazione delle direttive ecc.

3.3.

Il CESE sottolinea che le procedure di infrazione sono lunghe, costose e dall'esito incerto. Per le imprese, ciò rappresenta un costo troppo elevato e le dissuade dall'ampliare la loro attività o dall'investire altrove nell'UE. Inoltre, queste restrizioni privano i consumatori di più ampie possibilità di scelta, di un servizio migliore e di prezzi più bassi. Il CESE chiede inoltre che la Commissione agisca con maggiore fermezza nell'applicazione delle procedure di infrazione.

3.4.

Questo costo si ripercuote sull'economia in generale, limitando la competitività, il potenziale di crescita e l'ulteriore sviluppo dell'economia di mercato.

3.5.

Come ogni economia, anche l'UE subisce l'impatto degli shock esterni, ma la risposta a questi shock e il modo in cui i mercati reagiscono sono essenzialmente determinati dalle politiche interne dei singoli Stati membri e dalle misure adottate per stimolare i comportamenti economici. La guerra in Ucraina ha messo in luce la dipendenza dell'UE dalle catene del valore globali. È probabile che la crisi in atto colpisca i settori in modo diverso, ma non c'è dubbio che le falle nella corazza del mercato unico siano state messe a nudo, in particolare le restrizioni alla libera circolazione di beni e servizi e di materie prime essenziali.

3.6.

Infine, occorre notare che circa l'82 % dei prodotti commerciati nel mercato unico è soggetto a norme armonizzate e che il 18 % degli scambi intracomunitari di merci è soggetto al riconoscimento reciproco. Tuttavia, vi sono ancora nuovi casi di norme tecniche nazionali che sembrano essere in contrasto con il diritto dell'UE. Inoltre, in molti Stati membri si è assistito di recente all'aumento dei requisiti nazionali di etichettatura dei prodotti alimentari e delle bevande, giustificati dalla protezione dei consumatori e dell'ambiente. Nel contempo, il principio del riconoscimento reciproco non funziona correttamente. Prova ne è che il 71 % delle PMI che hanno fatto domanda per l'attuale sistema di riconoscimento reciproco per i prodotti non armonizzati si è visto opporre una decisione di diniego di accesso al mercato.

4.   Affrontare le restrizioni

4.1.

Le misure indicate di seguito contribuirebbero a sbloccare alcuni dei potenziali vantaggi economici derivanti dal mercato unico.

4.2.   Utilizzare in modo più efficace gli strumenti esistenti

4.2.1.

Il CESE ritiene che i progetti di testi nazionali potenzialmente d'ostacolo al mercato interno debbano essere notificati alla Commissione europea e debbano essere commentati e valutati. Senza l'impegno degli Stati membri a notificare e commentare/valutare, queste procedure rimangono inefficaci. Occorre quindi una sorveglianza più efficace a sostegno dell'armonizzazione della regolamentazione del mercato dei prodotti negli Stati membri dell'UE. Ad esempio, il settore della vendita al dettaglio ha recentemente registrato un aumento delle restrizioni nazionali attraverso autorizzazioni e requisiti di contenuto locale. Ciò è in contrasto con gli articoli 28 e 30 del Trattato, e spesso gli acquisti di prodotti già legalmente immessi nel mercato unico vengono sottoposti a nuove prove a livello nazionale. Per quanto riguarda i servizi, il CESE ritiene inoltre che la procedura di notifica di cui alla direttiva «servizi» non funzioni come previsto. Per quanto riguarda la libertà di stabilimento, il Comitato constata con rammarico che gli Stati membri non hanno raggiunto un compromesso sulla proposta della cosiddetta «direttiva sulle notifiche». Questo testo avrebbe rafforzato l'obbligo per gli Stati membri di notificare alla Commissione i progetti di leggi o regolamentazioni sui regimi di autorizzazione per i servizi (e quindi per l'urbanistica) (7). Il CESE esorta inoltre la Commissione europea e gli Stati membri a fornire informazioni più dettagliate sulla motivazione e sulla proporzionalità applicate quando gli Stati membri notificano le norme tecniche. È altresì importante garantire che i requisiti notificati siano sottoposti a un esame adeguato, indipendentemente dalla procedura di notifica utilizzata (8). Per affrontare il problema alla radice, il CESE ritiene che sarebbe necessario un ulteriore passaggio legislativo dall'armonizzazione minima all'armonizzazione massima.

4.2.2.

Un altro aspetto preoccupante è l'attuazione di misure che anticipano la prevista regolamentazione dell'UE, come la certificazione nazionale, applicata con l'obiettivo esplicito di fornire un certo livello di protezione, soprattutto nel settore agroalimentare. Secondo il CESE tali restrizioni sono palesemente protezionistiche, ma una volta portate alla luce, il processo di revoca è spesso lento e oneroso, e di conseguenza le restrizioni per i dettaglianti vengono mantenute troppo a lungo. Per evitare che ciò accada, il CESE ritiene che gli Stati membri potrebbero invece impegnarsi ad adottare misure nazionali meno restrittive seguendo la strada della «cooperazione rafforzata», autorizzata dal Trattato. Il CESE fa inoltre riferimento al prodotto pensionistico individuale paneuropeo, da considerare come un quadro standard a sostegno del mercato unico che potrebbe essere applicato in altri settori.

4.2.3.

Inoltre secondo il CESE, qualora gli impegni assunti in rapporto alle raccomandazioni specifiche per paese (RSP) non vengano rispettati, il semestre europeo potrebbe rappresentare uno strumento efficace per affrontare problemi di questo tipo, specialmente tramite un'azione proporzionata della Commissione europea che potrebbe anche consistere in una sospensione dei fondi dell'UE. Un approccio di questo tipo è in linea con la guida che la Commissione ha elaborato per gli Stati membri in merito ai piani per la ripresa e la resilienza e in cui si pone l'accento non solo sull'eliminazione degli ostacoli normativi e non normativi al mercato interno, ma anche sulle condizioni che gli Stati membri devono soddisfare per rispettare i requisiti del semestre europeo.

4.2.4.

Infine, il CESE chiede un'efficace attuazione e applicazione delle direttive già negoziate e votate. A tale proposito, la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero impegnarsi ad attuare il pacchetto «Legiferare meglio» che prevede valutazioni d'impatto di alta qualità.

4.3.   Liberare il potenziale del mercato unico digitale

4.3.1.

Il CESE ritiene che l'ascesa dell'economia digitale in Europa offra opportunità di crescita economica e che i potenziali vantaggi economici si realizzeranno attraverso una maggiore integrazione dei servizi digitali tra gli Stati membri.

4.3.2.

In quest'ottica, il CESE ritiene che la legge sui servizi digitali (Digital Services Act, DSA) e la legge sui mercati digitali (Digital Markets Act, DMA) rappresentino un passo avanti fondamentale per raggiungere la parità di condizioni tra gli operatori nei mercati digitali. Entrambe le leggi, incentrate su servizi specifici indipendentemente dall'ubicazione del fornitore o dalla legge applicabile alla prestazione, affrontano in modo costruttivo la questione della parità di trattamento tra gli operatori online europei e quelli globali. Inoltre, il CESE considera assolutamente prioritario evitare che il moltiplicarsi delle legislazioni nazionali frammenti ulteriormente il mercato interno.

4.3.3.

Anche il maggiore ricorso ai servizi online e il miglioramento dell'infrastruttura digitale all'interno dell'UE potrebbero comportare significativi benefici economici. In questo contesto, la Commissione raccomanda il passaggio a un regime pienamente funzionale in materia di appalti elettronici e fatturazione elettronica. Le stime indicano che una transizione completa verso gli appalti elettronici potrebbe generare cifre sorprendenti, da 50 a 75 miliardi di EUR all'anno (9).

4.3.4.

Infine, il CESE ritiene che la libera circolazione dei dati sia fondamentale per l'innovazione europea, per la crescita delle imprese di qualsiasi dimensione, per la creazione di posti di lavoro e per la realizzazione di un mercato unico digitale. A sostegno della libera circolazione dei dati è già in vigore una normativa. Tuttavia, andrebbero evitati gli obblighi ingiustificati in materia di localizzazione dei dati.

4.4.   Sbloccare le restrizioni dell'offerta

4.4.1.

Il CESE osserva che i regolamenti del 2018 in materia di blocchi geografici hanno contribuito a facilitare il commercio all'interno dell'UE. Tuttavia, i consumatori europei sono ancora soggetti ai geoblocchi di beni e servizi. Il CESE sottolinea infatti il persistere di restrizioni territoriali dell'offerta, che possono concretizzarsi in pratiche diverse come il rifiuto di rifornire o la minaccia di smettere di rifornire un determinato distributore, la limitazione delle quantità disponibili per la vendita da parte degli Stati membri, le differenze inspiegabili nelle gamme di prodotti e nei prezzi tra gli Stati membri o la limitazione delle opzioni linguistiche per l'imballaggio dei prodotti. Il CESE sottolinea che tali restrizioni territoriali dell'offerta ostacolano lo sviluppo del mercato unico e i suoi potenziali benefici per i consumatori e invita la Commissione ad affrontare l'effetto anticoncorrenziale prodotto dalle stesse al fine di realizzare un mercato unico pienamente funzionante.

4.4.2.

L'invasione russa dell'Ucraina ha portato alla luce rischi enormi per la sicurezza energetica e alimentare che richiedono un approccio strategico unitario da parte dell'UE. Il CESE ritiene che un mercato unico ben funzionante possa sostenere questa strategia e allentare nel contempo alcune delle pressioni sui prezzi che stanno rapidamente erodendo il potere d'acquisto nell'UE. A tale proposito, il CESE accoglie con favore gli sforzi compiuti a livello europeo per cooperare nell'acquisto congiunto di gas (su base volontaria) nel tentativo di allentare le pressioni sui prezzi dell'energia.

4.4.3.

Tuttavia, si rammarica che finora non sia stato tentato un approccio coordinato tra gli Stati membri per altri prodotti che subiscono le ripercussioni della crisi in Ucraina.

4.5.   Rafforzare la mobilità transfrontaliera dei lavoratori e dei professionisti

4.5.1.

La mobilità transfrontaliera dei lavoratori e dei professionisti in tutta l'UE rimane una sfida che limita l'offerta e provoca squilibri in settori come le tecnologie dell'informazione e l'industria ad alta tecnologia, nonostante le politiche dell'UE volte a facilitare la libera circolazione delle persone. I dati europei e nazionali indicano che il livello di mobilità sia tra i paesi che al loro interno rimane basso anche se raffrontato a livello internazionale.

4.5.2.

In particolare, il CESE raccomanda di adottare misure politiche nazionali più efficaci che incentivino la mobilità, ponendo l'accento sulle politiche attive del mercato del lavoro, come le prestazioni collegate all'esercizio di un'attività lavorativa per i lavoratori dell'UE e quelli dei paesi terzi aventi lo status di rifugiato. Il CESE ritiene al riguardo che l'offerta, da parte degli stati ospitanti alle persone in cerca di lavoro, di incentivi finanziari per accettare un impiego in un altro Stato membro o in un'altra regione incoraggerebbe ulteriormente la mobilità. Inoltre, si dovrebbero compiere ulteriori sforzi per migliorare l'informazione sui posti di lavoro in altri paesi dell'UE, nonché per fornire assistenza alla ricollocazione per quanto concerne la logistica del trasferimento — ad esempio, la ricerca di un alloggio, la registrazione fiscale, la ricerca di una scuola per i propri figli, l'eventuale assistenza nella ricerca di un lavoro per i partner ecc. Il CESE avverte tuttavia che la mobilità del lavoro nell'UE è stata vittima dell'approccio frammentario adottato finora. Occorre evitare ulteriori politiche disarticolate, soprattutto a livello nazionale.

4.5.3.

Il riconoscimento dei diplomi e delle qualifiche, essenziale per coprire i posti vacanti laddove persista una carenza di manodopera, rimane un problema in tutta l'UE. Il CESE ritiene che il sistema attuale dipenda ancora troppo dai singoli governi, poiché gli Stati membri sono liberi di applicare le loro norme. La Commissione dovrebbe garantire l'applicazione in tutti gli Stati membri di un approccio più armonizzato al riconoscimento dei diplomi e di altri titoli.

4.5.4.

Infine, l'aumento della mobilità dei lavoratori e dei professionisti dell'UE può avvenire solo migliorando l'applicazione delle disposizioni esistenti, l'accesso alle informazioni e la cooperazione tra gli Stati membri. Il CESE osserva che i singoli Stati membri possono mostrarsi reticenti nei confronti di ulteriori riforme del mercato unico per il timore che ciò possa comportare una potenziale diminuzione di posti di lavoro a breve termine e perdite settoriali, in particolare nei paesi che sono già in ritardo e nei paesi/settori a bassa produttività. In teoria, la libera circolazione della manodopera aiuterebbe a risolvere questo problema, ma da un punto di vista nazionale ciò potrebbe comportare, nel frattempo, una perdita di risorse e una potenziale fuga di cervelli e competenze.

4.6.   Rafforzare i flussi di capitali e i servizi finanziari nell'UE

4.6.1.

Lo stesso discorso vale per i mercati dei capitali dell'UE. Il CESE riconosce che l'Unione dei mercati dei capitali (UMC) è un progetto complesso che mira ad approfondire e integrare ulteriormente i mercati dei capitali degli Stati membri dell'UE. L'UMC richiede l'adozione di misure e modifiche normative in un'ampia gamma di settori e comporta responsabilità non solo a livello dell'UE, ma anche a livello di singolo Stato membro. Il CESE osserva che, nel 2022, il completamento dell'UMC è ancora un obiettivo lontano. Nonostante alcuni progressi, in particolare con il pacchetto dell'UE per la ripresa dei mercati dei capitali, nell'Unione vi sono ancora 27 mercati dei capitali che non funzionano in modo unitario. La finanza europea è ancora fortemente segmentata su base nazionale, con risparmiatori e investitori che dipendono in larga misura dai contesti nazionali. Questo vale anche per i servizi finanziari in generale, compresi i servizi finanziari al dettaglio e il risparmio a livello nazionale.

4.6.2.

Secondo il CESE, questa situazione limita sia la ripresa economica che il buon funzionamento del mercato unico. I vantaggi economici dell'UMC sono evidenti, ma il suo completamento richiede l'adesione politica dei singoli Stati membri e l'adozione effettiva delle iniziative promosse dalla Commissione, comprese quelle volte a rafforzare il ruolo internazionale dell'euro. Inoltre, non va sottovalutato il ruolo della digitalizzazione nel facilitare l'UMC.

4.7.   Rafforzare notevolmente la volontà politica di eliminare le restrizioni al mercato unico

4.7.1.

In questo momento di grande incertezza, il CESE auspica una politica di concorrenza particolarmente orientata a realizzare le transizioni intraprese dall'UE stessa. Tali transizioni richiederanno politiche commerciali e di investimento ambiziose, investimenti pubblici e privati straordinari, innovazione, maggiori progressi sociali, economici e ambientali, nonché un mercato unico ben funzionante. Tutto questo deve essere supportato da un quadro giuridico e finanziario che garantisca condizioni di parità sul mercato per tutte le parti interessate, tutte le regioni e tutti i cittadini dell'UE. A tale proposito, è fondamentale garantire l'integrità del nostro mercato interno ed evitarne la frammentazione. Un mercato unico che funzioni correttamente e una politica della concorrenza che consenta alle imprese e ai consumatori l'accesso a un'ampia concorrenza di mercato in condizioni di parità sono essenziali, poiché promuovono l'efficienza e l'innovazione e forniscono un ambiente favorevole allo sviluppo di imprese di successo.

4.7.2.

Il CESE ritiene che l'armonizzazione e la rimozione degli ostacoli alla libera circolazione sul territorio consentano di sviluppare la concorrenza, l'innovazione e la produttività. Non deve essere consentita alcuna forma di dumping commerciale, sociale, normativo, fiscale o ambientale che generi una distorsione della concorrenza. Il CESE si attende che tutti gli Stati membri applichino questo principio e che i partner esterni rispettino i nostri valori e diritti fondamentali, sia in ambito sociale che in campo commerciale e ambientale.

4.7.3.

Il CESE avverte che il mercato unico non dovrebbe più essere considerato una versione sublimata di un accordo commerciale globale le cui caratteristiche possono essere modificate in sede negoziale. Il mercato unico è molto di più. Implica anche un aumento del benessere tramite una convergenza sociale ed economica volta a ridurre le disuguaglianze e a garantire che il peggioramento degli squilibri sociali e l'aumento generale della povertà non finiscano per ostacolare seriamente l'integrazione europea. In quest'ottica, il CESE pone l'accento sui diritti sociali fondamentali dei lavoratori in termini di salari e condizioni di lavoro dignitosi, non solo nella loro interazione con le libertà economiche, ma anche in relazione al mercato interno e del lavoro, alla concorrenza e a qualsiasi altra misura politica dell'Unione, compresi, ma non solo, settori quali la governance economica, il commercio, la digitalizzazione e l'ambiente. Il protocollo mira inoltre a salvaguardare e rafforzare l'autonomia delle parti sociali, stabilendo un chiaro legame con il rispetto e la promozione dei diritti sociali collettivi. È altresì essenziale garantire che i diritti fondamentali siano pienamente protetti e tutelati nei trattati.

4.7.4.

Il CESE riconosce che il mercato unico deve rispondere continuamente ai cambiamenti tecnologici, alla globalizzazione, agli sviluppi dell'istruzione, dei mercati del lavoro e dei capitali, e non da ultimo alle crisi e ai conflitti globali. Allo stato attuale non vi è spazio per proposte volte a mantenere lo status quo: la situazione di crisi odierna e le mutate circostanze devono essere tenute in considerazione nel proporre la legislazione.

4.7.5.

Il CESE è anche dell'avviso che si debba adottare una «autonomia strategica aperta», soprattutto nei settori chiave. Ciò contribuirebbe a creare resilienza attraverso l'apertura, un'agenda commerciale ambiziosa, cooperazione con partner affini e diversificazione, e ad evitare il protezionismo.

4.7.6.

Infine, il CESE osserva con dispiacere che, alla vigilia del 30o anniversario del mercato unico europeo, il mercato interno è tuttora incompleto.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 825 final (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 70).

(2)  COM(2020) 842 final (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 64).

(3)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(4)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(5)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html

(6)  Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (codificazione) (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1).

(7)  2016/0398(COD); https://eur-lex.europa.eu/procedure/IT/2016_398.

(8)  Studio sulla valutazione della proporzionalità da parte degli Stati membri nell'adozione dei requisiti relativi allo stabilimento dei punti vendita al dettaglio ai sensi della direttiva 2006/123/CE.

(9)  https://www.rand.org/blog/2017/11/why-the-eu-single-market-has-still-not-reached-its.html


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/58


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Tassazione del digitale»

(parere esplorativo richiesto dalla presidenza ceca)

(2022/C 443/08)

Relatore:

Benjamin RIZZO

Correlatore:

Petru Sorin DANDEA

Consultazione

26.1.2022, lettera di Mikuláš BEK, ministro agli Affari europei

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

1.7.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

È imperativo che sia l'Unione europea che altri organi di regolamentazione a livello internazionale elaborino principi e norme adeguati in materia di tassazione dell'economia digitale, in modo da mettere le politiche fiscali al passo coi tempi e adattarle alle esigenze presenti e future.

1.2.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) suggerisce che, quando sarà stato raggiunto un accordo internazionale sul primo pilastro del quadro inclusivo dell'OCSE/G20 in merito alla ridistribuzione dei diritti impositivi, le norme in materia siano rapidamente introdotte nell'UE in coordinamento con altri importanti partner commerciali e con un'iniziativa presa contemporaneamente ad essi.

1.3.

Il CESE ritiene che l'UE possa svolgere un ruolo di primo piano anche in relazione alla tassazione dell'economia digitale. Tale ruolo dovrebbe tuttavia essere svolto nel quadro di un accordo internazionale raggiunto dall'OCSE/G20, come è già avvenuto con il secondo pilastro per quel che riguarda il meccanismo di lotta all'erosione della base imponibile.

1.4.

Il CESE considera fondamentale che entrambi i pilastri siano introdotti nell'UE non appena possibile, arrivando a un elevato livello di coerenza con l'accordo internazionale che sarà oggetto di negoziato in seno all'OCSE/G20. Il primo e il secondo pilastro dovrebbero essere considerati come un pacchetto di misure globali e reciprocamente integrate.

1.5.

Il CESE osserva che un'iniziativa legislativa europea sulla tassazione dell'economia digitale potrebbe apportare notevoli vantaggi al mercato interno, creando sicuramente un quadro più efficiente rispetto a iniziative nazionali distinte. L'introduzione di norme non coordinate e separate da parte degli Stati membri aumenterebbe la frammentazione nell'UE, creando incertezza in ambito fiscale e ostacolando la competitività.

1.6.

Il CESE è favorevole ad un accordo internazionale sul primo pilastro volto a realizzare un sistema fiscale efficace, che rispetti i principi di neutralità e di parità di trattamento e in grado, da un lato, di preservare le potenzialità in termini di innovazione insite nell'economia digitale e, dall'altro, di garantire che le imprese fortemente digitalizzate apportino un contributo equo alle finanze statali.

1.7.

Il CESE invita a trovare un accordo internazionale sul primo pilastro che eviti, nella misura del possibile, norme eccessivamente complesse e miri a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la semplificazione amministrativa, assicurando costi di conformità contenuti. Un sistema eccessivamente complicato potrebbe di fatto creare opportunità per aggirare le norme appena concordate, riducendone l'efficacia.

1.8.

Il CESE sottolinea che una normativa fiscale internazionale opportunamente concepita per le imprese digitali è determinante per la prevenzione delle pratiche di evasione ed elusione fiscali, nonché per la definizione di un sistema fiscale equo, stabile e progressivo. È fondamentale garantire condizioni di parità nella tassazione degli utili delle imprese, dato che negli ultimi anni, in taluni Stati membri, alcune imprese sono riuscite a servirsi di norme fiscali specifiche, riducendo quasi a zero la loro aliquota fiscale effettiva.

1.9.

Il CESE ritiene che un quadro normativo appropriato per la tassazione dell'economia digitale dovrebbe considerare la grande importanza acquisita dalle attività immateriali per effetto della digitalizzazione. Tali attività hanno notevolmente aumentato la capacità delle imprese di svolgere attività commerciali rilevanti in una giurisdizione dove non sono fisicamente presenti.

1.10.

Il CESE sottolinea che le imprese digitali spesso sfruttano i dati degli utenti per creare valore. Tale metodo di creazione del valore non è quantificato dagli attuali sistemi fiscali, il che crea uno squilibrio tra creazione del valore e tassazione. Questo aspetto specifico dovrebbe essere debitamente trattato nel primo pilastro.

1.11.

Il CESE ribadisce che rimane di fondamentale importanza adottare un approccio che consenta di evitare, in qualsiasi giurisdizione, il rischio di doppia imposizione, nonché di involontaria mancata imposizione, riducendo al contempo al minimo i costi di conformità per le imprese europee. A tale proposito, l'accordo sul primo pilastro e le norme per il suo recepimento dovrebbero armonizzare le diverse iniziative già intraprese dagli Stati membri, evitando le discrepanze e le scappatoie.

1.12.

Il CESE auspica vivamente che si possa raggiungere quanto prima un accordo sul primo pilastro che sia attuabile sia a livello internazionale che in ambito UE, e deplora le perduranti limitazioni che impediscono di concludere un tale accordo di primaria importanza.

2.   Contesto essenziale

2.1.

Le attuali norme internazionali in materia di tassazione societaria si fondano sui principi elaborati all'inizio del 20o secolo e parzialmente adattati nel corso del tempo. Tali norme non sono più adatte allo scopo nel contesto odierno e non sono indicate per un'economia globalizzata e digitalizzata. Ciò significa che il gettito fiscale non viene distribuito in modo equo ai paesi e che continuano a essere perseguite pratiche fiscali dannose a scapito delle finanze pubbliche e della concorrenza leale.

2.2.

Di conseguenza, è imperativo che sia l'Unione europea che altri organi di regolamentazione nel mondo elaborino principi e norme adeguati in materia di tassazione dell'economia digitale, in modo da mettere le politiche fiscali al passo coi tempi e adattarle alle esigenze presenti e future.

2.3.

Il quadro inclusivo sulla BEPS (erosione della base imponibile e trasferimento degli utili) elaborato dall'OCSE su richiesta del G20 si fonda su una soluzione a due pilastri volta ad affrontare le sfide fiscali derivanti da un'economia sempre più digitalizzata e globalizzata.

2.4.

L'obiettivo del primo pilastro consiste nel garantire una ripartizione più equa degli utili e dei diritti impositivi tra i paesi per quanto riguarda le principali imprese multinazionali, e in particolare quelle digitali. Tale pilastro prevede principalmente che le imprese multinazionali versino parte delle imposte sui redditi nel luogo in cui risiedono i loro consumatori e utenti, creando un legame tra gli utili e i luoghi in cui risiedono i consumatori e gli utenti di quelle imprese.

2.5.

L'accordo sulla ripartizione degli utili nel quadro del primo pilastro include l'eliminazione e il blocco delle imposte sui servizi digitali e altre misure pertinenti analoghe, ponendo in tal modo fine alle tensioni commerciali associate all'instabilità del sistema fiscale internazionale.

2.6.

Il secondo pilastro mira a garantire che le grandi imprese multinazionali, in particolare quelle digitalizzate, paghino l'imposta sulle società con un'aliquota minima effettiva del 15 %, secondo un quadro di riferimento normativo in grado di scoraggiare il trasferimento degli utili e di evitare una concorrenza fiscale dannosa tra le giurisdizioni. Sarebbe quindi possibile limitare effettivamente e in misura maggiore la concorrenza fiscale in rapporto agli utili societari introducendo un livello minimo di imposizione a livello mondiale, che verrebbe utilizzato dai paesi per proteggere la loro base imponibile. Il CESE esorta tutti gli Stati membri a trovare quanto prima un accordo politico su queste regole, e si rammarica che non sia stato ancora raggiunto un consenso definitivo in merito.

2.7.

Un accordo internazionale sul secondo pilastro e il quadro inclusivo è stato raggiunto in seno all'OCSE/G20 e il suo recepimento è stato debitamente avviato dalle istituzioni dell'UE mediante una proposta di direttiva, attualmente oggetto di discussione a livello del Consiglio (1).

2.8.

Nel quadro dell'OCSE/G20 si sta ancora cercando di raggiungere un consenso generale a livello internazionale in merito al primo pilastro, come confermato dalle recenti consultazioni dell'OCSE a tale proposito tese a conoscere l'opinione delle parti interessate sulle norme proposte, anche se queste non rispecchiano una convergenza di opinioni sugli aspetti sostanziali del documento (2).

2.9.

La Commissione europea ha pubblicato una proposta legislativa sulla tassazione dell'economia digitale già nel 2018, che non è stata portata avanti principalmente per la mancanza di larghe convergenze a livello internazionale sulle norme da attuare nel quadro del primo pilastro.

2.10.

Nel frattempo, le istituzioni dell'UE hanno approvato la legge sui mercati digitali volta a disciplinare la struttura concorrenziale di detti mercati. A tale proposito, l'UE ha adottato un approccio normativo originale e onnicomprensivo diverso da quelli degli altri principali blocchi commerciali, come gli Stati Uniti, la Cina e altri paesi emergenti.

2.11.

Il CESE ritiene che, seguendo l'esempio della legge sui mercati digitali, l'UE possa svolgere un ruolo di primo piano anche in relazione alla tassazione dell'economia digitale. Tale ruolo dovrebbe tuttavia essere svolto nel quadro di un accordo internazionale raggiunto dall'OCSE/G20, come già avvenuto per il secondo pilastro.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE è fermamente convinto che, nel contesto della digitalizzazione dell'economia, ogni eventuale modifica delle norme sulla ripartizione dei diritti di tassazione degli utili tra i paesi debba essere coordinata a livello mondiale, in modo da cogliere meglio i benefici della globalizzazione, attraverso una governance e norme mondiali adeguate. Le soluzioni concrete studiate devono pertanto essere il frutto di un ampio accordo internazionale che includa quante più giurisdizioni fiscali possibile. Inoltre, è opportuno tenere in debita considerazione i diversi impatti e le differenti implicazioni che le nuove regole avranno per i piccoli Stati membri, da un lato, e per i più grandi, dall'altro.

3.2.

Il CESE apprezza la significativa evoluzione dell'economia che è stata stimolata dalla digitalizzazione e i suoi effetti positivi sulla nostra società, nonché le grandi potenzialità che la digitalizzazione offre per potenziare le capacità delle amministrazioni fiscali, in quanto strumento che consente di offrire servizi migliori alle finanze statali e ai cittadini. L'UE dovrà aiutare e coordinare le autorità fiscali degli Stati membri affinché si adattino al nuovo sistema e a un contesto economico in rapida evoluzione.

3.3.

Il CESE concorda con le conclusioni della relazione finale 2015 sull'azione 1 del piano d'azione sull'erosione della base imponibile e sul trasferimento degli utili (BEPS), preparato dall'OCSE su richiesta del G20, in cui si osserva che l'economia digitale sta diventando sempre più l'economia tout court. La digitalizzazione di numerose imprese nel corso degli anni è stata di proporzioni veramente considerevoli e il processo ha subito un'accelerazione durante i recenti confinamenti dovuti alla COVID-19. Tale tendenza spesso crea uno iato tra gli elevati utili realizzati dalle piattaforme digitali e i luoghi in cui risiedono fisicamente i relativi utenti e consumatori. In futuro, tale fenomeno potrebbe essere affrontato anche in relazione agli obblighi di sicurezza sociale.

3.4.

Quando sarà stato raggiunto un accordo internazionale sul primo pilastro del quadro inclusivo dell'OCSE/G20, sulla base di un equilibrio tra le diverse posizioni finora espresse, il CESE suggerisce che il primo pilastro venga rapidamente introdotto nell'UE in coordinamento con altri importanti partner commerciali, proprio come è già successo con il secondo pilastro, consolidando in tal modo il mercato interno in linea con gli articoli 113-115 del Trattato.

3.5.

Il CESE considera fondamentale che entrambi i pilastri siano introdotti nell'UE non appena possibile e coerentemente con l'accordo internazionale negoziato in seno all'OCSE/G20. Il primo e il secondo pilastro dovrebbero essere considerati come un pacchetto di misure globali e reciprocamente integrate, da applicare rapidamente in tutta l'UE.

3.6.

Il CESE osserva che un'iniziativa legislativa europea sulla tassazione dell'economia digitale potrebbe apportare notevoli vantaggi al mercato interno, creando sicuramente un quadro più efficiente rispetto a iniziative nazionali distinte. L'introduzione di norme non coordinate e separate da parte degli Stati membri, sulla base di principi e criteri fiscali differenti, aumenterebbe la frammentazione nell'UE, creando incertezza in ambito fiscale e ostacolando la competitività. Il CESE si pronuncia a favore di un meccanismo di risoluzione delle controversie che consenta agli Stati membri di risolvere le questioni che possano eventualmente sorgere.

3.7.

L'accordo internazionale sul primo pilastro dovrebbe mirare a realizzare un sistema fiscale efficace, che rispetti i principi di neutralità e di parità di trattamento e in grado di i) preservare le potenzialità in termini di innovazione insite nell'economia digitale, da un lato, e, dall'altro, ii) garantire che le imprese fortemente digitalizzate apportino un contributo equo alle finanze statali e alla società.

3.8.

Il CESE invita a trovare un accordo internazionale sul primo pilastro che eviti, nella misura del possibile, norme eccessivamente complesse e miri a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la semplificazione amministrativa, assicurando costi di conformità contenuti. Un sistema eccessivamente complicato potrebbe di fatto creare opportunità per aggirare le norme appena concordate, riducendone l'efficacia.

3.9.

Il CESE sottolinea che una normativa fiscale internazionale opportunamente concepita per le imprese digitali è funzionale alla prevenzione delle pratiche di evasione ed elusione fiscali, nonché alla definizione di un sistema fiscale equo, progressivo, stabile ed efficiente.

3.10.

Il CESE sottolinea che il secondo pilastro, a sua volta, introdurrà di fatto le due regole nazionali da imporre, segnatamente:

A.

regole nazionali intrecciate (le norme anti-erosione della base imponibile a livello mondiale) che includono i) la regola di inclusione del reddito (Income Inclusion Rule — IIR), che prevede l'applicazione di un'imposta integrativa a un'entità controllante in relazione al reddito a bassa imposizione di una sua entità costitutiva; ii) la regola sui pagamenti a bassa imposizione (Undertaxed Payment Rule — UTPR), che nega le detrazioni o richiede un adeguamento equivalente nella misura in cui il reddito a bassa imposizione di un'entità costitutiva non è soggetto a imposta ai sensi dell'IIR;

B.

una norma basata su trattati (la regola sull'assoggettamento all'imposta (Subject to Tax Rule — STTR) che consente alle giurisdizioni da cui provengono i redditi di tassare alla fonte in misura limitata taluni pagamenti tra parti correlate che sono soggetti a un'imposta con aliquota inferiore a quella minima.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE sottolinea quanto sia importante garantire condizioni di parità nella tassazione degli utili delle imprese. Negli ultimi anni, in alcuni Stati membri, talune imprese sono riuscite a servirsi di norme fiscali specifiche riducendo la loro aliquota fiscale effettiva. La mancanza di trasparenza ha contribuito a tale situazione e in diversi casi spinosi erano coinvolte multinazionali attive nel settore dei servizi digitali.

4.2.

Il CESE ritiene che un quadro normativo appropriato per la tassazione dell'economia digitale dovrebbe considerare la grande importanza acquisita dalle attività immateriali per effetto della digitalizzazione. Tali attività hanno notevolmente aumentato la capacità delle imprese di svolgere attività commerciali significative in una giurisdizione dove non sono fisicamente presenti. Le norme e i principi internazionali attuali in materia di tassazione dovrebbero essere adeguati al nuovo contesto economico.

4.3.

Il CESE sottolinea che le imprese digitali dipendono in larga misura da attività immateriali per la creazione di contenuti, in particolare attraverso l'utilizzo e la monetizzazione dei dati degli utenti. Tale metodo di creazione del valore non è quantificato dagli attuali sistemi fiscali, il che crea uno squilibrio tra creazione del valore e tassazione. Questo aspetto specifico dovrebbe essere debitamente trattato nel primo pilastro.

4.4.

Il CESE ribadisce che è di fondamentale importanza adottare un approccio che consenta di evitare, in qualsiasi giurisdizione, il rischio di doppia imposizione, nonché di involontaria mancata imposizione, e che riduca al minimo i costi di conformità per le imprese europee. A tale proposito, l'accordo sul primo pilastro e le norme per il suo recepimento dovrebbero armonizzare le diverse iniziative già intraprese dagli Stati membri, poiché tali differenze potrebbero causare discrepanze e scappatoie.

4.5.

Il CESE rammenta che uno dei fattori principali a sostegno e giustificazione del complesso tentativo di raggiungere un consenso generale sulla proposta relativa al primo pilastro dell'OCSE è rappresentato dalla proliferazione di imposte unilaterali sui servizi digitali e dalla possibilità che diverse giurisdizioni rivendichino diritti impositivi sugli stessi utili secondo numerose modalità diverse e talvolta sovrapposte.

4.6.

Di conseguenza, il primo pilastro dovrebbe garantire l'eliminazione delle imposte nazionali sui servizi digitali e altre misure simili previste per le imprese. Si tratta di un aspetto fondamentale per garantire il consenso di molte delle giurisdizioni principali in merito al primo pilastro e per evitare l'adozione di nuove norme che, in futuro, potrebbero essere considerate «discriminatorie» ai sensi delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), con conseguenze indesiderate nella prospettiva del commercio internazionale.

4.7.

Il CESE auspica vivamente che si possa raggiungere quanto prima un accordo internazionale sul primo pilastro che sia attuabile e deplora le perduranti limitazioni che impediscono di concludere detto accordo.

4.8.

Il CESE ritiene che, una volta attuati il primo e il secondo pilastro, i servizi forniti attraverso piattaforme utilizzate da consumatori europei dovrebbero essere pienamente integrati nel sistema dell'IVA, in quanto elemento essenziale per affrontare le questioni fiscali connesse all'economia digitale. Tuttavia, occorre osservare che i clienti dei servizi di comunicazione digitale e dei social network hanno accesso a tali servizi senza alcun pagamento apparente, il che solleva interrogativi su come l'IVA possa ragionevolmente essere applicata. Il gettito dell'IVA rappresenta una risorsa propria del bilancio dell'UE e, secondo il CESE, è importante inserire anche i servizi digitali nella base imponibile.

4.9.

Il CESE ritiene necessario garantire un ragionevole equilibrio tra i paesi esportatori netti e i paesi importatori netti, nonché tra i paesi dei produttori e dei consumatori, per quanto concerne la ripartizione delle imposte sugli utili d'impresa, in modo da non compromettere la possibilità per i paesi stessi di raggiungere, tra altri loro obiettivi, quelli sociali e ambientali.

4.10.

Il CESE osserva che la digitalizzazione non rappresenta soltanto una sfida, ma crea altresì opportunità per le autorità fiscali. Se una grande quantità di dati di terzi viene messa a disposizione delle autorità fiscali, è possibile automatizzare le dichiarazioni fiscali in maniera più estesa, con risparmio di tempo e denaro per tutte le parti coinvolte; questi dati possono inoltre essere utilizzati per gestire le dichiarazioni lacunose, oppure per contrastare l'evasione e le frodi fiscali. Le soluzioni software adottate da diverse amministrazioni fiscali per memorizzare i dati di vendita al momento dell'operazione — dati che possono essere trasmessi direttamente alle autorità fiscali — hanno già permesso di aumentare il gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) in misura significativa in alcuni paesi.

4.11.

Infine, per ulteriori informazioni dettagliate relative ad aspetti specifici, il CESE richiama l'attenzione sul proprio parere riguardante il Pacchetto legislativo antiriciclaggio (3) e su entrambi i pareri relativi alla lotta all'elusione fiscale: Tassazione delle imprese per il XXI secolo (4) e Lotta al ricorso a entità di comodo (5).

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Cfr. il parere del CESE sul tema Livello minimo di imposizione effettiva delle imprese (GU C 290 del 29.7.2022, pag. 52).

(2)  OECD Consultation on the Draft Rules for Nexus and Revenues Sourcing Under Pillar 1 — Amount A, 4 febbraio 2022.

(3)  Parere del CESE sul tema Pacchetto legislativo antiriciclaggio (GU C 152 del 6.4.2022, pag. 89).

(4)  Parere del CESE sul tema Tassazione delle imprese per il XXI secolo (GU C 275 del 18.07.2022, pag. 40).

(5)  Parere del CESE sul tema Lotta al ricorso a entità di comodo (GU C 290 del 29.07.2022, pag. 45).


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Parità di genere»

(parere esplorativo elaborato su richiesta della presidenza ceca)

(2022/C 443/09)

Relatrice:

Milena ANGELOVA

Richiesta della presidenza ceca del Consiglio dell'UE

26.1.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sezione

22.6.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/13/13

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea che la chiave di successo per rafforzare la parità di genere in maniera duratura consiste nel promuovere una cultura permanente della parità di genere che accompagni l'intero ciclo di vita e offra misure adattate in funzione delle caratteristiche ed esigenze specifiche di ogni fase della vita. Essendo una questione di cultura, non può essere realizzata solo mediante singole politiche e misure, ma richiede riconoscimento, titolarità e impegno costante da parte di tutti gli attori della società.

1.2.

Una cultura permanente della parità di genere deve essere coltivata a partire dalla prima infanzia, offrendo un esempio ai bambini in seno alla famiglia, per poi proseguire in modo analogo alla scuola materna e attraverso tutte le fasi della scuola. Il CESE invita gli Stati membri, mediante le loro politiche dell'istruzione, a favorire un insegnamento neutrale rispetto al genere in termini di conoscenze e competenze sociali, nonché contesti di apprendimento liberi da stereotipi di genere.

1.3.

Per sostenere ulteriormente tale cultura, la parità di genere deve essere promossa in tutte le attività economiche e sociali, compresi i contesti aziendali, i servizi pubblici e la vita politica. Il CESE ritiene che mantenere in modo sistematico la dimensione della parità di genere nei diversi contesti costituisca un mezzo necessario per poter compiere dei progressi.

1.4.

Il CESE raccomanda agli Stati membri, con il sostegno della Commissione e del Comitato stesso, e in collaborazione con le parti sociali e le organizzazioni pertinenti della società civile, di lanciare una campagna di informazione e sensibilizzazione ad ampio raggio volta a promuovere la cultura permanente della parità di genere. Particolare attenzione andrebbe rivolta al ruolo centrale svolto dai media tradizionali e a quelli sociali, in quanto piattaforme capaci di plasmare i comportamenti.

1.5.

Tale campagna dovrebbe rivolgere l'attenzione dei decisori politici alla situazione e ai progressi di tale parità nello Stato membro in questione e dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a cercare ispirazione gli uni dagli altri e a condividere le buone pratiche. Gli attori politici, i decisori e gli organi pubblici dovrebbero altresì fungere da esempio rafforzando la parità di genere nelle loro attività.

1.6.

La parità di genere in termini di partecipazione al processo decisionale politico a livello nazionale, regionale e comunale è fondamentale, visto il notevole impatto che le decisioni politiche esercitano sulle vite dei cittadini. L'incremento della quota di donne tra i politici a tutti i livelli presuppone una maggiore consapevolezza da parte degli elettori, nonché dei partiti che propongono i candidati, e la promozione di una cultura che incoraggi le donne e consenta loro di partecipare attivamente alla vita politica.

1.7.

Perché la parità di genere registri dei progressi occorrono misure in diversi settori di intervento; pertanto il CESE ribadisce il suo invito, rivolto ai responsabili politici ai livelli appropriati, a seguire il principio dell'integrazione di genere e a inserire la dimensione della parità di genere in tutte le decisioni, comprese quelle riguardanti il bilancio, gli investimenti e i finanziamenti, nonché negli appalti pubblici.

1.8.

Di fronte alle sfide poste dall'invecchiamento della popolazione e alla necessità di garantire una manodopera qualificata, il carattere inclusivo dei mercati del lavoro è ancor più importante. L'eliminazione di qualsiasi ostacolo e l'offerta di incentivi per la partecipazione delle donne ai mercati del lavoro in generale, indipendentemente da professione, mansione o età, sono quindi fondamentali. Ad esempio, le modalità di lavoro flessibili, i congedi parentali e la tassazione, nonché altri tipi di incentivo svolgono un ruolo importante nel rafforzamento della parità di genere. Oltre agli inquadramenti legislativi, le modalità pratiche dovrebbero essere stabilite ricorrendo alle opportunità offerte dalla contrattazione collettiva tra le parti sociali.

1.9.

Dato che la ripresa post-pandemia deve avvenire in linea con le transizioni verde e digitale, le competenze STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) acquisiscono un'importanza ancor maggiore. Ai fini della parità di genere e della prevenzione della segregazione è importante accrescere l'attrattiva, per le ragazze, delle discipline STEM, e nel contempo orientare un maggior numero di ragazzi verso lo studio di materie legate all'assistenza e all'istruzione e verso professioni in tali campi. Questi aspetti dovrebbero essere integrati nelle misure di orientamento professionale e di fidelizzazione del personale.

1.10.

Il CESE ritiene fondamentale promuovere la leadership al femminile nelle aziende, negli organi pubblici e nelle organizzazioni delle parti sociali. Invita gli Stati membri, le organizzazioni aziendali e le parti sociali ad avviare programmi di formazione e tutoraggio rivolti alle donne che occupano posizioni dirigenziali o si candidano per assumere incarichi direttivi negli organi pubblici oppure per diventare alti dirigenti o membri dei consigli di amministrazione di imprese, sindacati e organizzazioni private. Accoglie inoltre con favore l'accordo politico recentemente raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio in merito alla direttiva riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate, e invita le istituzioni dell'UE a procedere rapidamente alla sua attuazione in modo tempestivo ed efficace.

1.11.

È altresì necessario rimuovere qualsiasi ostacolo all'imprenditoria femminile. Dal momento che garantire un accesso ai finanziamenti costituisce un requisito essenziale per l'imprenditorialità, occorre assicurare la parità di accesso delle donne a finanziamenti pubblici e fondi privati. Il CESE esorta inoltre gli Stati membri a destinare investimenti pubblici adeguati a progetti che rafforzano la parità di genere, anche nel campo delle infrastrutture digitali e assistenziali.

1.12.

Il CESE invita a rivolgere la dovuta attenzione alla parità di genere nell'affrontare la questione dei rifugiati ucraini. Ciò vale per il sostegno da fornire ai minori in modo da garantire loro l'accesso ai servizi sanitari e all'istruzione, l'integrazione delle donne nei mercati del lavoro tramite posti di lavoro di qualità, e l'accesso ai servizi sanitari per la salute sessuale e riproduttiva.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il presente parere è una risposta alla richiesta da parte della presidenza ceca di esaminare i progressi compiuti nell'ambito della parità di genere, degli strumenti e delle misure volti a rafforzarla da diversi punti di vista, quali la ripresa e l'occupazione post-pandemia, la responsabilizzazione dei giovani, l'istruzione e le competenze, l'imprenditorialità e la leadership aziendale, l'equilibrio tra attività professionale e vita privata, nonché la questione della migrazione e dei rifugiati, anche a causa della guerra in Ucraina. Questi temi sono già stati affrontati in pareri del CESE ora pubblicati e molti altri aspetti inerenti alla parità di genere sono in corso di esame in altri pareri del CESE (1) che riguardano questioni relative, ad esempio, alle condizioni di lavoro e di retribuzione, alle infrastrutture assistenziali, alla povertà, compresa quella energetica, e alla violenza di genere.

