ISSN 1977-0944 |
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Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152 |
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Edizione in lingua italiana |
Comunicazioni e informazioni |
65° anno |
Sommario |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri |
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PARERI |
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Comitato economico e sociale europeo |
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565a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (Interactio), 8.12.2021 - 9.12.2021 |
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2022/C 152/01 |
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2022/C 152/02 |
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2022/C 152/03 |
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2022/C 152/04 |
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2022/C 152/05 |
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2022/C 152/06 |
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2022/C 152/07 |
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2022/C 152/08 |
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2022/C 152/09 |
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2022/C 152/10 |
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III Atti preparatori |
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Comitato economico e sociale europeo |
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565a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (Interactio), 8.12.2021 - 9.12.2021 |
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2022/C 152/11 |
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2022/C 152/12 |
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2022/C 152/13 |
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2022/C 152/14 |
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2022/C 152/15 |
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2022/C 152/16 |
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2022/C 152/17 |
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2022/C 152/18 |
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2022/C 152/19 |
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2022/C 152/20 |
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2022/C 152/21 |
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2022/C 152/22 |
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2022/C 152/23 |
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2022/C 152/24 |
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2022/C 152/25 |
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2022/C 152/26 |
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2022/C 152/27 |
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2022/C 152/28 |
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2022/C 152/29 |
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2022/C 152/30 |
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2022/C 152/31 |
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2022/C 152/32 |
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2022/C 152/33 |
IT |
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I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri
PARERI
Comitato economico e sociale europeo
565a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (Interactio), 8.12.2021 - 9.12.2021
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Opportunità di trasformazione digitale per le imprese di vendita al dettaglio e vantaggi per i consumatori europei»
(parere d'iniziativa)
(2022/C 152/01)
Relatore: |
Felipe MEDINA MARTÍN |
Decisione dell'Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
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Parere d'iniziativa |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
18.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
190/1/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1 |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il fatto che il settore del commercio al dettaglio sia considerato un ecosistema strategico per la ripresa dell'Europa nella revisione della strategia industriale europea recentemente presentata dalla Commissione europea. Il CESE ritiene che l'approccio ecosistemico fornisca un quadro adeguato, che riflette da un lato le complesse interconnessioni tra i settori e le imprese nel mercato unico in determinate catene del valore e, dall'altro, la necessità di dare loro sostegno nell'aderire con successo alle transizioni digitale e verso la sostenibilità, nonché nel contribuire alla strategia per la ripresa. Il CESE rileva l'importanza, l'eterogeneità e la portata delle iniziative adottate dalle imprese di vendita al dettaglio per sostenere la duplice transizione verde e digitale investendo in nuove tecnologie per rispondere alle nuove richieste dei consumatori, come pure alle loro esigenze. |
1.2 |
Il settore del commercio al dettaglio europeo, in quanto maggiore datore di lavoro nel settore privato in Europa, è in mezzo al guado di un processo di trasformazione digitale che è stato drasticamente accelerato dalla pandemia di COVID-19. La trasformazione digitale sta cambiando profondamente i modelli commerciali della vendita al dettaglio, ma anche l'interazione con i clienti, e le aziende di maggior successo stanno integrando in modo fluido ambiente online e ambiente offline in un sistema «omnicanale». Il CESE ha osservato che due terzi dei dettaglianti non offrivano operazioni online prima della crisi della COVID-19, e che la pandemia ha dimostrato quanto sia importante una strategia omnicanale per la sopravvivenza di molte aziende, in particolare — ma non solo — delle PMI. |
1.3 |
Il CESE sottolinea che una delle principali sfide che il settore del commercio al dettaglio deve affrontare è la mancanza di condizioni di parità online con i commercianti di paesi terzi; ciò crea concorrenza sleale per i commercianti con sede nell'UE che rispettano le norme europee, le quali richiedono che i prodotti venduti ai consumatori siano sicuri e che i diritti dei consumatori siano rispettati. |
1.4 |
Il CESE concorda sulla necessità di una politica digitale solida e ambiziosa per il settore del commercio al dettaglio in Europa, onde sfruttare le opportunità offerte dall'innovazione digitale per rafforzare la competitività dell'Europa. Accogliere la transizione verde offre al settore del commercio al dettaglio l'opportunità di aiutare al contempo i consumatori a compiere scelte di consumo più sostenibili. Il CESE sottolinea che un vero mercato unico e una legislazione transfrontaliera efficiente ed efficace consentiranno ai settori del commercio al dettaglio e all'ingrosso di rispondere alle richieste dei consumatori e di competere in un ambiente più digitale, competitivo a livello globale. |
1.5 |
Il CESE sostiene la dichiarazione congiunta contenuta nel «Patto europeo per il commercio» in Europa pubblicata dalle parti sociali nei settori del commercio al dettaglio e all'ingrosso affinché l'UE aiuti il settore a migliorare la sua resilienza a lungo termine introducendo misure di sostegno mirate e accelerando le transizioni verde e digitale, e riconosce il ruolo svolto dai negozi di vendita al dettaglio nel mantenere vivi i piccoli centri urbani e le comunità rurali. Il CESE invita la Commissione a riflettere sui modi per mettere a punto una strategia industriale e di ripresa integrata, basata sui piani per la ripresa, che rifletta il ruolo di reciproco rafforzamento dei servizi e dell'industria manifatturiera nel favorire la crescita e il funzionamento efficiente dell'economia dell'UE e nel sostenere il processo di digitalizzazione del commercio al dettaglio, con una particolare attenzione al settore delle PMI. |
1.6 |
Il CESE esorta le istituzioni dell'UE e gli Stati membri a ridefinire le misure di sostegno all'occupazione e alle competenze e a investire nelle competenze dei futuri lavoratori del commercio al dettaglio attraverso una migliore formazione professionale e una migliore istruzione, un sostegno all'apprendimento individuale e al settore dell'economia sociale nonché conti individuali di apprendimento orientati alle nuove occupazioni, sostenendo le imprese in modo che possano mantenere gran parte della loro forza lavoro formandola all'uso delle tecnologie digitali; la riqualificazione professionale può consentire ad altri lavoratori di accedere a opportunità occupazionali in altri settori. Il CESE concorda sul fatto che l'intelligenza artificiale (IA) e la robotica estenderanno e amplificheranno gli effetti della digitalizzazione dell'economia sui mercati del lavoro e possono contribuire al progresso economico e sociale. |
2. Introduzione
2.1 |
Il settore del commercio al dettaglio, che comprende i negozi di vendita al dettaglio (B2C) e le imprese di vendita all'ingrosso (B2B), è il maggiore datore di lavoro nel settore privato in Europa: ne fanno parte un posto di lavoro su sette e un'impresa europea su quattro. I dettaglianti e i grossisti sono l'anello di congiunzione tra produttori, fabbricanti e i 450 milioni di consumatori dell'Unione europea (UE). |
2.2 |
Il commercio al dettaglio è un settore guidato dalla domanda dei consumatori. È un settore eterogeneo, composto da negozi tradizionali e online che vendono ai consumatori prodotti alimentari e non alimentari e che stanno rapidamente convergendo in un modello commerciale omnicanale per i consumatori. Il 99 % delle imprese di questo settore è costituito da PMI che cercano di farsi strada nel mercato unico, sopravvivendo in un mercato altamente competitivo, offrendo flessibilità per innovare e sperimentare e facendo ciò che sanno fare meglio: mettersi al servizio dei propri clienti. |
2.3 |
Il settore del commercio al dettaglio europeo è a metà del guado di una trasformazione digitale, accelerata drasticamente dalla pandemia di COVID-19. Numerosi consumatori si sono trovati a dover acquistare online prodotti non alimentari perché i negozi erano chiusi. I negozi di alimentari hanno spesso potuto rimanere aperti, ma sono stati soggetti a rigide restrizioni, il che ha generato costi elevati a causa della necessità di proteggere consumatori e dipendenti. Molti dettaglianti che in precedenza non avevano un negozio online hanno dovuto iniziare a offrire i propri prodotti online per poter raggiungere nuovamente i clienti durante il confinamento. Spesso i mercati online sono stati l'unico canale a disposizione delle PMI per poter avere in tempi brevi una presenza online, e si prevede che ciò aumenterà nel prossimo futuro. |
2.4 |
Allo stesso tempo, la transizione verde è un'opportunità per il commercio al dettaglio, in quanto consente al settore di ripensare i modelli d'impresa, di offrire prodotti alternativi e di dare alle persone sostegno e una spinta verso uno stile di vita più sostenibile. È un approccio che al tempo stesso risponde e conduce a un cambiamento socioculturale. Accanto alla crescente domanda di alternative più sostenibili da parte dei consumatori e delle autorità di regolamentazione, la transizione verde è un'opportunità per ripensare al modo in cui la società produce, fabbrica, vende, utilizza e smaltisce i prodotti. |
3. Trasformazione digitale
3.1 |
La trasformazione digitale sta cambiando profondamente i modelli commerciali di vendita al dettaglio: sta cambiando l'interazione con i clienti, il marketing, la catena di approvvigionamento stessa, le informazioni che fluiscono lungo la catena di approvvigionamento e molto altro. Il settore è tradizionalmente un rivenditore di prodotti, ma sta diventando sempre più un mix di servizi di supporto che ruotano intorno alla rivendita, un importante generatore ed elaboratore di dati e un utente significativo dell'IA. Ciò è essenziale per rispondere alla domanda dei consumatori e fornire offerte personalizzate più pertinenti. |
3.2 |
Mentre molti parlano ancora di canali di vendita online e offline, le aziende di maggior successo stanno integrando in modo fluido l'ambiente online e offline in un sistema omnicanale, offrendo così ai consumatori una sola e unica esperienza. Ciò contribuisce a una maggiore concorrenza tra i diversi modelli commerciali e porta a un aumento della scelta e della trasparenza per i consumatori, come pure dell'occupazione e della crescita. |
3.3 |
Una delle principali sfide che il settore del commercio al dettaglio sta affrontando è la mancanza di condizioni di parità nell'ambiente online con i commercianti di paesi terzi. Alcune di queste problematiche vengono già affrontate da un ventaglio di iniziative della Commissione europea. I media riferiscono regolarmente in merito a prodotti fabbricati al di fuori dell'Unione europea venduti online da commercianti di paesi terzi che non sono conformi alle norme dell'UE o sono addirittura non sicuri o pericolosi. Ciò crea concorrenza sleale per i commercianti con sede nell'UE che rispettano le norme dell'Unione, le quali richiedono che i prodotti venduti ai consumatori siano sicuri e che i diritti dei consumatori siano rispettati. Il problema è esacerbato dall'inefficacia della sorveglianza del mercato e dei controlli doganali, accompagnata da elevati costi di conformità per i commercianti rispettosi della legge. Per i consumatori è difficile resistere alla tentazione di acquistare a prezzi più bassi. Uno studio del 2020 suggerisce che quasi il 70 % dei consumatori dell'UE che acquistano all'estero ha acquistato prodotti venduti dalla Cina, una percentuale che si attestava a circa il 15 % nel 2014 (1). |
3.4 |
Dettaglianti e grossisti stanno innovando, adattando e sperimentando per esplorare nuovi prodotti, servizi e modelli commerciali in modo da stare al passo con la domanda dei clienti. Più di due dettaglianti su tre non avevano operazioni online prima della COVID-19 e la pandemia ha dimostrato quanto siano importanti i sistemi omnicanale per la sopravvivenza di molte aziende, in particolare, ma non solo, dettaglianti e grossisti di piccole e medie dimensioni. |
3.5 |
L'innovazione digitale migliora la competitività dell'Europa a livello globale. Un cliente europeo su due fa già acquisti online, per una spesa di 424 miliardi di EUR all'anno (2), ma la quota di acquisti online varia notevolmente a seconda del tipo di prodotto; solo il 15 % dei clienti attualmente acquista oltre confine e solo il 7 % delle PMI vende al di fuori del proprio paese. In Europa è necessaria una politica digitale solida e ambiziosa per il settore per sfruttare queste opportunità e garantire che tutte le aziende siano coinvolte nel processo, che le condizioni di lavoro dei loro lavoratori siano migliorate e che i consumatori percepiscano un chiaro vantaggio derivante dal processo di digitalizzazione del commercio al dettaglio in tutta Europa, mantenendo un elevato livello di tutela dei consumatori su tutti i canali di vendita. |
4. Transizione verde
4.1 |
La crisi della COVID-19 ha rivelato un aumento della domanda da parte dei consumatori di prodotti e modi sostenibili di condurre gli affari. Dettaglianti e grossisti hanno operato come interfaccia essenziale con i consumatori finali, svolgendo un ruolo chiave nell'anticipare e incoraggiare la domanda di prodotti e imballaggi più sostenibili, riciclabili e/o riutilizzabili. Dettaglianti e grossisti si adoperano attivamente da molti anni per incoraggiare il consumo sostenibile e ridurre le emissioni di CO2 nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento. Hanno tuttavia dovuto affrontare una serie di sfide nel promuovere questa transizione in un settore caratterizzato da costi fissi elevati e margini bassi. |
4.2 |
Il settore del commercio al dettaglio contribuisce in modo significativo alla raccolta e al riciclaggio dei rifiuti. I sistemi di responsabilità estesa del produttore si basano sul volume di un determinato flusso di rifiuti che un'azienda immette sul mercato in cui è presente. Questa responsabilità non è così chiara quando i commercianti che non hanno una sede fisica nell'UE immettono prodotti sul mercato dell'UE o quando i consumatori lo fanno attraverso l'importazione diretta. In questi casi, i rifiuti di prodotto che entrano nel flusso di rifiuti vengono riciclati o rimossi a spese dei dettaglianti europei, compresi i rifiuti creati da operatori di paesi terzi, che non pagano nulla. È necessaria una maggiore cooperazione tra i regimi RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) e i venditori online con sede al di fuori dell'UE, come pure misure per rendere queste aziende consapevoli dei loro obblighi nell'ambito dei regimi di responsabilità estesa del produttore. Anche la consapevolezza dei consumatori sui processi e sui costi di riciclaggio è fondamentale per rendere più visibile e trasparente l'impatto degli acquisti online. |
5. Le competenze
5.1 |
Il CESE sostiene la dichiarazione congiunta dell'8 aprile (3), che promuove un «Patto europeo per il commercio», pubblicata dalle parti sociali nel settore del commercio al dettaglio e all'ingrosso: UNI-Europa ed EuroCommerce. Ciò ha evidenziato l'impatto senza precedenti della crisi della COVID-19 sulla redditività di dettaglianti e grossisti e la resilienza della loro forza lavoro. La tradizione del partenariato sociale e il prevalere di modalità lavorative su misura nel settore, spesso attraverso contratti collettivi, hanno consentito alle imprese di affrontare efficacemente l'adattamento repentino e radicale alla «nuova normalità». Le parti sociali hanno proposto un «Patto europeo per il commercio» affinché l'UE e le autorità governative aiutino il settore a migliorare la sua resilienza a lungo termine attraverso misure di sostegno mirate e accelerando le transizioni verde e digitale. |
5.2 |
Secondo una recente relazione del McKinsey Global Institute (4), la combinazione della COVID-19 e dell'automazione sta mettendo a rischio oltre 5 milioni di posti di lavoro nel commercio al dettaglio e all'ingrosso. Ciò potrebbe incidere su un gran numero di donne e di giovani occupati. Oltre a stabilizzare l'economia, l'UE e gli Stati membri devono investire nelle competenze di questi lavoratori, ad esempio attraverso una migliore formazione professionale e scolastica, conti individuali di apprendimento e la riqualificazione professionale. Il miglioramento mirato delle competenze consentirebbe al settore di trattenere una parte più ampia della sua forza lavoro formandola all'uso delle tecnologie digitali, mentre la riqualificazione potrebbe consentire ad altri lavoratori di accedere a opportunità di lavoro in altri settori. |
5.3 |
Le misure dell'UE a sostegno dell'occupazione e delle competenze devono pertanto essere ridefinite per consentire un accesso facile e rapido ai finanziamenti per la ristrutturazione di questo settore e per far fronte all'evoluzione dei fabbisogni di competenze dovuta all'accelerazione dei cambiamenti del mercato in seguito alla COVID-19. Occorre avvalersi dei piani di ripresa per rafforzare le competenze dei lavoratori, sia nel commercio al dettaglio che all'ingrosso, analogamente a quanto avviene per i lavoratori del settore pubblico. |
6. Strategia industriale — ecosistema di vendita al dettaglio
6.1 |
La strategia industriale aggiornata recentemente presentata dalla Commissione europea (5) rivolge un'attenzione inedita agli ecosistemi essenziali, tra cui la vendita al dettaglio e l'agroalimentare. Dettaglianti e grossisti svolgono un ruolo fondamentale nell'economia europea e nel funzionamento di molti altri ecosistemi, come ad esempio il settore della logistica. Le transizioni verde e digitale devono aiutare a favorire la ripresa post COVID 19 e i dettaglianti e i grossisti devono essere riconosciuti come una parte importante di numerosi ecosistemi, ad esempio il commercio online e la logistica. La logistica è una componente industriale indispensabile per il commercio online, e ne è anche un elemento simbiotico, dato che nessuno dei due sottosistemi può svolgere la propria attività senza il contributo dell'altro. Per questo è nell'interesse generale che la crescita del settore della logistica avvenga nel rispetto dei lavoratori, dei consumatori e dell'ambiente. |
6.2 |
La Commissione ha riconosciuto che l'ecosistema della vendita al dettaglio e all'ingrosso è uno dei settori colpiti più duramente ed è al secondo posto in termini di esigenze di sostegno agli investimenti. I dettaglianti e i grossisti operano con un fatturato elevato, costi fissi elevati e margini bassi (1-3 %), il che significa che sono particolarmente vulnerabili alle carenze di liquidità. A maggio 2020, le perdite stimate legate alla prima ondata della pandemia hanno raggiunto il 16-20 % del fatturato annuo (250-320 miliardi di EUR) nella vendita al dettaglio non alimentare. Un gran numero di aziende nell'ecosistema della vendita al dettaglio e all'ingrosso ha subito un grave colpo a causa delle restrizioni imposte dai governi, che si applicavano loro direttamente o indirettamente, ad esempio quale conseguenza del confinamento dei loro clienti o di altre restrizioni alla mobilità. Le imprese che disponevano di operazioni online sono state in grado di mitigare alcune delle perdite, ma solo in modo molto limitato. Le vendite online sono cresciute considerevolmente e si prevede che continueranno a crescere man mano che i consumatori acquisiranno esperienza con gli acquisti online. |
6.3 |
L'approccio ecosistemico fornisce un quadro adeguato, che riflette sia le complesse interconnessioni tra i settori e le imprese nel mercato unico in determinate catene del valore, sia la necessità di dare loro sostegno nell'aderire con successo alle transizioni digitale e verso la sostenibilità, nonché nel contribuire alla strategia per la ripresa. Con il consumo privato che rappresenta oltre il 50 % del PIL dell'UE, dettaglianti e grossisti garantiscono l'accesso dei produttori ai mercati dei consumatori e dei professionisti; i clienti possono acquistare ciò di cui hanno bisogno e ciò costituisce una catena di approvvigionamento continua e vitale. |
7. Ruolo della vendita al dettaglio nel mantenere vivi i piccoli centri urbani e le comunità rurali
7.1 |
I dettaglianti hanno ottenuto la fiducia dei consumatori europei nel corso di molti anni e forniscono loro prodotti di alta qualità a prezzi competitivi, cercando costantemente di creare e trasmettere nuove efficienze per favorire il potere d'acquisto dei consumatori. I dettaglianti creano prodotti rispettosi dell'ambiente che incoraggiano il consumo sostenibile, ma è necessario fare di più. |
7.2 |
I negozi di vendita al dettaglio sono fondamentali per mantenere vivi i piccoli centri urbani e le comunità rurali. Ciò mostra anche l'importanza che i negozi tradizionali rivestono, e rivestiranno anche in futuro, per la società. I dettaglianti possono fungere da ufficio postale, banca e farmacia e aiutare le comunità locali a mantenersi vivaci e dinamiche. Gli spazi di vendita al dettaglio vuoti nelle vie dello shopping condannano inesorabilmente le città a un lento declino verso il vandalismo e la criminalità e un negozio di paese può fare la differenza tra una comunità rurale viva e una che si va spopolando. |
7.3 |
I dettaglianti europei devono essere in grado di aumentare e accelerare i loro investimenti nell'automazione, nell'interfaccia con il consumatore e nell'IA per rimanere competitivi. Il sostegno a tali investimenti e all'espansione delle vendite online, e in particolare l'aiuto affinché i dettaglianti di piccole e medie dimensioni e i piccoli esercizi nei centri urbani si aprano al mondo virtuale, avrebbero un effetto trasformativo sia sulle loro comunità locali che sulla sopravvivenza e la resilienza di molte aziende di vendita al dettaglio che affrontano una concorrenza intensa, e sempre più globale. |
8. Parità di condizioni per il commercio al dettaglio in Europa
8.1 |
L'Unione europea, con i suoi 450 milioni di consumatori, ha un enorme potenziale come mercato interno digitale. La strategia per il mercato unico digitale europeo è stata progettata per stimolare il commercio elettronico transfrontaliero tra i paesi dell'UE. Tuttavia, il commercio elettronico transfrontaliero all'interno dell'UE non è cresciuto così rapidamente come il commercio elettronico da paesi terzi. Il mercato europeo dei servizi digitali è chiaramente in ritardo rispetto a quello statunitense e cinese, soprattutto per quanto riguarda la presenza sul mercato globale, e ciò si riflette nella crescita esplosiva delle vendite online da alcuni paesi extra UE, in particolare la Cina, ai consumatori europei. Nel corso degli anni abbiamo constatato che vengono creati lì sempre più formati e tecnologie digitali innovativi. L'UE e i suoi Stati membri devono intensificare gli sforzi per creare il quadro idoneo in cui le imprese possano competere, innovare, mettersi al servizio dei propri clienti e garantire la protezione dei consumatori. Il modo migliore per farlo è garantire che sia più attraente investire e fare affari nell'UE che in altre parti del mondo. |
8.2 |
Le vendite online sono la parte in più rapida crescita del mercato al dettaglio e, sebbene ancora relativamente limitate rispetto alle vendite offline, stanno iniziando a diventare molto significative in una serie di settori non alimentari. I dettaglianti non sono più l'unico canale di accesso ai clienti, in quanto anche i produttori stanno iniziando a utilizzare il commercio elettronico per vendere e interagire in altri modi direttamente con i consumatori. Le economie di scala e l'ampia meccanizzazione dei processi, insieme agli effetti di rete e alla capacità di offrire una gamma di prodotti pressoché illimitata, sono andate a vantaggio di grandi soggetti e piattaforme online, le cui crescenti quote di mercato iniziano a replicare il tradizionale ruolo di «controllo sull'accesso» (gatekeeper) dei negozi locali. |
8.3 |
Tutte le merci in vendita nell'UE devono essere conformi alle norme dell'UE e tutti i commercianti che vendono ai consumatori dell'UE devono garantire tale conformità. Le importazioni dirette hanno comportato nuove sfide per il rispetto delle leggi dell'UE, ponendo rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori europei ed esponendo i commercianti dell'UE alla concorrenza sleale. È stato inviato un messaggio forte secondo cui i beni venduti all'interno dell'UE devono rispettare le regole, a prescindere dal loro valore e dal luogo in cui ha sede l'azienda. Tra gli altri, saranno fondamentali la proposta di legge sui servizi digitali, la revisione della direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti, la corretta attuazione e applicazione del regolamento sulla vigilanza del mercato e altre normative dell'UE. |
8.4 |
È fondamentale che il mercato unico e questo settore funzionino correttamente, poiché ciò consentirà ai settori di vendita al dettaglio e all'ingrosso di rispondere alle richieste dei consumatori e di competere in un ambiente globalmente competitivo e più digitale. Il CESE ritiene che l'azione a livello dell'UE sia della massima importanza per prevenire un'ulteriore frammentazione del mercato interno ed evitare l'introduzione di nuove norme nazionali, spesso protezionistiche, per prodotti e servizi, nonché per prevenire divergenze nell'attuazione e nell'interpretazione del diritto dell'UE. |
9. L'IA nel commercio al dettaglio e all'ingrosso
9.1 |
Dettaglianti e grossisti utilizzano da molti anni l'automazione in settori come il trasporto, gli ordini e la gestione delle scorte o nelle interazioni con i consumatori. Con l'intelligenza artificiale, l'automazione è diventata molto più sofisticata, consentendo un miglioramento delle conoscenze e delle efficienze. L'IA incide sul settore della vendita al dettaglio e all'ingrosso in molti modi: migliora l'interazione con i clienti, accelera la consegna dei pacchi, prevede il comportamento dei clienti, ottimizza le scorte, rileva le frodi e rende il settore più sostenibile, per citare alcuni esempi. |
9.2 |
Ogni anno la diffusione dell'IA nel settore della vendita al dettaglio registra un forte aumento. Nel 2016 solo il 4 % dei dettaglianti utilizzava le tecnologie dell'IA, mentre nel 2017 tale percentuale è aumentata al 17 % e nel 2018 al 28 %. Non sorprende che tale diffusione sia stata maggiore fra i grandi dettaglianti e grossisti con un fatturato annuo pari o superiore a 10 miliardi di USD. L'intelligenza artificiale viene utilizzata dai dettaglianti nei settori automobilistico (19 %), dell'elettronica e delle applicazioni domestiche (25 %), del miglioramento dell'abitazione (26 %), dei generi alimentari e di drogheria (29 %), dell'abbigliamento e delle calzature (33 %) e multi-categoria (42 %). |
9.3 |
Come precisato dal CESE nel suo parere sull'intelligenza artificiale (6), l'IA e la robotica estenderanno e amplificheranno gli effetti della digitalizzazione dell'economia sui mercati del lavoro e possono contribuire al progresso economico e sociale. Negli ultimi anni, l'intelligenza artificiale è diventata un elemento d'interesse per le imprese, i responsabili delle decisioni e la società in generale. L'intelligenza artificiale offre infinite opportunità alle imprese di vendita al dettaglio e all'ingrosso per crescere a livello operativo, migliorare le catene di approvvigionamento, aiutare a prendere decisioni, comprendere le esigenze dei consumatori e migliorare l'esperienza del cliente. Questi sono solo alcuni dei tanti motivi per cui così tanti dettaglianti e grossisti stanno esplorando e investendo nelle opportunità offerte dall'IA. |
9.4 |
Molte applicazioni di intelligenza artificiale non hanno alcun impatto sulle persone. L'IA utilizzata per la diagnostica medica e quella utilizzata per la scansione degli scaffali in un magazzino possono essere tecnologie simili, che prendono decisioni basate su set di dati complessi, ma comportano rischi fondamentalmente diversi e richiedono salvaguardie diverse. L'intelligenza artificiale ha bisogno di una regolamentazione che affronti i diversi livelli di rischio connessi all'uso dei sistemi di IA, garantendo che i consumatori siano sicuri e abbiano fiducia in tali sistemi. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) E-commerce in Europe 2020 (Commercio elettronico in Europa 2020).
(2) https://www.eurocommerce.eu/about-us/the-narratives.aspx
(3) 2020.04.08 — EuroCommerce_UniEuropa_statement.pdf
(4) The future of work in Europe (Il futuro del lavoro in Europa), mckinsey.com.
(5) COM(2020) 102 final; COM(2021) 350 final.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/7 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Misurazioni che vadano oltre il PIL per una ripresa riuscita e un’economia dell’UE sostenibile e resiliente»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/02)
Relatore: |
Petru Sorin DANDEA |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
23.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
209/2/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene inevitabile passare da un sistema economico in cui il motore principale è rappresentato dalla crescita a un modello in cui viene privilegiata la sostenibilità. Tenuto conto che tale trasformazione non è solo complessa, ma comporta anche sfide enormi, le proposte di nuovi indicatori avanzate nel presente parere rappresentano unicamente un esempio di approccio per quel che riguarda gli strumenti di misurazione in campo sociale, economico o ambientale. |
1.2. |
Il CESE propone di definire una serie di indicatori volti a fornire informazioni migliori ai responsabili politici che possono promuovere politiche di sviluppo per l’economia circolare. Ad esempio, i dati riguardanti i materiali provenienti da risorse naturali che sono contenuti in alcuni beni di consumo durevoli, assieme ai dati sulla durata media dell’utilizzo di tali beni e sul tasso di recupero potenziale di questi materiali, possono fornire ai responsabili politici valide informazioni sul fabbisogno di investimenti nel settore del riciclaggio. |
1.3. |
Il Comitato ritiene che occorra sviluppare un quadro di valutazione «al di là del PIL» in formato sintetico che potrebbe successivamente essere integrato nel quadro di valutazione per il Green Deal europeo. Per elaborare tale quadro di valutazione si potrebbe far uso dello studio EU Doughnut by 2030 («l’economia della ciambella per l’UE entro il 2030»), che è stato sviluppato dall’istituto tedesco ZOE. Il quadro di valutazione può essere inglobato nel processo di governance europea attraverso la valutazione dei progressi compiuti e la definizione delle azioni necessarie per conseguire gli obiettivi fissati nel quadro del semestre europeo. Il Comitato ritiene che il processo di governance europea debba adottare una nuova prospettiva orientata al benessere dei cittadini. |
1.4. |
Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano privilegiare l’uso di alcuni degli indicatori proposti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, tenendo conto delle rispettive specificità nazionali, ed esorta a seguire le proposte formulate nelle relazioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici su come migliorare la misurazione del benessere e della prosperità. |
1.5. |
Il CESE concorda con il punto di vista espresso dalle parti sociali europee in occasione del vertice di Porto, secondo cui i 14 indicatori proposti possono costituire un quadro di valutazione complementare al PIL che può essere utilizzato per ideare politiche a sostegno di un modello di crescita sostenibile. |
1.6. |
Gli investimenti in una società coesa, nello sviluppo sostenibile, nel capitale umano e sociale, oltre che nella qualità della vita, saranno essenziali sia nel creare opportunità per le imprese di oggi, che nello stimolare in futuro occupazione, ricchezza e crescita sostenibile. Secondo il CESE, gli indicatori che vanno oltre il PIL dovrebbero pertanto diventare strumenti che non si limitano a monitorare e a misurare, ma che servono anche a fornire informazioni sull’elaborazione delle politiche, a migliorare la comunicazione e a incoraggiare la definizione degli obiettivi. |
1.7. |
La Commissione europea ha recentemente pubblicato una comunicazione (1) volta a dirigere i finanziamenti verso attività sostenibili. Il CESE appoggia l’iniziativa della Commissione e ritiene necessario elaborare una serie di indicatori che, da un lato, monitorino il processo di «inverdimento» dei finanziamenti e, dall’altro, indichino il grado di «inverdimento» dei settori economici. Tali indicatori offrirebbero ai responsabili politici orientamenti migliori per stabilire incentivi pubblici a favore delle attività sostenibili, e possono anche costituire un importante strumento di monitoraggio per i governi degli Stati membri. Il monitoraggio è necessario perché occorre controllare il ritmo con cui si indirizzano gli investimenti verso i settori sostenibili. Infatti, se gli investimenti sono troppo lenti, si rischia di esaurire le risorse disponibili prima che sia disponibile un’alternativa. Una situazione siffatta porterebbe i prezzi alle stelle, con effetti drammatici sul sistema economico. Se invece si investe ad un ritmo eccessivamente rapido, si rischia di lasciare molti settori senza investimenti, rallentando così l’attività economica che genera le risorse necessarie per gli investimenti stessi. |
1.8. |
Per quel che concerne la lotta ai cambiamenti climatici, il CESE ritiene necessario anche rivedere gli indicatori esistenti, al fine di rendere possibile un monitoraggio migliore dei progressi compiuti. Esistono indicatori che non colgono appieno gli effetti negativi che alcune attività economiche hanno sull’ambiente. Bisognerebbe inoltre adeguare una serie di indicatori al fine di tenere meglio conto degli obiettivi fissati dall’UE. |
1.9. |
La digitalizzazione e l’inverdimento del sistema economico presuppongono una profonda riorganizzazione all’interno di diversi settori. Affinché queste trasformazioni possano essere realizzate al minor costo sociale possibile, sono necessarie politiche a tutela della forza lavoro per garantire, nel medio e lungo periodo, che i posti di lavoro di cui c’è bisogno siano equamente ripartiti tra la popolazione attiva. Inoltre, come proposto dalle parti sociali europee, il CESE ritiene necessario elaborare una serie di indicatori sulla contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva tutela i lavoratori in generale, ma può assicurare anche la promozione delle politiche necessarie ai programmi di formazione professionale volti a garantire la mobilità dei lavoratori, che appare necessaria nel quadro delle sfide poste dalla trasformazione dell’economia. Inoltre, l’equa ripartizione dei posti di lavoro disponibili in tutta l’economia può essere assicurata tramite programmi intelligenti sull’organizzazione dell’orario di lavoro negoziabili tra le parti sociali. |
1.10. |
Non è possibile realizzare un cambiamento significativo del sistema economico senza l’accettazione da parte della società nel suo insieme. Il CESE ritiene necessario realizzare nuove indagini (come quelle dell’Eurobarometro) per poter studiare qual è la percezione sociale del cambiamento di modello economico. |
1.11. |
Inoltre, gli Stati membri e la Commissione europea dovrebbero sostenere lo sviluppo di iniziative volte a misurare meglio il benessere e ad analizzare l’impatto delle attività economiche sull’ambiente (come l’iniziativa dell’istituto di ricerca tedesco ZOE, che ha elaborato il sistema di indicatori che va sotto il nome di «Doughnut Economics» o «economia della ciambella»). |
2. Introduzione
2.1. |
Il prodotto interno lordo (PIL) continua ad essere il principale indicatore macroeconomico utilizzato a livello mondiale per quantificare l’attività economica. È tuttavia opinione assai diffusa che il PIL non riesca a esprimere la situazione reale di una società in termini di benessere e sviluppo, neppure per quel che concerne gli effetti negativi sull’ambiente generati da alcune attività economiche. |
2.2. |
Sebbene anche gli ideatori del concetto di PIL fossero consapevoli dei suoi limiti, i dibattiti su misurazioni che vadano «oltre il PIL» si sono intensificati soltanto nel corso degli anni ’90 del secolo scorso. È quindi emersa la necessità di disporre di indicatori adeguati in grado di affrontare le sfide globali del XXI secolo (come i cambiamenti climatici, la povertà, l’esaurimento delle risorse, la salute e la qualità della vita). Un passo importante per trovare altri indicatori che risultino più appropriati per misurare questo tipo di progressi e che possano essere meglio integrati nel processo decisionale, oltre che esaminati in un dibattito pubblico, è stato compiuto con la conferenza ad alto livello del 2007 sul tema Beyond GDP («Oltre il PIL») (2), organizzata dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo, dal Club di Roma, dall’OCSE e dal WWF. In seguito, la Commissione sulla misurazione del rendimento economico e del progresso sociale (3) — che era presieduta da Joseph E. Stiglitz, Amartya Sen e Jean-Paul Fitoussi — e la relazione finale che ha elaborato hanno messo in evidenza ulteriori limiti del PIL (dubbi sul modo in cui viene misurata la produttività e il fatto che il capitale umano non viene preso in considerazione). |
2.3. |
Negli ultimi anni sono emerse diverse nuove priorità per i responsabili politici europei, come la trasformazione digitale e ambientale, e si è anche fatta strada una crescente attenzione per le considerazioni sociali in un ampio ventaglio di settori politici. Inoltre, anche se la pandemia generata dal coronavirus avrà indubbiamente un impatto profondo e negativo sull’economia europea, è importante tenere a mente che le altre sfide (come i cambiamenti climatici, le crescenti disuguaglianze e il lento incremento della produttività) non sono scomparse. Gli investimenti in una società coesa, nello sviluppo sostenibile, nel capitale umano e sociale, oltre che nella qualità della vita, saranno essenziali sia nel creare opportunità per le imprese di oggi, che nello stimolare in futuro occupazione, ricchezza e crescita sostenibile. Gli indicatori che vanno oltre il PIL dovrebbero pertanto diventare strumenti che non si limitano a monitorare e a misurare, ma che servono anche a fornire informazioni sull’elaborazione delle politiche, a migliorare la comunicazione e a incoraggiare la definizione degli obiettivi. |
2.4. |
Con il presente parere d’iniziativa, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) intende apportare un valido contributo alla determinazione degli indicatori del benessere e dello sviluppo che dovrebbero essere presi in considerazione per servire da complemento agli indicatori economici classici. Il parere mette inoltre l’accento sui fabbisogni insoddisfatti in termini di dati e delinea le modalità per integrare meglio questi indicatori nel processo di elaborazione delle politiche a livello europeo e nazionale, al fine di consentire all’UE di uscire più forte dalla crisi attuale e di resistere meglio agli eventuali shock futuri. |
2.5. |
È indubbio che non è mai stata tanto acuta la necessità di mettere a punto degli indicatori che permettano di concepire e attuare politiche volte a sviluppare un modello globale di economia sostenibile in grado di garantire il benessere di tutti gli abitanti della Terra. È altresì evidente che l’attuale modello economico, basato su una crescita continua quale fattore principale della stabilità del sistema, è ormai divenuto insostenibile per un pianeta dalle risorse limitate. |
2.6. |
Lo scorso giugno la Commissione europea ha pubblicato un documento di riflessione (4) in cui viene nuovamente segnalata la necessità di elaborare indicatori complementari al PIL che consentano un monitoraggio migliore del processo di trasformazione della società e dell’economia attraverso l’attuazione di politiche volte a promuovere il Green Deal europeo. Nel documento sono presentati anche gli sforzi compiuti negli ultimi anni da alcuni paesi che cercano di sviluppare strumenti complementari per monitorare il livello di benessere e l’impatto delle attività economiche sull’ambiente. |
2.7. |
A livello globale esistono varie iniziative che puntano a sviluppare indicatori che, da un lato, permettano ai responsabili politici di elaborare e attuare politiche a favore della promozione della sostenibilità e, dall’altro, consentano un’informazione migliore sul processo di trasformazione del modello economico. Tra le iniziative di questo tipo va ricordato lo studio EU Doughnut by 2030 («l’economia della ciambella per l’UE entro il 2030») (5), che ha sviluppato un concetto nuovo per la presentazione di una sintesi politica dei quadri operativi esistenti e selezionato 30 indicatori al fine non solo di rendere più efficace l’elaborazione delle politiche, ma anche di permettere all’opinione pubblica di comprendere meglio le esigenze di trasformazione del sistema economico. |
3. Osservazioni generali e particolari
3.1. |
Il dibattito sul tema «Oltre il PIL» ha suscitato reazioni importanti da parte delle istituzioni, dei ricercatori e dei responsabili politici. L’OCSE, l’ONU, la Commissione europea ed Eurostat hanno quindi proposto indicatori che consentissero una misurazione migliore del benessere e della prosperità a livello individuale, collettivo o nazionale. Nel 2015 le Nazioni Unite hanno adottato gli obiettivi di sviluppo sostenibile che comprendono 169 obiettivi intermedi e 200 indicatori. Nel 2018 l’apposito gruppo di esperti ad alto livello dell’OCSE ha elaborato due relazioni (6) in cui viene raccomandata una misurazione più adeguata del benessere tramite il miglioramento degli indicatori esistenti o l’introduzione di nuovi indicatori. Il CESE ritiene che gli Stati membri debbano privilegiare l’uso di alcuni degli indicatori proposti dalle Nazioni Unite, tenendo conto delle rispettive specificità nazionali, ed esorta a seguire le proposte formulate nelle relazioni dell’OCSE su come migliorare la misurazione del benessere e della prosperità. |
3.2. |
Di recente, le parti sociali europee — ossia, Business Europe, la Confederazione europea dei sindacati (CES), il Centro europeo dei datori di lavoro e delle imprese che offrono servizi di interesse generale (SIG Europe) e l’UEAPME (Organizzazione europea dell’artigianato e delle PMI) — hanno firmato un documento comune (7) in cui raccomandano l’adozione di una serie di indicatori complementari al PIL nei settori sociale, economico e ambientale. Il CESE concorda con il punto di vista delle parti sociali europee, secondo cui i 14 indicatori proposti possono costituire un quadro di valutazione complementare al PIL che può essere utilizzato per ideare politiche a sostegno di un modello di crescita sostenibile. |
3.3. |
È dal 2011 che il CESE partecipa al dibattito europeo sul tema «Oltre il PIL» e, a partire da questi lavori, sono stati elaborati vari pareri (8) in cui sono stati proposti nuovi indicatori per misurare il benessere e la prosperità, nonché indagini per determinare meglio cos’è esattamente che infonde ai cittadini europei il sentimento di una vita appagante e ricca di significato. Il CESE ritiene necessaria l’elaborazione di nuovi indicatori non solo per misurare la resilienza economica in termini di capacità di adattamento e trasformazione, ma anche per tenere conto del principio «non lasciare indietro nessuno». |
3.4. |
Per essere certi che alle generazioni future lasceremo in eredità un pianeta in condizioni almeno altrettanto buone di quelle attuali, occorre ripensare il modello economico basato su uno sfruttamento incontrollato delle risorse naturali. È un fatto accertato che l’economia circolare è un settore in espansione e assicura un impiego più razionale delle risorse naturali. Il CESE propone pertanto di sviluppare una serie di indicatori volti a fornire informazioni migliori ai responsabili politici che possono promuovere politiche di sviluppo per questo settore. Ad esempio, i dati riguardanti i materiali provenienti da risorse naturali che sono contenuti in alcuni beni di consumo durevoli, la durata media dell’utilizzo di tali beni e il tasso di recupero potenziale di questi materiali possono fornire ai responsabili politici valide informazioni sul fabbisogno di investimenti nel settore del riciclaggio. |
3.5. |
Il Comitato ritiene che occorra sviluppare un quadro di valutazione «al di là del PIL» in formato sintetico che potrebbe successivamente essere integrato nel quadro di valutazione per il Green Deal europeo. Per elaborare tale quadro di valutazione si potrebbe far uso dello studio EU Doughnut by 2030 («l’economia della ciambella per l’UE entro il 2030»), che è stato sviluppato dall’istituto tedesco ZOE. Il quadro di valutazione può essere inglobato nel processo di governance europea attraverso la valutazione dei progressi compiuti e la definizione delle azioni necessarie per conseguire gli obiettivi fissati nel quadro del semestre europeo. Il Comitato ritiene che il processo di governance europea debba adottare una nuova prospettiva orientata al benessere dei cittadini. |
3.6. |
Il CESE raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di definire degli obiettivi per ciascun indicatore, perché questo permetterebbe di servirsi del concetto di «distanza dal raggiungimento dell’obiettivo» per assicurare un monitoraggio migliore dei progressi compiuti e una comprensione più approfondita. |
3.7. |
L’Unione europea si è posta un obiettivo ambizioso in materia di cambiamenti climatici, in quanto intende raggiungere entro il 2050 la neutralità in termini di emissioni di carbonio nell’atmosfera. Questo significa anche che gli investimenti devono essere reindirizzati verso attività economiche prive di impatto ambientale. La Commissione europea ha recentemente pubblicato una comunicazione (9) volta a dirigere i finanziamenti verso attività sostenibili. Il CESE appoggia l’iniziativa della Commissione e ritiene necessario elaborare una serie di indicatori che, da un lato, monitorino il processo di «inverdimento» dei finanziamenti e, dall’altro, indichino il grado di «inverdimento» dei settori economici. Tali indicatori offrirebbero ai responsabili politici orientamenti migliori per stabilire incentivi pubblici a favore delle attività sostenibili, e possono anche costituire un importante strumento di monitoraggio per i governi degli Stati membri. Il monitoraggio è necessario perché occorre controllare il ritmo con cui si indirizzano gli investimenti verso i settori sostenibili. Infatti, se gli investimenti sono troppo lenti, si rischia di esaurire le risorse disponibili prima che sia disponibile un’alternativa. Una situazione siffatta porterebbe i prezzi alle stelle, con effetti drammatici sul sistema economico. Se invece si investe ad un ritmo eccessivamente rapido, si rischia di lasciare molti settori senza investimenti, rallentando così l’attività economica che genera le risorse necessarie per gli investimenti stessi. |
3.8. |
Per quel che concerne la lotta ai cambiamenti climatici, il CESE ritiene necessario anche rivedere gli indicatori esistenti, al fine di rendere possibile un monitoraggio migliore dei progressi compiuti. Un esempio al riguardo è rappresentato dall’indicatore sulle emissioni di gas a effetto serra. L’indicatore messo a punto da Eurostat non comprende le emissioni provenienti da alcuni settori, ad esempio quelle del trasporto aereo. Bisognerebbe inoltre adeguare una serie di indicatori al fine di tenere meglio conto degli obiettivi fissati dall’UE. |
3.9. |
La digitalizzazione e l’inverdimento del sistema economico presuppongono una profonda riorganizzazione all’interno di diversi settori, per quel che concerne sia l’apporto al PIL che la forza lavoro impiegata. Affinché queste trasformazioni possano essere realizzate al minor costo sociale possibile, sono necessarie politiche a tutela della forza lavoro per garantire, nel medio e lungo periodo, che i posti di lavoro di cui c’è bisogno siano equamente ripartiti tra la popolazione attiva. Inoltre, come proposto dalle parti sociali europee, il CESE ritiene necessario elaborare una serie di indicatori sulla contrattazione collettiva. La contrattazione collettiva tutela i lavoratori in generale, ma può assicurare anche la promozione delle politiche necessarie ai programmi di formazione professionale volti a garantire la mobilità dei lavoratori, che appare necessaria nel quadro delle sfide poste dalla trasformazione dell’economia. Inoltre, l’equa ripartizione dei posti di lavoro disponibili in tutta l’economia può essere assicurata tramite programmi intelligenti sull’organizzazione dell’orario di lavoro negoziabili tra le parti sociali. |
3.10. |
Non è possibile realizzare un cambiamento significativo del sistema economico senza l’accettazione da parte della società nel suo insieme. Per questo motivo, lungo questo difficile processo i responsabili politici hanno bisogno non solo di indicatori statistici, ma anche di indagini e ricerche statistiche che consentano di monitorare il livello di comprensione e accettazione dei cambiamenti sociali. Il CESE ritiene necessario realizzare nuove indagini (come quelle dell’Eurobarometro) per poter studiare qual è la percezione sociale del cambiamento di modello economico. Inoltre, gli Stati membri e la Commissione europea dovrebbero sostenere lo sviluppo di iniziative volte misurare meglio il benessere e ad analizzare l’impatto delle attività economiche sull’ambiente (come l’iniziativa dell’istituto di ricerca tedesco ZOE, che ha elaborato il sistema di indicatori presentato nello studio EU Doughnut by 2030 = «l’economia della ciambella per l’UE entro il 2030») (10). |
3.11. |
Il CESE ritiene inevitabile passare da un sistema economico in cui il motore principale è rappresentato dalla crescita a un modello in cui viene privilegiata la sostenibilità. Tenuto conto che tale trasformazione non è solo complessa, ma comporta anche sfide enormi, è indubbio che le proposte di nuovi indicatori avanzate nel presente parere rappresentano unicamente un esempio di approccio per quel che riguarda gli strumenti di misurazione in campo sociale, economico o ambientale. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2021) 188 final, Tassonomia dell’UE, comunicazione societaria sulla sostenibilità, preferenze di sostenibilità e doveri fiduciari: dirigere i finanziamenti verso il Green Deal europeo (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 72).
(2) Nota riepilogativa della conferenza «Oltre il PIL»: https://ec.europa.eu/environment/beyond_gdp/proceedings/bgdp_proceedings_summary_notes.pdf
(3) Relazione della Commissione sulla misurazione del rendimento economico e del progresso sociale: https://ec.europa.eu/eurostat/documents/8131721/8131772/Stiglitz-Sen-Fitoussi-Commission-report.pdf
(4) https://ec.europa.eu/info/publications/economic-policy-making-beyond-gdp-introduction_en
(5) https://zoe-institut.de/en/publication/a-compass-towards-2030
(6) OCSE (2018), Beyond GDP: Measuring what counts for economic and social performance («Oltre il PIL: misurare quel che conta per i risultati economici e sociali»), Parigi, https://doi.org/10.1787/9789264307292-en
OCSE (2018), For Good Measure: Advancing Research on Well-Being Metrics Beyond GDP («Per una buona misurazione: progredire negli studi sugli indicatori del benessere che vanno oltre il PIL»), Parigi, https://doi.org/10.1787/9789264307278-en
(7) https://est.etuc.org/wp-content/uploads/2021/05/FINAL-BEYOND-GDP-SOCIAL-PARTNERS-EU.pdf
(8) Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Non solo PIL — Il coinvolgimento della società civile nella selezione di indicatori complementari (parere d’iniziativa) (GU C 181 del 21.6.2012, pag. 14).
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita e l’occupazione — Gli strumenti per rafforzare la governance economica dell’UE, COM(2010) 367 final (GU C 107 del 6.4.2011, pag. 7).
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Oltre il PIL: strumenti per misurare lo sviluppo sostenibile (GU C 100 del 30/4/2009, pag. 53).
(9) COM(2021) 188 final, Tassonomia dell’UE, comunicazione societaria sulla sostenibilità, preferenze di sostenibilità e doveri fiduciari: dirigere i finanziamenti verso il Green Deal europeo (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 72).
(10) Rapporto dell’istituto ZOE: A Compass towards 2030 («Una bussola per il 2030») (https://zoe-institut.de/en/publication/a-compass-towards-2030/)
ALLEGATO
Una prima analisi dello studio«EU Doughnut by2030»
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/13 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il ruolo delle imposte sulle società nella governance delle imprese»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/03)
Relatore: |
Krister ANDERSSON |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
|
Risoluzione |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
23.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
223/4/11 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la risposta del settore privato al piano europeo per la ripresa e allo strumento NextGenerationEU sarà fondamentale per sviluppare e conseguire effettivamente un’economia più verde e digitalizzata. Le politiche pubbliche devono quindi fornire gli incentivi adeguati. Le politiche economiche, in particolare le politiche fiscali e quelle con un impatto sulla governance delle imprese, devono prevedere un processo decisionale efficiente e un’allocazione efficiente delle risorse, promuovendo il conseguimento degli obiettivi in campo sociale. |
1.2. |
Secondo il CESE, per realizzare un’economia sostenibile, verde e digitale, è necessario affrontare la questione della distorsione del finanziamento tramite debito/capitale proprio nei regimi di tassazione. |
1.3. |
Il CESE esorta gli Stati membri a rendere i loro regimi di tassazione più neutri in termini di finanziamento tramite debito o capitale proprio, favorendo così la diversificazione delle fonti di finanziamento e rendendo l’economia europea più resiliente. |
1.4. |
Il CESE plaude alle iniziative intraprese dalla Commissione europea al fine di presentare misure che affrontino la distorsione a favore del debito, rispetto invece al capitale proprio, nei regimi di tassazione delle società entro il primo trimestre 2022. |
1.5. |
Il CESE sottolinea che, per le nuove imprese e per gli investitori alla ricerca di opportunità di investimento più verdi e digitali, un mercato dei capitali ben funzionante è essenziale-. Il CESE invita pertanto a compiere ulteriori passi avanti verso il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC). |
1.6. |
Dato che gli investimenti in nuove tecnologie verdi sono considerati molto rischiosi, si fa spesso ricorso al finanziamento con capitale proprio. I dividendi contribuiscono ad accrescere la liquidità sul mercato, anche nella misura in cui possono essere percepiti come troppo a breve termine, e costituiscono un’importante fonte di finanziamento. |
1.7. |
Il CESE ritiene che i mercati dei capitali e i fondi privati possano svolgere un ruolo determinante nell’incoraggiare le società ad intraprendere il cammino verso un’economia sostenibile più verde e digitale. Qualunque intervento strategico da parte del legislatore europeo in materia di tassazione, nonché di diritto e governo societario, dovrebbe rafforzare tale ruolo. |
1.8. |
Il CESE osserva che, subendo l’influenza delle direttive e dei regolamenti europei, il diritto societario nazionale costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro, attribuendo i diritti e le responsabilità ai livelli più appropriati della struttura giuridica. Le disposizioni devono essere specifiche per paese quando si tratta della composizione dei consigli di amministrazione, consentendo ai proprietari di prendere le decisioni. |
1.9. |
Il CESE esorta la Commissione ad adottare iniziative concrete per applicare imposte sul carbonio simili in ciascuno Stato membro al fine di armonizzare gli sforzi volti a ridurre efficacemente i livelli di CO2. Idealmente, il risultato sarebbe la creazione di condizioni uniformi in tutto il mercato unico dell’UE in termini di emissioni/riduzioni da tassare, nonché di metodi e aliquote d’imposta specifici perché l’impatto sul livello di CO2 nell’atmosfera sia uguale. |
1.10. |
Il CESE ribadisce che i paesi dell’UE dovrebbero adottare, in particolare, una politica fiscale ambientale completa e simmetrica in relazione all’impatto del CO2 sul riscaldamento globale. Occorre introdurre imposte con aliquote sia positive che negative. Il gettito delle imposte sul CO2 dovrebbe essere reinvestito nel finanziamento di incentivi, a livello locale, regionale e nazionale, a sostegno delle tecniche di riduzione delle emissioni di carbonio. |
1.11. |
Il CESE osserva che, se la vendita di prodotti forestali è tassata in quanto fonte di reddito per il proprietario della foresta, si dovrebbe invece riconoscere che l’imboschimento e il rimboschimento riducono il CO2 presente nell’atmosfera e, pertanto, con un approccio fiscale simmetrico al problema del riscaldamento globale, queste attività dovrebbero essere incentivate attraverso un’imposta negativa sulle emissioni di carbonio. Si tratterebbe di una misura importante per realizzare gli obiettivi climatici. |
1.12. |
Il CESE sottolinea che occorre un accordo universale sul pacchetto fiscale dell’OCSE/G20 e un’attuazione coordinata a livello mondiale delle relative misure. Nell’ottica di promuovere la digitalizzazione dell’economia europea, è importante che regole unilaterali adottate in Europa non impediscano un ulteriore adattamento dei nuovi modelli imprenditoriali. |
2. Introduzione
2.1. |
La pandemia di COVID-19 ha inferto all’economia europea un colpo alle forniture, che ha perturbato le catene di approvvigionamento, e un colpo alla domanda, causato da una contrazione della domanda da parte dei consumatori. Di conseguenza, durante la pandemia gli investimenti da parte delle imprese europee sono diminuiti in misura significativa, mentre l’importo globale dei depositi bancari è aumentato. |
2.2. |
La ripresa, però, sta acquistando nuovo slancio ed è ben avviata. Al fine di rimodellare l’economia europea in linea con gli obiettivi definiti dalla Commissione per conseguire un’economia più sostenibile, più verde e digitale, gli investimenti devono sostenere gli obiettivi ambientali, mentre la digitalizzazione contribuisce ad incrementare la produttività, tenendo conto delle trasformazioni del mercato del lavoro. Sono necessarie iniziative sia pubbliche che private, se si vogliono conseguire gli obiettivi ambientali, economici e sociali. |
2.3. |
Grazie al bilancio a lungo termine dell’UE, che comprende il piano per la ripresa e lo strumento NextGenerationEU, verrà messo in opera il più ingente pacchetto pubblico di incentivi mai finanziato in Europa. |
2.4. |
La risposta del settore privato sarà determinante per conseguire e riuscire ad instaurare un’economia più verde e digitale. Le politiche pubbliche devono quindi fornire gli incentivi più adeguati. Le politiche economiche, in particolare le politiche fiscali e quelle che hanno un impatto sulla governance delle imprese devono prevedere un processo decisionale efficiente e un’allocazione efficiente delle risorse. |
2.4.1. |
Quanto ai fondi assegnati agli Stati membri per fornire una risposta alla pandemia di COVID-19, occorre definire una serie di indicatori chiave per comprendere in che modo le risorse investite siano state spese in ciascun paese dell’Unione (1). |
2.5. |
Il contesto fiscale internazionale sta registrando i maggiori cambiamenti da un secolo a questa parte. Gli utili imponibili di alcune tra le società di maggiori dimensioni saranno trasferiti dal paese di residenza al paese in cui hanno luogo le vendite dell’impresa e vengono consegnati i suoi beni e servizi. Inoltre, all’incirca 136 paesi che aderiscono al quadro inclusivo dell’OCSE si sono accordati sull’applicazione di un’aliquota minima effettiva dell’imposta sulle società del 15 %. Un altro importante cambiamento consiste nel fatto che in futuro l’IVA in Europa sarà riscossa secondo un approccio basato sulla destinazione. |
3. L’importanza di incentivi adeguati
3.1. |
Per raggiungere gli obiettivi ambientali, le imprese, le famiglie e gli investitori devono ricevere incentivi adeguati sotto forma di prezzi che tengano conto della scarsità e degli effetti esterni. Le politiche economiche che stabiliscono obiettivi economici o sociali dovrebbero riflettersi nei prezzi che gli investitori pubblici e privati trovano sul mercato. |
3.2. |
Tuttavia, i regimi di tassazione delle società riservano un trattamento più favorevole al finanziamento tramite debito rispetto al finanziamento con capitale proprio, in quanto i pagamenti di interessi sono deducibili dalle imposte, al contrario del costo del finanziamento mediante capitale proprio. Ciò si traduce in un aumento della leva finanziaria (livelli di indebitamento) con conseguente aumento della vulnerabilità delle imprese in un periodo di turbolenza economica. |
3.3. |
Per conseguire un’economia sostenibile, ecologica e digitale, è necessario affrontare la distorsione del finanziamento tramite debito/capitale proprio. I dividendi, che sono soggetti a una doppia imposizione (dapprima a livello di società e poi a livello di azionisti), sono importanti non solo come reddito per i pensionati e per finanziare istituti di ricerca, ma soprattutto come fonte di finanziamento per investimenti in nuove aree o attività. |
3.4. |
Investire in nuovi progetti più verdi è associato a un livello elevato di rischio, ed è per questo motivo che la fonte di finanziamento privilegiata in questi casi è il capitale proprio. Un fattore chiave per rafforzare la partecipazione del settore privato in investimenti verdi e digitali è l’eliminazione degli ostacoli che impediscono di accedere a fonti di nuovo capitale d’investimento. |
3.5. |
Per le nuove imprese e per gli investitori alla ricerca di opportunità di investimento più verdi e digitali, un mercato dei capitali ben funzionante è essenziale-. La disponibilità di capitali è un fattore fondamentale per ottenere risultati positivi. I dividendi contribuiscono ad accrescere la liquidità sul mercato. |
3.6. |
La sostenibilità rappresenta già un fattore competitivo, orientato al mercato e fondamentale per la capacità da parte delle imprese di attrarre clienti, dipendenti e investitori. L’attenzione per la sostenibilità è importante per la sopravvivenza della società nel lungo termine. Gli strumenti normativi devono essere concepiti in modo da sostenere il perseguimento di tali obiettivi, in conformità con i princìpi di base del funzionamento delle imprese. |
3.7. |
Se da un lato non dovrebbe esserci alcuna ingerenza nelle politiche in materia di dividendi od alcuna indebita influenza nella composizione dei consigli di amministrazione o nell’applicazione della responsabilità degli amministratori verso la società, dall’altro sono necessari incentivi appropriati per un’economia più verde. La governance societaria deve tenere conto della responsabilità sociale delle imprese, delle pertinenti direttive europee e delle linee guida dell’OCSE destinate alle multinazionali. |
3.8. |
Il riscaldamento globale è motivo di preoccupazione per tutti noi, e le imprese dovrebbero pagare il giusto prezzo di mercato per le emissioni prodotte e per la riduzione di CO2 nell’atmosfera, il che si traduce non soltanto nella tassazione delle emissioni di CO2, ma anche nell’erogazione di sovvenzioni per le attività che riducono i livelli di CO2 nell’atmosfera. |
3.9. |
Un altro ambito importante per conseguire gli obiettivi di un’economia più verde e digitale è costituito dalla tassazione di imprese sempre più digitalizzate. È necessario pervenire ad una soluzione consensuale a livello mondiale, ed è prevista la conclusione entro la fine dell’anno di un accordo globale sulla questione. Le imposte sui servizi digitali non dovrebbero pregiudicare l’innovazione né disincentivare gli investimenti nelle tecnologie digitali. |
4. Distorsione a favore del debito nella tassazione delle società
4.1. |
La distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio nei regimi di tassazione delle società ha un impatto sui costi socioeconomici nonché sulla leva finanziaria e sulla governance delle imprese. Un’eccessiva dipendenza dal finanziamento tramite debito può compromettere il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Commissione, poiché le imprese diventano vulnerabili sotto il profilo finanziario e la possibilità di intraprendere nuovi e rischiosi progetti di investimento verde ne risente negativamente. Risulta limitata anche la loro capacità di versare dividendi cosicché gli investitori possano decidere se investire in nuovi progetti. |
4.2. |
In base alle norme fiscali attualmente vigenti, gli interessi pagati sui prestiti sono deducibili dalla base imponibile, contrariamente a quanto accade per i pagamenti legati al finanziamento con capitale proprio. I pagamenti legati al finanziamento con capitale proprio si compongono di due elementi: versamenti di dividendi e plusvalenze. Queste disposizioni nazionali rendono il finanziamento tramite debito più vantaggioso rispetto al finanziamento tramite capitale proprio. |
4.3. |
Un’apposita deduzione volta a offrire alle imprese un trattamento fiscale per gli investimenti finanziati con capitale proprio più simile a quello concesso attualmente per gli investimenti finanziati tramite ricorso al debito potrebbe ridurre la vulnerabilità societaria e rappresentare uno strumento utile per promuovere investimenti sostenibili, più verdi e digitali. |
4.4. |
Va osservato che, se aumenteranno le aliquote delle imposte sul reddito delle società previste per legge, per un’impresa risulterà economicamente più interessante investire tramite il ricorso a prestiti, incoraggiando quindi le società a privilegiare — ancor più che in passato — il finanziamento tramite debito. Un tasso di inflazione e tassi d’interesse più elevati avrebbero un effetto analogo, poiché aumenterebbero gli incentivi a investire ricorrendo a prestiti. |
4.5. |
Il CESE esorta gli Stati membri a rendere i loro regimi di tassazione più neutri rispetto al finanziamento tramite debito o capitale proprio, favorendo così la diversificazione delle fonti di finanziamento e rendendo l’economia europea più resiliente. |
4.6. |
Nella proposta di direttiva riveduta relativa a una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società del 2016 è stata introdotta una deduzione per la crescita e gli investimenti (AGI), al fine di ridurre la distorsione a favore del debito e promuovere gli investimenti nella ricerca e sviluppo (R&S). Tale deduzione verrebbe concessa rendendo deducibili gli aumenti del capitale proprio dalla base imponibile a determinate condizioni (2). |
4.7. |
La Commissione europea ha annunciato che nel primo trimestre 2022 sarà presentato un progetto di direttiva che affronta la distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio (3). Il CESE attende con grande interesse di poter prendere visione di tale proposta dettagliata e di formulare osservazioni al riguardo. |
5. Governance delle imprese nel diritto societario
5.1. |
Oltre alle imposte, anche le disposizioni regolamentari possono accrescere o ridurre l’effetto degli incentivi creati con altri strumenti. Le disposizioni regolamentari dirette che disciplinano la proprietà e la capacità di usare i fondi come gli investitori e i consigli di amministrazione ritengono opportuno potrebbero creare delle difficoltà per il raggiungimento di alcuni obiettivi auspicati. |
5.2. |
In un’economia ben funzionante è importante disporre di norme e regolamenti adeguati che influenzano il funzionamento di imprese e mercati. Se i mezzi a disposizione sono utilizzati per il proprio vantaggio personale e non per accrescere il valore dell’impresa, gli azionisti dovrebbero considerarne responsabili la dirigenza di detta impresa (4). Una serie di normative regolamenta il comportamento accettabile delle imprese per quanto riguarda la lotta alla frode fiscale, all’elusione fiscale e al riciclaggio di denaro (5), al pari di alcuni accordi di vasta portata sui codici di mercato relativi ai comportamenti delle imprese negli Stati membri. Come annunciato nel Green Deal europeo e nella comunicazione della Commissione sul piano di ripresa dalla COVID-19, è importante integrare la sostenibilità nel quadro della governance delle imprese. La Commissione ha avviato una consultazione pubblica per raccogliere le opinioni dei portatori di interessi in merito a un’eventuale iniziativa sul governo societario sostenibile (6). |
5.3. |
Il CESE aderisce alla visione di un’economia europea più verde e digitalizzata in futuro, caratterizzata da equità, crescita e una fiscalità efficace, e in grado quindi di creare un contesto propizio agli investimenti e una crescita portatrice di occupazione. Per il riorientamento dei flussi di investimenti è fondamentale che siano disponibili capitali da investire nella nuova economia verde. La disponibilità di fondi che possano essere investiti, unitamente alla certezza delle regole e alla difesa dello Stato di diritto, sono fattori importanti per la riuscita del processo di transizione dell’economia europea. |
5.4. |
Il CESE condivide l’opinione della Commissione secondo cui le società dovrebbero contribuire al raggiungimento di un’economia più verde, sostenibile e digitale, privilegiando quindi gli obiettivi nel lungo termine e un’equa distribuzione tra paesi e cittadini. |
5.5. |
Il CESE è fermamente convinto che il controllo finale sulle attività societarie e la responsabilità al riguardo dovrebbero spettare agli azionisti. I proprietari di una società dovrebbero essere considerati responsabili. Il sistema attualmente in vigore negli Stati membri — costituito dai codici in materia di governance e dal diritto societario — ruota di fatto attorno agli azionisti: sono loro i proprietari della società e, in ultima analisi, i soggetti che esercitano il controllo sulle strategie e le priorità della società stessa nominandone il consiglio di amministrazione. Tale responsabilità significa che gli azionisti devono rispondere delle finanze e della condotta della società e dovrebbero perdere quote di capitale nel caso in cui la società subisca delle perdite. Questo principio di base ormai consolidato non dovrebbe essere modificato o compromesso. |
5.6. |
Ovviamente le società dovrebbero tenere debitamente conto degli obiettivi a lungo termine e delle esternalità sociali positive sia nelle loro attività quotidiane che nelle decisioni in materia di investimenti. È quanto viene richiesto sempre più di frequente dalle norme di mercato, dalle regole settoriali che disciplinano la produzione e dagli investitori in tutto il mondo, che spesso esigono l’applicazione degli standard ESG all’interno delle società (7). |
5.7. |
Subendo l’influenza delle direttive e dei regolamenti europei, il diritto societario nazionale costituisce parte integrante dell’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro, attribuendo i diritti e le responsabilità ai livelli più appropriati della struttura giuridica. Le disposizioni devono essere specifiche per paese, anche quando si tratta della composizione dei consigli di amministrazione-. La governance dell’UE e le raccomandazioni formulate dall’Unione dovrebbero garantire una concorrenza leale e valori equi per quanto riguarda il comportamento di una società. |
5.8. |
Nell’ottica di agevolare il ruolo che i fondi privati devono svolgere per conseguire le priorità stabilite dalla Commissione, è essenziale che i capitali non siano bloccati nelle società e che i fondi possano essere facilmente investiti in settori chiave definiti dall’UE. |
5.9. |
Un mercato dei capitali ben funzionante nell’UE è fondamentale soprattutto per attrarre nuovi investimenti. Il CESE invita pertanto a compiere ulteriori passi avanti verso il completamento dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC) (8). |
5.10. |
La liquidità del mercato dei capitali è importante perché vengano realizzati degli investimenti. I pagamenti dei dividendi, anche quando possono essere percepiti come troppo a breve termine, contribuiscono al paniere di fondi disponibili per nuovi investimenti nei settori verde e digitale (9). Tali pagamenti sono quindi determinanti per il buon funzionamento del mercato dei capitali allorché sono investiti in nuove operazioni o reinvestiti nell’impresa che versa i dividendi. Se all’investitore vengono versati dei dividendi, questi può sempre scegliere di reinvestirli nella vecchia impresa o in un’altra. Tuttavia, se gli utili non vengono distribuiti, l’investitore deve liquidare le sue azioni per poter investire in nuove operazioni. Questa mossa potrebbe essere vantaggiosa per l’impresa in questione e per gli investitori se il capitale non distribuito aumenta di valore, ma, così facendo, non si renderanno disponibili nuovi fondi per nuove operazioni o per investimenti in nuove aree o attività. |
5.11. |
Il pagamento dei dividendi offre agli investitori l’opportunità di affinare costantemente la loro strategia di investimento, contribuendo in tal modo alla realizzazione di progetti verdi, sostenibili, etici e digitali. È quanto più volte già osservato sui mercati dei capitali e nel settore del private equity (si pensi, ad esempio agli investimenti nella produzione di batterie per autoveicoli elettrici o nella produzione di acciaio senza emissioni di carbonio). |
5.12. |
Le nuove società dovrebbero essere assolutamente libere di crescere e cercare finanziamenti provenienti dai dividendi distribuiti agli azionisti di vecchie società già esistenti, rendendo così possibile una nuova allocazione di capitale, in linea con le priorità della Commissione. Si potrebbe prendere in considerazione l’introduzione di incentivi fiscali per nuovi investimenti verdi. |
5.13. |
Il CESE ritiene che i mercati dei capitali e i fondi privati possano svolgere un ruolo determinante nell’incoraggiare le società ad intraprendere il cammino verso un’economia sostenibile più verde e digitale. Qualunque intervento strategico da parte del legislatore europeo in materia di diritto e governo societario dovrebbe rafforzare tale ruolo. |
6. Incentivi per la riduzione delle emissioni di CO2
6.1. |
Per sostenere la trasformazione dell’economia europea e raggiungere gli obiettivi climatici, si dovrebbero applicare delle imposte (10). È importante che imprese e famiglie beneficino degli stessi incentivi in modo da conseguire una riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera al minor costo possibile. |
6.2. |
Il CESE esorta la Commissione ad adottare iniziative concrete per applicare imposte sul carbonio simili in ciascuno Stato membro al fine di armonizzare gli sforzi volti a ridurre efficacemente i livelli di CO2. Idealmente, il risultato sarebbe la creazione di condizioni uniformi in tutto il mercato unico dell’UE in termini di emissioni/riduzioni da tassare, nonché di metodi e aliquote d’imposta specifici perché l’impatto sul livello di CO2 nell’atmosfera sia uguale. |
6.3. |
In particolare, i paesi UE dovrebbero adottare una politica fiscale ambientale completa e simmetrica in relazione all’impatto del CO2 sul riscaldamento globale. Occorre introdurre imposte con aliquote sia positive che negative. Il gettito delle imposte sul CO2 dovrebbe essere reinvestito nel finanziamento di incentivi, a livello locale, regionale e nazionale, a sostegno delle tecniche di riduzione delle emissioni di carbonio. |
6.4. |
Se la vendita di prodotti forestali è tassata in quanto fonte di reddito per il proprietario della foresta, si dovrebbe invece riconoscere che l’imboschimento e il rimboschimento riducono il CO2 presente nell’atmosfera e, pertanto, adottando un approccio fiscale simmetrico al problema del riscaldamento globale, queste attività dovrebbero essere incentivate attraverso un’imposta negativa sulle emissioni di carbonio. Si tratterebbe di una misura importante per realizzare gli obiettivi climatici. |
6.5. |
Idealmente, il risultato dovrebbe essere la creazione di condizioni uniformi in tutto il mondo in termini di emissioni/riduzioni da tassare, nonché di metodi e aliquote d’imposta specifici perché l’impatto sul livello di CO2 nell’atmosfera sia uguale. |
7. Evitare di disincentivare la digitalizzazione
7.1. |
L’uso dei dati e il ricorso a nuovi modelli imprenditoriali hanno determinato la necessità di rivedere i princìpi di tassazione internazionali che determinano le modalità di distribuzione del gettito fiscale tra i vari paesi. È importante raggiungere e attuare un consenso globale (11). |
7.2. |
Nel pacchetto fiscale è inclusa una proposta sull’applicazione di un’aliquota minima effettiva dell’imposta sulle società del 15 %. L’accordo OCSE/G20 punta a limitare la concorrenza fiscale, in particolare quella di paesi che applicano aliquote inferiori a questa soglia minima, e stabilisce che la MLC (convenzione multilaterale) imporrà a tutte le parti dell’accordo di eliminare tutte le imposte sui servizi digitali e altre misure analoghe pertinenti nei confronti di tutte le imprese, e di impegnarsi a non introdurre misure di questo tipo in futuro. Una definizione dettagliata di quel che si intende con «misure analoghe pertinenti» sarà elaborata nel quadro dell’adozione della MLC e della relativa dichiarazione esplicativa (12). |
7.3. |
Il CESE ritiene importante che siano introdotte norme adeguate per promuovere l’ulteriore digitalizzazione dell’economia europea, affinché sia possibile realizzare l’obiettivo di un’economia più verde e digitalizzata. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Perché risultino efficaci, i fondi necessari devono essere raccolti in modo efficiente rispetto ai costi ed essere ben spesi nei vari Stati membri, contribuendo alla realizzazione di investimenti che non sarebbero stati effettuati senza i trasferimenti di risorse.
(2) Un importo pari al rendimento nozionale degli aumenti della base patrimoniale AGI sarebbe deducibile dalla base imponibile. Il rendimento nozionale è pari al rendimento dei titoli di riferimento a dieci anni della zona euro nel mese di dicembre dell’anno che precede il relativo esercizio fiscale, maggiorato di un premio di rischio di due punti percentuali. Cfr. la direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile comune per l’imposta sulle società, COM(2016) 685 final, 2016/0337 (CNS) (2016).
(3) Indennità per la riduzione della distorsione a favore del debito rispetto al capitale proprio (Debt Equity Bias Reduction Allowance — DEBRA), comunicazione della Commissione Tassazione delle imprese per il XXI secolo, COM(2021) 251 final.
(4) Deve essere vietato l’utilizzo da parte dei dirigenti di fondi aziendali per spese in beni di lusso non collegate agli obiettivi perseguiti dall’impresa.
(5) Cfr. il parere del CESE sul tema Lotta contro la frode fiscale, l'elusione fiscale e il riciclaggio di denaro, (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6).
(6) Consultazione sul governo societario sostenibile; periodo della consultazione: 26 ottobre 2020 — 08 febbraio 2021.
(7) I criteri ESG (Environmental, Social and corporate Governance) si riferiscono ai fattori ambientali, sociali e di governo societario che vengono presi in considerazione quando si investe in una società. Sebbene la loro origine risalga a diversi decenni fa, negli ultimi anni tali criteri sono diventati un punto di riferimento per gli investimenti socialmente responsabili.
(8) Cfr. il parere del CESE sul tema Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d’azione (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20).
(9) Numerosi ricercatori hanno analizzato e discusso l’eventuale presenza di una visione a breve termine nella politica dei dividendi; cfr. ad esempio Martin Carlsson-Wall et al.,Corporate Governance and Short-Termism: An in-depth Analysis of Swedish data (Governance societaria e visione a breve termine: un’analisi approfondita di dati relativi alla Svezia), Stockholm School of Economics, 2021. Dai risultati empirici basati sui dati raccolti nel periodo 2000-2019 in relazione a 786 aziende singole e 7 389 imprese/anni non emergono indicazioni concrete di una visione finanziaria improntata al breve termine.
(10) Cfr. il parere del CESE sul tema Meccanismi fiscali per la riduzione delle emissioni di CO2 (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 21).
(11) Cfr. il parere del CESE sul tema Tassazione delle imprese per il XXI secolo (ECO/558).
(12) Progetto OCSE/G20 sull'erosione della base imponibile e trasferimento degli utili — Dichiarazione sull'approccio a due pilastri per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia, 8 ottobre 2021, pag. 7 (in inglese).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/19 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il volontariato: cittadini che costruiscono il futuro dell’Europa»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/04)
Relatore: |
Krzysztof PATER |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
24.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
214/3/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che i responsabili decisionali devono essere consapevoli, nell’ambito del dibattito sul futuro dell’Europa, del fatto che tale futuro sarà plasmato non solo dai politici e dalle istituzioni, comprese le organizzazioni della società civile, ma anche da milioni di cittadini: volontari che ogni giorno, dentro e fuori delle organizzazioni della società civile, impiegano con spirito di solidarietà il loro tempo e la loro energia per il bene comune. |
1.2. |
Il volontariato coinvolge milioni di cittadini dell’Unione europea che agiscono per solidarietà verso il prossimo, individualmente o all’interno di strutture organizzate sia informali che formali. Questo movimento richiede un sostegno sistematico e attentamente ponderato a livello dell’UE e degli Stati membri, perché il suo impatto sullo sviluppo sociale è ben superiore al costo potenziale. Il CESE auspica che nei prossimi anni tale supporto registri cambiamenti qualitativi positivi, che riflettano meglio il valore dei volontari per il futuro dell’Europa. |
1.3. |
Il CESE invita la Commissione europea ad agire per far sì che il 2025 sia proclamato Anno europeo dei volontari, considerando che ciò costituirebbe:
|
1.4. |
L’attività dei volontari ha un reale valore economico (pari in numerosi paesi a oltre il 2 % del PIL); in molti ambiti sociali i volontari sono necessari per soddisfare le esigenze fondamentali dei cittadini, compresa la loro sicurezza; i volontari svolgono un ruolo cruciale nell’attuazione di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite; i volontari sono presenti in ogni gruppo sociale e classe di età. Il CESE ritiene pertanto irragionevole limitare ai soli giovani i programmi di sostegno ai volontari a livello dell’UE e finanziati dall’UE. |
1.5. |
Facendo seguito a un parere presentato nel 2013 (1), il CESE invita ancora una volta la Commissione europea ad adottare misure decisive per elaborare norme dettagliate che consentano una raccolta di dati comparabili sulle attività di volontariato in tutti gli Stati membri, sottolineando che, in mancanza di dati affidabili, è impossibile perseguire una politica efficace in qualsiasi settore. |
2. Il concetto di volontariato
2.1. |
A livello dell’UE non esiste una definizione ufficiale del termine «volontariato», ma esso è generalmente riferito a tutte le forme di attività volontaria, formale o informale, intrapresa da una persona per sua scelta e senza scopo di lucro, e che contribuisce al bene comune. |
2.2. |
La definizione di lavoro volontario pubblicata nel 2011 dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel suo Manual on the Measurement of Volunteer Work [Manuale sulla misurazione del lavoro volontario] è coerente con l’interpretazione corrente del concetto di volontariato. In base a tale definizione, il volontariato è da intendersi come lavoro non retribuito e non obbligatorio; ossia, tempo donato da individui, in assenza di retribuzione, per svolgere attività tramite un’organizzazione o direttamente per altri al di fuori della propria famiglia (2). Questa definizione può essere utilizzata nella ricerca comparativa internazionale per misurare il volontariato formale (spesso descritto come lavoro volontario indiretto) e quello informale (che l’OIL (3) chiama «lavoro volontario diretto») in vari sistemi culturali e giuridici. Il CESE sottolinea che la risoluzione sulle statistiche del lavoro, dell’occupazione e del sottoutilizzo della manodopera, adottata nell’ottobre 2013 alla 19a conferenza internazionale degli statistici del lavoro dell’OIL (4) (e comprendente una nuova definizione del lavoro che distingue tra lavoro retribuito e non retribuito, nonché modifiche alla raccolta di dati relativi al lavoro), dovrebbe migliorare la capacità di misurare il volontariato in quanto attività distinta da altre forme di lavoro non retribuito, come l’assistenza alle persone nella propria famiglia. |
2.3. |
Le analisi del volontariato si basano molto spesso su una distinzione tra volontariato formale e informale. Il volontariato formale, comprendente attività svolte in un contesto organizzato, coinvolge persone che operano attraverso organismi organizzati (strutturati) quali ONG, associazioni o istituzioni pubbliche. Per volontariato informale si intende l’aiuto non retribuito fornito da singoli individui ad altre persone esterne alla cerchia dei loro conviventi o familiari, ma non nel contesto di un’organizzazione formale. Il CESE constata con rammarico che il volontariato informale spesso non è riconosciuto come volontariato dalle persone che offrono la loro assistenza, dai beneficiari delle loro azioni o dai quadri giuridici sul volontariato di alcuni Stati membri dell’UE. Questo è uno dei motivi per cui il ruolo dei volontari è attualmente sottovalutato. |
2.4. |
Attività di volontariato possono svolgersi in modo occasionale, in relazione a un evento o sotto forma di soccorso in caso di catastrofe, ad esempio in seguito a un incendio o a un’alluvione. L’attività di volontariato può anche rappresentare un impegno più costante. Essa può svolgersi in settori connessi alle persone, come i servizi sociali, la sanità, l’istruzione, lo sport ecc., o può riguardare progetti ambientali e infrastrutturali quali la protezione e il ripristino delle risorse naturali o la manutenzione di giardini pubblici. Il volontariato occasionale può svolgersi anche in questi contesti, ma questi settori sono caratterizzati dall’attività di volontari più regolari. |
2.5. |
Il CESE sottolinea che i quadri giuridici per il volontariato in Europa dovrebbero promuovere e incoraggiare un volontariato di qualità e non dovrebbero creare inutili ostacoli a tale attività. Requisiti quali l’assicurazione per i volontari, i contratti di volontariato e i controlli dei precedenti penali dovrebbero essere attuati con attenzione, tenendo a mente i principi guida della qualità e dell’accesso. |
2.6. |
Nel parere del 2013 il CESE ha osservato che «[i] dati disponibili sul volontariato allo stato attuale non consentono di condurre le analisi richieste nei documenti della Commissione europea, del Parlamento, del Consiglio europeo e del CESE. Ad oggi, infatti, non vi è alcuna possibilità di monitorare effettivamente né l’importanza economica del volontariato né il suo contributo alla realizzazione delle politiche dell’UE. Non è possibile stabilire quanto tempo venga dedicato complessivamente al lavoro volontario né il valore pecuniario del volontariato, e quindi non è possibile valutarne l’entità in base a parametri economici universali, come ad esempio l’occupazione nazionale (numero di occupati nell’economia nazionale) o il PIL». Il CESE ha inoltre chiesto un lavoro preparatorio che, sulla base della proposta quadro dell’OIL, porti alla definizione di norme dettagliate per lo svolgimento di studi e ricerche nell’UE. Il CESE osserva con rammarico che da allora non è stato fatto alcun progresso nella creazione di un sistema comune per misurare il valore del volontariato in Europa. Invita pertanto nuovamente la Commissione europea ad agire con decisione per attuare le proprie raccomandazioni, sottolineando che, in assenza di dati affidabili, è impossibile perseguire una politica efficace in qualsiasi settore. |
2.6.1. |
Il CESE sottolinea che una migliore raccolta dei dati, che vada al di là del PIL e del valore economico e consideri anche il tempo messo a disposizione dai volontari, la loro età, il genere, i settori di attività e più in generale il valore aggiunto per la società, ad esempio in termini di salute e benessere, qualità della vita e indicatori di coesione sociale, sarebbe utile a tutti i livelli. |
2.6.2. |
Solo pochi istituti nazionali di statistica hanno avviato e condotto ricerche sul volontariato mediante la metodologia dell’OIL, e la Polonia è l’unico paese il cui istituto nazionale di statistica abbia già condotto tali ricerche per due volte, nel 2011 e nel 2016, mentre un ulteriore studio è previsto per l’inizio del 2022. Secondo lo studio condotto nel 2011 il valore del lavoro volontario ammontava a circa il 2,8 % del PIL (5), mentre in base allo studio del 2016 tale valore era pari a circa l’1,2 % del PIL (6). Questa ampia discrepanza è dovuta ad alcuni cambiamenti di metodologia, tra cui il fatto che, mentre nel 2011 le domande includevano attività volontarie intraprese dall’intervistato a favore di familiari che vivono in un altro nucleo familiare, nel 2016 tale attività non è stata presa in considerazione. Inoltre, le domande del 2011 riguardavano attività svolte nell’intero anno 2010, mentre nel 2016 sono state prese in considerazione solo le attività di volontariato intraprese durante un periodo di 4 settimane nel primo trimestre immediatamente precedente l’indagine. Questo esempio mostra chiaramente che non è possibile ottenere dati comparabili senza sviluppare una metodologia avviata da Eurostat e comune a livello dell’UE. |
2.7. |
Il volontariato ha un valore per i singoli individui, le comunità, l’ambiente, l’economia e la società in generale, in quanto espressione di solidarietà altamente visibile. Esso promuove e facilita l’inclusione sociale, costruisce capitale sociale e ha un effetto trasformativo sulla società. Lo sviluppo di una società civile dinamica e fiorente con volontari impegnati può offrire soluzioni creative e innovative alle sfide comuni. Il volontariato contribuisce alla crescita economica e, in quanto tale, merita una misurazione specifica e mirata in termini di capitale sia economico che sociale. Esso svolge inoltre un ruolo sempre più importante nella protezione dell’ambiente ed è una fonte fondamentale di apprendimento per molti volontari. In considerazione di ciò, le politiche pubbliche, pur essendo direttamente mirate a sostenere i volontari, dovrebbero anche tener conto della necessità di un’infrastruttura di sostegno al volontariato con finanziamenti sufficienti e adeguati per misure di sostegno quali i costi di formazione e assicurazione. |
3. Attività di volontariato a livello dell’UE
3.1. |
Il CESE osserva con rammarico che, una volta concluso l’Anno europeo del volontariato 2011, il volontariato ha cominciato a scomparire gradualmente dall’agenda europea. Nei documenti ufficiali esso è stato menzionato solo sporadicamente, in occasione dell’istituzione dei Volontari dell’Unione per l’aiuto umanitario e del Corpo europeo di solidarietà, e come tema prioritario del programma Europa per i cittadini. |
3.2. |
Il CESE sottolinea che la ricerca sul volontariato condotta negli Stati membri è stata di modesta entità. Essa ha riguardato vari aspetti del volontariato (ad esempio il livello di partecipazione a tale attività, il profilo demografico delle persone coinvolte e la loro motivazione). Tale ricerca non può essere utilizzata a fini di analisi a livello dell’UE per la mancanza di coerenza degli approcci metodologici, anche per quanto riguarda la portata della definizione di volontariato e le differenze nelle date di ricerca. La relazione realizzata nel 2010 su richiesta della Commissione europea dalla società di consulenza GHK (7) costituisce a tutt’oggi la fonte di dati più recente, completa e utile, nonostante i suoi limiti in termini di comparabilità dei dati. |
3.2.1. |
La relazione GHK segnalava che il 22-23 % dei cittadini dell’UE di età superiore ai 15 anni è stato coinvolto in attività di volontariato, definito come un’attività svolta spontaneamente da una persona, principalmente all’interno di un’organizzazione non governativa per una causa senza scopo di lucro. |
3.2.2. |
Allo stesso tempo la relazione ha indicato che, a causa di differenze metodologiche, il grado di scostamento nei risultati può essere spesso pari a 30-40 punti percentuali. |
3.3. |
Il modulo ad hoc Partecipazione sociale/culturale e deprivazione materiale (8), aggiunto nel 2015 all’indagine annuale Eurostat sul reddito e sulle condizioni di vita, conteneva alcune domande sulle attività di volontariato. Sulla base dei dati ottenuti da tale sondaggio si stima che circa il 18,9 % dei cittadini dell’UE partecipi al volontariato formale e circa il 22,5 % al volontariato informale, un livello di coinvolgimento dei cittadini dell’UE simile a quello indicato nella relazione GHK. |
3.4. |
Il sondaggio Flash Eurobarometro Gioventù europea, presentato nell’aprile 2015 (9), contiene i dati più recenti disponibili sull’attività dei cittadini dell’UE di età compresa tra i 15 e i 30 anni. Il CESE osserva che le analogie tra i dati sui giovani contenuti in questo studio e quelli relativi a tutti i cittadini adulti dell’UE, provenienti da altri studi, dimostrano chiaramente che tutte le fasce di età sono ugualmente coinvolte nel volontariato. |
3.4.1. |
Dal sondaggio Gioventù europea emerge che nei 12 mesi precedenti il 25 % dei giovani dell’UE aveva partecipato a un’attività di volontariato organizzata, ma tale percentuale variava notevolmente (tra il 10 % e il 42 %) da uno Stato membro all’altro. |
3.4.2. |
Il sondaggio giunge inoltre alla conclusione che le attività di volontariato intraprese dai giovani si concentrano su due settori principali: beneficenza, aiuto umanitario e aiuto allo sviluppo (44 %); istruzione, formazione e sport (40 %). Si tratta anche delle attività di volontariato più comuni svolte dai giovani in ciascuno Stato membro. |
3.4.3. |
Il 93 % degli intervistati ha dichiarato di non aver mai svolto attività di volontariato all’estero. |
3.4.4. |
Il nuovo Corpo europeo di solidarietà, che ora include il volontariato in situazioni di aiuto umanitario (precedentemente ambito di competenza del corpo volontario europeo di aiuto umanitario), dovrebbe avere una forza e una portata sufficienti da condurre a un’intensificazione del volontariato da parte dei giovani, soprattutto in altri paesi, sia all’interno che all’esterno del programma. Occorrerebbe mettere a disposizione le risorse necessarie per conseguire tale obiettivo. Bisognerebbe inoltre valutare la possibilità di estendere il programma per sostenere l’impegno nel volontariato tra le persone di età superiore ai 30 anni o, in alternativa, dovrebbero essere messe a disposizione ulteriori risorse dell’UE per sviluppare un programma parallelo senza limiti di età. |
3.5. |
Nel gennaio 2021 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’invecchiamento, in cui si sottolinea che un gran numero di anziani continua a dare un contributo attivo e valido alla società e all’economia, con un 20 % delle persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni impegnate in attività di volontariato formale e persone di età superiore ai 75 anni che mantengono tale impegno per quanto consentito dalla loro salute. |
3.6. |
Nel settembre 2020 il Consiglio dell’Unione europea ha presentato le sue conclusioni finali sul tema «Diritti umani, partecipazione e benessere degli anziani nell’era della digitalizzazione» (10), nelle quali, tra l’altro, ha invitato la Commissione a valutare la possibilità di creare una piattaforma digitale sul tema «Partecipazione e volontariato dopo la vita lavorativa». |
3.6.1. |
Tale piattaforma potrebbe fornire informazioni agli anziani in merito all’avvio di attività di volontariato in paesi diversi dal proprio, nonché informare le autorità locali e altri attori su come coinvolgere gli anziani nel volontariato e fornire orientamenti e informazioni alle persone interessate a trovare opportunità di volontariato adatte agli anziani in tutta Europa. |
3.6.2. |
Il CESE sostiene con forza la creazione di una piattaforma di questo tipo che integri le piattaforme esistenti ed eviti la duplicazione degli sforzi, e sottolinea nel contempo che le attività di volontariato degli anziani svolgono un ruolo importante sia per i beneficiari di tali attività sia per i volontari stessi, che vengono messi in condizione di rimanere attivi al di là dell’ambito lavorativo e beneficiano di un considerevole effetto positivo sul loro benessere mentale e fisico. |
3.6.3. |
Il CESE sottolinea che il Corpo europeo di solidarietà per i giovani e la piattaforma proposta per sostenere i volontari anziani dovrebbero costituire la base per una politica europea di volontariato più globale e trasversale, volta a promuovere la solidarietà e la responsabilità verso e tra persone di tutte le età che contribuiscono liberamente al futuro dell’Europa sulla base della solidarietà e dei valori europei. |
3.6.4. |
Il CESE chiede che tale piattaforma venga gradualmente estesa a volontari di fasce d’età più ampie, e che vengano compiuti sforzi maggiori per ridurre gli ostacoli al volontariato transfrontaliero, quali la perdita del diritto ai benefici pubblici e ai sistemi di sostegno, i diritti di residenza, e disposizioni connesse, come l’accesso alla telefonia mobile e ai contratti di connettività Internet. |
3.7. |
Molti volontari in tutta Europa sono impegnati in attività che sono in sintonia con progetti dell’UE che la Commissione europea conduce da molto tempo (di fondamentale importanza per il futuro dell’Europa, ad esempio per quanto riguarda la vaccinazione, la digitalizzazione, le questioni climatiche, le riforme finanziarie, il dibattito sull’energia nucleare, le riforme del lavoro ecc.). Poiché i cittadini devono acquisire una comprensione fattuale e imparziale delle principali proposte delle istituzioni dell’UE prima di poterle appoggiare, il CESE invita la Commissione europea a sostenere attivamente le attività svolte da volontari che possono contribuire a ottenere l’adesione dei cittadini a progetti chiave dell’UE, anche riducendo il rischio di informazioni false e distorte. |
3.8. |
L’aumento del finanziamento forfettario o a tasso fisso dei progetti dovrebbe consentire di riconoscere il contributo dei volontari come cofinanziamento per le sovvenzioni dell’UE. Tuttavia nella pratica ciò non funziona bene perché in genere i contributi volontari sotto forma di tempo messo a disposizione dai volontari non possono essere inclusi nei conti organizzativi. Inoltre molte agenzie che gestiscono le sovvenzioni dell’UE esigono che vengano fornite ricevute per l’intero importo dei pagamenti forfettari o a tasso fisso, il che è in contrasto con l’intenzione e lo spirito dell’approccio in materia di finanziamenti quale metodo di calcolo. Il CESE ribadisce a questo proposito le richieste formulate nei pareri adottati nel 2006 (11) e nel 2013 (12), e si rammarica del fatto che non siano ancora state pienamente attuate. Il CESE osserva che i programmi di finanziamento del Consiglio d’Europa dispongono effettivamente di un meccanismo per includere il tempo messo a disposizione dai volontari come cofinanziamento delle loro sovvenzioni. |
3.9. |
Il CESE sostiene con forza il concorso Capitale europea del volontariato (13), lanciato nel 2013 dal Centro per il volontariato europeo nel quadro dell’eredità dell’Anno europeo del volontariato 2011, che collega le politiche e le pratiche locali in materia di volontariato al contesto europeo e ai valori e ai quadri di intervento europei. Il CESE chiede che l’iniziativa sia incoraggiata e sostenuta da tutte le istituzioni dell’UE, con particolare attenzione anche per il livello subnazionale, quale mezzo per avvicinare i cittadini ai responsabili politici dell’UE e dimostrare il sostegno dell’UE alle attività solidali e ai cittadini attivi che contribuiscono al futuro dell’Europa. Il CESE invita la Commissione europea a sostenere attivamente la diffusione di buone pratiche nelle politiche pubbliche che sostengono le attività di volontariato a livello locale, avvalendosi in particolare degli esempi dei comuni che sono stati candidati e vincitori del concorso Capitale europea del volontariato. |
4. Tendenze nelle attività di volontariato
4.1. |
Il CESE sottolinea che i cambiamenti demografici in corso avranno un impatto sull’attività dei volontari nei prossimi anni. |
4.1.1. |
L’Europa è caratterizzata da un invecchiamento demografico e da tassi di natalità più bassi. Ne consegue che vi sono più volontari qualificati disponibili più a lungo, ma anche più anziani che necessitano del sostegno dei volontari perché vivono più a lungo. Con il calo dei tassi di natalità, tuttavia, potrebbero mancare giovani nelle attività di volontariato e saranno necessari più progetti tra pari per i volontari adulti e anziani. |
4.1.2. |
Le popolazioni europee sono sempre più variegate e mutevoli, e serviranno maggiori sforzi volti a garantire l’inclusione sociale. Gli Stati membri non possono pagare tutto questo attraverso le finanze pubbliche e, anche se disponessero dei fondi necessari, la questione non è esclusivamente finanziaria. Per una reale inclusione è necessario un approccio più umano e solidale, e quindi volontari che agiscano sulla base della solidarietà col prossimo. Quando le famiglie sono più disperse nei diversi paesi e nel continente europeo, è necessario uno sforzo maggiore per combattere la solitudine e fornire sostegno attraverso servizi sociali. Il CESE ritiene che le autorità pubbliche a livello dell’UE, degli Stati membri e degli enti locali debbano essere preparate a tale evenienza e che il processo debba includere la creazione di condizioni favorevoli all’espansione delle attività di volontariato. |
4.1.3. |
Gli Stati membri riscuotono meno imposte e i bilanci pubblici vengono ridotti, ma contemporaneamente si registra una maggiore domanda di servizi. L’aumento delle disuguaglianze e della povertà accresce le esigenze della popolazione, ma ciò contrasta con una riduzione dei finanziamenti per le organizzazioni della società civile, che potrebbero fare molto, con il sostegno dei volontari, per migliorare la situazione di singoli cittadini e famiglie. Il CESE sottolinea la necessità di raggiungere un equilibrio migliore. |
4.2. |
Il CESE sottolinea che i cambiamenti in corso nello stile di vita e nei tipi di attività che generano riconoscimento sociale, o la necessità per le generazioni più giovani di sviluppare nuove competenze che possano essere utili dal punto di vista professionale, possono determinare uno squilibrio tra l’interesse dei cittadini per le attività di volontariato e le reali opportunità di svolgerle, e che il livello di volontariato può pertanto diminuire, nonostante la domanda e l’offerta elevate. Questo fenomeno deve essere costantemente monitorato per consentire, a tempo debito, adeguamenti delle politiche pubbliche. |
4.3. |
Viene ampiamente constatato uno spostamento dal volontariato tradizionale, regolare, a lungo termine e basato su impegni pianificati e di più lungo periodo, ad attività di volontariato occasionali. Molti volontari sono pronti a intraprendere un’attività saltuaria, anche per un evento isolato, ma non vogliono assumere alcun impegno personale a lungo termine. Questa tendenza si riflette nella crescita del «turismo del volontariato», nel cui ambito le persone viaggiano allo scopo specifico di svolgere attività di volontariato o di cogliere le opportunità di volontariato durante le vacanze. Occorre aver cura di garantire che questo tipo di volontariato sia incentrato sulle reali esigenze della società. Il volontariato dovrebbe essere vietato nei casi in cui potrebbe fare più male che bene, ad esempio in contesti istituzionali con minori o altre persone vulnerabili (come gli orfanotrofi). |
4.4. |
Un’altra tendenza osservata negli ultimi anni è la comparsa di intermediari, quali istituti di assistenza sociale o di istruzione, organizzazioni religiose, organizzatori di volontariato familiare, centri locali di volontariato o volontariato (aziendale) dei lavoratori. Questi organismi aiutano i volontari a trovare un luogo di attività, cercando organizzazioni che collochino direttamente i volontari. Ciò fornisce sostegno alle persone in cerca di un’opportunità per iniziare un’attività di volontariato. C’è tuttavia il rischio che le attività di questi intermediari incidano negativamente sulla percezione del volontariato nella società, specie se assumono un carattere, ad esempio, commerciale. |
4.5. |
I progressi nella capacità online e nei social media consentono ai cittadini di organizzarsi più facilmente per attività di volontariato ad hoc. Ciò rende inoltre tutti i tipi di opportunità di volontariato più immediatamente accessibili ai cittadini, con piattaforme online che abbinano l’offerta alla domanda. Il rapido sviluppo delle nuove tecnologie ha consentito l’espansione di nuove forme di volontariato, come il volontariato online, che non dipende da orari e luoghi specifici e può svolgersi ovunque il volontario abbia un accesso ai servizi online e un dispositivo da cui collegarsi. |
4.5.1. |
Il CESE sottolinea che occorre tuttavia aver cura di non escludere dal volontariato le persone sprovviste di un accesso online. |
4.5.2. |
Il CESE rileva che i quadri giuridici per il volontariato negli Stati membri devono tenere il passo con questo cambiamento e garantire, per quanto riguarda ad esempio la protezione dei dati, che le persone vulnerabili continuino a essere protette e che i volontari siano adeguatamente formati, anche quando svolgono attività di volontariato in modo informale e ad hoc. I responsabili politici non dovrebbero pensare che nel momento in cui le persone possono organizzarsi autonomamente online non occorra finanziare il sostegno al volontariato e le organizzazioni della sua infrastruttura. |
4.6. |
Il CESE rileva l’esigenza di una maggiore cooperazione intersettoriale tra le parti sociali nel quadro del volontariato dei lavoratori dipendenti. Per avere il massimo impatto, i datori di lavoro e i lavoratori dovrebbero collaborare con le organizzazioni della società civile dotate di esperienza nel settore e/o nella causa che desiderano sostenere, piuttosto che cercare di attuare direttamente programmi di volontariato. |
4.7. |
Il CESE riconosce che il «turismo del volontariato» è un settore in crescita in Europa e dovrebbe essere regolamentato per proteggere l’integrità del volontariato, i potenziali volontari e le comunità locali. |
4.8. |
Il 54 % dei giovani che hanno risposto a un sondaggio Eurobarometro (14) ha dichiarato di non aver sostenuto alcuna spesa nell’ambito delle loro attività di volontariato, mentre il 28 % ha dichiarato di aver sostenuto spese ma di non aver ricevuto alcun contributo, e il 16 % di aver sostenuto spese e ricevuto contributi a fronte di tali spese. I beneficiari e i coordinatori del lavoro dei volontari devono tenere conto di tali dati, in modo che le spese non diventino un ostacolo alla partecipazione dei giovani. Il CESE sottolinea l’importanza di rimborsare ai volontari anche piccole spese, e si aspetta che le autorità nazionali e locali degli Stati membri promuovano e sostengano tale approccio senza conseguenze fiscali sfavorevoli per i volontari o le organizzazioni interessate. |
4.9. |
In tutta Europa si osservano delle incongruenze nei quadri giuridici e nei requisiti giuridici e di sicurezza per i volontari e i loro beneficiari. Il CESE sottolinea la necessità di adottare misure per razionalizzare il sistema a vantaggio di tutti i soggetti coinvolti e della loro sicurezza. Occorrerebbe introdurre sul mercato assicurativo di tutti i paesi un’assicurazione responsabilità civile per i volontari e predisporre un sostegno pubblico e/o di fondazione per coprire i costi. In ogni Stato membro il certificato del casellario giudiziale dovrebbe essere reso obbligatorio per chi svolge attività di volontariato con bambini o persone vulnerabili ed essere accessibile agevolmente e a basso costo per i potenziali volontari. Il CESE invita tutti gli Stati membri ad attuare tali soluzioni ed esorta la Commissione europea a promuovere le migliori pratiche in questo campo. Tali attività favoriranno anche il volontariato transfrontaliero. |
4.10. |
Il CESE ritiene che quanto più precocemente i giovani siano avviati ad attività di volontariato tanto più è probabile che diventino adulti socialmente coinvolti e impegnati a fare la loro parte per il futuro dell’Europa. Bisognerebbe incoraggiare iniziative quali programmi di apprendimento attraverso l’impegno sociale (service-learning) nelle scuole e il volontariato familiare. All’occorrenza i quadri giuridici dovrebbero essere adattati per consentire anche ai giovani e ai minori di svolgere attività di volontariato. Le organizzazioni giovanili svolgono un ruolo molto importante in questo processo e dovrebbero pertanto ricevere un sostegno adeguato e sufficiente da parte delle autorità pubbliche. |
5. Il ruolo dei volontari nella comunità
5.1. |
Indubbiamente i volontari creano un notevole valore economico, ambientale e sociale. Nelle organizzazioni senza fini di lucro i volontari sono spesso essenziali per garantire l’efficace esecuzione dei compiti, e costituiscono una delle risorse più importanti di tali organizzazioni. Essi sono spesso riconosciuti dal mondo esterno come simbolo delle attività di tali entità. Per molti, e specialmente per i giovani, il volontariato è qualcosa di speciale. Si tratta spesso della prima attività in cui sono messi in grado di rispondere a reali esigenze sociali e di vedere rapidamente gli effetti delle loro azioni come cittadini impegnati, cosa che riduce considerevolmente il rischio di esclusione sociale. |
5.2. |
In molti casi diventa giuridicamente più difficile per i cittadini organizzarsi in rapporto a questioni di interesse comune e quindi coinvolgere in qualità di volontari persone che contribuiscano alla società senza perseguire un guadagno personale. Occorre garantire i diritti di associazione, i finanziamenti pubblici e il sostegno alle organizzazioni della società civile. Il CESE fa osservare che il finanziamento pubblico delle organizzazioni della società civile contribuisce notevolmente non solo alla loro funzione e al loro ruolo nella società, ma anche al mantenimento della loro indipendenza e della loro capacità di garantire processi democratici interni che consentano ai loro membri di vedere le proprie aspettative riconosciute e rappresentate senza ingerenze esterne. |
5.2.1. |
Una società civile ben funzionante è indice di una democrazia sana, e contribuisce notevolmente alla qualità della vita, alla pace e alla stabilità. La democrazia partecipativa è complementare alla democrazia rappresentativa e non rappresenta una minaccia. |
5.2.2. |
Il finanziamento pubblico delle organizzazioni che coordinano le attività dei volontari consente, attraverso uno specifico meccanismo di leva finanziaria, di ottenere per la società benefici molto maggiori, che hanno un reale valore economico. |
5.3. |
In Europa c’è una crescente propensione a impegnarsi in attività di volontariato a breve termine, spesso con un evidente guadagno personale, ad esempio in occasione di un festival o di un concerto, anziché assumere un impegno a lungo termine per rispondere a una ben precisa necessità sociale. Il CESE auspica che i responsabili politici facciano di più per promuovere il valore aggiunto del volontariato in quanto capitale sociale piuttosto che come mera opportunità personale o meccanismo per risparmiare sui costi delle risorse umane. Poiché i cittadini dispongono di una scelta sempre più vasta di opportunità per l’uso del loro tempo libero, per mantenere l’attrattiva del volontariato le autorità pubbliche devono aiutare i volontari e le organizzazioni che sostengono le loro attività a dimostrare meglio il loro valore e il loro impatto. |
5.4. |
Durante la pandemia di COVID-19 molti responsabili politici e comuni cittadini hanno potuto constatare il particolare impatto potenziale e reale del volontariato, sotto forma sia di attività strutturate, coordinate da un’istituzione pubblica o un’organizzazione pubblica, che di attività individuali ad hoc, intraprese spontaneamente sulla base della volontà di fornire aiuto. Con l’assegnazione del Premio CESE per la solidarietà civile (15) a organizzazioni e persone impegnate in attività di volontariato legate all’impatto della COVID-19, il Comitato ha reso omaggio a centinaia di migliaia di volontari che nel 2020 in tutta Europa hanno prestato assistenza a persone in stato di bisogno a causa della pandemia. |
5.5. |
I lavoratori con orari di lavoro meno regolari e una vita lavorativa meno stabile incontrano maggiori difficoltà ad assumere impegni a lungo termine nel campo del volontariato. Ad esempio, i dipendenti degli esercizi commerciali cui viene comunicato con un preavviso di sole 24 ore che devono lavorare hanno grandi difficoltà a impegnarsi in attività di volontariato. Lo stesso vale, ad esempio, per molti lavoratori a chiamata. Il CESE fa osservare che occorrerebbe sostenere le organizzazioni di volontariato mettendo a loro disposizione delle competenze, comprese le buone pratiche, sullo sviluppo di capacità aggiuntive per far fronte a questa mutevole disponibilità di potenziali volontari e sviluppare nuove modalità di gestione dei volontari. |
5.6. |
Il social prescribing (sostegno del paziente da parte della comunità) (16) costituisce un mezzo per affrontare problemi di salute senza, o in parallelo alla, prescrizione di farmaci. Il volontariato è diventato una componente efficiente e sempre più popolare dei regimi di social prescribing. La ricerca dimostra che il volontariato ha un impatto positivo sulla salute mentale e che la partecipazione ad attività di volontariato nel quadro del social prescribing apporta dei benefici. Il CESE ritiene che nel quadro della ripresa dalla crisi della COVID-19 si dovrebbe ricorrere maggiormente in Europa al volontariato come pratica di social prescribing, monitorandone attentamente l’impatto. Si dovrebbe garantire che le organizzazioni che offrono posti di volontariato nell’ambito di programmi di social prescribing si conformino a principi etici e a orientamenti di qualità, affinché le loro azioni abbiano un impatto elevato, siano basate sulle esigenze, abbiano un valore aggiunto e vengano svolte su base volontaria. |
5.7. |
Alla luce degli effetti positivi dell’Anno europeo del volontariato 2011, della grande necessità di creare un quadro giuridico e sociale per lo sviluppo del volontariato e dei cambiamenti significativi nel comportamento dei volontari e dei potenziali volontari, il CESE invita la Commissione europea ad agire affinché il 2025 sia proclamato Anno europeo dei volontari. |
5.7.1. |
Un Anno europeo dei volontari sarebbe un riconoscimento adeguato agli sforzi e all’impatto di tutti i volontari durante la crisi della COVID-19 e ne evidenzierebbe i risultati e l’importanza per la ripresa e il futuro dell’Europa sulla base della solidarietà, del rispetto, dell’uguaglianza e dei valori condivisi. |
5.7.2. |
Il CESE ritiene che il pacchetto di misure coordinato dalla Commissione europea incentiverebbe gli Stati membri a sostenere in modo globale le attività di volontariato, tenendo conto delle proposte avanzate dal CESE stesso, e che la questione delle attività intraprese dai volontari sarà un elemento permanente e non occasionale della politica europea. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) ECO/343 — Strumenti statistici per misurare il volontariato (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 11).
(2) https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/---dgreports/---stat/documents/publication/wcms_162119.pdf
(3) Indicator Description: Volunteer Work [OIL: Descrizione dell’indicatore lavoro volontario]. OIL.
(4) Risoluzione della conferenza internazionale degli statistici del lavoro dell'OIL.
(5) Istituto polacco di statistica: Volontariato 2011.
(6) Istituto polacco di statistica: Volontariato 2016.
(7) Volunteering in the European Union (Il volontariato nell’Unione europea), GHK, 2010.
(8) 2015 EU-SILC Module on Social/Culture Participation and Material Deprivation [modulo EU-SILC — Partecipazione sociale/culturale e deprivazione materiale].
(9) Flash Eurobarometro 408: Gioventù europea.
(10) Conclusioni del Consiglio del 9 ottobre 2020.
(11) SOC/243 — Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto (GU C 325 del 30.12.2006, pag. 46).
(12) ECO/343 — Strumenti statistici per misurare il volontariato (GU C 170 del 5.6.2014, pag. 11).
(13) European Volunteering Capital — CEV.
(14) Flash Eurobarometro 408: Gioventù europea.
(15) Premio CESE per la solidarietà civile.
(16) The Healing Power of Social Prescribing (Il potenziale terapeutico del social prescribing) e Dichiarazione programmatica sul volontariato e il Social Prescribing — Centro europeo per il volontariato, 2019.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/27 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Come garantire un lavoro dignitoso ai giovani e assicurare l’inclusione dei NEET attraverso un’adeguata elaborazione dei piani nazionali per la ripresa»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/05)
Relatrice: |
Nicoletta MERLO |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
24.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
152/13/48 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie favorevolmente i piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) poiché rappresentano un’opportunità senza precedenti per guidare il cambiamento e attivare gli investimenti diretti alla crescita sostenibile e alla creazione di posti di lavoro di qualità, un’opportunità da cogliere grazie ad una governance inclusiva che richiede dialogo, apertura e trasparenza. |
1.2. |
Il Comitato constata con rammarico l’assenza di una consultazione significativa e mirata con le parti sociali e i soggetti interessati in alcuni Stati membri nell’ambito del processo di elaborazione dei PNRR. Il CESE esorta la Commissione a mettere in campo delle misure che garantiscano un coinvolgimento strutturato e significativo delle parti sociali, della società civile organizzata e delle organizzazioni giovanili nell’attuazione e nel monitoraggio dei PNRR. Tutelare e rafforzare il dialogo sociale a livello nazionale è vitale per garantire che le risorse finanziarie pubbliche siano adeguatamente investite per una ripresa inclusiva. |
1.3. |
Il CESE raccomanda di procedere a una valutazione e sistematizzazione della raccolta delle buone pratiche a livello nazionale, per le quali la consultazione con le parti sociali e le organizzazioni giovanili attraverso appositi comitati e il dialogo sociale ha dato risultati eccellenti in termini di politiche e misure specifiche per la gioventù volte a creare posti di lavoro di qualità e prospettive di carriera per i giovani. |
1.4. |
Il Comitato chiede agli Stati membri di garantire servizi di orientamento e consulenza inclusivi e di qualità per tutti i giovani, specialmente quelli con disabilità, fin dai primi anni del percorso educativo scolastico, in modo da fornire loro maggiori informazioni in merito alle loro ulteriori opportunità prima di istruzione e poi di carriera, nell’ambito delle transizioni verde e digitale del mercato del lavoro. |
1.5. |
Il CESE accoglie con favore misure intese a promuovere e diffondere la funzione e l’immagine dell’istruzione e formazione professionale (IFP) in quanto motore di pratiche innovative, competenze nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), apprendimento permanente e intermediazione del lavoro efficace, dato che tutti questi sono fattori chiave per colmare il divario tra domanda e offerta di competenze. È importante, inoltre, migliorare la valutazione delle competenze per individuare proattivamente e in anticipo quelle che saranno necessarie nei futuri mercati del lavoro. Si dovrebbero adottare misure adeguate per garantire che l’IFP sia accessibile anche alle persone con disabilità, sulla base del riconoscimento delle capacità individuali e consentendo a tutti i cittadini di acquisire competenze professionali utili per il loro sviluppo personale, pur soddisfacendo le esigenze specifiche delle imprese in termini di posti di lavoro qualificati che rimangono vacanti. |
1.6. |
Il CESE raccomanda di prevedere l’offerta di un sostegno personalizzato per gruppi mirati di destinatari, e in particolare per coloro che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo («NEET» = not in education, employment or training). Questo sostegno dovrebbe consentire di affrontare in modo olistico tutte le problematiche collaterali per l’inserimento nel mercato del lavoro, ad esempio quelle dell’alloggio, delle strutture di accoglienza, dei trasporti e della salute. |
1.7. |
Il CESE considera una priorità garantire l’efficienza e l’adeguatezza dei servizi pubblici per l’impiego (SPI) — che sono attori chiave di politiche attive del mercato del lavoro (PAML) — mediante investimenti mirati e, ove necessario, delle riforme, affinché i SPI dispongano delle capacità per sostenere tutte le persone, segnatamente le più vulnerabili e quelle più lontane dai mercati del lavoro, nella ricerca di un lavoro o nel riorientamento professionale. |
1.8. |
Il CESE si rammarica che le potenzialità offerte dalla garanzia europea per i giovani, che è il principale strumento strategico di lotta alla disoccupazione giovanile in aumento, non vengano pienamente sfruttate. Il CESE invita gli Stati membri a intensificare gli sforzi per attuare la garanzia per i giovani rafforzata, compresa una formazione di qualità che favorisca l’inserimento nel mercato del lavoro, e chiede alla Commissione europea di fornire un quadro generale dei provvedimenti adottati a livello nazionale per attuare le raccomandazioni del Consiglio su detta garanzia per i giovani rafforzata e per assicurare la creazione di sinergie efficaci con i PNRR. |
1.9. |
Il CESE plaude alle disposizioni contenute nei PNRR a sostegno di una formazione di qualità, inclusi apprendistati o stage/tirocini, poiché costituiscono uno strumento efficace per ridurre il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci e possono garantire una migliore integrazione dei giovani (e di altri gruppi di popolazione) nel mercato del lavoro, e invita gli Stati membri ad attuare la raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (1). Tuttavia, il Comitato chiede che sia imposto il divieto ai tirocini non retribuiti. Una retribuzione dignitosa per tutti i tirocinanti dovrebbe essere garantita in occasione della prossima revisione della raccomandazione del Consiglio su un quadro di qualità per i tirocini. Il CESE propone inoltre l’elaborazione di un quadro europeo per stage/tirocini di qualità volto a garantire il valore educativo di tali esperienze di apprendimento. |
1.10. |
Il CESE esorta gli Stati membri a utilizzare i fondi per la ripresa per investimenti nella creazione di posti di lavoro di qualità e il miglioramento del livello delle competenze dei giovani, laddove necessario, riservando particolare attenzione ai contratti a tempo indeterminato e a condizioni di lavoro dignitose che limitino il rischio di precarietà. Inoltre, il Comitato sottolinea che è necessario colmare il divario esistente nel campo della sicurezza sociale, ed esorta gli Stati membri ad attuare correttamente la raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale (2) e a introdurre un sistema moderno per tutte le forme di lavoro che sia in grado di garantire un reddito adeguato ai futuri pensionati, in particolare di quanti hanno oggi, o avranno in futuro, carriere lavorative discontinue. |
1.11. |
Il CESE ritiene essenziale, al fine di non sovvenzionare la precarietà del lavoro, assicurare che gli incentivi alle assunzioni siano subordinati alla stipula di contratti a tempo indeterminato o a programmi di stabilizzazione. Inoltre, gli incentivi alle assunzioni possono rivelarsi efficaci nella creazione di opportunità lavorative per le persone «svantaggiate» in cerca di lavoro e nel ricollocamento di lavoratori licenziati, favorendone il percorso di transizione verso nuovi settori e occupazioni. |
1.12. |
Il CESE è convinto che si debba prestare particolare attenzione alla questione della salute mentale e dei disturbi psicosociali, in particolare tra i giovani, ridimensionando l’immagine negativa che pesa sui problemi di salute mentale attraverso un’opera di prevenzione e di sensibilizzazione, che va attuata fin dalla scuola ed estesa alle aziende, nonché fornendo finanziamenti adeguati ai prestatori di servizi e di supporto in questo settore. |
1.13. |
Il CESE osserva che il perdurare delle disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro rende le giovani donne ancora più vulnerabili alle conseguenze economiche della COVID-19. Il Comitato accoglie con favore le misure messe in campo da alcuni Stati membri al fine di incoraggiare e promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminili, investire in infrastrutture sociali adeguate e riformare i sistemi di assistenza all’infanzia, in particolare quelli per l’educazione e l’accoglienza della prima infanzia, e chiede che queste buone pratiche vengano estese a livello dell’intera UE per sostenere la piena occupazione delle donne, e soprattutto delle giovani madri. |
2. Contesto
2.1. |
La pandemia di COVID-19 ha avuto, e ha tuttora, un enorme impatto sulle nostre società e sulle nostre economie. L’Unione europea ha già compiuto significativi passi avanti in direzione della ripresa: per la prima volta nel fronteggiare la crisi gli Stati membri hanno optato per la solidarietà europea e la convergenza anziché scegliere l’austerità. |
2.2. |
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza (di seguito anche: «il dispositivo»), che rappresenta la quota maggiore del programma Next Generation EU, mette a disposizione 672,5 miliardi di EUR in prestiti e sovvenzioni per sostenere riforme e investimenti effettuati dagli Stati membri. Con questa dotazione senza precedenti ci si propone di attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia di COVID-19 e di rendere le società e le economie europee più sostenibili e resilienti, nonché meglio preparate ad affrontare le sfide e cogliere le opportunità offerte dalla duplice transizione verde e digitale. |
2.3. |
In base all’accordo, i piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) dovrebbero destinare almeno il 37 % della spesa a sostegno degli obiettivi in materia di clima e il 20 % a sostegno della transizione digitale. Inoltre, tutti gli investimenti e le riforme previsti devono rispettare il principio «non arrecare un danno significativo», ossia garantire che non arrecheranno un danno significativo all’ambiente. Non solo, ma i PNRR dovrebbero contribuire ad affrontare in modo efficace le sfide pertinenti individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese nel quadro del semestre europeo; nell’ambito di tale processo, tuttavia, non vengono fissate soglie minime né è prevista una procedura per monitorare la spesa effettuata per le varie priorità, ad esempio per i giovani. |
2.4. |
Un coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali lungo l’intero processo del semestre europeo, a vari livelli e in tutti i settori d’intervento che interessano direttamente o indirettamente i mercati dell’occupazione e del lavoro, è fondamentale per migliorare l’impegno e la partecipazione all’elaborazione delle politiche, e anche delle misure contenute nei PNRR. Il dialogo sociale è una forza motrice di un processo di definizione delle politiche equo ed efficace, se è in grado di proporre soluzioni valide e di rispecchiare, se necessario, i mutamenti politici in atto e le riforme della contrattazione collettiva. |
2.5. |
Il dispositivo integra altre attività rivolte specificamente ai giovani (3) ed è rigorosamente in linea con le priorità della Commissione per il periodo 2019-2024, le quali stabiliscono chiaramente che l’UE debba creare un ambiente più attraente per gli investimenti e una crescita che offra lavori di qualità, in particolare per i giovani e le piccole imprese (4). La nuova iniziativa ALMA (5) della Commissione europea (Aim, Learn, Master, Achieve = Aspirare, Imparare, Conoscere, Conseguire), un nuovo programma di collocamento sul modello di Erasmus rivolto ai NEET, che offre ai giovani europei un’esperienza di lavoro a breve termine in altri Stati membri, può dare risultati positivi se ai suoi beneficiari vengono garantiti standard di qualità, tra cui protezione sociale, orientamento e supervisione e salari dignitosi. |
2.6. |
Il 22 gennaio la Commissione europea ha pubblicato i nuovi orientamenti che gli Stati membri dell’UE devono seguire nell’elaborazione dei loro PNRR per accedere al cosiddetto «fondo per la ripresa»: da queste linee guida emerge che le politiche pubbliche a favore della gioventù non costituiscono più un semplice obiettivo «orizzontale» di tali piani, ossia un elemento di cui tener conto nel conseguimento di altri obiettivi principali, ma sono diventate una condizione preliminare e una priorità assoluta di Next Generation EU e devono essere integrate in quanto vero e proprio pilastro e non soltanto come una priorità trasversale. |
2.7. |
I paesi dell’UE erano tenuti a presentare formalmente alla Commissione i rispettivi PNRR entro il 30 aprile 2021. Tuttavia, la Commissione ha prorogato tale scadenza e stabilito che gli Stati membri hanno la possibilità di presentare i loro piani fino a metà del 2022. Alla data del 15 ottobre 2021 erano stati presentati in totale 26 PNRR. |
2.8. |
Il dispositivo per la ripresa e la resilienza costituisce per gli Stati membri un’occasione che si presenta una sola volta nell’arco di una generazione non soltanto per affrontare la crisi sanitaria pubblica, ma anche per portare avanti la duplice transizione verso un’economia digitale e a basse emissioni di carbonio, creare un solido benessere sociale e favorire la coesione. Si tratta di uno strumento che presenta reali potenzialità di apportare cambiamenti concreti per i giovani lavoratori evitando che diventino una generazione «perduta» priva di eque opportunità nella futura Europa. Tuttavia, è sicuramente necessario adottare una governance inclusiva a livello sia nazionale che europeo, in cui il dialogo sociale e l’impegno nei confronti della società civile abbiano un impatto forte e significativo. |
2.9. |
La crisi della COVID-19 ha aggravato le disuguaglianze esistenti, mettendo i lavoratori, e in particolare i giovani, in una posizione ancora più svantaggiata. Con il presente parere d’iniziativa il CESE, sulla base di un’analisi delle misure rivolte alle giovani generazioni contenute nei PNRR presentati da alcuni Stati membri, e individuando quindi, in tal modo, eventuali buone pratiche e punti deboli, intende formulare una serie di raccomandazioni su come assicurare un lavoro dignitoso ai giovani e garantire l’inclusione dei NEET attraverso l’attuazione dei progetti. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
In Europa i giovani sono tra le categorie di popolazione più duramente colpite dalla pandemia: scuole, università e altri luoghi di socialità sono stati chiusi, privando i giovani di istruzione, di cultura e di legami; un giovane su sei ha perso il lavoro a causa delle ripercussioni economiche della COVID-19 (6); ad agosto 2021 il tasso di disoccupazione giovanile nell’UE era del 16,5 % (7); in alcuni paesi dell’Unione i giovani hanno subito ancora più gravemente le conseguenze della pandemia, al punto che i tassi di disoccupazione sono fortemente aumentati, ad esempio in Spagna (40,5 %), Italia (29,7 %), Bulgaria (18,3 %) e Francia (19,6 %). Inoltre, una certa percentuale di giovani disoccupati tende a essere ignorata dalle statistiche ufficiali, perché questi giovani non presentano domanda di indennità di disoccupazione né si iscrivono presso le agenzie di collocamento, ma si procurano i mezzi di sostentamento con lavori autonomi fittizi, lavorando per una piattaforma digitale o nell’economia sommersa («in nero»). È presumibile, quindi, che i dati reali siano persino peggiori di quelli comunicati da Eurostat. |
3.2. |
Per di più la crisi della COVID-19 ha ulteriormente aggravato la situazione dei NEET. Il numero di NEET in Europa, soprattutto in paesi come l’Italia, la Grecia, la Bulgaria e la Romania, ha raggiunto una soglia critica ed è di nuovo in aumento a causa degli abbandoni scolastici, dell’assenza di un orientamento adeguato, della perdita di posti di lavoro e della mancanza di opportunità occupazionali. Questa categoria di giovani vulnerabili presenta il rischio più elevato di emarginazione, di povertà e di esclusione permanente dal lavoro. |
3.3. |
Quella dei NEET è una categoria ampia e comprendente gruppi eterogenei, dato che ne fanno parte i disoccupati, coloro che hanno abbandonato prematuramente la scuola, tutti i laureati scoraggiati che non hanno ancora trovato un posto di lavoro e altri giovani inattivi per svariati motivi. I disoccupati sono soltanto un sottogruppo della più vasta categoria dei NEET e la sovrapposizione tra questo gruppo di chi è senza lavoro e quello dei NEET varia a seconda dei periodi e dei paesi presi in considerazione (8). |
3.4. |
Un numero elevato di NEET rappresenta una grossa perdita per le nostre economie e società. Il sentimento di disillusione o di esclusione che avvertono queste persone comporta inoltre un rischio politico elevato per la stabilità delle nostre società democratiche. L’incapacità dei sistemi d’istruzione, educativi e sociali di prevenire il fenomeno dei NEET o di ridurne il numero è la spia del fallimento di politiche efficienti e che godono di un ampio sostegno volte a promuovere le pari opportunità in Europa. |
3.5. |
La crisi attuale sta colpendo soprattutto i lavoratori occupati in forme di lavoro atipiche e diverse (9) (lavoro occasionale, lavoro retribuito con buoni lavoro (voucher), lavoro tramite piattaforma digitale, lavoro su richiesta, lavoro collaborativo ecc.) (10), e purtroppo vi è una prevalenza di giovani occupati in queste forme di lavoro. Si tratta di posti di lavoro possibilmente mal retribuiti, con orari di lavoro irregolari, precarietà occupazionale e una limitata o nessuna protezione sociale (ferie retribuite, pensioni, congedi per malattia ecc.). Spesso chi è occupato in questo tipo di lavoro non può beneficiare delle indennità di disoccupazione o dei regimi di riduzione dell’orario lavorativo introdotti dai governi (11). I posti di lavoro atipici sono diffusi soprattutto nei settori e comparti che sono stati particolarmente colpiti dalla pandemia di COVID-19, come il turismo, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, i servizi ricettivi e la ristorazione (12). D’altra parte, nuove forme di lavoro possono rappresentare un’opportunità per giovani che vivono in zone rurali o remote, o per giovani con disabilità, studenti e giovani genitori, ed è quindi indispensabile che vi siano salari dignitosi e sicurezza sociale. |
3.6. |
I PNRR dovrebbero individuare e tenere in considerazione gli ostacoli collaterali all’occupazione, quali la mobilità, l’alfabetizzazione digitale, la salute e le condizioni di vita precarie, compresa la mancanza di alloggio o di una copertura previdenziale. Il CESE ritiene che gli Stati membri potrebbero monitorare questi ostacoli all’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro, in termini sia qualitativi che quantitativi, e avanzare delle proposte specifiche per eliminarli nei rispettivi PNRR. |
4. Osservazioni specifiche
4.1. |
La ripresa dopo la crisi della COVID-19 dovrebbe essere considerata un’opportunità. Tanto l’economia quanto il mercato del lavoro sono state scosse nelle fondamenta dalla crisi. |
4.2. |
I piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) rappresentano un’opportunità senza precedenti per guidare e sostenere il cambiamento, un’opportunità da cogliere grazie ad una governance inclusiva che richiede dialogo, apertura e trasparenza. Le misure finanziate nell’ambito dei PNRR dovrebbero coinvolgere gli enti locali, le parti sociali e la società civile, comprese le organizzazioni giovanili, al fine di creare una governance partecipativa che generi consenso, fiducia e un senso di giustizia nei confronti di questi piani di ripresa. |
4.3. |
Il CESE ritiene che gli Stati membri dovrebbero garantire lo svolgimento di consultazioni permanenti con le parti sociali, la società civile e le organizzazioni giovanili soprattutto in merito alla definizione, all’attuazione e al monitoraggio di provvedimenti concepiti su misura per i giovani lavoratori e i NEET, così da valutare, dalla prospettiva delle giovani generazioni, se e fino a che punto le politiche messe in campo siano adatte per l’istruzione e le prospettive di carriera dei giovani e offrano loro un inserimento agevole nel mercato del lavoro. |
4.4. |
Il CESE accoglie con favore le iniziative adottate finora dagli Stati membri per valutare l’impatto generazionale delle politiche pubbliche: in Austria tramite la normativa Jugend Check (13), in vigore dal 2013, che impone di valutare tutte le nuove proposte legislative e regolamentari alla luce delle loro possibili conseguenze sui minori e sui giovani, anche con il coinvolgimento del Consiglio nazionale austriaco della gioventù; e in Italia attraverso il COVIGE (14), il Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche, recentemente istituito dal ministero per le Politiche giovanili: composto di dirigenti e rappresentanti della pubblica amministrazione, docenti universitari ed esperti di politiche giovanili, e con la partecipazione del Consiglio nazionale dei giovani, l’organo si pone l’obiettivo di valutare l’impatto generazionale di tutte le politiche pubbliche, sia ex ante che ex post, utilizzando indicatori e modelli specifici, e stabilendo confronti con le buone pratiche adottate in altri paesi dell’Unione. |
4.5. |
Il CESE raccomanda a tutti gli Stati membri di adottare misure analoghe o di monitorare, in maniera efficace e da una prospettiva generazionale, le politiche da adottare e già approvate, garantendo al tempo stesso un adeguato coinvolgimento dei giovani nella consultazione. |
4.6. |
Secondo una ricerca del Cedefop (Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale) (15) da qui al 2022 quasi 7 milioni di posti di lavoro nell’UE andranno persi o non saranno creati a causa della pandemia di COVID-19, mentre alcuni settori (16) quali la sanità, la scienza e l’innovazione, le tecnologie dell’informazione e la comunicazione digitale presenteranno un potenziale significativo di crescita e di creazione di posti di lavoro. La pandemia ha favorito i posti di lavoro in settori e occupazioni sufficientemente flessibili per potersi adattare alle nuove norme in materia di distanziamento interpersonale e di telelavoro. È probabile che questi posti di lavoro si mantengano anche dopo la pandemia, modificando la natura del lavoro, che tradizionalmente richiedeva uno spazio fisico (17). |
4.7. |
Secondo una relazione dell’OCSE (18), la pandemia può anche avere un impatto sull’attitudine all’apprendimento dei minori e dei giovani. Le interruzioni del regolare percorso di istruzione scolastica hanno fatto sì che molti bambini registrassero progressi inferiori al previsto per quanto riguarda lo sviluppo di competenze. A breve termine la pandemia potrebbe portare a un aumento degli abbandoni scolastici, mentre a medio e lungo termine il ridotto impegno potrebbe far sì che l’attuale generazione di alunni/studenti non riesca a sviluppare atteggiamenti positivi nei confronti dell’apprendimento, in un periodo di profondi cambiamenti strutturali che imporranno a ciascun individuo un aggiornamento permanente delle proprie competenze lungo tutto l’arco della vita. La relazione indica inoltre le opportunità di istruzione quale possibile causa della disuguaglianza di genere. La relazione invita ad incrementare con urgenza gli investimenti nell’apprendimento permanente, aiutando le persone ad adattarsi e a diventare resilienti agli shock esterni. |
4.8. |
In un mondo del lavoro in rapida evoluzione, segnato dalla globalizzazione e dalle conseguenze della pandemia di COVID-19, il CESE ritiene fondamentale prevenire lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, concentrandosi sulle competenze, comprese quelle trasversali, con investimenti in risorse adeguate nell’istruzione e nell’orientamento, favorendo un migliore collegamento e una transizione più fluida tra il settore dell’istruzione e il mondo del lavoro, anche attraverso la promozione di strumenti quali l’alternanza scuola-lavoro, i tirocini e gli apprendistati, e promuovendo programmi di apprendimento permanente che coinvolgano tutti i principali soggetti interessati e siano mirati a gruppi vulnerabili, in particolare i giovani, i NEET e i lavoratori occupati in posti di lavoro maggiormente a rischio di trasformazione. La risposta strategica adeguata consiste in un pacchetto integrato di politiche attive del mercato del lavoro dotato di collegamenti con i servizi pubblici per l’impiego e i sistemi di formazione al fine di promuovere una ripresa inclusiva e sostenibile. |
4.9. |
Tra i soggetti interessati vi è un ampio consenso quanto al fatto che l’orientamento professionale non è mai stato più importante di oggi, in particolare per i giovani che probabilmente si metteranno in cerca di un lavoro non appena diplomati (o usciti) dalle scuole secondarie. Il CESE si unisce a quanti sollecitano ingenti investimenti nell’orientamento professionale (19), dal momento che i dati scientifici evidenziano il ruolo prezioso che questo tipo di orientamento deve svolgere nel preparare gli studenti ad affrontare un mercato del lavoro in rapida evoluzione e che potrebbe non essere all’altezza delle loro aspettative o non corrispondere alle competenze che hanno già acquisito. |
4.10. |
Nei PNRR si trova un riferimento orizzontale ai giovani in relazione all’istruzione e alla formazione professionale (IFP). Anche le forme di apprendimento e formazione basati sul lavoro, quali gli apprendistati e i tirocini, che costituiscono generalmente dei punti di accesso essenziali per i giovani al mondo del lavoro, sono state fortemente perturbate durante la crisi, benché in misura molto diversa a seconda dell’industria e della regione interessate. In quanto sostenitore di lunga data di una modernizzazione dell’IFP, il CESE accoglie con favore gli sforzi profusi a livello nazionale per individuare e promuovere soluzioni alternative volte a fornire una formazione in materia di competenze pratiche, ad esempio i contratti di apprendimento e di formazione legati al lavoro, e ad estendere l’apprendimento a distanza. Alcuni paesi hanno inoltre adottato nuove misure strategiche per garantire che i sistemi di istruzione e formazione tecnica e professionale siano meglio preparati ad affrontare shock futuri (20). |
4.11. |
Le strategie di sensibilizzazione sono elementi fondamentali dei piani di ripresa, e richiedono investimenti mirati ai fornitori di servizi per i giovani e ai servizi pubblici per l’impiego (SPI). Secondo dati recenti, infatti, quasi la metà dei NEET non è a conoscenza delle misure di sostegno pubblico messe a loro disposizione (21). |
4.12. |
Nell’ambito dei PNRR occorre rafforzare gli investimenti destinati ai fornitori di servizi per i giovani e si dovrebbe incoraggiare la cooperazione orizzontale tra questi fornitori e i SPI. SPI efficienti ed efficaci hanno un ruolo importante da svolgere nel sostenere coloro che incontrano ostacoli all’occupazione e nel garantire transizioni professionali fluide, ma la sensibilizzazione e il coinvolgimento dei NEET più vulnerabili richiederà la cooperazione tra gli SPI e un ventaglio di attori locali, che vanno dalle associazioni e gli istituti di insegnamento ai consulenti specializzati formati ai problemi di salute mentale. Una tale cooperazione richiede una condivisione efficace e adeguata delle informazioni e dei dati, e implica che gli operatori e i consulenti degli SPI dovranno dedicare più tempo alla gestione di questi partenariati (22). |
4.13. |
La garanzia per i giovani, recentemente finanziata dal FSE+, con l’obbligo di spendere almeno il 12 % dei fondi negli Stati membri con un tasso di NEET superiore alla media dell’Unione (23), rimane il principale strumento di lotta alla disoccupazione giovanile nell’UE. La raccomandazione del Consiglio sul rafforzamento della garanzia, adottata nell’ottobre 2020 (24), comprende un elenco di misure su come garantire la qualità delle offerte nell’ambito del programma, come migliorare la sensibilizzazione e come rafforzare il monitoraggio dei risultati ai fini di una migliore valutazione del programma. È necessario pertanto che i PNRR facciano il punto sui risultati dei piani nazionali di attuazione della garanzia per i giovani e creino collegamenti con gli stessi PNRR. In caso contrario, andranno perse delle opportunità e verranno messe in campo misure non idonee a individuare soluzioni per i NEET. |
4.14. |
Il CESE fa presente che i piani nazionali di attuazione della garanzia per i giovani sono stati aggiornati per l’ultima volta nel 2014 e che, ad oggi, non tutti gli Stati membri dell’Unione hanno messo mano ad un aggiornamento delle rispettive strategie nazionali per la gioventù in modo da tenere conto della garanzia per i giovani rafforzata (25). Gli Stati membri devono intensificare i loro sforzi, far tesoro degli insegnamenti tratti e mobilitare strategicamente i finanziamenti europei per fare della garanzia uno strumento realmente efficace e funzionale. |
4.15. |
È necessario definire specifiche misure per la ripresa incentrate in particolare sui giovani lavoratori e destinate a lottare contro la disoccupazione giovanile e il lavoro precario (26) tra i giovani creando posti di lavoro di qualità, nonché volte a tutelare l’ampio numero di lavoratori (27) che non dispongono di un’adeguata copertura previdenziale. Inoltre, si dovrebbe pensare ad introdurre provvedimenti ad hoc destinati ai giovani lavoratori autonomi al fine di sostenere e far crescere l’imprenditorialità giovanile e le start-up. |
4.16. |
Da alcune ricerche (28) sulle modifiche ai sistemi di protezione sociale apportate dagli Stati membri durante la pandemia emerge che la maggior parte dei paesi dell’UE ha reso più accessibili le misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti, come i regimi di riduzione dell’orario lavorativo, le indennità di disoccupazione e altre misure analoghe, in particolare con l’aumento del valore di tali indennità, con condizioni di ammissibilità meno stringenti e la proroga della loro durata. Sebbene non siano mirate specificamente ai giovani, queste misure contribuiranno a fornire un sostegno a questi ultimi, i quali hanno maggiori probabilità di ritrovarsi disoccupati e sono spesso esclusi dai benefici della protezione sociale, ad esempio dalle indennità di disoccupazione, non avendo avuto precedenti lavorativi. |
4.17. |
Per tutti questi motivi, e tenendo conto del fatto che tutti i cambiamenti apportati sono solo temporanei — e alcuni sono anzi già arrivati a scadenza, lasciando ancora una volta i giovani privi di protezione sociale –, il CESE ritiene essenziale che i responsabili delle politiche si dedichino alla creazione di un sistema universale di protezione sociale che garantisca a tutti i lavoratori (occupati in posti di lavoro tradizionali e atipici, giovani e adulti) un’eguale copertura. Affrontare queste lacune significherebbe garantire che i giovani siano tutelati dal rischio di povertà e da eventuali futuri shock nel mercato del lavoro. |
4.18. |
Il CESE considera inoltre importante fornire un sostegno ai giovani nel campo della sicurezza sociale, ed esorta pertanto gli Stati membri ad attuare correttamente la raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (29), che raccomanda agli Stati membri di garantire l’accesso a un’adeguata protezione sociale per le persone occupate in tutte le forme di lavoro. |
4.19. |
Occorre fare di più per individuare dei modi per conciliare la sicurezza dell’occupazione e la qualità del lavoro all’interno di un mercato del lavoro dinamico, e il rafforzamento del dialogo sociale è fondamentale per definire misure efficaci. Buone pratiche sono reperibili in alcuni paesi, ad esempio: 1) in Portogallo, dove il governo, le parti sociali e le organizzazioni giovanili si riuniscono regolarmente per svolgere delle discussioni. Provvedimenti quali quello di stabilire una quota riservata ai NEET nelle aziende che offrono un elevato numero di tirocini o di diminuire gli incentivi all’assunzione per i contratti a breve termine (30) hanno contribuito a stimolare l’occupazione giovanile in questo Stato membro; e 2) in Spagna, dove il dialogo sociale è sfociato nell’estensione della copertura previdenziale ai tirocinanti (31). |
4.20. |
L’incertezza, l’inquietudine e l’ansietà che possono portare alla depressione tra i giovani hanno registrato un forte picco all’inizio della crisi e continuano ad aumentare in alcuni paesi. La chiusura temporanea degli istituti di insegnamento o educativi e la sospensione delle attività sociali, culturali e sportive hanno indebolito i legami sociali che contribuiscono a preservare una buona salute mentale. In molti paesi il servizio di sostegno alla salute mentale garantito nelle scuole e nelle università è stato gravemente perturbato, e i giovani ricorrono sempre più spesso ad altre piattaforme di sostegno, ad esempio linee telefoniche e centri giovanili, e i servizi di salute mentale offrono teleconsultazioni e forme di assistenza a distanza per garantire un servizio senza interruzioni. Allo stesso tempo, le misure di confinamento hanno avuto un forte impatto sugli stessi prestatori di questi servizi di sostegno, molti dei quali non sono stati in grado di riprendere le loro attività a causa della mancanza di risorse finanziarie e umane. Il CESE ritiene che sia di fondamentale importanza sostenere questo settore, fortemente dipendente dal volontariato e dal finanziamento di progetti, con finanziamenti più sostenibili, dato che durante la crisi questi servizi di sostegno si sono rivelati un elemento essenziale del nostro tessuto sociale. |
4.21. |
Si può fare di più per affrontare la dimensione di genere nei PNRR, in particolare per quanto riguarda i NEET, il cui tasso è in generale più elevato tra le giovani donne che tra i giovani uomini. Nel 2020 i tassi di NEET femminili erano in media 1,3 volte superiori a quelli maschili, e i tassi di NEET donne inattive erano addirittura 1,7 volte superiori. Questo tasso è particolarmente alto nei paesi dell’Europa orientale (Bulgaria, Romania, Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia e Polonia) e in Italia (32). In questi paesi la maggioranza dei NEET rientra nella categoria a causa delle responsabilità familiari di cui deve farsi carico o è formato da giovani con disabilità. Una percentuale più elevata di giovani donne dedica del tempo a cura e assistenza per i figli e altri membri della famiglia. Le giovani donne dedicano all’assistenza e al lavoro domestico non retribuiti un tempo quasi triplo rispetto ai giovani uomini. Il Comitato accoglie con favore le misure messe in campo da alcuni Stati membri al fine di incoraggiare e promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminili, investire in infrastrutture sociali adeguate e riformare i sistemi di assistenza all’infanzia, in particolare quelli per l’educazione e l’accoglienza della prima infanzia, e chiede che queste buone pratiche vengano estese a livello dell’intera UE per sostenere la piena occupazione delle donne, e soprattutto delle giovani madri; chiede inoltre un robusto sistema per il monitoraggio annuale dei progressi compiuti in materia di parità di genere nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza e delle risorse finanziarie assegnate e utilizzate per questo tema a titolo del dispositivo, ivi compresi indicatori pertinenti. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, 15 marzo 2018 (GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1).
(2) Raccomandazione del Consiglio sull'accesso alla protezione sociale — Una protezione sociale pronta per il futuro (GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1).
(3) Strategia dell'Unione europea per la gioventù (2018) (GU C 456 del 18.12.2018, pag. 1); Pacchetto di sostegno all'occupazione giovanile (2020); Un ponte verso il lavoro — Rafforzare la garanzia per i giovani (2020) (GU C 372 del 4.11.2020, pag. 1); Iniziativa ALMA (2021); Anno europeo della gioventù (previsto nel 2022).
(4) https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024_it
(5) https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1549&langId=it
(6) La definizione di «giovani» è riferita di norma a persone di età compresa tra i 15 e i 29 anni.
(7) Eurostat.
(8) Konle-Seidl, R., Picarella, F., Studio del Parlamento europeo sul tema Youth in Europe: Effects of COVID-19 on their economic and social situation (I giovani in Europa: l’impatto della COVID-19 sulla loro situazione economica e sociale), Lussemburgo, 2021.
(9) https://www.eurofound.europa.eu/it/topic/non-standard-employment
(10) https://www.eurofound.europa.eu/it/publications/blog/new-forms-of-employment-in-europe-how-new-is-new
(11) Eurofound (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro), COVID-19: implicazioni per l'occupazione e la vita lavorativa, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo, 2021.
(12) Spasova S., Bouget D., Ghailani, D. e Vanhercke B., Access to social protection for people working on non-standard contracts and as self-employed in Europe (Accesso alla protezione sociale per i lavoratori con contratti atipici e i lavoratori autonomi in Europa), 2017.
(13) https://national-policies.eacea.ec.europa.eu/youthwiki/chapters/austria/54-young-peoples-participation-in-policy-making
(14) https://www.giovani.gov.it/it/comunicazione/notizie/comitato-per-la-valutazione-dell-impatto-generazionale-delle-politiche-pubbliche/
(15) https://www.cedefop.europa.eu/it/news/coronavirus-impact-jobs-eu-sectors-and-occupations-skills-forecast-analysis
(16) https://ec.europa.eu/eures/public/four-job-sectors-high-demand-result-covid-19-pandemic-2021-02-19_it
(17) Cedefop skills and jobs forecast (Previsioni del Cedefop in materia di competenze e di occupazione).
(18) https://www.oecd.org/skills/covid-19-pandemic-highlights-urgent-need-to-scale-up-investment-in-lifelong-learning-for-all-says-oecd.htm
(19) https://www.oecd.org/education/career-readiness/Investing%20in%20Career%20Guidance_en.pdf.
(20) ILO (Ufficio internazionale del lavoro), Skills development in the time of COVID-19: Taking stock of the initial responses in technical and vocational education and training (Lo sviluppo delle competenze in periodo di COVID-19: un bilancio delle prime risposte nel settore dell’istruzione e formazione tecnica e professionale), Ginevra, 2021.
(21) Moxon, D., Bacalso, C., e Șerban, A., Beyond the pandemic: The impact of COVID-19 on young people in Europe (Oltre la pandemia: l’impatto della COVID-19 sui giovani in Europa), 2021.
(22) Davern, E., PES partnership management (Gestione dei partenariati degli SPI), settembre 2020.
(23) https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1099&langId=it.
(24) Raccomandazione del Consiglio relativa a un ponte verso il lavoro, che rafforza la garanzia per i giovani e sostituisce la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani (GU C 372 del 4.11.2020, pag. 1).
(25) Konle-Seidl, R., Picarella, F., Studio del Parlamento europeo sul tema Youth in Europe: Effects of COVID-19 on their economic and social situation (I giovani in Europa: l’impatto della COVID-19 sulla loro situazione economica e sociale), Lussemburgo, 2021.
(26) Risoluzione del Parlamento europeo del 4 luglio 2017 sulle condizioni di lavoro e l'occupazione precaria [2016/2221(INI)] (GU C 334 del 19.9.2018, pag. 88).
(27) Ufficio internazionale del lavoro, Rapporto mondiale sulla protezione sociale 2020-22: Social Protection at the Crossroads — in Pursuit of a Better Future,Ginevra, ILO, 2021.
(28) ETUI — Istituto sindacale europeo, Non-standard workers and the self-employed in the EU: Social protection during the Covid-19 pandemic (Lavoratori atipici e lavoratori autonomi nell’UE: la protezione sociale durante la pandemia di COVID-19), 2021.
(29) Raccomandazione del Consiglio, dell'8 novembre 2019, sull'accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi, (GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1).
(30) https://www.iefp.pt/apoios-a-contratacao
(31) 121/000066 Proyecto de Ley de garantía del poder adquisitivo de las pensiones y de otras medidas de refuerzo de la sostenibilidad financiera y social del sistema público de pensiones (Disegno di legge sulla garanzia del potere d’acquisto delle pensioni e altre misure volte a rafforzare la sostenibilità finanziaria e sociale del sistema pensionistico pubblico) (congreso.es).
(32) Statistics on young people neither in employment nor in education or training (Statistiche sui giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo).
ALLEGATO
I seguenti emendamenti sono stati respinti dall’Assemblea ma hanno ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 3, del Regolamento interno):
EMENDAMENTO 3
Presentato da:
HOŠTÁK Martin
POTTIER Jean-Michel
VADÁSZ Borbála
SOC/689 — Lavoro dignitoso per i giovani e inclusione dei NEET attraverso i piani nazionali per la ripresa
Punto 4.17
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Per tutti questi motivi, e tenendo conto del fatto che tutti i cambiamenti apportati sono solo temporanei — e alcuni sono anzi già arrivati a scadenza, lasciando ancora una volta i giovani privi di protezione sociale –, il CESE ritiene essenziale che i responsabili delle politiche si dedichino alla creazione di un sistema universale di protezione sociale che garantisca a tutti i lavoratori (occupati in posti di lavoro tradizionali e atipici, giovani e adulti) un’eguale copertura . Affrontare queste lacune significherebbe garantire che i giovani siano tutelati dal rischio di povertà e da eventuali futuri shock nel mercato del lavoro. |
Per tutti questi motivi, e tenendo conto del fatto che tutti i cambiamenti apportati sono solo temporanei — e alcuni sono anzi già arrivati a scadenza, lasciando ancora una volta i giovani privi di protezione sociale –, il CESE ritiene essenziale che i responsabili delle politiche si dedichino alla creazione di sistemi di protezione sociale forti ed efficienti che garantiscano a tutti i lavoratori una copertura adeguata . Affrontare queste lacune significherebbe garantire che i giovani siano tutelati dal rischio di povertà e da eventuali futuri shock nel mercato del lavoro. |
Motivazione |
Siamo pienamente d’accordo quanto al fatto che i PNRR potrebbero servire a rafforzare e sostenere le ambizioni e gli sforzi profusi dagli Stati membri per attuare la raccomandazione del Consiglio sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi nel rispetto delle condizioni e delle pratiche socioeconomiche a livello nazionale. Qualsiasi invito a creare un sistema universale di protezione sociale non è compatibile con l’obiettivo perseguito dal presente parere. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
74 |
Voti contrari: |
101 |
Astensioni: |
19 |
EMENDAMENTO 4
Presentato da:
HOŠTÁK Martin
POTTIER Jean-Michel
VADÁSZ Borbála
SOC/689 — Lavoro dignitoso per i giovani e inclusione dei NEET attraverso i piani nazionali per la ripresa
Punto 1.9
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
||||
Il CESE plaude alle disposizioni contenute nei PNRR a sostegno di apprendistati o tirocini di qualità, poiché costituiscono uno strumento efficace per ridurre il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci e possono garantire una migliore integrazione dei giovani (e di altri gruppi di popolazione) nel mercato del lavoro, e invita gli Stati membri ad attuare la raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (1) . Tuttavia, il Comitato chiede che, in occasione della prossima revisione del quadro di qualità per i tirocini , sia imposto il divieto ai tirocini non retribuiti e stabilita una retribuzione dignitosa per tutti i tirocinanti . |
Il CESE plaude alle disposizioni contenute nei PNRR a sostegno di apprendistati o tirocini di qualità, poiché costituiscono uno strumento efficace per ridurre il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci e possono garantire una migliore integrazione dei giovani (e di altri gruppi di popolazione) nel mercato del lavoro, e invita gli Stati membri
|
Motivazione |
Si raccomanda di suddividere il punto in due parti e di non affrontare insieme la questione degli apprendistati e quella dei tirocini/stage. La prima parte riguarda gli apprendistati: il quadro dell’UE in materia funziona bene e non è in programma una sua revisione. La seconda parte è relativa alla revisione del quadro di qualità dell’UE per i tirocini, che può rappresentare l’occasione per una verifica dell’attuazione e dei progressi in questo campo negli Stati membri. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
69 |
Voti contrari: |
112 |
Astensioni: |
15 |
EMENDAMENTO 5
Presentato da:
HOŠTÁK Martin
POTTIER Jean-Michel
VADÁSZ Borbála
SOC/689 — Lavoro dignitoso per i giovani e inclusione dei NEET attraverso i piani nazionali per la ripresa
Punto 1.11
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE ritiene essenziale, al fine di non sovvenzionare la precarietà del lavoro, assicurare che gli incentivi alle assunzioni siano subordinati alla stipula di contratti a tempo indeterminato o a programmi di stabilizzazione . Inoltre, gli incentivi alle assunzioni possono rivelarsi efficaci nella creazione di opportunità lavorative per le persone «svantaggiate» in cerca di lavoro e nel ricollocamento di lavoratori licenziati, favorendone il percorso di transizione verso nuovi settori e occupazioni. |
Il CESE ritiene essenziale, al fine di non sovvenzionare la precarietà del lavoro, assicurare che gli incentivi alle assunzioni siano subordinati alla stipula di contratti a tempo indeterminato o di contratti facenti parte di un percorso professionale con sbocco nella stipula di contratti a tempo indeterminato . Inoltre, gli incentivi alle assunzioni possono rivelarsi efficaci quale complemento allo sforzo di formazione del datore di lavoro nella creazione di opportunità lavorative per le persone «svantaggiate» in cerca di lavoro e nel ricollocamento di lavoratori licenziati, favorendone il percorso di transizione verso nuovi settori e occupazioni. |
Motivazione |
L’incentivo all’assunzione può aiutare i giovani a essere assunti e i datori di lavoro a entrare in contatto con potenziali lavoratori, ma entrambe le parti hanno bisogno di flessibilità per mettere a punto un piano di formazione e di carriera che sfoci in una forma di contratto di lavoro più stabile. Ciò dipende dalle competenze, dalle prestazioni, dall’impegno e da altri criteri oggettivi. Le sovvenzioni all’assunzione comprendono anche forme di contratti di lavoro «duali» (basati sull’alternanza scuola o formazione-lavoro) che fanno parte di un percorso di formazione e professionale. È quindi opportuno che la proposta si concentri sulla condizionalità sull’occupazione sostenibile, al fine di promuovere l’inserimento professionale delle persone in cerca di lavoro, e in particolare dei NEET. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
69 |
Voti contrari: |
120 |
Astensioni: |
16 |
Il punto del parere della sezione riportato qui di seguito, pur avendo ottenuto un numero di voti favorevoli superiore a un quarto dei voti espressi (articolo 59, paragrafo 4, del Regolamento interno), è stato modificato in seguito all’adozione di un emendamento da parte dell’Assemblea:
EMENDAMENTO 2
Presentato da:
BABRAUSKIENĖ Tatjana
SOC/689 — Lavoro dignitoso per i giovani e inclusione dei NEET attraverso i piani nazionali per la ripresa
Punto 1.9
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE plaude alle disposizioni contenute nei PNRR a sostegno di apprendistati o tirocini di qualità , poiché costituiscono uno strumento efficace per ridurre il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci e possono garantire una migliore integrazione dei giovani (e di altri gruppi di popolazione) nel mercato del lavoro, e invita gli Stati membri ad attuare la raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (1). Tuttavia, il Comitato chiede che, in occasione della prossima revisione del quadro di qualità per i tirocini, sia imposto il divieto ai tirocini non retribuiti e stabilita una retribuzione dignitosa per tutti i tirocinanti. |
Il CESE plaude alle disposizioni contenute nei PNRR a sostegno di una formazione di qualità, inclusi apprendistati o stage/ tirocini, poiché costituiscono uno strumento efficace per ridurre il fenomeno degli abbandoni scolastici precoci e possono garantire una migliore integrazione dei giovani (e di altri gruppi di popolazione) nel mercato del lavoro, e invita gli Stati membri ad attuare la raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (1). Tuttavia, il Comitato chiede che sia imposto il divieto ai tirocini non retribuiti. Una retribuzione dignitosa per tutti i tirocinanti dovrebbe essere garantita in occasione della prossima revisione della raccomandazione del Consiglio su un quadro di qualità per i tirocini. Il CESE propone inoltre l’elaborazione di un quadro europeo per stage/tirocini di qualità volto a garantire il valore educativo di tale esperienza di apprendimento. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
127 |
Voti contrari: |
62 |
Astensioni: |
8 |
(1) Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, 15 marzo 2018.
(1) Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, 15 marzo 2018.
(1) Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, 15 marzo 2018.
(1) Raccomandazione del Consiglio relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità, 15 marzo 2018.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/38 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Lavoro atipico e cooperative di piattaforma nella trasformazione digitale dell’industria»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/06)
Relatore: |
Giuseppe GUERINI |
Correlatore: |
Erwin DE DEYN |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Organo competente |
Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) |
Adozione in sezione |
10.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
219/0/10 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
L’economia delle piattaforme digitali rappresenta un fenomeno in grande espansione, che travalica i confini della stessa Unione europea. Col crescere di questo fenomeno si sono moltiplicate anche forme attraverso le quali si instaurano i rapporti di lavoro per le persone occupate mediante tali piattaforme. Rapporti di lavoro autonomo, rapporti di collaborazione discontinui, contratti di lavoro dipendente individualizzati. In questo contesto le cooperative costituite tra lavoratori possono rappresentare uno strumento interessante per rendere più stabili i rapporti di lavoro attivati mediante piattaforme digitali. |
1.2. |
Data la rilevanza del fenomeno, il CESE ritiene utile e necessario che l’Unione europea e gli Stati membri coordinino l’implementazione di una appropriata regolamentazione al fine di assicurare un equilibro tra le esigenze di innovazione e la tutela dei diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, come già stanno facendo per i consumatori e gli utilizzatori nei progetti di regolamento relativi ad una legge sui servizi digitali e ad una legge sui mercati digitali. |
1.3. |
Le piattaforme digitali stanno anche favorendo lo sviluppo di nuove forme di impresa che possono ampliare le possibilità di partecipazione attiva di molte persone nei nuovi mercati digitali. Tra queste forme d’impresa, la forma cooperativa è particolarmente interessante per favorire una partecipazione inclusiva alla governance delle piattaforme digitali. |
1.4. |
La forma cooperativa, infatti, permette lo sviluppo di imprese create da lavoratori autonomi la cui aspirazione è mantenere l’autonomia e la creatività e al contempo migliorare il proprio reddito, le proprie condizioni di lavoro e l’accesso alla protezione sociale, evitando forme di lavoro non standard. |
1.5. |
Il CESE osserva che la forma cooperativa può coniugare le caratteristiche delle piattaforme digitali con il modello organizzativo del lavoro associato, ma consente anche, laddove le condizioni lo richiedano, di mantenere per i soci occupati lo status di lavoratori dipendenti, con la copertura di tutte le tutele previste per i lavoratori dai contratti collettivi di lavoro. |
1.6. |
Il CESE incoraggia la Commissione europea, gli Stati membri dell’UE e gli attori del dialogo sociale a prevedere iniziative che possano favorire lo sviluppo di cooperative di piattaforma che, mediante le nuove tecnologie, agiscano per sostenere la propensione imprenditoriale grazie all’aggregazione in cooperativa di giovani lavoratori e imprenditori. |
1.7. |
L’efficace attuazione di queste iniziative richiede il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati; per questo il dialogo sociale può avere un ruolo dirimente, e per questo il CESE è pronto ad assumere un ruolo nella promozione delle cooperative di piattaforma. |
1.8. |
Le piattaforme digitali non conoscono frontiere terrestri. Inoltre, nel nostro territorio europeo si applica il principio del paese d’origine. Il successo di queste iniziative dipende da una concezione e applicazione comuni di tali soluzioni. Il CESE invita a prestare attenzione al rischio di frammentazione del mercato interno, che penalizzerebbe sia le piattaforme che i loro lavoratori. |
1.9. |
Il CESE ritiene utile che nella realizzazione della Strategia europea per la transizione digitale vengano previste iniziative a sostegno della nascita di cooperative per la gestione di piattaforme digitali, anche al fine di favorire la proprietà collettiva di servizi digitali, dei dati e delle infrastrutture tecnologiche, consentendo quindi una maggiore diversificazione del contesto economico e una diffusione della democrazia economica. |
1.10. |
Il CESE osserva che le cooperative, in quanto organizzazioni autonome di persone unite volontariamente per soddisfare le proprie comuni esigenze sociali, economiche e culturali attraverso una organizzazione democratica e partecipativa, offrono una soluzione interessante proprio ai problemi di governance e di controllo democratico delle piattaforme digitali. |
1.11. |
Il CESE chiede che le proposte della Commissione europea per la regolazione dei lavoratori delle piattaforme digitali, siano costruite con una attenzione e un approccio aperto all’innovazione, favorevole a sostenere la competitività delle imprese, senza perdere di vista la tutela dei diritti dei lavoratori. In particolare, assicurando che le persone che lavorano per le piattaforme digitali siano formate e abilitate per una migliore comprensione e un miglior controllo su come vengono applicati gli algoritmi che regolano l’ingaggio dei lavoratori. |
2. Introduzione e contesto
2.1. |
Nel processo di rapida trasformazione dell’economia e delle imprese, il ruolo della digitalizzazione ha assunto una funzione strategica fondamentale, tanto da essere pervasiva di tutti i settori di attività arrivando ad interessare l’intero ciclo della catena del valore di prodotti e servizi, coinvolgendo sia le grandi imprese sia le piccole e microimprese. Le conseguenze sul mondo del lavoro, in termini di nuove opportunità e nuove sfide, sono rilevanti sia sul piano dei contenuti sia per la velocità in cui avvengono le mutazioni. |
2.2. |
Nuove modalità di lavoro e nuove forme di organizzazione delle imprese stanno emergendo come risultato della rapida trasformazione digitale. Il lavoro su piattaforma, tra l’altro, richiede soluzioni nuove e flessibili che i quadri giuridici attuali non sempre sono in grado di regolare. |
2.3. |
La rapida trasformazione in corso ha messo in luce lacune sul piano della certezza del diritto, per questo sono importanti «dialogo sociale» e contrattazione collettiva, come contesto per la negoziazione delle nuove regole per il lavoro nelle piattaforme digitali. Molti Stati membri si sono attivati per chiarire la condizione occupazionale di una persona che lavora attraverso le piattaforme digitali; in questo senso, un intervento di regolazione da parte della Commissione europea dovrebbe favorire accordi capaci al tempo stesso di adattarsi alle trasformazioni del mercato del lavoro, assicurando al contempo le tutele indispensabili per la protezione sociale dei lavoratori. |
2.4. |
Seppure il fenomeno delle «piattaforme digitali» si riferisca ad un’ampia varietà di modelli che può comprendere social network, siti di e-commerce, siti web di intermediazioni finanziarie o accesso e gestione di risorse e dati, in questo parere adotteremo una prospettiva legata specificamente al lavoro e ci riferiremo in particolare ad imprese operanti tramite applicazioni o siti web. In particolare, prenderemo in considerazione la formula peculiare delle piattaforme digitali in forma cooperativa. |
2.5. |
La Commissione europea sta approfondendo le implicazioni sulle condizioni dei lavoratori delle piattaforme attraverso una consultazione, aperta per una prima fase lo scorso 24 febbraio e con una seconda fase tra il 15 giugno e il 15 settembre 2021. Con queste consultazioni la Commissione chiede alle parti sociali un pronunciamento circa l’opportunità o meno di intervenire legislativamente. La consultazione identifica sette aree di intervento: 1. status occupazionale, 2. condizioni di lavoro, 3. accesso alla protezione sociale, 4. accesso alla rappresentanza e alla contrattazione collettiva, 5. dimensione transfrontaliera, 6. management algoritmico, 7. formazione permanente e opportunità professionali per le persone che lavorano attraverso le piattaforme. |
2.6. |
Le piattaforme digitali costruiscono uno «spazio virtuale» nel quale avvengono interazioni e scambi che sono molto più di un semplice incontro tra domanda e offerta, che possono esercitare un potere di controllo e di influenza sempre più raffinato nei confronti di lavoratori, fornitori e utenti, offrendo nuovi servizi per i clienti e nuove scelte per l’occupazione. Ciò risulta possibile attraverso l’utilizzo di sistemi di profilazione e un ampio utilizzo dei dati, applicando sistemi di intelligenza artificiale e algoritmi determinati da chi governa le piattaforme. |
2.7. |
Tramite una sofisticata politica di marketing che fa illusoriamente sentire le persone che agiscono nelle piattaforme come protagoniste di un processo paritetico orizzontale, le piattaforme si propongono e si autodefiniscono come spazi di incontro per un rapporto diretto e disintermediato, ma in verità non sono mai totalmente decentralizzate né mai neutre; sono anzi esse stesse soggetto attivo dell’intermediazione, con gerarchie ben stabilite anche se spesso non palesi. |
2.8. |
Sebbene esista un corpus completo di normative UE e nazionali riguardanti varie forme di occupazione, le piattaforme non sempre si adattano facilmente all’applicazione e all’attuazione di questi quadri normativi. L’informazione, il dialogo sociale e l’apprendimento reciproco dovrebbero essere incoraggiati al fine di facilitare e sostenere uno sviluppo solido e sostenibile delle piattaforme digitali al fine di aumentare la cooperazione e la fiducia tra gli attori del mercato digitale. Dialogo sociale e contrattazione collettiva sono in grado di regolare meglio le situazioni di rapida evoluzione, rispetto ad interventi legislativi affrettati, che potrebbero ostacolare l’innovazione. |
2.9. |
Resta evidente in ogni caso che una buona regolamentazione deve fare spazio alle grandi innovazioni che possono arrivare dalle tecnologie digitali e al riconoscimento dei diritti dei lavoratori in queste nuove forme di organizzazione del lavoro. Intervenire sui cambiamenti significa orientare attivamente il modello di sviluppo che, nella nostra accezione, deve necessariamente avere un’attenzione specifica all’ambiente e al sociale. |
2.10. |
Nel quadro della trasformazione digitale in atto in tutto il mondo, vanno presi in considerazione a tutti i livelli gli interventi utili per sostenere lo sviluppo di una transizione digitale sostenibile, regolata in un quadro normativo europeo adeguato e chiaro per i diversi attori del mercato digitale ed in particolare di quello rappresentato dalle piattaforme. Le istituzioni europee hanno iniziato ad occuparsi del tema sotto diversi aspetti (1) e il CESE ha già adottato diversi pareri in merito alle questioni fiscali (2), alla regolamentazione del mercato digitale (3), alle questioni sollevate in tema di lavoro (4). |
2.11. |
In un contesto generale di trasformazione delle condizioni di lavoro, sempre più persone si trovano in condizioni di fornire prestazioni tramite lavoro autonomo per mezzo delle piattaforme digitali, come evidenzia la valutazione d’impatto pubblicata a gennaio 2021 dalla CE (5). La mancanza di un quadro normativo adeguato rischia che si ricorra a forme improprie di lavoro autonomo, che, in quanto tale, deve rispondere a criteri quali: autonomia, libera espressione della volontà di partecipazione delle parti, autodeterminazione nell’organizzazione del lavoro e indipendenza. |
2.12. |
L’analisi della Commissione europea mostra che le persone che lavorano attraverso le piattaforme potrebbero non avere adeguata informazione e comprensione su come vengono applicati gli algoritmi per raggiungere determinate decisioni che potrebbero avere un impatto sulle loro condizioni di lavoro. La mancanza di comprensione e informazione può essere problematica, in particolare nel contesto della sorveglianza digitale e della gestione dei dati quando la progettazione e la gestione algoritmica influiscono sulle condizioni di lavoro. Ecco perché il dialogo sociale è essenziale. |
2.13. |
Consapevolezza e certezza giuridica circa i contratti di lavoro applicabili ai lavoratori delle piattaforme, che garantiscano condizioni retributive decenti, e accesso alla protezione sociale e alla contrattazione collettiva, sono un’esigenza sia per le imprese sia per i lavoratori. La stessa esigenza di chiarezza sussiste per quanto riguarda i criteri per la qualifica di imprenditore e di lavoratore autonomo. Su questi aspetti il CESE si è pronunciato in modo chiaro con il parere SOC 645/2021 sul tema Condizioni di lavoro dignitose nell’economia delle piattaforme — richiesto dalla presidenza tedesca del Consiglio dell’UE nel secondo semestre 2020. |
2.14. |
Nell’ambito dell’economia delle piattaforme digitali, come riconosce la stessa Commissione, le cooperative hanno creato con successo modelli che consentono una combinazione virtuosa di imprenditorialità, diritti sociali e adeguate condizioni di lavoro (6). |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Le forti e rapide trasformazioni che si accompagnano alla digitalizzazione dell’economia e della vita sociale comportano nuove esigenze di flessibilità e velocità di adattamento, che ampliano anche le possibilità di scelta di forme autonome di lavoro, seppure a volte comportino nuove forme di frammentazione e parcellizzazione del lavoro, non solo come processo scomposto in fasi (come nelle classiche catene di montaggio), ma anche scomposto in termini spaziali e temporali, disarticolando spesso anche la distinzione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita delle persone coinvolte in alcune fasi di questi processi. |
3.2. |
Questi aspetti sono parte di un fenomeno complesso, che riguarda anche professioni molto qualificate, a cui vengono affidate parti del processo produttivo mediante contratti autonomi o di «libera professione». Pensiamo ad esempio a tutto il mondo dei programmatori informatici, degli analisti di dati e degli sviluppatori di applicazioni, oppure a tutti i fornitori di servizi complementari sempre più decentralizzati. |
3.3. |
La crisi della COVID-19 ha dimostrato che la corretta applicazione e attuazione delle norme nazionali e dell’UE, che riconoscano la necessità di protezione dei lavoratori inquadrati con i cosiddetti «contratti atipici» (7), rimane una sfida aperta in molti Stati membri. |
3.4. |
La comparsa delle piattaforme digitali come strumento per l’ingaggio di lavoratori ha visto in molti casi il ricorso a forme di contrattualizzazione con la formula del lavoro autonomo, anche laddove non si effettuavano attività genuinamente in autonomia e indipendenza. Non sono mancati neanche i casi in cui questo approccio rispondeva più alla necessità di contenere il costo del lavoro che a quella di ottimizzare l’autonomia nell’organizzazione del lavoro. Così sono cresciuti anche i contenziosi legali nei tribunali in diversi paesi europei. È invece evidente che un fenomeno in così rapida trasformazione non può essere regolato per via giudiziaria e attraverso i contenziosi, ma richiede di individuare soluzioni praticabili che colgano e interpretino adeguatamente i cambiamenti profondi in corso. |
3.5. |
In questo contesto, la forma cooperativa permette lo sviluppo di imprese di lavoratori autonomi (come le cooperative di lavoratori indipendenti) la cui aspirazione è mantenere l’autonomia e la creatività e al contempo migliorare il proprio reddito, le proprie condizioni di lavoro e l’accesso alla protezione sociale. Inoltre, la forma cooperativa più classica (quella delle cooperative di lavoro) può coniugare le caratteristiche delle piattaforme digitali con il modello organizzativo del lavoro associato, che è caratterizzato da un impianto democratico e dalle tutele previste per i lavoratori dipendenti dai contratti nazionali di lavoro. |
3.6. |
Una cooperativa di piattaforma è un’azienda costituita in forma cooperativa e governata democraticamente, con il coinvolgimento dei portatori d’interesse partecipanti, la quale, tramite un’infrastruttura informatica e dei protocolli che interfacciano diversi dispositivi, sia fissi sia mobili, organizza la produzione e lo scambio di beni e servizi. |
3.7. |
Come ogni cooperativa, le cooperative di piattaforma appartengono e sono governate da coloro che dipendono maggiormente dalle stesse, in questo caso lavoratori, utenti e altri stakeholder. Naturalmente ciò avviene tenendo conto dell’appropriato inquadramento contrattuale dei soci-lavoratori sia nel caso prestino lavoro come dipendenti sia nel caso acquisiscano status di lavoratori autonomi. |
3.8. |
Il modello cooperativo, oltreché caratterizzare la forma societaria e la relazione tra gli attori, ha un’influenza decisiva sui flussi decisionali dell’algoritmo di funzionamento, prestandosi anche a «ripartire meglio i benefici tra i produttori/fornitori di servizi e coinvolgere i cittadini/consumatori nella governance, nel processo decisionale e nella condivisione dei benefici», come recentemente sostenuto nel parere CESE NAT/794 (8). |
3.9. |
In questa prospettiva, favorire la nascita di nuove imprese, che aggregano in cooperative questi lavoratori, può aiutare a sviluppare nuove forme di impresa. L’aggregazione giova ai protagonisti di queste attività sia in termini di ampliamento delle opportunità di business (al contempo fra di loro e verso l’esterno) sia in termini di mutualizzazione dei costi e dei benefici. Spesso, quando la legislazione nazionale lo consente, tali cooperative rendono possibile per i loro lavoratori autonomi affiliati l’accesso ai sistemi di protezione sociale esistenti. |
3.10. |
Lo spirito d’impresa, le capacità imprenditoriali, l’autoimprenditorialità sono leve fondamentali per la crescita; tuttavia, creare imprese in solitudine e soprattutto farlo da giovani è difficile. Per questo motivo è interessante sviluppare queste forme di cooperativa che, grazie alle nuove tecnologie, possono sostenere la propensione imprenditoriale grazie all’aggregazione in cooperativa di giovani lavoratori indipendentemente dallo status legale che assumono (dipendente o autonomo). |
3.11. |
Le normative sul lavoro e i sistemi di sicurezza sociale che si erano sviluppati in linea con l’occupazione standard non sembra siano ora in grado di rispondere alle esigenze dei lavoratori che operano con contratti atipici, che tuttavia hanno bisogno di protezione sociale e di appropriate forme di contrattazione collettiva. Molte delle sfide poste oggi dalla trasformazione del lavoro e dalla digitalizzazione hanno incoraggiato le cooperative a fornire risposte ai bisogni dei lavoratori che non sono soddisfatti dagli attuali assetti istituzionali, mentre allo stesso tempo si sforzano di aumentare l’autorealizzazione dei lavoratori incoraggiando la partecipazione alla proprietà dei lavoratori stessi. |
3.12. |
Con riferimento a quei lavoratori che vogliono garantita la loro autonomia (quindi non considerando il fenomeno dei «falsi autonomì»), di recente sono comparsi nuovi modelli cooperativi in risposta al significativo aumento di nuove forme di lavoro. Queste nuove forme di cooperative possono rappresentare un ottimo strumento per favorire una maggiore diffusione delle capacità imprenditoriali e della mutualizzazione di costi e benefici. In particolare, grazie alle nuove tecnologie, qualche forma di nuova economia come la cosiddetta platform economy potrebbe trovare nello strumento cooperativo il modo per rendere molti lavoratori autonomi anche proprietari di queste piattaforme e quindi evitare alcune derive cosiddette di atomizzazione (9). |
3.13. |
L’idea di base delle cooperative di piattaforma è chiara: nuovi modelli di business basati su Internet e piattaforme online possono essere combinati con il modello cooperativo conferendo proprietà e potere di controllo alle stesse persone che utilizzano e lavorano attraverso le piattaforme online. Queste innovative forme di impresa possono incrementare una buona occupazione nell’economia di piattaforma e rendere più partecipata l’economia digitale. |
3.14. |
Le piattaforme digitali in forma cooperativa creano così un «modello di impresa» che utilizza tecnologie digitali, siti web e applicazioni mobili distribuite, basando il loro funzionamento su un processo decisionale democratico e sulla proprietà condivisa delle parti interessate. |
3.15. |
In questo modo la forma giuridica di cooperativa, organizzata su piattaforme digitali, si presta efficacemente anche all’organizzazione di agenzie di scambio e condivisione di dati, di cui potrebbero servirsi sempre più aziende ed in particolare PMI, che con maggiore difficoltà possono dotarsi di intermediari per la gestione e lo scambio di dati, consentendo alle PMI aggregate, ad esempio, di mantenere la governance di queste strutture. |
3.16. |
Questo potenziale non è sfuggito alla Commissione europea, che infatti, nell’articolo 9 della proposta di regolamento sulla governance europea dei dati (Data Governance Act), presentata il 25 novembre 2020, prevede espressamente la possibilità di organizzare «servizi di cooperative di dati», come evidenziato anche dal CESE nel parere INT/921 (10). |
3.17. |
Sulla funzione di democratizzazione dell’economia digitale che può essere svolta dalle cooperative, un importante riferimento si trova anche nel Report sull’economia digitale 2019 (11) realizzato dalle Nazioni Unite e recentemente in un rapporto dell’ILO (12). |
3.18. |
È importante fornire alle persone che lavorano attraverso le piattaforme gli strumenti per orientare la propria carriera e avere accesso allo sviluppo professionale e allo sviluppo delle competenze. Come osservato dalla Commissione, indipendentemente dalla condizione occupazionale delle persone che lavorano e/o forniscono servizi tramite piattaforme digitali, queste dovrebbero essere sostenute con attività di formazione e riqualificazione continue nonché per l’accesso alla protezione sociale e in particolare alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. |
3.19. |
Il modello delle piattaforme digitali, anche in forma cooperativa, può essere applicato per sviluppare e migliorare l’accessibilità ad offerte di formazione a distanza, che possono facilitare l’apprendimento personalizzato. |
3.20. |
L’ampia diffusione degli strumenti per la digitalizzazione non solo delle attività lavorative, ma di molti aspetti della vita quotidiana, richiede una capacità di formazione diffusa nel campo delle competenze digitali di base. Gli attori del dialogo sociale, e le istituzioni europee dovrebbero favorire lo scambio delle migliori pratiche in questo settore al fine di promuovere l’apprendimento reciproco e la crescita di consapevolezza sulle potenzialità della digitalizzazione dell’economia. La formazione continua ai lavoratori occupati deve trovare nel dialogo sociale e nella contrattazione collettiva il contesto primario di promozione. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://www.eurofound.europa.eu/it/data/platform-economy/dossiers
(2) Parere del CESE Tassazione dell’economia collaborativa — gli obblighi di reporting (supplemento di parere) (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 62).
(3) Parere del CESE Legge sui mercati digitali (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 64).
(4) Parere del CESE Direttiva sulle condizioni di lavoro (GU C 283 del 10.8.2018, pag. 39).
(5) Valutazione d’impatto iniziale, Contratti collettivi per lavoratori autonomi — campo di applicazione delle norme dell’UE in materia di concorrenza, 6 gennaio 2021. Cfr. https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12483-Contratti-collettivi-per-lavoratori-autonomi-campo-di-applicazione-delle-norme-dellUE-in-materia-di-concorrenza_it.
(6) Un esempio emblematico include le cooperative affiliate alla federazione CoopCycle. Si tratta infatti di cooperative di ciclofattorini che sono soci-lavoratori della loro cooperativa, che a sua volta mutualizza con altre cooperative di altre città il software che permette le transazioni e il matchmaking tra lavoratori, fornitori e utenti: https://coopcycle.org/en/.
(7) Il lavoro atipico è un concetto che ha ricevuto una crescente attenzione politica, in particolare negli ultimi decenni. Si veda ad esempio lo studio All For One: https://cecop.coop/works/cecop-report-all-for-one-reponse-of-worker-owned-cooperatives-to-non-standard-employment.
(8) Parere del CESE Digitalizzazione e sostenibilità — status quo e necessità di intervenire dal punto di vista della società civile (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 187).
(9) https://cecop.coop/works/cecop-report-all-for-one-reponse-of-worker-owned-cooperatives-to-non-standard-employment
(10) Parere del CESE Governance dei dati (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 38).
(11) https://unctad.org/system/files/official-document/der2019_en.pdf
(12) https://www.ilo.org/global/research/global-reports/weso/2021/lang--en/index.htm
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/44 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «In che modo le industrie ad alta intensità di energia e risorse possono trarre vantaggio dal piano di ripresa dell’UE nella loro transizione socialmente accettabile verso la decarbonizzazione e la digitalizzazione»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/07)
Relatore: |
Andrés BARCELÓ DELGADO |
Correlatore: |
Enrico GIBELLIERI |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Organo competente |
Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) |
Adozione in commissione |
10.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
08.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
151/0/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il dispositivo per la ripresa dell’UE e i relativi piani nazionali per la ripresa e la resilienza devono contribuire a una transizione giusta per le industrie europee ad alta intensità di energia e di risorse. Tale contributo dovrà portare alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro di qualità in tali industrie, coinvolgere le parti sociali nell’attuazione dei piani nazionali e sostenere le transizioni dei lavoratori attraverso la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze. |
1.2. |
Il CESE incoraggia la Commissione e le altre istituzioni dell’UE a garantire condizioni di parità all’interno del mercato unico, per evitare squilibri nei vantaggi a favore dell’industria a seconda dell’approccio di ciascuno Stato membro. |
1.3. |
Il Comitato ritiene che la transizione industriale non potrà essere realizzata se non sarà attuata la transizione energetica. A tal fine, sarà essenziale disporre di fonti di energia a basse emissioni di carbonio in quantità sufficienti e a prezzi accessibili che rendano possibile la produzione industriale a basse emissioni di carbonio. I legislatori dell’UE e gli Stati membri dovrebbero bilanciare la disponibilità di vettori energetici e i relativi costi, al fine di permettere alle industrie europee ad alta intensità di energia e risorse di effettuare la transizione industriale e di competere sulla scena internazionale. Inoltre, la neutralità tecnologica sarà determinante per assicurare la corretta attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza e (PNRR) rispettare nel contempo gli obiettivi climatici dell’UE per il 2030 e il 2050 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. |
1.4. |
L’automazione e la digitalizzazione nella transizione industriale sono tra i fondamenti trasversali di questo processo di trasformazione. Tuttavia, il ruolo della digitalizzazione nelle industrie ad alta intensità di energia e risorse non deve essere frainteso: si tratta di uno strumento, non di un fine in sé. |
1.5. |
Il CESE accoglie con favore i sette settori faro definiti dalla Commissione nei suoi orientamenti agli Stati membri sui piani nazionali per la ripresa e la resilienza e la necessità di destinare almeno il 37 % del bilancio totale alle azioni nell’ambito degli investimenti per il clima e della digitalizzazione e almeno il 20 % al settore della digitalizzazione. Inoltre, incoraggia le istituzioni dell’UE a monitorare attentamente l’assegnazione dei fondi stanziati al fine di soddisfare tali requisiti. |
1.6. |
Il tempo necessario alle imprese dell’industria ad alta intensità di energia e risorse per compiere la transizione industriale si estenderà oltre la durata del dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il CESE invita le istituzioni dell’UE a tenerne conto e a elaborare strumenti finanziari e normativi nuovi e adeguati per il periodo successivo al 2026, al fine di completare la transizione verso un’industria a basse emissioni di carbonio. |
1.7. |
Poiché le imprese dell’industria ad alta intensità di energia e risorse necessitano di un’attenzione particolare per quanto riguarda le attività di ricerca, sviluppo e innovazione, il CESE esorta le istituzioni dell’UE a mettere in atto misure specifiche per affrontare le sfide cui sono confrontate tali imprese nel loro cammino verso un’industria neutra in termini di emissioni di carbonio. |
1.8. |
La ristrutturazione degli edifici garantirà una quota sostanziale dell’efficienza energetica necessaria per realizzare una società neutra in termini di emissioni di carbonio entro il 2050. Il CESE sostiene le opere e i progetti destinati a migliorare l’efficienza energetica degli edifici attraverso la ristrutturazione degli involucri e degli impianti. |
1.9. |
Il Comitato difende con forza lo sviluppo di un sistema cloud di proprietà dell’UE che conferisca l’indipendenza tecnologica all’Unione. |
1.10. |
La gestione dei talenti all’interno dell’industria dell’UE è fondamentale per realizzare una trasformazione industriale cha abbia successo. La Commissione deve pertanto verificare se i programmi e le attività sviluppati per migliorare le nuove competenze contribuiranno a una trasformazione riuscita in questo senso. |
2. Contesto
2.1. |
La pandemia di COVID-19 ha provocato non solo un’emergenza sanitaria mondiale, ma anche una crisi economica e sociale. Alla luce di questa grave situazione, i responsabili politici europei hanno dovuto attuare importanti misure politiche per stabilizzare le economie di tutti gli Stati membri europei. |
2.2. |
L’Unione europea ha istituito diversi meccanismi nell’ambito del programma NextGenerationEU, con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri ad uscire più forti dalla crisi grazie al più grande pacchetto di incentivi mai adottato. Saranno messi a disposizione 1 800 miliardi di EUR in un bilancio a lungo termine da erogare attraverso diversi strumenti incentrati sulla modernizzazione, la ricerca, la transizione climatica e la protezione sociale. |
2.3. |
Uno degli strumenti di NextGenerationEU è il dispositivo per la ripresa e la resilienza, che si concentrerà sulla riparazione dei danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di COVID-19 e sulla promozione della «duplice transizione» verso una società decarbonizzata e digitale. |
2.4. |
Il dispositivo prevede un importo totale di 672,5 miliardi di EUR, che saranno distribuiti sotto forma di prestiti (360 miliardi di EUR) e di sovvenzioni (312,5 miliardi di EUR), per sostenere le riforme e gli investimenti effettuati dagli Stati membri nell’ottica di una ripresa sostenibile. |
2.5. |
Questi finanziamenti saranno assegnati nell’ambito dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza degli Stati membri, che includeranno le riforme e gli investimenti necessari e rifletteranno le pertinenti raccomandazioni specifiche per paese formulate dal Consiglio nell’ambito del quadro di governance del semestre europeo, al fine di contribuire alla strategia annuale di crescita sostenibile dell’UE per il 2021. |
2.6. |
La Commissione ha indicato i principali settori faro in cui ciascuno Stato membro deve definire le linee d’azione specifiche:
I principali settori faro sono stati definiti per permettere alle azioni intraprese di dare un contributo sostanziale alle transizioni verde e digitale dell’UE. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, attraverso le aree di sviluppo promosse dagli Stati membri, in linea con le raccomandazioni specifiche per paese del semestre europeo, darà un po’ di respiro alle organizzazioni che sono state colpite dalla situazione economica causata dalla pandemia. In particolare, aiuterà i settori economici, come le industrie ad alta intensità di energia e risorse, che erano già in una situazione difficile (a causa degli elevati oneri normativi e della concorrenza sleale di alcuni paesi terzi) e che sono stati gravemente colpiti dalle circostanze attuali. |
2.7. |
La strategia di ripresa, basata sulla strategia industriale dell’UE e il suo aggiornamento del 2021, concorrerà a raggiungere l’obiettivo del Green Deal europeo, l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 e l’obiettivo rivisto di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza contribuirà in modo determinante agli enormi investimenti che le industrie ad alta intensità di energia e risorse dovranno sostenere per conseguire tali obiettivi. Gli sforzi necessari per costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’UE devono essere sostenuti da solidi partenariati tra l’UE, gli Stati membri, le parti sociali, l’industria e altri soggetti interessati. La strategia di ripresa rafforzerà inoltre il meccanismo per una transizione giusta, che sostiene le regioni dipendenti dalle industrie ad alta intensità di energia e risorse e in fase di cambiamento strutturale. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il piano dell’UE per la ripresa comprende un aspetto fondamentale nella transizione sostenibile verso un’economia decarbonizzata e digitalizzata e sottolinea il fatto che l’ambizione della duplice transizione dell’UE richiede una responsabilità politica, oltre all’impegno politico e/o a regole d’oro. Il CESE concorda sui principali settori faro proposti, che concentreranno gli investimenti in alcuni dei settori più pertinenti per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite, garantendo nel contempo il conseguimento degli obiettivi climatici stabiliti dalla legislazione dell’UE per il 2030 (riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % rispetto al 1990) e per il 2050 (neutralità in termini di emissioni di gas a effetto serra). |
3.2. |
La pandemia ha imposto la necessità di tracciare un percorso comune in cui le regole siano definite a livello globale e applicate in modo uniforme da tutte le regioni, affrontando così il potenziale rischio di frammentazione derivante dall’assegnazione eterogenea delle risorse. La crisi indotta dalla pandemia e la necessità di una transizione verso un’economia sostenibile, resiliente e flessibile potrebbero fornire una grande opportunità per definire le regole che garantiscano la parità di condizioni nell’UE. |
3.3. |
A tal fine, occorre valutare adeguatamente l’attuale situazione precaria delle industrie ad alta intensità di energia e risorse, insieme all’impatto che il carattere persistente di queste condizioni potrebbe esercitare sull’economia europea nel suo complesso. Va tenuto in considerazione il contributo di tali industrie al prodotto interno lordo (PIL) dell’Unione europea, così come il fatto che esse sono leader nell’innovazione, creano posti di lavoro di alta qualità e contribuiscono al benessere a lungo termine della società nel suo complesso. Un servizio pubblico solido ha bisogno dell’impulso del settore privato. Tuttavia, il CESE è preoccupato per la mancanza di precisione che alcuni piani nazionali già approvati mostrano riguardo alle industrie ad alta intensità di energia e risorse, in quanto gli investimenti vengono talvolta deviati verso altri settori economici. |
3.4. |
Inoltre, occorre considerare l’impulso che queste industrie possono dare in termini di R&S, in quanto costituiscono un settore chiave in cui avviene il passaggio dell’innovazione dal laboratorio alla scala industriale |
3.5. |
e forniscono potenzialmente uno dei maggiori contributi alla transizione industriale che assicurerà un’Europa a basse emissioni di carbonio. L’industria dovrebbe intensificare i propri sforzi per sviluppare e diffondere processi di produzione a basse emissioni di carbonio e promuoverli lungo le complesse catene di approvvigionamento. Senza questo lavoro interno ed esterno, sarà difficile raggiungere gli obiettivi essenziali ma ambiziosi definiti nell’accordo di Parigi e gli obiettivi fissati dall’UE. |
3.6. |
L’automazione e la digitalizzazione svolgeranno un ruolo chiave nella realizzazione di questa transizione industriale. Tuttavia, i due concetti non devono essere confusi: la trasformazione è il fine, la digitalizzazione è lo strumento. L’attuazione di soluzioni digitali semplificherà il modo in cui i cittadini pensano, prendono decisioni e operano: anche se la digitalizzazione deve essere considerata prioritaria per il dispositivo per la ripresa e la resilienza, l’attenzione dovrebbe essere posta sul modo in cui questi strumenti permetteranno un approccio più efficiente alle sfide che stiamo affrontando. |
3.7. |
La trasformazione digitale richiederà lo sviluppo su scala industriale di tecnologie comprovate a livello di sperimentazione pilota o di laboratorio. Per questo, i partenariati pubblici e privati dovrebbero essere incentrati su ricerca, sviluppo e innovazione. Occorre concentrare gli investimenti sulle tecnologie che dimostrano fin da subito la scalabilità, la fattibilità e l’affidabilità delle soluzioni innovative a monte delle catene del valore e che rispettano nel contempo gli obiettivi di sostenibilità. Inoltre, sarà necessario prevedere un periodo di conversione in cui le soluzioni innovative possano essere adeguatamente estese su scala industriale. |
3.8. |
Per essere in grado di gestire efficacemente questa situazione, la transizione dovrebbe essere incentrata sul know-how acquisito, sulle risorse già disponibili e sulle potenziali sinergie che possono nascere. La trasformazione comporta innovazione, invenzione, progettazione, costruzione e, di fatto, sviluppo, ma non dovrebbe significare di per sé nuove creazioni. |
3.9. |
Il CESE è consapevole degli investimenti che la transizione richiederà. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza e NextGenerationEU non devono essere visti come una panacea. La trasformazione delle industrie ad alta intensità di energia e risorse per far fronte alla duplice transizione richiederà un enorme piano di investimenti, che mobiliti numerose fonti di finanziamento aggiuntive (ad esempio, aiuti di Stato, importanti progetti di interesse comune europeo, nuove risorse proprie per il bilancio dell’UE, future entrate del sistema ETS, investimenti privati ecc.). A tal fine, è essenziale conciliare le politiche industriali ed energetiche con la politica climatica, al fine di mobilitare tutti gli ingenti investimenti resi necessari dalla transizione verso un modello economico neutro in termini di emissioni di carbonio. |
3.10. |
Il CESE ritiene che sia necessario adoperarsi per coordinare il sostegno erogato attraverso il dispositivo per la ripresa e la resilienza al fine di trasformare le industrie ad alta intensità di energia e risorse con i programmi di finanziamento pubblico-privato esistenti, come SPIRE o il Clean Steel Partnership (partenariato per l’acciaio pulito). Le alleanze industriali dovrebbero fungere da piattaforme per promuovere sinergie a lungo termine tra i progetti finanziati mediante il dispositivo per la ripresa e la resilienza e i programmi dell’UE esistenti, al fine di catalizzare la trasformazione delle industrie ad alta intensità di energia e risorse. |
3.11. |
È stata individuata la necessità di accompagnare il sostegno finanziario fornito attraverso il dispositivo per la ripresa e la resilienza con un’ambiziosa riforma fiscale, che dovrebbe essere allineata con l’accordo OCSE per garantire che a partire dal 2023 alle società altamente redditizie venga applicata un’imposta sulle società con un’aliquota effettiva del 15 %. |
3.12. |
L’obiettivo principale dell’erogazione di sovvenzioni alle imprese dovrebbe essere quello di mantenere la competitività internazionale dell’industria dell’UE nel rispetto delle norme sociali, economiche e ambientali dell’UE, al fine di garantire che la duplice transizione vada a vantaggio dei cittadini europei. |
3.13. |
Come detto sopra, il piano dell’UE per la ripresa sarà fondamentale per la trasformazione di tali industrie, contribuendo nel contempo alla metamorfosi di altri settori economici in relazione alla duplice transizione. Quest’ampia conversione richiederà periodi di adattamento e transizione a lungo termine, soprattutto in tutti gli aspetti che riguardano il capitale umano. Il CESE raccomanda vivamente di estendere i meccanismi di investimento oltre il 2026 e di definire in modo chiaro e rigoroso le interconnessioni tra gli stessi. |
4. Osservazioni particolari
Il CESE invita gli Stati membri e l’industria a proporre gli investimenti e le riforme con il maggiore impatto di trasformazione in termini di conseguimento degli obiettivi finali prefissati, nei principali settori faro definiti dalla Commissione. Non si può ignorare che i costi per raggiungere gli obiettivi associati a questa duplice transizione devono essere economicamente accessibili a tutta la società.
4.1. POWER UP (premere sull’acceleratore) — tecnologie pulite ed energie rinnovabili
4.1.1. |
La transizione industriale non potrà essere realizzata se non sarà attuata la transizione energetica. La decarbonizzazione dell’industria si baserà direttamente sulla disponibilità di fonti di energia a basse emissioni di carbonio in quantità sufficienti ed economicamente accessibili che rendano possibile la produzione industriale a basse emissioni di carbonio. Assicurare una generazione sufficiente di energia decarbonizzata in modo affidabile sarà fondamentale per conseguire gli obiettivi climatici e digitali. Allo stesso modo, sono necessari ingenti investimenti per sviluppare o creare le infrastrutture necessarie per trasportare, immagazzinare e distribuire questi volumi senza precedenti di energia a basse emissioni di carbonio. L’attuazione dei piani nazionali per la ripresa, e in particolare le riforme proposte, dovrebbero concentrarsi sulla garanzia di prezzi energetici competitivi, stabili e prevedibili, limitando l’impatto dei prezzi elevati dell’energia sull’inflazione, il che potrebbe compromettere la ripresa delle industrie ad alta intensità di energia e risorse e della società in generale. |
4.1.2. |
Il CESE concorda sul fatto che la neutralità tecnologica è un requisito essenziale nell’attuazione dei piani nazionali per la ripresa: tutte le tecnologie a basse emissioni di carbonio (energie rinnovabili, idrogeno verde, reattore a fusione ecc.) devono essere incluse in questa transizione, purché siano in linea con gli obiettivi climatici per il 2030 e il 2050 e con gli OSS delle Nazioni Unite. Nessuna tecnologia dovrebbe essere esclusa a priori o arbitrariamente. I criteri di assegnazione delle risorse dovrebbero essere incentrati sul garantire prezzi energetici competitivi per i consumatori finali, indipendentemente dalla tecnologia stessa. |
4.1.3. |
A tal fine, potrebbe essere necessario considerare la combinazione tra diverse fonti di energia rinnovabile competitive, ma anche tra queste ultime e le tecnologie di cattura, stoccaggio e utilizzo del carbonio, senza dimenticare il ruolo che svolgerà l’interconnessione energetica tra diversi Stati membri. Occorre adottare una regolamentazione sufficiente e omogenea per fornire la giustificazione economica agli investimenti e permettere l’applicazione di queste tecnologie. |
4.1.4. |
Oltre alla disponibilità di energia e di soluzioni tecnologiche a prezzi accessibili, occorre tenere in debita considerazione l’efficienza energetica. Tutti gli scenari individuati dalla strategia di riduzione delle emissioni a lungo termine dell’UE per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050 attribuiscono un ruolo importante al risparmio energetico (1). Anche il passaggio a un’economia più circolare può contribuire in maniera determinante alla riduzione del consumo di energia e di risorse da parte delle industrie in questione. |
4.1.5. |
Per quanto riguarda il già citato rischio di concorrenza sleale, e con l’obiettivo di cercare di prevenire e attenuare i rischi che può comportare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, esso deve essere adeguatamente gestito nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza. È importante non trascurare le misure o i sistemi che sono riusciti a ridurre le emissioni, ma anzi rafforzarli, ove necessario, con meccanismi aggiuntivi o complementari (non alternativi). |
4.1.6. |
Dopo aver valutato tutti i potenziali fattori chiave che dovranno essere gestiti nell’ambito del settore faro POWER UP, il principale dubbio che sorge riguarda il modo in cui l’UE sarà in grado di fornire la quantità senza precedenti di energia richiesta dalla società. |
4.2. RENOVATE (ristrutturare) — efficienza energetica degli edifici
4.2.1. |
Migliorare l’efficienza energetica degli edifici esistenti e di nuova costruzione richiederà materiali e attrezzature intelligenti, che contribuiranno a una transizione sostenibile. Per materiali intelligenti si intendono i materiali verdi o i processi di produzione sostenibili per ottenerli. |
4.2.2. |
Il CESE confida che, al fine di contribuire in modo olistico agli obiettivi definiti dalla Commissione europea, i materiali intelligenti (e i relativi processi di produzione sostenibili) saranno promossi al di là dello scenario attuale. Gli impianti non devono essere dimenticati: concentrarsi esclusivamente sull’involucro edilizio non consentirà di raggiungere l’efficienza energetica; gli impianti e i sistemi devono essere opportunamente valutati, rinnovati e interconnessi. Un siffatto approccio farebbe decollare i mercati dei materiali intelligenti, e gli appalti pubblici potrebbero rappresentare un possibile punto di partenza pratico. |
4.3. RECHARGE and REFUEL (ricaricare e rifornire) — trasporti sostenibili e stazioni di ricarica
4.3.1. |
La strategia europea deve compiere un grande sforzo per definire una chiara tabella di marcia per la decarbonizzazione dei settori difficili da elettrificare (trasporto stradale pesante e a lunga distanza, trasporto aereo, trasporto marittimo ecc.). |
4.3.2. |
Una strategia per i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio e un’alleanza nella catena del valore degli stessi combustibili contribuiranno a decarbonizzare i settori del trasporto aereo e marittimo, integrando nel contempo gli sforzi di decarbonizzazione del trasporto stradale attraverso l’elettrificazione, tra le altre alternative. In questo modo, sarà garantito l’accesso alla mobilità a prezzi accessibili per tutti. La decarbonizzazione dei trasporti sarà realizzata sulla base di una valutazione del ciclo di vita e dei costi-benefici, sostituendo in primis i modi di trasporto che comportano i maggiori impatti e assicurando nel contempo sufficienti periodi di transizione per gli utenti a basso reddito attraverso carburanti sostenibili a basse emissioni di carbonio. |
4.4. CONNECT (connettere) — diffusione di servizi a banda larga rapidi
4.4.1. |
Il CESE è consapevole dell’importanza dell’automazione e della digitalizzazione nella transizione industriale che stiamo affrontando, poiché sono tra i fondamenti trasversali del processo di trasformazione. |
4.4.2. |
Occorre mettere a disposizione dell’industria risorse sufficienti per migliorare l’automatizzazione dei sistemi. Informazioni di qualità potranno essere fornite attraverso strumenti digitali per rendere i processi decisionali più efficienti. |
4.4.3. |
A tal fine sarà necessario investire non solo nella tecnologia, ma anche nella formazione dei lavoratori e della società in generale in materia di competenze digitali, nell’adozione del pensiero digitale e nell’introduzione di regolamentazioni e strumenti adeguati, tra l’altro, per garantire la sicurezza informatica. |
4.5. MODERNISE (modernizzare) — digitalizzazione della pubblica amministrazione
4.5.1. |
Il CESE comprende la rilevanza del fatto che la digitalizzazione della pubblica amministrazione potrebbe essere necessaria per contrastare gli eccessivi oneri amministrativi di cui spesso soffre l’industria. Tuttavia, questa transizione digitale deve basarsi su una vera e propria analisi costi-benefici, in cui le risorse siano correttamente assegnate sulla base di criteri tecnici (l’analisi deve essere considerata al di sopra dell’obiettivo stesso). |
4.6. SCALE UP (espandere) — capacità di cloud di dati e processori sostenibili
4.6.1. |
Una corretta gestione dei dati determinerà una svolta in termini di accuratezza del processo decisionale, sviluppo della business intelligence, risoluzione efficiente dei problemi e ottimizzazione delle risorse, tutti elementi fondamentali per garantire la buona riuscita della transizione. Occorre stanziare risorse sufficienti per assicurare il coinvolgimento di tutti i tipi di organizzazioni nell’attuazione di questa iniziativa, garantendo risorse di dati eque che conferiranno equità alla transizione. |
4.6.2. |
Per quanto riguarda l’indipendenza strategica, l’UE dovrebbe sviluppare capacità di cloud proprie, che rendano possibile la sovranità tecnologica, evitando la dipendenza dalle tecnologie di paesi terzi. |
4.7. RESKILL and UPSKILL (riqualificare e aggiornare le competenze) — istruzione e formazione per sostenere le competenze digitali
4.7.1. |
Affinché sia possibile, la transizione che stiamo affrontando deve essere basata sulle esigenze e sulle aspettative della società attuale e futura, nonché sul concetto di transizione giusta. |
4.7.2. |
Il principale vantaggio competitivo dell’Unione europea risiede nel suo capitale umano. L’Europa è priva di materie prime, i nostri tenori di vita sono i più alti del mondo e il nostro quadro normativo è piuttosto esigente: ciò significa che il nostro principale vantaggio è l’elevata produttività, alimentata dal nostro capitale umano e dalla ricchezza della diversità. |
4.7.3. |
Lo sviluppo delle capacità e i progetti volti a definire le competenze chiave saranno essenziali per garantire una transizione industriale efficace che presti particolare attenzione all’uguaglianza e che non lasci indietro nessuno. A tal fine, la formazione in vista delle nuove sfide che si presenteranno deve essere promossa a tutti i livelli della società (dall’attuale popolazione attiva ai futuri lavoratori). |
4.7.4. |
Il pensiero innovativo sarà essenziale per i processi decisionali del futuro, e queste capacità devono far parte dei programmi di formazione. Inoltre, nel prossimo futuro assisteremo a un’enorme domanda di competenze digitali. Le risorse umane devono adoperarsi per colmare tali carenze, con l’obiettivo di garantire organizzazioni competitive dotate di personale idoneo allo scopo. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://knowledge4policy.ec.europa.eu/publication/depth-analysis-support-com2018-773-clean-planet-all-european-strategic-long-term-vision_en
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/50 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Prevedere i cambiamenti strutturali e settoriali e ripensare le culture industriali: verso nuove frontiere di ripresa e resilienza nelle diverse parti d’Europa»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/08)
Relatore: |
Norbert KLUGE |
Correlatore: |
Dirk JARRÉ |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Organo competente |
Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) |
Adozione in CCMI |
10.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
143/1/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55 % entro il 2030: questo è l’obiettivo, impegnativo e inderogabile, della «transizione giusta» che la politica dell’UE e i governi dei suoi Stati membri, come anche le imprese nelle regioni in cui i cittadini europei vivono e lavorano, sono chiamati a realizzare. Tale obiettivo richiede ora uno sforzo comune per prevedere gli impatti sulla vita economica e sociale e per tracciare le strategie e le misure corrispondenti. |
1.2. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è convinto che la strategia industriale aggiornata dell’UE e il pacchetto di misure «Pronti per il 55 %» presentati dalla Commissione favoriranno la «transizione giusta». A tale proposito, il CESE accoglie con favore il nuovo Fondo sociale per il clima volto a compensare gli svantaggi sociali nel quadro di questo pacchetto di misure. L’epidemia di COVID-19 ha messo anche in luce la necessità di procedere a un ritmo più spedito nella transizione verso un modello sociale, economico e industriale più sostenibile, più digitale e più solido. In particolare, il CESE osserva che le differenze regionali e le disuguaglianze sociali svolgono un ruolo importante in tale contesto. |
1.3. |
Tutte queste questioni fanno già parte dell’agenda politica (si prendano ad esempio il Green Deal, l’economia circolare, la transizione giusta, i programmi strutturali ecc.), ma non sono trattate in modo integrato. Il CESE raccomanda pertanto di tenere conto delle esperienze maturate nelle diverse politiche, nazioni e regioni, considerandone le differenze e le specificità. |
1.4. |
Lo sviluppo di pari condizioni di concorrenza sul piano economico è una condizione imprescindibile. A tal fine è necessario tenere conto del dialogo sociale tra le parti sociali e del dialogo civile per la co-creazione, in modo da favorire la nascita di una serie di modelli europei che possano, a loro volta, rafforzare la sovranità economica dell’UE. |
1.5. |
Dal momento che non potrà esserci alcun Green Deal senza un «Social Deal» integrato (1), il CESE raccomanda di rafforzare l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali (2), considerato dall’UE e dai suoi Stati membri quale bussola per orientare le azioni volte ad attenuare gli impatti sociali delle trasformazioni industriali. Tale strumento si fonda essenzialmente sul dialogo sociale e sui contratti collettivi, che costituiscono la base delle decisioni assunte dalle imprese nelle quali i lavoratori sono adeguatamente informati e i loro interessi sono tenuti in considerazione tramite la loro consultazione e, se del caso, partecipazione alla vigilanza e gestione dell’impresa. |
1.6. |
Il CESE sottolinea che i successi economici e ambientali vengono raggiunti e realizzati principalmente nel luogo in cui le persone vivono. È qui che le sfide a livello di protezione del clima vengono previste e determinate congiuntamente. Ed è qui che le nuove idee nascono e vengono poi trasformate sul piano industriale in prodotti e servizi competitivi a livello mondiale. |
1.7. |
I «percorsi di transizione», così come definiti concettualmente nella strategia industriale aggiornata dell’UE e discussi dal forum industriale dell’UE, forniscono sostegno e orientamento ai cittadini europei. Tuttavia, i punti di partenza specifici a livello regionale variano enormemente e, per conseguire l’obiettivo generale, sono necessarie strategie diverse. Il CESE invita pertanto la Commissione a prestare particolare attenzione a questi diversi requisiti nella definizione del quadro di riferimento e nella misurazione della strategia industriale dell’UE, al fine di poter rispondere in modo flessibile alle esigenze regionali e settoriali. |
1.8. |
La sussidiarietà deve essere considerata nella sua capacità di creare una solida risorsa per una «transizione giusta». Le regioni e le aree metropolitane conoscono i loro problemi e le loro opportunità meglio di chiunque altro. Per questo motivo, il CESE riconosce la necessità di definire in maniera chiara gli obiettivi e i principi vincolanti della politica industriale europea, concordati congiuntamente a livello dell’UE. È importante essere consapevoli del fatto che la sua attuazione nelle regioni e nelle aree metropolitane deve basarsi sul principio di sussidiarietà. |
1.9. |
Le situazioni e le capacità di affrontare gli obiettivi climatici, sociali e ambientali sono estremamente divergenti. Mentre alcuni settori e alcune imprese possono conseguire l’obiettivo più facilmente, altri potrebbero incontrare maggiori difficoltà a compiere dei progressi. È quindi necessario prestare un’attenzione particolare e offrire un sostegno specifico alle regioni più deboli e a determinati settori. Poiché l’obiettivo generale si applica all’intera catena del valore, è importante concentrarsi in primo luogo sugli effetti più immediati e sui cambiamenti di maggiore portata. |
1.10. |
Il CESE osserva che tale principio consente alle imprese di riconquistare la propria competitività economica e sostenibile, con l’aiuto di imprenditori e dirigenti impegnati e di lavoratori ben formati e qualificati. Le PMI svolgono un ruolo importante in tal senso. Un’agenda per il capitale umano è una condizione imprescindibile per il buon esito della transizione delle imprese. |
1.11. |
Gli Stati membri dovrebbero rafforzare, con il sostegno logistico e finanziario dell’Unione europea, gli investimenti pubblici strutturali e orientati ai processi, garantendo servizi di interesse generale volti a migliorare costantemente le condizioni favorevoli allo sviluppo industriale e sociale, in grado di accrescere le capacità degli enti regionali e locali di affrontare efficacemente le sfide ambientali, tecnologiche, economiche e sociali. |
1.12. |
Poiché il Green Deal deve essere accompagnato da un «social deal» integrato, il CESE raccomanda che la strategia industriale dell’UE prevenga e controbilanci l’aumento della povertà e delle disuguaglianze. Le risorse dovrebbero essere quindi incanalate là dove sono maggiormente necessarie. Una politica di sostenibilità dell’UE che sia completa deve fare di più per la giustizia e la partecipazione all’economia, a beneficio dei cittadini e delle regioni (3). La vita civile e lavorativa in Europa dovrebbe conformarsi all’esigenza di creare sostenibilità sulla base di una crescita inclusiva e sostenibile, di un lavoro dignitoso e della giustizia sociale (4). |
1.13. |
Il CESE sostiene la transizione verso un’economia circolare che ponga fine allo spreco di risorse non rinnovabili e riduca le dipendenze internazionali. Tale obiettivo dovrebbe costituire anche una parte importante della strategia industriale dell’UE. Pertanto, andrebbero modificate le condizioni generali al fine di creare vantaggi competitivi per le imprese che aderiscono ai principi di un’economia circolare. |
2. Una transizione giusta quale opportunità di ripresa e crescita dell’industria
2.1. |
Il Green Deal fissa un obiettivo chiaro e politicamente vincolante: una riduzione pari al 55 % delle emissioni complessive di gas a effetto serra in Europa da raggiungere entro il 2030. Azioni concrete in tal senso sono state messe in atto attraverso le misure «Pronti per il 55 %» presentate dalla Commissione nel luglio 2021. In questo caso non vi è più margine di interpretazione. Un sistema equo di scambi commerciali internazionali deve garantire che le imprese possano rimanere competitive a livello globale pur rispettando gli obiettivi del Green Deal, il che include un sistema di adeguamento del carbonio transfrontaliero e transcontinentale. I partner commerciali sono così incentivati ad aderire alla cerchia di nazioni rispettose dei limiti del pianeta. |
2.2. |
I paesi al di fuori dell’UE con normative ambientali deboli aumentano la pressione sull’Unione, che, rispetto ad essi, è dotata di normative ambientali più rigorose. Queste interazioni globali non devono tradursi in un dumping ambientale. |
2.3. |
La situazione internazionale può innescare lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili che sfruttino i punti di forza dell’Europa, come la sua capacità di attuare un’innovazione incrementale e radicale in modo da fornire ai mercati mondiali prodotti che fanno leva sulle competenze tradizionali per affrontare nuove sfide. In tal senso è necessario prevedere con attenzione e lungimiranza la natura e la portata del cambiamento e rafforzare in misura sostanziale i servizi pubblici e sociali per far fronte a problemi di natura sociale, come il possibile aumento della povertà, la deprivazione abitativa, l’esclusione delle persone con disabilità e delle minoranze, la limitazione delle opportunità per le donne e un calo della formazione, al fine di facilitare il reinserimento nel mercato del lavoro. |
2.4. |
Da un’analisi statica potrebbe emergere che agire in linea con il Green Deal europeo darebbe, nel breve termine, ai concorrenti di paesi con obiettivi climatici meno ambiziosi un vantaggio in termini di costi rispetto alle imprese europee già in fase di transizione. Una prospettiva dinamica metterebbe in evidenza che le imprese sarebbero incentivate a innovare in modo incrementale rendendo i loro sistemi di produzione più efficienti dal punto di vista energetico, a passare a fonti di energia rinnovabile e ad adottare innovazioni adeguate. Sebbene l’UE sia chiaramente all’avanguardia nell’obiettivo di contrastare efficacemente la crisi climatica, il rapido utilizzo di materiali rinnovabili richiede un’attuazione più ambiziosa dell’economia circolare e la resilienza delle materie prime. La transizione conseguente funzionerà solo se si presterà sufficiente attenzione alla dimensione sociale di tale processo. I principi per una transizione giusta di cui al trattato di Parigi sul clima e gli orientamenti dell’OIL per una transizione giusta (5) offrono indicazioni in tal senso. I principi per una transizione giusta fungono pertanto da bussola per le misure di ripresa stabilendo chiare responsabilità per tutte le parti interessate ai fini del rispetto dei diritti umani e sociali, dei valori democratici e dello Stato di diritto, con il proposito di non lasciare indietro nessuno. |
2.5. |
Da ultimo, ma non per importanza, la portata di tali cambiamenti e gli insegnamenti appresi dalle trasformazioni passate suggeriscono che è necessario un processo di co-creazione che coinvolga i rappresentanti politici, le amministrazioni, le parti sociali, le organizzazioni della società civile, le imprese e l’opinione pubblica a tutti i livelli di governance nell’UE e all’interno delle imprese. Attingendo alla creatività e al potenziale innovativo non ancora sfruttati dei cittadini che vivono in Europa sarà possibile trovare le soluzioni necessarie per affrontare le sfide future. La pluralità di idee è una fonte inestimabile di innovazione in tutti i settori dell’economia, che farà compiere progressi significativi in campo tecnico-scientifico. |
2.6. |
Le esperienze passate hanno dimostrato che cambiamenti economici e sociali efficaci e duraturi hanno maggiori possibilità di attuazione se gli obiettivi sono chiaramente delineati, le responsabilità dei vari attori coinvolti nel processo di trasformazione sono stabilite nell’ambito di una strategia precisa e l’intero progetto è concordato, approvato e sostenuto dalle principali forze sociali. Di conseguenza, le forze politiche, gli attori economici e la società civile devono agire uniti in un sistema di dialogo sociale efficace, di contratti collettivi e condivisione reciproca delle informazioni, di consultazione e partecipazione autentica ai processi decisionali e di co-creazione. |
2.7. |
Il dialogo sociale tra le parti sociali e il dialogo civile che coinvolge le componenti interessate della società possono svolgere un ruolo particolarmente importante nei progetti volti a bilanciare gli interessi sociali, ecologici ed economici. È pertanto indispensabile dare concreta attuazione al pilastro europeo dei diritti sociali. |
3. Le regioni non sono semplicemente ecosistemi ma luoghi fondamentali di lavoro, di vita e di previsione dei cambiamenti socioeconomici
3.1. |
Come riconosciuto dalla Commissione nella sua comunicazione su una nuova strategia industriale per l’Europa, la pandemia di COVID-19 ha avuto impatti diversi su ecosistemi differenti. Ha inoltre accelerato ulteriormente le tendenze in atto verso la digitalizzazione e la decarbonizzazione, aumentando il rischio di aggravare la frammentazione tra le regioni a causa dei diversi livelli di ricchezza economica e di risorse con cui investire nella trasformazione delle industrie. È pertanto essenziale che il forum industriale e i percorsi di transizione previsti tengano conto di questi diversi effetti. |
3.2. |
È nell’interesse della società civile europea creare buone prospettive di lavoro e di reddito per i cittadini nelle regioni interessate dalla trasformazione industriale. A tale scopo è necessario capire i diversi punti di partenza delle varie regioni e come le competenze industriali esistenti possano dare luogo a interazioni positive. L’integrazione in catene del valore di rilevanza globale e, in particolare, i vari aspetti che contribuiscono a tali catene del valore svolgono un ruolo importante in questo senso. La visione ecosistemica della Commissione si basa su un approccio macropolitico che classifica tutti i settori a livello globale. Tale approccio non tiene conto delle situazioni divergenti o delle interdipendenze presenti nei vari ecosistemi e difficilmente può rendere giustizia alla diversità di esigenze nelle varie regioni; pertanto, deve essere integrato da una prospettiva politica regionale. |
3.3. |
Attualmente la Commissione sta elaborando indicatori chiave di prestazione intesi a valutare il successo della strategia industriale dell’UE (6). La Commissione si sta concentrando principalmente sulla crescita economica, trascurando gli obiettivi fissati nel Green Deal europeo, i cambiamenti necessari per la transizione verso un’economia circolare e la dimensione sociale del processo di trasformazione. È di fondamentale importanza che la strategia industriale dell’UE riconosca chiaramente e metta in risalto il valore delle capacità, delle potenzialità e delle competenze industriali disponibili a livello regionale. Questo aspetto deve essere tenuto in debita considerazione, altrimenti un’attenzione troppo circoscritta alla crescita economica e alle misure e agli strumenti ad essa associati può far perdere di vista gli obiettivi climatici e le opportunità derivanti dalla trasformazione industriale e può compromettere l’economia circolare. |
3.4. |
La formulazione della strategia e delle politiche industriali sulla base di tali premesse deve tenere conto dell’incertezza e dell’imprevedibilità. Le politiche e i percorsi divergenti adattati alle singole situazioni devono essere flessibili e basarsi su tutte le competenze disponibili all’interno di una stessa regione o derivanti alla regione da scambi con altre regioni e paesi. Occorre assumere un atteggiamento di apertura, in quanto importante risorsa strategica, per stabilire cosa manchi e cosa sia necessario nell’immediato. |
3.5. |
Le trasformazioni industriali ai fini della protezione del clima causeranno gravi problemi sociali se si vorranno raggiungere gli obiettivi del Green Deal nel poco tempo che rimane. Il consumo di risorse dannose per l’ambiente è un problema da affrontare e studiare al fine di trovare una soluzione che sia equa sul piano sociale e dal punto di vista della società nel suo complesso. |
3.6. |
L’economia circolare contribuisce positivamente alle trasformazioni industriali, all’interno delle regioni e lungo le catene di approvvigionamento e del valore. Sebbene il valore aggiunto maggiore sia riscontrabile nelle regioni con le industrie più avanzate, i materiali immessi nell’economia circolare vengono prodotti e lavorati nei luoghi con un’economia meno basata sulla conoscenza e a maggiore intensità energetica. Le regioni più deboli possono evidentemente trarre maggiori vantaggi dall’economia circolare e diventare i principali attori in questo settore. |
3.7. |
L’attenzione alla buona riuscita delle trasformazioni industriali a livello regionale implica chiaramente la necessità di forti interconnessioni, una stretta collaborazione e la condivisione delle competenze con altre regioni, anche al di là dei confini nazionali degli Stati membri dell’UE. Esiste un sistema globale di interazioni che include espressamente le PMI locali che interagiscono con le imprese transfrontaliere. |
3.8. |
Le competenze industriali esistenti a livello regionale, da sole, non sono pienamente efficaci nel contesto del cambiamento socioecologico. Tuttavia esse devono e possono essere ulteriormente sviluppate investendo in conoscenze, attrezzature e personale e devono e possono diventare produttive se cambiano le condizioni. Ciò servirà a creare nuovi prodotti, servizi, tecnologie e opportunità e, a sua volta, garantirà imprese economicamente stabili in grado di offrire posti di lavoro interessanti nelle regioni. È proprio questo l’obiettivo che la strategia industriale europea deve perseguire. |
3.9. |
Una regione è definita in larga misura dalle sue strutture industriali, dalle sue imprese, dalla sua forza lavoro, dalle competenze dei cittadini, dalle sue capacità di ricerca e sviluppo e dai prodotti specifici che le sue imprese realizzano o trasformano. Le competenze industriali sono espressione di un ampio ventaglio di particolarità storiche. |
Le catene di approvvigionamento e del valore hanno effetti regionali molto diversi in tutta Europa. Il contesto globale è importante quanto l’organizzazione a livello europeo, ma produce effetti differenti. L’industria 4.0 e la digitalizzazione, nonché le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, avranno un impatto significativo ma estremamente divergente sulle industrie e sulle economie europee in generale. In tale contesto, le risorse per l’innovazione e lo sviluppo diventeranno ancora più fondamentali per attenuare le differenze regionali.
3.10. |
Gli operatori che promuovono le trasformazioni industriali, comprese le start-up e le PMI, possono essere in collegamento con i propri clienti anche da regioni meno centrali; è quindi possibile creare posti di lavoro interessanti anche in tali regioni. In particolare, le imprese basate sulla conoscenza possono apportare il loro contributo alle catene del valore in modo ampiamente indipendente dalla loro vicinanza ai clienti. Inoltre, i macchinari degli impianti industriali di più ampia scala possono essere spesso gestiti da remoto. |
3.11. |
L’approccio ecosistemico della Commissione non copre tutti i livelli e gli aspetti pertinenti. Esso evidenzia chiaramente l’importanza di considerare gli sviluppi della transizione anche da una prospettiva regionale e di garantire che le imprese, comprese quelle dell’economia sociale, fungano da fondamento per l’intera operazione politica. È importante mostrare come ciò si ricolleghi alle catene del valore e come le varie componenti dei singoli ecosistemi corrispondano a quelle di ecosistemi differenti. |
4. Opzioni di percorsi di transizione secondo un approccio onnicomprensivo per lo sviluppo industriale socioeconomico
4.1. |
Sebbene l’innovazione sia ampiamente associata a nuove tecnologie o scoperte nella ricerca scientifica, è altresì possibile avvalersi delle competenze esistenti quale base per prodotti e servizi nuovi o migliori. Le nuove tecnologie si intrecciano con le tecnologie tradizionali esistenti. Vi sono ulteriori chiari esempi di questa interconnessione tra metodi di produzione tradizionali consolidati e innovazione e modernizzazione incrementali delle industrie, come l’utilizzo nei veicoli di materiali nuovi e più leggeri provenienti dal settore dell’aviazione, l’uso di materiali automobilistici più leggeri e l’applicazione della biotecnologia nella progettazione di nuovi strumenti o servizi medici. |
4.2. |
Le infrastrutture avanzate delle TIC fungono da forze propulsive per introdurre nuove opportunità e contribuire alla creazione di soluzioni innovative e sostenibili che rispondano alle peculiarità esistenti a livello regionale. Ad esempio, l’uso di stampanti 3D offre l’opportunità di sviluppare e progettare un prodotto in un unico sito e renderlo fisicamente disponibile là dove è richiesto, in una serie di luoghi diversi. In tal modo è possibile ridurre gli impatti ambientali associati ai trasporti. |
4.3. |
I concetti legati all’economia sociale possono svolgere un ruolo importante nel cambiamento socioeconomico creando nuove opportunità di apprendimento, vita e occupazione, nonché servizi alternativi e infrastrutture di sostegno nelle comunità locali, in particolare per i gruppi svantaggiati e le persone a rischio. Insieme ai servizi di interesse pubblico generale, tali concetti hanno un notevole potenziale per preparare in modo competente ed efficace gli attori sociali ed economici alle esigenze e alle conseguenze dell’innovazione e del cambiamento, in particolare a livello regionale. |
4.4. |
Le strutture pubbliche hanno una grande responsabilità nel creare condizioni atte a favorire il cambiamento e lo sviluppo, fornendo servizi di interesse generale accessibili a tutti gli operatori economici. |
4.5. |
Tale responsabilità è anche parte integrante dei progressi richiesti nell’ambito dei servizi di interesse pubblico, come l’organizzazione di agenzie di formazione continua per il necessario miglioramento delle competenze della forza lavoro, allo scopo di migliorare le competenze dei lavoratori e aiutare le imprese a far fronte all’innovazione e al cambiamento. Di conseguenza, anche i lavoratori qualificati diventeranno più radicati nella regione e contribuiranno a plasmare le trasformazioni strutturali — ed ecologiche — in atto. |
4.6. |
Per le industrie ad alta intensità energetica esistono molte soluzioni condivise di decarbonizzazione e quindi la possibilità di investimenti condivisi (come l’idrogeno pulito o il riutilizzo del carbonio catturato e stoccato). L’aumento della circolarità e la simbiosi industriale sono altresì aspetti importanti nella decarbonizzazione dell’industria e nella preparazione a un futuro caratterizzato da imprese efficienti e fortemente produttive. |
5. L’importanza di mercati del lavoro regionali che garantiscano un’occupazione dignitosa in aziende manifatturiere e dei servizi sostenibili
5.1. |
È necessario comprendere e analizzare in maniera approfondita le realtà regionali e aziendali nonché le loro prestazioni economiche in relazione alle loro competenze fondamentali nelle diverse industrie e in termini di forza lavoro. Tale aspetto riguarda anche l’infrastruttura, l’ubicazione, la dotazione di risorse, lo spirito imprenditoriale e l’assetto istituzionale, ed è importante al fine di poter disporre di una forza lavoro altamente qualificata e prevedere le esigenze future in termini di competenze per evitare eventuali carenze (ad esempio di ingegneri). |
5.2. |
Le collaborazioni con le università, comprese quelle specializzate in scienze applicate, e gli istituti di ricerca possono essere determinanti per la creazione di nuove opportunità industriali che possono tradursi in nuovi posti di lavoro in imprese ormai consolidate, società multinazionali, PMI e start-up. |
5.3. |
A livello umano, le regioni che accolgono e integrano facilmente i nuovi arrivati in strutture socioeconomiche ben funzionanti si trovano in una posizione avvantaggiata. |
5.4. |
Le regioni in cui la forza lavoro qualificata è profondamente radicata nelle strutture socioeconomiche e si sente a casa possono anche diventare sede di industrie e imprese dinamiche e ad alto valore aggiunto basate su efficaci reti di competenze formali e informali. Pertanto, il lavoro concorre in termini costitutivi alla definizione delle competenze industriali innovative di una regione e contribuisce in misura sostanziale a sostenere i processi di modernizzazione e trasformazione. |
5.5. |
Le capacità e le competenze specifiche dei dipendenti e il loro continuo miglioramento possono fornire la base per ristrutturare e cambiare i modelli aziendali, come pure la crescita futura e i nuovi mercati. L’incapacità di riconoscere e mettere a frutto le opportunità di sviluppo regionale spinge spesso i lavoratori a continuare a cambiare sede di lavoro, pregiudicando immancabilmente le capacità e le competenze richieste dalle regioni per sviluppare e cogliere le opportunità offerte dal Green Deal europeo. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Nessun Green Deal senza Social Deal, parere del CESE adottato il 9 giugno 2021 (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 23).
(2) Si fa riferimento in particolare ai tre obiettivi principali: almeno il 78 % delle persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni dovrebbe avere un impiego; almeno il 60 % di tutti gli adulti dovrebbe partecipare ad attività di formazione ogni anno; il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale dovrebbe diminuire di almeno 15 milioni.
(3) Le proposte del CESE per la ricostruzione e la ripresa dopo la crisi della COVID-19, 11.6.2020 (GU C 311 del 18.9.2020, pag. 1).
(4) Risoluzione del CESE sul programma di lavoro della Commissione europea per il 2022, 9.6.2021 (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 1).
(5) https://www.ilo.org/global/topics/green-jobs/publications/WCMS_432859/lang--en/index.htm
(6) Cfr. il parere del CESE INT/935 (2021) sul tema Aggiornamento della nuova strategia industriale (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/56 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Un partenariato transatlantico forte, basato sui valori comuni della democrazia e dello Stato di diritto, quale fattore essenziale per affrontare le sfide mondiali e preservare l’ordine internazionale»
(parere d’iniziativa)
(2022/C 152/09)
Relatore: |
Christian MOOS |
Correlatore: |
Peter CLEVER |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Base giuridica |
Articolo 35 del Regolamento interno |
|
Risoluzione |
Sezione competente |
Relazioni esterne |
Adozione in sezione |
17.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
211/3/5 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Un ordine mondiale in cui vige il primato del diritto e non la legge del più forte è un ordine nel quale democrazia e Stato di diritto sono indissolubilmente legati. |
1.2. |
La democrazia e lo Stato di diritto non sono possibili senza il coinvolgimento di una società civile pluralistica, indipendente e dinamica, e in particolare di parti sociali autonome. Per questo è così importante che si attuino le raccomandazioni formulate nel presente parere sulla società civile transatlantica, in particolare quella che si riferisce alla necessità di promuovere la realizzazione di una piattaforma transatlantica. |
1.3. |
All’interno dell’UE, il carattere democratico di alcuni Stati membri è diventato più fragile. |
1.4. |
I cambiamenti geopolitici degli ultimi vent’anni hanno arrecato gravi danni all’ordine mondiale multilaterale e hanno fortemente indebolito importanti organizzazioni internazionali. È soprattutto dalla Cina, ma anche dalla Russia e, a livello regionale, dalla Turchia che si presentano sfide particolari che l’Europa può affrontare solo nel contesto di un partenariato transatlantico rinnovato e rafforzato; al tempo stesso, anche gli Stati Uniti dipendono dai loro alleati democratici nel mondo e in particolare dall’Europa. |
1.5. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene l’idea di creare un’alleanza delle democrazie e riconosce, non senza autocritica, la necessità urgente di un maggiore impegno a favore della difesa dei valori e dei diritti universali. Insieme, Unione europea e Stati Uniti dovrebbero rappresentare un punto di riferimento per la democrazia, la pace e la sicurezza nel mondo, lo Stato di diritto e i diritti umani per tutti. |
1.6. |
Il ritiro precipitoso dall’Afghanistan delle forze statunitensi e dei loro alleati dimostra in maniera terribile quanto il mondo libero dipenda dalla sicurezza garantita dall’America. |
1.7. |
L’UE deve parlare con un’unica voce nella sua politica estera e di sicurezza e ripensare il concetto ambiguo di «autonomia strategica» a favore di una capacità di azione strategica. |
1.8. |
L’Europa non deve porsi in una posizione di equidistanza dalle grandi potenze mondiali. L’UE, insieme agli Stati Uniti e nel quadro dell’alleanza delle democrazie, dovrebbe difendere l’ordine liberale globale e, in particolare, perseguire una strategia collaborativa volta ad arginare la Cina. |
1.9. |
L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) è una colonna portante della struttura di sicurezza dell’intera Europa e, in quanto tale, dovrebbe essere rafforzata ai fini del dialogo con la Russia. Il progetto Nord Stream 2 deve essere sospeso fintantoché persisteranno le violazioni contro il diritto internazionale da parte della Russia in Ucraina; in caso contrario Mosca disporrebbe di ulteriori strumenti di pressione sui paesi dell’Europa orientale. |
1.10. |
È inoltre necessario rafforzare la struttura di sicurezza europea in collaborazione con la NATO, nonché avviare un dialogo sui valori in seno a questa organizzazione. |
1.11. |
Occorre rafforzare ulteriormente la cooperazione in seno alla società civile a livello transatlantico. A questo riguardo, riveste particolare importanza il dialogo congiunto su temi quali i diritti civili, la resilienza alla disinformazione, la libertà dei media, la protezione del clima, i diritti sociali e la tutela dei consumatori, nonché la promozione della democrazia, come garantito dal CESE in seno all’UE. Nel lungo termine, il partenariato transatlantico può trasformarsi in un’integrazione transatlantica. |
2. Stato di diritto e ordine mondiale libero
2.1. |
Il CESE ritiene che esista un legame indissolubile fra un ordine mondiale libero e un ordinamento democratico e basato sullo Stato di diritto. Ove gli attori democratici e fautori dello Stato di diritto perdessero troppa influenza rispetto a quelli di stampo autoritario o totalitario, non sarebbe possibile salvaguardare un ordine mondiale libero. Viceversa, se il mercantilismo e il protezionismo prendessero il posto del libero mercato basato su regole, ciò comporterebbe vantaggi anche a livello nazionale per le forze che mettono in discussione la democrazia fondata sulle libertà e lo Stato di diritto. |
2.2. |
Il CESE ritiene che un ordine mondiale libero sia il presupposto per un commercio equo, sostenibile e basato su regole, per il conseguimento degli obiettivi climatici dell’accordo di Parigi e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, nello specifico la giustizia sociale, le pari opportunità, la parità di genere e la non discriminazione. Un ordine mondiale basato sulla legge del più forte, sull’isolazionismo, su tendenze autarchiche e su relazioni commerciali fondate sulle gerarchie di potere non è in grado né di generare o rafforzare uno spirito imprenditoriale creativo e innovativo che consegua successi economici duraturi, né di consentire la realizzazione di ambiziosi obiettivi ambientali e di politica sociale. |
2.3. |
Il CESE è pertanto favorevole a un rafforzamento delle norme fondamentali che disciplinano le relazioni fra gli Stati attraverso le Nazioni Unite e le agenzie ad esse collegate, e accoglie con favore l’idea di un’alleanza di tutte le democrazie, giacché è solo grazie all’influenza democratica degli Stati Uniti che, dopo la seconda guerra mondiale, è stato possibile dare vita alle istituzioni internazionali e solo con un’America democratica e aperta al mondo sarà possibile garantire anche un futuro a tali strumenti. |
2.4. |
Non senza autocritica, il CESE ritiene che, dopo la fine della guerra fredda, sia la politica europea che la società civile organizzata in Europa abbiano troppo a lungo dato per scontato che i valori universali garantiti della democrazia e dello Stato di diritto fossero assicurati in maniera duratura. Nel mondo esistono tuttavia degli attori potenti che, pur avendo assunto degli impegni vincolanti in virtù del diritto internazionale, nella pratica non rispettano tali valori nella loro essenza. La salvaguardia di un ordinamento basato sui valori non è scontata. |
2.5. |
I valori alla base degli Stati e delle alleanze di Stati improntati alla democrazia e allo Stato di diritto contraddistinguono l’ordine multilaterale per il quale l’UE continua tuttora a impegnarsi, seppure con un’influenza ancora limitata. Detti valori, che affondano le radici nella separazione fra potere temporale e potere spirituale, nella Magna Carta, nell’habeas corpus e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, sono i presupposti essenziali della democrazia liberale e dello Stato di diritto. L’Unione europea e gli Stati Uniti, unitamente alle democrazie liberali dei paesi amici, condividono tali valori. L’articolo 30 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite enuncia espressamente quanto segue: «Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciati». |
2.6. |
Le democrazie liberali sono accomunate dal fatto che la loro esistenza è indissolubilmente legata a una società civile pluralistica, indipendente e dinamica. |
3. L’importanza delle relazioni transatlantiche per il ruolo dell’Europa nel mondo
3.1. |
I cambiamenti geopolitici degli ultimi vent’anni hanno arrecato gravi danni all’ordine mondiale libero e hanno fortemente indebolito importanti organizzazioni internazionali. L’élite al potere nella Repubblica popolare cinese, con il suo atteggiamento sempre più aggressivo, e il pericoloso aumento dell’isolazionismo degli Stati Uniti sono stati i fattori principali che hanno dato vita a questa situazione. |
3.2. |
Tuttavia, alla luce delle tensioni sociali interne al paese e in considerazione della dimensione internazionale della sfida, gli Stati Uniti non saranno in grado di assicurare da soli il mantenimento di un ordine mondiale libero. La popolazione statunitense è particolarmente scettica nei confronti di costose operazioni militari condotte in paesi lontani. L’Afghanistan sta dimostrando in maniera brutale l’urgente necessità di una nuova strategia credibile delle democrazie liberali e di un maggiore impegno europeo volto ad alleggerire quello degli Stati Uniti. Tale impegno non deve essere limitato alle capacità militari, che restano comunque imprescindibili. |
3.3. |
Nel 2011 gli Stati Uniti hanno abbandonato con disillusione un Medio Oriente destabilizzato. Il successivo vuoto di potere è stato occupato per primo dallo «Stato islamico», che, una volta ampiamente sconfitto in Iraq e Siria, ha lasciato il posto principalmente alla Russia. Nello stesso anno, rivelatosi di importanza epocale, l’allora ministra degli Esteri Hillary Clinton ha dichiarato che il futuro della politica si sarebbe deciso in Asia e non in Afghanistan o in Iraq. L’Europa e il Medio Oriente si ritrovavano ai margini degli interessi e della strategia degli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’Afghanistan, questa politica, pericolosa per la stabilità e la sicurezza dell’Europa, sembra proseguire anche sotto la guida del presidente Biden. |
3.4. |
L’Europa continua ad essere ai margini della politica estera degli Stati Uniti, i quali stanno rivolgendo la loro piena attenzione e dirigendo le loro risorse all’ascesa incontrastata della Cina, potenzialmente accelerata dalla pandemia. La situazione è tornata inoltre a farsi complicata anche in America Latina, dove, oltre a fenomeni di autoritarismo e corruzione, si sono persino verificati veri e propri fallimenti degli Stati. L’America Latina è più vicina agli Stati Uniti, rispetto all’Europa o all’Africa, se non altro in considerazione dell’afflusso di rifugiati proveniente da tale regione. L’America non rivolge praticamente alcuna attenzione all’Africa, caratterizzata dalla crescita della popolazione più rapida al mondo, mentre la vicina Europa mostra sì interesse al riguardo, ma è carente di qualsivoglia strategia, a differenza della Cina, molto attiva su tale continente. |
3.5. |
La Cina ha proseguito la dirompente crescita economica avviata alla fine degli anni Ottanta da Deng Xiaoping e, dal momento dell’entrata in carica del presidente Xi Jinping, ha acquisito una consapevolezza sempre maggiore dei propri mezzi e avanza nuove rivendicazioni da potenza mondiale. Da paese in via di sviluppo governato da una dittatura e caratterizzato da un atteggiamento pacifico verso l’esterno, la Cina si è trasformata in uno Stato di controllo tentacolare che in Asia ostenta la sua forza militare, anche in modo minaccioso, e al suo interno ha (nuovamente) assunto un aspetto totalitario. L’UE non dispone di alcuna strategia riconoscibile nel rapporto con la Cina; durante la presidenza tedesca del Consiglio ha promosso per ragioni politiche e concluso in tutta fretta un accordo bilaterale in materia di investimenti che impone obblighi troppo limitati alla Cina, compresa l’attuazione dei diritti fondamentali quali la libertà di associazione, e che, almeno in apparenza, dovrebbe difendere gli interessi europei. Il CESE esprime forti preoccupazioni per le possibili conseguenze di tale accordo, in particolare in termini di disinformazione e influenza della Cina, in quanto esso apre agli investimenti cinesi anche i settori dell’informazione, dei media e dell’intrattenimento. |
3.5.1. |
In Cina è in atto un massiccio processo di armamento. Questa nuova potenza mondiale, che ha assunto nel frattempo un atteggiamento apertamente aggressivo, esercita delle minacce sempre più insistenti, prefigurando persino un’invasione di Taiwan, cerca di ottenere il controllo delle tratte marittime commerciali centrali per l’economia mondiale, attacca la democrazia e la libertà a Hong Kong in violazione di tutti gli impegni che si è assunta nell’ambito del diritto internazionale e mette in atto repressioni di massa di inimmaginabile brutalità nei confronti delle popolazioni di religione musulmana che abitano le sue province nordoccidentali. Ciò non ha impedito al Partito comunista cinese (PCC) di instaurare immediatamente buone relazioni con i talebani al momento del collasso dell’Afghanistan. Il fallimento dell’Occidente nell’Hindukush rafforza in effetti la predilezione del PCC per un ordine mondiale multilaterale ma non libero. Il concetto di multilateralismo, finora connotato positivamente, assume così un nuovo significato. |
3.5.2. |
L’influenza cinese in Europa è diventata un fattore impossibile da ignorare dal punto di vista politico ed economico. Pechino sta portando avanti con tenacia il progetto della nuova via della seta, occupa, passo dopo passo, posizioni strategiche, e rende politicamente dipendenti da sé vari paesi africani e asiatici attraverso contratti di credito che appaiono generosi solo a uno sguardo superficiale ma che impongono in realtà condizioni durissime. Pechino ha già assunto il controllo di importanti infrastrutture anche nell’Europa sudorientale. Nell’Unione europea si possono citare alcuni esempi, tra cui il porto del Pireo in Grecia, la costruzione dell’autostrada in Montenegro e lo sviluppo della rete 5G. |
3.5.3. |
Alcuni comparti dell’economia europea, in particolare anche alcune aziende tedesche, sono nel frattempo diventati pericolosamente dipendenti dal mercato cinese, che si è offerto inizialmente come luogo di produzione esterna per l’industria europea, senza tuttavia aprirsi davvero. Alcune imprese stanno pertanto giustamente rivedendo le loro catene di distribuzione, che sono eccessivamente unilaterali e dipendono in ultima analisi dalle decisioni arbitrarie dei dirigenti cinesi. |
3.5.4. |
Anche dopo l’adesione della Cina all’OMC, accedere al mercato cinese rimane tuttora difficile se non impossibile. L’equità e la reciprocità sono concetti ancora lontani. Il paese continua infatti a causare distorsioni della concorrenza mondiale elargendo sovvenzioni e rifiutandosi ostinatamente di ridurre gli eccessi di capacità. Lo Stato, dominato dal Partito comunista, ha da sempre fatto sistematicamente ricorso allo spionaggio industriale, ottenendo con la forza il trasferimento delle conoscenze attraverso le joint ventures. La Cina continua ad aprirsi solo agli investitori stranieri le cui competenze sono necessarie per il paese, e continua come in passato a proteggere le sue imprese da ogni rischio tramite azioni che causano distorsioni della concorrenza. Tutto ciò, tuttavia, non è conciliabile con un’organizzazione di mercato reciprocamente aperta ed equa. |
3.6. |
Dopo lo storico discorso tenuto da Vladimir Putin nel 2007 alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, la Russia si è purtroppo allontanata sempre di più dalla collaborazione con il mondo occidentale. Ben presto, infatti, Mosca ha iniziato a sfruttare la dipendenza dei suoi vicini dalle forniture di gas come strumento di pressione. Nei casi in cui tale mezzo si è rivelato insufficiente e la vicinanza all’UE, quindi all’Occidente, o il desiderio di una maggiore autonomia da parte delle ex repubbliche sovietiche sono diventati troppo forti, la presidenza russa ha avviato guerre latenti o dichiarate alla sua periferia, vale a dire in quella che era la sfera di influenza dell’Unione sovietica, ed è giunta ad annettersi, con la Crimea, una parte del territorio dello Stato ucraino, in violazione del diritto internazionale e degli impegni assunti nel quadro degli accordi che essa stessa aveva firmato. Il Cremlino ha altresì sfruttato brutalmente per i suoi interessi l’instabilità seguita alla breve esperienza della primavera araba del 2011. Inoltre, conduce guerre informatiche contro Stati liberi e democratici, guida campagne di disinformazione mirate e sostiene movimenti e partiti estremisti; sono state dimostrate le sue ingerenze nelle elezioni di tali Stati, in particolare in occasione della campagna per la Brexit e delle elezioni presidenziali americane del 2016. Perseguita i suoi oppositori in tutto il mondo e compie attentati nei loro confronti, anche nell’Unione europea. |
3.7. |
Nonostante l’accordo raggiunto in materia di rifugiati, la Turchia, sotto la guida di Recep Tayip Erdogan, si è allontanata politicamente non solo dall’UE, ma anche, in misura crescente, dal consenso fondamentale degli Stati democratici, il che rende il paese un partner sempre più problematico nel contesto della NATO. Le tensioni deliberatamente provocate nel Mediterraneo orientale intorno alle isole greche e le trivellazioni di fronte alle coste cipriote, come pure il ruolo svolto dalla Turchia nei territori del nord della Siria abitati dai curdi e nel contesto della guerra in Libia, hanno determinato un crescente allontanamento del paese dall’UE. L’uscita dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne rappresenta un segnale politico preoccupante. Sebbene l’ipotesi di un’adesione all’UE — in ogni caso complessa e immaginabile solo in tempi molto lunghi — si allontani sempre più, al momento vi sono nuovi tentativi di modernizzare l’accordo tariffario, di affrontare i noti aspetti fondamentali che costituiscono il presupposto per il processo di liberalizzazione dei visti, di mantenere le consultazioni ad alto livello e di rafforzare i contatti nell’ambito della società civile. È opportuno osservare che sondaggi recenti mostrano un’opinione pubblica turca particolarmente favorevole all’Unione europea. Tutte queste questioni sono tuttavia destinate a rimanere in sospeso finché la presidenza turca non lancerà azioni efficaci a lungo termine volte a sostenere l’allentamento della tensione e il ravvicinamento auspicati. |
3.8. |
Tali sviluppi, che rivestono un’importanza particolare per l’Europa, si sono realizzati nell’arco di poco più di un decennio: il revisionismo sempre più aggressivo di stampo putiniano, l’allontanamento dall’Europa del presidente turco alla rincorsa di un sogno neo-ottomano, la disintegrazione dell’ordine in vaste zone del Medio Oriente e il legame economico sempre più unilaterale fra l’Europa e la Cina. Detti cambiamenti si sono altresì accompagnati alla perdita di importanza dell’Europa per la politica statunitense e a un reciproco allontanamento politico delle due parti, avvenuto a partire dal 2002 nel corso della cosiddetta «guerra al terrorismo». Tuttavia, gli Stati Uniti e l’Unione europea sono sempre stati e continuano a essere di gran lunga i partner più stretti dal punto di vista politico, culturale ed economico. L’UE ha molto da offrire in questo partenariato transatlantico, essenziale per l’ordine mondiale libero. |
3.9. |
Fino al 2010 circa gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo attivo nel sostegno alla democrazia nei nuovi Stati membri dell’Unione europea. Nel 2010 i paesi in transizione dell’Europa centrale e orientale sembravano, dal punto di vista degli Stati Uniti, essersi trasformati in democrazie stabili con economie di mercato, nonostante i persistenti problemi di corruzione, in particolare nell’Europa sudorientale. Tuttavia, dopo il ritorno al potere dell’ex primo ministro ungherese Viktor Orbán nel 2010, in questa regione è iniziato un processo di transizione verso una «democrazia illiberale». L’Ungheria è stata il primo Stato membro dell’Unione europea a orientarsi in questa direzione, per tutta una serie di motivi. Alcuni anni dopo anche la Polonia ha intrapreso il cammino verso una democrazia autoritaria, a scapito del pluralismo e della libertà dei media, e dell’indipendenza della magistratura dall’influenza del governo. Altri Stati membri dell’Unione mostrano tendenze più o meno marcate in questa direzione, il che determina tra l’altro crescenti tensioni con gli Stati Uniti. |
3.10. |
Attualmente la stabilità dell’ordine democratico non è più garantita in diversi Stati membri dell’UE. Taluni governi si stanno orientando verso modelli e metodi di governo autoritari, che non possono in alcun modo conciliarsi con i valori fondanti dell’UE. A ciò si aggiungono massicci tentativi di ingerenza da parte di paesi terzi, che tentano di destabilizzare l’Europa. |
3.11. |
Alcuni membri europei della NATO, fra cui la Germania, che è il più grande Stato membro dell’UE in termini di popolazione e capacità economica, per molti anni hanno investito in misura insufficiente nelle loro capacità di difesa, venendo meno, in tal modo, agli impegni assunti nell’ambito dell’Alleanza e sostenendo di fatto a Bruxelles una politica di equidistanza dalle grandi potenze del ventunesimo secolo. L’approccio concettuale che consiste nel considerare, allo stesso tempo, gli Stati Uniti come un partner in materia di sicurezza, la Russia come una fonte di materie prime, la Cina come l’eldorado dell’economia e l’Europa come una superpotenza morale, senza in realtà dover sviluppare capacità autonome in materia di politica estera e di sicurezza per tutelare determinati interessi e poter trasmettere stabilità in maniera anche decisa in caso di necessità, non è evidentemente né efficace né adeguata alle esigenze future. In alcuni casi è l’Europa stessa a indebolire la propria posizione, quando risponde con esitazione agli attacchi all’ordine mondiale libero, alla democrazia e allo Stato di diritto laddove servirebbe piuttosto chiarezza. In tal modo si rende vulnerabile e apre spazi all’influenza dei paesi terzi, compreso nei Balcani occidentali, che in futuro dovranno diventare parte integrante dell’UE. |
3.12. |
L’UE sembra rimanere ancorata a un concetto sviluppato durante l’era Trump, noto a Bruxelles come «autonomia strategica», un’espressione decisamente ambigua. Un’autonomia strategica in materia di politica estera e di sicurezza non sarebbe in linea con un partenariato transatlantico forte. Molti politici dell’UE continuano a sognare il mantenimento di un’equidistanza da Stati Uniti, Russia e Cina, una posizione condivisa da un’ampia parte della popolazione e da alcuni settori della società civile organizzata. L’Europa è molto più vicina agli Stati Uniti che alla Cina o alla Russia. Essa non è pertanto equidistante da tali potenze. |
3.13. |
Insieme, Unione europea e Stati Uniti dovrebbero rappresentare un punto di riferimento per la democrazia, la pace e la sicurezza nel mondo, lo Stato di diritto e i diritti umani per tutti. Invece la loro presenza in Afghanistan si è rivelata un fallimento totale. Il precipitoso ritiro militare dall’Afghanistan degli americani e dei loro alleati europei dimostra in maniera terribile quanto il mondo libero, e quindi anche l’Europa, dipenda dalla proiezione del potere degli Stati Uniti. In questa situazione, l’UE dimostra di essere caratterizzata da una debolezza strategica allarmante e di non disporre di una politica estera e di sicurezza comune. |
4. Raccomandazioni
4.1. |
L’UE dovrebbe accettare e appoggiare la proposta del presidente degli Stati Uniti Biden di dare vita a un’alleanza delle democrazie e sostenere gli Stati Uniti affinché tornino a esercitare con decisione un ruolo guida per affermare la dignità umana, la libertà, la democrazia e lo Stato di diritto. |
4.2. |
Per entrare a far parte di detta alleanza delle democrazie, i suoi membri non dovrebbero dare adito ad alcun dubbio in merito al loro carattere democratico e basato sullo Stato di diritto. |
4.3. |
L’UE dovrebbe mettere in atto una «strategia collaborativa volta ad arginare la Cina» (1), in cooperazione con le democrazie del mondo e con gli Stati Uniti come potenza mondiale forte e credibile. Per strategia collaborativa volta ad arginare la Cina si intende, diversamente dal contenimento tipico della guerra fredda, che l’alleanza delle democrazie dovrebbe rispettare e difendere i legittimi interessi cinesi, reagendo tuttavia con fermezza e chiarezza diplomatica ove si verifichino gravi violazioni dei diritti umani, come nel caso degli uiguri, o avvenga addirittura una violazione di trattati internazionali firmati dalla Cina stessa, come nel caso di Hong Kong. Questi valori devono riflettersi anche nella gestione degli accordi UE-Cina in materia di investimenti, che l’UE dovrebbe sospendere fino a quando persistono massicce violazioni dei diritti umani e i diritti fondamentali, come la libertà di associazione, non vengono attuati. |
4.4. |
L’OSCE è una colonna portante della struttura di sicurezza dell’intera Europa. L’organizzazione dovrebbe essere rafforzata in particolare ai fini del dialogo con la Russia, per scongiurare un’ulteriore escalation dei conflitti aperti e latenti (come ad esempio in Transnistria) e gettare le basi per un futuro ravvicinamento, subordinato al riconoscimento dell’ordine giuridico internazionale. I risultati di una politica di potere contraria al diritto internazionale non possono essere riconosciuti, né in Ucraina o in Bielorussia, né altrove. Tale principio dovrà essere integrato in maniera coerente nella strategia transatlantica comune e nella politica dell’alleanza delle democrazie. |
4.5. |
L’UE dovrebbe sospendere il progetto Nord Stream 2, ormai giunto alla fase conclusiva, fino a che non sarà individuata una soluzione al conflitto in Ucraina e fintantoché persisteranno altre violazioni fondamentali dell’ordine giuridico internazionale, come ad esempio la repressione arbitraria dell’opposizione democratica per mezzo di persecuzioni e arresti come nel caso Navalny. In materia di approvvigionamento energetico, l’UE deve attuare con coerenza gli obiettivi del Green Deal diversificando le proprie fonti di energia. Gli interessi legittimi degli Stati dell’UE che si trovano in quella che era la sfera di influenza dell’ex Unione sovietica devono essere pienamente tenuti in considerazione nella conclusione degli accordi con la Russia per la fornitura di gas naturale. |
4.6. |
Se i paesi membri della NATO non coincidono necessariamente con gli Stati membri dell’Unione europea, la NATO è tuttavia l’alleanza militare che garantisce la sicurezza delle democrazie nell’America settentrionale e in Europa. Per gli Stati europei, la neutralità è possibile solo all’ombra di tale alleanza e quindi, di fatto, anche sotto la sua protezione. Gli Stati membri dell’UE dovrebbero pertanto convenire su strutture comuni in materia di politica di sicurezza che siano compatibili con il consolidamento dell’Alleanza atlantica e/o la rafforzino in maniera duratura. |
4.7. |
Gli Stati membri dell’UE che fanno parte della NATO devono tenere fede ai contributi e agli impegni concordati nel quadro dell’Alleanza, quindi, in concreto, anche all’obiettivo del 2 % ribadito in occasione del vertice NATO tenutosi in Galles nel 2014. La NATO non è identica all’auspicata alleanza delle democrazie, giacché quest’ultima comprende anche la regione del Pacifico. Della NATO, inoltre, fanno parte da sempre anche paesi con sistemi di governo non democratici. Tuttavia, la NATO deve anche rafforzare e chiarire il processo di discussione interno sui propri valori. Anche nel contesto dell’Alleanza atlantica, infatti, non è ammissibile che il mancato rispetto della democrazia e dello Stato di diritto rimanga privo di conseguenze. I pericoli per il futuro in termini di politica di sicurezza non consistono più solo nelle minacce da parte di forze terroristiche che agiscono in maniera asimmetrica, ma anche e soprattutto nella messa in discussione dell’ordine giuridico internazionale, che è indissolubilmente legato ai valori di libertà e democrazia che animano gli Stati che ne fanno parte. |
4.8. |
Non a torto Henry Kissinger chiese quale era il numero di telefono dell’Europa. L’UE deve coordinare con maggior forza la sua politica estera e di sicurezza e affidare, in prospettiva futura, la responsabilità di questa politica al Parlamento europeo e a un esecutivo da esso controllato e legittimato. Le decisioni in sede di Consiglio sulle questioni di politica estera e di sicurezza dovrebbero essere adottate a maggioranza qualificata. Gli Stati membri dell’UE devono riconoscere che la loro diversità di vedute li priva concretamente di ogni sovranità, che può essere realizzata solo condividendo le rispettive sovranità e i rispettivi strumenti. |
4.9. |
L’UE deve ripensare il suo concetto di «autonomia strategica», che è, a dir poco, ambiguo. L’UE è infatti ben lungi dall’essere autonoma sia dal punto di vista politico che da quello militare. Una simile autonomia non è d’altronde neppure auspicabile nel contesto di un ordine multilaterale che deve basarsi sul commercio libero, equo e sostenibile. L’autonomia strategica non può e non deve trovare espressione nell’equidistanza dalle altre potenze. Gli Stati Uniti, come Stato di diritto dall’indubbio carattere democratico, sono e rimangono un partner irrinunciabile per l’Europa sul piano economico e della sicurezza, che, malgrado le divergenze di interessi, condivide con essa valori fondamentali su alcune importanti questioni specifiche. Mentre Pechino elogia esplicitamente l’enigmatico concetto europeo di autonomia strategica, le reazioni di molti partner transatlantici dimostrano chiaramente che essi non lo approvano o lo percepiscono come ambiguo. Ma in un partenariato strategico l’ambiguità agisce come un veleno. |
4.10. |
Invece dell’autonomia strategica, l’UE dovrebbe perseguire l’obiettivo di una capacità di agire in maniera strategica («strategic capacity»). L’UE sta attualmente lavorando al concetto di assertività («assertiveness»), che rappresenta un passo in tale direzione. Tuttavia dovrebbe abbandonare i grandi proclami che hanno caratterizzato i suoi piani decennali almeno dalla strategia di Lisbona. Finora l’UE non è riuscita a raggiungere nessuno degli obiettivi essenziali definiti in tali piani. Essa dovrebbe pertanto dare prova di maggiore modestia combinata, al contempo, a un’azione più decisa e lungimirante. Non ci si può limitare a dichiarare o decretare la capacità di agire e di far rispettare la legge. Essa deve essere fondata su fatti che vanno elaborati. |
4.11. |
Secondo il CESE, gli accordi bilaterali sugli scambi commerciali e gli investimenti devono essere strutturati in modo da potersi inserire in un sistema di commercio mondiale rinnovato e non devono costituire un ostacolo per il conseguimento di un ordine mondiale libero e multilaterale; al contrario, devono garantire e promuovere tale ordine. Il partenariato transatlantico deve inoltre costituire la base per un ordine commerciale mondiale rinnovato. L’Unione europea e gli Stati Uniti devono insieme dar prova di responsabilità e leadership in seno all’OMC e sostenere un modello efficace di relazioni multilaterali con un’agenda commerciale moderna, che tenga conto anche degli aspetti ambientali e sociali. |
4.12. |
Un partenariato transatlantico affidabile è il presupposto decisivo per preservare un ordine giuridico e di pace a livello internazionale. Qualsiasi tentativo di tutelare tale ordine che prescinda da una stretta cooperazione con gli Stati Uniti è destinato a fallire, poiché l’Europa da sola non ha un peso sufficiente a ostacolare un sistema di potere gerarchico in cui la Cina occuperebbe la posizione centrale. |
4.13. |
Insieme agli Stati Uniti, al Regno Unito, al Canada, al Giappone, alla Corea del Sud, all’Australia e ad altre democrazie liberali del mondo, l’UE potrà garantire la democrazia e lo Stato di diritto anche al proprio interno e contribuire a ripristinarli laddove siano stati compromessi. |
4.14. |
L’UE dovrebbe promuovere e sostenere la realizzazione di una piattaforma transatlantica della società civile organizzata, con punti di contatto nell’America settentrionale e in Europa, sul modello di quella che è stata recentemente lanciata dai membri del CESE coinvolgendo anche paesi terzi quali il Regno Unito, poiché solo una società civile dinamica può suscitare entusiasmo per i valori comuni e tutelarli. |
4.14.1. |
Si dovrebbe lanciare con urgenza un forum di dialogo transatlantico sul futuro della democrazia, unitamente a un dialogo congiunto incentrato sullo Stato di diritto. Il sostegno comune alla democrazia in Europa, negli Stati Uniti e in altri paesi amici deve costituire una priorità assoluta nell’agenda politica transatlantica comune. |
4.14.2. |
La società civile transatlantica dovrebbe avviare un dialogo comune sui diritti dei cittadini, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle derive e influenzare le politiche su entrambe le sponde dell’Atlantico, sulla base di esempi di buone pratiche. |
4.14.3. |
Un dialogo transatlantico che coinvolga la società civile assumerebbe un’importanza particolare per migliorare la resilienza alla disinformazione. In questo contesto è necessario un impegno comune per difendere la libertà dei media nelle democrazie liberali e per rafforzarla laddove sia stata compromessa, per qualsivoglia ragione, in quanto costituisce una colonna portante della democrazia e dello Stato di diritto nonché un’espressione diretta dei valori transatlantici comuni. |
4.14.4. |
La protezione del clima e l’impegno comune volto a rallentare il riscaldamento globale dovrebbero essere altresì oggetto di un dialogo transatlantico con la società civile, al fine di individuare insieme soluzioni sostenibili e aperte alla tecnologia. |
4.14.5. |
Un altro tema che deve essere affrontato nel quadro di un dialogo congiunto con la società civile, su entrambe le sponde dell’Atlantico, è rappresentato dalla nuova questione sociale che si pone nel contesto della politica climatica e della digitalizzazione. Come garantire i diritti sociali a livello globale e migliorare le opportunità, l’accesso e, in particolare, i diritti sia degli imprenditori liberi che dei lavoratori, costituisce un interrogativo che richiede urgentemente risposte comuni, anche e soprattutto in considerazione del futuro delle istituzioni liberali e della stabilità dell’ordine mondiale libero. |
4.14.6. |
In vista dei futuri accordi commerciali e alla luce degli sforzi intesi a rafforzare l’ordine multilaterale, sarebbe opportuno consolidare le forme di dialogo transatlantico esistenti e, se del caso, crearne di nuove. Il Consiglio transatlantico per il commercio e la tecnologia, istituito di recente, riveste un’importanza particolare in questo contesto, ma deve essere sottoposto ai principi della piena trasparenza. |
4.15. |
L’Europa dovrà dare il proprio contributo, farsi carico di maggiori oneri e assumere la propria responsabilità. A tal fine, dovrà innanzitutto superare la sua diversità di vedute in tema di politica estera e di sicurezza e cessare di oscillare fra ipermoralismo e opportunismo. L’Unione europea deve sostenere il primato del diritto nelle relazioni internazionali per mezzo di una strategia chiara, esprimersi con un’unica voce in materia di politica estera e di sicurezza e contribuire attivamente alla stabilizzazione dell’ordine multilaterale. |
4.16. |
In una prospettiva di lungo termine, il partenariato transatlantico dovrebbe essere ulteriormente sviluppato in modo da trasformarsi in un’integrazione economica che includa il Canada, il Regno Unito e altri paesi europei che non sono (ancora) membri dell’Unione europea. I forum transatlantici per il dialogo con la società civile in tutta la sua diversità, come quella rappresentata dal CESE in Europa, ma anche il rafforzamento del dialogo tra i parlamenti, costituiscono un presupposto importante a tal fine. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Christian Moos & Peter Clever: China «kooperativ eindämmen», Frankfurter Allgemeine Zeitung, 30 aprile 2021.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/63 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Allineare le strategie e le operazioni del settore alimentare agli obiettivi di sviluppo sostenibile per una ripresa sostenibile post COVID-19»
(parere di iniziativa)
(2022/C 152/10)
Relatore: |
Andreas THURNER |
Correlatore: |
Peter SCHMIDT |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
25.3.2021 |
Base giuridica |
Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno |
|
Parere d’iniziativa |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
564 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
209/0/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE):
1.1. |
riconosce che le imprese europee della filiera alimentare (tra cui agricoltori e pescatori, cooperative, imprese agroalimentari, rivenditori al dettaglio e grossisti, nonché imprese di altro tipo) si stanno già adoperando per compiere progressi in termini di sostenibilità e per offrire ai consumatori prodotti sani e sostenibili in linea con il Green Deal europeo. Tuttavia, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) occorre fare di più; |
1.2. |
sottolinea la necessità di un quadro favorevole all’innovazione per sostenere gli operatori economici con strumenti e soluzioni adeguati nella loro transizione verso pratiche commerciali più sostenibili. Gli ostacoli all’innovazione devono essere eliminati; |
1.3. |
osserva che oggi gli operatori commerciali percepiscono spesso i requisiti di sostenibilità come complessi e onerosi anziché come un’opportunità, e raccomanda quindi di elaborare un linguaggio più facilmente comprensibile (una «grammatica della sostenibilità») per modificare tale percezione; |
1.4. |
individua nella riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari, nell’approvvigionamento sostenibile, nel miglioramento degli imballaggi e dei sistemi logistici, nelle filiere alimentari circolari ed efficienti nell’impiego delle risorse, così come nelle soluzioni di bioeconomia, efficaci punti di partenza verso una maggiore sostenibilità; |
1.5. |
sottolinea l’importante ruolo dei consumatori in tale contesto. Iniziative d’informazione ed educazione, unitamente a pratiche trasparenti di etichettatura degli alimenti, permetteranno di indirizzare la scelta del consumatore verso l’opzione più sostenibile (1). La Commissione europea (CE) dovrebbe inoltre introdurre misure per sostenere l’accessibilità economica di alimenti sani, che siano prodotti, trasformati e distribuiti in modo sostenibile; |
1.6. |
accoglie con favore il codice di condotta dell’UE per pratiche commerciali e di marketing responsabili. La maggior parte degli attori coinvolti considera generalmente l’elaborazione del codice volontario come un prezioso processo che ha consentito di avvicinare gli operatori della filiera alimentare. L’iniziativa rappresenta un punto di partenza e dovrebbe continuare a fungere da piattaforma collaborativa per pratiche commerciali responsabili e sostenibili. Più precisamente, il CESE:
|
1.7. |
sottolinea quanto sia importante che gli Stati membri attuino rapidamente la direttiva dell’UE in materia di pratiche commerciali sleali e altre politiche di sostegno al fine di promuovere sistemi alimentari più sostenibili e resilienti (2); |
1.8. |
accoglie con favore l’iniziativa della CE volta a elaborare una legislazione quadro per un sistema alimentare sostenibile dell’UE e a integrare la sostenibilità in tutte le politiche in campo alimentare (3). È evidente la necessità di una regolamentazione e di un certo livello di standardizzazione e armonizzazione per garantire credibilità e condizioni di parità; |
1.9. |
rinnova l’invito alla CE di garantire la coerenza programmatica fra le diverse politiche settoriali (tra cui in materia di clima, ambiente, commercio e concorrenza) (4). In tal modo, gli operatori del settore alimentare potrebbero adottare più facilmente decisioni commerciali sostenibili. Il quadro legislativo dovrebbe assicurare una reale parità di condizioni; |
1.10. |
ribadisce la sua raccomandazione di considerare l’opzione di istituire un Consiglio europeo per la politica alimentare multipartecipativo e multilivello, che potrebbe, tra l’altro, facilitare il coinvolgimento della società civile nel monitoraggio del codice di condotta; |
1.11. |
ricorda che la sostenibilità si basa su tre pilastri principali: economico, ambientale e sociale. Considerata la diversità delle condizioni generali, occorre riconoscere che un approccio «unico per tutti» non funzionerà. Una legislazione quadro dovrebbe quindi permettere e facilitare soluzioni su misura, ad esempio attraverso meccanismi di autovalutazione e parametri di riferimento; |
1.12. |
raccomanda l’elaborazione di un quadro facilmente comprensibile basato su regole, orientamenti e incentivi. La normativa sulla finanza sostenibile (tassonomia), attualmente in fase di elaborazione, non deve essere eccessivamente complessa. |
2. Introduzione
2.1. |
La strategia «Dal produttore al consumatore» (F2F) (5) della Commissione è al centro del Green Deal europeo. Essa affronta in modo ampio le sfide legate a sistemi alimentari sostenibili e riconosce i legami indissolubili tra persone in buona salute, società in buona salute e un pianeta in buona salute. La strategia è inoltre un elemento centrale dell’agenda della CE per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. Da anni il CESE è in prima linea nella promozione di una politica alimentare globale dell’UE. Il Comitato è stata la prima istituzione europea a chiedere un approccio globale (6), aprendo così la strada alla strategia «Dal produttore al consumatore». |
2.2. |
La strategia F2F riconosce che i trasformatori alimentari, gli operatori di servizi di ristorazione e i dettaglianti contribuiscono a definire il mercato e a influenzare le scelte alimentari dei consumatori attraverso la tipologia degli alimenti che producono, la scelta dei fornitori, i metodi di produzione e le pratiche di imballaggio, trasporto e commercializzazione. A tal fine, la CE ha elaborato un codice di condotta dell’UE per pratiche commerciali e di marketing responsabili (7), accompagnato da un quadro di monitoraggio, varato il 5 luglio 2021. |
2.3. |
A livello internazionale, il vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari (8), convocato dal segretario generale dell’ONU nel settembre 2021, ha ribadito l’importanza di sistemi alimentari sostenibili negli anni a venire. Esso intende avviare nuove azioni ambiziose per trasformare il modo in cui il mondo produce e consuma cibo. |
2.4. |
Le imprese che operano nel settore alimentare possono apportare un notevole contributo a sistemi alimentari più sostenibili, equi e sicuri se operano in linea con gli OSS e con l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Numerosi leader del settore alimentare hanno già compiuto passi significativi in questa direzione, ma occorre fare molto di più. I cambiamenti necessari sono complessi e richiederanno strategie di lungo periodo condivise, olistiche, collaborative e cooperative che coinvolgano tutti gli attori della filiera alimentare e i settori accessori. |
2.5. |
Le imprese europee dei settori ittico, agricolo e agroalimentare si stanno già adoperando per compiere progressi in termini di sostenibilità e per offrire ai consumatori prodotti che contribuiscano a un’alimentazione sana e sostenibile, in linea con il Green Deal europeo. Questa transizione richiede investimenti e, in alcuni casi, tempo per ottenere risultati. Una volta fissati gli obiettivi, occorre dare alle imprese la flessibilità necessaria affinché possano contribuire al conseguimento degli stessi, senza metterli in discussione. Inoltre, la necessaria transizione verde deve essere compatibile con la situazione economica dei cittadini europei, soprattutto all’indomani della crisi della COVID-19. |
2.6. |
In una relazione pubblicata di recente dal Centro comune di ricerca (9), così come in altri studi recenti, si giunge alla conclusione che il raggiungimento degli obiettivi fissati nella strategia «Dal produttore al consumatore» avrebbe notevoli ripercussioni sulla produzione agricola nell’UE. In tali conclusioni si sottolinea la necessità di valutazioni d’impatto ex ante solide e basate su dati scientifici che considerino la sostenibilità in una prospettiva economica, sociale e ambientale nell’ambito di qualsiasi proposta legislativa in rapporto con la strategia «Dal produttore al consumatore». Un quadro di sostegno adeguato (anche per quel che riguarda l’accesso ai finanziamenti, l’innovazione e la digitalizzazione) sarà fondamentale per aiutare gli agricoltori a realizzare gli obiettivi della strategia. |
3. Principali ambiti d’azione
3.1. Promuovere l’innovazione e renderla più accessibile per le PMI
3.1.1. |
La ricerca e l’innovazione possono essere utili per realizzare un uso più sostenibile dei fattori di produzione e delle materie prime (per esempio, attraverso l’agricoltura di precisione, le nuove tecniche di selezione e un impiego migliore delle pratiche agroecologiche), per rafforzare la sostenibilità dei processi interni (per esempio, mediante l’adozione di energie rinnovabili nella produzione, trasformazione o consegna degli alimenti) e per ridurre le esternalità (per esempio, attraverso gli imballaggi sostenibili). L’innovazione è necessaria non solo rispetto alle questioni ambientali, ma anche per quanto riguarda gli aspetti sociali (salute, genere, lavoro minorile e forzato, salute e sicurezza sul lavoro, libertà di associazione e contrattazione collettiva, salari e redditi equi e dignitosi). Essa è altresì necessaria per ottenere un congruo tasso di remunerazione in un periodo di tempo ragionevole (10). |
3.1.2. |
Accanto all’innovazione tecnologica, anche l’innovazione organizzativa e sociale è fondamentale per rendere le imprese più sostenibili (ridefinizione delle strutture organizzative e dei processi interni, ad esempio prestando maggiore attenzione alle politiche antidiscriminatorie e di equità) e per instaurare nuove relazioni con i portatori di interessi (ad esempio, sfruttando il marketing digitale). Per promuovere tale innovazione, la digitalizzazione e la crescita della cultura organizzativa interna sono cruciali. Anche la sostenibilità deve essere integrata nei processi organizzativi e di governance. |
3.1.3. |
Le imprese che operano nel settore alimentare sono spesso frammentate, piccole e con una scarsa integrazione orizzontale e verticale. Pertanto, hanno difficoltà ad accedere all’ecosistema dell’innovazione. Per rendere possibile tale accesso e per consentire anche alle piccole e medie imprese di beneficiare appieno dei loro percorsi di innovazione, occorrono investimenti pubblici in materia di acqua, logistica e infrastrutture digitali, nonché maggiori risorse per la R&S. |
3.1.4. |
Inoltre, è essenziale creare nuovi meccanismi per facilitare il rapporto tra imprese e centri di innovazione e per promuovere la co-creazione (ad esempio laboratori viventi e centri faro), insieme a nuove figure professionali in grado di collegare le imprese e i centri di ricerca e innovazione (come gli intermediari dell’innovazione). Una forte correlazione tra i piani nazionali per la ripresa e la resilienza, gli indicatori dei fondi strutturali e di investimento europei e gli indicatori degli OSS risulta essenziale al fine di promuovere tali investimenti, e in futuro dovrebbe altresì rappresentare una priorità. |
3.1.5. |
I partenariati tra il settore privato, le istituzioni, il mondo accademico e i centri di innovazione, una più diffusa co-creazione e una maggiore attenzione da parte degli istituti finanziari possono dar vita a fruttuosi ecosistemi di innovazione. Tali partenariati possono anche essere utili per promuovere l’innovazione basata sul territorio, che è particolarmente promettente nei sistemi alimentari, poiché l’attenzione dei consumatori alla produzione e alla trasformazione del cibo è legata ai contesti e alla cultura locali. Le imprese innovative e di successo possono essere fulgidi esempi di nuove soluzioni sostenibili e favorire la diffusione di buone pratiche tra gli operatori. |
3.2. Promuovere filiere alimentari circolari ed efficienti nell’impiego delle risorse e rafforzare la bioeconomia
3.2.1. |
L’ottimizzazione delle filiere alimentari circolari ed efficienti nell’impiego delle risorse svolgerà un ruolo importante nella transizione verso sistemi alimentari più sostenibili. Molti sono i punti da cui partire, per esempio usare le risorse naturali in modo efficiente, limitare la quantità di rifiuti, utilizzare imballaggi riciclabili, riutilizzabili e compostabili o evitare la plastica monouso, solo per evidenziarne alcuni. La Piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (11) rappresenta una valida rete per fornire ispirazione, idee innovative e soluzioni in questo ambito. |
3.2.2. |
La bioeconomia circolare costituisce un approccio vantaggioso per tutti (12). La valorizzazione e il riutilizzo della biomassa rende le produzioni più sostenibili e può creare nuove imprese e opportunità di reddito per gli agricoltori, la pesca e l’intero sistema alimentare. Per questo motivo, è necessario prestare grande attenzione all’intero ciclo di gestione della biomassa (produzione, trasformazione, valorizzazione e riutilizzo, creazione di catene di produzione «multi-output» legate al settore medico, ai materiali, alle bioraffinerie e all’energia, e creazione di un mercato per tali impieghi). Molti sono gli attori coinvolti, tra cui non solo agricoltori e pescatori, imprenditori agroalimentari e rivenditori al dettaglio, ma anche cittadini, enti locali, guardie forestali, società di gestione dei rifiuti, compostatori, tecnici, innovatori e imprese energetiche. |
3.3. Approvvigionamento sostenibile
3.3.1. |
Le principali filiere alimentari dovrebbero continuare a promuovere l’adozione di pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico da parte dei fornitori. A tal fine, un approccio di dovuta diligenza può essere utile. Le imprese leader dovrebbero fungere da pionieri, assumersi un impegno politico in materia di approvvigionamento sostenibile e integrarlo nel loro sistema di gestione (13). Dovrebbero inoltre valutare l’impatto reale e potenziale della loro catena di approvvigionamento e fissare i relativi obiettivi. A tal fine, dovrebbero adottare una metodologia (compresi indicatori, metriche e obiettivi) per misurare le prestazioni della catena del valore e garantire che siano in linea con gli standard riconosciuti a livello internazionale, e divulgare adeguatamente gli obiettivi pianificati e i risultati raggiunti. |
3.3.2. |
La CE si è impegnata a promuovere sistemi alimentari sostenibili in Europa e a livello internazionale. Tale obiettivo può essere raggiunto soltanto se il quadro legislativo assicura una vera parità di condizioni tra le imprese dell’UE che producono cibo sostenibile e quelle dei paesi terzi, per consentire una produzione forte, resiliente e sostenibile. La politica commerciale dell’UE deve garantire che le importazioni siano tenute a rispettare le rigorose norme europee in materia di sostenibilità sociale e ambientale. Gli accordi commerciali sono fondamentali per garantire parità di condizioni tra il mercato interno e le importazioni, salvaguardare la competitività (14) dei produttori europei di alimenti sostenibili e garantire una reddito equo. |
3.4. La funzione delle filiere produttive ben concepite — migliorare gli imballaggi e i sistemi logistici per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica
3.4.1. |
Nel contesto delle filiere produttive prevalentemente globali, l’approvvigionamento locale, anche attraverso la diversificazione dei fornitori, è importante per ridurre l’impatto ambientale delle catene del valore alimentari, non ultimo in termini di logistica, e promuove le economie locali. A seguito della pandemia di COVID-19, i prodotti alimentari locali sono sempre più visti come sinonimo di qualità, aspetto al quale i consumatori prestano una maggiore attenzione. Inoltre, un buon equilibrio tra gli alimenti importati e quelli prodotti localmente sembra una strategia adeguata per realizzare sistemi alimentari più solidi e resilienti. |
3.4.2. |
Gli imballaggi sostenibili sono costituiti da materiali biodegradabili e riutilizzabili, e promuovono il riciclaggio tra i consumatori. Le nuove scoperte dell’industria chimica e la loro integrazione nelle pratiche aziendali generano soluzioni innovative ai problemi ambientali. Esistono già famiglie di bioplastiche completamente biodegradabili e compostabili, generate a partire dalla biomassa agricola, che creano un flusso completamente circolare. Talvolta i materiali biodegradabili contribuiscono anche a estendere la durata di conservazione, apportando di conseguenza un valore aggiunto ancora maggiore. |
3.4.3. |
La riduzione delle emissioni indirette della catena alimentare può essere ottenuta anche passando a veicoli logistici a basso impatto, sviluppando filiere produttive più efficienti, meglio organizzate e — ove opportuno — più corte, aumentando i punti vendita di generi alimentari, potenziando la digitalizzazione e migliorando le infrastrutture logistiche. |
3.5. Promuovere l’educazione e l’etichettatura trasparente
3.5.1. |
Un consumo più responsabile e una maggiore attenzione da parte delle pubbliche autorità, delle imprese e dei consumatori a un’alimentazione sana e sostenibile, come la dieta mediterranea, sono fondamentali per realizzare sistemi alimentari più sostenibili (15). Si tratta anche di comprendere meglio i rapporti ecologici e il «valore degli alimenti», ossia l’impatto delle perdite e degli sprechi alimentari, il ruolo delle comunità economiche regionali, la logistica dei trasporti, l’importanza per l’autosufficienza alimentare strategica ecc. |
3.5.2. |
Per promuovere questo cambiamento, i sistemi educativi sono fondamentali (16). Anche le imprese alimentari possono svolgere un ruolo significativo se si impegnano a educare i consumatori, e in particolare i bambini, in merito all’importanza della produzione e del consumo sostenibili di alimenti. Devono continuare ad adoperarsi per offrire prodotti più sostenibili e più sani (17). Inoltre, dovrebbero adottare codici di condotta responsabili per le pratiche di marketing. Le imprese alimentari possono promuovere stili di vita sani e sostenibili anche attraverso le etichette, le campagne di marketing, i social media, le mense aziendali e le politiche di comunicazione aziendale. L’etichettatura dovrebbe evidenziare il contributo di ogni prodotto a un’alimentazione sana e sostenibile. In tale contesto, un quadro trasparente per l’etichettatura dei prodotti alimentari aiuterebbe i consumatori ad acquistare con cognizione di causa prodotti più sostenibili. |
3.6. Ripensare la finanza
3.6.1. |
I sistemi alimentari devono essere analizzati dagli istituti finanziari secondo una prospettiva conforme alle caratteristiche specifiche del settore. Le imprese del settore alimentare non possono essere trattate con gli stessi criteri utilizzati per altri settori, come è avvenuto per molto tempo, perché l’accesso al credito e l’utile sul capitale investito non tengono contro dei criteri di sostenibilità nel lungo termine. Ciò appare ancor più importante se consideriamo la dimensione media delle imprese del settore alimentare e la crescente importanza della sostenibilità. Per le PMI è più difficile ottenere dei finanziamenti e stilare dei rendiconti sui risultati in materia di sostenibilità. |
3.6.2. |
Per quanto riguarda la finanza sostenibile per le PMI, occorre sottolineare che i criteri di vaglio tecnico burocratici e complessi per la tassonomia potrebbero ostacolare le imprese — in particolare le PMI — nell’intraprendere o proseguire il percorso di sostenibilità. |
3.7. Rivolgere l’attenzione alle piccole imprese
3.7.1. |
I quadri in materia di responsabilità e i meccanismi di monitoraggio sono solitamente adatti alle grandi imprese. Lo stesso avviene nell’ambito della sostenibilità. |
3.7.2. |
I sistemi alimentari europei sono composti principalmente da PMI. Questo significa che è necessario un supporto ad hoc per assistere le imprese del settore nella fase di transizione. Tale sostegno comprende l’introduzione di strumenti di auto-valutazione, la promozione di reti tra imprese, programmi educativi su imprenditoria e sostenibilità, la creazione di comunità di pratica, la promozione di buone prassi, un accesso più facile agli ecosistemi dell’innovazione, incentivi fiscali e finanziari all’ampliamento delle imprese e un accesso più facile ai mercati e alle informazioni di mercato. |
3.7.3. |
Fornendo sostegno e orientamenti anche per quanto riguarda le tecnologie informatiche in materia di hardware e software, è possibile non solo promuovere lo sviluppo e il rafforzamento delle PMI nella filiera produttiva, ma anche favorire una migliore integrazione degli OSS nelle loro strategie. |
3.8. Parametri di riferimento: autovalutazione, monitoraggio, impegno, dialogo
3.8.1. |
Per qualsiasi impresa, gli strumenti di autovalutazione sono essenziali per allinearsi all’Agenda 2030. Tali strumenti devono sostenere le imprese di qualsiasi dimensione, senza penalizzare quelle più piccole. |
3.8.2. |
Per le imprese più grandi, sono necessari approcci più globali e standardizzati, in grado di consentire confronti. Per le imprese più piccole, occorre garantire un supporto ad hoc. Date le peculiarità del settore, è fondamentale instaurare uno stretto dialogo tra i diversi attori del sistema alimentare (imprese, istituzioni, investitori, consumatori, innovatori). |
3.9. Il coinvolgimento dei cittadini
3.9.1. |
Considerato il ruolo sociale del cibo e il suo impatto sulla sostenibilità ambientale e sociale, i cittadini dovrebbero essere consultati in sede di definizione delle politiche europee, nazionali e regionali, nonché delle strategie delle imprese. Il coinvolgimento dei cittadini è particolarmente importante a livello locale per creare uno stretto legame tra l’alimentazione e la vita delle città e delle regioni (18). Anche le politiche alimentari locali concorrono a tale obiettivo, poiché possono adottare un approccio olistico al cibo, sfruttando le caratteristiche locali e stimolando iniziative di co-creazione. |
3.9.2. |
L’esempio di Leader (19) dimostra che i gruppi di azione locale (GAL) possono dare un contributo efficace in tal senso. L’istituzione di consigli per la politica alimentare è un’altra dimostrazione del fatto che il coinvolgimento dei cittadini porta a soluzioni più sostenibili. |
4. Una «grammatica della sostenibilità» (20) — trovare il linguaggio giusto per parlare di sostenibilità nell’attuazione degli OSS nell’industria alimentare
4.1. |
I consumatori, l’opinione pubblica, le autorità di regolamentazione, i responsabili delle politiche e la società civile chiedono alle imprese alimentari di migliorare le loro prestazioni in materia di sostenibilità. La sostenibilità rappresenta anche una buona opportunità di mercato per le imprese. Pertanto, la questione non è se, ma come allineare l’industria alimentare all’Agenda 2030 e all’accordo di Parigi. |
4.2. |
Tuttavia, non è ancora facile valutare le prestazioni, poiché nel settore alimentare non esiste un unico indicatore globale per la sostenibilità. Non esiste neppure una soluzione unica per tutti, poiché vi sono differenze tra i sottosettori, e le dimensioni dell’impresa contano quando si adotta un approccio formale alla sostenibilità. Di conseguenza, le imprese più piccole spesso vedono la sostenibilità come una potenziale fonte di nuovi oneri amministrativi piuttosto che un’opportunità. |
4.3. |
Data la difficoltà di trovare misure precise di allineamento agli OSS, nella fase attuale le valutazioni tendono a concentrarsi sulla completezza dei processi attuati e sul livello di divulgazione in merito agli stessi più che sui risultati concreti. In ogni caso, l’auto-valutazione aiuta l’impresa a individuare le aree di miglioramento in termini sia di allineamento agli OSS che di sistemi di pianificazione. Inoltre, contribuisce a diffondere la cultura della sostenibilità all’interno dell’impresa. |
4.4. |
Una volta pianificati gli obiettivi, le imprese del settore alimentare dovrebbero definire indicatori coerenti, parametri e traguardi di sostenibilità concreti da raggiungere nel breve e nel lungo periodo, e definire procedure per la divulgazione dei risultati. Tuttavia, a causa delle differenze tra i quadri di responsabilità, risulta ancora difficile raffrontare la definizione degli obiettivi e i relativi processi di misurazione. |
4.5. |
Per quanto riguarda le PMI, in particolare, le autovalutazioni dovrebbero essere condotte in modo costruttivo, con l’obiettivo di familiarizzare i cittadini con la «grammatica della sostenibilità» anziché stabilire dei parametri di riferimento. |
4.6. |
Le imprese dovrebbero integrare inoltre metriche e obiettivi di sostenibilità flessibili nei loro sistemi di governance e di gestione. Senza riferimenti agli obiettivi di sostenibilità nei cicli di bilancio, negli indicatori chiave di prestazione (ICP), nei meccanismi di monitoraggio e nei percorsi di carriera, è molto difficile migliorare le prestazioni in termini di sostenibilità. Un’integrazione di questo tipo non è un’impresa facile, specialmente per le PMI. Allo stesso tempo, rappresenta una buona opportunità per rivedere e rafforzare questi sistemi. |
4.7. |
Le imprese impegnate con successo nella sostenibilità dovrebbero promuovere le loro buone pratiche. Ciò contribuirebbe a dimostrare che per un’impresa alimentare, soprattutto se si tratta di una PMI, essere sostenibili è possibile e redditizio, e potrebbe incoraggiare altre imprese a seguire il loro esempio. L’impresa, in questo modo, può ottenere un’elevata visibilità e preziose opportunità di mercato. |
4.8. |
L’iniziativa «Fixing the Business of Food» della rete Sustainable Development Solutions Network (SDSN) (21), dopo un’accurata analisi delle norme, dei quadri e delle iniziative di sostenibilità più diffusi a livello globale, ha definito un quadro di analisi basato su quattro pilastri di allineamento agli OSS per un’impresa. I pilastri sono:
|
4.9. |
Ogni pilastro è suddiviso in una serie di temi diversi, elaborati mediante un processo iterativo comprendente ricerche sulle relazioni in materia di sostenibilità delle principali imprese globali del settore alimentare, molteplici interazioni con imprese di grandi, medie e piccole dimensioni e le associazioni del comparto (sotto forma di interviste, seminari e sondaggi), nonché l’analisi delle migliori pratiche in materia di sostenibilità. |
4.10. |
Il quadro ha condotto alla progettazione di uno strumento di autovalutazione che le imprese possono utilizzare per individuare le aree di miglioramento. |
4.11. |
L’iniziativa «Fixing the Business of Food» costituisce anche la base per una piattaforma digitale che evidenzia le buone pratiche. Il quadro incentrato sui quattro pilastri presenta esempi concreti di obiettivi, traguardi, indicatori e metriche appositamente selezionati per le imprese alimentari, allineati all’Agenda 2030. Inoltre, può aiutare le imprese a identificare i loro ICP, gli investitori a monitorare le azioni e i progressi compiuti dalle imprese del settore alimentare, e gli autori delle relazioni sulla sostenibilità a redigere tali documenti. Date le peculiarità di sottosettori specifici, il quadro è stato adattato alle piccole imprese agroalimentari, alle imprese di acquacoltura e ai produttori di vino. |
5. Quadro politico per l’allineamento delle imprese del settore alimentare agli OSS
5.1. |
Il CESE accoglie con favore il codice di condotta dell’UE sulle pratiche commerciali e di marketing responsabili quale elemento importante per l’attuazione della strategia «Dal produttore al consumatore». La maggior parte degli attori coinvolti considera generalmente l’elaborazione del codice volontario come un processo utile che ha consentito di avvicinare gli operatori della filiera alimentare. L’iniziativa rappresenta un punto di partenza e dovrebbe continuare a fungere da piattaforma collaborativa per pratiche commerciali responsabili e sostenibili. |
5.2. |
Tuttavia, il CESE, anche sulla base del feedback ricevuto dalle imprese e dai soggetti interessati, mette in risalto i limiti dell’approccio volontario e sottolinea la necessità di adottare una regolamentazione e legislazione per garantire una rapida transizione verso la sostenibilità. Ciò comporta anche una revisione delle regole di concorrenza per promuovere ulteriormente la cooperazione e la sostenibilità nell’intera catena di approvvigionamento. |
5.3. |
Inoltre, il CESE sottolinea che il codice di condotta risulta carente per quanto riguarda la dimensione e deplora che non vi sia alcun riferimento alla contrattazione collettiva. Il dialogo sociale è molto importante e le parti sociali dovrebbero essere coinvolte lungo tutta la filiera di produzione. Il percorso verso la sostenibilità dovrebbe anche avere un impatto positivo sui salari e sulle condizioni di lavoro. |
5.4. |
Il codice non prevede neppure azioni per migliorare l’accessibilità economica del cibo sano e sostenibile. Tale accessibilità favorirebbe l’adozione di un’alimentazione sana e sostenibile da parte dei consumatori. |
5.5. |
Il codice di condotta manca di un solido meccanismo di monitoraggio per valutare la pertinenza, l’attuazione e l’impatto degli impegni. Occorre procedere a una profonda revisione del codice di condotta per consentirne l’applicazione pratica e verificare se i singoli impegni per il conseguimento degli obiettivi ambiziosi siano rispettati. Come dimostra l’esperienza, soltanto ciò che è misurato e monitorato viene realizzato. In generale, anche un maggiore coinvolgimento della società civile (dialogo sociale) sarà determinante per il successo. Un Consiglio europeo per la politica alimentare multipartecipativo e multilivello, quale proposto dal CESE nei suoi precedenti pareri (22), potrebbe, tra l’altro, facilitare il coinvolgimento della società civile nel monitoraggio del codice di condotta. |
5.6. |
Finora, sono soprattutto le grandi imprese e le multinazionali ad aver aderito al codice di condotta. Affinché le PMI diventino una priorità delle politiche alimentari dell’UE, occorre creare un ambiente favorevole nell’ottica di promuovere e facilitare un maggiore impegno nei confronti dell’agenda degli OSS. Mentre nelle imprese più grandi esiste spesso un ufficio per la sostenibilità, sembra che le PMI dispongano di risorse e capacità limitate per integrare la sostenibilità nelle loro attività. |
5.7. |
Il CESE rammenta le conclusioni dei suoi precedenti pareri in cui viene riconosciuto il funzionamento eccezionale in tutta Europa della catena di approvvigionamento alimentare, che permette di assicurare quotidianamente a tutti i cittadini l’accesso a prodotti alimentari di alta qualità. È necessario che gli Stati membri attuino rapidamente la direttiva dell’UE in materia di pratiche commerciali sleali e altre politiche di sostegno al fine di promuovere sistemi alimentari più sostenibili e resilienti (23). |
5.8. |
La CE ha recentemente adottato la sua tabella di marcia verso una legislazione quadro per un sistema alimentare sostenibile dell’UE e per integrare la sostenibilità in tutte le politiche in campo alimentare (24), come previsto dalla strategia «Dal produttore al consumatore». Il CESE accoglie questa iniziativa come un passo avanti, poiché è evidente la necessità di una regolamentazione e di un certo livello di standardizzazione e armonizzazione per garantire credibilità e parità di condizioni, e ribadisce la sua raccomandazione di promuovere una politica alimentare globale dell’UE. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE, GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9.
(2) Parere del CESE sul tema Verso una filiera alimentare equa (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 38).
(3) Un sistema alimentare sostenibile dell'UE — nuova iniziativa.
(4) Parere del CESE sul tema Verso una strategia dell’UE per un consumo sostenibile (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 51).
(5) Strategia «Dal produttore al consumatore».
(6) Parere del CESE sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale dell’UE (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18).
(7) Code of Conduct for Responsible Business and Marketing Practices (Codice di condotta per pratiche commerciali e di marketing responsabili).
(8) UN Food Systems Summit (Vertice delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari).
(9) Relazione del Centro comune di ricerca della Commissione europea, Modelling environmental and climatic ambition in the agricultural sector with the CAPRI model (Modellare le ambizioni ambientali e climatiche nel settore agricolo con il modello CAPRI).
(10) Esempi di buone pratiche di innovazione includono: Irritec Corporate, uno dei leader mondiali nel settore dell’irrigazione intelligente; Micronizzazione Innovativa SRL, una start-up all’avanguardia che ha realizzato un prodotto innovativo per promuovere la ritenzione idrica e la rapida crescita delle piante; Igloo, una start-up innovativa dedita allo sviluppo di nuove tecnologie a supporto dell’agricoltura (idroponica); e Agrorobotica, che si occupa di agricoltura di precisione.
(11) ECESP.
(12) Cfr. il parere del CESE sul tema Bioeconomia: contribuire a realizzare gli obiettivi dell’UE in materia di clima e di energia e a conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (GU C 440 del 6.12.2018, pag. 45).
(13) Un esempio di buone pratiche è Unilever, che adotta una politica interna per garantire l’approvvigionamento sostenibile dai suoi fornitori.
(14) «Perché una politica europea alimentare globale sia veramente rilevante per i consumatori europei, è essenziale che gli alimenti prodotti in modo sostenibile nell’UE siano competitivi. Ciò presuppone che il settore agroalimentare europeo sia in grado di fornire ai consumatori prodotti alimentari a prezzi in cui sono incorporati i costi aggiuntivi relativi a criteri quali la sostenibilità, il benessere degli animali, la sicurezza alimentare e la nutrizione, ma anche un giusto compenso per gli agricoltori e, al tempo stesso, mantenga la sua posizione come opzione preferita dalla vasta maggioranza dei consumatori». Parere del CESE sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale dell’UE, punto 5.8 (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18).
(15) Parere del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).
(16) Parere del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).
(17) Parere del CESE sul tema Promuovere un’alimentazione sana e sostenibile nell’UE (GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9).
(18) Parere del CESE sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale nell’UE (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18), e parere del CESE sul tema Una strategia«Dal produttore al consumatore»per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(19) https://enrd.ec.europa.eu/leader-clld_it
(20) La «grammatica della sostenibilità» è un termine coniato da Elliot M. Tretter nel suo libro «Shadows of a Sunbelt City».
(21) Fixing the Business of Food.
(22) Parere del CESE sul tema Il contributo della società civile allo sviluppo di una politica alimentare globale nell’UE (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18), e parere del CESE sul tema Una strategia«Dal produttore al consumatore»per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).
(23) Parere del CESE sul tema Verso una filiera alimentare equa (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 38).
(24) Un sistema alimentare sostenibile dell’UE — nuova iniziativa.
III Atti preparatori
Comitato economico e sociale europeo
565a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo (Interactio), 8.12.2021 - 9.12.2021
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/72 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Orientamenti della Commissione europea sul rafforzamento del codice di buone pratiche sulla disinformazione»
[COM(2021) 262 final]
(2022/C 152/11)
Relatore: |
Thierry LIBAERT |
Consultazione |
Commissione europea, 1.7.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
18.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
198/3/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) riconosce sia la qualità degli orientamenti sul rafforzamento del codice di buone pratiche sulla disinformazione, sia la determinazione della Commissione europea a migliorare costantemente la sua azione in questo settore. |
1.2. |
Il CESE raccomanda alla Commissione europea di garantire in ogni momento che la lotta alla disinformazione non possa essere usata come pretesto per limitare le libertà pubbliche e, in particolare, la libertà di espressione. |
1.3. |
Raccomanda inoltre di dare la massima priorità alla lotta alla disinformazione mediante azioni volte a contrastarla sul nascere, anziché a moderarne i contenuti. Si incoraggia pertanto un atteggiamento più preventivo e proattivo, il che richiede maggiori risorse, specialmente in termini di competenze. |
1.4. |
Il CESE accoglie con favore l’accento posto dalla Commissione sulla lotta alla monetizzazione della disinformazione. Raccomanda che, oltre agli impegni volontari assunti dagli operatori della pubblicità online, la Commissione consideri una serie di strumenti economici, giuridici e finanziari più vincolanti. |
1.5. |
Il CESE raccomanda che le discussioni con le piattaforme digitali siano portate avanti in modo continuo e risoluto, in particolare per chiarire e sviluppare le metodologie di trattamento delle informazioni. Facebook, in tal senso, è un caso particolarmente degno di nota, soprattutto perché tale piattaforma viene utilizzata dal 78 % della popolazione dell’UE, ossia oltre 300 milioni di europei. |
1.6. |
Il CESE raccomanda di concentrare maggiori risorse sulle piattaforme di piccole dimensioni che sono meno note al grande pubblico e talvolta molto più opache in termini di divulgazione delle informazioni. |
1.7. |
Il Comitato raccomanda di proseguire gli sforzi di coordinamento della lotta alla disinformazione. Per troppo tempo la questione è stata affrontata in modo frammentario e solo un’azione congiunta potrà consentire di arginare il fenomeno. |
1.8. |
Il CESE sottolinea l’importanza di un piano europeo di alfabetizzazione mediatica, pur osservando che i contenuti diffusi sui media sono di competenza degli Stati membri. Il fatto che tutti, soprattutto i più giovani, siano in grado di distinguere tra informazioni vere e false è una condizione indispensabile delle nostre democrazie. |
1.9. |
Il CESE suggerisce di allargare il tema della lotta alla disinformazione a tutti i portatori di interessi che possano apportare un contributo al riguardo. Questo vale, in particolare, per i ricercatori e tutte le organizzazioni della società civile. |
1.10. |
Raccomanda che le azioni volte a contrastare la disinformazione non siano eccessivamente incentrate sui contenuti in lingua inglese, soprattutto nel caso dei paesi confinanti con la Russia. |
1.11. |
Tali azioni dovrebbero inoltre garantire l’accessibilità e la comprensione da parte delle persone con disabilità, in particolare di carattere sensoriale, psicosociale e intellettuale, che sono particolarmente vulnerabili alle informazioni false. |
1.12. |
Raccomanda altresì un approccio più lungimirante e anticipatore per considerare le potenziali nuove modalità di disinformazione. Le capacità tecnologiche di diffusione dei deepfake (immagini o filmati realistici ma falsi) hanno dimostrato l’estrema rapidità con cui può emergere un nuovo rischio. |
1.13. |
In modo ancora più fondamentale, il CESE ritiene che la disinformazione costituisca una minaccia per le nostre democrazie e per l’Unione europea. L’aumento della disinformazione non è tuttavia solo una conseguenza del potere dei social network, è anche un sintomo della sfiducia nell’informazione ufficiale. Il CESE raccomanda di intensificare le occasioni di scambio e di dialogo tra tutti i portatori di interessi, al fine di comprendere meglio le radici profonde della disinformazione e di contrastarla più efficacemente. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
La crisi della COVID-19 ha messo drammaticamente in evidenza le minacce e i pericoli della disinformazione per le nostre società. La cosiddetta «infodemia», ossia la rapida diffusione di informazioni false, inesatte o fuorvianti sulla pandemia, comporta notevoli rischi per la salute umana, i sistemi sanitari pubblici, la gestione efficace delle crisi, l’economia e la coesione sociale. I dibattiti sulla vaccinazione contro la COVID-19 hanno mostrato le conseguenze, talvolta estreme, prodotte dalla disinformazione in materia sanitaria. Nonostante i notevoli sforzi compiuti finora, permane l’urgente necessità di intensificare l’impegno per combattere la disinformazione (1). |
2.2. |
Nel 2018 la Commissione europea ha adottato un piano d’azione sulla disinformazione per rafforzare la capacità e la cooperazione dell’UE nella lotta alla disinformazione. Inoltre, ha pubblicato la comunicazione dal titolo «Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo» (2), contenente una serie di strumenti per combattere la disinformazione e garantire la protezione dei valori dell’UE. |
2.3. |
Fin dall’inizio (3), l’UE ha impostato la lotta alla disinformazione su due assi. In primo luogo, la protezione della libertà di espressione e di altri diritti e libertà garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Pur rispettando questi diritti e queste libertà, la strategia dell’UE mira a rendere l’ambiente online e i suoi attori più trasparenti e responsabili, aumentando la trasparenza delle pratiche di moderazione dei contenuti, responsabilizzando i cittadini e promuovendo un dibattito democratico aperto (4). |
2.4. |
Il secondo asse è incentrato sulle minacce, specialmente quelle esterne, che possono minare le nostre democrazie, in particolare durante i periodi elettorali. La task force East Stratcom, costituita nel marzo 2015, si inserisce nel quadro dell’obiettivo sempre più importante di contrastare le operazioni di disinformazione istituzionale organizzate e pianificate. |
2.5. |
Il codice di buone pratiche sulla disinformazione (5) è uno strumento di autoregolamentazione che rappresenta una pietra angolare degli sforzi dell’UE per collaborare con gli attori privati al fine di ridurre la disinformazione digitale. Il codice è in vigore dall’ottobre 2018 ed è stato sottoscritto ormai dalle principali piattaforme online che operano nell’UE, nonché, tra gli altri, dalle principali associazioni professionali che rappresentano l’industria pubblicitaria europea. |
2.6. |
Grazie al codice pubblicato nel 2018 sono stati compiuti numerosi progressi importanti. Uno dei più significativi è rappresentato dal fatto che, all’inizio della pandemia di COVID-19, le principali piattaforme online hanno dato maggiore visibilità alle informazioni provenienti da fonti affidabili. Questo strumento è servito inoltre a sensibilizzare i divulgatori di informazioni false attraverso avvertimenti specifici. La comunicazione della Commissione «Contrastare la disinformazione sulla COVID-19» ha anche istituito un programma di monitoraggio e comunicazione sulle azioni delle piattaforme firmatarie per contrastare la disinformazione sulla COVID-19. |
2.7. |
La valutazione del codice di buone pratiche effettuata dalla Commissione nel 2020 (6) ha tuttavia rilevato carenze significative, tra cui l’applicazione incoerente e incompleta del codice alle diverse piattaforme e negli Stati membri, le limitazioni intrinseche alla natura di autoregolamentazione del codice, nonché delle lacune negli ambiti interessati dagli impegni previsti dal codice. |
2.8. |
Nel 2020 la Commissione ha presentato un piano d’azione per le democrazie europee (EDAP) recante ulteriori misure per contrastare la disinformazione, anche per quanto riguarda gli obblighi e le responsabilità delle piattaforme online in tal senso. |
2.9. |
Successivamente la Commissione ha messo in atto un programma di monitoraggio e comunicazione relativo alla COVID-19 e, dopo aver istituito (nel giugno 2020) l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO), ha lanciato un invito a presentare progetti allo scopo di conoscere meglio gli attori, gli strumenti, gli obiettivi e i metodi utilizzati nelle pratiche di disinformazione. |
2.10. |
Per intensificare la lotta alla disinformazione, la legge sui servizi digitali (7) proposta dalla Commissione stabilisce un quadro di coregolamentazione basato su codici di condotta con la finalità di affrontare i rischi sistemici connessi alla disinformazione. |
2.11. |
Il 3 giugno 2021 la Corte dei conti europea (8) ha giudicato insufficiente la strategia dell’Unione europea, senza tuttavia prendere in considerazione il piano d’azione rafforzato del 26 maggio 2021. Secondo la Corte, il piano della Commissione, pur essendo ben concepito, resta incompleto, in particolare per quanto riguarda il sistema d’allarme e gli obblighi delle piattaforme online. |
2.12. |
Il 29 luglio 2021 la Commissione europea e le piattaforme digitali firmatarie del codice europeo di buone pratiche sulla disinformazione hanno lanciato un appello congiunto per incoraggiare un numero maggiore di attori a sottoscriverlo. |
3. Proposte della Commissione
3.1. |
La Commissione europea affina costantemente la sua strategia per contrastare la disinformazione. I nuovi orientamenti sul rafforzamento delle azioni di lotta contro la disinformazione contengono diverse opzioni che è opportuno evidenziare. |
3.2. |
Gli orientamenti si basano sull’esperienza maturata finora dalla Commissione nel monitoraggio e nella valutazione del codice, come pure sulla relazione della Commissione sulle elezioni del 2019, e contribuiscono altresì alla risposta della Commissione alle conclusioni del Consiglio europeo di dicembre 2020. Al fine di raccogliere contributi utili per definire tali orientamenti, la Commissione ha organizzato discussioni multilaterali e un seminario per gli Stati membri. |
3.3. |
Gli orientamenti per il rafforzamento del codice evidenziano la necessità di migliorare la qualità e il livello di dettaglio delle segnalazioni degli Stati membri. |
3.4. |
Osservano, inoltre, che la lotta contro la disinformazione non può avvenire senza indicatori di prestazione. |
3.5. |
Riconoscono che, nella verifica delle informazioni, il grado di condivisione tra gli Stati membri dell’UE è insufficiente. Pertanto, le informazioni considerate false in un paese possono circolare in un altro. |
3.6. |
Gli orientamenti rilevano che occorre accelerare la lotta alla monetizzazione della disinformazione tramite la scelta di inserzioni pubblicitarie nello spazio digitale, in particolare Google Ads. |
3.7. |
Il codice insiste particolarmente sul tema della pubblicità di natura politica. L’identità dell’autore della pubblicità politica è troppo spesso opaca e occorre migliorare la trasparenza degli annunci pubblicitari trasmessi. Ciò è in linea con quanto proposto nella legge sui servizi digitali (9) (articolo 30). La Commissione proporrà una nuova legislazione per una maggiore trasparenza in materia di pubblicità politica. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE apprezza la qualità del lavoro della Commissione europea nella lotta alla disinformazione e in particolare il progressivo rafforzamento della sua azione. |
4.2. |
Il Comitato osserva che la lotta alla disinformazione deve sempre tenere conto dell’assoluta necessità di tutelare la libertà di espressione. |
4.3. |
Grazie all’ampio invito esteso al mondo accademico, il dibattito fra tutti i portatori di interessi va ormai strutturandosi. Il CESE riconosce che l’attenzione rivolta al settore della pubblicità online era una necessità che oggi viene presa in considerazione. |
4.4. |
La principale critica rivolta dal Comitato in merito agli orientamenti sul rafforzamento del codice di buone pratiche sulla disinformazione riguarda il fatto che il codice si focalizza in maniera eccessiva sui contenuti e sulla relativa moderazione, e non sufficientemente sui responsabili della divulgazione. I contenuti cambiano continuamente, le piattaforme utilizzate si evolvono, ma gli attori principali rimangono essenzialmente gli stessi e le motivazioni non cambiano. L’approccio deve essere preventivo piuttosto che curativo, e la Commissione deve privilegiare un lavoro volto ad affrontare le cause anziché le conseguenze. |
4.5. |
Dietro l’immagine di taluni ideologi, sette o fanatici, vi è un vero e proprio business della disinformazione estremamente redditizio. A loro insaputa, le imprese europee spendono oltre 400 milioni di EUR su siti web di disinformazione (10). Poiché è noto che le principali fonti di disinformazione perseguono obiettivi economici, in particolare attraverso un posizionamento che consente di raccogliere ingenti somme di denaro dalla pubblicità online, ma anche attraverso statuti specifici che permettono di accedere a sovvenzioni pubbliche, la Commissione dovrebbe promuovere una serie di strumenti economici e finanziari per contrastare la disinformazione alla fonte. |
4.6. |
Il CESE constata che numerose piattaforme non pubblicano informazioni sufficienti sulla loro metodologia di trattamento della disinformazione, e ciò penalizza tutti gli attori europei nella loro lotta alle pratiche di disinformazione. Al contrario, il CESE accoglie con favore il fatto che alcune piattaforme (YouTube) sembrino aver preso sul serio tale problema. |
4.7. |
Il potere delle principali piattaforme (Facebook e Twitter) non deve nascondere il fatto che la disinformazione più efficace si concentra su strumenti meno noti al grande pubblico, come VKontakte, Rumble, Odysee, Gab e Parler. Queste piattaforme più piccole hanno un pubblico più ristretto, ma possono raggiungere più facilmente gruppi specifici in funzione del territorio considerato, dell’età o di qualsiasi altro parametro. Inoltre, queste piattaforme non dispongono di mezzi finanziari per contrastare la disinformazione che veicolano o non hanno interesse a farlo, nascondendosi dietro la libertà di espressione. La disinformazione proviene spesso da piattaforme più riservate prima di raggiungere rapidamente un pubblico più ampio (11). |
4.8. |
Il CESE ritiene che l’azione europea sia troppo frammentata e manchi di coordinamento. Le strutture coinvolte sembrano troppo separate, in particolare i due soggetti principali EDMO e European Stratcom. La creazione del gruppo di lavoro permanente che coinvolge il gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA) dovrebbe facilitare gli scambi. Tuttavia, il CESE teme che i suoi mezzi d’intervento siano troppo limitati rispetto alla portata dei fenomeni. |
4.9. |
È urgente rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri. Al contempo, l’UE deve tener conto del fatto che la libertà dei media, che è inscindibile dalla libertà di espressione, è attualmente minacciata in diversi Stati membri. Lo stesso vale per i loro sistemi giudiziari. Questo si ripercuote negativamente sulla capacità di questi paesi di gestire una cooperazione proficua, per esempio in materia di verifica dei fatti, nel rispetto dei valori dell’Unione e più precisamente dei principi dello Stato di diritto. Le azioni volte a contrastare la disinformazione possono avere conseguenze molto rilevanti per i diritti fondamentali, che devono essere garantiti e difesi in tutti gli Stati membri. |
4.10. |
L’Unione europea deve dotarsi di maggiori competenze per poter lottare efficacemente contro la disinformazione che viene sistematicamente diffusa da poteri ostili, spesso manovrati dai governi di alcuni paesi terzi, tra cui si segnala in particolare la Russia, ma anche la Cina. Per rispondere a questa minaccia, non basterà lavorare a codici di buone pratiche. Le autorità nazionali hanno bisogno di un maggiore sostegno da parte dei servizi di intelligence e sarebbe opportuno che i governi condividessero le loro conoscenze tenendo conto dei già menzionati problemi di alcuni Stati membri. |
4.11. |
Tali azioni dovrebbero inoltre garantire l’accessibilità e la comprensione da parte delle persone con disabilità, in particolare di carattere sensoriale, psicosociale e intellettuale, che sono particolarmente vulnerabili alle informazioni false. |
4.12. |
La società civile sembra coinvolta in misura troppo limitata. I principali interlocutori individuati dalla Commissione come capaci di agire si limitano alle piattaforme, ai media, ai ricercatori e ai verificatori dei fatti. Un ruolo di maggior peso nella lotta alla disinformazione deve essere riconosciuto alle imprese, soprattutto perché possono perdere molto denaro o la loro reputazione a causa delle pratiche di disinformazione, ai sindacati e alle associazioni. Le organizzazioni della società civile godono di una forte legittimità, che può essere mobilitata per combattere la disinformazione. |
4.13. |
Il CESE osserva che la lotta alla disinformazione è condotta per lo più su contenuti in lingua inglese. Ciò è dovuto in particolare al fatto che la maggior parte delle piattaforme sono di origine anglosassone. Poiché taluni Stati membri (Cechia, Polonia, Stati Baltici) sembrano molto colpiti dal problema della disinformazione, sarebbe opportuno rafforzare l’azione sui contenuti in lingue diverse dall’inglese. |
4.14. |
Nel complesso, il CESE raccomanda un’azione più preventiva e anticipatrice. In ragione del fatto che nuove reti emergono costantemente (Clubhouse), che la disinformazione utilizza mezzi sempre più sofisticati (deepfake), che alcune applicazioni si collocano al confine tra una piattaforma e un servizio di messaggistica privata (Telegram), è necessario agire non appena si ravvisa un nuovo tipo di rischio. |
4.15. |
Come deplorato dalla Corte dei conti europea nella sua relazione del 3 giugno 2021, l’UE manca ancora di un piano di alfabetizzazione mediatica che permetta alla società civile di decifrare meglio le informazioni che circolano, siano esse diffuse dai media tradizionali od online. Questo piano di alfabetizzazione, di competenza degli Stati membri, deve essere attuato fin dalla più tenera età affinché i più giovani possano essere in grado molto presto di distinguere tra vero e falso nelle informazioni che ricevono. |
4.16. |
Il CESE osserva che troppo spesso molti media, in particolare quelli audiovisivi, accettano nelle loro trasmissioni personaggi che sostengono di possedere determinate competenze scientifiche per dare maggiore credibilità alle proprie asserzioni. Pertanto, è particolarmente raccomandata una verifica più accurata delle competenze accademiche delle persone invitate a parlare in qualità di esperti nei media. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Comunicazione congiunta «Contrastare la disinformazione sulla Covid-19 — Guardare ai fatti» (JOIN(2020) 8 final).
(2) Comunicazione «Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo» (COM(2018) 236 final).
(3) Piano d’azione contro la disinformazione (JOIN(2018) 36 final).
(4) Sebbene le condizioni generali delle piattaforme online possano contemplare anche contenuti dannosi ma non illegali, qualora la disinformazione costituisca un contenuto illegale (ad esempio, l’incitamento all’odio o contenuti terroristici), si applicano i rimedi giuridici pertinenti.
(5) https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/code-practice-disinformation.
(6) SWD(2020) 180 final.
(7) COM(2020) 825 final.
(8) Corte dei conti europea, relazione speciale n. 9/2021 «La disinformazione nell’UE: combattuta ma non vinta» (GU C 215 del 7.6.2021, pag. 6).
(9) COM(2020) 825 final, Commissione europea, Proposta di regolamento relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali), 15 dicembre 2020.
(10) Claudia Cohen, Des marques financent, malgré elles, la désinformation (Senza volerlo, alcuni marchi finanziano la disinformazione), Le Figaro, 5 agosto 2021.
(11) Institute for public relations, Combating foreign disinformation on social media (Lotta alla disinformazione estera sui social media), Rand corporation, 28 luglio 2021.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/77 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Relazione sulla politica di concorrenza 2020»
[COM(2021) 373 final]
(2022/C 152/12)
Relatore: |
Giuseppe GUERINI |
Consultazione |
Commissione europea, 28.10.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
18.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
225/0/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE sottolinea l’importanza di adattare e ridefinire la politica di concorrenza dell’UE in linea con i rapidi cambiamenti sociali ed economici cui stiamo assistendo. È indispensabile adeguare costantemente il quadro normativo e le priorità di applicazione per mantenerli aggiornati. |
1.2. |
Il CESE apprezza il fatto che, grazie alla flessibilità concessa dalla Commissione nel settore degli aiuti di Stato, l’economia europea ha potuto far fronte alla crisi della COVID-19 facendo affidamento su un significativo sostegno pubblico a livello statale. |
1.3. |
Il CESE ritiene che la Commissione sia riuscita a trovare un compromesso virtuoso fra l’urgenza mai prima riscontrata di rendere flessibili le regole sugli aiuti di Stato e l’esigenza di garantire al tempo stesso un sostrato regolatorio minimo e un controllo generale da parte della Commissione, per limitare eccessive disuguaglianze sul mercato interno dovute alle differenti capacità, da parte degli Stati membri, di intervenire finanziariamente a supporto delle proprie economie nazionali. |
1.4. |
Con riferimento al rapporto fra le regole antitrust di cui all’articolo 101 del TFUE e la crisi pandemica, il CESE apprezza che la Commissione abbia rapidamente adottato una comunicazione finalizzata a favorire i progetti di cooperazione fra imprese volti a ridurre la carenza di approvvigionamento di prodotti e servizi essenziali durante la pandemia. Si è trattato di un esempio di adattamento rapido e utile degli orientamenti della Commissione sugli accordi di cooperazione orizzontale allo specifico contesto sociale, economico e sanitario emerso nel 2020. |
1.5. |
Il CESE si compiace inoltre del fatto che la Rete europea della concorrenza (REC), attraverso la quale si coordinano le azioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza e la DG COMP, abbia saputo esprimere una posizione comune sull’applicazione delle regole di concorrenza durante la crisi sanitaria di COVID-19, al fine di evitare possibili comportamenti opportunistici e di sfruttamento particolarmente dannosi in tempo di crisi. |
1.6. |
Il CESE considera le proposte legislative della Commissione in materia di concorrenza nei mercati digitali molto utili ai fini dell’introduzione di regole armonizzate in grado di creare fiducia nei cittadini, nei consumatori e nelle PMI (in particolare nelle micro-imprese), rispetto a un’adeguata tutela della struttura competitiva dei mercati, da un lato, e della protezione dei dati personali, dall’altro. Tali dati e la loro utilizzazione devono infatti intendersi sia in termini di tutela degli individui e delle loro libertà, sia come fattori competitivi di cruciale importanza strategica. |
1.7. |
Il CESE apprezza la volontà della Commissione di chiarire l’applicabilità o meno delle regole di concorrenza alla contrattazione collettiva condotta da prestatori di servizio coinvolti nell’economia digitale e delle piattaforme, che non sempre rientrano nelle categorie di impiego tradizionalmente elaborate dal diritto del lavoro. Tale chiarimento è necessario per evitare ai prestatori di servizio possibili conseguenze negative derivanti dall’applicazione del diritto della concorrenza. |
1.8. |
Con riferimento alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso Tercas, il CESE sottolinea che i regimi di garanzia degli istituti bancari finanziati con risorse private non soggette all’influenza dominante dello Stato devono ritenersi sottratti alle regole europee in materia di aiuti di Stato, in quanto non costituiscono un intervento dello Stato nell’economia, quanto piuttosto l’estrinsecazione di uno schema privato di solidarietà reciproca tra istituti di credito che interessa fondi privati e non risorse statali. |
1.9. |
Il CESE auspica che la Commissione coordini la propria politica di concorrenza con altre politiche strategiche per le imprese europee, come le politiche commerciali internazionali. Si tratterebbe di uno sviluppo positivo, dal momento che le imprese di paesi terzi godono spesso, rispetto alle imprese europee, di vantaggi competitivi derivanti da sovvenzioni statali sleali e dall’adozione di modelli di produzione incompatibili con i valori e i principi sanciti dai Trattati e dalla legislazione dell’UE. |
2. Introduzione
2.1. |
La cinquantesima relazione annuale della Commissione europea sulla politica della concorrenza, relativa all’anno 2020, si concentra fortemente sulle iniziative adottate per arginare l’impatto sociale ed economico della pandemia globale di COVID-19. |
2.2. |
Si tratta della prima relazione sulla politica della concorrenza successiva al rinnovo del Parlamento europeo e al completamento della Brexit, oltre che della prima relazione pubblicata dalla Commissione guidata dalla presidente von der Leyen. |
2.3. |
L’applicazione delle norme dell’UE in materia di concorrenza ha contributo in modo decisivo, nel corso degli anni, al perseguimento di un’economia sociale di mercato come prevista dai Trattati istitutivi dell’UE e quindi capace di coniugare i valori europei di crescita e competitività con quelli altrettanto importanti di equità e solidarietà nell’ambito di un mercato unico che sia, allo stesso tempo, competitivo e inclusivo. |
2.4. |
I cambiamenti rapidi e inaspettati degli ultimi anni sotto il profilo sanitario, sociale, tecnologico ed economico sottolineano l’importanza di avere una politica di concorrenza capace di aggiornarsi ed evolvere costantemente in base ai cambiamenti in corso, adeguando il quadro normativo e le priorità di enforcement affinché siano sempre attuali. |
2.5. |
Il 2020 ha testimoniato una delle peggiori crisi globali della storia e oggi possiamo osservare che, anche grazie all’intervento dell’UE e alla sua capacità di reazione, le imprese e i cittadini europei hanno potuto affrontare una crisi senza precedenti contando su significativi supporti pubblici a livello statale in forza della flessibilità concessa dalla Commissione in materia di aiuti di Stato. La politica di concorrenza ha quindi dimostrato una notevole capacità di adattamento rispetto a contingenze di contesto inaspettate ed estreme. |
2.6. |
L’UE ha inoltre saputo mettere in campo un adeguato piano di risorse per stimolare le economie nazionali nella direzione di una ripresa solida e funzionale al ripristino della fiducia sui mercati, coniugando l’iniezione di risorse in favore degli Stati con un monitoraggio attento e volto a evitare eccessive distorsioni di mercato ed effetti deleteri sullo scenario economico. |
2.7. |
Nell’ottica di avere anche in futuro una politica di concorrenza efficace e attenta all’evolvere dello scenario socio-economico, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore il rafforzamento del private antitrust enforcement evidenziato dalla relazione della Commissione e conseguente all’approvazione della direttiva in materia del 2014. |
2.8. |
Il CESE supporta inoltre la valutazione in corso, da parte della Commissione, circa il possibile adattamento delle regole sugli aiuti di Stato applicabili al settore dei servizi di interesse economico generale (SIEG), con particolare riguardo ai servizi sanitari e sociali di vitale importanza per la coesione sociale a livello territoriale. |
2.9. |
Il CESE auspica che la Commissione coordini la propria politica di concorrenza e l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato con altre politiche che hanno un impatto sulle imprese europee, come le politiche commerciali internazionali. Ciò potrebbe essere particolarmente utile se si considera che le imprese dei paesi terzi traggono spesso vantaggi competitivi rispetto alle imprese europee da sovvenzioni statali sleali e da modelli di produzione incompatibili con i valori europei e i principi di sostenibilità espressi nei Trattati. |
3. Politica di concorrenza e crisi pandemica
3.1. |
Il CESE valuta positivamente la flessibilità garantita dalla Commissione europea rispetto alle regole sugli aiuti di Stato dopo l’emergenza COVID-19 con l’approvazione di un apposito quadro temporaneo (marzo 2020), puntualmente aggiornato per cinque volte sino al gennaio 2021 in base all’evolvere della crisi pandemica. |
3.2. |
Il CESE apprezza come la Commissione abbia innanzitutto chiarito quali misure potevano essere adottate senza una notifica preventiva sulla base delle regole vigenti, implementando al contempo un quadro regolatorio temporaneo e flessibile, che ha permesso la concessione di aiuti statali senza precedenti nell’ambito di una cornice procedurale semplificata. |
3.3. |
In forza di tale cornice legale, la direzione generale della Concorrenza (DG COMP) della Commissione ha autorizzato un rimarchevole numero di regimi nazionali di aiuto in tempi brevissimi come richiesto dall’emergenza pandemica, dimostrando una straordinaria capacità operativa. |
3.4. |
Il CESE ritiene che la Commissione sia riuscita a trovare un compromesso virtuoso fra l’urgenza mai prima riscontrata di rendere flessibili le regole sugli aiuti di Stato e la contemporanea esigenza di garantire un sostrato regolatorio minimo e un controllo generale da parte della Commissione, entrambi volti a limitare eccessive disuguaglianze sul mercato interno dovute alle differenti capacità, da parte degli Stati membri, di intervenire finanziariamente a supporto delle proprie economie nazionali. |
3.5. |
La pluralità di misure di aiuto alle imprese disciplinate all’interno del quadro temporaneo — comprensive, tra le altre, di aiuti diretti, garanzie pubbliche sul credito bancario, prestiti agevolati e partecipazioni al capitale delle aziende — e la considerevole capienza dei massimali di aiuto ammessi, soprattutto all’esito dell’ultimo correttivo apportato dalla Commissione nel gennaio 2021, si sono dimostrati adeguati per affrontare la crisi e hanno evidenziato una significativa evoluzione qualitativa rispetto al precedente quadro temporaneo adottato a seguito della crisi finanziaria del 2008. |
3.6. |
Con riferimento al rapporto fra intervento pubblico nell’economia e regole sugli aiuti di Stato, il CESE sottolinea l’importanza che le norme di concorrenza potranno assumere anche con riferimento a una corretta e non distorsiva attuazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza che gli Stati membri saranno chiamati ad attuare utilizzando le risorse europee messe a loro disposizione. |
3.7. |
Con riferimento al rapporto fra le regole antitrust di cui all’articolo 101 del TFUE e la crisi pandemica, il CESE apprezza che la Commissione abbia rapidamente adottato una comunicazione finalizzata a favorire i progetti di cooperazione fra imprese volti a ridurre la carenza di approvvigionamento di prodotti e servizi essenziali durante la pandemia, adattando i propri tradizionali orientamenti sugli accordi di cooperazione orizzontale al peculiare contesto sociale, economico e sanitario creatosi nel corso del 2020. |
3.8. |
Allo stesso tempo, si ritengono particolarmente utili i regolamenti di esecuzione approvati dalla Commissione nell’aprile 2020 e volti a rendere temporaneamente più flessibile l’applicazione delle norme in materia di concorrenza nei settori agricoli più colpiti dalla pandemia di COVID-19. Tali regolamenti hanno permesso agli agricoltori e alle organizzazioni interprofessionali di adottare misure collettive temporanee per stabilizzare taluni settori agricoli. |
3.9. |
La relazione sulla politica di concorrenza 2020 descrive inoltre l’attività svolta nell’ambito del controllo delle concentrazioni, con 361 operazioni notificate e 352 decisioni adottate, da cui sono scaturiti interventi di approfondimento in 18 casi. Ciò implica che il 76 % di tutte le operazioni notificate nel 2020 è stato autorizzato tramite procedura semplificata in «fase 1», evidenziando un efficiente funzionamento delle regole procedurali, particolarmente utile a fronte della ripresa delle attività di M&A a livello globale favorita dalla considerevole liquidità attualmente in circolo. |
3.10. |
Infine, il CESE ritiene molto significativo che la Rete europea della concorrenza (REC), attraverso la quale si coordinano le azioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza e la DG COMP, abbia saputo esprimere una forte posizione comune sull’applicazione delle regole di concorrenza durante la crisi sanitaria di COVID-19, al fine di evitare possibili comportamenti opportunistici e di sfruttamento particolarmente riprovevoli e dannosi in tempo di crisi. |
4. Transizione digitale e concorrenza
4.1. |
La transizione digitale e lo sviluppo dell’economia delle nuove tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni stanno ponendo questioni inedite e rilevanti rispetto alla concorrenza. Per questa ragione, il CESE ritiene importante che le istituzioni europee intervengano con una adeguata regolamentazione in questo contesto. |
4.2. |
Il CESE si è già pronunciato sulle tre principali proposte legislative adottate dalla Commissione con cui si propongono misure di regolamentazione nel contesto dell’economia digitale: sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale (legge sui mercati digitali) (1); sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali) (2); e sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla governance europea dei dati (Atto sulla governance dei dati) (3). |
4.3. |
Il tema comune dei tre pareri resi dal CESE su questi argomenti riguarda la necessità che l’Unione europea si doti di regole armonizzate e in grado di creare fiducia nei cittadini, nei consumatori e nelle PMI (in particolare nelle micro-imprese), rispetto a un’adeguata tutela della struttura competitiva dei mercati, da un lato, e della protezione dei dati personali, dall’altro. Tali dati e la loro utilizzazione devono infatti intendersi in una duplice accezione, ovvero sia come riconducibili alla tutela degli individui e delle loro libertà, sia come fattori competitivi di cruciale importanza strategica. |
4.4. |
In quest’ottica, mercati adeguatamente concorrenziali ed effettivamente contendibili sono cruciali per evitare abusi del potere di mercato da parte di piattaforme digitali che agiscono in funzione di «gatekeepers» al fine di garantire lo sviluppo di nuove e future imprese digitali, con beneficio per l’innovazione, la crescita e, in ultima analisi, per il consumer welfare. |
4.5. |
Il CESE ritiene che le proposte legislative promosse dalla Commissione nel corso del 2020 costituiscano un’adeguata base di partenza su cui costruire un quadro legislativo che si dovrà perfezionare nel corso degli anni tramite un costante lavoro di aggiornamento della regolazione di settore e delle regole di concorrenza rispetto alla struttura dei mercati che si sta via via delineando con lo sviluppo dell’economia digitale. |
4.6. |
A questo proposito, è indispensabile che si assicurino condizioni di parità in termini di accesso e capacità di competere per i diversi operatori attivi sui mercati digitali sia per consentire un migliore funzionamento del mercato unico, sia per evitare distorsioni della concorrenza a tutela dei consumatori e delle imprese europee, tenendo in adeguata e maggiore considerazione anche le implicazioni sociali del quadro regolatorio applicabile all’economia digitale. |
4.7. |
In quest’ottica, il CESE apprezza particolarmente il passaggio della relazione della Commissione per cui «l’economia sociale di mercato, uno dei fondamenti su cui si basa l’Unione europea, è sostenuta dalla politica di concorrenza dell’UE. I cittadini e le imprese prosperano quando l’economia è al loro servizio». Auspica una concretizzazione di tale principio anche sotto il profilo analitico e valutativo nell’implementazione della politica di concorrenza. |
5. Concorrenza e contrattazione collettiva
5.1. |
Lo sviluppo dell’economia e delle piattaforme digitali implica significative conseguenze, oltre che sulla struttura dei mercati, anche sui contesti e sulle modalità di lavoro, creando nuove opportunità di impiego e sviluppo. Allo stesso tempo, come è noto, si riscontrano però anche possibili problematiche connesse alle condizioni di lavoro dei prestatori di servizio che potrebbero beneficiare della capacità di organizzarsi e agire in forma collettiva. |
5.2. |
Il CESE apprezza pertanto la volontà della Commissione europea di chiarire in modo efficace l’applicabilità o meno delle regole di concorrenza alla contrattazione collettiva condotta da prestatori di servizio coinvolti nell’economia digitale e delle piattaforme, che non sempre rientrano nelle categorie di impiego tradizionalmente elaborate dal diritto del lavoro. |
5.3. |
Se la non applicabilità delle regole di concorrenza alla contrattazione collettiva tra lavoratori subordinati e aziende è stata infatti chiarita da tempo dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, sussistono ancora diverse incertezze rispetto al «se» ed «entro quali limiti» le regole di concorrenza si applicano alla contrattazione collettiva riguardante i prestatori di servizio autonomi. |
5.4. |
È pertanto utile ottenere una maggiore certezza giuridica e prevedibilità in materia, al fine di rimuovere incertezze regolatorie potenzialmente foriere di inefficienze e costi di compliance, considerando allo stesso tempo l’interesse dei prestatori di servizio ad organizzarsi in forma effettiva per ottenere migliori condizioni e un contesto di maggiore tutela entro cui condurre le proprie attività. |
6. Concorrenza e obiettivi climatici e ambientali
6.1. |
L’ambizioso programma dell’Unione europea per il contrasto ai cambiamenti climatici e il programma strategico promosso con il Green Deal europeo difficilmente si potranno perseguire senza un opportuno adeguamento delle politiche della concorrenza e, in particolare, delle regole che riguardano gli aiuti di Stato, i programmi di incentivazione e i finanziamenti dedicati all’innovazione verde. |
6.2. |
La politica di concorrenza può quindi dare un proprio contributo attivo al raggiungimento degli obiettivi climatici e ambientali dell’UE. Nella relazione della Commissione sono descritti alcuni interventi, in particolare relativi al controllo degli aiuti di Stato, attraverso i quali la Commissione ha valutato e autorizzato misure statali per la promozione dell’economia circolare, delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, rispetto ai quali il CESE esprime la propria soddisfazione e il proprio supporto. |
6.3. |
Il CESE condivide quindi questo approccio, ma raccomanda allo stesso tempo che, nella valutazione delle diverse misure, si tenga conto anche del loro impatto sociale. In molti casi, gli investimenti in economia circolare ed energie rinnovabili sono infatti occasioni per creare nuova occupazione anche attraverso strumenti inclusivi delle categorie più deboli e vulnerabili. |
6.4. |
Con riferimento al tema delle energie rinnovabili, si richiama qui con favore il ruolo giocato dalle comunità energetiche e dalle comunità di energia rinnovabile promosse dalle direttive europee di settore che, attraverso la creazione di reti orizzontali, spesso in forma cooperativa, promuovono la partecipazione diretta dei cittadini nella produzione e nella condivisione di energia prodotta anche da fonti rinnovabili. |
6.5. |
Il CESE ritiene il coinvolgimento di tali soggetti come utile ad allargare lo scenario dei players che hanno accesso ai mercati energetici, con una duplice funzione di garanzia del pluralismo d’impresa, oltre che di una maggiore competizione sul mercato energetico e delle energie rinnovabili. |
7. Concorrenza e settore bancario
7.1. |
La relazione sulla concorrenza 2020 annota che non sono stati aperti nuovi casi in materia di aiuti di Stato nei confronti di banche e istituti finanziari. La Commissione precisa inoltre di aver prorogato alcuni regimi nazionali di supporto già esistenti, sulla base dei quali gli Stati membri possono intervenire, se necessario, per favorire la gestione ordinata di situazioni di difficoltà o crisi di piccoli istituti di credito. |
7.2. |
Il CESE richiama l’importanza delle banche locali e territoriali come soggetti portatori di un’adeguata biodiversità d’impresa in ambito bancario e come players di mercato vicini alle famiglie e alle imprese nei territori periferici, apprezzando la proroga dei regimi predisposta dalla Commissione nel caso in cui si renda necessario gestire l’uscita ordinata dal mercato di soggetti bancari di ogni dimensione a tutela dei risparmiatori e della fiducia nel quadro economico e finanziario. |
7.3. |
Con riferimento alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE nel caso Tercas, confermativa della sentenza di primo grado con analoghe conclusioni, il CESE richiama che i sistemi di garanzia degli istituti bancari finanziati con risorse private non soggette all’influenza dominante dello Stato devono ritenersi sottratti alle regole europee in materia di aiuti di Stato. |
7.4. |
Tali sistemi di garanzia non costituiscono, infatti, un intervento dello Stato in economia, quanto piuttosto l’estrinsecazione di uno schema privato di solidarietà reciproca tra istituti di credito e auto-organizzazione tramite risorse proprie finalizzato a tutelare la fiducia dei correntisti e risparmiatori nel sistema bancario anche in ipotesi di specifiche crisi. |
8. Concorrenza e regimi fiscali
8.1. |
L’esito delle diverse controversie giudiziali che hanno visto la Commissione europea dinnanzi alla Corte di giustizia dell’UE con riferimento ad agevolazioni fiscali selettive e tax ruling nazionali originariamente considerati come non conformi all’articolo 107 del TFUE sottolinea la condivisibile volontà della Commissione di garantire una disciplina fiscale effettivamente armonizzata in Europa attraverso tutti gli strumenti a disposizione, ivi comprese le decisioni attuative della disciplina sugli aiuti di Stato. |
8.2. |
Gli esiti alterni di tali decisioni davanti alle giurisdizioni europee sottolineano tuttavia la necessità di ottenere una maggiore effettività e armonizzazione delle regole fiscali in Europa attraverso l’attuazione dell’apposito piano d’azione approvato a tale riguardo dalla Commissione ad inizio 2021 e quindi per mezzo di adeguate iniziative legislative in campo fiscale approvate a tutela del mercato interno e del suo consolidamento. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU C 286 del 16.7.2021, pag. 64.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/82 |
Parere del Comitato economico sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/53/UE concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio
[COM(2021) 547 final — 2021/0291 (COD)]
(2022/C 152/13)
Relatore: |
Christophe LEFÈVRE |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 30.09.2021 Parlamento europeo, 4.10.2021 |
Base giuridica |
Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sezione |
18.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
231/0/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha preso atto della proposta della Commissione di agire in tempi rapidi per imporre la norma USB-C, uno standard coerente e uniforme di prese per caricabatteria per telefoni cellulari e dispositivi analoghi. |
1.2. |
Le ultime iniziative volontarie, messe in atto dal 2009, e ancora più recentemente dal 2014, non soddisfano pienamente gli obiettivi dell’Unione europea di ridurre i rifiuti elettronici, facilitare l’utilizzo ai consumatori ed evitare la frammentazione del mercato dei dispositivi di ricarica. Si stima che nel 2018 i caricabatteria dismessi siano stati all’origine di 11 000 tonnellate di rifiuti elettronici. |
1.3. |
Il Parlamento europeo, in particolare, ha adottato una risoluzione nel gennaio 2020 (1), volta a elaborare una legislazione più vincolante, sulla quale il CESE è pienamente d’accordo. |
1.4. |
Il CESE appoggia senza riserve la proposta di direttiva della Commissione europea, richiesta dal Parlamento europeo. |
1.5. |
Il CESE desidera andare oltre la proposta della Commissione europea, raccomandando di estendere tale obbligo ai caricabatteria per telefoni cellulari e dispositivi analoghi, a tutti gli apparecchi radio, elettronici, connessi e ricaricabili, come anche ai caricabatteria per computer portatili: la questione è anche quella di poter ricaricare un dispositivo mobile con un caricabatteria per computer di tipo USB-C da 65 W invece di 2,1 W e di evitare alle persone che viaggiano di dover portare con sé diversi caricabatteria. |
1.6. |
Il CESE ha costatato che sempre più spesso vengono messe a disposizione degli utenti prese USB a bassa potenza (2,1 W), con o senza cavi, destinate al caricamento di dispositivi mobili in autobus, aeromobili, centri commerciali, sale conferenze e altri luoghi di passaggio. Talvolta, tali prese non dispongono di una potenza sufficiente per caricare determinati dispositivi che sono tuttavia interessati dalla direttiva. |
1.7. |
Al fine di favorire la ricarica rapida e incoraggiare il prestito di cavi USB-C tra gli utenti per un breve viaggio o per un breve periodo di tempo, il CESE propone di raccomandare che in futuro questi luoghi siano dotati di caricabatteria ultraveloci. Tale raccomandazione va incontro a una delle esigenze rilevate in una delle indagini condotte dalla Commissione europea. |
1.8. |
Il CESE osserva che le batterie possono avere una durata di vita limitata rispetto al resto dell’apparecchio, e raccomanda che le batterie da utilizzare nei computer, nei tablet o nei telefoni cellulari presentino standard convergenti, in modo da poter essere sostituite in caso di degrado prematuro, piuttosto che indurre all’acquisto dell’intero dispositivo. |
1.9. |
Il CESE sottolinea la responsabilità dei produttori di dispositivi elettronici in rapporto allo sviluppo sostenibile, e chiede loro di garantire che il costo di sostituzione della batteria sia basso e che la fattibilità tecnica dissuada dal sostituire l’intero dispositivo elettronico quando è solo la batteria a dover essere sostituita. |
1.10. |
Il CESE invita la Commissione a raccomandare ai produttori di non cercare di aggirare la legislazione modificando la tensione o l’amperaggio per costringere a utilizzare il caricabatteria del proprio marchio, vanificando quindi gli obiettivi della direttiva. |
1.11. |
Il CESE raccomanda alla Commissione e al Parlamento europeo di garantire un’ampia campagna di informazione pubblica non appena il processo legislativo sarà completato, al fine di informare i consumatori e incoraggiarli ad acquistare in futuro solo dispositivi dotati di interfaccia USB-C. |
2. Contesto del parere
2.1. |
Dal 2009 la Commissione sta cercando di limitare la frammentazione del mercato delle interfacce di ricarica per telefoni cellulari e dispositivi analoghi. Tali iniziative hanno tuttavia portato solo a sistemi volontari (2) che non sono giuridicamente vincolanti e quindi non garantiscono un’applicazione coerente e uniforme. |
2.2. |
Le recenti iniziative volontarie non soddisfano pienamente gli obiettivi strategici dell’Unione di ridurre i rifiuti elettronici, garantire la praticità ai consumatori ed evitare la frammentazione del mercato dei dispositivi di ricarica. |
2.3. |
L’assenza di armonizzazione in questo settore può portare a sostanziali differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o le prassi in vigore negli Stati membri sull’interoperabilità dei telefoni cellulari e di categorie o classi analoghe di apparecchiature radio con i relativi dispositivi di ricarica e sulla fornitura di apparecchiature radio senza dispositivi di ricarica. |
2.4. |
Di conseguenza è necessaria un’azione dell’Unione per promuovere un livello comune di interoperabilità e la fornitura agli utenti finali di informazioni relative alle caratteristiche di ricarica delle apparecchiature radio. |
2.5. |
Nel gennaio 2020 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (3) in cui chiede l’adozione urgente di una norma relativa a un caricabatteria standardizzato per i telefoni cellulari al fine di evitare un’ulteriore frammentazione del mercato interno. |
2.6. |
Si stima che nel 2018 i caricabatteria dei telefoni cellulari siano stati all’origine di circa 11 000 tonnellate di rifiuti elettronici e che le emissioni associate rilasciate durante il ciclo di vita del prodotto siano state pari a circa 600 ktCO2e. |
2.7. |
L’Unione è impegnata a promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare mediante iniziative quali la direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, più di recente, attraverso l’introduzione del Green Deal europeo. La proposta di direttiva in esame ha l’obiettivo di ridurre i rifiuti elettronici generati dalla vendita di apparecchiature radio e di ridurre l’estrazione di materie prime e le emissioni di CO2 generate dalla produzione, dal trasporto e dallo smaltimento dei caricabatteria, promuovendo in tal modo un’economia circolare. |
2.8. |
La proposta è volta a introdurre nella direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) requisiti per quanto riguarda i protocolli di comunicazione per la ricarica e l’interfaccia di ricarica (ossia la presa di ricarica) di determinate categorie o classi di apparecchiature radio, nonché le informazioni da fornire agli utenti finali in merito alle caratteristiche di ricarica di tali categorie o classi di apparecchiature radio. |
2.9. |
La proposta prevede che i telefoni cellulari e i dispositivi radio analoghi (tablet, fotocamere digitali, cuffie e cuffie-microfono, console portatili per videogiochi e altoparlanti portatili), qualora possano essere ricaricati con cavo, siano dotati di una presa USB di tipo C e, qualora richiedano anche una carica con tensione superiore a 5 volt o corrente superiore a 3 ampère o potenza superiore a 15 watt, integrino il protocollo di comunicazione per la ricarica USB Power Delivery. |
2.10. |
La Commissione potrebbe adottare atti delegati per tener conto in futuro di tipi supplementari di tecnologie di ricarica diverse dalla ricarica con cavo. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE osserva che la Commissione si adopera ormai da 12 anni per far convergere le norme in materia di caricabatteria per telefoni, e soddisfare così le esigenze di sostenibilità e di riduzione dei rifiuti difficili da riciclare. |
3.2. |
Il CESE rileva che il fatto che non esista un caricabatteria universale significa che il consumatore debba acquistare sistematicamente un caricabatteria e un cavo di alimentazione/cavo dati per ogni dispositivo, invece di poter acquistare il solo dispositivo. |
3.3. |
Il CESE appoggia senza riserve la proposta di direttiva della Commissione europea, richiesta dal Parlamento europeo. |
3.4. |
È ovvio che la vendita di caricabatteria specifici rappresenta una parte considerevole dei ricavi dei produttori, in particolare dei costruttori di telefoni cellulari: occorre garantire che questi stessi produttori non modifichino periodicamente gli standard elettronici (livello di tensione, potenza richiesta ecc.) per favorire la vendita sistematica di modelli di caricabatteria del proprio marchio, o anche del cavo di trasferimento dati, che può invece essere universale. Tutto questo per impedire il riutilizzo di un caricabatteria già acquistato. Questa pratica comprometterebbe l’effettiva applicazione della legislazione volta a ridurre la quantità di rifiuti elettronici. |
3.5. |
Il CESE raccomanda alla Commissione e al Parlamento europeo di garantire un’ampia campagna di informazione pubblica non appena il processo legislativo sarà completato, al fine di informare i consumatori e incoraggiarli ad acquistare in futuro solo dispositivi dotati di interfaccia USB-C. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE raccomanda che l’industria possa facilitare il caricamento ultrarapido dei telefoni cellulari mediante caricabatteria potenti, come un semplice caricabatteria per computer portatile con ingresso di tipo USB-C da 65 W, invece di 2,1 W. |
4.2. |
Il CESE costata che sempre più spesso vengono messe a disposizione degli utenti prese USB, con o senza cavi, destinate al caricamento di dispositivi mobili in autobus, aeromobili, centri commerciali, sale conferenze e altri luoghi di passaggio. In genere, si tratta di prese a bassa potenza (2,1 W), di per sé insufficiente per caricare alcuni dei dispositivi contemplati dalla direttiva. Al fine di favorire la ricarica rapida e incoraggiare il prestito di cavi USB-C tra gli utenti per un breve viaggio o per un breve periodo di tempo, il CESE propone di raccomandare che in futuro questi luoghi siano dotati di caricabatteria ultraveloci. Tale raccomandazione va incontro a una delle esigenze rilevate in una delle indagini condotte dalla Commissione europea. |
4.3. |
Il CESE raccomanda pertanto che questo criterio per giungere a un caricatore universale con connessione di tipo USB-C per i telefoni cellulari si applichi anche ai computer portatili, sebbene il livello di carica e di potenza debba essere adattato elettronicamente. A meno che non vi sia un vincolo tecnologico che deve essere giustificato, l’obbligo previsto dalla direttiva dovrebbe essere esteso anche ai computer portatili sia per ragioni economiche/ecologiche che per evitare alle persone che viaggiano di dover portare con sé diversi caricabatteria. |
4.4. |
Il CESE osserva che le batterie possono avere una durata di vita limitata rispetto al resto dell’apparecchio, e raccomanda che le batterie da utilizzare nei computer, nei tablet o nei telefoni cellulari presentino standard convergenti, in modo da poter essere sostituite con facilità ed economicità in caso di degrado prematuro, piuttosto che portare all’acquisto dell’intero dispositivo. Il CESE sottolinea la responsabilità dei produttori di dispositivi elettronici in materia di ecologia e sviluppo sostenibile. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Risoluzione del Parlamento europeo del 30 gennaio 2020 [2019/2983(RSP)] (GU C 331 del 17.8.2021, pag. 2).
(2) https://ec.europa.eu/docsroom/documents/2417/attachments/1/translations
(3) Risoluzione del Parlamento europeo del 30 gennaio 2020 [2019/2983(RSP)] (GU C 331 del 17.8.2021, pag. 2).
(4) Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 38).
(5) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/85 |
Parere del Comitato economico sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2017/746 per quanto riguarda le disposizioni transitorie per determinati dispositivi medico-diagnostici in vitro e l’applicazione differita delle prescrizioni per i dispositivi fabbricati internamente
[COM(2021) 627 final — 2021/0323 (COD)]
(2022/C 152/14)
Relatore: |
Christophe LEFÈVRE |
Consultazione |
Parlamento europeo, 18.10.2021 Consiglio, 22.10.2021 |
Base giuridica |
Articoli 114 e 168, paragrafo 4, lettera c), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Mercato unico, produzione e consumo |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
206/0/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE), tenuto conto delle circostanze eccezionali dovute alla pandemia di SARS-CoV-2 (COVID-19) e del suo impatto sui diversi settori contemplati dal regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), sostiene la proposta della Commissione che, a suo avviso, è un provvedimento adeguato e necessario per garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica e gli interessi economici del settore in questione. |
1.2. |
Il CESE sottolinea che la salute riveste una priorità elevata per i cittadini europei e ribadisce che i dispositivi medico-diagnostici in vitro (IVD) svolgono un ruolo fondamentale in materia di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie (2). Sono indispensabili per la nostra salute e per la qualità di vita di quanti soffrono e sono alle prese con malattie e disabilità, ancor più durante una pandemia a livello mondiale. |
1.3. |
Il CESE si compiace che il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri della Salute (EPSCO) del 15 giugno 2021 abbiano espresso preoccupazione per questa situazione fortemente critica e abbiano invitato la Commissione a presentare una proposta legislativa urgente per agevolare la transizione verso il nuovo quadro normativo e garantire la disponibilità di dispositivi medico-diagnostici in vitro sul mercato dell’UE. |
1.4. |
Il CESE ritiene essenziale che i cittadini abbiano garanzie che questi test sono affidabili. L’obiettivo è ridurre considerevolmente la percentuale di risultati «falsi positivi», ma anche di «falsi negativi». Solo l’8 % di tutti i dispositivi medico-diagnostici in vitro disponibili sul mercato è controllato da organismi notificati in conformità della direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), mentre la proposta di regolamento in esame mira a portare questa percentuale all’80 % dei dispositivi medico-diagnostici in vitro. |
1.5. |
Il CESE è quindi pienamente favorevole ad aumentare rapidamente la capacità di certificazione di tali dispositivi. |
1.6. |
Il CESE raccomanda inoltre che, qualora questi test diano un «risultato positivo», il loro utilizzo sia associato a uno specifico sostegno da parte di medici o operatori sanitari, in particolare nel caso in cui tali dispositivi siano acquistabili liberamente. |
1.7. |
Il CESE osserva che posticipare di un anno la data di applicazione non permetterebbe di risolvere le difficoltà legate all’attuazione del regolamento (UE) 2017/746 e fa presente che è necessario consentire una graduale introduzione delle prescrizioni del nuovo regolamento su un periodo più lungo, dando nel contempo la priorità ai dispositivi medico-diagnostici in vitro a rischio elevato. Tale obiettivo può essere raggiunto modificando l’articolo 110 del regolamento, relativo alle disposizioni transitorie, e prevedendo per i dispositivi esistenti di classe di rischio più elevata un periodo più breve rispetto a quello dei dispositivi esistenti di classe di rischio più bassa. Allo stesso tempo, il periodo transitorio in vigore per i dispositivi oggetto di certificati di organismi notificati rilasciati a norma della direttiva 98/79/CE dovrebbe essere prorogato di un anno, ossia al 26 maggio 2025. |
1.8. |
Il CESE appoggia pertanto le proposte della Commissione volte a:
|
2. La proposta della Commissione
2.1. |
La direttiva 98/79/CE (4) relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro sarà sostituita, a decorrere dal 26 maggio 2022, dal regolamento (UE) 2017/746 (5) che stabilisce un nuovo quadro normativo per questi dispositivi (test HIV, test di gravidanza o test SARS-CoV-2) (6). |
2.2. |
Il nuovo regolamento mira a garantire il corretto funzionamento del mercato interno e un elevato livello di protezione della salute pubblica, dei pazienti e degli utilizzatori, tenendo conto del gran numero di PMI attive nel settore. |
2.3. |
Una delle principali modifiche contenute nel nuovo testo riguarda l’intervento di organismi indipendenti di valutazione della conformità. A norma del nuovo regolamento, circa l’80 % dei dispositivi medico-diagnostici in vitro sarà soggetto al controllo di organismi notificati, rispetto alla percentuale attuale che è pari all’8 %. I fabbricanti dovranno quindi rivolgersi a un organismo notificato e ottenere uno o più certificati al termine di una procedura della durata di circa un anno. |
2.4. |
L’articolo 110 del regolamento (UE) 2017/746 contiene disposizioni transitorie per i dispositivi con un certificato rilasciato da un organismo notificato conformemente alla direttiva 98/79/CE anteriormente al 26 maggio 2022. |
2.5. |
La pandemia di COVID-19 ha dimostrato la necessità di un quadro normativo per i dispositivi medico-diagnostici in vitro nell’UE, ma ha anche fatto emergere sfide aggiuntive e senza precedenti in termini di attuazione del regolamento (UE) 2017/746. |
2.6. |
Le autorità competenti degli Stati membri, le istituzioni sanitarie, gli organismi notificati, i fabbricanti e gli altri operatori economici hanno dovuto investire ingenti risorse supplementari al fine di aumentare la disponibilità di dispositivi medico-diagnostici di vitale importanza. |
2.7. |
Di conseguenza, il fatto che gli organismi notificati attualmente designati siano situati solo in tre Stati membri (Germania, Francia e Paesi Bassi) rende la situazione particolarmente problematica per le PMI stabilite in altri Stati membri. Inoltre, le restrizioni di viaggio hanno ostacolato e ostacolano tuttora il corretto svolgimento delle valutazioni di conformità da parte degli organismi notificati. |
2.8. |
La proposta in esame mira pertanto a:
|
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE ribadisce quanto già sottolineato in un precedente parere sul regolamento (UE) 2017/746 (7) in vigore, e cioè che «la salute riveste una priorità elevata per i cittadini europei» e che «i dispositivi medico-diagnostici in vitro (IVD) svolgono un ruolo fondamentale in materia di prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie». Tali dispositivi sono indispensabili per la nostra salute e per la qualità di vita di quanti soffrono e sono alle prese con malattie e disabilità, ancor più durante una pandemia. |
3.2. |
In tale contesto il CESE aveva quindi accolto con favore la rifusione del sistema normativo vigente, che rafforzava le procedure di approvazione pre-commercializzazione e in particolare la sorveglianza post-commercializzazione. Un tale approccio risponde alle esigenze dei cittadini per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza dei dispositivi per i pazienti che ne fanno uso. |
3.3. |
Il CESE precisa inoltre che, a causa della sua elevata capacità di innovazione e dei suoi posti di lavoro altamente qualificati, questo settore rappresenta una parte rilevante dell’economia europea. È quindi importante non solo garantire il massimo livello possibile di tutela della salute, ma anche tener conto degli interessi di un comparto industriale in cui l’80 % dei fabbricanti è costituito da micro, piccole e medie imprese. |
3.4. |
Il CESE è ben consapevole del fatto che la crisi dovuta alla pandemia di COVID-19 ha creato circostanze eccezionali che hanno un impatto su vari settori contemplati dal regolamento (UE) 2017/746. |
3.5. |
La crisi ha determinato una sfida notevole e senza precedenti per i sistemi di assistenza sanitaria degli Stati membri e un grave onere per tutte le parti interessate (istituzioni sanitarie, professioni sanitarie, pazienti e operatori economici). |
3.6. |
Il CESE riconosce pertanto che non tutte queste parti interessate, essenziali per il funzionamento dei sistemi sanitari, saranno in grado di garantire un’adeguata attuazione e applicazione del regolamento alle date inizialmente previste. |
3.7. |
Il CESE si compiace che il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri della Salute (EPSCO) del 15 giugno 2021 abbiano espresso preoccupazione per questa situazione fortemente critica e abbiano invitato la Commissione a presentare una proposta legislativa urgente per agevolare la transizione verso il nuovo quadro normativo e garantire la disponibilità di dispositivi medico-diagnostici in vitro sul mercato dell’UE. |
3.8. |
Il CESE ritiene essenziale che i cittadini abbiano garanzie che questi test sono affidabili. L’obiettivo è ridurre considerevolmente la percentuale di risultati «falsi positivi», ma anche di «falsi negativi». Solo l’8 % di tutti i dispositivi medico-diagnostici in vitro disponibili sul mercato è controllato da organismi notificati in conformità della direttiva 98/79/CE, mentre la proposta di regolamento in esame mira a portare questa percentuale all’80 % dei dispositivi medico-diagnostici in vitro. |
3.9. |
Il CESE è quindi pienamente favorevole ad aumentare rapidamente la capacità di certificazione di tali dispositivi. |
3.10. |
Il CESE insiste inoltre sulla necessità che, qualora questi test diano un «risultato positivo», il loro utilizzo sia associato a uno specifico sostegno da parte di medici o operatori sanitari, in particolare nel caso in cui tali dispositivi siano acquistabili liberamente. |
3.11. |
Il CESE osserva che posticipare di un anno la data di applicazione non permetterebbe di risolvere le difficoltà legate all’attuazione del regolamento (UE) 2017/746 e fa presente che è necessario consentire una graduale introduzione delle prescrizioni del nuovo regolamento su un periodo più lungo, dando nel contempo la priorità ai dispositivi medico-diagnostici in vitro a rischio elevato. Tale obiettivo può essere raggiunto modificando l’articolo 110 del regolamento, relativo alle disposizioni transitorie, e prevedendo per i dispositivi esistenti di classe di rischio più elevata un periodo più breve rispetto a quello dei dispositivi esistenti di classe di rischio più bassa. Allo stesso tempo, il periodo transitorio in vigore per i dispositivi oggetto di certificati di organismi notificati rilasciati a norma della direttiva 98/79/CE dovrebbe essere prorogato di un anno, ossia al 26 maggio 2025. |
3.12. |
Il CESE appoggia pertanto le proposte della Commissione volte a:
|
3.13. |
Il CESE ritiene tali disposizioni ragionevoli al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, un elevato livello di protezione della salute pubblica e della sicurezza dei pazienti nonché di assicurare la certezza del diritto evitando in tal modo possibili perturbazioni del mercato. |
3.14. |
Infine, il CESE ribadisce, come già sottolineato nel precedente parere sul regolamento (UE) 2017/746, che la società civile dovrebbe essere maggiormente associata al processo di definizione del quadro normativo in materia e propone ancora una volta di istituire un «comitato consultivo» composto da rappresentanti di legittime parti interessate appartenenti alla società civile organizzata a livello europeo. Tale comitato dovrebbe operare in parallelo e in collaborazione con il gruppo di coordinamento per i dispositivi medici (MDCG), consigliando la Commissione e gli Stati membri su vari aspetti inerenti alla tecnologia medica e all’attuazione della legislazione. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017, relativo ai dispositivi medico-diagnostici in vitro e che abroga la direttiva 98/79/CE e la decisione 2010/227/UE della Commissione (GU L 117 del 5.5.2017, pag. 176).
(2) Parere del CESE (GU C 133 del 9.5.2013, pag. 52).
(3) Direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 1998, relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro (GU L 331 del 7.12.1998, pag. 1).
(4) GU L 331 del 7.12.1998, pag. 1. Parere del CESE (GU C 18 del 22.1.1996, pag. 12).
(5) GU L 117 del 5.5.2017, pag. 176. Parere del CESE (GU C 133 del 9.5.2013, pag. 52).
(6) Secondo la Commissione, circa il 70 % delle decisioni cliniche sono adottate utilizzando dispositivi medico-diagnostici in vitro.
(7) Parere del CESE (GU C 133 del 9.5.2013, pag. 52).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/89 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo
[COM(2021) 420 final — 2021/0239 (COD)]
sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e determinate cripto-attività (rifusione)
[COM(2021) 422 final — 2021/0241 (COD)]
e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai meccanismi che gli Stati membri devono istituire per prevenire l’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che abroga la direttiva (UE) 2015/849
[COM(2021) 423 final — 2021/0250 (COD)]
(2022/C 152/15)
Relatore: |
Javier DOZ ORRIT |
Correlatore: |
Benjamin RIZZO |
Consultazione |
Parlamento europeo, 4.10.2021 Consiglio, 8.10.2021 |
Base giuridica |
Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
23.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
230/7/0 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Alcune relazioni della Commissione europea (2019) e della Corte dei conti europea (2021), una serie di studi accademici e la recente pubblicazione dei «Pandora Papers» insieme ad altre pubblicazioni analoghe evidenziano la gravità del fenomeno del riciclaggio di denaro nell’Unione europea (UE). L’attuale legislazione europea è ampiamente inadeguata a fronte delle carenze in materia di coordinamento e delle divergenze a livello nazionale. |
1.2. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene fermamente il pacchetto legislativo antiriciclaggio, in particolare la creazione e la progettazione di una nuova Autorità europea per la lotta al riciclaggio (AMLA) a cui verranno conferiti poteri di vigilanza diretta. Tale Autorità dovrebbe essere dotata di sufficienti risorse, in modo tale da diventare il centro di un sistema integrato europeo di sorveglianza e informazione finanziaria. |
1.3. |
Il CESE concorda con la distribuzione del contenuto tra il primo regolamento antiriciclaggio (AML) — vigilanza degli istituti privati — e la sesta direttiva AML — coordinamento delle autorità di vigilanza nazionali e delle unità di informazione finanziaria (Financial Intelligence Units — FIU) — e con le disposizioni contemplate in entrambi gli atti volte ad armonizzare la normativa nazionale e ad automatizzare la registrazione e la trasmissione di informazioni. |
1.4. |
L’efficacia della lotta contro il riciclaggio e i reati presupposti associati richiede un cambiamento culturale, nonché l’effettivo coinvolgimento della società civile organizzata. Il CESE ribadisce la propria proposta di promuovere un patto europeo per contrastare qualsiasi forma di comportamento che danneggi i princìpi etici e politici della nostra democrazia e comprometta i beni pubblici. Propone inoltre la creazione di un organo consultivo della società civile nell’ambito dell’AMLA, oppure nel quadro della Commissione europea con la partecipazione dell’AMLA. |
1.5. |
Il CESE propone che il regolamento sulle cripto-attività, che fa parte del pacchetto legislativo antiriciclaggio, sia attuato con urgenza. La proposta di regolamento della Commissione sul mercato delle cripto-attività (1) rappresenta un passo avanti verso una regolamentazione generale e dovrebbe entrare in vigore con urgenza, ma non sostituisce tutti gli strumenti necessari per difendersi dai rischi finanziari e in materia di criminalità connessi a tali prodotti finanziari. |
1.6. |
Il CESE esorta la Commissione a valutare le modalità con cui applicare il pacchetto legislativo a canali di riciclaggio del denaro al di fuori del sistema finanziario: il mercato delle opere d’arte e di beni di alto valore; aree di porto franco, depositi doganali e zone economiche speciali; determinate operazioni o transazioni commerciali, investimenti immobiliari, gioco d’azzardo ecc. Il Comitato ritiene che in tali ambiti sarà necessaria una nuova normativa europea. |
1.7. |
Il CESE propone che a Europol vengano attribuiti maggiori poteri e risorse sufficienti per contrastare il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata transnazionale, e per coordinare le forze di polizia nazionali in tali settori. Un efficace coordinamento della Procura europea, che dovrebbe essere istituita senza indugio, Europol e l’AMLA di nuova istituzione può rappresentare un fattore fondamentale per il successo effettivo del pacchetto legislativo. |
1.8. |
Il CESE invita la Commissione a sollecitare l’urgente recepimento in tutti gli Stati membri della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), che stabilisce una definizione comune del reato di riciclaggio di denaro, e l’adozione di una nuova direttiva su una definizione comune dei reati connessi, in cui le sanzioni applicabili per questi reati rientrino in determinati intervalli di valori. |
1.9. |
Il CESE esprime una profonda preoccupazione circa l’esistenza nell’UE di un elevato numero di «società di comodo», che svolgono un ruolo centrale nelle attività di riciclaggio di denaro e di elusione fiscale. Il Comitato propone che le autorità attualmente competenti e il futuro sistema integrato di vigilanza istituiscano programmi specifici volti a monitorare le suddette società, gestite da un certo numero di studi legali, società di consulenza o consulenti fiscali, al fine di individuare i proprietari effettivi e i responsabili delle relative transazioni, e di indagare sui reati che possono essere commessi da questi soggetti. |
1.10. |
Il CESE invita la Commissione a valutare la possibilità di rendere l’AMLA pienamente operativa, compresa la supervisione diretta, prima del 2026. Ad ogni modo, il CESE esorta tutte le istituzioni interessate a cooperare più strettamente nel frattempo, al fine di attuare la legislazione esistente in maniera più efficace. |
1.11. |
Il CESE reputa necessario stilare un nuovo elenco, realistico e veritiero, di paesi terzi ad alto rischio, ivi inclusi tutti quelli che agevolano il riciclaggio di denaro. Il Comitato propone inoltre l’emanazione da parte della Commissione europea di una norma in virtù della quale le società e gli individui coinvolti in reati finanziari o attività di riciclaggio di denaro vengano esclusi dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. |
1.12. |
Il CESE esorta l’UE e i governi nazionali a proteggere la vita e l’integrità di giornalisti, impiegati e dipendenti pubblici che denunciano casi di corruzione economica e politica, e ritiene inaccettabile il ritardo nel recepimento della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). |
2. Proposta della Commissione europea e contesto generale
2.1. |
Nel luglio 2019 la Commissione europea ha presentato una valutazione dell’azione relativa alla lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo (Anti-Money Laundering/Countering the Financing of Terrorism — AML/CFT). La comunicazione e le quattro valutazioni (4) hanno posto in evidenza gravi carenze nell’attuazione della legislazione esistente, nonché una serie di divergenze tra gli Stati membri in materia di AML/CFT. |
2.2. |
Al fine di affrontare tali problemi, il 7 maggio 2020 la Commissione ha pubblicato un piano d’azione in materia di AML/CFT (5) e ha avviato una consultazione pubblica in merito. Tale piano si basa su sei pilastri: effettiva attuazione del quadro esistente; un corpus normativo unico dell’UE; vigilanza a livello dell’UE; sostegno e cooperazione per le unità di informazione finanziaria (FIU); attuazione più efficace delle disposizioni di diritto penale e rafforzamento del ruolo dell’UE a livello internazionale. Nel parere sul tema Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali (6), il CESE esprime il proprio supporto a favore di tale piano e caldeggia uno sviluppo e un’attuazione urgenti del medesimo. |
2.3. |
A seguito dell’approvazione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo (PE) e alla luce della relativa consultazione pubblica, la Commissione ha integrato le proposte legislative del piano nel pacchetto legislativo del 20 luglio 2021, che comprende le seguenti proposte:
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2.4. |
La componente centrale del pacchetto legislativo è costituita dalla creazione di una nuova Autorità dell’Unione (AMLA), che viene dotata di poteri di vigilanza diretta e rafforza il coordinamento e la cooperazione con le autorità nazionali, insieme alle quali provvederà affinché le norme dell’UE siano applicate correttamente e con coerenza da parte del settore privato. Nello specifico, tale Autorità:
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2.5. |
L’AMLA sarà guidata da un presidente, un comitato esecutivo costituito da cinque membri e un consiglio generale che avrà due composizioni alternative e due tipi di competenze: composizione di supervisione e composizione FIU; esse includeranno i capi delle autorità e delle agenzie nazionali responsabili della sorveglianza e dell’informazione finanziaria, al fine di amministrare il sistema integrato di vigilanza e informazione finanziaria europeo. Un membro della Commissione europea sarà membro degli organi direttivi dell’AMLA. Il consiglio generale ammetterà in qualità di osservatori i rappresentanti dell’Autorità bancaria europea (ABE) e della Banca centrale europea (BCE), le cui competenze e strumenti — ossia la banca dati centrale AML/CFT e la rete di comunicazione per le FIU, FIU.NET — saranno trasferiti alla nuova autorità. L’AMLA diventerà operativa nel 2024; disporrà di un organico completo e inizierà l’attività di vigilanza diretta nel 2026. |
2.6. |
Il primo regolamento dell’UE in materia di AML/CFT amplierà la lista dei soggetti obbligati, che comprenderà i fornitori di servizi per le cripto-attività, le piattaforme di crowdfunding (finanziamento collettivo) e gli operatori che prestano servizi di migrazione (coloro che agevolano l’acquisizione della residenza, e in alcuni casi della nazionalità, per gli investitori). Le misure e i controlli di dovuta diligenza vengono rafforzati e resi più trasparenti. Vengono rivisti i requisiti concernenti i paesi terzi e le persone politicamente esposte. Analogamente, vengono chiariti i requisiti relativi alla titolarità effettiva e vengono introdotti nuovi requisiti al fine di attenuare il rischio che eventuali criminali si celino dietro a «strati» (soggetti) intermediari. Vengono intrapresi provvedimenti contro l’abuso di strumenti al portatore e viene fissato un tetto massimo di 10 000 EUR per l’uso dei contanti. |
2.7. |
Contrariamente al regolamento relativo al settore privato, la sesta direttiva AML/CFT è focalizzata sul sistema istituzionale e sul relativo adattamento in ciascuno Stato membro. La proposta specifica le competenze, i compiti e l’accesso alle informazioni delle FIU, definisce un quadro per le analisi congiunte e fornisce una base giuridica per il sistema FIU.NET. La facoltà di intervenire conferita alle autorità di vigilanza viene rafforzata e i meccanismi per la cooperazione tra queste ultime e altre autorità vengono migliorati. Viene garantita un’interconnessione dei registri dei conti bancari. |
2.8. |
La proposta di regolamento sui trasferimenti di fondi e determinate cripto-attività è una rifusione del regolamento (UE) 2015/847 del Parlamento europeo e del Consiglio (11) sui trasferimenti di fondi, con l’obiettivo di rendere i requisiti di tracciabilità e identificazione per i trasferimenti di cripto-attività simili a quelli vigenti per i fondi. Allo stesso tempo, i fornitori di servizi per le cripto-attività saranno soggetti ai requisiti del regolamento AML per gli altri operatori finanziari. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
La prima direttiva AML è stata emanata nel 1991. Da allora, sono state adottate quattro ulteriori direttive in materia di AML/CFT e decine di altre direttive complementari in relazione al sistema finanziario o a crimini e reati connessi. Fino ad oggi i risultati di tale sforzo, considerato una priorità dalle autorità dell’Unione, sono stati chiaramente insoddisfacenti. |
3.2. |
Vi è un ampio consenso in merito a questo punto, come è stato già illustrato nelle valutazioni del 2019 effettuate dalla Commissione e nelle osservazioni di istituzioni quali il Parlamento europeo, specificatamente nelle risoluzioni di marzo 2019 e di luglio 2020 (12), e la Corte dei conti, nella relazione di giugno 2021, intitolata Gli sforzi dell’UE per contrastare il riciclaggio di denaro nel settore bancario sono frammentari e l’attuazione è insufficiente (13), nonché nella gran parte delle analisi condotte da specialisti, esponenti del mondo accademico e gruppi di riflessione, nello specifico la relazione della task force del Centro per gli studi politici europei (CEPS) e dell’Istituto europeo di ricerca sul credito (ECRI) (14). |
3.3. |
Secondo le stime, il volume delle attività di riciclaggio di denaro si colloca tra l’l % (stando a Europol e alla Commissione europea) e l’1,3 % (secondo la Corte dei conti) del PIL dell’UE a 27, vale a dire tra 140 e 208 miliardi di EUR all’anno. Un aspetto più significativo, secondo Europol, è che solo circa l’1 % di tale volume viene recuperato. Negli ultimi anni, vi sono stati numerosi scandali legati al riciclaggio di denaro che hanno coinvolto le principali istituzioni finanziarie, ed è rilevante che molti di questi casi non sarebbero stati scoperti se la normativa europea non fosse stata applicata o le autorità di vigilanza non fossero intervenute. In altre parole, malgrado gli sforzi e la volontà della Commissione europea e del Parlamento europeo, non sono stati compiuti progressi in termini di risultati nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. |
3.4. |
La pubblicazione dei «Pandora Papers» ad opera del consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta (ICIJ) ha evidenziato ancora una volta la portata del problema del riciclaggio di denaro e dei reati connessi, nonché il ruolo fondamentale svolto dai paradisi fiscali nell’agevolare tali reati. È pertanto difficile comprendere il fatto che la giurisdizione maggiormente menzionata in tali documenti non sia indicata nella lista delle «giurisdizioni non cooperative» stilata dall’UE, e che il Consiglio Ecofin di recente abbia rimosso dalla lista un’altra giurisdizione la cui normativa rende impossibile individuare i veri titolari di società e conti. |
3.5. |
Il CESE richiama l’attenzione delle istituzioni dell’UE e dei governi nazionali sulla necessità di una protezione forte ed efficace della vita e dell’integrità di giornalisti, impiegati e dipendenti pubblici che segnalano casi di corruzione economica e politica. Il Comitato esprime preoccupazione circa il fatto che alcuni Stati membri non hanno ancora avviato le procedure di recepimento della direttiva (UE) 2019/1937 riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, e invita la Commissione a intervenire al fine di garantirne un recepimento urgente entro la fine del 2021. |
3.6. |
Le carenze e le lacune della politica dell’UE in materia di AML/CFT sono riconducibili a diverse cause, che presentano effetti cumulativi: i) la frammentazione di competenze ripartite tra molteplici istituzioni dell’UE e degli Stati membri; ii) la mancanza di un’autorità di vigilanza unica a livello di Unione in materia di AML/CFT; iii) gli strumenti limitati di cui dispongono gli organismi competenti dell’UE; iv) il carente coordinamento, sia a livello di iniziative di prevenzione che in relazione alle misure da adottare contro i rischi individuati, e il ritardo nella relativa attuazione; v) carenze nelle attività delle autorità di vigilanza e delle FIU in molti paesi; vi) il recepimento delle direttive pertinenti è avvenuto con molto ritardo e con differenze considerevoli tra i vari Stati membri, il che ha determinato procedimenti amministrativi e giudiziari da parte della Commissione europea; vii) insufficiente consapevolezza, in un numero piuttosto elevato di paesi, in merito all’importanza di misure efficaci per la lotta contro il riciclaggio di denaro e reati connessi; e viii) le differenze risultanti dalle definizioni divergenti di reato presenti nei codici penali, a partire dal riciclaggio di denaro in quanto tale, e delle relative sanzioni; ix) indagini inadeguate in relazione ai reati presupposti associati, in particolare nei paesi terzi; e x) la mancanza di volontà politica da parte di alcuni governi dell’UE di adottare e attuare le norme europee. Le differenze geografiche e settoriali derivanti da tutti i fattori summenzionati aiutano i criminali finanziari a progettare le reti più convenienti per i loro traffici illeciti. |
3.7. |
In talune situazioni, la cooperazione tra le istituzioni dell’UE non è stata reputata necessaria. Ciò si è verificato, ad esempio, in merito alla cooperazione tra la Commissione europea e l’Autorità bancaria europea (ABE) nel processo riguardante l’indagine di violazioni del diritto dell’Unione, motivo per cui la Corte dei conti ha osservato che tale processo ha «scarsa efficacia» (15). Neppure la cooperazione del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) con la Commissione è sempre stata efficace nell’elaborazione dell’elenco dei «paesi terzi ad alto rischio» in materia di AML-CFT (16). L’elenco stilato dalla Commissione europea nel 2019, appoggiato dal Parlamento europeo, è stato respinto in ultima analisi dal Consiglio, e quello adottato nel maggio 2020 costituisce un adattamento dell’elenco elaborato dal gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) e presenta notevoli lacune. |
4. Parere del CESE
4.1. |
Il CESE esprime il suo pieno sostegno al pacchetto legislativo della Commissione, poiché ritiene che la corretta e rapida attuazione di quest’ultimo potrebbe essere molto utile al fine di far regredire una situazione insostenibile, quale quella descritta nella precedente sezione. Nello specifico, il Comitato appoggia la creazione e la progettazione dell’AMLA la quale, esercitando poteri di vigilanza diretta, diviene il nucleo fondamentale di un sistema europeo di vigilanza (e informazione finanziaria) in materia di AML/CFT, integrando in tal modo le autorità di vigilanza nazionali e le FIU nel proprio consiglio generale e, in qualità di osservatore, le altre istituzioni dell’Unione interessate. |
4.2. |
Il CESE concorda con la distribuzione del contenuto tra il primo regolamento e la sesta direttiva, e le disposizioni contemplate in entrambi gli atti volte a uniformare la normativa nazionale e facilitare l’attività delle FIU nazionali e delle autorità di vigilanza nei seguenti settori chiave: registrazioni, segnalazioni di e indagine su attività sospette, ricorrendo a tecniche standardizzate. L’accento posto sull’adempimento dei vari obblighi da parte delle autorità nel più breve tempo possibile è altamente auspicabile, al fine di porre rimedio a uno dei principali problemi attuali. Il CESE ritiene che la legislazione proposta sia conforme al quadro normativo europeo in materia di protezione dei dati e ai diritti di individui e società che, in ultima analisi, saranno tutelati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). |
4.3. |
Il CESE invita i governi nazionali e le organizzazioni della società civile europea a sostenere l’adozione e la corretta attuazione del pacchetto legislativo in esame. Né l’UE né gli Stati membri possono permettersi di mantenere lo status quo, tanto meno in un contesto in cui la lotta contro le ripercussioni sociali, economiche e sanitarie della pandemia di COVID-19 e le misure per la ripresa dell’economia richiedono agli Stati membri e all’Unione di aumentare considerevolmente le risorse pubbliche. Nella relazione stilata dal CEPS e dall’ECRI si osserva che il tentativo di porre fine o, perlomeno, di arginare significativamente il riciclaggio di denaro costituisce un imperativo morale in qualsiasi società democratica, in cui tutti i cittadini sono liberi e uguali dinanzi alla legge, in un sistema equo di cooperazione. La mancanza di chiarezza, i ritardi e l’inefficienza non faranno altro che incentivare ulteriori attività di riciclaggio (17). |
4.4. |
Il CESE è consapevole dell’importanza dei partenariati pubblico-privato in questo ambito. In taluni paesi, la capacità di ricerca risiede in ampia misura nel settore privato (18). Nell’esortare le istituzioni dell’UE a fare tutto il possibile per promuovere il consolidamento degli istituti di vigilanza nazionali e delle FIU, in sede di attuazione del pacchetto legislativo, il Comitato vuole altresì che esse agevolino per quanto possibile i partenariati pubblico-privato in tale settore. |
4.5. |
In molti paesi, è probabile che il potenziamento dell’efficacia della lotta contro i reati economici e fiscali richieda un cambiamento culturale e un maggiore coinvolgimento della società civile. Questa è stata una delle motivazioni alla base della proposta del CESE di promuovere un patto europeo per una lotta efficace contro la frode e l’elusione fiscale e il riciclaggio di denaro (19). Sulla stessa linea, il Parlamento europeo sostiene la necessità di «[…] ripristinare la fiducia del pubblico nonché garantire sistemi fiscali equi e trasparenti e la giustizia fiscale» (20). Per contribuire al raggiungimento di tale obiettivo, il CESE propone la creazione di un organo consultivo della società civile in seno all’AMLA (21), oppure come organo nell’ambito della Commissione con la partecipazione dell’AMLA, in modo tale che le organizzazioni della società civile e il Comitato stesso possano essere più attivamente coinvolti nella lotta in materia di AML/CFT e possano apportare un contributo grazie alle loro esperienze e proposte. Le istituzioni dell’UE e la società civile organizzata devono agire insieme per informare i cittadini europei in merito all’impatto estremamente negativo che il riciclaggio di denaro e i reati connessi possono avere sui beni pubblici e sui princìpi di giustizia ed equità che sono le fondamenta della democrazia. |
4.6. |
Europol e altri esperti ritengono che, dallo scoppio della pandemia di COVID-19, il riciclaggio di denaro e i reati connessi, in particolare quelli commessi attraverso strumenti elettronici e ricorrendo alle cripto-valute e ad altre cripto-attività, abbiano registrato un aumento (22). Il CESE reputa pertanto che sia del tutto giustificata l’adozione di un regolamento che disciplini tali attività in modo analogo ad altre operazioni, contemplando l’obbligo di individuare i titolari effettivi. La proposta di regolamento (23) sul mercato delle cripto-attività rappresenta un passo avanti verso una regolamentazione generale e dovrebbe entrare in vigore con urgenza, ma non sostituisce tutti gli strumenti necessari per difendersi dai rischi finanziari e in materia di criminalità connessi a tali prodotti finanziari. |
4.7. |
Il CESE, il Parlamento europeo e altre istituzioni hanno evidenziato il rischio posto dall’esistenza nell’UE di centinaia di migliaia di «società di comodo» (24), immesse nel circuito della legalità e gestite da un certo numero di studi legali, società di consulenza o consulenti fiscali, la maggior parte delle quali viene usata per attività di riciclaggio di denaro o altri reati presupposti associati, nonché per l’elusione fiscale. Ingenti flussi di capitali vengono trasferiti attraverso queste società. Attualmente, le autorità competenti e il nuovo sistema di vigilanza europeo dovranno istituire programmi specifici che attuino le norme per l’individuazione dei titolari effettivi di tali società, nonché gli emittenti e i destinatari delle relative transazioni, al fine di essere in grado di perseguire i reati economici e finanziari perpetrati da molte di queste società. Nessuna società o altro tipo di entità che possa essere utilizzata in operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo dovrebbe essere autorizzata a registrarsi in uno Stato membro se i proprietari finali non sono noti o sono collegati a tali attività. |
4.8. |
Il CESE ritiene che vi sia una forte necessità per gli Stati membri di completare con urgenza il recepimento della direttiva 2018/1673, che prevede una definizione comune del reato di riciclaggio. Il CESE propone una nuova direttiva che stabilisca definizioni comuni dei reati connessi nelle legislazioni degli Stati membri e raccomanda che le sanzioni applicabili a tali reati rientrino in determinati intervalli di valori. Nell’articolo 83 del TFUE, tra i reati le cui definizioni e sanzioni possono essere armonizzati mediante norme minime europee, vengono espressamente menzionati il riciclaggio di denaro e i reati transfrontalieri connessi. |
4.9. |
Il CESE invita la Commissione a valutare la possibilità di rendere l’AMLA pienamente operativa, compresa la supervisione diretta, prima del 2026. Ad ogni modo, il CESE esorta la Commissione europea e le altre istituzioni interessate a rafforzare nel frattempo la loro cooperazione, al fine di attuare la legislazione esistente in maniera più efficace, dando seguito alle osservazioni formulate dal Parlamento europeo e dalla Corte dei conti europea. Ciò vale, in particolare, per l’ABE — e il nuovo Comitato ALM –, la BCE ed Europol. Il CESE invita inoltre la Commissione europea, il SEAE ed Europol a svolgere quanto prima una nuova analisi dei paesi terzi che potrebbero essere inclusi in una nuova lista dell’UE dei soggetti non cooperativi in materia di AML/CFT. |
4.10. |
Il CESE apprezza la grande importanza che potrebbe assumere la Procura europea nella lotta al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, ed esorta le istituzioni europee e gli Stati membri ad agevolarne la piena attuazione senza ulteriore indugio. Il Comitato deplora gli ostacoli posti da alcuni governi al completamento di tale processo, in particolare da parte di taluni governi che hanno detenuto di recente la presidenza di turno dell’UE. Il Comitato concorda con il Parlamento europeo nell’esortare la Commissione europea a valutare la proposta di istituire un quadro europeo per le indagini transfrontaliere sui reati finanziari e fiscali. |
4.11. |
La natura transnazionale del riciclaggio di denaro comporta la necessità di potenziare il coordinamento tra le forze di polizia nazionali e i servizi di informazione. Nel contempo, il CESE ritiene che sarebbe molto utile conferire a Europol maggiori poteri e sufficienti risorse umane e materiali, per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo (ML/FT) e la criminalità organizzata transnazionale, e per coordinare le forze di polizia nazionali. Un efficace coordinamento tra la Procura europea, l’AMLA di nuova istituzione e Europol potrebbe essere un fattore fondamentale per il successo effettivo del pacchetto legislativo. |
4.12. |
Il CESE ritiene che dovrebbe essere stilata una nuova lista, realistica e veritiera, di giurisdizioni non cooperative. Il Comitato propone inoltre l’elaborazione da parte della Commissione di una direttiva che prescriva che le società e gli individui coinvolti in reati finanziari o in attività di riciclaggio di denaro vengano esclusi dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici. |
4.13. |
Il CESE è altresì dell’opinione che l’attuale relazione tra le FIU degli Stati membri dovrebbe essere mantenuta e integrata nella nuova struttura dell’AMLA. Non si devono perdere le informazioni e le alleanze strategiche costituite nel corso degli anni tra le FIU di diversi Stati membri. |
4.14. |
Una parte consistente delle attività di riciclaggio di denaro avviene al di fuori del sistema finanziario, attraverso l’uso dei contanti per l’acquisto di beni che sono successivamente immessi nel circuito legale o immagazzinati, oppure tramite determinate operazioni commerciali. Il CESE invita la Commissione a valutare come applicare nel modo più efficace il pacchetto legislativo proposto al mercato delle opere d’arte e dei beni di alto valore e al relativo stoccaggio in aree di porto franco, in depositi doganali e in zone economiche speciali, nonché a determinate operazioni e transazioni commerciali che riguardano prestiti senza interessi ripagati in un paese di destinazione, investimenti immobiliari e transazioni con società di gioco d’azzardo. I risultati di un tale studio, se del caso, dovrebbero servire da base per ulteriori proposte legislative volte a contrastare il riciclaggio di denaro e reati connessi. |
4.15. |
L’attività svolta dalla grande maggioranza delle organizzazioni della società civile senza scopo di lucro rafforza la democrazia rendendola partecipativa, oltre a rappresentare un settore economico di crescente valore. Molte di loro hanno effettivamente combattuto il riciclaggio di denaro e contribuito a rivelarne le pratiche. Tuttavia, vi è il rischio che alcune di tali organizzazioni vengano utilizzate in operazioni di riciclaggio di denaro. Per tale motivo, nel definire le politiche relative alle organizzazioni della società civile senza scopo di lucro, la valutazione dei rischi in questo settore deve avvenire in modo molto scrupoloso, al fine di individuare i casi in cui tali organizzazioni vengono utilizzate per scopi illegali, senza favorire freni al loro sviluppo né consentire che governi autoritari si servano di questi episodi per attaccare le organizzazioni che li criticano. |
5. Osservazioni particolari
5.1. |
Durante la pandemia, oltre a registrare un aumento del numero di operazioni virtuali e un più frequente ricorso alle cripto-attività, si è assistito al decollo del mercato dei token non fungibili (Non Fungible Tokens, NFT) (25), con cui viene trasferito denaro a livello transfrontaliero (2,5 miliardi di USD nella prima metà del 2021), servendosi della tecnologia blockchain. Il CESE propone che gli operatori (del mercato) di NFT siano inclusi nella lista dei soggetti obbligati. Analogamente, le operazioni senza contante, a cui si ricorre per il riciclaggio di denaro, devono essere monitorate. |
5.2. |
La pandemia ha ridotto l’uso del denaro contante, un fattore che, unitamente alla decisione di interrompere l’emissione delle banconote da 500 EUR, ha comportato per i criminali la necessità di «riciclare» questo denaro e di immetterlo nell’economia reale. Il CESE raccomanda pertanto che la Commissione europea valuti la possibilità di ridurre il limite delle transizioni in contanti al di sotto di 10 000 EUR, tenendo conto delle diverse sanzioni previste nei vari Stati membri. |
5.3. |
Il CESE reputa essenziale il corretto funzionamento delle FIU; ciò presuppone sufficienti risorse tecniche e umane di alto livello. La loro capacità di collaborare con altre FIU e autorità dell’UE deve essere rafforzata, con norme, procedure e strumenti informatici compatibili; inoltre deve essere garantita una formazione adeguata e di livello comparabile a tutti i membri del loro personale. L’AMLA dovrebbe cooperare con le autorità nazionali competenti, al fine di massimizzare l’efficacia del suo lavoro. Il Comitato invita i governi nazionali, in particolare quelli menzionati nelle raccomandazioni specifiche per paese (RSP) del semestre europeo, ad attribuire priorità all’obiettivo di un regolare funzionamento delle FIU, e a promuovere una cooperazione efficace con le autorità europee. |
5.4. |
Il CESE ritiene che l’elevata qualità professionale, l’esperienza e l’indipendenza — nel senso di difendere unicamente gli interessi e i valori dell’UE — e l’integrità dei gestori dell’AMLA e degli altri membri del personale dell’Autorità siano essenziali per il suo corretto funzionamento. Il rigore e la trasparenza devono pertanto disciplinare il processo di selezione. Il Comitato propone che la Commissione elabori un elenco di principi e valori su cui si basino le procedure iniziali di assunzione e che possano essere presi in considerazione nel codice etico che deve essere elaborato e approvato dagli organi dell’Autorità. |
5.5. |
Il CESE ribadisce la proposta (26) — in linea con quanto avanzato dal Parlamento europeo — di eliminare progressivamente i programmi di residenza per gli investitori e di vietare quelli di nazionalità, e nel frattempo di verificare rigorosamente che coloro che ne beneficiano abbiano soddisfatto gli obblighi di legge vigenti nei loro paesi di origine e non siano coinvolti in attività di riciclaggio di denaro. |
5.6. |
Il CESE propone che la Commissione europea crei una banca dati al fine di fornire alle PMI informazioni in merito alle sanzioni imposte su individui e società, e alla relativa durata, in relazione al finanziamento del terrorismo. |
5.7. |
L’AMLA deve essere dotata di un bilancio sufficiente ad affrontare le principali sfide che gli obiettivi prefissati e la missione perseguita comporteranno. Una lotta efficace al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo migliorerà notevolmente le entrate fiscali degli Stati membri, che devono fronteggiare le sfide legate alle trasformazioni verde e digitale e alla transizione giusta, oltre a rappresentare un fattore determinante in termini di rafforzamento della coesione politica e sociale. Occorrerebbe tenere conto dei costi che devono sostenere le imprese per soddisfare i nuovi obblighi giuridici, la cui efficacia deve essere regolarmente valutata. Il CESE propone che l’AMLA venga finanziata dal bilancio dell’UE. |
5.8. |
Un aspetto fondamentale per svolgere un’azione efficace in materia di AML/CTF è la disponibilità di banche dati valide e interconnesse e di registri della titolarità effettiva di conti bancari, proprietà, contratti fiduciari o amministratori fiduciari e relative transazioni, ed è altrettanto importante che tali banche dati e registri siano facilmente accessibili alle persone autorizzate. Contestualmente alla crescente dimensione e velocità di accesso a tali registri e banche dati, aumentano i requisiti in termini di protezione dei dati personali. Il CESE ritiene che si tratti di una questione che deve essere affrontata con la massima attenzione. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2020) 593 final.
(2) Direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale (GU L 284 del 12.11.2018, pag. 22).
(3) Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).
(4) COM(2019) 360 final, COM(2019) 370 final, COM(2019) 371 final e COM(2019) 372 final.
(5) C(2020) 2800.
(6) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6.
(7) COM(2021) 421 final.
(8) COM(2021) 420 final.
(9) COM(2021) 423 final.
(10) COM(2021) 422 final.
(11) Regolamento (UE) 2015/847 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006 (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 1).
(12) Risoluzione del Parlamento europeo del 26 marzo 2019 sui reati finanziari, l'evasione fiscale e l'elusione fiscale (GU C 108 del 26.3.2021, pag. 8) e risoluzione del Parlamento europeo del 10 luglio 2020 su una politica integrata dell'Unione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo (GU C 371 del 15.9.2021, pag. 92).
(13) Corte dei conti europea: relazione speciale n. 13/2021.
(14) CEPS-ECRI, gennaio 2021: relazione della task force: lotta al riciclaggio di denaro nell'UE (disponibile in inglese).
(15) Corte dei conti europea, ibidem, punto 86. Nell’arco di dieci anni, il consiglio delle autorità di vigilanza dell’ABE non ha svolto alcuna indagine di propria iniziativa in materia di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo. Non dovendo ottemperare ad alcun obbligo legale di rispondere tempestivamente a eventuali richieste, ha indagato solo in merito a due delle quattro denunce presentate dalla Commissione europea.
(16) Corte dei conti europea, ibidem, punti 26 e 28.
(17) Relazione della task force CEPS-ECRI, ibidem, pag. 2.
(18) CEPS-ECRI, ibidem, pag. iv.
(19) Parere del CESE sul tema Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6), punti 3.4, 3.5 e 3.6.
(20) Risoluzione del Parlamento europeo del 10 luglio 2020 relativa al piano d’azione in materia di prevenzione del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.
(21) A partire dalla loro creazione e al fine di agevolare la consultazione con i portatori di interessi, l’ABE, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA) dispongono di gruppi delle parti interessate, costituiti da membri che rappresentano, in modo proporzionato, le aziende private, i consumatori, gli utenti, i rappresentanti dei dipendenti delle imprese dei settori interessati ed esponenti del mondo accademico di altissimo livello.
(22) Europol — Centro europeo per il crimine finanziario ed economico: Enterprising criminals. Europe’s fight against the global networks of financial and economic crime (06/2020) (Criminali intraprendenti: la lotta dell’Europa contro le reti globali di reati economici e finanziari (giugno 2020)]; e WCA: COVID 19 opened the doors for a new wave of money laundering (World Compliance Association: la COVID-19 ha aperto le porte a una nuova ondata di riciclaggio di denaro).
(23) COM(2020) 593 final.
(24) «Società di comodo» oppure «società cartiera» o «società fittizia»: società che non esercita un’effettiva attività economica nel paese in cui è registrata e non ha dipendenti o ne ha pochissimi. Alcune di tali società vengono usate per il riciclaggio di denaro, per l’elusione fiscale o per eludere la direttiva sul distacco dei lavoratori. Cfr. EPRS, ottobre 2018: An overview of shell companies in the European Union (Una panoramica delle società di comodo nell’Unione europea); FMI, F&D, settembre 2019, Damgaard, Elkjaer & Johannesen: The Rise of Phantom Investments (La crescita degli investimenti fittizi) e il parere del CESE sul tema Misure efficaci e coordinate dell’UE per la lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale, il riciclaggio di denaro e i paradisi fiscali (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6).
(25) Reuters, 6.6.2021: NFT sales volume (Volume di vendite NFT).
(26) GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 81 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 6.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/97 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Strategia per finanziare la transizione verso un’economia sostenibile»
[COM(2021) 390 final]
(2022/C 152/16)
Relatrice: |
Judith VORBACH |
Correlatore: |
Jörg Freiherr FRANK VON FÜRSTENWERTH |
Consultazione |
Commissione europea, 10/08/2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
23.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
123/1/2 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La politica economica dell’Unione europea dovrebbe ispirarsi sia agli obiettivi sanciti all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea (TUE) sia agli obiettivi dell’ONU per lo sviluppo sostenibile (OSS). Di conseguenza, andrebbe adottato un approccio multidimensionale, che includa obiettivi ambientali e sociali, anche nel caso della finanza sostenibile. Purtroppo molte delle azioni proposte nella comunicazione non tengono in debita considerazione la sostenibilità sociale. L’integrazione delle politiche di sostenibilità con quelle riguardanti la digitalizzazione e la COVID-19 potrebbe garantire un maggiore impatto alle azioni intraprese a livello dell’Unione. La politica ambientale deve essere accompagnata da un rafforzamento dell’economia dell’UE e dalla creazione di posti di lavoro di qualità. A tal fine è necessario sfruttare le sinergie tra l’Unione dei mercati dei capitali e la strategia per la finanza sostenibile. A titolo esemplificativo, la trasparenza migliora l’efficienza del mercato ed è al contempo il presupposto per l’accesso alla finanza sostenibile. |
1.2. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene espressamente l’obiettivo di indirizzare gli investimenti in modo che contribuiscano alla transizione dell’UE verso un’economia sostenibile. La maggior parte delle azioni illustrate nella comunicazione sono coerenti ma spesso non appaiono sufficientemente convinte di fronte all’esigenza di un’azione urgente. Il tempo è un fattore decisivo, soprattutto per quanto riguarda l’azione per il clima. È in tal senso necessario un quadro coerente e ben cadenzato, che eviti un’eccessiva complessità, in modo da assicurare l’efficacia della strategia sul piano pratico. Il momento attuale impone di agire piuttosto che di ambire alla perfezione. Bisogna dedicare particolare attenzione a un’ingannevole «sostenibilità di facciata». Nel complesso, la strategia per la finanza sostenibile otterrà gli effetti desiderati soltanto se rientra in una politica economica generale orientata alla sostenibilità. La regolamentazione e gli investimenti pubblici saranno decisivi in tal senso. |
1.3. |
Il CESE apprezza l’impegno assunto dalla Commissione a favore della transizione verso un’economia sostenibile nell’UE ed esorta il Consiglio e il Parlamento europeo a sostenere tali sforzi. Il CESE invita a coinvolgere le parti sociali e la società civile nell’elaborazione e attuazione di una finanza sostenibile. A tal fine, queste dovrebbero essere adeguatamente rappresentate sia nell’ambito della piattaforma sulla finanza sostenibile sia all’interno del gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (EFRAG). Laddove, ad esempio, si tratti di criteri ESG (1) e quindi anche di questioni riguardanti il mondo del lavoro, le organizzazioni delle parti sociali competenti devono essere consultate anche direttamente. In linea di principio, il CESE deplora la prassi di ricorrere in misura eccessiva ad atti delegati per disciplinare importanti aspetti nel quadro della strategia. |
1.4. |
La tassonomia dell’UE deve porsi obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli previsti negli atti legislativi dell’Unione. Il suo successo è legato alla sua ampia accettazione. Le attività previste non devono compromettere gli obiettivi ambientali o le norme sociali e devono essere conformi al principio di precauzione. Ampie fasce della società civile dell’UE nutrono forti dubbi sul fatto che ciò si applichi, ad esempio, all’energia nucleare o al gas naturale. Pertanto, il CESE ritiene invece che questi tipi di attività economiche controverse, che possono ancora svolgere un ruolo utile durante il periodo di transizione, dovrebbero essere trattati separatamente dalla tassonomia dell’UE in sé e per sé. Inoltre il CESE dovrebbe considerare un’iniziativa a parte da dedicare a tale aspetto. Il CESE sostiene l’integrazione degli altri obiettivi ambientali e l’estensione ad attività economiche con un livello intermedio di prestazione ambientale, come pure ad attività economiche che non hanno un impatto significativo sulla sostenibilità ambientale e ad attività economiche che invece danneggiano in modo considerevole la sostenibilità ambientale. Sarebbe opportuno presentare tempestivamente proposte al riguardo. La tassonomia e le norme dovrebbero servire da base in diversi ambiti per migliorarne l’efficacia. È in ogni caso importante, però, evitare scappatoie per la pratica del greenwashing. |
1.5. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che l’accesso alla finanza sostenibile sia reso più facile per i piccoli investitori e le PMI, garantendo così condizioni di finanziamento eque. Sostiene altresì le misure volte ad ampliare la comunicazione sulla sostenibilità, poiché una politica delle imprese sostenibile è nell’interesse anche dei clienti delle PMI e della società civile nel suo insieme. Gli obblighi di rendicontazione non dovrebbero richiedere risorse e avere costi eccessivi, bensì contribuire efficacemente alla trasparenza, al fine di migliorare l’efficienza del mercato e quindi facilitare un migliore accesso ai finanziamenti. Il CESE raccomanda di includere nel quadro di un bilancio verde anche una (futura) regola d’oro per gli investimenti. |
1.6. |
Le azioni proposte a sostegno di investimenti sociali credibili non sono assolutamente sufficienti e dovrebbero anche essere intensificate. È necessario accrescere l’attenzione rivolta alla sostenibilità sociale, in modo da garantire la centralità degli individui e del mondo del lavoro. È opportuno garantire l’ampio coinvolgimento delle parti sociali e della società civile in questo processo, sulla base del pilastro europeo dei diritti sociali e degli OSS delle Nazioni Unite. Una tassonomia integrata, che includa ugualmente obiettivi ambientali e sociali, può diventare una base preziosa per un’UE sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Nel quadro degli obblighi relativi all’informativa sulla sostenibilità occorre esaminare attentamente e migliorare gli indicatori riguardanti i diritti umani e dei lavoratori. |
1.7. |
I fattori di sostenibilità devono essere tenuti in considerazione nella gestione del rischio e nell’accantonamento di capitale proprio nel settore finanziario, un aspetto di cui si deve tenere conto nella regolamentazione e, a breve termine, anche a livello tecnico. Il CESE sostiene una politica patrimoniale sana e previdente e una valutazione del rischio rigorosamente economico, in modo che la ponderazione del rischio si basi sui reali rischi per la stabilità. È necessario considerare gli effetti dei rischi legati alla sostenibilità sulle banche e sul settore assicurativo, e anche sulla stabilità del settore finanziario nel suo complesso. Nel quadro della misurazione sistematica dei rischi ESG nei rating di credito è opportuno rilanciare il dibattito riguardante un’agenzia di rating dell’UE, consolidando in tal modo il ruolo di guida dell’Unione in materia di sostenibilità. |
1.8. |
Il CESE plaude ai passi compiuti per rafforzare il monitoraggio dei rischi sistemici derivanti dalla crisi climatica ed esorta a includere per quanto possibile tutti gli ambiti del settore finanziario. È giunto altresì il momento di prendere finalmente in considerazione i rischi per la sostenibilità sociale che indeboliscono la coesione sociale a causa del crescente divario nella distribuzione. Il CESE raccomanda inoltre di inasprire gli obblighi di comunicazione sulla sostenibilità da parte degli istituti finanziari. Nel quadro dei doveri fiduciari e delle norme di gestione non ci deve essere un trasferimento sproporzionato dei rischi sotto la «copertura ambientalista» e la classificazione degli investimenti non sostenibili deve essere modificata con cautela. |
1.9. |
Le autorità di vigilanza devono essere quanto prima investite delle necessarie competenze per contrastare la pratica del greenwashing. Una definizione in tal senso potrebbe agevolarne ulteriormente il compito. Utile è anche un quadro di monitoraggio per valutare i progressi compiuti dal sistema finanziario dell’UE. Il CESE invita a coinvolgere la società civile nella verifica dell’allineamento dei mercati finanziari agli OSS. È altresì necessario promuovere una maggiore cooperazione tra le autorità di vigilanza e la Banca centrale europea (BCE). Occorre coinvolgere la società civile nella ricerca sulla finanza sostenibile, che deve tenere conto anche della sostenibilità sociale. |
1.10. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione si stia adoperando per ottenere un consenso ambizioso nei forum internazionali, poiché i mercati globali necessitano di un quadro riconosciuto a livello globale. Le imprese europee non dovrebbero essere messe di fronte a un numero così elevato di regolamentazioni diverse da subire gravi svantaggi competitivi. Ciò include, tra l’altro, la necessità di garantire un accesso globale ai dati che consentono di valutare la sostenibilità di un investimento e un’adeguata regolamentazione e vigilanza dei fornitori di dati ESG. La lentezza del coordinamento internazionale non deve ritardare l’azione a livello dell’UE. Contestualmente all’ampliamento del lavoro della piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile, la Commissione è invitata ad adoperarsi a favore di una più stretta cooperazione non solo con il settore privato, ma anche con la società civile. Il CESE chiede espressamente di tenere maggiormente conto della sostenibilità sociale, anche a livello internazionale e alla luce degli OSS delle Nazioni Unite. |
2. Contesto del parere
2.1. |
Il quadro della finanza sostenibile svolgerà un ruolo fondamentale per l’attuazione dell’accordo di Parigi e per il conseguimento degli obiettivi del Green Deal. Dal momento che, secondo la Commissione, la portata degli investimenti richiesti va ben oltre la capacità del settore pubblico, il quadro della finanza sostenibile dovrà contribuire a indirizzare i flussi finanziari privati verso le attività economiche pertinenti. Nuove opportunità dovrebbero nascere anche dal rafforzamento reciproco del quadro della finanza sostenibile e dell’Unione dei mercati dei capitali (2). |
2.2. |
La strategia per la finanza sostenibile del 2018 è costituita da un sistema di classificazione (tassonomia), un regime di informativa per le imprese e strumenti di investimento, compresi indici di riferimento, norme e marchi. La Commissione riconosce che sono stati compiuti notevoli progressi nella creazione di una base per il quadro della finanza sostenibile, ma molto rimane da fare. Con la presente iniziativa, essa avvia una nuova fase della strategia dell’UE per la finanza sostenibile, che ora copre il finanziamento della transizione dell’economia reale verso la sostenibilità, l’inclusività, la resilienza e il contributo del settore finanziario, nonché gli obiettivi globali. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE sostiene una politica economica orientata alla prosperità che include diversi obiettivi: sostenibilità ambientale, crescita sostenibile e inclusiva, piena occupazione e posti di lavoro di qualità, distribuzione equa, salute e qualità della vita, stabilità dei mercati finanziari, stabilità dei prezzi, scambi commerciali equilibrati sulla base di una struttura industriale ed economica equa e competitiva e finanze pubbliche stabili. Tali obiettivi corrispondono sia agli obiettivi sanciti all’articolo 3 TUE sia agli obiettivi dell’ONU per lo sviluppo sostenibile (OSS). È pertanto deplorevole che in ampie parti la strategia per la finanza sostenibile si concentri unilateralmente sugli obiettivi climatici. Il CESE raccomanda un approccio globale, che tenga conto degli obiettivi ecologici e sociali nonché del loro equilibrio. Onde prevenire battute d’arresto e ottenere il necessario consenso, l’azione per il clima deve inserirsi nel contesto di una politica economica concentrata sulla prosperità. |
3.2. |
L’integrazione delle politiche di sostenibilità con quelle riguardanti la digitalizzazione e la ripresa post-COVID-19 potrebbe conferire maggiore vigore all’azione dell’UE. La politica ambientale deve essere accompagnata dalla creazione di posti di lavoro di qualità, da un’equa ripartizione dei costi e dei rischi e da un rafforzamento dell’economia dell’UE, non da ultimo a livello mondiale. È a tal fine opportuno sfruttare le sinergie tra il progetto dell’Unione dei mercati dei capitali e la strategia per la finanza sostenibile. La trasparenza e l’informazione sono elementi fondamentali per l’efficienza dei mercati e rappresentano al contempo il presupposto per una finanza sostenibile. Nel complesso, in questo modo si migliorerà anche l’accesso delle piccole e medie imprese a finanziamenti sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale. Inoltre, il gruppo tecnico di portatori d’interesse (TESG) dell’UE sottolinea la necessità di collaborare con le piccole imprese e di sostenerle nei loro sforzi volti a rispettare i requisiti di comunicazione societaria sulla sostenibilità. |
3.3. |
Il CESE sostiene espressamente l’obiettivo di indirizzare gli investimenti in modo che contribuiscano alla transizione dell’UE verso un’economia sostenibile. Sebbene le azioni proposte nel quadro della strategia appaiano per lo più coerenti, spesso si tratta soltanto di valutazioni o di possibili atti giuridici, oppure manca un orizzonte temporale. La tempestività e l’efficacia sono tuttavia fondamentali, soprattutto nell’ambito dell’azione per il clima. Invece di ambire alla perfezione, è necessario riuscire a gestire un determinato livello di incertezza, opinioni divergenti e questioni irrisolte. Accanto a un’analisi sul livello di coerenza degli attuali regolamenti, è ora tempo di compiere i successivi passi avanti senza ulteriori indugi. È in tal senso necessario un quadro ordinato, ben cadenzato e coerente, che eviti un’eccessiva complessità ed eventuali duplicazioni, in modo da assicurare che la strategia sia efficace a livello pratico. |
3.4. |
Il CESE apprezza l’impegno assunto dalla Commissione a favore della transizione verso un’economia sostenibile nell’UE. In questo modo, tuttavia, il lavoro di base per l’elaborazione della tassonomia o della comunicazione sulla sostenibilità viene delegato, nel primo caso alla piattaforma per la finanza sostenibile e nel secondo al gruppo consultivo europeo sull’informativa finanziaria (European Financial Reporting Advisory Group — EFRAG). Tutti gli organi decisionali dell’UE e gli Stati membri sono ugualmente chiamati a contribuire alla realizzazione della transizione verso la sostenibilità. Il CESE esorta in particolare il Consiglio e il Parlamento europeo a sostenere e promuovere le azioni volte a realizzare la sostenibilità. |
3.5. |
Il CESE deplora la prassi di disciplinare importanti aspetti di politica economica mediante un ricorso eccessivo ad atti delegati invece che alla procedura legislativa ordinaria. Anche le parti sociali e la società civile devono essere pienamente coinvolte nell’elaborazione e attuazione di una finanza sostenibile e in particolare nello sviluppo di criteri ambientali, sociali e di governance (i cosiddetti criteri ESG). È necessario garantire loro una rappresentanza equilibrata nell’ambito della piattaforma sulla finanza sostenibile e dell’EFRAG. Poiché la tassonomia e la comunicazione sulla sostenibilità riguardano anche aspetti relativi al mondo del lavoro, è inaccettabile che le organizzazioni sindacali siano così poco coinvolte (3). In linea generale, le parti sociali devono essere consultate direttamente per tutte le questioni afferenti al mondo del lavoro. |
3.6. |
Il conseguimento degli obiettivi climatici rappresenta un bene pubblico, con una portata intergenerazionale e internazionale, ed è pertanto associato al rischio di comportamenti opportunistici e di fallimento del mercato. Non si può dare per scontato che le imprese in concorrenza tra loro fissino volontariamente i prezzi delle esternalità, assumendosi in tal modo il compito di «polizia della transizione». Non c’è nemmeno da aspettarsi un trasferimento massiccio degli investimenti sulla base dell’autoregolamentazione a seguito di un aumento della trasparenza. La strategia per la finanza sostenibile, pertanto, produrrà gli effetti di indirizzo auspicati e si dimostrerà sufficientemente efficace soltanto se sarà parte di una politica (economica) complessivamente orientata alla sostenibilità e dei regolamenti corrispondenti. La chiarezza della politica favorisce inoltre la gestione dei rischi nel settore finanziario. |
3.7. |
Gli investimenti pubblici continueranno a essere fondamentali, anche alla luce del fatto che spesso rappresentano un incentivo per ulteriori investimenti privati. Purtroppo le politiche di bilancio dell’UE hanno spesso indotto a ridurre gli investimenti pubblici (4), il che si traduce in una mancanza di investimenti nella sostenibilità e nell’inclusione. Per conseguire gli obiettivi del Green Deal è necessario reindirizzare gli investimenti privati e promuovere gli investimenti pubblici. Nel dibattito sulla sostenibilità si sottolinea in particolare la necessità di una regola d’oro. |
4. Osservazioni particolari
4.1. Finanziamento della transizione dell’economia reale verso la sostenibilità
4.1.1. |
La tassonomia deve rispecchiare un livello di ambizione più elevato rispetto a quanto previsto negli atti legislativi, partendo comunque dal presupposto che le norme siano rispettate. Soltanto così si potrà consolidare il ruolo guida delle attività economiche sostenibili attraverso la finanza e le possibilità di finanziamento. Il successo della tassonomia è legato alla sua ampia accettazione a livello sociale. Il sistema di classificazione deve essere trasparente e poggiare su fondamenti scientifici, ed essere costantemente aggiornato. Soltanto assicurandosi che le attività economiche illustrate non pregiudichino alcun obiettivo ambientale (5) né causino ingiustizie sociali, esse soddisferanno un concetto di sostenibilità ampiamente accettato. Il CESE fa riferimento al principio di precauzione sancito dalla politica ambientale dell’UE (6). |
4.1.2. |
Per aumentare l’efficacia della tassonomia, il CESE raccomanda di utilizzarla per la gestione del rischio delle imprese finanziarie (cfr. punto 4.4). Il CESE considera promettenti gli approcci che prevedono, tra l’altro, la rilevazione della quota di attivi degli istituti finanziari in linea con la tassonomia mediante il «coefficiente di attivi verdi» (Green Asset Ratio — GAR), l’inclusione dei rischi ambientali nel contesto delle prove di stress e l’impiego della tassonomia per le obbligazioni verdi. Il riferimento alla tassonomia, così come alle norme e ai marchi di qualità, è raccomandato, però, anche in relazione agli aiuti e agli appalti pubblici o nell’ambito del quadro di bilancio dell’UE. |
4.1.3. |
Per quanto riguarda l’aggiunta di criteri di vaglio tecnico (azione 1 c) è necessario procedere con cautela e nel pieno rispetto del principio di precauzione. Deve tra l’altro essere rigorosamente rispettato il criterio, previsto dal regolamento sulla tassonomia (7), di «non arrecare un danno significativo» in relazione ad altri obiettivi ambientali o sociali (8). È in questo senso necessario valutare con estrema attenzione le proposte volte a includere l’agricoltura, il gas naturale e l’energia nucleare nella tassonomia. Per non compromettere il progetto della tassonomia nel suo complesso è fondamentale salvaguardare la credibilità della tassonomia stessa. Il CESE sottolinea che ampi settori della società civile europea nutrono seri dubbi sulla sostenibilità dei settori economici proposti dalla Commissione. Queste osservazioni valgono anche per la proposta legislativa relativa al finanziamento di talune attività economiche (azione 1 a). |
4.1.4. |
Il CESE riconosce che anche le attività economiche i cui requisiti di sostenibilità sono oggetto di forte controversia possono svolgere un ruolo utile durante il periodo di transizione, soprattutto se rispettano le norme tecniche più recenti. Il CESE ritiene pertanto che sarebbe forse più opportuno trattare questi tipi di attività in un dossier distinto dalla tassonomia dell’UE. Inoltre il CESE dovrebbe considerare un’iniziativa a parte da dedicare a tale aspetto, il cui obiettivo sarebbe promuovere una politica energetica orientata alla prosperità, che tenga in debito conto non soltanto gli obiettivi ambientali, ma anche l’accessibilità economica, il rafforzamento dell’economia dell’UE a livello interno e mondiale e il mantenimento di posti di lavoro di qualità. |
4.1.5. |
L’atto delegato già previsto dal regolamento sulla tassonomia per contemplare i restanti quattro obiettivi ambientali (vale a dire acque, biodiversità, prevenzione dell’inquinamento ed economia circolare) (azione 1 d) rappresenta un apprezzabile progresso in direzione di un approccio globale alla sostenibilità. Il CESE accoglie altresì con favore l’annuncio della Commissione di proporre criteri di valutazione nel quadro della biodiversità, al fine di coniugare la biodiversità con l’azione per il clima. Anche l’estensione alle attività economiche con un livello intermedio di prestazione ambientale e la distinzione tra attività economiche che non hanno un impatto significativo sulla sostenibilità ambientale e le attività economiche che la danneggiano in modo considerevole (azione 1 b) rappresentano passi nella giusta direzione. A tal proposito, il regolamento sulla tassonomia prevede la pubblicazione della relazione riguardante le attività economiche che non hanno un impatto significativo sulla sostenibilità ambientale e quelle che la danneggiano in modo considerevole entro la fine del 2021. Il CESE chiede che la relazione sia effettivamente presentata entro tale data. Nel contesto dell’ampliamento della tassonomia è anche necessario prestare attenzione a non creare scappatoie per la pratica del greenwashing, non da ultimo a causa di un aumento della complessità. |
4.1.6. |
Il CESE accoglie con favore l’ampliamento delle norme e dei marchi (azione 1 e) e chiede tra l’altro una maggiore decisione nell’introduzione di norme minime. Sarebbe importante elaborare un quadro generale per i marchi degli strumenti finanziari che finanziano la transizione dell’economia, in modo da avere riferimenti chiaramente definiti e affidabili. Merita particolare attenzione l’ingannevole «sostenibilità di facciata» ostentata da istituzioni che si fregiano di una sostenibilità ambientale o sociale superiore ai dati reali. Entro il 2023 sarà tuttavia condotta soltanto una valutazione dell’effettiva necessità di procedere in tal senso. Anche per quanto riguarda l’elaborazione di un criterio di riferimento ESG, ci si limita ad annunciare una valutazione; eppure, anche in questo caso, definizioni e norme vincolanti sarebbero elementi importanti per garantire la chiarezza giustamente richiesta dagli investitori e dalla società. |
4.2. Un quadro inclusivo per una finanza sostenibile
4.2.1. |
Il CESE accoglie con favore l’intento di rendere più agevole l’accesso al finanziamento sostenibile per i consumatori, i piccoli investitori e le PMI, in modo da consentire la realizzazione di progetti di minore entità a livello locale (azione 2 a). In tal caso è anche necessario garantire costi di finanziamento equi. La promozione delle conoscenze in materia di sostenibilità rappresenta un approccio corretto, che risponde a un interesse crescente al riguardo. La formazione finanziaria non potrà tuttavia mai sostituire un’appropriata protezione degli investitori, e l’enfasi posta sugli aspetti riguardanti la sostenibilità non deve indurre a celare rischi sproporzionatamente elevati. I rappresentanti degli investitori devono essere coinvolti nell’elaborazione di un quadro delle competenze finanziarie. |
4.2.2. |
Il CESE accoglie con favore le proposte nell’ambito dei servizi di consulenza e del Taxonomy Compass (azione 2 a), volte a migliorare la comunicazione in materia di sostenibilità anche per le PMI non comprese nella proposta di direttiva relativa alla comunicazione societaria sulla sostenibilità (CSRD) (9). È importante migliorare e rendere maggiormente vincolante la comunicazione, poiché anche le attività economiche delle imprese più piccole possono avere effetti profondi sull’ambiente. Il CESE rileva il forte interesse della società civile nel suo insieme verso politiche aziendali sostenibili. Anche i clienti delle PMI e i soggetti che investono in tali imprese, in particolare, richiederanno dichiarazioni in materia di sostenibilità. Nel quadro di un sistema di segnalazione ESG semplificato bisogna tuttavia prestare grande attenzione ad evitare le pratiche di greenwashing. Si raccomanda inoltre di intraprendere le seguenti azioni: standardizzazione e confrontabilità delle informazioni di carattere non finanziario delle imprese dell’UE, attuazione di un quadro normativo e di vigilanza per i fornitori di dati sulla sostenibilità e accesso garantito ai dati grezzi di carattere non finanziario delle imprese. Gli obblighi di rendicontazione non costituiscono di per sé una finalità e di conseguenza non dovrebbero richiedere risorse e avere costi eccessivi, bensì contribuire efficacemente alla trasparenza, al fine di migliorare l’efficienza del mercato e quindi facilitare un migliore accesso ai finanziamenti. |
4.2.3. |
L’utilizzo delle tecnologie digitali per una finanza sostenibile ha una sua logica, ma occorre nel contempo integrare anche gli aspetti della sostenibilità nelle tecnologie (azione 2 b). Il coordinamento delle misure volte a promuovere una sostenibilità globale e la digitalizzazione e a superare la crisi legata alla COVID-19 crea effetti sinergici da rafforzare in modo da conferire all’azione dell’UE un maggiore impatto. Il CESE raccomanda di includere nell’ambito di un bilancio verde (azione 2 e) anche una (futura) regola d’oro per gli investimenti. In linea generale è deplorevole il fatto che anche in questo ambito non sia previsto un approccio integrato alla sostenibilità. Per quanto concerne la condivisione dei rischi è necessario garantire che non siano imposti oneri e trasferiti rischi unilateralmente, solo a carico del settore pubblico. |
4.2.4. |
L’aumento della copertura assicurativa in relazione ai rischi ambientali rappresenta un adeguamento alla realtà (azione 2 c). Secondo la Commissione, un lieve aumento può ridurre significativamente i costi delle catastrofi naturali legate al clima per i contribuenti e i governi, un aspetto al cui riguardo il CESE esprime il proprio consenso. Le azioni proposte, che riguardano ad esempio l’individuazione delle migliori prassi, appaiono invece estremamente difensive. In ogni caso, le parti sociali e la società civile devono essere coinvolte nel dialogo sulla resilienza (climatica). |
4.2.5. |
Le iniziative a sostegno di investimenti sociali credibili (azione 2 d) non sono assolutamente sufficienti a colmare le lacune della strategia in ambito sociale. In effetti, il regolamento sulla tassonomia (10) prevede garanzie minime di salvaguardia, facendo tra l’altro riferimento alle norme fondamentali del lavoro dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Tuttavia, ciò non è sufficiente a garantire che la tassonomia sostenga il progresso sociale. In tal senso è necessario un approccio coerente per il rafforzamento della sostenibilità sociale, che ponga al centro l’individuo e il mondo del lavoro. Le basi sono già state gettate con il pilastro europeo dei diritti sociali e con gli OSS delle Nazioni Unite. A titolo esemplificativo, un sistema di classificazione che tenga ugualmente conto degli obiettivi ambientali e sociali e quindi del principio generale di «non arrecare un danno significativo» (11), può rappresentare una base preziosa per un’UE sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. È giunto ora il momento di elaborare tempestivamente una tassonomia integrata con la partecipazione delle parti sociali e della società civile. La relazione sulla tassonomia sociale è attesa, piuttosto tardivamente, per la fine del 2021. |
4.2.6. |
Altrettanto tardiva appare la revisione delle norme tecniche nel quadro del regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR) (12), prevista soltanto per fine 2022, la quale punta a definire con chiarezza gli indicatori riguardanti gli effetti ambientali e sociali negativi. Il CESE chiede, in particolare, di rivedere molto più rapidamente gli indicatori riguardanti i diritti umani e i diritti dei lavoratori e di stabilire norme più rigorose. Anche in questo caso è ovviamente necessario il pieno coinvolgimento delle parti sociali e della società civile. |
4.3. Miglioramento della resilienza ai rischi per la sostenibilità
4.3.1. |
Il CESE sostiene l’inclusione dei fattori di sostenibilità nella gestione dei rischi del settore finanziario. Solo così è possibile spezzare il circolo vizioso per cui le imprese finanziarie finanziano attività nocive per l’ambiente. I cambiamenti climatici comportano gravi rischi per le banche e le compagnie di assicurazione, ma colpiscono anche il settore finanziario nel suo complesso e minacciano addirittura la stabilità finanziaria generale. In tale contesto, il CESE mette in guardia contro un’interpretazione errata del ruolo del settore finanziario quale organismo di esecuzione che impone obiettivi di sostenibilità nell’interesse generale. I rischi climatici sono però difficilmente quantificabili a causa della loro portata, unicità e incertezza. Ciò non deve tuttavia ostacolare in alcun modo l’adozione di misure concrete poiché eventuali ritardi non farebbero che inasprire ulteriormente il problema. In generale è necessario agire con rapidità e cautela onde evitare reazioni traumatiche. La tassonomia dell’UE servirà da base in tal senso. |
4.3.2. |
Il CESE accoglie con favore l’inserimento dei rischi per la sostenibilità nei principi d’informativa finanziaria e lo sviluppo di una norma per valutare il capitale naturale, per i quali sono essenziali norme e metodi scientificamente fondati, rigorosi e affidabili (azione 3 a). Altrettanto opportuna è l’integrazione sistematica dei pertinenti rischi ESG nei rating di credito e nelle prospettive dei rating (azione 3 b). Il CESE invita a riprendere il dibattito sull’agenzia di rating del credito dell’UE nel contesto attuale, in modo da consolidare il ruolo guida dell’UE in materia di sostenibilità. |
4.3.3. |
L’approccio teso a integrare i fattori ESG nel sistema di gestione dei rischi delle banche e nel quadro prudenziale per gli assicuratori è logico (azioni 3 c e 3 d). Di tali aspetti bisognerà tenere debitamente conto anche nelle revisioni del regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR), della direttiva sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Directive — CRD) e della direttiva Solvibilità II (13), che saranno presumibilmente accompagnate da lunghi dibattiti. Il CESE raccomanda anche un’azione tempestiva per quanto riguarda le norme per la misurazione dei rischi nel quadro della gestione del rischio, in modo da effettuare una rapida mappatura dei rischi per la sostenibilità e garantire il relativo accantonamento di capitale. A tal fine ci si può, tra l’altro, avvalere, da un punto di vista tecnico, degli orientamenti delle autorità di vigilanza europee. In generale, si raccomanda una politica di gestione del rischio e patrimoniale sana, lungimirante e attentamente equilibrata, che tenga conto degli effetti dei rischi per la sostenibilità sulla stabilità dei mercati finanziari. |
4.3.4. |
Strumenti, come le prove di stress interne, costituiscono un passo nella giusta direzione, in quanto misure integrative. Il CESE è tuttavia contrario all’idea che le esposizioni classificate come sostenibili siano oggetto di misure di vigilanza particolari, il che potrebbe, ad esempio, avere come risultato un allentamento dei requisiti patrimoniali. Il conseguente aumento della complessità del quadro normativo può causare confusione e l’emergere di scappatoie regolamentari. Il CESE è quindi favorevole a una valutazione del rischio strettamente economica. La ponderazione del rischio dovrebbe basarsi principalmente sui rischi per la stabilità economica. In questo senso, gli investimenti potenzialmente nocivi per il clima corrono il rischio di perdere valore e di non essere recuperabili. Il CESE avverte che, rimettendo in discussione il regolamento CRR e le direttive CRD e Solvibilità II, si rischia di creare confusione in materia di vigilanza e di indebolire gli standard raggiunti. |
4.3.5. |
La BCE richiama tra l’altro l’attenzione sull’interazione tra crisi climatica e stabilità finanziaria. Il CESE accoglie con favore la pubblicazione di schede informative per la valutazione dei rischi ESG da parte della BCE e sostiene le azioni volte a rafforzare il monitoraggio e la gestione dei potenziali rischi sistemici (azione 3 e), che dovrebbero includere, nella misura del possibile, tutti gli istituti, gli attori, i prodotti e le piattaforme di negoziazione, compresi gli ambiti meno regolamentati. Il CESE sottolinea altresì che l’attenzione dovrebbe essere rivolta principalmente all’attenuazione dei rischi, non alla loro rilevazione. Purtroppo i rischi per la sostenibilità sociale che indeboliscono la coesione sociale a causa del crescente divario nella distribuzione non vengono mai presi in considerazione. |
4.4. Miglioramento del contributo del settore finanziario agli obiettivi di sostenibilità
4.4.1. |
Il settore finanziario riveste una funzione fondamentale nel ciclo economico e svolge pertanto anche un ruolo importante nel contesto della sostenibilità, in quanto gli investimenti di oggi determineranno le emissioni di CO2 del futuro. È pertanto logico che la direttiva CSRD imponga a varie istituzioni dei mercati finanziari di divulgare i propri piani di transizione e il proprio contributo alla riduzione dell’impronta ambientale, e cerchi di rafforzare le attività dei partecipanti ai mercati finanziari in materia di comunicazione e di decarbonizzazione riguardo ai prodotti finanziari nel contesto del regolamento SFDR (azione 4 a). Il CESE raccomanda di collegare il miglioramento della comunicazione a percorsi di transizione predeterminati e di estendere gli obblighi di segnalazione ad altri partecipanti ai mercati finanziari. Come sottolineato dalla Commissione stessa, gli impegni volontari in materia di sostenibilità sono soltanto un primo passo ed è pertanto necessario sostenere tutte le misure volte a rafforzarne il carattere vincolante, onde evitare confusione e arbitrarietà. |
4.4.2. |
Nel quadro dei doveri fiduciari e delle norme di gestione per gli investitori, le misure consistono ancora una volta per lo più in valutazioni (azione 4 b). L’ampliamento del concetto di «migliore interesse a lungo termine degli aderenti e dei beneficiari» e l’obbligo di considerare gli effetti sulla sostenibilità appaiono appropriati. Anche in questo caso si deve evitare un trasferimento sproporzionato dei rischi sotto la «copertura ambientalista». La classificazione degli investimenti non sostenibili deve essere modificata con prudenza, prestando particolare attenzione alla ponderazione del rischio di nuovi investimenti in fonti di energia fossile. Nello spirito di una giusta transizione, non si deve permettere che la sostenibilità sociale continui a essere accantonata. Anche il miglioramento della disponibilità, integrità e trasparenza delle ricerche e dei rating di mercato in ambito ESG rappresenta un’integrazione importante, poiché vi è l’urgenza di accrescere l’affidabilità e la comparabilità alla luce della fuorviante molteplicità di concetti (azione 4 c). |
4.5. Monitoraggio di una transizione ordinata e garanzia dell’integrità del sistema finanziario
4.5.1. |
Il CESE sostiene tutte le azioni tese a consentire alle autorità di vigilanza di prevenire la pratica del greenwashing (azione 5 a). Del resto è ovvio che debbano essere dotate degli strumenti di cui hanno bisogno per assolvere i propri compiti. Purtroppo anche in questo caso è prevista soltanto una valutazione senza riferimenti temporali. Il CESE ribadisce una volta di più l’importanza del fattore tempo e lamenta il fatto che si consideri unicamente la sostenibilità ambientale. Sarebbe inoltre opportuno definire i concetti di «greenwashing» e di «greenwashing della sostenibilità» al fine di agevolare l’adozione delle contromisure appropriate. |
4.5.2. |
Un solido quadro di monitoraggio per misurare i progressi compiuti dal sistema finanziario dell’Unione costituisce un’importante misura di accompagnamento (azione 5 b). La misurazione dei flussi di capitale diretti a investimenti sostenibili, l’analisi relativa alle esigenze di investimenti e la verifica dell’allineamento dei mercati finanziari con gli obiettivi climatici e ambientali sono misure da accogliere positivamente. Ci si rammarica, tuttavia, che la sostenibilità sociale venga una volta di più accantonata. Il CESE chiede di coinvolgere non soltanto gli istituti finanziari, ma anche le parti sociali e la società civile nella valutazione dell’allineamento dei mercati finanziari con gli obiettivi climatici e ambientali. |
4.5.3. |
È assolutamente necessario promuovere al più presto una migliore cooperazione tra le autorità di vigilanza e la BCE (azione 5 c). Nell’ottica di raggiungere l’obiettivo di un’azione politica più collaborativa è auspicabile un’azione rapida, in cui vanno coinvolte anche le autorità di vigilanza nazionali. Ai fini di un potenziamento della ricerca nella finanza sostenibile e del trasferimento delle conoscenze tra il settore finanziario e la comunità di ricerca (azione 5 d), il CESE invita a coinvolgere le parti sociali e la società civile e a considerare anche la sostenibilità sociale. |
4.6. Promuovere l’ambizione globale
4.6.1. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione si stia adoperando per ottenere un consenso ambizioso nei forum internazionali (azione 6 a). Data la stretta interconnessione internazionale dei mercati finanziari e la necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria globale, è essenziale una solida governance internazionale in generale e nel campo della sostenibilità in particolare. I mercati globali necessitano di condizioni quadro e di norme riconosciute a livello globale, tra cui figurano, inter alia, aspetti estremamente pratici ma fondamentali, quale la necessità di garantire un accesso globale ai dati che consentono di valutare la sostenibilità di un investimento. |
4.6.2. |
Il fatto che il coordinamento internazionale talvolta proceda con lentezza non deve mai servire da pretesto o avere come conseguenza un ritardo negli sviluppi a livello dell’UE. Al contrario, più la finanza sostenibile viene attuata con successo in Europa, più è probabile che il percorso seguito dall’UE diventi un modello globale. L’affidabilità della tassonomia dell’UE e la piena applicazione della doppia rilevanza sono quindi importanti anche sotto questo aspetto. Il CESE chiede espressamente di tenere maggiormente conto della sostenibilità sociale, anche sul piano internazionale e alla luce degli OSS delle Nazioni Unite. Le imprese europee non dovrebbero essere messe di fronte a un numero così elevato di regolamentazioni diverse da subire gravi svantaggi competitivi. |
4.6.3. |
L’approfondimento del lavoro della piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF) costituisce una misura logica (azione 6 b). A tale riguardo il CESE sollecita la Commissione ad adoperarsi a favore di una più stretta cooperazione e interazione non solo tra l’IPSF e il settore privato, ma anche con le parti sociali e la società civile, ad esempio per garantire che, nel quadro della finanza sostenibile, si tenga conto dei diritti umani. Anche in questo caso il CESE raccomanda naturalmente di concentrarsi su una sostenibilità globale. Ciò vale anche in relazione al sostegno fornito ai paesi a basso e medio reddito (azione 6 c). |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) ESG — criteri ambientali, sociali e di governance.
(2) GU C 155 del 30.4.2021, pag. 20.
(3) Si veda l’elenco dei membri e degli osservatori della piattaforma sulla finanza sostenibile: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/business_economy_euro/banking_and_finance/documents/eu-platform-on-sustainable-finance-members_en.pdf
(4) GU C 268 del 14.8.2015, pag. 27.
(5) Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del del Consiglio, del 18 giugno 2020, relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13), articolo 17.
(6) Articolo 191 TFUE.
(7) Regolamento (UE) 2020/852, articolo 18.
(8) Principio «non arrecare un danno significativo» (DNSH, «Do no significant harm») conformemente all’articolo 2, punto 17, del regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 1).
(9) Proposta di direttiva per quanto riguarda la comunicazione societaria sulla sostenibilità [COM(2021) 189 final].
(10) Regolamento (UE) 2020/852, articolo 18.
(11) Principio «Do no significant harm» — Principio «non arrecare un danno significativo».
(12) Regolamento (UE) 2019/2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari.
(13) Direttiva 2009/138/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II) (GU L 335 del 17.12.2009, pag. 1).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/105 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle obbligazioni verdi europee
[COM(2021) 391 final — 2021/0191 (COD)]
(2022/C 152/17)
Relatore: |
Philip VON BROCKDORFF |
Consultazioni |
Consiglio, 12.8.2021 Parlamento europeo, 13.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 114 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Adozione in sezione |
23.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
123/1/4 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
La norma UE «volontaria» per le obbligazioni verdi introduce un regime basato sulla trasparenza e la vigilanza. Nel quadro di tale regime, i progetti conformi alla tassonomia dell’UE delle attività sostenibili sarebbero ammissibili al finanziamento e gli emittenti dovrebbero fornire ulteriori informazioni al momento dell’emissione e, successivamente, attraverso la regolare comunicazione in merito all’utilizzo dei proventi e all’impatto del progetto. |
1.2. |
Il CESE ritiene che la norma UE per le obbligazioni verdi possa inoltre apportare significativi vantaggi economici sia per gli emittenti che per gli investitori, poiché la proposta mira a creare un meccanismo universale, credibile e semplificato per l’emissione delle obbligazioni verdi, riducendo al minimo le asimmetrie informative e assicurando nel contempo importanti benefici reputazionali agli emittenti che operano in conformità di tale norma. |
1.3. |
Il CESE è del parere che l’allineamento di dette obbligazioni al regolamento UE sulla tassonomia le renda inoltre idonee al finanziamento di attività economiche che sostengono la transizione verso economie decarbonizzate e più sostenibili. |
1.4. |
La norma proposta contribuirebbe altresì a ridurre notevolmente gli attuali livelli di incertezza in relazione ai tipi di attività o spese che possono essere ragionevolmente classificate come utilizzo verde del capitale. Tuttavia, alla luce del summenzionato allineamento alla tassonomia UE, il CESE ritiene che siano necessari orientamenti chiari da parte della Commissione, in modo da indirizzare gli investitori verso le obbligazioni verdi europee e i progetti che hanno un impatto positivo sull’ambiente. |
1.5. |
Il CESE è del parere che, per l’ulteriore sviluppo delle obbligazioni verdi quale categoria di attività, sia necessario applicare una norma uniforme in tutti gli Stati membri che sia applicabile agli emittenti. Non bisogna tuttavia sottostimare le difficoltà degli emittenti a conformarsi alle norme della tassonomia dell’UE. Con ogni probabilità, questi ultimi valuterebbero i costi associati a una revisione esterna rispetto ai benefici dell’accesso a una base di investitori più ampia. È necessario evitare una situazione in cui gli emittenti privati possano preferire obbligazioni verdi alternative e processi di certificazione meno onerosi. |
1.6. |
Le procedure di comunicazione delle informazioni e di conformità proposte potrebbero inoltre avere un impatto finanziario sproporzionato sulle PMI, che potrebbero ritenere la norma UE sulle obbligazioni verdi troppo punitiva, e ostacolare quindi un’ulteriore crescita. Occorre evitare che ciò avvenga e pertanto il CESE raccomanda un approccio pragmatico in termini di requisiti di vigilanza e comunicazione. Evitando un numero eccessivo di disposizioni e regolamentazioni, anche nel caso di emittenti societari, si faciliterebbe l’adozione della norma UE per le obbligazioni verdi nei mercati dei capitali. Nel contesto della decarbonizzazione delle economie, gli emittenti societari sono considerati importanti quanto l’emissione di obbligazioni verdi da parte della Commissione e il CESE è dell’avviso che le norme applicate alle obbligazioni verdi emesse dal settore pubblico e dagli emittenti societari debbano convergere. |
1.7. |
Per quanto riguarda gli emittenti di obbligazioni verdi di paesi terzi, il CESE ritiene che l’accesso ai mercati dei capitali dell’UE e viceversa dovrebbe fondarsi sull’allineamento delle tassonomie tra le diverse giurisdizioni sul piano mondiale. Il CESE reputa che tale aspetto sia particolarmente importante, poiché le sfide ambientali, come i cambiamenti climatici, non possono essere affrontate dall’UE da sola. A meno che non si trovi un accordo sull’allineamento della tassonomia con i paesi terzi, è improbabile che il regolamento relativo a una norma volontaria per le obbligazioni verdi proposto dalla Commissione possa diventare una norma per il mercato mondiale delle obbligazioni verdi. La piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF) dovrebbe svolgere un ruolo chiave nel mettere a disposizione questo terreno comune, fungendo da forum di dialogo tra i responsabili politici. |
1.8. |
Il CESE accoglie infine con favore il requisito previsto dalla tassonomia dell’UE secondo cui gli investimenti devono soddisfare il principio «non arrecare un danno significativo» e garanzie minime di salvaguardia, dato il costante bisogno di attribuire priorità alla trasformazione verde unitamente alla protezione sociale e alla salvaguardia dei diritti umani e dei lavoratori. Ciò potrebbe tuttavia limitare la portata dell’allineamento della tassonomia con paesi terzi, soprattutto se tali giurisdizioni non soddisfano i criteri del principio «non arrecare un danno significativo», come il riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva. A tal fine, il CESE propone un apposito comitato di monitoraggio incaricato di sorvegliare le dinamiche del mercato delle obbligazioni verdi, con il coinvolgimento delle parti sociali. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il 6 luglio 2021 la Commissione europea ha presentato la proposta di un nuovo regolamento riguardante una norma volontaria per le obbligazioni verdi europee. Il regolamento proposto intende rendere più sostenibile il sistema finanziario dell’UE introducendo una «regola d’oro» per le obbligazioni verdi che possa essere confrontata, e possibilmente allineata, con altre norme di mercato. |
2.2. |
La norma per le obbligazioni verdi sarebbe aperta a tutti gli emittenti di obbligazioni verdi, compresi gli emittenti privati, pubblici e sovrani, e include gli emittenti stabiliti in paesi terzi. |
2.3. |
Il quadro proposto definirebbe una norma volontaria riguardante le modalità di utilizzo delle obbligazioni verdi da parte delle imprese e delle autorità pubbliche al fine di ottenere fondi sui mercati dei capitali per finanziare progetti. |
2.4. |
La norma prevede che gli emittenti destinino tutti i proventi delle emissioni ad attività in linea con i requisiti del regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) sulla tassonomia entro la data di scadenza dell’obbligazione. Essa stabilisce obiettivi ambientali, criteri di vaglio e soglie di rendimento per le attività economiche. Un’attività economica è considerata conforme se: a) contribuisce significativamente al raggiungimento di uno o più obiettivi ambientali, b) non arreca un danno significativo ad altri obiettivi ambientali e c) è svolta nel rispetto delle garanzie di salvaguardia a livello sociale e di governance. |
2.5. |
Le obbligazioni verdi europee contribuirebbero a finanziare i progetti a lungo termine (fino a 10 anni) nella misura in cui tali progetti sono in linea con gli obiettivi ambientali del regolamento sulla tassonomia. |
2.6. |
Le obbligazioni verdi europee sarebbero soggette a revisione esterna al fine di garantire che siano conformi ai requisiti di cui sopra, in particolare in relazione all’allineamento dei progetti alla tassonomia. La proposta prevede che i revisori esterni siano registrati presso l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e dimostrino di soddisfare le condizioni per la registrazione su base regolare. |
2.7. |
In caso di modifica dei criteri di vaglio tecnico della tassonomia UE nel quadro del regolamento sulla tassonomia dopo l’emissione di un’obbligazione, la proposta consente agli emittenti di continuare a soddisfare i requisiti preesistenti per altri cinque anni. Il CESE è tuttavia dell’avviso che una volta che un’obbligazione è classificata come «verde» al momento dell’emissione, le norme per l’assegnazione dei proventi non dovrebbero essere modificate. In pratica, anche se i criteri di vaglio della tassonomia cambiano e l’obbligazione non soddisfa più i nuovi criteri, essa dovrebbe continuare a essere considerata «verde» fino alla data di scadenza. In questo modo si contribuirebbe alla stabilità dei mercati delle obbligazioni verdi. |
2.8. |
La proposta mira altresì a rafforzare la fiducia e le salvaguardie degli investitori e a ridurre il rischio che i progetti finanziati attraverso le obbligazioni verdi non conseguano gli obiettivi ambientali previsti. Gli emittenti di tali obbligazioni sarebbero tenuti a comunicare informazioni su base regolare. |
2.9. |
La proposta prevede l’obbligo di redigere una «scheda informativa sulle obbligazioni verdi» con cui vengono indicati gli obiettivi definitivi di finanziamento dell’emissione; tale scheda sarebbe soggetta a una «revisione pre-emissione» da parte di un revisore esterno registrato al fine di garantire che le obbligazioni soddisfino i requisiti della norma per le obbligazioni verdi. |
2.10. |
Gli emittenti di obbligazioni verdi sarebbero altresì tenuti a pubblicare relazioni annuali che attestino come i proventi dell’emissione di obbligazioni sono allineati alla tassonomia UE. |
2.11. |
Una volta stanziati tutti i proventi della vendita di obbligazioni verdi (il che deve avvenire prima della scadenza dell’obbligazione), l’emittente dovrà sottoporsi a una «revisione post-emissione». Per taluni emittenti (come determinati istituti finanziari) tale obbligo avrà cadenza annuale. |
2.12. |
Sarà inoltre obbligatorio pubblicare almeno una relazione sull’impatto ambientale complessivo dell’obbligazione. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
La proposta della Commissione europea relativa a una norma per le obbligazioni verdi dell’UE giunge in un momento in cui la domanda di obbligazioni verdi sta crescendo all’interno dell’Unione. L’attuale emissione di obbligazioni verdi nell’UE rappresenta tuttavia soltanto il 2,6 % delle emissioni totali di obbligazioni UE e pertanto vi sono significativi margini di crescita. A titolo esemplificativo, nel secondo trimestre del 2021 le emissioni di obbligazioni verdi nell’UE sono aumentate di circa il 30 % rispetto allo stesso periodo del 2020, a conferma della traiettoria di crescita in tale ambito (2). |
3.2. |
Ciononostante vi sono crescenti preoccupazioni in merito alla reale portata dei benefici ambientali derivanti dai progetti finanziati con l’emissione di dette obbligazioni. Il termine utilizzato per descrivere tali preoccupazioni è «greenwashing» e rispecchia le credenziali ambientali talvolta incerte dei progetti finanziati dalle obbligazioni verdi. Ciò pone un problema di credibilità per gli emittenti che cercano di consolidare la propria reputazione ambientale e un’asimmetria informativa per gli investitori che possono avere difficoltà a identificare ex ante i progetti davvero sostenibili dal punto di vista ambientale. |
3.3. |
Il problema è che le obbligazioni verdi sono esattamente uguali a tutte le altre obbligazioni: la differenza è che i proventi dell’emissione di obbligazioni verdi devono essere utilizzati per un progetto che soddisfa determinati criteri ambientali prestabiliti. In caso di insolvenza, come per qualsiasi emissione di obbligazioni, l’investitore può tipicamente fare ricorso all’intero stato patrimoniale dell’emittente. Il valore aggiunto per l’investitore è dato dal possesso di un’obbligazione che soddisfa obiettivi sostenibili o di natura ambientale. Il problema è tuttavia che le definizioni delle attività sostenibili variano da una giurisdizione all’altra nell’UE. Di conseguenza, è pressoché impossibile confrontare l’impatto dei progetti tra le diverse giurisdizioni e spesso anche tra le regioni di uno Stato membro. |
3.4. |
Esistono inoltre problemi in relazione alle comunicazioni riguardanti l’utilizzo dei proventi. I problemi riguardanti l’informativa degli emittenti e la comunicazione delle informazioni sull’utilizzo dei proventi agli investitori tendono a essere più gravi negli Stati membri in cui in futuro sarà necessaria la maggior parte degli investimenti a basse emissioni di carbonio. |
3.5. |
La norma UE per le obbligazioni verdi intende rispondere a detti problemi introducendo un regime basato sulla trasparenza e la vigilanza. Nel quadro di tale regime, soltanto i progetti conformi alla tassonomia dell’UE delle attività sostenibili sarebbero ammissibili al finanziamento e gli emittenti dovrebbero fornire ulteriori informazioni al momento dell’emissione e, successivamente, attraverso la regolare comunicazione in merito all’utilizzo dei proventi e al loro impatto. Inoltre, soltanto i revisori esterni sottoposti a vigilanza da parte dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) saranno autorizzati a firmare le obbligazioni verdi europee. Il CESE mette tuttavia in guardia contro le concentrazioni di mercato onde tenere sotto controllo il costo dei revisori esterni. A titolo esemplificativo, una procedura di registrazione semplice e agevole può incoraggiare la concorrenza in tale ambito e ciò non comprometterebbe le competenze o la qualità dei revisori. |
3.6. |
La norma UE sulle obbligazioni verdi può inoltre apportare significativi vantaggi economici sia per gli emittenti che per gli investitori. Attualmente, i problemi riguardanti la credibilità e le asimmetrie informative generano costi aggiuntivi per tutti i soggetti coinvolti, con gli emittenti che si adoperano per definire le proprie credenziali attraverso diverse operazioni costose, comprese procedure onerose di revisione esterna e una maggiore comunicazione, mentre gli investitori possono intraprendere ulteriori sforzi di ricerca per individuare idonee opportunità di investimento sostenibile in modo adeguato. Le obbligazioni verdi europee proposte contribuirebbero a creare un meccanismo universale, credibile e semplificato per l’emissione delle obbligazioni verdi, riducendo al minimo le asimmetrie informative e assicurando nel contempo importanti benefici reputazionali agli emittenti che operano in conformità con la presente norma. |
3.7. |
Le obbligazioni verdi europee conformi al regolamento UE sulla tassonomia sono idonee per il finanziamento di attività economiche che sostengono la transizione verso economie decarbonizzate e più sostenibili. Le obbligazioni verdi dovrebbero essere considerate una preferenza primaria e dovrebbero essere creati incentivi adeguati per rendere effettivamente «verde» il sistema finanziario dell’UE. |
3.8. |
La proposta consentirebbe inoltre alle imprese stabilite nell’UE di emettere un’obbligazione verde europea per acquistare o realizzare attivi allineati alla tassonomia UE, come un nuovo edificio efficiente sotto il profilo energetico. Le imprese potrebbero in tal modo incrementare la propria percentuale di attivi allineati alla tassonomia. Tuttavia, ciò dovrebbe tenere conto anche dei costi sociali associati, compresi i licenziamenti collettivi. |
3.9. |
La norma proposta contribuirebbe altresì a ridurre notevolmente gli attuali livelli di incertezza relativamente ai tipi di attivi o spese che possono essere ragionevolmente classificati come utilizzo verde del capitale, alla luce del summenzionato allineamento alla tassonomia UE, generando così una maggiore fiducia nel mercato delle obbligazioni verdi e contribuendo in tal modo a dare ulteriore impulso alla crescita e agli investimenti in questo settore emergente e a integrare la finanza verde. Con il tempo, la norma UE per le obbligazioni verdi potrà diventare efficace, ma sono necessari orientamenti da parte della Commissione per indirizzare gli investitori verso obbligazioni di qualità più elevata e progetti che possano davvero garantire un impatto positivo a livello ambientale, nonché per creare una nuova categoria di attivi nel mercato dei capitali dell’UE. La prospettiva di tali orientamenti costituisce un altro motivo per accogliere con favore la proposta. |
3.10. |
In tale contesto, le obbligazioni verdi diventerebbero un elemento fondamentale per il finanziamento della transizione verso regimi a più basse emissioni di carbonio nell’UE. Le obbligazioni verdi hanno generalmente una lunga durata, e il capitale viene rimborsato al momento della scadenza delle obbligazioni stesse, come previsto per i grandi progetti infrastrutturali. Nonostante la natura volontaria dell’utilizzo del marchio UE per le obbligazioni verdi, gli investitori sono incentivati a utilizzarlo nel tentativo di mobilitare capitale per i progetti con chiari vantaggi ambientali. Questo di per sé costituisce già un vantaggio importante, ma il beneficio principale è la norma stessa, che fornisce un punto di riferimento per le attività verdi nel mercato dei capitali. Si prevede che la norma consenta di sviluppare ulteriormente le obbligazioni verdi come classe di attività, permettendo agli investitori di individuare una curva di rendimento specifica per gli strumenti di debito verdi. Adottando una norma uniforme applicabile in tutti gli Stati membri e agli emittenti, i fondi obbligazionari verdi e la concessione di prestiti bancari verdi potrebbero contribuire a mobilitare ulteriori risorse per agevolare la transizione verso regimi a basse emissioni di carbonio. Ciò sarebbe ulteriormente agevolato anche sulla base del presupposto che il prezzo dei prestiti verdi sia sufficientemente ragionevole. |
3.11. |
La norma UE per le obbligazioni verdi potrebbe inoltre diventare un punto di riferimento per le obbligazioni verdi in mercati esterni all’UE, come è avvenuto per i fondi di investimento al dettaglio. L’UE si è di fatto imposta come leader globale in tale ambito (con il 51 % delle emissioni globali effettuate da imprese e organi pubblici dell’UE nel 2020) e la norma per le obbligazioni verdi aprirebbe nuove opportunità di finanza sostenibile per gli investitori dell’UE su tutti i mercati internazionali. |
3.12. |
La definizione di una norma per le obbligazioni verdi è importante. Non si dovrebbero tuttavia sottostimare le sfide affrontate dagli emittenti in relazione alla conformità alle norme della tassonomia UE. Con ogni probabilità, questi ultimi valuterebbero le complicazioni e i costi associati a una lunga procedura di revisione esterna approvata dall’ESMA e sottoposta a vigilanza rispetto ai benefici dell’accesso a una base di investitori più ampia. Gli emittenti privati potrebbero quindi preferire obbligazioni verdi alternative e procedure di certificazione meno onerose. Tali procedure di comunicazione delle informazioni e di conformità potrebbero inoltre avere un impatto finanziario sproporzionato sulle PMI, che potrebbero ritenere la norma UE sulle obbligazioni verdi troppo punitiva, e ostacolare quindi un’ulteriore crescita. L’esperienza dei prodotti del mercato dei capitali dell’UE, dove l’adesione non ha dato risultati particolarmente incoraggianti, potrebbe far luce sul possibile interesse verso le obbligazioni verdi europee. |
3.13. |
È pertanto importante che l’autorità di vigilanza europea attui la norma per le obbligazioni verdi nel modo più pragmatico possibile. Anche se la Commissione sarà il principale emittente di obbligazioni verdi per un valore di 250 miliardi di euro nei prossimi tre anni nel quadro di NextGenerationEU e gli Stati membri emetteranno obbligazioni verdi per un valore di circa 80 miliardi di euro in totale, il ruolo del settore privato nell’emissione delle obbligazioni verdi non deve essere sottovalutato. Evitando un numero eccessivo di disposizioni e regolamentazioni nel caso di emittenti societari si faciliterebbe l’adozione della norma per le obbligazioni verdi nei mercati dei capitali dell’UE. È tuttavia opportuna una certa cautela. Secondo la proposta, le obbligazioni verdi emesse dal settore pubblico negli Stati membri non sarebbero soggette a revisione esterna, come previsto nella presente proposta. Fermo restando l’obbligo degli emittenti del settore pubblico di rendere conto agli investitori in obbligazioni, alla luce degli impegni assunti dagli Stati membri in relazione alla transizione verso regimi a basse emissioni di carbonio, l’applicazione generalizzata della norma UE per le obbligazioni verdi garantirebbe tale impegno. D’altro canto, l’autorizzazione di due tipi di obbligazioni verdi (uno per il settore pubblico e uno per gli emittenti societari) potrebbe tradursi in almeno due norme diverse. |
3.14. |
Un altro aspetto da considerare riguarda le modalità di accesso degli emittenti di obbligazioni verdi di paesi terzi al mercato dei capitali dell’UE e viceversa e quindi la necessità di allineare le tassonomie tra le diverse giurisdizioni sul piano mondiale. In tale contesto, è necessario fare riferimento alla piattaforma internazionale sulla finanza sostenibile (IPSF), che rappresenta un forum per il dialogo tra decisori politici, con l’obiettivo generale di aumentare il capitale privato impiegato in investimenti sostenibili dal punto di vista ambientale. L’obiettivo ultimo dell’IPSF è favorire la mobilitazione di capitale privato a favore di investimenti ecosostenibili. L’IPSF offre pertanto un forum multilaterale di dialogo tra decisori politici al fine di aiutare gli investitori a individuare e cogliere opportunità di investimento sostenibile che contribuiscano davvero al conseguimento di obiettivi climatici e ambientali. Il forum dovrebbe inoltre fornire la possibilità di discutere e di individuare una soluzione condivisa in merito all’allineamento delle tassonomie. |
3.15. |
Come sottolineato in precedenza, l’ESMA, in qualità di autorità di vigilanza del mercato dei capitali dell’UE, svolgerebbe un ruolo fondamentale nel garantire che le norme proposte siano applicate nel modo più pragmatico possibile. Sarebbe a tal fine necessario rafforzarne le competenze e capacità in qualità di autorità di vigilanza dei supervisori delle obbligazioni verdi europee. La Commissione stabilisce i criteri relativi alle qualifiche e alla trasparenza che rappresentano una solida base di riferimento per l’ESMA. Il CESE ritiene che, rafforzando le proprie capacità, l’ESMA potrebbe con il tempo sostenere le controparti di paesi terzi nell’applicazione di norme analoghe e quindi agevolare l’accesso degli investitori dell’UE ai mercati emergenti. |
3.16. |
Un altro punto da considerare è che la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio richiederà finanziamenti notevolmente superiori a quelli previsti nel quadro di NextGenerationEU. Il settore privato sta già svolgendo un ruolo in detta transizione, ma è necessario fare molto di più. La norma UE per le obbligazioni verdi consentirebbe in tal senso di sviluppare ulteriormente il nascente mercato delle obbligazioni verdi e di mobilitare ulteriori emittenti, oltre a facilitare il finanziamento transfrontaliero nei mercati dei capitali. In ultima analisi, la norma proposta per le obbligazioni verdi migliorerebbe la reputazione dei potenziali emittenti e investitori e rafforzerebbe il loro impegno a favore dello sviluppo sostenibile e degli obiettivi ambientali, nello specifico quelli riguardanti la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento a questi ultimi, l’uso sostenibile e la protezione delle risorse idriche e marine, la transizione verso un’economia circolare, il riciclaggio, la prevenzione degli sprechi, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento e la salvaguardia di ecosistemi salubri. I pertinenti obiettivi ambientali e sociali diventerebbero così parte di ogni strategia aziendale. La promozione di un marchio di qualità ecologica dell’UE per i prodotti finanziari, riducendo al minimo la burocrazia, contribuirebbe inoltre a sostenere le imprese private nell’adozione di tale strategia. |
3.17. |
Con il tempo, il CESE ritiene che gli investitori opteranno per le norme dell’UE sulle obbligazioni verdi, poiché garantiscono che i fondi siano utilizzati in linea con la tassonomia, il che a sua volta riduce i requisiti di comunicazione a carico degli investitori. L’obiettivo dovrebbe pertanto essere l’adozione della norma proposta per le obbligazioni verdi nell’UE, sia nel settore pubblico che in quello privato. |
3.18. |
Il CESE accoglierebbe in tal senso con favore che le obbligazioni verdi esistenti mantenessero i diritti acquisiti nel quadro della norma proposta, nonché l’eventuale applicazione di tali norme per le obbligazioni emesse nel quadro dello strumento NextGenerationEU. Il CESE è fermamente convinto che le obbligazioni verdi conformi alla tassonomia contribuirebbero al conseguimento degli obiettivi ambientali. Ritiene altresì che la norma UE per le obbligazioni verdi aumenterà l’interesse degli investitori nei confronti di tali investimenti, rafforzando ulteriormente il mercato delle obbligazioni verdi. Per quanto si tratti di sviluppi positivi per gli emittenti e gli investitori, il CESE mette in guardia in merito alle sfide summenzionate. |
3.19. |
Procedendo e dando per scontato che la proposta sia adottata senza modifiche, sarebbe interessante valutare i) la misura in cui gli investitori, all’interno e all’esterno dell’UE, chiederanno che gli emittenti si conformino alle norme proposte o se la proposta causerà divergenze nel mercato delle obbligazioni verdi tra l’UE e il resto del mondo e ii) in che modo la proposta attuazione della norma per le obbligazioni verdi inciderà sugli sviluppi del mercato delle obbligazioni verdi all’interno e all’esterno dell’UE. |
3.20. |
Il CESE reputa che tale aspetto sia particolarmente importante, poiché le sfide ambientali, come i cambiamenti climatici, non possono essere affrontate dall’UE da sola. A meno che non si trovi un accordo sull’allineamento della tassonomia con i paesi terzi, è improbabile che il regolamento relativo a una norma volontaria per le obbligazioni verdi proposto dalla Commissione possa diventare una norma per il mercato mondiale delle obbligazioni verdi. Ciò porterebbe alla frammentazione dei mercati dei capitali e potrebbe indurre gli emittenti di paesi terzi a non adottare le norme proposte dalla Commissione, il che a sua volta potrebbe ridurre i flussi di fondi necessari per rispondere alle gravi sfide ambientali, in particolare ai cambiamenti climatici. |
3.21. |
Il CESE accoglie infine con favore il requisito previsto dalla tassonomia dell’UE secondo cui gli investimenti devono soddisfare il principio «non arrecare un danno significativo» e garanzie minime di salvaguardia, dato il costante bisogno di attribuire priorità alla trasformazione verde unitamente alla protezione sociale e alla salvaguardia dei diritti umani e dei lavoratori. Ciò potrebbe tuttavia limitare la portata dell’allineamento della tassonomia con paesi terzi, soprattutto se tali giurisdizioni non soddisfano i criteri del principio «non arrecare un danno significativo», come il riconoscimento del diritto alla contrattazione collettiva. A tal fine, il CESE propone un apposito comitato di monitoraggio incaricato di sorvegliare le dinamiche del mercato delle obbligazioni verdi, con il coinvolgimento delle parti sociali. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (GU L 198 del 22.6.2020, pag. 13).
(2) Climate Bonds Initiative (2021), Regional breakdown of green bond issuance, by volume of issuance (Suddivisione regionale delle emissioni di obbligazioni verdi, per volume di emissione).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/111 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2014/59/UE per quanto riguarda il trattamento prudenziale dei gruppi di enti a rilevanza sistemica a livello globale con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo e metodologia di sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per il soddisfacimento del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili
[COM(2021) 665 final — 2021/0343 (COD)]
(2022/C 152/18)
Relatore generale: |
Antonio GARCÍA DEL RIEGO |
Consultazioni |
Consiglio dell’Unione europea, 26.11.2021 Parlamento europeo, 22.11.2021 |
Base giuridica |
Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale |
Decisione della presidente del CESE |
9.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
174/2/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE ritiene necessario inserire direttamente nel CRR (regolamento sui requisiti patrimoniali) una specifica disciplina prudenziale della sottoscrizione indiretta di strumenti ammissibili per l’MREL (requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili) interno. Le modifiche proposte al CRR risolverebbero le incongruenze rilevate tra il CRR stesso e la BRRD (direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche). |
1.2. |
Il CESE raccomanda di chiarire le disposizioni del CRR sul raffronto tra — da un lato — la somma dei requisiti effettivi relativi alla capacità totale di assorbimento delle perdite (TLAC) di tutti i gruppi soggetti a risoluzione all’interno di un gruppo di enti a rilevanza sistemica globale (G-SII) con strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo (MPE) e — dall’altro — il requisito teorico dello stesso gruppo ai fini dello SPE (punto di avvio singolo). Le modifiche proposte sono necessarie per precisare i margini a disposizione delle autorità di risoluzione per sanare le potenziali incongruenze tra i requisiti dello SPE e dell’MPE. |
1.3. |
Il CESE sottolinea la necessità di modificare la formula per il calcolo dell’eccedenza di TLAC/MREL di una filiazione nel regime generale di deduzione applicabile ai G-SII con strategia di risoluzione a MPE, affinché si allinei alla norma TLAC tenendo conto non solo del requisito TLAC/MREL della filiazione basato sul rischio ma anche di quello non basato sul rischio. Si eviterebbe così una sovrastima dell’eccedenza di TLAC/MREL della filiazione. |
1.4. |
Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che è opportuno precisare alcune disposizioni del CRR applicabili ai G-SII con strategia di risoluzione a MPE, così da poter prendere in considerazione le filiazioni stabilite al di fuori dell’UE. Il CRR risulterebbe così allineato al corrispondente principio di TLAC concordato a livello internazionale, che si applica alle filiazioni stabilite in qualsiasi giurisdizione del Consiglio per la stabilità finanziaria. |
1.5. |
Il CESE raccomanda di apportare precisazioni mirate riguardo al requisito di fondi propri e passività ammissibili degli enti che sono filiazioni significative di G-SII non UE («TLAC interna»), in modo che gli strumenti di debito emessi da tali enti soddisfino tutti i criteri di ammissibilità validi per gli strumenti di passività ammissibili. La modifica si giustifica perché attualmente i criteri di ammissibilità validi per gli strumenti di passività ammissibili presuppongono che questi siano emessi da un ente soggetto a risoluzione e non da filiazioni tenute a soddisfare un requisito della TLAC interna. La discrepanza sarebbe sanata precisando che le stesse condizioni di ammissibilità applicabili agli enti soggetti a risoluzione si applicano anche, con gli opportuni adattamenti, agli enti non soggetti a risoluzione. In tal modo gli enti in questione potrebbero soddisfare il requisito della TLAC interna anche con le passività ammissibili, così come previsto in origine dai colegislatori. |
1.5.1. |
Il CESE sottolinea che le banche MPE dovrebbero poter avvalersi degli adeguamenti stabiliti nella lista delle condizioni TLAC, che sono concepiti in modo da assicurare un trattamento equivalente tra i modelli di risoluzione a SPE e quelli di risoluzione a MPE. Tali adeguamenti sono stabiliti agli articoli 12 bis e 72 sexies, paragrafo 4, del regolamento modificato sui requisiti patrimoniali (CRR II), ma questi due articoli non comprendono i paesi terzi. In particolare, l’articolo 12 bis, nella sua formulazione attuale, indica che gli adeguamenti derivanti da differenze nelle attività ponderate per il rischio (RWA) sono limitati agli enti con sede nell’UE, in quanto il concetto di entità soggetta a risoluzione si riferisce solo alle filiazioni con sede centrale nell’UE. È importante ampliare il campo di applicazione in modo includere ogni altra filiazione che il gruppo considerato potrebbe avere in qualsiasi altro paese. |
1.6. |
Il CESE ritiene che questo obiettivo non sia raggiunto con la recente proposta della Commissione, in quanto il confronto tra il requisito teorico ai fini dello SPE e la somma delle RWA di ciascuna entità soggetta a risoluzione esclude le filiazioni di paesi terzi; infatti, il confronto fa riferimento agli articoli 45 quinquies e 45 nonies della BRRD, e questa direttiva non riguarda le filiazioni in paesi terzi, né le differenze tra RWA derivanti da criteri di calcolo diversi tra paesi terzi e Stati membri. La direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche è infatti applicabile solo alle differenze tra Stati membri. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) stabilisce, assieme alla direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD), il quadro normativo prudenziale per gli enti creditizi che operano nell’Unione. Il CRR e la CRD sono stati adottati all’indomani della crisi finanziaria del 2008-2009 al fine di rafforzare la resilienza degli enti che operano nel settore finanziario dell’UE, e sono in gran parte basati su norme di livello mondiale concordate con i partner internazionali dell’UE, in particolare il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (CBVB). |
2.2. |
Il CRR è stato successivamente modificato per colmare le sussistenti carenze del quadro normativo e per attuare alcuni elementi della riforma dei servizi finanziari a livello mondiale rimasti in sospeso eppure essenziali ai fini della resilienza degli enti. Una revisione importante è scaturita dal «pacchetto di misure di riduzione del rischio», adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 20 maggio 2019 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 7 giugno 2019. |
2.3. |
La riforma ha dato attuazione nell’Unione alla norma internazionale sulla capacità totale di assorbimento delle perdite (TLAC) degli enti a rilevanza sistemica a livello globale (G-SII) adottata dal Consiglio per la stabilità finanziaria (FSB) a novembre 2015, e ha rafforzato l’applicazione del requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL) riguardo a tutti gli enti stabiliti nell’Unione. |
2.4. |
La norma TLAC impone ai G-SII di detenere passività a elevata capacità di assorbimento delle perdite (sottoponibili a bail-in) per un importo sufficiente ad assicurare un assorbimento delle perdite e una ricapitalizzazione agevoli e rapidi in caso di risoluzione. L’attuazione della norma TLAC nel diritto dell’Unione, in particolare mediante la modifica del CRR, ha tenuto conto del vigente requisito minimo di fondi propri e passività ammissibili (MREL) specifico per ente, stabilito nella BRRD. TLAC e MREL sono pertanto essenziali per gestire efficacemente le crisi bancarie e ridurne l’impatto negativo sulla stabilità finanziaria e sulle finanze pubbliche. TLAC e norme rivedute sull’MREL sono applicabili nell’Unione rispettivamente dal 27 giugno 2019 e dal 28 dicembre 2020. |
2.5. |
In linea con le norme internazionali, il diritto dell’Unione ammette per la risoluzione sia la strategia a punto di avvio unico (SPE) sia la strategia a punto di avvio multiplo (MPE). Nella strategia a SPE l’azione di risoluzione interessa uno solo dei soggetti del gruppo («entità soggetta a risoluzione») — tipicamente, l’impresa madre — e non gli altri — solitamente, le filiazioni operative — le cui perdite sono piuttosto trasferite all’ente soggetto a risoluzione mentre il capitale è incanalato a valle verso la filiazione. Si garantiscono così continuità e regolarità operative delle filiazioni anche dopo il raggiungimento del punto di insostenibilità economica. |
2.6. |
Nella strategia a MPE la risoluzione può interessare più di un soggetto del gruppo bancario, il quale può pertanto contare al suo interno più di una entità soggetta a risoluzione e quindi più di un gruppo soggetto a risoluzione. Il metodo MPE muove dalla ricerca di una risoluzione praticabile e credibile del gruppo soggetto a risoluzione che non comprometta la possibilità di risoluzione degli altri enti e gruppi soggetti a risoluzione presenti nello stesso gruppo bancario consolidato. In base al quadro di risoluzione delle banche riveduto, l’MREL dell’ente soggetto a risoluzione dev’essere determinato al livello consolidato del gruppo soggetto a risoluzione («MREL esterno»). |
2.7. |
Il quadro stabilisce altresì le modalità di ripartizione della capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione all’interno del gruppo soggetto a risoluzione («MREL interno»). In virtù della BRRD gli strumenti finanziari ammissibili per l’MREL interno devono di norma essere detenuti dall’entità soggetta a risoluzione, ossia tipicamente dall’impresa madre. |
2.8. |
L’Autorità bancaria europea (ABE) ha cominciato a inizio 2020 a lavorare a un progetto di norme tecniche di regolamentazione basandosi su un regime di deduzione, secondo il mandato impartito dalla BRRD e le raccomandazioni contenute nelle norme internazionali in materia (1). Il regime di deduzione definito dall’ABE prevede che gli strumenti ammissibili per l’MREL interno emessi dalle filiazioni per l’entità soggetta a risoluzione tramite un’impresa madre intermedia siano detratti integralmente dall’importo della capacità di MREL interno dell’impresa madre intermedia. |
2.9. |
L’ABE è giunta quindi alla conclusione che è impossibile rispettare gli obblighi della BRRD senza l’adozione di ulteriori disposizioni, la cui specificazione deve collocarsi in un testo di primo livello. Oltre alla necessità di attivare la sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per soddisfare l’MREL interno, dalla data di applicabilità della disciplina TLAC/MREL riveduta, nel 2019, sono emerse altre questioni collegate alla risoluzione, che riguardano principalmente il trattamento normativo dei gruppi G-SII con strategia di risoluzione a MPE, compresi i gruppi che hanno filiazioni in paesi terzi. Ad esempio, il CRR attuale non precisa se i diversi adeguamenti della TLAC per i G-SII con strategia di risoluzione a MPE riguardino anche le filiazioni del G-SII situate in paesi terzi. |
2.10. |
Per regolare le questioni indicate occorre apportare alcune modifiche mirate a specifici aspetti del CRR che trattano di risoluzione. Occorre in particolare allineare maggiormente al trattamento definito nella norma TLAC la disciplina dei gruppi G-SII con strategia di risoluzione a MPE, compresi quelli che hanno filiazioni in paesi terzi. Si contribuirebbe così ad assicurare che, in caso di risoluzione, ciascuna entità e ciascun gruppo appartenenti a tali G-SII e soggetti a risoluzione possano continuare a svolgere le funzioni essenziali senza rischio di contagio. |
2.11. |
Le modifiche proposte non altererebbero l’architettura complessiva della normativa, ma permetterebbero la corretta applicazione della TLAC e dell’MREL. |
2.12. |
Le modifiche del CRR proposte possono risultare determinanti per migliorare la possibilità di risoluzione dell’ente. Dato che le disposizioni corrispondenti sono già applicabili nell’Unione, è opportuno introdurre le modifiche proposte in tempi rapidi. Un’adozione celere è vieppiù necessaria dato che i gruppi bancari necessitano di chiarezza sul meccanismo, così da poter decidere come precostituire al meglio la capacità di MREL interno in considerazione del termine generale per conformarsi all’MREL, fissato al 1o gennaio 2024, con traguardi intermedi vincolanti da raggiungere entro il 1o gennaio 2022. |
2.13. |
Nessuna valutazione d’impatto distinta accompagna la presente proposta, in quanto questa non modifica elementi fondamentali del CRR bensì intende principalmente precisare il rapporto giuridico tra due vigenti atti di diritto dell’Unione, ossia CRR e BRRD, integrando direttamente nel CRR una specifica disciplina della sottoscrizione indiretta di strumenti ammissibili per l’MREL interno. Grazie alle precisazioni introdotte i due quadri giuridici a stretta interconnessione si manterrebbero allineati nella maggior parte degli aspetti. |
2.14. |
Si consentirebbe così agli enti di continuare a calcolare, segnalare e pubblicare, ai fini sia del CRR sia della BRRD, un unico importo complessivo dell’esposizione al rischio e un’unica misura dell’esposizione complessiva, evitando complicazioni inutili e gravose. In questo modo si tiene conto dell’eventuale necessità di emettere strumenti ammissibili per l’MREL aggiuntivi per soddisfare l’MREL interno, che i colegislatori hanno introdotto con la revisione della BRRD. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
Le strategie di risoluzione in fase di elaborazione da parte dei gruppi di gestione delle crisi si basano sostanzialmente su due approcci ad hoc: la «strategia di risoluzione a punto di avvio unico» (SPE), in cui i poteri di risoluzione sono applicati all’ente apicale di un gruppo da un’unica autorità nazionale di risoluzione, e la «strategia di risoluzione a punto di avvio multiplo» (MPE), in cui gli strumenti di risoluzione sono applicati a parti diverse del gruppo da due o più autorità di risoluzione che operano in modo coordinato. |
3.1.1. |
La strategia a punto di avvio unico (SPE) comporta l’applicazione di poteri di risoluzione — ad esempio, strumenti di bail-in e/o di trasferimento — all’impresa madre o alla società capogruppo da parte di un’unica autorità di risoluzione, probabilmente nella giurisdizione responsabile della vigilanza consolidata globale di un gruppo. Attraverso la strategia SPE le perdite subite da un gruppo sono assorbite dall’impresa madre o dalla società capogruppo attraverso, ad esempio, la riduzione del valore contabile e/o la conversione obbligatoria del debito non garantito emesso. |
3.1.2. |
Con la strategia a punto di avvio multiplo (MPE) i poteri di risoluzione sono applicati da parte di due o più autorità di risoluzione a parti diverse del gruppo considerato, ed è probabile che ne risulti una scissione del gruppo in due o più parti separate. La scissione del gruppo può essere operata per paese o regione, oppure per ramo d’attività, oppure combinando il primo criterio con il secondo. I poteri di risoluzione applicati alle parti separate non devono necessariamente essere gli stessi e possono includere varie alternative in termini di risoluzione, come il bail-in, la costituzione di un ente-ponte, il trasferimento di attività oppure la liquidazione. Le strategie a MPE richiedono tuttavia che le azioni siano coordinate tra le giurisdizioni al fine di evitare conflitti o incongruenze (che comprometterebbero l’efficacia delle singole azioni di risoluzione), la corsa alla vendita delle attività e la diffusione del contagio all’interno dell’impresa considerata. |
3.1.3. |
La scelta di un approccio non esclude necessariamente l’altro. In pratica, potrebbe essere necessaria una loro combinazione per tenere conto della struttura di un’impresa e dei regimi locali nelle principali giurisdizioni in cui opera. Ad esempio, alcune strategie a MPE possono comportare l’applicazione di più risoluzioni a punto di avvio multiplo a parti diverse dell’impresa, come i blocchi regionali separabili l’uno dall’altro. |
3.2. |
La proposta si basa in larga misura sul lavoro preparatorio svolto dall’ABE, in particolare per quanto riguarda l’elaborazione delle norme tecniche di regolamentazione sulla sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per l’MREL interno nei gruppi soggetti a risoluzione. Scopo principale della proposta è parare le conseguenze indesiderate per il vigente quadro TLAC/MREL risultanti dalle attuali norme del CRR. L’impatto delle modifiche proposte in termini di oneri amministrativi per gli enti e di costi derivanti loro dall’adeguamento delle operazioni interne sarebbe contenuto: la maggior parte dei costi attesi sarebbero infatti compensati dal fatto che si porrebbero le condizioni per il corretto funzionamento del metodo della sottoscrizione indiretta degli strumenti ammissibili per l’MREL interno nei gruppi soggetti a risoluzione e, per gli enti interessati, dai benefici di un migliore riconoscimento delle filiazioni di paesi terzi e dall’ulteriore precisazione dell’ammissibilità degli strumenti emessi ai fini del requisito della TLAC interna. |
3.3. |
In particolare, la proposta di regolamento prevede: |
3.3.1. |
Una disciplina specifica per la sottoscrizione indiretta di strumenti ammissibili per l’MREL interno. La proposta di regolamento introduce infatti nel CRR l’obbligo, per le imprese madri intermedie nella catena di proprietà, di dedurre dalla propria capacità di MREL interno l’importo degli strumenti ammissibili per l’MREL interno che detengono, fondi propri compresi, emessi dalle loro filiazioni appartenenti allo stesso gruppo soggetto a risoluzione. |
3.3.2. |
Un raffronto tra il requisito teorico dello SPE e la somma dei requisiti effettivi dell’MPE. Il CRR stabilisce che i gruppi G-SII con strategia di risoluzione a MPE devono calcolare il requisito della TLAC nell’ipotesi teorica che il gruppo sia risolto con strategia di risoluzione a SPE (requisito teorico dello SPE). L’autorità di risoluzione deve poi raffrontare tale requisito teorico dello SPE con la somma dei requisiti effettivi della TLAC di ciascuna entità soggetta a risoluzione del gruppo nel quadro di una strategia di risoluzione a MPE (requisiti dell’MPE). Riguardo alle conseguenze di questo raffronto non vi è però coerenza fra le disposizioni del CRR. |
3.3.3. |
Deduzioni da elementi di passività ammissibili. L’intento della disposizione è ridurre al minimo il rischio di contagio all’interno di un gruppo G-SII e fare sì che gli enti soggetti a risoluzione dispongano di sufficiente capacità di assorbimento delle perdite in caso di dissesto, in modo che tale capacità non sia erosa dalle perdite causate dagli strumenti di TLAC detenuti all’interno del gruppo. Senza tali deduzioni il dissesto di uno degli enti soggetti a risoluzione del gruppo G-SII comporterebbe perdite per gli altri e, di conseguenza, una diminuzione della loro capacità di assorbimento delle perdite e di ricapitalizzazione. |
3.3.4. |
La considerazione delle filiazioni stabilite al di fuori dell’Unione. Gli articoli 12 bis e 72 sexies, paragrafo 4, CRR non contemplano esplicitamente le filiazioni situate in paese terzo. I gruppi bancari dell’UE con strategia globale di risoluzione a MPE potrebbero quindi trovarsi nell’impossibilità di tenere conto delle filiazioni stabilite al di fuori dell’Unione. |
3.3.5. |
Precisazioni circa l’ammissibilità degli strumenti di debito emessi nel contesto del requisito della TLAC interna. L’articolo 92 ter del CRR stabilisce il requisito della TLAC interna per le filiazioni significative di G-SII di paesi terzi che non sono enti soggetti a risoluzione. Il requisito può essere soddisfatto con i fondi propri e gli strumenti di passività ammissibili indicati al medesimo articolo 92 ter, paragrafo 2. |
3.4. |
Modifiche dettagliate alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 e la direttiva 2014/59/UE per quanto riguarda il trattamento prudenziale dei gruppi G-SII con una strategia di risoluzione a MPE. |
3.4.1. Calcolo consolidato per i G-SII con più enti soggetti a risoluzione (articolo 12 bis)
3.4.1.1. |
Il CESE sottolinea che le banche MPE dovrebbero poter avvalersi degli adeguamenti stabiliti nella lista delle condizioni TLAC, che sono concepiti in modo da assicurare un trattamento equivalente tra i modelli di risoluzione a SPE e quelli di risoluzione a MPE. Tali adeguamenti sono stabiliti agli articoli 12 bis e 72 sexies, paragrafo 4, del regolamento modificato sui requisiti patrimoniali (CRR II), ma questi due articoli non comprendono i paesi terzi. In particolare, l’articolo 12 bis, nella sua formulazione attuale, indica che gli adeguamenti derivanti da differenze nelle RWA sono limitati agli enti con sede nell’UE, in quanto il concetto di entità soggetta a risoluzione si riferisce solo alle filiazioni con sede centrale nell’UE. È importante ampliare il campo di applicazione in modo da includere ogni altra filiazione che il gruppo considerato potrebbe avere in qualsiasi altro paese. |
3.4.1.2. |
Il CESE ritiene che questo obiettivo non sia raggiunto con la recente proposta della Commissione, in quanto il confronto tra il requisito teorico ai fini dello SPE e la somma delle RWA di ciascuna entità soggetta a risoluzione esclude le filiazioni di paesi terzi; infatti, il confronto fa riferimento agli articoli 45 quinquies e 45 nonies della BRRD, e questa direttiva non riguarda le filiazioni in paesi terzi, né le differenze tra RWA derivanti da criteri di calcolo diversi tra paesi terzi e Stati membri. La direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche è infatti applicabile solo alle differenze tra Stati membri. |
3.4.1.3. |
Per quanto riguarda la necessità di un accordo per effettuare tale adeguamento, il CESE è dell’avviso che, sebbene l’articolo 45 nonies, punti da 4 a 6, della direttiva BRRD II preveda una procedura specifica per un accordo sul requisito dei fondi propri e delle passività ammissibili, tale procedura è applicabile solo nel caso di autorità di risoluzione diverse all’interno dell’UE e nell’ambito di un regolamento comune. A titolo di esempio per spiegare perché la procedura non è valida per i paesi terzi, si ricorda che è previsto il coinvolgimento dell’ABE nei casi in cui non si raggiunga un accordo tra le autorità di risoluzione. |
3.4.1.4. |
La proposta del CESE è che, qualora gli adeguamenti riguardino una filiazione in un paese terzo, l’autorità europea di risoluzione dell’impresa madre deve essere quella che, alla luce del parere non vincolante dell’autorità di risoluzione del paese terzo considerato, ha la capacità di applicare l’adeguamento senza che sia necessario raggiungere un accordo con l’autorità competente di tale paese terzo. |
3.4.2. Deduzioni da elementi di passività ammissibili (articolo 72 sexies)
3.4.2.1. |
Il CESE sottolinea che l’articolo 72 sexies prevede un periodo di mantenimento dei diritti acquisiti (grandfathering) fino al 31 dicembre 2024 (termine per l’attuazione della TLAC nei paesi terzi). Durante il periodo di transizione le banche con strategia di risoluzione a MPE potranno rettificare la deduzione sulle partecipazioni in filiazioni di paesi terzi senza un requisito di risoluzione equivalente, calcolando l’eccedenza sulla base del requisito patrimoniale totale applicabile nel paese terzo. In caso contrario si produrrebbe una conseguenza indesiderata, in quanto aumenterà la necessità di emettere passività ammissibili per effetto dell’impossibilità a rettificare la partecipazione in una filiazione di un paese terzo; inoltre, a partire dal 2025, con l’introduzione di un regime di risoluzione, il requisito dell’impresa madre diminuirà per effetto di rettifiche minori a correzione della deduzione sulle partecipazioni in paesi terzi, rendendo quindi superflua l’emissione di passività ammissibili. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Consiglio per la stabilità finanziaria, Guiding Principles on the Internal Total Loss-absorbing Capacity of G-SIBs (Principi guida sulla capacità totale di assorbimento delle perdite dall’interno delle banche d’importanza sistemica), 6 luglio 2017. In base al regime gli strumenti ammissibili per l’MREL interno emessi dalla filiazione e sottoscritti dall’impresa madre intermedia sarebbero detratti integralmente dagli strumenti ammissibili emessi dall’impresa madre intermedia per conformarsi al proprio MREL interno.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/116 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Primi insegnamenti della pandemia di COVID-19»
[COM(2021) 380 final]
(2022/C 152/19)
Relatore: |
Tomasz Andrzej WRÓBLEWSKI |
Correlatore: |
Ákos TOPOLÁNSZKY |
Consultazione |
Commissione, 10.8.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali e cittadinanza |
Adozione in sezione |
24.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
204/1/8 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore l’azione dell’Unione europea e delle sue istituzioni volta a valutare costantemente i processi durante la pandemia, per quel che riguarda sia l’onere senza precedenti sui sistemi sanitari che l’impatto sull’Unione europea nel suo complesso. |
1.2. |
La Commissione europea elenca 10 importanti insegnamenti tratti dalla pandemia, ma il CESE si rammarica che essa faccia solo un breve accenno a «l’impatto iniquo della crisi, che ha colpito maggiormente i gruppi più vulnerabili». Nelle raccomandazioni bisogna esaminare con occhio critico ciò che è stato fatto finora in tutti i settori, distinguendo tra le cose che hanno funzionato bene e quelle che vanno migliorate. Dobbiamo anche capire come affrontare i problemi delle ben note carenze di manodopera, delle strozzature nelle catene di approvvigionamento e del rapido aumento dei prezzi dell’energia, che rendono difficile il ritorno al normale funzionamento delle società e delle loro economie. |
1.3. |
Il CESE osserva che è necessario disporre di strumenti e piani che possano essere attivati e attuati celermente di fronte a una situazione di crisi a livello dell’UE. Esprime vivo compiacimento per i piani dell’Unione europea volti a istituire un quadro di riferimento per lo stato di emergenza pandemico e degli standard per la risposta alle crisi. Chiede un elevato livello di coordinamento e trasparenza in tutte le procedure, in particolare quando è necessario che le amministrazioni pubbliche a livello europeo e nazionale decidano e agiscano con rapidità. |
1.4. |
La COVID-19 ha messo in evidenza le disparità dei modelli sanitari esistenti; i gruppi vulnerabili sono risultati esposti al virus in maniera diseguale. Il CESE rileva la necessità di programmi che assicurino l’accesso all’assistenza preventiva e riabilitativa, anche durante una crisi sanitaria. Pertanto, in futuro le disposizioni per le emergenze pandemiche dovrebbero essere modulate in modo tale che, in situazioni di questo tipo, l’assistenza sanitaria di base possa funzionare senza che vi siano conseguenze maggiori sulla salute a livello della società. |
1.5. |
Secondo il CESE, l’UE dovrebbe continuare a rispondere alla crisi in modo coerente e globale, in particolare attraverso lo strumento COVAX e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), nonché con nuovi farmaci e nuove terapie, e a rafforzare e sostenere l’architettura della sicurezza sanitaria mondiale. In quest’ottica, va rafforzato il ruolo dell’UE nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità. |
1.6. |
Lo scoppio della pandemia di COVID-19 ha evidenziato la natura globale delle situazioni di crisi e il loro impatto su tutti i sottosistemi della società. A tale riguardo, risulta particolarmente importante rendere i sistemi di politica sociale adeguati e più inclusivi, al fine di aiutare le persone emarginate e che vivono in situazioni particolarmente difficili. |
1.7. |
Sulla base di diversi pareri (1) e del pilastro dei diritti sociali, il CESE sostiene le misure messe in campo a livello dell’UE e degli Stati membri per promuovere la cooperazione tra i sistemi sanitari nel rispetto di valori europei quali la dignità e la concorrenza leale e puntare a una convergenza verso l’alto dei sistemi sanitari e sociali. |
1.8. |
Durante la pandemia abbiamo assistito alla necessaria espansione, in misura senza precedenti, dell’intervento europeo e statale a sostegno sia delle singole imprese che dei singoli cittadini. Il CESE sottolinea che è importante passare dalle misure di emergenza agli investimenti produttivi per una ripresa inclusiva e sostenibile a medio e lungo termine, e anche al fine di evitare il rischio che le politiche monetarie e di bilancio possano essere esposte a elevati rischi inflazionistici, capaci di condurre a una stagflazione. |
1.9. |
Il CESE accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea volti a sostenere le campagne nazionali di alfabetizzazione mediatica realizzate in collaborazione con l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) e con il gruppo di esperti sull’alfabetizzazione mediatica, dando così un contributo ulteriore alla lotta contro la disinformazione, in particolare anti-vaccinazione, che provoca timori infondati e gravi danni. |
1.10. |
Il Comitato è favorevole agli sforzi volti a intensificare la cooperazione internazionale e a consolidare la forza dell’Europa nelle istituzioni internazionali. Il CESE sottolinea che qualsiasi indebolimento della posizione e del coinvolgimento dell’Europa nelle organizzazioni internazionali offre ad altri paesi al di fuori dell’UE la possibilità di agire in modo contrario ai valori propugnati dall’Unione. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
All’inizio del 2020 la pandemia di COVID-19 ha messo in luce alcune delle attuali disfunzioni del settore sanitario, di molti Stati e istituzioni dell’UE, nonché di alcuni settori economici. Tutto questo ha ulteriormente aumentato la gravità della crisi e lo squilibrio sociale. |
2.2. |
Il Comitato accoglie con favore l’azione dell’Unione europea e delle sue istituzioni volta a valutare costantemente i processi durante la pandemia, per quel che riguarda sia l’onere senza precedenti sui sistemi sanitari che l’impatto sull’Unione europea nel suo complesso. Il Comitato sottolinea che il periodo che abbiamo vissuto dovrebbe anche essere considerato come un banco di prova, in situazione di emergenza, del funzionamento dell’UE sul piano democratico e dell’unità d’intenti. |
2.3. |
Il CESE riconosce gli enormi sforzi messi in campo dalle diverse istituzioni dell’UE impegnate nel coordinamento degli aiuti alla vaccinazione, dalle istituzioni nazionali che gestiscono programmi di protezione e sostegno sociale e dalle imprese che hanno fatto tutto il possibile per proteggere i loro dipendenti e le loro attività e che hanno raccolto la sfida di tornare rapidamente alla normalità sul piano dell’occupazione e della fornitura di prodotti essenziali. Al tempo stesso, il Comitato osserva che resta ancora molto da fare per garantire la piena stabilità e l’equilibrio del mercato del lavoro. |
2.4. |
Il CESE sottolinea che il primo e principale insegnamento che abbiamo tratto è che, soprattutto durante una pandemia che colpisce più regioni e/o Stati, bisogna lavorare insieme a livello europeo per trovare strumenti comuni finalizzati non solo a fornire una risposta dal punto di vista sanitario, ma anche a gestire l’emergenza e ad accompagnare la transizione verso una ripresa che sia al contempo rapida, inclusiva e sostenibile. Il Comitato sottolinea l’approccio positivo delle istituzioni europee nel mettere a punto strumenti finanziari nuovi e innovativi, concordati secondo un’impostazione solidale basata sull’interesse comune. |
2.5. |
Il peggiore scenario possibile sarebbe l’insorgere di un’altra crisi prima che l’attuale situazione sia pienamente stabilizzata. È pertanto prioritario che la Commissione europea agisca oggi per rafforzare la resilienza dei sistemi economici, sociali e sanitari del futuro. Il CESE concorda con questa strategia e conviene che è necessario non solo sottoporre a una disamina critica gli insegnamenti tratti, ma anche rafforzare la gestione delle crisi nell’Unione europea. |
2.6. |
La Commissione europea elenca 10 importanti insegnamenti tratti dalla pandemia, ma fa solo un breve accenno a «l’impatto iniquo della crisi, che ha colpito maggiormente i gruppi più vulnerabili». Per formulare delle raccomandazioni bisogna esaminare con occhio critico ciò che è stato fatto finora, distinguendo tra ciò che ha funzionato bene e ciò che deve essere migliorato. |
2.7. |
A mano a mano che usciamo dalla crisi, le carenze di manodopera in occupazioni «poco qualificate» ma di vitale importanza si rivelano un problema serio. La crisi ha inoltre messo in luce la nostra vulnerabilità alla frammentazione delle catene di approvvigionamento mondiali e la necessità di ripensare la strategia industriale in relazione alla fabbricazione di prodotti essenziali. |
3. Gestione delle crisi
3.1. |
Il CESE esprime vivo compiacimento per i piani dell’Unione europea volti a istituire un quadro di riferimento per lo stato di emergenza pandemico e degli standard per la risposta alle crisi. Il CESE approva gli sforzi in corso non solo per monitorare e rivedere la gestione delle crisi, ma anche per investire in tale gestione, e appoggia altresì i piani della Commissione per l’elaborazione di una relazione annuale sullo stato di preparazione. |
3.2. |
Il CESE osserva che è necessario disporre di strumenti e piani che possano essere attivati e attuati celermente di fronte a una situazione di crisi a livello dell’UE. Gli strumenti a livello nazionale dovrebbero essere di natura complementare, in modo da consentire ai paesi di reagire in misura adeguata alla situazione di crisi rilevata nel proprio territorio. |
3.3. |
Il CESE sottolinea quanto sia importante, nelle situazioni di crisi a livello globale, prendere seriamente in considerazione il principio di una solidarietà efficace, basata sulle necessità primarie. |
3.4. |
Il CESE osserva che le risposte date inizialmente dalle istituzioni non sono state sempre adeguate, in parte a causa della mancanza di coordinamento tra gli Stati membri. Malgrado le critiche iniziali mosse alla strategia di vaccinazione dell’UE, i benefici dell’azione collettiva sono diventati ormai più visibili. L’esperienza maturata deve servire a migliorare la risposta dell’UE alle crisi future. |
3.5. |
Il CESE sottolinea la necessità di stabilire standard europei comuni per la raccolta e la standardizzazione dei dati statistici, soprattutto nel settore della salute. È inoltre necessario esaminare le metodologie statistiche applicate finora in ciascun settore. Ciò è importante se si vuole che in futuro i processi decisionali siano adeguati e basati su dati concreti.
Il CESE osserva che, nell’imminenza dello scoppio della pandemia, sono state rilevate carenze persistenti sul piano non solo della consulenza professionale affidabile, ma anche dell’accesso alla ricerca epidemiologica. È pertanto necessario coordinare e razionalizzare le competenze professionali in materia epidemiologica a livello dell’UE. Il Comitato appoggia la nomina di un responsabile epidemiologico europeo che, nell’esercizio delle sue funzioni consultive, coadiuverà il processo decisionale a livello nazionale e dell’UE. |
4. Protezione della salute
4.1. |
La COVID-19 ha messo in evidenza le disparità dei modelli sanitari esistenti; i gruppi vulnerabili sono risultati esposti al virus in maniera diseguale. I sistemi esistenti di risposta rapida, quali il sistema di allarme rapido e di reazione dell’Unione europea (SARR), il sistema di ricerca delle informazioni sulle epidemie (EPIS) e il sistema europeo di sorveglianza (TESSy), devono essere riveduti e la loro efficacia deve essere rafforzata. Il sistema dovrebbe essere concepito in maniera tale da sostenere le persone con lavori a bassa retribuzione, le persone con malattie croniche o disabilità preesistenti, le persone che vivono in condizioni di estrema povertà e le persone anziane che vivono in strutture residenziali. Il CESE sottolinea la necessità di investire in servizi sanitari pubblici di qualità che, in linea con il principio 16 del pilastro dei diritti sociali, dovrebbero essere accessibili, anche sotto il profilo dei prezzi, a tutti i cittadini, nonché di sostenere l’assistenza sanitaria privata, che è stata anch’essa fondamentale durante la pandemia, qualora contribuisca ai compiti di sanità pubblica. |
4.2. |
Ribadendo quanto affermato nelle conclusioni del proprio parere sul programma «UE per la salute» (2), il CESE formula in questa sede ulteriori riflessioni sulle prime conclusioni che si possono trarre dalla crisi della COVID-19 nel settore della salute. |
4.3. |
Durante la pandemia gli Stati membri si sono concentrati sulle misure di emergenza, spesso a scapito dell’assistenza sanitaria preventiva e delle cure di riabilitazione. Il CESE rileva la necessità di programmi che assicurino l’accesso all’assistenza preventiva e riabilitativa, anche durante una crisi sanitaria. Pertanto, le disposizioni di emergenza per le situazioni future di pandemia dovrebbero essere modulate in modo da ripercuotersi il meno possibile sul funzionamento dell’assistenza sanitaria di base, al fine di evitare danni maggiori per la salute della società in situazioni di questo tipo. |
4.4. |
La strategia farmaceutica per l’Europa, adottata nel novembre 2020, è volta a modernizzare il quadro normativo e a sostenere la ricerca e la tecnologia in campo farmaceutico. Il CESE osserva che la capacità dei sistemi sanitari nazionali può essere rafforzata tramite l’inclusione attiva delle farmacie aperte al pubblico nel contesto dell’assistenza farmaceutica. |
4.5. |
La crisi pandemica ha messo in luce la carenza di operatori sanitari. Il CESE ribadisce che occorre prestare particolare attenzione al miglioramento delle loro condizioni di lavoro, in particolare in materia di retribuzioni, dell’istruzione, della riqualificazione e dell’aggiornamento professionale e dell’accesso alle strutture di assistenza all’infanzia, garantendo i più elevati standard di sicurezza disponibili nonché la possibilità per tutti i professionisti, anche nel settore sanitario, di vivere, circolare e lavorare liberamente in tutta l’UE (3). Poiché il 76 % degli operatori sanitari e l’84 % degli infermieri nell’UE sono donne, sono necessarie politiche che portino a una maggiore parità di genere eliminando gli ostacoli all’accesso all’occupazione a tempo pieno, affrontando il divario retributivo di genere, promuovendo il mantenimento in attività nel settore e sostenendo l’accesso allo sviluppo professionale e ai ruoli dirigenziali. Occorre elaborare procedure speciali per consentire, nelle situazioni critiche, l’assunzione rapida e sicura di personale medico proveniente da paesi al di fuori dell’Unione europea. |
4.6. |
Per quanto riguarda il quadro strategico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027, il CESE accoglie con favore la ferma raccomandazione della Commissione europea agli Stati membri di riconoscere la COVID-19 come malattia professionale, ma sottolinea la necessità di rivedere la raccomandazione in modo da includere tutti i lavoratori esposti al contagio senza protezione adeguata, compresi i lavoratori mobili e migranti, e i lavoratori stagionali in luoghi di lavoro non sicuri e in alloggi insalubri. |
4.7. |
Il CESE seguirà da vicino l’attuazione dell’Unione europea della salute, e raccomanda di tenere conto del legame tra salute animale e salute umana. Questa cooperazione evidenzia inoltre il fatto che, a causa della natura transfrontaliera delle pandemie, solo un’azione uniforme e ben coordinata può dimostrarsi efficace e avere successo, sulla base di un riconoscimento reciproco. |
4.8. |
Durante la pandemia di COVID-19, l’approccio adottato in Europa per le sperimentazioni cliniche è risultato frammentato e privo di coordinamento. Il CESE osserva che un approccio paneuropeo può consentire di razionalizzare le procedure e i processi di sperimentazione clinica, in particolare la sperimentazione di nuovi possibili farmaci per terapie efficaci e accessibili. Una piattaforma europea su larga scala per le sperimentazioni cliniche può rappresentare una soluzione in questo ambito. |
4.9. |
Secondo i dati della ricerca scientifica e le statistiche sul ricorso all’assistenza sanitaria, la crisi della COVID-19 potrebbe determinare un aumento significativo del rischio psicologico, che a sua volta potrebbe anche far aumentare lo sviluppo di malattie psicosomatiche. I sistemi sanitari di tutti gli Stati membri dell’UE devono tener conto di questo nuovo fenomeno di morbilità e degli effetti ancora poco studiati dei postumi della COVID-19 a lungo termine («long COVID»). |
4.10. |
Per l’Europa è prioritario prevenire le pandemie, così come prepararsi a situazioni di questo genere e sapervi rispondere. Secondo il CESE, l’UE dovrebbe continuare a rispondere alla crisi in modo coerente e globale, in particolare attraverso lo strumento COVAX e con nuovi farmaci e nuove terapie, e a rafforzare e sostenere l’architettura della sicurezza sanitaria mondiale. In quest’ottica, occorre rafforzare anche il ruolo dell’UE nel quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità. In un tale contesto, per rispondere alle necessità urgenti in particolare dei paesi in via di sviluppo, il CESE chiede alla Commissione europea di condurre, a livello europeo, un dibattito aperto sull’introduzione di una deroga volontaria temporanea all’accordo TRIPS per quanto riguarda i vaccini, le cure e i test per la COVID-19. Ciò al fine di creare le condizioni per un aumento della produzione mondiale di vaccini e una riduzione dei costi, e garantire così l’accesso alle suddette prestazioni alle persone di tutto il mondo. |
4.11. |
Per quanto riguarda le prime esperienze in campo sanitario a cui fa riferimento la comunicazione della Commissione, il CESE rileva una dolorosa incapacità di affermare che la disponibilità di interventi e servizi per far fronte allo stress sanitario è disomogenea, e che i gruppi vulnerabili non ricevono l’attenzione necessaria; per molti aspetti, la crisi della COVID-19 non ha fatto altro che amplificare tale situazione. La parità di accesso ai servizi e la loro disponibilità non dovrebbero solo rappresentare un criterio di valutazione, ma potrebbero anche costituire il mezzo per salvare vite umane. |
5. Aspetti sociali in generale
5.1. |
Nel 2021 le disuguaglianze tra donne e uomini si sono accentuate in tutta Europa, in particolare in seguito all’allarmante aumento dei casi di violenza contro le donne nel contesto della pandemia di COVID-19. Le misure di confinamento e isolamento hanno creato un ambiente favorevole al controllo coercitivo esercitato dagli autori di abusi sulle vittime e hanno portato a episodi di violenza fisica, psicologica e sessuale contro donne e ragazze, con un accesso limitato ai servizi di sostegno per le vittime; questa situazione è stata definita «pandemia ombra». Il CESE invita la Commissione europea ad adottare un quadro globale volto a prevenire e combattere tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, da una prospettiva femminista, attenta alla dimensione di genere e intersettoriale, al fine di garantire che, nel caso di una futura crisi sanitaria, si possa evitare una pandemia ombra. |
5.2. |
Nella sua risoluzione del 9 giugno 2021 (4), il Comitato sostiene che l’attuale situazione pandemica in Europa sta portando a un aumento della povertà e delle disuguaglianze, e che bisognerebbe convogliare risorse là dove sono più necessarie, al fine di garantire un’occupazione di qualità, ridurre la povertà e l’esclusione e promuovere l’imprenditorialità. |
5.3. |
Lo scoppio della pandemia di COVID-19 ha evidenziato la natura globale delle situazioni di crisi e il loro impatto su tutti i sottosistemi della società. A tale riguardo, risulta particolarmente importante rendere i sistemi di politica sociale adeguati e più inclusivi, al fine di aiutare le persone marginalizzate e che vivono in situazioni particolarmente difficili. |
5.4. |
Il CESE osserva inoltre con rammarico che le amministrazioni nazionali hanno coinvolto in misura insufficiente le parti sociali e le organizzazioni della società civile e hanno scarsamente tenuto conto dei loro contributi nella fase di elaborazione dei rispettivi piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR). Il CESE chiede che venga stabilita una condizionalità vincolante per le consultazioni che implichi il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile. |
5.5. |
Il Comitato evidenzia che l’impegno della Commissione a favore di un’Europa sociale, sostenibile e competitiva dovrebbe essere una priorità, tenendo conto anche, nel contempo, di eventuali nuovi indicatori per misurare il progresso economico che vadano oltre il PIL, ad esempio la qualità della vita, la sostenibilità ambientale, la coesione sociale, l’assistenza sanitaria e il benessere generale delle generazioni attuali e future. |
5.6. |
Il Comitato esorta la Commissione a concentrare l’attenzione sui diritti fondamentali, in particolare in rapporto al benessere socioeconomico. Andrebbe prestata particolare attenzione ai diritti, alla dignità e al benessere delle persone che potrebbero essere soggette a esclusione sociale e che potrebbero subire una qualche forma di discriminazione durante la pandemia di COVID-19 e nell’immediato dopo crisi. |
6. Economia e finanza
6.1. |
Durante la pandemia abbiamo assistito alla necessaria espansione, in misura senza precedenti, dell’intervento europeo e statale per sostenere finanziariamente sia le singole imprese che i singoli cittadini. Il CESE sottolinea che è importante passare dalle misure di emergenza agli investimenti produttivi per una ripresa inclusiva e sostenibile a medio e lungo termine, e anche al fine di evitare il rischio che le politiche monetarie e di bilancio possano essere esposte a elevati rischi inflazionistici, capaci di condurre a una stagflazione. |
6.2. |
Il CESE osserva che qualsiasi nuova riforma fiscale, a livello dell’UE o nazionale, dovrebbe tener conto della struttura delle economie nazionali, della salute delle imprese locali e, in particolare, della situazione di coloro che si sono trovati in una situazione difficile a causa della crisi. In tale contesto, il Comitato sottolinea che occorre analizzare la situazione economica e di bilancio per le imprese e i cittadini colpiti dall’improvviso aumento dei prezzi dell’energia. |
6.3. |
CESE concorda sul fatto che le nuove regole di bilancio e di spesa dovrebbero aiutare gli Stati membri a investire, tra l’altro, nell’istruzione, nell’attività di ricerca e sviluppo, nell’innovazione, nella sanità, nelle infrastrutture pubbliche e in uno sviluppo reale ed efficace del capitale umano, oltre che nell’efficienza delle loro amministrazioni. |
6.4. |
Il CESE invita la Commissione ad agevolare, in relazione ai principi della politica di concorrenza vigenti in materia di aiuti di Stato, l’adozione di misure temporanee da parte degli Stati membri per creare posti di lavoro a tempo pieno e sostenere le attività economiche colpite da situazioni di crisi, nonché a sviluppare modelli di partenariati pubblico-privato o soluzioni analoghe per limitare i rischi in tutta la società, in particolare quelli che colpiscono i soggetti privati nelle situazioni straordinarie di crisi. |
7. Società e tecnologia
7.1. |
Il Comitato richiama l’attenzione sul divario, emergente e crescente, in materia di istruzione tra i cittadini dell’Unione europea. Le generazioni più giovani sono state profondamente colpite dalle misure adottate per contenere la pandemia. Né gli Stati membri né le istituzioni dell’UE stanno affrontando attivamente tale questione, o la necessità di realizzare riforme nel sistema d’istruzione. Finora non sono stati presentati piani di ripresa o recupero sistemici. Il Comitato, tuttavia, riconosce che l’aggiornamento delle competenze e la riqualificazione saranno fondamentali per l’istruzione delle persone e la loro realizzazione professionale in futuro, e gli strumenti digitali sono una parte essenziale di qualsiasi futuro modello educativo. |
7.2. |
Garantire un accesso ampio e solidale ai servizi digitali è importante anche ai fini della coesione sociale. Come sottolinea giustamente la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound) (5), il progresso sulla strada verso società più coese in Europa può essere garantito mediante politiche incentrate sull’integrazione economica e sociale dei cittadini e ponendo maggiormente l’accento sulle competenze digitali. |
7.3. |
Il CESE accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea volti a sostenere le campagne nazionali di alfabetizzazione mediatica realizzate in collaborazione con l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) e con il gruppo di esperti sull’alfabetizzazione mediatica, dando così un contributo ulteriore alla lotta contro la disinformazione e rafforzando la resilienza della società contro i contenuti falsi e la disinformazione anti-vaccinazione che provoca timori infondati e gravi danni. Il CESE chiede inoltre di rafforzare il processo di informazione sulla crisi, che è la migliore risposta contro la disinformazione. |
7.4. |
La pandemia di COVID-19 evidenzia quanto sia importante pianificare la formazione in ambiti medici fondamentali come la terapia intensiva, al fine di affrontare le emergenze. Pone inoltre in risalto l’importanza della trasferibilità delle competenze tra uno Stato membro e l’altro in situazioni di emergenza. Le procedure per i trasferimenti temporanei e la mobilità del personale medico tra gli Stati membri dovrebbero essere semplificate, così come le procedure volte a consentire, in tali situazioni, l’assunzione di personale medico di paesi terzi. |
8. Relazioni internazionali e standard democratici
8.1. |
Il CESE osserva che la pandemia ha colpito le società e le attività economiche di tutto il mondo, e ha acuito rivalità geopolitiche già prima crescenti. |
8.2. |
Il Comitato è favorevole agli sforzi volti a intensificare la cooperazione internazionale e a consolidare la forza dell’Europa nelle istituzioni internazionali. Il CESE sottolinea che qualsiasi indebolimento della posizione e del coinvolgimento dell’Europa nelle organizzazioni internazionali offre ad altri paesi al di fuori dell’UE la possibilità di agire in modo contrario ai valori propugnati dall’Unione europea; in particolare, bisogna valutare con molta attenzione tutti gli ostacoli che impediscono di mantenere i valori fondamentali dell’UE e di preservare le libertà del mercato unico. |
8.3. |
Il CESE sottolinea che la pandemia di COVID-19 è stata spesso utilizzata come pretesto per limitare i diritti e compromettere gli standard democratici. I governi si sono anche serviti della crisi per perseguire i loro interessi politici poco lungimiranti. Il CESE insiste sul fatto che le decisioni normative necessarie per gestire e superare la pandemia non devono in alcun modo pregiudicare il rispetto dei diritti fondamentali e dei valori democratici. |
8.4. |
Il CESE sottolinea con forza la necessità di elaborare politiche responsabili basate su dati concreti e fatti accertati scientificamente, e di attribuire la priorità alle azioni tese a proteggere la salute e la vita. Allo stesso tempo, durante una pandemia o qualsiasi altra crisi, bisogna scrupolosamente rispettare — e non limitare — i diritti fondamentali e i valori democratici. |
8.5. |
Per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali, il Comitato ribadisce la necessità di sostenere l’armonizzazione dei protocolli di viaggio per i cittadini e le imprese, al fine di mantenere un elevato livello di fiducia e norme unificate in tutta l’Unione, in linea con i principi del mercato unico. Le norme devono essere chiare, applicabili e il più possibile identiche in tutti i paesi. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40 e GU C 14 del 15.1.2020, pag. 1.
(2) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 251.
(3) GU C 286 del 16.7.2021, pag. 109.
(4) Contributo del Comitato economico e sociale europeo al programma di lavoro della Commissione europea per il 2022, basato sui lavori del gruppo ad hoc «Contributo del CESE al programma di lavoro della Commissione europea per il 2022» (GU C 341 del 24.8.2021, pag. 1).
(5) Eurofound (2018), Social cohesion and well-being in Europe (Coesione sociale e benessere in Europa), Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, Lussemburgo.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/122 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consigliorelativa a un Anno europeo dei giovani 2022
[COM(2021) 634 final — 2021/0328 (COD)]
(2022/C 152/20)
Relatore generale: |
Michael McLOUGHLIN |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 21/10/2021 Parlamento europeo, 21/10/2021 |
Base giuridica |
Articoli 165, paragrafo 4, e 166, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
201/0/1 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proclamazione del 2022 quale Anno europeo dei giovani e si compiace per il suo inquadramento nel contesto del pilastro europeo dei diritti sociali e della narrazione sulla ripresa post-pandemia. |
1.2. |
Il CESE è pronto a svolgere un ruolo guida nel quadro dell’Anno europeo dei giovani, basandosi su sue iniziative di successo quali «La vostra Europa, la vostra opinione» e le tavole rotonde dei giovani sul clima e la sostenibilità. Il CESE si trova in una posizione privilegiata per facilitare il dialogo con le reti giovanili. |
1.3. |
A tal riguardo occorre elaborare indicatori e obiettivi strategici chiari che dovrebbero riguardare principalmente l’impatto dell’iniziativa sulle politiche e sui lavori intersettoriali al di là delle attività che saranno organizzate. |
1.4. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che l’agenda e le priorità dell’Anno europeo appaiono piuttosto dense, e ritiene che la definizione di priorità semplici possa aiutare tutte le parti interessate. |
1.5. |
Se le attività di promozione costituiscono il contenuto principale dell’iniziativa, questo dovrebbe essere chiaro in tutte le comunicazioni, specie in quelle rivolte ai giovani. |
1.6. |
L’Anno europeo dei giovani deve contribuire alla strategia dell’UE per la gioventù con piani e impegni chiari, in particolare in considerazione della dimensione intersettoriale di tale strategia. |
1.7. |
L’Anno europeo deve garantire l’inclusione dei gruppi difficili da raggiungere. A tal fine, se necessario, dovrebbero essere utilizzati indicatori a livello geografico e di gruppo. |
1.8. |
Riguardo alla dotazione finanziaria prevista, il CESE ritiene che sia necessaria una maggiore ambizione. Data la situazione critica che i giovani dell’UE si trovano ad affrontare, sono necessarie risorse che vadano oltre i programmi già esistenti per i consigli nazionali della gioventù e le organizzazioni giovanili. |
1.9. |
Il CESE ritiene che sia necessaria una dotazione finanziaria complessiva di 10 milioni di EUR, più 2 milioni per il coordinamento a livello nazionale. Il Forum europeo della gioventù e i suoi membri sono anch’essi molto importanti. Tali fondi potrebbero essere concessi con sovvenzioni a cascata, tramite i consigli nazionali della gioventù. |
1.10. |
Sarebbe auspicabile che gli Stati membri creassero delle alleanze locali nel quadro dell’Anno europeo. Il CESE può dare il suo contributo in tal senso. |
1.11. |
Anche i lavori previsti sul piano delle relazioni esterne e con il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) sono benvenuti, per l’Anno europeo e oltre. Le politiche per la gioventù, relativamente ben sviluppate in Europa, possono svolgere un ruolo importante anche nei paesi del nostro vicinato e oltre. |
2. Sintesi della proposta
2.1. |
Nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 15 settembre scorso, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha annunciato che la Commissione avrebbe proposto la proclamazione del 2022 quale Anno europeo dei giovani. A seguito delle riflessioni sull’esperienza della COVID-19 in Europa, la presidente della Commissione ha rivolto la sua attenzione al 2022 e alla necessità di impegnarsi in un lavoro di ricostruzione dopo la pandemia. L’ispirazione le è venuta dall’impegno dei giovani nell’attivismo per il clima, dall’importanza che essi riconoscono alla solidarietà e dalla loro determinazione a continuare ad adoperarsi per migliorare il futuro. |
2.2. |
Il passaggio relativo in particolare ai giovani è stato inserito nel contesto dell’economia sociale di mercato e del pilastro europeo dei diritti sociali. La presidente von der Leyen ha fatto inoltre riferimento alla nuova iniziativa ALMA («Aim, Learn, Master, Achieve», ossia «aspirare, imparare, conoscere, realizzare») lanciata dalla DG Occupazione, affari sociali e inclusione, incentrata sui giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo. Il discorso ha inoltre creato un collegamento tra la proposta e la Conferenza sul futuro dell’Europa:
«Saranno i giovani a dover condurre i dibattiti della Conferenza sul futuro dell’Europa. A essere in gioco è il loro futuro e questa deve essere la loro Conferenza. E, come abbiamo dichiarato all’inizio del nostro mandato, la Commissione sarà pronta a dare seguito immediato alle decisioni prese dalla Conferenza». Ursula von der Leyen, Discorso sullo stato dell’Unione, 15 settembre 2021 |
2.3. |
La Commissione ha pubblicato la sua proposta il 14 ottobre. L’obiettivo perseguito dall’iniziativa è quello di «intensificare gli sforzi dell’Unione, degli Stati membri e delle autorità regionali e locali per celebrare i giovani, sostenerli e coinvolgerli in una prospettiva post-pandemica». La proposta definisce inoltre tre percorsi per realizzare tale obiettivo, integrando il modo in cui «la transizione verde e quella digitale [offrono] una prospettiva rinnovata per il futuro e opportunità per contrastare l’impatto negativo della pandemia sui giovani e sulla società in generale», incoraggiando tutti i giovani «a diventare cittadini attivi e impegnati nonché artefici del cambiamento» e «promuovendo opportunità per i giovani» allo scopo di «sostenere il loro sviluppo personale, sociale e professionale in un’Unione più verde, più digitale e più inclusiva». |
2.4. |
La proposta fa riferimento a una serie di settori strategici e programmi di finanziamento pertinenti che possono sostenere l’Anno europeo della gioventù. Le misure menzionate sono in particolare: la garanzia per i giovani rafforzata; il programma Erasmus+; il Corpo europeo di solidarietà; l’iniziativa ALMA; la strategia dell’UE per la gioventù; gli obiettivi per la gioventù europea; lo spazio europeo dell’istruzione; il patto europeo per il clima; il piano d’azione aggiornato per l’istruzione digitale e l’iniziativa «HealthyLifestyle4all»; l’agenda europea per le competenze; il Fondo sociale europeo Plus; Europa creativa; Orizzonte Europa; il programma Cittadini, uguaglianza, diritti e valori; il Fondo Asilo, migrazione e integrazione; il programma Giustizia; il Fondo europeo di sviluppo regionale; il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. |
2.5. |
È previsto che i fondi che si concentrano principalmente sul settore della gioventù, come Erasmus+ e il Corpo europeo di solidarietà, svolgeranno un ruolo chiave nel sostenere le attività intraprese nel quadro dell’Anno europeo dei giovani. Nel 2022, di questi due fondi ricorreranno rispettivamente il 35o e il 5o anniversario. Gli Stati membri sono invitati a nominare un coordinatore nazionale incaricato di organizzare la loro partecipazione all’Anno europeo dei giovani, mentre la Commissione provvederà al coordinamento a livello dell’UE. |
2.6. |
L’articolo 3 della proposta legislativa definisce sette possibili tipi di attività previste per l’Anno europeo, tra cui convegni, eventi e iniziative intesi a promuovere la partecipazione dei giovani. Queste attività sono volte a consentire ai giovani di raggiungere i responsabili politici, a raccogliere idee attraverso metodi partecipativi, a organizzare campagne di informazione, educazione e sensibilizzazione, a creare uno spazio di scambio sulla trasformazione delle sfide in opportunità in uno spirito imprenditoriale, a realizzare studi e ricerche sulla situazione dei giovani nell’UE e a promuovere programmi, opportunità di finanziamento, progetti, azioni e reti di interesse per i giovani, anche attraverso i social media e le comunità online. |
2.7. |
In ottobre la DG EAC ha lanciato un’indagine tra i giovani sull’Anno europeo dei giovani. Sono stati inoltre nominati i coordinatori nazionali. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
La proposta evidenzia giustamente l’enorme impatto che la COVID-19 ha avuto sui giovani, e questo va tenuto attentamente in considerazione. Ciò non significa mettere un gruppo contro un altro, ma semplicemente far sì che i cittadini comprendano che gli impatti sui giovani possono essere di lunga durata e che i decisori politici hanno la responsabilità di affrontarli. |
3.2. |
La proposta contiene un numero assai elevato di impegni, riferimenti ad altre iniziative, linee di bilancio e settori strategici. Per la maggior parte dei casi, il Comitato se ne compiace. Questa fitta articolazione rispecchia anche la natura intersettoriale di tale ambito e della strategia dell’UE per la gioventù. Tuttavia, è anche importante che la proposta sia chiara e ben focalizzata. A volte «meno è meglio», e si teme che un lungo elenco di settori strategici e responsabilità condivise possa impedire una chiara focalizzazione sugli obiettivi, sulle responsabilità e sui risultati. |
3.3. |
Dalla proposta emerge in modo chiaro che l’Anno europeo dei giovani riguarda principalmente attività ed eventi di promozione. Su questo è importante essere chiari. Sebbene si possa prevedere che questi influiranno sulla politica o metteranno in evidenza le opportunità di un contributo politico, la proposta non contiene, di per sé, alcun impegno di natura politica. |
3.4. |
La proposta è chiara sul fatto che qualsiasi finanziamento di rilievo per le iniziative proverrà di fatto da fonti già esistenti, e il programma Erasmus+ sembra essere l’area principale di attenzione. Ancora una volta, se la situazione è questa, è importante essere chiari al riguardo. Inoltre, se le agenzie nazionali di Erasmus+ dovranno dare priorità alle attività collegate all’Anno europeo dei giovani, avranno bisogno di chiarezza, sostegno e orientamento. Le nuove iniziative di partecipazione dei giovani al programma Erasmus+ potrebbero essere adatte a tali attività, ma, anche in questo caso, saranno necessarie una preparazione e un’informazione adeguate per i richiedenti negli Stati membri. Ancora una volta, in tutto il materiale promozionale e in tutte le altre attività deve essere chiaro che l’Anno europeo dei giovani si basa in larga misura su risorse già esistenti. Questa onestà è fondamentale quando si lavora con i giovani. |
3.5. |
Sarebbe inoltre importante garantire che altre linee di finanziamento di altre DG siano pienamente disponibili per le attività pertinenti e che, in maniera analoga, ciò sia pubblicizzato e messo in evidenza da questi soggetti di spesa. Questo è particolarmente pertinente data la natura intersettoriale del tema dei giovani e l’importanza attribuita a questo aspetto nella strategia dell’UE per la gioventù. Naturalmente fornirebbe anche maggiori risorse per le attività, creerebbe un collegamento con altre politiche e raggiungerebbe nuovi gruppi di giovani e forse gruppi difficili da raggiungere. |
3.6. |
L’attività di coordinamento sarà di fondamentale importanza per il buon esito dell’Anno europeo. È necessario un maggiore coinvolgimento della società civile, e alle organizzazioni giovanili a livello nazionale, locale ed europeo deve essere assegnato un ruolo di maggior rilievo. I consigli nazionali della gioventù e altre importanti organizzazioni giovanili dovrebbero essere partner paritari nel gruppo dei coordinatori nazionali coinvolti nella co-creazione e nell’attuazione dell’Anno europeo e dovrebbero essere sostenuti nello svolgimento di tale funzione. Dovrebbe inoltre essere riconosciuto il ruolo del Forum europeo della gioventù quale partner chiave nel gruppo delle parti interessate. |
3.7. |
La strategia dell’UE per la gioventù costituisce il principale impegno politico dell’UE nel settore della gioventù. Essa rappresenta anche un impegno significativo e apprezzabile a favore della dimensione intersettoriale della gioventù in quanto tema politico. Questo è fondamentale per compiere progressi in tutta una serie di politiche a favore dei giovani, quali l’occupazione, l’ambiente, l’istruzione e la formazione. È quindi essenziale che l’Anno europeo dei giovani sia strettamente collegato alla strategia dell’UE per la gioventù, in particolare alla dimensione intersettoriale della politica per la gioventù. La proposta chiarisce questo aspetto, ma sarà anche importante che tutti i settori contribuiscano e facciano la loro parte in materia di monitoraggio e sorveglianza. |
3.8. |
I lavori devono proseguire in tutti i settori della politica per la gioventù e negli ambiti intersettoriali connessi al fine di garantire il massimo impegno nei confronti dei destinatari più difficili da raggiungere. Questo dovrebbe far parte del monitoraggio dell’Anno europeo, e si possono applicare dei metodi per dare priorità a determinati gruppi o persino alle zone svantaggiate, al fine di garantire che ne derivi un sufficiente numero di attività. A questo riguardo, il Comitato accoglie con favore anche il riferimento all’iniziativa ALMA, così come l’attenzione rivolta ai giovani che non studiano, non frequentano corsi di formazione e non lavorano (NEET), anche se sono ancora necessarie maggiori informazioni al riguardo. |
3.9. |
L’accento posto su attività ed eventi deve essere collegato ai risultati. A tal fine saranno necessari indicatori che vadano oltre le attività stesse. Se il risultato perseguito è quello di far sì che la voce dei giovani sia ascoltata, questo deve essere rispecchiato negli indicatori. I concetti di «celebrare i giovani, sostenerli e coinvolgerli» ricorrono più volte nella proposta, ragion per cui possono offrire un quadro adeguato per gli indicatori. La cosa più importante è che essi vadano oltre il semplice svolgimento delle attività e degli eventi e si concentrino sui relativi risultati. |
3.10. |
Gran parte delle prospettive dell’Anno europeo dei giovani dipenderà dall’azione condotta a livello nazionale, ma i tempi sono stati estremamente stretti per le autorità nazionali. Inoltre, il finanziamento costituirà un problema in una fase così tardiva, dato che le autorità nazionali sono inevitabilmente assai occupate, ed esistono anche notevoli differenze nelle politiche per la gioventù, come rilevato dal lavoro della DG EAC. Tutti questi fattori costituiranno una sfida per l’attuazione dell’Anno europeo. |
3.11. |
Nel complesso, la dotazione di 8 milioni di EUR indicata nella proposta è molto modesta, anche solo per finanziare azioni al livello dell’UE. Devono essere previste alcune risorse affinché le attività e/o il coordinamento nazionali dell’Anno europeo abbiano un certo impatto e incoraggino alla massima adesione e partecipazione. Il CESE ritiene che sia necessaria una dotazione finanziaria complessiva di 10 milioni di EUR, più 2 milioni per il coordinamento a livello nazionale. |
4. Osservazioni specifiche
4.1. |
La proposta di proclamare il 2022 Anno europeo dei giovani è stata elaborata in pochissimo tempo. Non riteniamo che questo sia il modo ideale per mettere a punto una proposta di questo tipo, per quanto apprezzabile possa essere. La costituzione del Corpo europeo di solidarietà, nel 2016, è avvenuta con un annuncio analogo fatto nel quadro del discorso sullo stato dell’Unione. Questa modalità comporta il rischio che importanti iniziative a favore della gioventù diventino più un annuncio politico di alto profilo che uno sviluppo sistematico a lungo termine. Se così fosse, il risultato potrebbe essere quello di aumentare il cinismo tra i giovani. Inoltre, questo approccio affrettato ha avuto ripercussioni sul processo legislativo. |
4.2. |
Anche se si tratta di un testo ufficiale, in alcuni passaggi della proposta la formulazione è piuttosto contorta e lontana dal linguaggio semplice che vorremmo vedere utilizzato quando ci si rivolge ai giovani o al pubblico più in generale. |
4.3. |
La Commissione deve garantire la partecipazione dei giovani e delle organizzazioni giovanili al livello nazionale e subregionale, se del caso, al monitoraggio e alla supervisione dell’Anno europeo. Sappiamo che le politiche per la gioventù sono disomogenee e che gli approcci a questi temi rimangono diversi da uno Stato membro all’altro, per cui è estremamente importante che la Commissione provveda in tal senso. |
4.4. |
Le disposizioni concernenti gli obiettivi per la gioventù europea sono accolte con favore e definiscono ambiti molto concreti basati sulla partecipazione dei giovani. Inoltre, esse illustrano bene la natura intersettoriale delle esigenze e delle aspirazioni dei giovani. |
4.5. |
Sono altresì accolte con favore le disposizioni in merito alle questioni digitali, in particolare perché l’idea assai diffusa che i giovani siano nativi digitali è effettivamente piuttosto semplicistica. Proprio durante la COVID-19 è emerso che tali competenze non sono così scontate tra i giovani e, in particolare, che le abilità e competenze necessarie per accedere ai contenuti attraverso il cellulare sono molto diverse da quelle necessarie per l’apprendimento online. Molte di queste competenze non sono tecnologiche, ma sociali, e il parere del CESE sul tema Apprendimento misto (1) mette in guardia contro un’eccessiva fiducia nel tempo trascorso davanti allo schermo e nelle attività online. Esiste una solida tradizione di attività all’aperto e a contatto con la natura tra i giovani e nell’animazione socioeducativa, e tali attività devono essere anch’esse promosse e incoraggiate. |
4.6. |
Il piano d’azione per i giovani collegato allo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale e all’azione esterna offre effettivamente una preziosa opportunità per l’impegno dei giovani ed è accolto con grande favore. Il CESE attende con interesse la proposta della commissaria Urpilainen al riguardo. In tale piano d’azione sarebbe estremamente importante garantire il forte coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni giovanili. Il modello europeo di animazione socioeducativa può essere molto apprezzato nel mondo e dovrebbe essere maggiormente presente nelle nostre relazioni esterne. |
4.7. |
La mobilità è sempre un elemento importante della politica per la gioventù ed è stata alla base del programma Erasmus+. È naturale che rappresenti una parte importante della proposta relativa all’Anno europeo dei giovani. Tuttavia, dobbiamo sempre essere consapevoli del fatto che la mobilità può talvolta essere vista dai giovani sotto una luce negativa, soprattutto quando è involontaria o forzata, come può ancora accadere nelle regioni più povere o nelle zone che soffrono di «fuga di cervelli». |
4.8. |
L’idea di un’azione che «mira specificamente a rafforzare la voce dei giovani a livello europeo» è ovviamente molto apprezzabile, e tutte le istituzioni devono tenere maggiormente conto della voce dei giovani nelle loro proposte strategiche. Anche qui, questo potrebbe funzionare bene come obiettivo o scopo generale dell’Anno europeo dei giovani. |
4.9. |
Le disposizioni di attuazione, pur essendo positive, trarrebbero vantaggio da indicatori più chiari, in particolare per quanto riguarda l’impatto sulle politiche e sui programmi del settore oltre la durata dell’Anno europeo e sugli aspetti intersettoriali degli interventi. |
4.10. |
Le disposizioni in merito all’agenda europea per l’animazione socioeducativa sono positive e sono accolte con favore, ma vanno ad aggiungersi al numero di iniziative e priorità politiche contenute nella proposta e nel testo legislativo in particolare. Anche a questo riguardo sorge qualche preoccupazione per un sovraccarico, se si considera il numero così elevato di settori e priorità strategiche interessati, pur essendo necessario operare in maniera intersettoriale. |
4.11. |
L’articolo 3 del testo legislativo fornisce una buona sintesi delle misure previste e, ancora una volta, definisce con chiarezza in cosa consisterà l’Anno europeo. Nella scheda finanziaria, la Commissione considera gli Anni europei come «strumenti di sensibilizzazione», sottolineando ancora una volta tale aspetto. |
4.12. |
Le tabelle finanziarie sembrano indicare che Erasmus+ dovrebbe essere la fonte di finanziamento più significativa di tutte le attività. Le proposte sembrano inoltre prevedere un sostegno al livello dell’UE per il personale e risorse per le delegazioni e i contraenti, ma non per i giovani o le organizzazioni giovanili. Appare inoltre poco chiara l’entità dei finanziamenti che potrebbero provenire alla fine da Erasmus+. |
5. Valutazione più in generale gli Anni europei
5.1. |
È forse giunto il momento che la Commissione e le altre istituzioni dell’UE esaminino l’idea stessa dell’«Anno europeo …». La proposta fa riferimento ad altri Anni europei già realizzati in passato, come l’Anno europeo dello sviluppo e l’Anno europeo dei cittadini. Queste iniziative sembrano ricorrenti e appare opportuno avere una certa coerenza riguardo al loro utilizzo e al loro scopo. |
5.2. |
Il parere del Comitato in merito all’Anno europeo dei cittadini (2) ha sottolineato che è necessario un dialogo significativo con la società civile nell’elaborazione di queste iniziative, e che esse devono poter contare su una dotazione finanziaria significativa, superiore a quella proposta. Il CESE aveva osservato che il processo di pianificazione e attuazione deve essere il più aperto possibile, con la partecipazione, a tutti i livelli e in tutte le fasi, di tutti i soggetti interessati, e in particolare del Comitato delle regioni, del CESE stesso, dei rappresentanti delle organizzazioni della società civile, comprese le parti sociali, nonché degli organi amministrativi nazionali e locali. |
5.3. |
Il Comitato aveva chiesto inoltre di garantire un coordinamento trasparente ed efficace dell’Anno europeo 2013 a tutti i livelli e tra tutti i soggetti coinvolti, in particolare sfruttando appieno le possibilità offerte dai comitati direttivi, con la creazione di meccanismi efficaci di scambio di esperienze a livello nazionale. |
5.4. |
Per quanto riguarda l’Anno europeo dello sviluppo, il Comitato aveva rilevato che è essenziale evitare di investire denaro in campagne costose affidate ad agenzie di pubbliche relazioni, o perlomeno, qualora si decida comunque di ricorrere alle loro prestazioni, cercare di ridurle al minimo. Era stata inoltre sottolineata la necessità di un approccio decentrato. Secondo il Comitato, in ciascuno Stato membro una task force dovrebbe creare un motto, uno slogan o un’esortazione, appositamente concepiti per l’Anno europeo, che rispecchino quanto più possibile la situazione del paese. Le organizzazioni della società civile dovrebbero avere un ruolo di primo piano in seno a questi organismi, le cui attività dovrebbero proseguire e ricevere un sostegno anche dopo l’Anno europeo (3). |
5.5. |
Il CESE aveva invitato a elaborare e attuare misure specifiche tese a garantire un collegamento tra i diversi anni tematici e la continuità dei risultati dell’iniziativa. Il Comitato aveva inoltre sottolineato che è necessario non soltanto avviare delle campagne informative, ma anche attuare azioni e misure concrete e pratiche, definite dai responsabili delle politiche in collaborazione con la società e produrre una relazione di follow-up. Il Comitato aveva raccomandato altresì di stanziare risorse tramite le rappresentanze della Commissione europea negli Stati membri (4). |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) SOC/701 — Apprendimento misto (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 128).
(2) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 137.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/127 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva n. 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la promozione dell’energia da fonti rinnovabili e che abroga la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio
[COM(2021) 557 final — 2021/0218 (COD)]
(2022/C 152/21)
Relatore: |
Christophe QUAREZ |
Correlatore: |
Lutz RIBBE |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio dell’Unione europea, 22.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 114, 194, paragrafo 2 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
191/2/5 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace del fatto che venga perseguita una quota maggiore di energie rinnovabili, e che i relativi obiettivi riguardino i settori dell’industria, dei trasporti e dell’edilizia. La politica in materia di energie rinnovabili dovrebbe dare risultati in tre settori: mitigazione dei cambiamenti climatici, sicurezza energetica e sviluppo economico (creazione di posti di lavoro), ma richiede anche certezza giuridica, e questa viene compromessa dal fatto che la revisione avviene appena due settimane dopo la scadenza fissata per il recepimento. Il CESE sottolinea tuttavia che anche questa quota più ambiziosa non è probabilmente in linea con gli obiettivi climatici di Parigi, né tanto meno con le disposizioni della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici volte a evitare pericolose interferenze antropogeniche nel sistema climatico, che si manifestano già oggi con un aumento delle temperature globali. |
1.2. |
Il CESE richiama l’attenzione della Commissione sulla necessità di una sinergia tra gli attuali regolamenti riveduti nel pacchetto Pronti per il 55 % e i nuovi strumenti proposti, come il Fondo sociale per il clima o il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere. |
1.3. |
Il CESE ritiene essenziale garantire parità di condizioni tra le fonti energetiche, cosa che richiede di porre fine al sovvenzionamento dei combustibili fossili, che è tuttora in aumento (1). |
1.4. |
Il CESE fa osservare che i cittadini, e specialmente i giovani, devono essere al centro della politica energetica europea, e si rammarica quindi del fatto che la Commissione, contrariamente a quanto prevede la comunicazione sull’Unione dell’energia, mostri poca ambizione riguardo alla promozione e allo sviluppo del prosumerismo individuale e a livello di comunità. |
1.5. |
Il CESE sostiene in linea di massima i principi di silvicoltura responsabile definiti nella proposta e suggerisce di dare priorità all’uso dei sottoprodotti forestali e dei prodotti in legno riciclati per la bioenergia. Chiede inoltre che sia rivalutato il sostegno agli impianti di bioenergia, al fine di riorientare i biocarburanti verso i trasporti, dove essi, specie nei casi in cui l’elettrificazione comporta dei problemi, offrono un’alternativa facilmente disponibile e a costi ragionevoli, come esposto più ampiamente nei punti 4.9 e 4.20. |
1.6. |
Il CESE deplora la mancanza di una strategia chiara per lo sviluppo dell’energia eolica in terraferma e del fotovoltaico, sulla falsariga della recente strategia della Commissione per l’energia eolica offshore. Una strategia per il decentramento e per un’efficace promozione dell’energia delle comunità locali contribuirebbe a rafforzare le catene del valore regionali e ad aumentare l’accettazione pubblica della transizione energetica. In caso contrario, l’Europa rischia di pagare un prezzo (sociale ed economico) elevato per il lassismo degli ultimi decenni. Il CESE rileva inoltre una maggiore esigenza di:
|
1.7. |
Il CESE invita il Parlamento europeo e la Commissione a riaprire il dibattito sulla definizione di obiettivi nazionali vincolanti. |
2. Introduzione
2.1. |
Il 14 luglio 2021 è stata presentata la proposta di revisione della direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, oggetto del presente parere (la direttiva). Essa rientra nel pacchetto Pronti per il 55 % elaborato dalla Commissione al fine di ridurre le nostre emissioni di gas a effetto serra del 55 % entro il 2030 e consentire così all’Unione europea di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come previsto dalla normativa europea sul clima. |
2.2. |
L’ultima relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicata nell’agosto 2021, rileva che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera registrata nel 2019 è la più alta da almeno due milioni di anni. La relazione ricorda inoltre che raggiungere la neutralità climatica è la condizione imprescindibile per limitare il riscaldamento tra 1,5 e 2 oC. La COP26, che si svolgerà a Glasgow nel novembre 2021, sarà l’occasione per esaminare i progressi compiuti dagli Stati dalla conclusione dell’accordo di Parigi nel 2015 e per aumentare le ambizioni climatiche. Come recentemente sottolineato dall’Agenzia internazionale per l’energia, infatti, la neutralità climatica implica la trasformazione dell’economia mondiale attualmente dominata dai combustibili fossili in un modello alimentato principalmente da energie rinnovabili (2). È in questo contesto che si inserisce la revisione della direttiva sulle energie rinnovabili. |
3. Osservazioni generali sulla proposta di direttiva
3.1. |
Nel 2018 la direttiva è stata oggetto di una indispensabile rifusione, diretta a fare dell’UE il leader mondiale nel settore delle energie rinnovabili (3). Il CESE deplora la mancanza di stabilità normativa derivante dal fatto di proporre, subito dopo il termine per il recepimento, fissato al 30 giugno 2021, modifiche agli stessi punti già oggetto delle ultime modifiche alla direttiva. Il CESE appoggia tuttavia la proposta della Commissione di rivedere la direttiva alla luce dei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati nella normativa europea sul clima e di usare questa opportunità per una semplificazione e per rimediare alle lacune rilevate. Il CESE sottolinea che non bisogna rendere eccessivamente complesso il ricorso alle energie rinnovabili. Innalzare l’obiettivo vincolante per l’energia prodotta da fonti rinnovabili al 40 % era necessario, così come rafforzare l’integrazione delle energie rinnovabili in settori quali l’edilizia, l’industria e i trasporti. Tuttavia, il CESE individua tre ambiti di azione che richiedono maggiore attenzione, poiché sono stati solo parzialmente affrontati nel progetto di revisione. |
a) |
Occorre rafforzare la partecipazione dei cittadini e dei consumatori |
3.2. |
Malgrado le grandi aspettative dei cittadini europei, le risorse proposte dall’UE per incoraggiare la partecipazione dei consumatori rimangono insufficienti, perché il prosumerismo non è ancora chiaramente definito nella direttiva. La Commissione europea dovrebbe proporre un meccanismo di monitoraggio per sostenere l’attuazione, da parte degli Stati membri, delle norme adottate, e consentire così lo sviluppo del prosumerismo. Occorrerebbe comunicare ai decisori politici esempi di buone pratiche. Il prosumerismo deve essere reso operativo nei seguenti modi:
|
È essenziale rimuovere gli ostacoli burocratici e garantire che i finanziamenti pervengano ai destinatari designati (come le organizzazioni di base e le organizzazioni locali guidate da giovani), chiarendo gli obblighi che potrebbero ricadere sui prosumatori in futuro. In questo contesto bisogna dare la precedenza alla stabilità giuridica, perché occorre garantire ai consumatori l’accesso agli aiuti finanziari e al know-how affinché siano incoraggiati ad entrare in azione e diventare prosumatori. Il CESE ritiene che lo strumento legislativo in discussione, una volta rivisto, non dovrebbe essere rinnovato prima del 2030, affinché sia garantita la stabilità giuridica necessaria a tutte le parti interessate del settore, in senso lato, come già indicato al precedente punto 3.1.
3.3. |
Se da un lato è giusto intensificare gli sforzi per garantire l’uso dinamico dell’energia eolica offshore, come indicato nella strategia offshore, dall’altro l’energia eolica terrestre e l’energia fotovoltaica dovrebbero avere un ruolo molto più importante nel nostro futuro sistema energetico europeo. Il CESE esprime perplessità per l’assenza di un approccio a vasto raggio e invita la Commissione ad adottare una strategia di decentramento regionale. Il prosumerismo non potrà svilupparsi senza il sostegno dei livelli regionale e locale, che dispongono non solo dei mezzi tecnici e finanziari, ma anche della conoscenza delle specificità locali, e consentono quindi notevoli risparmi di tempo. Pertanto, la prossimità ai cittadini e agli attori sul campo legittima l’assegnazione a tali livelli di maggiori competenze per realizzare gli obiettivi previsti nella direttiva. Infine, questa strategia dovrà essere accompagnata da una riflessione sulla gestione delle risorse e delle materie prime critiche (estrazione, riciclo ecc.) necessarie alla produzione di energie rinnovabili e al loro corretto funzionamento. La dipendenza dai combustibili fossili, infatti, non deve cedere il passo a una dipendenza dalle materie prime critiche. |
b) |
Sfruttare meglio le sinergie |
3.4. |
Poiché la precedente rifusione è avvenuta così di recente non è stato ancora possibile dare piena attuazione alle nuove disposizioni adottate. Il CESE ritiene pertanto che questa revisione debba perseguire due obiettivi. |
3.5. |
Allo stato attuale, secondo la modellizzazione contenuta nello scenario di riferimento UE 2020, l’Unione dovrebbe superare di poco più dell’1 % l’attuale obiettivo del 32 % di energia rinnovabile nel consumo energetico. In primo luogo, la revisione deve consentire di innalzare gli obiettivi attuali, introducendo nel contempo nuovi obiettivi per rafforzare di almeno il 7 % a livello europeo l’integrazione delle energie rinnovabili. |
3.6. |
In secondo luogo, la portata delle revisioni effettuate nell’ambito del pacchetto Pronti per il 55 % deve offrire l’occasione, da un lato, per rafforzare le sinergie esistenti tra dette regolamentazioni e la direttiva e, dall’altro, per applicare la stessa logica anche ai nuovi strumenti proposti dalla Commissione europea, come il Fondo sociale per il clima o il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere. Pertanto, i benefici derivanti dall’attuazione della direttiva potranno esprimere tutto il loro potenziale solo se la diffusione delle fonti di energia rinnovabile andrà di pari passo con la creazione di un sistema di contabilizzazione del carbonio per una parte della CO2 importata. L’introduzione del meccanismo di adeguamento carbonio alle frontiere per determinati settori dovrebbe rappresentare un’opportunità per creare condizioni di parità, cosa che dovrebbe essere affrontata a livello europeo. La sostituzione dell’obiettivo di almeno il 14 % di energia rinnovabile nel consumo finale di energia del settore dei trasporti con un obiettivo vincolante di riduzione del 13 % dell’intensità dei gas a effetto serra entro il 2030, come stabilito all’articolo 25, è un esempio di adeguato sfruttamento delle sinergie. Tale misura, infatti, creerà una maggiore coerenza con la revisione del sistema di scambio delle quote di emissione e con la regolamentazione in materia di livelli di CO2. Tuttavia, conformemente alla strategia della Commissione per l’integrazione del sistema energetico (4), l’elettrificazione del settore dei trasporti dovrebbe essere la priorità ogniqualvolta ciò sia possibile dal punto di vista economico e tecnologico. Infine, questa proposta di revisione precede anche il riesame della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia e deve essere l’occasione di dimostrare un elevato livello di ambizione nella presentazione del prosieguo del pacchetto Pronti per il 55 %, il 14 dicembre 2021. |
c) |
La ripresa economica deve permettere l’espansione delle energie rinnovabili |
3.7. |
Mentre la domanda di elettricità è tornata quasi ai livelli precedenti la crisi sanitaria, la ripresa economica ha fatto registrare una crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, a scapito dei combustibili fossili (5). Affinché questa congiuntura si consolidi, diventando una tendenza futura a tutti gli effetti, è essenziale instaurare condizioni di parità tra le fonti di produzione energetica. In primo luogo, ciò significa porre fine al più presto alle sovvenzioni dei combustibili fossili, che nel 2018 sono ammontate a circa 50 miliardi di EUR in tutta Europa (6) (si osservi che la quota delle sovvenzioni «indirette» non è compresa nella stima). |
3.8. |
Se accolto dal Consiglio e dal Parlamento, il regolamento delegato sulla tassonomia concernente la mitigazione dei cambiamenti climatici può orientare i futuri investimenti verso attività sostenibili, categoria alla quale appartiene l’energia rinnovabile. Solo quando le distorsioni della concorrenza tra le fonti di energia saranno eliminate, le energie rinnovabili potranno competere liberamente sul mercato. Nell’attesa che ciò avvenga, il CESE accoglie con favore l’approccio della Commissione volto a evitare che si compiano passi indietro sul fronte delle energie rinnovabili. |
4. Osservazioni specifiche sul testo della direttiva
a) |
Carattere vincolante o non vincolante degli obiettivi proposti |
4.1. |
Il CESE ribadisce la sua posizione critica (7) secondo la quale la revisione della direttiva, a differenza di quella del 2009, non contiene obiettivi nazionali vincolanti. Mentre l’UE ha conseguito il suo obiettivo di aumentare la quota di energie rinnovabili al 20 % entro il 2020, alcuni Stati membri non hanno raggiunto i loro traguardi e altri sono riusciti a farlo a malapena (8), grazie alla particolare situazione causata dalla crisi sanitaria che ha paralizzato alcune economie nazionali. Questo esempio illustra la debolezza del quadro di governance attuale, che si limita a prevedere la possibilità di incentivare gli Stati membri a raggiungere i loro obiettivi nazionali. Il CESE invita il Consiglio, il Parlamento europeo e la Commissione europea a riaprire il dibattito sulla definizione di obiettivi nazionali vincolanti, sulla governance appropriata dell’energia e/o, quanto meno, su misure più coercitive nei confronti degli Stati membri inadempienti, al fine di garantire l’effettiva realizzazione delle ambizioni nazionali. In questo contesto, la direttiva non va al di là dell’azione volontaria. Sebbene diversi Stati membri abbiano superato le loro previsioni per il 2020, vi è il rischio di un allineamento verso il basso che finirebbe per scoraggiare gli Stati più virtuosi a causa della mancanza di volontà da parte di alcuni altri e dell’assenza di conseguenze. |
4.2. |
Dal canto suo, il nuovo obiettivo vincolante del 40 % di energia rinnovabile entro il 2030 (rispetto al precedente 32 %), riguarda il consumo totale di energia e non solo di elettricità. Il CESE apprezza che la Commissione abbia proposto l’obiettivo più ambizioso tra quelli individuati nel piano degli obiettivi climatici (38-40 %) al fine di raggiungere il nuovo obiettivo di riduzione dei gas a effetto serra del 55 % entro il 2030. Ciò dimostra l’ambizione dell’esecutivo europeo di accelerare la diffusione delle tecnologie verdi, cosa che il CESE accoglie con favore. Tuttavia, quest’aumento della quota di energie rinnovabili nel mix energetico degli Stati membri avrà delle ripercussioni in termini di consumo di energia e di elettricità (9), perché si prevede che la quota del consumo energetico diminuirà da qui al 2050. Gli scenari relativi al 2050 devono essere rivisti alla luce dei nuovi obiettivi, in particolare precisando il ruolo che potrebbe svolgere lo stoccaggio dell’energia elettrica, che dovrà essere sviluppato più rapidamente del previsto, o il risparmio energetico, di cui la crisi sanitaria ha messo in luce alcuni comportamenti. |
4.3. |
Tuttavia, si tratta di un nuovo obiettivo molto ambizioso per alcuni Stati membri. Malgrado il ritardo generale nella decarbonizzazione del settore edilizio in numerosi Stati membri, il CESE sostiene l’approccio proposto di aumentare gli sforzi settoriali come quelli compiuti per integrare le energie rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffrescamento. L’introduzione di un obiettivo specifico del 49 % per la quota di energia rinnovabile negli edifici, come indicato nel nuovo articolo 15 bis, era assolutamente urgente. Tuttavia, il CESE esprime perplessità per il suo carattere non vincolante. Infatti, il settore dell’edilizia dovrà ridurre le sue emissioni del 60 % entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040 per conseguire gli obiettivi fissati nel Green Deal europeo. Dal momento che molti Stati potrebbero avere difficoltà a raggiungere tale traguardo, il CESE sottolinea l’importanza di ricorrere ai finanziamenti del Fondo sociale per il clima a partire dal 2025. Ciò dovrebbe consentire di accelerare la ristrutturazione degli edifici pubblici e privati e quindi di arginare il crescente fenomeno della povertà energetica, che colpisce oltre 30 milioni di europei. Tuttavia, che si tratti di finanziamenti a valere sul futuro Fondo sociale per il clima o, più in generale, su altri dispositivi di aiuto, è necessario predisporre un meccanismo di monitoraggio per garantire che tali finanziamenti siano correttamente assegnati alla lotta contro i cambiamenti climatici. La diluizione di questi finanziamenti all’interno dei bilanci nazionali, infatti, non consentirà un controllo efficace dell’impiego delle risorse erogate. Tali fondi dovranno inoltre essere concentrati non solo sui grandi progetti, ma anche su quelli più piccoli, in cui il guadagno monetario in termini di MWh e di emissioni di CO2 è più modesto, ma in cui l’impatto sui cittadini europei è altrettanto o addirittura più significativo. Il CESE chiede che, nella misura del possibile, i criteri di assegnazione nei vari Stati membri siano armonizzati per quanto riguarda la quota da destinare a rendere il cittadino attivo, per facilitare eventuali cooperazioni transfrontaliere. |
4.4. |
Il CESE desidera sottolineare che la decarbonizzazione del settore industriale è attualmente troppo lenta, anche se questo settore è stato il primo a essere interessato dai successivi piani climatici europei. In pratica, le emissioni industriali rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissione (ETS). Tuttavia, per l’eccessiva generosità del sistema di assegnazioni gratuite, più del 90 % dell’inquinamento industriale è neutro in termini di costo per le aziende interessate e di conseguenza il settore ha ridotto le sue emissioni di appena l’1 % tra il 2012 e il 2018. Il CESE chiede quindi l’introduzione di un obiettivo vincolante dell’1,1 % che obblighi le industrie ad aumentare annualmente il loro ricorso alle energie rinnovabili. Un obiettivo indicativo potrebbe essere visto infatti come un assegno in bianco per l’industria, e frenare le ambizioni climatiche dell’Europa. |
4.5. |
Il CESE si compiace del fatto che l’obiettivo dell’integrazione delle energie rinnovabili per il riscaldamento e il raffrescamento diventi vincolante. Ciononostante, desidera sottolineare che l’obiettivo originale della direttiva era dell’1,3 %, mentre il nuovo obiettivo sarebbe di appena l’1,1 %. Secondo la valutazione d’impatto che accompagna il progetto di revisione, quasi la metà degli Stati membri aveva traiettorie che non erano in linea con l’obiettivo perseguito. Per permettere agli Stati membri di raggiungere tale obiettivo, il CESE suggerisce che una parte delle entrate destinate al Fondo sociale per il clima sia assegnata in via prioritaria alla sostituzione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento, la maggior parte dei quali utilizza combustibili fossili. Il Comitato ritiene che lo scopo della direttiva dovrebbe essere quello di aumentare, o almeno mantenere, l’ambizione enunciata nella precedente revisione, e invita tutte le parti interessate a considerare il modo migliore per realizzarla. |
4.6. |
Per raggiungere la neutralità climatica nel 2050, la decarbonizzazione del sistema energetico deve essere realizzata entro il 2045. Un consumo finale lordo di energia rinnovabile del 40 % nel 2030 significa che la maggior parte del processo di decarbonizzazione dovrà avvenire nell’arco di 15 anni (tra il 2030 e il 2045). Pertanto, l’emergenza climatica richiede un maggiore pragmatismo riguardo allo sviluppo delle energie rinnovabili, nel cui quadro vengano confrontati il ventaglio di azioni possibili e il fattore temporale. In primo luogo, è importante concentrarsi su obiettivi ragionevolmente raggiungibili alla luce delle disposizioni vigenti. Infatti, sebbene la direttiva stabilisca una strategia a medio e lungo termine mediante la definizione di obiettivi ambiziosi, ciò non deve andare a scapito dell’aumento del tasso di diffusione delle energie verdi, ma al contrario procedere di pari passo. A breve termine, è altrettanto pertinente ed essenziale concentrarsi sull’uso di fonti energetiche rinnovabili mature e popolari, come i pannelli fotovoltaici. Per il settore dei trasporti occorre menzionare una maggiore flessibilità e una scelta più ampia di materie prime ammissibili per quanto riguarda i biocarburanti. Infatti, è solo a medio o lungo termine che gli investimenti realizzati sulla base degli orientamenti della futura direttiva potranno dispiegare tutto il loro potenziale (idrogeno rinnovabile, eolico offshore ecc.) e contribuire alla decarbonizzazione dell’economia europea attraverso l’elettrificazione degli impieghi. Se ciò non avverrà, l’Europa rischia realmente di pagare a caro prezzo il lassismo degli ultimi vent’anni. Per evitarlo, è necessario che l’UE chiarisca la sua strategia, che dovrà andare ben oltre la direttiva sulle energie rinnovabili e favorire un approccio globale orientato alla creazione di sinergie. |
b) |
Teleriscaldamento e trasporti |
4.7. |
Le comunicazioni della Commissione europea su una strategia per l’idrogeno e una strategia per l’integrazione dei sistemi energetici contengono alcuni aspetti importanti che dovrebbero essere presi in considerazione in questa strategia globale. Nei suoi pareri TEN/717 e TEN/718, il CESE ha espresso un apprezzamento generale per le comunicazioni, pur criticando la mancanza di coerenza e chiarezza in alcuni aspetti. La revisione proposta, tuttavia, affronta solo in parte alcuni dei significativi aspetti mancanti. In questo contesto occorrerebbe sostenere e accelerare la ricerca, l’innovazione e l’attuazione. |
4.8. |
La Commissione propone di rafforzare il teleriscaldamento. Quest’approccio è pertinente perché le reti di teleriscaldamento rappresentano una valida soluzione per utilizzare l’energia in eccesso proveniente dagli impianti fotovoltaici o eolici, il cui numero è destinato ad aumentare. |
4.9. |
La direttiva proposta è volta a migliorare l’accesso alle stazioni di ricarica, comprese quelle private, per gli utenti di auto elettriche. Ciò appare sensato, in un momento in cui la rapida elettrificazione del settore della mobilità rappresenta uno dei modi più promettenti per decarbonizzare il settore dei trasporti, le cui emissioni continuano a crescere. Norme concrete per la fornitura diretta di energia elettrica da fonti rinnovabili generata in loco o nelle vicinanze del punto di ricarica potrebbero costituire un elemento importante di una strategia di decentramento che rafforzi la struttura regionale e l’energia delle comunità locali. Il CESE sottolinea tuttavia la necessità di fornire soluzioni mature a un costo ragionevole per i settori dei trasporti che sono difficili da elettrificare, in particolare i biocarburanti, al momento attuale, e l’idrogeno, in futuro. |
c) |
Promozione e diffusione delle energie rinnovabili |
4.10. |
Il CESE accoglie con favore l’elaborazione di diverse iniziative relative all’idrogeno rinnovabile, come l’introduzione di sotto-obiettivi per l’industria e i trasporti. Inoltre, ritiene che un obiettivo vincolante del 50 % relativo al combustibile rinnovabile di origine non biologica utilizzato come materia prima o come vettore energetico sia l’approccio giusto e che bisogni dare la priorità all’idrogeno pulito (10). Tuttavia, la possibilità offerta dall’articolo 7 di importare combustibili rinnovabili di origine non biologica da contabilizzarsi come contributo all’interno dello Stato membro risulta potenzialmente problematica, e il computo dovrebbe essere soggetto a un massimale. |
4.11. |
Per quanto riguarda l’iniziativa di promuovere gli «accordi di compravendita di energia elettrica» (articolo 15), la definizione di orientamenti unitamente a un sostegno finanziario per le piccole e medie imprese dovrebbe favorire lo sviluppo di tale dispositivo, che conferisce visibilità a lungo termine al prezzo di vendita dell’elettricità verde. Più in generale, quest’iniziativa evidenzia la necessità di rafforzare la cooperazione e il coordinamento tra gli attori del settore al fine di fornire una visione a lungo termine agli operatori economici. |
4.12. |
Un’altra iniziativa accolta con favore dal CESE è l’obbligo per gli Stati membri di avviare una fase di sperimentazione per quanto concerne la cooperazione transfrontaliera mediante la creazione di un progetto pilota entro i prossimi tre anni. Tuttavia, il CESE desidera ricevere chiarimenti sulle modalità di realizzazione di tale cooperazione. In particolare, si interroga sulle procedure amministrative poste in essere dall’iniziativa e chiede alla Commissione europea di assistere gli Stati membri (traduzione dei documenti relativi alla procedura ecc.) affinché possano rispettare la scadenza imposta. |
4.13. |
Il CESE ritiene che sia giunto il momento di valutare l’opportunità di istituire un’autorità europea di regolamentazione dell’elettricità. Per prepararsi adeguatamente a questa importante posizione, è giunto il momento di avviare un’attività concettuale di pianificazione del sistema, che faccia una previsione della crescente domanda di energia per area e per tipo, nonché delle trasformazioni dei tipi di energia. |
4.14. |
Il Comitato approva anche l’iniziativa di cui all’articolo 9, paragrafo 7 bis, di introdurre una pianificazione congiunta dello spazio, per bacino marittimo, tra gli Stati membri, onde facilitare lo sviluppo delle capacità offshore. Tale approccio permetterà di massimizzare il potenziale di ogni bacino marittimo, rafforzando in ultima istanza l’obiettivo dell’interconnessione elettrica tra gli Stati. Altrettanto valida appare la creazione di uno sportello unico, che dovrebbe consentire di trarre ispirazione dalle buone pratiche esistenti nei vari Stati membri al fine di ridurre i tempi di realizzazione di un progetto. La fissazione di una capacità di produzione totale per bacino entro il 2030, 2040 e 2050 dovrebbe inoltre permettere di tenere maggiormente conto del potenziale dell’energia eolica offshore in ciascuno Stato membro e di promuoverne lo sviluppo. In termini molto concreti, visto il moltiplicarsi di progetti transfrontalieri di energia rinnovabile, in particolare l’eolico offshore, il CESE chiede alla Commissione europea di riaprire il dibattito su un gestore unico europeo dei sistemi di trasporto, il livello più adeguato per garantire la gestione in tempo reale dei flussi di elettricità. Tale soggetto è, in definitiva, il più legittimato a coordinare i meccanismi di mercato in relazione alla domanda e all’offerta, e a garantire al contempo la sicurezza del sistema, che sarà sempre più sollecitato per via della crescente penetrazione delle rinnovabili. |
4.15. |
Il CESE ha ripetutamente sottolineato l’esigenza di nuove strutture di mercato per equilibrare la produzione e il consumo di energia su microscala, perché agevolerebbero l’integrazione di dispositivi di stoccaggio più piccoli nel sistema energetico. Per esempio, la crescita della mobilità elettrica dovrebbe permettere di beneficiare del contributo delle batterie in termini di ricarica intelligente e capacità di stoccaggio a livello locale. Tuttavia, la proposta di revisione non affronta quest’aspetto. |
4.16. |
Il pacchetto Energia pulita presta particolare attenzione all’autoconsumo e alle comunità energetiche. Si tratta di meccanismi incisivi per coinvolgere i cittadini e renderli protagonisti consapevoli a pieno titolo della transizione energetica, rafforzando il loro senso di titolarità e le strutture decentrate, che offrono vantaggi dal punto di vista sia economico che sociale. Come sottolineato dalla Commissione europea nell’ambito della valutazione dei piani nazionali per l’energia e il clima, gli Stati membri non tengono sufficientemente conto del potenziale della cittadinanza energetica, il che contrasta con una delle ragioni d’essere del quarto pacchetto Energia. Vi è l’urgente necessità di chiarire le regole applicabili, in particolare per concetti quali la condivisione dell’energia, la determinazione del consumo energetico netto o la vendita di energia P2P, al fine di adempiere agli obiettivi del pacchetto Energia pulita e dell’Unione dell’energia. Il CESE esprime rammarico per il fatto che la revisione proposta non cerchi di migliorare il quadro normativo su tali aspetti. Agire in tal senso sarà ancor più importante alla luce del fatto che la proposta di revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato per il clima, l’energia e l’ambiente prevede una soglia molto più bassa per le deroghe all’obbligo di concedere aiuti e di determinare il livello di aiuti attraverso un’indizione di gara. |
4.17. |
Il CESE sostiene in linea di principio la proposta della Commissione che invita gli Stati membri a tenere conto «del mantenimento degli ecosistemi e dei pozzi di assorbimento del carbonio forestali nazionali», nonché dei principi dell’«uso a cascata della biomassa» e dell’economia circolare. Ciò significa dare priorità all’uso del legno residuo, come ramoscelli, ceppi arborei e altri sottoprodotti, così come ai prodotti di legno riciclati per la produzione di bioenergia. È pertanto opportuno rivalutare il sostegno agli impianti bioenergetici in questo settore, tenendo presente che i residui delle segherie, come pure del settore della pasta di cellulosa e della carta, sono fonti di energia. Inoltre, come evidenziato nella proposta, è ragionevole riorientare i biocarburanti verso i trasporti difficili da elettrificare, come il trasporto marittimo, a lunga distanza e aereo, tenendo conto anche dei problemi di disponibilità e di costo. Al fine di attuare tale idea, l’articolo 25 dovrebbe operare una distinzione tra biocombustibili a base biologica ed energia elettrica da fonti rinnovabili, misurando le riduzioni di gas a effetto serra. Viene quindi data priorità all’elettricità rinnovabile e ai biocarburanti a base di residui nel settore dei trasporti, il che comporta una maggiore spinta verso la decarbonizzazione del settore dei trasporti mediante l’elettrificazione diretta. |
4.18. |
Alcuni dei calcoli dettagliati delle riduzioni dei gas a effetto serra e dei criteri di sostenibilità presentati negli allegati della proposta di direttiva sono di natura molto tecnica. Secondo il CESE, essi vanno chiaramente nella giusta direzione, anche se il Comitato non è stato in grado di valutarli pienamente in ogni singolo caso. Per quanto riguarda, per esempio, i biocarburanti, essi determineranno una situazione in cui alcune sostanze potenzialmente utilizzabili o attualmente utilizzate non potranno più essere utilizzate, il che può costituire un problema per alcune parti del settore. |
4.19. |
Il Comitato sottolinea inoltre che in alcuni casi sarà difficile dimostrare che tutti i criteri sono stati effettivamente rispettati. Per esempio, «devono inoltre essere forniti elementi di prova attendibili e verificabili del fatto che il carbonio nel suolo è aumentato o che è ragionevole attendersi che sia aumentato nel periodo di coltura delle materie prime considerate tenendo conto delle emissioni laddove tali pratiche determinino un aumento dell’uso di fertilizzanti e erbicidi» (cfr. COM(2021) 557, allegato 1 e 2). Per quanto un tale requisito abbia senso, sarà difficile da dimostrare nella pratica. |
4.20. |
Il CESE accoglie con favore la volontà espressa nel considerando 10 di ridurre i tempi di trattamento delle procedure amministrative che costituiscono un ostacolo alla diffusione delle energie rinnovabili. Tuttavia, si chiede come la Commissione europea intenda agire concretamente per andare oltre il semplice incoraggiamento e garantire una riduzione effettiva ed efficace dei termini procedurali. |
4.21. |
Il CESE condivide il considerando 12, che fa riferimento alla necessità di disporre di un numero sufficiente di lavoratori qualificati per le professioni del futuro. Pertanto, invita l’Unione europea a quantificare la forza lavoro necessaria per attuare il Green Deal europeo e a investire in via prioritaria nella formazione per la riqualificazione dei lavoratori i cui posti di lavoro sono destinati a scomparire per effetto della transizione verde. Sarebbe anche un buon modo per attrarre i giovani verso il settore verde, grazie alle opportunità di lavoro e imprenditoriali di nuova creazione. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) GU L 328 del 21.12.2018, pag. 1.
(2) Agenzia internazionale per l’energia, Net Zero by 2050 — A Roadmap for the Global Energy Sector (windows.net) (Zero emissioni nette nel 2050: una tabella di marcia per il settore energetico), pag. 3.
(3) https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/revision-renewable-energies-directive. (GU C 246 del 28.7.2017, pag. 55).
(4) COM(2020) 299 final.
(5) Ember, European Electricity Review: H1-2021, (ember-climate.org) (Centro studi Ember — Panoramica dell’elettricità in Europa, primo semestre 2021).
(6) Commissione europea, Allegato della relazione 2020 sullo stato dell'Unione dell'energia in applicazione del regolamento (UE) 2018/1999 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima.
(7) GU C 246 del 28.07.2017, pag. 55.
(8) Eurostat, Statistiche sulle energie rinnovabili — Statistics Explained (europa.eu).
(9) 6_FR_ACT_part1_v3.pdf (europa.eu).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/134 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’efficienza energetica (rifusione)
[COM(2021) 558 final — 2021/0203 (COD)]
(2022/C 152/22)
Relatrice: |
Alena MASTANTUONO |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio dell’Unione europea, 20.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 194, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
118/1/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di rifusione della direttiva sull’efficienza energetica, poiché affronta un settore di azione fondamentale per la realizzazione della piena decarbonizzazione dell’economia e della società dell’Unione europea (UE). |
1.2. |
Il CESE accoglie con favore il carattere vincolante del nuovo obiettivo dell’UE. Riconosce che gli obiettivi in materia di efficienza sempre più impegnativi a livello dell’UE, in un contesto in cui gli Stati membri sono tenuti a ridurre il consumo energetico del 9 % entro il 2030 rispetto alle previsioni dello scenario di riferimento 2020, sono difficili e ambiziosi. Secondo la relazione sui progressi compiuti del 2020 (1), solo 12 Stati membri hanno conseguito approssimativamente i rispettivi obiettivi nazionali indicativi per il 2020. |
1.3. |
La pandemia di COVID-19 ha minato l’impegno collettivo dell’UE e avrà sicuramente ulteriori conseguenze in termini di conseguimento di obiettivi più ambiziosi. La realizzazione dei rispettivi contributi nazionali indicativi richiederà maggiori sforzi da parte di tutti gli Stati membri e si dovrebbe tenere conto delle diverse situazioni di ciascuno Stato membro. |
1.4. |
Il CESE ribadisce la propria posizione espressa nel parere sulla legge europea sul clima (2), in cui sottolinea che l’obiettivo dovrebbe essere conseguire la massima riduzione possibile delle emissioni di gas a effetto serra ai costi socioeconomici più bassi. Raccomanda di combinare, ove necessario, strumenti compatibili con un mercato ben regolamentato e misure di regolamentazione, ivi inclusi gli strumenti finanziari messi a disposizione nel quadro finanziario pluriennale e nell’ambito di Next Generation EU, al fine di contribuire a un contesto energetico più efficiente. |
1.5. |
Il CESE si compiace del ruolo di primo piano svolto dal settore pubblico, ivi inclusi gli enti locali e regionali, definito nella proposta di direttiva rifusa sull’efficienza energetica, e sottolinea che ciò presupporrà un’assistenza tecnica e finanziaria adeguata nonché personale qualificato. Appoggia le misure concernenti la ristrutturazione degli edifici e la riduzione del consumo energetico che dovranno essere adottate dagli enti pubblici e ritiene che esse forniranno un aiuto al settore dell’edilizia, in particolare alle PMI, e fungeranno da incentivo per sviluppare e attuare nuove tecnologie e creare posti di lavoro nel quadro della strategia «Ondata di ristrutturazioni». |
1.6. |
Il CESE apprezza altresì la maggiore attenzione rivolta all’informazione e alla responsabilizzazione dei consumatori, ad esempio in relazione ai requisiti contrattuali o all’uso di un linguaggio chiaro e comprensibile. Il Comitato pone in evidenza il ruolo importante che assume la società civile nell’ambito delle campagne di informazione sui benefici apportati dall’efficienza energetica. |
1.7. |
L’aumento dei prezzi dell’energia ha rivelato quanto rapidamente e gravemente questo problema possa colpire le famiglie e le imprese. L’importanza delle misure volte a mitigare tali costi è diventata evidente prima del previsto. A questo proposito, il CESE sostiene gli incentivi e gli strumenti volti all’attuazione della direttiva sull’efficienza energetica, nell’ottica di aiutare i clienti e le famiglie vulnerabili, e sottolinea che obiettivi ambiziosi in materia di teleriscaldamento-teleraffrescamento potrebbero peggiorare le condizioni degli alloggi sociali. Il CESE plaude pertanto alla proposta di creare un Fondo sociale per il clima e chiede il rispetto del principio della «transizione giusta» in modo tale da tenere conto delle diverse situazioni degli Stati membri. |
1.8. |
Il CESE comprende lo scopo e i vantaggi del principio «l’efficienza energetica al primo posto». Tuttavia, ciò non rappresenta sempre una soluzione efficace sotto il profilo dei costi. In taluni casi può risultare più efficiente non tanto risparmiare energia, quanto piuttosto produrla da fonti sicure e sostenibili a basse emissioni di carbonio. |
1.9. |
Il CESE esorta le istituzioni europee ad assicurare la creazione di sinergie tra le iniziative nel quadro del pacchetto «Pronti per il 55 %» (Fit for 55). In caso di modifiche sostanziali al suddetto pacchetto, il CESE chiede alle istituzioni dell’Unione di elaborare una valutazione d’impatto. |
2. Contesto e fatti
2.1. |
L’efficienza energetica è un settore di azione fondamentale per procedere verso la piena decarbonizzazione dell’economia dell’Unione. La proposta di direttiva rifusa sull’efficienza energetica costituisce una componente importante del pacchetto «Pronti per il 55 %», che attua i princìpi del Green Deal europeo e definisce il percorso per conseguire i nuovi obiettivi dell’Unione, al fine di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030. |
2.2. |
La proposta rientra in tale programma strategico più ampio e dovrebbe essere pienamente in linea con altre iniziative del pacchetto «Pronti per il 55 %» (quali le modifiche al sistema per lo scambio di quote di emissioni dell’UE (EU ETS); l’adeguamento del meccanismo finanziario a sostegno dell’attuazione del pacchetto; il regolamento sulla condivisione degli sforzi; la direttiva sulle energie rinnovabili; le norme sulle emissioni più rigide per i veicoli a motore e la direttiva riveduta sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi), al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile dell’UE auspicato. |
2.3. |
L’obiettivo principale della proposta è ridurre il consumo complessivo di energia e tagliare le emissioni. Tra gli obiettivi fondamentali figurano i seguenti: sfruttare il potenziale di risparmio energetico ancora inutilizzato in tutta l’economia; riflettere gli obiettivi di efficienza energetica di portata più ampia contemplati nel piano per l’obiettivo climatico e definire misure per gli Stati membri che siano in linea con il più ambizioso obiettivo climatico per il 2030 di ridurre le emissioni del 55 %. Ciò deve avvenire tenendo debitamente conto dei fattori sociali e legati alla sostenibilità, contribuendo a un consumo di energia economicamente accessibile e inclusivo, come concordato nell’impegno sociale congiunto di Porto, e nel pieno rispetto del principio della «transizione giusta». |
2.4. |
Tale approccio si basa sul principio guida «l’efficienza energetica al primo posto», che dovrebbe essere preso in considerazione in tutti i settori, andando oltre il sistema energetico e includendo il settore finanziario. |
2.5. |
La direttiva rifusa propone di stabilire un obiettivo annuale vincolante più ambizioso per la riduzione del consumo energetico a livello di Unione. Essa mira altresì a fornire un orientamento per la definizione dei contributi nazionali, con cui verranno pressoché raddoppiati gli obblighi annuali degli Stati membri in termini di risparmio energetico. |
2.6. |
In quanto catalizzatore e al fine di fungere da esempio per altri settori, il settore pubblico sarà tenuto a ristrutturare il 3 % del proprio parco immobiliare ogni anno, con l’obiettivo di accelerare l’ondata di ristrutturazioni e di integrare l’efficienza energetica negli appalti pubblici di prodotti, servizi, lavori ed edifici. Entrambe le iniziative presentano le potenzialità per creare nuovi posti di lavoro sostenibili e ridurre la spesa pubblica in termini di consumo energetico e di costi correlati. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di rifusione della direttiva sull’efficienza energetica, poiché affronta un campo di azione fondamentale per la realizzazione della piena decarbonizzazione dell’economia e della società dell’UE. Nel complesso, per conseguire gli obiettivi dell’accordo di Parigi è necessario ridefinire tutte le politiche in materia di clima ed energia. Il rafforzamento del quadro politico in materia di efficienza energetica mediante una combinazione specifica di misure politiche contribuirà a mobilitare gli investimenti necessari per la transizione. Il CESE ritiene pertanto che la revisione della direttiva, che comprende l’obiettivo generale di efficienza energetica dell’UE, dovrebbe dare il giusto segnale per questa riforma. |
3.2. |
Il CESE apprezza i risultati conseguiti dalla direttiva sull’efficienza energetica. Nel contempo, il Comitato è pienamente consapevole delle lacune negli sforzi congiunti dell’UE volti a ridurre il consumo energetico. |
3.3. |
La pandemia di COVID-19 ha minato l’impegno collettivo dell’UE e avrà sicuramente ulteriori conseguenze in termini di conseguimento di obiettivi più ambiziosi. La realizzazione dei contributi nazionali indicativi richiederà maggiori sforzi da parte di tutti gli Stati membri. Il Comitato raccomanda di combinare strumenti compatibili con un mercato adeguatamente regolamentato, quali imposte, accise e diritti limitati ma negoziabili, come il sistema di scambio di quote di emissione (ETS), nonché misure di regolamentazione, ove necessario. |
3.4. |
Il CESE ribadisce l’osservazione formulata nel parere sulla legge europea sul clima (3), in cui sottolinea che l’obiettivo dovrebbe essere conseguire la massima riduzione possibile delle emissioni di gas a effetto serra ai costi socioeconomici più bassi. Occorre trovare il giusto equilibro in modo tale da raggiungere gli obiettivi dell’Unione al costo totale minimo. Generalmente l’efficienza in termini di costi delle misure di risparmio energetico diminuisce man mano che il volume dell’energia risparmiata aumenta: le misure iniziali sono di facile attuazione, ma ulteriori misure comportano maggiori costi e producono un risultato minore. La proposta in questione dovrebbe trovare un equilibrio e fare in modo che i costi eccessivi non vengano trasferiti ai consumatori di energia. |
3.5. |
Il CESE sostiene gli incentivi e gli strumenti volti all’attuazione della direttiva sull’efficienza energetica, nell’ottica di attenuare l’impatto sociale della proposta e di aiutare i clienti e le famiglie vulnerabili che sono stati colpiti in modo particolare dalla crisi della COVID-19. Plaude pertanto in modo particolare alla proposta di creare un Fondo sociale per il clima, che dovrebbe fornire risorse finanziarie supplementari per evitare un aumento della povertà energetica, e chiede il rispetto del principio della «transizione giusta» in modo tale da tenere conto delle diverse situazioni degli Stati membri. |
3.6. |
Il CESE esorta le istituzioni europee ad assicurare la creazione di sinergie tra le iniziative nel quadro del pacchetto «Pronti per il 55 %». In caso di modifiche sostanziali al suddetto pacchetto, il CESE chiede alle istituzioni dell’Unione di elaborare una valutazione d’impatto. |
3.7. |
Il CESE si compiace del ruolo di primo piano che la direttiva attribuisce al settore pubblico, che dovrebbe adoperarsi per ridurre il consumo energetico nei servizi e nell’edilizia. Il CESE si rende conto della difficoltà di compiere progressi in tutti i settori pertinenti, in particolare i trasporti, gli edifici pubblici, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), la pianificazione territoriale e la gestione delle acque e dei rifiuti. Rileva con soddisfazione che l’articolo 6 della direttiva amplia la portata dell’obbligo di ristrutturazione, includendo tutti gli enti pubblici a tutti i livelli di amministrazione e tutti i settori delle loro attività. Sottolinea che ciò richiederà un’adeguata assistenza tecnica e finanziaria e personale qualificato. Pertanto, in linea con il suo parere sulla ridefinizione del quadro di bilancio dell’UE (4), raccomanda di applicare per gli investimenti pubblici la regola d’oro (golden rule) per salvaguardare la produttività e la base sociale ed ecologica del benessere delle generazioni future. Il CESE esorta gli enti locali e regionali a cooperare con i governi centrali e con tutte le parti del settore dell’edilizia, al fine di creare sinergie e abbattere gli ostacoli inutili all’attuazione degli obiettivi di ristrutturazione. |
3.8. |
Il Comitato appoggia le misure che dovranno essere adottate dagli enti pubblici nell’ottica di fornire supporto al settore dell’edilizia, in particolare alle PMI, e di sviluppare e attuare nuove tecnologie nel quadro della strategia «Ondata di ristrutturazioni». I criteri quali l’efficacia in termini di costi e la fattibilità economica, nonché i criteri sulla qualità ed i criteri sociali, dovrebbero essere applicati nell’ambito degli appalti pubblici e dovrebbero continuare a svolgere un ruolo in altri settori per garantire condizioni di parità. |
3.9. |
Il CESE accoglie con favore il carattere vincolante del nuovo obiettivo dell’UE e raccomanda pertanto che gli obiettivi nazionali indicativi tengano conto dei diversi punti di partenza, delle specifiche situazioni nazionali e del potenziale di riduzione delle emissioni, compresi quelli degli Stati membri insulari e delle isole, come pure degli sforzi compiuti in linea con le conclusioni del Consiglio del dicembre 2020 (5). |
3.10. |
Il CESE evidenzia lo stretto legame esistente tra l’ambizione di conseguire l’efficienza energetica e la missione e gli obiettivi previsti da Next Generation EU, nello specifico il dispositivo per la ripresa e la resilienza. Il CESE chiede che una quota sostanziale del 37 % di tale dispositivo destinato ai progetti verdi venga assegnata a progetti in materia di efficienza energetica, in linea con la domanda effettiva e con le esigenze di ciascuno Stato membro. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE comprende lo scopo e i vantaggi del principio «l’efficienza energetica al primo posto». Tuttavia, ciò non rappresenta sempre una soluzione efficace sotto il profilo dei costi e questo principio non dovrebbe essere considerato in modo dogmatico. In taluni casi può risultare più efficiente non tanto risparmiare energia, quanto piuttosto produrla da fonti sicure e sostenibili a basse emissioni di carbonio. |
4.2. |
Il CESE raccomanderebbe di tenere conto delle differenze nazionali nel contesto dell’adeguamento delle percentuali di cui all’articolo 8 della direttiva sull’efficienza energetica: non dovrebbe essere prevista una quota forfettaria per tutti gli Stati membri, ma piuttosto una quota differenziata commisurata alla situazione di ciascun paese. Se la formula applicata per calcolare i contributi degli Stati membri al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica deve basarsi in parte sull’intensità energetica del PIL, allora tale principio dovrebbe essere adeguato al fine di tenere conto della quota del settore industriale in termini di PIL, in modo tale che i paesi più industrializzati non vengano penalizzati. |
4.3. |
Il CESE accoglie con favore l’introduzione dell’obbligo per gli Stati membri di riferire in merito agli strumenti a favore dell’efficienza energetica, ivi inclusa la prestazione energetica. Nel contempo il Comitato, unitamente alle organizzazioni della società civile attive negli Stati membri, tra cui le parti sociali, è disposto a svolgere un ruolo di sostegno nella creazione di meccanismi di assistenza a livello locale, regionale e nazionale. Il CESE sottolinea l’importanza di informare adeguatamente tutti i portatori di interessi (produttori, fornitori di servizi energetici, responsabili delle installazioni, utenti e consumatori) in merito ai requisiti aggiuntivi in modo tale da promuovere l’adozione di contratti di rendimento energetico ed efficienza energetica. Il Comitato si aspetta che la Commissione europea assuma un ruolo guida attivo in tale ambito e ribadisce l’importanza della società civile, desiderosa di contribuire alle campagne di sensibilizzazione e informazione e di promuovere programmi di formazione. |
4.4. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la Commissione non abbia previsto obblighi vincolanti relativi agli audit, poiché ciò imporrebbe condizioni specifiche per i piani di investimento delle imprese. Le imprese sono sempre disposte a migliorare la loro efficienza energetica e i sistemi di gestione dell’energia si sono rivelati un’alternativa efficiente sotto il profilo dei costi rispetto agli audit. |
4.5. |
Il CESE apprezza altresì la maggiore attenzione rivolta all’informazione e alla responsabilizzazione dei consumatori in relazione ai requisiti contrattuali e all’uso di un linguaggio chiaro e comprensibile. Sottolinea l’importante ruolo delle autorità di regolamentazione in questo settore, in particolare nei mercati con un numero limitato di operatori economici. |
4.6. |
A giudizio del CESE, è fondamentale che tutti i professionisti che contribuiscono al nuovo approccio alla politica di efficienza energetica abbiano ricevuto una formazione adeguata che consenta loro di acquisire le competenze e le qualifiche richieste, e al contempo è essenziale riconoscere la carenza di lavoratori qualificati in tale settore. |
4.7. |
Come espresso nel suo parere sul tema Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa, il Comitato sottolinea che l’isolamento dei muri cavi e dei pavimenti sono le misure che consentono il maggior risparmio di CO2, le più semplici da realizzare e le meno onerose. Ma anche questi interventi relativamente poco costosi risultano troppo onerosi per molti proprietari di abitazioni, nonostante l’abbassamento dei costi energetici che ne deriva. Il CESE raccomanda pertanto ai governi nazionali di introdurre un programma di sovvenzioni per la realizzazione di tali misure, essendo anch’esse potenzialmente in grado di creare posti di lavoro. Uno studio di Renovate Europe mostra che, per ogni milione di EUR investito nella ristrutturazione energetica degli edifici, nell’UE vengono creati in media 18 posti di lavoro (6). |
4.8. |
Se da un lato il Comitato ritiene che un massimale per il consumo di energia costituisca un indicatore molto utile per quanto concerne questioni quali il consumo domestico, dall’altro nutre dubbi circa il fatto che un tale indicatore da solo sia adeguato per il settore industriale. Le tecnologie innovative per la decarbonizzazione sono spesso a più alta intensità energetica rispetto alle alternative tradizionali (che sono tuttavia più inquinanti). Pertanto l’imposizione di un limite del consumo per l’industria potrebbe ostacolare la decarbonizzazione dei processi di questo settore, compromettendo anche la produzione industriale. |
4.9. |
Il CESE sottolinea che obiettivi ambiziosi in materia di teleriscaldamento-teleraffrescamento possono contribuire ad aumentare la povertà energetica in quanto numerose famiglie a basso reddito vivono in alloggi sociali, con una gestione tendenzialmente centralizzata. Le modifiche apportate alla direttiva sull’efficienza energetica non devono avere effetto retroattivo e la rettifica della definizione di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti (articolo 24) non dovrebbe essere applicata ai sistemi già in funzione, bensì solamente a quelli di nuova realizzazione o ammodernati. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2020) 564 final.
(2) GU C 364 del 28.10.2020, pag. 143.
(3) GU C 364 del 28.10.2020, pag. 143.
(4) Parere del CESE Ridefinire il quadro di bilancio dell'UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta, adottato il 20.10.2021 (GU C 105 del 4.3.2022, pag. 11).
(5) https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-22-2020-INIT/it/pdf.
(6) https://www.renovate-europe.eu/wp-content/uploads/2020/06/BPIE-Research-Layout_FINALPDF_08.06.pdf.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/138 |
Parere del comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi, che abroga la direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio
[COM(2021) 559 final — 2021/0223 (COD)]
e sulla
comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un piano strategico di attuazione per delineare una serie di azioni supplementari a sostegno della rapida realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi
[COM(2021) 560 final]
(2022/C 152/23)
Relatore: |
John COMER |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 30.7.2021 Parlamento europeo, 13.9.2021 Commissione europea, 13.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 90-91, 170-171 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sezione |
9.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
137/4/9 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta di regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi. |
1.2. |
I veicoli elettrici a batteria (Battery Electric Vehicles — BEV) sembrano profilarsi come l’opzione preferita della maggior parte dei costruttori per il trasporto automobilistico. La penuria (probabilmente nel breve termine) e l’aumento del prezzo del litio costituiscono un problema per la rapida diffusione dei veicoli elettrici a batteria, come pure il notevole ritardo nelle iniziative di ricerca e sviluppo in materia di sistemi di stoccaggio più efficaci. Tuttavia, la possibilità di realizzare ulteriori attività di ricerca e sviluppo tecnologico può contribuire ad attenuare questi problemi. |
1.3. |
Nel mondo vi sono importanti riserve di litio e il Cile è il secondo paese per riserve accertate di litio, seguito dall’Australia e dalla Cina. Per alleviare l’attuale situazione di difficoltà di approvvigionamento è necessario investire nell’apertura di nuove miniere. Le attività estrattive determinano delle problematiche ambientali, tra cui, in particolare, l’elevato fabbisogno idrico e il possibile inquinamento da sostanze chimiche tossiche, e sono spesso associate a gravi problemi sociali. Il CESE osserva con grande preoccupazione questi aspetti del commercio internazionale. Gli accordi commerciali e le catene del valore a livello internazionale devono soddisfare i requisiti in materia di sviluppo ecologico e sostenibile e contemplare obblighi vincolanti di dovuta diligenza per le imprese (1). Nell’UE esiste la possibilità di estrarre il litio in Portogallo, a condizione che si possano risolvere le questioni ambientali. |
1.4. |
L’ampia diffusione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi sull’intero territorio dell’UE è essenziale, e occorre dare fiducia agli investitori affinché realizzino un’infrastruttura di questo genere. Le autorità pubbliche devono garantire che i combustibili alternativi e le stazioni di ricarica siano disponibili ove necessario, in particolare nelle zone in cui non è ancora economicamente sostenibile fornire tali strutture. |
1.5. |
Il CESE sottolinea il ruolo significativo delle energie rinnovabili, compresi i biocarburanti, quale soluzione immediatamente disponibile e a prezzi ragionevoli, in particolare per i veicoli pesanti e il trasporto merci su strada su lunghe distanze. Occorre prestare attenzione all’impronta in termini di gas a effetto serra (GES) di tutti i combustibili alternativi e rinnovabili. |
1.6. |
Il potenziamento della rete elettrica deve essere una priorità immediata, in modo da agevolare le stazioni di ricarica rapida e la produzione di idrogeno e di altri combustibili alternativi. Inoltre, è necessario installare contatori intelligenti bidirezionali per consentire il flusso dell’elettricità in entrambe le direzioni. Si devono rivedere i requisiti normativi e in materia di pianificazione in modo da evitare ritardi nel potenziamento della rete. |
1.7. |
La decarbonizzazione dei trasporti è strettamente legata al rapido aumento della produzione di elettricità verde; l’elettromobilità costituisce un’opzione ragionevole in termini di politica climatica unicamente se si ricorre all’elettricità verde, per cui è essenziale aumentare gli investimenti in questo genere di elettricità. La Commissione deve contribuire maggiormente allo sviluppo di modelli di prosumatori e coinvolgerli più strettamente nelle riflessioni su questi temi. |
1.8. |
È necessario sostenere ingenti investimenti pubblici nella R&S nell’ambito delle attività scientifiche e tecnologiche volte a migliorare le batterie, in particolare in termini di dimensioni, capacità e durata. Se la ricerca riuscirà a ridurre la quantità di litio necessaria per le batterie dei veicoli, ridurrà anche la nostra dipendenza dagli approvvigionamenti limitati a livello mondiale e provenienti da paesi terzi. Questa possibilità migliorerebbe la capacità dell’UE di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili per i trasporti, promuovendo la mobilità sostenibile. Inoltre, vi è l’urgente necessità di promuovere la R&S e lo sviluppo tecnologico, in modo da valutare e promuovere tutti i possibili combustibili alternativi e tenere conto di tutti i modi di trasporto. Sarebbe poco saggio dipendere da un unico sistema. In particolare si dovrebbe valutare il potenziale dell’idrogeno verde. |
1.9. |
La grande maggioranza dei consumatori si convincerà ad acquistare un veicolo elettrico a batteria solo quando sarà certa della disponibilità di un’infrastruttura di ricarica adeguata. Persino i consumatori che raramente effettuano lunghi viaggi in automobile devono avere la certezza di poter percorrere lunghe distanze con un veicolo elettrico a batteria qualora fosse necessario. Per questo motivo il regolamento in esame è così importante e deve essere attuato pienamente in tutta l’UE. |
1.10. |
Il CESE sottolinea la cruciale importanza di garantire che le infrastrutture siano pienamente interoperabili sotto ogni aspetto su tutto il territorio dell’Unione. Non è accettabile che i conducenti debbano trasportare vari adattatori a bordo delle loro automobili per poter utilizzare l’infrastruttura per i combustibili alternativi in diversi Stati membri. |
1.11. |
L’opzione del codice QR (codice di risposta rapida) per i pagamenti ad hoc non è un sistema di pagamento ampiamente utilizzato nell’UE, nonostante quanto affermato dalla Commissione all’articolo 5, paragrafo 2 della proposta di regolamento. Secondo il CESE, il ricorso a questa opzione determinerà problemi di accessibilità per molti gruppi di utenti. Il CESE è contrario a una situazione in cui l’utilizzo del codice QR costituisce l’unico metodo per effettuare un pagamento ad hoc. I lettori di carte di pagamento devono essere disponibili per tutti i pagamenti ad hoc. |
1.12. |
La direttiva sulle energie rinnovabili prevede metodi di calcolo per determinare le emissioni di gas a effetto serra prodotte da diversi combustibili alternativi. Tuttavia, tali calcoli hanno una scarsa rilevanza per le decisioni di acquisto dei cittadini, dato che i valori relativi alle emissioni di GES prodotte dai veicoli sono poco noti e le dichiarazioni dei fabbricanti e dei venditori di automobili non sono soggette a una verifica adeguata. Occorre porre rimedio a tale situazione. |
1.13. |
Il CESE deplora che non vi sia praticamente alcun dibattito strategico sul contributo che possono apportare i cittadini, le cooperative, ma anche i sindacati e i datori di lavoro. E questo nonostante il fatto che uno degli obiettivi dell’Unione europea dell’energia sia porre l’accento sui cittadini e, pertanto, sulle soluzioni decentrate, e benché sia chiaro che le operazioni di ricarica si svolgono per lo più a casa o sul posto di lavoro. Il CESE ritiene pertanto necessaria una nuova strategia che sia maggiormente in linea con l’obiettivo di un’Unione europea dell’energia incentrata sui cittadini, al fine di promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, delle cooperative, dei sindacati e dei datori di lavoro alla cooperazione volta ad accelerare la decarbonizzazione dei trasporti. |
2. Sintesi della proposta della Commissione
2.1. |
Il benessere economico e sociale dei cittadini dell’UE dipende dall’esistenza di un sistema di mobilità efficiente ed efficace in tutta l’UE. |
2.2. |
I trasporti emettono circa il 25 % delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE e hanno anche un forte impatto sulla qualità dell’aria nei centri urbani. |
2.3. |
Nel dicembre 2019 la Commissione ha adottato la comunicazione sul Green Deal europeo, che esorta a ridurre del 90 % le emissioni di GES prodotte dai trasporti entro il 2050, impegnandosi al contempo per conseguire l’obiettivo dell’inquinamento zero. Nel settembre 2020 la Commissione ha adottato la proposta di una normativa europea sul clima volta a ridurre le emissioni nette di GES almeno del 55 % entro il 2030 — il pacchetto «Pronti per il 55 %». |
2.4. |
Nel dicembre 2020 la Commissione ha adottato la comunicazione Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente, che getta le basi per trasformare i trasporti dell’UE al fine di costruire un futuro intelligente e sostenibile. |
2.5. |
La proposta in esame istituisce un nuovo regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi e abroga la direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). |
2.6. |
Tale direttiva («direttiva AFID»), entrata in vigore nel 2014, definisce un quadro comune di misure volte a realizzare l’infrastruttura per i combustibili alternativi al fine di agevolare la riduzione delle emissioni di GES prodotte dai trasporti. Il quadro fissa i requisiti minimi per la creazione dell’infrastruttura per i combustibili alternativi, con stazioni di ricarica per veicoli elettrici e punti di rifornimento per il gas naturale (GNL & GNC) e l’idrogeno, da attuare mediante quadri strategici nazionali non vincolanti. Questa strategia è volta a consentire la circolazione transfrontaliera di tutti i modi di trasporto sulle reti TEN-T. |
2.7. |
In una recente relazione sull’applicazione della direttiva, la Commissione ha rilevato alcuni progressi nell’attuazione, ma ha concluso che nell’UE non esiste una rete globale e completa di infrastrutture per i combustibili alternativi. |
2.8. |
La Commissione ha effettuato una valutazione ex post della direttiva, da cui è emerso che essa non è adeguata al conseguimento dei nuovi obiettivi climatici più ambiziosi per il 2030. |
2.9. |
La proposta di regolamento fa parte dell’insieme globale di iniziative strategiche interconnesse nell’ambito del pacchetto «Pronti per il 55 %», che definisce le azioni necessarie in tutti i settori per conseguire l’obiettivo climatico per il 2030. |
2.10. |
La proposta di regolamento persegue i seguenti obiettivi specifici: |
2.10.1. |
garantire un’infrastruttura minima per i combustibili alternativi al fine di rifornire i veicoli alimentati da combustibili alternativi in tutti i modi di trasporto e in tutti gli Stati membri; |
2.10.2. |
assicurare la piena interoperabilità dell’infrastruttura; |
2.10.3. |
garantire informazioni complete agli utenti e tutte le opzioni di pagamento possibili. |
2.11. |
La Commissione ritiene che solo un quadro legislativo comune europeo permetterà di realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione del settore dei trasporti in tutti i modi di trasporto e in tutti gli Stati membri in modo coeso e coerente. |
2.12. |
Sulla base di un’esauriente relazione sulla valutazione d’impatto, la Commissione ha deciso di accogliere l’opzione strategica 2. Questa opzione propone obiettivi obbligatori basati sulla flotta per i punti di ricarica elettrica per i veicoli leggeri (LV) e la fissazione di obiettivi basati sulla distanza per tutti i veicoli stradali sulla rete TEN-T, comprese le infrastrutture per i nodi urbani per i veicoli pesanti (Urban Nodes for Heavy Duty Vehicle — HDV). Vengono stabilite inoltre disposizioni dettagliate per porti e aeroporti della rete TEN-T, senza però che siano previsti obiettivi obbligatori. Questa opzione prevede una maggiore armonizzazione delle opzioni di pagamento e degli standard fisici e di comunicazione, come pure dei diritti dei consumatori. Essa aumenterebbe la trasparenza dei prezzi e l’informazione degli utenti, e comprenderebbe la segnalazione delle stazioni di ricarica e rifornimento. |
2.13. |
È stato stabilito che il regolamento costituisce l’opzione più idonea per conseguire gli obiettivi auspicati in tutti gli Stati membri dell’UE. |
2.14. |
Gli Stati membri dovranno adottare un quadro politico nazionale riveduto per sviluppare un mercato dei combustibili alternativi nel settore dei trasporti e realizzare le infrastrutture pertinenti in linea con le disposizioni rafforzate e gli obiettivi obbligatori. Il testo contiene inoltre disposizioni sulla formulazione di una strategia per la diffusione di combustibili alternativi in altri modi di trasporto per i quali non esistono requisiti obbligatori. |
2.15. |
Gli Stati membri riferiranno alla Commissione a scadenze regolari. La Commissione svolgerà un’azione di monitoraggio e riferirà sui progressi compiuti in ciascuno Stato membro. |
2.16. |
Il regolamento contiene disposizioni in base alle quali gli Stati membri devono garantire l’installazione di una fornitura minima di elettricità da terra per talune navi adibite alla navigazione marittima nei porti marittimi e per le navi adibite alla navigazione interna, con alcune deroghe ben specificate. |
2.17. |
Sono previste disposizioni minime per la fornitura di energia elettrica a tutti gli aeromobili che stazionano negli aeroporti della rete centrale e globale TEN-T. |
2.18. |
L’articolo 3 stabilisce gli obiettivi per le infrastrutture di ricarica elettrica per i veicoli leggeri. |
2.19. |
L’articolo 4 fissa gli obiettivi per le infrastrutture di ricarica elettrica per i veicoli pesanti. |
2.20. |
Gli obiettivi relativi alle infrastrutture per il rifornimento di idrogeno sono indicati all’articolo 6. |
2.21. |
Vengono fissati degli obiettivi per un numero adeguato di stazioni di rifornimento di GNL accessibili al pubblico lungo la rete centrale TEN-T, da realizzare entro gennaio 2025 nelle zone in cui esiste una domanda. |
2.22. |
Gli obiettivi per l’energia elettrica erogata da terra nei porti marittimi e situati lungo le vie navigabili interne sono stabiliti agli articoli 9 e 10. |
2.23. |
Gli obiettivi per la fornitura di GNL nei porti marittimi sono definiti all’articolo 11. |
2.24. |
Gli obiettivi per la fornitura di elettricità agli aeromobili che stazionano negli aeroporti sono definiti all’articolo 12. |
2.25. |
All’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della proposta di regolamento, la Commissione propone che le stazioni di ricarica a bassa potenza siano dotate di uno strumento di pagamento «ampiamente utilizzato nell’Unione», affinché i consumatori possano effettuare pagamenti ad hoc. Questo strumento di pagamento può essere (1) un lettore di carte di pagamento; (2) un dispositivo con funzionalità senza contatto; oppure (3) un codice di risposta rapida (QR) per l’operazione di pagamento. |
2.26. |
Nella comunicazione COM(2021) 560 final, la Commissione delinea un piano strategico di attuazione di una serie di azioni supplementari a sostegno della rapida realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi. |
2.27. |
Il meccanismo per collegare l’Europa per il periodo 2021-2027 (MCE II) affronterà il problema dei cambiamenti climatici. A tal fine, esso creerà un meccanismo per i combustibili alternativi inteso a finanziare un’infrastruttura per questo tipo di combustibili mediante una combinazione di sovvenzioni del meccanismo per collegare l’Europa e di finanziamenti erogati da istituzioni finanziarie per rafforzare l’impatto degli investimenti. |
2.28. |
Il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione sono destinati, tra l’altro, a sostenere gli investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nella realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi negli Stati membri e nelle regioni meno sviluppati. |
2.29. |
Secondo la Commissione, ciò di cui abbiamo bisogno ora è una cooperazione transfrontaliera e intersettoriale efficace ed efficiente tra tutte le parti interessate del settore pubblico e di quello privato per sviluppare un’infrastruttura aperta, trasparente e interoperabile con servizi d’infrastruttura senza discontinuità. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il settore dei trasporti è responsabile del 22,3 % delle emissioni totali di GES dell’UE, e il trasporto su strada rappresenta il 21 % di tali emissioni. Le autovetture sono responsabili del 12,8 % delle emissioni di GES dell’UE, i furgoni del 2,5 % e i veicoli pesanti e gli autobus del 5,6 % (fonte: Agenzia europea dell’ambiente 2017, escluse le emissioni internazionali e marittime). Secondo una relazione della Commissione europea del 2018, le emissioni del settore dei trasporti dell’UE sono aumentate passando dal 14,8 % nel 1990 al 24,6 % nel 2018. La rapida decarbonizzazione del settore dei trasporti è essenziale per conseguire gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo. Il CESE accoglie con favore il regolamento in esame quale passo avanti positivo nella decarbonizzazione dei trasporti. È essenziale mantenere la qualità di tutti i servizi di trasporto lungo l’intero processo di decarbonizzazione. |
3.2. |
Il CESE si rammarica del fatto che non vi sia praticamente alcun dibattito strategico sul contributo che i cittadini, le cooperative, i sindacati e i datori di lavoro potrebbero apportare allo sviluppo delle infrastrutture di ricarica. E questo nonostante il fatto che uno degli obiettivi dell’Unione europea dell’energia sia porre l’accento sui cittadini e, pertanto, sulle soluzioni decentrate, e nonostante sia chiaro che le operazioni di ricarica si svolgono per lo più a casa o sul posto di lavoro. Il CESE chiede pertanto alla Commissione di avviare un dibattito strategico su tali tematiche. |
3.3. |
L’ampia diffusione dei veicoli elettrici richiederà, nel tempo, un aumento della produzione di energia elettrica e il potenziamento della rete per consentire una ricarica rapida, in particolare per gli autocarri elettrici a batteria (Battery Electric Trucks — BET). |
3.4. |
Il regolamento menziona la necessità di contatori bidirezionali intelligenti per consentire che il flusso di elettricità vada in entrambe le direzioni: dalla rete al veicolo e viceversa. Queste capacità devono essere notevolmente ampliate per ovviare alle carenze nella fornitura dovute ai picchi della domanda di elettricità. |
3.5. |
È necessario mettere in atto una serie di sistemi di elettricità intelligenti per facilitare le seguenti operazioni: |
3.5.1. |
una volta connesso, il veicolo non inizia a ricaricare finché non riceve un segnale dalla rete, e la ricarica dovrebbe, per quanto possibile, costare di meno per via della tariffa più bassa applicata al di fuori dei picchi; |
3.5.2. |
la tecnologia «dal veicolo alla rete» nota come V2G (vehicle-to-grid) consentirebbe ai veicoli di effettuare la ricarica negli orari in cui potrebbero utilizzare l’energia in eccesso prodotta dalle fonti rinnovabili, mentre negli orari in cui si registrano i picchi della domanda il veicolo restituirebbe alla rete una parte di quest’energia immagazzinata. Non appena si verifica un calo della domanda, il veicolo elettrico verrebbe ricaricato. Questo metodo di ricarica sarebbe particolarmente adatto agli autobus scolastici e ad altri veicoli che restano inattivi per lunghi periodi. Esso dovrebbe essere finanziariamente vantaggioso per il fornitore. Per questo motivo è necessario prendere in considerazione molto più seriamente anche le soluzioni decentrate che prevedono la partecipazione dei cittadini e consentirne la realizzazione. |
3.6. |
Il CESE accoglie con favore gli obiettivi fissati per la realizzazione dell’infrastruttura per i combustibili alternativi, che daranno fiducia sia agli investitori nei combustibili alternativi che ai potenziali acquirenti di veicoli a zero e a basse emissioni. I carburanti alternativi e le energie rinnovabili, tra cui i biocarburanti sostenibili, sono di fondamentale importanza per i veicoli pesanti, in particolare per quanto riguarda il trasporto di merci su strada a lunga distanza. |
3.7. |
Le politiche devono garantire che non si formino lunghe code nei punti di ricarica ed evitare che vi siano punti di ricarica lenti, in modo che i consumatori nutrano fiducia nel sistema di ricarica. |
3.8. |
Nel Green Deal la Commissione ha osservato che entro il 2025 nell’UE sarà necessario un milione di stazioni di ricarica e rifornimento pubbliche e si è prefissa l’obiettivo di arrivare a 30 milioni di veicoli a zero emissioni entro il 2030. Si tratta di obiettivi molto ambiziosi, il cui conseguimento richiederà una forte determinazione da parte dei governi degli Stati membri e della Commissione come pure l’adesione dei cittadini. |
3.9. |
Sarà necessario rimuovere vari ostacoli che si frappongono al conseguimento di tali obiettivi; occorre infatti: |
3.9.1. |
eliminare eventuali requisiti sproporzionati in materia di pianificazione, date le dimensioni e la portata delle infrastrutture di ricarica e rifornimento necessarie; |
3.9.2. |
garantire che la legislazione in materia di pianificazione consenta la produzione di idrogeno in loco; |
3.9.3. |
ridurre i tempi di connessione quando ci si collega alla rete elettrica; |
3.9.4. |
preparare piani da attuare rapidamente per migliorare la rete elettrica. |
3.10. |
La decarbonizzazione dei viaggi aerei e marittimi richiede obiettivi più ambiziosi e un impegno più risoluto per continuare a sviluppare la R&S in questi settori oltre a mettere a punto i combustibili alternativi più adatti. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il litio è un metallo delle terre rare essenziale e una materia prima critica per le batterie ricaricabili moderne. Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, l’analisi di mercato Benchmark Mineral Intelligence (BMI) prevede una grave carenza di litio a partire dal 2022. Ciò potrebbe causare un rallentamento nella produzione dei veicoli elettrici. Nel suo nuovo libro intitolato Lithium (pubblicato da Hurst) Lukasz Bednarski sostiene che per le economie industriali del 21o secolo il litio sarà essenziale come il petrolio nel 20o secolo. Sarà pertanto necessario esplorare e promuovere altri combustibili a basse e zero emissioni, in modo da offrire opzioni ai consumatori e facilitare la riduzione più rapida possibile delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dai trasporti. |
4.2. |
Si dovrà continuare a promuovere e a esaminare l’utilizzo degli elettrocarburanti e dei veicoli alimentati ad idrogeno, al fine di scoprire il loro potenziale di ridurre il più rapidamente possibile le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai trasporti. |
4.3. |
I motori a combustione interna saranno ancora in uso per qualche tempo. In tale contesto occorre studiare e promuovere il potenziale degli elettrocarburanti. Questi possono essere utilizzati nei motori a combustione interna e negli ibridi ricaricabili, e per la loro distribuzione si può ricorrere alla rete di stazioni di rifornimento già esistente. |
4.4. |
Il CESE sottolinea il ruolo significativo delle energie rinnovabili, compresi i biocarburanti, quale soluzione immediatamente disponibile e a prezzi ragionevoli, in particolare per i veicoli pesanti e il trasporto merci su strada su lunghe distanze. Occorre prestare attenzione all’impronta in termini di GES della produzione di biocarburanti analogamente a quanto avviene, ad esempio, per l’energia elettrica fornita ai veicoli elettrici e per la produzione di idrogeno. |
4.5. |
Quando vengono utilizzati per alimentare un veicolo, i biocarburanti devono avere un’impronta di carbonio inferiore a quella dei combustibili fossili, ma il problema risiede nel processo di produzione di tali carburanti, che può dare luogo a considerevoli emissioni di GES e avere un effetto negativo sull’uso del suolo, in particolare quando porta alla deforestazione. Si noti, ad esempio, che l’uso dell’olio di palma non è sostenibile. |
4.6. |
Il CESE raccomanda di promuovere i biocarburanti con le minori emissioni di GES sia nella fase di produzione che nell’utilizzo nei trasporti. |
4.7. |
Le zone rurali dipendono maggiormente dal trasporto automobilistico rispetto alle aree urbane per via della carenza di trasporti pubblici. Gli insediamenti rurali sono generalmente molto sparsi, per cui non è possibile mettere a disposizione un ampio sistema di trasporto pubblico in molte di queste zone. In assenza di un mezzo di trasporto alternativo praticabile, gli abitanti delle zone rurali risentiranno enormemente delle elevate imposte sul carbonio previste per la benzina e il diesel. In una relazione pubblicata nell’aprile 2021, l’Ufficio europeo delle unioni dei consumatori (BEUC) afferma che, per i conducenti che percorrono lunghe distanze e risiedono in zone rurali, il passaggio ai veicoli elettrici a batteria comporta benefici tangibili, soprattutto se la proprietà di tale veicolo è combinata con l’energia elettrica prodotta in loco da fonti rinnovabili. L’affermazione del BEUC è fondata a condizione che gli elevati costi di avviamento possano essere sovvenzionati e, soprattutto, a patto che sia autorizzata la gestione dei corrispondenti impianti di produzione e ricarica gestiti in comune. |
4.8. |
È essenziale favorire la realizzazione di infrastrutture per i combustibili alternativi per rifornire le zone rurali. Oltre a promuovere l’introduzione dei veicoli elettrici, bisogna anche favorire la riduzione delle emissioni di GES nel parco veicoli esistente promuovendo i biocarburanti sostenibili, gli elettrocarburanti, i veicoli ibridi e i veicoli ibridi ricaricabili. Occorre anche aumentare il potenziale dell’idrogeno verde. |
4.9. |
Nel settore dei veicoli pesanti è necessario agire con grande determinazione per realizzare l’infrastruttura per i combustibili alternativi. Circa il 98 % degli autocarri dell’UE-27 è alimentato a diesel. Finora l’accento è stato posto maggiormente sui veicoli leggeri piuttosto che su quelli pesanti. |
4.10. |
Sarà necessaria una diffusione significativa di autocarri BET come pure di autocarri ibridi e ibridi ricaricabili. Ciò sarà possibile solo quando in ogni Stato membro si potranno ricaricare adeguatamente tali veicoli. Sarà inoltre necessario assicurare un finanziamento sufficiente che consenta una sostituzione significativa della flotta. |
4.11. |
Gli autocarri necessitano di una ricarica rapida e ad alta potenza nei depositi e nelle stazioni di ricarica lungo le strade. Sarebbe molto utile poter prenotare in anticipo una presa presso una stazione di ricarica. Sono già stati sperimentati dei caricabatterie fino a 350KW, ma occorre mettere a punto caricatori che arrivino a 1 MW al fine di ridurre i tempi di ricarica. |
4.12. |
La rete elettrica deve essere preparata in anticipo per soddisfare questi requisiti di potenza così elevati che sono necessari per la ricarica rapida degli autocarri. |
4.13. |
L’idrogeno è visto come una soluzione promettente per il trasporto a lungo raggio. Il CESE accoglie con favore gli obiettivi fissati per la realizzazione di stazioni di rifornimento di idrogeno. A lungo termine, bisogna puntare all’idrogeno verde piuttosto che all’idrogeno blu. Nel caso dell’idrogeno prodotto dal metano, si dovrebbe tenere conto dell’elevato tasso di fuoriuscite di metano dall’intera catena di estrazione e trasporto. |
4.14. |
L’idrogeno può essere utilizzato anche per alimentare veicoli con motore a combustione interna, apportandovi lievi modifiche. Per portare avanti questa proposta sono necessarie ulteriori ricerche. |
4.15. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di standardizzare la pressione dell’idrogeno a 700 Bar. L’idrogeno ha una scarsa densità energetica volumetrica, e pertanto sono necessari serbatoi molto più capienti per lo stoccaggio. |
4.16. |
L’ideale sarebbe produrre idrogeno in loco, ove possibile. Gli eventuali ostacoli in materia di pianificazione che impediscono tali sviluppi vanno esaminati tenendo debitamente conto della necessità di rispettare, per il trattamento dell’idrogeno, le misure che garantiscono un livello più elevato di tutela della salute e della sicurezza. |
4.17. |
L’idrogeno può essere trasportato da autocarri e condotte. A causa della sua scarsa densità energetica volumetrica, il trasporto mediante autocarri richiederebbe molti più viaggi rispetto alla benzina e al diesel. |
4.18. |
Il CESE è consapevole del fatto che la direttiva sulle energie rinnovabili fornisce calcoli chiari per determinare le emissioni di GES associate ai diversi combustibili alternativi. Tuttavia, tali calcoli hanno una scarsa rilevanza per le decisioni di acquisto dei cittadini, dato che si tratta di valori poco noti che non vengono comunicati dai fabbricanti o dai venditori di automobili. È necessario porre rimedio a questa situazione. |
4.19. |
Per realizzare rapidamente l’infrastruttura per i combustibili alternativi saranno necessari considerevoli finanziamenti di partenza, in modo da consentire al sistema di diventare economicamente sostenibile per i soggetti intenzionati a investire nelle stazioni di ricarica e rifornimento. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) A questo proposito si vedano i pareri GU C 220 del 9.6.2021, pag. 118 e GU C 123 del 9.4.2021, pag. 59.
(2) Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi (GU L 307 del 28.10.2014, pag. 1).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/145 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull’uso di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel trasporto marittimo e che modifica la direttiva 2009/16/CE
[COM(2021) 562 final — 2021/0210 (COD)]
(2022/C 152/24)
Relatore: |
Constantine CATSAMBIS |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio dell’Unione europea, 20.9.2021 |
Base giuridica |
Articolo 100, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sezione |
9.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione |
|
(favorevoli/contrari/astenuti) |
225/2/12 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento sull’adozione di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel trasporto marittimo e che modifica la direttiva 2009/16/CE (la «proposta di regolamento FuelEU Maritime») (1). La proposta in esame mira a contribuire al conseguimento degli obiettivi di neutralità climatica dell’UE entro il 2050 introducendo una norma UE per i combustibili che preveda requisiti crescenti per l’intensità dei gas a effetto serra e incrementi la domanda di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel settore del trasporto marittimo. |
1.2. |
Data la natura internazionale del trasporto marittimo, il CESE ritiene che la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea debba essere armonizzata con la normativa dell’Organizzazione marittima internazionale (International Maritime Organization — IMO), comprese le norme relative alla sicurezza dei combustibili usati dalle navi. Oggi il trasporto marittimo internazionale dipende dai combustibili fossili. Per ottenere una completa decarbonizzazione è necessaria un’ampia disponibilità di combustibili per uso marittimo alternativi a basse o a zero emissioni di carbonio e/o di tecnologie di propulsione d’avanguardia. Per raggiungere definitivamente quest’obiettivo è necessaria un’intensa cooperazione con tutti i portatori di interessi del settore marittimo e della relativa catena di approvvigionamento. |
1.3. |
Gli obiettivi climatici di neutralità in termini di emissioni di carbonio, fissati dal Green Deal e dall’ambizioso pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %» sono auspicabili nel contesto degli sforzi tesi a inverdire e, in ultima analisi, a decarbonizzare il settore marittimo unitamente ad altri settori, tenendo conto al tempo stesso della dimensione sociale di questa transizione nell’interesse superiore dei cittadini. In altre parole questa trasformazione energetica e il processo di transizione verso la decarbonizzazione del trasporto marittimo potranno avere successo solo se saranno socialmente accettati, pur preservando il modus operandi del trasporto marittimo e di altri settori. |
1.4. |
Il CESE osserva che l’impatto della proposta di regolamento FuelEU Maritime sul trasporto marittimo è sproporzionato rispetto a quello esercitato su altri settori: le misure a breve termine fino al 2030 sono descritte adeguatamente, ma i cambiamenti a lungo termine che produrranno la parte sostanziale della riduzione di gas a effetto serra nel periodo 2030-2050 rimangono ancora in gran parte puramente ipotetici, dato che comprendono tecnologie che non sono state ancora sviluppate, e meno ancora possono dirsi mature. Di conseguenza è opportuno inserire nelle parti normative della proposta un certo grado di flessibilità, in modo che il settore possa adattarvisi. È necessario e urgente fornire un sostegno concentrato sul settore della R&S al fine di accelerare lo sviluppo delle conoscenze, così da attenuare i rischi che si incorrono. |
1.5. |
Il CESE ritiene che, nell’ambito del pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %», l’iniziativa FuelEU debba creare sinergie e coerenza tra offerta, distribuzione e domanda. Al momento, tuttavia, il progetto di regolamento FuelEU prescrive particolari combustibili a basse emissioni di carbonio, senza effettuare una valutazione preliminare del loro costo e della loro disponibilità globale, e questo anche se dovrebbero essere invece consentiti tutti i combustibili alternativi. Tutto questo può, in ultima analisi, provocare una distorsione della concorrenza, benché la loro disponibilità rimanga trascurabile sia oggi che nel prossimo futuro. La responsabilità per lo sviluppo e la disponibilità di combustibili alternativi rinnovabili spetta ai fornitori di combustibili, ed è opportuno incoraggiare la diffusione di combustibili più puliti. A tal fine è necessario non soltanto colmare il divario di prezzo tra i combustibili fossili e quelli alternativi, ma anche che i combustibili più puliti diventino economicamente più accessibili e più ampiamente disponibili. È necessario un impegno comune cui contribuiscano attivamente tutti gli attori della catena di valore del settore marittimo: in primo luogo i produttori di combustibili, i fornitori di energia e i fabbricanti di motori, ma anche i porti, i noleggiatori e i rappresentanti dei lavoratori coinvolti in tutti i settori. Potrebbe derivarne un incremento della domanda di combustibili alternativi, come previsto dal regolamento FuelEU. |
2. Introduzione
2.1. |
Il CESE ritiene che il trasporto marittimo incida sull’intera catena di approvvigionamento, giacché il 90 % delle merci mondiali è trasportato via mare. Con la sua presenza globale, inoltre, il trasporto marittimo dell’UE rappresenta un attivo strategico che consente all’Unione di salvaguardare la propria indipendenza geopolitica e di rafforzare la propria resilienza economica e industriale, oltre alla propria sovranità. Nel 2019 circa il 46 % delle esportazioni extra UE e il 56 % delle importazioni extra UE era trasportato via mare (Eurostat, 2021). |
2.2. |
La flotta controllata dall’UE totalizza 810 milioni di tonnellate di portata lorda, è formata da 23 400 navi e nel 2020 rappresentava il 39,5 % della flotta mondiale. L’impatto economico totale del trasporto marittimo sul PIL dell’Unione europea è pari a 149 miliardi di EUR e a circa due milioni di posti di lavoro. Si noti che ogni milione di EUR di PIL creato dal settore del trasporto marittimo favorisce la creazione di ulteriori 1,8 milioni di EUR in altri segmenti dell’economia dell’Unione (2). Secondo le stime più recenti (3), la quota delle emissioni totali del trasporto marittimo sulle emissioni antropiche globali di gas a effetto serra è cresciuta dal 2,76 % del 2012 al 2,89 % del 2018. |
2.3. |
Il CESE riconosce che il settore del trasporto marittimo europeo è impegnato a conseguire la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente marino, contribuendo agli sforzi di decarbonizzazione a livello internazionale e di Unione europea. Il CESE rileva inoltre che il settore del trasporto marittimo europeo ha raccolto queste sfide e intende assumere una posizione guida nel trasporto marittimo verde. |
2.4. |
Il regolamento FuelEU Maritime introduce norme volte a diminuire gradualmente l’intensità media dei gas a effetto serra del combustibile usato a bordo delle navi in ormeggio, in arrivo o in partenza dai porti dell’UE. L’inosservanza di tali norme provocherà sanzioni amministrative a carico delle società di navigazione, da usare palesemente a sostegno di progetti finalizzati alla rapida diffusione di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel settore marittimo, e in particolare di biocarburanti. Questa proposta avrà unilateralmente anche un’applicazione extraterritoriale al trasporto marittimo internazionale, poiché il suo ambito di applicazione è identico a quello della proposta sul sistema di scambio di quote di emissione (Emissions Trading System — ETS) dell’UE (4). Prescrive inoltre l’uso dell’alimentazione elettrica da terra (on-shore power supply, OPS) per due tipi di navi dopo il 1o gennaio 2030: navi passeggeri e navi portacontainer. |
2.5. |
Il CESE rileva che la proposta di regolamento FuelEU Maritime ha riconosciuto, in linea con il principio «chi inquina paga», il ruolo strutturale del noleggiatore della nave, che è di norma responsabile della scelta del combustibile, della rotta, del carico e della velocità della nave, nonché del relativo costo del combustibile consumato (considerando 6). Questo è un aspetto positivo. Tuttavia, il riconoscimento della responsabilità del noleggiatore è una disposizione importante, in vista delle deliberazioni che avranno luogo nella fase successiva del processo normativo e che coinvolgeranno anche il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Gli obiettivi climatici di neutralità in termini di emissioni di carbonio, fissati dal Green Deal e dall’ambizioso pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %», sono auspicabili nel contesto degli sforzi tesi a inverdire e in ultima analisi a decarbonizzare il settore marittimo insieme ad altri settori, rispettando al tempo stesso la dimensione sociale di questa transizione nell’interesse superiore dei cittadini. In altre parole questa trasformazione energetica e il processo di transizione verso la decarbonizzazione del trasporto marittimo potranno avere successo solo se saranno socialmente accettati e sostenuti, pur preservando il modus operandi del trasporto marittimo e di altri settori. Tale obiettivo si potrà conseguire solo grazie a misure specifiche, come la creazione di nuovi posti di lavoro, una sanità pubblica migliore e migliori misure di mitigazione per l’azione per il clima e la protezione dell’ambiente. Tali sforzi richiedono il contributo attivo di tutti gli attori della catena di valore del settore marittimo: in primo luogo i produttori di combustibili, i fornitori di energia e i fabbricanti di motori, ma anche i porti, i noleggiatori e i rappresentanti dei lavoratori in tutti i settori. Una comunicazione che sia adeguatamente mirata, chiara, ciclica e trasparente è essenziale per ottenere il coinvolgimento e un apporto che sia di sostegno da parte della società. |
3.2. |
L’impatto della proposta di regolamento FuelEU Maritime sul trasporto marittimo è meno uniforme rispetto a quello esercitato su altri settori: le misure a breve termine fino al 2030 sono descritte adeguatamente, ma i cambiamenti a lungo termine che produrranno la parte sostanziale della riduzione di gas a effetto serra nel periodo 2030-2050 rimangono ancora in gran parte puramente ipotetici, dato che comprendono tecnologie che non sono state ancora sviluppate, e meno ancora possono dirsi mature. In altre parole il percorso del settore del trasporto marittimo verso la neutralità climatica entro il 2050 è ancora incerto, e comporta un’ampia gamma di opzioni tecnologiche. Inoltre vi sono importanti questioni aperte, relative all’approvvigionamento, alla sicurezza, alla distribuzione e ai costi di tali alternative. Di conseguenza è opportuno inserire nelle parti normative della proposta un certo grado di flessibilità, in modo che il settore possa adattarvisi. Inoltre, occorre agire con urgenza dato il lungo arco temporale e il ciclo di ingentissimi investimenti iniziali che saranno necessari nel settore in senso lato, tenendo cioè conto di tutti i soggetti interessati. |
3.3. |
Da un lato, la traiettoria delle emissioni verso la completa decarbonizzazione dipende dall’introduzione e dalla diffusione nel mercato di combustibili e tecnologie economicamente sostenibili e sicuri, a zero emissioni di carbonio. Dall’altro, per conseguire definitivamente una decarbonizzazione completa sono necessari nuovi mezzi di propulsione, nuovi combustibili a basse o a zero emissioni di carbonio, disponibili a livello mondiale, oltre a uno sforzo comune di collaborazione con i portatori di interessi nella catena di approvvigionamento. |
3.4. |
Nell’ambito di applicazione del pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %», l’iniziativa FuelEU deve creare sinergie e coerenza tra offerta, distribuzione e domanda. Quest’obiettivo si dovrebbe raggiungere integrando in maniera efficace la direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (5), che riguarda in particolare l’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili, e il regolamento sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi, che riguarda le infrastrutture di distribuzione nei porti dell’UE (6). |
3.5. |
A tal fine è essenziale pure fornire gli incentivi adatti tra offerta e domanda. Al momento, tuttavia, il progetto di regolamento FuelEU prescrive particolari combustibili a basse emissioni di carbonio; dovrebbero essere infatti consentiti tutti i combustibili alternativi, senza una valutazione preliminare del loro costo e della loro disponibilità globale. Tutto questo può, in ultima analisi, provocare una distorsione della concorrenza, benché la loro disponibilità rimanga trascurabile sia oggi che nel prossimo futuro. La responsabilità per lo sviluppo e la disponibilità di combustibili alternativi rinnovabili spetta ai fornitori di combustibili, ed è opportuno incoraggiare la diffusione di combustibili più puliti. A tal fine è necessario non soltanto colmare il divario di prezzo tra i combustibili fossili e quelli alternativi, ma anche che i combustibili più puliti diventino economicamente più accessibili e più ampiamente disponibili. È necessario un impegno comune cui contribuiscano attivamente tutti gli attori della catena di valore del settore marittimo: in primo luogo i produttori di combustibili, i fornitori di energia e i fabbricanti di motori, ma anche i porti, i noleggiatori e i rappresentanti dei lavoratori in tutti i settori. Potrebbe derivarne un incremento della domanda di combustibili alternativi, come previsto dal regolamento FuelEU. |
3.6. |
Imponendo l’adozione di combustibili più puliti, e in particolare di biocarburanti, la proposta sembra ignorare la possibilità che tali combustibili non siano in realtà mai disponibili in quantità sufficienti per il trasporto marittimo internazionale e non rappresentino un’alternativa realmente sostenibile ai combustibili fossili. L’imposizione di sanzioni amministrative in una situazione in cui non esistono alternative sostenibili è punitiva, e rappresenta una misura volta a generare entrate, piuttosto che ad abbattere le emissioni. |
3.7. |
Attualmente i combustibili a zero o basse emissioni di carbonio, necessari per decarbonizzare il trasporto marittimo, non sono disponibili — in particolare per la navigazione in alto mare — e tale situazione non è destinata a cambiare nel prossimo futuro. Sono necessari investimenti ingentissimi per produrre e mettere a disposizione in tutto il mondo questi combustibili, che dovranno essere sviluppati da portatori di interessi esterni al settore: essenzialmente compagnie petrolifere e più in generale fornitori di energia. Inoltre i combustibili alternativi come l’ammoniaca, il metanolo o l’idrogeno richiedono una nuova generazione di motori a combustione interna, nonché progressi nella progettazione delle navi e nelle tecnologie di propulsione; tutto questo rientra nelle competenze dei cantieri e dei fabbricanti di motori, situati in gran parte in Estremo Oriente. |
3.8. |
In attesa che vengano sviluppati questi combustibili alternativi, non è possibile conseguire né gli obiettivi a lungo termine della strategia iniziale decisa dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO) in materia di decarbonizzazione, né gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo e del pacchetto «Pronti per il 55 %». È necessario disporre in tempi più rapidi di conoscenze più approfondite e scientificamente fondate, così da ridurre i rischi legati al processo decisionale e di orientarsi verso i giusti investimenti. È questo il motivo per cui il settore, assieme a numerosi Stati membri con rilevanti interessi marittimi, ha proposto all’IMO di istituire un consiglio e un fondo di ricerca e sviluppo (proposta IMRB e IMRF) da finanziare inizialmente con un contributo obbligatorio, da parte di ogni nave di stazza lorda superiore a 5 000 tonnellate, per ogni tonnellata di combustibile consumato. Tale iniziativa si prefigge di accelerare lo sviluppo di combustibili alternativi di cui il settore del trasporto marittimo ha bisogno, ma che non è in grado di sviluppare. L’urgenza della situazione ha suggerito quest’iniziativa e ha stimolato la volontà di collaborare del settore del trasporto marittimo. Si auspica vivamente che l’iniziativa ottenga un ulteriore deciso sostegno da parte dell’IMO. |
3.9. |
Anche le considerazioni relative alla sicurezza dovrebbero rimanere un parametro essenziale per la ricerca e lo sviluppo di combustibili alternativi, che costituiscono un processo assai impegnativo, ad alta intensità di capitale e dispendioso in termini di tempo. Per affrontare i problemi di sicurezza posti da questi nuovi combustibili sarà necessario elaborare nuovi regolamenti e norme tecniche concernenti la progettazione sicura di tali combustibili e il loro utilizzo sicuro a bordo delle navi. |
3.10. |
Esigere che le navi rispettino una norma europea in materia di combustibili, senza garantire la disponibilità di quantità adeguate e sicure di combustibili a basse o a zero emissioni di carbonio nei porti di tutto il mondo, sarebbe causa di gravi problemi. Il documento di lavoro dei servizi della Commissione europea pubblicato nel dicembre 2020 per accompagnare la strategia per una mobilità sostenibile e intelligente (7) prevede che entro il 2030 i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio costituiranno una percentuale oscillante tra il 5,5 % e il 13,5 % del mix di combustibili del trasporto marittimo. L’intensità di gas a effetto serra è determinata su base «well-to-wake» (dal pozzo alla scia) [articolo 3, definizioni, lettera p)] secondo le metodologie e i criteri di sostenibilità indicati nella proposta di revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, ove un moltiplicatore di 1,2 per i biocarburanti avanzati e il biogas prodotti da materie prime, nonché per i combustibili rinnovabili di origine non biologica, è mantenuto solo per il trasporto aereo e marittimo. Inoltre, come evidenziato nella proposta, è ragionevole riorientare i biocarburanti verso i settori di trasporto difficili da elettrificare, come il trasporto marittimo, a lunga distanza e aereo (8). |
3.11. |
Questo sistema supplementare di monitoraggio, comunicazione e verifica precisa una metodologia di analisi del ciclo di vita dei combustibili nell’allegato della proposta di regolamento. Qualora le società intendano discostarsi dai valori standard previsti dalla direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, hanno facoltà di discostarsi dai valori standard stabiliti per i fattori di emissione «tank-to-wake» (dal serbatoio alla scia), a condizione che ciò avvenga solo quando i valori possono essere certificati da uno dei sistemi volontari riconosciuti nell’ambito della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (per i valori «well-to-tank», dal pozzo al serbatoio) oppure tramite prove di laboratorio o misurazioni dirette delle emissioni («tank-to-wake»). Le metodologie per il calcolo dell’intensità di carbonio e dei fattori di emissione costituiscono problemi cruciali che si dovranno esaminare approfonditamente. |
3.12. |
Il CESE ritiene che la proposta di regolamento, in quanto misura a livello regionale, rischi di compromettere le discussioni in corso sulla strategia iniziale dell’IMO per la decarbonizzazione del trasporto marittimo internazionale, discussioni che attualmente procedono positivamente, producono risultati concreti e sono le uniche dotate di una prospettiva globale. I governi che fanno parte dell’IMO hanno inoltre concordato di avviare la discussione di misure a medio e lungo termine, comprese misure basate sul mercato, già nell’ottobre 2021, in base al piano di lavoro IMO approvato per le misure a medio e lungo termine. Il relativo flusso di lavoro dell’IMO, che rimane da completare, riguarda gli orientamenti per l’intensità di carbonio/gas a effetto serra nel ciclo di vita, per tutti i tipi di combustibili. Fino a quando l’IMO non avrà portato a termine questo flusso di lavoro, si dovrebbe evitare di applicare due pesi e due misure. |
3.13. |
Il CESE giudica rilevante la recente iniziativa adottata dai governi degli Stati membri dell’UE, per sottoporre all’esame dell’imminente decima riunione del gruppo di lavoro intersessione sui gas a effetto serra una norma globale sui combustibili a basse emissioni di gas a effetto serra per il trasporto marittimo internazionale (9). La proposta citata indica tra l’altro un percorso grazie al quale le navi possono dimostrare la conformità alla misura, dimostrando di aver usato, durante il periodo di conformità, esclusivamente combustibili con intensità di emissioni di gas a effetto serra corrispondenti o inferiori al valore limite (per esempio miscele di combustibili tradizionali e rinnovabili); si tratta di un approccio simile a quello dell’allegato VI IMO Marpol (regolamento 14.1), che ha applicato il massimale di zolfo dell’IMO per il 2020, in relazione ai combustibili per uso navale. Il documento presentato propone anche un sistema di certificazione «well-to-wake», che l’IMO dovrà sviluppare e convalidare. Inoltre, date le discussioni in corso in seno all’IMO sulla valutazione del ciclo di vita delle emissioni di gas a effetto serra, quando a livello IMO verrà raggiunto un accordo su un approccio globale alle questioni concernenti il progetto di regolamento FuelEU la legislazione UE dovrà essere pienamente allineata alle norme internazionali, conformemente al considerando 42 della proposta di regolamento. |
3.14. |
La strategia di decarbonizzazione dell’IMO ha individuato un elenco di misure candidate a breve, medio e lungo termine per la riduzione delle emissioni di CO2. In occasione della 76a sessione del Comitato per la protezione dell’ambiente marino (MEPC) dell’IMO, tenutasi dal 10 al 17 giugno 2021, i governi che fanno parte dell’IMO, tra cui tutti gli Stati membri dell’UE, compiendo un grande passo in avanti per la transizione energetica del settore marittimo, hanno adottato un pacchetto globale di misure tecniche e operative a breve termine, giuridicamente vincolanti, volte a ridurre le emissioni di CO2 prodotte dalle navi; tale pacchetto entrerà in vigore il 1o novembre 2022. |
3.15. |
Più specificamente, le misure adottate in occasione della MEPC 76 impongono alle navi di stazza lorda pari o superiore a 400 tonnellate di calcolare il proprio Energy Efficiency Existing Ship Index (EEXI, indice di efficienza energetica delle navi esistenti) tramite mezzi tecnici per migliorare la propria efficienza energetica; impongono inoltre a tutte le navi di stazza lorda pari o superiore a 5 000 tonnellate di definire il proprio indicatore di intensità di carbonio operativo annuale (CII) e il CII rating. L’intensità di carbonio collega le emissioni di gas a effetto serra all’entità del carico trasportato sulla distanza coperta. L’IMO esaminerà l’efficacia dell’attuazione dei requisiti CII ed EEXI entro il 1o gennaio 2026 per verificare l’eventuale necessità di altre modifiche. |
3.16. |
Il trasporto marittimo internazionale in alto mare è il più importante operatore terzo a livello mondiale: trasporta fra paesi terzi, per oltre il 90 % della propria capacità commerciale, carichi essenziali per l’economia mondiale come petrolio e prodotti derivati, gas, prodotti chimici, ferro e altri minerali, carbone e fertilizzanti. Per effettuare senza difficoltà gli scambi internazionali, è pertanto necessaria una disponibilità globale di combustibili corrispondenti alle specifiche richieste dell’UE nei porti di tutto il mondo. |
3.17. |
Il trasporto marittimo internazionale è un settore trainato essenzialmente dalle PMI; il trasporto di rinfuse su linee non regolari è un settore autenticamente imprenditoriale con le caratteristiche di un mercato perfettamente competitivo. Il settore comprende infatti migliaia di imprese in tutto il mondo e non è dominato da un ristretto numero di grandi società o alleanze, come nel caso della navigazione di linea e di gran parte dei settori industriali e di servizi a livello globale. Le compagnie di navigazione con dimensioni di PMI non hanno pertanto il potere contrattuale per distribuire e gestire nuovi carburanti nei porti di tutto il mondo. |
3.18. |
La valutazione d’impatto della Commissione sul progetto di regolamento FuelEU Maritime prevede un aumento della domanda di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio nel settore del trasporto marittimo, con particolare riguardo, tra l’altro, per i biocarburanti liquidi, il gas decarbonizzato (compreso il bio-GNL), gli elettrocarburanti, i combustibili derivati dall’idrogeno decarbonizzato (metanolo e ammoniaca) e l’elettricità. La valutazione d’impatto prevede una maggiore diffusione dei biocarburanti, mentre l’importanza dei biocarburanti è riconosciuta in particolare nei settori di difficile decarbonizzazione, come il trasporto aereo e marittimo. |
3.19. |
Vi è poi il problema di sviluppare a livello mondiale la produzione e le necessarie infrastrutture di fornitura di elettrocarburanti. La proposta di revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili indica per l’UE un nuovo obiettivo: una quota pari almeno al 40 % di energia da fonti rinnovabili nel 2030. Si ammette peraltro che il trasporto marittimo deve affrontare, in fatto di decarbonizzazione, sfide più ardue di altri settori, a causa dell’attuale assenza di tecnologie a zero emissioni di carbonio pronte per il mercato. In effetti, attualmente sul mercato non sono disponibili combustibili a basse e a zero emissioni di carbonio per il trasporto marittimo. Inoltre, si stima che gli investimenti di capitale necessari per lo sviluppo della produzione, ad esempio di ammoniaca verde (e-ammoniaca), a seconda dei metodi di produzione e delle filiere di produzione specifiche del combustibile, oscillino approssimativamente tra 1 200 e 1 650 miliardi di USD (UMAS, 2020) senza considerare gli investimenti indispensabili per le infrastrutture di rifornimento a livello mondiale. |
3.20. |
Pertanto, l’obiettivo di una riduzione media del 75 % nell’intensità dei gas a effetto serra dell’energia usata a bordo delle navi entro il 2050 è sovrastimato. Uno dei maggiori ostacoli alla decarbonizzazione del settore marittimo sarà la realizzazione delle nuove infrastrutture di rifornimento necessarie nei porti di tutto il mondo per fornire alle navi combustibili alternativi in condizioni di sicurezza. È nell’interesse del settore del trasporto marittimo che tali infrastrutture si sviluppino rapidamente, in modo da mettere presto a disposizione i nuovi combustibili su scala globale e dal maggior numero di porti possibile, rendendo così meno oneroso il prezzo dei combustibili a zero emissioni di carbonio e agevolando il rispetto degli obiettivi dichiarati della proposta di regolamento. |
3.21. |
I combustibili «drop-in» come i biocarburanti avanzati, ad esempio gli oli vegetali idrotrattati (HVO), con una limitata compatibilità con tutti i motori navali moderni (ogni tipo di nave indipendentemente dall’attività) che possono utilizzare i biocarburanti senza bisogno di adattamenti tecnici, di sicurezza o di progettazione, potrebbero rappresentare una soluzione parziale almeno nel settore del trasporto di rinfuse su linee non regolari. Spetta tuttavia ai fornitori di combustibili accertarsi che la miscela di questi combustibili con combustibili fossili sia idonea all’utilizzo sulle navi e sia disponibile in quantità sufficienti nei porti dell’UE. I biocarburanti importati sul mercato dell’Unione europea dovrebbero soddisfare i criteri di sostenibilità dell’UE stabiliti nella proposta di revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili II (allegato IX, parti A e B). Il progetto di regolamento FuelEU Maritime attribuisce alle navi la responsabilità del rispetto dei criteri di sostenibilità stabiliti nella suddetta direttiva riveduta sulla promozione delle energie rinnovabili. Inoltre incentivare la diffusione di miscele di biocarburanti della qualità specificata, acquistate al di fuori dell’UE, potrebbe comportare problemi di applicazione e mettere quindi a repentaglio il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. |
3.22. |
Tutti gli elettrocarburanti candidati, come l’ammoniaca verde o l’idrogeno verde (10), presentano alcuni ostacoli di mercato (economici, tecnologici, normativi) che ne impediscono la diffusione come combustibili per uso marittimo alternativi in un futuro prevedibile. Il panorama attuale dei combustibili per uso marittimo alternativi non è solo frammentato ma anche poco sviluppato, perciò si dovrebbero potenziare e accelerare le attività di R&S in questo campo. |
3.23. |
Anche le metodologie per il calcolo dell’intensità di carbonio e dei fattori di emissione costituiscono problemi cruciali che si dovranno esaminare approfonditamente. Occorre prestare attenzione alle perdite di metano e al fattore ILUC (cambiamento indiretto di destinazione dei terreni), soprattutto in relazione alla diffusione e all’utilizzo di biocarburanti e GNL. I biocarburanti di prima generazione non possono essere considerati materiali sostenibili nel lungo periodo, dal momento che la loro produzione è concorrenziale rispetto alla produzione alimentare in termini di uso e di esaurimento del suolo. |
3.24. |
In ultima analisi, dal momento che il trasporto marittimo è un settore veramente globale, una normativa globale è la via più efficiente ed efficace per progredire. Qualsiasi misura attuata a livello UE dev’essere compatibile con le norme adottate dall’IMO, realizzando un equilibrio tra norme internazionali e iniziative legislative dell’Unione europea. |
4. Osservazioni specifiche
4.1. |
Il soggetto responsabile (il fornitore di combustibile anziché il proprietario della nave): gli operatori navali non si possono considerare responsabili né della qualità, né della disponibilità di combustibili specifici. L’intensità di carbonio dei combustibili per uso marittimo dovrebbe essere disciplinata a livello globale e dovrebbe dipendere dall’adeguata disponibilità di alternative non fossili. Attualmente tali alternative non sono disponibili per la navigazione a lungo raggio, e questa situazione si protrarrà nel prossimo futuro. Le navi non possono essere considerate responsabili per il rifornimento di combustibili tecnologicamente immaturi o disponibili solo in quantità assai limitate e/o in aree geografiche ristrette: sarebbe come chiedere agli automobilisti di usare una specifica miscela di combustibili non ampiamente disponibile sul mercato. |
4.2. |
Un obbligo esplicito, per i noleggiatori, di assumersi la propria legittima parte di responsabilità: il principio «chi inquina paga» dovrebbe essere applicato in tutti i casi. La responsabilità dei noleggiatori, benché riconosciuta nelle pertinenti iniziative legislative della Commissione europea (EU ETS, FuelEU Maritime), non obbliga esplicitamente i noleggiatori ad assumersi la loro responsabilità. Se il proprietario della nave fosse considerato responsabile delle emissioni della nave, toccherebbe a lui farsi carico delle maggiori emissioni di CO2 dovute all’analisi costi-benefici puramente economica effettuata dal noleggiatore, che non terrebbe conto delle esternalità ambientali negative. Tale situazione sarebbe non solo iniqua, ma anche controproducente. Fino a quando non avrà una responsabilità stabilita per legge, il noleggiatore continuerà a fondare tutte le proprie decisioni operative soltanto su considerazioni di costo e sarà esonerato dal principio «chi inquina paga», che dev’essere applicato adeguatamente nel settore del trasporto marittimo come in tutti gli altri settori. |
4.3. |
Evitare la duplicazione del conteggio/dei requisiti: la proposta introduce un secondo sistema UE di monitoraggio, comunicazione e verifica («sistema MRV») ai fini della proposta di regolamento. Salvaguardare la flessibilità è di estrema importanza, ma si dovrebbe evitare, per quanto possibile, di introdurre doppi conteggi o doppi requisiti uniformando le metodologie di monitoraggio, comunicazione e verifica (MRV). |
4.4. |
Evitare la creazione di un meccanismo di conformità inattuabile: il progetto di proposta introduce anche un complesso meccanismo di messa in comune della conformità per i crediti di intensità di carbonio eccedenti, relativi al combustibile usato dalle navi in eccesso di conformità. Tale disposizione è soggetta a un accordo di messa in comune con sanzioni armonizzate per la non conformità e trasferimento di crediti tra le diverse società con navi dalle prestazioni eccedenti o insufficienti, certificate dal medesimo verificatore. Si propone invece di includere nella proposta di regolamento un meccanismo flessibile, da applicare inizialmente soltanto agli elettrocarburanti (11) utilizzati dalle navi con un calendario di attuazione graduale (analogamente all’introduzione dell’alimentazione elettrica da terra; è pertinente l’articolo 5 della proposta di regolamento). Se si accetta tale impostazione, i requisiti sarebbero gradualmente estesi a tutti i combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio (subordinatamente a una clausola di revisione e a una futura valutazione d’impatto, che affronterebbe per esempio anche il problema della disponibilità di combustibili rinnovabili e a basse emissioni di carbonio per il settore marittimo e le questioni della concorrenza di tali combustibili con altri modi di trasporto). Gradualmente si promuoveranno partenariati tra soggetti del mercato che hanno investito in combustibili verdi al fine di mettere in comune le proprie unità di conformità e presentare notifiche congiunte al medesimo verificatore accreditato. |
4.5. |
Proroga delle esenzioni dall’utilizzo dell’alimentazione elettrica da terra dopo il 2034: pur riconoscendo l’esigenza di dare priorità all’utilizzo dell’alimentazione elettrica da terra, per ottenere riduzioni di emissioni di gas a effetto serra e dell’inquinamento atmosferico tangibili ed efficaci in termini di costi durante l’ormeggio, in particolare per le navi passeggeri e portacontainer, non è opportuno limitare dopo il 2034 l’esenzione dall’utilizzo obbligatorio dell’alimentazione elettrica da terra per i citati segmenti del trasporto marittimo, qualora l’infrastruttura non sia disponibile in porto e qualora le apparecchiature a bordo per l’alimentazione elettrica da terra non siano compatibili con l’impianto nel porto. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2021) 562 final.
(2) Associazione degli armatori europei, 2021.
(3) Quarto studio dell’IMO sui gas a effetto serra (2020).
(4) COM(2021) 551 final.
(5) COM(2021) 557 final.
(6) COM(2021) 559 final.
(7) SWD(2020) 331 final.
(8) Parere del CESE TEN/748 in merito alla Revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (cfr. pag. 127 della presente Gazzetta ufficiale), punto 4.17.
(9) Documento dell’Unione per la settima riunione del gruppo di lavoro «intersessioni» (ISWG) sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG) 10/5/3 (Austria et al.) del 3.10.2021.
(10) Secondo la definizione che ne viene data nel parere TEN/718 sul tema Strategia per l’idrogeno (GU C 123 del 9.4.2021, pag. 30).
(11) Gli elettrocarburanti comprendono e-ammoniaca, e-metanolo, diesel sintetico, olio combustibile sintetico ed e-gas [pag. 7, allegati del COM(2021) 562 final].
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/152 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia dell’Unione e recante adeguata attuazione di una misura mondiale basata sul mercato
[COM(2021) 552 final]
(2022/C 152/25)
Relatore generale: |
Dumitru FORNEA |
Consultazione |
Consiglio dell’Unione europea, 20.9.2021 Parlamento europeo, 13.9.2021 |
Base giuridica |
Articolo 192 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sezione |
9.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
209/3/5 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
L’iniziativa della Commissione europea che modifica la direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia dell’Unione rappresenta un passo positivo verso la riduzione dell’impatto climatico del settore del trasporto aereo. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia le modifiche proposte, ma sottolinea la necessità di mantenere condizioni di parità e di tutelare i diritti sociali e lavorativi. Pur non essendo i principali produttori di emissioni all’interno della società o anche solo nel settore dei trasporti, l’aviazione e tutti i soggetti direttamente interessati devono fare la loro parte per contribuire alla sostenibilità del settore. Tale obiettivo può essere realizzato soltanto attraverso il dialogo sociale e il coinvolgimento dei sindacati del settore, che sono una parte fondamentale della transizione climatica. |
1.2. |
In linea generale, il CESE è contrario all’assegnazione di quote gratuite nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione (ETS), a meno che non sia finalizzata a garantire una concorrenza leale. Nel caso dei voli all’interno dello spazio economico europeo (SEE), il rischio di pregiudicare la parità di condizioni è minore; tuttavia, occorre restare vigili riguardo alla delocalizzazione delle emissioni di carbonio, in particolare nel comparto del turismo e dei voli a lungo raggio. Pertanto, il CESE sarebbe favorevole a mantenere la data proposta del 2027 per la soppressione totale delle quote gratuite e, nel frattempo, ad adeguare le assegnazioni di quote a titolo gratuito per favorire la concorrenza leale. Tale soluzione consente di attuare il sistema ETS, migliorare la diffusione dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo e ridurre il livello delle quote gratuite, evitando nel contempo distorsioni della concorrenza all’interno del mercato. |
1.3. |
È indispensabile che la proposta serva a proteggere la parità di condizioni al fine di sostenere le compagnie che offrono condizioni di lavoro e standard sociali dignitosi. È inoltre importante evitare effetti negativi a lungo termine sulle condizioni di lavoro dovuti alla concorrenza sleale da parte delle compagnie che non operano nell’ambito del sistema ETS. Il CESE raccomanda pertanto di avviare una «valutazione dell’impatto sociale» che tenga conto del nesso esistente tra l’applicazione del sistema, la concorrenza leale e il potenziale danno sociale prodotto dalla delocalizzazione delle emissioni di carbonio. Il CESE propone inoltre due valutazioni intermedie volte ad analizzare l’impatto sociale, ambientale ed economico del sistema ETS modificato. Tali valutazioni dovrebbero essere effettuate a distanza di due e quattro anni dall’entrata in vigore dell’ETS modificato e dovrebbero offrire a tutte le parti interessate l’opportunità di riesaminare l’applicazione dell’ETS e gli obiettivi del programma. Esse consentiranno inoltre di verificare la ripresa del settore rispetto agli obiettivi del sistema ETS. |
1.4. |
Gli intermediari finanziari dovrebbero essere esclusi dal sistema di scambio di quote di emissione dell’UE, in modo che solo gli impianti che emettono anidride carbonica nei loro processi produttivi siano autorizzati a scambiare quote di emissione. Questo approccio consente di eliminare qualsiasi rischio di speculazione ed è simile a quello adottato dalla Cina, la quale vieta agli istituti finanziari di partecipare al suo sistema di scambio di quote. |
1.5. |
La maggior parte del traffico al di fuori del SEE passa attraverso hub centrali situati all’interno o all’esterno del SEE stesso. Per i propri voli al di fuori del SEE, la maggioranza dei passeggeri dispone attualmente di diverse possibilità attraverso hub interni ed esterni. Tuttavia, con l’aumento dei costi legato al sistema ETS, vi è un considerevole rischio che le compagnie che operano nel SEE siano battute sul prezzo da concorrenti meno costosi che hanno base in hub situati al di fuori del SEE. Per contrastare tale rischio, l’assegnazione gratuita di quote ETS deve essere sostituita da un meccanismo mirato contro gli svantaggi competitivi al fine di proteggere le compagnie aeree e gli hub europei. |
1.6. |
L’UE deve promuovere una regolamentazione globale più ambiziosa e uniforme in materia di tariffazione del carbonio e deve avere il mandato per negoziarla a livello mondiale. Oltre a questo mandato globale, il CESE propone di applicare uno o entrambi i seguenti meccanismi, al fine di garantire un’attuazione equa e sostenibile dell’ETS e favorire una più ampia base di applicazione a breve termine:
|
1.7. |
Il sistema ETS dovrebbe favorire il passaggio a modi di trasporto più sostenibili, anche nel settore dell’aviazione, e dovrebbe pertanto promuovere una riduzione dell’utilizzo dell’aviazione d’affari. Dovrebbe altresì incoraggiare l’uso di trasporti di massa sostenibili e, di conseguenza, costringere gli utilizzatori di jet d’affari a pagare tariffe più elevate. |
1.8. |
I proventi derivanti dal sistema ETS dovrebbero essere investiti in progetti di sviluppo volti a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale del trasporto aereo, favorendo un abbassamento dei costi e una maggiore diffusione dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo. Il sistema ETS dovrebbe inoltre sostenere la transizione degli aeroporti, dei fornitori di carburante e dei prestatori di servizi a terra verso nuove norme che disciplinano l’uso dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo negli scali europei attraverso la proposta ReFuelEU. Le entrate devono altresì favorire una riconversione equa dei lavoratori del settore dell’aviazione che hanno subito un impatto negativo in seguito ai cambiamenti climatici. A tal fine dovrebbe essere creato un fondo sociale per l’aviazione che consenta la formazione e la riconversione dei lavoratori del settore. Tale fondo potrebbe essere gestito dalla Commissione europea, con il sostegno sia dei datori di lavoro che dei sindacati. |
1.9. |
Attraverso il sistema ETS, la proposta dovrebbe incoraggiare gli operatori a sviluppare reti di trasporto intermodali nei loro hub principali al fine di espandersi verso una più ampia rete di destinazioni, riducendo nel contempo i voli superflui a cortissimo raggio. A tal fine si potrebbe invece aumentare il livello delle quote gratuite in altri punti della rete della compagnia aerea che non dispongono di collegamenti ferroviari adeguati. |
1.10. |
L’UE dovrebbe dialogare con i comitati aziendali europei (CAE), i comitati di dialogo sociale del settore ed altri forum congiunti, come la tavola rotonda sull’aviazione, riguardo all’impatto costante del sistema ETS modificato nel corso della sua attuazione. Si dovrebbero considerare con particolare attenzione il dialogo sociale con i lavoratori e la comprensione delle esigenze e delle preoccupazioni che questi ultimi nutrono riguardo a un’aviazione sostenibile. |
1.11. |
Lo status speciale delle regioni ultraperiferiche dell’UE dovrebbe essere preservato, e tali regioni dovrebbero essere esentate dall’ETS a norma dell’articolo 349 del TFUE, che consente deroghe all’applicazione del diritto dell’UE in tali regioni. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione europea che modifica la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda il contributo del trasporto aereo all’obiettivo di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia dell’Unione. Pur non essendo i principali produttori di emissioni all’interno della società o anche solo nel settore dei trasporti, l’aviazione e tutti i soggetti direttamente interessati devono fare la loro parte per contribuire alla sostenibilità del settore e al raggiungimento degli obiettivi climatici, come indicato nell’accordo di Parigi e nel pacchetto «Pronti per il 55 %». |
2.2. |
Iniziative di questo tipo, il coinvolgimento delle parti interessate e il dialogo sociale possono attenuare molte delle minacce sociali ed economiche che incombono sui lavoratori del settore dell’aviazione, e il CESE accoglie con favore gli sforzi della Commissione volti a garantire che tutte le parti interessate, in particolare i sindacati e i CAE, siano impegnate sui temi dei cambiamenti climatici e della transizione giusta durante l’intero iter della proposta in esame, nonché su tutti i lavori futuri in materia di aviazione sostenibile. |
3. Osservazioni particolari
3.1. Presa in considerazione degli effetti della pandemia di COVID-19
3.1.1. |
Il settore dell’aviazione è stato tra i più colpiti dalla recente pandemia di COVID-19, per cui la proposta in esame deve prendere in considerazione la possibilità di lasciare a tale settore il margine e il tempo necessari per riprendersi. Tuttavia, è ormai evidente che l’aviazione ha un problema intrinseco di sostenibilità, dal punto di vista sia sociale che ambientale, e qualsiasi ripresa, compreso ogni eventuale sostegno al settore, deve prendere in considerazione gli sforzi compiuti per rendere il comparto più sostenibile sul lungo termine. |
3.1.2. |
I dati pubblicati da Eurocontrol indicano che il settore dell’aviazione ha ancora molta strada da fare per tornare ai livelli di traffico del 2019. Nell’estate del 2021 tali livelli sono tornati ad appena il 70 % rispetto al 2019 (2) e, secondo le previsioni generali di Eurocontrol, i livelli del 2019 saranno recuperati soltanto nel 2023 (3). Alla luce di ciò, è evidente che il traffico del settore dell’aviazione è calato e resterà basso almeno fino al 2023. Inoltre, tale calo si è ripercosso in misura proporzionale sui lavoratori. Anche se è ancora difficile reperire informazioni in merito, la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) stima che circa il 60 % del personale di terra sia rimasto senza lavoro durante la pandemia (4). L’introduzione di misure che possono provocare distorsioni della concorrenza durante questo periodo di ripresa potrebbe avere conseguenze negative sia sui lavoratori che sul settore nel suo complesso. |
3.1.3. |
Il CESE però appoggia l’assegnazione di quote gratuite nel quadro del sistema ETS soltanto al fine di evitare distorsioni della concorrenza o la delocalizzazione delle emissioni di carbonio. Bisogna tenere conto dell’eventualità di una delocalizzazione delle emissioni di carbonio che potrebbe verificarsi se le compagnie aeree si spostano verso destinazioni più economiche, in particolare nel mercato del tempo libero. Vi è il rischio che molte mete di vacanza tradizionali possano venire trascurate a favore di destinazioni al di fuori del SEE, in quanto queste ultime offrono tariffe di emissione più basse rispetto alle loro controparti nel SEE. Per i voli al di fuori del SEE, bisogna considerare inoltre il rischio significativo che operatori di paesi terzi sfruttino l’ETS per alterare le condizioni di parità. |
3.1.4. |
Pertanto, il CESE ritiene che, mentre la data di soppressione delle quote gratuite dovrebbe rimanere fissata al 2027, tali quote dovrebbero essere concesse solo per tutelare la concorrenza leale. In tal modo, la proposta in esame potrà sortire i risultati attesi e proteggere la parità di condizioni mentre il settore cerca di riprendersi e di competere nel quadro del nuovo sistema ETS. |
3.2. Concorrenza leale e delocalizzazione delle emissioni di carbonio
3.2.1. |
L’aviazione è un settore mondiale altamente mobile e fortemente liberalizzato, per cui è esposto a notevole concorrenza, la maggior parte della quale provoca o rischia di provocare distorsioni del mercato. Questa situazione è chiaramente riscontrabile nelle questioni sociali a cui deve far fronte il mercato dell’aviazione, le cui imprese hanno approfittato di condizioni sociali favorevoli all’interno del SEE e nei paesi terzi per sfruttare i lavoratori e ridurre i costi del lavoro. Questa pratica è ormai comune nel settore e deve servire da avvertimento quando si considerano i costi ambientali. È quindi necessaria una legislazione forte per evitare che paesi o operatori, in particolare quelli al di fuori del sistema ETS, possano delocalizzare le emissioni di carbonio o sfruttare tale sistema. Questo aspetto è particolarmente rilevante se si considera il traffico intercontinentale, per esempio i passeggeri che transitano attraverso il SEE piuttosto che avere il loro punto di partenza o di arrivo nel SEE, o quelli che partono o arrivano dal SEE ma che transitano attraverso hub al di fuori di tale spazio. |
3.2.2. |
Il CESE accoglie con favore l’idea di inserire nella proposta la piena applicazione del sistema ETS a tutti i voli all’interno del SEE, in quanto così facendo si contribuirà a mantenere condizioni di parità nel mercato. Il CESE condivide inoltre l’intento della proposta di eliminare le quote assegnate gratuitamente, ma sottolinea che tali quote dovrebbero essere concesse solo al fine di mantenere una concorrenza leale. Il campo di applicazione di tale disposizione non dovrebbe essere limitato alla concorrenza tra le compagnie aeree, ma dovrebbe essere ampliato in modo da garantire una concorrenza leale tra gli hub all’interno e all’esterno del SEE che si contendono il traffico di transito, nonché tra le mete di vacanza all’interno e all’esterno del SEE. |
3.2.3. |
Per quanto riguarda il traffico a lungo raggio, i principali vettori e hub del SEE devono far fronte a un’accesa concorrenza da parte dei vettori aerei e degli hub del Medio Oriente. Tale concorrenza si fa sentire soprattutto quando i passeggeri non arrivano nel SEE, ma vi transitano nei loro viaggi intercontinentali o quando partono dal SEE o vi arrivano, facendo però scalo in aeroporti al di fuori di tale spazio. Data la vicinanza di altri grandi hub aerei situati al di fuori del SEE, occorre garantire che le compagnie aeree possano rimanere competitive in questo mercato. Generalmente, i vettori storici presenti in questo mercato si contraddistinguono per standard sociali di livello elevato e condizioni di lavoro dignitose. In altre regioni, in particolare nella regione del Golfo, ai lavoratori dipendenti sono negati i diritti fondamentali, come la libertà di associazione; bisogna perciò adottare tutte le misure necessarie per garantire che i vettori con sede in questi paesi non traggano vantaggi a spese delle imprese e dei lavoratori europei. Sono quindi necessari meccanismi di protezione mirati per porre fine agli svantaggi competitivi. |
3.2.4. |
Dal gennaio 2020 il prezzo delle quote di emissione è salito da circa 20 EUR/tonnellata a oltre 70 EUR/tonnellata. Sul versante della domanda, gli impianti, ossia le imprese che hanno bisogno di quote perché emettono CO2 nei loro processi produttivi, si trovano in competizione con gli istituti finanziari e gli intermediari. Questi ultimi sono pienamente consapevoli del fatto che i primi hanno bisogno di quote per svolgere la loro attività. Inoltre, non esiste un tetto massimo al prezzo sul mercato, in quanto la sanzione per l’emissione senza una corrispondente quota non annulla l’obbligo di acquistare tale quota (5). |
3.2.5. |
È indispensabile che la proposta in esame tuteli la parità di condizioni tra questi vettori e garantisca che non si producano effetti negativi a lungo termine sulle condizioni sociali dei lavoratori a causa della concorrenza sleale esercitata da compagnie che non operano nel quadro del sistema ETS. Per garantire un’analisi approfondita delle sfide, il CESE raccomanda pertanto di avviare una valutazione dell’impatto sociale che tenga conto del nesso esistente tra l’applicazione del sistema, la concorrenza leale e il potenziale danno sociale prodotto dalla delocalizzazione delle emissioni di carbonio. Il CESE propone inoltre due valutazioni intermedie volte ad analizzare l’impatto sociale, ambientale ed economico del sistema ETS modificato. Tali valutazioni dovrebbero essere effettuate a distanza di due e quattro anni dall’entrata in vigore dell’ETS modificato e dovrebbero offrire a tutte le parti interessate l’opportunità di riesaminare l’applicazione dell’ETS e gli obiettivi del programma. Esse consentiranno inoltre di verificare la ripresa del settore rispetto agli obiettivi del sistema ETS. |
3.2.6. |
Per accrescere l’equità della proposta, il CESE propone di esaminare altri due elementi: |
a) |
|
L’applicazione di tale meccanismo limiterà la delocalizzazione delle emissioni di carbonio e incoraggerà i soggetti non UE a migliorare la propria impronta ambientale. Il settore dell’aviazione non è limitato dalle frontiere, per cui è difficile legiferare all’interno dei confini dell’UE se poi gran parte del traffico si svolge all’esterno. Come indicato in precedenza, i livelli più elevati degli standard sociali nel settore dell’aviazione dell’UE devono essere protetti in via prioritaria, e l’applicazione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere fornirà un contributo in tal senso. Poiché la Commissione sostiene la crescita del settore dell’aviazione attraverso lo sviluppo di accordi globali sui servizi aerei con i paesi terzi, essa dovrebbe considerare l’applicazione di tale meccanismo ai voli in coincidenza da hub di paesi terzi, o di altri strumenti per favorire la crescita sostenibile delle operazioni al di fuori del SEE.
b) |
|
La revisione del sistema ETS dell’UE deve far fronte al rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio, che rappresenta una notevole minaccia per il mercato del trasporto aereo del SEE, data la sua vicinanza a una serie di hub che gestiscono un volume significativo di traffico extra-SEE. Per i voli al di fuori del SEE, la maggioranza dei passeggeri dispone attualmente di diverse possibilità, tra cui il passaggio da hub interni ed esterni. Tuttavia, con l’aumento dei costi legato al sistema ETS, vi è un considerevole rischio che le compagnie che operano nel SEE siano battute sul prezzo da concorrenti meno costosi che hanno base in hub situati al di fuori del SEE. Per contrastare tale rischio, l’assegnazione di quote gratuite deve essere sostituita da un meccanismo mirato contro gli svantaggi competitivi, in particolare per proteggere le compagnie aeree e gli hub europei.
3.3. Presa in considerazione della modulazione delle tariffe in base alla capacità degli aeromobili
3.3.1. |
Si dovrebbe considerare in modo più ampio la possibilità di applicare un sistema modulare di tariffazione delle quote ETS che segua il principio «chi inquina paga» e promuova il trasporto di massa piuttosto che il trasporto privato. A settembre 2021, l’aviazione d’affari era aumentata del 27 % rispetto ai livelli del 2019 (6), probabilmente a seguito della riduzione della capacità nel comparto dell’aviazione di linea. A differenza degli aerei passeggeri di linea, i jet d’affari hanno una capacità passeggeri notevolmente inferiore. Ciononostante, essi sono equiparati agli aeromobili che hanno una capacità molto più elevata. |
3.3.2. |
Il sistema ETS dovrebbe favorire il passaggio a modi di trasporto più sostenibili, anche nel settore dell’aviazione, e dovrebbe pertanto promuovere una riduzione dell’utilizzo dell’aviazione d’affari. Esso dovrebbe seguire il principio «chi inquina paga», costringendo così gli utilizzatori dei jet d’affari a pagare tariffe più elevate. Si potrebbero inoltre prendere in considerazione misure operative volte a scoraggiare l’utilizzo dei jet d’affari, dando priorità al traffico passeggeri di linea in altri modi, per esempio nel caso degli oneri di rete e nelle bande orarie degli aeroporti. |
3.4. Reinvestimento delle entrate del sistema ETS
3.4.1. |
Le entrate provenienti dal sistema ETS devono essere investite nel settore dell’aviazione per promuoverne la sostenibilità sotto il profilo sociale e ambientale e favorire una transizione giusta. Come è noto, la transizione del settore verso la neutralità in termini di emissioni di carbonio richiederà notevoli investimenti, e il sistema ETS offre l’opportunità di fornire gli investimenti necessari a tal fine. Questi dovrebbero essere concentrati sull’aumento della disponibilità e dell’utilizzo dei carburanti sostenibili per il trasporto aereo, riducendone nel contempo i costi per garantire che gli utenti possano continuare a operare in maniera redditizia durante la fase di decarbonizzazione del settore. |
3.4.2. |
Il CESE accoglie positivamente la grande ambizione mostrata dalla Commissione riguardo agli aspetti relativi all’aviazione nell’ambito del pacchetto «Pronti per il 55 %» ed è favorevole a proseguire lo sviluppo di misure per la sostenibilità dell’aviazione nel quadro sia della revisione della direttiva ETS che della proposta di regolamento sulla garanzia di condizioni di parità per un trasporto aereo sostenibile. Queste due proposte sono complementari, per cui le entrate generate dal sistema ETS dovrebbero sostenere gli obiettivi di entrambe. Tali entrate dovrebbero pertanto essere utilizzate per promuovere l’accesso ai carburanti sostenibili per il trasporto aereo e ridurne il costo in tutto il SEE. Inoltre, il sistema ETS potrebbe fornire un aiuto finanziario agli aeroporti, ai fornitori di carburante e alle società che prestano servizi a terra per conformarsi gradualmente ai nuovi requisiti sulla disponibilità di carburanti sostenibili per il trasporto aereo negli scali aeroportuali. |
3.4.3. |
Le entrate dovrebbero inoltre essere reinvestite in progetti di sviluppo volti a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale del trasporto aereo. Tecnologie come i carburanti a idrogeno rappresentano un’opzione per ridurre l’impatto del trasporto aereo sul lungo termine. Tali tecnologie sono però proibitive sul piano dei costi e rimangono ben lungi dal trovare applicazione sul mercato, anche se gli investimenti nei progetti in materia di idrogeno e in altri combustibili alternativi favoriranno la riduzione dei costi e una maggiore diffusione delle nuove tecnologie nel tempo. |
3.4.4. |
Le entrate devono altresì servire a sostenere una riconversione equa dei lavoratori del settore dell’aviazione che hanno subito ripercussioni negative in seguito ai cambiamenti climatici. Si prevede che, con l’evolversi delle tecnologie, alcune infrastrutture dell’aviazione diventeranno nel tempo obsolete. I lavoratori del settore potrebbero così ritrovarsi senza lavoro, ed è necessario offrir loro opportunità di riqualificazione e aggiornamento delle competenze affinché essi possano passare a nuovi posti di lavoro verdi e sostenibili. A tal fine, si potrebbe creare un fondo sociale per l’aviazione che consenta la formazione e la riconversione dei lavoratori del settore. Tale fondo potrebbe essere gestito dalla Commissione europea, con il sostegno sia dei datori di lavoro che dei sindacati. |
3.4.5. |
Oltre al fondo, la Commissione dovrebbe avviare un dialogo con i CAE, i comitati di dialogo sociale del settore e altri forum congiunti, come la tavola rotonda sull’aviazione, riguardo all’impatto costante del sistema ETS modificato nel corso della sua attuazione. Si dovrebbe considerare con particolare attenzione l’avvio di un dialogo sociale con i lavoratori e la comprensione delle esigenze e delle preoccupazioni che questi ultimi nutrono riguardo a un’aviazione sostenibile e alla transizione giusta nel settore. |
3.5. Espansione del trasporto intermodale
3.5.1. |
Il trasporto intermodale è un sistema semplice ed efficace sotto il profilo dei costi per ridurre immediatamente l’impatto dei trasporti sul clima. Già oggi molte compagnie aeree consentono ai passeggeri di acquistare biglietti intermodali, in particolare grazie ad accordi con gli operatori ferroviari. Tali accordi consentono una riduzione complessiva dei voli, ma promuovono anche l’uso efficiente di mezzi di trasporto di massa sostenibili. |
3.5.2. |
La proposta dovrebbe incoraggiare gli operatori a sviluppare reti di trasporto intermodale nelle loro basi principali per consentire l’espansione verso una rete più ampia, riducendo nel contempo i voli superflui a cortissimo raggio. Questa evoluzione potrebbe essere incoraggiata aumentando il livello delle quote gratuite in altri punti della rete della compagnia aerea che non dispongono di collegamenti ferroviari adeguati se le compagnie aeree trasferiscono le rotte verso modi di trasporto diversi dal trasporto aereo. |
3.6. Connettività regionale
3.6.1. |
In assenza di una forma alternativa di trasporto, vi è il rischio che il sistema ETS possa portare a una riduzione della connettività delle regioni remote d’Europa. È essenziale che qualsiasi azione intrapresa non pregiudichi la connettività delle regioni europee e degli Stati membri periferici. |
3.6.2. |
Le regioni periferiche dipendono dall’aviazione per garantire la loro connettività e il loro sviluppo economico. Tale situazione è dovuta alla lontananza, alle dimensioni ridotte, all’insularità e alla forte dipendenza dai collegamenti con il continente per la fornitura di merci, l’accesso ai servizi, la connettività e la coesione territoriale. |
3.6.3. |
Inoltre, queste regioni presentano alcuni dei tassi di PIL più bassi in Europa, per cui devono essere protette e sostenute. Il CESE propone pertanto di mantenere lo status speciale delle regioni ultraperiferiche dell’UE (Guadalupa, Guyana francese, Martinica, Mayotte, Riunione, Saint Martin, Azzorre, Madera e isole Canarie) e di esentare tali regioni dal sistema ETS a norma dell’articolo 349 del TFUE, che consente deroghe all’applicazione del diritto dell’UE in tali regioni. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(2) https://www.eurocontrol.int/publication/eurocontrol-data-snapshot-16-recovery-wide-variations.
(3) https://www.eurocontrol.int/publication/eurocontrol-forecast-update-2021-2027.
(4) https://www.etf-europe.org/ground-handling-sector-fights-for-its-survival-as-more-than-half-of-airport-based-workers-are-out-of-work/.
(5) https://zpp.net.pl/en/press-release-new-eu-emissions-trading-scheme-how-to-mitigate-the-risks-for-european-consumers-and-smes/
(6) https://www.eurocontrol.int/sites/default/files/2021-09/covid19-eurocontrol-comprehensive-air-traffic-assessment-30092021.pdf.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/158 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il Fondo sociale per il clima
[COM(2021) 568 final — 2021/0206 (COD)]
(2022/C 152/26)
Relatore: |
Thomas KATTNIG |
Correlatrice: |
Alena MASTANTUONO |
Consultazioni |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 20.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 91, paragrafo 1, lettera d); 192, paragrafo 1; e 194, paragrafo 1, lettera c) del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione |
Adozione in sezione |
9.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
194/3/9 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’istituzione di un Fondo sociale per il clima al fine di attenuare gli impatti negativi della nuova fissazione del prezzo del carbonio sul piano sociale ed economico e di fornire finanziamenti agli Stati membri a sostegno delle loro misure volte a far fronte all’impatto sociale del sistema di scambio di quote di emissioni sulle famiglie, sulle microimprese e sugli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli. Il CESE riconosce inoltre che con questo regolamento la Commissione dimostra in modo credibile la propria volontà di combattere la povertà energetica e di mobilità. |
1.2. |
Tuttavia, il CESE è convinto che il Fondo sociale per il clima non fornisca un sostegno finanziario sufficiente per far fronte in modo responsabile agli effetti socioeconomici della fissazione del prezzo del carbonio. L’imponente sfida di progettare un meccanismo di compensazione efficace ed equo in uno spazio economico eterogeneo composto da 27 Stati membri richiede misure di accompagnamento e risorse più ampie a livello UE e nazionale. Il CESE invita gli Stati membri a sfruttare le sinergie del Fondo sociale per il clima con altre risorse finanziarie disponibili e a utilizzarlo nel modo più efficiente possibile. |
1.3. |
Le misure e le fasi di trasformazione previste dal pacchetto «Pronti per il 55 %» porteranno a cambiamenti radicali e non devono trascurare la situazione sociale ed economica dei singoli Stati membri. Altrimenti si rischia di compromettere l’accettazione sociale di tali misure. A livello di Stati membri, le misure di accompagnamento del pacchetto devono essere discusse e attuate fin d’ora. Per realizzare una trasformazione ecologica giusta, l’attenzione deve essere posta su una transizione giusta per tutti. |
1.4. |
Il CESE ritiene che lo scopo della fissazione di un prezzo del carbonio più elevato non sia in ogni caso quello di aumentare il gettito, ma di orientare il comportamento del mercato verso tecnologie a basse emissioni. Sussiste quindi un valido motivo per la messa a disposizione di risorse finanziarie aggiuntive da parte della Commissione. Inoltre, il limite temporale del 2032 non sembra definitivo. |
1.5. |
Alcuni portatori di interessi, tra cui le parti sociali, che rappresentano i datori di lavoro e i lavoratori, si sono detti scettici e persino contrari all’estensione del sistema di scambio di quote di emissioni all’edilizia e ai trasporti stradali, sottolineando che secondo le previsioni l’aumento dei prezzi del riscaldamento e del carburante si ripercuoterà a livello sociale ed economico sulle famiglie, sulle medie, piccole e microimprese e sugli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli. Il rischio che venga meno il sostegno della popolazione nel perseguire la politica climatica europea e che esplodano proteste diffuse, come quelle dei gilet gialli, deve essere evitato ad ogni costo. A tale proposito, la Commissione dovrebbe sottoporre i suoi piani a un esame approfondito. |
1.6. |
Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia analizzato l’impatto del pacchetto Pronti per il 55 % sui singoli Stati membri, né sui diversi settori. A suo avviso sarebbe stato opportuno eseguire una valutazione d’impatto specifica della creazione del Fondo sociale per il clima. |
1.7. |
Il CESE accoglie con favore l’obbligo per gli Stati membri di presentare un pacchetto completo di misure e investimenti nell’ambito del loro piano sociale per il clima insieme alla versione aggiornata dei rispettivi piani nazionali per l’energia e il clima conformemente a quanto disposto dal regolamento Governance. Il CESE chiede il coinvolgimento delle parti sociali, delle camere di commercio, della società civile, delle organizzazioni giovanili e degli enti locali e regionali nell’elaborazione dei piani sociali per il clima nazionali da parte degli Stati membri. |
1.8. |
Il CESE teme che i costi di un sistema di scambio delle quote di emissione per l’edilizia e i trasporti siano superiori ai benefici auspicati e possano causare impennate incontrollate dei prezzi tali, quindi, da minacciarne il sostentamento. Il CESE, pertanto, è, in linea generale, critico nei confronti di un collegamento tra il Fondo sociale per il clima e l’introduzione di un sistema ETS per l’edilizia e i trasporti e sarebbe favorevole alla creazione di una rubrica specifica nel bilancio dell’UE dedicata all’impatto sociale della transizione verde. L’introduzione di un Fondo sociale per il clima a livello dell’UE andrebbe piuttosto promossa come principio. |
1.9. |
Il Comitato osserva che occorre garantire un uso efficiente delle risorse del Fondo e prevenire le frodi, la corruzione e i conflitti di interessi associati alle misure sostenute a titolo del medesimo. |
1.10. |
Sul fronte dello Stato di diritto, il CESE accoglie con favore le misure proposte dalla Commissione per un sistema di controllo interno efficace ed efficiente e l’annuncio dell’intenzione di recuperare gli importi indebitamente versati o utilizzati in modo improprio. Si chiede inoltre se la procedura per la riduzione dei finanziamenti dell’UE in caso di violazione dello Stato di diritto da parte degli Stati membri si applicherà anche all’erogazione dei fondi. |
1.11. |
Il CESE chiede maggiori chiarimenti in merito al finanziamento del Fondo. La proposta prevede che il finanziamento si basi su un mercato ETS dell’UE caratterizzato da volatilità. Il CESE non comprende quindi perché venga proposto un importo fisso di 72,2 miliardi di euro. Sarà la volatilità dei prezzi a determinare la dotazione finanziaria del Fondo, il che evidenzia, tra l’altro, la necessità di una base di finanziamento più stabile. Il Comitato propone di introdurre una parziale flessibilità finanziaria nel Fondo in funzione dell’effettivo andamento del prezzo delle quote (l’assegnazione potrebbe crescere con l’aumentare del prezzo). |
1.12. |
Nell’analizzare la ripartizione del Fondo tra gli Stati membri, il CESE sottolinea che la fissazione del prezzo del carbonio potrebbe avere un impatto diverso sui singoli paesi e può anche essere in contraddizione con le misure nazionali già in vigore, come sottolineato dal Parlamento irlandese nel suo parere motivato sulla sussidiarietà. |
1.13. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio secondo cui, per garantire che nessuno sia lasciato indietro, in sede di elaborazione e attuazione dei piani nazionali sono perseguite e promosse l’uguaglianza di genere e le pari opportunità per tutti, nonché l’integrazione di tali obiettivi e delle questioni relative all’accessibilità per le persone con disabilità. La prevista fissazione del prezzo del carbonio si ripercuote in particolare sulle donne, poiché costituiscono l’85 % dei genitori soli. Nelle famiglie monoparentali, il rischio di povertà infantile è particolarmente elevato. |
1.14. |
Il CESE sa molto bene che il Fondo sociale per il clima rappresenta una reazione a medio termine al problema della compensazione dei costi più elevati della transizione verde per i soggetti vulnerabili. Tuttavia, l’attuale andamento dei prezzi dell’energia richiede una soluzione immediata. Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione, che fornisce agli Stati membri uno «strumentario» per far fronte all’impatto immediato dell’attuale aumento dei prezzi all’ingrosso del gas naturale e dell’elettricità e per rafforzarne la resilienza ai futuri shock dei prezzi. Tra le misure nazionali a breve termine figurano un sostegno d’emergenza al reddito per le famiglie, aiuti alle imprese e tagli fiscali mirati. Al fine di adattare l’aiuto allo strumentario, il CESE suggerisce di allargare l’ambito di applicazione del Fondo sociale per il clima alle piccole e medie imprese vulnerabili. Questa reazione è compatibile con l’obiettivo del Fondo sociale per il clima e rispetta le pertinenti norme dell’UE. |
1.15. |
Il CESE invita gli Stati membri a sostenere lo sviluppo e la fornitura di servizi di trasporto e mobilità a zero e a basse emissioni a prezzi accessibili. Il CESE ritiene che la fornitura di servizi pubblici di trasporto passeggeri entro i limiti consentiti dalle normative vigenti sia la struttura portante di una mobilità sostenibile ed economicamente accessibile. |
2. Sintesi del documento della Commissione
2.1. |
Sulla base della strategia del Green Deal europeo, nella sua comunicazione del settembre 2020 la Commissione ha promosso «Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l’Europa» (1), proponendo di rendere più ambiziosi gli obiettivi climatici dell’Unione europea e presentando un piano per accrescere l’obiettivo vincolante di ridurre le emissioni nette ad almeno il 55 % entro il 2030. L’11 dicembre 2020, il Consiglio europeo ha approvato tale obiettivo, sottolineando l’importanza di considerare gli aspetti di equità e solidarietà e di non lasciare indietro nessuno, e il 25 maggio 2021 ha riaffermato queste conclusioni chiedendo alla Commissione europea di presentare il suo pacchetto legislativo insieme a un esame approfondito degli effetti ambientali, economici e sociali a livello di Stati membri. |
2.2. |
Il 14 luglio 2021 la Commissione, al fine di attuare la legge europea sul clima e le conclusioni del Consiglio europeo, ha proposto il pacchetto Pronti per il 55 %, che rivede alcune parti della legislazione in materia di clima ed energia attualmente in vigore e propone nuove iniziative. Il pacchetto Pronti per il 55 %, Next Generation EU e il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 contribuiranno a realizzare la duplice trasformazione — ecologica e digitale — che l’Europa sta perseguendo. |
2.3. |
Secondo la Commissione, l’obiettivo climatico più ambizioso dell’Unione europea comporta anche l’aumento dei contributi di tutti i settori. Pertanto, nel quadro della revisione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) («la direttiva ETS»), la Commissione ha proposto di estendere il sistema di scambio di quote di emissioni all’edilizia e ai trasporti stradali. Al fine di far fronte agli impatti sociali e distributivi del sistema di scambio di quote di emissioni per i due nuovi settori, l’edilizia e i trasporti stradali, sulle persone finanziariamente più vulnerabili, la Commissione ha proposto il regolamento che istituisce il Fondo sociale per il clima nel quadro del pacchetto Pronti per il 55 %. |
2.4. |
Nel periodo 2025-2032, il Fondo sociale per il clima è destinato ad attenuare l’impatto della nuova fissazione del prezzo del carbonio e a fornire finanziamenti agli Stati membri per sostenere le loro misure volte a far fronte agli effetti sociali del sistema di scambio di quote di emissioni per le famiglie finanziariamente vulnerabili, le microimprese e gli utenti dei trasporti. |
2.5. |
L’aiuto sarà erogato principalmente sotto forma di un sostegno temporaneo al reddito, nonché di misure e investimenti volti a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili mediante il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, una maggiore decarbonizzazione dei loro sistemi di riscaldamento e raffrescamento, anche integrando l’energia da fonti rinnovabili, e un migliore accesso alla mobilità a zero e basse emissioni e ai corrispondenti mezzi di trasporto. Almeno il 50 % delle risorse finanziarie necessarie per le misure imposte deve essere erogato dagli stessi Stati membri. |
2.6. |
I piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) illustrano il modo in cui gli Stati membri intendono gestire l’efficienza energetica, le energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, e come stanno già affrontando la povertà energetica nell’ambito della legislazione vigente. La Commissione effettua verifiche e predispone relazioni sui progressi compiuti nel quadro della relazione sullo stato dell’Unione dell’energia. Gli Stati membri dovrebbero proporre un pacchetto completo di misure e investimenti da finanziarsi mediante il Fondo e presentarlo sotto forma di piano sociale per il clima, unitamente alla versione aggiornata dei loro piani nazionali per l’energia e il clima, conformemente al regolamento sulla governance. |
2.7. |
Nelle loro relazioni biennali sull’attuazione dei piani nazionali per l’energia e il clima, gli Stati membri dovrebbero riferire alla Commissione, in conformità al regolamento sulla governance, in merito ai progressi compiuti nell’attuazione delle misure e degli investimenti previsti dai loro piani sociali per il clima. |
2.8. |
L’attuazione del Fondo attraverso i piani sociali per il clima degli Stati membri è coerente anche con le politiche e le misure sostenute da altri strumenti dell’UE per promuovere una transizione socialmente giusta. Questi includono il piano d’azione del Pilastro europeo dei diritti sociali (3), avente come obiettivo una trasformazione ecologica socialmente compatibile e giusta per tutti gli europei, il Fondo sociale europeo Plus (FSE+), i piani per una transizione giusta ai sensi del regolamento (UE) 2021/1056 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), le strategie a lungo termine degli Stati membri per la ristrutturazione degli edifici ai sensi della direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), e l’Osservatorio della povertà energetica, che sostiene gli sforzi degli Stati membri volti a ridurre e monitorare la povertà energetica nonché le combinazioni di politiche pertinenti in base alla raccomandazione della Commissione sulla povertà energetica (6). |
2.9. |
La maggior parte del gettito derivante dal nuovo scambio di quote di emissioni confluirà nei bilanci nazionali degli Stati membri e dovrebbe essere impiegata, secondo l’idea della Commissione, per finalità connesse al clima, ad esempio per far fronte all’impatto sociale del nuovo scambio di quote di emissioni. Gli Stati membri sono invitati a utilizzare tale gettito, così come i fondi aggiuntivi nell’ambito di altri programmi dell’Unione europea, per finanziare misure a favore della decarbonizzazione socialmente compatibile dei settori. |
2.10. |
La dotazione finanziaria complessiva del Fondo per il periodo 2025-2032 ammonta a 72,2 miliardi di EUR a prezzi correnti. La Commissione presenterà a breve una proposta di revisione mirata del regolamento sul quadro finanziario pluriennale per il 2021-2027 al fine di includere spese aggiuntive dell’Unione europea per un importo di 23,7 miliardi di EUR per il periodo 2025-2027. Tali fondi dovrebbero essere resi disponibili prima del previsto al fine di avviare e accompagnare la regolare introduzione del nuovo sistema ETS. |
2.11. |
In linea di principio, la dotazione finanziaria del Fondo, in quanto direttamente connessa al nuovo sistema di scambio, dovrebbe corrispondere al 25 % del gettito atteso dall’inclusione dell’edilizia e dei trasporti stradali nell’ambito di applicazione della direttiva ETS. |
2.12. |
La distribuzione annuale degli impegni finanziari dovrebbe essere allineata in base agli obiettivi del Fondo. Ciò determina un profilo di tempestiva assegnazione dei finanziamenti in linea con l’obiettivo del Fondo di mitigare l’impatto dell’estensione dell’ambito di applicazione della direttiva ETS sulle famiglie, sulle microimprese e sugli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli. Al fine di anticipare le conseguenze dell’estensione, il sostegno è già disponibile a partire dal 2025. |
2.13. |
La dichiarazione di Porto dell’8 maggio 2021 ha confermato l’impegno del Consiglio europeo a realizzare un’Europa sociale e la sua determinazione a intensificare ulteriormente l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali a livello dell’UE e degli Stati membri, osservando debitamente le rispettive competenze e i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. |
2.14. |
L’attuazione del Fondo dovrebbe avvenire in linea con il principio della sana gestione finanziaria, che comprende la prevenzione e il perseguimento efficaci dei casi di frode, quali la frode fiscale, l’evasione fiscale, la corruzione e il conflitto di interessi. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Il CESE sostiene gli importanti passi compiuti per raggiungere gli obiettivi di neutralità e resilienza climatica entro il 2050 perseguiti dal Green Deal europeo. Riconosce che la Commissione è consapevole del fatto che la crisi climatica e la transizione energetica non sono sfide puramente tecniche e strutturali, ma anche sociali, economiche e distributive. Il CESE accoglie con favore l’istituzione di un Fondo sociale per il clima, come proposto nel regolamento in esame, al fine di attenuare gli impatti negativi della nuova fissazione del prezzo del carbonio sul piano sociale ed economico e di fornire finanziamenti agli Stati membri a sostegno delle loro misure volte a far fronte all’impatto sociale del sistema di scambio di quote di emissioni sulle famiglie, sulle microimprese e sugli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli. Il CESE riconosce inoltre che con questo regolamento la Commissione dimostra in modo credibile la sua volontà di combattere la povertà energetica e di mobilità. |
3.2. |
Tuttavia, il CESE è convinto che il Fondo sociale per il clima non fornisca un sostegno finanziario sufficiente per far fronte in modo responsabile agli effetti socioeconomici della fissazione del prezzo del carbonio. L’imponente sfida di progettare un meccanismo di compensazione efficace ed equo in uno spazio economico eterogeneo composto da 27 Stati membri richiede misure di accompagnamento e risorse più ampie a livello UE e nazionale. Il CESE invita gli Stati membri a sfruttare le sinergie del Fondo sociale per il clima con altre risorse finanziarie disponibili e a utilizzarlo nel modo più efficiente possibile. Allo stesso tempo, l’introduzione di un Fondo sociale per il clima deve essere considerata nel contesto dell’intero pacchetto Pronti per il 55 %. |
3.3. |
Il CESE osserva che le misure climatiche previste e i relativi effetti possono aggravare ulteriormente le disuguaglianze già esistenti. Invita pertanto la Commissione, il Consiglio e il Parlamento a porre il principio della transizione giusta al centro delle loro misure di attenuazione dei cambiamenti climatici. |
3.4. |
Le misure e le fasi di trasformazione previste dal pacchetto Pronti per il 55 % porteranno a cambiamenti radicali e non devono trascurare la situazione sociale ed economica dei singoli Stati membri. Altrimenti si rischia di compromettere l’accettazione sociale di tali misure. A livello di Stati membri, le misure di accompagnamento del pacchetto devono essere discusse e attuate fin d’ora. Per realizzare una trasformazione ecologica giusta, l’attenzione deve essere posta su una transizione giusta per tutti. |
3.5. |
Il Fondo ammonterà a 72,2 miliardi di EUR per il periodo 2025-2032, utilizzando il 25 % del gettito derivante dallo scambio di quote di emissioni nei settori dei trasporti e dell’edilizia. Rispetto alle sfide poste da una siffatta estensione del sistema ETS, si tratta di un importo molto esiguo. Il CESE ritiene che lo scopo della fissazione di un prezzo del carbonio più elevato non sia in ogni caso quello di aumentare il gettito, ma di orientare il comportamento del mercato verso tecnologie a basse emissioni. Sussiste quindi un valido motivo per la messa a disposizione di risorse finanziarie aggiuntive da parte della Commissione e degli Stati membri. Inoltre, il limite temporale del 2032 non sembra definitivo. |
3.6. |
Alcuni portatori di interessi, tra cui le parti sociali, che rappresentano i datori di lavoro e i lavoratori, si sono detti scettici e persino contrari all’estensione del sistema di scambio di quote di emissioni all’edilizia e ai trasporti stradali, sottolineando che secondo le previsioni l’aumento dei prezzi del riscaldamento e del carburante si ripercuoterà a livello sociale ed economico sulle famiglie, sulle medie, piccole e microimprese e sugli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli. Il rischio che venga meno il sostegno della popolazione nel perseguire la politica climatica europea e che esplodano proteste diffuse, come quelle dei gilet gialli, deve essere evitato ad ogni costo. A tale proposito, la Commissione dovrebbe sottoporre i suoi piani a un esame approfondito. |
3.7. |
Il CESE si rammarica che la Commissione non abbia analizzato l’impatto del pacchetto Pronti per il 55 % sui singoli Stati membri, né sui diversi settori. A suo avviso sarebbe stato opportuno eseguire una valutazione d’impatto specifica della creazione del Fondo sociale per il clima. |
3.8. |
Le famiglie a basso reddito incontrano già nel sistema attuale diverse difficoltà, per affrontare le quali, oltre al sostegno a breve termine, sono necessarie soluzioni a lungo termine e quindi sostenibili. Secondo il CESE, occorre un solido finanziamento a livello dell’UE che attenui l’impatto socioeconomico delle misure climatiche e garantisca una transizione giusta. Pertanto, il Comitato è del parere che anche l’introduzione di un Fondo sociale per il clima a livello dell’UE sia fondamentalmente necessaria, ma che non debba essere legata all’estensione del sistema ETS nei settori dell’edilizia e dei trasporti. Uno studio della Fondazione europea per il clima (7), in particolare, afferma che un sistema ETS esteso, da solo, non consentirebbe di ottenere le considerevoli riduzioni delle emissioni necessarie nei trasporti stradali e nell’edilizia. |
3.9. |
Pur accogliendo con favore, in linea di principio, l’istituzione del proposto Fondo sociale per il clima, il CESE sottolinea che il suo finanziamento dipende dall’introduzione di un sistema di scambio di quote di emissioni per l’edilizia e i trasporti (articolo 26). Gli alloggi e la mobilità rappresentano bisogni primari e la loro fornitura rientra quindi nei servizi di interesse generale. Il CESE teme che i costi di un sistema di scambio delle quote di emissione per l’edilizia e i trasporti siano superiori ai benefici auspicati e possano causare impennate incontrollate dei prezzi tali, quindi, da minacciarne il sostentamento. Il CESE, pertanto, è, in linea generale, critico nei confronti di un collegamento tra il Fondo sociale per il clima e l’introduzione di un sistema ETS per l’edilizia e i trasporti e sarebbe favorevole alla creazione di una rubrica specifica nel bilancio dell’UE dedicata all’impatto sociale della transizione verde. L’introduzione di un Fondo sociale per il clima a livello dell’UE andrebbe piuttosto promossa come principio. |
3.10. |
Il Fondo prevede, da un lato, pagamenti a titolo di compensazione sociale e, dall’altro, incentivi per i veicoli elettrici, nonché investimenti nelle infrastrutture di ricarica e nella decarbonizzazione degli edifici. Sarebbe tuttavia necessario prendere in considerazione le esigenze delle famiglie a basso reddito, e le misure connesse all’elettrificazione della mobilità dovrebbero essere onnicomprensive e orientate al futuro, consentendo a tali famiglie di utilizzare l’elettromobilità urbana o nuovi modelli commerciali come il car sharing. Il CESE sottolinea che la promozione di una mobilità a zero e a basse emissioni non dovrebbe concentrarsi solo sull’elettromobilità, ma anche, se opportuno, su altri carburanti alternativi e a basso costo, come i biocarburanti. Il CESE evidenzia inoltre la necessità di promuovere soluzioni a basse emissioni qualora, per motivi finanziari o tecnici, le alternative a zero emissioni non siano possibili. In questo contesto, il CESE sottolinea che le famiglie a basso reddito dovrebbero dare priorità alla sostituzione delle loro vecchie auto inquinanti con veicoli più efficienti in termini di consumo di carburante, il che richiede un’approfondita revisione della regolamentazione del mercato europeo delle auto usate. È importante che questi aspetti di una transizione giusta siano presi in considerazione rispettivamente dagli Stati membri nell’elaborazione dei loro piani sociali per il clima e dalla Commissione nella valutazione di tali piani. |
3.11. |
Nel considerare la distribuzione del Fondo tra gli Stati membri, la Commissione ha cercato una formula che tenesse conto delle dimensioni della popolazione (compresa la quota di aree rurali), del reddito nazionale lordo pro capite, della percentuale di famiglie vulnerabili e delle emissioni delle famiglie derivanti dalla combustione di carburante. Il CESE teme che ciò non sia ancora sufficiente per tenere conto delle disuguaglianze tra i paesi e al loro interno. Uno Stato membro relativamente povero con una minore disuguaglianza all’interno del paese potrebbe finire per beneficiare meno di uno Stato membro ricco con una situazione di forte disuguaglianza. |
3.12. |
Entro il 2024 gli Stati membri devono presentare, insieme ai loro piani nazionali per l’energia e il clima, i piani sociali per il clima, individuando i gruppi vulnerabili e le relative misure. In considerazione delle grandi differenze esistenti in termini di impegno e capacità istituzionali, ci si chiede se ciò funzionerà. La marcata diversità delle modalità con cui gli Stati membri hanno affrontato la transizione giusta nei vari piani nazionali per l’energia e il clima può dare un’idea di cosa attendersi. Il CESE chiede pertanto il coinvolgimento delle parti sociali, delle camere di commercio, della società civile, delle organizzazioni giovanili e degli enti locali e regionali nell’elaborazione dei piani sociali per il clima nazionali da parte degli Stati membri. |
3.13. |
Il CESE riconosce che, con il regolamento in esame, come in diversi altri documenti, quali la comunicazione e la raccomandazione sulla povertà energetica [COM(2020) 9600 final] o l’iniziativa «Ondata di ristrutturazioni» pubblicata lo scorso inverno [COM(2020) 662 final, SWD(2020) 550 final], la Commissione pone nuovamente l’accento sulla lotta alla povertà energetica. Si rendono tuttavia necessari ulteriori sforzi. |
3.14. |
L’Osservatorio della povertà energetica stima che complessivamente più di 50 milioni di famiglie nell’Unione europea siano colpite da questo fenomeno. Sulla base delle conclusioni dell’Osservatorio e dell’indice europeo della povertà energetica di recente rilevazione, dovrebbe essere elaborato un piano d’azione europeo per combattere tale fenomeno, in collaborazione con tutti i portatori di interessi, ivi comprese le organizzazioni di consumatori e le ONG che si adoperano per contrastare la povertà quale la Rete europea di lotta alla povertà, onde garantire che l’azione pubblica si concentri sempre più spesso sulle cause profonde della povertà energetica. |
3.15. |
Di conseguenza, sono necessarie misure concrete contro la povertà energetica a livello sia nazionale che europeo. Tra queste rientrano un migliore accesso ai sussidi per le ristrutturazioni termiche o la sostituzione degli impianti di riscaldamento per le famiglie in condizioni di povertà energetica, modelli di fornitura di base obbligatori e disposizioni generali di protezione dei consumatori nel settore dell’energia. |
3.16. |
A tale proposito, il CESE richiama l’attenzione sul principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali, secondo il quale «ogni persona ha il diritto di accedere a servizi essenziali di qualità, compresi l’acqua, i servizi igienico-sanitari, l’energia, i trasporti, i servizi finanziari e le comunicazioni digitali. Per le persone in stato di bisogno è disponibile un sostegno per l’accesso a tali servizi». |
3.17. |
Il Comitato osserva che occorre garantire un uso efficiente delle risorse del Fondo e prevenire le frodi, la corruzione e i conflitti di interessi associati alle misure sostenute a titolo del medesimo. Sul fronte dello Stato di diritto, il CESE accoglie con favore le misure proposte dalla Commissione per un sistema di controllo interno efficace ed efficiente e l’annuncio dell’intenzione di recuperare gli importi indebitamente versati o utilizzati in modo improprio. |
3.18. |
Il Comitato raccomanda che il Fondo sociale per il clima sia uno strumento sistemico, integrato con gli altri strumenti di compensazione dei crescenti costi della transizione verde per l’UE e gli Stati membri, che contribuisca in modo sostanziale al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. |
3.19. |
Il CESE chiede maggiori chiarimenti in merito al finanziamento del Fondo. La proposta prevede che il finanziamento si basi su un mercato ETS dell’UE caratterizzato da volatilità. Il CESE, pertanto, non comprende perché venga proposto un importo fisso di 72,2 miliardi di euro. Sarà la volatilità dei prezzi a determinare la dotazione finanziaria del Fondo, il che evidenzia, tra l’altro, la necessità di una base di finanziamento più stabile. Il Comitato propone di introdurre una parziale flessibilità finanziaria nel Fondo in funzione dell’effettivo andamento del prezzo delle quote (in cui l’assegnazione potrebbe crescere con l’aumentare del prezzo). |
3.20. |
Il forte aumento dei prezzi all’ingrosso del gas naturale e dell’elettricità sta comportando enormi oneri finanziari per i consumatori. Il CESE sa molto bene che il Fondo sociale per il clima rappresenta una reazione a medio termine al problema della compensazione dei costi più elevati della transizione verde per i soggetti vulnerabili. Tuttavia, l’attuale andamento dei prezzi dell’energia richiede una soluzione immediata. Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione, che fornisce agli Stati membri uno «strumentario» per far fronte all’impatto immediato dell’attuale aumento dei prezzi all’ingrosso del gas naturale e dell’elettricità e per rafforzarne la resilienza ai futuri shock dei prezzi. Tra le misure nazionali a breve termine figurano un sostegno d’emergenza al reddito per le famiglie, aiuti alle imprese e tagli fiscali mirati. Al fine di adattare l’aiuto allo strumentario, il CESE suggerisce di allargare l’ambito di applicazione del Fondo sociale per il clima alle piccole e medie imprese vulnerabili. Il CESE appoggia l’intenzione della Commissione di sostenere gli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica, di esaminare possibili misure in materia di stoccaggio dell’energia e di approvvigionamento delle riserve di gas, e di valutare l’attuale assetto del mercato dell’energia elettrica. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE accoglie con favore l’approccio secondo cui, per garantire che nessuno sia lasciato indietro, in sede di elaborazione e attuazione dei piani nazionali, sono perseguite e promosse l’uguaglianza di genere e le pari opportunità per tutti, nonché l’integrazione di tali obiettivi e delle questioni relative all’accessibilità per le persone con disabilità. Tutto considerato, la prevista fissazione del prezzo del carbonio si ripercuote in particolare sulle donne, che costituiscono l’85 % dei genitori soli. Nelle famiglie monoparentali, il rischio di povertà infantile è particolarmente elevato. In tale contesto, il CESE rinnova il suo invito alla Commissione europea a procedere con sollecitudine a una revisione della decisione sui servizi di interesse economico generale (SIEG) concernente la fascia di popolazione destinataria degli alloggi di edilizia abitativa sociale, precisando che la politica dell’edilizia abitativa non può limitarsi unicamente all’obiettivo di aiutare le persone sull’orlo del rischio di povertà, ma deve garantire un alloggio dignitoso, sostenibile ed economicamente accessibile sul lungo periodo a tutti i cittadini, soprattutto alle persone senza fissa dimora, alle giovani coppie, alle famiglie monoparentali o numerose, ai lavoratori dipendenti e, più in generale, alle classi medie, vittime della crisi europea degli alloggi (8). |
4.2. |
L’aumento dei prezzi dei combustibili fossili può colpire in modo sproporzionato le famiglie, le microimprese e gli utenti dei trasporti finanziariamente più deboli che spendono una quota maggiore del loro reddito per l’energia e i trasporti, che in alcune regioni non hanno opzioni alternative di mobilità e trasporto a prezzi accessibili e che possono non disporre della capacità finanziaria per investire nella riduzione del consumo di combustibili fossili. Il CESE si compiace pertanto del fatto che la proposta della Commissione sia incentrata sulle esigenze delle famiglie, delle microimprese e degli utenti dei trasporti vulnerabili, e suggerisca tra l’altro di accordare la gratuità o tariffe adattate di accesso ai trasporti pubblici, e di promuovere la mobilità sostenibile su richiesta e i servizi di mobilità condivisa. Gli Stati membri sono inoltre invitati a sostenere lo sviluppo e la fornitura di servizi di mobilità e trasporto a zero e a basse emissioni a prezzi accessibili. Il CESE ritiene che la fornitura di servizi pubblici di trasporto passeggeri entro i limiti consentiti dalle normative vigenti sia la struttura portante di una mobilità sostenibile ed economicamente accessibile. In questo senso, è necessaria una maggiore compensazione per gli obblighi di servizio pubblico più conformi ai requisiti ecologici e sociali, e ciò implica che i governi nazionali, le regioni e i comuni forniscano a loro volta un sostegno e predispongano strumenti finanziari. |
4.3. |
Nel pacchetto Pronti per il 55 % la Commissione prevede, tra l’altro, l’inclusione dei trasporti stradali nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE, il che significa che, a medio termine, i costi del trasporto privato motorizzato convenzionale, se alimentato da combustibili fossili, aumenteranno. La Commissione è consapevole che questo comporterà svantaggi per alcuni gruppi della popolazione. A tale proposito, essa affronta la questione della povertà relativa alla mobilità, sottolinea la necessità di una compensazione a titolo del Fondo per i cambiamenti climatici (9) e avanza proposte iniziali sulle modalità di progettazione dello stesso. Tuttavia, la Commissione non fornisce né una stima del numero di persone che potrebbero essere interessate da questa forma d’indigenza in tutta l’UE, né una definizione o una serie di indicatori per stabilire la povertà relativa alla mobilità. |
4.4. |
Uno studio in tema di mobilità e reinserimento nel mondo del lavoro nelle aree rurali (Mobility4Job (10)) ha riscontrato che solo il 50 % dei disoccupati aveva un’auto sempre a propria disposizione, contro l’80 % della popolazione media. Come evidenziato nel progetto Costs, le famiglie reagiscono alle diminuzioni di reddito, tra l’altro, tagliando i costi relativi ai veicoli privati. Ciò significa che le limitazioni alla mobilità diventano visibili solo successivamente, per esempio nel momento in cui si cerca un impiego, quando non sono disponibili alternative di mobilità e non è possibile raggiungere potenziali luoghi di lavoro. La mera quota percentuale dei costi di mobilità sul reddito non è quindi un indicatore sufficiente per stabilire se e in che misura vi sia una limitazione nelle opzioni di mobilità. La povertà relativa alla mobilità è una conseguenza della combinazione di diverse variabili, in primo luogo il reddito e il possesso obbligato di un’autovettura in assenza di opzioni di mobilità alternative. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2020) 562 final.
(2) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(3) Approvato dal Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021.
(4) Regolamento (UE) 2021/1056 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, che istituisce il Fondo per una transizione giusta (GU L 231 del 30.6.2021, pag. 1).
(5) Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia (GU L 153 del 18.6.2010, pag. 13).
(6) Raccomandazione (UE) 2020/1563 della Commissione, del 14 ottobre 2020, sulla povertà energetica C/2020/9600 (GU L del 357, 27.10.2020, pag. 35).
(7) Fondazione europea per il clima, Decarbonising European transport and heating fuels — Is the EU ETS the right tool? (Decarbonizzare i combustibili europei per i trasporti e il riscaldamento: il sistema ETS dell’UE è lo strumento giusto?), https://europeanclimate.org/wp-content/uploads/2020/06/01-07-2020-decarbonising-european-transport-and-heating-fuels-full-report.pdf).
(8) TEN/707 — Accesso universale a un alloggio dignitoso, sostenibile ed economicamente accessibile sul lungo periodo (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 93).
(9) COM(2021) 568 final.
(10) Unterwegs zwischen Erwerbs- und Familienarbeit (54) — Portal der Arbeiterkammern und des ÖGB Verlags. (Sulla strada tra lavoro retribuito e lavoro familiare (54) — Portale delle camere del lavoro e della casa editrice ÖGB — Confederazione austriaca dei sindacati).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/166 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a misure nei confronti degli operatori di trasporto che agevolano o praticano la tratta di persone o il traffico di migranti in relazione all’ingresso illegale nel territorio dell’Unione europea
[COM(2021) 753 — 2021/0387(COD)]
(2022/C 152/27)
Relatore generale |
: Cristian PÎRVULESCU |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.12.2021 Consiglio, 16.12.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Decisione dell’Assemblea plenaria |
9.12.2021 |
Sezione competente |
Relazioni esterne |
Adozione in sessione plenaria |
9.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
159/15/09 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato accoglie con favore la proposta in esame e reputa che le eventuali sanzioni nei confronti degli operatori dei trasporti costituiscano un’azione giustificata da parte dell’UE e degli Stati membri. |
1.2. |
Sottolinea tuttavia che la crisi che ha innescato la risposta legislativa, ossia quella verificatasi alla frontiera tra Bielorussia e UE, è più complessa e ha implicazioni di gran lunga più ampie, che devono essere affrontate al di là degli strumenti proposti. |
1.3. |
Il CESE è molto preoccupato per la traiettoria autoritaria seguita dal governo bielorusso e condanna qualsiasi atto di repressione e intimidazione nei confronti dei cittadini, dei media, dei partiti politici, delle organizzazioni della società civile e delle parti sociali. Condanna inoltre il modo in cui il governo bielorusso ha organizzato il trasferimento di persone da paesi terzi verso il proprio territorio allo scopo di forzare l’attraversamento delle frontiere dell’UE. Sfruttare le vite e le aspirazioni di persone vulnerabili e metterne in pericolo la salute e la sicurezza è inaccettabile. |
1.4. |
Il CESE pone al centro delle sue preoccupazioni il rispetto della dignità, e la tutela dei diritti fondamentali, di ogni persona, e ritiene pertanto che l’UE dovrebbe reagire innanzitutto ripristinando la dignità e i diritti delle persone colpite. |
1.5. |
Di conseguenza, il CESE chiede di porre fine immediatamente ai respingimenti dal territorio dell’UE verso un paese in cui la sicurezza delle persone è in pericolo. Tutte le persone che attraversano la frontiera dell’UE devono poter presentare, se lo desiderano, una richiesta di asilo. |
1.6. |
Il CESE esorta il governo bielorusso a garantire, nel pieno rispetto del principio di non respingimento, che le persone presenti sul suo territorio non siano maltrattate, possano presentare una domanda di asilo e non siano rimpatriate nei loro paesi di origine se la loro vita e la loro sicurezza sono in pericolo. |
1.7. |
Le istituzioni dell’UE devono intavolare un dialogo con la Bielorussia su base multilaterale, facendo sì che il paese rispetti i trattati internazionali che disciplinano l’asilo e la protezione dei diritti umani. |
1.8. |
Secondo l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), tra i mesi di gennaio e ottobre del 2021 hanno attraversato la frontiera orientale dell’UE circa 6 571 persone, tra cui 3 868 cittadini iracheni (1). I cittadini iracheni hanno uno dei tassi più elevati di riconoscimento del diritto di ricevere protezione internazionale (44 % di decisioni positive in primo grado nel 2020, secondo l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo — EASO) (2). Pertanto, la proposta della Commissione dovrebbe valutare approfonditamente la complementarità con il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo e considerare le persone coinvolte come possibili beneficiari di protezione internazionale. |
1.9. |
Il CESE sottolinea la necessità di creare percorsi sicuri per la richiesta di protezione internazionale e la migrazione in condizioni di sicurezza a norma del diritto dell’UE, nazionale e internazionale. Lo sviluppo di percorsi sicuri ridurrà la necessità di ricorrere a trafficanti e altri facilitatori della tratta di migranti e proteggerà meglio la sicurezza e i diritti di tutte le persone coinvolte. |
1.10. |
Il CESE esorta le istituzioni dell’UE a elaborare un sistema più completo di sanzioni nei confronti del governo bielorusso per il suo ruolo in questa crisi, nel cui ambito la partecipazione degli operatori dei trasporti costituisce solo una componente. Le azioni sul territorio bielorusso non avrebbero potuto essere organizzate senza l’approvazione dei massimi livelli di governo e la partecipazione di varie forze dello Stato, compresa la polizia di frontiera. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE apprezza l’orientamento che la Commissione ha seguito basando l’azione sulle vigenti normative internazionali: la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il protocollo addizionale della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare di donne e bambini, e il protocollo addizionale della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. |
2.2. |
Fa inoltre osservare che vi sono altre normative internazionali pertinenti rispetto a questa situazione: la convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e il relativo protocollo del 1967, in combinato disposto con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Occorre inoltre tenere presente il contenuto della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’UE dispone di un regime di tutela dei diritti fondamentali tra i più completi al mondo, e tutti i suoi regolamenti e le sue azioni dovrebbero essere in linea con la sua Carta dei diritti fondamentali. |
2.3. |
Per quanto riguarda la coerenza con altre politiche dell’UE, la proposta rileva la complementarità con l’azione esterna dell’Unione, compresa la sua politica estera e di sicurezza comune, senza tuttavia specificare le misure e le azioni di sostegno in questo campo. La proposta indica inoltre che i provvedimenti previsti dovrebbero essere accompagnati da adeguate misure umanitarie, senza tuttavia entrare nel merito di tali misure. Il CESE raccomanda di modificare tale sezione per includervi la complementarità con il nuovo patto sulla migrazione e l’asilo e con la politica europea di vicinato. Occorre inoltre modificare la proposta indicando le misure umanitarie previste. |
2.4. |
In tale contesto, il CESE invoca un’efficace solidarietà europea nei confronti degli Stati membri dell’UE situati alle sue frontiere e un sostegno diretto a questi Stati di fronte alla crisi in corso. Va contemporaneamente ricordato che proteggere i diritti fondamentali delle persone, compresi i migranti e i possibili rifugiati, è una responsabilità sancita dai trattati dell’UE e dalla Carta dei diritti fondamentali. |
2.5. |
Tutte le possibili azioni contro gli operatori dei trasporti — prevenzione di ogni ulteriore espansione delle attuali operazioni di trasporto o limitazione di queste ultime, sospensione delle licenze o delle autorizzazioni concesse a norma del diritto dell’Unione, sospensione del diritto di sorvolare l’Unione, transitare nel territorio dell’Unione o fare scalo nei porti dell’Unione, sospensione dei diritti di rifornimento o di manutenzione all’interno dell’Unione o sospensione dei diritti di operare attività di trasporto da, verso e all’interno dell’Unione — dovrebbero essere utilizzate in modo proporzionato e mirato, tenendo sempre presente l’obiettivo generale di limitare la tratta di persone e il traffico di migranti. |
2.6. |
La proposta precisa che l’obiettivo generale del regolamento è limitare la tratta di esseri umani e il traffico di migranti. Secondo l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex), tra i mesi di gennaio e ottobre del 2021 hanno attraversato la frontiera orientale dell’UE circa 6 571 persone, tra cui 3 868 cittadini iracheni. Ebbene, i cittadini iracheni hanno uno dei tassi più elevati di riconoscimento del diritto di ricevere protezione internazionale. Sulla base di queste cifre, essi devono essere considerati non solo migranti regolari, ma potenziali richiedenti legittimi di protezione internazionale. Bisognerebbe quindi aggiornare la proposta per tener conto di questo fatto. La proposta dovrebbe inoltre contenere misure molto specifiche volte a permettere alle persone in Bielorussia e nei paesi dell’UE di presentare domanda di protezione internazionale. |
2.7. |
Il CESE constata con crescente preoccupazione che il termine «migrante» ha assunto una connotazione discriminatoria e dispregiativa, e ribadisce che i migranti sono esseri umani i cui diritti fondamentali, compresa la dignità, devono essere tutelati. La maggior parte di essi lascia il proprio paese per motivi molto gravi, tra cui il timore per la propria vita, e in questi casi dovrebbe avere il diritto di chiedere protezione internazionale ed essere trattata in modo adeguato durante tutto il viaggio e la procedura di richiesta. |
2.8. |
La proposta crea giustamente un quadro mirato agli operatori dei trasporti, ma non riconosce la responsabilità degli attori statali e governativi. Nel caso della Bielorussia, la compagnia aerea nazionale è una società che opera sotto la supervisione diretta del governo. Diversi organi dello Stato, e più in generale organismi pubblici, sono stati direttamente coinvolti nel trasporto aereo delle persone in questione verso la Bielorussia e poi nel loro trasferimento alla frontiera. |
2.9. |
Le sanzioni devono essere estese e mirate direttamente agli attori statali e, più in generale, pubblici responsabili dell’organizzazione delle azioni menzionate nel regolamento. In ultima analisi, il governo bielorusso dispone di tutti i mezzi giuridici e istituzionali per porre fine a tali azioni da parte degli operatori dei trasporti, e la sua responsabilità è ancora più chiara quando vi è direttamente coinvolto. Pertanto, concentrarsi soltanto sugli operatori dei trasporti equivale a prendere di mira non le cause della crisi, ma i suoi strumenti. |
2.10. |
L’UE è stata il principale donatore di sovvenzioni alla Bielorussia. Dal 2016 i fondi destinati alla Bielorussia ammontano a circa 30 milioni di EUR in sovvenzioni annuali, e il portafoglio di impegni ammonta attualmente a quasi 135 milioni di EUR. Il CESE si compiace dell’avvio di un riesame approfondito e a vasto raggio delle relazioni dell’UE con la Bielorussia, che si estenda alla cooperazione finanziaria, ed auspica che tale riesame porti a una rinnovata e più efficace pressione sulla Bielorussia, che la induca a rispettare lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti umani e scoraggi ulteriori azioni in grado di condurre a crisi di questo genere alle frontiere dell’UE. |
Bruxelles, 9 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Carta delle migrazioni di Frontex, https://frontex.europa.eu/we-know/migratory-map/ consultata il 1o dicembre 2021.
(2) EASO Tendenze nell’asilo — Panoramica 2020, https://euaa.europa.eu/sites/default/files/EASO-Asylum-Report-2021.pdf. Consultata il 1o dicembre 2021.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/169 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Nuova strategia dell’UE per le foreste per il 2030»
[COM(2021) 572 final]
(2022/C 152/28)
Relatore: |
Simo TIAINEN |
Consultazione |
Commissione europea, 10.8.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
227/1/6 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Nella «Nuova strategia dell’UE per le foreste per il 2030», la Commissione europea afferma giustamente che le foreste assolvono una funzione varia e complessa e detengono un significativo potenziale economico, sociale e ambientale. La vitalità e la salute delle foreste sono di fondamentale importanza, per ragioni sia ambientali che climatiche, oltre che per rafforzare lo sviluppo economico basato sulle foreste e promuovere il benessere dei cittadini. Pur riconoscendo che la strategia per le foreste tratta delle opportunità economiche e sociali, il Comitato ritiene che questo tema andrebbe affrontato in modo più globale. Il CESE osserva inoltre che non viene data alcuna risposta alla questione di come remunerare i servizi ecosistemici non commerciali forniti dalle foreste, e quindi dai proprietari di foreste. A tale riguardo la strategia descrive alcuni esempi positivi, e il Comitato invita a trovare una soluzione veramente convincente e sostenibile per il futuro. |
1.2. |
La strategia per le foreste dovrebbe coprire le varie strategie e i diversi ambiti d’intervento riguardanti le foreste e la bioeconomia forestale. Il CESE sottolinea anche l’importanza di adottare le decisioni al livello più idoneo, nel rispetto delle diverse competenze e del principio di sussidiarietà. Dal momento che vi sono sensibili differenze tra le foreste delle varie parti dell’UE, non esistono soluzioni universalmente valide: il livello più opportuno per gestire le foreste e pianificarne la gestione al fine di contribuire agli obiettivi comuni è quello nazionale. Un quadro a livello UE è invece necessario per quanto riguarda gli aspetti relativi al mercato unico e i problemi ambientali e climatici che non si possono risolvere solo con misure nazionali e che spesso richiedono anche un’azione a livello internazionale. |
1.3. |
A tutti i livelli del processo di definizione delle politiche si impone una cooperazione avanzata; il CESE ribadisce la necessità di un’intensa partecipazione dei rappresentanti della società civile, comprese le imprese, i sindacati e le organizzazioni ambientaliste, all’ulteriore sviluppo e al monitoraggio della strategia, facendo presente il ruolo centrale dei proprietari di foreste, delle industrie e dei lavoratori nella gestione sostenibile delle foreste e nella bioeconomia forestale. |
1.4. |
Il CESE chiede coerenza, certezza, stabilità, chiarezza e uniformità nel quadro politico e normativo. È essenziale evitare di introdurre iniziative che si sovrappongono a definizioni, principi, criteri, indicatori, orientamenti e regimi di sostenibilità esistenti e largamente adottati, o li contraddicono. Occorre inoltre sostenere i principi della protezione della proprietà e della libertà d’impresa. |
1.5. |
In considerazione dell’ampio ventaglio di problemi le cui implicazioni non sono chiare, il CESE invita a effettuare una valutazione d’impatto globale della strategia, al fine di individuare le implicazioni per le condizioni di mercato, le zone rurali e le varie esigenze di finanziamento, tra cui la ricerca e l’innovazione, lo sviluppo delle capacità, le infrastrutture, la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento a tali cambiamenti, nonché il rafforzamento della biodiversità. |
1.6. |
Il CESE accoglie con favore il fatto che la strategia presti la debita attenzione all’adattamento ai cambiamenti climatici, dal momento che il riscaldamento globale trasforma le condizioni degli alberi e di tutti gli organismi ed è legato alle catastrofi forestali, il che ha conseguenze fatali a livello sia ambientale che economico. Il CESE sottolinea altresì la necessità di adottare una visione olistica del ruolo svolto dalle foreste e dalla bioeconomia forestale nella mitigazione dei cambiamenti climatici, al fine di ottenere la combinazione migliore di sequestro, stoccaggio e sostituzione e realizzare un’economia non più fondata sui combustibili fossili. Inoltre, il Comitato pone l’accento — così come la strategia forestale della Commissione — sull’importanza di un approccio integrato alla gestione delle foreste e alla protezione della biodiversità. |
1.7. |
Il CESE incoraggia la ricerca sui nessi tra cambiamenti climatici, ecosistemi forestali e gestione delle foreste, ed esorta a raccogliere e a condividere in modo sistematico dati affidabili sullo stato delle foreste. Il CESE segnala inoltre l’importanza dell’innovazione nei campi della produzione di biomassa sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici, dei nuovi prodotti forestali e delle pratiche di economia circolare, con un pieno utilizzo delle tecnologie digitali. |
1.8. |
La transizione digitale e la transizione verde delle attività forestali richiedono nuove competenze, che devono essere prese in considerazione soprattutto per quanto riguarda la formazione professionale e l’organizzazione della riqualificazione e del miglioramento delle competenze. Il CESE sottolinea l’importanza di creare posti di lavoro di qualità e di offrire ai lavoratori opportunità e condizioni di lavoro adeguate nella bioeconomia basata sul legno. Sottolinea il ruolo del dialogo sociale nello sviluppo delle competenze e della salute e della sicurezza sul lavoro. La cooperazione è inoltre necessaria per sensibilizzare l’opinione pubblica, e in particolare i giovani, sulle attività forestali moderne. |
1.9. |
Per effettuare investimenti produttivi lungo tutte le catene del valore e tradurre in realtà il potenziale innovativo e occupazionale della bioeconomia forestale è necessario un contesto favorevole. Il CESE ribadisce pure la necessità di investire in infrastrutture, favorire la logistica e introdurre la digitalizzazione nelle attività forestali. |
1.10. |
Per contribuire allo sviluppo globale, il CESE invita l’UE a promuovere attivamente condizioni di parità per le imprese dell’Unione che competono sui mercati internazionali della bioeconomia e a potenziare l’attuazione globale degli accordi internazionali che contribuiscono alla protezione e all’uso sostenibile delle foreste. |
2. Osservazioni generali: quadro politico
2.1. |
La «nuova strategia dell’UE per le foreste per il 2030» aggiorna la strategia dell’UE per le foreste del 2013 così da tenere conto dei recenti sviluppi e rispondere agli obiettivi del Green Deal europeo, al fine di realizzare un’Unione europea moderna, neutra in termini di emissioni di carbonio, efficiente sotto il profilo delle risorse, competitiva e socialmente equa. Il CESE ha già esposto il proprio punto di vista in merito alla relazione sui progressi nell’attuazione della strategia precedente (1). |
2.2. |
Le foreste svolgono un ruolo importante nell’attuazione del Green Deal, in quanto sono intrinsecamente connesse ai suoi vari elementi fondamentali, ossia la promozione di sistemi sostenibili nei campi dell’industria, dell’energia, dei trasporti, dell’edilizia e della produzione alimentare, nonché la lotta contro i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’inquinamento ambientale. |
2.3. |
Le foreste rappresentano anche un’importante tematica globale, che si connette a molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui quelli relativi alla vita sulla terra, alla lotta contro i cambiamenti climatici, alla riduzione della povertà, alla salute e al benessere, alle imprese e all’innovazione, al lavoro dignitoso e alla crescita economica. |
2.4. |
Considerati il complesso ruolo e il potenziale delle foreste in termini di benefici economici, sociali e ambientali, il Comitato ritiene importante sviluppare tutte le funzioni delle foreste, in modo da generare i maggiori vantaggi possibili per tutti. |
2.5. |
È di fondamentale importanza favorire la vitalità e la salute delle foreste, per ragioni sia ambientali che climatiche, come pure in termini di rafforzamento dello sviluppo economico basato sulle foreste e di promozione del benessere dei cittadini. Pur riconoscendo che la strategia per le foreste tratta delle opportunità economiche e sociali, il Comitato ritiene che questo tema andrebbe affrontato in modo più globale. Il CESE osserva inoltre che non viene data alcuna risposta alla questione di come remunerare i servizi ecosistemici non commerciali forniti dalle foreste, e quindi dai proprietari di foreste. A tale riguardo la strategia descrive alcuni esempi positivi, e il Comitato invita a trovare una soluzione veramente convincente e sostenibile per il futuro. |
2.6. |
Il CESE è convinto che la strategia per le foreste dovrebbe coprire le varie strategie e i diversi ambiti d’intervento riguardanti le foreste e la bioeconomia forestale. A tal fine sarà necessaria una cooperazione intersettoriale estesa a ricerca, innovazione, politiche industriali, occupazionali e fiscali, oltre che alle politiche climatiche e ambientali e alla dimensione di sviluppo rurale della politica agricola. |
2.7. |
Il CESE sottolinea anche l’importanza di adottare le decisioni al livello più idoneo, nel rispetto delle diverse competenze e del principio di sussidiarietà. In linea generale, i problemi relativi al mercato unico esigono misure robuste a livello di Unione europea. Un quadro a livello UE è necessario anche per quanto riguarda i problemi ambientali e climatici che non si possono risolvere solo con misure nazionali, e che spesso richiedono anche un’azione a livello internazionale. |
2.8. |
All’opposto, il livello più opportuno per gestire le foreste e pianificarne la gestione al fine di contribuire agli obiettivi comuni è quello nazionale. Il CESE ritiene pertanto che il coinvolgimento e il sostegno degli Stati membri siano fondamentali per l’attuazione della strategia. A questo proposito i piani strategici nazionali per le foreste svolgono un ruolo essenziale, anche attraverso l’integrazione degli aspetti climatici e della biodiversità, ma altresì indicando delle modalità di compensazione economica dei proprietari di foreste per i servizi ecosistemici non commerciali delle foreste. Non esistono soluzioni universalmente valide, dal momento che le caratteristiche delle foreste variano notevolmente da una regione dell’UE all’altra. Varia pure l’importanza delle foreste nelle economie nazionali degli Stati membri, così come la proprietà delle foreste, in un ventaglio che va da proprietari facenti parte del settore pubblico a grandi imprese e investitori privati, fino alle piccole proprietà familiari. |
2.9. |
Il CESE ritiene importante condividere le buone pratiche tra gli Stati membri e sviluppare la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri, sulla base di pratiche di lavoro rivedute piuttosto che di nuovi organismi formali. A giudizio del CESE è inoltre necessaria un’intensa partecipazione dei rappresentanti della società civile, tra cui le imprese, i sindacati e le organizzazioni ambientaliste, all’ulteriore sviluppo e al monitoraggio della strategia; segnala altresì il ruolo centrale dei proprietari di foreste, delle industrie e dei lavoratori nella gestione sostenibile delle foreste e nella bioeconomia forestale. Per l’attuazione della strategia sono necessari investimenti nello sviluppo delle capacità delle parti interessate e delle autorità competenti. |
2.10. |
Alla luce della funzione essenziale svolta da imprese e proprietari di foreste privati, occorre tenere pienamente conto della protezione della proprietà e della libertà d’impresa. In linea generale il controllo di gamme di prodotti, scelte di materie prime o pratiche operative non è attuabile; una soluzione praticabile è piuttosto quella di fissare condizioni quadro basate su conoscenze scientifiche e tecnologicamente neutre, che consentano ai soggetti attivi nel campo della bioeconomia di innovare, investire e operare. Ciò vale, ad esempio, per l’attuazione del principio a cascata, che deve fondarsi sul mercato. |
2.11. |
Il CESE chiede coerenza, certezza, stabilità, chiarezza e uniformità nel quadro politico e normativo, dati i lunghi cicli d’investimento di molte attività della bioeconomia. È essenziale evitare di introdurre iniziative che si sovrappongono a definizioni, principi, criteri, indicatori, orientamenti e regimi di sostenibilità esistenti e largamente adottati, o li contraddicono. Qualsiasi iniziativa, inoltre, dovrebbe evitare oneri burocratici eccessivi come gli obblighi multipli di raccolta e comunicazione dei dati. |
2.12. |
A parere del CESE è essenziale prendere attentamente in considerazione i principi menzionati in materia di livello decisionale, proprietà, stabilità, coerenza e assenza di sovrapposizioni, e rispettarli pienamente nei futuri lavori. Questa considerazione vale in particolare per le iniziative concernenti il sistema di monitoraggio, gli indicatori e le soglie per la gestione sostenibile delle foreste, un sistema di certificazione «più rispettoso della natura» e criteri inerenti alle foreste per la finanza sostenibile. |
2.13. |
Nel complesso, le implicazioni della strategia non sono chiare, e alcune delle sue iniziative potrebbero indebolire le catene del valore basate sulle foreste e mettere a repentaglio dei posti di lavoro, soprattutto nelle zone rurali, limitando la raccolta sostenibile del legno. Il CESE esorta pertanto ad effettuare una valutazione d’impatto globale della strategia per verificarne le implicazioni cumulative in termini economici, sociali e ambientali. Tale valutazione è necessaria anche per identificare le varie esigenze di finanziamento, tra l’altro in materia di ricerca e innovazione, sviluppo delle competenze, infrastrutture, mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento a tali cambiamenti, nonché protezione e rafforzamento della biodiversità. |
3. Osservazioni particolari: il ruolo delle foreste per quanto riguarda i cambiamenti climatici e la biodiversità
3.1. |
Le foreste svolgono un ruolo importante nei processi naturali, per quanto riguarda il controllo dei cicli del carbonio, dell’acqua e dei nutrienti, la formazione del suolo e il mantenimento della biodiversità. D’altro canto, le foreste sono di per sé assai vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici. |
3.2. |
Nell’Unione europea la superficie forestale totale e la superficie delle foreste protette sono aumentate negli ultimi decenni — l’incremento boschivo supera gli abbattimenti — e le foreste rappresentano un importante pozzo di assorbimento del carbonio (2). All’opposto, la deforestazione sta continuando a livello globale, soprattutto nelle regioni tropicali, trasformando tali foreste in una fonte di emissioni e contribuendo sensibilmente alla perdita di biodiversità in corso (3). Il CESE ribadisce pertanto la necessità di considerare anche la funzione delle foreste su scala globale e invita l’UE a promuovere attivamente l’attuazione globale degli accordi internazionali che contribuiscono alla protezione e all’uso sostenibile delle foreste. |
3.3. |
Le foreste e la bioeconomia forestale assolvono molteplici funzioni nella mitigazione dei cambiamenti climatici: tramite il sequestro e lo stoccaggio del carbonio e tramite la sostituzione di materie prime, energia e prodotti di origine fossile. Ne consegue che tra le varie misure vi sono sinergie e compromessi (4). Il CESE sottolinea pertanto la necessità di considerare tutti questi meccanismi in una prospettiva olistica, allorché si cerca di individuare le soluzioni più sostenibili per realizzare un’economia non più fondata sui combustibili fossili. |
3.4. |
Il sequestro del carbonio non è solo una questione di superficie occupata da terreni forestali: si tratta prima di tutto di espansione delle foreste e di una robusta fotosintesi. Oltre all’imboschimento e al rimboschimento, un’attiva opera di gestione, uso e rinnovamento delle foreste è pertanto essenziale per sfruttare il potenziale delle foreste come pozzo di assorbimento del carbonio. |
3.5. |
Il ruolo delle foreste è complesso e variegato anche per quanto riguarda lo stoccaggio del carbonio: questo infatti viene stoccato non soltanto negli alberi e nel suolo, ma anche nei prodotti del legno. I prodotti di legno duraturi quali edifici e mobili di alta qualità costituiscono lo strumento più efficace in questo senso. Anche i prodotti forestali a più breve ciclo di vita mantengono il proprio contenuto di carbonio, nella misura in cui vengono riciclati. Inoltre l’utilizzo di materie prime forestali rinnovabili in sostituzione di quelle fossili evita il rilascio di carbonio dallo stoccaggio fossile. |
3.6. |
Il CESE invita inoltre ad affrontare in maniera sistematica il problema della vulnerabilità delle foreste ai cambiamenti climatici e della necessità di adattarsi a tali cambiamenti; il riscaldamento infatti modifica le condizioni degli alberi e di tutti gli organismi ed è accompagnato da catastrofi forestali provocate dal diffondersi di siccità, incendi, tempeste e parassiti. D’altro canto, le foreste contribuiscono all’adattamento ai cambiamenti climatici poiché offrono protezione contro l’erosione, le frane e le inondazioni. |
3.7. |
Le foreste, compresi i terreni forestali gestiti, sono un elemento cruciale per la biodiversità, giacché rappresentano l’habitat di gran parte della biodiversità terrestre. La biodiversità si può favorire in vari modi: proteggendo le specie in pericolo, creando aree protette in cui le attività umane sono consentite in misura limitata o sono del tutto vietate, o ancora attuando pratiche di gestione delle foreste che permettano di conservare la biodiversità accanto all’uso socioeconomico delle foreste. |
3.8. |
Considerando che la maggior parte delle foreste viene gestita, il CESE sottolinea l’importanza di un approccio integrato alla gestione delle foreste e alla protezione della biodiversità, che consenta di combinare le molteplici funzioni delle foreste. Il Comitato riconosce la protezione della biodiversità basata sul mercato e volontaria nonché le misure di sequestro del carbonio adottate dai proprietari di foreste; approva inoltre l’esplorazione e lo sviluppo di piani di credito per tali misure. |
3.9. |
Sia la capacità di sequestro del carbonio, sia la biodiversità delle foreste variano notevolmente da uno Stato membro all’altro. Le differenze dipendono in parte dalle diverse condizioni naturali e in parte dalle modalità di uso e gestione delle foreste nel corso del tempo. La necessità di proteggere e ripristinare le foreste varia pertanto anch’essa da una parte all’altra dell’Unione europea; di questo si deve tener conto al momento di individuare le foreste da ripristinare o proteggere. |
3.10. |
Il CESE incoraggia la continuazione delle ricerche sui processi fisici, chimici e biologici delle foreste e sui nessi tra cambiamenti climatici, ecosistemi forestali e attività umane, per far sì che le pratiche di gestione delle foreste si basino su solidi dati scientifici. È inoltre importante monitorare e condividere sistematicamente i dati sullo stato delle foreste, sfruttando pienamente i sistemi e gli strumenti digitali e garantendo al tempo stesso un’adeguata protezione e affidabilità dei dati. |
3.11. |
Il CESE approva l’iniziativa di mettere a dimora tre miliardi di alberi come progetto di dimostrazione pratica, comprendente un’adeguata pianificazione dei siti e delle specie, l’assegnazione di risorse umane e finanziarie, la messa a dimora, la gestione e l’attento monitoraggio di sviluppi e risultati. Tale imboschimento non deve entrare in concorrenza con l’uso del suolo per la produzione alimentare o ignorare la necessità di mantenere un paesaggio aperto in alcune località. |
4. Osservazioni particolari: la funzione economica e sociale delle foreste
4.1. |
Le foreste soddisfano un ampio ventaglio di necessità quotidiane: forniscono materie prime per i prodotti industriali e di consumo, spazi per le attività ricreative e alimenti sani per il consumo diretto da parte delle famiglie. Le foreste pertanto, oltre a contribuire alla salute e al benessere mentale, assolvono una funzione essenziale nella bioeconomia (basata o no sullo sfruttamento del legno). |
4.2. |
La bioeconomia forestale si fonda su varie catene del valore, in cui rientrano i proprietari di foreste e numerosi tipi di industrie e servizi: dagli imprenditori nei settori dei trasporti e delle macchine forestali alle imprese di trasformazione del legno, e alle microimprese, cooperative e PMI che operano su scala locale alle grandi multinazionali. Di conseguenza la bioeconomia forestale crea posti di lavoro in molti settori e in varie località, caratteristica che è assai importante per le zone rurali. |
4.3. |
Nell’UE, il legno tondo è usato in gran parte come materia prima industriale (tronchi e pasta di legno), mentre l’utilizzo del legno come combustibile varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro (5). A eccezione della carta per stampa, la domanda globale è prevedibilmente destinata a crescere per tutti i prodotti del legno, tradizionali e nuovi. Il CESE raccomanda di far sì che norme e standard non ostacolino, ma anzi incoraggino, l’uso di prodotti del legno e costruzioni in legno, garantendo nel contempo che i consumatori siano correttamente informati, tramite un’etichettatura adeguata, sulla possibile presenza di materiali diversi dal legno in tali prodotti. |
4.4. |
Dalle attuali buone pratiche emerge che i diversi tipi di alberi e le differenti parti dell’albero vengono usati per lo scopo e le produzioni cui sono più adatti, generando in tal modo il massimo valore aggiunto senza sprecare risorse naturali. L’energia prodotta con lo sfruttamento delle foreste deriva in gran parte da prodotti di diradamento, residui del taglio o flussi collaterali della lavorazione del legno. Le fabbriche di pasta per carta sono un buon esempio di stabilimenti che producono elettricità e calore come sottoprodotto. Flussi collaterali e residui si utilizzano inoltre come materie prime nei processi industriali esistenti e, in misura sempre maggiore, per nuovi bioprodotti. |
4.5. |
Il CESE sottolinea l’importanza di un intenso sviluppo di tecnologie e soluzioni per la produzione di biomassa sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici, l’efficienza energetica e dei materiali e le pratiche di economia circolare in tutte le catene del valore forestali. Le tecnologie digitali, compresa l’intelligenza artificiale, dispongono di un ricco potenziale per sviluppare e ottimizzare la gestione delle foreste, i processi industriali, la logistica e l’interazione tra i partner della catena di approvvigionamento. |
4.6. |
Le innovazioni di più ampia portata generano materiali e prodotti nuovi, tra cui quelli biochimici, nonché fibre tessili e biocarburanti avanzati; in qualche caso si tratta di prodotti di volume ridotto dall’elevato valore aggiunto. Poiché i nuovi prodotti vengono spesso sviluppati nel contesto della produzione corrente, le unità di produzione tradizionali danno origine a nuovi ecosistemi aziendali che coinvolgono un’ampia varietà di imprese, tra cui in particolare le PMI. |
4.7. |
Lo sviluppo delle competenze costituisce un prerequisito per la transizione verde e digitale delle attività forestali, ed è anche uno strumento necessario per far sì che nessuno sia lasciato indietro. La nuova domanda di competenze dev’essere presa in considerazione nella formazione professionale e negli studi universitari, oltre che nell’organizzazione della riqualificazione e del miglioramento delle competenze. Occorrono inoltre servizi di consulenza pratica per aiutare le imprese, soprattutto le piccole imprese, a soddisfare i nuovi requisiti. |
4.8. |
Il CESE sottolinea il ruolo del dialogo sociale nello sviluppo delle competenze e della salute e della sicurezza sul lavoro. Destinare fondi del FSE+ all’obiettivo di favorire l’occupazione di qualità e condizioni di lavoro adeguate nella bioeconomia basata sul legno potrebbe contribuire a combattere la povertà e a ridurre la migrazione dalle zone rurali. La riduzione della povertà contribuisce inoltre a ridurre l’abbattimento illegale di alberi, in particolare a fini di riscaldamento. |
4.9. |
Dal momento che l’occupazione nel settore forestale è prevalentemente maschile e l’età media degli addetti in questo campo è relativamente avanzata, è importante attirare nel settore lavoratrici e imprenditrici, oltre che giovani. Ciò richiederà una cooperazione volta a promuovere l’immagine del settore forestale e delle industrie che si basano sullo sfruttamento delle risorse forestali, nonché a sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica sulle opportunità offerte dalla bioeconomia moderna. È inoltre necessaria una forte comunicazione a livello di società sulle modalità e sui prerequisiti per rafforzare la vitalità e la resilienza delle foreste. |
4.10. |
Per tradurre in realtà il potenziale innovativo e occupazionale della bioeconomia forestale, occorre creare un contesto favorevole per gli investimenti produttivi lungo tutte le catene del valore. Il CESE sottolinea inoltre la necessità di infrastrutture adeguate, anche nelle zone rurali. La bioeconomia forestale richiede infrastrutture di trasporto che soddisfino le esigenze logistiche del settore forestale e della produzione e distribuzione di bioprodotti forestali. Un altro essenziale prerequisito per la bioeconomia moderna è un’infrastruttura digitale adeguata. |
4.11. |
Il CESE incoraggia gli Stati membri a utilizzare i fondi UE e i finanziamenti nazionali, compresi i finanziamenti per lo sviluppo rurale, al fine di potenziare la bioeconomia forestale. Occorre evitare i regimi di sostegno che ostacolano o distorcono i mercati della bioeconomia, prestando particolare attenzione alle sovvenzioni esistenti e ad altri incentivi per la combustione del legno. |
4.12. |
Le imprese dell’UE hanno inoltre bisogno di un contesto commerciale competitivo che consenta loro sia di esportare in altri paesi soluzioni e prodotti forestali sostenibili, sia di competere con successo con le importazioni nell’UE provenienti da paesi terzi. Il CESE invita l’UE a promuovere l’adozione delle stesse regole nei mercati internazionali della bioeconomia e a sfruttare i partenariati paneuropei e internazionali, come pure gli accordi sul commercio estero, per favorire l’ambizione climatica dell’UE e la sostenibilità dell’uso delle foreste al di fuori dell’UE. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Parere del CESE sulla Relazione della Commissione europea sui progressi nell’attuazione della strategia forestale dell’Unione europea (GU C 47 dell’11.2.2020, pag. 87).
(2) https://forest.eea.europa.eu/news/summary-for-policy-makers-state-of-europe2019s-forests-2020
(3) http://www.fao.org/state-of-forests/en/
(4) https://ec.europa.eu/jrc/en/science-update/forest-based-bioeconomy-and-climate-change-mitigation-trade-offs-and-synergies
(5) https://ec.europa.eu/eurostat/documents/3217494/12069644/KS-FK-20-001-EN-N.pdf/a7439b01-671b-80ce-85e4-4d803c44340a?t=1608139005821
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/175 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/87/CE che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell’Unione, della decisione (UE) 2015/1814 relativa all’istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell’Unione per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra e del regolamento (UE) 2015/757
[COM(2021) 551 final — 2021/0211 (COD)]
e sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione (UE) 2015/1814 per quanto riguarda il quantitativo di quote da integrare nella riserva stabilizzatrice del mercato per il sistema dell’Unione per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra fino al 2030
[COM(2021) 571 final — 2021/0202 (COD)]
(2022/C 152/29)
Relatore: |
Stefan BACK |
Consultazioni |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 20.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
219/3/13 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’ambizione di accelerare e aumentare la riduzione delle emissioni di CO2 al fine di rispettare gli obiettivi stabiliti nella normativa europea sul clima e nel Green Deal europeo, e sostiene pienamente l’obiettivo generale di una riduzione del 55 % di CO2 entro il 2030 e di un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio entro il 2050. |
1.2. |
Il CESE è favorevole alle misure proposte e ritiene pertanto estremamente importante che i problemi inerenti alla transizione prevista siano affrontati e risolti in modo adeguato. Si tratta, a giudizio del CESE, di una condizione fondamentale per il successo. |
1.3. |
È quindi importante esaminare con molta attenzione i possibili effetti indesiderati delle misure proposte sulla competitività dell’industria e dei fornitori di servizi europei, sia nei settori ad alta intensità di carbonio che in generale, e adottare misure volte a prevenire, per quanto possibile, ripercussioni negative sull’economia e conseguenze sociali sfavorevoli come la disoccupazione, la povertà energetica o la povertà di mobilità. |
1.4. |
Il CESE prende atto del fatto che le risorse disponibili per il perfezionamento e la riqualificazione professionale e per la risoluzione delle ripercussioni sociali negative derivanti dalla proposta concernente il meccanismo europeo di scambio di quote di emissioni (ETS) dipenderanno dal destino delle proposte ancora pendenti dinanzi ai colegislatori, compresa la creazione di un Fondo sociale per il clima. Pur approvando queste proposte in quanto tali, il CESE si chiede se le risorse disponibili saranno sufficienti anche se le proposte di finanziamento saranno approvate senza modifiche significative. |
1.5. |
Occorre considerare anche il modo in cui le questioni climatiche sono affrontate a livello mondiale ed evitare divergenze che potrebbero porre le imprese europee in una situazione di svantaggio. Il CESE rimanda a tale proposito al suo parere sul meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM) tra l’altro. |
1.6. |
Il ritmo accelerato e l’elevato livello di ambizione delle riduzioni di CO2 e la ridotta disponibilità di quote di gas a effetto serra comporteranno costi più elevati per tutti i settori interessati dal sistema ETS. Alcuni settori saranno protetti dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), ma ciò influenzerà negativamente la competitività sul mercato mondiale a meno che un numero considerevole di Stati non segua l’esempio dell’UE, ma questo non è ancora sicuro. Potrebbero essere necessarie misure a sostegno delle esportazioni e il CESE sottolinea la necessità di trovare soluzioni efficaci compatibili con il quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), a favore delle quali la Commissione europea dovrebbe impegnarsi politicamente senza indugio. Occorre inoltre modificare di conseguenza tutti gli accordi commerciali bilaterali dell’UE. |
1.7. |
Il CESE si chiede inoltre se l’aumento del livello dei costi causato dalle modifiche del sistema ETS possa avere effetti negativi sulle prospettive di ripresa dopo la crisi della COVID-19. |
1.8. |
Il CESE fa osservare che il trasporto marittimo è uno dei settori in cui la riduzione di CO2 è particolarmente difficile e costosa all’orizzonte del 2030, ma che il settore ha nondimeno annunciato che raggiungerà la neutralità climatica entro il 2050. La Commissione europea dovrebbe valutare se la prevista inclusione del trasporto marittimo possa provocare un aumento generale dei prezzi delle quote di emissione, con ripercussioni su tutti i settori interessati dal sistema ETS. |
1.9. |
Il CESE accoglie con favore, in linea di principio, la proposta di estendere l’applicabilità del sistema ETS alle navi di paesi terzi e ai viaggi da e verso i porti di paesi terzi, ma richiama l’attenzione sui lavori in corso in seno all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) per giungere a una soluzione globale in merito alle emissioni del trasporto marittimo e invita l’UE ad adoperarsi attivamente per una soluzione nel quadro dell’IMO. |
1.10. |
Per quanto riguarda la soluzione scelta per estendere il sistema ETS agli edifici e al trasporto stradale sotto forma di un sistema parallelo, dove i distributori del carburante sono soggetti dello scambio, il CESE osserva che l’impatto principale sui responsabili degli edifici, gli operatori di trasporto o i proprietari di autovetture sarà un segnale di prezzo, nella misura in cui i distributori di carburante consentono ai costi dello scambio di influenzare il prezzo del carburante con notevoli ripercussioni su famiglie/consumatori e imprese. |
1.11. |
Poiché in questo caso gli attori soggetti al sistema ETS sono non gli attori effettivi dei settori interessati (trasporto stradale o gestione degli edifici) bensì i distributori del carburante, le possibilità per tali attori di influenzare la loro situazione sono molto limitate e, in molti casi, inesistenti. Ciò che viene introdotto è un segnale di prezzo, con effetti analoghi, ad esempio, a un aumento delle imposte. Il normale valore aggiunto del sistema ETS è quindi ampiamente assente. |
1.12. |
Gli effetti dell’estensione al trasporto su strada possono essere particolarmente forti per le famiglie che, per ragioni finanziarie o di altro tipo, non possono scegliere un veicolo elettrico o a combustibile alternativo, o per il comparto dei trasporti pesanti, dove, in particolare per quanto riguarda il trasporto su lunghe distanze, finora non sono disponibili alternative reali ai combustibili fossili. |
1.13. |
Per quanto riguarda l’estensione al trasporto su strada, il CESE prende atto che questa misura è stata decisa malgrado i giudizi scettici espresso dal settore privato, dai sindacati e dalle ONG. Questi giudizi sembrano aver avuto scarso peso rispetto a quelle di privati cittadini e del mondo accademico. Poiché la legislazione è un processo politico con effetti sulla società, il CESE ritiene che in tale processo decisionale dovrebbe essere fondamentale un’ampia considerazione di questi effetti sulla società, compresa l’economia e l’occupazione. |
1.14. |
Il CESE fa osservare che la navigazione interna, gli edifici e il trasporto su strada dell’UE continueranno ad essere soggetti al regolamento sulla condivisione degli sforzi (ESR) e che i risultati del sistema ETS in questi settori saranno conteggiati ai fini degli sforzi degli Stati membri per rispettare gli obblighi derivanti da tale regolamento. Anche il settore dei trasporti è interessato dalle norme sulle emissioni, quello dell’edilizia dalle disposizioni in materia di efficienza energetica, ed entrambi dalla direttiva sulle energie rinnovabili. Il CESE fa pertanto osservare che è importante che la Commissione e gli Stati membri gestiscano l’interfaccia tra i diversi sistemi in modo agevole e trasparente. |
1.15. |
Il CESE approva la proposta di adeguare i volumi e migliorare la stabilità e la prevedibilità per quanto riguarda la riserva stabilizzatrice del mercato. Analogamente, il CESE accoglie con favore la creazione di una riserva stabilizzatrice del mercato, anche per quanto riguarda lo scambio di quote di emissione per il trasporto stradale e gli edifici. |
2. Contesto
2.1. |
La Commissione ha presentato le due proposte seguenti che aggiornano ed estendono il sistema di scambio delle quote di emissione.
|
2.2. |
Le proposte fanno parte del pacchetto Pronti per il 55 % (Fit for 55), che mira a stabilire il quadro normativo per il raggiungimento dell’obiettivo, fissato nella normativa sul clima, di ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 in modo equo, efficiente in termini di costi e competitivo. |
2.3. |
Tale obiettivo deve essere raggiunto attraverso 13 proposte legislative, considerate interconnesse e contenenti misure di fissazione dei prezzi, di definizione degli obiettivi, di definizione di norme e di sostegno. |
2.4. |
Le proposte in esame sono quelle volte a istituire un sistema di scambio di quote di emissione rafforzato e ad estendere lo scambio di quote di emissioni ai trasporti marittimi e stradali e all’edilizia. Ulteriori proposte relative al sistema ETS nel settore dell’aviazione formano oggetto di un parere separato. |
2.5. |
Le proposte sono collegate alle proposte di aggiornamento della direttiva sulla tassazione dell’energia (1) e alla proposta di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) (2). Vi è inoltre un collegamento con la proposta di regolamento che istituisce un Fondo sociale per il clima (3) inteso a mitigare gli impatti sociali negativi derivanti dalla proposta ETS. |
2.6. |
L’innalzamento dal 43 al 61 % dell’obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2030 comporta un aumento della riduzione annuale delle emissioni dall’attuale 2,2 al 4,2 %. Ciò avverrà attraverso una riduzione del numero di quote disponibili ogni anno. Per quanto riguarda i settori che devono essere salvaguardati dal proposto meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (cemento, elettricità, fertilizzanti, ferro, acciaio e alluminio), non vi saranno quote gratuite una volta che il meccanismo sarà pienamente introdotto. Ciò vale anche per gli edifici e il trasporto su strada, per i quali non si prevedono rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. |
2.7. |
Per quanto riguarda l’estensione del sistema di scambio delle quote di emissione ai trasporti stradali e agli edifici, vi è anche un collegamento con la proposta di aggiornamento del regolamento sulla condivisione degli sforzi (4). |
3. Osservazioni generali
La proposta ETS in generale
3.1. |
Il CESE accoglie con favore l’ambizione di accelerare e aumentare la riduzione delle emissioni di CO2 al fine di rispettare gli obiettivi fissati nella normativa europea sul clima e nel Green Deal europeo. Il CESE sostiene pienamente l’obiettivo generale di una riduzione del 55 % di CO2 entro il 2030 e di un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio entro il 2050. Il CESE sostiene inoltre, in quanto tale, il principio «chi inquina paga». Come dimostrato anche dalla recente relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), sono necessarie misure urgenti e incisive per mitigare i cambiamenti climatici. |
3.2. |
È quindi importante esaminare con molta attenzione i possibili effetti indesiderati delle misure proposte sulla competitività dell’industria e dei fornitori di servizi europei, sia nei settori ad alta intensità di carbonio che in generale, e adottare misure volte a prevenire, per quanto possibile, ripercussioni negative sull’economia e conseguenze sociali sfavorevoli come la disoccupazione, la povertà energetica o la povertà di mobilità. |
3.3. |
Occorre considerare anche il modo in cui le questioni climatiche sono affrontate a livello mondiale ed evitare divergenze che potrebbero porre le imprese europee in una situazione di svantaggio e/o causare problemi sociali quali la povertà energetica o di mobilità. Il CESE si rammarica che non sia stata dedicata sufficiente attenzione a questi problemi e che le soluzioni proposte non sembrino del tutto sufficienti. |
3.4. |
Per quanto riguarda gli effetti sociali, vi sarà un’evidente necessità di riqualificazione e perfezionamento professionale, per consentire alla forza lavoro di adattarsi e soddisfare le nuove esigenze in termini di competenze. È inoltre probabile che gli effetti sulle famiglie, quali l’aumento dei costi dell’elettricità e della mobilità, causino povertà energetica e di mobilità, quest’ultima particolarmente diffusa nelle regioni remote e scarsamente popolate. Si prevede di affrontare tali problemi attraverso varie misure di mitigazione, finanziate in gran parte dai proventi del sistema ETS, compresi quelli che spettano agli Stati membri e quelli destinati a finanziare il Fondo sociale per il clima che è stato proposto. Il CESE rileva che le risorse disponibili per la risoluzione di tali problemi dipenderanno dal destino delle proposte ancora pendenti dinanzi ai colegislatori. Esso ritiene che i costi per affrontare questi problemi saranno considerevoli e a lungo termine. Pertanto si chiede inoltre se le risorse disponibili saranno sufficienti anche se le proposte di finanziamento saranno approvate senza modifiche significative, tenendo conto del numero di persone coinvolte e del tempo necessario per la transizione prevista. |
3.5. |
Il ritmo accelerato e l’elevato livello di ambizione delle riduzioni di CO2 e la ridotta disponibilità di quote di gas a effetto serra, pur generando benefici ambientali, comporteranno anche costi più elevati per tutti i settori interessati dal sistema ETS. Mentre gli effetti sui costi saranno ridotti dalla disponibilità di quote gratuite e, per alcuni settori, dal CBAM, queste misure non si applicheranno a tutti i settori che utilizzano energia in vari processi e che dovranno far fronte alla concorrenza dei paesi terzi sul mercato interno. Inoltre, tali misure non proteggeranno le imprese dell’UE da uno svantaggio competitivo sui mercati esterni, a causa dell’aumento del livello dei costi. |
3.6. |
Il CESE fa inoltre osservare che non è stato ancora chiarito se i prodotti a zero emissioni diventeranno abbastanza appetibili da compensare la differenza di costo causata dal sistema ETS, o se sui mercati mondiali saranno introdotte in maniera generalizzata misure con effetti di costo equivalenti a quelli del sistema ETS. Se così non fosse, la competitività delle imprese europee sui mercati mondiali potrebbe diventare problematica. |
Ci si chiede di conseguenza se i prodotti o i servizi da esportare in paesi terzi debbano essere esentati dall’ETS, o se occorra considerare altre misure di sostegno. Sembra dubbio che il sostegno all’innovazione, che sembra essere l’unica misura di sostegno compatibile con il quadro dell’OMC, sia sufficiente per risolvere un possibile problema di competitività.
3.7. |
Inoltre, ci si chiede se l’aumento del livello dei costi causato dalle modifiche del sistema ETS possa avere effetti negativi sulle prospettive di ripresa dopo la crisi della COVID-19. Il CESE si chiede se tale rischio sia stato sufficientemente preso in considerazione. |
3.8. |
Il CESE constata con soddisfazione che la proposta ETS prevede che i proventi del sistema ETS siano utilizzati in vari modi — attraverso le risorse proprie della Commissione o secondo le disposizioni relative all’utilizzo delle entrate da parte degli Stati membri — per promuovere la sostenibilità, compresi gli effetti sociali sulla transizione verso una società neutra sotto il profilo delle emissioni di carbonio. |
3.9. |
Il CESE rileva che le osservazioni che precedono non dovrebbero essere interpretate come intese a mettere in questione l’urgente necessità di intervenire per mitigare gli effetti negativi delle emissioni sul clima, ma come un monito relativo al rischio di effetti negativi, in termini sociali e di competitività, che interverrebbero ove non vengano affrontate e risolte questioni come quelle indicate più in alto. |
Estensione al trasporto marittimo
3.10. |
Il CESE si compiace del fatto che tutte le navi in arrivo o in partenza da porti dell’UE siano soggette alle stesse norme. Tuttavia il livello dei costi degli armatori o degli operatori dell’UE che rientrano in altro modo nel sistema ETS sarà superiore a quello dei concorrenti di paesi terzi, i quali inoltre in alcuni casi riducono i loro costi mediante il dumping sociale. L’UE deve fare attenzione agli effetti di una ridotta competitività del trasporto marittimo dell’UE. |
3.11. |
Andrebbe inoltre considerato che il trasporto marittimo è uno dei settori in cui la riduzione di CO2 è particolarmente difficile e costosa, e pertanto l’inclusione di tale settore potrebbe provocare un aumento generale dei prezzi delle quote di emissione, con ripercussioni sulla competitività dei settori interessati dal sistema ETS in generale. |
3.12. |
Secondo la proposta ETS, il sistema di scambio di quote di emissioni nel settore marittimo è limitato alle navi di stazza lorda superiore a 5 000 tonnellate ai sensi del regolamento (UE) 2015/757 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo. Ciò può provocare effetti indesiderati sotto forma di un aumento di nuove costruzioni di navi al di sotto delle 5 000 tonnellate o di ricostruzione delle navi affinché passino al di sotto del limite di 5 000 tonnellate lorde. Una soluzione ragionevole sarebbe quella di abbassare notevolmente tale soglia e di applicare il sistema ETS, ad esempio, alle navi di stazza lorda superiore a 400 tonnellate. Un’ulteriore soluzione potrebbe consistere nell’adattare di conseguenza l’obbligo di monitoraggio. |
3.13. |
Pur accogliendo con favore, in linea di principio, la proposta di estendere l’applicabilità del sistema ETS alle navi di paesi terzi e ai viaggi da e verso i porti di paesi terzi, il CESE richiama l’attenzione sui lavori in corso in seno all’IMO per giungere a una soluzione globale per quanto riguarda le emissioni del trasporto marittimo e incoraggia l’UE ad adoperarsi attivamente per una soluzione nel quadro dell’IMO. |
Edifici ed estensione al trasporto stradale in un sistema parallelo
3.14. |
Per quanto riguarda la soluzione scelta, sotto forma di un sistema parallelo, dove i distributori di carburante sono soggetti dello scambio, l’impatto principale sui responsabili degli edifici, gli operatori di trasporto o i proprietari di autovetture sarà un segnale di prezzo, nella misura in cui i distributori del carburante consentono ai costi dello scambio di influenzare il prezzo del carburante. In tal caso, gli effetti possono essere considerevoli sia per le famiglie/i consumatori che per le imprese. |
3.15. |
Per quanto riguarda l’estensione al trasporto su strada, il CESE prende atto che questa misura è stata decisa malgrado i giudizi scettici espresso dal settore privato, dai sindacati e dalle ONG. Questi giudizi sembrano aver avuto scarso peso rispetto a quelle di privati cittadini e del mondo accademico. Poiché la legislazione è un processo politico con effetti sulla società, il CESE ritiene che in tale processo decisionale dovrebbe essere fondamentale un’ampia considerazione di questi effetti sulla società, compresa l’economia e l’occupazione. |
3.16. |
Gli effetti possono essere particolarmente gravi per le famiglie che, per motivi finanziari o di altra natura, non possono scegliere un veicolo elettrico o alternativo o per il comparto dei trasporti pesanti, dove, in particolare per quanto riguarda il trasporto su lunghe distanze, finora non sono disponibili alternative reali ai combustibili fossili. |
3.17. |
Con l’aumento della domanda, è probabile che anche i prezzi dei combustibili alternativi aumentino, in particolare alla luce della rigorosa normativa sui combustibili rinnovabili, che limita la disponibilità e provoca costi più elevati. |
3.18. |
Una caratteristica fondamentale, e un valore aggiunto essenziale del sistema ETS, sembra consistere nel fatto che esso incoraggia gli operatori dei settori interessati ad agire per ridurre gli oneri imposti dal sistema, modificando il loro comportamento o dando vita a sviluppi di vario tipo. Poiché in questo caso gli attori soggetti al sistema ETS sono non gli attori effettivi dei settori interessati (trasporto stradale o gestione degli edifici) bensì i distributori del carburante, le possibilità per tali attori di influenzare la loro situazione sono molto limitate e, in molti casi, inesistenti. Ciò che viene introdotto è un segnale di prezzo, con effetti analoghi, ad esempio, a un aumento delle imposte. Il normale valore aggiunto del sistema ETS è quindi ampiamente assente. |
L’interfaccia tra il sistema ETS nel settore del trasporto marittimo, degli edifici e del trasporto stradale, e il regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) sulla condivisione degli sforzi (ESR)
3.19. |
Il CESE prende nota del fatto che il trasporto marittimo, l’edilizia e il trasporto stradale rimarranno soggetti all’ESR e che questi settori saranno interessati anche da altre nuove disposizioni connesse al pacchetto Pronti per il 55 %, compresa la direttiva sull’efficienza energetica (7), la direttiva sulle energie rinnovabili (8) e i requisiti in materia di emissioni per i veicoli a motore. Ciò sembra significare che i livelli di emissione risultanti dal sistema ETS in tali settori saranno conteggiati ai fini degli sforzi degli Stati membri per rispettare gli obblighi ESR, ma anche che gli Stati membri mantengono la capacità normativa di imporre ulteriori obblighi a tali settori per contribuire all’adempimento dei loro impegni nel quadro dell’ESR, mentre le disposizioni ESR in materia di flessibilità ed equità rimangono applicabili. Il CESE fa pertanto osservare che è importante che la Commissione e gli Stati membri gestiscano in modo agevole e trasparente l’interfaccia tra i vari sistemi. |
La proposta sulla stabilità del mercato
3.20. |
Il CESE prende atto dell’adeguamento del calcolo del numero totale di quote per consentire alla riserva stabilizzatrice del mercato di operare anche nei settori del trasporto aereo e marittimo, nonché della modifica del cosiddetto tasso di immissione per introdurre un elemento di flessibilità mediante la creazione di una riserva stabilizzatrice del mercato. |
3.21. |
Analogamente, il CESE accoglie con favore la creazione di una riserva stabilizzatrice del mercato in quanto tale, anche per quanto riguarda lo scambio di quote di emissione per il trasporto stradale e gli edifici. |
3.22. |
Il CESE prende atto con soddisfazione delle modifiche apportate alla decisione (UE) 2015/814 del Parlamento europeo e del Consiglio (9) relativa alla riserva stabilizzatrice del mercato e dell’intenzione di tener conto delle esigenze dei trasporti aerei e marittimi, nonché degli edifici e del trasporto stradale. Il CESE apprezza l’obiettivo di migliorare la prevedibilità e la stabilità per quanto riguarda la disponibilità di quote. Analogamente, il CESE prende atto con soddisfazione della proposta di prorogare il raddoppio delle percentuali e delle quote per consentire l’integrazione di un numero sufficiente di quote nella riserva stabilizzatrice del mercato. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0563.
(2) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1634050477623&uri=CELEX%3A52021PC0564#.
(3) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52021PC0568.
(4) https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/proposal-amendment-effort-sharing-regulation-with-annexes_en.pdf
(5) Regolamento (UE) 2015/757 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo e che modifica la direttiva 2009/16/CE (GU L 123 del 19.5.2015, pag. 55).
(6) Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26).
(7) COM(2021) 558 final.
(8) COM(2021) 557 final.
(9) Decisione (UE) 2015/1814 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015, relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato nel sistema dell'Unione per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra e recante modifica della direttiva 2003/87/CE (GU L 264 del 9.10.2015, pag. 1).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/181 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere
[COM(2021) 564 final — 2021/0214 (COD)]
(2022/C 152/30)
Relatore: |
Andrés BARCELÓ DELGADO |
Correlatore: |
John COMER |
Consultazioni |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 21.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale ed ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
179/3/7 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism — CBAM) con l’obiettivo di sensibilizzare in merito alle ambizioni dell’UE in materia di clima e di creare condizioni di parità all’interno del mercato unico. |
1.2. |
Il CESE chiede che la valutazione d’impatto sia estesa alle attività di esportazione dei settori compresi nell’ambito di applicazione del CBAM. L’UE deve continuare a perseguire le sue ambizioni in materia di clima ma, al tempo stesso, deve garantire all’industria europea condizioni di parità sulla scena mondiale, consentendole di competere nel mercato unico e di esportare verso i mercati internazionali. |
1.3. |
Il CESE incoraggia i legislatori dell’UE a studiare i modi di calibrare il regime delle esportazioni in maniera tale da consentire all’industria dell’UE di rimanere competitiva sui mercati internazionali. Il CESE raccomanda di effettuare una valutazione d’impatto per stabilire come interpretare o adattare le norme dell’OMC in modo tale da sostenere gli obiettivi e l’efficienza del CBAM e contribuire così ad evitare in tutto il mondo le emissioni industriali di CO2. |
1.4. |
Molte questioni di rilievo dovranno essere ulteriormente approfondite mediante atti delegati per l’attuazione. Pertanto, alla luce di questa e della precedente considerazione, è quasi impossibile prevedere già adesso quali saranno le conseguenze dell’attuazione per i singoli settori manifatturieri. I dubbi su vari elementi chiave della proposta di regolamento rendono difficile valutarla finché l’iter legislativo non sarà giunto ad una fase più avanzata. In ogni caso, è necessario evitare condizioni quadro incerte, specie per quanto concerne la valutazione della CO2 per le importazioni, in modo da non compromettere le misure proattive e preventive adottate dalle imprese europee per proteggere il clima. |
1.5. |
Il CESE chiede ai legislatori europei di destinare le entrate provenienti dal CBAM direttamente al sostegno della transizione industriale dei settori interessati. Alcuni settori economici che risentono di una concorrenza climatica sleale potrebbero, in considerazione dei loro sforzi, aver bisogno di un sostegno supplementare, in quanto rischierebbero di diventare meno competitivi rispetto a quelli in cui il costo dell’impronta climatica/ambientale non viene internalizzato. |
1.6. |
Il CESE invita l’Unione europea ad aiutare i paesi meno sviluppati a migliorare le loro capacità tecnologiche, in modo tale da evitare rischi di elusione del CBAM. |
1.7. |
Una corretta verifica delle emissioni effettive incorporate nei prodotti importati sarà cruciale per un’equa diffusione del nuovo meccanismo. Il CESE raccomanda alla Commissione di presentare richieste specifiche agli organismi di verifica autorizzati. |
1.8. |
Il CESE rileva la necessità che l’Europa abbia un settore industriale forte, che sia pienamente competitivo e nel contempo responsabile sul piano climatico. |
1.9. |
Parallelamente alla procedura legislativa, la Commissione è invitata a effettuare uno studio d’impatto sugli effetti che l’attuazione del CBAM potrebbe avere lungo la catena del valore. |
1.10. |
L’introduzione del CBAM comporterebbe un cambiamento sostanziale nel sistema del commercio mondiale. L’UE deve adottare tutte le misure necessarie onde evitare che il nuovo meccanismo porti a maggiori emissioni di gas a effetto serra in altre parti del mondo e possa quindi causare un aumento di tali emissioni a livello globale. Il CBAM non deve in alcun modo portare alla deindustrializzazione dell’UE. L’UE deve trovare un equilibrio tra le proprie ambizioni in materia di clima e la realtà incontrovertibile che la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è una questione globale. |
1.11. |
La dimensione politica del CBAM non è stata messa sufficientemente in rilievo. Le decisioni finali relative al nuovo meccanismo si baseranno in larga misura non solo sulle discussioni all’interno dell’UE, ma anche sui negoziati che saranno necessari con i partner commerciali per concordare una soluzione che eviti un conflitto commerciale. |
1.12. |
Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali. |
1.13. |
Il CBAM sosterrà sia le ambizioni dell’UE in materia di clima sia l’intento di garantire in futuro una più forte impronta industriale all’Europa. Nell’attuazione del CBAM, durante e dopo il periodo di transizione, si dovrà tenere conto di una serie di rischi evidenti, a cominciare dalla difficoltà di verificare le informazioni fornite da paesi terzi sulle emissioni di CO2 e dalla possibilità di aggiramenti del sistema. |
2. Sintesi della proposta della Commissione
2.1. |
Il 14 luglio scorso la Commissione ha pubblicato il pacchetto «Pronti per il 55 %: realizzare l’obiettivo climatico dell’UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica» (1), che comprende un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) (2), strettamente collegato alla revisione della direttiva sul sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) (3). Il pacchetto ha origine nella comunicazione sul Green Deal europeo (4), presentata il 15 dicembre 2019. |
2.2. |
La normativa proposta prevede l’applicazione di un «ETS teorico» alle importazioni di diversi prodotti industriali e di elettricità. I settori interessati nella prima fase sono il cemento, l’acciaio, i concimi, l’alluminio e l’energia elettrica. |
2.3. |
Per i materiali con una lavorazione a valle più intensiva, la nuova normativa comprende già molti prodotti a valle. Tuttavia, vi è un riferimento a «merci complesse» che potrebbe ampliare il campo di applicazione della normativa proposta. |
2.4. |
L’onere amministrativo del CBAM incombe alla Commissione, agli Stati membri e agli importatori nel mercato dell’UE. |
2.5. |
L’«ETS teorico» rispecchia l’attuale ETS, ma con alcune differenze fondamentali: i certificati di emissione non saranno commerciabili e gli importatori dovranno restituire tali certificati all’attuale prezzo della CO2 nell’UE, sulla base delle emissioni incorporate nei prodotti da importare nell’UE. |
2.6. |
L’elenco dei settori e dei prodotti contemplati dal CBAM è specificato nell’allegato I del regolamento proposto. Qualora dovesse individuare gravi rischi di elusione, la Commissione estenderebbe il campo di applicazione del CBAM a nuovi settori e/o nuovi prodotti; e le proposte della Commissione in tal senso saranno a loro volta soggette all’intero iter legislativo. |
2.7. |
Il sistema proposto tiene conto soltanto delle emissioni dirette (ambito 1) e non anche di quelle indirette legate all’energia (elettricità o riscaldamento) (ambito 2) o di quelle indirette dei prodotti nella catena del valore a valle, ma includerebbe un numero limitato di emissioni nella catena del valore a monte (esclusi i trasporti o la catena del valore delle imprese) (ambito 3) attraverso il concetto di «merci complesse». La normativa proposta non indica nei dettagli le modalità di funzionamento di tale sistema, che saranno stabilite dalla Commissione mediante atti di esecuzione. |
2.8. |
L’ambito di applicazione geografico copre tutti i paesi terzi non appartenenti all’unione doganale, ad eccezione di quelli inclusi nell’attuale sistema ETS dell’UE o dei paesi ad esso «associati». Sono incluse misure specifiche per tenere conto del prezzo del carbonio praticato in diversi paesi terzi. |
2.9. |
Il CBAM differisce dall’ETS in quanto sarà incentrato sui prodotti (con codici specifici della nomenclatura combinata (NC)], mentre l’ETS è incentrato sugli impianti. |
2.10. |
L’obiettivo finale del CBAM è la graduale sostituzione dell’attuale assegnazione gratuita nei settori interessati. Dopo il «periodo transitorio di tre anni», l’assegnazione gratuita di quote sarà gradualmente eliminata a partire dal 2026, a un tasso del 10 % annuo per dieci anni, come attualmente previsto nella proposta della Commissione. I dettagli relativi ai progressi compiuti nell’eliminazione graduale dell’assegnazione gratuita per i settori interessati non sono inclusi nel regolamento CBAM proposto, ma rientrano nel riesame della direttiva ETS. |
2.11. |
Al fine di evitare una doppia protezione, il CBAM terrà conto delle assegnazioni gratuite concesse all’industria dell’UE. Gli atti di esecuzione della Commissione stabiliranno la metodologia da applicare per calcolare il livello CBAM in relazione a ciascun prodotto. |
2.12. |
Le regole per determinare le emissioni incorporate nei prodotti sono disposizioni di carattere generale, ma con un approccio specifico e semplificato alle importazioni di energia elettrica. |
2.13. |
La Commissione ritiene che sarà necessaria una fase transitoria di tre anni per affinare il calcolo delle emissioni incorporate e stabilire chi saranno i verificatori accreditati di tali emissioni. Una revisione complessiva del nuovo sistema dovrà essere effettuata nel 2025, prima della seconda fase del CBAM. |
2.14. |
Le entrate provenienti dal CBAM saranno riscosse dalle autorità nazionali, che, in linea di principio, le verseranno nelle casse dell’UE, dopo averne dedotti i costi amministrativi connessi alla gestione delle procedure. |
2.15. |
La normativa proposta prevede una fase di sperimentazione amministrativa triennale (2023-2025) senza conseguenze economiche. Gli importatori dovranno assolvere determinati oneri di comunicazione, ma non dovranno verificare le emissioni incorporate, ottenere un’autorizzazione preventiva o pagare i certificati per i prodotti importati. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
Nell’elaborare la proposta, la Commissione — e più precisamente la DG TAXUD — ha svolto un valido lavoro, tenendo conto della necessità di contemperare le accresciute ambizioni dell’UE in materia di clima con la necessità di prevenire il rischio di una rilocalizzazione delle emissioni carboniche. |
3.2. |
La proposta sembra essere stata presentata senza prima aver definito tutta una serie di aspetti tecnici, i quali saranno decisi dalla Commissione durante la prima fase (periodo di prova). Sia il Consiglio che il Parlamento europeo si sono impegnati a rendere il nuovo sistema pienamente operativo già nel 2023, il che comporta tempi molto serrati. |
3.3. |
Molte questioni di rilievo dovranno essere ulteriormente approfondite mediante atti delegati per l’attuazione. Pertanto, alla luce di questa e della precedente considerazione, è quasi impossibile prevedere già adesso quali saranno le conseguenze dell’attuazione per i singoli settori manifatturieri. I dubbi su vari elementi chiave della proposta di regolamento rendono difficile valutarla finché l’iter legislativo non sarà giunto ad una fase più avanzata. In ogni caso, è necessario evitare condizioni quadro incerte, specie per quanto concerne la valutazione della CO2 per le importazioni, in modo da non compromettere le misure proattive e preventive adottate dalle imprese europee per proteggere il clima. |
3.4. |
Per quanto riguarda le importazioni di energia elettrica, non è chiaro se la Commissione abbia valutato correttamente l’impatto sul prezzo dell’elettricità sul mercato dell’UE e come ciò genererebbe costi più elevati per i consumatori e, di conseguenza, accrescerebbe il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio tra i settori ad alta intensità di energia elettrica. Non va dimenticato che il consumo di elettricità non viene preso in considerazione ai fini del calcolo dell’impronta di carbonio dei prodotti importati (5). |
3.5. |
L’industria europea è orientata all’esportazione; e, se — per effetto del CBAM — godrà di una certa protezione contro le importazioni ma non potrà competere sui mercati internazionali, la perdita di competitività sarà considerevole e l’Europa non sarà più in grado di attrarre investimenti industriali. |
3.6. |
Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, nella misura ritenuta opportuna, al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione. |
3.7. |
Occorre valutare attentamente gli effetti in termini di competitività e di prezzi sulla catena del valore al fine di limitare tale impatto, e ciò in particolare nei settori esportatori, come ad esempio quello agroalimentare, che dipendono fortemente dai prodotti dei settori già contemplati dal meccanismo proposto. |
3.8. |
Il CBAM potrebbe davvero realizzare appieno i suoi obiettivi soltanto se l’obbligo di evitare le emissioni di CO2 nelle importazioni nell’UE fosse compensato dai benefici derivanti da una produzione rispettosa del clima per le esportazioni da parte dei produttori europei. Potrebbe infatti accadere che vi siano condizioni di concorrenza ragionevolmente omogenee tra le imprese di paesi terzi e quelle dell’UE nel mercato unico, ma che nessuna impresa dell’UE possa competere all’estero, in quanto i produttori europei pagherebbero tutti i costi del carbonio, mentre i concorrenti di paesi terzi ne pagherebbero pochi o non ne pagherebbero affatto. |
3.9. |
Il nuovo sistema potrebbe dare adito a diversi meccanismi di elusione, quali ad esempio il trasferimento o il rimescolamento delle fonti, la modifica dei dettagli della verifica, affermazioni mendaci delle società multinazionali nei paesi terzi circa la fabbricazione dei prodotti in impianti a bassa impronta di carbonio, o l’alterazione della definizione dei prodotti. Tutto ciò potrebbe ostacolare i progressi verso il conseguimento degli obiettivi climatici più ambiziosi del CBAM. La proposta dovrebbe essere accuratamente perfezionata lungo l’intero processo legislativo per prevenire tali comportamenti perniciosi, che comprometterebbero gravemente l’obiettivo della normativa: quello di far sì che i prodotti rechino la propria impronta climatica indipendentemente dal luogo di provenienza, in modo da promuovere l’efficienza nella mitigazione dei cambiamenti climatici a livello mondiale e non una riduzione locale basata sull’esternalizzazione delle emissioni. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il CESE è stato particolarmente attivo nell’esaminare le possibilità, i limiti e gli aspetti importanti da sviluppare, nell’ambito di un regime di adeguamento alle frontiere o di un’alternativa di tipo fiscale, al fine di ridurre la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio uniformando i costi e gli sforzi sostenuti per il clima sia per i prodotti dell’UE che per quelli importati da paesi terzi. Il CESE è stato la prima istituzione dell’UE a ravvisare in queste possibilità uno strumento complementare per limitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. |
4.2. |
La Commissione intende ampliare il CBAM per includervi le «emissioni dell’ambito 2» (derivanti dall’elettricità o dal riscaldamento), che ne sono attualmente escluse. I legislatori dell’UE devono tenere conto del fatto che la compensazione per i costi indiretti derivanti dall’energia elettrica è tutt’altro che omogenea, in quanto si basa sulle decisioni degli Stati membri. Lo scenario peggiore che potrebbe verificarsi è quello in cui l’applicazione del CBAM finisca per limitare la compensazione ricevuta dall’industria per i costi indiretti, traducendosi in una compensazione inferiore a quella consentita dagli orientamenti dell’UE. |
4.3. |
Il CBAM proposto esclude le ferroleghe (NC 7202), ma non è chiaro se le emissioni incorporate nelle ferroleghe saranno prese in considerazione nei relativi prodotti (ad esempio l’acciaio inossidabile (NC 7218)], in quanto occorrerà attendere una normativa secondaria che copra i dettagli tecnici ed altri aspetti molto importanti. |
4.4. |
Al livello dell’UE, la certezza del diritto è di importanza fondamentale, e la proposta CBAM deve essere perfezionata lungo l’intero processo legislativo per garantire tale certezza a tutti gli operatori economici, europei o di paesi terzi. |
4.5. |
A livello internazionale, occorre promuovere, su un piano di parità, una «competitività climatica e ambientale» equa in un’industria efficiente, sia europea che non europea; e ciò significa altresì condizioni di lavoro eque, concordate in sede di contrattazione collettiva tra le parti sociali. La nuova competitività socialmente responsabile che desideriamo per l’industria europea potrà realizzarsi soltanto con il rispetto del clima e in condizioni sociali e lavorative eque. Un’intesa siffatta riguardo al mercato unico dell’UE, ma anche al mercato internazionale, incoraggerà una concorrenza leale in relazione al clima. |
4.6. |
La conformità delle importazioni nell’UE ai requisiti del CBAM si basa su documenti rilasciati al di fuori dell’UE, il che pone la questione dell’extraterritorialità e della competenza dell’UE ad accertare la validità di tali documenti. Inoltre, il tempo necessario per effettuare tale valutazione consentirebbe a merci importate con un’impronta di carbonio superiore a quella dichiarata di accedere al mercato dell’UE, a scapito sia della ratio della nuova disciplina che dell’industria europea. |
4.7. |
Non è chiaro come calcolare le emissioni incorporate nei prodotti trasformati non menzionati nell’allegato 1 ma contenenti materiali elencati nell’allegato stesso. |
4.8. |
La rendicontazione, la verifica, la tracciabilità e il monitoraggio sono aspetti cruciali e, come nel caso del monitoraggio ETS, non dovrebbero basarsi soltanto sul monitoraggio casuale. Dovrebbe esistere una procedura chiara e rapida per fare in modo che i casi di possibile elusione o mancata osservanza delle disposizioni del CBAM siano risolti in tempi ridotti ed evitare così sia le pratiche elusive che la perturbazione degli scambi commerciali e/o delle catene di approvvigionamento. |
4.9. |
La verifica e il monitoraggio dovrebbero essere pienamente trasparenti e affidabili sia a livello di Unione europea che negli Stati membri. Le informazioni dovrebbero essere messe a disposizione degli organismi competenti autorizzati a svolgere la sorveglianza, fatta salva la logica tutela della riservatezza. |
4.10. |
La Commissione europea dovrebbe offrire il proprio sostegno agli Stati membri con scarse capacità amministrative alle frontiere, i quali potrebbero essere presi di mira da pratiche sleali e diventare la breccia attraverso cui aggirare il nuovo sistema. Deve inoltre includere nei suoi programmi una «formazione» in materia di CBAM a sostegno dei paesi in via di sviluppo e dei paesi vicini dell’UE, al fine di aiutarli ad affrontare le sfide della protezione del clima e di evitare il rischio di pratiche elusive. |
4.11. |
Le entrate provenienti dal CBAM dovrebbero essere destinate a sostenere una transizione equa dell’industria europea verso un’economia neutra in termini di emissioni di carbonio nei settori interessati. L’UE potrebbe lanciare un fondo specifico per l’innovazione per lo sviluppo tecnologico, al fine di promuovere la transizione industriale senza mettere a rischio la competitività climatica. |
5. Osservazioni relative all’OMC
5.1. |
La Commissione si è mossa con molta cautela per quanto riguarda la compatibilità con le regole dell’OMC, ragion per cui nella proposta in esame le esportazioni sono state lasciate da parte. Poiché, in merito alla suddetta compatibilità, vi sono opinioni contraddittorie, occorre procedere a un’analisi dettagliata di questo tema e intavolare discussioni oneste a livello diplomatico con i partner commerciali per prevenire una guerra commerciale e consentire all’industria dell’UE di essere competitiva sui mercati internazionali. |
5.2. |
È plausibile che l’articolo XX, lettere b) e g), dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT 1994) sia invocato per giustificare il CBAM in quanto politica di protezione dell’ambiente. Nessuno, comunque, può essere sicuro di quale decisione prenderebbe in merito una commissione o un organo d’appello dell’OMC. |
5.3. |
Nelle circostanze attuali, considerata l’urgenza di combattere i cambiamenti climatici, è essenziale che un’OMC rinnovata iscriva all’ordine del giorno la considerazione delle questioni climatiche e ambientali. L’UE potrebbe utilizzare il CBAM come un’opportunità per avviare questo dibattito, insieme ad altri partner commerciali in seno all’OMC. Il CESE aveva già formulato proposte in tal senso nel suo parere REX/531 (6). |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) COM(2021) 550 final.
(2) COM(2021) 564 final.
(3) COM(2021) 551 final.
(4) COM(2019) 640 final.
(5) Commissione europea, valutazione d’impatto del CBAM, allegato 8.
(6) Parere del CESE Mercati del carbonio: creazione, strutturazione e sfide per l’industria europea (REX/531) (GU C 429, 11.12.2020, pag. 122).
ALLEGATO
I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):
EMENDAMENTO 1
Punto 3.6
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, nella misura ritenuta opportuna , al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione. |
Una sostituzione molto rapida delle misure esistenti in materia di rilocalizzazione delle emissioni di CO2 con il nuovo meccanismo potrebbe provocare una notevole incertezza, inducendo a ripensare le decisioni di investimento a lungo termine già prese sulla base degli obiettivi per il 2030 rivisti di recente. Essa potrebbe inoltre ridurre la capacità dell’industria di investire in tecnologie a basse emissioni di carbonio, e costituire un ostacolo alla concorrenza per l’accesso ai mercati dei paesi terzi. Pertanto, ove necessario, occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, finché la nuova misura non avrà dato prova di efficacia , al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione. |
Motivazione |
Poiché il punto 3.6 si riferisce essenzialmente alle quote gratuite che dovrebbero essere mantenute inizialmente per consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio, procedendo successivamente a una loro graduale riduzione, questa disposizione dovrebbe essere spostata nel capitolo «Conclusioni e raccomandazioni»; è inoltre opportuno inserire l’inciso «fino a quando la nuova misura non avrà dato prova di efficacia», in modo da rafforzare la posizione secondo cui il CBAM dovrebbe essere considerato uno strumento complementare all’assegnazione gratuita fino a quando lo stesso non sarà pienamente operativo ed efficace e non impedirà la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, garantendo in tal modo una reale parità di condizioni per l’industria dell’UE. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
66 |
Voti contrari: |
90 |
Astensioni: |
24 |
EMENDAMENTO 2
Punto 1.12
Modificare come segue:
Parere della sezione |
Emendamento |
Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali. |
Il CESE ritiene ragionevole attendersi che un sistema CBAM ben funzionante rafforzerà l’occupazione nelle imprese e nei settori che, dopo essere stati ad alta intensità di carbonio, saranno diventati rispettosi del clima. Tuttavia, mette anche in guardia contro il rischio che il CBAM, unitamente al sistema ETS, fallisca nei suoi scopi. Nell’UE, con l’introduzione del CBAM, la completa abolizione dell’assegnazione gratuita di quote di emissioni potrebbe comportare gravi perdite occupazionali. Occorrerebbe inizialmente mantenere l’attuale percentuale di quote gratuite — in modo da consentire alle industrie interessate dal CBAM di diventare più efficienti in termini di emissioni di carbonio — e successivamente procedere a una graduale riduzione, finché la nuova misura non avrà dato prova di efficacia, al fine di agevolare un’ulteriore decarbonizzazione. |
Motivazione |
L’intenzione è quella di spostare un testo molto importante alla conclusione dal punto 3.6 (cfr. sopra). L’accento dovrebbe essere posto sull’aspetto secondo cui le quote gratuite del CBAM dovrebbero essere completamente abolite solo quando il nuovo meccanismo avrà dimostrato la sua efficacia. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
60 |
Voti contrari: |
94 |
Astensioni: |
26 |
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/189 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2018/842 relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi
[COM(2021) 555 final — 2021/0200(COD)]
(2022/C 152/31)
Relatore: |
Veselin MITOV |
Correlatore: |
Udo HEMMERLING |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 17.9.2021 |
Base giuridica |
Articoli 304 e 192, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astensioni) |
220/4/8 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione di modificare il regolamento «Condivisione degli sforzi» — regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri — al fine di allinearne il contributo al conseguimento del traguardo più ambizioso per il 2030, che costituisce l’obiettivo del Green Deal europeo e viene tradotto in azioni concrete dalle altre componenti del pacchetto «Pronti per il 55 %». |
1.2. |
Sebbene l’aumentata ambizione degli obiettivi di riduzione delle emissioni dell’UE possa apparire rispettabile nel confronto internazionale, anche questi sforzi maggiori rischiano di non apportare un contributo significativo, da parte di un’economia prospera che rappresenta una delle principali fonti storiche di emissioni, a uno scenario di riscaldamento massimo di 1,5 oC entro la fine del secolo, anche alla luce delle drammatiche previsioni contenute nella relazione AR6 pubblicata di recente dal gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (2021) (2). Per questo motivo è essenziale che l’obiettivo di riduzione del 55 % a livello dell’UE entro il 2030 sia già in attuazione, e gli sforzi degli Stati membri sono fondamentali in questo senso. Il CESE riconosce dunque l’importanza fondamentale di fissare obiettivi ambiziosi e vincolanti per gli Stati membri in termini di condivisione degli sforzi. |
1.3. |
L’elevato livello di ambizione in materia di clima per l’intero pacchetto «Pronti per il 55 %» è quindi indiscutibile. Allo stesso tempo, gli effetti distributivi di questa necessaria azione per il clima possono essere significativi (sia tra gli Stati membri che al loro interno) e devono pertanto essere affrontati in modo adeguato. |
1.4. |
Il CESE concorda quindi con l’idea che, per assicurare il massimo di equità e di efficacia in termini di costi, sia necessario prendere in considerazione le differenze esistenti tra gli Stati membri. Per conseguire in modo equo un’autentica efficacia in termini di costi, idealmente i calcoli relativi alla condivisione degli sforzi dovrebbero riguardare entrambi gli aspetti allo stesso tempo e fissare gli obiettivi in modo tale che il rapporto tra i costi della riduzione delle emissioni e il PIL sia lo stesso per ogni paese. Per compensare le carenze nella condivisione degli sforzi, il CESE ritiene fondamentale il ruolo dei meccanismi di flessibilità, che meritano quindi particolare attenzione. |
1.5. |
La loro inclusione dovrebbe avvenire in modo da rafforzare i progressi verso la neutralità climatica a lungo termine, e occorre pertanto tenere conto sia della riduzione delle emissioni che del sequestro del carbonio, così come delle sfide dell’adattamento e della sicurezza alimentare. |
1.6. |
Al fine di istituire un nuovo sistema di scambio delle emissioni per il trasporto su strada e l’edilizia, il CESE sostiene l’attuale proposta della Commissione di mantenere questi settori nell’ambito di applicazione del regolamento Condivisione degli sforzi anche dopo che sarà stato introdotto un nuovo sistema di scambio di quote di emissione per il trasporto su strada e l’edilizia, e prende atto che le riduzioni di emissioni derivanti dallo scambio di quote in questi settori saranno calcolati tra gli sforzi compiuti dagli Stati membri per rispettare gli obblighi previsti dal regolamento Condivisione degli sforzi. Il CESE segnala la necessità che la Commissione e gli Stati membri gestiscano l’interfaccia tra i due sistemi in modo agevole e trasparente. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Nell’ambito del pacchetto Pronti per il 55 % lanciato dalla Commissione europea il 14 luglio 2021, la proposta in esame mira a modificare il regolamento Condivisione degli sforzi al fine di allinearne il contributo al conseguimento dell’obiettivo di riduzione delle emissioni del 55 % entro il 2030, come previsto dalla normativa europea sul clima. Le riduzioni complessive dovrebbero aumentare di circa 11 punti percentuali rispetto all’obiettivo, fissato nel 2018 dal regolamento Condivisione degli sforzi, che prevedeva una riduzione del 29 % entro il 2030. Nel presente parere il CESE esprime il proprio punto di vista sulla proposta di regolamento relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030. |
2.2. |
La proposta di regolamento Condivisione degli sforzi rientra nelle iniziative assunte dall’UE per onorare l’impegno di ridurre le proprie emissioni di gas serra di almeno il 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Come proposto dalla Commissione, l’obiettivo da raggiungere entro il 2030 comporta, rispetto ai livelli del 2005, una riduzione delle emissioni di gas serra del 61 % nei settori contemplati dall’attuale sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (Emissions Trading System — sistema ETS), del 43 % nell’ETS proposto separatamente per i trasporti e l’edilizia e del 40 % negli altri settori (non ETS). |
2.3. |
Il regolamento proposto si applica ai trasporti su strada e all’edilizia, che rientrerebbero in un sistema separato di scambio delle quote di emissione, come indicato nel pacchetto Pronti per il 55 %, nonché alla navigazione interna dell’UE e a settori e attività non ETS, come l’agricoltura e i rifiuti. Il CESE appoggia la proposta della Commissione di mantenere l’applicazione del regolamento Condivisione degli sforzi ai settori appena menzionati. Il valore aggiunto che ci si attende da questa scelta, secondo la valutazione d’impatto effettuata dalla Commissione, risiede nel fatto che essa garantisce che i settori in questione realizzeranno le riduzioni delle emissioni richieste e che un sistema (esteso) di scambio di quote di emissione dovrebbe essere visto come un ulteriore contributo al conseguimento degli obiettivi più ambiziosi per il 2030. La valutazione d’impatto sottolinea inoltre che la fissazione di obiettivi nazionali più ambiziosi nell’ambito del regolamento Condivisione degli sforzi richiederà di riesaminare i principi di equità e di efficienza in termini di costi. Potrebbero quindi essere necessari strumenti complementari (mercato e regolamentazione) per i settori che presentano delle rigidità del mercato (scarso accesso a soluzioni a basse emissioni di carbonio a prezzi abbordabili) laddove la popolazione (in particolare i gruppi a basso reddito) è direttamente colpita. Il mantenimento di questi settori nell’ambito delle possibilità normative degli Stati membri che agiscono nel quadro del regolamento Condivisione degli sforzi garantisce il conseguimento dei risultati auspicati e potrebbe offrire una migliore protezione ed equità. Per questo motivo il CESE sostiene l’attuale proposta della Commissione di mantenere questi settori nell’ambito di applicazione del regolamento Condivisione degli sforzi anche dopo che sarà stato introdotto un nuovo sistema di scambio di quote di emissione per il trasporto su strada e l’edilizia. Il CESE segnala la necessità che la Commissione e gli Stati membri gestiscano l’interfaccia tra i due sistemi in modo agevole e trasparente. |
2.4. |
La Commissione propone di mantenere gli obiettivi di riduzione delle emissioni differenziati a livello nazionale per tenere conto della richiesta del Consiglio europeo di attenersi ai principi di equità e di efficacia in termini di costi. Gli obiettivi riveduti di riduzione delle emissioni di gas serra dei singoli Stati membri nei settori coperti dal regolamento Condivisione degli sforzi per il 2030 oscillano tra il 10 % e il 50 % rispetto ai livelli del 2005. Il CESE sostiene fermamente l’idea per cui gli Stati membri che sono meglio equipaggiati a livello economico per ridurre le emissioni di gas serra dovrebbero fare relativamente di più, tenendo conto anche del potenziale per una riduzione delle emissioni efficace in termini di costi; a tal fine, i meccanismi di flessibilità dovrebbero apportare un contributo significativo. |
2.5. |
Per quanto riguarda i meccanismi di flessibilità, si dovrebbero applicare anche la flessibilità tra gli Stati membri e le flessibilità nel tempo, attraverso le riserve e i prestiti di crediti di CO2, tenendo conto delle diverse capacità e competenze degli Stati membri, delle soluzioni efficaci in termini di costi e dell’effetto dei cicli economici. |
2.6. |
La Commissione propone di proseguire con l’applicazione di un regime di flessibilità che consenta il trasferimento di quote di emissione tra Stati membri e nel corso del tempo. Propone inoltre di introdurre nuove flessibilità che permettano al settore che rientra nella condivisione degli sforzi di pervenire a determinati compromessi con i settori coperti dal sistema ETS e con il settore LULUCF. |
2.7. |
Il pacchetto Pronti per il 55 % proposto tratta anche le questioni del monitoraggio e della comunicazione in materia di gas serra, comprese le regole di contabilizzazione delle emissioni derivanti dall’uso del suolo e dalla silvicoltura. |
3. Osservazioni particolari
3.1. |
La Commissione tiene giustamente conto, nella sua proposta, dei principi di equità e di efficacia in termini di costi. Il CESE concorda con l’idea che, per assicurare il rispetto di entrambi questi principi, sia necessario prendere in considerazione le differenze esistenti tra gli Stati membri, in modo da tenere conto tanto delle loro caratteristiche specifiche e dei punti di partenza diversi, quanto del loro potenziale economico in termini di riduzione delle emissioni. |
3.2. |
Il CESE sottolinea che, nel tenere conto degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni e delle modalità per conseguirli in modo equo ed efficiente in termini di costi, le sovvenzioni statali esistenti per la produzione e il consumo di energia fossile dovrebbero essere gradualmente eliminate in modo ponderato. |
3.3. |
Il CESE avverte tuttavia che l’approccio proposto considera l’equità e l’efficacia in termini di costi come due aspetti separati. Per ottenere il risultato migliore a livello dell’UE assicurando — secondo criteri di equità — una reale efficacia in termini di costi, idealmente i calcoli dovrebbero coprire globalmente entrambi gli aspetti in tutti gli Stati membri. |
3.4. |
Per quanto riguarda l’uso del suolo e la silvicoltura — un tema che dovrebbe formare oggetto di una proposta separata, ma con una certa pertinenza anche per altri settori —, la Commissione propone che in ciascuno Stato membro le emissioni e gli assorbimenti, calcolati secondo le regole di contabilizzazione, debbano risultare in pareggio. Con l’inclusione dei pozzi di assorbimento del carbonio nell’obiettivo UE di riduzione dei gas serra entro il 2030, gli assorbimenti netti di gas serra nel settore LULUCF verrebbero portati a 310 milioni di tonnellate. Pur ritenendo necessario aumentare il livello di ambizione, il CESE fa rilevare che gli assorbimenti di carbonio non dovrebbero essere considerati un meccanismo per compensare le riduzioni delle emissioni di altri settori. |
3.5. |
Il CESE ritiene che si debba adottare un sistema efficiente e trasparente per monitorare i risultati di tali flessibilità. Pertanto, l’attuale quadro di monitoraggio che opera attraverso il registro istituito dal regolamento delegato (UE) 2019/1124 della Commissione (3) dovrebbe essere rafforzato per garantire che i dati sulle operazioni, compreso il ricorso alle flessibilità, siano pienamente accessibili al pubblico (4). |
3.6. |
Per quanto riguarda gli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni, il CESE incoraggia la Commissione ad esaminare quali caratteristiche degli Stati membri, che non siano soltanto il PIL pro capite, debbano essere prese in considerazione nel fissare tali obiettivi (ad esempio l’intensità di carbonio o la vulnerabilità di talune regioni), anche ai fini del sostegno fornito dal dispositivo dell’UE per la ripresa e la resilienza. |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo alle riduzioni annuali vincolanti delle emissioni di gas serra a carico degli Stati membri nel periodo 2021-2030 come contributo all’azione per il clima per onorare gli impegni assunti a norma dell’accordo di Parigi e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 26).
(2) IPCC (2021): Sintesi per i responsabili politici, in Climate Change 2021 — The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change (Cambiamenti climatici 2021: Basi fisico-scientifiche. Contributo del gruppo di lavoro I alla sesta relazione di valutazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) [MassonDelmotte, V., P. Zhai, A. Pirani, S.L. Connors, C. Péan, S. Berger, N. Caud, Y. Chen, L. Goldfarb, M.I. Gomis, M. Huang, K. Leitzell, E. Lonnoy, J.B.R. Matthews, T.K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu e B. Zhou (a cura di)], Cambridge University Press.
(3) Regolamento delegato (UE) 2019/1124 della Commissione, del 13 marzo 2019, che modifica il regolamento delegato (UE) 2019/1122 per quanto riguarda il funzionamento del registro dell'Unione a norma del regolamento (UE) 2018/842 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 177 del 2.7.2019, pag. 66).
(4) Attualmente i dati sulle operazioni, compreso il ricorso alle flessibilità, sono a disposizione del pubblico (registro dell'Unione). Inoltre, la Commissione riferisce annualmente sulla conformità all’intera legislazione dell’UE in materia di clima attraverso la relazione sui progressi compiuti nell'azione per il clima.
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/192 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (UE) 2018/841 per quanto riguarda l’ambito di applicazione, semplificando le norme di conformità, stabilendo gli obiettivi degli Stati membri per il 2030 e fissando l’impegno di conseguire collettivamente la neutralità climatica entro il 2035 nel settore dell’uso del suolo, della silvicoltura e dell’agricoltura, e il regolamento (UE) 2018/1999 per quanto riguarda il miglioramento del monitoraggio, della comunicazione, della rilevazione dei progressi e della revisione
[COM(2021) 554 final]
(2022/C 152/32)
Relatore: |
Anastasis YIAPANIS |
Consultazione |
Parlamento europeo, 13.9.2021 Consiglio, 17.9.2021 |
Base giuridica |
Articolo 304 e articolo 192, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sezione |
25.11.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
145/1/3 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il CESE è molto impegnato nella lotta contro i cambiamenti climatici e concorda pienamente sulla necessità di adottare azioni efficaci e immediate. È necessario uno sforzo concertato da parte di soggetti sia pubblici che privati per garantire la partecipazione attiva, il sostegno e la titolarità dei cittadini e delle comunità locali, e generare finanziamenti aggiuntivi per sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. |
1.2. |
L’Europa è stata colpita da incendi boschivi e inondazioni senza precedenti, che hanno coinciso con periodi di siccità e ondate di calore record. La gestione intelligente e sostenibile delle risorse idriche può migliorare notevolmente la capacità dell’UE di mitigare e combattere gli incendi e aumentare la resilienza contro le precipitazioni intense, le inondazioni e la siccità. |
1.3. |
I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni interconnessi e devono essere affrontati insieme. È necessario combattere la perdita di habitat, l’inquinamento, la raccolta eccessiva e la diffusione di specie invasive per garantire che gli ecosistemi naturali siano preservati e che i settori del suolo svolgano il loro essenziale ruolo sociale ed economico. |
1.4. |
Gli Stati membri dovrebbero elaborare quadri legislativi per incentivare gli agricoltori e i gestori forestali a perseguire nuovi modelli commerciali sostenibili che promuovano la biodiversità, applichino le regole dell’economia circolare e diano vita a pratiche sostenibili nella produzione di biomassa. Il CESE invita ad adottare programmi nazionali di ripristino delle zone umide di elevata qualità e ritiene che le emissioni provenienti da tali zone dovrebbero essere contabilizzate al più presto e non solo a partire dal 2026. |
1.5. |
Poiché la mitigazione dei cambiamenti climatici rappresenta una sfida a livello mondiale, il CESE reputa che gli sforzi dell’UE debbano essere integrati da discussioni esterne mirate ed efficaci su un coinvolgimento globale immediato, un’equa ripartizione degli oneri e una concorrenza leale. |
1.6. |
Il CESE invita a promuovere e sostenere ampiamente le pratiche agricole sostenibili come la rotazione delle colture, il recupero dei rifiuti organici, l’agricoltura di precisione, la permacultura ecc. In tutti gli Stati membri il suolo deve essere oggetto di un’attenta gestione, che assicuri il giusto equilibrio tra competitività e sostenibilità e fornisca le necessarie opportunità di finanziamento. Il Comitato accoglie con favore l’intenzione della Commissione di proporre un quadro normativo per l’assorbimento del carbonio nel settore agricolo. |
1.7. |
La bioenergia ottenuta dal legno e altri tipi di bioenergia possono svolgere un ruolo molto importante, ma dovrebbero essere perseguiti soltanto se e quando la biomassa è prodotta in modo sostenibile. Tuttavia, l’importazione di biomassa comporta rischi associati specifici che non sono contemplati dal quadro legislativo dell’UE. La politica commerciale dell’UE dovrebbe contribuire a prevenire le importazioni di biomassa che causano deforestazione nei paesi di origine. |
1.8. |
Il CESE apprezza la proposta della Commissione di procedere a una valutazione globale dei dati degli inventari nazionali nel 2025, poiché l’analisi dei dati si basa principalmente sugli inventari forestali nazionali, che non sono correlati e talvolta sono incompleti o imprecisi. |
1.9. |
Sono necessari programmi di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione sia per gli imprenditori che per i lavoratori, al fine di garantire l’accesso alle più recenti tecnologie disponibili e alle competenze digitali che rafforzano la sostenibilità. Alle parti sociali e alle organizzazioni della società civile interessate spetta un ruolo importante, ed esse devono essere coinvolte sia nella fase di pianificazione sia in quella di attuazione del pacchetto «Pronti per il 55 %». |
1.10. |
È necessario sostenere i progetti di R&S per l’agricoltura e la produzione di biomassa legnosa sostenibili. Il CESE chiede un apposito quadro legislativo di sostegno per le PMI e invita gli Stati membri a considerare la possibilità di prevedere incentivi fiscali per facilitare la transizione. |
1.11. |
Infine, il Comitato teme che non si stia tenendo pienamente conto della dimensione sociale dell’attuazione del Green Deal europeo. Occorre prestare una particolare attenzione alle regioni, ai settori, ai lavoratori e ai cittadini che dovranno affrontare le maggiori difficoltà. |
2. Contesto e introduzione
2.1. |
Il piano per l’obiettivo climatico 2030 (1), adottato nel settembre 2020, fissa nuovi obiettivi più ambiziosi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, innalzando il precedente obiettivo di una riduzione netta di almeno il 40 %. Il pacchetto «Pronti per il 55 %» (2), pubblicato nel luglio 2021, presenta 13 proposte legislative volte a rivedere la legislazione sul clima in vigore, compreso il regolamento LULUCF del 2018 (3), e a garantire una transizione verde equa, competitiva ed efficace entro il 2030 e oltre. |
2.2. |
Il suolo fornisce alle società gli alimenti destinati al consumo umano e animale, ma anche le materie prime per la bioeconomia (fibre e legno per carta, tessuti, materiale da costruzione e biocarburante) e gli habitat per la biodiversità, e possiede un’importante capacità di sequestrare carbonio dall’atmosfera. Nel contempo, le attività agricole e forestali generano emissioni di gas a effetto serra. L’ambito di applicazione del regolamento LULUCF è stato esteso dalle sole foreste a tutti gli usi del suolo (compreso il settore agricolo a partire dal 2031) e stabilisce impegni vincolanti per tutti gli Stati membri affinché rispettino la regola del «non debito». A tal fine, dovrebbero essere adottate azioni legislative all’interno del settore volte a garantire che le emissioni contabilizzate risultanti dall’uso del suolo siano interamente compensate da un assorbimento contabilizzato equivalente di CO2 dall’atmosfera. Il regolamento propone inoltre un nuovo processo di governance dell’UE per rendere più accurato il monitoraggio dei calcoli delle emissioni e degli assorbimenti degli Stati membri. |
2.3. |
In sostanza, gli Stati membri devono garantire che le emissioni dei settori LULUCF non superino gli assorbimenti per il periodo 2021-2025, conseguano assorbimenti netti complessivi pari ad almeno 310 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030, raggiungano la neutralità climatica entro il 2035 per tutti i settori del suolo e facciano registrare emissioni negative in seguito. |
2.4. |
Gli Stati membri, tuttavia, dovranno presentare piani di mitigazione integrati per tutti i settori del suolo e sono incoraggiati a utilizzare tecnologie digitali avanzate a scopo di monitoraggio, tra cui le osservazioni effettuate mediante telerilevamento offerte dal programma Copernicus (immagini satellitari ad alta risoluzione e che coprono l’intero territorio), e i dati raccolti nell’ambito della politica agricola comune (PAC). Inoltre, la proposta di regolamento introduce l’opportunità di un processo di transazione tra gli Stati membri, incentivandoli a puntare a un aumento degli assorbimenti di CO2 anche al di là degli obiettivi imposti. |
2.5. |
Il settore LULUCF (uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura) può contribuire a mitigare i cambiamenti climatici mantenendo e potenziando i pozzi e le riserve di carbonio. La Commissione propone delle politiche per aiutare i gestori forestali a garantire maggiori benefici per il clima nella produzione dei prodotti del legno e per incentivare gli agricoltori a perseguire pratiche agricole sostenibili e intelligenti per il clima. |
3. Osservazioni generali
3.1. |
La società civile europea è molto impegnata nella lotta contro i cambiamenti climatici e concorda ampiamente sulla necessità di adottare azioni efficaci e immediate. Il CESE ritiene che sia necessario uno sforzo concertato da parte di soggetti sia pubblici che privati per aumentare la consapevolezza in merito all’assoluta necessità di agire ora, garantire la partecipazione attiva e la titolarità dei cittadini e delle comunità locali nonché generare finanziamenti aggiuntivi per sostenere la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. L’UE non può più perdere tempo in lunghe discussioni. |
3.2. |
Il settore LULUCF ha ridotto di un quinto i suoi assorbimenti netti di CO2 (4) a causa dell’aumento della raccolta di legname e della mancanza di incentivi. L’Europa, inoltre, è stata colpita da incendi boschivi e inondazioni senza precedenti, che si sono verificati in concomitanza con periodi di siccità e ondate di calore record. Le foreste sono state particolarmente vulnerabili anche alle infestazioni di insetti, e le zone umide hanno subito un degrado costante. Sebbene si possano conseguire aumenti significativi del pozzo terrestre a costi relativamente bassi, è necessario intensificare le azioni relative a tutti gli usi del suolo, compresa una migliore gestione delle foreste e dei terreni coltivati, e l’imboschimento. |
3.3. |
Il CESE sottolinea che esistono diversi modi per aumentare il sequestro del carbonio, tra cui la gestione dei terreni, la rigenerazione delle foreste e il ripristino degli ecosistemi naturali. I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità sono fenomeni interconnessi e devono essere affrontati insieme. È necessario combattere la perdita di habitat, l’inquinamento, la raccolta eccessiva e la diffusione di specie invasive per garantire che gli ecosistemi naturali siano preservati e che i settori del suolo svolgano il loro ruolo sociale ed economico vitale. |
3.4. |
Gli Stati membri dovrebbero creare strategie nazionali per la conservazione e la riumidificazione delle torbiere di elevata qualità, poiché esse rappresentano un’importante opportunità per proteggere e aumentare le riserve di carbonio nei suoli organici e assicurare il ripristino della biodiversità. Pertanto, il CESE suggerisce che uno degli obiettivi più importanti dovrebbe essere il ripristino delle torbiere di elevata qualità (mediante la paludicoltura (5)) e delle zone umide, e ritiene che le emissioni provenienti da tali zone dovrebbero essere contabilizzate al più presto e non solo a partire dal 2026 come propone la Commissione europea. |
3.5. |
La ricerca indica che i grandi incendi boschivi contribuiscono da decenni alle emissioni nette di carbonio e ostacolano la ricrescita della vegetazione. La gestione dell’acqua, in particolare la ritenzione idrica nel suolo e lo stoccaggio dell’acqua in serbatoi, può migliorare notevolmente la capacità di contenere e combattere gli incendi. Allo stesso tempo, consente di aumentare la resilienza contro le precipitazioni intense, le inondazioni e la siccità. Il CESE raccomanda quindi che la Commissione stimoli e sostenga gli Stati membri nel migliorare le politiche di gestione idrica per incrementare la produttività agricola e la capacità di sequestro del carbonio. |
3.6. |
Gli agricoltori e i gestori forestali devono essere incentivati a perseguire nuovi modelli commerciali sostenibili che promuovano la biodiversità e applichino le regole dell’economia circolare. Il CESE ha già invitato a creare un quadro legislativo equo e complesso che consenta «ai proprietari dei terreni e ai coltivatori di attuare misure efficaci nel settore LULUCF in modo economicamente sensato, senza derivarne unicamente degli oneri» (6). Spetta ora a ciascuno Stato membro progettare questi importanti quadri di incentivi secondo le proprie circostanze specifiche. Il CESE ha inoltre invitato gli Stati membri «ad elaborare politiche nazionali “dal basso verso l’alto” e ambiziose per il settore LULUCF, coinvolgendo da vicino la società civile in tale processo di elaborazione a livello nazionale, regionale e locale» (7). |
3.7. |
Occorre continuare a discutere di come le foreste dovrebbero essere gestite e di quali parti degli alberi possono essere utilizzate a fini energetici. La proposta della Commissione europea sulla revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (8), pur vietando l’estrazione di biomassa dalle foreste primarie e introducendo restrizioni sulla combustione di alcuni tipi di legno, non riconosce le attuali buone pratiche che prevedono l’uso di tipi diversi di alberi e di differenti parti degli stessi per gli scopi ai quali sono più adatti, generando così un valore aggiunto complessivo ottimale senza comportare sprechi di risorse naturali. Il CESE chiede che in tutti gli Stati membri vi siano quadri legislativi nazionali che sostengano e incentivino l’uso di pratiche sostenibili nella produzione di biomassa. |
3.8. |
Inoltre, la promozione delle competenze, delle conoscenze e del sostegno a livello di agricoltori e gestori forestali può rafforzare l’attuazione di nuove pratiche sostenibili e tecnologie innovative (ad esempio l’agricoltura di precisione, l’agricoltura a traffico controllato, il corretto smaltimento dei rifiuti, la rinuncia all’uso di pesticidi chimici, il mantenimento della diversità genetica del suolo ecc.). Il Comitato accoglie con favore l’intenzione della Commissione di proporre un quadro normativo per l’assorbimento del carbonio nel settore agricolo. |
3.9. |
È necessaria un’azione coordinata a livello mondiale per garantire che i cambiamenti climatici siano affrontati in modo rapido ed efficace. Come indica la relazione IPCC 2021 (9), è scientificamente provato che le recenti e frequenti catastrofi in Europa sono chiaramente correlate a un clima più caldo e all’aumento delle emissioni di gas a effetto serra. La relazione precisa inoltre che l’attività umana ha riscaldato il clima a un ritmo che non ha precedenti almeno negli ultimi 2 000 anni. Pertanto, il CESE ritiene che gli sforzi dell’UE debbano essere integrati da azioni mirate ed efficaci a livello internazionale per garantire un coinvolgimento globale, un’equa ripartizione degli oneri e una concorrenza leale. |
4. Osservazioni particolari
4.1. |
Il pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %» rappresenta un’iniziativa eccellente e ambiziosa, e dimostra ancora una volta che l’UE è all’avanguardia nella lotta contro i cambiamenti climatici. Si tratta inoltre di un ottimo argomento di discussione in vista della 26a conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow, in occasione della quale l’UE dovrebbe cercare di convincere il resto del mondo della necessità di intraprendere con urgenza azioni analoghe. Il CESE sottolinea che una risposta globale coordinata è l’unico modo efficace per affrontare i cambiamenti climatici e che lavorare insieme ai nostri partner del G7, del G20 e di altri organismi internazionali è la strada da seguire. |
4.2. |
La perdita di terreni agricoli dovuta al degrado del suolo, all’urbanizzazione e all’abbandono costituisce da molti anni un problema complesso in tutti gli Stati membri. La pianificazione territoriale è essenziale per lo sviluppo sostenibile dell’UE, e il CESE chiede che si presti particolare attenzione all’uso efficiente delle risorse naturali, soprattutto in considerazione della ridotta disponibilità di terreni dovuta all’aumento delle popolazioni. Il CESE ha già proposto un quadro coerente dell’UE per proteggere i terreni agricoli (10). |
4.3. |
Per aumentare la produttività e lo stoccaggio del carbonio nel settore agricolo, il CESE invita a promuovere e sostenere ampiamente le pratiche agricole sostenibili come la rotazione delle colture, il recupero dei rifiuti organici, l’agricoltura di precisione ecc. Agli agricoltori dovrebbero inoltre essere fornite le necessarie opportunità di finanziamento e informazioni aggiornate sulle migliori pratiche agricole e sulle possibilità di miglioramento della qualità del suolo. Infine, il suolo deve essere oggetto di un’attenta gestione in tutti gli Stati membri, che assicuri il giusto equilibrio tra competitività e sostenibilità. |
4.4. |
Nel marzo 2021 la Commissione europea ha pubblicato un piano d’azione per la produzione biologica (11) al fine di aiutare gli Stati membri a raggiungere l’obiettivo del 25 % di superficie agricola destinata all’agricoltura biologica entro il 2030. Il CESE sottolinea l’importanza di incrementare l’agricoltura biologica, che consentirebbe al settore agricolo di compiere un enorme passo avanti in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di conservazione della biodiversità. Il Comitato segnala anche altre opzioni per ridurre il rischio di artificializzazione dei terreni, come l’agroecologia, l’agroforestazione, la permacultura, l’agricoltura a lavorazione zero ecc. |
4.5. |
Le cifre mostrano che dal 2000 la combustione della biomassa è raddoppiata e che la metà di tutto il legno raccolto viene bruciata per produrre energia (12). Il CESE è convinto che questa pressione negativa sulle foreste abbia portato alla recente diminuzione del sequestro del carbonio e ritiene che la bioenergia ottenuta dal legno e altri tipi di bioenergia possano svolgere un ruolo molto importante, ma che dovrebbero essere perseguiti soltanto se la biomassa è prodotta in modo sostenibile. Inoltre, come ha precedentemente affermato, «per evitare di compromettere l’integrità ambientale, le emissioni da fonti fossili di altri settori non dovrebbero essere compensate dai pozzi rappresentati dalle foreste in un modo che riduca la disponibilità di legno da utilizzare per la bioeconomia» (13). |
4.6. |
Il CESE sottolinea che l’importazione di biomassa comporta rischi associati specifici che non sono contemplati dal regolamento dell’UE. Pertanto, sono necessari ampi accordi internazionali per garantire condizioni di parità nel mercato unico, mentre la politica commerciale dell’UE dovrebbe contribuire a prevenire le importazioni di biomassa che causano deforestazione nei paesi di origine. |
4.7. |
Gli Stati membri sono autorizzati a escludere dalla contabilizzazione le emissioni causate da eventi naturali estremi come tempeste, incendi o infestazioni di insetti. Vi è l’urgente necessità di migliorare il monitoraggio dei disturbi naturali nelle foreste per garantire un’applicazione corretta ed efficace della disposizione sui disturbi naturali, che è tecnicamente impegnativa ma estremamente importante. Gli obblighi di rendicontazione per ogni Stato membro devono seguire un protocollo standardizzato che garantisca un’efficiente raccolta e interpretazione dei dati e un’efficace attuazione e pianificazione delle politiche. |
4.8. |
L’analisi dei dati si basa principalmente sugli inventari forestali nazionali di ciascuno Stato membro, che non sono correlati e talvolta sono incompleti o imprecisi. Inoltre, tali inventari non vengono compilati frequentemente in tutti gli Stati membri. Il CESE apprezza la proposta della Commissione di procedere a una valutazione globale dei dati degli inventari nazionali nel 2025, allo scopo di fissare obiettivi precisi per il periodo 2026-2030. |
4.9. |
È necessario sostenere la R&S per una produzione più sostenibile della biomassa legnosa. Come già sottolineato dal Comitato, «la ricerca e l’innovazione intensive sono necessarie per sostenere questi settori, ma è anche indispensabile ricompensare la creazione comprovata di pozzi di assorbimento del carbonio» (14). Il CESE ritiene inoltre che ogni Stato membro dovrebbe elaborare un sistema di incentivi fiscali specifico che faciliti la transizione e raccomanda di utilizzare appieno i fondi della PAC disponibili. |
4.10. |
Sono altresì necessari programmi di miglioramento del livello delle competenze e di riqualificazione per gli imprenditori e i lavoratori, al fine di garantire l’accesso alle più recenti tecnologie disponibili e alle competenze digitali che rafforzano la sostenibilità. L’agenda del Green Deal europeo può avere successo solo se sarà accompagnata da programmi di istruzione e formazione in grado di migliorare le competenze dei lavoratori europei, garantendo al contempo la competitività e l’equità sociale. Il CESE chiede pertanto che le parti sociali e le organizzazioni della società civile interessate siano pienamente coinvolte sia nella fase di pianificazione sia in quella di attuazione del pacchetto. |
4.11. |
Il Comitato ritiene che le PMI abbiano bisogno di un apposito quadro legislativo di sostegno che le aiuti a innovare, a espandersi e a crescere in modo sostenibile. Sebbene esistano diverse opportunità per finanziare l’adattamento, il CESE rinnova la richiesta di «maggiore chiarezza sulle diverse opzioni, nonché procedure di facile utilizzo per garantire agli operatori un accesso tempestivo ai finanziamenti a livello pratico» (15). |
4.12. |
Infine, il CESE teme che non si stia tenendo conto della dimensione sociale dell’attuazione del Green Deal europeo (attraverso il pacchetto legislativo «Pronti per il 55 %») e che ad essere maggiormente colpiti saranno i cittadini, dal momento che dovranno cambiare automobile, spendere di più per il riscaldamento domestico e pagare un prezzo più alto per i voli più economici per le vacanze ecc. Il CESE esprime quindi una reale preoccupazione per l’aumento delle bollette che le famiglie dovranno sostenere in seguito all’attuazione del pacchetto «Pronti per il 55 %». Il Comitato è inoltre fermamente convinto che, durante la transizione, occorra prestare una particolare attenzione alle regioni, ai settori e ai lavoratori che dovranno affrontare le maggiori difficoltà, che la transizione debba «essere attuata attraverso un approccio competitivo, socialmente equo e multilaterale» e che sia necessario «mettere in atto strumenti adeguati per ottenere il pieno coinvolgimento e l’accettazione della società civile, compresi tutti i cittadini e l’insieme delle imprese e delle organizzazioni» (16). |
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa — Investire in un futuro a impatto climatico zero nell'interesse dei cittadini.
(2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — «Pronti per il 55 %»: realizzare l'obiettivo climatico dell'UE per il 2030 lungo il cammino verso la neutralità climatica.
(3) Regolamento (UE) 2018/841 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, relativo all'inclusione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti dall'uso del suolo, dal cambiamento di uso del suolo e dalla silvicoltura nel quadro 2030 per il clima e l'energia, e recante modifica del regolamento (UE) n. 525/2013 e della decisione n. 529/2013/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 1).
(4) SWD(2021) 610 final.
(5) Coltivazione in condizioni di umidità.
(6) Parere del CESE sul tema Uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) (GU C 351 del 15.11.2012, pag. 85).
(7) Parere del CESE sul tema Ripartizione degli sforzi in relazione al quadro 2030 e uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) (GU C 75 del 10.3.2017, pag. 103).
(8) Commissione europea — Revisione della direttiva sulle energie rinnovabili.
(9) IPCC — AR6 Climate Change 2021: The Physical Science Basis («Cambiamenti climatici 2021: fondamento nella scienza fisica»).
(10) Parere del CESE sul tema Utilizzo del suolo per una produzione alimentare e servizi ecosistemici sostenibili (GU C 81 del 2.3.2018, pag. 72).
(11) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a un piano d'azione per lo sviluppo della produzione biologica, COM(2021) 141 final.
(12) Forests sacrificed for EU climate policy («Foreste sacrificate per la politica climatica dell’UE»).
(13) Parere del CESE sul tema Ripartizione degli sforzi in relazione al quadro 2030 e uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura (LULUCF) (GU C 75 del 10.3.2017, pag. 103).
(14) Parere del CESE sul tema Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici — la nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici (GU C 374 del 16.9.2021, pag. 84).
(15) Parere del CESE sul tema Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici — la nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici.
(16) Parere sul tema Un pianeta pulito per tutti — Una visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra (GU C 282 del 20.8.2019, pag. 51).
6.4.2022 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 152/197 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica degli allegati IV e V del regolamento (CE) 2019/1021 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli inquinanti organici persistenti
[COM(2021) 656 final — 2021/0340 (COD)]
(2022/C 152/33)
Consultazioni |
Parlamento europeo, 10.11.2021 Consiglio, 12.11.2021 |
Base giuridica |
Articoli 192, paragrafo 1, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea |
Sezione competente |
Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente |
Adozione in sessione plenaria |
8.12.2021 |
Sessione plenaria n. |
565 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
230/0/3 |
Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 565a sessione plenaria dei giorni 8 e 9 dicembre 2021 (seduta dell’8 dicembre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 230 voti favorevoli e 3 astensioni.
Bruxelles, 8 dicembre 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG