ISSN 1977-0944

Gazzetta ufficiale

dell’Unione europea

C 105

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Edizione in lingua italiana

Comunicazioni e informazioni

65° anno
4 marzo 2022


Sommario

pagina

 

I   Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

 

PARERI

 

Comitato economico e sociale europeo

 

564a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 20.10.2021-21.10.2021

2022/C 105/01

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Conciliare obiettivi sostenibili e sociali ambiziosi con un contesto favorevole alle micro, piccole e medie imprese (parere d’iniziativa)

1

2022/C 105/02

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La pubblicità al servizio di un consumo moderno e responsabile (parere d’iniziativa)

6

2022/C 105/03

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Ridefinire il quadro di bilancio dell’UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta (parere d’iniziativa)

11

2022/C 105/04

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L’industria vetraria europea a un bivio: come renderla più verde ed efficiente sotto il profilo energetico, rafforzandone nel contempo la competitività e mantenendo posti di lavoro di qualità (parere d’iniziativa)

18

2022/C 105/05

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La strategia dell’UE per la mobilità e le catene del valore industriali dell’UE: l’approccio degli ecosistemi automobilistici (parere d’iniziativa)

26

2022/C 105/06

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L’impatto sociale ed ecologico dell’ecosistema 5G (parere d’iniziativa)

34

2022/C 105/07

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Commercio e sviluppo sostenibile di prossima generazione — Riesame del piano d’azione in 15 punti (parere d’iniziativa)

40

2022/C 105/08

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Verso una strategia globale per lo sviluppo rurale e urbano sostenibile (parere d'iniziativa)

49

2022/C 105/09

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Autonomia strategica, sicurezza e sostenibilità alimentare (parere d’iniziativa)

56


 

III   Atti preparatori

 

Comitato economico e sociale europeo

 

564a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 20.10.2021-21.10.2021

2022/C 105/10

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa [COM(2021) 350 final]

63

2022/C 105/11

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni L’approccio globale alla ricerca e all’innovazione — La strategia dell’Europa per la cooperazione internazionale in un mondo che cambia [COM(2021) 252 final]

77

2022/C 105/12

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 910/2014 per quanto riguarda l’istituzione di un quadro per un’identità digitale europea [COM(2021) 281 final — 2021/0136 (COD)]

81

2022/C 105/13

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno [COM(2021) 223 final — 2021/0114 (COD)]

87

2022/C 105/14

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai crediti al consumo [COM(2021) 347 final — 2021/0171 (COD)]

92

2022/C 105/15

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sicurezza generale dei prodotti, che modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [COM(2021) 346 final — 2021/0170 (COD)]

99

2022/C 105/16

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio recante sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle Isole Canarie [COM(2021) 392 final — 2021/0209 (CNS)]

105

2022/C 105/17

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Strategia per uno spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne pienamente funzionante e resiliente [COM(2021) 277 final] e sulla proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) n. 1053/2013 [COM(2021) 278 final — 2021/0140(CNS)]

108

2022/C 105/18

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021 2027 — Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione [COM(2021) 323 final]

114

2022/C 105/19

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all'apprendimento misto per un'istruzione primaria e secondaria di alta qualità e inclusiva [COM(2021) 455 final]

128

2022/C 105/20

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla garanzia di condizioni di parità per un trasporto aereo sostenibile [COM(2021) 561 final — 2021/0205 (COD)]

134

2022/C 105/21

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda la notifica agli operatori aerei stabiliti nell’Unione della compensazione nell’ambito di una misura mondiale basata sul mercato [COM(2021) 567 final — 2021/0204 (COD)]

140

2022/C 105/22

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Un percorso verso un pianeta più sano per tutti — Piano d’azione dell’UE: Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo [COM(2021) 400 final]

143

2022/C 105/23

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose (codificazione) [COM(2021) 483 final — 2021/0275 (COD)]

148

2022/C 105/24

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1286/2014 per quanto riguarda la proroga del regime transitorio per le società di gestione, le società d'investimento e le persone che forniscono consulenza sulle quote di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e di non OICVM o vendono quote di tali prodotti [COM(2021) 397 final — 2021/0215 (COD)]

149

2022/C 105/25

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/65/CE per quanto riguarda l'uso dei documenti contenenti le informazioni chiave da parte delle società di gestione di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) [COM(2021) 399 final — 2021/0219 (COD)]

150

2022/C 105/26

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di conservazione e di gestione per la conservazione del tonno australe [COM(2021) 424 final — 2021/0242 (COD)]

151

2022/C 105/27

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 [COM(2020) 575 final] (supplemento di parere)

152

2022/C 105/28

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro [COM(2020) 746 final] (supplemento di parere)

158


IT

 


I Risoluzioni, raccomandazioni e pareri

PARERI

Comitato economico e sociale europeo

564a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 20.10.2021-21.10.2021

4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Conciliare obiettivi sostenibili e sociali ambiziosi con un contesto favorevole alle micro, piccole e medie imprese»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/01)

Relatore:

Bruno CHOIX

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

227/0/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il 99,8 % delle imprese europee è costituito da micro, piccole e medie imprese, che danno lavoro a 82,4 milioni di persone e sono attori imprescindibili per la ripresa economica e per la realizzazione degli obiettivi sociali e ambientali dell’UE. Le caratteristiche essenziali di queste imprese — misura umana e prossimità — facilitano la naturale appropriazione di tali sfide, consentendo loro di ottenere buoni risultati anche in tempi di crisi.

1.2.

A tal fine, le micro, piccole e medie imprese hanno bisogno di un contesto normativo adeguato alle loro caratteristiche specifiche. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) chiede l’effettiva attuazione dello «Small Business Act», del principio «pensare anzitutto in piccolo» e della strategia per le PMI. Gli oneri amministrativi, in particolare in materia di trasparenza e comunicazione, devono essere strettamente limitati, dal momento che ogni vincolo comporta un costo.

1.3.

Il CESE appoggia l’iniziativa «Legiferare meglio» e raccomanda di coinvolgere in maniera sistematica le parti sociali, le associazioni di categoria e gli organismi rappresentativi dei vari settori economici in tutte le fasi del processo legislativo (elaborazione delle consultazioni pubbliche, valutazione d’impatto, modifiche). Il Comitato invita la Commissione a tenere debitamente conto dei risultati delle valutazioni d’impatto. Il principio «one in, one out» deve essere applicato in modo rapido, effettivo ed equilibrato per giungere a una legislazione ambientale e sociale ambiziosa. Infine, il CESE propone di rafforzare il coordinamento dei rappresentanti nazionali delle PMI («SME Envoys»), a livello sia nazionale che europeo.

1.4.

Il CESE chiede alle istituzioni europee di esaminare sistematicamente delle alternative agli obblighi in materia di trasparenza e di comunicazione quando essi comportano oneri eccessivi.

1.5.

Le iniziative nazionali e regionali di dialogo sociale nelle microimprese, nell’artigianato e nelle libere professioni facilitano l’appropriazione delle questioni sociali, il dialogo tra imprenditori e lavoratori e la prevenzione dei conflitti, e dovrebbero essere incoraggiate.

1.6.

Il CESE osserva che occorre sfruttare in modo più efficace il potenziale delle associazioni professionali e di categoria nonché delle camere di commercio ai fini della diffusione dell’innovazione sociale, ambientale e di governance e del sostegno alle micro, piccole e medie imprese. Raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di avvalersi della competenza e delle reti di questi attori anziché introdurre nuove disposizioni onerose e vincolanti.

1.7.

Il CESE auspica che sia garantito agli imprenditori l’accesso alla formazione lungo tutto l’arco della vita, sin dal momento in cui fondano o rilevano un’impresa, per consentire loro di acquisire le competenze necessarie per una sana gestione aziendale, per l’integrazione del dialogo sociale e per la transizione ecologica e digitale.

2.   Contesto e osservazioni generali

2.1.

Le micro, piccole e medie imprese sono il cuore dell’economia europea e, grazie alla loro presenza su tutto il territorio, costituiscono un fattore chiave di sostegno alle comunità locali alle prese con difficoltà economiche e rafforzano la resilienza dell’intero sistema.

2.2.

La ripresa è l’unico modo per evitare lo spopolamento: essa consente di preservare l’occupazione e di distribuire la ricchezza, tanto più che in Europa si fonda su obiettivi di sostenibilità.

2.3.

Le micro, piccole e medie imprese sono orientate verso un’economia verde e digitale. L’economia circolare, lo sviluppo sostenibile e il dialogo sociale fanno parte del DNA delle microimprese, delle imprese artigianali e delle libere professioni. Il CESE esorta le istituzioni europee a riporre fiducia nella loro capacità di evolvere e a sostenere il loro ruolo di guida nella duplice transizione (programmi mirati di finanziamento, di assistenza tecnica e ingegneristica e politiche adeguate) e a non frenarne lo slancio.

2.4.

Il CESE osserva che sono molte le imprese e le autorità pubbliche che innovano per aiutare le micro, piccole e medie imprese a integrare l’economia circolare nel loro modello imprenditoriale (smaltimento dei rifiuti e dei prodotti invenduti, promozione della riparazione, del riutilizzo e del riciclaggio), in linea con gli obiettivi dell’UE.

2.5.

Nonostante lo «Small Business Act» del 2008, questi ultimi tredici anni hanno dimostrato che i legislatori, anziché adottare testi che tengano conto delle capacità amministrative e finanziarie delle micro, piccole e medie imprese, spesso optano per norme rivolte a tutte le imprese e poi le adattano a quelle più piccole, creando nuovi oneri a carico di queste e compromettendone la competitività come pure la capacità d’innovazione e di creazione di posti di lavoro. La presa in considerazione dei risultati del «test PMI» potrebbe essere migliorata. La proliferazione di misure di trasparenza e di pubblicazione di informazioni potrebbe essere dannosa. Per esempio, il regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) (1) ha introdotto procedure poco chiare che obbligano le micro, piccole e medie imprese a fare riferimento a guide o a ricorrere a esperti esterni, con inevitabili costi. Il regolamento «Macchine» stabilisce obblighi analoghi, dato che richiede procedure di valutazione mediante certificazione da parte di entità esterne. La direttiva «Antiriciclaggio» (2) introduce l’obbligo per tutte le società di segnalare i titolari effettivi, una misura che ha dato i suoi frutti in diversi Stati membri.

2.6.

La relazione 2020 del comitato per il controllo normativo dimostra che l’impatto delle proposte legislative sulle PMI non viene sufficientemente analizzato.

2.7.

Il CESE ha accolto con favore la strategia per le PMI pubblicata dalla Commissione nel 2020 e appoggia la risoluzione (3) del Parlamento europeo nella quale si afferma che occorre creare condizioni amministrative, normative e tecniche adeguate per aiutare le micro, piccole e medie imprese a migliorare le loro prestazioni, in particolare sul piano ambientale, e che un eccesso di oneri amministrativi e regolamentari frena la loro capacità di espandersi.

2.8.

Il CESE ha accolto con favore la comunicazione «Legiferare meglio», nella quale si sottolinea che una migliore regolamentazione è essenziale per lo sviluppo sostenibile. Quest’iniziativa non può basarsi sulla sola crescita economica, ma richiede un equilibrio tra i diversi approcci sul piano economico, sociale e della sostenibilità.

2.9.

Ciononostante, vari dibattiti e proposte legislative evocano nuovi obblighi di comunicazione in capo alle micro, piccole e medie imprese (comunicazione societaria in materia di sostenibilità (4), trasparenza delle retribuzioni (5), dovuta diligenza). Tali obblighi possono riguardare le micro, piccole e medie imprese in maniera diretta o indiretta, a causa delle richieste da parte dei colossi della catena del valore, e rappresentare un costo, considerando che le imprese di piccole dimensioni non dispongono delle risorse umane e finanziarie necessarie per ottemperarvi, il che ne mette a rischio l’attività, il modello imprenditoriale e quindi la sopravvivenza stessa, soprattutto in tempi di crisi.

2.10.

Tuttavia, le micro, piccole e medie imprese ottengono risultati incoraggianti, o addirittura superiori alle medie nazionali, e questo senza alcun vincolo. Il CESE chiede che la legislazione sia concepita pensando ai 21 milioni di micro, piccole e medie imprese europee, e non allo 0,2 % di quelle più grandi, cercando poi di applicare i principi alle altre, al fine di soddisfare le esigenze non soltanto degli imprenditori ma anche dei loro numerosi dipendenti. Inoltre, il CESE auspica che siano proposte sistematicamente alternative alla presentazione di relazioni.

3.   Costi e benefici delle misure in materia di comunicazione

3.1.

La stima dei costi e degli oneri amministrativi effettuata dalla Commissione manca spesso di trasparenza e penalizza le micro, piccole e medie imprese. A ciò vanno aggiunti gli effetti indiretti degli obblighi legati alla catena del valore, che la Commissione fatica a quantificare. Come indicato nella comunicazione «Legiferare meglio», gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo e dal Consiglio sono raramente soggetti a valutazioni d’impatto e a «test PMI». Infine, il recepimento delle misure nell’ordinamento nazionale comporta talvolta dei costi supplementari.

3.2.

Per adempiere a questi obblighi, sempre più numerosi, gli imprenditori non possono far altro che provvedervi essi stessi, nel tempo destinato al loro mestiere, o ricorrere a consulenze esterne. Entrambe le soluzioni hanno un impatto sull’attività dell’impresa e comportano costi aggiuntivi, che sono proporzionalmente più elevati nelle microimprese rispetto alle grandi imprese. Inoltre, il CESE mette in guardia dalla proliferazione di misure in materia di comunicazione che, sebbene possano sembrare di minima entità se considerate isolatamente, hanno un notevole impatto quando vanno ad aggiungersi le une alle altre.

3.3.

Tuttavia, nei settori non soggetti a obbligo in materia di comunicazione sono stati osservati buoni risultati: numerose micro, piccole e medie imprese, incoraggiate dalle loro federazioni di categoria o dalle camere di commercio, investono nell’economia circolare perché ritengono che sia utile al loro sviluppo e alla loro reputazione (6); la misura umana delle micro, piccole e medie imprese facilita il dialogo tra il datore di lavoro e i dipendenti, il che significa, tra l’altro, che i differenziali retributivi tra donne e uomini sono spesso più bassi rispetto al livello nazionale (7). I paesi che hanno introdotto soglie per le PMI in relazione a determinate normative sociali registrano un basso numero di ricorsi, il che dimostra che le PMI possono dimostrarsi esemplari pur senza essere soggette a misure gravose. In linea con le raccomandazioni formulate dal CESE nei suoi pareri (8), occorre affrontare la questione della definizione di «PMI».

3.4.

Le micro, piccole e medie imprese, tra cui le imprese dell’economia sociale, sono soggetti a pieno titolo dell’economia circolare, perché forniscono servizi di prossimità che rafforzano il legame sociale, creano posti di lavoro non delocalizzabili e ricchezza in zone in cui l’industria e alcuni servizi pubblici sono assenti, e offrono opportunità commerciali e di lavoro a categorie sociali vulnerabili. Sono le piccole e medie imprese che formano oltre la metà dei tirocinanti, contribuendo così attivamente all’occupazione giovanile. Il loro modello imprenditoriale e la loro misura umana fanno sì che l’intelligenza artificiale sia applicata in modo da rimanere sotto il controllo umano, e pongono l’accento sulla qualità della vita sul posto di lavoro e sulla governance partecipativa.

3.5.

L’introduzione di misure in materia di comunicazione è spesso vista come un onere iniquo, che incide negativamente sull’attività delle micro, piccole e medie imprese, esponendole al rischio di vedersi negare l’accesso agli appalti pubblici o ai finanziamenti, senza tuttavia apportare progressi significativi sul fronte di politiche di cui spesso sono state loro stesse promotrici. Si tratta di un insieme di fattori che alimentano il risentimento verso un’Europa considerata troppo burocratica e scollegata dal territorio.

3.6.

Inoltre, il CESE ritiene che gli obiettivi sociali e ambientali saranno raggiunti solo affrontando le cause degli squilibri e non aumentando i requisiti vincolanti.

3.7.

Al fine di promuovere un ambiente favorevole alle PMI, occorre prestare particolare attenzione ai cambiamenti demografici, che riducono in misura significativa la disponibilità di lavoratori qualificati e quindi la produttività delle PMI. L’istruzione e la formazione professionale, l’apprendistato e lo sviluppo delle competenze devono essere prioritari, anche per quanto riguarda le competenze verdi e digitali.

4.   Legiferare meglio

4.1.

Per legiferare meglio è necessario un buon equilibrio tra i diversi approcci sul piano economico, sociale e della sostenibilità. Il CESE raccomanda alla Commissione di avvalersi maggiormente delle parti sociali, delle associazioni di categoria e degli organismi rappresentativi dei vari settori economici a livello europeo, nazionale, regionale e locale per valutare l’impatto di una determinata normativa.

4.2.

Ogni misura di trasparenza comporta un costo. Il CESE ricorda alla Commissione la necessità di tener fede agli impegni assunti attuando lo «Small Business Act» e il principio «pensare anzitutto in piccolo». In riferimento alla comunicazione «Legiferare meglio», il CESE chiede che qualsiasi nuovo onere amministrativo diretto o indiretto sia limitato allo stretto necessario.

4.3.

Il CESE chiede alla Commissione di essere consultato al momento dell’elaborazione delle consultazioni, onde tener conto delle specificità delle PMI in modo più mirato attraverso domande neutre e adattate a tutte le forme di impresa. Il Comitato insiste sulla necessità di privilegiare consultazioni brevi in tutte le lingue dell’UE per facilitare la presentazione dei contributi.

4.4.

Il CESE chiede alla Commissione di rafforzare la rete e il coordinamento dei rappresentanti nazionali delle PMI («SME Envoys»), a livello nazionale e nei loro scambi con la Commissione.

4.5.

Il CESE prende atto del principio «one in, one out» (secondo cui l’introduzione di nuovi oneri amministrativi è compensata dalla soppressione di adempimenti amministrativi equivalenti) che la Commissione si è impegnata ad applicare. La riduzione degli oneri amministrativi dovrebbe essere esaminata insieme alle parti sociali, al fine di alleggerirli senza pregiudicare il perseguimento delle finalità strategiche, né abbassare gli elevati standard economici, sociali e ambientali dell’UE. A tal fine, il CESE chiede alla Commissione di fornire dettagli operativi e metodologici per individuare gli oneri inutili. I tempi di attuazione di questo principio non sembrano essere in linea con il programma di lavoro della Commissione, che prevede la pubblicazione di diversi testi essenziali nel corso dei prossimi mesi. Il CESE esorta la Commissione a individuare rapidamente gli oneri amministrativi che possono essere aboliti; la invita inoltre, dopo ogni revoca di un onere in vigore, a monitorarne la riduzione nelle legislazioni nazionali, al fine di garantire l’efficacia del principio e la parità di trattamento.

4.6.

Il CESE chiede di effettuare un’adeguata valutazione d’impatto di ogni nuova proposta, specialmente quando essa comporta misure dirette o indirette in materia di trasparenza e comunicazione. Il «test PMI» deve essere applicato da tutte le istituzioni. Esso deve comprendere un’analisi economica e giuridica, le sue fonti devono essere pubblicate, e deve essere realizzato per ogni nuova versione del testo, nella fase della proposta e durante i negoziati. Il CESE raccomanda che le parti sociali, in particolare le organizzazioni dei datori di lavoro, siano consultate in ogni valutazione d’impatto per contribuire all’analisi delle disposizioni relative alle micro, piccole e medie imprese. I risultati delle valutazioni d’impatto devono essere debitamente presi in considerazione dalla Commissione al momento di individuare l’opzione strategica da scegliere. In linea con le proposte contenute nella comunicazione «Legiferare meglio», il CESE chiede ai parlamentari europei e al Consiglio di valutare l’impatto che le loro modifiche possono avere sulle micro, piccole e medie imprese.

4.7.

La relazione del comitato per il controllo normativo dimostra che il numero di proposte che contengono disposizioni su misura per le PMI è diminuito significativamente (dal 22 % nel periodo 2017-2019 al 15 % nel 2020). Qualora siano introdotte misure di trasparenza, il CESE chiede alle istituzioni di prevedere delle soglie per alleggerire gli oneri che gravano sulle micro, piccole e medie imprese. Il CESE chiede inoltre di accelerare la realizzazione dello sportello digitale unico, prevista per il 2023.

5.   Alternative all’obbligo di informativa

5.1.

Affinché non siano generalizzate misure che possono essere considerate punitive, il CESE incoraggia la Commissione a includere in ogni proposta delle alternative agli obblighi di comunicazione in capo alle micro, piccole e medie imprese.

5.2.

In molti Stati membri esistono organismi consultivi specifici nel cui ambito le parti sociali possono discutere delle misure sociali ed economiche e della loro organizzazione pratica. Numerose organizzazioni nazionali di PMI sono rappresentative. Il CESE raccomanda alla Commissione di avvalersi maggiormente delle associazioni di PMI, delle parti sociali, delle associazioni di categoria e degli organismi rappresentativi dei vari settori economici a livello europeo, nazionale, regionale e locale. Grazie alla loro esperienza, alle loro competenze e alla loro rete attiva, tali soggetti sono nella posizione ideale per sostenere e incoraggiare le micro, piccole e medie imprese, nonché per mettere a punto strumenti che rispondano agli obiettivi sociali e ambientali. È importante fornire loro le risorse finanziarie e umane necessarie per elaborare azioni di sostegno.

5.3.

Il CESE osserva che la Commissione ha messo a punto una serie di strumenti che possono essere utili alle micro, piccole e medie imprese, ma che non raggiungono i destinatari per i quali sono stati concepiti. Il CESE raccomanda di intensificare la mobilitazione degli «SME Envoys» al fine di adattare tali strumenti alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese e facilitarne la conoscenza e l’appropriazione.

5.4.

Il CESE propone di promuovere e applicare misure nazionali e regionali che agevolino il dialogo sociale nelle microimprese, nell’artigianato e nelle libere professioni (9), fornendo ai lavoratori e ai datori di lavoro ogni informazione e consiglio sulle disposizioni di legge o contrattuali ad essi applicabili, discutendo e formulando pareri utili su questioni specifiche per le imprese e i loro dipendenti e contribuendo a prevenire i conflitti attraverso informazioni e raccomandazioni ai lavoratori e ai datori di lavoro.

5.5.

Il CESE incoraggia gli Stati membri a sostenere le associazioni di categoria nelle loro iniziative di formazione, consulenza e sostegno alle micro, piccole e medie imprese affinché soddisfino i requisiti sociali e ambientali. Queste misure sono da preferire rispetto a disposizioni vincolanti.

5.6.

In linea con il suo parere d’iniziativa sul tema Verso appalti pubblici circolari (10), il CESE invita le autorità pubbliche a sostenere le micro, piccole e medie imprese nella comprensione di quali siano gli appalti pubblici più sostenibili, in particolare su scala locale, e a garantire che nei capitolati si mantenga un equilibrio tra i criteri qualitativi e quelli quantitativi.

5.7.

Gli imprenditori delle micro, piccole e medie imprese devono poter accedere alla formazione lungo tutto l’arco della vita, allo stesso titolo dei lavoratori dipendenti, anche in caso di costituzione di una nuova impresa o di rilevamento di un’impresa esistente. Al fine di creare un serbatoio potenziale di imprenditori e di soggetti intenzionati a rilevare un’attività esistente che siano in grado di raccogliere le sfide sociali, ambientali ed economiche, il CESE ritiene essenziale proporre e incoraggiare la partecipazione a cicli di formazione adeguati alle nuove competenze.

5.8.

Il CESE propone che gli incentivi per ridurre il bilancio del carbonio nelle micro, piccole e medie imprese siano sostenuti da aiuti finanziari, senza che ciò costituisca un ostacolo allo sviluppo delle imprese stesse o un onere aggiuntivo.

5.9.

Il CESE raccomanda di incoraggiare iniziative di etichettatura delle imprese su base volontaria, gratuita e con l’assegnazione da parte di un organismo terzo volta ad assicurarne la credibilità (11), facendo in modo che questi sistemi non ostacolino l’accesso al mercato ed evitandone la proliferazione per non creare confusione nei consumatori.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).

(2)  Direttiva (UE) 2018/843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e che modifica le direttive 2009/138/CE e 2013/36/UE (GU L 156 del 19.6.2018, pag. 43).

(3)  Risoluzione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2020 su una nuova strategia per le PMI europee (2020/2131(INI)].

(4)  Proposta di direttiva sulla comunicazione societaria in materia di sostenibilità (2021/0104(COD)].

(5)  Proposta di direttiva volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi (2021/0050(COD)].

(6)  Per un esempio di impresa artigianale, nei Paesi Bassi, che ha attuato misure in materia di economia circolare senza alcun obbligo di trasparenza, cfr. https://www.deb.nl/ondernemersverhalen/slagerij-van-koppen-dacht-na-over-duurzaamheid/.

(7)  Les entreprises de proximité au féminin (Imprese di prossimità al femminile), marzo 2019:

https://u2p-france.fr/sites/default/files/etude_les_entreprises_de_proximite_au_feminin.pdf.

(8)  GU C 345 del 13.10.2017, pag. 15 e GU C 81 del 2.3.2018, pag. 1.

(9)  Commissioni paritetiche regionali intersettoriali dell’artigianato (CPRIA: https://cpria.proximeo-france.fr/) e commissioni paritetiche regionali per le libere professioni (CPR-PL).

(10)  GU C 341 del 24.8.2021, pag. 16.

(11)  Si pensi per esempio al marchio «Répar’acteurs» (Ripar’attori) in uso tra le imprese artigiane francesi: https://www.artisanat.fr/reparacteurs#:~:text=Le%20label%20%C2%AB%20R%C3%A9par’acteurs%20%C2%BB,de%20la%20r%C3%A9duction%20des%20d%C3%A9chets.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/6


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La pubblicità al servizio di un consumo moderno e responsabile»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/02)

Relatore:

Thierry LIBAERT

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

132/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sottolinea la necessità che l’Unione europea (UE) sostenga la propria industria pubblicitaria, duramente colpita dalla crisi della COVID-19. A fronte della transizione digitale e della concorrenza delle GAFA, la pubblicità rappresenta una leva più che mai importante per le attività economiche e l’occupazione.

1.2.

L’esigenza di un maggiore rispetto per i consumatori, oltre alle sfide della transizione ecologica e della lotta ai cambiamenti climatici, impone una riflessione generale volta a far sì che la filiera pubblicitaria tenga conto, in particolare, degli obiettivi dell’accordo di Parigi.

1.3.

Il CESE chiede alla filiera pubblicitaria di impegnarsi a ridurre la propria impronta di carbonio per conseguire, in linea con gli obiettivi dell’UE, la neutralità in termini di emissioni di carbonio delle proprie attività entro il 2050 e ridurre del 55 % le emissioni di gas a effetto serra (GES) entro il 2030, al fine di contribuire alla neutralità collettiva in termini di emissioni di carbonio entro il 2050.

1.4.

Il CESE chiede che ogni soggetto della filiera pubblicitaria, a seconda del settore di attività in cui opera, si impegni a ridurre il proprio impatto ambientale. Tale obiettivo può essere raggiunto riducendo il consumo energetico degli schermi pubblicitari digitali e aumentandone la riciclabilità, utilizzando di preferenza la carta proveniente da foreste gestite in modo sostenibile (marchi PEFC, PFC) e inchiostri conformi alle norme REACH e GreenGuard per i manifesti cartacei e gli opuscoli pubblicitari, nonché riducendo l’impatto tecnico, energetico e logistico delle produzioni audiovisive.

1.5.

Il CESE raccomanda agli operatori della filiera di aumentare il loro contributo pro bono a sostegno delle iniziative ecoresponsabili promosse da soggetti che non dispongono di risorse finanziarie sufficienti (PMI, start-up, cooperative ecc.).

1.6.

Il CESE chiede agli operatori della filiera di formare maggiormente i propri membri in merito alle sfide della transizione ecologica. Quest’opera di sensibilizzazione dovrebbe svolgersi, in parallelo, anche nel quadro della formazione universitaria per le professioni della comunicazione.

1.7.

Il CESE raccomanda che il settore della pubblicità porti avanti una riflessione sull’immaginario pubblicitario e sulle rappresentazioni ad esso associate. Ciò contribuirà a garantire che la pubblicità, anziché costituire un ostacolo, diventi una vera e propria leva per la transizione ecologica, permettendo, su basi fattuali e precise, di dare risalto ai prodotti che contribuiscono alla riduzione degli impatti ambientali.

1.8.

Il CESE chiede che le attività volte a rafforzare la regolamentazione della pubblicità a livello europeo per combattere il greenwashing e le dichiarazioni ambientali ingannevoli siano portate avanti e si prefiggano l’obiettivo di un’armonizzazione tra gli Stati membri dell’UE.

1.9.

Il CESE auspica che, accanto agli aspetti legati alla transizione ecologica, si presti particolare attenzione alla pubblicità rivolta ai più giovani, in particolare sui social media.

1.10.

Il CESE ritiene che non vi possa essere una pubblicità pienamente responsabile se gli operatori pubblicitari in Europa non si assumono le proprie responsabilità per quanto riguarda la disinformazione. La Commissione europea (CE) deve intensificare gli sforzi volti a combattere la monetizzazione della disinformazione (1).

1.11.

Il CESE chiede al settore pubblicitario di aprirsi maggiormente alla società civile e di creare occasioni più frequenti di scambi con i diversi tipi di pubblico, in modo da poter evolvere in linea con le nuove aspettative della società.

2.   Definizioni

2.1.

La definizione di pubblicità utilizzata nel presente parere è quella stabilita dall’UE, ossia: «qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell’esercizio di un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi». Tuttavia, tale definizione non copre la pubblicità diretta ad un obiettivo di comunicazione istituzionale (il miglioramento della reputazione dell’azienda interessata) o promossa da soggetti pubblici o del settore associativo.

2.2.

La pubblicità responsabile è quella che fa appello alla propria responsabilità nei confronti delle principali sfide socioculturali e ambientali, in particolare l’urgenza di combattere i cambiamenti climatici.

3.   La pubblicità come vettore di attività economica e occupazione in Europa

3.1.

La pubblicità è strettamente correlata con la crescita e l’occupazione. Investimenti pubblicitari più elevati si accompagnano a una crescita maggiore, mentre dove tali investimenti sono più contenuti si assiste al fenomeno inverso (2). In Europa, secondo uno studio pubblicato nel 2017 dalla Federazione mondiale degli inserzionisti e relativo al 2016, i 92 miliardi di EUR di spese pubblicitarie in senso stretto avrebbero generato 643 miliardi di EUR di ricchezza supplementare (3).

3.2.

Secondo i diversi studi, investire un euro in pubblicità produce un effetto moltiplicatore e di ricaduta di 5-7 punti di crescita aggiuntivi. Applicato al Belgio, il coefficiente moltiplicatore sarebbe pari a 5 (2,2 miliardi di EUR di spese pubblicitarie hanno contribuito all’economia belga per 13 miliardi di EUR) (4).

3.3.

La pubblicità accelera la diffusione di nuovi prodotti e servizi, e a volte dell’innovazione, come dimostra chiaramente la durata operativa di determinati prodotti di consumo, ad esempio nel settore dell’informatica o della telefonia. La diffusione sempre più rapida di nuovi prodotti solleva tutta una serie di interrogativi circa il loro impatto ambientale.

3.4.

La pubblicità stimola la concorrenza. Senza pubblicità, saremmo tutti clienti dello stesso istituto bancario, che fisserebbe le proprie tariffe come ritiene opportuno. In effetti, i servizi bancari sono sostanzialmente simili da una banca all’altra, e la differenza risiede anche nella pubblicità. È una constatazione che vale per un gran numero di settori di attività (energia, distribuzione ecc.).

3.5.

La pubblicità fa vivere un gran numero di settori, a cominciare dai media. In molti paesi dell’UE, infatti, essa finanzia in larga misura la stampa, la radio o la televisione. D’altronde, questo sostegno rappresenta tanto una risorsa quanto una dipendenza, talvolta in grado di influenzare il contenuto delle produzioni e creare problemi di indipendenza editoriale.

3.6.

La pubblicità rappresenta un fatturato di 140 miliardi di EUR (2018) in Europa, con 280 000 imprese, spesso di piccole e medie dimensioni, che lavorano parzialmente o totalmente per la comunicazione d’impresa e danno lavoro a 998 000 persone (5).

3.7.

La pubblicità esercita un effetto indiretto su molte professioni collegate, come la produzione audiovisiva, la creazione artistica o la fotografia. Lo studio belga ha dimostrato infatti che, nell’anno di riferimento, 87 000 persone dovevano il loro posto di lavoro agli introiti pubblicitari o partecipavano alla produzione pubblicitaria attraverso le catene di approvvigionamento.

3.8.

Inoltre, se si calcolano tutte le spese di comunicazione delle imprese, vanno aggiunte anche le considerevoli somme versate ogni anno nell’UE per sostenere attività di intrattenimento, sportive o culturali a titolo di sponsorizzazione e patrocinio.

4.   Un impatto che va al di là degli aspetti economici e sociali

4.1.

È generalmente riconosciuto che l’effetto della pubblicità sulla stampa è quello di consentire un accesso più ampio ai media. In assenza di pubblicità, infatti, il prezzo dei giornali aumenterebbe in misura considerevole, e una riduzione delle inserzioni porterebbe alla scomparsa di molte testate.

4.2.

È sempre la pubblicità che mette a disposizione testate gratuite, grazie alle quali diversi milioni di persone possono leggere ogni giorno le notizie di attualità.

4.3.

Anche l’aspetto artistico e creativo merita di essere evidenziato: sono tantissimi i registi cinematografici, i fotografi e i designer la cui carriera ha avuto inizio proprio nel settore della pubblicità.

4.4.

L’integrazione della pubblicità in alcuni paesaggi urbani ne ha fatto delle attrattive turistiche, come Times Square a New York o Piccadilly Circus a Londra. È proprio l’animazione pubblicitaria che imprime il suo marchio sulla città e conferisce un’attrattiva particolare ad alcuni luoghi. Ovviamente, questa influenza della pubblicità nello spazio pubblico può essere fortemente criticata.

4.5.

La pubblicità contribuisce a offrire una narrazione positiva sul mondo, sulla felicità, sul piacere o sulla bellezza. Confinato in un’attualità di crisi permanenti, il discorso pubblicitario contribuisce a diffondere messaggi ottimistici e stimolanti. È sempre la pubblicità che ci offre consigli di vita: «Non imitare, innova» (Hugo Boss), «Prenditi cura di te» (Garnier), «Niente è impossibile» (Adidas). In generale, quindi, la pubblicità trasmette una visione positiva del mondo, la quale può costituire una leva importante per la transizione ecologica.

5.   Il modello pubblicitario e le sue conseguenze sociali e ambientali

5.1.

La pubblicità produce effetti diretti in termini di gas a effetto serra. Essa infatti ha un impatto sull’uso della carta come pure sul consumo di varie risorse (in particolare con i nuovi schermi LCD) e di energia attraverso Internet o i media audiovisivi. L’impatto in materia di emissioni di GES o a livello ambientale più ampio (ad esempio la riciclabilità dei supporti) non figura praticamente mai tra i criteri principali per definire le modalità di una campagna pubblicitaria.

5.2.

La pubblicità all’esterno ha anche un impatto ambientale specifico, che si può osservare in particolare nel caso dei pannelli luminosi e digitali, il cui consumo energetico e impatto in termini di inquinamento luminoso non sono trascurabili. Per quanto riguarda gli schermi pubblicitari digitali, si stima che per la fabbricazione di un pannello standard di 200 kg siano necessarie 8 tonnellate di materiali (6).

5.3.

Puntando a fare aumentare sempre più il consumo di ciò che promuove, la pubblicità incoraggia un consumo eccessivo che non corrisponde necessariamente ai bisogni. Tanti sono gli esempi di prodotti e gadget la cui utilità reale è in definitiva molto limitata, talvolta non commisurata al loro impatto ambientale. Alcuni di essi finiscono nei rifiuti già dopo il primo utilizzo. La pubblicità dà forma ai bisogni e alle aspettative degli individui in funzione degli interessi dei distributori, e non necessariamente degli interessi collettivi.

5.4.

A causa della sua forte presenza nelle grandi metropoli, vi è anche il rischio che la pubblicità contribuisca ad uniformare lo spazio urbano delle grandi città europee. Facendo da sfondo a campagne pubblicitarie identiche, i paesaggi urbani diventano sempre più omogenei e perdono di qualità, un fenomeno, questo, spiegabile con il fatto che la maggior parte delle pubblicità proviene da un numero limitato di inserzionisti.

5.5.

Tramite i messaggi che diffonde, essa trasmette dei valori che spesso sono lontani da quelli della condivisione, della solidarietà e della moderazione. La pubblicità veicola un’immagine di felicità che passa attraverso l’acquisizione. L’immaginario della pubblicità ci ricorda che tutto si può comprare: per essere felici, dovremmo possedere e consumare di più. Tuttavia, stando ai sondaggi di opinione, non esiste una marcata correlazione statistica tra il consumo e la percezione della felicità, poiché quest’ultima dipende principalmente dal fatto di credere in taluni valori e dall’importanza del tessuto familiare e della rete sociale «fisica». La pubblicità può anche essere fonte di insoddisfazione costante per i consumatori, poiché ingiunge loro di consumare sempre di più, e anche di frustrazione per tutte le persone, in particolare le più svantaggiate, che non hanno i mezzi per acquistare i prodotti e i servizi pubblicizzati.

5.6.

A loro insaputa, le imprese europee spendono oltre 400 milioni di EUR su siti web di disinformazione (7). È riconosciuto che le principali fonti di disinformazione perseguono obiettivi finanziari, anche tramite un referenziamento che permette di recuperare considerevoli somme di denaro provenienti dalla pubblicità online.

5.7.

Il CESE ha osservato che sempre più pubblicità sui social media non sono indicate come tali, ma sono dissimulate negli interventi di influencer più o meno noti. Si stima che più di un quarto (26,6 %) degli annunci pubblicitari sui social media non menzionino il marchio e l’intento commerciale (8). La confusione che ne deriva rischia di danneggiare la fiducia nei marchi, una situazione che la legge sui servizi digitali (Digital Services Act) potrà contribuire a contrastare obbligando a comunicare il nome dell’organizzazione per conto della quale la pubblicità viene diffusa (9).

6.   Accelerare l’evoluzione della pubblicità per rendere il suo modello più compatibile con le sfide della transizione ecologica

6.1.

Mentre l’imperativo climatico si fa sempre più pressante, è difficilmente comprensibile che l’industria della pubblicità non si sia formalmente impegnata a rispettare l’accordo di Parigi. Più di recente, il Parlamento europeo (PE) ha adottato una risoluzione per arrivare ad una riduzione del 55 % delle emissioni di GES entro il 2030, e il 14 luglio 2021 la Commissione ha pubblicato il pacchetto di dodici misure «Pronti per il 55 %» volto a conseguire tale obiettivo. Tutti i settori professionali devono contribuire allo sforzo collettivo, e l’industria della pubblicità deve, come gli altri, integrare questo importante obiettivo nel giro di una decina d’anni.

6.2.

La maggior parte dei pubblicitari ha ben compreso le sfide poste dai cambiamenti climatici e la necessità di prestare ascolto alle grandi aspettative della società. Da diversi anni essi si mobilitano per lottare contro le dichiarazioni ambientali ingannevoli e il greenwashing. Ora devono intensificare i loro sforzi.

6.3.

Questa dinamica è sostenuta dalla Commissione. Nel 2012 la DG JUST ha istituito un gruppo di lavoro (gruppo multilaterale sulle dichiarazioni ambientali). Sono state pubblicate diverse relazioni, nel 2013 e poi nel 2016. Tali documenti hanno consentito di comprendere meglio il problema delle dichiarazioni ambientali ingannevoli e hanno influito sull’attuazione della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) sulle pratiche commerciali sleali. La Commissione sta lavorando all’aggiornamento di tali orientamenti, che dovrebbe essere pubblicato entro la fine del 2021. Il testo finale dovrebbe chiarire ulteriormente l’applicazione della direttiva 2005/29/CE sulle dichiarazioni ambientali ingannevoli. Nel 2020 le autorità nazionali per la tutela dei consumatori hanno effettuato uno screening, coordinato dalla Commissione, dei siti web di imprese che dichiaravano di vendere prodotti rispettosi dell’ambiente. Secondo le conclusioni di tale lavoro, nel 42 % dei casi le dichiarazioni erano esagerate, false o ingannevoli e potrebbero potenzialmente configurarsi come pratiche commerciali sleali ai sensi delle norme dell’UE (11).

6.4.

Più di recente, il nuovo piano d’azione per l’economia circolare pubblicato dalla Commissione l’11 marzo 2020 prevede, per la prima volta, un asse relativo alla responsabilità della pubblicità. Nel punto 2.2 la Commissione esprime la volontà di rafforzare la protezione dei consumatori contro l’ecologismo di facciata, e prevede che le imprese forniscano ulteriori elementi a sostegno delle loro dichiarazioni ambientali relative al prodotto o all’organizzazione utilizzando i metodi per misurare l’impronta ambientale. Nel punto 3.2 formula l’auspicio di mettere a punto degli incentivi per aumentare il tasso di occupazione dei veicoli (obiettivo che può essere realizzato riducendo le pubblicità che mostrano conducenti soli nelle loro automobili).

6.5.

Nel novembre 2020 il PE ha adottato una risoluzione dal titolo Verso un mercato unico sostenibile per le imprese e i consumatori (12), elaborata dalla commissione IMCO (Mercato interno). Il testo «sottolinea l’importanza di una pubblicità responsabile che rispetti le norme pubbliche in materia di ambiente e salute dei consumatori».

6.6.

Il CESE è stato particolarmente attivo nel chiedere il divieto delle dichiarazioni ambientali ingannevoli, tra l’altro in un parere sul tema Dichiarazioni ambientali, sociali e sulla salute nel mercato interno (13). Inoltre, ha adottato un parere sul tema Verso una strategia dell’UE per un consumo sostenibile (14), nel quale ha sottolineato l’importanza di un migliore inquadramento della pubblicità per un consumo più sostenibile. Più di recente, il parere sulla nuova agenda dei consumatori (15) ha ricordato la necessità di assicurare una migliore informazione dei consumatori e di combattere il greenwashing.

7.   Per una pubblicità europea al servizio di un consumo più sostenibile e responsabile

7.1.

Il CESE raccomanda un approccio basato sugli incentivi che faccia appello alla responsabilità dei pubblicitari stessi. Tale approccio è motivato dai progressi compiuti dalla professione, in particolare nella lotta contro le dichiarazioni ambientali ingannevoli, come pure dalla regolamentazione. Esso va ricondotto anche alla necessità di sostenere un settore che crea crescita e occupazione in un periodo particolarmente delicato. Il CESE ritiene che qualsiasi ostacolo ai modelli pubblicitari europei rischi di andare a vantaggio dei dispositivi pubblicitari digitali, che sono principalmente di proprietà delle GAFA, le quali sfuggono ancora in larga misura ai regimi fiscali europei. Anche questo modello dovrà cambiare in futuro, per via dell’evoluzione delle norme sui cookie. Tuttavia, il CESE riconosce che, per alcuni tipi di prodotti che hanno un impatto particolare, come i combustibili fossili, possono essere previste forme di regolamentazione più rigorose.

7.2.

Nel quadro dell’attuale crisi economica, il CESE raccomanda di concedere un sostegno finanziario rapido ed eccezionale agli attori più piccoli e più fragili del settore pubblicitario (PMI), affinché tali strutture possano sopravvivere nel contesto attuale, chiedendo come contropartita l’impegno ad effettuare dei cambiamenti strutturali nei punti sopra descritti.

7.3.

Tutte le professioni del settore pubblicitario in Europa e le agenzie pubblicitarie operanti nell’Unione europea integrano gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015 nella loro politica di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, e in particolare i recenti obiettivi dell’UE di una riduzione del 55 % entro il 2030.

7.4.

Tutti gli operatori economici della filiera pubblicitaria riconoscono gli obiettivi connessi alla transizione ecologica e li integrano nel funzionamento delle loro strutture, proponendo valutazioni dei loro bilanci in termini di GES, percorsi di riduzione e piani d’azione adattati a tali obiettivi. Questa transizione della funzione della pubblicità deve avvenire in modo flessibile, in particolare per incoraggiare e sostenere le agenzie di medie dimensioni.

7.5.

Gli operatori della filiera pubblicitaria devono impegnarsi a valutare l’impatto in termini di carbonio della produzione pubblicitaria al fine di farne evolvere le pratiche, proporre alternative di produzione più ecologiche ed esaminare le possibilità di rilocalizzazione in Europa.

7.6.

Gli operatori del settore pubblicitario devono aumentare il loro contributo pro bono alle organizzazioni più attive nel campo della transizione climatica e dell’inclusione sociale. Più in generale, l’evoluzione della governance della regolamentazione della pubblicità deve essere pensata per dare maggiore spazio alla società civile, possibilmente reinventando le forme nelle quali tale governance viene esercitata.

7.7.

Gli operatori della filiera pubblicitaria devono intraprendere un percorso di formazione sistematica sulle questioni relative alla transizione ambientale e sulle pratiche pubblicitarie più responsabili, impartendo una formazione interna al loro personale, nonché contribuendo alla formazione degli studenti di marketing e comunicazione.

7.8.

Il settore pubblicitario deve impegnarsi a rafforzare ulteriormente i meccanismi di regolamentazione professionale della pubblicità ampliando i poteri di controllo degli organi di regolamentazione in Europa e proponendo un maggiore coinvolgimento effettivo della società civile (ONG ambientali, associazioni di consumatori, organizzazioni sindacali ecc.) nella sua governance.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Orientamenti della Commissione europea sul rafforzamento del codice di buone pratiche sulla disinformazione, 26 maggio 2021. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_21_2585.

(2)  Maximilien Nayaradou, L’impact de la régulation de la publicité sur la croissance économique (L’impatto della regolamentazione della pubblicità sulla crescita economica), in Publicité et croissance économique (Pubblicità e crescita economica), Union des annonceurs, 2006. Tesi sostenuta all’Università di Parigi Dauphine nel 2004.

(3)  World Federation of Advertising (Federazione mondiale della pubblicità), The value of advertising (Il valore della pubblicità), Deloitte, 2017.

(4)  Union belge des annonceurs, L’impact de la publicité sur la croissance économique en Belgique (L’impatto della pubblicità sulla crescita economica in Belgio), 3 dicembre 2015.

(5)  Eurostat, Advertising and Market Research Statistics (Statistiche sulla pubblicità e sulla ricerca di mercato).

(6)  ADEME (Agenzia francese della transizione ecologica), Modélisation et évaluation environnementale des panneaux publicitaires numériques (Modellizzazione e valutazione ambientale dei pannelli pubblicitari digitali), settembre 2020.

(7)  Claudia Cohen, Des marques financent, malgré elles, la désinformation (Senza volerlo, alcuni marchi finanziano la disinformazione), Le Figaro, 5 agosto 2021.

(8)  Observatoire de l’influence responsable (Osservatorio dell’influenza responsabile), Autorité de régulation professionnelle de la publicité (Autorità di regolamentazione professionale della pubblicità, ARPP), 13 settembre 2021.

(9)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 70.

(10)  Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22).

(11)  Bollettino quotidiano dell’Agence Europe, n. 12646, 24 gennaio 2021.

(12)  https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?reference=2020/2021(INI)&l=it

(13)  GU C 383 del 17.11.2015, pag. 8.

(14)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 51.

(15)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 45.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/11


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Ridefinire il quadro di bilancio dell’UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/03)

Relatrice:

Dominika BIEGON

Decisione dell’Assemblea plenaria

25/03/2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

05/10/2021

Adozione in sessione plenaria

20/10/2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

168/3/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Le regole di bilancio europee devono essere riviste: le carenze erano già evidenti dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 e la pandemia di COVID-19 solleva sfide ancora più impegnative per l’attuale quadro di bilancio. Se in pareri precedenti il CESE aveva accolto con favore il riesame della governance economica effettuato dalla Commissione europea, nel presente parere il CESE ribadisce la propria posizione sulla necessità di riforme e invita la Commissione a portare avanti celermente la revisione del quadro di governance economica dell’UE, una revisione che ha recentemente subito una battuta d’arresto. Prima dell’entrata in vigore del quadro riveduto, la Commissione dovrebbe presentare orientamenti per un periodo transitorio, durante il quale non dovrebbe essere avviata la procedura per i disavanzi eccessivi e dovrebbe essere possibile ricorrere alla «clausola sugli eventi inconsueti» in rapporto a uno o più paesi specificamente selezionati.

1.2.

Qualsiasi futuro quadro di bilancio deve a) rafforzare gli investimenti pubblici, b) aumentare il margine di manovra ciclico e c) consentire una maggiore flessibilità e differenziazione per paese per quanto riguarda i percorsi di aggiustamento del debito, assicurando nel contempo la sostenibilità di bilancio. Una revisione del quadro di bilancio dell’UE non solo è necessaria ai fini di una stabilizzazione dell’economia nel breve e medio termine, ma è altresì di vitale importanza per finanziare la trasformazione socio-ecologica dell’economia europea, garantendo la piena occupazione, posti di lavoro di qualità e transizioni giuste.

1.3.

Più precisamente, la proposta di fondo del CESE per la revisione del quadro di bilancio consiste nell’introdurre una regola aurea (golden rule) per gli investimenti pubblici — regola che il CESE ha già proposto in precedenti pareri — abbinandola a una regola di spesa. Oltre alla propria proposta, il CESE esprime apprezzamento per la proposta del Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche sulla differenziazione per paese dei percorsi di aggiustamento di bilancio.

1.4.

Infine, il CESE sottolinea che la politica di bilancio è il settore classico della politica parlamentare e le decisioni in questo campo incidono sull’intera struttura delle spese e delle entrate statali. Pertanto, sia ai parlamenti nazionali che al Parlamento europeo deve essere attributo un ruolo di primo piano nel quadro futuro relativo alla governance economica dell’UE.

1.5.

Analogamente, occorre coinvolgere in misura maggiore la società civile nel quadro del semestre europeo, sia a livello nazionale che a livello dell’UE. In questo modo è possibile definire una politica economica equilibrata, in cui tutti gli interessi siano conciliati. Ciò vale in particolare per la governance del dispositivo per la ripresa e la resilienza, nel cui quadro il coinvolgimento della società civile è risultato insoddisfacente (1). Il principio di partenariato, che è una tradizione consolidata nella governance dei fondi strutturali e d’investimento europei, dovrebbe servire da modello di riferimento per un meccanismo efficace di coinvolgimento della società civile.

2.   Contesto: nuove sfide dopo la pandemia di COVID-19

2.1.

Le regole di bilancio europee devono essere riviste. Nella valutazione del quadro di bilancio dell’UE (2019) (2) effettuata dal Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche prima della crisi sanitaria, venivano giustamente evidenziati due problemi principali. Il primo è che le regole di bilancio tendono ad essere procicliche; dopo la crisi finanziaria del 2008/2009, il risanamento di bilancio è stato realizzato in modo prematuro a causa delle enormi preoccupazioni sulla sostenibilità dell’indebitamento, con l’effetto di spingere l’economia europea verso una doppia recessione. Il secondo problema è che gli investimenti pubblici nell’UE sono stati il primo obiettivo dei tagli alla spesa. Confrontando la percentuale media degli investimenti pubblici per il periodo 2015-2019 con la media pre-crisi (2005-2009), 20 Stati membri su 27 hanno visto diminuire le loro percentuali, in alcuni casi addirittura del 50 %, in misura tale che il valore del capitale fisso pubblico, caratterizzato da investimenti pubblici netti negativi, è peggiorato tra il 2013 e il 2017 nella zona euro.

2.2.

La pandemia di COVID-19 solleva sfide ancora più impegnative per il quadro di bilancio dell’UE: la contrazione economica e le misure politiche volte ad attenuare l’impatto sociale ed economico della pandemia hanno portato a un aumento massiccio dei livelli di disavanzo e debito pubblico (in % del PIL) in molti Stati membri (3). Le stime del Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2020) (4) mostrano che, se le regole di bilancio dell’UE fossero attivate senza modifiche dopo la revoca della clausola di salvaguardia generale, il previsto percorso di riduzione del rapporto debito/PIL graverebbe eccessivamente su alcuni Stati membri, con rilevanti conseguenze economiche, sociali e politiche di segno negativo che pregiudicherebbero la ripresa economica nell’UE.

2.3.

Una riforma delle regole di bilancio dell’UE non solo è necessaria ai fini di una stabilizzazione dell’economia nel breve e medio termine, ma è altresì di vitale importanza per finanziare la trasformazione socio-ecologica dell’economia europea, garantendo la piena occupazione, posti di lavoro di qualità e transizioni giuste. Per conseguire gli obiettivi climatici dell’UE è necessaria una profonda modernizzazione del capitale fisso. Un’economia sostenibile necessita di un’espansione su larga scala degli investimenti pubblici, altrimenti le economie europee dovranno affrontare rischi di bilancio legati ai cambiamenti climatici (5). Allo stesso tempo, bisogna assicurare la sostenibilità di bilancio. In pareri precedenti il CESE ha già sottolineato la necessità di introdurre una regola aurea per gli investimenti pubblici nel quadro di bilancio dell’UE (6). Tali necessità persistono: per consentire all’Europa di raggiungere i suoi obiettivi climatici e ambientali per il 2030, la Commissione europea ha recentemente stimato il deficit di finanziamento complessivo a circa 470 miliardi di euro l’anno fino al 2030 (7). Come giustamente sottolineato, «la mobilitazione dell’entità di finanziamenti necessaria costituirà una sfida politica significativa» e chiaramente gli investimenti pubblici svolgeranno un ruolo cruciale, non da ultimo anche per stimolare gli investimenti privati. La riforma del quadro di bilancio dell’UE deve tenere conto di tali considerazioni.

2.4.

Il CESE sottolinea che gli Stati membri dovranno affrontare la sfida di ridurre il rapporto debito/PIL, dopo che la ripresa economica si sarà consolidata, al fine di mantenere un margine di bilancio sufficiente per contrastare la prossima crisi economica. La regola di spesa proposta nel presente parere (cfr. punti 3.3.2. e 3.3.3.) garantirebbe davvero il risanamento delle finanze pubbliche da parte degli Stati membri nei periodi di congiuntura favorevole.

2.5.

Il CESE sottolinea che una revisione del quadro di bilancio dell’UE deve tenere conto dell’attuale contesto macroeconomico. Sia il Fondo monetario internazionale (FMI) (8) che la Commissione europea (9) affermano che il rapporto debito/PIL dovrebbe stabilizzarsi nel breve-medio termine grazie ai bassi tassi di interesse e all’aumento dei tassi di crescita. La sostenibilità del debito sovrano dipende dal tasso di crescita (reale) del PIL, dal saldo primario annuo e dai tassi di interesse (reali) sul debito sovrano in essere. Il CESE esorta la Commissione europea a tenere conto di questi fattori nel valutare la sostenibilità del debito degli Stati membri.

2.6.

Inoltre, il CESE sottolinea che la sostenibilità delle finanze pubbliche dipende in larga misura da entrate pubbliche certe e da una tassazione equa che comprende, ad esempio, la lotta contro la frode fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva. Inoltre, le nuove risorse proprie che sono state annunciate dovrebbero contribuire a rafforzare l’equità fiscale, nonché la giustizia sociale e climatica. Per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche si rendono altresì necessari la trasparenza delle entrate e delle spese, l’accessibilità delle norme contrattuali e il costante coinvolgimento della società civile nel controllo della gestione delle finanze pubbliche.

2.7.

In pareri precedenti il CESE ha accolto con favore il riesame della governance economica effettuato dalla Commissione europea e ha sottolineato la necessità di una revisione (10). Il CESE ha inoltre proposto che la questione cruciale della modifica della governance economica dell’UE venga discussa alla Conferenza sul futuro dell’Europa. L’adeguamento delle disposizioni del TFUE in materia di governance economica alla realtà economica attuale dell’UE non dovrebbe essere un tabù. Il CESE ribadisce tale invito, in particolare di fronte alla crisi della COVID-19. Per evitare un ritorno alle vecchie regole di bilancio e gestire il passaggio a una governance economica imperniata sulla prosperità, il CESE esorta a riprendere quanto prima il processo di riesame di tale governance (11).

3.   Osservazioni particolari

3.1.   Riequilibrare la governance economica dell’UE

3.1.1.

La politica di bilancio dovrebbe far parte di un più ampio quadro di governance multilivello ed equilibrata. Il CESE raccomanda una governance economica imperniata sulla prosperità, in cui il benessere sociale ed economico dei cittadini sia prioritario, in modo che nessuno sia lasciato indietro, assicurando al tempo stesso la sostenibilità del debito pubblico. Il Comitato chiede quindi una politica economica equilibrata che ponga in primo piano l’importanza di una serie di obiettivi fondamentali strategici, quali crescita sostenibile e inclusiva, piena occupazione, lavoro dignitoso e transizioni giuste, equa distribuzione dei redditi e della ricchezza, salute pubblica e qualità della vita, sostenibilità ambientale, stabilità dei mercati finanziari, stabilità dei prezzi, relazioni commerciali equilibrate, un’economia sociale di mercato competitiva e finanze pubbliche sostenibili, dando a questi obiettivi lo stesso peso. Tali obiettivi sono in sintonia non solo con quelli sanciti all’articolo 3 del TUE, ma anche con gli attuali obiettivi dell’ONU per lo sviluppo sostenibile (12).

3.1.2.

Al fine di aiutare gli Stati membri nel loro cammino verso un’economia sostenibile e inclusiva, non è sufficiente aumentare, a determinate condizioni, il margine di manovra in materia di bilancio. Bisogna anche promuovere gli incentivi alle riforme. L’attuale quadro di governance economica dell’UE si articola in tre pilastri: a) sorveglianza di bilancio b) sorveglianza macroeconomica e c) coordinamento delle politiche sociali e occupazionali. Pertanto, tale quadro pone già un forte accento sulle riforme. Diversi studi empirici sottolineano che, malgrado le riforme, la maggior parte delle precedenti raccomandazioni specifiche per paese si è concentrata sul rafforzamento della competitività e sul risanamento dei bilanci pubblici (13). Il CESE esorta le istituzioni dell’UE a perseguire un maggiore equilibrio nelle future raccomandazioni specifiche per paese, per le quali bisognerebbe utilizzare come parametri di riferimento di pari importanza sia i capisaldi in materia di bilancio, che gli obiettivi climatici dell’UE e il pilastro europeo dei diritti sociali. Andrebbe riservata un’attenzione speciale alle riforme a sostegno della transizione verso un’economia verde e digitale (come politiche attive del mercato del lavoro e sistemi di apprendimento permanente, compresi i programmi di riqualificazione professionale e l’offerta di sostegno al cambiamento di percorso professionale), nonché alle riforme che assicurano l’effettivo assorbimento dei fondi dell’UE (ad esempio, lo sviluppo di capacità tecniche nelle pubbliche amministrazioni per la gestione di progetti di investimento, sistemi efficienti e accessibili di appalti pubblici e riforme volte a eliminare altri impedimenti di natura non monetaria che ostacolano una politica d’investimento efficace).

3.2.   Rafforzare gli investimenti pubblici

3.2.1.

Il CESE sottolinea che il quadro di bilancio dell’UE deve essere riformato in modo da assicurare una protezione migliore degli investimenti pubblici (14). L’effetto moltiplicatore degli investimenti pubblici è particolarmente elevato e, pertanto, i tagli a questo tipo di investimenti hanno un impatto particolarmente negativo sulla crescita economica e sull’occupazione. I tagli agli investimenti pubblici, in particolare, e alla spesa pubblica, in generale, sono particolarmente dannosi nei periodi di contrazione e recessione economiche (15). Inoltre, molti studi individuano negli investimenti pubblici anche un fattore di stimolo della crescita a lungo termine (16). Un aumento a lungo termine degli investimenti pubblici fornisce inoltre una base più sicura per la pianificazione del settore privato (17).

3.2.2.

Questi fatti giustificano un approccio che tratti in modo preferenziale gli investimenti pubblici per quanto riguarda la valutazione della conformità degli Stati membri alle norme di bilancio dell’UE. Il CESE raccomanda di applicare agli investimenti pubblici (18) una regola aurea (golden rule) al fine di salvaguardare non solo la produttività, ma anche il fondamento sociale ed ecologico per il benessere delle generazioni future, assicurando al tempo stesso la sostenibilità di bilancio. In generale, il CESE propone di applicare un concetto tradizionale della finanza pubblica, ossia la regola aurea, nell’ambito del quadro di bilancio riveduto (19). Ciò significa che gli investimenti pubblici netti devono essere esclusi dal calcolo dei disavanzi nominali. Se si applica una regola di spesa come chiesto dal CESE (cfr. punti 3.3.2 e 3.3.3), anche gli investimenti pubblici netti dovrebbero essere esclusi dal massimale della spesa pubblica, mentre i costi di investimento sarebbero ripartiti sull’intera vita utile dell’investimento, anziché su un periodo di quattro anni, come avviene attualmente. Gli investimenti pubblici netti aumentano il capitale fisso pubblico e/o sociale e apportano benefici alle generazioni future (20), che ereditano il servizio del debito pubblico ma, in cambio, ricevono un capitale fisso pubblico equivalente e aumentato.

3.2.3.

Il CESE sottolinea che la regola aurea, da un lato, porta a un trattamento preferenziale degli investimenti pubblici nell’ambito del quadro di bilancio dell’UE, dall’altro, non solleva i governi dall’obbligo di giustificare i progetti di investimento pertinenti e di farli approvare a maggioranza. Il requisito della trasparenza e l’obbligo di rendere conto al parlamento devono comunque essere mantenuti, anche per assicurare che vengano realizzati solo gli investimenti pubblici che sono nell’intesse della collettività.

3.2.4.

Come primissimo passo, il CESE raccomanda una revisione di fondo della «clausola sugli investimenti». In primo luogo, il CESE propone che la «clausola sugli investimenti» del patto di stabilità e crescita sia interpretata con maggiore flessibilità. Finora, la clausola è stata raramente invocata principalmente a causa dei suoi criteri di ammissibilità restrittivi (21). Tali criteri di ammissibilità dovrebbero essere allentati: in linea di principio, gli investimenti pubblici dovrebbero giustificare una deviazione temporanea dai percorsi di aggiustamento, indipendentemente dalla posizione dello Stato membro nel ciclo economico e anche se tali investimenti comportano un superamento del valore di riferimento del disavanzo del 3 % del PIL.

3.2.5.

Attualmente, le deviazioni dall’obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo sono consentite solo se collegate alla spesa nazionale per progetti cofinanziati dall’UE (22). Il CESE propone una definizione più ampia degli investimenti. Allo stesso tempo, la definizione di investimento deve essere chiara e funzionale per evitare una «contabilità creativa». Gli orientamenti della Commissione europea agli Stati membri nel contesto del dispositivo per la ripresa e la resilienza e la definizione di investimenti ivi contenuti costituiscono un buon punto di partenza (23), in quanto includono investimenti non solo in attività materiali, ma anche nella sanità, protezione sociale, istruzione e formazione, oltre che investimenti finalizzati alla transizione verde e digitale.

3.2.6.

Il CESE accoglie con favore la tassonomia delle attività sostenibili, che stabilisce chiaramente cosa si intende per «attività economica ecosostenibile», il che a sua volta consente di definire gli «investimenti ecosostenibili» (24). Il CESE raccomanda pertanto di utilizzare, quale punto di partenza per una valutazione della sostenibilità degli investimenti pubblici, la ben sviluppata tassonomia UE delle attività sostenibili, da associare a una regola aurea. Il CESE attende inoltre con interesse le proposte della Commissione in materia di «bilancio verde».

3.3.   Aumentare il margine di manovra ciclico per la politica di bilancio

Riformare i metodi di aggiustamento ciclico oppure introdurre una regola di spesa

3.3.1.

Il CESE sottolinea che il metodo della Commissione europea per l’aggiustamento ciclico è poco perspicuo, e può anche generare effetti prociclici. Il metodo utilizzato dalla Commissione europea per determinare il saldo strutturale si è rivelato problematico, in quanto il calcolo del prodotto potenziale è fortemente influenzato dalla situazione economica prevalente. Nelle fasi di recessione economica, ad esempio, il prodotto potenziale viene rivisto rapidamente e bruscamente al ribasso, anche se questo potrebbe non rispecchiare le condizioni reali (25). La revisione al ribasso del prodotto potenziale ha gravi conseguenze per il calcolo del disavanzo strutturale e per gli sforzi di risanamento individuati di conseguenza. Se si rende il calcolo del prodotto potenziale meno sensibile alle fluttuazioni cicliche, agli Stati membri si può aprire un ampio margine di bilancio per politiche economiche anticicliche. Questa proposta di riforma potrebbe essere attuata facilmente e dovrebbe essere presa in considerazione unicamente come requisito minimo per rendere le regole di bilancio dell’UE più adatte ad affrontare le fluttuazioni cicliche. Tuttavia, il deficit strutturale rimarrà un concetto estremamente complesso anche con una riforma, e il suo calcolo è quasi impossibile da spiegare ai cittadini e alle parti interessate. A causa dei problemi tecnici e della poca perspicuità del concetto, andrebbero prese in considerazione possibilità alternative.

3.3.2.

Una possibilità alternativa di riforma consiste nell’abbandonare del tutto il concetto controverso di disavanzo strutturale e nell’applicare al suo posto una regola della spesa pubblica in un quadro di bilancio riveduto (26). A differenza del disavanzo depurato dagli effetti ciclici, la spesa pubblica è osservabile in tempo reale ed è direttamente controllata dal governo. Gli investimenti pubblici dovrebbero essere favoriti separando il bilancio della spesa corrente da quello della spesa per investimenti, e imponendo solo al bilancio di parte corrente dei limiti per l’aumento nominale della spesa. In questo modo, l’approccio della regola aurea potrebbe essere combinato con una regola di spesa (27).

3.3.3.

La spesa pubblica nominale verrebbe calcolata al netto sia dei pagamenti per gli interessi che della spesa pubblica ciclica. I limiti potrebbero essere determinati in funzione del tasso di crescita a medio termine del prodotto potenziale reale, più il tasso di inflazione al 2 % che la Banca centrale europea (BCE) ha fissato come obiettivo a medio termine. Se fattori ciclici provocano un calo delle entrate fiscali (durante una recessione) o un loro aumento (in un periodo di alta congiuntura), la regola promuove la stabilità assicurando che la spesa pubblica aumenti solo entro i limiti stabiliti. Le spese che superano il limite stabilito dovrebbero essere consentite solo se non hanno alcuna incidenza sul bilancio, vale a dire, se la spesa è ridotta di un ammontare uguale in un’altra parte del bilancio, oppure se il gettito fiscale aumenta. Nel caso di sgravi fiscali generali, i tassi di crescita della spesa dovrebbero inglobare questi prelievi di risorse. La proposta di associare una regola di spesa a una regola aurea per gli investimenti pubblici potrebbe costituire uno strumento efficace per limitare la spesa pubblica entro livelli sostenibili, permettendo nel contempo agli stabilizzatori automatici di agire e ai governi di adottare misure discrezionali.

Percorsi di aggiustamento del debito flessibili e specifici per paese

3.3.4.

Il CESE appoggia la proposta del Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2020) (28) di introdurre elementi specifici per paese in un quadro di bilancio semplificato. In particolare, il CESE accoglie con favore la proposta di differenziazione dell’aggiustamento di bilancio negli Stati membri, pur mantenendo la sostenibilità del debito. Una differenziazione per paese delle strategie di riduzione del debito rispetto al PIL dovrebbe basarsi su un’analisi economica completa che tenga conto di fattori quali il livello iniziale del debito e la sua composizione, i differenziali tra tasso di interesse e crescita in termini di sostenibilità, le prospettive di inflazione, i costi previsti legati all’invecchiamento della popolazione e alle sfide ambientali, la distribuzione del reddito e della ricchezza, i livelli di disoccupazione e povertà, gli squilibri interni ed esterni e, in primo luogo, se l’aggiustamento di bilancio (ad esempio l’avanzo primario di bilancio richiesto) sia realistico (29).

3.3.5.

Il CESE ricorda che i valori di riferimento per il bilancio non sono stabiliti all’articolo 126 del TFUE, ma nel protocollo n. 12 allegato al trattato. Pertanto, tali valori possono essere modificati dal Consiglio all’unanimità senza dover procedere a una modifica ufficiale del trattato. Il CESE incoraggia le istituzioni dell’UE a prendere in considerazione un aumento del valore del 60 % per il rapporto debito pubblico/PIL, tenendo conto dell’attuale contesto macroeconomico e preservando la sostenibilità di bilancio.

3.3.6.

Infine, vale la pena aggiungere in questo contesto che basarsi esclusivamente sugli stabilizzatori automatici nazionali nelle recessioni non è pienamente in linea con l’idea di politica anticiclica. I disavanzi di bilancio causati dalla riduzione della produzione e dell’occupazione non compensano pienamente le perdite cicliche e non sono sufficienti a contrastare pienamente una recessione ciclica. Sono solo risposte anticicliche passive e parziali che devono essere integrate da risposte temporanee e discrezionali attive alle flessioni cicliche da invertire in fasi di ripresa. In passato diversi Stati membri hanno deciso di continuare a ridurre il rapporto debito/PIL con conseguenze economiche negative, mentre stimoli di bilancio sarebbero stati più appropriati. In un futuro quadro di bilancio, a condizione che persista un contesto favorevole per i tassi di interesse, dovrebbero essere consentiti disavanzi primari più elevati, mantenendo nel contempo i rapporti debito/PIL costanti o decrescenti e garantendo la sostenibilità del debito. Per questo motivo le clausole eccezionali devono rimanere una pietra angolare di qualsiasi futuro quadro di bilancio dell’UE e dovrebbero essere adattate di conseguenza.

Disattivazione della clausola di salvaguardia

3.3.7.

Il CESE accoglie con favore l’attivazione della clausola di salvaguardia generale del quadro di bilancio e mette in guardia contro il «ritorno alla normalità» troppo rapidamente, in quanto ciò potrebbe causare uno stimolo contrattivo, inducendo gli Stati membri a tagliare la spesa per raggiungere gli obiettivi a medio termine, come è avvenuto dopo il 2010, causando una doppia recessione. Ciò contrasterebbe con l’obiettivo del programma Next Generation EU e potrebbe innescare una nuova recessione.

3.3.8.

Il CESE sostiene la decisione della Commissione europea di continuare ad applicare la clausola di salvaguardia generale nel 2022 e di disattivare la clausola nel 2023, a condizione che il livello di attività economica raggiunga il livello pre-crisi (30). Inoltre, il CESE sostiene l’affermazione della Commissione europea secondo cui «dopo la disattivazione della clausola di salvaguardia generale continueranno a essere prese in considerazione le situazioni specifiche di ciascun paese» (31). Infine, la Commissione dovrebbe presentare orientamenti per un periodo transitorio fino all’entrata in vigore del nuovo quadro di bilancio, durante il quale non dovrebbe essere attivata alcuna procedura per i disavanzi eccessivi e con la possibilità di ricorrere alla «clausola sugli eventi inconsueti» su base specifica per ciascun paese. Inoltre, il CESE invita la Commissione a portare avanti celermente la revisione del quadro di governance economica dell’UE, una revisione che ha subito una battuta d’arresto. Invece di un «ritorno», il CESE raccomanda una «svolta» verso un quadro riveduto di governance economica, come indicato di seguito (32).

3.4.   Il ruolo internazionale dell’euro

3.4.1.

La nostra moneta comune, l’euro, gode di una solida reputazione internazionale e la sua rilevanza mondiale come valuta di riserva e di scambio è ormai riconosciuta. La reputazione dell’euro quale valuta stabile e affidabile dipende da norme di bilancio — chiare, comprensibili e applicabili — che rafforzino gli investimenti pubblici al fine di permettere la modernizzazione del capitale fisso e aumentare il margine di manovra ciclico nelle fasi di recessione economica, assicurando nel contempo la sostenibilità del debito. Il CESE è pertanto convinto che una revisione delle regole di bilancio non debba in alcun modo compromettere la stabilità dell’euro quale moneta di riferimento principale dell’Unione. Durante il dibattito sulla revisione delle regole di bilancio andrebbe prestata particolare attenzione alla percezione, da parte dei mercati finanziari, delle prospettive a lungo termine dell’euro quale valuta importante a livello mondiale. In generale, la reputazione dell’euro dipende dalla stabilità economica, sociale e politica.

3.5.   Rafforzare il ruolo dei parlamenti e della società civile nella governance economica dell’UE

3.5.1.

Il CESE sottolinea che la politica di bilancio è il settore classico della politica parlamentare e le decisioni in questo campo incidono sull’intera struttura delle spese e delle entrate statali. Pertanto, sia ai parlamenti nazionali che al Parlamento europeo deve essere attributo un ruolo di primo piano nel quadro futuro relativo alla governance economica dell’UE. Il ruolo del Parlamento europeo dovrebbe essere rafforzato nel semestre europeo attraverso un accordo interistituzionale. Nel contempo, occorre rispettare il principio di sussidiarietà e la ripartizione delle competenze stabilita nei trattati. I parlamenti nazionali devono chiamare i governi a rendere conto delle politiche di bilancio che perseguono. Essi devono pertanto essere coinvolti efficacemente nel semestre europeo e nell’attuazione dei piani nazionali di ripresa.

3.5.2.

Analogamente, occorre coinvolgere in misura maggiore la società civile nel quadro del semestre europeo, sia a livello nazionale che a livello dell’UE. In questo modo è possibile definire una politica economica equilibrata, in cui tutti gli interessi siano conciliati. Ciò vale in particolare per la governance del dispositivo per la ripresa e la resilienza, nel cui quadro il coinvolgimento della società civile è risultato insoddisfacente (33). Il principio di partenariato, che è una tradizione consolidata nella governance dei fondi strutturali e d’investimento europei, dovrebbe servire da modello di riferimento per un meccanismo efficace di coinvolgimento della società civile.

3.5.3.

In caso di scostamenti significativi dagli indicatori che rappresentano gli obiettivi di politica economica, andrebbero avviati dei negoziati tra le istituzioni dell’UE e gli Stati membri. Le due parti dovrebbero pervenire a delle soluzioni assieme e su un piano di parità. Invece di minacciare con sanzioni finanziare gli Stati membri interessati dagli scostamenti, l’introduzione di incentivi positivi potrebbe alleviare il problema. La promozione di una crescita inclusiva e sostenibile dev’essere il criterio centrale delle raccomandazioni (34).

3.5.4.

Il CESE critica le cosiddette «condizionalità macroeconomiche» (previste nel regolamento recante disposizioni comuni per i fondi strutturali e d’investimento europei, nel regolamento sul dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché nel trattato intergovernativo sul meccanismo europeo di stabilità) che, in linea generale, consentono di interrompere l’erogazione dei fondi dell’UE se gli Stati membri violano le norme di bilancio dell’UE o concorrono agli squilibri macroeconomici. Dopo la disattivazione della clausola di salvaguardia, tali condizionalità macroeconomiche potrebbero indurre una contrazione economica, spingendo gli Stati membri a tagliare la spesa al fine di raggiungere gli obiettivi di bilancio. Questo sarebbe in contrasto con l’obiettivo politico della coesione territoriale e con gli obiettivi più generali dello strumento dell’UE per la ripresa (NextGenerationEU).

3.5.5.

Per una ripresa sostenibile rimane essenziale una politica monetaria accomodante. Il Parlamento europeo potrebbe utilizzare le sue risoluzioni sulle relazioni annuali della Banca centrale europea e le sue audizioni trimestrali con la BCE (il cosiddetto «dialogo monetario») per votare in merito a obiettivi secondari e per sviluppare un processo più democratico, con orientamenti sulla politica macroeconomica e su quella industriale. Questo permetterebbe un maggiore coinvolgimento delle parti sociali e dei cittadini, assieme ai parlamenti nazionali. In tal modo, alla BCE verrebbe data una rinnovata legittimità in rapporto a un insieme ampliato di obiettivi. Potrebbe operare in modo efficiente, utilizzando il suo intero apparato di strumenti per adoperarsi in funzione di un insieme di obiettivi chiaro e politicamente definito, sotto la guida di istituzioni democratiche. La BCE è un’istituzione pubblica e ad essa è possibile rivolgersi, secondo una prospettiva occupazionale o di stabilità dei prezzi, per aiutare gli Stati membri a finanziarsi nei periodi di rialzo dei tassi di interesse, utilizzando strumenti monetari mirati e avendo quale obiettivo i tassi di interesse e i loro differenziali.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Risoluzione del CESE sul tema Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no? (2021) (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1).

(2)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2019), Assessment of EU fiscal rules with a focus on the six and two-pack legislation (Valutazione delle norme di bilancio dell’UE incentrata in particolare sulla legislazione del six-pack e del two-pack).

(3)  Commissione europea, Previsioni economiche di primavera 2021.

(4)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2020), Relazione annuale 2020.

(5)  Finance Watch (2021), Fiscal Mythology unmasked. Debunking eight tales about European public debt and fiscal rules (La metodologia di bilancio messa in chiaro — Come smontare otto favole sul debito pubblico e sulle regole di bilancio dell’Europa).

(6)  GU C 353 del 18.10.2019, pag. 32, GU C 123 del 9.4.2021, pag. 12 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(7)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Identifying Europe’s recovery needs (Individuare le necessità di ripresa dell’Europa), SWD(2020) 98 final.

(8)  FMI, Fiscal Monitor, aprile 2021.

(9)  Commissione europea, Debt Sustainability Monitor (Sorveglianza della sostenibilità del debito), febbraio 2021.

(10)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(11)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 12.

(12)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(13)  Crespy, Amandine e Vanheuverzwijn, Pierre (2019), What Brussels means by structural reforms: empty signifier or constructive ambiguity? (Cosa intende Bruxelles per riforme strutturali? Parole vuote o un’ambiguità costruttiva?), in: Comparative European Politics, Vol. 17, Iss. 1, pagg. 92-111; Hacker, Björn (2019), A European Social Semester? The European Pillar of Social Rights in Practice (Un semestre europeo sociale? Il pilastro europeo dei diritti sociali nella pratica), Brussels, ETUI.

(14)  Cfr. anche Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2019).

(15)  Commissione europea (2016), Report on Public Finances in EMU 2016 (Relazione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2016), Institutional Paper n. 45; J-M Fournier (2016), The positive effect of public investment on potential growth (L’effetto positivo degli investimenti pubblici sulla crescita potenziale), dipartimento di economia dell’OCSE, documento di lavoro n. 1347.

(16)  IMF Fiscal Monitor (2020), Policies for the Recovery (Politiche per la ripresa).

(17)  H. Bardt, S. Dullien, M. Hüther & K. Rietzler (2020). For a sound fiscal policy. Enabling public investments (Per una sana politica di bilancio: rendere possibili gli investimenti pubblici), IW policy paper n. 6/2020, Institut der deutschen Wirtschaft, Colonia.

(18)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(19)  A. Truger (2020), Reforming EU Fiscal Rules: More Leeway, Investment Orientation and Democratic Coordination, (Riformare le regole di bilancio dell’UE: aumentare i margini di manovra, l’orientamento agli investimenti e il coordinamento democratico), Intereconomics, 55(5).

(20)  Cfr. anche P. Bom e J. Ligthart (2014), What have we learned from three decades of research on the productivity of public capital? (Cosa abbiamo imparato da tre decenni di ricerca sulla produttività del capitale pubblico?), Journal of Economic Surveys, 28(5), 889-916.

(21)  J. Valero (2019), New investment clause fails to win EU member state support (La nuova clausola sugli investimenti non ottiene il sostegno degli Stati membri dell’UE), Euractiv; Commissione europea (2015), Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita, COM(2015) 12 final.

(22)  Commissione europea (2015).

(23)  Commissione europea (2021), Guidance to Member States (Orientamenti per gli Stati membri); Recovery and resilience plans (Piani di ripresa e resilienza), SWD(2021) 12 final, parte 2/2.

(24)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 103.

(25)  A. Truger (2015), Austerity, cyclical adjustment and the remaining leeway for expansionary fiscal policies within the current EU fiscal framework (Austerità, aggiustamento ciclico e il margine residuo per politiche di bilancio espansionistiche in seno all’attuale quadro di bilancio dell’UE), Journal for a Progressive Economy, 6, pagg. 32-37.

(26)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(27)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(28)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2020).

(29)  Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche (2020).

(30)  Commissione europea (2021), Coordinamento delle politiche economiche nel 2021: superare la COVID-19, sostenere la ripresa e modernizzare la nostra economia, COM(2021) 500 final.

(31)  Commissione europea (2021), A un anno dall’insorgere della pandemia di COVID-19: la risposta della politica di bilancio, COM(2021) 105 final.

(32)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(33)  Risoluzione del CESE sul tema Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no? (2021), (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1).

(34)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/18


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’industria vetraria europea a un bivio: come renderla più verde ed efficiente sotto il profilo energetico, rafforzandone nel contempo la competitività e mantenendo posti di lavoro di qualità»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/04)

Relatore:

Aurel Laurențiu PLOSCEANU

Correlatore:

Gerald KREUZER

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in sezione

29.9.2021

Adozione in sessione plenaria

21.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

142/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

L’industria europea del vetro costituisce un settore innovativo e altamente strategico, da cui l’UE trae grande beneficio. I prodotti in vetro sono indispensabili ai fini della transizione verso un’economia circolare climaticamente neutra: per la ristrutturazione degli edifici, la produzione di più energia elettrica da fonti rinnovabili, la decarbonizzazione dei mezzi di trasporto e la realizzazione di imballaggi sostenibili. Il vetro contribuisce inoltre alla rivoluzione digitale dell’Europa. In sintesi: il vetro è il futuro.

1.2.

Il CESE chiede ai responsabili politici dell’UE di porre il settore del vetro e tutti i suoi comparti al centro delle attuali priorità politiche, tra cui il pacchetto Pronti per il 55 %, il pacchetto sull’economia circolare, l’agenda digitale, l’agenda per le catene del valore strategiche, nonché la politica commerciale internazionale dell’UE e i relativi strumenti.

1.3.

L’ondata di ristrutturazioni dell’UE rappresenterebbe un’enorme fonte di opportunità commerciali per il vetro, innescando investimenti e fornendo al tempo stesso un grandissimo contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 degli edifici. Il CESE invita pertanto l’UE e i responsabili politici nazionali quanto meno a sostenere gli obiettivi attualmente proposti e, ove possibile, a rafforzarli.

1.4.

Nel settore è necessaria una transizione energetica che renda neutro in termini di carbonio il processo di produzione del vetro, che è intrinsecamente ad alta intensità energetica. Tale transizione energetica accrescerà notevolmente i costi per le imprese, a causa dell’aumento dei costi operativi e dei requisiti patrimoniali.

1.5.

Il CESE raccomanda vivamente di far sì che le politiche dell’UE sostengano il settore del vetro per rendere possibile questa transizione, mediante un sostegno finanziario per le spese in conto capitale e per quelle operative, lo sviluppo di capacità nel campo delle energie rinnovabili, un approvvigionamento energetico a prezzi accessibili e la tutela del settore dalla concorrenza sleale degli operatori esterni al mercato dell’UE.

1.6.

Il CESE sostiene tutte le politiche dell’UE e i piani nazionali di ripresa volti a favorire una rivoluzione nei trasporti che apra la strada ad automobili intelligenti e climaticamente neutre e a un’espansione massiccia dei sistemi di trasporto pubblico. Il vetro ad alta tecnologia ha un ruolo importante da svolgere.

1.7.

Il CESE raccomanda vivamente che l’UE classifichi il vetro come materiale permanente, per le proprietà che lo caratterizzano in quanto materiale inerte, riutilizzabile e riciclabile all’infinito.

1.8.

Nell’ottica di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, l’estrazione di materie prime vergini e l’esaurimento delle risorse, il CESE auspica una transizione dai materiali non lineari al vetro, materiale totalmente circolare, riutilizzabile e riciclabile. Il CESE invita l’UE a riconoscere i vantaggi del vetro nel contribuire a realizzare sistemi di imballaggio sostenibili.

1.9.

Il CESE raccomanda vivamente di attuare in modo più ampio i principi dell’economia circolare, insieme a un sostegno finanziario pubblico e privato e a partenariati come l’iniziativa Close the Glass Loop (Chiudere il ciclo del vetro), volta a favorire la diffusione del riciclaggio del vetro. Ciò consentirà all’Europa di evitare i rifiuti di vetro, ridurre il consumo di energia e le emissioni di CO2 e creare nuovi posti di lavoro nel settore del riciclaggio del vetro.

1.10.

Il CESE esorta l’UE a prendere atto del fatto che il vetro è indispensabile per la produzione di energia verde, in quanto componente essenziale non solo dei pannelli solari fotovoltaici ma anche delle turbine eoliche. Il vetro può inoltre essere utilizzato in altri modi per produrre elettricità verde. Il CESE invita la Commissione e il Parlamento a sviluppare nuove politiche dell’UE in materia di obiettivi climatici e catene del valore strategiche al fine di rilanciare la produzione di celle fotovoltaiche in Europa e salvaguardare la produzione di altri prodotti in vetro strategici e le catene di valore cui appartengono (ad esempio i parabrezza per i produttori di mezzi di trasporto).

1.11.

Il CESE chiede che siano sostenuti gli investimenti nell’istruzione e nella formazione al fine di fornire ai lavoratori nuovi e in giovane età, che entrano nel settore per sostituire la forza lavoro che invecchia, le conoscenze e le capacità necessarie, nonché per consentire ai lavoratori attuali di stare al passo con l’innovazione e i cambiamenti dovuti alla transizione in atto nel settore.

1.12.

Il CESE invita l’UE a proteggere le nostre industrie del vetro dal rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Le crescenti ambizioni in materia di clima e l’aumento dei costi del carbonio richiedono un rafforzamento — piuttosto che una riduzione — della protezione contro la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. La competitività dei prodotti in vetro nei mercati di esportazione e nella stessa UE può essere in parte garantita mediante misure efficaci in materia di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio attraverso il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS). Tale sistema dovrebbe essere mantenuto per sostenere l’industria nella transizione verso il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica dell’UE. Occorre valutare attentamente l’introduzione del meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) e del pacchetto sulla tassonomia. Il CESE chiede che il CBAM preveda una soluzione per le esportazioni e che le misure relative alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio siano rafforzate integrando il CBAM con un’assegnazione gratuita completa basata su parametri di riferimento almeno fino al 2030, in linea con le norme dell’OMC.

1.13.

Una transizione verde e digitale in Europa, specialmente nell’industria del vetro, deve essere una transizione giusta. Per garantire il massimo sostegno a questa transizione, il CESE chiede di coinvolgere i lavoratori. La legislazione dell’UE dovrebbe pertanto sostenere il dialogo sociale a ogni livello.

1.14.

Al fine di monitorare gli sviluppi nell’industria del vetro in termini di riduzione delle emissioni di CO2, di produzione e di altre variabili pertinenti, il CESE auspica un sostegno e un’analisi più mirati per il settore nel suo complesso, per i suoi comparti e per ciascuno Stato membro.

2.   Descrizione generale del settore industriale del vetro

2.1.   Produzione

Secondo Glass Alliance Europe, nel 2020 la produzione di vetro nell’UE ha raggiunto i 36,8 milioni di tonnellate. L’UE è uno dei principali produttori di vetro al mondo. Il settore si divide in cinque comparti:

a)

60,4 % — vetro per contenitori

b)

29,2 % — vetro piano

c)

3,2 % — vetro per uso domestico

d)

5,3 % — fibre (rinforzo e isolamento)

e)

2,1 % — vetri speciali.

2.2.

Occupazione

Nel 2018 il settore del vetro impiegava circa 290 000 lavoratori nell’UE-27 (1). Tale cifra comprende la produzione, il riciclaggio e la trasformazione del vetro, dal momento che alcuni settori, in particolare quello del vetro piano, hanno catene del valore complesse. Il settore della trasformazione del vetro comprende anche un numero considerevole di PMI.

2.3.   Salute e sicurezza

2.3.1.

Il settore europeo del vetro offre posti di lavoro di qualità per un’ampia gamma di profili: da operai non qualificati a ingegneri di alto livello.

2.3.2.

Lavorare come operaio nell’industria del vetro può essere fisicamente gravoso e talvolta anche pericoloso. Le misure in materia di salute e sicurezza richiedono investimenti e spesso hanno un impatto positivo sulla produttività. Le misure di prevenzione delle malattie professionali vengono costantemente migliorate, come nel caso della prevenzione della silicosi nell’ambito del dialogo sociale dell’European Network for Silica (NEPSI) sul tema della silice cristallina respirabile. La cultura della sicurezza e della prevenzione ha contribuito alla qualità dei posti di lavoro nel settore.

2.4.   Età, istruzione e formazione

A differenza di quanto avviene nell’Europa centrale e orientale, la forza lavoro dei paesi dell’Europa occidentale è in larga misura più anziana (50 +) e dotata di molta esperienza. È sempre più difficile attrarre lavoratori nuovi e in giovane età. Sostituire i lavoratori anziani ed esperti significa formare nuovi lavoratori e consentire ai lavoratori attuali di stare al passo con l’innovazione e i cambiamenti nel settore.

2.5.   Il settore del vetro è molto innovativo

2.5.1.

Le tendenze in materia di salute e benessere aprono nuove opportunità e nuovi mercati per imballaggi in vetro a ciclo chiuso sostenibili, sani, riutilizzabili e riciclabili all’infinito. Il settore del vetro sta lavorando all’innovazione progettuale e a percorsi più «di rottura» per decarbonizzare il processo di produzione, dando vita a un’importante trasformazione nella produzione del vetro.

2.5.2.

Il vetro utilizzato nelle costruzioni e nel settore degli autoveicoli sta diventando più sofisticato grazie all’integrazione di fogli, gas, rivestimenti, dispositivi fotografici, radar e altri componenti per migliorare la sicurezza, le proprietà isolanti e la capacità di trasmettere dati. Per mantenere l’efficienza e generare elettricità da fonti rinnovabili, nei vetri delle facciate o nei tetti panoramici delle auto si possono integrare celle fotovoltaiche.

2.5.3.

Prodotti di vetro ad alta tecnologia sono usati anche nel settore aerospaziale e in quello della difesa. I prodotti e i compositi in vetro sono utilizzati anche nei veicoli spaziali e nei satelliti come rivestimenti, componenti elettroniche, sensori, schermi e altro. Ciò fa dell’industria del vetro un settore non solo altamente tecnologico e innovativo, ma anche altamente strategico.

2.6.   Impatto della COVID-19

Dall’inizio della pandemia i mercati di settori chiave sono andati in crisi, e in alcuni comparti del vetro importanti (vetro piano, vetro per uso domestico, fibre) la produzione si è ridotta, per poi riprendere lentamente. Nel 2020 l’attività del settore è rallentata in misura compresa tra l’1 e il 14 %, a seconda del comparto. Nel comparto del vetro piano, che rifornisce principalmente l’edilizia e l’industria automobilistica, il mercato dell’UE si è ridotto di oltre il 10 % nel 2020. Sebbene le forniture al settore delle costruzioni siano state più sostenute del previsto, il mercato del vetro per auto rimane a tutt’oggi molto depresso.

3.   Contributo del settore del vetro alla neutralità climatica dell’UE, all’economia circolare, al benessere e all’agenda digitale

3.1.   Neutralità climatica

3.1.1.   Ondata di ristrutturazioni

3.1.1.1.

I prodotti in vetro sono al centro dell’ondata di ristrutturazioni dell’UE, che mira a ridurre drasticamente il consumo energetico e le emissioni di CO2 degli edifici. Per isolare gli edifici occorre impiegare, per le finestre, vetri con gli standard di prestazione energetica più elevati. Così facendo si limiterebbero fortemente le emissioni di CO2, che potrebbero scendere del 37,4 % da qui al 2050 grazie all’impiego di vetri ad alte prestazioni (2). Anche la lana di vetro, la schiuma di vetro e altri derivati isolanti delle fibre di vetro sono fondamentali per ottenere un isolamento ottimale degli edifici.

3.1.1.2.

L’ondata di ristrutturazioni dell’UE rappresenterebbe un’enorme fonte di opportunità commerciali. Un raddoppio del tasso di sostituzione delle finestre potrebbe determinare una crescita del mercato del vetro piano superiore al 60 % e così stimolare gli investimenti.

3.1.2.   Produzione di energia verde

3.1.2.1.

Il vetro è indispensabile per la produzione di energia verde, essendo una componente essenziale dei pannelli fotovoltaici. Nella costruzione delle turbine eoliche si utilizzano fibre di vetro per renderle leggere ma robuste. L’elettricità verde può anche essere generata da uno speciale specchio che convoglia la luce verso un elemento centrale collegato a un generatore.

3.1.2.2.

La rapida crescita e successiva decrescita della produzione europea di pannelli solari a causa della concorrenza sleale delle imprese cinesi può servire da esempio di come non gestire nuove opportunità nel campo dell’energia verde in un contesto competitivo a livello internazionale. Le nuove politiche dell’UE in materia di obiettivi climatici e catene del valore strategiche dovrebbero mirare a rilanciare la produzione di celle fotovoltaiche in Europa.

3.1.3.   Trasporti

3.1.3.1.

Il settore del vetro costituisce un importante fornitore per i produttori di materiale rotabile. A causa della crisi della COVID-19 alcune società di trasporto pubblico hanno sospeso o cancellato una serie di grandi ordinazioni, provocando il rischio di chiusura di vari siti produttivi, e dunque un potenziale aumento delle importazioni. Piani di ripresa nazionali tempestivi potrebbero essere efficaci nel sostenere la produzione europea.

3.1.3.2.

Sebbene l’industria automobilistica fosse già in crisi prima della pandemia di COVID-19, è probabile che continuerà ad esistere una domanda di vetri leggeri e ad alto isolamento più avanzati. Le auto autonome provocheranno un aumento della domanda di prodotti speciali in vetro più sofisticati per realizzare display, pannelli di controllo, dispositivi per la realtà aumentata ecc.

3.1.4.   Imballaggi sostenibili

Il vetro fornisce imballaggi inerti sani e sostenibili ai settori europei dei prodotti alimentari e delle bevande, dei cosmetici e dei prodotti farmaceutici (ad esempio per i vaccini contro la COVID-19). Il settore del vetro è all’avanguardia in un’ampia gamma di innovazioni nel campo della progettazione ecocompatibile, della decarbonizzazione e dei processi di efficienza energetica volti a trasformare il modo in cui viene prodotto. Ogni anno almeno il 10 % dei costi di produzione viene investito nella decarbonizzazione, nell’efficienza energetica e nel miglioramento degli impianti. Il più recente progetto nel campo dei contenitori in vetro, Furnace for the Future (Forno per il futuro) (3), che ha richiesto il sostegno del Fondo per l’innovazione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (UE ETS), consentirà di ridurre le emissioni del 60 %. Si tratta di una delle numerose iniziative a sostegno dell’obiettivo del settore — produrre imballaggi in vetro climaticamente neutri — che lo trasformeranno e offriranno grandi opportunità di crescita nel campo degli imballaggi in vetro a basse emissioni di carbonio.

3.2.   Economia circolare: il vetro come perfetto prodotto circolare

3.2.1.

Il vetro è un materiale inerte permanente, che può essere riutilizzato e riciclato all’infinito senza perdere le sue proprietà.

3.2.2.

Esso costituisce un’alternativa compatibile con l’ambiente a molte applicazioni in plastica, si colloca ai primi posti in termini di riciclaggio efficace ed è riutilizzabile al 100 %, fornendo un sistema pienamente circolare. È l’unico imballaggio che non richiede uno strato o un rivestimento di plastica ed è in grado di garantire il confezionamento sano e sicuro di alimenti a prescindere da quante volte viene riciclato, risultando così l’unico imballaggio a conseguire la piena circolarità. Il vetro è uno dei materiali per imballaggio più riciclati: attualmente il 76 % di tutto il vetro che viene immesso sul mercato è poi raccolto per il riciclaggio. L’uso del vetro riciclato comporta un risparmio sia di energia che di emissioni di CO2. Si dovrebbero continuare a sostenere degli incentivi a livello dell’UE volti ad incoraggiare le parti interessate lungo tutta la catena del valore, compresi i consumatori, a riciclare di più e meglio.

3.2.3.

Nel settore del vetro per l’edilizia, il vetro riciclato rappresenta oggigiorno il 26 % dell’apporto di materie prime (4). C’è il potenziale per aumentare il riciclaggio migliorando la raccolta, la cernita e la pulizia del vetro proveniente da vecchie finestre o facciate.

3.2.4.

La fine del ciclo di vita della prima generazione di celle fotovoltaiche può creare nuove opportunità per rinnovare la politica industriale in materia di energia solare e mantenere materiali preziosi in Europa attraverso un maggiore riciclaggio. Questa azione dovrebbe essere sostenuta da una visione e da una politica chiare dell’UE.

3.3.   Benessere

3.3.1.

Il vetro ci circonda. La vita moderna non sarebbe possibile senza di esso. Il settore del vetro è anche una delle industrie più antiche e ha radici storiche profonde in Europa nel vetro decorativo, nell’arte e nella cultura. Questa lunga tradizione ha plasmato le competenze, le pratiche e l’arte del vetro in Europa.

3.3.2.

Oggigiorno il vetro rende possibili la tecnologia medica, la biotecnologia e l’ingegneria delle scienze della vita. Esso ci protegge anche dalle radiazioni radiografiche (radiologia) e dai raggi gamma (nucleare). Il vetro per arredamento interno e i mobili in vetro quali specchi, divisori, balaustrate, tavoli, scaffali e lampade migliorano i nostri spazi abitativi e d’ufficio.

3.3.3.

Il vetro tutela la qualità e la durata di conservazione dei nostri alimenti e delle nostre bevande. Gli oggetti in vetro per la tavola contribuiscono a una ristorazione di qualità e sono complementari a uno stile di vita orientato al gusto. Le finestre di vetro fanno entrare la luce naturale nelle nostre case e nei nostri uffici. Il vetro è utilizzato negli apparecchi domestici e per ufficio e nell’elettronica, ad esempio negli sportelli per forno, nei piani di cottura, negli schermi TV e di computer e negli smartphone.

3.4.   Europa digitale

I siti di produzione europei producono già il vetro più sottile esistente, utilizzato per display, smartphone, tablet e altri schermi (tattili). I fili e i cavi in fibra ottica di vetro assicurano il trasporto di dati su larga scala, persino a livello intercontinentale, nonché le microconnessioni nei dispositivi elettronici e nei chip.

4.   Il vetro come settore ad alta intensità di energia

4.1.

Ogni anno, i nuovi forni vengono progressivamente ricostruiti o adattati con tecnologie innovative a basse emissioni di carbonio, con un’efficienza energetica molto maggiore. L’industria continua a ridurre il consumo energetico ricorrendo a tecnologie di recupero del calore di scarto, alla tecnologia del ciclo Rankine a fluido organico, all’aumento dell’uso di residui e ad altre tecnologie simbiotiche. I nuovi sistemi e le nuove tecnologie di gestione dell’energia utilizzati negli impianti di produzione del vetro contribuiscono ad aumentare l’efficienza energetica.

4.2.

La riduzione del consumo energetico nel settore del vetro ha un andamento fortemente discendente da quasi 100 anni e sta raggiungendo ora il suo limite termodinamico.

4.3.

Poiché le emissioni di CO2 nel settore del vetro sono direttamente collegate all’energia utilizzata, i miglioramenti dell’efficienza energetica hanno un riscontro nella riduzione di tali emissioni. Questi miglioramenti hanno di fatto portato a una drastica riduzione delle emissioni di CO2. Ad esempio, l’industria francese del vetro, molto diversificata e sofisticata, ha ridotto le sue emissioni di CO2 del 70 % tra il 1960 e il 2010.

4.4.

Per monitorare i progressi compiuti dall’industria del vetro, rispetto ad altri settori ad alta intensità di energia, occorre sviluppare un sostegno più mirato per il settore nel suo complesso, per i suoi comparti, e per ciascuno Stato membro.

4.5.   Percorsi verso la neutralità climatica e la neutralità in termini di emissioni di carbonio

4.5.1.

Il settore del vetro ha quasi raggiunto il suo limite termodinamico, il che significa che con le attuali tecniche e con la combustione del gas naturale non sono più possibili riduzioni significative delle emissioni di CO2. Servono quindi una transizione energetica e una circolarità ancora maggiore nella produzione di vetro nei campi in cui esiste un potenziale in tal senso.

4.5.2.   Elettricità verde

Un altro percorso promettente per decarbonizzare la produzione di vetro è l’elettrificazione. È attualmente in fase di sviluppo un progetto dimostrativo chiamato Furnace for the Future (Forno per il futuro). Si tratterebbe del primo forno ibrido di grandi dimensioni al mondo a utilizzare elettricità per la fusione del vetro per contenitori. Forni elettrici di piccole dimensioni sono già in uso nei comparti del vetro per contenitori e del vetro per uso domestico. Come nel caso dell’idrogeno, anche la capacità dell’elettricità verde dev’essere sviluppata.

4.5.3.   Idrogeno verde

L’idrogeno offre un’alternativa molto promettente al gas naturale. Il settore del vetro sta già esplorando l’opzione dei forni a idrogeno. Ci vorranno ancora vari anni prima che il primo forno a idrogeno sia operativo in un contesto competitivo e prima che la capacità di produzione e di trasporto dell’idrogeno raggiunga un livello adeguato.

4.5.4.   Circolarità

Quando il vetro viene fuso in forni a gas naturale, fino all’80 % della CO2 viene generato dalla combustione di gas naturale e il 20 % è emesso da materie prime vergini. La sostituzione delle materie prime vergini con vetro riciclato (rottame) permette di evitare l’estrazione di materiali vergini, riduce i prodotti di scarto e la CO2, e permette di risparmiare energia. Si può «chiudere il ciclo del vetro» (5) e riciclare una maggiore quantità di vetro post-consumo. Nei comparti del vetro per l’edilizia e per l’industria automobilistica si sperimentano differenti iniziative e modelli per migliorare la raccolta. È opportuno prevedere la rimozione preliminare del vetro e dei rivestimenti vitrei dagli edifici prima della demolizione e un obiettivo di raccolta specifico per ciascun materiale, al fine di integrare l’obiettivo generico per i residui di costruzione e di demolizione, che è inefficace per i materiali leggeri come il vetro. Sono necessari sistemi di raccolta differenziata per garantire un’elevata qualità, in modo da poter utilizzare elevati livelli di contenuto riciclato nei prodotti in vetro.

4.5.5.   Ostacoli e sfide

La transizione energetica causerà un aumento dei costi operativi (OPEX) e dei requisiti patrimoniali (CAPEX). Le politiche dell’UE devono sostenere gli investimenti del settore per consentire questa transizione e devono garantire che il settore non sia esposto alla concorrenza sleale di operatori esterni al mercato dell’UE. Occorre inoltre agire adesso, perché i forni hanno una durata di vita, rispettivamente, di circa 10-15 anni (vetro per contenitori) o 15-20 anni (vetro piano). Pertanto da qui alla scadenza cruciale del 2050 si alterneranno solo due generazioni di forni.

5.   Il settore del vetro nella politica dell’UE

5.1.

Ripresa verde: il Green Deal, l’ondata di ristrutturazioni dell’UE, l’impulso alla diffusione delle energie rinnovabili, una politica dei trasporti sostenibile e le iniziative in materia di economia circolare dovrebbero costituire efficaci fattori trainanti per i prodotti in vetro a basse emissioni di carbonio.

5.2.

Nuove fonti di energia: sostenere e sviluppare le capacità in materia di energie rinnovabili per la produzione di elettricità e di idrogeno verdi e garantire la disponibilità di biogas. Promuovere l’energia eolica e solare nel mix energetico.

5.3.

Ricerca e sviluppo: fornire sostegno e finanziamenti pubblici a progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione (6), come il Fondo per l’innovazione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE, al fine di decarbonizzare la produzione e sviluppare ulteriormente forni efficienti sotto il profilo energetico. La domanda di tale Fondo ha superato abbondantemente l’offerta in occasione del primo invito a presentare progetti, e si prevede che ciò si ripeterà in occasione dei prossimi inviti.

5.4.

Diffusione sul mercato: per garantire la redditività degli investimenti nella produzione a basse emissioni di carbonio servono meccanismi volti a sostenere la diffusione sul mercato dei prodotti in vetro a basse emissioni. Per contribuire al passaggio da sistemi di economia lineare a sistemi di economia circolare occorre sostenere la sostituzione della plastica con alternative sostenibili in vetro nel settore del commercio al dettaglio, nell’uso domestico, nel settore ricettivo e nel confezionamento di pasti da asporto e di alimenti e bevande «da passeggio».

5.5.

Ondata di ristrutturazioni: sostenere le misure dell’ondata di ristrutturazioni in grado di incoraggiare l’uso di prodotti che evitino la CO2 per promuovere l’efficienza energetica e le energie rinnovabili sia negli edifici che nei trasporti. Aumentare l’obiettivo di efficienza energetica e renderlo vincolante a livello dell’UE per incoraggiare la ristrutturazione degli edifici pubblici e innalzare il livello di ambizione degli obblighi in materia di risparmio energetico. Sostenere l’aumento dei finanziamenti disponibili per la ristrutturazione degli edifici attraverso una serie di strumenti, tra cui il nuovo Fondo sociale per il clima.

5.6.

Trasporti sostenibili: sostenere una rivoluzione dei trasporti che apra la strada a automobili intelligenti e climaticamente neutre, e l’espansione dei sistemi di trasporto pubblico. Il vetro ad alta tecnologia ha un ruolo importante da svolgere in questo campo.

5.7.

Imballaggi sostenibili: transizione dai materiali non lineari al vetro, materiale totalmente circolare, riutilizzabile e riciclabile, nell’ottica di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e l’estrazione di materie prime vergini, e di prevenire l’esaurimento delle risorse.

5.8.

Circolarità: sostenere le infrastrutture di raccolta differenziata e riciclaggio, lo sviluppo di capacità e le tecnologie per massimizzare la quantità e la qualità del vetro post-consumo utilizzato in nuovi prodotti in vetro nel quadro del riciclaggio a circuito chiuso. Incoraggiare la collaborazione nell’ambito di partenariati tra settori pubblico e privato all’interno della catena del valore, come la piattaforma Close the Glass Loop (Chiudere il ciclo del vetro) nel settore del vetro per contenitori (7).

5.8.1.

In particolare, occorre adoperarsi all’interno delle attività del settore edile, che comprendono anche la demolizione, per sfruttare il potenziale del vetro per l’edilizia fuori uso.

5.8.2.

È dimostrato che tassi elevati di riutilizzazione e di riciclaggio dei contenitori in vetro contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale dei sistemi di confezionamento in vetro e a rendere più efficiente l’uso delle risorse. Per conseguire tassi di riutilizzazione e di riciclaggio elevati, oltre a regimi di responsabilità estesa del produttore per il riciclaggio di contenitori in vetro monouso, l’industria ha introdotto sistemi volontari di deposito cauzionale sui contenitori in vetro riutilizzabili, e in alcuni Stati membri dello Spazio economico europeo sono stati applicati sistemi obbligatori di cauzione-rimborso sui contenitori a perdere per bevande. Sebbene i sistemi obbligatori di cauzione-rimborso dei contenitori monouso siano considerati un mezzo efficace per prevenire la dispersione di rifiuti nell’ambiente e raggiungere elevati tassi di riciclaggio di contenitori per bevande, il CESE ritiene che la cauzione-rimborso per il vetro monouso e altri contenitori in vetro (non solo per bevande) non sia compatibile con sistemi ben funzionanti di responsabilità estesa del produttore, risultati idonei per la raccolta a fini di riciclaggio e che hanno raggiunto tassi di riciclaggio molto elevati.

5.8.3.

Nel caso dei contenitori di vetro a perdere occorre promuovere regimi di responsabilità estesa del produttore che possano garantire la raccolta del vetro sfuso. Tali regimi sono molto più efficaci, in termini sia ambientali che economici, dei sistemi di restituzione su cauzione degli imballaggi monouso.

5.9.

Digitalizzazione: sostenere le industrie e i lavoratori che stanno rendendo possibile un’Europa digitale (fibra ottica, schermi tattili, display, sensori) attraverso un’efficace politica industriale dell’UE e lo sviluppo di ecosistemi, tenendo conto di tutte le sfide descritte fin qui e delle caratteristiche specifiche dei vari comparti del vetro.

5.10.   Garantire la competitività nel mercato europeo

5.10.1.

La transizione energetica nel settore del vetro richiederà tempo; in questa fase, una sfida particolarmente ardua per tale settore deriva dal livello molto elevato, e crescente, dei costi energetici, che attualmente rappresentano circa il 25-30 % dei costi di produzione del vetro, a seconda dei prodotti e delle fluttuazioni dei prezzi.

5.10.2.   Aiuti di Stato

Tutti i comparti del vetro dovrebbero beneficiare di strumenti di sostegno per le spese in conto capitale e le spese operative, come il Fondo per la modernizzazione, i fondi strutturali dell’UE e il Fondo per l’innovazione ETS. Il vetro dovrebbe essere esente dalla direttiva sulla tassazione dell’energia, ma incluso nell’esenzione per categoria per la compensazione dell’energia elettrica, e beneficiare dei contratti per differenza sul carbonio, in modo da poter investire in processi di produzione a basse emissioni di CO2. Si dovrebbe in particolare inserire il vetro speciale nell’elenco degli aiuti di Stato per il clima.

5.10.3.

Competitività a livello mondiale

5.10.3.1.

Le pratiche commerciali sleali di paesi terzi devono essere affrontate rapidamente con strumenti di politica commerciale efficaci.

5.10.3.2.

Il settore delle fibre di vetro a filamento continuo ha risentito delle distorsioni di mercato prodotte dalle ingenti importazioni di fibre di vetro oggetto di dumping e di sovvenzioni provenienti dall’Asia. Urgono misure antielusione, ad esempio sulle importazioni dall’Egitto e dal Bahrein.

5.10.3.3.

Anche il comparto dei parabrezza per autoveicoli deve far fronte a una forte concorrenza, specie da parte di produttori cinesi. Norme meno rigorose in materia di ambiente e di emissioni di CO2, combinate con salari più bassi e con condizioni di lavoro di livello inferiore, determinano una concorrenza sleale che potrebbe indurre i costruttori europei di automobili ad accrescere le importazioni dall’Asia orientale, causando un aumento delle emissioni di CO2 a livello mondiale.

5.10.3.4.

L’Europa è il primo produttore mondiale di imballaggi in vetro. Tale comparto è al servizio dell’industria degli alimenti e delle bevande dell’UE, un settore produttivo essenziale — il più grande dell’Unione. Il vetro contribuisce inoltre al commercio esterno con prodotti confezionati o potenzialmente confezionati in vetro per un valore stimato in 250 miliardi di EUR, ossia superiore al valore dei proventi che derivano all’UE dall’esportazione di resine e pellet di plastica, prodotti chimici organici e aeromobili.

5.11.   Garantire una transizione giusta

Si dovrebbero incoraggiare e sostenere l’apprendimento e la formazione permanenti, per garantire l’adeguamento della forza lavoro alle nuove tecnologie e ai nuovi processi, e offrire una maggiore sicurezza del posto di lavoro, sia nel settore che nel mercato del lavoro in senso più ampio. I lavoratori dovrebbero essere coinvolti nella transizione e pertanto la legislazione dell’UE dovrebbe sostenere il dialogo sociale a ogni livello.

5.12.   Stabilità e certezza del diritto

5.12.1.

Rilocalizzazione delle emissioni di carbonio: occorrerebbe mantenere misure efficaci in materia di rilocalizzazione delle emissioni tramite il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, per sostenere l’industria nella transizione verso il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica dell’UE e per creare e mantenere la parità di condizioni a livello europeo e internazionale.

5.12.2.

Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere: il CESE è favorevole a un’introduzione attenta di tale meccanismo, in linea con le norme dell’OMC, ma esso dovrebbe comprendere una soluzione per le esportazioni e dovrebbe integrare l’assegnazione gratuita al livello pieno di riferimento almeno fino al 2030, per consentire alle imprese di concentrarsi sugli investimenti a basse emissioni di carbonio e valutare l’efficacia di tale meccanismo.

5.12.3.

Tassonomia: il CESE accoglie con favore i lavori sul pacchetto dell’UE sulla tassonomia, volto a orientare i finanziamenti privati verso attività sostenibili, ma ritiene che occorra affrontare il ruolo della produzione del vetro e il suo contributo all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla mitigazione dei loro effetti.

5.12.4.

Circolarità: il CESE accoglie con favore il piano d’azione per l’economia circolare e chiede il pieno riconoscimento del vetro come materiale permanente, che rimane produttivo nelle nostre economie, e il pieno sostegno delle iniziative volte a migliorare la circolarità del vetro.

5.12.5.

Pronti per il 55 %: questo pacchetto di misure è stato presentato durante l’elaborazione del presente parere. Esso propone di modificare una dozzina di proposte esistenti (direttiva sullo scambio di quote di emissione, direttiva sulla tassazione dell’energia, direttiva sulle energie rinnovabili ecc.) e introduce alcune nuove proposte (come la proposta di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere). Il CESE invita la Commissione a valutare attentamente l’impatto di questo pacchetto sull’industria del vetro. Data la portata delle modifiche introdotte in molti settori diversi, è fondamentale garantire la coerenza tra i vari atti legislativi ed evitare potenziali conflitti. Il pacchetto dovrebbe sostenere il settore nella transizione energetica, garantendo nel contempo parità di condizioni con i concorrenti al di fuori dell’UE che non devono sostenere gli stessi costi del carbonio.

Bruxelles, 21 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Fonte: Eurostat e FERVER.

(2)  Dati tratti da una relazione del 2019 dell’istituto TNO Glazing potential: energy savings and CO2 emission reduction — Glass for Europe (Il potenziale della vetratura: risparmio energetico e riduzione delle emissioni di CO2 — Il vetro per l’Europa).

(3)  Furnace for the Future: https://feve.org/about-glass/furnace-for-the-future/

(4)  Glass for Europe — 2050: Flat glass in climate-neutral Europe (Vetro per l’Europa — 2050: il vetro piano in un’Europa a impatto climatico zero), 2019: https://glassforeurope.com/wp-content/uploads/2020/01/flat-glass-climate-neutral-europe.pdf.

(5)  Close the Glass Loop: https://closetheglassloop.eu/.

(6)  L’industria del vetro dispone di diverse strategie di decarbonizzazione, quali il passaggio a fonti di energia rinnovabili, le misure di efficienza energetica, le materie prime a basse emissioni di carbonio, l’utilizzo del vetro riciclato, i trasporti e la logistica.

(7)  Close the Glass Loop: www.closetheglassloop.eu.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/26


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La strategia dell’UE per la mobilità e le catene del valore industriali dell’UE: l’approccio degli ecosistemi automobilistici»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/05)

Relatore:

Arnaud SCHWARTZ

Correlatrice:

Monika SITÁROVÁ

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in commissione

29.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

235/1/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che l’ecosistema automobilistico europeo possa porsi all’avanguardia nello sviluppo e nell’impiego di soluzioni di mobilità sostenibile. L’ecosistema automobilistico deve pertanto attivarsi nell’elaborazione di strategie volte a influire sulle attuali perturbazioni e sulle megatendenze del contesto automobilistico europeo.

1.2.

Per ridurre del 90 %, entro il 2050, le emissioni provocate dai trasporti, il CESE invita l’UE a impegnarsi per rendere sostenibili tutti i modi di trasporto, e contemporaneamente per rendere largamente disponibili e accessibili ai cittadini dell’UE le alternative sostenibili. Quest’obiettivo si può conseguire grazie a una combinazione intelligente di sistemi di propulsione che mantengano l’equilibrio tra protezione ambientale, uso efficiente delle energie rinnovabili, redditività economica e accettazione da parte dei consumatori, rispettando il principio della neutralità tecnologica.

1.3.

Il CESE ribadisce con forza che la mobilità individuale deve rimanere accessibile, anche economicamente, per tutti, soprattutto per i pendolari che non hanno accesso a trasporti pubblici di qualità o ad altre soluzioni di mobilità. Occorre evitare a tutti i costi una polarizzazione sociale tra coloro che possono permettersi di acquistare un’auto verde e coloro per cui ciò è invece impossibile. A tal proposito il CESE segnala che l’istituzione di un sistema parallelo per lo scambio di quote di emissioni nel settore dei trasporti potrebbe compromettere il sostegno pubblico alla defossilizzazione dei trasporti su strada, qualora i gruppi a reddito più basso e coloro che dipendono dal trasporto su strada per il proprio sostentamento non ricevessero una compensazione adeguata.

1.4.

Il CESE rileva che l’industria automobilistica europea è sempre stata un leader a livello globale e un fattore di crescita e occupazione. Nella transizione al paradigma di un sistema di trasporti su strada digitalizzato e decarbonizzato, il settore dovrebbe mantenere tale posizione e sviluppare percorsi di trasformazione che gli consentano di superare le tendenze disgreganti con cui deve attualmente confrontarsi. A questo fine dovrebbe far leva sui propri punti di forza: la tecnologia, la forza lavoro altamente qualificata, le competenze ingegneristiche ai primi posti a livello mondiale, i consumatori esigenti, le sofisticate catene di approvvigionamento, la robusta cultura delle PMI e le costruttive relazioni industriali.

1.5.

L’avvio positivo dell’importante progetto di comune interesse europeo (IPCEI) sulle batterie ha dimostrato che mettendo in comune risorse pubbliche e private è possibile recare un evidente contributo al rafforzamento della catena di approvvigionamento nell’industria automobilistica. Il CESE è quindi convinto che sia opportuno prendere in considerazione l’opportunità di avviare in questo settore un maggior numero di IPCEI: per esempio sull’idrogeno (in via di preparazione), le automobili automatizzate e interconnesse, l’economia circolare, le materie prime ecc. Occorre un’azione coraggiosa per affrontare il problema delle strozzature nell’approvvigionamento di semiconduttori, e l’avvio di un secondo IPCEI per i semiconduttori potrebbe contribuire alla soluzione.

1.6.

Il CESE desidera promuovere condizioni di parità a livello mondiale. L’Europa deve nutrire l’ambizione di mantenere la forte posizione che può vantare in fatto di esportazioni nel settore automobilistico. Occorre pertanto agire per:

cercare di garantire la reciprocità nelle relazioni commerciali (accesso al mercato, appalti pubblici, investimenti, rispetto dei DPI, sovvenzioni);

concludere accordi di libero scambio bilaterali (comprendenti un capitolo sul settore automobilistico/del trasporto su strada);

combattere le pratiche commerciali sleali (sovvenzioni, accordi di libero scambio bilaterali, differenze nel prezzo del carbonio, dumping sociale e ambientale);

promuovere la cooperazione internazionale in materia di automobili pulite e carburanti a basse emissioni di carbonio.

1.7.

La trasformazione dell’industria automobilistica eserciterà un drastico impatto sulla quantità e la qualità dei posti di lavoro necessari. Occorre quindi attuare politiche attive del mercato del lavoro per mantenere l’occupabilità della forza lavoro, per esempio tramite iniziative di sviluppo delle competenze e riconversione professionale (come l’Alleanza delle competenze nel settore automobilistico) per fornire ai lavoratori le competenze del futuro. Ai lavoratori costretti a lasciare il settore è necessario garantire un’agevole transizione a un altro posto di lavoro (oltre a regimi di pensionamento anticipato).

1.8.

Il CESE invita a effettuare una mappatura precisa dell’impatto della transizione digitale e verde del settore, allo scopo di individuare le regioni e i settori della catena di approvvigionamento che sono maggiormente esposti a rischi. È necessario anche monitorare l’evoluzione dell’impronta del settore derivante dalle esigenze di decarbonizzazione e digitalizzazione, tenendo conto di tutte le fasi pertinenti del ciclo di vita. Considerata l’entità delle sfide cui la catena di approvvigionamento del settore automobilistico deve far fronte, il CESE ritiene indispensabile introdurre un meccanismo di transizione giusta per il settore, al fine di predisporre le misure di accompagnamento necessarie per evitare perturbazioni sociali e assicurare una transizione socialmente responsabile.

2.   Osservazioni generali

Situazione attuale

2.1.

Il settore automobilistico è da sempre un pilastro dell’industria dell’Unione europea ed ha legami importanti con settori a monte (ad esempio, siderurgico, chimico e tessile), nonché con settori a valle (ad esempio, TIC, riparazioni, carburanti, lubrificanti e servizi di mobilità). Il settore rappresenta più dell’8 % del PIL dell’UE, dà luogo al 28 % delle spese totali per ricerca e sviluppo nell’Unione e le sue esportazioni generano un consistente avanzo commerciale. Il futuro dell’industria automobilistica europea dipende però dalla sua capacità di apportare i fondamentali adattamenti, necessari per superare le sfide senza precedenti che si profilano attualmente.

2.2.

L’industria europea dell’automobile si trova oggi all’incrocio di un paradigma radicalmente nuovo, prodotto dalla complessa transizione verso un’economia verde e digitale. Il 28 novembre 2018 la Commissione ha adottato una visione a lungo termine per un’economia climaticamente neutra entro il 2050. Il settore dei trasporti, è stato rilevato, svolgerà un ruolo importante in questa transizione. Il Green Deal europeo del dicembre 2019 fissa il quadro strategico per conseguire la neutralità climatica e invita a ridurre del 90 %, entro il 2050, le emissioni prodotte dai trasporti. In tale contesto l’UE ha deciso di rivedere il proprio obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030, che dovrà essere almeno pari a — 55 %. Per realizzare tale obiettivo, il 14 luglio 2021 la Commissione ha presentato il pacchetto «Pronti per il 55 %», che costituisce una revisione del regolamento sulla condivisione degli sforzi, della direttiva sulla realizzazione di un’infrastruttura per i carburanti alternativi e del regolamento sui livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2.

2.3.

Il passaggio dai combustibili fossili a un settore energetico a basse emissioni di carbonio e il passaggio dalla creazione di valore aggiunto nella produzione di massa di automobili alla prestazione di servizi di mobilità sconvolgerà profondamente quest’industria, le numerose PMI che operano nelle sue complesse catene di approvvigionamento e i 13,8 milioni di lavoratori del settore. La sfida consisterà pertanto nel gestire questa transizione verso zero emissioni nette in maniera socialmente accettabile.

Megatendenze disgreganti

2.4.

Globalizzazione. Le vendite del settore automobilistico rallentano nei mercati maturi, ma crescono in quelli emergenti. Di conseguenza il centro di gravità economico si sta spostando dall’Unione europea e dagli Stati Uniti all’Asia. La Cina produce attualmente 26 milioni di automobili all’anno, contro i 22 milioni prodotti nell’UE. La Cina è stata inoltre il primo paese ad avviare la produzione di veicoli elettrici e può vantare una filiera delle batterie matura. Anche il Giappone e la Corea sono all’avanguardia nel settore delle batterie, e sono particolarmente forti nel campo dei semiconduttori. Per l’Europa è anche problematico accedere a un approvvigionamento etico di materie prime come il litio e il cobalto (1). Il settore automobilistico deve inoltre tener conto delle crescenti tensioni geopolitiche.

2.5.

La sfida dello sviluppo sostenibile. Secondo la visione delineata nella strategia dell’UE per una mobilità sostenibile e intelligente «entro il 2030» sulle strade europee «circoleranno almeno 30 milioni di automobili a emissioni zero». Il 14 luglio la Commissione ha proposto che solo i veicoli a emissioni zero possano essere commercializzati a partire dal 2035. A tal fine sarà necessario incrementare decisamente la quota di veicoli a emissioni zero nel parco veicoli (dall’attuale 0,2 % a 11-14 % nel 2030) (2). Realizzare gli obiettivi del Green Deal procurerà vantaggi legati al primo ingresso sul mercato, e favorirà il ruolo guida dell’Europa nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio, nonché la sua competitività globale. Ciò comporta altresì massicci investimenti nello sviluppo di unità motrici alternative (elettriche a batteria, ibride, a idrogeno) e di combustibili defossilizzati per le unità motrici convenzionali che saranno ancora presenti nel parco veicoli per un lungo periodo. Il ritmo della diffusione di questi combustibili e sistemi di propulsione dipende da un quadro normativo idoneo e dai periodi di recupero di tali investimenti. La strategia dell’UE per una mobilità sostenibile e intelligente riconosce la necessità di «rendere tutti i modi di trasporto più sostenibili». Quest’approccio comporta la diffusione di veicoli a basse e a zero emissioni, nonché di carburanti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio per il trasporto su strada, per vie navigabili e aereo.

2.6.

Evoluzione della mentalità dei consumatori. Il comportamento in materia di mobilità è in evoluzione. Cresce una nuova generazione di consumatori meno interessata a possedere un’automobile, poiché molti dei suoi membri abitano in aree urbane tradizionalmente dotate di validi sistemi di trasporto collettivo. Anziché la proprietà di un’automobile, questi consumatori cercheranno altre soluzioni di mobilità (car sharing, servizi di trasporto a chiamata, micromobilità). La pandemia ha rafforzato altre tendenze che erano già visibili: gli acquisti online, il lavoro da remoto, le videoconferenze, i servizi di consegna. Tutto questo porterà a una riduzione della mobilità di automobili personali, mentre aumenterà l’utilizzo di veicoli commerciali.

2.7.

Incrementare la connettività. Le tecnologie digitali mirano a rendere le automobili interconnesse in modo pressoché permanente, da cui potrebbe scaturire un notevole potenziale di modelli commerciali fondati sui dati. Le automobili intelligenti sarebbero dotate di dispositivi di sicurezza attiva, infotainment, servizi di informazioni sul traffico, comunicazione veicolo-infrastruttura ecc.

2.8.

La graduale automazione dell’automobile. Il percorso verso le automobili a guida autonoma porterà a un continuo aumento di dispositivi autonomi nei veicoli. La guida automatizzata, oltre a richiedere enormi investimenti in software, reti di comunicazione e hardware (radar, radar ottici, trasponditori), pone numerose sfide in materia di affidabilità, quadro giuridico, prezzi, attrezzature stradali e responsabilità.

2.9.

Digitalizzazione della produzione. L’industria automobilistica ha inventato la catena di montaggio (Ford), i principi della fabbricazione snellita (Toyota) e le piattaforme di produzione globalizzate (VW). Attualmente sta abbracciando i principi dell’industria 4.0: robotizzazione avanzata, catene di approvvigionamento integrate digitalmente, sistemi di fabbricazione avanzati e fabbricazione additiva.

Conseguenze della trasformazione verde e digitale

2.10.

Un settore automobilistico più ridotto, digitalizzato e decarbonizzato costituirà un problema gravissimo in termini di posti di lavoro. I veicoli elettrici a batteria hanno un numero minore di componenti e sono più semplici da produrre; inoltre almeno il 36 % del loro valore aggiunto risiede nelle batterie. Secondo un’estrapolazione da un recente studio dell’istituto tedesco IFO, nell’UE 620 000 posti di lavoro saranno a rischio nella catena del valore dei sistemi di propulsione convenzionali. Una soluzione parziale si può individuare, per esempio, nel pensionamento (anticipato) (3); un’alternativa di più ampia portata può consistere in una rivoluzione del futuro del lavoro (4). D’altra parte la transizione genererà nuovi posti di lavoro nei settori affini come elettronica di potenza, reti intelligenti, infrastrutture stradali e di ricarica, batterie, nuovi materiali e sistemi di propulsione a carburanti alternativi.

2.11.

Si assiste a una tendenza al consolidamento, alleanze strategiche (per esempio Stellantis, alleanze tra BMW e Mercedes e tra VW e Ford) per mettere in comune le attività di ricerca e sviluppo in nuovi sistemi di propulsione e organizzare acquisti combinati di componenti. Tali fusioni e alleanze daranno sempre luogo a nuove strategie aziendali, a un ripensamento dell’impronta industriale, all’esternalizzazione in regioni ove il costo del lavoro è inferiore, a piani di riduzione dell’occupazione e a un’accresciuta pressione sui fornitori. Lo scorporo di attività ormai giunte a maturazione consente inoltre alle società di concentrare le proprie risorse sui nuovi sistemi di propulsione.

2.12.

Si confondono i confini tra l’industria dell’automobile e il settore delle TI. Le tecnologie dell’informazione penetreranno in tutte le fasi della catena di approvvigionamento. I dati diventeranno una nuova materia prima e una fonte di entrate. È in corso una riorganizzazione globale del settore, che vedrà l’ingresso di nuovi attori: prestatori di servizi di mobilità (Uber), giganti delle TI (Google, Apple, Baidu), produttori di chip (Intel, NXP, STM), produttori di batterie (Panasonic, CATL, LG), costruttori di apparecchiature originali emergenti (Tesla).

2.13.

Il valore aggiunto potrebbe spostarsi dal nucleo di base del settore automobilistico (i costruttori di apparecchiature originali) ad altri segmenti della catena di approvvigionamento, dal momento che la quota delle tecnologie dell’informazione, come percentuale del valore aggiunto, continuerà a crescere a scapito delle componenti meccaniche.

2.14.

È probabile che una quota sempre maggiore di valore aggiunto venga a crearsi in servizi di mobilità come i servizi di trasporto a chiamata, la condivisione dei tragitti, il car sharing e in vari servizi digitali come le app per la navigazione, l’infotainment, la pubblicità e i sistemi avanzati di assistenza alla guida. Ne scaturiranno nuovi modelli commerciali: mentre i costruttori di apparecchiature originali vedono nel settore dell’automobile un mercato da 100 milioni di veicoli, le piattaforme digitali lo considerano un mercato in cui ogni anno si possono vendere 10 000 miliardi di miglia.

2.15.

La struttura occupazionale del settore subirà una radicale ristrutturazione. Si renderanno necessarie nuove competenze ed esperienze (elettronica, elettrochimica, nuovi materiali, tecnologie dell’informazione), e parallelamente assisteremo a un calo della domanda delle competenze meccaniche tradizionali. Dotare la forza lavoro di queste nuove competenze costituirà un’importante sfida per l’industria dell’automobile.

2.16.

Tutte le megatendenze che abbiamo citato si rafforzeranno a vicenda. Mentre vi è un diffuso consenso sul fatto che abbia avuto inizio uno sconvolgimento destinato a mutare le regole del gioco, tutte le parti interessate devono considerare prioritario il compito di rendere più graduale la transizione sociale a un trasporto decarbonizzato, organizzando una transizione giusta. Per essere accettata, la mobilità sostenibile deve essere accessibile a tutti.

3.   Padroneggiare la trasformazione

Ambiente: cambio di marcia verso la sostenibilità

3.1.

Per ridurre del 90 %, entro il 2050, le emissioni provocate dai trasporti, l’UE dovrebbe impegnarsi per rendere sostenibili tutti i modi di trasporto, e contemporaneamente per rendere largamente disponibili e accessibili ai cittadini dell’UE le alternative sostenibili. Quest’obiettivo si può conseguire tramite una combinazione intelligente di sistemi di propulsione che mantenga l’equilibrio tra protezione ambientale, uso efficiente delle energie rinnovabili, redditività economica e accettazione da parte dei consumatori, rispettando il principio della neutralità tecnologica. A tale scopo occorre impiegare una combinazione di strategie differenti:

o riduzione delle emissioni di CO2«dal serbatoio alla ruota» (48V, ibridi, elettricità, idrogeno, motori a combustione interna più efficienti ecc.);

o riduzione delle emissioni di CO2«dal pozzo alla ruota». Per evitare impatti sull’uso del suolo, la biodiversità e le foreste occorre favorire lo sviluppo di elettrocarburanti e biocarburanti conformi agli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e ai criteri stabiliti nella direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (5);

o una strategia coordinata per le città pulite (per esempio con la decarbonizzazione del trasporto nell’ultimo miglio, soluzioni innovative di micromobilità, viaggi intermodali);

o riduzione delle emissioni rilasciate nell’intero ciclo di vita (fabbricazione e riciclaggio);

o riduzione dell’intensità delle emissioni del settore dei trasporti (soluzioni di trasporto intelligenti, mobilità condivisa). Per ciascuna esigenza di trasporto dev’essere disponibile una soluzione di mobilità sostenibile (trasporto di merci a lunga distanza tramite biocarburanti e carburanti sintetici/idrogeno, sistemi di propulsione elettrici a batteria per l’ultimo miglio nelle consegne in zone urbane), nel rispetto del principio della neutralità tecnologica;

o incoraggiare un ammodernamento che preveda la sostituzione del motore a combustione interna con un motore elettrico o la sua integrazione (ibridizzazione) con ruote propulsive;

o riduzione del peso delle autovetture di nuova commercializzazione (6).

3.2.

La Commissione intende introdurre un sistema di scambio di quote di emissioni parallelo per il trasporto su strada e gli edifici. Fissare un prezzo per le emissioni del trasporto su strada equivale a tassare il carburante (ma con una maggioranza qualificata). Gli introiti saranno utilizzati per compensare coloro che si affidano a un veicolo con motore a combustione interna, per lavoro oppure per mancanza di opzioni di trasporto alternative. Dal momento che progettare un meccanismo di compensazione di questo tipo sarebbe estremamente complesso e i prezzi più elevati dei carburanti danneggerebbero in misura sproporzionata i gruppi a reddito inferiore, il CESE dubita che sia questo il percorso da seguire, poiché comprometterebbe il sostegno pubblico all’azione per il clima. La riduzione del costo nel ciclo di vita dei sistemi di propulsione alternativi e la riduzione del costo dei carburanti a emissioni di carbonio basse o nulle sembrerebbero un modo migliore per far sì che i trasporti a basse emissioni di carbonio siano alla portata finanziaria della maggioranza dei cittadini.

3.3.

Si dovrebbe dare la priorità ai cosiddetti«deserti di ricariche». Attualmente sono disponibili 213 000 stazioni di ricarica che, nel caso dell’UE, sono concentrate, per il 70 %, in tre paesi (Paesi Bassi, Germania e Francia). Se si considera l’obiettivo di costruire un milione di punti di ricarica pubblici entro il 2025 e tre milioni entro il 2030, il divario da colmare in termini di sviluppo delle infrastrutture risulta enorme (la strategia europea per una mobilità sostenibile e intelligente stima che gli investimenti supplementari necessari per le infrastrutture di ricarica e rifornimento di carburanti a basse emissioni di carbonio equivalgano a 130 miliardi di EUR all’anno per il prossimo decennio). Il CESE è pertanto favorevole a introdurre obiettivi obbligatori. Nell’ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza, il progetto faro «Recharge and refuel» (ricaricare e rifornire) si limita a incoraggiare gli Stati membri ad accelerare la diffusione di stazioni di ricarica e rifornimento nel quadro dei propri piani per la ripresa. Occorre prestare particolare attenzione alle abitazioni, alla preparazione delle reti per incrementare l’integrazione dei veicoli elettrici, all’interoperabilità delle infrastrutture di ricarica, allo sviluppo di servizi di ricarica intelligenti (per esempio tramite il bilanciamento del carico) e all’offerta di carburanti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio. Dal momento che i veicoli pesanti completamente elettrici stanno diventando una realtà, anch’essi meritano una riflessione specifica.

3.4.

Fino a quando non si raggiungerà la parità dei prezzi tra veicoli convenzionali e veicoli elettrici (si prevede che ciò debba avvenire nel 2025-2027), saranno necessari incentivi finanziari per sostenere la diffusione nel mercato di veicoli a basse emissioni di carbonio. Può trattarsi di incentivi finanziari (sovvenzioni, agevolazioni fiscali, sistemi di rottamazione) o non finanziari (corsie prioritarie, esenzioni dai pedaggi, parcheggi riservati), che comprendano un contesto normativo coerente per la promozione degli investimenti in carburanti a basse emissioni di carbonio. Occorre fare ogni sforzo per rendere più ecologici i parchi veicoli; tale operazione potrebbe infatti costituire un importante volano per accelerare la transizione, contribuendo al contempo alla formazione di un mercato dell’usato per i veicoli a basse emissioni di carbonio o a zero emissioni.

3.5.

Sostegno allo sviluppo dell’economia circolare nell’ecosistema automobilistico: riciclaggio, riutilizzo e rifabbricazione di automobili e loro parti. I principi dell’economia circolare si dovrebbero applicare anche per aumentare la quantità di materie prime secondarie disponibili per il settore e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Studi recenti indicano però che i materiali riciclati raggiungeranno una scala di mercato adeguata in un decennio, quando si compirà la durata di vita dei veicoli elettrici. È necessario pertanto essere realistici e comprendere che l’estrazione primaria rimarrà essenziale almeno negli anni Venti. Pertanto la diversificazione delle catene di approvvigionamento e un’attività estrattiva verde ed etica dovranno garantire la sicurezza dell’approvvigionamento stesso. E ancora, la prossima revisione della direttiva 2000/53/CE (7) relativa ai veicoli fuori uso dovrebbe tener conto dell’elettrificazione dei veicoli e della necessità di sviluppare i mercati di materiali secondari.

Economia: conservare e sviluppare l’intera catena di approvvigionamento del settore automobilistico all’interno dell’UE

3.6.

Promuovere la collaborazione industriale. I cospicui bilanci dedicati a ricerca e sviluppo (attualmente 60 miliardi di EUR all’anno), oggi investiti nello sviluppo di una mobilità decarbonizzata, interconnessa, automatizzata e condivisa, esigono collaborazione industriale e partenariati pubblico-privato. In tale prospettiva occorre sostenere con decisione l’entrata in funzione di partenariati per l’innovazione nel quadro del polo tematico 5 (clima, energia e mobilità) di Orizzonte Europa (idrogeno pulito, batterie, mobilità connessa e automatizzata, trasporti su strada a emissioni zero, guidare la transizione urbana). Inoltre, le alleanze industriali strette sotto gli auspici della Commissione europea (per le batterie, l’idrogeno e le materie prime, oltre a quella annunciata per la catena del valore dei carburanti rinnovabili e a basse emissioni di carbonio) offrono una piattaforma ampia e aperta per stabilire tabelle di marcia strategiche e per coordinare ricerca e sviluppo, investimenti e introduzione sul mercato delle nuove innovazioni. Infine, la messa in comune di risorse pubbliche e private negli IPCEI rafforzerà evidentemente la catena di approvvigionamento automobilistica europea, ridurrà le dipendenze strategiche e promuoverà la duplice transizione verde e digitale. Occorre prendere in considerazione nuovi IPCEI: automobili interconnesse e automatizzate, economia circolare, integrazione dei sistemi energetici, approvvigionamento di materie prime, economia dei dati, semiconduttori.

3.7.

Sfide connesse allo sviluppo di una catena del valore delle batterie sostenibile e circolare (8) all’interno dell’UE. La localizzazione della fabbricazione di batterie e celle a combustibile deve costituire un obiettivo fondamentale per l’Unione europea. Le alleanze UE per le batterie e l’idrogeno meritano sostegno ed è necessario mettere a loro disposizione risorse sufficienti. Queste alleanze industriali devono innescare massicci investimenti in impianti di produzione e creare migliaia di posti di lavoro in Europa. Bisognerà aver cura di impedire fratture tra le regioni d’Europa, come si constata attualmente.

3.8.

La megatendenza delle automobili interconnesse e automatizzate potrebbe cagionare uno spostamento del valore aggiunto dalla vendita e dalla manutenzione dei veicoli a nuovi modelli commerciali rivoluzionari ispirati a servizi basati sui dati e alla mobilità come servizio. L’ecosistema automobilistico dev’essere preparato a fare ingresso in questi nuovi modelli commerciali e a consolidarvi la propria presenza. A tal fine saranno necessari nuovi standard tecnologici e normativi che forniscano nuovi servizi di mobilità innovativi, come pay-per-use, pubblicità geolocalizzata, aggiornamenti/manutenzione a distanza dei veicoli. La formazione di uno spazio europeo dei dati sulla mobilità sarà anch’essa fondamentale per assicurare la leadership europea nei servizi di mobilità digitale. Sarà altresì indispensabile mettere a punto le necessarie infrastrutture di comunicazione digitale ed elaborare tabelle di marcia per accrescere i livelli di automazione (comprendenti un quadro per le prove su vasta scala, l’accesso ai dati e un nuovo approccio all’omologazione dei veicoli). Occorre inoltre valutare l’impatto a lungo termine di veicoli sempre più automatizzati, soprattutto in termini di occupazione e problemi etici, poiché quest’aspetto si rivelerà importante per garantire l’accettazione sociale. Infine, dal momento che in futuro il trasporto di merci potrà intensificarsi (commercio elettronico), è necessario elaborare soluzioni di mobilità intelligente per i trasporti, basate sull’organizzazione multimodale dei trasporti, sull’efficienza in termini di costi (combinazioni di veicoli a elevata capacità) e su modi di trasporto sostenibili, con l’uso di soluzioni di automazione e connettività nella catena logistica.

3.9.

Tecnologie intelligenti e soluzioni digitali basate sul«paradigma dell’industria 4.0» devono promuovere l’integrazione dei sistemi di produzione e contribuire a renderli più flessibili. Il potenziamento dei sistemi di produzione (non solo l’integrazione dei processi di produzione a livello di impresa) lungo l’intera catena di approvvigionamento renderà più resilienti le catene di approvvigionamento del settore automobilistico e promuoverà la competitività. Occorre favorire la digitalizzazione creando uno spazio di dati industriali per il settore. Queste tecnologie comportano peraltro una maggiore automazione con un impatto negativo sui posti di lavoro: un problema che è necessario affrontare.

3.10.

Promuovere condizioni di parità a livello mondiale. L’Europa deve nutrire l’ambizione di mantenere la propria solida posizione per quanto riguarda le esportazioni nel settore automobilistico. Occorre pertanto agire per:

o cercare di garantire la reciprocità nelle relazioni commerciali (accesso al mercato, appalti pubblici, investimenti, rispetto dei DPI, sovvenzioni);

o concludere accordi di libero scambio bilaterali (comprendenti un capitolo sul settore automobilistico/del trasporto su strada);

o combattere le pratiche commerciali sleali (sovvenzioni, accordi di libero scambio bilaterali, differenze nel prezzo del carbonio, dumping sociale e ambientale);

o promuovere la cooperazione internazionale in materia di tecnologie per la produzione di automobili pulite e carburanti a basse emissioni di carbonio.

3.11.

È necessario rafforzare il sostegno all’armonizzazione tecnica globale nel quadro della commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE). Occorre un’azione coraggiosa che risolva il problema delle strozzature nell’approvvigionamento di semiconduttori automobilistici. La domanda di semiconduttori continuerà a crescere, giacché le automobili si stanno trasformando in dispositivi elettronici. In tale prospettiva il CESE sostiene senza riserve la proposta contenuta nell’ultima comunicazione sulla politica industriale, mirante a elaborare un pacchetto di strumenti per ridurre e prevenire le dipendenze strategiche dell’Europa. Merita un incondizionato sostegno anche l’obiettivo fissato nella Bussola per il digitale europea, ossia il raddoppio (dal 10 % al 20 %) della quota dell’Europa nel mercato globale dei semiconduttori. L’avvio di un secondo IPCEI per i semiconduttori contribuirà certamente al conseguimento di tale obiettivo. Gli Stati membri dell’UE dovrebbero anche mantenere la promessa di spendere per la transizione digitale il 20 % del dispositivo per la ripresa e la resilienza dopo la COVID. Ulteriori azioni potrebbero comprendere il tentativo di attirare investimenti diretti dall’estero e l’avvio di una cooperazione strategica tra imprese automobilistiche e produttori di semiconduttori. Infine, l’Osservatorio sulle tecnologie critiche deve monitorare attentamente le molte altre dipendenze strategiche che interessano l’industria automobilistica: materie prime, idrogeno, batterie, energia rinnovabile, tecnologie del cloud ecc.

3.12.

Occorre affrontare l’impatto del nuovo contesto automobilistico sul mercato postvendita. Il mercato postvendita dell’automobile, che impiega quattro milioni di persone, è destinato a confrontarsi con profondi cambiamenti strutturali causati dalla diminuzione delle vendite, dall’elettrificazione, dalla ridotta domanda di carburanti, dalle vendite online e dalla riduzione della manutenzione. Il settore dovrà reinventarsi come prestatore di servizi di mobilità: ammodernamento delle automobili, manutenzione preventiva, trasporto a chiamata, car sharing e sviluppo di modelli commerciali nella micromobilità. Occorre risolvere i conflitti di interessi concernenti l’accesso ai dati a bordo del veicolo, e introdurre una piattaforma interoperabile e standardizzata che consenta al mercato postvendita di sviluppare servizi basati sui dati (come diagnosi da remoto, aggiornamento del software, manutenzione preventiva).

Società: gestire i cambiamenti e garantire una transizione socialmente equa

3.13.

La trasformazione dell’industria automobilistica inciderà drasticamente sulla quantità di posti di lavoro necessari per la fabbricazione delle automobili e delle loro componenti, nonché sui profili occupazionali necessari per il nuovo paradigma. Le politiche del mercato del lavoro dovrebbero pertanto concentrarsi sui seguenti elementi: mantenimento/miglioramento dell’occupabilità della forza lavoro tramite l’apprendimento permanente e creazione di percorsi flessibili tra il mondo dell’istruzione e il mondo del lavoro (per esempio sistemi di apprendimento duale, mercati dell’apprendistato funzionanti e certificazione dell’apprendimento non formale). È opportuno favorire la mobilità interna dei lavoratori nelle imprese, tramite iniziative di sviluppo delle competenze e riconversione professionale, per fornire loro le competenze del futuro (diminuzione del lavoro manuale e forte incremento delle competenze digitali, con particolare riguardo per l’ingegneria informatica ed elettronica). Iniziative settoriali europee come DRIVES e ALBATTS, nonché la nuova alleanza per le competenze automobilistiche, rappresentano strumenti essenziali per superare la sfida delle competenze.

3.14.

Ai lavoratori costretti a lasciare il settore si dovrebbe garantire un’agevole transizione a un altro posto di lavoro. Occorre offrire loro accesso ai nuovi posti di lavoro che verranno a crearsi in settori emergenti come TI, reti 5G, elettronica di potenza, infrastrutture di ricarica, produzione di energie rinnovabili, reti intelligenti, strade intelligenti, servizi di mobilità, batterie, carburanti alternativi, stoccaggio di energia, produzione e distribuzione di elettricità. Si tratterà di un compito assai impegnativo, poiché probabilmente questi posti di lavoro verranno creati in luoghi e momenti diversi, e per insiemi di competenze diversi rispetto ai posti di lavoro che saranno scomparsi. Nel corso della transizione si dovrà garantire la sicurezza dei redditi. Gli esuberi di massa si potranno evitare anche grazie a sistemi di pensionamento anticipato, lavoro a tempo parziale e riduzione dell’orario di lavoro. È necessario instaurare un adeguato dialogo sociale, per riuscire ad anticipare tempestivamente i cambiamenti ed evitare così conflitti e disordini sociali.

3.15.

Occorre effettuare una mappatura precisa dell’impatto della transizione digitale e verde del settore allo scopo di individuare le regioni e i segmenti della catena di approvvigionamento che sono maggiormente esposti a rischi. Non dovrebbero emergere nuove fratture sociali tra est e ovest, né tra l’Europa meridionale e quella settentrionale. È necessario anche monitorare l’evoluzione dell’impronta del settore derivante dalle esigenze di decarbonizzazione e digitalizzazione. Occorre esaminare con attenzione le potenzialità di sviluppo nell’uso della biomassa sostenibile, perché questo settore offre anche nuove opportunità di lavoro, tenendo conto allo stesso tempo della necessità di restare entro i limiti ecologici.

3.16.

Tutte le parti interessate (imprese, sindacati, organizzazioni di cluster, autorità, agenzie del mercato del lavoro, organismi di sviluppo regionale) nelle regioni interessate dal settore automobilistico dovrebbero collaborare intensamente a piani generali di riassetto regionale.

3.17.

Occorre inoltre evitare gli attivi non recuperabili nella catena di approvvigionamento dell’automobile assicurando un sostegno tempestivo e adeguato alle numerose PMI che non hanno le risorse (umane e finanziarie) per ristrutturare le proprie attività e spostarsi verso modelli commerciali più promettenti.

3.18.

La mobilità individuale deve rimanere accessibile, anche economicamente, per tutti, soprattutto per i pendolari che non hanno accesso a trasporti pubblici di qualità o ad altre soluzioni di mobilità. Quest’obiettivo si può conseguire offrendo una compensazione per il maggior prezzo dei sistemi di propulsione alternativi e dei carburanti a emissioni di carbonio basse o nulle che si possono utilizzare in un’automobile convenzionale. Occorre evitare a tutti i costi una polarizzazione sociale tra coloro che possono permettersi di acquistare un’auto verde e coloro per cui ciò è invece impossibile.

3.19.

Conclusioni. L’industria automobilistica europea è sempre stata una leader a livello globale e un fattore di crescita e occupazione. Nella transizione al paradigma di un sistema di trasporti su strada digitalizzato e decarbonizzato, il settore dovrebbe mantenere tale posizione e sviluppare percorsi di trasformazione che consentano di superare le tendenze disgreganti con cui deve attualmente confrontarsi. A questo fine dovrebbe far leva sui propri punti di forza: la tecnologia, la forza lavoro altamente qualificata, le competenze ingegneristiche ai primi posti a livello mondiale, i consumatori esigenti, le sofisticate catene di approvvigionamento, la robusta cultura delle PMI e le costruttive relazioni industriali. L’ecosistema automobilistico europeo deve porsi all’avanguardia nello sviluppo e nell’impiego di soluzioni di mobilità sostenibile. L’ecosistema automobilistico deve pertanto attivarsi nell’elaborazione di strategie volte a influire sulle attuali perturbazioni e sulle megatendenze del contesto automobilistico europeo. Considerata l’entità delle sfide cui la catena di approvvigionamento del settore automobilistico deve far fronte, il CESE ritiene indispensabile introdurre un meccanismo di transizione giusta per il settore, al fine di predisporre le misure di accompagnamento necessarie per evitare perturbazioni sociali e assicurare una transizione socialmente responsabile.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_2312

(2)  Documento di lavoro dei servizi della Commissione, Sustainable and Smart Mobility (Mobilità sostenibile e intelligente), SWD(2020)331, pag. 248.

(3)  Oliver Falck, Nina Czernich, Auswirkungen der vermehrten Produktion elektrisch betriebener Pkw auf die Beschäftigung in Deutschland, maggio 2021, ifo Institut; https://www.ifo.de/DocDL/ifoStudie-2021_Elektromobilitaet-Beschaeftigung.pdf.

(4)  https://eeb.org/library/escaping-the-growth-and-jobs-treadmill/

(5)  Direttiva 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82).

(6)  Le autovetture di peso inferiore a 1 000 kg/superiore a 1 500 kg rappresentavano rispettivamente il 36 %/7 % di quelle vendute in Francia nel 1998 e il 15 %-16 % di quelle vendute in Francia nel 2019 (Eurostat).

(7)  Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34).

(8)  Da questo punto di vista il ruolo del regolamento europeo sulle batterie è illustrato dettagliatamente nel parere GU C 220 del 9.6.2021, pag. 128.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/34


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «L’impatto sociale ed ecologico dell’ecosistema 5G»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/06)

Relatore:

Dumitru FORNEA

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

7.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

210/2/19

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che la rapida digitalizzazione e lo sviluppo delle comunicazioni elettroniche hanno un forte impatto sull’economia e sulla società in generale. Attraverso l’uso responsabile di queste tecnologie l’umanità ha un’opportunità storica di costruire una società migliore, ma, in assenza della dovuta diligenza e del controllo democratico, l’amministrazione di questi sistemi tecnologici potrebbe comportare in futuro gravi sfide per le nostre comunità.

1.2.

Il CESE riconosce che l’infrastruttura delle comunicazioni elettroniche può migliorare grandemente la qualità della vita dei cittadini e incide direttamente sulla lotta contro la povertà. La tecnologia 5G rappresenta un’enorme opportunità per migliorare i servizi sanitari destinati alle persone, attraverso lo sviluppo della telemedicina e un migliore accesso alle cure mediche. Il ruolo importante che la telemedicina ha svolto e continua a svolgere durante la pandemia è riconosciuto dalla società.

1.3.

Il CESE osserva che la discussione sullo sviluppo delle reti 5G si è trasformata in un controverso dibattito politico, ma che nondimeno occorre chiarirne le implicazioni sociali, sanitarie e ambientali, coinvolgendo i cittadini e tutti i soggetti interessati.

1.4.

Il CESE incoraggia la Commissione europea a proseguire la valutazione dell’impatto multisettoriale delle nuove tecnologie 5G e 6G, tenendo presente che sono necessari strumenti e misure per affrontare i rischi e le vulnerabilità. Il CESE raccomanda pertanto di destinare fondi europei e nazionali a ricerche multidisciplinari più approfondite e a studi d’impatto incentrati sia sulle persone che sull’ambiente, nonché alla diffusione di tali risultati al fine di educare i cittadini e i decisori politici.

1.5.

Il CESE propone che la Commissione europea consulti i cittadini e le organizzazioni della società civile e, coinvolgendo tutte le istituzioni pubbliche pertinenti, contribuisca al processo decisionale concernente l’impatto sulla società e sull’ambiente delle comunicazioni elettroniche mobili.

1.6.

Il CESE ritiene che l’UE abbia bisogno di un organismo europeo indipendente, dotato di metodologie aggiornate, in linea con l’attuale contesto tecnologico, e di un approccio multidisciplinare, che elabori degli orientamenti per la protezione della popolazione e dei lavoratori in caso di esposizione alle radiazioni elettromagnetiche in radiofrequenza.

1.7.

Il CESE raccomanda di stilare un inventario di tutte le stazioni di trasmissione in radiofrequenza e delle bande di frequenza su cui esse operano e di pubblicare tali informazioni, ai fini di una migliore gestione territoriale e della tutela degli interessi dei cittadini, e in particolare di quelli appartenenti a gruppi particolarmente vulnerabili (minori, donne incinte, malati cronici, anziani, persone elettrosensibili). È imperativo tenere in considerazione anche la salute e la sicurezza dei lavoratori.

1.8.

Il CESE sostiene l’idea che le apparecchiature di rete 5G debbano essere concepite, già a partire dalla fabbrica, in modo tale da fornire informazioni pubbliche e in tempo reale sulla potenza di emissione e su altri parametri tecnici rilevanti per le organizzazioni dei consumatori e per il pubblico interessato. Tali dati devono essere centralizzati, gestiti e divulgati dalle autorità competenti.

1.9.

Il CESE ritiene che il monitoraggio e il controllo dell’inquinamento elettromagnetico debbano essere effettuati sulla base di un rigoroso approccio scientifico interistituzionale e interdisciplinare, sostenuto dalla fornitura di apparecchiature moderne per la misurazione dei parametri delle reti di comunicazione elettronica, in modo che gli effetti cumulativi a più lungo termine siano adeguatamente evidenziati e valutati.

1.10.

Sebbene non esistano dati scientifici accreditati che dimostrino un impatto negativo del 5G sulla salute umana, il CESE ritiene che gli aspetti sociali, sanitari e ambientali del 5G debbano essere monitorati in modo continuo, in linea con il principio di precauzione. Prende atto delle preoccupazioni per gli effetti sulla salute — compresi quelli termici e non termici, l’intensità di esposizione e gli effetti a lungo termine di tale esposizione. L’esposizione si concentrerà in misura maggiore in alcune regioni o zone piuttosto che in altre, e in tali casi occorrerebbe considerare misure specifiche, compresa la raccomandazione di estendere l’applicazione del principio ALARA (ovvero il livello più basso ragionevolmente ottenibile) per limitare gli effetti delle radiazioni elettromagnetiche generate dalle reti 5G.

1.11.

Il CESE rileva che è quasi impossibile evitare l’esposizione della popolazione a una varietà di campi elettromagnetici. Le parti sociali dovrebbero essere coinvolte fin dall’inizio nel riesame dei valori limite di esposizione di cui alla direttiva sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (1). Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata agli effetti non termici.

1.12.

Le misure di protezione della salute e della sicurezza devono essere rafforzate e consolidate mediante un rigoroso monitoraggio dei livelli di radiazione e una puntuale applicazione delle norme di sicurezza per le persone che lavorano in prossimità di sorgenti di radiazioni elettromagnetiche.

1.13.

Il CESE rileva che, nel nuovo contesto di iperdigitalizzazione, iperautomazione e iperconnettività favorito dall’introduzione del 5G, bisognerà aggiornare i meccanismi istituzionali volti a tutelare tutti i diritti umani, dato che qualsiasi sviluppo tecnologico deve integrare tali valori universali, che rappresentano una dimensione pertinente e necessaria della valutazione del rapporto tra costi e benefici.

1.14.

Il CESE comprende le preoccupazioni dei cittadini riguardo alla tutela dei loro diritti di proprietà nel contesto della distribuzione delle antenne, o al diritto di disporre del proprio corpo nel contesto di reti 5G che si estendono ovunque, dalla loro abitazione al satellite orbitale. Il diritto di proprietà e le scelte delle persone devono essere rispettati. Si dovrebbe fornire una definizione di consenso informato, in modo che il cittadino abbia un reale diritto a un consenso libero, pienamente informato e valido.

1.15.

Il CESE sostiene il rafforzamento delle capacità europee in materia di prevenzione dei — e protezione dai — rischi informatici, nonché di educazione in merito, attraverso un rafforzamento delle istituzioni pertinenti come l’ENISA e la creazione di strumenti tecnologici, istituzionali e giuridici per garantire il rispetto dei diritti dei cittadini. Per porre rimedio a determinate minacce per la sicurezza, l’UE dovrebbe investire di più nella costruzione delle proprie tecnologie e nel sostegno al settore tecnologico e agli sviluppatori. Cosa ancora più importante, tali azioni dovrebbero essere concepite in modo da incentivare le PMI europee a sviluppare infrastrutture 5G sicure e affidabili.

2.   Introduzione

2.1.

Il 5G non è di per sé una nuova tecnologia, ma è piuttosto lo sviluppo di tecnologie già esistenti (dall’1G al 4G), con le quali coesisterà. Il risultato sarà una rete mista di reti, con un maggior numero e una maggiore varietà di bande dello spettro radio, una combinazione di dispositivi per lo scambio di dati e numerosissime interazioni con gli utenti. Alcune delle nuove attrezzature e delle nuove tecnologie impiegate potrebbero avere effetti diversi rispetto alle generazioni precedenti.

2.2.

La tecnologia 5G dovrebbe consentire l’iperconnettività senza fili, possibilità di copertura e connessione di un numero estremamente elevato di dispositivi e una velocità di trasferimento molto maggiore — dell’ordine di Gbps. Tale obiettivo sarà raggiunto mediante l’aggregazione dello spettro attraverso la formazione del fascio (beamforming) e molteplici connessioni in parallelo con l’ausilio di antenne Massive MIMO (stazione di base ad allineamento di fase dell’operatore) e MIMO (dispositivo del cliente) e con una bassa latenza (dell’ordine di millisecondi con l’infrastruttura dell’operatore ma non con il resto di Internet).

2.3.

Uno studio del 2019 a cura dell’Associazione GSM mostra che le nuove capacità delle reti 5G sono necessarie per consentire il funzionamento dei veicoli a guida autonoma e per rendere operativi gli strumenti di realtà virtuale, realtà aumentata e Internet tattile, mentre le restanti applicazioni sono realizzabili anche con le tecnologie attuali (4G LTE e fibra ottica). La tecnologia 5G accelererà inoltre la transizione verso l’industria 4.0 e faciliterà lo sviluppo di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale; pertanto, tale tecnologia è considerata un elemento cruciale e necessario per lo sviluppo di un’economia moderna, sempre più automatizzata e digitalizzata.

2.4.

Comunità scientifiche di varie parti del mondo hanno documentato (2) i motivi per nutrire legittime preoccupazioni circa l’esposizione prolungata e generalizzata del corpo umano e di altri organismi viventi alla gamma di frequenze delle microonde utilizzate dalle reti 5G e ai fasci e frequenze radio, dell’ordine di 10-20-30 o più gigahertz, propri della tecnologia 5G, nonché circa i possibili effetti negativi sulla salute umana, sulla biodiversità e sull’ambiente. Finora, tuttavia, le competenti autorità pubbliche nazionali e dell’UE hanno affermato che non vi sono prove scientifiche dell’impatto negativo del 5G sulla salute umana. L’OMS afferma che a tutt’oggi, dopo molte ricerche, non è stato rilevato alcun nesso causale tra esposizione alle tecnologie senza fili ed effetti negativi sulla salute.

2.5.

Oltre ad agevolare l’applicazione di tecnologie emergenti, il 5G genera incertezza e, come per ogni nuova tecnologia, alcuni dei suoi effetti possono essere ancora invisibili. Al fine di affrontare adeguatamente qualsiasi questione relativa all’impatto del 5G sulla salute pubblica e di evitare una disinformazione dell’opinione pubblica, la società civile ritiene che serva un’adeguata governance preventiva, e che si debba applicare il principio di precauzione al processo legislativo europeo per regolamentare questa nuova generazione tecnologica di comunicazioni elettroniche.

3.   Osservazioni generali

3.1.

In generale, le istituzioni internazionali, le imprese e le autorità nazionali non nascondono il loro entusiasmo per i benefici che apporterà il 5G. Bisogna tuttavia studiare se degli effetti negativi potrebbero presentarsi con lo sviluppo dell’ecosistema 5G e, quindi, considerare le condizioni necessarie per un’accettazione sociale delle relative infrastrutture e dei relativi servizi, che avranno un impatto di rilievo sulla società.

3.2.

Con lo sviluppo accelerato delle tecnologie delle comunicazioni elettroniche e delle infrastrutture Internet, si sono moltiplicate le opinioni espresse da cittadini e organizzazioni della società civile dei paesi sviluppati in merito alla necessità e ai benefici di un’accelerazione esponenziale dello sviluppo delle reti TIC. Le autorità pubbliche devono prendere atto delle sfide legate ai modi in cui tali sistemi tecnologici potrebbero incidere sull’ambiente, sugli organismi viventi o sui diritti civili delle persone.

3.3.

A livello dell’UE, la preoccupazione riguardo ai possibili effetti dell’inquinamento elettromagnetico sulla salute trova spazio nel considerando 31 della decisione n. 243/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3): «Un approccio coerente nel settore delle autorizzazioni legate allo spettro radio nell’Unione dovrebbe tenere pienamente conto della protezione della salute pubblica contro l’esposizione ai campi elettromagnetici che è essenziale per il benessere dei cittadini. In osservanza alla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, è essenziale garantire un monitoraggio costante degli effetti sulla salute di emissioni ionizzanti e non ionizzanti legati all’uso dello spettro radio, compresi gli effetti cumulati, in situazione reale, dell’uso di varie frequenze dello spettro radio da un numero crescente di tipi di apparecchiature».

4.   Osservazioni particolari

La tecnologia 5G e il suo impatto sui diritti civili dei cittadini

4.1.

Negli ultimi anni varie organizzazioni della società civile dell’UE e di altre regioni del mondo hanno messo in guardia contro gli effetti nocivi e le gravi e complesse crisi che potrebbero essere innescate dalla mancanza di controllo democratico e di trasparenza, nonché dalle minacce per la sicurezza derivanti dalla dipendenza da tecnologie fornite da operatori di paesi terzi.

4.2.

L’industria delle comunicazioni elettroniche e le applicazioni innovative dirompenti, del tipo 5G, che essa offre si basano sullo sfruttamento di due risorse molto importanti. In primo luogo lo spettro delle radiofrequenze, una risorsa naturale limitata, di proprietà dell’insieme dei cittadini e gestita per loro conto dai governi tramite agenzie nazionali o altri organismi pubblici, che ne concedono l’uso mediante licenza agli operatori di comunicazioni elettroniche.

4.3.

L’altra risorsa essenziale è l’accesso ai dati e ai metadati dei consumatori e in generale delle persone. Con lo sviluppo del mercato dei servizi digitali, questi dati hanno un valore estremamente elevato e procurano enormi vantaggi alle imprese che li utilizzano. Il parere adottato dal CESE sulla strategia in materia di dati ha segnalato alcune delle sfide in questo campo (4).

4.4.

Alla luce di quanto precede, va sottolineato che il 5G e la condivisione e l’aggregazione dei dati, come molte altre tecnologie, costituiscono un potente strumento che può essere usato per rafforzare la società civile, rendere i servizi pubblici più efficaci e affidabili e ridurre le disuguaglianze stimolando la crescita economica. Pertanto, l’UE e gli Stati membri dovrebbero sfruttare la tecnologia 5G per migliorare l’accesso a dati di alta qualità e sviluppare infrastrutture amministrative digitali (e-administration) migliori, avvicinando così ai cittadini le istituzioni pubbliche e democratiche.

4.5.

Di conseguenza, lo sviluppo responsabile e sostenibile delle infrastrutture di comunicazione elettronica dovrebbe migliorare la qualità della vita dei cittadini, specialmente nelle regioni e nei paesi meno sviluppati. Lo sviluppo di queste tecnologie influisce quindi direttamente sulla lotta contro la povertà.

4.6.

Al fine di assicurare un rapido sviluppo delle reti 5G, l’Unione europea ha adottato, con la direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (articoli 42, 43 e 44), un quadro normativo che agevola l’accesso degli operatori di comunicazioni elettroniche alle proprietà in cui devono essere installate le apparecchiature e gli elementi dell’infrastruttura indispensabili per lo sviluppo di dette reti. La società civile controlla l’interpretazione di tale disposizione, affinché il recepimento della direttiva non comporti deroghe incostituzionali alla garanzia dei diritti di proprietà dei cittadini.

L’impatto dell’ecosistema 5G sull’ambiente

4.7.

Alcune organizzazioni della società civile hanno segnalato il potenziale impatto ambientale delle nuove reti 5G, rilevando tra l’altro che non sono stati previsti studi di impatto ambientale sufficienti o meccanismi e misure adeguati per ridurre l’impronta energetica delle infrastrutture di rete 5G e promuovere il riciclaggio dei rifiuti elettronici (6).

4.8.

Per stimare adeguatamente l’impatto del 5G sull’ambiente e sul clima, le pubbliche autorità devono considerare aspetti quali le emissioni di gas a effetto serra (7), la disponibilità e il consumo di materie prime critiche, la quantità (e le fonti) di energia utilizzata da tutti gli oggetti collegati e utilizzati nell’Internet degli oggetti, e la quantità (e le fonti) di energia utilizzata per trasportare i dati senza fili e gestire i punti di centralizzazione e transito dei dati.

4.9.

Con la diffusione della tecnologia 5G e dell’Internet degli oggetti, miliardi di nuove apparecchiature della rete 5G e di oggetti domestici collegati (articoli elettronici ed elettrodomestici, impianti ecc.) si andranno ad aggiungere alla categoria dei rifiuti elettronici (e-waste(8), di cui si deve tenere conto nel contesto del concetto di economia circolare e delle politiche in materia di rifiuti zero.

Preoccupazioni riguardo all’impatto delle reti 5G sulla salute umana e sugli organismi viventi

4.10.

La tecnologia 5G offre un’enorme opportunità di migliorare la salute umana. Lo sviluppo di infrastrutture per le TIC e l’integrazione del 5G accelereranno i progressi della telemedicina, anche attraverso il concetto di Internet degli oggetti. Il 5G consentirà di effettuare a distanza interventi chirurgici complessi, migliorando così notevolmente l’accesso a cure mediche di qualità, in particolare da parte di quanti non possono permettersi di viaggiare all’estero per ricevere le cure di cui hanno bisogno.

4.11.

Lo sviluppo della telemedicina è particolarmente importante in tempi di pandemia, quando l’accesso fisso alle cure mediche è grandemente ridotto. Per di più la tecnologia 4G ha consentito lo sviluppo della teleradiologia. Le infrastrutture per le TIC hanno messo i pazienti in condizione di ricevere, ovunque essi si trovino, diagnosi a distanza (risonanza magnetica, tomografia computerizzata) e prestazioni mediche di qualità. La tecnologia 5G svilupperà ulteriormente tale processo, garantendo un accesso migliore alla diagnostica e a prestazioni mediche dirette eseguite a distanza.

4.12.

D’altro canto, però, l’accelerazione degli sviluppi tecnologici di questi ultimi vent’anni ha portato a una proliferazione dei campi elettromagnetici e, di conseguenza, all’aumento dell’inquinamento dovuto a questo tipo di elettrosmog. L’impatto dell’elettrosmog deve essere affrontato con un approccio basato su dati concreti al fine di valutare il rischio reale.

4.13.

L’ipersensibilità elettromagnetica o intolleranza elettromagnetica è una patologia riconosciuta dal Parlamento europeo (9), dal CESE (10) e dal Consiglio d’Europa (11), che colpisce un certo numero di persone. Nel contesto della diffusione della tecnologia 5G (che necessita di una rete molto più densa di apparecchiature elettroniche), è possibile che questa malattia colpisca un numero maggiore di persone.

4.14.

Su scala globale sono stati condotti studi da cui è risultato che gli effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche non comportano alcun rischio per la salute, purché siano rispettate le norme nazionali o della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP); al tempo stesso, però, ci sono altri studi, condotti fin dagli anni Settanta del secolo scorso (12), secondo i quali queste radiazioni comportano dei rischi per la salute umana (13).

4.15.

La relazione della Commissione europea (2019) e quella della Commissione federale delle telecomunicazioni statunitense (2020) (14) sulle preoccupazioni relative all’esposizione prolungata degli esseri umani ai campi elettromagnetici generati dalla tecnologia 5G affermano che non esistono prove scientifiche valide o credibili riguardo a problemi di salute causati dall’esposizione all’energia della radiofrequenza emessa dai telefoni cellulari.

4.16.

Anni fa, l’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il campo elettromagnetico prodotto dalle radiofrequenze come un possibile fattore cancerogeno; adesso, tuttavia, la sua posizione è analoga a quella delle autorità dell’UE e degli Stati Uniti. In ogni caso, essa ha annunciato che, nel contesto dell’introduzione delle reti 5G, effettuerà nel 2022 un’altra valutazione dei rischi dei campi elettromagnetici per lo spettro delle radiofrequenze (da 3 kHz a 3000 GHz) (15).

4.17.

Nella sua versione finale, la risoluzione 1815 del Consiglio d’Europa, del 27 maggio 2011, sul tema The potential dangers of electromagnetic fields and their effect on the environment (I potenziali rischi dei campi elettromagnetici e il loro impatto sull’ambiente) mette in guardia contro gli effetti dell’inquinamento elettromagnetico sulla salute umana e contiene una serie di raccomandazioni generali e specifiche per l’adozione di un approccio coerente a medio e lungo termine alle sfide derivanti dalla proliferazione delle comunicazioni mobili. Tale risoluzione sottolinea che occorre adottare ogni misura ragionevole per ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici conformemente al principio ALARA (16), la cui applicazione è obbligatoria in materia di radiazioni ionizzanti.

4.18.

Secondo alcuni studi, gli effetti delle radiazioni emesse dai telefoni cellulari e dalle infrastrutture di comunicazione senza fili (anche per quanto concerne le emissioni non termiche) comportano rischi per la salute umana dal punto di vista neurologico, riproduttivo, oncologico e genotossico (17). Tuttavia, le istituzioni competenti ritengono, sulla base delle proprie valutazioni e metodologie, che le radiazioni emesse dai telefoni cellulari e dalle infrastrutture di comunicazione senza fili siano sicure per gli esseri umani.

4.19.

Come indicato in precedenza, esistono studi che hanno esaminato l’impatto delle radiazioni elettromagnetiche sulla salute umana e animale. Tuttavia, ben poco si sa con certezza, e ancora meno viene comunicato, quanto ai complessi effetti non termici che l’esposizione a radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti potrebbe avere sulla flora e la fauna. Gli studi più noti riferiscono effetti significativi e diretti di tale esposizione sugli insetti impollinatori e sugli uccelli, ma la comunità scientifica nutre forti preoccupazioni anche per quel che concerne l’impatto a lungo termine delle emissioni elettromagnetiche sugli ecosistemi viventi.

Affermazioni riguardanti gli orientamenti dell’ICNIRP (18)

4.20.

La Commissione europea e la grande maggioranza dei governi nazionali di tutto il mondo riconoscono gli orientamenti dell’ICNIRP circa i limiti di esposizione della popolazione alle radiazioni dei campi elettromagnetici. Gli orientamenti dell’ICNIRP aggiornati e pubblicati nel 2020 hanno tenuto conto anche della formazione dei fasci (beamforming) e delle frequenze, che sono parametri specifici del 5G, ma non dell’aggregazione delle frequenze e dell’aumento della densità di connessione.

4.21.

Nonostante il fatto che l’ICNIRP dedichi grande attenzione a comunicare i metodi scientifici utilizzati per stabilire gli orientamenti in materia di protezione, essa riconosce come potenzialmente nocivi solo gli effetti termici prodotti dalle radiazioni elettromagnetiche.

4.22.

Lo studio STOA (Scientific and Technological Options Assessment — Valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche) condotto dal Parlamento europeo (19) in conformità delle raccomandazioni della risoluzione 1815 del Consiglio d’Europa del 2011 si pronuncia a favore del rispetto del principio di precauzione, di un riesame delle soglie proposte dall’ICNIRP e dell’adozione di misure tecniche e amministrative volte a ridurre l’impatto dell’inquinamento elettromagnetico causato dalle comunicazioni elettroniche.

4.23.

Le misure proposte si prefiggono di realizzare un’architettura più responsabile delle infrastrutture di comunicazione (ubicazione delle antenne e di altre apparecchiature specifiche), di informare il pubblico sui possibili effetti dell’inquinamento elettromagnetico e sulle opzioni disponibili per ridurre l’impatto dell’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche, di sviluppare le capacità di monitoraggio dei campi elettromagnetici ecc. Occorrerebbe fornire risorse europee e nazionali per l’esecuzione di ricerche multidisciplinari e di studi d’impatto più approfonditi, incentrati sulle persone e sull’ambiente, e per la diffusione dei relativi risultati, allo scopo di educare i cittadini e i decisori politici.

Cibersicurezza 5G — Strumenti, misure e relativa efficacia

4.24.

Molte delle sfide in materia di cibersicurezza sono già state evidenziate dal CESE nel suo parere sul pacchetto di strumenti dell’UE per il dispiegamento del 5G sicuro (20). Le vulnerabilità informatiche non risolte nel 4G saranno amplificate nel 5G. Esse si situano al livello tecnico dell’architettura, della topologia e del protocollo, come indicato dall’ENISA (21) e, secondo la relazione del gruppo di cooperazione per la sicurezza delle reti e dell’informazione (NIS) (22), non possono ancora essere risolte con misure efficaci.

4.25.

Per porre rimedio a determinate minacce per la sicurezza, l’UE dovrebbe investire di più nella costruzione delle proprie tecnologie e nel sostegno al settore tecnologico e agli sviluppatori. Cosa ancora più importante, tali azioni dovrebbero essere concepite in modo da incentivare le PMI europee a sviluppare infrastrutture 5G sicure e affidabili.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE (GU L 179 del 29.6.2013, pag. 1).

(2)  https://ehtrust.org/environmental-health-trust-et-al-v-fcc-key-documents/

(3)  Decisione n. 243/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012 , che istituisce un programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio (GU L 81 del 21.3.2012, pag. 7).

(4)  TEN/708 (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 290).

(5)  Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione) (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36).

(6)  https://www.greenpeace.org/static/planet4-eastasia-stateless/2021/05/a5886d59-china-5g-and-data-center-carbon-emissions-outlook-2035-english.pdf

(7)  https://www.hautconseilclimat.fr/wp-content/uploads/2020/12/rapport-5g_haut-conseil-pour-le-climat.pdf

(8)  https://www.itu.int/en/ITU-D/Climate-Change/Pages/Global-E-waste-Monitor-2017.aspx

(9)  Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2009 sulle preoccupazioni per la salute connesse ai campi elettromagnetici [2008/2211(INI)], punto 28: https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-6-2009-0216_IT.html.

(10)  Parere del CESE sul dispiegamento del 5G sicuro — Pacchetto di strumenti dell’UE, TEN/704 (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 281).

(11)  Risoluzione 1815 (2011), versione finale, articolo 8.1.4: http://assembly.coe.int/nw/xml/XRef/Xref-XML2HTML-en.asp?fileid=17994.

(12)  https://bioinitiative.org/updated-research-summaries/

(13)  Defence Intelligence Agency (Servizio di informazioni del ministero della Difesa statunitense), Biological Effects of Electromagnetic Radiation (radiowaves and Microwaves) (Effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche: onde radio e microonde), marzo 1976.

(14)  La posizione di detta commissione federale è stata impugnata in giudizio da organizzazioni della società civile statunitensi: https://ehtrust.org/eht-takes-the-fcc-to-court/.

(15)  Conformemente alla normativa in materia di radiocomunicazioni dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT).

(16)  As Low As Reasonably Achievable (il livello più basso ragionevolmente ottenibile). Il principio ALARA è alla base dell’adozione dei programmi di protezione sanitaria contro le radiazioni ionizzanti (radioprotezione).

(17)  Ad esempio, lo studio europeo REFLEX (2004), realizzato per conto dell’UE da 12 istituzioni accademiche con un bilancio totale di oltre 3 milioni di EUR, con un contributo di 2,059 milioni di EUR da parte della Commissione europea.

(18)  International Commission on Non-Ionising Radiation Protection (Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti).

(19)  https://www.home-biology.com/images/emfsafetylimits/EuropeanParliamentSTOA.pdf

(20)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 281.

(21)  https://www.enisa.europa.eu/publications/enisa-threat-landscape-report-for-5g-networks/at_download/fullReport

(22)  https://ec.europa.eu/newsroom/dae/document.cfm?doc_id=64468


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/40


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Commercio e sviluppo sostenibile di prossima generazione — Riesame del piano d’azione in 15 punti»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/07)

Relatrice:

Tanja BUZEK

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Relazioni esterne

Adozione in sezione

28.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

236/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il commercio ha bisogno del giusto quadro politico per stimolare la crescita, la creazione di posti di lavoro dignitosi, lo sviluppo sostenibile e promuovere una ripresa economica sostenibile dalla crisi della COVID-19, consentendo alle imprese di ricostruire e riorganizzare le loro catene di approvvigionamento e di valore perturbate. Il 2021 rappresenta un punto di svolta per ripensare la governance commerciale dell’UE, e il CESE sostiene il suo nuovo percorso basato sull’apertura, la sostenibilità e l’assertività.

1.2.

I capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile (CSS) incarnano l’impegno dell’UE a favore di un’«agenda commerciale basata sui valori» che promuova contemporaneamente lo sviluppo economico, sociale e ambientale. Affrontare il problema del mancato rispetto degli impegni in materia di CSS e migliorarne l’attuazione è fondamentale per ottenere standard elevati in materia di lavoro e sostenibilità attraverso gli strumenti commerciali. A livello sia bilaterale che mondiale, l’UE dovrebbe fissare parametri ambiziosi in materia di CSS con partner commerciali che condividono gli stessi principi, pronti a svolgere un ruolo guida.

1.3.

Il CESE accoglie con favore il riesame anticipato del piano d’azione in 15 punti e si aspetta che permetta di andare oltre il quadro limitato e a «compartimenti stagni» di tale piano creato nel 2018. Il fatto che i capitoli CSS non siano all’altezza dei loro impegni giuridicamente vincolanti induce il CESE a proporre una revisione ambiziosa, che preveda un approccio di applicazione rinnovato, accompagnato da sanzioni e da un monitoraggio più rigoroso da parte della società civile, che si avvalga di strumenti innovativi e rafforzi l’effetto leva in materia di CSS. Questo «CSS di prossima generazione» deve formare parte integrante della strategia commerciale dell’UE ed applicarsi allo stesso modo sia ai mandati negoziali attuali che a quelli futuri.

1.4.

Una nuova visione inizia con il superamento della compartimentazione. Il successo dell’attuazione e dell’applicazione dei capitoli CSS richiede un’interazione vivace, strutturata e più collaborativa tra gli attori, con scambi tra istituzioni e organismi internazionali e, soprattutto, fra tutti questi soggetti e i gruppi consultivi interni (GCI) e tra gli stessi GCI. In quanto organismo riconosciuto a livello internazionale, l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) dovrebbe partecipare al monitoraggio dell’attuazione delle proprie convenzioni nell’ambito degli accordi di libero scambio (ALS).

1.5.

I problemi più gravi emergono spesso già nelle primissime fasi. Il CESE sottolinea l’importanza di garantire, prima della ratifica dell’accordo, l’assunzione di impegni relativi ai principali accordi internazionali o l’adozione di tabelle di marcia vincolanti e applicabili all’interno dello stesso capitolo CSS, con scadenze chiare per la loro ratifica. Il primo caso in assoluto di applicazione del capitolo CSS nell’ambito del modello attuale ha confermato che la terminologia vaga impiegata nell’accordo era insufficiente.

1.6.

Tutte e tre le dimensioni del CSS sono interconnesse e non devono essere affrontate in compartimenti stagni. Il CESE accoglie con favore il ruolo attivo delle imprese nel proseguire gli sforzi volti a garantire un commercio sostenibile e ritiene che esse possano dare un contributo positivo alla promozione di opportunità di azione per il clima, ad esempio nel settore delle tecnologie pulite, con particolare attenzione per le PMI. I capitoli CSS devono essere più strettamente collegati con la dichiarazione tripartita di principi dell’OIL sulle imprese multinazionali e la politica sociale (dichiarazione MNE), che promuove la ratifica delle sue convenzioni, e con le linee guida dell’Organizzazione per lo sviluppo economico e la cooperazione (OCSE) destinate alle imprese multinazionali, in particolare a valle della catena di approvvigionamento.

1.7.

Un cambiamento efficace sul campo richiede di andare oltre i classici capitoli CSS e di prendere in considerazione il notevole effetto leva che può essere esercitato da strumenti politici supplementari. Il CESE chiede che l’aggiudicazione degli appalti pubblici sia subordinata alla provenienza delle imprese da paesi che rispettano le norme fondamentali dell’OIL e l’accordo di Parigi sul clima. Chiede inoltre che l’UE adotti una legislazione ambiziosa sull’obbligo di dovuta diligenza quale ulteriore misura di accompagnamento fondamentale. Gli investitori stranieri dovrebbero essere tenuti a conformarsi all’obbligo di diligenza prima di poter beneficiare di un accordo internazionale di investimento. Le misure dovrebbero essere integrate da azioni contro il riciclaggio di denaro, i reati fiscali e l’elusione fiscale, come pure dalla lotta alla corruzione per realizzare un commercio sostenibile.

1.8.

Lo sviluppo sostenibile deve riflettere le evoluzioni e guidarle, considerando ugualmente prioritarie, nella sua agenda, le norme in materia di lavoro e quelle a tutela dell’ambiente. Il Green Deal, le iniziative per l’economia circolare e il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) integrano i temi pertinenti del CSS, come già avviene per la biodiversità. Per stabilire obblighi concreti, gli impegni ambientali devono essere resi operativi traducendoli in norme internazionali.

1.9.

Non esiste una «soluzione miracolosa» per garantire l’applicazione, ma si deve iniziare dal rafforzamento dell’effettiva esecutività. Da tempo il CESE chiede di rilanciare il meccanismo del gruppo di esperti, con la possibilità di comminare sanzioni, anche pecuniarie, e un ruolo attivo dei GCI nella sua attivazione. L’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’UE e il Regno Unito, che mette in primo piano le condizioni di parità e la sostenibilità a vantaggio sia delle imprese che dei lavoratori, potrebbe costituire un modello.

1.10.

I partner commerciali dell’UE danno prova di saper pensare «fuori dagli schemi» riguardo ai nuovi strumenti commerciali. Adottando un approccio innovativo alla risoluzione delle controversie in materia di lavoro, l’UE dovrebbe considerare la possibilità di sospendere le tariffe preferenziali per le imprese che violano le norme internazionali concordate. Per un approfondimento graduale delle relazioni economiche, il CESE è favorevole a una riduzione tariffaria progressiva collegata all’attuazione, da parte dei paesi partner, degli impegni in materia di CSS, con la possibilità di revoca delle tariffe in caso di violazioni.

1.11.

Non vi è sostenibilità senza la società civile. La creazione dei GCI non era fine a se stessa. Per essere presi sul serio, essi hanno bisogno di informazioni, risorse e accesso, al fine di fornire consulenza alle parti in merito all’attuazione e all’applicazione, nonché di un quadro istituzionalizzato più solido. Oltre ai GCI, il CESE chiede di riattivare il gruppo di esperti sugli ASL.

1.12.

Il CESE è uno dei principali fautori dei GCI e continuerà a sostenerne i lavori. I dibattiti sul rafforzamento dei GCI si sono recentemente intensificati, e il CESE incoraggia la Commissione e altre parti interessate (1) a collaborare con tali gruppi per migliorarne la composizione, l’organizzazione del lavoro, il coinvolgimento e il ruolo nei meccanismi di applicazione, nonché i canali istituzionali, come illustrato in dettaglio nel capitolo 5 del presente parere.

2.   Introduzione

2.1.

Una politica commerciale attiva deve guidare in modo efficace lo sviluppo sostenibile e apporta benefici alle imprese, ai lavoratori, ai consumatori e ai cittadini in generale, a condizione di aprire nuove opportunità di mercato, creare posti di lavoro dignitosi e garantire condizioni di parità. Tuttavia, essa comporta anche dei rischi intrinseci, che possono essere ridotti in maniera efficace solo attraverso una politica commerciale inclusiva, nel cui ambito la società civile, le parti interessate e il pubblico in generale possano esprimere le proprie preoccupazioni.

2.2.

Da lungo tempo il CESE chiede che la sostenibilità divenga uno dei motori della politica commerciale, data la funzione cruciale che il commercio deve assolvere nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS) delle Nazioni Unite. La nuova strategia commerciale dell’UE di quest’anno definisce il quadro per i prossimi anni. Il CESE ha formulato delle raccomandazioni sugli aspetti commerciali della strategia in un parere separato (2), mentre accoglie con favore l’attenzione dedicata al tema della sostenibilità e chiede un ambizioso rafforzamento dei capitoli CSS e della loro effettiva esecutività.

2.3.

Sulla base dei lavori precedentemente svolti dal CESE, il presente parere fornisce una valutazione, da parte della società civile, dell’approccio sotteso al riesame del CSS attualmente in corso e si ispira a un’impostazione innovativa volta a far sì che il commercio contribuisca alla realizzazione dei valori dell’UE in materia di sviluppo sostenibile: i capitoli CSS per le generazioni future.

3.   Commercio e sviluppo sostenibile: un’agenda commerciale dell’UE basata sui valori

3.1.

Prevedendo l’inserimento sistematico dei capitoli CSS negli accordi di libero scambio (ALS), l’UE sottolinea il proprio impegno a favore di «un’agenda commerciale basata sui valori», che promuova uno sviluppo al tempo stesso economico, sociale e ambientale. Affrontare il problema del mancato rispetto degli impegni in materia di CSS e migliorarne l’attuazione è fondamentale per ottenere standard elevati in materia di lavoro e sostenibilità attraverso gli strumenti commerciali.

3.2.

I capitoli CSS, già presenti in una forma embrionale nell’accordo di libero scambio tra l’UE e la Corea del Sud del 2011, si sono costantemente evoluti in tutti i successivi ALS dell’UE. I capitoli CSS prevedono un semplice meccanismo di risoluzione delle controversie basato sulla consultazione e dei GCI per il monitoraggio istituzionalizzato della società civile. Essi contengono impegni tesi al rispetto degli accordi multilaterali in materia di lavoro e ambiente e volti a impedire alle parti di allentare o abbassare i livelli di protezione in questi ambiti per attirare il commercio e gli investimenti. In quanto forum bilaterali per il dialogo e la cooperazione, essi possono anche fungere da piattaforme per far progredire l’agenda multilaterale per il commercio sostenibile.

3.3.

Sebbene l’UE abbia adottato delle misure per portare la sostenibilità al centro delle sue ambizioni commerciali, i negoziati in corso non sono all’altezza di tale obiettivo. Per rilanciare e rendere più incisivi i capitoli CSS attraverso un approccio «fuori dagli schemi», il riesame deve andare oltre il vecchio status di «documento informale» e, in quanto parte integrante della strategia commerciale dell’UE, deve applicarsi anche agli accordi in corso di negoziazione e figurare nei mandati negoziali riveduti.

4.   Piano d’azione in 15 punti: valutazione

4.1.

Il Parlamento europeo, il CESE e un ampio gruppo di parti interessate avevano avviato un dibattito pubblico sempre più ampio sull’efficacia dell’approccio dell’UE in materia di CSS, precocemente interrotto all’inizio del 2018 con il lancio, da parte della Commissione, di un piano d’azione in 15 punti. Articolato in quattro capitoli principali, tale piano ha definito il quadro limitato e «compartimentato» per l’evoluzione del CSS negli ultimi anni, che viene valutato qui di seguito alla luce dei suoi risultati e delle sue carenze.

Lavorare insieme

4.2.

Partenariati con gli Stati membri e il PE: il gruppo di esperti della Commissione in materia di CSS ha rafforzato i propri collegamenti con gli Stati membri, ma la sua stessa struttura fa sì che nel corso del processo vadano perdute importanti competenze e informazioni. È opportuno assicurare una migliore comunicazione dei risultati e delle raccomandazioni scaturite dai suoi lavori, al pari di collegamenti più stretti e regolari con i gruppi consultivi interni (GCI) e il CESE. L’impegno della direzione generale (DG) Commercio della Commissione deve estendersi ai principali dipartimenti responsabili in materia di CSS degli Stati membri, eventualmente coinvolgendo altre DG pertinenti, quali EMPL e CLIMA, per le loro reti, e lavorare con organizzazioni internazionali nel quadro di questo flusso di informazioni e feedback. L’aggiornamento del PE sulle questioni relative al commercio e allo sviluppo sostenibile dovrebbe coinvolgere i GCI su un piano di parità e non deve avvenire a porte chiuse. Il PE deve svolgere un ruolo nel monitoraggio e nell’attuazione dei capitoli CSS ed essere pienamente informato delle attività e coinvolto nelle decisioni del sottocomitato per il commercio e lo sviluppo sostenibile e di altri organi di governance congiunti pertinenti. Questo aspetto è particolarmente importante nel quadro del meccanismo di parità di condizioni previsto dall’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione con il Regno Unito.

4.3.

Lavorare con le organizzazioni internazionali: invocando un approccio più proattivo e sistemico, il CESE invita a coinvolgere organismi internazionali come l’OIL persino nella fase dei negoziati e per l’intera durata dell’attuazione degli ALS, comprese tutte le tappe delle tabelle di marcia. Come si è potuto constatare nel caso della ratifica dell’accordo con il Vietnam, l’OIL potrebbe svolgere un ruolo essenziale nella fase precedente o iniziale dell’attuazione dell’accordo. Esigere una maggiore collaborazione tra la Commissione europea, l’OIL e il CESE è fondamentale per definire l’assistenza tecnica dell’OIL e i progetti di sviluppo delle capacità nei paesi partner. L’azione deve andare di pari passo con una maggiore integrazione dell’OIL nel ruolo di monitoraggio dei GCI, e le riunioni annuali ad alto livello della DG EMPL potrebbero essere aperte al CESE ed eventualmente alle presidenze dei GCI. L’approccio relativo agli accordi ambientali multilaterali (MEA) sembra essere scarsamente esplorato e potrebbe essere esteso ad altre organizzazioni internazionali pertinenti, quali l’OCSE e, di fronte alla crescente importanza del finanziamento degli OSS, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.

Far sì che la società civile, comprese le parti sociali, possa svolgere il proprio ruolo nell’attuazione

4.4.

Facilitare il ruolo di monitoraggio della società civile, comprese le parti sociali: il CESE accoglie con favore il progetto di strumento di partenariato dell’UE che finanzia la partecipazione di alcuni membri del GCI dell’UE alle riunioni e preserva l’indipendenza politica di tale organo. Il CESE invita la Commissione a rinnovare il finanziamento e a collaborare con i GCI alla sua definizione. Raccomanda una maggiore flessibilità nel futuro sostegno logistico e tecnico. Il ricorso alle videoconferenze potrebbe integrare, ma non sostituire, le riunioni in presenza. I finanziamenti futuri dovrebbero prevedere l’organizzazione di riunioni annuali a cui partecipino tutti i membri dei GCI per discutere questioni trasversali sui temi del commercio e dello sviluppo sostenibile. Oltre a fornire risorse finanziarie, è necessario affrontare delle sfide strutturali e organizzative per fornire ai GCI tutti gli strumenti necessari per svolgere il proprio ruolo, come illustrato nel capitolo 5.

4.5.

Estendere il coinvolgimento della società civile, comprese le parti sociali, all’intero ALS: da tempo il CESE raccomanda fortemente che i GCI forniscano una consulenza su tutti gli aspetti degli accordi commerciali dell’Unione, mantenendo al tempo stesso una particolare attenzione sull’attuazione dei capitoli CSS e sull’impatto, più in generale, del commercio sullo sviluppo sostenibile. Questo allargamento del campo di azione sarà sottoposto ad una prima verifica nell’accordo commerciale e di cooperazione con il Regno Unito. Il CESE propone di estendere l’attuale coinvolgimento dei GCI in tutti gli ALS esistenti, tramite la revisione dei testi degli accordi o mediante prassi armonizzate nel quadro del regolamento interno di tali gruppi.

4.6.

Intervenire in materia di comportamento responsabile delle imprese: il CESE accoglie con favore il ruolo attivo delle imprese nell’adoperarsi per garantire un commercio sostenibile, come pure l’impegno assunto dalla Commissione a promuovere un comportamento responsabile delle imprese. Si rammarica tuttavia che né il CESE stesso né i GCI pertinenti siano stati coinvolti nella supervisione dei progetti con l’OCSE e l’OIL. La Commissione dovrebbe mettere a punto degli indicatori per valutare i risultati tangibili dei progetti al di là delle attività di sensibilizzazione, e prevedere una revisione più mirata e approfondita a valle delle catene di approvvigionamento.

Ottenere risultati

4.7.

Priorità per paese: il CESE concorda con l’idea di adottare un approccio strategico e più mirato; tuttavia, i paesi partner differiscono notevolmente, anche nell’ambito di un accordo regionale come quello UE-America centrale. Per la definizione delle priorità e la valutazione occorre puntare in modo proattivo, e in momenti diversi del processo, alla consultazione della società civile, in particolare coinvolgendo i GCI. Le unità geografiche della DG Commercio e le delegazioni dell’UE dovrebbero interagire maggiormente con i GCI per ottenere contributi e fornire un feedback sistematico. Ciò richiede una valutazione periodica dei progressi o dei passi indietro compiuti dalla Commissione verso la realizzazione di tali priorità.

4.8.

Applicazione risoluta: dalla controversia in materia di lavoro con la Corea si possono trarre importanti insegnamenti. In primo luogo, il fatto che la Commissione dovrebbe essere più proattiva e rapida nell’attivare le procedure di risoluzione delle controversie in materia di CSS, attribuendo ai GCI un ruolo attivo. In secondo luogo, l’importanza che nei gruppi di esperti siedano anche esperti internazionali di diritto del lavoro, i quali si consultino con l’OIL sulla sua giurisprudenza e interpretazione vincolante. In terzo luogo, la relazione del gruppo di esperti conferma la necessità di definire tabelle di marcia vincolanti e comprensive di sanzioni, corredate di un calendario chiaro, per la ratifica delle convenzioni dell’OIL. L’espressione «sforzi continui e sostenuti», piuttosto vaga, concede alle parti un margine di manovra troppo ampio. Mentre la Corea ha effettivamente ratificato tre delle quattro convenzioni mancanti dell’OIL (ad eccezione della convenzione n. 105 sull’abolizione del lavoro forzato), resta il dubbio se le modifiche apportate alla legislazione del paese diano piena attuazione alle disposizioni delle convenzioni n. 29, 87 e 98. Il caso resta quindi aperto, e il CESE ribadisce il proprio invito ad effettuare azioni di follow-up. Tuttavia, i problemi di conformità non esistono solo nei paesi partner. Il CESE osserva infatti con preoccupazione che anche nell’UE e negli Stati membri sembrano mancare gli strumenti per un’applicazione rigorosa.

4.9.

Incoraggiare la rapida ratifica dei principali accordi internazionali: il CESE raccomanda che la ratifica dei principali accordi internazionali avvenga prima della conclusione e della firma di un ALS, in modo da poter sfruttare al massimo l’effetto leva negoziale e diplomatico. Il recente caso del Vietnam ha evidenziato questi effetti positivi, in quanto il paese ha ratificato le convenzioni n. 98 e n. 105 dell’OIL. Non si registrano invece progressi per quanto riguarda la ratifica della convenzione n. 87. Il CESE sottolinea quindi l’importanza di garantire, prima della ratifica dell’accordo, l’assunzione di impegni relativi ai principali accordi internazionali o l’adozione di tabelle di marcia vincolanti e applicabili all’interno dello stesso capitolo CSS, con scadenze chiare per la loro ratifica.

4.10.

Riesame dell’efficacia dell’attuazione dei capitoli sul commercio e lo sviluppo sostenibile: il CESE concorda sulla necessità di rivedere e valutare periodicamente l’attuazione di tali capitoli. Deplora tuttavia la poca visibilità del lavoro dei GCI e la scarsa considerazione prestata alle loro raccomandazioni in questi processi, in particolare nelle relazioni di attuazione annuali. Le future relazioni dovrebbero riflettere meglio i programmi di lavoro dei GCI e le dichiarazioni congiunte con i GCI dei paesi partner. In particolare, il CESE si rammarica per gli scarsi progressi compiuti finora nel rendere effettivamente applicabili gli attuali capitoli CSS. Nel caso dell’accordo economico e commerciale globale con il Canada (CETA), il CESE, il GCI dell’UE e i GCI canadesi avevano ripetutamente chiesto di accelerare con decisione i tempi per un riesame anticipato, rispetto al quale le parti si erano impegnate nello strumento interpretativo comune inteso a rendere più effettiva l’applicabilità delle disposizioni in materia di lavoro e ambiente. Tale processo di riesame dovrebbe prevedere lo stretto coinvolgimento dei GCI di entrambe le parti.

4.11.

Manuale per l’attuazione: il CESE accoglie con favore l’elaborazione di manuali relativi all’attuazione, al fine di aiutare i partner degli ALS a comprendere meglio gli impegni in materia di CSS e guidare la loro attuazione. Per quanto riguarda le tematiche del lavoro, le parti sociali devono essere considerate partner fondamentali sul campo. Le banche dati comparative formali devono andare ben oltre i progressi nella formulazione del testo dell’accordo e concentrarsi sull’effettivo livello di attuazione delle disposizioni in materia di CSS.

4.12.

Aumentare le risorse: l’UE dovrebbe destinare una parte delle risorse previste per gli «aiuti al commercio» a sostenere la partecipazione, nonché lo sviluppo delle capacità, dei GCI e delle organizzazioni della società civile dei paesi terzi per quanto riguarda gli sforzi in materia di commercio e investimenti sostenibili.

4.13.

Azione per il clima: anche se il commercio non è il motore della politica climatica, esso dovrebbe fare la propria parte nel facilitare l’attuazione dell’agenda globale per il clima, permettendo alle imprese di svolgere un ruolo positivo nella promozione di opportunità per l’industria delle tecnologie pulite, con particolare attenzione per le PMI. Fare dell’accordo di Parigi un «elemento essenziale» di tutti i futuri accordi commerciali globali, con conseguente sospensione degli stessi in caso di non conformità, costituisce uno sviluppo positivo che andrebbe esteso in modo da includere le convenzioni fondamentali e aggiornate dell’OIL.

4.14.

Commercio e lavoro: il CESE accoglie con favore l’ampliamento della portata delle tematiche relative al lavoro incluse nei capitoli CSS e incoraggia ulteriori aggiornamenti degli impegni. I capitoli CSS devono essere più strettamente collegati con la dichiarazione MNE dell’OIL e con le linee guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali. La Commissione dovrebbe promuovere la ratifica delle convenzioni dell’OIL incluse nella dichiarazione MNE. La legislazione dell’UE più avanzata, in particolare il governo societario sostenibile e gli obblighi di dovuta diligenza, dovrebbe fornire un contesto stabile per l’ulteriore sviluppo dei capitoli CSS. Tuttavia, per fare la differenza sul campo, tali impegni richiedono un’applicazione più proattiva e una migliore esecutività.

Trasparenza e comunicazione

4.15.

Maggiore trasparenza e migliore comunicazione: il CESE si unisce a tutte le istituzioni e a tutte le parti interessate nel sottolineare l’importanza della trasparenza e della comunicazione. La pubblicazione dei verbali completi costituisce un utile punto di partenza per il coinvolgimento della società civile. Le riunioni organizzate dalla Commissione nell’ambito del dialogo con la società civile rappresentano un canale importante, ma devono essere migliorate per dare luogo a un seguito più strutturato. A tal fine, il CESE raccomanda di superare l’approccio a compartimenti stagni e garantire che i canali di comunicazione si rafforzino reciprocamente — con il PE, gli Stati membri e la società civile.

4.16.

Risposta tempestiva alle istanze sollevate in materia di CSS: il CESE accoglie con favore il lancio, nel 2020, di un sistema di reclami tramite la creazione del punto unico di ingresso (Single entry point) e, in particolare, dell’unità specifica guidata dal responsabile dell’esecuzione degli accordi commerciali (Chief Trade Enforcement Officer — CTEO) che si occupa esclusivamente dei reclami in materia di CSS. Sebbene sia troppo presto per valutare l’efficacia di tali iniziative, il CESE si aspetta che la società civile venga coinvolta nell’elaborazione costante di questo meccanismo e che le sue raccomandazioni siano prese in considerazione.

5.   CSS di prossima generazione

5.1.

Dalla presentazione del piano d’azione nel 2018, il mondo del commercio ha fatto parecchia strada, così come il dibattito sul commercio e lo sviluppo sostenibile. Il Green Deal è un obiettivo strategico generale, anche per quanto riguarda l’agenda commerciale dell’UE. Soggetti istituzionali come il Parlamento europeo e gli Stati membri moltiplicano gli appelli a favore di una riforma ambiziosa in materia di CSS. La pandemia di COVID-19 ha causato perturbazioni senza precedenti dei flussi commerciali, mettendo in luce gravi problemi nelle catene di approvvigionamento e del valore globali, spesso legati al mancato rispetto degli impegni in materia di CSS. Il primo caso in assoluto di risoluzione delle controversie in materia di CSS ha rappresentato il banco di prova istituzionale dell’attuale sistema. Il nuovo CTEO ha creato aspettative elevate in termini di maggiore attenzione, risorse e nuovi strumenti legislativi per una migliore attuazione e applicazione degli impegni in materia di CSS. Nel frattempo, partner commerciali dell’UE come il Canada e gli Stati Uniti hanno adottato solidi strumenti di applicazione nei loro ALS oppure, come la Nuova Zelanda, hanno presentato proposte ambiziose nei negoziati commerciali dell’UE, garantendo che il commercio sia vantaggioso per tutti.

5.2.

Il CSS non è solo un dibattito sui valori, bensì una questione di sopravvivenza a livello sia dell’UE che mondiale. Invocando un approccio olistico, il CESE sostiene gli sforzi dell’UE volti a promuovere l’agenda per la sostenibilità a livello multilaterale e invita a stringere alleanze strategiche con i principali partner commerciali su questioni prioritarie quali la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio o la dovuta diligenza. Ribadisce la necessità di una leadership dell’UE per un’ambiziosa riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), come pure del superamento dei tabù riguardanti gli aspetti sociali del commercio. Come esempio di un nuovo approccio positivo, il CESE ha accolto con favore la proposta degli Stati Uniti di affrontare il problema mondiale del lavoro forzato a bordo dei pescherecci nel quadro dei negoziati in corso in sede di OMC sulle sovvenzioni alla pesca (3).

5.3.

Il CESE ha continuato a insistere affinché venissero inseriti negli accordi UE dei capitoli CSS dal contenuto rafforzato, ritenendo che il piano d’azione in 15 punti non stesse dando i risultati auspicati. Nella stessa ottica, il riesame della politica commerciale del 2021 prende in considerazione ulteriori azioni per l’efficace attuazione e applicazione dei capitoli sul CSS, tra cui la «possibilità di sanzioni in caso di inosservanza».

5.4.

L’esperienza acquisita e gli insegnamenti tratti sono ora sufficienti per ripensare l’approccio attuale, e il CESE propone di lanciare una serie di iniziative di concezione innovativa per fare in modo che i capitoli CSS siano all’altezza dei loro impegni giuridicamente vincolanti. Tale dibattito deve considerare ugualmente prioritarie, nell’agenda di attuazione e applicazione, le norme di tutela dell’ambiente e quelle relative al lavoro.

Strumenti di politica che offrano un effetto leva supplementare all’attuazione del CSS

5.5.

Nel maggio 2020 la Francia e i Paesi Bassi hanno pubblicato un documento informale in cui chiedevano all’UE di migliorare la sua analisi degli aspetti socioeconomici degli effetti del commercio e di prefiggersi obiettivi più ambiziosi riguardo al collegamento tra commercio e sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni (4), alla luce del Green Deal europeo. Il CESE accoglie con favore l’adozione di un approccio più analitico rispetto agli effetti del commercio e sostiene con forza la raccomandazione di incentivare l’effettiva attuazione degli impegni CSS con una riduzione tariffaria progressiva, che preveda la possibilità di revocare specifiche linee tariffarie in caso di violazione degli impegni, e il chiarimento delle condizioni che i paesi devono soddisfare per ottenere queste riduzioni.

5.6.

Il CESE incoraggia inoltre ad andare oltre il classico pacchetto di strumenti commerciali per definire delle misure di accompagnamento che assicurino un cambiamento efficace sul campo. L’UE dovrebbe adottare un’ambiziosa direttiva sull’obbligo di dovuta diligenza che riconosca la responsabilità sulla base delle norme attuali e offra un quadro giuridico chiaro e sicuro per le imprese europee e per quelle di paesi terzi che operano all’interno dell’UE. Il CESE ha fortemente sostenuto l’inserimento di obblighi di dovuta diligenza negli accordi commerciali per quanto riguarda le catene di approvvigionamento e del valore globali, al fine di indirizzare le decisioni di gestione che puntano a rendere le imprese sostenibili dal punto di vista economico, ambientale e sociale (5).

5.7.

Per portare avanti la sua agenda per lo sviluppo sostenibile, la Commissione deve inoltre esaminare capitoli e settori diversi dai tradizionali capitoli CSS, come gli investimenti, creando collegamenti e sinergie. Gli investitori stranieri dovrebbero essere tenuti a conformarsi agli obblighi di dovuta diligenza prima di poter godere della copertura di un accordo internazionale di investimento. Analogamente, le parti di un accordo di libero scambio dovrebbero garantire che le imprese stabilite sul proprio territorio assolvano agli obblighi di dovuta diligenza (6).

5.8.

Ai fini di un commercio sostenibile, l’UE deve imperativamente introdurre disposizioni sulla cooperazione tra le parti nella lotta contro il riciclaggio di denaro, i reati fiscali e l’elusione fiscale. Anche la corruzione compromette gli sforzi per lo sviluppo sostenibile e richiede l’inclusione di standard elevati comparabili per la sua eliminazione.

5.9.

L’assegnazione degli appalti pubblici dovrebbe essere subordinata a determinate condizioni, che prevedano l’aggiudicazione dei contratti a imprese di paesi che rispettano le norme fondamentali dell’OIL e l’accordo di Parigi. Gli ALS dell’UE devono anche promuovere le migliori pratiche per l’inserimento dei criteri ambientali e sociali nel settore degli appalti pubblici (7).

5.10.

Sebbene l’orientamento ambientale dei capitoli CSS abbia fatto registrare i maggiori progressi nell’ultimo decennio, restano da affrontare due sfide. In primo luogo, gli obblighi in materia di clima previsti dall’accordo di Parigi si limitano ad un’attuazione determinata a livello nazionale, il che rende difficile individuare le violazioni. In secondo luogo, la mancanza di standard ambientali internazionali, vale a dire per l’aria o l’acqua pulite, rende difficile stabilire degli obblighi. È importante adoperarsi per rendere operativi gli impegni ambientali al fine di definire delle norme, legate — inter alia — alla dovuta diligenza. A seguito della pandemia di COVID-19, l’importanza della biodiversità è emersa con più urgenza che mai. Il Green Deal, le iniziative legislative dell’UE in materia di economia circolare o il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (8) diventano temi pertinenti nel contesto del commercio e dello sviluppo sostenibile.

5.11.

Una visione più globale permette di ravvisare negli ALS gravi problemi in materia di sostenibilità, che non possono essere risolti all’interno dei capitoli CSS. Ad esempio, l’agricoltura, una delle principali leve negoziali dell’UE, ha un chiaro impatto sulla sostenibilità. Il CESE mette l’accento in particolare sulla necessità di porre la sicurezza alimentare e la sostenibilità dell’UE al centro dell’analisi (9). Mirando a una filiera alimentare più efficiente e più equa, il CESE raccomanda di garantire un’attuazione agevole della direttiva sulle pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare.

Rafforzare l’effettiva esecutività

5.12.

Il CESE chiede da tempo di creare un comitato di esperti rinnovato che sia in grado di far scattare un meccanismo per la risoluzione delle controversie tra Stati, sulla base di trattati stipulati tra i paesi, con possibilità di irrogare sanzioni, anche pecuniarie, e di prevedere misure correttive per la parte lesa (10). I GCI dovrebbero svolgere un ruolo attivo nel quadro di risoluzione delle controversie. Il gruppo del CTEO dovrebbe indagare sui casi presentati da un GCI e informare in merito alle azioni di contrasto e alle relazioni del gruppo di esperti nonché darvi seguito.

5.13.

Il CESE accoglie con favore il nuovo approccio adottato nell’accordo sugli scambi e la cooperazione con il Regno Unito, che mette in primo piano la parità di condizioni e la sostenibilità e applica un meccanismo di risoluzione delle controversie con accesso ai ricorsi in caso di violazione. Questo modello «ibrido» combina l’approccio basato sul gruppo di esperti con una componente applicabile in caso di inosservanza persistente della non-regressione o dell’applicazione a livello nazionale delle disposizioni sul lavoro, sociali, ambientali o climatiche. Ciò comprende una compensazione temporanea concordata tra le parti o la sospensione unilaterale degli obblighi da parte della parte attrice in qualsiasi settore (ad esempio, tariffe commerciali, diritti di traffico aereo, accesso alle acque di pesca) a determinate condizioni.

5.14.

Un segretariato del lavoro indipendente per affrontare le questioni transnazionali in materia di lavoro nell’ambito di un ALS, compresi gli effetti sul mercato del lavoro, e per monitorare e indagare sulla conformità del suo capitolo sul lavoro, come pure un meccanismo di reclamo collettivo, dovrebbero integrare l’applicazione dei capitoli CSS (11). In quanto organismo riconosciuto a livello internazionale, l’OIL dovrebbe partecipare al monitoraggio dell’attuazione delle proprie convenzioni nell’ambito degli ALS. Il suo ruolo dovrebbe essere rafforzato e istituzionalizzato anche per quanto riguarda la corretta interpretazione dei suoi strumenti in caso di controversie relative alle norme internazionali del lavoro. L’OIL dovrebbe essere sistematicamente coinvolta per fornire orientamenti al gruppo di esperti su tali questioni.

5.15.

Il CESE suggerisce di valutare approcci innovativi per la risoluzione delle controversie in materia di lavoro, che consentano a comitati internazionali ad hoc di imporre misure correttive nei confronti delle imprese che violano le norme del lavoro concordate a livello internazionale. I GCI dell’UE e del Canada nell’ambito del CETA (12) hanno fatto presente l’esempio del meccanismo di reazione rapida dell’USMCA (13), le cui sanzioni comprendono la sospensione delle tariffe preferenziali in base a una scala crescente di gravità e recidiva. L’obiettivo rimane quello di incoraggiare, ove possibile, la riparazione attraverso la collaborazione bilaterale e il dialogo tra le parti. Tuttavia, prevedere delle conseguenze costituisce un deterrente per evitare che le imprese violino le norme.

5.16.

Valutare l’applicazione basandosi sulle controversie con esito positivo fornisce solo un quadro parziale, soprattutto perché il contenzioso è sempre l’ultima risorsa. La possibilità di sanzioni costituisce anche un «forte incentivo» alla conformità, a prescindere dal fatto che si ricorra o meno a tale strumento. In fin dei conti, i «non casi» e la loro evoluzione raccontano storie interessanti che la Commissione dovrebbe prendere in considerazione per condurre il suo studio comparativo sui diversi approcci adottati dai vari paesi. Il semplice confronto tra la formulazione degli accordi e l’evoluzione del linguaggio in essi utilizzato darebbe di per sé poche indicazioni significative. Occorre anche una valutazione qualitativa dei risultati dell’attuazione, ad esempio attingendo alle esperienze maturate dalla società civile nel fornire consulenza nei negoziati e nel monitorare l’attuazione di tali disposizioni.

Un quadro di conferimento di poteri e responsabilità per il coinvolgimento della società civile nei GCI

5.17.

La creazione dei GCI figura tra i principali risultati degli ALS di nuova generazione, ma tali gruppi necessitano di un quadro istituzionalizzato più solido per svolgere con successo i compiti di monitoraggio, che si tratti dei capitoli CSS o dell’intero ALS dell’UE.

5.18.

Le principali preoccupazioni sono legate al fatto che alcuni organi dei GCI nei paesi partner non sono attivi, rappresentativi o addirittura non sono indipendenti dall’influenza governativa. Il problema deriva spesso dal fatto che i processi di costituzione non sono chiaramente definiti nell’accordo, dalla libertà delle parti di scegliere organi esistenti e dall’assenza di conseguenze in caso di mancata attuazione degli impegni. Il CESE teme in particolare che la soppressione dell’aggettivo «equilibrata» per quanto riguarda la composizione dei GCI nell’accordo con il Regno Unito possa avere gravi conseguenze per il suo funzionamento.

5.19.

Nel quadro degli accordi commerciali regionali come quelli UE-America centrale e UE-Colombia/Perù/Ecuador, o di qualsiasi ALS futuro tra l’UE e il Mercosur, permangono delle preoccupazioni circa l’ipotesi di istituire singoli GCI in ciascun paese partner. Questo rigido approccio «nazionale» costituisce un grave ostacolo a qualsiasi interazione significativa tra i GCI dei paesi partner nonché con i loro omologhi dell’UE.

5.20.

Pertanto, i capitoli CSS devono creare specifici organi dei GCI definendone chiaramente l’indipendenza, la rappresentatività e la composizione equilibrata. Le parti devono essere responsabili della loro creazione e del loro funzionamento. Gli accordi regionali dovrebbero istituire organismi regionali congiunti con un adeguato supporto di segreteria. Le delegazioni dell’UE e il CESE dovrebbero sostenere l’avvio e il funzionamento di tale processo, definendo anche orientamenti e migliori pratiche. Analogamente, il CESE suggerisce di valutare una migliore corrispondenza delle organizzazioni rappresentative nei GCI dell’UE e dei paesi terzi, in particolare per quanto riguarda le parti interessate del settore dell’ambiente e delle imprese.

5.21.

Per rafforzare la collaborazione dei GCI dell’UE con i loro omologhi della società civile nei paesi partner, è indispensabile che si tengano riunioni congiunte annuali tra GCI, le quali dovrebbero essere già previste negli stessi ALS. Il CESE ravvisa un valore aggiunto nella creazione di organi congiunti della società civile e apporta un notevole contributo, in particolare per sostenere la società civile nei paesi partner. Il suo ruolo speciale deve essere mantenuto in seno ai comitati consultivi misti (CCM) quale spazio di dialogo fondamentale con la società civile di entrambe le parti degli accordi di associazione, come quello UE-Cile (14).

5.22.

Il ruolo del CESE nel dare forma ai GCI e nel garantire che siano effettivamente operativi è fondamentale e dovrebbe essere rafforzato. Nel luglio 2021 il CESE ha tracciato la via da seguire organizzando la prima riunione #AllDAGs in assoluto, che ha riunito tutti i membri degli attuali 11 GCI per discutere di misure concrete di miglioramento. Presente in tutti i GCI, il CESE rappresenta una componente essenziale delle loro presidenze, composte da un presidente e da due vicepresidenti scelti fra i tre gruppi e fra tutti i membri di un GCI. La collaborazione nell’ambito delle presidenze congiunte del GCI trae beneficio dalle competenze del CESE e delle altre parti per indirizzare i lavori del gruppo, e questa prassi dovrebbe continuare ad essere seguita. In particolare per i GCI relativi agli accordi con Ucraina, Moldova e Georgia, il contributo dei membri del CESE provenienti dai paesi vicini dell’UE si è rivelato estremamente prezioso. Oltre al ruolo svolto dai suoi membri, il CESE assiste i GCI anche fornendo loro un valido supporto di segreteria.

5.23.

Una maggiore visibilità e canali istituzionali strutturati sono fondamentali per ottenere risultati. Le presidenze dei GCI dovrebbero ricevere un invito permanente a partecipare alle riunioni del sottocomitato CSS delle parti come pure a quelle dei gruppi di monitoraggio del PE relativi ai rispettivi accordi. Il gruppo di esperti istituito con gli Stati membri in materia di CSS e il CTEO dovrebbero essere strettamente coinvolti nel lavoro dei GCI attraverso delle strutture di rendicontazione e di scambio. Sarebbe opportuno associare a quest’attività uno scambio di informazioni con l’OIL sull’attuazione dei capitoli CSS per gli aspetti legati al lavoro, e con le segreterie dei MEA in materia di ambiente e clima. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) e le delegazioni dell’UE nei paesi partner dovrebbero tenere regolarmente delle riunioni informative con i GCI, e nei paesi interessati dovrebbero essere coadiuvati da addetti specificamente incaricati delle tematiche del lavoro e dell’ambiente.

5.24.

Il CESE sottolinea che occorre promuovere la cooperazione con la società civile, dalla fase di elaborazione a quella di monitoraggio degli strumenti e degli accordi commerciali. Chiede di riattivare il gruppo di esperti sugli ALS, che in passato ha dispiegato un impegno costante, necessario e senza eguali sulle questioni commerciali. I GCI rappresentano anche una miniera non sfruttata di conoscenze pratiche su questioni trasversali relative al CSS, alla quale si dovrebbe attingere appieno.

5.25.

Le crescenti sfide per i GCI impongono l’adozione di soluzioni sistemiche dotate di adeguate risorse sia umane che finanziarie. Gli stessi GCI dovrebbero essere maggiormente coinvolti nelle relative decisioni.

5.26.

La razionalizzazione dei GCI non è un obiettivo di per sé. Qualsiasi nuovo approccio potenziale, come la maggiore concentrazione delle strutture su temi individuali, deve garantire il funzionamento efficace dei GCI per fronteggiare le sfide che si presenteranno nell’attuazione del relativo accordo, e dovrà altresì coinvolgerli nella sua concezione. Riunioni periodiche di tutti i membri del GCI dell’UE potrebbero servire a trovare soluzioni comuni alle questioni trasversali e fornirebbero una piattaforma per discutere modalità pragmatiche e concrete prima del prossimo rinnovo dei membri dei GCI nella primavera del 2023.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Nel 2020 uno studio della Fondazione Friedrich-Ebert (FES) ha analizzato le carenze dei GCI, e un gruppo di organizzazioni che fanno parte di tali gruppi, coordinato da CNV Internationaal, sta elaborando un documento informale contenente raccomandazioni su come rafforzarli.

(2)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 73.

(3)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 73.

(4)  Non-paper on trade, social economic effects and sustainable development (Documento informale sul commercio, sugli effetti socioeconomici e sullo sviluppo sostenibile), 2020.

(5)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 136 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197.

(6)  Ibidem.

(7)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 73.

(8)  Parere NAT/834 sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (in corso di elaborazione).

(9)  Prossimo parere NAT/822 sul tema Autonomia strategica, sicurezza e sostenibilità alimentare.

(10)  GU C 364 del 28.10.2020, pag. 53.

(11)  GU C 227 del 28.6.2018, pag. 27.

(12)  Dichiarazione congiunta dei GCI dell'UE e del Canada nell'ambito del CETA, settembre 2020.

(13)  Accordo Stati Uniti-Messico-Canada.

(14)  Un prossimo parere REX/536 esaminerà il quadro per il coinvolgimento della società civile durante l’intero ciclo di vita degli accordi commerciali e politici; la sua adozione è prevista per la primavera del 2022.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/49


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso una strategia globale per lo sviluppo rurale e urbano sostenibile»

(parere d'iniziativa)

(2022/C 105/08)

Relatore:

Josep PUXEU ROCAMORA

Correlatrice:

Piroska KÁLLAY

Decisione dell'Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d'iniziativa

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

4.10.2021

Adozione in sessione plenaria

21.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

220/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE è convinto che il futuro dell'Europa dipenda da come gestiremo le zone rurali, e che sia necessaria una maggiore cooperazione con le zone urbane al fine di assicurare che nessun territorio o cittadino rimanga «indietro» nella transizione giusta verso un'Unione europea climaticamente neutra, sostenibile e prospera. Questo sarebbe in sintonia con gli obiettivi del Green e Social Deal europeo, lo strumento dell'UE per la ripresa (NextGenerationEU), l'Agenda territoriale 2030 e i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile.

1.2

Il CESE ritiene che l'UE debba ridurre le disparità tra i territori tramite la promozione di politiche che assicurino una transizione giusta e sostenibile in tutti i settori e garantiscano una buona qualità di vita nell'ambiente rurale.

1.3

A causa delle sfide legate ai cambiamenti climatici e alle pandemie, il CESE sottolinea l'urgenza di agire adesso e di attuare un cambiamento di paradigma per dimostrare il valore aggiunto della collaborazione e promuovere il rispetto e la comprensione reciproci, a vantaggio di tutti i cittadini.

1.4

Il CESE chiede pertanto ai responsabili politici di mettere a punto e attuare una strategia globale e onnicomprensiva dell'UE che favorisca uno sviluppo rurale e urbano equilibrato, coeso, equo e sostenibile, facendo leva sul ruolo delle comunità locali, stimolando le industrie tradizionali e creando nuove attività economiche e opportunità di lavoro nelle zone rurali, oltre a promuovere le sinergie con le zone urbane.

1.5

Al fine di rafforzare la parità di condizioni tra le comunità rurali e l'ambiente urbano, il CESE formula le seguenti raccomandazioni:

1.

è necessario dotare le politiche rurali delle risorse sufficienti, fornire comunicazioni tecnologiche e infrastrutture di trasporto (in particolare i trasporti pubblici, che sono assolutamente necessari per la vita quotidiana e l'occupazione), nonché assicurare sistemi efficienti e di qualità in materia di istruzione e di erogazione di servizi sanitari, che devono essere perfettamente allineati ai servizi urbani pertinenti («equità nella salute»);

2.

l'offerta di occupazione, formazione e alloggio deve tener conto delle risorse naturali dell'ambiente rurale e metterle a profitto, creando nel contempo opportunità commerciali innovative;

3.

i parlamenti rurali e lo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD), in quanto modelli di democrazia partecipativa, devono essere appoggiati dai responsabili politici ed essere inclusivi, coinvolgendo tutti i cittadini delle zone rurali, comprese le parti sociali, le donne, le persone in età avanzata, le persone con disabilità, le minoranze e — soprattutto — i giovani;

4.

i beni del patrimonio culturale devono essere protetti e promossi (1).

1.6

Il CESE formula le seguenti raccomandazioni per lo sviluppo rurale/urbano:

1.

i governi devono operare in modo trasparente ed equo per quel che riguarda la prestazione di servizi ai cittadini in tutti i settori;

2.

le organizzazioni della società civile, comprese quelle coinvolte nell'iniziativa LEADER e i gruppi di azione locale, dovrebbero sviluppare partenariati rurali e urbani a livello locale allo scopo di creare opportunità economiche, sociali e ambientali e favorire una maggiore comprensione delle interdipendenze;

3.

il modello di governance dei consigli per la politica alimentare potrebbe servire da fonte d'ispirazione per una cooperazione efficace tra tutte le parti interessate a livello locale. Le possibilità di telelavoro, la necessità di abitazioni rurali e l'accesso all'uso del suolo hanno registrato dei cambiamenti per effetto dei nuovi impatti e delle nuove sfide a livello ambientale, oltre che a causa della pandemia;

4.

è utile favorire e sostenere lo scambio di buone pratiche e di casistiche di rischio tra i territori;

5.

l'accesso a un'istruzione di alta qualità nelle zone rurali può essere uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo economico locale e può aiutare le comunità rurali ad adattarsi a un ambiente in rapida evoluzione.

1.7

Il CESE rivolge in particolare alla Commissione europea e ai governi nazionali e regionali le seguenti raccomandazioni:

1.

la visione a lungo termine adottata di recente dalla Commissione per le zone rurali (2) deve continuare ad essere sviluppata affinché si trasformi in un impegno rurale e urbano a favore di un approccio equo. È importante mostrare il valore aggiunto della collaborazione tra organizzazioni rurali e urbane, come per esempio l'iniziativa «dal produttore al consumatore» e un Green Deal socialmente inclusivo;

2.

la Commissione europea dovrebbe puntare sulla creazione di un gruppo di parti interessate rurali e urbane, sulla base dell'iniziativa «piccoli comuni intelligenti», al fine di sviluppare buone pratiche nei modelli di partenariato;

3.

per promuovere il coinvolgimento, bisognerebbe investire in progetti pilota a livello locale e prevedere incentivi/condizionalità, oltre che premi su scala paneuropea per accordi inclusivi esemplari.

1.8

Il CESE si impegna inoltre a collaborare con il Parlamento europeo e con il Comitato delle regioni commissionando indagini, consultando la società civile organizzata e promuovendo una Carta europea dei diritti e delle responsabilità rurali e urbane.

1.9

Il CESE offrirà una panoramica globale sulle politiche territoriali, urbane e rurali nei suoi futuri pareri; a titolo di esempio, il presente parere è stato discusso tra varie sezioni prima della sua adozione.

2.   Introduzione

2.1

Sulla scia delle raccomandazioni avanzate nel proprio parere sul tema Un approccio integrato per le zone rurali dell'UE, con particolare attenzione alle regioni vulnerabili (adottato nel settembre 2020) (3) e dell'audizione tenutasi il 18 giugno 2021 (4), il CESE intende ora definire una strategia globale dell'UE in materia di sviluppo rurale e urbano sostenibile, analizzando il quadro generale che lega la politica rurale a tutte le altre politiche pertinenti, individuando le sfide e gli ostacoli esistenti, nonché sottolineando il ruolo della società civile, delle imprese e delle comunità locali nelle definizione di approcci dal basso. Il CESE contribuirà attivamente ad assicurare che si tenga conto di questa strategia nella fase di elaborazione delle politiche dell'UE.

2.2

È essenziale gestire meglio la diversità esistente nelle zone rurali sulla base delle opportunità offerte da ciascuna di esse. Esistono zone rurali che, a causa della loro vicinanza alle zone urbane, possono beneficiare dell'effetto di «agglomerazione» attraverso l'interazione tra contesto rurale e contesto urbano, mentre altre, che sono più distanti, dipendono in misura maggiore da un unico settore (spesso, l'agricoltura, la silvicoltura, la pesca o l'attività mineraria) e la loro interazione con le città è meno visibile.

2.3

Sebbene le zone rurali e quelli urbane siano diverse, con le loro caratteristiche specifiche e uno sviluppo differenziato, la realtà dimostra che sono strettamente interconnesse. Queste interdipendenze sono inoltre sempre più complesse e dinamiche, e veicolano flussi strutturali e funzionali non solo di persone, ma anche di beni strumentali, informazioni, tecnologie e stili di vita. È pertanto essenziale trovare un equilibrio tra zone rurali e zone urbane, due poli che hanno bisogno l'uno dell'altro e che non possono esistere se uno dei due manca.

2.4

L'ideale dello stile di vita rurale quale situazione di benessere e di qualità di vita per i cittadini deve essere un obiettivo da raggiungere anche nelle zone remote o svantaggiate. La strategia deve trovare la formula per trovare il necessario equilibrio tra questi due aspetti e il modo per integrarli, al fine di conseguire in futuro la sostenibilità.

2.5

Le sfide che si profilano per le zone rurali (cambiamento demografico, spopolamento, divario digitale, bassi livelli di reddito, accesso limitato a certi servizi, necessità di prospettive occupazionali migliori, oppure impatti specifici dei cambiamenti climatici) possono essere affrontate solo attraverso una prospettiva territoriale globale e rinnovata che punti a cercare una relazione reciproca di sviluppo.

2.6

Questo nuovo contesto, che va oltre il legame tradizionale tra zone rurali incentrate sull'agricoltura e separate dall'ambiente urbano, richiede che le misure di sviluppo rurale siano basate, in tutte le regioni, su un approccio multisettoriale integrato che metta a profitto le sinergie e inglobi non solo le zone rurali e quelle urbane, ma anche le aree intermedie.

3.   Sfide e proposte d'azione

3.1

La concezione tradizionale che opera una chiara distinzione tra zone rurali e urbane dev'essere integrata con nuovi concetti, nuove interpretazioni e nuovi approcci, e occorre tenere conto della realtà locale per definire il territorio considerato.

3.2

Lo sviluppo futuro dei territori europei deve basarsi sulla complementarità tra zone rurali e urbane, nonché sul coordinamento delle politiche indirizzate a tali zone, con il fine ultimo di conseguire la coesione sociale ed economica e la sostenibilità ambientale di tali territori.

3.3

Il CESE ritiene che negli approcci strategici per lo sviluppo rurale e urbano sia necessaria una maggiore coerenza per evitare sovrapposizioni e discrepanze tra le strategie (ad esempio strategia dei GAL, strategia di investimento territoriale integrato, strategia di sviluppo locale, strategia di sviluppo regionale) e per facilitarne l'attuazione da parte degli attori locali nei processi di sviluppo e negli investimenti.

3.4

Lo sviluppo rurale e urbano deve essere disciplinato secondo i principi enunciati nell'Agenda territoriale 2030 dell'UE, nella Carta di Lipsia, nell'agenda urbana delle Nazioni Unite, nell'agenda urbana dell'UE, nel patto di Amsterdam, nella dichiarazione di Cork 2.0 su una vita migliore nelle zone rurali e nei principi dell'OCSE sulla politica urbana e rurale, in cui sono presi in considerazione i partenariati tematici e la gestione condivisa tra zone urbane e rurali.

3.5

Le città di media grandezza svolgono un ruolo centrale nel collegare le aree metropolitane urbane con quelle rurali, e meritano pertanto un'attenzione particolare sia nella fase di pianificazione territoriale che in quella dell'assegnazione di risorse e servizi. Molte città europee (tra cui Tolosa in Francia, Manresa in Spagna, Torino in Italia e Aalborg in Danimarca) hanno già messo in atto approcci molto efficaci. Le reti di città come ICLEI (5), Eurotowns (6) ed Eurocities (7) sono attori di primo piano per lo scambio di esperienze e la promozione delle pratiche migliori.

3.6

L'interazione tra campagna e città deve figurare nell'agenda politica ed è necessario facilitarne la comprensione non solo tra chi ha la responsabilità delle politiche, ma anche tra chi ha il compito di prepararle, promuovendo altresì forme di coordinamento delle politiche a partire dal territorio.

3.7

La ricerca finanziata con fondi europei deve anch'essa continuare a indagare in che modo promuovere uno sviluppo rurale/urbano equo e sostenibile e come rilanciare lo sviluppo economico delle zone rurali. Progetti quali ROBUST (8), RUBIZMO (9) e LIVERUR (10) dovrebbero essere ulteriormente sviluppati e portare a cambiamenti concreti.

3.8

Per conseguire la sostenibilità (economica, sociale e ambientale) di questi territori, siano essi rurali o urbani, è necessaria una politica a vasto raggio che sia legata alla realtà socioeconomica, cultura ed etnografica, e che promuova non solo la cooperazione tra zone rurali e urbane, ma anche l'impegno tra i vari attori sociali ed economici, oltre a meccanismi adeguati di governance assieme alle amministrazioni locali.

3.9

Le zone rurali remote sono ancora più esposte alle sfide cui sono confrontate le altre zone rurali e richiedono pertanto politiche e trattamenti specifici. Il CESE ritiene che oltre a risolvere i problemi legati alla difficoltà di accesso ai servizi pubblici, tra cui la sanità e l'istruzione, occorra istituire programmi che rigenerino l'ecosistema economico locale, in cooperazione con gli insediamenti vicini.

3.10

Molte sfide tra quelle che le zone rurali devono affrontare esulano dal campo e dai fondi della politica agricola comune (PAC), come sottolineato nella nostra recente relazione sull'impatto della PAC sullo sviluppo territoriale delle zone rurali (11), ed è pertanto necessario procedere verso un approccio integrato in materia di azione e di finanziamento nelle varie politiche che hanno un impatto sulle zone rurali. I finanziamenti erogati tramite politiche nazionali dovrebbero integrare i fondi della PAC per lo sviluppo rurale.

3.11

Le politiche agricole, alimentari e rurali devono essere in linea con le politiche in materia di clima e biodiversità, con le politiche finalizzate a ridurre la povertà, le politiche in materia di infrastrutture e trasporti, le politiche in materia di istruzione e formazione, le politiche relative alla prestazione di servizi basilari di interesse generale (sanità, alloggi, ecc.), nonché con quelle che promuovono lo sviluppo di nuove attività basate sull'economia circolare e la bioeconomia, la digitalizzazione o la lotta contro lo spopolamento.

3.12

Queste politiche devono inoltre essere allineate e complementari non solo a strategie europee quali il Green Deal (12) o «dal produttore al consumatore» (13) — e, in particolare alla nuova strategia industriale (14), nel cui quadro il settore agroalimentare è definito come uno degli ecosistemi strategici più importanti dell'UE — ma anche alle politiche che garantiscono la sicurezza alimentare. La sperimentazione di nuove forme di cooperazione urbano-rurale nel contesto del Green Deal europeo non è solo un presupposto, ma anche un'opportunità per una transizione giusta e uno sviluppo sostenibile equilibrato sul piano territoriale.

3.13

Occorre migliorare la governance e l'armonizzazione dei fondi europei, nazionali e infranazionali, al fine di affrontare meglio i temi dello sviluppo sostenibile attraverso un esame più approfondito delle questioni orizzontali, tenendo sempre conto delle richieste di ogni territorio.

3.14

Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di garantire l'accesso a finanziamenti sostenibili e lo sviluppo di strumenti finanziari su misura per lo sviluppo rurale e urbano, tenendo conto della struttura dei rischi e delle caratteristiche del mix economico. Inoltre, la tassonomia e l'approccio di bilancio per le zone rurali dovrebbero tenere conto delle esigenze di sviluppo e di investimento.

3.15

Questo approccio integrato richiede il coordinamento tra le varie amministrazioni e gli organi di gestione, comprese le numerose direzioni della Commissione europea che si occupano di politiche trasversali. Tale coordinamento orizzontale implica un approccio in base al quale i responsabili politici integrano le questioni rurali in tutte le politiche, al fine di assicurare che si tenga conto delle esigenze rurali.

3.16

Per la riuscita del coordinamento tra le amministrazioni bisogna prendere in considerazione i seguenti aspetti:

i)

individuare la scala di intervento corretta;

ii)

stabilire con chiarezza il ruolo guida nel coordinamento delle politiche;

iii)

rafforzare gli accordi di cooperazione tra regioni o comuni;

iv)

promuovere i partenariati tra le zone rurali e quelle urbane al fine di mettere a profitto i legami funzionali;

v)

migliorare il coordinamento verticale tra i livelli di governo.

3.17

È necessario mantenere un legame diretto con i territori rurali attraverso il ruolo attivo delle regioni dell'UE, che svolgono una funzione cruciale nella definizione e attuazione delle politiche di sviluppo rurale a livello locale. Il coinvolgimento di numerose parti interessate e un approccio dal basso sono fattori essenziali per assicurare la sostenibilità e la titolarità locale delle politiche rurali. Il CESE chiede che si tenga conto del ruolo che può essere svolto dai gruppi di azione locale e dal modello di sviluppo locale di tipo partecipativo.

3.18

Il CESE propone altresì di utilizzare il modello di governance dei consigli per la politica alimentare quale fonte d'ispirazione per una cooperazione efficace tra tutte le parti interessate a livello locale.

3.19

Bisogna compiere passi avanti nei contratti territoriali (sostenuti da politiche che favoriscono l'impegno) che richiedono la definizione di obiettivi, l'unione delle forze, l'incentivazione degli impegni pubblici e privati con un orientamento territoriale, lo sviluppo di meccanismi di cooperazione interistituzionale e intersettoriale, la creazione di una nuova struttura istituzionale, la promozione dello sviluppo sostenibile, il riconoscimento della diversità delle zone rurali e la promozione dei legami urbano-rurali. A questo proposito, le imprese e le organizzazioni del settore agroalimentare hanno ora la possibilità di firmare il codice di condotta sulle pratiche aziendali e commerciali responsabili nel settore alimentare (15), un'iniziativa che era stata lanciata dalla Commissione nel quadro della strategia «dal produttore al consumatore».

3.20

I contratti territoriali devono essere basati sull'equità e sul rispetto. In Inghilterra, Galles e Scozia esistono dei codici di comportamento in ambiente rurale che hanno la finalità di aiutare i cittadini a capire come rispettare le zone rurali. Un codice di questo tipo potrebbe assurgere al rango di carta dei diritti e delle responsabilità su scala europea (16) per relazioni urbano-rurali improntate all'equità e alla sostenibilità. Tale Carta dovrebbe far parte dell'educazione civica rivolta a tutti.

3.21

Il CESE riconosce che non esistono formule uniformi applicabili ai diversi territori e che ogni unità territoriale deve definire le proprie priorità e specializzarsi, nel rispetto della peculiarità, diversità e multifunzionalità degli usi locali e con l'adozione di soluzioni basate sulle proprie potenzialità, esigenze, capacità e aspettative. L'utilizzo delle infrastrutture esistenti e la riflessione sullo sviluppo di nuove infrastrutture vanno considerati secondo una prospettiva globale, analizzando nel contempo le tendenze, al fine di investire nei luoghi giusti.

3.22

La necessità di migliorare le opportunità di lavoro:

i)

La pandemia di COVID-19 ha accelerato i processi di digitalizzazione e inverdimento, che richiedono sforzi per continuare nel tempo.

ii)

È necessario creare nuove opportunità di lavoro nelle zone rurali e mantenerle vive, comprese le opportunità connesse alla prestazione di servizi rurali, al telelavoro, alle nuove tecnologie o alle energie rinnovabili.

iii)

Il rafforzamento degli aspetti multifunzionali dell'agricoltura, la promozione delle attività non agricole, la creazione di imprese nel settore dei servizi energetici puliti e l'insediamento di attività industriali nelle zone rurali possono creare molte opportunità di lavoro.

iv)

Favorire l'imprenditorialità, assicurare il rispetto delle norme sulla concorrenza leale a tutela delle PMI e prestare attenzione alle necessità delle generazioni più giovani (ad esempio, il lavoro a distanza).

v)

Mantenere l'occupazione e le attività commerciali vicino alle persone. La visione rurale-urbana offre opportunità per lo sviluppo di un'economia circolare.

vi)

Promuovere il lavoro dignitoso e migliorare le condizioni di lavoro nelle zone rurali, garantendo nel contempo che tutte le persone che hanno delle responsabilità abbiano voce in capitolo nel processo di miglioramento.

vii)

Creare un collegamento tra la domanda dei consumatori e i mercati regionali e rurali, attraverso la commercializzazione di prodotti locali e di marchi di qualità.

viii)

Andrebbe ampiamente favorito lo sviluppo di opportunità culturali nelle zone rurali, comprese la promozione di manifestazioni culturali e la protezione di edifici storici e di luoghi di culto (castelli, chiese, ecc.).

ix)

Con i processi di digitalizzazione si dischiudono nuove opportunità che potrebbero creare attese nei cittadini — specialmente nei giovani — e fungere da richiamo, e potrebbero quindi invertire le tendenze allo spopolamento e modificare la qualità di vita nelle zone rurali. A tal fine, l'ambiente rurale ha bisogno di disporre di un'infrastruttura adeguata che garantisca la connettività. Le strategie per la connettività e le piattaforme digitali offrono soluzioni in questo ambito, mentre una legge per la digitalizzazione delle zone rurali agevolerebbe lo sviluppo di tecnologie digitali nell'agricoltura e nei contesti rurali;

x)

Bisogna aiutare l'agricoltura e l'acquacoltura (17) sostenibili nelle zone rurali e in quelle periurbane, insieme all'eco-turismo, alle attività ricreative e a quelle educative in materia di sostenibilità, e tali attività devono essere compatibili con la protezione della biodiversità, al fine di garantire la qualità di vita delle persone;

xi)

Un'istruzione rurale accessibile e di qualità, a partire dai primi anni di vita dei bambini, può contribuire a migliorare i rendimenti scolastici, mentre l'accesso a servizi pubblici, come l'assistenza all'infanzia e le strutture scolastiche, rappresenta un fattore territoriale che influisce sull'attrattiva delle zone rurali, anche per i lavoratori altamente qualificati.

3.23

La crescita economica e la creazione di posti di lavoro sono importanti, ma devono essere integrate con un'offerta sufficiente in termini di servizi, alloggi, energia, svaghi, istruzione e formazione, apprendimento permanente e sistemi sanitari di buona qualità, in modo da assicurare non solo la sostenibilità delle zone rurali, ma anche la loro attrattiva come luogo in cui vivere. L'UE deve sviluppare con urgenza le basi di un'economia del benessere sostenibile e inclusiva che operi a favore di tutti (18).

3.24

In particolare, il continuo sviluppo di trasporti pubblici a prezzi accessibili dovrebbe essere una priorità per lo sviluppo delle zone rurali e quindi per la connettività con le aree urbane. La disponibilità di trasporti pubblici a prezzi accessibili è assolutamente necessaria per la vita quotidiana e l'occupazione, in relazione all'accessibilità di servizi pubblici essenziali quali scuole, strutture per l'infanzia, medici o farmacie, e per gli spostamenti regolari da e verso il luogo di lavoro.

3.25

A tal fine sono necessarie nuove forme di fornitura dei servizi rurali:

i)

fornitura di servizi integrati (co-working di più servizi in un unico spazio; collaborazione tra fornitori di servizi; cooperazione tra gruppi di professionisti; produzione congiunta tra organizzazioni pubbliche, private e delle comunità locali);

ii)

approccio alla fornitura di servizi alternativi e più flessibili (servizi mobili che portino il servizio al cittadino; modelli di sistemi a stella, in cui i servizi sono forniti regolarmente da una sede centrale; servizi più adeguati alle esigenze locali);

iii)

soluzioni tecnologiche e digitali, anche nei settori dell'istruzione e della salute.

3.26

Una strategia globale volta a raggiungere le opportune soglie di servizio in territori diversi e ad assicurare lo scambio di servizi tra le diverse parti dei territori rappresenta un elemento cruciale per la progettazione di zone urbane e rurali sostenibili.

3.27

È necessario mettere a punto una strategia che, tramite il miglioramento dei servizi rurali e l'offerta di nuove opportunità di lavoro, permetta alla popolazione di insediarsi nel territorio, assicurando quindi il necessario ricambio generazionale.

Bruxelles, 21 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Parere del CESE sul tema «Il contributo delle zone rurali d'Europa all'Anno europeo del patrimonio culturale 2018 a garanzia della sostenibilità e della coesione urbana/rurale», GU C 440 del 6.12.2018, pag. 22.

(2)  COM(2021) 345 final.

(3)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 60.

(4)  Verso una strategia globale per uno sviluppo rurale ed urbano sostenibile ed equo, Comitato economico e sociale europeo.

(5)  https://www.iclei.org

(6)  https://www.eurotowns.org/

(7)  https://eurocities.eu

(8)  https://rural-urban/eu

(9)  https://rubizmo.eu

(10)  https://liverur.eu/

(11)  https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/information-reports/evaluation-caps-impact-territorial-development-rural-areas-information-report

(12)  Un Green Deal europeo | Commissione europea.

(13)  Strategia Dal produttore al consumatore.

(14)  Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell'Europa.

(15)  Codice di condotta (europa.eu).

(16)  The Countryside Code: advice for countryside visitors («Il codice di comportamento in campagna: consigli per i visitatori»), GOV.UK.

(17)  Cfr. il parere sul tema Orientamenti strategici per lo sviluppo sostenibile dell'acquacoltura nell'UE (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 103) e il parere sul tema Un nuovo approccio per un'economia blu sostenibile nell'UE (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 108).

(18)  Parere del CESE sul tema L'economia sostenibile di cui abbiamo bisogno (GU C 106, del 31.3.2020, pag. 1).


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Autonomia strategica, sicurezza e sostenibilità alimentare»

(parere d’iniziativa)

(2022/C 105/09)

Relatore:

Klaas Johan OSINGA

Decisione dell’Assemblea plenaria

25.3.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente

Adozione in sezione

4.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

128/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE propone una definizione di autonomia strategica aperta applicata ai sistemi alimentari, basata su produzione alimentare, forza lavoro e commercio equo, con l’obiettivo generale di garantire la sicurezza e la sostenibilità alimentare per tutti i cittadini dell’UE tramite un approvvigionamento alimentare equo, salutare, sostenibile e resiliente.

1.2.

In particolare, i sistemi alimentari nell’UE dovrebbero essere più diversificati; la forza lavoro in agricoltura dovrebbe essere rafforzata, specie attirando persone giovani e garantendo condizioni lavorative e una retribuzione dignitose; le politiche commerciali dovrebbero essere allineate con gli standard di sostenibilità alimentare dell’UE e la competitività (1).

1.3.

Il modo migliore per garantire l’autonomia strategica aperta e la sostenibilità dei sistemi alimentari è sviluppare una serie di strumenti che includano misure di gestione del rischio per aiutare le filiere alimentari ad affrontare situazioni estreme e le autorità nazionali e dell’UE ad agire in maniera immediata.

1.4.

I recenti avvenimenti causati dalla COVID-19, da fenomeni meteorologici estremi dovuti agli squilibri climatici e da attacchi informatici dimostrano la necessità di migliorare la resilienza e la sostenibilità dei sistemi alimentari. Nell’ambito della strategia «Dal produttore al consumatore» (F2F) la Commissione europea sta elaborando un piano di emergenza dell’UE per l’approvvigionamento e la sicurezza alimentare associato a un dispositivo UE per la risposta alle crisi alimentari (2). Tutto questo dovrebbe contribuire a sensibilizzare ai rischi esistenti ed includere l’individuazione, la valutazione, la mappatura e il monitoraggio dei rischi principali tramite test di resistenza allo stress dei sistemi critici a livello di UE e di Stati membri e contribuire all’introduzione di misure che risolveranno i problemi che si presentano.

1.5.

L’UE ha bisogno di un sistema per prevenire che eventi quali interruzioni di corrente e di rete o attacchi informatici sfuggano al controllo a causa delle situazioni di dipendenza. Per esempio: una città che deve restare in lockdown per diverse settimane, un’interruzione di corrente che dura diversi giorni, un’azienda o un rivenditore al dettaglio del settore alimentare che subisce un attacco informatico.

1.6.

Al fine di migliorare i meccanismi di risposta è necessario sviluppare i sistemi alimentari esistenti e al tempo stesso diversificare i sistemi alimentari, compresi i modelli commerciali per i punti di vendita diretta presso le aziende, l’agricoltura urbana, l’agricoltura verticale e l’approccio «produzione locale per il consumo locale» in generale. Ciò richiede una più ampia applicazione di ricerca e innovazione da parte di agricoltori e coltivatori e dovrebbe contribuire a ridurre al minimo i rischi di «deserti alimentari» e di specializzazione della produzione (3). Allo stesso tempo dovrebbero essere rafforzati i vantaggi del sistema di distribuzione efficiente dalle aziende agricole al settore della lavorazione e ai mercati.

1.7.

Per assicurare una produzione sufficiente a lungo termine di alimenti sani, e condizioni di sussistenza adeguate, è importante che le risorse naturali siano utilizzate in maniera sostenibile, preservando il suolo e le risorse idriche, contrastando i cambiamenti climatici e le perdite di biodiversità e tutelando il benessere animale. L’UE dovrebbe nel contempo rafforzare la produzione locale e regionale, per combinare una produzione e una trasformazione alimentari ben equilibrate con un’impronta del carbonio limitata.

1.8.

La PAC svolge un ruolo economico, sociale e ambientale di vitale importanza. Essa dovrebbe stabilizzare i mercati durante le crisi e allo stesso tempo fornire agli agricoltori e alle imprese di trasformazione una rete di sicurezza a protezione dell’ambiente, del clima, della forza lavoro e del benessere animale. La PAC svolge un ruolo nel mantenimento della capacità di produzione strategica, della sicurezza degli alimenti e del loro approvvigionamento.

1.9.

Le aziende agricole, i terreni agricoli fertili e l’acqua rappresentano dei beni strategici e devono essere protetti fino ad un certo livello in tutta l’UE: essi costituiscono la spina dorsale della nostra autonomia alimentare strategica aperta.

1.10.

Il CESE ribadisce la propria raccomandazione di esplorare la possibilità di istituire un Consiglio europeo per la politica alimentare multipartecipativo e multilivello (4). Nel contesto di un’autonomia strategica aperta, detto Consiglio potrebbe svolgere, tra l’altro, un ruolo di monitoraggio e contribuire a valutare e anticipare i rischi all’interno della filiera alimentare.

1.11.

L’UE deve assicurare che le frontiere restino aperte in modo sicuro e che la forza lavoro e la logistica continuino a funzionare per la produzione e la distribuzione di prodotti alimentari («corsie verdi») sia all’interno dell’UE che verso paesi terzi. A tal fine è richiesto un meccanismo forte di coordinamento tra gli Stati membri, la Commissione e i paesi terzi.

2.   Introduzione

2.1.

Il presente parere d’iniziativa è volto ad esaminare il concetto di «autonomia strategica aperta» per l’Europa in relazione alla sicurezza e alla sostenibilità alimentari future, apportando il punto di vista della società civile e le sue raccomandazioni strategiche per il futuro. In particolare, il parere offre spunti di riflessione su tematiche che emergono da eventi recenti quali la COVID-19, fenomeni meteorologici estremi, attacchi informatici e tensioni politiche/sociali.

2.2.

L’autonomia strategica aperta dovrebbe essere vista come un’opportunità per l’UE di garantire la sicurezza del suo approvvigionamento alimentare e fissare elevati standard di sostenibilità, in particolare nel contesto del Green Deal europeo e degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. La sfida europea della sostenibilità alimentare deve essere affrontata sia internamente che esternamente, e questo parere analizzerà anche i possibili modi per proteggere e migliorare la disponibilità di prodotti alimentari sostenibili per tutti i cittadini dell’UE, specialmente in tempi di crisi.

2.3.

Il parere si basa su una serie di proposte e idee concrete già avanzate dal CESE nel corso del suo lavoro precedente (5) e che possono essere sintetizzate come segue:

promuovere una politica alimentare globale nell’UE, con l’obiettivo di fornire un’alimentazione sana a partire da sistemi alimentari sostenibili, di collegare l’agricoltura all’alimentazione e ai servizi ecosistemici, nonché di garantire catene di approvvigionamento che tutelino la salute pubblica per tutti i settori della società europea. Una tale politica, ora riflessa nella strategia F2F della Commissione, dovrebbe aumentare la coerenza tra gli ambiti di intervento legati all’alimentazione, ripristinare il valore degli alimenti e promuovere una transizione a lungo termine dal produttivismo e consumismo alimentare alla cittadinanza alimentare;

rafforzare il potenziale delle filiere alimentari corte, dell’agroecologia e dei regimi di qualità dei prodotti;

garantire prezzi equi e vietare le pratiche commerciali sleali;

incorporare in tutti i futuri accordi commerciali dell’UE la strategia F2F e la strategia sulla biodiversità, proposte nel Green Deal, quali riferimenti globali per la sostenibilità;

garantire il coinvolgimento e la partecipazione strutturati della società civile e di tutte le parti interessate lungo la filiera alimentare, anche tramite un Consiglio europeo per la politica alimentare.

2.4.

Infine, il parere d’iniziativa è volto a fornire utili prospettive per il lavoro in corso sulla strategia F2F, proposta nel Green Deal, la PAC, il riesame della politica commerciale e l’agenda della previsione strategica, portando la sicurezza alimentare dell’UE e la sostenibilità al centro dell’analisi.

2.5.

Nel settembre 2021 le Nazioni Unite hanno tenuto un vertice sui sistemi alimentari, volto ad aiutare i paesi a raggiungere i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS), in particolare l’OSS 2 — Fame zero. Il CESE ha dato un contributo a questo dibattito (6).

3.   Autonomia strategica aperta, gli elementi chiave per il sistema alimentare

3.1.

Secondo la Commissione europea, «l’autonomia strategica aperta» è la capacità dell’UE di compiere le proprie scelte e plasmare il mondo circostante attraverso la leadership e l’impegno, rispecchiando i propri interessi e valori strategici. Questa permette all’UE di essere più forte, a livello sia economico che geopolitico, essendo (7):

aperta agli scambi commerciali e agli investimenti che aiutano l’economia dell’UE a riprendersi dalle crisi e a restare competitiva e legata al mondo;

sostenibile e responsabile, assumendo un ruolo guida a livello internazionale per plasmare un mondo più verde ed equo, rafforzando le alleanze esistenti e impegnandosi con molti partner;

decisa contro pratiche ingiuste e coercitive e pronta a far valere i propri diritti, sempre favorendo la cooperazione internazionale per risolvere i problemi globali.

3.2.

L’«autonomia strategica aperta» deve essere definita meglio quando si parla di sistemi alimentari. Il CESE vuole contribuire alla riflessione su come l’UE possa essere meglio preparata ad affrontare crisi future. Ciò dovrebbe essere parte del piano di ripresa dell’UE, per esempio tramite l’uso dei fondi Next Generation EU.

3.3.

Il CESE propone una definizione di autonomia strategica aperta basata su produzione alimentare, forza lavoro e commercio equo, con l’obiettivo generale di garantire la sicurezza e la sostenibilità alimentari per i cittadini dell’UE tramite un approvvigionamento alimentare equo, sostenibile e resiliente.

3.4.   Produzione alimentare

3.4.1.

L’approccio alla sicurezza alimentare dovrebbe essere basato su prospettive internazionali, nazionali e locali. Il 55 % della popolazione mondiale vive in città, dove vengono prodotti pochi alimenti freschi: i cosiddetti deserti alimentari. Le Nazioni Unite stimano che tale percentuale aumenterà, raggiungendo il 68 % entro il 2050. Le stime mostrano che l’urbanizzazione, insieme alla crescita generale della popolazione mondiale, potrebbe causare un aumento della popolazione delle aree urbane pari a 2,5 miliardi di persone entro il 2050 (8). Si stima che il livello europeo di urbanizzazione aumenterà raggiungendo una percentuale pari a circa l’83,7 % nel 2050 (9).

3.4.2.

Nel mercato interno dell’Unione europea, gli alimenti vengono trasportati quotidianamente per lo più dalle zone rurali e dalle industrie di lavorazione ai supermercati nelle aree urbane. Tuttavia, i negozi locali, i punti di vendita diretta o online hanno visto aumentare la propria popolarità tra i consumatori durante i lockdown del 2020/2021.

3.4.3.

Lo sviluppo di filiere corte contribuisce alla resilienza dell’Europa. I canali locali dovrebbero essere coerenti con le necessità delle popolazioni e le specificità dei territori e delle condizioni climatiche. Le capacità di lavorazione dovrebbero essere più sviluppate a livello locale.

3.4.4.

Anche la diversificazione della produzione contribuirà ad aumentare la resilienza dell’UE. Un aumento della superficie agricola destinata all’agricoltura biologica è prevista nella strategia F2F, e gli orti urbani, l’agricoltura urbana e verticale (10), che acquistano sempre maggiore popolarità, sono opzioni valide per evitare che il cibo percorra molti chilometri. Queste iniziative dovrebbero essere collegate ad altre attività locali e regionali di produzione e trasformazione alimentare, dando così vita a una rete di sicurezza.

3.4.5.

La mappatura delle vulnerabilità dovrebbe essere in cima all’agenda dell’UE. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero cooperare nel mettere in evidenza le lacune, ridurre gli sprechi alimentari, sviluppare scenari e coordinare attività mirate di formazione e comunicazione.

3.4.6.

Una gestione intelligente delle scorte alimentari dovrebbe essere parte della strategia UE per l’autonomia strategica aperta in questo campo, che dovrebbe includere una regolare rotazione delle scorte strategiche evitando nel contempo manovre speculative da parte dei commercianti, compreso l’acquisto di materie prime e di alimenti sottocosto (11), e forti reazioni del mercato, la cui trasparenza dovrà essere garantita.

3.5.   La forza lavoro

3.5.1.

Non ci sono abbastanza giovani formati in campo agricolo e disposti a dedicarsi all’agricoltura. Nel 2016, per ogni agricoltore UE di età inferiore a 35 anni, ce n’erano più di sei di età superiore a 65 anni (12).

3.5.2.

In più, gli agricoltori continuano a subire una quota sproporzionata del danno e delle perdite causate dai disastri. La sempre maggiore frequenza e intensità di tali disastri, insieme alla natura sistemica del rischio, causano sconvolgimento nelle vite delle persone, devastando mezzi di sussistenza e mettendo in pericolo il nostro intero sistema alimentare.

3.5.3.

È essenziale aumentare la forza lavoro agricola in Europa, proteggere l’attività agricola e i terreni agricoli fertili e fornire sistemi adeguati di conoscenza e innovazione in campo agricolo (AKIS). I giovani e le donne devono essere incoraggiati ad intraprendere attività agricole e a lavorare per anni nelle aziende agricole.

3.5.4.

Garantire condizioni di lavoro dignitose per i lavoratori del settore agricolo e di quello alimentare all’interno e all’esterno dell’UE a tutti i livelli della catena di approvvigionamento è un requisito essenziale per poter implementare un sistema alimentare sostenibile e resiliente. Devono essere garantiti finanziamenti adeguati, redditi equi e più alti, prezzi equi, sussidi di adattamento ai cambiamenti climatici e i diritti dei lavoratori stagionali.

3.5.5.

Secondo il CESE, una politica alimentare a vasto raggio dell’UE dovrebbe produrre sostenibilità economica, ambientale e socioculturale. È quindi tassativo garantire che la strategia F2F riformi in profondità la dinamica delle catene di approvvigionamento e produca miglioramenti duraturi del reddito e dei mezzi di sussistenza degli agricoltori (13). C’è da chiedersi se questo necessario cambiamento fondamentale si verificherà in assenza dei giusti incentivi politici ed economici.

3.6.   Commercio

3.6.1.

Nel 2020 il valore delle esportazioni agroalimentari dell’UE a 27 ha raggiunto 184,3 miliardi di EUR, un aumento dell’1,4 % rispetto al 2019, mentre le importazioni, per un valore pari a 122,2 miliardi di EUR, sono aumentate dello 0,5 % rispetto all’anno precedente. Il surplus derivante dal commercio agroalimentare nel 2020 è stato di 62 miliardi di EUR, con un aumento del 3 % rispetto al 2019 (14). Secondo il Centro comune di ricerca (JRC), esportazioni agroalimentari per un valore di un miliardo di EUR creano in media 20 000 posti di lavoro, di cui 13 700 nel settore primario. Allo stesso tempo, nel 2016 l’agricoltura rappresentava circa il 4,2 % dell’occupazione totale nell’UE (15).

3.6.2.

Il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Cina, la Svizzera e il Giappone sono stati i più grandi mercati agroalimentari dell’UE, ricevendo più del 52 % di tutte le esportazioni. Tra i principali esportatori di prodotti agroalimentari verso l’UE nel 2020 figuravano il Regno Unito, il Brasile, gli Stati Uniti, l’Ucraina e la Cina.

3.6.3.

L’UE svolge un ruolo centrale nel commercio globale di prodotti agroalimentari ed è essenziale che le sue politiche commerciali siano in linea con i suoi obiettivi di sostenibilità. In un parere precedente (16), il CESE ha proposto di incorporare in tutti i futuri accordi commerciali dell’UE le strategie F2F e sulla biodiversità, proposte nel Green Deal, quali riferimenti globali per la sostenibilità. Ha riconosciuto l’importanza e il valore di un commercio fondato su norme precise, operante in condizioni di parità, nonché l’importante contributo che esso apporterà alla ripresa economica dopo la crisi della COVID-19.

3.6.4.

Per ridurre la dipendenza dai fattori di produzione agricoli l’UE dovrebbe sostenere pratiche a basso utilizzo di fattori di produzione, specialmente per quanto riguarda i combustibili fossili e i pesticidi, e sostenere la capacità di produzione dei fattori di produzione agricoli in Europa.

3.6.5.

Sono necessari sistemi innovativi per proteggere e intensificare la base naturale di risorse, promuovendo al contempo la produzione efficiente (17). Tecnologie, robot e vaccini di nuova concezione sono importanti risorse da sviluppare.

4.   Gestione del rischio e scenario di test di resistenza allo stress

4.1.

Secondo la FAO, l’umanità e la nostra sicurezza alimentare si trovano di fronte a una serie di minacce nuove e senza precedenti, quali eventi meteorologici estremi dovuti agli squilibri climatici, malattie e pandemie. L’agricoltura deve affrontare una serie di rischi, che interagiscono in un mondo iperconnesso (18).

4.2.

La FAO riferisce che nel periodo 2020/21 i prezzi degli alimenti sono aumentati, raggiungendo il livello più alto dal 2011 (19). Spesso viene riportato che la volatilità dei prezzi è causata in parte dalla speculazione. L’ONU e l’OCSE riferiscono che, nel 2020, tra 720 e 811 milioni di persone hanno sofferto la fame. Nel 2020 quasi una persona su tre al mondo (2,37 miliardi) non ha avuto accesso ad alimenti a sufficienza, vale a dire un aumento di 320 milioni in un anno (20).

4.3.

La pandemia di COVID-19 dimostra che non si deve dare per scontata la sicurezza alimentare, nemmeno in Europa. Tutti gli attori e le attività lungo la filiera alimentare sono iperconnessi. Durante la pandemia, i paesi hanno introdotto restrizioni commerciali. Anche all’interno dell’UE, gli Stati membri hanno adottato misure unilaterali chiudendo i confini, minacciando il trasporto di alimenti e la circolazione dei lavoratori stagionali. Grazie ai rapidi adattamenti da parte di agricoltori e partner della filiera alimentare, la produzione, la trasformazione e la distribuzione hanno continuato a funzionare. Anche la Commissione ha agito per fare in modo che il mercato interno continuasse a funzionare. Tuttavia, molti imprenditori sono stati colpiti economicamente dalla crisi quando si sono fermati i viaggi, il turismo e i servizi alimentari.

4.4.

Gli attacchi informatici, come gli attacchi ransomware, hanno causato crisi concrete, perché gran parte della vita di oggi si svolge online («Internet delle cose»). L’agenzia di stampa AP ha riferito che il pagamento medio ai criminali informatici è aumentato del 311 % nel 2020, arrivando a 310 000 USD. In media le vittime hanno riottenuto accesso ai propri dati dopo 21 giorni (21).

4.5.

Nell’aprile del 2021, la principale catena neerlandese di supermercati (Albert Heijn) è rimasta sprovvista di alcuni prodotti caseari per diversi giorni a causa di un attacco informatico subito da un grande distributore (22). Recentemente è stato attaccato JBS, il maggior grossista mondiale di carni. Ciò ha intensificato negli Stati Uniti le preoccupazioni relative alla sicurezza della filiera alimentare nazionale (23). Sembra che molti attacchi informatici non vengano segnalati dalle aziende per evitare reazioni di mercato quali l’accaparramento e l’aumento spropositato dei prezzi. Talune aziende hanno subito impatti significativi a causa di attacchi informatici pur non essendone l’obiettivo diretto, come è avvenuto per la chiusura a luglio 2021 di diverse centinaia di negozi del gruppo Cooperative in Svezia, in seguito ad un attacco ransomware ai danni del fornitore di software statunitense Kaseya (24).

4.6.

Altrettanto preoccupante è stato il blocco del canale di Suez da parte di una nave portacontainer da 200 000 tonnellate, all’inizio di aprile 2021. Simili incidenti mostrano la vulnerabilità delle catene globali di approvvigionamento. Se le catene di approvvigionamento vengono interrotte per qualche giorno, ci vuole molto tempo per recuperare e ciò può causare un aumento dei prezzi per i consumatori e le aziende.

4.7.

A settembre, la Commissione ha pubblicato la sua relazione di previsione strategica 2021, incentrata sull’autonomia strategica aperta (25). La Commissione ritiene che «garantire sistemi alimentari sostenibili e resilienti» sia uno dei settori strategici chiave per rafforzare la leadership dell’UE nel mondo. A questo proposito, si menziona la necessità di investire nell’innovazione per salvaguardare sistemi alimentari resilienti e sostenibili (26).

4.8.

In aggiunta a quanto sopra, un documento tecnico pubblicato di recente dal JRC fornisce le basi per i quadri operativi della resilienza presentati nella relazione 2020 della Commissione in materia di previsione strategica (27). In esso figurano gli indicatori della vulnerabilità legati all’accesso ai servizi locali e alla dipendenza dalle importazioni alimentari, e si dimostra l’importanza geopolitica del cibo. Un quadro operativo aiuta a tracciare una mappa della vulnerabilità e a sviluppare un test mirato di resistenza allo stress. Si tratta tuttavia di un approccio generale, in quanto non esiste un indicatore unico e i quadri operativi della resilienza sono attualmente in fase di revisione.

4.9.

È necessario che le catene di approvvigionamento passino da «just in time», appena in tempo, a «just in case», in caso di necessità. La dipendenza da un monopolio di fornitori per determinati beni può comportare l’esposizione all’interferenza di governi ostili. Va tenuta a mente anche la questione dell’approvvigionamento di fattori di produzione agli agricoltori e alle imprese trasformatrici di prodotti agricoli. Per tale motivo, il CESE chiede che la disponibilità alimentare nell’UE venga sottoposta a una valutazione della sicurezza, da compiere tramite studi di scenari.

4.10.

Devono essere usati dei test di resistenza allo stress per mettere in evidenza le vulnerabilità. Per esempio: quali sono le possibili conseguenze di interruzioni di reti energetiche e di telecomunicazione a livello locale/regionale/nazionale della durata di diversi giorni? Ciò è ampiamente riconosciuto come uno dei rischi più difficili da gestire per l’infrastruttura critica di qualsiasi nazione, compreso l’approvvigionamento alimentare. Gli impatti diretti sull’approvvigionamento alimentare includono: riduzioni dell’approvvigionamento di elettricità, acqua e gas; perdita di capacità di refrigerazione e congelamento; indisponibilità di strutture per cucinare, preparare prodotti da forno e per la lavorazione/trasformazione; riduzioni del riscaldamento e dell’illuminazione; impossibilità di assicurare l’igiene alimentare di base; indisponibilità di carburante per i veicoli destinati alla distribuzione o ad altri utilizzi nella catena di approvvigionamento. Tuttavia, anche le ripercussioni indirette dovute agli impatti su altre infrastrutture critiche potrebbero avere conseguenze significative. Un’assenza prolungata di telecomunicazioni e trasmissione di dati comporterebbe delle minacce serie e immediate per la capacità delle aziende di comunicare internamente e con agenzie pubbliche, fornitori, clienti e consumatori per facilitare la diffusione di informazioni fondamentali, per eseguire nuove ordinazioni e per operare pagamenti, compresi quelli effettuati tramite sistemi di collegamento alle banche.

4.11.

Il CESE raccomanda un ulteriore esame di questo scenario.

5.   Raccomandazioni sulla via da seguire

5.1.

L’autonomia strategica aperta come concetto offre opportunità, ma presenta anche dei rischi. La prosperità dell’UE dipende anche dal commercio mondiale e quindi da regole chiare per il commercio e da misure ben stabilite.

5.2.

Quando gli alimenti scarseggiano, almeno apparentemente, potrebbero verificarsi corse agli acquisti dettate dal panico, e potrebbe venire meno la propensione dei consumatori a pensare al clima, alla biodiversità o al benessere degli animali. Quindi l’Europa può diventare più verde solo se diventa più resiliente.

5.3.

La COVID-19 ha mostrato che quando le catene di fornitura vengono interrotte per un periodo di tempo più lungo si verificano effetti a catena in tutta l’economia. Potrebbero volerci diversi anni per tornare alla normalità.

5.4.

L’autonomia strategica aperta in campo alimentare non può esistere senza una politica commerciale aperta ed equa. L’UE non può tornare a praticare politiche protezionistiche perché si creerebbero così nuove vulnerabilità e si potrebbero provocare gravi danni (28). Per esempio, si pensi alle forniture UE di cereali verso il Nord Africa e il Medio Oriente. Spesso le catene di approvvigionamento internazionali sono più efficienti e diversificate, e quindi più capaci di adattarsi rapidamente a nuovi shock rispetto a quelle locali.

5.5.

L’UE dovrebbe valutare in quali casi e per quali prodotti l’autonomia rappresenta un valido approccio. Si dovrebbe aumentare la consapevolezza presso i consumatori e il pubblico in generale su come operano le catene di approvvigionamento.

5.6.

L’UE, con le Nazioni Unite e i suoi partner commerciali, deve affrontare le cause profonde dell’insicurezza alimentare e contribuire alla tanto necessaria trasformazione del sistema alimentare, rendendo l’agricoltura più resiliente agli shock. I governi hanno un ruolo da svolgere nel contribuire a rendere le catene di fornitura più sostenibili, robuste e sicure.

5.7.

In un recente documento informale congiunto, Francia e Paesi Bassi hanno chiesto condizioni commerciali UE più rigide, compreso un piano UE di condotta responsabile d’impresa (RBC). Si dovrebbe così assicurare una politica coerente e armonizzata, permettendo allo stesso tempo di mantenere condizioni di parità per il mercato interno UE. Un piano d’azione dell’UE in materia di condotta responsabile d’impresa dovrebbe essere la strategia principale per l’approccio dell’UE alla promozione del commercio equo e della produzione responsabile, e alla gestione delle catene di approvvigionamento.

5.8.

La Spagna e i Paesi Bassi hanno elaborato di recente un documento informale congiunto su come ricercare l’autonomia strategica preservando un’economia aperta. Uno dei punti sollevati in tale documento è stato che «l’autonomia strategica aperta» dovrebbe essere una delle questioni di cui discutere durante la Conferenza sul futuro dell’Europa.

5.9.

In tale contesto sono rilevanti anche la discussione dell’UE sulla dovuta diligenza (29) e sul codice di condotta nell’ambito della strategia F2F (30). A tale riguardo, le imprese e le organizzazioni del settore agroalimentare hanno ora l’opportunità di sottoscrivere il codice di condotta per pratiche commerciali e di marketing responsabili lanciato dalla Commissione nel quadro della strategia F2F (31).

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Perché una politica europea alimentare globale sia veramente rilevante per i consumatori europei, è essenziale che gli alimenti prodotti in modo sostenibile nell’UE siano competitivi. Ciò presuppone che il settore agroalimentare europeo sia in grado di fornire ai consumatori prodotti alimentari a prezzi in cui sono incorporati i costi aggiuntivi relativi a criteri quali la sostenibilità, il benessere degli animali, la sicurezza alimentare e la nutrizione, ma anche un giusto compenso per gli agricoltori e, al tempo stesso, mantenga la sua posizione come opzione preferita dalla vasta maggioranza dei consumatori (GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268).

(2)  Piano di emergenza, Commissione europea.

(3)  COVID-19 and the food phenomena (L’epidemia di COVID-19 e i fenomeni alimentari), FAO.

(4)  GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268.

(5)  Tra queste figurano: GU C 129 dell'11.4.2018, pag. 18, GU C 190 del 5.6.2019, pag. 9, GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268, GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66, GU C 440 del 6.12.2018, pag. 165, parere CESE «Verso una filiera alimentare equa», NAT/823 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 38).

(6)  Contributo al vertice ONU 2021 sui sistemi alimentari, CESE.

(7)  Riesame della politica commerciale, Commissione europea.

(8)  68 % of the world population projected to live in urban areas by 2050 (Secondo le previsioni, entro il 2050 il 68 % della popolazione mondiale vivrà in zone urbane), Nazioni Unite.

(9)  Urbanisation in Europe (L’urbanizzazione in Europa), Commissione europea; UN World urbanisation Prospects 2018.

(10)  Vertical farming (Agricoltura verticale), WUR.

(11)  Parere del CESE «Verso una filiera alimentare equa», NAT/823 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 38).

(12)  PAC — Structural change and generational renewal (PAC — Cambiamenti strutturali e ricambio generazionale), Commissione europea.

(13)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 268.

(14)  2020 a year of stability for EU agri-food trade (2020, un anno di stabilità per il commercio agroalimentare dell’UE), Commissione europea.

(15)  Farmers and the agricultural labour force — statistics (Gli agricoltori e la forza lavoro agricola — Statistiche), Eurostat.

(16)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66.

(17)  The future of food and agriculture (Il futuro degli alimenti e dell’agricoltura), FAO.

(18)  The impact of disasters and crises on agriculture and food security: 2021 (L’impatto delle catastrofi e delle crisi sull’agricoltura e la sicurezza alimentare: 2021), FAO.

(19)  FAO Food Price Index (Indice FAO dei prezzi alimentari), FAO.

(20)  2021 State of Food Security and Nutrition in the World (Stato della sicurezza alimentare e dell’alimentazione nel mondo 2021), WFP.

(21)  Cyber attack on US pipeline is linked to criminal gang (Attacco informatico a oleodotto USA legato a un gruppo criminale), AP News.

(22)  Kaasschaarste bij Albert Heijn na hack leverancier, de Volkskrant.

(23)  Hacking American beef: the relentless rise of ransomware (Hacking della carne di manzo americana: l’inarrestabile ascesa del ransomware), Financial Times.

(24)  NCSC statement on Kaseya incident (Dichiarazione dell’NCSC sull’incidente Kaseya), NCSC.

(25)  Relazione di previsione strategica 2021, Commissione europea.

(26)  Shaping and securing the EU's Open Strategic autonomy by 2040 and beyond (Definire e garantire l’autonomia strategica aperta dell’UE entro il 2040 e oltre), JRC.

(27)  Quadri operativi della resilienza, Commissione europea.

(28)  In tutti i futuri accordi commerciali dell’UE dovrebbero figurare le strategie F2F e sulla biodiversità, proposte nel Green Deal, quali riferimenti globali per la sostenibilità (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 66).

(29)  Towards a mandatory EU system of due diligence for supply chains (Verso un sistema obbligatorio dell’UE di dovuta diligenza per le catene di approvvigionamento), Euractiv.

(30)  Code of Conduct for Responsible Business and Marketing Practices (Codice di condotta per pratiche commerciali e di marketing responsabili), Commissione europea.

(31)  Parere del CESE «Allineare le strategie e le operazioni del settore alimentare agli obiettivi di sviluppo sostenibile per una ripresa sostenibile post COVID-19» (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).


III Atti preparatori

Comitato economico e sociale europeo

564a sessione plenaria del Comitato economico e sociale europeo — Interactio, 20.10.2021-21.10.2021

4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/63


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Aggiornamento della nuova strategia industriale 2020: costruire un mercato unico più forte per la ripresa dell’Europa»

[COM(2021) 350 final]

(2022/C 105/10)

Relatrice:

Sandra PARTHIE

Correlatore:

Dirk BERGRATH

Consultazione

Commissione europea, 1.7.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione, consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

21.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

194/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Una strategia industriale coerente dovrebbe essere imperniata su due dimensioni: la ripresa dalla pandemia, da un lato, e la ricostruzione e la resilienza, dall’altro. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore l’invito alla co-creazione di percorsi di transizione per il futuro verde e digitale e sottolinea che questa iniziativa deve essere realizzata in partenariato con l’industria, le autorità pubbliche, le parti sociali e le altre parti interessate. Per il CESE, il primo passo verso un’attuazione efficace e coerente della strategia industriale consiste nel definire il quadro di riferimento appropriato, concentrandosi sulla competitività e sull’innovazione, fattori, questi, che dovrebbero essere affrontati in ogni ecosistema, con obiettivi e traguardi chiari.

1.2.

In tale contesto, il CESE chiede di introdurre indicatori chiave di prestazione specifici che misurino non solo la competitività dell’ecosistema, ma anche le questioni orizzontali, e sottolinea la necessità di valutare periodicamente gli indicatori scelti e di adattarli o modificarli nel corso del tempo.

1.3.

Il CESE si compiace per l’impegno della Commissione europea a preservare e far crescere la base industriale e manifatturiera dell’Europa, e sottolinea che le parti sociali e le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale e devono essere coinvolte nella pianificazione del futuro dell’industria europea. Il CESE chiede inoltre che le misure previste per raggiungere la neutralità climatica e la transizione digitale siano allineate con l’obiettivo del benessere sociale e della crescita sostenibile.

1.4.

Il CESE concorda sul fatto che la resilienza della catena del valore ha acquisito rilevanza, e sostiene gli sforzi della Commissione volti a garantire le catene di approvvigionamento e a rafforzare la resilienza delle imprese, in quanto si tratta di aspetti importanti per l’economia dell’UE, al cui riguardo la pandemia di COVID-19 ha messo in luce carenze impreviste, ivi compreso nel mercato unico.

1.5.

In alcuni settori, la pandemia ha purtroppo contribuito ad ampliare il divario tra gli Stati membri dell’UE più prosperi e quelli meno prosperi, mettendo ulteriormente a rischio la coesione sociale ed economica. Next Generation EU è uno strumento senza precedenti a disposizione dell’UE per attenuare tale impatto, e va utilizzato per conseguire una migliore convergenza tra gli Stati membri e le regioni d’Europa, anche per quanto riguarda la duplice transizione verso un’Europa sostenibile e digitale.

1.6.

Le alleanze industriali si stanno dimostrando un metodo efficace per sviluppare progetti industriali su vasta scala e transfrontalieri in settori strategici. Tali alleanze, insieme a importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), sono fondamentali per la ripresa e per promuovere le norme e le tecnologie chiave europee, in particolare nei settori in cui il mercato da solo non è in grado di produrre risultati o presenta distorsioni.

1.7.

A nostro avviso, per la buona riuscita di questi progetti è necessario uno stretto dialogo con i rappresentanti dei lavoratori e i sindacati, nonché con i rappresentanti delle imprese e le federazioni dei datori di lavoro, al fine di integrare le loro competenze e ridurre al minimo le incertezze associate alla conversione. Gli sforzi messi in campo devono essere accompagnati da una valutazione d’impatto relativa agli effetti dei processi di decarbonizzazione sulla creazione di valore, sull’occupazione e sulle competenze necessarie per una produzione industriale decarbonizzata e per l’economia circolare.

1.8.

L’individuazione di misure chiare e appropriate a sostegno delle MPMI (1) europee è di fondamentale importanza, e il CESE approva il proposito di offrire alle imprese di qualsiasi dimensione un sostegno accessibile per innovare e integrare pienamente la digitalizzazione. Si rende altresì necessaria una revisione delle politiche per affrontare le sfide in materia di assunzioni che incontrano le imprese e per attrarre una forza lavoro qualificata; ugualmente necessari sono un contesto favorevole alle imprese ed investimenti in infrastrutture sociali, competenze e formazione dei lavoratori, nonché condizioni di lavoro dignitose.

1.9.

Le carenze nelle catene del valore strategiche così come la carenza di lavoratori qualificati stanno compromettendo la capacità delle industrie europee di riprendersi rapidamente dalla pandemia. È fondamentale che gli Stati membri e l’UE agiscano con decisione per affrontare le dipendenze strategiche (2), anche attraverso la reindustrializzazione, l’economia circolare, la politica commerciale, nonché tramite misure in materia di competenze. In generale, le imprese sono nella posizione migliore per riesaminare e adeguare le loro catene di approvvigionamento, e dovrebbero essere sostenute in questo loro sforzo.

1.10.

Per attirare gli investitori e sostenere l’attività economica, l’UE deve rimanere aperta, equa e basata sui valori. Tuttavia, il CESE sostiene un mercato unico aperto ed equo in cui le imprese europee possano competere sui mercati esteri e invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a garantire che gli investimenti siano diretti verso soluzioni digitali che aggiungano valore alle economie europee. La digitalizzazione dell’economia dovrebbe essere promossa in modo inclusivo, evitando qualsiasi tipo di discriminazione digitale.

1.11.

Il CESE ritiene che la serie di misure annunciate dalla Commissione per contrastare la concorrenza sleale derivante dalle sovvenzioni estere dovrebbe essere utilizzata anche come strumento per reindustrializzare l’Europa e sostenere le sue catene del valore industriali. Il CESE sostiene inoltre la proposta di mappare le catene di produzione europee, che vede l’industria in prima linea in questo sforzo di ricostruzione, e chiede una promozione più appropriata degli standard europei a livello mondiale.

2.   La comunicazione della Commissione

2.1.

La comunicazione costituisce l’aggiornamento della nuova strategia industriale per l’Europa pubblicata il 10 marzo 2020. Tale aggiornamento punta a misurare l’impatto della crisi pandemica sull’economia e sull’industria europee, stabilisce gli insegnamenti tratti dalla crisi e definisce le priorità politiche in tre direzioni principali:

rafforzare la resilienza del mercato unico,

gestire le dipendenze strategiche dell’Europa,

accelerare la transizione verde e digitale dell’industria dell’UE.

2.2.

L’aggiornamento esamina inoltre la resilienza e il funzionamento del mercato unico, valuta le esigenze di ciascun ecosistema industriale, individua le dipendenze strategiche nei principali ecosistemi vulnerabili e propone indicatori chiave di prestazione (ICP) per monitorare l’attuazione della strategia. Comprende inoltre una dimensione relativa alle PMI con un sostegno finanziario mirato e misure volte a consentire a questa categoria di imprese e alle start-up di intraprendere la duplice transizione.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore la strategia industriale europea aggiornata. Tale revisione si è resa necessaria, in quanto la crisi della COVID-19 ha messo sotto pressione l’economia, le catene del valore industriali e le micro, piccole e medie imprese europee, così come i cittadini, in particolare i giovani, le persone che hanno perso il lavoro, i lavoratori a basso reddito, le categorie vulnerabili come le persone con disabilità e le donne. Nelle catene di approvvigionamento sono emerse ulteriori debolezze, dipendenze e lacune che, per essere affrontate con buon esito, richiedono una valutazione basata su elementi concreti. Il CESE si compiace per l’impegno della Commissione a preservare e far crescere la base industriale e manifatturiera dell’Europa, e sottolinea che le parti sociali e le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale e devono essere coinvolte nella pianificazione del futuro dell’industria europea. In particolare, il CESE sottolinea il ruolo fondamentale del dialogo sociale, delle parti sociali, della contrattazione collettiva e del coinvolgimento dei lavoratori, nonché l’impegno della società civile al fine di realizzare una politica industriale competitiva.

3.2.

Tuttavia, poiché le sfide esistenti già prima della crisi della COVID-19 non sono scomparse, la coerenza con le misure proposte nella strategia industriale 2020 per l’Europa è appropriata. La ripresa richiederà tempo, e in questo processo è necessario continuare a sostenere l’industria, le imprese e i lavoratori europei. La sfida della duplice transizione, combattere i cambiamenti climatici e far progredire la digitalizzazione, richiede sforzi da parte delle imprese e delle autorità pubbliche e deve svolgere un ruolo centrale in una moderna strategia industriale per l’Europa. Il CESE sottolinea che le misure previste per la neutralità climatica e la transizione digitale devono essere in linea con l’obiettivo di creare benessere sociale e crescita sostenibile, al fine di realizzare una transizione giusta in cui nessuno sia lasciato indietro. Oltre a concentrare gli sforzi sulla ripresa dalla crisi COVID-19, è essenziale una prospettiva a più lungo termine in rapporto a una transizione verde e digitale, ma anche alla produttività e alla competitività in generale.

3.3.

Il CESE concorda sul fatto che la resilienza della catena del valore ha acquisito rilevanza, e sostiene gli sforzi della Commissione volti a garantire le catene di approvvigionamento e a rafforzare la resilienza delle imprese, in quanto si tratta di aspetti importanti per l’economia dell’UE, al cui riguardo la pandemia di COVID-19 ha messo in luce carenze impreviste, in particolare nel mercato unico. Una solida politica industriale orizzontale dovrebbe sostenere la base industriale europea senza interventi discrezionali sui risultati di mercato. Il CESE sottolinea l’importanza dell’innovazione. L’esplorazione delle modalità per trovare un livello adeguato di sicurezza dell’approvvigionamento e il rafforzamento delle capacità di far fronte alle perturbazioni dovrebbero far parte dell’agenda politica, e soprattutto di quella delle imprese.

3.4.

Le competenze sono fondamentali per sostenere la duplice transizione e contribuire alla ripresa. L’UE può essere una potenza geopolitica solo se ha una base industriale molto competitiva, con imprese forti e lavoratori altamente qualificati, impianti di produzione sul suo territorio e norme chiare ed eque per il mercato interno. Il CESE sostiene l’iniziativa del patto per le competenze, intesa a promuovere azioni per lo sviluppo delle competenze e la riqualificazione dei lavoratori adulti. Le azioni previste dal patto, come lo sviluppo di partenariati per le competenze a livello di ecosistema, compresi i partenariati pubblico-privato, si sviluppano meglio su base settoriale con il coinvolgimento delle parti sociali dei settori pertinenti e delle relative organizzazioni della società civile. È inoltre importante che le iniziative nazionali in materia di competenze incentivino i datori di lavoro ad offrire opportunità di formazione. A tale riguardo, la dimensione territoriale è della massima importanza; i mercati del lavoro dovrebbero essere adeguatamente valutati al fine di creare nuovi posti di lavoro in tutte le regioni. Il CESE monitorerà questi aspetti e invita la Commissione e gli Stati membri a coinvolgere le parti sociali e la società civile nel monitoraggio e nell’attuazione dei piani collegati al dispositivo per la ripresa e la resilienza, che devono essere coerenti con il Green Deal europeo e la strategia industriale. L’Europa ha bisogno di una forza lavoro altamente qualificata, preparata ai cambiamenti che l’economia si trova ad affrontare. Riuscire a migliorare le competenze e a riqualificare i lavoratori è una sfida enorme (3).

3.5.

Il CESE plaude all’analisi approfondita dell’impatto della pandemia di COVID-19 realizzata nel contesto della strategia. Le attività e gli strumenti di monitoraggio e osservazione costanti proposti, come la relazione annuale sul mercato unico o il monitoraggio delle materie prime essenziali, possono fornire serie di dati molto utili per valutare lo stato della forza industriale dell’Europa e orientare una politica industriale orizzontale che ponga nuovamente l’Europa in una posizione di leadership a livello mondiale.

3.6.

Tuttavia, una serie di strategie o piani, per esempio sul Green Deal o sullo strumento europeo per la ripresa Next Generation EU, non è di per sé sufficiente, finché essi non vengono attuati. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i vari piani per la ripresa dell’Europa siano in sintonia e siano associati al quadro normativo e agli incentivi necessari affinché il settore industriale, le sue imprese e i suoi lavoratori siano in grado di compiere la transizione verso un futuro sostenibile e digitale.

3.7.

Coerentemente con il pilastro europeo dei diritti sociali, questo considerevole utilizzo di fondi pubblici dovrebbe essere guidato dal principio della sostenibilità sociale e della solidarietà, principio che dovrebbe costituire il filo conduttore nell’attuazione della strategia aggiornata. Data la portata delle sfide, le risorse attualmente messe a disposizione attraverso il Fondo per una transizione giusta non sono sufficienti a creare prospettive adeguate per le regioni e i lavoratori interessati dal processo di cambiamento strutturale. Una transizione giusta nel settore industriale potrà avere buon esito solo se sarà realizzata in modo coordinato. Il CESE ritiene che gli investimenti pubblici dovrebbero essere effettuati attraverso programmi di ricerca ampi e aperti, come Orizzonte Europa, per evitare di sovvenzionare attività che sono più vicine ai mercati.

3.8.

Le politiche industriali e commerciali sono interconnesse, devono rafforzarsi reciprocamente e affrontare le distorsioni del mercato. Garantire che l’UE rimanga aperta al commercio e agli investimenti è una condizione preliminare per raggiungere la resilienza. Il commercio può contribuire a diversificare le catene di approvvigionamento e consentire all’UE di avere libero accesso ai fattori produttivi essenziali per la nostra capacità di innovare e di accrescere la produzione (4). La politica commerciale dell’UE può contribuire ad accrescere la nostra competitività a livello mondiale, tra l’altro aumentando l’ambizione dei partner commerciali in materia di clima, per esempio liberalizzando gli scambi di beni e servizi ambientali. Il CESE sottolinea che tutte le politiche dell’UE dovrebbero promuovere lo sviluppo sostenibile a livello sia europeo che internazionale e garantire che lo sviluppo economico vada di pari passo con la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani, elevate garanzie per i lavoratori ed elevati standard ambientali. Per attirare gli investitori e sostenere le proprie attività economiche, l’UE deve rimanere aperta, equa e basata sui valori.

3.9.

Il mercato unico è la principale risorsa dell’Europa e il suo buon funzionamento sarà fondamentale per consentire la transizione. La Commissione dovrebbe continuare a concentrarsi sull’attuazione e l’applicazione delle norme e sull’eliminazione degli ostacoli che erano presenti nel mercato unico già prima della crisi.

3.10.

In alcuni settori, la pandemia ha ampliato il divario tra gli Stati membri dell’UE più prosperi e quelli meno prosperi, mettendo ulteriormente a rischio la coesione sociale ed economica. Next Generation EU è uno strumento senza precedenti per attenuare questo impatto, ma il CESE si rammarica che l’aggiornamento della strategia industriale non tenga conto della dimensione regionale come anche della perifericità o dell’ubicazione geografica. Un approccio ecosistemico non basterà da solo a correggere la situazione o a ridurre le disparità. Uno dei principali obiettivi della strategia dovrebbe essere quello di ridurre le divergenze tra i diversi Stati membri e le diverse regioni, adoperandosi nel contempo per realizzare una convergenza verso l’alto.

4.   Monitoraggio delle tendenze industriali, delle catene del valore e della competitività

4.1.

L’industria manifatturiera è un motore dell’innovazione, un elemento centrale per le catene del valore, compresi i servizi, e una fonte di elevata produttività e di posti di lavoro ad alto reddito. Le misure volte a garantire il futuro dell’industria manifatturiera, a rafforzare la produzione industriale e a creare un contesto imprenditoriale e normativo favorevole dovrebbero essere le chiavi di volta di una politica economica e industriale europea resiliente e moderna che preservi l’occupazione e crei posti di lavoro.

4.2.

Le carenze nelle catene del valore strategiche così come la carenza di lavoratori qualificati stanno compromettendo la capacità delle industrie europee di riprendersi rapidamente dalla pandemia. Gli Stati membri e l’UE devono affrontare le dipendenze strategiche, anche attirando la produzione strategica sul territorio dell’UE e ricorrendo all’economia circolare e a misure di politica commerciale. In generale, sono le imprese ad occupare la posizione migliore per riesaminare e adeguare le loro catene di approvvigionamento. Il CESE ritiene che la serie di misure annunciate dalla Commissione per contrastare la concorrenza sleale derivante dalle sovvenzioni estere dovrebbe essere utilizzata anche come strumento per reindustrializzare l’Europa e sostenere le sue catene del valore industriali. L’aumento delle capacità strategiche dell’Europa attraverso nuove alleanze industriali che non si svilupperebbero altrimenti può creare posti di lavoro e crescita grazie alla riconversione di alcuni impianti di produzione strategici.

4.3.

Il settore manifatturiero europeo si trova a far fronte alla crescente concorrenza degli Stati Uniti e della Cina. L’Europa è in competizione per aggiudicarsi investimenti che possono essere fatti in molte parti del mondo; condizioni di investimento favorevoli sono quindi presupposti essenziali per la sua prosperità futura. Bisogna che gli investitori nazionali, europei e internazionali trovino condizioni attraenti per mantenere e aumentare uno stock di capitale che faciliti la crescita futura. Le imprese esistenti devono soddisfare le condizioni per lo sviluppo, mentre tutti coloro che intendono avviare una nuova impresa devono essere convinti che i loro progetti imprenditoriali potranno evolvere con buoni risultati in Europa. Il CESE raccomanda di rafforzare l’approccio orizzontale nella strategia industriale, da associare ad approcci verticali.

4.4.

La tassazione può svolgere un ruolo fondamentale nel fornire gli incentivi necessari, ma non se gli Stati membri sono ancora in competizione tra loro in modo sleale e dannoso, consentendo così ad alcune grandi imprese di evitare di pagare la loro giusta quota di imposte. Il CESE appoggia i preparativi per la proposta legislativa sul nuovo quadro per l’imposizione dei redditi delle imprese in Europa (BEFIT), ed esprime apprezzamento per i recenti accordi in seno all’OCSE sulla tassazione delle imprese.

4.5.

La relazione annuale sul mercato unico definisce una serie di indicatori chiave di prestazione con cui analizzare gli sviluppi economici e monitorare i progressi compiuti nei diversi settori individuati come prioritari per l’industria europea. Il CESE sostiene tali indicatori quale strumento di monitoraggio e accoglie con favore l’obiettivo di fornire una panoramica dei risultati dell’economia dell’UE, confrontandola con i partner internazionali e analizzando la specificità degli ecosistemi industriali. Il CESE invita la Commissione a presentare una valutazione annuale che illustri in che modo gli indicatori chiave di prestazione hanno conseguito gli obiettivi proposti e a porre in essere, se necessario, misure correttive. Il CESE ritiene inoltre che, se gli indicatori chiave di prestazione sono uno strumento fondamentale per l’attuazione della strategia industriale, siano necessari obiettivi quantificabili, una tabella di marcia chiara e una governance ben definita.

4.6.

Tuttavia, a nostro avviso, vi è bisogno di indicatori che non forniscano soltanto un’altra serie di dati, ma che siano rappresentativi di ciò che è importante per la competitività dell’UE. Negli indicatori chiave di prestazione proposti vengono trascurati parametri importanti quali l’età, il genere o il profilo delle competenze della forza lavoro tra i vari ecosistemi. Questi aspetti sono essenziali per anticipare i cambiamenti futuri ed evitare strozzature e ostacoli durante il processo di trasformazione dell’industria europea. Ma essi sono fondamentali anche per costruire una ripresa inclusiva, dato che i giovani, le donne e i lavoratori precari sono stati i più duramente colpiti dalla crisi. Il CESE raccomanda di integrare gli indicatori chiave di prestazione proposti con indicatori che misurino le prestazioni sociali della strategia industriale e dei suoi 14 ecosistemi, al fine di garantire buone condizioni di lavoro e di produzione e posti di lavoro di qualità. Il Comitato chiede indicatori specifici che misurino non solo gli ecosistemi, ma anche le questioni orizzontali, nonché la possibilità di adattarli, modificarli o svilupparli nel tempo, se necessario. Gli indicatori chiave di prestazione dovrebbero, per esempio, tenere conto delle preferenze dei consumatori, e in particolare del passaggio a prodotti sostenibili.

5.   Rafforzare la resilienza del mercato unico

5.1.

Il CESE accoglie con favore il fatto che il mercato unico figuri al centro dell’aggiornamento. Un mercato interno forte è un presupposto indispensabile affinché le imprese europee possano costituirsi, svilupparsi e continuare a prosperare. Il CESE ricorda che l’obiettivo è quello di garantire standard elevati in materia di condizioni di lavoro, come anche sul piano sociale e ambientale, e il regolare funzionamento delle catene di approvvigionamento e delle reti di creazione del valore in Europa. La coesione sociale, sistemi di assistenza sanitaria a prezzi accessibili, servizi pubblici efficienti, infrastrutture di buona qualità, sistemi di istruzione efficaci e relazioni industriali ben funzionanti sono condizioni essenziali per attirare investimenti e creare prosperità.

5.2.

Il CESE sostiene la proposta della Commissione relativa a uno strumento per le emergenze nel mercato unico al fine di aumentare la trasparenza e il coordinamento. Il Comitato accoglie inoltre con favore l’analisi dettagliata degli ecosistemi industriali, che dovrà essere accompagnata da analisi settoriali e tabelle di marcia che evidenzino non solo le interdipendenze e i collegamenti, ma anche le lacune in molti settori dell’UE, compresa la valutazione dell’andamento del mercato del lavoro e delle corrispondenti esigenze in termini di competenze. Bisognerebbe inoltre rivedere il modo in cui vengono definiti e utilizzati gli ecosistemi (5), ma anche la scelta dei settori da analizzare, in modo che lo strumento non diventi eccessivamente selettivo.

5.3.

Il CESE si compiace per il riconoscimento del ruolo delle MPMI europee e approva l’intenzione di aiutarle a espandersi e ad attirare una forza lavoro qualificata. Ciò richiede un ambiente favorevole alle imprese ed investimenti nelle competenze e nella formazione dei lavoratori, nonché condizioni di lavoro dignitose e buone infrastrutture sociali. Il CESE si compiace per la maggiore attenzione prestata dalla Commissione ai ritardi nei pagamenti. Affrontare questo problema è particolarmente importante dal punto di vista delle piccole e medie imprese. I sistemi alternativi di risoluzione delle controversie nei quali queste ultime possono avere carattere di riservatezza possono costituire un passo importante in questa direzione.

5.4.

Le alleanze industriali si stanno dimostrando un metodo efficace per sviluppare progetti industriali su vasta scala e transfrontalieri in settori strategici. Tali alleanze, insieme a importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), sono fondamentali per la ripresa e per promuovere le norme e le tecnologie chiave europee, in particolare nei settori in cui il mercato da solo non è in grado di produrre risultati o presenta distorsioni.

5.5.

Il CESE chiede una riforma delle regole in materia di aiuti di Stato. L’attuale assetto non è più adatto allo scopo e vi è bisogno di un sistema che riduca gli oneri amministrativi, acceleri il processo decisionale e renda più facile soddisfare i requisiti della clausola di allineamento. Le regole sugli aiuti di Stato possono essere anche decisive per lo sviluppo degli IPCEI, che sono fondamentali per incoraggiare gli investimenti pubblici e privati.

5.6.

Il CESE deplora la mancanza di riconoscimento, nella comunicazione, del ruolo essenziale svolto dalle imprese dell’economia sociale durante la pandemia e della loro importanza nella costruzione di un’Europa resiliente che avanzi verso il futuro. A questo riguardo, il CESE segnala il prossimo piano d’azione per la promozione dell’economia sociale.

5.7.

La ricerca, lo sviluppo e l’innovazione sono importantissimi per il futuro dell’industria europea. Il CESE si rammarica che l’obiettivo di investire il 3 % del PIL nelle attività di ricerca, sviluppo e innovazione sia ancora lontano dall’essere realizzato. Mentre alcuni Stati membri raggiungono tale livello, altri sono al di sotto dell’1 %. Queste differenze ostacolano l’UE nella sua capacità globale di agire come un blocco, facendola rimanere indietro rispetto agli Stati Uniti, al Giappone e alla Cina.

5.8.

Per rafforzare la resilienza del mercato unico occorre promuoverne l’integrazione. A tal fine, la dimensione e l’integrazione fiscale e le misure volte a prevenire la concorrenza sleale in questo settore dovrebbero essere tenute in considerazione sia a livello europeo che internazionale. Occorre inoltre adattare le norme in materia di concorrenza alle nuove realtà che ci troviamo ad affrontare oggi, in maniera indipendente dalla politica industriale.

6.   Gestire le dipendenze: l’autonomia strategica aperta nella pratica

6.1.

Per attirare gli investitori e sostenere le proprie attività economiche, l’UE deve rimanere aperta, equa e basata sui valori. Il suo potere geopolitico è legato al fatto di disporre di una base industriale competitiva, con imprese forti, lavoratori altamente qualificati, impianti di produzione situati all’interno del suo territorio e norme chiare ed eque per il mercato interno, che possono fungere da esempio a livello internazionale (6). È tuttavia importante che essa faccia un uso oculato degli strumenti di difesa commerciale per garantire una concorrenza leale al suo interno.

6.2.

Il CESE è convinto che una politica incentrata sull’autonomia non sia adatta allo scopo. La politica commerciale dell’UE deve invece riconoscere il fatto che l’apertura è un elemento chiave per raggiungere la resilienza. È importante trovare il giusto equilibrio tra l’apertura e lo strumento giuridico previsto per affrontare gli effetti potenzialmente distorsivi, sia sulle imprese che sui lavoratori, causati dalle sovvenzioni estere nel mercato unico. Il CESE sostiene un mercato unico aperto ed equo e condizioni di parità che consentano alle imprese europee di competere sui mercati esteri.

6.3.

Per contro, l’introduzione di nuovi termini come quello della «sostenibilità competitiva», senza alcuna spiegazione, dovrebbe essere evitata. Le imprese dovranno affrontare un percorso in salita durante la fase di ripresa e a tal fine hanno bisogno di un quadro legislativo di facile negoziazione.

6.4.

L’approccio consistente nel formare e sostenere alleanze industriali si è dimostrato efficace negli attuali esempi nel settore delle batterie e dell’idrogeno. Il CESE ritiene che si tratti di un ottimo strumento e sostiene l’avvio di ulteriori alleanze nei settori selezionati, quali quelli dei processori e delle tecnologie a semiconduttori, dei dati industriali, dell’edge e del cloud, dei lanciatori spaziali e dell’aviazione a emissioni zero. Il Comitato raccomanda tuttavia che le alleanze siano create in modo trasparente e inclusivo, prestando particolare attenzione alle MPMI.

7.   Accelerare la duplice transizione

7.1.

Come riconosciuto nel Green Deal, la digitalizzazione svolge un ruolo fondamentale in tutti gli ecosistemi. Gli investimenti dovrebbero quindi essere aumentati in tutta l’UE per rafforzare la capacità di crescita dei nuovi settori TIC — come l’economia dei dati, l’Internet delle cose, il cloud computing, la robotica, l’intelligenza artificiale e le tecnologie produttive avanzate — nonché il ricorso a standard industriali elaborati a livello europeo. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a garantire investimenti in soluzioni digitali che aggiungono valore alle economie europee.

7.2.

Rendere l’Europa competitiva in campo digitale rappresenta la massima priorità. Nella strategia la Commissione rileva giustamente la necessità che i colegislatori adottino rapidamente la legge sui servizi digitali e quella sui mercati digitali; rileva inoltre il ruolo fondamentale che le norme armonizzate svolgono nel rafforzare il mercato unico dei beni e nel consentire all’Europa di detenere la leadership mondiale in campo tecnologico, in particolare utilizzando la digitalizzazione per conseguire una maggiore efficienza energetica. Un sistema europeo di normazione ben funzionante è fondamentale per poter realizzare gli obiettivi della duplice transizione e rafforzare la competitività e la resilienza delle industrie dell’UE. Il CESE invita la Commissione a intensificare gli sforzi per raggiungere la leadership per mezzo della e nella definizione delle norme, collaborando con le imprese per promuovere norme industriali europee e sviluppando quelle esistenti. Il CESE accoglie pertanto con favore l’approccio integrato adottato dalla Commissione, considerando inoltre l’importanza del settore dei servizi per il buon funzionamento del mercato unico e per affrontare la duplice transizione.

7.3.

È fondamentale dotare la forza lavoro europea di competenze digitali per questa nuova fase di industrializzazione. Si può entrare nell’era digitale solo con una forza lavoro competente e ben preparata. Le competenze costituiscono un importante catalizzatore per l’innovazione e la creazione di valore aggiunto. Per aumentare l’occupabilità sono necessarie strategie globali per il mercato del lavoro che coinvolgano tutte le parti interessate (parti sociali, istituzioni del mercato del lavoro, organizzazioni della società civile, ed erogatori di formazione). Le abilità e le competenze digitali devono essere integrate in tutti i livelli di istruzione e formazione e nelle parti sociali settoriali. Le imprese locali dovrebbero essere coinvolte nella governance dei sistemi di istruzione e di formazione professionale, dato che possiedono una conoscenza approfondita dei sistemi aziendali e delle esigenze del mercato locale. La digitalizzazione dell’economia dovrebbe essere promossa in modo inclusivo, prevenendo qualsiasi forma di discriminazione digitale, in particolare nei confronti degli anziani, delle persone con disabilità e di coloro che vivono in regioni rurali e remote.

7.4.

Il CESE sottolinea che un settore manifatturiero europeo forte, basato su tecnologie a basse emissioni o a emissioni zero e sull’efficienza energetica, è la strada migliore per la prosperità economica e il clima. Ridurre le capacità produttive e rischiare la delocalizzazione delle emissioni di carbonio e degli investimenti verso paesi con norme meno ambiziose in materia di emissioni sarebbe un gravissimo fallimento. Lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni o a emissioni zero, a prezzi accessibili ed efficienti sotto il profilo energetico, così come la loro introduzione sui mercati mondiali sono la leva più importante per ridurre le emissioni a livello mondiale. La responsabilità dell’Europa è quella di dimostrare che ridurre le emissioni in maniera ambiziosa è possibile, senza che per questo si debba compromettere la prosperità economica.

7.5.

L’economia circolare (7) e la creazione di mercati delle materie prime secondarie sono due aspetti fondamentali. Le politiche di gestione dei rifiuti, i contenuti riciclati obbligatori negli imballaggi e altri prodotti sono essenziali per mettere in moto gli investimenti lungo le catene di riciclaggio.

7.6.

Per conseguire il livello di investimenti necessario a finanziare il Green Deal, si dovrebbe pensare anche a un riesame delle norme sugli aiuti di Stato per gli investimenti in prodotti e processi a basse emissioni di carbonio. Inoltre, i fondi per l’innovazione e la modernizzazione, di recente istituzione, così come i proventi delle aste del sistema di scambio di quote di emissioni e i proposti contratti di carbonio per la differenza dovrebbero fornire risorse supplementari per promuovere i progetti collegati al clima e al settore dell’energia, e dovrebbero contribuire ad affrontare l’impatto sociale di una transizione intesa a non lasciare nessuno indietro. Inoltre, dovrebbe essere instaurato un collegamento tra la strategia industriale, da un lato, e il Green Deal europeo e il piano d’azione dell’UE «Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo», dall’altro.

7.7.

Il CESE sostiene la linea adottata nell’aggiornamento della strategia industriale sul meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera. Sottolinea tuttavia che un tale meccanismo, introdotto per determinati settori, deve essere pienamente conforme alle norme dell’OMC al fine di prevenire misure di ritorsione da parte dei partner commerciali. Nel perseguire la neutralità in termini di emissioni di carbonio, la definizione di livelli di prezzo del carbonio equiparabili a livello internazionale dovrebbe essere l’obiettivo prioritario dei futuri negoziati multilaterali.

7.8.

L’analisi dei dati svolgerà un ruolo fondamentale nel breve e medio termine. L’UE ha bisogno di programmi avanzati di analisi dei dati in grado di valutare il livello di competitività dell’Europa rispetto ai suoi concorrenti sulla scena mondiale. Il CESE accoglie pertanto con favore gli sforzi volti a creare alleanze industriali per i dati industriali e l’elaborazione al margine (edge computing) e centralizzata (cloud computing).

Bruxelles, 21 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG

NB:

L’allegato al presente documento (il parere complementare della commissione consultiva per le trasformazioni industriali — CCMI/185 — Aggiornamento della nuova strategia industriale: impatto sull’ecosistema industriale sanitario — EESC-2021-02562-00-00-AS-TRA) è disponibile nelle pagine seguenti.

(1)  Micro, piccole e medie imprese (MPMI).

(2)  Il CESE intende sottolineare che, logicamente, dovrebbe trattarsi di «indipendenze» e non di «dipendenze» strategiche, ma, per ragioni di coerenza, si atterrà alla terminologia introdotta dalla Commissione.

(3)  GU C 374 del 16.9.2021, pag. 16.

(4)  Cfr. GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197 e GU C 364 del 28.10.2020, pag. 53.

(5)  L’uso del termine «ecosistemi» sembra implicare, erroneamente, un equilibrio sostenibile. Nelle comunicazioni della Commissione il termine «ecosistemi» non viene utilizzato in modo coerente. Nella comunicazione sul Green Deal europeo del dicembre 2019, «ecosistema» viene utilizzato per i sistemi naturali e non per i sistemi creati dagli esseri umani. Nella comunicazione sull’aggiornamento della strategia industriale il termine è utilizzato solo per i sistemi industriali.

(6)  Cfr. GU C 364 del 28.10.2020, pag. 108.

(7)  Cfr. GU C 364 del 28.10.2020, pag. 94 e GU C 14 del 15.1.2020, pag. 29.


ALLEGATO

Parere della commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI) sul tema «Aggiornamento della nuova strategia industriale: impatto sull’ecosistema industriale sanitario»

(parere complementare al parere INT/935)

Relatore:

Anastasis YIAPANIS

Correlatore:

Antonello PEZZINI

Decisione dell’Assemblea plenaria

26.4.2021

Base giuridica

Articolo 37, paragrafo 2, del Regolamento interno

 

Parere complementare

Organo competente

Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

Adozione in CCMI

29.9.2021

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE è fermamente convinto che la salute occupi un posto centrale nel nuovo contesto geopolitico internazionale e che sia fondamentale sostenere un ecosistema sanitario europeo forte e coordinato in modo da contribuire all’autonomia strategica industriale e alla sovranità tecnologica dell’UE, nonché a una migliore qualità di vita per i cittadini dell’UE, sulla base di un approccio olistico, con tabelle di marcia chiaramente definite e indicatori di prestazione misurabili e trasparenti.

1.2.

È opportuno effettuare una mappatura e un’analisi «dal basso», in collaborazione con gli Stati membri e gli operatori del settore, al fine di valutare l’esatta natura delle dipendenze individuate, compresi i rischi che esse comportano per la resilienza e il funzionamento dell’ecosistema industriale, e affrontare le vulnerabilità e le carenze di materiali strategici.

1.3.

Il CESE ritiene che occorra intervenire per creare un ecosistema sanitario più solido, più equo, più efficiente e più accessibile, con una governance più efficace, un’adeguata diversificazione delle fonti di approvvigionamento e un’architettura sanitaria digitale interoperabile e interconnessa. L’UE deve trovare gli incentivi adatti per far rientrare nel suo territorio le capacità di produzione strategica.

1.4.

L’Europa dipende da altri paesi per l’approvvigionamento di determinate materie prime. Il settore sanitario ha bisogno di catene di approvvigionamento internazionali più robuste e più diversificate per essere pronto ad affrontare le crisi future. Il CESE accoglie con favore l’annunciata proposta di istituire un’Autorità dell’UE per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie.

1.5.

Il CESE sottolinea la necessità di cambiare marcia, anche attraverso sinergie tra il settore pubblico e quello privato. È assolutamente necessaria un’attività di previsione strategica a livello dell’UE, che promuova l’equa disponibilità delle attrezzature e un accesso equo all’ecosistema sanitario, nonché una solidarietà, equità e cooperazione multilaterale maggiori. Il CESE chiede che il benessere sociale sia garantito attraverso un accesso agevole a medicinali di elevata qualità ed efficaci per tutti gli abitanti dell’UE.

1.6.

Le potenziali sinergie tra le grandi imprese e le PMI non vengono sfruttate appieno, il che ostacola gravemente il rafforzamento delle PMI e impedisce al settore sanitario di diventare un incubatore di scoperte capaci di aprire nuove prospettive. Gli strumenti di sostegno agli investimenti devono essere coordinati in modo efficace, con bandi specifici per le PMI industriali.

1.7.

Il CESE chiede maggiore chiarezza per quanto riguarda la condivisione dei dati sanitari e l’uso dell’IA, l’eliminazione degli ostacoli normativi e il sostegno a un approccio comune dell’UE all’uso dei servizi di telemedicina; Sostiene fermamente l’istituzione di uno spazio europeo dei dati sanitari, nel pieno rispetto dei diritti individuali e della protezione dei dati personali.

1.8.

Il settore sanitario può contribuire in modo significativo alla neutralità climatica dell’UE attraverso politiche di gestione dei rifiuti concepite in modo appropriato, nuovi modelli aziendali improntati all’economia circolare e un aumento della capacità delle infrastrutture di trasporto.

1.9.

Gli investimenti nella ricerca e sviluppo sono essenziali per la competitività e la sostenibilità del settore sanitario. Le politiche europee devono stimolare gli investimenti pubblici e privati in modo tale da indurli a tener conto degli aspetti sociali e sanitari.

1.10.

Per quanto attiene all’elaborazione di norme armonizzate in materia di qualità e sicurezza dei dispositivi di protezione e medicali, il CESE chiede un maggior impegno nel processo normativo. Il CESE chiede che siano conferiti mandati chiari agli organismi di normazione nell’ambito del processo tecnico-normativo.

1.11.

Per far fronte alle nuove sfide del Green Deal, sono necessari programmi specifici di formazione, riqualificazione, miglioramento delle competenze e apprendimento permanente per la forza lavoro sanitaria europea. L’attenzione deve essere rivolta non solo agli operatori sanitari, ma anche ai ricercatori, agli insegnanti, ai professionisti dell’informazione e ai pazienti stessi. Il CESE chiede pertanto una maggiore comunicazione a livello dell’UE in materia di diritti dei consumatori e dei pazienti, con la piena inclusione delle parti sociali e delle organizzazioni pertinenti della società civile.

1.12.

Il CESE invita la Commissione a proseguire la collaborazione e il dialogo tra le parti interessate in merito alla resilienza del settore farmaceutico, sulla base delle strutture esistenti nell’ambito della strategia farmaceutica per l’Europa, e a continuare a portare avanti una trasformazione forte, sostenibile e digitale dell’ecosistema industriale sanitario, come indicato nella strategia industriale per l’Europa.

2.   Contesto e introduzione

2.1.

La pandemia di COVID-19 ha causato una crisi senza precedenti in tutti gli Stati membri e, a differenza di altre crisi, ha avuto ripercussioni sia sulla domanda che sull’offerta, oltre che sulla società nel suo insieme. L’UE è stata colpita duramente rispetto ad altre parti del mondo, facendo registrare un numero di decessi per milione di abitanti superiore alla tendenza globale (1). L’Unione ha reagito in modo appropriato, con un approccio abbastanza coordinato. Si sarebbe potuto fare di più se l’UE fosse stata meglio attrezzata, in quanto Unione, per far fronte a uno shock di questo tipo.

2.2.

Il mercato unico rappresenta una delle realizzazioni più importanti del progetto di integrazione europea. Permangono tuttavia delle barriere, dovute all’applicazione non uniforme della legislazione europea negli Stati membri. La pandemia di COVID-19 ha amplificato gli effetti di tali barriere, in particolare palesando la fragilità delle catene del valore e aggravando i problemi di distribuzione. È ormai chiaro che, per quanto riguarda i prodotti medici, l’UE è dipendente da paesi terzi.

2.3.

Nel 2018, il settore sanitario impiegava oltre 7 milioni di addetti (2). Il settore contribuisce in misura rilevante all’attivo del mercato unico, con oltre 800 000 posti di lavoro diretti e 109,4 miliardi di EUR di avanzo commerciale (3). Nel 2019 l’industria farmaceutica è stata quella che ha contribuito maggiormente agli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre il valore del mercato elettromedicale europeo è oggi pari a 120 miliardi di EUR. Ciononostante, l’UE investe meno rispetto ai propri partner commerciali: a titolo di esempio, essa destina il 19,2 % degli investimenti in ricerca e sviluppo industriale all’innovazione in ambito sanitario, rispetto al 26,4 % degli Stati Uniti. L’Europa costituisce un polo importante a livello globale per il settore dei dispositivi medicali. Il mercato dell’UE di tali dispositivi rappresenta un terzo del mercato globale, con circa 32 000 imprese e 730 000 addetti.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Le attività incentrate sulla salute sono una delle megatendenze del futuro, soprattutto in Europa, e nel nuovo contesto geopolitico è cruciale sostenere l’ecosistema industriale sanitario, che contribuisce all’autonomia strategica e alla sovranità tecnologica dell’UE.

3.2.

Il CESE ritiene che la comunicazione della Commissione europea ponga l’industria, e in particolare quella del settore sanitario, al centro delle politiche europee, riconoscendone la capacità di promuovere profondi mutamenti, di interpretare le nuove esigenze e sfide della società e di offrire soluzioni innovative e competitive. Tuttavia, il CESE chiede un approccio più olistico rispetto a quello adottato dalla Commissione, che si concentra principalmente sull’industria. Ai responsabili politici incombe un elevato livello di responsabilità in questo campo, dato che la salute è una delle basi dell’esistenza individuale e indubbiamente il bene più prezioso delle persone. Il CESE chiede pertanto una maggiore comunicazione a livello UE sui diritti dei consumatori e dei pazienti, compresi i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. L’UE ha bisogno di un sistema sanitario forte e coordinato.

3.3.

La struttura industriale dell’ecosistema sanitario è quella di una vasta architettura, con alcuni grandi attori e un numero significativo di PMI. Tuttavia, le potenziali sinergie tra questi due gruppi non sono sfruttate appieno, e ciò ostacola gravemente il rafforzamento delle PMI. Di conseguenza, l’ecosistema sanitario non opera a pieno regime e incontra ostacoli nel suo ruolo di incubatore di nuove scoperte innovative.

3.4.

L’ecosistema industriale sanitario ha bisogno di un mercato interno forte, con impianti di produzione e distribuzione all’altezza. Il CESE ha già avuto occasione di sottolineare l’importanza di un «mercato unico funzionante, equo ed efficiente, in grado, da un lato, di promuovere e ricompensare un’autentica innovazione medica che costituisca un reale valore aggiunto per l’assistenza sanitaria e, dall’altro, di rafforzare la competitività allo scopo di assicurare un accesso ai farmaci equo e a costi contenuti» (4).

3.5.

Appare evidente la necessità di rafforzare l’integrazione del mercato unico garantendo una governance più efficace, soprattutto nel settore industriale sanitario (5): un mercato unico ben funzionante e una politica di concorrenza efficace creano le condizioni per dinamiche commerciali forti, che possono offrire un contributo essenziale alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento nell’UE ed evitare la frammentazione dell’architettura sanitaria.

3.6.

Come evidenziato dalla pandemia di COVID-19, la collaborazione e la solidarietà tra paesi migliorano la capacità di risposta dell’UE e accrescono la resilienza dell’Unione nel suo insieme. È assolutamente necessaria una lungimiranza strategica a livello di Unione, soprattutto tenuto conto che la pandemia ha colpito più duramente i settori e le catene del valore che hanno interconnessioni transfrontaliere.

3.7.

Le dipendenze strategiche incidono sugli interessi fondamentali dell’UE. Esse riguardano in particolare la sicurezza, la salute degli europei e la possibilità di accedere a beni, servizi e tecnologie cruciali per le transizioni verde e digitale che costituiscono il fulcro delle priorità dell’Unione.

3.8.

Il CESE ha raccomandato di «esporre chiaramente una strategia concreta e globale per l’industria europea, orientata al breve, medio e lungo termine» e ha esortato la Commissione a elaborare «un piano d’azione concreto, contenente obiettivi annuali precisi e procedure chiare di monitoraggio, che preveda una stretta collaborazione con tutte le parti interessate» (6), sottolineando nel contempo che «il ruolo dei datori di lavoro e degli imprenditori e il coinvolgimento del settore privato nella promozione del cambiamento strutturale sono fondamentali per la transizione industriale» (7).

3.9.

L’industria medico-farmaceutica innovativa è trainata dal progresso medico. L’inaccessibilità o l’indisponibilità dei medicinali rappresentano un problema importante, che è necessario risolvere immediatamente. Il benessere sociale deve essere garantito attraverso un accesso agevole a farmaci di elevata qualità ed efficaci per tutti i cittadini che vivono nell’Unione. Il recesso del Regno Unito dall’Unione europea ha ampie e molteplici ripercussioni sui fabbricanti di dispositivi medicali.

3.10.

La dipendenza dell’Europa da talune materie prime provenienti da un numero ridotto di produttori e paesi è emersa in modo evidente durante la pandemia di COVID-19. Peraltro, le tecnologie verdi e digitali, spesso associate al sistema industriale sanitario, dipendono anch’esse da una gamma di materie prime scarse che l’Europa importa, con una percentuale elevatissima delle terre rare necessarie proveniente da un unico fornitore: la Cina (8). Il rafforzamento e la diversificazione delle catene internazionali di approvvigionamento saranno inoltre fondamentali per lo sviluppo del settore sanitario e per assicurarsi che l’UE sia pronta per affrontare crisi future come la pandemia di COVID-19. Il fine ultimo dovrebbe essere l’eliminazione delle vulnerabilità e la creazione di un contesto commerciale stabile, prevedibile ed efficiente in termini di utilizzo delle risorse. L’annunciata proposta di istituire un’Autorità dell’UE per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie è senz’altro apprezzabile.

3.11.

L’Europa ha colto risultati importanti con la sua strategia di partenariati pubblico-privato volta a stimolare la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico, ma gli importi in gioco sono un decimo di quanto speso dalla Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA) degli Stati Uniti.

3.12.

Le opportunità più importanti nei prossimi anni saranno legate alle tecnologie sanitarie digitali. Che si tratti di prodotti medicinali, dispositivi medicali e procedure mediche o di misure per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie, il loro ruolo è di importanza vitale per tutti i cittadini dell’Unione. L’imminente regolamento sull’intelligenza artificiale (9), la proposta legislativa sullo spazio comune europeo di dati sanitari (10) e la normazione porteranno maggiore chiarezza in merito alla condivisione dei dati sanitari e all’utilizzo dell’IA, elimineranno gli ostacoli normativi e sosterranno un approccio comune a livello UE all’utilizzo dei servizi di telemedicina, mentre l’atto sulla governance dei dati (11) dovrebbe garantire la condivisione dei dati sanitari assicurando nel contempo la protezione dei dati personali e salvaguardando altri diritti umani.

4.   Osservazioni specifiche

4.1.

La trasformazione digitale del settore sanitario rappresenta una grande opportunità. Abbracciare la duplice transizione può offrire all’UE ulteriori vantaggi competitivi, in un contesto internazionale complesso e caratterizzato da tensioni. L’UE può sviluppare tecnologie all’avanguardia, soprattutto in chiave predittiva, in particolare investendo in tecnologie di calcolo ad alte prestazioni e nell’intelligenza artificiale. La pandemia ha dimostrato la necessità immediata di servizi sanitari intelligenti, come la telemedicina.

4.2.

Il settore sanitario può inoltre contribuire in modo significativo alla neutralità climatica dell’UE, riducendo le emissioni di gas a effetto serra lungo le catene del valore. È necessario rafforzare le politiche di gestione dei rifiuti, dato che il settore ne produce quantitativi notevoli a causa dei medicinali residui e delle attrezzature tecnologiche e personali utilizzate. Vanno elaborati nuovi modelli di economia circolare e vanno aumentate le capacità delle infrastrutture di trasporto, coinvolgendo nel contempo tutti gli Stati membri e i portatori di interessi nella decarbonizzazione delle catene del valore.

4.3.

La salute umana dipende in ultima analisi dai prodotti e dai servizi ecosistemici (quali la disponibilità di acqua dolce, alimenti e fonti di carburante), che sono necessari per garantire buone condizioni di salute e mezzi di sussistenza produttivi. La perdita di biodiversità può avere un impatto diretto significativo sulla salute umana se i servizi ecosistemici non sono più adeguati per soddisfare le esigenze sociali.

4.4.

La medicina tradizionale continua a svolgere un ruolo essenziale nell’assistenza sanitaria, in particolare nell’assistenza sanitaria di base. L’uso di piante medicinali è lo strumento terapeutico più comune nella medicina tradizionale e nella medicina complementare a livello mondiale. Molte comunità dipendono, oltre che dagli alimenti, da prodotti naturali raccolti dagli ecosistemi per scopi curativi e culturali.

4.5.

L’accumulo strategico di scorte e la rilocalizzazione delle imprese sono altre due opzioni importanti da considerare e rientrano nelle responsabilità concorrenti dell’Unione. Con il progresso tecnologico, e con il miglioramento delle capacità di produzione ad esso associato, l’UE è chiamata a trovare gli incentivi appropriati per la rilocalizzazione delle capacità di produzione strategiche nel proprio territorio. Gli incentivi fiscali possono svolgere un ruolo cruciale in questo senso.

4.6.

È necessario procedere, insieme con gli Stati membri e gli operatori del settore, a una mappatura e a un’analisi «dal basso» intese a valutare, in maggior dettaglio, l’esatta natura delle dipendenze individuate, compresi i rischi che queste pongono per la resilienza e il funzionamento degli ecosistemi industriali nell’UE, nonché le possibili prospettive di riduzione, in futuro, di tali dipendenze, così come delle controversie commerciali e degli attacchi informatici.

4.7.

Gli investimenti nella ricerca e sviluppo sono essenziali per la competitività e la sostenibilità del settore sanitario. Oltre ad assicurare il contributo dei fondi dell’Unione, le politiche europee devono promuovere quanto più possibile gli investimenti pubblici e privati. Lo sviluppo di partenariati pubblico-privato, come l’impresa comune per l’iniziativa in materia di medicinali innovativi 2 (IMI 2), incoraggerà i produttori a investire in attività di ricerca e sviluppo di vitale importanza per le future scoperte in ambito medico e a portarle avanti. Questo tipo di iniziative possono contribuire a mantenere il ruolo guida dell’Europa nel campo dell’innovazione medica.

4.8.

Parimenti, è della massima importanza sostenere gli sforzi degli Stati membri volti a mettere in comune risorse pubbliche attraverso importanti progetti di interesse comune europeo (IPCEI) nei settori — come quello farmaceutico — in cui il solo mercato non consente di realizzare innovazioni dirompenti.

4.9.

La competitività del settore deve essere sostenuta da un quadro solido in materia di diritti di proprietà intellettuale che promuova e tuteli l’innovazione. L’accesso ai dati è fondamentale anche per i produttori, e in particolare per le PMI che sono state colpite duramente dalla pandemia e hanno bisogno di sostegno per crescere ed espandersi. Nell’UE occorrono politiche mirate per l’analisi dei megadati, nonché infrastrutture di accesso ai dati interoperabili.

4.10.

Per prosperare e crescere, le PMI hanno inoltre bisogno di un accesso agevole ai finanziamenti. Ciò implica anche l’individuazione di fonti alternative rispetto ai consueti prestiti bancari, quali le opportunità di finanziamento offerte dal private equity o dal capitale di rischio. Gli strumenti di sostegno agli investimenti devono essere coordinati in modo efficace, con bandi specifici per le PMI industriali. In questo campo è importante che le iniziative derivanti dal quadro di finanza sostenibile dell’UE, compresa l’attuazione della tassonomia, siano concepite in modo da offrire un’opportunità all’economia europea, tenendo conto sia delle esigenze dei mercati finanziari che delle sfide dell’industria.

4.11.

Lo sviluppo di un sistema europeo di scambio di cartelle cliniche elettroniche per sbloccare il flusso di dati sanitari attraverso le frontiere fornisce un quadro per l’ulteriore elaborazione di specifiche tecniche comuni per la condivisione sicura dei dati sanitari tra gli Stati membri dell’Unione, sulla quale il Comitato europeo di normazione sta attualmente lavorando. Per quanto attiene all’elaborazione di norme armonizzate in materia di qualità e sicurezza dei dispositivi di protezione personale e medicali, il CESE chiede un impegno e un coinvolgimento maggiori delle relative parti interessate nel processo normativo.

4.12.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza può essere utilizzato per far fronte alle numerose esigenze dell’ecosistema sanitario investendo nei sistemi sanitari nazionali e riformandoli, migliorando la resilienza e la preparazione alle crisi, nonché l’assistenza sanitaria di base, rendendo più equo e più trasparente l’accesso ai servizi, superando le vulnerabilità delle catene di approvvigionamento e rafforzando le competenze digitali dei lavoratori del settore sanitario, le soluzioni di telemedicina, la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione.

4.13.

Il CESE chiede che siano messi a punto programmi appositamente concepiti per la formazione, la riqualificazione, il perfezionamento professionale e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita degli operatori sanitari europei, in linea con l’importante ruolo professionale e sociale da loro ricoperto, con il progresso tecnologico e con i nuovi requisiti di maggiore sostenibilità. Sono necessarie chiare politiche di formazione guidate dagli stessi operatori del settore al fine di disporre di lavoratori qualificati in grado di affrontare le nuove sfide del Green Deal.

4.14.

Il CESE ha già avuto modo di osservare che «occorre definire nuove politiche in materia di competenze, coinvolgendo le organizzazioni della società civile e le parti sociali, al fine di accelerare l’adeguamento dei sistemi di istruzione e di formazione affinché siano in grado di rispondere alla domanda di nuovi profili professionali» (12). Nel settore sanitario, l’attenzione deve essere rivolta non solo agli operatori sanitari, ma anche ai ricercatori, agli insegnanti, ai responsabili decisionali di ogni genere, ai professionisti dei media, ai pazienti stessi e alle loro organizzazioni rappresentative.

4.15.

Gli appalti pubblici strategici svolgono un ruolo fondamentale nel far convergere gli sforzi dell’industria, dei centri di ricerca e delle autorità di regolamentazione dell’UE e nazionali, in particolare nel settore sanitario, e facilitano la cooperazione pubblico-privato al fine di rispondere alle esigenze dei sistemi sanitari pubblici e privati e consentire l’acquisto di tecnologie sanitarie innovative e a prezzi accessibili, prevedendo anche soluzioni verdi e digitali e clausole sociali (13).

4.16.

Il CESE ha già invitato le istituzioni europee e gli Stati membri a dar prova di volontà politica per addivenire a un «Patto di salute per il futuro dell’Europa» (14) che rispecchi i valori fondamentali dell’Unione europea.

4.17.

L’iniziativa di dialogo strutturato (15) annunciata nella strategia farmaceutica è di importanza vitale per l’Europa, se si vogliono individuare le cause e i fattori delle potenziali vulnerabilità e dipendenze delle catene di approvvigionamento dei farmaci.

4.18.

Il CESE sostiene fermamente l’istituzione di uno spazio europeo di dati sanitari (16) al fine di fornire le infrastrutture necessarie per la condivisione dei dati per gli strumenti diagnostici e il trattamento ogni qual volta si tratti di cooperare e di impegnarsi negli sforzi di coinvestimento negli ecosistemi sanitari di prossima generazione lungo la totalità delle catene del valore.

4.19.

Il CESE ritiene che le norme armonizzate dovrebbero essere utilizzate come strumento per soddisfare i requisiti essenziali di sicurezza dei prodotti, con l’ausilio di strumenti atti a contribuire all’immissione dei prodotti sul mercato. L’Unione europea deve evitare un’eccessiva regolamentazione dei prodotti, la priorità essendo quella di alleggerire gli oneri amministrativi causati da un eccesso di disposizioni normative e garantire nel contempo un facile accesso alla documentazione, informazioni affidabili, una condivisione agevole delle migliori pratiche e una cooperazione efficace.

4.20.

Il CESE, infine, invita la Commissione a proseguire la collaborazione e il dialogo tra tutte le parti interessate allo scopo di accrescere la resilienza del sistema farmaceutico dell’UE di fronte alle crisi future, sulla base dei meccanismi esistenti definiti nella strategia farmaceutica per l’Europa (17) e nella strategia industriale per l’Europa (18). Il CESE invita inoltre la Commissione a creare ulteriori sinergie tra gli Stati membri, a presentare nuove iniziative per rafforzare il coordinamento dei diversi sistemi nazionali (in linea con il TFUE (19)) e a continuare a sviluppare una trasformazione forte, sostenibile e digitale dell’ecosistema industriale sanitario.

Bruxelles, 29 settembre 2021

Il presidente della commissione consultiva per le trasformazioni industriali

Pietro Francesco DE LOTTO


(1)  EP study — Impacts of the COVID-19 pandemic on EU industries (Studio del Parlamento europeo — Impatto della pandemia di COVID-19 sulle industrie dell’UE).

(2)  Eurostat — Healthcare personnel statistics (Eurostat — Dati statistici sul personale sanitario).

(3)  International trade in goods by type of good (Commercio internazionale di merci in base al tipo di prodotto).

(4)  Parere del CESE sul tema «Strategia farmaceutica» (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 53).

(5)  Questions and Answers: EU4Health Programme 2021-27 (Domande e risposte: programma «UE per la salute» 2021-2027).

(6)  Parere del CESE sul tema «Una nuova strategia industriale per l'Europa» (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 108).

(7)  Parere del CESE sul tema «La transizione industriale verso un'economia europea verde e digitale» (GU C 56 del 16.2.2021, pag. 10).

(8)  Esempi in tal senso sono il platino per la produzione di idrogeno pulito, il silicio metallico per i pannelli solari e il litio per i veicoli elettrici.

(9)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull'intelligenza artificiale e modifica alcuni atti legislativi dell'Unione [COM(2021) 206 final].

(10)  Comunicazione su una strategia europea per i dati [COM(2020) 66 final].

(11)  Proposta di regolamento relativo alla governance europea dei dati (Atto sulla governance dei dati) [COM(2020) 767 final].

(12)  Parere del CESE sul tema «Una nuova strategia industriale per l'Europa» (GU C 364 del 28.10.2020, pag. 108).

(13)  Acquisti sociali — Una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici (seconda edizione) (GU C 237 del 18.6.2021, pag. 1)

(14)  Parere del CESE relativo all'istituzione di un programma d'azione dell'Unione in materia di salute per il periodo 2021-2027 (GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 251).

(15)  Structured dialogue on security of medicines supply (Dialogo strutturato sulla sicurezza dell’approvvigionamento di farmaci).

(16)  Unione europea della salute: consultazione pubblica della Commissione sullo spazio europeo dei dati sanitari.

(17)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020DC0761&from=EN

(18)  https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1593086905382&uri=CELEX:52020DC0102

(19)  Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/77


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «L’approccio globale alla ricerca e all’innovazione — La strategia dell’Europa per la cooperazione internazionale in un mondo che cambia»

[COM(2021) 252 final]

(2022/C 105/11)

Relatrice:

Neža REPANŠEK

Consultazione

Commissione europea, 1.7.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

231/0/4

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie positivamente l’impegno dell’UE a dare l’esempio e a preservare l’apertura nel campo della cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione, promuovendo nel contempo condizioni di parità e reciprocità basate su valori fondamentali.

1.2.

Il CESE accoglie con favore le conclusioni della «dichiarazione di Bonn sulla libertà di ricerca scientifica», adottata in occasione della conferenza ministeriale sullo Spazio europeo della ricerca (SER) tenutasi nella città tedesca il 20 ottobre 2020, poiché tale dichiarazione costituisce una condizione preliminare per un panorama dinamico della ricerca e dell’innovazione che punti a realizzare progressi nel campo della conoscenza e benefici per la società. Il CESE sostiene l’adozione in futuro di questi principi a livello internazionale.

1.3.

Il CESE ritiene necessaria una maggiore partecipazione delle organizzazioni della società civile nel dare sostegno alle istituzioni dell’UE e agli Stati membri per lo sviluppo di politiche straordinarie e di programmi speciali (in materia di mobilità professionale, per attirare o trattenere ricercatori, e per quanto riguarda i risultati della ricerca applicata e dell’innovazione per la cultura imprenditoriale delle PMI europee) in grado di apportare un valore aggiunto dell’UE che possa, a sua volta, contribuire alla realizzazione di un ambizioso Spazio europeo della ricerca (1) per il prossimo decennio. Ciò dovrebbe comportare, in particolare, la presa in considerazione degli insegnamenti tratti durante la pandemia e degli effetti dei cambiamenti climatici sulle società e sulle economie, come pure la necessità di garantire il trasferimento integrale delle conoscenze e delle tecnologie attraverso la trasformazione digitale della ricerca. La pandemia ha acceso i riflettori sulla cooperazione nel settore della sanità, in cui l’accento va posto sull’impegno a rendere disponibile l’assistenza sanitaria, sul lavoro per migliorare e rafforzare la salute in maniera tempestiva, nonché sulla cooperazione tra gli operatori della sanità, laddove la collaborazione permette di trovare soluzioni anche ai problemi sanitari più complessi.

1.4.

Il CESE desidera sottolineare quanto sia importante rafforzare il ruolo di guida dell’UE nel sostenere i partenariati multilaterali in materia di ricerca e innovazione al fine di fornire nuove soluzioni alle sfide ambientali, digitali, sanitarie, sociali e dell’innovazione, tenendo conto dell’attuale impatto della pandemia di COVID-19 sui sistemi sanitari, sulle società, sulle comunità imprenditoriali in Europa e sull’economia globale in generale.

1.5.

Per dare un contributo concreto all’obiettivo di un’UE con un ruolo più incisivo a livello globale, il CESE chiede che le organizzazioni della società civile siano adeguatamente coinvolte, a livello nazionale e dell’UE, nelle attività di monitoraggio delle azioni a cura della Commissione europea, come precisato nella comunicazione in esame. In vista del previsto forum del SER (Spazio europeo della ricerca) per la transizione, il CESE propone di facilitare un’azione congiunta con le istituzioni nazionali e dell’UE grazie all’elaborazione di una relazione preliminare della rete di conoscenze della società civile, che dovrebbe essere presentata e discussa in occasione di una conferenza internazionale organizzata nel 2022.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Nella comunicazione sull’approccio globale alla ricerca e all’innovazione (R&I) la Commissione europea illustra la propria prospettiva relativa alla strategia dell’UE per la cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione. Tale strategia si propone anche di rafforzare i partenariati al fine di fornire nuove soluzioni alle sfide ambientali, digitali, sanitarie, sociali e nel campo dell’innovazione.

2.2.

La nuova strategia persegue due obiettivi principali. In primo luogo, essa intende creare un contesto per la ricerca e innovazione che sia aperto e basato su regole e valori, per aiutare i ricercatori e i portatori di innovazione («innovatori») di tutto il mondo a collaborare nel quadro di partenariati multilaterali e a trovare soluzioni alle sfide globali. In secondo luogo, mira a garantire la reciprocità e la parità di condizioni nel campo della cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione.

2.3.

Questo nuovo approccio globale dovrebbe essere attuato:

modulando la cooperazione bilaterale dell’UE in materia di ricerca e innovazione al fine di renderla compatibile con gli interessi e i valori europei e rafforzare l’autonomia strategica aperta dell’Unione;

mobilitando la scienza, la tecnologia e l’innovazione per accelerare lo sviluppo sostenibile e inclusivo, come pure la transizione verso società ed economie resilienti e basate sulla conoscenza nei paesi a basso e medio reddito; e

adottando iniziative ispirate a un approccio «Team Europa», basato su una combinazione di interventi dell’UE, delle istituzioni finanziarie e degli Stati membri per massimizzare l’efficacia e l’impatto delle azioni.

2.4.

La comunicazione in esame serve inoltre da guida per l’attuazione della dimensione internazionale del nuovo programma dell’UE per la ricerca e l’innovazione a scopi civili, Orizzonte Europa, e delle sue sinergie con altri programmi dell’UE, in particolare lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale — Europa globale.

3.   Impegno a favore dell’apertura internazionale e dei valori fondamentali in materia di ricerca e innovazione

3.1.

Per conservare la sua leadership, il programma dell’UE in materia di ricerca e innovazione deve rimanere aperto al resto del mondo. Ciò significa che i partecipanti provenienti da tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui sono stabiliti o in cui risiedono, dovrebbero poter prendere parte a programmi dell’Unione quali Erasmus+ e Orizzonte Europa. Inoltre, si dovrebbe promuovere e attuare in misura ancora maggiore il rispetto e la condivisione dei valori nel campo della ricerca in tutti i partenariati internazionali.

3.2.

Sulla scorta del Codice di condotta europeo per l’integrità della ricerca (2), il parere del CESE sul tema «Un nuovo SER per la ricerca e l’innovazione» (3) sottolinea che occorre integrare i principi di integrità scientifica ed etica nella deontologia e nell’integrità nel campo della ricerca, così da evitare danni alla salute umana, perdite di risorse finanziarie e insuccessi scientifici. La comunicazione in esame pone l’accento sul ruolo di protezione dei valori fondamentali comuni che riveste l’UE quando è confrontata a sfide etiche e garantisce un’innovazione tecnologica incentrata sull’essere umano.

3.3.

La libertà accademica, l’autonomia istituzionale, gli aspetti di etica e integrità della ricerca, i fondamenti empirici, la parità di genere, la diversità e l’inclusività sono altrettanti elementi che dovrebbero diventare parte integrante e permanente della cooperazione internazionale nel campo della ricerca. Il CESE conviene pienamente con la Commissione in merito all’importanza dell’equilibrio e della parità di genere, del conferimento di capacità ai giovani e della loro partecipazione, come pure dell’inclusione e della diversità nel settore della R&I a livello globale. Occorre difendere a tutti i livelli l’idea di un contesto inclusivo e favorevole alla ricerca, libero da ingerenze politiche, nonché delle opportunità di ricerca. Il CESE plaude all’iniziativa della Commissione di elaborare e promuovere degli orientamenti sulla gestione delle ingerenze straniere dirette a organismi di ricerca e istituti di istruzione superiore dell’UE.

3.4.

L’obiettivo generale dell’UE è rendere gli insiemi di dati «FAIR»: reperibili («Findable»), accessibili («Accessible»), interoperabili («Interoperable») e riutilizzabili («Reusable») nell’ambito dei concetti di dati aperti e di scienza aperta.

3.5.

È importante erogare finanziamenti di base a livello nazionale, garantendo un livello adeguato di investimenti in ricerca e sviluppo che consenta di realizzare gli obiettivi stabiliti per il settore.

3.6.

La «diplomazia della scienza» potrebbe aiutare l’UE a esercitare il proprio potere di persuasione (soft power) e a perseguire con maggiore efficacia i propri interessi e valori economici, rispondendo alla domanda e all’interesse da parte dei paesi partner e facendo leva sui punti di forza dell’UE in qualità di potenza nel campo della ricerca e innovazione. Il CESE è convinto che un dialogo sociale e civico costruttivo a tutti i livelli contribuirebbe al successo della «diplomazia della scienza» nelle nostre comunità.

4.   Un nuovo equilibrio — Verso la parità di condizioni e la reciprocità nella R&I

4.1.

Attraverso le sue politiche e i suoi programmi, l’UE è uno dei principali catalizzatori dell’internazionalizzazione nel campo della ricerca e dell’innovazione. L’UE è in grado di coinvolgere anche i sistemi di produzione, e inoltre mobilita la scienza, i giovani ricercatori, le reti interdisciplinari, la tecnologia e l’innovazione per accelerare lo sviluppo sostenibile e inclusivo, da un lato, e la transizione verso società ed economie resilienti e basate sulla conoscenza nei paesi a basso e medio reddito, dall’altro. Il CESE sottolinea l’importanza degli investimenti nel settore della scienza, privati e soprattutto pubblici, per poter tenere il passo con le altre potenze mondiali in materia di R&I e difendere, al tempo stesso, i diritti umani e i valori fondamentali.

4.2.

Altre grandi potenze scientifiche spendono oggi per la scienza, in percentuale del prodotto interno lordo, più di quanto non faccia l’UE, mentre le tensioni geopolitiche sono in aumento e i diritti umani e i valori fondamentali, come la libertà accademica, vengono messi in discussione. La libertà accademica è la colonna portante dell’istruzione superiore nell’UE e andrebbe difesa da attacchi di paesi terzi. Tenuto conto degli avvenimenti delle ultime settimane, il CESE accoglie con favore e sottoscrive l’appello lanciato da un gruppo di studiosi europei (4) ad agire senza indugio per creare in tempi rapidi canali legali complementari per ricercatori e studiosi a rischio, compresi gli studiosi, gli studenti e i soggetti della società civile in Afghanistan, soprattutto donne e appartenenti a minoranze etniche e religiose.

5.   Affrontare insieme le sfide globali

5.1.

Il CESE sottoscrive appieno l’idea di mettere chiaramente l’accento sulla duplice transizione giusta, e cioè la transizione digitale e il Green Deal europeo, come pure sulla politica sanitaria e la strategia a lungo termine per la ripresa post COVID-19. L’UE deve cooperare a livello transfrontaliero su una scala senza precedenti per imparare come sviluppare, in collaborazione con altri partner, soluzioni innovative volte a realizzare una duplice transizione verde e digitale che sia giusta e in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, oltre che per promuovere la resilienza, la prosperità e la competitività — soprattutto a vantaggio delle micro PMI — nonché il benessere economico e sociale. Nell’atto di favorire il passaggio ad un’economia europea più resiliente, è pur sempre essenziale garantire una ripresa inclusiva che non lasci indietro nessun europeo nel processo di transizione verso un’economia europea sostenibile, creando al tempo stesso nuove opportunità per i lavoratori. Anche l’innovazione sociale può svolgere un ruolo importante in questi processi.

5.2.

L’apertura reciproca, il libero scambio di idee e la co-creazione di soluzioni sono fondamentali per il perseguimento e il progresso delle conoscenze fondamentali, oltre ad essere componenti essenziali di un ecosistema dinamico dell’innovazione, in quanto l’apertura in materia di cooperazione che caratterizza l’azione dell’UE avviene in un contesto globale mutato.

5.3.

La mobilitazione dei ricercatori e dei portatori di innovazione a livello mondiale sarà fondamentale per il benessere dei cittadini e delle generazioni future. Come si è potuto constatare nella recente pandemia mondiale, rafforzare la cooperazione internazionale su tematiche quali la sanità a livello globale ci aiuta a realizzare innovazioni pionieristiche. L’UE dovrebbe sostenere i suoi obiettivi in materia di autonomia strategica aperta modulando, al contempo, la cooperazione bilaterale con i paesi terzi in determinati settori (5).

5.4.

In risposta alle attuali tendenze globali, l’UE dovrebbe dare l’esempio promuovendo un multilateralismo basato su regole. Occorre dare nuovo slancio all’ordine multilaterale per renderlo adeguato agli obiettivi che persegue, così che possa far fronte alle sfide a livello globale e rispondere alla domanda crescente di trasparenza, di qualità e di inclusività da parte dei cittadini. L’UE dovrebbe inoltre promuovere un’ambiziosa opera di modernizzazione delle principali istituzioni multilaterali internazionali, perseguendo la realizzazione di una tabella di marcia condivisa volta ad un’apertura reciproca nella cooperazione in materia di ricerca e innovazione, al fine di favorire risposte globali a sfide globali e gli scambi di buone pratiche.

5.5.

Il ruolo guida che l’UE dovrebbe svolgere nella definizione di norme globali sostenibili dovrebbe essere portato avanti anche attraverso una sua maggiore influenza nella cooperazione internazionale nell’ambito di una ricerca pre-normativa e per la standardizzazione che vada «a favore» delle PMI. Il CESE sottolinea altresì l’importanza delle misure di sostegno a favore delle PMI in tutti i settori che rientrano nella protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

5.6.

Il Comitato sostiene pienamente il piano d’azione sulla proprietà intellettuale (6), poiché lo considera un approccio globale e molto efficace volto a modernizzare il sistema di proprietà intellettuale dell’UE. L’adozione di un sistema brevettuale unitario dev’essere ritenuta una priorità centrale e rafforzerà notevolmente la competitività delle imprese dell’UE.

5.7.

Alcuni paesi perseguono sempre più una leadership tecnologica per mezzo di misure discriminatorie, strumentalizzando spesso la ricerca e l’innovazione per accrescere la loro influenza a livello globale e il controllo sociale. Occorre rafforzare la prosperità e la competitività economica dell’UE, ma anche la sua capacità di approvvigionarsi autonomamente e di garantire ai suoi cittadini tecnologie e servizi fondamentali che siano sicuri e protetti. L’UE dovrebbe guidare lo sviluppo di nuove norme globali, di standard internazionali e di quadri di cooperazione in settori come quello del digitale, comprese l’intelligenza artificiale (IA) e altre tecnologie innovative. I punti di forza dell’UE rappresentati dalla democrazia e dalla regolamentazione sono delle leve per contribuire a costruire un mondo migliore, mentre la sua credibilità in quanto promotrice di pace e le sue strutture per la sicurezza e la difesa possono servire a sostenere gli sforzi multilaterali per mantenere, favorire e costruire la pace.

5.8.

Il CESE è in prima linea nel dibattito sull’IA sin dal primo parere in materia elaborato nel 2017 (7), cui ha fatto seguito, negli anni successivi, una serie di pareri sullo stesso tema (8). Il Comitato sostiene un approccio all’IA basato sulla «sorveglianza con controllo umano», in cui gli esseri umani continuino ad avere il controllo dell’IA in senso tecnico e mantengano altresì la capacità di decidere se, quando e come utilizzarla nella nostra società in generale. Ha poi richiamato l’attenzione, tra gli altri aspetti, sull’impatto dell’IA sull’occupazione, sull’importanza di trovare il giusto equilibrio tra regolamentazione, autoregolamentazione e orientamenti etici nonché sull’impatto dell’IA sui consumatori. Il CESE sta attualmente elaborando un progetto di parere sulla proposta della Commissione europea relativa a una legge sull’intelligenza artificiale (9).

5.9.

La capacità dell’UE di essere un attore globale è garantita anche dalla coerenza tra le sue azioni esterne e le politiche interne messe in campo in ciascuno Stato membro. Il fatto che l’UE si esprima con una voce concorde e coerente è essenziale per stabilizzare i nostri partenariati e alleanze con i paesi terzi, sostenere le organizzazioni multilaterali e regionali e negoziare un approccio maggiormente basato sugli interessi al tema dei beni pubblici globali.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Nota della presidenza al Consiglio sul tema Rinnovare lo Spazio europeo della ricerca: come preparare la realizzazione di un SER ambizioso e adatto al prossimo decennio? e Un nuovo Spazio europeo della ricerca: il Consiglio adotta conclusioni, comunicato stampa del 1o dicembre 2020.

(2)  The European Code of Conduct for Research Integrity, www.allea.org (consultato il 6 giugno 2021).

(3)  Parere del CESE sul tema «Un nuovo SER per la ricerca e l’innovazione» (GU C 220 del 9.6.2021, pag. 79).

(4)  https://www.scholarsatrisk.org/2021/08/urgent-appeal-to-european-governments-and-eu-institutions-take-action-for-afghanistans-scholars-researchers-and-civil-society-actors/

(5)  Integrando la cooperazione con i paesi dell’EFTA, i Balcani occidentali, la Turchia, i paesi interessati dalla politica europea di vicinato e il Regno Unito, approfondendo i propri partenariati con l’Africa, l’America latina e altre regioni del mondo ecc.

(6)  Parere del CESE sul tema «Piano d'azione sulla proprietà intellettuale» (GU C 286 del 16.7.2021, pag. 59).

(7)  GU C 288 del 31.8.2017, pag. 1.

(8)  GU C 440 del 6.12.2018, pag. 1; GU C 440 del 6.12.2018, pag. 51; GU C 240 del 16.7.2019, pag. 51; GU C 47 dell'11.2.2020, pag. 64; GU C 364 del 28.10.2020, pag. 87.

(9)  INT/940 — Regolamento sull'intelligenza artificiale (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 61).


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/81


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 910/2014 per quanto riguarda l’istituzione di un quadro per un’identità digitale europea

[COM(2021) 281 final — 2021/0136 (COD)]

(2022/C 105/12)

Relatore:

Tymoteusz Adam ZYCH

Consultazione

Parlamento europeo, 8.7.2021

Consiglio, 15.7.2021

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

229/2/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta della Commissione europea (la «Commissione») di uno strumento che modifica il regolamento eIDAS per quanto riguarda l’istituzione di un quadro di riferimento per l’identità digitale europea (e-ID), che adeguerebbe tale atto giuridico alle attuali esigenze del mercato. La valutazione del regolamento in vigore ha evidenziato la necessità di fornire soluzioni migliori per i servizi digitali, che estendano l’accesso sia al settore privato che a quello pubblico e siano disponibili per la grande maggioranza dei cittadini e dei residenti europei.

1.2.

Tuttavia, il CESE osserva che la digitalizzazione dei servizi proposta può portare all’esclusione di parti della società europea, in particolare le persone anziane, le persone con scarsa alfabetizzazione digitale e le persone con disabilità. Il CESE invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a creare il quadro di riferimento necessario per l’educazione digitale e la relativa campagna d’informazione, che al tempo stesso dovrebbe servire a sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica in materia di protezione dei dati personali.

1.3.

Il CESE accoglie con favore il fatto che l’utilizzo del portafoglio europeo di identità digitale sarà facoltativo e gratuito. Tuttavia, l’introduzione di nuove soluzioni digitali comporta inevitabilmente tempi e costi significativi. Il CESE invita pertanto la Commissione a valutare più a fondo il tempo necessario per l’effettiva attuazione del nuovo regolamento, al fine di evitare ripercussioni negative sul mercato, e a integrare il regolamento con un’analisi più dettagliata in relazione ai costi previsti per la sua attuazione, rendendolo più chiaro a questo riguardo.

1.4.

Il CESE osserva che la sezione 9 della proposta di regolamento prevede il riconoscimento transfrontaliero obbligatorio degli attestati elettronici di attributi qualificati rilasciati in un determinato Stato membro. Tuttavia, tenendo conto del fatto che le disposizioni delle legislazioni nazionali spesso differiscono in modo significativo da uno Stato membro all’altro, il CESE ravvisa la necessità di chiarire che il riconoscimento di un attestato elettronico di attributi qualificato in uno Stato membro è limitato alla conferma dei fatti, analogamente a quanto disposto dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/1191 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) che promuove la libera circolazione dei cittadini semplificando i requisiti per la presentazione di alcuni documenti pubblici nell’Unione europea: «Il presente regolamento non si applica al riconoscimento in uno Stato membro degli effetti giuridici relativi al contenuto dei documenti pubblici rilasciati dalle autorità di un altro Stato membro».

1.5.

Secondo il CESE, un’efficace protezione dei dati deve essere considerata soprattutto nel contesto della protezione dei diritti fondamentali, in particolare del diritto alla riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali. Pertanto, il CESE sostiene pienamente il requisito secondo cui il quadro per l’identità digitale europea dovrebbe fornire agli utenti i mezzi per controllare chi ha accesso al loro gemello digitale e a quali dati può accedere esattamente. Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri a includere, previa consultazione sugli aspetti tecnici del quadro per l’identità digitale europea, la questione della creazione di un registro che consenta agli utenti di tenere traccia di qualsiasi accesso ai loro dati.

1.6.

Il CESE sottolinea le preoccupazioni in materia di sicurezza legate al processo di digitalizzazione, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di enormi sistemi che immagazzinano ed elaborano dati che possono essere oggetto di frode o possono andare perduti. Il CESE è inoltre consapevole del fatto che ad oggi non esiste un sistema di sicurezza in grado di fornire una protezione completa dei dati. Pertanto, secondo il CESE, a coloro che utilizzano i portafogli europei di identità digitale dovrebbe essere garantito un indennizzo qualora si verifichino situazioni indesiderabili relative ai loro dati (per esempio, furto o divulgazione). Tale responsabilità dovrebbe essere indipendente da eventuale colpa da parte del prestatore dei servizi.

2.   Introduzione

2.1.

Oggetto del presente parere è la proposta di regolamento della Commissione che modifica il regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) (il «regolamento eIDAS») per quanto riguarda l’istituzione di un quadro per un’identità digitale europea.

2.2.

Come indicato nella relazione, il regolamento eIDAS offrirebbe le protezioni e i benefici seguenti: 1) accesso a soluzioni di identità elettronica altamente sicure e affidabili; 2) garanzia che i servizi pubblici e privati possano contare su soluzioni affidabili e sicure di identità digitale; 3) garanzia che le persone fisiche e giuridiche abbiano la facoltà di utilizzare soluzioni di identità digitale; 4) garanzia che tali soluzioni siano legate a una serie di attributi e consentano la condivisione mirata di dati di identità limitati alle esigenze del servizio specifico richiesto; e 5) garanzia dell’accettazione di servizi fiduciari qualificati nell’UE nonché di parità di condizioni per la loro prestazione. Le modifiche proposte rappresentano una risposta all’aumento della domanda di soluzioni digitali transfrontaliere affidabili, basandosi sulla necessità di identificare e autenticare gli utenti con un elevato livello di garanzia.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE è consapevole delle nuove esigenze del mercato interno per quanto riguarda lo sviluppo dell’identificazione elettronica e di servizi fiduciari per le transazioni elettroniche transfrontaliere. Le soluzioni esistenti previste dal regolamento eIDAS, che ha iniziato a produrre effetti giuridici in diverse fasi, a partire dal luglio 2016, non soddisfano tali esigenze, e ciò è confermato dal fatto che, allo stato attuale, soltanto il 59 % dei residenti dell’UE ha accesso a soluzioni di identificazione elettronica affidabili e sicure. Inoltre, l’accesso transfrontaliero a tali servizi è limitato a causa della mancanza di interoperabilità tra i sistemi offerti dai singoli Stati membri.

3.2.

Il CESE accoglie pertanto con favore la nuova proposta della Commissione di uno strumento che modifica il regolamento eIDAS per quanto riguarda l’istituzione di un quadro di riferimento per l’identità digitale europea, che adeguerebbe tale atto giuridico alle attuali esigenze del mercato. Si stima che le soluzioni proposte nel documento della Commissione potrebbero contribuire ad aumentare il numero di coloro che utilizzano l’identificazione digitale fino all’80 % o addirittura al 100 % di tutti i cittadini e residenti dell’UE.

3.3.

Il CESE accoglie con particolare favore le soluzioni volte ad aumentare la sicurezza dei dati personali degli utenti, garantendo la discrezionalità nella condivisione dei dati e la possibilità di controllare la natura e la quantità dei dati forniti alle parti facenti affidamento sulla certificazione. Poiché, secondo la proposta, gli Stati membri manterranno il controllo sui prestatori di servizi digitali, essi garantirebbero che gli insiemi di dati sensibili (relativi, per esempio, a salute, religione e convinzioni personali, opinioni politiche, razza o origine etnica) siano forniti solo su richiesta dei prestatori di servizi, a seguito di una decisione informata presa dal proprietario dell’identità conformemente al diritto nazionale applicabile.

3.4.

Il CESE sottolinea che il calendario per l’applicazione di determinate disposizioni del nuovo regolamento è piuttosto ottimistico, e invita la Commissione a considerare, al momento di fissare i termini per la presentazione delle domande finali, anche il tempo necessario affinché i prestatori di servizi aggiornino i loro sistemi informatici per conformarsi ai nuovi obblighi. Il CESE invita pertanto la Commissione ad analizzare ulteriormente il tempo necessario per l’effettiva attuazione del nuovo regolamento e, di conseguenza, a prorogarne il termine per l’applicazione in modo da non incidere sul mercato di riferimento. A titolo di esempio, l’entrata in vigore del regolamento imporrà ai prestatori di servizi fiduciari qualificati esistenti che offrono la firma a distanza basata su dispositivi per la creazione di una firma elettronica qualificata di diventare fornitori qualificati di quel servizio specifico ed essi avranno bisogno di tempo per attuare gli aspetti tecnici e la procedura di autorizzazione.

3.5.

Il CESE osserva che la digitalizzazione dei servizi proposta, indipendentemente dai benefici che offre, può portare anche all’esclusione di parti della società europea, tra cui in particolare le persone anziane, le persone con scarsa alfabetizzazione digitale e le persone con disabilità. Il CESE riconosce il ruolo chiave che l’istruzione dei cittadini europei svolge nel contrastare tale esclusione; allo stesso tempo essa dovrebbe servire ad accrescere la consapevolezza nel settore della protezione dei dati personali.

4.   Disponibilità e utilizzo discrezionale di un quadro per l’identità digitale europea

4.1.

Il CESE accoglie con favore l’idea di fornire soluzioni migliori per i servizi digitali che estendano l’accesso non solo ai servizi pubblici, ma anche al settore privato. Inoltre, il CESE approva i tentativi della Commissione di creare un quadro per l’identità digitale europea a disposizione della grande maggioranza dei cittadini europei. A causa degli ostacoli esistenti all’accesso transfrontaliero ai servizi di identificazione elettronica (per esempio la mancanza di interoperabilità tra i sistemi di identificazione elettronica messi a punto dagli Stati membri), molti residenti dell’UE non utilizzano affatto tali servizi. Le nuove soluzioni basate sui portafogli europei di identità digitale possono contribuire a rendere disponibili servizi online affidabili ad almeno l’80 % dei cittadini europei.

4.2.

Pertanto, il CESE sostiene la proposta di imporre agli Stati membri di emettere un portafoglio europeo di identità digitale, ossia uno strumento che consenta all’utilizzatore di: 1) richiedere, ottenere, conservare, selezionare, combinare e condividere in modo sicuro, trasparente per l’utente e tracciabile da quest’ultimo, i dati giuridici di identificazione personale e gli attestati elettronici di attributi necessari per l’autenticazione online e offline al fine di utilizzare servizi pubblici e privati online; e 2) firmare documenti mediante una firma elettronica qualificata accettata in tutta l’UE.

4.3.

Inoltre, il CESE accoglie con favore la proposta di garantire che il portafoglio europeo di identità digitale sia ugualmente accessibile alle persone con disabilità, conformemente alle disposizioni di cui all’allegato I della direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), in linea con il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Al fine di evitare l’esclusione digitale in questo ambito, il CESE suggerisce che le soluzioni al riguardo siano elaborate in collaborazione con le istituzioni competenti e le ONG che rappresentano le persone con disabilità, sulla base di un approccio multipartecipativo.

4.4.

Secondo il CESE, è positivo anche il fatto che sarà lasciato alla discrezione dei cittadini e dei residenti decidere se utilizzare un portafoglio europeo di identità digitale. Il CESE ritiene che gli utenti non dovrebbero avere l’obbligo di utilizzare il portafoglio per accedere a servizi pubblici o privati, ma dovrebbero semplicemente avere la possibilità di farlo.

4.5.

In relazione all’accessibilità economica, il CESE accoglie con favore il fatto che l’utilizzo del portafoglio europeo di identità digitale sarà gratuito per gli utenti. Tuttavia, il CESE invita la Commissione ad analizzare e chiarire ulteriormente nel regolamento i seguenti aspetti: i) i costi di emissione per le persone fisiche, ii) i costi (di emissione e utilizzo) per le persone giuridiche e iii) i costi dell’aggiunta di eventuali attributi di identità digitale a tale portafoglio, in quanto secondo il CESE ogni aggiunta rappresenterebbe un servizio fiduciario, con conseguenti costi per il proprietario del portafoglio.

5.   Aspetti relativi all’utilizzabilità di un quadro per l’identità digitale europea

5.1.

Il CESE si compiace per l’iniziativa della Commissione volta a migliorare l’utilizzabilità dei mezzi di identificazione elettronica creando un quadro comune per l’identità digitale europea basato sul ricorso transfrontaliero al portafoglio europeo di identità digitale.

5.2.

Secondo la proposta, l’utilizzabilità può essere migliorata grazie ai mezzi previsti dal nuovo articolo 12 ter del regolamento eIDAS, che stabilisce una serie di requisiti relativi al riconoscimento dei portafogli europei di identità digitale, rivolti non solo agli Stati membri, ma anche ai prestatori di servizi privati che fanno affidamento sulla certificazione e alle «piattaforme online di dimensioni molto grandi» quali definite all’articolo 25, paragrafo 1, della legge sui servizi digitali proposta (4). Sulla base di queste nuove disposizioni, alcuni settori privati (trasporti, energia, servizi bancari e finanziari, previdenza sociale, sanità, acqua potabile, servizi postali, infrastrutture digitali, istruzione e telecomunicazioni) dovrebbero accettare l’utilizzo dei portafogli europei di identità digitale per la prestazione di servizi per i quali la normativa nazionale o dell’UE o gli obblighi contrattuali impongono un’autenticazione forte dell’utente per l’identificazione online. Alla luce della proposta della Commissione, lo stesso requisito si applicherebbe alle piattaforme online di dimensioni molto grandi (per esempio i social network), i quali dovrebbero accettare l’utilizzo del portafoglio europeo di identità digitale per quanto riguarda gli attributi minimi necessari per uno specifico servizio online per il quale è richiesta l’autenticazione, come la prova dell’età.

5.3.

Il CESE osserva che, al fine di garantire un’ampia disponibilità e utilizzabilità dei mezzi di identificazione elettronica, compresi i portafogli europei di identità digitale, i prestatori privati di servizi online (che non sono considerati «piattaforme di dimensioni molto grandi») dovrebbero essere coinvolti nell’elaborazione di «codici di condotta» di autoregolamentazione che facilitino un’ampia accettazione dei mezzi di identificazione elettronica. La Commissione dovrebbe essere incaricata di valutare l’efficacia e l’applicabilità di tali disposizioni per gli utilizzatori di portafogli europei di identità digitale.

6.   Questioni relative agli effetti giuridici dei portafogli europei di identità digitale

6.1.

Il CESE sostiene la proposta per quanto riguarda il miglioramento dell’accesso ai servizi pubblici digitali, in particolare nelle situazioni transfrontaliere.

6.2.

La nuova sezione 9 proposta del regolamento eIDAS prevede che un attestato elettronico di attributi qualificato rilasciato in uno Stato membro sia riconosciuto quale attestato elettronico di attributi qualificato in tutti gli altri Stati membri.

6.3.

Tuttavia, per quanto riguarda gli ordinamenti nazionali degli Stati membri, che in alcuni casi possono differire considerevolmente gli uni dagli altri, il CESE sottolinea che gli attributi attestati rispetto a fonti autentiche in uno Stato membro dovrebbero essere limitati alla mera conferma delle circostanze di fatto e non dovrebbero produrre effetti giuridici in altri Stati membri, a meno che gli attributi attestati non siano conformi all’ordinamento giuridico di questi ultimi. In sostanza, le soluzioni giuridiche proposte non dovrebbero pregiudicare il riconoscimento in uno Stato membro degli effetti giuridici relativi al contenuto degli attributi attestati rispetto a fonti autentiche in un altro Stato membro, per analogia con le disposizioni del regolamento (UE) 2016/1191, si pensi per esempio a determinati dati personali (riguardanti la religione o le convinzioni personali di una persona). In alcuni paesi dell’UE questo tipo di informazioni produce effetti giuridici (per esempio, in Germania i dati anagrafici essenziali includono informazioni sulla religione, che determinano l’obbligo di pagare un’imposta ecclesiastica per sposarsi con cerimonia religiosa), mentre in altri paesi esse non hanno alcun effetto giuridico (per esempio in Polonia).

6.4.

Il CESE invita pertanto la Commissione a esaminare l’opportunità di chiarire il testo della sezione 9, in modo da precisare che il riconoscimento di un attestato elettronico di attributi qualificato in qualsiasi altro Stato membro si limita alla conferma delle circostanze di fatto relative all’attributo in questione e non produce effetti giuridici in altri Stati membri, a meno che gli attributi attestati non siano conformi all’ordinamento giuridico di questi ultimi.

7.   Aspetti relativi alla sicurezza

A.   Protezione dei dati nel contesto dei diritti fondamentali

7.1.

Il CESE osserva che, a causa della mancanza di un quadro comune per l’identità digitale europea, nella maggior parte dei casi i cittadini e gli altri residenti incontrano ostacoli nello scambio digitale transfrontaliero di informazioni relative alla loro identità, come anche nello scambio di tali informazioni in maniera sicura e con un elevato livello di protezione dei dati.

7.2.

Il CESE accoglie pertanto con favore i tentativi di creare un sistema interoperabile e sicuro basato sui portafogli europei di identità digitale, che potrebbe migliorare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri in relazione, tra l’altro, allo stato occupazionale o ai diritti sociali. In tale contesto, il CESE si aspetta che il nuovo quadro per l’identità digitale europea crei, per esempio, possibilità di aumentare rapidamente le opportunità di lavoro transfrontaliere e di estendere la concessione automatica dei diritti sociali senza ulteriori procedure di domanda o altri oneri amministrativi.

7.3.

Tuttavia, secondo il CESE, un’efficace protezione dei dati è la principale preoccupazione da affrontare nel contesto della protezione dei diritti fondamentali, specialmente del diritto alla riservatezza e del diritto alla protezione dei dati personali.

7.4.

Pertanto, il CESE sostiene pienamente il requisito secondo cui il quadro per l’identità digitale europea dovrebbe offrire a ognuno i mezzi per controllare chi ha accesso al proprio gemello digitale e a quali dati esattamente (compreso l’accesso da parte del settore pubblico). Come indicato nella proposta, ciò richiederà anche un livello elevato di sicurezza per quanto riguarda tutti gli aspetti relativi all’offerta dell’identità digitale, compresa l’emissione di un portafoglio europeo di identità digitale, e all’infrastruttura per la raccolta, la conservazione e la divulgazione dei dati dell’identità digitale.

7.5.

In tale contesto, il CESE accoglie con favore la proposta secondo cui gli utenti avranno il diritto di divulgare in maniera selettiva i loro attributi, limitatamente a quelli necessari in una particolare situazione. Secondo la proposta, durante l’utilizzo di un portafoglio europeo di identità digitale, l’utente avrà il controllo della quantità di dati forniti a terzi e dovrebbe essere informato in merito agli attributi richiesti per l’erogazione di un servizio specifico.

7.6.

Il CESE appoggia la proposta di tenere fisicamente e logicamente separati i dati personali relativi alla fornitura di portafogli europei di identità digitale da qualsiasi altro dato memorizzato dagli emittenti dei portafogli stessi, e approva l’obbligo per i prestatori di servizi di attestazione elettronica di attributi qualificati di operare tramite un’entità giuridica distinta.

7.7.

Oltre a un’efficace protezione dei dati, che deve essere garantita, il controllo da parte degli utenti sui loro dati è un aspetto essenziale. A tale riguardo, il CESE approverebbe inoltre la creazione di un quadro per l’identità digitale europea basato sulle identità giuridiche rilasciate dagli Stati membri e sulla fornitura di attributi di identità digitale qualificati e non qualificati.

7.8.

Il CESE sottolinea che, al fine di garantire un elevato livello di protezione giuridica dei dati degli utenti, a questi ultimi dovrebbe essere dato un maggiore controllo sui propri portafogli europei di identità digitale, anche per quanto riguarda la tracciabilità dell’accesso ai dati di ciascun utente. A tal fine, gli aspetti tecnici, da determinare nelle discussioni successive all’approvazione della proposta, dovrebbero includere la creazione di un registro che consenta all’utente di verificare, su richiesta, qualsiasi caso di accesso ai suoi dati.

B.   Altri aspetti relativi alla sicurezza e alla responsabilità

7.9.

Secondo la proposta, il nuovo quadro per l’identità digitale europea fornirà meccanismi al fine di prevenire le frodi e assicurare l’autenticazione dei dati di identificazione personale. Dato che la proposta contiene una disposizione che introduce strumenti che consentono la verifica degli attributi rispetto a fonti autentiche, questo sistema potrebbe migliorare, per esempio, la sicurezza dei minori online impedendo loro di accedere a contenuti inadatti alla loro età. Il CESE osserva che, a livello nazionale, tale protezione non è attualmente disponibile o è estremamente inefficace.

7.10.

Il CESE accoglie con favore l’idea che i browser web dovrebbero garantire il supporto dei certificati qualificati di autenticazione di siti web e l’interoperabilità con gli stessi a norma del regolamento eIDAS. I browser web dovrebbero riconoscere e visualizzare i certificati qualificati di autenticazione di siti web al fine di fornire un livello di garanzia elevato, consentendo ai proprietari di siti web di dichiarare la propria identità di proprietari di siti web e agli utenti di identificare i proprietari di siti web con un elevato grado di certezza. Al tempo stesso, il CESE ritiene necessario prevedere meccanismi di ricorso semplici, rapidi ed efficaci per garantire che un sito web venga sbloccato nel caso in cui sia stato erroneamente identificato come pericoloso. Norme in materia di responsabilità dovrebbero essere stabilite anche in relazione a tutti i casi in cui un sito web sia stato erroneamente classificato come pericoloso.

7.11.

Il CESE sottolinea che ogni digitalizzazione di dati solleva preoccupazioni sotto il profilo della sicurezza, in particolare in relazione agli enormi sistemi che memorizzano e trattano i dati, che costituiscono una fonte di informazioni vulnerabile alle frodi e alla perdita di dati. Il CESE è inoltre consapevole del fatto che attualmente non esiste un sistema di sicurezza pienamente efficace (ossia privo di lacune ed errori) che elimini completamente una tale minaccia.

7.12.

Pertanto, il CESE sottolinea che, al fine di ridurre al minimo tutte le situazioni indesiderabili di questo tipo relative ai dati degli utenti, l’architettura tecnica del quadro per l’identità digitale europea sviluppata dagli Stati membri in coordinamento con la Commissione dovrebbe essere incentrata su misure che aumentino la sicurezza dei dati e forniscano meccanismi per il loro controllo. Tali meccanismi sono importanti nel contesto, per esempio, dell’utilizzo di dati raccolti presso gli utenti per finalità diverse da quelle originariamente previste. Al tempo stesso, il CESE ritiene che l’architettura tecnica debba essere sviluppata tenendo conto dei diritti fondamentali e del principio di sovranità degli Stati membri.

7.13.

Il CESE osserva che l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento eIDAS stabilisce la responsabilità in capo ai prestatori di servizi fiduciari per i danni causati, con dolo o per negligenza, a qualsiasi persona fisica o giuridica in seguito a un mancato adempimento degli obblighi previsti da tale regolamento (e, secondo la proposta in esame, degli obblighi in materia di gestione dei rischi di cibersicurezza di cui all’articolo 18 della «direttiva NIS 2» proposta). Tale disposizione dovrebbe essere applicata conformemente alle norme nazionali in materia di responsabilità (articolo 13, paragrafo 3, del regolamento eIDAS).

7.14.

Per quanto riguarda le preoccupazioni in materia di responsabilità, il CESE sottolinea che le questioni relative alla definizione dei danni, alla loro entità e al dovuto indennizzo sono disciplinate dal diritto nazionale degli Stati membri. In base a tali norme, la responsabilità dei prestatori di servizi fiduciari può essere limitata dalle disposizioni pertinenti del diritto nazionale e dalle «condizioni di prestazione dei servizi», che sono definite dai prestatori.

7.15.

Il CESE ritiene che agli utilizzatori di portafogli europei di identità digitale dovrebbe essere garantito un indennizzo in caso di situazioni indesiderabili relative ai loro dati, quali il furto, la perdita, la divulgazione, l’utilizzo per scopi diversi da quelli originariamente previsti ecc. Tale responsabilità dovrebbe comprendere tutte le situazioni sopra menzionate, a prescindere dall’intenzione o dalla negligenza del prestatore dei servizi (indipendentemente dal fatto che vi sia o meno colpa da parte sua).

7.16.

Qualsiasi furto, divulgazione non autorizzata o perdita di dati (specialmente di dati personali) può causare danni a lungo termine al relativo proprietario. Una volta che le informazioni digitali sono state divulgate, esse possono essere acquisite a lungo termine da numerose entità contro la volontà del proprietario dei dati in questione. Il CESE incoraggia la Commissione e gli Stati membri a cercare e sviluppare meccanismi efficaci che, in tali casi, costituiscano un rimedio per i proprietari dei dati.

7.17.

Le soluzioni proposte per il nuovo sistema costringeranno i prestatori di servizi ad aggiornare in modo significativo i loro sistemi di sicurezza elettronica a un livello molto più elevato, con particolare attenzione alla cibersicurezza. Il CESE ritiene che tale aggiornamento comporterà costi significativi e la modernizzazione dell’infrastruttura informatica esistente, costituendo un onere eccessivo per alcuni prestatori di servizi, tale da portare addirittura alla scomparsa, da alcuni mercati, di prestatori di servizi che non possono permettersi di effettuare investimenti di questa portata in un breve lasso di tempo. Pertanto, secondo il CESE, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero cercare soluzioni che proteggano i prestatori di servizi da discriminazioni a tal riguardo e consentano loro un «atterraggio morbido», anche offrendo la possibilità di conformarsi ai nuovi requisiti in più fasi, entro un periodo di tempo ragionevole.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) 2016/1191 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, che promuove la libera circolazione dei cittadini semplificando i requisiti per la presentazione di alcuni documenti pubblici nell'Unione europea e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (GU L 200 del 26.7.2016, pag. 1).

(2)  Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014 , in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73).

(3)  Direttiva (UE) 2019/882 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 70).

(4)  COM(2020) 825 final.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/87


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno

[COM(2021) 223 final — 2021/0114 (COD)]

(2022/C 105/13)

Relatore:

Maurizio MENSI

Consultazione

Parlamento europeo, 7.6.2021

Consiglio, 3.6.2021

Base giuridica

Articolo 114 e 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione, consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

220/3/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE apprezza lo sforzo dispiegato dalla Commissione e condivide l’esigenza di rafforzare gli strumenti di intervento a protezione del mercato UE e delle sue imprese, colmando una lacuna del quadro normativo in materia di concorrenza, commercio e appalti pubblici, con l’obiettivo di assicurare una concorrenza leale e non falsata da sovvenzioni estere.

1.2.

In tal senso il CESE ritiene che la proposta della Commissione, che riguarda i finanziamenti statali erogati da fonti estere ad imprese che operano sul mercato dell’UE, suscettibili di alterare il mercato, costituisca un utile e rilevante strumento operativo. Ciò premesso, alcuni aspetti dell’intervento normativo, di per sé complesso e articolato, si ritiene richiedano un’ulteriore messa a punto.

1.3.

Ai sensi della proposta, l’ampia definizione di sovvenzione estera è suscettibile di riguardare molte forme di sovvenzioni da parte di uno Stato estero, compresi quelli fiscali. Di qui l’opportunità che la Commissione indichi a quali indagini intenda dare priorità stabilendo, se del caso, criteri atti a disciplinare la trattazione delle varie pratiche, per esigenze di trasparenza e semplificazione.

1.4.

La proposta affida alla Commissione il controllo degli investimenti in UE da parte di entità sovvenzionate dall’estero. Al riguardo il CESE ritiene opportuno che la Commissione chiarisca con precisione, se del caso tramite apposite linee guida, l’ambito di applicazione del regolamento, così da garantirne un’applicazione omogenea a livello UE e riducendo al minimo il rischio di interpretazioni divergenti con gli Stati membri a cui compete invece il controllo degli investimenti esteri. A tal fine propone altresì la istituzione di uno sportello informativo per le imprese sulla normativa sui sussidi esteri, gli adempimenti e gli obblighi di notifica da essa derivanti.

1.5.

La Commissione, ai fini dell’avvio del procedimento, effettua una valutazione della sovvenzione estera soppesandone gli effetti negativi e positivi sullo sviluppo dell’attività economica in questione. Il CESE ritiene importante che la Commissione fornisca ulteriori indicazioni su come tale valutazione viene operata in concreto, quali potrebbero essere gli effetti positivi o quando il bilanciamento sia giustificabile.

1.6.

Con riferimento all’attuale regime di controllo delle concentrazioni, il CESE ritiene opportuno che la Commissione chiarisca il suo rapporto con il nuovo regime previsto, onde evitare tempi e risultati disallineati fra loro, con la conseguenza di oneri considerevoli a carico delle imprese.

1.7.

Ai fini dell’avvio del procedimento da parte della Commissione occorre che il totale delle sovvenzioni estere superi la soglia di 5 milioni di EUR per tre anni fiscali consecutivi. Il CESE ritiene che tale soglia sia piuttosto bassa in termini assoluti e reputa opportuno suggerire alla Commissione di aumentarla, così da evitare i casi di minore entità e rilievo, anche a beneficio delle piccole e medie imprese.

1.8.

Nel settore degli appalti pubblici, il rischio di indagini d’ufficio e di un’ampia revisione delle gare d’appalto pubbliche è potenzialmente fonte di rischi e oneri per le aziende che operano e investono nell’UE. Di qui la necessità che la Commissione semplifichi e chiarisca al massimo il regime applicabile così da agevolare l’applicazione delle nuove regole, soprattutto allorché le stesse concorrono con le previsioni normative già vigenti, alleviando gli oneri amministrativi per le imprese UE.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il CESE ritiene essenziale che l’UE e i suoi mercati rimangano aperti e competitivi, e attribuisce a tale aspetto un’importanza fondamentale per il corretto ed equilibrato funzionamento del suo sistema socio-economico, la solidità delle imprese e il benessere dei cittadini, che è alla base anche del suo modello di autonomia strategica (1). Alla luce di tale elemento, ritiene che l’obiettivo di proteggere il mercato unico da sussidi che si traducono in concorrenza sleale debba accompagnarsi a quello di disporre di uno strumento efficace che sia applicato in modo coerente in tutta l’UE, con i minori oneri possibili a carico delle imprese.

2.2.

Il 17 giugno 2020 la Commissione ha adottato un Libro bianco sulle sovvenzioni estere per affrontare la questione, avviare un dibattito pubblico e proporre possibili soluzioni. Tale Libro bianco individua una lacuna legislativa nelle norme dell’UE concernenti gli aiuti di Stato in materia di concorrenza, commercio e appalti pubblici, che di fatto impedisce all’UE di intervenire quando le sovvenzioni di provenienza estera causano distorsioni nel mercato interno, favorendo determinate operazioni di concentrazione o determinati partecipanti alle gare d’appalto. Il Libro bianco ha inoltre segnalato vari problemi legati all’accesso ai finanziamenti dell’UE da parte di operatori che ricevono sovvenzioni estere, suscettibili di distorcere la concorrenza per l’accesso ai fondi europei. Finora nessuno Stato membro ha in vigore una normativa volta ad affrontare i potenziali effetti distorsivi delle sovvenzioni estere.

2.3.

La questione delle sovvenzioni estere non è nuova ed è stata ripetutamente evidenziata a livello di UE. Il Consiglio ha fatto riferimento al Libro bianco della Commissione nelle sue conclusioni dell’11 settembre 2020; nelle conclusioni dell’1-2 ottobre 2020, il Consiglio europeo ha chiesto «ulteriori strumenti per affrontare gli effetti distorsivi delle sovvenzioni estere nel mercato unico». Nella sua relazione del febbraio 2020 sulla politica di concorrenza, il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di «indagare su strumenti di indagine appropriati nei casi in cui si ritiene che una società abbia tenuto un comportamento distorsivo a causa di sovvenzioni pubbliche o abbia realizzato profitti eccessivi sulla base di una posizione di mercato dominante nel suo paese di origine». In una lettera congiunta ai vicepresidenti esecutivi della Commissione Vestager e Dombrovskis e al commissario Breton, un gruppo di 41 membri del Parlamento europeo ha espresso un forte sostegno a uno strumento per contrastare «le imprese di paesi terzi che hanno ricevuto un sostanziale sostegno statale».

2.4.

Come annunciato nel programma di lavoro della Commissione per il 2020-2021, la proposta di regolamento in esame disciplina in dettaglio un nuovo strumento operativo (un sistema di notificazione ex ante dei casi di maggiore entità e potenzialmente più distorsivi, insieme ad una procedura da avviare ex officio) per supplire alla carenza normativa nella legislazione europea e garantire condizioni di parità nel mercato interno evitando condizioni di concorrenza disomogenee. In sostanza, la proposta di regolamento è inoltre menzionata al punto 3.2.6 della comunicazione sul riesame della politica commerciale relativa al rispetto delle condizioni di parità.

2.5.

In sintesi, la legislazione proposta ha come obiettivo quello di investigare e, se del caso, disincentivare o impedire operazioni di concentrazione, appalti pubblici e comportamenti sul mercato da parte di imprese sovvenzionate dall’estero che possono distorcere il mercato interno dell’Unione europea. Essa prevede la notifica obbligatoria sia delle operazioni di concentrazione quando il fatturato dell’impresa in questione supera i 500 milioni di EUR e le parti hanno beneficiato di oltre 50 milioni di EUR di contributi finanziari esteri nei tre anni precedenti, sia delle gare d’appalto pubbliche ove il valore del contratto sia superiore a 250 milioni di EUR, nel caso in cui vi partecipino soggetti sovvenzionati dall’estero. La proposta prevede altresì la possibilità per la Commissione di indagare sulla condotta di mercato, comprese le fusioni e acquisizioni al di sotto di queste soglie, da qualsiasi soggetto che benefici di sussidi finanziari esteri superiori a 5 milioni di EUR per tre anni consecutivi.

2.6.

Emerge dalla proposta che il problema non sono gli investimenti esteri, ma le sovvenzioni che agevolano l’acquisizione di imprese UE, influiscono sulle decisioni di investimento, provocano distorsioni negli scambi di beni e servizi, condizionando il comportamento dei beneficiari e pregiudicando la concorrenza. A differenza delle sovvenzioni, per le quali la Commissione si riserva un potere di intervento in via esclusiva, in caso di investimenti esteri la competenza spetta invece agli Stati membri, che hanno comunque sempre la possibilità di controllare gli investimenti esteri per motivi di sicurezza o di ordine pubblico.

2.7.

Quest’ultima fattispecie è disciplinata dal regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), applicabile dall’11 ottobre 2020, che istituisce un sistema per lo scambio di informazioni tra Commissione e Stati membri e migliora i meccanismi di controllo, ove già previsti, consentendo alla Commissione di fare commenti o adottare pareri sulle operazioni approvate dagli Stati membri. Questo regolamento riguarda per lo più investimenti in infrastrutture e tecnologie critiche, dati sensibili e media, senza fissare soglie minime, consentendo pertanto agli Stati membri di esaminare quasi tutti gli investimenti di provenienza extra UE.

3.   Rilievi specifici

3.1.

La proposta di regolamento definisce le «sovvenzioni estere» in termini molto ampi (articolo 2): include qualsiasi intervento con cui un paese terzo eroga un contributo finanziario che conferisce un beneficio ad aziende che svolgono un’attività economica nel mercato interno dell’UE, sia quando tale contributo è limitato a una singola impresa, sia quando riguarda diverse imprese o associazioni di imprese. I contributi finanziari possono assumere forme molto diverse, tra cui il trasferimento di fondi o passività, iniezioni di capitale, sovvenzioni, prestiti, garanzie sui prestiti, incentivi fiscali, compensazione delle perdite di esercizio, compensazione degli oneri finanziari imposti dalle autorità pubbliche, remissione del debito, conversione del debito in capitale o rinegoziazione; la rinuncia a entrate altrimenti dovute; oppure la fornitura o l’acquisto di beni o servizi.

3.2.

Ai sensi della proposta, l’ampia definizione di sovvenzione estera, sostanzialmente in linea con la definizione UE di aiuti di Stato, è pertanto suscettibile di riguardare molte forme di sovvenzioni e incentivi da parte di uno Stato estero, il che suscita qualche interrogativo sulla reale capacità della Commissione di fronteggiare l’ingente mole di lavoro, che riguarderà di fatto le sovvenzioni di qualsiasi tipo erogate da tutti gli Stati del mondo. Questo potrebbe creare una situazione di incertezza giuridica e il rischio di possibili contenziosi attivati dai concorrenti nelle fusioni e acquisizioni contestate. In tal caso dovrebbe essere chiaramente indicato a quali indagini la Commissione intenda dare priorità e se, al riguardo, ritiene di stabilire criteri da comunicare preventivamente.

3.3.

La proposta essenzialmente affida alla Commissione il controllo degli investimenti in UE da parte di entità sovvenzionate dall’estero. Alcuni Stati peraltro potrebbero ritenere che tali decisioni rientrino nella sfera di loro competenza come parte dei regimi nazionali di controllo degli investimenti esteri degli Stati membri. Al riguardo il CESE ritiene opportuno che la Commissione europea chiarisca con precisione, se del caso anche tramite apposite linee guida, l’ambito di applicazione del regolamento, così da garantirne un’applicazione omogenea a livello UE e ridurre al minimo i rischi di interpretazioni divergenti da parte degli Stati membri. A tal fine propone altresì la istituzione di uno sportello informativo per le imprese circa la normativa sui sussidi esteri, gli adempimenti e gli obblighi di notifica da essa derivanti.

3.4.

La proposta di regolamento si traduce pertanto in un nuovo sistema di controllo che è al tempo stesso ex ante (per le grandi concentrazioni e le procedure degli appalti pubblici) ed ex post, ulteriore rispetto a quello attualmente previsto per le concentrazioni UE, su di esso, modellato, ma distinto da esso (Capo 3). Anche in questo caso le transazioni che richiedono la notifica includono fusioni, acquisizioni di controllo e joint venture a pieno titolo, ancorché le soglie finanziarie siano diverse da quelle del regolamento sulle concentrazioni.

3.5.

La Commissione valuterà se sussiste «una distorsione sul mercato interno» (articolo 5); tale valutazione sarà limitata al contesto della concentrazione in questione, anche se questo non sembra richiedere alla Commissione di stabilire un legame causale diretto tra l’operazione e la distorsione del mercato. Una distorsione del mercato interno si verificherebbe quando una sovvenzione estera è in grado di migliorare la posizione competitiva dell’impresa nel mercato interno e quando, di conseguenza, incide effettivamente o potenzialmente in modo distorsivo sulla concorrenza nel mercato interno.

3.6.

La proposta di regolamento conferisce pertanto alla Commissione un’ampia discrezionalità, elencando come indicatori potenzialmente rilevanti l’importo e la natura della sovvenzione, la situazione dell’azienda e dei mercati interessati, il livello di attività economica dell’azienda nel mercato interno e lo scopo e le condizioni collegate alla sovvenzione estera, così come il suo utilizzo nel mercato interno.

3.7.

In tal senso la Commissione sarebbe autorizzata a valutare gli effetti negativi di una sovvenzione estera in termini di distorsione del mercato interno in rapporto ai suoi effetti positivi «sullo sviluppo dell’attività economica in questione» (articolo 5); ove quelli positivi prevalessero, nessun provvedimento sarebbe adottato. In tal caso si ritiene opportuno che la Commissione fornisca ulteriori indicazioni su come questa valutazione viene operata in pratica, soprattutto quali potrebbero essere gli effetti positivi o quando il bilanciamento sia giustificabile. In proposito, si rileva che la Commissione ha sviluppato ampi e dettagliati orientamenti in tema di sovvenzioni intra-UE compatibili con il mercato interno.

3.8.

Se la Commissione ritiene che una sovvenzione estera distorca il mercato interno, può imporre misure atte a rimediare al danno arrecato (articolo 6). Le aziende possono anche presentare impegni per rimediare alle presunte distorsioni e la Commissione può rendere tali impegni vincolanti. Gli impegni o le misure di riparazione possono includere l’offerta di accesso a condizioni eque e non discriminatorie alle infrastrutture, la concessione di licenze per beni acquisiti o sviluppati con l’aiuto di sovvenzioni estere, la riduzione della capacità o della presenza sul mercato, l’astensione da certi investimenti, la pubblicazione dei risultati di R&S, la cessione di beni, il rimborso della sovvenzione estera al paese terzo con gli interessi o lo scioglimento della concentrazione.

3.9.

Al riguardo si ritiene opportuno che sia meglio chiarito il rapporto fra il nuovo regime previsto e l’attuale regime di controllo delle concentrazioni dell’UE. Mentre le soglie di notifica e la valutazione sostanziale sono diverse, molte operazioni potrebbero essere notificate alla Commissione ai sensi di entrambi i regimi in parallelo, con il rischio di tempi e risultati disallineati fra loro, con la conseguenza di oneri considerevoli a carico delle imprese.

3.10.

La proposta di regolamento propone un regime separato di notifica obbligatoria per gli appalti pubblici dell’UE che superano i 250 milioni di EUR (Capo 4). È prevista una notifica all’ente aggiudicatore da parte delle imprese che partecipano a tali appalti di tutti i contributi finanziari esteri ricevuti nei tre anni precedenti la notifica oppure la necessità di una dichiarazione da cui risulti che non hanno ricevuto alcun contributo finanziario estero in quel periodo (articolo 27).

3.11.

Le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a comunicare subito tali notifiche alla Commissione, che ha 60 giorni dalla notifica per completare una verifica preliminare e altri 140 giorni per un’indagine approfondita, estendibile in casi eccezionali. Le notifiche non sospendono la procedura di appalto pubblico, ma l’autorità aggiudicatrice non potrà definire la procedura e aggiudicare il contratto a una società che sia sotto esame da parte della Commissione. Qualora le aziende non procedano alla notifica, la Commissione può imporre multe fino al 10 % del loro fatturato complessivo. Si tratta di una procedura piuttosto macchinosa che rischia di rallentare l’espletamento di procedure complesse quali quelle in tema di appalti, essenziali per consentire agli Stati membri di attuare i piani del Next Generation EU.

3.12.

La proposta di regolamento consente alla Commissione di agire di propria iniziativa per indagare su qualsiasi potenziale distorsione del mercato interno dell’UE da parte di una sovvenzione estera (Capo 2). L’unico requisito perché la Commissione possa indagare è che il totale delle sovvenzioni estere superi la soglia di 5 milioni di EUR per tre anni fiscali consecutivi. Questa soglia è piuttosto bassa in termini assoluti, e si ritiene opportuno suggerire alla Commissione di aumentarla, onde evitare i casi di minore entità e rilievo, anche a beneficio delle piccole e medie imprese. La Commissione ha peraltro il potere di indagare sui contributi finanziari esteri fino a 10 anni prima dell’inizio della sua indagine, con la possibilità di esaminare le sovvenzioni estere concesse nei 10 anni precedenti la data di entrata in vigore del nuovo regolamento, qualora gli effetti distorsivi si verifichino dopo l’entrata in vigore del regolamento.

3.13.

La proposta di regolamento avrà un effetto economico rilevante in quanto riguarda potenzialmente tutte le imprese che beneficiano del sostegno dei paesi terzi e si impegnano in attività economiche nell’UE (in particolare, per le fusioni e acquisizioni o le offerte in gare d’appalto pubbliche al di sopra delle soglie stabilite), oltre ad avere effetti positivi in particolare su tutte quelle che non ricevono sussidi esteri.

3.14.

La proposta consentirà in pratica alla Commissione di applicare ai sussidi concessi da governi non UE un controllo simile a quello consentito dalle regole sugli aiuti di Stato dell’UE. Ciò rischia di aggiungere un ulteriore livello di complessità a un quadro normativo già molto articolato, con oneri gravosi a carico delle imprese nell’UE. Per esempio, una stessa transazione potrebbe in futuro essere soggetta a tre diverse procedure: controllo delle fusioni, screening degli investimenti esteri e controllo delle sovvenzioni estere ai sensi della proposta, ciascuna con proprie regole procedurali e tempistiche.

3.15.

Nel settore delle fusioni e acquisizioni la verifica delle sovvenzioni estere verrebbe ad aggiungersi alle notifiche obbligatorie per il controllo delle concentrazioni (a livello UE o di Stato membro) e alle notifiche nazionali per gli investimenti esteri, con il rischio di contenziosi con le imprese coinvolte.

3.16.

Nel settore degli appalti pubblici, il rischio di indagini d’ufficio e di un’ampia revisione delle gare d’appalto pubbliche è potenzialmente fonte di rischi e oneri per le aziende che operano e investono nell’UE. Questo riguarderebbe i soggetti stranieri che investono nell’UE e le aziende con sede nell’UE che possono contare su contributi finanziari stranieri (attraverso investitori o aiuti stranieri per progetti specifici). In tal caso le aziende dovrebbero esaminare attentamente tutti i sussidi stranieri ricevuti per valutare la possibile applicazione delle nuove regole.

3.17.

Di qui la necessità che la Commissione semplifichi e chiarisca al massimo il regime applicabile, così da agevolare l’applicazione delle nuove regole, soprattutto allorché le stesse concorrono con le previsioni normative già vigenti, e alleviare gli oneri amministrativi a carico delle imprese UE.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Comunicazione della Commissione Il momento dell’Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione (COM(2020) 456 final). Cfr. anche la comunicazione della Commissione Il sistema economico e finanziario europeo: promuovere l’apertura, la forza e la resilienza (COM(2021) 32 final).

(2)  Regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 marzo 2019 che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione (GU L 79 I del 21.3.2019, pag. 1).


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/92


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai crediti al consumo

[COM(2021) 347 final — 2021/0171 (COD)]

(2022/C 105/14)

Relatore:

Bogdan PREDA

Consultazione

Parlamento europeo, 8.7.2021

Consiglio, 14/07/2021

Base giuridica

Articolo 114, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

21.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

159/5/16

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore questo aggiornamento della normativa in materia di prestiti ai consumatori, ma sottolinea che vi sono ancora degli ambiti in cui la direttiva proposta dovrebbe essere più ambiziosa o non garantisce il corretto equilibrio tra gli obiettivi che si prefigge e le soluzioni che propone. Inoltre, il CESE ritiene che le soluzioni previste dalla direttiva debbano concentrarsi maggiormente sull'impatto della digitalizzazione, sul maggior uso dei dispositivi digitali e sull'erogazione di prestiti «verdi» ai consumatori per aiutare questi ultimi a effettuare acquisti più sostenibili.

1.2.

Il CESE apprezza gli sforzi della Commissione europea volti a incoraggiare le campagne di educazione finanziaria e/o alfabetizzazione digitale, in quanto tali iniziative possono solo apportare benefici ai consumatori e agli erogatori di prestiti.

1.3.

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge che l'introduzione di massimali ai costi di un prestito, al fine di evitare prassi creditizie estreme, apporta benefici tangibili ai consumatori vulnerabili, purché il massimale sia correttamente calibrato dopo un'attenta analisi del mercato e del potenziale impatto ulteriore; e che, pertanto, la direttiva relativa ai crediti al consumo dovrebbe fornire agli Stati membri una metodologia chiara e armonizzata di cui tenere conto al fine di applicare tali massimali per prevenire e scoraggiare pratiche estreme capaci di indurre a indebitamenti eccessivi. Una siffatta metodologia armonizzata, inoltre, garantirebbe parità di condizioni tra erogatori di prestito di paesi diversi.

1.4.

Il CESE ritiene utile che venga precisato ulteriormente l'obbligo, per tutti gli erogatori di prestiti, di effettuare una valutazione approfondita del merito creditizio dei consumatori. A tale riguardo, il CESE condivide l'approccio della Commissione per quanto riguarda il tipo di dati da utilizzare nella valutazione del merito creditizio, compresa l'eccezione relativa ai dati personali sensibili come quelli sanitari, data la grande importanza di garantire un approccio equilibrato nell'ambito del processo. Tuttavia, è della massima importanza che nella direttiva si sottolinei che nemmeno una valutazione approfondita del merito creditizio può garantire il rimborso del prestito.

1.5.

Il CESE ritiene che il testo della direttiva proposta debba essere rivisto in modo da garantire parità di trattamento a tutti gli erogatori di prestiti, dal processo di autorizzazione/concessione fino ai regolamenti/obblighi operativi, così da garantire a tutti parità di condizioni di concorrenza.

1.6.

Il CESE reputa che la Commissione debba analizzare ulteriormente gli obblighi relativi alle informazioni precontrattuali, in modo da trovare il giusto equilibrio tra la necessità e la pertinenza delle informazioni per i consumatori e la massima flessibilità ed efficienza del modo di presentarle, tenendo conto anche della digitalizzazione dell'intero processo.

1.7.

Il CESE raccomanda alla Commissione di rendere più chiaro il testo della direttiva proposta per quanto riguarda il rimborso anticipato.

2.   Introduzione

2.1

Il presente parere riguarda la direttiva proposta dalla Commissione europea in materia di crediti al consumo (in prosieguo anche solo «la direttiva»), che abroga la direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativa ai contratti di credito ai consumatori.

2.2

Come indicato nella relazione alla proposta della Commissione, la necessità della nuova direttiva è giustificata dal fatto che, dal 2008 a questa parte, la digitalizzazione si è estesa e ha profondamente mutato sia le abitudini di prestito (introducendo ad esempio nuovi modi per divulgare le informazioni in formato digitale e valutare il merito creditizio dei consumatori adoperando sistemi decisionali automatizzati e dati diversi da quelli tradizionali) sia il profilo degli erogatori di prestiti. Inoltre, nel contesto della crisi indotta dalla pandemia di COVID-19, si rende ormai necessario offrire strumenti legislativi che allevino gli oneri finanziari per i cittadini e le famiglie più vulnerabili dal punto di vista finanziario.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di aggiornare il quadro giuridico in materia di crediti al consumo, considerate l'indubbia evoluzione del mercato dal 2008 a questa parte e l'insufficienza delle attuali disposizioni a coprire adeguatamente tutti i tipi di operatori e/o prodotti, il che significa che esistono ambiti in cui manca una tutela adeguata dei consumatori o in cui le norme esistenti possono essere migliorate.

3.2

Il CESE ritiene che i due obiettivi principali che la direttiva è intesa a perseguire — ossia i) ridurre il danno per i consumatori che contraggono prestiti in un mercato in evoluzione e ii) agevolare l'erogazione transfrontaliera di credito al consumo e la competitività del mercato interno — siano strettamente interconnessi e siano essenziali per garantire un livello adeguato di copertura e un'applicazione uniforme della direttiva stessa. Ad esempio, è necessario che la proposta di imporre massimali obbligatori per i costi del credito al consumo sia ulteriormente precisata nei dettagli e armonizzata nella direttiva sui crediti al consumo, introducendo una metodologia chiara. Questo si rende necessario per assicurare un livello uniforme di protezione ai consumatori, impedendo concretamente non solo prassi creditizie irresponsabili in ogni paese dell'UE ma anche lo sviluppo di prodotti di credito al consumo a tassi usurari o con costi eccessivi, che in molti casi sono rivolti ai consumatori più vulnerabili e possono condurre a situazioni di eccessivo indebitamento. Una siffatta metodologia armonizzata è inoltre necessaria per assicurare parità di condizioni tra erogatori di prestito di paesi diversi.

3.3

L'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva e il chiarimento delle definizioni di diversi termini in essa contenuti possono solo apportare vantaggi sia ai consumatori che agli erogatori di prestiti, oltre ad offrire maggiore chiarezza sui rispettivi diritti ed obblighi. Inoltre, secondo il CESE, la proposta di introdurre l'obbligo per gli Stati membri di fornire servizi indipendenti di consulenza in materia di debito ai consumatori indebitati oltre misura o ad altri consumatori vulnerabili dovrebbe aiutare anche i consumatori in situazioni difficili. Il CESE suggerisce inoltre che la direttiva dovrebbe incoraggiare gli erogatori di prestiti ad adottare politiche che facilitino l'individuazione precoce delle difficoltà finanziarie e dovrebbe altresì contenere disposizioni sulle misure di tolleranza. Entrambe queste azioni varrebbero a evitare situazioni di sovraindebitamento e a incoraggiare i creditori a trovare soluzioni per i mutuatari in difficoltà.

3.4

Il CESE apprezza gli sforzi della Commissione volti a incoraggiare iniziative di educazione finanziaria e/o alfabetizzazione digitale sì da assicurarsi che i consumatori comprendano correttamente i prodotti di credito e i rischi assunti al momento di contrarre un prestito, in quanto si tratta del metodo più efficace per mantenerne la solidità finanziaria. A tale riguardo, il CESE ritiene che le disposizioni della direttiva relative alla comunicazione tra erogatori di prestiti e consumatori, in tutte le fasi del loro rapporto, vadano adeguate al fine di tener conto della transizione digitale e del maggior uso di dispositivi digitali.

3.5

Il CESE apprezza inoltre gli sforzi della Commissione volti a stabilire norme chiare in materia di servizi di consulenza finanziaria riguardo ai contratti di prestito, ma apprezzerebbe altresì una prospettiva giuridica chiara in merito ai modi in cui tali servizi possono essere offerti.

3.6

Il CESE accoglie con favore l'iniziativa di precisare ulteriormente l'obbligo, per tutti i creditori, di effettuare una valutazione approfondita del merito creditizio dei consumatori onde verificare se questi possano rimborsare i prestiti in questione e se le loro esigenze di finanziamento siano tutelate, evitando nel contempo pratiche di prestito irresponsabili e l'indebitamento eccessivo. Tuttavia, la Commissione dovrebbe tenere presente che le nuove norme non possono e non devono trasferire agli erogatori dei prestiti la responsabilità per l'effettiva esecuzione dei pagamenti da parte dei consumatori, dato che questi ultimi devono fare il possibile per adempiere i propri obblighi di rimborso del debito e per gestire con prudenza le proprie spese. Il CESE invita la Commissione ad analizzare ulteriormente il testo della direttiva, in modo da chiarire che nemmeno una valutazione approfondita del merito creditizio costituisce una garanzia per il rimborso del prestito. Inoltre, al fine di garantire un'adeguata tutela dei consumatori, il CESE invita la Commissione a precisare ulteriormente le situazioni in cui, in circostanze specifiche e debitamente giustificate, gli erogatori di prestiti hanno la facoltà — anche se in nessun caso l'obbligo — di concedere prestiti ai consumatori malgrado l'esito negativo della valutazione del merito creditizio.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Il CESE invita la Commissione ad esaminare ulteriormente alcune delle nuove definizioni contenute nella direttiva in modo tale da assicurare la chiarezza del testo. Ad esempio, la definizione di «creditore» dovrebbe essere rivista, al fine di garantire che tutte le imprese erogatrici di prestiti rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva e siano soggette alla stessa vigilanza e alle stesse autorizzazioni quando svolgono lo stesso tipo di attività. Inoltre, allo scopo di garantire condizioni di parità e offrire effettivamente ai consumatori lo stesso livello di tutela, tutti gli erogatori di prestiti, quale che sia il loro status giuridico societario, dovrebbero applicare le stesse norme ed essere soggetti agli stessi obblighi, compresi quelli in materia di informazione, salvo per i prestiti erogati senza commissioni e interessi, purché siano rispettate tutte le disposizioni relative alla protezione dei consumatori.

4.2

Per quanto concerne gli obblighi derivanti dall'attività di credito al consumo, la direttiva dovrebbe essere più ambiziosa, stabilendo che per l'esercizio di tale attività creditizia è necessaria un'autorizzazione o licenza da parte dell'autorità competente, in modo da garantire un'adeguata protezione dei consumatori, un controllo efficace e condizioni di parità in materia di credito al consumo. Il regime attualmente proposto, pur non essendo affatto chiaro, sembra un ibrido tra un'autorizzazione e una registrazione.

4.3

Per quanto riguarda la disposizione specifica sulla conversione in valuta nazionale degli importi dei prestiti espressi in euro (articolo 4 della direttiva proposta), il CESE invita la Commissione a rivederne ulteriormente il testo al fine di chiarirne l'applicabilità. La soluzione proposta, infatti, oltre a non essere allineata all'articolo 23 della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, manca di chiarezza circa l'intento perseguito, la concreta applicabilità e il metodo effettivamente proposto per la conversione.

4.4

Per quanto concerne il principio di non discriminazione (articolo 6 della direttiva proposta), il CESE teme che possa essere molto difficile attuarlo, e ciò per una serie di motivi riconducibili principalmente alla diversità dei requisiti posti a livello nazionale e alla difficoltà di ottenere tutte le verifiche necessarie nell'ambito del processo di valutazione del merito creditizio. Per quanto riguarda l'accesso alle banche dati, il CESE teme che, in determinate circostanze, l'accesso diretto alle banche dati di altri Stati membri possa risultare impraticabile o antieconomico per i creditori, anche qui per tutta una serie di motivi (ad esempio, la scarsità della domanda di credito transfrontaliero, la diversità dei requisiti posti a livello nazionale e la difficoltà di ottenere tutte le verifiche nell'ambito del processo di valutazione del merito creditizio). Il CESE invita pertanto la Commissione ad esaminare ulteriormente il suddetto principio, prendendo tra l'altro in considerazione anche la possibilità di un accesso indiretto a tali banche dati: ad esempio, gli erogatori di prestiti potrebbero richiedere la documentazione necessaria per la valutazione del merito creditizio attraverso la propria banca dati locale o le autorità fiscali locali.

4.5

Per quanto concerne le banche dati nazionali contenenti le informazioni oggetto di segnalazione, il CESE osserva che il trattamento dei dati sul credito durante la pandemia di COVID-19 o in qualsiasi altra analoga situazione eccezionale rischierebbe di incidere sull'integrità del sistema di segnalazione creditizia e, in ultima analisi, sull'erogazione di credito al consumo. Il CESE invita pertanto la Commissione a far sì che la direttiva sottolinei l'importanza di continuare a garantire anche in tempi di crisi, così come in quelli normali, la piena condivisione delle informazioni creditizie, compresa la comunicazione dei dati relativi ai mancati pagamenti e alle proroghe di pagamento. Inoltre, in linea con gli orientamenti dell'Autorità bancaria europea in materia di concessione dei prestiti, il CESE raccomanda alla Commissione di specificare che le banche dati di segnalazione dovrebbero contenere informazioni sul comportamento dei consumatori quantomeno in relazione al rimborso dei prestiti derivanti dai contratti in corso, compresi gli eventuali arretrati.

4.6

Il CESE apprezza gli sforzi compiuti dalla Commissione per rendere le informazioni precontrattuali più accessibili ai consumatori. Tuttavia, secondo il CESE, la soluzione adeguata non dovrebbe consistere nel creare un documento aggiuntivo, quale è il Prospetto europeo di base relativo al credito ai consumatori. Ciò, infatti, potrebbe comportare un onere supplementare sia per i consumatori che per i creditori e risultare persino fuorviante per questi ultimi, i quali potrebbero limitare la loro analisi alle sole informazioni fornite nel Prospetto, senza tenere adeguatamente conto di tutte le altre informazioni contenute nel modulo relativo alle «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori» (SECCIF). Considerata la necessità di adeguarsi ai nuovi metodi digitali, una soluzione migliore consisterebbe nel prendere in considerazione una semplificazione del processo di creazione (e conduzione) del rapporto con i consumatori, prevedendo tra l'altro modalità digitali specifiche per adempiere all'obbligo di fornire il SECCIF.

4.7

Per quanto concerne la deroga alle regole in materia di pratiche di commercializzazione abbinata e aggregata in relazione ai conti di pagamento o di risparmio, è assai dubbio se sia davvero nell'interesse del consumatore limitare tale deroga ai conti aperti o tenuti all'unico scopo di rispettare gli obblighi legati al prestito. In base al testo proposto, gli erogatori dei prestiti dovrebbero vietare ai consumatori di utilizzare i conti in questione per scopi personali che esulino dagli obblighi correlati al prestito contratto. Il CESE concorda sull'opportunità di impedire che il consumatore sia costretto ad aprire un conto non necessario per la concessione e/o il rimborso del prestito, ma reputa che un conto siffatto, una volta aperto, debba essere utilizzato dal consumatore come ritiene opportuno.

4.8

Per quanto riguarda i diritti dei consumatori nei casi in cui la valutazione del merito creditizio comporti il ricorso alla profilazione o ad altro trattamento automatizzato di dati personali, il CESE ritiene che la soluzione proposta rischi di compromettere la capacità degli istituti finanziari di stabilire condizioni di valutazione in linea con la loro propensione al rischio, riducendo in tal modo la flessibilità del processo. Secondo il CESE, l'intero paragrafo 6 dell'articolo 18 dovrebbe essere riformulato in linea con i requisiti del regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), il che significa che il consumatore gode dei diritti attribuiti dall'RGPD quando la valutazione del merito creditizio è effettuata esclusivamente in modo automatico e produce effetti nei confronti di un privato.

4.9

Il CESE ritiene che il rimborso anticipato dei prestiti sia una disposizione centrale della direttiva, in quanto mira a promuovere la competitività del mercato e a incidere sulle situazioni di sovraindebitamento; ed apprezza pertanto gli obiettivi generali della proposta. Nondimeno, il CESE sottolinea la necessità di rivedere il testo della direttiva al fine di i) agevolare realmente l'esercizio di questo diritto dei consumatori e di ii) evitare, per il futuro, l'insorgere delle controversie già verificatesi in merito alla definizione dell'espressione «tutti i costi».

4.10

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge che l'introduzione di massimali ai costi di un prestito, al fine di evitare prassi creditizie estreme, apporta benefici tangibili ai consumatori vulnerabili, purché il massimale sia correttamente calibrato dopo un'attenta analisi del mercato e dell'impatto potenziale; un approccio di questo tipo dovrebbe valere a garantire che le nuove misure siano effettivamente vantaggiose per i consumatori evitando nel contempo di produrre l'effetto opposto.

4.11

In linea con la direttiva più recente sul fronte della protezione dei consumatori, l'articolo 44 della direttiva proposta specifica che gli Stati membri devono introdurre nel rispettivo diritto nazionale sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per i casi di violazione delle norme nazionali di recepimento della direttiva stessa. Il CESE accoglie con favore tale disposizione, ma chiede alla Commissione di indicare nella direttiva che le sanzioni amministrative non pregiudicano il diritto dei consumatori di ottenere, a seconda dei casi, un indennizzo o un risarcimento.

Bruxelles, 21 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66).

(2)  Direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU L 60 del 28.2.2014, pag. 34).


ALLEGATO

Qui di seguito si riportano gli emendamenti al parere della sezione che, benché accolti dall'Assemblea, hanno ottenuto un numero di voti contrari pari ad almeno un quarto dei voti espressi.

EMENDAMENTO 2

Presentato da:

TEDER Reet

INT/956 — Contratti di credito ai consumatori

Punto 4.1

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE invita la Commissione ad esaminare ulteriormente alcune delle nuove definizioni contenute nella direttiva in modo tale da assicurare la chiarezza del testo. Ad esempio, la definizione di «creditore» dovrebbe essere rivista, al fine di garantire che tutte le imprese erogatrici di prestiti rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva e siano soggette alla stessa vigilanza e alle stesse autorizzazioni quando svolgono lo stesso tipo di attività. Inoltre, allo scopo di garantire condizioni di parità e offrire effettivamente ai consumatori lo stesso livello di tutela, tutti gli erogatori di prestiti, quale che sia il loro status giuridico societario, dovrebbero applicare le stesse norme ed essere soggetti agli stessi obblighi, compresi quelli in materia di informazione.

Il CESE invita la Commissione ad esaminare ulteriormente alcune delle nuove definizioni contenute nella direttiva in modo tale da assicurare la chiarezza del testo. Ad esempio, la definizione di «creditore» dovrebbe essere rivista, al fine di garantire che tutte le imprese erogatrici di prestiti rientrino nell'ambito di applicazione della direttiva e siano soggette alla stessa vigilanza e alle stesse autorizzazioni quando svolgono lo stesso tipo di attività. Inoltre, allo scopo di garantire condizioni di parità e offrire effettivamente ai consumatori lo stesso livello di tutela, tutti gli erogatori di prestiti, quale che sia il loro status giuridico societario, dovrebbero applicare le stesse norme ed essere soggetti agli stessi obblighi, compresi quelli in materia di informazione , salvo per i prestiti erogati senza commissioni e interessi, purché siano rispettate tutte le disposizioni relative alla protezione dei consumatori .

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

88

Voti contrari:

79

Astensioni:

21

COMPROMESSO RELATIVO ALL'EMENDAMENTO 3

Presentato da:

PREDA Bogdan

INT/956 — Contratti di credito ai consumatori

Punto 4.10

Parere della sezione

Compromesso

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge chiaramente che l' applicazione di massimali ai costi di un prestito apporta benefici tangibili ai consumatori , e in particolare a quelli vulnerabili.

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge che l' introduzione di massimali ai costi di un prestito , al fine di evitare prassi creditizie estreme, apporta benefici tangibili ai consumatori vulnerabili , purché il massimale sia correttamente calibrato dopo un'attenta analisi del mercato e dell'impatto potenziale . Un approccio di questo tipo dovrebbe valere a garantire che le nuove misure siano effettivamente vantaggiose per i consumatori evitando nel contempo di produrre l'effetto opposto.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

82

Voti contrari:

79

Astensioni:

17

COMPROMESSO RELATIVO ALL'EMENDAMENTO 4

Presentato da:

PREDA Bogdan

INT/956 — Contratti di credito ai consumatori

Punto 1.3

Parere della sezione

Compromesso

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge chiaramente che l' applicazione di massimali ai costi di un prestito apporta benefici tangibili ai consumatori , e in particolare a quelli vulnerabili . Tuttavia, è necessario che la proposta di imporre massimali ai costi del credito al consumo sia ulteriormente precisata nei dettagli e armonizzata nella direttiva sui crediti al consumo , applicando una metodologia chiara , al fine di garantire parità di condizioni per gli erogatori di prestit i di paesi diversi.

Il CESE osserva che, dai dati relativi all'origine del sovraindebitamento, emerge che l' introduzione di massimali ai costi di un prestito , al fine di evitare pratiche creditizie estreme, apporta benefici tangibili ai consumatori vulnerabili , purché il massimale sia correttamente calibrato dopo un'attenta analisi del mercato e del potenziale impatto ulteriore; e che, pertanto, la direttiva relativa ai crediti al consumo dovrebbe fornire agli Stati membri una metodologia chiara e armonizzata di cui tenere conto al fine di applicare tali massimali per prevenire e scoraggiare pratiche estreme capaci di indurre a indebitamenti eccessivi. Una siffatta metodologia armonizzata, inoltre, garantirebbe parità di condizioni tra erogatori di prestit o di paesi diversi.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

88

Voti contrari:

77

Astensioni:

15


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/99


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sicurezza generale dei prodotti, che modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio

[COM(2021) 346 final — 2021/0170 (COD)]

(2022/C 105/15)

Relatore:

Mordechaj Martin SALAMON

Consultazione

Parlamento europeo, 13.9.2021

Consiglio, 23.8.2021

Base giuridica

Articolo 114, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

30.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

231/0/6

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti poiché aggiorna ed è in grado di migliorare l’attuale direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) sulla sicurezza generale dei prodotti (DSGP), in particolare per quanto riguarda le sfide e i nuovi sviluppi dei mercati e delle tecnologie.

1.2.

Il CESE osserva che il quadro proposto integra molti degli insegnamenti acquisiti nel corso dei vent’anni di attuazione della DSGP, il che permette di sperare che i consumatori godano di una migliore protezione, in particolare quando i prodotti si rivelano non sicuri. Allo stesso tempo, è estremamente probabile che gli operatori economici e i mercati online beneficino di norme più chiare e armonizzate.

1.3.

Il CESE sostiene la proposta di regolamento, in quanto riconosce la necessità di ristabilire la parità di condizioni tra i diversi operatori economici, in particolare tra le PMI e i produttori europei, da un lato, e le imprese straniere, dall’altro, nel settore delle vendite online.

1.4.

Il CESE osserva che le definizioni dei concetti di «sicurezza» e di «prodotto» sono state aggiornate per tener conto della natura evolutiva dei mercati e delle tecnologie, in modo da attenuare le minacce per la sicurezza derivanti dai beni connessi esposti ad attacchi informatici, dalla mancanza di aggiornamenti dei software e dalle sostanze chimiche dannose. Per aumentare la certezza del diritto, il CESE propone di rafforzare la definizione di prodotti sicuri e alcuni dei criteri utilizzati per valutare la sicurezza.

1.5.

Il CESE accoglie con favore i nuovi obblighi imposti ai mercati online, pur dubitando vivamente che la protezione dei consumatori possa essere sufficiente se gran parte degli sforzi di applicazione della normativa continua a essere lasciata alle autorità di vigilanza nazionali piuttosto che alle piattaforme.

1.6.

Il CESE sottolinea la necessità di garantire un’interazione armoniosa con gli altri principali atti legislativi che si applicano ad ambiti identici o analoghi, quali la legge sui servizi digitali e la legge sui mercati digitali, nonché la prossima revisione della direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, in particolare per quanto riguarda la necessità di tenere conto di diversi tipi di mercati online.

1.7.

Il CESE si rammarica che il nuovo regolamento non specifichi che i mercati online sono importatori o distributori di prodotti, in funzione della loro attività e del loro ruolo nella catena di approvvigionamento (digitale), e non stabilisca obblighi e responsabilità simili a quelli previsti per i negozi tradizionali. Il CESE accoglierebbe con favore una maggiore chiarezza in materia di delimitazione delle responsabilità.

1.8.

Il CESE ritiene che gli sforzi in materia di vigilanza del mercato debbano essere estesi a tutti i beni di consumo e che dovrebbero essere condivisi, coordinati, adeguatamente finanziati e razionalizzati in tutta Europa.

1.9.

Il CESE deplora che gli Stati membri non abbiano l’obbligo di raccogliere e fornire dati più precisi relativi agli incidenti e ai danni alle persone. Il fatto di non disporre di una banca dati degli incidenti a livello dell’UE rende difficile garantire un’attuazione efficace sotto il profilo dei costi e, di conseguenza, una corretta valutazione del nuovo regolamento. Il nuovo regolamento dovrebbe pertanto imporre agli Stati membri di raccogliere e condividere dati sui danni alle persone connessi ai prodotti di consumo, sulla base di una metodologia comune.

1.10.

Il CESE accoglierebbe con soddisfazione l’adozione di misure volte a sostenere le PMI, e in particolare le microimprese, nell’adempimento dei loro obblighi, come ad esempio un periodo di sostegno finanziario, con la fornitura di orientamenti chiari e utili e di servizi di consulenza e attività di formazione pertinenti per garantire che le PMI non siano svantaggiate nei loro sforzi di conformità rispetto agli operatori più grandi che dispongono di risorse migliori.

2.   La proposta della Commissione

2.1.

La proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti (2) è in linea con la nuova agenda dei consumatori del 2020 (3) e si prefigge l’obiettivo di:

aggiornare e modernizzare il quadro normativo generale per la sicurezza dei prodotti di consumo non alimentari;

preservare il suo ruolo come rete di sicurezza per i consumatori;

adattare le disposizioni alle sfide poste dalle nuove tecnologie e dalla vendita online; e

garantire parità di condizioni per le imprese.

2.2.

Pur sostituendo (4) la DSGP, la proposta continuerà ad applicarsi ai prodotti di consumo manifatturieri non alimentari. Il regolamento proposto garantirà anche continuità con la DSGP:

richiedendo che i prodotti di consumo siano «sicuri»;

definendo determinati obblighi per gli operatori economici; e

introducendo disposizioni per lo sviluppo di norme a sostegno dell’obbligo generale di sicurezza.

2.3.

Il regolamento proposto mira pertanto sia ad aggiornare le norme attualmente sancite dalla direttiva 2001/95/CE volte a garantire una rete di sicurezza per tutti i prodotti, che, allo stesso tempo, a garantire che il regime fornisca una maggiore coerenza allineando le norme di vigilanza del mercato per i prodotti che non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa di armonizzazione dell’UE («prodotti non armonizzati») con quelle che si applicano ai prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione della normativa di armonizzazione dell’UE («prodotti armonizzati»), come sancito nel regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione di rivedere e modernizzare la direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti nel quadro della nuova agenda dei consumatori per il periodo 2020-2025. La DSGP è stata un atto fondamentale della legislazione in materia di protezione dei consumatori nel mercato unico, dato che stabilisce che solo i prodotti sicuri possono essere immessi sul mercato e funge da rete di sicurezza per i consumatori che non hanno beneficiato di una legislazione settoriale più specifica. La proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti mantiene questo ruolo cruciale.

3.2.

Alla luce delle esperienze tratte dall’attuazione della direttiva e dei cambiamenti radicali intervenuti in relazione ai prodotti e ai mercati dalla sua adozione nel 2001, la revisione era attesa da tempo. Il CESE è favorevole alla revisione poiché, se da un lato la direttiva è stata uno strumento importante per garantire parità di condizioni tra i produttori europei e le PMI rispetto alle imprese straniere, dall’altro è necessario proseguire gli sforzi per allineare le condizioni di parità, in particolare per quanto riguarda le vendite online (necessità riconosciuta dalla proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti).

3.3.

La natura dei prodotti venduti ai consumatori si è evoluta in maniera significativa, tanto che le vecchie definizioni di «sicurezza» e di «prodotto» non sono più valide. La definizione di sicurezza che comprende esclusivamente la «salute» e l’«integrità fisica» non corrisponde più ai rischi effettivi ai quali i consumatori possono essere esposti. Il CESE accoglie con favore l’integrazione nell’articolo 7 di una serie di aspetti della valutazione della sicurezza del prodotto. Tuttavia, si rammarica del fatto che l’articolo 3, paragrafo 2, non rimandi chiaramente all’articolo 7, il che rafforzerebbe la certezza del diritto.

3.4.

Il CESE accoglie con favore l’accento posto sul concetto di «sicurezza» e l’inclusione della «cibersicurezza» tra i requisiti indispensabili perché un prodotto sia considerato «sicuro». Tuttavia, per aumentare la certezza del diritto, il CESE propone di stabilire che la cibersicurezza sia valutata in ogni circostanza e durante il ciclo di vita del prodotto. Inoltre, quando i prodotti di uso quotidiano contengono sostanze chimiche nocive, la DSGP in vigore difficilmente riesce a proteggere i consumatori. Il CESE ritiene che sia ovvio e inevitabile che qualsiasi futuro quadro normativo debba anche tutelare i consumatori contro le minacce alla loro sicurezza derivanti da beni connessi esposti ad attacchi informatici, dalla mancanza di aggiornamenti dei software e da sostanze chimiche nocive, e accoglie con favore le modifiche in tal senso.

3.5.

Nonostante l’esistenza di iniziative di autoregolamentazione volte a migliorare la protezione contro i prodotti non sicuri venduti online, uno studio condotto di recente (2020) (6) ha dimostrato che due terzi dei 250 prodotti testati ed acquistati non erano conformi alle norme di sicurezza e alle norme tecniche dell’UE, mettendo a rischio i consumatori. Questo evidenzia la necessità di disporre di una regolamentazione efficace in questo settore anziché di un’autoregolamentazione. Il CESE è favorevole all’adozione di una regolamentazione in questo settore e accoglie con favore i nuovi obblighi imposti ai mercati online, pur avvertendo che essi potrebbero non essere pienamente adeguati per assicurare la protezione dei consumatori, dato che gran parte delle attività di individuazione e applicazione delle norme continua a essere di competenza delle autorità di contrasto piuttosto che delle piattaforme. Il CESE si rammarica inoltre che il nuovo regolamento non specifichi che i mercati online sono importatori (o, se del caso, distributori) di prodotti, in funzione della loro attività e del loro ruolo nella catena di approvvigionamento (digitale), e non stabilisca obblighi e responsabilità simili a quelli previsti per i negozi tradizionali. Il CESE chiede che si chiarisca la responsabilità delle piattaforme nei casi in cui nessun altro attore della catena di approvvigionamento intervenga contro un prodotto non sicuro.

3.6.

I consumatori ricorrono maggiormente agli acquisti online, realizzano un maggior numero di transazioni transfrontaliere e operano attraverso catene di approvvigionamento più lunghe e complicate. L’attuale sistema di controllo del mercato, che dispone solo di scarse competenze internazionali e transfrontaliere, è un insieme eterogeneo e dotato di scarsi finanziamenti che copre solo taluni tipi di merci, il che rende evidente la necessità di un intervento. Il CESE ritiene che gli sforzi in materia di vigilanza del mercato debbano essere estesi a tutti i beni di consumo e che dovrebbero essere condivisi, coordinati, adeguatamente finanziati e razionalizzati in tutta Europa. Il CESE accoglie con favore la creazione di un meccanismo di arbitrato, come pure il ruolo della Commissione al riguardo, al fine di risolvere eventuali persistenti differenze di interpretazione e/o applicazione tra i diversi paesi. Il CESE sostiene inoltre lo sviluppo di forti legami di cooperazione a livello mondiale e incoraggia la partecipazione alle iniziative internazionali.

3.7.

La proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti adempierà al suo scopo di tutelare i consumatori solo se interagisce armoniosamente con gli altri principali atti legislativi che si applicano ad ambiti identici o analoghi. In particolare per quanto riguarda la necessità di tenere conto di diversi tipi di mercati online, qualsiasi versione soddisfacente del nuovo regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti dovrà essere coordinata con la legge sui servizi digitali e con la direttiva sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, e richiederà gli opportuni adeguamenti all’interno di dette norme. È indispensabile garantire coerenza anche con la proposta legislativa sull’intelligenza artificiale, la strategia in materia di sostanze chimiche e il piano d’azione per l’economia circolare. Sebbene tali collegamenti siano riconosciuti chiaramente nel nuovo regolamento, il CESE apprezzerebbe dettagli più specifici sull’interoperabilità dei vari atti legislativi al fine di garantire una protezione efficace sul campo. Sarebbe inaccettabile se rimanessero delle lacune. Il CESE chiede inoltre che si presti attenzione a iniziative internazionali come quelle intraprese dall’OCSE, dall’Unctad e dall’OMC in materia di cooperazione internazionale, e incoraggia l’UE ad assumere la leadership in questo campo.

3.8.

La DSGP si basava sul principio di precauzione e il CESE accoglie con favore il fatto che esso rimanga un pilastro dell’architettura del nuovo regolamento. Questo principio consente di adottare i più elevati livelli di protezione dei consumatori. Il CESE ritiene che rafforzare il principio di precauzione sia fondamentale per garantire la protezione dei consumatori, fornendo nel contempo un approccio flessibile che consenta al nuovo regolamento di adattarsi alle nuove sfide. Pertanto è sempre necessario adottare misure precauzionali quando le prove scientifiche di un pericolo per l’ambiente o per la salute umana sono incerte, ma la posta in gioco è elevata. Ciò permette anche di accrescere l’efficacia della rete di sicurezza della DSGP, fornendo soluzioni quando i consumatori sono a rischio e la legislazione settoriale presenta lacune. L’applicazione del principio di precauzione consente inoltre di rafforzare la vigilanza del mercato.

4.   Osservazioni particolari

Il CESE:

4.1.

è favorevole alla trasformazione della DSGP in un regolamento, poiché si tratta di una scelta che consente un’attuazione più rapida e coerente su tutto il territorio dell’UE. Il ricorso a una direttiva permetterebbe di adeguare le norme alla legislazione locale, ma determinerebbe un aumento dei costi di adempimento e dell’insicurezza per le imprese che operano a livello transfrontaliero o producono per più mercati. In base all’esperienza maturata finora, due imprese su cinque segnalano costi aggiuntivi dovuti all’attuazione non uniforme della DSGP (7);

4.2.

accoglie con favore il campo di applicazione più chiaro e più ampio della legislazione, in particolare il riferimento ai mercati secondari e il chiarimento al riguardo (considerando 16), la precisazione che il rischio ambientale deve far parte della valutazione della sicurezza di un prodotto (considerando 11) e l’inclusione dei fornitori di servizi di logistica nel campo di applicazione del regolamento, il che consente di rafforzare la vigilanza del mercato;

4.3.

accoglie con soddisfazione gli obblighi specifici previsti dal nuovo regolamento per i mercati online, tuttavia mette in guardia sulla necessità di colmare le eventuali lacune. Tali obblighi devono essere definiti con maggiore precisione e occorre, in particolare, prendere in considerazione la possibilità di applicare l’articolo 5 ai mercati e di accrescere la loro responsabilità portandola al livello di un importatore (o, se del caso, distributore), al fine di impedire che le piattaforme eludano il nuovo regolamento e l’attuale proposta relativa alla legge sui servizi digitali. Raccomanda che i mercati online abbiano anche l’obbligo di monitorare (notifica e blocco permanente) i prodotti venduti tramite i loro intermediari, come previsto dalla legge sui servizi digitali, affinché l’onere dell’azione di notifica e rimozione non ricada più sulle autorità di vigilanza nazionali. Il CESE auspica inoltre dei chiarimenti circa le modalità di applicazione degli obblighi previsti dalla legge sui servizi digitali in aggiunta o a integrazione del nuovo regolamento;

4.4.

sostiene i requisiti più rigorosi in materia di tracciabilità e sottolinea che, per realizzare una tracciabilità efficace, gli Stati membri devono disporre degli strumenti adeguati. A tale riguardo, le nuove competenze della Commissione in materia di adozione di misure di esecuzione e di definizione di requisiti specifici in materia di tracciabilità potrebbero anche rafforzare la protezione dei consumatori;

4.5.

sostiene il rafforzamento dei processi di richiamo, ma ritiene che dovrebbe sempre sussistere l’obbligo di pubblicazione degli avvisi di richiamo. Nei casi in cui i consumatori abbiano acquistato un bene e lo abbiano regalato o lo abbiano acquistato su un mercato dell’usato, un sistema che funzioni correttamente e che sia basato su avvisi diretti di richiamo agli acquirenti potrebbe fallire perché l’utilizzatore effettivo del prodotto non riceve l’avviso di richiamo diretto;

4.6.

deplora che gli Stati membri non abbiano l’obbligo di raccogliere e fornire dati più precisi relativi agli incidenti e ai danni alle persone, quando una banca dati degli incidenti a livello dell’UE faciliterebbe un’attuazione efficace sotto il profilo dei costi e, di conseguenza, una corretta valutazione del nuovo regolamento. Il ricorso ai dati RAPEX (sistema comunitario d’informazione rapida) per misurare la quantità di danni subiti dai consumatori è problematico, in quanto i gruppi di prodotti relativi al numero più elevato di danni alle persone non mostrano una significativa correlazione con le notifiche nel sistema RAPEX. La questione è posta in evidenza anche nello studio di riferimento realizzato per la valutazione d’impatto, secondo cui «i dati RAPEX non possono essere utilizzati semplicemente come dati indiretti relativi alle tendenze in materia di sicurezza dei prodotti di consumo» (8). Il nuovo regolamento dovrebbe pertanto imporre agli Stati membri di raccogliere e condividere dati sui danni alle persone connessi ai prodotti di consumo, sulla base di una metodologia comune, al fine di creare una banca dati rappresentativa che copra il mercato unico. Il programma per il mercato unico potrebbe fornire una solida base finanziaria per realizzare la vigilanza su scala paneuropea degli infortuni causati dai prodotti. Spostare tale onere agli operatori economici, come suggerito dalla proposta, senza disporre di una chiara strategia paneuropea in materia di applicazione, verosimilmente produrrà risultati insoddisfacenti;

4.7.

ritiene che il nuovo regolamento dovrebbe consentire la definizione di criteri di sicurezza relativi alle sostanze chimiche per i prodotti che rientrano nel suo campo di applicazione. L’attuale DSGP non stabilisce cosa sia un prodotto «sicuro» in relazione alle sostanze chimiche. Non è chiaro se il regolamento apporterà maggiore chiarezza al riguardo. A titolo di esempio, l’UE vieta le sostanze chimiche cancerogene nei giocattoli ma non nei prodotti per l’infanzia, sebbene il rischio di esposizione sia spesso simile. L’obiettivo della Commissione di passare a un ambiente privo di sostanze tossiche, formulato nella strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili e sostenuto dal CESE (9), dovrebbe essere conseguito nel quadro dell’attuazione del nuovo regolamento (10);

4.8.

si compiace del fatto che i rischi in materia di cibersicurezza che influiscono sulla sicurezza dei consumatori siano ora inclusi nel concetto di sicurezza. Questo comprende l’opportuna introduzione del concetto di «conformità nell’uso»: dato che gli aggiornamenti dei programmi informatici determinano una modifica del prodotto, quest’ultimo deve essere esaminato per un certo periodo di tempo. Ciò sta diventando sempre più rilevante, dal momento che un numero crescente di prodotti di consumo è connesso, il che determina un aumento dei rischi di pirateria informatica e di uso improprio, con conseguenti potenziali rischi per la sicurezza. Tuttavia, le definizioni di «prodotto sicuro» dovrebbero prevedere un chiaro riferimento a tali requisiti e criteri;

4.9.

ritiene necessario assicurare, per quanto possibile, il medesimo livello di vigilanza del mercato in tutti i settori. I cambiamenti in questo campo devono essere esaminati con attenzione per garantire che le autorità preposte all’applicazione delle norme (in tutti i settori contemplati) dispongano degli strumenti adeguati e che si assicuri anche un forte legame con l’unione doganale. Pur accogliendo con favore l’accento posto sulla vigilanza del mercato basata sui rischi, sarà fondamentale che le autorità effettuino anche adeguati controlli a campione per ottimizzare la protezione e prevenire danni ai consumatori. In caso contrario, i prodotti pericolosi la cui mancanza di sicurezza non è nota saranno individuati solo dopo aver causato danni ai consumatori;

4.10.

ritiene necessario assicurare la coerenza tra le definizioni, i termini e i sistemi, da un lato, e i diversi strumenti relativi alla sicurezza dei prodotti, dall’altro, consentendo nel contempo le necessarie variazioni in funzione della categoria di prodotto (giocattoli, cosmetici, elettronica ecc.);

4.11.

accoglie con favore il rafforzamento delle definizioni di norme sicure nel quadro dell’intero processo di normazione, in modo che le norme siano elaborate tempestivamente e che gli Stati membri possano opporsi a quelle che non garantiscono la sicurezza dei consumatori e che quindi non rispettano il mandato stabilito. Per garantire che la normazione risponda alle esigenze dei consumatori e non sia utilizzata per eliminare i piccoli operatori dal mercato, è estremamente importante continuare a sostenere la rappresentanza efficace dei consumatori e del settore delle PMI nella normazione europea (11);

4.12.

accoglie con favore il fatto che gli obblighi stabiliti dal nuovo regolamento si applicheranno a tutte le imprese indipendentemente dalle loro dimensioni, rafforzando il principio secondo cui la sicurezza non può essere soggetta a regimi «meno rigorosi» e ogni prodotto di consumo deve essere sicuro. Si rammarica tuttavia del fatto che le posizioni delle PMI siano state sottorappresentate nella fase di consultazione, aggravando le distorsioni già presenti sul mercato. Osserva inoltre che le cifre riportate al punto 3 «Incidenza finanziaria» della valutazione d’impatto sono approssimative. Per evitare eventuali distorsioni future, il CESE raccomanda che gli indicatori chiave di prestazione per le attività di informazione annuali da parte degli Stati membri (ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1) quantifichino l’impatto sulle PMI e sulle microimprese;

4.13.

riconosce che le PMI, e in particolare le microimprese, possono essere colpite in modo sproporzionato da tali misure a causa di un volume d’affari minore e di un minore capitale umano disponibile per l’attuazione degli obblighi (12). Accoglie con favore il fatto che l’attuale quadro legislativo affronti alcune delle loro esigenze specifiche, in particolare attraverso un regime sanzionatorio che, per l’imposizione delle sanzioni, tiene conto delle dimensioni dell’impresa [articolo 40, paragrafo 2, lettera h)] e sostiene sanzioni proporzionate, nonché un sistema di vigilanza del mercato basato sui rischi che non penalizzi le piccole imprese (13). Tuttavia, il CESE accoglierebbe con soddisfazione l’adozione di misure volte a sostenere le PMI, e in particolare le microimprese, nell’adempimento dei loro obblighi, come ad esempio un periodo di sostegno finanziario, con la fornitura di orientamenti chiari e utili e di servizi di consulenza e attività di formazione pertinenti per garantire che le PMI non siano svantaggiate nei loro sforzi di conformità rispetto agli operatori più grandi che dispongono di risorse migliori;

4.14.

accoglie con favore il fatto che tutti i consumatori avranno accesso alle informazioni sull’identificazione dei prodotti, sulla natura dei rischi e sulle misure adottate (14), in particolare consultando il portale Safety Gate (15), ma avverte che ciò non dovrebbe spianare la strada all’obbligo per i consumatori di attenuare i propri rischi acquisendo tali informazioni prima di effettuare un acquisto [nel contesto di ciò che si può interpretare come «la sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi» (articolo 7, paragrafo 3, lettera i)]. Inoltre, le banche dati e le notifiche dovrebbero essere facilmente accessibili ai consumatori vulnerabili e ai consumatori con disabilità;

4.15.

osserva che l’articolo 8, paragrafo 11, impone ai fabbricanti l’obbligo di utilizzare il portale Safety Business Gateway per avvertire immediatamente i consumatori del rischio per la loro salute e sicurezza e informare le autorità di vigilanza del mercato. Ribadisce che il regolamento dovrebbe garantire specificamente che il fatto di rendere disponibili tali informazioni non comporti, direttamente o indirettamente, l’obbligo per i consumatori di consultare la banca dati, il che può incidere sul fatto che un prodotto sia considerato sicuro o non sicuro. Inoltre, le notifiche dovrebbero essere facilmente accessibili ai consumatori vulnerabili e ai consumatori con disabilità;

4.16.

auspica una delimitazione più netta e dettagli più chiari riguardo alla differenza tra il Safety Gate (articolo 24, in cui gli Stati membri presentano le notifiche) e il portale web Safety Business Gateway (articolo 25, in cui gli operatori economici forniscono alle autorità di vigilanza del mercato e ai consumatori le informazioni relative alla sicurezza dei loro prodotti) e al modo in cui tali portali possono interagire;

4.17.

accoglie con favore l’opportunità offerta ai consumatori di sporgere reclami presso le autorità nazionali competenti (16) e la capacità di segnalare i rischi al portale Safety Gate (17), e sottolinea la necessità di dare seguito a tali reclami e segnalazioni. Chiede che siano forniti finanziamenti adeguati affinché tutti i reclami possano essere trattati adeguatamente al fine di contribuire a un’efficace protezione dei consumatori. Accoglie con favore il fatto che il meccanismo per il trattamento dei reclami sia legato alla necessità per i fabbricanti di indagare sui reclami ricevuti (articolo 8, paragrafo 2) e di adottare misure correttive qualora ritengano o abbiano motivo di credere che un prodotto che hanno immesso sul mercato possa essere pericoloso (articolo 8, paragrafo 10).

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4).

(2)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sicurezza generale dei prodotti, che modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [COM(2021) 346 final — 2021/0170 (COD)].

(3)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Nuova agenda dei consumatori — Rafforzare la resilienza dei consumatori per una ripresa sostenibile» [COM(2020) 696 final].

(4)  Considerando 2 della proposta di regolamento relativo alla sicurezza generale dei prodotti.

(5)  Regolamento (UE) 2019/1020 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sulla vigilanza del mercato e sulla conformità dei prodotti e che modifica la direttiva 2004/42/CE e i regolamenti (CE) n. 765/2008 e (UE) n. 305/2011 (GU L 169 del 25.6.2019, pag. 1).

(6)  https://www.beuc.eu/publications/beuc-x-2021-004_is_it_safe_to_shop_on_online_marketplaces.pdf, pag. 15.

(7)  Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sicurezza generale dei prodotti, che modifica il regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 87/357/CEE del Consiglio e la direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, pag. 13.

(8)  https://ec.europa.eu/info/files/study-support-preparation-evaluation-gpsd-well-impact-assessment-its-revision-part-1-evaluation_it, pag. 40.

(9)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 181.

(10)  https://webapi2016.eesc.europa.eu/v1/documents/eesc-2020-05343-00-00-ac-tra-it.docx/content.

(11)  GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12, allegato III.

(12)  Studio a sostegno della preparazione di una valutazione della direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti nonché di una valutazione d'impatto sulla sua potenziale revisione, pag. 11 e pag. 320. Cfr. anche la proposta di regolamento (COM(2021) 346 final), pag. 13.

(13)  GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12, allegato III.

(14)  Articolo 31.

(15)  Articolo 32, paragrafo 1.

(16)  Articolo 31, paragrafo 4.

(17)  Articolo 32, paragrafo 2.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/105


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Consiglio recante sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle Isole Canarie

[COM(2021) 392 final — 2021/0209 (CNS)]

(2022/C 105/16)

Relatore:

Tymoteusz Adam ZYCH

Consultazione

Consiglio, 15.9.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

21.9.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

101/0/2

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il CESE sostiene la proposta di regolamento della Commissione europea, data la sua grande importanza sociale ed economica per le Isole Canarie e considerato che la disciplina dei dazi doganali rientra nelle competenze dell’Unione europea.

1.2.

Oltre a confermare la sospensione temporanea dei dazi per la categoria di prodotti già contemplata dal regolamento (UE) n. 1386/2011 del Consiglio (1), il regolamento proposto la estende a sette nuove categorie: quelle di cui ai codici NC 3903 19, 5603 94, 5604 10, 7326 90, 7607 20, 8441 40 e 8479 90 (macchinari per uso industriale e materie prime).

1.3.

Il mantenimento della sospensione dei dazi doganali sulle importazioni di prodotti industriali e la sua estensione alle categorie di prodotti indicate nella proposta sono considerati una soluzione vantaggiosa per l’economia delle Isole Canarie, che, a causa della pandemia di COVID-19, ha subito svantaggi economici specifici rispetto ad altre regioni dell’Unione, in particolare per quanto riguarda il volume del PIL.

1.4.

L’imposizione di controlli dell’uso finale, conformemente a quanto disposto dal codice doganale dell’Unione e dalle pertinenti disposizioni di applicazione, è una procedura ormai consolidata in questo contesto e non dà luogo ad alcun significativo aggravio amministrativo supplementare per gli enti regionali e locali e per gli operatori economici.

1.5.

Il CESE sottolinea che sia l’introduzione di una nuova normativa che il mantenimento delle soluzioni giuridiche esistenti a sostegno delle regioni ultraperiferiche sono essenziali per la loro crescita economica, nonché per garantire l’equilibrio del mercato interno e per creare posti di lavoro in ambito locale.

1.6.

Secondo il CESE, al fine di garantire agli imprenditori la possibilità di prendere decisioni di investimento a lungo termine, la sospensione proposta dovrebbe essere stabilita per un periodo pluriennale.

2.   Introduzione

2.1.

Le Isole Canarie sono una regione spagnola il cui territorio, che si estende su una superficie totale di circa 7 446,95 km2, è costituito da un arcipelago di tredici isole, situato nell’Oceano Atlantico e distante circa 1 000 km dalla costa della penisola iberica. Sono una delle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea e, insieme agli arcipelaghi delle Isole Selvagge, di Capo Verde, di Madera e delle Azzorre, appartengono a un’area geografica denominata Macaronesia.

2.2.

La popolazione delle Canarie è attualmente di circa 2 175 952 abitanti. Le due isole più popolate sono Tenerife (904 713 abitanti) e Gran Canaria (846 717), nelle quali risiede complessivamente oltre l’80 % della popolazione totale. A una concentrazione così elevata della popolazione in solo due delle tredici isole dell’arcipelago si deve una parte dei problemi socioeconomici della regione, compreso l’elevato tasso di emigrazione.

3.   Obiettivo della proposta della Commissione

3.1.

Il CESE ricorda che, sulla base dell’articolo 349 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il regolamento (UE) n. 1386/2011 prevede misure doganali specifiche per le Isole Canarie in quanto regione ultraperiferica dell’Unione europea — la sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali.

3.2.

Poiché le misure previste dal regolamento (UE) n. 1386/2011, volte ad accrescere la competitività degli operatori economici locali e a garantire così un’occupazione più stabile su tali isole, scadono il 31 dicembre 2021, nell’aprile 2021 il governo spagnolo ha chiesto una proroga della sospensione dei dazi autonomi della tariffa doganale comune per una serie di prodotti. Secondo tale richiesta, infatti, i vincoli cui la regione deve far fronte hanno carattere strutturale e permanente, giacché continuano ad essere legati all’isolamento della regione stessa nonché alle modeste dimensioni del suo mercato e alla frammentazione di quest’ultimo. Le isole in questione, inoltre, non sono in grado di beneficiare dell’integrazione europea nella stessa misura delle regioni continentali. Il regime di sospensione proposto mira a ridurre tali restrizioni sul mercato delle Isole Canarie. Inoltre, a causa della crisi economica causata dalla pandemia di COVID-19, il governo spagnolo ha anche chiesto la sospensione dei dazi della tariffa doganale comune per sette nuove categorie di prodotti.

3.3.

L’obiettivo della proposta della Commissione è fornire sostegno a questa regione ultraperiferica della Spagna per potenziarne le risorse allo scopo di consentire la crescita economica e la creazione di posti di lavoro in ambito locale. La proposta integra il Programma di soluzioni specifiche per ovviare alla lontananza e all’insularità (POSEI), relativo al sostegno al settore primario e alla produzione di materie prime, ma altresì il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e il finanziamento di una dotazione supplementare specifica del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR).

3.4.

La proposta della Commissione è in linea con le politiche dell’Unione, in particolare per quanto riguarda la politica generale per le regioni ultraperiferiche e le politiche in materia di commercio internazionale, concorrenza, ambiente, imprese, sviluppo e relazioni esterne.

3.5.

Sospendendo temporaneamente i dazi doganali, il regolamento proposto consentirà agli operatori economici, dal 1o gennaio 2022 al 31 dicembre 2031, di importare in esenzione da dazi determinati materie prime, componenti, parti e beni strumentali.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Il CESE accoglie con favore la proposta di modifica dell’attuale regolamento del Consiglio e osserva che le misure specifiche da esso previste possono essere adottate senza rischiare di compromettere l’integrità e la coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, compresi il mercato interno e le politiche comuni. Secondo il CESE, questa modifica contribuirà a migliorare l’equilibrio del mercato interno.

4.2.

Il CESE ha più volte richiamato l’attenzione sul fatto che la situazione delle regioni insulari è molto più difficile di quella delle altre regioni dell’Unione, e in particolare di quelle continentali. Le regioni insulari, infatti, presentano gravi e permanenti svantaggi geografici, demografici e ambientali, come: il fatto di essere separate dal continente, di avere un territorio che si estende su una superficie limitata e di dipendere dal trasporto marittimo e aereo, nonché il maggior costo di tale trasporto; il calo demografico e la difficile situazione del mercato del lavoro; la concentrazione della produzione sulle piccole e micro-imprese, meno resilienti alle dinamiche dei mutamenti economici rispetto alle imprese più grandi; e una limitata capacità di sfruttare i vantaggi del mercato unico europeo e di relazioni economiche competitive.

4.3.

La limitata disponibilità di mezzi di trasporto e l’aumento dei costi di distribuzione delle merci comportano per le imprese costi di produzione superiori a quelli che sosterrebbero operando nel continente, il che si traduce direttamente in una minore competitività. Ciò rende difficile per gli imprenditori locali trovare clienti al di fuori dei confini nazionali e costringe il settore industriale a concentrare la produzione sul mercato locale. Il CESE ritiene che, in materia di politica doganale, l’Unione dovrebbe tener conto di questa difficile situazione economica delle regioni insulari e adottare misure adeguate per migliorare le loro opportunità e la loro competitività rispetto alle regioni europee continentali.

4.4.

Il CESE fa notare che un fattore cruciale per la stabilità economica di molte regioni insulari è costituito dal turismo, che rappresenta la principale risorsa economica anche per le Isole Canarie. Nel 2018 la quota del PIL delle Canarie generata dall’afflusso turistico ha raggiunto il 28 % e ha mostrato una tendenza al rialzo. Nel 2017 il numero dei turisti arrivati nell’arcipelago era stato molto vicino ai 16 milioni, circa un milione in più rispetto al 2016, mentre nel 2019 i turisti recatisi nelle Canarie sono stati 15,11 milioni.

4.5.

Se, da un lato, lo sviluppo turistico ha alimentato la crescita economica, dall’altro occorre tenere presenti anche i risvolti negativi di tale pietra angolare dell’economia, emersi con l’insorgere della pandemia di COVID-19. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica spagnolo, il numero dei turisti stranieri nella regione Canarie è diminuito di oltre il 70 % nel 2020, quando soltanto 3,78 milioni di persone sono arrivate nell’arcipelago. Della stessa percentuale sono diminuite le entrate della regione, che l’anno scorso ha tratto dal turismo circa 4 miliardi di EUR. Il calo più drastico si è osservato sull’isola di Lanzarote (73,7 %), mentre la flessione meno forte in quella di Tenerife (66,4 %). La contrazione dell’attività turistica nelle Canarie ha comportato nel 2020 una diminuzione del PIL stimata nell’ordine del 20 %. Si è inoltre registrata una recessione anche nel settore edilizio e in quello industriale, con un calo stimato del 13 % rispetto al 2019. Va altresì sottolineato che gli effetti della crisi sanitaria mondiale producono conseguenze a lungo termine: in Europa l’attività turistica dovrebbe rimanere al di sotto dei livelli del 2019 fino al 2023 (2).

4.6.

Inoltre, a causa della crisi indotta dalla pandemia di COVID-19, nelle Isole Canarie è cresciuto in misura significativa il tasso di disoccupazione che, pari al 18,89 % nel primo trimestre del 2020, nel corso di tale anno è cresciuto fino al 25,42 %, dunque ben al di sopra della media nazionale e di quella dell’UE, rispettivamente pari al 15,5 e al 7,1 % (fonte: Eurostat, 2021).

4.7.

Il CESE osserva che la proposta in esame è in linea con la politica perseguita dall’Unione europea, uno dei cui obiettivi principali è la coesione territoriale, economica e sociale e che, attraverso politiche economiche ben gestite, mira a rafforzare l’Unione in modo tale che le regioni ultraperiferiche abbiano pari opportunità di sviluppo e di accesso a migliori condizioni di vita. A norma dell’articolo 174 del TFUE, le regioni insulari sono state riconosciute come territori svantaggiati che richiedono un’attenzione specifica.

4.8.

Il CESE, inoltre, fa notare che l’aumento dei prezzi dell’energia negli ultimi due anni e il suo impatto sui costi dei trasporti in tutto il mondo hanno indubbiamente contribuito a una maggiore diminuzione della competitività del settore industriale nelle isole. A tutto ciò si è aggiunto il fatto che i vantaggi derivanti dalla sospensione dei dazi autonomi introdotta dal 1991 sono diventati meno efficaci. Di conseguenza, ne risente la competitività dell’industria locale rispetto ai suoi concorrenti della Spagna continentale e delle altre aree continentali dell’UE. Consapevole delle caratteristiche geografiche ed economiche delle Isole Canarie, il CESE reputa che occorra appoggiare le misure volte ad attenuare gli effetti negativi di tali condizioni.

4.9.

Il CESE osserva che la soluzione proposta potrebbe contribuire in modo significativo a preservare la stabilità economica di questa parte dell’Unione europea, e che abolire la sospensione dei dazi autonomi avrebbe un effetto inflazionistico sul mercato, il che a lungo termine metterebbe a rischio la già non forte base industriale presente nelle isole, aumentando così le disparità con le altre regioni dell’UE.

4.10.

Ad avviso del CESE, inoltre, occorre appoggiare anche la soluzione — già reiterata — di subordinare l’applicazione di tali misure tariffarie vantaggiose all’utilizzazione finale dei prodotti, in modo che a trarne beneficio siano soltanto gli operatori economici situati nel territorio delle Isole Canarie.

4.11.

Tuttavia, il CESE richiama l’attenzione sulla possibilità che insorgano difficoltà negli scambi economici nelle Canarie — o, più in generale, in tutta l’UE — a causa della mancanza di una definizione chiara dell’espressione «deviazioni degli scambi» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento proposto. Il verificarsi di queste cosiddette «deviazioni degli scambi» autorizzerebbe infatti la Commissione a revocare in via temporanea la sospensione dei dazi autonomi, il che produrrebbe una serie di conseguenze sul piano economico per la regione e le imprese locali. Il CESE desidera quindi richiamare l’attenzione sulla necessità di una definizione precisa di tale espressione, in termini sia qualitativi che quantitativi.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Regolamento (UE) n. 1386/2011 del Consiglio, del 19 dicembre 2011, recante sospensione temporanea dei dazi autonomi della tariffa doganale comune sulle importazioni di taluni prodotti industriali nelle Isole Canarie (GU L 345 del 29.12.2011, pag. 1).

(2)  https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/126/tourism.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/108


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio «Strategia per uno spazio Schengen senza controlli alle frontiere interne pienamente funzionante e resiliente»

[COM(2021) 277 final]

e sulla proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) n. 1053/2013

[COM(2021) 278 final — 2021/0140(CNS)]

(2022/C 105/17)

Relatore:

Ionuţ SIBIAN

Consultazione

Commissione europea, 10.8.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

6.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

232/1/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) accoglie con favore la strategia per uno spazio Schengen pienamente funzionante e resiliente proposta dalla Commissione.

1.2.

Il CESE ribadisce il suo pieno sostegno, espresso nella sua risoluzione del 17 febbraio 2016, ai principi su cui si fonda la cooperazione Schengen: l’esercizio senza impedimenti delle libertà fondamentali sancite dal trattato in uno spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, e la necessità di rafforzare la responsabilità condivisa e la solidarietà nella gestione delle frontiere esterne.

1.3.

Il CESE ribadisce che, nella definizione e nell’attuazione della politica dell’UE in materia di gestione delle frontiere, interoperabilità, gestione della migrazione e dell’asilo e cooperazione di polizia e giudiziaria penale, l’UE e i suoi Stati membri sono sempre vincolati dalla Carta dei diritti fondamentali, le cui disposizioni essi sono tenuti non solo a rispettare ma anche a promuovere.

1.4.

Il CESE è profondamente preoccupato per le segnalazioni di violazioni dei diritti fondamentali alle frontiere esterne dell’UE e invita la Commissione e l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera a intervenire tempestivamente per risolvere, monitorare e dare seguito a tali segnalazioni e a garantire che i meccanismi di assunzione di responsabilità stabiliti dal regolamento relativo alla guardia di frontiera e costiera europea (regolamento GFCE) siano attuati in modo efficace. Il CESE chiede che il forum consultivo sui diritti fondamentali sia rafforzato e che la società civile organizzata vi partecipi per il tramite del CESE.

1.5.

Il CESE esprime preoccupazione per il ripristino in via semipermanente dei controlli alle frontiere in alcuni tratti delle frontiere interne degli Stati membri e per l’impatto socioeconomico negativo che ciò ha avuto sui cittadini, sulle imprese e, in particolare, sui lavoratori e sulle comunità frontalieri e sulle euroregioni nell’UE. Invita la Commissione a monitorare e valutare attentamente la necessità e la proporzionalità del ripristino di tali controlli su base periodica e ad adottare le misure del caso ove necessario. Accoglie con favore l’intenzione espressa dalla Commissione di ricorrere più sovente ai propri poteri esecutivi laddove le valutazioni Schengen possano richiedere interventi di questo genere.

1.6.

Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che Stati membri quali Cipro, Romania, Bulgaria e Croazia continuino a essere esclusi dalla piena applicazione dell’acquis di Schengen. Al pari della Commissione, invoca un intervento rapido e risoluto da parte del Consiglio a tale riguardo.

1.7.

Il CESE osserva che molti degli elementi costitutivi della strategia sono ancora allo stato di proposte legislative. Sottolinea che ha elaborato dei pareri specifici in merito a talune di queste proposte, in particolare a quelle relative al nuovo patto sulla migrazione e l’asilo e all’interoperabilità. Il CESE chiede alla Commissione di tenere debitamente conto di tali pareri.

1.8.

Il CESE osserva che molti degli elementi del patto si basano sull’attuazione tempestiva di norme legislative di recente adozione, in particolare del regolamento sull’interoperabilità e del nuovo regolamento sulla guardia di frontiera e costiera europea. Esprime preoccupazione per i progressi compiuti al riguardo e invita la Commissione a monitorare da vicino eventuali ritardi e scostamenti di bilancio e a porvi rimedio in modo efficace.

1.9.

Il CESE valuta positivamente le proposte volte a migliorare il funzionamento del meccanismo di valutazione Schengen, in particolare quelle intese a garantire un seguito più rapido e maggiori sinergie con il meccanismo di valutazione delle vulnerabilità, nonché quelle che prestano maggiore attenzione ai diritti umani e adottano un approccio trasversale al riguardo, compreso il ruolo previsto per l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. Occorre tuttavia fare in modo che il meccanismo di valutazione Schengen non politicizzi questioni di natura più tecnica.

1.10.

Il CESE è del parere che il forum Schengen possa imprimere un impulso politico alla salvaguardia e allo sviluppo dello spazio Schengen, ma avverte che questo non deve tradursi in un ritorno al passato intergovernativo di Schengen, il cui funzionamento era ostacolato da un approccio intergovernativo e dalla mancanza di trasparenza. Le altre istituzioni dell’UE, ivi compreso il CESE, dovrebbero essere tenute costantemente informate e avere la possibilità di prendervi parte in qualità di partecipanti.

1.11.

Il CESE è consapevole del fatto che i settori correlati della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, nonché una migliore cooperazione nell’ambito della prevenzione del terrorismo, rivestono la massima importanza per la fiducia dei cittadini e degli Stati membri dell’UE nello spazio Schengen. Tale cooperazione dovrebbe richiedere sempre il pieno rispetto dei diritti fondamentali in tutti gli Stati membri, nonché la salvaguardia di un sistema giudiziario indipendente, al fine di consentire il corretto funzionamento degli strumenti di fiducia reciproca, come il mandato d’arresto europeo.

1.12.

Il CESE è fermamente convinto che la cooperazione con i paesi terzi non dovrebbe concentrarsi esclusivamente sui controlli in materia di migrazione e asilo, bensì costituire un vero e proprio partenariato volto a migliorare la situazione dei migranti e dei rifugiati anche nei paesi terzi, in particolare quella delle vittime della tratta di esseri umani; essa dovrebbe cercare di affrontare le cause profonde della migrazione, promuovendo una migrazione sicura e ordinata.

1.13.

Come sottolineato dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2021, è essenziale concordare un sistema europeo comune per la gestione delle nostre frontiere esterne, della migrazione e dell’asilo, per non consentire ai paesi terzi di trarre vantaggio da una mancanza di unità.

2.   Contesto del parere

2.1.

Nel 1985 un certo numero di Stati membri hanno adottato l’Accordo internazionale di Schengen, decidendo di abolire tutti i controlli alle frontiere interne. La convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 1990 prevedeva le «misure di accompagnamento» necessarie, volte a compensare le esternalità derivanti dalla soppressione dei controlli.

2.2.

Il trattato di Amsterdam ha integrato l’acquis di Schengen nell’ordinamento giuridico dell’UE e ha regolamentato la situazione particolare del Regno Unito, dell’Irlanda e della Danimarca.

2.3.

La conclusione di accordi bilaterali con la Norvegia, l’Islanda, la Svizzera e il Liechtenstein ha consentito a questi paesi di partecipare alla cooperazione nel quadro di Schengen.

2.4.

La Bulgaria, la Romania e la Croazia partecipano a talune parti dell’acquis di Schengen, ma potranno abolire i controlli alle loro frontiere interne solo con una decisione unanime del Consiglio in tal senso. Il Consiglio si è rifiutato di adottare tale decisione benché la Commissione ritenga che questi paesi dispongano della capacità tecnica necessaria.

2.5.

Da quando l’acquis di Schengen è stato integrato nell’ordinamento giuridico dell’UE, esso si è progressivamente evoluto, in particolare con l’adozione del codice frontiere Schengen, del codice dei visti e del regolamento sulla guardia di frontiera e costiera europea. La cooperazione in materia di frontiere, visti, migrazione e asilo è supportata da una serie di banche dati informatiche su larga scala per lo scambio di informazioni (SIS — sistema d’informazione Schengen, VIS — sistema di informazione visti, Eurodac — sistema europeo per il confronto delle impronte digitali, EES — sistema di ingressi/uscite, ETIAS — sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi, TCN-ECRIS — sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali riguardo ai cittadini di paesi terzi), che sono attualmente interoperabili.

2.6.

Sebbene la responsabilità sia condivisa, i singoli Stati membri restano responsabili dei rispettivi tratti delle frontiere esterne, il che significa che le carenze nella gestione delle frontiere esterne all’interno di uno Stato membro possono avere gravi ripercussioni sull’intero spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

2.7.

Negli ultimi cinque anni lo spazio Schengen è stato sottoposto a forti pressioni a seguito del ripetuto e costante ripristino dei controlli alle frontiere interne da parte di alcuni Stati membri. Tali misure sono state adottate in reazione alla crisi dei rifugiati e dei migranti del 2015 e alla minaccia terroristica in Europa.

2.8.

La pandemia di COVID-19 ha determinato ulteriori chiusure delle frontiere e restrizioni alla libera circolazione delle persone.

2.9.

In risposta alla situazione creatasi nel 2015 con la crisi dei rifugiati e dei migranti, nel 2016 Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, è stata oggetto di una riforma ed è stata trasformata nell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che è stata ulteriormente rafforzata nel 2019.

2.10.

Nel suo nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, la Commissione europea afferma che «la gestione integrata delle frontiere è uno strumento strategico indispensabile» per l’integrità dello spazio Schengen, oltre a costituire «una componente fondamentale di una politica migratoria completa». La Commissione ha inoltre annunciato una strategia distinta sul futuro di Schengen, che è stata pubblicata il 2 giugno 2021.

2.11.

La strategia, che si prefigge l’obiettivo di rendere lo spazio Schengen più forte e più resiliente, fa il punto sulle sfide affrontate dallo spazio Schengen negli ultimi anni, anche durante la crisi pandemica, e delinea un percorso che consente di mantenere i benefici di Schengen.

2.12.

La strategia persegue i seguenti obiettivi:

1)

garantire una gestione efficace delle frontiere esterne dell’UE;

2)

rafforzare lo spazio Schengen al suo interno;

3)

migliorare la preparazione e la governance;

4)

completare lo spazio Schengen.

2.13.

La nuova strategia è accompagnata dalla proposta di regolamento del Consiglio sull’istituzione e sul funzionamento di un meccanismo di valutazione e monitoraggio per verificare l’applicazione dell’acquis di Schengen, che abroga il regolamento (UE) n. 1053/2013 (1).

2.14.

La Commissione propone di procedere a una revisione del meccanismo di valutazione e monitoraggio Schengen. Le modifiche comprendono l’accelerazione del processo di valutazione e una procedura accelerata in caso di carenze significative che potrebbero mettere a rischio Schengen nel suo insieme.

3.   Osservazioni generali

3.1.   Una gestione moderna ed efficace delle frontiere esterne

3.1.1.

Il CESE sostiene la rapida adozione di un ciclo politico strategico pluriennale per la gestione europea integrata delle frontiere nell’ambito del sistema integrato di gestione delle frontiere esterne di cui all’articolo 77, paragrafo 2, lettera d), del TFUE, e chiede di essere consultato in merito a detta strategia prima della sua adozione (2).

3.1.2.

Il CESE continua a sostenere un’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera efficace nonché l’istituzione del suo braccio operativo. Esprime tuttavia preoccupazione per i progressi che si stanno compiendo al riguardo. In particolare, richiama l’attenzione sulle recenti conclusioni della Corte dei conti europea in cui si rileva che l’Agenzia non ha pienamente attuato il suo mandato del 2016 e che sono stati riscontrati numerosi rischi e carenze connessi all’esecuzione del suo mandato del 2019 (3).

3.1.3.

Il CESE esprime particolare preoccupazione per le violazioni dei diritti fondamentali segnalate nel quadro delle attività operative coordinate da Frontex e per il fatto che l’Agenzia ne fosse a conoscenza, come riferito da diverse fonti di informazione e ONG e discusso nella relazione del gruppo di lavoro per il controllo di Frontex della commissione LIBE. Si compiace della recente nomina di un nuovo responsabile dei diritti fondamentali e dell’assunzione, tuttora in corso, di osservatori dei diritti fondamentali, ma sottolinea che tale servizio deve disporre di risorse adeguate per adempiere ai propri compiti in piena indipendenza. Invita l’Agenzia a dare piena attuazione ai meccanismi e alle strutture di assunzione di responsabilità previsti dal suo regolamento istitutivo.

3.1.4.

Il CESE esprime preoccupazione per l’accento posto dalla strategia sul sistema di accertamenti preliminari all’ingresso che, nel suo parere sul patto sulla migrazione e l’asilo, considera un contributo innovativo che merita di essere preso in considerazione. Tuttavia, il Comitato ha messo in dubbio la fattibilità pratica di questo meccanismo, ritenendolo inadeguato dal punto di vista dei diritti fondamentali (4). Il CESE sottolinea la necessità di un meccanismo che consenta agli Stati membri di realizzare un monitoraggio indipendente, come previsto dal regolamento sugli accertamenti.

3.1.5.

Il CESE ha sempre sostenuto che conseguire la piena interoperabilità dei sistemi informatici costituisce un passo avanti necessario per la definizione di una politica coerente ed efficace a livello dell’UE. In quest’ottica sostiene anche l’ulteriore digitalizzazione delle procedure per il rilascio dei visti e dei documenti di viaggio.

3.1.6.

Il CESE esprime preoccupazione per l’affermazione della Commissione secondo cui i ritardi nei singoli Stati membri potrebbero ostacolare la realizzazione dell’interoperabilità su scala europea. Alla luce dell’esperienza acquisita nell’attuazione del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) e del recente stato dei lavori relativi all’attuazione del sistema di ingressi/uscite e del sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi (5), il Comitato desidera sapere quali misure concrete intenda adottare la Commissione per garantire una tempestiva realizzazione dell’interoperabilità, in linea con il bilancio stabilito.

3.1.7.

Il CESE sottolinea che l’ulteriore sviluppo tecnologico e la piena interoperabilità dovrebbero essere realizzati nel rispetto della protezione dei dati personali e dei diritti fondamentali. Per quanto riguarda la proposta di revisione del sistema Eurodac e l’utilizzo delle banche dati su larga scala in generale, il Comitato ribadisce la necessità di conseguire la piena interoperabilità nel rispetto della tutela dei diritti fondamentali. Dato il carattere sensibile dei dati, le misure adottate devono essere strettamente necessarie e proporzionate, in particolare per quanto riguarda i richiedenti protezione internazionale e la riservatezza della procedura. È opportuno sottolineare che i dati personali trattati in relazione alla gestione delle frontiere e ai rimpatri rientrano nel campo di applicazione del regolamento generale sulla protezione dei dati e non sono considerati dati personali operativi a norma del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (6).

3.1.8.

Il CESE sottolinea che, in sede di cooperazione con i paesi terzi, soprattutto nei casi in cui Frontex opera sul territorio di paesi terzi, è necessario che i diritti fondamentali, compreso il diritto alla protezione dei dati personali, siano pienamente rispettati e che siano istituiti adeguati meccanismi di assunzione di responsabilità.

3.2.   Misure per rafforzare Schengen al suo interno

3.2.1.

Il CESE si compiace dell’attenzione prestata alle misure che, pur non essendo strettamente connesse allo sviluppo di Schengen, sono legate al funzionamento dello spazio Schengen.

3.2.2.

Le preoccupazioni degli Stati membri in materia di sicurezza possono essere affrontate in maniera più efficace migliorando e rafforzando la cooperazione tra le autorità di contrasto anziché ripristinando i controlli alle frontiere interne.

3.2.3.

Il CESE sottolinea che, in tutte le forme di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, i diritti fondamentali, compresi i diritti della difesa (7) e i diritti delle vittime (8), devono essere pienamente rispettati. Ciò significa anche che, in caso di violazione dei diritti fondamentali, la ripartizione delle responsabilità tra i diversi attori (UE e nazionali) non deve determinare un deficit di responsabilità.

3.2.4.

La protezione dei dati personali, nell’ambito dei quadri giuridici adeguati, deve essere sempre rispettata, in particolare quando si tratta di dati personali altamente sensibili, come nel caso delle decisioni Prüm.

3.2.5.

Per quanto riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale (IA) per le attività di polizia transfrontaliere, il CESE rimanda al suo parere in merito al regolamento sull’intelligenza artificiale (9).

3.2.6.

Il CESE sottolinea che, nell’allegato della proposta relativa a una legge sull’intelligenza artificiale (10), è prevista la possibilità di utilizzare l’IA per la gestione della migrazione, dell’asilo e del controllo delle frontiere. In particolare, ritiene preoccupante il riferimento all’uso di «poligrafi e strumenti analoghi, o [di strumenti] per rilevare lo stato emotivo di una persona fisica», dato che mancano prove scientifiche dell’affidabilità di tali metodi.

3.2.7.

Per quanto riguarda le misure specifiche proposte nel nuovo patto sulla migrazione e l’asilo, il CESE rimanda al suo parere del 17 dicembre 2020 (11).

3.2.8.

Il CESE mette in dubbio il valore aggiunto di un maggiore utilizzo delle informazioni anticipate sui passeggeri (dati API — Advance Passenger Information) in combinazione con i dati del codice di prenotazione (Personal Name Records — PNR) e ritiene che la Commissione non abbia addotto argomenti convincenti per consentire uno scambio sistematico e massiccio di dati personali all’interno dello spazio Schengen, che automaticamente interesserebbe anche i cittadini dell’UE che esercitano il loro diritto alla libera circolazione.

3.2.9.

Per quanto riguarda il ricorso al mandato d’arresto europeo e ad altri strumenti che facilitano la cooperazione nell’attività di contrasto, come l’ordine europeo d’indagine, il CESE sottolinea che, ai fini del buon funzionamento di tali strumenti di riconoscimento reciproco, la fiducia reciproca è un elemento essenziale. A tal fine è necessario che le istituzioni dell’UE garantiscano un monitoraggio ancora più efficace dello Stato di diritto e che gli Stati membri si assumano la responsabilità di difenderlo, salvaguardando in particolare il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in appresso «la Carta») e dell’articolo 19, paragrafo 1, del TUE.

3.3.   Governance rafforzata

3.3.1.

Il CESE apprezza il fatto che il forum Schengen possa offrire agli Stati membri una sede per discutere le questioni salienti sul piano politico in materia di cooperazione Schengen. Tuttavia, le altre istituzioni dell’UE, tra cui anche il CESE, dovrebbero essere costantemente informate e avere il diritto di parteciparvi. Il forum e le relative iniziative dovrebbero essere il più trasparenti possibile e consentire l’accesso ai loro documenti. Il rilancio dell’adozione della «relazione sullo stato di Schengen» va accolto con favore, ma non è sufficiente.

3.3.2.

Il CESE sostiene l’idea che sia necessario modificare il codice frontiere Schengen per integrarvi alcuni degli insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19. Sottolinea che tali insegnamenti vanno oltre la questione delle frontiere interne e riguardano il funzionamento del mercato interno stesso. Qualsiasi modifica di questo tipo dovrebbe pertanto far parte di un più ampio controllo dell’adeguatezza del quadro normativo europeo per la libera circolazione, in un mondo in cui è probabile che la pandemia di COVID-19 continui a essere una realtà quotidiana. Il CESE sostiene l’idea che tale approccio dovrebbe includere norme in materia di viaggi nell’UE, norme che attualmente non sono previste dal codice frontiere Schengen. Il CESE si chiede inoltre se la Commissione intende modificare il regolamento sul traffico frontaliero locale.

3.3.3.

Il CESE ritiene che la Commissione dovrebbe assumere una posizione più decisa a favore dei viaggi senza frontiere in Europa. Il trattato sull’Unione europea afferma con chiarezza che l’Unione offre ai suoi cittadini uno spazio senza frontiere. Il diritto degli Stati membri di ripristinare i controlli alle frontiere costituisce una deroga a tale diritto, che impone un’interpretazione restrittiva. Non può essere considerato una prerogativa sovrana visto che è invece vincolato dalle norme del codice frontiere Schengen. Qualsiasi revisione del codice deve tenere pienamente conto del carattere eccezionale del ripristino dei controlli alle frontiere.

3.3.4.

Il CESE apprezza le proposte volte a migliorare il funzionamento del meccanismo di valutazione Schengen, in particolare quelle intese a garantire un seguito più rapido e maggiori sinergie con il meccanismo di valutazione delle vulnerabilità, e quelle che prestano maggiore attenzione ai diritti umani e adottano un approccio trasversale al riguardo. Occorre tuttavia fare in modo che il meccanismo di valutazione Schengen non politicizzi questioni di natura più tecnica.

3.3.5.

Il CESE incoraggia la Commissione ad avvalersi attivamente dei poteri conferitile dai Trattati per fare rispettare la normativa nelle situazioni in cui non venga dato seguito alle carenze riscontrate nel quadro delle valutazioni Schengen. Dovrebbero essere affrontate in via prioritaria le pratiche sistematiche di violazione delle norme in materia di diritti fondamentali. È indispensabile che la Commissione non si basi esclusivamente sui dati forniti dal meccanismo di valutazione Schengen, ma anche che monitori attivamente la situazione dei diritti fondamentali.

3.4.   Completamento dello spazio Schengen

3.4.1.

Il CESE accoglie con soddisfazione la posizione della Commissione in relazione al completamento dello spazio Schengen e sottolinea il nesso tra libera circolazione, cittadinanza dell’UE e assenza di controlli alle frontiere. Attualmente i cittadini di Bulgaria, Croazia e Romania non godono pienamente dei loro diritti di cittadini dell’UE sanciti dai Trattati.

3.4.2.

Il CESE sottolinea che questi Stati membri assicurano già il controllo delle loro frontiere esterne in conformità con il codice frontiere Schengen. La loro piena adesione contribuirebbe a migliorare il funzionamento e la sicurezza dell’Unione europea, attraverso la loro piena partecipazione a tutte le banche dati su larga scala nel settore della giustizia e degli affari interni (GAI).

3.4.3.

Il CESE invita la Commissione a presentare una tabella di marcia più dettagliata per la piena adesione di tali Stati membri e invita il Consiglio ad agire rapidamente di conseguenza.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2021) 278 final.

(2)  Cfr. il punto 4.8 del parere di cui alla GU C 110 del 22.3.2019, pag. 62.

(3)  Relazione speciale della Corte dei conti europea Il sostegno di Frontex alla gestione delle frontiere esterne non è stato, finora, abbastanza efficace, 2021.

(4)  Pareri del CESE sulla migrazione, GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15, GU C 155 del 30.4.2021, pag. 58, GU C 155 del 30.4.2021, pag. 64.

(5)  Nota della Commissione europea Implementation of interoperability: state of play on the implementation of the Entry/Exit System and the European Travel Information and Authorisation System (Attuazione dell’interoperabilità: stato dei lavori sull’attuazione del sistema di ingressi/uscite e il sistema europeo di informazione e autorizzazione ai viaggi), giugno 2021.

(6)  Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).

(7)  In linea con il titolo VI della Carta dei diritti fondamentali e con il diritto derivato pertinente.

(8)  Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57); norme per categorie specifiche di vittime della tratta di esseri umani, dello sfruttamento sessuale, della pornografia infantile e del terrorismo.

(9)  INT/940 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 61).

(10)  COM(2021) 206 final, pagg. 4 e 5.

(11)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 15.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/114


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021 2027 — Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione»

[COM(2021) 323 final]

(2022/C 105/18)

Relatore:

Carlos Manuel TRINDADE

Consultazione

Commissione, 10.8.2021

Base giuridica

Articolo 153, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

6.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

153/25/41

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) dichiara con fermezza che è fondamentale proteggere i lavoratori dai rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro (SSL) al fine di assicurare condizioni di lavoro dignitose e sostenibili. Tale protezione è sancita nei trattati e nella Carta dei diritti fondamentali dell'UE, e rappresenta un diritto riconosciuto dal principio 10 del pilastro europeo dei diritti sociali, oltre ad essere uno degli elementi essenziali per conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (1).

1.2

Il CESE condivide appieno l'affermazione della Commissione secondo cui «condizioni di lavoro sane e sicure sono indispensabili per una forza lavoro sana e produttiva. Nessuno dovrebbe essere affetto da malattie o essere vittima di infortuni sul lavoro. Tale aspetto è inoltre importante sia per la sostenibilità che per la competitività dell'economia dell'UE» (2). Il CESE concorda altresì con la constatazione che «un buon livello di salute e sicurezza sul lavoro riduce anche i costi dell'assistenza sanitaria e altri oneri sociali, mentre uno scarso livello di SSL si traduce in costi elevati per i singoli, le imprese e la società» (3).

1.3

Il CESE condivide in linea di massima la visione strategica e le azioni previste nel quadro strategico, fatte salve le osservazioni, proposte e raccomandazioni che sono presentate a continuazione nel presente parere, in particolare:

1.3.1

Il CESE prende atto, in particolare, dell'intenzione della Commissione di presentare alla fine del 2021 «un'iniziativa per migliorare le condizioni di lavoro delle persone che lavorano attraverso le piattaforme digitali … [per] … garantire condizioni di lavoro adeguate, anche in termini di salute e sicurezza», qualora le parti sociali non siano disposte a negoziare tra loro (4).

1.3.2

Il CESE concorda con i) l'approccio «zero vittime» per i decessi correlati al lavoro; ii) le misure previste per i tumori; iii) la ratifica della convenzione n. 190 dell'OIL sull'eliminazione della violenza e delle molestie; iv) l'iniziativa legislativa, da avviare entro la fine del 2021, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere nei confronti delle donne e la violenza domestica; v) l'obiettivo della Commissione di integrare i rischi psicosociali ed ergonomici nella campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri».

1.3.3

Il CESE concorda in linea di massima con i seguenti punti: i) è «essenziale trarre insegnamenti dalla pandemia di COVID-19 e migliorare la preparazione alle potenziali crisi sanitarie future … sviluppando ulteriormente le sinergie tra la SSL e salute pubblica»; ii) l'inclusione della COVID-19 nella raccomandazione sull'elenco europeo delle malattie professionali (5).

1.3.4

In linea generale, il CESE appoggia i seguenti punti: i) la necessità che gli Stati membri adottino iniziative per «affrontare la tendenza al ribasso del numero di ispezioni sul lavoro»; ii) la realizzazione di un vertice in materia di SSL nel 2023, dedicato specialmente ai progressi compiuti in rapporto all'approccio «zero vittime» per i decessi correlati al lavoro; iii) la creazione di un nuovo indicatore sugli infortuni mortali sul lavoro, già proposto nel piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali; iv) il miglioramento dell'azione degli ispettori del lavoro mediante attività di orientamento e formazione a livello europeo e nazionale; v) la promozione della cooperazione a livello dell'UE e degli Stati membri per assicurare la coerenza nell'applicazione della legislazione; vi) gli orientamenti e il sostegno alle imprese, in particolare alle microimprese e alle piccole imprese, per aiutarle a conformarsi alla legislazione in materia di SSL (6).

1.3.5

In linea generale, il CESE appoggia i seguenti punti: i) l'esistenza di una cooperazione tra l'UE, l'OIL e l'OMS in materia di dati e conoscenze; ii) l'appoggio dell'UE, in collaborazione con gli Stati membri, alla creazione di un nuovo indicatore sulla mortalità per malattie attribuite a fattori di rischio professionale (nel quadro degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite); iii) il sostegno dell'UE all'integrazione del diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri all'interno del quadro dell'OIL sui principi e diritti fondamentali nel luogo di lavoro; iv) l'intenzione dell'UE di promuovere la SSL nelle catene di approvvigionamento mondiali; v) il proposito dell'UE di agire per assicurare che le norme in materia di SSL siano tenute in debita considerazione nel quadro degli impegni vincolanti in materia di norme sociali e del lavoro, oltre che in rapporto alla promozione del lavoro dignitoso nei futuri accordi commerciali; vi) il sostegno ai paesi candidati affinché inglobino nella loro legislazione l'acquis dell'Unione in materia di SSL (7).

1.4

Il CESE propone in particolare alla Commissione le seguenti azioni, misure o iniziative affinché siano integrate nel quadro strategico dell'UE per il periodo 2021-2027:

1.4.1

Per quanto riguarda la sezione 2.1 — i) in rapporto alle persone qualificate come lavoratori autonomi, per le quali il quadro strategico esclude che le norme in materia di SSL siano applicabili, il CESE raccomanda di procedere in tempo utile a un'indagine — con la partecipazione della Commissione, di esperti e delle parti sociali — al fine di trovare la soluzione migliore per assicurare il rispetto del principio secondo cui tutti i lavoratori autonomi devono anche poter lavorare in un ambiente sicuro e salubre; le conclusioni dell'indagine andranno poi presentate al vertice sulla SSL in programma nel 2023; ii) in rapporto alla previsione di un'iniziativa non legislativa che la Commissione avvierà al livello dell'UE in materia di salute mentale sul luogo di lavoro, il CESE propone che tale iniziativa sia di natura legislativa, proprio a causa della rilevanza delle motivazioni presentate nel quadro strategico.

1.4.2

Per quanto riguarda la sezione 2.2 — i) il CESE invita la Commissione a inserire le neoplasie di origine lavorativa nel futuro piano europeo di lotta contro i tumori, e di estendere il campo di applicazione della direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni in modo da ricomprendere le sostanze reprotossiche e i medicinali pericolosi; in tal modo si garantirebbe un monitoraggio a lungo termine dello stato di salute dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni, anche quando il lavoro in tali circostanze non ha più luogo; ii) il CESE raccomanda che l'intenzione della Commissione di valutare «come rafforzare l'efficacia della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro (2009/52/CE)» porti a una revisione di tale direttiva indirizzata a inasprire le sanzioni previste per i datori di lavoro inadempienti; iii) il CESE suggerisce che, come dimostrato dai recenti insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19, è urgentemente necessaria un'iniziativa legislativa sulla prevenzione dei rischi psicosociali; iv) il CESE ritiene che l'esperienza maturata e i risultati della ricerca sulle malattie muscolo-scheletriche provino la necessità di un'iniziativa legislativa in questo campo.

1.4.3

Per quanto concerne la sezione 2.3 — i) il CESE suggerisce di trasformare la raccomandazione sull'elenco europeo delle malattie professionali in una direttiva; ii) il CESE raccomanda di migliorare la direttiva sugli agenti biologici tenendo conto delle esperienze recenti; iii) il CESE propone, in rapporto agli ispettorati nazionali del lavoro, di fissare l'obiettivo secondo cui, entro la fine del quadro strategico, gli Stati membri dovranno rispettare la percentuale stabilita nelle norme dell'OIL, ossia 1 ispettore del lavoro ogni 10 000 lavoratori. Se tale obiettivo non sarà raggiunto durante il corrente quadro strategico, la Commissione presenterà un'iniziativa legislativa a tal fine.

1.4.4

Per quanto concerne la sezione 3, il CESE raccomanda che l'attività ispettiva dell'Autorità europea del lavoro (ELA) sia debitamente integrata e promossa nel quadro strategico, in considerazione del ruolo importante che l'ELA svolge per il coordinamento delle ispezioni transfrontaliere.

1.5

Il CESE osserva che, malgrado alcuni miglioramenti negli ultimi anni, si ravvisa ancora una grave carenza in termini di informazioni e di conoscenza della situazione reale, sia nell'UE che nei singoli Stati membri, per quanto concerne la SSL. Il CESE è convinto che tale conoscenza sia indispensabile per individuare le sfide e prevenire i rischi in misura migliore, così come per definire politiche adeguate e monitorare la fase di attuazione e i progressi compiuti sia al livello dell'UE che nei singoli Stati membri, in particolare per quanto riguarda gli obiettivi e le azioni derivanti dal quadro strategico in materia di SSL per il periodo 2021-2027.

1.6

Il CESE sottolinea che, nel processo di riesame della legislazione in materia di SSL vigente al livello dell'UE e degli Stati membri, bisogna tenere conto delle trasformazioni ecologiche, digitali, demografiche e sociali dell'economia europea, in particolare nel mondo del lavoro, al fine di proteggere i lavoratori dipendenti o autonomi, in questo caso in conformità del punto 1.4.1 (i).

1.7

Sugli Stati membri ricade una responsabilità specifica nell'assicurare che la legislazione in materia di SSL sia rispettata e vengano garantite condizioni di lavoro salubri e sicure a tutti i lavoratori europei, e in particolare agli stagionali e ai gruppi più vulnerabili (come i giovani, gli anziani, le donne, le persone con disabilità, i migranti e i lavoratori precari). Il potenziamento dei mezzi tecnici e delle risorse umane degli ispettorati del lavoro, in calo negli ultimi anni in numerosi Stati membri, associato a un maggiore coordinamento, oltre che a una maggiore cooperazione e formazione a livello europeo, rappresenta un fattore essenziale per registrare sensibili miglioramenti in rapporto all'applicazione della legislazione in materia di SSL. Anche gli orientamenti e gli aiuti alle PMI (e in particolare alle microimprese) per conformarsi alla legislazione in materia di SSL devono costituire una priorità per i vari Stati membri. La Commissione europea, in quanto custode dei trattati, ha la responsabilità di garantire che gli Stati membri rispettino adeguatamente la legislazione in materia di SSL.

1.8

Il CESE raccomanda che la Commissione e gli Stati membri adottino, nel quadro degli aggiornamenti delle strategie nazionali in materia di SSL, delle iniziative per la promozione di un dialogo sociale permanente tra le parti sociali in merito alle condizioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori nei settori d'attività, nelle imprese e sul luogo di lavoro. La partecipazione dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori e la loro costante consultazione in merito alla valutazione e prevenzione dei rischi sono fondamentali per promuovere ambienti di lavoro sicuri e salubri, con ripercussioni dirette sulla salute dei lavoratori, sulla produttività delle imprese e sui servizi sanitari pubblici.

1.9

Tenuto conto delle sfide della globalizzazione e del valore europeo legato all'innalzamento degli «standard in materia di SSL a livello mondiale», il CESE raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di cooperare strettamente con l'OIL e l'OMS al fine di promuovere il diritto a condizioni di lavoro sicure e salubri, conformemente alla dichiarazione dell'OIL sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, e di salvaguardare il rispetto di tali principi lungo le catene di approvvigionamento a livello mondiale.

2.   Contesto generale

2.1

Il CESE osserva che «da quasi 20 anni ormai i quadri strategici dell'UE in materia di SSL svolgono un ruolo centrale rispetto al modo in cui le autorità nazionali e le parti sociali adottano decisioni in merito agli obiettivi in materia di SSL» (8). Tuttavia, il CESE sottolinea che, sebbene l'importanza di questi quadri strategici nei piani nazionali sia innegabile, essi mancano di visibilità, e in diversi Stati membri il coinvolgimento dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro nella loro elaborazione e monitoraggio è stato insufficiente.

2.2

Il CESE prende atto della valutazione realizzata sul quadro strategico dell'UE in materia di SSL per il periodo 2014-2020, in particolare per quanto riguarda l'individuazione di aspetti importanti quali: i) le limitazioni delle risorse negli Stati membri, ii) la necessità di prestare maggiore attenzione alle malattie professionali, ai mutamenti demografici, ai rischi psicosociali e ai disturbi muscolo-scheletrici, e iii) la necessità di aiutare sia gli ispettorati del lavoro che le imprese a migliorare le loro norme in materia di SSL (9).

2.3

Il CESE osserva che la legislazione europea ha permesso di ridurre questi rischi e ha contribuito al miglioramento delle norme in materia di SSL in ogni settore di attività economica di tutti gli Stati membri. Permangono tuttavia delle sfide e la pandemia di COVID-19 ha aggravato i rischi per i quali occorre adesso trovare una risposta.

2.4

Il CESE riconosce i progressi significativi che l'UE ha realizzato negli ultimi anni in materia di SSL: gli infortuni mortali sul lavoro sono diminuiti di circa il 70 % tra il 1994 e il 2018. Anche se la de-industrializzazione in Europa e il miglioramento delle cure mediche hanno contribuito a questo risultato, è però vero che il sistema di SSL dell'UE ha svolto un ruolo rilevante (10).

2.5

Il CESE osserva che, malgrado questi progressi, nel 2018 si sono ancora registrati oltre 3 300 infortuni mortali e 3,1 milioni di infortuni non mortali nell'UE-27, e che più di 200 000 lavoratori muoiono ogni anno a causa di malattie professionali. Questa situazione reale di grandi sofferenze umane non solo esige che le norme a protezione dei lavoratori siano mantenute e anzi migliorate, ma rappresenta altresì una sfida continua e una necessità costante (11).

2.6

Il CESE sottolinea che gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali costano ogni anno all'economia dell'UE oltre il 3,3 % del PIL (circa 460 miliardi di euro nel 2019) e che, secondo le stime, per ogni euro investito in SSL, il rendimento per il datore di lavoro è all'incirca il doppio (12).

2.7

La pandemia di COVID-19 ha messo in evidenzia quanto sia importante la SSL per la protezione della salute dei lavoratori, il funzionamento della nostra società e la continuità delle attività economiche di importanza critica. Il CESE condivide l'osservazione secondo cui la pandemia ha anche messo in risalto la necessità di una strategia articolata che operi un legame tra SSL e politiche sulla salute pubblica, creando sinergie tra le due dimensioni che hanno ripercussioni dirette «per il funzionamento della nostra società e per la continuità delle attività economiche e sociali di importanza critica» (13).

3.   Il quadro strategico dell'UE in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027

3.1

È in tale contesto generale che la Commissione presenta il nuovo quadro strategico dell'UE in materia di SSL per il periodo 2021-27 (14) (nel prosieguo «il quadro strategico»), annunciato nel pilastro europeo dei diritti sociali, che si prefigge i tre seguenti obiettivi principali:

anticipare e gestire i cambiamenti nel nuovo mondo del lavoro determinati dalle transizioni verde, digitale e demografica;

migliorare la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;

migliorare la preparazione in caso di potenziali crisi sanitarie future.

3.2

Il CESE è convinto, al pari della Commissione europea, che il raggiungimento di questi obiettivi richiede:

i)

un dialogo sociale rafforzato;

ii)

maggiori capacità di ricerca e di raccolta dei dati a livello degli Stati membri e nell'insieme dell'UE;

iii)

rafforzamento delle misure di esecuzione;

iv)

sensibilizzazione;

v)

maggiore mobilitazione dei finanziamenti.

3.3

Il CESE osserva che il quadro strategico prevede, nell'arco della sua realizzazione, l'attuazione di 36 azioni, di cui 17 sotto la responsabilità diretta della Commissione, 16 degli Stati membri e 3 delle parti sociali.

4.   Osservazioni sul quadro strategico

4.1   In merito alla sezione 2.1, riguardante l'anticipazione e la gestione dei cambiamenti

4.1.1

Nel contesto della duplice transizione verde e digitale, la natura delle funzioni, dei modelli lavorativi e dei luoghi di lavoro sta cambiando, con l'effetto di comportare sfide importanti per gli Stati membri e le imprese al fine di assicurare la salute e il benessere dei lavoratori.

4.1.2

L'invecchiamento della forza lavoro impone l'adattamento dell'ambiente di lavoro e delle mansioni alle esigenze specifiche dei lavoratori più anziani, in modo da ridurre al minimo i rischi, e in quest'ottica la SSL svolge un ruolo essenziale nel fornire una risposta adeguata ai mutamenti demografici.

4.1.3

Anche le tecnologie digitali possono offrire ai lavoratori, compresi quelli con disabilità o quelli più anziani, maggiori opportunità per migliorare l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, siano essi donne o uomini, e contribuire quindi ad applicare le norme in materia di SSL mediante strumenti accessibili, campagne di sensibilizzazione e ispezioni più efficienti.

4.1.4

Il CESE ritiene che la robotizzazione e l'uso dell'intelligenza artificiale riducano i rischi associati alle mansioni pericolose, come quelli in zone altamente contaminate, quali i sistemi di trattamento delle acque reflue, le discariche o le aree di fumigazione agricola; essi possono inoltre offrire nuove opportunità ai lavoratori e alle imprese. È tuttavia un dato di fatto che le nuove tecnologie comportano anche sfide importanti dovute sia alle crescenti irregolarità quanto al momento e al luogo in cui si presta la propria opera lavorativa, alla possibilità che i lavoratori siano sottoposti a vigilanza e ai rischi connessi ai nuovi strumenti e macchinari, che fanno aumentare lo stress mentale causando un numero crescente di malattie psicosomatiche, per le quali occorre individuare misure adeguate.

4.1.5

Sebbene la legislazione dell'UE in materia di SSL sia già applicabile a molti rischi fra quelli derivanti dall'evoluzione dell'industria, delle attrezzature e dei luoghi di lavoro, il CESE conviene con l'idea della Commissione europea secondo la quale i progressi tecnologici, l'invecchiamento della forza lavoro e l'evoluzione delle forme di lavoro richiedono nuove proposte legislative.

4.1.6

In tale contesto, il CESE raccomanda alla Commissione di rivedere la stessa direttiva quadro in materia di SSL, in modo da adattarla alle situazioni lavorative reali, oltre che ai rischi e alle sfide di nuovo tipo derivanti dai cambiamenti climatici (come lavorare all'aria aperta a temperature elevate), dai mutamenti demografici e dalla digitalizzazione.

4.1.7

Il CESE ritiene che i rischi di natura psicosociale, che erano già su livelli molto alti prima della pandemia, siano aumentati in misura significativa a causa della COVID-19, dell'introduzione massiccia e non pianificata del telelavoro obbligato e delle condizioni particolari ad esso associate, come la scomparsa del confine tra lavoro e vita privata, la connettività permanente, la mancanza di interazione sociale e un utilizzo maggiore delle TIC.

4.2   In merito alla sezione 2.2, riguardante il miglioramento della prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro

4.2.1

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione, specialmente l'approccio «zero vittime» per i decessi correlati al lavoro e il rafforzamento della cultura della prevenzione nell'UE, un obiettivo che sarà possibile raggiungere solo «i) effettuando indagini approfondite su infortuni e decessi sul luogo di lavoro; ii) individuando e affrontando le cause di tali infortuni e decessi; iii) sensibilizzando maggiormente in merito ai rischi connessi agli infortuni e alle lesioni sul lavoro nonché alle malattie professionali; e iv) rafforzando l'applicazione delle norme e degli orientamenti esistenti».

4.2.2

Il CESE ritiene inaccettabili i circa 100 000 decessi dovuti a tumori di origine lavorativa, ed invita pertanto gli Stati membri a tradurre rapidamente in fatti concreti la strategia sottostante alla tabella di marcia sugli agenti cancerogeni, in rapporto all'applicazione dei valori limite e di altre disposizioni adottate a livello dell'UE, limitando quindi l'esposizione a 26 sostanze pericolose e migliorando così le condizioni di lavoro per circa 40 milioni di lavoratori. Il CESE ritiene che l'elenco delle sostanze pericolose debba essere rivisto e integrato, considerando in particolare i nanomateriali e i loro effetti cancerogeni, e raccomanda di portare a 50 il numero delle sostanze cancerogene soggette a limiti di esposizione.

4.2.3

Il CESE esorta la Commissione e gli Stati membri a promuovere la salute sul luogo di lavoro e a considerare una priorità il potenziamento della ricerca e della raccolta di dati, a livello sia europeo che nazionale. Tali azioni devono essere specialmente rivolte alle malattie cardiovascolari di origine lavorativa, ai disturbi muscolo-scheletrici e ai rischi psicosociali.

4.2.4

Il CESE sostiene la proposta di aggiornare continuamente la metodologia per il trattamento delle sostanze pericolose e di individuare incrementi di efficienza nella fissazione dei valori limite in materia di SSL. Il CESE sottolinea e sostiene l'approccio alle sostanze pericolose basato su una valutazione scientifica, conformemente al principio «una sostanza, una valutazione». La consultazione del CCSS tripartito e lo stretto coinvolgimento di tutte le parti interessate si sono rivelati efficaci.

4.2.5

Secondo il CESE, e tenuto conto delle posizioni espresse dal Parlamento europeo e dalle parti interessate in merito alla necessità di proteggere gli operatori sanitari esposti a medicinali pericolosi e ad altri rischi, tale questione va approfondita non solo attraverso la formazione, l'istruzione e l'orientamento, ma anche mediante l'adozione di una normativa vincolante.

4.2.6

Il CESE ritiene che il riconoscimento della diversità, comprese le differenze e le disuguaglianze tra uomini e donne, e la lotta contro la discriminazione nella forza lavoro siano essenziali per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, in particolare per quanto attiene alla valutazione dei rischi, e bisogna quindi incentivare azioni volte a evitare pregiudizi di genere. In ogni caso, occorre tenere presente che la capacità lavorativa può essere influenzata dalle condizioni biologiche (allattamento, gravidanza).

4.2.7

Anche le persone con disabilità devono poter migliorare le loro prospettive lavorative, anche assicurando concretamente la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro e realizzando programmi di riabilitazione professionale per le persone affette da malattie croniche o vittime di incidenti.

4.2.8

Occorre migliorare la protezione dei gruppi di lavoratori particolarmente vulnerabili. In tale contesto, tutti gli Stati membri devono riservare un'attenzione speciale agli ispettorati del lavoro e alla ratifica della convenzione del 2019 sull'eliminazione della violenza e delle molestie. Il CESE esorta tutti gli Stati membri a ratificare questa convenzione durante il periodo di attuazione della strategia.

4.3   In merito alla sezione 2.3, riguardante il miglioramento della preparazione e la risposta rapida alle minacce

4.3.1

La crisi della COVID-19 ha messo in evidenza che la salute e la sicurezza sul lavoro hanno svolto un ruolo cruciale nell'aiutare i lavoratori, le imprese e gli Stati membri a proteggere vite umane e a gestire i rischi, al fine di assicurare il benessere, la continuità operativa e la sostenibilità.

4.3.2

Uno degli insegnamenti da trarre per il futuro è l'importanza delle sinergie tra SSL e salute pubblica, in quanto hanno assicurato l'efficacia delle risposte durante la crisi. Questa interazione deve essere rafforzata in tutti gli Stati membri affinché l'UE possa essere preparata ad affrontare in futuro altre crisi sanitarie.

4.3.3

Il CESE riconosce l'importanza del lavoro svolto dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) in termini di elaborazione di strumenti di orientamento, in collaborazione con gli Stati membri e le parti sociali, strumenti che hanno consentito alle imprese, e in particolare alle PMI, di fornire una risposta adeguata nelle varie fasi della pandemia.

4.3.4

La classificazione del virus SARS-CoV-2 ai sensi della direttiva sugli agenti biologici ha contribuito a garantire la protezione dei lavoratori nelle strutture in cui il virus viene manipolato al fine di produrre, distribuire e somministrare vaccini.

4.3.5

La pandemia ha messo in evidenza la maggiore esposizione dei lavoratori mobili e transfrontalieri, compresi quelli stagionali, migranti e precari, a condizioni di lavoro poco salubri o insicure, come alloggi inadeguati o sovraffollati, oppure la mancanza di informazioni sui loro diritti. Il CESE esorta gli Stati membri a rispettare i loro obblighi in materia di SSL e a potenziare le azioni di sensibilizzazione in merito alla necessità di promuovere condizioni di lavoro e di vita giuste e sicure per i lavoratori stagionali, mobili e transfrontalieri.

4.3.6

Il CESE rileva l'importanza, sottolineata dalla Commissione, di «sostenere i lavoratori affetti dalla COVID-19 e le famiglie che hanno perso i familiari a causa dell'esposizione professionale al SARS-CoV-2» e osserva che 25 Stati membri hanno già compiuto passi in questa direzione, anche riconoscendo la COVID-19 come malattia professionale (15).

4.4   In merito alla sezione 3, riguardante l'attuazione del quadro strategico aggiornato

4.4.1

Il CESE concorda con l'affermazione della Commissione secondo cui «le parti sociali si trovano in una posizione particolarmente favorevole per trovare soluzioni adeguate alle circostanze di una determinata attività o un determinato settore» (16).

4.4.2

Il CESE sottolinea che la pandemia ha mostrato che le imprese e i luoghi di lavoro sono anche centri importanti in termini di diffusione del contagio, e tale constatazione rende ancor più rilevante l'esistenza di misure in materia di SSL debitamente adattate a ogni concreta unità economica.

4.4.3

Il CESE raccomanda alla Commissione di garantire, in questa materia, che il quadro strategico prenda iniziative per la promozione di un dialogo sociale permanente tra le parti sociali in merito alle condizioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori nei settori di attività e, in particolare, nelle imprese. La partecipazione dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori e la loro costante consultazione sulla situazione reale — un coinvolgimento strettamente associato alla negoziazione e contrattazione collettiva, così come alla valutazione, prevenzione e gestione dei rischi, con il potenziamento delle opportunità e la creazione di ambienti di lavoro sicuri e salubri — hanno ripercussioni dirette sulla salute dei lavoratori, sulla produttività e competitività delle imprese e sulla società stessa, specialmente per quanto concerne i servizi sanitari pubblici.

4.4.4

Il CESE conviene con la Commissione che soltanto una conoscenza precisa e tempestiva della situazione reale in materia di SSL, a livello sia dell'UE che degli Stati membri, permette di individuare le sfide e di prevenire i rischi, di definire politiche adeguate, di monitorarne l'attuazione e di analizzarne i risultati. Inoltre, la conoscenza delle innovazioni scientifiche e tecnologiche e la loro costante integrazione nelle decisioni politiche permette la costante evoluzione di tali decisioni.

4.4.5

Il CESE conviene sulla necessità di disporre, al livello dell'UE e degli Stati membri, non solo di banche dati in materia di SSL aggiornate e adeguate alla situazione reale, ma anche di nuovi indicatori sociali che rendano possibile la ricerca e l'elaborazione di relazioni, analisi e studi sulla SSL in tutte le sue dimensioni (17).

4.4.6

Il CESE osserva che «il successo di tale quadro strategico dipende in larga misura dalla sua attuazione a livello nazionale e locale» (18). Tale intendimento conferisce una responsabilità maggiore agli Stati membri nel rispettare e far rispettare la legislazione, oltre che nel promuovere il dialogo tra le parti sociali e nell'eliminare gli ostacoli che vi si frappongono, in quanto tra le condizioni di base per il successo del quadro strategico figurano l'intervento degli ispettorati del lavoro a livello di Stati membri, l'azione dei tecnici e dei medici del lavoro, nonché il coinvolgimento dei sindacati e dei rappresentanti dei lavoratori in materia di SSL.

4.4.7

Ai fini del conseguimento degli obiettivi del quadro strategico, il CESE ricorda che la responsabilità delle imprese in materia di SSL è globale, indipendentemente dal fatto che la prestazione lavorativa sia svolta sul luogo di lavoro, in telelavoro oppure a distanza. Ciò rappresenta tuttavia una sfida quando la prestazione lavorativa è realizzata da casa, oppure in un altro luogo che potrebbe non essere sotto il controllo del datore di lavoro o a cui il datore di lavoro non potrebbe accedere.

4.4.8

Il CESE condivide l'opinione secondo cui la sensibilizzazione al rischio di infortuni sul lavoro, di lesioni e di malattie professionali è fondamentale per realizzare gli obiettivi del quadro strategico, in particolare per quanto concerne l'approccio «zero vittime» in materia di decessi correlati a infortuni sul lavoro. Il CESE ritiene che la sensibilizzazione rappresenti effettivamente una delle misure essenziali per l'attuazione della legislazione, ma reputa altresì che la chiave del successo in generale risieda prima nell'adozione della normativa e successivamente nella partecipazione e nel controllo. Il CESE è convinto che concentrarsi sulla prevenzione e sul rispetto delle direttive in materia di SSL sia fondamentale per conseguire gli obiettivi di questa strategia.

4.4.9

Secondo il CESE, una sensibilizzazione riuscita dipende in larga misura dal coinvolgimento attivo delle parti sociali, nonché di tutti gli attori pertinenti. In tale contesto, il CESE esprime apprezzamento per il ruolo del comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, e raccomanda alla Commissione di dargli un rilievo maggiore.

4.4.10

Per il CESE, sebbene il conseguimento di tali obiettivi sia uno scopo condiviso da tutte le parti interessate (Stati membri, imprese, ispettorati del lavoro e lavoratori), il livello di responsabilità varia via via, in quanto i lavoratori sono la parte più vulnerabile e con meno poteri e, per tale motivo, devono ricevere una protezione maggiore.

4.4.11

Pertanto, secondo il CESE, il lavoratore deve poter avere la facoltà di rifiutarsi di lavorare quando constata l'esistenza di un pericolo di infortunio o di malattia sul lavoro — soprattutto in caso di rischio di morte — e, in ultima analisi, deve avere il diritto di rescindere il rapporto di lavoro ricevendo un indennizzo, qualora sussista un rischio per la vita a causa del mancato rispetto delle norme in materia di SSL da parte dell'impresa considerata.

4.4.12

Il CESE osserva che esistono, nel complesso, 11 fondi e meccanismi finanziari dell'UE che possono finanziare azioni nei vari settori della SSL (19). Il CESE sottolinea che il sostegno finanziario per la realizzazione di azioni in materia di SSL rappresenta una delle misure fondamentali per il successo del quadro strategico stesso. Il CESE raccomanda alla Commissione di fornire informazioni più dettagliate agli Stati membri e, in particolare, alle parti sociali, in modo da facilitarne l'accesso e agevolare la realizzazione di progetti in materia di SSL.

4.5   In merito alla sezione 4, riguardante la promozione di norme efficaci in materia di SSL a livello mondiale

4.5.1

Il CESE concorda con l'affermazione secondo cui «in un mondo globalizzato, le minacce alla salute e alla sicurezza non si fermano alle frontiere» e conviene che l'obiettivo del quadro strategico è quello di «innalzare gli standard in materia di SSL a livello mondiale» (20).

4.5.2

Il CESE sostiene inoltre la posizione della Commissione che consiste nel collaborare con l'OIL all'attuazione e al seguito della dichiarazione del centenario per il futuro del lavoro del 2019, sostenendo l'integrazione del diritto a condizioni di lavoro sicure e sane nel quadro dei principi e dei diritti fondamentali del lavoro dell'OIL.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Comunicazione della Commissione [COM(2021) 323 final]

(2)  Ibidem.

(3)  Ibidem.

(4)  Ibidem.

(5)  Ibidem.

(6)  Ibidem.

(7)  Ibidem.

(8)  Ibidem.

(9)  Ibidem.

(10)  Comunicazione della Commissione [COM(2021) 323 final]

(11)  Ibidem.

(12)  Ibidem.

(13)  Comunicazione della Commissione [COM(2021) 323 final].

(14)  Ibidem.

(15)  Ibidem.

(16)  Ibidem.

(17)  Ibidem.

(18)  Ibidem.

(19)  Ibidem.

(20)  Ibidem.


ALLEGATO

I seguenti emendamenti sono stati respinti nel corso del dibattito, ma hanno ottenuto almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno):

EMENDAMENTO 1

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.1.5

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Sebbene la legislazione dell'UE in materia di SSL sia già applicabile a molti rischi fra quelli derivanti dall'evoluzione dell'industria, delle attrezzature e dei luoghi di lavoro, il CESE conviene con l'idea della Commissione europea secondo la quale i progressi tecnologici, l'invecchiamento della forza lavoro e l'evoluzione delle forme di lavoro richiedono nuove proposte legislative.

Sebbene la legislazione dell'UE in materia di SSL sia già applicabile a molti rischi fra quelli derivanti dall'evoluzione dell'industria, delle attrezzature e dei luoghi di lavoro, il CESE conviene con l'idea della Commissione europea secondo la quale i progressi tecnologici, l'invecchiamento della forza lavoro e l'evoluzione delle forme di lavoro potrebbero richiedere nuove proposte legislative.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

70

Voti contrari:

118

Astensioni:

11

EMENDAMENTO 2

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.1.6

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

In tale contesto, il CESE raccomanda alla Commissione di rivedere la stessa direttiva quadro in materia di SSL, in modo da adattarla alle situazioni lavorative reali, oltre che ai rischi e alle sfide di nuovo tipo derivanti dai cambiamenti climatici (come lavorare all'aria aperta a temperature elevate), dai mutamenti demografici e dalla digitalizzazione.

In tale contesto, il CESE raccomanda alla Commissione di continuare a monitorare da vicino l'attuazione della direttiva quadro in materia di SSL e se necessario a rivederla , in modo da assicurare che sia applicabile anche ai rischi e alle sfide di nuovo tipo derivanti dai cambiamenti climatici (come lavorare all'aria aperta a temperature elevate), dai mutamenti demografici e dalla digitalizzazione.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

68

Voti contrari:

124

Astensioni:

12

EMENDAMENTO 3

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.2.2

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Il CESE ritiene inaccettabili i circa 100 000 decessi dovuti a tumori di origine lavorativa, ed invita pertanto gli Stati membri a tradurre rapidamente in fatti concreti la strategia sottostante alla tabella di marcia sugli agenti cancerogeni, in rapporto all'applicazione dei valori limite e di altre disposizioni adottate a livello dell'UE, limitando quindi l'esposizione a 26 sostanze pericolose e migliorando così le condizioni di lavoro per circa 40 milioni di lavoratori. Il CESE ritiene che l'elenco delle sostanze pericolose debba essere rivisto e integrato, considerando in particolare i nanomateriali e i loro effetti cancerogeni, e raccomanda di portare a 50 il numero delle sostanze cancerogene soggette a limiti di esposizione.

Il CESE ritiene inaccettabili i circa 100 000 decessi dovuti a tumori di origine lavorativa, ed invita pertanto gli Stati membri a tradurre rapidamente in fatti concreti la strategia sottostante alla tabella di marcia sugli agenti cancerogeni, in rapporto all'applicazione dei valori limite e di altre disposizioni adottate a livello dell'UE, limitando quindi l'esposizione a 26 sostanze pericolose e migliorando così le condizioni di lavoro per circa 40 milioni di lavoratori. Il CESE ritiene che l'elenco delle sostanze pericolose debba essere rivisto e integrato, considerando in particolare specifici nanomateriali con effetti cancerogeni comprovati , e raccomanda di adoperarsi al massimo per ampliare l'elenco delle sostanze cancerogene soggette a limiti di esposizione.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

68

Voti contrari:

135

Astensioni:

6

EMENDAMENTO 4

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.2.5

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Secondo il CESE, e tenuto conto delle posizioni espresse dal Parlamento europeo e dalle parti interessate in merito alla necessità di proteggere gli operatori sanitari esposti a medicinali pericolosi e ad altri rischi, tale questione va approfondita non solo attraverso la formazione, l'istruzione e l'orientamento, ma anche mediante l'adozione di una normativa vincolante .

Secondo il CESE, e tenuto conto delle posizioni espresse dal Parlamento europeo e dalle parti interessate in merito alla necessità di proteggere gli operatori sanitari esposti a medicinali pericolosi e ad altri rischi, tale questione va approfondita non solo attraverso la formazione, l'istruzione e l'orientamento, ma anche mediante un'attuazione efficace della normativa vigente .

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

71

Voti contrari:

133

Astensioni:

9

EMENDAMENTO 5

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.3.5

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

La pandemia ha messo in evidenza la maggiore esposizione dei lavoratori mobili e transfrontalieri, compresi quelli stagionali, migranti e precari , a condizioni di lavoro poco salubri o insicure, come alloggi inadeguati o sovraffollati, oppure la mancanza di informazioni sui loro diritti. Il CESE esorta gli Stati membri a rispettare i loro obblighi in materia di SSL e a potenziare le azioni di sensibilizzazione in merito alla necessità di promuovere condizioni di lavoro e di vita giuste e sicure per i lavoratori stagionali, mobili e transfrontalieri.

La pandemia ha messo in evidenza la possibile maggiore esposizione dei lavoratori mobili e transfrontalieri, compresi quelli stagionali e migranti con una situazione occupazionale precaria , a condizioni di lavoro poco salubri o insicure, come alloggi inadeguati o sovraffollati, oppure la mancanza di informazioni sui loro diritti. Il CESE esorta gli Stati membri a rispettare i loro obblighi in materia di SSL e a potenziare le azioni di sensibilizzazione in merito alla necessità di promuovere condizioni di lavoro e di vita giuste e sicure per i lavoratori stagionali, mobili e transfrontalieri.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

72

Voti contrari:

125

Astensioni:

11

EMENDAMENTO 6

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 4.4.11

Sopprimere:

Parere della sezione

Emendamento

Pertanto, secondo il CESE, il lavoratore deve poter avere la facoltà di rifiutarsi di lavorare quando constata l'esistenza di un pericolo di infortunio o di malattia sul lavoro — soprattutto in caso di rischio di morte — e, in ultima analisi, deve avere il diritto di rescindere il rapporto di lavoro ricevendo un indennizzo, qualora sussista un rischio per la vita a causa del mancato rispetto delle norme in materia di SSL da parte dell'impresa considerata.

 

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

69

Voti contrari:

135

Astensioni:

8

EMENDAMENTO 7

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 1.4.1

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Per quanto riguarda la sezione 2.1 — i) in rapporto alle persone qualificate come lavoratori autonomi, per le quali il quadro strategico esclude che le norme in materia di SSL siano applicabili, il CESE raccomanda di procedere in tempo utile a un'indagine — con la partecipazione della Commissione, di esperti e delle parti sociali — al fine di trovare la soluzione migliore per assicurare il rispetto del principio secondo cui tutti i lavoratori autonomi devono anche poter lavorare in un ambiente sicuro e salubre; le conclusioni dell'indagine andranno poi presentate al vertice sulla SSL in programma nel 2023; ii) in rapporto alla previsione di un'iniziativa non legislativa che la Commissione avvierà al livello dell'UE in materia di salute mentale sul luogo di lavoro, il CESE propone che tale iniziativa sia di natura legislativa, proprio a causa della rilevanza delle motivazioni presentate nel quadro strategico .

Per quanto riguarda la sezione 2.1 — i) in rapporto alle persone qualificate come lavoratori autonomi, per le quali il quadro strategico esclude che le norme in materia di SSL siano applicabili, il CESE raccomanda di procedere in tempo utile a un'indagine — con la partecipazione della Commissione, di esperti e delle parti sociali — al fine di trovare la soluzione migliore per assicurare il rispetto del principio secondo cui tutti i lavoratori autonomi devono anche poter lavorare in un ambiente sicuro e salubre; le conclusioni dell'indagine andranno poi presentate al vertice sulla SSL in programma nel 2023; ii) in rapporto alla previsione di un'iniziativa non legislativa che la Commissione avvierà al livello dell'UE in materia di salute mentale sul luogo di lavoro, il CESE accoglie favorevolmente l'approccio adottato dalla Commissione .

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

66

Voti contrari:

135

Astensioni:

8

EMENDAMENTO 8

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 1.4.2

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Per quanto riguarda la sezione 2.2 — i) il CESE invita la Commissione a inserire le neoplasie di origine lavorativa nel futuro piano europeo di lotta contro i tumori, e di estendere il campo di applicazione della direttiva sugli agenti cancerogeni e mutageni in modo da ricomprendere le sostanze reprotossiche e i medicinali pericolosi; in tal modo si garantirebbe un monitoraggio a lungo termine dello stato di salute dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni, anche quando il lavoro in tali circostanze non ha più luogo ; ii) il CESE raccomanda che l'intenzione della Commissione di valutare «come rafforzare l'efficacia della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro (2009/52/CE)» porti a una revisione di tale direttiva indirizzata a inasprire le sanzioni previste per i datori di lavoro inadempienti ; iii) il CESE suggerisce che, come dimostrato dai recenti insegnamenti tratti dalla pandemia di COVID-19, è urgentemente necessaria un'iniziativa legislativa sulla prevenzione dei rischi psicosociali ; iv) il CESE ritiene che l'esperienza maturata e i risultati della ricerca sulle malattie muscolo-scheletriche provino la necessità di un'iniziativa legislativa in questo campo .

Per quanto riguarda la sezione 2.2 — i) il CESE appoggia la proposta, contenuta nel quadro strategico in materia di SSL, di individuare un elenco prioritario di sostanze reprotossiche da esaminare, sulla base del parere concordato in sede di comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro affinché venga stilato un elenco delle principali sostanze chimiche in vista della fissazione del limite di esposizione professionale (OEL), e invita la Commissione a inserire le neoplasie di origine lavorativa nel futuro piano europeo di lotta contro i tumori; ii) il CESE raccomanda che l'intenzione della Commissione di valutare «come rafforzare l'efficacia della direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro (2009/52/CE)» porti a un'attuazione efficiente di tale direttiva e al suo rispetto ; iii) il CESE concorda con l'approccio della Commissione di preparare, in cooperazione con gli Stati membri e le parti sociali, un'iniziativa non legislativa a livello dell'UE in materia di salute mentale sul luogo di lavoro che valuti le questioni emergenti in rapporto alla salute mentale dei lavoratori ; iv) il CESE appoggia l'obiettivo della Commissione di includere i rischi psicosociali ed ergonomici nella campagna «Ambienti di lavoro sani e sicuri» .

Esito della votazione

Voti favorevoli:

70

Voti contrari:

140

Astensioni:

7

EMENDAMENTO 9

Presentato da:

LE BRETON Marie-Pierre

MINCHEVA Mariya

PILAWSKI Lech

VADÁSZ Borbála

VERNICOS George

SOC/698 — Salute e sicurezza sul lavoro — Quadro strategico UE (2021-2027)

Punto 1.4.3

Modificare come segue:

Parere della sezione

Emendamento

Per quanto concerne la sezione 2.3 — i) il CESE suggerisce di trasformare la raccomandazione sull'elenco europeo delle malattie professionali in una direttiva; ii) il CESE raccomanda di migliorare la direttiva sugli agenti biologici tenendo conto delle esperienze recenti; iii) il CESE propone, in rapporto agli ispettorati nazionali del lavoro, di fissare l'obiettivo secondo cui, entro la fine del quadro strategico, gli Stati membri dovranno rispettare la percentuale stabilita nelle norme dell'OIL, ossia 1 ispettore del lavoro ogni 10 000 lavoratori. Se tale obiettivo non sarà raggiunto durante il corrente quadro strategico, la Commissione presenterà un'iniziativa legislativa a tal fine.

Per quanto concerne la sezione 2.3 — i) il CESE osserva che negli Stati membri andrebbe assicurato un seguito appropriato alla raccomandazione sull'elenco europeo delle malattie professionali in una direttiva; ii) il CESE rileva che la direttiva sugli agenti biologici è stata migliorata tenendo conto delle esperienze recenti.

Esito della votazione:

Voti favorevoli:

70

Voti contrari:

133

Astensioni:

7


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/128


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all'apprendimento misto per un'istruzione primaria e secondaria di alta qualità e inclusiva

[COM(2021) 455 final]

(2022/C 105/19)

Relatrice generale:

Tatjana BABRAUSKIENĖ

Relatore generale:

Michael MCLOUGHLIN

Consultazione

Consiglio, 30.8.2021

Base giuridica

Articoli 165, paragrafo 4, e 166, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Occupazione, affari sociali e cittadinanza

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

654

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

152/0/0

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si compiace del fatto che la proposta della Commissione in esame sottolinei che: «L'istruzione è un diritto umano fondamentale e un diritto del minore». Il CESE apprezza inoltre l'intenzione della proposta: attuare il pilastro europeo dei diritti sociali e altre importanti iniziative dell'UE (1) volte a rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri per rendere l'istruzione inclusiva e di qualità una realtà nelle transizioni verde e digitale della vita sociale ed economica e del mercato del lavoro.

1.2.

Il CESE invita ancora una volta «la Commissione europea e gli Stati membri ad attuare il primo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, vale a dire il diritto per tutti in Europa a un'istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di qualità e inclusivi» (2), ed esorta ad applicare tale principio per migliorare l'offerta di competenze e abilità digitali con il sostegno della parità di accesso all'insegnamento misto per tutti e un finanziamento pubblico sostenibile concordato con le parti sociali del settore dell'istruzione e con la società civile.

1.3.

Il CESE ricorda il suo precedente parere (3) in cui «sottolinea che l'attuazione del piano d'azione per l'istruzione digitale 2021-2027 deve garantire un dialogo sociale e una consultazione efficaci con le parti interessate, il rispetto e l'applicazione dei diritti dei lavoratori nonché l'informazione, la consultazione e la partecipazione di questi ultimi allo sviluppo delle competenze digitali e imprenditoriali, in particolare nell'ambito dell'istruzione e formazione professionale, dell'apprendimento degli adulti e della formazione dei lavoratori al fine di ridurre la carenza di competenze che le imprese si trovano ad affrontare».

1.4.

Il CESE esorta gli Stati membri a prendere spunto dall'esperienza acquisita nel campo dell'istruzione durante la crisi della COVID-19 e a garantire che l'apprendimento misto sia accuratamente concepito e praticato nei programmi di studio equilibrati con il sostegno di strumenti pedagogici adeguati, al fine di far sì che tutti i minori beneficino di un ambiente e di strumenti di apprendimento adeguati e innovativi. Gli Stati membri devono garantire che venga attuato l'apprendimento misto per sostenere la qualità e l'inclusività dell'istruzione, in particolare per i minori in stato di bisogno. Sebbene si stia affermando e stia riscuotendo maggiore attenzione, il concetto di apprendimento misto richiede studi e ricerche ulteriori, specie nella prospettiva dello svantaggio educativo, nonché per le scuole primarie e secondarie inferiori.

1.5.

Il CESE osserva che per garantire maggiore autonomia agli studenti nei loro processi di apprendimento è importante che l'apprendimento misto sia disponibile per tutti gli studenti, e non solo per quelli che vivono in zone rurali dove è impossibile accedere alla scuola, o per quelli impegnati nell'istruzione terziaria, dove sono gli studenti a chiedere un apprendimento indipendente.

1.6.

Il CESE osserva che nel caso dell'apprendimento non scolastico basato su progetti occorre garantire la salute e la sicurezza degli studenti, in particolare di quelli che frequentano corsi di istruzione e formazione professionale. L'apprendimento a distanza a lungo termine, in atto durante la crisi della COVID-19, ha avuto un impatto negativo sul benessere mentale e fisico degli studenti e degli insegnanti, nonché sui risultati scolastici degli alunni. Il CESE accoglie con favore il rilievo che viene dato all'esigenza di ricorrere a professionisti qualificati della salute mentale affinché sostengano efficacemente il benessere degli studenti e degli insegnanti.

1.7.

Il CESE invita gli Stati membri a garantire che l'apprendimento misto sia incluso nella loro strategia di istruzione, sulla base di un dialogo efficace con le parti sociali e i portatori di interessi del settore dell'istruzione, e in modo tale da contribuire positivamente a un apprendimento di qualità e inclusivo per gli studenti, assicurare l'accesso ad ambienti di insegnamento e apprendimento di qualità e agli strumenti e al sostegno necessari per gli insegnanti, e non lasciare gli studenti senza sostegno.

1.8.

Il CESE invita inoltre gli Stati membri a provvedere affinché l'apprendimento misto non pregiudichi il valore sociale dell'istruzione o la pertinenza dell'insegnamento in presenza nei programmi di istruzione. L'esperienza dell'insegnamento e dell'apprendimento online di emergenza durante la pandemia di COVID-19 ha messo in luce il valore insostituibile dell'insegnamento in presenza e di una interazione e di un feedback continui tra insegnanti e studenti per garantire un'istruzione di qualità e inclusiva. I rapporti tra studenti e insegnanti sono un fattore chiave per la motivazione e l'apprendimento degli studenti, che non dovrebbe essere compromesso dall'apprendimento misto.

1.9.

Il CESE chiede agli Stati membri di garantire che lo sviluppo di piani di studi personalizzati tenga conto delle esigenze degli studenti in materia di tecnologia assistiva. Il CESE sottolinea inoltre che per realizzare ciò gli insegnanti devono essere adeguatamente coadiuvati da personale di sostegno, conoscere le tecnologie in questione e saperle utilizzare efficacemente per rispondere alle esigenze degli studenti con disabilità.

1.10.

Il CESE sottolinea il ruolo centrale degli insegnanti nell'apprendimento misto. Gli scambi di personale, i progetti collaborativi e l'insegnamento personalizzato richiedono un adeguato investimento di tempo di lavoro degli insegnanti e il sostegno della dirigenza scolastica. È molto importante coltivare una comunità dell'apprendimento misto per promuovere il valore delle tecnologie dell'insegnamento e della formazione.

1.11.

Inoltre, il CESE sottolinea che, per garantire l'inclusione e la qualità dell'istruzione, l'apprendimento misto dovrebbe contribuire all'attuazione delle Conclusioni del Consiglio sui docenti e i formatori europei del futuro. A tale riguardo, il CESE invita gli Stati membri a sostenere efficacemente gli insegnanti nei loro preparativi per fornire sostegno agli studenti in materia di apprendimento misto di qualità, migliorando e aggiornando lo sviluppo professionale iniziale e continuo e rendendolo più pertinente alle esigenze di insegnanti e studenti.

1.12.

Il CESE apprezza le misure proposte per sostenere l'alfabetizzazione informatica degli insegnanti, come i corsi di aggiornamento delle competenze digitali, i programmi e gli strumenti per gli insegnanti e lo sviluppo e la diffusione di moduli e risorse pedagogici online e in loco. La proposta dovrebbe anche sostenere il diritto degli insegnanti di beneficiare di uno sviluppo professionale continuo al passo coi tempi e accessibile; ciò dovrebbe essere riconosciuto nel dialogo sociale e nella contrattazione collettiva a livello nazionale, regionale e locale, con il significativo coinvolgimento delle parti sociali del settore dell'istruzione.

1.13.

Il CESE sottolinea che i corsi online aperti e di massa non sono necessariamente interattivi o basati su una buona pedagogia. Invita pertanto la Commissione a fornire agli insegnanti, ai formatori, ai dirigenti scolastici e agli addetti alla formazione degli insegnanti, nel quadro della piattaforma School Education Gateway, un sostegno formativo più diversificato in materia di apprendimento misto, che porti alla certificazione. Le risorse tecniche e i materiali sviluppati con il sostegno della Commissione per essere impiegati nell'apprendimento misto devono essere affidabili, facili da utilizzare, tradotti in tutte le lingue ufficiali dell'UE e accettati all'unanimità da tutte le parti interessate nel processo di apprendimento. Il CESE raccomanda di invitare anche i progetti delle accademie degli insegnanti Erasmus a sviluppare programmi congiunti di formazione degli insegnanti accreditati sul miglioramento della pedagogia per l'apprendimento misto. Il ruolo delle microcredenziali dovrebbe essere esaminato in relazione all'apprendimento misto.

1.14.

Il CESE si compiace del fatto che la proposta ponga l'accento sul benessere e l'attrattiva della professione di insegnante e suggerisce che gli Stati membri impieghino un maggior numero di insegnanti per sostenere il benessere del personale docente. Il CESE osserva che la forte carenza di insegnanti e la scarsa appetibilità delle condizioni di lavoro e delle retribuzioni (4) hanno un effetto negativo sulla qualità dell'insegnamento. Ciò può costituire un ostacolo allo sviluppo di sistemi apprendimento misto inclusivi e di alta qualità.

1.15.

Il CESE sottolinea che la combinazione di apprendimento in presenza e a distanza richiede da parte degli insegnanti creatività, innovatività (5) e buone capacità pedagogiche. È essenziale progettare l'apprendimento misto secondo modalità che rispettino il carico di lavoro e l'orario di lavoro degli insegnanti e garantiscano loro condizioni di lavoro dignitose e un ambiente di lavoro favorevole.

1.16.

Il CESE raccomanda di assicurare una leadership scolastica democratica, in cui gli studenti e gli insegnanti siano effettivamente indipendenti nell'orientare il proprio processo di apprendimento e insegnamento. Il CESE sottolinea ancora una volta l'importanza di garantire e rafforzare la governance democratica dei sistemi di istruzione e formazione, e prevedere una consultazione significativa della società civile organizzata (6).

1.17.

Il CESE osserva che l'apprendimento misto al di fuori di un contesto di istruzione formale, ad esempio l'apprendimento informale e non formale, deve essere riconosciuto con l'effettiva attuazione della raccomandazione del Consiglio, del 20 dicembre 2012, sulla convalida dell'apprendimento non formale e informale. L'apprendimento informale e non formale svolge effettivamente un ruolo importante per lo sviluppo delle competenze interpersonali, comunicative e cognitive essenziali, tra cui la creatività, la cittadinanza attiva e le competenze per la vita lavorativa. La partecipazione ai processi di convalida deve essere accessibile a tutti ed essere sostenuta da investimenti pubblici sostenibili.

1.18.

Il CESE sottolinea che un apprendimento misto ben sviluppato deve essere sostenuto da investimenti pubblici sostenibili, evidenziati nel quadro del semestre europeo e con il sostegno di ulteriori fondi dell'UE, quali lo strumento per la ripresa e la resilienza, Erasmus+ e il FSE+. Sostenere l'accesso a programmi di apprendimento online di qualità è essenziale per qualsiasi discente. Sono necessari maggiori investimenti, in particolare per garantire un apprendimento a distanza di alta qualità ai discenti dell'istruzione e formazione professionale e per assicurare loro l'accesso a strumenti e simulatori che li aiutino con un apprendimento pratico indipendente in un ambiente sicuro, nonché per mettere a disposizione centri e biblioteche di apprendimento permanente a livello di comunità (7).

1.19.

Il CESE osserva che il crescente ricorso agli strumenti digitali nel quadro dell'apprendimento misto mette sempre più in pericolo la sicurezza dei dati di studenti e insegnanti, nonché i diritti di proprietà intellettuale degli insegnanti. Pertanto, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero fornire finanziamenti pubblici sostenibili e istituire un quadro giuridico adeguato in consultazione con le parti sociali e i portatori di interessi del settore dell'istruzione, garantendo la protezione dei dati e i diritti di proprietà intellettuale in tale settore. Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che, secondo la proposta di raccomandazione, l'iniziativa «non richiederà ulteriori risorse» per attuare i piani in essa contenuti. I finanziamenti possono consentire di stimolare la cooperazione in settori in cui non vi è una forte competenza dell'UE. I costi potrebbero riguardare hosting, manutenzione e attrezzature per l'integrazione di una piattaforma, l'hosting di risorse didattiche, la sicurezza dei dati, l'equipaggiamento di insegnanti e alunni e altro. Gli studenti più svantaggiati saranno anche i più penalizzati se non vi sono risorse adeguate.

1.20.

Il CESE invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare la proliferazione degli erogatori di istruzione e l'espansione del settore servizi tecnologici per l'istruzione, che saranno sempre più favoriti dall'attuazione dell'apprendimento misto nei programmi di istruzione. Il CESE invita gli Stati membri a elaborare normative nazionali, compresa la possibilità di istituire piattaforme pubbliche per l'insegnamento e l'apprendimento online al fine di tutelare il valore pubblico dell'istruzione. Inoltre, le piattaforme pubbliche dovrebbero essere attuate in consultazione significativa con le parti sociali e i portatori di interessi del settore dell'istruzione, nel pieno rispetto dell'autonomia professionale degli insegnanti e del personale docente, nonché della libertà accademica e dell'autonomia degli istituti di istruzione, senza esercitare pressioni sugli insegnanti o sul personale didattico per quanto riguarda il materiale didattico e i metodi pedagogici utilizzati.

1.21.

Data l'importanza attribuita all'intero settore dell'apprendimento misto, il CESE suggerisce di sviluppare una misurazione discreta e una raccolta differenziata di dati in funzione dell'età, riconoscendo le diverse esigenze di sviluppo dei bambini e dei giovani ai fini della raccomandazione in oggetto; ciò dovrebbe anche permettere di raccogliere informazioni sui relativi parametri concernenti gli svantaggi, come il bullismo e l'abbandono scolastico. Le misurazioni precise possono essere elaborate in collaborazione con i partner pertinenti. Analogamente, l'attuazione della raccomandazione deve essere oggetto di una rendicontazione e di un monitoraggio chiari.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Il presente parere riguarda la proposta di raccomandazione del Consiglio relativa all'apprendimento misto per un'istruzione primaria e secondaria di alta qualità e inclusiva. Esso pone inoltre l'accento sulla formazione professionale iniziale di livello secondario. La raccomandazione proposta non promuove una riduzione generalizzata della presenza di educatori nell'apprendimento, né incoraggia a trascorrere più ore davanti a uno schermo. Il CESE accoglie con favore il coinvolgimento dei giovani, che dovrebbe essere sostenuto e continuo durante l'intero processo.

2.2.

Secondo uno studio della Commissione europea (8), «l'apprendimento misto è inteso come un approccio ibrido che combina l'apprendimento a scuola con l'apprendimento a distanza, compreso l'apprendimento online. Si tratta di un modello flessibile che può sostenere l'avanzamento di un progetto o di un corso di studio, senza esigere che insegnanti e discenti si trovino sempre nello stesso spazio fisico».

2.3.

Se da un lato l'apprendimento scolastico migliora le competenze sociali, il benessere, il senso di appartenenza, il senso di comunità e una migliore interazione personale tra insegnanti e studenti e tra gli studenti, dall'altro lato, l'apprendimento misto ben organizzato può aiutare i discenti a imparare in modo più indipendente, individualizzato e autogestito (9). Esso può essere particolarmente promettente per l'apprendimento legato alle arti, compresi i materiali video.

2.4.

Sebbene la proposta descriva l'apprendimento misto come un approccio ibrido, sottolineandone la flessibilità e il potenziale di incoraggiare lo studio indipendente, è necessario chiarire ulteriormente il ruolo che gli insegnanti e i formatori svolgono nella sua attuazione. A tale riguardo, è importante garantire che l'apprendimento misto sia attuato nei programmi di studio con un approccio che abbraccia tutta la scuola, tenendo conto delle esigenze degli insegnanti, degli studenti e delle loro famiglie. È inoltre necessario che l'apprendimento misto sia attuato durante l'orario scolastico e non comporti un sovraccarico insostenibile per gli insegnanti o un onere aggiuntivo per le famiglie degli alunni.

3.   Osservazioni particolari

3.1.

La crisi della COVID-19 ha costretto gli studenti delle scuole primarie e secondarie e dell'istruzione e formazione professionale ad essere più indipendenti. Le scuole e gli insegnanti sono stati costretti ad adattarsi, per lo più senza una preparazione adeguata e in risposta all'emergenza, alla didattica online e a distanza, utilizzando messaggistica digitale, e-mail, videochat online e altri mezzi per entrare in contatto con i discenti al fine di fornire un insegnamento adeguato durante il confinamento. È stata una sfida impegnativa per i minori con disabilità, che sono più svantaggiati quando interagiscono attraverso i media digitali. I governi, le trasmissioni televisive, le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le ONG e i singoli individui si sono attivati molto rapidamente per sostenere gli insegnanti nella creazione di classi virtuali e piattaforme di collaborazione, ma resta ancora molto da fare.

3.2.

Dato l'enorme impatto della crisi della COVID-19 sui giovani e sul sistema di istruzione, dobbiamo anche essere cauti riguardo alla tempistica del cambiamento. Ci vuole tempo per gestire il ripristino della didattica in presenza, e molti giovani devono abituarsi al ritorno alla «normalità»: troppi cambiamenti in troppo poco tempo potrebbero risultare destabilizzanti. I minori e i giovani hanno subito più di ogni altro la crisi della COVID. L'istruzione, la socializzazione, le prospettive economiche e la salute mentale hanno risentito in modo particolare della pandemia. La priorità per il periodo a venire dovrebbe essere la normalizzazione e una speciale concentrazione sul benessere, la salute mentale e l'apprendimento formale.

3.3.

Il CESE esprime preoccupazione circa la possibilità che le scuole primarie, e persino i primi anni delle secondarie, facciano fronte all'apprendimento misto, dato che spesso i discenti di tali gruppi di età non dispongono delle competenze necessarie per essere studenti attivi in tale contesto di apprendimento. Detti studenti mancano in genere di capacità di autogestione, abilità collaborative, competenze in materia di TIC, costruzione della conoscenza, capacità di autovalutazione e molte altre cosiddette competenze del XXI secolo. Tali competenze sono necessarie per un apprendimento efficace in un contesto misto, e la loro mancanza nella popolazione dei discenti rappresenta una seria minaccia per la realizzazione di un apprendimento misto di qualità. Va adottato il principio per cui la sperimentazione dell'apprendimento misto nella scuola comincia con gli studenti più anziani piuttosto che con quelli più giovani.

3.4.

Il CESE rileva che gli studenti dell'istruzione e della formazione professionale sono quelli che hanno subito la perdita maggiore in termini di esperienza pratica di apprendimento attraverso gli apprendistati durante la crisi della COVID. La mancanza di accesso alla banda larga e agli strumenti informatici, l'insufficiente interazione tra insegnanti e studenti e la mancanza di ambienti di apprendimento adeguati hanno comportato un numero maggiore di abbandoni, soprattutto tra le ragazze e i minori svantaggiati dal punto di vista socioeconomico. L'apprendimento misto, pertanto, deve essere concepito e utilizzato con attenzione al fine di garantire a tutti i minori un ambiente e strumenti di apprendimento inclusivi. Sebbene la raccomandazione si concentri in larga misura sull'istruzione primaria e secondaria e sull'istruzione e formazione professionale iniziale di livello secondario, sarebbe utile esaminare il potenziale dell'apprendimento misto nel settore dell'apprendistato.

3.5.

La proposta include tra le sue misure una risposta diretta alla crisi «Dare priorità al benessere fisico e mentale dei discenti e delle loro famiglie», nonché «Promuovere lo sviluppo delle competenze digitali dei discenti e delle famiglie». A questo proposito, il CESE sottolinea l'importanza di ampliare la portata della garanzia del benessere e del miglioramento delle competenze digitali per coprire l'intero sistema di istruzione, compresi in particolare gli insegnanti, i formatori e i dirigenti scolastici.

3.6.

Il CESE si compiace del fatto che la Commissione proponga di elaborare, in cooperazione con gli Stati membri, materiale di orientamento specifico, manuali e altri strumenti tangibili, basati su dati concreti, attività di apprendimento tra pari e buone pratiche. Ciò colmerà i divari individuati nel sostegno dello sviluppo di un approccio di apprendimento misto a livello di scuola e di sistema. Anche le parti sociali e altri pertinenti portatori di interessi dovrebbero far parte di tale cooperazione. Qualsiasi modifica, cambiamento o adeguamento dei sistemi di istruzione deve essere effettuato con la massima cautela. Bisogna essere assolutamente certi che tali cambiamenti non aggravino in alcun modo lo svantaggio educativo e l'abbandono scolastico, che sono probabilmente le maggiori sfide cui fa fronte il nostro sistema d'istruzione.

3.7.

Il CESE ritiene che l'apprendimento misto abbia il potenziale per trasformare completamente sia l'insegnamento che l'apprendimento. Tuttavia, mentre la proposta sottolinea le «opportunità create dall'apprendimento misto, tra cui il miglioramento della qualità e dell'inclusività dell'istruzione e della formazione e lo sviluppo di un ampio ventaglio di competenze e del benessere dei discenti» il CESE rileva che occorre considerare le limitazioni nell'attuazione dell'apprendimento misto, specie nelle zone rurali e nelle aree caratterizzate da povertà, in cui mancano le infrastrutture (accesso alla banda larga e agli strumenti informatici) e un ambiente favorevole (ambiente domestico, contesto finanziario ecc.) per un apprendimento misto di qualità utile agli studenti. Specialmente quando l'intera famiglia deve collegarsi per le sue attività, è fondamentale che sia disponibile una connessione a reti potenti e affidabili. Per di più non tutti gli studenti dispongono di livelli sufficienti di competenze digitali, autodisciplina o autonomia necessari per seguire le lezioni in modo indipendente e svolgere compiti senza un'interazione in presenza con gli insegnanti. In generale, il successo dell'apprendimento misto dipende in larga misura dal monitoraggio e dall'assistenza da parte dei genitori, specie per i discenti più giovani. Ciò rischia di creare o ampliare le disuguaglianze nei risultati di apprendimento degli alunni e di contribuire a un aumento del tasso di abbandono scolastico, in quanto non tutti i genitori saranno in grado di svolgere efficacemente tale ruolo o disponibili a farlo.

3.8.

Sebbene negli ultimi anni i sistemi di istruzione abbiano registrato una tendenza crescente verso la privatizzazione, è opportuno che l'apprendimento misto sia attuato nei programmi di istruzione in modo tale da proteggere la responsabilità e la trasparenza nella governance dei sistemi di istruzione pubblici dall'influenza degli interessi e degli attori privati e commerciali. L'apprendimento misto non deve compromettere il carattere di bene pubblico dell'istruzione.

3.9.

Prima della COVID-19 gli educatori hanno dovuto far fronte a un crescente divario di apprendimento tra gli studenti, dovuto a varie pressioni socioeconomiche. Vi sono poi ulteriori fattori, tra cui il razzismo, la segregazione, il calo generale della mobilità verso l'alto e il rallentamento dell'economia mondiale. Per di più si è fatto in genere maggiore affidamento sui compiti a casa, ad esempio, cosa che serve solo ad ampliare i divari nei risultati. L'isolamento e l'autoapprendimento hanno anch'essi effetti psicologici negativi. Per molti studenti, e specialmente per quelli provenienti da contesti svantaggiati dal punto di vista socioeconomico, l'interazione diretta con gli insegnanti e gli altri studenti costituisce una fonte di conforto e contribuisce a ridurre il divario di apprendimento. La pandemia di COVID-19 in corso ha ampliato il divario di apprendimento e di competenze digitali, con un maggior numero di studenti a rischio di una perdita di apprendimento.

3.10.

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che l'istruzione iniziale e lo sviluppo professionale continuo degli insegnanti non sono sufficienti a fornire loro le competenze adeguate, anche digitali, i metodi pedagogici o il materiale didattico da utilizzare per insegnare nel quadro dell'apprendimento misto. Ciò vale in particolare quando si lavora con studenti con bisogni speciali, in un contesto multiculturale o con studenti svantaggiati, ossia in situazioni rese ancora più problematiche dal fatto che vengono penalizzati proprio quei gruppi di discenti che hanno bisogno di un sostegno supplementare nella situazione attuale. Il Forum europeo delle disabilità chiede la parità di accesso ai servizi di istruzione per i lavoratori dipendenti e gli studenti con disabilità, e l'adozione di misure quali l'interpretazione del linguaggio dei segni, la sottotitolatura dal vivo e il lavoro adattato.

3.11.

Gli strumenti di autovalutazione menzionati nella proposta, come il prossimo strumento SELFIE per gli insegnanti, hanno il potenziale per sostenere l'attuazione dell'apprendimento misto. Tuttavia, il CESE richiama l'attenzione sul rischio che tali strumenti possano dare luogo a una comparazione degli istituti di istruzione finalizzata a creare graduatorie, leghe e competizioni. È importante che l'attuazione dell'apprendimento misto avvenga nel rispetto delle caratteristiche specifiche di tutti gli istituti di istruzione e delle priorità concernenti l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), che dovrebbero essere soggette al consenso di insegnanti, formatori e dirigenti scolastici.

3.12.

Il lavoro con i minori e i giovani deve basarsi in misura crescente su una reale partecipazione continua degli interessati, in linea con l'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Fatta eccezione per una consultazione, la raccomandazione non pone grande enfasi sul punto di vista dei minori. Questo problema dovrebbe essere affrontato. Numerosi Stati membri stanno sviluppando modelli di buone pratiche e l'UE sta sviluppando la propria strategia sui diritti dei minori. Questo tipo di cambiamento dovrebbe finire per risultare evidente nella gestione e nella valutazione delle scuole.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  COM(2020) 625 final; COM (2020) 624 final; GU C 66 del 26.2.2021 pag. 1; GU C 221 del 10.6.2021, pag. 3.

(2)  GU C 56 del 16.2.2021, pag. 1.

(3)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 27.

(4)  Commissione europea, Teachers in Europe Careers, Development and Well-being (Insegnanti in Europa: carriere, sviluppo e benessere), 2021.

(5)  EC: Blended learning in school education — guidelines for the start of the academic year 2020/21 (Apprendimento misto nell'istruzione scolastica — orientamenti per l'inizio dell'anno scolastico 2020/21).

(6)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 27.

(7)  Downes, P., Multi/Interdisciplinary Teams for Early School Leaving Prevention: Developing a European Strategy Informed by International Evidence and Research (Squadre multidisciplinari e interdisciplinari per la prevenzione dell'abbandono scolastico: sviluppare una strategia europea basata su prove e ricerche internazionali), 2011. Commissione europea, NESET (Rete di esperti sugli aspetti sociali dell'istruzione e della formazione), direzione generale Istruzione e cultura, Bruxelles.

(8)  EC: Blended learning in school education — guidelines for the start of the academic year 2020/21 (Apprendimento misto nell'istruzione scolastica — orientamenti per l'inizio dell'anno scolastico 2020/21).

(9)  Ibidem.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/134


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla garanzia di condizioni di parità per un trasporto aereo sostenibile

[COM(2021) 561 final — 2021/0205 (COD)]

(2022/C 105/20)

Relatore:

Thomas KROPP

Consultazioni

Parlamento europeo, 13.9.2021

Consiglio dell’Unione europea, 14.9.2021

Base giuridica

Articoli 100, paragrafo 2, e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

7.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

231/0/9

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ribadisce che il mercato dell’aviazione dell’UE è essenziale per il commercio e il turismo nell’Unione europea, nonché per la competitività internazionale dell’economia europea (1).

Tuttavia, poiché il trasporto aereo è uno dei settori dalla crescita più rapida in termini di emissioni di CO2, il CESE sostiene le iniziative normative intraprese dalle istituzioni dell’UE per attenuarne l’impatto sull’ambiente (2).

1.2.

Il pacchetto della Commissione Pronti per il 55 % mira a mettere l’UE sulla buona strada per raggiungere il suo ambizioso obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, allineando la politica dell’UE agli ambiziosi mandati politici del Green Deal e della legislazione dell’UE sul clima. Il CESE sostiene questa politica molto ambiziosa, che include diverse proposte legislative riguardanti il settore dell’aviazione, tra le quali un elemento essenziale è la promozione di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF). Il CESE rileva che la Commissione ha valutato la complementarità di questa proposta con altre proposte pertinenti, ma ritiene che essa debba considerare anche gli effetti finanziari cumulativi di tutte le misure normative pertinenti.

1.3.

Nel contesto delle iniziative normative volte ad accelerare la transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette, la proposta RefuelEU Aviation è fondamentale per il trasporto aereo. Contrariamente ad altri settori, l’aviazione dipende dai combustibili fossili come fonte di energia. Per consentire al settore dell’aviazione di crescere riducendo nel contempo le sue emissioni di CO2, la proposta di regolamento RefuelEU Aviation mira ad accelerare la produzione, la distribuzione e l’adozione di SAF imponendo ai fornitori di carburanti avio l’obbligo di fornire una quota crescente di carburante per aviazione miscelato con SAF in tutti gli aeroporti dell’UE, e richiedendo alle compagnie aeree di aumentare l’uso di SAF in fasi crescenti predefinite.

In linea con il suo approccio alla promozione di un trasporto aereo sostenibile, il CESE sostiene l’impostazione della proposta della Commissione, ma propone modifiche volte a garantire che essa possa essere attuata in modo efficace e senza creare distorsioni.

1.4.

Il CESE accoglie con favore l’iniziativa della Commissione volta ad accelerare la crescita di un mercato dei SAF. È vero che i SAF, se prodotti in quantità sufficienti e disponibili per tutte le compagnie aeree, ridurrebbero in misura significativa le emissioni di CO2 del settore. Tuttavia, non è chiaro se l’approccio seguito dalla Commissione impedirebbe le distorsioni della concorrenza.

1.5.

Quello dell’aviazione è un settore internazionale di servizi, comprendente due mercati differenti, con dinamiche di mercato distinte: da un lato il mercato unico dello Spazio economico europeo (SEE), dall’altro il mercato soggetto alla regolamentazione internazionale. Il CESE ritiene che la proposta debba tenere chiaramente conto di questa differenza, e invita la Commissione a mantenere condizioni di parità nel SEE e a promuovere in modo proattivo norme applicabili a livello mondiale in materia di sostenibilità.

1.6.

Il regolamento proposto riguarderà tutte le operazioni di tutte le compagnie aeree dell’UE, operanti sia nel SEE che a livello internazionale; le reti di compagnie aeree di paesi terzi, tuttavia, saranno interessate solo nella misura in cui comprendono servizi da un aeroporto dell’UE. Tutti gli altri servizi globali delle compagnie aeree non UE non sarebbero influenzati dalla diffusione minima richiesta di carburante per l’aviazione miscelato con SAF. La prevista differenza di prezzo tra il carburante per aerei e SAF potrebbe quindi conferire alle compagnie aeree di paesi terzi un vantaggio concorrenziale. Le compagnie aeree dell’UE non dovrebbero sostenere unilateralmente costi aggiuntivi quando l’intero settore mondiale dell’aviazione lotta per riprendersi dalla sua peggiore crisi del dopoguerra. Inoltre, se la differenza di prezzo viene trasferita ai passeggeri, i voli meno rispettosi dell’ambiente operati da compagnie aeree di paesi terzi diventerebbero più appetibili per i passeggeri dell’UE.

1.7.

Il CESE raccomanda di far sì che l’effettiva attuazione del regolamento sia preceduta da una fase pilota durante la quale le disposizioni interne al SEE sulla mitigazione dell’impatto ambientale dell’aviazione potrebbero essere allineate, e la Commissione concentrerebbe i propri sforzi su uno stretto coordinamento della promozione dei SAF da parte dell’UE con iniziative analoghe intraprese a livello internazionale. Una volta che un quantitativo sufficiente di SAF sarà stato prodotto e messo a disposizione dei vettori dell’UE e dei paesi terzi, il regolamento in esame sarebbe pienamente applicato, coprendo anche gli obblighi delle compagnie aeree non UE in partenza da aeroporti dell’UE. Tale approccio scaglionato ridurrebbe al minimo i rischi di svantaggi per chi si attiva per primo, limiterebbe il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, consentirebbe un’attuazione efficace in termini di costi e stabilizzerebbe la pianificazione di tutte le parti interessate, compresi i produttori di SAF. Esso faciliterebbe inoltre un approccio coerente ai biocarburanti.

1.8.

Poiché sulle rotte internazionali a lungo raggio viene emessa una quota di CO2 molto maggiore che sulle rotte a medio e corto raggio del SEE (3), il CESE ritiene che la Commissione debba concentrarsi maggiormente su come coordinare le norme internazionali. Queste misure adottate da terzi, insieme a meccanismi di compensazione già concordati come CORSIA (4), daranno ulteriore impulso alla produzione, alla diffusione e all’impiego di SAF a livello internazionale, accelerando in tal modo l’aumento della domanda di SAF e riducendo il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio (5).

Il CESE condivide l’analisi della Commissione secondo cui ci vorrà del tempo per creare un mercato per il SAF. Nell’ottica di garantire la stabilità della pianificazione per tutte le parti interessate, compresi i produttori di SAF, e di orientare il processo di monitoraggio politico, il CESE invita la Commissione a elaborare una tabella di marcia realistica e completa per l’aumento progressivo del ricorso ai SAF.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Per promuovere la crescita del trasporto aereo sostenibile serve un approccio normativo a vasto raggio ed efficace.

2.1.1.

Il progetto di proposta RefuelEU Aviation è integrato in varie altre proposte di regolamentazione contenute nel pacchetto Pronti per il 55 %, tutte intese a mitigare gli effetti del trasporto aereo sull’ambiente (6). Nel valutare l’impatto e l’attuabilità del documento ReFuelEU Aviation, occorre pertanto tenere adeguatamente conto dell’interdipendenza delle proposte in questione e del loro effetto cumulativo sul mercato del trasporto aereo.

2.1.2.

Una revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia introdurrebbe un’aliquota d’imposta minima applicabile ai voli intra-UE; il SAF sarebbe avvantaggiato da un’aliquota minima pari a zero, mentre le aliquote minime aumenteranno gradualmente nell’arco di 10 anni fino a 10,75 EUR/gigajoule. L’obiettivo dichiarato della proposta è promuovere un maggiore ricorso ai SAF, incoraggiare le compagnie aeree a usare aeromobili più efficienti e meno inquinanti, ed evitare una possibile mancanza di entrate pari al 32 %. Se gli Stati membri superano individualmente l’aliquota minima, queste tasse aggiuntive nazionali sulla CO2 aumenterebbero notevolmente l’onere dei costi per le compagnie aeree, a meno che i SAF non siano prodotti in quantità sufficienti. Sembra essenziale stabilire tale collegamento con la disponibilità di SAF, altrimenti le norme potrebbero avere un effetto punitivo, invece di fornire maggiori incentivi alla produzione e all’uso di SAF.

2.1.3.

In effetti, c’è da chiedersi se delle tasse aggiuntive possano stimolare la transizione dai combustibili fossili ai SAF qualora questi ultimi non siano disponibili in quantità sufficienti.

2.1.4.

In assenza di valide disposizioni antidumping, le condizioni di mercato consentono attualmente ai concorrenti nel settore dell’aviazione di offrire biglietti a prezzi inferiori ai loro costi operativi marginali, e perfino ai costi cumulativi della gestione del traffico aereo e dei diritti aeroportuali. Un’ulteriore tassa non inciderebbe su tali livelli marginali dei prezzi e pertanto non fornirebbe incentivi a ricorrere al SAF come misura concorrenziale; una siffatta tassa minima per l’intera UE non farebbe altro che privare le compagnie aeree delle risorse necessarie per investire in aeromobili più efficienti. Inoltre, le entrate generate da tali tasse aggiuntive non possono, per definizione, essere utilizzate per obiettivi predeterminati (di rilevanza ambientale), ma confluirebbero nelle casse degli Stati membri, senza quindi consentire una crescita dell’offerta in risposta alla crescente domanda di trasporto aereo.

2.1.5.

Il CESE ritiene pertanto necessaria una valutazione più differenziata delle dinamiche di mercato, con particolare attenzione per l’eventuale esigenza di affrontare, come misura normativa aggiuntiva, la necessità di una legislazione antidumping mirata che imponga effettivamente un livello minimo di prezzo per coprire i costi esogeni (7).

La Commissione propone inoltre di rivedere le norme del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) sul trasporto aereo nel quadro del pacchetto Pronti per il 55 %. L’ETS in precedenza copriva circa il 40 % delle emissioni totali nell’UE; la versione riveduta ha aumentato tale copertura includendo altri settori come quello marittimo. Anche l’obbligo di riduzione delle emissioni nei settori interessati dal sistema ETS è aumentato dal 40 % al 61 % entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, mentre le quote gratuite per il trasporto aereo saranno gradualmente eliminate tra il 2023 e il 2025.

2.1.6.

Lo scambio di quote di emissione è infatti un meccanismo basato sul mercato per ridurre le emissioni, e può essere rafforzato mediante un ulteriore perfezionamento dei suoi parametri. Nel valutare gli effetti di tali misure sulle dinamiche del mercato, come indicato in precedenza, occorre tenere presente che la graduale riduzione delle quote gratuite si somma al costo aggiuntivo già previsto dell’imposta minima a livello dell’UE. Inoltre, la direttiva sulla tassazione dell’energia, la direttiva sullo scambio dei diritti di emissione e il regolamento ReFuelEU Aviation richiedono dati sull’impiego e il consumo di carburante per aerei, nonché sull’impiego di SAF. Occorrerebbe valutare ulteriormente la semplificazione delle disposizioni sulla raccolta, la notifica e la verifica dei dati, onde evitare inutili complessità e garantire la fattibilità dei processi.

Il regolamento proposto sull’infrastruttura per i combustibili alternativi mira a garantire l’installazione di infrastrutture adeguate per consentire l’accesso al SAF in tutti gli aeroporti dell’UE. Malgrado la chiara esigenza di garantire una logistica efficiente per la diffusione dei SAF, occorre chiarire il regolamento; secondo la formulazione attuale, i veicoli adibiti al trasporto di carburante verde per l’aviazione potrebbero essere considerati non verdi (8). In assenza di tali chiarimenti, è difficile valutare in che misura potrebbero emergere negli aeroporti ulteriori costi, che potrebbero essere trasferiti alle compagnie aeree.

2.2.

La proposta di regolamento RefuelEU Aviation è fondamentale per garantire la sostenibilità del futuro dell’aviazione, ma deve evitare effetti distorsivi sul mercato dell’aviazione.

2.2.1.

La Commissione riconosce che saranno necessari investimenti significativi e parecchio tempo per un adeguato aumento della produzione e della diffusione dei SAF a livello industriale. La Commissione, la cui giurisdizione è limitata giuridicamente al traffico aereo interno all’UE e, di fatto, al traffico aereo interno al SEE, propone di ridurre al minimo le distorsioni della concorrenza internazionale mediante due misure: garantire il ricorso a carburante per aerei miscelato con SAF per tutti i voli in partenza da aeroporti dell’UE, indipendentemente dalla loro destinazione, e imporre un rifornimento minimo di carburante per aerei negli aeroporti dell’UE. La prima misura riguarda il fornitore e non è discriminatoria nei confronti delle compagnie aeree. Non è invece certo che la seconda misura sia attuabile ed efficace nel prevenire distorsioni del mercato.

2.2.2.

L’articolo 7 obbliga tutte le compagnie aeree a fornire dati, tra l’altro, sulla quantità di carburante per aerei prelevata in un determinato aeroporto dell’UE e sulla quantità totale di carburante per aerei miscelato con SAF acquistato dai fornitori. Già adesso le compagnie aeree comunicano, per ogni volo, il prelievo e il consumo di carburante per aerei nell’ambito degli obblighi di notifica di cui al sistema europeo di scambio dei diritti di emissione; tale regime si applica solo ai voli intra-UE (9). Il regolamento proposto estende gli obblighi di notifica ai voli internazionali provenienti da aeroporti dell’UE. Essi sono effettuati anche da vettori non UE, che sono pertanto inclusi negli obblighi di notifica dei dati. L’estensione di tali obblighi alle compagnie aeree non nazionali, affinché le autorità nazionali possano controllare la conformità, è accettata a livello internazionale. Pertanto, tale obbligo di comunicazione non dovrebbe suscitare opposizione a livello internazionale.

2.2.3.

Tuttavia, l’articolo 5 impone a (tutte) le compagnie aeree di prelevare in un determinato aeroporto dell’UE almeno il 90 % del carburante per aerei annualmente necessario. Questa disposizione è volta a prevenire il cosiddetto tankering (sovrapprovvigionamento). La Commissione definisce il tankering come la pratica per cui una compagnia aerea si rifornisce di più carburante del necessario per evitare il rifornimento all’aeroporto di destinazione, dove il carburante può essere più costoso (10). Tuttavia gli hub di alcune compagnie aeree esterne alla rete dell’UE sono situati vicino al SEE (ad esempio Londra, Doha, Dubai, Istanbul), e per raggiungerli basta un volo a corto raggio dagli aeroporti del SEE. Le destinazioni a lungo raggio potrebbero quindi essere raggiunte approvvigionandosi di carburante presso l’hub esterno all’UE, senza ricorrere al tankering. I costi aggiuntivi connessi al sistema SAF trasferiti al passeggero nel prezzo del biglietto potrebbero incentivare i passeggeri a raggiungere la loro destinazione finale a lungo raggio volando attraverso l’aeroporto di collegamento non UE (meno costoso) (11). L’articolo 5 non affronta però le distorsioni sistemiche dovute agli svantaggi competitivi generati a danno degli aeroporti principali dell’UE e quindi delle compagnie aeree della rete UE.

2.2.4.

Dato che le rotte verso gli hub situati nelle vicinanze dell’UE comportano voli a corto raggio, il rifornimento di carburante per questi voli in uscita dall’UE copre solo una piccola parte delle operazioni internazionali delle compagnie aeree non UE. Pertanto a medio termine, con l’aumento della quota di carburante miscelato con SAF, la differenza di prezzo tra la miscela con SAF e il carburante per aviazione tradizionale accrescerà l’attrattiva concorrenziale dei voli effettuati attraverso hub extra UE. I passeggeri saranno ancora più incentivati a evitare rotte che comportino il rifornimento con SAF, e questo si rifletterebbe negativamente sull’obiettivo dichiarato della normativa proposta, che consiste nel promuovere l’impiego di SAF, riducendo così le emissioni di CO2 anche sulle rotte in uscita dall’UE.

2.2.5.

Alla luce di quanto precede, il CESE raccomanda di «scaglionare» l’applicazione della proposta di regolamento in esame. In una fase pilota le attività dovrebbero incentrarsi sull’allineamento delle disposizioni vigenti in materia sia di notifica dei dati che di prelievi connessi alla CO2 a livello nazionale e dell’UE. Attualmente coesistono varie disposizioni di questo tipo, che servono da base per calcolare il livello delle quote di emissione e delle compensazioni delle emissioni, nonché delle imposte nazionali sulla CO2 e sul carburante avio. Tuttavia al momento tali disposizioni non sono contemplate nello stesso contesto, e vi sono quindi procedure amministrative parallele per le parti interessate e le amministrazioni. Nella sua forma attuale, il regolamento proposto introdurrebbe un ulteriore obbligo di fornire persino più dati sul consumo di carburante in tutti gli aeroporti, compreso il rifornimento con SAF e il consumo di carburante in tutta l’UE; l’Agenzia europea per la sicurezza aerea EASA ed Eurocontrol sarebbero inoltre tenute a comunicare i dati cumulativi ricevuti conformemente a tale regolamento, ma non necessariamente altri dati.

2.2.6.

Sembrerebbe necessario iniziare col creare trasparenza e limitare la complessità superflua tramite una razionalizzazione dei meccanismi di comunicazione, verifica e monitoraggio che i regolamenti in vigore impongono alle compagnie aeree dell’UE, per poi mettere a punto un insieme coerente, efficace ed efficiente di misure, che potrebbe anche integrare le diverse iniziative nazionali creando un quadro armonizzato. In questa fase pilota i dati forniti dalle compagnie aeree dell’UE rispecchierebbero l’uso di (solo) SAF da parte di tali compagnie per i voli all’interno del SEE. Ciò appare realistico alla luce del tempo necessario per aumentare la produzione di SAF. I voli all’interno del mercato unico europeo dell’aviazione non dovrebbero, inizialmente, includere i passeggeri internazionali.

2.2.7.

Questa fase pilota che viene proposta non ritarderebbe necessariamente la piena attuazione del regolamento, essendo intesa a snellire i processi di comunicazione e verifica dei dati all’interno dell’UE per garantire che le misure per il settore del trasporto aereo nel quadro del pacchetto Pronti per il 55 % non comportino oneri burocratici inutilmente complessi. Essa creerebbe inoltre trasparenza in merito all’effetto finanziario cumulativo delle misure sul settore europeo dell’aviazione. La fase pilota non impedirebbe alla Commissione di allineare i processi a quelli adottati al di fuori del SEE.

2.2.8.

L’applicazione del regolamento ai voli internazionali in partenza da aeroporti dell’UE dovrebbe essere subordinata alla disponibilità di SAF per far fronte all’aumento della domanda. Un efficace regime di utilizzazione di SAF su scala del SEE potrebbe quindi fungere da parametro di riferimento, modello e norma a livello internazionale. Un’introduzione graduale del campo di applicazione del regime proposto eviterà inoltre il ripetersi della controversia vissuta dalla Commissione riguardo all’inclusione dei voli in partenza dall’UE nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE. L’essenziale è che la Commissione sviluppi strumenti normativi attuabili a livello del SEE e negozi un approccio armonizzato a livello mondiale.

2.2.9.

Nel contesto del coordinamento delle tappe verso un quadro internazionale perfezionato e mirato, si può e si deve prendere in considerazione il regime di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale (CORSIA). A condizione di mantenere una distinzione tra le tappe fondamentali per le misure all’interno del SEE e le tappe fondamentali per il quadro internazionale, il CORSIA può essere adattato consensualmente alle seconde senza creare ulteriore complessità per le prime.

2.3.

Serve una tabella di marcia completa, chiara e convincente per l’attuazione di tutte le proposte elaborate, e occorre monitorare le tappe fondamentali.

2.3.1.

Gli obiettivi climatici concordati a livello politico nel SEE per tutti i settori, e in particolare per il trasporto aereo, sono estremamente ambiziosi e, come conferma la recente relazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, urgenti. Tuttavia le specificità dell’aviazione, descritte dalla Commissione e brevemente sintetizzate in precedenza, richiedono che la domanda e l’offerta su un mercato attualmente trascurabile (SAF) vengano incentivate senza compromettere la competitività internazionale del settore europeo dell’aviazione o mettere a rischio la sicurezza occupazionale europea. Per far fronte a queste sfide specifiche del settore, sarà essenziale attuare misure efficaci in tappe progressive chiaramente definite, alle quali le parti interessate possano realisticamente adattare i loro prodotti e processi interni.

2.3.2.

Il processo legislativo in corso è intrinsecamente caratterizzato da un certo grado di incertezza circa l’esito finale dei pacchetti legislativi. Il CESE esorta tutte le istituzioni dell’UE a cercare di preservare, e anzi di migliorare ulteriormente, l’efficacia complessiva delle misure proposte, e a raggiungere un consenso sulla tabella di marcia per la loro attuazione.

2.3.3.

Tale tabella di marcia comprenderà l’allineamento delle misure nazionali già in vigore. Alcuni Stati membri hanno già elaborato siffatte tabelle di marcia dopo aver consultato le parti interessate (12).

3.   Osservazioni specifiche

3.1.

Per un’attuazione riuscita della proposta è essenziale garantire che vengano evitati gravi errori di pianificazione del ricorso obbligatorio ai SAF. La Commissione ha elaborato otto concezioni della politica in questione, che differiscono per quanto riguarda i soggetti vincolati dal regolamento (fornitore e/o compagnia aerea), il campo di applicazione geografico (SEE, con o senza il contesto extra-SEE), le prescrizioni accessorie concernenti futuri prodotti SAF sofisticati (in particolare combustibili rinnovabili di origine non biologica), l’obiettivo (volume di SAF o riduzioni dei gas a effetto serra) e i requisiti logistici (ossia, se l’opzione include un sistema del tipo «book and claim» che renda superfluo l’approvvigionamento materiale di ciascun aeroporto, evitando di dover garantire che ogni lotto di combustibile in ciascun aeroporto contenga SAF).

3.2.

Il CESE sostiene l’approccio della Commissione di rendere obbligatori i biocarburanti avanzati e il cherosene sintetico. La proposta dell’UE sostituirebbe gli obblighi nazionali che contemplano in parte combustibili ricavati da colture. Pertanto, poiché la produzione di biocarburanti è di primaria importanza per molti settori, e non solo per l’aviazione, è fondamentale garantire che tale produzione sia sempre sostenibile.

3.3.

La proposta della Commissione prevede una miscela di SAF al 5 % entro il 2023, con un 4,3 % di biocarburanti e lo 0,7 % di cherosene sintetico. La Commissione dovrebbe riesaminare l’equilibrio tra biocarburanti avanzati e cherosene sintetico. Poiché i biocarburanti avanzati sono prodotti a partire da rifiuti e residui, la disponibilità di risorse ostacola un loro ambizioso sfruttamento. Il cherosene sintetico, invece, se prodotto utilizzando elettricità (verde) generata da fonti rinnovabili e CO2 catturata nell’atmosfera, produrrebbe un carburante con emissioni di CO2 trascurabili. Secondo il CESE, ulteriori atti di diritto derivato potrebbero accelerare l’introduzione di processi di produzione avanzati e facilitare il conseguimento di obiettivi a medio e lungo termine più ambiziosi per le miscele contenenti SAF.

3.4.

Il CESE raccomanda di perseguire un’inclusione più ambiziosa del cherosene sintetico, in considerazione del suo potenziale. Non appare irrealistico portare l’obiettivo minimo allo 0,7 % nel 2027 e al 5 % nel 2030. Il CESE ritiene che la Commissione sottovaluti le dinamiche del mercato del cherosene sintetico. I paesi in via di sviluppo dell’America meridionale e dell’Africa possono sviluppare centrali elettriche, nonché immagazzinare e trasportare elettrocarburanti verso i paesi che necessitano di SAF o di elettrocarburanti. Con l’espansione degli impianti la produzione di elettrocarburanti diventerà sempre più accessibile per questi paesi. Tuttavia l’attuale formulazione della direttiva sulle energie rinnovabili (RED III) non garantisce una stabilità di pianificazione sufficiente a far sì che gli investitori investano in nuove tecnologie. Questa fonte di energia è tuttavia talmente importante da richiedere una chiara tabella di marcia politica, come indicato più sopra.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 99, GU C 389 del 21.10.2016, pag. 86.

(2)  Comunicazione della Commissione sul Green Deal europeo [COM(2019) 640 final];

strategia per una mobilità intelligente e sostenibile (https://ec.europa.eu/transport/themes/mobilitystrategy_en);

direttiva sull’inclusione del trasporto aereo nel sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE [COM(2021) 552 final];

direttiva sulle energie rinnovabili [COM(2021) 557 final];

direttiva sulle infrastrutture per i combustibili alternativi [COM(2021) 560 final].

(3)  Metà delle emissioni di CO2 sono generate da solo il 6 % dei voli, quelli a lungo raggio, Data Snapshot on CO2 emissions and flight distance (Quadro dei dati sulle emissioni di CO2 e la distanza dei voli), Eurocontrol.

(4)  Il regime di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale, CORSIA, è un regime globale di misure basate sul mercato intese a compensare la quota di emissioni di CO2 prodotte dai voli internazionali che supera i livelli del 2020. Esso viene applicato su base volontaria dal 1o gennaio 2021 al 2026, vi partecipano, su base volontaria, 81 Stati (compresi tutti gli Stati membri dell’UE) che rappresentano il 77 % del trasporto aereo internazionale.

(5)  Vari paesi, come il Regno Unito e gli Stati Uniti, stanno inoltre pianificando misure per promuovere i SAF e ridurre le emissioni di CO2, cfr. SWD(2021) 633 final.

(6)  SWD(2021) 633 final, cap. 7.2.

(7)  Qualsiasi intervento normativo nei meccanismi di mercato è contrario agli obiettivi di liberalizzazione del mercato dell’aviazione, ma la liberalizzazione non è un dogma e ha i suoi limiti quando impedisce il conseguimento degli obiettivi climatici stabiliti nel Green Deal. Serve quindi un’analisi dettagliata e differenziata delle implicazioni di mercato di tali interventi in un quadro normativo liberalizzato. Ciò è tanto più pertinente se differenti iniziative normative complementari sono interdipendenti e possono avere effetti finanziari cumulativi sulle parti interessate.

(8)  Parere del CESE sul tema Tassonomia della finanza sostenibile — cambiamenti climatici, adottato il 22.9.2021, ECO/549 (GU C 517 del 22.12.2021, pag. 72).

(9)  Il proposito originario di estendere l’applicabilità del sistema di scambio di emissioni dell’UE ai voli da e verso aeroporti dell’UE è stato abbandonato per l’opposizione di Stati non appartenenti all’UE, i quali hanno argomentato che le loro compagnie aeree non possono essere legalmente incluse in un regime normativo dell’UE affine a una tassa.

(10)  Relazione (1. Motivazioni e obiettivi della proposta), pag. 1.

(11)  Ad esempio il prezzo di un biglietto Stoccarda-Vienna-Kuala Lumpur risentirebbe del costo maggiore legato all’uso di miscele SAF per la tratta a corto raggio Stoccarda-Vienna, e del ricorso obbligatorio ai SAF per la tratta a lungo raggio Vienna-Kuala Lumpur. Un volo Stoccarda-Istanbul-Kuala Lumpur, invece, comporterebbe l’impiego di carburante avio miscelato con SAF solo per la tratta a corto raggio Stoccarda-Istanbul.

Nell’esempio di cui sopra, potrebbe in effetti essere economicamente vantaggioso per la compagnia aerea che effettua la tratta Istanbul-Stoccarda rifornirsi a Istanbul di carburante sufficiente per ridurre la necessità di un ulteriore rifornimento di carburante per il volo di ritorno Stoccarda-Istanbul, evitando così del tutto il rifornimento con carburante miscelato con SAF. Il disposto dell’articolo 5 previene questo tipo di calcolo.

(12)  Ad esempio, tabella di marcia per la conversione dell’energia elettrica in combustibile liquido, Germania, 2021 https://www.bmvi.de/SharedDocs/DE/Anlage/LF/ptl-roadmap.pdf?__blob=publicationFile.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/140


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda la notifica agli operatori aerei stabiliti nell’Unione della compensazione nell’ambito di una misura mondiale basata sul mercato

[COM(2021) 567 final — 2021/0204 (COD)]

(2022/C 105/21)

Relatore:

Thomas KROPP

Consultazioni

Consiglio dell’Unione europea, 14.9.2021

Parlamento europeo, 13.9.2021

Base giuridica

Articoli 192 e 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

Adozione in sezione

7.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

238/0/5

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) osserva che, a causa della pandemia di COVID-19, nel 2020 le emissioni di CO2 del trasporto aereo sono diminuite del 64 % rispetto al 2019 (1). Secondo una previsione di Eurocontrol (l’organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea) su cui si fonda la proposta della Commissione, il volume del traffico aereo non dovrebbe tornare ai livelli del 2019 prima del 2024 (2).

1.2.

Nel luglio 2020 il Consiglio dell’ICAO (l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale delle Nazioni Unite) ha deciso che le emissioni del 2019 dovrebbero essere utilizzate come base di riferimento per calcolare la compensazione (3) dovuta dalle compagnie aeree per gli anni 2021-2022.

1.3.

Conformemente alla proposta di modifica della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), nel 2022 gli Stati membri sarebbero tenuti a notificare le compensazioni per il 2021, come previsto dal diritto internazionale, anche se l’aumento delle emissioni nel 2021 rispetto al 2019 dovrebbe essere trascurabile, se non addirittura nullo.

1.4.

Il CESE approva pertanto la proposta della Commissione (5) di modificare la direttiva 2003/87/CE per quanto riguarda la notifica della compensazione nel 2021. La modifica dovrebbe essere adottata senza indebito ritardo per garantire la certezza del diritto (6).

1.5.

Il CESE raccomanda di prevedere una proroga del termine di riferimento modificato fino a quando il numero medio di passeggeri non raggiungerà i livelli del 2019, e almeno per gli anni 2022 e 2023, durante i quali, secondo le previsioni attuali, dovrebbe esservi una ripresa. In caso contrario, gli operatori aerei sarebbero obbligati a compensare le emissioni pur volando meno e generando meno emissioni rispetto all’anno di riferimento.

1.6.

Il CORSIA (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation — regime di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale) è uno degli elementi di un pacchetto di misure volte a mitigare l’impatto del trasporto aereo sull’ambiente. Il CESE incoraggia la Commissione a riesaminare tutte le proposte normative pertinenti per il settore dell’aviazione nel pacchetto «Pronti per il 55 %» della sua politica relativa al Green Deal, al fine di stabilire l’interdipendenza delle proposte per valutarne l’impatto finanziario cumulativo e allineare le rispettive procedure.

1.7.

Nel 2016 gli Stati membri dell’ICAO, compresi gli Stati membri dell’UE, hanno convenuto di attuare il CORSIA come strumento di protezione del clima nel trasporto aereo internazionale. Il CESE accoglie con favore l’adozione di misure globali per le industrie globali. Invita pertanto la Commissione europea, il Parlamento europeo e gli Stati membri a continuare a dare il loro pieno sostegno e appoggio al CORSIA.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Nel 2016 l’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (ICAO) ha adottato il CORSIA per affrontare il problema delle emissioni di CO2 del trasporto aereo. Le norme e le procedure per l’attuazione di tale regime sono state adottate come allegato della convenzione di Chicago, che tutti gli Stati membri dell’ICAO sono tenuti ad applicare dal gennaio 2019.

2.2.

Un sistema di compensazione non riduce le emissioni del settore, ma le compagnie aeree compenseranno l’aumento delle emissioni del trasporto aereo in altri settori, in modo da stabilizzare le emissioni nette di CO2. Un requisito fondamentale è che la riduzione delle emissioni in altri settori sia permanente e non comporti aumenti involontari delle emissioni.

2.3.

L’importanza del CORSIA non rischia di essere sopravvalutata, poiché si tratta di un meccanismo concordato a livello internazionale al livello delle Nazioni Unite. Tutti gli Stati membri dell’ICAO firmatari devono garantire che i loro vettori notifichino le emissioni su base annuale; il monitoraggio dei voli internazionali è iniziato il 1o gennaio 2019. Le compagnie aeree sono pertanto tenute a creare banche dati per il carburante utilizzato su ciascun volo in modo da calcolare le emissioni di CO2 applicando uno dei diversi metodi approvati per la misurazione del consumo di carburante. Gli Stati membri dell’ICAO, tuttavia, hanno convenuto di attuare il sistema CORSIA in fasi distinte; dal 2021 al 2026 saranno oggetto di compensazione solo i voli tra gli Stati che si sono offerti di partecipare a questa prima fase su base volontaria (7). Dal 2027 tutti i voli internazionali saranno coperti dal sistema, con un’esenzione minima per alcuni paesi in via di sviluppo. I voli nazionali rientrano nell’ambito di competenza di un’altra agenzia delle Nazioni Unite, l’UNFCCC (8), e sono contemplati dall’accordo di Parigi.

2.4.

In considerazione della crisi senza precedenti causata dalla COVID-19 nel 2020 e del drastico calo del volume del traffico aereo e, di conseguenza, delle emissioni di CO2, come pure del protratto periodo di ripresa successivo a tale crisi, è altamente improbabile che sussistano obblighi di compensazione per il periodo 2021-2023; ciò potrebbe generare incertezza sull’opportunità di mantenere gli obblighi di notifica. La proposta in esame stabilisce l’obbligo giuridico per gli Stati membri dell’UE di notificare il dato di compensazione agli operatori aerei stabiliti nell’UE entro il 30 novembre 2022 per quanto riguarda le emissioni del 2021, anche se queste sono pari a zero. Essa garantirebbe pertanto la certezza del diritto sia per le compagnie aeree dell’UE che per gli Stati membri.

2.5.

Si prevede che il CORSIA permetterà di compensare circa 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 tra il 2021 e il 2035, ossia una media annua di 165 milioni di tonnellate (9). Tuttavia, poiché il CORSIA non riduce le emissioni del trasporto aereo, esso non inciderà sui livelli effettivi di CO2 prodotti da questo settore. Tale regime deve pertanto essere considerato in combinazione con altri meccanismi che incidono sui livelli di emissione di CO2 del settore (10). Altre tre misure nel contesto del pacchetto «Pronti per il 55 %» (11) perseguono questo obiettivo: l’introduzione di una tassa sul cherosene unicamente a livello dell’UE, l’introduzione di un obbligo di miscelazione dei carburanti sostenibili per l’aviazione (12) e le modifiche al sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS).

2.6.

Sebbene il CORSIA e l’ETS puntino entrambi ad affrontare il problema delle emissioni di CO2, essi funzionano in modo diverso. Il sistema ETS dell’UE riduce le emissioni totali ammissibili obbligando le compagnie aeree ad acquistare quote per le loro emissioni individuali. Il CORSIA obbliga invece le compagnie aeree ad acquistare compensazioni per compensare l’aumento collettivo delle emissioni settoriali, in modo che ogni tonnellata di CO2 emessa dal settore aereo sia evitata o ridotta in un altro settore. Il sistema ETS si applica al trasporto aereo intra-UE. Ciò include, tuttavia, i passeggeri che si limitano a spostarsi da un aeroporto dell’UE a un hub dell’UE per dirigersi verso una destinazione internazionale; in questi casi sarebbero calcolate le emissioni di CO2 per tutti i segmenti del volo che interessano un aeroporto dell’UE. Lo stesso passeggero, diretto verso la medesima destinazione a lunga distanza, potrebbe invece passare per un hub situato nelle vicinanze dell’UE, come Londra, Istanbul, Dubai, Doha o Mosca; in tal caso le emissioni di CO2 del volo a lungo raggio in partenza dall’hub non UE non sarebbero coperte dall’ETS dell’UE. Questi casi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio dovrebbero essere affrontati.

2.7.

Analogamente, la proposta ReFuelEU Aviation potrebbe comportare distorsioni della concorrenza in quanto l’utilizzo di un carburante per aerei miscelato con carburanti sostenibili per l’aviazione sarebbe obbligatorio (solo) in tutti gli aeroporti dell’UE, ma non negli hub non UE. Sebbene i carburanti sostenibili per l’aviazione emettano meno CO2, i loro costi di produzione sono notevolmente più elevati di quelli del carburante per aerei. Senza un finanziamento pubblico di tali carburanti sostenibili, il costo aggiuntivo che essi comportano verrebbe in definitiva trasferito ai passeggeri, rendendo così più cari i voli internazionali in partenza da un hub dell’UE rispetto a quelli diretti verso la stessa destinazione da un hub non-UE. Tali considerevoli distorsioni della concorrenza internazionale dovrebbero essere evitate; in ultima analisi, infatti, esse mettono a rischio le riduzioni delle emissioni di CO2 che sono auspicate sul piano politico, commerciale e soprattutto ecologico.

2.8.

La tassazione del cherosene avrebbe un effetto sul mercato solo se stimolasse la produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione, e non è necessariamente così.

2.9.

Il CESE raccomanda alla Commissione di tracciare una panoramica completa di tutte le misure basate sul mercato e dei loro effetti auspicati sul mercato dell’aviazione.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  https://ec.europa.eu/clima/news-your-voice/news/emissions-trading-greenhouse-gas-emissions-reduced-133-2020-2021-04-15_it.

(2)  https://www.eurocontrol.int/publication/eurocontrol-five-year-forecast-2020-2024

(3)  La compensazione è l’attività svolta da un’impresa o da un privato per compensare le proprie emissioni finanziando la riduzione delle emissioni in un altro luogo. Nei mercati in cui la compensazione è obbligatoria, vengono rilasciati crediti di riduzione certificata delle emissioni per le compensazioni create da progetti di riduzione delle emissioni. Questi crediti possono essere scambiati tra imprese e governi per rispettare gli accordi internazionali che limitano la quantità di CO2 che può essere emessa da un singolo organismo od organizzazione.

(4)  Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).

(5)  Il documento oggetto del presente parere: COM(2021) 567 final — 2021/0204 (COD).

(6)  Il CESE segue il ragionamento esposto nel considerando 9 della proposta COM(2021) 567 final — 2021/0204 (COD).

(7)  Dal 2021 il sistema copre almeno 88 Stati, che rappresentano il 77 % del trasporto aereo internazionale, compresi tutti gli Stati membri dell’UE.

(8)  Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Con il protocollo di Kyoto, firmato nel 1997 e in vigore dal 2005 al 2020, sono state applicate per la prima volta delle misure previste dalla convenzione UNFCCC. Il protocollo di Kyoto è stato sostituito dall’accordo di Parigi, entrato in vigore nel 2016. L’UNFCCC conta 197 Stati firmatari, e i progressi nell’attuazione delle sue decisioni sono monitorati dalla Conferenza delle parti, la COP, che si riunisce ogni anno.

(9)  Scheda informativa IATA sul CORSIA, 12 maggio 2019.

(10)  Come l’inclusione del trasporto aereo nell’EU ETS (direttiva 2003/87/CE) e l’iniziativa RefuelEU Aviation [COM(2021) 561 final — 2021/0205 (COD)].

(11)  Il pacchetto «Pronti per il 55 %» della Commissione è composto da diverse proposte normative interdipendenti che consentirebbero all’Unione europea di raggiungere l’obiettivo di una riduzione del 55 % delle emissioni nette di gas ad effetto serra del continente, sul quale il Consiglio dell’UE ha raggiunto un accordo nel 2020; tale obiettivo è sancito nella normativa europea sul clima. Le proposte contenute nel pacchetto riguardano anche gli ecosistemi europei dei trasporti e del turismo. Senza incentivi efficaci, le proposte non potrebbero dar luogo a politiche sostenibili dell’UE in materia di turismo e trasporti. Al contrario, le misure proposte rischiano di comportare aumenti significativi dei costi per le imprese dell’UE, sia grandi che piccole, e di nuocere alla loro competitività nei confronti delle imprese di trasporto e turismo di paesi terzi situate nei pressi delle frontiere dell’UE, mettendo così a rischio i posti di lavoro dell’UE in questi settori. Le regioni dell’UE fortemente dipendenti dal turismo sarebbero quindi particolarmente colpite. Un approccio sostenibile e orientato al futuro, come quello proposto dalla Commissione, consiste di misure complementari, che devono tuttavia — combinate tra loro — fungere da catalizzatori per rendere tale settore a zero emissioni di gas a effetto serra; occorre pertanto tener presente il loro impatto complessivo sui costi per gli ecosistemi europei dei trasporti e del turismo, al fine di garantire la stabilità della pianificazione degli investimenti in nuovi posti di lavoro.

(12)  Progetto di parere del CESE TEN/744 (cfr. pag. 136 della presente Gazzetta ufficiale).


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/143


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Un percorso verso un pianeta più sano per tutti — Piano d’azione dell’UE: “Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo”»

[COM(2021) 400 final]

(2022/C 105/22)

Relatrice:

Maria NIKOLOPOULOU

Consultazione

Commissione europea, 31.5.2021

Base giuridica

Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sezione

4.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

105/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene il piano della Commissione volto a trovare una soluzione globale ai diversi tipi di inquinamento, a rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi e a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS). Affinché il piano sia veramente ambizioso, gli obiettivi devono essere pienamente in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), e il livello di ambizione dovrebbe essere innalzato fin dal principio, ossia fin da adesso.

1.2.

Il CESE esorta la Commissione a iniziare a raccogliere dati in modo da poter presto presentare proposte legislative negli ambiti in cui esse mancano, per esempio in materia di inquinamento luminoso e vibrazionale.

1.3.

Il CESE si rallegra per l’istituzione della piattaforma dei portatori di interessi per l’inquinamento zero, volta ad accelerare il disinquinamento, ed auspica di collaborarvi attraverso la piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare (1) o altri canali.

1.4.

Il CESE deplora che, nella gerarchia dell’inquinamento zero, il risanamento e la compensazione dei danni legati all’inquinamento trovino minore considerazione. Occorre stabilire le azioni da intraprendere quando non sia possibile identificare i responsabili dell’inquinamento o se questi non possano compensare il danno.

1.5.

Il CESE suggerisce che, ai fini della legislazione sull’inquinamento da particolato e del relativo monitoraggio, nella valutazione delle fonti di particolato (PM) si tenga conto del loro potenziale ossidativo e delle particelle ultrafini.

1.6.

Per combattere l’inquinamento marino, tutti i porti devono essere dotati di un sistema avanzato di raccolta e gestione dei rifiuti. Inoltre, l’UE deve incoraggiare in maniera continua le azioni di recupero di rifiuti dal mare, sia per contribuire al disinquinamento che per garantire un’attività secondaria rispetto alla pesca.

1.7.

Una parte dell’inquinamento da plastiche riversate in mare proviene dalle acque interne. La pulizia dei fiumi europei richiede un coordinamento tra i paesi interessati.

1.8.

Il CESE ritiene che la gestione dei rifiuti debba essere armonizzata e che il loro trattamento e la loro rivalorizzazione debbano avvenire nel territorio in cui sono prodotti, oppure dove esistono impianti di riciclaggio adeguati, in modo da evitare un impatto negativo su paesi terzi.

1.9.

Sebbene gli obiettivi siano fissati a livello dell’UE, il CESE raccomanda di stabilire soglie minime per paese, al fine di garantire che tutti gli Stati membri compiano progressi adeguati anche se a ritmi diversi.

1.10.

Il CESE esorta gli Stati membri e la Commissione ad accelerare il processo di transizione verso le fonti di energia rinnovabile, così importanti affinché le imprese realizzino il processo di decarbonizzazione della propria produzione.

1.11.

Il CESE si congratula con la Commissione per la strategia basata sulla scienza dei cittadini, volta a stimolarne la partecipazione e ad assicurarne l’impegno attraverso la sensibilizzazione ai temi dell’inquinamento, della salute e del benessere.

2.   Proposta della Commissione

2.1.

Il piano d’azione dell’UE «Verso l’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo» costituisce una delle ultime pietre angolari del Green Deal. Il suo obiettivo principale all’orizzonte 2050 è quello di ridurre l’inquinamento a livelli che non siano pregiudizievoli per la salute umana e per l’ambiente. La Commissione integrerà e collegherà allo stesso tempo tutte le azioni in corso relative a molteplici obiettivi in materia di inquinamento.

2.2.

In linea con il diritto dell’UE e le ambizioni del Green Deal, come anche in sinergia con altre iniziative, entro il 2030 l’UE deve ridurre:

di oltre il 55 % gli effetti nocivi sulla salute (decessi prematuri) dell’inquinamento atmosferico;

del 30 % la percentuale di persone che soffrono di disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti;

del 25 % gli ecosistemi dell’UE nei quali l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità;

del 50 % le perdite di nutrienti, l’uso dei pesticidi chimici, compresi quelli più pericolosi, e dei rischi ad essi collegati, le vendite di antimicrobici per gli animali da allevamento e per l’acquacoltura;

del 50 % i rifiuti di plastica nei mari e del 30 % le microplastiche rilasciate nell’ambiente;

in misura significativa la produzione totale di rifiuti e del 50 % i rifiuti urbani residui.

2.3.

Le relazioni sul monitoraggio e le prospettive sull’inquinamento zero previste per il 2022 e il 2024 serviranno a valutare il processo di conseguimento degli obiettivi per il 2030, e costituiranno il parametro di riferimento per decidere quali misure vadano applicate o rafforzate al fine di realizzare gli obiettivi per il 2030. A partire da questa base saranno delineate le tappe successive per arrivare ad azzerare l’inquinamento entro il 2050.

2.4.

La Commissione, insieme al Comitato europeo delle regioni, lancerà la piattaforma delle parti interessate sull’inquinamento zero.

2.5.

Entro il 2023 verrà riesaminata la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, al fine di ridurre la plastica e altri rifiuti, il rumore sottomarino e altri inquinanti.

2.6.

La revisione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva sui fanghi di depurazione innalzerà il livello di ambizione al fine di eliminare i nutrienti dalle acque reflue e rendere le acque trattate e i fanghi adatti al riutilizzo.

Verrà riveduto il regolamento sul trasporto dei rifiuti con l’obiettivo di controllare meglio le esportazioni di rifiuti, garantire il loro trattamento sostenibile e limitare le esportazioni che hanno effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute nei paesi terzi.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Come indicato nel piano d’azione, la lotta contro l’inquinamento è anche una lotta per l’equità, in quanto le ripercussioni più nocive sulla salute ricadono sulle categorie più vulnerabili, tra cui i bambini, le persone anziane o affette da patologie, le persone con disabilità e coloro che vivono in condizioni socioeconomiche più sfavorevoli (2). A sostenere il peso delle malattie legate all’inquinamento, a livello mondiale, sono i paesi a basso e medio reddito, nei quali circa il 92 % dei decessi è collegato all’inquinamento (3).

3.2.

Il CESE sostiene il piano della Commissione e le sue iniziative faro volte a trovare una soluzione globale ai diversi tipi di inquinamento, a rispettare gli impegni dell’accordo di Parigi e a realizzare gli OSS. Affinché il piano sia veramente ambizioso, gli obiettivi devono essere pienamente in linea con le raccomandazioni dell’OMS.

3.3.

Il CESE condivide l’approccio di rafforzare la normativa esistente in diversi ambiti e di adeguarla laddove non sia stata attuata con successo, per esempio per quanto riguarda la qualità dell’aria e dell’acqua. Il Comitato ricorda che la politica ambientale dell’UE ha messo in evidenza che l’applicazione lacunosa, frammentata e disomogenea della legislazione ambientale europea rappresenta un serio problema in molti Stati membri (4). Inoltre, a mancare non è la consapevolezza di ciò che bisognerebbe fare: quello che fa difetto è l’attuazione di misure ben note, spesso decise ormai da tempo, e la volontà politica (5).

3.4.

Il CESE esorta la Commissione a iniziare a raccogliere dati in modo da poter presto presentare proposte legislative negli ambiti in cui esse mancano, per esempio in materia di inquinamento luminoso e vibrazionale.

3.5.

Il grado di realizzazione degli obiettivi sarà valutato in base ai risultati del monitoraggio e alle prospettive per il 2024. Da qui si aprirà il dibattito per valutare il livello di ambizione e, se necessario, rivedere in modo più approfondito gli obiettivi e la legislazione. Il CESE teme che questo processo sia troppo lungo rispetto al poco tempo che rimane per conseguire gli obiettivi per il 2030, e ritiene che il livello di ambizione debba essere innalzato fin dal principio, ossia fin da adesso.

3.6.

Gli obiettivi relativi all’inquinamento atmosferico fissati per il 2030 si basano su anni di riferimento eccessivamente indietro nel tempo. Gli anni di riferimento sono inoltre diversi da un obiettivo all’altro perché si basano su dati e normative differenti. Sebbene sia vero che lunghi periodi di dati cumulativi facilitano le proiezioni, secondo il CESE il punto di partenza sul piano temporale da cui valutare la progressione nella realizzazione degli obiettivi dovrebbe essere uguale per tutti gli obiettivi, al fine di ottenere un quadro realistico del loro livello di conseguimento.

3.7.

Il quadro abilitante dovrà aiutare le imprese e le PMI ad applicare la normativa in materia di controllo dell’inquinamento, mantenendo al minimo gli oneri amministrativi. Poiché l’inquinamento dell’UE non si ferma alle frontiere, è inoltre necessaria un’armonizzazione del quadro normativo a livello internazionale.

3.8.

Il CESE ritiene che il processo di cooperazione tra settori sia essenziale per garantire la transizione. Si rallegra pertanto per l’istituzione della piattaforma dei portatori di interessi per l’inquinamento zero ed auspica di collaborarvi attraverso la piattaforma europea delle parti interessate per l’economia circolare o altri canali. Dato che l’inquinamento non conosce frontiere, il Comitato raccomanda inoltre di instaurare una stretta cooperazione con i paesi terzi e di creare spazi di cooperazione tra le organizzazioni della società civile delle diverse regioni.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il sostegno dell’UE all’innovazione, agli investimenti e alla ricerca in nuove attrezzature e tecnologie è importante per tutte le imprese e per la creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Tuttavia, occorre investire nella natura e nella biodiversità (ripristino degli ecosistemi e agricoltura rigenerativa), nella prosperità (infrastrutture sostenibili e transizione verso le energie rinnovabili/transizione energetica, patrimonio immobiliare e mobilità verde/pubblica) e nelle persone (istruzione e superamento del divario digitale/R&S, riforme fiscali per creare opportunità più giuste ed eque nell’istruzione, nella salute e nell’ambiente).

4.2.

Il CESE deplora che, nella gerarchia dell’inquinamento zero, il risanamento e la compensazione dei danni legati all’inquinamento trovino minore considerazione. Il principio «chi inquina paga» non si è rivelato molto efficace, come dimostra l’elevato numero di siti contaminati che ancora esistono nell’UE. Occorre stabilire le azioni da intraprendere quando non sia possibile identificare i responsabili dell’inquinamento o se questi non possano compensare il danno.

4.3.

Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, il CESE desidera richiamare l’attenzione della Commissione sul particolato (PM) cui sono riconducibili milioni di morti premature in tutto il mondo. Nella valutazione degli effetti tossicologici del particolato sulla salute umana si dovrebbe stabilire una misurazione standardizzata basata non solo sulla concentrazione massica, ma anche sulla dimensione e sulla composizione chimica. Nella valutazione delle fonti di particolato rivestono importanza il potenziale ossidativo e le particelle ultrafini, in quanto il grado di pericolosità dipende da questi fattori, di cui si dovrebbe tener conto sia nella legislazione sull’inquinamento da particolato che nel relativo monitoraggio.

4.4.

La normativa sulle acque sarà adattata in funzione della riduzione degli inquinanti chimici e le microplastiche (MPL). I rifiuti di plastica sono estremamente preoccupanti perché sono difficili da eliminare e assorbono altri inquinanti, senza considerare poi l’impatto chimico e tossicologico elevato dei loro additivi e dei derivati della loro frammentazione, le nanoplastiche (NPL) (6). I paesi dell’OCSE contribuiscono notevolmente alla produzione di rifiuti di plastica in altri paesi, motivo per cui è necessario trovare soluzioni all’inquinamento transfrontaliero e stabilire un nuovo limite mondiale specifico per questo tipo di rifiuti. Anche la prevenzione è essenziale, e va quindi incoraggiata e incentivata la produzione basata sulla progettazione ecocompatibile. L’industria e la scienza ambientale devono lavorare insieme alla ricerca di soluzioni praticabili.

4.5.

È importante, specialmente nel settore dell’agricoltura, investire nell’innovazione in materia di tecnologie e modelli operativi che facilitino il riutilizzo dell’acqua e ne migliorino la qualità, così come l’attuazione di soluzioni volte a ridurre l’impronta ambientale (per esempio in relazione alla fertirrigazione, all’impiego di antiparassitari e alla dispersione di nitrati). Lo sviluppo delle capacità degli operatori e la loro formazione nelle nuove tecnologie e soluzioni digitali faciliteranno l’applicazione di queste ultime e il rispetto della normativa in materia di risorse idriche.

4.6.

I rifiuti derivanti dalle attività di pesca, e in particolare le reti da pesca, devono essere gestiti scrupolosamente. Dato che la distribuzione dei rifiuti di plastica riversati in mare segue andamenti casuali, si deve attuare una regolamentazione internazionale, o almeno su base disaggregata secondo la produzione e il consumo di plastica di ogni paese, in modo che chi inquina di più debba pagare di più. Le ONG e alcuni paesi hanno dimostrato che esistono gli strumenti e le persone qualificate per rimuovere i rifiuti dal mare e che è possibile creare le strutture portuali necessarie per il loro stoccaggio e riciclaggio (7). Tuttavia, la misura non si applica perché i pescatori non traggono alcun vantaggio economico dalla raccolta e dalla cernita dei rifiuti e i piccoli porti non sono ancora attrezzati per questa attività. Tutti i porti, anche quelli minori, devono disporre di un sistema avanzato per la raccolta e la gestione trasparente dei rifiuti (8). L’UE dovrebbe incoraggiare queste azioni in maniera continua, sia per contribuire al disinquinamento che per garantire un’attività secondaria rispetto alla pesca (9).

4.7.

L’80 % dei rifiuti presenti nei mari proviene dalle acque interne (laghi e fiumi) (10). Gestire e controllare il problema alla fonte è più efficace. La pulizia dei fiumi europei richiede un coordinamento tra i paesi. Tuttavia, i paesi interessati presentano sistemi giuridici molto diversi e prevedono livelli differenti di responsabilità di governo per quanto riguarda la gestione dei bacini idrografici.

4.8.

Il CESE ritiene che affrontare la questione delle miscele di sostanze chimiche costituisca un importante passo avanti nella valutazione dei rischi legati a tali sostanze. Le attività di ricerca e sviluppo sono fondamentali per far progredire le conoscenze, la valutazione e la gestione delle miscele chimiche (11).

4.9.

Per indirizzare l’UE verso l’inquinamento zero sono necessari incentivi volti a facilitare il cambiamento, lo sviluppo di capacità nelle nuove tecnologie e soluzioni digitali, l’assistenza tecnica, l’educazione sociale, nonché l’armonizzazione e l’attuazione di guide di buone pratiche in materia di produzione e consumo. Le imprese hanno bisogno di energia sufficiente da fonti rinnovabili a prezzi accessibili e di combustibili gassosi a zero o basse emissioni di carbonio onde decarbonizzare i loro processi di produzione. Il CESE esorta gli Stati membri e la Commissione ad accelerare il processo di transizione verso le fonti di energia rinnovabile.

4.10.

La revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) assicura un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso. L’applicazione delle migliori tecniche disponibili che non comportino costi eccessivi costituirebbe un approccio più appropriato per le PMI. L’attuazione della direttiva sulle emissioni industriali deve abbracciare l’intera catena del valore, compreso l’approvvigionamento di materie prime al di fuori dell’UE. I livelli di conformità in materia di emissioni industriali devono essere giuridicamente vincolanti ed è necessaria una metodologia di monitoraggio standardizzata e affidabile che assicuri non solo la comparazione di dati certi, ma anche una valutazione armonizzata che garantisca la parità di condizioni in tutta l’industria dell’UE.

4.11.

Il CESE ritiene che l’agenda per le competenze sia un elemento chiave per lo sviluppo del mercato del lavoro, in quanto orienta la formazione dei professionisti in modo da renderli consapevoli del clima, dell’ambiente e della salute. Il Comitato esprime inoltre vivo compiacimento per la formazione degli operatori nel settore sanitario e sociale, volta a migliorare la loro capacità di affrontare i rischi ambientali. Questa strategia faciliterà l’adattamento di imprenditori, imprese, PMI e lavoratori autonomi, oltre che di tutti gli altri lavoratori, riducendo al minimo la perdita di posti di lavoro.

4.12.

Le città e le regioni sono in prima linea nell’attuazione dei programmi contro l’inquinamento. La sfida di realizzare l’agenda dipende dagli sforzi degli enti locali e regionali. È fondamentale armonizzare i requisiti e le misure tra tutte le regioni e garantire che l’attuazione e gli obiettivi alla fine raggiunti rimangano costanti nel tempo, indipendentemente dai cambiamenti politici. Sebbene gli obiettivi siano fissati a livello dell’UE, il CESE raccomanda di stabilire soglie minime per paese, al fine di garantire che tutti gli Stati membri compiano progressi adeguati anche se a ritmi diversi.

4.13.

È importante armonizzare la gestione dei rifiuti, dato che la separazione e il trattamento funzionano in modo disomogeneo non solo tra le diverse regioni dell’UE, ma anche a livello locale all’interno di ogni Stato membro, il che riduce l’efficacia della gestione e della prevenzione dell’inquinamento. L’esportazione di qualsiasi tipo di rifiuto non conforme alle norme dell’UE dovrebbe essere vietata, indipendentemente dalle misure di regolamentazione in vigore nel paese verso il quale si intendono esportare tali rifiuti. Inoltre, il trattamento e la rivalorizzazione dei rifiuti dell’UE dovrebbero avvenire nel territorio in cui sono prodotti, oppure dove esistono impianti di riciclaggio adeguati, in modo da evitare un impatto su paesi terzi, a meno che i rifiuti non siano utilizzati come materia prima per una produzione sostenibile rispettosa dell’ambiente.

4.14.

La Commissione elaborerà un quadro integrato di monitoraggio e prospettive sull’inquinamento zero per valutare gli impatti sul piano sanitario, ambientale, economico e sociale. In tale quadro occorre includere anche il monitoraggio dello stato dei fiumi. I dati devono essere raccolti applicando metodi standardizzati e devono essere trasparenti, affidabili, tracciabili e accessibili a tutti. La base di dati dovrebbe integrare le fonti delle principali istituzioni associate alla Commissione, e anche di qualsiasi istituzione riconosciuta che desideri contribuire al monitoraggio dell’inquinamento e dei suoi effetti.

4.15.

Il CESE si congratula con la Commissione per la strategia basata sulla scienza dei cittadini, volta a stimolarne la partecipazione e ad assicurarne l’impegno attraverso la sensibilizzazione ai temi dell’inquinamento, della salute e del benessere. Tale approccio responsabilizza i cittadini per quel che riguarda il monitoraggio dell’inquinamento e l’integrazione dei dati raccolti ai fini del processo decisionale. Per garantire il buon esito della strategia bisogna assicurare il coordinamento tra le autorità, le ONG, le comunità e il mondo scientifico.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Piattaforma europea delle parti interessate per l'economia circolare.

(2)  Relazione n. 22/2018 dell’AEA, Unequal exposure and unequal impacts (Esposizione ineguale ed effetti ineguali).

(3)  UNEP/EA.4/3 (2018), piano di attuazione Towards a Pollution-Free Planet (Verso un pianeta senza inquinamento).

(4)  GU C 110 del 22.3.2019, pag. 33.

(5)  GU C 123 del 9.4.2021, pag. 76.

(6)  Cfr. Sendra et al., 2020.

(7)  Direttiva (UE) 2019/883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 116).

(8)  GU C 62 del 15.2.2019, pag. 207.

(9)  Can fishers help cleaning the sea from plastic waste? (I pescatori possono aiutare a pulire il mare dai rifiuti di plastica?), ETF.

(10)  Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, Rifiuti marini di plastica e microplastiche, 2016.

(11)  GU C 286 del 16.7.2021, pag. 181.


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/148


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose (codificazione)

[COM(2021) 483 final — 2021/0275 (COD)]

(2022/C 105/23)

Consultazione

Parlamento europeo, 13.9.2021

Consiglio dell'Unione europea, 24.9.2021

Base giuridica

Articoli 91 e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Trasporti, energia, infrastrutture, società dell'informazione

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

219/0/1

Avendo concluso che il contenuto della proposta è pienamente soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 564a sessione plenaria dei giorni 20 e 21 ottobre 2021 (seduta del 20 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 219 voti favorevoli, 0 voti contrari e 1 astensione.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/149


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1286/2014 per quanto riguarda la proroga del regime transitorio per le società di gestione, le società d'investimento e le persone che forniscono consulenza sulle quote di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e di non OICVM o vendono quote di tali prodotti

[COM(2021) 397 final — 2021/0215 (COD)]

(2022/C 105/24)

Consultazioni

Consiglio dell'Unione europea, 29.7.2021

Parlamento europeo, 13.9.2021

Base giuridica

Articolo 114 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

216/0/7

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 564a sessione plenaria dei giorni 20 e 21 ottobre 2021 (seduta del 20 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 216 voti favorevoli e 7 astensioni.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/150


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/65/CE per quanto riguarda l'uso dei documenti contenenti le informazioni chiave da parte delle società di gestione di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM)

[COM(2021) 399 final — 2021/0219 (COD)]

(2022/C 105/25)

Consultazione

Consiglio dell'Unione europea, 1.9.2021

Base giuridica

Articolo 53, par. 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astensioni)

218/0/11

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 564a sessione plenaria dei giorni 20 e 21 ottobre 2021 (seduta del 20 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 218 voti favorevoli e 11 astensioni.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/151


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce misure di conservazione e di gestione per la conservazione del tonno australe

[COM(2021) 424 final — 2021/0242 (COD)]

(2022/C 105/26)

Consultazioni

Parlamento europeo, 13.9.2021

Consiglio, 30.8.2021

Base giuridica

Articoli 43, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea

Sezione competente

Agricoltura, sviluppo rurale e ambiente

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

221/0/1

Avendo concluso che il contenuto della proposta è soddisfacente e non richiede alcun commento da parte sua, il Comitato, nel corso della 564a sessione plenaria dei giorni 20 e 21 ottobre 2021 (seduta del 20 ottobre), ha deciso di esprimere parere favorevole al testo proposto con 221 voti favorevoli, 0 voti contrari e 1 astensione.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/152


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti «Strategia annuale per la crescita sostenibile 2021»

[COM(2020) 575 final]

(supplemento di parere)

(2022/C 105/27)

Relatore:

Gonçalo LOBO XAVIER

Decisione dell'Ufficio di presidenza del Comitato

26.4/2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 1, del Regolamento interno e articolo 29, lettera a), delle Modalità di applicazione del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria e coesione economica e sociale

Adozione in sezione

5.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

168/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) continua a manifestare preoccupazione per il fatto che, nella maggior parte degli Stati membri, non vi sia sufficiente chiarezza in merito ai sistemi di governance dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) degli Stati membri e alla ripartizione delle responsabilità per la loro attuazione tra i livelli centrale, regionale e locale. Naturalmente, non vi è sufficiente chiarezza neppure sui meccanismi appropriati per coinvolgere le organizzazioni della società civile (OSC) e le parti sociali nelle fasi di attuazione, monitoraggio e adeguamento di tali piani. Tutto ciò è già stato fatto presente dal CESE nella sua risoluzione di febbraio (1), e da allora ad oggi, malgrado gli sforzi profusi dalla Commissione, la situazione è rimasta immutata. Il CESE chiede con vigore un maggiore controllo in merito a questi aspetti, cruciali per la ripresa dell'Unione.

1.2

Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di misurare i progressi compiuti nell'attuazione dei PRR. Sono necessari indicatori di controllo adeguati, i quali forniranno indicazioni sulla direzione da seguire per continuare a promuovere lo sviluppo e la ripresa. Gli Stati membri devono reagire in modo appropriato a tale sfida; serve coraggio per sensibilizzare i cittadini in merito alle enormi difficoltà che li attendono.

1.3

Il CESE è fermamente convinto che il prossimo ciclo del semestre europeo sarà uno strumento di cruciale importanza per l'Unione ai fini dell'attuazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza (DRR). I piani nazionali prevedono due tipi di strumenti: gli Stati membri possono attuare e realizzare riforme strutturali radicali, da un lato con una duplice transizione e, dall'altro, con investimenti e riforme per i cittadini (famiglie, lavoratori, imprenditori ecc.) colpiti in maniera più diretta dagli effetti della crisi. Il CESE è del parere che entrambe le opzioni debbano essere prese in considerazione. Esse richiedono strumenti diversi, che talvolta non possono coincidere. È necessaria una ripresa che renda resiliente il sistema economico.

1.4

La crisi legata alla COVID-19 ha posto in evidenza alcune delle debolezze più pericolose dell'Europa: la mancanza di coordinamento della politica industriale e la dipendenza da altre zone economiche per numerosi prodotti e servizi. Il CESE è consapevole che è difficile cambiare abitudini e politiche, e che ci vogliono anni prima che si vedano i reali effetti delle nuove politiche attuate. Tuttavia, se l'Unione desidera cambiare e ripartire, essa non può permettersi di perdere tempo prezioso. Anche l'aumento dei prezzi delle materie prime (e le difficoltà di distribuzione), la carenza di semiconduttori e gli elevati prezzi dell'energia pongono in evidenza la dipendenza dell'Unione in relazione a una serie di risorse critiche. Il CESE auspica che gli Stati membri agiscano concretamente in termini di investimenti per l'istruzione, le infrastrutture e la politica industriale, in modo da migliorare il tasso di occupazione e incoraggiare i cittadini a sostenere l'industria europea.

1.5

Il CESE sostiene gli investimenti nell'istruzione di alta qualità, nell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita e nella ricerca e sviluppo, che sono essenziali per guidare e integrare i cambiamenti sociali ed economici promossi da Next Generation EU. È evidente come siano essenziali investimenti tesi a rafforzare i sistemi sanitari e le politiche di sanità pubblica delle società colpite duramente dalla pandemia di COVID-19. Tali investimenti devono essere accompagnati da una politica industriale veramente forte, in grado di promuovere la produzione e lo sviluppo di prodotti e servizi in Europa, in modo da evitare la completa dipendenza da altre zone economiche.

1.6

Il CESE ritiene che sia giunto il momento per una revisione completa e approfondita del patto. Sono necessari una raccomandazione forte per questo nuovo semestre riveduto e un nuovo patto che includa alcune procedure e norme vincolanti per le consultazioni delle OSC e degli enti locali. Tutto ciò rappresenta un'esortazione ad agire. È giunta l'ora di elaborare norme vincolanti per il coinvolgimento in tutte le fasi, dalla preparazione all'attuazione, in modo da evitare problemi strutturali in futuro.

1.7

Il CESE è del parere che una breve analisi delle principali priorità dei PRR mostri un chiaro orientamento verso gli obiettivi del Green Deal. Il Comitato ritiene ovviamente che si tratti di un aspetto importante, ma nutre preoccupazioni in merito all'attuazione e all'impatto di talune misure che non sembrano adeguatamente fondate. I cittadini, i lavoratori e le imprese devono essere sostenuti nel compimento di tale transizione, e gli obiettivi devono essere definiti in modo chiaro e ragionevole, onde evitare situazioni in cui la grandiosa retorica politica si accompagni di fatto a una scarsa capacità di attuazione, con effetti collaterali nefasti «sotto la superficie».

1.8

Il CESE richiama l'attenzione sul fatto che, nel corso degli anni, sia stato ignorato uno degli strumenti più utili sortiti dal semestre europeo. Se è vero che le raccomandazioni specifiche per paese costituiscono un'opportunità di miglioramento, nondimeno esse si basano su dati coerenti. Gli Stati membri dovrebbero riconsiderare il proprio atteggiamento nei confronti di tale strumento, in particolare in seguito alla crisi della COVID-19 e alla luce dell'opportunità offerta dal dispositivo per la ripresa e la resilienza di attuare riforme strutturali (in materia di istruzione, politiche di bilancio, mercato del lavoro, protezione sociale nell'ambito del pilastro sociale e sulla base delle raccomandazioni del vertice di Porto) che sono essenziali per la maggior parte di essi. Il CESE raccomanda vivamente un cambio di atteggiamento da parte degli Stati membri, e reputa che le OSC debbano essere estremamente attive e vigilare su questo processo.

1.9

Il CESE richiama inoltre l'attenzione sulla capacità di assorbimento dei fondi da parte di determinati Stati membri, alla luce dei comportamenti precedenti di questi ultimi. Alla fine del 2020 la metà dei fondi strutturali del quadro finanziario pluriennale (QFP) 2014-2020 non era ancora stata utilizzata, e dovrebbe essere spesa nei prossimi anni. Sulla base dell'esperienza e dei dati acquisiti, la Commissione dovrebbe rivolgere moniti agli Stati membri e aiutarli ad allocare meglio i fondi in termini di distribuzione e calendarizzazione. È infatti molto importante avvertire gli Stati membri che le loro scelte politiche non devono compromettere il processo di ripresa e che, onde evitare problemi nel sistema, è necessario che essi adottino determinate misure, non solo per evitare inutili adempimenti burocratici, ma anche per sostenere l'efficienza con un'adeguata volontà politica.

1.10

Il CESE reputa che l'inevitabile processo di digitalizzazione, specie nei servizi pubblici in campo sanitario e sociale, determinerà la scomparsa di un certo numero di posti di lavoro e potrebbe anche creare problemi ai cittadini anziani con minore capacità di gestire questa transizione. Il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di elaborare programmi che possano realmente sostenere i cittadini e facilitare la transizione. Gli Stati membri devono allocare risorse finanziarie per investire nella riqualificazione di coloro che si trovano a subire gli effetti di tali cambiamenti, e per affrontare questa sfida occorre coraggio politico e anche una buona comunicazione con i cittadini, per spiegare chiaramente le politiche adottate e i relativi obiettivi.

1.11

Il CESE plaude all'iniziativa di un «quadro di valutazione della ripresa e della resilienza», ritenendo tale quadro uno strumento molto importante, in grado di stimolare il processo di investimento e attivare meccanismi che potrebbero essere di cruciale importanza per l'Unione; e accoglie con favore anche il calendario proposto, in base al quale l'adozione da parte della Commissione è attesa per la fine di settembre (2). Detto ciò, il CESE insiste sulla necessità che le OSC partecipino a questo processo. Non si tratta di una questione di visibilità, bensì di vigilanza, e il CESE richiama l'attenzione anche sulla necessità di garantire alle OSC i mezzi e la preparazione per affrontare questa sfida. È inutile chiedere alle OSC di attivarsi, se queste non sono preparate o non hanno le risorse per agire. Per le OSC si tratta di una responsabilità e di un'opportunità gigantesche.

2.   Osservazioni generali

2.1

Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione europea Coordinamento delle politiche economiche nel 2021: superare la COVID-19, sostenere la ripresa e modernizzare la nostra economia (3). Il mondo si trova ad affrontare una grave crisi che sembra compromettere qualsiasi piano e strategia per la ripresa. Tuttavia, se vogliamo sostenere la nostra Unione, dobbiamo far prevalere la resilienza e la forza dell'Europa.

2.2

È un fatto che l'Unione europea abbia intrapreso azioni senza precedenti per combattere la pandemia di COVID-19, attutire l'impatto della crisi e avviare la nostra economia su un percorso di crescita robusta, sostenibile e inclusiva. Esiste tuttavia ancora una notevole incertezza sull'efficacia delle politiche sanitarie, in quanto la crisi continua a minare profondamente la fiducia dei cittadini, fondamentale per la ripresa economica e sociale. L'obiettivo di una copertura vaccinale estesa a più del 70 % della popolazione europea avrà un impatto fortissimo sulla fiducia dei cittadini, e il CESE accoglie con favore il coordinamento posto in atto dagli Stati membri per conseguire tale obiettivo. Il CESE richiama inoltre l'attenzione sulla necessità di chiarire ai cittadini che questi risultati sono importanti, ma che è ancora necessaria una certa cautela, in quanto le suddette misure potrebbero non essere sufficienti a porre fine alla crisi sanitaria.

2.3

L'opportunità offerta agli Stati membri di presentare i propri piani nazionali per la ripresa e la resilienza rappresenta un fattore di enorme importanza, al quale si deve accordare la priorità. Il CESE è fermamente convinto che le organizzazioni della società civile possano svolgere un ruolo cruciale nell'attuazione e nel monitoraggio di tali piani. Una considerazione, questa, che deve essere chiara a tutti gli Stati membri. Come affermato nella sua risoluzione, il CESE «ritiene che tutte le riforme del processo di ristrutturazione debbano basarsi sui principi su cui si fonda l'UE: protezione dei diritti umani e sociali, valori democratici e Stato di diritto. Gli investimenti nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza devono essere tesi a sfruttare appieno il potenziale del mercato unico, rafforzare la resilienza economica dell'UE, conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, creare un'economia circolare, realizzare la neutralità climatica nell'UE al più tardi entro il 2050, incoraggiare l'innovazione e la modernizzazione connesse alla digitalizzazione dell'economia e della società e provvedere alla efficace attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali per garantire la coesione sociale, eliminare la povertà e ridurre le disuguaglianze» (4).

2.4

Next Generation EU, con una dotazione di 750 miliardi di EUR (di cui 500 miliardi già stanziati), è uno strumento fondamentale per l'UE per promuovere gli investimenti e la ripresa al fine di uscire più forte e più resiliente dall'attuale crisi.

2.5

Il CESE ritiene che il piano d'azione del pilastro europeo dei diritti sociali definisca azioni concrete per rafforzare la dimensione sociale in tutte le politiche dell'Unione e che contribuirà a garantire una ripresa inclusiva.

2.6

Il CESE ribadisce altresì la propria posizione secondo cui la sostenibilità ambientale, la produttività, una distribuzione equa e giusta e la stabilità macroeconomica restano i principi guida dell'agenda economica dell'UE. Nonostante tutte le sfide, il Green Deal rimane una priorità a lungo termine, e l'Europa deve cogliere l'opportunità di guidare questo processo.

2.7

Il CESE è fermamente convinto che un coordinamento strategico efficace nel quadro del semestre europeo rimanga essenziale per consentire all'economia dell'UE di intraprendere un percorso di crescita più robusta, sostenibile e inclusiva dopo la pandemia. Tale concetto è stato ribadito dal CESE nei mesi scorsi mesi e continua ad essere una priorità.

2.8

Il CESE è dell'avviso che, nel complesso, la partecipazione della società civile organizzata negli Stati membri sia ancora scarsa. Le organizzazioni sono state sì informate e, in molti casi, ascoltate, ma solo con pochi risultati tangibili. Salvo in pochi casi, infatti, nella maggior parte degli Stati membri non si sono tenute consultazioni efficaci che abbiano portato a modifiche significative delle proposte inizialmente formulate dal governo.

3.   Osservazioni particolari

3.1

Grazie alle misure adottate a livello UE e nazionale, l'impatto della pandemia sui mercati del lavoro europei è stato contenuto. Esistono tuttavia ancora opinioni e situazioni difformi in seno all'Unione. Il CESE ritiene che debbano essere adottati approcci differenziati per garantire la ripresa degli Stati membri che risentono maggiormente degli effetti della crisi rispetto ad altri.

3.2

Il CESE condivide l'opinione secondo cui è necessario che la politica economica continui a garantire un sostegno per tutto il 2021 e 2022. Gli Stati membri sono impegnati in una dura battaglia che ancora non è stata vinta. L'Unione deve prevalere, e comprendere che i piani per la ripresa richiedono tempo per produrre effetti e che la resilienza è necessaria per ottenere risultati. Il CESE chiede a gran voce che le strategie a breve e medio termine affrontino in modo appropriato gli effetti negativi della crisi e garantiscano una crescita robusta e sostenibile negli anni a venire.

3.3

Sta emergendo un'interessante tendenza dei cittadini europei a risparmiare di più. Tale tendenza dovrebbe offrire anche l'opportunità positiva di stimolare una combinazione di investimenti pubblici e privati che possono fare la differenza ai fini della ripresa dell'economia e delle condizioni sociali. Il CESE invita a intraprendere un'azione specifica in tale ambito e ritiene che la Commissione dovrebbe incoraggiare tutti gli Stati membri ad adottare una rigorosa politica di bilancio. Per adottare strategie volte trasformare questi risparmi in investimenti intelligenti occorre creatività, e la responsabilità di tali strategie deve essere condivisa con i governi, le parti interessate e le istituzioni finanziarie.

3.4

Il CESE, attraverso il sostegno attivo e il lavoro del suo gruppo ad hoc Semestre europeo (GSE), intende lavorare alla sua prossima risoluzione nei prossimi mesi, con il contributo delle delegazioni dei 27 Stati membri appositamente istituite in seno al GSE, seguendo la partecipazione della società civile al processo di attuazione e nel contempo analizzando i contenuti delle politiche dal punto di vista della società civile. Per il momento si sono registrati soltanto piccoli miglioramenti, perlopiù riguardanti riunioni informali d'informazione, con possibilità assai limitate per la società civile di influire sui piani dei governi.

3.5

Le OSC manifestano maggiore ottimismo circa la prospettiva che i governi usino i fondi per mobilitare investimenti volti a promuovere riforme che rafforzino la crescita; molti membri ritengono che i PNRR dei loro governi manchino di ambizione o impegno in relazione alle riforme, mentre altri criticano la mancanza di investimenti aggiuntivi che non fossero già previsti prima della crisi della COVID-19.

3.6

L'Europa ha affrontato enormi difficoltà con la crisi legata alla COVID-19, che ha posto in evidenza alcune delle debolezze più pericolose dell'Unione: la mancanza di coordinamento della politica industriale e la dipendenza da altre zone economiche per numerosi prodotti e servizi. Questo problema deve essere affrontato in modo coordinato per agevolare la ripresa. Una politica industriale adeguata è più che mai necessaria, ed è giunto il momento di agire. L'aumento dei prezzi delle materie prime pone inoltre in evidenza la dipendenza dell'Unione in relazione a una serie di risorse critiche. Il CESE auspica che gli Stati membri agiscano concretamente in termini di investimenti per l'istruzione, le infrastrutture e la politica industriale, in modo da migliorare il tasso di occupazione e incoraggiare i cittadini a sostenere l'industria europea.

3.7

La grande maggioranza (71 %) delle OSC giudica il proprio coinvolgimento nell'elaborazione dei PRR nazionali dei rispettivi governi da «pressoché sempre insufficiente» a «estremamente limitato».

3.8

A giudizio del CESE, il processo di digitalizzazione è fondamentale per stimolare l'economia e la società, ma è essenziale che gli Stati membri elaborino programmi e assegnino risorse al fine di eliminare gli ostacoli a tale processo, in particolare per alcune fasce della popolazione — le persone anziane e quelle meno qualificate. La necessità di sviluppare programmi informatici efficaci allineati con software che possano andare a beneficio di tutti i cittadini va pertanto considerata prioritaria. La digitalizzazione sì, ma non a qualunque costo.

3.9

Il CESE è molto soddisfatto dell'iniziativa della Commissione per un quadro di valutazione della ripresa e della resilienza. Si tratta di un passo importante per il monitoraggio dei PNRR, e il CESE ritiene che costituisca un'opportunità per stimolare il processo di investimento e attivare meccanismi che potrebbero essere di cruciale importanza per l'Unione. Ancora una volta, le OSC possono svolgere un ruolo cruciale in questo processo e sono pronte a cooperare.

4.   I piani per la ripresa e la diversità degli approcci

4.1

Il CESE ritiene che, per quanto riguarda il quadro esistente, la politica relativa alla crescita sostenibile e inclusiva e ai saldi di bilancio degli Stati membri debba essere una priorità. È di tutta evidenza la necessità di adattarsi a una nuova fase, una volta superata l'emergenza sanitaria legata alla pandemia di COVID-19. Vi dovrebbe essere un'alternativa all'eccessivo squilibrio quale unica prospettiva in esito all'enorme crescita del debito e del disavanzo negli Stati membri. Il CESE ritiene che sia giunto il momento di riformare radicalmente e profondamente il quadro della governance di bilancio e mette in guardia con decisione contro il ritorno alle «vecchie» regole di bilancio. Sono necessari una raccomandazione forte per questo nuovo semestre rinnovato e un nuovo patto che includa alcune procedure e norme vincolanti per le consultazioni delle OSC e degli enti locali, ed è necessario agire in questo senso. È giunto il momento di formulare norme vincolanti per il coinvolgimento in tutte le fasi, dalla preparazione all'attuazione, e gli Stati membri devono considerare nuovi obiettivi per la riduzione del disavanzo, con particolare attenzione alla crescita e anche alla governance.

4.2

Vi è l'urgente necessità di modernizzare il quadro economico e di bilancio, di introdurre un orientamento incentrato sulla prosperità e di attuare una regola d'oro. La Commissione sta ora esaminando il lato della spesa ma anche, molto opportunamente, quello delle entrate. Il CESE raccomanda di spostare la tassazione del lavoro alle imposte ambientali, pur avendo cura di adottare un approccio regressivo e di non gravare sulle famiglie a basso reddito. Il CESE chiede inoltre di combattere la pianificazione fiscale aggressiva e la frode, poiché queste pratiche rischiano di compromettere la ripresa economica e il risanamento di bilancio degli Stati membri e dell'UE nel suo complesso. In questo contesto, per progredire sono necessari un approccio intelligente e una maggiore convergenza nell'Unione. Anche la politica monetaria e di bilancio può costituire un'opzione, eventualmente con imposte ambientali progressive, con esenzioni fiscali graduali. È chiaro che la concorrenza fiscale con i paesi terzi anziché all'interno dell'UE può fare la differenza.

4.3

Il CESE sottolinea che, oltre alla pandemia, esiste anche il problema della pressione sui prezzi delle materie prime. Si tratta di un aspetto che richiede la massima attenzione. Il Comitato crede nella concorrenza leale e sostiene l'esigenza di garantire pari condizioni, ma sottolinea che la situazione sta diventando preoccupante e rischia di danneggiare gravemente l'intera Unione. I prezzi delle materie prime sono cresciuti tra il 30 e il 120 % negli ultimi mesi, e la pressione continua ad aumentare.

4.4

I PRR nazionali rispecchiano le diverse posizioni degli Stati membri in relazione alla ripresa delle rispettive economie e alle specifiche situazioni sociali, il che pone in evidenza anche le disuguaglianze tra di essi. Il CESE invita ad attuare politiche maggiormente coordinate, in grado di rafforzare l'Unione. È necessaria più cooperazione tra gli Stati membri, e le «buone pratiche» potrebbero essere condivise onde evitare passi falsi. Settori come il turismo e l'industria manifatturiera hanno sofferto più di altri, e adesso la priorità deve essere quella di portarli a un altro livello. In questo modo si creeranno posti di lavoro, si adeguerà la forza lavoro alle reali esigenze dell'economia e si coinvolgeranno le OSC nel processo di attuazione.

4.5

Il CESE è preoccupato per il fatto che le raccomandazioni specifiche per paese formulate dalla Commissione siano state finora ampiamente ignorate da determinati Stati membri, dando luogo ad un diffuso scetticismo riguardo alla possibilità che in futuro essi cambino atteggiamento. Inoltre, è lecito dubitare della capacità di assorbimento dei fondi da parte di determinati Stati membri nonché degli effetti trasformativi degli investimenti a titolo del dispositivo per la ripresa e la resilienza, e dunque della loro potenziale efficienza ed efficacia. Il CESE insiste pertanto sulla necessità di un attento monitoraggio.

4.6

Il CESE reputa che l'attuazione dei PRR nazionali non possa risolversi in un esercizio formale, ma debba aver luogo secondo l'autentico spirito di tale strumento: il ruolo delle OSC dovrebbe essere riconosciuto, e le consultazioni dovrebbero essere condotte in forum pubblici e non a porte chiuse.

4.7

La crisi della COVID-19 ha messo in evidenza e aggravato i divari che da tempo affliggono le nostre società, e spesso le persone più vulnerabili sono state quelle più colpite. L'incidenza delle infezioni da COVID-19 è stata più elevata tra le persone indigenti, e diversi settori della società spesso risentono in misura maggiore delle misure di lotta contro la pandemia. Come conseguenza della crisi, l'occupazione è diminuita maggiormente tra i lavoratori poco qualificati e/o i giovani. Inoltre, l'istruzione è stata gravemente perturbata per molti studenti. Vi sono rischi crescenti di disuguaglianze per quanto riguarda i gruppi di cittadini meno qualificati.

5.   Il mercato unico come punto di forza dello stile di vita europeo

5.1

La crisi della COVID-19 ha fatto sentire i propri effetti in tutti gli Stati membri, ma il suo impatto è stato differente. Un approccio coordinato in materia di vaccinazione ha permesso all'Unione di ottenere ottimi risultati. L'obiettivo di vaccinare il 70 % della popolazione europea ha richiesto uno sforzo immane, e la risposta dell'UE è stata molto positiva. Nonostante alcuni problemi (prevedibili per un siffatto progetto), la campagna vaccinale è stata un successo e ha fornito un buon esempio del «progetto di pace» che l'Unione incarna fin dalle origini.

5.2

Ora più che mai, il mercato unico e la sua integrazione devono essere una priorità e andrebbero evitate controversie politiche. La retorica politica che indebolisce il mercato unico, riscontrata in alcuni Stati membri, è stata contraddetta dai fatti: soltanto con un'Unione forte e un approccio coordinato è stato possibile negoziare ed elaborare il dispositivo per la ripresa e la resilienza in tempi tanto brevi. La comunicazione è essenziale per promuovere i valori europei, e il mercato unico è parte integrante di tale processo. Tutti i cittadini europei dovrebbero beneficiare del mercato interno, in modo da poter essere orgogliosi della capacità dell'Europa di rispondere alla crisi, nonostante tutte le battute d'arresto dovute alla difficoltà di dare una risposta coordinata.

5.3

Il CESE è consapevole che gli Stati membri hanno adottato approcci diversi per quanto riguarda la situazione sanitaria, ma sottolinea anche che, dopo il processo vaccinale, il coordinamento e le buone pratiche dovrebbero essere promossi con maggiore vigore. L'Unione deve sfruttare le proprie risorse, segnatamente la libera circolazione dei cittadini, delle merci e dei capitali. Il CESE intende sostenere tale libertà senza indebolire i sistemi sanitari degli Stati membri, e ciò è possibile unicamente attraverso il coordinamento del mercato unico. Gli Stati membri hanno più volte dimostrato nel corso della storia che è possibile. È il momento di dare una risposta efficace in tal senso.

5.4

Il CESE sostiene il mercato unico e le sue opportunità, unite a un forte mercato sociale, aspetto essenziale, e a un «marchio» dell'Unione. Si tratta di una conquista che deve essere tutelata.

6.   Il ruolo delle organizzazioni della società civile riguardo ai piani per la ripresa

6.1

Il CESE insiste sul fatto che il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile è fondamentale per la ripresa, soprattutto perché dobbiamo ammettere che le misure di emergenza per la ripresa, a livello sia nazionale che dell'UE, potrebbero essere rese permanenti.

6.2

Le OSC sostengono gli investimenti di alta qualità nell'istruzione, nell'apprendimento permanente e nelle attività di ricerca e sviluppo che sono essenziali per stimolare e integrare i cambiamenti economici e sociali promossi da Next Generation EU, così come gli investimenti che rafforzano i sistemi sanitari e le politiche di salute pubblica delle società duramente colpite dalla pandemia di COVID-19. Ora più che mai, le organizzazioni «sul campo» hanno la capacità e la responsabilità di indicare e proporre le vie da seguire per affrontare le sfide reali, e gli Stati membri devono avere il coraggio di coinvolgerle nel processo decisionale. Il CESE invita ad adottare tale approccio, principalmente alla luce dell'esperienza e delle conoscenze acquisite in decenni al servizio di cause diverse con ottimi risultati.

6.3

In tempi di crisi la voce delle OSC è più importante che mai, non soltanto alla luce della loro esperienza, ma soprattutto perché hanno il vantaggio di essere a diretto contatto con la realtà — un fattore essenziale per monitorare e attuare le politiche con un impatto reale.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no? (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1).

(2)  Progetto di regolamento delegato della Commissione europea «Quadro di valutazione della ripresa e della resilienza — indicatori comuni ed elementi dettagliati».

(3)  COM(2021) 500 final, 2.6.2021, Coordinamento delle politiche economiche nel 2021: superare la COVID-19, sostenere la ripresa e modernizzare la nostra economia.

(4)  Coinvolgimento della società civile organizzata nei piani nazionali per la ripresa e la resilienza — Cosa funziona e cosa no? (GU C 155 del 30.4.2021, pag. 1).


4.3.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 105/158


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro

[COM(2020) 746 final]

(supplemento di parere)

(2022/C 105/28)

Relatrice:

Kristi SÕBER

Decisione dell’Ufficio di presidenza

26.4.2021

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 1, del Regolamento interno e articolo 29, lettera a), delle Modalità di applicazione del Regolamento interno

Sezione competente

Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

Adozione in sezione

5.10.2021

Adozione in sessione plenaria

20.10.2021

Sessione plenaria n.

564

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

166/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è ben consapevole che la pandemia non è ancora terminata, e che il suo impatto economico durerà diversi anni e richiederà una nuova combinazione specifica di politiche economiche di emergenza. Il Comitato accoglie con favore le previsioni più recenti della Commissione europea secondo le quali — e i primi dati disponibili lo confermano —, a partire dal 2021, le economie dell’UE e della zona euro ricominceranno a crescere rapidamente, in particolare grazie alla ripresa degli investimenti, fortemente sostenuta dall’utilizzo di NextGenerationEU (NGEU), e in particolare del dispositivo per la ripresa e la resilienza.

1.2.

Al tempo stesso, il CESE riconosce che l’UE sta attraversando il periodo più difficile nella storia economica dell’integrazione europea, con ripercussioni sui consumi privati e gli investimenti, nonché sui risultati nel settore del commercio estero. In questo momento critico, solo la spesa pubblica può contribuire ad alleviare la situazione.

1.3.

In questo contesto particolare e inedito, per fronteggiare la crisi si è reso necessario creare una nuova combinazione di politiche economiche di emergenza. Il CESE giudica positivamente la rapida risposta messa in campo da parte sia dell’UE che degli Stati membri, e plaude al fatto che il duplice processo di transizione sia diventato una parte significativa dello sforzo e della strategia di ripresa.

1.4.

In particolare nel primo semestre del 2020 le iniziative di investimento in risposta al coronavirus hanno contribuito ad alleviare una situazione economica estremamente difficile, principalmente stabilizzando i mercati e salvaguardando i posti di lavoro e i redditi personali. A queste prime azioni ha fatto seguito l’iniziativa NGEU, il contributo di bilancio robusto e più innovativo mai presentato, in reazione immediata all’impatto della pandemia. Il CESE accoglie con grande favore entrambe le iniziative, che rappresentano una risposta rapida e flessibile alla pandemia.

1.5.

Il CESE è ben consapevole delle diverse posizioni e dei differenti impatti causati dalla pandemia, che hanno ulteriormente accresciuto le divergenze tra gli Stati membri. Il CESE chiede che si tenga conto del fenomeno delle divergenze all’interno della zona euro e che sia data una risposta prudente al notevole peggioramento dei risultati di bilancio; inoltre, all’interno di un quadro comune, accoglie con favore la flessibilità adottata nelle politiche economiche nazionali e nei programmi di ripresa concepiti su misura che rispettano le specifiche esigenze di ciascuno Stato membro. Si raccomanda di applicare questa stessa flessibilità anche nell’attuazione dei programmi per la ripresa e la resilienza.

1.6.

Per il prossimo periodo il CESE sottolinea la necessità di raggiungere un nuovo equilibrio tra le politiche monetarie e di bilancio, come pure di eliminare gli squilibri macroeconomici individuati. Il CESE è consapevole del considerevole aumento del rapporto debito/PIL registrato lo scorso anno. Una volta che la ripresa economica si sarà consolidata, la riduzione del rapporto debito/PIL si dovrà realizzare in modo da favorire una crescita inclusiva e da evitare ingiustizie sociali ed effetti negativi per le imprese e sul mercato del lavoro.

1.7.

Il CESE prende atto e comprende che la ripresa post-COVID-19 sarà ampiamente accompagnata da misure di politica strutturale (1), le quali saranno sostanzialmente in linea con il Green Deal dell’UE. A tale riguardo, il CESE è favorevole ai collegamenti tra il processo di ripresa, il risanamento di bilancio e le pratiche di bilancio verdi.

1.8.

Il CESE è fermamente convinto che gli insegnamenti tratti dalla pandemia debbano riflettersi nello sforzo complessivo volto a contribuire a uno sviluppo a lungo termine dell’UE e della zona euro che sia efficace a livello economico, equo sul piano sociale e sostenibile dal punto di vista ambientale.

1.9.

Contrariamente a quanto accaduto con la precedente crisi del 2009-2011, quando i settori bancario e finanziario furono uno dei fattori scatenanti della recessione che ne seguì, questa volta il CESE è lieto che banche e finanza siano due settori sani e in buone condizioni, e ciò è stato utile per superare più agevolmente questa difficile situazione.

1.10.

Il CESE chiede rispettosamente di preservare l’integrità del mercato unico intervenendo contro qualsiasi segno di frammentazione: una condizione fondamentale, questa, per i futuri risultati positivi delle economie dell’UE e della zona euro. Tale integrità dovrebbe essere ulteriormente sostenuta attraverso progressi adeguati nello sviluppo dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali.

1.11.

Il CESE prende atto ed è consapevole che dalla crisi precedente sono stati tratti alcuni importanti insegnamenti che sono serviti a sostenere la stabilità macroeconomica, e invita le istituzioni competenti dell’UE a migliorare la governance della politica economica dell’Unione e a fare in modo che i costanti sforzi di riforma tengano quindi conto degli insegnamenti ricavati dalla pandemia.

2.   Antefatti e contesto

Risultati macroeconomici attuali e prospettive

2.1.

La pandemia di COVID-19 ha causato una depressione economica improvvisa e profonda, ma nel 2020 il calo del PIL è stato in definitiva leggermente inferiore a quanto inizialmente previsto. Il calo è stato maggiore rispetto all’ultima crisi economica (nel 2020 l’economia della zona euro è diminuita del 6,5 % su base annua rispetto al 4,5 % del 2009, e l’economia dell’UE è diminuita del 6,0 % su base annua rispetto al 4,3 % del 2009; per il 2021 si prevede che sia l’economia dell’UE che quella della zona euro crescano del 4,8 %). Pertanto, ci troviamo di fronte a una situazione economica eccezionale e ai peggiori risultati economici dell’Europa dalla seconda guerra mondiale.

2.2.

Nel 2020 sia i consumi privati che gli investimenti hanno registrato un calo significativo (7,4 % su base annua) e anche il commercio estero è stato gravemente colpito. Nello stesso anno solo la spesa pubblica ha segnato un lieve aumento rispetto all’anno precedente (+1,3 %). Ad oggi, grazie alle misure di emergenza, non si sono registrate perdite massicce di posti di lavoro né ingenti perdite di reddito comparabili a quelle della crisi del 2008. Tuttavia, tenuto conto del notevole calo dell’attività economica, ciò significa che anche la produttività è diminuita.

2.3.

Il 2021 è generalmente considerato un anno di ripresa (grazie soprattutto alla crescita delle attività di investimento, che nelle previsioni della Commissione europea dovrebbe arrivare al 6,2 %), ma continua a essere caratterizzato da incertezza a causa dell’impatto della pandemia e dei cambiamenti nel comportamento degli operatori economici.

Combinazione di politiche economiche di emergenza

2.4.

A causa della pandemia, è stato necessario creare una nuova combinazione di politiche economiche di emergenza per fornire una risposta immediata, ma anche a medio termine, allo shock. La sua priorità principale è affrontare, eliminare e attenuare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, nonché mantenere l’Europa in carreggiata lungo un percorso di competitività e sostenibilità.

2.5.

Un’altra parte integrante della risposta a medio e lungo termine alla pandemia e dello sforzo di ripresa, ricostruzione e resilienza (strategia 3R) è il duplice processo di transizione (verde e digitale), con una forte attenzione alle considerazioni sociali e al rispetto dello Stato di diritto e di altri valori fondamentali dell’UE. Inoltre, il CESE chiede un maggiore impegno per combattere le disuguaglianze e contrastare le conseguenze della crisi, in particolare per le persone più vulnerabili.

Politica monetaria

2.6.

La BCE prosegue la sua politica fortemente espansiva come risposta mirata alla pandemia. Recentemente, tuttavia, la BCE ha annunciato che condizioni di finanziamento favorevoli potrebbero essere mantenute, nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), a un ritmo degli acquisti netti di attività moderatamente inferiore rispetto ai due trimestri precedenti.

Orientamento della politica di bilancio e risanamento di bilancio

2.7.

Le iniziative di investimento in risposta al coronavirus (CRII e CRII+), che hanno riorientato e riassegnato i fondi della politica di coesione, hanno notevolmente contribuito a compensare e a eliminare le conseguenze negative, a stabilizzare i mercati e a proteggere i posti di lavoro e i redditi personali.

2.8.

Lo strumento più innovativo inventato, sviluppato e attualmente in fase di attuazione come risposta diretta alla pandemia di COVID-19 è indubbiamente il programma NGEU, il cui obiettivo principale è attenuare gli effetti negativi della pandemia.

2.9.

L’orientamento di bilancio espansivo di NGEU è stato sostenuto in via eccezionale e temporanea attraverso l’attivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e crescita.

2.10.

Tuttavia, insieme alle misure adottate a livello nazionale, l’impegno di bilancio è stato oneroso e ha portato al deterioramento degli indicatori di bilancio.

2.11.

Una riduzione fattibile del rapporto debito/PIL deve essere realizzata in modo da evitare ingiustizie sociali e indebiti effetti negativi sul mercato del lavoro. Per migliorare gli indicatori di bilancio è fondamentale attuare una strategia di crescita inclusiva e sostenibile.

Misure di politica strutturale e regolamentari

2.12.

La pandemia di COVID-19 ha messo in luce gravi carenze strutturali nel funzionamento delle economie e delle società europee. Gli insegnamenti da trarre dopo la COVID-19 comprendono pertanto non solo la creazione di una nuova normalità, ma anche l’attuazione di misure volte a rendere i sistemi economici e sociali più resilienti (il che presuppone già meno fragilità e vulnerabilità). Ciò comprende non solo le tappe fondamentali per una duplice transizione socialmente equa, sistemi sanitari più efficienti e interconnessi e la distribuzione dei servizi medici in tutta Europa, ma anche il sostegno a una zona euro più competitiva all’interno e all’esterno dell’Europa, compresi investimenti strategici a sostegno dell’industria europea e del rafforzamento della posizione dell’UE in un contesto globale.

2.13.

Nella prima fase della pandemia il mercato unico è stato duramente colpito, con l’interruzione dei flussi commerciali tradizionali tra gli Stati membri dell’UE e persino al loro interno a causa delle severe misure restrittive. L’intervento della Commissione europea, che ha predisposto delle «corsie verdi», ha risolto la situazione.

Intermediazione finanziaria

2.14.

Grazie ai nuovi regolamenti e norme adottati dopo la crisi precedente, l’UE e il settore bancario e finanziario della zona euro hanno dimostrato la propria forza e resilienza. Attualmente il settore è più forte in termini di dotazione di capitale e di salute del suo portafoglio. Tuttavia, vi possono essere alcuni rischi relativi alla solvibilità dei suoi clienti che potrebbero portare a un aumento dei crediti deteriorati.

Governance

2.15.

L’attuale crisi ci ha ricordato che l’architettura del quadro di governance economica dell’UE è incompleta. Con il dispositivo per la ripresa e la resilienza, la natura del semestre europeo è cambiata radicalmente: dato che l’erogazione dei fondi è legata all’attuazione delle raccomandazioni specifiche per paese, queste ultime sono diventate più vincolanti sul piano politico. La società civile dovrebbe essere maggiormente coinvolta nel processo del semestre europeo. Il principio di partenariato, che ha una lunga tradizione nell’ambito della politica di coesione, dovrebbe servire da modello di riferimento per uno strumento efficace di coinvolgimento della società civile.

3.   Osservazioni generali

3.1.

Il CESE è consapevole che gli scenari di ripresa dipenderanno in larga misura dall’intensità della pandemia e dal successo delle campagne di vaccinazione, oltre che da taluni aspetti strutturali (ad esempio le prestazioni dei settori che sono stati colpiti in gran parte o totalmente dalla pandemia, come il turismo, i servizi ricettivi, i trasporti, la cultura e il tempo libero, e il rispettivo peso nell’economia). Un fattore chiave sarà anche la potenziale flessibilità della politica di bilancio per consentire l’adozione di misure di compensazione e garantirne l’efficacia.

3.2.

Il CESE si rammarica che l’impatto economico della pandemia abbia ulteriormente ampliato le divergenze tra le economie della zona euro in termini di risultati economici, indicatori di bilancio, inflazione e saldo con l’estero. Ciò potrebbe influenzare fortemente la situazione economica e sociale e la competitività delle economie colpite da tale impatto, come pure della zona euro nel suo complesso, e influire anche sugli squilibri interni ed esterni.

3.3.

Il CESE apprezza la risposta molto ampia e alquanto flessibile alla pandemia data dai principali attori della politica economica dell’UE, vale a dire la Banca centrale europea (con i suoi programmi di acquisto e i suoi tassi d’interesse guida), il meccanismo europeo di stabilità (MES — con i suoi strumenti di sostegno alla stabilità macroeconomica) e la Commissione (con la sua iniziativa NGEU molto innovativa, integrata da altre misure di emergenza come CRII(+), SURE, dalla flessibilità nelle norme in materia di bilancio e aiuti di Stato, oltre che nella regolamentazione finanziaria, e da altre misure eccezionali che concedono agli Stati membri la flessibilità necessaria per adottare le misure essenziali di gestione della crisi).

3.4.

Il CESE è convinto che il risultato della combinazione di politiche economiche di emergenza sia fondamentale. In sostanza, è necessario raggiungere un accordo comune e coordinato tra le risposte di politica monetaria e di politica di bilancio. Occorre adottare riforme pertinenti per sostenere una ripresa sostenibile (tra l’altro attraverso misure per l’energia pulita, la digitalizzazione, l’innovazione e l’economia circolare). L’impatto di NGEU e la sua interazione con altre politiche economiche sono importanti, in particolare nei paesi che ricevono finanziamenti consistenti.

3.5.

Il CESE constata con soddisfazione che la combinazione di politiche economiche di emergenza contiene anche alcuni limiti per evitare future conseguenze negative per la stabilità dei prezzi e gli indicatori della disciplina di bilancio a medio e lungo termine a seguito delle attuali politiche espansive. In particolare, il futuro sviluppo delle finanze pubbliche è soggetto a rischi elevati. In tale contesto, il CESE sottolinea che occorre attuare una politica fiscale equa e sostenibile, anche attraverso la lotta contro la frode fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva.

3.6.

Il CESE si aspetta che l’iniziativa NGEU non solo riporti le economie della zona euro e dell’UE ai livelli precedenti alla pandemia, ma vada anche a sostegno di misure importanti di politica strutturale, orientate principalmente verso una duplice transizione verde e digitale, tenendo debitamente conto di considerazioni occupazionali e sociali. Per quanto riguarda NGEU, il CESE apprezza il fatto che l’UE sia riuscita ad adottare una misura di così ampio respiro in tempi tanto brevi, ma ritiene altresì necessario adoperarsi per rimediare ad eventuali carenze, come l’insufficiente consultazione della società civile nell’elaborazione dei piani nazionali per la ripresa e la resilienza.

3.7.

Il CESE è consapevole del fatto che un altro strumento innovativo concepito e attuato come risposta diretta alla pandemia è SURE, che mira a sostenere i governi nei loro sforzi per proteggere i posti di lavoro e i redditi personali.

3.8.

Il CESE raccomanda che il prossimo risanamento di bilancio si conformi a pratiche di bilancio verdi (2) e al sostegno ad investimenti pubblici verdi, in modo da contribuire al Green Deal dell’UE e a una situazione di bilancio più sana nell’UE. Il CESE è ben consapevole del notevole impatto negativo dell’attuale crisi sulle finanze pubbliche.

3.9.

Sebbene il CESE metta in guardia contro la prematura disattivazione della clausola di salvaguardia generale (3), una volta che la pandemia sarà chiaramente terminata e la ripresa ben avviata, occorrerà concentrarsi sulla sostenibilità di bilancio. In tale fase le politiche e gli strumenti di bilancio dovrebbero essere riorientati in modo da poter adottare strategie di bilancio appropriate a medio e lungo termine. Il CESE accoglie con favore la decisione della Commissione di riavviare il riesame del quadro di governance economica dell’UE nell’autunno 2021. Le norme di bilancio dovrebbero essere pienamente applicate solo dopo essere state rivedute. Così, invece di un «ritorno», il Comitato raccomanda una «svolta» verso un quadro riveduto di governance economica (4). Secondo il CESE, qualsiasi futuro quadro di bilancio deve essere favorevole agli investimenti attraverso l’applicazione di una regola d’oro (golden rule) per gli investimenti pubblici — senza compromettere la stabilità finanziaria e di bilancio a medio termine —, promuovere la crescita e consentire agli Stati membri di attuare una politica anticiclica nelle fasi di recessione economica.

3.10.

Il CESE è favorevole all’adozione di riforme intese a creare sistemi di entrate pubbliche più efficienti e più equi, che spostino su altri settori la pressione fiscale che grava sul lavoro e sugli investimenti produttivi e si concentrino maggiormente sulla tassazione ambientale e sulla tariffazione delle esternalità, come pure su una struttura di incentivi più efficienti e perfezionati per limitare le pratiche di elusione fiscale.

3.11.

Il CESE constata con soddisfazione che i settori bancario e finanziario dell’UE e della zona euro sono in condizioni molto migliori rispetto alla crisi precedente e, in particolare, sono meno vulnerabili e più resilienti. Nondimeno, allo stesso tempo, il CESE raccomanda di non sottostimare i rischi di solvibilità che possono risultare dalle perdite di reddito subite dai clienti del settore. Ciò potrebbe tradursi in un aumento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche. Il CESE si compiace del fatto che il settore bancario della zona euro abbia dimostrato la sua stabilità e finora non sia stato colpito in modo significativo dalla crisi.

3.12.

Il CESE è fermamente convinto che il buon funzionamento del mercato unico comporti anche una maggiore resilienza ed efficienza delle economie della zona euro e dell’UE nel suo complesso. Il Comitato ritiene inoltre particolarmente importante completare il mercato unico al fine di limitare le rigidità e le imperfezioni economiche.

3.13.

Il CESE accoglie con favore la specifica combinazione di politiche economiche adottata lo scorso anno per fornire una risposta immediata alla pandemia, combinazione che è stata continuamente adeguata per tenere conto dell’evoluzione della situazione. Il CESE ritiene che le misure di risposta dell’UE potrebbero attenuare efficacemente i potenziali effetti negativi a lungo termine della crisi sui risultati economici della zona euro e dell’UE, nonché sui mercati del lavoro dell’UE, e potrebbero ridurre l’aumento delle divergenze economiche e sociali. Al tempo stesso, è fondamentale affrontare gli squilibri sostanziali al fine di coprire efficacemente i rischi macroeconomici significativi, tra cui l’aumento delle disuguaglianze.

3.14.

Il CESE è fermamente convinto che sistemi sanitari, di protezione sociale e di emergenza ben funzionanti siano fondamentali per uno sviluppo economico positivo e sostenibile a lungo termine. La pandemia ha rivelato e rafforzato questo legame, che dovrebbe pertanto riflettersi anche nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali.

3.15.

Il CESE raccomanda vivamente di proseguire gli sforzi per completare l’architettura dell’Unione economica e monetaria, che comprende l’adeguamento del semestre europeo al programma NGEU, il completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali e la revisione del quadro di governance economica. Si dovrebbe valutare se la progettazione del NGEU possa anche costituire un esempio di come le risorse finanziarie comuni dell’UE potrebbero essere mobilitate e utilizzate in futuro.

3.16.

Il CESE sottolinea che il pacchetto principale di misure volte ad affrontare gli effetti negativi della pandemia è stato preparato nella prima metà del 2020, quindi poco prima che gli effetti più gravi della pandemia fossero avvertiti nella maggior parte degli Stati membri. Si potrebbe pertanto sottoporre a valutazione la pertinenza e l’adeguatezza delle misure adottate. La pianificazione svolge un ruolo fondamentale nell’anticipazione, che consentirà di continuare a dare risposte alla nuova realtà causata dalla pandemia: quest’ultima, infatti, è ben lungi dall’essere superata e rende necessaria una pianificazione permanente.

4.   Osservazioni particolari

4.1.

Il CESE apprezza la pubblicazione, da parte della Commissione, di sette iniziative faro che serviranno da orientamenti per l’attuazione pratica del dispositivo per la ripresa e la resilienza nei singoli Stati membri. È molto importante che tali iniziative siano coerenti con le sfide e le priorità individuate per la ripresa post-COVID-19 nella raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro.

4.2.

Il CESE riconosce il ruolo molto positivo svolto dal Fondo di garanzia paneuropeo della Banca europea per gli investimenti nella tutela e nella promozione del settore imprenditoriale nella zona euro e nell’UE nel suo complesso.

4.3.

Per quanto riguarda la ripresa, il CESE propone di porre l’accento sulla crescita economica e sulla giustizia sociale, il che si tradurrà in un aumento del reddito e del PIL. Un orientamento di bilancio sostenibile, inteso a ridurre l’onere per le generazioni future e a limitare il rischio associato a tassi di interesse più elevati o a una produzione inferiore, richiede un aumento più consistente dell’attività economica, che potrebbe essere ottenuto tramite a) il rafforzamento degli investimenti pubblici e b) riforme tese a sostenere la transizione verso un’economia verde e digitale.

4.4.

Il CESE prende atto ed è consapevole che dalla crisi precedente sono stati ricavati alcuni importanti insegnamenti che sono serviti a sostenere la stabilità macroeconomica, ed è fermamente convinto che gli insegnamenti tratti dalla pandemia debbano trovare riscontro in un’azione costante di riforma volta a ridurre gli oneri amministrativi che gravano sulle imprese, attraverso la digitalizzazione della pubblica amministrazione, delle PMI e del settore imprenditoriale nel suo complesso, l’identificazione elettronica e sistemi giudiziari più efficaci.

Bruxelles, 20 ottobre 2021

La presidente del Comitato economico e sociale europeo

Christa SCHWENG


(1)  Definizione della Banca centrale europea (BCE) in Occasional Paper Series della BCE n. 210 del giugno 2018, Structural Policies in the Euro-area («Politiche strutturali nella zona euro»): Politica economica strutturale = Misure di politica economica adottate per i mercati del lavoro, dei beni e servizi e finanziari con l’obiettivo di migliorare i quadri istituzionali e normativi al fine di rafforzare le condizioni di una crescita duratura e garantire effetti distributivi auspicabili.

(2)  Discussion paper, Elva Bova (2021), Green Budgeting Practices in the EU: A First Review [Documento di discussione, Elva Bova (2021), Pratiche di bilancio verdi nell’UE: una prima revisione].

(3)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227.

(4)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 227, e il parere d’iniziativa del CESE sul tema «Ridefinire il quadro di bilancio dell'UE per una ripresa sostenibile e una transizione giusta» (ECO/553) (cfr. pag. 10 della presente Gazzetta ufficiale).