2.2.

La discriminazione endemica, che comprende la discriminazione di genere, rappresenta una delle principali cause per cui determinate persone restano escluse. Il CESE sottolinea che la parità di genere è radicata nei valori dell'UE (2) e che l'eliminazione delle disuguaglianze e la promozione della parità tra donne e uomini richiedono un approccio olistico e orizzontale. La chiave di successo per rafforzare la parità di genere in maniera duratura consiste nel promuovere una cultura permanente della parità di genere che accompagni l'intero ciclo di vita e offra misure adattate in funzione delle caratteristiche ed esigenze specifiche di ogni fase della vita.

2.3.

Una cultura permanente della parità di genere deve essere coltivata a partire dalla prima infanzia, offrendo un esempio ai bambini in seno alla famiglia, tutelando la parità di diritti e di doveri per ogni membro della famiglia, mostrando come regola generale un comportamento tollerante e rispettando lo spazio e il tempo privato di ciascuna persona. Bisognerebbe astenersi da qualsiasi tipo di pregiudizio riguardante la ripartizione tra «donne» e «uomini» di attività, compiti e mansioni familiari, nonché evitare di mostrare e insegnare qualunque altro tipo di comportamento iniquo. Ciò deve avvenire sulla base del principio dell'«apprendimento attraverso la pratica» e già a partire dalla cura dei neonati e dei bambini, che i genitori devono condividere in egual misura e a turno, in un'ottica di sostegno reciproco, per poter entrambi mantenere i rispettivi diritti alla vita privata, al lavoro e al riposo. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a compiere ogni sforzo per aiutare entrambi i genitori a conciliare vita privata e attività professionale e offrire alle famiglie scelte adeguate. Un'attuazione efficace della direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare e la garanzia di un'educazione e cura della prima infanzia accessibili e a prezzi abbordabili sono di estrema importanza in questo contesto.

2.4.

L'integrazione dei bambini nella società comincia con il loro ingresso all'asilo nido e prosegue con la scuola per l'infanzia. Pertanto questi tipi di strutture di assistenza all'infanzia devono sviluppare una forte cultura permanente della parità di genere tramite apposite azioni di formazione e di insegnamento. Il semplice fatto che molte di queste strutture impieghino perlopiù personale femminile rafforza lo stereotipo o la convinzione che allevare i figli e prendersi cura di loro siano una mansione femminile.

2.5.

Il prossimo passo decisivo è offrire ai giovani un insegnamento neutrale rispetto al genere e contesti di apprendimento privi di stereotipi di genere nel corso dell'intero periodo scolare. L'importanza di tale aspetto è sottovalutata in molti Stati membri. Stimolare l'interesse dei bambini per le discipline STEM, ad esempio, sulla base del modo in cui il loro cervello risponde a tali sollecitazioni e non in funzione del genere, è fondamentale per garantire che il loro talento e potenziale siano pienamente incentivati, sviluppati e sfruttati, a vantaggio delle successive fasi della loro vita. Oltre all'aspetto legato alla conoscenza, è altrettanto importante garantire che i bambini e i giovani acquisiscano le competenze sociali e altre abilità necessarie, e sviluppino l'intelligenza emotiva, in maniera neutrale in termini di genere, senza l'imposizione di «etichettature» o pregiudizi. Lo stesso dicasi per l'abbandono degli stereotipi di genere legati all'aspetto esteriore.

2.6.

La promozione dell'autostima e della fiducia in se stessi nei bambini e nei giovani costituisce un fattore essenziale della cultura permanente della parità di genere, la quale può, nella migliore delle ipotesi, creare una prospettiva positiva che pone le basi per la percezione e la realizzazione di condizioni eque per tutto il resto della vita.

2.7.

L'offerta di un orientamento professionale che rispetti la parità di genere svolge un ruolo importante in quanto rafforza la parità di genere, contribuisce all'evoluzione della carriera e al mantenimento del posto di lavoro, e previene la segregazione nel campo degli studi e delle professioni. Se, da un lato, è importante incoraggiare le ragazze a studiare le discipline STEM, dall'altro, è altrettanto importante orientare un maggior numero di ragazzi verso lo studio di materie legate all'assistenza e all'istruzione e verso professioni in tali campi, soprattutto in considerazione delle crescenti esigenze di assistenza della popolazione che invecchia (3).

2.8.

Per sostenere la cultura della parità di genere durante l'intera fase adulta, la parità di genere deve essere promossa sia nella vita familiare, sia in tutte le attività economiche e sociali, compresi i contesti aziendali, i servizi pubblici e la vita politica. Essendo una questione di cultura, non può essere realizzata mediante singole politiche e misure, ma richiede riconoscimento, titolarità e impegno costante da parte di tutti gli attori della società. L'esempio svedese, in cui il governo «si è dichiarato femminista», è un modo di garantire che la conoscenza e l'esperienza di uomini e donne siano utilizzate per incentivare i progressi in tutti gli aspetti della società (4).

2.9.

Il CESE ritiene che mantenere in modo sistematico la dimensione della parità di genere nei diversi contesti, garantendo al contempo quadri giuridici e politici appropriati, costituisca un mezzo necessario per compiere dei progressi. Il CESE raccomanda agli Stati membri, con il sostegno della Commissione e del Comitato stesso, e in collaborazione con le parti sociali e le organizzazioni pertinenti della società civile, di lanciare una campagna di informazione e sensibilizzazione ad ampio raggio volta a promuovere la cultura permanente della parità di genere. Particolare attenzione andrebbe rivolta al ruolo centrale svolto dai media tradizionali e sociali in quanto piattaforme capaci di plasmare i comportamenti, ad esempio attraverso la pubblicità.

2.10.

Tale campagna dovrebbe rivolgere l'attenzione dei decisori politici alla situazione e ai progressi della parità di genere nello Stato membro in questione, misurati ad esempio sulla base dell'indice sull'uguaglianza di genere, e dovrebbe anche incoraggiare gli Stati membri a cercare ispirazione gli uni dagli altri e a condividere le buone pratiche. Le amministrazioni e gli organi pubblici dovrebbero altresì fungere da esempio rafforzando la parità di genere nelle loro attività. Come buona pratica, il CESE raccomanda che questi attori, così come i sindacati, le organizzazioni dei datori di lavoro e della società civile, rendano pubbliche le cifre relative all'equilibrio di genere nei loro consigli di amministrazione e di sorveglianza. Per ottenere una percezione positiva da parte dell'intera società, la campagna dovrebbe essere indirizzata, in particolare, agli uomini e ai ragazzi, con messaggi convincenti che illustrino i benefici della parità di genere.

2.11.

La parità di genere in termini di partecipazione al processo decisionale politico a livello nazionale, regionale e comunale è fondamentale, visto il notevole impatto che le decisioni politiche esercitano sulle vite dei cittadini. L'incremento della quota di donne tra i politici presuppone una maggiore consapevolezza da parte degli elettori, nonché dei partiti che propongono i candidati.

2.12.

Perché la parità di genere registri dei progressi occorrono misure in diversi settori di intervento; pertanto il CESE ribadisce il suo invito, rivolto ai responsabili politici ai livelli appropriati, a seguire il principio dell'integrazione e a inserire la dimensione della parità di genere in tutte le decisioni, comprese quelle riguardanti il bilancio, gli investimenti e i finanziamenti, nonché negli appalti pubblici. L'integrazione della dimensione di genere deve anche essere adeguatamente monitorata e valutata. Inoltre, è necessario un approccio olistico alla parità di genere, con particolare attenzione alle intersezioni tra il genere e altre caratteristiche, ad esempio la disabilità, l'origine etnica, la monogenitorialità, lo status socioeconomico, l'età o l'orientamento sessuale.

2.13.

Il CESE incoraggia tutte le istituzioni dell'UE, gli Stati membri e le parti interessate a utilizzare attivamente il prezioso lavoro svolto dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (EIGE), ad esempio per quanto riguarda i dati e le statistiche disaggregati per genere. Il CESE desidera inoltre sottolineare l'importanza del coinvolgimento attivo delle parti sociali nella promozione della parità di genere, essendo questa direttamente legata in varie forme al mercato del lavoro e alle condizioni di lavoro. La contrattazione collettiva è uno strumento fondamentale per conseguire la parità di genere nel mondo del lavoro. È inoltre importante utilizzare il CESE come piattaforma attiva per lavorare alla promozione di una cultura permanente della parità di genere.

3.   Osservazioni particolari — l'occupazione nel periodo della ripresa post-pandemia

3.1.

La pandemia di COVID-19 ha colpito sia donne che uomini ma gli impatti sono stati diversi e gli effetti della crisi rischiano di compromettere i progressi compiuti negli ultimi dieci anni in termini di riduzione delle disuguaglianze di genere negli Stati membri. Oltre ad avere intaccato l'equilibrio tra attività professionale e vita privata, la pandemia ha colpito più duramente le donne, con la perdita del posto di lavoro o la disoccupazione funzionale, in quanto a soffrire particolarmente sono stati i settori in cui la presenza femminile è dominante (5). Inoltre, ben maggiori sono state le probabilità che fossero delle imprenditrici, e non degli imprenditori, ad annunciare la chiusura della loro impresa a causa della pandemia. Il più ampio divario di genere è stato registrato in Europa e nell'America settentrionale, dove le imprese tenute da donne hanno avuto una probabilità maggiore del 50 % di chiudere rispetto a quelle tenute da uomini (6).

3.2.

Dal punto di vista della parità di genere e della diversità, una sfida fondamentale nella ripresa post-pandemia consiste nel garantire che i piani nazionali per la ripresa e la resilienza tengano conto della dimensione di genere e includano azioni mirate volte a migliorare tale parità nel mercato del lavoro. Tramite misure apposite si dovrebbero inoltre creare le condizioni giuste per l'imprenditorialità e per la conduzione di attività commerciali, ivi compreso un quadro di bilancio favorevole e l'eliminazione degli ostacoli all'imprenditorialità femminile.

3.3.

La necessità di eliminare tali ostacoli e di creare incentivi vale per la partecipazione delle donne al mercato del lavoro in generale, indipendentemente da professione e mansione, e riguarda le donne di ogni età. Sebbene sia fondamentale coinvolgere i giovani nei mercati del lavoro fornendo loro occasioni lavorative di qualità, è altresì importante offrire l'opportunità alle persone anziane di apportare il loro contributo in maniera adeguata (7). Di fronte alle sfide poste dall'invecchiamento della popolazione e dall'aggravarsi della carenza di manodopera qualificata in alcuni settori, il carattere inclusivo dei mercati del lavoro è ancor più importante, perfino da un punto di vista macroeconomico.

3.4.

Il CESE sottolinea la necessità di un recepimento ambizioso ed efficace della direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare. Le modalità pratiche per promuovere e facilitare un migliore equilibrio tra attività professionale e vita privata per i genitori devono essere definite nel processo di contrattazione collettiva, che è lo strumento adeguato per garantire l'applicazione delle soluzioni e pratiche migliori, tenendo conto degli interessi dei lavoratori e delle imprese. Insieme a modalità di lavoro e congedi parentali retribuiti flessibili, la tassazione e altri incentivi che incoraggino le donne a restare nel mercato del lavoro svolgono un ruolo importante nel rafforzamento della parità di genere. Una retribuzione adeguata per il congedo di paternità, in particolare nei primi mesi, spingerebbe i padri a prendere un periodo di congedo più lungo, aiutandoli a sviluppare relazioni più strette con il bambino, e aiuterebbe le madri a recuperare, migliorando nel contempo l'equilibrio tra attività professionale e vita privata. La tassazione separata del reddito dei coniugi contribuisce a incoraggiare entrambi i genitori ad essere attivi nel mercato del lavoro. Va altresì riconosciuto che le misure che consentono e incoraggiano l'attività lavorativa contribuiscono anche a un regime pensionistico più dignitoso.

3.5.

Pur essendo aumentata, nell'ultimo decennio, la partecipazione delle donne ai mercati del lavoro, si riscontra tuttora una chiara segregazione di genere (8). Persistono le disuguaglianze relative all'accesso all'istruzione e alle opportunità economiche per le donne, sebbene l'Europa presenti i livelli più bassi di disparità — con alcune differenze tra l'Europa occidentale e quella orientale — rispetto ad altre parti del mondo (9). Il CESE ha già chiesto misure tempestive per eliminare il divario retributivo e pensionistico di genere in tutte le aree e in tutti i settori, soprattutto tramite misure vincolanti per la trasparenza retributiva (10), e sottolinea che il divario retributivo si traduce in un aumento di quello pensionistico, al quale le donne sono particolarmente vulnerabili.

Il contesto culturale e gli stereotipi tradizionali influenzano anch'essi le scelte occupazionali delle donne. Un numero molto più elevato di donne rispetto agli uomini, ad esempio, lavora nel settore dell'istruzione, dell'assistenza, della sanità e in ambito sociale, mentre la presenza degli uomini prevale in settori quali l'edilizia e le industrie pesanti.

3.6.

Nel promuovere la parità di genere nel quadro di un programma di sviluppo industriale inclusivo e sostenibile, occorre indirizzare gli sforzi non solo verso l'incremento della competitività dei settori economici in cui la presenza delle donne è già significativa, ma anche verso la creazione di condizioni volte a consentire loro di partecipare a nuovi settori e di assumere nuovi ruoli. L'inclusione delle donne in nuovi settori e in nuove occupazioni da cui erano precedentemente escluse permetterà, a sua volta, ai settori emergenti di prosperare avvalendosi pienamente di ventagli di competenze più ampi e diversificati. L'offerta di posti di lavoro di qualità è un requisito per garantire che le disparità di genere esistenti non si perpetuino in questi nuovi settori.

3.7.

La segregazione di genere è tangibile anche nel campo dell'istruzione. Se, da un lato, le donne conseguono un titolo di laurea nell'istruzione terziaria e partecipano dell'apprendimento permanente, dall'altro preferiscono altre discipline rispetto a scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Visto che la ripresa post-pandemia deve avvenire in linea con le transizioni verde e digitale, le competenze nelle materie STEM svolgono un ruolo ancora più vitale. Accanto alle competenze funzionali sono inoltre essenziali le capacità emotive (ossia personali e sociali), sulla cui base si formano la resilienza, la forza mentale, la gestione dei conflitti, la collaborazione e la comunicazione fattuale. L'intelligenza razionale ed emotiva dovrà senza alcun dubbio essere al centro dell'attenzione in futuro. La cultura permanente della parità di genere deve includere l'educazione emotiva; lo stesso Forum economico mondiale del 2021 ha infatti asserito che le sette principali competenze umane comprendono la creatività, l'intelligenza emotiva e la risoluzione di problemi complessi (11).

3.8.

Quanto alla trasformazione digitale, si può constatare una chiara segregazione di genere nel settore dell'istruzione e nei mercati del lavoro in termini di distribuzione dei laureati e degli specialisti nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), nonché degli scienziati e degli ingegneri nei settori ad alta tecnologia.

3.9.

Stimolare l'interesse delle ragazze per le discipline STEM è fondamentale per una loro efficace inclusione nelle professioni del futuro. Sono inoltre necessari misure e programmi di sviluppo mirati per contribuire ad attrarle e a trattenerle nelle carriere dei settori STEM. Tra dieci anni, nove posti di lavoro su dieci richiederanno il possesso di competenze digitali (12). Il futuro del lavoro sarà caratterizzato da uno spostamento della domanda verso i professionisti delle tecnologie quali gli ingegneri informatici e gli specialisti delle TIC. Le donne rappresentano il 65 % dei lavoratori dipendenti europei, ma solo il 17 % della forza lavoro europea impiegata nel settore delle TIC mentre, di qui al 2026, il 57 % dei posti di lavoro destinati a essere soppiantati dalle tecnologie sarà stato sottratto alle donne (13).

3.10.

Il coinvolgimento delle donne nello sviluppo dell'intelligenza artificiale (IA) è fondamentale anche al fine di evitare algoritmi basati su dati sulla realtà distorti, che quindi forniscono risultati a loro volta distorti. Anche in questo campo si rende necessario un approccio intersezionale. Inoltre, poiché l'accesso a una connettività ad alta velocità e le competenze digitali costituiscono la base necessaria per una trasformazione digitale riuscita, queste dovrebbero essere disponibili e accessibili a tutti, indipendentemente da genere, età, disabilità, contesto socioeconomico o ubicazione geografica.

3.11.

La sottorappresentazione delle donne nei settori della tecnologia è problematica anche dal punto di vista della transizione verde, dato che i cambiamenti climatici e i problemi ambientali richiedono l'elaborazione e l'introduzione di molti tipi di soluzioni tecnologiche.

3.12.

Pur dovendo essere considerate parte integrante di ogni professione, le competenze digitali e verdi hanno il potenziale di attrarre i giovani in misura maggiore rispetto ai lavoratori anziani. D'altro canto, vi è una chiara distinzione tra le competenze in materia di TIC correlate al lavoro, tra cui la gestione dei dati e l'editoria elettronica, e l'alfabetizzazione digitale solitamente associata ai giovani, quali la messaggistica e l'utilizzo ricreativo di internet.

3.13.

Oltre alle competenze STEM, è altresì importante incoraggiare le ragazze a studiare discipline correlate all'economia e alla gestione, in modo tale da prepararle ad assumere posizioni dirigenziali. Inoltre è importante guidarle nell'apprendimento delle capacità imprenditoriali e di gestione del rischio e rafforzare la loro fiducia in se stesse, affinché possano evitare o eventualmente affrontare la sindrome dell'impostore (14). Riguardo al tipo di stress che le donne provano, a quanto pare, di fronte a una situazione di stress, queste tenderebbero ad assumere un atteggiamento più introverso che estroverso. Ne consegue che le donne non cercano posizioni in cui debbano «esporsi», per timore di ricevere commenti negativi, che vengono percepiti come personali, in quanto non si sentono qualificate se non soddisfano (più che) perfettamente tutti i requisiti del mansionario, né vogliono far parte della «quota femminile». Ciò è spesso legato a convinzioni e paure (inconsce). Se, da un lato, il potenziamento delle abilità e delle competenze presuppone misure concrete a livello di metodi di apprendimento e insegnamento, nonché di orientamento professionale, tali obiettivi dovrebbero essere anche correlati al programma generale di sensibilizzazione alla cultura permanente della parità di genere.

3.14.

Un aspetto specifico da affrontare è costituito dal pregiudizio di genere nel settore dell'assistenza sanitaria, a causa di una ricerca carente, di un'istruzione maschilista, di diagnosi errate e di trattamenti inadeguati. La scarsa conoscenza delle differenze basate sul sesso e il genere nelle varie discipline mediche produce con facilità diagnosi o terapie errate, poiché i sintomi femminili differiscono da quelli maschili o i dosaggi dei farmaci sono basati su studi clinici condotti principalmente su uomini. Scarsa è anche la ricerca relativa a condizioni proprie delle donne quali l'endometriosi e la menopausa, e mancano dati disaggregati per genere nella ricerca, che rendono difficile la comprensione dei meccanismi che si celano dietro alle problematiche sanitarie e ostacolano i tentativi di individuare una risposta adeguata, ad esempio, al rischio più elevato per le donne di sviluppare la sindrome da long-COVID.

3.15.

Onde evitare l'impatto negativo della medicina basata su dati distorti sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro, il CESE sottolinea che è necessario considerare e affrontare i pregiudizi di genere e le differenze basate sul sesso e il genere in tutte le strategie europee in campo farmaceutico e sanitario. Inoltre, va pienamente rispettato il diritto delle donne di prendere decisioni autonome relativamente al proprio corpo.

4.   Osservazioni particolari — l'equilibrio tra attività professionale e vita privata

4.1.

La parità di genere, in termini di equilibrio tra attività professionale e vita privata, è estremamente importante per l'economia e la società, poiché è strettamente correlata al benessere, all'occupazione e alla partecipazione in generale ai mercati del lavoro, nonché ai percorsi di carriera e alle posizioni nei settori pubblico e privato. Ciò vale per mansioni e responsabilità diverse a livello di imprese, amministrazione e processo decisionale politico.

4.2.

L'equilibrio tra attività professionale e vita privata costituisce per le donne una sfida più ardua rispetto agli uomini, in quanto un maggior numero di donne è impegnata nei lavori domestici non retribuiti ed è responsabile dell'assistenza familiare. Secondo l'indice sull'uguaglianza di genere (15) (16), il punteggio dell'UE è fortemente calato dal 2010 per quanto riguarda la componente «tempo», che misura la distribuzione dei compiti domestici e delle responsabilità di assistenza. Le variazioni significative riscontrate tra gli Stati membri riflettono le divergenze nei sistemi e nelle culture familiari a livello nazionale.

4.3.

La pandemia ha aumentato la pressione sulle famiglie in termini di equilibrio tra attività professionale e vita privata, e ciò vale soprattutto per le donne e le madri sole. Nel campo dell'assistenza all'infanzia, invece, vi sono segnali di un divario di genere meno marcato, a causa del telelavoro praticato da entrambi i genitori (17). Il telelavoro può offrire molte opportunità di contribuire alla parità di genere, e un migliore coordinamento è in grado di fornire un valore aggiunto. Il CESE, però, ha messo in guardia anche di fronte alla necessità di evitare che il telelavoro aggravi ulteriormente l'ineguale ripartizione del lavoro domestico tra donne e uomini (18). La pandemia ha inciso sull'equilibrio tra attività professionale e vita privata delle donne che occupano posizioni diverse, siano esse imprenditrici, dirigenti o dipendenti. Non va dimenticato che spesso le donne hanno un differente senso di responsabilità e responsabilizzazione quando si tratta di «prendersi cura degli altri».

4.4.

Molti fattori correlati alla parità di genere dipendono dalle infrastrutture sociali nazionali, che svolgono un ruolo importante nell'aumento della partecipazione ai mercati del lavoro e in un miglior equilibrio tra attività professionale e vita privata. Tra i sistemi più comuni figurano il sistema di assistenza, il congedo parentale, il sistema scolastico e le misure a favore dell'occupazione.

4.5.

Ribadendo quanto suggerito in precedenza (19), il CESE ritiene importante che gli Stati membri attuino la direttiva sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare in modo ambizioso, efficiente e tempestivo, al fine di offrire alle famiglie scelte adeguate e più eque, promuovendo, tra l'altro, un congedo parentale meglio retribuito per entrambi i genitori. Nel contempo, l'attuazione della direttiva deve anche tener conto delle esigenze delle imprese, in particolare di quelle piccole e medie.

4.6.

Il CESE sottolinea la necessità che gli Stati membri investano in infrastrutture di assistenza diverse, comprese la custodia dei bambini, il doposcuola, la cura degli anziani e l'assistenza alle persone con disabilità, in modo da garantire a tutti servizi accessibili e abbordabili sul piano economico. Il CESE invita gli Stati membri, insieme alle parti sociali, a elaborare strumenti adeguati che aiutino le famiglie ad avere un accesso agevole ed efficace ai servizi di sostegno e assistenza.

4.7.

Si rende inoltre necessario un nuovo tipo di mentalità a tutti i livelli, al fine di migliorare la parità di genere per quanto concerne l'equilibrio tra attività professionale e vita privata. In questo caso è fondamentale ridurre e sfatare i pensieri stereotipati in termini di ruoli familiari, ed incoraggiare le prassi lavorative che favoriscono l'equilibrio tra attività professionale e vita privata sia per le donne che per gli uomini.

5.   Osservazioni particolari — la leadership

5.1.

Se la parità di genere e la non discriminazione sul posto di lavoro sono garantite dalla normativa, un'equa partecipazione di donne e uomini alla dirigenza di un'impresa è sostenuta non solo dall'offerta di pari opportunità, ma anche dai maggiori benefici economici e sociali che essa apporta grazie al suo contributo a prospettive più ampie, alla creatività e alla competitività (20). È nell'interesse delle imprese avvalersi del livello d'istruzione superiore delle donne e dei loro talenti, sostenendone la presenza nei consigli di amministrazione e in altre posizioni dirigenziali. A tal fine è necessario che siano ben chiari i benefici della diversità, al pari dell'impatto negativo per i singoli individui e per la società derivante dalla mancata promozione della diversità in tutti i settori.

5.2.

Pur in presenza — ancora — di un ampio margine di miglioramento, i progressi più significativi registrati dall'UE e dal suo punteggio nell'indice sull'uguaglianza di genere dal 2010 in poi riguardano la componente «potere», che misura i progressi raggiunti nel processo decisionale politico ed economico. Il miglioramento più considerevole si riscontra nell'aumento della presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate. Tale fattore spiega in gran parte l'aumento generale del punteggio di cui sopra (21).

5.3.

I mezzi impiegati per rafforzare la diversità di genere nei consigli di amministrazione delle imprese variano a seconda degli Stati membri (22) e le differenze sono palesi in termini di situazione attuale e di progressi conseguiti nel tempo. Alcuni Stati membri hanno adottato quote nazionali obbligatorie per le grandi società presenti in Borsa, con quote che variano dal 25 al 40 % (23). D'altro lato, però, una serie di Stati membri supera la media dell'UE oppure ha conseguito progressi rilevanti senza applicare delle quote, ma affidandosi all'autoregolamentazione. In Francia, dove la normativa pertinente è stata introdotta nel 2011, oltre il 40 % dei membri dei consigli di amministrazione è costituito da donne, mentre in otto paesi le donne sono più di un terzo. Nel contempo, vi sono alcuni Stati membri con una quota inferiore al 10 %. La percentuale media nell'UE è del 30 % circa.

5.4.

Le differenze riguardano anche le singole aziende. Mentre le società migliori hanno registrato considerevoli progressi, all'estremità inferiore della graduatoria delle aziende si riscontrano meno cambiamenti (24). È interessante notare, altresì, che, sebbene i membri del consiglio di amministrazione siano spesso dirigenti esecutivi, i paesi meglio piazzati in termini di percentuale di donne che detengono posizioni di amministratore delegato nelle grandi società non sembrano essere tra quelli che presentano i migliori risultati a livello di membri del consiglio di amministrazione delle aziende (25).

5.5.

Pertanto non pare esserci un'unica spiegazione per delucidare le differenze esistenti tra gli Stati membri. Questo si spiega con il fatto che le differenze in termini di tradizioni e culture nazionali svolgono un ruolo significativo nell'evoluzione della parità di genere. Sostenere uno sviluppo positivo, condividere le migliori pratiche e apprendere dalle esperienze altrui sono tutti elementi di estrema importanza.

5.6.

Il CESE ribadisce inoltre le sue conclusioni e raccomandazioni in materia (26) e accoglie con favore l'accordo politico recentemente raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio in merito alla direttiva riguardante il miglioramento dell'equilibrio di genere fra gli amministratori senza incarichi esecutivi delle società quotate, proposta dalla Commissione nel 2012. Il Comitato invita le istituzioni dell'UE a procedere rapidamente alla sua attuazione in modo tempestivo ed efficace. Gli Stati membri, previa consultazione con le parti sociali, sono nella posizione migliore per decidere in merito alle misure pratiche più appropriate e adatte ad aumentare la percentuale delle donne nei consigli di amministrazione, considerando che sono i titolari di un'azienda a definire la composizione del consiglio.

5.7.

Il CESE ritiene importante promuovere la leadership al femminile mediante programmi comuni per donne che occupano posizioni dirigenziali o si candidano per diventare alti dirigenti o membri dei consigli di amministrazione, e tramite interventi di formazione e tutoraggio personalizzati (27). Il Comitato incoraggia le imprese ad investire nei programmi che potrebbero essere sostenuti anche da finanziamenti dell'UE. La promozione delle donne a posizioni aziendali di primo piano dovrebbe essere accompagnata anche dalla parità di retribuzione rispetto agli uomini che ricoprono le stesse posizioni, secondo il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, che il CESE condivide pienamente.

6.   Osservazioni particolari — l'imprenditorialità

6.1.

Nel promuovere l'imprenditorialità, occorre sfruttare il pieno potenziale della creatività e delle capacità femminili. Le imprenditrici si sono anche dimostrate forti e resilienti di fronte alla crisi e al caos (28).

6.2.

Anche le imprenditrici sono state duramente colpite dalla pandemia e hanno dovuto sostenere un carico sproporzionato di responsabilità di assistenza, aggravato dalla mancanza di servizi di assistenza all'infanzia e dal confinamento. Eppure, molte imprenditrici sono riuscite a trasformare il nuovo contesto aziendale a loro vantaggio e ad indurre altre persone, in particolare donne, a diventare anche loro imprenditrici e ad avviare nuove attività, con effetti positivi quali la creazione di posti di lavoro e il benessere che ne consegue.

6.3.

I tassi di imprenditoria femminile in Europa figurano tra i più bassi, se confrontati ad altre parti del mondo (con un tasso del 5,7 % rispetto alla media mondiale dell'11 %). Una spiegazione risiede nel fatto che le donne, nei paesi europei, hanno maggiori possibilità di lavoro che in altre parti del mondo. Ciononostante, la carenza di posti di lavoro resta il motivo più comunemente citato, ancor più dalle donne che dagli uomini, per avviare una nuova attività (29).

6.4.

L'accesso ai finanziamenti costituisce un requisito indispensabile per l'imprenditorialità, e occorre garantire un accesso equo al finanziamento sia pubblico che privato. Il CESE invita a valutare i criteri di un finanziamento pertinente quale il dispositivo per la ripresa e la resilienza, al fine di promuovere l'uguaglianza nell'imprenditoria, nonché di incoraggiare gli investimenti in progetti che rafforzano la parità di genere, ivi compresi quelli riguardanti le infrastrutture digitali e assistenziali.

6.5.

In Europa le donne hanno molte più probabilità di avere un numero minore di dipendenti (tra 1 e 5) se gestiscono un'impresa, o di essere lavoratrici autonome. Le donne di età più avanzata hanno maggiori probabilità di ricoprire posizioni dirigenziali nelle aziende. Pur ritenendo che l'imprenditoria costituisca un'opzione allettante e avendo in media un livello elevato di istruzione, le donne riferiscono di avere uno scarso spirito d'impresa, in termini di abilità di individuare nuove opportunità commerciali, di possesso delle competenze per avviare un'azienda e di capacità di non lasciarsi scoraggiare dal timore di fallire (30).

6.6.

Congiuntamente a motivi culturali, i problemi legati alla conciliazione tra le esigenze del lavoro e della famiglia possono generare questo tipo di percezione. Di conseguenza, le imprenditrici potrebbero rimanere ancorate a determinati settori ed essere restie a far crescere la propria attività. Perché l'imprenditoria femminile sia incoraggiata, le donne hanno bisogno di sostegno per superare tali percezioni ed eliminare i fattori limitanti già citati (31). In linea con l'agenda Legiferare meglio, la strategia ad alto livello dell'UE volta a garantire che la legislazione dell'UE in generale consegua i suoi obiettivi nel modo più efficace ed efficiente possibile, possono essere forniti ulteriori incentivi mediante misure volte a semplificare le procedure amministrative e a ridurre i costi di conformità, senza compromettere il livello di protezione della legislazione pertinente (32).

7.   Osservazioni particolari — I rifugiati ucraini

7.1.

L'invasione russa dell'Ucraina ha provocato una crisi umanitaria senza precedenti, che implica anche l'arrivo di centinaia di migliaia di rifugiati richiedenti asilo, principalmente donne e bambini, negli Stati membri dell'UE. Tutti gli Stati membri, sostenuti dalla società civile, si stanno prodigando per prestare assistenza e accoglienza ai rifugiati e per integrarli nei mercati del lavoro, ma vi sono numerose sfide che richiedono soluzioni coordinate in modo più efficace (33).

7.2.

Poiché la maggior parte dei rifugiati sono donne con bambini, l'accesso ai servizi di assistenza sociale, agli asili nido, alle scuole per l'infanzia e alle scuole in generale costituisce una grave strozzatura che impedisce alle donne di essere integrate nel mercato del lavoro. Inoltre, il superamento della barriera linguistica, il riconoscimento del grado d'istruzione e delle qualifiche dei rifugiati nonché una riqualificazione e un aggiornamento delle competenze in tempi brevi sono elementi centrali dell'integrazione. Anche l'esigenza di garantire gli strumenti necessari per il lavoro a distanza, quali la connettività a internet e dispositivi adeguati, figura tra le misure necessarie per affrontare tale problematica.

7.3.

Il CESE invita gli Stati membri a seguire un approccio più coordinato quando attuano gli «Orientamenti strategici per sostenere l'inclusione dei bambini sfollati ucraini nell'istruzione: considerazioni, principi e pratiche chiave» (34). Il CESE invita inoltre la Commissione ad attivare tutte le eventuali possibilità di finanziamento, in particolare per gli Stati membri che accolgono un gran numero di rifugiati.

7.4.

Durante la guerra e la fuga dal conflitto le donne sono più vulnerabili allo sfruttamento e agli abusi sessuali. Lo stupro è spesso utilizzato come arma in guerra. Per le rifugiate ucraine, e in particolare per le vittime di stupro, è fondamentale avere accesso ai servizi sanitari per la salute sessuale e riproduttiva, tra cui la contraccezione, la contraccezione di emergenza, l'assistenza all'aborto sicuro e l'assistenza per traumi psicologici. Le donne non dovrebbero mai essere costrette a portare avanti una gravidanza indesiderata. L'assenza di tali servizi negli Stati membri non dovrebbe mai costituire un motivo per indurle a non lasciare un paese non sicuro. Tutti gli Stati membri devono garantire l'accesso a tali servizi a tutti i rifugiati. In generale, l'assistenza per traumi psicologici va offerta in modo proattivo a ogni rifugiato, onde evitare che tali situazioni divengano un perfetto terreno di coltura per un seguito di conflitti ed emozioni negative che costano agli Stati cifre enormi. In questo campo sono assolutamente necessarie offerte di sostegno ibride e con una bassa soglia di accesso, e occorre sostenere in modo coerente il finanziamento di questo tipo di start up.

7.5.

Un'ulteriore questione da affrontare è lo stato di vaccinazione dei rifugiati, in particolare i bambini. L'UE dispone di programmi di vaccinazione ben sviluppati, che hanno consentito di debellare molte malattie pericolose quali la poliomielite, il vaiolo, alcune tipologie di epatite, ecc. Per preservare i risultati conseguiti, gli Stati membri devono mobilitare i loro sistemi di assistenza sanitaria; in tal caso, degli orientamenti a livello dell'UE saranno di grande aiuto. Ulteriori complicazioni derivano dal fatto che, in molti Stati membri, l'accesso ai servizi di assistenza sociale, come l'asilo o la scuola, presuppone uno stato di vaccinazione completo.

7.6.

In un momento successivo, la ricostruzione dell'Ucraina dovrebbe costituire un'occasione per consolidare la parità di genere tra la popolazione ucraina, rafforzando, tra l'altro, le infrastrutture scolastiche, sanitarie, sociali e digitali.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  SOC/723 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), GU C 364 del 28.10.2020, pag. 77, GU C 240 del 16.7.2019, pag. 3 e GU C 228 del 5.7.2019, pag. 103.

(2)  Cfr. ad esempio gli articoli 2 e 3, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali e l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

(3)  GU C 194 del 12.5.2022, pag. 19.

(4)  https://sweden.se/life/equality/gender-equality

(5)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 13.

(6)  Global Entrepreneurship Monitor.

(7)  Per ulteriori aspetti legati al genere in relazione all'invecchiamento si rimanda anche al parere GU C 194 del 12.5.2022, pag. 19.

(8)  EIGE.

(9)  Indice di disuguaglianza di genere.

(10)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 84.

(11)  Un'impresa emergente del settore digitale, fondata da donne, UP'N'CHANGE (www.upnchange.com) ha trovato modi per tradurre delle competenze approfondite in psicologia e attività di orientamento in semplici strumenti digitali per aiutare le persone a sviluppare competenze personali, sociali e creative. L'obiettivo di UP'N'CHANGE è dischiudere, con strumenti digitali, il potenziale dei lavoratori e delle équipe per consentire alle organizzazioni di conseguire un successo sostenibile. Le competenze giuste si traducono, infatti, in una collaborazione efficace. Una collaborazione efficace significa innovazione. E l'innovazione significa crescita per tutti.

(12)  Riunione annuale del Forum economico mondiale, 2020.

(13)  Ibid.

(14)  Il fenomeno dell'impostore, in cui il soggetto nutre dubbi circa le proprie abilità e capacità, può indurre a non candidarsi a posizioni dirigenziali o con particolare esposizione. Soprattutto le persone molto riflessive, che tendono a ritirarsi in circostanze di stress, hanno difficoltà a trattare con persone che mostrano una forte fiducia in se stessi.

(15)  EIGE, https://eige.europa.eu/publications/gender-equality-index-2020-report/progress-gender-equality-most-notable-company-boards

(16)  Eurofound.

(17)  Sevilla e Smith 2020.

(18)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 13.

(19)  GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 44.

(20)  Cfr. GU C 318 del 23.12.2009, pag. 15 e GU C 341 del 21.11.2013, pag. 6.

(21)  EIGE Statistical brief: gender balance in corporate boards 2020 (Sintesi statistica dell'EIGE: equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle imprese 2020).

(22)  EIGE.

(23)  https://eige.europa.eu/news/countries-legislated-quotas-could-achieve-gender-balance-parliaments-2026-those-without-may-take-close-twenty-years

(24)  European Women on Boards (Le donne europee nei consigli di amministrazione) (https://europeanwomenonboards.eu/wp-content/uploads/2021/01/EWoB-Gender-Diversity-Index-2020.pdf).

(25)  Diverse fonti combinate fornite dalla Camera di commercio finlandese (https://naisjohtajat.fi/wp-content/uploads/ sites/28/2019/01/women-directors-and-executives-report-2018.pdf).

(26)  GU C 133 del 9.5.2013, pag. 68.

(27)  Un ottimo esempio è costituito dai programmi di formazione e sostegno offerti da WKÖ (https://www.wko.at/service/ Women_in_Business.html).

(28)  Women's Entrepreneurship 2020/21: Thriving Through Crisis (L'imprenditorialità al femminile nel 2021: come prosperare nella crisi). Pubblicato dalla Global Entrepreneurship Research Association, London Business School, ISBN: 978-1-9160178-8-7.

(29)  Ibid.

(30)  Global Entrepreneurship Monitor.

(31)  Cfr. anche GU C 299 del 4.10.2012, pag. 24.

(32)  SME focus — Long-term strategy for the European industrial future (PMI in primo piano — Strategia a lungo termine per il futuro industriale europeo). Dipartimento tematico Politica economica e scientifica e qualità di vita, Direzione generale delle Politiche interne del Parlamento europeo. Autore: Stephanus Johannes SMIT, PE 648.776, aprile 2020.

(33)  Sulla base delle proposte formulate nel parere GU C 242 del 23.7.2015, pag. 9.

(34)  Policy guidance on supporting the inclusion of Ukrainian refugees in education: considerations, key principles and practices (https://www.schooleducationgateway.eu/it/pub/resources/publications/practical-manual-on-refugees.htm).


ALLEGATO

Il seguente emendamento è stato respinto nel corso del dibattito, ma ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):

EMENDAMENTO 1

Presentato da:

ANGELOVA Milena

BLIJLEVENS René

KONTKANEN Mira-Maria

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

SOC/731 — Parità di genere

Punto 3.5

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Pur essendo aumentata, nell'ultimo decennio, la partecipazione delle donne ai mercati del lavoro, si riscontra tuttora una chiara segregazione di genere (1). Le disuguaglianze relative all'accesso all'istruzione e alle opportunità economiche per le donne persistono, sebbene l'Europa presenti i livelli più bassi di disparità, con alcune differenze tra l'Europa occidentale e quella orientale, rispetto ad altre parti del mondo (2). Il CESE ha già chiesto misure tempestive per eliminare il divario retributivo e pensionistico di genere in tutte le aree e in tutti i settori, soprattutto tramite misure vincolanti per la trasparenza retributiva (3) e sottolinea che il divario retributivo si traduce in un aumento di quello pensionistico, al quale le donne sono particolarmente vulnerabili.

Il contesto culturale e gli stereotipi tradizionali influenzano anch'essi le scelte occupazionali delle donne. Un numero molto più elevato di donne rispetto agli uomini, ad esempio, lavora nel settore dell'istruzione, dell'assistenza, della sanità e in ambito sociale, mentre la presenza degli uomini prevale in settori quali l'edilizia e le industrie pesanti.

Pur essendo aumentata, nell'ultimo decennio, la partecipazione delle donne ai mercati del lavoro, si riscontra tuttora una chiara segregazione di genere (1). Le disuguaglianze relative all'accesso all'istruzione e alle opportunità economiche per le donne persistono, sebbene l'Europa presenti i livelli più bassi di disparità, con alcune differenze tra l'Europa occidentale e quella orientale, rispetto ad altre parti del mondo (2). Il CESE ha già chiesto misure tempestive per eliminare il divario retributivo e pensionistico di genere in tutte le aree e in tutti i settori, soprattutto tramite la promozione di misure per la trasparenza retributiva (3) e sottolinea che il divario retributivo si traduce in un aumento di quello pensionistico, al quale le donne sono particolarmente vulnerabili.

Il contesto culturale e gli stereotipi tradizionali influenzano anch'essi le scelte occupazionali delle donne. Un numero molto più elevato di donne rispetto agli uomini, ad esempio, lavora nel settore dell'istruzione, dell'assistenza, della sanità e in ambito sociale, mentre la presenza degli uomini prevale in settori quali l'edilizia e le industrie pesanti.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

93

Voti contrari:

114

Astensioni:

12


(1)  EIGE.

(2)  Indice di disuguaglianza di genere.

(3)  SOC/678.

(1)  EIGE.

(2)  Indice di disuguaglianza di genere.

(3)  SOC/678.


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

571a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Sessione plenaria interamente in presenza, 13.7.2022 - 14.7.2022

22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2005/29/CE e 2011/83/UE per quanto riguarda la responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell'informazione

[COM(2022) 143 final — 2022/0092 (COD)]

(2022/C 443/10)

Relatore:

Thierry LIBAERT

Correlatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

 

Consiglio dell'Unione europea, 12.4.2022

 

Parlamento europeo, 7.4.2022

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.6.2022

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

82/0/3

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

209/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene le proposte della Commissione europea (CE) volte a rafforzare la capacità di azione dei consumatori a favore della transizione verde. Esorta la CE a mantenere un livello elevato di ambizione, in quanto si tratta di un progetto che avrà un impatto positivo sul piano economico, sociale e ambientale.

1.2.

Il CESE sottolinea la necessità di compiere ogni sforzo per garantire che le informazioni siano messe sistematicamente a disposizione dei consumatori, in particolare per quanto riguarda i pezzi di ricambio e i manuali di riparazione, nonché gli aggiornamenti del software previsti.

1.3.

Il CESE chiede con insistenza alla CE di dare prova di ambizione sostenendo il principio di un indice di riparabilità dei prodotti «bruni» e «bianchi». Questo indice deve rispondere alle aspettative dei consumatori per quanto riguarda sia la gamma dei prodotti interessati sia i criteri presi in considerazione.

1.4.

Al di là della riparabilità di questi prodotti, il CESE ritiene che la CE dovrebbe fare dei progressi per quanto riguarda il principio di un'indicazione semplice e concertata della durabilità dei prodotti nei prossimi anni.

1.5.

Occorre altresì incoraggiare la formazione di nuovi riparatori e il miglioramento delle competenze degli attori attuali, una condizione indispensabile per lo sviluppo dell'attività di riparazione, che è un'importante fonte di occupazione per il nostro continente. Il CESE invita inoltre l'Europa a ridurre la sua dipendenza dalle materie prime, al fine di rafforzare la propria capacità di riparazione e dotarsi di pezzi di ricambio. Analogamente, l'Europa ha bisogno di una politica di reindustrializzazione seria ed efficace. Le recenti crisi hanno messo in luce debolezze che dovrebbero essere viste come opportunità di ripresa.

1.6.

Oltre alla necessità di fare applicare l'obbligo di indicare il periodo di garanzia legale, è necessario tutelare meglio i consumatori da ogni confusione tra garanzie legali e garanzie commerciali. Inoltre, nel quadro della garanzia, dovrebbe essere promosso il primato della riparazione rispetto alla sostituzione con un prodotto nuovo, senza tuttavia limitare la libertà dei consumatori di scegliere il rimedio più opportuno.

1.7.

Per favorire una maggiore durata di vita dei prodotti, il CESE approva l'aggiunta di nuove pratiche commerciali all'elenco delle azioni considerate ingannevoli. Tuttavia, su tre punti, il CESE invita la CE ad andare oltre l'obbligo di informazione.

le tecniche introdotte per abbreviare la durata di vita di un prodotto: secondo il CESE, esse dovrebbero figurare tra le pratiche commerciali ingannevoli, oltre alla semplice assenza di informazioni;

la non riparabilità di talune merci: anche in questo caso, gli ostacoli intenzionali alla riparazione, e non solo la mancanza di informazioni al riguardo, potrebbero essere annoverati tra le pratiche commerciali ingannevoli;

gli aggiornamenti che rischiano di causare malfunzionamenti; a tale riguardo, è necessario imporre la reversibilità dell'aggiornamento.

1.8.

Il rafforzamento delle capacità di azione dei consumatori deve essere accompagnato da una migliore protezione dalle pubblicità ingannevoli. In tal senso, il quadro giuridico per la pubblicità deve integrare meglio gli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

1.9.

Pertanto, dalla pubblicità deve essere bandita qualsiasi dichiarazione non giustificata, come spesso avviene per quanto riguarda la neutralità in termini di emissioni di carbonio, nonché qualsiasi evocazione o rappresentazione di comportamenti contrari alla tutela dell'ambiente e alla conservazione delle risorse naturali. È inoltre necessaria una maggiore capacità di controllo delle dichiarazioni ambientali.

1.10.

Al fine di evitare ogni confusione e alla luce della proliferazione di marchi ambientali spesso autoproclamati, la Commissione europea deve porre maggiormente l'accento sul marchio europeo di qualità ecologica e sulla necessità di procedure di certificazione per l'etichettatura.

1.11.

Per mettere in guardia rispetto alle pratiche commerciali ingannevoli, il CESE invita l'UE a rafforzare la protezione degli informatori che segnalano delle violazioni relative alle caratteristiche ambientali dei prodotti.

1.12.

Infine, il CESE invita la Commissione a promuovere una forte azione di sensibilizzazione dei consumatori in merito alle tematiche del consumo responsabile.

2.   Sintesi del documento della Commissione

2.1.

La proposta di direttiva in esame mira a rafforzare i diritti dei consumatori modificando due direttive che tutelano gli interessi dei consumatori a livello dell'UE: la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) sulle pratiche commerciali sleali e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) sui diritti dei consumatori. L'obiettivo della proposta è contribuire a un'economia europea circolare, pulita e verde, consentendo ai consumatori di prendere decisioni di acquisto consapevoli e contribuire così a una maggiore sostenibilità dei consumi. La proposta mira anche a contrastare le pratiche commerciali sleali che inducono in errore i consumatori e li distolgono dalle scelte di consumo sostenibili.

2.2.

La proposta è una delle iniziative previste nella nuova agenda dei consumatori (3) e nel piano d'azione per l'economia circolare (4), e dà seguito al Green Deal europeo (5).

2.3.

La proposta comprende tutta una serie di misure volte ad aggiornare la normativa vigente in materia di protezione dei consumatori al fine di garantire che questi siano tutelati e possano contribuire attivamente alla transizione verde. La direttiva sui diritti dei consumatori impone attualmente ai professionisti di fornire ai consumatori informazioni sulle caratteristiche principali dei beni o dei servizi.

2.4.

Tuttavia, poiché non vi è alcun obbligo di fornire informazioni sull'assenza di garanzie commerciali di durabilità, la direttiva non incentiva sufficientemente i produttori a fornirle. La ricerca mostra che, quando i prodotti di consumo sono offerti con una garanzia commerciale, le informazioni sulla garanzia e sulle modalità di addebito ai consumatori sono spesso poco chiare, imprecise o incomplete, il che rende difficile per i consumatori confrontare i prodotti e distinguere la garanzia commerciale dalla garanzia legale (obbligatoria) (6).

2.5.

Inoltre, la direttiva non prevede obblighi specifici di fornitura di informazioni ai consumatori sulla riparabilità dei beni. Tali informazioni, che permetterebbero di promuovere la riparazione di beni e sarebbero particolarmente preziose per aiutare i consumatori a contribuire a un'economia circolare, risultano perlopiù mancanti presso i punti vendita. Studi recenti mostrano che fino all'80 % dei consumatori dell'UE afferma di avere difficoltà a trovare informazioni sulla facilità di riparare un prodotto (7).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Attualmente la maggior parte dei consumatori europei lamenta la mancanza di informazioni sull'impatto ambientale del consumo. Questa osservazione è stata confermata dalla consultazione pubblica organizzata dalla CE. Nel 2012 l'Eurobarometro realizzato sui comportamenti e gli atteggiamenti dei consumatori europei nei confronti dei prodotti verdi ha mostrato che il 92 % degli intervistati europei è favorevole alla messa a disposizione di informazioni sulla durata di vita dei prodotti.

3.2.

Tale assenza di informazioni è dannosa, in quanto la presenza di informazioni chiare e leggibili è in grado di favorire un cambiamento dei comportamenti. Questo effetto è stato confermato dal CESE che, nello studio condotto presso 3 000 consumatori europei, ha effettuato una simulazione dell'indicazione della durata di vita di prodotti di consumo quotidiano su un sito di acquisti online. Secondo questo studio, l'etichettatura sulla durata di vita consente il 56 % di vendite supplementari per i prodotti con una lunga durata di vita.

3.3.

La mancanza di informazioni destinate ai consumatori riveste un'importanza sociale fondamentale. Le difficoltà legate al potere d'acquisto rendono ancora più importante indirizzare le categorie sociali medie e svantaggiate verso la riparazione e un consumo più responsabile. Migliorare l'informazione dei consumatori con mezzi semplici è un modo per contribuire a rendere il consumo responsabile più accessibile alle persone più vulnerabili.

3.4.

Una migliore informazione dei consumatori contribuisce a rafforzare il modello economico delle imprese europee. A fronte dei rischi di dumping connessi alle importazioni di prodotti a basso costo, è probabile che le microimprese, le PMI e i loro committenti acquistino maggiore visibilità presso i consumatori; potranno così valorizzare la qualità dei prodotti progettati in Europa.

3.5.

Anche i dettaglianti e i punti vendita tradizionali europei possono sfruttare positivamente questi futuri sviluppi legislativi, in quanto potrebbero aumentare il loro vantaggio comparativo rispetto ai rivenditori online. In effetti, il ruolo di consulenza fornito dal venditore «in presenza» è rafforzato dalle nuove informazioni messe a disposizione del consumatore. Tali sviluppi potrebbero avere un impatto positivo sull'occupazione nell'UE. A tal fine, l'Europa ha bisogno di risorse umane adeguate: il CESE invita la Commissione a sostenere gli sforzi di formazione delle imprese, in particolare delle PMI.

3.6.

Se è necessario fornire informazioni ambientali adeguate, occorre anche garantire che venga preso in considerazione l'insieme degli impatti ambientali. Gli impatti climatici, misurati sotto forma di emissioni di gas a effetto serra, sono al centro del dibattito pubblico, ma costituiscono solo una parte degli effetti sull'ambiente. Ad esempio, le analisi del ciclo di vita dei prodotti mostrano che, per la maggior parte dei beni di consumo, l'impatto ambientale deriva principalmente dall'estrazione delle risorse e dalla fabbricazione dei prodotti stessi, da cui consegue che una priorità ambientale va incentrata sul prolungamento della durata di vita dei prodotti.

3.7.

Considerati tutti questi aspetti, ne consegue che il consumo medio degli europei non è sostenibile dal punto di vista ambientale. Secondo il calcolo dell'impronta ecologica, ad esempio, lo stile di vita di un europeo richiederebbe l'equivalente di 2,8 pianeti.

3.8.

In molti casi, il modo in cui i prodotti vengono progettati porta ad una riduzione della loro durata di vita, che sia attraverso processi tecnici, ostacoli alla riparazione oppure tecniche software. L'obsolescenza precoce che ne risulta è uno dei principali fattori di insoddisfazione riscontrato presso i consumatori, che sono vittime di una forte asimmetria informativa.

3.9.

Infine, il CESE osserva che la guerra in Ucraina rende ancora più imperativo rafforzare l'autonomia strategica europea. Da questo punto di vista, dovrebbero essere incoraggiate le iniziative che contribuiscono a una maggiore durata di vita dei prodotti, in particolare quelle relative ai metalli strategici.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Fornire ai consumatori informazioni supplementari sulla durabilità dei beni

4.1.1.

Data l'importanza delle sfide collegate alla durata di vita dei prodotti, è necessario migliorare l'informazione dei consumatori. In tal senso il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione, in quanto mira a sistematizzare la fornitura di informazioni sulla disponibilità di pezzi di ricambio, sui manuali d'uso o sul periodo coperto dagli aggiornamenti del software.

4.1.2.

Va ricordato che, se l'assenza di informazioni è dannosa, risultano quasi altrettanto dannosi anche l'eccesso di informazioni o il carattere troppo tecnico di queste ultime.

4.1.3.

Il CESE mette in guardia la Commissione sugli inconvenienti che potrebbero derivare dalla fornitura di nuove informazioni attraverso un'etichetta elettronica o un codice QR. Oltre all'impatto ambientale digitale aggiuntivo causato da queste tecniche, occorre tenere presente che qualsiasi azione supplementare (dover estrarre lo smartphone, cliccare, catturare l'immagine ecc.) costituisce un ulteriore ostacolo a un consumo responsabile.

4.1.4.

La proposta della Commissione va nella giusta direzione, in quanto collega le sfide della comunicazione con quelle dell'obsolescenza precoce dei prodotti. Il primo passo per rafforzare l'informazione dei consumatori deve essere l'introduzione di un indice di riparabilità per il maggior numero possibile di prodotti, come avviene in Francia dal 2021. La riparabilità è infatti uno degli aspetti più facilmente misurabili della durabilità dei prodotti.

4.1.5.

Perché sia all'altezza delle sfide, è necessario che l'indice di riparabilità venga concepito in modo ambizioso almeno sotto due profili. Da un lato, deve riguardare il maggior numero possibile di prodotti elettrici, elettronici ed elettrodomestici. Dall'altro, la riparabilità deve essere contemplata in tutte le sue dimensioni, anche tenendo conto dei costi di riparazione (prezzo dei pezzi di ricambio), della disponibilità dei pezzi di ricambio e delle condizioni del supporto software.

4.1.6.

Secondo il CESE, una politica ambiziosa per l'informazione dei consumatori non dovrebbe limitarsi alla riparabilità. In effetti, le aspettative dei consumatori riguardano soprattutto la durata dei prodotti nel tempo, e non la loro riparabilità. D'altra parte, il CESE si è già pronunciato su questo punto (8). L'UE deve dotarsi di un indicatore semplice che fornisca informazioni sulla durabilità di un prodotto, compresa la riparabilità, ma anche sulla solidità e sulla possibilità di miglioramento dei prodotti. Ciò favorirà indirettamente la reindustrializzazione in Europa. Questo principio, che con tutta evidenza va coordinato con le parti interessate nelle sue modalità di applicazione e introdotto progressivamente, deve essere incluso nelle proposte della Commissione, altrimenti si rischia di deludere una delle principali aspettative dei consumatori.

4.1.7.

È necessario lavorare ulteriormente sulle garanzie per migliorare l'informazione dei consumatori. In primo luogo, la CE deve ribadire un principio semplice: l'esistenza e la durata della garanzia di conformità [direttiva (UE) 2019/771 del Parlamento europeo e del Consiglio (9)) devono essere esibite ovunque, nei punti di vendita fisici oppure online, per tutti i beni interessati. In effetti, prima di aggiungere nuovi diritti occorre innanzitutto garantire il rispetto della normativa vigente.

4.1.8.

Il CESE si compiace del fatto che si sia tenuto conto delle difficoltà che i consumatori possono incontrare nel distinguere le garanzie commerciali dalle garanzie legali. È pertanto opportuno che la CE voglia evitare che tali garanzie commerciali creino confusione.

4.1.9.

Al fine di aumentare i suoi effetti positivi sulla protezione dell'ambiente, la garanzia potrebbe promuovere una riparazione del bene danneggiato e non la sua sostituzione con un articolo nuovo. L'UE può promuovere il primato della riparazione rispetto alla sostituzione in caso di guasto, facendo sì che la riparazione sia un'opzione più facile, più rapida e più semplice per i consumatori.

4.1.10.

In relazione a tali disposizioni, la sensibilizzazione dei cittadini può contribuire, in misura ancora maggiore, a questa evoluzione dei consumi. Pertanto, l'UE deve promuovere o addirittura avviare delle campagne sui giusti riflessi da adottare per un consumo responsabile (informazioni, acquisti di seconda mano, riparazione, manutenzione dei prodotti), in particolare con il sostegno della società civile organizzata, che può svolgere un ruolo chiave nel quadro della proposta in esame.

4.2.   Rafforzare le disposizioni andando oltre l'obbligo di informazione

4.2.1.

Limitandosi a penalizzare l'assenza di informazioni, l'Unione europea aprirebbe la strada alla legalizzazione di tali pratiche, che sono però incompatibili con la tutela dei consumatori e dell'ambiente. L'UE non può accontentarsi di vietare l'assenza di informazioni su una tecnica volta a limitare la durata di vita di un prodotto, ma deve vietare tale pratica in quanto tale. In altre parole, non sarebbe comprensibile che l'UE trasmetta il messaggio per cui l'obsolescenza programmata è consentita a condizione che sia accompagnata da informazioni per i consumatori. La disposizione deve indicare chiaramente ai fabbricanti che in Europa i prodotti non possono essere progettati in modo tale da guastarsi prematuramente.

4.2.2.

Analogamente, le altre formulazioni contenute nella direttiva presentano il rischio di non tutelare sufficientemente i consumatori. Non basta obbligare il fabbricante a comunicare al consumatore che una merce non è riparabile: è la non riparabilità intenzionale che deve essere vietata in quanto tale.

4.2.3.

Come il CESE e la CE ben sanno, gli aggiornamenti dei software provengono spesso da software che consumano troppa memoria ed energia, riducendo la durata di vita delle apparecchiature collegate. La legislazione non deve soltanto esigere che il fabbricante informi il consumatore in merito agli effetti negativi di un aggiornamento. Anche in questo caso, è facile immaginare come queste avvertenze possano essere nascoste all'interno di una grande quantità di informazioni positive sull'aggiornamento, inducendo il consumatore ad accettarlo.

4.3.   Inquadrare e sanzionare le pratiche che riducono il potere di azione dei consumatori

4.3.1.

Come giustamente segnalato dalla Commissione, le pratiche di greenwashing costituiscono uno dei principali ostacoli all'informazione dei consumatori per la transizione verde. La proposta di direttiva sottolinea giustamente la necessità di sanzionare le dichiarazioni ambientali generiche che non si possono definire in maniera oggettiva né dimostrare.

4.3.2.

Il CESE accoglie con favore il divieto di esibire marchi di sostenibilità che non siano soggetti a un sistema di certificazione formale. Lo sviluppo graduale e concertato di un indice europeo, proposto nel presente parere, potrebbe rispondere a tale esigenza.

4.3.3.

Altre dichiarazioni ambientali pregiudicano spesso la corretta informazione dei consumatori. È legittimo vietare di vantare prestazioni ambientali quando riguardano una sola caratteristica del prodotto o costituiscono semplicemente l'applicazione di obblighi giuridici o di pratiche comuni.

4.3.4.

Incoraggiare un consumo responsabile significa anche rafforzare le etichette che certificano misure ambientali serie. In tal senso, nonostante i progressi compiuti, il marchio di qualità ecologica dell'Unione europea è ancora troppo poco utilizzato. Si dovrebbe prevedere un sostegno per aumentare l'accessibilità del marchio e un'adeguata campagna di comunicazione.

4.3.5.

Nella logica continuazione di quanto precede, il quadro giuridico per la pubblicità deve integrare meglio i principi dello sviluppo sostenibile, anche inquadrando in modo rigoroso la pubblicità sui prodotti più inquinanti, in linea con il recente parere del CESE in materia (10).

4.3.6.

Nella stessa ottica, se la pubblicità deve evitare di ricorrere a dichiarazioni ambientali relative a un prodotto nel suo complesso quando invece ne riguardano solo taluni elementi, essa deve anche vietare qualsiasi dichiarazione ingiustificata, come quelle fin troppo frequenti relative alla neutralità in termini di emissioni di carbonio, nonché qualsiasi evocazione o rappresentazione di comportamenti contrari alla protezione dell'ambiente e alla conservazione delle risorse naturali. Inoltre, nella pubblicità deve essere vietata qualsiasi rappresentazione che possa normalizzare o promuovere pratiche o idee contrarie agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

4.3.7.

Per segnalare tempestivamente le pratiche commerciali ingannevoli, è spesso necessario disporre di informazioni provenienti dagli stessi soggetti che immettono i prodotti sul mercato. Tuttavia, ad oggi gli informatori in questo settore sono pochi, a causa del timore di ritorsioni. La procedura di segnalazione delle violazioni di cui alla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (11) deve poter essere applicata a tali informatori.

Tutte queste disposizioni saranno pienamente efficaci solo se saranno concertate con gli attori economici che rappresentano sia le grandi che le piccole e medie imprese, nonché con le parti sociali, le associazioni dei consumatori e, più in generale, la società civile. Il CESE ritiene che si tratti di una politica essenziale, in quanto afferma un modello di mercato competitivo adeguato alle problematiche ambientali, attento ai consumatori e alla competitività degli operatori economici europei, nonché compatibile con le sfide dell'autonomia strategica europea.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell'11.6.2005, pag 22).

(2)  Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011 , sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64).

(3)  COM(2020) 696 final del 13 novembre 2020.

(4)  COM(2020) 98 final dell'11 marzo 2020.

(5)  COM(2019) 640 final dell'11 dicembre 2019.

(6)  Commissione europea, Consumer market study on the functioning of legal and commercial guarantees for consumers in the EU (Studio del mercato dei consumatori sul funzionamento delle garanzie giuridiche e commerciali per i consumatori nell'UE), 2015. Studio a sostegno della valutazione d'impatto: Study on Empowering Consumers Towards the Green Transition (Studio sulla responsabilizzazione dei consumatori verso la transizione verde), luglio 2021. Commercial warranties: are they worth the money? (Garanzie commerciali: valgono il loro prezzo?) ECC-Net, aprile 2019.

(7)  Commissione europea, Behavioural Study on Consumers' Engagement in the Circular Economy (Studio comportamentale sulla partecipazione dei consumatori all'economia circolare), 2018, pag. 81.

(8)  GU C 67 del 6.3.2014, pag. 23.

(9)  Direttiva (UE) 2019/771 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE, e che abroga la direttiva 1999/44/CE (GU L 136 del 22.5.2019, pag. 28).

(10)  GU C 105 del 4.3.2022, pag. 6.

(11)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937

[COM(2022) 71 final]

(2022/C 443/11)

Relatrice:

Antje GERSTEIN

Consultazione

Parlamento europeo, 4.4.2022

Consiglio dell'Unione europea, 5.4.2022

Base giuridica

Articolo 50, paragrafo 1, e paragrafo 2, lettera g), e articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

27.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

179/6/14

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta quale passo importante verso l'istituzione di un quadro legislativo coerente dell'UE in materia di governo societario sostenibile e dovere di diligenza, che promuova il rispetto dei diritti umani come dovere per le imprese e gli amministratori. L'obiettivo dovrebbe essere quello di garantire la certezza del diritto per le imprese, i dipendenti e tutte le loro altre parti interessate.

1.2.

Il CESE invita quindi i colegislatori a tenere presente l'idea di parità di condizioni e a prevedere perlomeno una piena armonizzazione delle disposizioni fondamentali per evitare l'emergere di discrepanze fonti di distorsioni tra le varie leggi di recepimento della direttiva negli Stati membri.

1.3.

Il CESE sottolinea la grande importanza dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani. Si tratta del parametro di riferimento che delinea chiaramente i doveri e le responsabilità di tutti gli attori (Stati, imprese, società civile, sindacati e rappresentanti dei lavoratori) — con il suo modello a tre pilastri («proteggere, rispettare e porre rimedio») — di migliorare la situazione dei diritti umani lungo le catene di approvvigionamento e del valore in tutto il mondo. I principi del diritto internazionale in materia di diritti umani stabiliscono gli obblighi per gli Stati di sostenere, difendere e rispettare i diritti umani degli individui nei loro territori e/o nella loro giurisdizione.

1.4.

Un cambiamento sistemico e sostenibile sul campo può essere conseguito solo aiutando i paesi ad acquisire la capacità di adempiere meglio al loro dovere di tutelare i diritti umani. Le imprese hanno una chiara responsabilità in materia di rispetto dei diritti umani, ma non possono sostituire il ruolo fondamentale e il corretto funzionamento dello Stato. In tale contesto, il CESE accoglie con favore l'iniziativa legislativa annunciata dalla Commissione, che affronterà specificamente la questione del lavoro forzato.

1.5.

Il CESE chiede che la direttiva operi una chiara distinzione tra gli effetti negativi causati o influenzati da un'impresa e quelli che non sono causati né influenzati da un'impresa, ma direttamente collegati alle sue attività, ai suoi prodotti o ai suoi servizi attraverso un rapporto commerciale. Essa deve riconoscere che il dovere di diligenza richiede un approccio basato sul rischio e può comportare una definizione di priorità sulla base della valutazione del rischio.

1.6.

Il CESE desidera sottolineare che i responsabili politici devono tenere presente la difficile posizione delle MPMI e garantire la disponibilità di strumenti di sostegno, a livello europeo e nazionale, una volta entrata in vigore la legislazione sul dovere di diligenza.

1.7.

L'esercizio del dovere di diligenza da parte delle imprese è un processo continuo, in cui il coinvolgimento dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori costituisce un fattore di successo. Il CESE invita a prendere in considerazione l'ulteriore sviluppo del quadro dell'UE in materia di governo societario sostenibile. In tale contesto, l'attuale coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori organizzati ed eletti, ad esempio sulla base dei lavori dei comitati aziendali europei (CAE) o degli accordi quadro internazionali (International Framework Agreements — IFA) e, se del caso, nei consigli di amministrazione delle imprese, serve da guida e da sostegno.

1.8.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la proposta della Commissione contenga numerosi concetti giuridici poco chiari e suscettibili di interpretazione, e ritiene pertanto necessario fornire una migliore definizione, ad esempio, di «rapporti d'affari consolidati», «catena del valore a valle» e «misure appropriate», in quanto tali concetti definiscono/influenzano/ determinano non solo l'ambito di applicazione della direttiva, ma anche i relativi obblighi di dovere di diligenza, sanzioni e responsabilità.

1.9.

Il CESE chiede che la proposta sia più chiara per quanto riguarda i gruppi e gli obblighi in materia di dovere di diligenza. Invece del riferimento a una «società» (articolo 3, lettera a)), il CESE ritiene che il riferimento a un «gruppo di imprese» sarebbe più appropriato e coerente per quanto riguarda i meccanismi di comunicazione di informazioni, le procedure di comunicazione, la gestione delle comunicazioni/dei reclami e gli sforzi in materia di formazione all'interno di una società.

2.   Contesto della proposta della Commissione

2.1.

I diritti umani sono una preoccupazione fondamentale per l'Unione europea e per i suoi Stati membri, nonché per le imprese, i lavoratori e la società civile europei. La transizione dell'Unione verso un'economia verde e climaticamente neutra e il suo ambizioso piano per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite (1) sono motori dello strenuo impegno che l'UE dedica all'agenda delle imprese e dei diritti umani. Approvando pienamente le norme internazionali esistenti e i loro importanti risultati, in particolare i principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP) (2) e le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali (3), il CESE pone un forte accento sulla coerenza delle politiche con questi strumenti. La dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell'OIL comprende anche un elenco esaustivo di diritti riguardanti le imprese multinazionali e il lavoro, con riferimento in particolare alle convenzioni e alle raccomandazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e dovrebbe pertanto essere presa in considerazione. Chiede inoltre coerenza tra le politiche nazionali e la legislazione europea attualmente in fase di elaborazione che riguarda ambiti simili o prevede anch'essa norme in materia di dovere di diligenza. Tale legislazione comprende ad esempio la direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (4), la proposta di regolamento sui prodotti a deforestazione zero (5), la proposta di un nuovo regolamento relativo alle batterie (6), l'iniziativa sui prodotti sostenibili (7), la tassonomia dell'UE per gli investimenti sostenibili (8) e l'imminente iniziativa legislativa della Commissione volta a vietare efficacemente l'immissione sul mercato dell'Unione di prodotti realizzati con il lavoro forzato (divieto di commercializzazione) (9).

2.2.

Dopo che alcuni Stati membri (10) hanno emanato una legislazione nazionale in materia di dovere di diligenza delle imprese, è emersa una crescente volontà di creare condizioni di parità a livello europeo per le imprese all'interno dell'Unione ed evitare la frammentazione. In tale contesto, la Commissione europea ha presentato la proposta in esame relativa a un quadro orizzontale per incoraggiare le imprese a fare la loro parte per rispettare i diritti umani e l'ambiente.

3.   Osservazioni generali

3.1.

L'attacco senza precedenti della Russia nei confronti dell'Ucraina sta cambiando profondamente il quadro geopolitico e ha innescato una profonda rivalutazione delle relazioni economiche e delle dipendenze nella nostra economia globalizzata, accelerando il perseguimento di una maggiore indipendenza dell'Europa in settori strategici chiave. Il conseguente riadeguamento su vasta scala delle nostre catene di approvvigionamento richiederà anche una riflessione sul rapporto tra il dovere di diligenza e il dovere di applicare sanzioni decise a livello politico che limitano l'ambito di attività delle imprese. Pertanto, il CESE raccomanda un approccio pratico, che tenga conto delle nuove realtà imprenditoriali e venga incontro alle imprese nel fornire loro la consulenza di cui hanno urgente bisogno.

3.2.

Data l'elevata complessità delle attuali catene di approvvigionamento, l'accuratezza deve prevalere sulla velocità: tenuto conto dell'approccio dettagliato seguito nell'elaborazione della proposta di direttiva in esame, è essenziale mantenere il senso delle proporzioni. Oltre al pieno rispetto delle norme e degli strumenti internazionali in materia di diritti umani, il punto di partenza dovrebbe essere sempre il modo in cui gli elementi ben consolidati dei principi guida delle Nazioni Unite e delle linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali possono essere integrati in modo pratico ed efficace, unitamente a un'attenta valutazione delle conseguenze / dell'impatto della direttiva sulle diverse categorie di imprese europee (ad esempio le MPMI, le strutture di holding che operano a livello internazionale).

3.3.

Il CESE sottolinea che la direttiva proposta rappresenta solo un tassello di un'agenda dell'UE molto più completa, intesa a promuovere la sostenibilità ambientale, il lavoro dignitoso e i diritti umani in tutto il mondo. Un cambiamento sistemico e sostenibile sul campo può essere conseguito solo aiutando i paesi ad acquisire la capacità di adempiere meglio al loro dovere di tutelare i diritti umani. Le imprese hanno una chiara responsabilità in materia di rispetto dei diritti umani, ma non possono sostituire il ruolo fondamentale e il corretto funzionamento dello Stato, in particolare il dovere dello Stato di proteggere dagli abusi dei diritti umani nel loro territorio e nella loro giurisdizione, adottando misure adeguate per prevenire, indagare, punire e porre rimedio alle violazioni dei diritti umani attraverso politiche, leggi, regolamenti e procedimenti giudiziari efficaci.

3.4.

Le imprese sono tenute a rispettare le leggi applicabili e hanno la responsabilità di rispettare i diritti umani in linea con i principi guida delle Nazioni Unite. Devono attuare un processo funzionante in materia di dovere di diligenza per garantire il rispetto dei diritti umani lungo le catene del valore. Gli Stati e i loro governi hanno il dovere di perseguire le violazioni dei diritti umani. Essi sono i destinatari dei diritti umani e delle convenzioni internazionali in materia. Gli Stati dispongono giustamente di numerosi poteri esecutivi che le imprese non hanno e non dovrebbero mai avere, ad esempio: ispezionare i luoghi di lavoro, emettere ammende, sequestrare beni, revocare le licenze commerciali, arrestare sospetti, accusare presunti autori di abusi e incarcerare i soggetti giudicati colpevoli e condannati.

3.5.

Il CESE sottolinea il costante bisogno di attribuire priorità alla trasformazione verde unitamente alla protezione sociale e alla salvaguardia dei diritti umani, compresi i diritti dei sindacati e dei lavoratori. Anche le organizzazioni della società civile devono svolgere un ruolo fondamentale nel creare una trasparenza affidabile per quanto riguarda la violazione dei diritti umani e ambientali, nonché nel monitorare il requisito, previsto dalla tassonomia dell'UE, secondo cui gli investimenti devono soddisfare il principio «non arrecare un danno significativo» e garanzie minime di salvaguardia (11).

3.6.

I sindacati e i rappresentanti dei lavoratori sanno bene dove possono verificarsi comportamenti scorretti. Il CESE sottolinea pertanto l'importanza di coinvolgere i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati nelle attività di istituzione dei processi di diligenza (mappatura dei rischi), nonché nel monitoraggio di tali processi (attuazione) e nella segnalazione delle violazioni (meccanismi di allerta). Solo con un partenariato sociale proficuo è possibile gestire la trasformazione verso un'economia sostenibile più sociale ed ecologica.

3.7.

Il CESE osserva che l'elenco dei diritti umani internazionali su cui dovrebbe basarsi la direttiva deve essere definito con precisione per offrire alle imprese la certezza giuridica di cui hanno bisogno nell'ambiente imprenditoriale internazionale. Il CESE ritiene che il dovere di diligenza delle imprese debba estendersi all'esame delle norme in materia di diritti umani riconosciute nei principi guida delle Nazioni Unite (12), che consistono nei principi relativi alle norme fondamentali del lavoro dell'OIL (divieto di lavoro forzato, lavoro minorile e discriminazione e libertà di associazione), nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (13), nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (14) e nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali (15). Inoltre, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (16), nonché la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del Consiglio d'Europa (17) e la Carta sociale europea (18), come pure la dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell'OIL (19), stabiliscono diritti, valori e principi che fungono da bussola e da guida per l'UE nel suo insieme.

3.8.

Il CESE ritiene che la direttiva debba essere chiaramente migliorata ai fini di una maggiore armonizzazione, chiarezza giuridica e certezza del diritto. Un quadro relativo al dovere di diligenza obbligatorio si realizzerebbe con una norma concordata applicata con sanzioni proporzionate, efficaci e dissuasive, mentre la responsabilità dovrebbe basarsi sulla violazione di un insieme chiaramente definito di diritti umani.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la proposta della Commissione contenga numerosi concetti giuridici poco chiari, che sono interpretabili e la cui applicazione da parte delle autorità e dei tribunali nazionali può divergere. In particolare, il CESE ritiene necessario fornire una migliore definizione di «rapporti d'affari consolidati», in quanto tale concetto definisce non solo l'ambito di applicazione della direttiva, ma anche gli obblighi in materia di dovuta diligenza, nonché le sanzioni e le responsabilità in caso di danni. Anche il concetto di «catena del valore a valle» richiede una definizione più solida. Non spetta a un'impresa controllare l'azione dei clienti e assumersene la responsabilità (20). Le «misure appropriate» che le imprese dovrebbero adottare per beneficiare dell'esenzione dalla responsabilità devono essere meglio definite e corredate di esempi. Da ultimo, ma non meno importante, l'obbligo proposto per gli amministratori di tenere conto dei contributi dei «portatori di interessi» non è chiaro.

4.2.

La catena del valore, come proposto nel progetto di direttiva, comprende non solo i fornitori diretti e indiretti, vale a dire le attività «a monte», ma anche l'uso e, se del caso, lo smaltimento di un prodotto o di un servizio, ossia le attività «a valle» o a fine vita. In effetti, la tracciabilità delle attività «a valle» comporta una serie di problemi molto pratici. In particolare, è probabile che tenere traccia di un prodotto dopo la sua immissione sul mercato risulti ancora più difficile che monitorare l'approvvigionamento di materie prime e componenti. Ciò vale in particolare per i prodotti riciclati, per i quali la tracciabilità potrebbe essere spesso impossibile.

4.3.

Le imprese dovrebbero essere tenute a progettare i propri processi di dovere di diligenza in materia di diritti umani in modo che siano basati sul rischio e proporzionati al loro impatto potenziale ed effettivo. Pertanto, il CESE ritiene necessario definire di conseguenza l'ambito di applicazione, per indirizzare i partner contrattuali o quelli indiretti; e in quest'ultimo caso, solo se, nello specifico caso, fosse ragionevole attendersi un adeguato intervento atto a prevenire, attenuare o arrestare l'impatto negativo o a minimizzarne l'entità, ad esempio in caso di un elevato grado di integrazione verticale. Questa comprovata metodologia della responsabilità è già riscontrabile nella legislazione esistente, ad esempio in materia di tracciabilità, come disciplinata dal regolamento di base dell'UE [regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (21)]. Tale disposizione richiede essenzialmente che un'impresa istituisca sistemi e procedure, basati sul principio «un passo indietro, un passo avanti», per stabilire chi sia il fornitore diretto e l'acquirente diretto (escluso il consumatore finale) dei suoi prodotti. L'approccio consolidato è appropriato in quanto ogni singola parte della catena del valore può essere chiaramente ritenuta responsabile dei processi che può effettivamente influenzare.

4.4.

Un approccio basato sul rischio può comprendere anche un metodo settoriale: il CESE accoglie con favore il fatto che la proposta di direttiva riconosca che le politiche in materia di dovere di diligenza presentano specificità settoriali che devono essere prese in considerazione. Il CESE invita i colegislatori a tenere conto delle importanti iniziative e norme multipartecipative sviluppate in settori particolarmente vulnerabili (come il cacao, le banane e l'olio di palma).

4.5.

Il CESE ricorda che i principi guida n. 15 e n. 22 delle Nazioni Unite richiedono provvedimenti correttivi nei casi in cui l'impresa stessa abbia causato violazioni dei diritti umani o vi abbia contribuito. Tuttavia, i principi guida delle Nazioni Unite non impongono a un'impresa di adottare provvedimenti correttivi qualora l'impatto negativo sia causato da un'altra impresa nella catena di approvvigionamento. Tali disposizioni riflettono quindi la premessa giuridica di base secondo cui la responsabilità dovrebbe essere imposta solo se esiste un nesso chiaro e prevedibile tra il danno subito dalla vittima e l'impresa responsabile del danno. Analogamente, anche le linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali sottolineano che il fatto di evitare effetti negativi nelle catene di approvvigionamento non trasferisce la responsabilità dall'entità che ha causato un impatto negativo all'impresa con cui essa intrattiene un rapporto commerciale. Per coerenza, il CESE ritiene che, anche ai sensi della direttiva dell'UE, le società dovrebbero essere ritenute civilmente responsabili solo se hanno direttamente causato o contribuito a causare (cioè in parte causato) una violazione dei diritti umani.

4.6.

Il CESE condivide l'approccio della Commissione secondo cui le autorità nazionali devono poter imporre sanzioni «efficaci, proporzionate e dissuasive». In caso di negligenza e dolo, l'autorità dovrebbe poter fissare sanzioni pecuniarie adeguate. Tuttavia, l'ambito di applicazione delle sanzioni dovrebbe essere definito a livello europeo.

4.7.

Il CESE chiede che la proposta sia più chiara per quanto riguarda i gruppi e gli obblighi in materia di dovere di diligenza. Il testo attuale, e in particolare la definizione di «società» (articolo 3, lettera a)), sembra indicare che i requisiti della direttiva si applicano alle singole società piuttosto che ai gruppi di società. Ciò implicherebbe che una società di uno Stato membro con filiazioni che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva e che operano in altri Stati membri deve seguire le decisioni di diverse autorità di controllo, e ciò risulta in pratica difficile e più complicato. Una soluzione di gruppo presenta molteplici vantaggi, come una maggiore coerenza per quanto riguarda i meccanismi di comunicazione di informazioni, le procedure di comunicazione, la gestione delle comunicazioni / dei reclami e le attività di formazione e sensibilizzazione all'interno di una società. Questo aspetto viene riconosciuto nella proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità, che prevede un'esenzione per le filiazioni in caso di comunicazione a livello di gruppo. Una soluzione di gruppo risulta più adatta per affrontare le differenze nelle legislazioni nazionali che potrebbero verificarsi durante il recepimento della direttiva nei 27 Stati membri e può servire ad allineare o addirittura ad andare oltre il denominatore più elevato. Per questi motivi, il CESE ritiene che si debba privilegiare una soluzione di gruppo per il dovere di diligenza.

4.8.

Nonostante l'obbligo primario di dovere di diligenza delle grandi imprese, le MPMI saranno interessate indirettamente, in quanto le imprese che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva aumenteranno le richieste ai fornitori per quanto riguarda l'attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite, la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e la gestione della propria catena di approvvigionamento. Il notevole sforzo è più facilmente sostenibile dalle grandi imprese che dalle imprese più piccole, che non sono ancora state incluse nell'ambito di applicazione di questo tipo di normativa. Le piccole imprese hanno infatti meno possibilità per affrontare i rischi in materia di diritti umani nella loro catena di approvvigionamento e dispongono di risorse molto inferiori per effettuare valutazioni complete dei rischi. Il CESE propone che la Commissione europea istituisca un helpdesk in grado di fornire informazioni facilmente accessibili sui rischi per i diritti umani nei vari paesi e regioni. Per i portatori di interessi dovrebbe essere possibile l'impegno nell'attività di tale helpdesk, e i paesi o regioni partner dovrebbero avere la possibilità di collaborarvi. Tale helpdesk dovrebbe inoltre sostenere lo sviluppo delle capacità dei fornitori nei paesi terzi in materia di diritti umani e il rafforzamento delle loro prestazioni ambientali. Il CESE invita inoltre gli Stati membri a fornire assistenza, in particolare alle MPMI, in modo pratico, specifico ed efficiente, nel quadro di una cooperazione strutturale con le organizzazioni rappresentative interessate. Il CESE ritiene della massima importanza che l'ambito di applicazione delle società oggetto della presente direttiva sia conforme alle altre normative pertinenti dell'UE di cui al paragrafo 2.1.

4.9.

Il CESE osserva che la Commissione include esplicitamente il settore finanziario nella sua proposta. La finanza sostenibile comprende la questione del rispetto dei diritti umani ed è un elemento importante per trasformare l'economia allo scopo di renderla più verde e sociale. La proposta rimane tuttavia vaga per quanto riguarda le procedure di verifica dei prestiti o dei finanziamenti, e si teme che le disposizioni della direttiva, che non include esplicitamente le MPMI, siano di fatto estese indirettamente a tali categorie di imprese. Le MPMI saranno indirettamente interessate in quanto fornitori nella catena di approvvigionamento e si troveranno quindi ad affrontare sfide enormi.

4.10.

Il CESE riconosce che il governo societario sostenibile è legato a un impegno chiaro e credibile degli amministratori, anche per quanto riguarda l'istituzione di un processo solido e funzionante di dovere di diligenza in un'impresa. È utile per la responsabilità delle imprese, per quanto riguarda l'impatto delle loro operazioni. Il CESE fa riferimento alla direttiva sui diritti degli azionisti, che chiarisce in che modo i risultati delle società e degli amministratori sono collegati a fattori ambientali, sociali e di governo (22). Il CESE osserva che tra gli obblighi degli amministratori devono figurare obblighi affidabili in materia di dovere di diligenza, basati su un sistema di sanzioni per i casi in cui le imprese non li rispettino. Il conseguimento della sostenibilità ecologica, sociale ed economica dovrebbe essere l'obiettivo di tutti i portatori di interesse di un'impresa e non solo degli azionisti. In alcuni Stati membri dell'UE è obbligatorio ascoltare il parere dei rappresentanti dei lavoratori negli organi societari. Tali legislazioni e norme nazionali dovrebbero essere rispettate.

4.11.

Il CESE ha preso atto dell'opinione del comitato per il controllo normativo della Commissione, che ha messo in discussione gli elementi che vanno oltre la dovuta diligenza affermando, tra l'altro, che non è chiaro il motivo per cui è necessario regolamentare, oltre agli obblighi in materia di dovuta diligenza, anche gli obblighi degli amministratori e che è necessario spiegare e valutare meglio il valore aggiunto della regolamentazione degli obblighi degli amministratori, considerando che l'opzione di dovere di diligenza richiede già una gestione dei rischi e la considerazione degli interessi dei portatori di interessi (23). In tale contesto, il CESE ravvisa la necessità di sviluppare ulteriormente e allineare meglio gli obblighi degli amministratori agli obiettivi del Green Deal.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  A/RES/70/1.

(2)  Approvati dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite con risoluzione 17/4 del 16 giugno 2011 (A/HRC/RES/17/4).

(3)  OCSE (2011), OECD Guidelines for Multinational Enterprises, OECD Publishing (Linee guida dell'OCSE destinate alle imprese multinazionali, pubblicazione OCSE), http://dx.doi.org/10.1787/9789264115415-en.

(4)  COM(2021) 189 final, GU C 517 del 22.12.2021, pag. 51.

(5)  COM(2021) 706 final.

(6)  COM(2020) 798 final.

(7)  COM(2022) 142 final.

(8)  GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13.

(9)  https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/13480-Vietare-efficacemente-i-prodotti-ottenuti-estratti-o-raccolti-con-lavoro-forzato_it

(10)  Francia (Loi relative au devoir de vigilance, 2017), Germania (Sorgfaltspflichtengesetz, 2021), Paesi Bassi (Wet zorgplicht kinderarbeid, 2019).

(11)  GU C 152 dell'6.4.2022, pag. 105.

(12)  Principio guida 12 delle Nazioni Unite (Commentary, paragrafo 2).

(13)  A/RES/217(III).

(14)  A/RES/2200A (XXI).

(15)  A/RES/2200A(XXI).

(16)  GU C 326 del 26.10.2012, pag. 391.

(17)  http://www.echr.coe.int/Documents/Convention_ita.pdf

(18)  https://rm.coe.int/CoERMPublicCommonSearchServices/DisplayDCTMContent?documentId=090000168048b059

(19)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 136.

(20)  Le norme pertinenti sono contenute nel diritto dell'UE sulle operazioni a valle, ossia in termini di controllo delle esportazioni di materiali sensibili (prodotti a duplice uso, beni militari).

(21)  Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).

(22)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32017L0828&from=IT, articolo 9 bis.

(23)  https://ec.europa.eu/transparency/documents-register/detail?ref=SEC(2022)95&lang=it


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 909/2014 per quanto riguarda la disciplina di regolamento, la prestazione di servizi transfrontalieri, la cooperazione in materia di vigilanza, la prestazione di servizi accessori di tipo bancario e i requisiti per i depositari centrali di titoli di paesi terzi

[COM(2022) 120 final — 2022/0074 (COD)]

(2022/C 443/12)

Relatore:

Kęstutis KUPŠYS

Correlatore:

Christophe LEFÈVRE

Consultazioni

Consiglio dell’Unione europea, 12.4.2022

Parlamento europeo, 4.4.2022

Base giuridica

Articoli 114 e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

1.7.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

185/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che le soluzioni proposte dalla Commissione ai cinque problemi principali individuati durante il processo di riesame del regolamento sui depositari centrali (CSDR) siano, in generale, sufficienti ed efficaci. Grazie a procedure di regolamento più efficienti nell’UE, i mercati dei capitali eserciteranno un richiamo maggiore sia per gli emittenti che per gli investitori, e si avvicinerà quindi l’obiettivo di realizzare l’unione dei mercati dei capitali (CMU).

1.2

Il CESE accoglie con favore le iniziative proporzionate della Commissione volte a sostituire i requisiti esistenti relativi ai passaporti con una notifica, nonché la proposta di una migliore cooperazione in materia di vigilanza istituendo collegi di vigilanza adeguati, senza però creare doppioni.

1.3

Per quanto riguarda la prestazione di servizi accessori di tipo bancario, secondo il Comitato andrebbero ricercate soluzioni basate sul regolamento in moneta di banca centrale. Per ridurre ulteriormente una serie di rischi diversi, è opportuno utilizzare in misura maggiore l’attuale piattaforma — denominata Target2-Securities (T2S) — per il regolamento, in una pluralità di valute, dei titoli in moneta di banca centrale.

1.4

Il CESE ritiene utile integrare l’attuale proposta della Commissione con le disposizioni sul riconoscimento del ruolo centrale di T2S per l’infrastruttura europea del regolamento titoli, risolvendo al contempo, seppure parzialmente, il problema del sottosviluppo dei servizi accessori di tipo bancario tra i depositari centrali di titoli (Central Securities Depositories — CSD).

1.5

Il CESE osserva che la parte più controversa della proposta — ossia l’approccio «in due fasi» per i possibili acquisti forzosi obbligatori — rimane una possibilità formulata con criterio. Tali acquisti non dovrebbero essere presi in considerazione fino a quando non saranno esaminate in dettaglio le ragioni alla base dei mancati regolamenti e non verrà chiarito se altre misure volte a ridurre i mancati regolamenti possano conseguire risultati soddisfacenti.

1.6

Il Comitato è pienamente consapevole del fatto che il regime pilota DLT (Distributed Ledger Technology = tecnologia di registro distribuito) costituisce una parte importante del contesto legislativo in cui rientra la revisione del CSDR, ma avverte che la creazione di uno «spazio di sperimentazione normativa» non deve costituire un precedente per rendere meno rigorose le norme esistenti in materia di comportamento del mercato e protezione degli investitori. I CSD dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella gestione delle reti DLT, definite in modo da ridurre il rischio di controparte. Inoltre, il CESE raccomanda una regolamentazione più rigorosa in materia di vigilanza ai fini dell’applicazione delle sanzioni, proponendo che il CSDR imponga ai CSD, agli emittenti e ai loro clienti di istituire un meccanismo attuabile e permanente per lo scambio e la condivisione dei dati pertinenti per l’applicazione di sanzioni europee comuni.

2.   Contesto di riferimento

2.1

I CSD sono enti che detengono e amministrano titoli, oltre a rendere possibile il trattamento delle operazioni in titoli mediante scrittura contabile (1). I CSD gestiscono l’infrastruttura che garantisce il completamento delle operazioni in titoli. Questo servizio fondamentale dei CSD è solitamente denominato «regolamento». Nell’UE i CSD esistenti (2) regolano operazioni per un valore ben superiore a 1 000 miliardi di EUR l’anno (più di 70 volte il prodotto interno lordo dell’UE (3) o 17 volte superiore al valore in essere di tutti i titoli detenuti sui conti dei CSD (4)). I CSD forniscono anche altri servizi di base, quali i) il servizio di notariato, ossia il monitoraggio dei titoli di nuova emissione, e ii) il servizio di tenuta centralizzata dei conti, ossia la registrazione di ogni variazione nella detenzione di tali titoli. Per i CSD operanti all’interno dei confini nazionali esistevano da decenni procedure ben collaudate ed efficienti, ma man mano che i mercati sono diventati più interconnessi e sono aumentate le operazioni transfrontaliere in Europa, è emersa chiaramente la necessità di armonizzare il regolamento transfrontaliero e altri servizi.

2.2

Il regolamento del 2014, varato dopo la crisi finanziaria del 2008, è entrato in vigore il 17 settembre 2014 ed è stato attuato in modo graduale (5). Il regolamento ha apportato miglioramenti sostanziali nella fase di post-negoziazione, tra cui la fissazione di un periodo di regolamento standardizzato, il miglioramento della disciplina sul regolamento transfrontaliero, l’introduzione di norme coerenti per i CSD nell’UE (per quanto riguarda, ad esempio, le licenze, le autorizzazioni e la vigilanza) e la garanzia, per gli emittenti di titoli, della libertà di scegliere il proprio CSD.

2.3

Uno dei passi più importanti che erano stati compiuti con l’atto normativo del 2014 riguardava la disciplina del regolamento, ossia le misure per prevenire i mancati regolamenti e per porvi rimedio, qualora si verifichino. Tuttavia, come è emerso da un’ulteriore valutazione, tali misure non sono state sufficienti, in quanto gli indicatori sui mancati regolamenti nell’UE hanno continuato a segnalare risultati peggiori rispetto a quelli di altri centri finanziari, anche tenendo conto della natura estremamente frammentata dei mercati dei capitali dell’UE rispetto a mercati esteri estremamente omogenei (6).

2.4

Il regolamento ha poi apportato un altro importante miglioramento volto ad agevolare i flussi transfrontalieri di capitali — ossia, la libera prestazione di servizi in un altro Stato membro (il cosiddetto «sistema di passaporto», simile al quadro paneuropeo ben funzionante per il settore bancario) –, che ha stimolato i CSD ad espandere le loro attività al di là delle frontiere nazionali. Nel regolamento è stata definita anche la prestazione di servizi accessori di tipo bancario (servizi a sostegno del regolamento titoli) da parte dei CSD, nel rigoroso rispetto dei requisiti prudenziali specifici per i rischi di credito connessi a tali servizi. Tuttavia, il quadro giuridico non ha portato all’auspicato livello di integrazione del sistema dei servizi di regolamento nell’UE, in quanto i CSD sono restii a farsi carico di servizi accessori o ad avviare una costosa procedura di rilascio del «passaporto».

2.5

Lo scorso marzo la Commissione, agendo conformemente all’articolo 75 del regolamento che stabiliva un riesame, ha presentato una proposta di revisione del regolamento del 2014 (nel prosieguo, la «revisione del CSDR» o la «revisione»). La revisione riguarda i seguenti cinque problemi principali:

(i)

i requisiti onerosi riguardanti i passaporti;

(ii)

scarsa cooperazione in materia di vigilanza;

(iii)

requisiti sproporzionati per la prestazione di servizi accessori di tipo bancario;

(iv)

carenze che hanno portato a mancati regolamenti;

(v)

informazioni insufficienti sulle attività fornite nell’UE da CSD di paesi terzi.

2.6

Quasi contemporaneamente all’entrata in vigore del CSDR, ma come sviluppo separato, il 22 giugno 2015 è entrata in funzione T2S, che è la prima piattaforma per il regolamento, in una pluralità di valute, dei titoli in moneta di banca centrale (7). Per i clienti (in genere, banche) dei CSD collegati alla piattaforma T2S, questo significa la possibilità di scegliere tra il regolamento in euro in moneta di banca commerciale e/o in moneta di banca centrale. Con il regolamento dei titoli in moneta di banca centrale tramite T2S, i CSD possono offrire ai propri clienti l’accesso al pool di liquidità unico dei servizi di Target che l’Eurosistema fornisce per le garanzie, i pagamenti e il regolamento titoli. Di conseguenza, la liquidità necessaria per il regolamento delle operazioni in tutta Europa è stata notevolmente ridotta. Tuttavia, ciò non ha avuto alcun impatto sui costi per una serie di motivi, ma soprattutto perché il mercato è ancora frammentato tra le linee valutarie: nel 2019, le commissioni fatte pagare da T2S per le operazioni di «consegna contro pagamento» sono passate da 15 centesimi a 23,5 centesimi di euro (8). T2S rimane al di fuori dell’ambito di applicazione della proposta di revisione del CSDR presentata dalla Commissione nel marzo 2022.

3.   Osservazioni generali

3.1

Come affermato nel parere del CESE sul tema Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d’azione (9), il Comitato accoglie favorevolmente le iniziative della Commissione volte a realizzare il progetto ambizioso dell’unione dei mercati dei capitali, che consiste nel permettere ai capitali di circolare in tutta l’UE nell’interesse di consumatori, investitori e imprese. Delle 16 misure delineate nel piano d’azione per l’unione dei mercati dei capitali, una tra le più importanti riguarda il miglioramento dei servizi di regolamento transfrontalieri (azione 13), in quanto le carenze del regolamento vigente sono evidenti e si ritiene che un intervento legislativo rapido possa far progredire l’unione dei mercati dei capitali.

3.2

Per quanto riguarda i cinque problemi principali che la Commissione ha individuato e che hanno portato alla revisione del regolamento, il Comitato ritiene che la via da seguire proposta sia sufficiente ed efficace.

3.3

La proposta di sostituire gli attuali requisiti relativi ai passaporti, che sono considerati poco chiari od onerosi, con una notifica (e questo significa che gli Stati membri non possono respingere la domanda di un CSD) rappresenta un deciso passo avanti verso un sistema di regolamento più armonioso e interconnesso che porterà a una riduzione dei costi per i CSD disposti a fornire servizi transfrontalieri. Rimane tuttavia da vedere in che modo queste misure di sostegno si convertiranno in costi minori per emittenti e investitori. Bisognerebbe prestare particolare attenzione a garantire che le autorità di vigilanza nei paesi ospitanti mantengano la competenza per la sorveglianza del mercato.

3.4

La necessità di ridurre i costi migliorando nel contempo la cooperazione in materia di vigilanza ha portato alla proposta della Commissione di istituire collegi di vigilanza, proposta che il CESE sostiene fermamente ritenendola una misura adeguata ed equilibrata. Il Comitato accoglie con favore l’introduzione di un solo collegio, invece di due collegi distinti, per i CSD soggetti alla procedura di passaporto che fanno parte di un gruppo societario comprendente almeno un altro CSD, al fine di garantire che tali CSD non siano soggetti contemporaneamente a un «collegio di passaporto» e a un «collegio a livello di gruppo». Questo dovrebbe ridurre i costi e contribuire a realizzare notevoli sinergie in materia di vigilanza.

3.5

Uno dei miglioramenti principali apportati al quadro di riferimento sulla prestazione di servizi accessori di tipo bancario riguarda la modifica dell’articolo 54, paragrafo 4, del regolamento, una modifica che il Comitato appoggia risolutamente, in quanto consente ai CSD di chiedere la prestazione dei suddetti servizi non solo agli enti creditizi designati, ma anche ad altri CSD.

3.5.1

Tuttavia, il CESE riconosce che questo cambiamento potrebbe far aumentare i rischi per la stabilità finanziaria. Il CESE, anche se considera meritevole l’obiettivo di migliorare la prestazione di servizi transfrontalieri grazie alla riduzione degli ostacoli alla prestazione di servizi accessori di tipo bancario (e condivide tale aspirazione), ritiene tuttavia che vadano ricercate soluzioni basate sul regolamento in moneta di banca centrale, che è intrinsecamente più sicuro. È vero che tale questione andrebbe perlopiù affrontata non con il CSDR ma ricorrendo ad altri metodi, ad esempio l’espansione di T2S, lo sviluppo di valute digitali della banca centrale per l’uso all’ingrosso, l’eliminazione degli ostacoli giuridici, ecc.

3.5.2

Non è tuttavia chiaro se sia appropriato il percorso scelto dalla Commissione, che consiste nel conferire all’Autorità bancaria europea (ABE) l’incarico di elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione al fine di definire una soglia al di sotto della quale tali servizi accessori di tipo bancario possono essere forniti da enti creditizi. È pur vero che l’ABE è il soggetto più indicato per calibrare una soglia di questo tipo, mentre la Commissione dispone di un margine di manovra più ampio, qualora fosse necessario. Ciononostante, in svariate occasioni (10) il CESE ha sollevato la questione relativa a chi ha il potere di decidere su questioni importanti riguardanti l’atto legislativo discusso, un potere di cui i colegislatori sono privati. Il CESE chiede pertanto che le decisioni sulle questioni economiche importanti siano prese secondo una procedura legislativa ordinaria (11).

3.6

Le misure volte a migliorare la disciplina di regolamento sono estremamente benvenute. Il Comitato è inoltre favorevole a che siano apportati chiarimenti e concesse eccezioni in più punti, durante la fase di revisione, per quel che riguarda la questione della disciplina di regolamento. Riveste una particolare importanza la decisione della Commissione di evitare l’introduzione immediata degli acquisti forzosi obbligatori, una disposizione che potrebbe essere applicata qualora il regime sanzionatorio non fosse di per sé sufficiente a porre rimedio ai mancati regolamenti nell’Unione europea. L’introduzione di meccanismi di trasferimento, che impedirebbero una catena di acquisti forzosi obbligatori, sembra attenuare le debolezze di fondo (o i timori di un’applicazione non ottimale) del regime proposto per tali acquisti. Il Comitato ritiene che un approccio «in due fasi» agli acquisti forzosi obbligatori sia una scelta prudente ed è convinto che in questo modo i mercati di capitali europei riusciranno nel lungo termine a esercitare un richiamo maggiore sia sugli emittenti che sugli investitori.

3.7

Le disposizioni relative ai CSD di paesi terzi sono particolarmente importanti nel contesto della ricerca, da parte dell’UE, di un’autonomia strategica aperta. Il CESE accoglie favorevolmente l’obbligo introdotto con la modifica all’articolo 25 del CSDR, che ora impone ai CSD che intendono prestare servizi di regolamento per strumenti finanziari emessi in base alla normativa di uno Stato membro di inviare una notifica in proposito all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA). Il CESE appoggia inoltre le misure introdotte con la revisione, che sono tese a disciplinare altri aspetti delle operazioni che CSD di paesi terzi realizzano nell’UE, assicurando così la parità di condizioni e un contesto di concorrenza migliore.

4.   Osservazioni particolari

Funzione di T2S

4.1

Data la notevole importanza di T2S, il CESE è dell’avviso che occorra istituire un quadro di vigilanza e sorveglianza coerente per quel che riguarda la funzione di questa piattaforma nel sistema di regolamento generale. Gli attuali accordi ad adesione volontaria tra la Banca centrale europea (BCE), l’ESMA, le autorità nazionali competenti (ANC) dei CSD che partecipano a T2S e le banche centrali che vigilano sui CSD dovrebbero essere aggiornati per garantire che il nuovo quadro legislativo preveda ruoli ben precisi per tutte le autorità partecipanti, ossia le ANC, le banche centrali e la BCE in qualità di autorità di sorveglianza capofila e l’ESMA in qualità di autorità di vigilanza. Questo quadro rafforzato potrebbe assumere la forma di un collegio delle autorità di vigilanza.

4.2

Il CESE invita pertanto i colegislatori a includere la piattaforma di regolamento sistemico T2S nell’ambito di applicazione del CSDR e a creare le condizioni affinché nell’UE si diffonda su larga scala il regolamento tramite T2S (12). Ciò si rende necessario per fare in modo che questo sistema con una pluralità di valute funzioni finalmente al pieno delle sue capacità, malgrado le comprensibili riserve delle banche centrali e dei CSD dei paesi non appartenenti alla zona euro. Nella proposta legislativa bisognerebbe inoltre menzionare e riconoscere la funzione che T2S svolge nell’armonizzare i flussi di dati e informazioni, un ruolo che è cruciale per l’efficace prestazione di servizi da parte dei CSD.

4.3

Attualmente T2S è monitorato sulla base di una serie di principi per le infrastrutture dei mercati finanziari che sono inclusi nel quadro di sorveglianza della BCE, ossia secondo un approccio «blando» che riconosce l’importanza sistemica di questa piattaforma per lo Spazio economico europeo. Secondo il Comitato, non esistono conflitti normativi che pregiudichino l’incontestata indipendenza della BCE, in quanto T2S può essere considerato uno strumento dell’infrastruttura a disposizione degli operatori dei mercati finanziari che, per una serie di ragioni, funziona meglio sotto «l’egida» della BCE che non altrove. Inoltre, il coinvolgimento della BCE nel regolamento titoli tramite la piattaforma rappresenta una deviazione rispetto alle classiche funzioni di banca centrale, il che comporta chiaramente la necessità di includere T2S nel CSDR per rendere coerente ed efficace il quadro normativo pertinente.

Monitoraggio della disciplina di regolamento

4.4

Il CESE osserva che la parte più controversa della proposta — ossia i possibili acquisti forzosi obbligatori, da attuare secondo un approccio «in due fasi» — rimane una possibilità formulata con criterio da prendere in considerazione fino a quando non verrà chiarito se altre misure volte a ridurre i mancati regolamenti possano conseguire risultati soddisfacenti.

4.5

Il Comitato ritiene, tuttavia, che affrontando la questione quanto prima, e non in una fase ulteriore, si arriverebbe a una comprensione migliore e più articolata dei motivi alla base dei mancati regolamenti. Il CESE chiede pertanto l’introduzione di una scadenza certa per valutare sia i progressi compiuti, secondo gli indicatori sui mancati regolamenti, che le ragioni alla base dei mancanti regolamenti, e tale valutazione andrebbe presentata sotto forma di relazione pubblica redatta dall’autorità competente, idealmente entro 12 mesi dall’entrata in vigore del regime sanzionatorio.

4.6

Sebbene alcuni raccomandino l’eliminazione totale delle norme sugli acquisti forzosi obbligatori, il CESE è più cauto in proposito, visto che i casi di mancato regolamento sono stati inaccettabilmente numerosi (anche rispetto ad altre importanti giurisdizioni finanziarie). La situazione al riguardo non migliorerebbe eliminando un’opzione strategica di rilievo dal ventaglio di strumenti a disposizione della Commissione. L’adozione di un atto di esecuzione sembra una scelta adeguata in questo caso particolare.

4.7

Il Comitato riconosce che esiste un modo molto efficace per ottenere un rapido calo dei dati relativi ai mancati regolamenti, ossia un inasprimento delle sanzioni vigenti fino al raggiungimento del giusto equilibrio. Andrebbe prestata particolare attenzione ai mancati regolamenti che comportano pratiche di «vendita allo scoperto». Gli acquisti forzosi obbligatori potrebbero diventare una misura di ultima istanza, pronta per essere attuata con estrema cautela dopo le opportune consultazioni con gli operatori di mercato, in caso di insuccesso di ogni altro provvedimento.

4.8

Prima di intraprendere una qualsiasi azione, andrebbe prestata particolare attenzione alle misure tese ad accorciare le catene di intermediari. I motivi alla base dell’uso su larga scala della tecnica di pre-matching (ossia, un confronto preliminare) richiedono un esame approfondito. Poiché molti guasti (tecnici) si verificano a causa di ritardi nelle lunghe catene di regolamento, gli acquisti forzosi obbligatori non possono essere imposti senza tenere conto di questo fattore e prima di attuare le misure opportune per incoraggiare l’accorciamento delle «catene di comando» nelle operazioni di regolamento.

Regolamento in «attivi digitali» all’interno del sistema di regolamento di un CSD

4.9

La diffusione degli «attivi digitali» ha messo in luce l’interconnessione funzionale tra i servizi di negoziazione e quelli di regolamento in un determinato attivo. L’adozione della tecnologia di registro distribuito, nel settore finanziario e altrove, racchiude potenzialità enormi. Se la negoziazione e il regolamento di attivi «tradizionali» devono rimanere concorrenziali rispetto alla negoziazione e al regolamento di «attivi digitali», i CSD dovrebbero essere autorizzati a creare i propri sistemi di negoziazione per gli strumenti finanziari con cui regolano le operazioni. Il Comitato è pienamente consapevole del fatto che il regime pilota DLT costituisce una parte importante del contesto legislativo in cui rientra la revisione del CSDR. Il Comitato è favorevole a qualsiasi modifica del CSDR che porti a rinviare la piena realizzazione del potenziale della DLT fino a quando non sarà stata adottata la proposta della Commissione relativa al suddetto regime pilota. Tuttavia, come misura provvisoria, il Comitato suggerisce la possibilità di istituire un sistema multilaterale di negoziazione (Multilateral Trading Facility — MTF) per gli strumenti finanziari che sono regolati nell’ambito del sistema di regolamento di un CSD. Il mantenimento di un sistema multilaterale di negoziazione andrebbe considerato come un servizio accessorio ai sensi della sezione B, parte 1, dell’allegato del CSDR.

4.10

Il Comitato avverte che la creazione di uno «spazio di sperimentazione normativa» non deve costituire un precedente per rendere meno rigorose le norme esistenti in materia di comportamento del mercato e protezione degli investitori. Il trasferimento integrale dei processi di regolamento verso reti basate sulla tecnologia di registro distribuito migliora l’efficienza, in quanto riduce sia i costi delle operazioni associate che i rischi connessi grazie all’accorciamento della catena — troppo lunga — di intermediari. Tuttavia, il rischio di controparte non viene superato solo perché si fa leva sulle reti DLT. È infatti essenziale garantire che i requisiti per la partecipazione a tali reti siano definiti in modo da ridurre il rischio di controparte. I CSD dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella gestione dell’infrastruttura.

Applicazione delle sanzioni

4.11

La revisione del CSDR giunge in un momento estremamente difficile, ossia nel pieno della guerra della Russia contro l’Ucraina. L’infrastruttura del mercato finanziario europeo è stata concepita per superare shock come questi; inoltre, la parte importante (dal punto di vista sistemico) — ossia, la rete dei CSD — è ora fondamentale per garantire che le sanzioni occidentali nei confronti della Russia siano correttamente attuate a livello operativo. Il CESE invita la Commissione a fornire gli orientamenti necessari qualora le azioni connesse alle sanzioni entrino in «territori inesplorati», creando incertezza tra gli operatori del mercato. Il ricorso a talune disposizioni di questi orientamenti per una «soluzione tampone» potrebbe inoltre essere preso in considerazione al fine di migliorare ulteriormente la proposta di revisione in esame, rendendola più adatta alle sfide future.

4.12

Nel contesto degli sviluppi internazionali, il CESE propone che il CSDR imponga ai CSD, agli emittenti e ai loro clienti di istituire un meccanismo attuabile e permanente per lo scambio e la condivisione dei dati pertinenti per l’applicazione di sanzioni europee comuni. Non dovrebbe verificarsi la situazione in cui si rinuncia ad agire solo perché i vari partecipanti non sono in grado di giungere a una conclusione che sarebbe altrimenti semplice o, quanto meno, realizzabile (ad esempio, se considerata congiuntamente). È lecito domandarsi se il CSDR sia uno strumento giuridico appropriato per questo scopo; cionondimeno, il Comitato raccomanda una regolamentazione più rigorosa in materia di vigilanza ai fini dell’applicazione delle sanzioni.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  I titoli possono essere detenuti in forma materiale o dematerializzata.

(2)  I CSD sono 26, a cui vanno aggiunti due CSD internazionali. Fonte: Registro dell’ESMA.

(3)  Sulla base dei dati Eurostat relativi al PIL del 2021, ossia 14 400 miliardi di EUR.

(4)  Alla fine del 2020 i titoli detenuti nei sistemi di regolamento dell’UE ammontavano a oltre 56 000 miliardi di euro. Dati generati dalla banca dati sulle statistiche relative alla negoziazione, alla compensazione e al regolamento di titoli (Securities Trading, Clearing and Settlement Statistics Database) della BCE. Consultata il 4 maggio 2022.

(5)  GU C 299 del 4.10.2012, pag. 76

(6)  I mancati regolamenti dei titoli di capitale, calcolati in percentuale del numero totale di operazioni, erano scesi al 3 % prima delle turbolenze di mercato legate alla COVID-19, ma da allora sono nuovamente aumentati fino al 4,5 %. Se si calcola in percentuale del valore, la percentuale è aumentata dal 6 % antecedente a marzo 2020 al 9 % di gennaio 2021. Fonte: Relazione sulla valutazione d’impatto. Tuttavia, l’esperienza di mercato mostra che la maggior parte dei «mancati regolamenti» si verifica perché l’istruzione di regolamento giunge al sistema, attraverso la catena di intermediari, in una data successiva al giorno che è stato designato dalle parti finali come «giorno di regolamento previsto».

(7)  TARGET2-Securities system. Attualmente 19 CSD di 20 paesi europei sono collegati a T2S. La corona danese è disponibile per il regolamento in T2S dall’ottobre del 2018.

(8)  Pricing of TARGET2-Securities system.

(9)  GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20.

(10)  L’ultima occasione è stata nel parere del CESE sul riesame del quadro Solvibilità II, adottato nel febbraio 2022 (cfr. il punto 2.3). GU C 275 del 18.07.2022, pag. 45.

(11)  Parere del CESE sul riesame del quadro Solvibilità II. GU C 275 del 18.07.2022, pag. 45.

(12)  Ad eccezione della corona danese, il sistema T2S non può effettuare alcun regolamento in una valuta diversa dall’euro, in quanto gli attori pertinenti al di fuori della zona euro esitano ad aderire e stanno adottando un approccio «attendista».


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/93


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica

[COM(2022) 105 final]

(2022/C 443/13)

Relatore:

José Antonio MORENO DÍAZ

Correlatrice:

Ody NEISINGH

Consultazione da parte della Commissione europea

2.5.2022

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

22.6.2022

Data dell’adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

200/7/7

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime soddisfazione per l’innovazione normativa rappresentata dalla direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne, che segue un approccio intersettoriale e risponde a una forte richiesta della società.

1.2

Al contempo, considerata la portata e la diffusione delle molteplici forme di violenza subite dalle donne, è necessario che le politiche che intendono contrastarle non siano neutrali, ma che si sviluppino a partire da una chiara e inequivocabile prospettiva di genere, espressa in modo da agevolare la comprensione della sua necessità ed efficacia.

1.3

Il CESE sottolinea ancora una volta che ritiene imprescindibile e urgente sollecitare tutti gli Stati membri che non vi abbiano ancora provveduto, così come la stessa Unione europea, a ratificare sia la Convenzione n. 190 dell’OIL sulla violenza e sulle molestie che la Convenzione di Istanbul.

1.4

Il CESE sostiene che tale direttiva debba contemplare ogni forma di violenza contro le donne, tra cui la violenza istituzionale, lo sfruttamento sessuale e riproduttivo, le molestie sul lavoro, la violenza di genere in ambito familiare, la sottomissione chimica, le molestie di strada, le molestie sessuali basate sul sesso e/o sul genere o la sterilizzazione forzata delle donne con disabilità.

1.5

Il CESE sostiene che sia opportuno includere la violenza contro le donne tra i reati con una dimensione transnazionale di cui all’articolo 83, paragrafo 1, TFUE.

1.6

Il CESE ritiene che nel quadro del dialogo sociale e della contrattazione collettiva andrebbero inserite misure specifiche per garantire il mantenimento del posto di lavoro delle vittime di violenza contro le donne e l’inserimento lavorativo delle vittime prive di un impiego.

1.7

Analogamente al Parlamento europeo e al Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne (CEDAW), il CESE sostiene che vada utilizzato il termine «donne in situazione di prostituzione» al posto di «lavoratrici del sesso».

1.8

Il Comitato sostiene che tra le aggravanti dovrebbero essere contemplati anche aspetti quali l’esistenza di precedenti minacce nei confronti della vittima o del suo contesto affettivo e familiare, e il lucro.

1.9

Al contempo, particolare attenzione dovrebbe essere riservata alle donne e alle ragazze appartenenti a minoranze etniche e/o culturali, come, per esempio, il popolo Rom, alle donne migranti, in particolare quelle in una situazione amministrativa irregolare, e alle donne e alle ragazze che fuggono da situazioni di guerra.

1.10

Il CESE richiede un’attenzione specifica anche nei confronti delle donne con disabilità, che a causa di tale condizione sono più esposte alla violenza di genere.

1.11

Ritiene che l’assenza di consenso e l’esposizione pubblica debbano di per sé configurare la fattispecie delle molestie online.

1.12

Il Comitato sostiene che le vittime debbano essere dirette verso i servizi di assistenza non solamente in modo opportuno e coordinato, ma anche prioritario e urgente.

1.13

Il CESE chiede alla Commissione europea di inserire i servizi sanitari, compresi quelli relativi alla salute sessuale e riproduttiva, nell’elenco dei servizi di assistenza essenziali per le vittime, e di esortare tutti gli Stati membri dell’UE a eliminare con urgenza tutti gli ostacoli che rendono difficoltoso l’accesso alla contraccezione di emergenza e ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza a seguito di violenza.

1.14

Il Comitato sostiene che i provvedimenti restrittivi e di tutela di emergenza a salvaguardia dell’integrità fisica e psicologica delle vittime devono necessariamente prevedere misure che impediscano all’aggressore di molestare la vittima o di avvicinarla fisicamente.

1.15

Il CESE ritiene che l’accesso e la gratuità dovrebbero figurare in modo esplicito in tutti i meccanismi e misure di sostegno alle vittime di violenza sessuale.

1.16

Il Comitato richiama l’attenzione sul fatto che sia limitativo prevedere, per i casi di molestia sessuale in ambito lavorativo, servizi di consulenza e assistenza solo di carattere esterno e che non sia menzionata l’importanza del dialogo sociale, della contrattazione collettiva e della necessaria partecipazione e negoziazione con le parti sociali.

1.17

Considerato il ruolo svolto dall’istruzione nella costituzione di ruoli e stereotipi di genere, essa dovrebbe proiettare la propria funzione preventiva, in particolare attraverso un’educazione completa in materia di sessualità, in tutte le fasi educative; sarebbe inoltre opportuno includere in modo esplicito nella cooperazione istituzionale la partecipazione della comunità dell’istruzione, delle organizzazioni della società civile (in particolare le associazioni femministe), delle parti sociali e delle comunità interessate.

1.18

Il Comitato ritiene che l’interesse superiore del minore dovrebbe prevalere sul diritto di visita quando sussistano ragionevoli dubbi circa la possibilità di garantire la sicurezza del contatto in termini sia fisici che emotivi.

1.19

Il Comitato si compiace del fatto che la direttiva indichi la mutilazione genitale femminile come un reato specifico.

1.20

Il CESE ritiene che anche le violenze più generali contro la salute e i diritti sessuali e riproduttivi dovrebbero essere considerate violenza contro le donne, come è il caso della violenza ginecologica e ostetrica, la gravidanza forzata e la mancata assistenza all’aborto. Al contempo, il CESE rileva con preoccupazione che non sono comprese nella definizione di violenza contro le donne le restrizioni esistenti all’interruzione volontaria della gravidanza in modo libero e sicuro, nonché gli attacchi a cui le donne che hanno liberamente fatto tale scelta sono sottoposte, soprattutto nelle immediate vicinanze delle cliniche.

1.21

Il Comitato rileva con preoccupazione che non viene contemplato lo sviluppo di una vita soddisfacente, in condizioni di libertà e uguaglianza, per le orfane e gli orfani delle vittime di violenza di genere.

1.22

Il CESE esprime forte preoccupazione per il fatto che l’azione dell’estrema destra sia volta a contrastare le proposte di parità di genere e, in particolare, per la negazione sistematica della violenza strutturale contro le donne, cioè quella a cui sono sottoposte per il solo fatto di essere donne. Tale negazione non solo pregiudica la convivenza in condizioni di parità, ma intacca i valori e i principi sanciti all’articolo 2 del TUE.

1.23

Il Comitato raccomanda che la direttiva comprenda una relazione economica che permetta di garantire, mediante un finanziamento pubblico adeguato, l’effettiva attuazione delle misure adottate.

2.   Osservazioni generali

2.1

La violenza contro le donne costituisce la più estrema espressione della discriminazione nei confronti delle donne. Essa rappresenta un meccanismo di controllo che trae origine dalla disparità tra donne e uomini che, a sua volta, legittima e alimenta tale disparità.

2.2

Il CESE esprime forte preoccupazione per il fatto che l’azione dell’estrema destra sia volta a contrastare le proposte di parità di genere e, in particolare, per la negazione sistematica della violenza strutturale contro le donne, cioè quella a cui sono sottoposte per il solo fatto di essere donne. Tale negazione non solo pregiudica la convivenza in condizioni di parità, ma intacca i valori e i principi sanciti all’articolo 2 del TUE.

2.3

La strategia europea per la parità di genere 2020-2025 ha tra i propri obiettivi quello di mettere fine alla violenza di genere. Al contempo, si prefigge di combattere gli stereotipi di genere, di eliminare il divario retributivo in ambito lavorativo e nelle responsabilità assistenziali, di ottenere la partecipazione a condizioni di parità nei diversi settori economici e di raggiungere l’equilibrio tra donne e uomini nei processi decisionali e nell’attività politica.

2.4

La violenza contro le donne e le ragazze rappresenta una delle forme più radicate di discriminazione di genere e comporta una violazione dei diritti umani. Nell’UE la metà delle donne (53 %) evita determinati luoghi o situazioni per timore di rimanere vittima di aggressioni fisiche o sessuali (1) e un terzo di esse rivela di aver subito violenza fisica o sessuale (33 %).

2.5

Considerata la portata e la diffusione delle molteplici forme di violenza subite dalle donne, è necessario che le politiche che intendono contrastarle non siano neutrali, ma che si sviluppino a partire da una chiara e inequivocabile prospettiva di genere, espressa in modo da agevolare la comprensione della sua necessità ed efficacia.

2.6

Ogni giorno le donne rischiano di subire violenza sul luogo di lavoro, in particolare quelle che lavorano nel settore dei trasporti (il 63 % di loro dichiara di aver subito almeno un atto di violenza recentemente) (2), dei servizi e delle vendite (3).

2.7

La violenza domestica è aumentata anche a causa delle misure di confinamento decretate per arginare la crisi sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19 (4).

2.8

Il CESE si compiace del fatto che la proposta di direttiva miri a combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica al fine di garantire un alto livello di sicurezza e il pieno godimento dei diritti fondamentali, compreso il diritto alla parità di trattamento e alla non discriminazione. Pur comprendendo la necessità di avvalersi del codice penale nella lotta alla violenza contro le donne, il CESE ritiene tuttavia che occorra anche seguire approccio onnicomprensivo e globale per prevenire, combattere ed eradicare la violenza degli uomini contro le donne.

3.   Osservazioni particolari

3.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) esprime soddisfazione per l’innovazione normativa rappresentata dalla direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne, che segue un approccio intersettoriale Tuttavia, sottolinea la necessità di attivare protocolli, campagne di sensibilizzazione e qualificazione professionale allo scopo di scongiurare sia la violenza istituzionale che la colpevolizzazione delle vittime a causa di fattori esterni, estranei all’evento violento, come l’aspetto fisico o il comportamento della vittima, il suo status, la sua origine o qualsiasi altra caratteristica o situazione.

3.2

In quest’ottica il CESE, pur apprezzando il chiarimento dei concetti e dei procedimenti penali che deriva dall’inserimento nella direttiva delle definizioni di alcune forme di violenza contro le donne, ritiene indispensabile che la proposta affronti ogni forma di violenza di genere contro le donne e includa una definizione generale della violenza di genere, come quella che figura agli articoli 1 e 2 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne (1993) o all’articolo 3 della Convenzione di Istanbul.

3.3

Il CESE sostiene che sarebbe stato opportuno includere la violenza contro le donne tra i reati con una dimensione transnazionale di cui all’articolo 83, paragrafo 1, TFUE.

3.4

Il CESE accoglie positivamente il fatto che la fattispecie della violenza sessuale, per costituire un reato, richieda la semplice mancanza di consenso, senza la necessità di ricorso alla forza o alla minaccia per essere perseguibile. Tale definizione giuridica allinea questo reato con quanto stabilito nella Convenzione di Istanbul: tale principio deve essere applicato a nuove forme di violenza, come la cosiddetta «sottomissione chimica».

3.5

Il Comitato riconosce l’importanza rivestita dall’introduzione di misure specifiche volte a proteggere le vittime di violenza di genere in un contesto familiare e a permettere il loro accesso alla giustizia; richiede tuttavia l’inserimento della suddetta modalità di violenza tra i reati riconosciuti dalla direttiva, con la definizione di un quadro comune di riferimento in materia di sanzioni, circostanze aggravanti, giurisdizione e prescrizione.

3.6

Oltre la metà delle donne europee dichiara di essere stata vittima di molestie sessuali in almeno un’occasione (55 %) (5) e il CESE ritiene pertanto che la direttiva non possa ignorare tale forma di violenza contro le donne né nella definizione proposta né nel sistema proposto in materia di sanzioni, circostanze aggravanti, giurisdizione e prescrizione (6).

3.7

Un terzo delle donne che ha subito molestie sessuali ne è rimasta vittima nel contesto lavorativo (7). Per questo motivo, il CESE ritiene necessario che la direttiva includa tale modalità di violenza, così come l’attuazione da parte dei datori di lavoro di azioni specifiche per combattere le molestie sessuali e a sfondo sessuale in ambito lavorativo, compresi la violenza online e le molestie online (8). Pertanto, il CESE chiede che venga inserito anche il reato di molestie sul lavoro.

3.8

La violenza vicaria, ovvero quella a cui sono sottoposte le donne attraverso la violenza esercitata contro persone del loro ambito affettivo o familiare allo scopo di aggredirle emotivamente, si manifesta in modo particolare contro i loro figli e figlie. Il CESE ritiene che l’interesse superiore del minore dovrebbe prevalere sul diritto di visita quando esistano ragionevoli dubbi circa la possibilità di garantire la sicurezza del contatto con il minore in termini sia fisici che emotivi.

3.9

Considerato che l’autonomia economica costituisce un elemento essenziale per permettere alle vittime di violenza in un contesto intrafamiliare di riprendersi e di emanciparsi, il CESE rileva con preoccupazione l’assenza di misure concrete nell’ambito del dialogo sociale e della contrattazione collettiva volte a garantire il mantenimento del posto di lavoro delle suddette vittime e ad assicurare l’inserimento lavorativo delle vittime prive di un impiego.

3.10

Alla luce delle conclusioni della relazione del Parlamento europeo su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere (9), e in linea con l’articolo 6 della Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) e con la raccomandazione generale n. 38, del 6 novembre 2020, sulla tratta di donne e ragazze nel contesto della migrazione globale, formulata dal Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne, il CESE ritiene opportuno che, per riferirsi alle donne che ne sono vittima, si usi il termine «donne in situazione di prostituzione» e non «lavoratrici del sesso».

3.11

La direttiva 2011/36/UE (10) non considera valido il consenso della vittima se ottenuto mediante minaccia, uso della forza, coercizione, abuso di potere o una situazione di vulnerabilità, oppure con l’offerta o l’accettazione di somme di denaro o vantaggi finalizzate ad ottenere il consenso. Il CESE ritiene che lo sfruttamento della prostituzione o il guadagno derivante dallo sfruttamento sessuale altrui dovrebbe essere inserito tra le sanzioni previsti al capitolo 2 della direttiva sui «reati relativi allo sfruttamento sessuale».

3.12

Il CESE condivide la preoccupazione espressa dal relatore speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (11) circa il diffondersi della cosiddetta gestazione per altri. Si dice d’accordo con quanto segnalato dal Parlamento europeo (12), che la considera una forma di sfruttamento riproduttivo che lede la dignità delle donne. Pertanto, si rende conto che tale pratica, qualora sia un atto giuridico che comporta un lucro o un beneficio per una delle parti, inclusa la pubblicità, deve essere considerata una forma di violenza contro le donne e alla stregua dello sfruttamento sessuale (inserendola al capitolo 2 e all’articolo 1).

3.13

La violenza contro le donne rappresenta la violazione dei diritti umani più diffusa all’interno dell’Unione, ma la sua diffusione è maggiore tra le donne e le ragazze in situazioni di vulnerabilità, e per tale motivo è necessario dedicare particolare attenzione alle donne e alle ragazze appartenenti a minoranze etniche e/o culturali, come per esempio il popolo Rom.

3.14

Il CESE sostiene ogni misura legislativa atta a proteggere le donne con disabilità da ogni forma di sfruttamento, violenza o abuso, anche per quel che riguarda le questioni a sfondo sessuale, nonché le misure idonee alla prevenzione, in particolare forme appropriate di assistenza e sostegno che prendano in considerazione le questioni di genere per le donne con disabilità. A tal fine, il CESE è favorevole a che tutte le strutture e tutti i programmi volti all’accoglienza delle donne con disabilità siano monitorati in modo efficiente da organismi indipendenti.

3.15

Allo stesso modo, il CESE sostiene ogni misura atta a promuovere il recupero fisico, cognitivo e psicologico, la riabilitazione e il reinserimento sociale delle donne con disabilità vittime di qualsiasi forma di violenza o abuso, anche attraverso la protezione, e chiede un’attenzione specifica anche per le donne con disabilità più esposte alle aggressioni basate sul genere o per la loro condizione di disabilità (ad esempio, sterilizzazioni forzate o interdizione giudiziale chiesta da membri del contesto familiare).

3.16

Le donne migranti, in particolare se in situazione amministrativa irregolare, devono essere protette attraverso il rilascio immediato di un permesso di soggiorno autonomo e provvisorio all’atto della presentazione di una denuncia (13). Al contempo, se nel corso del processo viene evidenziata una carenza di documentazione legale, le autorità competenti in materia di migrazione non dovrebbero esserne informate.

3.17

Il CESE esprime un giudizio molto positivo circa l’inclusione delle molestie online e dello scambio non consensuale di materiale privato o manipolato tra le forme di violenza contro le donne e le ragazze, ma esprime preoccupazione per il fatto che tale scambio, per essere considerato un reato, richiede l’accessibilità del materiale a «una pluralità di utenti». Si tratta di un requisito impreciso, indefinito e assolutamente soggettivo che, a sua volta, non risponde al danno reputazionale reale, il quale talvolta è maggiore se condiviso solamente con persone appartenenti al contesto sociale, familiare o lavorativo più stretto della vittima. Il Comitato sostiene che l’assenza di consenso e l’esposizione pubblica dovrebbero essere di per sé considerati molestie online, senza entrare nel merito del fatto che la condivisione sia avvenuta con una pluralità di utenti o, al contrario, con tanti o pochi (articolo 7, lettere a) e b), articolo 8, lettera c), e articolo 9, lettera a)).

3.18

La diffusione dell’utilizzo di Internet e delle reti social ha come conseguenza il fatto che lo scambio non consensuale di materiale a contenuto sessuale stia diventando una pratica sempre più frequente, con un impatto maggiore e, pertanto, più dannosa per le vittime. Il Comitato esprime la propria preoccupazione per l’estendersi di tale pratica e ritiene che le pene e la prescrizione del reato prevista per la stessa (articolo 7) dovrebbero essere equivalenti a quelle stabilite agli articoli 12 e 15 per lo stalking online (articolo 8).

3.19

Il CESE valuta positivamente la previsione di una formazione specifica per le autorità competenti in materia di ricezione e instradamento delle denunce per i reati contemplati nella direttiva, ma sostiene che, in aggiunta, dovrebbero essere previste misure concrete volte a controllare e valutare l’efficacia del sistema, nonché una disposizione sulle sanzioni concrete da infliggere qualora le autorità competenti non rispettino il principio del dovere di diligenza (articolo 37, paragrafo 6).

3.20

Il Comitato accoglie con favore la necessità di esperienza «sufficiente» per le persone, le unità e i servizi che conducono indagini e sono competenti per portare in giudizio i casi di violenza contro le donne e le ragazze, in particolare gli operatori giuridici, le autorità e il personale giudiziario, i giudici, i pubblici ministeri, gli avvocati, coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa, i professionisti dell’assistenza, i servizi sociali ed educativi e altro personale pertinente che possa entrare in contatto con i gruppi vulnerabili o le vittime. Tuttavia, il CESE mette in guardia circa la soggettività che può accompagnare la percezione della sufficienza o insufficienza dell’esperienza. Considerato che uno dei principali errori nell’intervento in questo ambito è, appunto, la mancanza di formazione e sensibilizzazione degli operatori coinvolti, raccomanda di esigere una formazione specifica non solo rivolta ai professionisti che instradano le denunce o entrano in contatto con le vittime, ma anche a coloro che prendono parte al processo investigativo e all’iter giudiziario previsto al capitolo 3 (articolo 17, paragrafo 1).

3.21

La velocità con cui si presta assistenza alle vittime costituisce un aspetto fondamentale per un’adeguata ripresa, riabilitazione e recupero. Il CESE sostiene che l’indirizzamento delle vittime verso i servizi di assistenza debba avvenire non solamente in modo opportuno e coordinato, ma anche prioritario e urgente (articolo 20, paragrafo 2).

3.22

Il CESE accoglie con soddisfazione le misure proposte per garantire l’accesso delle vittime a servizi di assistenza completi, personalizzati, generali e specializzati, che rispondano alle loro esigenze specifiche. Tuttavia si rammarica del fatto che l’elenco dei servizi di assistenza specialistica che gli Stati membri devono fornire alle vittime (articolo 27, paragrafo 1) si riferisca esclusivamente alla fase legale o di indagine e al procedimento giudiziario, senza menzionare l’accesso ai servizi sanitari, inclusi i servizi relativi alla salute sessuale e riproduttiva, come qualcosa di essenziale per le vittime. Inoltre, il CESE osserva con grande preoccupazione che i servizi di salute sessuale e riproduttiva, inclusa la contraccezione di emergenza e l’aborto, non sono menzionati in modo esplicito come servizi di assistenza non solo essenziali ma anche urgenti, ai quali le vittime di violenza sessuale devono avere accesso (articolo 28). Secondo le Nazioni Unite e la Corte europea dei diritti dell’uomo, l’obbligo di portare a termine una gravidanza risultato di una violenza può costituire una forma di violenza crudele, inumana e degradante, e ciò è grave. Il CESE chiede alla Commissione europea di inserire i servizi sanitari, compresi quelli relativi alla salute sessuale e riproduttiva, nell’elenco dei servizi di assistenza essenziali per le vittime, e di esortare tutti gli Stati membri dell’UE a eliminare con urgenza tutti gli ostacoli che rendono difficoltoso l’accesso alla contraccezione di emergenza e ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza a seguito di violenza.

3.23

Le donne sfollate e quelle che fuggono da un conflitto corrono un rischio maggiore di essere vittime di violenza di genere. La violenza sessuale spesso è utilizzata come arma di guerra, e le donne e le ragazze corrono un rischio maggiore di rimanere vittime della tratta di essere umani e dello sfruttamento sessuale. Il CESE sottolinea che l’assistenza, la protezione e l’accesso ai servizi sanitari essenziali, come l’attenzione ai traumi psicologici e l’accesso ai servizi sessuali e riproduttivi, tra cui la contraccezione di emergenza e l’assistenza all’aborto, sono fondamentali e dovrebbero essere concessi in tutti i paesi europei.

3.24

Il Comitato sostiene che i provvedimenti restrittivi e di tutela di emergenza a salvaguardia dell’integrità fisica e psicologica delle vittime devono necessariamente prevedere misure che impediscano all’aggressore di molestare la vittima o di avvicinarla fisicamente. Ciò non riguarda solamente l’accesso limitato o vietato in rapporto all’alloggio o al luogo di lavoro (articolo 21, paragrafo 1) ma anche allo spazio pubblico in generale, e vanno considerate le situazioni nelle quali l’avvicinamento tra vittima e autore delle violenze possa essere considerato un comportamento pericoloso dell’autore o dell’indiziato di reato (articolo 21, paragrafo 2).

3.25

Il CESE si compiace del fatto che le linee telefoniche di sostegno alle vittime e l’assistenza specialistica prestata nei centri di riferimento per le vittime di violenza sessuale siano disponibili tutti i giorni della settimana e gratuitamente, ma ritiene che l’accessibilità e gratuità dovrebbero essere sancite altresì in modo esplicito in tutti i meccanismi e le misure di assistenza alle vittime di violenza sessuale, nelle misure preventive di tipo informativo in merito ai diritti di cui godono e in tutto quanto concerne le pratiche per il risarcimento e indennizzo.

3.26

Il Comitato accoglie favorevolmente l’inclusione di assistenza specialistica in caso di molestia sessuale in ambito lavorativo e che tale assistenza venga raccomandata nelle misure degli Stati membri a fine di prevenzione, ma richiama l’attenzione sul fatto che i servizi di consulenza e assistenza previsti sono solo di tipo esterno (articolo 30) e che nulla venga detto circa l’importanza del dialogo sociale, della contrattazione collettiva e della necessaria partecipazione e negoziazione con gli operatori sociali, in particolare con i sindacati in quanto legittimi rappresentanti degli interessi e diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Analogamente, osserva con preoccupazione e sorpresa che in questo tipo di violenza contro le donne è contemplata la «mediazione».

3.27

A tale proposito, il CESE ritiene imprescindibile e urgente sollecitare tutti gli Stati membri che non vi abbiano ancora provveduto, così come la stessa Unione europea, a ratificare sia la Convenzione n. 190 dell’OIL sulla violenza e sulle molestie che la Convenzione di Istanbul.

3.28

Il Comitato sostiene l’inclusione di misure preventive contro la violenza di genere nel contesto dell’istruzione, anche attraverso il rafforzamento di un’ampia educazione sessuale. Tuttavia, considerato il ruolo svolto dall’istruzione nella costituzione di ruoli e stereotipi di genere, tale mandato dovrebbe essere allargato a tutte le fasi dell’apprendimento, a qualsiasi livello, nonché includere in modo esplicito nella cooperazione istituzionale la partecipazione della comunità dell’istruzione, delle organizzazioni della società civile (in particolare delle associazioni femministe), delle parti sociali e delle comunità interessate (articolo 36, paragrafo 2).

3.29

Al contempo, il CESE giudica in modo molto positivo la cooperazione e il coordinamento degli Stati membri nella raccolta di dati e nella ricerca delle cause, dell’incidenza e degli effetti della violenza contro le donne, ma esprime dubbi sull’impegno reale che possa derivare dall’espressione «sostengono» dell’articolo 44, paragrafo 7, che semplicemente invita gli Stati membri ad agire. e ritiene che sarebbe molto più efficace e ambizioso un impegno ad adottare misure specifiche e concrete entro un arco di tempo prestabilito (articolo 44, paragrafo 7).

3.30

Le diaspore migratorie che vedono come territorio di accoglienza i diversi Stati dell’Unione obbligano a prendere in considerazione forme di violenza contro le donne e le ragazze appartenenti alle regole culturali delle comunità di origine. Il Comitato si compiace del fatto che la direttiva indichi la mutilazione genitale femminile come un reato specifico, ma mette in guardia sulla necessità di prestare grande attenzione affinché le campagne di sensibilizzazione o prevenzione evitino la stigmatizzazione delle donne che appartengono alle suddette comunità e che la sensibilità culturale prevista all’articolo 37, paragrafo 2, in merito all’identificazione delle conseguenze si applichi anche alle campagne di prevenzione. Il Comitato sostiene che, in tal senso, un aspetto fondamentale sia lavorare con e partendo dalle stesse comunità di riferimento al fine di prevenire e disinnescare i significati culturali di tale pratica (articolo 36, paragrafo 6) (14).

3.31

Il CESE accoglie con soddisfazione il riconoscimento dell’aborto forzato e la sterilizzazione forzata come forme specifiche di violenza. Tuttavia, anche le violenze più generali contro la salute e i diritti sessuali e riproduttivi dovrebbero essere considerate violenza contro le donne, come è il caso della violenza ginecologica e ostetrica, la gravidanza forzata e la mancata assistenza all’aborto. Il CESE rileva con preoccupazione che non sono comprese nella definizione di violenza contro le donne le restrizioni esistenti all’interruzione volontaria della gravidanza in modo libero e sicuro, nonché gli attacchi a cui le donne che hanno liberamente fatto tale scelta sono sottoposte, soprattutto nelle immediate vicinanze delle cliniche.

3.32

Il Comitato rileva con preoccupazione che non viene contemplato lo sviluppo di una vita soddisfacente, in condizioni di libertà e uguaglianza, per le orfane e gli orfani delle vittime di violenza contro le donne: ciò richiede necessariamente che possano superare e ottenere riparazione per la loro situazione di particolare vulnerabilità generata dal contesto violento subito, ancora più grave nel caso in cui la madre sia stata vittima di omicidio. In quest’ultimo caso, è essenziale agevolare l’accesso di tali minori ai risarcimenti in sede civile cui hanno diritto per i reati commessi nei loro confronti. È inoltre essenziale accelerare il processo di successione dopo il reato, per consentire loro di accedere senza indugio al loro patrimonio e ai loro diritti di successione (15).

3.33

Il Comitato deplora che non sia stata presentata alcuna relazione economica di accompagnamento alla direttiva e che, pertanto, non venga garantito il finanziamento pubblico dei servizi e delle azioni che la direttiva propone.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  FRA (2014), Violenza contro le donne: un’indagine a livello di Unione europea.

(2)  ETF (2019), Time's Up for Violence Against Women (Fermare la violenza contro le donne).

(3)  Eurofound (2017), 6th European Working Condition Survey (Sesta indagine sulle condizioni di lavoro in Europa).

(4)  Unione europea (2021), 2021 report on gender equality in the EU (Rapporto 2021 sulla parità di genere nell’UE).

(5)  Studio su un campione di 42 000 donne. Fonte: Violenza contro le donne: un’indagine a livello di Unione europea, Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, 2014.

(6)  Nel rispetto degli impegni assunti in occasione delle giornate Me Too del Parlamento europeo nel febbraio 2019, in cui si è chiesto ai candidati e alle candidate alle elezioni di maggio di impegnarsi fermamente a combattere in modo specifico le molestie sessuali.

(7)  Studio su un campione di 42 000 donne. Fonte: Violenza contro le donne: un’indagine a livello di Unione europea, Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, 2014.

(8)  A tale proposito, indica come buone prassi in Spagna l’articolo 48 della legge organica 3/2007, del 22 marzo, per la parità effettiva tra gli uomini e le donne.

(9)  Relazione del Parlamento europeo su sfruttamento sessuale e prostituzione, e sulle loro conseguenze per la parità di genere (2013/2103(INI)). Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Relatrice: Mary Honeyball. A7-0071/2014. 3.2.2014. Si veda altresì la risoluzione del Parlamento europeo del 10 febbraio 2021 sull’attuazione della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime (2020/2029(INI)).

(10)  Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).

(11)  Nazioni Unite. Consiglio dei diritti umani, Relazione del relatore speciale sulla vendita e lo sfruttamento sessuale dei bambini, compresa la prostituzione infantile, la pornografia infantile e altro materiale pedopornografico, A/HRC/37/60, Consiglio dei diritti umani, 37a sessione, dal 26 febbraio al 23 marzo 2018.

(12)  Come auspicato dalla risoluzione del Parlamento europeo del 17 dicembre 2015 sulla relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014 e sulla politica dell’Unione europea in materia, 2015/2229(INI), che condanna la pratica della surrogazione di maternità o la gestazione per altri «che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce», chiede una revisione urgente della sua legalità, alla luce dei vari strumenti sui diritti umani, e chiede il divieto di una pratica «che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo».

(13)  In questo settore, la legge spagnola sull’immigrazione è una buona pratica (articolo 31 bis della legge organica 4/2000).

(14)  The Multisectorial Academic Program to prevent and combat female Genital Mutilation (Programma accademico multisettoriale per prevenire e contrastare la mutilazione genitale femminile) (FGM/C), Commissione europea, 2016-2018

(15)  A questo proposito, ritiene una buona pratica in Spagna la legge organica 2/2022, del 21 marzo, sul miglioramento della protezione degli orfani vittime di violenza di genere.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/101


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: COVID-19 — Sostenere la preparazione e la risposta dell'UE: prospettive future

[COM(2022) 190 final]

(2022/C 443/14)

Relatrice generale:

Sára FELSZEGHI

Consultazione

Commissione europea, 28.6.2022

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

199/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La pandemia di COVID-19 ha causato e continua a causare considerevoli danni alla vita quotidiana delle persone, al settore sanitario, alle economie nazionali e alla società. Le esperienze e gli insegnamenti che ne sono stati tratti e la ricerca in questo campo consentono al Comitato economico e sociale europeo (CESE) di proporre soluzioni a lungo termine che renderanno l'UE maggiormente preparata ad affrontare in modo sostenibile le minacce sanitarie derivanti non solo dalla COVID-19 ma anche da altre malattie infettive, nonché di rafforzare e migliorare la risposta comune degli Stati membri e il coordinamento a livello globale.

1.2.

Il CESE ritiene che l'UE dovrebbe sviluppare a tal fine una capacità di risposta immediata, che includa e utilizzi gli strumenti esistenti per predisporre una reazione d'urgenza in caso di ulteriori varianti del virus o di nuove pandemie. Propone di elaborare una strategia che, integrando le specificità nazionali di ciascuno Stato membro e orientando le linee d'azione in un'unica direzione, metta a disposizione un complesso strumentario, comprendente tutti gli elementi di prevenzione (vaccinazione, misure epidemiologiche preventive, istruzione, comunicazione ecc.), cura (medicinali, assistenza ai pazienti, riabilitazione medica, assistenza ecc.), riabilitazione (sul luogo di lavoro, a scuola), assistenza (con particolare attenzione a coloro che soffrono di long COVID) e garantisca l'accesso a risorse economiche esistenti e future.

1.3.

La vaccinazione è uno dei pilastri della prevenzione. Nella catena epidemiologica (fonte di infezione, via di trasmissione, organismo ricettivo) la vaccinazione blocca contemporaneamente due anelli importanti (fonte di infezione, organismo ricettivo); pertanto nell'attuazione della strategia di vaccinazione è essenziale anche procedere a una costante analisi di tale strategia e integrare nuove possibilità. Superate le difficoltà iniziali, ormai sia l'UE che la maggior parte degli Stati membri dispongono di proprie strategie di vaccinazione. Grazie alla strategia dell'UE sui vaccini tutti possono contare su un approvvigionamento sufficiente di vaccini sicuri ed efficaci. Tuttavia, i tassi di copertura vaccinale sono stagnanti e/o al di sotto della soglia ottimale in diversi Stati membri dell'UE (1). Il rischio è aumentato anche dal fatto che il vaccino è meno efficace nelle persone che non hanno ancora ricevuto una dose di richiamo (comprese circa nove milioni di persone di età pari o superiore a 60 anni!) (2).

1.4.

Il CESE ritiene che tale situazione sia dovuta, tra l'altro, alla riduzione della vigilanza, alla mancanza di efficacia delle campagne di informazione e di educazione e alla disinformazione. Raccomanda pertanto di rafforzare la comunicazione sia nell'UE che negli Stati membri, di individuare tempestivamente la disinformazione e di adottare contromisure, nonché di garantire lo sviluppo e l'acquisto di nuovi vaccini complessi, che, insieme, possano proteggere sia da nuove varianti che da coinfezioni (ad esempio COVID-19 più influenza).

1.5.

Trattandosi di una pandemia, non si può pensare a misure di vaccinazione limitate ai soli Stati membri dell'UE. Per questo motivo il CESE appoggia con decisione gli sforzi dell'UE e di alcuni Stati membri volti a sostenere, in applicazione del principio di solidarietà («Team Europa»), i paesi partner (3) e l'Unione africana (come annunciato al vertice del febbraio 2022), non solo nel settore della vaccinazione, ma anche per affrontare l'impatto sanitario e socioeconomico della pandemia.

1.6.

Un altro elemento importante delle misure di lotta alle malattie è la designazione e l'attuazione, da parte di ciascuno Stato membro, di compiti di sanità pubblica, che fanno parte delle misure di riduzione dei rischi a livello di comunità. Il CESE ritiene che le istituzioni dell'UE debbano svolgere in questo campo un importante ruolo di coordinamento e di orientamento tecnico, al fine di rafforzare l'attuazione e l'efficacia dei compiti di sanità pubblica e di garantire un sistema di protezione resiliente.

1.7.

Con il calo di intensità della minaccia epidemica, ciascun paese ha modificato le proprie strategie di test. I test sono effettuati sulle persone che presentano sintomi di infezione da COVID e sui loro contatti diretti, sulle persone a rischio di malattia grave e su quelle che hanno contatti regolari con gruppi vulnerabili della popolazione (ad esempio operatori sanitari, operatori dei servizi sociali). Poiché in tal modo si riduce il numero di persone sottoposte a test, è probabile che risulterà anche più difficile l'interpretazione dei dati epidemiologici. È pertanto essenziale, in aggiunta alle strategie di test modificate, garantire l'affidabilità e la rappresentatività epidemiologica dei test, per fornire utili orientamenti sulle tendenze epidemiologiche e potere quindi reagire rapidamente.

1.8.

Gli Stati membri utilizzano i test antigenici rapidi per rafforzare ulteriormente la propria capacità globale di esecuzione di test, in particolare in caso di limitate capacità di eseguire test PCR o per i casi in cui le esigenze cliniche richiedono tempi più rapidi. Il comitato per la sicurezza sanitaria dell'UE ha istituito un apposito gruppo di lavoro tecnico incaricato di riesaminare e aggiornare periodicamente l'elenco comune dell'UE dei test antigenici rapidi che soddisfano i criteri di prestazione specifici per il rilevamento del SARS-CoV-2 (4), al fine di garantire, da un lato, che diminuisca il numero di falsi positivi e falsi negativi (cosa importante ai fini di una valutazione realistica della situazione epidemiologica e di un aumento dell'efficacia delle misure di controllo delle epidemie) e, dall'altro, che vengano determinate con certezza le infezioni causate da nuove mutazioni.

1.9.

Tra le altre misure di controllo delle malattie, occorre riservare una particolare attenzione all'importanza della ventilazione. Non si insisterà mai abbastanza sull'importanza di una frequente ventilazione naturale, che richiede solo di prestarvi attenzione ed è facile da attuare. Per la ventilazione forzata la situazione è differente. Se il sistema di ventilazione non può essere disinfettato in modo efficace o se la ventilazione non è sufficiente, la trasmissione del SARS-CoV-2 avviene principalmente in ambiente interno (ad esempio negli uffici, in altri luoghi di lavoro, negli istituti scolastici, nei centri commerciali ecc.). Gli Stati membri dovrebbero pertanto considerare l'uso di apparecchiature dotate di filtri di alta qualità (5), in particolare negli ambienti summenzionati. Ciò richiederà ulteriori sforzi (di innovazione tecnica e finanziari) da parte degli Stati membri. Con l'attenuarsi della pandemia, la maggior parte degli Stati membri ha abolito l'obbligo di indossare mascherine (tranne che nei centri sanitari). Tuttavia, il CESE raccomanda, in particolare per quanto riguarda i gruppi vulnerabili (persone di età superiore ai 60 anni, persone affette da malattie croniche, persone non vaccinate ecc.) di continuare ad indossare mascherine, mantenere la distanza adeguata e disinfettarsi le mani nei luoghi affollati o con scarsa ventilazione, nei trasporti pubblici ecc., riducendo così il rischio di infezione e la probabilità di una recrudescenza dell'epidemia.

1.10.

Il CESE condivide e sostiene il punto di vista specialistico secondo cui l'obiettivo della sorveglianza epidemiologica non dovrebbe più consistere nell'individuare e segnalare tutti i casi, ma piuttosto nel fornire stime affidabili dell'intensità dell'infezione nella comunità, dell'impatto delle forme gravi della malattia e dell'efficacia dei vaccini. Avvalendosi della digitalizzazione delle informazioni sanitarie, gli Stati membri dovrebbero sviluppare strategie per ripristinare i sistemi di sorveglianza con organismi di controllo (sentinel surveillance(6) basati sull'assistenza primaria e secondaria per le infezioni respiratorie acute, integrate dal rafforzamento di altri sistemi di monitoraggio, ad esempio il monitoraggio delle acque reflue. Ai fini dell'interpretazione di tali dati è indispensabile sviluppare quanto prima i criteri per un sistema unico di segnalazione, che è una responsabilità condivisa tra l'UE e gli Stati membri.

1.11.

Affinché i cittadini degli Stati membri adottino e partecipino attivamente alle necessarie misure di lotta alle malattie è importante comprendere il nesso causale. Il CESE raccomanda di sviluppare un sistema di educazione che comprenda la rete sanitaria, l'istruzione scolastica, l'educazione sul luogo di lavoro e i media. La preparazione del materiale didattico necessario costituisce un compito dell'UE e dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), oltre che degli Stati membri. Ciò aumenterebbe notevolmente la copertura vaccinale e la cooperazione pubblica nella prevenzione delle epidemie, e ridurrebbe la probabilità di diffusione di notizie false e il loro impatto.

1.12.

Alcuni attori hanno sfruttato la pandemia per manipolare l'informazione, interferire con essa, anche attraverso la disinformazione, suscitando e rafforzando a proprio vantaggio le incertezze, i timori e le reali preoccupazioni dei cittadini, mettendo a rischio la vita dei cittadini e, non da ultimo, compromettendo l'efficace risposta alla pandemia e la fiducia del pubblico nelle istituzioni che si occupano della pandemia di COVID-19. In aggiunta alle misure adottate finora dall'UE e dagli Stati membri, il CESE raccomanda agli Stati membri di istituire un sistema di monitoraggio e valutazione che, oltre a individuare le notizie false, «contrassegni» quelle verificate da specialisti, confermandone l'autenticità e la veridicità e diffondendo con decisione la comunicazione in materia, affinché i cittadini degli Stati membri possano ricevere, nella propria lingua materna, tali informazioni.

1.13.

Curare la COVID-19 è un compito complesso che, oltre alla terapia farmacologica, comprende anche le cure prestate ai pazienti, la riabilitazione medica e sul lavoro e l'assistenza. Il CESE raccomanda di elaborare una documentazione tecnica (linee guida) che copra tutti i compiti di cura e di cui sia disponibile online una versione costantemente aggiornata (nelle lingue ufficiali di ciascuno Stato membro).

1.14.

Tra i compiti menzionati più in alto, oltre alla terapia, anche la riabilitazione è una delle chiavi per la salute e il benessere dei giovani e dei lavoratori. Il successo della riabilitazione sul lavoro e scolastica è garantito dal servizio sanitario aziendale e dal servizio sanitario scolastico, poiché questi servizi la effettuano in modo personalizzato tenendo conto del carico di lavoro e delle esigenze, riducono significativamente il numero di giorni di malattia e di assenza, accelerano il processo di riabilitazione e facilitano il ritorno in attività. Pertanto, il CESE raccomanda che, dopo la riabilitazione istituzionale del paziente, un'ulteriore riabilitazione venga effettuata dal servizio sanitario aziendale o dal servizio sanitario scolastico, predisponendo a livello dei singoli Stati membri il contesto giuridico e materiale in cui la cooperazione tra il datore di lavoro (che crea le necessarie condizioni di lavoro), il servizio sanitario aziendale o scolastico — che garantisce un percorso (professionale) personalizzato per la riabilitazione — e il lavoratore (in quanto partecipante attivo) dovrebbe portare a una riabilitazione efficace, cosa che genererà anche notevoli benefici economici e di salute pubblica sia agli Stati membri che all'UE.

1.15.

La COVID-19 è una malattia complessa con effetti diretti e indiretti sulla salute. Sebbene non se ne conoscano ancora tutti gli effetti, è noto che si tratta di una malattia che attacca, causando infiammazione, quasi tutti gli organi (cuore, polmoni, cervello, sistema muscolo-scheletrico, reni, apparato digerente ecc.), e i cui pazienti, nel caso della cosiddetta long COVID, continuano ad essere affetti da sintomi per settimane e mesi dopo la fine della fase acuta. Queste persone hanno bisogno di assistenza specializzata e riabilitazione. Il CESE raccomanda che, in aggiunta al sostegno (professionale ed economico) dell'UE, ciascuno Stato membro favorisca la salute sul luogo di lavoro offrendo servizi di prevenzione per l'igiene mentale (specialisti di igiene mentale o psicologi, in funzione della normativa nazionale) facilmente accessibili al personale, che potrebbero contribuire alla riabilitazione delle persone affette da malattie mentali (deterioramento delle capacità cognitive, ridotta capacità di apprendimento e gradi differenti di depressione). Quanto sopra si giustifica a maggior ragione in quanto le malattie mentali non insorgono solo nel caso della long COVID, ma anche perché le circostanze causate dalla pandemia (confinamento, insicurezza, paura, solitudine ecc.) conducono alla depressione, che in molti casi può portare a malattie che provocano dipendenza o addirittura, in casi gravi, al suicidio, con importanti conseguenze sanitarie, economiche e sociali.

1.16.

Gli Stati membri dell'UE sono caratterizzati da livelli differenti di risorse economiche. Per garantire la sostenibilità, l'efficienza e il coordinamento nei sistemi sanitari e di sanità pubblica e nell'industria sanitaria, il CESE raccomanda che l'UE assegni alla strategia settoriale risorse finanziarie specifiche (a integrazione di quelle già esistenti) che consentano di creare sistemi di protezione efficaci, sostenibili e resilienti di pari livello.

2.   Sintesi della posizione adottata

La pandemia di COVID-19 ha avuto molti effetti di vasta portata sulla salute pubblica, sui nostri sistemi sanitari, sulle nostre economie e sul nostro intero stile di vita. Le proposte formulate nelle Conclusioni e raccomandazioni si iscrivono nella falsariga delle misure di mitigazione dell'UE e continueranno a contribuire alla sostenibilità, all'efficienza e alla resilienza del sistema. A giudizio del Comitato il calo nell'andamento della pandemia è solo temporaneo e, sebbene l'attenuazione delle misure di mitigazione sia di grande aiuto, in particolare per i cittadini, i sistemi sanitari e gli operatori economici, dobbiamo essere preparati a un possibile ritorno della pandemia, ed è quindi essenziale un impegno costante. Il CESE si augura che l'adozione delle sue proposte rafforzerà ulteriormente la capacità dell'UE e degli Stati membri di prevenire le crisi sanitarie e di prepararsi e rispondere a esse, di affrontare in modo sostenibile le minacce sanitarie legate non solo alla COVID-19, ma anche ad altre malattie infettive, e di rafforzare e migliorare la risposta e il coordinamento tra gli Stati membri e a livello globale.

3.   Modifiche proposte

3.1.

Per completare e ampliare la strategia attuale è importante che le istituzioni dell'UE elaborino una strategia articolata che, integrando le specificità nazionali di ciascuno Stato membro e facendo convergere i vari sforzi e propositi, offra uno strumentario composito, comprendente tutti gli elementi della prevenzione (vaccinazione, misure epidemiologiche, educazione, comunicazione ecc.), cura (medicinali, assistenza ai pazienti, riabilitazione medica, cure di lungo periodo ecc.), riabilitazione (sul luogo di lavoro, a scuola), assistenza (specialmente per coloro che soffrono di COVID-19 lunga), nonché messa a disposizione di risorse economiche attuali e future.

3.2.

Il CESE propone pertanto di rafforzare la comunicazione e i media sia nell'UE che negli Stati membri, di individuare tempestivamente la disinformazione e di adottare contromisure, nonché di garantire lo sviluppo e l'acquisto di vaccini complessi di recente realizzazione, che insieme possano proteggere sia da nuove varianti che da coinfezioni (ad esempio COVID-19 e influenza).

3.3.

Al fine di prevenire la disinformazione, è opportuno istituire un sistema di monitoraggio e certificazione che, oltre a individuare le notizie false, contrassegni le informazioni confermate da esperti, convalidandone l'autenticità e la veridicità per tutti i cittadini dell'UE.

3.4.

Le istituzioni dell'UE e il CESE dovrebbero svolgere un importante ruolo di coordinamento, fornire orientamenti tecnici e al tempo stesso informare adeguatamente la società civile, contribuendo così al processo volto a rafforzare l'attuazione e l'efficacia dei compiti di sanità pubblica e a garantire un sistema di protezione resiliente.

3.5.

Occorre assicurare risorse finanziarie ad hoc (aumentando quelle esistenti) per eliminare gli squilibri economici in materia di protezione.

3.6.

Il CESE raccomanda di introdurre in tutti gli Stati membri un sistema di istruzione che comprenda la rete sanitaria, l'istruzione scolastica, l'educazione sul luogo di lavoro e i media. La preparazione del materiale didattico necessario dovrebbe incombere, oltre che agli Stati membri, alle istituzioni dell'UE e all'OMS.

3.7.

Dopo la riabilitazione istituzionale, l'ulteriore riabilitazione dei pazienti che hanno superato la COVID-19 dovrebbe incombere al servizio sanitario aziendale o scolastico, grazie alla creazione del contesto giuridico e finanziario (in funzione delle specificità nazionali) necessario per garantire una riabilitazione riuscita, basata sulla cooperazione tra il datore di lavoro (che crea le condizioni necessarie nel luogo di lavoro), il servizio sanitario aziendale o scolastico — che fornisce un contesto (professionale) personalizzato per la riabilitazione — e il lavoratore (in quanto partecipante attivo).

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE considera essenziale la strategia della Commissione europea (7) volta a garantire che gli obiettivi politici generali dell'UE siano sviluppati congiuntamente dalle istituzioni dell'UE e dagli Stati nazionali, conformemente alle leggi nazionali. Rientrano in tale contesto la risposta della Commissione europea al coronavirus (8) e il piano di ripresa della Commissione europea (9). Il bilancio a lungo termine dell'UE e lo strumento temporaneo Next Generation EU per la ripresa sono i due elementi del più grande pacchetto di incentivi mai finanziato in Europa.

4.2.

L'importanza delle proposte in discussione si riflette anche nel fatto che parallelamente al presente parere viene elaborato il progetto di parere d'iniziativa INT/989 sulla preparazione alle emergenze, il cui obiettivo è permettere al CESE di contribuire alle discussioni e alle azioni future in materia di preparazione alle emergenze, in particolare per quanto riguarda l'impatto sulle imprese in termini di mercato unico, produzione e consumo.

4.3.

In un altro parere (10) il CESE definisce la sua posizione in merito alla proposta della Commissione concernente la creazione di un'Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA), il cui compito è prevenire e individuare le emergenze sanitarie transnazionali e rispondervi rapidamente. Il CESE accoglie con favore questa iniziativa, ma esprime preoccupazione per il fatto che l'HERA attribuisce un ruolo molto limitato al Parlamento europeo, alle autorità regionali, agli organismi di assicurazione sanitaria e alle organizzazioni della società civile, e raccomanda di garantire una maggiore trasparenza, da un lato, grazie a un adeguamento della struttura dell'HERA, e dall'altro, riguardo i fondi spesi da tale agenzia e attraverso di essa.

4.4.

In un ulteriore parere (11) il CESE osserva che il certificato COVID digitale dell'UE dovrebbe rendere i viaggi quanto più facili possibile e facilitare gli spostamenti durante la pandemia di COVID-19, ma sottolinea che il possesso di tale certificato non dovrebbe esonerare i viaggiatori dal rispetto di altre misure di riduzione dei rischi, bensì dovrebbe essere considerato una strategia temporanea per quei paesi che chiedono un meccanismo permanente che possa essere rivalutato costantemente dopo l'adozione.

4.5.

Il CESE si compiace di avere recentemente elaborato una serie di pareri direttamente connessi alla preparazione alla crisi della COVID-19. Uno di essi è il parere SOC/665 (12), tra i cui punti principali figura la necessità per l'UE e gli Stati membri di garantire la parità di accesso per tutti a prestazioni sanitarie e servizi sociali di qualità, l'esigenza di adottare misure adeguate per migliorare le condizioni di lavoro, la salute e la sicurezza degli operatori sanitari, il mantenimento dell'accesso alla vaccinazione come bene pubblico, la garanzia che le innovazioni e le risposte mediche siano accessibili a tutti, indipendentemente dal loro reddito e dallo Stato membro o dalla regione in cui si trovano. Alla luce del mandato rinnovato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), il CESE sottolinea l'importanza di fare della riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'UE uno dei compiti prioritari del Centro, e di garantire la necessaria attenzione alle malattie non trasmissibili. Per quanto riguarda il rafforzamento del ruolo dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), il CESE chiede che i gruppi direttivi per i medicinali e i dispositivi medici coinvolgano e consultino utilmente la società civile e le parti sociali.

4.6.

In un altro parere (13) il CESE ha proposto di istituire quanto prima un meccanismo europeo di coordinamento e di intervento rapido. È opportuno istituire immediatamente un gruppo di lavoro di esperti che funga da coordinatore delle conoscenze e delle risorse per creare una rete che riunisca i migliori centri virologici ed epidemiologici e le migliori capacità diagnostiche. Il CESE ritiene che il programma per la salute possa produrre risultati concreti solo se adotta un approccio inclusivo, che coinvolga le organizzazioni internazionali (tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità), la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità e le parti interessate del settore sanitario, che conoscono meglio la situazione delle persone sul campo. Si dovrebbe inoltre effettuare una valutazione periodica degli obiettivi.

4.7.

In un altro parere (14) il CESE accoglie con favore il proposito della Commissione di far sì che la nuova strategia farmaceutica per l'Europa garantisca la fornitura di medicinali sicuri, di alta qualità e a prezzi accessibili e assicuri la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari degli Stati membri, oltre a promuovere la competitività dell'industria farmaceutica. Sottolinea il ruolo fondamentale di un mercato unico funzionante, equo ed efficiente, che incoraggi e ricompensi un progresso medico autentico, con un reale valore aggiunto per la salute, adoperandosi nel contempo per rafforzare la concorrenza al fine di garantire un accesso equo e finanziariamente sostenibile ai medicinali.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://www.ecdc.europa.eu/en/news-events

(2)  Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), Monitoraggio della vaccinazione contro la COVID-19 (https://ec.europa.eu/health/health-security-and-infectious-diseases/crisis-management_it).

(3)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/fs_22_870

(4)  Gruppo di lavoro tecnico sui test diagnostici per la COVID-19, https://ec.europa.eu/health/health-security-and-infectious-diseases/crisis-management_en#technical-working-group-on-covid-19-diagnostic-tests

(5)  Ad esempio, apparecchiature autonome per la pulizia dell'aria dotate di filtri HEPA (filtri antiparticolato ad alta efficienza) o di filtri di analoga efficacia e dispositivi di sterilizzazione a raggi ultravioletti (UVGI), dispositivi nei condotti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria, o collocati in posizione sufficientemente elevata (apparecchiature UVGI installate vicino al soffitto).

(6)  La sorveglianza con organismi di controllo permette di monitorare il tasso di prevalenza di talune malattie e affezioni attraverso una rete volontaria di medici, laboratori e servizi sanitari pubblici, al fine di valutare la stabilità o il cambiamento dello stato di salute della popolazione.

(7)  https://ec.europa.eu/info/strategy_it

(8)  https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/coronavirus-response_it

(9)  https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it

(10)  GU C 275 del 18.07.2022, pag. 58.

(11)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 146.

(12)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 109.

(13)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 251.

(14)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 53.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/106


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari»

[COM(2022) 141 final]

(2022/C 443/15)

Relatore:

Florian MARIN

Correlatore:

Antonello PEZZINI

Consultazione

Commissione europea, 2.5.2022

Base giuridica

Articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali

Adozione in commissione

24.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

202/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L'industria tessile può contribuire a realizzare gli obiettivi ambientali dell'Unione europea e deve rispondere del proprio impatto ambientale. Occorre trovare il giusto equilibrio tra i costi della fine del ciclo di vita che i fabbricanti di prodotti tessili devono sostenere, da un lato, e la competitività del settore, dall'altro.

1.2.

Per attuare la duplice transizione circolare e digitale, l'ecosistema tessile necessita di misure adeguate e flessibili che tengano conto delle sue caratteristiche specifiche. La creatività e l'innovazione sostenibile devono costituire parte integrante della strategia per il settore tessile.

1.3.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è favorevole all'introduzione di ampi requisiti di etichettatura concernenti il grado di riciclaggio e l'impronta dei prodotti tessili quale possibile incentivo per i consumatori a scegliere prodotti sostenibili e ad anteporre la qualità alla quantità, ma ciò richiede una valutazione d'impatto approfondita e una vasta campagna di informazione a livello europeo.

1.4.

Il CESE guarda con preoccupazione alle pratiche di concorrenza sleale e chiede di intensificare la vigilanza del mercato sui prodotti importati, come pure un coordinamento e una collaborazione migliori tra le autorità di contrasto nazionali. Il CESE chiede misure volte a garantire un equilibrio tra gli attori delle catene di approvvigionamento del tessile e raccomanda l'adozione di buone pratiche in materia di sostenibilità a livello globale, nel pieno rispetto delle norme tecniche degli organismi di normazione CEN, CENELEC ed ETSI, sottolineando nel contempo il diritto alla protezione della salute e dell'ambiente.

1.5.

Il CESE ritiene necessario rafforzare gli accordi commerciali presenti e futuri, e inserirvi dei paragrafi sulla sostenibilità e la protezione dei diritti umani nel quadro del sistema di preferenze generalizzate per i paesi in via di sviluppo.

1.6.

Il CESE si sarebbe aspettato che la strategia insistesse maggiormente sugli aspetti sociali nel settore tessile, dato che la transizione verde deve accompagnarsi a una transizione giusta. Sarebbe necessario definire ulteriori iniziative in materia di dialogo sociale e contrattazione collettiva.

1.7.

Il CESE sottolinea la necessità di investimenti e programmi per rafforzare la capacità delle istituzioni incaricate dei controlli e la capacità operativa delle parti sociali per il monitoraggio degli accordi globali, dei diritti fondamentali e dei diritti dei lavoratori. Un uso intelligente dei fondi di coesione dovrà contribuire a ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni dell'UE.

1.8.

Il CESE ritiene che gli Stati membri dovrebbero ricevere un'assistenza supplementare in termini di cooperazione transfrontaliera, vigilanza del mercato, efficacia dei controlli e armonizzazione delle norme, e invoca un processo di monitoraggio sovranazionale.

1.9.

Il CESE è favorevole a introdurre l'obbligo di dovere di diligenza per tutte le imprese dell'UE, con un sostegno ad hoc per assicurare la conformità delle PMI a tale obbligo, e chiede di adottare misure rigorose che vietino di intrattenere relazioni economiche con entità che ricorrono al lavoro minorile o non rispettano condizioni di lavoro dignitose, come si specifica nelle principali convenzioni dell'OIL.

1.10.

I fondi dell'UE investiti nel settore tessile dovrebbero prevedere l'inserimento di criteri sociali e ambientali per il finanziamento di progetti, e il CESE chiede di avviare un'iniziativa specifica a livello dell'UE per il miglioramento della sicurezza sociale, delle condizioni di lavoro, della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro e dei salari nell'industria tessile, con il coinvolgimento delle parti sociali, sia all'interno che all'esterno dell'UE.

1.11.

La transizione verso nuovi modelli imprenditoriali sostenibili basati sulla progettazione ecocompatibile richiede politiche efficaci che tengano conto di materiali e progettazione, produzione e distribuzione, sviluppo del mercato, utilizzo e riutilizzo, raccolta e riciclaggio. Tale transizione deve essere completata da maggiori opportunità di finanziamento e incentivi che incoraggino i produttori locali a riorientare i processi produttivi verso la fabbricazione di beni di qualità, durevoli e riciclabili.

1.12.

Il futuro regime di responsabilità estesa del produttore (Extended Producer Responsibility — EPR) dovrebbe incoraggiare il riciclaggio fibre-to-fibre (a ciclo chiuso) anziché processi di circolarità fittizia, e dev'essere accompagnato dall'istituzione di un numero sufficiente di punti di raccolta in tutte le regioni di tutti gli Stati membri, comprese le zone rurali.

1.13.

Il CESE chiede l'organizzazione di campagne nazionali volte a promuovere opportunità occupazionali nel settore tessile, nonché il varo di programmi di finanziamento per l'aggiornamento delle competenze e la riqualificazione professionale della forza lavoro, insieme all'attuazione di programmi di formazione professionale e apprendistato.

1.14.

Il CESE chiede l'elaborazione di norme sociali e ambientali specifiche per settore e armonizzate per gli appalti pubblici nell'UE. Sarebbe opportuno istituire un comitato tripartito europeo, che includa le parti sociali e le organizzazioni della società civile, con il compito di monitorare e promuovere i criteri sociali e ambientali nelle pratiche di acquisto del settore tessile.

2.   Aspetti relativi alla competitività

2.1.

Il CESE prende atto delle ambizioni delineate nella comunicazione della Commissione europea (1), ma ritiene che tale comunicazione si limiti a elencare le fasi e le iniziative legislative, gli impegni e gli atti delegati futuri necessari, anziché azioni concrete volte a selezionare e realizzare questi obiettivi per il settore tessile. Il Comitato sarebbe stato disposto a impegnarsi in discussioni più dettagliate e, anzi, attendeva con interesse tale occasione, ma apprezza l'introduzione dei prodotti tessili nel dibattito e ritiene che le 16 iniziative legislative annunciate per il futuro dovrebbero essere coerenti, realistiche e applicabili.

2.2.

L'ecosistema tessile è estremamente composito, e ciascun suo componente presenta caratteristiche particolari che esigono misure appropriate e flessibili. Per conseguire un'adeguata transizione circolare e digitale che sia anche sostenibile, occorre affrontare queste specificità in modo opportunamente graduale, evitando un approccio unico per tutte le situazioni. La guerra in Ucraina e gli aumenti dei prezzi dell'energia costituiscono un ulteriore freno alla produttività e al rendimento del settore.

2.3.

Il rapido incremento degli acquisti online ha posto alle imprese tessili un problema di competitività, e il settore si trova in gravi difficoltà soprattutto di fronte alle grandi piattaforme. Occorre seguire con attenzione particolare le imprese che operano in vari Stati membri e nei paesi terzi. Il CESE ritiene che la regolamentazione dei mercati digitali e il monitoraggio sovranazionale siano necessari e che occorra fornire assistenza supplementare agli Stati membri in termini di cooperazione transfrontaliera, vigilanza del mercato, efficacia dei controlli e armonizzazione delle norme.

2.4.

La politica degli acquisti, le relazioni tra i marchi e i vari subappaltatori, i volumi elevati e i prezzi bassi sono tutti fattori che contribuiscono alle violazioni dei diritti umani e del lavoro. L'enorme influenza dei marchi a livello di catena di approvvigionamento è un altro fattore che può compromettere gli sforzi dei fabbricanti volti a rispettare i diritti umani e dei lavoratori, nonché le condizionalità ambientali. Il CESE chiede misure che garantiscano l'equilibrio tra i diversi attori nelle catene di approvvigionamento. Raccomanda inoltre vivamente che la strategia dell'UE per il settore tessile e tutte le azioni future in questo ambito tengano debitamente e adeguatamente conto delle particolarità delle PMI, e che tutte le misure adottate siano precedute e accompagnate da una specifica analisi d'impatto.

2.5.

Il CESE guarda con preoccupazione alle pratiche di concorrenza sleale e chiede di intensificare la vigilanza del mercato sui prodotti importati, soprattutto in relazione ai prodotti finali provenienti da paesi terzi e immessi nel mercato unico. Per offrire ai consumatori prodotti sicuri e conformi è necessario migliorare il coordinamento e la collaborazione tra le autorità di contrasto nazionali.

2.6.

Il CESE rileva che le specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti tessili devono prenderne in considerazione la durabilità, la riciclabilità, la riparabilità e la riutilizzabilità, associate a limitazioni nell'uso di sostanze chimiche, nonché il rispetto dei diritti sociali, ben al di là degli aspetti «tradizionali» considerati dall'ingegneria di progettazione. Sottolinea anche l'esigenza di trovare un punto di equilibrio tra i costi della fine del ciclo di vita che i fabbricanti di prodotti tessili dovranno sostenere, da un lato, e la competitività del settore, dall'altro.

2.7.

Gli accordi di libero scambio possono contribuire a promuovere un lavoro dignitoso, catene di approvvigionamento eque e il dialogo sociale a livello settoriale. A giudizio del CESE vi è l'immediata esigenza di rafforzare i capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile negli accordi commerciali presenti e futuri, e di introdurre paragrafi sulla sostenibilità e la protezione dei diritti umani nel quadro del sistema di preferenze generalizzate per i paesi in via di sviluppo. Le valutazioni d'impatto ex ante ed ex post sui diritti umani e l'ambiente dovrebbero essere utilizzate nel processo negoziale con la partecipazione delle parti sociali e della società civile, e coprire un lungo periodo di attività dell'impresa.

2.8.

È opportuno, e anzi necessario, coinvolgere e sostenere le imprese e le ONG dell'economia sociale, che possono recare un importante contributo alla realizzazione degli obiettivi ambientali nell'ecosistema tessile. Dato il peso delle materie plastiche utilizzate per produrre capi di abbigliamento, il CESE ritiene che l'UE dovrebbe prendere in considerazione l'idea di imporre una tassa sulle fibre sintetiche vergini in modo da ridurre l'uso di plastica vergine. Inoltre, i processi di riparazione e di raccolta, selezione e riciclaggio dei rifiuti dovrebbero tenere conto della disposizione territoriale delle industrie, degli obiettivi regionali e geopolitici e dello sviluppo rurale.

3.   Sostenibilità, circolarità e transizione verde

3.1.

Il CESE desidera sottolineare che, indipendentemente dai futuri sviluppi del percorso di transizione verso un ecosistema tessile più resiliente, sostenibile e digitale, l'estensione della durata di vita dei prodotti offre vantaggi maggiori rispetto al riciclaggio. Il Comitato rileva altresì l'esigenza di creare un autentico mercato dell'UE per le materie prime secondarie e ritiene che l'Unione possa assumere un ruolo leader a livello mondiale nel campo delle materie tessili secondarie se verranno rispettati i requisiti di riciclaggio. Un contributo può essere offerto dalla piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare (2).

3.2.

Il CESE è favorevole a introdurre l'obbligo di una maggiore tracciabilità e trasparenza in merito al numero di prodotti che le grandi imprese scartano e distruggono. Il Comitato inoltre invita i colegislatori ad appoggiare l'idea di conferire alla Commissione il potere di introdurre divieti sulla distruzione dei prodotti tessili invenduti e di incoraggiare, se necessario, la donazione di prodotti tessili a gruppi svantaggiati o a organizzazioni impegnate in attività di beneficenza.

3.3.

L'inquinamento da microplastiche, dovuto alle modalità attuali di progettazione dei prodotti tessili, esercita un notevole impatto sull'ambiente. Il CESE condivide la conclusione della Commissione secondo cui la causa principale è da ricercarsi negli attuali processi produttivi, e soprattutto nel fenomeno della fast fashion o «moda rapida».

3.4.

Il CESE rileva che le imprese hanno bisogno di sostegno finanziario al fine di adottare tecnologie di cernita automatizzate per i prodotti tessili non riutilizzabili, e per lo sviluppo di impianti di riciclaggio più perfezionati che prevedano, tra l'altro, la possibilità di progettare poli di riciclaggio e cernita a livello locale e regionale. Inoltre, le parti interessate del settore devono considerare come una questione primaria la realizzazione di infrastrutture per la riparazione di capi d'abbigliamento, quali negozi e punti vendita. A tale proposito il CESE accoglie con favore l'iniziativa Euratex volta a creare cinque ReHub (poli di riciclaggio dei prodotti tessili) nei pressi dei distretti europei del tessile e dell'abbigliamento allo scopo di effettuare la raccolta, la cernita, la trasformazione e il riciclaggio di scarti tessili industriali pre- e post-consumo. Il Comitato ritiene necessarie norme tecniche, ambientali, sociali ed energetiche per i prodotti riciclati, che dovrebbero essere recepite e applicate a livello ISO e inserite negli accordi commerciali internazionali.

3.5.

Il CESE teme che i rifiuti tessili possano essere esportati come prodotti di seconda mano e giudica necessaria un'azione immediata al riguardo a livello dell'UE. Lungo tutte le catene di valore occorre attuare efficaci controlli chimici. Inoltre, il CESE chiede l'adozione di buone pratiche in materia di sostenibilità a livello globale che impongano agli acquirenti e ai proprietari dei marchi di verificare ed esigere la conformità con le norme tecniche degli organismi di normazione CEN, CENELEC ed ETSI.

3.6.

Il CESE ritiene necessario elaborare norme sociali e ambientali specifiche per settore e armonizzate per gli appalti pubblici nell'UE, favorendo la partecipazione transfrontaliera e promuovendo condizioni di parità, con l'obiettivo finale di disporre di sistemi obbligatori e armonizzati in tutta l'UE. Sarebbe opportuno istituire un comitato tripartito europeo, che includa le parti sociali e le organizzazioni della società civile, con il compito di monitorare e promuovere i criteri sociali e ambientali nelle pratiche di acquisto del settore tessile.

4.   I consumatori e la digitalizzazione

4.1.

Il CESE chiede alla Commissione europea di preparare una valutazione d'impatto sui possibili miglioramenti da apportare all'etichettatura dei prodotti tessili fabbricati/venduti nel mercato interno. Occorre garantire ai consumatori un accesso equo ai dati relativi al punteggio di riparabilità, alla tracciabilità e alle informazioni riportate sull'etichetta digitale. A parere del Comitato, l'introduzione di ampi requisiti di etichettatura concernenti il grado di riciclaggio e l'impronta dei prodotti tessili potrebbe costituire un importante stimolo alla scelta di prodotti tessili più sostenibili da parte dei consumatori.

4.2.

Il CESE ritiene che una campagna di informazione su vasta scala a livello europeo potrebbe aiutare i cittadini a compiere scelte informate e sostenibili, e che degli incentivi andrebbero offerti ai consumatori, perché questi preferiscano la qualità alla quantità, ad esempio mediante l'applicazione di aliquote dell'IVA distinte sui prodotti sostenibili e su quelli non sostenibili disponibili nel mercato interno.

4.3.

Per il monitoraggio delle catene di approvvigionamento è importante raccogliere dati trasparenti e condivisi riguardanti i prodotti, i composti riciclati e riutilizzati, la distruzione di beni, le sostanze chimiche usate nel processo di produzione, l'impatto sociale e sul lavoro del processo di produzione e l'impatto ambientale di ogni impresa nella catena di approvvigionamento. Inoltre, per migliorare la situazione ambientale e sociale del settore tessile, è essenziale istituire un quadro di dati aperti e garantirne il libero accesso a consumatori, società civile e parti sociali. A giudizio del CESE, si deve tenere conto dell'alfabetizzazione digitale dei consumatori e i contenuti dei dati dovrebbero riguardare tutti i soggetti interessati lungo la catena di approvvigionamento. Occorre trovare il giusto equilibrio tra la necessità di disporre di dati trasparenti, da un lato, e la protezione dei diritti di proprietà industriale, dall'altro.

4.4.

Il CESE si rammarica che, a livello mondiale, meno dell'1 % dei prodotti tessili venga riciclato per la produzione di nuovi prodotti tessili (3), e ritiene che il futuro regime di responsabilità estesa del produttore dovrebbe prevedere incentivi adeguati che incoraggino il riciclaggio fibre-to-fibre (a ciclo chiuso) dei tessili anziché processi di circolarità fittizia come, ad esempio, l'utilizzo di poliestere ricavato da bottiglie di plastica riciclate.

5.   Istruzione e condizioni di lavoro

5.1.

Il CESE osserva che sarebbe stato opportuno fornire maggiori dettagli sugli aspetti sociali del settore tessile e adottare un maggior numero di iniziative. La transizione verde deve accompagnarsi a una transizione giusta: il Comitato si rammarica che non siano state annunciate iniziative ulteriori in materia di dialogo sociale e contrattazione collettiva.

5.2.

Per un'equa ridistribuzione del valore aggiunto all'interno delle catene di approvvigionamento e dei prodotti più responsabili occorre consolidare la contrattazione collettiva, limitare le forme atipiche di occupazione e procedere ad adeguati controlli delle condizioni di lavoro. Oltre all'evoluzione del settore verso una produzione sostenibile e tecnologie digitali, vi è urgente bisogno di lavoratori qualificati. Rispetto agli anni precedenti le esigenze del settore si spostano verso lavoratori ad alta e media qualifica.

5.3.

Sul settore incombe un grave problema di invecchiamento: le giovani generazioni non considerano invitanti i lavori offerti dal settore tessile. La manodopera del settore è prevalentemente femminile, con un intensificarsi della pressione sociale sull'ecosistema. Occorre dedicare particolare attenzione alle questioni rurali, ai piccoli agricoltori e al loro ruolo nelle catene di approvvigionamento globali. Per creare posti di lavoro di qualità nel settore tessile, il CESE auspica l'organizzazione in tutti gli Stati membri di campagne specifiche volte a promuovere opportunità occupazionali nel settore tessile, nonché il varo di programmi di finanziamento per l'aggiornamento delle competenze e la riqualificazione professionale della forza lavoro attualmente occupata, insieme all'attuazione di programmi di formazione professionale e apprendistato in tutti i paesi dell'UE. Gli istituti di finanziamento dovrebbero inserire condizionalità sociali nei loro standard di prestazione come condizione contrattuale per ottenere un finanziamento.

5.4.

Le violazioni dei diritti del lavoro e delle condizioni di lavoro (lavoro precario, salari irrisori, luoghi di lavoro insicuri e malsani, lavoro forzato) continuano ad essere un problema, e le varie iniziative volontarie adottate (audit sociali, accordi globali, codici di condotta) si sono dimostrate finora insufficienti. Il CESE raccomanda di sviluppare e consolidare la capacità degli istituti di controllo, la coerenza e la convergenza dei metodi e criteri di controllo, la formazione degli ispettori e la cooperazione con le parti sociali e la società civile sia all'interno che all'esterno dell'UE. Di estrema importanza sono gli investimenti tesi ad aumentare la capacità operativa delle parti sociali per il monitoraggio degli accordi globali, dei diritti fondamentali e dei diritti dei lavoratori. È necessario usare i fondi di coesione in modo intelligente per contribuire a ridurre le disparità tra gli Stati membri e le regioni dell'UE.

5.5.

Nel contesto di catene di valore assai complesse e frammentate, il percorso verso la sostenibilità e la giustizia sociale esige approcci complementari. I rapporti asimmetrici di potere e le pratiche di concorrenza sleale hanno spianato la strada allo sfruttamento dei lavoratori e a un modello di produzione dissociato dai limiti ambientali. Il CESE ritiene necessario istituire un meccanismo di ricorso a livello europeo e in ciascuno Stato membro, con il coinvolgimento della società civile organizzata, al fine di garantire un'adeguata attuazione della strategia e di rispettare i diritti umani e dei lavoratori, nonché le condizionalità ambientali, con l'obiettivo di evitare lo sfruttamento umiliante dei lavoratori.

5.6.

Il CESE apprezza la recente pubblicazione della proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (4), ritiene necessario introdurre l'obbligo di dovere di diligenza per tutte le imprese dell'UE, con un sostegno ad hoc per assicurare la conformità delle PMI a tale obbligo, e invita ad adottare misure rigorose che vietino di intrattenere relazioni economiche con entità che ricorrono al lavoro minorile o non rispettano condizioni di lavoro dignitose, come si specifica nelle principali convenzioni dell'OIL. Il Comitato inoltre segnala le restrizioni vigenti in alcuni paesi in materia di attività sindacali, rilevando che esse hanno dato luogo, tra l'altro, a incidenti industriali, condizioni di lavoro dure e disumane, salari di sussistenza e assenza dei fondamentali dispositivi di protezione.

5.7.

La libertà di associazione, il diritto di costituire un'organizzazione sindacale o di aderirvi e il diritto di partecipare alla contrattazione collettiva non dovrebbero rappresentare ostacoli per i lavoratori del tessile. I fondi dell'UE investiti nel settore tessile a livello UE dovrebbero prevedere l'inserimento, nella griglia di valutazione, di criteri sociali e ambientali per il finanziamento di progetti. A causa della specificità del settore tessile, il CESE chiede di avviare un'iniziativa specifica a livello dell'UE per il miglioramento della sicurezza sociale, delle condizioni di lavoro, della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e dei salari, destinata esclusivamente all'industria tessile con il coinvolgimento delle parti sociali, sia all'interno che all'esterno dell'UE.

6.   Finanziamenti e investimenti

6.1.

Il CESE ritiene che il consolidamento della competitività e la riduzione dell'impronta di carbonio del settore tessile europeo dipendano da una politica di prodotto integrata e interconnessa, accompagnata da normative più rigorose, strumenti di mercato e incentivi, nuovi standard e informazioni adeguate per i consumatori, i fabbricanti e altre parti interessate. Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere può ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e far sì che il prezzo delle importazioni tenga pienamente conto dell'impronta ambientale.

6.2.

La transizione verso nuovi modelli imprenditoriali sostenibili richiede politiche efficaci che tengano conto di materiali e progettazione, produzione e distribuzione, sviluppo del mercato, utilizzo e riutilizzo, raccolta e riciclaggio, e dev'essere accompagnata da maggiori opportunità di finanziamento e da incentivi che incoraggino i produttori locali a riorientare i processi produttivi, ricercare e mettere in atto nuove tecnologie, adottare strategie sostenibili di gestione dei rifiuti e sfruttare le grandi quantità di dati disponibili, oltre a promuovere la creatività culturale. Il CESE riconosce il ruolo dei settori tessili creativi nello sviluppo di soluzioni innovative che abbiano un impatto positivo su altri settori e contribuiscano a rafforzare la competitività europea.

6.3.

Gli impegni climatici devono realizzarsi a livello di catena di approvvigionamento, poiché i marchi non sono i proprietari degli stabilimenti in cui i prodotti vengono fabbricati. Si dovrebbero inoltre concedere incentivi alle imprese a impatto climatico zero che utilizzano solo ed esclusivamente energia rinnovabile. Il pieno utilizzo dei fondi dedicati nell'ambito di NextGenerationEU può contribuire a garantire investimenti strategici, crescita economica e creazione di prosperità e occupazione, soprattutto a vantaggio delle PMI.

6.4.

Per produrre beni di qualità, durevoli e riciclabili il settore ha bisogno di un quadro comune europeo e di sostegno finanziario. A tale scopo occorrono cospicui investimenti in attività di ricerca e sviluppo e programmi europei su vasta scala che finanzino e promuovano la collaborazione tra grandi imprese e PMI, con la diretta partecipazione delle parti sociali, del mondo accademico e di altre parti interessate.

6.5.

L'introduzione del regime di responsabilità estesa del produttore dev'essere accompagnata dall'istituzione di un numero sufficiente di punti di raccolta in tutte le regioni di tutti gli Stati membri, ivi comprese le zone rurali. Il CESE chiede di dedicare alle PMI misure specifiche per incrementarne la capacità di assicurare tracciabilità e trasparenza a livello di catena di approvvigionamento e per garantire un collegamento appropriato con i fabbricanti, con particolare attenzione per le microimprese e le piccole imprese.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari.

(2)  Piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare.

(3)  Commissione europea — Strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari.

(4)  Proposta di direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e relativo allegato.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/112


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla tabella di marcia relativa alle tecnologie per la sicurezza e la difesa

[COM(2022) 61 final]

(2022/C 443/16)

Relatore:

Maurizio MENSI

Correlatore:

Jan PIE

Consultazione

Commissione europea, 2.5.2022

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali

Adozione in sezione

24.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

165/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la tabella di marcia relativa alle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa — che giunge in un momento particolarmente opportuno, stante l’aggressione russa contro l’Ucraina — e ne appoggia pienamente gli obiettivi, vale a dire rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l’innovazione e ridurre le dipendenze strategiche dell’UE nelle tecnologie critiche e nelle catene del valore per la sicurezza e la difesa.

1.2

Il CESE esprime apprezzamento per l’ambizione dimostrata nell’obiettivo di sviluppare un approccio onnicomprensivo che travalichi la linea di demarcazione tra ambiti civile e militare e combini i livelli unionale e nazionale. Un’impresa, questa, tanto complessa quanto impegnativa e che non si compierà da un giorno all’altro, ma che andrà comunque realizzata con grande rapidità. L’invasione dell’Ucraina è un campanello d’allarme che deve indurre ad agire in tempi assai più brevi di quelli consueti.

1.3

Il CESE esorta gli Stati membri a far sì che le loro risposte immediate all’aggressione russa contro l’Ucraina siano in linea con il contenuto e gli obiettivi della tabella di marcia in esame, la quale rappresenta un impegno a lungo termine. Gli investimenti nazionali a breve termine nel settore della difesa devono essere coordinati a livello europeo onde evitare di accrescere la frammentazione delle capacità e la duplicazione delle iniziative; le forniture standardizzate provenienti da paesi terzi non devono ostacolare i progetti di sviluppo europei in corso o previsti.

1.4

Il CESE raccomanda che l’osservatorio dell’UE sulle tecnologie critiche sia dotato di una governance chiara, di risorse adeguate e di un forte status istituzionale. Il CESE accoglie con favore la proposta di uno stretto coordinamento con gli Stati membri e chiede l’istituzione di un forum supplementare in cui ci si confronti con le imprese dei settori pertinenti e siano rappresentate le migliori conoscenze in materia di tecnologie, catene di approvvigionamento e dipendenze critiche.

1.5

Il CESE ritiene che occorra fare in modo che i risultati prodotti dal suddetto osservatorio trovino riscontro nelle tabelle di marcia e si traducano in iniziative faro. La transizione tra le diverse fasi del ciclo tecnologico e industriale può essere gestita con successo soltanto se sono chiare la titolarità di un’iniziativa e le relative responsabilità. Coerenza e sinergie sono necessarie non solo a livello orizzontale, tra i programmi di RST&I in ambito civile e quelli nel settore della difesa, ma anche verticalmente, tra i programmi di RST&I e quelli di diffusione.

1.6

Il CESE ritiene fondamentale semplificare e razionalizzare i programmi e gli strumenti dell’UE a sostegno della RST&I, rendendoli così più utili e vantaggiosi per i loro beneficiari.

1.7

Il CESE propone di istituire uno sportello unico online per le piccole e medie imprese (PMI) e le start-up, un «angolo (online) delle PMI europee», che offra loro la possibilità di inserire dati predefiniti e di ricevere in cambio informazioni su misura sul programma o i programmi dell’UE più adatti a fornire il sostegno di cui esse hanno bisogno.

2.   Contesto

2.1

La tabella di marcia relativa alle tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa risponde alla richiesta del Consiglio europeo del 25 e 26 febbraio 2021 di delineare un percorso verso il rafforzamento della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dell’innovazione e la riduzione della dipendenza strategica dell’UE nel campo delle tecnologie critiche e delle catene del valore per la sicurezza e la difesa.

2.2

L’aggiornamento della nuova strategia industriale del 2020 («Costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa»), nel maggio 2021, ha confermato che la leadership tecnologica rimane un motore fondamentale della competitività e dell’innovazione dell’UE, in particolare per quanto concerne le tecnologie critiche. Il piano d’azione della Commissione, del febbraio 2021, sulle sinergie tra l’industria civile, della difesa e dello spazio ha riconosciuto la crescente importanza, per la sicurezza e la difesa europee, di tecnologie dirompenti e abilitanti sviluppate in ambito civile e la necessità di promuovere il reciproco arricchimento tra tecnologie civili e della difesa.

2.3

Da qui la decisione di elaborare la tabella di marcia, un documento strategico che mira a sviluppare un approccio onnicomprensivo alle tecnologie della difesa e della sicurezza che travalichi la linea di demarcazione tra ambiti civile e militare e abbracci sia i programmi dell’UE che quelli nazionali. L’obiettivo della tabella di marcia in esame è rafforzare la sovranità tecnologica dell’Europa in settori strategici cruciali migliorando la coerenza di tutte le politiche e gli strumenti pertinenti dell’UE, da Orizzonte Europa al Fondo europeo per la difesa, dalla normativa sui chip (1) a quella sui dati (2), dal regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti (3) al regolamento sul controllo delle sovvenzioni estere (4) e dalla proposta di direttiva NIS 2 (5) alla direttiva CER (6). Il documento delinea un quadro strategico concettuale ad ampio raggio, che affronta diversi temi interconnessi, con l’obiettivo di contribuire alla «bussola strategica» dell’UE in materia di sicurezza e di difesa (7). La tabella di marcia è stata pubblicata insieme a una comunicazione sul contributo della Commissione alla difesa europea, che esorta a realizzare un mercato europeo della difesa più integrato e competitivo in un contesto geopolitico e tecnologico in costante evoluzione, in particolare mediante il rafforzamento della cooperazione all’interno dell’UE, l’abbattimento dei costi e una migliore efficacia operativa.

2.4

La tabella di marcia in esame delinea un percorso di miglioramento della competitività e della resilienza dei settori della sicurezza e della difesa dell’UE basato sulle seguenti linee di azione: mappatura delle tecnologie critiche e delle dipendenze strategiche, monitoraggio e valutazione (tramite l’osservatorio dell’UE sulle tecnologie critiche attualmente in corso di istituzione) delle tecnologie critiche e delle catene di approvvigionamento, dei divari tecnologici e delle dipendenze; promozione della ricerca e dell’innovazione a duplice uso a livello UE; invito agli Stati membri a sviluppare un approccio coordinato a livello UE in materia di tecnologie critiche nel contesto della bussola strategica; sostegno all’innovazione e all’imprenditorialità nei settori della sicurezza e della difesa attraverso un pacchetto di nuovi strumenti; creazione, insieme con l’Agenzia europea per la difesa (AED), di un «sistema UE di innovazione nel settore della difesa» che consenta di unire gli sforzi dell’UE e degli Stati membri in un singolo quadro di riferimento.

2.5

Un aspetto importante della tabella di marcia è costituito dall’obiettivo di ridurre le dipendenze individuate nell’ambito delle tecnologie critiche e delle catene del valore. In quest’ottica, la Commissione propone di integrare, ogni qualvolta opportuno, considerazioni relative alla difesa in iniziative industriali e tecnologiche cruciali dell’Unione europea (ad esempio in materia di alleanze e di normazione tecnica), di riferire sulla necessità di effettuare valutazioni dei rischi in relazione alle catene di approvvigionamento di infrastrutture critiche (in particolare nel settore digitale) e di rafforzare il controllo sugli investimenti esteri diretti incoraggiando tutti gli Stati membri a istituire un meccanismo nazionale di controllo.

3.   Osservazioni generali

3.1

La tabella di marcia in esame riflette accuratamente l’evoluzione del panorama tecnologico, in cui le tecnologie critiche per la sicurezza e la difesa sono sempre più trainate dall’innovazione dei settori commerciali. Il CESE esprime apprezzamento per l’intenzione della Commissione di sviluppare un approccio onnicomprensivo che travalichi la linea di demarcazione tra ambiti civile e militare e combini i livelli unionale e nazionale. Un compito, questo, che sarà tuttavia complesso e impegnativo, implicando una riconfigurazione completa dell’impostazione attuale, la quale non potrà compiersi da un giorno all’altro, ma andrà comunque realizzata con grande rapidità. Il CESE è fermamente convinto che l’invasione russa dell’Ucraina vada considerata un campanello d’allarme che debba spingere ad agire in tempi assai più brevi di quelli consueti.

3.2

Al tempo stesso, il CESE sottolinea che la tabella di marcia è un piano a lungo termine, e che occorre fare attenzione a non creare una disconnessione con le attuali decisioni degli Stati membri in materia di appalti volte a colmare il più rapidamente possibile le lacune più urgenti in termini di capacità. Il CESE è fermamente convinto che gli investimenti nazionali a breve termine debbano essere coordinati a livello europeo onde evitare di accrescere la frammentazione delle capacità e la duplicazione delle iniziative ed evitare che le forniture standardizzate provenienti da paesi terzi compromettano la base industriale e tecnologica di difesa europea ostacolando i progetti di sviluppo europei in corso o previsti.

3.3

Il CESE ritiene inoltre che, al fine di stimolare le sinergie, sia importante considerare non solo le singole tecnologie e le singole catene del valore, ma anche l’ecosistema in cui tali catene del valore sono integrate. Infatti, è molto probabile che i trasferimenti di tecnologia abbiano luogo (o vengano avviati) tra imprese all’interno di tale ecosistema.

3.4

L’attenzione riservata dalla tabella di marcia alle tecnologie a duplice uso e alle sinergie tra sicurezza, difesa e spazio è importante per conseguire gli obiettivi dell’UE in questi ambiti. Nel contempo, il duplice uso e le sinergie non sono fini a se stessi né di per sé sufficienti. L’obiettivo generale della tabella di marcia è che l’UE diventi resiliente e sia in grado di difendersi anche dagli attacchi (sia ibridi che militari) su larga scala, e ciò significa che sarà necessario anche aumentare gli investimenti nella difesa e nella sicurezza e includere nella tabella di marcia tecnologie di difesa «pure».

3.5

Il CESE invita la Commissione europea a valutare il costo economico e sociale delle dipendenze critiche e dell’assenza di sovranità tecnologica nel settore della difesa.

4.   Osservazioni particolari

4.1

L’osservatorio dell’UE sulle tecnologie critiche costituirà il fulcro dell’impostazione proposta. Esso individuerà, monitorerà e valuterà le tecnologie critiche, la loro potenziale applicazione e le relative catene del valore e di approvvigionamento, oltre a monitorare i divari tecnologici e le cause profonde delle dipendenze e delle vulnerabilità strategiche. Il CESE sottolinea che, per poter svolgere questi compiti, l’osservatorio dovrà essere dotato di risorse adeguate, di un forte status istituzionale e di una governance chiara.

4.2

Il CESE ritiene importante comprendere come sarà istituito l’osservatorio e come funzionerà nella pratica. Per adempiere il proprio mandato, l’osservatorio dovrà stabilire obiettivi, regole e criteri per la valutazione delle tecnologie. Per individuare le tecnologie critiche, dovrà rapportarsi strettamente ai processi di individuazione e pianificazione delle esigenze in termini di capacità e, per far corrispondere le capacità alle tecnologie, dovrà sviluppare una tassonomia adatta; e l’ideale sarebbe che quest’ultima fosse applicabile sia al settore della difesa che a quelli della sicurezza e dello spazio. Per far ciò, sarà essenziale che il nuovo osservatorio collabori strettamente con l’AED e con gli altri attori pertinenti. Infine, per individuare le dipendenze critiche, l’osservatorio dovrà acquisire una conoscenza e una comprensione molto solide delle catene del valore e di approvvigionamento che ne sono alla base.

4.3

Il piano prevede che ogni due anni sia presentata agli Stati membri una relazione classificata. Il CESE teme che un tale intervallo di tempo tra le relazioni sia troppo lungo, considerata la rapida evoluzione del contesto tecnologico e industriale. Le informazioni raccolte dall’osservatorio saranno estremamente sensibili, in quanto la mappatura delle dipendenze critiche equivale alla segnalazione delle vulnerabilità; sarà pertanto necessario classificare e gestire correttamente tali informazioni e assicurarsi che le posizioni assunte siano adeguate rapidamente ai mutamenti del contesto strategico.

4.4

La tabella di marcia prevede inoltre che, nell’ambito dell’osservatorio, sia istituito un gruppo di esperti ad hoc per lo scambio di informazioni con gli Stati membri in un ambiente classificato. Il CESE raccomanda vivamente anche di instaurare un rapporto solido e costante con le imprese europee della difesa, della sicurezza e aerospaziali, che dispongono delle migliori conoscenze in materia di catene di approvvigionamento e dipendenze critiche. Occorrerà perciò trovare meccanismi appropriati che consentano uno scambio affidabile di informazioni riservate con tali industrie.

4.5

Il CESE considera altresì di cruciale importanza assicurarsi che i risultati prodotti dal suddetto osservatorio trovino riscontro nelle tabelle di marcia e si traducano in iniziative faro. Le transizioni tra le diverse fasi del ciclo tecnologico e industriale possono essere gestite con successo soltanto se, in ciascuna di tali fasi, sono chiare la titolarità e le responsabilità. Coerenza e sinergie sono quindi necessarie non solo a livello orizzontale, tra l’RST&I in ambito civile e quella per la difesa, ma anche verticalmente, tra i programmi di RST&I e quelli di diffusione.

4.6

Per rafforzare la cibersicurezza e la ciberdifesa, la Commissione proporrà un’azione di normazione sulla ciberresilienza e chiederà alle organizzazioni europee di normazione di elaborare norme armonizzate in materia di cibersicurezza e privacy. Insieme agli Stati membri, rafforzerà inoltre la preparazione agli incidenti informatici su vasta scala. Il CESE è fermamente convinto che le capacità informatiche debbano essere sviluppate in senso non solo difensivo, ma anche offensivo.

4.7

A giudizio del CESE, i programmi e gli strumenti dell’UE per sostenere l’RST&I delineati nel riquadro 2 (a pagina 8) della tabella di marcia sono complessi e scarsamente coordinati, ragion per cui è necessario semplificarli e razionalizzarli in modo da renderli più utili e vantaggiosi per i loro beneficiari. Il CESE propone di istituire uno sportello unico online per le PMI e le start-up. Partendo da una fase pilota con le PMI dei settori della difesa e della sicurezza, questo «angolo (online) delle PMI» consentirebbe di inserire dati predefiniti e di ottenere una valutazione iniziale del programma o dei programmi UE più adatto/i a fornire il sostegno pubblico di cui tali imprese hanno bisogno.

4.8

Nella tabella di marcia si sottolinea giustamente che, al di là dei suoi programmi e strumenti in materia di RST&I, l’UE dispone di strumenti politici che possono contribuire a ridurre le dipendenze strategiche nei settori della sicurezza e della difesa. Il CESE ritiene che questi strumenti siano importanti per colmare il divario tra sviluppo e industrializzazione, vale a dire per diffondere sul mercato i risultati dell’RST&I.

4.9

Una grossa sfida consiste anche nell’assicurarsi che gli Stati membri acquistino da fornitori europei una volta che la tecnologia critica sia stata sviluppata e parzialmente finanziata con il sostegno pubblico dell’UE. Se, in materia di acquisti, mancherà una politica coerente a livello sia dell’UE che degli Stati membri, il CESE teme che i mercati europei, a causa della loro frammentazione e delle loro dimensioni generalmente ridotte su scala mondiale, rischino di non essere in grado di raggiungere l’economia di scala necessaria per ridurre i costi né di generare attività sufficienti a garantire l’esistenza delle imprese nascenti. Nel complesso, il mercato europeo combinato è potenzialmente molto ampio, ma la spesa non è coordinata (8).

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, «Una normativa sui chip per l’Europa», COM(2022) 45 final, 8 febbraio 2022.

(2)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante norme armonizzate sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo (normativa sui dati), COM(2022) 68 final, 23 febbraio 2022.

(3)  Regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione (GU L 79 I del 21 marzo 2019).

(4)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno, COM(2021) 223 final, 5 maggio 2021.

(5)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a misure per un livello comune elevato di cibersicurezza nell’Unione, che abroga la direttiva (UE) 2016/1148, COM(2020) 823 final, 16 dicembre 2020.

(6)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla resilienza dei soggetti critici, COM(2020) 829 final, 16 dicembre 2020.

(7)  Consiglio dell’Unione europea, Bruxelles, 21 marzo 2022.

(8)  Gli Stati Uniti spendono per la difesa 750 miliardi di USD all’anno e la Cina tra i 200 e i 300 (le cifre differiscono ampiamente a seconda delle fonti) miliardi di USD, mentre la NATO (paesi extraeuropei, Regno Unito e Turchia esclusi, ma Norvegia inclusa) 250,7 miliardi di USD.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/116


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni geografiche dell'Unione europea di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e ai regimi di qualità dei prodotti agricoli, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e che abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012

[COM(2022) 134 final — 2022/0089 (COD)]

(2022/C 443/17)

Relatore:

Decebal-Ștefăniță PADURE

Consultazione

Parlamento europeo, 7.4.2022

Consiglio, 12.4.2022

Base giuridica

Articolo 192, paragrafo 1, e articolo 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

30.6.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

203/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di presentare una proposta di nuovo regolamento che rafforzi l'attuale sistema delle indicazioni geografiche (IG) di prodotti agricoli, bevande spiritose e vini. Il contributo delle IG allo sviluppo delle zone rurali e alla conservazione delle loro comunità, del loro paesaggio e del loro patrimonio culturale è essenziale e merita il sistema migliore e più efficiente possibile. Questo lavoro legato a zone geografiche specifiche, al loro know-how, al loro suolo e alla cultura veniva fatto ben prima che si provvedesse a dotarlo di una base giuridica dell'UE. È essenziale preservare questo sistema e proteggerlo il più possibile.

1.2.

Il CESE sottolinea che le IG sono già un sistema ben funzionante che è già stato oggetto di una recente revisione (nel 2021), con l'adozione della revisione del regolamento (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (regolamento OCM) (1). Il CESE invita il Parlamento europeo e il Consiglio a tenerne conto e a valutare e concepire con attenzione qualsiasi modifica proposta dalla nuova revisione per garantire che essa rafforzi realmente il sistema.

1.3.

Il CESE ritiene che le IG costituiscano un sistema molto particolare, che va ben oltre un diritto di proprietà intellettuale e che non dovrebbe essere gestito come un marchio. Per questo motivo, il CESE invita le istituzioni dell'UE a valutare attentamente, prima di prendere una decisione, la necessità e il valore aggiunto di trasferire la delega dei compiti di gestione delle IG dalla DG AGRI a un'agenzia esterna. Sarebbe inoltre importante valutare se l'agenzia designata possieda le competenze e le conoscenze necessarie per gestire in modo efficiente i compiti che le verrebbero delegati. La DG AGRI dovrebbe rimanere il principale soggetto responsabile della gestione delle IG, mentre la DG GROW dovrebbe garantire il riconoscimento e la protezione di tale sistema a livello internazionale attraverso accordi commerciali e attività di sensibilizzazione.

1.4.

Il CESE ritiene che qualsiasi delega di competenze debba essere rigorosamente dettagliata nel corpo del regolamento e limitata ai compiti amministrativi. Qualsiasi decisione relativa alla domanda, a modifiche, all'annullamento o all'opposizione riguardo a una IG dovrebbe rimanere di stretta competenza della DG AGRI. Inoltre, la proposta dovrebbe chiarire che la registrazione di una IG e qualsiasi altra procedura relativa alla gestione delle IG dovrebbero rimanere strettamente gratuite, indipendentemente dall'organizzazione che svolge il processo.

1.5.

Il CESE accoglie con favore la possibilità di integrare impegni di sostenibilità nei requisiti in materia di IG. Incoraggia tuttavia i colegislatori a consultare i produttori di IG per valutare se includere tali impegni direttamente nei disciplinari delle IG o in maniera ad hoc.

1.6.

Il CESE ritiene che i criteri per il riconoscimento degli impegni in materia di sostenibilità dovrebbero essere inclusi direttamente nel regolamento e non mediante atti delegati da adottare in una fase successiva, al fine di garantire la certezza del diritto alle associazioni di produttori disposte ad adottare tali impegni.

1.7.

È della massima importanza rafforzare e responsabilizzare il più possibile le associazioni di produttori. Di conseguenza, il CESE accoglie con favore la proposta di conferire a tali associazioni poteri per quanto riguarda l'utilizzo di prodotti IG come ingredienti e la loro protezione su Internet. Tuttavia, per esercitare tali poteri, le associazioni di produttori dovrebbero anche poter disporre di mezzi supplementari al di fuori della dotazione di bilancio destinata a finanziare la politica agricola comune.

1.8.

Per quanto riguarda la gestione interna e la composizione delle associazioni di produttori, il CESE invita i colegislatori a consultare le organizzazioni di produttori di IG per valutare questo aspetto della proposta. Li invita inoltre a garantire che i piccoli produttori di IG non siano svantaggiati rispetto ai grandi produttori all'interno di tali associazioni.

1.9.

La protezione delle IG in generale è della massima importanza. A tale riguardo, anche la protezione delle IG contro l'evocazione è una misura essenziale, e il CESE accoglie con favore qualsiasi elemento che possa rafforzare tale protezione. Tuttavia, il CESE teme che l'inclusione di una definizione dettagliata del concetto di «evocazione» possa essere controproducente, in quanto non sarebbe adattata a questa pratica, che si evolve nel tempo. Il CESE raccomanda di sopprimere tale definizione e di basarsi invece sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

1.10.

Per garantire che i consumatori che acquistano prodotti IG siano pienamente informati, il CESE raccomanda di utilizzare un codice QR che rimandi alle informazioni relative alla IG in questione riportate nel registro eAmbrosia, nonché al sito web del produttore e al relativo certificato.

1.11.

La consapevolezza dei consumatori è essenziale per il successo delle IG. Il CESE chiede che le IG siano sostenute con forza dalla politica dell'UE volta a promuovere i prodotti agricoli e che i produttori di prodotti IG beneficino del sostegno alla commercializzazione e delle competenze forniti dalla Commissione o dagli Stati membri. Il CESE ritiene inoltre che gli Stati membri dovrebbero promuovere l'attribuzione di punti supplementari nelle procedure di appalto per i prodotti certificati IG. Inoltre, il CESE raccomanda che la proposta istituisca campagne di sensibilizzazione per il sistema delle IG, che diffondano messaggi di interesse pubblico sui canali televisivi pubblici nazionali e dell'UE.

1.12.

Infine, il CESE invita i colegislatori a includere nel regolamento misure volte a promuovere il sistema delle IG tra i produttori e a fornire loro la consulenza e il sostegno amministrativo di cui hanno bisogno per registrare i loro prodotti, nonché qualsiasi altro tipo di assistenza necessaria, in particolare nelle regioni sottorappresentate all'interno di tale sistema.

2.   Introduzione

2.1.

Le indicazioni geografiche (IG) sono uno strumento che consente di identificare i prodotti le cui qualità, notorietà e altre proprietà intrinseche sono legate a fattori umani e naturali propri di una determinata regione. Le IG sono ufficialmente riconosciute e sancite nel diritto dell'UE (2) dal 1970 per i vini e dal 1992 per i prodotti agricoli e alimentari.

2.2.

Questa politica dell'UE è stata un vero successo, in quanto non ha solo aumentato il reddito dei produttori creando valore aggiunto per i loro prodotti (il prezzo di un prodotto IG è in media 2,11 volte superiore a quello di un prodotto non IG comparabile), ma ha anche favorito lo sviluppo delle regioni e delle comunità rurali alle quali le IG sono collegate. Queste ultime hanno inoltre svolto un ruolo importante nel preservare alcune tecniche agricole e varietà vegetali specifiche e alcune antiche razze animali. I prodotti IG rappresentano attualmente il 7 % del totale delle vendite agroalimentari nell'UE e il 15,5 % delle esportazioni totali verso i paesi terzi (3).

2.3.

Le IG sono per loro natura strettamente legate a regioni specifiche e alle loro comunità rurali. Grazie a questo legame esclusivo e al loro valore aggiunto economico, le IG non solo contribuiscono allo sviluppo economico di tali regioni e comunità, ma concorrono anche a preservarne e persino a rafforzarne il patrimonio culturale e l'identità.

2.4.

Il legame inscindibile tra una IG e la sua regione rappresenta inoltre un importante strumento per prevenire la delocalizzazione e preservare i posti di lavoro nelle zone rurali europee.

2.5.

Grazie alla loro particolare forma di gestione attraverso associazioni di produttori legate a regioni specifiche, che offre ai produttori primari un certo grado di controllo sulla loro distribuzione, le IG hanno inoltre dimostrato di creare un valore a monte della filiera a vantaggio dei produttori primari.

2.6.

Questo legame con una regione, la sua popolazione e il suo territorio costituisce un elemento centrale delle IG e le differenzia dai marchi collegati alle imprese.

2.7.

Nel quadro dell'istituzione della nuova politica agricola comune (PAC), adottata definitivamente nel 2021, e più in particolare della revisione del regolamento relativo all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli (OCM), sono state apportate diverse modifiche al sistema delle IG per alleggerire gli oneri amministrativi a carico dei produttori e rafforzare il controllo di questi ultimi sulle IG che producono, preservando nel contempo l'elevato livello di qualità associato a tali prodotti. Queste modifiche sono state accolte in modo estremamente positivo dal settore.

2.8.

Nel contesto della strategia «Dal produttore al consumatore», la Commissione ha deciso di procedere a una nuova revisione del sistema delle IG per migliorarlo ulteriormente e rafforzarne il contributo alla sostenibilità. Il 31 marzo 2022 la Commissione europea ha pubblicato la proposta di regolamento relativo alle indicazioni geografiche di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e ai regimi di qualità, che modifica i regolamenti (UE) 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e che abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012 (4). Gli obiettivi annunciati della proposta sono quelli di razionalizzare ulteriormente il sistema, migliorare la protezione e i controlli delle IG, rafforzare la posizione delle associazioni di produttori e integrare meglio la dimensione della sostenibilità.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore gli obiettivi della Commissione e ritiene che essa abbia individuato con precisione gli elementi da modificare per migliorare ulteriormente questo sistema già ben funzionante, quali: la semplificazione e l'armonizzazione di alcune procedure, la possibilità di includere impegni di sostenibilità su base volontaria nella produzione di prodotti IG, il rafforzamento della posizione delle associazioni di produttori attraverso diritti aggiuntivi, l'aumento del livello di protezione delle IG su Internet e una migliore applicazione dei controlli.

3.2.

Sebbene la proposta in esame sostenga obiettivi validi e abbia individuato con precisione gli aspetti che richiedono alcuni adeguamenti per realizzare tali obiettivi, il CESE nutre preoccupazioni in merito ad alcune delle modifiche proposte per tali aspetti.

3.3.

Il CESE sottolinea inoltre che il sistema delle IG è un sistema già ben funzionante e che è già stato migliorato con la revisione del 2021 dell'OCM. È pertanto essenziale che questa nuova revisione sia accuratamente concepita per rafforzare il sistema e la sua recente revisione. Il CESE ritiene che le istituzioni dell'UE debbano fare attenzione a evitare qualsiasi azione precipitosa che possa portare a una revisione che sia in contrasto con gli obiettivi perseguiti, indebolendo in tal modo questa politica di successo.

3.4.

Per garantire che questa nuova revisione rafforzi realmente il sistema delle IG, il CESE ritiene della massima importanza coinvolgere il più possibile i produttori di prodotti IG nel processo e tenere conto delle loro competenze, delle loro esigenze e dei loro desideri.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

La semplificazione della procedura di registrazione delle IG, volta ad aumentare l'attrattiva di questo regime per i produttori, non deve tradursi in una perdita di credibilità del sistema per i consumatori. Il successo delle IG si fonda sull'immagine di qualità e genuinità che esse trasmettono ai consumatori. Nel semplificare la procedura di registrazione occorre fare attenzione a non compromettere tali aspetti.

4.2.

La proposta unifica tutte le procedure per la registrazione, le modifiche, la cancellazione e la protezione delle IG per i prodotti agricoli, i vini e le bevande spiritose. Per quanto riguarda i controlli, essa unifica le procedure per i prodotti agricoli e le bevande spiritose, mentre le IG dei vini mantengono le proprie norme. Il CESE accoglie con favore questa razionalizzazione delle procedure, ma sottolinea la necessità di non andare oltre se si vogliono salvaguardare le peculiarità di ciascun settore.

4.3.

Il CESE accoglie con favore l'introduzione della possibilità di scegliere se presentare un'opposizione o semplicemente una «dichiarazione di opposizione», nei tre mesi successivi alla pubblicazione, da parte della Commissione, della domanda di registrazione di un prodotto. Questa «dichiarazione di opposizione», che costituisce una nota o un'osservazione riportata sulla domanda per un determinato prodotto ma che non ne impedisce la registrazione, ridurrà probabilmente l'onere amministrativo connesso alla gestione delle opposizioni.

4.4.

L'indicazione geografica costituisce una tipologia a sé stante di diritto di proprietà intellettuale, estremamente diversa dai marchi per via del suo legame intrinseco con una regione specifica, la sua cultura, le sue comunità rurali, il paesaggio e la storia delle pratiche agricole. In considerazione di queste specificità, riteniamo discutibile la proposta della Commissione di trasferire alcuni aspetti della gestione delle IG all'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) o a qualsiasi altra agenzia che non disponga delle conoscenze tecniche agricole e della comprensione approfondita della natura delle IG, che soltanto la DG AGRI possiede. A tale riguardo devono essere dimostrate la necessità di delegare i compiti e la capacità dell'agenzia designata a svolgere tali compiti. Inoltre, tenuto conto dell'importanza del legame tra le IG e l'agricoltura, nonché delle eventuali sensibilità politiche legate alla loro gestione, il CESE ritiene che qualsiasi decisione relativa alle registrazioni, alle procedure di opposizione o alle modifiche di IG debba rimanere di stretta competenza della DG AGRI.

4.5.

La delega di compiti all'EUIPO descritta nella proposta risulta vaga. Considerando i rischi associati alla delega di compiti di gestione delle IG a un organismo privo di particolari conoscenze in campo agricolo, il CESE ritiene che qualsiasi delega debba essere circostanziata e definita direttamente nel regolamento e non mediante atti delegati.

4.6.

Il monitoraggio dell'operato dell'EUIPO in relazione alle IG, come indicato nella proposta, non sembra sufficiente a garantirne la corretta gestione. Per garantire un monitoraggio adeguato, è opportuno stabilire direttamente nella proposta dei criteri di valutazione precisi. Il CESE ritiene inoltre che il Parlamento europeo e il Consiglio debbano avere il diritto di riassegnare alla DG AGRI i compiti delegati qualora il monitoraggio riveli carenze nella gestione di tali compiti da parte dell'EUIPO.

4.7.

Data l'importanza delle IG nel commercio dell'UE, la DG GROW dovrebbe includere il riconoscimento e la protezione delle IG dell'UE in tutti gli accordi commerciali e dovrebbe promuoverle a livello internazionale.

4.8.

La proposta introduce la possibilità per le associazioni di produttori di prodotti IG di integrare impegni di sostenibilità nei requisiti in materia di IG. A questo proposito, il CESE sottolinea che, data la loro natura intrinseca legata alla prossimità a una determinata regione, alla sua comunità rurale e al suo paesaggio, le IG includono già elementi di sostenibilità. A tale riguardo, il CESE apprezza lo spirito della proposta di mantenere la volontarietà in merito all'inclusione di impegni supplementari di sostenibilità per le IG. Tuttavia, la possibilità per i produttori di rendere i loro prodotti più sostenibili rappresenta certamente una buona opportunità per rafforzare ulteriormente il contributo che le IG apportano alla sostenibilità.

4.9.

La sostenibilità è formata da tre diversi pilastri: ambientale, economico e sociale. Nel quadro delle IG è essenziale garantire che gli impegni in materia di sostenibilità rispecchino ciascuno di questi tre pilastri, in quanto le IG possono contribuire non solo alla sostenibilità ambientale, ma anche a quella economica e sociale, grazie all'occupazione e al valore aggiunto che esse creano nelle zone rurali.

4.10.

La proposta suggerisce di integrare gli impegni in materia di sostenibilità direttamente nel disciplinare di una IG. Ciò significherebbe che l'inclusione o la modifica di tali impegni in materia di sostenibilità sarebbe alquanto complicata e richiederebbe parecchio tempo, in quanto dovrebbe passare attraverso la procedura di modifica di una IG. Questo vorrebbe dire inoltre che tutti i produttori di tale IG dovrebbero seguire gli stessi impegni in materia di sostenibilità e non potrebbero quindi differenziarsi tra loro sul mercato in base alla sostenibilità dei loro prodotti. Nell'ambito di una stessa IG, la differenziazione del mercato tra i produttori di quei prodotti diventa spesso un problema per le grandi IG. Per questi motivi, il CESE ritiene che le istituzioni dell'UE debbano consultare i produttori di IG per valutare se gli impegni in materia di sostenibilità debbano essere direttamente integrati nel disciplinare di una determinata IG o se sia invece più opportuno inserirli in un sistema ad hoc.

4.11.

Il CESE ritiene che la possibilità di adottare atti delegati che stabiliscano i criteri per il riconoscimento delle norme di sostenibilità esistenti in una fase successiva ponga i produttori in una situazione di incertezza che potrebbe scoraggiarli dall'assumere impegni in materia di sostenibilità nell'ambito delle IG.

4.12.

Il ruolo delle associazioni di produttori di prodotti IG, che devono gestire e sviluppare le proprie indicazioni geografiche al fine di proteggere il prodotto, la loro immagine e i consumatori, non deve essere indebolito, bensì rafforzato.

4.13.

Il coinvolgimento di funzionari pubblici e delle organizzazioni dei consumatori nel funzionamento interno delle associazioni di produttori, come indicato nella proposta, potrebbe complicare ulteriormente il lavoro di queste associazioni.

4.14.

Considerando che il sistema delle IG dovrebbe rimanere uno strumento per proteggere gli agricoltori, il riconoscimento delle associazioni di produttori, come proposto all'articolo 33, paragrafo 2, dovrebbe essere basato unicamente sulla proporzione di produttori rappresentati e non sulla proporzione della quantità recante un'indicazione geografica prodotta dalle associazioni di produttori. In caso contrario, le istituzioni dell'UE dovrebbero includere nella proposta strumenti che consentano di evitare che una minoranza di grandi produttori di una determinata IG blocchi decisioni sostenute da un'ampia maggioranza di produttori di quella stessa IG.

4.15.

La ragione per cui la proposta presenta una ripartizione tra due diversi tipi di associazioni di produttori non è del tutto chiara. Il CESE si chiede se questo aspetto non possa complicare ulteriormente la gestione delle IG piuttosto che migliorarla.

4.16.

Secondo le definizioni di cui alla proposta, l'«associazione di produttori» è «qualsiasi associazione, a prescindere dalla sua forma giuridica, costituita principalmente da produttori o trasformatori del medesimo prodotto». Questa definizione non comprende i produttori di materie prime. Considerando il ruolo essenziale svolto dai produttori di materie prime nelle denominazioni di origine protette (DOP), potrebbe essere opportuno chiedere che essi siano inclusi nelle «associazioni di produttori riconosciute» per le DOP.

4.17.

Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di conferire alle associazioni di produttori un certo controllo sulla possibilità di utilizzare un prodotto IG come ingrediente, indicandolo nel nome di un prodotto alimentare trasformato e nella sua commercializzazione. Tale misura rafforzerebbe la capacità delle associazioni di produttori di controllare l'immagine di qualità del loro prodotto.

4.18.

Per via del loro valore aggiunto, le IG sono particolarmente soggette a pratiche fraudolente. Il CESE ritiene essenziale rafforzarne la protezione e migliorare i controlli. La proposta contiene alcuni elementi interessanti in merito a questo aspetto, quali il miglioramento della cooperazione e dello scambio di informazioni e l'assistenza reciproca tra gli Stati membri e con la Commissione, l'istituzione di una certificazione per i produttori di prodotti IG o la possibilità di revocare o trasferire un nome di dominio. Alcune altre proposte più specifiche per la protezione delle IG su Internet sembrano mancare di ambizione o degli strumenti necessari per far rispettare tale protezione. Il CESE sottolinea che i produttori dovrebbero avere il diritto di difendere i loro prodotti, ma in nessun caso dovrebbero essere considerati responsabili di azioni in tal senso. La responsabilità della protezione delle IG dovrebbe continuare a incombere alla Commissione e agli Stati membri, che dovrebbero compiere tutti gli sforzi necessari per garantire tale protezione.

4.19.

Il CESE ritiene estremamente importante proteggere le IG dalla pratica fraudolenta dell'evocazione. Tale protezione era già inclusa nella normativa che disciplina il sistema delle IG. La proposta in esame aggiunge una definizione del concetto di «evocazione». Il Comitato ritiene che fornire una definizione molto precisa di tale concetto rischi di indebolire la protezione contro queste pratiche man mano che esse si evolvono nel tempo. Il CESE raccomanda di sopprimere tale definizione e di basarsi invece sulla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea.

4.20.

Le indicazioni geografiche registrate sono attualmente più di 3 300, tuttavia, circa l'80 % di esse è situato in soli sei Stati membri dell'UE (5). Questi valori dimostrano chiaramente come molti Stati membri dell'UE siano sottorappresentati all'interno del sistema delle IG. Inoltre, vi è il rischio che tale divario si allarghi man mano che gli Stati membri con molte IG acquisiscono competenze nella relativa gestione pratica e amministrativa che possono andare a vantaggio dei nuovi produttori desiderosi di registrare i loro prodotti, mentre i produttori di altri Stati membri non si sentono adeguatamente attrezzati per intraprendere la registrazione dei loro prodotti. Il CESE si rammarica che la proposta non preveda misure volte a facilitare e sostenere i produttori nella registrazione di nuove IG e a promuovere tale sistema presso di loro.

4.21.

Nella sua valutazione pubblicata nel 2021, la Commissione sottolinea che in alcuni paesi le IG risentono ancora della mancanza di consapevolezza da parte dei consumatori (6). A tale riguardo, le campagne di marketing e di promozione sono essenziali, come dimostra l'impatto ottenuto dalle campagne di promozione dell'UE per le IG. Il CESE ritiene che con la revisione del sistema dovrebbero essere integrati degli strumenti per sostenere la promozione e la sensibilizzazione in merito alle IG.

4.22.

La proposta introduce la creazione di certificati per i produttori che rispettano i disciplinari delle IG. Il CESE ritiene che, se concepiti con cura e ben gestiti, tali certificati potrebbero agevolare gli scambi, mantenendo nel contempo un elevato livello di protezione contro le frodi. Tale certificato potrebbe anche essere reso direttamente accessibile tramite un codice QR riportato sui prodotti IG.

5.   Osservazione conclusiva

5.1.

Il sistema delle IG è stato una politica dell'UE di grande successo che ha permesso di preservare un «know-how» e un patrimonio culturale unici, aumentando nel contempo il reddito dei produttori e rivitalizzando le zone rurali. Come indicato nella valutazione della Commissione pubblicata nel 2021 (7), questa politica è relativamente efficace, e le modifiche introdotte dal nuovo regolamento OCM l'hanno ulteriormente rafforzata. La nuova revisione prevista nella proposta della Commissione suggerisce alcune ulteriori modifiche che ne potrebbero aumentare ancora di più l'efficacia. Tuttavia, alcune delle altre modifiche proposte richiedono dei chiarimenti, mentre altre ancora, come il coinvolgimento dell'EUIPO, rischiano probabilmente di complicare le procedure o di indebolire la natura intrinseca del sistema delle IG, che è stata al centro del suo successo. La DG AGRI dovrebbe rimanere il principale soggetto responsabile della gestione delle IG, mentre la DG GROW dovrebbe garantire il riconoscimento e la protezione di tale sistema a livello internazionale attraverso accordi commerciali e attività di sensibilizzazione.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) 2021/2117 del Parlamento europeo e del Consiglio del 2 dicembre 2021 che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati e (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell'Unione (GU L 435 del 6.12.2021, pag. 262)..

(2)  https://ec.europa.eu/info/food-farming-fisheries/food-safety-and-quality/certification/quality-labels/geographical-indications-register/

(3)  https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/c1d86ba1-7b09-11eb-9ac9-01aa75ed71a1

(4)  COM(2022) 134 final.

(5)  https://op.europa.eu/it/publication-detail/-/publication/c1d86ba1-7b09-11eb-9ac9-01aa75ed71a1

(6)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=SWD:2021:427:FIN

(7)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=SWD:2021:427:FIN


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/123


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Prodotti sostenibili: dall'eccezione alla regola

[COM(2022) 140 final]

e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro per l'elaborazione delle specifiche di progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e abroga la direttiva 2009/125/CE

[COM(2022) 142 final — 2022/0095(COD)]

(2022/C 443/18)

Relatore:

Thomas WAGNSONNER

Consultazione

Commissione europea, 16.5.2022

Parlamento europeo, 2.5.2022

Consiglio, 10.6.2022

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

30.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

205/1/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore le proposte del piano d'azione per l'economia circolare e con il presente parere, in particolare, sostiene il percorso intrapreso per rendere i prodotti più sostenibili. Ritiene altresì necessario perseguire un approccio giuridico armonizzato. nel contempo, sottolinea che la proposta riguardante il nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile è ancora largamente indefinita a causa dell'elevato numero di atti delegati; Alla luce della necessità di ridurre il consumo di risorse e di proteggere il clima, il CESE propone inoltre un'attuazione più rapida e ambiziosa.

1.2.

Il CESE sottolinea in particolare che il percorso di economia circolare può essere coronato dal successo soltanto se tutti gli operatori economici — produttori, consumatori, lavoratori — e le autorità sono adeguatamente coinvolti e informati. Ai fini di una corretta attuazione, è indispensabile prevedere norme corrispondenti chiare, adeguate e coerenti onde garantire che i prodotti sostenibili possano competere equamente.

1.3.

Il CESE accoglie con favore i nuovi elementi del regolamento quali l'estensione dell'ambito di applicazione, i nuovi requisiti di progettazione ecocompatibile (durabilità, riparabilità, riciclaggio, impatto ambientale, emissioni di CO2 ecc.) nonché gli obblighi di informazione mediante il passaporto digitale dei prodotti e le etichette, sottolineando l'importanza di un'informazione corretta e adeguata, soprattutto per i consumatori.

1.4.

Il CESE sostiene il divieto di distruggere le merci invendute, intese come merci nuove, restituite o riparabili. si compiace inoltre del fatto che il regolamento, unitamente al pacchetto sull'economia circolare, affronti problemi quali il greenwashing o l'obsolescenza;

1.5.

Il forum sulla progettazione ecocompatibile è un organismo di supporto dotato di numerose competenze per l'attuazione. Tutti i portatori di interessi e i rappresentanti della società civile, comprese le parti sociali, dovrebbero avere l'opportunità di contribuire con idee e suggerimenti per migliorare il processo;

1.6.

Il CESE è consapevole delle sfide cui devono far fronte i produttori e le imprese, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), e quindi dell'esigenza di evitare in ogni caso inutili oneri amministrativi. ravvisa inoltre l'opportunità di stabilire un nuovo standard «Made in Europe» con norme per i prodotti sostenibili;

1.7.

Gli strumenti riguardanti la dichiarazione di conformità e l'autoregolamentazione offrono spazio alle iniziative imprenditoriali. Un controllo efficiente e coordinato tra gli Stati membri, con adeguate informazioni per i consumatori, rafforza la fiducia in merito a un passaggio efficace da un'economia lineare a un'economia circolare.

1.8.

Il CESE prende atto con rammarico che il regolamento non copre la dimensione sociale. Un riferimento alla proposta della Commissione riguardante la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese non sembra sufficiente.

2.   Contesto del parere

2.1.

Il sistema economico lineare implica uno sfruttamento eccessivo delle risorse globali. Nel periodo intercorso tra le conferenze delle Nazioni Unite sul clima di Parigi e Glasgow, sono stati consumati oltre 500 miliardi di tonnellate di nuove risorse. La relazione sul divario di circolarità 2022 (1) evidenzia che, a livello globale, solo l'8,6 % di quanto è utilizzato viene successivamente riciclato o, viceversa, che esiste un divario di circolarità superiore al 90 % L'economia circolare può apportare un contributo efficace alla riduzione del consumo di risorse.

2.2.

In Europa è stata riconosciuta la necessità di preservare le risorse. La Commissione europea ha proposto il Green Deal, la strategia di crescita dell'UE per una società equa e prospera con un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. La necessità di agire è resa ancora più urgente dai problemi della catena di approvvigionamento a seguito della pandemia e dell'invasione russa in Ucraina. Le imprese e i consumatori subiscono gli effetti della penuria di prodotti e dell'aumento dei prezzi in molti settori.

2.3.

Nello specifico, a fine marzo 2022 la Commissione europea ha presentato le seguenti iniziative nell'ambito del piano d'azione per l'economia circolare:

comunicazione della Commissione dal titolo «Prodotti sostenibili: dall'eccezione alla regola»;

proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili;

piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile e l'etichettatura energetica 2022-2024;

strategia dell'UE per prodotti tessili sostenibili e circolari;

proposta di revisione del regolamento sui prodotti da costruzione;

proposta per coinvolgere i consumatori nella transizione verde.

2.4.

Il presente parere esamina la comunicazione «Prodotti sostenibili: dall'eccezione alla regola» [COM(2022) 140 final] e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce il quadro per l'elaborazione delle specifiche di progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e abroga la direttiva 2009/125/CE [COM(2022) 142 final — 2022/0095 (COD)].

2.5.

La comunicazione evidenzia la necessità di ripensare il modello economico lineare prevalente e di intraprendere passi verso un'economia circolare. Un approccio armonizzato a livello europeo rafforza la competitività, crea posti di lavoro e offre prodotti sostenibili ai consumatori. A tal fine è necessario un nuovo approccio alla fabbricazione dei prodotti che vada oltre gli attuali requisiti minimi (REACH, etichettatura energetica, imballaggio ecc.).

2.6.

L'ambito di applicazione del nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile verrà esteso enormemente e contribuirà alla conservazione delle risorse e all'efficienza energetica con le sue iniziative settoriali per i prodotti tessili, i prodotti da costruzione ecc. In particolare, i nuovi contenuti per migliorare la durata di vita del prodotto (durabilità, riparabilità, migliore riciclaggio ecc.) e una migliore informazione sul prodotto mediante il passaporto digitale dei prodotti impongono alle imprese di presentare in modo trasparente le qualità e l'impatto sul ciclo di vita dei loro prodotti. I consumatori hanno l'opportunità di confrontare e quindi valutare i prodotti che soddisfano i requisiti di sostenibilità europei.

2.7.

I requisiti di prodotto previsti dal regolamento sulla progettazione ecocompatibile sono integrati da ulteriori misure di accompagnamento. La posizione e la fiducia dei consumatori sono rafforzate da informazioni obbligatorie sul prodotto e sui benefici ambientali, nonché da informazioni riguardanti la riparazione, la durabilità e il divieto di «greenwashing». I controlli sui prodotti da parte delle autorità pubbliche e il monitoraggio trasparente della conformità ai criteri per i prodotti offrono la certezza di scegliere tra prodotti di alta qualità e garantiscono in tal modo condizioni di parità per gli operatori economici.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE esprime la propria approvazione di massima in relazione agli obiettivi dell'economia circolare e dell'iniziativa per i prodotti sostenibili, poiché sostenibilità significa in tale contesto coniugare aspetti ecologici, economici e sociali. Ciò vuol dire che tutti gli operatori economici devono soddisfare requisiti nuovi e impegnativi. Le imprese sono tenute a orientare la loro produzione e la progettazione dei prodotti verso la sostenibilità e a fornire informazioni al riguardo. I consumatori devono essere consapevoli di ciò e prendere la decisione «giusta» in modo responsabile sulla base delle informazioni. In tale contesto appare necessario condurre adeguate campagne di informazione ai fini della sensibilizzazione. È necessario un controllo efficace per garantire che gli obiettivi siano raggiunti e non aggirati, poiché ciò danneggerebbe la posizione dell'Europa e incoraggerebbe lo «scetticismo verde». L'obiettivo è piuttosto creare posti di lavoro di qualità, garantire uno sviluppo migliore, adottare un approccio olistico e assicurare che consumatori e clienti siano adeguatamente informati.

3.2.

Il regolamento e l'economia circolare stabiliscono nuovi standard. Affinché i presenti orientamenti siano accettati, siano attuati e conducano alla realizzazione di un processo economico circolare, è necessario coinvolgere gli operatori economici — consumatori, produttori, imprenditori, sindacati, istituti di ricerca — in modo efficace e proattivo. Sarà a tale riguardo utile fornire informazioni pertinenti sulle opportunità offerte e sugli obiettivi da raggiungere e coinvolgere tempestivamente i portatori di interessi.

3.3.

Il CESE sostiene l'approccio armonizzato del regolamento e degli atti delegati, volto ad evitare la frammentazione e ad affrontare le specificità dei prodotti, la convenienza per i consumatori e la concorrenza. I prodotti sostenibili rappresentano un'opportunità europea per le imprese, l'innovazione e l'occupazione, tenendo conto al contempo dei desideri dei consumatori per quanto riguarda l'impatto ambientale e una durata di vita lunga.

3.4.

L'estensione dell'ambito di applicazione a più prodotti e l'introduzione di requisiti più stringenti sono accolti con favore. Il CESE rileva che per le imprese di produzione si prospettano novità, ad esempio con il passaporto digitale dei prodotti, le norme sui beni invenduti e le norme specifiche per i prodotti, ma osserva che ciò è necessario per realizzare l'economia circolare. Nel contempo, viene in tal modo stabilito un nuovo standard «Made in Europe». Vengono altresì create opportunità per l'economia nell'ambito della progettazione, dello smaltimento e della riparazione.

3.5.

Il CESE sottolinea che occorre garantire la coerenza di tutti i settori giuridici interessati, compresa la coerenza nell'ambito del piano d'azione in termini di tempi e contenuti, in modo da non ridurne l'efficacia a causa della segmentazione della normativa e della diversa gestione negli Stati membri. Tuttavia è altrettanto importante prestare attenzione alla coerenza con altri importanti ambiti giuridici complementari, come la direttiva della Commissione europea sul dovere di diligenza delle imprese presentata di recente, le legislazioni sui rifiuti importanti per il riciclaggio, compresi i provvedimenti per l'esportazione, il regolamento sulla vigilanza del mercato ecc.

3.6.

Il CESE riconosce la necessità di adottare atti delegati e, poiché ciò lascia spazio a incertezza su molti aspetti, chiede alla Commissione europea, a titolo integrativo, un piano di lavoro più dettagliato. Ciò al fine di garantire che molti prodotti siano coperti da atti delegati; occorrerà inoltre coinvolgere in una fase precoce le organizzazioni della società civile e i sindacati.

3.7.

Il CESE osserva che il regolamento sulla progettazione ecocompatibile rappresenta un'iniziativa legislativa molto complessa che comporterà un cambiamento nel modello economico. È pertanto essenziale garantire un'attuazione rapida ma adeguata dei contenuti. È quindi necessario disporre di risorse sufficienti a livello del personale per l'attuazione degli atti delegati. Poiché anche i consumatori, le aziende, i riparatori e le autorità di controllo devono soddisfare nuovi requisiti, è considerato altrettanto necessario coinvolgere adeguatamente tutti gli operatori economici nel processo d'informazione.

3.8.

Le istituzioni pubbliche dovrebbero essere precursori degli appalti verdi nelle loro procedure d'appalto pubblico. Tuttavia, un effetto di rafforzamento potrebbe essere ottenuto anche ponendo gli appalti pubblici verdi come condizione negli orientamenti per il finanziamento di sussidi o sovvenzioni, come ad esempio i vari programmi di investimento dell'UE per le imprese o per terzi.

3.9.

Il CESE osserva che le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbero comportare vantaggi per i consumatori, e che tali vantaggi siano chiari e facilmente riconoscibili. I più ampi requisiti previsti dal nuovo regolamento sulla progettazione ecocompatibile possono aumentare il costo di acquisto dei prodotti, ma tale aumento è compensato dai risparmi sui costi ottenuti in virtù di migliori prestazioni, durabilità, possibilità di upgrading e riparabilità, nonché di un maggiore valore alla fine del ciclo di vita. È possibile risparmiare energia e denaro utilizzando dispositivi più efficienti sotto il profilo energetico. Inoltre, i prodotti durevoli sono più economici. Con la nuova proposta di direttiva i consumatori potrebbero risparmiare in media 285 EUR (2) all'anno. Il regolamento pone l'accento sull'accessibilità economica, che dovrebbe tenere conto del variare dei bilanci familiari, in modo che la progettazione ecocompatibile non diventi esclusiva. È pertanto ancora più importante fornire sostegno finanziario ai consumatori per il primo acquisto e la riparazione di prodotti sostenibili.

3.10.   Aspetti ecologici

3.10.1.

La progettazione ecocompatibile è alla base del pensiero circolare, che il CESE considera particolarmente importante per

la legislazione e le misure di controllo: l'allentamento o le eccezioni negli atti delegati o nell'impegno volontario, così come le possibilità di elusione e i controlli lacunosi, sarebbero in contraddizione con gli obiettivi. I requisiti in materia di progettazione ecocompatibile, prestazioni e informazione, compresi i parametri dei prodotti, devono essere coerenti e rigorosi;

le imprese, che già durante la fase di progettazione dovrebbero pensare all'impatto ambientale durante il ciclo di vita, all'uso prolungato del prodotto, alla facilità di manutenzione e riparazione o al prodotto successivo che ne può derivare. Anche la standardizzazione dei prodotti dovrebbe essere presa nuovamente in considerazione. Tra gli esempi figurano le diverse dimensioni degli pneumatici o dei cavi di ricarica;

i consumatori, che al momento di prendere una decisione di acquisto dovrebbero ricevere le informazioni essenziali sull'impatto ambientale, la vita utile, la riparazione, il successivo utilizzo e lo smaltimento.

3.10.2.

Dopo l'utilizzo prolungato e il riutilizzo, il riciclaggio è l'elemento successivo del regolamento legato al risparmio delle risorse. L'obiettivo è quello di aumentare il contenuto riciclato nei prodotti, migliorare la riciclabilità dei prodotti e il valore dei settori del riciclaggio e della riparazione. Il CESE sostiene tale obiettivo, ma sottolinea che vi sono ancora alcuni ostacoli tecnici, giuridici e concettuali da superare.

Pensare in termini di ciclo dei materiali evidenzia l'enorme bisogno di cambiamento. A titolo esemplificativo, tassi di riciclaggio più elevati dovrebbero andare di pari passo con quote minime di riciclaggio, la riciclabilità teorica dei prodotti (3) dovrebbe corrispondere alle possibilità tecniche di riciclaggio e all'attuazione pratica delle misure di riciclaggio, o ancora, nel settore delle materie plastiche, sono necessari numerosi cambiamenti in termini di progettazione e produzione, senza scordare che le materie prime secondarie non sono trattate allo stesso modo delle materie prime primarie (4).

Il riciclaggio rappresenta anche un'opportunità per l'Europa: ad esempio, i minerali metalliferi di alta qualità vengono importati come materie prime o prodotti e dopo l'uso vengono smaltiti quasi «gratuitamente» o spediti in tutto il mondo. Tale aspetto riguarda in particolare le automobili e i rifiuti elettronici, che dovrebbero essere considerati beni potenzialmente riciclabili e trattati come tali. Lo smantellamento, il trattamento e il riciclaggio sono vantaggiosi per il clima, ma creano anche un notevole valore aggiunto e posti di lavoro (5). In tal senso, è anche fondamentale tenere in considerazione l'equilibrio economico, ecologico e sociale.

3.10.3.

Il CESE accoglie con favore la proposta di adottare misure in materia di prodotti invenduti, e osserva che in questo campo si può applicare un approccio più ambizioso. La distruzione di prodotti intatti, compresi i prodotti nuovi, restituiti o riparabili, non è auspicabile dal punto di vista della società in quanto rappresenta uno spreco di risorse. Il CESE ritiene che la proposta della Commissione di obbligare le imprese soltanto a fornire la documentazione in una prima fase e di esonerare le PMI da questo obbligo non sia abbastanza ambiziosa. La possibilità di ottenere misure più incisive mediante atti giuridici delegati solleva dubbi sull'effettivo perseguimento degli obiettivi. Il CESE è favorevole a vietare la distruzione dei prodotti invenduti, ad eccezione dei prodotti pericolosi. Inoltre, alle aziende e alle piattaforme di vendita al dettaglio dovrebbe essere chiesto di studiare pratiche commerciali che riducano significativamente il numero di resi dei prodotti e le scorte invendute. I consumatori dovrebbero inoltre essere informati dell'impatto ambientale dei beni restituiti.

3.11.   Aspetti economici

3.11.1.

Il CESE sottolinea che la proposta di regolamento deve essere accolta in linea di principio con favore dal punto di vista delle PMI, ma suscita anche un certo scetticismo. Le PMI hanno a disposizione soltanto risorse (umane) limitate. In particolare, le misure di sostegno menzionate nel regolamento dovrebbero essere adeguate alle necessità e alle esigenze delle PMI. Inoltre, appaiono evidenti le difficoltà di accesso delle PMI agli appalti pubblici previsti. Occorre pertanto cercare soluzioni in modo che possano partecipare alle relative procedure. Infine, dal punto di vista delle PMI, è necessaria una garanzia della complementarità tra il regolamento sui prodotti sostenibili e le norme specifiche per prodotto, in modo da evitare duplicazioni dei costi e degli oneri burocratici.

3.11.2.

I riparatori rivestono un ruolo fondamentale per la lunga durata del prodotto. È di conseguenza opportuno sostenere i fornitori di servizi di riparazione, le imprese socioeconomiche di riutilizzo e le iniziative di riparazione della società civile o locali, affinché possano svolgere il proprio ruolo in tale modello di economia circolare. In Germania e Austria, ad esempio, per le iniziative di riparazione si è rivelato utile stipulare un'assicurazione per le riparazioni che allo stesso tempo le legittima.

3.12.

La comunicazione menziona nuovi modelli d'impresa circolari (6) quale strumento importante. Tali modelli devono essere attraenti, interessanti e proattivi per le aziende e i consumatori, e garantire condizioni di lavoro adeguate. Nella pratica esistono modelli del genere, come l'economia della condivisione, il prodotto come servizio, il «pay per use» ecc. Il CESE propone di adattare le piattaforme delle migliori pratiche esistenti alle sfide attuali dell'economia circolare, incoraggiando la loro utilizzazione. Tra gli esempi attualmente elencati vi sono il carosello edilizio, attraverso il quale i materiali vengono offerti a nuovi utenti in caso di demolizione o trasformazione, o le reti di riparazione, attraverso le quali consumatori e riparatori possono incontrarsi. Tuttavia, numerose banche dati mancano di attrattiva per i fornitori e gli utenti.

3.13.

Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di sensibilizzare i consumatori in merito all'azione sostenibile e di utilizzare i prodotti fino alla loro fine vita. Studi scientifici (7) evidenziano che i prodotti funzionanti ma non più utilizzati (ad esempio computer portatili, telefoni cellulari, tostapane ecc.) vengono accumulati nelle case fino a sei anni. Sono quindi necessari incentivi adeguati affinché i consumatori mantengano i prodotti inutilizzati nel ciclo di utilizzo.

3.14.   Aspetti sociali

3.14.1.

Il CESE prende atto con rammarico che il regolamento non copre la dimensione sociale. Un riferimento alla proposta della Commissione riguardante la direttiva sul dovere di diligenza delle imprese (8) non sembra sufficiente poiché detta direttiva attribuisce chiaramente la priorità a un approccio procedurale per quanto riguarda le catene globali del valore e le questioni sociali specifiche del prodotto potrebbero non essere sufficientemente trattate. Il CESE sottolinea espressamente che, dal punto di vista della sostenibilità, tutte e tre le dimensioni, ossia la sostenibilità economica, sociale e ambientale, devono sempre essere trattate congiuntamente, e suggerisce pertanto alla Commissione di riesaminare il regolamento in relazione all'utilità di includere anche gli aspetti sociali specifici del prodotto.

3.14.2.

Il CESE osserva che i posti di lavoro verdi non sono automaticamente sostenibili se non si tiene conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Per ragioni di concorrenza è in particolare necessario garantire il rispetto delle norme in materia di lavoro.

3.14.3.

Un progetto delle parti sociali europee (9) ha esaminato l'impatto dell'economia circolare sull'occupazione e sulle condizioni di lavoro. La transizione verso un'economia circolare potrebbe creare tra 250 000 e 700 000 posti di lavoro entro il 2030. Gli effetti per settore e regione sono estremamente eterogenei. I settori dei rifiuti e delle riparazioni trarranno vantaggi in misura superiore alla media, mentre i settori minerario e chimico ne risentiranno negativamente. Sarà inoltre necessaria una forza lavoro ben istruita (ad es. per la gestione dei rifiuti). In generale, è importante garantire che siano disponibili posti di lavoro di qualità e che siano corrisposti salari dignitosi. Il CESE si rammarica che la Commissione attualmente non preveda un dialogo sociale che tenga conto delle conseguenze per i lavoratori associate alla transizione verso un'economia circolare.

4.   Osservazioni particolari

4.1.   Informazioni nel passaporto digitale dei prodotti, etichette e marchio di qualità ecologica

4.1.1.

Il CESE accoglie con favore l'accesso a informazioni complete sul prodotto mediante il passaporto digitale dei prodotti. Le informazioni dovrebbero essere mirate e di facile utilizzo da parte di tutti gli attori lungo la filiera. Il contenuto è destinato a costituire la base per le decisioni dei consumatori, orientate all'economia circolare, riguardanti l'acquisto, il riutilizzo, la riparazione e lo smaltimento. Tali informazioni includono il tenore di CO2 del prodotto, la percentuale di terre rare, i componenti pericolosi, i materiali non riciclabili, l'elenco delle parti riparabili nonché la loro disponibilità o, in caso di software, la compatibilità e i costi. La possibilità di includere nel passaporto digitale dei prodotti informazioni su altri aspetti riguardanti la sostenibilità è accolta con favore (10). Il CESE propone di integrare il passaporto digitale dei prodotti con un indice di riparazione, contenente informazioni sulla riparabilità, in particolare dei componenti importanti soggetti a usura, sul prezzo dei pezzi di ricambio e sulla loro disponibilità nel tempo, nonché informazioni sulle condizioni di lavoro in cui sono stati realizzati i prodotti. Le informazioni essenziali, come la garanzia o il tenore di carbonio del prodotto, dovrebbero essere messe a disposizione dei consumatori anche in forma fisica.

Il passaporto digitale dei prodotti non dovrebbe rappresentare uno strumento che impone alle imprese di impegnare ulteriori risorse (raccolta dei dati), ma un ausilio per integrare i sistemi esistenti. Tuttavia, l'obbligo di fornire dati sempre più trasparenti, ma nel contempo sensibili, potrebbe anche richiedere una revisione della coerenza del processo decisionale in materia di diritti di proprietà intellettuale.

4.1.2.   Etichette

Le etichette devono fornire ai consumatori informazioni sul prodotto, che devono ancora essere definite negli atti delegati. Il CESE pone l'accento sulla comunicazione corretta, visibile e chiara delle informazioni ai clienti, con dati essenziali sull'impatto climatico, sul contenuto e la composizione, sul rispetto delle norme in materia di lavoro, sulla durabilità e riparabilità dei prodotti.

4.1.3.   Marchio di qualità ecologica

Molti prodotti e servizi sono certificati con il marchio europeo di qualità ecologica sulla base di un parere di esperti. L'obiettivo è rendere più facile per i consumatori verificare la compatibilità ambientale, la durabilità e l'alta qualità, e consentire il confronto con gli altri prodotti e servizi. Tuttavia, i requisiti per il marchio di qualità ecologica possono tutt'al più integrare e non sostituire la legislazione sui prodotti basata sul regolamento sulla progettazione ecocompatibile, mentre l'esame da parte delle autorità ai sensi del regolamento sulla progettazione ecocompatibile deve riguardare anche le informazioni sui marchi di qualità ecologica.

4.2.   Mercati online

È importante creare condizioni di parità per tutti gli operatori economici e pertanto le disposizioni in materia di responsabilità dovrebbero applicarsi in particolare ai mercati online se nessun altro attore della catena di approvvigionamento adotta misure contro un prodotto non conforme (11).

4.3.

La vigilanza del mercato (controlli, divieti, sanzioni pecuniarie) è delegata agli Stati membri e la pubblicazione delle infrazioni avviene sull'ICSMS (Sistema di informazione e comunicazione per la vigilanza del mercato), un sistema europeo di comunicazione e informazione per i prodotti ritenuti non conformi o pericolosi. Il CESE sostiene la proposta di estendere e migliorare la vigilanza del mercato, poiché il 10-25 % dei prodotti esaminati non è conforme alla direttiva sulla progettazione ecocompatibile (12). Per consentire agli Stati membri di svolgere i loro compiti, la vigilanza del mercato deve essere dotata di risorse confacenti. Per quanto riguarda le violazioni, sarebbe necessario garantire, in particolare, che le autorità di vigilanza del mercato diano il giusto seguito alla notifica della non conformità dei prodotti. Vi sono purtroppo esempi negativi ricorrenti di elusione della valutazione di conformità, come è accaduto di recente con le mascherine di protezione contro la COVID-19. Le autorità dovrebbero sempre effettuare controlli a campione. Dovrebbero essere coinvolte anche le organizzazioni dei consumatori, in qualità di informatori competenti in materia di violazioni. Ciò produrrebbe effetti rapidi ed efficaci, in aggiunta alla direttiva sulle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori. Per un'efficace vigilanza del mercato in tutti gli Stati membri occorre che la Commissione europea svolga un ruolo molto attivo in questo settore, in modo che per tutte le imprese dello Spazio economico europeo vigano le stesse condizioni di concorrenza, grazie a un pari livello di controllo. Si richiama inoltre l'attenzione sul potenziale di miglioramento della gestione della homepage dell'ICSMS e delle informazioni che vi sono contenute.

4.4.

Il forum sulla progettazione ecocompatibile e il coinvolgimento di tutte le parti interessate in questo processo sono da accogliere con favore, ma occorre rivolgere l'attenzione al funzionamento efficace, alle responsabilità, alle competenze e alle risorse per tali compiti. Ad esempio, la valutazione delle misure di autoregolamentazione non può essere effettuata dal forum; si tratta di un compito che compete all'autorità pubblica o alla Commissione europea.

4.5.

L'autoregolamentazione come strumento alternativo a un atto delegato per un gruppo di prodotti dovrebbe costituire un'eccezione. Ove questa venga applicata, i suoi criteri di chiarezza, copertura del mercato e qualità dovrebbero essere simili a quelli che caratterizzano gli atti delegati.

4.6.

Il CESE desidera menzionare specificamente la «Piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare» (13) nel contesto di questo tema. Avviata congiuntamente dal CESE e dalla Commissione europea nel marzo 2017, l'iniziativa sostiene nuovi partenariati e l'ulteriore sviluppo di soluzioni di economia circolare in tutta Europa. L'obiettivo è anche quello di evidenziare l'importante contributo che l'economia circolare può dare all'attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Circle Economy: The Circularity Gap Report 2022, Piattaforma per l'accelerazione dell'economia circolare (PACE).

(2)  https://ec.europa.eu/info/energy-climate-change-environment/standards-tools-and-labels/products-labelling-rules-and-requirements/energy-label-and-ecodesign/about_it#Energysavings

(3)  Pomberger, R. (2020). Über theoretische, praktische und reale Recyclingfähigkeit (Riciclabilità teorica, pratica e reale) (https://doi.org/10.1007/s00506-020-00721-5, https://doi.org/10.1007/s00506-019-00648-6).

(4)  Comunicazione — Strategia europea per la plastica nell'economia circolare, COM(2018) 28 final.

(5)  GU C 220 del 9.6.2021, pag. 118.

(6)  Cfr. INT/778 «L'innovazione come motore di nuovi modelli economici» (parere esplorativo) GU C 303 del 19.8.2016, pag. 28.

(7)  Consultazione pubblica, NAT/851, presentazione di Gudrun Obersteiner, 29 aprile 2022.

(8)  COM(2022) 71 final.

(9)  https://www.etuc.org/en/publication/european-social-partners-project-circular-economy-and-world-work-0

(10)  COM(2022) 142 final — 2022/0095 (COD), pagina 29, punto 26.

(11)  Nota: INT/957 «Direttiva sulla sicurezza dei prodotti/revisione» (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 99) — Il documento affronta importanti aspetti della sicurezza dei prodotti.

(12)  J. Bürger/G. J. Bürger/G. Paulinger, Arbeiterkammer Wien (2022) https://emedien.arbeiterkammer.at/viewer/resolver?urn=urn:nbn:at:at-akw:g-5230098, pag. 88.

(13)  https://circulareconomy.europa.eu/platform/


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/130


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) e la direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti

[COM(2022) 156 final — 2022/0104 (COD)]

e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla comunicazione dei dati ambientali delle installazioni industriali e alla creazione di un portale sulle emissioni industriali

[COM(2022) 157 final — 2022/0105 (COD)]

(2022/C 443/19)

Relatore:

Stoyan TCHOUKANOV

Consultazioni

Parlamento europeo, 2.5.2022 [per COM(2022) 156 final]

Parlamento europeo, 5.5.2022 [per COM(2022) 157 final]

Consiglio, 10.5.2022

Base giuridica

Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

30.6.2022

Adozione in sessione plenaria

14.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

183/3/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene un approccio combinato e una coerenza politica al fine di proteggere gli ecosistemi e la salute umana dagli effetti nocivi dell’inquinamento, producendo nel contempo benefici collaterali per i cittadini e l’industria europea. Il CESE plaude pertanto alla proposta di revisione della direttiva relativa alle emissioni industriali (direttiva IED) (1) e del regolamento relativo al registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR).

1.2

Il CESE ritiene che i prossimi 10 anni saranno determinanti per gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo da raggiungere entro il 2050, in termini di inquinamento zero e di un ambiente privo di sostanze tossiche; pertanto, ora più che mai vi è bisogno di flessibilità e chiarezza nel processo normativo.

In relazione alla direttiva IED

1.3

L’articolo 15, paragrafo 3, riveduto propone come nuovo metodo predefinito la procedura in base alla quale gli autori delle autorizzazioni debbano fissare «i valori limite di emissione più rigorosi possibile compatibilmente con le emissioni più basse ottenibili applicando le BAT [migliori tecniche disponibili] nell’installazione». Il CESE ritiene che tale chiarimento vada accolto favorevolmente e sia in linea con la direttiva IED per prevenire l’inquinamento alla fonte. All’atto dell’autorizzazione, l’esatto ambito di applicazione e i perimetri della tecnologia devono essere presi in considerazione al fine di ricorrere al pertinente confronto delle BAT.

1.4

Il CESE sottolinea la necessità di chiarire i seguenti punti: su quale base e secondo quali criteri di fattibilità verrebbe effettuata l’analisi di fattibilità dell’operatore? Tale esame includerà, oltre alla relazione di riferimento del Centro comune di ricerca (JRC) riguardante i documenti di riferimento sulle BAT (BREF), altri fornitori di tecnologie, le ONG e il pubblico interessato al fine di convalidare tale analisi? Qual è il ruolo svolto dall’autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni?

1.5

Il CESE ritiene che, per rendere più efficaci le disposizioni, sarebbe possibile apportare i seguenti miglioramenti: un collegamento ai criteri per la determinazione delle BAT (attuale allegato III), in modo tale che gli operatori abbiano la possibilità di giustificare gli effetti trasversali ai vari comparti pertinenti che potrebbero ostacolare il conseguimento dei livelli di emissione associati alle BAT proposti. La proposta dovrebbe definire una validità massima delle deroghe, ad esempio [3]/[4] anni, al fine di non creare un indebito vantaggio competitivo per gli operatori che ricorrono ripetutamente e ampiamente alle deroghe stesse. Una consultazione preliminare con almeno tre fornitori di tecnologie indipendenti consentirebbe di tenere conto dei diversi punti di vista degli interessi dell’industria. Sarebbe opportuno definire condizioni più chiare, ad esempio una valutazione di impatto completa rispetto alle opzioni proposte per una massima compatibilità con le BAT più rigorose, compresa la conformità con la norma di qualità ambientale e la compatibilità di tale valutazione con l’ambizioso obiettivo dell’inquinamento zero.

1.6

Il CESE raccomanda vivamente di monitorare da vicino gli obiettivi del Green Deal, stabilendo nel contempo indicatori principali riguardo ai diversi obiettivi correlati alle matrici ambientali.

1.7

Il CESE concorda con la Corte dei conti europea sulla necessità di attribuire un significato chiaro al principio «chi inquina paga». Oltre al rapporto tra costi economici monetizzati e benefici sociali, per ragioni di trasparenza e completezza è altresì opportuno analizzare gli indicatori dei benefici sociali e ambientali. Tra i benefici ambientali dovrebbero figurare quelli in termini di protezione del clima e della salute; il metodo basato sul costo dei danni dovrebbe impiegare solo i metodi più protettivi, ad esempio il metodo basato sul valore della vita statistica dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), adeguato ai livelli di prezzi definiti dall’OCSE e/o dagli Stati Uniti.

1.8

Il CESE ritiene che la sfida da superare non consista nell’individuazione di tecniche rivoluzionarie (innovazione), ma piuttosto nella loro diffusione su scala industriale. Un ostacolo principale potrebbe essere correlato al fallimento dell’internalizzazione dei costi esterni. I fondi generati dall’applicazione dei livelli del costo dei danni potrebbero essere reincanalati in un «Fondo dell’UE per il disinquinamento e la trasformazione industriale» o in altri fondi esistenti per la modernizzazione e l’innovazione. Gli operatori dovrebbero dunque essere in grado di presentare una domanda per usufruire di tali fondi in una procedura di gara competitiva, al fine di fornire incentivi per la trasformazione necessaria per realizzare il Green Deal europeo. Occorre prestare la dovuta attenzione affinché la riconversione e la trasformazione sostengano il riassetto economico sostenibile e locale, pienamente in linea con una «transizione giusta» accettabile dal punto di vista sociale. È opportuno fornire sostegno ai settori dell’industria e dei servizi che contribuiscono realmente agli obiettivi del Green Deal europeo. È necessario prestare una particolare attenzione a esigere che qualsiasi fondo creato per sostenere la transizione sia gestito a livello di Unione europea, evitando ogni possibile regime di aiuti di Stato e promuovendo invece un regime paneuropeo armonizzato che rispetti il principio del mercato unico dell’UE.

1.9

Il CESE ritiene che la protezione del clima sia importante e che il quadro fornisca un approccio combinato dei diversi strumenti a disposizione. L’adozione di misure per la prevenzione dell’inquinamento non dovrebbe dipendere dall’esistenza o meno di una giustificazione economica della protezione del clima. Il CESE sostiene fermamente un approccio combinato e una coerenza politica che producano benefici collaterali. L’articolo 9, paragrafo 1, limita la possibilità degli Stati membri di definire ulteriori misure da applicare agli operatori soggetti al sistema per lo scambio di quote di emissioni (ETS) dell’UE, ragion per cui è preferibile sopprimere tale disposizione. Eliminando tale norma, l’industria non sarà immediatamente vincolata ai valori limite di emissione di gas a effetto serra.

1.10

Il CESE ritiene che l’aggiornamento della rete di sicurezza europea, da allineare alle norme aggiornate e avanzate in materia di BAT, potrebbe migliorare in misura considerevole l’efficacia dell’adozione delle BAT e i benefici pubblici, in particolare per i grandi impianti di combustione.

1.11

Il CESE pone altresì in evidenza la necessità di migliorare la parità di condizioni; in relazione all’incenerimento dei rifiuti viene garantita la conformità con i valori limite di emissione durante il periodo di effettivo funzionamento; riguardo ai gestori dei grandi impianti di combustione (LCP), essi possono non tenere conto delle emissioni che si verificano durante la fase di avvio e di arresto. Il CESE ritiene inaccettabile la possibilità di un esercizio in condizioni di guasto dei dispositivi di abbattimento.

1.12

Al fine di garantire che la direttiva sia attuata in modo proporzionato ed efficace sotto il profilo dei costi, il CESE raccomanda vivamente di adeguarne l’ambito di applicazione alla base di densità costituita dall’unità di bestiame per ettaro, nel caso dell’allevamento estensivo. Occorre inoltre tenere conto in misura adeguata delle pratiche zootecniche di allevamento all’aperto.

1.13

Sono proposte alcune possibilità per migliorare la valutazione della conformità. Tuttavia, i dettagli saranno specificati mediante un atto di esecuzione che sarà adottato solo due anni dopo l’entrata in vigore della nuova direttiva. Il CESE ritiene che questi tempi siano troppo lunghi e che dovrebbero essere stabilite già adesso disposizioni appropriate che prescrivano frequenze di taratura minime per i dispositivi di monitoraggio e requisiti adeguati affinché i livelli di incertezza dei sistemi di misura non superino i livelli allineati a quelli ottenuti impiegando apparecchiature di misurazione all’avanguardia.

1.14

Il CESE ravvisa qualche merito nel promuovere misure che vadano oltre i miglioramenti incrementali soltanto a livello di installazioni, laddove si auspica una transizione dei metodi di produzione più rapida e profonda. Le attività di seguito indicate sono proposte come settori prioritari: produzione/conservazione dell’energia, qualità dell’acqua e servizi di approvvigionamento idrico, trasformazione della produzione di proteine animali/vegetali e altri alimenti e bevande, gestione delle risorse, sostituzione delle sostanze chimiche che destano preoccupazioni, bonifica/fertilità dei terreni.

In relazione al portale sulle emissioni industriali (E-PRTR)

1.15

Con la proposta in esame non è stata sfruttata la possibilità di prevedere un utilizzo più efficace delle informazioni sulle prestazioni già prodotte nell’ambito della relazione annuale sulla conformità, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IED, da utilizzare per la valutazione comparativa e a scopi di conformità. Un formulario di inserimento armonizzato per attenersi all’obbligo di comunicazione, con un contenuto obbligatorio per la relazione annuale sulla conformità che consenta l’estrazione automatica di tali informazioni nell’ambito del portale gestito dall’AEA, migliorerebbe notevolmente l’accesso a informazioni fondamentali relative alle prestazioni a livello dell’Unione per diversi gruppi di utenti finali.

1.16

Il CESE ha sottolineato che verrebbe conseguito un migliore accesso alle informazioni sulle prestazioni in relazione alle sezioni nel sistema di gestione ambientale. Si propone già di segnalare molti di tali elementi (ad esempio l’uso delle risorse e il riutilizzo dell’acqua, la prevenzione dei rifiuti, la sostituzione e l’impiego di sostanze pericolose) nell’ambito dell’E-PRTR; una semplificazione del sistema di comunicazione in relazione alla direttiva IED, al fine di integrare informazioni nel portale, ridurrebbe quindi il carico di lavoro amministrativo e apporterebbe un valore aggiunto all’utilità di tali informazioni.

1.17

Il mantenimento delle soglie di comunicazione accrescerà il carico di lavoro amministrativo per le autorità competenti, a causa delle ulteriori fasi di valutazione necessarie per verificare se siano state superate le soglie relative alle sostanze inquinanti. Laddove esistono dati di monitoraggio, essi dovrebbero essere utilizzati e quindi comunicati; in caso contrario, andrebbero perse informazioni preziose in merito ai fattori determinanti che hanno provocato emissioni al di sotto delle soglie di comunicazione. Pertanto, il CESE non concorda sulle soglie di comunicazione previste.

1.18

L’elenco delle sostanze inquinanti soggette a comunicazione viene mantenuto immutato dal 2004. Il CESE non è convinto che sia opportuno posticipare l’elaborazione dell’elenco delle sostanze inquinanti che destano preoccupazioni. Tutte le sostanze inquinanti individuate nell’articolo 14 sono già soggette agli obblighi di comunicazione. Il CESE non ravvisa alcun valore aggiunto nell’esclusivo riferimento alle sostanze estremamente preoccupanti di cui all’allegato XVI già autorizzate, mentre le disposizioni contenute nella direttiva IED si riferiscono alle «sostanze pericolose». Il CESE ritiene pertanto che sia opportuno inserire direttamente nell’allegato II del regolamento PRTR un elenco più ampio di sostanze con proprietà preoccupanti, ai fini della comunicazione obbligatoria dei codici di identificazione UE dei rifiuti.

1.19

Il CESE ritiene che il portale dell’AEA dovrebbe consentire di effettuare un confronto dei limiti di autorizzazione applicati a impianti simili, in termini di prevenzione dell’inquinamento e di danni ambientali, preferibilmente a livello globale. Il CESE raccomanda di integrare le informazioni già prodotte attraverso la direttiva IED e/o le BAT e i requisiti nel quadro del sistema di gestione ambientale. L’articolo 1 del protocollo di Kiev sui registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR) fa riferimento ai tre obiettivi del PRTR di agevolare l’accesso pubblico alle informazioni, il che faciliterebbe anche la partecipazione del pubblico ai processi decisionali, aiutare a prevenire l’inquinamento ambientale e contribuire a ridurre l’inquinamento stesso. Gli ultimi due obiettivi non sono stati affrontati in misura sufficiente.

1.20

Infine, il CESE ritiene che l’analisi comparativa abilitante delle prestazioni ambientali e la promozione della conformità a livello dell’UE, l’elaborazione della manutenzione e degli helpdesk in ambito informatico, nonché la condivisione degli sforzi profusi a tal fine (bilancio e strumenti) soddisferebbero gli interessi di gruppi di utenti finali molto più ampi e diversificati, stimolando inoltre l’industria a condividere ulteriormente le buone pratiche in materia di prevenzione dell’inquinamento.

2.   Contesto

2.1

La direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (direttiva IED) costituisce lo strumento più importante dell’UE volto a prevenire l’inquinamento alla fonte in maniera integrata, al fine di conseguire un elevato livello di tutela dell’ambiente generale per le attività industriali su vasta scala. Essa presenta pertanto il potenziale di attribuire un significato concreto all’ambizioso obiettivo autodichiarato dell’inquinamento zero, e contribuirà altresì a migliorare le condizioni di salute. Il riesame di tale direttiva rappresenta un banco di prova per i decisori politici dell’UE, consentendo loro di dimostrare la serietà del loro impegno a realizzare gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo attraverso provvedimenti specifici.

2.2

La valutazione è stata avviata nel quadro del Green Deal europeo. Esistono opinioni divergenti non solo tra i rappresentanti di determinate associazioni di categoria degli operatori del settore e altri rappresentanti della società civile, ma anche nell’ambito degli stessi gruppi di portatori di interessi dei settori interessati.

2.3

La proposta di direttiva IED riveduta è stata riesaminata, unitamente al riesame del regolamento (CE) n. 166/2006 (2) relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR); tale regolamento attua il protocollo di Kiev dell’UNECE sui registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR) del 2006 (3).

2.4

Quadro generale della proposta riveduta della direttiva IED: l’obiettivo dichiarato della Commissione europea è quello di trasformare la legislazione in un quadro lungimirante atto ad accompagnare la trasformazione industriale necessaria per la transizione verde, e tale obiettivo poggia sui seguenti elementi costitutivi: 1) maggiore efficacia; 2) innovazione: 3) risorse e sostanze chimiche; 4) decarbonizzazione. L’attuazione dei suddetti elementi dipende direttamente dall’impianto concettuale dell’ambito di applicazione della direttiva IED, definito nell’allegato I, che potrebbe essere considerato il quinto elemento costitutivo.

2.5

Quadro generale della proposta riveduta del regolamento E-PRTR: la proposta riveduta di regolamento relativo alla comunicazione dei dati ambientali delle installazioni industriali e alla creazione di un portale sulle emissioni industriali mira a migliorare l’integrazione dei flussi di comunicazione attraverso una banca dati online centralizzata (portale sulle emissioni industriali gestito dall’AEA) (4), la comunicazione di dati sull’uso delle risorse e la contestualizzazione delle informazioni. L’obiettivo è quello di coprire almeno il 90 % delle informazioni sulle emissioni. L’elenco delle sostanze inquinanti e delle soglie per la comunicazione dei dati sulle emissioni è stato mantenuto invariato.

3.   Osservazioni generali (IED)

3.1

Le principali aspettative della società civile (5) sono il conseguimento di una protezione del clima attraverso un «approccio combinato» (norme e controlli, e il sistema per lo scambio di quote di emissioni), la ridefinizione dell’impianto concettuale del relativo ambito di applicazione, indicatori di prestazione per orientare la trasformazione, la limitazione delle possibilità di flessibilità, una più forte ambizione in relazione alle autorizzazioni e un processo di determinazione lungimirante delle BAT che ponga gli interessi pubblici al primo posto.

3.2

Dal punto di vista dell’industria, le posizioni sono più diversificate.

3.2.1

Il quinto obiettivo trasversale, di cui al punto 2.4 sopra riportato, manca tuttavia di una componente fondamentale, ossia il fabbisogno aggiuntivo di energia rinnovabile al di là dell’efficienza energetica.

3.2.2

È necessaria un’analisi comparativa per evitare una pluralità di normative non armonizzate (da due a quattro) che riguardano le stesse emissioni, il che potrebbe generare confusione. Sul versante dei vettori energetici, ad esempio, il sistema per lo scambio di quote di emissioni sembra avere un effetto più motivante rispetto ad altre disposizioni parallele.

3.2.3

Il processo relativo al rilascio delle autorizzazioni dovrebbe essere razionalizzato, intensificato e semplificato. Lo sviluppo di capacità degli organismi pubblici e una più efficace preparazione del processo sono necessari per rendere la procedura rapida ed efficiente. Si prevede che la proposta di una sintesi relativa alle autorizzazioni possa contribuire ad affrontare tali preoccupazioni.

3.2.4

È necessario affinare l’equilibrio tra l’applicazione di sanzioni (motivazione negativa) e l’offerta di incentivi, nel senso di privilegiare quest’ultima, per conseguire in tempi più brevi risultati in termini di prevenzione/riduzione dell’inquinamento.

3.3

Le associazioni dei rappresentanti dei lavoratori plaudono alla proposta; i lavoratori sono impegnati a contribuire alla trasformazione verde dell’industria e rammentano che si tratta di una sfida non solo e non tanto tecnologica, quanto soprattutto sociale. Occorre prestare la dovuta attenzione affinché i benefici per il pubblico in generale e per i lavoratori in relazione ai più ampi sforzi tesi alla prevenzione dell’inquinamento necessari per realizzare il Green Deal europeo siano pienamente in linea con la transizione giusta. Le associazioni dei lavoratori ritengono che norme europee più severe in materia di protezione dell’ambiente e della salute umana sostengano la forza lavoro e favoriscano l’emergere di posti di lavoro di buona qualità, ove l’industria stessa diviene sostenibile; e al riguardo esistono già buoni esempi, come quello della transizione verso l’acciaio verde in Svezia. Norme più rigorose in materia di inquinamento possono contribuire ad attrarre investimenti per rendere l’infrastruttura dell’industria dell’UE idonea al raggiungimento dell’ambizioso obiettivo dell’inquinamento zero. Le associazioni dei lavoratori sostengono l’accelerazione degli sforzi tesi alla sostituzione delle sostanze nocive e pericolose prodotte e utilizzate nelle attività industriali, e appoggiano dunque un miglioramento della trasparenza e un accesso fruibile alle informazioni sui sistemi di gestione delle sostanze chimiche.

4.   Osservazioni particolari (riesame della direttiva IED)

4.1   Elemento 1: adozione di BAT più rigorose nella fase di autorizzazione

4.1.1

La proposta riconosce, come principale carenza, che la maggior parte delle condizioni di autorizzazione si allineano ai livelli di inquinamento più permissivi ammessi nel quadro dei pertinenti livelli di emissione (prestazione ambientale) associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AE(P)L), ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3. L’articolo 15, paragrafo 3, riveduto propone come nuovo metodo predefinito la procedura in base alla quale gli autori delle autorizzazioni debbano fissare «i valori limite di emissione più rigorosi possibile compatibilmente con le emissioni più basse ottenibili applicando le BAT nell’installazione». Il CESE ritiene che tale chiarimento vada accolto favorevolmente e sia in linea con la direttiva IED per prevenire l’inquinamento alla fonte. All’atto di autorizzazione, l’esatto ambito di applicazione e i perimetri della tecnologia devono essere presi in considerazione al fine di ricorrere al pertinente confronto delle BAT.

4.1.2

Il riferimento al limite «rigoroso», ma tecnicamente possibile, della gamma BAT-AEL nell’ultimo paragrafo renderebbe la disposizione coerente dal punto di vista interno e maggiormente in linea con il Green Deal europeo.

4.1.3

La proposta consente al gestore di analizzare «se sia realisticamente possibile raggiungere il limite più rigoroso della gamma BAT-AEL e [illustrare] le migliori prestazioni raggiungibili dall’installazione grazie all’applicazione delle BAT, come descritto nelle conclusioni sulle BAT»; sono necessarie delucidazioni in merito a tale disposizione (cfr. le raccomandazioni).

Disposizione sulle deroghe (articolo 15, paragrafo 4)

4.1.4

Il riferimento al divieto di applicare deroghe che «rischino di compromettere» il rispetto della norma di qualità ambientale traduce l’approccio prudente e preventivo in una più chiara formulazione giuridica, e va pertanto sostenuto, così come va appoggiata la necessità di requisiti di monitoraggio aggiuntivi per misurare l’impatto prodotto sull’ambiente ricettore.

Metodo di chiarimento sulla modalità di esecuzione delle valutazioni del rapporto costi/benefici

4.1.5

Il metodo di valutazione del rapporto costi/benefici viene proposto nel nuovo allegato II, contestualmente ai nuovi princìpi da osservare qualora vengano concesse deroghe. Tra i benefici ambientali dovrebbero figurare i benefici in termini di protezione del clima e della salute, il metodo basato sul costo dei danni dovrebbe impiegare solo i metodi più protettivi, ad esempio il metodo basato sul valore della vita statistica dell’AEA adattato ai livelli dei prezzi definiti dall’OCSE / dagli Stati Uniti, sulla base dei dati forniti dall’AEA (relazione 04/2020 del Centro tematico europeo sull’inquinamento atmosferico, i trasporti, il rumore e l’inquinamento industriale (European Topic Centre on Air pollution, transport, noise and industrial pollution, ETC/ATNI)) (6).

4.1.6

Il miglior metodo di valutazione del rapporto costi/benefici dovrebbe essere altresì utilizzato per definire i livelli di sanzioni e di compensazione, ma anche per stabilire cosa dovrebbe essere considerato «economicamente sostenibile» nel contesto di determinazione delle BAT. L’applicazione di tale metodo per l’internalizzazione sistematica dei costi esterni consentirebbe inoltre la produzione di risorse aggiuntive che potrebbero essere riassegnate a sostegno dell’adozione di tecniche emergenti rivoluzionarie.

In relazione agli scarichi delle acque reflue

4.1.7

I requisiti da applicare per ottenere l’equivalenza dei livelli di protezione in caso di scarico indiretto delle acque reflue sono stati resi più rigorosi (articolo 15, paragrafo 1). La maggior parte dei portatori di interessi, ossia la società civile e il settore dell’approvvigionamento idrico, è sostanzialmente favorevole alle modifiche apportate alla nuova proposta, poiché aggiungono condizionalità in merito alle condizioni in base alle quali può essere effettuato lo scarico indiretto. È positivo che venga evidenziata l’equivalenza del carico di inquinamento e che essa sia prevista facendo salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 18 (conformità con la norma di qualità ambientale). Si potrebbe impiegare una formulazione più incisiva in merito al divieto di diluizione, ed è opportuno definire un approccio basato sulla «tolleranza zero» per un elenco di sostanze inquinanti recalcitranti, in linea con l’obbligo di non deterioramento che si applica nel contesto della protezione dell’acqua.

4.1.8

La disposizione potrebbe apportare un maggiore valore aggiunto se un valore target di bioeliminabilità e/o biodegradabilità da raggiungere venisse definito a un dato punto di emissione.

Limitare la flessibilità attraverso un aggiornamento della rete di sicurezza europea

4.1.9

Prevedere che solo i grandi impianti di combustione alimentati a lignite non superino il rigoroso intervallo dei BAT-AEL avrebbe potuto evitare un onere dovuto al costo annuale dei danni alla salute pari almeno a 42,2 miliardi di EUR. Tenendo conto che gli obblighi minimi vincolanti di cui all’allegato V si basano sui dati delle emissioni del periodo 2000-2001, il CESE ritiene che i valori limite di emissione indicati in tale allegato, nonché le disposizioni sul regime di conformità, debbano essere modificati per allinearli ai rigorosi livelli sia di efficienza energetica che di emissione associati alle BAT di cui al documento di riferimento riveduto sulle BAT 3 (BREF3) per gli LCP a carbone e/o lignite del 2017. La proposta è carente di giustificazioni in merito al motivo per cui la rete di sicurezza europea obsoleta non è stata riesaminata.

Altre carenze che incidono negativamente sull’efficacia degli obiettivi della direttiva IED

4.1.10

Misure più chiare (ad esempio funzionamento ridotto) con un obbligo basato sui risultati dovrebbero essere specificate nel testo giuridico dell’articolo 18 sulle norme di qualità ambientale, al fine di garantire che l’autorità competente sia tenuta ad adottare misure preventive (ad esempio un «margine di sicurezza» per la conformità con le norme di qualità ambientale); sarebbe auspicabile un collegamento diretto nell’articolo 21, paragrafo 5, ai programmi nazionali di controllo dell’inquinamento dell’aria (NAPCP), ai piani nazionali per l’energia e il clima (NECP), nonché alle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulla qualità dell’aria (7), e l’articolo 3, paragrafo 6, dovrebbe essere modificato di conseguenza.

Rafforzamento delle informazioni sulle prestazioni in un contesto di pari opportunità e promozione della conformità

4.1.11

La proposta ha perso l’opportunità di prevedere un uso più efficiente delle informazioni sulle prestazioni già fornite nel quadro della relazione annuale sulla conformità (articolo 14, paragrafo 1, della direttiva IED); un formulario di inserimento armonizzato per attenersi all’obbligo di comunicazione che consenta di estrarre automaticamente tali informazioni nell’ambito del portale dell’AEA migliorerebbe in modo considerevole l’accesso alle informazioni principali sulle prestazioni.

4.1.12

Il CESE ritiene che dovrebbero essere già stabilite disposizioni sulla promozione della conformità, ad esempio riguardo alle frequenze minime di calibrazione per i dispositivi di monitoraggio e ai livelli di incertezza di misura da non superare, in linea con le apparecchiature di misurazione all’avanguardia.

Rafforzamento dei diritti della convenzione di Aarhus

4.1.13

Sono stati apportati miglioramenti riguardanti alcuni aspetti connessi alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia, anche per effetto di un caso esaminato dal Comitato di controllo della convenzione di Aarhus (8). Le nuove garanzie di cui all’articolo 25 si riferiscono ai mezzi di ricorso effettivi e all’accesso agli organi giurisdizionali, e vanno accolte favorevolmente. Tuttavia, il CESE ritiene che le disposizioni dell’articolo 25 dovrebbero essere modificate al fine di includervi tutti gli atti o le omissioni di cui alla direttiva IED e non solo quelli soggetti alle disposizioni dell’articolo 24. Inoltre, dovrebbe essere effettuata un’indagine accurata e sistematica per verificare se, e in quale misura, le richieste di informazioni commerciali riservate siano in linea con il pertinente quadro della convenzione di Aarhus.

4.2   Elemento 2: «sostegno all’innovazione»

4.2.1

Il CESE ritiene che la proposta non preveda strumenti e incentivi chiari per stimolare un’«innovazione» significativa. In primo luogo, non è chiaro cosa intenda raggiungere tale innovazione, a causa dell’assenza di indicatori chiave di prestazione (ICP) e della mancanza di obiettivi orientati ai risultati. Sono previste talune disposizioni che orienterebbero l’adozione di «tecniche emergenti». Tuttavia, i criteri per valutare cosa sia una tecnica emergente sono basati unicamente sui livelli di maturità tecnologica (TRL).

4.2.2

Il CESE sottolinea che una scadenza fissata al 2050 per la realizzazione della «trasformazione» è in contrasto con gli obiettivi dell’Unione relativi alla riduzione delle emissioni e dell’inquinamento, e risulta essere in contraddizione con le limitazioni poste dai limiti del pianeta. I traguardi e gli ICP dovrebbero ora essere definiti in un processo su base scientifica e dovrebbero coinvolgere espressamente le ONG e altri portatori di interessi.

4.2.3

A questi ultimi dovrebbe essere attribuito un ruolo formale nell’elaborazione dei piani di trasformazione e nello scambio di informazioni sui BREF dell’UE. L’elenco delle parti interessate menzionate nella disposizione del Centro di innovazione per la trasformazione industriale e le emissioni (INCITE), che comprende l’AEA, è più appropriato. È opportuno incoraggiare una partecipazione più equilibrata dei vari gruppi di interesse e l’inclusione del mondo accademico e di altre ONG impegnate nella protezione della salute.

4.2.4

Il CESE ritiene che dovrebbero essere elaborati ICP con chiari obiettivi di azione con scadenze precise, che potrebbero essere aggiunti, ad esempio, all’allegato III della direttiva IED, il quale si riferisce ai criteri per la determinazione delle BAT. Tali ICP potrebbero essere utilizzati per guidare i riesami dei BREF, nonché il processo relativo ai piani di trasformazione. Tali riesami dovrebbero aver luogo nel quadro di un processo ben concepito e tempestivo, con la definizione di traguardi che possano essere pianificati in anticipo, al fine di fornire segnali precoci e un sostegno a una corretta pianificazione.

4.2.5

Il CESE propone di definire princìpi minimi, che garantiscano che la prevenzione dell’inquinamento venga favorita rispetto alla riduzione, nonché di prevedere un controllo della compatibilità per verificare se le tecniche (emergenti) individuate siano compatibili con l’attuazione dell’acquis e il conseguimento degli obiettivi stabiliti di «inquinamento zero».

4.3   Elemento 3: risorse e sostanze chimiche

4.3.1

L’articolo 15, paragrafo 3, lettera a), che prevede che i valori limite di prestazione ambientale rientrino negli intervalli dei livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) e dei livelli di prestazione ambientale associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEPL), non è sufficientemente coerente con il requisito in base al quale i gestori devono applicare le BAT; tali valori dovrebbero corrispondere al rigoroso livello degli intervalli dei BAT-EPL che si riferiscono alle norme per i «nuovi impianti», ove viene operata una differenziazione nelle rispettive conclusioni sulle BAT. Il CESE plaude all’attribuzione alle BAT di un ruolo più incisivo in relazione all’uso delle risorse, in quanto le BAT, oltre a offrire benefici per la salute umana e l’ambiente, forniscono una giustificazione economica agli operatori.

4.3.2

Le associazioni dei rappresentanti dei lavoratori e le ONG evidenziano altresì i benefici della sostituzione di sostanze nocive e pericolose e della prevenzione, il che si traduce in ultima analisi in un numero minore di malattie professionali come il cancro (che costituisce la prima causa di morte connessa al lavoro). Il CESE evidenzia che un’integrazione diretta nel portale dell’AEA consentirebbe un migliore accesso e una interpretazione più efficace delle informazioni sulle prestazioni.

4.4   Elemento 4: sostegno per la decarbonizzazione

4.4.1

La proposta risulta carente per quanto concerne l’intento di rendere la direttiva IED idonea per la protezione del clima. Il CESE reputa che la protezione del clima sia importante. Il CESE sostiene fermamente un approccio combinato e una coerenza politica che producano benefici collaterali.

4.4.2

La società civile ha proposto di inserire le seguenti disposizioni nel testo della direttiva IED: la «neutralità climatica» dovrebbe essere aggiunta come criterio supplementare in relazione alle BAT; l’articolo 9, paragrafo 1, dovrebbe essere soppresso; le misure per la decarbonizzazione sono stabilite anche nel quadro dei piani di trasformazione, ad esempio 1100gCO2eq/kWh a decorrere dal 1o gennaio 2035, e 0gCO2eq/kWh al più tardi entro il 2040. Elettrificazione obbligatoria e obblighi di cambiare combustibile.

4.4.3

L’industria è portatrice di una visione diversa e adotterebbe invece un approccio differenziato per singolo caso, in attesa dei possibili effetti prodotti dal rafforzamento della direttiva dell’UE sullo scambio delle quote di emissione. Il settore industriale è favorevole alla proposta della Commissione europea di posticipare il riesame a metà del 2028. La principale argomentazione risiede nel fatto che il sistema ETS dell’UE conferisce ai gestori una maggiore flessibilità per decidere autonomamente circa le misure la cui attuazione è più efficiente sotto il profilo dei costi.

4.5   Ridefinizione dell’impianto concettuale / ampliamento dell’ambito di applicazione (punti settoriali)

Attività di allevamento intensivo di bestiame (inclusione dei bovini, soglie rivedute per pollame e suini)

4.5.1

La Commissione europea ha proposto alcune modifiche riguardo all’allevamento di bestiame su scala industriale sulla base delle unità di bestiame adulto (UBA) (9). La Commissione europea prevede vantaggi associati in termini di salute pari a 5,5 miliardi di EUR all’anno, con una stima dei costi per la conformità pari a circa 265 milioni di EUR.

4.5.2

Le principali modifiche si riferiscono al regime di autorizzazione, in quanto nel capo VI bis viene proposto un regime di autorizzazione agevolato. Per il CESE non è chiaro in che modo la riduzione dell’inquinamento sarà conseguita unicamente attraverso l’ampliamento dell’ambito di applicazione. Le misure da attuare attraverso le «norme operative» (articolo 70 decies) non sono ancora definite e sarebbero soggette a un atto delegato della Commissione europea, con scadenze per la conformità entro il 2030.

4.5.3

Le principali preoccupazioni della società civile si riferiscono alla possibilità degli Stati membri di usufruire di un sistema di registrazione che è in contrasto con l’esistenza di requisiti definiti nell’ambito delle procedure di autorizzazione su base individuale (ad esempio lo stato dell’ambiente ricettore, in particolare per i nitrati e lo spandimento degli effluenti). Ciò rappresenterebbe un passo indietro per le attività di allevamento (di suini e pollame) disciplinate al punto 6.6. Manca un collegamento diretto alla necessità di conformarsi alle norme di qualità ambientale e alla capacità di deflusso del terreno. È altresì opportuno contemplare l’inquinamento derivante dall’acquacoltura. Infine, vengono impiegate formulazioni vaghe nell’articolo 70 septies in merito all’importanza delle questioni.

4.5.4

La posizione delle organizzazioni rappresentative interessate è la seguente: l’inclusione dell’allevamento di bovini pare essere prematura; i valori di emissione relativi allo spandimento degli effluenti di allevamento non possono essere misurati correttamente, ma vengono piuttosto stimati in base al tipo di apporto nutrizionale; anche le stime mostrano uno spandimento di oltre +/- 100 % intorno alla media; tale dato risulta ancora più incerto nell’ambito dell’allevamento a pascolo, ove le emissioni sono disperse; nessuno studio analitico del JRC è disponibile, neppure in fase di elaborazione; vi è una carenza di conoscenza e capacità da parte dei responsabili riguardo alla raccolta, fornitura e comunicazione di tale tipo di dati.

4.5.5

L’obiettivo della direttiva IED è quello di raggiungere un livello complessivamente elevato di protezione dell’ambiente negli impianti su larga scala. La proposta della Commissione comporta che le aziende agricole siano coperte dalle disposizioni della direttiva IED già a partire da una popolazione animale di 150 unità di bestiame adulto (come «valore soglia»), a prescindere dalla tecnologia di allevamento utilizzata. In pratica, ciò significa che molte aziende agricole a conduzione familiare rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva e dovrebbero pertanto essere soggette allo stesso regime di altri grandi impianti industriali (come ad esempio quelli destinati alla produzione di cemento o acciaio). Al fine di garantire che la direttiva sia attuata in modo proporzionato ed efficace sotto il profilo dei costi, il CESE raccomanda vivamente di innalzare il valore soglia per le aziende zootecniche sulla base di una nuova, adeguata valutazione d’impatto delle tecnologie di allevamento.

4.5.6

Il CESE ritiene che sia opportuno effettuare precisazioni riguardo al contenuto delle norme operative (articolo 70 decies), in particolare in relazione alle norme che sarebbero maggiormente efficaci nel conseguimento degli obiettivi dichiarati di prevenzione dell’inquinamento, pur essendo proporzionate per gli operatori. Viene operata una differenziazione tra il caso in cui gli animali sono tenuti solo stagionalmente al chiuso e il caso in cui ciò non avviene, e si indica quali misure dovrebbero essere adottate per la gestione degli effluenti. Il CESE raccomanda di fornire ulteriori incentivi agli allevamenti che dimostrano di adottare buone pratiche ambientali, in particolare l’allevamento biologico e altre pratiche di allevamento che rispettano il benessere degli animali, e sono strutture di allevamento all’aperto, preferibilmente per razze adattate a livello locale, razze locali e razze rare. Il nuovo quadro dovrebbe promuovere pratiche sostenibili e non dovrebbe incentivare un’ottimizzazione di metodi di allevamento intensivi, ad esempio attraverso maggiori misure di controllo dell’inquinamento atmosferico di fine ciclo («end of pipe»). Il documento relativo a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) del 2018 e riguardante il documento di riferimento settoriale sulle migliori pratiche di gestione ambientale per il settore agricolo (10) fornisce validi esempi di eccellenza che potrebbero fungere da utile base per definire tali norme.

4.5.7

L’acquacoltura costituisce un ecosistema complesso che, oltre a generare emissioni, offre benefici sinergici per l’ambiente: il microclima, il controllo della temperatura, la qualità dell’aria, la water-household, la cattura del carbonio, la biodiversità ecc., ragion per cui le emissioni di tale attività non possono essere valutate in modo isolato. Non esiste uno studio analitico dettagliato del JRC, nemmeno nell’elenco dei BREF. È necessaria una definizione molto precisa delle versioni delle BAT a causa dell’elevato numero di tecnologie esistenti, alcune delle quali sono a impatto climatico netto zero.

Attività di estrazione mineraria

4.5.8

La Commissione europea propone di includere nel relativo ambito di applicazione alcuni tipi di attività di estrazione metallica e mineraria. Il CESE appoggia tale inclusione perché può avere un impatto significativo sull’ambiente, incentiva un’esplorazione rispettosa dell’ambiente delle risorse da estrarre nella maniera più efficiente e migliorerebbe pertanto l’accettazione da parte del pubblico. Si prevede un forte aumento della domanda di minerali essenziali nell’UE, il che implica una pressione aggiuntiva per le nuove attività minerarie. Per la maggior parte dei casi, tali attività sono già disciplinate a livello nazionale, e un approccio dell’Unione sosterrebbe la parità di condizioni.

Inclusione della produzione di batterie da gigawatt ora

4.5.9

La proposta avanzata dalla Commissione europea inserisce nell’ambito di applicazione della direttiva anche la fabbricazione di batterie agli ioni di litio e l’assemblaggio di celle e/o pacchi batterie con una capacità di produzione superiore a 3,5 GWh all’anno. Il CESE sostiene la suddetta inclusione per via delle risultanze emergenti in relazione all’elevato impatto potenziale che tali attività possono produrre, in particolare riguardo al consumo dell’acqua e all’uso di metalli pericolosi. A causa dell’elettrificazione dei trasporti e di altre applicazioni, si tratta di un settore in forte crescita. Rimane tuttavia da chiarire il motivo per cui la proposta iniziale di una soglia di capacità di 2,5 Gwh sia stata abbassata all’ultimo minuto.

Collocamento in discarica

4.5.10

La Commissione europea propone di rafforzare i requisiti che si applicano alle discariche; non si tratta, pertanto, di un ampliamento dell’ambito di applicazione. Prevedere le BAT in relazione alle operazioni di collocamento in discarica migliorerebbe l’impatto ambientale e climatico prodotto dalle discariche, in particolare riguardo alla prevenzione e/o cattura di emissioni di metano. La direttiva relativa alle discariche (11) risale al 1999; contrariamente a quanto stabilisce tale direttiva, non vi sono standard per le BAT relative alle discariche. Inoltre, si specifica espressamente che il trattamento biologico riguarda le attività di trattamento anaerobico (punto 5.3). Entrambe le precisazioni summenzionate sono sostenute dal CESE.

5.   Osservazioni generali (riesame del regolamento E-PRTR)

5.1

I registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (PRTR) devono soddisfare almeno tre obiettivi interconnessi, come specificato nell’articolo 1 del protocollo di Kiev sui registri delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (cfr. punto 1.19).

5.2

Il CESE ritiene che portali di dati integrati moderni e facili da usare siano determinanti per garantire progressi nel monitorare la prevenzione dell’inquinamento e la responsabilità pubblica. Se, da un lato, il CESE accoglie con favore alcune nuove disposizioni quali la comunicazione sistematica dei materiali in entrata (consumo, materiali, impatto della catena di approvvigionamento), la contestualizzazione delle informazioni, la comunicazione delle emissioni diffuse, la massima facilità di impiego e l’integrazione dei vari flussi di comunicazione, dall’altro esprime serie preoccupazioni riguardo a requisiti più specifici, ad esempio riguardo ai modi di rendere possibili una valutazione comparativa e la promozione della conformità.

6.   Osservazioni particolari (riesame del regolamento E-PRTR)

6.1

Il CESE non è convinto del fatto che posticipare l’elaborazione dell’elenco delle sostanze inquinanti che destano preoccupazioni individuate sia il modo adatto di procedere.

6.2

Il CESE reputa che vi sia un interesse legittimo da parte dei cittadini a ricevere informazioni utili circa l’impronta ambientale dei prodotti.

6.3

La Commissione europea dichiara l’obiettivo di catturare almeno il 90 % delle emissioni di ogni sostanza inquinante nell’aria, nell’acqua e nel suolo, con soglie pari a zero per le sostanze che comportano un pericolo particolarmente elevato per l’ambiente o la salute umana; e tale obiettivo va accolto con favore.

6.4

Il mantenimento di soglie per la comunicazione farà lievitare il carico di lavoro amministrativo delle autorità competenti; laddove esistono dati di monitoraggio, questi dovrebbero essere utilizzati e pertanto comunicati. Alla luce di quanto osservato sopra, il CESE non concorda sulle soglie di comunicazione.

6.5

Il CESE ritiene che l’efficacia e l’efficienza della comunicazione possa essere migliorata. Gli operatori dovrebbero essere in grado di comunicare direttamente dati di monitoraggio al portale dell’AEA, dati che, nella maggior parte dei casi, si basano su sistemi di monitoraggio continuo delle emissioni (CEM). In molti paesi dell’UE, ma anche in Cina e negli Stati Uniti, i dati grezzi dei CEM sono resi direttamente disponibili al pubblico in tempo reale (o comunque entro un mese) tramite trasferimento a una banca dati centralizzata. Tale funzionalità non è ancora offerta dall’AEA. Il CESE ritiene che rendere possibile una telecomunicazione diretta all’AEA da parte degli operatori ridurrebbe in parte gli oneri amministrativi e quelli legati alla valutazione della conformità che gravano sulle autorità competenti, consentendo nel contempo un accesso alle informazioni più efficiente in termini di tempi per diversi utenti finali. L’autorità competente manterrebbe le responsabilità di convalida e di esecuzione attraverso diritti di acceso speciali; i dati inseriti potrebbero essere contrassegnati indicandone lo stato (in attesa di convalida oppure già convalidato).

Bruxelles, 14 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).

(2)  Regolamento (CE) n. 166/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativo all’istituzione di un registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti e che modifica le direttive 91/689/CEE e 96/61/CE del Consiglio (GU L 33 del 4.2.2006, pag. 1).

(3)  https://unece.org/environment-policy/public-participation/prtrs-protocol-text.

(4)  https://industry.eea.europa.eu/.

(5)  https://eeb.org/library/ngo-preliminary-assessment-of-the-european-commissions-proposal-for-revised-ied-and-e-prtr.

(6)  https://www.eionet.europa.eu/etcs/etc-atni/products/etc-atni-reports/etc-atni-report-04-2020-costs-of-air-pollution-from-european-industrial-facilities-200820132017.

(7)  https://www.who.int/news-room/feature-stories/detail/what-are-the-who-air-quality-guidelines.

(8)  ACCC/C/2014/121 EU: https://unece.org/acccc2014121-european-union.

(9)  I fattori riguardanti le UBA si basano sulle indicazioni fornite nell’allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 808/2014 della Commissione.

(10)  Decisione (UE) 2018/813 della Commissione, del 14 maggio 2018, relativa al documento di riferimento settoriale sulle migliori pratiche di gestione ambientale, sugli indicatori di prestazione ambientale settoriale e sugli esempi di eccellenza per il settore dell’agricoltura a norma del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) (GU L 145 dell’8.6.2018, pag. 1) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32018D0813.

(11)  Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182 del 16.7.1999, pag. 1) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A31999L0031.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/140


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Sicurezza dell'approvvigionamento e prezzi dell'energia accessibili: opzioni per misure immediate e in vista del prossimo inverno»

[COM(2022) 138 final]

(2022/C 443/20)

Relatrice:

Alena MASTANTUONO

Consultazione

Commissione europea, 2.5.2022

Base giuridica

Art. 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sezione

21.6.2022

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

188/3/13

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

La comunicazione in esame deve essere considerata nel contesto generale del piano REPowerEU, il cui obiettivo principale consiste nel rendere l'UE indipendente dai combustibili fossili di provenienza russa. La situazione è grave e richiede non solo una risposta del tutto nuova, ma anche la massima solidarietà e fiducia tra gli Stati membri dell'UE. L'Europa ha bisogno di un piano efficiente che preveda diversi scenari di penuria energetica e delinei i modi di affrontare situazioni di questo tipo con un'azione congiunta degli Stati membri dell'UE e di utilizzare nella maniera più efficiente, nonché sviluppare ulteriormente, le infrastrutture energetiche. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) incoraggia azioni congiunte da parte degli Stati membri per soddisfare il fabbisogno di infrastrutture adeguate e la necessità che queste siano utilizzate in modo efficiente.

1.2.

Una minore dipendenza dal gas russo significa una maggiore autonomia e richiede un maggiore ricorso alle risorse disponibili nell'UE, anche attraverso una rapida diffusione dell'uso di fonti di energia rinnovabili. L'UE dovrebbe dunque sfruttare al massimo le risorse disponibili e le proprie capacità già esistenti per affrontare eventuali carenze nell'approvvigionamento energetico. Tuttavia, le fonti interne non saranno sufficienti o prontamente disponibili, cosicché è necessario che l'UE instauri nuovi partenariati con paesi affidabili. A questo proposito il CESE sottolinea che, al momento di istituire partenariati nel settore dell'energia con paesi terzi, occorre tenere attentamente presente quali potrebbero essere le conseguenze della dipendenza da paesi che non condividono i valori dell'UE o che potrebbero essere qualificati come regimi ostili.

1.3.

La causa profonda del livello elevato dei prezzi attuali dell'energia elettrica («caro energia») va ricercata nel mercato del gas, che sta spingendo tali prezzi al rialzo. L'unica soluzione ideale a questo problema consisterebbe nell'aumentare la produzione e l'utilizzo di fonti energetiche non fossili in misura tale da soddisfare la domanda di energia elettrica.

1.4.

Anche se la comunicazione si concentra sulle misure di breve termine volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e prezzi accessibili, tali misure vanno però considerate nel quadro di obiettivi a più lungo termine. Il CESE ritiene di vitale importanza che siano perseguiti coerentemente e costantemente tutti gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile, ossia la sicurezza dell'approvvigionamento, l'accessibilità dei costi e dei prezzi e la sostenibilità ambientale.

1.5.

Come misura di emergenza, il sostegno diretto ai consumatori costituisce senza dubbio l'opzione più realistica. L'aumento del gettito dell'IVA e delle imposte sull'energia può aiutare gli Stati membri a reperire i fondi necessari per finanziare tali misure. Qualsiasi misura di sostegno volta ad attenuare la crisi dovrebbe essere temporanea e mirata in funzione di chi più soffre per questa crisi, che si tratti di cittadini, PMI o industrie ad alta intensità energetica. Nella comunicazione, tuttavia, si tralascia di menzionare che anche i consumatori devono adoperarsi concretamente per ridurre il consumo di gas. Una compensazione che non comporti una diminuzione del consumo di gas non è infatti un'alternativa sostenibile.

1.6.

Per fronteggiare la situazione, negli Stati membri andrebbero introdotte solo misure mirate, di durata temporanea, che generino i minori effetti distorsivi possibili sul mercato dell'UE, oppure misure a livello di Unione europea che non compromettano gli sforzi di decarbonizzazione o l'approvvigionamento energetico. Nel complesso, gli interventi sul mercato comportano il rischio di effetti controproducenti per il raggiungimento degli obiettivi a più lungo termine, generando incertezze negli investimenti e disincentivando la decarbonizzazione nel settore dell'energia. Il CESE concorda con l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (ACER) nel ritenere che il mercato dell'energia elettrica abbia dimostrato di funzionare bene nel prevenire la riduzione o finanche l'interruzione dell'erogazione di energia elettrica in determinati territori.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Dopo la decisione del Cremlino di interrompere le forniture di gas ad alcuni paesi europei, i leader dell'UE hanno compreso la gravità della situazione, che richiede una risposta del tutto nuova e la massima solidarietà e fiducia tra gli Stati membri dell'Unione. L'Europa ha bisogno di un piano efficiente che preveda diversi scenari di penuria energetica e delinei i modi di affrontare situazioni di questo tipo con un'azione congiunta degli Stati membri dell'UE e di utilizzare nella maniera più efficiente le infrastrutture energetiche.

2.2.

La comunicazione in esame deve essere considerata nel contesto generale del piano REPowerEU, il cui obiettivo principale consiste nel rendere l'UE indipendente dai combustibili fossili di provenienza russa. A tale riguardo, il CESE rimanda ai suoi precedenti pareri (1) che contengono valutazioni e considerazioni sulle misure, sia a breve che a lungo termine, volte a rispondere alle sfide poste da tale problema.

2.3.

Anche se la comunicazione si concentra sulle misure di breve termine volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e prezzi accessibili, tali misure vanno però considerate nel quadro di obiettivi a più lungo termine. Il CESE ritiene di vitale importanza che siano perseguiti coerentemente e costantemente tutti gli obiettivi fondamentali di un sistema energetico sostenibile, ossia la sicurezza dell'approvvigionamento, l'accessibilità dei costi e dei prezzi e la sostenibilità ambientale. Occorre riconoscere che molte misure, in particolare quelle relative agli investimenti più importanti, richiedono tempi più lunghi per essere concretamente attuate, rendendo quindi eventualmente necessarie misure di compromesso a breve termine intese a superare la situazione di emergenza.

2.4.

In mancanza di un approccio onnicomprensivo, si corre il grande rischio di affrontare i sintomi acuti con misure inefficienti o — peggio — controproducenti ai fini del conseguimento degli obiettivi fondamentali. Garantire parità di accesso all'energia a prezzi abbordabili e la sicurezza dell'approvvigionamento energetico a costi ragionevoli, assicurando al contempo il perseguimento della neutralità climatica, deve costituire una priorità assoluta per l'Unione europea.

3.   Osservazioni specifiche — Sicurezza dell'approvvigionamento di gas a costi ragionevoli

3.1.

La comunicazione propone azioni europee collettive per affrontare la questione dell'approvvigionamento di gas. Tra le misure proposte figurano partenariati tra l'UE e paesi terzi, la facilitazione degli acquisti collettivi e una politica comune in materia di stoccaggio del gas.

3.2.

Una minore dipendenza dal gas russo significa una maggiore autonomia e richiede un maggiore ricorso alle risorse disponibili nell'UE, anche attraverso la diffusione dell'uso di fonti di energia rinnovabili. L'UE dovrebbe dunque sfruttare al massimo le risorse disponibili e le proprie capacità già esistenti per affrontare eventuali carenze nell'approvvigionamento energetico.

3.3.

Tuttavia, è palese che le fonti interne non saranno sufficienti o prontamente disponibili, cosicché è necessario che l'UE instauri nuovi partenariati con paesi terzi. A questo proposito il CESE sottolinea che, al momento di istituire partenariati nel settore dell'energia con paesi terzi, occorre tenere attentamente presente quali potrebbero essere le conseguenze della dipendenza da paesi che non condividono i valori dell'UE, oppure che potrebbero essere qualificati come regimi ostili.

3.4.

Analogamente, l'UE dovrebbe analizzare in modo approfondito i pro e i contro delle importazioni di idrogeno da paesi terzi e cercare anche soluzioni adeguate già disponibili al proprio interno.

3.5.

I terminali di gas naturale liquefatto (GNL), gli impianti di stoccaggio del gas e i gasdotti per approvvigionamenti diversificati svolgono un ruolo centrale per la sicurezza dell'approvvigionamento di gas. Per utilizzare le risorse disponibili nell'UE in modo sostenibile, l'Europa dovrà realizzare ingenti investimenti nelle infrastrutture e nell'RSI (ricerca, sviluppo e innovazione). Il CESE incoraggia azioni congiunte da parte degli Stati membri per soddisfare il fabbisogno di infrastrutture adeguate e la necessità che queste siano utilizzate in modo efficiente. Il CESE richiama l'attenzione sui progetti in corso, come il noleggio congiunto, da parte di Finlandia ed Estonia, di una nave rigassificatrice di GNL.

3.6.

Il CESE appoggia con decisione le nuove norme sullo stoccaggio del gas che sono state prontamente decise di comune accordo dai colegislatori europei. L'adeguato riempimento degli impianti di stoccaggio del gas contribuirà a garantire un inverno 2022/2023 sicuro offrendo protezione dalle impennate dei prezzi, scongiurando la precarietà energetica dei cittadini dell'UE e garantendo la competitività delle imprese europee.

3.7.

Come indicato nel proprio parere sulla politica dell'UE in materia di stoccaggio del gas (2), il CESE considera la cooperazione con i paesi terzi una misura complementare agli investimenti in nuove infrastrutture, che accresceranno la sicurezza energetica dell'Europa. Il CESE raccomanda al Consiglio e al Parlamento europeo di considerare la possibilità di utilizzare impianti di stoccaggio del gas situati in paesi vicini affidabili (tra cui l'Ucraina), in modo da contribuire a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento.

4.   Osservazioni specifiche — Far fronte al caro energia

4.1.

Il brusco rialzo dei prezzi dell'energia osservato al termine della pandemia — e ulteriormente alimentato dall'invasione russa dell'Ucraina — si ripercuote su ampie fasce di consumatori e concorre all'aumento della precarietà energetica in tutta Europa. Chi versava già prima in condizioni di precarietà energetica vede ora peggiorare la propria situazione, e i consumatori che in passato non avevano problemi a pagare le bollette delle utenze energetiche rischiano adesso di finire in povertà.

4.2.

Per far fronte al caro energia e agli effetti che ne derivano, la Commissione ha già adottato diverse iniziative, tra cui il pacchetto di misure d'intervento e di sostegno (3) e le opzioni presentate nella comunicazione sul piano REPowerEU per aiutare i cittadini più vulnerabili nonché aiutare le imprese più colpite (come le industrie ad alta intensità energetica) a ridurre i costi di produzione e a intensificare gli sforzi di decarbonizzazione. Il CESE accoglie con favore tali iniziative e ritiene essenziale che anche le PMI possano beneficiare delle misure di sostegno.

4.3.

Il CESE esprime apprezzamento per l'analisi, contenuta nella comunicazione in esame, dei vantaggi e degli svantaggi connessi alle diverse opzioni sul tavolo per far fronte al caro energia e agli effetti che ne derivano per i cittadini e le imprese. Le opzioni si riferiscono a due tipi di misure: sostegno finanziario per attenuare gli effetti del caro energia e misure di intervento sul mercato per influire sulla formazione dei prezzi.

4.4.

Come misura di emergenza, il sostegno diretto ai consumatori costituisce senza dubbio l'opzione più realistica. L'aumento del gettito dell'IVA e delle imposte sull'energia può aiutare gli Stati membri a reperire i fondi necessari per finanziare tali misure. Qualsiasi misura di sostegno volta ad attenuare la crisi dovrebbe essere temporanea e mirata in funzione di chi più soffre per questa crisi, che si tratti di cittadini, PMI o industrie ad alta intensità energetica. Nella comunicazione, tuttavia, si tralascia di menzionare che anche i consumatori devono adoperarsi concretamente per ridurre il consumo di gas. Una compensazione che non comporti una diminuzione del consumo di gas non è infatti un'alternativa sostenibile.

4.5.

Come giustamente affermato nella comunicazione, non esiste una soluzione ideale: qualsiasi intervento sul mercato dell'energia avrà anche una qualche conseguenza negativa. In molti casi può trattarsi di distorsioni del mercato, costi fiscali, interruzioni dell'approvvigionamento, oppure di impatti negativi sugli investimenti o sul comportamento dei consumatori. In sintesi, ne possono risentire gli sforzi per la decarbonizzazione oppure potrebbe venir compromessa la sicurezza dell'approvvigionamento.

4.6.

Il quadro delineato dalla Commissione rispecchia pertanto la complessità della situazione che si profila per l'Europa, chiamata ad affrontare una triplice sfida: la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, l'accessibilità dei prezzi e la lotta contro i cambiamenti climatici. Questa situazione evidenzia ancora una volta la necessità di un approccio globale a tutte le politiche e misure, al fine di garantire che siano coerenti e che concorrano a realizzare l'obiettivo della sostenibilità generale del sistema energetico.

4.7.

Come illustrato nel documento, non esiste una soluzione universale valida per qualsiasi situazione, e ciò lascia agli Stati membri il margine di manovra per trovare la soluzione più adatta alla loro specifica realtà. Tuttavia, nel caso del mercato dell'energia dell'UE, un intervento in un dato Stato membro potrebbe avere conseguenze sul resto del mercato. Pertanto, per fronteggiare la situazione, negli Stati membri andrebbero introdotte solo misure mirate, di durata temporanea, che generino i minori effetti distorsivi possibili sul mercato dell'UE, oppure misure a livello di Unione europea che non compromettano gli sforzi di decarbonizzazione o l'approvvigionamento energetico.

4.8.

In linea con la recente relazione dell'ACER (4), il CESE condivide la conclusione secondo cui il mercato dell'energia elettrica ha dimostrato di funzionare bene nel prevenire la riduzione o finanche l'interruzione dell'erogazione di energia elettrica in determinati territori. Secondo la valutazione data dall'ACER, è opportuno mantenere l'attuale assetto del mercato. Inoltre, è probabile che alcuni miglioramenti a più lungo termine si rivelino fondamentali per consentire al quadro non solo di rispettare l'ambiziosa traiettoria dell'UE per la decarbonizzazione lungo i prossimi 10-15 anni, ma anche di riuscire a farlo a costi minori, garantendo nel contempo la sicurezza dell'approvvigionamento. Il CESE sottolinea che qualsiasi cambiamento nell'assetto del mercato deve basarsi su un'attenta analisi delle relative conseguenze sul piano economico, sociale e ambientale.

4.9.

Il CESE concorda con l'osservazione della Commissione secondo cui la causa profonda dell'attuale caro energia va ricercata nel mercato del gas, che sta spingendo al rialzo i prezzi dell'energia elettrica tramite il meccanismo del prezzo marginale. La soluzione ideale a questo problema consisterebbe nell'aumentare la produzione e l'utilizzo di fonti energetiche non fossili in misura tale da soddisfare la domanda di energia elettrica.

4.10.

Il CESE ritiene che l'introduzione di massimali tariffari o altri interventi sui mercati dell'energia all'ingrosso siano soluzioni problematiche, in quanto distorcerebbero i necessari segnali di prezzo e implicherebbero una complessa fissazione del «giusto» livello dei prezzi. Le misure fiscali, come le «imposte sui proventi straordinari», non fanno diminuire i prezzi ma sono piuttosto considerate una fonte di gettito. Nel complesso, gli interventi sul mercato comportano il rischio di effetti controproducenti per il raggiungimento degli obiettivi a più lungo termine, generando incertezze negli investimenti e disincentivando la decarbonizzazione nel settore dell'energia.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 323 del 26.8.2022, pag. 123 e GU C 323 del 26.8.2022, pag. 129.

(2)  GU C 323 del 26.8.2022, pag. 129.

(3)  COM(2021) 660 final.

(4)  Valutazione finale dell'ACER sull'assetto del mercato all'ingrosso dell'energia elettrica nell'UE.


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/144


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure specifiche e temporanee in considerazione dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia relative ai documenti dei conducenti rilasciati dall'Ucraina conformemente alla propria legislazione

[COM (2022) 313 final — 2022/0204 (COD)]

(2022/C 443/21)

Consultazione

Consiglio, 28.6.2022

Parlamento europeo, 4.7.2022

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Sezione Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

195/4/3

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


22.11.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 443/145


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica

[COM(2022) 222 final]

(2022/C 443/22)

Consultazione

Parlamento europeo, 6.6.2022

Consiglio dell'Unione europea, 15.6.2022

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture e società dell'informazione

Adozione in sessione plenaria

13.7.2022

Sessione plenaria n.

571

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

201/2/1

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto.

Bruxelles, 13 luglio 2022

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG